Sei sulla pagina 1di 14

2/2019 Psicologia dello sviluppo e Psicologia dell’educazione Andrea Failla

Le prime relazioni del bambino – Lynne Murray


Introduzione
Nei primi due anni di vita del bambino avvengono una serie di drastici cambiamenti, più che per
tutto il resto della vita dell’individuo. Si fanno grandi progressi nella capacità di comprendere le
persone, di interagire con l’ambiente, e ancora, nel linguaggio, nell’autocontrollo comportamentale
ed emotivo. Inoltre, è in questa fase che si definiscono i tipi di attaccamento del bambino con le
persone che si prendono cura di lui (i cd. Caregiver)

1. Comprensione sociale e collaborazione


I neonati sono completamente dipendenti dalle cure degli altri, e la natura di tali cure può avere
effetti profondi e a lungo termine. È quindi fondamentale che sviluppino un legame di
attaccamento coi loro caregiver.

Le madri dei piccoli dell’uomo producono degli ormoni che fanno emergere una profonda
dedizione al bambino, definita preoccupazione materna primaria. Il termine indica uno specifico
stato mentale che generalmente si sviluppa nell’ultima fase della gravidanza. In qualsiasi altra
circostanza, questa condizione potrebbe sembrare patologica, ma nella madre di un neonato è
fondamentale, perché consente un continuo adattamento ai bisogni del bambino.
Il prendersi cura dei neonati fa parte delle reazioni di base dell’essere umano: questi, infatti, -
come i cagnolini, i gattini e i cuccioli di foca – hanno una serie di tratti “graziosi” che ci attraggono e
ci spingono a prenderci cura di loro. Infatti, quando vediamo un bambino, si attiva in una frazione
di secondo un tipo particolare di attività cerebrale nella zona legata all’esperienza del piacere.
Quando si tratta dei nostri figli, questa reazione è molto più intensa e dà luogo anche ad altre
attività, ad esempio le stesse reazioni legate all’innamoramento e alla gratificazione. La ragione
dell’intensità di tali attività è dovuta al rilascio dell’ossitocina, ormone collegato ad attaccamento,
empatia e fiducia e fondamentale nell’accudimento. Viene secreto ogni volta che vediamo o
interagiamo con un bambino; si registrano forti incrementi di ossitocina nei genitori, specie dopo
un contatto affettuoso coi figli.

I ricercatori del settore parlano della presenza di un cervello sociale nel bambino, che gli consente
di interagire con l’ambiente sociale. Anche in questo caso, i volti hanno un ruolo centrale: fin dai
primi mesi i bambini mostrano preferenza per forme simili al volto umano, rispetto a forme in cui i
tratti del volto sono disposti in modo disordinato. Fin da piccolissimi sono molto sensibili alla voce
umana, e sono straordinariamente reattivi al baby talk; dopo qualche settimana reagiscono anche
al loro nome.

Fra le abilità più straordinarie del neonato troviamo la capacità di imitare le espressioni e i
movimenti facciali di un’altra persona: la straordinarietà sta nel fatto che il neonato non ha mai
visto il proprio volto, ma riesce a collegare uno stimolo visivo al coordinamento dei propri muscoli
facciali. Questa capacità imitativa è legata all’attività dei neuroni specchio, che si attivano quando
si compie un’azione e quando la si osserva; i neuroni specchio agiscono allo stesso modo con le
emozioni, svolgono quindi un ruolo centrale nello sviluppo dell’empatia.

Il primo mese di vita


Nelle primissime settimane la comunicazione genitore-bambino è fisica. Anche nei casi in cui non
avviene un’interazione faccia-a-faccia, la stimolazione tattile è comunque una forma di
comunicazione: il bambino reagisce al tocco e il genitore lo adatta alla reazione.

1
2/2019 Psicologia dello sviluppo e Psicologia dell’educazione Andrea Failla

Sebbene il bambino possegga capacità imitative, queste sono molto limitate; durante le interazioni
faccia-a-faccia, infatti, è raro che il bambino compia imitazioni spontanee, e le azioni che compie
(movimenti con la bocca, con la lingua, etc.) solo di rado sono risposte agli stimoli del genitore.
Anche le reazioni del genitore si concentrano sulle esperienze fisiche del figlio. Queste interazioni
consentono di creare un coinvolgimento emotivo e delle vere e proprie “conversazioni” primitive.

I due mesi e la relazione nucleare


La fase che va dai 2 ai 4 mesi di vita è detta della relazione nucleare o della intersoggettività
primaria. Nel corso di questi mesi si intensifica il ruolo attivo del bambino nei rapporti sociali,
comincia ad interagire con gli oggetti, e aumenta il tempo in cui è attivo e vigile. Il bambino cerca il
contatto visivo, passa più tempo ad osservare il volto del genitore, e il sorriso diventa sociale.
Aumenta l’attenzione e la capacità di concentrazione, e ricambia le azioni del genitore anche con
gesti della mano, vocalizzi e movimenti ben formati di bocca e lingua (cd. Movimenti prelinguistici).

In questo periodo anche i genitori si impegnano per migliorare il coinvolgimento sociale del figlio.
Di regola, lo sguardo del genitore costituisce una sorta di riferimento per il bambino, e il genitore
distoglie lo sguardo dal volto del figlio solo dopo che questi ha interrotto il contatto visivo.
I genitori osservano il comportamento del figlio e lo imitano, o “rispecchiano” (cd.
Rispecchiamento). Oltre al rispecchiamento, i genitori attuano una marcatura (=mettono in risalto)
dei comportamenti del bambino attraverso chiari segnali espressivi. Questa ha particolare
importanza nello sviluppo delle vocalizzazioni: in questo periodo i bambini producono suoni
semplici (“ooo”) e suoni più complessi (“cooo”), e i genitori esprimono preferenza per questi ultimi,
stimolando i figli a produrne altri. Inoltre, si ritiene che il rispecchiamento possa aiutare il bambino
a sviluppare il senso del Sé, o Sé nucleare.

Non tutte le caratteristiche della relazione genitore-figlio sono universali, alcune presentano una
notevole variabilità: ad es. non tutti i genitori rispondono agli stessi comportamenti, e neppure lo
fanno allo stesso modo. In questo frangente ha particolare importanza la dimensione culturale. Ad
es. in Giappone si dà molta importanza al senso di appartenenza e all’obbedienza, negli US si
prediligono comportamenti che tendono all’autonomia. Anche all’interno della stesso cultura è
presente una notevole variabilità: alcuni genitori potrebbero marcare particolarmente la vivacità
del loro figlio, altri meno.

