Sei sulla pagina 1di 13

Sbobinatori: Safouane Khemiri, Sasha Albertini 25/10/2021 Patologia Clinica, lezione 6

Revisore: Luca Manuel Catino Prof. Davide Trerè

Il laboratorio nella valutazione dell’equilibrio acido-base


Lo ione H+ ha una caratteristica importante: è molto poco
rappresentato nei liquidi biologici, a parte alcune eccezioni,
come il tessuto gastrico. Confrontato alle concentrazioni di
sodio, cloro e bicarbonato, si nota che questo ione è presente
con una concentrazione minore di milioni di volte. D’altra parte,
però, lo ione H+ è estremamente reattivo: a una ridotta
concentrazione è quindi associata un’elevata reattività. Proprio
per questa elevata reattività e per la necessità che lo ione H +
rimanga all’interno di un range molto ristretto, abbiamo a
disposizione un elevato numero di meccanismi preposti al
mantenimento di questo equilibrio. L’equilibrio acido-base è un
argomento difficile, perché sono complessi i sistemi che regolano l’omeostasi.

Polemica contro il pH
Siamo abituati a esprimere la concentrazione degli ioni usando il Sistema Internazionale, quindi come
numero di moli su litro, come mostrato in tabella (nmol/L). Tuttavia, per gli ioni H + risulta più comodo
introdurre un sistema diverso, ossia il logaritmo: poiché la concentrazione degli ioni H + è così bassa, è più
semplice esprimerla con la formula del pH.

Questo viene fatto per praticità di calcolo, perché è più comodo rispetto all’utilizzo di
numeri con diversi decimali. Il prof. non è però convinto che il pH semplifichi la vita o
sia più facile. La semplicità del calcolo è semplicemente data dal fatto che è un
numero adimensionale: è l’unico numero utilizzato in laboratorio senza unità di
misura. Il logaritmo non è però uno strumento semplice. Ha una scala inversa:
quando la concentrazione di H + aumenta, il pH diminuisce, e viceversa. Sarebbe come
decidere di utilizzare la petà, ossia il logaritmo negativo in base dieci dell’età, invece
dell’età: ha senso usare un numero più piccolo per indicare una grandezza più
grande? Invece di semplificarci la vita, ce la stiamo complicando.

Inoltre, il pH non esprime in maniera proporzionale la


concentrazione degli ioni H+, come si osserva nel grafico.

In pochissimi in Italia e nel mondo fanno una campagna


per togliere il pH dai referti e poi dai libri di scuola.
Aiuterebbe a semplificare l’equilibrio acido-base, che con
il pH è solo più complicato. Il prof. si auspica che nei
prossimi anni la concentrazione degli ioni H + sia espressa
in nmol/L: la concentrazione di tanti altri analiti è
espressa in questa forma e non c’è un valido motivo per
cui lo ione H+ debba sottrarsi a questa regola. Il prof.
userà comunque il pH durante le lezioni, come istituzionalmente richiesto e come si trova nei libri di testo.
Variazioni del pH
Il pH deve rimanere in un range piuttosto ristretto
innanzitutto perché, come osservato in biochimica, è il
principale regolatore dell’attività enzimatica. A pH 7.4
l’attività enzimatica della maggior parte degli enzimi del
nostro organismo è al 100%, mentre quando ci allontaniamo
sopra il 7.8 e sotto il 6.8 l’attività enzimatica praticamente si
azzera, gli enzimi non funzionano più e le cellule muoiono.
Quindi è fondamentale che il pH rimanga all’interno di
questo range o, meglio, quanto più vicino a 7.4.

Il secondo motivo è legato al fatto che i sistemi tampone del nostro organismo non servono solo a
mantenere il pH, ma hanno anche altre funzioni. Quindi è chiaro che impegnare la componente acida o la
componente basica di un sistema tampone che possiede un’altra funzione significa limitare quest’altra
funzione.

In terzo luogo, è necessario mantenere sempre l’equilibrio tra due compartimenti, perciò le cariche positive
da una parte devono corrispondere a quelle dall’altra, e viceversa. Pertanto, quando si muovono gli ioni H +
si muovono altri ioni positivi, impattando sulle concentrazioni presenti di calcio e potassio. Questi ioni sono
coinvolti nell’attività neuromuscolare, quindi è chiaro che il pH indirettamente impatta anche su queste
funzioni fondamentali.

Regolazione del pH
Bisogna tenere a mente che la regolazione del pH è un meccanismo unitario e complesso. Risulta però
comodo scomporlo in una componente ematica, una componente respiratoria e una componente renale.
Le azioni di questi tre insiemi di meccanismi, che verranno spiegati separati, sono estremamente
coordinate e interdipendenti. Quindi è necessario fare lo sforzo di riunire questi tre sotto-capitoli in un
unico meccanismo omogeneo, che è quello che ci garantisce di mantenere il pH costante. Una caratteristica
che è importante ricordare fin da subito è che questi tre sistemi hanno tempi di attivazione diversi. Il
sistema ematico, e quindi i sistemi tampone, si attiva immediatamente, in pochi secondi, e nel giro di 1-2
ore raggiunge il massimo della sua efficienza. Il sistema polmonare è più lento nell’attivazione, impiegando
alcuni minuti, e raggiunge la massima efficacia nell’arco della giornata (12-14 ore). Il sistema renale è
ancora più lento: ha bisogno di ore per essere attivato, ma soprattutto esprime la sua massima capacità di
compenso dopo 3 giorni (3-4 giorni). È importante ricordarsi questa cronologia perché quando si analizzano
esami di laboratorio bisogna tenere conto anche dei tempi, per capire quando un meccanismo è stato
attivato e quando invece è ancora in via di attivazione.

