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LETTERATURA CRISTIANA ANTICA

collana diretta da Enrico Norelli

Nuova serie
24

Strumenti

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LORENZO PERRONE

La preghiera secondo Origene


Limpossibilit donata

MORCELLIANA

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2011 Editrice Morcelliana
Via Gabriele Rosa 71 - 25121 Brescia

Prima edizione: maggio 2011

In copertina:
Figura di orante, V sec., San Pietro in Gallicantu, Gerusalemme

www.morcelliana.com

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ISBN 978-88-372-2494-3
Tipografia La Grafica s.n.c. - Vago di Lavagno (Vr)

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INTRODUZIONE

La preghiera uno degli argomenti pi diffi-


cili sia per il filosofo che per il fedele
(Emmanuel Levinas)*

1. Lofferta pi grande

Quale offerta pi grande di una parola beneodorante di preghiera


pu innalzare a Dio lessere razionale, allorch essa presentata da una
coscienza priva del cattivo odore che viene dal peccato?1. Nel denso

* Difficile libert. Essais sur le judasme. Troisime d. revue et corrige, Paris 1983,
p. 345.
1 Orat II, 2 (300, 13-15): poi'on ga;r qew'/ dw'ron ajpo; tou' logikou' mei'zon ajnapevmpe-
sqai duvnatai eujwvdou" lovgou eujch'", prosferomevnh" ajpo; suneidovto" mh; e[conto" dusw'-
de" ajpo; th'" aJmartiva" CMtS 18 (33, 24-25) considera la preghiera, insieme a elemosina e
digiuno, come una delle possibili offerte votive sullaltare del cuore, visto di per s come
lelemento di maggior valore: Ideo non potest honorabilius esse votum quam cor homi-
nis, ex quo transmittitur votum. Messa in relazione allintermediazione degli angeli, lof-
ferta di una preghiera diviene una liturgia celeste (cfr. Orat XI, 1 [321, 19-20]: Rafah;l
me;n prosfevronto" peri; Twbh;t kai; SavrjrJa" logikh;n iJerourgivan tw'/ qew'/). Solo in Orat
X, 2 (320, 20) limmagine della preghiera come offerta espressa con il termine prosfo-
rav : ajrciereu;" ga;r tw'n prosforw'n hJmw'n (sulla sua valenza eucaristica secondo Dial 4,
cfr. nota 781). Il riconoscimento della preghiera come offerta si fonda, in particolare, su
Ap 5, 8 (nota 2). Tuttavia, il tema dellofferta a Dio pu presentarsi in termini pi gene-
rali, come ad esempio in HEx XIII, 2 (272, 10-11): Omnia ergo haec offerantur Deo; et
sensus offeratur Deo et sermo et vox (cfr. anche HNm XXII, 1; XXVI, 2-3: lofferta degna
di Dio sono le opere e le virt). Oppure pu richiamare limmagine dellanima razionale
come santuario nel quale si compiono sacrifici mortificando le passioni, come in FrLam
49 (257, 7-9): yuch'" de; qusiasthvrion to; ejn hJmi'n logikovn, di ou|per iJerourgei'tai ta;
pavqh nekrouvmena. Per HLv I, 2 lofferta del genere umano, che non ha nulla di proprio da
presentare a Dio, quella mandata dal cielo nel sacrificio di Cristo: et quid tam accep-
tum (cfr. Lv 1, 3) quam hostia Christi, qui se ipsum obtulit Deo (Eb 9, 14)?. Secondo
HLv III, 5 lintero regime dei sacrifici si compendia nellunica offerta di Cristo (cfr. anche
HLv IV, 8; V, 2). Rafforzano questa prospettiva HNm XII, 3; XXIII, 1 (211, 12-14): Nemo
suum aliquid offert Deo, sed quod offert, Domini est et non tam sua quis offert quam ipsi
quae sua sunt reddit; e XXIV , 2 (230, 4-5): Quid ergo magnum faciet homo, si semet
ipsum offerat Deo, cui ipse se prior obtulit (cfr. Eb 9, 14) Deus?. Si veda inoltre CIo X,
13, 76, dove il Signore chiama doni suoi le offerte fatte a lui (p. 398). Anche CRm II, 10
(14) (187, 224-230) sottolinea come ogni offerta delluomo sia un dono di Dio: cogitavi
et quaesivi apud me ipsum quid pro hoc quod mihi Dominus praestitit scientiam veritatis
6 Introduzione
quanto vertiginoso prologo del Per euchs (= Orat), mentre si sforza
preliminarmente di distinguere le parole (oiJ lovgoi) dallatteggiamen-
to (hJ katavstasi") dellorante, esemplificando questultimo alla luce
dellinvito di Ges alla riconciliazione fraterna (Mt 5, 23-24), Origene
condotto a sottolineare limportanza della preghiera con un riconoscimento
deciso che non sembra trovare eguali nel resto dei suoi scritti. Lintradu-
cibile gioco di parole con cui egli accosta lorante come essere razionale
(tou' logikou') e la parola di preghiera (lovgou eujch'") quale espressione
pi alta nel rapporto delluomo con Dio stride apparentemente con lim-
possibilit sia di pregare ci che si deve e come si deve (richiamata a
lungo con laiuto di Rm 8, 26) sia di comprendere adeguatamente la pre-
ghiera, tema dominante dello stesso prologo fin dalle sue battute iniziali.
Se vero che il motivo del profumo anche altrove associato alla pre-
ghiera dei santi, come per converso il fetore sta a connotare quella dei
peccatori2, la condizione delluomo che prega, lungi dal configurarsi come