Si intensifica anche la sensibilità del bambino verso le interazioni faccia-a-faccia. Ad es. se il


genitore smette di agire normalmente e interrompe il contatto visivo, il bambino mostra un lieve
senso di disagio; inoltre, se si cambia la sequenza di passi in un gioco conosciuto, il bambino non
sorride. Tuttavia, quando il cambiamento nel contatto è più naturale, il bambino non mostra
disagio, ma osserva con interesse. In questo periodo si sviluppa una capacità sempre maggiore di
adattarsi agli stili di interazione dei genitori; i bambini prediligono lo stile al quale sono più abituati,
e mostrano maggiore interesse per le persone che lo utilizzano. Nel corso del tempo, man mano
che lo schema di interazione col genitore si fa più prevedibile, il bambino comincia ad applicarlo
anche con le altre persone. A 4 mesi il bambino è ormai un abile partner sociale.

Dai 4 ai 5 mesi, l’ingresso nelle relazioni a tema


Tra il terzo e il quarto mese migliora notevolmente l’acuità visiva, che diventa molto simile a quella
di un adulto. Tra i 4-5 mesi si registrano marcati miglioramenti nella capacità di allungare il braccio
e afferrare gli oggetti. Si cambiano anche interessi e motivazioni, e i genitori, stimolati da questi
sviluppi, impegnano nuove tecniche per comunicare coi figli. Adesso i bambini non dedicano più
tanto tempo al contatto visivo, ma preferiscono rivolgerlo all’ambiente circostante, o
2
2/2019 Psicologia dello sviluppo e Psicologia dell’educazione Andrea Failla

all’esplorazione di oggetti a portata di mano. I genitori si adattano introducendo giochi col corpo –
spesso con struttura ritmica e musicale – o introducono nuovi referenti nei giochi (nuovi oggetti,
suoni, etc.). la comunicazione passa dalla reazione nucleare all’inclusione di un tema o di un
oggetto di attenzione separato.

9 mesi: dalle relazioni a tema alle relazioni integrate


Al quinto mese, se un bambino vuole raggiungere un orsacchiotto si limita a sporgersi per cercare
di afferrarlo o a fissarlo. Non segnala attivamente ad un’altra persona il suo bisogno. Quest’ultimo
comportamento avviene intorno ai 9-10 mesi, quando raggiunge una fase di comunicazione più
integrata (attenzione condivisa, o intersoggettività secondaria). Affinché si realizzi questo passo è
necessario che il bambino sviluppi una maggiore comprensione dell’esperienza del mondo
compiuta dalle altre persone (il bambino ha bisogno di capire se l’adulto è in grado di prendere
l’orsacchiotto) e deve essere in grado di collegare l’esperienza altrui con la propria (rendersi conto
che l’adulto può aiutarlo, ed essere in grado di comunicarlo). Un’ulteriore conferma di questo
passaggio si ha quando durante il gioco il bambino svolge un ruolo che prima era riservato al
genitore. In questa fase, il bambino comincia a seguire i suggerimenti degli altri e a collaborare più
efficacemente con loro. Inoltre, il bambino guarda in volto il genitore quando non comprende cosa
sta accadendo, come se cercasse una guida, e – non più tardi dei 12 mesi – inizierà ad indicare col
dito per attirare l’attenzione del partner sociale. Si sviluppano anche l’angoscia da separazione e la
paura dell’estraneo, nonché la capacità di preoccuparsi.

Non è ancora completamente chiaro come i bambini acquisiscano la capacità di collegare la propria
esperienza e quella degli altri. A differenza di quanto avviene nei bambini più grandi, nei più piccoli
la nascente comprensione degli altri non viene espressa in maniera esplicita. Quindi è necessario
impiegare tecniche di rilevazione (ad es. studio e rilevazione dei movimenti oculari).
Il bambino non solo individua l’interesse di un’altra persona, ma inizia anche a comprenderne i
desideri e gli scopi a partire dal modo in cui l’altro guarda e si comporta. Entro i 6-10 mesi, infatti, il
bambino lancia avanti lo sguardo ed è capace di intuire dove finirà un’azione. A questa età, i
bambini riescono ad intuire se un’azione è causata intenzionalmente o accidentalmente; sembra
persino rendersi conto che persone diverse possano avere intenzioni e scopi diversi.
È importante notare come la comprensione delle intenzioni alla base delle azioni altrui si sviluppi di
pari passo con la capacità del bambino di compiere le stesse azioni. Ad es. un bambino che sa
gattonare può prevedere la traiettoria di un bambino che gattona.

La consapevolezza del collegamento tra la propria esperienza e quelle altrui è data anche da
particolari modalità espressive del genitore durante il gioco. Una di queste è il movimentese, un
particolare modo di agire degli adulti nelle interazioni col bambino. Nel movimentese le fasi fisiche
di un gioco vengono evidenziate attraverso la sincronizzazione e intensità della comunicazione. I
movimenti ritmici e le filastrocche chiariscono il tema al bambino e ne agevolano la condivisione.
Quando al centro del gioco ci sono parti del proprio corpo, poi, si ha un ulteriore sviluppo della
consapevolezza di sé e degli altri.
Un altro elemento importante è la cd. Qualità ostensiva, ovvero l’impiego da parte dei genitori di
espressioni e segni vocali per mettere in evidenza o far conoscere al bambino alcuni aspetti della
realtà. Questo comportamento è molto simile alla marcatura.

Sebbene le relazioni diadiche siano di fondamentale importanza per lo sviluppo, le interazioni


sociali del bambino molto spesso avvengono in relazioni triadiche. A 3-4 mesi il bambino sposta lo
sguardo da un genitore all’altro, alternando momenti di osservazione a tentativi di inserirsi nella

3
2/2019 Psicologia dello sviluppo e Psicologia dell’educazione Andrea Failla

conversazione. Questo atteggiamento è assai più comune quando la relazione tra genitori è
armoniosa.

Il secondo anno: visione d’insieme e relazioni collaborative


Le abilità acquisite fino al primo anno di vita costituiscono un enorme progresso dal punto di vista
della comprensione sociale, ma mancano ancora alcune abilità fondamentali, ad esempio la
capacità di coordinare vari punti di vista ed elaborare una visione d’insieme.
Fino a tempi relativamente recenti, molti psicologi ritenevano che la capacità di rendersi conto che
un’altra persona potrebbe avere una diversa visione del mondo rispetto a quella che il bambino sa
essere vera (la capacità di rendersi conto che l’altra persona potrebbe avere una falsa credenza) si
sviluppasse intorno ai 4 anni. Questa posizione sta cambiando, perché alcuni studi rilevano tale
abilità entro i primi 2 anni di vita.

