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Le Prime Relazioni Del Bambino
Le Prime Relazioni Del Bambino
Le madri dei piccoli dell’uomo producono degli ormoni che fanno emergere una profonda
dedizione al bambino, definita preoccupazione materna primaria. Il termine indica uno specifico
stato mentale che generalmente si sviluppa nell’ultima fase della gravidanza. In qualsiasi altra
circostanza, questa condizione potrebbe sembrare patologica, ma nella madre di un neonato è
fondamentale, perché consente un continuo adattamento ai bisogni del bambino.
Il prendersi cura dei neonati fa parte delle reazioni di base dell’essere umano: questi, infatti, -
come i cagnolini, i gattini e i cuccioli di foca – hanno una serie di tratti “graziosi” che ci attraggono e
ci spingono a prenderci cura di loro. Infatti, quando vediamo un bambino, si attiva in una frazione
di secondo un tipo particolare di attività cerebrale nella zona legata all’esperienza del piacere.
Quando si tratta dei nostri figli, questa reazione è molto più intensa e dà luogo anche ad altre
attività, ad esempio le stesse reazioni legate all’innamoramento e alla gratificazione. La ragione
dell’intensità di tali attività è dovuta al rilascio dell’ossitocina, ormone collegato ad attaccamento,
empatia e fiducia e fondamentale nell’accudimento. Viene secreto ogni volta che vediamo o
interagiamo con un bambino; si registrano forti incrementi di ossitocina nei genitori, specie dopo
un contatto affettuoso coi figli.
I ricercatori del settore parlano della presenza di un cervello sociale nel bambino, che gli consente
di interagire con l’ambiente sociale. Anche in questo caso, i volti hanno un ruolo centrale: fin dai
primi mesi i bambini mostrano preferenza per forme simili al volto umano, rispetto a forme in cui i
tratti del volto sono disposti in modo disordinato. Fin da piccolissimi sono molto sensibili alla voce
umana, e sono straordinariamente reattivi al baby talk; dopo qualche settimana reagiscono anche
al loro nome.
Fra le abilità più straordinarie del neonato troviamo la capacità di imitare le espressioni e i
movimenti facciali di un’altra persona: la straordinarietà sta nel fatto che il neonato non ha mai
visto il proprio volto, ma riesce a collegare uno stimolo visivo al coordinamento dei propri muscoli
facciali. Questa capacità imitativa è legata all’attività dei neuroni specchio, che si attivano quando
si compie un’azione e quando la si osserva; i neuroni specchio agiscono allo stesso modo con le
emozioni, svolgono quindi un ruolo centrale nello sviluppo dell’empatia.
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Sebbene il bambino possegga capacità imitative, queste sono molto limitate; durante le interazioni
faccia-a-faccia, infatti, è raro che il bambino compia imitazioni spontanee, e le azioni che compie
(movimenti con la bocca, con la lingua, etc.) solo di rado sono risposte agli stimoli del genitore.
Anche le reazioni del genitore si concentrano sulle esperienze fisiche del figlio. Queste interazioni
consentono di creare un coinvolgimento emotivo e delle vere e proprie “conversazioni” primitive.
In questo periodo anche i genitori si impegnano per migliorare il coinvolgimento sociale del figlio.
Di regola, lo sguardo del genitore costituisce una sorta di riferimento per il bambino, e il genitore
distoglie lo sguardo dal volto del figlio solo dopo che questi ha interrotto il contatto visivo.
I genitori osservano il comportamento del figlio e lo imitano, o “rispecchiano” (cd.
Rispecchiamento). Oltre al rispecchiamento, i genitori attuano una marcatura (=mettono in risalto)
dei comportamenti del bambino attraverso chiari segnali espressivi. Questa ha particolare
importanza nello sviluppo delle vocalizzazioni: in questo periodo i bambini producono suoni
semplici (“ooo”) e suoni più complessi (“cooo”), e i genitori esprimono preferenza per questi ultimi,
stimolando i figli a produrne altri. Inoltre, si ritiene che il rispecchiamento possa aiutare il bambino
a sviluppare il senso del Sé, o Sé nucleare.
