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INTRODUZIONE

Le Confessioni appartengono alla letteratura universale: sono un libro di auto-


biografia e insieme di filosofia, di teologia, .di mistica e di poesia. Intorno a
questo celebre libro si sono accumulati, soprattutto in questi ultimi anni, innu-
merevoli studi che intendono illustrarne il ricco contenuto. Il lettore vuol esserne
informato. Lo faremo, per quanto ci è possibile, nelle pagine che seguono. Prima
di tutto però dobbiamo informarlo su due questioni preliminari che riguardano
la composizione dell’opera e l'accoglienza che ebbe. Cominceremo da quest'ultima.

CAPITOLO I

ACCOGLIENZA

Sull’accoglienza che ebbero le Confessioni il lettore potrà confrontare util-


mente le brevi indicazioni di A. Casamassa! e la grande opera di P. Courcelle?.
Noi ne diremo quel tanto che sia necessario per averne un'idea sommaria.
Richieste e attese dagli amici3, furono accolte con sommo favore. Ne è testi
mone sicuro lo stesso Agostino, che era, com'è noto, modestissimo e molto alieno
dal parlare dei propri successi. Scrive nelle Ritrattazioni: « So che (i libri delle
mie Confessioni) a molti fratelli sono piaciuti e piacciono molto » 4; e nel De dono
perseverantiae asserisce in forma interrogativa: « Quale dei miei opuscoli si è dif-
fuso maggiormente ed è stato più gustato dei libri delle mie Confessioni? » 5. Sap-
piamo che se ne discuteva negli ambienti romani$ e che. il Conte Dario ne chiese
una copia allo stesso autore?, il quale gliela inviò con parole commoventi per sin-
cerità e modestia8.

1 A. CasaMmassa, Scritti patristici, II, Lateranum, Roma 1956, pp. 243-244.


2 P. CourcELLE, Les Confessions de St. A. dans la tradition littéraire, Paris 1963; cf. pure
IpEM, Recherches sur les Confessions de St. A., Paris 19682, pp. 235-247.
* E’ certo, come diremo, per la seconda parte; ed è probabile per la prima, cf. p. XVII.
4 Retract. 2, 6.
5 De dono persever. 20, 53.
6 Ivi.
7 Ep. 230, 4.
8 Ep. 231, 4.
INTRODUZIONE

Ma nontutti le accolsero con uguale favore. L'autore stesso mostra di presen


tirlo mentre le scrive e lo dice velatamente nelle Ritrattazioni. Mentre scrive si
rivolge di tanto în tanto ad invisibili avversgri: sono i forti, i curiosi, gli arroganti;
sono coloro che non capiranno ciò ch'egli scrive; sono i contraddittori orgogliosi.
Prega i primi di non irriderlo se narra peccati e debolezze che essi non hanno avu-
t09; ammoniscegli altri di contentarsi di capire quel che capiscono e di pregare per
poter capire di più; lascia gridare gli ultimi, e supplica il Signore perché gli dia
pazienza con loro!!.
Ma questi erano, per lo più, gli « uomini spirituali », i « fratelli ». Quelli invece
che trovarono nelle Confessioni motivi d'irritazione o le lessero con animo male-
volo furono altri; furono quelli di «fuori»: i pagani, i manichei, i donatisti, i
pelagiani.
I pagani — specialmente se professori — avranno mal sopportato le roventi
parole contro la loro cultura e contro la professione di retore: questa viene consi-
derata come vendita di parole!, «mercato di ciance », «cattedra della menzo-
gna » 8; quella come « ghiande dei porci» 14.
I manichei, i quali consideravano Agostino un trasfuga che aveva abbando-
nato il manicheismo per paura delle persecuzioni, un perfido punico, un povero
cieco !5, non potevano gradire il giudizio che danno le Confessioni sulla dottrina
e sulla vita della setta e, soprattutto, la lunga e profonda confutazione che ne
contengono 46. i .
I donatisti si servirono ‘delle Confessioni per accumulare accuse contro il
loro autore, che disprezzavano come un «dialettico », un « retore », un discepolo di
Carneade, un « presbitero manicheo », un fuggiasco « scacciato da Cartagine con
sentenza del proconsole Messiano »17.
I pelagiani fecero altrettanto. Pelagio, udendo citare da un vescovo le parole
delle Confessioni: Da quod iubes et iube quod vis!, non poté soffrirle, reagi
energicamente e poco mancò che non litigasse con chi le aveva ricordate!Giu-
liano di Eclano, servendosi d'un testo delle stesse Confessioni , osò offendere la
madre di Agostino, chiamandola « beona » 21. Forse anche il titolo di « Aristotele dei
punici » che dà per scherno allo stesso Agostino, nasce dalla lettura delle Con-
fessioni, dove questi narra di aver letto le Categorie dello Stagirita®.
A tali contraddittori accennano velatamente — ma non troppo — le Ritrat-

9 Confess. 1, 6, ; 7; 2,7
ant ; , 12, 33.
10 Confess. 1 6 1 3 1, 41; 12, 29, 40; 13, 10, il.
11 Confess. 12, 16, 23; 12, 25
12° Confess. 9, 5, 13.
13 Confess. 9, 2, 4.
14 Confess. 3, 6, 11. Ma quisi tratta della cultura pagana come tale e della professione di
retore intesa come fonte di vanagloria e di lucro o come un artificio per ingannare.
Il giudizio di Agostino sulle arti liberali in sé è assolutamente positivo: cf. De ordine 2,
12, 35-16, 44; De doctr. christ. 2, 31, 48-40, 61; Retract. 1, 6.
15 Cf. De utilitate credendi 1, 3 e la lettera aperta dell’« uditore » romano Secondino: Epi-
stola ad Augustinum: PL 42, 571-578. °
16 Per es.: 3, 6, 10-10, 18; 4, 8, 13; 6, 7, 12; 7,5, 7.
17 Cf. Contra litt. Petiliani 3, 16, 19. 17, 20.
18 Confess. 10, 29, 40. 31, 45. 37, 60.
19 De dono perseverantiae 20, 53.
20 Confess. 9, 8, 18.
21 Opus imp. contra Iul. 1, 68.
2 Opus imp. contra lul. 3, 199.
23 Confess. 4, 16, 28.
INTRODUZIONE XI

tazioni quando, dopo aver detto che le Confessioni aiutano ad elevare la mente e
gli affetti a Dio, aggiungono: « Questo ad ogni modo produssero in me quando le
andavo scrivendo e producono anche adesso quando le leggo. Che cosa ne pensano
gli altri se la vedano loro. So però, ecc.» 24.
Durante il Medio Evo il capolavoro agostiniano ebbe molti ammiratori, ma
non mancarono critici.
Prescindendo dall’influsso che può aver avuto o non avuto nelle « Confessioni »
di Paolino da Pella, S. Patrizio, Ennodio da Pavia, l'ammirazione di cui godet-
che
tero si deduce dal numero dei lettori e questi dal numero dei manoscritti,
sono molti. Scrive il Wilmart che i manoscritti delle Confessioni cedono per
numero solo a quelli della Città di Dio, che è il libro agostiniano «piletto e più
copiato, dopo la Sacra Scrittura e forse dopo i Morali di S. Gregorio » 7, che
furono, com'è noto, un diffusissimo manuale di teologia morale e di ascetica.
Tra questi ammiratori famoso il Petrarca. Petrarca ci assicura che un esem-
plare delle Confessioni gli era compagno inseparabile nei molti e lunghi viaggi
attraverso la Germania e l'Italia, che lo leggeva spesso e leggendolo si commuo-
veva fino alle lacrime ®; consigliava poi il fratello Gerardo — e certamente non
solo lui — a leggere le Confessioni, dove avrebbe trovato un grande rifugio e una
fonte di gioia. Ma lo stesso Petrarca ci fa sapere che c'erano al suo tempo
quidam ridiculi homines, i quali ridere solent dei libri delle Confessioni.
Ai nostri tempi l'atteggiamento verso le Confessioni presenta gli stessi segni
di contrasto. Lettori assidui, studiosi appassionati, critici severi. Narreremo la sto-
ria di questa critica, che si è soffermata principalmente sulla credibilità autobio-
grafica, mettendola in dubbio o negandola addirittura.
Intanto diremo che le Confessioni sono molto lette anche oggi, e forse pit
che nel passato 8, Quel romantico cercare dentro di sé, quella spietata sincerità
con cui rivela le ferite dell'anima, quell’umile ricorso a Dio, quel dialogo inces-
sante col Padre delle misericordie, quella speranza ineffabile della pace perfetta
attraggono il lettore moderno e lo commuovono. Il giudizio di Agostino, riportato
sopra, è sempre vero ed attuale: anche oggi piacciono molto e piacciono a molti.

24 Retract. 2, 6.
25 COURCELLE, Confessions, pp. 206-217.
2% A. WiLmart, La tradition des grands ouvrages de St. A., in M. A., II, Roma 1931,
pp. 257-315.
21 WILMART, ar. cit., p. 261. NI
28 Sen., Ep. ad Ludovicum Marsilium 15, 7; De contemptu mundi, dial. 1. i
29 Ep. de reb. fam. 18, 5: Et tibi inter legendum fluent lacrimae, et legendo flebis et
flendo laetaberis.
30 Ep. de reb. fam. 10, 3. Cf. CourcELLE, Confessions, pp. 329-351.
31 Cf. p. CKXIV.
CAPITOLO II

COMPOSIZIONE

La composizione delle Confessioni suscita molti problemi che gli studiosi


hanno discusso e discutono appassionatamente. E’ la sorte dei grandi capolavori.
Questi problemi riguardano la data, lo scopo, le circostanze, la struttura.

1. Data

Il problema della data ha una piccola storia. I Maurini ritennero che le Con-
fessioni siano state composte verso il 400. Si basavano sul fatto che le Ritratta-
zioni, in cui le opere, secondo la promessa di Agostino stesso, vengono recensite
per ordine cronologico, recensiscono le Confessioni immediatamente prima del
Contra Faustum, composto, a loro giudizio, poco prima o poco dopo quella data!.
I critici hanno seguito comunemente la loro opinione.
In tempipiù vicini a noi si è creduto di poter determinare meglio questa data,
racchiudendola tra due termini precisi: 4 aprile del 397 (termine a quo) e 7-12 di-
cembre del 398 (termine ad quem)?. Studi piu recenti hanno riportato il secondo
termine all'anno approssimativo indicato dai Maurini?.
Ecco alcune indicazioni che danno un'idea non imprecisa dell’iniricata que-
stione. La datazione delle Confessioni è legata all'ordine seguito dalle Ritrattazioni,
che è, come si è detto, l’ordine cronologico‘, e all'anno della disputa con Felice
manicheo, la quale comincia con l'indicazione della data in cui fu tenuta. Però:
a) Le Ritrattazioni seguono, si, l'ordine cronologico, ma quello dell'inizio della
composizione dell’opera, non quello del termineS. Possono quindi aiutarci, e ci
aiutano, a fissare il termine a quo di un'opera, ma non necessariamente il termine
ad quem. b) Il Contra Felicem M. porta, si, in testa la data della disputa, ma è
proprio questa data che crea difficoltà. Infatti, la disputa fu tenuta Honorio Augu-

1 PL 32, 659 e PL 42, 205-206.


2 P. MonceAUX, Sur la date des Confessions, in C.R. de l’Acad. des Inscript. et Bell. Lett.,
1908, pp. 51-53; A. Casamassa, Scritti Patristici, II, Lateranum, Roma 1956, pp. 240-243;
M. PELLEGRINO, Le Confessioni di S. Ag., pp. 15-59.
3 M. Jourson, Oeuvres de St. A., in B.A. 17, Contre le Man. Felix, 1961, pp. 787-788;
A. SoLignac, in B.A. 13; Les Confessions, 1962, pp. 45-54.
4 Retract., ‘prol. 3.
5 Retract. 1,-26; 2, 15. 24.
INTRODUZIONE XIII

sto VI consule, VII idus decembris, cioè il 7 dicembre del 404. Ora, nelle Ritratta-
zioni vengono recensite, dopo questa, molte opere, delle quali alcune certamente
furono scritte prima di quella data. Per esempio il Contra litteras Petiliani, il
quale, scritto durante il pontificato di Anastasio, cioè tra il 398 e il 4017, viene
recensito molto dopo il Contra Felicem M8,
Questa difficoltà ha richiatnato l'attenzione degli studiosi. Il Monceaux l’ha
superata apportando una correzione alla data della disputa con Felice che sarebbe
stata tenuta non Honorio Augusto VI consule, bensi Honorio Augusto IV consule,
cioè non al 7 dicembre del 404, ma al 7 dicembre del 398. Questa correzione, che si
giustifica, secondo il Monceaux, con un facile errore di trascrizione (VI invece di
IV), salva il principio dell'ordine cronologico delle Ritrattazioni e fissa — cosi
si afferma — il termine ad quem delle Confessioni, che vengono recensite poco
prima di questa disputa?. L'opinione del Monceaux è stata accettata dagli autori
posteriori, in particolare dal Casamassa!° e dallo Zarb!®.
Invece M. Jourjon!2 e A. Solignac! la ritengono inaccettabile per un partico-
lare che ci offre il testo stesso della disputa. Risulta infatti che il 7 e il 12 dicem-
bre cadevano rispettivamente di mercoledi e di lunedi!. Ora un mercoledi e un
lunedi che cadano il 7 e il 12 dicembre non c'è nel 398; c'è invece nel 404, che è
appunto l’anno del VI consolato di Onorio, secondo la data apposta all’inizio
degli Atti.
Resta perciò la difficoltà per l'ordine cronologico delle Ritrattazioni, promesso,
e seguito generalmente ma forse non sempre, dall’autore, e non si può prendere
piu il dicembre 398 come termine ad quem delle Confessioni. Poco male in questo
secondo caso. Infatti, ancorché la disputa con Felice fosse stata tenuta nel dicem-
bre 398, secondo la correzione proposta dal Monceaux, si sarebbe autorizzati a
concludere che prima di quella data i libri delle Confessioni erano stati comin-
ciati, ma non che fossero già terminati. Tanto piu che tra la prima e la seconda
parte dell’opera ci fu — come vedremo — un certo intervallo. La datazione dun-
que del capolavoro agostiniano — almeno per il secondo termine — dev'essere
raccomandata ad altri argomenti. Quelli per il primo — termine a quo — sono
stati indicati accuratamente dal Casamassa.
Stando al testo delle Confessioni risulta che queste furono scritte dopo la
consacrazione episcopale di Agostino! e dopo la morte di Ambrogio !. Ora, se
l’anno della consacrazione episcopale di Agostino è discusso, oscillando tra il

6 Contra pe Petiliani 2, 51, 118: cathedra... Ecclesiae Romanae.... in qua hodie Anasta-
sius sedet...
7 Cf. ProspPERO, Chronicon, a. 398; SocRaTE, H. E. 7, 9; Concilio di Cartagine del 13 sett. 401,
in PL 43, 809.
8 Retract. 2, 8 (Contra Felicem M.); 2, 25 (Contra litt. Petil.).
9 Retract. 2, 6.
10 Op. cit., pp. 242. 302.
11 Chronologia operum S. Aug., Roma 1934, p. 45.
12 Op. cit.
13 Op. cit.
14 Contra Felicem M. 1, 20; 2, 1.
5 Op. cit.
16 Confess. 11, 2, 2: me perduxisti praedicare verbum et sacramentum tuum dispensare.
Il vescovo viene definito da Ag.: dispensator verbi et sacramenti; cf. Serm. Denis, PL
46, 880 e M.A. II, p. 88. :
!7 Conf. 5, 13, 23: Et veni Mediolanium ad Ambrosium episcopum... cuius tunc eloquia...;
Conf. 8, 2, 3: Perrexi ad Simplicianum, patrem in accipenda gratia tunc episcopi Am-
brosii. Tunc = allora, fu.
XIV INTRODUZIONE

maggio del 395, quando scrisse come semplice presbitero ad Alipio!8, e l'agosto
del 397, quando firmò come vescovo d’Ippona gli Atti del 3° Concilio di Carta-
gine, non è discusso l’anno della morte di Ambrogio: il grande vescovo di Mi-
lano mori il 4 aprile del 3972.
Queste due circostanze sono confermate dalle Ritrattazioni, che recensiscono
le Confessioni tra le opere dell’episcopato (libro secondo?!) e dopo i due libri
ad Simplicianum ecclesiae Mediolanensis antistitem, qui beatissimo successit
Ambrosio 2, Si può dunque ritenere per certo che le Confessioni furono iniziate
dopo l'aprile del 397.
Meno agevole stabilire il termine ad quem.
Le Confessioni vengono citate nel Contra Faustum, che si riferisce al libro 508,
e nel De Genesi ad litteram, che si riferisce al libro 13°. Dunque quando Agostino
scriveva il Contra Faustum era stata pubblicata almeno la prima parte delle
Confessioni; quando scriveva i primi libri del De Genesi ad litteram anche la
seconda. Ma quando furono scritte queste opere? Per. stabilirlo abbiamo due
punti di riferimento: a) l'ordine cronologico seguito dalle Ritrattazioni, che
dev'essere, nonostante l'anomalia del Contra Felicem M., mantenuto; b) la data
dei libri ad Simplicianum che furono scritti in ipso exordio episcopatus? e il
Contra litteras Petiliani, del quale il secondo libro fu scritto, come si è detto,
non oltre il 401. Ora il De Genesi ad litteram è recensito immediatamente prima
del Contra litteras Petiliani, mentre il Contra Faustum è molto pit indietro: dista
di 6 opere dall'inizio dell’episcopato e di 18 dal Contra litt. Petil. Dunque il
De Genesi ad litteram fu cominciato verso il 400% e il Contra Faustum fu com-
posto verso il 398. Conclusione: le Confessioni, cominciate dopo l'aprile del 397
e terminate certamente prima del 400, erano già di pubblico dominio, almeno i
libri 1-9, alla fine del 398: qualche tempo prima che Agostino desse inizio alla
grande e faticosa opera del De Trinitate 7. Abbiamo dunque: prima parte (libri 1-9),
aprile 397-dicembre 398; opera intera, 397-400.

2. Scopo

Agostino stesso ci dà la chiave per capire lo scopo e la natura di quest'opera


singolare.
Scrive nelle Ritrattazioni: «I tredici libri delle mie Confessioni lodano Dio
giusto e buono per i miei mali e per i miei beni e verso di lui sollevano la mente

18 Ep. 29, 7. 11.


19 MansI, Conc. Coll., III, cc. 916-930. Il Casamassa (o. cit., p. 286) la pone nel 396; O. Per-
ler (Le vovages de st. A., pp. 164-178) nel 395.
20 Cf. SocRaTE, H.E. 5, 26 = morte di Teodosio 17 genn. 395; PaoLiNo pA MILANO, Vita
S. Ambrosti 32, Ambrogio: post obitum [Theodosii] fere triennium supervixit; Ivi, 48:
il cadavere di Ambrogio fu portato in chiesa ibique eadem fuit nocte, qua vigilavimus
in Pascha...
21 Retract. 2, 1: Librorum quos episcopus elaboravi...
2 Ibidem.
23 Contra Faustum 1, 1: Noveram ipse hominem, quemadmodum commemoravi in libris
Confessionum mearum (5, 3, 3. 6, 10. 7, 13).
24 De Gen. ad litt. 2, 9, 22: Quid hinc allegorice senserim, Confessionum nostrarum liber
tertius decimus habet.
25 De praed. sanct. 4, 8; De dono persev. 20, 52.
26 Quest'opera fu terminata molto più tardi, verso il 414.
21 Retract. 2, 15.
INTRODUZIONE XV

e gli affetti degli uomini». Nella lettera al conte Dario esprime questi stessi
motivi e li completa. « Eccoti pertanto, figlio mio, eccoti... i libri delle Confessioni,
che hai desiderato avere. Guardami li ‘affinché tu non mi lodi oltre il mio
merito... e se vi troverai qualcosa che ti piaccia, loda ivi con me Colui che volli
fosse lodato per causa mia. E... prega per me che io non divenga meno, ma
divenga perfetto; prega, figlio mio, prega... Né solo tu, ma quanti per bocca tua
hanno preso a volermi bene, pregate per me » 93.
Lode di Dio, umiltà, desiderio di essere sostenuto dalla preghiera dei fratelli.
Questi motivi trovano conferma dalla lettura del testo. Le Confessioni infatti
cominciano con un grido di stupore per !a grandezza di Dio e con la costatazione
che l'uomo, ancorché peccatore, vuole lodarlo ®. Nel 2° libro, chiedendosi perché
voglia ricordare le passate brutture, risponde: «Per amore del tuo amore
m’induco a tanto... perché mi diventi dolce tu, che sei la dolcezza senza inganno,
la dolcezza felice e sicura e tu mi raccolga dalla dispersione nella quale mi lacerai
a brano a brano »31,
Lo stesso pensiero all’inizio del libro 11°, dove dice al Signore: « Perché mai ti
racconto io tanti fatti?... lo faccio per risvegliare l'affetto mio e di quelli che mi
leggono verso di te, affinché tutti diciamo: E’ grande il Signore e ben degno di
lode. Già lo dissi e lo dirò di nuovo: per amore del tuo amore m'induco a
tanto » 32. All’inizio poi del libro 10° v'è l’idea del ringraziamento e della preghiera
con i quali i lettori lo avrebbero aiutato. « Non è piccolo il frutto, Signore mio Dio,
quando molti ti ringraziano per noi e molti ti pregano per noi »33. Infine, al ter-
mine del libro 9° troviamo l'invito a pregare per i suoi genitori. « Cosi — con-
clude — l’estrema invocazione che mi rivolse mia madre sarà soddisfatta, con le
orazioni di molti, piu abbondantemente dalle mie confessioni che dalle mie
azioni» *,
Possidio, che conosceva bene l’opera e l’autore, ricorda e riassume questi
stessi motivi30.
Confessioni dunque, non nel significato corrente di accusa dei peccati, ma in
quello molto più ricco del latino cristiano, nel quale significa due cose distinte
anche se connesse: confessio laudis e confessio peccatorum. Spiega Agostino:
Confessio aut laudantis est, aut paenitentis; e taccia di poca erudizione chi
non conosca questi due significati, I quali del resto sono intimamente connessi,
in quanto la condanna del proprio peccato è già essa stessa una lode di Dio: re-
prehensio tua, laus ipsius est *,
In realtà nelle Confessioni questi due motivi sono costantemente presenti:
sono in primo luogo un cantico a Dio di lode, di adorazione, di ringraziamento, un
palpito d'amore, un desiderio ardente di essere pieno di Lui, di giungere al pos-

28 Retract. 2, 6, 1.
29 Ep. 231, 6.
30 Confess. 1, 1, 1.
31 Confess. 2, 1, 1.
32 Confess. 11, 1, 1.
33 Confess. 10, 4, 5.
34 Confess. 9, 13, 37.
35 Possipio, S. Aug. vita, 31: cum quo ferime annis quadraginta Dei dono... familiariter et
dulciter vixi.
36 Possipio, S. Aug. vita, praef.
37 Serm. 29, 2; 67, 1; cf. Enarr. ini ps. 7, 19; 29, s. 2, 19, 22; 44, 33; 99, 16; 105, 2; Serm. Mai
126, 2 in M.A,, I, p. 356.
38 Serm. 67, 2.
XVI INTRODUZIONE

sesso della sua pace. Ma poiché chi loda sa di essere stato peccatore e sente di
essere tuttora fragile e imperfetto, le Confessioni diventano un inno alla miseri-
cordia divina ché lo ha liberato e un’invocazione alla misericordia perché, com-
piendo l'opera incominciata, lo liberi totalmente®.
A questi due significati il Courcelle aggiunge quello della confessio fidei.
A torto nel senso di professione di fede; a ragione nel senso di riconoscimento
della scienza o ignoranza delle Scritture: questa «confessione» è propria, in
particolare, degli ultimi tre libri. Ma il Courcelle, che accoglie l'opinione del
Wundt, lo intende nel primo senso.
Agli scopi indicati occorre aggiungerne un altro: la consolazione e la speranza.
Le Confessioni sono il libro della speranza cristiana. Appartengono perciò sotto
questo aspetto alla letteratura consolatoria. Non già che Agostino le scrivesse
— come accade spesso in simili casi — per consolare se .stesso in un momento di
sconforto — quando non si voglia dire che fu per lui una consolazione confessare
a tutti in che cosa, tra i ricordi del passato e le fatiche del presente, trovasse gioia
e refrigerio — male scrisse per consolare gli altri, affinché i lettori imparassero dal
suo esempio a invocare il Signore dagli abissi del male, a non disperare delle divine
misericordie, ad attendere fiduciosi il compimento. delle divine promesse.
« A quale scopo (narro questi fatti)? All’unico scopo che io ed ognilettore valu-
tiamo la profondità dell’abisso da cui dobbiamo lanciare il nostro grido verso di
te ». « Le confessioni dei miei errori. passati, da te rimessi .e velati per farmi godere
la tua beatitudine dopo la trasformazione della mia anima mediante la tua fede e
il tuo sacramento, spronano il cuore del lettore e dell'ascoltatore a non assopirsi
nella disperazione, a non dire: “Non posso”; a vegliare invece nell'amore della
tua misericordia, nella dolcezza della tua grazia, forza di tutti i deboli divenuti per
essa consapevoli della propria debolezza».
Anche i buoni hanno di che consolarsi dalla lettura delle Confessioni. Perché
odono la narrazione di mali dai quali l’autore è stato liberato, perché costatano di
essere stati prevenuti, da un ‘più grande amore, dal cadere in quegli stessi mali,
perché nutrono la stessa grande speranza. « Compiute le nostre opere, buone assai
perché tu ce le hai donate, nel sabato della vita eterna riposeremo in te» bis,

3. Circostanze

Dopo quanto si è detto, si potrebbe omettere il discorso sulle circostanze che


possono aver dato occasione al capolavoro agostiniano. L'occasione esterna, se
pur c'è stata, non serve molto per capire le Confessioni e scoprirne le grandiric-
chezze. Ma anche questo discorso è stato fatto e ci corre l'obbligo d’informarne
il lettore.
Questa circostanza qualcuno l’ha vista nell'intenzione di giustificarsi dalle
gravi accuse che i Donatisti mandarono in giro in occasione della sua elevazione
all’episcopato (di cui trovasi un’eco nel Contralitt. Petil. 3, 16, 19; nel Contra Cresco-

39 Cf. M. VERHEIEN, Eloquentia pedisequa, Nimega 1949, che fa una diligente rassegna dei
luoghi delle Confessioni, in cui ricorre il verbo confiteri o. il sostantivo confessio.
4 P. CourcELLE, Recherches..., p. 19
4 Confess. 11, 2, 2.
4lbis Confess. 2, 3, 5. 7, 15; 10, 3, 4; 13, 36, 51.
INTRODUZIONE XVII

nium 3, 79, 92; nelle Enarr. in ps. 36, d. 3, 19); qualche altro nel proposito di render
conto di sé, come facevano i catecumeni (le Confessioni avrebbero lo schema
d'un esame catechetico); qualche altro ancora nell'uso della confessione pub-
blica *. Opinioni, queste, che riteniamo prive di solido fondamento,
Forse si andrebbe meno lontano dal vero se si pensasse che a scrivere le
Confessioni fu occasione il desiderio degli amici di conoscere la vita di Agostino
e il desiderio di questi di difendersi dalle lodi degli amici. La prima ragione vale
certamente per la seconda parte delle Confessioni, che risulta scritta, come
diremo, su richiesta degli amici. L'altra ragione, invece, ha a suo favore quanto
il santo scrive al conte Dario e al fatto che lodi veramente straordinarie venivano
tributate da molte parti al giovane vescovo, considerato ormai il simbolo della
riscossa della Chiesa africana *#, quasi una voce del cielo *: lodi che non pote-
vano non offendere la sua grande modestia. Baronio e i Maurini hanno pensato
che l'amico che indusse Agostino a scrivere la sua storia fu Paolino da Nola.
Il Courcelle ha ripreso recentemente questa opinione confermandola con un
attento e minuzioso studio della corrispondenza tra i due santi*. Ma la maggior
parte di questa corrispondenza è andata perduta. Siamo dunque costretti a
restare sul piano delle supposizioni, che sono certamente verosimili, ma che non
superano i limiti della probabilità.
Comunque l’ipotesi che sia stato Paolino ad indurre il vescovo d'Ippona a
scrivere le Confessioni riposa su questi fatti: a) Paolino espresse ad Alipio il
desiderio di conoscere la storia della sua vita*; b) Alipio, non volendola scrivere
personalmente, pregò l’amico del cuore, Agostino, di volerlo fare in sua vece;
questi accettò e scrisse a Paolino che presto gli avrebbe messo dentro nel cuore
tutto quanto Alipio; c) non risulta che la promessa sia stata mantenuta;
ritroviamo però la vita di Alipio nelle Confessioni, parte a modo di digressione
e parte collegata a quella di Agostino *.

4. Divisione

Una frase delle Ritrattazioni 9 farebbe pensare ad una divisione delle Con-
fessioni, secondo la quale la prima parte, comprendente i libri 1-10, avrebbe carat-
tere autobiografico (de me scripti sunt), la seconda, comprendente i libri 11-13,
conterrebbe un commento alla Scrittura (de Scripturis sanctis).
Ma l'esame dell’opera impone una divisione un po’ diversa. La prima parte
descrive il passato, qualis fuerim, dalla nascita alla conversione, dl battesimo,

4 Cf. PELLEGRINO, Op. cit., p. 5, ove queste opinioni vengono ricordate.


43 Possipio, Vita, 7, 2.
#4 S. Paolino, scrivendo ad Alipio, dice delle opere di S. Ag. contro i Manichei: ... ita mi-
È ramur et suscipimur, ut dicta divinitus verba credamus (Ep. 24, 2).
> P. COURCELLE, Les Confessions, cit., pp. 559-607.
Ep. 24, 4: Specialiter autem hoc a te peto... ut... referas mihi omnem tuae sanctitatis
historiam: ut qui genus, unde sis domo, tanto vocatus a Domino, quibus exordiis... ad
Ù matrem filiorum Dei.... transieris...
Ep. 27, 5: ... onus ab illo in humeros meos transtuli: nam hoc mihi etiam per episto-
È lam iussit. Cito ergo, si Dominus adiuverit, totum Alypium inseram precordiis tuis.
n Confess. 6, 7, 11-10, 16. 12, 21. 16, 26; 7, 19, 25; &, 6, 13-8, 19. 12, 30; 9, 4; 7. 6, 14.
Retract. 2, 6, 1: A. primo usque ad decimum de me scripti sunt; in tribus ceteris, de
Scripturis sanctis...
XVIII INTRODUZIONE

quando la
alla morte di Monica, e comprende i libri 1-9; la seconda, scritta
nota ai lettori®, descrive il presente, qualis sim, e comprend e i
prima è già
divisione
libri 10-13. Cosi esplicitamente Agostino. Possidio conferma questa
facendosi eco delle parole stesse delle Confessioni.
Il Williger® invece, seguito dal Courcelle®%, propone un’altra divisione. Egli
i
ritiene che i libri 11-13 seguivano immediatamente, in una prima edizione,
libri 1-9. Il libro 10°, che romperebbe l'armonia dell'opera, sarebbe stato scritto
sul
più tardi e inserito artificiosamente al posto attuale55, Fonda la sua opinione
il
distacco che si noterebbe tra i libri 9° e 10°, e i libri 10° e 11°. Dato per scontato
primo distacco — le Confessioni in un primo disegno terminava no con il 1. 9° —
non ci pare che sia stato dimostrato il secondo. La relazione tra il libro 10° e
'1lo è molto stretta, tanto che la conclusione dell'uno prepara il tema del-
l'altro Sis,
come
IN Knauer, studiando le citazioni dei Salmi, alcune delle quali servono
capitoli, sezioni o libri diversi, dimostra la continuità tra i
punto di sutura tra
il piano
libri 1-9 e 10-13 e ne conclude che Agostino aveva tracciato a se stesso
contro di sé
dell’opera prima di cominciarla*. Conclusione, quest'ultima, che ha
l'affermazione di Agostino stesso ricordata or ora, là ove dice che le Confessioni
che parlavano del suo passato erano già pubblicate — questo vuol dire l’espres-
sione: cum leguntur et audiuntur — quando gli amici gli chiedevano di « confes-
sarsi» del suo presente. Non si può pensare dunque ad un piano iniziale di
tutta l'opera. Occorre ammettere non solo due parti, ma anche due redazioni
delle Confessioni: la prima, costituita dai soli libri 1-9; la seconda, dalla forma
è
attuale, cioè dai 13 libri. Quale intervallo sia corso tra l'una e l’altra non
possibile determinarlo, ma certo non superò, come si è detto, quello che separa
la composizione del Contra Faustum dall'inizio del De Genesi ad litteram.

leguntur
50 Confess. 10, 3, 4: Nam confessiones praeteritorum malorum meorum... cum
et audiuntur, excitant cor, ne dormiat... 0. .
m mearum,
51 Confess. 10, 3, 4: Sed quis adhuc sim ecce in ipso tempore confessionu m
confitente me, quid ipse intus sim...; Confess. 10, 4, 6: Hic est fructus confessionu
iubes ut
mearum, non qualis fuerim, sed qualis sim... Indicabo ergo talibus, qualibus
serviam, non quis fuerim, sed qualis iam sim et quis adhuc sim...
perceptam
52 Possinio, Vita, praef. 5: In suis Confessionum libris de seipso, qualis ante
gratiam fuerit qualisque iam sumpta viveret, designavit. . . n j
die meutest.
53 È. WiLieer, Der Aufbau der Konfessionen Augustins, in Zeitschrift fiir
Wissenschaft, 28 (1929), pp. 103-106. È . :
prima parte
54 P. CouRcELLE, Recherches... p. 25. Il Pincherle avanza l'ipotesi che la
39-43; 70, con i
del libro (6, 8-27, 38) appartenga alla prima redazione, il resto (28,
dopo. Cf. Quel-
ritocchi necessari all’inizio) si potrebbe pensare che sia stato aggiunto
Clio, 7-9 (1955-57),
ques remarques sur 'les Confessions de St. Aug., in La Nouvelle
.183-206. .
scritto per S. Pao-
55 Tl Ccurcalle propone il 401 e sostiene che il libro X sarebbe stato .
lino da Nola. Cf. Les Confessions..., pp. 576-582. — . ;
deserto, della proi-
5sbis Il libro X termina con la confessione del proposito di fuggire nel
del Santo, il quale,
bizione che gli era venuta dal Cristo e dell’umile rassegnazione
del Signore per
per consolarsi delle dure fatiche apostoliche, vuol meditare la legge
cui è destinato
farsene un cibo spirituale che gli permetta di vivere e di nutrire coloro
Questo appunto è il
a servire. Intanto confessa la sua ignoranza e la sua infermità.
Op. cit., p. 150.
tema e lo scopo degli ultimi tre libri. Dello stesso parere M. PELLEGRINO,
1955, pp. 133-161.
56 N.G. KnauEr, Psalmenzitate in Augustins Konfessionen, Gòttingen
INTRODUZIONE XIX

5. Unità

La duplice redazione delle Confessioni pone un grosso problema circa l'unità


letteraria di questa celebre opera. Molti studiosi se ne sono occupati. C'è unità
di struttura nei tredici libri delle Confessioni? Il problema si complica per il
fatto che gli ultimi tre libri sono un commento allegorico ai primi capitoli
della Genesi. Perché il passaggio dall’autobiografia all'esposizione dottrinale?
Perché la scelta della Genesi? Se unità strutturale esiste, quale ne è il prin-
cipio? Le risposte sono state molte e molto diverse®. Segno evidente dell'inte-
resse e della difficoltà insieme dell'argomento.
Alcuni ritengono che l'unità non ci sia. Per spiegarne la mancanza ricor-
rono allo strano principio che Agostino compone maleo affermano che almeno
in questo caso si è lasciato condurre dai desideri degli amici e ha riunito insieme
sotto un solo titolo la confessione del passato (1-9), la confessione del pre-
sente (10°) e la spiegazione della Genesi (11-13). Il Courcelle trova accettabile,
almeno in parte, questa spiegazione.
I piu invece ritengono che l'unità vi sia; ma la ricercano per vie diverse.
Riassumere le loro soluzioni è un compito difficile e lungo. Sono molte e non
poche di esse hanno sfumature tali da ricusare una precisa classificazione. Lo
tenteremo tuttavia in qualche modo per aiutare il lettore a farsene un'idea, non
senza chiedere scusa agli autori se avessimo classificato male la loro opinione.
V'è chi cerca l’unità non sul piano logico, ma su quello interiore; cioè non
sul piano dei temi, ma su quello delle intenzioni. Cosi il Solignac®!, A questa
opinione si possono allineare quanti vedono il motivo unificatore delle Confes-
sioni nello scopo edificativo, che si esprimerebbe sia nel racconto del passato,
sia nella spiegazione della Scrittura ®,
Altri ammettono il principio dell'unità anche sul piano logico, ma lo cercano
in un motivo esterno all'opera. Notevole l'opinione del Wundt che vede l'unità
delle Confessioni nello schema catechetico esposto nel De catechizandis rudibus.
Questo schema importa la confessione dei peccati e l'esposizione della dottrina,
che comincia appunto dalla Genesi. Il Courcelle, approfondendo questo punto
di vista, vede nelle Confessioni un grandioso piano teologico, concepito da Ago-
stino fin dall'inizio, nel quale la parte autobiografica (1-9) non sarebbe che
l'introduzione di quella dottrinaie (11-13), restata — non si sa il perché —

57 Per un panorama delle diverse opinioni cf. A. SoLIGNAc, Confessions, B. A. 13, Introd.,
pp. 19-45; L.F. PizzoLato, Le Confessioni di S. Ag., Milano 1968, pp. 28-65.
58 Cf. O. TescarI, Confessioni, trad. ital., Introd. p. XV: «Le Confessioni, in verità, fini-
sconocol libro decimo »; MiscH G., Geschichte der Autobiographie, Bern 19503, 1/2,
pp. 637-678.
J. FINAERT, St. Aug. rhéteur, Paris 1939; pp. 67-78; H.I. Marrou, St. Aug. et la fin de
la culture antique, Paris 1949, pp. 63-64 e 666 dove il Marrou ritratta questa sua opi-
nione; G. KowaLskI, Est-ce qu' Aug. se confesse dans ses Confessions?, in Eos, 30 (1927),
pp. 379-400, il quale, non trovando negli ultimi libri la teoria della «vita» o «l’ezio-
logia psicologica » che sarebbe, secondo lui, il carattere essenziale. delle Confessioni,
accusa Ag. di confondere le leggi più elementari della composizione.
60 P. COURCELLE, Recherches..., p. 21.
61 Op. cit., p. 20.
6 E. WiLLicer, Der Aufbau der Konfessionen Augustins, in Zeitschrift fiir N.W., 28 (1929),
To,PIO AL M. Wacner, Plan in the Confessions of St. A., in Philological Journal,
, PP. 1-25.
63 M. WunpT, Augustins Konfessionen, in Zeitschrift fiir N.W., 22 (1923), p. 185.
XX INTRODUZIONE

e stato scritto e inserito nel-


incompiuta. Non fa difficoltà il libro 10° che sarebb
l'opera più tardi *.
one del Pincherle. Questi
In parte simile a quella del Courcelle è l'opini
ioni obbedi sce allo schema autobiogra-
sostiene che la prima parte delle Confess
a, pueritia ,. adolesc entia, iuventu s — e la seconda allo
fico delle età — infanti
catechiz. rudibus ®.
schema didattico della catechesi indicato dal De
la vibrata reazione dell'O'Meara che
L'opinione del Courcelle ha suscitato
ento e di ogni credibi lità » 6, In verità è difficile dargli
la giudica « priva di fondam
le Confess ioni siano un tronco ne spezzat o di una grande opera teolo-
torto. Che
o da introdu zione, può essere un'idea
gica, nella qualele parti autobiografiche faccian
seducente, ma non trova riscont ro nei testi agostin iani.
a considerare l’opera
Perciò la maggior parte degli autori che non rinunciano
o il princip io in un motivo in-
delle Confessioni strutturalmente una, ne cercan
lo trova nell'id ea di sacrific io, il sacrificium laudis 97;
terno all'opera stessa. C'è chi
due moment i dialetti ci dell’az ione e della rifless ione ®; chi nella scoperta
chi nei
nel passaggio progressivo
e nell'economia del primato assoluto della grazia ®; chi
mo nuovo® ; chi nella descriz ione del passato (1-9),
dall'uomo vecchio all'uo
attività della mente
del presente (10°) e del futuro (11-13) secondo la triplice
?!. Altri lo. trovano nel senti.
che li percepisce: memoria, contuitus, expectatio
di Dio, che stimol a la ricerca morale e fa supe-
mento profondo della presenza
(1-9), che orienta il cristia no verso le ricchez ze interio ri (10°), che
rare il vizio
mistica (11-13);
conduce l'anima alla perfezione attraverso le vie della
«nel contenuto tra la ricerca della verità sotto la guida della Provvidenza...
nto della verità nelle Scrittu re » 3; o anche in una graduale ascesa
e il godime
che è questo: fuga dal tempo,
verso la « gnosi » secondo uno schema determinato,
per l'eterni tà, ascesa verso l'etern ità".
entrata nel proprio io creato
occupati dell’ar-
Ricordiamo inoltre, tra quelli che più recentemente si sono
O’ Connell , il Dont, lo Pfli-
gomento, lo Knauer, il Duchrow, il Pizzolato, Robert
gersdorfer, il Grotz.
citazioni dei
Lo Knauer ha pubblicato due pregevoli studi: il primo sulle
gio delle Confessioni,
Salmi che costituiscono un elemento essenziale del linguag
rare la continu ità tra i libri 1-9 e 10-13%5;
e se ne serve, come si è detto, per dimost
o sul proble ma stesso dell'un ità delle Confess ioni, il cui princip io sa-
il second

6 P. CourceLLE, Recherches... cit., pp. 21-29.


6 A. PiNcHERLE, Op. cit.; Sant'Agostino, Bari 1930, p. 144.
6 J.J. O'MearA, The Young Augustine, London 1954, p. 16.
Opfergeliibde besiegelt, in
6 J. StieLMAYR, Das Werk der Aug. Konfessionen mit einen
Zeitschrift fiir Askese und Mystik, 5 (1930), pp. 234-245.
Konfessionen, in Neue
68 JT. Frever, Erlebte und systematische Gestaltung in Augustins
deutsche Forschungen, IV, Berlin 1937.
les Confessions?. in Bull. de
6 P. De LABRIOLLE, Pourquoi St. Augustine a-t-il rédigé
Budé, 1926, pp. 43-47; M. ZEPF, Avgustins Confessiones, Tiibingen 1926,
l’Ass. Guill.
pp. 60 s. .
ift Franz Dornseiff, Leipzig 1953,
° H. pe Studien iiber Augustinus, in Festschr
PP. «200.
ment » à La vie spirituelle, 1936,
n L LanpsBeRe, La conversion de St. A., in « Supplé 17.
Paris 1950, p.
pp. (31)-(56); M. Le BLonn, Les conversions de S.A.,
theol. augustin., 13 (1953), pp. 13-
72 F. Cavyré, Le sens et l’unité des Confessions, in Année
des études augustin., 2 (1956),
32; IpeM, Le Livre XIII des Confessions, in Revue
pp. 143-161. ©
73 J.J. O' MEARA, Op. cit., p. 18.
74 R. HoLTE, Béatitude et sagesse, Paris 1962, pp. 374-380.
ionen, Gottingen 1955.
75 N.G. KnauEg, Psalmenzitate in Augustins Konfess
INTRODUZIONE XXI

rebbe il concetto della peregrinatio animae dalle vie tortuose del peccato,
intra-
nella regio egestatis o dissimilitudinis, alla domus Dei o regio ubertatis,
vista e gustata per un attimo nell’estasi di Ostia: senza i libri 11-13 le Confession i
sarebbero incomplete. Simbolo di questa peregrinatio sarebbe, insieme alle imma-
gini plotiniane ricordate, la parabola del figliuol prodigo”.
Il Duchrow, sviluppando uno schema non nuovo che vede nel rapporto tra
le beatitudini e i doni dello Spirito Santo una scala verso la perfezione, ravvi-
cina con evidente artificio le Confessioni e il De Trinitate e scopre nelle due
opere uno schema unico che va dal dono del timore al dono dell'intelletto o,
ch'è lo stesso, dalla beatitudine dei poveri in spirito alla beatitudine dei mondi
di cuore. In forza di tale schema i libri 1-9 delle Confessioni corrispondono ai due
primi gradini: dono del timore e della pietà (= poveri in spirito e miti di cuore),
i libri 11-13 al terzo gradino costituito dal dono della scienza (= beatitudine del
pianto), mentre il libro 10° sarebbe una propedeutica a questi ultimi. L'ascesa conti-
nua nel De Trinitate, che appartiene al sesto gradino, che è quello del dono del-
l'intelletto (= purezza di cuore)”.
Il Pizzolato trova la chiave dell'unità strutturale delle Confessioni in un
testo del De Genesi contra Manichaeos®, nel quale Agostino divide la storia
umana in sette età secondo le sette età dell'uomo e i sette giorni della creazione:
infantia, pueritia, adolescentia, iuventus, declinatio a iuventute ad senectutem,
senectus, quies. Su questo schema delle sette età dell'uomo e della storia sareb-
bero tessute le Confessioni, unendo insieme il processo autobiografico e quello
storico dell'economia della salvezza. Cosi si spiegherebbe la presenza dei tre
libri esegetici nel piano generale dell'opera e la scelta della Genesi come mate-
ria di esegesi. La suddivisione delle Confessioni sarebbe perciò la seguente:
I, 1-7 (infantia); I, 8-20 (pueritia); II - VI (adolescentia); VII - IX (iuventus); X
(declinatio ad senectutem); XI - XIII, 34, 49 (senectus); XIII, 35, 50 - 38, 53
(quies) o chiusura®.
Robert O’ Connell, convinto che l’autore delle Confessioni condivideva la
teoria plotiniana della caduta dell'anima — e ha tentato dimostrarlo in diversi
studi col « metodo dei campioni »8! —, trova in questa sua scoperta la solu
zione dell’« enimma » del senso e dell'unità delle Confessioni. Le tre sezioni di
cui l'opera agostiniana è composta — autobiografia (1-9), meditazione sulla me-
moria ed esame di coscienza (10), interpretazione della Genesi (11-13) — tro-
vano unità nella teoria dell'uomo concepito come anima caduta e quindi nel.
l’aversio e nella conversio. Gli ultimi tre libri sono la dimostrazione che questa

7% N.G. KNAUER, Peregrinatio animae- Zur Frage der Einheit der augustinischen Konfes-
sionen, in Hermes. 85 (1957) pp. 216-248.
fl Secondo questo schema fu composta la preziosa raccolta di testi sulla dottrina spiti-
tuale agostiniana (A. TonNA-BARTHET, De vita christiana Libri VII, Romae 19272, trad.
ital. S.E.I., Torino 1930) e fu scritta la vita del Santo (N. Concetti, S. Augustini vita,
Tolentino 1929).
#8 U. Ducarow, Der Aufbau von Augustinus Schriften Confessiones und De Trinitate, in
Zeitschrift fiir Theologie und Kirche, 62 (1965), pp. 338-367.
9 De Gen. contra Man. 1, 23, 35-41.
80 L. F. PIZZOLATO, Op. cit., pp. 59-156.
81 R. O'ConNELL, The Plotinian Fall of the Soul in St. A., in Traditio, 19 (1963), pp. 129-
164; St. Augustine's Early theory of Man, A.D. 386-391, Cambridge (Massa.) 1968.
XXII INTRODUZIONE

ne e del peccato e che può


antropologia concorda con il racconto della creazio
rso un'eseg esi spirituale ®.
essere dedotta dalla Scrittura attrave
quale i libri 11-13 fanno parte del progetto autobiografico
N Dont, per il
che sarebbe la risposta
di Agostino, pone al centro dell’opera la visione di Ostia,
iscono la trama dell’op era stessa, cioè il
alle questioni metafisiche che costitu
la progres siva scopert a dell'io 83.
male, la creazione,
ra delle Confessioni
Per lo Pfligersdorffer il principio che regge la struttu
cioè cammin o verso la verità (1-9), porto
è simile a quello del De beata vita,
della verità (10), present azione della verità (11-13) ®.
una soluzione del
Il Grotz infine, dopo aver fissato le due condizioni per
— spiegar e cioè perché i tre ultimi libri
problema dell'unità delle Confessioni
e alle Confess ioni e spiegar e altresi perché pren-
appartengono necessariament
creazio ne e non un altro —
dono per argomento dell'esegesi il racconto della
to d'illust rare la triplice azione divina,
sostiene che questa si trovi nel proposi
atrice (10°), creatri ce (11-13). Il princip io architettonico
salvatrice (1-9), santific
e, santificatore, creatore.
delle Confessioni sarebbe dunque Dio; Dio salvator
lettore si sarà persuaso non solo della
Da questa rapida rassegna l’attento
del capolav oro agostin iano che, come tutti i grandi
straordinaria complessità
aspetti diversi; ma anche
capolavori, offre alla considerazione dei lettori molti
sia pur valida, sia pur presenie
del rischio che si corre di trasformare un'idea,
nell'opera, in un principio base di tutta la costruz ione.
nte fondamento 0
Infatti, prescindendo da alcune soluzioni senza sufficie
ie, molte insisto no su temi veri; anzi, qualche volta, su temi
apertamente arbitrar
temi dei quali non è
che percorrono le Confessioni da cima a fondo; ma sono
chiave di volta di tutta l'opera.
possibile dire che l’autore li abbia considerati
grazia, il sacrific io di lode, la scopert a e
Chi può dubitare che l'economia della
la peregri natio animae, la contemp lazione dell’azi one
il godimento della verità,
santific a e salva, siano temi fondame ntali delle Confessioni?
divina che crea,
essi voglio dire — siano, nel-
Ma chi può dimostrare che questi temi — uno di
tutte le parti dell’opera?
l'intenzione dell'autore, il principio che unisce
e modern i®, si sono fermati volentieri alle
Perciò molti studiosi, antichi%
o stesso present a la sua opera: «I tredici libri delle
parole con le quali Agostin

A Plotinian Key, in Intern. Phil.


