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economica
Questa lezione si basa sul capitolo 2 del libro di Bénassy-Quéré (2014) e sul capitolo 19 del libro «Macroeconomia e
politica economica» di Sachs e Larrain (1995)
1. I limiti
• Nuovo paradigma di politica economica
• Limiti dell’informazione
Yt H ( X t , Yt 1 , Yt 2 ,..., , t )
• X e Y: vettori multidimensionali osservati a intervalli di tempo successivi, che
raggruppano variabili esogene (direttamente controllate dal governo), e variabili
endogene (emergono come scelte degli agenti privati)
• 𝜃: parametri che descrivono i comportamenti degli attori privati
• ε: shock casuali
• La compatibilità viene valutata sulla base delle relazioni esistenti tra le variabili
economiche rilevanti (inclusi obiettivi e strumenti di politica economica), che
vengono rappresentate da un modello matematico.
La teoria generale della politica economica
Secondo Tinbergen la programmazione di politica economica poggia su tre pilastri:
1. la definizione di obiettivi di politica economica, sotto forma di
• target numerici fissi di una o più variabili di interesse (ad es. la domanda aggregata o il
tasso di disoccupazione)
• soluzioni di un problema di massimizzazione (o di minimizzazione) di una funzione
obiettivo, che dipende da tali variabili di interesse (ad es. il raggiungimento del massimo
reddito reale o del massimo benessere sociale)
2. la definizione di strumenti, cioè di variabili che il policy maker può
• controllare
• determinare (quindi utilizzare indipendentemente l'uno dall'altro)
• utilizzare efficacemente per conseguire gli obiettivi.
3. l'esistenza di un modello che rappresenti in forma stilizzata il funzionamento
dell'economia, attraverso relazioni funzionali tra le variabili di principale interesse per il
policy maker (ad es. il modello IS-LM, oppure il modello di domanda e offerta
aggregata, oppure il modello di equilibrio generale di una economia walrasiana).
Obiettivi e strumenti della PE
• In un contesto economico statico, la programmazione segue due logiche generali:
con obiettivi fissi e con obiettivi flessibili.
• Nel caso di obiettivi fissi:
le variabili obiettivo assumono valori dati (ad es. un certo livello di domanda
aggregata, un certo tasso di disoccupazione). Programmazione significa trovare
il valore delle variabili strumento (ad es. i livelli di spesa pubblica o tassazione)
che, dato il modello economico, consentono di raggiungere i livelli fissati per le
variabili obiettivo.
• Nel caso di obiettivi flessibili:
il policy maker sceglie contestualmente il valore di strumenti e obiettivi che
massimizzano una funzione obiettivo di politica economica (ad es. una funzione
che misura il benessere sociale in termini di tasso di disoccupazione), dato il
modello economico. Il programma di politica economica ha soluzione, se tale
problema di massimo ha soluzione.
Obiettivi e strumenti della PE
• Una volta specificati gli obiettivi, le autorità devono individuare gli strumenti per
conseguirli.
• Gli strumenti possono essere quantitativi o qualitativi:
• quantitativi: es. strumenti della politica fiscale e monetaria
• qualitativi: es. politiche di deregolamentazione; apertura al commercio internazionale, ecc.
• La scelta degli strumenti dipende dal particolare contesto istituzionale in cui i policy
makers operano.
𝑇1 = 𝑎1 𝐼1 + 𝑎2 𝐼2
𝑇2 = 𝑏1 𝐼1 + 𝑏2 𝐼2
𝑎1 𝑎2
Affinché ciò si verifichi: ≠
𝑏1 𝑏2
Il teorema di Tinbergen
• Determinazione delle politiche ottimali:
𝑇1∗ = 𝑎1 𝐼1 + 𝑎2 𝐼2
𝑇2∗ = 𝑏1 𝐼1 + 𝑏2 𝐼2
𝑏2 𝑇1∗ − 𝑎2 𝑇2∗
𝐼1 =
𝑎1 𝑏2 − 𝑎2 𝑏1
𝑎1 𝑇2∗ − 𝑏1 𝑇1∗
𝐼2 =
𝑎1 𝑏2 − 𝑎2 𝑏1
𝑎1 𝑎2
Il sistema ha soluzione solo se il denominatore è diverso da 0: ≠
𝑏1 𝑏2
Il teorema di Tinbergen
Assumendo che siano verificate le condizioni di indipendenza lineare, un’economia può raggiungere il
proprio bliss point:
𝑇1 = 𝑇1∗ e 𝑇2 = 𝑇2∗
Teorema di Tinbergen: Condizione necessaria affinchè un modello statico di politica economica con obiettivi
fissi sia controllabile è che il numero di strumenti a disposizione del decisore politico sia maggiore o uguale al
numero dei suoi obiettivi.