Meccanismi ematici
I meccanismi ematici sono i sistemi tampone. Per semplificare al massimo, un sistema tampone è costituito
da due componenti: una componente che cede ioni H + e una componente che acquisisce ioni H +. Sono due
componenti in equilibrio, per cui quando gli ioni H + nel sangue periferico aumentano si attiva la
componente che riceve ioni H, mentre invece quando la concentrazione di ioni H + si riduce il sistema
tampone cede ioni H+: cede o acquisisce ioni H+ in base alle necessità del nostro organismo. Da un punto di
vista teorico, i sistemi tamponi sono di due tipi fondamentali: quelli costituiti da un acido debole e il
corrispondente sale con una base forte e quelli costituiti da una base debole e il suo sale con un acido forte.
Nel nostro organismo sono prevalenti, quasi esclusivi, i primi: quindi se da un punto di vista tecnico
entrambi i sistemi tampone sono efficaci, il nostro organismo utilizza prevalentemente quelli costituiti
dall’acido debole associato alla base forte. L’acido debole cede ioni H+ e la base forte riceve ioni H+.
Sappiamo che il nostro organismo può disporre di diversi sistemi tampone. Il prof. li classifica
essenzialmente in base a una caratteristica: individuiamo i sistemi tampone esauribili e quelli non esauribili.
Un sistema tampone esauribile è un sistema che ha la componente acida e la componente basica esauribili;
una volta che si esaurisce la componente acida o la componente basica il sistema tampone non funziona
più. Per il prof. si possono dimenticare, perché hanno un’efficacia complessiva inferiore al 2-3%. I principali
sono: il sistema H-proteina/Na-proteina, il sistema emoglobina ridotta/ossigenata, il sistema fosfato
bisodico/monosodico e il sistema fosfato monopotassico/bipotassico. Sono già stati studiati, ma non
impattano significativamente sulla regolazione del pH. L’unico sistema tampone fortemente efficacie per
contrastare variazioni delle concentrazioni di ioni H + è un sistema tampone rigenerabile, che quando
finisce la componente acida o la componente basica le può acquisire dall’esterno, ma può anche eliminarle
all’esterno se sono in una quantità eccessivamente
elevata. Questa capacità di rigenerare le due
componenti del sistema tampone aumenta in maniera
incredibile l’efficacia del sistema bicarbonato/acido
carbonico, e solo su questo sistema noi ragioneremo.
Innanzitutto, è quantitativamente presente in maggiore
quantità rispetto agli altri sistemi tampone: pesando
tutti i sistemi tampone, rileviamo che il 65% di questi è
costituito dal sistema carbonato/acido carbonico.
Questo sistema è in tutti i compartimenti, mentre gli altri sistemi non hanno questa ubiquità: ce ne sono
alcuni molto selettivi e altri meno selettivi, ma nessuno è così diffuso come il sistema bicarbonato/acido
carbonico.
L’elemento fondamentale da ricordare è la capacità di rigenerare la componente acida e la componente
basica grazie alla funzione polmonare e alla funzione renale. Il sistema è già stato studiato, perciò in questa
lezione non verranno approfonditi i dettagli biochimici: basti ricordare che CO 2 + H2O diventa acido
carbonico (H2CO3), che si dissocia in ione H+ e ione bicarbonato (HCO3-). La componente acida di questo
sistema tampone è la CO2, che può essere eliminata attraverso i polmoni: iperventilando buttiamo fuori più
CO2, ipoventilando la tratteniamo maggiormente. La ventilazione polmonare regola la concentrazione della
componente acida del sistema bicarbonato/acido carbonico. Dall’altra parte, invece, il rene elimina con le
urine ioni H+ o ioni bicarbonato; quindi, riesce a regolare la componente basica del sistema tampone.
Polmoni e reni regolano l’ottimale concentrazione delle due componenti del sistema tampone bicarbonato/
acido carbonico: per questo motivo, si parla di un unico sistema perfettamente integrato.

Equazione di Henderson-Hasselbalch
Henderson e Hasselbalch hanno definito il rapporto tra le diverse componenti dei sistemi tampone.
L’equazione ci dice che, considerando un sistema tampone costituito da un acido debole e dalla sua base
coniugata forte, il pH della soluzione dipende da una costante, ossia la costante di dissociazione dell’acido
K, e dal logaritmo del rapporto tra la componente basica, quella che accetta protoni, e la componente

acida.

