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Ingegneria industriale
ANNO 2017-2018
Ruote Dentate
La trasmissione del moto tra due alberi, quando questi debbano ruotare a velocità angolare costante, è
frequentemente realizzata mediante ruote solidali agli alberi stessi.
Per trasmissione di basse potenze si usano talvolta ruote lisce, dette ruote di frizione.
La limitazione fondamentale delle ruote di frizione risiede nella massima coppia trasmissibile. Infatti la
regolare trasmissione della potenza è garantita fin quando non si verificano fenomeni di slittamento fra le
due ruote in presa (figura 1).
Sia F la forza che sollecita l’asse di una delle ruote, sarà N = F la forza normale al contatto se f è il
coefficiente di attrito, la forza tangenziale T, per evitare lo slittamento, deve essere T< fN
e poiché le due velocità angolari sono ortogonali al piano del disegno, passando ai moduli delle
grandezze vettoriali:
1 R2
i
2 R1
Il momento motore massimo trasmissibile senza slittamento (ossia rispettando la condizione sopra) è
M T R1 f N R1
Dunque, per ottenere un aumento di M si può aumentare f , N oppure R1.
All’aumento di f esiste un’ovvia limitazione legata ai materiali impiegabili per realizzare la ruota.
D’altra parte un aumento di N produce due effetti negativi (vedi figura 4): il carico N genera
un’inflessione dell’albero su cui la ruota è montata; le ruote tendono a deformarsi in prossimità del
contatto con alterazione delle proprietà cinematiche dell’accoppiamento (rapporto di trasmissione
alterato). In questo modo si perde il beneficio originario di un contatto di puro rotolamento, con
conseguente riduzione del rendimento meccanico della coppia soggetta ad elevate perdite per attrito.
Infine un aumento dei raggi delle ruote è in evidente contrasto con esigenze di ingombro, peso ed
economicità della trasmissione.
Ciò spiega il ricorso frequentissimo a ruote dentate in cui la trasmissione della potenza è assicurata
attraverso superfici non più cilindriche, passando così da un accoppiamento di forza ad un accoppiamento
di forma.
La forma delle superfici dei denti in presa è tale da garantire che la trasmissione del moto avvenga con
rapporto di trasmissione costante. Studieremo nel seguito solo le profilature ad evolvente, attualmente le
uniche di reale interesse pratico, pur essendo possibile realizzare profilature diverse.
Si consideri una circonferenza γ ed una retta t ad essa tangente. Si fissi un punto P appartenente a t. Si
faccia rotolare senza strisciamento la t su γ. Il punto P descrive la traiettoria σ che prende nome di
evolvente della circonferenza γ.
Nella figura 5, si è eseguita la costruzione dell’evolvente della circonferenza secondo la definizione data
precedentemente e t1, t2, t3, t4 sono quattro successive posizioni della tangente t durante il rotolamento su
γ; P1, P2, P3, P4 sono infine le posizioni di P lungo la traiettoria σ (evolvente) descritta nel moto di
rotolamento.
Si noti che il centro di istantanea rotazione nel moto di rotolamento di t sulla circonferenza cade nel
punto di tangenza T. Infatti, poiché non vi è strisciamento, il punto della t che si trova a contatto con γ in
T deve avere velocità nulla.
Figura 6
Figura 7
Si scelga come punto per generare σ il punto P1 T1 della t1. Dopo che t ha rotolato senza strisciamento
lungo γ fino a giungere nella posizione t2 e P ha descritto l’arco arc(P1P2) di evolvente σ, risulta:
arcT1T2 T2 P2
ossia l’arco arc(T1T2) descritto lungo la circonferenza γ è pari alla lunghezza del segmento T2P2.