Un modello di politica economica con m obiettivi fissi ammette (almeno) una soluzione se il numero di
strumenti di politica economica n non è inferiore al numero di obiettivi, n ≥ m.
Il modello di politica economica si dice determinato (ammette un'unica soluzione) se il numero di strumenti è
uguale a quello degli obiettivi, m = n.
Il modello si dice sotto-determinato (ammette più di una soluzione) se n > m.
Il modello si dice sovra-determinato (non ammette soluzione) se n < m.
Il teorema di Tinbergen
Esempio:
• gli obiettivi del decisore politico sono il livello della produzione e il tasso di inflazione (bliss point: Q=Q* e
𝑃 = 0)
• due strumenti a disposizione: la politica monetaria (M) e la politica fiscale (G)
• relazioni che descrivono la struttura dell’economia:
i coefficienti misurano gli effetti
𝑄 = 𝑎1 𝐺 + 𝑎2 𝑀 delle politiche sugli obiettivi
𝑃 = 𝑏1 𝐺 + 𝑏2 𝑀
0 = 𝑎1 ∆𝐺 + 𝑎2 ∆𝑀
−2 = 𝑏1 ∆𝐺 + 𝑏2 ∆𝑀
Partendo da questo sistema di equazioni è possibile calcolare i valori delle variazioni di politica monetaria e
fiscale che consentono di raggiungere gli obiettivi:
2𝑎2
∆𝐺 =
𝑎1 𝑏2 − 𝑎2 𝑏1
−2𝑎1
∆𝑀 =
𝑎1 𝑏2 − 𝑎2 𝑏1
Secondo questo modello, si può ottenere la stabilità del livello dei prezzi senza diminuire il livello della
produzione.
ATTENZIONE: il risultato dipende dall’ipotesi che la politica monetaria e la politica fiscale esercitino effetti tra
loro linearmente indipendenti sulla produzione e sui prezzi.
Il teorema di Tinbergen
Cosa accade se gli strumenti sono invece tra loro linearmente dipendenti?
• Esempio:
se il livello della produzione determina il valore del tasso di inflazione:
𝑄 = 𝑎1 𝐺 + 𝑎2 𝑀
𝑃 = 𝑔𝑄
E se ipotizziamo che la struttura dell’economia sia ancora descritta in questo modo:
𝑄 = 𝑎1 𝐺 + 𝑎2 𝑀
𝑃 = 𝑏1 𝐺 + 𝑏2 𝑀
dove:
ATTENZIONE all’interpretazione dei
𝑎1 𝑎2 1 coefficienti
𝑏1 = 𝑔𝑎1 e 𝑏2 = 𝑔𝑎2 = =
𝑏1 𝑏2 𝑔
Se la politica fiscale e monetaria influiscono sul tasso di inflazione solo attraverso gli effetti che hanno sul
livello della produzione (e NON in modo indipendente), non sarà possibile conseguire entrambi gli obiettivi.
Il teorema di Tinbergen
𝑎1 𝑎2
Cosa accade se gli strumenti sono tra loro linearmente indipendenti ma è prossimo a ?
𝑏1 𝑏2
L’indipendenza lineare degli strumenti di politica economica non è sufficiente per conseguire i risultati voluti.
Gli strumenti devono essere sufficientemente efficaci e indipendenti perché sia possibile raggiungere gli
obiettivi prefissati con variazioni accettabili degli strumenti.
Il principio della classificazione effettiva dei mercati
Spesso i vari strumenti di politica economica ricadono sotto il controllo di policy makers diversi e sono attuati
in modo indipendente:
per esempio, la politica monetaria può essere decisa dalla Banca Centrale mentre la politica fiscale dal
governo.
• E’ possibile risolvere il problema della politica economica nel caso in cui il processo decisionale sia
completamente decentrato, ovvero ciascuno strumento è sotto il controllo di un decisore diverso e i vari
decisori non coordinano le proprie azioni?
