CAPITOLO I
ACCOGLIENZA
9 Confess. 1, 6, ; 7; 2,7
ant ; , 12, 33.
10 Confess. 1 6 1 3 1, 41; 12, 29, 40; 13, 10, il.
11 Confess. 12, 16, 23; 12, 25
12° Confess. 9, 5, 13.
13 Confess. 9, 2, 4.
14 Confess. 3, 6, 11. Ma quisi tratta della cultura pagana come tale e della professione di
retore intesa come fonte di vanagloria e di lucro o come un artificio per ingannare.
Il giudizio di Agostino sulle arti liberali in sé è assolutamente positivo: cf. De ordine 2,
12, 35-16, 44; De doctr. christ. 2, 31, 48-40, 61; Retract. 1, 6.
15 Cf. De utilitate credendi 1, 3 e la lettera aperta dell’« uditore » romano Secondino: Epi-
stola ad Augustinum: PL 42, 571-578. °
16 Per es.: 3, 6, 10-10, 18; 4, 8, 13; 6, 7, 12; 7,5, 7.
17 Cf. Contra litt. Petiliani 3, 16, 19. 17, 20.
18 Confess. 10, 29, 40. 31, 45. 37, 60.
19 De dono perseverantiae 20, 53.
20 Confess. 9, 8, 18.
21 Opus imp. contra Iul. 1, 68.
2 Opus imp. contra lul. 3, 199.
23 Confess. 4, 16, 28.
INTRODUZIONE XI
tazioni quando, dopo aver detto che le Confessioni aiutano ad elevare la mente e
gli affetti a Dio, aggiungono: « Questo ad ogni modo produssero in me quando le
andavo scrivendo e producono anche adesso quando le leggo. Che cosa ne pensano
gli altri se la vedano loro. So però, ecc.» 24.
Durante il Medio Evo il capolavoro agostiniano ebbe molti ammiratori, ma
non mancarono critici.
Prescindendo dall’influsso che può aver avuto o non avuto nelle « Confessioni »
di Paolino da Pella, S. Patrizio, Ennodio da Pavia, l'ammirazione di cui godet-
che
tero si deduce dal numero dei lettori e questi dal numero dei manoscritti,
sono molti. Scrive il Wilmart che i manoscritti delle Confessioni cedono per
numero solo a quelli della Città di Dio, che è il libro agostiniano «piletto e più
copiato, dopo la Sacra Scrittura e forse dopo i Morali di S. Gregorio » 7, che
furono, com'è noto, un diffusissimo manuale di teologia morale e di ascetica.
Tra questi ammiratori famoso il Petrarca. Petrarca ci assicura che un esem-
plare delle Confessioni gli era compagno inseparabile nei molti e lunghi viaggi
attraverso la Germania e l'Italia, che lo leggeva spesso e leggendolo si commuo-
veva fino alle lacrime ®; consigliava poi il fratello Gerardo — e certamente non
solo lui — a leggere le Confessioni, dove avrebbe trovato un grande rifugio e una
fonte di gioia. Ma lo stesso Petrarca ci fa sapere che c'erano al suo tempo
quidam ridiculi homines, i quali ridere solent dei libri delle Confessioni.
Ai nostri tempi l'atteggiamento verso le Confessioni presenta gli stessi segni
di contrasto. Lettori assidui, studiosi appassionati, critici severi. Narreremo la sto-
ria di questa critica, che si è soffermata principalmente sulla credibilità autobio-
grafica, mettendola in dubbio o negandola addirittura.
Intanto diremo che le Confessioni sono molto lette anche oggi, e forse pit
che nel passato 8, Quel romantico cercare dentro di sé, quella spietata sincerità
con cui rivela le ferite dell'anima, quell’umile ricorso a Dio, quel dialogo inces-
sante col Padre delle misericordie, quella speranza ineffabile della pace perfetta
attraggono il lettore moderno e lo commuovono. Il giudizio di Agostino, riportato
sopra, è sempre vero ed attuale: anche oggi piacciono molto e piacciono a molti.
24 Retract. 2, 6.
25 COURCELLE, Confessions, pp. 206-217.
2% A. WiLmart, La tradition des grands ouvrages de St. A., in M. A., II, Roma 1931,
pp. 257-315.
21 WILMART, ar. cit., p. 261. NI
28 Sen., Ep. ad Ludovicum Marsilium 15, 7; De contemptu mundi, dial. 1. i
29 Ep. de reb. fam. 18, 5: Et tibi inter legendum fluent lacrimae, et legendo flebis et
flendo laetaberis.
30 Ep. de reb. fam. 10, 3. Cf. CourcELLE, Confessions, pp. 329-351.
31 Cf. p. CKXIV.
CAPITOLO II
COMPOSIZIONE
1. Data
Il problema della data ha una piccola storia. I Maurini ritennero che le Con-
fessioni siano state composte verso il 400. Si basavano sul fatto che le Ritratta-
zioni, in cui le opere, secondo la promessa di Agostino stesso, vengono recensite
per ordine cronologico, recensiscono le Confessioni immediatamente prima del
Contra Faustum, composto, a loro giudizio, poco prima o poco dopo quella data!.
I critici hanno seguito comunemente la loro opinione.
In tempipiù vicini a noi si è creduto di poter determinare meglio questa data,
racchiudendola tra due termini precisi: 4 aprile del 397 (termine a quo) e 7-12 di-
cembre del 398 (termine ad quem)?. Studi piu recenti hanno riportato il secondo
termine all'anno approssimativo indicato dai Maurini?.
Ecco alcune indicazioni che danno un'idea non imprecisa dell’iniricata que-
stione. La datazione delle Confessioni è legata all'ordine seguito dalle Ritrattazioni,
che è, come si è detto, l’ordine cronologico‘, e all'anno della disputa con Felice
manicheo, la quale comincia con l'indicazione della data in cui fu tenuta. Però:
a) Le Ritrattazioni seguono, si, l'ordine cronologico, ma quello dell'inizio della
composizione dell’opera, non quello del termineS. Possono quindi aiutarci, e ci
aiutano, a fissare il termine a quo di un'opera, ma non necessariamente il termine
ad quem. b) Il Contra Felicem M. porta, si, in testa la data della disputa, ma è
proprio questa data che crea difficoltà. Infatti, la disputa fu tenuta Honorio Augu-
sto VI consule, VII idus decembris, cioè il 7 dicembre del 404. Ora, nelle Ritratta-
zioni vengono recensite, dopo questa, molte opere, delle quali alcune certamente
furono scritte prima di quella data. Per esempio il Contra litteras Petiliani, il
quale, scritto durante il pontificato di Anastasio, cioè tra il 398 e il 4017, viene
recensito molto dopo il Contra Felicem M8,
Questa difficoltà ha richiatnato l'attenzione degli studiosi. Il Monceaux l’ha
superata apportando una correzione alla data della disputa con Felice che sarebbe
stata tenuta non Honorio Augusto VI consule, bensi Honorio Augusto IV consule,
cioè non al 7 dicembre del 404, ma al 7 dicembre del 398. Questa correzione, che si
giustifica, secondo il Monceaux, con un facile errore di trascrizione (VI invece di
IV), salva il principio dell'ordine cronologico delle Ritrattazioni e fissa — cosi
si afferma — il termine ad quem delle Confessioni, che vengono recensite poco
prima di questa disputa?. L'opinione del Monceaux è stata accettata dagli autori
posteriori, in particolare dal Casamassa!° e dallo Zarb!®.
Invece M. Jourjon!2 e A. Solignac! la ritengono inaccettabile per un partico-
lare che ci offre il testo stesso della disputa. Risulta infatti che il 7 e il 12 dicem-
bre cadevano rispettivamente di mercoledi e di lunedi!. Ora un mercoledi e un
lunedi che cadano il 7 e il 12 dicembre non c'è nel 398; c'è invece nel 404, che è
appunto l’anno del VI consolato di Onorio, secondo la data apposta all’inizio
degli Atti.
Resta perciò la difficoltà per l'ordine cronologico delle Ritrattazioni, promesso,
e seguito generalmente ma forse non sempre, dall’autore, e non si può prendere
piu il dicembre 398 come termine ad quem delle Confessioni. Poco male in questo
secondo caso. Infatti, ancorché la disputa con Felice fosse stata tenuta nel dicem-
bre 398, secondo la correzione proposta dal Monceaux, si sarebbe autorizzati a
concludere che prima di quella data i libri delle Confessioni erano stati comin-
ciati, ma non che fossero già terminati. Tanto piu che tra la prima e la seconda
parte dell’opera ci fu — come vedremo — un certo intervallo. La datazione dun-
que del capolavoro agostiniano — almeno per il secondo termine — dev'essere
raccomandata ad altri argomenti. Quelli per il primo — termine a quo — sono
stati indicati accuratamente dal Casamassa.
Stando al testo delle Confessioni risulta che queste furono scritte dopo la
consacrazione episcopale di Agostino! e dopo la morte di Ambrogio !. Ora, se
l’anno della consacrazione episcopale di Agostino è discusso, oscillando tra il
6 Contra pe Petiliani 2, 51, 118: cathedra... Ecclesiae Romanae.... in qua hodie Anasta-
sius sedet...
7 Cf. ProspPERO, Chronicon, a. 398; SocRaTE, H. E. 7, 9; Concilio di Cartagine del 13 sett. 401,
in PL 43, 809.
8 Retract. 2, 8 (Contra Felicem M.); 2, 25 (Contra litt. Petil.).
9 Retract. 2, 6.
10 Op. cit., pp. 242. 302.
11 Chronologia operum S. Aug., Roma 1934, p. 45.
12 Op. cit.
13 Op. cit.
14 Contra Felicem M. 1, 20; 2, 1.
5 Op. cit.
16 Confess. 11, 2, 2: me perduxisti praedicare verbum et sacramentum tuum dispensare.
Il vescovo viene definito da Ag.: dispensator verbi et sacramenti; cf. Serm. Denis, PL
46, 880 e M.A. II, p. 88. :
!7 Conf. 5, 13, 23: Et veni Mediolanium ad Ambrosium episcopum... cuius tunc eloquia...;
Conf. 8, 2, 3: Perrexi ad Simplicianum, patrem in accipenda gratia tunc episcopi Am-
brosii. Tunc = allora, fu.
XIV INTRODUZIONE
maggio del 395, quando scrisse come semplice presbitero ad Alipio!8, e l'agosto
del 397, quando firmò come vescovo d’Ippona gli Atti del 3° Concilio di Carta-
gine, non è discusso l’anno della morte di Ambrogio: il grande vescovo di Mi-
lano mori il 4 aprile del 3972.
Queste due circostanze sono confermate dalle Ritrattazioni, che recensiscono
le Confessioni tra le opere dell’episcopato (libro secondo?!) e dopo i due libri
ad Simplicianum ecclesiae Mediolanensis antistitem, qui beatissimo successit
Ambrosio 2, Si può dunque ritenere per certo che le Confessioni furono iniziate
dopo l'aprile del 397.
Meno agevole stabilire il termine ad quem.
Le Confessioni vengono citate nel Contra Faustum, che si riferisce al libro 508,
e nel De Genesi ad litteram, che si riferisce al libro 13°. Dunque quando Agostino
scriveva il Contra Faustum era stata pubblicata almeno la prima parte delle
Confessioni; quando scriveva i primi libri del De Genesi ad litteram anche la
seconda. Ma quando furono scritte queste opere? Per. stabilirlo abbiamo due
punti di riferimento: a) l'ordine cronologico seguito dalle Ritrattazioni, che
dev'essere, nonostante l'anomalia del Contra Felicem M., mantenuto; b) la data
dei libri ad Simplicianum che furono scritti in ipso exordio episcopatus? e il
Contra litteras Petiliani, del quale il secondo libro fu scritto, come si è detto,
non oltre il 401. Ora il De Genesi ad litteram è recensito immediatamente prima
del Contra litteras Petiliani, mentre il Contra Faustum è molto pit indietro: dista
di 6 opere dall'inizio dell’episcopato e di 18 dal Contra litt. Petil. Dunque il
De Genesi ad litteram fu cominciato verso il 400% e il Contra Faustum fu com-
posto verso il 398. Conclusione: le Confessioni, cominciate dopo l'aprile del 397
e terminate certamente prima del 400, erano già di pubblico dominio, almeno i
libri 1-9, alla fine del 398: qualche tempo prima che Agostino desse inizio alla
grande e faticosa opera del De Trinitate 7. Abbiamo dunque: prima parte (libri 1-9),
aprile 397-dicembre 398; opera intera, 397-400.
2. Scopo
e gli affetti degli uomini». Nella lettera al conte Dario esprime questi stessi
motivi e li completa. « Eccoti pertanto, figlio mio, eccoti... i libri delle Confessioni,
che hai desiderato avere. Guardami li ‘affinché tu non mi lodi oltre il mio
merito... e se vi troverai qualcosa che ti piaccia, loda ivi con me Colui che volli
fosse lodato per causa mia. E... prega per me che io non divenga meno, ma
divenga perfetto; prega, figlio mio, prega... Né solo tu, ma quanti per bocca tua
hanno preso a volermi bene, pregate per me » 93.
Lode di Dio, umiltà, desiderio di essere sostenuto dalla preghiera dei fratelli.
Questi motivi trovano conferma dalla lettura del testo. Le Confessioni infatti
cominciano con un grido di stupore per !a grandezza di Dio e con la costatazione
che l'uomo, ancorché peccatore, vuole lodarlo ®. Nel 2° libro, chiedendosi perché
voglia ricordare le passate brutture, risponde: «Per amore del tuo amore
m’induco a tanto... perché mi diventi dolce tu, che sei la dolcezza senza inganno,
la dolcezza felice e sicura e tu mi raccolga dalla dispersione nella quale mi lacerai
a brano a brano »31,
Lo stesso pensiero all’inizio del libro 11°, dove dice al Signore: « Perché mai ti
racconto io tanti fatti?... lo faccio per risvegliare l'affetto mio e di quelli che mi
leggono verso di te, affinché tutti diciamo: E’ grande il Signore e ben degno di
lode. Già lo dissi e lo dirò di nuovo: per amore del tuo amore m'induco a
tanto » 32. All’inizio poi del libro 10° v'è l’idea del ringraziamento e della preghiera
con i quali i lettori lo avrebbero aiutato. « Non è piccolo il frutto, Signore mio Dio,
quando molti ti ringraziano per noi e molti ti pregano per noi »33. Infine, al ter-
mine del libro 9° troviamo l'invito a pregare per i suoi genitori. « Cosi — con-
clude — l’estrema invocazione che mi rivolse mia madre sarà soddisfatta, con le
orazioni di molti, piu abbondantemente dalle mie confessioni che dalle mie
azioni» *,
Possidio, che conosceva bene l’opera e l’autore, ricorda e riassume questi
stessi motivi30.
Confessioni dunque, non nel significato corrente di accusa dei peccati, ma in
quello molto più ricco del latino cristiano, nel quale significa due cose distinte
anche se connesse: confessio laudis e confessio peccatorum. Spiega Agostino:
Confessio aut laudantis est, aut paenitentis; e taccia di poca erudizione chi
non conosca questi due significati, I quali del resto sono intimamente connessi,
in quanto la condanna del proprio peccato è già essa stessa una lode di Dio: re-
prehensio tua, laus ipsius est *,
In realtà nelle Confessioni questi due motivi sono costantemente presenti:
sono in primo luogo un cantico a Dio di lode, di adorazione, di ringraziamento, un
palpito d'amore, un desiderio ardente di essere pieno di Lui, di giungere al pos-
28 Retract. 2, 6, 1.
29 Ep. 231, 6.
30 Confess. 1, 1, 1.
31 Confess. 2, 1, 1.
32 Confess. 11, 1, 1.
33 Confess. 10, 4, 5.
34 Confess. 9, 13, 37.
35 Possipio, S. Aug. vita, 31: cum quo ferime annis quadraginta Dei dono... familiariter et
dulciter vixi.
36 Possipio, S. Aug. vita, praef.
37 Serm. 29, 2; 67, 1; cf. Enarr. ini ps. 7, 19; 29, s. 2, 19, 22; 44, 33; 99, 16; 105, 2; Serm. Mai
126, 2 in M.A,, I, p. 356.
38 Serm. 67, 2.
XVI INTRODUZIONE
sesso della sua pace. Ma poiché chi loda sa di essere stato peccatore e sente di
essere tuttora fragile e imperfetto, le Confessioni diventano un inno alla miseri-
cordia divina ché lo ha liberato e un’invocazione alla misericordia perché, com-
piendo l'opera incominciata, lo liberi totalmente®.
A questi due significati il Courcelle aggiunge quello della confessio fidei.
A torto nel senso di professione di fede; a ragione nel senso di riconoscimento
della scienza o ignoranza delle Scritture: questa «confessione» è propria, in
particolare, degli ultimi tre libri. Ma il Courcelle, che accoglie l'opinione del
Wundt, lo intende nel primo senso.
Agli scopi indicati occorre aggiungerne un altro: la consolazione e la speranza.
Le Confessioni sono il libro della speranza cristiana. Appartengono perciò sotto
questo aspetto alla letteratura consolatoria. Non già che Agostino le scrivesse
— come accade spesso in simili casi — per consolare se .stesso in un momento di
sconforto — quando non si voglia dire che fu per lui una consolazione confessare
a tutti in che cosa, tra i ricordi del passato e le fatiche del presente, trovasse gioia
e refrigerio — male scrisse per consolare gli altri, affinché i lettori imparassero dal
suo esempio a invocare il Signore dagli abissi del male, a non disperare delle divine
misericordie, ad attendere fiduciosi il compimento. delle divine promesse.
« A quale scopo (narro questi fatti)? All’unico scopo che io ed ognilettore valu-
tiamo la profondità dell’abisso da cui dobbiamo lanciare il nostro grido verso di
te ». « Le confessioni dei miei errori. passati, da te rimessi .e velati per farmi godere
la tua beatitudine dopo la trasformazione della mia anima mediante la tua fede e
il tuo sacramento, spronano il cuore del lettore e dell'ascoltatore a non assopirsi
nella disperazione, a non dire: “Non posso”; a vegliare invece nell'amore della
tua misericordia, nella dolcezza della tua grazia, forza di tutti i deboli divenuti per
essa consapevoli della propria debolezza».
Anche i buoni hanno di che consolarsi dalla lettura delle Confessioni. Perché
odono la narrazione di mali dai quali l’autore è stato liberato, perché costatano di
essere stati prevenuti, da un ‘più grande amore, dal cadere in quegli stessi mali,
perché nutrono la stessa grande speranza. « Compiute le nostre opere, buone assai
perché tu ce le hai donate, nel sabato della vita eterna riposeremo in te» bis,
3. Circostanze
39 Cf. M. VERHEIEN, Eloquentia pedisequa, Nimega 1949, che fa una diligente rassegna dei
luoghi delle Confessioni, in cui ricorre il verbo confiteri o. il sostantivo confessio.
4 P. CourcELLE, Recherches..., p. 19
4 Confess. 11, 2, 2.
4lbis Confess. 2, 3, 5. 7, 15; 10, 3, 4; 13, 36, 51.
INTRODUZIONE XVII
nium 3, 79, 92; nelle Enarr. in ps. 36, d. 3, 19); qualche altro nel proposito di render
conto di sé, come facevano i catecumeni (le Confessioni avrebbero lo schema
d'un esame catechetico); qualche altro ancora nell'uso della confessione pub-
blica *. Opinioni, queste, che riteniamo prive di solido fondamento,
Forse si andrebbe meno lontano dal vero se si pensasse che a scrivere le
Confessioni fu occasione il desiderio degli amici di conoscere la vita di Agostino
e il desiderio di questi di difendersi dalle lodi degli amici. La prima ragione vale
certamente per la seconda parte delle Confessioni, che risulta scritta, come
diremo, su richiesta degli amici. L'altra ragione, invece, ha a suo favore quanto
il santo scrive al conte Dario e al fatto che lodi veramente straordinarie venivano
tributate da molte parti al giovane vescovo, considerato ormai il simbolo della
riscossa della Chiesa africana *#, quasi una voce del cielo *: lodi che non pote-
vano non offendere la sua grande modestia. Baronio e i Maurini hanno pensato
che l'amico che indusse Agostino a scrivere la sua storia fu Paolino da Nola.
Il Courcelle ha ripreso recentemente questa opinione confermandola con un
attento e minuzioso studio della corrispondenza tra i due santi*. Ma la maggior
parte di questa corrispondenza è andata perduta. Siamo dunque costretti a
restare sul piano delle supposizioni, che sono certamente verosimili, ma che non
superano i limiti della probabilità.
Comunque l’ipotesi che sia stato Paolino ad indurre il vescovo d'Ippona a
scrivere le Confessioni riposa su questi fatti: a) Paolino espresse ad Alipio il
desiderio di conoscere la storia della sua vita*; b) Alipio, non volendola scrivere
personalmente, pregò l’amico del cuore, Agostino, di volerlo fare in sua vece;
questi accettò e scrisse a Paolino che presto gli avrebbe messo dentro nel cuore
tutto quanto Alipio; c) non risulta che la promessa sia stata mantenuta;
ritroviamo però la vita di Alipio nelle Confessioni, parte a modo di digressione
e parte collegata a quella di Agostino *.
4. Divisione
Una frase delle Ritrattazioni 9 farebbe pensare ad una divisione delle Con-
fessioni, secondo la quale la prima parte, comprendente i libri 1-10, avrebbe carat-
tere autobiografico (de me scripti sunt), la seconda, comprendente i libri 11-13,
conterrebbe un commento alla Scrittura (de Scripturis sanctis).
Ma l'esame dell’opera impone una divisione un po’ diversa. La prima parte
descrive il passato, qualis fuerim, dalla nascita alla conversione, dl battesimo,
quando la
alla morte di Monica, e comprende i libri 1-9; la seconda, scritta
nota ai lettori®, descrive il presente, qualis sim, e comprend e i
prima è già
divisione
libri 10-13. Cosi esplicitamente Agostino. Possidio conferma questa
facendosi eco delle parole stesse delle Confessioni.
