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St
P O P / R O C K
A N G I AT O R E
R
L’AR uida pratica nel mondo ne musicale
d e l l a p o p m u s i c :

Una g z i o n e e n o t a z i o
strum e n t a

SECONDA
EDIZIONE

Didactics
1ª PUBBLICAZIONE 1 AGOSTO 2016
Introduzione

Tutta colpa di Aristotele. Nel primo secolo a.c. si mise in testa di catalogare tutto lo scibile umano;
dividerlo in un sistema di categorie, specie e sottospecie. Una specie di mania compulsiva. La cosa
straordinaria è che a momenti ci riusciva. Da allora non ce ne siamo più liberati. Piaccia o no, da allora
noi ragioniamo così.
Oggi, per dirla con lo stagirita, ci sono tre musiche, tre categorie cui corrispondono tre repertori, tre
tipi di compositori, di esecutori. Tre mondi chiusi cui corrispondono diversi tipi di regole, convenzioni,
modi di pensare e comunicare. E’ vero? No! O almeno non è così semplice ma in questo modo è più
facile capirci. C’è una grande permeabilità tra questi tre mondi ma rimangono vistose differenze,
nonostante tutte le contaminazioni. Alessandro Baricco ha scritto che l’ascoltatore di classica, nella
geografia della musica, è convinto di abitare la Svizzera. Oggi l’ascoltatore di jazz si colloca
probabilmente a Montecarlo, quello di pop a Cattolica o a Fregene. Comunque la si pensi, non si può
negare che Vivaldi, Parker e gli U2 appartengano a mondi diversi. Poi si contamina, ma partiamo da
qui.
Molti anni fa ho partecipato a un workshop di Miroslav Vitous. Dopo aver spiegato la struttura
verticale di un complicato accordo di dominante ha detto, indicando il gruppo di note delle estensioni
superiori: ”..se poi volete che suoni più pop togliete un paio di queste …”.
Come dire che nell’immaginario collettivo- e anche nella realtà delle cose- spesso la musica pop è più
“semplice”. …però è diversa e per suonarla e arrangiarla bisogna conoscerla.
Fino al romanticismo l’idea dell’arte come espressione di una pulsione interiore dell’artista che esce
spinta da un moto inarrestabile dello spirito era pressoché sconosciuta. Anche il maestro dei maestri,
Bach, scriveva musica di circostanza, da matrimonio, requiem, celebrazioni varie. Tra le curiosità va
tenuto presente che a ogni matrimonio corrispondeva una musica diversa composta per l’occasione;
suonarne una già eseguita era un po’ come usare un vestito di seconda mano (oggi si fa anche questo
ma qui parliamo di matrimoni VIP). L’Arte per l’arte è un concetto moderno. A nessuno sarebbe
venuto in mente di andare ad assistere alla rappresentazione di un requiem senza che ci fosse un
morto.
Oggi invece la musica classica e il jazz fanno ampio uso dell’idea romantica di urgenza interiore
dell’artista. Dietro ci sono tutta una filosofia e una dialettica che hanno impegnato molti di noi in
interminabili discussioni sul senso della musica. Su una piccola cosa però, dobbiamo convenire tutti:
se c’è l’urgenza interiore, lo spettatore va a farsi friggere. Voglio dire che l’artista intercetta quasi per
caso il sentimento dell’ascoltatore ma non lo cerca, è piuttosto quest’ultimo che deve sforzarsi di
capire. Nel pop, tagliandola a fette grosse, la fatica di capire non c’è. Il pop è, secondo la definizione
dell’enciclopedia Treccani, musica del popolo fatta dal popolo per il popolo. Le radici sono nella
musica folk, spesso cantata che si perde nella notte dei tempi. Parte di questo discorso è materia di
etnomusicologia ma preme dire in questa sede che la musica “popular” nasce per ballare, cantare e
contribuire all’identità di un gruppo sociale, in un humus di stilemi elementari e condivisi. A pensarci
bene il punk inglese degli anni ’80 non è distante da questo concetto. Peter Gabriel lo è certamente di
più ma nel calderone c’entra anche lui a testimoniare il progressivo disfacimento dei confini di genere.

A esser precisi ci sono due tipi di pop. Quello omnicomprensivo che va dai canti popolari peruviani ai
Metallica, da Toto Cotugno a Prince; comprende rock, latino, dance, folk, punk, cantautori e Country
americano… e la Pop Music in senso stretto, per intenderci quello di Michael Jackson e Madonna.

Il pop è la più importante realtà musicale in termini economici del nostro paese. Per sviluppare questo
argomento mi soccorre una ricerca commissionatami qualche anno fa da un conservatorio sullo stato
della musica pop in Italia che troverete per esteso in coda a questo volume.

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In sintesi ne emergeva che, organizzando e incrociando i dati SIAE, Enpals, e uno studio
dell’Università Bocconi sull’economia della musica, si capisce che una percentuale oscillante tra il 50 e
l’70% del valore economico prodotto dalla musica italiana è riconducibile al pop. La percentuale
cresce se si considera che la musica colta, la musica classica e in parte il jazz, vivono di sovvenzioni. In
sintesi, la principale vera aspettativa di reddito per un aspirante musicista viene dalla musica pop.
Ogni 100 bassi elettrici si vende un contrabbasso.
Un dato che la dice lunga, soprattutto alla luce del fatto che la scuola italiana semplicemente ignora
l’esistenza del basso elettrico, al massimo relegato a modello portatile di contrabbasso e
incomprensibilmente insegnato da contrabbassisti.

Una volta chiarito che il pop è importante e diverso dagli altri due mondi, occorre colmare un vuoto:
la lacuna imperdonabile nel campo della didattica. Finora il mondo accademico, con un misto di
ignoranza e supponenza ha sempre considerato il pop come il parente scemo che non meritava una
trattazione a parte. Basta scrivere le note di “Tintarella di luna” e il violinista le eseguirà. Punto. Il
concetto è molto più chiaro per chi ha avuto, come me, l’esperienza surreale di assistere a un tributo
a Jobim suonato dall’orchestra di un importante teatro lirico.
Non funziona così. Come per tutte le attività umane bisogna sapere per fare. Chi sa suonare
Beethoven non può per questo motivo ritenere di saper improvvisare in un brano reggae. Il pop ha un
linguaggio, una serie di stilemi, di modalità esecutive, di codici di comunicazione, tecnologie, modi di
scrivere che gli sono propri. Si tratta di elementi formali, tecnici e musicali precisi e identificabili.
Ormai il pop ha quasi cent’anni di storia volendo accettare la nascita del crooner (Bing Crosby per
capirci), come data di inizio.
In questo testo cercheremo di porre le basi per l’organizzazione di questi e altri elementi per creare
uno scheletro che serva alla crescita di una Didattica del pop sul modello di quelle jazz e classica. Una
sorta di ossimorica “accademia pop”.
Vedremo specialmente come il moderno arrangiatore pop debba confrontarsi con il modo di pensare
del musicista pop. Il musicista pop non usa lo spartito tradizionale. O meglio, usa anche lo spartito
tradizionale, se serve. Spesso non serve. Usa altri codici e non è per questo più ignorante. Usa la lead
sheet, slash sheet, le sigle degli accordi, la Nashville notation, il pentragramma, le tablature, gli stilemi
e i pattern oltre a tanta memoria e orecchio musicale….

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Capitolo 1 – Premesse
1.1 Il Blues system

Una trattazione che riguardi la musica pop/rock occidentale deve necessariamente partire da un
sistema musicale che influenza pesantemente tale forma d’arte e la rende non sempre
comprensibile secondo i canoni melodico-armonici cui siamo abituati: il “Blues system”. E’ un
argomento che appartiene al campo della musicologia e può essere meglio approfondito in
Gerhard Kubick:”Africa and the blues”, David Evans: “Big Road Blues”, Richard Ripani :“The new
blue music”, Jeff Todd Titon : “Early Downhome blues”, Winthrop Sargeant: “Jazz:Hot and Hybrid”.
In questa sede mi limiterò ad una sintesi del concetto.

Il blues system è il prodotto dell’incontro tra la musica nera degli schiavi africani introdotti nel
nord america, e la musica occidentale. Il risultato è un sistema musicale tipicamente
nordamericano che oggi permea molta della la musica pop, jazz, rock in tutto l’occidente. A ben
pensarci il sistema musicale tonale che tutti abbiamo studiato, legato alla dinamica
Dominante/Tonica e Maggiore/Minore, riguarda un periodo relativamente breve della storia
della musica. La tensione alla ricerca del superamento di questo sistema inizia già nel 19° secolo
ad opera di autori quali Wagner, Debussy, Mahler, Stravinsky…
Il blues system è un sistema nuovo che supera armonicamente alcune delle fondamenta della
musica tonale e introduce alcune fondamentali varianti ritmiche, tra tutte la più famosa è lo
swing.
La cosiddetta “Scala blues”: DO Mib Fa Fa# Sol SIb Do nel blues system viene applicata
estensivamente alla tonalità maggiore.
La presenza di tre note alterate, e quindi estranee alla tonalità di Do maggiore, salta all’occhio.
Tra le osservazioni più immediate c’è la copresenza delle terze maggiore e minore. In realtà
anche questa è una semplificazione dovuta all’uso di strumenti temperati quali il pianoforte.
Esistono molte note corrispondenti a frazioni di tono tra il Mi e il Mib; alcuni degli autori citati
prima hanno fatto delle statistiche sulla frequenza delle diverse frazioni di semitono.
Un’altra osservazione immediata è che la settima minore sull’accordo di primo grado (Tonica), è
incompatibile con i movimenti armonici del sistema tonale. Il Fa # a sua volta non è usato solo
cromaticamente per risolvere sulla quinta ma come nota “target”, nota di arrivo e relativo riposo.
Ognuna di queste, e altre soluzioni, possono essere meglio e più approfonditamente investigate
grazie ai testi che ho citato sopra. Non tutte vengono usate con la stessa frequenza ed è di grande
importanza dire che non sono solo utilizzate nel blues e nel jazz. Anche i generi più bianchi come
il southern rock, il surf o il country sono infarciti di note e ritmi derivati dal Blues System. In Italia
anche artisti insospettabili come Eros Ramazzotti, Pino Daniele o Arisa fanno uso sistematico di
questo sistema.
In conclusione, teniamo sempre presente che non tutte le regole armoniche “classiche” sono
applicabili al pop. Basta un semplice giro di rock’n roll con le sue settime minori sul 1° e 4° grado
maggiore per mettere in crisi il sistema.

1.2 L’arrangiatore pop e l’artista



Nella musica classica normalmente il compositore è arrangiatore della sua opera. L’autore concepisce
la melodia assieme alla sonorità, al ritmo e alle armonie della sua creazione; tutti questi aspetti
assieme costituiscono la composizione. Ad esempio, nella sesta di Beethoven, c’è la composizione,
intesa come melodia cantabile e ci sono effetti orchestrali, parti bucoliche fatte di tappeti armonici.
Nel pop chiameremmo composizione la linea melodica con un’armonia elementare e arrangiamento
la scelta dei suoni, le parti strumentali, gli effetti…

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Nella musica pop moderna le due funzioni sono separate.
Nella musica classica il protagonista, colui al quale viene attribuito il merito dell’opera è il
compositore. Ci sono molti interpreti grandi e grandissimi ma i supereroi immortali restano Mozart,
Verdi, Wagner…
Nel pop il protagonista è l’”Artista”. Si tratta di una figura pubblica che possiede il carisma, il
magnetismo, il physique du rôle, la sensibilità per incontrare il suo pubblico. Di solito è il cantante ma
le doti canore sono secondarie. L’artista crea un suo “mondo” fatto di testi, atteggiamenti, abiti e foto
dei paparazzi cui si accede attraverso i dischi e i concerti. La gente crede nel messaggio, nel modello
proposto e si identifica. Non c’è NULLA che abbia un grande successo che sia senza senso: se un
artista ha successo vuol dire che esiste una sensibilità diffusa che la sua musica incontra e soddisfa.
Questo concetto elementare è incredibilmente difficilissimo da comprendere a fondo. L’arrangiatore
prima di tutti deve entrare nella lunghezza d’onda dell’artista, comprenderne la sensibilità e
assecondarla mettendo la sua professionalità al servizio di questo mondo. Bisogna fare attenzione a
non confondere questo aspetto con una cosa di triviale. Lo sforzo di “entrare” nella sensibilità
dell’artista è un’operazione con una grande componente artistica, molto difficile e per nulla triviale.
Ogni brano è composto dall’artista stesso nel caso dei cantautori o da un altro autore che cede il
brano a un cantante. In questo caso il termine composizione intende la melodia e una traccia
dell’armonia. Da un punto di vista legale la tutela riguarda solo la scrittura melodica. Quando l’artista
ha scelto il pezzo e il testo e ha deciso di interpretarlo entra in gioco l’arrangiatore che ha il compito di
“vestire” il brano e il disco o il tour a cui sta lavorando. Nella maggior parte dei casi l’artista ne ha
bisogno perché non possiede le competenze per creare un arrangiamento completo, altre volte vuole
averne uno per avere degli stimoli diversi: l’arrangiamento è un’area creativa diversa che integra la
parte compositiva ed interpretativa. L’arrangiatore porta una sua visione di ogni singola canzone e
dell’intero disco.

1.3 La notazione musicale



La musica nella maggior parte dei casi è un fatto collettivo. C’è una complessa dialettica tra i membri
di una band, tra il direttore e l’orchestra, il solista, il copista e il fonico di palco e tutte le altre figure
professionali; per non parlare della comunicazione più importante, quella tra il compositore e coloro
che sono chiamati ad eseguire il pezzo musicale
La comunicazione tra tutti questi protagonisti del concerto è un problema che ha avuto nel tempo
molte risposte diverse.
La scrittura musicale come la conosciamo ha radici profonde. Guido D’Arezzo nel decimo secolo sentì
il bisogno di dare un nome alle note per aiutare gli allievi della sua scuola di canto a ricordare le
melodie. Il primo esempio di notazione musicale si fa risalire al papiro di Ugarit (nell’odierna Siria). In
occidente la scrittura neumatica utilizzata nel canto gregoriano è il seme da cui fiorirà la nostra
scrittura a pentagramma, perfezionata tra l’anno mille e il millecinquecento, parallelamente alla
nascita della musica occidentale polifonica fino al barocco e poi al periodo classico.
La scrittura non è la musica: è solo un espediente mnemonico. In un’epoca senza registratori e MP3 i
maestri del canto gregoriano hanno dovuto inventarsi un modo per ricordarsi le loro stesse melodie
che altrimenti avrebbero sicuramente dimenticato. Guido D’arezzo insegnava canto e inventò la
solmisazione e il suo celebre esacordo per permettere ai cantanti di ricordare le melodie e di cantarne
di nuove. La scrittura ha acquistato nuova importanza con l’avvento delle grandi orchestre, le
partiture, la comunicazione con 80 musicisti sullo stesso palco.
Per il pop è un’altra cosa. Una band pop media è composta da 5 elementi che spesso non hanno
nessun bisogno della partitura, infatti non la usano: Mick Jagger o Bruno Mars con il leggio farebbero
ridere ma non è una questione di look.
Mi è venuta in mente un’altra celebre battuta da orchestrale: “se vuoi far tacere un chitarrista
mettigli la parte davanti”. Questo è un punto fondamentale.
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I musicisti classici sanno leggere lo spartito benissimo, quelli jazz -specialmente quelli più giovani, figli
dell’alfabetizzazione prodotta negli ultimi 30 anni dalla didattica- leggono a volte quasi altrettanto
bene, quelli pop no. Non tutti. Non è perché sono più ignoranti, usano altri mezzi di comunicazione,
più adatti alla musica che stanno suonando. I turnisti di vecchia scuola, come me, leggono –anche- lo
spartito perché vengono da quella tradizione e perché hanno bisogno di qualcosa che gli ricordi i mille
brani che devono conoscere. Spesso suoniamo a orecchio brani che conosciamo già. Un altro mio
amico diceva: ”… o suoni o leggi, non puoi fare le due cose insieme…”. Leggere serve a studiare il
brano, poi, molto dopo, quando la sai a memoria, inizi a suonare sul serio. Succede lo stesso ai grandi
solisti di musica classica.
La mia esperienza di direttore di coro mi ha insegnato che per far memorizzare la parte presto e bene
ai cantanti, bisogna registrargliela. Forse è poco accademico e i più colti si sentiranno trattati da
scemi ma così “funzionerà” di sicuro.
Dunque, nel pop, la trasmissione delle intenzioni dell’autore e dell’arrangiatore –figure che a volte
coincidono- passa attraverso tutta una serie di espedienti di non semplice gestione. Bisogna saper
scegliere tra partitura tradizionale, tablatura, sigle degli accordi con obbligati, registrazione del brano
su file audio. Anche le diverse tecniche di scrittura degli obbligati su struttura di sigle di accordi sono a
volte molto differenti tra loro.
Nel pop ha molta importanza la Slash Notation, una forma di scrittura sintetica che racchiude in un
solo spartito comune a tutti gli strumenti, le indicazioni utili a eseguire il brano. Di questa parleremo
diffusamente.