Robert Mundell (1960): se ciascuno strumento viene assegnato correttamente a un obiettivo, è possibile
arrivare alla combinazione di politica economica ottimale operando in modo decentralizzato.
Principio della classificazione effettiva dei mercati:
ciascuno strumento dovrebbe essere assegnato all’obiettivo sul quale esercita l’effetto relativamente
maggiore, per modificare il quale gode di un vantaggio comparato rispetto agli altri strumenti.
Il principio della classificazione effettiva dei mercati
Esempio:
La politica monetaria esercita sull’inflazione un effetto relativamente maggiore di quello esercitato dalla
𝑏 𝑏
politica fiscale, ovvero 2 > 1 .
𝑎2 𝑎1
In questo caso, l’autorità monetaria dovrebbe occuparsi del controllo dell’inflazione (riducendo M quando il
tasso di inflazione è superiore al livello ottimale e aumentando M quando è inferiore), mentre l’autorità di
politica fiscale dovrebbe controllare il livello della produzione (aumentando G quando il livello della
produzione è inferiore a quello ottimale e riducendo G quando è superiore).
Questa regola di politica economica implica la convergenza di M e G verso i propri valori ottimali.
In caso contrario (assegnare l’obiettivo di controllo dell’inflazione all’autorità di politica fiscale e quello di
stabilizzare il livello della produzione all’autorità di politica monetaria) non sarebbe possibile convergere
verso il bliss point.
Cosa accade se il numero degli strumenti è inferiore a quello degli
obiettivi
Esempio:
L’autorità di politica fiscale non può manovrare la spesa pubblica (∆𝐺 = 0).
La politica monetaria è l’unico strumento che si può usare per modificare il tasso di inflazione e il livello della
produzione:
∆𝑄 = 𝑎2 ∆𝑀
∆𝑃 = 𝑏2 ∆𝑀
∆𝑄 ∆𝑃 𝑏2
da cui: = = ∆𝑀 e ∆𝑃 = ∆𝑄
𝑎2 𝑏2 𝑎2
In questo caso, NON è possibile ridurre l’inflazione mantenendo la produzione al proprio livello potenziale.
Cosa accade se il numero degli strumenti è inferiore a quello degli
obiettivi – vincolo all’attuazione della politica economica
Cosa accade se il numero degli strumenti è inferiore a quello degli
obiettivi
Problema del trade-off tra diversi obiettivi:
una riduzione del tasso di inflazione può essere ottenuta solamente riducendo il livello della produzione.
dove 𝛼0 è un parametro che rappresenta il peso assegnato al mancato raggiungimento degli obiettivi.
• 𝛼0 > 1: gli scostamenti del tasso di inflazione dal proprio livello ottimale hanno un’importanza maggiore;
• 𝛼0 < 1: gli scostamenti della produzione dal proprio livello ottimale hanno un’importanza maggiore.
Cosa accade se il numero degli strumenti è inferiore a quello degli
obiettivi
Esempio:
T
∆𝑄 ∗=0
∆𝑃∗ = −2
𝛼0 = 1
La funzione di perdita è: E
𝜀 = errore (disturbo) rappresenta tutti i fattori che influenzano il livello della produzione ma non sono
controllabili dalle autorità di politica economica.
E’ una variabili casuale con funzione di probabilità nota e media zero.
E’ una incertezza additiva, perché l’effetto di 𝜀 si somma a quello dello strumento di politica economica.
𝛼 = moltiplicatore, parametro il cui valore non è noto nel momento in cui le autorità decidono la politica
monetaria.
E’ noto solo il suo valore medio.
E’ una incertezza moltiplicativa, perché l’effetto di 𝛼 viene moltiplicato per lo strumento di politica
economica.
La politica economica in condizioni di incertezza
∆𝑄 = 𝛼∆𝑀 + 𝜀
conseguenze dell’incertezza:
le autorità potrebbero tentare di raggiungere il livello ottimale della produzione non in ogni momento, ma in
media. Conoscendo i valori medi dei parametri: 𝛼 = 𝛼 e 𝜀 = 0.
con una funzione di perdita quadratica, non è opportuno cercare di conseguire ∆𝑄 ∗ in media; il
costo di uno scostamento elevato può essere enorme (Brainard, 1967).
I limiti dei modelli: le aspettative razionali
Critiche all’approccio di Tinbergen:
la politica economica consisteva nello scegliere gli strumenti in modo da minimizzare (in genere sotto
vincolo) una funzione di perdita che descrive il trade-off tra i diversi obiettivi della società.
