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6 Domenico Giannetta

§1.6 Gradi della scala

I suoni che costituiscono una scala vengono chiamati gradi, e sono identificati da numeri romani
(dal I al VII nel caso di una scala eptafonica). L’armonia classica si basa sui modi maggiore e
minore derivati dalla scala eptafonica diatonica. Ciascuno dei sette gradi che costituiscono questa
scala prende anche un nome specifico:
1) I grado = tonica (suono di riferimento);
2) II grado = sopratonica (grado posizionato immediatamente sopra la tonica);
3) III grado = mediante o modale (grado posto a metà strada fra la tonica e la dominante;
esso determina inoltre il modo della scala);
4) IV grado = sottodominante (grado posto immediatamente sotto la dominante);
5) V grado = dominante (secondo grado per importanza gerarchica, rappresenta il massimo
punto di tensione, e tende a “risolvere” sulla tonica);
6) VI grado = sopradominante (grado posizionato immediatamente sopra la dominante);
7) VII grado = sensibile (solo nel caso in cui si trovi a distanza di semitono dalla tonica
posizionata immediatamente sopra di esso, e sulla quale inevitabilmente tende a
risolvere, altrimenti si può parlare di sottotonica).

§1.7 Modo maggiore e modo minore

Il modo maggiore è univocamente determinato, ed è sempre basato sulla successione intervallare


TTSTTTS, la quale può essere trasposta su tutti i 12 suoni della scala cromatica dando luogo ad
altrettanti modi maggiori (più altri modi omofoni).
Il modo minore, invece, può assumere diverse sfumature. Il modo minore naturale deriva anch’esso
dalla scala eptafonica diatonica, ma partendo dal sesto suono (nel nostro caso la): la sua
successione intervallare è quindi TSTTSTT. Esso viene considerato parallelo, o relativo, del modo
maggiore che deriva dalla medesima scala diatonica, la cui finalis è situata una 6a maggiore sotto, o
una 3a minore sopra.

Il modo minore naturale è privo della sensibile, in quanto tra il VII grado e la tonica intercorre un
intervallo di tono. Per ovviare a questo inconveniente, che riduce le sue potenzialità armoniche, il
VII grado può subire un’alterazione cromatica ascendente: si genera così il modo minore armonico,
caratterizzato dalla presenza di un intervallo di 2a aumentata tra il VI e il VII grado.
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Per eliminare questo intervallo, di difficile intonazione dal punto di vista melodico, anche il VI
grado può subire un’alterazione cromatica ascendente, dando luogo al modo minore melodico.
Questa operazione viene effettuata soltanto in senso ascendente, mentre in senso discendente sia il
VI che il VII grado ritornano nella posizione di partenza (quella del modo minore naturale).

Una scala minore che mantiene la medesima configurazione intervallare della scala minore
melodica anche in senso discendente viene definita scala minore bachiana: essa è del tutto identica
alla scala maggiore, con l’unica differenza del III grado, la modale.
Per concludere, in modo analogo a quanto avviene nel modo minore armonico, anche nel modo
maggiore si può produrre un intervallo di 2a aumentata tra VI e VII grado alterando
cromaticamente in senso discendente il VI grado: si ottiene così il modo maggiore armonico.

§1.8 Scale non diatoniche

Fra le altre scale non diatoniche che è possibile incontrare con una certa frequenza nella letteratura
musicale occidentale possiamo annoverare le seguenti:
1) Scala acustica: i sette suoni che la compongono sono ricavati dai primi 12 suoni armonici di
un suono fondamentale dato (cfr. §1.4), ordinati in forma di scala; la successione intervallare
è la seguente: TTTSTST; è usata in modo particolare da Béla Bartók.
2) Scala pentafonica anemitonica, o scala pentatonica: è priva di semitoni (anemitonica) ed è
molto usata nei repertori di tradizione popolare.
3) Scala esatonale, o scala per toni interi: è costituita da una successione di 6 toni, ed è
peculiare della musica di Claude Debussy.
4) Scala octofonica, o scala ottatonica: è basata sull’alternanza regolare di toni e semitoni ed è
peculiare della musica slava.
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§1.9 Circolo delle quinte

