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Testo Parafrasi
Al tornar de la mente, che si chiuse Quando mi tornarono i sensi, sopraffatti davanti all'angoscia dei
dinanzi a la pietà d’i due cognati, due cognati (Paolo e Francesca) che mi riempì di tristezza, mi
che di trestizia tutto mi confuse, 3 vedo intorno nuove pene e nuovi dannati, in qualunque modo
Io sono al terzo cerchio, de la piova Sono nel III Cerchio, dove cade una pioggia eterna, maledetta,
etterna, maladetta, fredda e greve; fredda e molesta; il suo ritmo e la sua qualità non mutano mai.
Grandine grossa, acqua tinta e neve Nell'aria oscura si riversano una grandine spessa, acqua sporca
per l’aere tenebroso si riversa; e neve; la terra che ne è bagnata manda un odore sgradevole.
Cerbero, fiera crudele e diversa, Cerbero, belva crudele e mostruosa, latra come un cane con tre
con tre gole caninamente latra teste sopra i dannati che sono sdraiati nel fango.
Li occhi ha vermigli, la barba unta e atra, Ha gli occhi rossi, il muso sporco e unto, il ventre gonfio e le
e ’l ventre largo, e unghiate le mani; zampe con artigli; graffia, scuoia e fa a pezzi i dannati.
Urlar li fa la pioggia come cani; La pioggia li fa urlare come cani; cercano di proteggersi l'un
de l’un de’ lati fanno a l’altro schermo; l'altro coi fianchi; i miseri peccatori si voltano spesso.
Quando ci scorse Cerbero, il gran vermo, Quando Cerbero, il mostro orribile, ci vide, spalancò le fauci e ci
le bocche aperse e mostrocci le sanne; mostrò le zanne; non aveva parte del corpo che non tremasse.
E ’l duca mio distese le sue spanne, E il mio maestro aprì le mani, prese un po' di terra e la gettò coi
prese la terra, e con piene le pugna pugni pieni nelle fauci fameliche del mostro.
Qual è quel cane ch’abbaiando agogna, Come quel cane che abbaia ed è affamato, e poi si placa
e si racqueta poi che ’l pasto morde, quando addenta il boccone, poiché non ha altro pensiero che
ché solo a divorarlo intende e pugna, 30 divorarlo, allo stesso modo si placarono le facce sozze del
la greve pioggia, e ponavam le piante Noi camminavano sulle anime che la pioggia pesante abbatte, e
sovra lor vanità che par persona. 36 poggiavamo i piedi sui loro corpi inconsistenti, dall'aspetto
umano.
ch’ella ci vide passarsi davante. 39 Esse erano tutte sdraiate per terra, tranne una che si mise a
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27/01/23, 07:34 Inferno Canto VI - La Divina Commedia
tu fosti, prima ch’io disfatto, fatto». 42 Mi disse: «O tu che sei guidato attraverso l'Inferno, riconoscimi,
sì che non par ch’i’ ti vedessi mai. 45 Gli risposi: «L'angoscia che dimostri ti rende irriconoscibile,
proprio come se non ti avessi mai visto.
che, s’altra è maggio, nulla è sì spiacente». 48 Ma dimmi chi sei tu, che sei posto in un luogo così doloroso e
subisci una pena tale che, forse, altre sono più gravi, ma
Ed elli a me: «La tua città, ch’è piena nessuna è altrettanto spiacevole».
seco mi tenne in la vita serena. 51 E lui rispose: «La tua città, che è tanto piena di invidia che
come tu vedi, a la pioggia mi fiacco. 54 Voi fiorentini mi chiamaste Ciacco: a causa della colpa della
per simil colpa». E più non fé parola. 57 E io non sono l'unico dannato qui, poiché queste altre anime
sono soggette alla stessa pena per lo stesso peccato». Poi non
Io li rispuosi: «Ciacco, il tuo affanno disse più nulla.
ma dimmi, se tu sai, a che verranno 60 Io risposi: «Ciacco, il tuo affanno mi angoscia al punto che mi
s’alcun v’è giusto; e dimmi la cagione giusto; e dimmi la causa della discordia che l'ha assalita».
caccerà l’altra con molta offensione. 66 E quello a me: «Dopo una lunga contesa verranno allo scontro
con la forza di tal che testé piaggia. 69 Poi è destino che i Bianchi cadano prima di tre anni, e che l'altra
come che di ciò pianga o che n’aonti. 72 I Neri resteranno a lungo al potere, opprimendo i Bianchi con
le tre faville c’hanno i cuori accesi». 75 I fiorentini giusti sono solo due (sono pochissimi) e nessuno li
e che di più parlar mi facci dono. 78 Qui smise di parlare con tono lamentoso. E io gli dissi: «Voglio
e li altri ch’a ben far puoser li ’ngegni, 81 Dimmi dove sono Farinata Degli Uberti, e il Tegghiaio, che
ché gran disio mi stringe di savere bene: fa' che io conosca il loro destino, poiché ho gran
avvelena».
Li diritti occhi torse allora in biechi; Ma quando sarai tornato nel dolce mondo terreno, ti prego di
guardommi un poco, e poi chinò la testa: ricordarmi ai vivi: non ti dico altro e non ti rispondo più».
E ’l duca disse a me: «Più non si desta Allora Ciacco strabuzzò gli occhi, mi guardò un poco e poi chinò
di qua dal suon de l’angelica tromba, la testa: ricadde insieme alle altre anime dannate.
ciascun rivederà la trista tomba, E il maestro mi disse: «Non si rialzerà più, fino al suono della
ripiglierà sua carne e sua figura, tromba angelica, quando verrà la potestà nemica (Cristo
Sì trapassammo per sozza mistura ciascuno di essi rivedrà la triste tomba, si rivestirà del proprio
per ch’io dissi: «Maestro, esti tormenti Così oltrepassammo la sozza mescolanza delle anime e della
crescerann’ei dopo la gran sentenza, pioggia, a passi lenti, parlando un poco della vita ultraterrena;
Ed elli a me: «Ritorna a tua scienza, allora dissi: «Maestro, queste pene aumenteranno dopo la
che vuol, quanto la cosa è più perfetta, sentenza finale, o diminuiranno, o resteranno immutate?»
Tutto che questa gente maladetta E lui a me: «Torna alla tua scienza (la Fisica aristotelica),
in vera perfezion già mai non vada, secondo la quale, quanto più una creatura è perfetta, tanto più
Noi aggirammo a tondo quella strada, Anche se questi dannati maledetti non saranno mai perfetti,
parlando più assai ch’i’ non ridico; tuttavia dopo il Giudizio raggiungeranno la completezza del loro
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