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ANALISI CIRCUITO RLC SERIE IN REGIME SINUSOIDALE

Stefano Liazza mat. 977895, Lorenzo Parente mat. 975293


12 aprile, 21 aprile, 13 maggio 2022
1. Abstract
In quest’esperimento, si è stimata la frequenza di risonanza di un circuito 𝑅𝐿𝐶 serie sottoposto a
tensione sinusoidale. La stima è stata fatta interpretando i dati sperimentali delle tensioni ai capi degli
elementi del circuito, con attenzione posta alle loro ampiezze ed alla loro differenza di fase con il segnale del
generatore. Si riportano in Tab. 0 le migliori stime ottenute dalle misure per ogni segnale, con 99% C.L.:

Segnale di tensione su 𝑅 Segnale di tensione su 𝐿 Segnale di tensione su 𝐶


Stima dall’ampiezza (kHz) 10.38 ± 0.06 10.39 ± 0.06 10.5 ± 0.3
Stima dalla fase (kHz) 10.28 ± 0.15 10.34 ± 0.08 10.4 ± 0.3
Tab. 0: Stime della frequenza di risonanza fatte sulle misurazioni di fase e ampiezza delle tensioni su R,L e C con relativi errori.

Le misure risultano compatibili con la previsione teorica di (10.2 ± 0.3 )kHz, con intervallo di intersezione tra
tutte le frequenze (teorica ed empiriche) di [10.33,10.42]kHz.

2. Introduzione
Il circuito 𝑅𝐿𝐶, posto in regime sinusoidale, ha un’intensità di corrente che varia in funzione della
frequenza di oscillazione del segnale di tensione del generatore che lo alimenta: il condensatore inibisce il
flusso di carica a basse frequenze, mentre l’induttanza lo rallenta ad alte. Tra le possibili frequenze adottabili
dal generatore, di particolare importanza è la “frequenza di risonanza”, che massimizza l’intensità di corrente
nel sistema. In appendice si dimostra che il modulo della corrente è dato da:
𝑉0
𝐼 (𝜔) = (1)
2
2
√𝑅𝑇𝑜𝑡 + ( 1
𝜔𝐶 − 𝜔𝐿)

con 𝜔 pulsazione del generatore di tensione e 𝑉0 la sua ampiezza. 𝑅𝑇𝑜𝑡 , 𝐿 e 𝐶 rappresentano invece
rispettivamente la resistenza totale, l’induttanza e la capacità del circuito. Ci si aspetta che, come la
corrente, anche le tensioni ai capi dei vari componenti siano descritte da funzioni sinusoidali. Misurando
l’andamento della tensione ai capi dei vari componenti al variare della frequenza, è possibile compiere una
misura indiretta della frequenza di risonanza. Quest’ultima è descritta dalla seguente formula (si veda
appendice per approfondimenti):
1
𝑓0 = (2)
2𝜋√𝐿𝐶

A questa frequenza, ci si aspetta che il circuito assuma infatti un comportamento puramente resistivo,
minimizzando l’impedenza, e di avere quindi un valore massimo di ampiezza del segnale di tensione ai capi
della resistenza che vari in fase con la tensione del generatore. Per l’induttanza e la capacità, si attende invece
𝜋 𝜋
uno sfasamento di rispettivamente + 2 e - 2 rad. tra la variazione della tensione ai loro estremi e quella
prodotta dal generatore.

3. Apparato sperimentale e svolgimento

Fig. 1: Schema elettrico del circuito, con indicati i punti di acquisizione delle tensioni.
L’apparato studiato, rappresentato in Fig. 1, consiste in un circuito che comprende una resistenza
𝑅 = (470.8 ± 0.3)Ω, una capacità 𝐶 = (21.0 ± 0.2)nF e due induttanze in serie, rispettivamente di
𝐿1 = (1.525 ± 0.015)mH ed 𝐿2 = (10.14 ± 0.10)mH, aventi resistenza parassita complessiva di
𝑅𝐿 =(44.16 ± 0.05)Ω (tutte le misure sono riportate con incertezze strumentali).
Una differenza di potenziale è stata introdotta tramite il function generator del dispositivo NI ELVIS II, avente
resistenza interna nominale di 𝑅0 = 50Ω. Inoltre, la breadboard di cui è dotato è stata utilizzata per
assemblare il circuito ed il suo multimetro digitale per misurare i valori delle componenti sopra riportati. Si
chiamano quindi 𝐿 = (11.67 ± 0.12)mH l’induttanza complessiva e 𝑅𝑇𝑜𝑡 = (565.0 ± 0.4)Ω la resistenza totale.
La frequenza di risonanza attesa dai valori di 𝐿 e 𝐶 misurati, calcolata tramite l’Eq. (2), è 𝑓0 = ( 10.2 ± 0.3 )kHz,
con incertezza al 99% C.L..

