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INSEGNAMENTO DI

DIRITTO AMMINISTRATIVO

LEZIONE IX
“IL PRINCIPIO DI SUSSIDIARIETÀ”

PROF. SSA IVANA MUSIO


Diritto Amministrativo Lezione IX

Indice

1  INTRODUZIONE. NOZIONE E FONTI GIURIDICHE -------------------------------------------------------------- 3 


2  Sussidiarietà: le caratteristiche ------------------------------------------------------------------------ 6 

2.1  Sussidiarietà verticale e sussidiarietà orizzontale--------------------------------------------------- 6 


2.2  Sussidiarietà rigida e sussidiarietà elastica ---------------------------------------------------------- 7 
2.3  Sussidiarietà normativa e sussidiarietà amministrativa -------------------------------------------- 8 

3  I livelli territoriali del principio di sussidiarietà --------------------------------------------------- 9 

3.1  Il livello europeo e sopranazionale ------------------------------------------------------------------- 9 


3.2  Il livello nazionale ------------------------------------------------------------------------------------ 10 
3.3  Il livello sub-nazionale ------------------------------------------------------------------------------- 10 

4  Il livello locale ------------------------------------------------------------------------------------------- 12 

5  I poteri sostitutivi nei rapporti tra Stato, Regioni ed Enti locali ------------------------------ 13 

6  La giustiziabilità del principio di sussidiarietà --------------------------------------------------- 15 

6.1  Il sindacato in ambito comunitario ----------------------------------------------------------------- 15 


6.2  Il sindacato in ambito nazionale e sub-nazionale ------------------------------------------------- 16 

7  La giustiziabilità nel quarto livello ------------------------------------------------------------------ 17 

8  Bibliografia ---------------------------------------------------------------------------------------------- 19 

Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)

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1 Introduzione. Nozione e fonti giuridiche


La presente dispensa tende a fare il punto sull’attuale assetto del rapporto tra Stato,
Regioni ed Enti Locali sotto il profilo del riparto di competenze dopo le leggi Bassanini ed i
relativi decreti di attuazione.

Si cercherà, in sostanza, di capire come sia stato attuato, sul piano amministrativo, il
principio di sussidiarietà, alla stregua del quale lo Stato deve intervenire solo nei casi in cui le
funzioni non possano più essere efficacemente gestite dagli enti più vicini ai cittadini.

Il principio di sussidiarietà è un criterio di ripartizioni delle funzioni politiche ed


amministrative tra enti rappresentativi di diversi livelli territoriali.
In particolare, si parla di sussidiarietà verticale per intendere il carattere sussidiario
dell’azione degli enti centrali dello Stato rispetto alle articolazioni periferiche più vicine ai
cittadini, nel senso che i primi devono intervenire solo qualora appaia non adeguata l’azione
degli organi periferici. Si parla, invece, di sussidiarietà orizzontale in relazione all’intervento
pubblico nei confronti dell’iniziativa privata, il che si giustifica solo quando i privati o le
associazioni libere non siano in grado di soddisfare efficacemente interessi ed esigenze
meritevoli di tutela.
Il principio di sussidiarietà di tipo verticale è di derivazione comunitaria, infatti è stato
enunciato in modo compiuto per la prima volta nel Trattato CE (Trattato istitutivo della
comunità europea) all’art. 51, ove è sancito che: “nei settori che non sono di sua esclusiva
competenza, la comunità interviene, secondo il principio di sussidiarietà, soltanto se e nella
misura in cui gli obiettivi dell’azione prevista non possono essere sufficientemente realizzati
dagli Stati membri e possono, dunque, a motivo delle dimensioni e degli effetti dell’azione in
questione, essere realizzati e meglio perseguiti a livello comunitario”2.
Il principio di sussidiarietà (sempre di tipo verticale) è sancito, altresì, nella Carta
europea delle autonomie locali, firmata a Strasburgo nel 1985 e ratificata in Italia nel 1989 con

1
L’art. 5 è stato introdotto dal Trattato di Maastricht del 7 febbraio 1992.
2
Il Trattato UE (Trattato sull’Unione Europea) aggiunge al ruolo sussidiario delle istituzioni comunitarie l’obbligo,
in capo all’Unione, di rispettare “l’identità nazionale dei suoi Stati membri”. Anche la Carta europea accoglie una
versione limitata del principio di sussidiarietà, cioè quello per cui le funzioni devono essere attribuite alle pubbliche
amministrazioni più vicine al cittadino.