& R. O'ConNELL, The Riddle of Augustine’s Confessions:
y, 4 (1964), pp. 327-372; St. Augustine ’'s Confessions. The Odyssey of Soul,
Quarterl
Cambridge (Massa.) 1969.
ionen und die Cassiciacumgespriche
83 E. DONT, Aufbau und Glaubwiirdigkeit der Konfess
pp. 181-197; Zur Frage der Einheit
des Augustinus, in Wiener Studien, N.F., 3 (1969);
350-361.
von Augustins Konfessionen, in Hermes, 99 (1971) pp.
s Confessiones, in Festschrift Karl
84 G. PFLIGERSDORFFER, Das Bauprincip von Augustin
Kretska..., Heidelberg 1970, pp. 124-147.
bringt Augustin in den Jetzen Biichern
85 K. GroTz, Die Einheit des Confessiones. Warum
ones eine Auslegu ng der Genesis? , Tubingen 1970 (dattil.); cf. Revue
seiner Confessi
des études aug., Bull. Aug., 1971, n. 50
928: Est et Augustini opus aliud,
PETRARCA, Sen. 8, 6, ad Donatum Apennigenam, p.
Quarum in primis novem...
quod Confessionum dicitur, tredecim distinctum libris.
praesentem tunc vitae suae
vitae totius errores et peccata omnia, in decimo autem...
de Scripturis, saepe etiam igno-
statum, in ultimis autem tribus dubitationem suam
rantiam confitetur.
VerHENENn, Eloquentia pedisequa, pp.
87 A. CASAMASSA, Scritti patristici, II, p. 240; M.
145-151; A. DI GIOVANNI, L’inquie-
46-50 e passim; M. PELLEGRINO, Confessioni, pp. 5-20;
oni di S. Ag., Roma 1964, pp.
ga dell'anima - Dottrina dell'amore nelle Confessi
INTRODUZIONE XXIII

mie Confessioni lodano Dio giusto e buono per i miei mali e per i miei beni e
verso di lui sollevano l'intelligenza e l'affetto degli uomini »*8.
Hanno appprofondito questo concetto di lode «per i beni e per i mali »,
hanno analizzato gli elementi che compongono la lode, cioè la confessio sia sul
piano metafisico che sul piano religioso e hanno trovato in essa la forma e il
contenuto, e perciò l’unità, delle Confessioni ®.
Se si vuol restare fedeli alle indicazioni offerieci dall'autore, credo che sia
questa la via da percorrere per trovare quel principio unificatore che gli studiosi
hanno cercato e cercano con tanta passione. Ma non basta fermarsi al concetto
di lode. Occorre appprofondire sia la continuità tra il libro 10° e l'1I°, sia, soprat-
tutto, il carattere autobiografico degli ultimi tre libri. I quali non ci rivelano sol-
tanto la conoscenza 0 l'ignoranza che Agostino aveva della Scrittura, ma anche
le pieghe più profonde della sua anima mistica.
Richiesto di descrivere, a comune edificazione, le sue disposizioni interiori,
dopo aver parlato, nel libro X, della memoria, nella quale trova Dio, e della
purificazione, nella quale era impegnato allo scopo di giungere alla più alta unione
con Dio, Agostino omette di parlare delle vie per le quali era stato condotto all’epi-
scopato® per dire cose che gli premeva maggiormente di dire (come nel
libro 9° aveva omesso di parlare della seconda permanenza romana per raccon-
tare la mirabile vita della madre) e cioè: il suo grande amore per la Sacra Scrit-
tura, la brama che aveva di meditare la parola di Dio per rifocillare lo spirito
dopo le fatiche dell’apostolato, il metodo che seguiva in queste sue meditazioni.
Ora, che altro sono questi se non preziosi dati autobiografici?
In conseguenza di ciò alcune delle espressioni più belle che rivelano l'anima ago-
stiniana si trovano proprio in questi ultimi libri. Si pensi, per esempio, al brivido
di terrore e di amore che lo investe di fronte al rivelarsi della sapienza®, all’a-
more che nutriva per la verità anche quando era nell'errore, alla brama della
Gerusalemme celeste, patria e madre sua, al desiderio di correre verso l’am-
plesso divino, al peso dell'amore che lo porta dovunque si muova*, allo sforzo
di raccogliersi dalla dispersione del tempo.
Per conoscere Agostino mistico non si può prescindere dagli ultimi tre libri
delle Confessioni. Ne diremo qualcosa più avanti. Intanto occorre spiegare perché
abbia scelto i primi capitoli della Genesi per esprimere le sue disposizioni interiori.
La risposta sta nel contenuto stesso di questi capitoli, dai quali emergono tre
grandi idee che costituiscono il fondamento e il clima della spiritualità di Ago-
stino e influiscono decisamente sulla natura e sullo scopo delle Confessioni. Nes-
sun altro testo biblico poteva servire tanto appropriatamente allo scopo.
Queste idee sono:
a) la creazione, che è fondamentaie per stabilire il colloquio dell'uomo con
Dio (e il metodo agostiniano si basa essenzialmente su questo colloquio);

88 Retract. 2, 6.
89 Cf. A. DI GIOVANNI, op. cit.
9 Confess. ,
9 Confess. 9, 8, 17.
9 Confess. 11, 9, 11.
9 Confess. 12, 10, 10.
9% Confess. 12, 16, 23.
95 Confess. 13, 8, 9.
9% Confess. 13, 9, 10.
97 Confess. 11, 29, 39.
XXIV INTRODUZIONE

b) il tempo, che opera la nostra dispersione nel molteplice (e la spiritualità


agostiniana è tutto uno sforzo per strapparsi, attraverso la contemplazione, dalla
dispersione del tempo e per raccogliersi nell'Uno);
c) i giorni genesiaci che, interpretati allegoricamente, indicano le ascensioni
spirituali (e di fatti terminano nel settimo giorno che non ha tramonto, perché
significa il riposo dell’inquieto cuore umano nel possesso di Dio).
Cosi, l’ultima pagina delle Confessioni si ricollega con la prima e chiude, nel-
l'unità di composizione, quest'opera singolare che il Santo scrisse a suo con-
forto, e a conforto di quanti l'avrebbero letta, che furono e saranno molti.
CAPITOLO III

AUTOBIOGRAFIA: VALORE STORICO

‘ Prima di addentrarci nella considerazione del contenuto autobiografico delle


Confessioni occorre chiarirne la credibilità. La questione del valore storico di questa
singolare autobiografia ha ormai una storia, che è stata narrata piu volte! e che noi
qui ricordiamo solo per quel tanto che serva a non ignorarla.
1. Storia della questione
La questione fu posta alla fine del secolo scorso. Prima di allora, se si eccet-
tuino le riserve un po’ ciarliere di Giovanni Le Clerc (1657-1736)?, nessuno aveva
dubitato che le Confessioni ci narrassero la vera storia di Agostino. I primi a
dubitarne furono Harnack e Boissier, i quali, del resto, proposero le loro conclu-
sioni con molta moderazione.
Harnack3 osservò che le Confessioni descrivono a colori troppo foschi i pec-
cati giovanili e parlano della conversione come d'una rottura radicale e subitanea
tra il passato e la vita della grazia. Ciò non corrisponderebbe alla evoluzione
reale di Agostino che sarebbe stata, come confermerebbero i Dialoghi di Cassiciaco,
pit lenta e senza scosse. Non sarebbe difficile perciò mettere Agostino in contrad-
dizione con se stesso.
Nello stesso anno 1888 Boissier* affermava che il convertito e il penitente delle
Confessioni era ‘ben diverso dal retore e dal filosofo dei Dialoghi. Evidentemente
son due Agostini: quale il vero? Il Boissier risponde: forse tutti e due. Potrebbe
trattarsi di due atteggiamenti diversi: due uomini nello stesso Agostino.
Nel solco aperto da Harnack e dal Boissier altri studiosi entrarono animosa-
mente coniandola tesi della conversione di Agostino non già al cristianesimo, come

1 Cf. J. NoERREGAARD, Augustins Bekherung, Tiùbingen 1923, pp. 1-19; U. ManNUCCI, S. Ag. e
la critica recente, in Miscellanea Agostiniana, II, Roma 1931, pp. 23-48; M.-P. GARVEY,
St. Aug. christian or neoplatonist2, Milwaukee 1939, pp. 1-40. Per una più breve informa-
zione cf. C. BoyER, Christianisme et néo-platonisme dans la formation de St. Aug.,
Roma 19532, pp. 11-16; M. F. Sciacca, S. Agostino, Brescia 1949, pp. 111-115; P. COURCELLE,
Recherches..., Paris 1950, pp. 7-10; SoLiGNnAc, Confessions, Introd., pp. 55-84.
2 In MIGNE, PL 47, 210 (con lo pseudonimo di JEAN PHERÉPON).
3 A. von HARNACcK, Augustins Konfessionen, Giessen 1888 (ristampato in Reden und Aufstitze,
I, Giessen 1904, pp. 51-79).
4 G. Bossier, La conversion de St. Aug., in Revue de Deux Mondes, 85 (1888), pp. 43-69;
ristampato in La fin du paganisme, I, Paris 1891, pp. 339-379.
XXVI INTRODUZIONE

dicono le Confessioni, ma al neoplatonismo, come dimostrerebbero i Dialoghi.


Cosi, in sostanza, il Loofs, il Gourdon, lo Scheel, il Becker, il Thimme®.
Sistematicamente ha trattato la questione l’Alfaric, studiando l'evoluzione in-
tellettuale di Agostino dal manicheismo al neoplatonismo 6. Le conclusioni del
grosso volume dell’Alfaric, che attenua i disordini morali di Agostino, esagera
il suo manicheismo e dichiara tendenziose le Confessioni, si possono riassumere,
per ciò che riguarda la conversione, in questi termini:
a) Agostino a Cassiciaco era più un discepolo di Plotino che un catecumeno
occupato dall’ideale cristiano. Tanto moralmente quanto intellettualmente egli più
che al Vangelo si converti al neoplatonismo;
b) modificò sensibilmente la dottrina di Plotino per accomodarla agli inse-
gnamenti della fede cristiana, ma trasformò ancor piu la dottrina cattolica per
metterla d'accordo con la filosofia plotiniana, considerando quella una forma infe-
riore di sapienza, buona solamente per le deboli intelligenze dei principianti;
c) quando ricevette il battesimo era ancor molto poco cattolico: solo pit
tardi, molto più tardi, giunse a dare il primato alla fede sulla ragione.
Dopo l’Alfaric il Wundt? scompose in quattro momenti la pretesa conversione
di Agostino: la lettura dell'Ortensio, la letiura dei neoplatonici, la scena del giar-
dino di Milano, l'ordinazione sacerdotale. Solo in quest’ultimo momento egli sa-
rebbe divenuto cattolico. Tra gli scritti degli anni 386-390 e gli scritti posteriori ci
sarebbe un contrasto stridente: gli uni impregnati di meoplatonismo, gli altri
ostili alla filosofia e fondati sulla dottrina paolina della giustificazione per mezzo
della grazia.
Contro questa tesi, che può dirsi una vera offensiva del razionalismo contro
Agostino, insorsero studiosi da molte parti, dimostrando la fondatezza dell’inter-
pretazione tradizionale, che ritiene la veridicità storica delle Confessioni e, pur
ammettendo una differenza di tono tra queste e i Dialoghi, ne riconosce l’ac-
cordo sostanziale8.
Chiusa a favore della tesi tradizionale la questione della storicità delle
Confessioni e quindi della conversione di Agostino al cristianesimo prima delritiro
a Cassiciaco, ne è sorta un'altra, che riguarda l'influsso preciso del neoplatonismo
nel ritorno di Agostino alla fede e il valore storico o solo letterario da attribuire
alla scena del giardino.
La nuova questione l’ha mossa, nel 1950, il Courcelle, il quale, al metodo della
storia dottrinale che aveva impostato il problema in termini di opposizione tra neo-
platonismo e cristianesimo (inducendo alcuni critici ad optare per il primo termine

5 Fr. Loors, Augustinus, in Realencyclopaedie fiir prot. Theol. und Kirche, Leipzig 18973;
L. Gourpon, Essai sur la conversion de st. Aug., Cahors 1900; O. ScHeEL, Die Anschau-
nung Augustins ilber Christi Person und Werke, Tiibingen 1901; H. BECKER, Aug.
studien zu seine geistigen Entwicklung, Leipizig 1908; W. TuHimMmE, Augustins geistige
Entwicklung in den ersten jahren nach seiner Bekehrung, in Neue Studien zur Geschichte
der Theologie, ITI, 1908; IpeM, Grundlinien der geistigen Entwicklung Augustins, in Zeit-
schrift fiir Kirchengeschichte, 31- (1910), pp. 172-213.
6 È STRANO L’évolution intellectuelle de St. Aug., I: Du Manicheisme au Néoplatonisme,
aris è
©7M. Wunpr, Ein Wendepunkt in Augustins Entwicklung, in Zeitschri i
Wis., 21 (1922), pp. 53-64. = : Si
8 CH. Bover; M.-P. Garvevy; M.F. Sciacca; J. NoERREGAARD; M. PELLEGRINO; U. MANNUCCI,
opere citate. Inoltre J. MausBacH, Die Ethik des Hl. Aug., Friburg in Br. 1929, I,
pp. 6-16; H. Gros, La valeur documentaire des Confessions de St. Aug., Paris (s.d.).
INTRODUZIONE XXVII

ed altri per il secondo), ha sostituito il metodo dell'analisi filologica, concludendone


che l’asserita opposizione non esiste. Con grande apparato di erudizione ha
dimostrato che l'ambiente cattolico di Milano era permeato di neoplatonismo. Il
vescovo Ambrogio, il prete Simpliciano, il filosofo Manlio Teodoro erano neopla-
tonici. Frequentando questo ambiente — ascoltò infatti Ambrogio, ebbe conver-
sazioni con Manlio Teodoro, incontrò, e non una volta sola, Simpliciano — Ago-
stino apprese ed abbracciò il cristianesimo quale gli veniva proposto: una sintesi
già elaborata di fede cristiana e di sapienza neoplatonica. L'adesione di Agostino
alla fede non è dunque anteriore, bensi posteriore alla lettura dei libri neoplatonici,
come dimostra il fatto che dopo quella lettura egli negava il mistero dell’Incar-
nazione, che gli sarebbe stato chiarito da Simpliciano.
Il Courcelle sostiene inoltre, seguendo sempre il metodo dell'analisi filolo-
gica, che alla scena del giardino debba darsi un’interpretazione non storica, ma
letteraria?.
La tesi del Courcelle, com'era da prevedere, suscitò molte e vivaci discussioni.
La critica, pur riconoscendogli il merito d'aver messo in piena luce il neoplato-
tonismo dell'ambiente cristiano milanese, non ha accolto o ha fatto riserve sulle
sue tesi di fondo. Il P. Boyer ha confermato la sua convinzione che Agostino sia
tornato alla fede cattolica prima di leggere i libri neoplatonici !0.
Nella controversia Boyer-Courcelle è intervenuto il Mathon dando ragione a
quest'ultimo in base alla nozione teologica della fede che non si potrebbe appli
care ad Agostino prima della lettura dei neoplatonici!!.
Pirecentemente il Solignac propone un nuovo esame della questione in base
non all'atto di fede, ma al processo della conversione, che sarebbe stato lungo e
avrebbe compreso cinque momenti: la scoperta dell’esegesi spirituale attraverso
la predicazione di Ambrogio, la simpatia per la dottrina cattolica, la simpatia che
diviene credenza senz'essere ancora fede, la lettura dei neoplatonici che apporta
la soluzione delle difficoltà intellettuali, l'incontro con Cristo Mediatore, la con-
versione totale della persona con la scelta tra la continenza e il matrimonio !?.
Il Courcelle infine, dopo più di un decennio, nel quale non ha mai cessato di
scrivere sull'argomento, ha riassunto e sostanzialmente confermato le sue conclu-
sioni in un grosso volume dedicato alle Confessioni nella tradizione letteraria.

9 P. CourcELLE, Recherches... pp. 188-202.


10 Cn. BovEr, Op. cit., Roma 1953, pp. 107-113; cf. in Doctor Communis, 4 (1951), pp. 109.
111 la recensione all'opera del Courcelle e Le retour à la foi de St. Aug., in Doctor
Communis; 8 (1955), pp. 1-6, nel quale il Boyer risponde all'articolo del Courcelle: Litiges
sur la lecture des Libri Platonicorum par St. Aug., in Augustiniana, 4 (1954), pp. 225-
239. Sulla discussione suscitata dal Courcelle cf. anche F. CayRrÈ, La conversion de
st. Aug., in L'Année theologique, 1951, pp. 244-252; Pour le réalisme du Tolle, lege,
Ivi, pp. 261-271; Cu. MoBRMANN, in Vigiliae Christianae, 5 (1951), pp. 213-231 (recen-
sione all'opera del Courcelle); Considerazioni nelle Confessioni di S. Ag., in Convi-
vium, 25 (1957), p. 257-267; 27 (1959), pp. 1-11,, 129-139; A. MANDOUZE, L'extase d’Ostie...,
in Augustinus Magister, II, pp. 67-84; J. O'MEARA, « Arripui, aperui et legi», in Au-
gustinus Magister, I, pp. 59-61; The Young Augustine, London 1954, pp. 116-119. 183-190;
Ti ia La conversione di S. Ag., Torino 1956; M. PELLEGRINO, Op. cit., pp. 103-
. 116-120.
G. MaTHON, Quand faut-il placer le retour d'Augustin à la foi catholique?, in Revue d'é-
tudes august., 1 (1955), pp. 107-127. La stessa opinione esprime, con molta fermezza,
O'MearA, Augustine and neo-platonism, in Recherches Aug., 1 (1958), p. 95.
12 A. SoLIGNAC, Confessions, in B.A. 13, Introd., pp. 64-84; 138-164.
13 Les Confessions..., Paris 1963; cf. pure la 22 ed. di Recherches sur les Confessions de St.
Aug., Paris 1968.
XXVIII INTRODUZIONE

rima-
Interventi posteriori non sono mancati, ma i termini del problema sono
sti gli stessi!.
Questa in breve la storia della questione. Per esporre ora il più rapidamente
possibile i dati positivi che sono emersi dalla lunga controversia, tratteremo della
storicità delle Confessioni in generale e accenneremo ai punti principali che sono
stati toccati: i disordini giovanili, il ritorno alla fede, l'influsso del neoplatonismo,
la scena del giardino.

2. La storicità delle Confessioni in generale

A un-autore che narra la sua vita a poca distanza — non più di 12 anni —
dagli avvenimenti principali, che si richiama continuamente ai fatti, che dice di
non ricordare quando non ricorda, di dubitare quando dubita, di essere sicuro
quando sa di essere sicuro !, è difficile dire in faccia: non è vero, tu ti sbagli.
Tanto più quando quest’autore si chiama Agostino, il quale possiede, e in grado
per
eminente, le prerogative del perfetto narratore di sé: la schiettezza e l’amore
la verità, la forza della memoria, l'abilità dello scrittore, l'umiltà della confessione.
Evidentemente le Confessioni non sono un’autobiografia nel senso corrente della
parola. Il Santo non ha voluto narrare tutti i particolari della sua vita, ma solo
quelli che ha potuto o che ha voluto !6; ha insistito sui fatti che pi facevano al suo
scopo, ne ha omessi altri che a noi avrebbe interessato conoscere !, ha scorciato
interi periodi con brevi accenni!8. Ma ciò non toglie che i fatti narrati fossero
reali, oggettivi, com'erano avvenuti e come la memoria li aveva fedelmente
conservati.
E' vero pure che le Confessioni ubbidiscono ad una preoccupazione religiosa.
Il Santo vuol narrare le misericordie divine ed offrire un esempio che sia di con-
forto e di edificazione ai «fratelli ». Egli stesso, già vecchio, riconoscerà aperta-
mente di aver attribuito, nelle Confessioni, il suo ritorno alla fede, alle preghiere
e alle lacrime di sua madre. Ma non si vede come questa preoccupazione vada
a scapito della fedeltà storica, quando, anzi, la suppone e su di essa si fonda.

gespriche
14 Cf. E. DiNT, Aufbau und Glaubwiirdigkeit der Konfessionen und die Cassiciacum
Con-
des Augustinus, in Wiener Studien, N.F., 3 (1969) pp. 181-197, il quale dimostra che
ire e Dialoghi sono parimenti degni di fede, perché descrivono lo stesso cammino
verso Dio.
15 Confess. 2, 1, 1; 3, 12, 21; 5, 3, 3; 6, 6, 9; 8, 12, 28; 9, 6, 14. 10, 26.
tu prior
16 Con 11, 1, 1: Ecce narravi tibi multa quae potui et quae volui, quoniam
voluisti...
1? Confess. 3, 12, 21: Nam et multa praetereo... multa non memini.
meas et
Confess. 9, 8, 17: Multa praetereo, quia multum festino. Accipe confessiones
Sed non
gratiarum actiones, Deus meus, de rebus innumerabilibus etiam in silentio.
parturivit. Ab-
praeteribo quidquid mihi anima parturit de illa famula tua, quae me
notizie,
biamo avuto cosi la mirabile biografia di S. Monica, ma abbiamo perduto
a Roma.
che sarebbero state interessantissime, sulla seconda permanenza di Ag.
tua,
Confess. 11, 2, 2: Quando autem sufticio lingua calami enuntiare omnia hortamenta
verbum
et terrores, et consolationes, et gubernationes quibus me perduxisti praedicare
sappiamo
tuum et sacramentum tuum dispensare populo tuo? (Questo è tutto quello che
ne
dalle Confessioni intorno alla vita di Ag. a Tagaste dopo il battesimo, all’ordinazio
sacerdotale e alla consacrazione episcopale: 388-396).
19 De dono perseverantiae 20, 53.
INTRODUZIONE

3. Fatti e giudizi

Si è detto che Agostino avrebbe esagerato i propri disordini giovanili dipingen-


dosi un peccatore quale in realtà non fu. Non commise infatti che mancanze co-
muni ai fanciulli e ai giovani della sua età. Ma qui occorre fare distinzione
tra i fatti e i giudizi sui fatti. Questi non appartengono al passato e non interes
sano lo storico se non come espressione dei sentimenti dell'autore al momento in
cui scriveva le Confessioni. Essi traggono origine e prendono valore dalla fede
cristiana, dalla « coscienza dignitosa e netta », dalla profonda psicologia di Ago-
stino, ormai vescovo e molto avanti nella santità; ma non alterano i fatti. Le Con-
fessioni ci mostrano Agostino narrato e Agostino narrante, ambedue veri, ambedue
autentici, senza che il secondo cancelli o trasformi il primo: al primo appartengono
i fatti, al secondoi giudizi.
Vediamo, per esempio, il furto delle pere su cui si è insistito molto, ma a
torto. Si è detto: un peccatuccio, una scappata da ragazzi. Eppure Agostino ne
parla come di un grande delitto, trovando modo di evocare perfino l'ombra di
Catilina. D'accordo per il peccatuccio e per la scappatella. Ma il racconto ago-
stiniano che cosa contiene di più? Narra il Santo che a sedici anni, di notte
tempo, doro aver prolungato il giuoco, secondo l'usanza, fino a tarda ora, egli ed
altri ragazzi andarono a scuotere un pero nell’orto di un vicino e ne portarono via
una gran quantità. Il Santo aggiunge — segno evidente del narratore sereno ed
obbiettivo — che fu la compagnia degli altri che lo indusse a commettere quella
cattiva azione: da solo — lo ricordava bene — non l'avrebbe commessa.
Questo il fatto. All'apparenza, non supera le proporzioni d'una ragazzata.
Eppure in esso vi fu qualcosa di grave che lacerava ancora, dopo trent'anni, la
coscienza del penitente e invitava a serie riflessioni la mente del pensatore: il
motivo. Il motivo del furto delle pere non fu certo il bisogno — ne aveva delle
migliori a casa sua — né la gola — non ne mangiò affatto o ne assaporò appena —
né un altro interesse qualsiasi; fu solo — ricordava bene anche questo partico-
lare — fu solo «il fastidio della giustizia », la voglia di compiere un'azione proi-
bita, « il gusto di fare ciò che non era lecito, per la sola ragione che non era
lecito ». Un gratuitum facinus dunque ?®. Questo ricordo, che riempiva l'animo di
amarezza, spiega gli accenti di dolore delle Confessioni e suscita quell’inno alla
grazia divina che è tra le cose più profonde e più belle che abbia scritto il Dot-
tore della grazia 3.
Ma è possibile amare la colpa gratuitamente? E’ possibile volere il male per
il male? Qui il penitente e il teologo cedono il passo al filosofo e nascono quelle
mirabili pagine dove si ragiona della volontà del male, che contiene sempre, ne-
cessariamente, la volontà di conseguire un bene o il timore di perderlo — neppure
Catilina infatti amò gratuitamente i suoi delitti — e dove si dimostra che ogni
vizio contiene una reale imitazione, anche se perversa, delle perfezioni di Dio 35.

2 Confess
21Confess
2 Confess
23Confess. 2,7, 15.
4 L esempio di Catilina serve solo a confermare una dottrina, non a stabilire un paragone;
non significa che Ag. per il furto delle pere si senta più colpevole di quel famigerato,
iaScusa Selo rs ESSO neppure un CAUna, può volere il male. per se stesso.
mazione del Courcelle (Recherches... p. è inesatta e priva di fi .
5 Confess. 2, 5, 10-6, 14. Raf P ne
XXX . INTRODUZIONE

ità. Si dice che la deplora-


Prendiamo un altro esempio: i peccati di sensual
parte di Agosti no esorbit i dalla reale portata dei fatti, i
zione di questi peccati da
il concub inato che la legge civile
quali o non sarebbero stati peccato, come
un umano tributo pagato da lui, come
riconosceva, o non sarebbero stati altro che
da tanti altri, all’età giovani le.
valutazione dei fatti e non più
Ma qui, com'è evidente, si tratta ormai della
la valuta zione d'un fatto dipende dal
della sola costatazione di essi. Ora, si sa,
norma di giudizi o. Questo criterio, per Agostino, era
criterio che uno prende per
giudizi fino alle ultime conseguenze.
la legge evangelica. Ad essa s'ispirava nei suoi
altri criteri potrà non capire
Chi per giudicare delle umane azioni adottasse
ta il diritto di rimpro verare al vescovo d'Ippona
certi severi giudizi, ma non acquis
i fatti solo perché , nel giudica rli, non ha preso per norma la
di aver alterato
consuetudine umana, ma la legge divina.
esagerati; ma neppure,
I disordini giovanili di Agostino non debbono essere
e ‘ragion i di polemi ca, diminui ti. Furono quelli che
come si è fatto per oppost
giudizi di condanna; ma
furono. Il Santo li narra con espressioni di dolore e con
o state, le attenuanti della colpa
fedelmente. Né omette di notare, quandoci fosser
rivelat ori, anche nel peccat o, di un fondo naturale di
o quegli aspetti che sono
vata, per 14 anni,
onestà; come, per citare un esempio, l'assoluta fedeltà conser
alla madre di Adeodato,
tono con cui Agostino
Ci si consenta, infine, un’altra osservazione. Riguarda il
in genere, della vita dei bambin i. Non è giusto insistere sul
parla della sua e,
no sa quanto altri che i
solito tema del così detto pessimismo agostiniano. Agosti
sono capaci di peccar e e che, di conseguen-
bambini prima dell'uso della ragione non
enie le mamme lle o guarda re con gelosia i compagnidi
za, quel loro bramare avidam
re per ottene re cose che sarebb ero nocive, quel tentar di colpire
latte, quel piange
peccati. Tant'è vero che fu
chi giustamente non ottempera ai loro voleri, non sono
contro le strane scappat oie
proprio il nostro Dottore a difendere energicamente
li nei bambini 2%.
dei pelagiani l'assenza di peccati persona
dire che quelle azioni
Ma nelle Confessioni egli vuol dire un’altra cosa; vuol
in se stesse, anche se in quella età non possiam o né dobbiamo ri-
sono riprovevoli
non buone, di difetti che la
prenderle. Sono sempre, però, un indice di inclinazioni
altrimen ti le « frodi di noci, di pal-
ragione dovrà riprovare € la volontà correggere,
hi e i maestri, si mutano col crescere
lottoline, di passeri, che interessano i pedagog
poderi, di schiavi che interes sano i governa tori e
degli anni in frodi di oro, di
ire»?

4. Le Confessioni e i Dialoghi di Cassiciaco

ione tra le Confessioni


E veniamo all'argomento principale: l’asserita opposiz
a tradizio nale hanno osser-
e i Dialoghi di Cassiciaco. I sostenitori della sentenz
a questa opposiz ione — nelle Confess ioni infatti
vato che Agostino stesso non crede
i e dichiara che gli studi di allora erano già posti al servizio
rimanda ai Dialogh

65.
26 Cf. De peccatorum mer. et remiss. 1, 34, 62 - 35,
21 Confess. 1, 19, 30.
INTRODUZIONE XXXI

di Dio anche se egli era ancora « ansante di scolastica boria» 8 — e hanno dimo-
strato che in realtà quest’opposizione non esiste. Dialoghi e Confessioni, pur nella
diversità del tono dovuto alla diversità di indole, di scopo e di tamno dei due
scritti, concordano nel fondo su ciò che riguarda la conversione e gli errori di
Agostino, dei quali ci offrono, in sostanza, lo stesso sviluppo e lo stesso epilogo
Rimandiamo volentieriil lettore ai loro argomenti. Noi, da parte nostra VOrtErRrAD
chiederci se non siano proprio le Confessioni a darci la chiave per seni i Dia-
loghi. L'itinerario spirituale è narrato due volte nei Dialoghi. La prima volta nel
De beata vita ®; la seconda, alla distanza di pochi giorni, nel Contra Academicos.
I punti essenziali di questo itinerario, offerti dal De beata vita in piena armonia
con le Confessioni, sono: 1) la lettura dell’Ortensio e il conseguente invaghimen-
to per la sapienza; 2) l'atteggiamento razionalistico; 3) l'adesione ai manichei;
4) la delusione manichea e l'adesione allo scetticismo; 5) la scoperta della stella
polare a cui affidarsi; 6) gli ostacoli sulla via della consacrazione alla « filosofia »:
le attrattive del matrimonio e degli onori; 7) la lettura dei neoplatonici; 8) la let.
tura della Scrittura; 9) il bruciante desiderio di rompere ogni ad 10) la ri
nuncia all'insegnamento, giustificato col forte dolore di petto che sl'ampediva di
parlare; 11) il porto della tranquillità finalmente raggiunto.
Ora, se si confrontano questi momenti con quelli descritti qualche giorno dopo
nel Contra Academicos3!, ci si accorge di un'importante divergenza: nella prima
narrazione si parla della stella polare, della quale non si parla nella seconda; di
quella stella polare a cui si affidò Agostino nel cammino della vita e che scopri
anteriormente alla lettura dei neoplatonici. Questa divergenza, dovuta, non v'è
dubbio, alla diversità delle persone alle quali i Dialoghi sono dedicati e lla diver-
sità dei temi che dominano i due passi, si può conciliare e si può ricomporre
nell'unità solo attraverso le Confessioni. Le Confessioni infatti ci dicono, come
vedremo, che la stella ritrovata prima della lettura dei neoplatonici fu Paitorità
delle Scritture e della Chiesa e che il volto della «filosofia», a cui si consacrò
totalmente, gli apparve dopo quella lettura quando, meditando S. Paolo, riconobbe
Cristo Redentore, °
i Ma c'è un altro punto nel quale le Confessioni ci aiutano a capire i Dialoghi:
l'umile invocazione della grazia e il riconoscimento dell'efficacia della preghiera,
Agostino a Cassiciaco sente ancora una lotta dolorosa che gli risveglia nellipula
ferite appena cicatrizzate. Perciò ricorre alla preghiera per essere guarito e con-
fida che lo sarà, anche se non cosi presto come desidera. « Non raddoppiate — dice
ai suoi discepoli — le mie miserie. Mi bastano le mie ferite. Perché siano rimar-
ginate io prego Dio quasi tutti i giorni nelle lacrime. Tuttavia spesso mi convinco
dentro di me che sono meno degno di essere guarito cosi presto come desidero » 8.
i Nei Soliloqui, sotto forma di preghiera, esprime gli stessi sentimenti quando
chiede a Dio la grazia di fare ciò che Dio stesso comanda. « Comanda e ordina
ciò che vuoi, ti prego, ma guarisci ed apri le mie orecchie affinché possa udire la
tua voce. Guarisci ed apri i miei occhi affinché possa vedere i tuoi cenni, Allon-
tana da me i movimenti irragionevoli affinché possa riconoscerti ». E ‘così di

2 Confess. 9, 4, 7.
29 Vedi sopra, nota 10.
i De beata vita 4.
o Contra Academicos 2, 2, 4-6.
De ordine 1, 10, 29.
XXXII INTRODUZIONE

seguito, per un lungo tratto, in un intenso incalzare di sentimenti, che esprimono


la fragilità umana e il bisogno della grazia*.
Simili sentimenti non trovano posto nel sistema filosofico-religioso dei neo-
platonici *. Non da loro dunque, ma dal Vangelo e da S. Paolo li aveva appresi
Agostino. Per comprenderli pienamente occorre far ricorso alle Confessioni, dove
il sentimento della fragilità umana e il bisogno della grazia divina sono appunto
Da
i temi dominanti. Chi non ricorda la celebre preghiera che scandalizzò Pelagio:
quod iubes et iube quod vis?? Quella dei Soliloqui ricordata or ora ne è il
preannuncio.
Un altro particolare. Nel De ordine ci sorprende sentire che Agostino ascrive
apertamente alle preghiere di sua madre l'essersi dedicato totalmente alla ricerca
della verità e confida, per merito delle stesse preghiere, di raggiungere ciò che
desidera*. La sorpresa cessa se si leggono le Confessioni, nelle quali questa
convinzione è ripetuta spesso. Agostino lo ricorda alla fine della vita nel De dono
perseverantiae. Scrive infatti: « Ciò che ho narrato della mia conversione non
ricordate che l'ho narrato in modo da mostrare che fui concesso da Dio, perché
non perissi, alle pie e quotidiane lacrime di mia madre? »31,
In conclusione: in mezzo alle animate discussioni di filosofia, i Dialoghi di
Cassiciaco di tanto in tanto sollevano il velo nel mondo interiore di Agostino; un
mondo interiore che senza le Confessioni non riusciremmo a capire.

5. Alcuni malintesi

La controversia sull'opposizione tra i Dialoghi e le Confessioni è potuta sorgere


per aver trascurato questi sprazzi di luce che Agostino ci offre anche nei Dialoghi
circa la sua fede e la sua pietà cristiana, e si è alimentata con diversi malintesi, che
sono sempre, come si sa, un fecondo terreno di controversie.
I principali malintesi a nostro parere sono:
a) una supposizione in confuso che scienza e fede non possano stare insieme,
per cui un pensatore che ragiona non potrebbe essere, nello stesso tempo, un umile
fedele che crede; i
b) l'accezione del termine «filosofia », tante volte usato da Agostino, secondo
un significato che non è agostiniano;
c) la valutazione errata delle ripetute professioni d'ignoranza fatte dal Santo.
a) Non c'è dubbio che Agostino a Cassiciaco, come del resto, da allora
in poi, per tutta la vita, abbia avuto un grande desiderio di conoscere la verità
attraverso la penetrazione della mente. Ma questo non dice nulla contro la sua
adesione ai «sacri misteri» e all'autorità che li trasmette. La fede non esclude,

33 Soliloquia 1, 1, 5.
3 La preghiera per Plotino o è raccoglimento contemplante — soli, Lui solo (Enn. 5, 1, 6) —
o è mediazione magica che mette in moto la « simpatia universale » (Enn. 3, 2, 8-9; 4, 4,
26.32.40-41.) — ma non una domanda che una volontà suprema esaudisca (Enn. 4, 4, 42).
Non molto dissimile il pensiero di tutto il paganesimo, il quale riteneva che agli déi
si chiedono la ricchezza, la salute, ma non le virtù. Det vitam, det opes; aequum mi
animum ipse parabo (Orazio, Ep. 1, 18, 112); cf. CicERONE, De natura deorum 3, 36.
35 Confess. 10, 29, 40.
36 De ordine 2, 20, 52.
37 De dorio perseverantiae 20, 53. ‘
INTRODUZIONE XXXIII

ma richiede e sollecita l'indagine della ragione. Agostino lo sapeva. Tempra


autentica di pensatore e di mistico, non si accontentava di aderire alla verità
per mezzo della fede, ma voleva approfondirne il significato, scoprirne la bellezza
e gustarne il sapore, E° il segreto della sua opera teologica della quale troviamo
il programma nel Contra Academicos. Giova rileggerlo: «Tutti sanno che noi
siamo stimolati alla conoscenza dal duplice peso dell'autorità e della ragione. Io
ritengo dunque come definitivamente certo di non dovermi allontanare dall’auto-
rità di Cristo perché non ne trovo altra piu valida. Riguardo poi a ciò che
si deve raggiungere col pensiero filosofico, ho fiducia di trovare frattanto, nei
platonici, temi che non ripugnano alla parola sacra. Tale è infatti la mia attuale
disposizione che desidero di apprendere senza indugio la verità non solo con la
fede ma anche con l'intelligenza » 8.
Del resto la fede di Agostino, già presente per evidenti segni nei Dialoghi
di Cassiciaco, ebbe un'esplosione di zelo qui a Roma, a poca distanza dal battesimo,
quando intraprese la confutazione dei Manichei. Il De moribus Ecclesiae catholicae
è uno splendido argomento di sincera adesione alla Chiesa e di conoscenza non
superficiale della Scrittura. O si vorrà dire che mentre difende il primato della fede,
afferma l'autorità della Scrittura, espone la dottrina morale del Vangelo, esalta
la sapienza della Chiesa, descrive con entusiasmo l'ideale del monachesimo,
abbozza lo schema di un'apologetica cattolica (che è il contenuto del De mor.
Eccl. cath.) Agostino è solo un neoplatonico non ancora abbastanza cristiano? 39
b) Parimenti non v'è dubbio che Agostino nei Dialoghi di Cassiciaco usi il
termine filosofia per esprimere l'ideale al quale si è consacrato e al quale desidera
ed esorta che si consacrino altri. Ma che cosa intendeva egli con questo termine?
Tutta la questione sta qui. Se lo prendiamo nel senso corrente oggi, che è quello
di ricerca razionale della realtà, dovremmo concludere, come appunto ne hanno
concluso i critici, che Agostino a Cassiciaco non era che un filosofo tinto appena
di cristianesimo. Ma era questo il significato che Agostino gli dava? Certamente
no. Il termine « filosofia » ha presso di lui, come abitualmente nell'uso patristico,
un significato molto più vasto e molto più complesso, in quanto abbraccia un
aspetto teoretico ed un aspetto pratico. Significa ricerca e possesso della verità,
cognizione e amore di Dio, distacco e fuga dalle cose sensibili. Ha perciò un
triplice contenuto: intellettuale, religioso, ascetico. Importa il passaggio dall’or-
dine della fantasia a quello del pensiero (contenuto intellettuale), il movimento
di ritorno a Dio (contenuto religioso), la rinuncia alle vanità della terra e la
preparazione alla morte (contenuto ascetico). E’ facile capire allora che in questa
accezione quel termine serve molto bene ad esprimere l'insegnamento e la vita
cristiana — fede, ascetismo e pietà — perché solo quell’insegnamento e quella
vita, soprattutto se presa nella sua forma pit alta, assicurano la perfezione
morale e il conseguimento della beatitudine, che è il fine della filosofia intesa
come amore della sapienza.
Sono queste appunto le idee che ritroviamo nei Dialoghi. A Cassiciaco la filo-
sofia di Agostino è la «filosofia» di S. Paolo®, la «filosofia» di Monica4, la

38 Contra Academicos 3, 20, 43.


; Per la data del De mor. Eccl. cath..., cf. Retract. 1, 7, 1.
si = infatti S. Paolo a svelargli la philosophiae facies (Contra Acad.2, 2, 6).
E amala «filosofia » di sua madre — philosophia tua mihi plurimum placet, le dice —
ed osservando quali grandi progressi ella avesse fatto nell'amore della sapienza, fino
XXXIV INTRODUZIONE

« filosofia » dell’ascetismo ‘2 e della preghiera. Con più precisione, una « filosofia »,


la quale, senza respingere le ricerche intellettuali, anzi postulandole, include l’in-
segnamento di S. Paolo, che è tutto incentrato nel mistero della Redenzione;
include la pietà di Monica, che si esprime nella fede e nell'amore di Dio; esige
il distacco dalle cose terrene, che importa un severo impegno di purificazione
morale; sprona all'esercizio della preghiera umile e fiduciosa; una « filosofia »,
aggiungiamo pure, che è totale consacrazione a Dio.
Perciò nelle Ritrattazioni, ricordando quel periodo della sua vita, dice che si
era rifugiata ad Christianae vitae otium ®.
c) Non v'è dubbio infine che Agostino nei Dialoghi fa spesso professione
d'ignoranza. Basti dire che appena giunto a Cassiciaco senti il bisogno d'incomin-
ciare la confutazione degli Accademici; e fu una confutazione tutt'altro che...
accademica, se da essa trasse la persuasione d'aver superato l'ostacolo che lo
tratteneva dal darsi in braccio alla «filosofia », che è il pascolo dell’anima*.
Inoltre, egli afferma di essere ancorafanciullo nella filosofia, di non conoscere
né l'anima né Dio *, di non essere beato perché ignora molte cose. Ora, si dice,
tutto questo è in contrasto con le Confessioni, dove si leggono, mirabilmente espres-
se, le grandi verità delle quali Agostino aveva raggiunto la certezza.
Ma anche qui bisogna cercare di capire il linguaggio agostiniano. Che signi
fica per lui ignorare? Significa non avere la scienza anche se si ha la fede, o non
avere la sapienza o non aver risolte pienamente tutte le difficoltà di ciò che in
qualche modo si conosce. Cosi spesso. i
Per convincersene si confrontino i Soliloqui5, il De beata vita, la corri-

al punto d'aver superato perfino il timore della morte che era, nell'opinione dei dotti,
l'apice della filosofia, non dubita di professarsi suo discepolo: egone me non libenter
tibi etiam discipulum dabo? (De ordine 1, 11, 31-32). Quale opinione Monica avesse dei
filosofi si può vedere in De beata vita 2, 16 a proposito degli Accademici.
Il monte immanissimus che impedisce l'ingresso al porto della « filosofia » è infatti:
superbum studium inanissimae gloriae (De beata vita 3), mentre la condizione essenziale
per entrarvi è il distacco da tutto; ipsum verum non videbis, nisi totus in philosophiam
intraveris, dice Ag. a Romaniano (Contra Acad. 2, 3, 8). Per l’esperienza di Ag. stesso cf.
De beata vita 1, 4: sed ne in philosophiae gremium celeriter advolarem, fator, uxoris
honorisque illecebra detinebar.
De ordine 1, 8, 22: ...et ego in lacrimis multa oravi; cf. Solil. 1, 1, 1-6.
Solil. 1,1, 5: Iam te solum amo, te solum sequor, te solum quaero, tibi soli servire para-
tus sum, quia tu solus iuste dominaris, tui iuris esse cupio.
Retract. 1, 1, 1.
Ep. i, 3; Contra Acad. 2, 9, 22-23.
Ep. 4, 2.
Sad: 1, 2, 7: ..mihil aliud amo quam Deum et animam quorum neutrum scio.
p. 3, 1-2.
Solil. 1, 3, 8: Sed ergo quid sciam quaero, non quid credam. Questa distinzione tra
scienza e fede è la ragione dei Soliloqui. Ag. sa molte cose per fede; quelle, per esempio,
espresse nella lunga preghiera premessa ai Solilogui stessi. Eppur dopo le tante e tanto
belle cose dette intorno a Dio, all'anima, all'universo, alla salvezza, egli dichiara di non
conoscere Dio e l’anima, e di voler sapere quelle stesse cose contenute nella sua pre-
ghiera. Evidentemente qui Ag., da profondo pensatore, cerca l’evidenza razionale delle
verità fondamentali che riguardano l’anima e Dio. Il suo non sapere è la mancanza di
questa evidenza, che si procurerà approfondendo i problemi dell'immortalità del-
l’anima (Soliloqui) e dell’esistenza di Dio (De libero arbitrio).
Quando compone il De beata vita Ag. mostra d’aver raggiunto grandi conquiste dottri-
nali, quattro soprattutto: il principio metafisico della certezza, la nozione della beatitu-
dine, la condizione essenziale della beatitudine, l'oggetto della beatitudine, che è Dio;
eppure si tratta anche qui, evidentemente, della non ancora raggiunta dimostrazione
dell'immortalità dell'anima.
INTRODUZIONE XXXV

spondenza con Nebridio®. Per ciò che riguarda il Contra Academicos è certo
che la composizione dell’opera non è dovuta al persistente scetticismo, ma
al bisogno di chiarire a se stesso come mai filosofi tanto grandi — Agostino aveva
profonda stima per i seguaci della Nuova Accademia — avessero potuto inse-
gnare una tale dottrina, e come si potesse rispondere ai loro argomenti per rida-
re agli uomini la fiducia di raggiungere la verità. Il motivo che ad esso asse-
gnano le Ritrattazioni 5coincide sostanzialmente con quello della conclusione del-
l'opera* e con quello espresso nella lettera ad Ermogeniano scritta da Cassi-
ciaco 5. Ma questo motivo non dice affatto che l'autore fosse ancora in preda
al dubbio accademico o che ne subisse ancora la tentazione, ma dice solo che
voleva liberarsi, per sé e per gli altri, dalle difficoltà di quei filosofi. Tanto è
vero che ricorre alla teoria dell'esoterismo: gli Accademici cioè avrebbero cono-
sciuto la verità; ma, ritenendo di non poterla esporre a chi non era in grado di
capirla, preferirono occultarla, limitandosi a dimostrare l'errore di chi confidava
solo nella percezione dei sensi.
La grande opera di Agostino a favore della filosofia cristiana cominciava ap-
punto con la lotta aperta contro lo scetticismo, l’ultimo errore che ne aveva de-
viato il cammino, e il piu insidioso.

6. L’influsso dei neoplatonici

Abbiamo detto che la controversia intorno alla storicità delle Confessioni,


che ha sollecitato tanti utili studi, deve considerarsi superata. Confidiamo che i
chiarimenti apportati sopra abbiano confermato quest’opinione,
Invece non si può dire lo stesso della questione circa l'influsso dei filo-
sofi neoplatonici nella conversione di Agostino, se cioè il suo ritorno alla fede
debba collocarsi prima o dopo la lettura dei filosofi.
Il Courcelle, che ha dato alla questione un'impostazione nuova, sta per il
dopo. Della stessa opinione sono, come si è detto, il Mathon e O’ Meara. Altri
non pochi, invece, come il Boyer, Le Blond, Sciacca, Pellegrino stanno per il
prima. Ecco i termini essenziali della questione.