Manifestazioni dello sviluppo di una visione d’insieme:


- Fare scherzi. A partire dai 9-10 mesi, i bambini iniziano a interessarsi agli stati mentali altrui.
Manifestazione di ciò è la capacità di raggirare il partner facendo degli scherzi.
- L’inganno. Questo può avvenire per gioco, ma anche quando il bambino vuole compiere
un’azione e il genitore non è d’accordo. Quanto a quest’ultimo tipo di inganno, se fino al
primo anno di vita il bambino aspetta che il genitore esca dalla stanza per compiere
l’azione, adesso le tecniche di inganno sono più raffinate e possono includere il nascondere
degli oggetti, impiegare strategie di distrazione, etc.
Nel corso del tempo, il bambino si rende conto che anche gli altri possono diventare
oggetto di disapprovazione; quindi, entro i 18 mesi, se gli capita di sentire che qualcuno
viene sgridato per aver compiuto una determinata azione, il piccolo si asterrà dal compierla,
almeno fino a quando l’autore del rimprovero è in grado di vederlo.
- Riconoscersi allo specchio. Di pari passo con lo sviluppo di tali strategie di inganno, il
bambino assume comportamenti che gli consentono di considerare sé stesso con
obiettività. Se prima dell’anno di vita il bambino guarda la propria immagine riflessa come
se si trattasse di un altro bambino, durante il secondo riesce a riconoscere sé stesso. Per
vedere se il bambino si riconosce nell’immagine riflessa si utilizza il cd. Test della macchia
rossa. Si fa un segno sul volto del bambino, lo si distrae brevemente e poi lo si pone davanti
a uno specchio; prima dei 15 mesi, il bambino non sembra riconoscere che il volto riflesso è
il suo; a partire da questa età, tuttavia, comincerà a indicarsi, a toccare il segno, a dire il suo
nome. Questa capacità va di pari passo con l’utilizzo di pronomi come “me”, “mio”, “il mio”,
indici di una visione oggettiva di sé.
- Distinguere tra intenzione e azione, capire il senso di un comportamento. Es. Un bambino
intende smontare un giocattolo, ma nel farlo gli scivola tra le mani e cade per terra. Un
altro bambino osserva la scena e cerca di imitarlo, ma riprodurrà soltanto il
comportamento intenzionale (smontare giocattolo), non quello accidentale. Ciò dimostra
che il bambino comprende che l’obiettivo di una persona può essere diverso dalle sue
azioni.
- La comprensione di punti di vista contrastanti. Alla fine del primo anno di vita si affina la
comprensione del fatto che la propria esperienza possa essere diversata da quella degli
altri. Il bambino, infatti, diventa capace di comprendere il punto di vista degli altri, anche
mettendo da parte il proprio. Se a un bambino di 14 mesi si offre un alimento che detesta e
lo si presenta come buonissimo, o se si offre un alimento che gli piace e lo si presenta come
disgustoso, è capace di offrire al partner il cibo che quest’ultimo preferisce, mettendo da
parte i propri gusti.

4
2/2019 Psicologia dello sviluppo e Psicologia dell’educazione Andrea Failla

Alla stessa età aumenta il desiderio di rendersi utili; il bambino è capace di comprendere la
mancanza di conoscenze del partner, e anche che ciò che l’altro crede può essere sbagliato.

Il ruolo delle interazioni sociali:


- Gioco di finzione e conflitti. Il gioco di finzione è fondamentale per aiutare il bambino a
distinguere il reale dall’immaginario. Non a caso, i bambini che creano giochi di finzione
complessi sono quelli che imparano prima a riconoscersi allo specchio. Dai 12 mesi in poi, il
bambino comincia a creare scene in cui qualcosa “sta per” qualcos’altro (un mattoncino
diventa panino da dare all’orsacchiotto). Importante anche il gioco di ruolo, non soltanto
per le caratteristiche del gioco stesso, ma soprattutto per le negoziazioni che avvengono in
precedenza (definizione dei ruoli, azioni ed emozioni).
- Conversazioni. Lo sviluppo del linguaggio è una manifestazione della capacità di distinguere
segni e simboli dagli eventi reali. Inoltre, è emerso che impostare certi tipi di conversazione
coi bambini migliori le loro competenze sociali, ad es. parlare delle ragioni dietro a un
comportamento renderà il bambino più empatico e capace di comprendere sentimenti e
punto di vista degli altri.
- Occasioni per collaborare. Porre il bambino in situazioni di collaborazione ne aumenta le
capacità di coordinare il proprio lavoro con quello dei partner, oltre alla soddisfazione di
poter dare il proprio aiuto.

2. L’attaccamento
L’attaccamento del bambino verso i cd. caregiver è uno degli aspetti più importanti dello sviluppo
infantile. Le relazioni di attaccamento sono simili ad altri legami affettivi, ma se ne differenziano
per il fatto che si fondano sulla vulnerabilità e dipendenza fisica ed emotiva del bambino. Tale
importanza fu evidenziata per la prima volta da John Bowlby nel 1952, che aveva studiato gli effetti
sui bambini della separazione dai genitori durante lo sfollamento in tempo di guerra, e i rapporti
tra disgregazione familiare e delinquenza minorile. È interessante notare come i suoi studi
coincidessero con quelli condotti sulle scimmie reso, che dimostravano che anche per questi
animali fosse fondamentale ricevere supporto fisico ed emotivo fin dalla tenera età. In
considerazione di questi risultati, Bowlby sostenne che l’attaccamento è fondamentale per la
sopravvivenza della specie, poiché offre protezione dai pericoli.

La natura delle relazioni di attaccamento nella prima infanzia


Le relazioni di attaccamento che un bambino forma sono generalmente limitate nel numero.
Possono costituirsi con genitori, familiari stretti, ma anche con figure professionali che si occupano
frequentemente del neonato. È importante sottolineare che una relazione non è mai solamente di
attaccamento: un genitore, infatti, non si limita a prendersi cura del figlio, ma è ora compagno di
gioco, ora complice, ora educatore.
I bisogni di attaccamento si manifestano particolarmente in situazioni difficili che potrebbero
agitare o spaventare il bambino, quali la malattia, la stanchezza e la fame; al contrario, se il
bambino si sente al sicuro col caregiver al suo fianco, se l’ambiente è confortevole, i bisogni di
attaccamento saranno meno pressanti.

