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Il Mediterraneo “crocevia” e “crogiuolo” millenario di civiltà:

la testimonianza della Sardegna.


Silvana Casartelli Novelli

I. La prima stagione monumentale della Sardegna consta delle interna, Enrico Atzeni scopriva nel 1975 un allineamento formato
grandi “pietre stanti”, cosidette Perdas Longas/Perdas fittas, nel tipo di circa sessanta menhir8 (fig. 5), il cui riferimento va, evidentemente,
aniconico e nello statuto semico dei menhir del megalitismo atlantico; al massimo allineamento megalitico di Carnac in Bretagna.
come nel Neolitico, l’ultima stagione della Preistoria, ha eretto le sue ‘Cultura’ del culto della pietra e/o delle pietre di culto che nel corso
massime testimonianze nelle antiche terre dei Celti del Nord, specie del III e del II millennio a. C. evolvette in Sardegna nell’erezione
in Irlanda e in Bretagna, dove la spiegazione che gli studi danno del- delle cosidette “tombe dei giganti” e contestualmente nelle
l’allineamento (originario ) dei circa 10 .000 menhir su sei necropoli scavate direttamente nella roccia viva, cosidette domus de
kilometri di Carnac (fig.1) come del menhir di Locmariaquer alto (in janas9; sulla cui fronte (fig.6) e al cui interno (fig.7) sono gli stessi
origine) circa 20 metri (fig. 2) è dell’innalzamento della pietra per segni astratti del grafismo aurorale, cosidetti “ritmogrammi”/”mi-
“chiamare in esistenza la divinità”1. togrammi” -i «mattoni» in cui ha preso forma la creazione pri-
Perdas Longas/Perdas fittas che alla metà dell’800 il conte Alberto mordiale dell’immagine del mondo10-; protagonisti principi già della
Della Marmora ha documentato e illustrato nel suo Itinerario dell’Isola fitta decorazione della grande pietra che marca l’ingresso al
di Sardegna (fig.3), testimoniando la prima fase ‘culturale’ della celeberrimo santuario preistorico costituito dalla “tomba a corri-
Sardegna nel culto della pietra e/o nelle pietre di culto2. doio” di New Grange in Irlanda (fig. 8), come dei ventinove orto-
Dalla «universalité des mèghalithes» illuminata dall’imponente stati allineati all’interno dell’altrettanto celeberrimo santuario prei-
recupero scientifico che le nuove scienze umane hanno dedicato alla storico costituto dalla “tomba a corridoio” di Gavrinis in Bretagna
“macrostoria del segnico”, conosciamo che la carica simbolico- (fig. 9).
semantica che presiede al culto della pietra e/o alle pietre di culto fonda E altresì protagonisti principi nel megalitismo di area e di de-
nell’elezione della montagna quale grembo fecondo della Grande clinazione mediterranea: come possiamo riscontrare nei grandi
Dea Madre Terra, affermatasi nella grandiosa concezione della templi megalitici di Malta, sempre e ancora dedicati al culto della
rigenerazione “antropocosmica” dell’Homo simbolicus/Homo religious, Dea Madre, di cui ricordiamo esemplarmente il complesso tem-
che proietta il destino ultimo dell’uomo nello stesso tempo-non- plare di Tarxien, portato in primo piano dagli studi dell’archeologo
concluso della Natura e degli Dei3. John D. Evans, Membro dell’Istituto Britannico di Archeologia di
Quale nell’Eurasia neolitica emerge nel “Linguaggio della Dea”, a Ankara e capo della missione condotta dal 1952 sui momumenti
partire dal X-VII millennio avanti la nostra era4, allorquando in una preistorici dell’isola11.
delle circa quaranta case-santuario di Çatal Hüjük, a tutt’oggi la Tutti “monumenti” per i quali, dopo l’appartenenza primaria alla
prima “città” che ha fatto la sua comparsa nella storia dell’uomo - cultura del megalitismo atlantico, all’uscita dalla Preistoria la
scoperta nei primi anni ‘60 nell’Anatolia centrale da James Mellaart - Sardegna mostra di volgere alla comunione con le sue declinazioni
, all’orizzonte dell’insediamento umano è l’immagine primeva della mediterranee12, in particolare con l’isola di Malta e il suo arci-pelago,
montagna, formata di due cime, di cui una rappresentata in che nell’età protostorica hanno avuto egualmente in sorte di essere
funzione di possente vulcano; e, sempre nelle stesse case-santuario, direttamente attinte dal culto della pietra e delle pietre di culto dei popoli
è l’iterata figurazione delle stalactitic caves-like niches, che affacciano “navigatori” venuti ad affacciarsi sulle rive del Mediterraneo.
direttamente dal corpo della montagna, dove l’immagine Alla fine del II millennio a. C. la Sardegna risulta infatti attinta
cosmogonica della Dea Madre si manifesta in figura di idolo dalla colonizzazione fenicia13 e successivamente dal dominio di
partogenetico=autorigenerantesi, isomorfa alla struttura duplice (a Cartagine, dal 509 a. C. fino alla definitiva vittoria di Roma nel 238
specchio) della “Venere” di Lespugue, e corredata delle figure fito- a. C.; quando nel corso della prima guerra punica i Cartaginesi
zoomorfiche “simulacri” della sua divinità5. furono costretti a cedere la Sardegna, che divenne una provincia di
Nel mentre che gli ultimi studi hanno fissato negli “idoli” della Roma14.
Dea Madre – impropriamente “Veneri”– l’affacciarsi della creatività
“simbolizzatrice” in cui l’Homo simbolicus/Homo religiosus avrebbe
dato figura antropomorfa alla prima nozione di divinità già dal
Gravettiano (-27.000/-20.000); comunicando quindi il suo
immaginario archetipo del sacro, lungo oltre venti millenni, ai
popoli e alle civiltà che, affacciandosi via via alle sponde orientali III.1. Nell’età fenicio-punica il culto della pietra e le pietre di culto della
del Mediterraneo, hanno dato vita al suo straordinario “crocevia” e Sardegna cambiano quindi centro gravitazionale e orizzonte
“crogiuolo” culturale, Sardegna compresa6 (fig. 4 ). culturale, dai menhir del megalitismo atlantico ai massebot di tipologia
mediterranea, quali per eccellenza conosciamo nel celebre “Tempio
II. Oltre 260 risultavano alla fine degli anni ‘80 le pietre fitte degli obelischi” di Biblo, in Libano, eretto nel XIX-XVIII sec. a. C.
preistoriche della Sardegna, nella forma più antica monoliti (fig.10), come nei mirabili obelischi egiziani e nel pilastro djed,
aniconici, i maggiori alti fino a sei metri, le cui principali aree di l’antichissimo “feticcio” dell’immaginario egizio che traduce nella
densità si attestano nell’area montuosa centro-orientale dell’isola, pietra l’imago primordiale e universale dell’albero del mondo.
delle famose Barbariae o Barbagie. Il cui innalzamento era parte essenziale delle celebrazioni del
Dove nella stazione megalitica di Goni -che non figurava ancora culto di Osiride, che nel “monothéisme à facettes” degli Egizi ha la
nella carta archeologica pubblicata da Giovanni Lilliu nel 1967 7- prero gativa asso luta di un dio che era m o rto ed è risorto e che pertan -
oggi la maggiore della Sardegna, eretta lungo il fiume Flumendosa to, come ha scritto Sergio Donadoni, per tutti i m illenni in cui si
sull’ultimo affaccio meridionale della zona montuosa svolse e si co ncluse la civiltà egizia presiedette al grande Deserto che si