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la legge n. 439; in particolare, l’art. 4 della Carta afferma che l’esercizio delle potestà pubbliche
sia affidato, in linea di massima, alle autorità più vicine ai cittadini, in quanto questi ultimi
possono più facilmente controllarle3.
Per quanto concerne l’ordinamento italiano, il principio di sussidiarietà, prima
sconosciuto, ha rinvenuto una prima fonte interna nell’art. 4, comma III, della legge 59/1997
(legge Bassanini 1) che fornisce, della sussidiarietà verticale, una definizione sintetica e
completa rispetto a quanto detto dalle fonti europee. Detto art. 4, infatti, afferma che lo Stato, nei
confronti delle Regioni e degli Enti locali, deve trattenere a sé, solo quelle funzioni che, per loro
natura, non possono essere attribuite ad enti minori, in quanto incompatibili con le dimensioni
degli stessi. In altri termini, la legge Bassanini 1 ribadisce il concetto che le funzioni
amministrative e politiche devono essere attribuite all’autorità territorialmente più vicina ai
cittadini interessati.

A seguito delle riforme Bassanini, il principio di sussidiarietà ha poi trovato


riconoscimento anche nella legge 265/1999 secondo cui “i Comuni e le Province sono titolari di
funzioni proprie e di funzioni conferite con legge dello Stato e delle Regioni, secondo il
principio di sussidiarietà”. Tali enunciazioni, attualmente, sono confluite nel testo unico in
materia di autonomie locali, D.lgs. 267/2000 e succ. mod.

Dunque, alla luce del principio di sussidiarietà, le funzioni amministrative vanno


attribuite secondo un ordine gerarchico inverso, cioè, innanzitutto ai Comuni, poi alle Province
e agli altri Enti locali sovracomunali, poi alle Regioni ed infine allo Stato, il quale, da ultimo,
cede all’Unione europea, in sede legislativa, le funzioni che non può svolgere.

In altri termini il principio verticale funziona così: al Comune spettano tutte le funzioni
amministrative con l’esclusione di quelle che non può svolgere a causa delle proprie ristrette
dimensioni o perché esulano dall’interesse locale. Queste funzioni, allora, devono essere
attribuite alla Provincia, con esclusione di quelle che non possono essere svolte adeguatamente
in ambito provinciale. Queste, infatti, devono essere riservate alle Regioni e, solo se esulano
dall’ambito territoriale e di interesse regionale, vengono attribuite allo Stato.

Sul punto, si veda, S. Cassese, L’aquila e le mosche. Principio di sussidiarietà e diritti amministrativi nell’area
europea, in Sussidiarietà e pubbliche amministrazioni, Atti del Convegno per il 40° della Spisa, Bologna, 1995, p. 83 e
ss.
3
Cfr. F. Frattini, Relazione introduttiva, in Sussidiarietà e pubbliche amministrazioni, Atti del Convegno per il 40°
della Spisa, a cura di Roversi-Monaco, Bologna, 1997, p. 68 e ss.

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Il principio di sussiadiarietà, infine, viene consacrato a principio di rango costituzionale


grazie all’intervenuta modifica del titolo V, parte II, della Costituzione (artt. 114-133) operata
con la legge costituzionale del 18 ottobre 2001, n. 3. In particolare, l’art. 118 Cost. prevede che
le funzioni amministrative siano attribuite, in via principale, ai Comuni, salvo che, al fine di
permettere un esercizio unitario, siano conferite alle Province, Città metropolitane, Regioni e
Stato; questo è un chiaro riferimento alla sussidiarietà verticale.

Per quanto concerne, invece, il principio di sussidiarietà orizzontale, esso ha come fonte
interna primaria, innanzitutto, l’art. 2 Cost., il quale afferma la centralità degli individui e delle
formazioni sociali spontanee, cioè non create né imposte dallo Stato.

Altra fonte è da rinvenirsi nel nuovo art. 118, ultimo comma, Cost. secondo cui “Stato,
Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini,
singoli ed associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di
sussidiarietà”.

Inoltre, la citata legge 265/1999, oltre a riferirsi alla sussidiarietà verticale ha anche
enunciato la sussidiarietà orizzontale, rivolta agli Enti locali che devono cedere il passo, ove
possibile, all’iniziativa privata, che deve assumere un ruolo centrale e preminente rispetto
all’azione pubblica, che, viceversa, svolge un ruolo di supplente qualora gli individui e le
formazioni sociali si mostrino inefficienti ed incapaci di curare gli interessi pubblici 4.

4
L’argomento è ripreso da F. Caringella, Corso di diritto amministrativo, II ed., 2003, Milano, p. 913 e ss., il quale
magistralmente ha trattato il tema della sussidiarietà verticale ed orizzontale.