Introduciamo gli elementi geometrici caratteristici delle ruote dentate. Seguiamo la figura 8. I due alberi
su cui le ruote R1e R2 sono montate hanno assi di rotazione le cui proiezioni sul piano del foglio sono O1,
O2. Le circonferenze γ1 γ2, sono dette circonferenze base e servono a costruire le profilature ad evolvente
dei denti delle ruote, nel modo che abbiamo descritto nel paragrafo precedente. Si generano quindi i
profili delle superfici laterali dei denti, σ1, σ2, che sono le superfici fisicamente a contatto durante il moto.
La retta per i punti T1, T2 prende nome di retta d’azione (per motivi che spiegheremo di seguito). La
tangente comune ai due profili σ1, σ2, tσ, è ortogonale (vedi paragrafo precedente) alla retta d’azione T1T2.
Infatti σ1 ha sempre tangente ortogonale alla retta generatrice del profilo. Analogamente per σ2. Le
circonferenze λ1, λ2 sono dette circonferenze primitive. La loro costruzione è immediata. Dopo aver
tracciato le circonferenze base γ1 γ2, e la tangente T1T2, si congiungono i centri O1, O2. Il segmento O1O2
interseca la T1T2 in un punto T (vedi figura 8).
Facendo centro in O1 si traccia una circonferenza di raggio O1T che è poi la λ1. Analoga la costruzione
per λ2. Dimostreremo nel prossimo paragrafo che aver profilato i denti ad evolvente permette di far
ruotare le ruote R1e R2 come fossero ruote di frizione con profili a contatto di tipo circolare.
I profili σ1, σ2 vengono limitati nella loro estensione attraverso ulteriori circonferenze: le circonferenze
di troncatura esterna ed interna (vedi figura 9).
Figura 9
Le due circonferenze Cte, Cti delimitano l’estensione radiale dei denti. Più precisamente con i simboli
riportati in figura 9, si usa la seguente nomenclatura:
Il modulo è espresso per convenzione in millimetri e varia secondo una serie di valori standard.
Figura 10
Figura 11:
Consideriamo il contatto tra i due profili coniugati σ1, σ2. Durante il moto delle ruote il punto di contatto
P si sposta lungo il segmento T1T2. Si considerino infatti i due profili σ1, σ2 a contatto in una generica
posizione (vedi figura 12). I due profili a contatto sono tangenti. La comune tangente nel punto di contatto
P è tσ. Se tσ è comune, anche la normale n ai profili è comune. Per costruzione dei profili ad evolvente
σ1, σ2, nσ è proprio la retta generatrice che è tangente alla circonferenza base. Quindi nσ è tangente sia a γ1
(in quanto normale di σ1) che a γ2 (in quanto normale di σ1). Allora nσ, normale ai profili nel punto di
contato, coincide con la retta T1T2 tangente alle due circonferenze base γ1, γ2. Poiché il punto P di contatto
appartiene sempre a nσ allora appartiene sempre a T1T2 che prende nome di linea dei contatti.
La proprietà cinematica più rilevante consiste nel fatto che le ruote R1, R2, in contatto attraverso i
profili coniugati σ1, σ2, si muovono come se ruote di frizione di raggi pari a quelli delle circonferenze
primitive λ1, λ2.
Figura 12
Consideriamo due successive posizioni di contatto di una stessa coppia di profili coniugati. Ad esse
corrispondono rispettivamente i profili σ1, σ2 e σ’1, σ’2 (vedi figura 13). I punti di contatto (appartenenti
sempre a T1T2) sono rispettivamente P, P . Mentre il punto di contatto si sposta da P in P’ , le due ruote
compiono le rotazioni α1, α2 (vedi figura 13).
Per quanto visto in precedenza (a proposito delle proprietà dell’evolvente) si ha:
Inoltre poiché
PP ' PP '
mentre R1 compie la rotazione 1 , la R2 compie la rotazione 2 . Il rapporto τ tra gli
R 1 R 2
angoli di rotazione è allora:
1 R 2
2 R 1
Figura 13
Poiché gli angoli in questione sono descritti in uno stesso intervallo di tempo Δt, è anche
1 / t 1 R 2
2 / t 2 R 1
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Meccanica Applicata Alle Macchine per Ingegneria Industriale 2017-2018 Ruote dentate
Dunque il rapporto di trasmissione è costante e pari al solo rapporto tra i raggi delle circonferenze
base.