È stato inizialmente verificato il funzionamento del circuito tramite un oscilloscopio digitale (in Fig. 2),
passando in seguito a misurazioni quantitative utilizzando i canali di acquisizione di ELVIS in congiunzione con
il software LabVIEW. L’acquisizione è stata fatta impostando l’ampiezza della 𝑉0 ad 1V e facendo variare la
frequenza del generatore da 3kHz a 25kHz ad intervalli di 100Hz, così da coprire ampiamente la frequenza di
risonanza stimata. Si è adottata una frequenza di campionamento di 250kHz con un totale di 1000 punti per
acquisizione, sufficienti per coprire più periodi del segnale e poter ottenere così una stima accurata
dell'ampiezza e della fase. Questa frequenza risulta, inoltre, la massima supportata da ELVIS per acquisizioni
a quattro canali ed è adatta per avere campioni ben definiti ad ogni frequenza raggiunta. In particolare, sono
stati acquisiti i segnali di tensione ai capi di 𝑅, 𝐿 e 𝐶 come indicato in Fig. 1 e, tramite il subVI “Extract Single
Tone Information” di LabView, ne sono stati estratti ampiezza e fase. Per ottenere la differenza di fase tra i
segnali sulle componenti e quello generato, è stato necessario misurare anche il segnale di tensione ai capi
di FGEN, così da ottenere la fase del generatore e sottrarla, tramite LabView, alla fase dei segnali. Infine, si è
stimato l’offset sulla fase causato dal ritardo di acquisizione dei segnali tra i vari canali di analog input di
ELVIS: a tal scopo, è stata misurata la differenza di fase dello stesso segnale acquisito da canali differenti, ad
evidenziare gli offset indotti nelle misurazioni fatte dai rispettivi canali.
Per una miglior analisi degli errori, sono stati presi tre campioni indipendenti di misure e, per la stima
dell’errore strumentale, innumerevoli misurazioni dell’ampiezza e della fase di ogni componente a frequenza
costante, di cui si è poi presa la deviazione standard come riferimento.

4. Risultati e discussione
4.1 Analisi preliminare

a) b) c)
Fig. 2: Segnali di tensione in funzione del tempo a 10kHz con 0.5V/div. In giallo è rappresentato il segnale V_G, in viola è rappresentato
il segnale delle componenti. In particolare: a) segnale di R, b) segnale di L, c) segnale di C

Utilizzando l’oscilloscopio digitale si è verificato qualitativamente il corretto funzionamento del circuito a


10kHz, valore vicino alla frequenza di risonanza stimata.
Come si può notare in Fig. 2, si è trovato:
a) un segnale di tensione ai capi della resistenza in fase con il segnale 𝑉𝐺 in uscita da FGEN, con ampiezza
leggermente inferiore a quella di quest’ultimo a causa della caduta di potenziale ai capi della resistenza
parassita dell’impedenza 𝑅𝐿 ;
𝜋
b) un segnale di tensione ai capi dell’induttore sfasato di circa + 2 e di ampiezza maggiore di 𝑉𝐺 ;
𝜋
c) un segnale di tensione ai capi del condensatore sfasato di circa − e di ampiezza maggiore di 𝑉𝐺 ;
2
Questo coincide con il comportamento atteso di un circuito con fattore di qualità 𝑄 > 1.
Inoltre, questi grafici permettono di notare la caduta di potenziale ai capi della resistenza interna del
generatore, che si riflette in un’ampiezza di 𝑉𝐺 minore di 1V.

4.2 Analisi dell’ampiezza

Le tre acquisizioni dell’ampiezza dei segnali di tensione ai capi di ogni componente sono state
condensate in un unico segnale prendendo, per ogni frequenza acquisita, la media dei tre valori
corrispondenti ottenuti e la loro semidispersione massima come errore sulla misura. Una valutazione della
componente strumentale dell’incertezza viene dalla deviazione standard delle misure ripetute a frequenza
costante effettuate su ogni componente. Studiando la semidispersione, ne è poi emersa una dipendenza
dalla frequenza e si è osservato che per ogni componente questa maggiora consistentemente la deviazione
standard nell’intervallo di interesse; si è pertanto scelto di utilizzarla come modalità di stima dell’errore.
Le ampiezze attese delle tensioni sulle componenti in funzione della pulsazione sono rappresentate dalle
seguenti equazioni:
1
𝑉𝑅 (𝜔) = 𝐼 (𝜔) × 𝑅 𝑉𝐿 (𝜔) = 𝐼 (𝜔) × √(𝜔𝐿)2 + 𝑅𝐿 2 𝑉𝐶 (𝜔) = 𝐼 (𝜔) × (3)
𝜔𝐶

con I(ω) descritta dall’Eq. (1). Ulteriori dettagli sono riportati in appendice.

