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Imre Toth
Il nome di Gottlob Frege è spesso ricordato come quello del fondatore La filosofia della matematica di Frege
del logicismo – che segna una rottura di paradigma dopo l’incontrastato
dominio del modello aristotelico – e anche del grandfather della filosofia Una restaurazione filosofica,
analitica per i suoi studi sul linguaggio. Dell’impresa fondazionale di una controrivoluzione scientifica
Frege si tende spesso a constatare i limiti, ma di rado si è osato mettere
in dubbio il carattere “rivoluzionario” della sua filosofia della logica e
della matematica. Eppure, di fronte alle geometrie non euclidee, le radi- Quodlibet Studio
cali tendenze innovative del logico di Jena subirono un arresto: è quanto
sostiene il grande storico della matematica Imre Toth nel saggio che qui
si presenta come un contributo per molti versi “eccentrico” nella vasta
letteratura critica su Frege.
Per Toth, la geometria non euclidea non soltanto rappresentò uno scon-
volgimento senza precedenti nella storia della matematica, ma fu anche
una sorta di boccata d’aria per coloro che aspiravano a una verità senza
dogmi e a conseguire uno spazio di libertà anche all’interno delle scienze
esatte. A suo avviso la sostanziale incomprensione da parte di Frege del-
la geometria non euclidea costituisce il limite principale del suo sistema,
nell’ambito del quale non sarebbe possibile un’ontologia pluralista ma
avrebbe posto una concezione univoca ed assolutista della verità, con ri-
verbero sulle sue opinioni politiche e sociali. A differenza della maggior
parte degli studi critici più recenti, il saggio tothiano pone in evidenza
elementi di “arcaicità” ed errori presenti nelle opere del logico tedesco
e indica le difficoltà dello stesso paradigma logicista rispetto ad altre
forme di fondazionalismo matematico, da quelle formaliste di Hilbert a
quelle di Cantor, di Peano o di Dedekind.
Imre Toth (Satu Mare, Romania 1921 - Parigi 2010) proveniva dalla minoranza
ebreo-ungherese della Transilvania. Ha insegnato Filosofia e Storia della matematica
presso le università di Bucarest, Francoforte, Bochum e Regensburg e tenuto corsi pres-
so l’Institute for Advanced Study di Princeton, l’Istituto Italiano di Studi Filosofici di
Napoli e l’École Normale Supérieure di Parigi. Ha studiato soprattutto il rapporto tra
creazione matematica e pensiero filosofico antico e moderno, con particolare attenzione
alle geometrie non euclidee. Tra le sue opere tradotte in italiano: I paradossi di Zenone
nel Parmenide di Platone (1994), Aristotele e i fondamenti assiomatici della geometria
(1997), Essere ebreo dopo l’olocausto (2002), La filosofia e il suo luogo nello spazio
della spiritualità occidentale (2007).
isbn 978-88-7462-740-0
20,00 euro QS
Quodlibet Studio
Analisi filosofiche
Imre Toth
La filosofia della matematica di Frege
Una restaurazione filosofica,
una controrivoluzione scientifica
Quodlibet
Prima edizione: ottobre 2015
© 2015 Quodlibet
Via Santa Maria della Porta, 43 - 62100 Macerata
www.quodlibet.it
Stampa a cura di pde Promozione srl presso lo stabilimento di Legodigit srl - Lavis (tn)
isbn 978-88-7462-740-0
Analisi filosofiche
Collana diretta da Rosaria Egidi
Comitato scientifico
Robert Audi (University of Notre Dame), Giovanna Corsi (Università di Bologna), Mario
De Caro (Università Roma Tre), Massimo Dell’Utri (Università di Sassari), Herbert Hoch-
berg (University of Texas at Austin), Diego Marconi (Università di Torino), Brian McGuin-
ness (Università di Siena e Oxford), Georg Meggle (Universität Leipzig), Kevin Mulligan
(Université de Genève), Sandro Nannini (Università di Siena), Paolo Parrini (Università di
Firenze), Eva Picardi (Università di Bologna), Joachim Schulte (Universität Zürich), Paolo
Spinicci (Università di Milano), Erwin Tegtmeier (Universität Mainz).
Indice
7 Prefazione
di Teodosio Orlando
85 Appendice
99 Postfazione
Fondazione della geometria, semantica e verità. Imre Toth e
Gottlob Frege
di Teodosio Orlando
165 Bibliografia
183 Indice dei nomi
Prefazione
1 Éditions de l’éclat, Paris-Tel Aviv 2009, pp. 61-142. Il primo saggio intitolato La
philosophie et son lieu dans l’espace de la spiritualité occidentale (pp. 7-60) forma con
il secondo un ideale dittico all’insegna del binomio libertà e verità, dove per libertà si
intende quella del soggetto della speculazione filosofica e per verità quella garantita dalla
matematica nel suo senso più ampio. Di questo primo saggio esiste una traduzione italiana
a cura di Romano Romani (Toth 2007).
2 Una prima stesura parziale del testo francese era già apparsa per la prima volta
ebbi con lui, egli espresse più volte il desiderio che il suo saggio ve-
nisse tradotto in italiano, ma per altri versi auspicò anche un suo am-
pliamento, a cui ebbe poco tempo per lavorare, essendo impegnato
nella stesura di altri lavori su Platone e Aristotele che lo occuparono
fino alla morte, avvenuta nel maggio 2010.
Dopo la pubblicazione di Liberté et vérité nel 2009, Toth mi tra-
smise in formato elettronico del materiale inedito consistente essen-
zialmente in testi di variabile lunghezza da inserire, come integrazio-
ni e/o chiarimenti, in alcuni punti del suo saggio originario su Frege.
Tale materiale è qui incluso nell’Appendice apposta al termine della
traduzione italiana del saggio tothiano e pubblicato nell’originale
francese, con una mia versione in italiano. Nel saggio francese qui
tradotto il rimando ai testi contenuti nell’Appendice è indicato in
note a piè di pagina relative a ciascuno dei passi trasmessi.
Per utilità del lettore ho inserito in nota le citazioni per esteso, nel-
le lingue originali, dei passi di Frege e di altri filosofi menzionati nel
testo. Ho anche segnalato, ove necessario, le difformità rispetto alle
citazioni di testi fregeani fatte dall’Autore e talvolta «improvvisate».
Altri miei interventi sono limitati a correzioni di sviste e all’individua-
zione più precisa di alcuni passi, con riferimenti alle edizioni critiche.
In vari casi ho aggiunto delle note finalizzate a chiarire alcuni aspetti
tecnici di filosofia della matematica e seguite dalla dizione [N.d.T.].
La bibliografia, unificata al termine del volume, contiene, rispetto
all’originale francese, sia tutte le opere citate da Toth (con l’indica-
zione esatta dell’editore, della data di pubblicazione e delle pagine a
cui rimanda, seguita ovviamente dal riferimento alle eventuali tradu-
zioni italiane), sia le opere citate nella mia Postfazione, ivi compresi i
più importanti lavori di Toth in materia di filosofia della matematica,
sia altre opere pertinenti consultate.
1 «C’est ainsi qu’il vous faut penser, qu’il vous faut parler, si vous voulez que votre
pensée et votre parole soient chrétiennes. Mais quand, au-dedans comme au-dehors, votre
verbe suivra cette règle, il sera franc; c’est-à-dire que vous penserez, que vous parlerez en
Français» (Duhem 1915, p. 99).
la filosofia della matematica di frege 15
di alcuni inediti dedicati alla geometria e allo spazio. Si veda in particolare Husserl 19832,
pp. 317-347, in particolare p. 317: «Wir hätten dann einen endlich, in sich zurücklaufenden
Raum, und es ist fraglich, ob diese oder die euklidische Raumhypothese richtig ist. Jeden-
falls ist die eine wie andere Annahme logisch gleich zulässig». [«Avremmo allora uno spazio
finito, che ritorna in sé, ed è problematico se sia giusta questa ipotesi sullo spazio o quella
euclidea. In ogni caso l’una come l’altra supposizione sono parimenti ammissibili, da un
punto di vista logico».]. Cfr. anche Husserl 2004, dove l’ipotesi delle geometrie non-euclidee
viene paragonata alla finzione hobbesiana di uno stato di natura nel quale gli uomini sono
dominati esclusivamente da istinti egoistici: anche se fosse una mera ipotesi, sarebbe co-
munque metodologicamente utile per far progredire la scienza della politica; e sembra che
analogamente si possa dire per quanto riguarda il rapporto tra le geometrie non euclidee e il
progresso della matematica. Osserva infatti Husserl: «Um nun die Bedeutung der verschie-
denen Axiome für den ganzen Typus der euklidischen Geometrie herauszustellen, macht der
Geometer hypothetische Ansätze der Art: Wie würde diese Geometrie aussehen, wie würde
sich ihr Satzsystem ändern, wenn z.B. das Parallelenaxiom und so überhaupt dies oder jenes
Axiom nicht gelten würde, wenn stattdessen ein abgewandeltes Axiom eingeführt würde?
Welche Satzsysteme, welche zusammenhängenden Theorien blieben bestehen, welche wür-
den sich und wie würden sie sich ändern?» [«Ora, per evidenziare il significato dei diversi as-
siomi dell’intero modello della geometria euclidea, il geometra elabora abbozzi ipotetici del
tipo: come apparirebbe questa geometria, come muterebbe il suo sistema proposizionale, se,
per esempio, non valessero l’assioma delle parallele o in generale questo o quell’assioma, se
al loro posto fosse introdotto un assioma modificato? Quale sistema proposizionale e quali
teorie connesse rimarrebbero validi, quali muterebbero e in che misura?»] (Husserl 2004, p.
56; trad. it. pp. 55-56) [N.d.T.].
16 la filosofia della matematica di frege
3 È vero che – dopo lunghe e tempestose discussioni pubbliche (tra l’altro Friedrich
Engels aveva anche lui protestato contro ciò che giudicava essere una violazione flagrante
della libertà di parola) – il Senato dell’Università di Berlino gli ritirò la venia legendi, ma
Dühring rimase uno dei grandi maîtres à penser della Germania del suo tempo [N.d.T.].
4 Dühring 1875, p. 68. Cfr. anche Dühring 1884, vol. I, pp. 501-503.
5 Cfr. Renouvier 1904 [Nel testo francese Toth attribuisce, per una svista, a Renouvier
il Catechismo del rivoluzionario, che venne invece redatto da Sergej Gennadievič Nečaev e
Michail Bakunin, e pubblicato nel 1868. N.d.T.].
la filosofia della matematica di frege 17
6 «The straight lines of one space cannot be put into the other […]. Again, to proceed
to a more philosophical argument, two different spaces cannot co-exist in the same world:
we may be unable to decide between the alternatives of the disjunction, but they remain,
none the less, absolutely incompatible alternatives» (Russell 1897, p. 85; trad. it. pp. 97-
98 [modificata]).
7 Goethe 1984, pp. 102-103, verso 1338 (Erster Teil, Studierzimmer).
18 la filosofia della matematica di frege
8 Russell 1954, pp. 31-34; trad. it. pp. 43-47. Riportiamo qui di seguito il testo inglese
originale, da Toth parzialmente citato e parzialmente parafrasato: «At the very centre
of the infernal kingdom is Satan, to whose presence only the more distinguished among
the damned are admitted. The improbabilities become greater and greater as Satan is ap-
proached, and He Himself is the most complete improbability imaginable. He is pure
Nothing, total non-existence, and yet continually changing. I, because of my philosophical
eminence, was early given audience with the Prince of Darkness. I had read of Satan as
der Geist der stets verneint, the Spirit of Negation. But on entering the Presence I realized
with a shock that Satan has a negative body as well as a negative mind. […] Every negation
emanates from Him and returns with a harvest of captured frustrations. […] He is sur-
rounded by a chorus of sycophantic philosophers who have substituted pandiabolism for
pantheism. […] The great truth is that the word “not” is superfluous. Henceforth I will not
use the word “not”. […] His shining armour was real and inspired terror, but underneath
the armour there was only a bad linguistic habit. Avoid the word “not”, and His empire is
at an end. […] But at the last, when I denounced Him as a bad linguistic habit, there was a
vast explosion, the air rushed in from all sides, and the horrid shape vanished».
9 «Not only are its statements, both of the problem and of the proposed methods of
solution, crude and confused, but they bear the impress throughout of Riemann’s very
imperfect acquaintance with the nature of logical processes and even with the import of
logical terms» (Stallo 1960, p. 259). La traduzione nel testo è un adattamento riassuntivo
di queste espressioni [N.d.T.].
la filosofia della matematica di frege 19
di lunghissima durata (dal 1860 fino agli anni ’30 del Novecento), è,
ovviamente, la sua competenza professionale straordinaria, in quanto
egli fu il fondatore rivoluzionario della logica moderna e l’iniziatore
delle ricerche autonome sui fondamenti della matematica. Fu anche
uno di coloro che contribuirono in modo decisivo all’eliminazione
dello psicologismo dall’epistemologia matematica. Last but not least,
in quanto antenato fondatore della grande corrente di pensiero del-
la razionalità scientifica, egli è implicitamente la figura emblematica
della filosofia analitica.
Considerato il più grande logico dopo Aristotele, fu anche il suo
genio logico a permettergli di svelare la struttura nascosta dei ragio-
namenti che hanno condotto i matematici contemporanei alle nuove
concezioni riguardanti, ad esempio, i numeri irrazionali e i fondamenti
assiomatici della geometria. Parimenti, Frege riuscì anche a mettere
in piena luce l’incompatibilità di quest’avanzamento del pensiero ma-
tematico con i princìpi della logica classica che poi erano i suoi stessi
princìpi. Ma furono soprattutto i suoi princìpi etici, il suo tradiziona-
lismo intransigente («Con le delucidazioni concernenti l’impiego dei
vocaboli “assioma” e “definizione”, io penso di restare nella scia della
rispettabile tradizione maturata con il tempo [im Gleise des Alther-
gebrachten], e di disporre del diritto di esigere di non instaurare la
confusione introducendo un uso completamente nuovo»10), nonché la
sua fedeltà incrollabile ai princìpi metafisici dei tempi passati che lo
determinarono ad opporsi fermamente a ciò che designava sarcasti-
camente con la formula «la matematica moderna», la quale, secondo
le sue previsioni, avrebbe contaminato la scienza con quella malattia
fatale che egli chiamò morbus mathematicorum recens.
Nella sua filosofia e nel suo atteggiamento nei confronti della co-
noscenza matematica, rimase irriducibilmente fedele alla tradizione,
in opposizione ostinata a qualsiasi nuova idea che riguardasse i fon-
damenti della matematica. L’eccezione è costituita dalle sue ricerche
nel campo della logica: la sua Begriffsschrift (Ideografia), apparsa nel
1879, fu un’innovazione rivoluzionaria irreversibile che non mancò
di conquistare il mondo.
10 «Ich glaube mit meinen Ausführungen über den Gebrauch der Wörter “Axiom” und
“Definition” mich im Gleise des Althergebrachten zu bewegen und mit Recht verlangen
zu können, daß man nicht durch einen ganz neuen Gebrauch Verwirrung stifte» (Frege
1906a, p. 295; rist. in Frege 19902, p. 283).
la filosofia della matematica di frege 21
11 «Denn das allgemein Übliche hat eine rechtfertigende Kraft, wie ja die Mode der
hässlichsten Tracht den Stempel der Schönheit aufzudrücken vermag». [«La consuetudine
comune, infatti, ha una forza legittimante, proprio come pure la moda dei più sgradevoli
addobbi può esprimere il canone della bellezza».] (Frege 1903a, p. 71; trad. it. 1965, p.
504 [modificata]).
12 Cfr. Frege 1914; poi in Frege 19832, p. 241; trad. it. p. 359.
13 «Sind wir denn noch immer nicht aus dieser gräßlichen modernen Zeit heraus?»
14 «Aber erweitern wir doch unser Zahlsystem, schaffen wir doch Zahlen, die den An-
forderungen genügen! Warten wir ab, ob uns jemand einen Widerspruch nachweist! Wer
kann wissen, was bei diesen neuen Zahlen möglich ist?» (Frege 1884, p. 98; trad. it. p. 336
[modificata in base al testo dello stesso Toth]).
24 la filosofia della matematica di frege
15 «Nein! auch der Mathematiker kann nicht beliebig etwas schaffen, so wenig wie der
Geograph; auch er kann nur entdecken, was da ist, und es benennen» (Frege 1884, p. 98;
trad. it. pp. 336-337).
