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Breve introduzione alla teoria dei modelli

di Sirio Pasquini

Questo breve elaborato vuole servire a dare unidea generale di ci` che o va sotto il nome di teoria dei modelli. La teoria dei modelli permette di dare alla matematica una struttura completamente logica, nel senso che attraverso di essa ` possibile ottenere una rappresentazione formale di ogni teoria e matematica esprimibile esclusivamente attraverso strumenti logici (proposizioni, predicati, regole di inferenza. . . ). Si pu` infatti sempre pensare che o ogni teoria matematica possa essere ricondotta sotto il suo formalismo, nonostante la gran perte degli studiosi del campo, faccia matematica senza usare esplicitamente la teoria dei modelli e senza preoccuparsene troppo; se si pensa che la sua denizione come area di ricerca a s` stante risale al XX e secolo, ci si rende conto che generazioni di matematici ne hanno fatto a meno per tanto tempo. In eetti se la sua utilit` fosse limitata ad un mero strua mento descrittivo, un simile comportamento sarebbe ancora adottato, ma la sua importanza va ben oltre. Limportanza che ha la teoria dei modelli ` dovuta alla possibilit` che ore di separare le frasi nel linguaggio della e a matematica dalla loro interpretazione e validit` sugli oggetti matematici. a Questa possibilit` pu` avere unimportanza fondamentale per comprendere a o no in fondo la dipendenza logica tra ipotesi e tesi ed i limiti di validit` delle a leggi. Lo scopo di questa trattazione e rendere esplicito (o almeno il pi` posu sibile) la precedente frase. Per fare ci` saranno per` necessari un po di o o denizioni e di noioso formalismo. Si ` cercato di evitare i tecnicismi, le noe tazioni pesanti e le dimostrazioni rigorose per rendere la trattazione adatta ad un pubblico il pi` eterogeneo possibile, ma per limiti intrinsechi dellauu tore e forse anche della materia, non si ` potuta evitare un inconfondibile e aroma matematico. Si considerano prerequisiti i concetti di insieme, funzione ad un livello intuitivo ed alcuni rudimenti del calcolo proposizionale e predicativo1 con un dettaglio non superiore di quello adoperato nei corsi delle scuole superiori. In tutta la trattazione si far` riferimento alla teoria a del primo ordine che, anche se limitata in potenza descrittiva, permette di aerrare pi` velocemente lo spirito della materia essendo pi` intuitiva. Si u u far` comunque un breve cenno agli ordini successivi in 4. a
Un eccellente testo che va oltre lintroduzione qui necessaria per il calcolo degli enunciati ` [Lemmon(1975)]. e
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Linguaggi del primo ordine

Come si ` detto, la teoria dei modelli riguarda il linguaggio e la sua ine terpretazione sugli oggetti a cui esso ` riferito. Per prima cosa ` dunque e e necessario specicare meglio quello che si intende per linguaggio; per ora il suo obbiettivo principale sar` poter costruire sentenze che faranno riferia mento ad elementi primitivi (punti, insiemi,. . . ), alle relazioni e alle funzioni fra di essi. Pi` formalmente, un linguaggio predicativo del primo ordine ` un u e insieme L di simboli, ciascuno appartenente ad una delle seguenti categorie: simboli di costante: servono per indicare elementi particolari del linguaggio (si pensi allo 0 per laritmetica degli interi in Z); simboli di variabile: servono per esprimere gli elementi generici. In eetti, ` sempre comodo e non restrittivo (nel senso che ` del tutto e e innocuo) supporre che ce ne sia sempre una quantit` arbitraria, in moa do che da non porre limiti al numero di elementi generici che possano essere usati nelle frasi; simboli di relazione: servono per esprimere le propriet` e le relazioni a tra gli elementi. Ogni simbolo di relazione ` n-ario per qualche n 1, e nel senso che riguarda n elementi primitivi; simboli di funzioni: servono ad indicare elementi che dipendono in qualche modo da altri elementi. Possono essere ricondotti a particolari simboli di relazione: se un simbolo di funzione dipende da m elementi, si otterr` un simbolo di relazione m + 1-ario, che mette in relazione a ciascuna congurazione degli m simboli in ingresso con il risultato. Si supporr` di aver fatto questa riscrittura per tutto il resto della a trattazione. Inoltre per la formazione delle proposizioni si useranno i simboli dei connettivi: , , , e , (rispettivamente con il signicato di non, e, o, se . . . allora e se e solo se), le parentesi (con lo scopo di denire delle gerarchie) e i quanticatori e (rispettivamente esiste e per ogni). Se si ` infastiditi dal fatto che si faccia uso di simboli esterni al linguaggio, si e pu` sempre pensare di estendere L in modo che contenga anche tali simboli o deniti appartenenti ad una categoria speciale. Come ` noto, si potrebbe e fare a meno di qualche connettivo, essendo infatti possibile esprimerne alcuni come combinazione di altri, ma ` innocuo e certamente pi` comodo e u prenderli in considerazione tutti. Inne si segnala che alcuni autori deniscono anche un simbolo speciale di identit` assieme ai precedenti2 . Secondo a la formalizzazione qui presentata si pu` comunque inserire lidentit` come o a simbolo di relazione 2-ario.
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per esempio si veda [Chang-Keisler(1980)].