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1. Complesso della stazione megalitica di
Carnac in Bretagna.

2. Il menhir di Locmariaquer
in Bretagna.

3. I menhir o Perdas logas/Perdas fittas


della Sardegna illustrati da Alberto Della
Marmora

4. Cagliari, Museo Nazionale, l’”idolo”


di Senorbì (Sardegna), in alabastro,
alt. cm. 42. Cultura di Ozieri, seconda metà
del IV millennio a. C. (da V. Kruta).

5. La stazione megalitica di Goni


in Sardegna, costituita di un allineamento di
circa sessanta menhir (da E. Atzeni).

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6. Montessu a Villapertuccio 7. Pimentel (Cagliari),
(Cagliari), particolare particolare della decorazione
della decorazione della fronte interna della
della Tomba II della necropoli tomba de janas (da G. Lilliu).
a domus de janas (da
G. Lilliu).

8. New Grange (Irlanda), la


grande pietra decorata che marca
l’ingresso della celeberrima
tomba a corridoio.

9. Gavrinis (Bretagna),
particolare della decorazione dei
ventinove ortostati allineati
all’interno del celeberrimo
santuario preistorico costituito
dalla “tomba a corridoio”.

10. Biblo, il “Tempio degli


obelischi” eretto nel XIX-
XVIII sec. a. C. Veduta
generale delle rovine.

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11. a-b) Londra, British Museum b) Particolare delle dee Isis e volta al di sopra del geroglifico
10470: Papyrus d’Ani, prodotto verso Nephthis e dei babbuini onoranti «montagna». In alto, la linea nera
il 1300 a.C., per una lunghezza di il sole diurno (il dio Râ), portato curva è il geroglifico p.t=cielo
circa 24 metri, sotto il regno di Ramsete dal simbolo dell’ankh=vita, che si (da E. Dondelinger)
II. a) La “tavola 2”; innalza dal pilastro djed, posto a sua