I genitori cominciano spontaneamente a fornire una serie di cure al figlio fin dalla sua nascita, che
favoriscono lo sviluppo dell’attaccamento; tuttavia, è solo dalla seconda metà del primo anno di
vita che il bambino mostra reazioni che riflettono l’attaccamento: è infatti a questa età che il
bambino si rende conto della sua dipendenza. Ne consegue che un bambino che prima non
mostrava alcun disagio nel trascorrere del tempo con degli sconosciuti, adesso diviene più

5
2/2019 Psicologia dello sviluppo e Psicologia dell’educazione Andrea Failla

selettivo. Altri segni di attaccamento sono il desiderio di stare fisicamente vicino a una particolare
persona e di essere consolato da lei nei momenti di debolezza.

Le relazioni di attaccamento non hanno tutte la stessa valenza. Il bambino ha delle preferenze, che
dipendono principalmente dalla qualità delle cure ricevute.

Le relazioni di attaccamento sicuro sono caratterizzate da due elementi fondamentali:


- Il bambino ha fiducia nel fatto che il genitore è emotivamente disponibile e pronto ad
offrirgli il suo aiuto. Ciò significa che non deve verificare ansiosamente la disponibilità del
genitore né la sua volontà di aiutarlo.
- Il bambino ha fiducia nel fatto che il genitore, oltre ad essere disponibile, è anche in grado
di alleviare le sue sofferenze e soddisfare i suoi bisogni.
Conseguenza della sicurezza nell’attaccamento è il fatto che il bambino generalmente si riprende in
fretta da ogni tipo di disagio, proprio in virtù della sua “base sicura”.
il genitore che consola il bambino quando piange non corre il rischio di farlo diventare
eccessivamente dipendente, anzi, fornisce al figlio la sicurezza che gli serve ad agire in autonomia.

Non sempre l’attaccamento sviluppato è di tipo sicuro. Esistono tre diversi tipi (o pattern, o stili) di
attaccamento insicuro:
1. Attaccamento insicuro evitante. I bambini che hanno relazioni di questo tipo mostrano
pochi, se non nessuno, segni di disagio in situazioni che dovrebbero turbarlo ed attivare i
bisogni di attaccamento. In caso di allontanamento del genitore, quando questo torna
viene ignorato, e il bambino preferisce tenersi occupato ad es. con un gioco. Anche se
all’apparenza situazioni che dovrebbero turbarlo lo lasciano impassibili, test fisiologici
hanno dimostrato un aumento della frequenza cardiaca e della produzione di cortisolo (cd.
ormone dello stress). Il bambino assume un atteggiamento evitante perché non è sicuro di
ricevere una risposta di conforto dal genitore quando sta male.
2. Attaccamento insicuro ambivalente-resistente. I bambini che hanno relazioni di questo tipo
mostrano ansia riguardo alla disponibilità del genitore e alla possibilità di vedere soddisfatti
i propri bisogni. Il bambino controlla attivamente se il genitore è presente, e spesso ha
difficoltà a mettersi a giocare ed esplorare. Come nell’attaccamento sicuro, il bambino
prova disagio in situazioni che dovrebbero turbarlo, ma, in questo caso, il disagio è
estremo. Il bambino resta agitato nonostante i tentativi del genitore di consolarlo.
3. Attaccamento insicuro disorganizzato. I bambini che hanno relazioni di questo tipo o non
mostrano uno schema di risposta ben definito, o, quando lo fanno, questo è dominato da
un comportamento fortemente disorganizzato. Il bambino assume comportamenti insoliti,
spesso contraddittori, che non appaiono finalizzati a vedere soddisfatti i propri bisogni.
Questo tipo di reazione è considerato insicuro per l’angoscia e il disorientamento mostrati
dal bambino nel manifestare i propri bisogni di attaccamento.

L’attaccamento sicuro e il ruolo dei genitori


Un’attività di ricerca, in accordo con le tesi di Bowlby, ha dimostrato che la sensibilità del genitore è
uno dei fattori che determina maggiormente la sicurezza dell’attaccamento. Sensibilità significa
dimostrare disponibilità, accettazione, e un coinvolgimento affettuoso e collaborativo, nonché una
certa prontezza ed adeguatezza nel soddisfare i bisogni di attaccamento (cd. responsività).
Dimostrare sensibilità non è semplice, poiché non semplice è decifrare comportamenti e bisogni
del bambino, cosa che richiede molta pratica.

6
2/2019 Psicologia dello sviluppo e Psicologia dell’educazione Andrea Failla

Studi recenti hanno dimostrato che a sviluppare il senso di sicurezza non contribuisce soltanto ciò
che il genitore fa in termini concreti, ma anche il suo modo di pensare al bambino e di riflettere
sull’attaccamento.

Come a un accudimento sensibile è collegato un attaccamento sicuro, a un accudimento non


sensibile è collegato un attaccamento insicuro.
- Un bambino con attaccamento evitante ha probabilmente un genitore che non è a suo agio
nel contatto fisico ravvicinato, che ha uno stile di accudimento invadente e caratterizzato da
un controllo eccessivo.
- Un bambino con attaccamento ambivalente-resistente ha probabilmente un genitore che
non fornisce in modo costante un accudimento sensibile o che appare poco coinvolto.
- Un bambino con attaccamento disorganizzato ha probabilmente fatto esperienza di
comportamenti del genitore che lo hanno spaventato.
Eccezione fatta per questo ultimo tipo di attaccamento, il bambino mette in atto una serie di
strategie di adattamento alle caratteristiche dell’accudimento.
- Il bambino con attaccamento sicuro cerca sostegno, perché sa che può riceverlo.
- Il bambino con attaccamento evitante cerca di ridurre al minimo la dipendenza dal
genitore, perché sa che le manifestazioni di tale dipendenza verrebbero scoraggiate.
- Il bambino con attaccamento ambivalente-resistente rende più evidente il proprio bisogno
per massimizzare le possibilità di ricevere una risposta.
Inoltre, è importante notare che:
- Un bambino non ha necessariamente lo stesso tipo di attaccamento con tutte le persone
che si prendono cura di lui
- È possibile prevedere il tipo di attaccamento ancor prima che il bambino sia venuto alla
luce, sulla base del modo in cui il genitore considera i bisogni di attaccamento
- Gli interventi volti a migliorare la sensibilità dei genitori producono un aumento della
percentuale di relazioni di attaccamento sicuro dei bambini.