Una volta dati i simboli ` necessario denire una sintassi cio` le regole e e di utilizzo di tali simboli al ne costruire delle sentenze o asserzioni. La costruzione avviene dando delle regole basilari, utilizzabili iterativamente per costruire frasi sempre pi` complesse. Si deniscono innanzitutto formule u atomiche i simboli di relazione (e funzione) opportunamente completati con simboli di costante o variabili; dato cio` R simbolo di relazione n-ario di e L , e presi s1 , . . . , sn fra i simboli di costante e variabile (arbitrariamente), allora R(s1 , . . . , sn ) e una formula atomica; tutte le formule atomiche sono del tipo precedente, al variare dei simboli nel linguaggio L . A questo punto si deniscono le formule ben formate (fbf dora in poi) a partire dalle seguenti regole: data formula atomica, () e fbf; date e fbf, allora sono fbf (), ( ), ( ), ( ) e ( ); data fbf e x simbolo di variabile, allora (x ) e (x ) sono fbf. Si fa notare che in alcuni testi si chiamano predicati le fbf contenenti almeno un quanticatore qualsiasi mentre ci si riferisce alle altre come proposizioni. Per la loro stessa denizione, le fbf sono costruite in modo induttivo (per passi successivi). I mattoni fondamentali sono le formule atomiche e le fbf sono combinazioni di formule atomiche tramite connettivi e quanticatori. Data quindi una fbf , si possono prendere in considerazione tutte le fbf che intervengono nella sua costruzione, dette le sottoformule di . Sia ora x un simbolo di variabile che compare in ; esso ` detto vincolato se per ogni e volta in cui compare, esiste una sottoformula contenente quelloccorrenza particolare di x e tale che la sottoformula immediatamente successiva nella costruzione di contenente ` della forma x oppure x . Il simbolo di e variabile x ` detto libero altrimenti. Sostanzialmente un simbolo di variabile e ` vincolato se ogni volta che compare esso fa riferimento ad un quanticae tore. Si deniscono enunciati di L le fbf che non contengono simboli di variabile liberi. La ragione di questa ulteriore scrematura, sar` pi` chiara a u in seguito quando sar` denita la semantica per gli enunciati. Per ora ci si a accontenti di intuirne il senso considerando che, poich i simboli di variabile e serviranno ad indicare elementi generici, non sarebbe chiaro che senso dar loro se comparissero liberi da quanticatori: la frase ` da intendersi riferita e a tutti gli elementi, solo ad alcuni, o magari ad uno? Gli enunciati rappresentano quindi le frasi sensate nel nostro linguaggio (da intendersi qui come sintatticamente corrette). Ora ` possibile comine ciare a parlare di una teoria. Una teoria in un linguaggio L ` un qualsiasi e insieme T (non vuoto) di enunciati di L , che sono chiamati gli assiomi di T . Il calcolo proposizionale e predicativo del primo ordine ci permettono, utilizzando delle regole di deduzione (prove condizionali, ragionamenti per 3

