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Nel corso dei millenni, se alle persone fosse stato chiesto che cosa desse senso alla loro
vita, probabilmente quasi tutte avrebbero risposto: crescere i figli, contribuire al bene
della comunità, cercare di servire il proprio Dio nel miglior modo possibile.
A partire dal XVIII secolo la ricerca di un significato si separò progressivamente dai
sistemi di pensiero religiosi: fu l’uomo stesso a divenire oggetto di indagine.
Lo scopo della ricerca divenne non quello di scoprire Dio, ma chi siamo.
Dal XIX secolo la ricerca si era fatta più sistematica: si formò la sociologia, furono
aperte le prime biblioteche e i musei, furono organizzate grandi esposizioni, si iniziò a
viaggiare per mare e su ferrovia, ci fu un esplosione culturale nel mondo delle arti.
L’Occidente continuò a promuovere gli ideali umanistici, fondati sulla fiducia nello
sviluppo progressivo dell’umanità.
CAPITOLO 3: IL CROLLO
Prendendo le distanze dalle caratteristiche odiose del carattere umano emerse durante la
Grande Guerra, fu possibile mantenere un senso di fiducia.
Questo processo viene definito scissione, ed è estremamente efficace: essa risponde alla
necessità di mettere da parte alcune cose per potersi concentrare su altro.
Di solito, quello che viene scisso non viene allontanato così tanto da non poter essere più
recuperato.
Tuttavia, se un pensiero disturbante diventa insopportabile per la mente, quest’ultima
può arrivare a esiliare l’idea che la inquieta, perdendo il contatto con la stessa.
La scissione dei pensieri indesiderati rende la mente più povera e debole, soprattutto
quando si presenta il problema di affrontare ciò che è stato scisso.
Questo processo riduce la nostra autostima, e alla fine anche la fiducia nella nostra
specie. Allo stesso tempo però scissione e identificazione proiettiva alleggeriscono la
mente e producono euforia, che può produrre ottimismo.
L’ottimismo che ha caratterizzato la società occidentale durante il XX secolo si è
prodotto grazie alla scissione su molte questioni, e attraverso la proiezione nell’Altro di
parti indesiderate del Sè e della società.
Questo Altro è stato trovato in Africa: l’Europa, durante il XIX secolo, ha colonizzato
gran parte del continente, e l’Altro è stato trovato nei selvaggi primitivi e violenti, in
modo che l’Occidente potesse essere sofisticato e puro.
Alimentati dall’idealizzazione del Sè, gli europei si sono sentiti autorizzati a
saccheggiare il mondo.
La capacità di uccidere è antica quanto la nostra specie, ma una violenza del genere è
difficile da spiegare: queste azioni omicide sono dirette da uno stato d’animo
maniacale, che può essere proprio di un individuo o di intere nazioni contro un nemico
contenente le parti scisse e indesiderate del Sè.
Ma se queste parti sono state proiettate all’esterno perché uccidere?
Perchè permane la minaccia che l’altro, in qualsiasi momento, restituisca al mittente le
parti proiettate, quindi solo annientando l’altro tali parti potranno essere distrutte.
Un altro tipo di scissione è il Sè dissociato, in cui una parte del Sè rimane immersa negli
eventi, mentre un’altra parte prende le distanze da essi.
Il sé dissociato prende le distanze da una componente traumatizzata della personalità che
tuttavia non viene persa di vista, anzi, rimane ben visibile.
Questo Sè cammina mano nella mano con la sua parte traumatizzata della personalità;
l’effetto finale sarà una mancanza di comunicazione tra queste due parti.
Quando una persona ritiene che una questione sia troppo complessa o dolorosa è
possibile che la affronti tramite differimento: è come se l’inconscio dicesse “Non è una
cosa cui si possa pensare ora, un giorno forse…”.
Il differimento e il rifiuto di pensare a un evento sono forme di dissociazione.