Il Williger® invece, seguito dal Courcelle®%, propone un’altra divisione. Egli
i
ritiene che i libri 11-13 seguivano immediatamente, in una prima edizione,
libri 1-9. Il libro 10°, che romperebbe l'armonia dell'opera, sarebbe stato scritto
sul
più tardi e inserito artificiosamente al posto attuale55, Fonda la sua opinione
il
distacco che si noterebbe tra i libri 9° e 10°, e i libri 10° e 11°. Dato per scontato
primo distacco — le Confessioni in un primo disegno terminava no con il 1. 9° —
non ci pare che sia stato dimostrato il secondo. La relazione tra il libro 10° e
'1lo è molto stretta, tanto che la conclusione dell'uno prepara il tema del-
l'altro Sis,
come
IN Knauer, studiando le citazioni dei Salmi, alcune delle quali servono
capitoli, sezioni o libri diversi, dimostra la continuità tra i
punto di sutura tra
il piano
libri 1-9 e 10-13 e ne conclude che Agostino aveva tracciato a se stesso
contro di sé
dell’opera prima di cominciarla*. Conclusione, quest'ultima, che ha
l'affermazione di Agostino stesso ricordata or ora, là ove dice che le Confessioni
che parlavano del suo passato erano già pubblicate — questo vuol dire l’espres-
sione: cum leguntur et audiuntur — quando gli amici gli chiedevano di « confes-
sarsi» del suo presente. Non si può pensare dunque ad un piano iniziale di
tutta l'opera. Occorre ammettere non solo due parti, ma anche due redazioni
delle Confessioni: la prima, costituita dai soli libri 1-9; la seconda, dalla forma
è
attuale, cioè dai 13 libri. Quale intervallo sia corso tra l'una e l’altra non
possibile determinarlo, ma certo non superò, come si è detto, quello che separa
la composizione del Contra Faustum dall'inizio del De Genesi ad litteram.
leguntur
50 Confess. 10, 3, 4: Nam confessiones praeteritorum malorum meorum... cum
et audiuntur, excitant cor, ne dormiat... 0. .
m mearum,
51 Confess. 10, 3, 4: Sed quis adhuc sim ecce in ipso tempore confessionu m
confitente me, quid ipse intus sim...; Confess. 10, 4, 6: Hic est fructus confessionu
iubes ut
mearum, non qualis fuerim, sed qualis sim... Indicabo ergo talibus, qualibus
serviam, non quis fuerim, sed qualis iam sim et quis adhuc sim...
perceptam
52 Possinio, Vita, praef. 5: In suis Confessionum libris de seipso, qualis ante
gratiam fuerit qualisque iam sumpta viveret, designavit. . . n j
die meutest.
53 È. WiLieer, Der Aufbau der Konfessionen Augustins, in Zeitschrift fiir
Wissenschaft, 28 (1929), pp. 103-106. È . :
prima parte
54 P. CouRcELLE, Recherches... p. 25. Il Pincherle avanza l'ipotesi che la
39-43; 70, con i
del libro (6, 8-27, 38) appartenga alla prima redazione, il resto (28,
dopo. Cf. Quel-
ritocchi necessari all’inizio) si potrebbe pensare che sia stato aggiunto
Clio, 7-9 (1955-57),
ques remarques sur 'les Confessions de St. Aug., in La Nouvelle
.183-206. .
scritto per S. Pao-
55 Tl Ccurcalle propone il 401 e sostiene che il libro X sarebbe stato .
lino da Nola. Cf. Les Confessions..., pp. 576-582. — . ;
deserto, della proi-
5sbis Il libro X termina con la confessione del proposito di fuggire nel
del Santo, il quale,
bizione che gli era venuta dal Cristo e dell’umile rassegnazione
del Signore per
per consolarsi delle dure fatiche apostoliche, vuol meditare la legge
cui è destinato
farsene un cibo spirituale che gli permetta di vivere e di nutrire coloro
Questo appunto è il
a servire. Intanto confessa la sua ignoranza e la sua infermità.
Op. cit., p. 150.
tema e lo scopo degli ultimi tre libri. Dello stesso parere M. PELLEGRINO,
1955, pp. 133-161.
56 N.G. KnauEr, Psalmenzitate in Augustins Konfessionen, Gòttingen
INTRODUZIONE XIX
5. Unità
57 Per un panorama delle diverse opinioni cf. A. SoLIGNAc, Confessions, B. A. 13, Introd.,
pp. 19-45; L.F. PizzoLato, Le Confessioni di S. Ag., Milano 1968, pp. 28-65.
58 Cf. O. TescarI, Confessioni, trad. ital., Introd. p. XV: «Le Confessioni, in verità, fini-
sconocol libro decimo »; MiscH G., Geschichte der Autobiographie, Bern 19503, 1/2,
pp. 637-678.
J. FINAERT, St. Aug. rhéteur, Paris 1939; pp. 67-78; H.I. Marrou, St. Aug. et la fin de
la culture antique, Paris 1949, pp. 63-64 e 666 dove il Marrou ritratta questa sua opi-
nione; G. KowaLskI, Est-ce qu' Aug. se confesse dans ses Confessions?, in Eos, 30 (1927),
pp. 379-400, il quale, non trovando negli ultimi libri la teoria della «vita» o «l’ezio-
logia psicologica » che sarebbe, secondo lui, il carattere essenziale. delle Confessioni,
accusa Ag. di confondere le leggi più elementari della composizione.
60 P. COURCELLE, Recherches..., p. 21.
61 Op. cit., p. 20.
6 E. WiLLicer, Der Aufbau der Konfessionen Augustins, in Zeitschrift fiir N.W., 28 (1929),
To,PIO AL M. Wacner, Plan in the Confessions of St. A., in Philological Journal,
, PP. 1-25.
63 M. WunpT, Augustins Konfessionen, in Zeitschrift fiir N.W., 22 (1923), p. 185.
XX INTRODUZIONE
rebbe il concetto della peregrinatio animae dalle vie tortuose del peccato,
intra-
nella regio egestatis o dissimilitudinis, alla domus Dei o regio ubertatis,
vista e gustata per un attimo nell’estasi di Ostia: senza i libri 11-13 le Confession i
sarebbero incomplete. Simbolo di questa peregrinatio sarebbe, insieme alle imma-
gini plotiniane ricordate, la parabola del figliuol prodigo”.
Il Duchrow, sviluppando uno schema non nuovo che vede nel rapporto tra
le beatitudini e i doni dello Spirito Santo una scala verso la perfezione, ravvi-
cina con evidente artificio le Confessioni e il De Trinitate e scopre nelle due
opere uno schema unico che va dal dono del timore al dono dell'intelletto o,
ch'è lo stesso, dalla beatitudine dei poveri in spirito alla beatitudine dei mondi
di cuore. In forza di tale schema i libri 1-9 delle Confessioni corrispondono ai due
primi gradini: dono del timore e della pietà (= poveri in spirito e miti di cuore),
i libri 11-13 al terzo gradino costituito dal dono della scienza (= beatitudine del
pianto), mentre il libro 10° sarebbe una propedeutica a questi ultimi. L'ascesa conti-
nua nel De Trinitate, che appartiene al sesto gradino, che è quello del dono del-
l'intelletto (= purezza di cuore)”.
Il Pizzolato trova la chiave dell'unità strutturale delle Confessioni in un
testo del De Genesi contra Manichaeos®, nel quale Agostino divide la storia
umana in sette età secondo le sette età dell'uomo e i sette giorni della creazione:
infantia, pueritia, adolescentia, iuventus, declinatio a iuventute ad senectutem,
senectus, quies. Su questo schema delle sette età dell'uomo e della storia sareb-
bero tessute le Confessioni, unendo insieme il processo autobiografico e quello
storico dell'economia della salvezza. Cosi si spiegherebbe la presenza dei tre
libri esegetici nel piano generale dell'opera e la scelta della Genesi come mate-
ria di esegesi. La suddivisione delle Confessioni sarebbe perciò la seguente:
I, 1-7 (infantia); I, 8-20 (pueritia); II - VI (adolescentia); VII - IX (iuventus); X
(declinatio ad senectutem); XI - XIII, 34, 49 (senectus); XIII, 35, 50 - 38, 53
(quies) o chiusura®.
Robert O’ Connell, convinto che l’autore delle Confessioni condivideva la
teoria plotiniana della caduta dell'anima — e ha tentato dimostrarlo in diversi
studi col « metodo dei campioni »8! —, trova in questa sua scoperta la solu
zione dell’« enimma » del senso e dell'unità delle Confessioni. Le tre sezioni di
cui l'opera agostiniana è composta — autobiografia (1-9), meditazione sulla me-
moria ed esame di coscienza (10), interpretazione della Genesi (11-13) — tro-
vano unità nella teoria dell'uomo concepito come anima caduta e quindi nel.
l’aversio e nella conversio. Gli ultimi tre libri sono la dimostrazione che questa
7% N.G. KNAUER, Peregrinatio animae- Zur Frage der Einheit der augustinischen Konfes-
sionen, in Hermes. 85 (1957) pp. 216-248.
fl Secondo questo schema fu composta la preziosa raccolta di testi sulla dottrina spiti-
tuale agostiniana (A. TonNA-BARTHET, De vita christiana Libri VII, Romae 19272, trad.
ital. S.E.I., Torino 1930) e fu scritta la vita del Santo (N. Concetti, S. Augustini vita,
Tolentino 1929).
#8 U. Ducarow, Der Aufbau von Augustinus Schriften Confessiones und De Trinitate, in
Zeitschrift fiir Theologie und Kirche, 62 (1965), pp. 338-367.
9 De Gen. contra Man. 1, 23, 35-41.
80 L. F. PIZZOLATO, Op. cit., pp. 59-156.
81 R. O'ConNELL, The Plotinian Fall of the Soul in St. A., in Traditio, 19 (1963), pp. 129-
164; St. Augustine's Early theory of Man, A.D. 386-391, Cambridge (Massa.) 1968.
XXII INTRODUZIONE
mie Confessioni lodano Dio giusto e buono per i miei mali e per i miei beni e
verso di lui sollevano l'intelligenza e l'affetto degli uomini »*8.
Hanno appprofondito questo concetto di lode «per i beni e per i mali »,
hanno analizzato gli elementi che compongono la lode, cioè la confessio sia sul
piano metafisico che sul piano religioso e hanno trovato in essa la forma e il
contenuto, e perciò l’unità, delle Confessioni ®.
Se si vuol restare fedeli alle indicazioni offerieci dall'autore, credo che sia
questa la via da percorrere per trovare quel principio unificatore che gli studiosi
hanno cercato e cercano con tanta passione. Ma non basta fermarsi al concetto
di lode. Occorre appprofondire sia la continuità tra il libro 10° e l'1I°, sia, soprat-
tutto, il carattere autobiografico degli ultimi tre libri. I quali non ci rivelano sol-
tanto la conoscenza 0 l'ignoranza che Agostino aveva della Scrittura, ma anche
le pieghe più profonde della sua anima mistica.
Richiesto di descrivere, a comune edificazione, le sue disposizioni interiori,
dopo aver parlato, nel libro X, della memoria, nella quale trova Dio, e della
purificazione, nella quale era impegnato allo scopo di giungere alla più alta unione
con Dio, Agostino omette di parlare delle vie per le quali era stato condotto all’epi-
scopato® per dire cose che gli premeva maggiormente di dire (come nel
libro 9° aveva omesso di parlare della seconda permanenza romana per raccon-
tare la mirabile vita della madre) e cioè: il suo grande amore per la Sacra Scrit-
tura, la brama che aveva di meditare la parola di Dio per rifocillare lo spirito
dopo le fatiche dell’apostolato, il metodo che seguiva in queste sue meditazioni.
Ora, che altro sono questi se non preziosi dati autobiografici?
In conseguenza di ciò alcune delle espressioni più belle che rivelano l'anima ago-
stiniana si trovano proprio in questi ultimi libri. Si pensi, per esempio, al brivido
di terrore e di amore che lo investe di fronte al rivelarsi della sapienza®, all’a-
more che nutriva per la verità anche quando era nell'errore, alla brama della
Gerusalemme celeste, patria e madre sua, al desiderio di correre verso l’am-
plesso divino, al peso dell'amore che lo porta dovunque si muova*, allo sforzo
di raccogliersi dalla dispersione del tempo.
Per conoscere Agostino mistico non si può prescindere dagli ultimi tre libri
delle Confessioni. Ne diremo qualcosa più avanti. Intanto occorre spiegare perché
abbia scelto i primi capitoli della Genesi per esprimere le sue disposizioni interiori.
La risposta sta nel contenuto stesso di questi capitoli, dai quali emergono tre
grandi idee che costituiscono il fondamento e il clima della spiritualità di Ago-
stino e influiscono decisamente sulla natura e sullo scopo delle Confessioni. Nes-
sun altro testo biblico poteva servire tanto appropriatamente allo scopo.
Queste idee sono:
a) la creazione, che è fondamentaie per stabilire il colloquio dell'uomo con
Dio (e il metodo agostiniano si basa essenzialmente su questo colloquio);
88 Retract. 2, 6.
89 Cf. A. DI GIOVANNI, op. cit.
9 Confess. ,
9 Confess. 9, 8, 17.
9 Confess. 11, 9, 11.
9 Confess. 12, 10, 10.
9% Confess. 12, 16, 23.
95 Confess. 13, 8, 9.
9% Confess. 13, 9, 10.
97 Confess. 11, 29, 39.
XXIV INTRODUZIONE
1 Cf. J. NoERREGAARD, Augustins Bekherung, Tiùbingen 1923, pp. 1-19; U. ManNUCCI, S. Ag. e
la critica recente, in Miscellanea Agostiniana, II, Roma 1931, pp. 23-48; M.-P. GARVEY,
St. Aug. christian or neoplatonist2, Milwaukee 1939, pp. 1-40. Per una più breve informa-
zione cf. C. BoyER, Christianisme et néo-platonisme dans la formation de St. Aug.,
Roma 19532, pp. 11-16; M. F. Sciacca, S. Agostino, Brescia 1949, pp. 111-115; P. COURCELLE,
Recherches..., Paris 1950, pp. 7-10; SoLiGNnAc, Confessions, Introd., pp. 55-84.
2 In MIGNE, PL 47, 210 (con lo pseudonimo di JEAN PHERÉPON).
3 A. von HARNACcK, Augustins Konfessionen, Giessen 1888 (ristampato in Reden und Aufstitze,
I, Giessen 1904, pp. 51-79).
4 G. Bossier, La conversion de St. Aug., in Revue de Deux Mondes, 85 (1888), pp. 43-69;
ristampato in La fin du paganisme, I, Paris 1891, pp. 339-379.
XXVI INTRODUZIONE
5 Fr. Loors, Augustinus, in Realencyclopaedie fiir prot. Theol. und Kirche, Leipzig 18973;
L. Gourpon, Essai sur la conversion de st. Aug., Cahors 1900; O. ScHeEL, Die Anschau-
nung Augustins ilber Christi Person und Werke, Tiibingen 1901; H. BECKER, Aug.
studien zu seine geistigen Entwicklung, Leipizig 1908; W. TuHimMmE, Augustins geistige
Entwicklung in den ersten jahren nach seiner Bekehrung, in Neue Studien zur Geschichte
der Theologie, ITI, 1908; IpeM, Grundlinien der geistigen Entwicklung Augustins, in Zeit-
schrift fiir Kirchengeschichte, 31- (1910), pp. 172-213.
6 È STRANO L’évolution intellectuelle de St. Aug., I: Du Manicheisme au Néoplatonisme,
aris è
©7M. Wunpr, Ein Wendepunkt in Augustins Entwicklung, in Zeitschri i
Wis., 21 (1922), pp. 53-64. = : Si
8 CH. Bover; M.-P. Garvevy; M.F. Sciacca; J. NoERREGAARD; M. PELLEGRINO; U. MANNUCCI,
opere citate. Inoltre J. MausBacH, Die Ethik des Hl. Aug., Friburg in Br. 1929, I,
pp. 6-16; H. Gros, La valeur documentaire des Confessions de St. Aug., Paris (s.d.).
INTRODUZIONE XXVII
rima-
Interventi posteriori non sono mancati, ma i termini del problema sono
sti gli stessi!.
Questa in breve la storia della questione. Per esporre ora il più rapidamente
possibile i dati positivi che sono emersi dalla lunga controversia, tratteremo della
storicità delle Confessioni in generale e accenneremo ai punti principali che sono
stati toccati: i disordini giovanili, il ritorno alla fede, l'influsso del neoplatonismo,
la scena del giardino.
A un-autore che narra la sua vita a poca distanza — non più di 12 anni —
dagli avvenimenti principali, che si richiama continuamente ai fatti, che dice di
non ricordare quando non ricorda, di dubitare quando dubita, di essere sicuro
quando sa di essere sicuro !, è difficile dire in faccia: non è vero, tu ti sbagli.
Tanto più quando quest’autore si chiama Agostino, il quale possiede, e in grado
per
eminente, le prerogative del perfetto narratore di sé: la schiettezza e l’amore
la verità, la forza della memoria, l'abilità dello scrittore, l'umiltà della confessione.
Evidentemente le Confessioni non sono un’autobiografia nel senso corrente della
parola. Il Santo non ha voluto narrare tutti i particolari della sua vita, ma solo
quelli che ha potuto o che ha voluto !6; ha insistito sui fatti che pi facevano al suo
scopo, ne ha omessi altri che a noi avrebbe interessato conoscere !, ha scorciato
interi periodi con brevi accenni!8. Ma ciò non toglie che i fatti narrati fossero
reali, oggettivi, com'erano avvenuti e come la memoria li aveva fedelmente
conservati.
E' vero pure che le Confessioni ubbidiscono ad una preoccupazione religiosa.
Il Santo vuol narrare le misericordie divine ed offrire un esempio che sia di con-
forto e di edificazione ai «fratelli ». Egli stesso, già vecchio, riconoscerà aperta-
mente di aver attribuito, nelle Confessioni, il suo ritorno alla fede, alle preghiere
e alle lacrime di sua madre. Ma non si vede come questa preoccupazione vada
a scapito della fedeltà storica, quando, anzi, la suppone e su di essa si fonda.
gespriche
14 Cf. E. DiNT, Aufbau und Glaubwiirdigkeit der Konfessionen und die Cassiciacum
Con-
des Augustinus, in Wiener Studien, N.F., 3 (1969) pp. 181-197, il quale dimostra che
ire e Dialoghi sono parimenti degni di fede, perché descrivono lo stesso cammino
verso Dio.
15 Confess. 2, 1, 1; 3, 12, 21; 5, 3, 3; 6, 6, 9; 8, 12, 28; 9, 6, 14. 10, 26.
tu prior
16 Con 11, 1, 1: Ecce narravi tibi multa quae potui et quae volui, quoniam
voluisti...
1? Confess. 3, 12, 21: Nam et multa praetereo... multa non memini.
meas et
Confess. 9, 8, 17: Multa praetereo, quia multum festino. Accipe confessiones
Sed non
gratiarum actiones, Deus meus, de rebus innumerabilibus etiam in silentio.
parturivit. Ab-
praeteribo quidquid mihi anima parturit de illa famula tua, quae me
notizie,
biamo avuto cosi la mirabile biografia di S. Monica, ma abbiamo perduto
a Roma.
che sarebbero state interessantissime, sulla seconda permanenza di Ag.
tua,
Confess. 11, 2, 2: Quando autem sufticio lingua calami enuntiare omnia hortamenta
verbum
et terrores, et consolationes, et gubernationes quibus me perduxisti praedicare
sappiamo
tuum et sacramentum tuum dispensare populo tuo? (Questo è tutto quello che
ne
dalle Confessioni intorno alla vita di Ag. a Tagaste dopo il battesimo, all’ordinazio
sacerdotale e alla consacrazione episcopale: 388-396).
19 De dono perseverantiae 20, 53.
INTRODUZIONE
3. Fatti e giudizi
2 Confess
21Confess
2 Confess
23Confess. 2,7, 15.
4 L esempio di Catilina serve solo a confermare una dottrina, non a stabilire un paragone;
non significa che Ag. per il furto delle pere si senta più colpevole di quel famigerato,
iaScusa Selo rs ESSO neppure un CAUna, può volere il male. per se stesso.
mazione del Courcelle (Recherches... p. è inesatta e priva di fi .
5 Confess. 2, 5, 10-6, 14. Raf P ne
XXX . INTRODUZIONE
65.
26 Cf. De peccatorum mer. et remiss. 1, 34, 62 - 35,
21 Confess. 1, 19, 30.
INTRODUZIONE XXXI
di Dio anche se egli era ancora « ansante di scolastica boria» 8 — e hanno dimo-
strato che in realtà quest’opposizione non esiste. Dialoghi e Confessioni, pur nella
diversità del tono dovuto alla diversità di indole, di scopo e di tamno dei due
scritti, concordano nel fondo su ciò che riguarda la conversione e gli errori di
Agostino, dei quali ci offrono, in sostanza, lo stesso sviluppo e lo stesso epilogo
Rimandiamo volentieriil lettore ai loro argomenti. Noi, da parte nostra VOrtErRrAD
chiederci se non siano proprio le Confessioni a darci la chiave per seni i Dia-
loghi. L'itinerario spirituale è narrato due volte nei Dialoghi. La prima volta nel
De beata vita ®; la seconda, alla distanza di pochi giorni, nel Contra Academicos.
I punti essenziali di questo itinerario, offerti dal De beata vita in piena armonia
con le Confessioni, sono: 1) la lettura dell’Ortensio e il conseguente invaghimen-
to per la sapienza; 2) l'atteggiamento razionalistico; 3) l'adesione ai manichei;
4) la delusione manichea e l'adesione allo scetticismo; 5) la scoperta della stella
polare a cui affidarsi; 6) gli ostacoli sulla via della consacrazione alla « filosofia »:
le attrattive del matrimonio e degli onori; 7) la lettura dei neoplatonici; 8) la let.
tura della Scrittura; 9) il bruciante desiderio di rompere ogni ad 10) la ri
nuncia all'insegnamento, giustificato col forte dolore di petto che sl'ampediva di
parlare; 11) il porto della tranquillità finalmente raggiunto.
Ora, se si confrontano questi momenti con quelli descritti qualche giorno dopo
nel Contra Academicos3!, ci si accorge di un'importante divergenza: nella prima
narrazione si parla della stella polare, della quale non si parla nella seconda; di
quella stella polare a cui si affidò Agostino nel cammino della vita e che scopri
anteriormente alla lettura dei neoplatonici. Questa divergenza, dovuta, non v'è
dubbio, alla diversità delle persone alle quali i Dialoghi sono dedicati e lla diver-
sità dei temi che dominano i due passi, si può conciliare e si può ricomporre
nell'unità solo attraverso le Confessioni. Le Confessioni infatti ci dicono, come
vedremo, che la stella ritrovata prima della lettura dei neoplatonici fu Paitorità
delle Scritture e della Chiesa e che il volto della «filosofia», a cui si consacrò
totalmente, gli apparve dopo quella lettura quando, meditando S. Paolo, riconobbe
Cristo Redentore, °
i Ma c'è un altro punto nel quale le Confessioni ci aiutano a capire i Dialoghi:
l'umile invocazione della grazia e il riconoscimento dell'efficacia della preghiera,
Agostino a Cassiciaco sente ancora una lotta dolorosa che gli risveglia nellipula
ferite appena cicatrizzate. Perciò ricorre alla preghiera per essere guarito e con-
fida che lo sarà, anche se non cosi presto come desidera. « Non raddoppiate — dice
ai suoi discepoli — le mie miserie. Mi bastano le mie ferite. Perché siano rimar-
ginate io prego Dio quasi tutti i giorni nelle lacrime. Tuttavia spesso mi convinco
dentro di me che sono meno degno di essere guarito cosi presto come desidero » 8.
i Nei Soliloqui, sotto forma di preghiera, esprime gli stessi sentimenti quando
chiede a Dio la grazia di fare ciò che Dio stesso comanda. « Comanda e ordina
ciò che vuoi, ti prego, ma guarisci ed apri le mie orecchie affinché possa udire la
tua voce. Guarisci ed apri i miei occhi affinché possa vedere i tuoi cenni, Allon-
tana da me i movimenti irragionevoli affinché possa riconoscerti ». E ‘così di
2 Confess. 9, 4, 7.
29 Vedi sopra, nota 10.
i De beata vita 4.
o Contra Academicos 2, 2, 4-6.