La scelta della buona politica era solo una questione di calcolo.
Con aspettative razionali: per valutare l’impatto delle decisioni possibili, i governi devono integrare la
reazione attesa degli agenti economici.
incorpora il valore della il valore della
Z a
t ,t 1 G ( Z t , Z t 1 , Z t 2 ,..., X t , X t 1 , X t 2 ,...)
Aspettative adattive Z ta,t 1 (1 ) Z ta1,t Z t , 0 1
se le aspettative sono Aspettative statiche 1 Z a
t ,t 1 Zt
razionali gli errori di
previsione sono
stocastici Aspettative razionali Z ta,t 1 E ( Z t 1 I t )
Andamento stocastico Z t 1 Z t t 1 Z t k t k 1 t k 2 ... t 1
L’aspettativa razionale = al suo valore statico
=> La migliore previsione di Z è il suo valore
E ( t 1 I t ) 0 E ( Z t 1 I t ) Z t il valore della
variabile al tempo
osservato t+1 è la somma di
variabili stocastiche
non correlate al
corso del tempo
La critica di Lucas (1976)
• Per valutare gli effetti di modificazioni sistematiche delle regole di politica
economica <= no modelli macroeconometrici
• L’approccio di Tinbergen si basa sull’ipotesi di una relazione quantitativa stabile
tra gli strumenti e gli obiettivi. I parametri dei modelli erano considerati stabili
(es. moltiplicatori della politica economica).
• I coefficienti dei modelli macroeconometrici non descrivono la reale struttura
dell’economia, solo un riassunto statistico dell’andamento medio dell’economia in
passato.
• Le previsioni del modello sono buone solo se le politiche rimangono invariate.
La critica di Lucas (1976)
• Il modello scaturisce da una valutazione compiuta su un periodo passato,
che offrirà una rappresentazione, riguardo ai cambiamenti previsti, capace
di influenzare il comportamento degli agenti inseriti nel modello stesso
• => La politica economica non può basarsi su una rappresentazione troppo
semplificata e ingenua del comportamento degli agenti
• Assumere stabile la funzione stimata significa supporre che le aspettative
degli agenti siano invarianti in relazione alle modificazioni del regime di
politica economica:
• ogni variazione del quadro di politica economica modificherà di fatto la struttura
stessa del modello
• Il modello non può essere considerato invariante rispetto ai fenomeni che si presume
debba studiare
La critica di Lucas (1976)
• Secondo Lucas: il problema principale è l’assunzione di aspettative adattive. Se le
regole con cui viene condotta la politica economica mutano anche le aspettative
del pubblico riguardo alle variabili economiche mutano (ma in modi che non
vengono catturati dai modelli macroeconometrici esistenti).
• ES. modello che individua il legame esistente tra variazioni dell’offerta di moneta e livello della
produzione:
𝑄 = 𝑏0 + 𝑏1 (𝑀 − 𝑀−1 )
- Per Tinbergen: la stima di 𝑏1 può essere utilizzata per determinare la politica monetaria ottimale.
- Per Lucas: il modello dovrebbe incorporare l’ipotesi di aspettative razionali
previsione sull’offerta
𝑒
𝑄 = 𝑎0 + 𝑎1 (𝑀 − 𝑀 ) di moneta nel periodo
corrente formulata nel
periodo precedente
I limiti della fiducia
• La mancanza di credibilità: il Governo è incentivato a ingannare i privati per
servire il bene pubblico (la bugia a fin di bene…). La bugia viene punita perché i
privati precorrono questo comportamento ingannevole e si adeguano => il
Governo diventa ostaggio delle aspettative degli agenti privati
• L’azzardo morale: condizione in cui un soggetto, che non deve sostenere le
eventuali conseguenze economiche negative di un rischio, si comporta in modo
diverso da come farebbe se invece dovesse subirle (aumentando la probabilità
che il rischio si verifichi). Es. la crisi 2007-2009 e il comportamento delle banche
centrali che rimangono «nel vago» su come intervenire in caso di crisi (Mervyn
King), ma poi si rimangiano le dichiarazioni
• L’incoerenza temporale: la successione delle politiche ottimali ex-ante non è
ottimale ex-post.