16 «Socrate: Dunque, Ippia, a quale dei due casi ti pare che appartenga il bello? A
quello che dicevi tu, cioè se io sono forte, e lo sei anche tu, lo siamo anche entrambi, e
se tu ed io siamo giusti, lo siamo anche entrambi, e se entrambi, lo è anche ciascuno sin-
golarmente; così, se tu ed io siamo belli, lo siamo anche entrambi, e, se entrambi, anche
ciascuno singolarmente? O nulla impedisce che sia come per i numeri, nei quali, essendo
due numeri insieme pari, ciascuno dei due può essere sia dispari sia pari; e d’altra parte, es-
sendo ciascuno dei due irrazionale, gli insiemi possono essere sia razionali, sia irrazionali;
così innumerevoli altri casi simili che mi apparivano, come dicevo? In quale dei due gruppi
poni il bello? O anche tu la pensi come me su questo punto? Infatti a me sembra molto
irragionevole che entrambi insieme siamo belli e presi singolarmente non lo siamo, o che
lo siamo presi singolarmente e insieme no e qualsiasi altro esempio simile. La pensi come
me o in qual modo?» (Platone, Ippia maggiore, in Platone 1970, vol. I, pp. 277-278 [trad.
modificata]. Cfr. anche Platone 2000, p. 993) [N.d.T.].
la filosofia della matematica di frege 25
17 Frege 1884, p. 104; trad. it. p. 344; cfr. anche Frege 1903a, pp. 161-162; trad. it.
diese Gegenstände nicht subjective Hirngespinnste. Es giebt nichts Objectiveres als die
arithmetischen Gesetze». [«Eppure, malgrado questo loro carattere razionale, anzi proprio
a causa di esso, gli oggetti dell’aritmetica non sono chimere soggettive. Proprio al contra-
rio: non vi è nulla di più oggettivo che le leggi dell’aritmetica».] (Frege 1884, p. 105; trad.
it. p. 344 [modificata]).
19 Frege 1884, pp. 96-97; trad. it. pp. 333-334; Frege 1914; poi in Frege 19832, p.
223; trad. it. p. 338: «Aber auch hierbei kommt es nicht auf die subjektive, psychologi-
sche Möglichkeit an, sondern auf die objektive. Von unserem Tun kann doch eigentlich
die Wahrheit eines Theorems nicht abhängig sein, die ganz unabhängig von uns besteht».
[«Anche qui, tuttavia, non si tratta di una possibilità soggettiva o psicologica, ma di una
26 la filosofia della matematica di frege
cita come «un certo Henrich e un certo Konrad». «Il numero non è
un’entità psicologica ma qualcosa di oggettivo» (Frege 1884, pp. 7-8
e 96-97; trad. it. pp. 216-217 e 333-334).
«Pertanto, alla parola “enunciato derivato” preferisco il termine
“teorema” e al termine “enunciato primitivo” il termine “assioma”;
per assiomi e teoremi intendo pensieri veri. Si deve aggiungere che il
pensiero non è qualcosa di soggettivo e neppure il prodotto di un’at-
tività psichica. Infatti, il pensiero espresso dal teorema di Pitagora è
lo stesso per tutti e la sua verità è completamente indipendente dal
fatto se sia pensata o no da questa o quella persona. Si deve conside-
rare il pensare non come produttore, generatore del pensiero (nicht
als Hervorbringen des Gedankens), ma piuttosto come la facoltà che
lo afferra (sondern als dessen Erfassen)»20. Ciò che si chiamava e
si chiama tuttora in filosofia «soggetto trascendentale» fu del tutto
sconosciuto a Frege, che piuttosto lo identificava senza esitazione con
il soggetto psicologico individuale. Come al Dottor Faust di Goethe
di fronte al pentagramma mistico, così a lui faceva male la semplice
vista di una parola come «trascendente» o «trascendentale» (Frege
1893, pp. XXII-XXIII; trad. it. 1995, pp. 21-22). Di conseguenza,
qualsiasi tentativo per fondare la conoscenza matematica sul sogget-
to trascendentale21 è qualificato da Frege in senso peggiorativo come
psicologismo, solipsismo e anche idealismo (Frege 1893, pp. XVIII-
XIX; trad. it. 1965, pp. 489-491; trad. it. 1995, pp. 16-17).
Frege ricorda nel II volume dei Grundgesetze der Arithmetik che
egli stesso non ha introdotto alcuna idea nuova22. In effetti, le sue
possibilità obiettiva. La verità di un teorema non può certo dipendere da quel che noi fac-
ciamo; essa sussiste del tutto indipendentemente da noi».].
20 «Ich sage darum nicht „Lehrsatz“, sondern „Theorem“, nicht „Grundsatz“, son-
dern „Axiom“ und verstehe unter Theoremen und Axiomen wahre Gedanken. Hiermit ist
aber auch gesagt, dass der Gedanke nichts Subjektives, kein Erzeugnis unserer seelischen
Tätigkeit ist; denn der Gedanke, den wir im Pythagoräischen Theorem haben, ist für alle
derselbe, und seine Wahrheit ist ganz unabhängig davon, ob er von diesem oder jenem
Menschen gedacht wird oder nicht. Das Denken ist nicht als Hervorbringen des Gedan-
kens, sondern als dessen Erfassen anzusehen» (Frege 1914; poi in Frege 19832, p. 223;
trad. it. [modificata] p. 337). Cfr. anche Appendice, Testo n. 1.
21 La polemica antipsicologistica e antitrascendentalista è diretta in particolare contro
il filosofo neokantiano Benno Erdmann, uno dei primi sostenitori della geometria non
euclidea [N.d.T.].
22 «So thun wir also mit dieser Umsetzung eigentlich nichts Neues; aber wir thun es
mit vollem Bewusstsein und mit Berufung auf ein logisches Grundgesetz. Und was wir so
la filosofia della matematica di frege 27
thun, ist von dem regellosen willkürlichen Zahlenschaffen vieler Mathematiker ganz ver-
schieden» (Frege 1903a, p. 148).
23 «Ich kann darum nicht stark genug betonen, dass ich nur die Axiome im alten eu-
klidischen Sinne meine, wenn ich eine geometrische Erkenntnisquelle in ihnen anerkenne»
(Frege 1924-25a; poi in Frege 19832, p. 293; trad. it. p. 421).
24 «Das Ideal einer streng wissenschaftlichen Methode der Mathematik, das ich hier zu
verwirklichen gestrebt habe, und das wohl nach Euklid benannt werden könnte, möchte
ich so schildern» (Frege 1893, p. VI; trad. it. 1965, p. 480, [modificata]).
28 la filosofia della matematica di frege
25 Più precisamente, in una lettera a Hilbert Frege afferma che «la scienza giungerebbe
a un punto di stallo». [«So würde die Wissenschaft zum Stillstande gebracht».] (Frege
1976b, p. 59; trad. it. p. 44).
26 «So verstrickt man sich in eine Wildnis von Widersprüchen» (Frege 1906b, p. 396;
rist. in Frege 19902, p. 311; cfr. anche Frege 1897; poi in 19832, p. 242; trad. it. pp. 359-
360.
27 Lavoro pubblicato nella Enzyklopädie der mathematischen Wissenschaften di Felix
Klein; il resoconto corrisponde a Frege 1899; rist. in Frege 19902, pp. 240-261.
28 «Denn die Zahl ist so wenig ein Gegenstand der Psychologie oder ein Ergebniss
psychischer Vorgänge, wie es etwa die Nordsee ist. […] Der Botaniker will etwas ebenso
Thatsächliches sagen, wenn er die Anzahl der Blumenblätter einer Blume, wie wenn er ihre
Farbe angiebt. Das eine hängt so wenig wie das andere von unserer Willkühr ab» (Frege
1884, pp. 39-40; trad. it. pp. 255-256).
la filosofia della matematica di frege 29
29 «Wie der Geograph kein Meer schafft, wenn er Grenzlinien zieht und sagt: den von
diesen Linien begrenzten Theil der Wasserfläche will ich Gelbes Meer nennen, so kann
auch der Mathematiker durch sein Definiren nichts eigentlich schaffen. Man kann auch
nicht einem Dinge durch blosse Definition eine Eigenschaft anzaubern, die es nun einmal
nicht hat, es sei denn die eine, nun so zu heissen, wie man es etwa benannt hat» (Frege
1893, p. XIII; trad. it. 1965, p. 484; trad. it. 1995, pp. 11-12 [modificata]).
30 «Gedanken – z. B. Naturgesetze – bedürfen nicht nur unserer Anerkennung nicht,
um wahr zu sein, sie brauchen dazu nicht einmal von uns gedacht zu werden. Ein Naturge-
setz wird nicht von uns ersonnen, sondern entdeckt. Und wie eine wüste Insel im Eismeer
längst da war, ehe sie von Menschen gesehen wurde, so gelten auch die Gesetze der Natur
und ebenso die mathematischen von jeher und nicht erst seit ihrer Entdeckung» (Frege
1897; poi in Frege 19832, p. 144; trad. it. p. 240. Cfr. anche Frege 1976b, pp. 121, 127-
128; trad. it. pp. 99, 105-107).
30 la filosofia della matematica di frege
31 «Das von unserem Seelenleben Unabhängige, das Objektive braucht durchaus nicht
räumlich, stofflich, wirklich zu sein. Wenn man das nicht beachten wollte, würde man
leicht in eine Art von Mythologie verfallen» (Frege 1897; poi in Frege 19832, p. 149; trad.
it. p. 245. Cfr. anche Frege 1971, p. 52).
32 «Die Dichtkunst hat es, wie z. B. auch die Malerei, auf den Schein abgesehen. Die
Behauptungen sind in der Dichtung nicht ernst zu nehmen: es sind nur Scheinbehauptun-
gen» (Frege 1897; poi in Frege 19832, p. 142; trad. it. p. 237).
33 «Statt „Dichtung“ könnten wir auch „Scheingedanke“ sagen» (ivi, p. 141; trad. it.
p. 236).
la filosofia della matematica di frege 31
34 «Wenn ein Satz nur einen Sinn, aber keine Bedeutung hat, so gehört er der Dichtung,
nicht aber der Wissenschaft an» (Frege 1914; poi in Frege 19832, p. 262; trad. it. p. 383).
35 «Wenn jemand dem widersprechen wollte, dass das Wahre unabhängig von unserer
Anerkennung wahr ist, so würde er eben durch seine Behauptung dem, was er behauptete,
widersprechen, in ähnlicher Weise, wie ein Kreter, der sagte, dass alle Kreter lögen» (Frege
1897; poi in Frege 19832, p. 144; trad. it. p. 239).
36 Ibidem.
37 «Ferner ergibt sich dabei der wesentliche Unterschied, dass das Wahre unabhängig
von unserer Anerkennung wahr ist, dass aber das Schöne nur für den schön ist, der es als
solches empfindet» (ivi, p. 143; trad. it. p. 238).
38 «Wie soll man einen Neger im Innern Afrikas davon abbringen, dass die schmalen
Nasen der Europäer hässlich, die breiten der Neger hingegen schön seien?» (ivi, p. 143;
trad. it. p. 239).
32 la filosofia della matematica di frege
39 Sono esempi che si trovano in tutti gli scritti di Frege, e aumentano sempre di più
con il passare degli anni. Per un elenco sommario, cfr. la nota 43. [N.d.T.].
40 Cfr. Frege 1914; poi in Frege 19832, p. 230; trad. it. p. 346 [in realtà qui parla di un
ignoto capo tribù dell’interno dell’Africa, N.d.T.]; Frege 1971, pp. 12, 16, 44; Frege 19832,
p. 68; trad. it. p. 147; pp. 70-71; trad. it. p. 150; p. 143; trad. it. p. 239.
41 «Die beigesetzten indischen Götternamen sollen die Art der zauberischen Wirkun-
gen andeuten, die man dabei voraussetzt» (Frege 1890-1892; poi in Frege 19832, p. 78;
trad. it. p. 158).
42 «Im Besitze dieser Zauberkräfte ist man von der Allmacht nicht mehr weit entfernt»
(ibidem).
la filosofia della matematica di frege 33
43 Cfr. Frege 1884, pp. 60-62; trad. it. pp. 281-285; Frege 1903a, pp. 104, 109; Frege
1892, pp. 47-48; rist. in Frege 19902, p. 160; trad. it. pp. 53-54; Frege 19832, pp. 67; 77;
143; trad. it. pp. 145-146, 158, 239.
34 la filosofia della matematica di frege
p. 130; trad. it. p. 224; cfr. anche Frege 1971, p. 28) –, che è una logica
ispirata alla tassonomia zoologica, è completamente inapplicabile alla
matematica: essa è infatti del tutto incompatibile con il dominio d’es-
sere della conoscenza matematica. Il seguente esempio potrà chiarire
meglio la questione: «mammifero» è un concetto astratto, perché non
esiste alcun oggetto nella realtà effettiva che sia mammifero in sé e
nient’altro. Ma l’estensione del concetto di «mammifero», ossia l’in-
sieme di tutti i mammiferi, contiene dei sottoinsiemi complementari,
ad esempio la classe dei leoni e quella dei cervi. I due sottoinsiemi sono
parti proprie dell’insieme di tutti i mammiferi.
Ovviamente, è assolutamente impossibile che la totalità dei leoni
sia coestensiva con la totalità dei mammiferi e che, allo stesso tempo,
la totalità dei cervi sia anch’essa coestensiva con la totalità dei mam-
miferi. Se un mammifero è un leone, non ne consegue affatto che tutti
i mammiferi siano leoni.
Per illustrare la relazione logica tra il «tutto» e la «parte», tra giu-
dizio universale e giudizio particolare, nel suo famoso Dialogo con
Pünjer sull’esistenza, Frege esamina la relazione tra la classe partico-
lare dei «negri» e l’estensione universale del concetto di «uomo». «Se
siamo d’accordo su questo punto, possiamo convertire un giudizio
particolare affermativo come “Alcuni uomini sono negri” in “Alcuni
negri sono uomini”. L’impressione di assurdità che nasce in un primo
tempo è dovuta al fatto che involontariamente si aggiunge mental-
mente: “Ma alcuni negri non sono uomini”. Questo pensiero acces-
sorio viene escluso dalla nostra precisazione “forse anche tutti”»44.
In modo piuttosto curioso, il giudizio particolare «alcuni cervi sono
mammiferi» non causa alcuna sensazione di repulsione poiché, anche
ai tempi di Frege, a nessuno veniva in mente – anche involontaria-
mente – di obiettare: «ma alcuni cervi non sono mammiferi».
Le cose stanno diversamente nella metagalassia degli universi e dei
concetti matematici. Aristotele cita più di quaranta volte il teorema che
riguarda l’uguaglianza della somma degli angoli del triangolo con due
44 «Wenn hierüber Einverständnis herrscht, so kann man ein partikulär bejahendes Ur-
teil, wie „Einige Menschen sind Neger“ umkehren in „Einige Neger sind Menschen“. Das
Widerstrebende, das hierin zunächst liegt, hat darin seinen Grund, dass man unwillkürlich
hinzudenkt: „aber einige Neger sind nicht Menschen“. Dieser Nebengedanke wird durch
unseren Zusatz „vielleicht auch alle“ ausgeschlossen» (Frege 1884b; poi in Frege 19832, p.
68; trad. it. p. 147. Cfr. anche Frege 1971, p. 12).
la filosofia della matematica di frege 35
euclideo E, sia dell’assioma non euclideo non-E. Queste proposizioni, articolabili entrambe
nello stesso linguaggio geometrico, sono indecise e indecidibili; dunque la geometria as-
soluta in sé stessa è indecisa e aperta in quanto concerne la verità oppure la falsità delle
proposizioni E e non-E [N.d.T., sulla base di una comunicazione orale dello stesso Imre
Toth].
la filosofia della matematica di frege 37
48 «Danach wird sich die euklidische Geometrie als ein besonderer Fall eines umfassen-
deren Lehrgebäudes darstellen, neben dem es vielleicht noch unzählige andere besondere
Fälle geben kann, unzählige Geometrien, wenn man dies Wort noch zulassen wird» (Frege
1903b, p. 374; rist. in Frege 19902, p. 272). Cfr. anche Appendice, Testo n. 4.
38 la filosofia della matematica di frege
1884, p. 64, § 53; trad. it. p. 288). Cfr. Toth 1984, pp. 101-107.
la filosofia della matematica di frege 39
sottoposto a una tortura di grado leggero, a fornirci la più evidente prova possibile»] (So-
fista, 237B; Platone 2000, p. 282).