Domino responderem muneris; intellexi tamen quod natura illa aeterna et omnium domina
nullius indiget. Unum ergo inveni solum, quod me offerre oporteret Deo, id est ut crede-
rem de eo quod numquam possit ab homine aliquid accipere, sed semper dare. Sul marti-
rio come lofferta pi grande che luomo possa fare di s in risposta ai benefici ricevuti
da Dio si veda EM 28 (nota 769) e CMt XVI, 6 (con analogo sfruttamento di Sal 115[116],
3-6). Sullequazione preghiera = sacrificio, cfr. anche CC VIII, 21. In HNm XI, 5 (nota
2104) Origene esprime il desiderio che la sua esegesi sia offerta gradita al Sommo Sacer-
dote Ges. Secondo Dibelius, lAlessandrino opera una Parallelisierung des Gebetes mit
dem Opfer (p. 40), laddove questa appare solo occasionalmente in Clemente.
2 Come vedremo in seguito (in part. pp. 438-443), lassociazione era suggerita dal-
limmagine biblica dellincenso (qumivama) accostata alla preghiera in Sal 140(141), 2
(kateuqunqhvtw hJ proseuchv mou wJ" qumivama ejnwvpiovn sou, e[parsi" tw'n ceirw'n mou
qusiva ejsperinhv) e Ap 5, 8 (oiJ ei[kosi tevssare" presbuvteroi e[pesan ejnwvpion tou' ajr-
nivou e[conte" e{kasto" kiqavran kai; fiavla" crusa'" gemouvsa" qumiamavtwn, ai{ eijsin aiJ
proseucai; tw'n aJgivwn). In Orat XXXI, 4 la ritroviamo a partire da Mal 1, 11. Sullequa-
zione qumivama = proseuchv si sofferma, in particolare, HIer XVIII, 10 (nota 1101); cfr. an-
che CC VIII, 17 (nota 476) e HNm XXIII, 3, 2 (nota 531). HGn XI, 1, riprende unetimologia
di Filone per il nome di Chettura: qumivama interpretatur, quod est incensum vel bonus
odor (cfr. infra, nota 586). In HLv IX, 8 per lincenso pi che essere rappresentato
dalla preghier come tale si identifica con le opere sante in generale e con linterpre-
tazione spirituale della Scrittura. Si ricordi anche la trattazione relativa allodorato nel-
lambito della dottrina origeniana dei sensi spirituali. Limmagine dellincenso (qu-
mivama), gi attestata da Ireneo (Adv. Haer. IV, 17, 6, con citazione di Mal 1, 11 e Ap 5, 8),
verr ripresa da Evagrio Pontico (de orat. 1, 141, 147). Il motivo del profumo di Cristo
presente nella letteratura martirologica (cfr. Atti dei martiri di Lione in Eusebio di Cesa-
rea, HE V, 1, 35), ma Origene lo ricollega anche a 2Cor 2, 15 (Noi siamo infatti dinanzi
a Dio il profumo di Cristo fra quelli che si salvano e fra quelli che si perdono) ad esem-
pio in CIo XX, 44, 415; HGn III, 6; o FrCt 33 (210, 6-212,7) , in rapporto alle buone opere
e alla condotta del giusto, come per il discorso dei sensi spirituali in Dial 18 (13-16): kai;
oJ e[sw a[nqrwpo" ajntilambavnetai eujwdiva" dikaiosuvnh" kai; duswdiva" aJmarthmavtwn
a[lloi" mukth'rsin. Si noti anche il paragone con le coppe di aroma in FrCt 48 (228,
2-5) su Ct 5, 13a (Le sue guance sono come coppe di aroma che producono unguenti pro-
Introduzione 7
rapporto di reciprocit con la divinit secondo il modello della preghiera
greca basato sul favore che lega lorante e il dio3 , proposta semmai
da Origene come quella di chi partecipa di un dono: pi che offrire a
Dio la sua preghiera, dunque luomo ad essere reso capace di pregare
ad opera di colui a cui egli si rivolge.
Il paradosso della preghiera dunque si scioglie proprio se teniamo
presente che il modello di preghiera elaborato da Origene non pu mai pre-
scindere dal sostegno divino allorante, come egli ricava dal seguito del
problematico passo paolino, grazie alla presenza dello Spirito che prega
nei santi intercedendo per loro con gemiti inenarrabili (Rm 8, 26-27).
Pertanto laffermazione sullofferta pi grande delluomo, anzich con-
traddire tale modello, lo presume necessariamente nel concreto manife-
starsi della preghiera. Al tempo stesso ci aiuta a capire, con una prospettiva
solo a prima vista differente, come largomento tocchi anche agli occhi
dellAlessandrino il cuore e il cardine dellesperienza religiosa delluomo.
N potrebbe essere diversamente per una figura dalla saldissima tempra
spirituale, come Origene emerge con forza dallinsieme della sua opera,
senza neppure il bisogno di rifarsi al ritratto agiografico di Eusebio nel
VI libro della Storia ecclesiastica4 . In questo senso la preghiera ci appare
come una dimensione costitutiva del suo profilo religioso, che lo accom-
pagna lungo tutto il corso della vita5 . Come ha ben mostrato Henri Crou-
zel contro ogni tentativo vecchio e nuovo di semplificarne artificiosa-
mente lo spessore, in Origene lo spirituale inseparabile dallesegeta e
dal teologo6. Perci la preghiera chiamata a svolgere un ruolo fonda-