Applicata al sistema tampone bicarbonato/acido carbonico risulta:

con pK corrispondente al logaritmo negativo in base 10 della costante di dissociazione dell’acido carbonico.
Il pH del nostro sangue dipende dal rapporto tra il bicarbonato e l’acido carbonico. Nel 1908 Henderson
affermò semplicemente che la concentrazione degli ioni H + corrisponde alla costante di dissociazione
moltiplicata per il rapporto tra la concentrazione dell’acido carbonico e la concentrazione del bicarbonato.
Ma siccome la concentrazione di ioni H + è “così bassa e così difficile da esprimere”, Hasselbalch propose nel
1916 di introdurre il pH e quindi il logaritmo negativo in base 10 di una cosa banalissima come la
concentrazione degli ioni H+, ricavando l’equazione precedentemente menzionata. Anche la costante di
dissociazione è indicata come pK, ossia come logaritmo negativo in base dieci della costante stessa. Il prof.
non comprende l’utilità di questa trasformazione.

Se il pH corrisponde a pK sommato al logaritmo del rapporto tra bicarbonato e acido carbonico, per utilità
analitica di laboratorio possiamo scomporre l’acido carbonico in CO 2 e H2O ed eliminare l’acqua
dall’equazione semplicemente sostituendo la costante di dissociazione dell’acido carbonico (pK) con la
costante di dissociazione dell’acido carbonico in acqua (pK’). pK’ a 37°C corrisponde a 800 x 10 -9 mol/L.
Inoltre, secondo la legge di Henry la quantità di un gas fisicamente disciolto in una soluzione è direttamente
proporzionale alla sua pressione parziale, per cui possiamo sostituire la concentrazione di CO 2 con la
pressione parziale di CO2 (PaCO2), che è molto più agevole da punto di vista analitico, con costante di
proporzionalità la costante di solubilità di CO 2 in acqua (α), che a 37°C corrisponde a 0,031. Possiamo così
risolvere l’equazione e ottenere il pH a livello ematico, come di seguito:

Quand’è che il pH del nostro sangue corrisponde effettivamente al


valore di 7,4? Quando HCO3- è alla concentrazione di 24mEq/L e la
PaCO2 è a 40mmHg: questa è la risposta più banale e ovvia. Ma
non è necessario che vengano rispettati questi valori: infatti, il pH
risulta 7,4 in tutte le condizioni in cui il rapporto tra la concentrazione di bicarbonato e la pressione parziale
di anidride carbonica moltiplicata alla sua costante di solubilità in acqua equivale a 20. Quindi abbiamo
un’infinità di possibilità: viene definito “equilibrio acido-base” proprio perché è un equilibrio costante tra le
due componenti, che tendono a raggiungere quel rapporto. Non importa tanto il valore assoluto, ma è
fondamentale il valore relativo: ogni rapporto tra bicarbonato e acido carbonico ci dà un pH di 7,4 e quindi
quando aumenta un parametro il nostro organismo cerca di far aumentare anche l’altro, e viceversa
quando si riduce una componente tenterà di ridurre anche l’altra, per mantenere il rapporto costante. È un
equilibrio dinamico, in cui nominatore e denominatore si rincorrono per mantenere il rapporto 20:1. Il rene
e il polmone garantiscono uno scambio con l’esterno, permettendo una continuità del sistema tampone,
rispetto a quelli in cui quando si esaurisce la componente acida o la componente basica smettono di
funzionare.
Compenso polmonare e compenso renale
Il meccanismo generale del compenso polmonare si può intuire: ventilando, regoliamo la concentrazione di
CO2. Iperventilando, la CO2 si riduce, poiché le viene eliminata di più; al contrario, durante l’ipoventilazione
la CO2 aumenta. Questo è un sistema efficacie e tempestiva, ma che ha un limite legato alla capacità di
lavoro dell’apparato respiratorio. Le due componenti del sistema sono quindi rigenerabili, ma non
all’infinito, altrimenti non avremmo i disturbi dell’equilibrio acido-base. La capacità di lavoro dell’apparato
respiratorio è il limite al compenso polmonare alle alterazioni dell’equilibrio acido-base: possiamo
iperventilare o ipoventilare fino a un certo livello, dopodiché il sistema non regge più.

Meno intuitivo e più complicato è il compenso renale. Il rene è molto più lento, però è più efficace:
possiede dei sistemi più duraturi. Abbiamo un unico meccanismo di riassorbimento tubulare del
bicarbonato, ma per semplificazione lo scomponiamo in tre parti, che in realtà sono molto confondenti;
perciò, bisogna fare attenzione e non fidarsi della terminologia utilizzata: questa è la terminologia con cui è
stato ipotizzato per la prima volta il meccanismo, ma poi si è scoperto che il meccanismo è diverso e il
nome è rimasto lo stesso. L’immagine seguente mostra uno schema del tubulo renale.

