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NOZIONI DI TEORIA FUNZIONALE DELL’ARMONIA

La teoria funzionale dell’armonia può essere considerata come uno degli ultimi stadi di
evoluzione dell’armonia tonale non cromatica. Questa teoria sintetizza il materiale armonico in tre
funzioni:
1. Tonica: T
2. Sottodominante: S
3. Dominante: D

La funzione di tonica ha ovviamente un carattere stabile, quella di sottodominante instabile,


quella di dominante annulla l’instabilità centrifuga della funzione di sottodominante, riportando la
successione armonica al dominio della funzione di tonica.
È importante sottolineare che la nozione di funzione, prima di riferirsi ad una caratteristica
specificamente musicale, soddisfa le esigenze cognitive di comprensione formale, distinguendo tre
elementi e la relazione che li lega. In ciò riconduce quindi direttamente alle condizioni affinché,
secondo la psicologia della forma, si abbia la comprensione di un fenomeno: distinzione delle
diverse parti e della relazione che le mette in rapporto.
La teoria funzionale deve la sua nascita a Hugo Riemann, studioso della seconda metà del
secolo XIX; noi la considereremo in relazione alle revisioni successive, che hanno corretto alcune
impostazioni rigide della formulazione originaria, adeguandola in modo più efficace alla pratica
musicale e alle caratteristiche effettive ed evidenti dei brani musicali della letteratura tonale.
Ogni funzione è rappresentata all’interno di una tonalità sia a livello principale che a livello
secondario. Ovvero abbiamo che:

1. la funzione di tonica è rappresentata a livello principale dall’armonia del I grado, e a


livello secondario dalle armonie di III e VI grado;
2. la funzione di sottodominante viene rappresentata invece principalmente dall’armonia
di IV grado, e secondariamente dalle armonie di II e VI grado;
3. la funzione di dominante viene rappresentata a livello principale dall’armonia di V
grado e a livello secondario da quella di III grado

Con riferimento al saggio di Kirsch1 riportato in bibliografia, gli accordi e le relative


simbologie saranno, per il modo maggiore, considerando come tono di riferimento Do:

In ordine, da sinistra a destra, gli accordi andranno letti come:

1. accordo di tonica
2. accordo di tonica parallelo, ovvero accordo del VI grado

1
Ernst Kirsch, Natura e struttura della teoria delle funzioni armoniche. Contributo alla teoria delle relazioni
armoniche, in La teoria funzionale dell’Armonia, a cura di L. Azzaroni, Bologna, CLUEB, 1991, pp. 49-80.

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3. accordo di tonica di sensibile (la “l” posposta alla “T” deriva dal tedesco “leitton” che
vuol dire sensibile, indicando così il rapporto melodico semitonale che si ha tra la nota
do dell’accordo di tonica e la nota si dell’accordo di tonica di sensibile), ovvero
accordo del III grado
4. accordo di sottodominante
5.
6. accordo di sottodominante
accordo di parallelo,
sottodominante di ovvero
sensibile, accordo
ovvero deldel
accordo II grado
VI grado
7. accordo di dominante
8. accordo di dominante parallelo, ovvero del III grado

L’accordo del VII grado viene considerato come un accordo di settima di dominante
mancante della fondamentale, e viene indicato come D7, dove la barra orizzontale, che in altri testi
possiamo trovare diagonale, indica la soppressione della fondamentale dell’accordo; in altre parole,
dall’accordo sol-si-re-fa, eliminando la fondamentale sol, otteniamo si-re-fa, ossia l’accordo del VII
grado. Considerando poi la possibilità di avere un accordo Dl, ovvero accordo di dominante di
sensibile, l’armonia risultante sarà si-re-fa #, accordo che, se pur tradizionalmente lontano dal tono
di Do magg., nella teoria funzionale ha una valenza propria in questo tono.
Analogamente avremo per il modo minore:

In ordine, da sinistra a destra, gli accordi andranno letti come:

1. accordo di tonica minore


2. accordo di tonica minore parallelo, ovvero accordo del III grado della scala naturale
3. accordo di tonica minore di sensibile, ovvero accordo del VI grado
4. accordo di sottodominante minore
5. accordo di sottodominante minore parallela, ovvero accordo del VI grado
6. accordo di sottodominante minore di sensibile, ovvero accordo del II grado abbassato
(scala napoletana)
7. accordo di dominante minore
8. accordo
naturale di dominante minore parallela, ovvero accordo del VII grado della scala
9. accordo di dominante minore di sensibile, ovvero accordo del III grado della scala
naturale

Il cerchietto anteposto ad ogni simbolo indica che siamo in presenza di un accordo di un tono
minore. In alcuni testi possiamo trovare convenzioni differenti, come la lettera “g” al posto della
“l”, denominando i rispettivi accordi non come accordi di sensibile, bensì “contraccordi” 2. Come in
precedenza, l’accordo del VII grado sarà derivato da D 7, intendendo ovviamente la dominante
maggiore; ovvero, da mi-sol #-si-re, sopprimendo il mi, otterremo appunto l’accordo del VII grado:
sol #-si-re. L’accordo del II grado, mancante nell’esempio, viene inteso come °S6, ovvero accordo

2
Si veda ad esempio Diether de la Motte, Manuale di Armonia , Scandicci (FI), La Nuova Italia Editrice, 1988, quarta
ristampa: marzo 1992.
2
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della sottodominante minore, con la sesta al posto della quinta; perciò avremo una triade di re-fa-si
invece che di re-fa-la, con il si che sostituisce il la. In questo modo viene conservata la funzione
sottodominantica dell’accordo del secondo grado. Se presente la settima (si-re-fa-la, in rivolto re-fa-
la-si) avremo °S5/6.
Un ulteriore considerazione da fare è che in questa teoria le funzioni non cambiano per
l’arricchimento
funzione, ma lao rafforzeranno
l’alterazione dioppure
un accordo, per cui una settima
la indeboliranno. o una lanona
Ad esempio non cambieranno
settima la
costruita sulla
7
dominante, D , in questo caso rafforza la funzione corrispondente, in quanto, aumentando la
dissonanza, cresce anche la dinamica risolutiva dell’accordo verso la funzione di tonica. Viceversa,
applicando lo stesso procedimento all’accordo di tonica, ad esempio, avremo che la funzione viene
indebolita, poiché l’armonia, con l’arricchimento attraverso una dissonanza, cambia da statica a
dinamica, per cui la stabilità della funzione di tonica viene danneggiata. In alcuni casi si usa inoltre
l’accordo con la sesta aggiunta, come nel caso della Sp, che in cadenza spesso presenta la settima,
Sp7, e che può anche essere intesa come S5/6.
Occorrerà poi tenere presente, nell’analisi armonica, che i rivolti non concorrono alla
definizione della funzione, e che tutte le progressioni possono essere ignorate dal punto di vista
armonico, pur avendo la loro logica, in quanto rappresentano un procedimento più melodico che
armonico, un processo che spesso serve a spostare il materiale musicale da un registro acuto ad uno
più grave o viceversa. Nella cadenza composta, poi, il secondo rivolto dell’accordo del I grado,
seguito dall’accordo del V, nell’armonia funzionale non viene considerato come funzione di tonica,
bensì già come funzione di dominante, risolvendosi la quarta e sesta in una doppia appoggiatura
dell’armonia di dominante; simbolicamente: D4/6-3/5.
Infine il simbolo “<” potrà indicare che la nota corrispondente dell’accordo è alterata in senso
ascendente, mentre il simbolo “>” indicherà il contrario. Ad esempio T5< indicherà un accordo di
tonica con la quinta alterata in senso ascendente. Convenzionalmente poi indicheremo con, ad
esempio, D/T il caso in cui l’armonia si svolga su un pedale, specificamente in questo caso un
pedale di tonica su cui troviamo un’armonia di dominante.
Per ciò che riguarda le seste italiana, francese, tedesca e napoletana, occorre aprire una breve
parentesi. La sesta napoletana abbiamo visto essere praticamente la °Sl. Il de la Motte la definisce
come sN, ovvero “napoletana libera”, quando avente funzione sottodominantica in cadenza;
altrimenti viene indicata come sn. Riprendendo in parte le definizioni del de la Motte avremo che:

1. la sesta italiana è sostanzialmente un accordo di dominante della dominante (DD) con


settima e nona minore, e con soppressione della fondamentale, congiuntamente
all’abbassamento della quinta; ovvero, in simboli: DD5>/7
2. la sesta francese sarà analogamente un accordo di DD con settima e con abbassamento
della quinta, ovvero DD5>/7
3. con
la sesta tedesca sarà
soppressione dellaunfondamentale,
accordo di DD con settima,
ovvero DD5>/7/9>nona minore e quinta abbassata,

È noto come le più recenti teorie armoniche siano indirizzate verso concezioni monotonali,
per cui la modulazione acquista un significato nuovo, non come passaggio a tonalità autonoma,
bensì come passaggio ad un tono che, per affinità vicina o lontana, conserva sempre un legame con
la tonalità principale, ed anzi ha spesso la funzione di dare importanza momentanea ad una
particolare regione armonica del tono di partenza, che si rapporta comunque con il tono principale,
talvolta avvalorandolo in un certo senso per contrasto3. Anche la teoria funzionale dell’armonia
tende ad allargare quelli che sono stati i confini tradizionali di una tonalità, inglobando all’interno di
essa armonie che a prima vista sembrerebbero estranee. Uno dei modi attraverso il quale si
raggiunge lo scopo è quello di inglobare in un tono maggiore anche la °D e la °S, con i rispettivi
3
Sulla concezione delle regioni armoniche si vedano i manuali di Arnold Schoenberg sull’armonia, specificamente
Manuale di Armonia , Milano, Il Saggiatore, 1963, e Funzioni strutturali dell’armonia, Milano, Il Saggiatore, 1967.

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accordi secondari, e, analogamente, in un tono minore la D e la S, con i rispettivi accordi secondari.


Avremo così, ad esempio in Do maggiore, armonie come:

1. °D = accordo di sol minore


2. °Dp = accordo di si bemolle maggiore
3.
4. °Dl
°S ==accordo
accordodidifamiminore
bemolle maggiore
5. °Sp = accordo di la bemolle maggiore
6. °Sl = accordo di re bemolle maggiore

Un secondo modo attraverso il quale si allargano i confini della tonalità è quello di introdurre
le sottodominanti e le dominanti secondarie, ovvero afferenti ad un accordo della scala presa in
considerazione; un caso l’abbiamo appena trovato nell’accordo di dominante della dominante,
indicato con DD. In questi casi la D o S secondaria viene messa fra parentesi, seguita dall’accordo
cui si riferisce. Ad esempio il simbolo (D)Sp, da leggere come “dominante secondaria della
sottodominante parallela”, in un tono di Do maggiore si riferisce all’accordo (o alla tonalità) di La
maggiore, poiché la Sp è un accordo di re minore, e quindi la sua dominante sarà un accordo di La
maggiore. In astratto è possibile stabilire una rete di relazioni esprimibili attraverso la seguente
tabella:

FUNZIONE BASE |S| SECONDARIA |D| SECONDARIA


|T| = |DO| |FA| |SOL|
S = FA M |SI b| |DO|
D = SOL M |DO| |RE|
Tp = Sl = la m |RE| |MI|
Tl = Dp = mi m |LA| |SI|
º Tp = º Dl = MI b M |LA b| |SI
º Tl = º Sp = LA b M |RE b| |MIb|b|
Sp = re m |SOL| |LA|
Dl = si m |MI| |FA #|
º S = fa m |SI b| |DO|
º Sl = RE b M |SOL b| |LA b|
º D = sol m |DO| |RE|
º Dp = SI b M |MI b| |FA|