52 Da essa sappiamo, è vero, che Ag. poneva se stesso nel numero degli stolti e negava di
esser beato perché ignorava tante cose; ma la stessa lettera, che contiene questa con-
fessione, contiene un accenno ai Soliloqui e il riassunto della dimostrazione ivi esposta
intorno ail'immortalità dell'anima (Ep. 3, 4). Strana ignoranza dunque quella di Ag.
se gli permette di toccare vette metafisiche tanto alte quali sono, per ammissione di
tutti, quelle che ha raggiunto nel libro secondo dei Soliloqui. Si aggiunga poi che in
un’altra lettera, scritta da Cassiciaco su per giù nello stesso tempo, scrive: « qualche
volta dopo aver invocato il nome di Dio e dopo aver cominciato a salire verso di Lui
e verso le cose verissimamente vere (verissime vera) mi sento riempire di una tale
convinzione delle cose eterne da meravigliarmi che ci sia bisogno d’un ragionamento per
credere alla loro esistenza, mentre esse ci sono tanto presenti quanto ognuno è pre-
L sente a se stesso » (Ep. 4, 2). Una stoltezza, quella di Ag., moltorelativa, come si vede.
Retract. 1, 1, 1: ...contra Academicos vel De Academicos primum scripsi, ut argu-
mento eorum... ab animo meo, quia et me movebant, quantis possem rationibus
amoverem.
5 Contra Acad. 3, 20, 43.
55 Ep. 1; 3: ..non tam me delectat quod, ut scribis Academicos vicerim... quam quod
abruperim odiosissimum retinaculum, quo ab philosophiae ubere desperatione veri,
quod ut animi pabulum, refrenabar.
XXXVI ” INTRODUZIONE

Le Confessioni ci dicono che a un certo momento, a Milano, i punti fermi


dell'atteggiamento intellettuale di Agostino erano questi: esistenza di Dio, immu-
tabilità divina, Provvidenza e giudizio, fede in Cristo, adesione all'autorità della
Chiesa. E tutto questo prima della lettura dei neoplatonici.
Occorre insistere su questo punto. Non si tratta solo dell'adesione a Cristo
(che del resto non era mai venuta meno) e alle Scritture, ma all'autorità della
Chiesa. Agostino lo ripete esplicitamente due volte e in modo inequivocabile.
« Rimaneva tuttavia saldamente radicata nel mio cuore la fede nella Chiesa Cat-
tolica del Cristo tuo, Signore e Salvatore nostro. Certo una fede ancora rozza
in molti punti e fluttuante oltre il limite della giusta dottrina; però il mio spi-
rito non l’abbandonava, anzi se ne imbeveva ogni giorno più». « Non permet-
tevi però che le burrasche del pensiero mi strappassero mai alla fede. Credevo
alla tua esistenza, all'immutabilità della tua sostanza, al tuo governo sugli uomi
ni, alla tua giustizia; che in Cristo, tuo figlio, Signore nostro, nonché nelle Sacre
Scritture garantite dall'autorità della tua Chiesa cattolica fu da te riposta per
l'umanità la via della salvezza »5. Non sembra che gli autori che collocano la
conversione di Agostino dopo la lettura dei neoplatonici vi abbiano posto mente
abbastanza. Agostino ha riconosciuto l'autorità delle Scritture e della Chiesa
prima d'incontrarsi con quei filosofi. Se dobbiamo credere alle sue parole non
possiamo dubitarne.
D'altra parte — e questo è il secondo termine della questione —. dopo la
lettura di quei filosofi Agostino confessa di non sapere ancora in che cosa consi-
stesse il mistero dell’Incarnazione. « Per me Cristo mio Signore non era che
un uomo straordinariamente sapienie e senza pari. Soprattutto la sua nascita
miracolosa da una vergine, ov’'è indicato il disprezzo dei beni temporali come
condizione per ottenere l'immortalità, mi sembrava avesse guadagnato al suo magi-
stero, grazie alla sollecitudine di Dio verso di noi, un'autorità grandissima. Ma
il mistero racchiuso in quelle parole: Il Verbo fatto carne, non potevo nemmeno
sospettarlo » 33.
Può considerarsi cattolico chi non conosce la divinità di Cristo? Questa è la
domanda che pongono gli autori di cui sopra. La loro risposta, evidentemente, è
negativa.
Ma perché sia valida occorre dimostrare che Agostino avesse consapevolezza
di trovarsi in contrasto con l'insegnamento della Chiesa, cioè che si trattasse di
un rifiuto della divinità di Cristo e non di una semplice ignoranza. Ora, è proprio
questo che non è stato dimostrato.
Il Courcelle sostiene che l'atteggiamento di Agostino fosse consapevole e che
dipendesse dalla lettura della Filosofia, degli oracoli di Porfirio. Si appella al
De consensu Evangelistarum, scritto su per gi nello stesso tempo delle Confes-
sioni, nel quale il vescovo d'Ippona polemizza contro quei filosofi pagani che ricu-
savano di accettare Cristo come Dio, ma lo stimavano «un uomo di eccelsa
sapienza », basandosi sul responso degli oracoli ricordato appunto da Porfirio ©.
Ma le Confessioni danno torto a questo modo di esporre i fatti. Le Confes-

56 Confess. 71, 5, 7.
8 Confess. 1,7, 11.
58 Confess. 7, 19, 25.
59 De consensu Evang. 1, 7, 11 - 15, 23; cf. De civ. Dei 19, 23 dove viene citata a questo
proposito La filosofia degli oracoli di Porfirio.
60 P. CourcELLE, Les Confessions, pp. 33-42
INTRODUZIONE XXXVII

sioni dicono che Agostino non poteva nemmeno sospettare il significato miste-
rioso delle parole dell’evangelista. Non era consapevole dunque del suo errore.
Non sapeva veramente, in quel momento, quale fosse la dottrina della Chiesa.
Non si tratta dunque di rifiuto, ma d’ignoranza 4. Se si fosse trattato di rifiuto, Ago-
stino non avrebbe mancato di accusarsene, egli che si è accusato di tanti errori e di
tanti peccati molto pir piccoli; in ogni caso avrebbe usato espressioni diverse per
ricordare quel suo atteggiamento.
Questi dunque i termini della controversia, nella quale i sostenitori delle op-
poste soluzioni non fanno che ripetere i propri argomenti. Forse si troverebbe
più facilmente un accordo se s’insistesse maggiormente non sul concetto teologico
della fede, ma sull’aspetto psicologico della conversione alla fede ®, che in genere
è un processo lungo, complesso, faticoso. Il più delle volte infatti si matura sotto
la convergenza di cause diverse, nessuna delle quali, da sola, sarebbe stata suffi-
ciente a determinarla. Cosi in realtà per Agostino. La sua conversione fu il risul-
tato della vittoria contro tre errori che lo tenevano tenacemente avvinto: il .razio-
nalismo, il materialismo e il naturalismo.
Il primo di essi era stato la causa principale, se non unica, dell'abbandono
della fede cattolica. In seguito, caduta l'illusione manichea e passata la pericolosa
tentazione dello scetticismo, il dilemma di fondo — scienza o fede — rinacque pit
vivo e più imperioso. Ma questa volta fu risolto a favore della fede. Con ciò la
posizione di partenza veniva capovolta.
Superando il razionalismo, Agostino accettava la via auctoritatis, che a 19
anni, in nome della scienza, aveva rifiutato. Ce lo assicurano le Confessioni, il De
beata vita, il De utilitate credendi8. Questo fatto è molto importante. Esso ci
consente di costatare fino a qual punto alcuni critici si siano allontanati dal
vero nella valutazione degli avvenimenti. Il primato della fede sulla ragione, che
Agostino avrebbe accettato molto tempo dopo il battesimo, fu accettato in realtà
molto prima: fu la vittoria contro il primo dei suoi errori — il razionalismo —
che gli aveva procurato tanti mali. L’argomentazione di chi sostiene che Agostino
aderi alla via auctoritatis prima che leggesse i platonici è, a questo proposito,
ineccepibile.
Ma si può dire con ciò che sia tornato alla fede di sua madre? Si può
parlare ormai di conversione in senso proprio? Crediamo che sia più esatto parlare
di primo passo verso la conversione; un passo decisivo, ma solo il primo. In
realtà Agostino non doveva sciogliere soltanto il problema impostogli dal dilemma:
scienza o fede; ma molti altri, alcuni dei quali toccavano il fondo delle relazioni
con Dio, i tessuti stessi della vita. Per esempio, il problema del materialismo,

61 In ogni modoil fatto esige una spiegazione, tanto più che si aggiunge a quello, non
meno strano, dell'amico Alipio, il quale pensava, in questo stesso tempo, che i Cat-
tolici credessero del Cristo ciò che in realtà erano i non cattolici, gli apollinaristi, a
credere (cf. Conf. 7, 19, 25). Come mai, ci si chiede, Alipio poté attribuire alla Chiesa
cattolica l’apollinarismo? E come poté il suo grande amico farsi un'idea del Cristo
che era quella di Fotino? I due interrogativi sollecitano una risposta. Forse bisognerà
ricorrere al manicheismo, di cui i due amici erano stati vittime: il manicheismo, ben-
ché superato come indirizzo religioso, avrebbe continuato ancora, indirettamente, a
confondere le idee. Si sa infatti che i manichei davano dell’Incarnazione una inter-
pretazione docetista, che Ag. aveva accettato (Confess. 5, 10, 20): reagendo a questa
interpretazione (Confess. 7, 19, 25) può aver perduto di vista l'insegnamento catto-
lico appreso da sua madre (Confess. 1, 11, 17).
6 Cosi anche il SoLIGNAC, op, cit.
6 Confess. 7, 7, 11; De beata vita 4; De utilitate credendi 8, 20.
XXXVIII INTRODUZIONE

sentito ormai come un tormento, come un incubo, perché congiunto ad un altro


terribile ed angoscioso: il problema del male. « Cercavo l'origine del male, ma
non trovavo la maniera di venirne a capo » *.
Non mi pare, questo, uno stato d'animo di chi sappia, come sa il convertito,
d'aver sciolto ormai, sia pure in teoria, i problemi essenziali della vita.
Questi problemi Agostino non li aveva sciolti ancora. Quale fosse la solu-
zione cattolica del problema del male non lo sapeva. Aveva inteso, è vero, dai
discorsi di Ambrogio e dalle conversazioni di Manlio Teodoro che quando si pensa
a Dio e all'anima non bisogna pensere a qualcosa di corporeo; ma questo, se lo aveva
aiutato a scoprire l'inganno dei Manichei e quindi ad accettare l'autorità della
Chiesa, non l'aveva aiutato a superare intellettualmente il materialismo. Per
quanti sforzi facesse, non gli riusciva di pensare a ciò che non fosse corporeo. Il
problema del male gli restava perciò inestricabile ©.
Non si può, non si deve dimenticare che la conversione di Agostino fu la
conversione di un grande pensatore. Ora un pensatore non entra nel porto della
fede, anche se ha trovato la rotta sicura per arrivarci, finché problemi speculativi
tanto gravi, dai quali dipende e la vera nozione di Dio e l'origine delle cose, bus-
sano alla sua mente. Deve risolverli. In caso contrario non farà un passo avanti.
Agostinoli risolvette infatti, ma con l'aiuto dei neoplatonici, la cui lettura suscitò nel
suo animo tanto entusiasmo da indurlo a pensare di poter giungere ormai alla meta.
Ne ebbe una delusione. Il naturalismo gli sbarrò la strada.
Risolti, con l’aiuto dei filosofi, i problemi di ordine metafisico, un altro se
ne presentò imperiosamente allo spirito. Era un problema di ordine prevalente-
mente teologico, al quale fino a quel momento non aveva pensato abbastanza: il
problema della mediazione e delia grazia.
I neoplatonici non avevano soluzioni da offrire o ne avevano di apertamente
false. Agostino era cristiano e non accettava soluzioni che prescindessero da Cri.
sto. Si volse allora a S. Paolo, e trovò la soluzione che cercava nella dottrina pao-
lina della Redenzione. Aveva aderito a Cristo come a Maestro di verità, ora ade-
riva a Lui come al Mediatore tra Dio e gli uomini. Dopo la via auctoritatis,
la via humilitatis.
Con ciò il lungo cammino di ritorno era, sul piano speculativo, terminato.
Gli errori, uno dopo l’altro, erano stati vinti; i grandi problemi risolti: quello me-
todologico, quello metafisico, quello teologico. Ormai non solo il motivo della
fede, ma anche il suo contenuto essenziale erano chiari. L'intelligenza, sempre insod-
disfatta e sempre inquieta, aveva raggiunto, finalmente, quello stato di tranquil.
lità e di sicurezza che è proprio di chi sa qual è la meta da conseguire e quale
la via da percorrere. Agostino aveva ritrovato, in seno alla Chiesa cattolica, il
cristianesimo autentico, abbandonato per orgoglio a 19 anni. In questo ritorno,
che era ormai un'adesione cosciente e ragionata alla religione della fanciullezza,
i filosofi neoplatonici esercitarono una reale influenza; ma solo in quanto lo aiuta
rono a vincere il materialismo e quindi a capire alcuni insegnamenti profondi del
cristianesimo. Nella vittoria contro gli altri errori non ebbero posto o furono
d'ostacolo. Infatti, il razionalismo fu vinto senza di loro, il naturalismo contro
di loro.

64 Confess. 7, 7,11.
6 S.B. FeMIANO, Riflessioni critiche sulla conversione di S. Ag., Napoli 1951, pp. 55-62.
INTRODUZIONE

7. La scena del giardino

La soluzione dei problemi teoretici 0, in altre parole, la conversione alla fede,


fece rinascere nell'animo di Agostino un problema antico: la rinuncia ad ogni spe-
ranza terrena, compresa la rinuncia al matrimonio, e la consacrazione totale
alla sapienza.
Questa rinuncia, particolarmente la rinuncia al matrimonio, costitui un dram-
ma profondo e lacerante. L'epilogo di questo dramma è la scena del giardino
narrata nel libro VIII delle Confessioni. La potenza di sintesi, la ricchezza di
particolari, la concitazione e la brevità delle espressioni ne fanno un brano di
letteratura singolarmente bello ed efficace. Intorno ad esso, in particolare, è stata
posta la questione della storicità. °
Eccone i termini: si tratta solo di colorazione artistica d'una esperienza dram-
matica interiore oppure d'un fatto realmente vissuto? In altre parole: il giardino,
la. pianta del fico, le lacrime, la voce che ripeteva cantando: Tolle, lege; tolle, lege,
la lettura del testo di S. Paolo, il subitaneo cambiamento di Agostino sono
circostanze storiche o risorse letterarie?
L'opinione tradizionale non aveva dubbi sulla validità della prima soluzione.
In questi ultimi tempi invece si è tentato di accreditare la seconda. Lo studio si-
stematico in proposito, ampio insieme e minuzioso, lo ha fatto il Courcelle %,
Egli ha visto nella scena del giardino un duplicato di quella di Treviri narrata
da Ponticiano ed ha concluso a favore dell'invenzione letteraria, accumulando, a
sostegno della sua tesi, numerose referenze bibliche, pagane e agostiniane. La
pianta di fico avrebbe un valore simbolico, la voce di fanciullo o fanciulla un
carattere celeste (il Courcelle alla lezione de vicina domo preferisce quella de
divina domo rapppresentata dal solo codice Sessoriano), l'apertura delle lettere
di S. Paolo un significato allusivo alle « sorti » tratte dalla Bibbia.
Gli studiosi in genere non hanno ritenuto valide queste referenze e non
hanno accettato, su questo punto, le conclusioni del Courcelle®î. A buon diritto,
crediamo. Vi si oppongono la sincerità e la serupolosità narrativa di Agostino
particolarmente evidenti nelle pagine in discussione ®. In esse, poi, se vi sono parti
che vannoattribuite senza dubbio alle risorse della retorica, come la prosopopea
della «continenza» e della « vanità », ve ne sono altre che mostrano per chiari
segni la realtà dei fatti vissuti. Tanto più che non è solo a vivere quei dramma-
tici momenti. V'è a suo fianco l’amico del cuore, Alipio, allora spettatore discreto e
compartecipe di quanto avveniva; dopo, per tanti anni, teste sicuro di quanto era
avvenuto. Si deve concludere che scrivendo quelle pagine Agostino non attingeva
alla fantasia, ma alla memoria, Particolarmente espressive ed efficaci, come un
bollettino di vittoria, le parole che concludono il dramma sofferto e risolto: Inde
ad matrem ingredimur: indicamus; gaudet: narramus quemadmodum gestum sit;
exultat et triumphat; et benedicebat tibi, qui potens es ultra quam petimus
‘aut intellegimus facere...

6 P. CourcELLE, Recherches..., pp. 175-202. L'autore è tornato più volte sull'argomento;


cf. Les Confessions... pp. 137-197, e la copiosa bibliografia ivi riportata (p. 693 s.).
67 Cf. F. BoLcranI, La conversione di S. Ag. e l'VIII libro delle Confessioni, Torino 1956,
che è il migliore studio sull'argomento (cf. nota 10).
68 Dixi nescio quae talia (Confess. 8, 9, 19); Non quidem his verbis, sed in hac sententia
multa dixi (Confess. 8, 12, 28); Quasi pueri an puellae nescio (Confess. 8, 12, 29);
Tunc interiecto aut digito aut nescio quo alio signo (Confess. 8, 12, 30).
INTRODUZIONE

Si tratta dunque d'un miracolo? Non necessariamente. Anche se per noi non è
facile trovare precedenti o spiegazioni al Tolle, lege si può pensare, senza togliere
nulla al valore del fatto, ad un episodio di vita ordinaria di cui s'è servita la
Provvidenza per compiere un’opera mirabile; un'opera che non si commisura a
quell'episodio, ma alla grazia divina che se n'è servita.
CAPITOLO IV

AUTOBIOGRAFIA: CONTENUTO

I dati biografici che ci offrono le Confessioni si possono distinguere in due


categorie: quelli riguardanti la vita esteriore e quelli che toccano l'evoluzione
spirituale.
Il lettore troverà i primi nel copioso indice analitico alla voce Agostino. Degli
altri gli daremo qui una breve informazione, distinguendo, per amor di chia-
rezza, tra evoluzione intellettuale ed evoluzione morale.

I. EVOLUZIONE INTELLETTUALE

La deviazione e la conversione di Agostino sono fatti che devono essere esami-


nati, prima di tutto, sotto il profilo del pensiero, Agostino non fu un pensatore
freddo, un intellettuale puro; anzi, come vedremo, cercò la verità con tutta l’anima
e non sofferse un divario tra il pensare e l'amare; ma la sua deviazione dalla
fede cattolica e il lungo, tortuoso ritorno sono segnati dall'orma d'un pensiero
profondo, esigente, irrequieto, che occorre scoprire. Le Confessioni ci permet-
tono di farlo.

1. Educazione cristiana

Il punto di partenza è l'educazione cristiana: non comprende nulla dell'evolu-


zione interiore di Agostino chi non parta da questo punto. Fu educato cristianamente
da sua madre e restò sempre, in fondo all’animo, cristiano. Nacque in una famiglia
dove tutti, eccetto suo padre, credevano in Cristo. Fu iscritto tra i catecumeni
appena nato; da fanciullo senti parlare « della vita eterna che ci fu promessa
mediante l'umiltà del Signore Dio nostro, sceso fino alla nostra superbia »; giova-
netto ancora, ridottosi in fin di vita per un’occlusione intestinale, chiese insisten-
temente il battesimo!. Coadiuvarono l'azione materna la comunità ecclesiale e la

1 Confess. 1, 11, 17. Riavutosi rapidamente dalla malattia, il battesimo fu differito.


XLII INTRODUZIONE

scuola. A scuola, almeno a Tagaste, trovò maestri cristiani, uomini che pregavano.
Anche da essi imparò, per. il poco che poteva intendere, che Dio è un essere
grande, capace di ascoltarci e di aiutarci. Imparò altresi a snodare la lingua nella
preghiera, pregando, piccolo ma non con piccolo affetto, di non buscarle dai peda-
goghi?. La chiesa di Tagaste, poi, era una comunità cristiana tornata da tempo
all'unità cattolica, priva perciò della triste lacerazione donatista; una comunità
viva, fervente, operosa.
Ricordando l'educazione ricevuta, Agostino dirà di aver bevuto il nome del
Salvatore col latte materno e di conservarlo profondamente impresso nel cuore,
al punto che « qualsiasi opera che non avesse questo nome, fosse pure dotta e
forbita e veritiera, non lo conquistava totalmente » 3. Al momento della conver-
sione confesserà di essere tornato «a quella religione che mi era stata istillata
da bambino e fatta entrare fin nelle midolla»4. In realtà, per effetto dell’educa-
zione cristiana, Agostino conservò sempre la fede nella Provvidenza, la certezza
della vita futura, il timore dei giudizi divini*, l'amore e la fiducia nel nome di
Gesu, ì

2. Nascita alla filosofia

Come da fanciullo era nato alla fede cristiana, cosi a 19 anni nacque alla filo-
sofia. Fino a quel momento, tutto occupato nelle speranze terrene della carriera,
delle ricchezze, dei piaceri, non aveva sentito ancora il richiamo dei grandi ideali
dello spirito. Pur sinceramente credente, era rinchiuso e come immersonella
visione dell’al di quà.
Fu l'Ortensio di Cicerone a ridestarlo. Quel libro, ora perduto, conteneva,
sulla linea del Protrettico di Aristotile, pur esso perduto?, una calda esortazione
alla filosofia: ne descriveva la necessità, la dignità, l'efficacia, la storia. Solo la
sapienza è degna di essere amata sopra tutte le ricchezze, le voluttà, i beni tem-
porali. Riprendeva il tema platonico della beatitudine, descrivendone le condi-
zioni e indicandone l'oggetto. Condizione essenziale è l'amore di ciò che si deve
amare, perché amare ciò che non conviene è già per se stesso una grande miseria;
oggetto sono i beni immortali. Per essere beati occorre dunque « amare, cercare,
conseguire, possedere, abbracciare fortemente la sapienza» che sola è immortale.
La filosofia è una preparazione al ritorno dell'anima alla vita celeste. «Se le
anime che abbiamo, secondo gli antichi, sommi e celebratissimi filosofi, ‘sono
eterne e divine, dobbiamo concludere che quanto più lasciamo ad esse libera-

2 Confess. 1, 9, 14.
3 Confess. 3, 4, 8.
4 Contra Acad. 2, 1, 5.
5 Confess. 6, 5, 8.
6 Confess. 6, 12, 26.
T Confess. 5, 14, 25.
8 Cf. i frammenti rimastici, tramandatici in gran parte da Ag. in CicERONE, Opera, p. IV,
vol. 3°, pp. 312-327, ed. C.F.W. MtiLLER, Bibliotheca Teubneriana, 1830; M. BucH, L’Or-
tensius de Cicéron. Histoire et recostitution, in « Les Belles Lettres », Paris 1958.
9 Cf. W.D. Ross, Aristotelis fragmenta selecta, London 1958.
INTRODUZIONE XLIII

mente spiegare l’attività loro propria, cioè quella di ragionare e di ricercare il


sapere, e quanto ineno sono implicate nei vizi e negli errori dell'umanità, tanto
più facilmente potranno ascendere e tornare al Cielo » 10.
Questo libro fece profonda impressione nell'animo di Agostino: non si fermò
alla lingua, che era il motivo per cui veniva letto a scuola, ma ne penetrò il conte-
nuto, e ne restò sconvolto. Improvvisamente si scolorirono al suo sguardo le
speranze terrene, incominciò ad umare e a cercare con incredibile ardore la
sapienza!!, e decise, appena l'avesse trovata, di « abbandonare tutte le vuote spe-
ranze e le mendaci follie delle vane passioni » 2. Difatti quando, dopo quattordici
anni di faticosa ricerca, poté dire di averla trovata e senti il bisogno di trarne la
conclusione, prendendo la decisione più importante e più impegnativa della sua
vita, ricorderà la lettura dell'Ortensio!3, e quando, a Cassiciaco, prima del bat-
tesimo, si esaminerà sull'amore delle cose sensibili, confesserà di aver imparato a
non amare pit le ricchezze dal momento che lesse quell’opera!4.

3. Atteggiamento razionalista

Nato alla filosofia, che aveva per lui, come per Cicerone, un profondo signifi-
cato religioso, e sentendosi in cuore un grande amore per la sapienza, Agostino si
diede a cercarla con tutta la passione dell'anima, La cercò, prima di tutto, nella
Scrittura. L'Ortensio lo aveva entusiasmato, ma non lo aveva conquistato del
tutto, perché privo del nome di Cristo !5. Prese allora la decisione di appplicarsi
«allo studio della sacra Scrittura »!9.
La via era giusta, suggerita ad Agostino dall’educazione cristiana. Ma le con-
dizioni necessarie per percorrerla con frutto non c'erano. Insieme con l’amore
per la sapienza aveva assorbito dall’Ortensio il germe del razionalismo. Risveglia-
tosi in lui, con il progresso degli studi e col desiderio di diventare un uomo
sapiente, lo spirito critico, s'era presentato ed imposto alla mente il problema
delle relazioni tra la fede e la ragione. S'era presentato ed imposto in modo sba-
gliato. Non com'è in realtà: fede e ragione, ma come non è e non dev'essere: fede
o ragione. Posto il problema in termini dilemmatici, era facile cadere nell'errore
di scegliere il secondo termine. Cosi fece Agostino. Ma anche se avesse scelto il
primo, avrebbe sbagliato ugualmente (benché, in quel momento, in maniera meno
grave), perché l'errore di fondo sta nel dilemma stesso. Agostino, dicevo, scelse
il secondo termine. Non poteva essere diversamente. Leggendo Cicerone s'era scrol-
lato di dosso la superstitio puerilis (un timore puerile e vano) che l'induceva a
pensare di offendere la fede per il fatto di cercare la verità e s'era convinto — e
questo costituisce tutto il sugo del razionalismo — di dover farsi discepolo non di
chi gli chiedeva di credere, ma di chi gl'insegnava la scienza: mihique persuasi
docentibus potius quam iubentibus esse credendum!7.

10 MiLLER, fragm. 97, p. 325; cit. da Ag. nel De Trin. 14, 19, 26.
11 Confess. 3, 4, 7; De beata vita 1, 4.
12 Confess. 6, 11, 18.
13 Confess. 8, 7, 17-18.
14 Solil. 1, 10, 17.
15 Confess.
16 Confess. 3, 5, 9.
I7 De beata vita 1, 4.
XLIV INTRODUZIONE

Con queste disposizioni portò nella lettura della Sacra Scrittura non « la pietà
di chi cerca », ma « l’acume di chi vuol discutere » 18, e ne restò deluso. Le Confes-
sioni non ci dicono se lesse tutta la Scrittura o una parte e quale, né in concreto
quali punti di essa gli furono pietra d'inciampo. Su questo punto le Confessioni
sono molto sommarie. Ci dicono solo che lo urtarono fortemente sia la sostanza,
«velata di misteri»; sia la forma, « indegna d'essere paragonata alla maestà tul-
liana » 9, delle Scritture. La seconda difficoltà era veramente leggera e superfi-
ciale, e avrebbe dovuto superarla. Per la prima poteva chiedere spiegazioni a chi
ne sapeva pidi lui. Ma il giovane Agostino non fece né questo né quello. Al con-
trario fece una terza cosa che non avrebbe dovuto far mai: mise da parte le
Scritture com'erano lette nella Chiesa cattolica e cercò altrove.

4. Adesione ai Manichei

Con in cuore la brama di trovare la sapienza e la delusione di non averla


trovata, secondo la sua opinione, nelle Scritture, s'imbatté nei Manichei; li ascoltò,
li trovò convincenti, ne accettò la religione. Tutto in pochissimi giorni.
Oggi, dopo le molte scoperte e i molti studi, siamo bene informati sulla dot-
trina e sulla storia del manicheismo, che qui non occorre riferire. Qui interessa
mettere in rilievo le ragioni per le quali una mente acuta come Agostino aderi
tanto rapidamente a una strana setta che, nata in Oriente, si diffondeva rapida-
mente in Occidente con l’impeto ed i metodi di una società segreta, temuta ed
osteggiata da tutti. Queste ragioni si possono riassumere cosi: il culto della verità,
l'esclusione della fede, il cristianesimo « spirituale », la facile soluzione del pro-
blema del male, l’'abile propaganda anticattolica, la calda familiarità che regnava
tra gli adepti, la salda organizzazione ecclesiale, l'esempio di vita austera, la pre-
tesa di completezza e di universalità.
Infatti:
a) il manicheismo era un sistema gnostico che proclamava altamente di
condurre gli adepti alla conoscenza della verità autentica e senza veli, alla gnosi,
considerata la suprema perfezione dell'uomo. « Dicevano: verità, verità, e ne par-
lavano molto », ricorda Agostino, al quale questo discorso, dopo la lettura del-
l'’Ortensio, era sommamente gradito. Si riferisce a quel tempo la celebre esclama-
zione delle Confessioni: « O Verità, Verità, come già allora dalle intime fibre del
mio cuore sospiravo verso di te, mentre quella gente mi stordiva spesso e in
vario modo con il solo suono del tuo nome e la moltitudine dei suoi pesanti
volumi » 2;
b) i Manichei escludevano perentoriamente la «terribile » autorità della
fede e insistevano nel promettere di condurre tutti alla verità con le sole forze

18Serm. 51, 5, 6.
19Confess. 3, 5, 9.
20De duabus animabus 1, 1.
21Cf. gli studi di H. Ch. PUECH, particolarmente Le Manichéisme. Son Fondateur, sa
Doctrine, Paris 1949 (studio d'insieme con copiosa bibliografia); di J. RIESs, p. e, Intro-
duction aux études manichéennes. Quatre siècles de recherches, in Eph. Théol. Lov.,
33 (1957), pp. 453-482; e di F. DEcRET, Aspects du manichéisme dans l’Afrique romaine,
Paris 1970
2 Confess. 3, 6, 10.
INTRODUZIONE XLV

della ragione: Agostino, che ormai aveva assorbito il germe del razionalismo, non
poteva non ascoltare volentieri simili ragionamenti 3;
RI

c) si proclamavano, poi, autentici cristiani, anzi protestavano di seguire un


cristianesimo «spirituale », liberato dalle ‘igrossolanità del Vecchio Testamento,
che respingevano. La lettera del fondatore, che conteneva il «catechismo » della
loro dottrina e che veniva letta a tutti gli iniziati, cominciava appunto cost: « Mani-
cheo, apostolo di Gest Cristo »: questo linguaggio fece credere ad Agostino che,
abbandonando la Chiesa cattolica, non si sarebbe allontanato, com'era suo fermo
proposito, da Gesù Cristo 5;
d) la soluzione del problema del male costituiva il cardine dell’insegna-
mento manicheo; una soluzione dualista che ammetteva due Principi eterni ed op-
posti*. Agostino, che già sentiva acutamente questo problema, trovò nella solu-
zione manichea una risposta facile e comoda dell’angosciosa, insistente domanda:
qual'è l'origine del male??? La risposta era metafisicamente assurda; ma di questo
allora non si accorse;
e) la propaganda manichea era abilissima: più che spiegare la verità della
propria dottrina, si soffermava nel dimostrare la falsità di quella altrui, partico-
larmente di quella cattolica che accusava di fideismo, di grossolano antropomor-
fismo e d'immoralità, perché richiedeva ai propri seguaci la fede ed ammetteva
il Vecchio Testamento, dove si legge che l'uomo fu creato ad immagine di Dio —
Dio perciò avrebbe un corpo come quello dell'uomo — e dove si leggono tante sto-
rie brutali sulla vita dei patriarchi. L'effetto di questa propaganda fu che Agostino
divenne un anticattolico convinto 8, anche se, come vedremo, fu un manicheo di
second’ordine e con riserve;
f) la chiesa manichea s'era data una forte organizzazione ecclesiale. I seguaci
erano divisi in due categorie: uditori — una specie di catecumeni — ed eletti,
che costituivano i Manichei perfetti. Tra essi si sceglieva un capo, che si attor-
niava di dodici maestri — come Gest era stato attorniato da dodici Apostoli — i
quali ordinavano settantadue vescovi, e questi ordinavano preti e diaconi. Gli eletti
«offrivano — così sembrò allora ad Agostino — l'immagine di una vita casta e
di una continenza memorabile » 2, Tutti si sentivano una grande famiglia, cele-
bravano riunioni e feste, dove la solidarietà ‘era la nota dominante, recitavano
lunghe preghiere, si sentivano portatori di un messaggio di luce destinato a tutto
il mondo.
Entrato in mezzo a loro, Agostino ne fu subito conquistato. Non ne accettò la
dottrina acriticamente, ma ebbe fiducia che gli avrebbero svelato un giorno la
verità che intanto coprivano con l'involucro di tante parole®. Per questa fiducia
s’iscrisse tra gli uditori3!, divenne un focoso propagandista della setta®, ne osservò

23 De utilitate credendi 1, 2.
2 Contra epistolam Manichaei 5, 6.
2 Contra epistolam Manichaci 8, 9; Confess. 3, 6, 10.
% De haceresibus 46.
21 De libero arbitrio 1, 2, 4; Confess. 5, 10, 18.
28 Confess. 5, 10, 19. 13, 23; De utilitate credendi 1, 2.
29 De moribus Eccl. cath. 1,1, 2.
30 De beata vita 4.
31 Confess. 8, 7, 17. 5
3 Confess. 3, 12, 21; 4, 4, 7; 6, 7, 12; De utilitate credendi 1, 2; De duabus animabus 9;
Contra epistolam Manichaei 3.
XLVI INTRODUZIONE

i precetti; ma per la mancata certezza circa la verità della loro dottrina non sali
mai nel grado degli eletti, né abbandonò, come quelli facevano (almeno apparente-
mente), «ogni speranza e ogni interesse terreno » 34.

5. Materialismo

Aderendo, sia pur con riserva, alla chiesa manichea, Agostino ne accoglieva
il substrato metafisico che faceva da sostegno alla dottrina religiosa: il materia-
lismo, il dualismo, il panteismo. Non v'è dubbio che accettò questi errori. Il mate-
rialismo gli sembrò l’unico modo di concepire la realtà. « Mi sembrava che non
fosse qualcosa ciò che non fosse una massa corporea » 8. Questa concezione mate-
rialistica fu la camicia di Nesso del suo pensiero fino a quando non se ne liberò
con la lettura dei ncoplatonici. Fu essa, tra l’altro, che gl'impedi di accettare l’In-
carnazione vera e reale del Figlio di Dio « per non essere costretto a crederlo
inquinato dalla carne » %. Segui perciò anche in questo i Manichei, ammettendo
solo un'Incarnazione apparente (docetismo). Il dualismo, data la concezione che
s'era formato circa la natura del male, gli apparve l’unica soluzione del problema.
La questione sull'origine del male « mi tormentò molto nella mia adolescenza e
mi spinse e gettò in braccio, stanco di cercarne una soluzione, agli eretici » 37,
E come poteva essere diversamente se concepiva il male come una sostanza? Era
un motivo di pietà verso Dio il credere che Dio non avesse creato il male, ma
che questo fosse stato creato da un principio a Lui contrario ®. i
Nel panteismo poi vide un duplice grande vantaggio: l’espressione pialta
della dignità umana, in quanto l’anima sarebbe una particella di Dio, e la libe-
razione dall'amara coscienza della colpa, in quanto il male che noi facciamo non
siamo noi a farlo, ma il principio cattivo che è in noi.

6. Deluso del manicheismo

Non avendo aderito ai Manichei acriticamente, Agostino, senza perdere intanto


la fiducia nella sètta e l'entusiasmo del propagandista, ne sottopose la dottrina
all'esame più severo. Le difficoltà che si presentarono al suo pensiero furono di
ordine scientifico, scritturistico e metafisico. Immersosi nello studio delle arti
liberali, di cui daremo un ragguaglio altrove, avverti la diversità tra l’insegna-
mento di Mani e quello dei filosofi; e gli parve piu probabile questo che quello ®.
Su di un punto, poi, il contrasto gli apparve insanabile: un punto che non riguar-
dava la religione, ma del quale il fondatore del manicheismo aveva parlato con

33 Confess. 4, 1, 1.
3 De utilitate credendi 1, 2.
35 Confess. 5, 10, 19.
3% Confess. 5, 10, 20.
31 De libero arbitrio 1, 2, 4.
38 Confess. 5,10, 20.
39 Confess. 4, 15, 26; 4, 16, 31.
4 Confess. 5, 10, 18.
4 p. LXIV.
4 Confess. 5, 3, 3.
INTRODUZIONE XLVII

la stessa autorità e con la stessa sicurezza delle materie propriamente religiose:


eso

l'astronomia. Un errore anche in questa materia deponeva contro la sua pretesa


di essere la persona stessa dello Spirito Santo venuto per rivelare agli uomini
pienamente e autenticamente la verità8, Ma Agostino aveva allora tanta stima
della fama di santità di Mani che era disposto ad attendere per vedere se i
——

fenomeni celesti — solstizi, equinozi, eclissi, ecc. — spiegati dagli astronomi, non
si potessero spiegare anche secondo il suo insegnamento *. E attese di fatto.
Attese che venisse a Cartagine Fausto di Milevi, vescovo manicheo, uomo circon-
dato da una fama straordinaria di oratore e di dotto.
Sul piano ‘scritturistico un tal Elpidio, discutendo a Cartagine contro i Mani.
chei, dimostrava con forti argomenti la concordanza tra il Nuovo ed il Vecchio
Testamento. Agostino lo ascoltò; ascoltò poi la risposta dei suoi correligionari che
gli sembrò molto debole. Dicevano infatti — in tutta segretezza — che il Nuovo
Testamento era stato interpolato; ma non confortavano questa affermazione con
alcun argomento. Questa risposta che non rispondeva fu un altro colpo alla
fermezza della sua fede manichea.
Un terzo, e il piu forte, glielo diede l’amico Nebridio. Questi ripeteva, mentre
erano insieme a Cartagine, che la nozione di Dio proposta dai Manichei era contrad-
dittoria. Infatti il Principio del bene, come lo concepivano i Manichei o era corrut-
tibile, e allora non era Dio, o era incorruttibile, e allora non si capiva perché
dovesse combattere contro il Principio del male — la potenza delle tenebre —
per liberare la parte di sé che s'era impigliata in quelle *,
Con questo cumulo di difficoltà nell'animo, attese la venuta di Fausto. Fausto
arrivò a Cartagine nel 383. Agostino lo ascoltò, gli parlò, gli divenne amico; ma ne
restò profondamente deluso. Lo trovò una persona simpatica ed un oratore for.
bito, ma ignaro affatto delle arti liberali. Non poteva sciogliere perciò le difficoltà
che gli propose. Tanto è vero che ricusò di entrare in argomento, confessando
candidamente la sua ignoranza. Questo candore glielo rese simpatico; ma la man-
cata risposta lo allontanò interiormente dal manicheismo.
Quell’incontro segnò la fine delle speranze riposte nella setta. « Ogni tentativo
di far progressi in quella sètta, dopo che ebbi conosciuto quell'uomo, cadde del
tutto » 1. Non già che si staccasse esteriormente da essa, ma si propose di restarvi
fino a quando non gli balenasse un'altra credenza degna di essere seguita.
Intanto norxl'avrebbe più difesa con l'ardore di prima”,
Difatti quell’anno stesso, ingannando la madre — «e quella madre!» — si
recò a Roma spinto dalla noia che gli arrecavano i « sovvertitori » di Cartagine e
attratto dalla persuasione — fu questa «la causa principale e quasi sola» — di
trovare alunni più quieti. Fu ospite dei Manichei, che si mostrarono larghi di
aiuto nella grave malattia che lo colpi dopo il suo arrivo; partecipò alle loro assem-
blee, conobbe molti della sètta, uditori ed eletti. « Ero tuttavia del parere che non
siamo noi a peccare, ma un'altra natura, non so quale, che pecca in noi » 31.

4 Confess. 5, 3, 6 - 5, 8.
4 Confess. 5, 5, 9.
45 Confess. 5
4% Confess. 7, 2, 3.
4 Confess. % 7, 13.
4 Confess. 5, 7, 17
9 Confess. 5, 10, 19.
50 Confess. 5, 8, 14-15.
51 Confess. 5, 10, 18
XLVIII INTRODUZIONE

Questa familiarità con i Manichei romani, permettendogli di scoprire l’auten-


tica vita degli eletti e la riconosciuta impossibilità di osservare i precetti imposti
dal fondatore, diede il colpo di grazia alla sua adesione al manicheismo ®.

7. Scetticismo

Con il distacco dal manicheismo — distacco ormai completo, ma che diventerà


esterno solo a Milano— cominciò per Agostino un momento psicologico parti-
colarmente pericoloso, forse il più pericoloso di tutti.
La prima delusione la ebbe a 19 anni con la lettura della Bibbia. Ora, a 29,
gliene capitava un'altra più amara, pi sofferta, più umiliante. AI no alla Chiesa
cattolica, che restava sempre valido — Agostino non pensava affatto in quel
momento di poter tornare alla religione di sua madre — se ne aggiungeva un
secondo: il no al manicheismo. Eppure la brama di raggiungere la sapienza era
sempre viva, sempre incalzante. Su quale via dirigere ormai i propri passi? Un'al-
tra via c’era, ma ‘priva del nome di Cristo; e perciò, per Agostino, impratica-
bile: era la via della pura filosofia, Ai filosofi « mi rifiutavo assolutamente di affi-
dare la cura della mia anima ammalata, perché non incontravo nei loro scritti il
nome salutare di Cristo » 55,
Fu allora che pensò seriamente che l’unico modo di essere sapiente era quello
di non cercare la sapienza o, meglio, cercarla si, ma con la certezza di non tro-
varla mai. Era la soluzione degli Accademici, secondo l'opinione loro comune-
mente attribuita, che Agostino allora condivideva e che più tardi — a Cassiciaco,
dopo la conversione — tenterà di dimostrare inesatta *. Egli pensava ad Arcesilao
e a Carneade, fondatori rispettivamente dell’Accademia di mezzo e dell'Accademia
nuova, dei quali conosceva bene il pensiero attraverso gli Academica di Cicerone S.
Il dubbio scettico tenne lungamente occupato l'animo di Agostino. Comin-
ciò a Roma. « Mi era nata l’idea che: i più accorti di tutti i filosofi fossero stati
i cosi detti Accademici, in quanto avevano affermato che bisogna dubitare di ogni
cosa e avevano sentenziato che all'uomo la verità è totalmente inconoscibile » 59.
Continuò a Milano ®. Quando, nella primavera del 385, lo raggiunse sua madre,
lo trovò in gran pericolo, immerso nella disperazione di scoprire la\verità4.
Dubitava ormai di tutto ed era «convinto dell’impossibilità di trovare la via
della vita » @2.
La sua evoluzione interiore aveva toccato il fondo. Partito dal bruciante desi-
derio di trovare la sapienza senza la fede, era giunto alla conclusione che la sapien-
za non si potesse trovare: razionalismo, materialismo, scetticismo. Occorrerà rifare

52 De moribus Manichaeorum 2, 20, 74.


53 Confess. 5, 14, 25.
54 Confess. 5, 13, 23.
55 Confess. 5, 14, 25.
56 Contra Acad. 3, 17, 37 - 19, 41.
57 M. TESTARD, Sf. Aug. et Cicéron, I, Paris 1958.
58 De beata vita 4.
59 Confess. 5, 10, 19.
60 Confess. 5, 14, 25.
61 Confess. 6, 1, 1.
6 Confess. 6, 2, 2
INTRODUZIONE XLIX

all’'inverso il cammino percorso e disfare, uno dopo l'altro, tutti gli equivoci che lo
avevano determinato.

8. Cadono i pregiudizi contro la Chiesa cattolica

Il primo passo di Agostino sulla via del ritorno fu la scoperta che la dottrina
cattolica non era quella che i Manichei gli avevano descritta. Fece questa scoperta
ascoltando la predicazione di Ambrogio. Si sa che il grande vescovo esercitò
molta influenza nella conversione di Agostino non con i contatti personali, che
furono pochi e brevi®, ma con la predicazione, che questi, non appena arrivato
a Milano, segui ogni domenica, prima per pura curiosità estetica, poi per inte-
resse dell'argomento trattato *. Due furono i temi che ne richiamarono partico-
larmente l’attenzione: l’interpretazione spirituaie o allegorica della Scrittura
e l'insistenza su l'assoluta spiritualità di Dio e dell'anima. Il primo tema ren-
deva accettabili i passi piu incriminati del Vecchio Testamento, il secondo tagliava
alla radice il materialismo manicheo.
La scoperta si tramutò in vergogna quando senti che la creazione dell’uomo
a immagine di Dio insegnata dalla Genesi non significa affatto, come i Manichei
pretendevano che insegnasse la Chiesa cattolica, che Dio sia racchiuso in un
corpo umano. No. L'uomo, spiegava Ambrogio, è creato a immagine di Dio,
non secondo il corpo, ma secondo l’anima, che è spirituale. L'inganno subito era
grossolano. Da qui la vergogna. Ma la vergogna diventava gioia per il fatto « di
aver latrato per tanti anni non contro la fede cattolica, bensi contro fantasmi
creati da immaginazioni carnali » 91.
I pregiudizi contro la dottrina cattolica, seminati dalla propaganda manichea,
cadevano uno dopo l’altro. Ma non per questo Agostino pensò di tornare alla
religione dell'infanzia. Questa dottrina non gli appariva più vinta, è vero; ma
non gli appariva ancora vincitrice 8. La delusione manichea, giunta dopo molti
anni di cieca fiducia, lo aveva reso diffidente. Voleva essere certo di non sbagliare
ancora. Cercava perciò l'evidenza. « Decisi pertanto di rimanere come catecu-
meno nella Chiesa cattolica, raccomandatami dai miei genitori, in attesa che si
accendesse una luce di certezza, su cui dirigere i miei passi», cioè, come aveva
scritto qualche tempo prima in un'altra opera, « finché avessi trovato quello che
volevo o mi fossi persuaso di non doverlo cercare » 0.
La via verso lo scetticismo era sempre aperta, E l'avrebbe percorsa fino in
fondo se non si fosse accorto d'un errore di metodo.

6 Lo incontrò appena arrivato a Milano per una visita di cortesia (Confess. 5, 13, 23),
un’altra volta per sottoporgli la questione del digiuno postagli da sua madre (Epp. 34,
14, 32; 54, 2, 3), altre volte casualmente per via (Confess. 6, 2, 2). In un certo momento
Ag. avrebbe voluto parlargli a lungo, andò a trovarlo in episcopio, ma non osò inter-
romperlo dalle sue occupazioni (Confess. 6, 3, 3).
6 Confess. 5, 13, 23-24.
65 Confess. 5, 13, 24; De utilitate credendi 8, 20.
6 De beata vita 4.
6 Confess. 6, 3, 4.
6 Confess: 5, 14, 24.
6 Confess. 5, 14, 25.
© De utilitate credendi 8, 20.
È INTRODUZIONE

9. Superamento dello scetticismo

L'errore di metodo era insito nel dilemma che a 19 anni ne aveva deviato il
cammino: ragione o fede. Dilemma nel quale la risposta era implicita. Essendo
la ragione (o scienza) più importante e pit desiderabile della fede, era ovvio che,
posto cosi il problema, la scelta diventasse obbligatoria. Agostino infatti l'aveva
fatta questa scelta, ma era finito nello scetticismo. Con la predicazione di Ambro-
gio era spuntata «una grande speranza »: l'insegnamento della fede cattolica non
era quale lo pensava, le accuse dei Manichei si rivelavano inconsistenti"!. Ma il ger-
me del razionalismo durava ancora, e con esso la presa dello scetticismo. Sulle
verità religiose esposte da Ambrogio voleva raggiungere la stessa certezza con cui
era certo che sette più tre fa dieci?2. Cosa evidentemente impossibile. Per fortuna
se ne accorse in tempo. Se ne accorse attraverso una lunga meditazione sulle innate
capacità della mente umana e sull’utilità della fede come via per giungere alla
scienza.
Gli parve che la mente umana fosse troppo « vivace, sagace, perspicace » per
ignorare la verità. Lo scetticismo, che misconosce questa capacità naturale della
mente, non poteva essere vero. Se ignora la verità non è segno che non è capace
di conoscerla, ma è segno che ignora la via per conseguirla. Qual è questa via?
La fede. Occorre cominciare dalla fede??.
Il dilemma iniziale veniva spezzato e rovesciato: non solo la fede non è in
opposizione alla scienza, ma è la via che vi conduce. Agostino va maturando
quella dottrina delle relazioni tra la ragione e la fede che esporrà ripetutamente
nelle prime sue opere. Narrano le Confessioni: «Tu mi facesti considerare
l'incalcolabile numero dei fatti a cui credevo senza vederli, senza assistere al
loro svolgimento, quale la moltitudine degli eventi storici, delle notizie di luoghi
e città mai visitate di persona, delle cose per cui, necessariamente, se vogliamo
agire comunque nella vita, diamo credito agli amici, ai medici, a persone di
ogni genere; e infine come ero saldamente certo dell'identità dei miei genitori,
benché nulla potessi saperne senza prestar fede a ciò che udivo » "3.
La fede dunque è indispensabile per la vita umana. Non fa meraviglia che
sia indispensabile per condurre una vita secondo i precetti della religione cri
stiana, dove s’insegnano verità altissime che solo gli spiriti esercitati e puri
possono conoscere. La fede appunto ha il compito di purificare l'animo e di
disporlo alla conoscenza immediata di quelle verità. La sapienza dunque comin-
cia dalla fede.
Raggiunta la certezza sul primato temporale della fede, una questione impor-
tante — la questione di metodo — era risolta. Ma se ne apriva immediatamente
un'altra: la questione dell'autorità a cui affidarsi, cioè la questione del maestro
da seguire. ‘Agostino non aveva mai dubitato che questo maestro fosse Cristo. Ma
dove trovare il Cristo? I Manichei avevano dato una loro risposta che egli aveva
accettato. Ma ora se ne pentiva. La predicazione di Ambrogio lo aiutò a trovare

7 Confess. 6, 11, 18.


72 Confess. 6, 4, 6.
73 De utilitate credendi 8, 20.
74 Contra Acad. 3, 20, 43; De ordine 2, 9, 26; De moribus Eccl. cath. 1, 2, 3. 7, 11; fino al
De utilitate credendi dedicato integralmente a questo argomento.
75 Confess. 6, 5, 7.
INTRODUZIONE LI

la risposta giusta. Il Cristo si trova nelle Scritture. « Mi convincesti — dice al


Signore nelle Confessioni — che non merita biasimo chi crede nelle tue Scrit-
ture, di cui hai radicato tanto profondamente l'autorità in quasi tutti i popoli,
ma piuttosto chi non vi crede »%. Ormai quello che un tempo era stato un osta-
tanto
colo diventava un motivo di ammirazione, « La loro autorità mi appariva
più venerabile e degna di fede pura in quanto si offriva a qualsiasi lettore, ma
serbavano la maestà dei loro misteri ad una penetrazione più profonda. L'estrema
chiarezza del linguaggio e l'umiltà dello stile li rendevano accessibili a tutti»,
mentre la profondità stimolava l'acume dei più dotati.
Risolta la seconda questione, se ne presentava una terza: l'autorità garante
della Scrittura. Cosi Agostino, seguendo la ferrea logica del suo pensiero, era
giunto alla questione ultima, la piu delicata che si presenti alla mente in cerca di
fede: l'autorità della Chiesa. Molti anni prima i Manichei avevano opposto Cristo
alla Chiesa; egli aveva accettato quella impostazione, ma ora si accorgeva di dover-
la correggere, anzi di doverla rovesciare. Nella sua mente si andava illuminando
una verità che piu tardi, in un'opera contro i Manichei, esprimerà con una frase
restata meritamente celebre: «Io non crederei al Vangelo se non mi c’inducesse
l'autorità della Chiesa cattolica »8. Dicono infatti le Confessioni ch'egli ormai
credeva fermamente che Dio ha posto nel Cristo e nelle Scritture « garantite dal-
l'autorità della Chiesa cattolica » la via della salvezza per il genere umano,
L'autorità della Chiesa poi gli apppariva salda e degna d'essere seguita, a causa
della vita stessa della Chiesa, la quale, vista alla luce della Provvidenza che
veglia sulla salvezza degli uomini, costituisce un segno autentico della sua mis-
sione divina. Pensava alla mirabile propagazione, all'unità, all'universalità, alla
stabilità. « Non a caso, né senza una ragione la fede cristiana, circondata di cosi
immensa autorità, si diffonde in tutto il mondo »®,
Con questa conclusione, raggiunta dopo tante oscillazioni e tormenti, il
razionalismo era decisamente superato e con esso il suo frutto più maturo, lo
scetticismo. Egli perciò può dare di sé questa testimonianza: « Rimaneva salda-
mente radicata nel mio cuore la fede nella Chiesa cattolica del Cristo tuo, Signore
e salvatore nostro » 81. Anche se molti problemi restavano ancora da risolvere.
Uno principalmente: il problema del male.