fumati): Siagovna" Cristou' tou;" diakonoumevnou" lovgw/ qeou' kai; trofh/' pneumatikh/'
nohtevon: dia; me;n th;n plhrovthta th'" eujwdiva" tw'n kalw'n e[rgwn kai; lovgwn, ejoikovta"
fiavlai" tou' ajrwvmato". Cfr. inoltre FrLc 113 (273, 4), riguardo allunzione della pecca-
trice in Lc 7, 37: doxavzetai ga;r oJ qeo;" dia; th'" eujwdiva" tou' bivou tw'n dikaivwn.
3 Per Pulleyn lidea di cavri" come rapporto di reciprocit fondamentale per la reli-
gione greca: the feeling that the relationship between men and gods was essentially one
of give-and-take through sacrifice and prayer is very clear from the frequent association
in our surviving texts of the verbs quvein [...] and eu[cesqai (p. 7), senza implicare peral-
tro un automatismo rigido del do ut des (ibi, pp. 12-13). Nella prospettiva origeniana la
gradevolezza dellofferta assume rilievo soprattutto come indicatore della condizione
dellorante.
4 Pur scontando linteresse apologetico di Eusebio, si rammenti almeno laneddoto
sul giovane Origene che si astiene dal pregare insieme alleretico Paolo sotto il suo stesso
tetto, sebbene costui fosse frequentato assiduamente da fedeli della chiesa alessandrina
(HE VI , 2, 14).
5 Cfr. Schtz, 137: Beten ist fr ihn die wichtigste uerung des christlichen Glau-
bens. [...] Das Gebet ist nicht nur ein wichtiger Gegenstand seiner Verkndigung und
Lehre, es ist eine Dimension seines ganzen Wirkens. Per una prima panoramica, si veda-
no Heither e Perrone 2000c.
6 La preghiera un fattore determinante ai fini dellesegesi e della riflessione teolo-
gica: Le lieu propre de cette exgse est la contemplation et la prire: de l elle redescend,
8 Introduzione
mentale, che si manifesta sia nellesperienza personale sia nella rifles-
sione dellAlessandrino. Non a caso egli la raccomanda, in particolare,
come requisito indispensabile per la comprensione delle Scritture, latti-
vit nella quale si compendia peraltro tutto il suo sforzo intellettuale7 .
Non solo Origene dedica ad essa il primo trattato autonomo fra gli autori
cristiani di lingua greca ma il tema ritorna frequentemente nelle omelie e
non assente neppure nei commentari e nello stesso De principiis8 . Inol-
tre, data la centralit della preghiera fra le espressioni della vita religiosa,
anchessa offre motivo di confronto polemico con il filosofo pagano Celso
nella grande apologia composta dallAlessandrino per replicare al suo
Alths logos9 . N si deve dimenticare il fatto che Origene non si limita a
riflettere sulla preghiera e ad invitare i suoi lettori o la comunit di Ce-
sarea a pregare, ma lo fa lui stesso10.

2. La sfida di unindagine complessa

Si comprende allora come affrontare uno studio sulla preghiera in


Origene esiga, in linea di principio, unindagine difficile e complessa sul
personaggio e la sua opera che sia capace ad un tempo dilluminare lin-
dole spirituale dellautore, tracciandone per quanto possibile il profilo di
orante, e di dar conto in maniera adeguata della ricchezza di riflessioni
sulla preghiera disperse nel vasto corpus origeniano, al di l dello speci-
fico trattato consacrato allargomento. Se il primo dei due aspetti solleva
per non pochi interrogativi circa la possibilit di perseguire con successo
lobiettivo di ricostruire la personale esperienza religiosa dellAlessandri-
no (basti solo accennare, per il momento, alla controversa questione della
mistica di Origene)11, il secondo attira il rischio di sistematizzare pi di

