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«Saepe mihi cogitanti…».

Studi di filosofia tardo-antica, medievale


e umanistica offerti a Giulio d’Onofrio

a cura di
Armando Bisogno, Luigi Catalani,
Andrea Cavallini, Renato de Filippis
Il demonico Aristotele e i limiti della sua metafisica 133

ANNA MOTTA

IL DEMONICO ARISTOTELE E I LIMITI


DELLA SUA METAFISICA
(ANON. PROLL. 1, 1-12)

1. Pra`xi~: testo e contesto

Nella storia della filosofia il platonismo, che – come è noto – riconosce


una indiscussa centralità a Platone e alla sua dottrina, costruisce le sue
fondamenta su una rete di alleanze filosofiche stabilite dai successori
di Platone. Queste alleanze sono rese possibili da riflessioni nate già
in seno all’Academia con Antioco di Ascalona1. Col passare dei secoli
e l’armonizzazione di diversi orientamenti filosofici, si assiste allo svi-
luppo di un sistema di pensiero gravido di implicazioni metafisiche
e all’emergere di un «Platone platonizzato», e cioè «sistematizzato»,
che si studia a scuola secondo modalità ben strutturate. Il cursus di
studi filosofici appare, in effetti, sin da subito il riflesso di una tenden-
za sistematizzante che trova il suo compimento in itinerari didattici, i
quali delineano, per l’aspirante platonico, un percorso secondo diffe-
renti gradi di iniziazione misterica. Dalle prime letture preparatorie si
passa all’Isagoge di Porfirio, scritto che lascia intravedere il carattere
propedeutico che i testi aristotelici rivestono rispetto a quelli plato-
nici2. Lo studio di questa introduzione porfiriana alla logica aristote-

1
Questo contributo, che rimanda strutturalmente ai modi di composizione
esegetica della tarda Antichità, vuole essere un omaggio in segno di gratitudine a
Giulio d’Onofrio, le cui lezioni, durante gli anni del dottorato FiTMU, hanno in-
ciso sul mio studio dei Prolegomena alla filosofia di Platone. – Cf. MARCO TULLIO
CICERONE, Academica posteriora, I, ed. O. Plasberg, Stuttgart 1922, p. 7, 15-17, e
NUMENIO DI APAMEA, Fragmenta, 24, ed. È. Des Places, Paris 1973 (Collection des
Universités de France. Série grecque, 226), p. 66, 15-35. Cf. anche C. BRITTAIN, Phi-
lo of Larissa. The Last of the Academic Sceptic, Oxford 2001, pp. 220-248; G. KARA-
MANOLIS, Plato and Aristotle in agreement? Platonists on Aristotle from Antiochus to
Porphyry, Oxford 2006, pp. 44-84; D. SEDLEY, Antiochus as historian of philosophy,
in The Philosophy of Antiochus, a c. di D. Sedley, Cambridge 2012, pp. 80-103.
2
Cf. PORFIRIO DI TIRO, Isagoge, 1, ed. A. Busse, Berlin 1887 (CAG, 4.1) p. 1,
9-16. Sul curriculum e sull’Isagoge nel curriculum, cf. PH. HOFFMANN, What was
134 Anna Motta

lica costituisce il primo imprescindibile momento per la costruzione


di un sistema di pensiero che comprende e armonizza al suo interno
dottrine aristoteliche e platoniche3. Ed è sull’importanza di questa ar-
monizzazione che riflette il neoplatonico Elia nel proemio apposto al
suo Commento alle Categorie: se è vero che gli interpreti di Platone
non possono trascurare Aristotele, allora anche gli esegeti di Aristo-
tele non dovranno trascurare di conoscere Platone. Infatti, i curricula
filosofici, e in particolare quelli aristotelico e platonico, seppur divisi
in piccoli e grandi misteri, non sono slegati: la posizione degli scritti
aristotelici, immediatamente precedente allo studio dei dialoghi, deve
contribuire a mostrare la sinfonia del pensiero del più noto allievo di
Platone con quello del suo maestro4.
Il presente contributo si propone, dunque, di prendere in esa-
me una piccola parte della storia della didattica platonica di epoca
tardo-antica, da cui ritagliarne una ancora più piccola per mettere
in luce l’importanza di ‘raccordare’, nonostante alcune difficoltà,
la lettura di Aristotele a quella di Platone. Obiettivo è discutere di