52 «Zu dem Gedanken, das Unendlichgroße nicht bloß in der Form des unbegrenzt
Wachsenden und in der hiermit eng zusammenhängenden Form der im siebzehnten Jahr-
hundert zuerst eingeführten konvergenten unendlichen Reihen zu betrachten, sondern es
auch in der bestimmten Form des Vollendet-unendlichen mathematisch durch Zahlen zu
fixieren, bin ich fast wider meinen Willen, weil im Gegensatz zu mir wertgewordenen
Traditionen, durch den Verlauf vierjähriger wissenschaftlicher Bemühungen und Versuche
logisch gezwungen worden, und ich glaube daher auch nicht, daß Gründe sich dagegen
werden geltend machen lassen, denen ich nicht zu begegnen wüßte» (Cantor 1962, p. 175;
trad. it. p. 89).
la filosofia della matematica di frege 41
ἐκ τῶν μετὰ τοῦ πέρατος ἀπειργασμένων μέτρων. [«Una generazione verso l’essere dipen-
dente dalle misure che si producono come conseguenza del limite».] (Filebo 26D; Platone
2000, p. 441; cfr. anche Politico 284B; Platone 2000, p. 343).
42 la filosofia della matematica di frege
56 Cfr. Platone 2000, pp. 438 e 440. Il passo di Cantor è il seguente: «Per molteplicità o
insieme intendo infatti, in generale, ogni Molti che si possa pensare come Uno, ovvero ogni
classe composta di elementi determinati che possa essere unita in un tutto da una legge, e
credo di definire in questo modo qualcosa di affine all’ εἶδος o ἰδέα di Platone, nonché a
ciò che lo stesso Platone, nel Filebo o del sommo bene, chiama μικτόν. Egli contrappone
questo μικτόν sia all’ἄπειρον, cioè all’illimitato e indeterminato, che io chiamo infinito
improprio, sia al πέρας o limite, e lo descrive come una “ordinata mescolanza” dei due»
[«Unter einer „Mannigfaltigkeit“ oder „Menge“ verstehe ich nämlich allgemein jedes Vie-
le, welches sich als Eines denken lässt, d.h. jeden Inbegriff bestimmter Elemente, welcher
durch ein Gesetz zu einem Ganzen verbunden werden kann, und ich glaube hiermit etwas
zu definieren, was verwandt ist mit dem Platonischen εἶδος oder ἰδέα, wie auch mit dem,
was Platon in seinem Dialog “Philebos oder das höchste Gut” μικτόν nennt. Er setzt dieses
dem ἄπειρον, d. h. dem Unbegrenzten, Unbestimmten, welches ich Uneigentlich-unendli-
ches nenne, sowie dem πέρας d. h. der Grenze entgegen und erklärt es als ein geordnetes
„Gemisch“ der beiden letzteren».] (Cantor 1962, p. 204; trad. it. p. 127 [modificata]).
la filosofia della matematica di frege 43
una cosa seria (σπουδῇ, Sofista 237B; Platone 2000, p. 282). Qualsi-
asi passaggio dal non essere all’essere – ricorda Diotima nel Simposio
– è creazione (ποίησις)57. «Si tratta del vecchio enigma platonico del
non essere. Il non essere deve, in un certo senso, essere, altrimenti
che cosa sarebbe ciò che non c’è? Questa intricata dottrina potrebbe
essere soprannominata “la barba di Platone”; nel corso della storia si
è dimostrata resistente, ed è riuscita spesso a smussare il filo del raso-
io di Occam», come esclamava il grande filosofo americano Willard
van Orman Quine, nel suo famoso From a Logical Point of View58.
Il passaggio dal non-essere all’essere – ovvero questa rottura ontolo-
gica reiterata, fenomeno veicolato dall’operazione di negazione e dalla
frattura ontologica che rappresentano i passaggi dal non-essere all’es-
sere, nel senso del Sofista di Platone – definisce la struttura intima del
cammino del pensiero matematico a partire dalla creazione di entità
irrazionali, attraverso la creazione dei nuovi universi aritmetici dei nu-
meri negativi, dei numeri immaginari, della metagalassia dei mondi non
euclidei, degli insiemi non cantoriani e così via.
Il capitolo 17 dell’Opus novum de proportionibus (Basilea, 1570)
di Girolamo Cardano, porta il titolo: Quot modis numerus possit
produci ex non numero [In quanti modi il numero può essere prodot-
to dal non numero]. Si tratta ovviamente di un non-essere aritmetico,
che è un non numero e che dal suo stato ontico di non-essere aritme-
tico passa allo stato ontico positivo dell’essere: come tale, sarà desi-
gnato dal termine tecnico di «numero immaginario» o «complesso».
E la produzione di un numero, di un essere aritmetico, a partire da un
non-numero, da un non-essere aritmetico, è precisamente l’effettuare
l’atto di creazione di cui parlava Diotima.
La genealogia del pensiero matematico è costituita da una lunga
catena di discontinuità, caratterizzata da quella proprietà ecceziona-
le che Hegel59 designava con il termine Diremption (o Diremtion),
mutuato dal latino diremptio, e che indica un procedimento con cui
57 ἡ γάρ τοι ἐκ τοῦ μὴ ὄντος εἰς τὸ ὂν ἰόντι ὁτῳοῦν αἰτία πᾶσά ἐστι ποίησις (205B;
Platone 2000, p. 513: «Infatti, ogni causa per cui ogni cosa passa dal non essere all’essere
è sempre una creazione»).
58 «This is the old Platonic riddle of non-being. Non-being must in some sense be,
otherwise, what is it that there is not? This tangled doctrine might be nicknamed Plato’s
beard; historically it has proved tough, frequently dulling the edge of Occam’s razor»
(Quine 1963, p. 2; trad. it. p. 14).
59 Si veda a questo proposito Toth 1987 [N.d.T.].
44 la filosofia della matematica di frege
60 Cfr. ad esempio il seguente passo hegeliano: «In den zwei betrachteten Verhältnis-
sen geht der Prozeß der Selbstvermittlung der Gattung mit sich durch ihre Diremtion in
Individuen und das Aufheben ihres Unterschiedes vor». [«Nelle due relazioni considerate,
il processo dell’automediazione del genere con sé stesso ha luogo mediante la scissione di
esso in individui e la soppressione della loro distinzione».] (Hegel 1830, § 371, p. 306;
trad. it. p. 364) [N.d.T.].
la filosofia della matematica di frege 45
61 «[W]ir sehen hier eine dialektische Begriffserzeugung, welche immer weiter führt
und dabei frei von jeglicher Willkür in sich notwendig und konsequent bleibt». [«Siamo
in presenza, come si vede, di una produzione di concetti dialettica che prosegue illimita-
tamente e tuttavia è immune da qualsiasi arbitrio e in sé necessaria e consequenziale».]
(Cantor 1962, p. 148; trad. it. p. 56).
46 la filosofia della matematica di frege
63 «Was man nicht recht beweisen kann,/das sieht man als Erklärung an» (Frege
1903b, p. 321; rist. in Frege 19902, p. 264; Frege 1976b, p. 62; trad. it. p. 46: «Si consideri
come definizione ciò di cui non si possiede un’esatta dimostrazione»).
64 Per altri esercizi di stile simili si veda Frege 1906b, p. 588; rist. in Frege 19902, p.
326: «Wohltut des Abstrahierens Macht,/ Wenn es der Mensch bezähmt, bewacht;/ Doch
furchtbar wird die Himmelskraft,/ Wenn sie der Fessel sich entrafft».
65 «Wenn man nicht weiss, ob es eine Zahl gebe, deren Quadrat –1 ist, nun so schafft
der Logik» (Frege 1914; poi in Frege 19832, p. 261; trad. it. p. 381; cfr. anche Frege 1884,
p. 8; trad. it. pp. 217-218).
la filosofia della matematica di frege 49
cerchio diventa iperciclo e si trasforma poi in una retta. Tre punti del piano assoluto, eu-
clideo e non euclideo, determinano un ciclo, ma nella geometria non euclidea il ciclo può
essere chiuso o aperto (invece in quella euclidea è sempre chiuso: dunque è un cerchio).
Nel caso della geometria non euclidea, se si gonfia un cerchio la periferia si allontana; in
un attimo arriva all’orizzonte. Questo cerchio infinito è simile alla parabola: una ellisse
è gonfiata all’infinito e diventa una parabola. Ha due fuochi e quando arriva all’infinito
uno dei due fuochi sparisce. Ci sono in astronomia comete che hanno una traiettoria pa-
rabolica. Nella geometria euclidea il cerchio all’infinito diventa una retta. Nella geometria
ellittica non si può parlare di cerchio infinito bensì di cerchio massimale che si identifica
la filosofia della matematica di frege 51
con il quadrato massimale. Si veda anche l’Etica Eudemia di Aristotele (1222b 36), dove
viene menzionato l’esempio del quadrato con otto angoli retti, che infatti è un’unica retta
chiusa in sé.
Nel piano euclideo tre punti A, B, C definiscono univocamente un cerchio, una circonfe-
renza chiusa in sé. Se il raggio cresce e raggiunge l’infinito, la circonferenza diviene una retta
nel piano assoluto – così esso non sarà né euclideo né non-euclideo. I tre punti definiscono
anche univocamente una linea che si chiama ciclo, ma questo ciclo non è né una linea curva
né una retta, perche è indeciso ed indeterminato, come nel caso della geometria assoluta.
Ciò nonostante la sua esistenza è certa e definita per i tre punti A, B, C. Se si decide che E
sia vero, allora il ciclo assoluto diviene determinato come cerchio euclideo; se si decide che
non-E sia vero, allora i tre punti cociclici giacciono su una periferia ciclica chiusa in sé, i.
e. un cerchio non-euclideo; ma se il raggio di questo cerchio non-E diviene infinito, la linea
ciclica non si trasforma in una retta, ma rimane curva e si chiama paraciclo (denomina-
zione proveniente da Gauss; Bolyai lo chiama linea-L), o anche cerchio con raggio infinito
diverso da una retta – cerchio punteggiato da un punto unico all’infinito. Ma gli stessi tre
punti possono giacere anche su una periferia ciclica, dunque curva, che si chiama iperciclo
(termine di Gauss, mentre Bolyai lo chiama linea equidistante, perché – benché non sia retta
– possiede la notevole proprietà della retta euclidea di essere equidistante da una retta op-
pure da una diversa curva equidistante): l’iperciclo assomiglia a una linea iperbolica avente
due punti diversi all’infinito; infatti è omeomorfo con un segmento retto aperto a entrambi
i suoi estremi. Sul disco aperto di Poincaré, i.e. sul modello assoluto della geometria non
euclidea, tutte queste linee – retta, ciclo chiuso (cerchio), ciclo aperto (paraciclo aperto a
un unico punto, iperciclo, con due punti all’infinito) – sono rappresentate da un arco di
cerchio: la retta è rappresentata da un semiciclo ortogonale sulla periferia assente del disco,
e rappresenta la linea dell’orizzonte infinitamente lontano del piano non euclideo (iperboli-
co); il paraciclo è rappresentato da un cerchio all’interno del disco che tocca la sua periferia
assente in un punto – infatti si tratta di un buco riempito dalle tenebre del non essere (τὴν
τοῦ μὴ ὄντος σκοτεινοτήτα, Platone, Sofista, 254A). Il paraciclo è rappresentato da un arco
di cerchio incidente con il semicerchio ortogonale nei due punti – vuoti dell’essere – dove
questo semicerchio interseca la periferia del disco; ovviamente, come questo semicerchio, la
retta non-euclidea dispone di due punti differenti all’infinito; il ciclo chiuso, i. e. il cerchio,
è rappresentato da un cerchio quasi normale all’interno del disco; quasi normale, è da in-
tendere nel senso che il suo centro non coincide con il centro geometrico assoluto: infatti,
è tanto più vicino al perimetro del cerchio, quanto questo s’avvicina alla periferia del disco
[N.d.T., basata su una lunga comunicazione orale dello stesso Imre Toth].
68 Un’allieva di Alfred Tarski che si occupò insieme al maestro di modelli metamate-
69 «Stürzt nicht alles in Verwirrung, wenn man einen von diesen leugnen wollte? Wäre
dann noch Denken möglich?». [«La negazione di una di esse [scil. di una delle leggi fonda-
mentali dell’aritmetica] non trascinerà con sé la confusione più generale? Sarebbe ancora
possibile il pensiero, allorché si volesse persistere in tal negazione?»] (Frege 1884, p. 29;
trad. it. p. 242).
70 «Evidentemente ognuno di costoro unisce alla parola “numero” un senso diverso. E
un senso del tutto diverso da un enunciato della seconda dall’identico suono. È come se i
botanici non fossero d’accordo su che cosa si debba intendere per pianta, e se uno volesse
intendere una struttura che si sviluppa organicamente, l’altro un oggetto artificialmente
prodotto dalla mano dell’uomo, e un terzo qualcosa che non è affatto percepibile dai sensi.
Così però non si avrebbe come risultato una botanica unitaria». [«Offenbar verbindet
jeder von diesen mit dem Worte „Zahl“ einen anderen Sinn. Die Arithmetiken dieser drei
Mathematiker müssen also ganz voneinander verschieden sein. Ein Satz des ersteren muss
einen von dem gleichlautenden Satz des anderen ganz verschiedenen Sinn haben. Es ist dies
ähnlich so, als ob die Botaniker nicht einig darin wären, was sie unter Pflanze verstehen
wollten, sodass ein Botaniker etwa ein organisch sich entwickelndes Gebilde, ein anderer
ein von Menschenhand künstlich zusammengesetztes Ding, ein dritter etwas darunter ver-
stehen wollte, was überhaupt nicht sinnlich wahrnehmbar wäre. Das ergäbe doch nicht
eine einheitliche Botanik».] (Frege 1914; poi in Frege 19832, p. 233; trad. it. p. 349).
71 «Ich würde sagen: Da haben wir eine bisher unbekannte Art der Verrücktheit» (Fre-
ge 1893, p. XVI; trad. it. 1965, p. 488; trad. it. 1995, p. 14 [modificata]).
72 In realtà Frege osserva che, se il significato dei numeri e le verità che li concernono
non avessero esistenza obiettiva, allora qualsiasi soggetto potrebbe avere il suo proprio
numero 2, e, con ogni nuova generazione, «sorgerebbero sempre dei nuovi 2; e chi può sa-
pere se essi non si evolverebbero coi secoli, talché il prodotto 2 x 2 non divenisse un giorno
uguale a 5?» [«Mit den heranwachsenden Menschen entständen immer neue Zweien, und
wer weiss, ob sie sich nicht in Jahrtausenden so veränderten, dass 2 x 2 = 5 würde?»] (Fre-
ge 1884, p. 42; trad. it. p. 259) [N.d.T.].
54 la filosofia della matematica di frege
73 «Und wenn der Eine sagte „einmal Eins ist Eins“ und der Andere „einmal Eins ist
Zwei“, so könnte man nur die Verschiedenheit feststellen und sagen: deine Eins hat jene
Eigenschaft, meine diese» (Frege 1893, p. XVIII; trad. it. 1965, p. 490).
la filosofia della matematica di frege 55
Nur durch das System kann Ordnung geschaffen werden. Zum Aufbau des Systems aber
ist erforderlich, dass das Fortschreiten mit Bewusstsein in logischen Schlüssen geschehe»
(Frege 1914; poi in Frege 19832, p. 221; trad. it. [modificata] p. 335; cfr. ivi, p. 261; trad.
it. p. 381).
la filosofia della matematica di frege 57
zione dell’aritmetica sulle sole leggi della logica. Nel 1924-1925 egli
esprimeva la speranza di poter fondare l’aritmetica e la totalità della
matematica sulla geometria (cfr. Frege 19832, pp. 282-302; trad. it.
pp. 413-422), e stabilire così il Sistema unico.
La sua speranza non si è mai realizzata. L’idea stessa risale cer-
tamente ai Greci, ma nel corso del XIX secolo è diventata del tutto
caduca. L’ideale greco, di fondare la matematica sulla geometria, si
è rivelato sterile: una siffatta via, mostratasi impraticabile, è stata
in seguito necessariamente abbandonata, costituendo un ostacolo
manifesto al progresso ulteriore e producendo di conseguenza delle
limitazioni impossibili da accettare.
Tuttavia, l’ideale del Sistema unico, per Frege, è costituito inne-
gabilmente dagli Elementi di Euclide77, paradigma del Sistema unico
delle verità obiettive a cui egli rimanda costantemente.