comme Mose de sa montagne, maintenant que Jsus a fait disparatre le voile, dans les
synthses du thologien, lenseignement du prdicateur et du professeur, les luttes de
lapologiste, et surtout la vie chrtienne de tous ceux qui en vivent (Crouzel 1987, 84).
7 questa la raccomandazione rivolta ad un discepolo in EpGr 4 (192-194): Mh;
ajrkou' de; tw/' krouvein kai; zhtei'n: ajnagkaiotavth ga;r kai; hJ peri; tou' noei'n ta; qei'a eujchv:
ejf h}n protrevpwn oJ Swth;r ouj movnon ei\pe tov: krouvete, kai; ajnoighvsetai uJmi'n: kai; tov:
zhtei'te, kai; euJrhvsete (Mt 7, 7): ajlla; kai; tov: aijtei'te, kai; doqhvsetai uJmi'n (Lc 11, 9).
Cfr. anche HGn XI, 3 (nota 1165).
8 Prin II , 9, 4 (cfr. inoltre III, 5, 8; IV, 1, 7; IV , 3, 14; infra, pp. 251-253). Per un esem-
pio nei commentari si veda CIo XX, 1, 1 (nota 861).
9 Perrone 2001d.
10 Ad esempio, cfr. HIs V, 2; Russell Christman.
11 Si veda, da un lato, la risposta negativa di Gessel 1980e, dallaltro, quella positiva
di Crouzel 1987, 162-164, nonch gli interventi raccolti in Pizzolato-Rizzi. Senza antici-
pare qui la trattazione ad hoc (infra, pp. 189-193 alla luce della confessione autobio-
grafica di Origene in HCt I , 7 risulta problematico il tentativo di negare in assoluto un
connotato mistico allesperienza religiosa dellAlessandrino.
Introduzione 9
quanto sia forse consentito un pensiero che ci si presenta come intrinse-
camente dinamico 12. Le discussioni sviluppatesi nella seconda met del
Novecento intorno alla sua sistematicit o meno ci hanno resi cauti nel-
lintraprendere tentativi di ricostruzione organica. Appare invece pi con-
sigliabile tenere in considerazione le modalit con le quali Origene for-
mula le sue idee: in effetti queste, pur senza volerne negare la coerenza
ed omogeneit, possono assumere inflessioni diverse a seconda delle cir-
costanze13. Altro , per dire, il destinatario dei trattati da Prin a CC ,
identificabile normalmente con i lettori selezionati pi prossimi allauspi-
cata condizione di perfetti; altro il pubblico delle omelie, composto in
prima istanza di fedeli semplici o tuttal pi di progredienti, per ser-
virci sia pure in maniera non rigida di due categorie prodotte dallAles-
sandrino. Ora, egli chiaramente consapevole della necessit di rapportar-
si in maniera distinta a pubblici diversi14. Vi poi da considerare anche il
contesto temporale, un elemento che si tende frequentemente a sottovalu-
tare, ma che forse pu aiutarci a capire punti di vista differenziati espressi
da Origene presumibilmente anche a seguito di unevoluzione personale15.
Pu essere che questa prospettiva asistematica non piaccia troppo,
data anche la tradizione di studi che spesso insiste ancora nellaccostare
senza problemi passi di opere e periodi diversi evitando cos dinterrogarsi
sulleffettiva continuit di pensiero. Da parte mia, mi sono lasciato guidare
via via, almeno come ipotesi di lavoro, dallidea di un Origene molto pi
ricco di polarit, se non di vere e proprie fratture, e pertanto molto meno
sistematico di quanto a volte si vorrebbe. Questo schema, a mio avviso,
rende meglio ragione di apparenti contraddizioni che emergono, ad esem-
pio, proprio riguardo alla teologia origeniana della preghiera. Non a caso
un interrogativo maggiore della ricerca concerne appunto il grado di rap-
presentativit, in generale, della visione espressa da Origene nel trattato
sulla preghiera. C chi lha messa in dubbio restringendo la portata del

12 Ho esaminato le caratteristiche dellargomentazione origeniana nella voce Meto-


do di OD (Perrone 2000a).
13 Un esempio pu essere tratto dal modo in cui affronta la preghiera dei peccato-
ri. Se per FrIer 71 (232, 25-27) le loro anime sono come se non esistessero (wJ" mhde;
ou\sai) agli occhi di Dio e in FrLam 83 Origene applica alla preghiera dei peccatori Lam
3, 44 (Ti sei avvolto in una nube cos che la supplica non giungesse fino a te), in altri
scritti troviamo una diversa apertura al riguardo (ad esempio, CIo XXVIII, 4-5 e H37Ps I, 5
[note 890, 1101]). interessante che in Orat V, 5 largomento della preghiera di Giuda sia
attribuito agli avversari.
14 Sulla fisionomia religiosa e sociale del pubblico delle omelie e il modo di rappor-
tarsi ad esso del predicatore resta fondamentale Monaci Castagno. Una nuova discussione
al riguardo stata proposta da Markschies. Daltra parte, Junod 1980 ha mostrato la con-
tinuit delle omelie con il resto degli scritti relativamente alla dottrina del libero arbitrio.
15 Cfr. Monaci Castagno 2004, che ha rinnovato lesame del rapporto fra biografia
e opera letteraria a distanza di vari decenni dalla classica indagine di Nautin.
10 Introduzione
discorso tanto problematico ed esigente di Origene alle circostanze e ai
destinatari ravvicinati di Orat, ma altri hanno contestato questa conclusio-
ne insistendo viceversa sulla corrispondenza di idee, ad esempio, fra il
trattato e le omelie16. Fra breve, ricostruendo la storia dellindagine su
Orat, vedremo come si dispongano tra loro i vari interventi degli studiosi
in questo dibattito, ma fin da adesso lecito giustificare la scelta di fondo
da cui muove questo studio.
Esso nasce da una lunga frequentazione del trattato sulla preghiera,
uno scritto che continua ad apparirmi inesauribile per la ricchezza dei
motivi addotti da Origene e per ci stesso suscettibile di sempre nuovi
approfondimenti, nonostante io me ne sia ormai occupato abbastanza re-
golarmente da pi di un quindicennio17. Lo affianca peraltro il lavoro
preparatorio per una nuova edizione critica, anchessa impresa di note-
vole impegno e difficolt in presenza dellunico codice pervenutoci dalla
tradizione manoscritta e come tale bisognoso di approfondite cure ecdoti-
che. Lattenzione rivolta in questo modo a Orat ha determinato di conse-
guenza linteresse prioritario per le caratteristiche dello scritto e i temi
che Origene vi tratta, riservando alla futura edizione lapprofondimento
della trasmissione e ricezione del testo, la storia delledizione e le analisi
di critica testuale. Da ci deriva larticolazione principale del mio studio
che, nella Parte I, dopo una sommaria presentazione di Orat (Cap. 1) e una
rassegna introduttiva sullo stato della ricerca (Cap. 2) si sofferma, a mo
di ouverture, sull armonica del testo e la sua struttura (Cap. 3). Segue
la ricostruzione dello sfondo filosofico entro cui emerge il problema
della preghiera e del modo in cui Origene lo risolve, sfruttando in parti-
colare il dato scritturistico, linfa vitale di tutta lopera dellAlessandrino
(Cap. 4). Unulteriore tappa dellindagine rappresentata dallo sforzo di
fare emergere globalmente lars orandi dalle riflessioni disseminate da
Origene lungo tutto il trattato, dal momento che per lAlessandrino il di-
scorso non vuole restare meramente teorico ma rimanda ad una prassi ed
anzi si propone di inculcarla precisamente tramite la sua opera (Cap. 5).
Successivamente, ripercorrendo lo stesso andamento di Orat, verr preso
in esame il commento al Padrenostro quale manifesto della preghiera
cristiana, analizzandolo nelle due sezioni principali in cui si distribuisce la
Preghiera del Signore (Cap. 6). Giunti al termine dello studio su Orat,
dovremmo allora essere in grado di stabilire, nella II Parte, un raffronto
con la riflessione origeniana come ci attestata dagli scritti restanti, riper-