Non tutte le caratteristiche della relazione genitore-figlio sono universali, alcune presentano una
notevole variabilità: ad es. non tutti i genitori rispondono agli stessi comportamenti, e neppure lo
fanno allo stesso modo. In questo frangente ha particolare importanza la dimensione culturale. Ad
es. in Giappone si dà molta importanza al senso di appartenenza e all’obbedienza, negli US si
prediligono comportamenti che tendono all’autonomia. Anche all’interno della stesso cultura è
presente una notevole variabilità: alcuni genitori potrebbero marcare particolarmente la vivacità
del loro figlio, altri meno.
all’esplorazione di oggetti a portata di mano. I genitori si adattano introducendo giochi col corpo –
spesso con struttura ritmica e musicale – o introducono nuovi referenti nei giochi (nuovi oggetti,
suoni, etc.). la comunicazione passa dalla reazione nucleare all’inclusione di un tema o di un
oggetto di attenzione separato.
Non è ancora completamente chiaro come i bambini acquisiscano la capacità di collegare la propria
esperienza e quella degli altri. A differenza di quanto avviene nei bambini più grandi, nei più piccoli
la nascente comprensione degli altri non viene espressa in maniera esplicita. Quindi è necessario
impiegare tecniche di rilevazione (ad es. studio e rilevazione dei movimenti oculari).
Il bambino non solo individua l’interesse di un’altra persona, ma inizia anche a comprenderne i
desideri e gli scopi a partire dal modo in cui l’altro guarda e si comporta. Entro i 6-10 mesi, infatti, il
bambino lancia avanti lo sguardo ed è capace di intuire dove finirà un’azione. A questa età, i
bambini riescono ad intuire se un’azione è causata intenzionalmente o accidentalmente; sembra
persino rendersi conto che persone diverse possano avere intenzioni e scopi diversi.
È importante notare come la comprensione delle intenzioni alla base delle azioni altrui si sviluppi di
pari passo con la capacità del bambino di compiere le stesse azioni. Ad es. un bambino che sa
gattonare può prevedere la traiettoria di un bambino che gattona.
La consapevolezza del collegamento tra la propria esperienza e quelle altrui è data anche da
particolari modalità espressive del genitore durante il gioco. Una di queste è il movimentese, un
particolare modo di agire degli adulti nelle interazioni col bambino. Nel movimentese le fasi fisiche
di un gioco vengono evidenziate attraverso la sincronizzazione e intensità della comunicazione. I
movimenti ritmici e le filastrocche chiariscono il tema al bambino e ne agevolano la condivisione.
Quando al centro del gioco ci sono parti del proprio corpo, poi, si ha un ulteriore sviluppo della
consapevolezza di sé e degli altri.
Un altro elemento importante è la cd. Qualità ostensiva, ovvero l’impiego da parte dei genitori di
espressioni e segni vocali per mettere in evidenza o far conoscere al bambino alcuni aspetti della
realtà. Questo comportamento è molto simile alla marcatura.
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conversazione. Questo atteggiamento è assai più comune quando la relazione tra genitori è
armoniosa.
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Alla stessa età aumenta il desiderio di rendersi utili; il bambino è capace di comprendere la
mancanza di conoscenze del partner, e anche che ciò che l’altro crede può essere sbagliato.
2. L’attaccamento
L’attaccamento del bambino verso i cd. caregiver è uno degli aspetti più importanti dello sviluppo
infantile. Le relazioni di attaccamento sono simili ad altri legami affettivi, ma se ne differenziano
per il fatto che si fondano sulla vulnerabilità e dipendenza fisica ed emotiva del bambino. Tale
importanza fu evidenziata per la prima volta da John Bowlby nel 1952, che aveva studiato gli effetti
sui bambini della separazione dai genitori durante lo sfollamento in tempo di guerra, e i rapporti
tra disgregazione familiare e delinquenza minorile. È interessante notare come i suoi studi
coincidessero con quelli condotti sulle scimmie reso, che dimostravano che anche per questi
animali fosse fondamentale ricevere supporto fisico ed emotivo fin dalla tenera età. In
considerazione di questi risultati, Bowlby sostenne che l’attaccamento è fondamentale per la
sopravvivenza della specie, poiché offre protezione dai pericoli.
I genitori cominciano spontaneamente a fornire una serie di cure al figlio fin dalla sua nascita, che
favoriscono lo sviluppo dell’attaccamento; tuttavia, è solo dalla seconda metà del primo anno di
vita che il bambino mostra reazioni che riflettono l’attaccamento: è infatti a questa età che il
bambino si rende conto della sua dipendenza. Ne consegue che un bambino che prima non
mostrava alcun disagio nel trascorrere del tempo con degli sconosciuti, adesso diviene più
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selettivo. Altri segni di attaccamento sono il desiderio di stare fisicamente vicino a una particolare
persona e di essere consolato da lei nei momenti di debolezza.