De ordine 1, 10, 29.
XXXII INTRODUZIONE
5. Alcuni malintesi
33 Soliloquia 1, 1, 5.
3 La preghiera per Plotino o è raccoglimento contemplante — soli, Lui solo (Enn. 5, 1, 6) —
o è mediazione magica che mette in moto la « simpatia universale » (Enn. 3, 2, 8-9; 4, 4,
26.32.40-41.) — ma non una domanda che una volontà suprema esaudisca (Enn. 4, 4, 42).
Non molto dissimile il pensiero di tutto il paganesimo, il quale riteneva che agli déi
si chiedono la ricchezza, la salute, ma non le virtù. Det vitam, det opes; aequum mi
animum ipse parabo (Orazio, Ep. 1, 18, 112); cf. CicERONE, De natura deorum 3, 36.
35 Confess. 10, 29, 40.
36 De ordine 2, 20, 52.
37 De dorio perseverantiae 20, 53. ‘
INTRODUZIONE XXXIII
al punto d'aver superato perfino il timore della morte che era, nell'opinione dei dotti,
l'apice della filosofia, non dubita di professarsi suo discepolo: egone me non libenter
tibi etiam discipulum dabo? (De ordine 1, 11, 31-32). Quale opinione Monica avesse dei
filosofi si può vedere in De beata vita 2, 16 a proposito degli Accademici.
Il monte immanissimus che impedisce l'ingresso al porto della « filosofia » è infatti:
superbum studium inanissimae gloriae (De beata vita 3), mentre la condizione essenziale
per entrarvi è il distacco da tutto; ipsum verum non videbis, nisi totus in philosophiam
intraveris, dice Ag. a Romaniano (Contra Acad. 2, 3, 8). Per l’esperienza di Ag. stesso cf.
De beata vita 1, 4: sed ne in philosophiae gremium celeriter advolarem, fator, uxoris
honorisque illecebra detinebar.
De ordine 1, 8, 22: ...et ego in lacrimis multa oravi; cf. Solil. 1, 1, 1-6.
Solil. 1,1, 5: Iam te solum amo, te solum sequor, te solum quaero, tibi soli servire para-
tus sum, quia tu solus iuste dominaris, tui iuris esse cupio.
Retract. 1, 1, 1.
Ep. i, 3; Contra Acad. 2, 9, 22-23.
Ep. 4, 2.
Sad: 1, 2, 7: ..mihil aliud amo quam Deum et animam quorum neutrum scio.
p. 3, 1-2.
Solil. 1, 3, 8: Sed ergo quid sciam quaero, non quid credam. Questa distinzione tra
scienza e fede è la ragione dei Soliloqui. Ag. sa molte cose per fede; quelle, per esempio,
espresse nella lunga preghiera premessa ai Solilogui stessi. Eppur dopo le tante e tanto
belle cose dette intorno a Dio, all'anima, all'universo, alla salvezza, egli dichiara di non
conoscere Dio e l’anima, e di voler sapere quelle stesse cose contenute nella sua pre-
ghiera. Evidentemente qui Ag., da profondo pensatore, cerca l’evidenza razionale delle
verità fondamentali che riguardano l’anima e Dio. Il suo non sapere è la mancanza di
questa evidenza, che si procurerà approfondendo i problemi dell'immortalità del-
l’anima (Soliloqui) e dell’esistenza di Dio (De libero arbitrio).
Quando compone il De beata vita Ag. mostra d’aver raggiunto grandi conquiste dottri-
nali, quattro soprattutto: il principio metafisico della certezza, la nozione della beatitu-
dine, la condizione essenziale della beatitudine, l'oggetto della beatitudine, che è Dio;
eppure si tratta anche qui, evidentemente, della non ancora raggiunta dimostrazione
dell'immortalità dell'anima.
INTRODUZIONE XXXV
spondenza con Nebridio®. Per ciò che riguarda il Contra Academicos è certo
che la composizione dell’opera non è dovuta al persistente scetticismo, ma
al bisogno di chiarire a se stesso come mai filosofi tanto grandi — Agostino aveva
profonda stima per i seguaci della Nuova Accademia — avessero potuto inse-
gnare una tale dottrina, e come si potesse rispondere ai loro argomenti per rida-
re agli uomini la fiducia di raggiungere la verità. Il motivo che ad esso asse-
gnano le Ritrattazioni 5coincide sostanzialmente con quello della conclusione del-
l'opera* e con quello espresso nella lettera ad Ermogeniano scritta da Cassi-
ciaco 5. Ma questo motivo non dice affatto che l'autore fosse ancora in preda
al dubbio accademico o che ne subisse ancora la tentazione, ma dice solo che
voleva liberarsi, per sé e per gli altri, dalle difficoltà di quei filosofi. Tanto è
vero che ricorre alla teoria dell'esoterismo: gli Accademici cioè avrebbero cono-
sciuto la verità; ma, ritenendo di non poterla esporre a chi non era in grado di
capirla, preferirono occultarla, limitandosi a dimostrare l'errore di chi confidava
solo nella percezione dei sensi.
La grande opera di Agostino a favore della filosofia cristiana cominciava ap-
punto con la lotta aperta contro lo scetticismo, l’ultimo errore che ne aveva de-
viato il cammino, e il piu insidioso.
52 Da essa sappiamo, è vero, che Ag. poneva se stesso nel numero degli stolti e negava di
esser beato perché ignorava tante cose; ma la stessa lettera, che contiene questa con-
fessione, contiene un accenno ai Soliloqui e il riassunto della dimostrazione ivi esposta
intorno ail'immortalità dell'anima (Ep. 3, 4). Strana ignoranza dunque quella di Ag.
se gli permette di toccare vette metafisiche tanto alte quali sono, per ammissione di
tutti, quelle che ha raggiunto nel libro secondo dei Soliloqui. Si aggiunga poi che in
un’altra lettera, scritta da Cassiciaco su per giù nello stesso tempo, scrive: « qualche
volta dopo aver invocato il nome di Dio e dopo aver cominciato a salire verso di Lui
e verso le cose verissimamente vere (verissime vera) mi sento riempire di una tale
convinzione delle cose eterne da meravigliarmi che ci sia bisogno d’un ragionamento per
credere alla loro esistenza, mentre esse ci sono tanto presenti quanto ognuno è pre-
L sente a se stesso » (Ep. 4, 2). Una stoltezza, quella di Ag., moltorelativa, come si vede.
Retract. 1, 1, 1: ...contra Academicos vel De Academicos primum scripsi, ut argu-
mento eorum... ab animo meo, quia et me movebant, quantis possem rationibus
amoverem.
5 Contra Acad. 3, 20, 43.
55 Ep. 1; 3: ..non tam me delectat quod, ut scribis Academicos vicerim... quam quod
abruperim odiosissimum retinaculum, quo ab philosophiae ubere desperatione veri,
quod ut animi pabulum, refrenabar.
XXXVI ” INTRODUZIONE
56 Confess. 71, 5, 7.
8 Confess. 1,7, 11.
58 Confess. 7, 19, 25.
59 De consensu Evang. 1, 7, 11 - 15, 23; cf. De civ. Dei 19, 23 dove viene citata a questo
proposito La filosofia degli oracoli di Porfirio.
60 P. CourcELLE, Les Confessions, pp. 33-42
INTRODUZIONE XXXVII
sioni dicono che Agostino non poteva nemmeno sospettare il significato miste-
rioso delle parole dell’evangelista. Non era consapevole dunque del suo errore.
Non sapeva veramente, in quel momento, quale fosse la dottrina della Chiesa.
Non si tratta dunque di rifiuto, ma d’ignoranza 4. Se si fosse trattato di rifiuto, Ago-
stino non avrebbe mancato di accusarsene, egli che si è accusato di tanti errori e di
tanti peccati molto pir piccoli; in ogni caso avrebbe usato espressioni diverse per
ricordare quel suo atteggiamento.
Questi dunque i termini della controversia, nella quale i sostenitori delle op-
poste soluzioni non fanno che ripetere i propri argomenti. Forse si troverebbe
più facilmente un accordo se s’insistesse maggiormente non sul concetto teologico
della fede, ma sull’aspetto psicologico della conversione alla fede ®, che in genere
è un processo lungo, complesso, faticoso. Il più delle volte infatti si matura sotto
la convergenza di cause diverse, nessuna delle quali, da sola, sarebbe stata suffi-
ciente a determinarla. Cosi in realtà per Agostino. La sua conversione fu il risul-
tato della vittoria contro tre errori che lo tenevano tenacemente avvinto: il .razio-
nalismo, il materialismo e il naturalismo.
Il primo di essi era stato la causa principale, se non unica, dell'abbandono
della fede cattolica. In seguito, caduta l'illusione manichea e passata la pericolosa
tentazione dello scetticismo, il dilemma di fondo — scienza o fede — rinacque pit
vivo e più imperioso. Ma questa volta fu risolto a favore della fede. Con ciò la
posizione di partenza veniva capovolta.
Superando il razionalismo, Agostino accettava la via auctoritatis, che a 19
anni, in nome della scienza, aveva rifiutato. Ce lo assicurano le Confessioni, il De
beata vita, il De utilitate credendi8. Questo fatto è molto importante. Esso ci
consente di costatare fino a qual punto alcuni critici si siano allontanati dal
vero nella valutazione degli avvenimenti. Il primato della fede sulla ragione, che
Agostino avrebbe accettato molto tempo dopo il battesimo, fu accettato in realtà
molto prima: fu la vittoria contro il primo dei suoi errori — il razionalismo —
che gli aveva procurato tanti mali. L’argomentazione di chi sostiene che Agostino
aderi alla via auctoritatis prima che leggesse i platonici è, a questo proposito,
ineccepibile.
Ma si può dire con ciò che sia tornato alla fede di sua madre? Si può
parlare ormai di conversione in senso proprio? Crediamo che sia più esatto parlare
di primo passo verso la conversione; un passo decisivo, ma solo il primo. In
realtà Agostino non doveva sciogliere soltanto il problema impostogli dal dilemma:
scienza o fede; ma molti altri, alcuni dei quali toccavano il fondo delle relazioni
con Dio, i tessuti stessi della vita. Per esempio, il problema del materialismo,
61 In ogni modoil fatto esige una spiegazione, tanto più che si aggiunge a quello, non
meno strano, dell'amico Alipio, il quale pensava, in questo stesso tempo, che i Cat-
tolici credessero del Cristo ciò che in realtà erano i non cattolici, gli apollinaristi, a
credere (cf. Conf. 7, 19, 25). Come mai, ci si chiede, Alipio poté attribuire alla Chiesa
cattolica l’apollinarismo? E come poté il suo grande amico farsi un'idea del Cristo
che era quella di Fotino? I due interrogativi sollecitano una risposta. Forse bisognerà
ricorrere al manicheismo, di cui i due amici erano stati vittime: il manicheismo, ben-
ché superato come indirizzo religioso, avrebbe continuato ancora, indirettamente, a
confondere le idee. Si sa infatti che i manichei davano dell’Incarnazione una inter-
pretazione docetista, che Ag. aveva accettato (Confess. 5, 10, 20): reagendo a questa
interpretazione (Confess. 7, 19, 25) può aver perduto di vista l'insegnamento catto-
lico appreso da sua madre (Confess. 1, 11, 17).
6 Cosi anche il SoLIGNAC, op, cit.
6 Confess. 7, 7, 11; De beata vita 4; De utilitate credendi 8, 20.
XXXVIII INTRODUZIONE
64 Confess. 7, 7,11.
6 S.B. FeMIANO, Riflessioni critiche sulla conversione di S. Ag., Napoli 1951, pp. 55-62.
INTRODUZIONE
Si tratta dunque d'un miracolo? Non necessariamente. Anche se per noi non è
facile trovare precedenti o spiegazioni al Tolle, lege si può pensare, senza togliere
nulla al valore del fatto, ad un episodio di vita ordinaria di cui s'è servita la
Provvidenza per compiere un’opera mirabile; un'opera che non si commisura a
quell'episodio, ma alla grazia divina che se n'è servita.
CAPITOLO IV
AUTOBIOGRAFIA: CONTENUTO
I. EVOLUZIONE INTELLETTUALE
1. Educazione cristiana
scuola. A scuola, almeno a Tagaste, trovò maestri cristiani, uomini che pregavano.
Anche da essi imparò, per. il poco che poteva intendere, che Dio è un essere
grande, capace di ascoltarci e di aiutarci. Imparò altresi a snodare la lingua nella
preghiera, pregando, piccolo ma non con piccolo affetto, di non buscarle dai peda-
goghi?. La chiesa di Tagaste, poi, era una comunità cristiana tornata da tempo
all'unità cattolica, priva perciò della triste lacerazione donatista; una comunità
viva, fervente, operosa.
Ricordando l'educazione ricevuta, Agostino dirà di aver bevuto il nome del
Salvatore col latte materno e di conservarlo profondamente impresso nel cuore,
al punto che « qualsiasi opera che non avesse questo nome, fosse pure dotta e
forbita e veritiera, non lo conquistava totalmente » 3. Al momento della conver-
sione confesserà di essere tornato «a quella religione che mi era stata istillata
da bambino e fatta entrare fin nelle midolla»4. In realtà, per effetto dell’educa-
zione cristiana, Agostino conservò sempre la fede nella Provvidenza, la certezza
della vita futura, il timore dei giudizi divini*, l'amore e la fiducia nel nome di
Gesu, ì
Come da fanciullo era nato alla fede cristiana, cosi a 19 anni nacque alla filo-
sofia. Fino a quel momento, tutto occupato nelle speranze terrene della carriera,
delle ricchezze, dei piaceri, non aveva sentito ancora il richiamo dei grandi ideali
dello spirito. Pur sinceramente credente, era rinchiuso e come immersonella
visione dell’al di quà.
Fu l'Ortensio di Cicerone a ridestarlo. Quel libro, ora perduto, conteneva,
sulla linea del Protrettico di Aristotile, pur esso perduto?, una calda esortazione
alla filosofia: ne descriveva la necessità, la dignità, l'efficacia, la storia. Solo la
sapienza è degna di essere amata sopra tutte le ricchezze, le voluttà, i beni tem-
porali. Riprendeva il tema platonico della beatitudine, descrivendone le condi-
zioni e indicandone l'oggetto. Condizione essenziale è l'amore di ciò che si deve
amare, perché amare ciò che non conviene è già per se stesso una grande miseria;
oggetto sono i beni immortali. Per essere beati occorre dunque « amare, cercare,
conseguire, possedere, abbracciare fortemente la sapienza» che sola è immortale.
La filosofia è una preparazione al ritorno dell'anima alla vita celeste. «Se le
anime che abbiamo, secondo gli antichi, sommi e celebratissimi filosofi, ‘sono
eterne e divine, dobbiamo concludere che quanto più lasciamo ad esse libera-
2 Confess. 1, 9, 14.
3 Confess. 3, 4, 8.
4 Contra Acad. 2, 1, 5.
5 Confess. 6, 5, 8.
6 Confess. 6, 12, 26.
T Confess. 5, 14, 25.
8 Cf. i frammenti rimastici, tramandatici in gran parte da Ag. in CicERONE, Opera, p. IV,
vol. 3°, pp. 312-327, ed. C.F.W. MtiLLER, Bibliotheca Teubneriana, 1830; M. BucH, L’Or-
tensius de Cicéron. Histoire et recostitution, in « Les Belles Lettres », Paris 1958.
9 Cf. W.D. Ross, Aristotelis fragmenta selecta, London 1958.
INTRODUZIONE XLIII
3. Atteggiamento razionalista
Nato alla filosofia, che aveva per lui, come per Cicerone, un profondo signifi-
cato religioso, e sentendosi in cuore un grande amore per la sapienza, Agostino si
diede a cercarla con tutta la passione dell'anima, La cercò, prima di tutto, nella
Scrittura. L'Ortensio lo aveva entusiasmato, ma non lo aveva conquistato del
tutto, perché privo del nome di Cristo !5. Prese allora la decisione di appplicarsi
«allo studio della sacra Scrittura »!9.
La via era giusta, suggerita ad Agostino dall’educazione cristiana. Ma le con-
dizioni necessarie per percorrerla con frutto non c'erano. Insieme con l’amore
per la sapienza aveva assorbito dall’Ortensio il germe del razionalismo. Risveglia-
tosi in lui, con il progresso degli studi e col desiderio di diventare un uomo
sapiente, lo spirito critico, s'era presentato ed imposto alla mente il problema
delle relazioni tra la fede e la ragione. S'era presentato ed imposto in modo sba-
gliato. Non com'è in realtà: fede e ragione, ma come non è e non dev'essere: fede
o ragione. Posto il problema in termini dilemmatici, era facile cadere nell'errore
di scegliere il secondo termine. Cosi fece Agostino. Ma anche se avesse scelto il
primo, avrebbe sbagliato ugualmente (benché, in quel momento, in maniera meno
grave), perché l'errore di fondo sta nel dilemma stesso. Agostino, dicevo, scelse
il secondo termine. Non poteva essere diversamente. Leggendo Cicerone s'era scrol-
lato di dosso la superstitio puerilis (un timore puerile e vano) che l'induceva a
pensare di offendere la fede per il fatto di cercare la verità e s'era convinto — e
questo costituisce tutto il sugo del razionalismo — di dover farsi discepolo non di
chi gli chiedeva di credere, ma di chi gl'insegnava la scienza: mihique persuasi
docentibus potius quam iubentibus esse credendum!7.
10 MiLLER, fragm. 97, p. 325; cit. da Ag. nel De Trin. 14, 19, 26.
11 Confess. 3, 4, 7; De beata vita 1, 4.
12 Confess. 6, 11, 18.
13 Confess. 8, 7, 17-18.
14 Solil. 1, 10, 17.
15 Confess.
16 Confess. 3, 5, 9.
I7 De beata vita 1, 4.
XLIV INTRODUZIONE
Con queste disposizioni portò nella lettura della Sacra Scrittura non « la pietà
di chi cerca », ma « l’acume di chi vuol discutere » 18, e ne restò deluso. Le Confes-
sioni non ci dicono se lesse tutta la Scrittura o una parte e quale, né in concreto
quali punti di essa gli furono pietra d'inciampo. Su questo punto le Confessioni
sono molto sommarie. Ci dicono solo che lo urtarono fortemente sia la sostanza,
«velata di misteri»; sia la forma, « indegna d'essere paragonata alla maestà tul-
liana » 9, delle Scritture. La seconda difficoltà era veramente leggera e superfi-
ciale, e avrebbe dovuto superarla. Per la prima poteva chiedere spiegazioni a chi
ne sapeva pidi lui. Ma il giovane Agostino non fece né questo né quello. Al con-
trario fece una terza cosa che non avrebbe dovuto far mai: mise da parte le
Scritture com'erano lette nella Chiesa cattolica e cercò altrove.
4. Adesione ai Manichei
18Serm. 51, 5, 6.
19Confess. 3, 5, 9.
20De duabus animabus 1, 1.
21Cf. gli studi di H. Ch. PUECH, particolarmente Le Manichéisme. Son Fondateur, sa
Doctrine, Paris 1949 (studio d'insieme con copiosa bibliografia); di J. RIESs, p. e, Intro-
duction aux études manichéennes. Quatre siècles de recherches, in Eph. Théol. Lov.,
33 (1957), pp. 453-482; e di F. DEcRET, Aspects du manichéisme dans l’Afrique romaine,
Paris 1970
2 Confess. 3, 6, 10.
INTRODUZIONE XLV
della ragione: Agostino, che ormai aveva assorbito il germe del razionalismo, non
poteva non ascoltare volentieri simili ragionamenti 3;
RI
23 De utilitate credendi 1, 2.
2 Contra epistolam Manichaei 5, 6.
2 Contra epistolam Manichaci 8, 9; Confess. 3, 6, 10.
% De haceresibus 46.
21 De libero arbitrio 1, 2, 4; Confess. 5, 10, 18.
28 Confess. 5, 10, 19. 13, 23; De utilitate credendi 1, 2.
29 De moribus Eccl. cath. 1,1, 2.
30 De beata vita 4.
31 Confess. 8, 7, 17. 5
3 Confess. 3, 12, 21; 4, 4, 7; 6, 7, 12; De utilitate credendi 1, 2; De duabus animabus 9;
Contra epistolam Manichaei 3.
XLVI INTRODUZIONE
i precetti; ma per la mancata certezza circa la verità della loro dottrina non sali
mai nel grado degli eletti, né abbandonò, come quelli facevano (almeno apparente-
mente), «ogni speranza e ogni interesse terreno » 34.
5. Materialismo
Aderendo, sia pur con riserva, alla chiesa manichea, Agostino ne accoglieva
il substrato metafisico che faceva da sostegno alla dottrina religiosa: il materia-
lismo, il dualismo, il panteismo. Non v'è dubbio che accettò questi errori. Il mate-
rialismo gli sembrò l’unico modo di concepire la realtà. « Mi sembrava che non
fosse qualcosa ciò che non fosse una massa corporea » 8. Questa concezione mate-
rialistica fu la camicia di Nesso del suo pensiero fino a quando non se ne liberò
con la lettura dei ncoplatonici. Fu essa, tra l’altro, che gl'impedi di accettare l’In-
carnazione vera e reale del Figlio di Dio « per non essere costretto a crederlo
inquinato dalla carne » %. Segui perciò anche in questo i Manichei, ammettendo
solo un'Incarnazione apparente (docetismo). Il dualismo, data la concezione che
s'era formato circa la natura del male, gli apparve l’unica soluzione del problema.
La questione sull'origine del male « mi tormentò molto nella mia adolescenza e
mi spinse e gettò in braccio, stanco di cercarne una soluzione, agli eretici » 37,
E come poteva essere diversamente se concepiva il male come una sostanza? Era
un motivo di pietà verso Dio il credere che Dio non avesse creato il male, ma
che questo fosse stato creato da un principio a Lui contrario ®. i
Nel panteismo poi vide un duplice grande vantaggio: l’espressione pialta
della dignità umana, in quanto l’anima sarebbe una particella di Dio, e la libe-
razione dall'amara coscienza della colpa, in quanto il male che noi facciamo non
siamo noi a farlo, ma il principio cattivo che è in noi.
33 Confess. 4, 1, 1.
3 De utilitate credendi 1, 2.
35 Confess. 5, 10, 19.
3% Confess. 5, 10, 20.
31 De libero arbitrio 1, 2, 4.
38 Confess. 5,10, 20.
39 Confess. 4, 15, 26; 4, 16, 31.
4 Confess. 5, 10, 18.
4 p. LXIV.
4 Confess. 5, 3, 3.
INTRODUZIONE XLVII
fenomeni celesti — solstizi, equinozi, eclissi, ecc. — spiegati dagli astronomi, non
si potessero spiegare anche secondo il suo insegnamento *. E attese di fatto.
Attese che venisse a Cartagine Fausto di Milevi, vescovo manicheo, uomo circon-
dato da una fama straordinaria di oratore e di dotto.
Sul piano ‘scritturistico un tal Elpidio, discutendo a Cartagine contro i Mani.
chei, dimostrava con forti argomenti la concordanza tra il Nuovo ed il Vecchio
Testamento. Agostino lo ascoltò; ascoltò poi la risposta dei suoi correligionari che
gli sembrò molto debole. Dicevano infatti — in tutta segretezza — che il Nuovo
Testamento era stato interpolato; ma non confortavano questa affermazione con
alcun argomento. Questa risposta che non rispondeva fu un altro colpo alla
fermezza della sua fede manichea.