1.4 Relazione sull’economia dello spettacolo



Gli anni 2000-2010 hanno segnato il passaggio da un’economia della musica che viveva
principalmente degli introiti discografici e vedeva nell’esibizione dal vivo un momento di promozione
del disco ad una situazione opposta. Dal 2000 gli introiti mondiali per la vendita di musica (su supporti
fisici, digitali o altro...) sono diminuiti del 37%(Rapporto IULM sull’economia della musica 2010). Oggi
l’attività “live” costituisce la maggior parte del guadagno di un musicista.

Il quadro che risulta dall’analisi dei dati forniti da SIAE, ENPALS e dai rapporti sull’economia dello
spettacolo dell’università BOCCONI di Milano e dell’università IULM è decisamente univoco e vede
nella musica pop leggera o extracolta (termine che include canzone d’autore e commerciale, rock ,
folk, country, melodico, strumentale, dance…) la prima attività sia come fatturato che come numero
di addetti e di giornate lavorative.
Sintetizzando si può vedere nei dati che seguono che circa l’80% delle attività musicali in Italia da dati
ufficiali sono riferibili al pop. Va tenuto presente che la quasi totalità della musica classica, opera,
balletto prevedono il biglietto d’ingresso, mentre il pop e il jazz sono più spesso eseguiti in situazioni
libere tipo clubs o piazze, senza un biglietto di ingresso. Inoltre la musica classica fa quasi sempre
capo ad organizzatori istituzionali come teatri lirici, fondazioni, televisioni, mentre la musica
extracolta si esprime in contesti più irregolari ed ha una altissima incidenza del lavoro cosiddetto
“sommerso”.

I dati da fonte Siae sono ufficiali, esaustivi e coerenti. Da quelli Enpals non si ha un quadro altrettanto
efficace perché la categoria professori d’orchestra non distingue il genere e riunisce nell’unica
categoria di “professore d’orchestra” il musicista di un’orchestra da ballo o di una band rock e il
violinista della Scala.
I dati delle cooperative sono solo riferiti ad alcuni campioni, i quali danno però un risultato molto
univoco. I rapporti Bocconi e IULM sono prestigiose fonti indirette che sostanzialmente concordano
nelle indicazioni.
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Facendo un calcolo dai dati enpals relativo ai compensi alle sole categorie di concertista, professore
d’orchestra, solista e direttore risulta un giro di affari di oltre tre miliardi di euro nel 2004 (l’ultimo
anno di cui si hanno statistiche complete pubblicate)
Di questi 2,7 sono prodotti dal pop e musica extracolta in generale.

Il rapporto di diffusione e capacità di produrre reddito tra la musica extracolta e quella classica è
evidenziato anche dai dati e dalle considerazioni che seguono:
L’analisi delle vendite di supporti musicali nel mondo (CD, Vinile, DVD, download via web), rispecchia
l’orientamento del consumo che è diviso tra musica extracolta e classica in un rapporto di circa 18/1
(Rapporto IULM): 18.000.000 di confezioni di supporti di musica extracolta , 969.000 di musica
classica.
Entrate SIAE musica dal vivo 2009 in Euro (diritti d’autore pagati da teatri e locali per la musica dal
vivo) in migliaia di euro.
Concertini di intrattenimento (pop) 264.282.653
Concerti pop 263.570.269
Concerti classici 55.483.896
Concerti jazz 14.189.087
Qui il rapporto tra musica classica e extracolta è di circa 10/1. Va sempre tenuta presente l’incidenza
del sommerso nel pop.
La spesa per spettacoli dal vivo nel 2005 è stata di 345 milioni di euro di cui circa il 47 % riferibili al
pop.
Il rapporto 2006 sull’economia della musica in Italia dell’Università Bocconi dice che la spesa del
pubblico ufficiale, cioè quella documentata da incassi di biglietti SIAE è così ripartita:

Musica pop-rock 47%
Jazz 2%
Lirica 25%
Classica 11%
Balletto 6%
Operetta-rivista 9%

Lo stesso rapporto Bocconi parla di una distribuzione del numero di eventi come segue
Musica pop-rock 67.975
Jazz 5.038
Lirica 2.761
Classica 14.771
Rivista 3.357
Danza- operetta 6.487

Tornando alla professione di musicista pop, si tratta di un mestiere molto ambito, qualificato e
prestigioso, almeno nella fascia alta (tour e dischi pop nazionali), e spesso ben retribuito.
Come dimostrato sopra la gran parte della produzione di reddito nel campo delle attività musicali è
nel pop. La musica pop è uno dei pochissimi rami di attività economica che ha risentito molto poco
della crisi economica del 2009.


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Capitolo 2 – La slash notation
2.1 La scelta dei musicisti

Nel pop, come non ci stancheremo mai di ripetere, il primo arrangiatore di un brano è il musicista. La
scelta più importante da parte dell’arrangiatore è la scelta dei musicisti.
Il primo elemento di cui bisogna tener conto è ovviamente il background. Accade spesso che dei
famosi musicisti italiani, da Vasco Rossi a Jovanotti, Pino Daniele, Zucchero e Ramazzotti, chiamino
dei famosi chitarristi o batteristi rock per avere quel particolare suono nel loro disco. E’ una scelta che
richiede una conoscenza del musicista oltre che un portafoglio adeguato. Un’operazione di questo tipo
ha anche delle ricadute in termini di marketing poiché la presenza del musicista di grido straniero in un
disco/tour di un artista italiano aumenta la vendibilità del prodotto.
Questa è una logica che quando accomuna un buon risultato musicale a quello commerciale risulta
vincente. D’altra parte abbiamo numerose testimonianze del fallimento di questi accostamenti. Spesso
le produzioni hanno occasione di sfoggiare l’ospite illustre e lo cacciamo dentro ad ogni costo. Non so
dire dei risultati commerciali, sicuramente male quelli artistici.

L’arrangiatore avveduto deve sapere che ci sono due tipi di musicisti per il loro disco: il turnista
tradizionale e lo strumentista “artista”.
Il turnista è un professionista che sa interpretare tutti i generi musicali, ha tutti gli strumenti, gli effetti e
le conoscenze per realizzare presto e bene la vostra idea. Ovviamente ognuno ha un genere preferito ma
influisce poco. Quello che abbiamo chiamato “artista” invece, suona magistralmente in un solo stile: il
suo. Bisogna saper bene quello che si fa quando si sceglie un musicista di questo tipo. Da questi
escono i capolavori ma anche i fallimenti: hanno meno disponibilità a seguire le vostre indicazioni.
Il consiglio che posso darvi è di lasciare che siano loro a darvi le idee e a condurre il gioco.
Un esempio per capirsi. Potrei chiamare Marcus Miller a suonare in un disco che sto arrangiando.
Marcus è una persona molto cordiale e disponibile ma il solo modo intelligente di utilizzarlo in studio è
quello di fargli fare lo slap alla Marcus Miller. Tutte le altre cose potrebbero essere fatte altrettanto
bene da un turnista italiano.
Il lavoro con gli strumentisti è un equilibrio psicologico delicato. Dovete incoraggiarli senza farvi
fuorviare, capire quali sono i loro punti di forza e utilizzarli per quanto potete. Scoprirete presto quanto
sia difficile imporre la vostra idea di sound sui vostri turnisti senza creare tensione e rovinare
l’atmosfera. Opporsi a un’idea di Marcus Miller sarà, specialmente per un arrangiatore non molto
famoso, veramente difficile.

2.2 Cos’è la slash notation

Si tratta di una scrittura musicale sintetica che racchiude in un solo foglio valido per tutti gli strumenti,
le indicazioni necessarie a eseguire il brano. E’ una scrittura largamente utilizzata nel pop che
presuppone un background comune tra tutti i musicisti. La slash notation (s/n) viene specialmente
utilizzata dalla sezione ritmica: basso, batteria, tastiere, chitarre…L’interpretazione di un brano pop da
parte di un musicista molto raramente comporta l’esecuzione di una parte predeterminata nel dettaglio.
Nelle situazioni in cui è necessario indicare la parte dettagliata, sarà più opportuno utilizzare una
partitura tradizionale. A volte le due modalità coesistono, con la ritmica che suona leggendo una s/n
mentre i fiati o gli archi leggono dallo spartito tradizionale.
Un tipo di scrittura affine alla s/n molto usata nel jazz, sul modello dei Real Book, è la Lead Sheet:

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La lead sheet consiste nella trascrizione del tema principale con le sigle degli accordi. Ha il vantaggio
di dare un riferimento rispetto al tema e di informare il musicista delle note di armonia toccate dal
solista in ogni momento, cosa molto utile nella scelta delle armonizzazioni. L’occupazione del
pentagramma non consente però di avere spazio per indicazioni di altro genere come stacchi, temi di
altri solisti, ritmi…
Come regola generale è bene usare la lead sheet nei jazz combo, dove le indicazioni di arrangiamento
sono spesso assenti o minime e la s/n nel pop e quando si vogliono dare istruzioni di arrangiamento più
precise.

La scelta del metodo di scrittura e in generale la comunicazione con i musicisti è un punto molto
delicato nel lavoro dell’arrangiatore pop.
La s/n consiste nell’indicare con una serie di barre diagonali centrate nel pentagramma, le slash, la
struttura del brano e le sigle degli accordi. Ogni slash vale un quarto, quindi quattro per una battuta di
4/4:

ecco come queste quattro righe verranno realizzate:

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Vedrete che ogni musicista interpreta lo stile secondo un codice condiviso. Il basso sceglie le note del
walking, la batteria il pattern convenzionale e il piano interpreta con una ritmica opportuna. Il pianista
come si vede sceglie anche di usare accordi tipici del jazz che prevedono un’armonizzazione più
colorita rispetto alle triadi indicate. Nell’ultima misura il piano suona un accordo di 13° non indicato
ma coerente col contesto e la funzione armonica dell’accordo.
Il rigo contiene anzitutto l’indicazione del ritmo. Ogni musicista ha nel suo repertorio una serie di
soluzioni ritmiche per far funzionare uno swing. Basterà staccare il tempo e la band eseguirà queste
quattro misure in uno stile e con un andamento ritmico omogenei.
La sensibilità del musicista gli suggerirà la soluzione migliore.
N:B: nella parte per batteria ho scritto il ride con una divisione in terzine per rendere lo swing con una
trascrizione classica. Normalmente va trascritto in ottavi.
Se vogliamo andare più a fondo nelle indicazioni stilistiche possiamo scrivere ulteriori indicazioni :

realizzato:

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Si vede qui che l’indicazione “swing in due” ha portato il bassista ad una scansione conseguente: in due
con un paio di raddoppi improvvisati. Il batterista ha suonato l’hi hat invece del ride. Il pianista,
seguendo l’indicazione “piano tacet”, non ha suonato ma ha messo di sua iniziativa un accordo
sull’ultimo quarto della quarta misura.

2.3 Le text notation

Abbiamo visto che nella s/n hanno moltissima importanza le annotazioni di testo.
Vanno sempre scritte in maniera molto chiara, se la s/n sarà letta a prima vista è meglio evidenziarle
con un colore diverso o un evidenziatore.
Di solito preferisco scrivere i text in inglese perchè è ormai la lingua consolidata della scrittura
musicale, cos’ come l’italiano è la lingua della musica classica. Se ci sono indicazioni particolari o i
vostri musicisti hanno problemi con l’inglese non esitate a deviare da questa norma.

La prima fondamentale annotazione riguarda il ritmo e lo stile. Il linguaggio tradizionale condiviso


farà si che indicazioni come “tango”, “bossa nova” o “rock’nroll shuffle”, vengano interpretate in
maniera coerente da parte della band. La scritta dello stile va posta all’inizio della s/n in alto a sinistra.

Il valore metronomico è un'altra annotazione utile. Spesso il batterista ha con se il metronomo, in


generale ogni musicista esperto saprà interpretare approssimativamente un valore metronomico.
Anche questa annotazione va in alto a sinistra.

Le indicazioni di arrangiamento che riguardano le entrate e uscite degli strumenti vanno scritte in
modo che la prima parola inizi allineata con l’inizio della sezione che cambia. E’ meglio mettere questi
text sopra la linea ideale degli accordi per non interrompere la fluidità di lettura:

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Di regola dobbiamo cercare di non caricare eccessivamente la parte di indicazioni di testo. Per il colpo
d’occhio troppi text sono come nessuno.

Alcuni brani, specialmente nei generi cantautorali, nel folk revival alla Dylan, nelle ballate western e
old time music, nei generi popolari come lo stornello, hanno una struttura semplice basata sulla
ripetizione della stessa strofa con il testo che si sviluppo sulle stesse note. In questi casi si può
agevolare la lettura mettendo alcune parole del canto in corrispondenza dei punti chiave della struttura,
per esempio all’inizio dell’ultima strofa prima del cambio:

Scrivete il testo sotto il rigo nel modo in cui si scrive per i cantanti.

2.4 Il ritmo

La s/n consiste, come abbiamo visto, in una serie di slash da un quarto, che significano “continuare con
il ritmo”. Lo strumentista continuerà a suonare la struttura fino a nuova indicazione. Spesso la band
deve fare uno stacco, un accento, una scansione ritmica obbligata che vanno opportunamente indicati.
In questo caso si utilizzano le slash con il gambo. Queste divisioni saranno suonate da tutta la band:

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realizzato misure 15/19

Vediamo come tutti gli strumenti suonino omoritmicamente lo stacco. Subito dopo, alla ricomparsa
delle slash riprende il ritmo come prima.

2.5 Gli obbligati strumentali

Vediamo ora un caso con frasi obbligate di uno degli strumenti:

realizzato:

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In questo caso la band ha interpretato il ritmo normalmente, l’indicazione dell’obbligato di
piano non ha interrotto l’andamento di basso e batteria mentre il tastierista ha dovuto spostare la mano
destra sul synt mentre la sinistra ha continuato a suonare il tipico levare reggae.
La regola che ne ricaviamo è che ogni strumentista, una volta iniziato a portare il tempo, non
smette fino ad una indicazione esplicita. Ecco un esempio:

realizzato:

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2.6 Le sigle degli accordi

Gli accordi vanno posti sulla verticale esatta del quarto sul quale devono essere eseguiti:

realizzato:

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Evitate accuratamente le collocazioni ambigue come in questo caso:

A volte si è spinti a cercare di economizzare lo spazio. Questo è giusto ma non deve penalizzare la
chiarezza. In questo esempio si è fatto spazio alla scritta synt lead spostando il sol maggiore, una
soluzione che crea confusione. E’ meglio alzare la scritta:

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Capitolo 3 – il basso
3.1 La storia

Il basso elettrico nasce come prodotto di massa nel 1951 dalle mani del primo vero mito di questo
strumento: Leo Fender, un musicista amatoriale con l’hobby per l’elettronica e una piccola ditta di
riparazione di amplificatori e apparecchi radiofonici. Dall’incontro con Doc Kaufmann, della ditta
Rickenbacker produttrice di chitarre elettriche, nascono i primi esperimenti che porteranno alla
realizzazione della chitarra Fender Broadcaster, antenata della celebre Telecaster. Dall’evoluzione di
questo progetto nasce il suo primo basso elettrico. Si chiamava Precision bass; il nome fa riferimento
alla maggior precisione nell’intonazione rispetto al contrabbasso dovuta alla presenza di tasti in metallo
sulla tastiera. Il progetto era già perfetto, tanto che da allora il basso elettrico è sostanzialmente
immutato.
La più importante innovazione è l’introduzione di una quinta e sesta corda che consentono una
maggiore escursione: una quarta in basso e in alto. E’ un’innovazione logica: anche i contrabbassi in
orchestra hanno spesso la quinta corda grave.
Il basso elettrico è uno strumento a corda, accordato in Mi,La,Re,Sol. Partendo dalla corda vuota
ogni tasto, reale o virtuale (nei bassi fretless), alza l’intonazione di un semitono. Ad esempio, la prima
corda vuota è Sol perciò sul primo tasto si trova il Sol#, sul secondo il La e così via… Il basso è uno
strumento traspositore, suona cioè le note un’ottava più in basso rispetto alla notazione sul
pentagramma:

Il primo modo per realizzare una notazione per basso elettrico è l’indicazione delle sigle degli
accordi e del genere musicale. Similmente a quanto avviene per la batteria un bassista professionale ha
un repertorio di “patterns” ritmico-armonici cui attingere per realizzare le linee di basso. Tenete sempre
a mente che un buon bassista probabilmente sa realizzare una linea di basso migliore di quella che voi
gli potreste scrivere.

3.2 La notazione

Si sente parlare spesso di “giro “ di basso. Il termine identifica un riff, un tipo di scansione, di
pronuncia e di scala che, secondo il caso, si ripete rigorosamente o viene liberamente interpretato dal
bassista. Non ripeteremo mai abbastanza che nell’arrangiamento pop la parte del leone la fanno
l’ascolto e la pratica di gruppo. Nessun buon musicista potrebbe eseguire una parte di
accompagnamento senza conoscere la melodia del canto. La sessione in studio si apre invariabilmente
con l’ascolto; solo in seguito si passa alle indicazioni tecniche, partiture etc… Alcuni esempi:

Lineeditions 2016 17
a volte è scritto su carta semplice (una parte non irrilevante degli spartiti pop in situazioni “al volo” è
scritta sulle tovagliette di carta della pizzeria.

|C|C|F|F|Dm|Dm|G|G|

A volte l’arrangiatore ha in mente un giro di basso con una ritmica precisa. In questi casi si scrive una o
più misure iniziali lasciando al bassista l’interpretazione “simile” delle indicazioni armoniche seguenti.
In questo caso, come nei due precedenti, il bassista potrà prendersi qualche libertà, aggiungendo,
spostando o togliendo qualche nota per rendere le indicazioni più aderenti alle potenzialità e alla resa
musicale dello strumento. L’arrangiatore, che normalmente presenzia alle sessioni di registrazione e
alle prove e ricopre anche l’incarico di direttore musicale, deve, se possibile, conoscere il bassista in
modo da sapere cosa aspettarsi da lui e in ogni caso dovrà arginare o incoraggiare le iniziative dello
strumentista.