assudo. . . ) di derivare delle nuove proposizioni assumendo quelle di T . In simboli si indica con T , per dire che dalla teoria T deriva o si deduce lenunciato . Si faccia attenzione al fatto che le frasi di T non hanno ancora un vero e proprio signicato: ci si limita a pensare agli assiomi come punti di partenza per un un procedimento di deduzione squisitamente formale e che di fatto a questo punto non ha alcuna interpretazione a s` (per quanto le e regole che segue ci sembrino familiari e imparentate con le normali deduzioni logiche di tutti i giorni); ai simboli di variabile costante e relazione non ` associato alcun signicato. Si vedr` nella prossima sezione come avviene e a questa interpretazione. Per la natura del procedimento di deduzione formale, vi sono alcune caratteristica che una teoria pu` soddisfare. La pi` importante ` la coerenza: o u e T ` coerente se non esiste un enunciato in L per il quale valga T e e T (). In sostanza si richiede che T non contenga contraddizioni, poich e discende dalle regole di deduzione in s` e senza bisogno di alcuna ipotesi e il principio secondo cui se si deduce qualcosa, non deve essere possibile dedurne anche il contrario3 . Si pu` poi richiedere agli assiomi di T di essere o indipendenti; un enunciato che appartiene a T ` indipendente se (la teoria e ottenuta eventualmente togliendo da) T non deduce la stessa o la sua negazione: in simboli ` indipendente da T se T \ {} e T \ {} . e Lidea dellindipendenza per una teoria ` di garantire che i suoi assiomi non e contengano inutilmente frasi che sono gi` delle deduzioni; non ci sono per` a o principi legati al procedimento di deduzione che la impongano. Diventa importante quando si vuole comprendere a fondo la dipendenza logica dei risultati: da quali ipotesi seguono quali conseguenze? Si noti inoltre che presa una teoria, pensare di eliminare gli assiomi non indipendenti no a renderla costituita da soli indipendenti non ` cos` scontato come pu` seme o brare a prima vista: come si fa infatti ad essere certi di avere nito? Non ` detto che un enunciato sia sempre deducibile, ossia se lui o la sua negae zione possano essere dedotti a partire da una teoria. Nel caso in cui ci` sia o garantito, la teoria ` detta completa; per qualsiasi suo enunciato , allora o e T o T (o entrambi nel caso in cui non sia coerente).