Un terzo, e il piu forte, glielo diede l’amico Nebridio. Questi ripeteva, mentre
erano insieme a Cartagine, che la nozione di Dio proposta dai Manichei era contrad-
dittoria. Infatti il Principio del bene, come lo concepivano i Manichei o era corrut-
tibile, e allora non era Dio, o era incorruttibile, e allora non si capiva perché
dovesse combattere contro il Principio del male — la potenza delle tenebre —
per liberare la parte di sé che s'era impigliata in quelle *,
Con questo cumulo di difficoltà nell'animo, attese la venuta di Fausto. Fausto
arrivò a Cartagine nel 383. Agostino lo ascoltò, gli parlò, gli divenne amico; ma ne
restò profondamente deluso. Lo trovò una persona simpatica ed un oratore for.
bito, ma ignaro affatto delle arti liberali. Non poteva sciogliere perciò le difficoltà
che gli propose. Tanto è vero che ricusò di entrare in argomento, confessando
candidamente la sua ignoranza. Questo candore glielo rese simpatico; ma la man-
cata risposta lo allontanò interiormente dal manicheismo.
Quell’incontro segnò la fine delle speranze riposte nella setta. « Ogni tentativo
di far progressi in quella sètta, dopo che ebbi conosciuto quell'uomo, cadde del
tutto » 1. Non già che si staccasse esteriormente da essa, ma si propose di restarvi
fino a quando non gli balenasse un'altra credenza degna di essere seguita.
Intanto norxl'avrebbe più difesa con l'ardore di prima”,
Difatti quell’anno stesso, ingannando la madre — «e quella madre!» — si
recò a Roma spinto dalla noia che gli arrecavano i « sovvertitori » di Cartagine e
attratto dalla persuasione — fu questa «la causa principale e quasi sola» — di
trovare alunni più quieti. Fu ospite dei Manichei, che si mostrarono larghi di
aiuto nella grave malattia che lo colpi dopo il suo arrivo; partecipò alle loro assem-
blee, conobbe molti della sètta, uditori ed eletti. « Ero tuttavia del parere che non
siamo noi a peccare, ma un'altra natura, non so quale, che pecca in noi » 31.
4 Confess. 5, 3, 6 - 5, 8.
4 Confess. 5, 5, 9.
45 Confess. 5
4% Confess. 7, 2, 3.
4 Confess. % 7, 13.
4 Confess. 5, 7, 17
9 Confess. 5, 10, 19.
50 Confess. 5, 8, 14-15.
51 Confess. 5, 10, 18
XLVIII INTRODUZIONE
7. Scetticismo
all’'inverso il cammino percorso e disfare, uno dopo l'altro, tutti gli equivoci che lo
avevano determinato.
Il primo passo di Agostino sulla via del ritorno fu la scoperta che la dottrina
cattolica non era quella che i Manichei gli avevano descritta. Fece questa scoperta
ascoltando la predicazione di Ambrogio. Si sa che il grande vescovo esercitò
molta influenza nella conversione di Agostino non con i contatti personali, che
furono pochi e brevi®, ma con la predicazione, che questi, non appena arrivato
a Milano, segui ogni domenica, prima per pura curiosità estetica, poi per inte-
resse dell'argomento trattato *. Due furono i temi che ne richiamarono partico-
larmente l’attenzione: l’interpretazione spirituaie o allegorica della Scrittura
e l'insistenza su l'assoluta spiritualità di Dio e dell'anima. Il primo tema ren-
deva accettabili i passi piu incriminati del Vecchio Testamento, il secondo tagliava
alla radice il materialismo manicheo.
La scoperta si tramutò in vergogna quando senti che la creazione dell’uomo
a immagine di Dio insegnata dalla Genesi non significa affatto, come i Manichei
pretendevano che insegnasse la Chiesa cattolica, che Dio sia racchiuso in un
corpo umano. No. L'uomo, spiegava Ambrogio, è creato a immagine di Dio,
non secondo il corpo, ma secondo l’anima, che è spirituale. L'inganno subito era
grossolano. Da qui la vergogna. Ma la vergogna diventava gioia per il fatto « di
aver latrato per tanti anni non contro la fede cattolica, bensi contro fantasmi
creati da immaginazioni carnali » 91.
I pregiudizi contro la dottrina cattolica, seminati dalla propaganda manichea,
cadevano uno dopo l’altro. Ma non per questo Agostino pensò di tornare alla
religione dell'infanzia. Questa dottrina non gli appariva più vinta, è vero; ma
non gli appariva ancora vincitrice 8. La delusione manichea, giunta dopo molti
anni di cieca fiducia, lo aveva reso diffidente. Voleva essere certo di non sbagliare
ancora. Cercava perciò l'evidenza. « Decisi pertanto di rimanere come catecu-
meno nella Chiesa cattolica, raccomandatami dai miei genitori, in attesa che si
accendesse una luce di certezza, su cui dirigere i miei passi», cioè, come aveva
scritto qualche tempo prima in un'altra opera, « finché avessi trovato quello che
volevo o mi fossi persuaso di non doverlo cercare » 0.
La via verso lo scetticismo era sempre aperta, E l'avrebbe percorsa fino in
fondo se non si fosse accorto d'un errore di metodo.
6 Lo incontrò appena arrivato a Milano per una visita di cortesia (Confess. 5, 13, 23),
un’altra volta per sottoporgli la questione del digiuno postagli da sua madre (Epp. 34,
14, 32; 54, 2, 3), altre volte casualmente per via (Confess. 6, 2, 2). In un certo momento
Ag. avrebbe voluto parlargli a lungo, andò a trovarlo in episcopio, ma non osò inter-
romperlo dalle sue occupazioni (Confess. 6, 3, 3).
6 Confess. 5, 13, 23-24.
65 Confess. 5, 13, 24; De utilitate credendi 8, 20.
6 De beata vita 4.
6 Confess. 6, 3, 4.
6 Confess: 5, 14, 24.
6 Confess. 5, 14, 25.
© De utilitate credendi 8, 20.
È INTRODUZIONE
L'errore di metodo era insito nel dilemma che a 19 anni ne aveva deviato il
cammino: ragione o fede. Dilemma nel quale la risposta era implicita. Essendo
la ragione (o scienza) più importante e pit desiderabile della fede, era ovvio che,
posto cosi il problema, la scelta diventasse obbligatoria. Agostino infatti l'aveva
fatta questa scelta, ma era finito nello scetticismo. Con la predicazione di Ambro-
gio era spuntata «una grande speranza »: l'insegnamento della fede cattolica non
era quale lo pensava, le accuse dei Manichei si rivelavano inconsistenti"!. Ma il ger-
me del razionalismo durava ancora, e con esso la presa dello scetticismo. Sulle
verità religiose esposte da Ambrogio voleva raggiungere la stessa certezza con cui
era certo che sette più tre fa dieci?2. Cosa evidentemente impossibile. Per fortuna
se ne accorse in tempo. Se ne accorse attraverso una lunga meditazione sulle innate
capacità della mente umana e sull’utilità della fede come via per giungere alla
scienza.
Gli parve che la mente umana fosse troppo « vivace, sagace, perspicace » per
ignorare la verità. Lo scetticismo, che misconosce questa capacità naturale della
mente, non poteva essere vero. Se ignora la verità non è segno che non è capace
di conoscerla, ma è segno che ignora la via per conseguirla. Qual è questa via?
La fede. Occorre cominciare dalla fede??.
Il dilemma iniziale veniva spezzato e rovesciato: non solo la fede non è in
opposizione alla scienza, ma è la via che vi conduce. Agostino va maturando
quella dottrina delle relazioni tra la ragione e la fede che esporrà ripetutamente
nelle prime sue opere. Narrano le Confessioni: «Tu mi facesti considerare
l'incalcolabile numero dei fatti a cui credevo senza vederli, senza assistere al
loro svolgimento, quale la moltitudine degli eventi storici, delle notizie di luoghi
e città mai visitate di persona, delle cose per cui, necessariamente, se vogliamo
agire comunque nella vita, diamo credito agli amici, ai medici, a persone di
ogni genere; e infine come ero saldamente certo dell'identità dei miei genitori,
benché nulla potessi saperne senza prestar fede a ciò che udivo » "3.
La fede dunque è indispensabile per la vita umana. Non fa meraviglia che
sia indispensabile per condurre una vita secondo i precetti della religione cri
stiana, dove s’insegnano verità altissime che solo gli spiriti esercitati e puri
possono conoscere. La fede appunto ha il compito di purificare l'animo e di
disporlo alla conoscenza immediata di quelle verità. La sapienza dunque comin-
cia dalla fede.
Raggiunta la certezza sul primato temporale della fede, una questione impor-
tante — la questione di metodo — era risolta. Ma se ne apriva immediatamente
un'altra: la questione dell'autorità a cui affidarsi, cioè la questione del maestro
da seguire. ‘Agostino non aveva mai dubitato che questo maestro fosse Cristo. Ma
dove trovare il Cristo? I Manichei avevano dato una loro risposta che egli aveva
accettato. Ma ora se ne pentiva. La predicazione di Ambrogio lo aiutò a trovare
16 Ivi.
TI Confess. 6, 5, 8.
#8 Contra epistolam Man. 5, 6.
99 Confess. 1,7, 11.
8 Confess. 6, 11, 19. Queste parole sono la sintesi delle ragioni che lo trattenevano nella
Chiesa cattolica, esposte contro i manichei in quello stesso anno in cui scriveva le
Confessioni; cf. Contra ep. Man. 4,
81 Confess. 7, 5,
LII INTRODUZIONE
82 De beato vita 1, 4.
NNZA ssnni
83 Confess.
Confess.
RE
Confess.
Confess.
87 Confess.
88 Confess.
nu
89 Confess.
INTRODUZIONE LIII
E’ inutile dire che Agostino, indotto dalla sua formazione cristiana e dalla pre-
dicazione di Ambrogio, lesse i libri dei neoplatonici con gli occhi del cristiano.
Tant'è vero che credette di trovare in essi, « se non con le stesse parole, con un
senso assolutamente uguale », la prima parte del prologo di S. Giovanni: la divinità
del Verbo, la creazione, l'illuminazione. Ma confessa di non avervi trovato la
seconda: l'Incarnazione®. Questa mancanza apriva un nuovo problema.
l'altro dei suoi errori, aveva raggiunto intellettualmente il porto della fede. Intel
lettualmente. Perché a questo punto rinasceva un altro problema, non di ordine
intellettuale, ma affettivo, che era nato a Cartagine a 19 anni. Per capire questo
problema occorre penetrare più a fondo, con la guida delle Confessioni, nella
ricca affettività di Agostino.
II EVOLUZIONE MORALE
1. La fanciullezza
2. L’'adolescenza
delle passioni crebbero oltre il mio capo senza che fosse là una mano a sradi-
carli » 1%. La mano c'era, ma lo studentello presuntuoso non la sentiva, anzi la
disprezzava. La mano era quella della madre, che trepidava per lui e gli raccoman-
dava accoratamente « di non fornicare e soprattutto di non commettere adulterio
con l'altrui moglie ». Ma questi gli sembravano ammonimenti « da donnicciuola » e
si vergognava di ascoltarli. Tra i suoi coetanei si vergognava di non essere spudo-
rato quanto loro e gli piaceva fare il male non solo per l'atto in sé, ma anche per
la lode che gliene veniva. Quando gli mancavano azioni deplorevoli di cui gloriarsi,
le inventava pur di sentirsi uguale agli altri!
Con queste disposizioni, dopo un anno di aîtesa, con i soldi messi insieme da
suo padre e con l’aiuto munifico di Romaniano, ricco signore del luogo!%, rag-
giunse Cartagine. La grande e molle città lo sedusse. « Mi attiravano gli spettacoli
teatrali, colmi di raffigurazioni delle mie miserie e di esche del mio fuoco »19.
Cartagine ferveva ed andava superba di questi spettacoli !!9. Non è necessario de-
scriverli. Agostino ne parla nelle Confessioni!!!, nel De Civitate Dei 12, nei Di-
scorsi113,
Ricordando questo ribollimento dei sensi, di cui non si deve esagerare la por-
tata ascrivendogli colpe che non ha commesso o che comunque non ha confes-
sato 114, si chiede perché la madre, che tanto gli raccomandavala castità, non abbia
pensato a contenere l’erompente pubertà nei limiti dell’affetto coniugale consi-
gliandogli il matrimonio. A questa domanda non sa trovare una risposta. Pensa
però che sia stato per il timore che il matrimonio avrebbe intralciato il prosegui
mento degli studi, che padre e madre, sia pur per ragioni diverse, concordemente
desideravano 115,
3. La donna innominata
Ma ciò che non gli avevano consigliato i genitori lo fece per suo conto, a Car-
tagine, durante il secondo anno di università: prese con sé una concubina. Un
modo sbrigativo, senza dubbio, di sciogliere il problema; ma forse, in quelle condi-
zioni, date le difficoltà di contrarre un matrimonio regolare, l’unico possibile. Co-
munque il giudizio che spesso si dà di questo fatto va ridimensionato. Non fu un
immergersi nel gorgo dei vizi, ma caso mai un riemergere da esso. Le esperienze di
Tagaste erano state tristi. A Cartagine rischiava di farne delle peggiori. La città
106Confess. 2, 3, 6.
107Confess. 2, 3, 7.
108Contra Acad. 2, 2, 3.
100Confess. 3, 2, 2.
10 Confess. 6, 7, 11.
IllConfess. 1, 16, 25-26; 6, 8, 13.
112De civ. Dei 2, 26 a proposito della pompa meretricia della dea Caelestis, a cui Ag.
assistette.
13 Nei discorsi condanna con parole di fuoco «Je molte sconcezze dei teatri, la follia del
circo, le crudeltà dell'anfiteatro » e le scommesse, le liti, le risse mortali « per i mimi,
gl'istrioni, i pantomimi, gli aurighi, i cacciatori » (Serm. 198, 3).
114 O. TEScARI, Verità e fantasia nella vita di S. Ag. anteriormente alla sua conversione in
Augustiniana, Ist. Edit. del Mezzogiorno, Napoli 1955, pp. 63-78.
US Confess. 3, 3, 8.
116 Confess. 3, 1, 1.
LVI — INTRODUZIONE
che prestava alla dea protettrice, la dea Caelestis, un culto meretricio, era famosa
per la dissolutezza dei costumi. Anziché dunque abbandonarsi, come tanti altri, al
vagabondaggio del vizio, s'impose responsabilmente un freno: s'impegnò in una
forma stabile di convivenza con'una ‘donna che gli assicurasse «l'appagamento
della passione non disgiunta dalla buona fama »!, Era, se non un matrimonio in
tutta regola, un matrimonio di second’ordine, ammesso dalle leggi civili e accettato
dalla buona società.
Che le leggi romane concedessero a chi non aveva moglie il diritto di avere
una concubina è ammesso concordemente dagli studiosi!!8, In quanto alla legge
ecclesiastica, a parte il fatto che, in qualche luogo la Chiesa stessa aveva accettato
c tollerava una ‘simile situazione, come fa pensare un canone del Concilio di
Toledo (403), Agostino vescovo condannail suo operato 119 — anche se allora era sol-
tanto catecumeno — e condanna senza mezzi termini i cristiani che avessero fatto
lo stesso 19.
. Si prese dunque quella donna, restata per noi senza nome 12, la tenne con sé
nonostante le difficoltà finanziarie in cui versava!®, l'amò, le restò fedele 1. Raro
esempio di probità e di equilibrio affettivo che strappa l'ammirazione al grande
umanista Erasmo 12, e non solo a lui, Raro specialmente in Africa, se si deve cre-
dere a Salviano 15. Del resto non occorre cercare lontano: esempi d'infedeltà coniu-
gale Agostino li ebbe anche in famiglia !%.
Da quell'unione nacque nel 372 Adeodato, un fanciullo di grande bontà e di
prodigiosa intelligenza, che destava meraviglia perfino nel padre !?. Non era stato
desiderato, ma fu accolto con amore!8, e fu educato nella rettitudine e nell'in-
nocenza 19.
4. Progetti di matrimonio
che prestava alla dea protettrice, la dea Caelestis, un culto meretricio, era famosa
per la dissolutezza dei costumi. Anziché dunque abbandonarsi, come tanti altri, al
vagabondaggio del vizio, s'impose responsabilmente un freno: s'impegnò in una
forma stabile di convivenza con'una ‘donna che gli assicurasse «l'appagamento
della passione non disgiunta dalla buona fama »!!, Era, se non un matrimonio in
tutta regola, un matrimonio di second'ordine, ammesso dalle leggi civili e accettato
dalla buona società.
Che le leggi romane concedessero a chi non aveva moglie il diritto di avere
una concubina è ammesso concordemente dagli studiosi!!8. In quanto alla legge
ecclesiastica, a parte il fatto che, in qualche luogo la Chiesa stessa aveva accettato
o tollerava una ‘simile situazione, come fa pensare un canone del Concilio di
Toledo (403), Agostino vescovo condannail suo operato 119 — anche se allora era sol-
tanto catecumeno — e condanna senza mezzi termini i cristiani che avessero fatto
lo stesso 12.
. Si prese dunque quella donna, restata per noi senza nome 12, la tenne con sé
nonostante le difficoltà finanziarie in cui versava!®, l'’amò, le restò fedele!8. Raro
esempio di probità e di equilibrio affettivo che strappa l'ammirazione al grande
umanista Erasmo, e non solo a lui,Raro specialmente in Africa, se si deve cre-
dere a Salviano 15. Del resto non occorre cercare lontano: esempi d'infedeltà coniu-
gale Agostino li ebbe anche in famiglia !%.
Da quell'unione nacque nel 372 Adeodato, un fanciullo di grande bontà e di
prodigiosa intelligenza, che destava meraviglia perfino nel padre !?. Non era stato
desiderato, ma fu accolto con amore!8, e fu educato nella rettitudine e nell'in-
nocenza 199.
4. Progetti di matrimonio
l'amore di Agostino per quella donna, che sarebbero state sufficienti le ragioni
economiche 18. Ritengo valida la terza ipotesi: le ragioni sociali. Agostino, che fu
cosî sensibile nel sentire le sue colpe e cosi sincero nel confessarle, in questo caso
non manifesta nessun pentimento. Dobbiamo concludere che la coscienza di una
colpa non ci fu. Non possiamo perciò attribuirgliela, come spesso, purtroppo, si è
fatto e si fa. Se in quella decisione, che fu certamente dolorosa, ci fossero entrati
per qualche parte la durezza e il risentimento di sua madre, non avrebbe mancato
di dircelo, egli che non esitò a rimproverarle di non avergli consigliato, a 16 anni,
il matrimonio. Del resto non si vede perché Monica dovesse essere dura o risentita
verso una donna che col suo disinteressato amore aveva richiamato Agostino
dalla china del vizio. Anche alla comitiva degli amici, in mezzo ai quali viveva
e dei quali cercava ed aveva la stima, la cosa dové sembrare naturale. Con essi,
particolarmente col severo Alipio che aveva sviluppatissimo il senso della giusti-
zia, egli parla sempre di un matrimonio da celebrarsi, mai di un matrimonio
già esistente che sarebbe bastato legalizzare, quasi fosse chiaro a tutti il pre-
supposto che quella legalizzazione non potesse aver luogo. Di fatti non poteva aver
luogo, se la madre di Adeodato era, come sembra, di bassa condizione sociale. In
tal caso una legge proibiva il matrimonio di pieno diritto 1%. L'interessata doveva
saperlo. Come lo sapeva certamente la seconda concubina che, partita la prima,
convisse per qualche tempo con Agostino mentre questi era già fidanzato e atten-
deva di sposare dopo due anni la giovane milanese. Questa consapevolezza ci rende
più simpatica la madre di Adeodato, perché ci mostra che diede tutto ad Agostino
senza chiedere nulla. Quando poi avverti di essere un ostacolo alla sistemazione
di lui, se ne tornò in Africa, lasciandogli il figlio e « facendo voto.a Dio di non
conoscere nessun altro uomo » 19,
Ma intanto andavano maturando i piani divini.
5. Rinuncia al matrimonio
Ciò che allora, mentre discuteva con Alipio sul matrimonio, sembrava impos-
sibile, divenne felice realtà poco dopo.
Coll'avvicinarsi al porto della fede, dopo la lettura dei neoplatonici e di S.
Paolo, raggiunta ormai la tanto sospirata certezza, senti rinascersi in cuore l'ideale
intravisto e accarezzato fin dagli anni giovanili. Aveva imparato da Cicerone ad
amare la sapienza ed aveva inteso per la prima volta che di fronte ad essa nulla
valgono le ricchezze, gli onori, i piaceri. Soprattutto iî piaceri i quali sono, anzi, un
ostacolo per il conseguimento della filosofia. Infatti, scriveva Cicerone, l'intensità
del pensiero non va d'accordo con la voluttà del corpo.
In seguito alla lettura dell’Ortensio s'era proposto, quando avesse trovato la
sapienza, « di abbandonare tutte le vuote speranze e le mendaci follie delle vane
passioni »!4. Lo abbiamo detto!. Come pure abbiamo detto che, se Agostino
138 Quando toccail tasto dell'economia Ag. si riferisce all'uomo sapiente e vuol dimostrare
che non necessariamente il matrimonio è un impedimento alla libera ricerca della
sapienza.
139 Cf. H. LecLerco, Mariage, in Dict. d’Arch. chrét. et de Lit., c. 1854.
140 Confess. 6, 15, 25.
141 Confess. 6, 11, 18.
14 Cf. p. XLIII.
INTRODUZIONE LIX
manicheo non si votò alla continenza perfetta, lasciando la donna con cui conviveva
cd entrando nella classe degli eletti, si deve al fatto che non era completamente
certo della verità della loro dottrina !*. Qui bisogna aggiungere che nel frattempo
erano intervenuti due fatti nuovi: a) Agostino aveva raggiunto ormai, dopo tanto
cercare, la certezza circa la verità da possedere e la via da seguire; era caduta
perciò la condizione che aveva posto a 19 anni per consacrarsi totalmente alla
sapienza: « non potevo piu invocare la scusa di un tempo, quando solevo persua-
dermi che, se ancora mancavo di spregiare il mondo e servire te, era colpa dell’in-
certa percezione che avevo della verità: ormai anche la verità era certa» 14: b) alla
voce della filosofia s'era aggiunta quella, ben piu forte ed autorevole, della Scrit-
tura: aveva letto che S. Paolo non proibisce il matrimonio, ma invita ad uno stato
piu alto, desiderando, se fosse possibile, che tutti fossero come lui; aveva letto nel
Vangelo il discorso di Gesù su coloro che si astengono dal matrimonio per amore
del regno dei cieli con quel misterioso finale: chi può capire capisca 15.
Le due voci corrispondevano stupendamente alle più profonde aspirazioni del-
l'animo, ma contrastavano decisamente con le lunghe consuetudini della vita.
Da questo contrasto nasceva il dramma in cui Agostino si dibatteva. « ...eto si
persuaso della convenienza di consacrarmi al tuo amore, anziché cedere alla mia
passione; ma se l'uno mi piaceva e vinceva, l’altro mi attraeva e avvinceva » 14.