Le relazioni di attaccamento non hanno tutte la stessa valenza. Il bambino ha delle preferenze, che
dipendono principalmente dalla qualità delle cure ricevute.
Non sempre l’attaccamento sviluppato è di tipo sicuro. Esistono tre diversi tipi (o pattern, o stili) di
attaccamento insicuro:
1. Attaccamento insicuro evitante. I bambini che hanno relazioni di questo tipo mostrano
pochi, se non nessuno, segni di disagio in situazioni che dovrebbero turbarlo ed attivare i
bisogni di attaccamento. In caso di allontanamento del genitore, quando questo torna
viene ignorato, e il bambino preferisce tenersi occupato ad es. con un gioco. Anche se
all’apparenza situazioni che dovrebbero turbarlo lo lasciano impassibili, test fisiologici
hanno dimostrato un aumento della frequenza cardiaca e della produzione di cortisolo (cd.
ormone dello stress). Il bambino assume un atteggiamento evitante perché non è sicuro di
ricevere una risposta di conforto dal genitore quando sta male.
2. Attaccamento insicuro ambivalente-resistente. I bambini che hanno relazioni di questo tipo
mostrano ansia riguardo alla disponibilità del genitore e alla possibilità di vedere soddisfatti
i propri bisogni. Il bambino controlla attivamente se il genitore è presente, e spesso ha
difficoltà a mettersi a giocare ed esplorare. Come nell’attaccamento sicuro, il bambino
prova disagio in situazioni che dovrebbero turbarlo, ma, in questo caso, il disagio è
estremo. Il bambino resta agitato nonostante i tentativi del genitore di consolarlo.
3. Attaccamento insicuro disorganizzato. I bambini che hanno relazioni di questo tipo o non
mostrano uno schema di risposta ben definito, o, quando lo fanno, questo è dominato da
un comportamento fortemente disorganizzato. Il bambino assume comportamenti insoliti,
spesso contraddittori, che non appaiono finalizzati a vedere soddisfatti i propri bisogni.
Questo tipo di reazione è considerato insicuro per l’angoscia e il disorientamento mostrati
dal bambino nel manifestare i propri bisogni di attaccamento.
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Studi recenti hanno dimostrato che a sviluppare il senso di sicurezza non contribuisce soltanto ciò
che il genitore fa in termini concreti, ma anche il suo modo di pensare al bambino e di riflettere
sull’attaccamento.
Le prove che indicano un effetto delle caratteristiche genetiche sull’attaccamento sono scarse. Il
temperamento potrebbe influire sulle relazioni di attaccamento del bambino. Ad es. un bambino
che reagisce con emozioni forti e si agita facilmente potrebbe subire maggiormente l’influsso
dell’ambiente rispetto a un bambino con temperamento meno reattivo. Quindi, i bambini
iper-reattivi potrebbero essere più esposti al rischio di un attaccamento insicuro in presenza di un
accudimento insensibile.
Particolare importanza hanno le relazioni di attaccamento che i genitori stessi hanno avuto nella
loro infanzia, e il significato che queste relazioni continuano ad avere per loro. I genitori con
attaccamento sicuro hanno più facilità a comprendere emozioni e bisogni del figlio, che ha più
possibilità di instaurare un legame di attaccamento sicuro. Questo stile di attaccamento del
genitore è definito autonomo.
I genitori con attaccamento insicuro, invece, potrebbero incontrare parecchie difficoltà. Alcuni
genitori hanno imparato a gestire emozioni dolorose allontanando i ricordi e negando l’importanza
della vicinanza emotiva. Proprio per questo “prendere le distanze” dalla sfera emotiva, questo
attaccamento – che aumenta le probabilità di un attaccamento evitante - è definito distanziante.
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Altri genitori con attaccamento insicuro potrebbero essere costantemente preoccupati o arrabbiati
per le difficoltà derivanti dalle esperienze di attaccamento della propria infanzia, ragion per cui il
figlio ha più probabilità di sviluppare un attaccamento ambivalente-resistente.
