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ITALO SVEVO

LA VITA
Italo Svevo nasce a Trieste nel 1861, quando la città non fa ancora parte politicamente dell’Italia, ma dell’impero
austro-ungarico. A quell’epoca, l’area triestina è un crocevia di culture e di lingue: italiana, germanica, slava.
Importante in città è anche la comunità ebraica, a cui appartiene la famiglia stessa dello scrittore.
A Trieste si parla il dialetto triestino ( la vera lingua madre di Svevo), che apprende l’italiano attraverso lo
studio e la lettura. Le origini dello scrittore sono dunque connotate dalla duplicità; il tema del doppio, della
scissione dell’io deriva anche dalla sua cultura: Svevo è tra i primi scrittori italiani a conoscere gli studi di
Sigmund Freud sulla psicanalisi e l’inconscio.

Il nome stesso dello scrittore rivela le sue diverse radici: in realtà si chiama Aron Hector Schmitz, ma preferisce
firmare le sue opere con uno pseudonimo che alluda a entrambi i rami della sua cultura: quello italiano (“Ita-lo”)
e quello germanico (“Svevo”: la Svevia è una regione storica della Germania, da cui aveva preso nome nel
Medioevo la grande dinastia imperiale di Federico II, tra gli ultimi sovrani a realizzare l’unità tra i territori
germanici e quelli italiani).

Negli anni tra il 1874 e il 1878, il giovane Hector viene mandato dal padre in Germania, per perfezionare la
conoscenza del tedesco, e tornato nella sua città, inizia a scrivere un diario e a collaborare con il giornale
«L’Indipendente», dove pubblica articoli e racconti.

Nel 1892, l’anno della morte del padre, Svevo pubblica il suo primo romanzo, Una vita.
Sempre in quel periodo conosce Livia Veneziani, (che diventerà sua moglie). A lei ,nel 1896, scrive il Diario per
la fidanzata (altra fonte d’informazione importante sulla sua scrittura narrativa).
Nel 1898, esce il secondo romanzo, Senilità, ma l’insuccesso a cui il libro va incontro, convince Svevo ad
abbandonare la letteratura per dedicarsi a una diversa carriera: entra nell’industria della famiglia Veneziani,
che produceva vernici per la marina austriaca; il lavoro lo porta a trascorrere, tra il 1903 e il 1913, alcuni periodi
lontano da Trieste, soprattutto in Francia e in Inghilterra: prende lezioni per imparare l’inglese e ha per
maestro un intellettuale irlandese ; James Joyce, sostenitore dei romanzi dell’amico Svevo.
Joyce era affascinato da Ettore Smith, era catturato dalla sua capacità di saper leggere lo spirito umano lo spirito
di quell’uomo contemporaneo che stava attraversando una serie di crisi, coincidenti con la crisi di una società
borghese, un mondo che si apprestava a mantenere una delle tragedie più incredibili di quel periodo: lo scoppio
della I guerra mondiale.

Lo scoppio della Prima guerra mondiale segna per Svevo una svolta decisiva.
Poco dopo la fine della guerra, Svevo torna alla scrittura di un’opera di ampio respiro: quell’opera è La coscienza
di Zeno.
Nel 1928, in seguito a un incidente automobilistico presso Treviso, Svevo muore, lasciando dei frammenti
narrativi incompiuti, da considerarsi come “continuazioni” della Coscienza di Zeno più che come parti di un
romanzo autonomo.
GENERI, TEMI, TECNICHE
L’importanza di Italo Svevo nel panorama della nostra letteratura novecentesca è legata innanzitutto alla sua
formazione cultu-rale mitteleuropea; l’essere nato a Trieste e la conoscenza del tedesco ne fecero lo scrittore
italiano (o meglio: in lingua italiana) capace di intercettare meglio e prima di altri le correnti più moderne del
pensiero e dell’arte.Una riprova dell’appartenenza di Svevo alle correnti più avanzate della letteratura europea è
la sua predilezione per il genere del romanzo.Certo, Svevo scrisse anche novelle (tra cui L’assassinio di via
Belpoggio e Una bur-la riuscita) e testi teatrali (come Un ladro in casa e Un marito). Scrisse inoltre molti articoli e
saggi: tra questi, è di particolare interesse L’uomo e la teoria darwiniana, in cui lo scrittore riprendeva la teoria
dell’evoluzione di Charles Darwin per riflettere sulla capacità di adattamento dell’individuo nella società. Ma le
opere che fanno di Svevo uno dei più importanti scrittori italiani ed europei del Novecento sono soprat-tutto i
suoi romanzi. Svevo lo sapeva: di fatto, quando parla della sua carriera lette-raria, è sempre alla fortuna o alla
sfortuna dei romanzi che fa riferimento. All’inizio del Novecento, la cosa era molto meno scontata di quanto non
sia oggi: per i lettori e gli scrittori di quell’epoca, infatti, la poesia era ancora il genere letterario di maggior
prestigio. Non che Svevo sia stato l’unico romanziere italiano della sua generazione; anche d’Annunzio e
Pirandello, per restare ai maggiori, avevano pubblicato romanzi di successo, ma si erano dedicati con uguali
impegno e fortuna anche alla poesia o al teatro

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