Agitato da questa lotta interiore pensò di aprire l'animo a Simpliciano, un
sacerdote dotto e pio, ormai avanti negli anni, che era stato maestro spirituale di
Ambrogio. Simpliciano, sentendo che Agostino aveva letto i neoplatonici, se ne
compiacque e gli narrò la conversione di Mario Vittorino, di cui era stato testi
mone. Questa narrazione fu come l'olio nel fuoco. Arse dal desiderio di imitarlo,
e gli parve che aver dovuto, dopo la conversione, lasciare l'insegnamento pubblico
fosse stata non una disgrazia, ma una grande fortuna.
Ormai dei tre vincoli che lo tenevano attaccato alle speranze terrene — le ric-
chezze, gli onori, la donna — Agostino non sentiva che quest'ultimo: gli altri due
più che un vincolo erano un peso: «...mi disgustava la mia vita nel mondo:
era divenuta un grave peso, ora che non mi stimolavano più a sopportarne il
giogo le passioni con la speranza degli onori e del denaro. Ma ero stretto ancora
da un legame tenace: la donna » I. A spezzare questo ultimo legame concorsero
due fatti provvidenziali: la narrazione di Ponticiano e la voce del Tolle, lege.
Ponticiano, un africano che occupava un alto posto nel palazzo imperiale, venne
a trovare Agostino — questi scrivendo le Confessioni non ricorda piu per quale
ragione — e, meravigliatosi di trovare sul tavolo da giuoco le lettere di S. Paolo,
introdusse il discorso sulla vita di Antonio (scritta da Atanasio e. diffusa da alcuni
decenni in Occidente) e di numerosi monasteri d'Egitto, narrò il cambiamento subi-
taneo di due militari a Treviri, i quali, letta la vita di Antonio, avevano lasciato le
loro fidanzate e s'erano consacrati a Dio, e accennò al monastero esistente a Milano
stesso, fuori delle mura, sotto la guida di Ambrogio !#. Questi fatti erano mera-
vigliosi e tutti nuovi. Agostino non sospettava neppure che ci fosse nella Chiesa
cattolica tanta vitalità di vita consacrata maschile, anzi non sapeva affatto che un
tal genere di vita ci fosse.
Questa scoperta, che fu l'ultima nella lunga strada della sua evoluzione spiri-
tuale, lo sconvolse interamente e preparò la soluzione del dramma interiore. Di
fronte a tanti esempi, si vergognò di se stesso, senti la sua viltà, senti che non
aveva più scuse, senti un bisogno di solitudine e di pianto come mai aveva provato.
Seguito dall'inseparabile Alipio si ritirò, non appena partito Ponticiano, nel
giardino annesso alla casa e diede libero sfogo alle lacrime!®,
Quanto tempo durasse questa drammatica lotta di Agostino con se stesso
non sappiamo. Sappiamo però che si svolse non sul piano della morale cristiana,
tra virti e vizio, ma sul piano più alto d'una particolare forma di vita cristiana,
tra matrimonio e continenza perfetta. E la scelta fu, dopo tante preghiere e tante
lacrime, per la continenza perfetta. Ad accelerarla giunse «una voce come di fan-
ciullo o fanciulla, non so, che diceva cantando e ripetendo più volte: “Prendi e
leggi, prendi e leggi” ». Non ricordando di aver udito una simile voce usata nei
giuochi dei ragazzi, la prese come un ammonimento celeste, si alzò, tornò dov'era
Alipio, aperse le lettere di S. Paolo, lesse il primo versetto su cui gli caddero
gli occhi: era l'esortazione alla castità (Rom. 13, 13). Gli balenò in cuore come una
luce di certezza che dissipò tutte le tenebre del dubbio !. La scelta era fatta, e per
sempre. « Mi volgesti a te cosi a pieno, che non cercavo più né moglie ne altra
speranza di questo mondo » !!.
6. Servo di Dio
Cosi lo chiamò la madre poco prima di morire 152 e tale Agostino volle essere
e fu per tutta la vita, anche se, dopo alcuni anni, all’ideale monastico si aggiunse,
per disposizione divina, l'ideale sacerdotale. Di questa vita nuova le Confessioni
ci narrano soltanto alcuni momenti: a Cassiciaco, a Milano, a Ostia. Non ci dicono
nulla del ritorno in Africa, della vita comune, per quasi tre anni, a Tagaste, dell’ina-
spettata e indesiderata ordinazione sacerdotale, della consacrazione episcopale, dei
primi anni di episcopato. Per queste notizie dobbiamo ricorrere ad altre fonti, che
per fortuna non mancano e non sono avare 15. Ci dicono invece molto sulle dispo-
sizioni interiori dell'autore mentre le scriveva, particolarmente su due punti:
l'impegno di purificazione e l'esercizio della contemplazione.
Di quel che dicono e di quel che tacciono non è il caso di discorrere a lungo
in questa introduzione. Giova però ricordare brevemente alcuni fatti che ci aiutano
a penetrare nella ricca personalità di Agostino.
Prima di tutto Cassiciaco, dove si ritirò ai primi di novembre dopo aver rinun-
ciato alla scuola adducendo per motivo (vero ma non unico) il grave dolore di
petto. Nella pace campestre delle prealpi la vita trascorse tranquilla tra le
dispute di filosofia, la cura dei lavori agricoli, l'insegnamento a due giovani concit-
tadini che lo avevano seguito (Trigezio e Licenzio); ma interiormente ebbe una
15 De ordine 1, 3, 6.
155 Confess. 9, 4, 71-12
156 Solil. 1, 1, 2-6.
157 Confess. 9, 6, 14.
158 Confess. 9, 8, 17.
159 Confess. 10, 40, 65.
160 Confess. 9, 10, 23-26.
161 Confess. 10, 42, 70.
‘162 Confess. 11, 2, 2-4.
16 Confess. 10, 30, 41-39, 64.
CAPITOLO V
FILOSOFIA
1 Contra Acad. 2, 3, 8: Nam ipsum verum non videbis, nisi in philosophiam totus intraveris.
2 De mor. Eccl. cath. 1, 17, 31.
3 De vera religione 39, 72.
4 Ep. 118, 22. Si rilegga il celebre. testo.
INTRODUZIONE LXITI
Si sa che i grandi temi sono due: Dio e l'uomo. Non c'è bisogno di ricordare il
noto passo dei Soliloqui5. Ora sono proprio questi temi che costituiscono l’ordito
su cui è tessuta la trama delle Confessioni. Le quali vogliono chiarire ad Ago-
stino e ai lettori che cosa Dio sia per noi e che cosa noi, piccola particella della
creazione, siamo per Dio $.
Si sa parimenti che i grandi principi della filosofia agostiniana, comunemente
ricordati, sono due: interiorità e partecipazione. Ora, se questi principi trovano
la formulazione più incisiva in altre opere?, nelle Confessioni, dove gli argomenti
della ricerca di Dio, della creazione e della beatitudine sono prevalenti, vengono
ampiamente applicati.
‘ In un opuscolo di qualche anno fa ho indicato un terzo principio fondamen-
tale della filosofia agostiniana, quello del mutabile e dell'immutabile®. Anche di
questo principio v'è nelle Confessioni l'intuizione e l'applicazione.
Si sa infine che il tormentoso problema del male è sempre presente negli
scritti agostiniani. Le Confessioni ci spiegano l'origine che ebbe nella mente di
Agostino, la soluzione errata che ne accettò, quella vera che riusci a trovare dopo
lunghe ricerche.
L'aspetto filosofico delle Confessioni è troppo spesso trascurato. Le pagine
che seguono vorrebbero richiamare su di esso l’attenzione del lettore. Egli si
accorgerà da sé che, se la struttura dell’opera è teologica e mistica, il fondo è
chiaramente filosofico: una filosofia metafisica solida e luminosa.
I FORMAZIONE FILOSOFICA
Abbiamo detto sopra che Agostino nacque alla filosofia leggendo l’Ortensio
di Cicerone, Ma se l’Ortensio gli accese in cuore un forte amore per la filosofia,
non gli diede una visione metafisica dell'universo e dell’uomo. Non era questo
lo scopo del libro. Per quanto possiamo giudicare dai frammenti che ci sono
9 M. Testarp, Sf. Aug. et Cicéron, I: Cicéron dans la formation e dans l’oeuvre de St.
Aug.; Il: Répertoire de textes, Paris 1958. °
10 De beata vita 10; De Trinitate 13, 5, 8; Ep. 130, 5, 10.
11 Cf. p. XLVI.
12 Confess. 4, 16, 28-29.
13 Confess. 4, 16, 30.
14 Confess. 5, 3, 3.
15 Confess. 4, 15, 27.
16 De musica 5, 5, 10.
17 Cf. Contra Acad. 2, 4, 10-6, 15; Ep. 118; De civ. Dei '8.
INTRODUZIONE LXV
Partito da Cartagine per Roma e da Roma per Milano, deluso del mani-
cheismo e rivolto verso lo scetticismo, si può credere che Agostino leggesse 0
rileggesse più attentamente gli Academica di Cicerone. Ma quando la sua forma-
zione filosofica ricevette un arricchimento sostanziale e subi una trasformazione
profonda fu, secondo un calcolo probabile, verso il maggio del 386 con la let-
tura delle opere dei neoplatonici. Narrano le Confessioni: « Per il tramite dunque
d'un uomo gonfio d'orgoglio smisurato mi provvedesti alcuni libri dei filosofi
logici ed etici, unita alla straordinaria forza speculativa del suo pensiero, fecero
di lui un grande filosofo, l'ultimo degli antichi e il primo dei moderni.
II. INTERIORITA'
Qui diremo solo che questo principio torna nel lungo e appassionato studio
che le Confessioni dedicano alla memoria. L'argomento della memoria metafisi-
camente più approfondito si può leggere nel De Trinitate, dove viene svolta la
dottrina — metafisica appunto — della memoria sui e memoria Dei, che sta alla
base dell'immagine della Trinità nell'uomo 4. Le Confessioni indagano gli immensi
recessi della memoria per scoprirvi quanto vi è presente, e trovano che vi sono
presenti i corpi attraverso le loro immagini, le affezioni dell'animo attraverso inde-
finibili nozioni o notazioni; vi sono presenti anche le scienze, come la matematica,
la geometria, la dialettica, ma non attraverso le loro immagini o notazioni, bensi
per se stesse; parimenti per se stessa vi è presente la verità, da cui dipende il
desiderio, che tutti hanno, della beatitudine. Colpito da stupore per tante ric-
chezze, se ne esce in quella celebre espressione:« E vanno gli uomini ad ammirare
le vette dei monti, le onde enormi del mare, le correnti amplissime dei fiumi...;
e trascurano se stessi, e non ammirano il fatto che... (queste cose) non le avrei
nominate se non la avessi viste nella mia memoria » #3. E' il richiamo all'interiorità.
III. Dio
1. La ricerca di Dio
L'ascesa verso Dio non è mai per Agostino un esercizio puramente intellet-
tuale. Meno ancora nelle Confessioni, Ma l'elemento intellettuale non manca mai.
Neppure nelle Confessioni. Ed è quello che qui interessa.
E’ noto che l'itinerario agostiniano ha tre momenti: le creature visibili, l’io
interiore, Dio. Va cioè dalle realtà esteriori a quelle interiori e da queste a quelle
superiori. Agostino percorse questo itinerario molto spesso. Ce ne danno testimo-
nianza i suoi scritti*. Tra i quali le Confessioni. Anzi le Confessioni lo ripercor-
rono pi volte, con sfumature diverse, ma con intento uguale. Vale la pena di
raccoglierne le idee essenziali e di ordinarle. Si avrà un itinerario di profonda
intuizione metafisica,
Cominciamo con un testo celebre, dove alla metafisica si unisca la poesia e la
mistica. Agostino chiede alle creature che gli parlino di Dio. « Interrogaila terra...
41 Cf. A. Trapè - M.F. Sciacca, Introduz. a La Trinità, NBA 4, Città Nuova, Roma 1972.
4 Confess. 10, 8, 12-24, 35.
4 Confess. 10, 8, 15.
4 Cf. De libero arbitrio 2, 3, 7-15, 39; De vera religione 29, 52-39, 73; Enarr. in ps. 41, 7-8;
Serm. 41, 1-3; In Io ev. tr. 20, 12, 13; De civ. Dei 8, 6; ecc.
INTRODUZIONE LXIX
4 Confess. 10, 6, 9.
% Confess. 11, 4, 6.
41 A. TRAPÈ, op. cit., pp. 33-77.
® Confess. 7,11, 17.
4 Confess. 10, 6, 9.
LXX INTRODUZIONE
2. Nozione di Dio
4 Confess. 7, 1,1.
55 Confess. 13, 3, 6.
5 Confess. 4, 16, 28-29. Sull’identità in Dio di essere, vivere, intendere ed essere
beato cf. Confess. 1, 6, 10; De civ. Dei 8, 6; De Trin. 6, 4, 6; In Io ev. tr. 90, 10, 4.
E’ una dottrina frequente ed insistente in Ag. come riflesso delle fatiche che sof-
ferse per conquistarla.
5 Confess. 7, 11, 17
58 3, 14: Ego sum qui sum... qui est misit me ad vos.
59 4, 9: In pace in idipsum; 121, 3: cuius participatio eius in idipsum, secondo la ver-
sione della ‘Vetus Latina e della Volgata.
60 Confess. 9, 4, 11. .
61 De moribus Eccl. cath. 1, 14, 24: nihil aliud dicam esse nisi idipsum esse.
62 Confess. 7, 10, 16; 12, 7, 7.
63 Salmo 101, 28; cf. Confess. 1, 6, 10. È leo
6 Confess. 13, 31, 46. Questa lezione dello Skutella, suffragata da molti testi agostiniani
in cui Dio è chiamato est (cf. Serm. 6, 3; Enarr. in ps. 101, s. 2, 10; ecc.) è da prefe-
rirsi a quella dei Maurini.
65 Serm. 6, 3.
6 Confess. 7,11, 17. È
6 Cf. Enarr. in ps. 134, 4. Per questo argomento cf. A. TRAPÈ, op. cit.; V.J. BOURKE,
Augustine’s View of Reality, Villanova University 1964; E. GILSON, Philosophie et Incar-
nation selon St. Aug., Univ. de Montreal 1947.
LXXII INTRODUZIONE
Questo confronto tra Dio e le creature serve ad Agostino per mettere in rilievo
l'ineffabilità divina, di cui è un convinto ed ammirato assertore®. Per questo
abbina gli attributi divini più apparentemente opposti e stringe in un medesimo
giro di frase l'attribuzione a Dio delle perfezioni create e la negazione del modo
che ne costituisce il limite creaturale. Ve n'è un bell'esempio nelle Confessioni:
il lettore non ometterà di rileggerlo ®.
Appunto la via per giungere a concepire le perfezioni divine è proprio questa:
affermare in Lui le perfezioni delle creature, negare il limite che è in esse, elevare
quelle perfezioni all'infinito. E’ la triplice classica via dell’affermazione,della nega-
zione, dell’eminenza, che Agostino percorre tanto spesso. Ecco un testo in cui la
profondità del pensiero è pari allo slancio mistico e alla bellezza poetica.
«Tu dunque, Signore li hai creati (il cielo e la terra), tu che sci bello, poiché essi
sono belli; tu chesei buono, poiché essi sono buoni; tu che sei, poiché essi sono.
Ma non sono cosi belli, cosi buoni né sono come sei tu, loro creatore, al cui con-
fronto non sono belli, né sono buoni, né sono. Sappiamo queste cose: ne siano
rese grazie a te. Ma la nostra scienza paragonata alla tua è ignoranza » 0.
Il vescovo d'Ippona più che dalle creature in genere sale a Dio dalle ric-
chezze interiori dell'uomo che riassume quelle perfezioni e le supera. L'uomo in-
fatti è, pensa ed ama; ha la possibilità perciò di salire a Dio secondo la triade di
essere, verità e amore. La nozione più completa di Dio è quella che comprende
insieme queste perfezioni. Dio è l'Essere, la Verità, l'Amore, o meglio, poiché queste
tre perfezioni sono una nell'altra, è «l'eterna Verità, la vera Carità, la cara
Eternità » 31,
Da questa triade nasce il principio di partecipazione, che prende anch'esso,
nella enunciazione piena, una forma triadica. Viene enunciato, con maggior preci-
sione, nel De civitate Dei?; ma trova un'ampia applicazione anche nelle Confes-
sioni, soprattutto a proposito della creazione e della beatitudine.
3. Creazione
6 Cf. su questo argomento: Ep. 130, 28 (sulla docta ignorantia); Ep. 120, 13 (sulla nostra
scienza di Dio che non è piccola cosa se sappiamo almeno ciò che Dio non è); e
soprattutto il De Trin.-5, 1, 2. 3, 4; 7, 4, 7; 15, 2, 2 (sulla distanza che corre tra la
parola e- il pensiero, il pensiero e la realtà divina).
6 Confess. 1, 4, 4.
70 Confess. 11, 4, 6.
7 Confess. 10, 10, 16.
® De civ. Dei 8, 10, 2: « Dio è causa dell’universo creato, luce della verità da conoscere,
fonte della felicità da raggiungere».
73 De Genesi ad litt. 1, 14, 28.
INTRODUZIONE LXXIII
questa una priorità, è priorità di origine, non di tempo; quella stessa che corre,
per esempio, tra .il suono e il canto®.
Perciò creare dal nulla significa fare le cose secondo tutte le componenti
della loro natura, di maniera che non ci sia in esse alcunché che non dipenda
dall'azione del loro fattore.
8 Confess. 12, 29, 40. Sul difficile tema della materia informe le Confessioni registrano
le esitazioni che soffri Ag. per giungere a concepirla e la nozione che né raggiunse
meditando sulla mutabilità delle cose. Cf. Confess. 12, 6, 6: « E’ la mutabilità stessa delle
case mutabili suscettibile di tutte le forme in cui si trasforma tutto ciò che è muta-
11 ».
83 Confess. 7, 10, 16.
84 Confess. 1, 4, 4.
85 Confess. 6, 3, 3.
86 Confess. 3, 6, 11.
87 Confess. 9, 4, 10.
8 De Gen. ad litt. 8, 26, 48.
89 Confess. 1, 2, 2.
9% Confess. 10, 27, 38.
9 Ep. 187, 5, 16.
LXXV
5. Il tempo
è dunque il tempo. Agostino invece vuol conoscere l'essere oggettivo del tem-
po — vim naturamque temporis — con cui misuriamo il movimento e diciamo,
per esempio, che questo dura il doppio di quello !. Si volge perciò all’animo
e in esso trova veramente ciò che altrove aveva cercato invano: il passato, il pre-
sente, il futuro o, per parlare propriamente, « il presente del passato, il presente
del presente, il presente del futuro »: « Il presente del passato, vale a dire la
memoria, il presente del presente, cioè l'intuizione, il presente del futuro, cioè
l'attesa » 16. Il tempo dunque non è altro che una « distensione » 107; una disten-
sione dell'animo che aspetta, intuisce e ricorda !®.
Sciolta cosi la prima questione riguardante la natura del tempo, era più
facile sciogliere la seconda, sul come si misura il tempo. E’ certo che non
si può misurare ciò che non è. Ora, come si è detto, il passato non è, il futuro
non è, il presente non ha estensione. Come dunque si misura il tempo? Agostino
risponde: « E' in te, o anima mia, ch'io misuro il tempo » 10. Infatti nell'anima
è presente il ricordo del passato, l'attesa del futuro, l’attenzione del presente.
Ma il presente trascorre dal futuro verso il passato. L'attenzione dunque del
presente abbraccia il ricordo e l'attesa. Perciò dura. La durata di questa atten-
zione è la durata del tempo. « Il futuro, che non esiste, non è lungo, ma un
lungo futuro è la lunga attesa del futuro; cosi non è lungo il passato, che non
esiste, ma un lungo passato è la lunga memoria del passato ». Se canto una
canzone «la mia attività si distende in due sensi, nella memoria, per ciò che
ho cantato, e nell'attesa, per ciò che sto per cantare: presente è però la mia
attenzione per la quale il futuro si traduce in passato »10,
A questo punto sulla considerazione filosofica s’innesta una stupenda consi
derazione ascetico-mistica circa la « distensione » 0 « distrazione » del tempo e la
necessità di aderire a Cristo per evadere dal tempo e ritrovare unità e stabilità !!!.
Ne parleremo più avanti.
Non c'è bisogno di dire che le pagine delle Confessioni dedicate al tempo
si prestano per utili considerazioni comparative con la dottrina di filosofi
antichi e moderni. Con quella di Aristotile e di Plotino, per esempio, o di Kant
e di Heidegger. Ma un simile raffronto, per quanto allettante, esula troppo dai
limiti di questa introduzione. Dirò solo che anche per Agostino il tempo, pur
non essendo a livello delle cose, ma a livello dell'animo, è fondamentalmente
misura del moto. Dove non ci fossero mutazioni non ci sarebbe tempo. Infatti
due cose, che stanno agli estremi opposti della scala degli esseri, Dio ha creato
esenti dal tempo, anche se non coeterne a sé: una, esente dal tempo, perché
resa partecipe della immutabilità divina di modo che, pur essendo di natura
mutabile, di fatto non muta; l’altra, perché è solo, di per sé, capacità di muta-
zione: non potrebbe mutare di fatto, e quindi non potrebbe andar soggetta al
tempo, se non fosse congiunta alla forma. Queste due cose sono gli Angeli beati
e la materia informe!,
IV. L'uomo
L'altro fuoco dell’ellisse intorno alla quale gira, come si è detto, tutto il
pensiero agostiniano, è l'uomo. Le Confessioni, senza essere un trattato di
antropologia, illustrano il mistero, la natura, le aspirazioni dell'uomo.
1. Mistero
—t13 Confess.
114 Confess.
115 Confess.
116 Confess.
T 7
INTRODUZIONE LKXKXIX
2. Natura
molto. Per
Sulla natura del composto umano le Confessioni non ci dicono
ricorrere ad altre opere agostinia ne. Vale la pena di
questo argomento occorre
qui che nelle relazioni tra l'anima e il corpo il vescovo d'Ippona corregge
notare
sia l'appartenenza
e supera decisamente le posizioni neoplatoniche, Aifendendo
del corpo alla natura dell'uomo sia l'unione, che possiamo chiamare sostanziale,
tra i due elementi che lo compongono 1%.
In quanto alle Confessioni, ci narrano la scoperta dell’uomo creato ad im-
magine di Dio secondo l'anima, non secondo il corpo!31, e la raggiunta con-
vinzione dell'unità dell'anima stessa contro il materialismo e il .dualismo mani.
cheo. I manichei traevano dalla lotta tra la carne e lo spirito, di cui parla
l’Apostolo (Gal 5, 17; Rom 7, 15-24), la ‘conclusione che nell'uomo vi sono due
anime, una buona ed una cattiva. Agostino aveva accettato questa comoda
soluzione. Ma alla vigilia della conversione si accorge dell'errore. Sperimenta in
sé «due» volontà, una che vuoie liberarsi delle passate consuetudini e l’altra
che non vuole, ne sente il contrasto, se ne stupisce, si chiede ripetutamente
quale ne sia la causa — «da dove questa assurdità e perché? »!12 — ma
respinge con sdegno la soluzione proposta. Si tratta evidentemente, dice, d'una
sola anima in balia di volontà diverse. « Ero io a volere, io a non volere; io,
io ero » 133,
Insieme ‘all'unità dell'anima . Agostino conquistava la nozione della libertà,
quella libertà per cui l’uomo è responsabile del male e del bene che compie.