Infine, se i genitori hanno dovuto affrontare un’esperienza traumatica nella loro infanzia e non
sono riusciti ad elaborarla, oppure se sono sopraffatti dalle difficoltà della vita attuale, è possibile
che tutte le loro energie siano assorbite da questi problemi. Di conseguenza, potrebbero ignorare i
bisogni del bambino, che svilupperebbe un attaccamento disorganizzato.
*un bambino accudito in modo amorevole svilupperanno un modello di se stessi come persone
degne d’amore, il che condizionerà il modo in cui egli interpreterà i comportamenti altrui, nonché
le sue aspettative riguardo alle reazioni degli altri nei suoi confronti.
I bambini che hanno avuto un attaccamento sicuro tenderanno a intessere relazioni positive e
armoniose, e sentiranno di ricevere un maggiore sostegno nelle relazioni più intime rispetto ai
bambini con attaccamento insicuro.
Le prime relazioni di attaccamento sembrano avere un influsso minore sulle relazioni superficiali.
Qual è il rapporto tra il tipo di attaccamento nella prima infanzia ed eventuali problemi
comportamentali nella tarda infanzia?
I bambini con attaccamento sicuro, grazie alla loro maggiore capacità di comprensione emotiva e
sociale sono in grado di far fronte in maniera più efficace alle situazioni interpersonali difficili,
quindi hanno meno probabilità di assumere comportamenti problematici rispetto ai bambini con
attaccamento insicuro.
Per i problemi di cd. esteriorizzazione, come i comportamenti aggressivi o oppositivi, questi sono
più frequenti in bambini che avevano un attaccamento disorganizzato, e si rilevano più casi tra i
maschi che tra le femmine. Inoltre, sebbene siano stati rilevati in tutte le classi sociali, sono più
frequenti in bambini soggetti a forte privazione.
Per i problemi di cd. interiorizzazione, come l’ansia o il ritiro sociale, questi sono più frequenti in
bambini che avevano un attaccamento evitante.
Spesso i genitori che iscrivono il proprio figlio al nido nutrono una serie di timori e preoccupazioni
(ad es. hanno paura di non riuscire a conciliare la vita genitoriale con quella lavorativa).
Nonostante questi timori, il nido può fare molto per lo sviluppo del bambino, anche se gli effetti
sono relativamente limitati. Infatti, risultano notevolmente più rilevanti i legami coi genitori e con
l’ambiente familiare.
Frequentare il nido è spesso un’esperienza stressante per il bambino. È normale che i bambini
piangano vedendo il proprio genitore andar via. Ciò spesso avviene se il bambino viene inserito al
nido tra i 12-18 mesi, periodo in cui è più consapevole del distacco. Avviene anche tutte le volte
che il bambino si sente particolarmente vulnerabile, ad es. dopo le vacanze estive o un lungo
periodo di malattia. È interessante notare che la produzione di cortisolo (ormone dello stress)
avvenga con la stessa frequenza sia nei bambini con attaccamento sicuro, sia in quelli con
attaccamento insicuro, ad indicare che, fino a quando il bambino non ha avuto il tempo di adattarsi
e ambientarsi, le separazioni ripetute e prolungate possono incrinare le sue aspettative rispetto
alla disponibilità del genitore. È inoltre possibile che il personale del nido non riesca a prevenire il
disagio; perciò è consigliabile che i genitori dedichino del tempo all’inserimento al nido, cosa che
favorirebbe ulteriormente la sicurezza dell’attaccamento.
I genitori che portano il figlio al nido spesso mostrano un particolare impegno per stare più vicini al
bambino quando è a casa. Questa sensibilità supplementare è molto importante, specie se il nido è
di scarsa qualità. Se durante il giorno il bambino non riceve adeguato sostegno, avrà bisogno dei
genitori per gestire le emozioni difficili.
Al nido probabilmente il bambino formerà relazioni significative con gli adulti che si prendono cura
di lui, e i genitori spesso temono che possano diventare più importanti di quelle che il figlio ha con
loro. In realtà, se la relazione coi genitore è di attaccamento sicuro, non si corre questo rischio.
Una delle ragioni per cui i genitori iscrivono il proprio figlio al nido è per fagli intessere nuove
relazioni con altri bambini, specie se figlio unico. I gruppi di bambini con un’adeguata supervisione,
non soltanto al nido ma più in generale, possono costituire un ambiente sicuro in cui scoprire la
collaborazione sociale e sperimentare nuove strategie di scambio sociale. Persino le normali
situazioni conflittuali tra bambini, se ben gestite dal personale del nido, possono essere occasione
di crescita.
