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dottrine aristoteliche, egli segue la traccia degli aristotelici del suo tempo e dei
loro manuali solo come una via comoda, che offre un materiale a lungo
elaborato e non privo di importanza, a volte ingombrante e comunque da
vedere e considerare con altra impostazione e con diversi principii; si tratta di
un buon inventario di questioni e di temi, di una discreta selezione di esempi,
da utilizzare e da adattare 5, solo questo e niente pi. Infine, secondo Dal Pra,
lelemento prettamente aristotelico della logica di Hobbes verrebbe mitigato dal
suo concettualismo, derivante dalla tradizione nominalista oxoniense.
Questo suggerimento stato particolarmente sviluppato da Aldo Gargani
nella sua monografia dedicata a Hobbes e la scienza. In particolare Gargani ha
concentrato il suo interesse sul carattere meramente euristico ed esplicativo
della sua logica derivante dallaristotelismo padovano, una posizione che
investe tutto il suo pensiero logico a partire dallanalisi dei vocaboli sino allo
studio accurato del metodo6. In Hobbes avverrebbe un disimpegno della logica
da ogni implicazione di tipo ontologico a favore di un approccio inventivognoseologico. Sarebbe un passo decisivo quello compiuto Hobbes nella storia
della logica cio lelaborazione di una logica della mente sulla quale fondare
tutto limpianto gnoseologico umano e quindi la possibilit stessa della
scienza7. Tuttavia, lindagine di Gargani si limita a fornire delle semplici
analogie fra le prospettive di ricerca degli aristotelici padovani e quelle di
Hobbes.
Una rilettura pi accurata di Hobbes in chiave aristotelica fornita da
William F. Edwards, il quale dimostra quanto la teoria metodologica di Hobbes
sia stata influenzata da Zabarella, al di l di ogni possibile influsso esercitato
dagli studi di matematica e geometria8. Ma anche in questo caso Edwards
istituisce dei semplici confronti e paragoni, senza determinare linfluenza
zabarelliana e i suoi eventuali veicoli di trasmissione.
Pi recentemente, Martine Pcherman ha sostenuto che anche la teoria
hobbesiana della proposizione ha forti legami con la tradizione aristotelica,
sebbene alla fine sia una sua originale interpretazione9.
A differenza di questi studi, il presente articolo vuole mostrare linfluenza
della tradizione aristotelica, ed in particolare quella zabarelliana, sulla logica di
Hobbes, ricostruendo il background intellettuale nel quale il pensiero logico
hobbesiano si formato e le sue possibili fonti, al fine di stabilire eventuali o
possibili influssi di teorie o dottrine aristoteliche.
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oggetto della conoscenza. Tale concezione della logica era stata particolarmente
ripresa e sviluppata da Zabarella, e poi ripresa da Pace, per affermare che la
logica non tratta della materia della conoscenza, ma del modo in cui essa viene
considerata:
subjectum duas habere partes; unam, quae materiae locum tenet, et dicitur
res considerata; alteram, quae loco formae est, et vocatur modus considerandi
[...] res considerata potest huic scientiae cum alijs disciplinis esse communis:
at modus considerandi cuiusque scientiae proprius est23.
Jacopo Zabarella, Liber de tribus praecognitis, in Id., Opera logica, Zetzner, Kln 1597,
502e.
24
L, I.2.
25
Samuel Smith, Aditus ad logicam, s.e., s.l. 1613, p. 154. Tale concezione esposta nel
commentario di Jacopo Zabarella alla Physica di Aristotele. Cfr. Jacobi Zabarellae Opera
Physica, a cura di Marco Sgarbi, Aemme, Verona 2009.
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Il problema dellarbitrariet o della naturalit del linguaggio era uno degli argomento pi
discussi allepoca cfr. Lia Formigari, Linguistica ed empirismo nel Seicento inglese, Laterza,
Roma-Bari 1970, pp. 29-43.
27
Giulio Pace, Institutiones logicae, Legat, Cambridge 1597, p. 13
28
Richard Crakanthorpe, Logicae libri quinque, Legat, London 1622, p. 223:
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L, II.5: I nomi sono segni non delle cose, ma dei pensieri. La posizione assunta da
Hobbes quella assunta dagli aristotelici patavini come Zabarella e Pace e a quelli inglesi
come Smith e che poi sar ripresa anche John Locke. Cfr. Earline J. Ashworth, Do Words
Signify Ideas or Things? The Scholastic Sources of Lockes Theory of Language, Journal of
the History of Philosophy, 19 (1981), pp.30 299-326, in particolare pp. 309-317.
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L, I.6.