estende sulla riva destra del Nilo, la grande area sacra sorta a occidente si servono di certe immagini per significare delle astrazioni, questo, per la verità, non
dell’antica “città regale e imperiale” di Tebe15. è del tutto giusto in rapporto al reale pensiero faraonico: si tratta di evocazioni di
Pilastro djed, che nello straordinario Papyrus d’Ani16 ritorna in intuizioni che, per noi, sono astrazioni mentali. Ma per gli Antichi sono «tati di
molte delle mirabili “vignette” che ne illustrano i diversi capitoli; essere» […]. Questa formula va intesa in senso vitale e, inoltre, si riferisce a tutti i
come nella “vignetta” rappresentante le dee Isis e Nephthis e i simboli dei geroglifici (presi nel loro senso ieratico)18.
babbuini onoranti il sole diurno (il dio Râ), portato dal simbolo Donde, oltre alla isomorfia formale e semantica che lega la
dell’ankh=vita, che si innalza dal pilastro djed, posto a sua volta al di montagna dell’immaginario faraonico all’immaginario primigenio
sopra del geroglifico «montagna» (appena distinguibile). In alto, la della Dea Madre, apprendiamo lo stretto rapporto che nella
linea nera curva è il geroglifico p.t=cielo (Fig.11a-b). “macrostoria del segnico” lega semanticamante il geroglifico
Geroglifico «montagna» che ricorre anch’esso frequentemente «montagna» e l’immagine del pilastro djed; come confermato
nel Papyrus d’Ani, come vediamo nella complessa “vignetta” della ulteriormente dalla sua presenza nelle stele egizie a falsa-porta, quale
dea del cielo Nut curvata sulla terra (la cui base è striata d’acqua, quella della tomba rupestre dei cantori di corte di Saqqara della V
come la veste della dea), e dal suo grembo rinasce il sole diurno Râ a dinastia (2450 circa a. C.).
illuminare “il Tempio del Nuovo Anno” di Dendera, figurato Le quali stele pertanto fissano e documentano nel simbolismo
appunto nel geroglifico «montagna» -che qui distinguiamo primevo della pietra-porta la «funzione» - non già di “sigillo della
chiaramente nella sua forma “a sella” con due vette, come la tomba”! - bensì dello «stato di essere» del defunto nella vita alta oltre la
primordiale montagna/”vulcano” di Catal Hujuk!-, dalle cui due morte, quale nell’area mediterranea protostorica conosciamo
cime si innalzano due alberi sacri (sicomori) e dal centro la stele con peculiare del credo e dell’immaginario escatologico degli antichi
l’immagine della dea Hathor,…la dea Quadrifonte, rappresentazione Egizi; così come …l’aver osato fondare un impero sull’espressione pu-
eloquente del concetto di divinità universale…17 cui il tempio era dedicato. ramente simbolica della sua scrittura testimonia una saggezza insuperabile della
Quindi un sostanziale isomorfismo dell’immagine della mon- civiltà faraonica19, affatto peculiare della civiltà degli Egizi e del suo
tagna e del geroglifico «montagna» nel cui merito, in ragione del fondamentale retaggio nell’intero “crocevia” e “crogiuolo” culturale
nostro specifico oggetto d’analisi, giova leggere quanto di illumi- delle civiltà mediterranee.
nante René Adolphe Schwaller de Lubicz ebbe a scrivere sullo sta- E, sempre in merito agli Egizi, tipologia “mediterranea” del culto
tuto dell’immagine nel “reale pensiero faraonico”, citando in della pietra e/o delle pietre di culto che vediamo ancora, brevemente,
particolare: …L’immagine non è né un rebus né un crittogramma, parla documentato nelle stele che marcano lo spazio sacro del Tempio
ingenuamente come evocazione di una intuizione […] Quando il faraonico faraonico di Serabis el-Kadem (fig. 12), edificato tra il XX-XVIII
rappresenta l’orizzonte con l’immagine del sole tra le due montagne sec. a.C. durante la XII dinastia (1976-1793 a. C.) sulle montagne
[propriamente le “due cime” della montagna sacra, n.d.r.], evoca il del Sinai20, nel luogo delle miniere di turchese, dove già il re Snefru
momento dell’apparizione del sole che esce dall’oscurità al mattino e vi ritorna la “conquistatore delle terre straniere” della IV dinastia (2620 a. C.) era
sera. Questa è una funzione, uno stato di essere vitale […] ciò che evoca è una venerato come divinità del Sinai.
«intuizione», quella della funzione di apparire: di essere uscito dal non essere.
Perché sarebbe ancora un ragionamento dire: il sole era soltanto nascosto […]. III.2. Lo stesso Sinai e le stesse montagne, ricordiamo, dove per
Quindi quando Champollion e, dopo di lui i filologi, dicono che gli Antichi quarant’anni si svolse il drammatico “esodo” di due milioni e mez-

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12. Sinai, Tempio di Serabis 13. Museo del Louvre. La stele 14. Cagliari, Museo Archeologico.
el-Kadem, edificato nel luogo delle del tofhet di Cartagine, figurante La stele sarda dal tofhet di Nora,
miniere di turchese tra il XX-XVIII la doppia triade betilica sormontata con triade betilica sormontata dal
secolo a.C. durante la XII dinastia, Tanit e dal dal simbolo della dea globo solare e dal crescente lunare,
veduta generale delle rovine globo solare e dal crescente lunare, IV secolo a. C.
VII/ VI secolo a.C.

zo di Ebrei, quando Mosé e il suo popolo errarono alla deriva nella


speranza della terra promessa, che Jahvé indicò finalmente a un
Mosé ormai stremato dai 40 giorni di attesa sulla vetta del Gebel
Musa.
Se nell’immaginario dell’Antico Egitto é dalla montagna sacra
che il dio Râ esce ogni giorno dal non essere e viene in esistenza, come
è sempre dalla montagna sacra che si innalzano l’albero sacro, il
pilastro djed, la stele con l’immagine della dea Hathor, etc., anche nel
nuovo statuto del sacro del popolo ebraico, la prima grande re-
ligione monoteista “rivelata” fiorita nell’area mediterranea, la mon-
tagna si conferma per eccellenza luogo di “teofania” e di “rive-
lazione”.
In numerosi passi conosciamo che l’Antico Testamento si op-
pone al culto delle pietre, ma con una distinzione: se infatti in Esodo
20,32 è la proibizione assoluta per il popolo di Jahvé di prestare
15. Suelli (Cagliari), Casa Ruda, 17. Ksar el Kaoua (Algeria), l’arco culto “al legno e alla pietra” al pari dei popoli pagani, e in Levitico
l’arco in conci di pietra a “decoro in conci di pietra a “decoro 26,1 si legge “non permette che nel vostro paese vi sia pietra or-nata
geometrico” nella muratura esterna. geometrico” della porta interna di figure”, in Genesi 28,11-19 è scritto come il patriarca Giacobbe
(da S. Gsell) esiliato dalla sua terra e dai suoi, sul cammino di Haran, in
16. Gerusalemme. L’arco in conci Mesopotamia, dormendo la notte con il capo sopra una nuda pietra
di pietra a “decoro geometrico” vide in sogno la scala celeste ed ebbe la “rivelazione” che quella
nell’antico tessuto murario medievale nuda pietra è Bet-El=la casa di Dio, per cui al risveglio la innalzò e la
unse proclamandola «La porta del cielo».
In assoluta isomorfia semantica pertanto, relativamente al nostro
oggetto di analisi, con la simbologia primordiale e primaria della
montagna, nonché con il simbolismo che ne discende negli
obelischi o nelle stele a falsa-porta, che gli Egizi innalzavano, al
contrario degli Ebrei, fittamente segnati di “geroglifici”, la loro pe