10. Superamento del materialismo

Questo problema profondamente sentito e reso insolubile dalla concezione


materialistica da cui non riusciva a liberarsi, impediva ad Agostino di cantare
l'inno della vittoria e di considerare terminato il cammino di ritorno alla fede.
Aveva sentito spesso nei discorsi di Ambrogio — «il nostro vescovo » — e talora
in quelli di Manlio Teodoro, che « quando si pensa a Dio non si deve pensare a

16 Ivi.
TI Confess. 6, 5, 8.
#8 Contra epistolam Man. 5, 6.
99 Confess. 1,7, 11.
8 Confess. 6, 11, 19. Queste parole sono la sintesi delle ragioni che lo trattenevano nella
Chiesa cattolica, esposte contro i manichei in quello stesso anno in cui scriveva le
Confessioni; cf. Contra ep. Man. 4,
81 Confess. 7, 5,
LII INTRODUZIONE

nulla di corporeo, e nemmeno quando si pensa all'anima, la quale nel mondo è


l'essere più vicino a Dio»®, ma non ci riusciva. «Non riuscivo a pensare
una sostanza diversa da quella che si suole percepire con gli occhi del’ corpo.
Non ti pensavo, o Dio, in figura di corpo umano... Ti credevo con tutta l’anima
incorruttibile, inviolabile, immutabile... ero tuttavia costretto a pensarti come
un che di corporeo esteso nello spazio » 8. Questa impossibilità di pensare a un
essere spirituale rendeva insolubile il problema del male. « Oh, i tormenti e i gemiti
del mio spirito!... Quando, tacito, mi tendevo nello sforzo della ricerca, erano alte
le grida che salivano verso la tua misericordia... » 84.
Della fiducia nelle previsioni degli astrologi, che aveva concepito a Cartagine du-
rante i primi anni d'insegnamento, s'era liberato, non per i saggi consigli di Vindi-
ciano o le amabili prese in giro dell'amico Nebridio 8, ma per convinzione personale.
Se n'era liberato dopo le conversazioni con l’amico Firmino, quando aveva trovato
la ragione certa della falsità di quelle previsioni *. Ma una soluzione del problema
del male non ci riusciva proprio a trovarla; e se ne tormentava. Lo abbiamo udito.
Fu a questo punto che gli vennero in aiuto i neoplatonici.
Delle questioni poste dagli eruditi intorno all'incontro di Agostino con i neo-
platonici diremo piu avanti a. proposito della formazione filosofica di Agostino
stesso. Qui basti ricordare che dalla lettura dei libri dei neoplatonici trasse la luce
per superare il materialismo e per sciogliere (sul piano metafisico) il problema
del male.
Superò il materialismo con l'invito all’interiorità, che trovò ripetutamente in
quei libri, e con la distinzione ivi proposta tra il mondo sensibile ed il mondo
intelligibile. Tornò in se stesso, scopri al di sopra della sua intelligenza una luce
immutabile, avverti che questa luce lo illuminava quando, ragionando, distin-
gueva il vero dal falso, comprese che oltre la realtà percepita dai sensi ve n'è
un’altra che solo la mente può intuire, la verità appunto 8.
Sciolse poi il problema del male scoprendone la nozione vera e insieme intuen-
do il principio di partecipazione. Si accorse anzitutto che il metodo seguito dai
Manichei era falso. Scopriva cosi ancora un equivoco, ancora un inganno. Infatti,
la prima questione cui rispondere non è quella sull'origine del male, ma un'altra
anteriore, riguardante la natura del male. « Cercavo l'origine del male cercando
male e non vedendo il male nella mia stessa ricerca »*8, Non l'unde malum come
insistentemente ripetevano i manichei, ma il quid est malum. A tale questione
i neoplatonici rispondevano che il male non è una sostanza, ma la privazione del
bene, cioè una corruzione, che non può esistere perciò se non in una sostanza
buona. « Dunque tutto ciò che esiste è bene, e il male, di cui cercavo l'origine, non
è una sostanza, perché, se fosse tale, sarebbe bene ». Dopo la vera nozione del male
il luminoso principio di partecipazione: Dio è l’essere sommo da cui procedono
tutte le cose. « Cost vidi, cosi mi si rivelò chiaramente che tu hai fatto tutte le cose
buone e non esiste nessuna sostanza che non sia stata fatta da te»®.

82 De beato vita 1, 4.
NNZA ssnni

83 Confess.
Confess.
RE

Confess.
Confess.
87 Confess.
88 Confess.
nu

89 Confess.
INTRODUZIONE LIII

E’ inutile dire che Agostino, indotto dalla sua formazione cristiana e dalla pre-
dicazione di Ambrogio, lesse i libri dei neoplatonici con gli occhi del cristiano.
Tant'è vero che credette di trovare in essi, « se non con le stesse parole, con un
senso assolutamente uguale », la prima parte del prologo di S. Giovanni: la divinità
del Verbo, la creazione, l'illuminazione. Ma confessa di non avervi trovato la
seconda: l'Incarnazione®. Questa mancanza apriva un nuovo problema.

11. Superamento del naturalismo e incontro con Cristo Redentore

Era il problema della mediazione. La lettura dei neoplatonici lo aveva riem-


pito di entusiasmo: una rivelazione subitanea. Ormai respirava liberamente, rapito
dalla bellezza della sapienza di cui aveva scoperto lo splendore. Volle, anzi, ele-
varsi fino alla sapienza stessa per abbracciaria, possederla, esserne beato. Le Con-
fessioni ci narrano questo tentativo di «estasi »9!, che, pensando a quelle narrate
du Porfirio del suo maestro e di se stesso, la maggior parte degli autori chiamano
plotiniana”.
Il tentativo registrò un insuccesso, ma non fu inutile. Anzi fu proprio questo
insuccesso ad aprire un nuovo problema, su cui fino a quel momento non aveva
riflettuto abbastanza, avviandolo a soluzione. Si accorse cioè della grande distanza
che corre tra il conoscere la mèta e il conoscere, inoltre, la strada per giungervi®.
Questa strada Agostino non la conosceva ancora. Superbo di aver scoperto la mèta
e di averne intuito la bellezza, pensava di poterla raggiungere con le sole sue forze.
L'esperienza sofferta distrusse quella illusione e lo spinse a riflettere sulla neces-
sità d'un mediatore, ”
Si volse perciò, ancora una volta, alla Scrittura. Afferrò S. Paolo, lo lesse « con
somma avidità » 9, «con somma attenzione e sommo interesse »5. Gli apparve
allora la « filosofia » dell’Apostolo che si esprime tutta nel mistero di Cristo Reden-
tore. Agostino, che non aveva le idee chiare intorno all’Incarnazione%, le aveva
meno chiare o, per meglio dire, non le aveva affatto intorno alla Redenzione. L'A-
postolo lo illuminò su l'uno e su l’altro argomento: comprese che Cristo, sussistendo
nella natura di Dio, annientò se stesso prendendo la natura di uomo, diventando
cosi l'unico mediatore tra Dio e gli uomini e la via universale della salvezza; com-
prese la necessità della grazia per sostenere la nostra ascesa verso Dio, la neces-
sità dell'umiltà, della penitenza, della preghiera; caddero le difficoltà d'una presunta
opposizione tra il V. e il N. Testamento; gli apparve che nella Scrittura c'era ciò
che aveva trovato nei filosofi con in più quello di cui sentiva di aver assolutamente
bisogno (e che costituisce l'aspetto essenziale del cristianesimo): Cristo Reden-
tore. Superato decisamente l'orgoglioso naturalismo che faceva affidamento sulle
sele forze della natura, ogni ostacolo era ormai caduto: Agostino, liberatosi uno dopo

9 Confess. 7,9, 13-14.


9 Confess. 7, 17, 23.
92 PoRrFIRIO, Vita di Plotino, 23.
93 Confess. 7, 20, 26.
% Confess. 7, 21, 21.
95 Contra Acad. 2; 2;
% Vedi sopra, p. SAVI:XXXVII.
Confess. 7, 18, 24. 21, 27.
LIV INTRODUZIONE

l'altro dei suoi errori, aveva raggiunto intellettualmente il porto della fede. Intel
lettualmente. Perché a questo punto rinasceva un altro problema, non di ordine
intellettuale, ma affettivo, che era nato a Cartagine a 19 anni. Per capire questo
problema occorre penetrare più a fondo, con la guida delle Confessioni, nella
ricca affettività di Agostino.

II EVOLUZIONE MORALE

Le Confessioni ci informano su questa seconda evoluzione non meno che su


la prima. La seguiremo, ricordandone i momenti principali.

1. La fanciullezza

Fin dalla fanciullezza Agostino fu considerato « un ragazzo di belle speranze » ®.


E lo era in realtà. Di animo buono, espansivo, vivacissimo, trovava dolce l'amicizia,
fuggiva il dolore, l’abiezione, l'ignoranza”. La madre, sul letto di morte, lo chia-
merà pio e ricorderà di non aver mai sentito da lui una parola ingiuriosa!%,
I suoi peccati furono: la negligenza nello studio, l'amore eccessivoper il gioco,
i furti nella dispensa domestica, piccole frodi e risse con i compagni, la passione
per gli spettacoli, la smania di imitare gli attori !%. Nulla di nuovo e nulla di diverso
da un fanciullo della sua età e della sua indole. Questi i fatti. Per il giudizio che
ne dà l’autore delle Confessioni vedi sopra!%.

2. L’'adolescenza

I peccati gravi cominciarono nell'adolescenza. Gli fu fatale soprattutto quel


triste anno di ozio che, terminati gli studi preuniversitari.a Madaura, dovette pas-
sare a Tagaste in attesa che Patrizio raggranellasse il denaro necessario per la sua
permanenza a Cartagine 9,
Non si pensi subito al furto delle pere, anzi nonci si pensi affatto. Quel furto,
nonostante le lunghe considerazioni che Agostino vi tesse attorno per scoprirne il
motivo, resta nei limiti d'una ragazzata. Lo abbiamo visto !%, Si pensi piuttosto ai
peccati contro la castità e alla travolgente passione per gli spettacoli.
Dominato dal bisogno di « amare ed essere amato », non seppe mantenere «il
confine luminoso dell'amicizia » e trascese in gravi peccati di sensualità!9. « I rovi

98 Confess. 1, 16, 26.


9 Confess. 1, 20, 31.
100 Confess. 9, 12, 30.
101 Confess. 1, 19, 30.
102 Vedi p. XXIX.
103 Confess. 2, 3, 5.
10 Vedi p. XXIX.
105 Confess. 2, 2, 2.
INTRODUZIONE LV

delle passioni crebbero oltre il mio capo senza che fosse là una mano a sradi-
carli » 1%. La mano c'era, ma lo studentello presuntuoso non la sentiva, anzi la
disprezzava. La mano era quella della madre, che trepidava per lui e gli raccoman-
dava accoratamente « di non fornicare e soprattutto di non commettere adulterio
con l'altrui moglie ». Ma questi gli sembravano ammonimenti « da donnicciuola » e
si vergognava di ascoltarli. Tra i suoi coetanei si vergognava di non essere spudo-
rato quanto loro e gli piaceva fare il male non solo per l'atto in sé, ma anche per
la lode che gliene veniva. Quando gli mancavano azioni deplorevoli di cui gloriarsi,
le inventava pur di sentirsi uguale agli altri!
Con queste disposizioni, dopo un anno di aîtesa, con i soldi messi insieme da
suo padre e con l’aiuto munifico di Romaniano, ricco signore del luogo!%, rag-
giunse Cartagine. La grande e molle città lo sedusse. « Mi attiravano gli spettacoli
teatrali, colmi di raffigurazioni delle mie miserie e di esche del mio fuoco »19.
Cartagine ferveva ed andava superba di questi spettacoli !!9. Non è necessario de-
scriverli. Agostino ne parla nelle Confessioni!!!, nel De Civitate Dei 12, nei Di-
scorsi113,
Ricordando questo ribollimento dei sensi, di cui non si deve esagerare la por-
tata ascrivendogli colpe che non ha commesso o che comunque non ha confes-
sato 114, si chiede perché la madre, che tanto gli raccomandavala castità, non abbia
pensato a contenere l’erompente pubertà nei limiti dell’affetto coniugale consi-
gliandogli il matrimonio. A questa domanda non sa trovare una risposta. Pensa
però che sia stato per il timore che il matrimonio avrebbe intralciato il prosegui
mento degli studi, che padre e madre, sia pur per ragioni diverse, concordemente
desideravano 115,

3. La donna innominata

Ma ciò che non gli avevano consigliato i genitori lo fece per suo conto, a Car-
tagine, durante il secondo anno di università: prese con sé una concubina. Un
modo sbrigativo, senza dubbio, di sciogliere il problema; ma forse, in quelle condi-
zioni, date le difficoltà di contrarre un matrimonio regolare, l’unico possibile. Co-
munque il giudizio che spesso si dà di questo fatto va ridimensionato. Non fu un
immergersi nel gorgo dei vizi, ma caso mai un riemergere da esso. Le esperienze di
Tagaste erano state tristi. A Cartagine rischiava di farne delle peggiori. La città

106Confess. 2, 3, 6.
107Confess. 2, 3, 7.
108Contra Acad. 2, 2, 3.
100Confess. 3, 2, 2.
10 Confess. 6, 7, 11.
IllConfess. 1, 16, 25-26; 6, 8, 13.
112De civ. Dei 2, 26 a proposito della pompa meretricia della dea Caelestis, a cui Ag.
assistette.
13 Nei discorsi condanna con parole di fuoco «Je molte sconcezze dei teatri, la follia del
circo, le crudeltà dell'anfiteatro » e le scommesse, le liti, le risse mortali « per i mimi,
gl'istrioni, i pantomimi, gli aurighi, i cacciatori » (Serm. 198, 3).
114 O. TEScARI, Verità e fantasia nella vita di S. Ag. anteriormente alla sua conversione in
Augustiniana, Ist. Edit. del Mezzogiorno, Napoli 1955, pp. 63-78.
US Confess. 3, 3, 8.
116 Confess. 3, 1, 1.
LVI — INTRODUZIONE

che prestava alla dea protettrice, la dea Caelestis, un culto meretricio, era famosa
per la dissolutezza dei costumi. Anziché dunque abbandonarsi, come tanti altri, al
vagabondaggio del vizio, s'impose responsabilmente un freno: s'impegnò in una
forma stabile di convivenza con'una ‘donna che gli assicurasse «l'appagamento
della passione non disgiunta dalla buona fama »!, Era, se non un matrimonio in
tutta regola, un matrimonio di second’ordine, ammesso dalle leggi civili e accettato
dalla buona società.
Che le leggi romane concedessero a chi non aveva moglie il diritto di avere
una concubina è ammesso concordemente dagli studiosi!!8, In quanto alla legge
ecclesiastica, a parte il fatto che, in qualche luogo la Chiesa stessa aveva accettato
c tollerava una ‘simile situazione, come fa pensare un canone del Concilio di
Toledo (403), Agostino vescovo condannail suo operato 119 — anche se allora era sol-
tanto catecumeno — e condanna senza mezzi termini i cristiani che avessero fatto
lo stesso 19.
. Si prese dunque quella donna, restata per noi senza nome 12, la tenne con sé
nonostante le difficoltà finanziarie in cui versava!®, l'amò, le restò fedele 1. Raro
esempio di probità e di equilibrio affettivo che strappa l'ammirazione al grande
umanista Erasmo 12, e non solo a lui, Raro specialmente in Africa, se si deve cre-
dere a Salviano 15. Del resto non occorre cercare lontano: esempi d'infedeltà coniu-
gale Agostino li ebbe anche in famiglia !%.
Da quell'unione nacque nel 372 Adeodato, un fanciullo di grande bontà e di
prodigiosa intelligenza, che destava meraviglia perfino nel padre !?. Non era stato
desiderato, ma fu accolto con amore!8, e fu educato nella rettitudine e nell'in-
nocenza 19.

4. Progetti di matrimonio

La madre di Adeodato segui Agostino a Tagaste, poi di nuovo a Cartagine, poi


a Roma, e finalmente a Milano.

117 Solil. i, 11, 19.


118 H. LecLERO, Concubinat, in Dict. d’Arch. chrét. et de Lit., III/2, cc. 2494-2499.
119 Confess. 9, 6, 14.
120 De bono coniugali 5, 5; Serm. 392, 2.
121 Il fatto che Ag. nen ci abbia tramandato il nome della donna con la quale convisse
per 14 anni, non deve meravigliare: non sappiamo neppure il nome dell’amico la cui
morte gli procurò un’immenso dolore (Confess. 4, 4, 7-9); mentre i nomi del padre e
della madre li troviamo, quasi per caso, al termine della prima parte delle Confessioni
(9, 13, 37). Del resto quando egli scriveva, quella donna probabilmente viveva ancora,
consacrata a Dio, in qualche monastero di Cartagine.
122 Era già morto suo padre e poteva proseguire gli studi solo con i sacrifici di sua madre
(Confess. 3, 4, 7) e l’aiuto di Romaniano (Contra Acad. 2, 2, 3).
123 Confess. 4, 2, 2.
124 Ep. 2157, t. 8, p. 148: quam probitatem hodie non temere reperies in sacerdotibus aut
abbatibus.
125 Saviano, De gubernatione Dei: 7, 16-17.
186 Confess. 9, 9, 19: Monica «.tollerò gli oltraggi al letto ‘coniugale in modo tale da non
avere il minimolitigio per essi col marito ».
127 Confess. 9, 6, 14.
128 Confess. 4, 2, 2. ) ‘
129 De beata vita 2, 12: «Il più giovane di tutti [Adeodato] rispose: “Ha Dio chi non ha
l'animo immondo”. Mia madre approvò tutte le opinioni, ma soprattutto. quest'ul-
tima ».
INTRODUZIONE LVII

A Milano, mentre intellettualmenie Agostino si andava avvicinando di nuovo


con gli
alla fede cattolica, cominciarono i progetti di matrimonio. Discutendo
che si sentiva troppo misero senza avere una donna a fianco, sosteneva
amici, egli,
sapienza,
che anche sposati avrebbero potuto impegnarsi a cercare insieme la
come avevano fatto molti spiriti grandi. Alipio insistentem ente sosteneva il con-
18. Il progetto di una comunità di filosofi, naufragato a causa delle donne,
trario
ragione;
che alcuni degli amici avevano e altri intendevano prendere 131, gli diede
ma Agostino non si arrese. Cercava avidamente onori, guadagni, nozze!Il suo
programma era: sposare una donna con qualche soldo, perché non gravasse nelle
che era
sue spese, raggiungere la presidenza di un tribunale o d'una provincia,
ormai imminente, e darsi alla filosofia !83.
L’insistenza a sposarsi gli veniva anche da quelli che gli stavano attorno. So-
prattutto da sua madre. La quale, prevedendo ormai vicina la conversione del
figlio, desiderava che si sposasse affinché, purificato dal battesimo, cominciasse una
vita veramente cristiana. Possiamo pensare che fosse lei a darsi attorno per tro-
vare la donna che facesse al caso. Fu trovata. Si avanzò la richiesta e fu ottenuta
la promessa. Le mancavano due anni per l'età da marito, ma siccome il partito
piaceva a tutti, si aspettava!*. Possiamo supporre che avesse presso a poco le
qualità che Agostino richiedeva in una sposa ideale: bella, pudica, di buoni costumi,
istruita o che potesse per lo meno essere facilmente istruita... e con quel tanto di
dote che non la rendesse in alcun modo di peso alle preoccupazioni liberali del
marito 155.
In questo contesto avvenne quel fatto che urta la nostra sensibilità moderna:
la madre di Adeodato fu allontanata. Perché? Non certo per mancanza d'amore.
Sappiamo che Agostino l'amava. Lo sappiamo dal grande dolore che provò nel
separarsene: « quando mi fu strappata dal fianco... la donna con cui ero solito
coricarmi, il mio cuore, a cui era attaccata, ne fu profondamente lacerato e san-
guinò a lungo ». La ragione dunque non poté essere la mancanza d'amore, ma
um'altra. Ce la dicono le Confessioni: quella donna era un impedimento al matri-
monio. « Mi fu strappata dal fianco quale ostacolo alle nozze » !%. Ma perché osta-
colo alle nozze? A questo punto le fonti non ci soccorrono più, e siamo costretti,
nostro malgrado, a far supposizioni, che sono sempre, come si sa, difficili, incerte
e rischiose.
Contro il matrimonio con la madre di Adeodato, che a noi sembra che sarebbe
stata la soluzione logica, anzi doverosa, quali ragioni facevano ostacolo? Ragioni spi-
rituali, economiche o sociali? Le tre ipotesi sono possibili, e sono state avanzate. Non
vedo perché e come potessero entrarci le ragioni spirituali! Non credo, dato

130 Confess. 6, 11, 18-12, 22.


131 Confess. 6, 14, 24.
132 Confess. 6, 6, 9.
133 Confess. 6, 11, 19.
134 Confess. 6, 13, 23. L'espressione: ferme biennio minus quam nubilis erat, si può inten-
dere in senso legale, e cosî la intendono i più, (in questo caso la fanciulla avrebbe
avuto circa 12 anni, cioè 19 di meno di Ag.!) o in senso generico, senza riferimento al
termine legale, come più giustamente la intende il Tescari, op. cit. (in questo caso
non verrebbe indicata nessuna età). i
Solil. 1, 10, 17.
Confess. 6, 15, 25.
Non è verosimile supporre sia che fosse consacrata a Dio prima d’incontrare Ag. (il
riferimento a Confess. 3, 3,5 non offre alcun fondamento per questa supposizione) sia
che abbia lasciato Ag. perché aveva fatto voto di consacrarsi a Dio. Le Confessioni ci
dicono solo questo: « parti per l'Africa, facendoti voto... ».
LVI INTRODUZIONE

che prestava alla dea protettrice, la dea Caelestis, un culto meretricio, era famosa
per la dissolutezza dei costumi. Anziché dunque abbandonarsi, come tanti altri, al
vagabondaggio del vizio, s'impose responsabilmente un freno: s'impegnò in una
forma stabile di convivenza con'una ‘donna che gli assicurasse «l'appagamento
della passione non disgiunta dalla buona fama »!!, Era, se non un matrimonio in
tutta regola, un matrimonio di second'ordine, ammesso dalle leggi civili e accettato
dalla buona società.
Che le leggi romane concedessero a chi non aveva moglie il diritto di avere
una concubina è ammesso concordemente dagli studiosi!!8. In quanto alla legge
ecclesiastica, a parte il fatto che, in qualche luogo la Chiesa stessa aveva accettato
o tollerava una ‘simile situazione, come fa pensare un canone del Concilio di
Toledo (403), Agostino vescovo condannail suo operato 119 — anche se allora era sol-
tanto catecumeno — e condanna senza mezzi termini i cristiani che avessero fatto
lo stesso 12.
. Si prese dunque quella donna, restata per noi senza nome 12, la tenne con sé
nonostante le difficoltà finanziarie in cui versava!®, l'’amò, le restò fedele!8. Raro
esempio di probità e di equilibrio affettivo che strappa l'ammirazione al grande
umanista Erasmo, e non solo a lui,Raro specialmente in Africa, se si deve cre-
dere a Salviano 15. Del resto non occorre cercare lontano: esempi d'infedeltà coniu-
gale Agostino li ebbe anche in famiglia !%.
Da quell'unione nacque nel 372 Adeodato, un fanciullo di grande bontà e di
prodigiosa intelligenza, che destava meraviglia perfino nel padre !?. Non era stato
desiderato, ma fu accolto con amore!8, e fu educato nella rettitudine e nell'in-
nocenza 199.

4. Progetti di matrimonio

La madre di Adeodato segui Agostino a Tagaste, poi di nuovo a Cartagine, poi


a Roma, e finalmente a Milano.

117 Solil. i, 11, 19.


118 H. LecLERO, Concubinat, in Dict. d'Arch. chrét. et de Lit., III/2, cc. 2494-2499.
119 Confess. 9, 6, 14.
10 De bono coniugali 5, 5; Serm. 392, 2.
121 Il fatto che Ag. non ci abbia tramandato il nome della donna con la quale convisse
per 14 anni, non deve meravigliare: non sappiamo neppure il nome dell’amico la cui
morte gli procurò un’immenso dolore (Confess. 4, 4, 7-9); mentre i nomi del padre e
della madre li troviamo, quasi per caso, al termine della prima parte delle Confessioni
(9, 13, 37). Del resto quando egli scriveva, quella donna probabilmente viveva ancora,
consacrata a Dio, in qualche monastero di Cartagine.
Era già morto suo padre e poteva proseguire gli studi solo con i sacrifici di sua madre
(Confess. 3, 4, 7) e l’aiuto di Romaniano (Contra Acad. 2, 2, 3).
Confess. 4, 2, 2.
Ep. 2157, t. 8, p. 148: quam probitatem hodie non temere reperies in sacerdotibus aut
abbatibus.
SaLviano, De gubernatione Dei: 7, 16-17.
Confess. 9, 9, 19: Monica «tollerò gli oltraggi al letto coniugale in modo tale da non
avere il minimolitigio per essi col marito ».
Confess. 9, 6, 14.
Confess. 4, 2, 2. ) ‘
De beata vita 2, 12: «Il più giovane di tutti [Adeodato] rispose: “Ha Dio chi non ha
l’animo immondo”. Mia madre approvò tutte le opinioni, ma soprattutto. quest’ul-
tima ».
INTRODUZIONE LVII

A Milano, mentre intellettualmenie Agostino si andava avvicinando di nuovo


con gli
alla fede cattolica, cominciarono i progetti di matrimonio. Discutendo
che si sentiva troppo misero senza avere una donna a fianco, sosteneva
amici, egli,
la sapienza,
che anche sposati avrebbero potuto impegnarsi a cercare insieme
come avevano fatto molti spiriti grandi. Alipio insistentem ente sosteneva il con-
9. Il progetto di una comunità di filosofi, naufragato a causa delle donne,
trario
ragione;
che alcuni degli amici avevano e altri intendevano prendere !3!, gli: diede
ma Agostino non si arrese. Cercava avidamente onori, guadagni, nozze !, Il suo
programma era: sposare una donna con qualche soldo, perché non gravasse nelle
era
sue spese, raggiungere la presidenza di un tribunale o d'una provincia, che
ormai imminente, e darsi alla filosofia !8.
L’insistenza a sposarsi gli veniva anche da quelli che gli stavano attorno. So-
prattutto da sua madre. La quale, prevedendo ormai vicina la conversione del
figlio, desiderava che si sposasse affinché, purificato dal battesimo, cominciasse una
vita veramente cristiana. Possiamo pensare che fosse lei a darsi attorno per tro-
vare la donna che facesse al caso. Fu trovata. Si avanzò la richiesta e fu ottenuta
la promessa. Le mancavano due anni per l'età da marito, ma siccome il partito
piaceva a tutti, si aspettava!4. Possiamo supporre che avesse presso a poco le
qualità che Agostino richiedeva in una sposa ideale: bella, pudica, di buoni costumi,
istruita o che potesse per lo meno essere facilmente istruita... e con quel tanto di
dote che non la rendesse in alcun modo di peso alle preoccupazioni liberali del
marito 135,
In questo contesto avvenne quel fatto che urta la nostra sensibilità moderna:
la madre di Adéodato fu allontanata. Perché? Non certo per mancanza d'amore.
Sappiamo che Agostino l'amava. Lo sappiamo dal grande dolore che provò nel
separarsene: « quando mi fu strappata dal fianco... la donna con cui ero solito
coricarmi, il mio cuore, a cui era attaccata, ne fu profondamente lacerato e san-
guinò a lungo ». La ragione dunque non poté essere la mancanza d'amore, ma
um'altra. Ce la dicono le Confessioni: quella donna era un impedimento al matri-
monio. « Mi fu strappata dal fianco quale ostacolo alle nozze » 16. Ma perché osta-
colo alle nozze? A questo punto le fonti non ci soccorrono pit, e siamo costretti,
nostro malgrado, a far supposizioni, che sono sempre, come si sa, difficili, incerte
e rischiose.
Contro il matrimonio con la madre di Adeodato, che a noi sembra che sarebbe
stata la soluzione logica, anzi doverosa, quali ragioni facevano ostacolo? Ragionispi-
rituali, economiche o sociali? Le tre ipotesi sono possibili, e sono state avanzate. Non
vedo perché e come potessero entrarci le ragioni spirituali !?. Non credo, dato

130 Confess. 6, 11, 18-12, 22.


131 Confess. 6, 14, 24.
132 Confess. 6, 6, 9.
133 Confess. 6, 11, 19.
134 Confess. 6, 13, 23. L'espressione: ferme biennio minus quam nubilis erat, si può inten-
dere in senso legale, e cosi la intendono i più, (in questo caso la fanciulla avrebbe
avuto circa 12 anni, cioè 19 di meno di Ag.!) o in senso generico, senza riferimento al
termine legale, come più giustamente la intende il Tescari, op. cit. (in questo caso
non verrebbe indicata nessuna età). i
135 Solil. 1, 10, 17.
1% Confess. 6, 15, 25.
137 Non è verosimile supporre sia che fosse consacrata a Dio prima d’incontrare Ag. (il
riferimento a Confess. 3, 3, 5 non offre alcun fondamento per questa supposizione) sia
che abbia lasciato Ag. perché aveva fatto voto di consacrarsi a Dio. Le Confessioni ci
dicono solo questo: « parti per l'Africa, facendoti voto... ».
LVIII INTRODUZIONE

l'amore di Agostino per quella donna, che sarebbero state sufficienti le ragioni
economiche 18. Ritengo valida la terza ipotesi: le ragioni sociali. Agostino, che fu
cosî sensibile nel sentire le sue colpe e cosi sincero nel confessarle, in questo caso
non manifesta nessun pentimento. Dobbiamo concludere che la coscienza di una
colpa non ci fu. Non possiamo perciò attribuirgliela, come spesso, purtroppo, si è
fatto e si fa. Se in quella decisione, che fu certamente dolorosa, ci fossero entrati
per qualche parte la durezza e il risentimento di sua madre, non avrebbe mancato
di dircelo, egli che non esitò a rimproverarle di non avergli consigliato, a 16 anni,
il matrimonio. Del resto non si vede perché Monica dovesse essere dura o risentita
verso una donna che col suo disinteressato amore aveva richiamato Agostino
dalla china del vizio. Anche alla comitiva degli amici, in mezzo ai quali viveva
e dei quali cercava ed aveva la stima, la cosa dové sembrare naturale. Con essi,
particolarmente col severo Alipio che aveva sviluppatissimo il senso della giusti-
zia, egli parla sempre di un matrimonio da celebrarsi, mai di un matrimonio
già esistente che sarebbe bastato legalizzare, quasi fosse chiaro a tutti il pre-
supposto che quella legalizzazione non potesse aver luogo. Di fatti non poteva aver
luogo, se la madre di Adeodato era, come sembra, di bassa condizione sociale. In
tal caso una legge proibiva il matrimonio di pieno diritto 1%. L'interessata doveva
saperlo. Come lo sapeva certamente la seconda concubina che, partita la prima,
convisse per qualche tempo con Agostino mentre questi era già fidanzato e atten-
deva di sposare dopo due anni la giovane milanese. Questa consapevolezza ci rende
più simpatica la madre di Adeodato, perché ci mostra che diede tutto ad Agostino
senza chiedere nulla. Quando poi avverti di essere un ostacolo alla sistemazione
di lui, se ne tornò in Africa, lasciandogli il figlio e « facendo voto.a Dio di non
conoscere nessun altro uomo » 19,
Ma intanto andavano maturando i piani divini.

5. Rinuncia al matrimonio

Ciò che allora, mentre discuteva con Alipio sul matrimonio, sembrava impos-
sibile, divenne felice realtà poco dopo.
Coll'avvicinarsi al porto della fede, dopo la lettura dei neoplatonici e di S.
Paolo, raggiunta ormai la tanto sospirata certezza, senti rinascersi in cuore l'ideale
intravisto e accarezzato fin dagli anni giovanili. Aveva imparato da Cicerone ad
amare la sapienza ed aveva inteso per la prima volta che di fronte ad essa nulla
valgono le ricchezze, gli onori, i piaceri. Soprattutto iî piaceri i quali sono, anzi, un
ostacolo per il conseguimento della filosofia. Infatti, scriveva Cicerone, l'intensità
del pensiero non va d'accordo con la voluttà del corpo.
In seguito alla lettura dell’Ortensio s'era proposto, quando avesse trovato la
sapienza, « di abbandonare tutte le vuote speranze e le mendaci follie delle vane
passioni »!4. Lo abbiamo detto!. Come pure abbiamo detto che, se Agostino

138 Quando toccail tasto dell'economia Ag. si riferisce all'uomo sapiente e vuol dimostrare
che non necessariamente il matrimonio è un impedimento alla libera ricerca della
sapienza.
139 Cf. H. LecLerco, Mariage, in Dict. d’Arch. chrét. et de Lit., c. 1854.
140 Confess. 6, 15, 25.
141 Confess. 6, 11, 18.
14 Cf. p. XLIII.
INTRODUZIONE LIX

manicheo non si votò alla continenza perfetta, lasciando la donna con cui conviveva
cd entrando nella classe degli eletti, si deve al fatto che non era completamente
certo della verità della loro dottrina !*. Qui bisogna aggiungere che nel frattempo
erano intervenuti due fatti nuovi: a) Agostino aveva raggiunto ormai, dopo tanto
cercare, la certezza circa la verità da possedere e la via da seguire; era caduta
perciò la condizione che aveva posto a 19 anni per consacrarsi totalmente alla
sapienza: « non potevo piu invocare la scusa di un tempo, quando solevo persua-
dermi che, se ancora mancavo di spregiare il mondo e servire te, era colpa dell’in-
certa percezione che avevo della verità: ormai anche la verità era certa» 14: b) alla
voce della filosofia s'era aggiunta quella, ben piu forte ed autorevole, della Scrit-
tura: aveva letto che S. Paolo non proibisce il matrimonio, ma invita ad uno stato
piu alto, desiderando, se fosse possibile, che tutti fossero come lui; aveva letto nel
Vangelo il discorso di Gesù su coloro che si astengono dal matrimonio per amore
del regno dei cieli con quel misterioso finale: chi può capire capisca 15.
Le due voci corrispondevano stupendamente alle più profonde aspirazioni del-
l'animo, ma contrastavano decisamente con le lunghe consuetudini della vita.
Da questo contrasto nasceva il dramma in cui Agostino si dibatteva. « ...eto si
persuaso della convenienza di consacrarmi al tuo amore, anziché cedere alla mia
passione; ma se l'uno mi piaceva e vinceva, l’altro mi attraeva e avvinceva » 14.
Agitato da questa lotta interiore pensò di aprire l'animo a Simpliciano, un
sacerdote dotto e pio, ormai avanti negli anni, che era stato maestro spirituale di
Ambrogio. Simpliciano, sentendo che Agostino aveva letto i neoplatonici, se ne
compiacque e gli narrò la conversione di Mario Vittorino, di cui era stato testi
mone. Questa narrazione fu come l'olio nel fuoco. Arse dal desiderio di imitarlo,
e gli parve che aver dovuto, dopo la conversione, lasciare l'insegnamento pubblico
fosse stata non una disgrazia, ma una grande fortuna.
Ormai dei tre vincoli che lo tenevano attaccato alle speranze terrene — le ric-
chezze, gli onori, la donna — Agostino non sentiva che quest'ultimo: gli altri due
più che un vincolo erano un peso: «...mi disgustava la mia vita nel mondo:
era divenuta un grave peso, ora che non mi stimolavano più a sopportarne il
giogo le passioni con la speranza degli onori e del denaro. Ma ero stretto ancora
da un legame tenace: la donna » I. A spezzare questo ultimo legame concorsero
due fatti provvidenziali: la narrazione di Ponticiano e la voce del Tolle, lege.
Ponticiano, un africano che occupava un alto posto nel palazzo imperiale, venne
a trovare Agostino — questi scrivendo le Confessioni non ricorda piu per quale
ragione — e, meravigliatosi di trovare sul tavolo da giuoco le lettere di S. Paolo,
introdusse il discorso sulla vita di Antonio (scritta da Atanasio e. diffusa da alcuni
decenni in Occidente) e di numerosi monasteri d'Egitto, narrò il cambiamento subi-
taneo di due militari a Treviri, i quali, letta la vita di Antonio, avevano lasciato le
loro fidanzate e s'erano consacrati a Dio, e accennò al monastero esistente a Milano
stesso, fuori delle mura, sotto la guida di Ambrogio !#. Questi fatti erano mera-
vigliosi e tutti nuovi. Agostino non sospettava neppure che ci fosse nella Chiesa

143 Cf. p. XLVI.


14 Confess. 8, 5, 11.
145 Confess. 8, 1, 2.
146 Confess. 8, 5, 12.
147 Confess. 8, 1, 2.
148 Confess. 8, 6, 13-7, 18.
LX INTRODUZIONE

cattolica tanta vitalità di vita consacrata maschile, anzi non sapeva affatto che un
tal genere di vita ci fosse.
Questa scoperta, che fu l'ultima nella lunga strada della sua evoluzione spiri-
tuale, lo sconvolse interamente e preparò la soluzione del dramma interiore. Di
fronte a tanti esempi, si vergognò di se stesso, senti la sua viltà, senti che non
aveva più scuse, senti un bisogno di solitudine e di pianto come mai aveva provato.
Seguito dall'inseparabile Alipio si ritirò, non appena partito Ponticiano, nel
giardino annesso alla casa e diede libero sfogo alle lacrime!®,
Quanto tempo durasse questa drammatica lotta di Agostino con se stesso
non sappiamo. Sappiamo però che si svolse non sul piano della morale cristiana,
tra virti e vizio, ma sul piano più alto d'una particolare forma di vita cristiana,
tra matrimonio e continenza perfetta. E la scelta fu, dopo tante preghiere e tante
lacrime, per la continenza perfetta. Ad accelerarla giunse «una voce come di fan-
ciullo o fanciulla, non so, che diceva cantando e ripetendo più volte: “Prendi e
leggi, prendi e leggi” ». Non ricordando di aver udito una simile voce usata nei
giuochi dei ragazzi, la prese come un ammonimento celeste, si alzò, tornò dov'era
Alipio, aperse le lettere di S. Paolo, lesse il primo versetto su cui gli caddero
gli occhi: era l'esortazione alla castità (Rom. 13, 13). Gli balenò in cuore come una
luce di certezza che dissipò tutte le tenebre del dubbio !. La scelta era fatta, e per
sempre. « Mi volgesti a te cosi a pieno, che non cercavo più né moglie ne altra
speranza di questo mondo » !!.

6. Servo di Dio

Cosi lo chiamò la madre poco prima di morire 152 e tale Agostino volle essere
e fu per tutta la vita, anche se, dopo alcuni anni, all’ideale monastico si aggiunse,
per disposizione divina, l'ideale sacerdotale. Di questa vita nuova le Confessioni
ci narrano soltanto alcuni momenti: a Cassiciaco, a Milano, a Ostia. Non ci dicono
nulla del ritorno in Africa, della vita comune, per quasi tre anni, a Tagaste, dell’ina-
spettata e indesiderata ordinazione sacerdotale, della consacrazione episcopale, dei
primi anni di episcopato. Per queste notizie dobbiamo ricorrere ad altre fonti, che
per fortuna non mancano e non sono avare 15. Ci dicono invece molto sulle dispo-
sizioni interiori dell'autore mentre le scriveva, particolarmente su due punti:
l'impegno di purificazione e l'esercizio della contemplazione.
Di quel che dicono e di quel che tacciono non è il caso di discorrere a lungo
in questa introduzione. Giova però ricordare brevemente alcuni fatti che ci aiutano
a penetrare nella ricca personalità di Agostino.
Prima di tutto Cassiciaco, dove si ritirò ai primi di novembre dopo aver rinun-
ciato alla scuola adducendo per motivo (vero ma non unico) il grave dolore di
petto. Nella pace campestre delle prealpi la vita trascorse tranquilla tra le
dispute di filosofia, la cura dei lavori agricoli, l'insegnamento a due giovani concit-
tadini che lo avevano seguito (Trigezio e Licenzio); ma interiormente ebbe una

149 Confess. 8, 8, 19-12, 28.


150 Confess. 8, 12, 29.
151 Confess. 8, 12, 30.
152 Confess. 9, 10, 26.
153 Confess. 9, 2, 2-4. 5, 13; De beata vita 4; De ordine1, 2, 5; Solil. 1, 14, 26.
INTRODUZIONE LXI

straordinaria intensità religiosa: lunghe meditazioni — ordinariamente passa in


con-
meditazione metà della notte! — recita dei Salmi, vibrante desiderio della
templazione, profondo sentimento della propria debolezza, Ce ne informano
concordemente le Confessioni e i Dialoghi. Quelle ci fanno intravvedere i « grandi
un
benefici » che il Signore gli elargi in quel periodo 15 e questi ce ne offrono
saggio nella preghiera premessa ai Soliloqui 1%.
Tornato a Milano, segui la catechesi battesimale, si preparò e ricevette il batte-
simo nella notte del sabato santo (24-25 aprile) del 387. « E fummo battezzati, e
fuggi da noi ogni affanno della vita trascorsa ». Il ricordo di quei giorni gli fu pe-
renne motivo di gioia, di gratitudine e di commozione. « In quei giorni non mi sa-
ziavo di considerare con mirabile dolcezza i tuoi profondi disegni sulla salute del
genere umano. Quante lacrime versate ascoltando gli accenni dei tuoi inni e cantici,
che risuonavano dolcemente nella tua chiesa! » 13,
Poco dopo il battesimo prese, insieme ai suoi, la via del ritorno. Avevano
stabilito di fissare la dimora in Africa, e precisamente a Tagaste, sua patria, e di
vivere insieme nel santo proposito di servire il Signore. Ma a Ostia Tiberina, mentre
si preparavano per partire, la madre mori!8. Prima di soffrire la dolorosa separa-
zione dalla madre, che teneramente amava, Dio concesse ad Agostino di vivere
insieme a lei il momento più intenso (anche se non unico!) della sua vita
spirituale: l’estasi!®,
Le pagine delle Confessioni che la descrivono sono tra le pit belle della lettera-
tura mistica cristiana. Noi le ricordiamo per dire che costituiscono l'apice dell’ascen-
sione verso Dio e quindi dell'evoluzione spirituale di Agostino; una fonte perenne
di luce, di conforto e di commozione nel terreno, operoso pellegrinaggio. Non com-
prende le Confessioni chi non ricorda che Agostino fu un grande mistico, e non
comprende la mistica agostiniana chi non ha meditato lungamente quelle pagine.
Sono esse che ci aiutano a capire il geloso desiderio di solitudine !, di medita
zione !8, di ascesi interiore 18, che le Confessioni ci rivelano, e insieme l’inesauribile
attività ‘apostolica, di cui le Confessioni non ci parlano.

15 De ordine 1, 3, 6.
155 Confess. 9, 4, 71-12
156 Solil. 1, 1, 2-6.
157 Confess. 9, 6, 14.
158 Confess. 9, 8, 17.
159 Confess. 10, 40, 65.
160 Confess. 9, 10, 23-26.
161 Confess. 10, 42, 70.
‘162 Confess. 11, 2, 2-4.
16 Confess. 10, 30, 41-39, 64.
CAPITOLO V

FILOSOFIA

Benché velata nella narrazione autobiografica e nella prospettiva teologico-


mistica, la filosofia — intendiamo questa parola nel significato odierno e non in
quello antico — è presente nelle Confessioni più di quanto si creda. Agostino era
un pensatore troppo profondo per non innervare il racconto dei suoi errori e delle
sue ascensioni spirituali con un preciso tessuto di idee metafisiche. Anzi le Confes-
sioni, pi delle altre opere, ci offrono le dimensioni proprie della filosofia agosti-
niana, che non è solo ricerca intellettuale, ma attività di tutto l'uomo; dell'uomo
che vive, pensa ed ama: ama soprattutto la verità nel cui godimento consiste la
beatitudine.
E' nota infatti l'insistenza del vescovo d’Ippona nell'aspetto catartico della
filosofia e sullo scopo che essa si prefigge, che è quello di sciogliere il problema
fondamentale della vita orientando l'uomo verso il suo fine. Questo consiste nel
possesso della verità, e nel conseguimento della beatitudine. Ma per scoprire la
verità, anche sul piano puramente razionale, occorre grande amore, lungo studio,
sincera umiltà.
Nella prima opera aveva detto all'amico e mecenate Romaniano che non avrebbe
raggiunto il vero se non fosse entrato con tutto se stesso nella ricerca filosofica!;
qui a Roma, poco dopo, aveva scritto che « la sapienza e la verità se non si desi
derano con tutte le forze dell'anima, non si possono trovare in alcun modo »?;
a Tagaste, nel De vera religione, aveva rivolto a tutti il noto ammonimento a non
vagare al di fuori di sé, ma a rientrare in se stessi, perché la verità abita nell'uomo
interiore 3; pit tardi, verso il 410, scriverà al giovane Dioscoro che la condizione
indispensabile per giungere alla sapienza è l'umiltà*.
Le Confessioni sono la pratica attuazione di questo programma. V'è in esse
Agostino che, dominato dall'amore per la verità, la cerca attraverso uno studio
appassionato e tormentoso; e non la trova se non quando s'impegna in un’opera di
purificazione interiore, se non quando riconosce umilmente che al suo pieno pos-
sesso non si giunge senza un aiuto che. venga dall'alto.
Ma nelle Confessioni non v'è solo una propedeutica filosofica. Vi sono i grandi
temi, i grandi principi, le grandi conclusioni della filosofia agostiniana.

1 Contra Acad. 2, 3, 8: Nam ipsum verum non videbis, nisi in philosophiam totus intraveris.
2 De mor. Eccl. cath. 1, 17, 31.
3 De vera religione 39, 72.
4 Ep. 118, 22. Si rilegga il celebre. testo.
INTRODUZIONE LXITI

Si sa che i grandi temi sono due: Dio e l'uomo. Non c'è bisogno di ricordare il
noto passo dei Soliloqui5. Ora sono proprio questi temi che costituiscono l’ordito
su cui è tessuta la trama delle Confessioni. Le quali vogliono chiarire ad Ago-
stino e ai lettori che cosa Dio sia per noi e che cosa noi, piccola particella della
creazione, siamo per Dio $.
Si sa parimenti che i grandi principi della filosofia agostiniana, comunemente
ricordati, sono due: interiorità e partecipazione. Ora, se questi principi trovano
la formulazione più incisiva in altre opere?, nelle Confessioni, dove gli argomenti
della ricerca di Dio, della creazione e della beatitudine sono prevalenti, vengono
ampiamente applicati.
‘ In un opuscolo di qualche anno fa ho indicato un terzo principio fondamen-
tale della filosofia agostiniana, quello del mutabile e dell'immutabile®. Anche di
questo principio v'è nelle Confessioni l'intuizione e l'applicazione.
Si sa infine che il tormentoso problema del male è sempre presente negli
scritti agostiniani. Le Confessioni ci spiegano l'origine che ebbe nella mente di
Agostino, la soluzione errata che ne accettò, quella vera che riusci a trovare dopo
lunghe ricerche.
L'aspetto filosofico delle Confessioni è troppo spesso trascurato. Le pagine
che seguono vorrebbero richiamare su di esso l’attenzione del lettore. Egli si
accorgerà da sé che, se la struttura dell’opera è teologica e mistica, il fondo è
chiaramente filosofico: una filosofia metafisica solida e luminosa.

I FORMAZIONE FILOSOFICA

Prima di tutto le Confessioni ci rivelano la formazione filosofica di Agostino.


La sua conversione — lo abbiamo detto, ma giova ricordarlo — fu la conver-
sione di un grande pensatore. Non esclusivamente, certo; ma essenzialmente.
Come pensatore egli passò dal materialismo manicheo allo scetticismo acca-
demico e da questo allo spiritualismo neoplatonico; per approdare, finalmente,
nel porto della filosofia cristiana, della quale divenne, poi, uno degli artefici più
geniali.

1. «Avevo letto molte opere di filosofi ».