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2 Sussidiarietà: le caratteristiche
2.1 Sussidiarietà verticale e sussidiarietà orizzontale

La sussidiarietà è, quindi, un criterio di riparto dei pubblici poteri nei moderni stati
democratici ad ordinamento pluralistico5.

Si è soliti distinguere, come si è precedentemente accennato, una sussidiarietà


verticale ed una sussidiarietà orizzontale; la prima è quella intercorrente fra i diversi livelli
di governo della cosa pubblica, la seconda, intercorre, invece, fra le pubbliche
amministrazioni ed i soggetti privati.

Detta distinzione, riconosciuta in un primo momento solo dalla dottrina, ha avuto


successivamente riscontro anche nel diritto positivo, così come previsto dall’art. 3 del d.lgs.
n. 267/2000 e dall’art. 118 Cost.

Ai due tipi di sussidiarietà conseguono diverse applicazioni pratiche: quella


verticale, infatti, conduce all’affermazione del modello decentrato di amministrazione
pubblica; quella orizzontale, invece, conduce alla liberalizzazione delle attività private ed
alla privatizzazione e ritiro dello Stato dall’economia6.

Sia la sussidiarietà verticale che quella orizzontale, comunque, sono compatibili in


un unico disegno piramidale di competenze che parte dagli individui per giungere, attraverso
le formazioni giuridiche private e pubbliche intermedie, fino allo Stato.

5
Sul punto, si vada, T. Filignano, Il principio di sussidiarietà nelle esperienze statali, comunitarie e nella legge n.
59/1997: elementi di continuità e novità, in Nuova Rassegna, 1997, n. 12, p. 1023 e ss.
6
La sussidiarietà orizzontale, determina, inoltre, una deregolamentazione amministrativa ed una semplificazione; in
particolare si pensi agli artt. 19 e 20 della legge n. 241/1990 e, più di recente alle riforme in tema di semplificazione
amministrativa, con particolare riferimento all’art. 20 della legge n. 59/1997, ove si esprime il favor per la sostituzione
dell’attività amministrativa con forme di autoregolamentazione da parte degli interessati.
Sul punto, tra gli altri, si veda, M.P. Chiti, Principio di sussidiarietà, pubblica amministrazione e diritto
amministrativo, in Sussidiarietà e pubbliche amministrazioni, in Atti del Convegno per il 40° della Spisa, Bologna,
1995, p. 97 e ss.

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2.2 Sussidiarietà rigida e sussidiarietà elastica

Un’altra distinzione interna al principio di sussidiarietà è quella attinente alla rigidità o


meno della ripartizione dei poteri pubblici. In questo senso si parla di sussidiarietà rigida o
elastica. Si ha sussidiarietà rigida quando sono previsti gli atti tassativi che possano essere
adottati dagli organi di livello superiore ferma restando la competenza generale residuale in capo
all’ente più vicino al cittadino. Si ha tale tipo di sussidiarietà quando il legislatore fissa
competenze residuali allo Stato nei casi eccezionali e tassativi, lasciando spazio agli enti
territoriali per tutti gli altri settori.

In altri termini, nella sussidiarietà rigida, la valutazione dei casi in cui sia
eccezionalmente necessaria l’azione dell’ente di livello superiore, non è rimessa alla semplice
sensibilità di quest’ultimo in chiave di autolimitazione, ma viene effettuata direttamente, ed una
volta per tutte, dalla fonte normativa. Pertanto, è agevole giudicare se tale principio sia stato
attuato, in quanto il Giudice deve solo verificare se l’atto adottato dall’ente di livello superiore
rientri o meno in quelli eccezionalmente e tassativamente rimessi alla sua competenza.
Naturalmente il sindacato spetta al giudice del caso concreto o al giudice costituzionale, a
seconda del fatto che l’atto interessato dalla sussidiarietà sia di rango amministrativo o
legislativo7.

La sussidiarietà elastica, invece, rimette all’ente di livello superiore la valutazione circa


la necessità del suo intervento o dell’intervento dell’ente più vicino al cittadino, in base al caso
concreto ed al fine di tutelare interesse collettivo.

La sussidiarietà elastica viene in rilievo, per esempio, nei rapporti tra Comunità europea e
Stati nazionali, laddove la prima è chiamata a valutare nel caso concreto l’efficienza dell’azione
nazionale e la necessità dell’intervento comunitario, senza sbarramenti rigidi.