Peraltro, Frege è convinto di essere il solo a utilizzare le parole defi-
nizione e assioma «nel loro senso antico, quello di Euclide», opposto,
a suo avviso, «a quello moderno», che Hilbert e i suoi discepoli hanno
loro impresso «tramite una deviazione arbitraria del senso tradizionale
delle parole». E un tale atto, che non può che «seminare confusione»,
deve, dal momento che è commesso «intenzionalmente», essere stig-
matizzato e condannato come un peccato perpetrato contro la scienza
(«Versündigung an der Wissenschaft»; Frege 1906a, pp. 297-301, rist.
in Frege 19902, pp. 285-288). Quanto a lui, egli persiste fermamen-
te nella credenza «di aver conservato l’orientamento consacrato dalla
tradizione e, di conseguenza, di essere investito del diritto di esigere di
non seminare la confusione» utilizzando le parole definizione e assio-
ma «in un senso del tutto nuovo»78. Al contrario, «ciò che il signor
Hilbert chiama “definizione” del punto» in conformità alla sua con-
cezione delle cosiddette definizioni, «non è una definizione nel sen-
so antico del termine»79. In effetti, quelli che Hilbert chiama assiomi
sono «proposizioni improprie» (uneigentliche Sätze) – il che vuol dire
77 Cfr. Frege 1906a, pp. 296-298; rist. in Frege 19902, pp. 284-285; pp. 381-383; rist.
in Frege 19902, pp. 299-300; p. 386; rist. in Frege 19902, p. 303; cfr. anche Frege 19832,
pp. 223, 266, 270, 293, 298; trad. it. pp. 337-338, 387-388, 392, 421-422, 427-428.
78 Frege 1906a, pp. 295-296; rist. in Frege 19902, p. 283; pp. 297-298; rist. in Frege
19902, p. 285; cfr. anche Frege 19832, p. 298; trad. it. p. 428.
79 «Zunächst ist jedenfalls das, was Herr Hilbert Definition des Punktes nennt, nicht
eine Definition im alten Sinne des Wortes» (Frege 1906a, p. 384; rist. in Frege 19902, p.
301; p. 300; rist. in Frege 19902, p. 287).
58 la filosofia della matematica di frege
che esse non asseriscono nulla, giacché sono, «in quanto proposizio-
ni improprie, necessariamente composte da segni che non significano
nulla». Per Frege, la fedeltà alla tradizione costituiva, a quanto pare,
l’equivalente morale della fedeltà alla verità.
Sembra in effetti che l’autore degli Elementi fosse ispirato dal van-
gelo della gnosi formalista: «in principio è il segno», che l’eresiarca Hil-
bert (1964, p. 18) formulò nel 1922, «in opposizione rigorosa a Frege»,
come egli stesso sottolineò, piuttosto che dall’ortodossia filosofica del
grande logico di Jena. Io vorrei ricordare a questo proposito, a titolo di
semplice curiosità, il fatto che negli Elementi di Euclide – opera fami-
liare a Hilbert in lingua originale – la prima parola è segno, Σημεῖον:
«segno è ciò che non ha parti» (Σημεῖόν ἐστιν, οὗ μέρος οὐθέν).
L’occorrenza della parola punto (στιγμή) in Euclide – e in tutta la
letteratura matematica dell’antichità – è uguale a zero. Dappertutto
nel suo testo si incontra soltanto il vocabolo «segno» (ad esempio
nella Definizione 16 del Primo libro: «il segno che è in mezzo al cer-
chio si chiama “centro”»80). Nella prima traduzione latina degli Ele-
menti, il Palinsesto di Verona, si legge dappertutto la parola «segno»
(signum). Non è certamente decisivo o importante, tuttavia un po’
«spiacevole». Ma come è possibile! Euclide era un formalista?
Frege non cessa di ripetere le sue dichiarazioni di fedeltà agli assio-
mi e ai postulati di Euclide, poiché a suo avviso questi e soltanto questi
sono conformi alla sua filosofia in quanto solo essi sono in grado di
esprimere una verità obiettiva unica e corrispondente a uno stato di
cose indipendente dal pensiero e perfino dall’esistenza di ogni soggetto.
Ma gli è certamente sfuggito il fatto che negli Elementi di Euclide
d’Alessandria due rette complanari ma non coortogonali, ossia due
rette oblique dello stesso piano, si incontrano necessariamente, ma
soltanto e unicamente perché obbediscono alla costrizione enuncia-
ta dall’ordine imperativo del soggetto trascendentale della geome-
tria, soggetto designato all’occorrenza dal nome proprio «Euclide».
Può darsi che questo mondo, nel quale viviamo, sia stato creato dal
fiat!, imperativo di Dio. Ma è certo che la geometria fu creata eu-
clidea dall’imperativo di Euclide in quanto soggetto trascendentale
della geometria: ᾽Ηιτήσθω, l’imperativo impersonale che introduce
80 Cfr. Euclide 2007, pp. 778-779: Κέντρον δὲ τοῦ κύκλου τὸ σημεῖον καλεῖται. La
traduzione italiana di Fabio Acerbi suona: «Ed il punto è chiamato centro del cerchio»
[N.d.T.].
la filosofia della matematica di frege 59
und damit wird es auch zweifelhaft, ob er wisse, welche Gedanken er mit seinen Sätzen
verbinde» (Frege 1906a, p. 294; rist. in Frege 19902, p. 282).
84 «Wenn also Herr Hilbert scheinbar doch seine Axiome als Prämissen von Schlüssen
benutzt, wenn er scheinbar Beweise auf sie gründet, so können das eben nur Scheinschlüs-
se, Scheinbeweise sein» (Frege 1906a, p. 390; rist. in Frege 19902, p. 306).
60 la filosofia della matematica di frege
85 «Herrn Hilberts Axiome aber sind uneigentliche Sätze, die also keine Gedanken
ausdrücken. Dies ersieht man daraus, daß nach Herrn Hilbert ein Axiom bald gilt, bald
nicht gilt» (Frege 1906a, p. 424; rist. in Frege 19902, p. 318).
86 Frege 1906a, p. 385; rist. in Frege 19902, p. 302; Frege 1906a, pp. 398-399; rist. in
stesso Toth leggiamo, com’è naturale, “transcendantal”. Cfr. anche Appendice, Testo n.
7 [N.d.T.].
89 «καὶ τὸ θεωροῦν μου θεώρημα ποιεῖ, ὥσπερ οἱ γεωμέτραι θεωροῦντες γράφουσιν·»
[«E il mio contemplare produce i suoi oggetti, come fanno i geometri, i quali, contem-
plando, disegnano (i. e. dimostrano) le figure».] (Plotino 2002, Enneade III 8.4, p. 771).
Potremmo anche tradurre così: «Contemplando mi faccio teorema, ossia divento teore-
ma, oggetto della mia contemplazione, proprio come i geometri producono i loro teoremi
dimostrandoli – in quanto oggetto della loro contemplazione». [Si tratta di un gioco di
parole con il termine “teorema”, un calembour impossibile da tradurre, N.d.T.]. Cfr. anche
Appendice, Testo n. 8.
90 Cusano 1514: I, p. 26v [De docta ignorantia, libro terzo, cap. III], p. 82r [Idiotae.
De mente, libro terzo], p. 165r [De ludo globi, libro II], p. 184v [Il trialogo De possest], p.
184rv [De beryllo]; trad. it. pp. 165-166, 467-468, 912-913, 786-788, 643-645; II, p. 54v
[Excitationum ex sermonibus. Liber primus. Ex sermone “Dies sanctificatus”], p. 186r
[Idem. Liber decimus. Ex sermone “Qui me inveniet”]; II, fol. 93-97 [Complementum
theologicum figuratum in complementis mathematicis]; trad. it. pp. 607-627; si veda anche
la sua lettera a Nicolò Albergati del 1463, in Cusano 1955.
91 L’espressione, all’accusativo (Deum fontem veritatis), di origine agostiniana (cfr.
Agostino 1990, XII.30, 41, pp. 522-523), si trova alla fine della Prima Meditazione,
nell’ipotetica contrapposizione del vero Dio alla finzione di uno spirito maligno: «Sup-
ponam igitur non optimum Deum, fontem veritatis, sed genium aliquem malignum, eun-
62 la filosofia della matematica di frege
seules branches des connoissances humaines où la science soit parfaite, parce que les objets
de ces sciences sont tous de notre création, que par conséquent l’objet et l’idée de l’objet ne
sont qu’une seule et même chose et qu’enfin, chaque nouvelle idée est une idée de rapport
parfait et déterminé». [«La geometria e l’aritmetica pura sono le uniche branche della
conoscenza umana in cui la scienza è perfetta, sia perché gli oggetti di tali scienze sono tutti
di nostra creazione, in modo che l’oggetto e l’idea di esso sono una sola e medesima cosa,
sia perché ogni nuova idea è un’idea di rapporto perfetto e determinato».] (trad. it., p. 78).
Cfr. anche Hemsterhuis 1809, I, p. 130; II, pp. 50, 151, 178, 183; trad. it. pp. 634-635,
257, 279, 283 [N.d.T.].
93 Cfr. ad es. Novalis 1975, II, p. 168: «Unsre Natur ist immanent – unsre Reflexion
transscendent. Gott sind wir – als Individuum denken wir». [«La nostra natura è imman-
ente – la nostra riflessione è trascendente. Dio siamo noi – pensiamo in quanto individui».],
trad. it., vol. I, p. 129 [modificata]. Cfr. anche Novalis 1975, II, p. 625; III, pp. 168, 175,
309, 415, 445, 473, 593-594; trad. it. I, pp. 568-569; II, pp. 170, 177-178, 337-338, 446,
477-478, 507, 677-678 [N.d.T.].
la filosofia della matematica di frege 63
tutto ciò che è geometrico dovrebbe essere, in origine, intuitivo!»] (Frege 1884, p. 72; trad.
it. p. 301).
96 «Die tollsten Fieberphantasien, die kühnsten Erfindungen der Sage und der Dichter,
welche Thiere reden, Gestirne stille stehen lassen, aus Steinen Menschen und aus Men-
schen Bäume machen, und lehren, wie man sich am eignen Schopfe aus dem Sumpfe zieht,
sie sind doch, sofern sie anschaulich bleiben, an die Axiome der Geometrie gebunden».
66 la filosofia della matematica di frege
[«Le più stravaganti fantasie prodotte dalla febbre, le più ardite costruzioni del mito e dei
poeti (che fanno parlare gli animali e restar ferme le stelle, che fanno nascere gli uomini
dalle pietre e le piante dagli uomini, che insegnano come ci si possa sollevare dal pantano
afferrandosi ai propri capelli) soddisfano tutte però, fin quando rimangono intuibili, agli
assiomi della geometria».] (Frege 1884, p. 28; trad. it. p. 241).
la filosofia della matematica di frege 67
97 La retta assoluta, la retta non-euclidea e la retta euclidea presentano tutte e tre, per
l’intuizione diretta, senza alcuna distinzione, la stessa immagine grafica di una linea dirit-
ta, priva di qualsiasi deviazione a destra o a sinistra, e di qualsiasi curvatura. Nei domini
finiti del piano ciascuna di esse è definita in modo univoco, senza alcuna ambiguità, da due
dei suoi punti, mentre una curva ha necessità di almeno tre punti per essere definita. La
distinzione radicale che le separa ed oppone non si manifesta da nessuna parte nell’ambito
delle estensioni finite e reali del loro dominio d’essere coestensivo al piano; per constatare
la differenza che le oppone occorre uscire dal dominio finito del piano, ossia abbandonare
il dominio finito dell’essere ed installarsi nelle regioni dell’Assoluto di Cayley il cui statuto
la filosofia della matematica di frege 69
sto senso preciso: il soggetto accetta simultaneamente E e non-E come assiomi, ciascuno
di un sistema di teoremi, e assegna loro simultaneamente il predicato proposizionale della
verità, accettando una pluralità di mondi, cioè l’esistenza simultanea di domini ontici com-
pleti e chiusi di strutture geometriche opposte. Infatti, le conseguenze dell’enunciato non-E
sono state completamente sviluppate da Saccheri, Lambert, Schweikart, Wachter e Tauri-
nus, tra il 1733 e il 1825. Esse sono state indipendentemente sviluppate anche da Gauss,
alcune decine di anni prima dell’istituzione della geometria non euclidea propriamente
detta. Nel suo ambiente e anche in quello dei due Bolyai questo sistema di proposizioni era
designato con il termine «sistema antieuclideo» (Taurinus parlava di un sistema logaritmo-
sferico, Schweikart di una geometria astrale, espressioni nelle quali si avverte una sorta di
senso mistico, quasi di spiritismo).
Non c’è nessuna differenza tra il testo dell’enunciato antieuclideo non-E e l’enunciato
non euclideo non-E – fino a quando si resta nel quadro del linguaggio-oggetto. Le diffe-
renze, anzi la loro stessa opposizione, possono essere articolate soltanto nello spazio d’im-
mersione del metalinguaggio. Infatti, fino a quando la coppia di enunciati formalmente
opposti uno all’altro {E, non-E} è sottoposta simultaneamente agli assiomi logici di non-
70 la filosofia della matematica di frege
contraddizione e del terzo escluso, i due enunciati si trovano in una relazione d’alternativa
rigorosa l’uno rispetto all’altro: almeno a uno di essi è necessario, ma tutt’al più a due di
essi è possibile assegnare il predicato proposizionale della verità.
Gli assiomi della logica restano ovviamente completamente inefficaci per quanto ri-
guarda il contenuto geometrico degli enunciati. Essi sono soddisfatti evidentemente se la
verità è assegnata a E, e il predicato falso spetta implicitamente a non-E. Ma gli assiomi
della logica sono del tutto compatibili anche con il caso in cui la verità sia assegnata a
non-E e, di conseguenza, E è falso. Abbiamo nel primo caso una geometria euclidea vera
e – contenuta nel testo come un capitolo romanzesco – una geometria antieuclidea fal-
sa. Nel secondo caso abbiamo una geometria antieuclidea vera, contenente, sotto forma
di testo coscientemente falso, il romanzo della geometria euclidea (è stata effettivamente
elaborata e proposta a Gauss da uno dei suoi allievi, Wachter) [N.d.T. sulla base di una
comunicazione di Imre Toth].
99 Cfr. Aristotele 2008a, 1222b 15-42. Cfr. altresì Aristotele 2008b, 1187a 29-44.
la filosofia della matematica di frege 71
Contr’Un [N.d.T.].
72 la filosofia della matematica di frege
Non v’è dubbio che Frege sia riuscito molto precisamente ad iden-
tificare il pericolo che la geometria non euclidea rappresentava per la
filosofia di cui era adepto.
La filosofia dell’unicità è inconciliabile con la verità simultanea
di E e di non-E; quindi l’esistenza di un universo euclideo, di un do-
minio ontico euclideo, è incompatibile con l’esistenza di oggetti non
euclidei.
Più chiaramente di qualsiasi altro avversario della nuova geo-
metria, Frege ha immediatamente riconosciuto che il punto centrale
della decisione per o contro la geometria non euclidea è l’assioma
ontologico dell’unicità della verità.
Infatti, in un testo concepito tra il 1899 e il 1906, egli richiama i
partigiani della geometria non euclidea ad un passaggio ben noto del
Vangelo secondo Matteo: «Nessuno può servire due padroni. Non si
può servire [contemporaneamente] la verità e la falsità. Se la geometria
euclidea è vera, quella non euclidea è falsa, e se la geometria non eucli-
dea è vera, quella euclidea è falsa [...] Chi riconosce vera la geometria
74 la filosofia della matematica di frege
euclidea deve respingere come falsa quella non euclidea e chi riconosce
vera la geometria non euclidea deve respingere quella euclidea»101.
Il testo è categorico: senz’alcuna esitazione Frege postula l’esisten-
za di una verità unica ed esclude la coesistenza di due verità assioma-
tiche. Ma questo postulato ontologico non contiene in sé nulla che
possa giustificare la scelta preferenziale della geometria euclidea: la
libertà del soggetto di scegliere a piacimento una delle due geometrie,
sia quella di Euclide, sia quella di Lobačevskij, resta intatta.
Tuttavia, il Vangelo geometrico secondo Frege non accorda al sog-
getto alcuna libertà di scelta. Un comandamento rigoroso gli proibisce
strettamente di gustare il frutto della conoscenza non euclidea, conser-
vando una fedeltà incondizionata alla tradizione geometrica millenaria.
Infatti, nella sua lettera indirizzata a Hilbert (27 dicembre 1899),
Frege esprime il suo timore per l’«anarchia completa» e l’«arbitrio
soggettivo»102, conseguenze inevitabili della «confusione» instaurata
dall’interpretazione degli assiomi data nei Fondamenti della geome-
tria di Hilbert.
Questa nuova interpretazione degli assiomi fornita da Hilbert ha
inquinato – secondo Frege – «la fonte conoscitiva geometrica», in
quanto «si è operata una contaminazione (Verunreinigung), stravol-
gendo, all’inizio impercettibilmente, il senso euclideo tradizionale e
conferendo così un senso diverso anche agli enunciati nei quali gli
assiomi ci sono stati tramandati»103. E che cosa avverrà – egli si do-
manda – se il postulatum di Euclide non fosse più valido? La do-
manda è puramente retorica – è ovvio – poiché, secondo il parere
di Frege, «un pensiero che contraddica l’assioma delle parallele [il
postulatum di Euclide] non può essere assunto come premessa di un
101 «Niemand kann zwei Herren dienen. Man kann nicht der Wahrheit dienen und der
Unwahrheit. Wenn die euklidische Geometrie wahr ist, so ist die nichteuklidische Geome-
trie falsch, und wenn die nichteuklidische wahr ist, so ist die euklidische falsch […].Wer die
euklidische Geometrie als wahr anerkennt, muss die nichteuklidische als falsch verwerfen,
und wer die nichteuklidische als wahr anerkennt, muss die euklidische verwerfen» (Frege
1899-1906; poi in Frege 19832, pp. 183-184; trad. it. p. 287 [modificata]).