L’ambiente familiare può influenzare notevolmente il comportamento del bambino al nido. Ad es.
se la madre ha fornito un accudimento sensibile, è più probabile che il bambino mostri
comportamenti positivi; al contrario, nel caso di attaccamento insicuro, sono le reazioni di rabbia o
ansia ad essere più frequenti.
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3. Autoregolazione e autocontrollo
Uno dei compiti più difficili per un bambino è gestire gli stati fisici e le emozioni difficili e
controllare e regolare il proprio comportamento. La capacità di autoregolazione aiuta il bambino
ad impegnarsi adeguatamente in qualsiasi attività debba svolgere, e ad adattarsi a nuove situazioni
e richieste. Autocontrollo e autoregolazione sono particolarmente importanti per ridurre il
presentarsi di comportamenti aggressivi ed aumentare la collaborazione sociale. Sebbene queste
abilità continuino a svilupparsi fino all’età adulta, è nei primi due anni che avvengono i
cambiamenti più significativi.
Particolare importanza assume l’accudimento nelle prime settimane, quando i genitori sono
generalmente capaci di ridurre lo stress del figlio ed aiutarlo a ritrovare la calma occupandosi dei
suoi bisogni fisici.
Anche le interazioni quotidiane faccia a faccia hanno un ruolo non trascurabile. Esperimento Still
face (faccia immobile): dopo una normale interazione, il genitore smette di reagire per circa due
minuti. Dapprima il bambino cerca di attrarre l’attenzione, poi protesta con suoni e gesti, fino a, in
alcuni casi, piangere. Durante l’esperimento si registra l’aumento di cortisolo e il ricorso a strategie
per calmarsi (ad es. succhiarsi il pollice). Quando i genitori riprendono a reagire, il bambino
impiega un po’ di tempo prima di riprendere a comportarsi normalmente, e continua ad attivare
meccanismi di autoregolazione. Anche le normali interazioni faccia a faccia mettono alla prova i
meccanismi di regolazione, ad esempio quando c’è un’incomprensione a proposito di un gesto o di
una particolare reazione.
Il gioco fisico costituisce un ulteriore allenamento delle capacità di regolazione, ad es. cercare di
divertirsi senza lasciarsi sopraffare dall’entusiasmo: potrebbe accadere che il bambino abbia
bisogno di distogliere lo sguardo per ridurre l’intensità delle emozioni.
Quanto ai giochi movimentati e turbolenti, due sono le caratteristiche che testano la capacità di
regolazione: in primo luogo, il fatto che il gioco avvenga in un contesto di relazione stretta fa sì che
il bambino non voglia lasciarsi andare a comportamenti realmente violenti e che facciano male; in
secondo luogo, sebbene i padri tipicamente sollecitino i figli a correre rischi (a “superarsi”)
concedendo loro momenti di predominio, sarebbe preferibile se il padre non concedesse al figlio di
essere eccessivamente dominante.
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L’importanza di tale distinzione è dovuta al fatto che soltanto la prima è in grado di permettere al
bambino di interiorizzare le regole di comportamento per poi agire autonomamente, senza essere
controllato dall’adulto. Inoltre, è sempre l’obbedienza collaborativa ad essere collegata a un buono
sviluppo dell’adattamento comportamentale post-infantile.
4. Lo sviluppo cognitivo
Il termine “cognitivo” si riferisce a tutte le abilità inerenti all’intelligenza generale, ossia attenzione,
percezione, ragionamento, apprendimento e linguaggio. Lo sviluppo cognitivo viene favorito sia da
esperienze individuali, sia da esperienze nelle relazioni sociali.
I risultati di numerosi studi sugli animali indicano che lo sviluppo cerebrale e cognitivo dei bambini
vengano anche influenzati dall’esperienza e dal momento temporale in cui questa si verifica, e non
sia quindi una questione di mera crescita naturale.
La naturale curiosità del bambino favorisce lo sviluppo in vari modi. Ad es. esercitando più volte i
movimenti, questi diventano sempre meno goffi, più precisi e fluidi. La lallazione corporea è molto
utile in questa fase perché consente al bambino di imparare gradualmente a guidare i movimenti
in base a ciò che vede.
Gioco ed esplorazione, poi, lo aiutano a comprendere l’ambiente e le leggi che lo governano. Ad es.
lancia più volte un oggetto dal seggiolone e lo guarda cadere, incantato (=scopre la gravità).