• Regole versus interventi discrezionali
L’incoerenza temporale di Kyndland e Prescott (1977):
Y1 G ( X 1 , X 2 ) e Y2 H ( X 1 , X 2 )
Max U (Y1 , Y2 ; X 1 , X 2 )
Periodo 2 :
U Y2 U
1. ex post : max X 2 U ; dati X 1 , Y1 0
Y2 X 2 X 2
U Y2 U Y1 U U Y2
2. ex ante : max X 2 U ; dati X 1 , ma X 2 Y1 0
Y2 X 2 X 2 X 2 Y1 Y2 Y1
la 1 non è ottimale ex ante
Il governo sarà tentato di ottimizzare di nuovo nel periodo 2.
• Teoria dei contratti: per ridurre la perdita sociale il contratto tra P e A deve
essere tale da incentivare l’agente a rivelare l’informazione privata di cui
dispone (autoselezione).
I limiti della benevolenza
• Perché i dirigenti politici non sempre servono il bene comune
• Non credibilità e incoerenza temporale
• La cattura dei regolatori <= gruppi di interesse (Stigler)
• Il ciclo politico <= comportamento opportunistico per vincere le elezioni
• Il politico tra l’etica della responsabilità (servitore del bene pubblico) e l’etica della
convinzione (coerenza tra azione e promesse elettorali) (Max Weber)
• Divisioni tra regioni, etnie e gruppi sociali
• Ci sono numerosi modelli della decisione operata dai politici
• in alcuni modelli i politici non hanno preferenze (unico obiettivo: essere rieletti)
• in altri, cercano di servirsi del potere per garantirsi delle rendite
L’elettore mediano
Ipotesi:
• le preferenze degli elettori si possono allineare lungo un’unica dimensione (da sinistra verso destra);
• gli elettori hanno piena comprensione delle piattaforme dei politici e questi ultimi delle preferenze
degli elettori
I due partiti hanno interesse a far convergere i loro programmi verso il centro.
Secondo alcuni studi, la corruzione può agevolare la crescita economica (soprattutto nei
paesi in via di sviluppo), perché facilita il funzionamento della macchina amministrativa
pubblica.
Non tutti sono concordi.
Il federalismo
• Federazioni (es: Brasile, Australia, Germania, Stati Uniti): gran parte delle decisioni di
politica economica vengono assunte dai singoli stati federati (o confederati).
• Anche negli stati unitari: alcune decisioni di natura economica vengono assunte a
livello decentrato.
• In Italia: regioni, province e comuni.
• Il grado di decentramento può variare significativamente a seconda del paese, ma
rappresenta una tendenza generale.
• In Europa: federalismo intergovernativo: interi pacchetti della politica pubblica, dal
commercio, alla concorrenza, alla moneta (nell’area dell’euro) sono assegnati
all’Unione mentre altri settori, come il bilancio, sono di competenza dei singoli stati.
• Possono sorgere problemi di «competenza».
• La teoria economica del federalismo propone criteri di suddivisione delle competenze
di politica economica all’interno di una federazione.
Il federalismo fiscale
• Obiettivo: determinare a quale livello sia più opportuno assumere ogni decisione.
• Il principio fondamentale è quello dell’equivalenza fiscale [Olson, 1969]: la portata
amministrativa e finanziaria di una politica pubblica dovrebbe coincidere con
l’estensione della sua incidenza geografica.
• Una buona distribuzione delle diverse competenze dovrebbe eliminare le esternalità
(un’amministrazione locale approfitta delle politiche attuate da amministrazioni locali
limitrofe), senza dimenticare le «internalità» (ad esempio, una linea tranviaria che
fosse finanziata non dal comune, ma dallo stato), dato che anch’esse possono ridurre
i livelli di benessere => scelta fra centralizzazione e decentralizzazione.
• Teorema del decentramento di Oates [1972]:
• in assenza di esternalità e di economie di scala, la decentralizzazione è sempre
preferibile o almeno equivalente alla centralizzazione, perché la decisione locale
soddisfa meglio le preferenze dei contribuenti locali.
Il federalismo fiscale
• In generale, vi è un trade-off tra i benefici della decentralizzazione (adattata
all’eterogeneità spaziale delle preferenze) e quelli della centralizzazione (che
permette di sfruttare le economie di scala).
• La teoria delle unioni internazionali (Alesina, Angeloni ed Etro, 2005): regioni
diverse, caratterizzate da preferenze eterogenee, possono trarre profitto dall’azione
collettiva, se i benefici della centralizzazione sono abbastanza importanti.