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Le età del bronzo e del ferro in Sardegna

In Sardegna, l’età del bronzo (1800-900 a.C.) e l’età del ferro (900-500 circa a.C.), precedente all’invasione
cartaginese, sono caratterizzate dalla civiltà nuragica, che prende il nome dalla testimonianza più significativa e
appariscente di questo lungo periodo della storia della nostra isola: il nuraghe.
In Sardegna si contano più di 7000 nuraghi, semplici o complessi.
La posizione dei nuraghi più complessi fa pensare all'esistenza di una popolazione divisa in tribù, le cui comunità
vivevano nei villaggi che sorgevano attorno alle torri nuragiche, per esigenze di difesa da nemici esterni e interni.
I bronzetti, che abili artigiani fondevano, ci documentano l'esistenza di una società guidata da un capo e composta da
sacerdoti, guerrieri, artigiani, marinai, contadini e pastori.
Le principali attività economiche erano l'agricoltura e la pastorizia, ma anche l'allevamento, l'estrazione dei minerali
(piombo, rame) e la metallurgia del bronzo e poi del ferro.
Sulla base dell’evoluzione delle costruzioni dei nuraghi e del loro utilizzo, la civiltà nuragica viene divisa in cinque fasi:
Fase I (età del bronzo antico) (1800-1500 a.C.), legata al tramonto della cultura precedente, quella dell’Età del rame
(con l’abbandono dell’area sacra di Monte d’Accoddi) .
Nella fase I in Sardegna arrivarono nuovi influssi che portarono nuove tecnologie e nuovi modelli di vita. Con
l’introduzione del bronzo, la lega di rame e stagno, si otteneva infatti un metallo più duro e resistente, adatto a
fabbricare attrezzi agricoli e armi molto migliori, da utilizzare sia per la caccia che per la guerra. Le ceramiche di
questa fase sono prive di decorazione (questa fase è chiamata cultura di Bonnanaro, dal paese dove è avvenuto il
primo ritrovamento di queste ceramiche).
In questo periodo gli abitanti della Sardegna iniziarono a costruire degli edifici megalitici, composti da grandi blocchi
di pietra a secco (cioè assemblati senza l’uso di un impasto cementante), chiamati protonuraghi, pseudo nuraghi o
nuraghi a corridoio: hanno una planimetria generalmente irregolare, al loro interno hanno uno o più corridoi, e
qualche celletta coperta con una falsa-volta o tholos (file concentriche di blocchi di pietre sempre più aggettanti verso
il centro fino a chiudere il vano) .

Protonuraghe Albucciu di Arzachena Protonuraghe Brunku Madugui di Gesturi

Fase II (età del bronzo medio), caratterizzata dallo sviluppo dei nuraghi monotorri, delle tombe dei giganti e dei
bètili (1500-1300/1200 a. C.). Il nuraghe monotorre ha un'entrata, sorretta da un architrave, che porta a un corridoio,
nel quale si trovano della nicchie, da cui si accede a un vano, di forma circolare, a copertura a tholos. Da una delle
nicchie del corridoio, in genere a sinistra, parte una scala elicoidale con cui si raggiunge il piano sopraelevato.

Nuraghe Oppianu di Seneghe


Fase III (età del bronzo recente), caratterizzata dalla costruzione dei nuraghi polilobati, delle tombe dei giganti,
dei betili e dei templi a pozzo (1300/1200-900 a. C.). E’ nella prima fase di questo periodo che arrivarono in
Sardegna gli Achei, interessati alle risorse minerarie della Sardegna.
Con il tempo molti nuraghi vennero ampliati, diventando polilobati, perché alla torre centrale (il mastio) si aggiunsero
altre torri (lobi), da due, del nuraghe a tancato, fino a cinque, del nuraghe pentalobato.
Ogni torre, e in modo particolare il mastio, era costituita da più piani, ognuno con copertura a tholos; i piani potevano
essere a loro volta divisi in due camere da un pavimento in legno (non più visibile). Ogni piano è raggiungibile con una
scala ricavata nello spessore murario. Le torri sono congiunte tra loro da un corridoio e sopra le torri e i corridoi vi è un
camminamento terrazzato. Tra le torri si apre un cortile in cui si trova un pozzo per l’approvvigionamento idrico del
nuraghe. Per difendere meglio le fortezze nuragiche, spesso intorno all’edificio si costruiva un antemurale dotato di
torri di difesa. Intorno a molti nuraghi sorsero dei villaggi di capanne a pianta circolare, costruite con pietre
sovrapposte e con il tetto di legno, canne e paglia.