Il tubulo renale è costituito da numerose


cellule sovrapposte una sopra all’altra; a
destra nell’immagine è indicato il lume
tubulare, mentre a sinistra il sangue,
separati dalla cellula tubulare. I ricercatori
videro che a livello del tubulo prossimale il
bicarbonato presente nel lume scompariva
e ricompariva nel sangue e quindi
immaginarono che ci fosse un meccanismo
simile al riassorbimento di glucosio:
ipotizzarono quindi la presenza di un
carrier che prendeva il bicarbonato dal
lume e lo riportava nel sangue. Per questo motivo chiamarono questo meccanismo “riassorbimento di
bicarbonato”, ma in realtà non è così. Non si tratta di un riassorbimento di bicarbonato, ma anche dopo
aver scoperto il reale meccanismo la denominazione è rimasta la stessa ed è quindi importante non farsi
confondere. Il meccanismo è molto più complesso e parte dall’anidrasi carbonica contenuta all’interno
della cellula del tubulo. L’anidrasi carbonica consente di produrre acido carbonico a partire dalla CO 2 e dalla
H2O, due componenti ben disponibili all’interno delle cellule; quell’acido carbonico si dissocia in ioni H + e
ioni bicarbonato. Lo ione H+ esce, poiché è richiamato dallo ione bicarbonato presente nel lume tubulare,
mentre il bicarbonato va dall’altra parte, entrando nel sangue. Non si tratta quindi di un riassorbimento di
bicarbonato: in realtà è una generazione di ione bicarbonato all’interno della cellula tubulare che va nel
sangue, mentre gli ioni H+ vanno a neutralizzare il bicarbonato presente nel lume tubulare. È chiaro che i
ricercatori vedevano che scompariva lo ione bicarbonato, ma scompariva perché veniva neutralizzato dagli
ioni H+, e lo vedevano ricomparire nel sangue, ma perché questo derivava dalla cellula del tubulo renale. La
denominazione è comunque rimasta “riassorbimento di bicarbonato”, ma non è un riassorbimento.

Quindi, la capacità di compenso polmonare dipende dalla capacità funzionale del polmone; nel rene invece
la situazione è diversa. Tutto parte dallo ione H + che esce dalla cellula tubulare, poiché se questo non esce,
lo ione bicarbonato non può andare nel sangue. Lo ione H + viene tirato fuori dal bicarbonato presente nel
lume tubulare; perciò, il meccanismo smette di funzionare quando viene esaurito il bicarbonato presente
nel lume tubulare. Quando nel lume tubulare non c’è più bicarbonato, lo ione H + non può più uscire. In
realtà, il processo va avanti nel tubulo distale, perché lo ione H + è in grado di legarsi a qualsiasi altro ione
negativo, come ad esempio il fosfato. A questo punto i ricercatori rimasero spiazzati, perché osservarono
che il bicarbonato continuava ad essere immesso nel sangue, anche se nel tubulo renale non ce n’era più.
Non poteva essere un riassorbimento, perciò chiamarono questa seconda parte del compenso
“generazione di bicarbonato ex novo”, come si il bicarbonato magicamente sorgesse da qualche parte e
venisse immesso nel sangue. In realtà anche questa denominazione è parzialmente sbagliata e fuorviante.

Lo schema seguente è analogo al precedente


e rappresenta lo stesso meccanismo. In
questo caso, però, lo ione H+ esce perché
tirato dal fosfato e non più dal bicarbonato.
Un tempo c’era la possibilità di dosare questa
capacità di compenso con la cosiddetta
acidità titolabile, cioè misurando nelle urine la
quantità di basi necessaria a portare il pH
delle urine al pH del sangue. L’acidità
titolabile, valutabile in laboratorio, consentiva
di monitorare questa fase; generalmente non
viene più fatto, perciò non è importante
ricordarlo, poiché dal punto di vista medico ci
si limita a misurare il pH delle urine.

Anche in questo caso bisogna fare attenzione alla terminologia: non si tratta di una generazione ex novo,
ma è lo stesso meccanismo presentato precedentemente. Quando finisce il bicarbonato subentra il fosfato
e questa è l’unica differenza.

Quindi, quando si interrompe questo sistema di compenso? Quando finiscono gli ioni negativi. Il rene è un
sistema estremamente efficiente; è però necessario tempo per attivare questi meccanismi e richiede circa
tre giorni per iniziare a funzionare al massimo della sua efficienza.

Finita questa disponibilità di ioni negativi nel lume


tubulare, è la stessa cellula tubulare che produce la
sostanza che tira fuori ioni H+ dalla cellula, a partire dal
catabolismo degli amminoacidi presenti nella cellula. Ad
esempio, a partire dalla glutamina si forma acido α-
cheto-glutarico e ammoniaca; l’ammoniaca esce per il
gradiente di concentrazione ed è proprio l’ammoniaca
che richiama gli ioni H+ nel lume tubulare. Quindi,
dosando il cloruro di ammonio presente nelle urine si
poteva anche monitorare questa terza fare di
compenso, ma anche questo non si fa più. Questa fase
di escrezione di acidi finisce quando non sono più disponibili amminoacidi.

Queste tre fasi successive testimoniano l’estrema efficienza di questo sistema, più efficiente e potente del
sistema polmonare, con minori limiti funzionali, ma che ha bisogno di tempo: durante le prime ore, prima
dei tre giorni, i pazienti non possono contare su questo sistema. Quindi ha un ruolo importante nelle
patologie croniche, mentre nelle patologie acute ha un peso molto minore.