Abbiamo detto sopra che Agostino nacque alla filosofia leggendo l’Ortensio
di Cicerone, Ma se l’Ortensio gli accese in cuore un forte amore per la filosofia,
non gli diede una visione metafisica dell'universo e dell’uomo. Non era questo
lo scopo del libro. Per quanto possiamo giudicare dai frammenti che ci sono

5 Solil. 1, 2, 7: « Desidero conoscere Dio e l’anima. Nulla più? Proprio nulla ».


6 Confess. 1, 5, 5.
1 Per l’interiorità cf. De vera religione 39. 72; De Trinitate 10, 10, 14; 12, 15, 24; De civ.
i Dei 11, 24; per la partecipazione cf. De mor. Eccl. cath. 2, 4, 6; De civ. Dei 8, 10, 2.
A. Trapè, La nozione del mutabile e dell'immutabile secondo S. Ag., in « Quaderni della
Cattedra agostiniana », Roma 1959.
LXIV INTRODUZIONE

restati — la maggior parte ce li ha conservati lo stesso Agostino? — il testo


ciceroniano conteneva, oltre l'esortazione alla filosofia, alcuni principi che dove-
vano servire a guidarne la ricerca, uno soprattutto che Agostino loda molto e
ricorda spesso: velle quod non decet, id ipsum miserrimum est !0.
Trovò invece una chiara dottrina metafisica presso i manichei alla cui setta
aderi poco dopo. Il manicheismo infatti era un sisterna religioso che affrontava,
e a suo modo risolveva, tutti i problemi metafisici, cosmologici ed etici. In meta-
fisica professava il materialismo, il dualismo, il panteismo. Agostino accettò
questa ideologia. Lo abbiamo detto, né occorre ripeterlo !!.
Ma questa concezione metafisica fu accettata al di dentro della religione
manichea, alla quale serviva da sottofondo e da sostegno, non in modo riflesso.
Gli studi propriamente filosofici cominciarono dopo. Le Confessioni ci fanno
sapere: a) che a venti anni lesse le Categorie di Aristotile!2, b) che negli anni
seguenti lesse e capi da solo — come da solo aveva capite le Categorie aristo-
teliche — tutti i trattati delle arti cosi dette liberali che poté avere: retorica,
dialettica, geometria, musica, aritmetica, astronomia!3; c) che lesse e ritenne a
memoria molte opere di filosofi: multa philosophorum !; d) che a 26-27 anni
scrisse un'opera (perduta) su Il bello e il conveniente, primo saggio dei suoi
interessi speculativi 5.
Gli studiosi si sono chiesti da dove Agostino abbia attinto la conoscenza
delle arti liberali, in particolare della filosofia. La risposta non è facile. Giudi-
cando dal De musica, una delle due opere portate a termine e l'unica rimastaci
della vasta enciclopedia che si proponeva di scrivere intorno alle arti liberali,
dobbiamo concludere che la conoscenza che ne ebbe fu vasta e profonda, attinta
ai migliori trattatisti greci e latini. In quest'opera appunto — facciamo solo un
esempio — proponendo un'opinione nuova e rivoluzionaria nella scansione del-
l’esametro rimanda i lettori alla tradizione antica con queste fiere parole: « Leg-
gano i più sapienti autori che in greco o in latino hanno scritto in questa materia
e non si meraviglieranno troppo coloro che per caso ci sentono parlare in questo
modo»!6,
L'opera intorno alla filosofia, già programmata, non fu mai scritta. Occorre
perciò affidarsi allo studio paziente e minuzioso delle fonti, di cui le conclusioni
sono troppo spesso deludenti ed incerte. Dalla conoscenza che Agostino mostra
di possedere circa la storia della filosofia!” e dagli autori che cita si può dedurre
che le sue fonti furono: le opere filosofiche di Cicerone (Lucullus, Disputationes
Tusculanae, De finibus, De natura deorum, De re publica, Academica, oltre
l'Hortensius), le opere di erudizione di Terenzio Varrone (Antiquitates e Disci-
plinarum libri), le Noctes Atticae di Aulo Gellio e i sei grossi volumi, oggi per-
duti, nei quali Celso aveva raccolto «le opinioni di tutti i filosofi... fino ai suoi

9 M. Testarp, Sf. Aug. et Cicéron, I: Cicéron dans la formation e dans l’oeuvre de St.
Aug.; Il: Répertoire de textes, Paris 1958. °
10 De beata vita 10; De Trinitate 13, 5, 8; Ep. 130, 5, 10.
11 Cf. p. XLVI.
12 Confess. 4, 16, 28-29.
13 Confess. 4, 16, 30.
14 Confess. 5, 3, 3.
15 Confess. 4, 15, 27.
16 De musica 5, 5, 10.
17 Cf. Contra Acad. 2, 4, 10-6, 15; Ep. 118; De civ. Dei '8.
INTRODUZIONE LXV

tempi... nominando circa cento filosofi » !8. Il Solignac vi aggiunge l’Introduzione


aritmetica di Nicomaco di Gerasa, pitagorico platonizzante del primo secolo,
che Apuleio avrebbe tradotto in latino, di cui si troverebbero tracce nel rias-
sunto del De pulchro et apto che ci offrono le Confessioni! e, in base al rias-
sunto della storia della filosofia del De Civitate Dei, le Physicae opiniones
di Teofrasto e le Successiones di Sozione ®.
Ma oltre Cicerone, che non è poi, come è noto, un filosofo originale, quali
altri filosofi lesse direttamente prima d'incontrarsi con le opere dei neoplatonici?
Oltre le Categorie lesse altre opere di Aristotile? Lesse qualche opera di Platone?
Lesse i filosofi latini?
Se si parte dal presupposto, comunemente ammesso, ma tutt'altro che certo,
che allora, conoscendo poco il greco, non leggesse se non opere in latino, il
campo di ricerca si restringe. Ma anche cosi la risposta non è facile. Per esem-
pio, lesse Apuleio, il platonicus nobilis, di cui aveva ammirato la statua nel
foro di Madaura? Nella Città di Dio cita di lui il De deo Socratis, il De mundo
e l'Asino d'oro (le Metamorfosi) 2. Possiamo supporre che queste opere le avesse
già lette da giovane, Lesse le opere di Seneca? Dobbiamo fare di nuovo una
supposizione, che però, per un lettore universale com'era Agostino, non do-
vrebbe essere lontana dal vero. Incontrandos i nel 383 con Fausto manicheo
lo giudicò un uomo « che non conosceva le lettere, se si esclude la grammatica »,
e «che aveva letto alcune orazioni tulliane, pochissimi libri di Seneca, qualche
volume di poesia e quei volumi della sua setta che fossero scritti in latino » 93.
Agostino non era certamente nelle condizioni di Fausto. Possiamo concluderne
che già allora la sua erudizione era «tutt'altro che volgare » 24: possedeva quanto
in fatto di arti liberali, particolarmente di filosofia, la letteratura latina gli met-
teva a disposizione, senza escludere che già allora ricorresse, quando lo credeva
opportuno, ai testi greci.

2. «Mi provvedesti alcuni libri dei filosofi platonici».

Partito da Cartagine per Roma e da Roma per Milano, deluso del mani-
cheismo e rivolto verso lo scetticismo, si può credere che Agostino leggesse 0
rileggesse più attentamente gli Academica di Cicerone. Ma quando la sua forma-
zione filosofica ricevette un arricchimento sostanziale e subi una trasformazione
profonda fu, secondo un calcolo probabile, verso il maggio del 386 con la let-
tura delle opere dei neoplatonici. Narrano le Confessioni: « Per il tramite dunque
d'un uomo gonfio d'orgoglio smisurato mi provvedesti alcuni libri dei filosofi

8 De haeresibus, praefat. Il Courcelle (Les lettres greques en Occident, pp. 179-181;


Recherches, p. 158), ritiene che questo Celso sia il Celsino di cui parla il De beata vita
5, da identificarsi con Celsino di Castabala, autore di una Somma delle opinioni di
tutti i filosofi che sarebbe stata iradotta in latino da Manlio Teodoro. L'opinione
comune ritiene che si tratti di Cornelio Celso, indicato dal De haeresibus.
19 Confess. 4, 15, 24.
20 A. io Doxographies et manuels chez St. Ag., in Recherches Aug., I, Paris 1958,
PD. -146.
21 De civ. Dei 8, 12.
2 De civ. Dei 8, 14, 2; 4, 2; 18, 18.
233 Confess. 5, 6, 11.
% H. DreLs, Doxographi graeci, p. 174.
LXVI INTRODUZIONE

platonici tradotti dal greco in latino »?. Le prediche di Ambrogio e le conver-


sazioni col circolo neoplatonico di Milano lo avevano preparato a leggere quei
libri con occhio cristiano. In essi trovò la soluzione — lo abbiamo già detto —
di due grossi problemi che lo tormentavano: la spiritualità dell'essere e l'origine
del male. In essi trovò quei principi metafisici che, da lui approfonditi e chia-
riti, entreranno a far parte di quella filosofia che sarà sostegno e frutto insieme
della fede cristiana.
Intorno a questo fatto, che ebbe un'importanza non fatale, come qualcuno
ama scrivere %, ma certamente grandissima nella storia del pensiero occidentale,
gli studiosi han posto molti problemi e hanno tentato di scioglierli. Il primo verte
sui filosofi dei quali lesse le opere. Plotino? Porfirio? L'uno e l'altro insieme?
Qualcuno ha proposto la prima ipotesi, qualche altro ha sostenuto la seconda.
L'opinione più probabile e più comune è la terza. Il secondo problema è quello
delle opere che lesse. Agostino dice solo che furono poche. Quali in realtà?
Un minuzioso studio di raffronto tra quanto dicono i Dialoghi di Cassiciaco,
le Confessioni e più tardi la Città di Dio ha permesso di stabilire con certezza
o solo con più o meno probabilità che di Plotino lesse: l’Enneade 1, 6 (La bel
lezza); 1, 8 (Quali e donde i mali?); 3, 2.3 (La Provvidenza); 5, /! (Le tre ipostasi
originarie); 5, 2 (Genesi e ordine delle cose dopo il Primo); 6, 4.5 (L'essere pur
essendo uno e identico è, per intero, a un tempo dappertutto); 6, 6 (Numeri);
6, 9 (Il Bene o l’Uno) ed altri trattati più difficilmente determinabili. Di Porfirio
lesse il De regressu animae, L’unità della dottrina di Platone e di Aristotile, La
filosofia degli oracoli, le ’Aqoppai (Sentenze) 31.
Intorno a questo incontro con i neoplatonici gli studiosi pongono altri pro-
blemi che esulano dall’indole di questa introduzione: uno secondario su l'iden-
tità dell’uomo gonfio d'orgoglio che procurò ad Agostino i libri suddetti® e un
altro importantissimo per conoscere l'originalità e l’autentico pensiero di Ago-
stino, cioè su quello che egli accettò delle dottrine neoplatoniche, ciò che respin-
se o che trasformò profondamente.
Durante 14 anni, da quando lesse l’Ortensio fino alla conversione, l'informa-
zione filosofica di Agostino andò sempre crescendo. Questa vasta informazione,
che gli permise di non ignorare nessuno dei grandi problemi metafisici, cosmo-

2 Confess. 7,9, 13.


26 P. Brown, Agostino d'’Ippona, tr. it., Torino 1971, p. 71.
21 P. HENRY, Plotin et l’Occident, Louvain 1934.
28 W. TuHÙeicer, Porfirios und Augustin, Halle 1933.
29 COURCELLE, Lettres grecques, pp. 165 ss.; Recherches, pp. 133-138; J. O'MEARA, The Young
Augustine, London 1954, pp. 133-142: quest’autore insiste maggiormente su Porfirio che
su Plotino.
30 De beata vita 4: lectis autem Plotini paucissimis libris.
31 Cf. CouRcELLE, Recherches, p. 167; SoLIGNAc, Réminiscences plotiniennes et porphirien-
nes dans le début du De ordine de St. Aug., in Archives de philosophie, 20 (1957), pp.
446-465; J. O'MEARA, op. cit.; e Aug. and Neo-platonism, in Recherches Aug., 1 (1958)
pp. 91-111. Quest'ultimo autore sostiene in Porphyry's Philosophy from Oracles in St.
Aug., Paris 1959, l'identità tra il De regressu animae e La filosofia degli oracoli; vedi
a questo proposito la controversia tra l’autore e P. Hapor in Revue des Etudes Aug.,
6 (1960), pp. 205-247.
Il Courcelle con poco favore della critica ha creduto d’identificarlo con Manlio Teo-
doro (Lettres grecques, pp. 126-128; Recherches, 19682, p. 154 e Appendice II, pp. 281-
284; mentre O’Meara, con meno probabilità, pensa a Porfirio, che sarebbe, in tal caso,
un intermediario mediato (The Young Augustine, p. 152).
Brevi accenni in A. CASAMASSA, Le fonti della filosofia di S. Ag., in Acta hebdom. thom.,
1931, pp. 88-96, ripubblicato in Scritti patristici, I, Lateranum, Roma 1955.
INTRODUZIONE LXVII

logici ed etici, unita alla straordinaria forza speculativa del suo pensiero, fecero
di lui un grande filosofo, l'ultimo degli antichi e il primo dei moderni.

II. INTERIORITA'

L'interiorità è il primo grande principio della filosofia agostiniana. Un prin-


cipio che illumina non solo la filosofia, ma anche la teologia, l’ascetica, la mistica
e la pedagogia. Di questo vasto panorama non c’interessa al presente che l'aspetto
filosofico.
Il principio d’interiorità si può enunciare cosi: la verità è presente alla
mente, e la mente non può ignorarla. L’enunciazione più concisa e penetrante
la troviamo, come abbiamo detto, nel De vera religione *; ma le Confessioni
ci dicono quando scopri questo principio e l'applicazione che ne fece allo studio
della memoria e alla ricerca di Dio.
Agostino scopri il principio d'interiorità leggendo i platonici. « Ammonito da
quegli scritti a tornare in me stesso, entrai nel mio intimo... e scorsi con l'occhio
della mia anima... sopra la mia intelligenza, una luce immutabile » 85. Era la luce
della verità. Osservandola attentamente si accorse che possiede caratteri ben
precisi, diversi da tutte le cose mutabili, e molto chiari: è universale ed eterna, cioè
valida in ogni luogo e sempre; è percettibile solo dall'intelligenza, non dai sensi; è
superiore alla mente, che la scopre, non la crea, l'accetta, non la pone; è sottratta ad
ogni possibilità di dubbio e di errore *; è realissima, anche se non si estende nello
spazio; è la luce della Verità che s’identifica con l’Essere??.
In questa luce che splende a tutti — la vedeva anche il cieco Tobia quando
dava al figlio precetti di sapienza* — la mente conosce quanto conosce di
vero. « Se entrambi vediamo che è vero quello che tu dici e quello che dico io,
dimmi di grazia, dov'è che lo vediamo? Non certo tu in me ed io in te, ma entrambi
nella stessa immutabile verità, che sta sopra le nostre intelligenze » 9,
Nonè il caso di svolgere qui tutte le virtualità di questo principio. Chi volesse
approfondirne l'originalità e vedere, per esempio, la distanza che corre tra la
reminiscenza platonica e l'illuminismo agostiniano e come questo non debba
essere interpretato sulla linea dell’ontologismo o delle idee innate dovrà rivolgersi
ad altri scritti agostiniani. Chi invece s’interessa dell'attualità del pensiero ago-
stiniano avrà a disposizione molti studi moderni, alcuni dei quali indicati nella
bibliografia.

3% De vera religione 39, 72: in interiore homine habitat veritas.


35 Confess. 7, 10, 16.
% Confess. 7, 10, 16: Mi sarebbe stato pit facile dubitare della mia esistenza che del-
l’esistenza della verità.
37 Confess. 7, 10, 16: La verità è dunque nulla poiché non si estende nello spazio sia
finito che infinito? E tu mi gridasti da lontano: Anzi io sono Colui che sono.
38 Confess. 10, 34, 52.
3 Confess. 12, 25, 35.
4 Per es. De Trin. 12, 15, 24; Retract. 1, 1, 4. 8, 2 (l’illuminazione opposta alla reminiscen-
za); Contra Faustum 20, 7 (luce creata); De Trin. 4, 2, 4 (partecipazione della luce
increata); De Trin. 12, 8, 14 (vediamo Dio per speculum); De Gen. ad litt. 4, 32, 49 (non
idee preformate, ma conquistate).
LXVIII INTRODUZIONE

Qui diremo solo che questo principio torna nel lungo e appassionato studio
che le Confessioni dedicano alla memoria. L'argomento della memoria metafisi-
camente più approfondito si può leggere nel De Trinitate, dove viene svolta la
dottrina — metafisica appunto — della memoria sui e memoria Dei, che sta alla
base dell'immagine della Trinità nell'uomo 4. Le Confessioni indagano gli immensi
recessi della memoria per scoprirvi quanto vi è presente, e trovano che vi sono
presenti i corpi attraverso le loro immagini, le affezioni dell'animo attraverso inde-
finibili nozioni o notazioni; vi sono presenti anche le scienze, come la matematica,
la geometria, la dialettica, ma non attraverso le loro immagini o notazioni, bensi
per se stesse; parimenti per se stessa vi è presente la verità, da cui dipende il
desiderio, che tutti hanno, della beatitudine. Colpito da stupore per tante ric-
chezze, se ne esce in quella celebre espressione:« E vanno gli uomini ad ammirare
le vette dei monti, le onde enormi del mare, le correnti amplissime dei fiumi...;
e trascurano se stessi, e non ammirano il fatto che... (queste cose) non le avrei
nominate se non la avessi viste nella mia memoria » #3. E' il richiamo all'interiorità.

III. Dio

Dio è il punto di partenza e il punto d'arrivo del pellegrinaggio interiore de-


scritto dalle Confessioni. Punto di partenza e di arrivo. E° infatti presente e assen-
te: se non fosse presente non si potrebbe conoscere, se non fosse assente non si
potrebbe cercare. Ma poiché, nel dialogo, lo conosciamo e lo cerchiamo, Egli è
insieme presente ed assente. Quel dialogo che costituisce la forma o genere lette-
rario in cui le Confessioni si esprimono e che ne anima tutto il contenuto.

1. La ricerca di Dio

L'ascesa verso Dio non è mai per Agostino un esercizio puramente intellet-
tuale. Meno ancora nelle Confessioni, Ma l'elemento intellettuale non manca mai.
Neppure nelle Confessioni. Ed è quello che qui interessa.
E’ noto che l'itinerario agostiniano ha tre momenti: le creature visibili, l’io
interiore, Dio. Va cioè dalle realtà esteriori a quelle interiori e da queste a quelle
superiori. Agostino percorse questo itinerario molto spesso. Ce ne danno testimo-
nianza i suoi scritti*. Tra i quali le Confessioni. Anzi le Confessioni lo ripercor-
rono pi volte, con sfumature diverse, ma con intento uguale. Vale la pena di
raccoglierne le idee essenziali e di ordinarle. Si avrà un itinerario di profonda
intuizione metafisica,
Cominciamo con un testo celebre, dove alla metafisica si unisca la poesia e la
mistica. Agostino chiede alle creature che gli parlino di Dio. « Interrogaila terra...

41 Cf. A. Trapè - M.F. Sciacca, Introduz. a La Trinità, NBA 4, Città Nuova, Roma 1972.
4 Confess. 10, 8, 12-24, 35.
4 Confess. 10, 8, 15.
4 Cf. De libero arbitrio 2, 3, 7-15, 39; De vera religione 29, 52-39, 73; Enarr. in ps. 41, 7-8;
Serm. 41, 1-3; In Io ev. tr. 20, 12, 13; De civ. Dei 8, 6; ecc.
INTRODUZIONE LXIX

inierrogai il mare... interrogai il cielo, il sole, la luna, le stelle... ». É tutte rispo-


sero: « Non siamo noi il tuo Dio ». Agostino conclude: « Interrogai sul mio Dio la
mole dell'universo, e mi rispose: “Non sono io, ma è Lui che mi fece” ». Interro-
gare l'universo altro non è che fissare su di esso la propria attenzione, e la rispo-
sta dell'universo altro non è che la sua stessa natura che si manifesta all'attento
osservatore. Agostino lo nota esplicitamente. « Le mie domande erano la mia
contemplazione, le loro risposte, la loro bellezza » £.
Ma questo non spiega ancora perché le cose con la loro bellezza, cioè con
la loro natura, proclamino di non essere Dio, ma di procedere da Dio. La spiega-
zione viene data altrove. « Ecco, il cielo e la terra esistono e gridano che sono
stati creati. Infatti vanno soggetti a mutazione e variazione. Ora, tutto ciò che
non è stato creato e tuttavia esiste, non ha nulla in sé che non avesse prima, ché
questo significa appunto andar soggetto a mutazione e variazione. Gridano anche
che non si sono creati da sé.... E la voce con cui parlano è la stessa evidenza » *,
Vi sono in questo passo due affermazioni importanti: v'è la ragione ultima
della risposta delle cose sensibili, cioè la loro mutabilità, che è segno evidente
di creaturalità; e v'è un altro principio supremo della filosofia agostiniana, dal
quale dipende il valore e la forza di questa ragione.
Il principio è questo: l'essere per essenza, quello cioè che esiste in forza della
sua stessa natura, è immutabile. E’ immutabile, perché ha la pienezza dell'essere,
è assoluto, è infinito; non può quindi né perdere né acquistare alcuna perfezione.
La conseguenza diventa inevitabile: ciò che muta — 0 può mutare — è un essere
non per essenza, ma per partecipazione: esiste, cioè, in forza di una causa che lo
chiama all'essere, non in forza della sua stessa natura.
Ho esposto altrove la portata di questo principio. Le Confessioni lo enun-
ciano e se ne servono per salire a Dio, per affermare la dottrina della creazione e
per distinguere tra Dio e le creature, evitando cosi ogni forma di panteismo.
« Esaminai le altre cose che sono sotto di te, e vidi che né esistono del tutto, né
non esistono del tutto. Esistono, in quanto derivano il loro essere da te; non
esistono, in quanto non sono quello che sei tu. Infatti esiste veramente soltanto
quello che esiste immutabilmente » 8.
Enunciato questo principio e riconosciuta per suo mezzo la voce dell'uni-
verso, Agostino avrebbe potuto concludere la sua ricerca di Dio. Invece no. Torna
in se stesso e cerca dentro di sé, E' il secondo gradino dell'ascesa. « Allora mi ri-
volsi a me stesso. Mi chiesi: “Tu chi sei?” e risposi: “un uomo”. Dunque, eccomi
formato da un corpo e da un'anima, l'uno esteriore e l’altra interiore. A quale.
dei due chiedere del mio Dio...? ». Certamente all'elemento interiore, perché ad
esso i sensi del corpo riferiscono le loro sensazioni. Esso dunque è superiore al
primo 9.
Ma l’anima ha diverse funzioni? vivifica il corpo, sente per mezzo del corpo,
conserva le immagini che le sensazioni le trasmettono, ragiona, pensa. Lasciando
da parte le prime funzioni, che sono comuni anche alle bestie, Agostino sale fino
alle ultime, che appartengono alla parte piu alta dell'anima, che è la mente. Nella

4 Confess. 10, 6, 9.
% Confess. 11, 4, 6.
41 A. TRAPÈ, op. cit., pp. 33-77.
® Confess. 7,11, 17.
4 Confess. 10, 6, 9.
LXX INTRODUZIONE

mente, che ragiona e pensa, si accoglie l’interiorità propria dell’uomo. In questa


interiorità egli entra per cercare il suo Dio. Entra ed osserva. Osserva che la
mente, ragionando, giudica della bellezza, della bontà, della verità delle cose
secondo principi che non giudica, ma che scopre; che non discute, ma accetta.
Avverte parimenti che la mente è mutabile: vuole e disvuole; sa, non sa; passa
dall’ignoranza alla scienza, dal dubbio alla certezza. Eppure, per quanto mutabile,
giudica secondo principi immutabili. Questo fatto desta in Agostino — e non solo
in lui — un profondo stupore. La ricerca dunque continua.
Sale dalla facoltà razionale della mente a quella intellettiva. E° questa che
intuisce i principi secondo i quali la ragione giudica. Ora, nell’intuirli, nel ricono-
scerli veri, e perciò irrecusabili, l'intelligenza avverte di essere illuminata da quella
luce di verità di cui si è parlato sopra; una luce che ha caratteri ben diversi da
quelli delle cose materiali e mutevoli: non è corporea, ed è reale; è presente alla
mente ed è superiore ad essa. Non resta dunque che salire ancora, seguendo questa
luce; salire sopra di sé, verso la fonte da cui la luce intellettuale si accende. Quella
fonte è Dio, l’Essere per essenza.
«Nel cercare la ragione per cui apprezzavo la bellezza dei corpi... la spiega-
zione dei giudizi che formulavo giudicando, scoprii al di sopra della mia mente
mutabile l'eternità immutabile e vera della verità. E cosi salii per gradi dai corpi
all'anima... dall'anima alla sua potenza interna. Di qui poi salii ulteriormente
all'attività razionale; ma poiché anche quest’ultima mia attività si riconobbe mu-
tevole, si sollevò fino all’intelletto, e si sottrasse alle turbe dei fantasmi... per sco-
prire quale lume la irradiasse quando, senza esitazione alcuna, proclamava essere
l'immutabile preferibile al mutabile... Giunse così in un impeto di trepidante vi-
sione all’Essere stesso » 90.
Questo in breve l'itinerario dell'anima a Dio secondo l’esperienza agostiniana
descritta nelle Confessioni. Maggiori approfondimenti il lettore li può trovare
nei luoghi citati sopra3, particolarmente nel De libero arbitrio e nel De vera reli-
gione, due opere anteriori alle Confessioni 2.
Qui aggiungeremo soltanto che Agostino circa l’esistenza di Dio raggiunse l’evi-
denza. « Mi sarebbe stato più facile dubitare della mia esistenza che dell’esistenza
della Verità, la quale si scorge comprendendola attraverso il creato » 53. Non si
tratta evidentemente di un'intuizione immediata, ma, come conferma questo stesso
testo con la citazione paolina, d'una ascesa, il cui ultimo passo si impone con la
forza dell’evidenza: se esistono le verità, esiste la Verità.

2. Nozione di Dio

Dio è l’essere immutabile, Agostino aveva raggiunto questa nozione quando si


dibatteva ancora nelle spire della concezione materialistica. « Ti credevo con tutta
l’anima incorruttibile, inviolabile, immutabile. Pur ignorandone la causa e il
modo, riconoscevo chiaramente e sicuramente l’inferiorità d'una cosa corruttibile

50 Confess. 7, 17, 23.


51 Cf. nota 44.
52 C'è, su questo argomento, una copiosa bibliografia che il lettore può vedere nella nota
bibliografica.
53 Confess. 7, 10, 16.
INTRODUZIONE LXXI

rispetto ad una incorruttibile... e ritenevo le immutabili superiori alle mutabili » #.


Letti i neoplatonici e scoperta quella causa e quel modo, scopri anche che Dio,
essere immutabile, è l'essere semplice, l'essere vero, l'Essere.
Tu solus es, quia solus simpliciter es. Infatti l'essere immutabile esclude
ogni distinzione ira la sostanza e gli accidenti, tra ciò che ha e ciò che è. Non
aveva intuito questa sublime verità quando a vent'anni lesse le Categorie di
Aristotile 6. La intui leggendo i neoplatonici. Ne concluse che solo l'essere immuta-
bile è l'essere vero. Id vere est, quod incommutabiliter manet . La ragione è che
l'essere immutabile è l'essere senza aggiunte, l'ipsum esse.
Agostino è lieto di trovare questa dottrina nella Scrittura della quale ama
usare il linguaggio: la trova nell’Esodo 8 e crede di trovarla nei Salmi®. L'idipsum
dei Salmi fu oggetto di lunghe meditazioni e ardenti sospiri a Cassiciaco 9, offri
la definizione di Dio in un'opera scritta a Roma®, divenne d'allora in poi l’espres-
sione preferita, perché ravvicinata all’Ego sum qui sum dell’Esodo, che resta, in
questa materia, il testo scritturistico fondamentale. Le Confessioni li ricordano
spesso ambedue ®. Come pure ricordano un terzo testo scritturistico, che si avvi-
cina a quelli esprimendo non meno di quelli l'immutabilità divina: Tu sei sempre
lo stesso 8. Anzi le Confessioni ci offrono l'esempio del più ardito virtuosismo ver-
bale a cui sia giunto Agostino parlando di Dio: Dio non aliquo modo est, sed est
est 4. Dio non è in una certa misura, ma è senza misura, è l'E’'. «Come ti chiami,
o Dio, Signore nostro? Mi chiamo E’. Ma che significa mi chiamo E'? Significa
che permango in eterno, che non posso mutare. Infatti le cose che mutano non
sono, perché non permangono » 8.
Da queste parole sembrerebbe doversi concludere alla negazione della realtà
delle cose. Invece no. Agostino vuol dire e dice soltanto che le cose create non
sono quello che è Dio, e perciò sono e non sono: sono, perché hanno ricevuto l’es-
sere e le perfezioni da Dio — negare queste perfezioni sarebbe fare ingiuria al
Creatore — ma non sono, perché non hanno l’essere vero, pieno, autentico, che è
proprio solo di Dio. « Osservando poi tutte le altre cose poste al di sotto di te,
scoprii che né esistono del tutto né non esistono del tutto. Esistono perché deri-
vano da te; e non esistono perché non sono ciò che sei tu». Infatti non sorio
immutabili 6. Dunque, considerate in sé, sono; paragonate a Dio, non sono,

4 Confess. 7, 1,1.
55 Confess. 13, 3, 6.
5 Confess. 4, 16, 28-29. Sull’identità in Dio di essere, vivere, intendere ed essere
beato cf. Confess. 1, 6, 10; De civ. Dei 8, 6; De Trin. 6, 4, 6; In Io ev. tr. 90, 10, 4.
E’ una dottrina frequente ed insistente in Ag. come riflesso delle fatiche che sof-
ferse per conquistarla.
5 Confess. 7, 11, 17
58 3, 14: Ego sum qui sum... qui est misit me ad vos.
59 4, 9: In pace in idipsum; 121, 3: cuius participatio eius in idipsum, secondo la ver-
sione della ‘Vetus Latina e della Volgata.
60 Confess. 9, 4, 11. .
61 De moribus Eccl. cath. 1, 14, 24: nihil aliud dicam esse nisi idipsum esse.
62 Confess. 7, 10, 16; 12, 7, 7.
63 Salmo 101, 28; cf. Confess. 1, 6, 10. È leo
6 Confess. 13, 31, 46. Questa lezione dello Skutella, suffragata da molti testi agostiniani
in cui Dio è chiamato est (cf. Serm. 6, 3; Enarr. in ps. 101, s. 2, 10; ecc.) è da prefe-
rirsi a quella dei Maurini.
65 Serm. 6, 3.
6 Confess. 7,11, 17. È
6 Cf. Enarr. in ps. 134, 4. Per questo argomento cf. A. TRAPÈ, op. cit.; V.J. BOURKE,
Augustine’s View of Reality, Villanova University 1964; E. GILSON, Philosophie et Incar-
nation selon St. Aug., Univ. de Montreal 1947.
LXXII INTRODUZIONE

Questo confronto tra Dio e le creature serve ad Agostino per mettere in rilievo
l'ineffabilità divina, di cui è un convinto ed ammirato assertore®. Per questo
abbina gli attributi divini più apparentemente opposti e stringe in un medesimo
giro di frase l'attribuzione a Dio delle perfezioni create e la negazione del modo
che ne costituisce il limite creaturale. Ve n'è un bell'esempio nelle Confessioni:
il lettore non ometterà di rileggerlo ®.
Appunto la via per giungere a concepire le perfezioni divine è proprio questa:
affermare in Lui le perfezioni delle creature, negare il limite che è in esse, elevare
quelle perfezioni all'infinito. E’ la triplice classica via dell’affermazione,della nega-
zione, dell’eminenza, che Agostino percorre tanto spesso. Ecco un testo in cui la
profondità del pensiero è pari allo slancio mistico e alla bellezza poetica.
«Tu dunque, Signore li hai creati (il cielo e la terra), tu che sci bello, poiché essi
sono belli; tu chesei buono, poiché essi sono buoni; tu che sei, poiché essi sono.
Ma non sono cosi belli, cosi buoni né sono come sei tu, loro creatore, al cui con-
fronto non sono belli, né sono buoni, né sono. Sappiamo queste cose: ne siano
rese grazie a te. Ma la nostra scienza paragonata alla tua è ignoranza » 0.
Il vescovo d'Ippona più che dalle creature in genere sale a Dio dalle ric-
chezze interiori dell'uomo che riassume quelle perfezioni e le supera. L'uomo in-
fatti è, pensa ed ama; ha la possibilità perciò di salire a Dio secondo la triade di
essere, verità e amore. La nozione più completa di Dio è quella che comprende
insieme queste perfezioni. Dio è l'Essere, la Verità, l'Amore, o meglio, poiché queste
tre perfezioni sono una nell'altra, è «l'eterna Verità, la vera Carità, la cara
Eternità » 31,
Da questa triade nasce il principio di partecipazione, che prende anch'esso,
nella enunciazione piena, una forma triadica. Viene enunciato, con maggior preci-
sione, nel De civitate Dei?; ma trova un'ampia applicazione anche nelle Confes-
sioni, soprattutto a proposito della creazione e della beatitudine.

3. Creazione

La creazione è una verità centrale della filosofia cristiana, ma è anche una


verità difficile. Appartiene alla fede e alla ragione insieme. Difatti Agostino la
difende contro i manichei, che erano panteisti, con le armi dell'una e dell'altra.
Non la difende contro i neoplatonici, perché ritiene che questi l'’ammettano. Con-
tro di loro difenderà — lo vedremo fra poco — la creazione nel tempo.
L'autore delle Confessioni legge la Scrittura e vuol capire come Dio in prin-
cipio creò il cielo e la terra, Al termine della lunga ricerca, confessa di aver rag-
giunto con ogni certezza tre grandi verità, che sono: a) Dio solo è eterno, perché
Dio solo non è soggetto a mutazione; b) tutte le cose che non sono ciò che Dio è,

6 Cf. su questo argomento: Ep. 130, 28 (sulla docta ignorantia); Ep. 120, 13 (sulla nostra
scienza di Dio che non è piccola cosa se sappiamo almeno ciò che Dio non è); e
soprattutto il De Trin.-5, 1, 2. 3, 4; 7, 4, 7; 15, 2, 2 (sulla distanza che corre tra la
parola e- il pensiero, il pensiero e la realtà divina).
6 Confess. 1, 4, 4.
70 Confess. 11, 4, 6.
7 Confess. 10, 10, 16.
® De civ. Dei 8, 10, 2: « Dio è causa dell’universo creato, luce della verità da conoscere,
fonte della felicità da raggiungere».
73 De Genesi ad litt. 1, 14, 28.
INTRODUZIONE LXXIII

eppur sono, hanno ricevuto l'essere da Dio; c) nessuna creatura, anche la


più perfetta, anche se sottratta per dono di grazia alla mutabilità, è coeterna
a Dio". Sa altresi che Dio ha creato tutte le cose nel suo Verbo. « Con questa
Parola coeterna con te, dici tutto insieme ed eternamente ciò che dici, ed è
fatto tutto quello che tu dici sia fatto. Non in altro modo, se non con la tua
Parola tu crei; ma non per questo sono create tutte insieme ed eternamente le
cose che tu dicendo crei». Dio crea tutto con una sola ed eterna parola. Nel-
l’azione creatrice di Dio c’è l'eternità, la simultaneità, la totalità. Nelle creature
invece la temporalità e la successione. Come ciò? Agostino confessa di vederlo
in qualche modo, ma di non saperlo esprimere. Avanza questa risposta, che è
giustissima: «Ogni essere che comincia e finisce, comincia e finisce quando la
tua ragione eterna riconosce che doveva cominciare o finire, la tua ragione ove
né comincia né finisce nulla » 9%,
Ma da dove Dio hacreato il cielo e la terra? La risposta più breve e più tagliente
a questo fondamentale problema la troviamo nel De actis cum Felice M., che
sono di poco posteriori all’inizio, se non alla fine, delle Confessioni, « Non dalla
sua sostanza, né da qualcosa che egli non avesse fatto, ma dal nulla». Nelle
Confessioni in una forma più ampia, ma non meno chiara la stessa risposta:
« Hai creato il cielo e la terra, ma non dalla tua sostanza, perché in tal caso
sarebbero stati uguali al tuo Unigenito, e quindi a te... D'altra parte fuori di te
non esisteva nulla da cui potessi trarre le cose... Perciò creasti dal nulla il
cielo e la terra »8.
-Le ipotesi possibili sull'origine delle cose sono tre: emanatismo, dualismo,
creazionismo. Le due prime sono inaccettabili alla ragione e alla fede. La terza
è suffragata dall'una e dall'altra. Il creazionismo non è una verità facile, ma le
altre sono apertamente assurde. Suppongono infatti che le cose mutabili abbiano
la stessa natura di Dio, che è immutabile (emanatismo), o che fuori di Dio,
che è l’Essere stesso, e indipendentemente da lui, vi siano cose che abbiano
l'essere (dualismo).
Ma che significa creare dal nulla? Agostino non lascia senza risposta nep-
pure questa domanda. Nota prima di tutto la differenza tra la creazione e la fab-
bricazione. Dio non opera come un artefice umano. Questi fa qualcosa da un
qualcosa che non ha fatto, infonde cioè in un corpo, che già preesiste,
l’idea della sua mente, trasformandolo”. Non cosi Dio. Dio fa insieme l'opera
e ciò da cui trae l'opera, cioè, in termini aristotelici, che sono anche termini
agostiniani, la materia e la forma®. La materia è «l’'infimo degli esseri», è
«un quasi nulla» 0, se si potesse dire, «un niente qualcosa »; ma anch'essa è
stata creata da Dio8!. Non creata prima, ma insieme con la forma. Se ha su di

9 Confess. 12, 11, 11.


15 Confess. 11, 7, 9.
® Confess. 11, 8, 10.
TT De actis cum Felice M.2, 19.
8 Confess. 12, 7, 7.
79 Confess. 12, 5, 7.
80 De Gen. ad litt. 1, 15, 29; De vera relig. 18, 35, 36.
81 Confess. 12, 6, 6.
LXXIV INTRODUZIONE

questa una priorità, è priorità di origine, non di tempo; quella stessa che corre,
per esempio, tra .il suono e il canto®.
Perciò creare dal nulla significa fare le cose secondo tutte le componenti
della loro natura, di maniera che non ci sia in esse alcunché che non dipenda
dall'azione del loro fattore.

4. Trascendenza ed immanenza divina

La dottrina della creazione include e chiarisce quella della trascendenza e


dell'immanenza divina, cosi cara al vescovo d’Ippona. In un momento decisivo
della sua evoluzione intellettuale, quando, accolto l'invito dei neoplatonici, rien-
trò in se stesso e scorse la luce intelligibile che ne illuminava il pensiero, osserva
che quella luce «era più in alto di me, poiché fu lei a crearmi e io più in
basso, poiché fui da lei creato »%. Questo duplice aspetto di presenza e di
assenza, d'interiorità e di superiorità lo esprime spesso nello stesso giro di
frase con singolare efficacia. Dio è in noi e sopra di noi: è «remotissimo e
presentissimo » 8, « altissimo e vicinissimo » 85, « più intimo della mia parte più
intima e più alto della mia parte più alta»%, «interno ed esterno »8. Tutto
ciò trova fondamento e spiegazione, dicevo, nel fatto della creazione. « Senza
intervallo o spazio di luoghi, con la sua immutabile ed eccelsa potenza, Dio è il
più interno di ogni cosa, perché tutte le cose esistono in lui, ed è il più esterno,
perché al di sopra di tutte le cose. Cosi pure... con la sua immutabile eternità
è il più antico di tutte le cose, perché è prima di tutte, ed è il più nuovo,
perché è dopo tutte »8, Questo linguaggio non nasce dall'ambiguità, ma dalla
sintesi del pensiero, che stringe insieme, come nei fuochi di un'immensa ellisse,
l'immutabile e il mutabile, l'eternità e il tempo. Chiedersi se il pensiero ago-
stiniano sia teocentrico o antropocentrico significa porre un problema inesatto
e superfluo: è l'una e l’altra cosa insieme. Anche come filosofo, Agostino non vede
mai l'uomo lontano da Dio né Dio lontano dall'uomo: «Io non sarei, Dio mio, non
sarei affatto, se tu non fossi in me; o piuttosto non sarei, se non fossi in te...
Anche questo è vero, Signore, anche questo » 89. Perfino nel caso drammatico del
peccato, noi siamo in Dio pur non essendo con Dio. « Eri con me — dice a
Dio ripensando con dolore alla vita passata — eri con me e non ero con te.
Mi tenevano lontano da te le tue creature, inesistenti se non esistessero in
te». Dio infatti è in tutti «con la presenza della divinità », ma non in tutti
«con la grazia dell’inabitazione » 9.

8 Confess. 12, 29, 40. Sul difficile tema della materia informe le Confessioni registrano
le esitazioni che soffri Ag. per giungere a concepirla e la nozione che né raggiunse
meditando sulla mutabilità delle cose. Cf. Confess. 12, 6, 6: « E’ la mutabilità stessa delle
case mutabili suscettibile di tutte le forme in cui si trasforma tutto ciò che è muta-
11 ».
83 Confess. 7, 10, 16.
84 Confess. 1, 4, 4.
85 Confess. 6, 3, 3.
86 Confess. 3, 6, 11.
87 Confess. 9, 4, 10.
8 De Gen. ad litt. 8, 26, 48.
89 Confess. 1, 2, 2.
9% Confess. 10, 27, 38.
9 Ep. 187, 5, 16.
LXXV

A parte la condizione del peccatore di cui parleremo più avanti, Dio è


nell'uomo e l'uomo in Dio. Dio è nell'uomo secondo quella triplice forma di
partecipazione creatrice di cui abbiamo parlato poco sopra, in quanto rende
partecipe l'uomo della forza dell'essere, della luce del sapere e del calore del
l'amore; e l'uomo è in Dio perché cercando l'eternità, la verità e l’amore cerca
— lo sappia o non lo sappia — Dio, e perché in Dio esistono le « ragioni eterne »
secondo le quali è stato creato ed opera. Ciò vale di tutte le cose, delle quali può
e deve dirsi che sono in Dio e che Dio è în loro. Dio è nelle cose perché è «la
sostanza creatrice del mondo, che regge senza fatica e contiene senza onere »?.
e le cose sono in Dio, perché in Lui « stanno le cause di tutte le cose instabili
e le origini immutabili di tutte le cose mutabili, e vivono eterne le ragioni di tutte
le cose irragionevoli e temporali» 93.
Tra questi due poli del pensiero agostiniano corre dunque una profonda sim-
biosi, se cosi si può dire, che non sfocia mai nel panteismo, a causa appunto
della dottrina della creazione che, insieme all'immanenza, esige e fonda la tra-
scendenza. Le Confessioni, che ci offrono l'esempio agostiniano piu bello, sul
piano filosofico-teologico-mistico, di quella simbiosi, ci offrono anche l'esposi-
zione più ampia di questa dottrina.
E ne scioglie le difficoltà. Queste pullulavano e pullulano dalla coesistenza,
che sembra impossibile, tra l'eternità e il tempo. Contro la creazione nel tempo,
insegnata dalla fede cristiana, si appuntavano infatti le difficoltà sia dei mani-
chei, che insegnavano l’emanatismo, sia dei neoplatonici che sostenevano —
secondo l'opinione che ne aveva Agostino — la creazione ab aeterno. In fondo
la difficoltà era una sola, che prendeva però due forme: una popolare — propria,
penso, dei manichei — e una strettamente filosofica, propria dei neoplatonici.
La prima consisteva nel chiedere — non si sa se in tono di scherno o sul
serio — che cosa facesse Dio prima di creare il mondo; la seconda nel dichiarare
che l'eternità divina e la creazione nel tempo sono inconciliabili, perché questa
importerebbe inevitabilmente una mutazione in Dio,
Alla difficoltà nella prima forma — su cui non ama scherzare, ma che prende
sul serio — risponde che Dio ha creato anche il tempo e che precede il tempo
non col tempo, ma con l'eternità. Non c'era dunque un prima, né un allora
quando non c’era il tempo. Spiega poi la differenza che corre tra il fulgore del-
l'eternità, dove tutto è stabile, e la fugacità del tempo, dove tutto passa, con-
cludendo che la difficoltà proposta non nasce dall’intuizione della ragione, ma
dal giuoco della fantasia*%. Già all’inizio delle Confessioni aveva tentato di
spiegare che l'eternità abbraccia tutti i tempi e che attraverso il suo giorno
immutabile e sempre presente passano i mostri giorni che vengono e vanno.
Tentato di spiegare, ho detto; perché la verità è tanto sublime che solo pochi
arrivano a comprenderla. «Che posso farci io, se altri non comprende? »91.
Qui come altrove Agostino sa di raggiungere vertici inaccessibili ai più, e

9 Ep. 187, 4, 14.


9 Confess. 1, 6, 9.
% De civ. Dei 11, 4, 2.
95 Confess.. 11, 10, 12.
% Confess. 11, 10, 12-13, 16.
% Confess. 1, 6, 10.
98 De Trin. 1, 3, 6.
LXXVI INTRODUZIONE

ammonisce il lettore ad esercitarsi lungamente prima di tentare la scalata.


Alla difficoltà nella seconda forma risponde che la volontà divina è immu-
tabile come la sostanza divina con cui si identifica e che perciò «non vuole
ora una cosa, ora un'altra, ma in una volta sola, tutte insieme e per sempre
vuole tutte le cose che vuole». Questa risposta .viene approfondita nella Città
di Dio. La creazione nel tempo non importa nessuna mutazione in Dio, perché
Dio «sa agire riposandosi e riposare operando e può applicare ad un'opera
nuova un piano non nuovo, ma eterno »: il prima e il poi non stanno in Dio,
ma nelle cose, le quali, essendo temporali, hanno appunto un prima e un poi!%,
Ma la difficoltà più grande Agostino la trova nel capire la natura del
tempo. Prima però di seguirlo nelle sue lunghe meditazioni, che sono, per comu-
ne consenso, tra le più profonde e più belle di quante ne sono state scritte
sull'argomento, vorremmo fermarci a fare un'osservazione. Il vescovo d'Ippona
ha tenuto sempre unito e ha illustrato ampiamente il binomio Dio e uomo, non
limitandosi a mettere insieme affermazioni di origine diversa e in sé contrad-
dittorie, ma operando una sintesi che ne mostra la profonda, anche se miste-
riosa, armonia nella dottrina della creazione. Da quando, insistendo esclusiva-
mente o eccessivamente su uno dei due termini, è stata perduta di vista questa
sintesi, il binomio ha ceduto il posto al dilemma e il dilemma ha imposto una
scelta, che è stata o la teologia senza l'antropologia o l'antropologia senza la
teologia. Il pensiero moderno si dibatte, oggi soprattutto, in questo dilemma.
Le Confessioni possono aiutarci a capire che l'impostazione è sbagliata: il
dilemma non c'è.