Commentary in Late Antiquity? The Example of the Neoplatonic Commentators,


in A Companion to Ancient Philosophy, a c. di M. L. Gill - P. Pellegrin, Oxford
2006, pp. [597-622], pp. 607-610. Sul ruolo di questo scritto all’interno del cur-
riculum, cf. A. MOTTA, Problemi di filologia filosofica: la letteratura isagogica, in
«Rendiconti dell’Accademia di Archeologia Lettere e Belle Arti 2019-2020», 80
(2021), pp. 107-123.
3
Nel curriculum la consequenzialità tra i due grandi filosofi implica l’ammis-
sione dell’esistenza di un accordo dottrinale tra Platone e Aristotele cui fa riferi-
mento Elia nel Commento alle Categorie cit. infra. Cf. H. D. SAFFREY, Comment
Syrianus, le maître de l’école néoplatonicienne d’Athènes, considérait-il Aristote?,
in Aristoteles: Werk und Wirkung. Festschrift für Paul Moraux, a c. di J. Wiesner,
2 voll., Berlin - New York 1987, II, pp. 205-214; A. SHEPPARD, Proclus’ Philosoph-
ical Method of Exegesis: The Use of Aristotle and the Stoics in the «Commentary
on the Cratylus», in Proclus lecteur et interprète des Anciens. Actes du Colloque
international du CNRS (Paris, 2-4 octobre 1985), a c. di J. Pépin - H. D. Saffrey,
Paris 1987, pp. 137-151; I. HADOT, Athenian and Alexandrian Neoplatonism and
the Harmonization of Aristotle and Plato, Leiden - Boston 2015, pp. 54-136.
4
Cf. ELIA, In Aristotelis Categorias Commentaria, 123, ed. A. Busse, Berlin
1900 (CAG, 18.1), p. 123, 9-11. Sul ruolo dei Commenti alle Categorie nella didat-
tica tardo-antica, cf. I. HADOT, The Role of the Commentaries on Aristotle in the
Teaching of Philosophy according to the Prefaces of the Neoplatonic Commentaries
on the «Categories», in Aristotle and the Later Tradition, a c. di H. Blumenthal -
H. Robinson, Oxford 1991, pp. 175-189. Sulla creazione del sistema platonico e
suoi alleati, cf. F. FERRARI, La nascita del platonismo, in Princeps philosophorum.
Platone nell’Occidente tardo-antico, medievale e umanistico, a c. di M. Borriello
- A. M. Vitale, Roma 2016 (Institutiones, 5), pp. 13-29. Sul cursus aristotelico e
platonico, cf. P. GOLITSIS, Les Commentaires de Simplicius et de Jean Philopon à la
«Physique» d’Aristote, Berlin - New York 2008, pp. 8-16.
Il demonico Aristotele e i limiti della sua metafisica 135

metafisica alla maniera degli antichi Platonici, ossia attraverso gli


spunti testuali che generano la pratica dell’annotazione al testo. Si
cercherà di offrire una pra`xi~ attraverso una levxi~ – molto simile a
una esegesi kata; lhvmmata – la quale permette più di una semplice
esplicitazione di parole, ed è quindi quasi una qewriva, che, però,
strutturalmente è collocata alla fine di questo saggio ed è deputata
a raccogliere le osservazioni conclusive5. Il testo che qui si vuole an-
notare con indicazioni esegetiche, che talvolta si appoggiano ad altri
testi e rimandano a un sintetico apparato di note a piè pagina, è in
realtà già un insieme di appunti e note. Infatti, i Prolegomena alla
filosofia di Platone consistono nella raccolta e nell’organizzazione
di note da parte di un anonimo studente di Olimpiodoro, durante
il corso introduttivo a Platone che si teneva intorno alla metà del VI
secolo d. C. nella scuola neoplatonica di Alessandria6. Essi costitu-
iscono l’unico scritto di introduzione neoplatonica a Platone per-
venutoci e sono posti all’inizio del curriculum platonico, cioè prima
della lettura dei dialoghi.

