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REGIMI DEMOCRATICI.
Il perimetro dei regimi politici
Le diverse forme che avranno i regimi politici per quanto riguarda il format territoriale (o della
comunità politica) si possono adattare a tipi di ordinamento politico molto diversi.
Se ci concentrassimo sui tipi di format territoriale che storicamente hanno assunto i regimi
politici sulla base della loro estensione e complessità organizzativa, seguendo Finer [1997]
individuiamo tre macrotipi di polity, più uno:
Le prime democratizzazioni
La «seconda venuta della democrazia» si colloca nel secolo che va dalla Gloriosa rivoluzione
inglese (1688) alla Rivoluzione francese (1789), presuppone dei processi di lunga durata che
hanno reso gli individui politicamente attivi, trasformandoli da sudditi in cittadini.
Diverse sono le spiegazioni che illustrano le predisposizioni di alcuni sistemi politici precoci nei
loro percorsi di democratizzazione.
Consolidamento democratico.
il processo, innescato dal trascorrere del tempo, di formazione delle strutture democratiche nei
loro caratteri essenziali (ad es., le necessarie garanzie per una competizione libera) e di
adattamento in quelli secondari (ad es., le diverse possibili modalità nei rapporti tra i gruppi
sociali).
Il consolidamento democratico non è né un processo lineare né tanto mento prevedibile. La sua
prima fase logica, la legittimazione, ha lo scopo di mettere in opera il compromesso all’interno
della coalizione dominante di attori politici, sociali e istituzionali. Tuttavia in alcuni contesti
Morlino parla di “legittimazione esclusiva” poiché caratterizzata da forze politiche che non
accettano la democrazia; non ci è quindi un pieno riconoscimento del compromesso democratico
prevale il conflitto tra gruppi sociali e classi, non c’è rispetto della legalità, i militari continuano
a influenzare la politica, c’è una radicale sfiducia a livello di opinione pubblica e di gruppi
specifici. Per controbilanciare la legittimità esclusiva viene in soccorso l’ancoraggio
democratico, che si caratterizza di per la nascita di una serie di strutture istituzionali e sociali
in grado di stabilizzare il processo di consolidamento democratico.
Dalle due definizioni possiamo vedere l’opposizione tra democrazia reale e democrazia ideale;
tra le due c’è uno scarto ontologico, tra reale e ideale si inserisce il processo di miglioramento,
di avvicinamento del reale all’ideale.
Nel contesto contemporaneo assistiamo ad un revival della partizione tra democrazia
rappresentativa o mediata e quella partecipativa o diretta.
Democrazia diretta→ riconducibile solo alle città stato, in cui i cittadini (maschi, liberi di
origine della città stato) prendevano direttamente le decisioni. solo in piccole città riescono a
riunirsi tutte le persone che ne hanno diritto . Ora abbiamo metodi di democrazia diretta come il
referendum
Democrazia rappresentativa→ rispetto a quella diretta, spesso piegata al sentimento e a coloro
che meglio spiccano nell’arte oratoria, costringe a far diventare i molti io un noi, unisce le
persone al di là delle particolarità di ciascuno. La democrazia rapp. mette questa
prioritarizzazione degli interessi e stabilizza la democrazia e rende i rappresentati più
controllabili, in teoria.
Varianti di democrazia
Concentriamoci ora sulle democrazie rappresentative consolidate. A partire dagli anni Sessanta
fu possibile sviluppare riflessioni sulla diversa natura dei vari regimi democratici.
Lo studioso che dopo Almond, e il suo studio sulla differenza tra i sistemi democratici sulle due
sponde dell’Atlantico utilizzando il livello di omogeneità della cultura politica, ha approfondito
questo aspetto è Arend Lijphart.
Fin dai suoi primi studi egli ha messo a fuoco il modello consociativo di democrazia, al fine di
spiegare la tendenza di alcuni sistemi dell’Europa continentale a creare le condizioni di un
governo «allargato» con maggioranze sovradimensionate, coalizioni ideologicamente complesse
e svariati meccanismi di «contrappeso costituzionale» rispetto al governo maggioritario,
espressione di chi avrebbe vinto le elezioni.
Lijphart rilancia con forza la tesi del migliore rendimento complessivo del modello «più gentile»
di democrazia, quello consensuale, capace di offrire politiche più confacenti sotto il profilo del
rispetto dei diritti e dell’inclusività, senza peraltro sfigurare rispetto alle democrazie
maggioritarie sul piano delle politiche economiche.
Una delle critiche spesso rivolte alla tipologia , oltre che quelle sugli aspetti teorici e analitici, è
che alla fine si riduce ai due modelli polari lasciando non identificate tutte le soluzioni
intermedie. Nonostante ciò la distinzione tra i modelli polari tracciata da Lijphart ha consentito
di incasellare tendenze realmente esistenti nella storia delle democrazie contemporanee e di
identificare importanti cambiamenti occorsi nel tempo.
Il regime totalitario. Giovanni Sartori [1994, 126] ricorda che il totalitarismo è «un fatto
di estensione e, derivatamente, di penetrazione e intensità». Per contro, «in questa
ottica totalitarismo denota l’incapsulamento di tutta la vita associata dentro lo Stato, il
dominio capillare del potere politico su tutta la vita extra-politica dell’uomo»