Le prove che indicano un effetto delle caratteristiche genetiche sull’attaccamento sono scarse. Il
temperamento potrebbe influire sulle relazioni di attaccamento del bambino. Ad es. un bambino
che reagisce con emozioni forti e si agita facilmente potrebbe subire maggiormente l’influsso
dell’ambiente rispetto a un bambino con temperamento meno reattivo. Quindi, i bambini
iper-reattivi potrebbero essere più esposti al rischio di un attaccamento insicuro in presenza di un
accudimento insensibile.

Fattori che condizionano la capacità dei genitori di fornire un accudimento sensibile


I fattori che condizionano la capacità di fornire un accudimento sensibile sono molteplici.
Innanzitutto, problemi di lavoro, economici, sociali possono rendere molto difficile un accudimento
sensibile.

Particolare importanza hanno le relazioni di attaccamento che i genitori stessi hanno avuto nella
loro infanzia, e il significato che queste relazioni continuano ad avere per loro. I genitori con
attaccamento sicuro hanno più facilità a comprendere emozioni e bisogni del figlio, che ha più
possibilità di instaurare un legame di attaccamento sicuro. Questo stile di attaccamento del
genitore è definito autonomo.
I genitori con attaccamento insicuro, invece, potrebbero incontrare parecchie difficoltà. Alcuni
genitori hanno imparato a gestire emozioni dolorose allontanando i ricordi e negando l’importanza
della vicinanza emotiva. Proprio per questo “prendere le distanze” dalla sfera emotiva, questo
attaccamento – che aumenta le probabilità di un attaccamento evitante - è definito distanziante.
7
2/2019 Psicologia dello sviluppo e Psicologia dell’educazione Andrea Failla

Altri genitori con attaccamento insicuro potrebbero essere costantemente preoccupati o arrabbiati
per le difficoltà derivanti dalle esperienze di attaccamento della propria infanzia, ragion per cui il
figlio ha più probabilità di sviluppare un attaccamento ambivalente-resistente.
Infine, se i genitori hanno dovuto affrontare un’esperienza traumatica nella loro infanzia e non
sono riusciti ad elaborarla, oppure se sono sopraffatti dalle difficoltà della vita attuale, è possibile
che tutte le loro energie siano assorbite da questi problemi. Di conseguenza, potrebbero ignorare i
bisogni del bambino, che svilupperebbe un attaccamento disorganizzato.

Attaccamento nella prima infanzia e sviluppo a lungo termine


È lecito chiedersi se esista un legame tra l’attaccamento nella prima infanzia e lo sviluppo e
benessere emotivo del bambino. In effetti, è possibile riscontrare un’associazione, che può
manifestarsi in diversi modi, ad es. i legami di attaccamento condizionano il modo di percepire sé
stessi e gli altri*, e quindi anche le relazioni sociali dell’infanzia. Tuttavia, è anche possibile che lo
stile di attaccamento genitoriale perduri nel tempo, influenzando lo sviluppo del bambino anche
negli anni successivi all’infanzia.

*un bambino accudito in modo amorevole svilupperanno un modello di se stessi come persone
degne d’amore, il che condizionerà il modo in cui egli interpreterà i comportamenti altrui, nonché
le sue aspettative riguardo alle reazioni degli altri nei suoi confronti.

I bambini che hanno avuto un attaccamento sicuro tenderanno a intessere relazioni positive e
armoniose, e sentiranno di ricevere un maggiore sostegno nelle relazioni più intime rispetto ai
bambini con attaccamento insicuro.
Le prime relazioni di attaccamento sembrano avere un influsso minore sulle relazioni superficiali.

Qual è il rapporto tra il tipo di attaccamento nella prima infanzia ed eventuali problemi
comportamentali nella tarda infanzia?
I bambini con attaccamento sicuro, grazie alla loro maggiore capacità di comprensione emotiva e
sociale sono in grado di far fronte in maniera più efficace alle situazioni interpersonali difficili,
quindi hanno meno probabilità di assumere comportamenti problematici rispetto ai bambini con
attaccamento insicuro.
Per i problemi di cd. esteriorizzazione, come i comportamenti aggressivi o oppositivi, questi sono
più frequenti in bambini che avevano un attaccamento disorganizzato, e si rilevano più casi tra i
maschi che tra le femmine. Inoltre, sebbene siano stati rilevati in tutte le classi sociali, sono più
frequenti in bambini soggetti a forte privazione.
Per i problemi di cd. interiorizzazione, come l’ansia o il ritiro sociale, questi sono più frequenti in
bambini che avevano un attaccamento evitante.

È importante tenere a mente che la qualità dell’accudimento è generalmente costante. Tuttavia,


nel caso in cui un bambino con attaccamento insicuro inizi a ricevere un accudimento sensibile
(magari dovuto a un miglioramento dei genitori), potrebbe essere meno soggetto a problemi
comportamentali; allo stesso modo, nel caso in cui un bambino con attaccamento sicuro inizi a
ricevere un accudimento insensibile (magari dovuto a condizioni difficili dei genitori), potrebbe
essere maggiormente soggetto a problemi comportamentali.
Ciò non deve trarre in inganno: non è detto che gli effetti derivanti dalle prime esperienze di
attaccamento siano passibili di cambiamento. In genere, più si cresce, più si riducono le possibilità
di cambiamento.

Cure non genitoriali in tenera età: il nido


8
2/2019 Psicologia dello sviluppo e Psicologia dell’educazione Andrea Failla

Spesso i genitori che iscrivono il proprio figlio al nido nutrono una serie di timori e preoccupazioni
(ad es. hanno paura di non riuscire a conciliare la vita genitoriale con quella lavorativa).
Nonostante questi timori, il nido può fare molto per lo sviluppo del bambino, anche se gli effetti
sono relativamente limitati. Infatti, risultano notevolmente più rilevanti i legami coi genitori e con
l’ambiente familiare.