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18 Suelli (Cagliari), Casa Ruda, 19 Suelli (Cagliari), Casa Ruda, 20 Suelli (Cagliari), Casa Ruda, 21. Suelli (Cagliari), Casa Ruda,
gli otto elementi a “pietra fitta” elemento E, lo sviluppo del decoro Particolare della tecnica scultorea elemento N
A-H del secondo cortile, faccia est sulle quattro facce (foto Pino “negativa” dell’elemento A
convenzionale (foto Pino Dell’Aquila, Torino).
Dell’Aquila, Torino)

peculiare “scrittura sacra” per immagini dono divino del dio Thot 21. sono la manifestazione primordiale e primaria, non cessano la loro
Relativamente alla Sardegna, come ha dimostrato la ricerca “Al- presenza ma mutano ulteriormente in “mediterranea” la loro
la scoperta della civiltà mediterranea. Un mondo sconosciuto che risorge sulle tipologia, fino alla perfetta isomorfia formale e semantica tra le stele
sponde di tre continenti”22 – nata dal Centro di studi semitici fondato betiliche dei tofhet cartaginesi e dei tofhet sardi23 (figg. 13-14).
nel 1957 all’Università di Roma “La Sapienza” e dalle ricerche
pionieristiche trentennali iniziate dal giovane Sabatino Moscati nel
1958-, nel corso del I millennio a. C. i “monumenti” dedicati alla IV. Con la conquista romana del 238 a. C., gli storici considerano
sacralità della montagna, e specificatamente le pietre di culto che ne chiusa la fase fenicio-punica della Sardegna e il suo diretto rappor
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22. Carnac, il menhir della 23. Abbazia di Clonmacnoise 24 a-c. “Pilasters” cristiani dell’Africa 25. Tebessa (Algeria), panoramica
Montagna della Giustizia o il (Irlanda), panoramica delle high romana illustrati da H. Leclercq. della basilica paleocristiana.
“menhir salutato” da un lavoratore standing-crosses in funzione di foci
bretone (da J. Michell). liturgici disseminati nel territorio

to con la cultura cartaginese; e chiusa al contempo anche la civiltà


“indigena” dei nuraghi e dei famosi bronzetti di uomini guerrieri,
che la Sardegna protostorica aveva sviluppato e coltivato nella sua
parte montuosa interna: le famose Civitates Barbariae, della Barbagia e
dei Barbaricini, i quali peraltro resteranno a lungo pagani, con-
tinuando ad “adorare il legno e le pietre” ancora in età cri-stiana,
come attesta la fervente denuncia di Gregorio Magno (590-604)24.
Ma proprio le drammatiche vicende militari e politiche che dal
secolo IV d.C. agli anni del pontificato di Gregorio Magno
coinvolsero Roma e la Chiesa di Roma, mostrano che il diretto
legame della Sardegna con il mondo mediterraneo è un capitolo
tutt’altro che chiuso.
Nel recentissimo saggio su La dominazione vandalica, per il vo-
lume edito in occasione della mostra “387 d. C./ambrogio e agosti-no/le
sorgenti dell’Europa”, tenuta a Milano nel dicembre 2003-mag-gio
2004, Letizia Pani Ermini ripercorre e ridisegna le vicende mi-litari e
politiche della vandalica rabies, dalla presa di Cartagine nel 439 d. C.
alla presa e al saccheggio di Roma a opera di Genserico il 2 giugno
del 455 e quindi all’occupazione della Sardegna, uffi-cialmente
sancita e riconosciuta negli accordi di Genserico sia con il pontefice
Leone Magno, sia con Zenone e con Romolo Augu-stolo. E ricorda
in particolare come dopo la morte di Genserico, nel 477, il figlio
Unnerico convocò a Cartagine un grande concilio per ridiscutere le
tesi eterodosse, già condannate nel primo concilio

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26-27 Tebessa (Algeria), Museo 28 Tebessa (Algeria), Museo
del Tempio della Minerva, cortile, del Tempio della Minerva, cortile,
uno dei pilastres rilavorati a “decoro il pilastre a “falsa-porta” proveniente
geometrico” da Zoui.

ecumenico di Nicea del 325, nell’intento di convincere i cattolici ad potevo quindi proseguire la mia esplorazione all’interno, dove nel
abiurare per divenire seguaci di Ario, ma dei 436 vescovi presenti secondo cortile mi trovavo di fronte alla affatto inaspettata quanto
pochi abiurarono, e i vescovi cattolici furono esiliati in Sardegna e in inedita presenza di un gruppo di otto pilastrini in pietra, dalla
Corsica; evento che si ripeterà, con più durevoli conseguenze nel struttura troncopiramidale a perdas fittas e dal decoro di sicuro
484, con il successore di Ulderico, Guanamondo. E scrive: Il “orizzonte mediterraneo”(fig. 18); dei quali interessa qui richiamare
tradizionale rapporto fra l’Africa e la Sardegna nell’età romana e nell’età brevemente la decorazione su quattro lati e la tecnica scultorea
tardoantica trova quindi un ulteriore incremento sotto la dominazione vandala, “negativa”, del ricchissimo “decoro geometrico” come delle rare
e, nell’ottica del tema oggetto della mostra, acquista particolare significato l’opera figure fito-zoo-antropomorfiche (figg. 19-21).
che Claudiano Gordiano Fulgenzio, vescovo di Ruspe, svolse a favore della vita Dai quali otto elementi di Casa Ruda, con il conforto e la
monastica, nello spirito della Regola agostiniana […]. Meno di un secolo dopo collaborazione di studio e sul campo della collega Letizia Pani
l’arrivo di Fulgenzio, l’epistolario di Gregorio Magno documenta, infatti, Ermini, nonché degli studenti cagliaritani dei nostri due
l’esistenza di un consistente numero di monasteri 25; in particolare nella città insegnamenti, è partita una esplorazione capillare della piana a nord
di Cagliari e, non meglio individuati, nel territorio della sua diocesi. di Cagliari che ha portato al ritrovamento di un consistente gruppo
Nel merito dello stretto rapporto fra l’Africa e la Sardegna di “pietre fitte” cristiane, coerenti per caratteri tipologico-strutturali
ricordo che nel 1983 Attilio Mastino ha aperto all’Università di e linguistico-formali: di cui venti elementi maggiori, conservati per
Sassari, con scadenza annuale, i convegni dedicati a L’Africa Romana; intero o per la maggior parte, oltre a una quindicina di elementi
che in breve volgere di tempo hanno raggiunto lo status di minori, frammentari; tutti erratici, alcuni variamente reimpiegati,
affollatissimo pulpito internazionale degli studi aventi per oggetto il alcuni liberati nel corso della ricerca dal precedente reimpiego.
ruolo dell’Africa nella cultura mediterranea e il suo contributo al Tutti “monumenti” inerenti una zona che, pur in mancanza di
“sorgere dell’Europa”26 sicuri riscontri documentari, sembra essere stata particolarmente
Nel 1986, il mio primo anno di insegnamento in Sardegna, nel interessata dalla costituzione di forti aree sacre di tipo monastico,
corso di una delle prime esplorazioni sul territorio, al limitare della destinate a fronteggiare nella erezione delle nuove “pietre fitte” di
piana che da Cagliari si spinge nella Trexenda fino ai piedi simbologia cristiana il culto “pagano” delle pietre, persistente nelle
dell’altopiano di Goni, mi imbattevo nella Casa Ruda di Suelli, una Civitates Barbariae fino al tempo di Gregorio Magno.
casa antica, secentesca, costruita su un vasto impianto più antico E tutti “monumenti” affatto ignoti alla letteratura archeologica e
non meglio identificato; nella cui muratura esterna, con altri pezzi storico-artistica della Sardegna, completamente obliterati nella sua
scultorei frammentari, faceva bella mostra di sé un arco in conci di memoria storica e, più latamente, della cultura mediterranea che ha
pietra a “decoro geometrico” (fig. 15), che mi richiamava alla contribuito al “sorgere dell’Europa”.
memoria al contempo una foto rubata all’antico tessuto medievale Per la cui completa documentazione, e la dettagliata analisi dei
di Gerusalemme (fig. 16) e un’immagine dell’arco della porta interna dati tipologico-strutturali e morfologico-stilistici nel quadro generale
del Ksar el Kaoua in Algeria ( fig. 17)27. delle “pietre stanti”/”pietre sacre” di simbologia cristiana, rinvio
Affidandomi alla gentilezza e disponibilità dei padroni di casa, principalmente al mio saggio “ Inediti monumenti scultorei della Sar-