E’ poi immediato sostituire al posto del rapporto suddetto il rapporto tra i raggi delle primitive. Infatti
osservato che i triangoli O1T1T e O2T2T O2T2T sono simili (vedi figura 14), segue:
1 R 2 R 2
2 R 1 R1
Questo comporta che, pur essendo il moto trasmesso effettivamente attraverso il contatto tra i profili
coniugati ad evolvente σ1, σ2, le ruote si muovono come se fossero ruote di frizione con superfici a
contatto cilindriche e di raggi pari a quelli delle circonferenze primitive λ1, λ2. Il vantaggio fondamentale
nell’aver impiegato ruote dentate risiede nel fatto che il momento massimo trasmissibile non è più
limitato dall’assenza di strisciamento garantita dall’attrito, come per le ruote di frizione. Ora il momento
massimo è limitato dalla sola resistenza strutturale dei denti della ruota e, come si capisce facilmente, è in
tal caso molto più elevato.
Si è visto a proposito delle ruote di frizione che la velocità di strisciamento nel punto di contatto,
ws=vp1–vp2, tra le due ruote è nulla. Nel caso delle ruote dentate invece questa favorevole circostanza si
perde: nel punto di contatto la velocità di strisciamento tra i due profili coniugati a contatto σ1, σ2 è
diversa da zero. Analizziamo più in dettaglio la questione.
Figura 14
Consideriamo due profili σ1, σ2 in una generica posizione di contatto (vedi figura 15). La formula
fondamentale della cinematica permette di scrivere la velocità del punto P1 quale punto appartenente al
corpo rigido R1 sul profilo σ1 che si trova nella configurazione in esame ad occupar il punto dello spazio
P. Si ha:
dove vT1 è la velocità del punto che appartiene alla ruota R1 e si trova ad occupare il punto T.
Analogamente il punto P2 del profilo σ1 che si trova in P ha velocità
v P 2 vT 2 ω2 TP
La velocità di strisciamento è:
w s v P 2 v P1 vT 2 vT 1 (ω2 ω1 ) TP
Poiché le ruote si muovono come fossero dischi di frizione i cui profili sono λ1, λ2, ciò comporta che nel
punto di tangenza T (ideale punto di contatto tra λ1, λ2) sia vT2–vT1 = 0. Da cui:
w s (ω2 ω1 ) TP
Figura 15
Se durante il moto le velocità angolari delle ruote restano costanti, la velocità di strisciamento varia solo
per effetto delle variazioni di TP. Pertanto quando il punto di contatto tra i profili coniugati si allontana da
T, la velocità di strisciamento aumenta. L’esistenza di un effetto di strisciamento tra i profili coniugati ha
come conseguenza l’usura delle superfici a contatto ed il loro conseguente surriscaldamento. Tale effetto
dissipativo riduce il rendimento meccanico della trasmissione: parte della potenza erogata sull’albero
motore non è più restituita sull’albero condotto in uscita.
Al fine di ridurre questo effetto negativo, è opportuno che il punto di contatto P tra i profili rimanga
abbastanza vicino al punto T. Per questa ragione i cerchi di troncatura esterna ed interna limitano
Figura 16
Il punto di contatto P si sposta lungo M1M2 durante la rotazione fino a che, quando P=M2, i due profili
cessano di essere in contatto. E’ ovvio che quando il contatto tra i due denti cessa è necessario che entri in
contatto un’altra coppia di denti, per garantire la trasmissione del moto in modo continuo. Se
consideriamo il profilo σ2 nella posizione in cui si trova appena inizia il contatto (ossia all’ingresso del
punto P sul segmento di ingranamento M1M2) si determina l’intersezione tra σ2 e la primitiva λ2 (punto
Q2di figura 17).