E’ articolata, infine, la questione che concerne gli organi deputati al giudizio del principio
di sussidiarietà elastica, in quanto si deve verificare la correttezza dell’uso del potere-dovere di
autolimitazione ed autoregolamentazione del caso concreto da parte del livello di governo

7
A questo tipo di modello si ispira il riparto di competenze normative tra Stato e Regioni, così come è previsto dal
nuovo titolo V della parte seconda della Costituzione, basato sulle attribuzioni di competenze legislative allo Stato in
materie eccezionali (art. 117, comma 2, Cost.) e sul riconoscimento della generale e residuale competenza delle Regioni
per le materie non assegnate alla competenza statale esclusiva o quella concorrente.

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sopraordinato. Si tratta, cioè, di valutare se risulta adeguatamente ragionevole la scelta dell’ente


di livello superiore di intervenire al fine di tutelare quello che è un interesse pubblico.

In ogni caso, la questione della giustiziabilità della sussidiarietà elastica e rigida verrà
affrontata nel prosieguo di questa dispensa.

2.3 Sussidiarietà normativa e sussidiarietà amministrativa

Tale distinzione, invece, si basa sul tipo di atto per il quale viene dettato il riparto di
competenze. La sussidiarietà è amministrativa quando si riferisce alla competenza ad adottare
provvedimenti amministrativi; è normativa se riguarda il riparto nell’emanazione di norme.

A seconda del tipo di atto cambia naturalmente il Giudice chiamato a verificare il rispetto
del principio e, cioè, sarà competente a giudicare la Corte costituzionale se si tratta di riparto
nell’emanazione di leggi; sarà competente, invece, il Giudice del caso concreto, in generale il
giudice amministrativo, se si vanno a sindacare atti o regolamenti8.

8
Tale aspetto è stato ripreso da F. Caringella, Corso di diritto amministrativo, cit., p. 919 e ss.

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3 I livelli territoriali del principio di sussidiarietà


La sussidiarietà opera a diversi livelli, delimitando le sfere di competenze degli enti
territoriali fra loro sovraordinati, dall’ente più vicino ai cittadini fino a giungere allo Stato ed alle
formazioni sopranazionali.

E’ la legge che deve disporre il riparto di competenze o la stessa Costituzione, così come
avviene nel caso del riparto tra Stato e Regioni o fra Stato ed Unione europea.

Ai livelli inferiori, fermo restando che i principi vengono individuati attraverso la legge,
vi è spazio anche per le fonti regolamentari ed in qualche caso, per atti amministrativi.

Ciò premesso, è opportuno soffermarsi brevemente sui livelli territoriali del principio di
sussidiarietà, evidenziandone le fonti legislative ed amministrative.

3.1 Il livello europeo e sopranazionale


Nel diritto comunitario il principio di sussidiarietà nasce con uno scopo
apparentemente contrario rispetto a quello per cui è stato introdotto nel nostro ordinamento
dalle leggi Bassanini. Ed infatti, mentre nell’ordinamento italiano il principio di sussidiarietà
è stato introdotto per limitare l’ambito di intervento statale a favore delle autonomie locali e
dell’autonomia privata; nell’ordinamento europeo, invece, tale principio è stato introdotto
con lo scopo di giustificare l’esercizio dei c.d. poteri impliciti da parte degli organi della
comunità europea; e cioè, con l’espressione “poteri impliciti” si suole indicare quella
competenza residuale attribuita alla comunità dall’art. 235 del Trattato CE, secondo cui
“quando un’azione della comunità risulti necessaria per raggiungere (…) uno degli scopi
della comunità, il Consiglio (…) prende le disposizioni del caso”.

In quest’ottica, quindi, il principio di sussidiarietà costituisce la base ai “poteri


impliciti” affinché questi siano esercitati per conseguire obiettivi che non possono essere
raggiunti dagli Stati membri. Pertanto, la sussidiarietà giova, nell’ordinamento europeo, ad
attribuire nuove competenze agli organi comunitari9; esattamente l’opposto di quanto
previsto all’interno dell’ordinamento italiano.

9
Questo principio è stato introdotto fra le norme fondamentali dell’Unione europea a seguito di un compromesso fra la
posizione franco-tedesca, propensa a definire la natura dell’Unione come “federale” e quella inglese, ostile a tale
termine .

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Al principio di sussidiarietà, allora, può essere attribuito un ruolo compromissorio,


infatti, attraverso un acquisto di competenze da parte del livello di governo sopranazionale ed
una cessione di attribuzioni da parte degli Stati membri, si può giungere ad una completa
ridistribuzione del potere lungo una scala che va dal più piccolo ente locale (o, addirittura, dal
privato cittadino) al governo dell’Unione.
Si può, dunque, concludere che, in ambito europeo come in ambito nazionale, il
principio di sussidiarietà tende allo stesso fine ultimo, cioè distribuire i poteri in modo da
privilegiare i cittadini.