Quando questo equilibrio si altera, quindi quando il rapporto bicarbonato/acido carbonico non è più 20:1,
ossia la componente acida o la componente basica non sono più regolate, allora il pH del nostro sangue.
Quando si ha un accumulo di ioni H+, quindi una riduzione del pH, si parla di acidosi, che viene anche detta
acidemia quando i valori scendono al di sotto di 7,36; acidemia è un termine in disuso, perciò si può
comunque dire acidosi. L’acidosi è un’espressione di uno scompenso dell’equilibrio acido-base che
determina un eccessivo accumulo di ioni H +. Dall’altra parte, l’alcalosi è una condizione di scompenso
dell’equilibrio acido-base caratterizzata dalla riduzione degli ioni H +, un aumento del pH e un aumento delle
basi. Acidosi e alcalosi sono le due espressioni patologiche di un disturbo dell’equilibrio acido-base. Acidosi
e alcalosi sono a loro volta differenziate in metaboliche e respiratorie. Valutare se un paziente ha un’acidosi
o un’alcalosi è semplice, poiché è sufficiente misurare il pH del sangue. La parte difficile è quindi definire se
si tratta di un’acidosi o un’alcalosi metabolica o respiratoria. Definiamo metabolica qualunque alterazione,
sia un’acidosi che un’alcalosi, che sia caratterizzata da una variazione primitiva dei bicarbonati; abbiamo il
bicarbonato al numeratore e l’acido carbonico o l’anidride carbonica al denominatore: quando il rapporto
20:1 si modifica a causa del numeratore, allora quell’alterazione è definita metabolica. Se invece l’equilibrio
si modifica per una variazione primitiva dell’anidride carbonica, allora quell’alterazione viene chiamata
respiratoria. È utile fare sempre riferimento all’equazione di Henderson-Hasselbalch: se consideriamo
un’alterazione metabolica, l’alterazione è impattata sulla concentrazione del numeratore; se invece
l’alterazione è respiratoria, ha impattato sulla concentrazione del denominatore.

ACIDOSI RESPIRATORIA
Partiamo per esempio da un paziente con acidosi respiratoria, quale informazione possiamo trarre da ciò?
innanzitutto che il pH si riduce (siamo infatti in condizioni di acidosi) e poi che quella diminuzione è dovuta
ad un’alterazione primitiva della PaCO2 (è infatti un’alterazione respiratoria a determinare l’acidosi). Ci
spostiamo a questo punto ad analizzare l’equazione di Henderson-Hasselbach: la PaCO2 si trova al
denominatore, dunque, se il pH si sarà ridotto, la PaCO2 sicuramente sarà aumentata.

Dalla slide: *l’acidosi respiratoria è provocata da un aumento di anidride carbonica nel sangue arterioso
(ipercapnia) conseguente ad una riduzione della ventilazione alveolare*

Tutte quelle condizioni che determinano un’ipercapnia si traducono in un’acidosi. Tutte quelle patologie
che determinano una riduzione della ventilazione polmonare fanno aumentare gli ioni H + e dunque
abbassare il pH.

Come fa l’organismo a compensare un’acidosi respiratoria? È necessario riportare il rapporto


dell’equazione di Henderson-Hasselbach a 20:1 e l’organo deputato a ciò è sicuramente il rene, attivando
quei 3 meccanismi prima citati. Tanto più il bicarbonato aumenta tanto più il rapporto si riporterà verso i
valori di 20:1. Abbiamo dunque l’alterazione primaria rappresentata dall’aumento della PaCO2 mentre
l’alterazione secondaria, ovvero il compenso, è rappresentata dall’aumento del bicarbonato. Dal punto di
vista laboratoristico nel sangue arterioso avrò un pH diminuito, la PaCO2 aumentata (e questa è la causa
dell’alterazione che sto studiando) e i bicarbonati aumentati a loro volta, come conseguenza del compenso
renale.

Vi è una proporzione ben definita nell’aumento del bicarbonato: ad ogni aumento di 10mmHg della
PaCO2 l’aumento di bicarbonati è in acuto di 1 mEq/L e in cronico di 3-4 mEq/L. Questa differenza di valori
in acuto e in cronico è dovuta al fatto che il rene è lento, quindi, nelle forme acute la sua capacità di
compenso è limitata mentre in cronico il rene aumenta la sua attività fino ad arrivare a 3-4mEq/L di
bicarbonato per 10mmHg di PaCO2. Intervenendo il rene molto lentamente è fondamentale, durante
l’interpretazione dell’emogasanalisi, tenere conto della cronologia: fenomeni acuti o iperacuti non mi
permettono di vedere il compenso renale perché egli si sta attivando, lo vedrò meglio tre giorni dopo.

Dalla dispensa:

*Il sangue arterioso si presenta quindi con:

pH< 7,36 (o normale);

pressione parziale dell’anidride carbonica aumentata, PaCO2 >42mmHg;


bicarbonati aumentati (>25 mEq/L): ad ogni aumento di 10 mmHg della PaCO2 (alterazione primaria)
l’aumento di bicarbonati è in acuto di 1 mEq/L e in cronico di 3-4 mEq/L

frequente iperkaliemia causata da un aumento di H +,


prima nel sangue poi nel fluido interstiziale; questo
aumento causa l’ingresso dello ione H + nella cellula (dove la
sua concentrazione è bassa). Quindi, per mantenere
l’equilibrio elettrico il potassio esce dalla cellula.
L’iperkaliemia può, a sua volta, causare delle alterazioni per
esempio della funzionalità cardiaca, che è quindi un effetto
collaterale intrinsecamente legato all’acidosi. In tutte le
acidosi, non solo quella respiratoria, quando gli H +
aumentano tendono ad entrare all’interno delle cellule
danneggiandole. *

Come saranno le urine di questo paziente? Saranno urine acide a ragion del fatto che per compensare
l’acidosi il rene neutralizza le basi (e quindi aumentano le sostanze acide)

L’acidità titolabile sarà aumentata, così come l’eliminazione di NH4Cl (il prof consiglia di non soffermarsi
troppo su ciò in quanto questi due valori non vengono più presi in considerazione nella pratica medica).