16 Per i due distinti approcci si vedano rispettivamente Vlker e Lefeber (riassunto


in Lefeber 1999).
17 Per tale ragione condivido largamente il giudizio espresso da Bertrand, 474, che
insiste sulla diversit da EM notando che Orat apparat comme un crit ambitieux: des
trs nombreux aspects de la thologie, pour ne pas dire tous, sont pris en compte dans ces
pages. On est presque en droit dy voir une sorte de condens du PArch.
Introduzione 11
correndoli per gruppi omogenei e distinti: trattati, commentari e omelie
(Cap. 7). Dopo di ci, invece di procedere ad una sistematizzazione delle
idee dellAlessandrino, tenteremo di mostrare quali sono i nuclei scritturi-
stici che le ispirano e ne assicurano la continuit di fondo (Cap. 8). Con-
cluderemo con un esame comparativo dei diversi approcci al tema della
preghiera negli autori cristiani di lingua greca e latina fra II e V secolo, da
Tertulliano ad Agostino, che mostrer consonanze e diversit con la pro-
spettiva dellAlessandrino (Cap. 9). Infine, la conclusione generale si sfor-
zer di tracciare limmagine di Origene come uomo di preghiera.

Questo libro ha avuto una lunga gestazione, ma probabilmente non


sarebbe mai stato scritto se non fossero intervenute due circostanze partico-
larmente fortunate. Nel maggio-luglio 2007 un soggiorno come Visiting
professor nella Facolt di Teologia dellUniversit di Aarhus, su invito di
Anders-Christian Jacobsen, mi ha permesso dimpostare il lavoro ed ini-
ziare la stesura della prima parte. Oltre ad usufruire di una biblioteca ben
fornita e accessibile in permanenza, grazie al seminario per i dottorandi
tenuto insieme a Karla Pollmann ho ancora una volta riletto con loro Orat
traendone utili indicazioni per il lavoro. Desidero dunque manifestare, in
primo luogo, il mio vivo ringraziamento allamico Anders-Christian Ja-
cobsen nonch ai colleghi e ai dottorandi che hanno reso il mio soggiorno
proficuo e stimolante, incoraggiandomi nellimpresa del libro.
La seconda circostanza favorevole stata decisiva per proseguire il
lavoro, che languiva da vario tempo sommerso dai carichi abituali del-
linsegnamento, e portarlo finalmente a termine. Dal settembre 2009 al-
lagosto 2010 ho potuto usufruire di un anno sabbatico allInstitute for
Advanced Studies dellUniversit Ebraica di Gerusalemme, in qualit di
coordinatore di un gruppo di ricerca insieme a Brouria Bitton-Ashkelony.
stata unesperienza unica, tra le pi belle che uno studioso possa augu-
rarsi di fare, e per di pi in quella che fin dalla prima visita nel 1985 ho
considerato la mia citt delezione, dove del resto la preghiera fa parte
dello scenario di vita come in pochi altri posti al mondo. Lambiente del-
lIAS ha offerto cos il clima ideale per lavorare con assiduit e profitto,
godendo di tutte le facilitazioni messe generosamente a disposizione dei
ricercatori. Provo un sentimento di profonda gratitudine verso il direttore
Eliezer Rabinovici, le direttrici aggiunte Pnina Feldman e Lea Prawer e
tutto lo staff dellIstituto, sempre disponibile ed efficiente. Il mio ringra-
ziamento si estende ai colleghi del nostro gruppo di ricerca che mi hanno
sostenuto nella mia fatica durante lanno di permanenza, spesso prenden-
dosi cura di me come uno di famiglia. In particolare, sento un enorme de-
bito di riconoscenza verso Brouria Bitton-Ashkelony: condividendo i miei
stessi temi di ricerca con un lavoro parallelo di vasto respiro sulla preghie-
ra dal pensiero antico alla tradizione cristiana siriaca (che mi auguro possa
12 Introduzione
vedere presto la luce), mi ha incoraggiato e stimolato non solo con innu-
merevoli indicazioni e suggerimenti ma soprattutto con la sua costante
stima e fiducia. Vorrei anche ringraziare caldamente Aryeh Kofsky, che
oltre a promuovere liniziativa del gruppo di ricerca insieme a Brouria, si
preso cura del mio ebraico rivelandosi anche in questo un maestro
straordinariamente preparato quanto modesto e generoso. Insieme a loro