3.2 Il livello nazionale


Per quel che concerne il riparto dei poteri a livello nazionale, vale il principio della
sussidiarietà rigida. Infatti sono le leggi dello Stato a definire ed applicare, in modo rigido
appunto, i criteri della sussidiarietà in base ai quali si ripartiscono le funzioni tra lo Stato e le
entità territoriali inferiori.
Nell’ordinamento italiano ciò accade, principalmente, con la legge n. 59/1997 (legge
Bassanini) e con i successivi decreti legislativi di attuazione le cui disposizioni vanno lette
in considerazione del nuovo assetto costituzionale delle autonomie private.
Per quel che concerne le funzioni normative, così come è stato detto, il nuovo assetto
costituzionale ridisegna il sistema, nel senso che limita, ad ipotesi tassative, i settori di
competenza esclusiva dello Stato ed, inoltre, fissa le materie rispetto alle quali lo Stato
individua solo principi generali. Per tutte le altre materie la competenza esclusiva spetta solo
alle Regioni.

3.3 Il livello sub-nazionale


Il livello sub-nazionale è quello che riguarda i rapporti tra lo Stato e gli enti più
vicini ai cittadini, cioè quelli che costituiscono il front-end dell’amministrazione
pubblica. In Italia fanno parte di tale livello gli Enti locali, i quali hanno un rapporto con
lo Stato attraverso le Regioni, le quali fanno, quindi, da tramite e da collante fra Stato ed
Enti locali.
In tal caso la sussidiarietà opera attraverso due fasi, una successiva all’altra: nella
prima fase lo Stato, ai sensi dell’art. 114 Cost., riconosce alle Regioni e agli Enti locali le
funzioni amministrative che non sono più di loro competenza.
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Nella seconda fase, le Regioni provvedono con proprie leggi ad individuare


quelle funzioni che non richiedono una gestione unitaria a livello regionale e che,
pertanto, possono essere trasferite agli Enti locali.
L’art. 4 della legge n. 59 del 1997, infatti, prevede un meccanismo di sub-
conferimento secondo cui le Regioni possono conferire, in favore degli enti minori, certe
funzioni. Inoltre, a parte le funzioni conferite dallo Stato, le Regioni devono conferire ai
Comuni ed alle Province ulteriori funzioni; le Regioni sono così tenute a trasferire agli
Enti locali sub-regionali tutte le funzioni amministrative, nell’ambito delle materie
legislative elencate dall’art. 117 Cost., che non richiedono un unitario esercizio a livello
regionale.
In altri termini, l’art. 4 della legge 59/1997 estende il meccanismo della
sussidiarietà anche ai rapporti fra le Regioni e gli Enti locali. Così, non solo lo Stato
centrale, ma pure le amministrazioni regionali, subiscono una riduzione delle proprie
competenze direttamente esecutive a vantaggio delle funzioni di programmazione e di
coordinamento.
Del resto, tutto l’assetto disegnato dalla norma richiamata trova conferma nel
testo dell’art. 118 della Cost. dove è stato sancito che le funzioni amministrative sono
attribuite innanzi tutto agli Enti locali e poi che la loro attuazione possa trovare esercizio
da parte degli enti superiori al fine di garantire l’esercizio unitario.
In conclusione, possiamo dire che il riparto di funzioni è una forma di
sussidiarietà, prima, elastica e, poi, rigida, nel senso che è elastica prima che vengano
effettuate le scelte del legislatore regionale (che deve valutare la necessità di una
gestione unitaria), rigida, invece, dopo l’intervento legislativo regionale.

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4 Il livello locale
Il livello locale attiene al rapporto tra Enti locali e i privati, singoli o associati, ed è
ispirato non solo al principio di sussidiarietà verticale ma anche a quello di sussidiarietà
orizzontale. La sussidiarietà orizzontale non è solo desunta dal conferimento di funzioni e
compiti da parte degli Enti locali ai privati ed alle associazioni, operato dalle diverse norme del
d.lgs. n. 112/1998, ma è anche esplicitata dal dato positivo e cioè dal Testo Unico n. 267/2000,
che nel delineare il quadro delle funzioni comunali, richiama espressamente la sussidiarietà
verticale per ciò che concerne il riparto di funzioni tra il comune e gli enti di maggiore ambito
territoriale (Regioni e Stato) e la sussidiarietà orizzontale per quel che riguarda la delimitazione
delle funzioni locali nei confronti dei privati.
L’azione comunale, in altre parole, è definita quale sussidiaria di quelle dei privati singoli o
associati, nel senso che, l’ente locale può legittimamente intervenire nel contesto sociale soltanto
ove le funzioni assunte siano svolte in modo più efficiente e con risultati più efficaci che se fossero
lasciate alla libera iniziativa privata, anche se regolamentata.