Nell’esempio che segue, si vede come il bassista rispetta sempre i quattro ottavi di ogni inizio ciclo
usando tonica quinta e sesta come da indicazione. Nella seconda parte della quinta misura inserisce un
ottavo, dando così una scansione più serrata alla ritmica e introducendo una variazione alla sincope
caratteristica del giro di basso. Nell’ottava misura, nel sol maggiore non fa uso della quinta e sesta ma
della sesta e settima, probabilmente perché il basso è a quattro corde e non ha il re basso necessario a
realizzare il giro come indicato, mentre se l’avesse trasportato all’ottava superiore non avrebbe avuto la
necessaria profondità. Nella seconda parte della battuta c’è un’altra variazione: al posto della
semiminima che dà il respiro alla fine del ciclo di due misure, inserisce una scala dal Mi basso al Do
della tonica successiva. Questa scansione conferisce alla musica un maggiore slancio in vista dell’inizio
della nuova sezione. Da un punto di vista armonico c’è da considerare che nei riff di sapore R&B come
questo di regola si utilizza la sesta, come in questo caso, sugli accordi maggiori mentre nei minori si
sostituisce con la settima minore.

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Come si vede in otto misure ci sono alcune soluzioni dettate dalla natura e dalla tecnica dello strumento
e dalla sensibilità del musicista. La soluzione del Mi Fa al posto di Re Mi nell’ottava misura è
certamente molto logica per la tecnica del basso elettrico ma è possibile che invece voi riteniate di non
voler rinunciare al sapore pentatonico del giro. Non esitate a opporvi a soluzioni che vi sembrano
cozzare con l’idea che avete in testa del brano. Molti arrangiamenti sono finiti male per evitare di ferire
la sensibilità dei musicisti. Un buon direttore musicale deve saper incoraggiare i musicisti e allo stesso
tempo tenete la barra dritta all’obbiettivo.

Spesso gli arrangiamenti contengono degli “obbligati ritmici”, cioè delle parti che, anche nelle
situazioni in cui al musicista è lasciata ampia libertà, devono essere eseguite esattamente come scritte.

La notazione musicale classica è un sistema universale, valido cioè per tutti gli strumenti. Il musicista
vede la nota sul pentagramma e la decodifica trasformandola mentalmente in un’indicazione tecnica sul
proprio strumento.
Ad esempio, vedendo un Do sul secondo spazio in chiave di basso, un bassista lo realizzerà suonando
la terza corda sul terzo tasto, un pianista sul tasto C2 e un violoncellista sulla quarta corda vuota. E’ un
doppio passaggio, uno sforzo logico che può essere evitato con un antico sistema dedicato agli
strumenti a corde: la tablatura.
La Tablatura è invece un sistema non universale ma specifico, che vale solo per lo strumento cui è
dedicato. Vi si trova direttamente l’indicazione tecnica, evitando il doppio passaggio mentale di cui
dicevamo. La tablatura da basso elettrico è costituita da quattro linee parallele orizzontali che
simboleggiano le quattro corde dello strumento. Nel nostro esempio, al posto del Do sul secondo spazio
del pentagramma troveremo l’indicazione del numero 3 sulla seconda corda: un sistema molto più
facile e mentalmente “economico” con un punto debole non trascurabile: non è indicata la scansione
ritmica.

Lineeditions 2016 19
Nell’esempio la traduzione in tablatura del brano precedente. Evidentemente è indispensabile che il
musicista conosca già il brano “ad orecchio”, in modo da leggere la parte come indicazione di massima,
come promemoria da integrare con le proprie conoscenze. Come già detto l’ascolto è la base di
qualsiasi lavoro pop e a nostro parere la conoscenza della melodia del brano che si sta per suonare è
indispensabile per dare intensità e senso musicale ad una esecuzione.
Spesso la tablatura non contiene neanche la divisione in misure:

Questo tipo di indicazione è molto frequente in ambito amatoriale e in genere presso i musicisti privi di
una educazione accademica (non rari, come si vede chiaramente nella tabella in calce al libro: la quasi
totalità dei più importanti turnisti pop non ha un diploma di conservatorio).

3.3 Sonorità, tecniche ed effetti.

Tra le tecniche evolute spiccano lo slap, il tapping, l’uso di armonici naturali e artificiali.
Il Tapping è una tecnica in cui il bassista adopera la mano destra per premere i tasti con una forza
sufficiente a far suonare la nota senza pizzicare la corda, utilizzando la tastiera un po’ come se fosse un
pianoforte, similmente alle tecniche dello stick di Chapman. Il suo impiego è limitato quasi
esclusivamente alle esibizioni per virtuosi dei “Bass day”.

Lo slap è una tecnica che alterna percussioni con il pollice e strappi delle corde. Il suono che ne deriva
è simile a quello di una percussione intonata. Tra gli esempi più famosi di interpreti di questo stile
figurano Marcus Miller, Flea, Les Claypool, Victor Wooten, Larry Graham, Mark King.
L’uso di questa sonorità conferirà una forte coloritura funk al vostro arrangiamento.
Nello slap sono frequenti le ghost notes, un effetto percussivo che non ha una nota ma contribuisce a
mantenere la pulsazione del brano:

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Non sarà necessario scrivere le ghost notes, normalmente un effetto come questo si otterrà scrivendo
semplicemente:

Le ghost sono di grande aiuto al bassista per mantenere una pulsazione incisiva, evitate di chiedergli di
non farle perché perdereste l’intenzione generale. Come sempre, dipende molto dall’esecutore…
Tra le band celebri che utilizzano questa sonorità: Level 22, Rush, Muse, Red Hot Chili Pepper, Korn,
Rage Against the Machine….

Alcune evoluzioni tecniche e tecnologiche hanno reso possibile, negli ultimi quarant’anni, la nascita e
il perfezionamento di una serie di sonorità che in parte hanno affrancato lo strumento dal suo
tradizionale ruolo di accompagnamento nelle frequenze basse.
Il basso fretless nasce grazie al genio di Jaco Pastorius ed ha una voce molto lirica adatta, nel registro
alto, all’esposizione di linee melodiche e in quello medio basso alla realizzazione di ritmiche
percussive in ottavi o sedicesimi di sapore funk. La mancanza di tasti rende complicata l’intonazione e
va quindi adoperato negli arrangiamenti solo quando si può contare su un esecutore professionale.
Spesso il suo suono viere arricchito con l’uso di effetti a pedale come delay, chorus, octaver. Esistono
molti esempi di bassisti noti in ambito pop che hanno adoperato il basso per l’esposizione di temi; oltre
a Pastorius, Pino Palladino, Steve Bailey, Steve di Giorgio, Jack Bruce, Tony Levin, Will Lee,
Alphonso Johnson, Alain Caron e molti altri. Il basso fretless va scritto come il basso con i tasti, basta
scrivere in partitura la scritta “fretless”.

Un altro suono particolare che si può ottenere dal basso elettrico: gli armonici naturali o artificiali. La
corda del basso vibrando produce una nota, la fondamentale, e una serie di armonici prodotti dalla
vibrazione dei segmenti di corda a ½ della lunghezza, 1/3, 1/4 e così via, seguendo la serie degli
armonici naturali. Gli armonici naturali si ottengono sfiorando la corda sul tasto corrispondente alla
frazione serve ottenendo di volta in volta l’ottava, la quinta, la terza, una o più ottave sopra la tonica. In
questo modo si ottengono in maniera abbastanza pulita le note delle quattro triadi aventi come
fondamentale la corda vuota. Le altre note si ottengono con i cosiddetti armonici artificiali, una tecnica
evoluta un po’ più complicata da eseguire. E’ un effetto dolce che può “condire” l’arrangiamento. Le
note producibili più facilmente sono la tonica della corda su cui si suona, l’ottava, la quinta e la terza.
Per l’ascolto: Continuum di Jaco Pastorius.

Allo stesso modo si indica con una scritta l’indicazione di usare il Plettro. Il suo utilizzo rende il suono
più percussivo, con una punta di frequenze medio-alte che lo rende molto leggibile nel mix.
Da un punto di vista tecnico va tenuto presente che il plettro permette di eseguire agevolmente note
anche molto veloci ribattute sulla stessa corda; più complicato eseguire continui salti come nel caso di
accompagnamenti a ottave alternate tipo dance anni ’70.

Lineeditions 2016 21
Tra gli effetti elettronici il distorsore e l’overdrive occupano un posto di primo piano. L’uso del
distorsore rende il suono simile a quello di una chitarra rock. I riferimenti sono ampiamente presenti
nella musica rock; il più significativo storicamente è probabilmente quello di Chris Squire il quale
sdoppiava il suono, distorgendolo in due amplificatori da chitarra in stereo, e mantenendolo pulito in un
ampli da basso. L’effetto è molto simile a quello di chitarra e basso all’unisono.
Il distorsore è usato spessissimo ad un livello molto basso anche in situazioni meno rock per dare un
po’ di punta al suono.

Il palm muting è una tecnica che consiste nel bloccare le corde con il palmo della mano mentre si
suona. Ne risulta un suono stoppato un po’ simile al contrabbasso, con un attacco deciso e il suono che
si smorza subito dopo. Molto indicato per le performance unplugged e in tutte le situazioni che
richiedono un mood acustico.

Il sound di alcuni generi musicali, penso specialmente alla musica elettronica e all’House, Techno
House, Trance, Goa, Elettropop, Tecno Dub…, è legato alle sonorità del synt bass. A volte il suono del
basso synt, molto più corposo e presente, si rivela risolutivo per la riuscita di un arrangiamento.

Il basso elettrico ha un suono più definito rispetto a quello del contrabbasso, perciò le implicazioni
armoniche delle scelte di note sono molto più evidenti.

3.4 La funzione armonica

Da un punto di vista armonico il basso di regola ha il compito di suonare la tonica dell’accordo. Nel
pop moderno, specialmente con l’intervento della figura dell’arrangiatore si ha un ampliamento
dell’uso dei rivolti, delle progressioni di bassi per gradi congiunti e in generale di accordi più complessi
e polychords. Una progressione di accordi di questo tipo:

potrà essere interpretata come segue:

In tutti i casi in cui il basso pop non esegue la tonica occorre sorvegliare il suono dello strumento che
non potrà essere troppo scuro, dovendo lasciare la nota il più leggibile possibile. E’ inoltre molto
importante curare il suono e i rivolti delle chitarre poichè i chitarristi sono a volte poco attenti alle
intrusioni delle frequenze basse del loro strumento nel territorio del basso.
Quest’ultimo esempio riguarda una progressione per gradi congiunti che ha una sua logica intrinseca.
Nell’ esempio seguente vedete che alcuni rivolti al basso compaiono senza una preparazione. L’effetto
è più sorprendente ed evidenzia maggiormente il carattere del rivolto:

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Le note non preparate al basso più comuni sono ovviamente quelle dell’accordo.
La Tonica al basso conferisce un senso di solidità alla struttura armonica.
La terza al basso è molto efficace negli accordi maggiori, dando maggior tensione a un accordo
altrimenti più “seduto”. Viene usato molto come “effetto sorpresa” e variazione nella ripetizione di una
sezione dove in precedenza si era suonata la tonica. E’ un effetto molto usato nel pop moderno, da Eros
Ramazzotti a George Michael. La terza al basso negli accordi minori non ha senso poiché
semplicemente trasforma l’accordo minore in uno maggiore costruito sulla terza (la relativa maggiore),
ad esempio un Am/C è un C6, l’orecchio tende sempre a privilegiare la traduzione maggiore di un
accordo ambiguo per via della sua maggiore purezza armonica. Perciò non si tratta di un rivolto al
basso ma di una vera e propria modificazione dell’armonia.
La quinta al basso rende l’accordo più indefinito e va usata con parsimonia.
Un altro espediente efficace è l’utilizzo di un pedale, cioè di una nota fissa tenuta mentre il resto
dell’armonia cambia. La nota che funziona meglio nelle progressioni tonali è il quinto grado.
Un primo modo è quello di muovere degli accordi che contengono la nota di pedale nella triade:

Il pedale è un effetto abbastanza forte da reggere anche quando gli accordi che si muovono contengono
la nota solo nelle estensioni superiori:

Infine il pedale può essere adoperato su sequenze armoniche diverse. Anche questo è un effetto che è
simile a quello dei polychords e depotenzia o modifica la definizione funzionale degli accordi. Ad
esempio in questa sequenza:

il G/C della terza misura suona come un do Tonica con nona undicesima e tredicesima. Si attenua
quindi la funzione dominante del G, ovvia in una sequenza I° IV° V° I°.

Lineeditions 2016 23
Il basso elettrico può anche suonare dei controcanti rispetto alla voce. Questo richiede un’ intuizione
felice da parte dell’arrangiatore ed una condotta disciplinata da parte degli altri musicisti. Un esempio
meraviglioso di questa tecnica è il basso di Something, un brano di George Harrison in cui Paul Mc
Cartney suona il suo Hofner. Per altri esempi del genere vedi Chris Squire degli Yes, John Entwhistle
degli Who o più recentemente -e con un lessico più elementare- Peter Hook dei New Order.

3.5 Tipi di strumento

Esistono molti modelli di basso elettrico ed è bene che un arrangiatore sappia distinguere almeno tra i
tipi principali.
La distinzione più importante riguarda il tipo di pick up: single coil o hambucker.
Il basso con i single coil, come il Fender jazz bass e il Fender precision, hanno un suono più limpido,
ben leggibile nelle parti soliste. E’ uno strumento con una grandissima tradizione cui si collega il suono
di molte superstar dello strumento, da Marcus Miller a Jaco Pastorius, Steve Harris e James Jamerson.
Il Music Man, un basso costruito dallo stesso Leo Fender dopo la cessione della prima ditta, ha un pick
up dual coil o humbucker ed è più aggressivo dei Fender. Il suono ha, oltre a frequenze basse molto
pulite, una specie di distorsione che lo rende molto leggibile nel mix. Nel basso questo aspetto conta
molto: a volte un suono bello perché molto ricco non “passa” nel mix perché gli manca la punta su una
frequenza e invade il campo di altri strumenti.
Esistono poi dei bassi estremamente aggressivi, con pick up hambucker, adatti al metal e al rock in
generale. Sono strumenti non molto leggibili ma ricchissimi di armoniche sulle medio-basse. L’effetto
nel mix è di grande spinta e una certa “confusione” in basso tipica della musica rock più cattiva.

Il basso elettrico ha aggiunto la quinta corda negli anni ’80 perché prima non c’erano amplificatori in
grado di supportarli. La quinta corda è un Si basso a 31 htz. In genere la qualità del suono del basso è
proporzionale alla potenza disponibile: occorre avere amplificatori potenti da usare ad un volume
relativamente basso. Normalmente nei club vediamo che ad un ampli da chitarra da 50 watt se ne
accompagna uno da basso da 600. Il mix in questo modo è bilanciato. La chitarra, quella rock in
particolare. Suona meglio “tirando” l’ampli, per il basso è il contrario. La quinta corda raggiunge
frequenze molto basse e va usata con intelligenza. Va bene nei palchi grandi, con i sub dell’impianto da
18 o 21 pollici e una grande potenza.
Le note molto gravi hanno meno punch, risultando meno efficaci ritmicamente. Inoltre, se il bassista
suona molto in basso potrebbe crearsi un buco di frequenze attorno ai 100 htz.
La quinta corda risulta molto utile nei brani in re perché altrimenti, nel 4 corde, si è costretti a suonare
la tonica molto in alto.

La sesta corda serve per suonare delle parti soliste. E’ un do una quarta sopra al sol. E usato
principalmente nella fusion e nelle situazioni in cui il bassista ha parti funamboliche di tipo
chitarristico. Tuttavia esistono alcune sonorità interessanti ottenibili con la sesta corda. Gli accordi
suonati con il basso elettrico a sei corde hanno un suono “scavato”, con più frequenze basse rispetto
alle chitarra ed una componente cristallina nelle alte. Provatelo nelle introduzioni o nei brani
d’atmosfera: può essere sorprendentemente dolce. Anche un assolo come quelli di Melvin Lee Davis
con Chaka Khan è un bell’effetto dal sapore jazzy; usatelo solo se avete a disposizione un bassista di
livello molto alto e di grande esperienza.

3.6 Il contrabbasso

Se cercate un suono molto acustico, di sapore old fashion oltre che negli swing e nei brani di sapore
jazz è opportuno usare il contrabbasso.
Il suono ha un attacco molto pronto e un decay più rapido rispetto al basso elettrico.
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Negli accompagnamenti walking bass nello swing evitate la notazione completa come in questo
esempio:

basterà la solita indicazione dell’armonia con eventuali obbligati

che il bassista realizzerà così:

ugualmente nella bossa nova e negli altri ritmi tradizionali:

realizzato:

Il contrabbasso può essere suonato con l’archetto, in questo caso è molto efficace la scrittura di melodie
nel registro medio-alto. Otterrete un suono simile a quello del violoncello. In questi casi dovete
sincerarvi di disporre di un esecutore di buon livello.