Kirsch, nel saggio citato, stabilisce invece le seguenti relazioni:

Tonica di partenza Tonica di arrivo Relazione di affinità


Do M Do M T
Do M Re bem. M ºSl
Do M Re M (D)D
Do M Mi bem. M (D)ºSp
Do M Mi M (D)Tp
Do M Fa M S
Do M Fa diesis M (S)ºSl
Do
Do M
M Sol M M
La bem. D
ºSp
Do M La M (D)Sp

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Do M Si bem. M (S)S
Do M Si M (D)Tl

Tonica di partenza Tonica di arrivo Relazione di affinità


Do M do m (ºS)D = ºT
Do M do diesis m (ºS)ºSp
Do M re m Sp
Do M mi bem. m (ºS)SS4
Do M mi m Tl
Do M fa m ºS
Do M fa diesis m (ºS)ºSl
Do M sol m (ºS)Sp = ºD
Do M la bem. m l<(D)Tp>5
Do M la m Tp
Do M si bem. m (ºS)S
Do M si m Dl

Tonica di partenza Tonica di arrivo Relazione di affinità


do m do m ºT
do m si m Dl
do m si bem. m (ºS)ºS
do m la m (ºS)Dp
do m la bem. m (ºS)ºTp = ºTl
do
do m
m sol m m
fa diesis ºD
(ºS)ºSl
do m fa m ºS
do m mi m Dp
do m mi bem. m (ºS)ºDp = (ºD)ºTl
do m re m (ºD)ºD
do m re bem. m (ºS)ºTl

Tonica di partenza Tonica di arrivo Relazione di affinità


do m Do M (D)ºS = T
do m Si M (D)Dp
do m Si bem. M ºDp
do m La M (D)ºDD6
do m La bem. M ºTl
do m Sol M D
do m Fa diesis M (D)Dl
do m Fa M (D)ºDp
do m Mi M l<(ºS)ºTp>
do m Mi bem. M ºTp

4
Per SS si intenda la Sottodominante M della Sottodominante M.
5
È questa una funzione tripla.
6
ºDD sta per dominante minore della dominante (maggiore).
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do m Re M (D)ºD
do m Re bem. M ºSl

Rimane inteso che queste relazioni possono giustificare, nell’ottica di una concezione
monotonale, sia successioni armoniche immediate, che regioni armoniche a largo raggio.
Sinora abbiamo sostanzialmente preso confidenza con il lessico armonico della teoria
funzionale dell’armonia; occorre adesso effettuare un passo ulteriore, verso regole e criteri
riguardanti al sintassi. Riemann, in un saggio pubblicato sotto pseudonimo 7, afferma che tutte le
successioni armoniche sono riconducibili a ben definiti modelli:

1. T-S-D-T
2. T-S-T-D-T8

Inoltre ogni successione può essere variata e/o ampliata attraverso alcuni procedimenti:

1. Sostituzione: ogni armonia principale può essere sostituita da una delle proprie
armonie secondarie; ad esempio in T-S-D-T, posso sostituire alcune armonie
ottenendo ad esempio T-Sp-D-Tp, senza mutare l’ordine funzionale della
successione,con Sp in sostituzione di S e Tp in sostituzione di T.
2. Dilazione: ogni armonia principale può essere seguita da una o da entrambe le proprie
armonie secondarie; ad esempio T-S-D-T può diventare T-Tl-Tp-S-Sp-D-D 7-T, dove
T-Tl-Tp rappresenta la dilazione della funzione di tonica, S-Sp di quella di
sottodominante, D-D7 della funzione di dominante.
3. Replica: stabilendo che S-T sia una successione che chiameremo con Reimann
“antitesi”, e che ugualmente D-T sia definita come “sintesi”, la replica di antitesi e/o
sintesi consiste nel duplicare le rispettive coppie di armonie con altrettante coppie di
corrispondenti
seguire armonie ad
in successione; secondarie, da T-S-T-D-T,
esempio, in anteporre alla coppiaavere
potremo principale o da farle
T-S-T-Sp-Tp-Dp-
Tp-D-T, dove Sp-Tp rappresenta la coppia secondaria di S-T (ovvero Sp : S = Tp : T),
quindi la replica dell’antitesi, successiva ad essa, mentre Dp-Tp rappresenta la coppia
secondaria di D-T (ovvero Dp : D = Tp : T), che in questo caso precede la coppia
principale. È ovvio che non è necessario che le armonie secondarie siano tutte
parallele, potendo essere indifferentemente parallele o di sensibile, purché la
successione abbia senso musicale e armonico.
4. Estensione: ogni armonia principale può essere estesa attraverso l’uso di un’altra
armonia principale; tenendo conto che generalmente non ha senso la successione D-S,
se non come forma particolare di cadenza di inganno, o come residuo modale, le

5. estensioni possibili
Combinazioni saranno: T-S-T,
dei procedimenti T-D-T,
sopra S-T-S, D-T-D, D-DD-D.
illustrati.

Se applichiamo a quanto detto il principio di reversibilità, avremo che successioni armoniche


più ampie potranno essere ridotte, coerentemente alla segmentazione frastica della melodia, in
modelli profondi più sintetici, mostrando l’articolazione armonica della frase, del periodo ecc.,
unendo quindi la funzione armonica al contesto formale. Mostriamo qualche esempio:

7
Hugibert Ries (Hugo Riemann), Logica musicale.Contributo alla teoria della musica, in L. Azzaroni, op. cit.
8
Riemann nell’articolo citato usa i numeri romani per indicare gli accordi, noi useremo comunque, per continuità con
quanto spiegato in precedenza, i simboli propri della teoria funzionale.
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L’esempio precedente è preso dall’Album della Gioventù di Schumann, la “Marcia di


soldati”. Sopra il pentagramma ogni livello di linea vuole mettere in evidenza rispettivamente, dal
basso all’alto, gli incisi, le semifrasi, le frasi. Notiamo che la prima semifrase è caratterizzata
armonicamente da un’estensione di T attraverso la S. La seconda semifrase presenta anch’essa
un’estensione di T, alla fine della semifrase, ora attraverso la D. A livello melodico le due
estensioni sono collegate dal fatto che iniziano entrambe sulla nota “si”, per cui, così come a livello
di frase troviamo un’altra estensione, ugualmente anche la melodia può essere letta ad un livello più
astratto, come una successione del tipo “si……si la sol”, ovvero “si……sol”. Per evidenziare
ancora lo stretto legame tra armonia e profilo melodico, vediamo come la prima estensione provoca
la nota di volta “mi”, per cui a livello di semifrase viene evidenziata la successione melodica “re-
mi-re” tra le prime due battute. Analogamente succede con l’inizio della seconda frase, mentre la
fine del periodo presenta l’estensione della D attraverso la DD. Qui avviene la risoluzione della
traiettoria armonica, con la cadenza sospesa sulla D, e quindi l’abbandono del periodo su una
posizione armonicamente “aperta”, in attesa di conclusione.