Tale discorso ha trovato conferma nell’art. 118, comma 4, Cost. che così recita: “Stato,
Regioni, Città Metropolitane, Province e Comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini,
singoli ed associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di
sussidiarietà”. Ne consegue un doppio corollario:

1. Il Comune deve agire preferenzialmente tramite il coinvolgimento nell’azione


amministrativa dei singoli interessati e dei gruppi sociali.
2. Il Comune può intervenire solo laddove l’iniziativa privata economica e
sociale non sia capace di raggiungere gli obiettivi prefissati, ovvero li
raggiunga a prezzo di diseconomie ed inefficienze10.
A favore della sussidiarietà orizzontale si pone anche la disciplina in tema di snellimento e
delegificazione dei procedimenti amministrativi; infatti, l’art. 20 della legge n. 59/1997 contempla il
principio della soppressione dei procedimenti che comportino costi più elevati dei benefici anche
attraverso la sostituzione dell’attività amministrativa diretta con forme di autoregolamentazione da
parte degli interessati.

10
Cfr. A. D’Atena, In tema di presidi procedimentali del principio di sussidiarietà, in AA.VV., Sopranazionalità
europea:posizioni soggettive e normazione (Quaderni del Cons. Stato), Torino, 2000, p. 174.

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5 I poteri sostitutivi nei rapporti tra Stato, Regioni


ed Enti locali
Strettamente correlato al principio di sussidiarietà nei rapporti tra Stato, Regioni ed Enti
locali è il meccanismo dei poteri sostitutivi.

Cosa sono i poteri sostitutivi? Sono dei poteri riconosciuti allo Stato in conseguenza
dell’attribuzione di gran parte dei poteri (normativi ed amministrativi) dallo Stato agli Enti
locali. Hanno lo scopo di garantire lo Stato qualora gli enti territoriali tenessero una condotta
(attiva od omissiva) tale da mettere a rischio interessi e valori essenziali ed unitari dello Stato, il
quale deve essere posto nelle condizioni di potersi sostituire all’ente inerte o inadempiente.
Questi poteri sostitutivi sono l’espressione del contrappeso dello spostamento del baricentro
amministrativo e normativo verso la periferia, cioè sono meccanismi di controllo sostitutivi
dello Stato.
Il novellato art. 120 Cost.,comma 2, infatti, prevede che il Governo possa sostituirsi ad
organi delle Regioni, delle Città metropolitane, delle Province e dei Comuni, nei seguenti casi:
1. mancato rispetto di norme e di trattati internazionali;
2. mancato rispetto della normativa comunitaria;
3. pericolo grave per l’incolumità e la sicurezza pubblica;
4. necessità di tutela dell’unità giuridica ed economica;
5. necessità di tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti
civili e sociali.
Tale previsione non si pone in contrasto con lo spirito autonomista della riforma né con
il principio di sussidiarietà, il quale funziona, in primo luogo, a tutela dell’autonomia del
cittadino, e poi, a favore di quella delle comunità locali e delle Regioni. Ne consegue che
l’autonomia locale e regionale non può mai comportare limitazioni dell’autonomia privata o
riduzioni di quei livelli della qualità della vita che ne costituiscono il necessario presupposto.
Del resto, anche il novellato art. 120 Cost. prevede che le procedure volte a garantire i
poteri sostitutivi siano esercitati nel rispetto del principio di sussidiarietà e del principio della
leale collaborazione, la qual cosa va letta nel duplice senso di rispetto delle autonomie locali

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anche nell’esercizio di poteri potenzialmente compressivi delle stesse e di tutela degli individui
che, singoli o associati, sono i primi destinatari di tale principio.
L’art. 117, comma 5, Cost., prevede, invece, la sostituzione dello Stato in caso di
mancato adeguamento delle Regioni ai vincoli comunitari11.

11
Si veda, R. Dickmann, Sussidiarietà e potere sostitutivo, in Foro amm. Cons. Stato, 2002, p. 849 e ss.

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vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
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6 La giustiziabilità del principio di sussidiarietà


La giustiziabilità del principio di sussidiarietà quale elemento di valutazione della
legittimità dell’azione amministrativa, è strettamente correlata al carattere rigido o elastico del
riparto di funzioni.