a) b)
Fig. 3: Dati sperimentali e fit della risposta in frequenza dei segnali di tensione ai capi delle componenti a) su tutto il range di misura
e b) nell’intorno della frequenza di risonanza. Gli errori sono abbastanza piccoli da non essere visibili. Nel grafico a) i dati sono
rappresentati come una linea continua a causa dell’elevata densità di punti.

I dati ottenuti ed i fit eseguiti secondo le Eq. (3), rappresentati in Fig. 3, sono in ottimo accordo tra loro, come
provato anche dal parametro R2 = 1.00 per tutti i fit. Tuttavia, non ne verrà riportato il chi quadro in quanto
inaccurato a causa di una probabile sottostima dell’errore: la semidispersione massima media è, infatti,
dell’ordine dei 2mV (Er≃ 0.1%).

𝑉𝑅 𝑉𝐿 𝑉𝐶

𝑅𝑇𝑜𝑡 (Ω) 𝑅 467.7 ± 0.8 RL 58.96 ± 1.4


591.6 ±1.1 591 ± 3 587 ± 5
(𝑅+𝑅𝐿 +𝑅0 ) 𝑅𝐿 +𝑅0 123.9 ± 0.3 𝑅+𝑅0 532.2 ± 1.6

𝐿 (mH) 11.39 ± 0.02 11.43 ± 0.02 11.07 ± 0.10

𝐶 (nF) 20.66 ± 0.04 20.52 ± 0.04 20.7 ± 0.2

𝑓0 (kHz) 10.38 ± 0.06 10.39 ± 0.06 10.5 ± 0.3

Tab. 1: Parametri ricavati dal fit sulle ampiezze dei segnali di tensione sulle tre componenti del circuito, con incertezze al 68% C.L., e
frequenza di risonanza calcolata tramite questi con incertezza al 99% C.L..
Le migliori stime dei valori delle componenti ricavate dal fit, sono quasi tutte in accordo con i valori misurati
e sono riportate, assieme alle frequenze di risonanza corrispondenti, in Tab. 1. In particolare, si ha disaccordo
con queste, seppur minimamente, per il valore della RL e i valori delle somme di resistenze.
Le frequenze di risonanza sono invece compatibili tra loro e con la frequenza di risonanza attesa ricavata dai
valori misurati delle componenti.

4.3 Calcolo degli offsets

Fig. 4: Grafico delle differenze di fase misurate su uno stesso segnale da canali di acquisizione diversi in funzione della frequenza. Tra
parentesi in legenda, la componente del circuito la cui onda è stata acquisita tramite quello stesso canale e quindi soggetta al suo
offset. I dati sono rappresentati come una linea continua a causa dell’elevata densità dei punti, ma comunque coperti dal fit.

La misurazione delle fasi di C, R ed L è avvenuta rispettivamente tramite i canali di acquisizione AI 1, AI 2 ed


AI 3 di ELVIS. Per una stima più accurata degli offsets, le misure delle differenze tra i canali sono state prese
con frequenza del generatore variabile e poi sottoposte a fit lineare (in Fig. 4), da cui sono stati estrapolati i
coefficienti angolari e gli errori associati, riportati in Tab. 2.

Coeff. angolare [gradi/Hz] Errore [gradi/Hz]


AI 1 359.99x10-6 0.10x10-6
AI 2 719.85x10-6 0.11x10-6
AI 3 1080.15x10-6 0.15x10-6
Tab. 2: Coefficienti angolari ed incertezze associate al 68% C.L. ricavati dai fit lineari alle misure dell’offset in funzione della
frequenza.

Dai risultati dei fit si nota un ottimo accordo con l’ipotesi di crescita lineare dell’offset. Una possibile
interpretazione della linearità del fenomeno è brevemente espressa in fondo all’appendice.