Frequentare il nido è spesso un’esperienza stressante per il bambino. È normale che i bambini
piangano vedendo il proprio genitore andar via. Ciò spesso avviene se il bambino viene inserito al
nido tra i 12-18 mesi, periodo in cui è più consapevole del distacco. Avviene anche tutte le volte
che il bambino si sente particolarmente vulnerabile, ad es. dopo le vacanze estive o un lungo
periodo di malattia. È interessante notare che la produzione di cortisolo (ormone dello stress)
avvenga con la stessa frequenza sia nei bambini con attaccamento sicuro, sia in quelli con
attaccamento insicuro, ad indicare che, fino a quando il bambino non ha avuto il tempo di adattarsi
e ambientarsi, le separazioni ripetute e prolungate possono incrinare le sue aspettative rispetto
alla disponibilità del genitore. È inoltre possibile che il personale del nido non riesca a prevenire il
disagio; perciò è consigliabile che i genitori dedichino del tempo all’inserimento al nido, cosa che
favorirebbe ulteriormente la sicurezza dell’attaccamento.

I genitori che portano il figlio al nido spesso mostrano un particolare impegno per stare più vicini al
bambino quando è a casa. Questa sensibilità supplementare è molto importante, specie se il nido è
di scarsa qualità. Se durante il giorno il bambino non riceve adeguato sostegno, avrà bisogno dei
genitori per gestire le emozioni difficili.

Al nido probabilmente il bambino formerà relazioni significative con gli adulti che si prendono cura
di lui, e i genitori spesso temono che possano diventare più importanti di quelle che il figlio ha con
loro. In realtà, se la relazione coi genitore è di attaccamento sicuro, non si corre questo rischio.

Una delle ragioni per cui i genitori iscrivono il proprio figlio al nido è per fagli intessere nuove
relazioni con altri bambini, specie se figlio unico. I gruppi di bambini con un’adeguata supervisione,
non soltanto al nido ma più in generale, possono costituire un ambiente sicuro in cui scoprire la
collaborazione sociale e sperimentare nuove strategie di scambio sociale. Persino le normali
situazioni conflittuali tra bambini, se ben gestite dal personale del nido, possono essere occasione
di crescita.
L’ambiente familiare può influenzare notevolmente il comportamento del bambino al nido. Ad es.
se la madre ha fornito un accudimento sensibile, è più probabile che il bambino mostri
comportamenti positivi; al contrario, nel caso di attaccamento insicuro, sono le reazioni di rabbia o
ansia ad essere più frequenti.

L’attaccamento verso gli oggetti


I bambini possono manifestare chiari segni di attaccamento verso alcuni oggetti. Per quanto
sembrino poco significative, queste relazioni non sono trascurabili. Si presentano in genere al
termine del primo anno di vita. Gli oggetti più comuni sono peluche, copertine e salviettine, che
spesso ricevono un nome particolare dal bambino o dai genitori. Vengono definiti oggetti
transizionali, o coperta di Linus. La relazione è così intensa che se l’oggetto va perduto è facile che
il bambino si disperi; inoltre, può essere utilizzato per consolarlo durante il pianto. Se l’oggetto in
questione si trova in un luogo che il bambino non conosce può favorirne l’esplorazione.

9
2/2019 Psicologia dello sviluppo e Psicologia dell’educazione Andrea Failla

3. Autoregolazione e autocontrollo
Uno dei compiti più difficili per un bambino è gestire gli stati fisici e le emozioni difficili e
controllare e regolare il proprio comportamento. La capacità di autoregolazione aiuta il bambino
ad impegnarsi adeguatamente in qualsiasi attività debba svolgere, e ad adattarsi a nuove situazioni
e richieste. Autocontrollo e autoregolazione sono particolarmente importanti per ridurre il
presentarsi di comportamenti aggressivi ed aumentare la collaborazione sociale. Sebbene queste
abilità continuino a svilupparsi fino all’età adulta, è nei primi due anni che avvengono i
cambiamenti più significativi.

Elementi fondamentali della capacità di regolazione nei bambini piccoli


Reattività. Alcuni bambini hanno una soglia molto bassa di reazione, e reagiscono rapidamente e
intensamente anche a stimoli di lieve entità.
Capacità di gestire le proprie esperienze. Anche in questo caso, alcuni bambini riescono a farlo
meglio di altri.

Particolare importanza assume l’accudimento nelle prime settimane, quando i genitori sono
generalmente capaci di ridurre lo stress del figlio ed aiutarlo a ritrovare la calma occupandosi dei
suoi bisogni fisici.
Anche le interazioni quotidiane faccia a faccia hanno un ruolo non trascurabile. Esperimento Still
face (faccia immobile): dopo una normale interazione, il genitore smette di reagire per circa due
minuti. Dapprima il bambino cerca di attrarre l’attenzione, poi protesta con suoni e gesti, fino a, in
alcuni casi, piangere. Durante l’esperimento si registra l’aumento di cortisolo e il ricorso a strategie
per calmarsi (ad es. succhiarsi il pollice). Quando i genitori riprendono a reagire, il bambino
impiega un po’ di tempo prima di riprendere a comportarsi normalmente, e continua ad attivare
meccanismi di autoregolazione. Anche le normali interazioni faccia a faccia mettono alla prova i
meccanismi di regolazione, ad esempio quando c’è un’incomprensione a proposito di un gesto o di
una particolare reazione.
Il gioco fisico costituisce un ulteriore allenamento delle capacità di regolazione, ad es. cercare di
divertirsi senza lasciarsi sopraffare dall’entusiasmo: potrebbe accadere che il bambino abbia
bisogno di distogliere lo sguardo per ridurre l’intensità delle emozioni.
Quanto ai giochi movimentati e turbolenti, due sono le caratteristiche che testano la capacità di
regolazione: in primo luogo, il fatto che il gioco avvenga in un contesto di relazione stretta fa sì che
il bambino non voglia lasciarsi andare a comportamenti realmente violenti e che facciano male; in
secondo luogo, sebbene i padri tipicamente sollecitino i figli a correre rischi (a “superarsi”)
concedendo loro momenti di predominio, sarebbe preferibile se il padre non concedesse al figlio di
essere eccessivamente dominante.

Lo sviluppo dell’autocontrollo intenzionale


A differenza delle attività di autoregolazione, quelle di autocontrollo richiedono un maggiore sforzo
attivo da parte del bambino. L’autocontrollo è la capacità di neutralizzare intenzionalmente
reazioni istintive e impulsive per adottare comportamenti che nell’immediato sono meno
gratificanti. Ad es. lo sforzo attivo compiuto dal bambino per obbedire a un divieto o per eseguire
un ordine. La comparsa di tale capacità coincide con lo sviluppo della corteccia prefrontale,
responsabile dell’attività decisionale e di pianificazione.
Occorre distinguere:
- Obbedienza collaborativa, in cui il bambino accetta di soddisfare le richieste con grande
disponibilità ed entusiasmo;
- Obbedienza situazionale, di tipo meccanico, senza convinzione né motivazione.

