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sinistrainrete.info/articoli-brevi/26984-salvatore-bravo-monadologia-della-solitudine.html
di Salvatore Bravo
In questo momento storico le oligarchie stanno vincendo la lotta di classe con la “cultura
dell’incuria” mascherata da cura/diritti individuali.
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All’incuria bisogna contrapporre la cura, l’impegno gratuito liberato dalla gratificazione
narcisistica ed economica. Nella cura vi è la cultura della prossimità senza la quale “la
democrazia dei Signori”, secondo la definizione di Domenico Losurdo non può essere
sconfitta.
La selezione meritocratica è la maschera del nuovo razzismo laico e a misura del dio “Pluto”.
Razzismo non riconosciuto e vestito con lo splendore abbagliante delle parole-slogan
dell’ideologia.
Il merito è il mezzo per colpevolizzare i subalterni della loro sorte. Al nastro di partenza le
condizioni sono truccate ma di questo si tace, è il mezzo con cui sospingere alla lotta
divisiva. Lotta senza quartiere secondo modalità zoologiche: donne conto uomini,
omosessuali contro eterosessuali, vegetariani contro onnivori, lavoratori del pubblico impiego
contro i lavoratori del privato ecc. Una nuova zoologia dell’essere umano viene trascritta e
abilmente usata per l’accecamento generale.
Il merito è la sciabola con cui colpevolizzare i sudditi. Si invoca il merito, ma sin dall’inizio la
vittoria è data ai dominatori, in quanto il vantaggio non è iscritto nelle stelle ma nelle disparità
sociali.
Uguaglianza/disuguaglianza
Vivere e morire sono solo eventi biologici, l’essere umano è eguale agli animali non umani.
Non pone fini consapevoli, ma è solo un ruminante al pascolo del mercato, molto può
vedere, poco può ottenere. La frustrazione è la normalità nel tempo del consumo assoluto. I
fini sono eliminati, la natura è cancellata per “decreto oligarchico”, non resta che la memoria
sempre più a breve tempo a caratterizzare l’essere umano. Senza fini e con la memoria
storica demolita la prassi è resa sempre più improbabile, non resta che una disperata
solitudine a inchiodare i subalterni. Le merci da acquistare sono i fiori sulle catene, ma
appassiscono subitaneamente.
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l’artiglio del liberismo ha in “premio la marginalità” e, se si vuole si può accedere alla libera
morte. In non poche nazioni la libera morte è disponibile ai malati incurabili, psichici e ai
soggetti socialmente deboli. La reificazione quotidiana è la normalità dell’inclusione. La
violenza è sistemica, ma si proclama la lotta senza quartiere alle violenze: bullismo e
femminicidio sono le bandiere del liberismo. Il capitalismo produce relazioni competitive e
irrazionali, e nello stesso tempo si professa contro la violenza. Le campagne contro abusi e
violenze hanno una serie di imponenti risultati: si allontana l’ombra del vero responsabile
delle violenze, i marchi che sostengono le campagne sono visibili e dunque pubblicizzano i
loro prodotti. I grandi gruppi economici influenzano i costumi e si sostituiscono alla politica.
La democrazia muore vampirizzata dalle multinazionali.
Capitalismo dell’indigenza
Cadute le ideologie che contenevano il liberismo, oggi domina la merce e gli individui sono
apparizioni fugaci e interscambiabili. Emergono come categorie, stile manuale di zoologia,
da studiare nei comportamenti e nei gusti a cui vendere l’ultima merce. Gusti e
comportamenti sono prodotti nei laboratori mediatici, si verificano gli effetti sperimentali sotto
la lente di statistiche e grafici, al fine di produrre nuovi mercati.
Il liberismo nel nostro tempo ha dispiegato totalmente la sua verità, è democrazia dei signori
come Domenico Losurdo l’ha definita.
Per poter rompere il dominio i subalterni devono uscire dalle grammatiche del dominio.
Trasgredire è possibile per far nascere un nuovo mondo, per diventare “ricchi di mondo”,
ovvero risemantizzarlo con la cura.
Cura/Incuria
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penetrata ovunque e sembra minacciare il presente come il futuro. Riconquistare la propria
umanità, porsi in ascolto di se stessi e delle alterità è vittoria contro l’indifferenziato. La
coscienza è relazione, è comunismo dello spirito, che penetra nelle strutture ossificate della
società dei soli affari privati per riportarli alla comunione materiale e del logos senza i quali
non vi è nessun “nuovo inizio”. La cura inizia con lo sguardo che indugia sulla Croce della
Terra come scrisse Franco Fortini:
Varsavia 1939
Reimparare a guardare la “croce sulla terra” è il primo gesto per liberarsi dalle maglie
d’acciaio del capitalismo dell’indicenza. Perché lo sguardo prepari le parole e i gesti della
liberazione è necessario percipire-sentire-pensare la realtà storica nella sua verità. Uscire
dalla sbornia dell’illusione della menzogna ed entrare nella storia significa fermarsi sul dolore
e sull’umiliazione di coloro che portano nel corpo e nella psiche la verità del nostro tempo, è
nell’ascolto del proprio dolore di “perdente”. La cura è l’eversione contro l’egemonia del
niente dei “Signori e padroni della democrazia”. All’incuria bisogna opporre la cura per
emanciparsi dall’egemonia della grammatica del dominio.
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