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29-30. Cagliari, Biblioteca cagliaritano Ivan Francisco 31-32. Il pilastrino/pilastre erratico eucaristici e il trigramma cristologico
Universitaria, La Sardegna Carmona, ms. foll. 44v,46v e frammentario rinvenuto a IHS (Jesum Habemus Socium),
“mediterranea”, i suoi “corpi santi” Guamaggiore, dove nel campo denotativo delle opere dovute alla
e le loro reliquie, documentate nel terminale della faccia diretta committenza della
primo seicento dal dottore (convenzionale) est sono crocetta, Compagnia di Gesù; b) la decorazione
cuore, chiodi, due piccoli pani della faccia convenzionale Sud.

degna centro -orientale : introduzione ai dati tipologico linguistici ”, apparso frutto primariamente la conoscenza diretta e capillare dell’area nord-
negli Atti del IV Convegno sull ’archeologia tardoromana e insulare e peninsulare Britannica, che qui mi limito a richiamare
medievale di Cuglieri del giugno 1987 , diretto da Letizia Pani mostrando in estrema sintesi il processo che va dalla
Ermini28, e al saggio dal titolo “Le nuove ‘pietre fitte’ sarde a decoro “cristianizzazione” degli antichi menhir aniconici e delle stele di età
geometrico e astratto e il testo della croce monumentale quale albero della vita di più recente (fig. 22), alla creazione delle prime “pietre stanti”
Apocalisse II,7”, apparso nel 1989 nella rivista “Arte medievale” 29, cristiane erette nei primi “deserti monastici”, segnate di croci e
diretta da Angiola Maria Romanini, che, mi piace ricordare, era anche di caratteri ogamici, fino alla creazione delle grandi stele
venuta espressamente in Sardegna per vedere personalmente “al crociate alte fino a sette metri, propriamente pilasti monolitici su
vivo” gli otto elementi scoperti nella Casa Ruda di Suelli. base tronco-piramidale sviluppanti al centro o al culmine la well-cross
Nei quali saggi, per il confronto con i modi e le forme dell’ o croce “celtica”, innalzati in funzione di signacula e di foci liturgici
esaugurazione cristiana delle pietre di culto “pagane” mettevo a all’ingresso e all’interno delle aree sacre delle grandi abbazie irlande-

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33-34. La faccia convenzionale est del
pilastrino/pilastre a “pietra fitta”
datato 1601, e che conserva la croce
terminale in ferro, individuato nella
campagna di Mandas; particolare
della faccia convenzionale ovest