10
2/2019 Psicologia dello sviluppo e Psicologia dell’educazione Andrea Failla

L’importanza di tale distinzione è dovuta al fatto che soltanto la prima è in grado di permettere al
bambino di interiorizzare le regole di comportamento per poi agire autonomamente, senza essere
controllato dall’adulto. Inoltre, è sempre l’obbedienza collaborativa ad essere collegata a un buono
sviluppo dell’adattamento comportamentale post-infantile.

Come i genitori possono favorire lo sviluppo dell’autocontrollo intenzionale del bambino:


- Sostenere l’attenzione focalizzata e la capacità di prevedere gli eventi nei primi mesi di vita.
- Regolazione delle relazioni attraverso la consapevolezza sociale e la ricerca di un
“riferimento sociale”. P 148
- Incoraggiare il gioco con gli altri e la collaborazione all’insegna del divertimento.
- Ragionare e conversare. Spiegare le ragioni per le quali certi comportamenti sono
desiderabili e altri inaccettabili.

L’autoregolazione del bambino nell’addormentamento


Il sonno è un ambito in cui spesso i bambini piccoli hanno difficoltà a gestire il proprio stato. Il
modo in cui i genitori gestiscono l’addormentamento del figlio esercita un influsso importante sui
suoi ritmi di sonno. Nelle primissime settimane i bambini solitamente si addormentano prima di
essere messi a letto, cosa che limita lo sviluppo dell’autoregolazione. Nel periodo immediatamente
successivo, tuttavia, è possibile mettere in atto delle strategie per sviluppare i meccanismi di
autoregolazione<.
1. Mettere a letto il bambino solo quando mostra segni di stanchezza
2. Creare dei rituali di preparazione all’addormentamento che piacciano al bambino
3. Evitare un coinvolgimento attivo dei genitori nell’addormentamento (non cullare il bambino
fino al sonno).
Adottando queste tre strategie, il bambino andrà incontro solo a sporadici momenti di agitazione
di breve durata.

Fattoti che potrebbero rendere difficile l’autoregolazione del bambino


- Difficoltà dei genitori nel prendersi cura del bambino: stili di “interazione difficile”:
o Stile ritirato. Caratterizzato dalla mancanza di coinvolgimento del genitore
nell’interazione col figlio. Diventa difficile per il bambino continuare a sforzarsi di
coinvolgere il genitore. Ne consegue che genitore e figlio avranno ben poche
possibilità di condividere attività piacevoli in grado di favorire la collaborazione e
l’autoregolazione del bambino.
o Stile intrusivo. Caratterizzato da un senso di irritabilità del genitore. Ad es. un
bambino interrompe il contatto col genitore nel corso dell’interazione; il genitore
intrusivo forza il bambino a riprendere il contatto prima che sia pronto.
o Stile ansioso e iperprotettivo. Caratterizzato da alti livelli di ansia del genitore. Ad es.
il genitore teme che il bambino non sia in grado di affrontare i problemi della vita
quotidiana e attiva meccanismi di iperprotezione che non consentono al bambino di
esercitare la sua capacità di autoregolarsi. Questo stato di ansia costante e
insicurezza in merito alle reali capacità del bambino può trasferirsi da genitore a
figlio -> circolo vizioso.
- Differenze individuali e bambini potenzialmente vulnerabili. Alcuni bambini necessitano più
di altri del sostegno dei genitori per sviluppare la capacità di autoregolazione:
o I bambini “irritabili”, dal “temperamento difficile”, “inclini a provare emozioni
negative”. Circa il 15%. Appaiono estremamente sensibili a variazioni, anche
minime, nella stimolazione, e reagiscono rapidamente e intensamente a tali
cambiamenti.
11
2/2019 Psicologia dello sviluppo e Psicologia dell’educazione Andrea Failla

o I bambini con “inibizione comportamentale”. Numero molto ridotto. Ipersensibili


alle variazioni di intensità della stimolazione. Tendenza all’isolamento e
all’evitamento di novità sociali.

Affrontare il comportamento difficile del bambino


Se i comportamenti difficili persistono oltre la fine del secondo anno è necessario intervenire per
evitare che si cronicizzino. Due difficoltà di autoregolazione: problemi di esteriorizzazione
(comportamento aggressivo-rabbioso) e di interiorizzazione (estrema timidezza).
Nel primo caso, è utile ridurre al minimo punizioni fisiche, educazione rigida, controllo permissivo
e disciplina incoerente. Se il genitore reagisce con aggressività al comportamento altrettanto
aggressivo si instaurerà un circolo vizioso.
Nel secondo caso, è utile ridurre comportamenti iperprotettivi, scarsi incoraggiamenti e evidenti
manifestazioni di ansia.

4. Lo sviluppo cognitivo
Il termine “cognitivo” si riferisce a tutte le abilità inerenti all’intelligenza generale, ossia attenzione,
percezione, ragionamento, apprendimento e linguaggio. Lo sviluppo cognitivo viene favorito sia da
esperienze individuali, sia da esperienze nelle relazioni sociali.

Lo sviluppo del cervello


Nel neonato, il cervello è già molto sviluppato. I cambiamenti che avvengono nei primi due anni
riguardano principalmente i “circuiti”, ovvero la rete di comunicazione tra i neuroni. Le connessioni
che vengono attivate frequentemente persistono e sopravvivono anche in età adulta, i neuroni non
adeguatamente stimolati vengono eliminati (cd. potatura)

I risultati di numerosi studi sugli animali indicano che lo sviluppo cerebrale e cognitivo dei bambini
vengano anche influenzati dall’esperienza e dal momento temporale in cui questa si verifica, e non
sia quindi una questione di mera crescita naturale.