102 «Jetzt scheint mir darin völlige Anarchie und subjektives Belieben obzuwalten.
Erlauben Sie mir, Ihnen Einiges darzulegen, was ich darüber gedacht habe» (Frege 1976b,
p. 62; trad. it. p. 46). Cfr. anche Appendice, Testo n. 9.
103 «Aber selbst hierbei hat man in neueren Arbeiten über Axiome eine Verunreinigung
bewirkt, indem man den alten euklidischen Sinn zunächst kaum merklich verdreht und
damit auch den Sätzen, in denen uns die Axiome überliefert sind, einen anderen Sinn bei-
gelegt hat» (Frege 1924-1925a; poi in Frege 19832, pp. 292-293; trad. it. p. 421).
la filosofia della matematica di frege 75
104 «Demnach kann ein Gedanke, der dem Parallelenaxiom widerspricht, nicht zur
Prämisse eines Schlusses genommen werden» (Frege 1914; poi in Frege 19832, p. 266;
trad. it. p. 388).
105 «Man hat einst geglaubt, eine Wissenschaft zu betreiben, die man Alchimie nann-
te; als man aber erkannt hatte, dass diese vermeintliche Wissenschaft durch und durch irr-
tümlich war, verbannte man sie aus der Reihe der Wissenschaften. Ebenso hat man einst
geglaubt, eine Wissenschaft zu betreiben, die man Astrologie nannte. Auch diese verbannte
man aus der Reihe der Wissenschaften, nachdem man ihre Unwissenschaftlichkeit durch-
schaut hatte. Jetzt handelt es sich darum, die euklidische oder nichteuklidische Geometrie
aus der Reihe der Wissenschaften zu streichen und der Alchimie und Astrologie als Mumie
anzureihen. Wo man sich nur von Vorstellungen umgaukeln lassen will, braucht man es
nicht so ernst zu nehmen; in der Wissenschaft aber muss das Wahrheitsstreben eine strenge
Herrschaft führen. Da heisst es: entweder herein oder hinaus! Soll nun die euklidische oder
die nichteuklidische Geometrie hinausfliegen? Das ist die Frage. Wagt man es, Euklids Ele-
mente, die mehr als 2000 Jahre ein unbestrittenes Ansehen behauptet haben, als Astrologie
zu behandeln? Nur dann, wenn man es nicht wagt, kann man auch Euklids Axiome nicht als
falsch oder zweifelhaft hinstellen. Dann muss die nichteuklidische Geometrie zu den Unwis-
senschaften gezählt werden, die man nur noch als geschichtliche Seltsamkeiten einer geringen
Beachtung wert achtet» (Frege 1899-1906; poi in Frege 19832, p. 184; trad. it. pp. 287-288).
76 la filosofia della matematica di frege
divenne poi uno degli esperti più insigni della geometria non-euclidea
in Germania. L’articolo del 1905 contiene il testo del suo discorso
inaugurale tenuto in occasione dell’investitura come titolare di una
cattedra all’Università di Lipsia. L’articolo porta il titolo program-
matico Notwendigkeit und Freiheit in der Mathematik [Necessità e
libertà in matematica], e consiste essenzialmente in un argomento a
favore della libertà della creazione come fondamento del progres-
so delle scienze matematiche, argomento esemplificato soprattutto a
partire dal contesto della geometria non-euclidea. Senza citare espli-
citamente il nome di Frege, tutto l’articolo sembra essere una replica
alle concezioni del logico di Wismar, con le quali Liebmann doveva
avere familiarità. Sembra essere indirizzata personalmente a Frege
la domanda retorica: «come garantire uno spazio di libertà se si è
incatenati e sottoposti alla schiavitù delle leggi logiche?» (Liebmann
1905, p. 231).
Nel numero del 1906 della stessa pubblicazione, Johannes Tho-
mae, anche lui professore di matematica all’Università di Jena, aveva
indirizzato al suo «amico e collega» qualche commento, un po’ iro-
nico, con il titolo Gedankenlose Denker [Pensatori senza pensieri], in
difesa della filosofia di Hilbert, alla quale aderiva interamente. Frege
replicò nel numero successivo della rivista. Non fu tenero con il suo
collega. Dopo avergli recitato nuovamente dei versi sarcastici, com-
posti per quest’occasione nello stile poetico che gli era proprio, egli
concluse la sua risposta con una vera valanga di invettive: «Che mi
si risparmi questa…, ma io non voglio comportarmi in modo “non-
parlamentare”» (il segno tipografico convenzionale «...» sostituisce
una piccola interiezione scatologica, la cui pubblicazione era vietata in
Germania dalle leggi sulla stampa. In una nota pubblicata in Historia
Mathematica, Gottfried Gabriel ha mostrato che la parola eliminata
era Bockmist, ossia «sterco di capra»). «Mi dispiace di non conoscere
alcun mezzo parlamentare e liberale ammissibile per respingere tali
opinioni nel loro buco, in modo che non osino più mostrarsi alla luce
del giorno» (Frege 1906b, p. 590; rist. in Frege 19902, p. 328). In ef-
fetti, Frege era per sua natura un homo politicus. Il suo interesse per gli
eventi della politica è testimoniato, come abbiamo già rilevato, dall’ab-
bondanza di esempi del genere nel suo repertorio. Anche se nella loro
parte principale sono anodini, la loro frequenza documenta tuttavia la
presenza permanente della politica nella sua coscienza.
78 la filosofia della matematica di frege
Preußen und Österreich» (Frege 1892, p. 49; rist. in Frege 19902, p. 161; trad. it. p. 56).
107 «Bebel wähnt, daß durch die Rückgabe Elsaß-Lothringens Frankreichs Rachege-
lüste beschwichtigt werden können» (Frege 1892, p. 47; rist. in Frege 19902, p. 160; trad.
it. p. 54).
la filosofia della matematica di frege 79
soltanto i più stupidi (nur besonders dumme) che danno credito ai so-
cial-democratici, quelli, in particolare, ai quali la cupidigia (Habsucht)
è riuscita a soffocare quasi completamente ogni nobile tendenza. Infatti,
questi demagoghi social-democratici, in maggioranza Ebrei, non cre-
dono affatto a niente di ciò che l’uomo possiede di nobile e provano a
guadagnare l’adesione della gente sfruttando i loro lati peggiori.
Frege non pensava che tutti gli operai fossero stati così stupidi da
accordare del credito alla tentazione socialdemocratica, ma che fossero
in gran parte influenzati dai sindacalisti e dal terrorismo praticato dai
più attivi di essi. «Sarebbe stato dovere del governo di stroncare que-
sto terrorismo e difendere il diritto, sia il diritto degli operai salariati
contro la violenza dei loro compagni, sia il diritto degli imprenditori.
Ma allora sarebbe stato necessario ricorrere a metodi draconiani, men-
tre l’Imperatore si rifiutò, nel timore di non potere più presentarsi nel
ruolo «dell’Imperatore dei poveri e degli oppressi» (6 maggio 1924).
Frege riteneva che uno dei tratti più deplorevoli della socialdemo-
crazia fosse la carenza totale di un pensiero teorico: «Parlare di un’i-
dea dei socialdemocratici equivarrebbe a impiegare un’espressione
del tutto inadeguata e a sopravvalutarli ampiamente. Invece di un’i-
dea essi preferivano discorsi confusi, vaghe promesse che facevano
sfavillare paradisi immaginari (Wolkenkuckucksheim) e che attizza-
vano gli odi contro tutti coloro che si opponevano alla realizzazione
di questo stato di felicità».
Ma non soltanto la socialdemocrazia, bensì qualsiasi forma di de-
mocrazia o di repubblica è difficilmente compatibile con il patriotti-
smo: «Più le istituzioni di uno stato sono democraticamente organiz-
zate, più è difficile a qualsiasi uomo di stato giustificare i suoi atti con
il più puro amor patrio». La sola forma di governo accettabile per tutti
è la monarchia legittima; è la monarchia soltanto che può garantire
«l’unione organica del bene del popolo e del bene del monarca e della
dinastia» (28 aprile, 3 maggio 1924). Il sistema parlamentare dei par-
titi politici è risultato essere impraticabile. La Germania ha bisogno
«di una personalità superiore e forte (überragender Mann), capace
di abbracciare con un colpo d’occhio simultaneamente la politica
estera e quella interna. Forse tale uomo esiste in Germania, ma –
Frege si domanda – come trovarlo?» (11 aprile 1924).
La Germania ha ora bisogno di un uomo il cui sguardo sia capace
di superare i problemi immediati e preparare un piano per liberarla
la filosofia della matematica di frege 83
Testo n. 2
che non esista alcun Nilo iperuranio in cui i fondatori della geome-
tria non-euclidea abbiano effettuato delle misure per essere così con-
dotti alla scoperta delle loro proprietà non-euclidee.]
Testo n. 3
Testo n. 4
Testo n. 5
Testo n. 6
Testo n. 7
Testo n. 8
Testo n. 9
1 « En effet, à cet égard on peut dire, comme disait Harlequin dans l’Empereur de
la lune, que c’est tout comme icy » (in : Opera philosophica quae exstant latina gallica
germanica omnia, instruxit Johann Eduard Erdmann : Cinquième écrit de Mr. Leibniz, Ou
Réponse à la quatrième Réplique de Mr. Clarke ; fac-similé de l’édition de 1840, élargie
après de nouveaux fragments par R. Vollbrecht, Aale 1959, p. 765b. [Per questo scritto
leibniziano cfr. l’edizione critica di A. Robinet: Leibniz 1957, p. 132; cfr. anche Leibniz
1875, vol. VII, p. 394. N.d.T.]
2 Cfr. Liebmann 1899, I, p. 39.
96 appendice
di Teodosio Orlando
Alla venerata memoria del Professor Imre Toth
Dato che Frege non formulò mai in modo sistematico queste idee,
Toth è andato a rintracciarle in vari scritti occasionali, soprattutto
recensioni e discussioni delle opere di vari matematici contempora-
nei, nonché nel ricco epistolario: ne emergerebbe l’adesione convinta
di Frege a un’epistemologia per molti versi fortemente ancorata ad
Aristotele e alla scolastica, in gran parte incompatibile con le teorie
di Weierstraß, Dedekind, Cantor, Hilbert e di altri matematici a lui
contemporanei. In modo a nostro parere più discutibile, Toth correla
continuamente l’idea che la filosofia fregeana rappresenti la scienza
e la verità «pure» con la tesi che da essa discenderebbe un’adesione
incondizionata ai valori «morali», quasi che gli autori da lui criticati
continuassero a perseverare in una concezione amorale del mondo,
associata alla messa in discussione delle verità eterne della matematica.
Questo spiega il nesso continuo che Toth ravvisa tra la nozione
di libertà lato sensu e quella di creazione libera (da Frege degradata
spesso a «stregoneria» o a «gioco di prestigio logico») degli oggetti
e dei mondi matematici autonomi, che si proponevano di realizzare
coloro che il logico di Jena amava designare, non senza sarcasmo,
come «matematici moderni». È soprattutto contro i cosiddetti «for-
malisti», rappresentati prima da Carl Johannes Thomae e in seguito
da David Hilbert, che egli appunta i suoi strali. Per lui, non essendo il
soggetto della matematica libero di definire e di creare nuovi numeri
a suo piacimento, le tesi formaliste si ridurrebbero a una sorta di
assurdo «creazionismo». Secondo Frege il matematico non potrebbe
creare entità in modo arbitrario, più o meno come il geografo non
può creare ex nihilo il Mare del Nord, ma solo scoprirlo. Ogni co-
noscenza matematica si riduce così a una scoperta di oggetti che pre-
esistono indipendentemente dalle strutture conoscitive del soggetto,
ridotto spesso al «soggetto capriccioso della psicologia», essendo a
Frege estranea, per Toth, la nozione di «soggetto trascendentale» in
senso kantiano1.
È come se il logico di Jena ponesse a fondamento della sua filoso-
fia una sorta di postulato metafisico dell’unicità e della priorità on-
tica dell’essere e della verità, rispetto a cui ogni forma di conoscenza
non potrà che essere a posteriori. Per la matematica in particolare si
stenti. Cfr. Frege 1884, p. 104; trad. it. p. 344 (qui è usato il verbo durchschauen); Frege
1903a, pp. 161-162; trad. it. in Frege 1965, pp. 564-565 (qui è preferito auffassen).
postfazione 103
seguente. Supponiamo che (F) sia il predicato «non poter essere predicato di sé stesso».
Può (F) essere allora predicato di sé stesso? In entrambi i casi ci troviamo a che fare con
un’impossibilità logica. Oltre che per i predicati, il paradosso vale anche per le classi o
insiemi. Come scrive Frege: «Il signor Russell ha scoperto una contraddizione che ora
esporrò. Nessuno vorrà asserire, della classe degli uomini, che essa sia un uomo. Abbiamo
qui una classe che non appartiene a sé stessa. Dico infatti che qualcosa appartiene a una
classe se questo qualcosa cade sotto un concetto, la cui estensione è proprio la classe stessa.
Fissiamo ora l’attenzione sul seguente concetto: “classe che non appartiene a sé stessa”.
L’estensione di questo concetto, ammesso che se ne possa parlare, è, per quanto detto, la
classe delle classi che non appartengono a sé stesse. Vogliamo chiamarla brevemente la
classe K. Chiediamoci ora se questa classe K appartenga a sé stessa. Supponiamo in pri-
mo luogo che essa appartenga a sé stessa. Se qualcosa appartiene a una classe, esso cade
sotto il concetto la cui estensione è la classe in esame; di conseguenza, se la nostra classe
appartiene a sé stessa, allora è una classe che non appartiene a sé stessa. La nostra prima
supposizione conduce quindi a una contraddizione. Supponiamo, in secondo luogo, che la
nostra classe K non appartenga a sé stessa: in questo caso essa cade sotto il concetto di cui
essa stessa rappresenta l’estensione, quindi appartiene a sé stessa: qui di nuovo abbiamo
una contraddizione!» (Frege 1903a, pp. 253-254; trad. it. pp. 575-576 [modificata]).
104 teodosio orlando
sorge il desiderio di delimitare più strettamente il campo in cui si possa enunciare la verità,
anzi dove in generale la verità possa venir messa in questione. Si trova la verità predicata
di immagini, rappresentazioni, enunciati e pensieri. Qui colpisce il fatto che cose visibili
e udibili ricorrano insieme a cose che non possono essere percepite con i sensi. Questo
rimanda al fatto che si sono verificati slittamenti del senso» (Frege 1918, p. 59; trad. it. p.
45 [modificata]).
postfazione 105
einstimmung) è una relazione. Questo viene però contraddetto dall’uso corrente della
parola “vero”, che non è una parola che indichi una relazione e non contiene nessun
rimando a qualcos’altro con cui dovrebbe concordare. Se io non so che un’immagine deve
rappresentare il duomo di Colonia, non so con che cosa dovrei confrontare l’immagine per
decidere della sua verità» (Frege 1918, pp. 59-60; trad. it. p. 45 [modificata]).
106 teodosio orlando
5 Il termine «Gedanke» ricorre qui nel senso in cui è usato da Frege nei suoi scritti di
filosofia della logica, da Senso e significato alle Ricerche logiche. Il pensiero è il senso di
un enunciato, da non confondere con il suo significato, coincidente con il valore di verità,
benché le due nozioni siano strettamente interdipendenti, come vedremo in seguito più
dettagliatamente.
6 Frege 1906a, p. 401; rist. in Frege 19902, p. 316 [trad. nostra].
postfazione 109
7 È quanto sostiene Mauro Mariani nella sua Introduzione a Frege (1994, pp. 76-78).
110 teodosio orlando
desco, infatti, aveva una concezione ben diversa del metodo assio-
matico applicato alla geometria, soprattutto perché il suo intento
era anche (benché non soprattutto) quello di fornire una fondazione
adeguata delle geometrie non euclidee.