Come abbiamo detto, indipendentemente dal suono che funge da punto di riferimento (finalis, o
tonica), un modo maggiore presenta sempre la medesima successione intervallare. Trasportando il
modo di do maggiore una 5a G sopra (nuova tonica = sol), fa la sua comparsa un’alterazione
ascendente (fa#). Proseguendo in questo senso, man mano che saliamo di 5a i diesis aumentano
progressivamente (secondo la successione fa-do-sol-re-la-mi-si), fino al modo di do# maggiore che
presenta tutti i 7 suoni diesizzati.
In modo analogo, trasportando il modo di do maggiore una 5a G sotto (nuova tonica = fa), appare
un suono alterato in senso discendente (sib). Proseguendo con le trasposizioni di 5a inferiore
aumenta via via il numero di bemolle in chiave (secondo la successione inversa si-mi-la-re-sol-do-
fa), e si arriva al modo di dob maggiore che presenta tutti i 7 suoni bemollizzati.
Il circolo delle quinte è un efficace sistema grafico che permette di mettere in evidenza il numero di
alterazioni presenti nell’armatura di chiave di ciascuna tonalità. Partendo dal centro (do maggiore =
nessun suono alterato), e procedendo in senso orario, si va verso le tonalità con i diesis (circolo
delle quinte ascendenti), mentre in direzione opposta si procede verso le tonalità con i bemolle
(circolo delle quinte discendenti).
Nella parte inferiore del grafico sono presenti le tonalità omofone, ovvero quelle enarmonicamente
identiche fra di loro (ad es. fa# maggiore = solb maggiore). Nella parte interna del cerchio sono
invece indicate in minuscolo le toniche delle tonalità minori parallele, anch’esse in rapporto di 5a
fra di loro.
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ESERCIZI

1.1 – Indicare l’ampiezza dei seguenti intervalli, il tipo di consonanza o dissonanza che producono, e calcolarne il
rivolto:
[§1.1–3]

(ad esempio, per il primo intervallo indicare: 6a M; consonanza imperfetta; 3a m)

1.2 – Scrivere sul pentagramma in chiave di basso il suono corrispondente al grado indicato nelle rispettive tonalità:
[§1.6]

Do Maggiore – III grado


Fa Maggiore – VI grado
Mi minore – II grado
Re Maggiore – VII grado
Sol minore – VI grado
La Maggiore – IV grado
Sib Maggiore – V grado

(ad esempio, per il primo caso indicare: )

1.3 – Indicare le tonalità maggiori o minori relative (o parallele) rispetto alle seguenti:
[§1.7]

Re Maggiore – Si minore
Sol minore
Fa# Maggiore
Solb Maggiore
Mib Maggiore
Fa# minore
Sib minore
La# minore

1.4 – Indicare quante e quali alterazioni in chiave presentano le seguenti tonalità:


[§1.9]

Sib Maggiore – 2 bemolle (sib – mib)


Fa minore
Do# Maggiore
Do# minore
Mi Maggiore
Sol# minore
Reb Maggiore
Mib minore
LEZIONE II

ACCORDI E MOTO DELLE PARTI

§2.1 L’accordo

Un accordo è la combinazione simultanea di tre o più suoni fra loro diversi. Nell’armonia classica
gli accordi sono ottenuti sovrapponendo suoni a distanza di terza a partire da un suono di
riferimento, detto suono fondamentale.
Il tipo più semplice di accordo è la triade, o accordo di tre suoni: esso è costituito da un suono
fondamentale, da un secondo suono collocato una 3a sopra rispetto al primo, e da un terzo suono
situato una 3a sopra rispetto al secondo, e quindi una 5a sopra rispetto al suono fondamentale. Per
questo motivo la triade prende anche il nome di accordo di terza e quinta, ed i suoni componenti
prendono rispettivamente il nome di suono fondamentale, terza e quinta:

Combinando in vario modo gli intervalli di 3a maggiore e di 3a minore si possono ottenere quattro
tipi di triade:

1) Triade perfetta maggiore: 3a M + 3a m = 3a M e 5a G


2) Triade perfetta minore: 3a m + 3a M = 3a m e 5a G
3) Triade diminuita: 3a m + 3a m = 3a m e 5a d
4) Triade aumentata: 3a M + 3a M = 3a M e 5a A

La triade maggiore e quella minore sono considerate perfette perché si tratta degli unici due accordi
consonanti: esse sono infatti formate dagli intervalli consonanti di 3a maggiore, 3a minore e 5a
giusta. La triade maggiore, in particolare, è ancora più perfetta perché ha una giustificazione di tipo
acustico, in quanto è formata dai primi 6 suoni armonici del suono fondamentale (cfr. §1.4).
Le triadi diminuita e aumentata, invece, sono accordi dissonanti, perché i due suoni estremi
formano un intervallo dissonante (rispettivamente una 5a diminuita e una 5a aumentata).
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§2.2 Triadi sui vari gradi della scala

Su ciascun grado della scala maggiore e/o minore è possibile costruire una triade utilizzando i
suoni specifici di quella determinata tonalità. Nel modo maggiore le triadi sono le seguenti: triade
maggiore sul I, IV e V grado; triade minore sul II, III e VI grado; triade diminuita sul VII grado.