Le persone col passare del tempo si sono ritirate in comunità recintate, alcune
metaforicamente, altre realmente. Negli anni 50 erano ancora poche, ma negli anni 80 si
sono moltiplicate, e verso la fine del secolo circa l’1% della popolazione americana si
era ritirato in questi compound, conducendo una vita in gran parte priva di contatti con
la gente comune del mondo esterno.
Anche fuori dai loro compound gli oligarchi dello scorso secolo rimanevano isolati dalla
vita reale, seduti nella loro limousine dai vetri oscurati, sempre scortati da una
condizione di privilegio all’altra.
La filosofia di vita del compound si è diffusa anche nelle classi medio-alte: ordinare
indumenti online senza recarsi nei negozi fisici, avere visite specialistiche a domicilio.
Durante la giornata entriamo in contatto con gli altri in molti modi, ma quando
abbandoniamo le persone reali per dedicarci ai contatti virtuali, siamo
momentaneamente dissociati.
Se ogni persona presente è impegnata nella comunicazione con un interlocutore virtuale,
il gruppo si trova in uno stato di dissociazione reciproca. Questa è una funzione
importante del nuovo mondo: scindiamo il Sè in un Sè che si associa e in un Sè che si
dissocia. Una nuova funzione del gruppo consiste nel tollerare entrambi gli stati.
CAPITOLO 9: RIANIMAZIONE
Il ritorno dell’oppresso consiste nel ritorno di idee indesiderate che viene affrontato
tramite la riformulazione: l’idea viene presentata come lecita per mezzo di una
formulazione dissimulata.
Negli ultimi anni del secolo scorso si è avuta una morte del linguaggio (linguisticidio),
aprendo la strada a sistemi di emotività condivisa, luoghi comuni, clichè. In questa
epoca di discorsi banali, ritrovare usi del linguaggio più sofisticati significa ridare potere
al Sè nel momento in cui si dedica al compito dell’introspezione.
Riscoprire il piacere del linguaggio costituisce un’esperienza emotiva importante perché
la formulazione verbale libera emozioni e affetti che sono stati sepolti e compromessi da
forme degradate del pensiero e da una perdita di interesse per la parola stessa.
Descrivere nel dettaglio i propri pensieri a un’analista significa fissare residui
psicologici diurni. La libera associazione stimola la curiosità: tutto questo contribuisce a
quello che Freud definisce il “magazzino delle idee”.
Bion, invece, era d’accordo con il pensiero di Mill, ma dopo aver visto le due guerre e
aver preso parte a esperimenti di psicologia sociale, si rese conto che se lo psicoanalista
non si prende cura del gruppo, i membri scivolano verso stati primitivi e molto
disturbati. Insieme ad altri studiosi, egli credeva che la democrazia fosse un
riconoscimento del modo in cui la mente lavora.
Barbu credeva che la democrazia avesse bisogno dei cittadini giusti per poter essere
efficace: sostiene che vi sia la necessità di una disposizione mentale ben precisa,
ovvero di particolari esperienze, atteggiamenti, pregiudizi e credenze condivise da tutti.
La Tavistock Clinic (anni 70) veniva scelta da analisti provenienti da ogni parte del
mondo per la propria formazione. Il Gruppo Tavi si distingueva per un particolare
approccio: qualunque cosa venisse detta, in qualsiasi momento e da qualsiasi membro,
doveva essere considerata rappresentativa di tutti i membri di quel gruppo.
In questo modo stati della mente apparentemente estremi sono trasformati in idee
sopportabili su cui poi è possibile riflettere.
Ciò crea uno “spazio potenziale”: il gruppo ha la possibilità di esprimere e considerare
qualsiasi pensiero collegato all’idea che è stata espressa.
Lavorando in questo modo, si scopre l’effetto terapeutico del processo democratico: la
democratizzazione dissemina emozioni o idee divergenti tra molte persone, che le
elaboreranno e le tradurranno in modo diverso.