ricostruzione del nuraghe pentalobato Arrubiu di Orroli modellino di nuraghe del X sec. a. C.

antemurale cortile Tholos del nuraghe Goni

Sezione della tomba a tholos di Atreo Micene (XIII sec. a.C.) Modello di capanna nuragica ricostruita sulla Giara di Gesturi
Scheda a pag. 126 del libro di storia

.
Nuraghe Sant’Antine di Torralba
L’età del ferro: Fase IV (900-500 a. C) In questa fase si sviluppano i villaggi come
Tiscali a Oliena, i santuari come Santa Cristina di Paulilatino e Santa Vittoria a
Serri, con pozzi sacri e edifici per i sacerdoti e i fedeli. Probabilmente sono
riconducibili a questa fase le statue in pietra di Monti Prama e i bronzetti (secondo
alcune ipotesi la produzione è iniziata nella fase precedente), comprese le navicelle.
Nelle coste della Sardegna sono presenti i Fenici. La ceramica di questa fase ha decorazioni di
tipo geometrico (nel disegno a sinistra, una ceramica trovata nel tempio a pozzo di Santa Anastasia di Sardara; a destra,
una pintadera, timbro usato probabilmente per decorare i pani delle cerimonie sacre).
In questa fase alcuni nuraghi subirono rimaneggiamenti e nei loro villaggi,come in quello intorno a su Nuraxi di
Barumini, si costruirono abitazioni pluricellulari (chiamate anche a corte), composte da più vani che si affacciano su
un cortile comune.

Testa di arciere di Monti Prama Bronzetti


Fase V (500-238 a. C.), la fase di sopravvivenza: i Sardi nuragici convivono con i conquistatori cartaginesi fino alla
conquista romana dell'isola. Di questo periodo parleremo quando studieremo i Cartaginesi e i Romani.

Le sepolture
Gli abitanti della Sardegna della civiltà nuragica seppellivano i defunti in tombe collettive chiamate tombe dei giganti.
Sono costruzione megalitiche costituite da una camera a pianta rettangolare che termina con un’abside, preceduta
da un’esedra a pianta semicircolare. La volta può essere costituita da pietre piatte poggiate sulle lastre di pietra
conficcate nel terreno o da pietre aggettanti. L’ingresso alla tomba può essere costituito da una stele centinata.
Intorno all’ingresso è presente un sedile basso su cui forse si svolgevano i riti in onore dei defunti. Spesso è presente
anche un betilo: un blocco di pietra iconico o aniconico con funzione sacra, conficcato nel terreno, che rappresenta la
divinità maschile o femminile. Come i dolmen della fase precedente, erano coperte da un tumulo e probabilmente i
corpi venivano deposti una volta scarnificati.
Tomba dei giganti Sa Ena ‘e Thomes Dorgali; La stele centinata è arcuata e ha una cornice che delimita il perimetro e crea due settori.

tomba dei giganti Is Concias Quartucciu betile aniconico Betili mammellati presso la tomba di Tamuli, Macomer

La vista dall’alto di una tomba dei giganti ricorda una protome taurina: tomba dei giganti di Osono, Triei

L’architettura religiosa

Fonti sacre e Templi a pozzo


Si tratta di templi ipogeici megalitici dedicati al culto dell’acqua. In una terra come la Sardegna, priva di grandi
risorse idriche, l’acqua era venerata e legata al culto della Dea Madre mediterranea e del suo paredro, il dio Toro,di
cui abbiamo già parlato in relazione al neolitico in Sardegna e alla civiltà cretese.
Il templi a pozzo presentano un vestibolo di solito fornito di un sedile in pietra, come le tombe dei giganti, una scala,
che conduce al pozzo vero e proprio, la camera del tempio, la cui copertura è a tholos. Il tempio è circondato da un
recinto sacro (chiamato in greco temenos).