2. Levxi~ (o esegesi kata; lhvmmata)

Nel neoplatonismo alessandrino il passaggio dalla lettura di Aristotele


a quella di Platone è segnato dalle righe 1-12 della p. 1 dell’edizione
curata da Leendert G. Westerink, Jean Trouillard e Alain Ph. Segonds
dei Prolegomena alla filosofia di Platone7. In questa sezione che apre
i Prolegomena, fungendo da premessa non solo al primo kefavlaion,
ma all’intero cursus di studi su Platone, l’anonimo estensore invita a
riflettere sui ‘limiti metafisici’ della Metafisica aristotelica, sulle qualità
di Aristotele e sulle caratteristiche dello studente che va introdotto
al nuovo modello metafisico platonico. Rilevante è il fatto che per

5
Per la forma dei commentari, cf. A. J. FESTUGIÈRE, Modes de composition
des Commentaires de Proclus, in «Museum Helveticum», 20 (1963), pp. 77-100.
6
Cf. Prolegomeni alla Filosofia di Platone, a c. di A. Motta, Roma 2014, p. 51-
53 e A. MOTTA, Platone nelle università del mondo antico. Gli appunti di un anoni-
mo studente della metà del VI sec. d.C., in «Intersezioni» 38/2 (2018), pp. 145-168.
7
L’edizione del testo è stata curata da L. G. Westerink con il titolo ANONY-
MOUS, Prolegomena to Platonic Philosophy, Amsterdam 1962. Dal 1990 è disponi-
bile anche una traduzione francese che affianca la revisione della prima edizione
critica con il seguente titolo: Prolégomènes à la philosophie de Platon, edd. L. G.
Westerink - J. Trouillard - A.-Ph. Segonds, Paris 1990 (Collection des Universités
de France. Série grecque, 335). È da quest’ultima edizione che si cita, e che in se-
guito viene indicata con il titolo latino.
136 Anna Motta

presentare Platone e il suo pensiero sia necessario segnalare sin da


subito a livello lessicale e attributivo la differenza tra i due filosofi,
l’uno daimovnio~ e l’altro – come emergerà nel corso delle lezioni e
già a partire dal primo kefavlaion – qei`o~8. Ecco il testo al centro di
questa pra`xi~:

oJ mevn daimovnio~ ÆAristotevlh~ th`~ qeologikh`~ aujtou`


filosofiva~ ajrcovmeno~ pavnta~ ajnqrwvpou~ e[fh tou` eijdevnai
ejfivesqai, kai; touvtou pivstin th;n tw`n aijsqhvsewn e[legen
ajgavphsin: dia; tou`to ga;r ta;~ aijsqhvsei~ ajgapw`men, i{na
ginwvskwmevn ti. faivhn d᾽a]n ejgw; th;n Plavtwno~ tou`to
peponqevnai: pavnta~ ga;r ajnqrwvpou~ ejsti;n ijdei`n w{sper
e[k tino~ phgh`~ ajruvsasqai boulomevnou~ ejk tauvth~ o{son
e{kasto~ crhvsimon oijhqh/:` pavnta~ de; levgw touv~ ge kata; fuvsin
e[conta~ kai; mh; ajteravmona~ o[nta~ kai; divkhn nukterivdwn
mh; dunamevnou~ ajntwpei`n hJliakw`/ fwtiv, oi} movna ta; aijsqhta;
oijovmenoi ei\nai tw`n nohtw`n oujdemivan tivqentai frontivda.

Il demonico Aristotele, all’inizio del suo trattato sulla Teologia,


disse che tutti gli uomini desiderano sapere e affermava che
prova di ciò è la gioia nelle sensazioni: in effetti per tal motivo
amiamo le sensazioni, per conoscere qualcosa. Io potrei per-
tanto dire di provare ciò per la filosofia di Platone: da questa
infatti, come da una fonte, è possibile vedere che tutti gli uo-
mini vogliono attinger[vi] quanto ciascuno crede sia utile. In-
tendo certamente tutti gli uomini che hanno qualità naturali e
non quelli di natura dura e che, come civette, sono incapaci di
guardare direttamente la luce del sole, i quali, credendo che ci
siano soltanto le cose sensibili, non si pongono alcun pensiero
degli intelligibili9.