Hilbert si serve in questo contesto del concetto di definizione im-
plicita risalente, nella sua prima teorizzazione, al matematico francese
Joseph Diaz Gergonne (1771-1859). Una definizione implicita si ha
quando, pur non essendo conosciuto il significato di un termine che
compare in un enunciato, la comprensione dell’enunciato stesso per-
mette di dare un senso anche a quel termine. Secondo Hilbert un insie-
me di assiomi costituisce una definizione implicita dei termini primitivi
che poi si impiegheranno in una dimostrazione. Questo concetto è si-
mile a ciò che in seguito verrà chiamato modello di una teoria, ossia un
insieme di proposizioni i cui elementi, posti in corrispondenza biunivo-
ca con i termini non definiti contenuti nella base assiomatica, possono
soddisfare le relazioni fondamentali espresse dagli assiomi medesimi.
La mossa di Hilbert che Frege non vuole accettare – e su cui Toth
ha forse insistito eccessivamente, in sede di esegesi critica, quasi im-
putando a Frege una sordità scientifica che non gli appartiene – è
quella che fonda l’ammissibilità di un sistema di assiomi esclusiva-
mente sulla loro coerenza, senza preoccuparsi di una possibile con-
gruenza con una realtà preesistente ad essi8, benché la tarda episte-
mologia fregeana della verità offra la possibilità di ammettere anche
questa concezione.
Le tesi di Hilbert trovavano per certi versi assonanza in quelle del
fisico e filosofo francese Jules Henri Poincaré (1854-1912), il quale
ritenne – in vari scritti di fisica e in alcune polemiche contro le filo-
sofie di Kant riguardo al sintetico a priori, di Mill relativamente alla
fondazione psicologistica della geometria, di Russell in riferimento
alla fondazione platonista della matematica – che non esistesse alcun
esperimento cruciale in grado di determinare quale sia la «vera» ge-
ometria del mondo. Non si può in alcun modo stabilire l’esistenza di
fenomeni possibili nello spazio euclideo ma impossibili in quello non
euclideo, in modo che l’esperienza, nel constatare questi fenomeni,
risulti in contraddizione con l’ipotesi non euclidea.
cose esistenti e nell’assiomatica euclidea gli assiomi rappresentano gli oggetti presenti in
quello spazio.
postfazione 111
9 Cfr. in proposito Friedman 2000, pp. 94-95; trad. it. pp. 118-119. Cfr. anche Cassirer
11 Ossia il teorema di completezza, dimostrato nel 1929, che stabilisce una corrispon-
denza tra verità semantica e dimostrabilità logica nella logica del primo ordine; e il più
celebre teorema di incompletezza, da lui reso noto nel 1931. Questo teorema considera
un sistema formale assiomatico T tale che sia coerente e capace di far derivare da esso
l’aritmetica ricorsiva. Ora, nel linguaggio di T esistono proposizioni indecidibili tali che né
esse né le loro negazioni sono dimostrabili rimanendo all’interno di T stesso. Ne consegue
che il sistema assiomatico viene detto sintatticamente incompleto. Gödel (1931) ha dimo-
strato che quest’incompletezza è, per così dire, connaturata al sistema assiomatico: anche
se ampliassimo l’insieme degli assiomi del sistema incompleto, in modo che tra gli assiomi
figuri la proposizione indecidibile, il sistema rimarrebbe incompleto. Ne consegue che nel
sistema T non è dimostrabile la stessa proposizione che asserisce la coerenza del sistema
medesimo; ossia, la coerenza di T non è dimostrabile con mezzi formali appartenenti a T,
come esigevano le cosiddette dimostrazioni finitiste di Hilbert, che però a questo punto
sembrano destinate a fallire.
116 teodosio orlando
(1884), dove alla fine del § 53 parla «di “secondo ordine” al posto di “secondo livello”.
La prova ontologica dell’esistenza di Dio soffre per l’errore di trattare l’esistenza come un
concetto di primo livello» (Frege 1891, p. 27; rist. in Frege 19902, p. 140; trad. it. p. 23
[modificata]).
postfazione 117
Per Frege questa legge può essere annoverata tra i teoremi qualora
sia possibile dimostrarla; altrimenti farà parte degli assiomi. Infatti,
secondo il logico tedesco in questo contesto non è tanto importante
che si abbia a che fare con una legge logica, quanto con una legge
generale da cui si possano trarre conclusioni riconducibili comunque
alle leggi logiche. Per lui infatti si possono distinguere due tipi di in-
ferenze: quelle che muovono da due premesse e quelle che muovono
da una sola premessa. In matematica si procede in modo da scegliere
una o due verità riconosciute come premesse di un ragionamento.
La proposizione così ottenuta in quanto teorema diventa una nuova
verità della matematica e può essere usata o da sola o collegata con
un’altra verità in modo da formare un ulteriore ragionamento.
Sarebbe così possibile chiamare teorema ogni verità così ottenuta.
In effetti, abitualmente una verità del genere viene chiamata teorema e
viene utilizzata come premessa per molti altri ragionamenti, soprattut-
to se si vuole dare alla scienza una veste sistematica, formandosi così
le catene inferenziali che legano tra di loro le verità. In questo contesto
Frege riprende tesi correnti nella cultura del positivismo anglo-tedesco,
del razionalismo austriaco e del realismo logico, da Bolzano a Mill,
da Sigwart a Husserl. E tanto più la scienza progredisce, tanto più le
catene inferenziali diventano lunghe, sviluppandosi poi da esse molte-
plicità di teoremi sempre più numerose. Ma il procedimento può essere
anche regressivo, se si vuole ricostruire da un punto di vista filosofico
l’edificio di una scienza. Infatti, per ogni teorema si può risalire alle
verità a partire dalle quali lo abbiamo dimostrato. In questo caso, anzi-
ché un aumento delle verità avremmo una loro riduzione, come aveva
13 Cfr. anche Frege 1971, p. 93; trad. it. p. 334. Per molti versi, questo principio coin-
14 Cfr. Cellucci 1998, pp. 292-299. A Pappo si deve anche la prima teorizzazione espli-
infatti è in questo modo che la sensazione produce in “noi” l’universale. E poiché, tra gli
abiti relativi al pensiero con i quali diciamo il vero, gli uni sono sempre veri, gli altri accol-
gono il falso (per esempio, l’opinione e il ragionamento; invece la scienza e l’intellezione
sono sempre “vere”), e nessun altro genere di conoscenza è più esatto dell’intellezione, ed i
princìpi sono più noti delle dimostrazioni, ed ogni scienza s’accompagna a ragionamento,
ne consegue che dei princìpi non vi può essere scienza» (Aristotele 1996, libro II, cap. 19,
100b 7-11, p. 111 [trad. modificata]).
120 teodosio orlando
Ci si potrebbe appellare alla natura formale delle leggi della logica, secondo
le quali, nella misura in cui è coinvolta la logica stessa, ogni oggetto può essere
assunto a scapito di qualsiasi altro e ogni concetto di primo livello può pren-
dere il posto di ogni altro o può essere sostituito da quest’ultimo. Ma questa
conclusione sarebbe troppo affrettata, giacché la logica non è formale senza
restrizioni, come qui viene presupposto. Se lo fosse, allora sarebbe priva di
contenuti. Proprio come il concetto di punto appartiene alla geometria, così la
logica ha pure i suoi concetti e relazioni; ed è solo in virtù di essi che può avere
un contenuto. Nei confronti di ciò che le è proprio, la sua relazione non è affat-
to formale. Nessuna scienza è completamente formale; ma anche la meccanica
gravitazionale è formale fino a un certo grado, nella misura in cui le proprietà
ottiche e chimiche sono indifferenti in rapporto ad essa. Anzi, in quanto ce ne
occupiamo, i corpi con masse differenti non sono mutuamente sostituibili; ma
nella meccanica gravitazionale la differenza dei corpi rispetto alle loro pro-
prietà chimiche non costituisce un impedimento alla loro mutua sostituzione.
Alla logica, ad esempio, appartengono i seguenti concetti: negazione, identità,
sussunzione, subordinazione di concetti. E qui la logica non tollera sostituzioni
(Frege 1906a, pp. 427-428; rist. in Frege 19902, pp. 321-322 [trad. nostra]).
ossia che enunciano o asseriscono uno stato di cose. Anche nel caso
di una traduzione da una lingua a un’altra, una proposizione può
cambiare le parti che la compongono, ma ciò che viene preservato
è il senso. Ogni proposizione conserva il suo valore di verità grazie
al senso che noi siamo in grado di afferrare quando la valutiamo e
che riconosciamo come identico anche in una traduzione. Il senso di
una proposizione è ciò che Frege chiama «il pensiero» (der Gedan-
ke), che si mantiene invariato anche in una traduzione. Al momento
di effettuare una dimostrazione, noi non la conduciamo tanto sulle
proposizioni quanto sui pensieri. Quando in matematica si dimostra
un teorema (in tedesco Lehrsatz), di solito si pone l’accento sull’e-
spressione Satz: ma per Frege, ciò comporta che non si distingua
abbastanza tra l’espressione verbale o segnica e il relativo pensiero.
Tuttavia, per lui la distinzione è importante nella misura in cui il
pensiero non è percepibile con i sensi, benché in ogni proposizione gli
accordiamo una specie di rappresentante sensibile, che sia attraverso
la vista o l’udito. Da ciò si spiega anche la scelta di Frege di ricorrere
ai termini greci Theorem al posto di Lehrsatz o Axiom al posto di
Grundsatz. Il pensiero è assolutamente anti-soggettivo, come Frege
aveva dimostrato nelle Grundlagen der Arithmetik, in quella critica
dello psicologismo per molti versi ripresa da Husserl nei Prolegomeni
a una logica pura. La verità del teorema di Pitagora è indipendente
dal fatto che venga o no pensato da questo o da quell’uomo. Secondo
Frege, quando pensiamo non produciamo i pensieri, ma li afferriamo
come se esistessero da sempre. Egli attacca la concezione psicologi-
ca delle leggi logiche, arrivando a contestare la stessa espressione
«leggi del pensiero» (Gesetze des Denkens) per caratterizzare le leggi
prescrittive o descrittive della logica pura, che pure aveva lui stesso
adoperato nella Begriffsschrift.
6) Il concetto di postulato: i postulati sembrano differire dagli
assiomi, perché si fondano su costruzioni empiriche (ad es. il postu-
lato di Euclide che dice: «si richieda di tracciare una linea retta da un
punto verso ogni altro punto»). In realtà per Frege i postulati sono
verità come gli assiomi e differiscono da questi ultimi solo per il fatto
che racchiudono alcune proprietà degli oggetti su cui vertono. Per
altri versi i postulati sembrano rimandare all’idea kantiana per cui la
geometria procede per costruzione di concetti: i postulati produco-
no le attività più elementari che consentono tutte le costruzioni dei
postfazione 125
queste relazioni sia con concetti geometrici, sia con concetti numerici.
Per Frege, invece, dato che le relazioni logiche tra gli assiomi dipendo-
no dalle relazioni tra i concetti e gli oggetti menzionati negli assiomi
stessi, non sarà mai possibile dimostrare la coerenza degli assiomi geo-
metrici dimostrando che concetti non geometrici possano soddisfare le
condizioni iniziali, secondo quanto invece pensava Hilbert.
come quella di Pallade Atena dalla testa di Zeus, già tutta catafratta.
Seguendo Künne, potremmo invece così schematizzare il programma
dei Grundgesetze e la loro posizione per la matematica del tempo:
1. L’ideale euclideo come ideale della matematica antica da recu-
perare.
2. Le differenze rispetto alla Begriffsschrift e alle Grundlagen der
Arithmetik: anche qui siamo in presenza di un’impresa fondazionale
della matematica, ma con un approccio più esaustivo.
3. La critica alla matematica contemporanea, in particolare ad
altre scuole di pensiero, da Dedekind a Cantor. Un importante aspet-
to dei Grundgesetze è la continua polemica antipsicologistica: «la
rovinosa irruzione della psicologia nella logica» (der verderbliche
Einbruch der Psychologie in die Logik) è l’espressione di cui Frege si
serve per bollare questa vera e propria epidemia.
4. La distinzione tra verità e il ritenere come vero (Fürwahrhalten).
5. La distinzione tra obiettività e realtà.
6. Studio di un caso: il precipitare del filosofo Benno Erdmann nella
palude dell’idealismo.
7. Esistenza e realtà (e altre fini distinzioni). Una speranza appa-
rentemente debole: come salvare l’oggettività?
Secondo Künne, nella filosofia della matematica Frege si può de-
finire un Halbkantianer; epiteto introdotto nel 1827 dallo storico
della filosofia Heinrich Ritter ed esteso da Johann E. Erdmann a Fries
e Bolzano. Già nella sua dissertazione dottorale di Göttingen, Frege
aveva formulato l’ipotesi, a cui tenne fede per tutta la vita, secondo la
quale «l’intera geometria in ultima analisi si basa su assiomi che trag-
gono la loro validità dalla natura della nostra facoltà intuitiva». Al
contrario, la teoria kantiana dell’aritmetica venne da lui sempre rifiu-
tata: il suo logicismo implica che l’aritmetica non si deve impegnare
a invocare una pura intuizione come ultimo fondamento della cono-
scenza (Frege 1884, § 12). Anche nei suoi ultimi scritti, gli schizzi per
una fondazione non logicistica dell’aritmetica, del 1924-25, continua
a sostenere che l’aritmetica non può basarsi sulla pura intuizione del
tempo come ultimo fondamento conoscitivo.
Del resto, anche sul piano assiomatico, Frege ritiene che quelli della
geometria euclidea siano gli unici assiomi che meritino questo titolo
nel senso tradizionale e che la loro evidenza implichi l’intuizione spa-
ziale (ivi, § 13). Il problema è che non è chiaro che cosa egli intenda
132 teodosio orlando
Già nella prefazione alla mia Begriffsschrift ho sostenuto che il fatto che mi
sia occupato solo di alcune forme inferenziali è un limite da superare negli svi-
luppi successivi. Ciò può avvenire nella misura in cui si converta in una regola
di calcolo ciò che lì era espresso come giudizio in una formula (1880-1881, in
Frege 19832, p. 32; trad. it. p. 103 [modificata]).
∀p ∀q (p→ (q→p)).
Un’inferenza (Schluß) non è composta di segni. Si può solo dire che nel
passaggio da gruppi di segni a un altro gruppo di segni talvolta si presenta
esteriormente un’inferenza. Un’inferenza qui corrisponde alla formulazione
di un giudizio che viene realizzata sulla base di altri giudizi già formulati in
precedenza secondo leggi logiche. Ognuna delle premesse corrisponde a un
determinato pensiero riconosciuto come vero, e nel giudizio inferenziale un
determinato pensiero viene a sua volta riconosciuto come vero (Frege 1906a,
p. 387; rist. in Frege 19902, p. 303 [trad. nostra]).
17 In Über Sinn und Bedeutung (1892), il logico di Jena si preoccupa di tracciare net-
tamente la distinzione tra senso e significato o denotazione, cominciando con i nomi, per
poi passare agli enunciati (e avrebbe voluto applicarla anche alle «parole-concetto»). Per
136 teodosio orlando
pensieri non sono buoni candidati come entità che possano rendere
conto del fenomeno della verità, perché si rischia di cadere nell’ar-
gomento della circolarità (un pensiero vero dovrebbe garantire la
nozione di verità prima ancora che sia stata chiaramente definita).
Ma questa circolarità, per quanto ancora poco rigorosa, e assunta
peraltro in via provvisoria, non implica affatto che l’identificazione
sia sbagliata. Infatti, alla fine Frege pensava che ci si dovesse accon-
tentare della distinzione tra pensieri veri e pensieri falsi. Il motivo
per cui l’identificazione è sbagliata va cercato altrove, anche perché
richiamarci semplicemente alla nostra intuizione, in quanto sugge-
risce che i fatti non possono essere entità come i pensieri, risulta un
argomento debole. Come è stato variamente osservato, ad esempio
da Wolfgang Carl e Sergio Bernini, possiamo rappresentare i fatti in
forma singolare astratta. Supponiamo infatti che essi esistano e che
siano le cose che designiamo con espressioni della forma seguente:
«il fatto che A», dove A è un enunciato. Consideriamo ad esempio
la seguente espressione:
1) il fatto che la stella della sera è gialla.
Possiamo dire che lo stesso fatto può essere rappresentato in for-
ma singolare astratta. Ciò equivale a dire che la seguente proposizio-
ne ha lo stesso significato di (1):
2) il possesso del colore giallo da parte della stella della sera.
Secondo la nostra intuizione, ciò che (2) denota non dipende dal
modo in cui l’individuo in questione – il pianeta Venere – è denota-
to (anche a prescindere dalla disputa sulle qualità secondarie, a cui
appartiene il colore). Nell’universo ci sono tanti casi di possesso del
colore giallo da parte di un pianeta quanti sono i corpi celesti dotati
di tale colore: ma ciò non dipende dai modi che il linguaggio uma-
no ha per denotarli. Detto diversamente: se sappiamo che la stella
della sera è identica alla stella del mattino, allora noi ci rendiamo
quanto riguarda i nomi, egli mostra che essi hanno un senso, mentre il loro significato va
identificato con ciò che essi designano. Per ciò che concerne gli enunciati, vuole provare
che essi hanno un significato, mentre il senso coincide con il pensiero che essi esprimono.