Strutture del primo ordine

Finora si ` parlato soltanto dei linguaggi, adesso si introdurr` la semantica, e a cio` il modo di mettere in relazione il linguaggio con il signicato. Innane zitutto ` necessario chiarire quali sono gli oggetti che sottendono ad un e linguaggio. Si denisce struttura del primo ordine M una coppia di insiemi
questo non signica che le regole lo vietino o lo impediscano, semplicemente il fatto di avere una contraddizione ` in ulteriore contraddizione con tale principio dedotto da ogni e teoria.
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A e P , A ` detto insieme degli individui e P delle relazioni 4 . Su A non si e fanno ulteriore ipotesi, mentre si richiede che una relazione R P non sia altro che un sottoinsieme del prodotto cartesiano di A con s` stesso per n e volte (cio` R A A A) per qualche n intero; la relazione R di P ` e e detta n-aria. A questo punto dovrebbe risultare piuttosto intuitivo come si possa denire linterpretazione dei simboli di un linguaggio L . Essa ` data e dalla funzione o mappa di interpretazione I, una funzione denita da un sottoinsieme di L a valori in A P , in modo da mappare simboli di costanti in individui e simboli di relazione n-ari in relazioni n-arie. Un enunciato di L ` denito in M se ogni simbolo di costante e relazione che compare e in , appartiene al dominio di denizione di I (cio` ogni simbolo in ` e e interpretabile tramite I con un elemento di M ). A questo punto si pu` dare o un set di regole anch risulti denita la validit` in M per gli enunciati di e a L deniti in M , molto similmente a come si ` visto per la denizione di e fbf. Dato un enunciato denito in M si dice che esso ` vero o falso in M e secondo le seguenti regole: e sia un enunciato denito in M del tipo (R(c1 , . . . , cn )) (cio` costruito a partire da una formula atomica); allora ` detto vero se il e vettore costituito dalle immagini di (s1 , . . . , sn ) tramite la mappa di interpretazione, appartiene al sottoinsieme di A A denito dalla relazione immagine di R tramite I. Nel caso contrario (che il vettore non vi appartenga), ` detto falso in M ; e date e enunciati deniti in M , allora risultano altrettanto deniti in M gli enunciati (), ( ), ( ), ( ) e ( ). Per ciascuno di essi il loro valore viene determinato a partire dalle ben note tabelle di verit` dei connettivi logici; a e se ` un enunciato denito in M del tipo (x ) o (x ) (con fbf) in cui il simbolo di costante x non compare in (e dunque stesso ` un enunciato), allora il valore di verit` di ` uguale a quello di . e a e Altrimenti se x vi compare, si supponga innanzitutto di estendere il linguaggio L aggiungendo un simbolo di costante per ogni individuo di A che non sia gi` precedentemente interpretato da I e di ridenire a quindi la mappa di interpretazione in modo che per ogni individuo esista un simbolo che lo esprime. Fatto ci` x risulta vera se tutti o gli enunciati ottenuti da sostituendo volta per volta ad x lo stesso simbolo di costante associato ad un individuo di A (al variare degli individui in A) sono veri in M ; ` falso altrimenti. Similmente x e risulta false se tutti gli enunciati ottenuti da sostituendo ad x lo
non si faccia confusione con i simboli di relazione. A questo punto i due concetti sono completamente separati, anche se come si vedr` a breve ed ` intuitivo, saranno a e strettamente connessi dalla semantica.
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stesso simbolo di costante associato ad un individuo di A sono veri in M e vera altrimenti. Questo procedimento ` noto in letteratura con il nome di semantica di e Tarski. Per dire in simboli che ` vera in M si usa M |= , se ` falsa e e M |= . Si prenda in considerazione ora un linguaggio L ed una struttura del primo ordine M , con una mappa dinterpretazione I da L a M . Si pensi inoltre di avere una teoria T di L . M ` un modello per T se ogni enunciato e di T risulta (denito e) vero in M ; in tal caso si dice che M soddisfa T e che T ` soddisfabile. Per le propriet` del procedimento formale di deduzione e a del linguaggio predicativo e grazie alle denizioni che abbiamo dato in precedenza, si ottiene la confortante propriet` che ogni enunciato dedotto da a T risulta vero in M ; cio` se T allora M |= . Questo implica da s` che e e una teoria contraddittoria (non coerente) non pu` avere un modello, poich o e la nostra semantica non permette ad un enunciato denito di essere contemporaneamente vero e falso. In realt` vale anche il viceversa5 , nel senso che a ogni teoria coerente ` soddisfabile. Possiamo dunque dire che: e e e Teorema. Una teoria T di un linguaggio L ` coerente se e solo se ` soddisfabile.

Un esempio importante

Dovrebbe ora risultare chiara la dierenza tra i concetti di deducibilit` e a verit` in un modello. Si supponga di voler studiare matematicamente loa getto M , struttura del primo ordine e di sviluppare quindi un linguaggio L e una teoria T , ovviamente soddisfatta da M . Un enunciato di L pu` o essere considerato vero in due modi (immaginando che sia denito in M ): da una parte se ` deducibile per T , e dallaltra se lo ` in M tramite lintere e pretazione I. Come si ` detto se ` deducibile risulta automaticamente vero e e in M , ma pu` succedere che il contrario non accada; cio` un enunciato vero o e in M tramite la mappa dinterpretazione e le regole di semantica, pu` non o essere deducibile a partire da T e dunque non lo si pu` pensare strettamente o collegato alla teoria. Limportanza della teoria dei modelli sta proprio nel discriminare ci` che ` vero in una teoria matematica in quanto frutto di o e deduzione da ci` che lo ` invece solo in un particolare modello, anche se si o e ` sviluppato linguaggio e teoria a partire da esso. e Per rendere pi` chiara questa distinzione si vuole presentare un semplice u esempio celebre in letteratura: quello delle geometrie non euclidee. Si tratt` o infatti dellevento storicamente scatenane che costrinse i matematici a porsi il problema che port` alla nasciata della teoria dei modelli. Di fatto si o tratta di un esempio in cui M |= ma T . Si noti che anch ci` sia e o
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Si veda [Chang-Keisler(1980)] per la dimostrazione