Nel modo minore, invece, la triade sul I grado è sempre minore, mentre le altre cambiano in base al
tipo di scala minore utilizzata. Prendendo come punto di riferimento la scala minore armonica, che
è poi quella che adopereremo più spesso nei nostri esercizi, abbiamo: triade maggiore sul V e sul VI
grado; triade minore sul I e sul IV grado; triade diminuita sul II e sul VII grado; triade aumentata
sul III grado.

§2.3 Scrittura a quattro parti

L’armonia tradizionale considera particolarmente equilibrata, dal punto di vista sonoro, una
scrittura a quattro parti: di conseguenza uno dei tre suoni che compongono la triade deve essere
raddoppiato, all’unisono o, più frequentemente, a distanza di ottava. È preferibile raddoppiare
sempre il suono fondamentale dell’accordo, anche perché si tratta del suono gerarchicamente più
importante. In caso di necessità, tuttavia, si può raddoppiare anche la quinta o, in ultima analisi, la
terza. La quinta è invece l’unico suono della triade che può essere eccezionalmente soppresso senza
compromettere il senso dell’accordo: sopprimere la terza, infatti, significherebbe renderne incerta la
natura modale.
I codici numerici, che indicano le distanze intervallari calcolate a partire dal suono più grave
dell’accordo, si scrivono e si leggono dal basso verso l’alto e dal numero più piccolo al numero più
grande.
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Ciascuno dei quattro suoni che compongono un accordo prende il nome di parte, o voce. Dall’acuto
al grave abbiamo:

1) Prima parte, o prima voce, o soprano


2) Seconda parte, o seconda voce, o contralto
3) Terza parte, o terza voce, o tenore
4) Quarta parte, o quarta voce, o basso

§2.4 Posizione degli accordi

Un accordo può essere scritto in posizione stretta, quando i suoni delle tre voci superiori sono fra
loro raggruppati (fra la prima e la terza voce intercorre generalmente un intervallo di 5a o di 6a, e
comunque non superiore all’8a), o in posizione lata quando invece le voci sono distribuite in modo
uniforme nei due pentagrammi (con una distanza di 5a o di 6a fra ciascuna delle quattro voci).

Il secondo tipo di scrittura è impiegato per la musica corale, perché rispetta il naturale registro delle
voci umane, mentre la scrittura a parti strette è più adatta per gli strumenti a tastiera.

In base al modo in cui sono disposti i suoni possiamo poi avere tre posizioni:
1) Prima posizione, o posizione d’ottava, quando il suono più acuto è il suono che raddoppia a
distanza d’ottava il suono fondamentale;
2) Seconda posizione, o posizione di terza, quando il suono più acuto è la terza;
3) Terza posizione, o posizione di quinta, quando il suono più acuto è la quinta dell’accordo.

La scelta fra una posizione e l’altra può dipendere da varie ragioni, oltre che da motivi contingenti.
Per quanto possibile, tuttavia, è preferibile rispettare questo schema, almeno per quanto riguarda il
primo accordo di un esercizio:
1) Scegliere la prima posizione, quella più equilibrata in assoluto, per gli esercizi che iniziano con la
triade di do, di re o di mi;
2) Scegliere la seconda posizione per gli esercizi che iniziano con la triade di sol, di la o di si;
3) Scegliere la terza posizione, quella che presenta i maggiori problemi (come vedremo più avanti)
solo per gli esercizi che iniziano con la triade di fa.
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L’obiettivo è soprattutto quello di occupare in modo uniforme il pentagramma superiore, evitando i


tagli addizionali. È buona norma, pur non essendo un obbligo, iniziare e concludere un esercizio
nella medesima posizione.

§2.5 Moto delle parti

Nel momento in cui gli accordi sono collegati fra di loro, ciascuna delle quattro voci realizza un
proprio movimento melodico. Considerate a due a due, le voci possono rapportarsi nei seguenti
modi:
1) Moto retto, quando le due voci muovono entrambe in senso ascendente o in senso discendente; se
l’intervallo che separa le due voci rimane lo stesso, si può parlare di moto retto parallelo.
2) Moto contrario, quando le due voci procedono in direzione opposta, con un movimento
convergente o divergente.
3) Moto obliquo, quando una delle due voci rimane legata alla medesima altezza, mentre l’altra sale
o scende.