ricordo il debito contratto, sia per lapporto didee che per lamicizia
manifestatami giorno per giorno, con gli altri membri del gruppo Jolle
Beaucamp, Oded Irshai, Derek Krueger, Hillel Newman, Istvn Perczel,
Roger Scott nonch i colleghi Christian Julien Robin e Eugene Rogers.
Ringrazio anche il nostro assistente Yonatan Livneh per laiuto sempre
sollecito ed efficace.
Debbo infine una lunga serie di ringraziamenti ai molti colleghi ita-
liani e stranieri, agli allievi ed agli amici, che a Gerusalemme ed altrove,
nella mia prima sede universitaria a Pisa come nella seconda a Bologna,
ma specialmente da quasi un ventennio nellambito del Gruppo Italiano
di Ricerca su Origene e la Tradizione Alessandrina e dei Colloquia Ori-
geniana, mi hanno stimolato ed incoraggiato aiutandomi in mille modi
nel corso di tanti anni di frequentazione e di iniziative comuni. Senza poter
menzionare tutti, vorrei almeno ricordare, con un pensiero particolare di
riconoscenza per ciascuno di loro: Monique Alexandre, Daniel Attinger,
Cordula Bandt, Harald Buchinger, Antonio Cacciari, Alberto Camplani,
Francesca Cocchini, Matteo Crimella, Davide Dainese, Maria Ignazia Da-
nieli, Leah Di Segni, Gilles Dorival, Gregor Emmenegger, Cristian Gas,par,
Alain Le Boulluec, Leonardo Lugaresi, Nicol Maldina, Christoph Mark-
schies, Alberto Mello, Karin Metzler, Adele Monaci Castagno, Domenico
Pazzini, Emanuela Prinzivalli, Marco Rizzi, Guy G. Stroumsa, Daniele
Tripaldi, Andrea Villani, Martin Wallraff.
Dedico questo libro a mia moglie Christiane Bhme e a nostro figlio
Leonardo, che pure questa volta mi hanno sostenuto con il loro affetto e
labituale discrezione, accettando di buon grado anche una lunga separa-
zione dalla famiglia.

Gerusalemme, 10 agosto 2010


PARTE PRIMA

Il trattato sulla preghiera


CAPITOLO PRIMO

IL CONTESTO DEL PERI EUCHES


Lo sfondo remoto e loccasione prossima

Il pregare nella religione ci che il pensiero


nella filosofia.
Il senso religioso prega come lorgano del pen-
siero pensa
(Novalis)

1. Lo sfondo remoto: interrogativi filosofici e preoccupazioni catechetiche

Per accostarsi a Orat con un itinerario di avvicinamento graduale che


ci metta in grado di recepirne proficuamente il discorso e di cogliere cos
la sua originalit conviene dapprima tracciare il contesto del trattato ori-
geniano, intendendo peraltro questo in un duplice senso: come scenario
remoto e come occasione prossima. In sintesi possiamo dire che lo scritto
sulla preghiera la risultante, non solo in linea ideale ma anche come de-
terminazione di fatto pi o meno diretta, di due distinte traiettorie concet-
tuali che in esso sintrecciano: da un lato, linterrogativo filosofico su le-
gittimit e utilit della preghiera da un punto di vista prettamente teorico;
dallaltro, la riflessione sviluppatasi nella prima letteratura cristiana sul-
lesperienza del pregare, in unottica prevalentemente spirituale e cate-
chetica, che ha spinto a farla oggetto di ampie trattazioni, in qualche caso
autonome, come avviene prima di Origene con Clemente Alessandrino e
Tertulliano e successivamente con Cipriano. Leconomia complessiva di
Orat risente quindi in maniera strutturale dei due scenari appena evocati,
dal momento che Origene dispone largomento come osserveremo pi
avanti secondo due scansioni principali, la prima delle quali verte sul
problema della preghiera, la seconda sulla spiegazione del Padrenostro
come il modello per eccellenza a cui deve attenersi lorante cristiano. In
un certo senso, dunque, lagenda tematica che lAlessandrino si propo-
sto di affrontare era gi precostituita dal retroterra speculativo e letterario
dentro cui la sua opera si inserisce, ancorch nessun altro autore cristiano
dei primi secoli abbia fatto della preghiera loggetto di riflessioni di cos
vasta portata18.
N va dimenticato il fatto che Origene, diversamente da Tertulliano
e Cipriano, ed anche dallo stesso Clemente Alessandrino idealmente e