possibile si deve avere che risulti indipendente dagli assiomi di T (e quindi una simile situazione non pu` vericarsi per una teoria completa, dove tutti o gli enunciati sono decidibili). Per comprenderlo a fondo ` necessario per` e o tornare un po indietro nella storia. . . Il matematico e losofo greco Euclide (300 a.c. circa), scrisse il celebre trattato di geometria Elementi. In tale libro Euclide, dando alcune denizioni di base, dimostrava un certo numero di risultati di geometria (che oggi noi sappiamo essere) piana, a partire da alcune verit` evidenti, divise a da lui tra assiomi e postulati. Durante i secoli successivi, esso venne considerato un testo fondamentale per qualsiasi studioso di scienze e venne letto ed analizzato da tanti matematici (e non). In particolare, vi furono grandi discussioni attorno al quinto postulato, perch sembrava il meno intuitivo6 . e Esso dice: Elementi, Postulato V: Se una retta, venendo a cadere su altre due, forma con esse dalla stessa parte due angoli interni la cui somma ` minore e di un angolo retto, allora le due rette si incontrano da quella parte in cui stanno i due angoli precedenti. Per molti anni si pens` che, poich era vero nel piano e molto pi` como e u plicato degli altri, dovesse essere possibile dedurlo dai primi quattro. Cos` molti furono gli sforzi in tal senso per cercre di dimostrarlo. Bisogn` aspeto tare no al XIX secolo perch Gauss e Bolyai mostrassero invece la sua e indipendenza dagli altri assiomi. A partire da ci` si cominciarono a cercare o teorie per cui valesse la negazione del quinto postulato. La ricerca non fu facile, visto che allepoca, forse complice anche la visione Kantiana, si considerava la geometria di Euclide come lunica vera geometria e che non avesse senso cercarne unaltra a partire dalla negazione di alcuni assiomi. Fu Lobaevskij intorno al 1930 a trovare il primo esempio di geometria che c vericava tutti gli assiomi di Euclide tranne il quinto denendo che per tale ragione venne detta non euclidea. Si tratta della geometria iperbolica 7 . Poco pi` tardi (1854), Riemann costru` la geometri ellittica, un altro esempio u di geometria non euclidea dove le rette non sono innite. Inne nel 1872 Klein dimostr` la coerenza dei due precedenti sistemi, mettendo cos` ne o allidea della geometria euclidea come unica possibile. Si espongono ora pi` u in dettaglio i postulati delle geometrie non euclidee. Si noti innanzitutto che il quinto postulato pu` essere riscritto equivalentemente cos` o : Euclide: Data una retta ed un punto che non vi appartenga, esiste una ed una sola altra retta che passa per tale punto e non sinterseca mai con quella data.
6 forse anche allo stesso Euclide, visto che si sforz` di usarlo il meno possibile; si veda o [Giustini(1974)]. 7 la denominazione iperbolica ` posteriore di Klein. e Lobaevskij la chiam` c o immaginaria.