Poiché lo scopo ultimo dello studio dell’armonia è quello di favorire il più possibile l’indipendenza
delle singole voci che compongono gli accordi, si cercherà di privilegiare il moto obliquo e il moto
contrario, utilizzando invece con parsimonia il moto retto. In realtà, tuttavia, poiché le voci
coinvolte sono quattro, collegando due accordi fra di loro i tre tipi di moto potranno verificarsi
contemporaneamente.

§2.6 Errori di moto retto

Due voci in rapporto di 5a, di 8a, o di unisono, non possono assolutamente procedere per moto retto
parallelo (errori di quinte, ottave o unisoni reali). L’unica eccezione possibile si ha quando un
intervallo di 5a procede, preferibilmente in senso discendente, verso una 5a diminuita.
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Inoltre, due voci non possono procedere per moto retto da un qualsiasi intervallo verso una 5a, un’8a
o un unisono (errori di quinte, ottave o unisoni nascosti):

In questo secondo caso, tuttavia, esistono numerose eccezioni. Nel caso delle quinte nascoste è
sufficiente che una delle due voci coinvolte proceda per grado congiunto per annullare l’errore. Le
ottave e gli unisoni nascosti, invece, sono ammessi quando la voce superiore muove per grado
congiunto, meglio ancora se per semitono, mentre la voce inferiore procede di salto.

Se le voci coinvolte sono le due estreme (prima e quarta voce) è preferibile che l’intervallo
incriminato si formi sul I, sul IV o sul V grado.

§2.7 Movimenti melodici vietati

Una singola voce, nel suo procedere melodico (e quindi in senso orizzontale), deve evitare tutti
quegli intervalli dissonanti che risultano di difficile intonazione, e specialmente la 2a aumentata
(che si incontra nel modo minore armonico tra il VI e il VII grado) e la 4a aumentata (tra il IV e il
VII grado del modo maggiore e del modo minore armonico).
Un intervallo diminuito, ma soltanto se discendente, è tuttavia tollerato nel caso in cui la parte
proceda successivamente con un movimento di semitono ascendente, specialmente nel caso in cui
quest’ultimo movimento coinvolga il VII ed il I grado della scala (sensibile-tonica).
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ESERCIZI

2.1 – Esaminare gli intervalli che compongono i seguenti accordi e indicare il tipo di triade:
[§2.1]

(ad esempio, per il primo accordo indicare: 3a m e 5a G = triade perfetta minore)

2.2 – Indicare la posizione in cui sono scritti i seguenti accordi:


[§2.4]

(ad esempio, per il primo accordo indicare: prima posizione, o posizione d’ottava)

2.3 – Indicare il tipo di moto delle parti che caratterizza i seguenti esempi, se è consentito o meno, ed eventualmente
l’errore di moto retto che si viene a formare oppure il motivo che rende consentito un moto retto solitamente proibito:
[§2.5–6]

(ad esempio, per il primo caso indicare: moto contrario, consentito)

2.4 – Indicare se i seguenti movimenti melodici sono consentiti o meno, e per quale ragione:
[§2.7]

(ad esempio, per il primo caso indicare: consentito, salto di 5a diminuita discendente seguito da semitono ascendente)
LEZIONE III

LEGAME ARMONICO

§3.1 Collegamento fra due accordi

Quando due accordi consecutivi presentano uno o più suoni in comune, questi suoni devono essere
affidati alla medesima voce e legati fra loro (moto obliquo), mentre i suoni restanti devono
effettuare il minor spostamento possibile (principio di economia nei movimenti).
Se le triadi presentano due suoni fondamentali che distano fra loro di 4a ascendente (o di 5a
discendente), vi sarà un suono comune fra i due accordi che deve essere legato, mentre i restanti
suoni effettueranno uno spostamento di grado ascendente.

Se il movimento del basso è invece di 5a ascendente (o di 4a discendente), dopo aver legato il suono
comune i due restanti suoni dovranno scendere di grado.

Questi due collegamenti armonici sono considerati forti, perché mettono in relazione fra loro i gradi
più importanti della scala (il I, il IV e il V). Quando invece le due triadi consecutive presentano
suoni fondamentali a distanza di 3a, o di 6a, i suoni in comune saranno due e devono essere entrambi
legati, mentre il suono restante si sposta per grado congiunto.

Questi collegamenti sono considerati deboli, perché le due triadi sono molto simili fra di loro (due
suoni della seconda triade sono già compresi nella prima).

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