L’esempio precedente si riferisce ad un Valzer di Schubert. In questo caso dobbiamo


evidenziare innanzitutto il fatto che tutto il periodo si svolge sostanzialmente a livello profondo
come un’unica cadenza del tipo T-S-D-T. Interessante la piccola digressione, in forma di
estensione, sulla funzione Sp, che attraverso la sua dominante (D)Sp acquista per un momento una
posizione di rilievo. Le due frasi infine hanno una struttura differente: la prima consiste di due
procedimenti simili, condotti per semifrase, del tipo estensione + altra funzione, a strutturare una
progressione, ovvero estensione di T + funzione di S per la prima semifrase, e poi estensione di Sp
+ funzione di D per la seconda. L’ultima frase appare più statica, muovendosi intorno alla nota mi
bemolle, con una estensione di D condotta su un ritmo armonico più lento rispetto alle estensioni
precedenti. Da notare infine che la progressione genera un’ascesa verso l’ultima frase, per cui
abbiamo un
bemolle, doppio
oppure congioco melodico,
le note più gravicon
dellegruppo
note iniziali delle
in levare mis. 1,
e delle 3, 5,
batt. 2, ovvero do-re mi
4, 8, ovvero bemolle-mi
bemolle,
fa, sol, la bemolle.

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L’esempio precedente, tratto dalla sonata per pianoforte K 281 di Mozart, rappresenta il primo
tema della sonata. Appare evidente come il movimento armonico sia situato a livello profondo
solamente alla fine del tema, in prossimità della cadenza, in quanto le prime tre semifrasi appaiono
configurate sostanzialmente in tonica, attraverso una stratificazioni di estensioni della funzione di
tonica. È questo un caso piuttosto frequente nella musica tonale, dove appunto la risoluzione
armonica viene posticipata il più possibile.

visioneDastrutturale
questi brevi
più esempi abbiamo visto
ampia dell’armonia come la teoria
tradizionale, funzionale
organizzata a piùdell’armonia permetta
livelli, in accordo conuna
la
segmentazione frastica. Se ciò è valido per periodi musicali o per piccole forma, lo è ugualmente a
livello macroformale. Prendiamo ad esempio il primo movimento dell’op. 3 n. 1 di Haendel, la cui
analisi, condotta attraverso la segmentazione basata sull’alternanza solo/tutti, può essere sintetizzata
come segue:
batt. 1-15 TUTTI 15 battute T batt. 1-5a: mot. A; progr. + cad. finale; I; (tot. 4.5 batt.)
batt. 5b-9: oboi soli; alternanza I-V; anticipazione del mot. A all
batt. 9; (tot. 4.5 batt.)
batt. 10-15: mot. A; T…………D; (tot. 6 batt.)
(struttura tripartita)

batt. 15-21a SOLO 6.5 battute D ripetizioni e progressione con variante; D; motivo B

batt. 21b-24a TUTTI 3 battute D chiasmo: α β’/β’ α + cadenza

batt. 24b-29a SOLO 5 battute D analogo al solo precedente

batt. 29b-40a TUTTI * 11 battute Tp batt. 29b-33a: mot. A a Tp grado; (tot. 5 batt.)
batt. 33b-36a: oboi soli; alternanza Tp-Sp; anticipazione mot. A
(batt. 35); (tot. 3 batt.)
batt. 36b-40a: progressione sulla testa di A
(struttura tripartita)

batt. 40b-47 SOLO * 7.5 battute Sp ripetizioni e canone; progressione; anticipazione di A

batt. 48-52 TUTTI * 5 battute Dp mot. A a Dp grado

* TRIPARTIZIONE?

batt. 53-55a TUTTI 2.5 battute T Ripresa

batt. 55b-65 SOLO 10.5 battute D batt. 55b-59a: solo analogo al primo; (tot. 4 batt)
batt. 59b-61a: oboi soli; figurazioni in quartine; (tot. 2 batt.)
batt. 61b-65: solo violino; progressione; (tot. 4.5 batt.)
(struttura tripartita)

batt. 66-72 TUTTI 7 battute D batt. 66-69a: mot. A; (tot. 3.5 batt.)
bat. 69b-72: cadenza finale; (tot. 3.5 batt.)
T

8
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Come possiamo osservare abbiamo che:

1. la struttura tripartita domina formalmente sia a livello inferiore che superiore;


2. emergono alcuni procedimenti formali tipici della musica strumentale, come

3. l’alternanza, la progressione,
soprattutto dobbiamo la ripetizione;
evidenziare, dal punto di vista armonico, la diversione tonale
nella sezione centrale, fondata appunto su regioni armoniche facenti riferimento a
triadi secondarie, diversione che però, globalmente considerata nella sua successione
Tp-Sp-Dp, quindi T-S-D, non replica altro che una grande cadenza a livello
secondario.