Tuttavia, come ha notato Carl (1994, pp. 116 sgg.), Frege qui è piuttosto «operativo»,
nel senso che, pur tracciando una distinzione tra due classi di espressioni, non si dà la
pena di fornire una spiegazione generale della distinzione stessa. E neppure fornisce alcuna
giustificazione per l’assunzione secondo la quale la distinzione va tracciata per entrambi i
casi o per l’ipotesi che ci sia qualcosa in comune tra il significato dei nomi e quello degli
enunciati.
postfazione 137
conto che il possesso del colore giallo da parte della stella della
sera è la stessa cosa del possesso di tale colore da parte della stella
del mattino. Sembra così naturale considerare l’espressione (2) re-
ferenzialmente non opaca18, in quanto essa ha lo stesso significato
dell’espressione seguente:
3) il possesso del colore giallo da parte della stella del mattino.
Ma questa coincide con la rappresentazione in forma singolare
astratta di un certo fatto, e in particolare del fatto denotato da un’al-
tra espressione:
4) il fatto che la stella del mattino ha il colore giallo.
Quindi, (1) e (4) hanno lo stesso significato. Ma allora anche (1)
risulta referenzialmente non opaca (supposto che sia vero che la stel-
la della sera si identifica con quella del mattino).
Dovendo allora cercare una correlazione tra un dato enunciato A
e «il fatto che A», siamo costretti a riconoscere che «il fatto che A»
non coincide con il senso di A; per Frege corrisponde semmai al suo
significato. Questo si correla all’indipendenza del fatto dall’espres-
sione, ossia all’indipendenza dal modo linguistico o logico con cui
gli oggetti sono denotati. È questa una peculiarità della nozione fre-
geana di significato che spiega anche l’assolutezza della sua nozione
di verità. Gli stessi fatti all’interno di una semantica di tipo fregeano
potranno essere recuperati considerandoli semplicemente come i si-
gnificati degli enunciati veri.
In questo caso bisogna assumere, sulla scorta di Frege stesso, che
ogni enunciato (indipendentemente dal fatto che sia vero o falso) ab-
bia un significato. Semplicemente, Frege nei suoi scritti canonici so-
stiene che tutti gli enunciati veri hanno lo stesso significato (il Vero) e
tutti gli enunciati falsi hanno pure il medesimo significato (il Falso).
Ma in altri scritti egli sembra sostenere che ci siano enunciati veri che
denotano il Vero ed enunciati veri che denotano fatti.
un altro dotato dello stesso significato o co-referenziale può cambiare il valore di verità
dell’intera espressione. Ad esempio, nelle frasi «Pietro crede che Franco abbia scalato il
monte Everest» e «Pietro crede che Franco abbia scalato la montagna più alta della Terra»
potrebbe accadere che la prima frase sia vera e la seconda falsa, se Pietro ignorasse che
l’Everest è la montagna più alta della Terra.
138 teodosio orlando
caso più generali delle entità numeriche, per le quali potrebbe ap-
punto valere una tesi antirealista; queste oscillazioni dipendono dal
fatto che Frege non ha sviluppato di propria iniziativa una semantica
meta-teorica, che va invece, come abbiamo mostrato in precedenza,
ricavata da cenni sparsi nei suoi scritti fondazionali).
Ricapitolando, le tesi di Frege a proposito dei valori di verità pos-
sono essere raggruppate intorno a quattro assunti principali:
1) Gli enunciati (Sätze) (anche proposizioni; talora del resto con
enunciati si traduce il tedesco Aussagen e l’inglese sentences) quando
sono completi hanno significati (Bedeutungen).
2) Il significato di un enunciato è il suo valore di verità.
3) Gli enunciati sono dello stesso tipo dei termini singolari, per
quanto riguarda la semantica del loro senso e del loro significato.
4) Il significato di un termine è un oggetto.
Per sviluppare queste tesi, Frege si serve di due princìpi detti di
«composizionalità»:
a) Il primo di essi sostiene che il significato di un’espressione com-
plessa dipende funzionalmente solo dai significati delle sue espressio-
ni componenti logicamente rilevanti.
b) Il secondo sostiene che il senso di un’espressione complessa di-
pende funzionalmente solo dai sensi delle sue espressioni componenti
logicamente rilevanti.
Partendo da questi presupposti, Frege afferma che il senso di un
enunciato (inteso come il suo valore conoscitivo, ossia il pensiero
che esso esprime) rimane lo stesso indipendentemente dal fatto che
le espressioni che lo compongono abbiano significati (indipendente-
mente ad esempio dal fatto che il termine singolare «Ulisse» denoti
un uomo reale). Ovviamente, questo impedisce di considerare il sen-
so di un enunciato come il suo significato e tanto più di equiparare i
due concetti. Inoltre, mentre i termini singolari possono essere privi
di significato, Frege nega che un enunciato possa a sua volta esserne
privo. Ad esempio, in uno scritto postumo, Introduzione alla logica,
egli sostiene:
nelle Grundlagen der Arithmetik (1884, § 65, p. 73; trad. it. pp. 302-
303), sostenendo che essa è quella che meglio delimita la nozione di
identità ai fini della fondazione della matematica sulla logica. Per
Husserl, invece, essa capovolgerebbe il vero stato di cose. Per lui,
infatti, il problema non riguarda tanto, in termini puramente logici,
la correttezza estensionale della definizione, bensì la sua priorità con-
cettuale, ossia quale coppia di nozioni debba essere assunta per spie-
gare l’altra. Frege, recensendo il libro di Husserl, sorvola invece su
questo aspetto, ritenendo semplicemente che l’unico criterio per una
corretta definizione in matematica sia costituito dal fatto che esso
conservi il significato dell’espressione definita. Nelle Grundlagen egli
appare però molto esplicito sulla questione, dato che afferma che se
vogliamo definire il parallelismo di due rette possiamo individuare
come definizione corretta quella che identifica la proposizione «la
direzione di a è la stessa che la direzione di b» con la proposizione
«a è parallela a b». Ma l’ordine di spiegazione inverso, ossia quello
che stabilisce che il parallelismo coincide con l’identità di direzione,
non coglie assolutamente il nocciolo del problema. Infatti, non è qui
neppure in questione il problema della correttezza estensionale, che è
data per scontata. Il vero problema sta nell’ordine della spiegazione.
E Frege se ne rende conto, allorché osserva, in una nota, che quello
che è qui essenziale potrebbe benissimo essere trasposto al caso dell’i-
dentità tra due numeri. Implicitamente, egli richiedeva che anche nel
caso dell’identità numerica si dovesse partire dalla definizione di que-
sta e non da quella dell’identità in generale. Quindi, si deve passare
dall’espressione «Il numero degli F è lo stesso che il numero dei G»
all’espressione «Ci sono esattamente altrettanti F quanti G» e non
viceversa (nel secondo caso si dovrebbe muovere dalla nozione di
identità, nel primo da quella di equinumerosità). Husserl, tuttavia,
nel discutere la nozione di equinumerosità focalizza alcuni problemi
che a Frege erano sfuggiti. Oltre al fatto che il filosofo di Prossnitz
individua già in Hume e poi in Schröder e Cantor l’origine di tale no-
zione a fini definitori, ne mette in luce i limiti, che vanno al di là della
sua correttezza estensionale, per cui essa è comunque sicuramente
una verità logica. Per Husserl, senza dubbio tale nozione stabilisce,
da un punto di vista logico, una condizione necessaria e sufficiente
perché l’uguaglianza tra due numeri sia valida. Ma per lui non basta
stabilire una corrispondenza biunivoca tra una molteplicità nume-
144 teodosio orlando
19 Cfr. Dummett 1991, p. 143. Il paradosso dell’analisi riguarda il modo in cui un’ana-
lisi concettuale può essere sia corretta, sia informativa. L’espressione fu coniata dal filosofo
analitico John Wisdom nel 1933, e poi ripresa, inter alios, da George Edward Moore, ma
il problema si può riscontrare già nel Menone di Platone. Una qualsiasi analisi concettuale
dovrebbe essere informativa, ossia fornirci informazioni nuove su ciò che non sappiamo
già. Ma si prenda una frase come la seguente: «Per tutti gli x, x è un fratello se e solo se
x è un congiunto maschio nato dalla stessa madre [male sibling]». Ora, si può dire che
l’espressione «fratello» rappresenta lo stesso concetto dell’espressione «congiunto maschio
nato dalla stessa madre», e la frase sembra informativa perché le due espressioni non sono
identiche. E quindi «fratello» e «congiunto maschio nato dalla stessa madre» devono es-
sere intercambiabili. Ma prendiamo ora la frase: «Per tutti gli x, x è un fratello se e solo
se x è un fratello». Essa non è informativa perché è assolutamente tautologica. Anche la
prima non sarà allora informativa, a meno di non ritenere che le due espressioni usate non
siano intercambiabili. Ne consegue che un’analisi non può essere corretta e informativa
allo stesso tempo. Non è qui il caso di esaminare come questo problema si leghi alle analisi
di Quine sull’analitico e sul sintetico a priori e sulla sinonimia o in che misura abbia a che
fare con il problema prima accennato della cosiddetta opacità referenziale.
20 Com’è noto, per il primo Wittgenstein la logica e la matematica sono composte
esclusivamente di tautologie ossia di proposizioni che sono vere «per tutte le possibilità
di verità delle proposizioni elementari» che le costituiscono (Wittgenstein 1922, 4.46).
Il fatto è che per Wittgenstein una tautologia non ha condizioni di verità, giacché è in-
condizionalmente sempre vera, come le contraddizioni sono incondizionalmente sempre
postfazione 145
false. Le tautologie, al pari di queste ultime, sono «prive di senso» (sinnlos); ad esempio,
io non so nulla a proposito del tempo quando so che o piove o non piove. Però non sono
«insensate» (unsinnig), ossia sono parte del simbolismo logico-formale, come lo zero è
parte dell’aritmetica.
21 Sull’argomento, si veda l’eccellente articolo di Paolo Spinicci (1987), il quale
osserva come l’astrazione di cui Husserl parla nella Filosofia dell’aritmetica non solo
non sia una mera operazione psicologica, ma già contenga in nuce quei caratteri della
cosiddetta «astrazione ideante» che permetterà di cogliere nella loro purezza le essenze
fenomenologiche invarianti degli oggetti logici e matematici.
146 teodosio orlando
così non solo se ci sono altrettanti elementi nella prima rispetto alla
seconda, ma anche il numero di elementi in ciascuna di esse. Benché
a Husserl questo terzo metodo appaia preferibile, in quanto apporta
maggiori informazioni e corrisponde a ciò che significa l’espressione
«esattamente altrettanti», esso può sembrare davvero orientato verso
una soluzione di tipo psicologico-evolutivo. Dummett ha rilevato ad
esempio che esso ricorda la risposta che darebbe un bambino se in-
terrogato sulla quantità di noccioline e di mele contenuta in un vaso.
Del resto Frege stesso aveva obiettato che l’atto del contare si fonda
su una correlazione biunivoca, ossia quella tra i termini numerici (da
1 a n) e gli oggetti dell’insieme stesso.
Va altresì osservato che la sequenza dei termini indicanti i numeri
cardinali che noi usiamo abitualmente quando contiamo forma una
sorta di conteggio universale rispetto a cui possiamo mettere a con-
fronto le cardinalità di concetti differenti e così fornire un mezzo per
dare una risposta alla domanda: «quanti ce ne sono?». Un altro limite
della prospettiva husserliana, almeno secondo Dummett (1991, pp.
144-145), risiede nel fatto che essa riguarda solo insiemi finiti. Se vo-
lessimo adattarla al caso degli insiemi infiniti, dovremmo parafrasare
le questioni nei seguenti termini, come ci suggerisce Dummett: dire
che ci sono altrettanti F che G equivale ad affermare che una risposta
definita alla domanda: «Quanti F ci sono?» sarà la stessa che una
risposta definita alla domanda: «Quanti G ci sono?» Ma qui ricadia-
mo nel circolo vizioso, perché potremmo dare una risposta definita
solo appellandoci alla nozione di equinumerosità. Frege si serve so-
stanzialmente di due definizioni, quella di equinumerosità nei termini
di corrispondenza biunivoca e quella di operatore di cardinalità nei
termini dell’equinumerosità; sembra invece escludere la possibilità di
definire l’identità dei numeri cardinali nei termini dell’equinumerosi-
tà. Del resto, nello scritto Logik in der Mathematik egli richiede che
ogni espressione definitoria abbia lo stesso senso di quella che viene
definita (Frege 1914, in Frege 19832, p. 224; trad. it. p. 339). Tuttavia,
anche qui sorgono dei problemi: che cosa vuol dire per lui «avere lo
stesso senso»? Nella maggior parte dei casi il criterio da lui preferito
per stabilire la sinonimia di due enunciati è quello dell’equivalenza
estensionale, come abbiamo già spiegato, ossia la coincidenza dei va-
lori di verità, e quindi avremmo a che fare piuttosto con i significati
che con i sensi. Riconoscere l’equivalenza deve essere qualcosa di im-
postfazione 147
Una delle tesi che Toth difende maggiormente nel suo saggio è quel-
la relativa alla concezione fregeana della verità, da lui identificata con
una forma di platonismo logico di stampo assolutista e dogmatico, che
si opporrebbe non solo alle concezioni costruttiviste e formaliste, ma
anche a quelle trascendentaliste-kantiane, caratterizzate dall’idea per
cui la verità dipende almeno parzialmente dalle funzioni costitutive del
22 In qualche modo questo punto di vista sembra anticipare le odierne teorie minimali-
ste e deflazioniste della verità, per cui le asserzioni che predicano la verità di un enunciato
non attribuiscono in realtà una proprietà chiamata verità a tale enunciato, nel senso che
essa non esprime alcunché che stia al di sopra e al di là dell’enunciato a cui viene attribuita.
Dice lo stesso Frege: «Vale la pena di osservare che l’enunciato “Io odoro il profumo di
violette” ha lo stesso contenuto dell’enunciato “È vero che io odoro il profumo di violet-
te”. Così, sembra che non venga aggiunto nulla al pensiero attraverso l’ascrizione da parte
mia ad esso della proprietà della verità» (Frege 1918, p. 61; trad. it. p. 48 [modificata]).
Molto simile appare la prospettiva espressa da Paul Horwich (1990, in particolare pp.
1-14; trad. it. pp. 3-12), per il quale la verità è una proprietà delle proposizioni ma è così
anomala che non ci fornisce alcuna informazione utile sulla sua natura effettiva. È fonda-
mentalmente soltanto una sorta di proprietà metalinguistica.
148 teodosio orlando
24 «One could not even say that [Frege] restricts himself to one universe. His universe
is the universe. Not necessarily the physical universe, of course, because for Frege some
objects are not physical. Frege’s universe consists of all that there is, and it is fixed» (van
Heijenoort 1967, p. 325).
150 teodosio orlando
più duttile di quelli artificiali per quanto riguarda gli usi molteplici,
sia nella vita quotidiana sia nella comunità scientifica, rispetto al lin-
guaggio costruito da un logico a tavolino. Ma come il microscopio
diventa indispensabile per gli scopi scientifici, allorché «essi richie-
dano precisione nel distinguere», così il linguaggio artificiale diventa
necessario se si deve procedere in modo logicamente rigoroso. Per
Frege, questa esigenza dovrebbe riguardare l’intera filosofia e non
solo gli studi sui fondamenti della matematica. Infatti, è l’intera filo-
sofia che corre il rischio di incorrere in confusioni ed errori nell’uso
del linguaggio naturale. Scrive infatti lo stesso Frege nella prefazione
alla Begriffsschrift:
Se è compito della filosofia spezzare il dominio della parola sullo spirito uma-
no, svelando gli inganni che, nell’ambito delle relazioni concettuali, traggono
origine, spesso quasi inevitabilmente, dall’uso della lingua e liberare così il pen-
siero da quanto di difettoso gli proviene soltanto dalla natura dei mezzi lingui-
stici, ebbene, la mia ideografia, ulteriormente perfezionata a questo scopo, potrà
diventare per i filosofi un utile strumento (1879, p. vi; trad. it. p. 106).
26 Cfr. Sereni 2013: «In a famous passage in Grundgesetze (II, § 91), as part of an ex-
tensive criticism of formalism, Frege suggests that “it is applicability alone which elevates
arithmetic from a game to the rank of a science”. Frege criticizes formalism for equating
mathematical statements with positions in a game of chess, to be transformed in accor-
dance with arbitrarily stipulated rules» (p. 94).