Le basi dello sviluppo cognitivo


Non solo l’ambiente, ma anche il bambino stesso contribuisce al proprio sviluppo. La sua continua
motivazione ad apprendere nuove abilità è tale che, una volta padroneggiata una, la mette da
parte per dedicarsi ad un’altra. Ad es. il bambino smette di gattonare per apprendere a camminare.
I bambini sono affascinati dalla scoperta dei rapporti tra le loro azioni e ciò che avviene intorno a
loro. Fin da piccolissimi sanno cogliere questi rapporti e adattare il proprio comportamento per
controllare gli eventi, ad es. fin dai 2 mesi è in grado di dare del calci per far muovere una giostrina.
Inoltre, tra i 2-3 mesi, i bambini passano molto tempo ad osservare i movimenti della propria mano
(cd. lallazione corporea)

La naturale curiosità del bambino favorisce lo sviluppo in vari modi. Ad es. esercitando più volte i
movimenti, questi diventano sempre meno goffi, più precisi e fluidi. La lallazione corporea è molto
utile in questa fase perché consente al bambino di imparare gradualmente a guidare i movimenti
in base a ciò che vede.
Gioco ed esplorazione, poi, lo aiutano a comprendere l’ambiente e le leggi che lo governano. Ad es.
lancia più volte un oggetto dal seggiolone e lo guarda cadere, incantato (=scopre la gravità).
Mosso dal medesimo intento esplorativo, il bambino impara a comprendere i comportamenti e gli
scopi degli altri.

Il ruolo delle interazioni sociali – il bambino


12
2/2019 Psicologia dello sviluppo e Psicologia dell’educazione Andrea Failla

I comportamenti più importanti del bambino riguardano l’interazione con gli altri. Ne sono un
esempio la naturale preferenza verso la voce e il volto umani e il contatto visivo, specie dei
genitori. Ciò significa che il genitore è nella condizione migliore non solo per soddisfare i bisogni
emotivi e sociali del bambino, ma anche per fornirgli il sostegno necessario a favorire il suo
sviluppo cognitivo.

È necessario allontanare quelle credenze popolari (le cd. “credenze della nonna”) secondo le quali
non c’è scopo nelle azioni di un neonato; ad es. alcune sostengono che durante le prime settimane
di vita i bambini non vedano e non sentano, altre che, se questi sorride, è solo perché ha “aria nel
pancino”. Queste credenze, ancora molto diffuse, esercitano una notevole influenza sulla fiducia
dei genitori nel proprio intuito quando cercano di interpretare le azioni del figlio.

L’apprendimento per imitazione è sicuramente tra i più veloci ed efficienti. Imitando, riesce ad
usare degli utensili e a comprendere le relazioni di causa-effetto coinvolte nelle azioni; inoltre,
assimila anche le particolari consuetudini sociali della cultura di appartenenza.

Nelle primissime settimane, ai bambini piace imitare azioni che essi stessi compiono di frequente,
ad es. tirare fuori la lingua. È stato dimostrato che questi movimenti vengono esercitati già
nell’utero, quindi sono già sotto il pieno controllo del neonato. In questa prima fase, l’imitazione
può avvenire con un po’ di ritardo, ma è sempre intenzionale, e l’azione in questione viene
perfezionata ad ogni tentativo.

Dopo tale fase, sviluppa altre abilità, come i vocalizzi, o allungare il braccio e afferrare. Comincia ad
imitare più frequentemente questi nuovi movimenti rispetto a quelli imitati in precedenza. Col
tempo, l’imitazione non si limita solo alla riproduzione esatta delle azioni di un’altra persona, ma
anche degli scopi che vi sono alla base. A 15 mesi il bambino non ha più bisogno di vedere
qualcuno compiere un’azione, gli basta assistere a un tentativo, anche non riuscito, per
comprendere lo scopo del movimento e raggiungerlo.
Inoltre, col tempo aumenta la dimensione quantitativa dell’imitazione (quanta parte del
comportamento altrui viene imitato, il numero di elementi che il bambino riesce ad imitare in
un’unica sequenza d’azione)

La naturale propensione del bambino all’imitazione viene spesso utilizzata dagli adulti quando
cercano di indurlo a fare qualcosa, ad es. genitore apre la bocca e finge di masticare per far
mangiare il bambino.

Il ruolo delle interazioni sociali – il genitore


Una caratteristica generale del comportamento del genitore che ha un ruolo fondamentale per lo
sviluppo del bambino è la cd. contingenza, ovvero il collegamento temporale che lega ciò che il
bambino fa e la risposta che riceve. Il genitore che fornisce risposte contingenti segue
attentamente l’evolversi del comportamento del figlio, pronto a cogliere segnali e a rispondere
con. Velocità sufficiente a consentire al bambino di notare il collegamento tra segnale e risposta.
Ciò contribuisce allo sviluppo di un attaccamento sicuro, ma assume un valore ancora maggiore in
termini di sviluppo cognitivo. Infatti, in primo luogo, man mano che il bambino nota un rapporto
costante tra le proprie azioni e quelle altrui, acquisisce un senso di gratificazione e controllo,
nonché la consapevolezza di un legame causa-effetto, aspetti fondamentali per lo sviluppo di
abilità cognitive. Inoltre, il bambino che esperisce forte contingenza sviluppa un interesse positivo
verso l’ambiente ed è probabile che presti attenzione per periodi di tempo più lunghi.

13
2/2019 Psicologia dello sviluppo e Psicologia dell’educazione Andrea Failla

Sebbene i bambini siano particolarmente sensibili alla contingenza degli oggetti, la contingenza
sociale è molto più efficace nell’attirare il loro interesse e il loro coinvolgimento positivo,
soprattutto se realizzata da una persona con cui hanno un legame affettivo. Ciò riflette la naturale
tendenza dell’essere umano ad entrare in contatto coi suoi simili, ma deriva anche dal fatto che
una persona sa entrare in contatto con un bambino con una sensibilità impensabile per qualsiasi
dispositivo meccanico. La contingenza, quindi, non è soltanto questione di tempestività, ma anche
di adeguatezza della risposta, ossia dal grado di sintonizzazione nei confronti del comportamento
del bambino.
Inoltre, un altro elemento importante per lo sviluppo cognitivo riguarda il fatto che, se il bambino
interagisce con qualcuno che smette di fornire risposte contingenti ai suoi segnali, la reazione
negativa a questa mancanza ha effetti generalizzati, tali per cui successivamente il bambino
mostrerà meno attenzione positiva verso materiali stimolanti e avrà bisogni di più tempo per
completare compiti di apprendimento.

Nelle primissime settimane, gran parte delle risposte contingenti si verifica nell’interazione faccia a
faccia. La forma più comune è l’imitazione del comportamento del bambino da parte del genitore.
Nel periodo tra i 3-4 mesi, accade comunemente un cambiamento nello stile di gioco sociale. Ora
il bambino preferisce risposte non perfettamente contingenti, ma che introducano elementi di
sorpresa e di umorismo.

Leggi da 199 in poi

14

Potrebbero piacerti anche