Lobaevskij den` la geometria iperbolica assumendo al suo posto la c seguente negazione: Lobaevskij: Data una retta ed un punto che non vi appartenga, esic stono innite rette che passano per tale punto e non intersecano mai quella data. Mentre Riemann costru` la geometri ellittica a partire da: Riemann: Data una retta ed un punto che non vi appartenga, non esiste alcuna altra retta che passa per tale punto e non interseca mai quella data. Un caso particolare facilmente intuibile di geometria non euclidea ` quello e della geometria sferica, caso particolare di quella ellittica. Si pensi ai punti sulla supercie di una sfera e si sostituisca al signicato di retta quello di meridiano; da intendersi qui come circonferenza massima, ottenuta immaginando di tagliare la sfera con un piano passante per il centro8 . Preso infatti un qualsiasi meridiano si ha che ogni altro meridiano (ed in particolare tutti quelli passanti per un qualsiasi punto) interseca il primo in due punti. Per avere almeno unidea intuitiva del perch, si immagini di ruotare la sfera e in modo che il primo meridiano risulti verticale come si ` abituati a vederli e su di un mappamondo. Fatto ci`, ` ancora possibile ruotare arbitrariamente o e la sfera sia in latitudine che in longitudine lasciando che il primo meridiano sia ancora verticale. Si pu` quindi far in modo che qualsiasi altro meridiano o passante per un punto, risulti verticale contemporaneamente al primo; i due meridiani si toccano ovviamente ai poli. I tre esempi citati di geometria sono tre modelli della teoria ottenuta dagli assiomi de gli Elementi, tolto il quinto postulato. Per esso, poich e indipendente dagli altri, esistono modelli in cui ` vericato ed altri in cui e non lo `, dato che la teoria che comprende lui o la sua negazione ` ancora e e coerente. Come si` detto, la comprensione di questa interpretazione ha e richiesto un certo numero di secoli per essere raggiunta, poich necessit` di e o un grande salto di astrazione.

Cenni sullordine superiore

Per tutta la trattazione si ` sempre parlato di primo ordine, denominae zione che lascia forti sospetti del fatto che debba esserci qualcosa che vi sta sopra. La teoria qui presentata ` detta del primo ordine per il limite che e presenta su quanticatori e relazoni: esso possono riferirsi soltanto a singoli individui di A. Non ` possibile esprimere propriet` su insiemi di indivie a dui, ad esempio per denire gli aperti di A o descrivere corrispondenze tra elementi ed insiemi, come sarebbe necessario per denire la relazione di appartenenza insiemistica . Di fatto, la teoria qui mostrata permette di
Non ci si lasci confondere dal fatto che in i meridiani tradizionali della cartograa terrestre sono solo alcuni e non tutti (lequatore ` un meridiano). e
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descrivere poca della matematica che oggi ` oggetto di ricerca. La naturale e estensione dei concetti di linguaggio e struttura visti qui che invece permette questa maggiore verseatilit` ` detta di linguaggi e strutture di ordine supeae riore. La via per andare in tal senso ` quella di considerare il linguaggio e costituito da soli simboli di costante (oltre che alle variabili) e introdurre speciali simboli che leghino costanti e variabili al loro tipo, cio` permettano e di denire se si sta parlando di individui, insiemi di individui, relazioni tra individui, individui e insiemi9 . . . La libert` concessa da tale estensione ` grande, nel senso che permette a e di descrivere ogni branca della matematica. Tale libert` per` ` pagata ad un a oe caro prezzo, non soltanto per lappesantimento delle notazioni e la perdita di intuitivit`, ma soprattuto a causa del celeberrimo teorema di incompletezza a di Gdel, il quale garantisce che in una teoria di un linguaggio di ordine o superiore abbastanza ampia da contenere lassiomaizzazione dei numeri naturali secondo Peano (e lutilita di usare i naturali ` grande in matematica), e esiste sempre almeno un enunciato non decidibile. Esso ci dice che molte teorie matematiche sono quindi non complete, limitando di fatto la loro potenza deduttiva.

in [Robinson(1970)] si pu` trovare una denizione rigorosa di ordine superiore, oltre o che ad un interessantissima applicazione della teoria dei modelli, dette estensioni non standard.

Riferimenti bibliograci
[Chang-Keisler(1980)] C. C. Chang, H. J. Keisler Teoria dei modelli Boringhieri, 1980. [Giustini(1974)] P. A. Giustini Da Euclide ad Hilbert Bulzoni, 1974. [Lemmon(1975)] E. J. Lemmon Elementi di logica Laterza, 1975. [Robinson(1970)] A. Robinson Non standard analysis North Holland, 1970. [Shenker(1991)] a cura di S. G. Shenker Il teorema di Gdel Franco Muzzio o e c., 1991.

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