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3.7 Il basso fretless

Il basso fretless ha un suono molto “medioso” e leggibile: il cosiddetto suono “alla Pastorius”. E’ un
suono molto adatto all’esecuzione di temi lirici nel registro medio, un po’ come un violoncello o un
trombone. Jaco lo utilizzava in un contesto fusion ed aveva un ruolo molto esposto da virtuoso. Oggi è
un colore cui siamo abituati ed è utilizzato anche in contesti molto pop per eseguire brevi parti
tematiche o accompagnamenti morbidi e “miagolosi”. Per questa funzione lirica ascoltate “A remark
you made” dei Weather Report o “Ci penserò domani” dei Pooh.

Il fretless da anche buoni risultati negli accompagnamenti funk se suonato con prevalenza del pick up
al ponte in un Fender Jazz o simile. Per questo effetto ascolta “The Chicken” di Jaco Pastorius.

Un altro colore interessante è il suono “alla Pino Palladino”: fretless con octaver. Per questo ascoltate
“Everytime you go away” di Paul Young.

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Capitolo 4 – La batteria
Ringraziamo il M° Davide Ragazzoni per la pazienza, le indicazioni di notazione e specialmente la
consulenza enogastronomica.

4.1 La batteria
Spesso l’arrangiatore pop conosce il batterista che poi suonerà le sue partiture e sa esattamente cosa
indicare e cosa aspettarsi da lui. Potrà, per esempio, scrivere tempo “rock alla Creedence” o “shuffle
Omar Hakim”. Un’indicazione di questo tipo sarà sufficiente se si ha a che fare con un professionista
preparato. Il concetto di tradizione orale nel 21° secolo significa trasmissione legata all’ascolto; la
prima fonte è il web. Un buon batterista deve avere una cultura che gli permette di spaziare tra molti
generi e avere diversi riferimenti per ognuno. Non finiremo mai di dire che il turnista pop è
l’arrangiatore del proprio strumento. Quindi occorrerà convocare i musicisti adatti alla musica che
s’intende suonare.
Quando è richiesta la lettura a prima vista le parti di batteria sono generalmente più semplici che nella
partitura classica. Anzi, a dire il vero sono molto rare le occasioni in cui un musicista pop suona
qualcosa di completamente ignoto. Normalmente si fa precedere all’esecuzione un ascolto del brano
che si andrà ad eseguire, questo accade per esempio in sala di incisione, dove è più frequente la
registrazione “pronti-via”. Dopo l’ascolto, è buona prassi ascoltare le proposte del batterista, anche se
si ha già un’idea chiara di ciò che si vuole ottenere. Molto spesso si avranno degli stimoli che ci
porteranno a rivedere le nostre convinzioni.
Ribadito che è estremamente raro che un musicista pop legga la partitura tradizionale, vediamo come
si scrive una parte per batteria.

4.2 Come si scrive

Molte volte il batterista leggerà da una slash sheet o lead sheet su cui farà delle annotazioni:

Uno spartito come questo, non specifico per batteria, sarà sufficiente a capire quante battute per giro,
quanti giri e com’è lo stacco.
Il batterista una volta ascoltato il pezzo si scriverà delle indicazioni sul pattern ritmico, eventualmente
le dinamiche e le variazioni. La parte specifica non serve.

Lineeditions 2016 27
Se si vogliono dare indicazioni più precise e risparmiare ancora un po’ di tempo (dipende dalle capacità
di lettura del batterista) si scrive. La parte di batteria si scrive sul pentagramma usando la chiave di
percussione, le parti suonate con le mani hanno il gambo in su, quelle suonate con i piedi gambo in giù:

Abbiamo scelto di usare la notazione dell'hi hat sul mi in chiave di violino come suggerisce il metodo di
batteria più risalente ed usato: l’enciclopedia dei ritmi di Cristiano Micalizzi e Francesco Puglisi. In
realtà non esiste una convenzione consolidata che dia una risposta univoca. Spesso si trova notato sul sol
o sul fa. E’ preferibile perciò mettere una postilla di specifica anche se un batterista con un minimo di
esperienza capirà ugualmente.
Quando si vuole l’esecuzione di rolls, brevi rulli sullo snare drum con divisione regolare, si scrive così:

Il flam è un effetto ottenuto suonando due colpi molto ravvicinati:

Nei più diffusi programmi di notazione musicale a volte si trovano delle incongruenze come il
charleston chiuso sul Fa e altre di questo genere. Potreste scrivere una nota di ride e ascoltare un crash.
Ciò è dovuto al fatto che questi software devono far coesistere la scrittura musicale con il midi
mapping del generatore di suoni, entrambi preesistenti e non omogenei. La soluzione è rimappare il
software. In ogni caso la scrittura più chiara per i batteristi è quella che ho riportato qui.

I piatti normalmente hanno un decay lungo. Il batterista può stoppare con la mano il piatto in modo che
il suono cessi subito. Si chiama stoppato e si indica con un apostrofo sulla nota. Per maggiore
chiarezza, se a seguito di un gruppo di note stoppate c’è un piatto libero si può aggiungere una legatura:

E’ possibile semplificare le notazioni dei gruppi veloci mettendo i trattini sui gambi:

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4.3 La struttura

La parte di batteria nel pop si scrive per esteso molto raramente. Di solito si specifica il pattern
principale cui segue un’indicazione di struttura.

Come si vede nell’esempio, nella prima battuta è scritto per esteso


il pattern ritmico e poi l’indicazione di struttura. Nell’esempio il batterista suonerà per 16 misure il
primo ptn, poi 8 misure del secondo, infine altre 16 del primo.

Un modo graficamente diverso ma ugualmente efficace per indicare le battute di ripetizione del pattern
di batteria:

In altri casi basta indicare in nome del ritmo e poi la struttura o l’indicazione del cambio di pattern.
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Nell’esempio l’arrangiatore presuppone che il batterista conosca lo swing in 2, in 4 e la bossa nova,
perciò si limita ad indicare la struttura.

4.4 I fill

Normalmente il batterista farà spontaneamente un piccolo fill, anche solo un accento, per sottolineare i
momenti di passaggio della struttura. Spesso ciò avviene sulla sedicesima misura o simili numeri pari
in una struttura regolare.
Non è necessario scriverlo nella parte.
Se la struttura è più complessa o si desidera un fill in un punto particolare lo si scrive:

In questo esempio il batterista eseguirà un fill sui primi due quarti della sedicesima misura chiudendo
in battere del 3° quarto. In questi casi si tratta di fill liberi, improvvisati sul momento.

A volte invece vogliamo un fill particolare o uno stacco con una scansione precisa.
Ci sono due modi per scriverlo e si ottengono due effetti diversi.
Nell’esempio che segue il batterista continua a portare il tempo accentando leggermente la figura
indicata sulla 16°battuta con le notine piccole sopra agli slash.

Altrimenti, se vogliamo uno stacco secco, senza che il ritmo continui si scrive così

questo stacco va letto come in una partitura classica.

4.5 Indicazioni ulteriori

E’ preferibile dividere a sezioni l’intera partitura riportando le lettere nella parte del batterista;
è anche utile dirgli cosa stanno suonando gli altri e farlo partecipare un po’ alla parte musicale:

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In questo modo il batterista ha un aiuto nel contare le misure delle sezioni e sa che, ad esempio, alla
fine della sedicesima inizia il tema di tastiere.

Se in un brano la parte musicale di una sezione si ripete molte volte uguale mentre il testo si svolge è
utile scrivere i versi nei punti chiave:

A questo punto, per completezza, a proposito dei modi per far sapere al batterista cosa gli succede
intorno invece di limitarsi a contare le battute, occorre far menzione della “Nashville notation”.
Si tratta di un sistema di notazione in uso nel mondo del country che contiene oltre allo sviluppo della
struttura anche le indicazioni dell’armonia dei brani. Può rivelarsi efficace se il batterista suona anche
altri strumenti ed è realmente in grado di “sentire” le armonie. In sostanza la Nashville scrive il grado
dell’accordo, un po’ come si fa nell’analisi armonica. Questo rende facile il trasporto. Dal momento
che nel country le armonie sono di solito semplici, il metodo non richiede un orecchio eccezionale. In
questo modo il batterista sente quando inizia una sezione che ad esempio parte dal quarto grado o
cambia in altro modo la progressione armonica. Un altro vantaggio è dato dal fatto che si legge tutti la
stessa parte.
Personalmente non uso questo sistema e credo che possa essere una fonte di distrazione piuttosto che
un aiuto, specialmente se il batterista non è abituato a usarlo. A volte il batterista si sente un po’
“sfidato” in un campo che non è il suo. Come sempre, fidatevi della vostra sensibilità, l’armonia
durante le prove è il primo ingrediente.

4.6 I valori delle note

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I colpi di batteria normalmente non hanno una durata controllata, quindi ci sono più modi di scrivere
per ottenere lo stesso effetto:

La regola generale è di rispettare la divisione dei quarti quando il colpo è singolo e cade in battere sul
quarto come nella prima misura dell’esempio sopra, che risulta essere il più leggibile.

Se invece i colpi su un tamburo sono su divisione più piccola o contemporanei ad altri con divisione
più piccola conviene adottare quest’ultima e rispettare l’allineamento degli altri pezzi:

4.7 La configurazione

La batteria è composta da pezzi diversi, ognuno dei quali ha legno o altro materiale, spessori,
dimensioni, accordatura, tipo di pelle, supporti di sostegno diversi. Anche il tipo di bacchetta influenza
il suono.
Un fusto sottile è più risonante, ricco di armonici e di volume più basso. Con il fusto più grosso si ha
più volume e un suono meno arioso.
La lunghezza del fusto influisce sul sustain: più lunghezza uguale più sustain.
Il rullante è lo strumento più importante del drum set. Un rullante di metallo e basso ha un suono più
funky, squillante e con un po’ di “nota”. Il rullante più grosso, in metallo o legno è più profondo e
adatto al rock.
La configurazione standard degli anni ’60, quella ad esempio di Ringo Starr con i Beatles è una cassa
da ’22, tom da ’13, floor tom da ’16. Con questo tipo di batteria si è registrata molto del repertorio
storico del pop/rock, R&B, Rock’n roll, Funk.
I gruppi metal usano casse più grandi, da ’24 o più e il doppio pedale o doppia cassa, necessari ad
eseguire raffiche di colpi molto veloci.

Ci sono molti libri di batteria in cui approfondire l’argomento, in questa sede serve tener presente che
un buon arrangiatore deve indicare al batterista il tipo di suono che desidera. Ovviamente anche a
questo proposito il vostro miglior consigliere sarà lo stesso batterista. D’altra parte dovete essere pronti
ad opporvi a scelte che possono snaturare il suono del vostro brano. Per un brano dal suono forte
prediligete strumenti a fusto grosso e di grandi dimensioni, se volete un sound più acustico è meglio
avere uno strumento più piccolo.
Un colore molto caratterizzante è quello dato dai piatti. Fatene sempre portare tanti diversi.
Specialmente crash e splash possono portare idee e soluzioni costruttive.
Provate anche le soluzioni con bacchette diverse, mallet, spazzole…Specialmente nel lavoro in studio è
importante avere a disposizione molte alternative, perciò dite al batterista di portare tutto, comprese
percussioni, cajon, shaker, timbales…; di solito il batterista sa suonare anche alcune percussioni. Se
dovete utilizzare congas bongo o altre percussioni che richiedono una tecnica specifica dovrete

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convocare un percussionista. Di solito i percussionisti sono più esperti di musica latina, salsa, son,
samba…

4.8 Suggerimenti per il lavoro in studio

Se disponete di batteria e percussioni cercate di farli suonare insieme, contemporaneamente, in modo


da arrangiare le parti e “incastrarle” dal vivo. Di solito si registra prima la batteria e dopo le
percussioni. E’ un sistema più pratico per lo studio ma rischia di rendere la ritmica slegata. E’ evidente
che si lavora meglio in sede di editing e mix avendo ogni strumento con un audio perfettamente
separato. Se lo studio non consente un isolamento perfetto dovete scegliere cosa privilegiare.
Se il brano è pop elettronico, dance, commerciale è meglio separare i suoni e lasciarsi più opzioni in
sede di mix, se il brano è più acustico, unplugged, rock, R&B, etc… fate suonare assieme: perderete un
po’ di tempo in più in registrazione ma poi non avrete altro da fare che aprire le tracce.

Personalmente uso spesso un espediente: faccio suonare al batterista (e al percussionista, se c’è) la


parte come l’ho pensata nell’arrangiamento o abbiamo concordato insieme. Quando è registrata in
maniera soddisfacente, gli faccio suonare un paio di take in libertà: il riascolto di questo materiale a
distanza di giorni può essere molto stimolante.
Un’indicazione di segno apparentemente opposto è il classico “kill your babes”. Vuol dire abbiate
coraggio di buttar via una vecchia idea se la nuova vi convince. Fate delle scelte chiare.
Molto spesso si registrano mille tracce di percussioni, suonini ed altre idee per averle lì pronte “se
serve”. Non fatelo. Perderete tempo prima e dopo. Registrate solo quello che vi serve. Un’idea chiara è
meglio di mille di ripiego.

Ancora una volta: il buon arrangiatore deve essere disponibilissimo ad ascoltare i suggerimenti ed
incoraggiare la creatività dei musicisti con mente aperta. D’altra parte deve essere sicuro di se ed
imporre le sue idee quando serve. E’ un equilibrio psicologico molto delicato.

Lineeditions 2016 33
Capitolo 5 – Pianoforte e tastiere

5.1 Il “Pad” (Tappeto, Fondo, Base, etc...)

Il cosiddetto Pad impersonifica il tipo di scrittura più semplice per Tastiera in generale, ed è un po'
l'equivalente del “Basso Figurato” in Armonia Classica, con la differenza che il Pad è veramente usato
così com'è, in tutta la sua semplicità, specialmente in fase di Produzione di un brano Pop.
Si tratta infatti, al 90%, del primo strumento che viene registrato sul multitraccia e serve da base
armonica per la registrazione della cosiddetta “Voce Guida” del brano.
Il suono del Pad tradizionalmente è un suono che non decade (tenuto) [* intonazione], sufficentemente
cupo per poter mischiarsi e “sparire” nell'insieme della strumentazione, ma sufficentemente chiaro per
poter servire da riferimento per l'intonazione del cantante che dovrà registrare la Voce Guida.
Questa Traccia di Pad, che suonerà quindi praticamente solo l'Armonia del brano, sarà qualcosa di
estremamente “basico” e per questo viene qui preso in considerazione per primo: fungerà per noi da
guida per la scrittura di una “base armonica” da far suonare ad una tastiera.

L'unica cosa indispensabile per la scrittura di un Pad è aver chiara l'Armonia del brano. Questo, in
musica Pop, si traduce nel decidere gli Accordi e nel comunicarli al Tastierista tramite le “Sigle”.
Ovviamente bisognerà essere chiari anche nella durata degli Accordi, ma per fare questo non è così
indispensabile l'uso del pentagramma.
Quello che segue è un esempio di “scrittura per Pad” di una famosa canzone pop, solo la prima parte,
utilizzando una notazione che non fa uso del pentagramma.

4/4 ||: F C | D- Bb | F C | Bb F :||: D- A- | Bb F | F C | Bb F :|| … etc

E' evidente che una tale “scrittura” fa riferimento al “know how” del tastierista, il quale, nel corso dei
suoi anni di apprendimento, ha già “nelle mani” le modalità per cui quelle Sigle di accordi diventano le
note più “funzionali” al ruolo del suo strumento in quella occasione. In particolare, essendo il Pad una
“base armonica”, il tastierista si preoccuperà di:

1) suonare gli accordi il più possibile nel registro attorno al Do centrale


2) collegare gli accordi sfruttando le note in comune
3) suonare un “basso” chiaro ed evidente; doppiandolo all'ottava se lo ritiene un vantaggio per la
chiarezza dell'armonia

Questi 3 punti sono infatti fondamentali (in ogni tipo di musica!!!) per poter assicurare un
accompagnamento armonico “neutro”, che garantisca la “comprensione” degli accordi ma che non si
faccia notare. Qualsiasi arrangiatore/compositore li tiene presenti anche qualora volesse scrivere nota
per nota un tale accompagnamento armonico. Vediamoli quindi uno per uno.

1) Accordi a cavallo del Do centrale: è qui che il nostro orecchio “avverte e capisce” l'Armonia.
Che si tratti di un Pad, di un ensemble di archi o fiati, di un orchestra intera, il senso dell'accodo
lo si avverte in questo registro (grossomodo una 8va sotto e sopra il Do centrale)
2) Sfruttare le note in comune: in questo modo non si fanno cambi di registro e non facendo cambi
di registro non si cambia né timbro né volume. In breve: non ci si fa notare, si “sta sotto”.
Qualora non ci fossero note in comune, gli accordi si collegano in modo che la nota più alta (top

34
note; il “canto” o “soprano” secondo la terminologia classica italiana) si muova “di grado” (un
intervallo di 2a). I “parallelismi” sono non solo permessi ma addirittura benvenuti! (Debussy
insegna)
3) Ogni Armonia si basa su di un basso: deve essere nel registro basso, chiaro e ben udibile; il
raddoppio del basso all'ottava è una tecnica antichissima (vedi celli e contrabbassi) per rendere
l'accordo più “sonoro”.

