Sei sulla pagina 1di 3

27/01/23, 07:34 Inferno Canto VI - La Divina Commedia

Testo Parafrasi

Al tornar de la mente, che si chiuse  Quando mi tornarono i sensi, sopraffatti davanti all'angoscia dei

dinanzi a la pietà d’i due cognati,  due cognati (Paolo e Francesca) che mi riempì di tristezza, mi

che di trestizia tutto mi confuse,                                       3 vedo intorno nuove pene e nuovi dannati, in qualunque modo

mi muova, e mi guardi intorno.


novi tormenti e novi tormentati 


mi veggio intorno, come ch’io mi mova 


e ch’io mi volga, e come che io guati.                             6


Io sono al terzo cerchio, de la piova  Sono nel III Cerchio, dove cade una pioggia eterna, maledetta,

etterna, maladetta, fredda e greve;  fredda e molesta; il suo ritmo e la sua qualità non mutano mai.

regola e qualità mai non l’è nova.                                    9


Grandine grossa, acqua tinta e neve  Nell'aria oscura si riversano una grandine spessa, acqua sporca

per l’aere tenebroso si riversa;  e neve; la terra che ne è bagnata manda un odore sgradevole.

pute la terra che questo riceve.                                       12


Cerbero, fiera crudele e diversa,  Cerbero, belva crudele e mostruosa, latra come un cane con tre
con tre gole caninamente latra  teste sopra i dannati che sono sdraiati nel fango.

sovra la gente che quivi è sommersa.                          15


Li occhi ha vermigli, la barba unta e atra,  Ha gli occhi rossi, il muso sporco e unto, il ventre gonfio e le

e ’l ventre largo, e unghiate le mani;  zampe con artigli; graffia, scuoia e fa a pezzi i dannati.

graffia li spirti, ed iscoia ed isquatra.                             18


Urlar li fa la pioggia come cani;  La pioggia li fa urlare come cani; cercano di proteggersi l'un

de l’un de’ lati fanno a l’altro schermo;  l'altro coi fianchi; i miseri peccatori si voltano spesso.

volgonsi spesso i miseri profani.                                   21


Quando ci scorse Cerbero, il gran vermo,  Quando Cerbero, il mostro orribile, ci vide, spalancò le fauci e ci

le bocche aperse e mostrocci le sanne;  mostrò le zanne; non aveva parte del corpo che non tremasse.

non avea membro che tenesse fermo.                         24


E ’l duca mio distese le sue spanne,  E il mio maestro aprì le mani, prese un po' di terra e la gettò coi
prese la terra, e con piene le pugna  pugni pieni nelle fauci fameliche del mostro.

la gittò dentro a le bramose canne.                               27


Qual è quel cane ch’abbaiando agogna,  Come quel cane che abbaia ed è affamato, e poi si placa

e si racqueta poi che ’l pasto morde,  quando addenta il boccone, poiché non ha altro pensiero che

ché solo a divorarlo intende e pugna,                           30 divorarlo, allo stesso modo si placarono le facce sozze del

demonio Cerbero, che rintrona a tal punto le anime che


cotai si fecer quelle facce lorde  vorrebbero essere sorde.

de lo demonio Cerbero, che ’ntrona 


l’anime sì, ch’esser vorrebber sorde.                            33


Noi passavam su per l’ombre che adona 


la greve pioggia, e ponavam le piante  Noi camminavano sulle anime che la pioggia pesante abbatte, e

sovra lor vanità che par persona.                                   36 poggiavamo i piedi sui loro corpi inconsistenti, dall'aspetto

umano.

Elle giacean per terra tutte quante, 


fuor d’una ch’a seder si levò, ratto 

ch’ella ci vide passarsi davante.                                     39 Esse erano tutte sdraiate per terra, tranne una che si mise a

https://divinacommedia.weebly.com/inferno-canto-vi.html 1/3
27/01/23, 07:34 Inferno Canto VI - La Divina Commedia

sedere non appena ci vide passare davanti.