Di questa verità fondamentale che fu uno dei cardini della sua lotta contro i
manichei e, sotto altro aspetto, contro i pelagiani, le Confessioni ci narrano
la scoperta.
Sentiva dire da Ambrogio che la causa del male che facciamo — il pec-
cato — sta nella libera determinazione della nostra volontà e la causa del
male che subiamo nel giusto giudizio di Dio. Rifletteva molto su questa dottrina,
ma non riusciva a convincersene. Ora gli sembrava di capire, ora no. Di una
cosa però era certo come era certo di vivere: che possedeva una volontà, Sen-
tiva che era lui a volere quando voleva, lui a non volere quando non voleva:
da questo cardine della libertà aveva origine il peccato. «In ogni atto di con-
senso o di rifiuto ero certissimo di essere io, non un altro, a consentire e a
rifiutare, e qui era la causa del mio peccato » 13.
Questa libertà, che è responsabilità dei propri atti, difenderà poi tenace-
mente contro i manichei e conserverà intatta, parlando della grazia, nella con-
troversia con i pelagiani. Il punto che gli restava ancora oscuro era l'origine
di quella lotta tra lo spirito e la carne affermata tanto vigorosamente da S. Paolo
e da cui partivano i manichei per difendere il loro assurdo dualismo. Ma sulla
libertà come responsabilità non c'erano dubbi.
190 Chi separa il corpo dalla natura dell’uomo è un insipiente (De anima et eius origine
4, 2, 3). L'uomo infatti è «una sostanza razionale composta di anima e di corpo »
(De Trin. 15, 7, 11; De civ. Dei 13, 24, 2): l’anima è nata per informare il corpo
(De Gen. ad titt. 7, 27, 38) a cui partecipa non solo il movimento e la vita, ma l’es-
sere stesso (De immort. animae 15, 24). L'unione tra il corpo e l’anima è tanto mira-
bile che la mente ricuserebbe di ammetterne la possibilità se l'esperienza non ne
provasse il fatto (Ep. 137, 11). Non il corpo dunqueè il carcere dell'anima, ma il corpo
corruttibile (De civ. Dei 13, 16, 1; Enarr. in ps. 141, 18-19); cf. HIFRONYMUS DE PARISIIS,
De unione animae cum corpore in doctrina S. Aug., in Acta hebdom. augustinianae
thomisticae, Roma 1931, pp. 271-311; Cir. Coururier, La structure métaphysique de
l'homme d'après st. Aug., in Augustinus Magister, Paris 1954, I, pp. 543-550 (l’unità
della natura umana non è né accidentale né sostanziale, ma ipostatica: due nature e
una persona, la persona dell’anima); R. Fiorfz, Las dimensiones del hombre agu-
stiniano, piani 1958, pp. 153-172 (opta per la formula unione vitale).
131 Confess. 6 3, 4; vedi sopra p. X.
132 Confess. 8,
133 Confess. 8 10, 22-24.
134 Confess a 5.
INTRODUZIONE
Questo passo delle Confessioni sulla libertà, scritto quando Agostino aveva
già raggiunto, come diremo, la nozione del primato assoluto della grazia, può
offrirci la chiave per capire e interpretare giustamente il futuro polemista anti-
pelagiano.
3. Aspirazioni
135 Confess. 1, 1, 1.
136 Solil. 1, 1, 2.
137 Confess. 13, 9, 10.
138 De mor. Eccl. cath. 1, 3, 4-5.
1399 De libero arb. 2, 13, 35-36.
140 Confess. 10, 23, 33.
LXXXII INTRODUZIONE
V. IL MALE
Chi non lo sente non è uomo, chi non lo studia non è filosofo, chi non ne trova
la soluzione nell'insegnamento del Vangelo non è cristiano.
Agostino lo senti profondamente e se ne occupò per tutta la vita. Prima
della conversione per trovarne la soluzione, dopo per difendere la soluzione
trovata — quella cristiana — contro i manichei e contro i pelagiani, che ave-
vano, su questo argomento, soluzioni opposte. Per gli uni il male era tanto
grave da doversi ammettere, per spiegarne l'origine, il principio eterno del
male; per gli altri aveva tanto poco rilievo da non doversi ricorrere al peccato
originale per spiegarne l'origine, né alla redenzione per superarne la forza.
Gli uni perciò negavano la libertà, gli altri la necessità della grazia. Le Confes-
sioni, scritte quando la lotta contro i manichei volgeva al termine e quella con
i pelagiani non era ancora cominciata, ma quando i temi fondamentali intorno
alla grazia erano stati già chiariti, ci offrono una sintesi della dottrina agosti-
niana che può aiutarci a capire quella illustrata diffusamente in tante opere
polemiche.
Prima di tutto la nozione del male. Abbiamo detto che leggendo i neopla-
tonici Agostino si accorse sia dell'errore di metodo che dell'errore di fondo dei
manichei. Capi che la prima questione da sciogliersi non era quella dell'origine,
ma quella della natura del male e capi che il male non è una sostanza, ma un
difetto, una privazione. Gli apparve allora, finalmente, l'assurdità metafisica
della soluzione manichea. « Mi si rivelò nettamente la bontà delle cose corrut-
tibili, che non potrebbero corrompersi né se fossero beni sommi, né se non
fossero beni. Essenda beni sommi, sarebbero incorruttibili; essendo nessun bene,
non avrebbero nulla in se stesse di corruttibile. La corruzione infatti è un dan-
no, ma non vi è danno senza una diminuzione di bene. Dunque o la corruzione
non è danno, il che non può essere, 0, com'è invece certissimo, tutte le cose che
si corrompono subiscono una privazione di bene. Ma private di tutto il bene
non esisteranno del tutto ». Infatti il male non può esistere sia nel bene sommo,
perché è perfetto, sia nel nulla, perché non è affatto. Ma le cose che sono
tra l'essere sommo ed il nulla — le cose create — sono limitate e perciò
corruttibili. « Dunque tutto ciò che esiste è bene, e il male, di cui cercavo l'ori-
gine, non è una sostanza, perché, se fosse tale, sarebbe bene: infatti o sarebbe
una sostanza incorruttibile, e allora sarebbe inevitabilmente un grande bene;
o una sostanza corruttibile, ma questa non potrebbe corrompersi senza essere
buona » 151,
Ne segue che il male non ha una sua causa efficiente, ma deficiente; dipende
cioè dall'imperfezione delle creature (male fisico) o dall'abuso della volontà
umana, libera ma defettibile (male morale).
151 Confess. T, 12, 18. Della dipendenza della dottrina agostiniana, sia .per la questione di
metodo che di fondo, da Plotino, cf. Enn. 1, 8. Occorre però aggiungere che attra-
verso la dottrina cristiana della creazione Agostino supera nettamente su questo
punto il dualismo platonico («la materia per sua natura cattiva »).
LXXXIV INTRODUZIONE
2. Il male e l'ordine
Perciò l'esistenza del male, sia fisico che morale, non è un argomento
contro l’esistenza di Dio come sostenevano i manichei, perché Dio non fa il
male, ma lo permette e, permettendolo, lo fa rientrare nell'ordine. Il male
dunque non sfugge al piano della provvidenza divina, ma vi rientra.
Non è difficile comprenderlo per il male fisico, che è male nei confronti
di alcuni esseri, ma non lo è nei confronti di altri; perciò non lo è nei
confronti del tutto. La morte dell’antilope, per esempio, è la vita del leone.
Ne segue che esso — il male fisico — non impedisce l'ordine dell'universo, ma
contribuisce a crearlo. « Non esiste il male in tutto il creato, fuori del quale
non esiste nulla che possa irrompere e corrompere l'ordine che vi hai impo-
sto » 152 E’ ripresa qui la tesi già esposta nel De ordine dove leggiamo: « Non
concepisco che vi sia cosa fuori dell'ordine... Nell’ordine dunque rientrano
e il bene e il male »!3. Perciò occorre lodare Dio per tutte le sue opere, grandi
e piccole.
Piu difficile capire come il male rientri nell'ordine quando si tratti del male
morale, il peccato. Il peccato sembra essere un male assoluto che non rientri,
che non possa rientrare nell'ordine. Eppure no. Anche il peccato vi rientra.
Ecco, a questo proposito, un solenne, luminoso principio agostiniano: « Dio (è)
ordinatore e creatore di tutte le cose esistenti nella creatura, ma dei peccati
è soltanto ordinatore » 15. Principio espresso poco dopo, in un’altra opera, con
queste altre parole che illuminano le prime: «Dio (è) creatore ottimo delle
cose naturali; dei peccatori, invece, ordinatore giustissimo »155.
Agostino comprese anche questa verità alla vigilia della conversione: « Capii
per esperienza che non è cosa sorprendente, se al palato malsano riesce una
pena il pane, che al sano è soave; se agli occhi offesi è odiosa la luce, che ai
vividi è amabile ». La giustizia divina è sgradita ai malvagi, come «le vipere
e i vermiciattoli» sono sgraditi alla nostra sensibilità; ma come questi rien-
trano nell'armonia universale. « Ricercando perciò, continua, l'essenza della mal-
vagità, trovai che non è una sostanza, ma la perversione della volontà; la quale
si distoglie dalla sostanza suprema, cioè da te, Dio, per volgersi alle cose più
basse e, vuotandosi d'ogni interiore virtii, si gonfia al di fuori » 1%.
Ma questa soluzione metafisica, che Agostino difenderà, cominciando col
De moribus Eccl. cath., contro i manichei, non poteva bastare. La presenza
del male nel mondo è troppo grande e contrasta troppo profondamente con le
pi vere e le più autentiche inclinazioni dell'uomo. Il quale cerca la vita e
incontra sui suoi passi, inesorabilmente, la morte; ama la verità e incontra
tanto spesso, involontariamente, il dubbio, l'ignoranza, l'errore; vuole la giu-
stizia e si sente inclinato tanto fortemente, suo malgrado, all’iniquità.
Anche questo problema assali Agostino prima della conversione e contribui
a ritardarne il cammino. Era inevitabile. La raggiunta nozione del peccato
quale opera della libera volontà umana spiegava molto, ma non spiegava tutto.
Pensava: Dio è certamente buono e giusto; se è buono, perché tanti mali sul
collo dell'uomo, quelli soprattutto che, come l'ignoranza e la debolezza (ignorantia
et infirmitas), interessano l'intelligenza e la volontà? Se poi questi mali sono
opera della sua giustizia, quale la causa di questo castigo e perché? !5î La risposta
a queste domande la trovò nella dottrina cattolica del peccato originale e della
redenzione; dottrina a cui accennerà poi, nella lotta contro i manichei e che
difenderà diffusamente e tenacemente nella controversia con i pelagiani.
Con questo il problema del male si trasferisce dalla filosofia alla teologia:
è la ragione umana che, riconoscendo i suoi limiti, attende la risposta della fede;
l’attende, l’ascolta e cerca di capirla.
VI. LA PEDAGOGIA
157 Confess. 7, 3, 5.
158 Fu questo il programma della Settimana agostiniana pavese del 1970; cf. S. Agostino
educatore, Pavia 1971
Studi generali: le opere fondamentali di H.-J. Marrou, Sf. Augustin et la fin de la cul-
ture antique, Paris 1949 (per l'educazione culturale, sapienzale e cristiana); Storia del-
l'educazione nell’antichità, trad. ital., Roma 1950; cf. anche E. OccIoNI, Sant'Agostino
filosofo e pedagogista - Saggi - Padova 1949; L. "R, PATANÈ, Il pensiero pedagogico di
S. Ag., Patron, 1967; più indietro negli anni: F.X. EGGERSDORFER, Der heilige Augustinus
als Paedagoge... Friburg i.B. 1907 (che divide il suo studio in due parti: periodo filo-
sofico e periodo teologico).
159 De ordine, 2, 8,
160 I primi tre libri trattano della cultura cristiana, il quarto, scritto molto più tardi,
dell’eloquenza cristiana.
16 Cf. M. Casorti, I! De magistro di S. Agostino e il metodo intuitivo, in S. Agostino,
2
S. Ag., Roma 1961 (estratto di una tesi di laurea presso il Salesianum); R. CORDOVANI,
Il De RAlRERZZAZIO rudibus di S. Ag. - Questioni di contenuto e di stile, in Augusti:
nianum, 6 (1966), pp. 489-527; IipeM, Le due città nel De catechizandis rudibus di
S. Ag., in Augustinianum 7 (1967), pp. 419-447; IpEM, Lo stile del De catechizandis rudi-
LXXXVI INTRODUZIONE
1. L'educazione di Monica
Parlando infatti della cultura classica che aveva imparato a scuola, ne rico-
nosce l'utilità, ma ne condanna la distorsione dei fini. Questi non sono la vanità
o il successo, ma l'utilità stessa degli studi e la sapienza, Perciò coloro che lo
costringevano a studiare contro voglia facevano male, non perché lo costringes-
sero a studiare, ché dallo studio gli sarebbe derivato un bene; ma perché lo
costringevano a studiare per motivi esteriori e falsi, che erano quelli di « sa-
ziare le insaziabili cupidigie della miseria che sembra ricchezza e di un'infamia
che sembra gloria ». Egli stesso, studiando contro voglia, faceva male, non per-
ché studiasse, ma perché studiava contro voglia. Dal suo male però Dio ricavava
un bene!9, Divenuto professore, non disgiunse mai la cultura letteraria dalla
sapienza: insegnava retorica, ma con l'intento di aiutare gli alunni a salire verso
la sapienza. Le Confessioni ci tramandano un episodio significativo. Agostino a
scuola spiega un testo, non sappiamo quale. Per rendere più piacevole e più chiara
la sua idea, prende il paragone dai giochi del circo. Quel paragone gli offre l’op-
portunità di sferzare le vittime di quella follia: lo fa con parole mordaci. Alipio,
che era entrato per pura curiosità, ascoltò quelle parole, che non erano rivolte
a lui, ne fu scosso e si liberò da quell'insana passione da cui era dominato !®.
Nel De ordine dirà al discepolo Licenzio: « Sai che nella scuola io di solito
ero mosso alla nausea dal fatto che i giovanetti erano spinti a studiare non dal-
l'interesse e dalla nobiltà dell’apprendere, ma dall'amore di una vuota lode »!9.
Suo programma dunque era quello d’'inculcare agli alunni l'amore per l’uti-
lità e la nobiltà delle lettere. Tale resta anche dopo la conversione nell'educazione
che imparti ai religiosi, ai chierici, ai giovani. Interessante a questo proposito
la lettura della Lettera 118 al giovane Dioscoro, il quale, proponendogli « innume-
revoli» questioni di grammatica, di letteratura e di filosofia, aveva mostrato di
possedere una gran dose di vanità!®,
Da questo fatto trae il seguente limpido principio didattico: « Per imparare que-
ste nozioni val più la libera curiosità che la pedante costrizione »173,
La stessa conclusione deriva da un altro fatto: dall'entusiasmo che susci-
tavano in lui gli « errori di un certo Enea» e la noia e la pena che provava nel.
l'impoarare a leggere, a scrivere, a computare; cose queste molto più utili di
quelle favole. « Io peccavo dunque da fanciullo nel prediligere le vacuità dei poeti
alle arti più utili, o meglio, nell'odiare decisamente le seconde e nell'amare
le prime. L'uno più uno due, due più due quattro, era una cantilena odiosa per
me, mentre era uno spettacolo dolcissimo, eppure vano, il cavallo di legno pieno
di armati, l'incendio di Troia e l'ombra di Creusa » I,
La libera curiositas vale più, quando si tratti d'imparare, della costrizione
basata sul timore. Ma poiché la prima tende ad andare oltre i limiti prescritti
del sapere e cerca spesso cognizioni varie e nocive !95, è necessaria la severità
della seconda. Perciò «il flusso della prima è contenuto dall'altra secondo le tue
leggi, o Dio, le tue leggi. Dalle verghe dei maestri fino alle torture dei martiri
le tue leggi sanno combinare amari salubri, che ci richiamano a te dopo le dol-
cezze pestifere che da te ci hanno allontanato » 1%.
La pedagogia agostiniana mostra a questo proposito un perfetto equilibrio e
una sintesi feconda tra il piacere e il dovere, la spontaneità e l'obbligo.
è semplice; è questa: amare le cose per quel che sono e per quel che valgono. Perciò
la bellezza increata della sapienza, che è Dio, dev'essere amata sopra tutte le cose,
le bellezze create devono essere amate in Dio e secondo l'ordine stabilito da Dio,
che è l'ordine insito nella loro stessa natura.
La pedagogia c’insegna la maniera sapiente ed efficace di riportare l'ordine là
dove regna il disordine, che è compito lungo e difficile. Da questa difficoltà nasce la
convenienza, l'utilità, la necessità della preghiera, di cui le Confessioni ci danno
un esempio insigne.
Ma con questo siamo tornati di nuovo alle soglie della teologia.
CAPITOLO VI
TEOLOGIA
che sono
in chiave teologica, possiamo dire
Volendo definire le Confessioni Agos tino parla di sé,
nella storia di un'anima.
la teologia della sallezza iscritta verit à unive rsali che
a della sua vita, enun cia
è vero; ma, esponendo il diagramm salve zza. Poss iamo con-
il diseg no divin o della
valgono per tutti. Riguardano infatti Confes-
gia le parole del Salmo 34, 3, che le
siderare tema essenziale di questa teolo nono : « Di all'a nima
libro primo e all’in izio del
sioni citano due volte, all’inizio del teolo gico tratt ato.
è però quest o l'uni co tema
mia: “La salvezza tua sono io” »!. Non ? 0 quell o esca-
nati come quello trinitario
Ve ne sono altri: alcuni appena accen zione
ati diffu samen te come it tema biblico dell’interpreta
tologico3, altri tratt
della Scrittura*.
zza che costituisce la trama stessa
Noi ci fermeremo solo su quello della salve
colari: la Provvidenza, la redenzione,
dell’opera e si articola in quattro temi parti
il peccato, la grazia.
SULLA GRAZIA
I. L'EVOLUZIONE DEL PENSIERO AGOSTINIANO
della salvezza
RINO, Salus tua ego sum. Il problema
1 Confess. 1, 5, 5; 9, 1, 1; cf. M. PELLEG della Catted ra agosti niana », Roma 1967; G.N.
rni
nelle Cunfessioni di S. Ag., in « Quade sionen, Gottingen 1955.
KwnauER, Psalmenzitate in Augustins Konfes il passaggio dall'il-
2 Il testo delle Confess. 13, ll, 12 è molto importante: indica
(cf. Ep. 11; De fide et symbo lo; De vera religione 7, 13; De div.
lustrazione ontologica ampia-
» della Trinità, che sarà poi sviluppata
qq. 83, 18) all'illustrazione « psicologica 4), Introd., pp. XXXIX, LIII; Du Roy
O.,
De Trinitate. Cf. La Trinit à (NBA
mente nel ire
ce de la foi en la Trinit é selon St. Aug. - Genèse de la théologie trinita
L'intelligen
jusg'en 391, Paris 1966.
53.
3 Cf. Confess. 5, 9, 16; 13, 9, 10. 35, 50-38, letterale della
discute sulla molteplicità del senso
4 Confess. 12, 18, 27-32, 43 dove si te dagli studio si: alcuni concedono che il
diver samen
Scrittura. Pagine interpretate altri, più giusta-
la molteplicità del senso letterale,
vescovo d’Ippona abbia ammesso F. Tacon, St. Aug. a-t-il réellement enseigné
in questa direzi one
mente, lo negano. Cf. 1921, pp. 1-28;
l'Ecriture? in Rech. de sc. relig.,
la pluralité des sens litteraux dans ta, Romae 1932, pp. 472-478.
ae introd . genera lis elemen
I. BarestRI, Biblic
INTRODUZIONE XCI
niano intorno al tema della grazia. E' una questione su cui si è scritto molto, da
diverse parti e con diverse interpretazioni®. o
Si sa che Agostino, mentre respinge energicamente l'accusa di aver cam-
biato opinione intorno al peccato originale, rimandando’ l'implacabile avversario
— si trattava di Giuliano di Eclano — alla lettura delle sue opere giovanili®
riconosce candidamente di averla cambiata intorno all’inizio della fede che la
alcune sue opere aveva attribuito alla volontà umana, ma che poi, meditando
più profondamente la lettera di S. Paolo ai Romani, aveva capito che anch'esso
doveva essere attribuito alla grazia. Il cambiamento sarebbe avvenuto ai pri-
mordi dell’episcopato, in occasione della risposta da dare alle questioni postegli
da Simpliciano?. Il. testo paolino che maggiormente lo convinse fu quello di
1 Cor 4, 7: che cosa hai che non abbia ricevuto? dal quale dipende quell'altro
della stessa lettera: chi si gloria, si glori nel Signore (1 Cor 1, 31). Due testi
che gli serviranno spesso nella lotta antipelagiana per riassumere con le parole
stesse della Scrittura la dottrina dell’assoluta gratuità della grazia.