5. Il tempo

Ma veniamo alle difficoltà sul tempo. Le Confessioni ne affrontano l'argo-


mento col celebre paradosso: «Che cos'è il tempo?.. Se nessuno m'interroga,
lo so; se volessi spiegarlo a chi m'interroga, non lo so »!%. In realtà il tempo è
«un complicatissimo enigma » !9, Una cosa è certa: che non ci sarebbe il tempo
se non ci fosse il movimento. Infatti, «se nulla passasse non ci sarebbe il
tempo passato; se nulla arrivasse non ci sarebbe il tempo futuro; se nulla esi-
stesse non ci sarebbe il tempo presente». Ma il passato non è più, il futuro
non è ancora, il presente, se fosse sempre presente, non sarebbe più tempo, ma
eternità. In tanto dunque è presente in quanto « tende a non essere ». Ma come
possiamo dire che il presente è «se la causa del suo essere sta nel dover non
essere? »193,
Che cos'è dunque il tempo? Non certamente «il moto del sole, della luna
e degli astri», come aveva sentito dire da «una persona dotta»!%; e neppure
il moto dei corpi in genere, perché il moto dei corpi si misura col tempo; non

9 Confess. 12, 15, 18.


100 De civ. Dei 12, 17, 2.
101 Confess. 11, 14, 17.
102 Confess. 11, 22, 28.
103 Confess. 11, 14, 17.
10 Confess. 11, 23, 29. E' l'opinione che si trova in molti filosofi antichi. Quale sia la
persona dotta da cui l’abbia sentita ripetere o l’autore in cui l’abbia letta è pressoché
impossibile stabilirlo.
INTRODUZIONE LXXVII

è dunque il tempo. Agostino invece vuol conoscere l'essere oggettivo del tem-
po — vim naturamque temporis — con cui misuriamo il movimento e diciamo,
per esempio, che questo dura il doppio di quello !. Si volge perciò all’animo
e in esso trova veramente ciò che altrove aveva cercato invano: il passato, il pre-
sente, il futuro o, per parlare propriamente, « il presente del passato, il presente
del presente, il presente del futuro »: « Il presente del passato, vale a dire la
memoria, il presente del presente, cioè l'intuizione, il presente del futuro, cioè
l'attesa » 16. Il tempo dunque non è altro che una « distensione » 107; una disten-
sione dell'animo che aspetta, intuisce e ricorda !®.
Sciolta cosi la prima questione riguardante la natura del tempo, era più
facile sciogliere la seconda, sul come si misura il tempo. E’ certo che non
si può misurare ciò che non è. Ora, come si è detto, il passato non è, il futuro
non è, il presente non ha estensione. Come dunque si misura il tempo? Agostino
risponde: « E' in te, o anima mia, ch'io misuro il tempo » 10. Infatti nell'anima
è presente il ricordo del passato, l'attesa del futuro, l’attenzione del presente.
Ma il presente trascorre dal futuro verso il passato. L'attenzione dunque del
presente abbraccia il ricordo e l'attesa. Perciò dura. La durata di questa atten-
zione è la durata del tempo. « Il futuro, che non esiste, non è lungo, ma un
lungo futuro è la lunga attesa del futuro; cosi non è lungo il passato, che non
esiste, ma un lungo passato è la lunga memoria del passato ». Se canto una
canzone «la mia attività si distende in due sensi, nella memoria, per ciò che
ho cantato, e nell'attesa, per ciò che sto per cantare: presente è però la mia
attenzione per la quale il futuro si traduce in passato »10,
A questo punto sulla considerazione filosofica s’innesta una stupenda consi
derazione ascetico-mistica circa la « distensione » 0 « distrazione » del tempo e la
necessità di aderire a Cristo per evadere dal tempo e ritrovare unità e stabilità !!!.
Ne parleremo più avanti.
Non c'è bisogno di dire che le pagine delle Confessioni dedicate al tempo
si prestano per utili considerazioni comparative con la dottrina di filosofi
antichi e moderni. Con quella di Aristotile e di Plotino, per esempio, o di Kant
e di Heidegger. Ma un simile raffronto, per quanto allettante, esula troppo dai
limiti di questa introduzione. Dirò solo che anche per Agostino il tempo, pur
non essendo a livello delle cose, ma a livello dell'animo, è fondamentalmente
misura del moto. Dove non ci fossero mutazioni non ci sarebbe tempo. Infatti
due cose, che stanno agli estremi opposti della scala degli esseri, Dio ha creato
esenti dal tempo, anche se non coeterne a sé: una, esente dal tempo, perché
resa partecipe della immutabilità divina di modo che, pur essendo di natura
mutabile, di fatto non muta; l’altra, perché è solo, di per sé, capacità di muta-
zione: non potrebbe mutare di fatto, e quindi non potrebbe andar soggetta al
tempo, se non fosse congiunta alla forma. Queste due cose sono gli Angeli beati
e la materia informe!,

105 Confess. 11, 23, 30.


106 Confess. 11, 20, 26.
107 Confess. 11, 26, 33. Distensione nel senso etimologico di « stendere, estendere». E’ la
Sukotaotg di Plotino (Enn. 3, 7, 11).
108 Confess. 11, 28, 37.
109 Confess. 11, 26, 36.
110 Confess. 11, 28, 38.
Ul Confess. 11, 29, 39.
12 Confess. 12, 9, 9. 11, 12. 12, 15. 19, 28; 13, 10, 11. Per i numerosi studi su quest’impor-
tante argomento vedi la nota bibliografica.
INTRODUZIONE

IV. L'uomo

L'altro fuoco dell’ellisse intorno alla quale gira, come si è detto, tutto il
pensiero agostiniano, è l'uomo. Le Confessioni, senza essere un trattato di
antropologia, illustrano il mistero, la natura, le aspirazioni dell'uomo.

1. Mistero

Il vescovo d'Ippona è pieno di stupore di fronte al fatto dell’esistenza,


all'enigma della morte, agli abissi della memoria, alla varietà spesso contraddit-
toria dei sentimenti umani, al fulgore della verità che illumina la mente.
Pensando alla sua origine, chiede a Dio, anche se teme che Dio lo derida,
da dove egli, Agostino, sia venuto in questa non sa se chiamarla « vita mortale
o morte vitale ». Confessa di non saperlo 183. Parimenti confessa di non sapere
se prima di apparire nel seno materno sia stato in qualche altra parte, sia
stato qualcuno 114. Non si tratta, ben inteso, d'incertezza di pensiero circa l'ori-
gine dell'uomo e dell'anima, ma meraviglia per il fatto di essere, di cominciare
ad essere. Che l'Essere infinito sia, si comprende; come si comprende che sia
eterno. Ma l'essere finito, l'essere mutevole, che è e non è, costituisce, per il
fatto. stesso della sua esistenza, un intricato enigma. Su di esso la dottrina
della creazione getta una luce dall'alto.
Un altro enigma, non meno intricato, è la morte. Contemplò la triste realtà
della morte sul volto dell'amico a 22 anni e sul volto di sua madre a 33: due
persone profondamente anche se diversamente amate. In questo secondo caso il
mistero della morte si presentò illuminato dalla luce della fede e il dolore fu lenito
dalla speranza; ma nel primo si presentò nella sua realtà drammatica, senza
speranza, e l'animo ne fu sconvolto al punto da diventare un grosso problema
a se stesso. Factus eram ipse mihi magna quaestio 155, Tutto gli divenne odioso,
anche ta luce: l'unico conforto, il pianto. Questa profonda esperienza, descritta
con tanta vivacità dopo tanti anni, gli rese familiare la considerazione del tempo
che fascia di mistero la vita, e della morte. Le cose infatti « nascono e muoiono
e, nascendo, cominciano in un certo modo ad esistere, e crescono per giungere
al loro compimento e, giuntevi, invecchiano e muoiono. Non tutte invecchiano,
ma tutte muoiono. Nel nascere, dunque, e nel tendere verso l'essere, quanto più
rapidamente crescono, per essere, tanto più si affrettano verso il non essere.
Tale è la loro condizione » 10.
Una condizione esistenziale che non induce, però, alla disperazione e al
pessimismo. Se infatti le cose temporali sono sospese su gli abissi del nulla,
se il tempo le corrode inesorabilmente, l’azione creatrice di Dio le riscatta e le
fa essere. Perciò Agostino è ben lontano dal pessimismo, anzi è pieno di stupore
per le meraviglie delle creature, specialmente per l'uomo, che ne è il corona

—t13 Confess.
114 Confess.
115 Confess.
116 Confess.
T 7
INTRODUZIONE LKXKXIX

ioni sulla memoria!I. Aggiun-


mento. Abbiamo accennato sopra alle meditaz
memori a egli confessa di non riu
giamo qui che di fronte alla potenza della
tanto essa è grande. « La facoltà della memoria
scire a comprendere se stesso
mio, la sua infinita e profonda
è grandiosa. Ispira quasi un senso di terrore, Dio
io stesso. Che cosa sono, dunque,
complessità. E ciò è lo spirito, e ciò sono
? Una vita varia, moltepl ice, immensa » 18 «Im
Dio mio? Qual è la mia natura
sono » 19.
realtà io non riesco a comprendere tutto ciò che
nel cuore dell'uomo.
Altro motivo di stupore i sentimenti che si agitano
indecifr abili. A questo proposito Agostino. ha
Sono molti, contrastanti, spesso
essione ammira ta dagli psicolo gi: Grande profundum est ipse
coniato un'espr
solo il Signore conosce il fondo,
homo. L'uomo è un abisso, un mistero di cui
egli che dell'uomo enumera persino i capelli. « Eppure, aggiunge il Santo, è
i sentimenti ed i moti del cuore » 10, 4
più facile contarne i capelli che
pagine delle Confessioni, quelle
scandagliare questo abisso contribuiscono molte
del profon do e delicat o sentimento dell'amicizia 121,
in particolare che trattano
del contrasto tra le gioie oneste
della psicologia dei vizi!2, delle compassioni !8,
le « due » volontà Ia, del bisogno
e le afflizioni malvagie !%, dell'opposizione tra
natura dell'a more, a cui si riducono in defi-
inconsapevole di amare !%; e della
nti umani !8.
nitiva tutte le virtà e tutti i vizi, anzi tutti i sentime
stupore che colpi
Finalmente le Confessioni ci narrano il sentimento di
la luce intelle ttuale che ne
Agostino quando, rientrando in se stesso, scopri
permet te all'uo mo di supera re la muta-
illuminava il pensiero; quella luce che
è immers o, e di conosc ere la verità, che è immutabile.
bilità del tempo, in cui
che lo stupor e si trasfo rmò in contem plazio ne e che la contem-
Abbiamo detto
si sa, in un insucce sso,
plazione provocò quel tentativo di estasi terminato, come
ma non per questo, inutile o poco importante 129,

2. Natura

molto. Per
Sulla natura del composto umano le Confessioni non ci dicono
ricorrere ad altre opere agostinia ne. Vale la pena di
questo argomento occorre
qui che nelle relazioni tra l'anima e il corpo il vescovo d'Ippona corregge
notare
sia l'appartenenza
e supera decisamente le posizioni neoplatoniche, Aifendendo

117 Cf. p. LXVIII.


18 Confess. 10, 17, 26.
Di a Sd TP
13, 2. 3-1 ralers
onfess. 4,
M. A. Mc NAMARA, L’Amicizia
121 Ome 4, 4, 7-12, 18. Sull’amicizia cf. il bello studio di
cristiana, antologia
in S. Ag., trad. ital., ed. Ancora, Milano 1970 e S. Ag, L’Amicizia
ad uso del Liceo Clas-
delle opere, testi raccolti ed annotati a cura di L. F. PrzzoLato
sico, Paravia, Torino 1973.
12 Confess. 2, 5, 10-6, 13.
123 Confess. 3, 2-4.
14 Confess. 10, 28, 39.
125 Confess. 8, 5, 10. 9, 21-10, 24.
16 Confess. 3, 1, 1: Nondum amabam et amare amabam.
127 Confess. 13, 9, 10. . . NENTI
In quest ultimo testo la
18 Cf, De mor. Eccl. cath. 1, 15, 25; De civ. Dei 14, 6; 15, 22.
virtà è definita ordo amoris.
129 Vedi sopra p. LIII.
LXXX INTRODUZIONE

del corpo alla natura dell'uomo sia l'unione, che possiamo chiamare sostanziale,
tra i due elementi che lo compongono 1%.
In quanto alle Confessioni, ci narrano la scoperta dell’uomo creato ad im-
magine di Dio secondo l'anima, non secondo il corpo!31, e la raggiunta con-
vinzione dell'unità dell'anima stessa contro il materialismo e il .dualismo mani.
cheo. I manichei traevano dalla lotta tra la carne e lo spirito, di cui parla
l’Apostolo (Gal 5, 17; Rom 7, 15-24), la ‘conclusione che nell'uomo vi sono due
anime, una buona ed una cattiva. Agostino aveva accettato questa comoda
soluzione. Ma alla vigilia della conversione si accorge dell'errore. Sperimenta in
sé «due» volontà, una che vuoie liberarsi delle passate consuetudini e l’altra
che non vuole, ne sente il contrasto, se ne stupisce, si chiede ripetutamente
quale ne sia la causa — «da dove questa assurdità e perché? »!12 — ma
respinge con sdegno la soluzione proposta. Si tratta evidentemente, dice, d'una
sola anima in balia di volontà diverse. « Ero io a volere, io a non volere; io,
io ero » 133,
Insieme ‘all'unità dell'anima . Agostino conquistava la nozione della libertà,
quella libertà per cui l’uomo è responsabile del male e del bene che compie.
Di questa verità fondamentale che fu uno dei cardini della sua lotta contro i
manichei e, sotto altro aspetto, contro i pelagiani, le Confessioni ci narrano
la scoperta.
Sentiva dire da Ambrogio che la causa del male che facciamo — il pec-
cato — sta nella libera determinazione della nostra volontà e la causa del
male che subiamo nel giusto giudizio di Dio. Rifletteva molto su questa dottrina,
ma non riusciva a convincersene. Ora gli sembrava di capire, ora no. Di una
cosa però era certo come era certo di vivere: che possedeva una volontà, Sen-
tiva che era lui a volere quando voleva, lui a non volere quando non voleva:
da questo cardine della libertà aveva origine il peccato. «In ogni atto di con-
senso o di rifiuto ero certissimo di essere io, non un altro, a consentire e a
rifiutare, e qui era la causa del mio peccato » 13.
Questa libertà, che è responsabilità dei propri atti, difenderà poi tenace-
mente contro i manichei e conserverà intatta, parlando della grazia, nella con-
troversia con i pelagiani. Il punto che gli restava ancora oscuro era l'origine
di quella lotta tra lo spirito e la carne affermata tanto vigorosamente da S. Paolo
e da cui partivano i manichei per difendere il loro assurdo dualismo. Ma sulla
libertà come responsabilità non c'erano dubbi.

190 Chi separa il corpo dalla natura dell’uomo è un insipiente (De anima et eius origine
4, 2, 3). L'uomo infatti è «una sostanza razionale composta di anima e di corpo »
(De Trin. 15, 7, 11; De civ. Dei 13, 24, 2): l’anima è nata per informare il corpo
(De Gen. ad titt. 7, 27, 38) a cui partecipa non solo il movimento e la vita, ma l’es-
sere stesso (De immort. animae 15, 24). L'unione tra il corpo e l’anima è tanto mira-
bile che la mente ricuserebbe di ammetterne la possibilità se l'esperienza non ne
provasse il fatto (Ep. 137, 11). Non il corpo dunqueè il carcere dell'anima, ma il corpo
corruttibile (De civ. Dei 13, 16, 1; Enarr. in ps. 141, 18-19); cf. HIFRONYMUS DE PARISIIS,
De unione animae cum corpore in doctrina S. Aug., in Acta hebdom. augustinianae
thomisticae, Roma 1931, pp. 271-311; Cir. Coururier, La structure métaphysique de
l'homme d'après st. Aug., in Augustinus Magister, Paris 1954, I, pp. 543-550 (l’unità
della natura umana non è né accidentale né sostanziale, ma ipostatica: due nature e
una persona, la persona dell’anima); R. Fiorfz, Las dimensiones del hombre agu-
stiniano, piani 1958, pp. 153-172 (opta per la formula unione vitale).
131 Confess. 6 3, 4; vedi sopra p. X.
132 Confess. 8,
133 Confess. 8 10, 22-24.
134 Confess a 5.
INTRODUZIONE

Questo passo delle Confessioni sulla libertà, scritto quando Agostino aveva
già raggiunto, come diremo, la nozione del primato assoluto della grazia, può
offrirci la chiave per capire e interpretare giustamente il futuro polemista anti-
pelagiano.

3. Aspirazioni

Se sul composto umano le Confessioni, che considerano in concreto l'uomo


Agostino, non ci dicono molto, ci dicono molto sulle aspirazioni che nutre.
Anzi, questo argomento ne costituisce, si può dire, il tema centrale. Un tema enun-
ziato con quelle celebri parole di apertura che esprimono un'esperienza univer-
sale: Fecisti nos ad te et inquietum est cor nostrum, donec requiescat in te,
Parole che rivelano la costituzione stessa dell'uomo nella cui natura sono iscritti
l'orientamento e la tensione verso Dio. Non qualcosa di superficiale o di soppri-
mibile, ma di profondo e di essenziale, che tocca la struttura metafisica della
natura umana.
Agostino aveva scritto nei Soliloqui: « Ogni essere capace di amare, ama, lo
sappia o non lo sappia, Dio » 1%. E' il motivo di fondo su cui si svolge la sinfonia
delle Confessioni. La spiegazione di questo principio sta nel concetto dell'amore
e della beatitudine che le Confessioni, appunto, ci offrono.
L'amore infatti opera nell'animo come il peso nei corpi. Come il peso i
corpi, cosi l'amore porta l'animo verso il proprio luogo. E come i corpi sono
inquieti finché non lo trovano, cosi l'animo. « Il nostro riposo è il nostro luogo.
Là ci solleva l’amore»! Ora, quale sia questo luogo dove solo può trovar
quiete l'animo umano si scopre analizzando il desiderio della felicità che tutti
possiedono.
Se tutti vogliono essere felici, tutti hanno la nozione della felicità. Ma come
ce l'hanno, e che cosa è la felicità? Agostino, che s'era occupato di questo argo-
mento nel De beata vita — la prima, tra le opere rimasteci, che portò a com-
pimento — e poi nel De moribus Eccl. cath.18 e mel De libero arbitrio 19,
scrivendo le Confessioni cerca la nozione della felicità nella memoria, dove, se
tutti la possiedono, deve pur trovarsi. Ma come si trova nella memoria? Non
certo comeil ricordo di cose percepite con i sensi, né come il ricordo dei numeri
— nessuno infatti che ha la nozione dei numeri cerca ancora di possederli — né
come il ricordo dell’eloquenza, che si desidera perché si ammira negli altri.
Forse come il ricordo della gioia? Precisamente. Ma gioia di che? Gioia della
verità. Beata quippe vita est gaudium de veritate. La vita beata è il godimento
della verità 1%.
E’ la celebre definizione agostiniana della felicità che supera la distinzione
su cui tanto si è insistito, tra intellettualismo e volontarismo, indicando nel-

135 Confess. 1, 1, 1.
136 Solil. 1, 1, 2.
137 Confess. 13, 9, 10.
138 De mor. Eccl. cath. 1, 3, 4-5.
1399 De libero arb. 2, 13, 35-36.
140 Confess. 10, 23, 33.
LXXXII INTRODUZIONE

l’unità indivisibile della conoscenza e dell'amore la natura stessa dello spirito


umano. L'uomo infatti è, conosce e ama; «e poiché ama la conoscenza e
conosce l’amore, il verbo è nell'amore e l'amore nel verbo e tutti e due nello
spirito amante e conoscente » 11,
Dove trovano dunque gli uomini la nozione della felicità? Dove trovano la
nozione della verità. « Amano infatti la verità, poiché non vogliono essere
ingannati; e amando la felicità, che non è se non il godimento della verità,
amano certamente anche la verità, né la amerebbero senza averne una certa
nozione nella memoria » 12,
Nella memoria. Le Confessioni annunciano qui la dottrina della memoria
che sarà svolta ampiamente nel De Trinitate: una dottrina metafisica, origina-
lissima, strettamente legata a quella dell'illuminazione, che è un caposaldo,
com'è noto, della filosofia agostiniana. Cercando infatti dove abbia trovato Dio
per conoscerlo, Agostino risponde: in te, sopra di me!4. E’ la dottrina ricordata
altrove!*, il cui principio era stato già proposto nelle celebri parole del De vera
religione 145 e che sarà fissata in un passo non meno celebre del De Trinitate 16
e in un altro meno conosciuto, ma non meno importante, delle Ritrattazioni19.
Come dunque oghi uomo ha la nozione della verità, cosi ha la nozione della
beatitudine. Ma la verità è Dio. Chi ha trovato la verità ha trovato Dio, « Dove
ho trovato la verità ho trovato il mio Dio, la verità stessa, di cui non mi sono
dimenticato dal tempo in cui l’ho conosciuta »!8. Ne segue che non c'è altra
felicità per l’uomo fuori di. Dio. « Questa è la felicità, godere in te, di te, per
te: questa, e non ve n'è altra » 19. Ne segue altresi che, siccome Dio è presente,
ma è anche assente allo spirito, il desiderio della beatitudine diventa ricerca
inconsapevole di Dio, invocazione costante della verità, dell'eternità, dell'amore.
Nasce cosi quel dinamismo essenziale dello spirito che non s'arresta finché
non abbia raggiunto l'approdo. V'è in questa dottrina quella radicalità meta-
fisica che non ammette sostituzioni. Nulla può saziare lo spirito fuori di Dio.
Versa et reversa... et dura sunt omnia, et tu solus requies 15, L’insaziabilità psi-
cologica è rivelatrice della costituzione metafisica.

V. IL MALE

Ma questa insaziabilità iscritta nella costituzione stessa dello spirito, è


attraversata dall'esistenza del male: un fatto tristissimo e innegabile che costi
tuisce un angoscioso problema, anzi, si può dire, il problema dei problemi.

14 De Trin. 9, 10, 15.


14 Confess. 10, 23, 33.
143 Confess. 10, 26, 37.
14 Vedi p. LXX.
145 De vera religione 39, 72.
146 De Trin. 14, 15, 21.
147 Retract. 1, 8, 2. Per una breve sintesi sulla dottrina agostiniana dell’illuminazione vedi
il nostro articolo alla voce S. Agostino in Bibliotheca Sanctorum, 1. Per gli autori
che ne hanno parlato più ampiamente (GILson, Boyer, JoLiveT, CaAyRé, ScIaccA) e le
loro rispettive interpretazioni, vedi nota bibliografica.
14 Confess. 10, 24, 35.
14 Confess. 10, 22, 32.
150 Confess. 6, 16, 26.
INTRODUZIONE LXXXIII

Chi non lo sente non è uomo, chi non lo studia non è filosofo, chi non ne trova
la soluzione nell'insegnamento del Vangelo non è cristiano.
Agostino lo senti profondamente e se ne occupò per tutta la vita. Prima
della conversione per trovarne la soluzione, dopo per difendere la soluzione
trovata — quella cristiana — contro i manichei e contro i pelagiani, che ave-
vano, su questo argomento, soluzioni opposte. Per gli uni il male era tanto
grave da doversi ammettere, per spiegarne l'origine, il principio eterno del
male; per gli altri aveva tanto poco rilievo da non doversi ricorrere al peccato
originale per spiegarne l'origine, né alla redenzione per superarne la forza.
Gli uni perciò negavano la libertà, gli altri la necessità della grazia. Le Confes-
sioni, scritte quando la lotta contro i manichei volgeva al termine e quella con
i pelagiani non era ancora cominciata, ma quando i temi fondamentali intorno
alla grazia erano stati già chiariti, ci offrono una sintesi della dottrina agosti-
niana che può aiutarci a capire quella illustrata diffusamente in tante opere
polemiche.

1. Nozione del male

Prima di tutto la nozione del male. Abbiamo detto che leggendo i neopla-
tonici Agostino si accorse sia dell'errore di metodo che dell'errore di fondo dei
manichei. Capi che la prima questione da sciogliersi non era quella dell'origine,
ma quella della natura del male e capi che il male non è una sostanza, ma un
difetto, una privazione. Gli apparve allora, finalmente, l'assurdità metafisica
della soluzione manichea. « Mi si rivelò nettamente la bontà delle cose corrut-
tibili, che non potrebbero corrompersi né se fossero beni sommi, né se non
fossero beni. Essenda beni sommi, sarebbero incorruttibili; essendo nessun bene,
non avrebbero nulla in se stesse di corruttibile. La corruzione infatti è un dan-
no, ma non vi è danno senza una diminuzione di bene. Dunque o la corruzione
non è danno, il che non può essere, 0, com'è invece certissimo, tutte le cose che
si corrompono subiscono una privazione di bene. Ma private di tutto il bene
non esisteranno del tutto ». Infatti il male non può esistere sia nel bene sommo,
perché è perfetto, sia nel nulla, perché non è affatto. Ma le cose che sono
tra l'essere sommo ed il nulla — le cose create — sono limitate e perciò
corruttibili. « Dunque tutto ciò che esiste è bene, e il male, di cui cercavo l'ori-
gine, non è una sostanza, perché, se fosse tale, sarebbe bene: infatti o sarebbe
una sostanza incorruttibile, e allora sarebbe inevitabilmente un grande bene;
o una sostanza corruttibile, ma questa non potrebbe corrompersi senza essere
buona » 151,
Ne segue che il male non ha una sua causa efficiente, ma deficiente; dipende
cioè dall'imperfezione delle creature (male fisico) o dall'abuso della volontà
umana, libera ma defettibile (male morale).

151 Confess. T, 12, 18. Della dipendenza della dottrina agostiniana, sia .per la questione di
metodo che di fondo, da Plotino, cf. Enn. 1, 8. Occorre però aggiungere che attra-
verso la dottrina cristiana della creazione Agostino supera nettamente su questo
punto il dualismo platonico («la materia per sua natura cattiva »).
LXXXIV INTRODUZIONE

2. Il male e l'ordine

Perciò l'esistenza del male, sia fisico che morale, non è un argomento
contro l’esistenza di Dio come sostenevano i manichei, perché Dio non fa il
male, ma lo permette e, permettendolo, lo fa rientrare nell'ordine. Il male
dunque non sfugge al piano della provvidenza divina, ma vi rientra.
Non è difficile comprenderlo per il male fisico, che è male nei confronti
di alcuni esseri, ma non lo è nei confronti di altri; perciò non lo è nei
confronti del tutto. La morte dell’antilope, per esempio, è la vita del leone.
Ne segue che esso — il male fisico — non impedisce l'ordine dell'universo, ma
contribuisce a crearlo. « Non esiste il male in tutto il creato, fuori del quale
non esiste nulla che possa irrompere e corrompere l'ordine che vi hai impo-
sto » 152 E’ ripresa qui la tesi già esposta nel De ordine dove leggiamo: « Non
concepisco che vi sia cosa fuori dell'ordine... Nell’ordine dunque rientrano
e il bene e il male »!3. Perciò occorre lodare Dio per tutte le sue opere, grandi
e piccole.
Piu difficile capire come il male rientri nell'ordine quando si tratti del male
morale, il peccato. Il peccato sembra essere un male assoluto che non rientri,
che non possa rientrare nell'ordine. Eppure no. Anche il peccato vi rientra.
Ecco, a questo proposito, un solenne, luminoso principio agostiniano: « Dio (è)
ordinatore e creatore di tutte le cose esistenti nella creatura, ma dei peccati
è soltanto ordinatore » 15. Principio espresso poco dopo, in un’altra opera, con
queste altre parole che illuminano le prime: «Dio (è) creatore ottimo delle
cose naturali; dei peccatori, invece, ordinatore giustissimo »155.
Agostino comprese anche questa verità alla vigilia della conversione: « Capii
per esperienza che non è cosa sorprendente, se al palato malsano riesce una
pena il pane, che al sano è soave; se agli occhi offesi è odiosa la luce, che ai
vividi è amabile ». La giustizia divina è sgradita ai malvagi, come «le vipere
e i vermiciattoli» sono sgraditi alla nostra sensibilità; ma come questi rien-
trano nell'armonia universale. « Ricercando perciò, continua, l'essenza della mal-
vagità, trovai che non è una sostanza, ma la perversione della volontà; la quale
si distoglie dalla sostanza suprema, cioè da te, Dio, per volgersi alle cose più
basse e, vuotandosi d'ogni interiore virtii, si gonfia al di fuori » 1%.
Ma questa soluzione metafisica, che Agostino difenderà, cominciando col
De moribus Eccl. cath., contro i manichei, non poteva bastare. La presenza
del male nel mondo è troppo grande e contrasta troppo profondamente con le
pi vere e le più autentiche inclinazioni dell'uomo. Il quale cerca la vita e
incontra sui suoi passi, inesorabilmente, la morte; ama la verità e incontra
tanto spesso, involontariamente, il dubbio, l'ignoranza, l'errore; vuole la giu-
stizia e si sente inclinato tanto fortemente, suo malgrado, all’iniquità.
Anche questo problema assali Agostino prima della conversione e contribui
a ritardarne il cammino. Era inevitabile. La raggiunta nozione del peccato
quale opera della libera volontà umana spiegava molto, ma non spiegava tutto.

152 Confess. 7, di 19.


153 De ordine 1, 15-16.
154 Confess. 1, "î 16.
155 De Gen. ad litt.vi 14, 37.
156 Confess. 7, 16,
INTRODUZIONE LXXXV

Pensava: Dio è certamente buono e giusto; se è buono, perché tanti mali sul
collo dell'uomo, quelli soprattutto che, come l'ignoranza e la debolezza (ignorantia
et infirmitas), interessano l'intelligenza e la volontà? Se poi questi mali sono
opera della sua giustizia, quale la causa di questo castigo e perché? !5î La risposta
a queste domande la trovò nella dottrina cattolica del peccato originale e della
redenzione; dottrina a cui accennerà poi, nella lotta contro i manichei e che
difenderà diffusamente e tenacemente nella controversia con i pelagiani.
Con questo il problema del male si trasferisce dalla filosofia alla teologia:
è la ragione umana che, riconoscendo i suoi limiti, attende la risposta della fede;
l’attende, l’ascolta e cerca di capirla.

VI. LA PEDAGOGIA

Ma prima di passare ad esporre la teologia delle Confessioni dobbiamo fare


un cenno del contenuto pedagogico.
La pedagogia trova il suo posto naturale tra le scienze filosofiche. Suppone
infatti una filosofia e parte da essa per stabilire le leggi dell'educazione. Anche
in questo Agostino è maestro. La sua dottrina pedagogica è la necessaria conclu-
sione di quella filosofica e si presta molto bene per un confronto istruttivo con
la pedagogia antica e moderna. Molti studiosi l'hanno considerata in questa
prospettiva 18,
Naturalmente le Confessioni non sono l'unica opera agostiniana di conte-
nuto pedagogico. Importanti a questo riguardo il De ordine!%, con la precetti
stica sulle condizioni e il metodo dello studio, il De doctrina christiana 19, sulla
cultura e sull’eloquenza cristiana, e soprattutto il De magistro e il De catechizan-
dis rudibus, che espongono rispettivamente il principio del maestro interiore 16!
e quello dell'amore !8, che sono i due principi fondamentali della pedagogia del
vescovo d'Ippona.

157 Confess. 7, 3, 5.
158 Fu questo il programma della Settimana agostiniana pavese del 1970; cf. S. Agostino
educatore, Pavia 1971
Studi generali: le opere fondamentali di H.-J. Marrou, Sf. Augustin et la fin de la cul-
ture antique, Paris 1949 (per l'educazione culturale, sapienzale e cristiana); Storia del-
l'educazione nell’antichità, trad. ital., Roma 1950; cf. anche E. OccIoNI, Sant'Agostino
filosofo e pedagogista - Saggi - Padova 1949; L. "R, PATANÈ, Il pensiero pedagogico di
S. Ag., Patron, 1967; più indietro negli anni: F.X. EGGERSDORFER, Der heilige Augustinus
als Paedagoge... Friburg i.B. 1907 (che divide il suo studio in due parti: periodo filo-
sofico e periodo teologico).
159 De ordine, 2, 8,
160 I primi tre libri trattano della cultura cristiana, il quarto, scritto molto più tardi,
dell’eloquenza cristiana.
16 Cf. M. Casorti, I! De magistro di S. Agostino e il metodo intuitivo, in S. Agostino,
2

«XV Centenario della morte », Milano 1931; L. DE SIMONE, JI «maestro interiore »


di S. Ag. o l'anamnesi platonica, in Giornale critico della filosofia ital., 1923; d Se
NELLA, La funzione del maestro e la verità interiore nella dottrina di S.
Ag. e le grandi correnti della filosofia contemporanea, Tolentino 1954, pp. 383.389.
16 G. NEGRI, La disposizione del contenuto dottrinale del De catechizandis rudibus in
N

S. Ag., Roma 1961 (estratto di una tesi di laurea presso il Salesianum); R. CORDOVANI,
Il De RAlRERZZAZIO rudibus di S. Ag. - Questioni di contenuto e di stile, in Augusti:
nianum, 6 (1966), pp. 489-527; IipeM, Le due città nel De catechizandis rudibus di
S. Ag., in Augustinianum 7 (1967), pp. 419-447; IpEM, Lo stile del De catechizandis rudi-
LXXXVI INTRODUZIONE

Le Confessioni hanno il vantaggio di mostrarci in concreto l’esempio del-


l'educazione religiosa impartita a Monica e di quella culturale ricevuta e impartita
da Agostino. Da questi esempi emergono alcuni importanti principi, che vale la
pena di mettere in rilievo. Tra gli altri questi: scopo dell'educazione è quello di
rendere non piacevole quello che non è onesto; la cultura è un bene, ma
dev'essere ordinata alla sapienza; la libera curiositas è pit efficace della costrizione;
le bellezze corporee devono essere scala alla bellezza spirituale increata. Diamo uno
sguardo più da vicino a questi principi.

1. L'educazione di Monica

Si sa che le Confessioni ci offrono densi ed efficaci cenni biografici di


Monica —-e di questo tutti i lettori ne sono grati ad Agostino — anche se, pur-
troppo, a scapito di altre notizie che pur avremmo desiderato avere. In que-
sti cenni egli mette in rilievo l'educazione cristiana ricevuta nella famiglia,
che era esemplarmente cristiana, per opera soprattutto di un'austera vecchia
domestica. Questa non permetteva che la fanciulla prendesse alcunché, nep-
pure l'acqua, fuori dell'ora dei pasti. E ne dava la ragione: oggi l’acqua,
diceva, domani, sposate e padrone della dispensa e della cantina, dall'acqua
passerete al vino, Suo scopo era quello di frenare l’ingordigia di quella tenera
età in modo che non le fosse gradevole ciò che non fosse onesto, ut iam nec libe-
ret quod non deceret !83, Forse quella domestica non avrebbe saputo formulare
con tanta brevità ed efficacia un simile principio di.pedagogia, ma ad esso, ricca
com'era di sapienza cristiana, s’ispirava. Questo principio contiene e implicita
mente enuncia tre profonde verità: a) nell'uomo esiste un contrasto tra il bene
piacevole e il bene onesto; b) questo contrasto dev'essere superato e ricom-
posto nell'unità; ma non trasformando in bene onesto ciò che è solo bene piacevole,
bensi non perseguendo come piacevole ciò che non è onesto; c) la via per superare
il contrasto è il costante dominio di sé, la mortificazione cristiana, l'acquisto
delle buone abitudini, che rendono facili e piacevoli le cose a cui si riferiscono;
mentre le abitudini cattive creano la dura servitus. Ne abbiamo parlato sopra a
proposito di Agostino !@.
Cresciuta a quesia scuola, Monica fu una sposa e una madre di altissime
virti. Nei riguardi del marito, uomo affettuoso, ma iracondo e libertino, usò
l'arma della pazienza, della preghiera e del silenzio. Un silenzio che sapeva
esporre però, al momento opportuno, le proprie ragioni !5. Volle, d'accordo in ciò
con Patrizio, anché se per ragioni diverse; volle, dico, che Agostino seguisse la car-
riera degli studi: era convinta che gli studi lo avrebbero condotto a Dio 1%,
Ciò che Monica sperava per il figlio, questi, scrivendo le Confessioni, lo erige
a principio universale.

bus di S. Ag., in Augustinianum, 8 (1968), pp. 280-301; L. OcGIONI, Il problema dell’edu-


cazione religiosa: la ricerca del metodo didattico (De catech. rud.), in S. Ag. educatore,
Pavia 1971, pp. 77-98.
163 Confess. 9, 8, 17.
16 Vedi p. LIX.
165 Confess. 9, 9, 19-20.
166 Confess. 2, 3, 8.
INTRODUZIONE LX

2. Giudizio su la cultura classica

Parlando infatti della cultura classica che aveva imparato a scuola, ne rico-
nosce l'utilità, ma ne condanna la distorsione dei fini. Questi non sono la vanità
o il successo, ma l'utilità stessa degli studi e la sapienza, Perciò coloro che lo
costringevano a studiare contro voglia facevano male, non perché lo costringes-
sero a studiare, ché dallo studio gli sarebbe derivato un bene; ma perché lo
costringevano a studiare per motivi esteriori e falsi, che erano quelli di « sa-
ziare le insaziabili cupidigie della miseria che sembra ricchezza e di un'infamia
che sembra gloria ». Egli stesso, studiando contro voglia, faceva male, non per-
ché studiasse, ma perché studiava contro voglia. Dal suo male però Dio ricavava
un bene!9, Divenuto professore, non disgiunse mai la cultura letteraria dalla
sapienza: insegnava retorica, ma con l'intento di aiutare gli alunni a salire verso
la sapienza. Le Confessioni ci tramandano un episodio significativo. Agostino a
scuola spiega un testo, non sappiamo quale. Per rendere più piacevole e più chiara
la sua idea, prende il paragone dai giochi del circo. Quel paragone gli offre l’op-
portunità di sferzare le vittime di quella follia: lo fa con parole mordaci. Alipio,
che era entrato per pura curiosità, ascoltò quelle parole, che non erano rivolte
a lui, ne fu scosso e si liberò da quell'insana passione da cui era dominato !®.
Nel De ordine dirà al discepolo Licenzio: « Sai che nella scuola io di solito
ero mosso alla nausea dal fatto che i giovanetti erano spinti a studiare non dal-
l'interesse e dalla nobiltà dell’apprendere, ma dall'amore di una vuota lode »!9.
Suo programma dunque era quello d’'inculcare agli alunni l'amore per l’uti-
lità e la nobiltà delle lettere. Tale resta anche dopo la conversione nell'educazione
che imparti ai religiosi, ai chierici, ai giovani. Interessante a questo proposito
la lettura della Lettera 118 al giovane Dioscoro, il quale, proponendogli « innume-
revoli» questioni di grammatica, di letteratura e di filosofia, aveva mostrato di
possedere una gran dose di vanità!®,

3. La libera curiositas e la coercizione

Ma nell’insegnamento Agostino non ama la coercizione, anche se ne ricono-


sce il valore disciplinare. Il ricordo della terribile ferula del maestro gli restò
sempre amaro !!, Da fanciullo si crucciò, si ribellò, ma inutilmente. Non sapeva
capire perché i genitori e gli adulti ridessero sulle busse che buscava dai mae-
stri!?2. Le Confessioni ci indicano un principio opposto al metodo della coerci-
zione. Pensando al perché da fanciullo amasse il latino e odiasse il greco, trova
la spiegazione nel fatto che il latino lo aveva imparato « senza bisogno d'intimi-
dazioni e torture, anzi fra le carezze di nutrici, festevolezze di sorrisi e allegria
di giochi. Dunque lo imparai — continua — senza il peso di castighi e sollecita-
zioni, perché il mio cuore stesso mi sollecitava a dare alla luce i suoi pensieri».

167 Confess. 1, 12, 19.


168 Confess. 6, 7, 12.
160 De ordine 1, 10, 30.
170 Cf. A. Trapè, L'azione educativa di S. Agostino, in S. Ag. educatore, pp. 19-39.
171 De civ. Dei 21, 14; Serm. Guelferb. i, 11, in Miscellanea Agostiniana, I, p. 450.
‘ 172 Confess. 1, 9, 14-15.
LXXXVIII INTRODUZIONE

Da questo fatto trae il seguente limpido principio didattico: « Per imparare que-
ste nozioni val più la libera curiosità che la pedante costrizione »173,
La stessa conclusione deriva da un altro fatto: dall'entusiasmo che susci-
tavano in lui gli « errori di un certo Enea» e la noia e la pena che provava nel.
l'impoarare a leggere, a scrivere, a computare; cose queste molto più utili di
quelle favole. « Io peccavo dunque da fanciullo nel prediligere le vacuità dei poeti
alle arti più utili, o meglio, nell'odiare decisamente le seconde e nell'amare
le prime. L'uno più uno due, due più due quattro, era una cantilena odiosa per
me, mentre era uno spettacolo dolcissimo, eppure vano, il cavallo di legno pieno
di armati, l'incendio di Troia e l'ombra di Creusa » I,
La libera curiositas vale più, quando si tratti d'imparare, della costrizione
basata sul timore. Ma poiché la prima tende ad andare oltre i limiti prescritti
del sapere e cerca spesso cognizioni varie e nocive !95, è necessaria la severità
della seconda. Perciò «il flusso della prima è contenuto dall'altra secondo le tue
leggi, o Dio, le tue leggi. Dalle verghe dei maestri fino alle torture dei martiri
le tue leggi sanno combinare amari salubri, che ci richiamano a te dopo le dol-
cezze pestifere che da te ci hanno allontanato » 1%.
La pedagogia agostiniana mostra a questo proposito un perfetto equilibrio e
una sintesi feconda tra il piacere e il dovere, la spontaneità e l'obbligo.

4. La bellezza corporea e la bellezza increata.

Un altro punto di questa pedagogia èx l'amore del bello. Agostino ne fu


dominato. La prima opera che scrisse, perduta vivente l’autore, riguardava il bello
e il conveniente. « Noi non amiamo se non il bello» diceva agli amici; «Ma
che cos'è il bello? e cos'è la bellezza? Cosa ci attrae e ci avvince agli oggetti del
nostro amore? ». Decus et species, era la risposta: la convenienza e la grazia!T,
Ma, attratto dalle bellezze corporee, confessa che mentre scriveva i libri De pul-
chro et apto non sapeva salire fino alla fonte della bellezza. « Non vedevo ancora
nella tua arte, onnipotente ed unico autore di meraviglie, il cardine di una realtà
cosi grande »!?8. Quando imparò a vedere la fonte della bellezza in Dio, insegnò
costantemente agli altri, specialmente ai giovani, a fare altrettanto. E' questo uno
degli aspetti più profondi della pedagogia agostiniana, che si ricollega alla nota
dottrina dell’illuminazione.
Osserva perciò che gli artisti che fabbricano, per cost dire, le bellezze este
riori e coloro che l'ammirano traggono dalla Bellezza, che è sopra l’anima, la
norma per giudicare sul loro valore, ma spesso non ne traggono la norma per
farne buon uso. Eppure la norma c'è, ma non la vedono; altrimenti non andreb-
bero lontano né dissiperebbero la propria forza in amenità sfibranti!9. La norma

173 Confess. 1, 14, 23.


174 Confess. 1, 13, 22. Cf. L. Arronsi, S. Ag. e i metodi educativi dell’antichità, in S. Ag.
educatore, pp. 43-55.
15 Vedi sopra p. LKXXVI.
176 Confess. 1, 14, 23.
177 Confess. 4, 13, 20.
178 Confess. 4, 15, 24.
179 Confess. 10, 34, 53.
INTRODUZIONE

è semplice; è questa: amare le cose per quel che sono e per quel che valgono. Perciò
la bellezza increata della sapienza, che è Dio, dev'essere amata sopra tutte le cose,
le bellezze create devono essere amate in Dio e secondo l'ordine stabilito da Dio,
che è l'ordine insito nella loro stessa natura.
La pedagogia c’insegna la maniera sapiente ed efficace di riportare l'ordine là
dove regna il disordine, che è compito lungo e difficile. Da questa difficoltà nasce la
convenienza, l'utilità, la necessità della preghiera, di cui le Confessioni ci danno
un esempio insigne.
Ma con questo siamo tornati di nuovo alle soglie della teologia.
CAPITOLO VI

TEOLOGIA

che sono
in chiave teologica, possiamo dire
Volendo definire le Confessioni Agos tino parla di sé,
nella storia di un'anima.
la teologia della sallezza iscritta verit à unive rsali che
a della sua vita, enun cia
è vero; ma, esponendo il diagramm salve zza. Poss iamo con-
il diseg no divin o della
valgono per tutti. Riguardano infatti Confes-
gia le parole del Salmo 34, 3, che le
siderare tema essenziale di questa teolo nono : « Di all'a nima
libro primo e all’in izio del
sioni citano due volte, all’inizio del teolo gico tratt ato.
è però quest o l'uni co tema
mia: “La salvezza tua sono io” »!. Non ? 0 quell o esca-
nati come quello trinitario
Ve ne sono altri: alcuni appena accen zione
ati diffu samen te come it tema biblico dell’interpreta
tologico3, altri tratt
della Scrittura*.
zza che costituisce la trama stessa
Noi ci fermeremo solo su quello della salve
colari: la Provvidenza, la redenzione,
dell’opera e si articola in quattro temi parti
il peccato, la grazia.

SULLA GRAZIA
I. L'EVOLUZIONE DEL PENSIERO AGOSTINIANO

questi temi essenziali, è utile accen-


Ma prima di chiarire il contenuto di -
rdante l'evoluzione del pensiero agosti
nare a una questione preliminare rigua

della salvezza
RINO, Salus tua ego sum. Il problema
1 Confess. 1, 5, 5; 9, 1, 1; cf. M. PELLEG della Catted ra agosti niana », Roma 1967; G.N.
rni
nelle Cunfessioni di S. Ag., in « Quade sionen, Gottingen 1955.
KwnauER, Psalmenzitate in Augustins Konfes il passaggio dall'il-
2 Il testo delle Confess. 13, ll, 12 è molto importante: indica
(cf. Ep. 11; De fide et symbo lo; De vera religione 7, 13; De div.
lustrazione ontologica ampia-
» della Trinità, che sarà poi sviluppata
qq. 83, 18) all'illustrazione « psicologica 4), Introd., pp. XXXIX, LIII; Du Roy
O.,
De Trinitate. Cf. La Trinit à (NBA
mente nel ire
ce de la foi en la Trinit é selon St. Aug. - Genèse de la théologie trinita
L'intelligen
jusg'en 391, Paris 1966.
53.
3 Cf. Confess. 5, 9, 16; 13, 9, 10. 35, 50-38, letterale della
discute sulla molteplicità del senso
4 Confess. 12, 18, 27-32, 43 dove si te dagli studio si: alcuni concedono che il
diver samen
Scrittura. Pagine interpretate altri, più giusta-
la molteplicità del senso letterale,
vescovo d’Ippona abbia ammesso F. Tacon, St. Aug. a-t-il réellement enseigné
in questa direzi one
mente, lo negano. Cf. 1921, pp. 1-28;
l'Ecriture? in Rech. de sc. relig.,
la pluralité des sens litteraux dans ta, Romae 1932, pp. 472-478.
ae introd . genera lis elemen
I. BarestRI, Biblic
INTRODUZIONE XCI

niano intorno al tema della grazia. E' una questione su cui si è scritto molto, da
diverse parti e con diverse interpretazioni®. o
Si sa che Agostino, mentre respinge energicamente l'accusa di aver cam-
biato opinione intorno al peccato originale, rimandando’ l'implacabile avversario
— si trattava di Giuliano di Eclano — alla lettura delle sue opere giovanili®
riconosce candidamente di averla cambiata intorno all’inizio della fede che la
alcune sue opere aveva attribuito alla volontà umana, ma che poi, meditando
più profondamente la lettera di S. Paolo ai Romani, aveva capito che anch'esso
doveva essere attribuito alla grazia. Il cambiamento sarebbe avvenuto ai pri-
mordi dell’episcopato, in occasione della risposta da dare alle questioni postegli
da Simpliciano?. Il. testo paolino che maggiormente lo convinse fu quello di
1 Cor 4, 7: che cosa hai che non abbia ricevuto? dal quale dipende quell'altro
della stessa lettera: chi si gloria, si glori nel Signore (1 Cor 1, 31). Due testi
che gli serviranno spesso nella lotta antipelagiana per riassumere con le parole
stesse della Scrittura la dottrina dell’assoluta gratuità della grazia.
Ora nelle Confessioni, narrando la prima scoperta della grazia nelle lettere
paoline, che lesse, come si è detto, con grande avidità e attenzione dopo l'incon-
tro entusiasmante insieme e deludente con i neoplatonici, ne esprime la dottrina
con i due testi citati. « Compresi e scopersi che quanto di vero avevo letto là
qui è detto con la garanzia della tua grazia, affinché chi vede non si vanti sansi
non abbia ricevuto non solo ciò che vede, ma la facoltà stessa di vedere. ‘Cos'ha
infatti che non abbia ricevuto? E poi non solo è sollecitato a vedere te, che sei
sempre il medesimo, bensi anche a guarire per possederti »8. i
Dobbiamo concludere che questa dottrina sulla gratuità della grazia, espres-
sa così chiaramente con le parole stesse dell’Apostolo, appartenga non ad Ago-
stino narrato, ma ad Agostino narrante? Narrante cioè gli effetti di quella prima
lettura di S. Paolo con la mentalità posteriore, quando, dopo lunghi studi, ne
aveva ‘appprofondito l'insegnamento? Non credo. Credo piuttosto che nell'evo.
luzione della dottrina agostiniana sulla grazia dalla conversione alla risposta a
Simpliciano (386-397), si debbano distinguere tre tempi. Possiamo chiamarli cosi:
della fede semplice, del dubbio e della riflessione teologica. Il primo ripete Pause
gnamento della Scrittura senza particolare riflessione e senza intuirne quindi le
difficoltà; il secondo percepisce le difficoltà dalle quali nasce il dubbio o anche
l'errore; il terzo torna alla Scrittura, ne approfondisce l'insegnamento, scioglie le
difficoltà che sono sorte, e crea la teologia. E’ il passaggio, in altre parole, dalla
fede implicita alla fede esplicita, che suppone, spesso, la fase intermedia della

oster
5 Sostengono un cambiamento intorno alla dottrina del peccato originale: igi TÙ
pts des dogmes, 1; E. BUONAIUTI, La genesi della dottrina apostininne ierodi
De originale, Roma 1916; IneMm, Ag. e la colpa ereditaria, in Ricerche religiose,
Rie ristampato in Saggi di storia del Cristianesimo a cura di A. DoNINI - M. Nrc-
E cneseAcea 1957, J. Gross, Entstehungsgeschichte des Erbsiindendogmas
E CIELEASE 1960, 1, pp. 259-274. In contrario: A. CasaMassa, Il pensiero di S. Ag.
da , Roma 1919, ristampato in Scritti patristici, Lateranum, Roma 1955, I
DD. -66 (studio breve ma ben documentato). Cf. B. LEEMING, Augustine, Ambrosiaster
ara Lr », si orga, D00, pp. 50-91; A. PINCHERLE, La formazione
| des Btudss ug,È 4.. ogni
Roma Sd
s.d.; he
A. Sace, éché
Péché originel. Naissance
originel. i d'un
i dogme,
I i Revue
in

ostante le affermazioni in contrario di alcuni studiosi citati


L la lettura delle opere giovanili danno ragione a S. Ag. Ai
De praedest. sanctorum 4, 8; Retract. 2, 1, 1. i
8 Confess. 7, 21, 27 i
XCII INTRODUZIONE

controversia o almeno dell'incertezza. Avviene cosi, in genere, nell'evoluzione catto-


lica del domma.
Credo che tale fu in realtà l'evoluzione del pensiero di Agostino. Di fatti
nelle prime opere troviamo testimonianze non dubbie sulla dottrina della grazia,
in particolare della fede come dono di Dio. Vi ho accennato sopra. Qui ricorderò
solo la preghiera dei Soliloqui che preannuncia cosi da vicino quella più celebre
delle Confessioni: « Comanda e ordina ciò che vuoi, ti prego, ma guarisci ed apri
le mie orecchie affinché possa udire la tua voce... Se con la fede ti trovano coloro
che tornano a te, dammi la fede »?.
Mi par dunque che si debba concludere che le parole delle Confessioni non
esprimono i pensieri di Agostino vescovo, ma di Agostino professore a Milano, il
quale, leggendo S. Paolo, fu colpito dall’insistenza dell’Apostolo non solo sulla
necessità, ma anche sull’assoluta gratuità della grazia. Tanto più che dopo il
battesimo, come ci riferiscono le stesse Confessioni, non si saziava di meditare
sui misteriosi disegni di Dio per la salvezza degli uomini. « In quei giorni non mi
saziavo di considerare con mirabile dolcezza i tuoi profondi disegni sulla salute
del genere umano »!0. Disegni di misericordia e di misteriosa elezione. Che più
tardi, studiando le relazioni tra libertà e grazia, abbia avanzato qualche afferma-
zione di cui, dopo nuovi studi, ha riconosciuto l’inesattezza, non fa meraviglia
a nessuno, almeno a chi conosce su questo punto, e non soltanto su questo, la
storia della teologia.