Si propongono qui l’individuazione e l’esame di sei lemmi cruciali per


comprendere il nucleo di questa premessa.

8
Platone è definito qei`o~ in più luoghi dei Prolegomena e per esempio in
ANONIMO, Prolegomena in Platonis philosophiam, 1; 5; 22; 23; 28, edd. Westerink
- Trouillard - Segonds cit., pp. 2, 25; 7, 1; 35, 60; 36, 31; 44, 18.
9
La traduzione è di MOTTA, Prolegomeni alla Filosofia di Platone cit., pp.
86-87.
Il demonico Aristotele e i limiti della sua metafisica 137

a v. oJ mevn daimovnio~ ÆAristotevlh~

Come invitano a considerare e gli studi critici sulla letteratura intro-


duttiva, i prologhi hanno una dimensione programmatica nella misura
in cui fissano le regole dell’interpretazione10. La premessa al testo dei
Prolegomena – testo che è esso stesso un prologo al corso platonico –
apre la via comunicativa tra il maestro e lo studente, e si inserisce in
una situazione storico-filosofica in cui la didattica su Platone deve ri-
flettere, attraverso le regole della pratica esegetica, precise assunzioni
filosofiche. Merita quindi di essere evidenziata anche la maniera attra-
verso la quale i contenuti trovano espressione: per esempio, il termine
daimovnio~, in posizione attributiva e in sede incipitaria, va a costituire
la chiave di lettura dell’intera premessa a queste lezioni su Platone.
Nella traduzione offerta si è optato per l’aggettivo «demonico»
che, a differenza del più neutro «straordinario», permette di cogliere
un nesso molto importante tra la didattica su Aristotele e quella su
Platone. Tale scelta è, inoltre, motivata dall’uso platonico del termine
daivmwn, che ha influenzato, non solo linguisticamente ma anche con-
cettualmente, alcuni sviluppi successivi e – a quanto pare – la stessa
attribuzione di esso, in questa sede, ad Aristotele. Invitando a conce-
pire una scala didattica che riflette una gerarchia degli esseri, il dèmo-
ne mediatore del Simposio viene nel neoplatonismo impersonato da
Aristotele, al quale spesso i commentatori attribuiscono l’epiteto «de-
monico»11. Infatti, lo studio della sua dottrina è propedeutico a quello
della dottrina platonica, cioè in una scala studiorum viene prima del
divino lovgo~ platonico ma dopo alcune letture preliminari. Gli scritti

10
Mi limito a rimandare a PH. HOFFMANN, La fonction des prologues ex-
égétiques dans la pensée pédagogique néoplatonicienne, in Entrer en matière: les
prologues, a c. di B. Roussel - J.-D. Dubois, Paris 1998, pp. 209-245; S. VAN DER
MEEREN, Protreptique et isagogique : les vestibules de la philosophie, in When Wis-
dom Calls: Philosophical Protreptic in Antiquity, a c. di O. Alieva - A. Kotzé -
S. Van der Meeren, Turnhout 2018, pp. 497-454; A. MOTTA - F. M. PETRUCCI, a
c. di, Isagogical Crossroads from the Early Imperial Age to the End of Antiquity,
Leiden-Boston 2022.
11
Cf. PROCLO DIADOCO, Theologia Platonica, I, 9, edd. H. D. Saffrey - L. G.
Westerink, 6 voll., Paris 1968 (Collection des Universités de France. Série grec-
que, 188, 230, 264, 282, 311, 379), I, pp. 35, 24 - 36, 1; OLIMPIODORO, In Platonis
Alcibiadem Commentaria, 218, ed. L. G. Westerink, Amsterdam 1956, p. 136,
15; SIMPLICIO, In Aristotelis Physicorum Libros Quattuor Posteriores Commentaria,
VIII, ed. H. Diels, Berlin 1895 (CAG, X), p. 1359, 5. Sul significato del termine
a partire dall’esegesi del Simposio, cf. ERMIA ALESSANDRINO, In Platonis Phaedrum
Scholia, I, edd. C. M. Lucarini - C. Moreschini (Bibliotheca Scriptorum Graeco-
rum et Romanorum Teubneriana), Berlin-Boston 2012, pp. 42, 5 - 43, 9.
Il demonico Aristotele e i limiti della sua metafisica 147