Ora nelle Confessioni, narrando la prima scoperta della grazia nelle lettere
paoline, che lesse, come si è detto, con grande avidità e attenzione dopo l'incon-
tro entusiasmante insieme e deludente con i neoplatonici, ne esprime la dottrina
con i due testi citati. « Compresi e scopersi che quanto di vero avevo letto là
qui è detto con la garanzia della tua grazia, affinché chi vede non si vanti sansi
non abbia ricevuto non solo ciò che vede, ma la facoltà stessa di vedere. ‘Cos'ha
infatti che non abbia ricevuto? E poi non solo è sollecitato a vedere te, che sei
sempre il medesimo, bensi anche a guarire per possederti »8. i
Dobbiamo concludere che questa dottrina sulla gratuità della grazia, espres-
sa così chiaramente con le parole stesse dell’Apostolo, appartenga non ad Ago-
stino narrato, ma ad Agostino narrante? Narrante cioè gli effetti di quella prima
lettura di S. Paolo con la mentalità posteriore, quando, dopo lunghi studi, ne
aveva ‘appprofondito l'insegnamento? Non credo. Credo piuttosto che nell'evo.
luzione della dottrina agostiniana sulla grazia dalla conversione alla risposta a
Simpliciano (386-397), si debbano distinguere tre tempi. Possiamo chiamarli cosi:
della fede semplice, del dubbio e della riflessione teologica. Il primo ripete Pause
gnamento della Scrittura senza particolare riflessione e senza intuirne quindi le
difficoltà; il secondo percepisce le difficoltà dalle quali nasce il dubbio o anche
l'errore; il terzo torna alla Scrittura, ne approfondisce l'insegnamento, scioglie le
difficoltà che sono sorte, e crea la teologia. E’ il passaggio, in altre parole, dalla
fede implicita alla fede esplicita, che suppone, spesso, la fase intermedia della
oster
5 Sostengono un cambiamento intorno alla dottrina del peccato originale: igi TÙ
pts des dogmes, 1; E. BUONAIUTI, La genesi della dottrina apostininne ierodi
De originale, Roma 1916; IneMm, Ag. e la colpa ereditaria, in Ricerche religiose,
Rie ristampato in Saggi di storia del Cristianesimo a cura di A. DoNINI - M. Nrc-
E cneseAcea 1957, J. Gross, Entstehungsgeschichte des Erbsiindendogmas
E CIELEASE 1960, 1, pp. 259-274. In contrario: A. CasaMassa, Il pensiero di S. Ag.
da , Roma 1919, ristampato in Scritti patristici, Lateranum, Roma 1955, I
DD. -66 (studio breve ma ben documentato). Cf. B. LEEMING, Augustine, Ambrosiaster
ara Lr », si orga, D00, pp. 50-91; A. PINCHERLE, La formazione
| des Btudss ug,È 4.. ogni
Roma Sd
s.d.; he
A. Sace, éché
Péché originel. Naissance
originel. i d'un
i dogme,
I i Revue
in
II. PROVVIDENZA
9 Solil. 1, 1, 5.
10 Confess. 9, 6, 14.
11 Confess: 3, 11, 19.
12 Vedi sopra p. XLII.
XCIII
hd
INTRODUZIONE
modis, miris et
La Provvidenza opera con modi mirabili e segreti: miris
sono due, essen-
occultis. Le Confessioni lo ricordano spesso !4. I suoi attributi
la giustizia. Ambedue divini, ambedue infi-
ziali ed inseparabili: la misericordia e
opposti negli affetti. La giustizia punisce, la miserico rdia
niti; ma diversi, anzi
perdona. La loro conciliazione è un mistero di fronte al quale la mente di Ago-
, ricon-
stino s'inchina. A questo mistero, nel forte delia controversia pelagiana
e più inquietan te, la predesti nazione. « Dio è
duce quell'altro più profondo
Dio è giusto. Perché è buono, può salvare ognuno senza meriti, perché è
buono,
» 5. E' questa l’ultima rispo-
giusto non può condannare nessuno senza demeriti
per lui
sta che una grande mente dava dinnanzi a un profondo mistero, che era
come per gli altri, anzi per lui molto piu che per gli altri, motivo di meditazi one, di
sgomento, di fiducia.
Le Confessioni, nel giudizio stesso dell'autore, sono un inno di lode a questi
divini attributi. « I tredici libri delle mie Confessioni lodano Dio giusto e buono».
Materia di lode: «i miei mali e i miei beni » 16. Lodano infatti la giustizia divina
ricordando ed applicando due principi. Il primo è questo: Dio ha disposto che
ogni animo disordinato — ogni peccatore — sia castigo a se stesso. Agostino
aggiunge con evidente allusione alla sua esperienza: et sic est, è proprio cosi!.
Il secondo principio è quest'altro: l'uomo che, abusando della sua libertà, fugge
dalla misericordia divina, non può far altro che incappare nella divina giu-
stizia. « Vadano, fuggano pure lontano da te gli inquieti e gli iniqui... Dove fuggi
rono, fuggendo dal tuo volto?... Si sottrassero alla tua mitezza per urtare nella
ce la
tua giustizia e cadere nella tua severità »!*. In questa prospettiva s'inseris
pena del peccato originale e la dannazio ne eterna per i peccator i impeniten ti.
la verità dell'ordine diviname nte stabilito: in veritate
L'una e l'altra secondo
il
ordinis tui!. Agostino ebbe profondo il senso della giustizia divina, che è, poi,
che
senso dell'ordine morale. Si sa che nella lotta pelagiana trasse dai mali
,
gravano sull’umanità un valido argomento per l'esistenza del peccato originale
20 De civ. Dei 22, 22; Contra Iul. 4, 16, 83; 6, 21, 67; Opus imperf. contra Iul. 3, 212; 6,
5. 27. 36-49; Ep. 166, 16-20.
21 Confess. 1, 1, 1.
Confess. 8, 10, 22.
B
23 Ibidem.
4 Confess. 11, 1, 1.
N
25 Confess. 4, 9, 14. Cf. De nat. et gratia 26, 29; De corrept. et gratia 11, 31; 13, 42;
Opus imperf. contra Iul. 3, 116.
% Confess. 5, 2, 2; cf. 2, 2, 3; 4,4, 7.9, 14; 5, 7, 13.
21 Confess. 6, 16, 26.
INTRODUZIONE XCV
7
III. IL PECCATO
Teologo della grazia, Agostino è anche, per la legge dei contrari, teologo del
peccato, Le definizioni che ci dà di questa realtà drammatica sono molte, come
molte sono le facce del peccato.
1. Nozione. La prima definizione, quella più nota, vede nel peccato la viola-
zione dell'ordine stabilito dalla legge eterna®. Un'altra, meno nota, ma più fre-
quente, considera il peccato un disordine, una perversità che nasce da un movi-
mento di aversione e di conversione: aversione da Dio creatore e conversione alle
creature. Una terza, forse sconosciuta affatto, ma più vicina alla sensibilità mo-
derna, lo considera una privazione del bene sociale o comune a causa del libero
movimento della volontà che si separa da questo bene e aderisce al bene privato.
Questo concetto dell'amore privato, in cui consiste essenzialmente il peccato, viene
messo a fondamento della città del mondo, mentre l’amore sociale è il fondamento
della Città di Dio. Ve n'è poi una quarta che insiste sulla distinzione tra l'uti
e il frui: il peccato consiste nel pervertire l'ordine tra le cose di cui si deve usare
e le cose di cui si deve godere: fruendis uti velle, atque utendis frui3!,
Le Confessioni riprendono la seconda nozione di quelle qui ricordate — il pec-
cato è un movimento della volontà che si distacca da Dio, l’Essere vero, per
piegarsi verso gli esseri inferiori 5 — e la perfezionano contrapponendola al movi-
mento con il quale la mente umana sale fino a Dio. Questo movimento, come si
è detto®, va dalle cose esteriori alle interiori, dalle inferiori alle superiori. Il
peccato è il movimento contrario, e perciò perverso, che va da Dio alle cose
inferiori e dalle cose inferiori a quelle esteriori, Il peccato «non è una sostanza,
ma la perversione della volontà, la quale si distoglie dalla sostanza suprema, da
te, o Dio, per volgersi verso le cose inferiori e, rigettando i suoi beni interiori, si
gonfia nei beni esteriori » *4.
8 Contra Faustum 22, 271: Peccatum est factum, vel dictum vel concupitum aliquid con-
tra Legem aeternam. Lex vero aeterna est ratio divina vel voluntas Dei, ordinem natu-
ralem conservari iubens, periurbari vetans.
29 De div. qq. 83, 1, 18: Omne peccatum vera hominis inordinatio atque perversitas: a
praestantiore conditore aversio et ad condita inferiora conversio; cf. De lib. arb.
30 De Gen. ad litt. 11, 15, 20: Duo amores, quorum... alter socialis alter privatus... distin-
xeruni conditos in genere humano civitates duas.
3 De div. qq. 83 30. Vedi in De doctr. Christ. 1, 3-4 la teoria dell’uti e del frui che tanta
fortuna ebbe nel medio evo.
8 Confess. 12, 11, 11
83 Vedi sopra p. LXVIII.
% Confess. 7, 16, 22.
3 E’ la tesi centrale del dialogo: Dio solo è la beatitudine dell'uomo e Dio non si pos-
siede se non con l’amore.
XCVI INTRODUZIONE
nei Soliloqui36, ed enunciata, poi, nel De moribus Eccl. cath.3 sta alla base di
molte pagine delle Confessioni. Nasce dallo studio che, com'è noto, Agostino con-
dusse con assiduità e straordinaria acutezza sulle relazioni che corrono tra Dio
e l'uomo *. Il peccato infatti è il contrario di ciò che Dio è per noi. Dio è per noi
luce, ordine, riposo, libertà, bellezza, amore, felicità, vita, salvezza. Ne segue che
non c'è altra alienazione dell’uomo da se stesso che quella del peccato: questa, e
questa sola, tocca le radici dell'essere.
Mal'alienazione del peccato non può essere completa. Per quanto si allontani
da Dio, il peccatore non si sottrae né alla presenza né all’azione divina. Nasce
perciò un formidabile dramma — formidabile anche per il solo pensiero — che
consiste essenzialmente in questo: il peccatore non è con Dio e Dio è con lui;
e lo tengono lontano da Dio quelle cose che non sarebbero se non fossero in Dio.
« Eri con me, e non ero con te. Mi tenevano lontano da te le tue creature, inesistenti
se nonesistessero in te » 39.
Anzi, il peccatore cerca Dio nel momento stesso in cui, peccando, si allontana
da Dio. In ogni peccato c’è un’imitazione di Dio; perversa, s'intende, ma imitazione.
L'orgoglio simula l'eccellenza, l'ambizione aspira alla gloria, la crudeltà dei
potenti vuole incutere timore, la seduzione cerca la tenerezza dell'amore, la curio-
sità si atteggia a desiderio di conoscenza, l'ignoranza e la scempiaggine si coprono
col nome di semplicità e d’innocenza, la pigrizia sembra cercare la quiete, la
prodigalità si nasconde all'ombra della liberalità, l’avarizia ama possedere, l’invi-
dia litiga per eccellere, l'ira vuole la. vendetta, la pavidità trema in cerca di sicu-
rezza. Ma queste perfezioni cercate fuori di Dio è contro Dio, non sono veramente
e pienamente che in Dio. Perciò anche i vizi, loro malgrado, rendono testimo.
nianza a Dio.
Agostino conclude: «Tutti insomma ti imitano alla rovescia quanti si sepa-
rano da te e si levano contro di te. Ma anche imitandoti a loro modo provano.
che tu sei il Creatore dell'universo; e quindi non è possibile allontanarsi in alcun
modo da te»,
Poco prima, ricordando i doni elargitigli da Dio, esprime cosi il suo dramma,
che è il dramma di ogni uomo che pecca: « Sono beni, e tutti sono io. Dunque è
buono chi mi fece, anzi lui stesso è il mio bene, e io esulto in suo onore per tutti
i beni di cui anche da fanciullo era fatta la mia esistenza. Il mio peccato era di
non cercare in lui, ma nelle sue creature, ossia in me stesso e negli altri, i diletti,
i primati, le verità, cosi precipitando nei dolori, nelle umiliazioni, negli errori» 4.
IV. LA GRAZIA
Senza la pretesa di chiudere entro rigidi schemi una realtà troppo ricca e
profonda, come osserva giustamente il Card. Pellegrino®, si possono stabilire
alcune coppie di termini antitetici per esprimere insieme questi due punti. Tra le
altre possiamo ricordare le seguenti: schiaviti e libertà, deformità e bellezza,
inquietudine e riposo, dispersione e unità, morte e vita.
5 Confess. 2, 1, 1; cf. 10, 29, 40; 11, 29, 39; 12, 16, 23.
58 Confess. 11, 29, 39 c. Ln . n. .
59 Cf. il nostro articolo: Il temporale e l'eterno nella spiritualità di S. Ag., in Rivista di
vita spirituale, 8 (1954), pp. 431-452.
6 Vedi p. LXXXI
61Confess. 1, 5, 5.
62Confess. 5, 9, 16.
63Confess. 9, 6, 14.
6 Confess. 13, 2, 3.
65Confess. 13, 37, 52. .
6 Cf. il nostro S. Ag. e le grandi correnti teologiche eterodosse, I. cit.
6 Solil. 1, 1, 3: « Dio, dal quale uscire è morire, al quale tornare è rinascere, nel quale
abitare è vivere». . . . ma
6 Confess. 3, 6; 10: « Tu sei la vita delle anime, la vita delle vite, che vivi per tua sola
virtù senza mai mutare, vita dell'anima mia ».
Cc INTRODUZIONE
audacemente, fratelli, ma con verità: ci sono due vite, una del corpo, l’altra del-
l’anima. Come la vita del corpo è l'anima, cosi la vita dell'anima è Dio. Se l’anima
abbandona il corpo, il corpo muore; allo stesso modo se Dio abbandona l’anima,
l’anima muore » 9.
Manelle Confessioni non v'è descritta solo la grazia come salvezza, cioè come
liberazione dalla schiavitii del peccato, bellezza interiore, unione con Dio, sconfitta
della morte; ma anche, e molto più, come dono e forza per convertirsi a Dio, per
osservare î divini comandamenti, per evitare il peccato, cioè per giungere alla
giustificazione, che è la condizione essenziale della salvezza, e perseverare in
essa. Sono questi alcuni dei temi principali che costituiranno la controversia pela-
giana: le Confessioni le anticipano mostrando la continuità del pensiero agosti-
niano. Al lettore basteranno, come motivo di particolare attenzione, pochi accenni.
1. La grazia della conversione. Verso lu fine della vita Agostino ebbe occasione
di darci la chiave interpretativa della sua conversione: scrisse di averla narrata
in modo da mettere in rilievo l'intervento della grazia divina implorata e ottenuta
dalle lacrime quotidiane di sua madre. Questa indicazione è preziosa, ma non
era necessaria, Il fatto non sarebbe sfuggito a nessuno. In realtà il filo conduttore
della prima parte delle Confessioni è il dialogo muto tra il figlio che devia e la
madre che prega: dalle parole profetiche del vescovo innominato?! alla partenza
clandestina da Cartagine, alle meditazioni sulla malattia che lo colpi a Roma",
al primo incontro con Ambrogio a Milano”, all'annuncio della conversione, fino
alla vigilia della morte, quando Monica dichiarò che la sua missione era ormai
terminata”.
L’azione della grazia, implorata da tante preghiere, fu si forte che vinse ogni
resistenza. Agostino la descrive in maniera poeticamente bella e teologicamente
esatta con l'immagine delle sensazioni. « Mi chiamasti e il tuo grido sfondò
la mia sordità; balenasti, e il tuo splendore dissipò la mia cecità; diffondesti la
tua fragranza, e respirai e anelo verso di te, gustai e ho fame e sete; mi toccasti,
e arsi di desiderio della tua pace »T. La resistenza all’azione divina è narrata in
pagine immortali nel libro ottavo. La lotta ira le due volontà — la vecchia abbar-
bicata alla consuetudine e la nuova suscitata dalla grazia — durò a lungo e fu
tormentosa. La grazia, operando con «la soavità liberale dell'amore »"8, andava
trasformando in dolcezza ciò che prima sembrava ad Agostino troppo amaro.
La vittoria della grazia non fu soppressione, ma potenziamento della libertà:
6 Enarr. in ps. 70, s. 2, 3; cf. In Io Ev. tr. 19, 11-13; Serm. 65, 6-7; Ep. 120, 19; ecc.
70 De dono persev. 20
71 Confess. 3, 12, 21.
7 Confess. 5, 8, 15.
73 Confess. 9, 16-17.
74 Confess. 1,1
5 Confess.
76 Confess. 9
TI Confess.
78 De peccat. mer. et remiss. 2, 17, 26.
INTRODUZIONE CI
a, rese operanie la
fu una forza nuova che, entrando negli ingranaggi dell'anim
libertà.
conver-
2. La grazia per osservare la Legge. La grazia che lo condusse alla
stessa che Agostino invoca per restare fedele alla legge divina e
sione è quella
da quod
giungere cosi alla salvezza. La celebre preghiera delle Confessioni —
di Pelagio, perché, nella
iubes et iube quod vis — suscitò a buondiritto le ire
simo. Afferma infatti che l'osservan za
sua brevità, colpisce a morte il pelagiane
dall’aiuto della grazia implorata dalla pre-
dei comandamenti di Dio dipende
ghiera.
non
La divergenza e l'opposizione tra i pelagiani e il vescovo d'Ippona
che Dio non
stavano nei principi, ma nelle conclusioni. Tutti erano d'accordo
non è necessaria
comanda l'impossibile; ma i pelagiani ne concludevano: dunque
vescovo d'Ippona era un'altra: dunque è
la grazia; mentre la conclusione del
per ottenere la grazia. Il da quod iubes et iube quod
necessaria la preghiera
che esprime insieme e la disposizio ne della volontà e la
vis, è una preghiera
dà ciò che comandi e
necessità della grazia. « Comandi la continenza. Ebbene
avvicinare l’altra che si
comanda ciò che vuoi»®. A questa preghiera si può
e richia-
riferisce alla vigilia della conversione: « Ebbene Signore, agisci, svegliaci
maci, accendi e rapisci, ardi, sii dolce. Amiamo, corriamo »83.
Sulla difficile questione dell'efficacia della grazia e, quindi, della concilia-
sempre
zione tra grazia e libertà, le pagine narrative delle Confessioni saranno
un ottimo commento a quelle dottrinali di Agostino antipelagi ano.
V. IL MEDIATORE
Peccato e grazia sono termini d'un problema che trova la soluzione nel
Cristo. Le Confessioni ci mostrano quanto Agostino amasse il Cristo e come
abbia trovaro in lui, e in lui solo, ciò che ansiosamente cercava. Certamente non
sono un trattato di cristologia o di soteriologia, ma su l'uno e su l’altro tema,
gettano, attraverso l’esperienza personale dell'autore, molta luce.
Abbiamo detto che alla vigilia della conversione egli comprese quale fosse
la dottrina cattolica intorno all'Incarnazione, e come questa dottrina fosse chia-
ramente distinta da quella professata da Fotino. Questo fatto, se crea un pro-
blema ermeneutico circa il momento della conversione di Agostino alla fede 8%,
offre un prezioso aiuto per capire la dottrina cristologica da lui esposta tante
volte, qua e là, nelle sue opere. Ci aiuta a capire, soprattutto, l'insistenza con
la quale il vescovo d'Ippona distingue tra la presenza di Dio nell'uomo e il Dio
fatto uomo, distinzione fondamentale ed essenziale per il dommacattolico quale
fu definito, poi, a Efeso e a Calcedonia. Scrive ne! De Trinitate: «... la persona
del Verbo di Dio assunse la natura umana per presentarsi in forma di uomo.
Quell'uomo non era in possesso del Verbo di Dio alla pari di altri uomini dotati
di santità e di sapienza, bensi al di sopra di essi». Spiegando poi questa supe-
riorità, continua: «non certo nel senso che avesse in misura più larga il Verbo
di Dio in modo da eccellere su di essi per sapienza, ma nel senso che era lo
stesso Verbo... Una cosa infatti... è il Verbo nell'uomo, un'altra il Verbo uomo» *.
La stessa sottolineatura sempre: nei libri, nei discorsi, nelle lettere81,
Non meno importante per l'interpretazione del pensiero agostiniano l’altra
esperienza narrataci dalle Confessioni: la scoperta di Cristo Mediatore8®.
In realtà da quel momento Cristo divenne il centro e l’anima della vita,
della teologia, del pensiero d'Agostino: respinse sdegnosamente le dottrine neo-
platoniche sulla mediazione dei demoni e si afferrò con tutta la forza della
fede, dell’intelligenza e dell'amore al Cristo unico Mediatore tra Dio e gli uomini
(1 Tim 2, 5).
MISTICA
i pori 2, (6,
icordiamo il De quantitate animae (scritto qui a Roma tra l'autunno del 387 e 1’
.
gosto del 388), che descrive i gradi della vita
. . .
spirituale; il De sermone Domini in
a-
monte (del 394), che spiega le beatitudini in correlazione con i doni dello Spirito
Santo e le petizioni del Padre nostro; il De Trinitate (399-421), che introduce il
INTRODUZIONE CV
I. AGOSTINO MISTICO
Per qualcuno non solo è un mistico, ma è il principe dei mistici?. Per qualche
altro è solo un «intellettualista »* o un « grande entusiasta »5. La diversità della
‘risposta dipende da diversità più profonde, attinenti a questioni più generali. Ci
si chiede se il misticismo in senso stretto appartenga solo all’età moderna (si
pensi a S. Teresa e a S. Giovanni della Croce) o se sia fiorito anche nell'età patri-
stica; se intellettualismo e misticismo siano termini conciliabili o antitetici; se un
contenuto mistico può calare in uno schema o procedimento filosofico. Si tratta
di sapere, in altre parole, che cosa sia propriamente l’esperienza mistica.
La maggior parte degli studiosi si pronuncia a favore della patristica, a
favore della conciliabilità, dichiarata necessaria ed essenziale, tra intellettualismo
e misticismo, a favore della possibilità di esprimere un contenuto mistico con
uno schema filosofico. Di ciò i predetti studiosi trovano la conferma nella figura
del vescovo d’'Ippona, il quale, oltre tutto, ci aiuta a chiarire la nozione stessa
di esperienza mistica$. « Agostino — scrive uno di essi — è per me il principe
dei mistici, unendo nella sua persona, in maniera ineguagliata da altri, i due
elementi dell'esperienza mistica: una profonda visione intellettuale delle cose
divine e un amore di Dio che fu passione divorante ». Anzi — continua lo
stesso — è la confutazione più corcreta dei vari fraintendimenti di cui il misti
cismo e i mistici sono stati oggetto; è infatti un mistico, ma insieme un uomo
di governo, un pensatore acuto e un. apostolo infaticabile!.
lettore alla contemplazione del mistero trinitario attraverso la conquista della sapienza;
De Genesi ad litteram libri XII (401-414), dove l’ultimo libro è dedicato alla questione
del paradiso o «terzo cielo » a cui fu rapito l’Apostolo (2 Cor 12, 2); la Lettera 147
(probabilmente del 413/414) sulla visione di Dio (De videndo Deo); il Commento al
Salmo 41 sull’ascesa fino alla casa di Dio; i Discorsi 103-104; 179, 4-5 sulle relazioni tra
contemplazione ed azione, ecc.
3 C. ButLER, Il misticismo occidentale, Londra 19262; trad. ital. Bologna 1970, pp. 123-
186; W. FALKENHAHN, Zur Mystik Augustins, in Veritati, « Festschrift Hessen », Munich
1949, pp. 170-175, che qualifica Ag. come «il più grande mistico di tutti i tempi».
4H. Meyer, War Augustin Intellektualist oder Mystiker?, in Augustinus Magister, III,
Paris 1955, pp. 427-437.
5 E. HENDRIKX, Augustins Verhdltnis zur Mpystik, Wiirzburg 1936.
6 Cosî in sostanza, pur con diverse sfumature, Portalié, Cayré, Maréchal, Lebre-
ton, ecc. (cf. bibliografia). Un ampio riassunto della controversia in M.A. MANDOUZE
Où en est la question de la mystique augustinienne?, in Augustinus Magister, III, Pa-
ris 1955, pp. 103-168.
TC. ButLER, Op. cit., pp. 124-125.
CVI INTRODUZIONE
a en-
l'ineffabilità della vita beata (1 Cor. 2, 9), il richiamo all'invito del Signore
(1 Cor.
trare nel suo gaudio (Mt. 25, 21), il richiamo alla risurrezione dei morti
i
15, 51).
d'un grande successo. Monica sente ormat la
Qui si tratta d'un gran dono,
cielo e confessa al figlio che la vita presente non ha più alcuna
nostalgia del
attrattiva per lei e non sa piu perché debba restarvi ancora. Anche Agostino
ha perduto ogni attrattiva per la vita di quaggiù — « questo mondo con tutte
le sue attrattive si svili ai nostri occhi » 5 — e sente più tormentoso, più bruciante
il desiderio della « pace senza tramonto ».