18 Simonetti 1997 mette in rilievo le due premesse per larticolazione di Orat.


16 Parte prima, Capitolo primo
storicamente pi vicino a lui, ha saputo dare uninedita configurazione
unitaria a problematiche di natura molto diversa tra loro, alcune delle
quali risultano sconosciute, in tutto o in parte, agli altri autori, incluso lo
stesso problema della preghiera, sia pure con leccezione di Clemente.
Cos, il De oratione di Tertulliano, il modello pi antico di trattato euco-
logico (scritto fra 200 e 206), pu s essere accostato a Orat per la sua
strutturazione, quantunque essa si presenti invertita rispetto allo scritto di
Origene. Infatti, il Cartaginese commenta prima il Padrenostro e passa
quindi ad esaminare la prassi della preghiera19. Ma qui che la tratta-
zione assume una piega nettamente diversa da quella dellAlessandrino,
perch essa guidata soprattutto da considerazioni di carattere pratico e
disciplinare, rispondenti peraltro alla condizione dei candidati al battesi-
mo a cui il De oratione diretto precipuamente20. Pur senza negare la
presenza di certe affinit con Origene e la sua concezione della preghiera
spirituale, Tertulliano sembra ignorare del tutto la questione filosofica
riguardo alla preghiera o almeno non d a vedere di tenerne conto. An-
cora pi forte la diversit con la prospettiva tracciata da Cipriano nel De
dominica oratione (fine 251-inizio 252), tendenzialmente sulla stessa li-
nea di Tertulliano, al quale si ispira certamente nel riproporre un com-
mento del Padrenostro. Anche nel vescovo di Cartagine non mancano co-
munque dei punti di contatto con Orat come avremo modo di osservare
in seguito , ma lo scritto di Cipriano neppure sfiora il problema della
preghiera e, concentrandosi quasi esclusivamente sugli esempi scritturisti-
ci e, in particolar modo, sul paradigma rappresentato dalla preghiera del
Signore, opera uninflessione in senso fortemente comunitario dellespe-
rienza cristiana di preghiera21.
Resta come si gi detto la maggiore vicinanza con Clemente
(Stromati VII), sullo sfondo pi ampio della comune dipendenza dalla tra-
dizione alessandrina, che racchiude per entrambi sia leredit della Bibbia
greca dei LXX, e con essa del giudaismo ellenistico, sia anche il confronto
polemico con il fronte gnostico22. Questa affinit tra i due autori si pu

19 Cfr. rispettivamente i capp. 2-9 e 10-27. Sulla struttura del De oratione tertullia-
neo si veda da ultimo Tertullian. De baptismo, De oratione. Von der Taufe, Vom Gebet,
bers. u. eing. v. D. Schleyer, Turnhout 2006, 20-21.
20 Come notato da Jay, Tertullians doctrine of prayer [...] is severely practi-
cal (p. 2). Circa la sua destinazione catechetica, Schleyer osserva: Fr De oratione sind
Tauf-Kandidaten als die zunchst gemeinten Adressaten indirekt zu erschlieen (p. 11).
Per un confronto con Origene cfr. Crouzel 1975 e infra, pp. 518-530.
21 Secondo Simonetti 1997, il significato della preghiera si riassume nellesigenza
dellunit del corpo dei fedeli (p. 84). Sulla visuale ciprianea si veda infra, pp. 545-554.
22 Nella sistematica trattazione clementina [...] confluiscono, insieme a tutti i temi
emersi nel giudaismo ellenistico, gli apporti innovativi anche in questo ambito della nuova
letteratura cristiana, biblica e non biblica, in particolare di quella alessandrina a lui prece-
dente o coeva, in buona parte perduta ma nella quale importante deve essere stato anche il
Il contesto del Per euchs 17
cogliere anche dallo sforzo che Clemente fa per superare la tensione fra
la preghiera dello gnostico e quella del cristiano comune. Se vero che
il suo ideale di preghiera quello di un colloquio costante con Dio, e
che pertanto il suo modello segnato dalla preferenza riconosciuta alla
preghiera di lode e di ringraziamento, egli non ignora la preghiera di do-
manda e cerca di mostrarne il posto anche nella vita del perfetto23. In tal
modo, lintera gamma dei quattro tipi di preghiera contemplati da Ori-
gene sulla scorta di 1Tm 2, 1 (domande, suppliche, preghiere e ringra-
ziamenti) ha la sua corrispondenza in Clemente. Ma in lui manca per
lapprofondimento esegetico e dottrinale derivante in Origene dal com-
mento del Padrenostro, mentre in generale la percezione del problema
della preghiera appare pi attutita. Daltra parte, a giudicare da alcuni
raffronti significativi, molto probabile che Origene conoscesse il VII li-
bro degli Stromati, cosa che invece non si pu affermare del trattato di
Tertulliano e a fortiori di quello di Cipriano24. Se cos fosse, risalterebbe
in ogni caso ancor pi lautonomia letteraria e dottrinale di Origene, che
ha dato vita ad un proprio modello distinto di trattato eucologico.