II. PROVVIDENZA

Dopo questa premessa possiamo affrontare l'argomento della salvezza che


si articola, come si è detto, nei temi della Provvidenza, del peccato, della reden-
zione e della grazia; e comprende i tre momenti essenziali della vita cristiana:
santificazione, giustificazione, glorificazione.

1. La Provvidenza ha cura di tutti come di ciascuno.

L'idea della Provvidenza è il faro che illumina il pensiero di Agostino e la


forza che ne anima gli scritti, particolarmente, tra le opere maggiori, delle Con-
fessioni e della Città di Dio. Nell'una e nell'altra di queste due celebri opere la
storia — la storia di Agostino o dell'umanità — è narrata alla luce della Provvidenza
«che si prende cura di ciascuno come se avesse solo lui da curare e di tutti come
di ciascuno » !!. La fede nella Provvidenza Agostino l’apprese dall’insegnamento di
sua madre e non la perdette mai. Lo abbiamo detto !. Abbiamo detto pure che
questa fede gli permise, in un momento cruciale, di uscire dal pelago del dubbio,

9 Solil. 1, 1, 5.
10 Confess. 9, 6, 14.
11 Confess: 3, 11, 19.
12 Vedi sopra p. XLII.
XCIII

hd
INTRODUZIONE

che Dio ha posto


in cui si sarebbe perduto, alla riva della certezza; la certezza
, garantite dall'auto rità della Chiesa cattolica, la via per ricon-
nelle Scritture
durre gli uomini a sé",
continuo
Qui aggiungeremo che il racconto delle Confessioni è un richiamo
che vigila sulla vita di Agostino e ne guida il corso
all'azione della Provvidenza,
la salvezza, che volge in bene perfino il male che egli commette, che opera
verso
e dei buoni per
per mezzo delle cause seconde, che non ascolta, spesso, le preghier
un dono più grande e piu conform e al loro stesso desiderio.
preparare loro

2. Attributi della Provvidenza: misericordia e giustizia,

modis, miris et
La Provvidenza opera con modi mirabili e segreti: miris
sono due, essen-
occultis. Le Confessioni lo ricordano spesso !4. I suoi attributi
la giustizia. Ambedue divini, ambedue infi-
ziali ed inseparabili: la misericordia e
opposti negli affetti. La giustizia punisce, la miserico rdia
niti; ma diversi, anzi
perdona. La loro conciliazione è un mistero di fronte al quale la mente di Ago-
, ricon-
stino s'inchina. A questo mistero, nel forte delia controversia pelagiana
e più inquietan te, la predesti nazione. « Dio è
duce quell'altro più profondo
Dio è giusto. Perché è buono, può salvare ognuno senza meriti, perché è
buono,
» 5. E' questa l’ultima rispo-
giusto non può condannare nessuno senza demeriti
per lui
sta che una grande mente dava dinnanzi a un profondo mistero, che era
come per gli altri, anzi per lui molto piu che per gli altri, motivo di meditazi one, di
sgomento, di fiducia.
Le Confessioni, nel giudizio stesso dell'autore, sono un inno di lode a questi
divini attributi. « I tredici libri delle mie Confessioni lodano Dio giusto e buono».
Materia di lode: «i miei mali e i miei beni » 16. Lodano infatti la giustizia divina
ricordando ed applicando due principi. Il primo è questo: Dio ha disposto che
ogni animo disordinato — ogni peccatore — sia castigo a se stesso. Agostino
aggiunge con evidente allusione alla sua esperienza: et sic est, è proprio cosi!.
Il secondo principio è quest'altro: l'uomo che, abusando della sua libertà, fugge
dalla misericordia divina, non può far altro che incappare nella divina giu-
stizia. « Vadano, fuggano pure lontano da te gli inquieti e gli iniqui... Dove fuggi
rono, fuggendo dal tuo volto?... Si sottrassero alla tua mitezza per urtare nella
ce la
tua giustizia e cadere nella tua severità »!*. In questa prospettiva s'inseris
pena del peccato originale e la dannazio ne eterna per i peccator i impeniten ti.
la verità dell'ordine diviname nte stabilito: in veritate
L'una e l'altra secondo
il
ordinis tui!. Agostino ebbe profondo il senso della giustizia divina, che è, poi,
che
senso dell'ordine morale. Si sa che nella lotta pelagiana trasse dai mali
,
gravano sull’umanità un valido argomento per l'esistenza del peccato originale

13 Vedi sopra p. LI.


14 Confess. 4, 4, 7; 5, 6, 10. 7, 13; 7, 21, 27; ecc.
15 Contra Iul. 3, 18, 35.
16 Retract. 2, 15, 1.
17 Confess. 3, 12, 19.
18 Confess. 5, 2, 2; cf. 4,9, 14.
19 Confess. 5, 9, 16.
XCIV INTRODUZIONE

senza il quale quei mali gli risultavano inspiegabili. Il preannuncio, anche se


non il primo, di questo ‘argomento lo troviamo all’inizio stesso delle Confessioni
che in apertura ricordano insieme e il desiderio che ha l'uomo di lodare Dio
e la testimonianza che porta attorno del suo peccato, la testimonianza che
Dio resiste ai superbi: la sua mortalità,
Il destino mortale dell'uomo e la lotta tra la carne e lo spirito, descritta con
forti colori dall’Apostolo (Rom 7, 14-23) sono « punizione d'un peccato commesso
con maggiore libertà », il peccato di Adamo ®. Questo accenno alla maggiore libertà
di Adamo contiene un altro importante preannuncio: anticipa il tema della sal-
vezza narrata in chiave di libertà. Si veda il De correptione et gratia, un’opera
scritta molto tardi — verso la fine della vita — ma pensata, nel suo nucleo
centrale, molto presto. In quest'opera la storia dell'umanità è racchiusa tra
i termini della libertas minor e della libertas maior.
Ma Agostino ebbe piu profondo il senso della misericordia divina. Le
Confessioni non sono altro che un canto imperituro di gratitudine e di lode
alla misericordia di Dio che lo ha liberato dall’errore e dal peccato e gli ha
infuso la ferma speranza della liberazione da ogni miseria. Questa speranza non
ha altro fondamento che la misericordia. Una spes mea in magna valde miseri-
cordia tua. Per questo narra le sue miserie. « Confessandoti dunque le nostre
miserie e le tue misericordie su di noi, noi manifestiamo i nostri sentimenti verso
di te, affinché tu possa completare la nostra liberazione già da te iniziata: affinché
noi cessiamo di essere infelici in noi e ci rallegriamo in te». Il lettore potrà
notare da sé l’insistente ritorno, quasi ad ogni pagina, di questo tema.
Non sarà inutile però ricordare che nelle Confessioni c'è già un principio fonda-
mentale sulla misericordia divina che Agostino ripeterà e spiegherà nella contro-
versia pelagiana. Il principio è questo: non perde Dio se non chi lo abbandona:
Te nemo amittit nisi qui dimittit 5. Dio non abbandona le sue creature ma sono esse
che abbandonano il loro Creatore. Perciò, quando queste si volgono a Lui per cer-
carlo « eccoti già li, nel loro cuore, nel cuore di chiunque ti conosce e si getta ai
tuoi piedi, piangendo sulle tue ginocchia dopo il suo aspro cammino. Tu pronta-
mente ne tergi le lacrime, e piu singhiozzano allora e si confortano al pianto perché
sei tu, Signore, e non un uomo qualunque, carne e sangue, ma tu, Signore, il
loro creatore che le rincuori e le consoli»%. Agostino aggiunge: «Lode a te,
gloria a te, fonte delle misericordie. Io mi facevo piu miserabile e tu più
vicino » 21,
Queste parole toccano il cuore stesso del mistero: il mistero della misericordia
di Dio che insegue il peccatore che fugge, e dal di dentro, dal cuore di lui, dove
non cessa mai di essere presente, lo scuote, lo richiama e l'avvia alla salvezza.
Su questo mistero le Confessioni gettano fasci di luce attraverso le molte e acute
osservazioni intorno al peccato e alla grazia.

20 De civ. Dei 22, 22; Contra Iul. 4, 16, 83; 6, 21, 67; Opus imperf. contra Iul. 3, 212; 6,
5. 27. 36-49; Ep. 166, 16-20.
21 Confess. 1, 1, 1.
Confess. 8, 10, 22.
B

23 Ibidem.
4 Confess. 11, 1, 1.
N

25 Confess. 4, 9, 14. Cf. De nat. et gratia 26, 29; De corrept. et gratia 11, 31; 13, 42;
Opus imperf. contra Iul. 3, 116.
% Confess. 5, 2, 2; cf. 2, 2, 3; 4,4, 7.9, 14; 5, 7, 13.
21 Confess. 6, 16, 26.
INTRODUZIONE XCV
7

III. IL PECCATO

Teologo della grazia, Agostino è anche, per la legge dei contrari, teologo del
peccato, Le definizioni che ci dà di questa realtà drammatica sono molte, come
molte sono le facce del peccato.

1. Nozione. La prima definizione, quella più nota, vede nel peccato la viola-
zione dell'ordine stabilito dalla legge eterna®. Un'altra, meno nota, ma più fre-
quente, considera il peccato un disordine, una perversità che nasce da un movi-
mento di aversione e di conversione: aversione da Dio creatore e conversione alle
creature. Una terza, forse sconosciuta affatto, ma più vicina alla sensibilità mo-
derna, lo considera una privazione del bene sociale o comune a causa del libero
movimento della volontà che si separa da questo bene e aderisce al bene privato.
Questo concetto dell'amore privato, in cui consiste essenzialmente il peccato, viene
messo a fondamento della città del mondo, mentre l’amore sociale è il fondamento
della Città di Dio. Ve n'è poi una quarta che insiste sulla distinzione tra l'uti
e il frui: il peccato consiste nel pervertire l'ordine tra le cose di cui si deve usare
e le cose di cui si deve godere: fruendis uti velle, atque utendis frui3!,
Le Confessioni riprendono la seconda nozione di quelle qui ricordate — il pec-
cato è un movimento della volontà che si distacca da Dio, l’Essere vero, per
piegarsi verso gli esseri inferiori 5 — e la perfezionano contrapponendola al movi-
mento con il quale la mente umana sale fino a Dio. Questo movimento, come si
è detto®, va dalle cose esteriori alle interiori, dalle inferiori alle superiori. Il
peccato è il movimento contrario, e perciò perverso, che va da Dio alle cose
inferiori e dalle cose inferiori a quelle esteriori, Il peccato «non è una sostanza,
ma la perversione della volontà, la quale si distoglie dalla sostanza suprema, da
te, o Dio, per volgersi verso le cose inferiori e, rigettando i suoi beni interiori, si
gonfia nei beni esteriori » *4.

2. Alienazione e dramma. Questo movimento è descritto con i piu forti colori.


Vi si sente l'accento accorato del penitente che deplora il male commesso e ringra-
zia di esserne stato liberato. Il peccato è tenebra, perversione, inquietudine, disper-
sione, schiavitù, deformità, dolore, condanna, miseria, morte. Ma soprattutto
alienazione e dramma. Alienazione. L'uomo che non ama Dio, non ama, ma odia
se stesso. Tesi questa che, contenuta già nel De beata vitae, più stringatamente,

8 Contra Faustum 22, 271: Peccatum est factum, vel dictum vel concupitum aliquid con-
tra Legem aeternam. Lex vero aeterna est ratio divina vel voluntas Dei, ordinem natu-
ralem conservari iubens, periurbari vetans.
29 De div. qq. 83, 1, 18: Omne peccatum vera hominis inordinatio atque perversitas: a
praestantiore conditore aversio et ad condita inferiora conversio; cf. De lib. arb.
30 De Gen. ad litt. 11, 15, 20: Duo amores, quorum... alter socialis alter privatus... distin-
xeruni conditos in genere humano civitates duas.
3 De div. qq. 83 30. Vedi in De doctr. Christ. 1, 3-4 la teoria dell’uti e del frui che tanta
fortuna ebbe nel medio evo.
8 Confess. 12, 11, 11
83 Vedi sopra p. LXVIII.
% Confess. 7, 16, 22.
3 E’ la tesi centrale del dialogo: Dio solo è la beatitudine dell'uomo e Dio non si pos-
siede se non con l’amore.
XCVI INTRODUZIONE

nei Soliloqui36, ed enunciata, poi, nel De moribus Eccl. cath.3 sta alla base di
molte pagine delle Confessioni. Nasce dallo studio che, com'è noto, Agostino con-
dusse con assiduità e straordinaria acutezza sulle relazioni che corrono tra Dio
e l'uomo *. Il peccato infatti è il contrario di ciò che Dio è per noi. Dio è per noi
luce, ordine, riposo, libertà, bellezza, amore, felicità, vita, salvezza. Ne segue che
non c'è altra alienazione dell’uomo da se stesso che quella del peccato: questa, e
questa sola, tocca le radici dell'essere.
Mal'alienazione del peccato non può essere completa. Per quanto si allontani
da Dio, il peccatore non si sottrae né alla presenza né all’azione divina. Nasce
perciò un formidabile dramma — formidabile anche per il solo pensiero — che
consiste essenzialmente in questo: il peccatore non è con Dio e Dio è con lui;
e lo tengono lontano da Dio quelle cose che non sarebbero se non fossero in Dio.
« Eri con me, e non ero con te. Mi tenevano lontano da te le tue creature, inesistenti
se nonesistessero in te » 39.
Anzi, il peccatore cerca Dio nel momento stesso in cui, peccando, si allontana
da Dio. In ogni peccato c’è un’imitazione di Dio; perversa, s'intende, ma imitazione.
L'orgoglio simula l'eccellenza, l'ambizione aspira alla gloria, la crudeltà dei
potenti vuole incutere timore, la seduzione cerca la tenerezza dell'amore, la curio-
sità si atteggia a desiderio di conoscenza, l'ignoranza e la scempiaggine si coprono
col nome di semplicità e d’innocenza, la pigrizia sembra cercare la quiete, la
prodigalità si nasconde all'ombra della liberalità, l’avarizia ama possedere, l’invi-
dia litiga per eccellere, l'ira vuole la. vendetta, la pavidità trema in cerca di sicu-
rezza. Ma queste perfezioni cercate fuori di Dio è contro Dio, non sono veramente
e pienamente che in Dio. Perciò anche i vizi, loro malgrado, rendono testimo.
nianza a Dio.
Agostino conclude: «Tutti insomma ti imitano alla rovescia quanti si sepa-
rano da te e si levano contro di te. Ma anche imitandoti a loro modo provano.
che tu sei il Creatore dell'universo; e quindi non è possibile allontanarsi in alcun
modo da te»,
Poco prima, ricordando i doni elargitigli da Dio, esprime cosi il suo dramma,
che è il dramma di ogni uomo che pecca: « Sono beni, e tutti sono io. Dunque è
buono chi mi fece, anzi lui stesso è il mio bene, e io esulto in suo onore per tutti
i beni di cui anche da fanciullo era fatta la mia esistenza. Il mio peccato era di
non cercare in lui, ma nelle sue creature, ossia in me stesso e negli altri, i diletti,
i primati, le verità, cosi precipitando nei dolori, nelle umiliazioni, negli errori» 4.

3%Cf. la preghiera iniziale, Solil. 1, 1, 3.


37De mor. Eccl. cath. 1, 26, 48
38Vedi sopra p. LXXIV-LXXV.
39Confess. 10, 27, 38.
4 Confess. 2, 6, 12-14. Quest'argomento era già stato svolto nel De vera religione per la
superbia, la curiosità e la lussuria: (39, 72-52, 101).
4 Confess. 1, 20, 31.
INTRODUZIONE XCVII

IV. LA GRAZIA

Il problema della salvezza ha essenzialmente due termini: il peccato, che


è il punto di partenza, e la grazia, che è il punto di arrivo. Se Agostino ha descritto
a foschi colori il primo, descrive a colori smaglianti il secondo.

1. La grazia che libera, rinnova e salva.

Senza la pretesa di chiudere entro rigidi schemi una realtà troppo ricca e
profonda, come osserva giustamente il Card. Pellegrino®, si possono stabilire
alcune coppie di termini antitetici per esprimere insieme questi due punti. Tra le
altre possiamo ricordare le seguenti: schiaviti e libertà, deformità e bellezza,
inquietudine e riposo, dispersione e unità, morte e vita.

1. Schiavità e libertà. La prima coppia è quella che risuona più frequente-


mente nelle Confessioni. Agostino aveva imparato dal Vangelo e aveva sperimen-
tato personalmente quanto sia dura la serviti del peccato. Il contrasto in lui tra
le nobili aspirazioni dell'animo e ia consuetudine delle passioni era stato fortis-
simo. Si senti legato «non dai ferri della volontà altrui, ma dalla (sua) stessa
ferrea volontà ». Ne troviamo una testimonianza memorabile nel libro ottavo.
Gli anelli della catena erano: la volontà perversa, la consuetudine, la necessità.
« Il nemico deteneva il mio volere e ne aveva foggiato una catena con cui mi strin-
geva. Si, dalla volontà perversa si genera la passione, e l'ubbidienza alla pas-
sione genera l'abitudine, e l’'acquiescenza all'abitudine genera la necessità. Con
questa sorta di anelli collegati fra loro, per cui ho parlato di catena, mi teneva
avvinto una dura schiaviti». Agostino mette in rilievo che all'origine di questa
dura servitus c'era stata la libera volontà. « Tuttavia l'abitudine si era agguerrita
a mio danno e per mia colpa, poiché volontariamente ero giunto dove non avrei
voluto » 83.
L'esplosione di gioia per l'ottenuta libertà è all’inizio del libro nono, espressa
con le parole del salmista: hai spezzato i miei lacci, ti offrirò un sacrificio di lode
(Ps 115, 16). « Il mio animo era libero ormai dagli assilli mordaci dell’ambizione,
del denaro, della sozzura e del prurito rognoso delle passioni, e parlavo, parlavo
con te, mia gloria e ricchezza e salute, Signore Dio mio »*. Non meno profondo
il sentimento di schiaviti prodotto in lui dalle tenebre dell'errore. Quali soffe-
renze, quali gemiti, quali doglie del parto, com'egli scrive, per liberarsene!Eco
di questo stato d'animo le parole, ricche di singolare umanità e di passione,
dirette ai manichei in un'opera contemporanea alle Confessioni: «Siano duri
con voi quelli che non sanno con quanta fatica si trovi la verità e quanto diffi
cilmente si evitino gli errori... Ma io, io... che ho pianto a lungo perché la sostanza

4 Op. cit., p. 19.


4 Confess. 8, 5, 10-11
4 Confess. 9, 1, 1.
4 Confess. 7, 7,11.
XCVIII INTRODUZIONE

immutabile ed inviolabile si degnasse darmi interiormente, con l'autorità dei


Libri sacri, la ferma persuasione di sé... io non posso essere duro con voi» *.

2. Deformità e bellezza. Questo secondo binomio è presente soprattutto nel


De Trinitate e nel De Genesi ad litteram dove la profonda trasformazione che la giu-
stificazione opera nell'animo è descritta come un passaggio da una forma ad un'altra:
dalla forma brutta, o deformità del peccato, alla formosità interiore della grazia.
Questo stesso concetto di forma non è assente però dalle Confessioni. La
species o forma di bellezza, deturpata dal peccato, è menzionata all'inizio del libro
secondo ® e nel libro decimoterzo si parla della materia informe che, interpretata
allegoricamente, rappresenta l'essere spirituale lontano da Dio e perciò abisso
tenebroso ®. Su di esso si porta lo Spirito Santo che diffonde la carità e forma
la nuova creatura. Anzi, son proprio le Confessioni a stabilire il principio secon-
do il quale, quando si tratta di Dio, vicinanza e lontananza vogliono dire somi-
glianza e dissomiglianza. Non dunque spazio da percorrersi con i piedi, ma
« affetti e amori ». « Si tratta, da una parte, dell'impurità del nostro spirito che
defluisce verso il basso per l'attaccamento alle preoccupazioni materiali e,
dall’altra, della santità del tuo Spirito, che ci solleva con l’amore della sicurezza
per farci tenere in alto il cuore verso di te»51 Perciò tanto longius quanto
dissimilius 5 e, per conseguenza,%\tanto più vicino, quanto più simile. Agostino
unisce qui il linguaggio biblico a quello neoplatonico e parla di regione della
dissomiglianza. « E mi scoprii lontano da te nella regione della dissomiglian-
za». L'espressione ha avuto una grande fortuna%. In Agostino ha il duplice
significato ontologico ed etico. L'uomo è stato creato ad immagine di Dio, ma
appunto perché creato, è ontologicamente dissimile da Dio. Su questa dissomi-
glianza creaturale s'iscrive quella del peccato che approfondisce il dramma. La
grazia permette di superare l'una e l'altra. Dio è l’Essere; ma a questo nome, che
esprime la sua eternità, e perciò la sua inaccessibilità, ha voluto aggiungerne un
altro che esprimesse la sua misericordia; ha voluto essere, in Cristo, il Dio di
Abramo, d'Isacco, di Giacobbe. Per mezzo ‘di Cristo si passa dalla « regione della
miseria » alla «regione dell'abbondanza inesauribile », come dice altrove Agostino
con linguaggio di evidente ispirazione biblica. Ma di questo parleremo pit avanti.

4 Contra ep. Man. 2, 2-3, 3.


4 De Trin. 15, 8, 14: a deformi forma formosam transfertur in formam, cf. La Trinità,
NBA4, Introd. p. XLVII; De Gen. ad litt. 1, 4, 9-5, 10.
4 Confess. 2, 1, 1.
4 Confess. 13, 2, 2-3.
50 Confess. 13, 7, ’ 8.
51 Confess. 13, 7, ’ 8.
52 Confess. 12, 7, 7.
53 Confess. 7, 10, 16. Cf. PLotINo, Enn. 1, 8, 13 (ispirato da PLATONE, Polit. 273d): « Ed ec-
colo, di già, nella regione della dissomiglianza, dove, immerso in essa, giacerà prono,
nella palude tenebrosa ».
54 P. COURCELLE, Répertoire des textes relatifs à la «région de dissemblance » de Platon
à Gide, in Les Confessions de St. Aug. dans la tradition littérarie, Paris 1963, pp. 623-
640; Ipem, La «région de dissemblance » dans la Tradition néo-platonisante, in Re-
cherches... 2, Paris 1968, pp. 405-439. Vedi ivi la ricca bibliografia su l'argomento.
55 Per questo punio importante della dottrina agostiniana cf. Serm. 7, 7; E. Gitson,
Philosophie et incarnation selon st. Aug. - Conférence Albert Le Grand, Montréal 1947;
A. Trapè, S. Ag. e le correnti teologiche eterodosse, in S. Ag. e le grandi correnti della
filosofia contemporanea, Tolentino 1954.
56 Confess. 2, 10, 18; 9, 10, 24; cf. Lc 15, 14.
INTRODUZIONE

3. Dispersione e unità. Intanto vediamo un altro aspetto dell’antitesi peccato-


grazia, espresso con termini filosofici. Il peccato è dispersione, lacerazione, fran-
tumazione; la grazia al contrario è raccolta di sparsi elementi e ricomposizione
nell'unità. « Mi ricomponi dopo il dissipamento ove mi lacerai brano a brano.
Separandomi da te, dall'unità, svanii nel molteplice quando, durante l'adolescenza,
fui riarso dalla brama di saziarmi delle cose piu basse » 31. o 0
E' il tempo, o più precisamente, l’amore delle cose temporali che ci di ipa
e ci distrae nella molteplicità; solo la carità che lo Spirito Santo diffonde nei
cuori ci raccoglie e ci fa rifluire nell'unità. «Io mi sono schiantato sui tempi, di
cui ignoro l'ordine, e i miei pensieri, queste’ intime viscere della mia anima, sono
dilaniati da molteplicità tumultuose. Fino al giorno in cui, purificato e liquefatto
dal fuoco del tuo amore, confluirò in te», E' un tema caro alla teologia e alla
spiritualità agostiniana%.

4. Inquietudine e riposo. Non meno caro è quello dell'inquietudine dello


spirito umano e del suo riposo in Dio. Questo tema percorre le Confessioni dal-
l'inizio alla fine; i termini antitetici che lo compongono danno loro in gran parte
la vivacità che possiedono. Dell’inquietudine umana abbiamo parlato sopra 0. Qui
aggiungiamo che salvezza è riposo dell'anima in Dio e che il battesimo è l’inizio
della salvezza. « Chi mi farà riposare in te, chi ti farà venire nel mio cuore a
inebriarlo? Allora dimenticherei i miei mali, e il mio unico bene abbraccerei:
te »9,
Il battesimo condona i peccati ®, ci assicura del passato e ci dà, nella spe-
ranza, la salvezza. « E fummo battezzati e si dileguò da noi l'inquietudine della
vita passata » ®. Il rinnovamento operato dal battesimo deve continuare per tutta
la vita#, ma su di esso si fonda la speranza di riposarci in Dio nel « sabato della
vita eterna ». « Anche allora sarai tu a riposare in noi, come ora sei tu a operare
in noi. Sarà, quello, un riposo tuo per mezzo nostro, come sono, queste, opere
tue per mezzo nostro. Tu però, Signore, operi sempre e riposi sempre» 9. Gli
argomenti qui accennati saranno svolti ampiamente nella controversia pelagiana
a cominciare dal De peccatorum meritis et remissione £.

5. Morte e vita. Accenniamo ancora, fra le tante, ad un'altra coppia antitetica,


annunciata già nei Soliloqui , ricordata qua e là nelle Confessioni ® e svolta con
ricchezza di particolari nei Discorsi: il peccato è morte, Dio è vita. « Lo dico

5 Confess. 2, 1, 1; cf. 10, 29, 40; 11, 29, 39; 12, 16, 23.
58 Confess. 11, 29, 39 c. Ln . n. .
59 Cf. il nostro articolo: Il temporale e l'eterno nella spiritualità di S. Ag., in Rivista di
vita spirituale, 8 (1954), pp. 431-452.
6 Vedi p. LXXXI
61Confess. 1, 5, 5.
62Confess. 5, 9, 16.
63Confess. 9, 6, 14.
6 Confess. 13, 2, 3.
65Confess. 13, 37, 52. .
6 Cf. il nostro S. Ag. e le grandi correnti teologiche eterodosse, I. cit.
6 Solil. 1, 1, 3: « Dio, dal quale uscire è morire, al quale tornare è rinascere, nel quale
abitare è vivere». . . . ma
6 Confess. 3, 6; 10: « Tu sei la vita delle anime, la vita delle vite, che vivi per tua sola
virtù senza mai mutare, vita dell'anima mia ».
Cc INTRODUZIONE

audacemente, fratelli, ma con verità: ci sono due vite, una del corpo, l’altra del-
l’anima. Come la vita del corpo è l'anima, cosi la vita dell'anima è Dio. Se l’anima
abbandona il corpo, il corpo muore; allo stesso modo se Dio abbandona l’anima,
l’anima muore » 9.

2. La grazia comeforza interiore

Manelle Confessioni non v'è descritta solo la grazia come salvezza, cioè come
liberazione dalla schiavitii del peccato, bellezza interiore, unione con Dio, sconfitta
della morte; ma anche, e molto più, come dono e forza per convertirsi a Dio, per
osservare î divini comandamenti, per evitare il peccato, cioè per giungere alla
giustificazione, che è la condizione essenziale della salvezza, e perseverare in
essa. Sono questi alcuni dei temi principali che costituiranno la controversia pela-
giana: le Confessioni le anticipano mostrando la continuità del pensiero agosti-
niano. Al lettore basteranno, come motivo di particolare attenzione, pochi accenni.

1. La grazia della conversione. Verso lu fine della vita Agostino ebbe occasione
di darci la chiave interpretativa della sua conversione: scrisse di averla narrata
in modo da mettere in rilievo l'intervento della grazia divina implorata e ottenuta
dalle lacrime quotidiane di sua madre. Questa indicazione è preziosa, ma non
era necessaria, Il fatto non sarebbe sfuggito a nessuno. In realtà il filo conduttore
della prima parte delle Confessioni è il dialogo muto tra il figlio che devia e la
madre che prega: dalle parole profetiche del vescovo innominato?! alla partenza
clandestina da Cartagine, alle meditazioni sulla malattia che lo colpi a Roma",
al primo incontro con Ambrogio a Milano”, all'annuncio della conversione, fino
alla vigilia della morte, quando Monica dichiarò che la sua missione era ormai
terminata”.
L’azione della grazia, implorata da tante preghiere, fu si forte che vinse ogni
resistenza. Agostino la descrive in maniera poeticamente bella e teologicamente
esatta con l'immagine delle sensazioni. « Mi chiamasti e il tuo grido sfondò
la mia sordità; balenasti, e il tuo splendore dissipò la mia cecità; diffondesti la
tua fragranza, e respirai e anelo verso di te, gustai e ho fame e sete; mi toccasti,
e arsi di desiderio della tua pace »T. La resistenza all’azione divina è narrata in
pagine immortali nel libro ottavo. La lotta ira le due volontà — la vecchia abbar-
bicata alla consuetudine e la nuova suscitata dalla grazia — durò a lungo e fu
tormentosa. La grazia, operando con «la soavità liberale dell'amore »"8, andava
trasformando in dolcezza ciò che prima sembrava ad Agostino troppo amaro.
La vittoria della grazia non fu soppressione, ma potenziamento della libertà:

6 Enarr. in ps. 70, s. 2, 3; cf. In Io Ev. tr. 19, 11-13; Serm. 65, 6-7; Ep. 120, 19; ecc.
70 De dono persev. 20
71 Confess. 3, 12, 21.
7 Confess. 5, 8, 15.
73 Confess. 9, 16-17.
74 Confess. 1,1
5 Confess.
76 Confess. 9
TI Confess.
78 De peccat. mer. et remiss. 2, 17, 26.
INTRODUZIONE CI

a, rese operanie la
fu una forza nuova che, entrando negli ingranaggi dell'anim
libertà.

conver-
2. La grazia per osservare la Legge. La grazia che lo condusse alla
stessa che Agostino invoca per restare fedele alla legge divina e
sione è quella
da quod
giungere cosi alla salvezza. La celebre preghiera delle Confessioni —
di Pelagio, perché, nella
iubes et iube quod vis — suscitò a buondiritto le ire
simo. Afferma infatti che l'osservan za
sua brevità, colpisce a morte il pelagiane
dall’aiuto della grazia implorata dalla pre-
dei comandamenti di Dio dipende
ghiera.
non
La divergenza e l'opposizione tra i pelagiani e il vescovo d'Ippona
che Dio non
stavano nei principi, ma nelle conclusioni. Tutti erano d'accordo
non è necessaria
comanda l'impossibile; ma i pelagiani ne concludevano: dunque
vescovo d'Ippona era un'altra: dunque è
la grazia; mentre la conclusione del
per ottenere la grazia. Il da quod iubes et iube quod
necessaria la preghiera
che esprime insieme e la disposizio ne della volontà e la
vis, è una preghiera
dà ciò che comandi e
necessità della grazia. « Comandi la continenza. Ebbene
avvicinare l’altra che si
comanda ciò che vuoi»®. A questa preghiera si può
e richia-
riferisce alla vigilia della conversione: « Ebbene Signore, agisci, svegliaci
maci, accendi e rapisci, ardi, sii dolce. Amiamo, corriamo »83.
Sulla difficile questione dell'efficacia della grazia e, quindi, della concilia-
sempre
zione tra grazia e libertà, le pagine narrative delle Confessioni saranno
un ottimo commento a quelle dottrinali di Agostino antipelagi ano.

3. La remissione dei peccati non commessi. Ancora un particolare prezioso


offertoci dalle Confessioni. Troviamo in esse un'affermazione che può sbalordire,
ma ché non è altro se non la conclusione ultima ‘della dottrina sulla necessità
della grazia la quale non rimette solo i peccati, ma aiuta a non commetterli.
« Attribuisco alla tua grazia e alla tua misericordia il dileguarsi come
ghiaccio dei miei peccati; attribuisco alla tua grazia anche tutto il male che
non ho commesso... tutti questi peccati, e quelli che di mia spontanea volontà
con-
commisi, e quelli che sotto la tua guida evitai, mi furono rimessi, lo
»8. E continua spiegando che nessuno, consapevol e della propria debo-
fesso
La
lezza, può ascrivere a se stesso il merito di aver conservato l'innocenza
amare di meno quasi gli fosse
grazia divina lo ha protetto. Perciò non deve
ha
stato rimesso di meno, ma deve amare di più, perché ha ricevuto di più:
ricevuto il dono incompara bilmente più grande di non commetter e i peccati.
Stupenda dottrina teologica da cui nascono applicazioni non meno stupende
ampia-
per la vita spirituale. Non per nulla Agostino ci torna sopra € la spiega
le vergini all'umiltà e all'amore
mente nel De sancta virginitate mentre esorta

7 De dono persev. 20, 53.


80 Confess. 10, 29, 40.
.81 Confess. 8, 4, 9
82 Confess. 2, 7, 15.
CII INTRODUZIONE

di Cristo8. E ne parla anche al popolo commentando le parole del Signore:


a chi è rimesso poco ama poco (Lc 7, 47)*.

V. IL MEDIATORE

Peccato e grazia sono termini d'un problema che trova la soluzione nel
Cristo. Le Confessioni ci mostrano quanto Agostino amasse il Cristo e come
abbia trovaro in lui, e in lui solo, ciò che ansiosamente cercava. Certamente non
sono un trattato di cristologia o di soteriologia, ma su l'uno e su l’altro tema,
gettano, attraverso l’esperienza personale dell'autore, molta luce.
Abbiamo detto che alla vigilia della conversione egli comprese quale fosse
la dottrina cattolica intorno all'Incarnazione, e come questa dottrina fosse chia-
ramente distinta da quella professata da Fotino. Questo fatto, se crea un pro-
blema ermeneutico circa il momento della conversione di Agostino alla fede 8%,
offre un prezioso aiuto per capire la dottrina cristologica da lui esposta tante
volte, qua e là, nelle sue opere. Ci aiuta a capire, soprattutto, l'insistenza con
la quale il vescovo d'Ippona distingue tra la presenza di Dio nell'uomo e il Dio
fatto uomo, distinzione fondamentale ed essenziale per il dommacattolico quale
fu definito, poi, a Efeso e a Calcedonia. Scrive ne! De Trinitate: «... la persona
del Verbo di Dio assunse la natura umana per presentarsi in forma di uomo.
Quell'uomo non era in possesso del Verbo di Dio alla pari di altri uomini dotati
di santità e di sapienza, bensi al di sopra di essi». Spiegando poi questa supe-
riorità, continua: «non certo nel senso che avesse in misura più larga il Verbo
di Dio in modo da eccellere su di essi per sapienza, ma nel senso che era lo
stesso Verbo... Una cosa infatti... è il Verbo nell'uomo, un'altra il Verbo uomo» *.
La stessa sottolineatura sempre: nei libri, nei discorsi, nelle lettere81,
Non meno importante per l'interpretazione del pensiero agostiniano l’altra
esperienza narrataci dalle Confessioni: la scoperta di Cristo Mediatore8®.
In realtà da quel momento Cristo divenne il centro e l’anima della vita,
della teologia, del pensiero d'Agostino: respinse sdegnosamente le dottrine neo-
platoniche sulla mediazione dei demoni e si afferrò con tutta la forza della
fede, dell’intelligenza e dell'amore al Cristo unico Mediatore tra Dio e gli uomini
(1 Tim 2, 5).

83 De sancta virginitate 40, 41-41, 42.


84 Cf. Serm. 99, 4-6, dove, a conclusione, troviamo quest’aforisma: « Non c'è nessun pec-
cato che ha fatto un uomo che non possa fare un altro uomo, se gli viene meno
la difesa. di Colui che ha fatto l’uomo ».
85 Vedi sopra p. XXXVI-XXXVII.
86 De Trin. 2, 6, 11.
87 De agone christiano 20, 22; In Io Ev. tr. 14, 1; Enarr. in ps. 29, s. 2, 2; Epp. 137, 3, 12;
187, 13, 40; ecc. Cf. T.J. van BAVEL, Rech. sur la christologie de st. Aug., Fribourg
1954. Agostino ebbe modo di conoscere e di confutare un caso di nestorianismo ante
litteram, cf. Ep. 219 e Leporii presbyteri libellus emendationis: PL 31, 1229 s.; il nostro
articolo: Un caso de nestorianismo prenestoriano en occidente, in Ciudad de Dios,
155 (1943) pp. 45-67; P. GroRIEUX, Prénestorianisme en Occident - dossier in Monu-
menta Christiana selecta, Paris 1959.
88 Vedi sopra p. LIII.
INTRODUZIONE CIII

Ma questa volta le Confessioni non ci danno solo la chiave per capire la


dottrina, bensi anche un abbozzo della dottrina stessa.
Riferendosi ai neoplatonici, particolarmente a Porfirio nel De regressu ani
mae, confuta la loro demonologia e delinea la dottrina cattolica della mediazione.
Il mediatore per poter mediare dev'essere in mezzo tra gli estremi, ad essi
unito e da essi distinto. Perciò « il mediatore tra Dio e gli uomini doveva rasso-
migliare agli uomini: simile in tutto agli uomini, sarebbe stato lontano da
Dio; simile in tutto a Dio, sarebbe stato lontano dagli uomini; e cosi non sarebbe
stato un mediatore » 99.
Ora solo Cristo è simile a Dio e agli uomini, perché Dio presso Dio e uomo
con gli uomini. Dio ha due prerogative: la giustizia e l'immortalità; gli uomini
ne hanno parimenti due, ma contrarie: l’iniquità e la morte. Tra il Giusto im-
mortale e i peccatori mortali Cristo è mortale e giusto: mortale come gli uomini,
giusto come Dio. Perciò è perfetto mediatore. I demoni non lo sono affatto, non
possono esserlo. Sono infatti mortali e peccatori, e mortali, anche se spiriti,
perché peccatori. IÌ peccatori non possono mediare tra altri peccatori e il
Giusto.
Cristo compie la sua missione mediatrice attraverso l'esempio, che per noi
è un modello perfetto di virti, e, soprattutto, attraverso il sacrificio di sé. I
due aspetti sono ricordati dalle Confessioni, Il primo, per esempio, in queste
parole: « Discese nel mondo la nostra vita, la vera, si prese sulle sue spalle la
nostra morte e l’uccise con la sovrabbondanza della sua vita, ci gridò tuonando
di tornare dal mondo a lui... corse gridando a parole, e a fatti, con la morte
e la vita, con la discesa e l'ascesa, gridando affinché tornassimo a lui»%.
Il secondo in quelle altre giustamente celebri che esprimono l'identità in
Cristo tra il sacerdozio e il sacrificio. Sono le parole con le quali si chiude il
libro decimo: «Quanto ci amasti mai, Padre buono, che non risparmiasti il
tuo unico Figlio, consegnandolo agli empi per noi! ...lui... vittorioso e vittima
per noi al tuo cospetto, e vittorioso in quanto vittima; sacerdote e sacrificio
per noi al tuo cospetto, e sacerdote in quanto sacrificio; che ci rese, di servi,
tuoi figli, nascendo da te e servendo a noi». La mediazione di Cristo com'è
la fonte di ogni grazia cosi è la ragione di ogni nostra speranza. « Senza di
lui, conclude Agostino, dispererei. Molte, infatti, e gravi sono le mie infermità,
molte e gravi. Ma piu abbondante è la tua medicina »®2.
Ma questo non è che un abbozzo, L'ampio svolgimento di questa dottrina
bisogna cercarlo in altre opere agostiniane, particolarmente nel De Trinitate
e nel De civitate Dei, dove troviamo esposto e difeso il concetto di mediazione ®
e illustrato quello della missione di Cristo, il quale per mezzo del sacrificio di
sé — sacrificio verissimo, liberissimo, perfettissimo — è diventato Mediatore
di libertà, di unità, di vita, di salvezza per tutti gli uomini”.

89 Confess. 10, 42, 67.


% Confess. 10, 42, 67 - 43, 68.
9 Confess. 4, 12, 18-19. È . .
9 Confess. 10, 43, 69; cf. F. Cavré, Le Christ dans les Confessions, in Ann. théol. aug.,
1953, pp. 232-259.
9 De civ. Dei, ll. 9-10.
% De Trin., libro IV.
CAPITOLO VII

MISTICA

i Per offrire al lettore quell’analisi introduttiva che gli permetta di scoprire


più facilmente le ricchezze del capolavoro agostiniano, occorre aggiungere che
le Confessioni non sono soltanto, come si è detto, un libro di storia autobio-
grafica, di filosofia e di teologia; ma anche, anzi principalmente, un libro di
mistica. Sotto questo aspetto, infatti, le considerò l’autore.
«I tredici libri delle mie Confessioni», dice il noto testo delle Ritrattazioni
citato più volte, «lodano Dio e sollevano verso di lui l'intelligenza e il cuore
degli uomini»!.
Un libro di mistica, dunque, almeno nel senso generico ed ampio di questa
parola, che vuol dire elevazione interiore, preghiera intensa, esperienza del divino.
In realtà le Confessioni, sotto l'aspetto letterario, possono considerarsi una
lunga lettera a Dio, nella quale Agostino narra, interroga, risponde, geme, discute,
invoca, loda, ringrazia; ma soprattutto esprime il suo amore a Dio e il suo
bruciante desiderio di essere vicino, a faccia a faccia, al divino destinatario.
O piuttosto dovremmo parlare di colloquio. Agostino parla con Dio e con
lui tratta ciò che lo interessa: i fatti della sua vita, i misteri della grazia, la
profondità della filosofia, l’interpretazione della Scrittura.
La mistica nelle Confessioni non è teoria, ma esperienza: un'esperienza che
s'inserisce tra le più significative della storia spirituale del Cristianesimo, sia
per la grandezza dell'uomo, che nessuno dubita di porre tra î maggiori dell’'uma-
nità, sia per la straordinaria capacità che possedeva di scrutare e descrivere i
suoi stati d'animo.
Per questo è possibile trarre da questa esperienza una teologia mistica, che
comprenda i momenti essenziali dell'ascesa verso Dio. Evidentemente le Confes-
sioni non sono l’unico libro che ci permette di conoscere la dottrina mistica di
Agostino. Ve ne sono altri, e non pochi, dove questa dottrina, sotto l'aspetto teo-
retico, è svolta più diffusamente?. Sotto l'aspetto teoretico però. Qui invece è
Agostino che descrive le sue ascensioni interiori e ci offre la dottrina attraverso
l'esempio. °

i pori 2, (6,
icordiamo il De quantitate animae (scritto qui a Roma tra l'autunno del 387 e 1’
.
gosto del 388), che descrive i gradi della vita
. . .
spirituale; il De sermone Domini in
a-

monte (del 394), che spiega le beatitudini in correlazione con i doni dello Spirito
Santo e le petizioni del Padre nostro; il De Trinitate (399-421), che introduce il
INTRODUZIONE CV

I. AGOSTINO MISTICO

Ma prima di esporre i punti essenziali di questa dottrina contenuti nelle


Confessioni, dobbiamo sciogliere una questione previa: il vescovo d'Ippona è
veramente un mistico? La questione fu posta e discussa nei decenni scorsi e fu
risolta in modo molto diverso.

1. Ragioni di una controversia

Per qualcuno non solo è un mistico, ma è il principe dei mistici?. Per qualche
altro è solo un «intellettualista »* o un « grande entusiasta »5. La diversità della
‘risposta dipende da diversità più profonde, attinenti a questioni più generali. Ci
si chiede se il misticismo in senso stretto appartenga solo all’età moderna (si
pensi a S. Teresa e a S. Giovanni della Croce) o se sia fiorito anche nell'età patri-
stica; se intellettualismo e misticismo siano termini conciliabili o antitetici; se un
contenuto mistico può calare in uno schema o procedimento filosofico. Si tratta
di sapere, in altre parole, che cosa sia propriamente l’esperienza mistica.
La maggior parte degli studiosi si pronuncia a favore della patristica, a
favore della conciliabilità, dichiarata necessaria ed essenziale, tra intellettualismo
e misticismo, a favore della possibilità di esprimere un contenuto mistico con
uno schema filosofico. Di ciò i predetti studiosi trovano la conferma nella figura
del vescovo d’'Ippona, il quale, oltre tutto, ci aiuta a chiarire la nozione stessa
di esperienza mistica$. « Agostino — scrive uno di essi — è per me il principe
dei mistici, unendo nella sua persona, in maniera ineguagliata da altri, i due
elementi dell'esperienza mistica: una profonda visione intellettuale delle cose
divine e un amore di Dio che fu passione divorante ». Anzi — continua lo
stesso — è la confutazione più corcreta dei vari fraintendimenti di cui il misti
cismo e i mistici sono stati oggetto; è infatti un mistico, ma insieme un uomo
di governo, un pensatore acuto e un. apostolo infaticabile!.

lettore alla contemplazione del mistero trinitario attraverso la conquista della sapienza;
De Genesi ad litteram libri XII (401-414), dove l’ultimo libro è dedicato alla questione
del paradiso o «terzo cielo » a cui fu rapito l’Apostolo (2 Cor 12, 2); la Lettera 147
(probabilmente del 413/414) sulla visione di Dio (De videndo Deo); il Commento al
Salmo 41 sull’ascesa fino alla casa di Dio; i Discorsi 103-104; 179, 4-5 sulle relazioni tra
contemplazione ed azione, ecc.
3 C. ButLER, Il misticismo occidentale, Londra 19262; trad. ital. Bologna 1970, pp. 123-
186; W. FALKENHAHN, Zur Mystik Augustins, in Veritati, « Festschrift Hessen », Munich
1949, pp. 170-175, che qualifica Ag. come «il più grande mistico di tutti i tempi».
4H. Meyer, War Augustin Intellektualist oder Mystiker?, in Augustinus Magister, III,
Paris 1955, pp. 427-437.
5 E. HENDRIKX, Augustins Verhdltnis zur Mpystik, Wiirzburg 1936.
6 Cosî in sostanza, pur con diverse sfumature, Portalié, Cayré, Maréchal, Lebre-
ton, ecc. (cf. bibliografia). Un ampio riassunto della controversia in M.A. MANDOUZE
Où en est la question de la mystique augustinienne?, in Augustinus Magister, III, Pa-
ris 1955, pp. 103-168.
TC. ButLER, Op. cit., pp. 124-125.
CVI INTRODUZIONE

2. Testimonianza delle Confessioni

Le Confessioni ci informano sull’alta esperienza mistica di Agostino. I testi


principali sono tre: 7,17,23; 9,10,23-26; 10,40,65.
Il primo si riferisce ad un'esperienza che cade nel periodo posteriore alla
lettura dei neoplatonici e anteriore alla scoperta della grazia di Cristo Media-
tore8. Si tratta di un'esperienza mistica in senso cristiano? Qualcuno sembra
pensarlo?. In realtà, Agostino aderiva già, allora, all'autorità della Chiesa catto-
lica, anche se non conosceva ancora il domma della Redenzione !0. Egli stesso,
poi, considera provvidenziale il fatto di aver letto i neoplatonici prima di leggere
S. Paolo — e quindi, concludiamo noi, di aver fatto quell'esperienza — perché
cosi potè sperimentare di persona l'impossibilità di giungere a Dio senza la
mediazione di Cristo !!. Ma basta questo per pensare alla presenza d'un dono
speciale di Dio in quell'ascesa interiore, e quindi ad un'esperienza soprannaturale?
Forse no. Tutto il racconto sembra porre in rilievo due fatti: lo sforzo intellet-
tuale e il senso dello scacco. Salendo di grado in grado, la mente « giunse, in
un impeto di trepida visione, all’Essere stesso» e comprese finalmente, attra-
verso il creato, quanto è invisibile in Dio. « Ma non fui capace — cosi continua —
di fissarvi lo sguardo, Quando, rintuzzata la mia debolezza, tornai fra gli oggetti
consueti, non riportavo con me che un ricordo-amoroso e il rimpianto, per cosi
dire, dei profumi di una vivanda che non potevo gustare » !?. Poco prima aveva
espresso questo stesso sentimento d'insuccesso con queste altre parole: « Quando
ti conobbi la prima volta, mi sollevasti verso di te per farmi vedere come vi
fosse qualcosa da vedere, mentre io non potevo ancora vedere; respingesti il
mio sguardo malfermo col tuo raggio folgorante, e io tutto tremai d'amore e
terrore » 13. I più perciò, e non senza ragione ci pare, limitano questa esperienza
al solo aspetto intellettuale e la considerano un tentativo di estasi plotiniana,
anche se non sono concordi nel valutarne l'importanza.
Diversa è l’esperienza di Ostia. Anche qui lo schema è quello filosofico, ma
il contenuto è tutto cristiano. Lo dimostra la presenza di Monica, che non cono-
sceva i filosofi e non aveva molta stima per loro. Eppure sale insieme al figlio
verso le vette della contemplazione. « Conversavamo, dunque, soli con grande
dolcezza... E salivamo ancora interiormente... per attingere la plaga dell’abbon-
danza inesauribile... E mentre ne parlavamo e anelavamo verso di lei, la cogliem-
mo un poco con lo slancio totale dello spirito, e sospirammo... » 14.
Lo dimostra il tema della contemplazione che non è pura filosofia, ma è la
vita eterna dei santi. Di questa Agostino e Monica ebbero una rapida intuizione,
un pregustamento che li fece sospirare, e permise loro di lasciare ivi, come prigio-
niere, le primizie dello spirito. « E vi lasciammo avvinte le primizie dello spirito
(Rom. 8, 23) per ridiscendere al suono delle nostre bocche, ove la parola ha prin-
cipio e fine ». Lo dimostra il richiamo esplicito alle parole di S. Paolo che descrive

8 Vedi sopra p. LIII.


9 C. ButLER, Op. cit., p. 141.
10 Vedi sopra p. XXXVI.
1 Confess. 7, 20, 26.
12 Confess. 7, 17, 23.
13 Confess. 7, 10, 16.
14 Confess. 9, 10, 24.
INTRODUZIONE CVII

a en-
l'ineffabilità della vita beata (1 Cor. 2, 9), il richiamo all'invito del Signore
(1 Cor.
trare nel suo gaudio (Mt. 25, 21), il richiamo alla risurrezione dei morti
i
15, 51).
d'un grande successo. Monica sente ormat la
Qui si tratta d'un gran dono,
cielo e confessa al figlio che la vita presente non ha più alcuna
nostalgia del
attrattiva per lei e non sa piu perché debba restarvi ancora. Anche Agostino
ha perduto ogni attrattiva per la vita di quaggiù — « questo mondo con tutte
le sue attrattive si svili ai nostri occhi » 5 — e sente più tormentoso, più bruciante
il desiderio della « pace senza tramonto ».
Se questa pagina non è la descrizione d'un'alta esperienza mistica, non si
saprebbe dire quale altra della letteratura cristiana lo sia. Essa è il punto culmi-
nante della vita di Monica, il momento centrale della vita di Agostino, il cuore
delle Confessioni. Ci rivela l'aspetto piu intimo di Agostino e ci dà la chiave
a
per capire molte altre pagine, quelle nelle quali l’autore mostra di aver esperienz
più alte ascensioni dello spirito. Del resto è Agostino mistico che spiega
delle
tanta parte di Agostino pastore e scrittore.
Tanto più che l'estasi di Ostia non restò un caso isolato. Era stata preparata
del
dalle lunghe meditazioni fatte a Cassiciaco!6 e dalle lacrime sparse al tempo
simili. Agostino ne ripetè
battesimo a Milano, e fu seguita da altre esperienze
rio;
spesso il cammino e spesso il termine fu, come ad Ostia, un dono straordina
come lo chiamera nno i mistici posteriori, della contempla zione infusa.
quello,
libe-
Era infatti abituato a raccogliersi nella meditazione ogni volta che poteva
i. Solo in Dio si sentiva sicuro. Solo in Dio
rarsi dalla stretta delle occupazion
sapeva che nulla di sé andava disperso. Ed ecco come, a questo proposito, alza
il velo, con parole discrete ma chiare, sui doni divini: « Talvolta m’introduci in
um sentimento interiore del tutto sconosciuto e indefinibilmente dolce, che, qua-
lora raggiunga dentro di me la sua pienezza, sarà non so cosa, che non sarà questa
vita. Invece ricado sotto i pesi tormentosi della terra. Le solite occupazioni mi
riassorbono, mi trattengono, e molto piango, ma molto mi trattengono, tanto è
considerevole il fardello dell'abitudine. Ove valgo, non voglio stare; ove voglio,
non valgo e qui e là sto infelice » 88.