Tenuto presente quanto appena detto, oppure trascrivendo quanto suonato da un Tastierista Pop avremo
il seguente spartito tradizionale:

E' ovvio che se avessimo cominciato con il primo accordo in un'altra posizione avremmo avuto, di
conseguenza, altre posizioni negli altri accordi.

Il risultato non cambia: la funzione musicale del pad è assolta

5.2 Evoluzione del pad 1 – Sigle, indicazioni ritmiche indispensabili, pause, etc...

Un primo tipo di evoluzione di questa scrittura armonica per Tastiera in generale è renderla partecipe di
eventuali movimenti ritmici importanti, quali possono essere in prima istanza tutti gli anticipi, ritardi,
stop e accenti ritmici principali. In questo caso l'uso della notazione tradizionale, al limite solo quella
ritmica, rende le cose assai più semplici; e per la quasi totalità dei musicisti pop la lettura ritmica non
presenta grossi problemi.

Ovviamente se il gioco degli anticipi/ritardi si ripetesse a lungo sarebbe considerato “groove”,


facilmente memorizzabile e quindi da non riscriversi per esteso. Al contrario: lo scrivere di continuo un
groove – facilissimo al computer con il “copia/incolla” - è un errore piuttosto grossolano: si costringe

Lineeditions 2016 35
infatti il musicista a leggere inutilmente, in quanto il pensiero suo sarà qualcosa del tipo “se mi riscrive
il ritmo vuol dire che ci sarà qualcosa di diverso... ah no, è uguale a prima!
Con un tipo di notazione del genere (Slash + Kicks), si può infarcire l'Arrangiamento di innumerevoli
variazioni, anche se, in linea di massima, quest'ultimo ne può risentire in termini di scioltezza e
spontaneità (e difficoltà di memorizzazione in caso di Live senza spartiti).

5.3 Evoluzione del pad 2 – Voce superiore scritta

Un'altro tipo di evoluzione della scrittura per Pad è rappresentata dall'indicare al tastierista quale sia la
nota più alta che dovrà suonare per ogni accordo. Questa è una tecnica importantissima per
l'Arrangiatore, in quanto gli permette di usare il tappeto armonico anche come raddoppio o
“controcanto” della melodia principale: infatti in qualsiasi successione di accordi il nostro orecchio
percepisce la successione della nota più alta di ogni accordo come una vera e propria melodia, e
l'Arrangiatore esperto tende sempre a tenerlo presente. Questa tecnica si basa, più delle precedenti, su
di una abilità particolare del tastierista: un principiante infatti è succube delle posizioni che ha sotto le
mani e difficilmente possiede un repertorio di accordi così vasto da poter armonizzare in tempo reale
una qualsiasi serie di note date.

Nell'esempio precedente si avverte il Tastierista che le note scritte dovranno essere la voce più alta
dell'Armonia che andrà a suonare seguendo le sigle. L'esecuzione sarà qualcosa di molto simile
all'esempio che segue.

Nel prossimo esempio la Top Voice raddoppia le note principali della melodia. E' un tipo di tecnica che
serve a rendere ancora più evidente la melodia, ma che molti cantanti non amano, in quanto sentono in
anticipo che il loro eventuale uso di abbellimenti improvvisati (appoggiature, glissati o cromatismi e
note altre) potrà cozzare con la nota ferma dell'accompagnamento armonico.

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Nell'esempio che segue, invece, la Top Voice armonizza le note principali della melodia. E' questa la
tecnica più efficace ed evoluta per la scrittura di un accompagnamento armonico “personale” e “non
automatico”: l'Arrangiatore ha preso le sue decisioni e fa in modo che il Tastierista non vada “fuori
tema” con qualcosa di troppo autoreferenziale e non adatto all'atmosfera, ma allo stesso tempo non
entra nel dettaglio e lascia che il tastierista possa dare sfoggio delle sue peculiari abilità di
armonizzatore.

Va detto comunque che i Pianisti/Tastieristi in grado di improvvisare la scelta dell'accordo in base alle
note della melodia che devono accompagnare tendono a farlo sempre, anche in caso di mancanza di
indicazioni a riguardo. In quest'ottica si spiega il perché molti Musicisti preferiscono avere uno spartito
che non sia solo fatto di sigle, ma anche della melodia principale: il loro accompagnamento armonico
risulterà più adeguato, raffinato e musicale (e di questo l'Arrangiatore esperto deve essere cosciente).

5.4 Evoluzione del pad 3 – Spartito classico, tutte le note.

Qualora si fossero prese delle decisioni vincolanti per ciò che riguarda l'Armonia di un brano (uso di
determinate tensioni, preferenza per voicing particolari o personali, etc...) si può sempre ovviamente
ricorrere alla scrittura dettagliata, come se fosse uno spartito classico. Per quello che riguarda un
accompagnamento armonico tipo Pad, l'uso di note lunghe rende la lettura mediamente fattibile anche a
prima vista e quasi mai si mette in difficoltà il musicista (ottenendo così un risultato controproducente:
perdita di tempo ed esecuzione imprecisa e/o timida e non musicale).
Pur essendo del tutto plausibile questo tipo di arrangiamento ha delle controindicazioni:

1) Considera il Tastierista un “mero esecutore” e questo nella musica Pop è comunque sempre un
po' fuori luogo: quasi sempre il musicista pensa che non gli si stia dando fiducia. E' comunque
assolutamente da evitarsi con Musicisti “di grido”!
2) Ci si espone alle critiche dello strumentista: spesso un Arrangiatore non-Pianista finisce per
volere assolutamente degli accordi che per lui sono incredibilmente originali ed efficaci, mentre
per uno specialista dello strumento sono poco più che la prima cosa che viene in mente (se non
addirittura disposizioni ridicole, goffe e arzigogolate, tipiche di chi mette le mani sulla tastiera
solo ogni tanto e mai per vere performances).

Detto questo, nel caso si volesse davvero scrivere uno spartito dettagliato, le indicazioni ulteriori
(valgono sempre i 3 punti di cui sopra) per una scrittura efficace per tastiera sono le seguenti:

1) Rimanere possibilmente nell'estensione di una 8va in ogni mano (max 9a)


2) Rendere sempre chiara sullo spartito la divisione tra MD e MS
3) Tenere sempre in considerazione la costruzione “standard” degli accordi nella musica tonale:
intervalli ampi nel registro grave (8ve 5e 6e alla MS; MD quello che si vuole).

Lineeditions 2016 37
[Vedi LIMITE INFERIORE INTERVALLI]
4) Se il basso si muove molto non scriverlo ad ottave bensì a note singole (8va alta in presenza di
Contrabbasso o El Bass; 8va bassa in caso contrario). Passare da momenti ad 8ve a momenti a
note singole non disturba affatto.
5) Scrivere comunque le sigle degli accordi sopra il rigo più alto o tra i due righi.

5.5 Il pianoforte

Sebbene in linea di principio tutto ciò che si è detto sulla scrittura per Pad lo si possa applicare anche al
Pianoforte, il fatto che in quest'ultimo il suono decada (no tenuto) rende la successione di accordi a
note lunghe quasi un effetto speciale (come ieratici colpi di gong in un tempio). In effetti il pianoforte
viene al 90% trattato da strumento “armonico-ritmico” e ci si aspetta da questi anche una certa dose di
“portamento del tempo”.

Se prendiamo lo stesso “protospartito” del primo esempio di Pad

4/4 ||: F C | D- Bb | F C | Bb F :||: D- A- | Bb F | F C | Bb F :|| … etc

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è praticamente sicuro che lo stesso musicista, avendo sotto le mani un suono di pianoforte, sarà portato
a realizzare l'accompagnamento in maniera diversa da come fatto col Pad (ferme restando le tecniche di
costruzione e disposizione degli accordi): a seconda della velocità metronomica e del genere di musica,
il Pianista improvviserà qualcosa di ritmicamente attivo e significante, tipo una qualche forma di
arpeggio o ribattuto.

Questo esempio e questa riflessione servono all'Arrangiatore per sapere in anticipo che, nella musica
Pop, il solo chiedere un suono di Pianoforte o un suono di Pad, in uno spartito fatto di sole sigle, al
99% porterà come risultato 2 differenti modalità di esecuzione e relative densità di note e intenzione
ritmica. Per essere ancora più chiari possiamo immaginare la stessa sequenza di accordi di prima con
annessa una indicazione di Ritmo (p.es. Ballad, Reggae, Bossa, Swing): suonando un Pad non verrà
presa in considerazione, suonado un Pianoforte invece sì.

Col Pianoforte, quindi, il Musicista pop tende a mettere in gioco non solo quello che sa in termini di
Armonia (costruzione degli accordi, voicings e registro dello strumento) ma anche quello che sa in
termini di Stile o Genere Musicale. Trattandosi di una Pop Ballad sarà propenso ad usare una qualche
forma di arpeggio che fa parte del “linguaggio comune”, più o meno personalizzata e più o meno
evoluta. Ma trattandosi di un ritmo di danza sudamericana i risultato sarà ovviamente diverso!

Qui il quesito si impone in tutta la sua ineluttabilità: deve l'Arrangiatore saper entrare nel dettaglio
delle modalità con cui si suonano certi ritmi e certe danze con quel dato strumento?
Posto che sapere e approfondire non fa mai male e che alla curiosità non bisogna mettere mai limite,
detto questo, pensare che, per esempio, basti saper scrivere nel dettaglio un montuno di piano Salsa
per sentirlo poi eseguire come si deve da un pianista che non ha mai suonato Salsa, questo vuol dire
non aver mai avuto esperienza né di musica Salsa né di musiche “popular” in generale [ma forse
nemmeno di Musica Classica: per suonare un brano di musica contemporanea difficilmente si chiama
un musicista che non la frequenta abitualmente; per suonare Bach difficilmente si chiama uno
specialista di Avanguardia!]

5.6 Tre esempi di accompagnamenti tipici per pianoforte

Quelli che seguono sono 3 tipiche modalità di realizzazione al pianoforte, di generiche sigle in un
tempo medio o lento: sono esempi di ciò che ogni pianista “ha nelle dita” e che può applicare a
qualsiasi struttura armonica in tempo reale.

1) Arpeggio Spezzato

Lineeditions 2016 39
Si tratta di un modo di suonare gli accordi alternandone gli elementi tra loro; quasi sempre è
l'alternanza tra pollice e parte superiore della MD.

2) Accordo ribattuto + Arpeggio/Fill

Questa struttura darà luogo ad una esecuzione tipo quella dell'esempio seguente; uniche differenze
potranno essere i rivolti scelti e/o in che punto della misura eseguire l'arpeggio, la direzione
dell'arpeggio, etc.

Un'altra versione, funzionalmente identica, potrebbe essere, quindi:

3) Arpeggio Totale

Questo tipo di accompagnamento prevede costruzioni dell'accordo che comprendono posizioni tipche
di MS quali l'intervallo di 8va, di 5a, di 8va e 5a contemporaneamente, ma anche altri intervalli quando
la sigla è qualcosa di più di una triade. Su queste posizioni “totali” (MD+MS) il pianista suona degli
accompagnamenti alternando tra loro tutti gli elementi dell'accordo, cercando di bilanciare il più
possibile ripetizioni e variazioni, secondo il suo gusto.

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La “struttura mentale” di cui sopra potrà dare un'esecuzione tipo quella che segue.

5.7 Spartito “slash+kicks” (vedi “Evoluzione Pad 1” sopra)

Di fronte ad uno spartito del genere, il Pianista sarà comunque portato ad inserire qualche attività
ritmica tipica del suo strumento, rispettando però tutti i ritmi richiesti dall'arrangiamento. Per quello
che riguarda gli anticipi si tenderà ad interrompere il disegno di accompagnamento per far entrare
l'armonia nuova, completa e chiara, in quel preciso istante; per poi ricollegarsi al disegno
d'accompagnamento.

Lineeditions 2016 41

5.8 Spartito “Top Voice Scritta” (tipo Ev. Pad 2)

In questo caso i valori della Top Voice bloccano ogni iniziativa del Pianista e quello che sarà suonato
sarà praticamente uguale a ciò che si suonerebbe con un Pad, con la sola differenza di timbro dello
strumento.

Basterebbe però aggiungere nello spartito l'indicazione “suona liberamente rispettando la top voice
scritta” per avere subito una esecuzione ritmicamente più attiva, secondo il gusto del Pianista:

5.9 Arpeggio con top voice scritta

E' una variazione della tecnica del Pad con Top Voice Scritta che si adatta alla perfezione alle modalità
di accompagnamento del Pianoforte. Anche in questo caso si lascia il dettaglio delle note al Musicista
mentre lo si istruisce, oltre che sulla scelta della nota che dovrà “cantare”, sul ritmo dell'arpeggio da
suonare (e qualche volta anche sul suo andamento).

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5.10 Accompagnamento su posizioni scritte

Questa tecnica è ancora pochissimo utilizzata ma per chi scrive è sicuramente una delle migliori, in
quanto sfrutta al meglio la rilassatezza di una performance impprovvisata dal Musicista ma allo stesso
tempo mantiene lo scheletro armonico totale scelto dall'Arrangiatore.

Gli esempi che seguono sono diverse possibilità di esecuzione dello stesso spartito sopra. E' ovvio che
presi da soli l'uno vale l'altro, ma all'interno di una esecuzione con molti altri strumenti ogni versione
potrà impreziosirsi di richiami a ciò che stanno suonando gli altri o cantando il cantante. L'Arrangiatore
per primo sarà quindi piacevolmente sorpreso di quante altre piccole ottime idee si presenteranno
spontanee nel brano, grazie alla particolare abilità del Musicista e grazie al fatto di lasciarlo libero di
esprimersi, anche solo in parte.

Lineeditions 2016 43
5.11 Altri modi di usare il pianoforte

Senza entrare nel dettaglio degli stili, cosa che viene fatta nel Capitolo XY, qui di seguito vengono
elencate altre modalità con le quali viene usato il Pianoforte nel Pop. Lo strumento è chiaramente
versatilissimo: basti pensare all'infinita letteratura classica, jazz, blues ma anche folk. Nonostante il suo
suono non sia né sostenuto né modulabile nel tempo, si presta ad usi diversi tra loro, di natura sia
ritmica che armonica che puramente melodica.


5.11.1 Groove basso+ accordi

E' una modalità che si può definire “trasversale” a ogni stile: proviene ovviamente da un
accompagnamento di Piano Solo, dove si cerca di suonare contemporaneamente sia le Armonie che il
ritmo principale del brano. La sua caratteristica più evidente risulta essere anche il punto più delicato
una volta che il Pianoforte è parte di una band che comprenda il Basso o il Contrabbasso: la MS del
Pianoforte e il Basso dovranno per forza suonare la stessa linea, che risulterà in ottave. Entrambi gli
strumenti saranno quindi obbligati a non effettuare cambiamenti di nessun tipo, né ritmici né melodici,
pena la chiarezza del groove.
Questo modo di usare il Pianoforte individua uno stile esclusivamente se anche le melodie di basso, il
giro armonico e la scelta degli accordi saranno in quello stile. Nell'esempio che segue il Pianoforte
suona in quella modalità ma in modo personale: il risultato non sarà uno stile in particolare ma un
“ibrido” in qualche modo originale.

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5.11.2 Riff a due mani

Il Riff è una frase melodica piuttosto ritmata che si ripete a lungo e lo si associa ai fiati della Big Band
Jazz. Anche il Pianoforte può suonare Riff, e anche molto complicati. L'accorgimento da tener
presente, per ottenere la proiezione di uno strumento a fiato, è suonare a ottave, scegliendo il registro
desiderato e la distanza tra le due mani: più le mani si allontanano tra loro e più il registro si sdoppia,
diventando in realtà due registri differenti

5.11.3 Melodie a due mani

La tecnica del suonare melodicamente a due mani, a distanza di 8ve, sul Pianoforte la si può usare
anche per esporre melodie cantabili, le cui note non siano eccessivamente lunghe. La melodia in
questione assume una limpidezza e una “classicità” che difficilmente si può ottenere con altri strumenti
della Pop Band tipica.

Lineeditions 2016 45
Ancora più Classico è il suono di più ottave alla stessa mano.

Ovviamente si può sintetizzare lo spartito con le diciture “MS all'8va” “alla 15ma” o altro

5.11.4 Melodia e accordi

E' la modalità più “ovvia” dopo il suonare per accordi. Spesso, se la melodia non presenta passaggi
veloci, la melodia può essere suonata a 8ve, per acquisire maggior volume ed enfasi. [Ancora più
spesso, se il Pianista è anche Tastierista, la MD destra suonerà la melodia con un'altra tastiera e un altro
suono.]

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Nell'esempio precedente la notazione usata è quella classica, con tutte le note (as written) e di
conseguenza non ci sono dubbi. I problemi si pongono quando si vuole un accompagnamento basato
sulle sigle ma non scritto. In questo caso le notazioni possono essere diverse. La più logica sarebbe la
seguente, dove la melodia è scritta nel dettaglio e il rigo di MS è scritto come si scrive sempre quando
si vuole un accompagnamento sulle sigle, che il Musicista può interpretare a suo gusto.