«O tu che se’ per questo ’nferno tratto», 

mi disse, «riconoscimi, se sai: 


tu fosti, prima ch’io disfatto, fatto».                                 42 Mi disse: «O tu che sei guidato attraverso l'Inferno, riconoscimi,

se ne sei in grado: tu nascesti prima che io morissi».


E io a lui: «L’angoscia che tu hai 


forse ti tira fuor de la mia mente, 


sì che non par ch’i’ ti vedessi mai.                                 45 Gli risposi: «L'angoscia che dimostri ti rende irriconoscibile,
proprio come se non ti avessi mai visto.

Ma dimmi chi tu se’ che ’n sì dolente 


loco se’ messo e hai sì fatta pena, 


che, s’altra è maggio, nulla è sì spiacente».               48 Ma dimmi chi sei tu, che sei posto in un luogo così doloroso e

subisci una pena tale che, forse, altre sono più gravi, ma
Ed elli a me: «La tua città, ch’è piena  nessuna è altrettanto spiacevole».

d’invidia sì che già trabocca il sacco, 


seco mi tenne in la vita serena.                                      51 E lui rispose: «La tua città, che è tanto piena di invidia che

ormai ha raggiunto il limite, mi ospitò nella vita terrena.


Voi cittadini mi chiamaste Ciacco: 


per la dannosa colpa de la gola, 


come tu vedi, a la pioggia mi fiacco.                              54 Voi fiorentini mi chiamaste Ciacco: a causa della colpa della

gola, come vedi, sono fiaccato dalla pioggia.


E io anima trista non son sola, 


ché tutte queste a simil pena stanno 


per simil colpa». E più non fé parola.                            57 E io non sono l'unico dannato qui, poiché queste altre anime

sono soggette alla stessa pena per lo stesso peccato». Poi non
Io li rispuosi: «Ciacco, il tuo affanno  disse più nulla.

mi pesa sì, ch’a lagrimar mi ’nvita; 


ma dimmi, se tu sai, a che verranno                             60 Io risposi: «Ciacco, il tuo affanno mi angoscia al punto che mi

viene da piangere; ma dimmi, se lo sai, quale sarà il destino


li cittadin de la città partita;  degli abitanti della città divisa (Firenze); se qualcuno di loro è

s’alcun v’è giusto; e dimmi la cagione  giusto; e dimmi la causa della discordia che l'ha assalita».

per che l’ha tanta discordia assalita».                          63


E quelli a me: «Dopo lunga tencione 


verranno al sangue, e la parte selvaggia 


caccerà l’altra con molta offensione.                             66 E quello a me: «Dopo una lunga contesa verranno allo scontro

violento, e la parte del contado (i Bianchi) caccerà l'altra (i Neri)


Poi appresso convien che questa caggia  con gravi danni.

infra tre soli, e che l’altra sormonti 


con la forza di tal che testé piaggia.                               69 Poi è destino che i Bianchi cadano prima di tre anni, e che l'altra

parte prenda il sopravvento con l'aiuto di un uomo (Bonifacio


Alte terrà lungo tempo le fronti,  VIII) che, ora, si tiene in bilico fra le due fazioni.

tenendo l’altra sotto gravi pesi, 


come che di ciò pianga o che n’aonti.                           72 I Neri resteranno a lungo al potere, opprimendo i Bianchi con

pesanti condanne, nonostante le loro lamentele.


Giusti son due, e non vi sono intesi; 


superbia, invidia e avarizia sono 


le tre faville c’hanno i cuori accesi».                              75 I fiorentini giusti sono solo due (sono pochissimi) e nessuno li

ascolta; superbia, invidia e avarizia sono le tre scintille che


Qui puose fine al lagrimabil suono.  hanno acceso i cuori».