si30 (fig. 23). In ultimo, una foresta di high standing-crosses, e particolar- Fra i quali pilastrini/pilastres raccolti nel cortile del Museo del
mente di “Croci delle Scritture ” che, ricordava Francoise Henry, la Tempio della Minerva è quello proveniente da Zoui, cosidetto a
quartina “Domus deliciis plena/Super petram constructa/ Necnon vinea vera/ falsa-porta (fig. 28), dove il valore dei menhir preistorici eretti a
Ex Aegypto transducta ” dell ’Antifonario prodotto nel Nord dell ’ «chiamare in esistenza la divinità» e delle stele a falsa-porta degli
Irlanda , nell’abbazia di Bangor (e conservato nella biblioteca dell’ Antichi Egizi concepite nella funzione di «chiamare in essere» il
abbazia di San Colombano a Bobbio ), vale a testimoniare , defunto alla vita alta oltre la morte, si ambigua e con-fonde, nella
abbazie e relative pietre di culto, nate in Irlanda nel modello primario presenza del chrismon, con la lezione veterotestamentaria del betilo=
della Tebaide egiziana31. casa di Dio e porta del cielo; riattualizzando e perpetuando quindi al
livello simbolico-semantico la simbologia primordiale e primaria,
V. Per quanto attiene invece alla lezione della declinazione cristiana archetipa e archetipica, della pietra, che la magnifica civiltà
del culto della pietra nelle pietre di culto dell’area mediterranea, fondante dell’immagine e della scrittura sacra per immagini dell’Antico Egitto
era ancora la voce pilastres-piliers del “Dictionnaire d’Archéologie ha coltivato in particolare nel “crogiuolo” della cultura mediterranea
Chrétienne et de Liturgie”, dove distinguendo la diversa denominazione e trasmesso alla simbologia cristiana.
in ordine alla diversa funzione, architettonico-strutturale dei secondi Pilastino-pilastre a “falsa-porta” che dalle ripetute segnalazioni e
vs di pietre stanti dei primi, Henri Leclercq mostrava un congruo chiamate in causa di Leclercq e dagli studi dei massimi specialisti del
numero di pilastres cristiani dell’Africa romana (fig. 24)32; che le campo è approdato oggi, paradigmaticamente direi, agli onori della
successive ricerche di Noël Duval e Paul-Albert Février, di Pierre ribalta nella recentissima mostra di Milano, già richiamata, “387 d.
Salama e di Antonino di Vita, relative in particolare al “decoro C./ambrogio e agostino/le sorgenti dell’Europa”34.
geometrico” distintivo di questo tipo di pilastres, hanno Una breva nota a pié di pagina, per segnalare come nell’età del
documentato e approfondito ulteriormente, anche richiamando Concilio Tridentino e della Controriforma, nel tempo cioè in cui la
sullo sfondo la lezione riegeliana dei prodotti de “L’industria artistica Sardegna “cristiana” ha mutato la sua identità geo-politica da
tardoromana”, per individuarne il principale focolaio del IV-VI secolo provincia della Prefettura d’Africa in provincia dell’Impero
nelle “hautes plaines” dell’Africa romana33. spagnolo, contestuale all’impegno dedicato alla riscoperta, non
E’ seguendo il lavoro di questi studiosi, che nel frattempo avevo ingenua - alcune volte alla “creazione d’epoca”! - delle memorie dei
avuto l’occasione di frequentare anche ai convegni de L’Africa suoi “corpi santi” e al culto delle loro reliquie (figg. 29-30)35, la
romana dell’Università di Sassari, che la mia ricerca sul campo Sardegna “controriformata” mostra anche la significativa ripresa
nell’area mediterranea si è spinta a tappe dal Mediterraneo delle pietre fitte della prima età cristiana, che tornano a insistere sul
occidentale alle rive del Mediterraneo orientale e alle ultime territorio della diocesi di Cagliari.
propaggini dell’Africa romana, in particolare fino a Tebessa, dove Ancora una espressione monumentale che può definirsi “medi-
nel territorio della grande basilica paleocristiana (fig. 25) e nel cortile terranea”, ma questa volta di orizzonte e di connotazione
del Museo del Tempio della Minerva potevo incontrare un gruppo strettamente europeo-occidentale; della quale in questa sede mi
di pietre stanti in forma di pilastrini monolitici lavorati e/o rilavorati limito a mostare due pietre stanti, una frammentaria, con l’emblema
sulle quattro facce (figg. 26-27): i più direttamente comparabili con i di Igna-zio di Loiola e della Compagnia di Gesù (figg. 31-32), l’altra
caratteri tipologico-strutturali e con il decoro scultoreo degli del tipo semplificato, il più frequente, recante la data 1601(figg. 33-
elementi a “pietra fitta” rinvenuti in Sardegna. 34).

1 Principalmente M. O’Kelly, Newgrange, London 1982; M. Ryan, Trésors preistorico, nella collana “La Mémoire du Temps” diretta da J. Abélanet, Signes
d’Irlande, Paris 1983, G. Eogan, Knowth and the passage-tombs of Ireland, London sans paroles. Cent siecles d’art rupestre en Europe occidentale, “Hachette” 1986; per il
1986; J-P. Mohen, Le monde des Mégalithes, Casterman 1989, pp.41-53; e vedi suo sviluppo plurimillenario nell’arte del Mediterraneo protostorico, che Sergio
anche J. Michell, Megalithomania. Artists, antiquarians and archaeologists at the old Donadoni ha illuminato massimamanete peculiare, e distintivo rispetto al
stone monuments, London 1982. mondo circostante, sia africano e sia asiatico, già degli inizi della meravigliosa
2A. Della Marmora, Itinerario dell’Isola di Sardegna, Tradotto e commentato con civiltà atristica degli Antichi Egizi e del suo immaginario escatologico, in
note del canonico G. Spano, Cagliari 1868; ristampa anastatica Cagliari 1971. particolare S. Donadoni, Introduzione, in A. M. Donadoni Roveri - F. Tiradritti
3 Per la ricerca su l’Homo simbolicus/Homo religious, quale dalle scienze religiose e (a cura di), Kemet. Alle sorgenti del Tempo, Milano 1998, pp. 15-18; S. Donadoni,
dall’antropologia del sacro è venuta nel corso del secondo ‘900 a intersecare gli Introduzione, in F. Tiradritti, Il cammino di Harwa. L’uomo di fronte al mistero:
studi medievistici, e in particolare storico-artistici, principalmente J. RIES (ed.), l’Egitto, Milano 1999, pp. 13-15.
L’expression du sacré dans les grandes religions, 3 voll., Louvain-la –Neuve 1978- 4 Primaria e fondante l’analisi “archeomitologica” di M. GIMBUTAS, Il

1986 (trad. it. ridotta I simboli nelle grandi religioni, Milano 1988); J. Vidal, Sacré, Linguaggio della Dea. Mito e culto della dea madre nell’Europa neolitica, con Introduzione
symbole, créativité, Louvain-la–Neuve 1990 (tr. it. Sacro, Simbolo, Creatività, Milano di J. Campbell, Milano 1990; EADEM, The Living Goddesses: religion in Pre-
1992); per la prima «età dell’oro» dell’arte del segnico nell’Occidente Patriarcal Europe, Los Angeles 1999.