II. Ascesa vERso Dio

i
Abbiamo detto che dall'esperienza di Agostino descritta dalle Confession
si può trarre un ampio quadro di dottrina spirituale. Perché questo: sia com-
pleto si dovrebbe tener conto di tutte le altre opere. Si sa che il vescovo d'Ippona
è stato un grande maestro della pietà cristiana in Occidente. Qui indicheremo
alcuni punti particolarmente presenti in quest'opera. Non senza aver notato
prima, riepilogando quanto si è detto sopra, che l'ascesa verso Dio è sorretta,

15 Confess. 9, 10, 26. a È


16 Confess. 9, 3, 5: « Noi siamo tuoi, lo attestano le tue esortazioni e poi le tue consola-
zioni »; 9, 4, 8: « Quali grida, Dio mio, lanciai verso di te leggendo i salmi di Davide... ».
17 Confess. 9, 6, 14.
18 Confess. 10, 40, 65. Lu.
19 Non mancano studi generali su l'argomento: cf. Bibliografia.
CVIII INTRODUZIONE

si, dall'afflato mistico, ma anche dal forte pensiero filosofico e da una


solida
struttura teologica. I punti principali che vorremmo indicare sono: la preghiera,
l’ascetismo, la contemplazione.

1. La preghiera

Agostino fu un uomo di preghiera, cioè un uomo profondamente impegnato


nelle ascensioni interiori. Ce ne danno testimonianza i Dialoghi 2°. Le Confession
i
lo confermano ampiamente. Altre opere agostiniane cominciano o terminano
con
la preghiera?. Le Confessioni sono, da capo a fondo, un libro di preghiera. Lo
sono nella forma e, in molte parti, nel contenuto. Nel De Sermone Domini
in
monte aveva scritto: « Nella preghiera c'è la conversione del cuore a Colui che
è sempre pronto a dare se noi siamo pronti a ricevere ciò che dà; e con la con-
versione la purificazione dell'occhio interiore... affinché la pupilla della mente,
purificata, possa sopportare la pura luce divina che risplende senza tramonto e
senza mutazioni; e non solo possa sopportarla, ma dimorare in essa; e non solo
dimorarvi senza fastidio, ma con ineffabile gaudio » ??. Queste parole erano incon-
sapevolmente il programma delle Confessioni. Inconsapevolmente dico,
per-
ché non si può credere che nel 393,.quando le scriveva, pensasse a quest’ope-
ra. Ma ciò non toglie che ne riassumano il programma. Un programma spirituale
che sul filo della preghiera va dalla conversione alla dimora nella luce. Ora
si sa
che cosa vuol dire per Agostino dimorare nella luce: vuol dire far della preghiera
contemplativa, che è la forma pi alta di preghiera, l'atteggiamento abituale
dell'anima; atteggiamento al quale Dio aggiunge spesso i doni straordinari
della
grazia.

1. L'esempio di Monica. Prima di tutto Agostino ci offre in sua madre un


esempio di assidua e fiduciosa preghiera. Monica, cosi ia descrive il figlio,
fu
«una vedova casta e sobria, assidua nell’elemosina, devota e sottomessa ai
tuoi
santi; che non lasciava passare giornata senza recare l'offerta al tuo
altare,
che due volte al giorno, mattino e sera, senza fallo visitava la tua chiesa, e non
per confabulare vanamente e chiacchierare come le altre vecchie, ma
per udire
le tue parole e farti udire le sue orazioni » 2.
Fu anche arricchita di doni soprannaturali. Agostino ricorda due casi, ma
fa capire che furono molti di più. Ricorda la visione con cui il Signore
le diede

20 Pregava poene quotidianis fletibus che il Signore lo liberasse dalle


sue ferite (De or.
dine 1, 10, 29; Solil. 1, 14, 26); passava abitualmente in meditazion
e metà. della notte
(De ordine 1, 3, 6), spesso cosparsa di lacrime (Ibidem 1, 8, 22);
sospirava di rag-
giungere la tanto sospirata sapienza.
21 Cf. la lunga e appassionata preghiera che apre i Soliloqui (1, 1,
2-6), quella più breve,
ma non meno appassionata, che chiude il De Trinitate (15, 28, 51);
quella, piena di
carità apostolica, con cui invoca la conversione dei manichei (De duabus
animabus con-
tra Man. 15, 24).
Si sa, poi, che i suoi discorsi terminavano sempre con una preghiera
che era sempre
la stessa e cominciava con le parole: Conversi ad Dominum (cf. Serm.
1, 5, 5; ecc.).
2 De sermone Domini in monte: 2, 3, 14.
2 Confess. 5, 9, 17.
2 Confess. 5, 9, 17: ...in illis visionibus et responsis tuis, quae iam
commemoravi et
quae non commemoravi.
INTRODUZIONE
T
CIXY

la certezza della conversione del figlioe quella con la quale l’assicurò, nel forte
d'una paurosa tempesta durante la traversata del Mediterraneo, che tutti i navi-
ganti sarebbero giunti alla mèta*. Arricchita del dono delle visioni, Monica non
fu una visionaria. Sapeva distinguere bene — osserva Agostino — tra le rivela
zioni divine e i sogni della sua anima. i .
Le Confessioni mettono in rilievo soprattutto, come abbiamo detto ®, la rela-
zione di dipendenza tra le preghiere della madre e la conversione del figlio.
Avuta da Dio la certezza della conversione di Agostino, Monica non smise di
pregare: « resa ormai più alacre, ma al pianto e ai gemiti non meno pronta, per-
sisteva a far lamento per me davanti a te in tutte le ore delle sue orazioni».
Durante nove anni.

2. Invocazione della salvezza, ringraziamento e lode. Alla scuola di tanta


madre Agostino imparò ad invocare con gemiti inenarrabili la salvezza; la sal
vezza iniziale con la remissione dei peccati, quando si accorse, dopo tanti anni,
di essere lontano da Dio, e la salvezza piena con l'assorbimento della morte nella
vittoria, dopo il battesimo.
Abbiamo detto che la teologia delle Confessioni è teologia della salvezza
e che la salvezza ha un movimento dialettico che va dai mali del peccato ai beni
della grazia. La preghiera s'inserisce in questa dialettica e ne costituisce la
forza risolutrice. Il vescovo d'Ippona espone la dottrina sulla preghiera in altre
sue opere, difendendone la necessità e illustrandone l'interiorità, la soctalità, la
soprannaturalità. Ne scioglie inoltre le non poche questioni che si pongono
intorno a un fatto cosi semplice insieme e cosi complesso della vita cristiana 30,
Le Confessioni ci mostrano Agostino che prega; prega invocando, ringra-
ziando, lodando. Invoca che il Signore dilati le anguste capacità della sua anima,
la restauri, la purifichi3!, che la riempia di sé affinché non sia più peso a se
stessa*, che le riveli i segreti delle Scritture®, che compia in lei quanto manca
perché possa correre all'’amplesso di Dio*. Ringrazia Dio dei doni che gli ha
elargito, sia naturali che soprannaturali. E soprattutto loda. La preghiera di lode
è prevalente nei Salmi. Le Confessioni ne ripetono il tono e spesso il linguag-
gio8. Tono e linguaggio che, enunciati fin dalle prime parole, percorrono e
coloriscono tutte le pagine dell’opera. Per comprendere l'uno e l’altro occorre
leggere il commento agostiniano ai Salmi, dove il concetto di lode è ampia
mente e ripetutamente spiegato. Lode vuol dire conoscenza, amore, ammira-
zione, compiacenza, stupore, giubilo. Agostino spiega questi concetti con parti-
colare profondità e ricchezza psicologica.

25 Confess. 3, 11, 19-20.


2% Confess. 6, 1, 1.
2 Confess. 6, 13, 23.
28 Vedi sopra h Ser:
29 C .3, 1, 20. , 3 i
30 cei opere agostiniane l’Ep. 130, che è un trattato sulla preghiera, e tra gli studi
F. BRAMBILLA, Necessità della preghiera: la dottrina cattolica alla luce del pensiero di
S. Ag., Roma 1943; A. Trapì, S. Agostino, in Bibliotheca Sanctorum, I, cc. 428-596.
31 Confess. 1, 5, 5-6.
3 Confess. 10, 28, 39.
a Confess. IL i d*
A C % , ’ " . . è . DI
35 Cet no studio di N.G. KnaAUER, Pzalmenzitate in Augustins Konfessionen, Gòt-
tingen 1955.
INTRODUZIONE

L'ascetismo

Si comprende allora che la preghiera, intesa sia come invocazione che come
lode, alimenti la crescita spirituale e ne sia a sua volta, come’ vedremo, ali-
mentata. L'essenza e la misura della crescita spirituale è l'aumento della carità.
Agostino lo ha ripetuto con tanta appassionata insistenza, con tanta ricchezza
di particolari da meritare il titolo di dottore della carità insieme a quello di
dottore della grazia*. Ma la carità per espandersi deve vincere la resistenza
della cupidigia, che è amore disordinato di sé o, secondo un'altra espressione
agostiniana, amore privato. Da qui la necessità dell'ascetismo o purificazione,
Agostino ne respinge il fondamento platonico, ma ne applica e ne insegna
tenacemente le leggi. Ne aveva parlato a lungo nei Soliloqui in un primo esame
pubblico di coscienza; ne parla più a lungo nelle Confessioni in un secondo
esame di coscienza più severo e piu ampio.
La necessità della purificazione non nasce dal male della materia o dal-
l’estraneità del corpo dall'anima — né la materia è un male, né il corpo è
estraneo all'anima — ma dal disordine che è in noi o, come anche si esprime
Agostino, dalla «guerra civile » tra lo spirito e la carne, tra il dovere e il
piacere. Questo disordine investe tutte le facoltà dell'uomo: la sensibilità, l'in-
telligenza, la volontà. Tre infatti sono i vizi che ostacolano il regno della carità:
l'inclinazione ai piaceri sensibili, la curiosità, la superbia. Agostino si riferisce
esplicitamente e ripetutamente al testo della Prima Lettera di S. Giovanni (1 Io
2, 16)*. L'ascetismo cristiano dunque impegna tutto l'uomo. Si tratta infatti
di ristabilire l'ordine, che consiste essenzialmente nell'assoggettare noi stessi a
Dio e gli appetiti a noi stessi, cioè alla volontà e alla ragione. Questa, e solo
questa, è la vera pace. Il resto è falsità e perversione. Agnosce ordinem, quaere
pacem. Tu al maggiore, il minore a te®.
L'autore delle Confessioni ci mostra a qual punto sia giunto e quali successi
abbia raccolto in questo sforzo ascetico. L'esame a cui sottomette se stesso è
minuzioso, anzi spietato, ma istruttivo.

1. L'attrattiva dei sensi. Prima di tutto prende in esame l’attrattiva dei


sensi. Per ognuno confessa le sue debolezze e le sue vittorie: di queste ringrazia
il Signore, per quelle invoca le divine misericordie. Ma intanto espone la dot-
trina ascetica cristiana, che non ha, per Agostino, origini filosofiche, ma evan-
geliche, o, se s’ispira a fonti filosofiche, vi s'ispira solo nella misura nella quale
queste sono conformi al Vangelo.
Il male non sta nelle cose, ma nell'uomo che le ama contro l'ordine dovuto.
L’avarizia non è un vizio dell'oro, né la lussuria un vizio dei corpi; ma l'una
e l'altra sono vizi dell'uomo che ama l'oro 0 le voluttà corporali contro le
regole della giustizia o della temperanza. « Non temo l’'impurità delle vivande —

3 Cf. G. ComBEs, La charité d’après S. Aug., Paris 1932; G. HULTGREN, Le commandement


d'amour chez Augustin... periode 386-400, Paris 1939; A. NyGREN, Eros et Agapé.
La notion chrétienne de l'amour et ses trasformations, Ill, Paris 1954, pp. 5-130
(l’autore ritiene a torto che Agostino non abbia raggiunto la sintesi tra eros e agapè).
37 Cf. p. e. De vera religione 38, 70; In Ep. Io tr. 2, 11-14.
38 Enarr. in ps. 143, 6.
“ LE
INTRODUZIONE CAI

dice Agostino con evidente polemica contro i manichei — temo l'impurità del
i i i
desiderio » 99.
Si leggano attentamente i passi dedicati alle tentazioni della vista, che in
lui furono fortissime. Che il bello ci attragga — sia il bello della natura che
dell'arte — è cosa ovvia, anzi necessaria: gli occhi son fatti per contemplare le
bellezze corporali come lo spirito quelle spirituali; il male sta nel dimenticare,
contemplando quelle forme, la fonte da cui procedono e staccarsi da essa, che
è la Bellezza eterna, e abbattersi, deformi, nelle bellezze corporali; deformi, non
perché si ami il male, ma perché si ama male il bene. Da qui lo sforzo di non
lasciarsi impigliare dalle bellezze corporee, ma di salire da esse a Dio. « Anche
dalle opere dell’arte traggo un inno per te e una lode da offrire in sacrificio.
La bellezza che attraverso l’anima si trasmette alle mani dell'artista proviene da
quella bellezza che sovrasta le anime, cui l'anima mia sospira giorno. e notte.
Ma chi fabbrica e cerca le bellezze esteriori, trae di là la norma per giudicarne
il valore, non trae di là la norma per farne buon uso » 0. La norma è: amare
sopra tutte le cose la bellezza increata della Sapienza e salire, contemplando,
dalle bellezze create ad essa; e da essa scendere alle bellezze create in un movi-
mento continuo di meditazione e di amore circolare.

2. La curiosità, L’altra fonte di tentazione che offre largo campo allo sforzo
ascetico, è la curiosità. Non la curiosità che è madre della scienza — questa
propriamente si chiama studiosità ed è una virtù — ma quella che amman-
tandosi di cognizioni e di scienza, ricerca vane e nocive sensazioni o aspira a
conoscere cose che all'uomo non è dato conoscere. Da questa curiosità derivano
le stravaganti esibizioni degli spettacoli, le interrogazioni degli astri, le arti
magiche, la richiesta a Dio di segni e prodigi. Agostino confessa d'esserne stato
sempre libero o di essersene ormai liberato. « Certo non mi attirano più i teatri
né mi.curo di conoscere i passaggi degli astri, e mai. l'anima mia ha cercato
di conoscere i responsi delle ombre; detesto qualsiasi rito sacrilego ». Non nega
però che la tentazione di chiedere a Dio qualche segno talvolta lo assalga, anche
se la supera. Geme invece perché tante piccole inezie — il lettore noterà l’esem-
pio del cane che corre dietro a una lepre e quello del ragno che cattura le
mosche — lo distraggono spesso da pensieri gravi e solenni*.

3. L'orgoglio. Terza fonte di tentazioni, contro cui occorre combattere e da


cui ci si deve purificare, è l'orgoglio, cioè il « desiderio di essere amati e temuti
dagli uomini senza altro motivo se non di trarne un godimento », che non è
altro poi se non « misera vita e lurida iattanza»*. Occorre perciò difendersi
dalle lodi degli uomini, dalla vana gloria, dal compiacimento di sé. A propo-
sito di lodi Agostino confessa di trovarsi in una stretta difficile: da una parte
le lodi gli piovevano addosso e non poteva non sentirne il piacere — neque
enim mihi cornea fibra est, scrive al conte Dario, ripetendo un verso di Persio

39 Confess. 10, 31, 46.


4 Confess. 10, 34, 53.
4 Confess. 10, 35, 56.
4 Confess. 10, 36, 59.
CXII INTRODUZIONE

(Satyra 1, 47) per non sentire queste cose o sentirle senza piacere— dall'altra
il suo tenore di vita, che era degno di stima e di ammirazione, e la sua condizione
di vescovo, che lo portava a desiderare, per il bene altrui, di essere ben voluto
dagli uomini.
Per passare incolume tra questi due fuochi pregava molto e versava «fiu-
mi» di lacrime, studiandosi di scandagliare i propri sentimenti e di amare
sempre, in ogni occasione, più la verità che le lodi. Le pagine. dedicate a que-
st'argomento sono ricche di fine psicologia.

3. La contemplazione

Lo sforzo ascetico aveva per Agostino ed ha per ogni cristiano uno scopo
mistico: la contemplazione. La contemplazione costituisce il premio « altissimo
e segretissimo » delle lunghe e dure fatiche della purificazione. Infatti questa
forma altissima di preghiera esige una preparazione remota, che è appunto la
purificazione, e una prossima, che è il raccoglimento o silenzio interiore. Im-
porta inoltre elementi speculativi e affettivi; e consiste, nel suo grado pit alto,
in un’ascesa, un'intuizione, una « caduta ». _
Abbiamo detto della purificazione, frutto dell'esercizio ascetico, che ha per
scopo di riportare l'ordine dove il peccato ha seminato il disordine. Occorre
dire qualcosa sul raccoglimento o silenzio interiore. Il vescovo d'Ippona vi
accenna nella descrizione dell’estasi di Ostia, lo chiede nella preghiera con la
quale chiude il De Trinitate e lo pone come condizione essenziale per vedere
Dio. «Se per un uomo tacesse il tumulto della carne... tacessero le immagini
della terra... tacessero i cieli, e l’anima stessa si tacesse... e tacessero i sogni e
le rivelazioni della fantasia... » 5. E' questo il silenzio che Agostino chiede a Dio:
« Liberami, o mio Dio, dalla moltitudine di parole di cui soffro interiormente,
nella mia anima... Infatti non tace il pensiero, anche quando tace la lingua » *.
In realtà «una particolare solitudine è necessaria al nostro spirito: con questa
solitudine interiore si vede Dio». E’ in questo silenzio che si ode la voce
di Dio. Agostino ha coniato a questo proposito l’ardita espressione di «canoro
e facondo silenzio della verità». Perciò la contemplazione si ricollega alla
beatitudine della pace, che è il frutto della purificazione, e al dono della sapienza,
che imprime nell'anima la somiglianza piu alta di Dio. Silenzio interiore
vuol dire dunque. Fasciata da questa zona di silenzio, sostenuta dal desiderio
di possedere Dio a viso aperto, alimentata dalla preghiera, soprattutto dalla
preghiera di lode, che è l’«opera somma» dell’uomo, l'anima si eleva verso
l’Ineffabile con il pensiero ed il cuore.
Contemplazione vuol dire prima di tutto visione di Dio. E’ un atto dell’in-
telletto, un’« intelligere divina ». La visione avviene però attraverso la fede. E°

43 Ep. 231, 2.
4 Confess. 10; 37, 60-38, 63.
4 Confess. 9, 10, 25.
% De Trinitate 15, 28, 51.
4 In Io Ev.tr. 17, 11.
4 De libero arbitrio: 2, 13, 35.
49 De sermone Domini in monte 1, 2, 9 - 3, 10.
50 Enarr. in ps. 44, 9; cf. 110, 1.
INTRODUZIONE CXIII

da escludersi dal pensiero agostiniano sia l’'ontologismo filosofico sia l'afferma-


zione che la contemplazione raggiunga la visione immediata. Agostino non
mostra la convinzione di aver usufruito di questo privilegio, Visione mediata
dunque, ma altissima.
Contemplazione vuol dire inoltre esperienza del divino, quindi amore, gau-
dio, dolcezza ineffabile, quiete, fruizione. E’ un «toccare», un «attingere »,
un « afferrare », un « gustare Dio » in un modo che supera ogni intendimento
e ogni espressione umana.
Consiste innanzi tutto in una tensione o ascesa, che può essere lunga, ma
che la purificazione ha reso facile e leggera. Quest’'ascesa mistica segue per Ago-
stino lo stesso itinerario dell'ascesa filosofica: dalle bellezze corporee allo spirito,
dallo spirito a Dio, fonte della sapienza.
Si rileggano i due passi che meglio la docuinentano: la descrizione del-
l'estasi di Ostia, qui nelle Confessioni, e il Commento al Salmo 41. « Cercando
dunque il mio Dio tra esseri visibili e corporei, e non trovandolo — cosi con-
clude Agostino una pagina di drammatica tensione — cercando la sua essenza
in me stesso, come se fosse della mia stessa natura e non trovandola, giungo
a capire che il mio Dio dev'essere qualcosa che trascende la mia anima. Perciò...
elevai la mia anima sopra di me... Ivi è la dimora del mio Dio, sopra l’anima
mia » 32,
Al contrario dell'ascesa, che è stata forse lunga, l'intuizione, che ne è il
termine, è rapida come un baleno, come un battito del cuore. L’accenno a questa
rapidità non offre eccezioni nei testi agostiniani: «un impeto di trepida visio-
ne »53, «la cogliemmo un poco, con tutto l'impeto del cuore »%, «un pensiero
fulmineo », «momentaneamente e rapidamente, quasi di sfuggita »5, « una visione
da non poterla sopportare a lungo » *.
Dopo questa momentanea intuizione, il « ritorno » al rumore delle parole che
incominciano e finiscono, alle solite assorbenti occupazioni, al peso affannoso
della vita. Questo ritorno è concepito come una «caduta », un precipitare subi-
taneo dell'anima dalle altezze sublimi a cui per un momento dopo tanti sforzi
era giunta. « E sospirammo e vi lasciammo avvinte le primizie dello spirito (Rom.
8, 23) e ridiscendemmo al suono vuoto delle nostre bocche dove la parola ha
principio e fine » 57.
Ma la transitorietà dell'esperienza mistica — parliamo dell'esperienza mistica
straordinaria o, come dicono, infusa — non toglie nulla alla sua preziosità, che
è unica. Rafforza infatti la fede e riaccende la carità. Ne deriva perciò un
potenziamento intellettuale e affettivo della vita cristiana. Dà alla fede una
certezza e una vivacità singolari che permettono al mistico di penetrare i segreti
più profondi delle cose divine; e dà alla carità di lui una nostalgia di cielo, una
forza occulta che lo porta a superare senza esitazioni tutto ciò che tra le cose

5 Cf. Epp. 92, 3; 147, 31; De Genesi ad litt. 12, 26, 56 - 28, 58. A favore della visione
immediata cf. J. MarEcHAL, La vision de Dieu au sommet de la contemplation, in
Nouv. Revue de Théol., 57 (1950), pp. 89-109; 191-204.
5 Enarr. in ps. 41, 8.
53 Confess. 7, 17, 27.
5 Confess. 9, 10, 24.
S5 Enarr. in ps. 41, 10. 25.
56 Serm. 52, 16.
ST Confess. 9, 10, 24.
CXIV INTRODUZIONE

umane attrae o atterrisce. Ne derivano dunque nostalgia e rammarico, ma anche


luce, forza, gaudio. Cosi fu per Agostino, cosi per gli altri mistici.
Abbiamo detto sopra, e ripetiamo qui concludendo, che l’infaticabile attività
e la perenne attualità del vescovo d'Ippona non s'intendono senza pensare ai
suoi doni mistici. E non s'intende, in particolare, perché i libri delle Confessioni
siano piaciuti e piacciano tanto.

ill
CAPITOLO VIII

POESIA

Dobbiamo però aggiungere che il successo delle Confessioni deriva anche, per
una parte non piccola, dal loro valore letterario. Agostino possiede tutte le qualità
d'un grande scrittore ed ha quelle di un vero poeta: le Confessioni, più di ogni
altra opera, mettono in luce le une e le altre. Vi dedichiamo un accenno per ren-
dere attento il lettore anche su questo aspetto.

I. STILE

Sullo stile di Agostino scrittore si è scritto molto!. Le Confessioni ci dicono


quanto l'autore fosse soggiogato dal discorso elegante?; ci dicono anche del suo
profondo cambiamento quando, convertitosi alla sapienza con la lettura del-
l’Ortensio, di cui insieme allo stile ammirò il contenuto, condannò in sé e negli
altri la ricerca delle bellezze stilistiche per il solo scopo di appagare la vanità?.

1 Per lo stile delle Confessioni vedi i due studi fondamentali C.J. BaLmus, Étude sur
le style de St. Aug. dans les Confessions et la Cité de Dieu, Paris 1930; M. VERHEISEN,
Eloquentia pedisequa. Observations sur le style des Confessions de St. Aug., Nijme-
gen 1949 (il primo studia i mezzi espressivi che Ag. adopera nelle Confessioni, il secondo
il rapporto tra il contenuto e la forma propria delle Confessioni in quanto confessio).
Cf. l'interessante studio di L.F. PizzoLato, Le fondazioni dello stile delle Confessioni
di S. Ag., Milano 1972 (l’autore studia lo stile delle Confessioni come l'incarnazione
dei tre grandi momenti in cui si articola il piano interno delle medesime: la biografia, la
struttura, la confessio; tre momenti studiati ed esposti in un’opera precedente; Le
Confessioni di S. Ag. - Da biografia a confessio, Milano 1968). Ottimo lo studio del
Pellegrino, in Le Confessioni di S. Ag., pp. 175-214. Per la sintassi, le clausole,
le immagini nelle Confessioni cf. rispettivamente: M.R. Arts, The syntax of the Con-
fessions of St. Aug., in Patristic Studies, 140, Washington 1927; M.B. Carrot, The
clausulae in the Confessions of St. Aug., in Patristic Studies, 72 (1940); J. FONTAINE,
Sens et valeur des images dans le Confessions, in Augustinus Magister, I, pp. 117-
126; S. JosePH-ARTHUR, El estilo de San Augustin en las Confessiones, in Augustinus,
2 (1957), pp. 31-48; 3 (1958), pp. 503-528. Per gli studi generali sullo stile di S. Ago-
stino cf. nella bibliografia gli scritti del Di Capua, Finaert (per questo autore vedi
anche le riserve del Pellegrino, op. cit., pp. 270.210); Ioseph-Arthur, Combes, Oroz,
Turrienzo e soprattutto, per il latino cristiano, della Mohrmann.
Cf. la prima lettura della Bibbia (Confess. 3, 5, 9), l'incontro con Fausto (5, 6, 10-11),

l’eloquenza di Ambrogio (5, 13, 23).


3 Confess. 3, 4, T.
CXVI INTRODUZIONE

Ma questa condanna non degenerò mai in disprezzo per la proprietà e la bel-


lezza dello stile. Anzi, verso la fine della vita, nel libro IV del De doctrina chri-
stiana, parlando dell’oratoria sacra, riconosce l'utilità della retorica quando si usi
in difesa della verità, afferma l'efficacia degli espedienti suggeriti dalla precetti-
stica, mostra l’uso che ne fecero Paolo e i profeti, che furono insieme sapienti ed
eloquenti, e appunto eloquenti perché sapienti. Insiste, poi, sulla necessità di
adattare lo stile all'argomento.
Questo trattato può essere di giovamento alla valutazione delle Confessioni.
E' vero che in esse, come nella preghiera dei Soliloqui, è assente il ritmo oratorio,
che in un colloquio con Dio sarebbe stato una stonatura4* ed è presente invece la
confessio che informa di sé tutto lo stile, ma quel trattato può esserci ugualmente
di giovamento per due ragioni: perché quanto si dice dell’oratoria, vale in gran
parte per le altre forme letterarie; e soprattutto, perché vi si difende lo stile bi-
blico il quale attua quell'intima coerenza tra la forma e il contenuto che è segno
di perfezione. Si sa che Agostino nelle Confessioni ricorre spesso e con grande
ampiezza alle espressioni, alle immagini, allo stile della Scrittura. Infatti le fonti
da cui le Confessioni derivano il loro stile possono ricondursi a tre: la formazione
retorica, il grande amore per la Scrittura e il temperamento personale dell'autore.

1. Formazione retorica.

Non occorre ripetere che Agostino studiò la retorica classica e la insegnò per
12 anni a Cartagine, a Roma, a Milano. Anzi ne raggiunse, attraverso la lettura dei
piu grandi trattatisti del tempo, greci e latini, una tale cognizione che gli permise
di programmare, e in parte di condurre a termine, una vasta enciclopedia delle
arti liberali5. E° vero che negli ultimi anni noterà con dispiacere che le prime sue
opere le scrisse « ancora gonfio delle abitudini letterarie del secolo »6 0, come dice
nelle Confessioni, « sbuffante ancora di alterigia scolastica »v7; ma ciò non vuol
dire che non se ne sia servito.
Anche Agostino, come ogni altro, è figlio del suo tempo. Le Confessioni, se
ci conquistano per il contenuto, cosi originale e vivo, possono crearci qua e là
qualche fastidio per la forma. Non pit abituati allo scrivere per cola e per còm-
mata (membri e incisi), la prosa che si attiene alla precettistica dell'antica reto-
rica ci dà l'impressione dell'artificio vuoto e del gioco di parole. Non era cosi
allora. Ai contemporanei, pagani e cristiani, quelio stile piaceva, anzi si esigeva
che un vescovo colto scrivesse in quella maniera. Era ormai una tradizione. Gli
altri Padri della Chiesa, da Origene in poi, avevano fatto lo stesso. Allora anche la
retorica era uno strumento valido per esprimere sentimenti nobili e sinceri. Cosi
fu, nei limiti in cui ne fece uso, per Agostino. Nessuno gli nega la sincerità. Tutti
gliela riconoscono. Anzi, proprio questa prerogativa, che brilla irrecusabilmente

4 L'osservazione è di F. Di Capua (Il ritmo prosaico in S. Ag., in M.A., II, p. 67 s.),


confermata da M. Pellegrino (op. cit., p. 196).
5 Retract. 1, 6.
6 Retract., prol.
7 Confess. 9, 4, 7.
INTRODUZIONE CXVII

dalle pagine delle Confessioni, commuove e conquista. Col cristianesimo la reto-


rica hà acquistato un'anima nuova. « L'esperienza di Agostino fa sorgere un nuovo
universo interiore che rende vano ogni parallelo con i Simmachi e gli Ausoni»8.
Felice il giudizio espresso dal Misch: « Per quanta retorica vi sia nell'opera d'arte,
la sua anima non è retorica »?. Lo stesso giudizio esprime l’Harnack!. La coe-
renza tra la forma, anche se retorica, e il contenuto è cosi profonda che si può
asserire delle Confessioni ciò che Agostino afferma degli autori sacri: « si dicono
tali cose che le parole con le quali vengono dette sembrano non essere scelte da
chi le dice, ma imposte quasi spontaneamente dalle cose stesse » 11.

2. L'’influsso biblico

Scrive la Mohrmann: « Pur conformandosi a una tradizione della retorica an-


tica, S. Agostino ha creato nelle Confessioni uno stile che è prima di tutto d’ispi-
razione biblica »!. Di citazioni bibliche, tratte particolarmente dai Salmi, sono
cosparse, si può dire, tutte le pagine delle Confessioni. Alcune di esse, e spesso
quelle dove i sentimenti vibrano pit forti, non sono che un intreccio di citazioni
bibliche 8. Ciò può riuscire pesante per il lettore moderno, ma non lo era per i
contemporanei. Questi conoscevano bene la Scrittura e amavano sentirsi ripetere
espressioni familiari e care. Del resto la Scrittura, anche sotto l'aspetto espressivo,
offre a chi ne conosce i segreti, i mezzi pit efficaci per tradurre in linguaggio senti-
menti profondi, quando si tratti dei sentimenti religiosi: sentimenti di lode, di
pentimento, d’invocazione, di dolore; che sono appunto quelli delle Confessioni.
Si pensi alle Lettere paoline e ai Salmi, che sono, poi, i libri della Scrittura più
citati.
L'influsso biblico perciò si avverte nella molteplicità delle citazioni o delle
espressioni prese in prestito dalla Scrittura. Queste intervengono spesso nei mo-
menti più alti della narrazione per chiarire un'intuizione, fissare un pensiero,
esprimere un vibrante sentimento. Invoca la restaurazione dell'anima, e riassume
le sue accorate domande con le parole del Salmo 34, 3: Di alla mia anima: la tua
salvezza sono io !4. Raggiunge con trepida intuizione l’esistenza della realtà intelli-
gibile ed eterna; ne è certo come della propria esistenza; e per esprimersi S. Paolo
gli offre le parole opportune !5. Riconosce l'efficacia di Cristo Redentore; e si serve,
per spiegare la sua entusiasmante scoperta, delle parole dell’Apostolo e dei Sal-

8 H. DE LuBac, Histoire et esprit, Paris 1950, p. 178.


° G. MIscH, Geschichte der Autobiographie, I, p. 2; 32 ed. Bern 1950, p. 657.
10 Di, Die Hòhepunkte in Augustins Konfessionen, in Reden und Aufsitze, Giessen
, p. 70.
ll De doctrina christiana 4, 6, 10.
1 Ch. MonrMann, Saint Augustin écrivain, in Rech. Aug., 1 (1958) p. 55; cf. IDEM, Com-
merfe du s'è familiarisé avec le latin des chretiens, in Augustinus Magister, 1,
PP. , .
13 Lasciando da parte l’ultimo libro dove le citazioni bibliche sono sollecitate dall’inter-
pretazione allegorica della Genesi, si possono citare questi esempi: 1, 5, 6; 4, 3, 4;
5, 3, 5; 7, 9, 14-15.21,27; 8, 10, 12; 9, 4, 8-11. (lettura dei Salmi); 9, 10, 23-24 (estasi di
Ostia); 9, 13, 35 (preghiera per la madre); 10, 1, 1. 5, 7. 31, 43-47, 43, 69-70 (preghiera
a Dio Padre); ecc.
14 Confess. 1, 5, 5.
15 Confess. 7, 10, 16.
CXVIII INTRODUZIONE

mi!. Anche nell’attimo piu sublime della contemplazione di Ostia è inserita


un'espressione di S. Paolo piena di mistero: « la cogliemmo un poco con lo slancio
totale della mente, e sospirammo, e vi lasciammo avvinte le primizie dello spirito
(Rom 8, 23) e ridiscendemmo... »!l. Cerca Dio e interroga le creature; e queste gli
rispondono con le parole della Scrittura!8. Si dibatte tra le lacerazioni del tempo
e il desiderio dell'unità; e di nuovo S. Paolo e i Salmi gli offrono le espressioni
più adatte!9.
Quando l'influsso biblico non si avverte nelle citazioni o nelle espressioni, si
avverte nei vocaboli, nelle immagini, nei costrutti. E’ celebre la storia del vocabolo
Salvatore. Alipio ricusava di accettarlo perché non era un vocabolo classico, Poi
l’accetta. Agostino lo loda ®. Da parte sua non solo lo usa, ma lo difende: « Non
ci chiedano i grammatici quanto sia latino... Salute è un vocabolo latino: salvare e
salvatore non lo erano prima della venuta del Salvatore: quando venne ai latini,
rese latini anche questi vocaboli » 2. A questo criterio s’ispira l’uso del latino cri-
stiano, con cui Agostino si familiarizzò ben presto e di cui le Confessioni sono un
celebre documento e monumento 2.
Ma l'influsso biblico più che nei vocaboli si riscontra nelle immagini. « E° la
Bibbia, scrive il Fontaine, e particolarmente la poesia biblica, che lo nutrisce
quotidianamente d'immagini sostanziali, cariche di vita interore » 8. Ciò può sem-
brare un difetto di stile, ed è invece un arricchimento, Agostino ha usato le imma-
gini bibliche «non certo per capriccio di erudito e neppure soltanto per pietà di
cristiano — osserva giustamente il Pellegrino — ma perché ha sentito nel linguag-
gio biblico, talvolta arcano, spesso duro all'orecchio classico, un mezzo di espres-
sione atto a colmare l'insufficienza della lingua letteraria che pure egli maneg-
giava da padrone » 9. L'influsso biblico sulla sintassi è stato messo in rilievo dal
Verheijen 5.

3. Temperamento personale

Ma se lo stile è l’uomo,l'influsso principale sullo stile delle Confessioni deriva


dalla ricca personalità di Agostino, che ebbe, come ognun sa, concretezza e gran-
diosità di visioni, profondità e drammaticità di sentimenti, capacità inesauribile
di esprimere gli atteggiamenti e le situazioni piu diverse. Sa parlare di filosofia
senza cadere nell'astratto, di teologia senza fermarsi alla pura dottrina, di vita
spirituale senza restare nel vago. L’attento lettore avvertirà da sé la concretezza
con cui sono descritti, attraverso un groviglio d'immagini, i traviamenti dell’ado-

16 Confess. 7, 21, 27.


17 Confess. 9, 10, 24.
18 Confess. 10, 6, 9.
19 Confess. 11, 29, 39.
20 Confess. 9, ‘4, T
2 Serm. 299, 6; cf. De Trin. 13, 10, 14.
2 Cf. su questo punto I. FINAERT, L’evolution littéraire de St. Aug., Paris 1939; Ch.
MoHRMANN, Comment St. Aug. s'est familiarisé avec le latin des chretiens, in Augusti
nus Magister, I, 111-116.
23 J. FONTAINE, Sens et valeur des images dans les Confessions, in Augustinus Magister,
I, p. 119. Vedi un elenco di queste immagini nel Pellegrino (op. cit., p. 201 s.).
24 Op. cit., p. 203.
25 Op. cit., pp. 83-141.
INTRODUZIONE CXIX

lescenza%, la drammaticità delia lotta interiore?, la personificazione del


furto 8, delle vanità, vecchie amiche sue, della luce, dell'universo intero
che parla di Dio 3, Avvertirà pure la diversità di toni tra libro e libro secondo l’ar-
gomento trattato. Per esempio, tra il sesto, che è il libro della ricerca ansiosa,
il settimo, il libro delle scoperte intellettuali, l’ottavo, che narra la soluzione del
dramma interiore, il nono, che si può definire il libro della luce, della pace e del
gaudio, il decimo, il libro dell'ascesa a Dio, l'undecimo, il libro della misteriosità
del tempo e del contrasto tra il tempo che disperde e l'eternità che unisce.
Possiamo concludere con la Mohrmann: « Lo stile delle Confessioni è una crea-
zione originalissima. Agostino vi ha creato una lingua interprete della vita inte-
riore, delle esperienze mistiche, delle realtà trascendenti » 33.

II. POESIA

Oltre la bellezza e il movimento dello stile, è lo spirito poetico che pervade le


Confessioni a dare a questa celebre opera originalità e fascino. Anche questo tema
non è stato trascurato dagli studiosi*. Resta spazio però per ulteriori approfon-
dimenti.
Non consideriamo Agostino poeta perché in gioventii partecipò ad una gara
poetica e fu coronato vincitorené perché, poco dopo il sacerdozio, compose un
salmo abecedario ad uso del popolo, abbandonando la metrica quantitativa e
inaugurando quella ritmica *, e neppure perché mise insieme dei versi per l’accen-
sione del cero pasquale; ma perché del poeta ebbe la sensibilità, le intuizioni,
l'immaginazione. Si può essere grandi poeti senza aver mai scritto un verso. « E'
il suo senso di poeta, scrive giustamente il Pellegrino, che dà alla realtà spirituale
un volto ed una voce, alla realtà sensibile un'anima ed un palpito, sicché, mentre
la prima viene accostata a noi senza perdere la sua immateriale purezza, la
seconda, senza che ne abbiamo la concretezza visibile, ci si fa scala per salire
a Dio » 8.
Se una delle caratteristiche meno contestate ai poeti è quella di saper tra-

2% Confess. 2,1, 1- 2, 4.
ZI Confess. 8, 8; 19 - 12, 30.
28 Confess. 2 12.
29 Confess. 8, 11, 26.
30 Confess. 10, 34, 52.
31 Confess. 10, 6, 9; 11, 4, 6.
3 Cf. L.F. Pizzoraro, op. cit., il quale distinta l'autobiografia e la struttura delle Confes-
sioni in sei epoche, ne segue il tradursi progressivo nello stile delle medesime.
33 Ch. MoHRMANN, St. Aug. écrivain, in Rech. Aug., I, p. 57.
34 Cf. F. DI CAPUA, S. Agostino poeta, in Augustiniana, 1955, pp. 111-120. (Si occupa spe-
cialmente dei Sermoni); V. CILENTO, Lo spirito poetico e la novità dell’opera agosti-
niana, in Augustiniana, 1955, pp. 141-158 (trova nelle Confessioni il poeta dell’intimità
con Dio, dell’amicizia, della madre cristiana, delle lacrime); L.F. PIZZOLATO, op. cit.,
distingue nella quarta età — l'adolescenza — di cui parlano le Confessioni, la poetica
del male «puro », dell'esperienza orizzontale, del contrasto, dell'amicizia, dell’attesa
e della SBENAInZA, della famiglia); M. PELLEGRINO, op. cit., pp. 209-214.
3 Confess. 4,
36 Retract. 1, 20.
31 De civ. Dei, 15, 22.
38 Op. cit., p. 210.
CKX TIINTRODUZIONE

ti { Jonio 4 n . . d fi Agosti
sformare sentimento vero e profondo in un'immagine viva ed efficace ostino
pr È ‘coni n » ; i PR
f poeta in sommo grado, e le Confessioni sono un’opera di poesia. Una lettura in ;
fu
questa chiave è molto piacevole e istruttiva. L'uomo, inquieto finché non riposa in
Dio (1, 1,1), è simile ad « un filo d'erba assetato » (11, 2, 3). L'autorità della Chiesa
è il nido dove i « piccoli» mettono le piume e sviluppano le ali della carità con
l'alimento della fede (4, 16, 31)?°. Conoscere le scienze e non conoscere Dio è un
volgere il dorso alla luce e il viso agli oggetti illuminati: si vedono gli oggetti per-
ché illuminati, ma il viso resta all'oscuro (4, 16, 30). Che all'uomo perverso non
piaccia Dio è naturale: anche al palato malsano riesce una pena il pane, che al
sano è soave, e agli occhi offesi è odiosa la luce che ai vividi è amabile (7, 16, 22).
Salire a Dio e non giungere a possederlo lascia nell'anima un ricordo amoroso e
il rimpianto, per cosi dire, dei profumi di una vivanda che non si possa ancora
gustare (7, 17, 23). A
L'ascesa verso Dio è un parlare con le creature e un ascoltarne la risposta
(10, 6, 9). Ma che cosa amiamo quando amiamo Dio? A questo punto l'alta fan-
î tasia di Agostino alza le vele e la poesia su Dio raggiunge vertici ineguagliati. Si
È rilegga la risposta. Comincia: « Non una bellezza corporea, né una grazia tempo-
î rale: non lo splendore della luce, cosi caro a questi miei occhi, non le dolci melo-
1 die delle cantilene d'ogni tono, non la fragranza dei fiori, degli unguenti e degli
aromi, non la manna e il miele, non le membra accette agli amplessi della carne».
« Eppure — insiste — amo una sorta di luce e voce e odore e cibo e amplesso
nell'’amare il mio Dio », poiché Dio è « la luce, la voce, l'odore, il cibo, l'amplesso
dell’uomo interiore che è in me, ove splende alla mia anima una luce non avvolta
dallo spazio, ove risuona una voce non travolta dal tempo, ove olezza un profumo
non disperso dal vento, ov’è colto un sapore non attenuato dalla voracità, ove si
annoda una stretta non interrotta dalla sazietà » (10, 6, 8). Allo stesso modo, pren-
dendo in prestito le immagini dai sensi, esprime l’azione della grazia. Parlando di
sé a Dio, scrive: « Mi chiamasti, e il tuo grido sfondò la mia sordità; balenasti,
e il tuo splendore dissipò la mia cecità; diffondesti la tua fragranza, e respirai e
anelo verso di te, gustai e ho fame e sete; mi toccasti, e arsi di desiderio della
tua pace» (10, 27, 38). Le parole di Dio sono frecce che trafiggono il cuore
(9, 2, 3; 10, 6, 8).
| Agostino è innamorato della luce, « regina dei colori» (10, 34, 51), del canto,
che lo commuove fino alle lacrime (9, 6, 14; 10, 33, 49-50), dell'armonia, Questa gli
Ì offre un esempio del governo del mondo da parte di Dio, « ineffabile modulatore »
| di quel « grande canto » che è la storia umana.
Altro tema della poesia delle Confessioni è l'amicizia, più cara della luce e
della vita. Mortogli l’amico del cuore, tutto per Agostino è tenebre e morte.
« L’angoscia avviluppò di tenebre il mio cuore. Ogni oggetto su cui posavo lo
sguardo era morte. Era per me un tormento la mia città, la casa paterna un'’infe-
licità straordinaria. Tutte le cose che avevo avute in comune con lui, la sua assenza
aveva trasformate in uno strazio immane. I miei occhi lo cercavano dovunque
senza incontrarlo, odiavo il mondo intero perché non lo possedeva e non poteva pit

39 L'immagine viene svolta nel Serm. 51, 6. Agostino parla del periodo del suo raziona-
lismo: «Io che vi parlo fui ingannato un tempo... mi credei idoneo al volo, abbandonai
il nido e caddi prima di poter volare. Ma il Signore misericordioso mi raccolse e mi
É peseDel peo prima che i passanti mi calpestassero ».
D. ad,
INTRODUZIONE
at

dirmi: “ Ecco, verrà” come durante le sue assenze da vivo... Tutto... era orrore
; . sa - : ieri
persino la luce del giorno; e qualunque cosa non era ciò che lui era, mi riusciva
|
iriste e odiosa, eccetto i gemiti e il pianto » (4, 4, 9-7, 12).
|
L'esemplificazione sarebbe ancora lunga, ma il lettore potrà continuarla da sé
o ricorrere agli studi indicati. Noi concluderemo da parte nostra con le parole di
F. Di Capua: « S. Agostino fu un acuto ed arguto dialettico, un grande oratore, che
persuade e commuove, e uno stilista dalla parola facile e dal vario periodare. I
contemporanei ammirarono e lodarono le sue doti di grande teologo, di potente
polemista, di scrittore facondo; ma né la dialettica, né l’eloquenza, né lo stile
spiegherebbero l'efficacia che i suoi scritti esercitarono su le nature più diverse...
se non si tien conto della grandezza del genio poetico del figlio di Monica »*!.
Questo genio poetico, fuso a quello filosofico, teologico e mistico, emerge
soprattutto nelle Confessioni.

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41 F. DI CAPUA, S. Agostino poeta, p. 118. il

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