Figura 17
Considerata poi la posizione di σ2 quando sta per lasciare il segmento di ingranamento, si determina la
nuova intersezione tra σ2 e la primitiva λ2 (punto Q1). L’arco arc(Q1Q2) descritto da σ2 lungo la primitiva
λ2 (vedi figura 17), al variare del punto di contatto lungo il segmento di ingranamento, si chiama arco
d’azione e. Per garantire la continuità del moto allora bisogna che sia verificata la condizione sul passo:
p e, e arc(Q1Q2 )
Infatti p è proprio la distanza tra due denti consecutivi misurata lungo la primitiva. Se p<e allora prima
che una coppia di profili coniugati abbia lasciato il segmento di ingranamento, una nuova coppia di profili
è entrata in contatto lungo lo stesso segmento. Ciò garantisce che durante il moto almeno una coppia di
denti sia in presa. Si chiama fattore di ricoprimento f il rapporto f=e/p (se e>p allora f>1). Usualmente
f=1.4.
Concludiamo questo capitolo con alcune di queste considerazioni sulla natura delle forze che i profili si
scambiano durante il contatto.
La forza che scambiano due superfici a contatto è, in assenza di attrito, diretta lungo la normale ai due
profili. Pertanto la direzione della forza di contatto tra σ1 e σ2 è quella della retta d’azione T1T2 (vedi
figura 18).
Figura 18
Finora ancora nulla è stato detto circa le dimensioni relative delle circonferenze primitive λ1, λ2 in
rapporto alle dimensioni delle circonferenze base γ1, γ2.
In generale, se si assegnano le dimensioni delle primitive λ1, λ2, sulla base di considerazioni progettuali,
mediante i raggi Rλ1, Rλ2 realizzeremo una coppia di ruote dentate con rapporto di trasmissione τ=Rλ2/Rλ1.
Le circonferenze base γ1, γ2 che dovremo costruire per tracciare i profili dei denti (con il metodo descritto
in questo capitolo) possono avere in teoria raggi arbitrari purchè τ=Rλ2/Rλ1=Rγ2/Rγ1.
Si considerino ad esempio due primitive λ1, λ2 assegnate. In figura 19 sono mostrate due possibili scelte
per le circonferenze base: γ’1, γ’2 in un caso, γ’’1, γ’’2 nell’altro. Le coppie di profili coniugati σ’1 e σ’2 e
poi σ’’1 σ’’2e, dal punto divista cinematico, sono perfettamente equivalenti. Vale a dire che costruire i
profili nei due modi illustrati produce un risultato cinematicamente equivalente: il moto avviene come se
le ruote accoppiate fossero le ruote di frizione λ1, λ2.
L’effetto è invece diverso se consideriamo le forze che i profili si scambiano. Le rette d’azione, infatti,
variano. Nel primo caso è T’1T’2 nel secondo T”1T”2.
Quindi, le direzioni delle forze di contatto cambiano. Si chiama angolo di pressione θ l’angolo formato
dalla forza di contatto con la tangente ai profili λ1, λ2
Figura 19
Risulta:
R1 cos R 1
Se la ruota motrice deve trasmettere il momento M 1 risulta (se una sola coppia di profili è in presa):
FR 1 M 1
che esprime l’equilibrio alla rotazione della ruota R1 sotto l’azione del momento M1, esercitato
dall’albero su cui è montata, e della forza di contatto F il cui braccio è il raggio del cerchio base. Quindi:
M1
F R1 cos M 1 F
R1 cos
Una ruota dentata cilindrica a denti dritti può essere pensata generata da un segmento AB, solidale al
piano γ (piano dei contatti) e parallelo agli assi dei cilindri di base.