3. Qewriva: la teologia neoplatonica

La premessa al testo dei Prolegomena indica, nel complesso, che la


teologia platonica trascende tutte le altre, e trascende anche la teolo-
gia aristotelica, perché il suo Principio Primo trascende l’Intelletto52.
In effetti, mentre Aristotele ha posto l’Intelletto come principio di
tutte le cose, Platone ha dimostrato – scrive l’Anonimo – che al di
là dell’Intelletto e di tutte le cose c’è l’Uno. A questa, comunemente
accettata, differenza tra i due filosofi, l’Anonimo ne aggiunge un’altra
di grande rilievo speculativo: discostandosi dall’interpretazione ari-
stotelica proposta dall’alessandrino Ammonio53, l’autore del testo dei
Prolegomena invita a concepire l’Intelletto non soltanto come causa
finale54. Secondo l’Anonimo è, invero, proprio della metafisica plato-
nica e non di quella aristotelica l’attribuzione all’Intelletto della cau-
salità finale ed efficiente del mondo fisico e l’identificazione del Pri-
mo Principio, ossia l’Uno, con la Causa comprensiva e finale di tutti
gli esseri.
Nel trarre le conclusioni di questa pra`xi~ condotta attraverso
l’esegesi di un passo dei Prolegomena – al quale è stato necessario
accostare riferimenti ad altri filosofi, ma anche alcune argomentazio-
ni presentate nei kefavlaia del testo anonimo – va osservato che la
metafisica aristotelica, pur introducendo il concetto di trascendenza,
lo usa solo per indicare un principio che ha il ruolo di causa finale e
non anche efficiente. Se, quindi, Aristotele si è limitato a teorizzare
l’esistenza della causa finale, ne deriva che la causa prima aristote-
lica – non interamente trascendente – deve essere concepita esclu-
sivamente come oggetto di desiderio universale e non come causa
generatrice del sensibile. Secondo quanto si legge nei Prolegomena,
manca, dunque, nel sistema aristotelico, una causa efficiente che non
sia solo principio di movimento, ma che, in quanto produttrice di
esistenza, possa spiegare la generazione del mondo fisico. E l’Intel-

52
Cf. PROCLO, Theologia Platonica, I, 3, 13, edd. Saffrey - Westerink cit., I,
p. 13, 6-23.
53
Cf. SIMPLICIO, In Aristotelis De caelo commentaria, ed. I. L. Heiberg, Berlin
1894 (CAG, 7), p. 271, 11-21; ID., In Aristotelis Physicorum Libros Quattuor Po-
steriores Commentaria, VIII, 1363, ed. Diels cit., p. 1363, 8-12.
54
Cf. ANONIMO, Prolegomena in Platonis philosophiam, 9, edd. Westerink
- Trouillard - Segonds cit., p. 14, 29-31 e p. 15, 34-35. La problematicità della
questione è avvertita sia dagli antichi commentatori sia dagli aristotelisti moderni:
cf. E. BERTI, Il rapporto tra causa motrice e causa finale nella «Metafisica» di Ari-
stotele, in La scienza e le cause a partire dalla «Metafisica» di Aristotele, a c. di F.
Fronterotta, Napoli 2010, pp. 351-382.
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letto aristotelico acquisisce il ruolo di causa efficiente solo a condi-


zione che – a differenza di quanto emerge nella Metafisica – esso non
contempli esclusivamente se stesso, ma anche i modelli eterni. È ne-
cessario, dunque, che il sistema teologico aristotelico presupponga
la causa esemplare anch’essa, però, rilevata assente nel discorso te-
ologico dello Stagirita. Si potrebbe a questo punto aggiungere, con
Simplicio, che Platone riceve l’attributo «divino», poiché, oltre a un
principio interamente trascendente, scopre e riconosce, qualifican-
dolo correttamente in termini causali, nel dio intellettivo il creatore
del mondo55.

55
Cf. SIMPLICIO, In Aristotelis Physicorum Libros Quattuor Posteriores Com-
mentaria, VIII, ed. Diels cit., p. 1359, 8-10.

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