temenos

Fonte sacra Su Tempiesu di Orune Tempio a pozzo di Santa Cristina di Paulilatino vestibolo

Tempio a pozzo di Santa Cristina di Paulilatino

Templi a megaron
Si tratta di templi a pianta rettangolare, in antis (le pareti si protendono oltre la cella (anta) per formare un portico
anteriore o anche posteriore, in quel caso il tempio è doppiamente in antis). Megaron è un termine mutuato dal mondo
acheo, perché, come abbiamo già studiato, si chiama così il palazzo del re nelle città fortificate achee.

Camera del tempio con volta a tholos

anta

Tempio a megaron di Serra Orrios a Dorgali Megaron miceneo pianta della città achea di Tirinto

I santuari
Molto probabilmente la popolazione nuragica era divisa in tribù e non vi era in Sardegna uno stato unitario. Tra queste
tribù nascevano conflitti (come testimonia la presenza notevole di armi, per esempio lance e spade, anche votive,
offerte alla divinità,e di bronzetti raffiguranti dei guerrieri), ma anche alleanze e patti di non belligeranza.
Probabilmente gli accordi tra i capi e i contatti pacifici tra gli abitanti delle tribù avvenivano in luoghi neutrali, dedicati al
culto, posti in posizione strategica. Questi santuari presentano uno o più templi, a pozzo o a megaron, edifici dedicati
alle riunioni tra i capi e spazi delimitati da recinti in cui si svolgevano i balli e gli scambi commerciali; inoltre sono
presenti delle strutture utilizzate dai fedeli per il soggiorno nel luogo di culto durante tutto il periodo della festa.
Un importante santuario era Santa Vittoria di Serri, posto in posizione strategica al margine di una Giara (altopiano)
da cui si può controllare tutta la vallata.

Con il declino della civiltà nuragica, dovuta alla conquista cartaginese e poi romana, i luoghi di culto non vennero
abbandonati. Molti anche in epoca cristiana continuarono a rivestire una funzione sacra, ne è una prova la
toponomastica religiosa e la frequente presenza di una chiesetta in prossimità di un tempio nuragico, spesso
circondata da casette (cumbessias), dove la popolazione locale si trasferisce nei giorni dedicati alla festività religiosa.

Gli Achei e i Nuragici


Oltre a ricordare la volta a tholos e i templi a megaron, facciamo un confronto iconografico tra questi due popoli del
Mediterraneo che ebbero contatti tra loro, visti i ritrovamenti in Sardegna di ceramiche micenee e di lingotti di rame a
pelle di bue (oxhide ingots) con impresse lettere cipriote.

Lingotto di rame trovato in Sardegna Passaggio all’interno delle mura di Tirinto Mura del nuraghe Sant’Antine –Torralba
Navicella nuragica in bronzo
Bronzetti di guerrieri nuragici
Gli Shardana: Le fonti egizie parlano a lungo dei popoli del
mare, coalizione di popoli di navigatori-guerrieri che intorno
al 1200 a.C. si scontrarono più volte con l'Egitto e
determinarono l’indebolimento degli Achei e degli Hittiti.
Secondo alcuni studiosi, gli Shardana, una delle popolazioni
più importanti di questa coalizione, sono identificabili con
guerrieri nuragici. Nel resoconto della battaglia di Qadesh (1274 a.C.), a cui gli Shardana
parteciparono, si dice che usavano spade lunghe, pugnali, lance, uno scudo tondo.
Portavano un gonnellino corto, una corazza e un elmo provvisto di corna, e le loro
imbarcazioni erano caratterizzate da protomi animali, con l'albero simile a quello raffigurato in alcune navicelle
nuragiche in bronzo rinvenute nei nuraghi. Sempre nelle fonti egizie si legge che: «gli Shardana sono venuti con le
loro navi da guerra dal mezzo del Gran Mare, nessuno può resistergli»; «..gli Shardana del mare, dal cuore ribelle,
senza padroni, che nessuno aveva potuto contrastare».

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