A onor del vero, gli spartiti professionali (americani e inglesi) considerano ridondante la notazione
precedente e riportano quasi tutti la notazione seguente:

dove però, a parere di chi scrive, l'uso delle pause può anche generare confusione.

Una terza notazione plausibile potrebbe allora essere la seguente:

In questo caso l'unica difficoltà si avrebbe nell'organizzare lo spartito del Pianista con passaggi dal rigo
a 2 pentagrammi ad un rigo ad 1 pentagramma. Cosa che comunque, con la dovuta accortezza e
precisione, si può sempre fare. [To single staff/to double staff]

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5.11.5 Ostinato ad accordi

E' una tecnica molto peculiare al Pianoforte dove una frase melodica non troppo veloce si ripete tale e
quale ma armonizzata in maniera diversa a seconda dell'accordo del momento.

5.11.6 Arpeggio ostinato

Questa tecnica risente probabilmente di certi accompagnamenti fatti con l'uso del Sequencer, nati con i
Sintetizzatori a fine anni '60. Si tratta di individuare una cellula armonica che possa “galleggiare”
anche su accordi differenti e di suonarla arpeggiata di solito con figurazioni veloci.

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Capitolo 6 – La chitarra

6.1 Lo strumento

La chitarra è lo strumento che più ha caratterizzato storicamente il sound delle band e degli artisti pop.
Al giorno d’oggi, anche grazie allo sviluppo di tecniche costruttive sempre migliori e all’ausilio di una
crescente scelta di effetti, è possibile ottenere da questo strumento un’ampia scelta di suoni, colori e
scelte di arrangiamento.

La prima cosa da tenere presente, se si vuole affidare una parte importante dell’arrangiamento alle
chitarre, è che si tratta di uno strumento con qualche limitazione nella scelta delle tonalità. Le corde
vuote della chitarra sono mi, la, re, sol, si, mi. Molte tecniche chitarristiche, specialmente negli
accompagnamenti arpeggiati, sfruttano la sonorità delle corde vuote; è chiaro quindi che le tonalità di
Mi, La, Sol maggiore e quelle vicine, sfruttano meglio le corde vuote. Le tonalità con i bemolli
impediscono l’uso di corde vuote limitando in questo modo le possibilità. Nella tradizione jazz
l’impiego della chitarra di accompagnamento (dove sono privilegiate le tonalità con i bemolli per via
dei fiati e gli accordi più complessi) ha portato allo sviluppo di una tecnica a posizioni chiuse,
sostanzialmente priva di accordi con corde vuote.
Le corde vuote sono usate in maniera massiccia nel fingerpicking e nella musica folk e country, anche
grazie all’uso delle cosiddette “accordature aperte”. Si tratta di accordature diverse che permettono una
più agevole esecuzione delle posizioni degli accordi e spesso aumentano le possibilità di utilizzo delle
corde vuote.
Tenete presente che nel lavoro in studio, nei casi in cui, per esigenze del canto o altri elementi
dell’arrangiamento, scegliete una tonalità con i bemolli, potete sempre chiedere al chitarrista di
spostare l’accordatura del proprio strumento mezzo tono in su o in giù. Per esempio se il vostro brano è
in La bemolle potrete scrivere la parte in La con l’indicazione di accordare mezzo tono giù.

La regola più volte enunciata per cui è meglio lasciare che ogni strumentista scelga come interpretare la
parte è valida per tutti gli strumenti e in particolare per la chitarra. Di seguito trovate le istruzioni per la
notazione: devono essere usate solo se avete piena consapevolezza della tecnica dello strumento.
La chitarra scrive in chiave di violino. E’ uno strumento traspositore: le note sono scritte sul
pentagramma un’ottava sopra per facilitare la lettura.
Tra i dilettanti è molto diffusa la tablatura ma a livello professionale non è raccomandabile. Una scelta
completa, che permette di comunicare con certezza con i musicisti che non si conoscono è il doppio
rigo:

Come già detto a proposito del basso, la tablatura in genere si presenta senza le stanghette come
nell’esempio precedente e anche senza divisione di battuta. Per l’esecuzione è indispensabile che il
chitarrista ascolti più volte e conosca bene il brano. Quando l’arrangiatore invia la parte in tablatura al
chitarrista deve allegare anche un mp3 per l’ascolto. Del resto l’invio della musica da ascoltare è
raccomandabile in tutte le occasioni: la musica prima di tutto si ascolta.
Lineeditions 2016 49
6.2 La Chitarra classica

La chitarra classica è uno strumento di lunga tradizione. Lo specialista dello strumento a volte avrà un
background classico, nel qual caso leggerà facilmente uno spartito tradizionale.
Spesso il vostro chitarrista avrà una formazione più legata al mondo della musica latina o etnica, come
bossa nova, tango, flamenco… In questo caso la notazione dovrà adeguarsi (il virtuoso celeberrimo
Paco De Lucia non leggeva una nota…).
Normalmente la chitarra classica ha corde di nylon. Viene suonata con le unghie che vanno tenute
lunghe e curate con diversi espedienti. L’unghia dà un suono più brillante e con più attacco, se suonata
con le dita a unghie corte ha un suono più ovattato. Nel pop è usata in situazioni in cui è richiesto un
colore caldo e acustico.
Quando la situazione lo consente, cioè quando l’acustica è più controllata, in teatro, nella musica
etnica, acustica, classica, la chitarra classica viene amplificata con uno o due microfoni.
Molte chitarre hanno un pick up piezoelettrico e un’uscita a jack. Questo sistema di amplificazione,
sebbene produca un suono un po’ più artificiale e freddo viene sempre adoperato dal vivo in band
complete (con batteria e basso) e in genere con volumi alti perché evita il feedback ed “esce” bene sulle
frequenze medio-alte.

6.2.1 L’arpeggio

E’ una tecnica che fornisce contemporaneamente il tappeto armonico e la scansione ritmica. La


divisione più tipica in un tempo medio è in ottavi. Il suono è simile a quello del pianoforte con il pedale
tenuto e cambiato a ogni accordo.

Vale anche qui la solita regola: lasciate la massima libertà possibile al chitarrista; lui sa meglio di voi
come funziona il suo strumento. Se dovete essere più precisi l’arpeggio si nota così:

Il chitarrista capisce dal contesto e dalle note che in


questo esempio ogni nota andrà tenuta fino alla fine
della misura, similmente ad un pianoforte con il
pedale.

Nel secondo caso, che non è un arpeggio, il chitarrista


suonerà le note al loro valore, una ogni ottavo.
Il motivo è nella natura dello strumento: se la nota che
segue è sulla stessa corda della precedente ne
interrompe la vibrazione, mentre se è su un’altra corda vibra contemporaneamente alla precedente.

Il terzo esempio è una notazione più chiara Il mi basso


lungo e le legature indicano implicitamente che anche
le altre note saranno tenute.

Si può essere ancora più espliciti mettendo una legatura


sopra a tutto l’accordo. Questa è la soluzione
raccomandabile

La diteggiatura della mano sinistra si indica con i numeri 1 indice 2 medio 3 anulare 4 mignolo. La
diteggiatura della destra si indica con le lettere p pollice, i indice, m medio, a anulare, mi mignolo.
50
La diteggiatura della dx vanno di solito sopra a quelle della sx.
Le corde si numerano da 1 a 6 contando dalla più sottile alla più grossa. Il numero romano in alto
indica la posizione (tasto) in cui eseguire la parte.

Questa è notazione completa di corde


posizioni e diteggiature. E’ del tutto
ridondante.

Questo è più che sufficiente ed è più


pulito.

Come per gli altri strumenti spesso basterà dire le note delle primissime battute per dare l’andamento
e poi continuare con gli slash:

realizzato:

e ancora:

realizzato:

La particolarità della chitarra rispetto agli altri strumenti è che la stessa nota può essere eseguita in
diverse posizioni. Le prime tre corde non hanno avvolgimento e suonano più brillanti, le altre tre
hanno un avvolgimento che le rende più scure.
Dal nostro punto di vista, da arrangiatori, segnare la diteggiatura è un modo per dire al chitarrista
quale corda usare. Per temi e controcanti è meglio usare le prime tre corde.

Lineeditions 2016 51
6.2.3 La Batida

E’ una tecnica specifica della bossa nova. Nell’arrangiare un brano bossa nova non ha senso scrivere
una parte completa, quasi tutti i chitarristi sanno realizzare questo stile. Basta indicare come sempre
l’armonia con la slash notation.
A volta è utile indicare la nota che deve cantare in alto. La realizzazione interpreterà ritmicamente
l’indicazione:

Limitate ai casi in cui è strettamente necessario le indicazioni più complesse al canto, non farete che
complicare la vita al vostro chitarrista. La parte che segue è certamente più interessante ma renderà
l’esecuzione più ingessata:

6.4 La Chitarra acustica

La chitarra acustica ha le corde di metallo e normalmente viene suonata con il plettro.

Si indica la pennata con i segni tacco e punta degli


archi: pennata in giù e in su.
Un altro modo per indicare la pennata è la freccia in
su e in giù.
E’ consigliabile che le note accentate siano suonate
con la pennata in giù.

6.4.1 Lo strumming

La tecnica pop più usata sulla chitarra acustica è lo strumming. Lo strumming è importantissimo perché
conferisce l’andamento ritmico al pezzo. Va suonato di solito con un plettro morbido per un suono più
soft e con il plettro più duro per una maggiore incisività ritmica. Il rumore del plettro sulle corde è
come una percussione, un suono che ricorda vagamente uno shaker.
Molte volte il chitarrista sceglierà l’andamento e gli accenti da dare secondo la sua esperienza. Se non
volete obbligarlo ad una pennata specifica basterà una normale slash notation:

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Se si vuole indicare la pennata degli accordi bisogna farlo assieme alle divisioni:

a volte assieme alla lead sheet, a mio parere non è molto leggibile. Usatelo solo se ritenete
indispensabile che il chitarrista segua la linea del canto:

Se il chitarrista lo preferisce potete anche usare la tablatura. Come già detto questa è tuttaltro che la
prima scelta:

Qualche volta gli accenti dello strumming si capiscono dalla durata delle note e dal contesto; altre volte
è bene indicarli:

Ancora una volta: se non conoscete a fondo lo strumento evitate l’ipernotazione. Lasciate che il
chitarrista scelga le sue pennate se non siete veramente certissimi di quel che fate:
questa soluzione è più pulita della precedente e sicuramente sufficiente.

Nelle sessioni di registrazione di strumming a volte si registrano due chitarre che fanno la stessa cosa e
poi, nel mix, vengono dislocate nella stereofonia una a destra e una a sinistra. Questo crea un
bell’effetto avvolgente a scapito dell’incisività ritmica. E’ un’opzione da tener presente.

Anche con la chitarra acustica si suonano gli arpeggi. Vale quanto detto per la classica tranne per il
fatto che di solito si usa il plettro. Il suono è più brillante, risonante e percussivo.

Lineeditions 2016 53
6.4.2 Il finger picking

Il Finger picking è una tecnica specialistica da chitarrista acustico.


La chitarra suona contemporaneamente un tema e la parte di accompagnamento. E ‘ uno stile evoluto
che richiede un’esecuzione di alto livello. Ascolta “Since we met” o “Angelina” di Tommy Emmanuel
e For My Father di Andy McKee.
La trascrizione precisa di un brano fingerpicking va fatta con uno spartito tradizionale come se si
trattasse di musica classica perché l’esecuzione di tema e accompagnamento è un tutt’uno.
La tecnica applicata alla canzone pop è molto efficace per creare un sound country alla James Taylor.
Ascolta “Fire and rain” e “Carolina on my mind” di James Taylor
Vi consiglio di utilizzare il colore di questa tecnica lasciando all’esecutore una certa libertà indicando
solo le armonie e le note della nota lead che deve cantare:

6.5 LA CHITARRA ELETTRICA

La chitarra elettrica è di solid body, cioè priva della cassa di risonanza. Il suono viene riprodotto dai
pick up. Ci sono due grandi famiglie di chitarre elettriche: le single coil come le Fender Stratocaster e
Telecaster e quelle con gli humbucker come le Gibson Les Paul o Sg. Ovviamente esistono moltissime
marche e modelli.
Il suono di accompagnamento dal suono sottile della tipica chitarra funk si ottiene con le single coil.
Con gli hambucker si ottengono accordi più pesanti tipo i “power chords”.

6.5.1 I Power chords

E’ molto interessare notare come il “blues system”, la musica nord americana sviluppatasi dalla metà
del 19° secolo nel nord america, di cui abbiamo parlato nel primo capitolo si caratterizzi prima di tutto
per l’ambiguità nella scelta della terza maggiore o minore. I power chords sono un ottimo espediente
per conservare questa ambiguità lasciando che la voce o lo strumento lead suggeriscano le note della
scala.
I power chords sono chiamati anche accordi di quinta. Producono un suono molto potente e
“primitivo”. Vengono eseguiti con il suono distorto. Ascolta “Smoke on the water” dei Deep purple. I
power chords sono molto efficaci nelle scansioni in ottavi conferendo una grande pulsazione ritmica,
ad esempio “Basket case” dei Green Day.
Con I power chords si possono ottenere anche scansioni ritmiche più complesse e caratteristiche; ad
esempio in “Smell Like teen spirits” dei Nirvana e “You really got me” dei Kinks.
Esiste anche il power chord rivoltato, cioè quinta tonica quinta; viene eseguito per praticità di
diteggiatura e ha un effetto simile, basta che il chitarrista stia attento a colpire più piano o non colpire
affatto la quinta bassa.

Per ciò che riguarda la notazione il mio suggerimento è il solito: lasciate che il chitarrista scelga le
posizioni e la diteggiatura:

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se serve indicate gli accenti:

6.5.2 La chitarra funk



La chitarra funk è un colore che si ottiene con una strato o telecaster. E’ un suono molto pulito e
ritmico. Ascolta “Le Freack” degli Chic.
Normalmente il chitarrista funky esegue con la destra la scansione di tutti i sedicesimi mentre con la
sinistra stoppa e libera le corde realizzando così l’effetto ritmico voluto in un alternarsi di armonia e
suono percussivo:

Non occorre indicare le ghost, il chitarrista probabilmente le farà di default. Se volete indicare gli
accenti questa è una buona soluzione:

6.5.3 Gli arpeggi

Gli arpeggi sulla chitarra solid body hanno una timbrica un po’ meno brillante dell’acustica. Sono
molto frequenti ed efficaci nel rock gli arpeggi di nona. Ascolta “Every Breath You Take” e “Roxanne”
di Andy Summers. In questi casi è frequente l’uso del delay e del chorus. Per il resto vale quanto scritto
a proposito della chitarra classica.

6.5.4 La chitarra solista

Gli assoli e i temi di chitarra elettrica sono un marchio di fabbrica del rock. Ci sono infiniti interpreti,
sonorità e combinazioni di strumenti. Esistono anche innumerevoli tecniche diverse. L’aspetto tecnico
va approfondito su un buon manuale da chitarristi. L’arrangiatore deve sapere quali suoni ci sono a
disposizione, o almeno i più diffusi e deve saper comunicare la scelta al chitarrista.
Cercherò brevemente di elencare gli strumenti per ottenere alcuni suoni tipici.

Lineeditions 2016 55
E’ ovvio che oltre al linguaggio lo strumentista dovrà conoscere il suono da “cercare” con le dita.
Come già detto, non basterà mettere la strumentazione di Hendrix in mano a un chitarrista classico per
ottenere il risultato voluto…
Il suono rock alla Jimi Hendrix si ottiene con una stratocaster collegata al Marshall super lead 100W;
fuzzface della Dallas Arbiter e wha wha Vox.
Il suono alla Santana: chitarra Paul Reed Smith dagli anni ’80. Prima usava Gibson sg o Les Paul. In
ogni caso, sempre pick up humbucker abbastanza spinti. Ampli Mesa Boogie
Il suono alla Steve Vai: chitarra jam della Yamaha e ampli Carvin Legacy VL100 con cassa 4x10.
Il suono alla Brian May: è difficile da ottenere perché la chitarra è la Red Special costruita da lui stesso
nel 1963. Il suono è colorato dall’utilizzo di una moneta da 6 pence al posto del plettro e corde molto
sottili. Questo conferisce al suono un attacco molto graffiante. Ampli Vox AC 30.
Il suono alla Van Hallen: la chitarra più famosa che ha usato è la “Frankenstrat”, corpo di una strato e
diversi altri pezzi assemblati. La testata dell’ampli è la stessa di Jimi, la Marshall super lead 100W,
con cassa 4x10. Usa spesso effetti a pedale chorus e flanger. Caratteristico l’uso di una tecnica della
mano destra con il plettro inclinato, che scivola molto sulle corde.

6.6 L’amplificazione

Il suono della chitarra elettrica è dato dalla catena chitarra-effetti-preamplificatore-amplificatore.


Il pick up magnetico trasmette il segnale prodotto dalla vibrazione della corda in metallo. E’ un segnale
di bassa potenza che deve essere preamplificato.
Il preamplificatore è il circuito che contribuisce maggiormente a colorare il suono. Nel preamplificatore
si trovano i controlli di tono. Il segnale poi passa al finale di potenza e alla cassa.
Ne esistono molti tipi diversi. Anche questi elementi contribuiscono al sapore del timbro finale.
E’ un argomento vasto che può essere approfondito in “Guitar amplification handbook” di Dave
Hunter o “Guitar amplifier preamps” di Richard Kuehnel.