E io a lui: «Ancor vo’ che mi ’nsegni, 


e che di più parlar mi facci dono.                                    78 Qui smise di parlare con tono lamentoso. E io gli dissi: «Voglio

che tu mi spieghi altre cose e che parli ancora con me.


https://divinacommedia.weebly.com/inferno-canto-vi.html 2/3
27/01/23, 07:34 Inferno Canto VI - La Divina Commedia

Farinata e ’l Tegghiaio, che fuor sì degni, 


Iacopo Rusticucci, Arrigo e ’l Mosca 

e li altri ch’a ben far puoser li ’ngegni,                           81 Dimmi dove sono Farinata Degli Uberti, e il Tegghiaio, che

furono così degni cittadini, Iacopo Rusticucci, Arrigo, Mosca dei


dimmi ove sono e fa ch’io li conosca;  Lamberti e tutti gli altri che si adoperarono con l'ingegno per far

ché gran disio mi stringe di savere  bene: fa' che io conosca il loro destino, poiché ho gran

se ’l ciel li addolcia, o lo ’nferno li attosca».                 84 desiderio di sapere se il Cielo li addolcisce o l'Inferno li


avvelena».

E quelli: «Ei son tra l’anime più nere: 


diverse colpe giù li grava al fondo: 


se tanto scendi, là i potrai vedere.                                  87


E lui: «Essi sono tra le anime più malvagie: varie colpe li


Ma quando tu sarai nel dolce mondo,  collocano nel fondo dell'Inferno e se scenderai fin laggiù, li

priegoti ch’a la mente altrui mi rechi:  potrai vedere.



più non ti dico e più non ti rispondo».                            90


Li diritti occhi torse allora in biechi;  Ma quando sarai tornato nel dolce mondo terreno, ti prego di

guardommi un poco, e poi chinò la testa:  ricordarmi ai vivi: non ti dico altro e non ti rispondo più».

cadde con essa a par de li altri ciechi.                          93


E ’l duca disse a me: «Più non si desta  Allora Ciacco strabuzzò gli occhi, mi guardò un poco e poi chinò

di qua dal suon de l’angelica tromba,  la testa: ricadde insieme alle altre anime dannate.

quando verrà la nimica podesta:                                    96


ciascun rivederà la trista tomba,  E il maestro mi disse: «Non si rialzerà più, fino al suono della

ripiglierà sua carne e sua figura,  tromba angelica, quando verrà la potestà nemica (Cristo

udirà quel ch’in etterno rimbomba».                              99 giudicante):



Sì trapassammo per sozza mistura  ciascuno di essi rivedrà la triste tomba, si rivestirà del proprio

de l’ombre e de la pioggia, a passi lenti,  corpo mortale, ascolterà la sentenza finale».



toccando un poco la vita futura;                                     102

per ch’io dissi: «Maestro, esti tormenti  Così oltrepassammo la sozza mescolanza delle anime e della
crescerann’ei dopo la gran sentenza,  pioggia, a passi lenti, parlando un poco della vita ultraterrena;

o fier minori, o saran sì cocenti?».                                105


Ed elli a me: «Ritorna a tua scienza,  allora dissi: «Maestro, queste pene aumenteranno dopo la

che vuol, quanto la cosa è più perfetta,  sentenza finale, o diminuiranno, o resteranno immutate?»

più senta il bene, e così la doglienza.                          108


Tutto che questa gente maladetta  E lui a me: «Torna alla tua scienza (la Fisica aristotelica),

in vera perfezion già mai non vada,  secondo la quale, quanto più una creatura è perfetta, tanto più

di là più che di qua essere aspetta».                           111 sentirà il piacere e il dolore.



Noi aggirammo a tondo quella strada,  Anche se questi dannati maledetti non saranno mai perfetti,

parlando più assai ch’i’ non ridico;  tuttavia dopo il Giudizio raggiungeranno la completezza del loro

venimmo al punto dove si digrada:  essere».



quivi trovammo Pluto, il gran nemico.                          115


Noi percorremmo il Cerchio in tondo, dicendo molte altre cose


che non riferisco; venimmo al punto in cui si scende nel IV
Cerchio e qui trovammo Pluto, il gran nemico.

https://divinacommedia.weebly.com/inferno-canto-vi.html 3/3

Potrebbero piacerti anche