154 teodosio orlando
caratteri (parole) si designino gli stessi oggetti. Quando gli scienziati si saranno
accordati su questi elementi e sulle loro designazioni, allora sarà facilmente
raggiungibile il consenso su ciò che è logicamente composto per mezzo di defi-
nizioni (1906a, p. 301; rist. in Frege 19902, p. 288).
Dal momento che nel caso degli elementi originari questo non
è possibile, bisogna allora sostituire, come si afferma in Über die
Grundlagen der Geometrie, alla definizione (Definition) la sempli-
ce spiegazione (Erläuterung): ne consegue che il concetto di verità
sarebbe suscettibile solamente di spiegazione. Secondo Frege «la pe-
culiarità del nostro predicato verrebbe alla luce solo confrontandolo
con altri predicati» (ibid.).
Anche in questo caso può venirci in soccorso la polemica condot-
ta con Husserl. Infatti, secondo quanto dice Mohanty (2008), Frege
obiettò, contro la definizione euclidea di numero come «pluralità di
unità», che sulla base di essa 1 e 0 non sarebbero numeri e che la se-
rie dei numeri comincerebbe allora con 2. Husserl si accorse che una
simile obiezione avrebbe potuto essere rivolta alla sua stessa teoria
e replica all’obiezione esprimendo il suo accordo sul fatto che il nu-
mero sia una risposta alla domanda «quanti?», ma che dovrebbero
contare solo le risposte positive. Analogie con altre definizioni di enti
matematici o di altre scienze sono fuorvianti; ad esempio la posizione
spaziale dà una risposta alla domanda «dove?»; quella temporale
alla domanda «quando?». In entrambi i casi le risposte possono esse-
re sia positive, sia negative, mentre nelle definizioni di nozioni come
quella di numero o quella di verità non possiamo che presupporre
risposte affermative a domande su di esse. In qualche modo, è come
se la nozione di verità non solo fosse una componente dei princìpi di
bivalenza e del terzo escluso, ma in qualche modo li presupponesse.
Del resto, lo stesso Frege sottolinea con decisione nel già citato sag-
gio postumo Einleitung in die Logik che «un pensiero – sempre pre-
scindendo dalla fiaba e dalla poesia – è solamente o vero o falso»27.
Come ha rilevato un altro interprete, Frege applicò il cosiddetto
criterio del «surrogato dell’identità», contenuto nella Begriffsschrift,
a nomi ed enunciati, per cui la Bedeutung dei secondi coincide con il
loro valore di verità (cfr. Mendelsohn 2005). Egli, infatti, credeva che
27 «Denn ein Gedanke – immer von Sage und Dichtung abgesehen – ist nur entweder
sia gli enunciati sia i nomi stessero per i loro contenuti. Parafrasando
lo stesso Frege: «se noi abbiamo a che fare con enunciati per i quali è
rilevante il significato (Bedeutung) delle loro parti componenti, allo-
ra quale caratteristica eccetto il valore di verità può essere rinvenuta
come appartenente in modo generale a questi enunciati e che riman-
ga immodificata tramite sostituzioni del tipo appena menzionato [si
riferisce alle sostituzioni nei cosiddetti contesti obliqui]?».
Terra comparisse una mente umana, ossia che il pensiero che la Terra
gira attorno al Sole era vero anche in assenza di una mente che lo
pensasse (ovviamente invocare la mente di Dio, come avrebbero fatto
Agostino, Anselmo, Tommaso, Descartes, Malebranche, Berkeley, in
questo contesto è fuori luogo). Certo, risulta sconcertante parlare di
pensieri in assenza di esseri pensanti, perché sembra quasi una contra-
dictio in terminis. Ma per Frege i pensieri non sono necessariamente
dati dipendenti dalla mente. In qualche modo, i Gedanken fregeani
sono caratterizzabili come i contenuti giudicabili (beurteilbare Inhal-
te), come lui stesso li aveva definiti al tempo della Begriffsschrift, in
questo simili agli «obiettivi» di Meinong, ai Sachverhalte di Stumpf
e Wittgenstein, agli states of affairs di Russell (stati di cose). Sarebbe
stato quindi meglio chiamarli «pensabili» o «giudicabili», in quanto
essi sono esattamente ciò a cui rivolgiamo la nostra facoltà di giudizio,
ossia la nostra facoltà di conferire assenso (o dissenso) a un contenuto
di pensiero. Il compito della mente non consiste nel creare i contenuti
giudicabili, ma di comprendere e poi riconoscerli come veri o falsi,
ossia propriamente giudicarli.
È qui che si profila la differenza tra l’atto del pensare e i pensieri:
il primo è un’attività mentale, mentre i pensieri sono oggetti, più pre-
cisamente certi particolari oggetti di tale attività. La verità e falsità di
cui parla Frege sono invariabili, perché assunte in un dominio onto-
logico eterno e immodificabile. I pensieri, intesi come i portatori della
verità e della falsità, si presentano a noi in modo rigido e non mo-
dificabile: se sono veri, allora non solo non possono essere falsi, ma
non possono neppure diventarlo. Vale anche il reciproco: se sono fal-
si, non possono essere veri, e non possono neppure diventarlo (ecco
perché per Frege sembra assurdo che in geometria una proposizione
assunta come vera diventi poi falsa in un altro sistema assiomatico).
Questo implica che chi indaga i pensieri non dovrebbe, in logica,
considerare enunciati che sono veri o falsi a seconda di quando li si
pronuncia. Ad esempio, l’enunciato «Ilaria è all’università» è vero se
lo pronunciamo il 5 aprile del 2008, mentre è falso se lo pronuncia-
mo il 20 agosto del 2012. Abbiamo a che fare con un «cambiamento
di valore di verità» che impedisce di considerare quell’enunciato l’e-
spressione appropriata di un pensiero. Al fine di ottenere enuncia-
ti che siano espressioni corrette di pensieri, dovremmo considerare
solamente quegli enunciati in cui le designazioni indicali o deittiche
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Agostino 61n, 161 63, 73, 90, 92, 102, 103, 131, 143
Albergati, Nicolò 61n Cardano, Girolamo 43, 61
Ales Bello, Angela 9 Carl, Wolfgang 106, 127, 136, 136n
Anselmo d’Aosta 116, 161 Carnap, Rudolf 149
Archimede 73 Carroll, Lewis (Dodgson, Charles Lutwidge)
Aristotele 8, 20, 34-36, 51n, 70, 70n, 72, 13, 67
73, 102, 104, 109, 110n, 114, 119, Carus, Paul 18
119n, 123, 130, 149 Casalegno, Paolo 151
Cassirer, Ernst 112, 112n, 164
Bakunin, Michail 16n Cayley, Arthur 13, 68n, 104
Bartocci, Claudio 9 Cellucci, Carlo 119n
Baudelaire, Charles 62, 64 Černyševskij, Nikolai Gavrilovič 16
Bebel, August 78, 78n Church, Alonzo 138, 160
Bell, David 142, 154 Clarke, Samuel 95, 96
Beltrami, Eugenio 19, 66, 71 Clifford, William Kingdon 19
Berkeley, George 161 Cohen, Paul 44
Bernini, Sergio 136, 160 Colenso, John William 13
Bernoulli, Jakob 118 Cook, Wilson John 17
Bertrand, Joseph 14 Cornford, Francis Macdonald 40
Bismarck, Otto von 81 Cusano, Niccolò 61, 61n
Blanchette, Patricia A. 107, 129 Cyon, Elia de 17
Bodei, Remo 9
Boëtie, Étienne de la 71n D’Acunto, Giuseppe 9
Bolyai, János 51n, 64, 67, 69n, 72 De Caro, Mario 9
Bolzano, Bernard 118, 131, 140 Dedekind, Richard 7, 21, 22, 42, 44, 47,
Boole, George 113, 117, 133, 149 54, 60, 102, 103, 131
Brandom, Robert 154, 155 Descartes, René 61, 62n, 107, 122, 161
Bréhier, Émile 93 Di Schiena, Marco Valerio 9
Brentano, Franz 15, 106 Duhem, Pierre 14, 14n, 15, 104
Broglie, Auguste-Théodore-Paul de 16 Dühring, Karl Eugen 16, 16n, 104
Bunjakovskij, Viktor Jakovlevič 14 Dummett, Michael 105, 106, 129, 130,
Burge, Tyler 138, 140 138, 141, 142, 144, 144n, 146, 160
186 indice dei nomi
Eckhart, Johannes (Meister Eckhart) s25 Husserl, Edmund 15, 15n, 112, 118, 123,
Egidi, Rosaria 8 124, 142-145, 145n, 146, 148, 149,
Einstein, Albert 15 151, 159
Engels, Friedrich 16, 16n
Erdmann, Benno 26n, 126, 131 Kant, Immanuel 18, 102, 105, 109, 110,
Erdmann, Johann Eduard 95n, 131 111, 112, 123, 124, 129, 131, 141,
Erodoto 88 144, 147, 148, 153-155, 158, 164
Ervas, Francesca 9 Kenny, Anthony 117
Euclide 14, 17, 23, 24, 27, 27n, 35, 49, 55, Klein, Felix 19, 28n, 64, 65
56-58, 58n, 59, 60, 63, 65, 66, 67, 68, Korselt, Alwin Reinhold 76
71, 72, 73, 74, 75, 89, 105, 105n, 112, Kotelnikov, Pëtr Ivanovič 14
119n, 121, 124 Kreiser, Lothar 142
Kripke, Saul 164
Failla, Mariannina 8 Külpe, Oswald 106
Fanelli, Francesco 9 Künne, Wolfgang 122, 130, 131, 134, 138,
Ficino, Marsilio 61 135, 138, 141, 148, 149, 160
Fourier, Jean Baptiste Joseph 64
Friedman, Michael 112n Lafargue, Paul 16
Fries, Jacob Friedrich 131 Lambert, Johann Heinrich 69n
Laugwitz, Detlef 44, 67
Gabriel, Gottfried 77, 123 Latini, Micaela 9
Gauss, Carl Friedrich 16, 51n, 64, 65, 69n, Leibniz, Gottfried Wilhelm von 95, 95n,
70n, 71, 72, 164 96, 96n, 107, 117, 123, 133, 138, 142,
Gergonne, Joseph Diaz 110 144, 149
Gesù Cristo 84 Lie, Sophus 19
Gödel, Kurt 115, 115n, 138 Liebmann, Heinrich 76, 77, 95
Goethe, Johann Wolfgang von 17, 17n, 26 Liebmann, Otto 19, 49, 94, 95, 95n, 96,
Guglielmo I di Prussia 80 104
Lobačevskij, Nikolaj 14, 16, 17, 60, 64,
Hankel, Hermann 47, 60 68, 72, 74, 111
Hausdorff, Felix (citato anche con lo Locke, John 128
pseudonimo Paul Mongré) 62, 63 Lotze, Hermann 15, 106
Hegel, Georg Wilhelm Friedrich 14, 43, Löwenheim, Leopold 149
44n, 45, 155 Ludendorff, Erich Friedrich Wilhelm 80, 81
Heijenoort, Jean van 149 Łukasiewicz, Jan 114
Helmholtz, Hermann von 19, 112
Hemsterhuis, François 62, 62n Macbeth, Danielle 153, 154
Hertz, Heinrich 15 Malebranche, Nicolas 161
Hilbert, David 7, 19, 21-23, 28n, 30, 37, Mansion, Paul 19
41, 42, 55, 57, 57n, 58, 59, 59n, 60, Mariani, Mauro 109n
60n, 67, 68, 71, 72, 74, 76, 77, 102, Marx, Karl 16
107-116, 115n, 119, 126, 129, 130, Meinong, Alexius 106, 155, 161
132, 135, 149, 164 Mendelsohn, Richard 159
Hitler, Adolf 81, 83 Menger, Karl 113-115
Hobbes, Thomas 15n Mill, John Stuart 110, 111, 118, 140
Hönigswald, Richard 19 Minkowski, Hermann 15
Horwich, Paul 147n Möbius, August Ferdinand 50, 52
Hume, David 138, 143 Mohanty, Jitendra Nath 140, 159
indice dei nomi 187
Montaigne, Michel Eyquem de 71n Russell, Bertrand 17, 17n, 18n, 103, 103n,
Moore, George Edward 144, 144n 110, 114, 127, 128, 133, 140, 161, 162
Morgan, Augustus de 13
Mulligan, Kevin 142 Saccheri, Gerolamo 33, 35, 35n, 36-38,
69n, 90, 92, 105
Nečaev, Sergej Gennadievič 16n Scholz, Heinrich 84
Nobile, Italo 9 Schröder, Ernst 113, 133, 143, 149, 151
Novalis 62, 62n Schubert, Hans 28
Schuppe, Wilhelm 106
Ockham (Occam), Guglielmo di 43, 43n, Schweikart, Ferdinand Karl 69n
140 Sereni, Andrea 153
Ostrogradskij, Michail Vasil’evič 14 Séguin, Philippe 62
Sigwart, Christoph 118
Pappo di Alessandria 119, 119n Sluga, Hans 105, 106
Parmenide 40 Smith, Barry 142
Pascal, Blaise 73, 123 Socrate 24n
Pasch, Moritz 19 Spinicci, Paolo 145n
Peano, Giuseppe 19, 42, 44, 53, 55, 118n, Spinoza, Baruch 48, 72, 109
128 Stallo, John Bernard 18, 18n
Peirce, Charles Sanders 19, 113, 149, 151 Stöltzner, Michael 114n
Penco, Carlo 126 Stumpf, Carl 106, 161
Piazza, Mario 9 Szmielew, Wanda 51
Picardi, Eva 150, 151
Pieri, Mario 54, 55, 92 Tarski, Alfred 51n, 149, 164
Pitagora 124 Taurinus, Franz Adolph 69n
Platone 8, 24, 24n, 38, 39, 39n, 40, 40n, Thomae, Carl Johannes 52n, 77, 102, 126,
41, 41n, 42, 42n, 43, 45, 51n, 58n, 59, 135
64, 87, 88, 101, 144n Toccafondi, Fiorenza 9
Plotino 61, 61n, 93, 94 Tommaso d’Aquino 161
Poe, Edgar Allan 62 Trainito, Marco 9
Poincaré, Henri 17, 19, 50, 51n, 52, 65,
110, 111, 115 Uebel, Thomas 114n
Poncelet, Jean Victor 132
Popper, Karl Raimund 128, 129 Vailati, Giovanni 71
Post, Emil Leon 114 Vico, Giambattista 61, 62
Proclo 42 Vollbrecht, Renate 95n
Pünjer, Bernhard 34, 155 Voltaire (François-Marie Arouet) 66
Quine, Willard Van Orman 43, 43n, 130 Wachter, Friedrich Ludwig 69n, 70n, 72
Weber, Friedrich 81
Ramsey, Frank Plumpton 158 Wechsung, Gerd 91
Renouvier, Charles 16, 16n Weierstraß, Karl 21, 22, 47, 52n, 60, 102
Riemann, Bernhard 18, 164 Willard, Dallas 142
Ritter, Heinrich 131 Wilson, Mark 132
Robinet, André 95n Wisdom, John 144n
Robinson, Abraham 44 Wittgenstein, Ludwig 144, 144n, 150, 161
Romani, Daniela 8
Romani, Romano 7n, 8 Zermelo, Ernst 103, 103n
Rosenzweig, Franz 45 Zinger, Vasili Jakovlevič 14
Teodosio Orlando è docente di filosofia e storia presso il liceo classico statale «Dante
Alighieri» di Roma. Ha insegnato presso la Scuola di Specializzazione per l’Insegnamento
Secondario dell’Università di Roma Tre (2005-2009) e presso la Scuola Europea di Monaco
di Baviera (2011-2013). Ha collaborato con l’Enciclopedia Multimediale delle Scienze
Filosofiche di RAI Educational. Dottore di ricerca in filosofia (Università di Firenze, 1995),
specializzato presso l’università di Ginevra, allievo della Classe di Lettere e Filosofia della
Scuola Normale Superiore di Pisa, ha studiato i rapporti tra la fenomenologia husserliana
e la filosofia analitica. Ha tradotto vari saggi di filosofia e storia dal tedesco e dall’inglese.
Ha pubblicato alcuni articoli, apparsi in riviste specializzate, su Husserl, sulla didattica
della filosofia e sui rapporti tra la tradizione analitica e quella continentale. Ha redatto i
lemmi di filosofia per l’edizione 2004-2005 del Dizionario della lingua italiana di Giacomo
Devoto e Gian Carlo Oli (Le Monnier, Firenze).
Quodlibet Studio
analisi filosofiche