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secundae notionis, & est nomen potius conceptus, seu nominis, quam rei:
voces quidem primae notionis non sunt instrumenta, sed signa conceptuum,
vel saltem ipsi primi rerum conceptus nulla ratione instrumenta sunt, sed
imagines rerum, ut docet Aristoteles in principio libri de Interpretatione;
propterea disciplinae illae, quae in his versantur, non ducuntur
instrumentales. At voces sucundae notionis instrumenta dicuntur31.
notiones vocantur, conceptus animi nostri, quicuid enim intelligimus seu
mente concipimus, id a philosophis & logicis notio, vel intentio nominatur.
Primae notiones sunt, quibus aliquid respondet in rerum natura: ut homo,
lapis, coelum. Secundae autem notiones sunt, quae primis attribuuntur per
intellectum, reipsa illis non insunt: ut nomen, verbum, terminus, propositio,
syllogismus, genus, species32.
Posto il concetto mentale alla base della logica, Hobbes afferma che dalla
connessione di pi nomi che riferiscono a concetti si formano i discorsi,
riprendendo esplicitamente la prospettiva aristotelica. La prima forma di
connessione fra nomi la proposizione. Laspetto interessante della teoria della
proposizione di Hobbes, in relazione ad Aristotele, il concettualismo esteso al
problema della verit: la verit in ci che detto, non nella cosa 34. Anche
questa idea di verit, completamente diversa da quella scolastica
delladaequatio intellectus et rei, sostenuta prevalentemente dagli aristotelici,
riprendendo il famoso passo di Aristotele, Metaphysica, VI.4, 1027 b 25-28, nel
quale si sostiene che il vero ed il falso non sono nelle cose, ma solo nel
pensiero. Di carattere eminentemente aristotelico anche la trattazione e la
classificazione delle proposizioni, dei sillogismi e delle fallacie, che per era
comune, con qualche lieve differenza, a quasi tutti i manuali usati allepoca
Jacopo Zabarella, De natura logicae, in Id., Opera logica, Zetzner, Kln 1597, 21 e-f.
G. Pace, Institutiones logicae, cit., p. 3.
33
S. Smith, Aditus ad logicam, cit., p. 6.
34
L, III.7.
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nelle universit.
Laspetto pi marcatamente legato alla tradizione aristotelica per,
come gi aveva notato Edwards, il capitolo sesto dedicato allo studio del
metodo, che viene notevolmente ampliato nella stesura definitiva dellopera
rispetto ai lavori preparatori. Il metodo della filosofia costituito per Hobbes
dallindagine pi breve possibile degli effetti secondo le cause note o delle cause
mediante gli effetti noti, riprendendo la definizione di conoscenza esposta nel
primo capitolo. Sono due dunque le vie del conoscere, tuttavia non entrambe
hanno il medesimo valore epistemologico. Infatti il vero sapere per Hobbes
costituito dalla cognitio rei per causas, cio scienza delle cause. La scienza
cos eminentemente . La conoscenza degli effetti, invece, proviene o
dalla sensazione, o dallimmaginazione o dalla memoria e caratterizza la
conoscenza . La separazione fra scienza e conoscenza
tipica degli aristotelici legati alla tradizione padovana che si esprime nella
distinzione fra demonstratio quia e demonstratio propter quid. Il primo a
rimarcare la distinzione in greco e diffonderla nella logica di fine Cinquecento
proprio Zabarella:
duae igitur scientificae methodi oriuntur, non plures, nec pauciores, altera
per excellentiam demonstrativa methodus dicitur, quam Graeci
, vel vocant; nostri, potissimam
demonstrationem, vel demonstrationem propter quid appellare consueverunt:
altera, quae ab effectu ad causam progreditur, resolutiva nominatur:
huiusmodi enim progressus resolutio est, sicut ab causa ad effctum dcitur
compositio. Methodum hanc vocant Graeci , vel
, nostri demonstrationem quia35.
Lo stesso Pace ripropone la distinzione nel modo classico che sar usato
anche da Hobbes:
Primo igitur considerat distinctionem in eadem scientia: quia
demonstratur, & vera scientia habetur per causam proximam: vero
demonstratur & scientia minus proprie dicta habetur vel per effectum, vel per
causam remotam36.
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si a causa procedat, erit remota non proxima, & sic non consta bit ex
immediatis37,
demonstratio alia est , sive cur sit; alia, , sive quod sit.
Demonstratio est, quae non solum probat rem esse, aut non esse; sed
etiam reddit causam, cur res sit, aut non sit. Demonstratio , quae solum
probat rem esse, aut non esse38.
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