Infatti, se il riparto di funzioni è operato con una legge o con una fonte ad essa
equiparata, l’unico giudice che può intervenire sull’atto legislativo di riparto di funzioni è la
Corte Costituzionale. Il principio di sussidiarietà ha trovato, infatti, finalmente ingresso nella
nostra Costituzione, grazie alla riforma del titolo V, parte II, e quindi è oggi da considerare
quale principio fondamentale cui le leggi statali e regionali devono riferirsi per evitare di essere
sottoposte al sindacato di legittimità della Corte Costituzionale.
Occorre effettuare una distinzione fra il sindacato di giustiziabilità in ambito
comunitario ed in ambito nazionale e sub-nazionale.

6.1 Il sindacato in ambito comunitario


Per quanto riguarda il primo livello, il fondamento giuridico della giustiziabilità del
principio di sussidiarietà è costituito dalla sua rilevanza nei Trattati istitutivi dell’Unione
europea. Come si è detto in principio, la sussidiarietà è espressamente sancita nell’art. 5 del
Trattato CE, che prevede tale principio sindacabile innanzi agli organi di giustizia europei
(Corte e Tribunale).
Il problema, in questo caso, è individuare la linea di confine tra la valutazione della
sussidiarietà sotto il profilo amministrativo e l’apprezzamento politico vero e proprio,
insindacabile da parte del giudice comunitario. In pratica è difficilmente immaginabile un
sindacato sostanziale sul rispetto del principio di sussidiarietà da parte della Corte di giustizia,
se non sotto i profili relativi al rispetto dell’iter procedimentale12.

12
Si veda, tra gli altri, T. Filignano, Il principio di sussidiarietà nelle esperienze statali, comunitarie e nella legge n.
59/1997: elementi di continuità e di novità, in Nuova Rassegna, 1997, n. 12, p. 1023 e ss.; R. Hofmann, Il principio di
sussidiarietà. L’attuale significato nel diritto costituzionale tedesco ed il possibile ruolo nell’ordinamento dell’Unione
europea, in Riv. it. dir. pubbl. comun., 1993, p. 28 e ss.

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6.2 Il sindacato in ambito nazionale e sub-nazionale


Per quanto riguarda il secondo ed il terzo livello, la presenza del principio di
sussidiarietà è ora sancito nella Costituzione italiana secondo cui tale principio è alla base dei
provvedimenti normativi dello Stato e delle Regioni chiamati, ciascuno, a disciplinare le materie
di propria competenza. Il sindacato di legittimità, in questi casi, spetta alla Corte Costituzionale.
Diverso è il caso degli atti non legislativi di conferimento.
In tal caso, infatti, l’organo che sindaca la legittimità cambia. Per quanto riguarda i
decreti del Presidente del Consiglio, essi sono atti amministrativi e come tali sono impugnabili
innanzi al giudice amministrativo. Bisogna, allora domandarsi se tra gli eventuali motivi del
ricorso possa essere dedotta la violazione del principio di sussidiarietà. La risposta è positiva, in
quanto il provvedimento amministrativo deve sempre rispettare il disposto costituzionale e,
quindi, il principio di sussidiarietà in esso presente.
Diverso è, invece, il caso degli atti di intervento sostitutivo statale previsti (prima
dall’art. 5 del d.lgs. n. 112/1998) dall’art. 120 Cost.
Al di là dell’ipotesi in cui l’intervento statale avvenga o meno con atto legislativo, e per
cui il sindacato è rimesso alla Corte costituzionale, la vera controversia si configura in un
ambito ben diverso e riguarda il fatto se l’atto adottato dal Governo sia un atto politico o di alta
amministrazione, perché nel secondo caso, venendo meno un atto legislativo che disciplini
l’intervento sostitutivo del Governo, sarebbe competente il giudice amministrativo.