ALCALOSI RESPIRATORIA
Il termine ‘alcalosi’ indica un aumento del pH mentre il termine ‘respiratoria’ indica che ciò è dovuto ad
un’alterazione della PaCO2, che essendo al denominatore andrà a diminuire.

Dalle slide: *l’alcalosi respiratoria è provocata da una diminuzione di anidride carbonica nel sangue
arterioso (ipocapnia) conseguente ad un aumento della ventilazione alveolare*

Questa condizione di ipocapnia dovuta ad un aumento della ventilazione è molto diffusa nella pratica
clinica in quanto associata sia alla febbre, sia al dolore, sia a stati ansiogeni. Ci sono poi chiaramente altre
cause più rare come per esempio patologie polmonari irritative, a cui il paziente risponde con un aumento
di ventilazione.

Quale meccanismo verrà messo in atto dall’organismo per riportare il pH al valore iniziale? Bloccherà tutti
quei sistemi di riassorbimento del bicarbonato, il quale verrà dunque filtrato dal glomerulo ed eliminato
dalle urine. Ancora una volta la riduzione del bicarbonato segue una proporzione ben definita: ad ogni
riduzione di 10mmHg della PaCO2, la riduzione di bicarbonati è in acuto di 2mEq/L e in cronico di 5mEq/L
(serviranno infatti 3 giorni al rene per raggiungere la massima efficienza).

Un’altra conseguenza dell’alcalosi respiratoria è l’ipokaliemia: gli ioni H+ nel sangue si riducono, passeranno
quindi dalla cellula al sangue con conseguente trasferimento di
potassio dal sangue alla cellula.

Nelle urine: il pH si presenta alcalino (i bicarbonati e gli ioni


negativi filtrati dal glomerulo vengono eliminati e non più
riassorbiti), i bicarbonati aumentati, l’acidità titolabile diminuita
così come l’eliminazione di NH4Cl.

Dalla dispensa:

*Nel sangue arterioso:

pH aumentato (> 7,44) o normale; PaCO2diminuita (< 38 mmHg); bicarbonati ridotti (< 23 mEq/L) a
seconda del compenso: ad ogni riduzione di 10 mmHg della PaCO2 la riduzione di bicarbonati è in acuto di 2
mEq/L e in cronico di 5 mEq/L; frequente ipokaliemia (ioni H + in uscita dalla cellula che causano l’ingresso
di potassio);

Nelle urine:

il pH si presenta alcalino; bicarbonati aumentati; acidità titolabile diminuita; eliminazione di NH4Cl
diminuita*

ACIDOSI METABOLICA
L’acidosi metabolica è caratterizzata da una riduzione del pH conseguente ad una riduzione della
concentrazione ematica di bicarbonati (se il pH si riduce allora il numeratore, rappresentato dallo ione
bicarbonato, si riduce). Per quanto riguardo le alterazioni metaboliche del pH è infatti il numeratore a
variare.

Un paziente che presenta questo tipo di acidosi, per compensare, iperventila riducendo la PaCO2. È
importante notare come anche nell’alcalosi respiratoria vi era un’iperventilazione, ma mentre lì
l’iperventilazione era la causa dell’alcalosi, qui rappresenta la conseguenza dell’acidosi metabolica, ovvero il
compenso.

Inoltre, se il rene non è responsabile di questa acidosi metabolica, anche


lui può compensare tramite il riassorbimento di bicarbonato. Il compenso
è quindi doppio: è sempre polmonare (questo è un compenso molto
rapido, che si ha in poche ore) e, se ci sono le condizioni, anche renale.
Essendo inoltre il polmone efficacie fin da subito avremo un solo
rapporto: ad ogni riduzione dei bicarbonati di 1mEq corrisponde una
riduzione della PaCO2 di 1,2mmHg. Anche in questo caso avremo
iperkaliemia e anche in questo caso avremo urine acide per compensare
l’acidosi metabolica.

Dalla dispensa:

*Nel sangue arterioso:

pH diminuito (< 7,36) o normale; bicarbonati diminuiti (< 23 mEq/L); PaCO2 diminuita (< 38 mmHg) a
seconda del compenso: ad ogni riduzione dei bicarbonati di 1 mEq corrisponde una riduzione della PaCO2
di 1,2 mmHg; frequente iperkaliemia (vd. sopra);

Nelle urine:

pH acido; bicarbonati diminuiti; acidità titolabile aumentata; eliminazione di NH4Cl aumentata*

ALCALOSI METABOLICA
Dalle slide: *l’alcalosi metabolica è caratterizzata da un aumento del pH conseguente ad un aumento della
concentrazione ematica dei bicarbonati. *

Il pH aumenta e quindi, essendo la causa metabolica, aumenta anche il


numeratore rappresentato dallo ione bicarbonato. Il paziente a questo
punto tenderà ad ipoventilare per ridurre la PaCO2 e riportare il pH a
valori fisiologici. È chiaro che il paziente potrà arrivare fino ad un valore
soglia di ipoventilazione al di sotto del quale non potrà andare. Inoltre,
se il rene non è responsabile di questa alcalosi allora anche lui andrà a
compensare l’alcalosi diminuendo la concentrazione di bicarbonato. Anche qui avremo un rapporto: ad
ogni aumento dei bicarbonati di 1 mEq corrisponde un aumento della PaCO2 di 0.5-0.7 mmHg
Dalla dispensa:

*Nel sangue arterioso:

pH aumentato (> 7,44) o normale; bicarbonati aumentati (> 25 mEq/L); PaCO2 normale o aumentata (>
42 mmHg) a seconda del compenso: ad ogni aumento dei bicarbonati di 1 mEq corrisponde un aumento
della PaCO2 di 0,5 – 0,7 mmHg; frequente ipokaliemia (vd. sopra);

Nelle urine: pH alcalino; bicarbonati aumentati; acidità titolabile diminuita; eliminazione di NH4Cl
diminuita*

RIASSUMENDO:

EMOGASANALISI (EGA)
L’emogasanalisi è un esame imprescindibile per inquadrare i disturbi di equilibrio acido-base. Quest’esame
si basa su un prelievo di sangue arterioso, solitamente dall’arteria radiale, ma anche dalla femorale o dalla
brachiale. La femorale è più complessa da gestire per la localizzazione e per il fatto che è difficilmente
comprimibile mentre l’arteria brachiale ha il problema di essere particolarmente dolorosa.

Effettuare l’emogasanalisi su un paziente può portare anche a complicanze gravi come la chiusura di
un’arteria, per questo si effettua prima dell’emogas la prova (o test) di Allen.

Questo test mi permette di capire se l’arteria ulnare sia in grado di garantire un adeguato apporto ematico
alla mano e alle dita nel caso in cui l’arteria radiale dovesse occludersi a seguito delle manovre di prelievo. Il
test si esegue facendo chiudere il pugno al paziente per 30 secondi e comprimendo simultaneamente le
arterie radiale e ulnare a livello del polso. Quando il paziente riaprirà la mano questa apparirà pallida. A
questo punto l’operatore toglie la compressione sulla sola arteria ulnare: se la mano riacquisisce il normale
colorito nel giro di 5-7 secondi significa che l’arteria è pervia e che si può quindi procedere con il prelievo.
Se invece il colore non ritorna normale nel giro di 7-10 secondi allora il test è positivo ed indica che
l’apporto di sangue alla mano da parte dell’arteria ulnare non è sufficiente.

Ritornando all’emogasanalisi:

Il campione deve essere analizzato immediatamente per evitare gli effetti del metabolismo delle cellule
presenti in provetta, in grado di alterare il pH, fornendo poi risultati non veritieri. Nonostante sia possibile
raffreddare in ghiaccio il campione rendendo il risultato attendibile anche dopo 30-60 minuti dal momento
del prelievo, l’emogasanalisi è considerata incompatibile con i tempi dei laboratori tradizionali, pertanto si
utilizzano degli emogasanalizzatori portatili che forniscono il risultato immediatamente dopo aver
utilizzato una goccia di sangue. L’output della macchina ha la stessa consistenza degli scontrini fiscali e,
come tale, si scolorisce con il tempo; è quindi importante fare una fotocopia del risultato. Gli output
riporteranno: valori misurati (tre, ma i più importanti sono pH e PaCO2); valori di riferimento (e non
“valori normali” come indicato); valori calcolati (il terzo, ossia HCO3).

I dati ricavabili attraverso l’emogasanalisi sono molti, tuttavia l’attenzione verrà rivolta su pH, PaCO2 e
bicarbonato. Il pH e la PaCO2 sono misurabili direttamente attraverso lo strumento (che misura anche la
pO2, utile per studiare la ventilazione polmonare), mentre il bicarbonato è calcolabile attraverso
l’equazione di Henderson-Hasselbach.

Come si interpreta un’emogasanalisi?

Inizialmente si valuta il valore di pH e si diagnostica quindi un’acidosi o un’alcalosi. La parte successiva


consiste nel capire se l’acidosi o l’alcalosi è di tipo respiratorio o metabolico: bisogna andare a guardare i
valori di PaCO2: in condizioni di acidosi una PaCO2 ridotta (< 38 mmHg) è indice di eziologia metabolica,
mentre una PaCO2 elevata (> 42 mmHg) è indice di eziologia respiratoria; In condizioni di alcalosi una
PaCO2 aumentata (> 42 mmHg) è indice di eziologia metabolica mentre una PaCO2 diminuita (< 38 mmHg)
è indice di eziologia respiratoria.

È utile guardare come primi valori nel referto di un’EGA, il pH e


la PaCO2 (foto in basso): se le frecce dell’andamento dei due
valori vanno nello stesso verso, allora l’eziologia è sempre
metabolica, mentre se hanno verso opposto l’alterazione è
sempre respiratoria.

Allego a lato due immagini che spiegano bene questo concetto.

Grazie all’emogasanalisi è semplicissimo diagnosticare un disturbo semplice, basta leggere il risultato


dell’esame e capisco se il paziente ha un’acidosi o un’alcalosi. Purtroppo, nella maggior parte dei casi, si
presentano in ospedale pazienti con disordini misti o complessi. In questo caso non esiste una regola vera
e propria ma bisogna ragionare e fare il calcolo del compenso. Se il calcolo del compenso torna vuol dire
che il disturbo è semplice, se non torna vuol dire che oltre all’acidosi/alcalosi diagnosticata c’è
qualcos’altro. Ecco alcuni esempi.