Se questa pagina non è la descrizione d'un'alta esperienza mistica, non si
saprebbe dire quale altra della letteratura cristiana lo sia. Essa è il punto culmi-
nante della vita di Monica, il momento centrale della vita di Agostino, il cuore
delle Confessioni. Ci rivela l'aspetto piu intimo di Agostino e ci dà la chiave
a
per capire molte altre pagine, quelle nelle quali l’autore mostra di aver esperienz
più alte ascensioni dello spirito. Del resto è Agostino mistico che spiega
delle
tanta parte di Agostino pastore e scrittore.
Tanto più che l'estasi di Ostia non restò un caso isolato. Era stata preparata
del
dalle lunghe meditazioni fatte a Cassiciaco!6 e dalle lacrime sparse al tempo
simili. Agostino ne ripetè
battesimo a Milano, e fu seguita da altre esperienze
rio;
spesso il cammino e spesso il termine fu, come ad Ostia, un dono straordina
come lo chiamera nno i mistici posteriori, della contempla zione infusa.
quello,
libe-
Era infatti abituato a raccogliersi nella meditazione ogni volta che poteva
i. Solo in Dio si sentiva sicuro. Solo in Dio
rarsi dalla stretta delle occupazion
sapeva che nulla di sé andava disperso. Ed ecco come, a questo proposito, alza
il velo, con parole discrete ma chiare, sui doni divini: « Talvolta m’introduci in
um sentimento interiore del tutto sconosciuto e indefinibilmente dolce, che, qua-
lora raggiunga dentro di me la sua pienezza, sarà non so cosa, che non sarà questa
vita. Invece ricado sotto i pesi tormentosi della terra. Le solite occupazioni mi
riassorbono, mi trattengono, e molto piango, ma molto mi trattengono, tanto è
considerevole il fardello dell'abitudine. Ove valgo, non voglio stare; ove voglio,
non valgo e qui e là sto infelice » 88.
i
Abbiamo detto che dall'esperienza di Agostino descritta dalle Confession
si può trarre un ampio quadro di dottrina spirituale. Perché questo: sia com-
pleto si dovrebbe tener conto di tutte le altre opere. Si sa che il vescovo d'Ippona
è stato un grande maestro della pietà cristiana in Occidente. Qui indicheremo
alcuni punti particolarmente presenti in quest'opera. Non senza aver notato
prima, riepilogando quanto si è detto sopra, che l'ascesa verso Dio è sorretta,
1. La preghiera
la certezza della conversione del figlioe quella con la quale l’assicurò, nel forte
d'una paurosa tempesta durante la traversata del Mediterraneo, che tutti i navi-
ganti sarebbero giunti alla mèta*. Arricchita del dono delle visioni, Monica non
fu una visionaria. Sapeva distinguere bene — osserva Agostino — tra le rivela
zioni divine e i sogni della sua anima. i .
Le Confessioni mettono in rilievo soprattutto, come abbiamo detto ®, la rela-
zione di dipendenza tra le preghiere della madre e la conversione del figlio.
Avuta da Dio la certezza della conversione di Agostino, Monica non smise di
pregare: « resa ormai più alacre, ma al pianto e ai gemiti non meno pronta, per-
sisteva a far lamento per me davanti a te in tutte le ore delle sue orazioni».
Durante nove anni.
L'ascetismo
Si comprende allora che la preghiera, intesa sia come invocazione che come
lode, alimenti la crescita spirituale e ne sia a sua volta, come’ vedremo, ali-
mentata. L'essenza e la misura della crescita spirituale è l'aumento della carità.
Agostino lo ha ripetuto con tanta appassionata insistenza, con tanta ricchezza
di particolari da meritare il titolo di dottore della carità insieme a quello di
dottore della grazia*. Ma la carità per espandersi deve vincere la resistenza
della cupidigia, che è amore disordinato di sé o, secondo un'altra espressione
agostiniana, amore privato. Da qui la necessità dell'ascetismo o purificazione,
Agostino ne respinge il fondamento platonico, ma ne applica e ne insegna
tenacemente le leggi. Ne aveva parlato a lungo nei Soliloqui in un primo esame
pubblico di coscienza; ne parla più a lungo nelle Confessioni in un secondo
esame di coscienza più severo e piu ampio.
La necessità della purificazione non nasce dal male della materia o dal-
l’estraneità del corpo dall'anima — né la materia è un male, né il corpo è
estraneo all'anima — ma dal disordine che è in noi o, come anche si esprime
Agostino, dalla «guerra civile » tra lo spirito e la carne, tra il dovere e il
piacere. Questo disordine investe tutte le facoltà dell'uomo: la sensibilità, l'in-
telligenza, la volontà. Tre infatti sono i vizi che ostacolano il regno della carità:
l'inclinazione ai piaceri sensibili, la curiosità, la superbia. Agostino si riferisce
esplicitamente e ripetutamente al testo della Prima Lettera di S. Giovanni (1 Io
2, 16)*. L'ascetismo cristiano dunque impegna tutto l'uomo. Si tratta infatti
di ristabilire l'ordine, che consiste essenzialmente nell'assoggettare noi stessi a
Dio e gli appetiti a noi stessi, cioè alla volontà e alla ragione. Questa, e solo
questa, è la vera pace. Il resto è falsità e perversione. Agnosce ordinem, quaere
pacem. Tu al maggiore, il minore a te®.
L'autore delle Confessioni ci mostra a qual punto sia giunto e quali successi
abbia raccolto in questo sforzo ascetico. L'esame a cui sottomette se stesso è
minuzioso, anzi spietato, ma istruttivo.
dice Agostino con evidente polemica contro i manichei — temo l'impurità del
i i i
desiderio » 99.
Si leggano attentamente i passi dedicati alle tentazioni della vista, che in
lui furono fortissime. Che il bello ci attragga — sia il bello della natura che
dell'arte — è cosa ovvia, anzi necessaria: gli occhi son fatti per contemplare le
bellezze corporali come lo spirito quelle spirituali; il male sta nel dimenticare,
contemplando quelle forme, la fonte da cui procedono e staccarsi da essa, che
è la Bellezza eterna, e abbattersi, deformi, nelle bellezze corporali; deformi, non
perché si ami il male, ma perché si ama male il bene. Da qui lo sforzo di non
lasciarsi impigliare dalle bellezze corporee, ma di salire da esse a Dio. « Anche
dalle opere dell’arte traggo un inno per te e una lode da offrire in sacrificio.
La bellezza che attraverso l’anima si trasmette alle mani dell'artista proviene da
quella bellezza che sovrasta le anime, cui l'anima mia sospira giorno. e notte.
Ma chi fabbrica e cerca le bellezze esteriori, trae di là la norma per giudicarne
il valore, non trae di là la norma per farne buon uso » 0. La norma è: amare
sopra tutte le cose la bellezza increata della Sapienza e salire, contemplando,
dalle bellezze create ad essa; e da essa scendere alle bellezze create in un movi-
mento continuo di meditazione e di amore circolare.
2. La curiosità, L’altra fonte di tentazione che offre largo campo allo sforzo
ascetico, è la curiosità. Non la curiosità che è madre della scienza — questa
propriamente si chiama studiosità ed è una virtù — ma quella che amman-
tandosi di cognizioni e di scienza, ricerca vane e nocive sensazioni o aspira a
conoscere cose che all'uomo non è dato conoscere. Da questa curiosità derivano
le stravaganti esibizioni degli spettacoli, le interrogazioni degli astri, le arti
magiche, la richiesta a Dio di segni e prodigi. Agostino confessa d'esserne stato
sempre libero o di essersene ormai liberato. « Certo non mi attirano più i teatri
né mi.curo di conoscere i passaggi degli astri, e mai. l'anima mia ha cercato
di conoscere i responsi delle ombre; detesto qualsiasi rito sacrilego ». Non nega
però che la tentazione di chiedere a Dio qualche segno talvolta lo assalga, anche
se la supera. Geme invece perché tante piccole inezie — il lettore noterà l’esem-
pio del cane che corre dietro a una lepre e quello del ragno che cattura le
mosche — lo distraggono spesso da pensieri gravi e solenni*.
(Satyra 1, 47) per non sentire queste cose o sentirle senza piacere— dall'altra
il suo tenore di vita, che era degno di stima e di ammirazione, e la sua condizione
di vescovo, che lo portava a desiderare, per il bene altrui, di essere ben voluto
dagli uomini.
Per passare incolume tra questi due fuochi pregava molto e versava «fiu-
mi» di lacrime, studiandosi di scandagliare i propri sentimenti e di amare
sempre, in ogni occasione, più la verità che le lodi. Le pagine. dedicate a que-
st'argomento sono ricche di fine psicologia.
3. La contemplazione
Lo sforzo ascetico aveva per Agostino ed ha per ogni cristiano uno scopo
mistico: la contemplazione. La contemplazione costituisce il premio « altissimo
e segretissimo » delle lunghe e dure fatiche della purificazione. Infatti questa
forma altissima di preghiera esige una preparazione remota, che è appunto la
purificazione, e una prossima, che è il raccoglimento o silenzio interiore. Im-
porta inoltre elementi speculativi e affettivi; e consiste, nel suo grado pit alto,
in un’ascesa, un'intuizione, una « caduta ». _
Abbiamo detto della purificazione, frutto dell'esercizio ascetico, che ha per
scopo di riportare l'ordine dove il peccato ha seminato il disordine. Occorre
dire qualcosa sul raccoglimento o silenzio interiore. Il vescovo d'Ippona vi
accenna nella descrizione dell’estasi di Ostia, lo chiede nella preghiera con la
quale chiude il De Trinitate e lo pone come condizione essenziale per vedere
Dio. «Se per un uomo tacesse il tumulto della carne... tacessero le immagini
della terra... tacessero i cieli, e l’anima stessa si tacesse... e tacessero i sogni e
le rivelazioni della fantasia... » 5. E' questo il silenzio che Agostino chiede a Dio:
« Liberami, o mio Dio, dalla moltitudine di parole di cui soffro interiormente,
nella mia anima... Infatti non tace il pensiero, anche quando tace la lingua » *.
In realtà «una particolare solitudine è necessaria al nostro spirito: con questa
solitudine interiore si vede Dio». E’ in questo silenzio che si ode la voce
di Dio. Agostino ha coniato a questo proposito l’ardita espressione di «canoro
e facondo silenzio della verità». Perciò la contemplazione si ricollega alla
beatitudine della pace, che è il frutto della purificazione, e al dono della sapienza,
che imprime nell'anima la somiglianza piu alta di Dio. Silenzio interiore
vuol dire dunque. Fasciata da questa zona di silenzio, sostenuta dal desiderio
di possedere Dio a viso aperto, alimentata dalla preghiera, soprattutto dalla
preghiera di lode, che è l’«opera somma» dell’uomo, l'anima si eleva verso
l’Ineffabile con il pensiero ed il cuore.
Contemplazione vuol dire prima di tutto visione di Dio. E’ un atto dell’in-
telletto, un’« intelligere divina ». La visione avviene però attraverso la fede. E°
43 Ep. 231, 2.
4 Confess. 10; 37, 60-38, 63.
4 Confess. 9, 10, 25.
% De Trinitate 15, 28, 51.
4 In Io Ev.tr. 17, 11.
4 De libero arbitrio: 2, 13, 35.
49 De sermone Domini in monte 1, 2, 9 - 3, 10.
50 Enarr. in ps. 44, 9; cf. 110, 1.
INTRODUZIONE CXIII
5 Cf. Epp. 92, 3; 147, 31; De Genesi ad litt. 12, 26, 56 - 28, 58. A favore della visione
immediata cf. J. MarEcHAL, La vision de Dieu au sommet de la contemplation, in
Nouv. Revue de Théol., 57 (1950), pp. 89-109; 191-204.
5 Enarr. in ps. 41, 8.
53 Confess. 7, 17, 27.
5 Confess. 9, 10, 24.
S5 Enarr. in ps. 41, 10. 25.
56 Serm. 52, 16.
ST Confess. 9, 10, 24.
CXIV INTRODUZIONE
ill
CAPITOLO VIII
POESIA
Dobbiamo però aggiungere che il successo delle Confessioni deriva anche, per
una parte non piccola, dal loro valore letterario. Agostino possiede tutte le qualità
d'un grande scrittore ed ha quelle di un vero poeta: le Confessioni, più di ogni
altra opera, mettono in luce le une e le altre. Vi dedichiamo un accenno per ren-
dere attento il lettore anche su questo aspetto.
I. STILE
1 Per lo stile delle Confessioni vedi i due studi fondamentali C.J. BaLmus, Étude sur
le style de St. Aug. dans les Confessions et la Cité de Dieu, Paris 1930; M. VERHEISEN,
Eloquentia pedisequa. Observations sur le style des Confessions de St. Aug., Nijme-
gen 1949 (il primo studia i mezzi espressivi che Ag. adopera nelle Confessioni, il secondo
il rapporto tra il contenuto e la forma propria delle Confessioni in quanto confessio).
Cf. l'interessante studio di L.F. PizzoLato, Le fondazioni dello stile delle Confessioni
di S. Ag., Milano 1972 (l’autore studia lo stile delle Confessioni come l'incarnazione
dei tre grandi momenti in cui si articola il piano interno delle medesime: la biografia, la
struttura, la confessio; tre momenti studiati ed esposti in un’opera precedente; Le
Confessioni di S. Ag. - Da biografia a confessio, Milano 1968). Ottimo lo studio del
Pellegrino, in Le Confessioni di S. Ag., pp. 175-214. Per la sintassi, le clausole,
le immagini nelle Confessioni cf. rispettivamente: M.R. Arts, The syntax of the Con-
fessions of St. Aug., in Patristic Studies, 140, Washington 1927; M.B. Carrot, The
clausulae in the Confessions of St. Aug., in Patristic Studies, 72 (1940); J. FONTAINE,
Sens et valeur des images dans le Confessions, in Augustinus Magister, I, pp. 117-
126; S. JosePH-ARTHUR, El estilo de San Augustin en las Confessiones, in Augustinus,
2 (1957), pp. 31-48; 3 (1958), pp. 503-528. Per gli studi generali sullo stile di S. Ago-
stino cf. nella bibliografia gli scritti del Di Capua, Finaert (per questo autore vedi
anche le riserve del Pellegrino, op. cit., pp. 270.210); Ioseph-Arthur, Combes, Oroz,
Turrienzo e soprattutto, per il latino cristiano, della Mohrmann.
Cf. la prima lettura della Bibbia (Confess. 3, 5, 9), l'incontro con Fausto (5, 6, 10-11),
D»
1. Formazione retorica.
Non occorre ripetere che Agostino studiò la retorica classica e la insegnò per
12 anni a Cartagine, a Roma, a Milano. Anzi ne raggiunse, attraverso la lettura dei
piu grandi trattatisti del tempo, greci e latini, una tale cognizione che gli permise
di programmare, e in parte di condurre a termine, una vasta enciclopedia delle
arti liberali5. E° vero che negli ultimi anni noterà con dispiacere che le prime sue
opere le scrisse « ancora gonfio delle abitudini letterarie del secolo »6 0, come dice
nelle Confessioni, « sbuffante ancora di alterigia scolastica »v7; ma ciò non vuol
dire che non se ne sia servito.
Anche Agostino, come ogni altro, è figlio del suo tempo. Le Confessioni, se
ci conquistano per il contenuto, cosi originale e vivo, possono crearci qua e là
qualche fastidio per la forma. Non pit abituati allo scrivere per cola e per còm-
mata (membri e incisi), la prosa che si attiene alla precettistica dell'antica reto-
rica ci dà l'impressione dell'artificio vuoto e del gioco di parole. Non era cosi
allora. Ai contemporanei, pagani e cristiani, quelio stile piaceva, anzi si esigeva
che un vescovo colto scrivesse in quella maniera. Era ormai una tradizione. Gli
altri Padri della Chiesa, da Origene in poi, avevano fatto lo stesso. Allora anche la
retorica era uno strumento valido per esprimere sentimenti nobili e sinceri. Cosi
fu, nei limiti in cui ne fece uso, per Agostino. Nessuno gli nega la sincerità. Tutti
gliela riconoscono. Anzi, proprio questa prerogativa, che brilla irrecusabilmente
2. L'’influsso biblico
3. Temperamento personale
II. POESIA
2% Confess. 2,1, 1- 2, 4.
ZI Confess. 8, 8; 19 - 12, 30.
28 Confess. 2 12.
29 Confess. 8, 11, 26.
30 Confess. 10, 34, 52.
31 Confess. 10, 6, 9; 11, 4, 6.
3 Cf. L.F. Pizzoraro, op. cit., il quale distinta l'autobiografia e la struttura delle Confes-
sioni in sei epoche, ne segue il tradursi progressivo nello stile delle medesime.
33 Ch. MoHRMANN, St. Aug. écrivain, in Rech. Aug., I, p. 57.
34 Cf. F. DI CAPUA, S. Agostino poeta, in Augustiniana, 1955, pp. 111-120. (Si occupa spe-
cialmente dei Sermoni); V. CILENTO, Lo spirito poetico e la novità dell’opera agosti-
niana, in Augustiniana, 1955, pp. 141-158 (trova nelle Confessioni il poeta dell’intimità
con Dio, dell’amicizia, della madre cristiana, delle lacrime); L.F. PIZZOLATO, op. cit.,
distingue nella quarta età — l'adolescenza — di cui parlano le Confessioni, la poetica
del male «puro », dell'esperienza orizzontale, del contrasto, dell'amicizia, dell’attesa
e della SBENAInZA, della famiglia); M. PELLEGRINO, op. cit., pp. 209-214.
3 Confess. 4,
36 Retract. 1, 20.
31 De civ. Dei, 15, 22.
38 Op. cit., p. 210.
CKX TIINTRODUZIONE
ti { Jonio 4 n . . d fi Agosti
sformare sentimento vero e profondo in un'immagine viva ed efficace ostino
pr È ‘coni n » ; i PR
f poeta in sommo grado, e le Confessioni sono un’opera di poesia. Una lettura in ;
fu
questa chiave è molto piacevole e istruttiva. L'uomo, inquieto finché non riposa in
Dio (1, 1,1), è simile ad « un filo d'erba assetato » (11, 2, 3). L'autorità della Chiesa
è il nido dove i « piccoli» mettono le piume e sviluppano le ali della carità con
l'alimento della fede (4, 16, 31)?°. Conoscere le scienze e non conoscere Dio è un
volgere il dorso alla luce e il viso agli oggetti illuminati: si vedono gli oggetti per-
ché illuminati, ma il viso resta all'oscuro (4, 16, 30). Che all'uomo perverso non
piaccia Dio è naturale: anche al palato malsano riesce una pena il pane, che al
sano è soave, e agli occhi offesi è odiosa la luce che ai vividi è amabile (7, 16, 22).
Salire a Dio e non giungere a possederlo lascia nell'anima un ricordo amoroso e
il rimpianto, per cosi dire, dei profumi di una vivanda che non si possa ancora
gustare (7, 17, 23). A
L'ascesa verso Dio è un parlare con le creature e un ascoltarne la risposta
(10, 6, 9). Ma che cosa amiamo quando amiamo Dio? A questo punto l'alta fan-
î tasia di Agostino alza le vele e la poesia su Dio raggiunge vertici ineguagliati. Si
È rilegga la risposta. Comincia: « Non una bellezza corporea, né una grazia tempo-
î rale: non lo splendore della luce, cosi caro a questi miei occhi, non le dolci melo-
1 die delle cantilene d'ogni tono, non la fragranza dei fiori, degli unguenti e degli
aromi, non la manna e il miele, non le membra accette agli amplessi della carne».
« Eppure — insiste — amo una sorta di luce e voce e odore e cibo e amplesso
nell'’amare il mio Dio », poiché Dio è « la luce, la voce, l'odore, il cibo, l'amplesso
dell’uomo interiore che è in me, ove splende alla mia anima una luce non avvolta
dallo spazio, ove risuona una voce non travolta dal tempo, ove olezza un profumo
non disperso dal vento, ov’è colto un sapore non attenuato dalla voracità, ove si
annoda una stretta non interrotta dalla sazietà » (10, 6, 8). Allo stesso modo, pren-
dendo in prestito le immagini dai sensi, esprime l’azione della grazia. Parlando di
sé a Dio, scrive: « Mi chiamasti, e il tuo grido sfondò la mia sordità; balenasti,
e il tuo splendore dissipò la mia cecità; diffondesti la tua fragranza, e respirai e
anelo verso di te, gustai e ho fame e sete; mi toccasti, e arsi di desiderio della
tua pace» (10, 27, 38). Le parole di Dio sono frecce che trafiggono il cuore
(9, 2, 3; 10, 6, 8).
| Agostino è innamorato della luce, « regina dei colori» (10, 34, 51), del canto,
che lo commuove fino alle lacrime (9, 6, 14; 10, 33, 49-50), dell'armonia, Questa gli
Ì offre un esempio del governo del mondo da parte di Dio, « ineffabile modulatore »
| di quel « grande canto » che è la storia umana.
Altro tema della poesia delle Confessioni è l'amicizia, più cara della luce e
della vita. Mortogli l’amico del cuore, tutto per Agostino è tenebre e morte.
« L’angoscia avviluppò di tenebre il mio cuore. Ogni oggetto su cui posavo lo
sguardo era morte. Era per me un tormento la mia città, la casa paterna un'’infe-
licità straordinaria. Tutte le cose che avevo avute in comune con lui, la sua assenza
aveva trasformate in uno strazio immane. I miei occhi lo cercavano dovunque
senza incontrarlo, odiavo il mondo intero perché non lo possedeva e non poteva pit
39 L'immagine viene svolta nel Serm. 51, 6. Agostino parla del periodo del suo raziona-
lismo: «Io che vi parlo fui ingannato un tempo... mi credei idoneo al volo, abbandonai
il nido e caddi prima di poter volare. Ma il Signore misericordioso mi raccolse e mi
É peseDel peo prima che i passanti mi calpestassero ».
D. ad,
INTRODUZIONE
at
dirmi: “ Ecco, verrà” come durante le sue assenze da vivo... Tutto... era orrore
; . sa - : ieri
persino la luce del giorno; e qualunque cosa non era ciò che lui era, mi riusciva
|
iriste e odiosa, eccetto i gemiti e il pianto » (4, 4, 9-7, 12).
|
L'esemplificazione sarebbe ancora lunga, ma il lettore potrà continuarla da sé
o ricorrere agli studi indicati. Noi concluderemo da parte nostra con le parole di
F. Di Capua: « S. Agostino fu un acuto ed arguto dialettico, un grande oratore, che
persuade e commuove, e uno stilista dalla parola facile e dal vario periodare. I
contemporanei ammirarono e lodarono le sue doti di grande teologo, di potente
polemista, di scrittore facondo; ma né la dialettica, né l’eloquenza, né lo stile
spiegherebbero l'efficacia che i suoi scritti esercitarono su le nature più diverse...
se non si tien conto della grandezza del genio poetico del figlio di Monica »*!.
Questo genio poetico, fuso a quello filosofico, teologico e mistico, emerge
soprattutto nelle Confessioni.
|
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Î
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Il
(O
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Ò | MI
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Il
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Ill
ee ————* Î
41 F. DI CAPUA, S. Agostino poeta, p. 118. il