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Elaborato sociologia

Elenco A - La famiglia occidentale. Trasformazioni e modelli emergenti

La famiglia può essere definita come il primo ambiente in cui il singolo è inserito, un nucleo sociale
rappresentato da due o più individui legati tra loro da rapporti di parentela o affinità.
Ma in ambito sociologico e pedagogico può anche essere considerata come l’esito di un processo evolutivo.
Partendo da quest’ultima considerazione possiamo affermare che al termine “famiglia” non si possano
attribuire caratteristiche specifiche fisse in quanto esse variano a seconda del contesto sociale, culturale e
storico.
Infatti, al giorno d’oggi sono evidenti i cambiamenti tra le famiglie moderne e quelle dei secoli precedenti,
sia dal punto di vista strutturale, sia delle relazioni interne.
Per quanto riguarda la struttura familiare, a seconda del contesto storico, se favorevole o meno, possiamo
riscontrare nuclei familiari di diversa dimensione, infatti, rispetto ai secoli passati, al giorno d’oggi è
diminuito il numero medio dei membri di una famiglia.
Mentre per quanto concerne le relazioni familiari notiamo differenze nei rapporti tra marito e moglie e tra
genitori e figli, tali rapporti se prima formali e distaccati, divengono confidenziali e meno rigidi.
Ma la vera e propria “rottura” radicale con i costumi e le tendenze del passato si ha negli ultimi trent’anni del
secolo scorso, la quale ha rappresentato un elemento comune in tutti i paesi dell’Europa occidentale
(“convergenza”).
Sicuramente l’emancipazione femminile ha un ruolo rilevante nella creazione delle famiglie moderne,
specialmente nell’ambito del rapporto tra coniugi.
Se inizialmente la donna dipendeva unicamente dal marito, in quanto non aveva una propria libertà e un
proprio patrimonio, attualmente, acquisendo una maggiore autonomia personale ed economica, il rapporto tra
i coniugi diventa paritario.
Inoltre, il cambiamento del pensiero e dall’approccio nei confronti della chiesa e del valore del matrimonio
in relazione alla religione, ovvero la secolarizzazione della famiglia e della società, hanno portato ad una
grande diminuzione dei matrimoni e ad un aumento delle famiglie di fatto, ossia convivenze tra individui
senza il vincolo del matrimonio, con anche un conseguente aumento di nati al di fuori de matrimonio.
Nel 1970, con l’introduzione nel riordinamento giuridico del divorzio, si è assistito a una grande stabilità dal
punto di vista coniugale.
Il rapporto tra marito e moglie, non più basato, come nel passato, su vincoli economici e religiosi, ma
sull’amore reciproco tra i partner, induce talvolta a un indebolimento dello stesso e con un conseguente
aumento delle separazioni.
Un ulteriore elemento di distacco dal passato è dovuto alla grande libertà di espressione acquisita nel tempo,
la quale ha portato a diversi modelli di famiglie emergenti, quali, per esempio, le “famiglie ricostituite”,
ovvero quelle in cui almeno uno dei coniugi è al suo secondo matrimonio, le “famiglie monogenitore”, infine
le “famiglie allungate”, le quali riguarda la tendenza da parte dei giovani a restare a lungo nella famiglia
d’origine.
Come considerazione finale e conseguenza delle modifiche precedentemente analizzate, possiamo notare che
oggi il ruolo centrale della famiglia è venuto in grossa parte a mancare, e la cosa più evidente è che la
maggior della gioventù è lasciata a sé stessa.

Elenco B - Missioni suicide come suicidio altruistico

Il suicidio è uno dei temi più studiati della sociologia della devianza che possiamo definire come un evento
drammatico, un problema di difficile spiegazione causato dall’interazione di elementi psicologici, biologici,
genetici, sociali e ambientali.
Uno dei primi ad affrontare questo tema fu il sociologo francese Emile Durkeim, il quale nel suo saggio “Il
suicidio”, definisce questo atto “ogni caso di morte direttamente o indirettamente risultante da un atto
positivo o negativo compiuto dalla vittima pienamente consapevole del gesto”.
Egli ha sempre sostenuto l’idea che alla base dell’atto suicidario potesse esserci non solo un fattore
psicologico ma un vero e proprio fattore sociale.
Questa convinzione portò Durkheim a formulare una classificazione del suicidio, indicando tre modalità
sociali, in base alle loro cause: suicidio altruistico, egoistico e anomico.
Per quanto riguarda il suicidio egoistico l’individuo ha sensazioni di esclusione e mancanza di integrazione
in un gruppo che lo inducono a uccidersi. Si manifesta come scontro interiore tra desiderio di affermazione e
reali possibilità di affermazione sociale.
L’integrazione troppo bassa nelle comunità sociali fa sì che le persone perdano il loro sé sociale e la vitalità
dell’esistenza. Questo può portare ad un suicidio egoistico, il quale non esisteva affatto nei tempi antichi ma
è un fenomeno moderno.
Per Durkheim si tratta di un atto negativo dal punto di vista sociale.

Il suicidio anomico invece, assomiglia al suicidio egoistico ma è causato dal fatto che le persone sono meno
socialmente regolate, e le condizioni di sofferenza dell’individuo sono poste in relazione alla società, dato
che questa tipologia di suicidio avviene anche perché l’individuo è troppo poco integrato nelle comunità
sociali.
Il suicidio anomico si manifesta come assenza di regole nel comportamento dei singoli individui e viene
commesso generalmente da persone le cui passioni e desideri sono repressi da disciplina o regole autoritarie.
Per Durkheim si tratta di un atto estremo, la cui frequenza aumenta sia nei momenti di crisi economica, sia
nei momenti di benessere economico, mentre diminuisce nei periodi di depressione dovuti alla presenza di
conflitti, guerre o disordini politici.

Infine, per quanto riguarda il suicidio altruistico, possiamo considerarlo l'opposto del suicidio
egoistico e affermare che deriva dal fatto che le persone sono troppo integrate nelle comunità
sociali e che la personalità individuale è troppo poco sviluppata.
Nel suicidio altruistico l’individuo si sacrifica per affermare o preservare i valori etici del gruppo cui
appartiene. Un esempio è il kamikaze, dove prevale il senso dell’onore del popolo giapponese che
deve perdere la guerra in un determinato modo.
Per Durkheim si tratta di un atto positivo dal punto di vista sociale.
Il suicidio altruistico, a differenza del suicidio egoistico, è molto insolito nelle culture moderne ma
era più comune prima e nelle società primitive.

Durkheim distingue tra il suicidio altruistico obbligatorio, volontario e acuto. Il suicidio altruistico
obbligatorio è un requisito della società, per esempio, mogli, schiavi e soldati che devono
accompagnare il loro re nella tomba.
Il suicidio altruistico volontario non è obbligatorio ma viene valutato positivamente dalle persone.
Durkheim menziona gli indiani che si suicidano a causa di improvvisa gelosia.
Il suicidio altruistico acuto deriva dal fatto che l'individuo si suicida esclusivamente per
vittimizzazione.
Durkheim si riferisce all'India come al "paese classico per questo tipo di suicidio". Ad esempio è
incoraggiato il suicidio degli uomini più anziani nel Brahmanesimo.
Il suicidio altruistico acuto è misteriosamente giustificato.
Così, mentre la malinconia dell'egoista è composta da sonnolenza, vacuità e stanchezza ed
esprime la fine delle attività, la malinconia dell'altruismo salterà fuori dai sentimenti di speranza e
dalla convinzione che c'è qualcosa di meglio oltre.

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