4.4 Analisi della fase


Analogamente a quanto fatto per l’ampiezza, le tre misure della fase effettuate per ogni componente
sono state condensate in un unico file, prendendo per ogni frequenza acquisita la media dei tre valori ad essa
corrispondenti e la loro semidispersione massima come errore sulla misura.
Ai valori così ottenuti è stato poi sottratto l’offset per ottenere l’effettiva differenza di fase tra il segnale di
tensione delle componenti e il generatore. Tuttavia, in seguito a ciò si è scelto di mantenere come errore la
medesima semidispersione massima, essendo l’errore associato all’offset del tutto trascurabile rispetto a
quest’ultima. Le differenze di fase attese delle tensioni sulle componenti in funzione della pulsazione sono
rappresentate dalle seguenti equazioni:

1 − 𝐿𝐶𝜔2 1 − 𝐿𝐶𝜔2 𝜔𝐿
𝜃𝑅 (𝜔) = 𝑡𝑎𝑛−1 ( ) ( ) −1
𝜃𝐿 𝜔 = 𝑡𝑎𝑛 ( ) + 𝑡𝑎𝑛−1 ( )
𝜔𝑅𝐶 𝜔𝑅𝐶 𝑅𝐿
1 − 𝐿𝐶𝜔 2
𝜋 (4)
𝜃𝐶 (𝜔) = 𝑡𝑎𝑛−1 ( )−
𝜔𝑅𝐶 2
con ulteriori dettagli in appendice.
a) b)
Fig. 3: Dati sperimentali e fit della differenza di fase tra i segnali di tensione ai capi delle componenti e il segnale di tensione del
generatore VG a) su tutto il range di misura e b) nell’intorno della frequenza di risonanza. Gli errori sono abbastanza piccoli da non
essere visibili. Nel grafico a) i dati sono rappresentati come una linea continua a causa dell’elevata densità di punti.

I dati ottenuti ed i fit eseguiti secondo le Eq. (4), rappresentati in Fig. 3, sono in ottimo accordo tra loro, come
provato anche dal parametro R2 = 1.00 per tutti i fit.
𝑉𝑅 𝑉𝐿 𝑉𝐶

𝑅𝑇𝑜𝑡 (Ω) 𝑅𝐿 57.4 ± 0.5


549.5 ±3 548.1 ± 1.6 544.5 ± 5
(𝑅+𝑅𝐿 +𝑅0 ) 𝑅 +𝑅0 490.7 ± 1.1

𝐿 (mH) 11.52 ± 0.06 11.57 ± 0.03 11.33 ± 0.11

𝐶 (nF) 20.81 ± 0.10 20.49 ± 0.05 20.48 ± 0.19

𝑓0 (kHz) 10.28 ± 0.15 10.34 ± 0.08 10.4 ± 0.3

Tab. 3: Parametri con incertezze associate al 68% C.L. ricavati dal fit sulle differenze di fase tra i segnali di tensione sulle tre
componenti del circuito e il segnale di tensione del generatore. É inoltre indicata la frequenza di risonanza calcolata tramite questi
con incertezza al 99% C.L..

Le migliori stime dei valori delle componenti ricavate dal fit e le frequenze di risonanza corrispondenti,
riportati in Tab. 3, sono quasi tutte in accordo con i valori misurati. In particolare, si ha disaccordo unicamente
tra i valori delle resistenze. Le frequenze di risonanza sono invece compatibili tra loro e con la frequenza di
risonanza attesa ricavata dai valori misurati delle componenti.

5. Conclusioni
L’esperimento ha prodotto risultati in ottimo accordo con l’attesa teorica: le frequenze di risonanza misurate
sono tutte compatibili tra loro e con il valore stimato, con un intervallo comune a tutte le frequenze
confrontate (teorica ed empiriche) pari a [10.33,10.42]kHz.

Fig. 4 Confronto tra le frequenze di risonanza sperimentali e il valore teorico, con corrispettive barre d’errore (99% C.L.)
In Fig. 4. si ha una rappresentazione grafica dei risultati e del valore atteso, con corrispettive barre d’errore
al 99% C.L.. Emerge, inoltre, che tutte le stime ricavate dai dati, seppur concordi con la frequenza teorica,
abbiano valor medio al di sopra di questa. Non siamo in grado di fornire eventuali spiegazioni né di escludere
un’origine casuale del fenomeno.

Appendice
• L’equazione (1) si ricava risolvendo il sistema lineare che caratterizza il circuito 𝑅𝐿𝐶, espresso come
𝑑2 𝑑 1
𝐿 2 𝑄 + 𝑅 𝑄 + 𝑄 = 𝑉0 (𝑡)
𝑑𝑡 𝑑𝑡 𝐶

Posto come nel nostro caso 𝑉0 (𝑡) = 𝑉0 cos (𝜔𝑡 + 𝜑) (con 𝜔 sua pulsazione e 𝜑 sua fase) ed
utilizzando il metodo dei fasori, se ne ricava una risposta permanente di

𝑉0
𝑄(𝑡) = 𝑅𝑒 ( × 𝑒 𝑖(𝜔𝑡+ 𝜑) )
1 2 𝑅
𝐿 [(𝐿𝐶 − 𝜔 ) + 𝑖 𝐿 𝜔]

Che, derivata rispetto al tempo e con dovuti raccoglimenti, spiega l’Eq. (1) presentata per la corrente.