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7 La giustiziabilità nel quarto livello


Nell’ambito del quarto livello, cioè quello della sussidiarietà orizzontale relativo al riparto di
funzioni e compiti tra gli Enti locali ed i cittadini singoli o associati, si apre un ampio spazio alla
sindacabilità del giudice amministrativo.
Come si è detto, il riparto di funzioni tra il Comune ed i privati ha un carattere elastico, in
quanto sia la legge costituzionale (art. 118 Cost.) che quella ordinaria (prima art. 2 della legge n.
265/1999 ed ora art. 3 d.lgs. n. 267/2000) individuano un criterio generale che lascia alla
discrezionalità degli enti la decisione in merito alla opportunità di esercitare direttamente o meno le
funzioni che potrebbero essere lasciate anche all’iniziativa privata economica e sociale.
E’ evidente che le decisioni comunali, qualsiasi forma assumano (cioè di norma statutaria o
regolamentare, deliberazione degli organi politici o amministrativi) rappresentano, pur sempre, atti
amministrativi e, per questo, impugnabili davanti alle giurisdizioni competenti dei giudici
amministrativi, al fine di verificare la sussistenza delle condizioni legittimanti dell’azione comunale
come indicata dalla norma. In altri termini, il giudice amministrativo deve verificare la sussistenza
delle condizioni legittimanti dell’azione comunale, in particolare: la maggiore adeguatezza
dell’intervento pubblico a conseguire gli obiettivi prefissati alla stregua dei criteri di economicità
dell’efficienza e dell’efficacia13.
Vero è, in siffatte valutazioni, entrano preponderanti fattori di discrezionalità
amministrativa. Tuttavia sembra probabile che la giurisdizione, come è accaduto su scala europea,
troverà strumenti di intervento nella procedimentalizzazione e nella necessaria motivazione (ai sensi
della legge n. 241/1990) degli atti sottoposti al suo giudizio.
Va ricordato che l’ambito delle funzioni amministrative ormai trasferite ai comuni, infatti, è
amplissimo. La stessa legge n. 265/1999 tende a rimodellare il rapporto fra le fonti legislative statali
e regionali e quelle locali, amministrative e regolamentari, ove dispone che la legge “enuncia
espressamente i principi che costituiscono limite inderogabile per l’autonomia normativa dei
Comuni e delle Province” (art. 1, comma 2, modificativo dell’art. 4 della legge n. 142/1990; ora,
art. 1 del d.lgs. n. 267/2000).

13
L. Vandelli, Coerenza tra i livelli di normazione e principio di sussidiarietà, in AA.VV., Sopranazionalità europea:
posizioni soggettive e normazione (Quaderni del Cons. Stato), Torino, 2000, p. 210 e ss.

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La legge, anche quella regionale, è così ricondotta nell’area delle prescrizioni di principio;
ne consegue l’apertura di spazi inediti ai regolamenti degli Enti locali e, quindi, alla cognizione del
giudice amministrativo, anche in merito al rispetto del principio di sussidiarietà, su materie che
prima le erano sottratte in quanto disciplinate direttamente dalla fonte legislativa.

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8 Bibliografia

• F. Caringella, Corso di diritto amministrativo, II ed., 2003, Milano, p. 913 e ss.;


• S. Cassese, L’aquila e le mosche. Principio di sussidiarietà e diritti amministrativi nell’area
europea, in Sussidiarietà e pubbliche amministrazioni, Atti del Convegno per il 40° della
Spisa, Bologna, 1995, p. 83 e ss.;
• M.P. Chiti, Principio di sussidiarietà, pubblica amministrazione e diritto amministrativo, in
Sussidiarietà e pubbliche amministrazioni, in Atti del Convegno per il 40° della Spisa,
Bologna, 1995, p. 97 e ss.;
• D’Atena, In tema di presidi procedimentali del principio di sussidiarietà, in AA.VV.,
Sopranazionalità europea:posizioni soggettive e normazione (Quaderni del Cons. Stato),
Torino, 2000, p. 174;
• R. Dickmann, Sussidiarietà e potere sostitutivo, in Foro amm. Cons. Stato, 2002, p. 849 e
ss.;
• T. Filignano, Il principio di sussidiarietà nelle esperienze statali, comunitarie e nella legge
n. 59/1997: elementi di continuità e novità, in Nuova Rassegna, 1997, n. 12, p. 1023 e ss.;
• F. Frattini, Relazione introduttiva, in Sussidiarietà e pubbliche amministrazioni, Atti del
Convegno per il 40° della Spisa, a cura di Roversi-Monaco, Bologna, 1997, p. 68 e ss.;
• R. Hofmann, Il principio di sussidiarietà. L’attuale significato nel diritto costituzionale
tedesco ed il possibile ruolo nell’ordinamento dell’Unione europea, in Riv. it. dir. pubbl.
comun., 1993, p. 28 e ss.;
• L. Vandelli, Coerenza tra i livelli di normazione e principio di sussidiarietà, in AA.VV.,
Sopranazionalità europea: posizioni soggettive e normazione (Quaderni del Cons. Stato),
Torino, 2000, p. 210 e ss.

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