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5 Principalmente J. Mellaart, Çatal Hüjük. A Neolithic Town in Anatolia, New 20 per il capitello hathorico del Tempio Serabit el- Khadim cfr. G. Capriotti
York 1967; J. Mellaart, Il periodo preurbano, in F. Anton-B. Bagliolini-A. Broglio Vitozzi, Dal caos al cosmo cit., p. 50, nota 17.
et Alii, Archeologia. Culture e civiltà del passato nel mondo europeo ed extraeuropeo, 21 cfr. ad esempio le stele “falsaporta” esposte nella Mostra del Museo

Milano 1978, pp. 372-375; J. Mellaart-U. Hirsch-B. Balpinar, The Goddess from Nazionale di Ravenna (I marzo-18 giugno 1998), pubblicate nel Catalogo a
Anatolia, Milano 1989; J. Cauvin, Naissance des divinité. Naissance de l’agriculture. cura di A. M. Donadoni – Roveri - F. Tiradritti, Kemet, cit. , schede 300,308,
La Révolution des symboles au Néolitique, Paris 1994; J. Campbell, The Mithic Image, pp. 295,300.
Princeton Unyversity Press (New Jersey) 1974, ed. it., Le figure del mito. Un 22 S. Moscati, Alla scoperta della civiltà mediterranea. Un mondo sconosciuto che risorge

grande itinerario illustrato nelle immagini mitologiche di ogni tempo e paese, Como 1991, sulle sponde di tre continenti, Roma 1979.
per il simbolismo primario che unisce la figura della “Montagna del Mondo” 23 S. Moscati, Cartaginesi, Milano 1982.

principalmente pp. 76-140; per il “retaggio” del simbolismo della Dea Madre 24 nell’ultima edizione critica e traduzione di V. Recchia (a cura di), Gregorii

nell’immaginario dell’Europa “delle invasioni barbariche” cfr. S. Casartelli Magni Opera V, Registrum Epistularum/ Opere di Gregorio Magno, Lettere,
Novelli, Arte della Langobardia maior e della Langobardia minor: non propriamente “Bibliotheca Gregorii Magni”, Roma 1996, vedi principalmente le lettere in 2,
‘lombarda’ né ‘longobarda’, in A. C. Quintavalle (a cura di), Medioevo: arte lombarda, IV, 23, 26, 27, pp. 60-61, 66-67, 69-71; per una analisi dettagliata delle stesse: S.
“I Convegni di Parma”, 4, Atti del Convegno internazionale di studi (Parma, Casartelli Novelli, L’immagine «né idolo nè icona» nella concezione del primo “papa
26-29 settembre 2001), Parma 2004, pp. 67-87. monaco” della Chiesa di Roma, in L’orbis christianus antiquus di Gregorio Magno,
6 per la lezione canonica del Mediterraneo carrefour millenario di civiltà e univers “Convegno di studi della Società Romana di Storia Patria” (Roma, 26-28
des hommes dai tempi più arcaici: F. Braudel, La Méditerranée. L’espace et l’histoire, ottobre 2004), in corso di stampa.
Paris 1977, pp. 7-11; prima ed. it. Il Mediterraneo. Lo spazio la storia gli uomini le 25 L. Pani Ermini, La dominazione vandalica, in “387 d. C./ ambrogio e agostino/le

tradizioni, Milano 1987, pp. 7-9; L. Zeppegno-C. Finzi, Alla scoperta delle antiche sorgenti dell’Europa”, Milano 2004, pp.79-81.
civiltà in Sardegna, Roma 1977; per le fonti di approvigionamento dell’ossidiana 26 cfr. A. Mastino (a cura di), L’africa romana, “Atti dei convegni di studio

(Monte Acri in Sardegna, Lipari nelle Eolie, Pantelleria nello stretto di Sicilia), dell’Università degli Studi di Sassari”, vol. I, Sassari 1983.
che già nel Neolitico dimostra la navigazione del Mediterraneo non lungo 27 Cfr. S. Gsell, Les monuments antiques de l’Algerie, Paris 1901, vol. I, p. 106.

costa ma in mare aperto, da ultimo A. Duè - R. Rossi, Dal villaggio alla città. 28 S. Casartelli Novelli, Inediti monumenti scultorei della Sardegna centro-orientale:

Geografia del Neolitico, con Prefazione di J. Ries, Milano 1993, cap. 10. Per la introduzione ai dati tipologico linguistici, in L. Pani Ermini (a cura di), Le sepolture in
nuova lezione degli “idoli” della Dea Madre, già definiti impropriamente le Sardegna dal IV al VII secolo, IV Convegno sull’archeologia tardoromana e
“Veneri” preistoriche: di Lespugue (Francia) cfr. in particolare D. Vialou, La medievale (Cuglieri 27-28 giugno 1987), Oristano 1990, pp.257-331, con una
Preistoria, Milano 1992, al cap. “La statuaria”, pp.239-252, fig.263-264; di Nota mineralogica dei materiali della collega Paola Zuddas, del Dipartimento di
Senorbì (Sardegna) cfr. in particolare V. Kruta, L’Europa delle origini, Milano scienze della terra dell’Università di Cagliari, p. 332.
1993, al capitolo “Gli dèi immobili. VI-III millennio a. C.”, pp.57-96. 29 S. Casartelli Novelli, Le nuove ‘pietre fitte’ sarde a decoro geometrico e astratto e il testo
7 Cfr. G. Lilliu - H. Schubart, Civiltà mediterranee, Milano 1968, p.113. della croce monumentale quale «albero della vita» di Apocalisse II, 7, in “Arte
8 E. Atzeni, Nuovi idoli della Sardegna prenuragica, in “Studi Sardi” XXIII, 1973-74, medievale”, s.II, a.III, n.2 (1989), pp. 1-50; Eadem, Il decoro geometrico delle inedite
Sassari 1975, pp. 10-25. emergenze scultoree a «pietra fitta» individuate nella Sardegna centro-orientale, in Ravenna e
9 G. Lilliu, La civiltà dei Sardi, dal Paleolitico all’era dei Nuraghi, Torino 1988; IIa l’Italia fra Goti e Longobardi, XXXVI Corso di Cultura sull’Arte Ravennate e
ed. Recco (Ge) 2004, con Introduzione di A. Moravetti e ricchissima bibliografia Bizantina, Roma 1989, pp. 101-112.
generale. 30 S. Casartelli Novelli, Segni e codici della figurazione altomedievale, Spoleto 1996; in
10 Cfr. A. Leroi-Gourhan, Le geste e la parole, Paris 1964, tr, it. Il gesto e la parola, part. l’Introduzione, pp. 3-42, tavv. I-XXIV, e il capitolo “Scritture e immagini
vol.I Tecnica e linguaggio, vol. II La memoria e ritmi, Torino 1977, in part. pp. 422- nell’ambito insulare”, pp. 131-165, tavv. CXI-CLXIII; Eadem, Dal Mediterraneo
462; J. Abèlanet, Signes sans paroles. Cent siècles d’art rupestre en Europe occidentale, alle Isole Britanniche: il codice “altomedievale” della scultura d’Occidente, in “Acta XIII
“Hachette”, Poitiers/Ligugé 1986; S. Casartelli Novelli, Invarianza del significante Congressus Internationalis Archaeologiae Christianae”, Città del Vaticano-Split
versus mutazione del significato negli iconemi di tipo astratto, in “Annali della Facoltà 1998, vol. II, pp. 603-636.
di Lettere e filosofia dell’Università di Cagliari”, Cagliari 1991, p.152. 31 F. Henry, L’Art Irlandais, “Zodiaque” 1963, I, p.34; per il valore della
11 J. D. Evans, Malta, London 1959, trad. it. Segreti dell’antica Malta, Milano presenza dell’Antifonario di Bangor nella biblioteca bobbiese, vedi il saggio
1961. introduttivo di G. Z. Zanichelli, La sapienza degli angeli: Nonantola e gli Scriptoria
12 E. Bernardini, Guida alle civiltà megalitiche, Firenze 1977, E. Atzeni, Aspetti e collegati fra VI e XII secolo, p.15-50, in G. Z. Zanichelli - M. Branchi (a cura di),
sviluppi culturali del Neolitico e della prima età dei metalli in Sardegna, in “Ichnussa”, La sapienza degli angeli: Nonantola e gli scriptoria padani nel Medioevo, edito per la
La Sardegna dalle origini all’età classica, Milano 1981, pp. XXI-LI. mostra tenuta a Nonantola (5 aprile-20 giugno 2003), Modena 2003, pp. 15-50.
13 F. Barreca, La civiltà fenicio-punica in Sardegna, Sassari 1986. 32 cfr. la voce di H. Leclercq, Pilastre, Pilier, e la voce Porte, in “Dictionnaire
14 E. Acquaro, Cartagine la nemica di Roma. Una grande potenza sul mare e la sua lotta d’Archéologie Chrétienne et de Liturgie”, XIV, Paris 1939, coll. 1031-1042,
secolare con Roma, Roma 1979; P. Meloni, La Sardegna romana, Sassari 1990; S. 1503-1523., figg. 10272-74.
Angiolillo, L’arte della Sardegna Romana, Milano 1987. 33 cfr. la ricca bibliografia relativa in S. Casartelli Novelli, Inediti monumenti
15 Cfr. S. Donadoni, Introduzione a F. TIRADRITTI (a cura di), Il cammino di scultorei della Sardegna centro-orientale: introduzione ai dati tipologico linguistici, cit. nota
Harwa, cit. (nota 3), p.13; Idem, Tebe, Milano 1999, p.14. 28; Eadem, Le nuove ‘pietre fitte’ sarde a decoro geometrico e astratto , cit. nota 29;
16 Per il Papyrus d’Ani, il meraviglioso texte sacré improprement appelé “Livre des Eadem, Il decoro geometrico delle inedite emergenze scultoree a «pietra fitta» individuate
Morts” prodotto verso il 1300 a.C. (per una lunghezza di circa 24 metri!) sotto il nella Sardegna centro-orientale, cit. nota 29.
regno di Ramsete II, e che fu comme “la bible de l’Ancient Egipte”. Son titre exact est 34 cfr. la scheda di S. Ferdi n. 356, “Pilastro a cassettoni”, in”387 d. C./ambrogio

«Sortie au Jour», vedi E. Dondelinger, Papirus d’Ani. Le Livre sacré de l’Ancienne e agostino/le sorgenti dell’Europa”, cit. nota 25, p. 445, fig. p. 343.
Egypte, Vesoul (France) 1987, pp. 9, 17, 61. 35 J. F. Carmona, Alabanças de los Santos de Sardegna por el doctor Ivan Francisco
17 per la complessa simbologia cosmogonica connessa alla dea Hathor e la sua Carmona sardo caritano compuesta y ofresidas a honrra y gloria de Dios y de sus Santos,
inerenza con il Tempio di Dendera ringrazio dell’aiuto che mi viene dal saggio Caller, ms., Biblioteca Universitaria di Cagliari; D. Mureddu - D. Salvi - G.
di. G. Capriotti Vitozzi, Dal caos al cosmo: immagini egizie dell’alterità, in Stefani, Sancti innumerabiles. Scavi nella Cagliari del Seicento: testimonianze e verifiche,
“Aegyptus” 82, 2002, pp. 47-66 (in bozze). Oristano1988.
18 R. A. Schwaller De Lubicz, Les Temples de Karnak, Paris 1982; ed.it. I Templi di

Karnak, a cura di P. Lucarelli, Roma 2001, vol. I, pp. 30-31 Referenze fotografiche
19 ibidem.
Dove non diversamente indicato, le foto sono dell’autore.

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