Mosso dal medesimo intento esplorativo, il bambino impara a comprendere i comportamenti e gli
scopi degli altri.
I comportamenti più importanti del bambino riguardano l’interazione con gli altri. Ne sono un
esempio la naturale preferenza verso la voce e il volto umani e il contatto visivo, specie dei
genitori. Ciò significa che il genitore è nella condizione migliore non solo per soddisfare i bisogni
emotivi e sociali del bambino, ma anche per fornirgli il sostegno necessario a favorire il suo
sviluppo cognitivo.
È necessario allontanare quelle credenze popolari (le cd. “credenze della nonna”) secondo le quali
non c’è scopo nelle azioni di un neonato; ad es. alcune sostengono che durante le prime settimane
di vita i bambini non vedano e non sentano, altre che, se questi sorride, è solo perché ha “aria nel
pancino”. Queste credenze, ancora molto diffuse, esercitano una notevole influenza sulla fiducia
dei genitori nel proprio intuito quando cercano di interpretare le azioni del figlio.
L’apprendimento per imitazione è sicuramente tra i più veloci ed efficienti. Imitando, riesce ad
usare degli utensili e a comprendere le relazioni di causa-effetto coinvolte nelle azioni; inoltre,
assimila anche le particolari consuetudini sociali della cultura di appartenenza.
Nelle primissime settimane, ai bambini piace imitare azioni che essi stessi compiono di frequente,
ad es. tirare fuori la lingua. È stato dimostrato che questi movimenti vengono esercitati già
nell’utero, quindi sono già sotto il pieno controllo del neonato. In questa prima fase, l’imitazione
può avvenire con un po’ di ritardo, ma è sempre intenzionale, e l’azione in questione viene
perfezionata ad ogni tentativo.
Dopo tale fase, sviluppa altre abilità, come i vocalizzi, o allungare il braccio e afferrare. Comincia ad
imitare più frequentemente questi nuovi movimenti rispetto a quelli imitati in precedenza. Col
tempo, l’imitazione non si limita solo alla riproduzione esatta delle azioni di un’altra persona, ma
anche degli scopi che vi sono alla base. A 15 mesi il bambino non ha più bisogno di vedere
qualcuno compiere un’azione, gli basta assistere a un tentativo, anche non riuscito, per
comprendere lo scopo del movimento e raggiungerlo.
Inoltre, col tempo aumenta la dimensione quantitativa dell’imitazione (quanta parte del
comportamento altrui viene imitato, il numero di elementi che il bambino riesce ad imitare in
un’unica sequenza d’azione)
La naturale propensione del bambino all’imitazione viene spesso utilizzata dagli adulti quando
cercano di indurlo a fare qualcosa, ad es. genitore apre la bocca e finge di masticare per far
mangiare il bambino.
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Sebbene i bambini siano particolarmente sensibili alla contingenza degli oggetti, la contingenza
sociale è molto più efficace nell’attirare il loro interesse e il loro coinvolgimento positivo,
soprattutto se realizzata da una persona con cui hanno un legame affettivo. Ciò riflette la naturale
tendenza dell’essere umano ad entrare in contatto coi suoi simili, ma deriva anche dal fatto che
una persona sa entrare in contatto con un bambino con una sensibilità impensabile per qualsiasi
dispositivo meccanico. La contingenza, quindi, non è soltanto questione di tempestività, ma anche
di adeguatezza della risposta, ossia dal grado di sintonizzazione nei confronti del comportamento
del bambino.
Inoltre, un altro elemento importante per lo sviluppo cognitivo riguarda il fatto che, se il bambino
interagisce con qualcuno che smette di fornire risposte contingenti ai suoi segnali, la reazione
negativa a questa mancanza ha effetti generalizzati, tali per cui successivamente il bambino
mostrerà meno attenzione positiva verso materiali stimolanti e avrà bisogni di più tempo per
completare compiti di apprendimento.
Nelle primissime settimane, gran parte delle risposte contingenti si verifica nell’interazione faccia a
faccia. La forma più comune è l’imitazione del comportamento del bambino da parte del genitore.
Nel periodo tra i 3-4 mesi, accade comunemente un cambiamento nello stile di gioco sociale. Ora
il bambino preferisce risposte non perfettamente contingenti, ma che introducano elementi di
sorpresa e di umorismo.
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