6.7 Gli effetti

Normalmente il chitarrista si presenta alle sessioni in studio o live con il suo setup di strumenti e di
effetti.
Di sicuro lui saprà usare il suo setup meglio di voi. Lasciate che sia lui a suggerirvi delle soluzioni per
cercare il sound più adatto al pezzo su cui lavorate. Ci sono tuttavia alcuni accorgimenti da tenere
presenti.
Se lavorate in studio evitate che il chitarrista usi i suoi effetti di ambiente (riverbero e delay). Sarà
molto più efficace poterli aggiungere e dosare durante il mix. Eventualmente insistete con il fonico
perché ricrei la situazione di ascolto (con ambienti) più confortevole e simile al prodotto finale.
Il suono moderno fa ampio uso di ambienti stereo come i delay “ping pong” e in generale i riverberi.
Sono effetti che rendono certamente il suono più aperto e autosufficiente ma bisogna stare attenti a non
esagerare: spesso ciò che suona bene da solo non funzione nel mix.
A maggior ragione bisognerà dosare i chorus stereo: sono suoni molto belli da sentire da soli, ad
esempio un accompagnamento di sola chitarra e voce. Se usati in una band completa rischiano di
impastare il suono e non essere leggibili.
Anche per le frequenze vale un discorso simile: un suono di chitarra solista può essere molto bello se
ascoltato da solo e poi perdersi nel mix. A volte è meglio una chitarra più nasale e mediosa, che
“passa” meglio nell’insieme. Ricordo sempre il mio vecchio basso Steinberger XL2A: inascoltabile da
solo ma meraviglioso e sempre leggibilissimo nel mix.

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Capitolo 7 – La voce

1. 7.1 La Voce Solista - Differenze tra “Musica Classica e Popular

Se c'è uno strumento musicale per il quale le indicazioni della Tradizione Accademica vanno
assolutamente rivedute, corrette e a volte del tutto dimenticate, questo è la Voce.
La Voce è ovviamente l'unico strumento che impariamo ad usare da soli, in maniera del tutto naturale,
applicando perfetti meccanismi di imitazione, dei quali pare ancora non si sia capito appieno il
funzionamento. E' però anche l'unico strumento che non “teniamo in mano” e che addirittura non
possiamo nemmeno vedere: i meccanismi istintuali prendono il sopravvento da subito e su tali
meccanismi è spesso estremamente difficile intervenire. E se c'è un ambito espressivo in cui l'istinto la
fa da padrone, quello è la Popular Music!

Nell'estetica della Popular Music la voce è una voce “normale” che veicola un testo che procede
grossomodo ad una “velocità” simile a quella del parlato. Nella Pop Music, infatti, ogni sillaba del testo
porta su di sé quasi sempre una sola nota o due (spesso si tratta di inflessioni); ogni tanto compare
qualche gruppo di note di abbellimento o qualche nota di passaggio; mai e poi mai, però, si troverà
l'equivalente dei fiumi di note tipo quelle sulla sola parola “Amen” del finale di un Gloria di una Messa
Classica! Qualsiasi trattamento della voce in questo senso suonerà di “estrazione classica” anche
qualora il suono della voce non lo sia (vedi certi esempi di Progressive Rock).
La “normalità” della voce Pop, quindi, è veicolata tramite una “velocità delle sillabe” ed un suono
molto simili a quelli della lingua parlata: è questo che rende la Popular Music “vicina” ad un tipo di
pubblico non particolarmente avventuroso nella scelta delle musiche da ascoltare: l'idea che sta alla
base è che chi sta cantando “è uno come me”, “potrei anch'io cantare così”. Il testo cantato, poi, dovrà
necessariamente attingere a temi e luoghi comuni della vita di tutti i giorni (di persone che non si
occupano di musica).

2. 7.1.2 Estensione della Voce Solista Pop

Questa “normalità” della voce si ripercuote immediatamente nell'estensione della voce Pop: rispetto ad
un cantante di Lirica il cantante Popular ha, mediamente una estesione assai più limitata (vicina,
appunto, a quella del parlato).

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L'estensione di cui sopra, però, non va presa alla lettera: esistono infatti moltissimi cantanti Pop di
ambo i sessi che, soprattutto da giovani, riescono a cantare ben oltre quell'estensione (verso l'acuto).
L'estensione di cui sopra va intesa soprattutto come “estensione di sicurezza” nel caso, praticamente
impossibile nel Pop, che l'Arrangiatore non conosca chi dovrà cantare quella data melodia.

La logica di quella estensione è la seguente: si tratta di evitare il “registro di testa”, ovvero quel suono
della voce che nel parlato di tutti giorni è tipico delle “crisi di nervi” di ambo i sessi. Se poi si è a
conoscenza del fatto che la persona ha piacere ad avventurarsi in altri registri allora l'estensione diventa
quella “personale” di tale cantante.

Come vengono prese, nel caso vengano prese, le note “del registro di testa” è un'altra grossa differenza
tra Suono Pop e Suono Lirico/Classico/Accademico: in linea di massima il Performer Pop tende a
cercare di mantenere una sonorità “parlata” che a quelle altezze diventa “strillata/urlata”. Qualora così
non facesse e “girasse la voce” (come si dice nel gergo Accademico) allora la melodia in quel punto
prenderebbe un suono “classicheggiante”, con tutto quello che ne consegue a livello emotivo per
l'ascoltatore.

L'estensione “da parlato” offre inoltre al Performer Pop la possibiltà di crearsi un suo suono tipico e
personale (spesso talmente artefatto da rasentare il ridicolo, almeno per i non fans), con lo scopo di
rendersi riconoscibile al primo ascolto.
[Per amor di verità, bisogna ricordare che la voce Popular vicina a quella del parlato è una “conquista”
del Pop da 2 o 3 generazioni a questa parte, ovvero da quando si da per scontato l'uso del microfono. In
molte musiche Folk, anche contemporanee, totalmente acustiche, l'estensione della voce è più simile a
quella della musica antica, per ovvie ragioni di proiezione del suono della voce in mezzo agli
strumenti.]

L'altra particolarità che si può evincere dall'esempio di estensione di cui sopra è che:

1) la voce Popular è grossomodo una sola per i maschi e una sola per le femmine
2) la differenza tra le due voci è grossomodo non un intervallo di 8a, bensì di 7a (che, attenzione
attenzione, è l'intervallo di distanza tra le chiavi antiche di Tenore e Soprano, Baritono e
Mezzosoprano, Basso e Contralto). Ovvero: per avere lo stesso “suono”, cioè la stessa intensità
emotiva, mediamente la tonalità maschile è più alta di 1 tono (un' ottava sotto) di quella
femminile.

Lineeditions 2016 59
Anche il precedente punto 1 va però chiarito: non si vuole dire che nella musica Pop non ci sia chi ama
cantare più sul grave, chi più verso l'acuto, e chi né l'uno né l'altro in particolare; si vuole dire piuttosto
che, alla luce della limitatezza dell'estensione media di una melodia Pop, si può tranquillamente
trovare, per ogni melodia, una tonalità “maschile” ed una “femminile” nelle quali qualsiasi cantante
possa esprimersi senza particolare fatica.

3. 7.1.3 Scelta della Tonalità per una Voce Solista

Qual è allora il ruolo dell'Arrangiatore Pop per ciò che riguarda la voce? Praticamente si limita alla
scelta della tonalità del brano; scelta che però il 99,9% delle volte va operata concordandosi con la
Voce Solista (anche perché, praticamente sempre, essa si identifica con l'Artista Principale, cioè colui
per il quale l'Arrangiatore lavora). Per ottenere il miglior risultato nella scelta della Tonalità
dell'arrangiamento, si dovrà tener conto di diversi aspetti:

1) estensione totale della melodia


2) picchi melodici (punti più alti e più bassi della melodia)
6) picchi “espressivi” (punti più importanti della melodia a livello emozionale)
7) estensione ottimale della voce dell'interprete
8) “punti di forza” della voce dell'interprete (note che preferisce cantare; registro dove si sente più
a suo agio e/o più caratteristico)
9) background musicale e culturale dell'interprete (cantautore colto; rocker; popstar, cantante di
estrazione classica, etc...)

Qualora non si avesse idea di chi sarà la persona che canterà, si opterà per una “Tonalità Standard”
(maschile o femminile) dentro l'estensione “di sicurezza”, ma sempre cercando di tenere presente i
primi 3 punti di cui sopra.
[Ovviamente un Arrangiatore esperto terrà conto, in questa scelta, anche della strumentazione prevista
per tale brano: cercherà cioè di non finire in una tonalità particolarmente scomoda per la maggioranza
dei musicisti che suoneranno quel brano.]

Brano “My way”:

Estensione: 12a + 1 tono (da Dominante tonalità a Sopratonica 8va - In Fa: da Do a Sol 8va sopra)
Picco Melodico ed Espressivo: penultima nota (ultimo “My” - In Fa: Sol sopra il rigo)
Tonalità alte ma sicure Maschili (per avere il “picco emozionale”) : Do, Re, Mib.
Tonalità alte ma sicure Femminili: un Tono o una Terza minore sotto a quelle maschili.
[Sinatra: Re – Bublé: Do – Anka: Mib – Celine Dion: Sib – Shirley Bassey: Lab - I tre Tenori: Fa!]

Nel caso di Arrangiamento di uno spettacolo con più canzoni una questione importantissima da tener
presente sarà la “scaletta” dello spettacolo: bisognerà infatti evitare di insistere per diversi brani di
seguito su registri estremi; e comunque bisognerà saper ben distribuire lo sforzo fisico del cantante,
lungo tutta la durata dello spettacolo. Quest'ultimo punto è tenuto presente in maniera particolare da
cantanti esperti e quasi sicuramente saranno già loro stessi ad indicare all'Arrangiatore la sequenza dei
brani per loro ottimale.

4. 7.1.4 Lo spartito per la Voce Solista

Una volta terminato l'arrangiamento si pone l'annoso problema dello spartito: cosa è meglio consegnare
al solista? La scelta è tra i seguenti punti:

1) Niente, perché il solista conosce già bene il brano


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2) Un foglio con le parole, divise in strofe, con anche, però, tutte le lettere di chiamata (rehearsal
marks) corrispondenti alla partitura e alle parti dei musicisti
3) Lo spartito tradizionale vero e proprio, con le parole sotto le note, scritte secondo tutte le regole
di Notazione del caso, ma solo della melodia “semplice” (senza inflessioni, abbellimenti e note
di passaggio).
4) Lo spartito tradizionale vero e proprio, con le parole sotto le note, scritte secondo tutte le regole
di Notazione del caso, con tutte le inflessioni, gli abbellimenti e le note di passaggio che si
vorrebbero.

Il consiglio personalissimo di chi scrive è il seguente: benissimo i punti 1 e 2; il punto 3 solo ed


esclusivamente se lo si sa davvero fare; evitare assolutamente il punto 4.
In generale, quindi, è consigliabile avere con sé i fogli dei punti 2 e 3, ma consegnarli solo se richiesti.
[Bisogna tener sempre presente la peculiarità della cultura Popolare: per secoli è stata una cultura
esclusivamente orale e la presenza dello scritto spesso inibisce gli Artisti. Soprattutto i Cantanti.]

5. 7.2 Background Vocals – Le “Seconde voci”

Una caratteristica evidentissima della musica Popular è l'onnipresenza, nei punti strutturalmente più
adatti, delle “voci di accompagnamento” alla voce principale. Si può pensare sicuramente ad un'
arcaica origine di tipo “responsoriale”, ma più semplicemente, in epoca recente, l'uso di voci aggiunte
nasce sicuramente dal desiderio degli strumentisti di partecipare anche con la voce all'esecuzione, per
riuscire così a stabilire una più stretta connessione col pubblico.
L'abitudine alle voci aggiunte è talmente radicata che spesso e volentieri la Voce Solista stessa che
inventa dei cosiddetti “controcanti” che sovraincide in sede di produzione di un brano e/o chiede che
siano eseguiti da qualcun altro, corista o musicista che sia.

6. 7.2.1 Che note cantano le Voci di Background

Questo argomento è quello dove il retaggio accademico risulta più fuorviante e dannoso. In realtà
sarebbe più opportuno parlare di pseudo-accademismo, in quanto tutti i luoghi comuni che continuano
ad essere tramandati sulle “regole del contrappunto” sono tramandati da persone dotate di una
conoscenza dell'argomento di tipo “Complementare”. Qualora poi fossero tramandate da “veri”
Compositori con tanto di Titolo di Studio Accademico, ciò dimostrerebbe solo la loro totale ignoranza
riguardo all'argomento “Musiche Popolari” (comprensivo degli scritti di B. Bartok degli inizi del 1900)
per non parlare di un pessimo orecchio musicale, in quanto per capire come funziona questo particolare
argomento può bastare ascoltare la musica che ci circonda da 60 anni a questa parte.
Non è più ammissibile prendere in considerazione discorsi su “ottave e quinte parallele”, “false
relazioni”, “intervalli eccedenti di difficile intonazione”, “moto obbligato della sensibile e della
settima” e quant'altro, a meno che non si voglia far capire agli interlocutori che non si è mai ascoltata
non tanto la musica “popular” e/o “folk” ma nemmeno quella di Debussy, Bartok, Strawinsky, e
praticamente tutti i compositori “colti” del primo '900 (per non parlare di quelli del secondo '900).

Allora, in pratica, cosa posso fare con una voce di background?


Se si prende in considerazione solo la scelta delle note, si può fare qualsiasi cosa; basta sia eseguibile
senza troppo sforzo.
Se si prendono in considerazione, invece, i “gesti musicali”, le prassi più frequenti sono:

1) Nota contro nota


2) Melodia a note lunghe

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3) Risposte e fills quando la voce principale è inattiva (tace o è su nota lunga)
4) Ostinati ritmici (riffs)

Qualora si fosse veramente interessati a capire la musicalità popular ci si può soffermare brevemente
sulle seguenti considerazioni.
1) Cosa guida una Voce solista o uno strumentista nella scelta delle note da cantare in
background?
Risposta: l'istinto; l'orecchio; il proprio gusto musicale; la prova e riprova pratica.
2) E' cosciente dei rapporti intervallari e armonici che intercorrono tra la sua “contromelodia” e la
melodia principale e/o l'armonia del momento?
Risposta: quasi mai.
3) Come è possibile che “funzioni”, se uno non è cosciente di quello che fa?
Risposta: secondo gli stessi meccanismi coi quali una qualsiasi persona, parlando, può usare le figure
retoriche senza nemmeno sapere che esistano.
4) Come fa uno ad essere sicuro di essere “corretto” nella scelta delle note?
Risposta: l'essere “corretto o scorretto” non esiste nella musica Popular. Esiste l'essere “in stile”, ma
sempre in percentuale: “in stile” al 100% rischia di essere considerato “banale”, “in stile” all' 1%
rischia di essere considerato “sbagliato”.

Se si accettano per veri i quattro punti precedenti, va da sé che l'approccio dell'Arrangiatore


acculturato, per non rischiare di trovarsi fuori luogo, cercherà di essere il più possibile vicino
all'approccio del musicista Popular: si cerceranno i “controcanti” migliori cantando in prima persona, e
si cercherà, soprattutto, di evitare di “correggerli al pianoforte”, verificando che i rapporti intervallari
siano “conformi” alle proprie conoscenze musicali del momento. Questa ultima operazione, ovvero
quella di “verificare sullo strumento ciò che si sta facendo”, sarà fatta, anzi, non al fine di inibire il
proprio istinto musicale, bensì per ampliare le proprie conoscenze, fare scoperte, crearsi dei nuovi
“modi di pensare” i suoni.
E' sicuramente questo il modo per arrivare a conclusioni come quella a cui arrivò Bela Bartok già nel
1911: “Nel mondo Pentatonico, l'intervallo di settima minore si può tranquillamente considerare
consonante”; una affermazione vera e cristallina che sottolinea in maniera inequivocabile (e da più di
100 anni) la frequente ignoranza, da parte del mondo Accademico, riguardo a questioni che hanno a
che fare con le musiche Popular (e le ricerche di Bartok!).

7. 7.2 Più di 2 note – Armonia e accordi nelle voci di Background

Quando le linee vocali sono più di 2 in linea di massima possono succedere solo 2 tipi di cose.
Facciamo un esempio con 3 linee: Voce Solista; controcanto 1; controcanto 2.

1) la 3a linea (controcanto 2) si sovrappone commentando la Voce solista ma indipendente dal


controcanto 1
2) la 3a linea (controcanto 2) si “aggancia” al controcanto 1

Nel primo caso assistiamo ad una vera e propria rinascita (era mai morto veramente?) del Contrappunto
nel senso Rinascimentale del termine: melodie indipendenti che si sovrappongono l'una all'altra avendo
per riferimento (oggi) solo il “canto dato”. Il paragone col Contrappunto “storico” è solo per capire che,
anche in questo caso, nella musica Pop non c'è un controllo armonico verticale stringente: la
trascrizione di brani famosissimi (specialmente degli ultimi 20 anni) ci mette di fronte al fatto che
oramai tutti gli intervalli sono possibili, se la linea melodica ha una sua consistenza e “piacevolezza”: si
possono ascoltare in tutta tranquillità seconde, tritoni e settime, che la logica melodica, la differenza di
timbro e, nei casi più estremi, la provenienza diversa nel panorama stereo, fanno risultare
gradevolissime ma per niente scontate. Il tutto senza per forza delineare un qualsiasi accordo

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tradizionale (ma anche senza evitarlo a tutti i costi, come voleva l'approccio Dodecafonico). Come è
possibile questo? E' possibile semplicemente perché il materiale melodico dei “controcanti” attinge
quasi esclusivamente dal mondo “diatonico” (sarebbe più corretto dire “quasi-diatonico”, come
vedremo più avanti) del momento, se non proprio da un repertorio di frasi e clichés (tipo quello Blues).
Queste melodie sono così “dentro al sistema” che possono presentarsi contemporaneamente senza dare
l'impressione di “confusione armonica”.