Quindi in sintesi non possiamo parlare veramente di modulazione nella sezione centrale, in
quanto, sia per il tipo di regioni armoniche toccate, sia per la loro successione, strutturata a ricreare
appunto una sorta di cadenza secondaria, il tono principale non viene obliterato, ma viene
ulteriormente confermato dalle armonie secondarie, rappresentandone comunque il punto di
riferimento.
Anche in forme ancora maggiori come ad esempio il melodramma, possiamo applicare un
metodo analogo di analisi e interpretazione armonica. Prendiamo ad esempio una sinossi del Don
Giovanni di Mozart, riportando le tonalità delle varie parti, così come deducibili dall’armatura in
chiave:

ATTO I

SEZIONE TIPOLOGIA BATTUTE TONALITÀ GRADO AGOGICA


Ouverture 292 re m/Re M : I Andante; Molto
°T/T allegro
Scena I nº 1 Introduzione 210 Fa M: °Tp III (= V) Molto allegro
Scena II rec.
Scena III rec.
nº 2 Rec. e duetto 222 re m: °T I Allegro assai;
Maestoso;
Allegro; rec.;
Maestoso;
Adagio in
tempo; Tempo I
MUTAZIONE
Scena IV rec. 39
Scena V nº 3 Aria 168 Mi b M: °Sl II (= IV) Allegro
rec.
nº 4 Aria 172 Re M: T I Allegro;
Andante con
moto
Scena VI rec. 10
Scena VII nº 5 Coro 86 Sol M: S IV Allegro
Scena VIII rec. 53
nº 6 Aria 96 Fa M:°Tp III (= I) Allegro di molto
Scena IX rec. 35
nº 7 Duettino 82 La M: D V Andante
Scena X rec. 16
nº 8 Aria 45 re m: °T I Allegro
Scena XI rec. 24
Scena XII rec.
nº 9 Quartetto 88 Si b M: °Sp VI (= IV) Andante
rec. 7

9
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Scena XIII nº 10 Rec. e aria 140 Re M: T I Allegro assai;


Andante;
stringendo il
tempo; Tempo I;
Andante;
Tempo I;

Scena XIV rec. 10 Andante


[nº 10a] Aria 74 Sol M : S [IV] Andantino
sostenuto
Scena XV rec. 45
nº 11 Aria 160 Si b M: °Sp VI (= I) Presto
MUTAZIONE
Scena XVI rec. 26
nº 12 Aria 99 Fa M: °Tp III (= I) Andante
grazioso
rec. 16
nº 13 Finale 653 Do M: °Dp VII (= V) Allegro assai

Fam:
re M:°T
°Tp IIII (= V) ?And.; Allegret.
Fa M: °Tp III (= I) Menuetto
Si b M: °Sp VI (= I) Adagio
MUTAZIONE
(segue Finale) Mi b M: °Sl II (= IV) Allegro
Do M: °Dp VII (= V) Maestoso
Sol M: S IV Menuetto
re m: °T I Allegro assai
Fa M: °Tp III (= I) And. maest.
Do M: °Dp VII (= V) All.; Più stretto