Se il segmento non è parallelo agli assi ma inclinato (figura 20), rispetto ad essi, di un dato angolo βb
(questo equivale a considerare il segmento MP in luogo del segmento AB),la superficie del dente non è
più cilindrica ma elicoidale si ottengono quindi ruote dentate cilindriche a denti elicoidali (figura 21)
Se uno dei due cilindri degenera in un piano si ottiene la dentiera elicoidale, la quale può essere vista
come una dentiera a denti dritti di cui si considera una parte, delimitata da due piani paralleli inclinati di
un angolo β rispetto alla generatrice dei denti. L’angolo β è l’inclinazione dell’elica misurata sul
cilindro primitivo. Il fatto che una dentiera elicoidale sia ricavabile da una dentiera a denti dritti porta al
vantaggio che le ruote a denti elicoidali possono essere realizzate utilizzando le stesse dentiere utensili
delle ruote a denti dritti inclinate di un angolo β.
2 r
h
tg ( )
eliminando h si ha:
2 2 r
tg ( b ) tg ( )
semplificando si ha:
r
tg ( ) tg ( b )
ricordando che:
r cos( )
tg ( b )
tg ( )
cos( )
Esiste anche una relazione tra modulo normale (mn) e modulo periferico (m); riferendoci alla figura 24 si
può scrivere:
mn m cos( )
Data una ruota dentata a denti elicoidali, caratterizzata da: angolo di pressione θ, Inclinazione dell’elica β,
Momento trasmesso M, Raggio della primitiva R, in assenza di attrito, risultano valide le seguenti
relazioni:
• Forza tangenziale (che trasmette il momento)
Ft M / R
• Forza radiale
tan( )
Fr M / R
cos( )
• Forza Assiale
Fa M / Rtan( )
1
F M /R
cos( ) cos( )
Rotismi
I Rotismi sono meccanismi formati da ruote dentate e coppie rotoidali, si dividono in:
• Ordinari: se gli assi delle ruote sono fissi rispetto al telaio;
• Epicicloidali: se uno o più assi sono mobili rispetto al telaio
Rotismi ordinari
Definiamo il rapporto di trasmissione di un rotismo ordinario come il rapporto tra le velocità angolari
del cedente e del movente, poiché un rotismo è composto da n ruote in serie si ha:
1 1 2 3 n1
....
n 2 3 4 n
e cioè τ è dato dal prodotto dei rapporti di trasmissione delle coppie di ruote consecutive
Se gli alberi intermedi portano due ruote (es. secondo e terzo albero in figura 3), le velocità angolari
delle ruote montate sullo stesso albero sono uguali, quindi:
1 1 3 5
n 2 4 6
e cioè τ è dato dal prodotto dei rapporti di trasmissione delle ruote che ingranano tra loro.
Infatti, consideriamo il rotismo riportato in figura 3, numeriamo le ruote con l’ordine in cui si
1 2 3 4 5
, 3 2 , 4 5
2 3 4 5 6
e poiché ogni rapporto intermedio può essere espresso in funzione del numero di denti, si ha:
z 2 z 4 z6
z1 z3 z5
Se una ruota è allo stesso tempo motrice e condotta, ingrana cioè contemporaneamente con le due ruote
adiacenti si chiama ruota oziosa; questa non influisce sul rapporto di trasmissione, ma cambia il verso di
rotazione rispetto al caso di accoppiamento diretto (rotismo d in figura 1).
Con una coppia di ruote dentate si possono realizzare rapporti di trasmissione compresi tra 1/6 e 6, per
rapporti esterni a tale intervallo si ricorre a rotismi con più coppie di ruote (riduzione di ingombri e di
costi). Risulta inoltre opportuno suddividere il rapporto di trasmissione totale in rapporti parziali simili tra
loro, montando sugli alberi veloci le coppie di ruote in cui il rapporto tra il numero di denti della ruota e
del rocchetto è più elevato.
Rotismi epicicloidali
Un esempio di rotismi epicicloidali è quello di figura 4, in cui la ruota 1 è fissa, il membro 3 collega gli
assi delle due ruote e ruota intorno a O1, la ruota 2 quindi ruota intorno al proprio asse mentre questo si
sposta lungo una circonferenza di centro O1 e raggio O1O2
In generale, in un rotismo epicicloidale non esiste il membro fisso, anzi, sono meccanismi a due gradi di
libertà. In ogni caso, sono meccanismi caratterizzati dall’aver alcuni assi delle ruote mobili rispetto al
telaio.