Nel secondo caso (la 3a linea si “aggancia” al controcanto 1) abbiamo un inizio di armonia vera e
propria (anche se solo un bicordo al momento). Il termine “agganciarsi” è scelto apposta: la direzione
dell'una è anche quella dell'altra. Si tratta quindi di Armonie Parallele, forse l'unica vera caratteristica
comune a tutte le musiche Popular. Tali parallelismi si fanno di solito risalire a Debussy (in didattica
anglosassone viene chiamato “planing”) ma chi scrive è convinto che si possa considerare un
“universale” delle musiche popolari e, probabilmente, proprio perché tale fu cacciato dalla Musica
Colta per circa 600/700 anni, per essere poi recuperato alla fine dell'800.

Le Armonie Parallele della Pop Music si basano quasi esclusivamente sulle Triadi diatoniche. Ma
attenzione: le sonorità usate sono solo quelle Maggiori e Minori; la Triade Diminuita è evitata come la
peste (ma non da tutti) per il suo suono “sette-ottocentesco”, cosicché assai spesso lì dove dovrebbe
comparire (p. es. sul VII del modo Ionico/Scala Maggiore) compare invece una triade Minore (con una
nota non diatonica, quindi) o una triade di un altro grado in un altro rivolto.

Per il resto, l'Armonia che si produce in maniera volontaria con le voci di Background è la stessa
identica armonia del “sistema” Popular: oltre alle Triadi avremo Triadi con nota aggiunta, Quadriadi,
Clusters e qualsiasi tipo di sonorità che si può sentire in qualsiasi altro strumento armonico.

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Bisogna sempre ricordarsi che l'Armonia veicola quasi sempre anche una “ambientazione stilistica”: se
si vuole un mood Jazz bisognerà per forza usare i Voicings del Jazz; allo stesso modo se si usano
accordi tipici del Jazz il mood del brano sarà “jazzy” (quantomeno nell'Armonia).
A questo punto è importante per l'Arrangiatore avere un repertorio di Voicings in qualsiasi registro e
avere chiaro sia il suono che le estensioni delle voci che dovranno veicolare quell'accordo: poi basta
scegliere quello con il “suono” giusto (blending tra le voci).

Per es. si vuole un accordo di Fa7(alt) Jazz da far cantare a 3 coristi (1 maschio, 2 femmine) e il suono
totale deve essere il più possibile morbido, di sottofondo.

Considerazioni preliminari:

1) F7alt = 3a e 7a obbligatorie, poi 9a alterata o 5a alterata


2) 3a in basso
3) 7a in basso

8. 7.2.1 L'estensione delle voci di Background

Essendo appunto in secondo piano e spesso senza nemmeno un vero testo, l'estensione di queste voci è
maggiore. In particolare per gli uomini l'uso del falsetto è moneta corrente, anche perché moltissime
delle armonizzazioni a 2 voci nota-contro-nota sfruttano intervalli verso l'alto.
L'estensione dei coristi arriva quindi ad essere molto simile a quella tradizionale del coro classico,
tenendo sempre ben presente che verso l'acuto il suono tenderà facilmente allo “strillo” o ad un falsetto
quasi caricaturale.

Si deve notare come il registro grave nelle voci di Background non sia più così utilizzato:
probabilmente caratterizza troppo in una direzione “Doo Wap” o “Barber Shop” e viene utilizzato solo
in quel senso. [Una cosa simile avviene per le note basse del Sax Baritono, che vengono oramai usate
solo per dare un sapore Rhythm'n'Blues anni '60.]

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Nel caso di coristi misti (maschi e femmine) l'attenzione al registro delle singole voci è di importanza
fondamentale: ricordarsi sempre che, mediamente, gli uomini ricorrono più facilmente al falsetto.

9. 7.2.2 Lo spartito per le Voci di Background

Si presentano due tipi di situazione:

1) Uno degli strumentisti canta mentre suona il suo strumento


2) Sono presenti i cosiddetti “coristi”

In entrambi i casi è sempre meglio fornire lo spartito dettagliato, ovvero uno spartito tradizionale con le
parole scritte sotto le note, secondo tutte le regole della Notazione musicale, comprensivo, se si vuole,
di tutti gli abbellimenti, inflessioni e note di passaggio che si desiderano. Presentare uno spartito del
genere ai coristi ma evitarlo assolutamente per la Voce Solista sembra un vero e proprio controsenso.
In realtà, questa azione è anche un piccolo trucco per dare considerazione al Corista e alla sua vanità di
reputarsi più “professionista della voce” del Solista stesso: magari quello spartito non gli è poi così
d'aiuto, ma lo fa sembrare un “vero musicista” come gli altri.

Nel caso di strumentista che canta, conviene avere con sé 2 tipi di spartito: quello di sola voce e quello
del suo strumento con il doppio rigo nei momenti in cui il musicista deve cantare. Facendo quindi
l'esempio di un Bassista che canta, un Arrangiatore esperto porterà con sé 1) lo spartito di Basso (nel
formato necessario) 2) lo spartito della sola linea di Background Vocals che si chiede al Bassista di
intonare 3) lo spartito di Basso + Bkgr Vocals. Sarà poi il musicista a scegliere quale usare.

Nel caso della presenza di veri e propri Coristi è sempre meglio presentare una vera e propria piccola
Partitura dell'insieme di tutte le voci, in un numero di copie uguale al numero dei coristi. Saranno poi
loro a decidere quanti leggii usare.

10. 7.3 Il “Gruppo Vocale a Cappella”

Pur essendo qualcosa di piuttosto specialistico il Gruppo Vocale a Cappella, grazie anche alla nuova
moda imperante dei Talent Show, sta rivivendo una stagione di gloria, e spesso si da per scontato che
un Arrangiatore Pop sia in grado di organizzare nel dettaglio un tale Ensemble. Purtroppo non è sempre
così.
Il cantare a cappella una singola linea in mezzo ad altre singole linee – ovvero, senza raddoppi sulla
stessa voce – è in assoluto l'attività musicale più delicata e, tout court, più difficile. Mantenere
l'intonazione prevede una sorta di memoria assoluta delle altezze, una sorta di diapason continuo nel
proprio orecchio interno, non di uno o qualche, bensì di tutti i musicisti che stanno cantando. E anche
qualora questa condizione fosse presente, molti fattori possono concorrere a rovinare la precisione
dell'intonazione: il tipo di riverbero (naturale o artificiale), il monitoraggio della propria voce rispetto
alle altre, la dimestichezza con l'esecuzione della propria parte, per non parlare di tutte le situazioni
psicofisiche del momento del performance. Il tutto immerso in un mondo di musica registrata, dove la
perfetta intonazione è (quasi sempre) la regola, e quindi ogni distacco da essa risulta facilmente
percettibile da molti.
L'Arrangiatore per Gruppo Vocale a Cappella dovrebbe veramente avere una cultura musicale
onnicomprensiva, che va dalla Storia della Musica Occidentale Colta (tutta; compreso Medioevo e
Lineeditions 2016 65
Rinascimento), comprende le musiche Folk ed Etniche, tutta l'eredità di tipo Afroamericano, per finire
alla musica Pop “storica” dagli anni '50 ad oggi. Questo perché i cosiddetti “problemi” nella scrittura di
musica da eseguirsi a cappella sono infiniti: più si hanno chiari tali “problemi” e meno si rischierà di
contribuire con le proprie note allo sgretolarsi dell'intonazione del gruppo.

Ecco un piccolissimo elenco di tali “problemi”

1) Uso di registri estremi troppo a lungo


2) Dinamiche mal dosate
3) Linee melodiche che tendono a far calare o crescere
4) Linee melodiche poco chiare
5) Armonie troppo complicate o troppo confuse
6) Ritmi troppo complicati
7) Parti noiose
8) Parti sempre simili ma mai uguali
9) Parti troppo stancanti
10) Musica troppo lontana dal background degli interpreti

Tenuto presente questo, bisogna anche però dire che un gruppo vocale serio ed agguerrito oggigiorno
può cantare praticamente qualsiasi cosa, con un numero di prove adeguato. Se il Gruppo Vocale ha
tempo e voglia, di fatto non esistono più intervalli da evitare o impossibili da intonare. Se una linea
vocale acquista una sua logica nell'insieme (ovvero contribuisce in maniera caratteristica e
riconoscibile al suono del momento) allora potrà essere “arzigogolata” quanto si vuole: un Vocalist
combattivo, una volta compresa, la intonerà sicuramente.

66
Lineeditions 2016 67
Il vero ed unico problema, per l'Arrangiatore, è quello di non scoprire sulla propria pelle che il Gruppo
Vocale NON E' agguerrito o NON HA tempo per provare.

In linea di massima un arrangiamento per Gruppo a Cappella prevede l'utilizzo dei seguenti punti

1) Linee melodiche principali


2) Linee melodiche secondarie (backgrounds; contrappunti)
3) Linee che raggruppate contribuiscono a stabilire chiaramente l'armonia
4) Linee che veicolano un ritmo chiaro e spesso un groove
5) Linee esclusivamente percussive

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Per poter fare un buon arrangiamento per Gruppo Vocale a Cappella bisogna tener presente tutto ciò
che è stato detto a proposito della voce Popular: suono ed estensione del Solista, i background, le linee
sovrapposte, le estensioni, il blending tra le voci... Ma non bisogna per forza usate tutto nello stesso
arrangiamento, ovviamente. Detto questo, la vera prova del nove per l'Arrangiatore sta nel verificare
l'efficacia delle singole linee cantandole in prima persona, apportando tutte le modifiche necessarie per
il miglioramento della linea. Queste modifiche, più saranno apportate “a orecchio” (senza verifica
armonica – vedi sopra) e più contribuiranno ad una migliore esecuzione da parte dell'interprete finale e
ad una maggiore “freschezza” del linguaggio musicale ed ad una sua minore banalità.

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INTRODUZIONE ................................................................................................................................................................................ 1
CAPITOLO 1 – PREMESSE ........................................................................................................................................ 4
1.1 IL BLUES SYSTEM ..................................................................................................................................................................... 4
1.2 L’ARRANGIATORE POP E L’ARTISTA ...................................................................................................................................... 4
1.3 LA NOTAZIONE MUSICALE ....................................................................................................................................................... 5
1.4 RELAZIONE SULL’ECONOMIA DELLO SPETTACOLO ............................................................................................................. 6
CAPITOLO 2 – LA SLASH NOTATION .................................................................................................................... 8
2.1 LA SCELTA DEI MUSICISTI ....................................................................................................................................................... 8
2.2 COS’È LA SLASH NOTATION .................................................................................................................................................... 8
2.3 LE TEXT NOTATION ............................................................................................................................................................... 11
2.4 IL RITMO ................................................................................................................................................................................. 12
2.5 GLI OBBLIGATI STRUMENTALI ............................................................................................................................................ 13
2.6 LE SIGLE DEGLI ACCORDI ..................................................................................................................................................... 15
CAPITOLO 3 – IL BASSO ......................................................................................................................................... 17
3.1 LA STORIA ............................................................................................................................................................................... 17
3.2 LA NOTAZIONE ....................................................................................................................................................................... 17
3.3 SONORITÀ, TECNICHE ED EFFETTI. .................................................................................................................................... 20
3.4 LA FUNZIONE ARMONICA ..................................................................................................................................................... 22
3.5 TIPI DI STRUMENTO .............................................................................................................................................................. 24
3.6 IL CONTRABBASSO ................................................................................................................................................................ 24
3.7 IL BASSO FRETLESS ............................................................................................................................................................... 26
CAPITOLO 4 – LA BATTERIA ............................................................................................................................... 27
4.1 LA BATTERIA .......................................................................................................................................................................... 27
4.2 COME SI SCRIVE ..................................................................................................................................................................... 27
4.3 LA STRUTTURA ...................................................................................................................................................................... 29
4.4 I FILL ........................................................................................................................................................................................ 30
4.5 INDICAZIONI ULTERIORI ...................................................................................................................................................... 30
4.6 I VALORI DELLE NOTE ........................................................................................................................................................... 31
4.7 LA CONFIGURAZIONE ............................................................................................................................................................ 32
4.8 SUGGERIMENTI PER IL LAVORO IN STUDIO ....................................................................................................................... 33
CAPITOLO 5 – PIANOFORTE E TASTIERE ........................................................................................................ 34
5.1 IL “PAD” (TAPPETO, FONDO, BASE, ETC...) ...................................................................................................................... 34
5.2 EVOLUZIONE DEL PAD 1 – SIGLE, INDICAZIONI RITMICHE INDISPENSABILI, PAUSE, ETC... ..................................... 35
5.3 EVOLUZIONE DEL PAD 2 – VOCE SUPERIORE SCRITTA ................................................................................................... 36
5.4 EVOLUZIONE DEL PAD 3 – SPARTITO CLASSICO, TUTTE LE NOTE. ............................................................................... 37
5.5 IL PIANOFORTE ...................................................................................................................................................................... 38
5.6 TRE ESEMPI DI ACCOMPAGNAMENTI TIPICI PER PIANOFORTE ..................................................................................... 39
5.7 SPARTITO “SLASH+KICKS” (VEDI “EVOLUZIONE PAD 1” SOPRA) ................................................................................ 41
5.8 SPARTITO “TOP VOICE SCRITTA” (TIPO EV. PAD 2) ...................................................................................................... 42
5.9 ARPEGGIO CON TOP VOICE SCRITTA ................................................................................................................................... 42
5.10 ACCOMPAGNAMENTO SU POSIZIONI SCRITTE ................................................................................................................ 43
5.11 ALTRI MODI DI USARE IL PIANOFORTE ........................................................................................................................... 44
5.11.1 GROOVE BASSO+ ACCORDI ............................................................................................................................................ 44
5.11.2 RIFF A DUE MANI ............................................................................................................................................................ 45
5.11.3 MELODIE A DUE MANI .................................................................................................................................................... 45
5.11.4 MELODIA E ACCORDI ...................................................................................................................................................... 46
5.11.5 OSTINATO AD ACCORDI .................................................................................................................................................. 48
5.11.6 ARPEGGIO OSTINATO ..................................................................................................................................................... 48
CAPITOLO 6 – LA CHITARRA ............................................................................................................................... 49
6.1 LO STRUMENTO ..................................................................................................................................................................... 49
6.2 LA CHITARRA CLASSICA ....................................................................................................................................................... 50
6.2.1 L’ARPEGGIO ........................................................................................................................................................................ 50

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6.2.3 LA BATIDA .......................................................................................................................................................................... 52
6.4 LA CHITARRA ACUSTICA ...................................................................................................................................................... 52
6.4.1 LO STRUMMING .................................................................................................................................................................. 52
6.4.2 IL FINGER PICKING ............................................................................................................................................................ 54
6.5 LA CHITARRA ELETTRICA ..................................................................................................................................................... 54
6.5.1 I POWER CHORDS .............................................................................................................................................................. 54
6.5.2 LA CHITARRA FUNK ........................................................................................................................................................... 55
6.5.3 GLI ARPEGGI ....................................................................................................................................................................... 55
6.5.4 LA CHITARRA SOLISTA ...................................................................................................................................................... 55
6.6 L’AMPLIFICAZIONE ................................................................................................................................................................ 56
6.7 GLI EFFETTI ............................................................................................................................................................................ 56
CAPITOLO 7 – LA VOCE .......................................................................................................................................... 58
1. 7.1 LA VOCE SOLISTA - DIFFERENZE TRA “MUSICA CLASSICA E POPULAR ............................................................. 58
2. 7.1.2 ESTENSIONE DELLA VOCE SOLISTA POP .............................................................................................................. 58
3. 7.1.3 SCELTA DELLA TONALITÀ PER UNA VOCE SOLISTA ........................................................................................... 60
4. 7.1.4 LO SPARTITO PER LA VOCE SOLISTA ..................................................................................................................... 60
5. 7.2 BACKGROUND VOCALS – LE “SECONDE VOCI” ........................................................................................................ 61
6. 7.2.1 CHE NOTE CANTANO LE VOCI DI BACKGROUND ................................................................................................. 61
7. 7.2 PIÙ DI 2 NOTE – ARMONIA E ACCORDI NELLE VOCI DI BACKGROUND ................................................................ 62
8. 7.2.1 L'ESTENSIONE DELLE VOCI DI BACKGROUND ...................................................................................................... 64
9. 7.2.2 LO SPARTITO PER LE VOCI DI BACKGROUND ....................................................................................................... 65
10. 7.3 IL “GRUPPO VOCALE A CAPPELLA” ........................................................................................................................ 65

Lineeditions 2016 71
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