PRIMO CASO CLINICO


Una signora di 33 anni si presenta in PS per dispnea insorta da alcuni giorni. Descrive un senso di “fame
d’aria”, come se non riuscisse a far entrare l’aria nel
polmone. L’anamnesi patologica è negativa. Gli ultimi
esami sono stati effettuati due mesi prima, in occasione del
parto, senza problemi o complicanze.

Esame obiettivo: non presenta febbre, non ha tosse, non


ha dolore toracico. Una dispnea potrebbe essere associata
a una patologia polmonare, in questo caso da escludere, data
l’assenza di tosse, febbre e dolore toracico. La PA è di 120/80
mmHg, la FC è di 85 bpm.

Il professore suggerisce che possa trattarsi di una forma


psicotica, di depressione associata al parto, quindi una condizione emotiva, di ansia. Se così fosse allora il
quadro patologico dovrebbe essere di alcalosi respiratoria (a causa dell’eccessiva ventilazione): faccio
l’emogasanalisi. Noto subito che la paziente non ha alcalosi bensì acidosi e che essa non è respiratoria ma
metabolica (frecce di pH e PaCO2 vanno nella stessa direzione). La paziente iperventila proprio perché sta
compensando tale l’acidosi. Quello che viene notato primariamente non è l’alterazione primaria, bensì il
meccanismo compensatorio: la PaCO2 si modifica perché sta compensando un’alterazione metabolica, che
a seguito di opportuni esami di approfondimento, appare essere diabete, non gestazionale, ma insorto
dopo la gravidanza. Si tratta di un disturbo semplice.

SECONDO CASO CLINICO


Una signora di 73 anni si presenta i PS per trauma contusivo, verificatosi su un autobus di linea durante una
brusca frenata. Dall’anamnesi patologica remota risulta che la paziente è cardiopatica e in trattamento con
beta-bloccanti, ACE inibitori e diuretici. Riferisce di avere aumentato di sua iniziativa il dosaggio di diuretici,
per la comparsa di edemi declivi.

Esame obiettivo: lamenta astenia, faticabilità, appare disidratata, con labbra secche e cute anelastica. È
ipotesa (PA 95/65), tachicardica (FCM 98 battiti/minuto: VN 60-80) e bradipnoica (FR 10 atti/minuto: VN
12-15). Il diuretico comporta l’eliminazione di una grande quantità di liquidi; pertanto, l’organismo
compensa questa disidratazione recuperando acqua, per reidratarsi. Quindi il rene riassorbe sodio, che
richiama acqua. Il sodio, però, per essere riassorbito deve scambiarsi con uno ione positivo, tra cui anche lo
ione H+. Si avrà dunque fuoriuscita di ioni H + ed eliminazione di tale ione con le urine. Il paziente va, quindi,
in alcalosi metabolica. Effettuando un’EGA la diagnosi di alcalosi metabolica è molto semplice e rapida,
permettendo di confermare l’ipotesi avanzata precedentemente. A questo punto bisogna valutare il
compenso: ad ogni aumento del bicarbonato di 1mEq/L, corrisponde un aumento della PaCO2 di 0,5-0,7
mmHg (vedi sopra). La bicarbonatemia è aumentata di 31,6-24= 7,6 mmol/L. Moltiplicando 7,6x0,7 si
ottiene 5,32 mmHg che rappresenta l’aumento di PaCO2. Avendo l’EGA confermato questo aumento si
tratta di un disturbo semplice in quanto non ci sono altre alterazioni. Si dovrà quindi valutare la terapia,
diversa dalla precedente, che è stata la causa dello scompenso
metabolico.

TERZO CASO CLINICO


Un signore di 81 anni, si presenta al PS per febbre che dura da 3-
4 giorni, non risponde a FANS, ha tosse e dispnea ingravescente
(acuta). All’anamnesi patologica remota riferisce una BPCO
enfisematosa: l’RX del torace evidenzia proprio un marcato
quadro di BPCO con segni di ipoventilazione destra. Ci si aspetta
di riscontrare un’acidosi respiratoria, dovuta alla
broncopneumopatia che si è cronicizzata. Faccio il calcolo del
compenso: ad ogni aumento di 10mmHg della paCO2 corrisponde un aumento dei bicarbonati di 1mEq
nell’acuto e di 3- 4mEq nel cronico. La PaCO2 è aumentata di 22, i bicarbonati quindi, essendo in condizione
cronica, dovrebbero essere aumentati di circa 7, quindi intorno a 30-31mEq/L. I bicarbonati sono invece
diminuiti: è presente, dunque, una seconda alterazione, che deve essere sicuramente metabolica. Si tratta,
infatti, di un’acidosi metabolica. Questo paziente ha due acidosi insieme che determinano un pH di 7.1,
valore quasi incompatibile con la sopravvivenza cellulare.
Il professore consiglia di eseguire quasi sempre un’EGA, per indirizzare la diagnosi e aiutare nella
comprensione del quadro clinico, anche in reparti in cui l’attenzione è concentrata su altri aspetti

Potrebbero piacerti anche