Sei sulla pagina 1di 4

PAESE :Italia

www.ilducato.it
TYPE :(Autre)

6 ottobre 2022 - 22:18 > Versione online

“Così risolleveremo le colonne del tempio di


Selinunte”. Oscar Mei, archeologo Uniurb,
racconta

Notizie da Urbino, Fermignano e il Montefeltro / Testata dell'Istituto per la Formazione al


Giornalismo
di BEATRICE GRECO
URBINO – Li conosce uno per uno i resti di quello che era il Tempio G, uno degli edifici
sacri più grandi della Sicilia che 2.600 anni fa si ergeva a Selinunte. Li ha toccati tutti con
le sue mani nel 2010, quando sono iniziati i rilievi, e poi con gomma e matita ha ridato
forma a quei reperti, ridisegnando su carta quella struttura imponente. Adesso sta
lavorando perché tre colonne di quell’enorme tempio tornino a svettare nel parco
archeologico siciliano. OscarMei, docente di archeologia classica dell’Università degli
studi di Urbino, fa parte del team di esperti che segue il progetto. Insieme a lui, oltre alla
sua equipe, anche lo scrittore e archeologo Valerio Massimo Manfredi e Claudio Parisi
Presicce, da poco sovrintendente ai beni culturali per il Comune di Roma. “Spero
davvero che il risollevamento delle colonne si possa concretamente realizzare. Sarebbe
un evento storico” ammette emozionato Mei.
L’enigma del tempio “non rifinito”
Esteso come un campo da calcio, con i suoi 109 metri di lunghezza e 50 di larghezza, il
Tempio G è il più grande tempio periptero, ossia circondato da colonne, della Sicilia e
uno dei più grandi di tutta l’antichità. È stato costruito con una pietra calcarea
proveniente dalle Cave di Cusa, distanti appena 12 chilometri dall’antica Selinunte.

Tutti i diritti riservati


PAESE :Italia
www.ilducato.it
TYPE :(Autre)

6 ottobre 2022 - 22:18 > Versione online

Vista dall’alto del Tempio G


“Nelle cave sono stati trovati altri resti di colonne e di capitelli appartenenti al Tempio G –
spiega il docente dell'UniUrb – . Secondo alcune ipotesi, che condivido, quei pezzi sono
stati abbandonati lì perché rotti durante la lavorazione. Altri invece sostengono che il
motivo dell’abbandono sia collegato con l’arrivo in città dei Cartaginesi nel 409 a.C.”.
Secondo quest’ultima ipotesi, il Tempio G non è mai stato finito: a riprova di ciò, si cita la
mancanza di dettagli e di decorazioni degli elementi architettonici. “Le colonne non
hanno le scanalature, che di solito si facevano alla fine – sottolinea Mei – e anche i
blocchi alla base del tempio non sono stati scalpellati, cioè non sono lisci”. Per
l’archeologo urbinate la motivazione non è da ricercarsi nell’invasione cartaginese, ma
piuttosto nella mancanza di risorse economiche. “All’interno del tempio sono state
trovate tegole, ceramiche, frammenti di statue e anche iscrizioni. Segno che il tempio era
in uso” afferma. Con fierezza mista ad emozione, rivela la teoria da lui sostenuta: “Si
tratta di un tempio ‘non rifinito’. Questa definizione viene dal professor Mario Luni, che è
stato il mio maestro. Con lui ho iniziato i lavori nel 2010″.

Tutti i diritti riservati


PAESE :Italia
www.ilducato.it
TYPE :(Autre)

6 ottobre 2022 - 22:18 > Versione online

La pianta del Tempio G, fatta a mano, con individuati tutti gli elementi di ogni singola
colonna
Rilievi portati avanti per un anno e mezzo. Fatti a mano, conoscendo e studiando pezzo
dopo pezzo tutti i reperti del parco archeologico. “Il 70% dei blocchi è stata identificato –
dice Mei – . Il restante 30% è in parte ancora sotterrato dagli altri resti e in parte è stato
utilizzato nelle masserie vicine”. Una percentuale così alta, quella dei blocchi conosciuti,
che fa quasi sperare all’archeologo urbinate di poter rimettere in piedi una buona parte
dell’edificio: “Le tre colonne sono la prova iniziale. Se dovesse funzionare, si potrebbero
in teoria risollevare molte altre colonne e anche il muro della cella. Ma – ammette –
prima bisognerebbe riscoprire la base, coperta da circa 7 metri di materiale”.
Risollevare le colonne per salvarle
Prima che le tre colonne tornino a stagliarsi in tutta la loro magnificenza, sono
necessarie però alcune analisi. “Gli studi sulla pianta e sugli elementi archeologici –
spiega Mei – sono già stati fatti. Ora bisogna procedere alle indagini statiche sulle
fondazioni e sul terreno”. In pratica bisognerà quindi capire se le colonne, vista la loro
imponenza, riusciranno a stare in piedi e se il suolo – dopo i terremoti e le modificazioni
occorsi negli anni – riuscirà a sopportare il loro peso. Sono strutture alte 16 metri e con
un diametro di 3,30 metri: “Per farsi un’idea della loro grandezza, bisogna pensare che
in cima hanno un capitello dorico di quasi 16 metri quadrati” spiega Mei.

Modellino in legno del Tempio G, creato da Mario Luni, Gastone Buttarini e Graziella
Barozzi. Foto di Giuseppe Dromedari
Dopo le indagini statiche, sarà la volta delle analisi sismiche e strutturali. “Si faranno
degli studi sulla tenuta della pietra” illustra il docente dell'UniUrb , che avverte: “Gli
elementi architettonici sono fatti per stare in piedi. A terra invece si stanno sbriciolando,
perché con il tempo la pietra va incontro a fessurazioni”. Ricomporre le colonne e
riposizionarle in verticale significa, di fatto, proteggerle. “Il nostro progetto è innanzitutto
un’operazione di conservazione e tutela – ammette Mei – . Poi indubbiamente c’è un
risvolto scientifico e anche divulgativo: dobbiamo pensare anche a chi non è un

Tutti i diritti riservati


PAESE :Italia
www.ilducato.it
TYPE :(Autre)

6 ottobre 2022 - 22:18 > Versione online

archeologo. Ridare forma a quello che per molti è un cumulo di macerie avrà
sicuramente un forte impatto”.
Ma i tempi di realizzazione non sono immediati: “Il risollevamento delle colonne è solo la
parte finale. Avverrà almeno tra un anno. Prima si dovrà fare anche una prospezione
geofisica, cioè una ricerca con il georadar per cercare l’altare e per capire cosa c’è
intorno al tempio” afferma l’archeologo.

Tutti i diritti riservati

Potrebbero piacerti anche