ATTO II

SEZIONE TIPOLOGIA BATTUTE TONALITÀ GRADO AGOGICA


Scena I nº 14 Duetto 70 Sol M: S IV Allegro assai
rec. 46
Scena II nº 15 Terzetto 84 La M: D V Andantino
rec. (Scena III) 46
nº 16 Canzonetta 44 Re M: T I Allegretto
Scena IV rec. 27
nº 17 Aria 84 Fa M: °Tp III (= I) Andante con
moto
Scena V/VI rec. 47
nº 18 Aria 104 Do M: °Dp VII (= V) Grazioso
MUTAZIONE
Scena VII rec. 9
nº 19 (Scena VIII) Sestetto 277 Mi b M: °Sl II (= IV) Andante
Re M: T I
do m: °S°S VII (= V)
Mi b M: °Sl II (= IV) Molto allegro
Scena IX rec. 11
nº 20 Aria 106 Sol M : S IV Allegro assai
Scena X rec. 14
nº 21 Aria 101 Si b M: °Sp VI Andante
grazioso

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Scena Xa rec. 41
nº 21a Duetto 96 Do M: °Dp VII (= V) Allegro
moderato
Scena Xb + Xc rec. 42
Scena Xd = nº 21b
Rezitativo ed 165 Mi b M: °Sl II (= IV) Allegro assai;
aria Allegretto
MUTAZIONE
Scena XI rec. 86
nº 22 Duetto 108 Mi M: DD II (= IV) Allegro
MUTAZIONE
Scena XII rec. 16
nº 23 Recit. ed aria 116 Fa M: °Tp III Risoluto;
rec. 4 Larghetto;
Allegretto
moderato
Scena XIII nº 24 Finale 871 Re M: T I All. vivace
Scena XIV Si b M: °Sp VI (= IV) Allegro assai
Fa M: °Tp V Molto allegro

Scena XV re m: °T I Andante
Più stretto
Allegro

Scena ultima Sol M : S IV Allegro assai


Re M : T I Presto

Nella tabella precedente non sono state considerate le tonalità dei recitativi in quanto per loro
struttura modulanti e più funzionali alla parola che non alla musica.

Prima
possiamo di trarre lei conclusioni
considerare occorre
due Finali degli atti premettere
come vere che, in considerazione
e proprie del numero
unità a sé. Soprattutto neldicaso
battute,
del
secondo Atto dove il Finale rappresenta circa un terzo dell’intero Atto secondo, comprensivo del
Finale stesso. Dal punto di vista armonico avremo che nel primo atto, escluso il Finale, le funzioni
armoniche corrispondenti alle tonalità sono:

°T/T °Tp °T °Sl T S °Tp D °T °Sp T S °Sp °Tp

che, ridotte, corrispondono a:


°T °S °T °S °T D °T °S °T °S °T
°T °S °T D °T °S °T °S °T
°T
°T D °T °S
°S °T
°T °S
°S °T
°T
°T °S °T
°T

Ugualmente nel Finale del primo atto avremo:

°Dp °Tp °T °Tp °Sp °Sl °Tl S °T °Tp °Dp

ovvero:
D °T °S °T °S °T D
D °T °S °T D
D °T D
D

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Nel secondo atto sino al finale abbiamo invece:

S D T °Tp °S°S °Sl T °S°S °Sl S °Sp °Tl °Sl DD °Tp

ovvero:
°S D °T °S °S T °S °T °S D °T
°S D °T °S °T °S °T °S D °T
°S D °T °S °T °S D °T
°S D °T °S D °T

L’ultimo finale:

T °Sp °Tp °T S T

quindi:

°T °S °T °S °T
°T °S °T
°T

Il tutto quindi acquisterebbe una logica formale di ampio respiro secondo le seguenti
considerazioni:

1. la prima parte del primo atto appare fondamentalmente imperniata sulla funzione di °T
2. il primo finale rimane aperto su D
3. la prima parte del secondo atto invece non è riducibile ad un'unica funzione, ma partecipa a
livello profondo di due grandi cadenze
4. l’ultimo finale riporta sostanzialmente a °T, funzione su cui è principalmente basato.

Rimandiamo ad altra sede la verifica di eventuali collegamenti tra le funzioni individuabili a livello
macroformale, che stabiliscono una logica strutturale e dei punti di volta funzionali ben precisi, e la
struttura drammaturgica del libretto.

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