Non si può quindi parlare di rapporto di trasmissione, ma si definisce una relazione tra la velocità
angolari delle ruote estreme e la velocità angolare del membro a cui sono vincolati gli assi mobili detto
portatreno o portasatellite.
Si imprime a tutto il meccanismo una velocità angolare opposta a quella del portatreno e, con questo
artificio, il portatreno resta fermo e il meccanismo è ridotto a un rotismo ordinario.
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Le velocità della prima e dell’ultima ruota diventano quindi:
n p
0
1 p
0 0
p 1 n (1)
0 1 0 1
z1
0
z2
il meno è dovuto al fatto che le due ruote ruotano in verso opposto. Sostituendo τo si trova il rapporto tra
le velocità angolare del satellite e quella del portatreno:
2 z1 z2
p z2
Consideriamo ora il rotismo epicicloidale in figura 5, con la ruota 1 motrice ed il portatreno condotta.
Dalla equazione 1, posto ω n=ω 3= 0, si ha:
0
p 1
0 1
p
Da cui, 0 .
1 0 1
z1
Per ottenere τ0, fisso il portatreno ed ottengo: 0 da cui il rapporto di trasmissione:
z3
p z1
1 z3 z1
Il rapporto di trasmissione del rotismo reso ordinario (sempre in figura 5, stessa catena cinematica!) con
cedente ruota 3 e movente ruota 1 vale in valore assoluto:
z1
0
z3
Si può quindi notare che il rotismo epicicloidale permette di realizzare un rapporto tra cedente e
movente più piccolo del corrispondente rotismo ordinario, inoltre nell’epicicloidale la ruota a dentatura
interna è fissa, quindi risulta una costruzione più compatta.
I rotismi con due gradi di libertà sono in generale dei meccanismi con un movente e due cedenti, sono
chiamati anche rotismi differenziali, come quelli riportati in figura 6.
Nel rotismo a il movente è il portasatellite e i due cedenti sono la ruota 1 e la ruota 5, vale la relazione:
z1 z3
0
z2 z5
Se z1 = z2 ; z3 = z5; si ha τ0 = −1
Dalla formula di Willis
5 p 1
0 p 5
1 p 2
3 p 1
0 p 3
1 p 2
In entrambi i casi quindi la velocità angolare del portasatellite non è altro che la media aritmetica tra le
velocità angolari delle due ruote cedenti. Consideriamo il differenziale automobilistico di figura 7.
In rettilineo, le due ruote estreme hanno la stessa velocità angolare, ω3 =ω1 ⇒ ωp =ω3 =ω1, il portasatellite
ruota con la stessa velocità angolare delle ruote, e il rotismo si comporta come un membro rigido. In
curva invece, la ruota interna compie meno strada avrà perciò una velocità minore, quella esterna allo
stesso tempo percorre una strada maggiore e quindi ha velocità più alta. La ruota 3 tende ad accelerare, la
ruota 1 a decelerare ma vale sempre la:
3 1
p
2
Siano M1, Mn, ed Mp i momenti agenti sulla prima e sull’ultima ruota e sul portasatellite, prescindendo
dalle perdite di potenza per attrito, si ha:
p M p n M n 1M1 0
M1
(n p ) M n (1 p ) M1 0 0
Mn
M1
(1 n ) M1 ( p n ) M p 0 0
M p 1 0
Poiché i rapporti tra i momenti dipendono solo dalla catena cinematica, le relazioni trovate valgono sia
nel caso di rotismo ordinari sia per rotismi epicicloidali. Cosa succede per il differenziale a ruote coniche
di figura 6b?
Poiché τ0 = −1, si ha: M1 = M3 = Mp / 2
I momenti sulle due ruote estreme sono uguali, il differenziale trasmette alle due ruote motrici di
un’autovettura coppie motrici uguali.