𝑑𝑄(𝑡) 𝑖𝜔𝑉0 𝑉0
𝐼 (𝑡) = = 𝑅𝑒 ( × 𝑒 𝑖(𝜔𝑡+ 𝜑) ) = 𝑅𝑒 ( × 𝑒 𝑖(𝜔𝑡+ 𝜑) )
𝑑𝑡 1 2 𝑅 1
𝐿 [(𝐿𝐶 − 𝜔 ) + 𝑖 𝐿 𝜔] 𝑅 − 𝑖 (𝜔𝐶 − 𝜔𝐿)

• L’Eq. (2) si ricava direttamente dalla minimizzazione dell’Eq. (1) rispetto ad ω. Si osserva infatti che
1 2
𝐼 (𝜔) è massima quando il suo denominatore è minimo, ovvero quando il termine (𝜔𝐶 − 𝜔𝐿) è nullo.
Da qui si ricava indi la pulsazione di risonanza e successivamente la frequenza.

• Le formule che descrivono le ampiezze delle tensioni ai capi dei vari componenti sono state ricavate
tramite il formalismo dei fasori.
Mentre le formule di 𝑉𝑅 e 𝑉𝐶 derivano direttamente dalla legge di Ohm simbolica, abbiamo voluto
includere nel modello di 𝑉𝐿 il contributo della resistenza parassita dell’induttore 𝑅𝐿 .
Per fare questo, è bastato sommare i fasori corrispondenti ai due elementi presenti nell’induttore
(induttivo e resistivo) attraverso il teorema del coseno: poiché questi hanno differenza di fase
𝜋
costante uguale a , ciò equivale a sommarne in quadratura le rispettive ampiezze:
2
( 𝑉𝑅𝐿 + 𝑉𝐿 )(𝜔) = |𝐼(𝜔) × 𝑅𝐿 + 𝐼 (𝜔) × 𝑖𝜔𝐿| = |𝐼(𝜔) × (𝑅𝐿 + 𝑖𝜔𝐿)| = |𝐼(𝜔)| × √|𝑖𝜔𝐿|2 + |𝑅𝐿 |2

• Analogamente al caso delle ampiezze, anche per le fasi si è usato il medesimo formalismo per 𝜃𝑅 e
𝜃𝐶 e la stessa modellizzazione per quanto riguarda l’induttanza. In questo caso si è osservato che,
poiché i fasori corrispondenti all’induttanza ed alla resistenza dell’induttore hanno differenza di fase
𝜋
2
, è possibile trattarli come cateti di un triangolo rettangolo che ruotano rigidamente. La fase
dell’ipotenusa sarebbe quindi il risultato della somma tra l’angolo che questa forma con la resistenza
𝜔𝐿
(𝑡𝑎𝑛−1 ( )) e la fase della resistenza stessa:
𝑅𝐿
𝜔𝐿 1 − 𝐿𝐶𝜔2 𝜔𝐿
𝜃𝑅𝐿 +𝐿 (𝜔) = 𝜃𝑅𝐿 + 𝑡𝑎𝑛−1 ( ) = 𝑡𝑎𝑛−1 ( ) + 𝑡𝑎𝑛−1 ( )
𝑅𝐿 𝜔𝑅𝐶 𝑅𝐿

• Posto 𝑇𝑝 il tempo impiegato da ELVIS a passare da un canale di acquisizione all’altro e presa un’onda
sinusoidale di frequenza 𝑓𝑠 misurata da più porte, una volta attivato il trigger e compiuta la prima
misura, il ritardo nella misura dell’onda nei successivi canali è dato da 𝑁 × 𝑇𝑝 , con 𝑁 numero del
canale nell’ordine di acquisizione. Questo ritardo temporale, si traduce in un ritardo “di fase” sulla
𝑓
misura di ∆𝜃 = 𝜔 × ∆𝑇 = 2𝜋𝑓𝑠 × 𝑁𝑇𝑝 = 2𝜋𝑁 𝑓𝑠 , lineare rispetto ad 𝑓𝑠 ed al numero della porta.
𝑝

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