2. Loccasione prossima: la richiesta di Ambrogio

Lo sfondo remoto, descritto qui in prima approssimazione, incide a


diversi livelli sulla trattazione di Orat, come si potr meglio rilevare in
seguito, aggiungendo ulteriori precisazioni circa i diversi elementi che
compongono lo scenario appena tracciato. Tuttavia, le circostanze pros-
sime dello scritto sono da ricondurre ad una precisa richiesta rivolta ad
Origene da Ambrogio25. Come appare dallestratto riportato dallAles-
sandrino, la lettera del suo patrono doveva riguardare soprattutto la pro-

ruolo svolto dalle correnti gnostiche, che su questo tema tornano a porre con forza il pro-
blema dellutilit della preghiera, con lesito in ambito ortodosso di uno stimolo allap-
profondimento intellettuale della fede (Vian, 81).
23 La preghiera un modo di comunicare con Dio, un Dio onnisciente e onnipre-
sente, che perci conosce benissimo ci di cui lorante ha bisogno, conosce in anticipo ci
di cui viene richiesto, e pure vuole essere richiesto con purit di cuore per potere esau-
dire (Vian, 85).
24 Le Boulluec 2003 considera Orat come una risposta a Stromati VII . Il contrasto
fra la visione possibilistica della preghiera in Clemente e il riconoscimento della sua
impossibilit in Origene tale che questultimo deve averlo messo sul conto, quando ha
composto Orat. Un riesame delle distinte prospettive dei due scritti si trova infra, pp. 530-
545. Quanto al rapporto con Tertulliano, non si vede su quali basi poggi lidea secondo
cui lAlessandrino avrebbe conosciuto De orat., come sostenuto da Konstantinovksy, 175
(which Origen may have consulted).
25 Orat V, 1 (308, 3-4) ne parla come di un ordine: Eij crh; toivnun meta; tau'ta,
w{sper ejkeleuvsate, ejkqevsqai ta; piqana; prw'ton tw'n oijomevnwn mhde;n ajpo; tw'n eujcw'n
ajnuvesqai.
18 Parte prima, Capitolo primo
blematica di ordine speculativo in relazione alla preghiera. Essa prende
forma in due obiezioni di andamento sillogistico che vertono rispettiva-
mente sulla prescienza e sulla predeterminazione divine; alla luce di en-
trambe, la preghiera non pu che risultare superflua26. Ma forse ecces-
sivo ridurre a ci la portata dellesigenza manifestata da Ambrogio, non
solo perch lo conosciamo come persona di vasti interessi teologici ed
esegetici, ma ancor pi per il fatto che egli non figura quale unico desti-
natario dello scritto. Il trattato, infatti, indirizzato in contemporanea ad
una donna non altrimenti nota di nome Taziana. Non pu trattarsi della
moglie di Ambrogio, poich da una lettera di Origene a Giulio Africano
egli risulta sposato con una Marcella27. Si allora supposto che abbiamo
a che fare con unaltra persona, magari una sorella del patrono di Ori-
gene28. Sebbene questa presenza appaia abbastanza discreta dopo il
prologo (II, 1) Origene menziona ancora Taziana unicamente nel capitolo
conclusivo (XXXIV) , essa lascia comunque delle tracce significative nel
discorso dellAlessandrino. La problematica al femminile, che compare
a varie riprese nel trattato, riflette chiaramente lo sforzo di Origene per
commisurarsi pi da vicino alla condizione e alle aspettative della sua de-
stinataria, da presumere anchessa come donna sposata 29.
Se la relazione che Origene stabilisce con i destinatari lascia dunque
intravedere, da entrambe le parti, un interesse spirituale pi vasto per la
preghiera come esperienza di vita, pi delicata la definizione della data
di Orat, dal momento che la nostra fonte principale per accertare la cro-
nologia delle opere di Origene il VI libro della Storia ecclesiastica di
Eusebio di Cesarea al riguardo silenziosa. Possiamo per combinare
le indicazioni temporali offerte da Eusebio su altri scritti coevi con gli
accenni in proposito da parte dellAlessandrino. Termine importante di
comparazione , nel nostro caso, il Commento a Genesi, iniziato secondo
Eusebio ad Alessandria ed interrotto alla partenza dalla citt, quando era
giunto al libro VIII, ma ripreso da Origene dopo linsediamento a Cesarea
di Palestina (232-233), dove egli compose i libri IX -XII30. Se accettiamo
la ricostruzione fornita da Nautin che indubbiamente si presenta come

26 Orat V, 6 (311, 8-9): keivsqw de; ejn toi'" parou'sin aujtai'" levxesin a{per dia; tw'n
prov" me grammavtwn e[taxa".
27 EpAfr 24. Sulla condizione di Ambrogio come uomo sposato, con moglie e figli,
insiste particolarmente EM, invitandolo a superare gli ostacoli dei legami di sangue alla
prova della testimonianza di fede.
28 , ad esempio, lipotesi di Nautin, 181, nota 101.
29 Cfr. Orat II , 2; XXVIII, 4; XXXI, 4. Per Monaci Castagno 2003, 183, nota 97, la
menzione di Taziana non un episodico atto di cortesia: pensando a lei che Origene
dedica unattenzione particolare alla precettistica riguardante la preghiera delle donne e
allesaltazione di alcune figure femminili dellAntico Testamento.
30 Eusebio, HE VI , 24, 2.
Il contesto del Per euchs 19
ben argomentata e persuasiva , la composizione di Orat dovrebbe collo-
carsi fra la redazione dei tomi X e XI del Commento a Genesi e la successi-
va stesura degli scol su Esodo, vale a dire intorno al 234-235. A sostegno
di ci Nautin adduce, da un lato, Orat XXIII, 4, dove lAlessandrino si ri-
chiama espressamente alla sua esegesi di Gn 3, 8-931, presumibilmente da
assegnarsi a CGn X o XI , dato che come ricaviamo peraltro dalla Storia
ecclesiastica di Socrate nel IX tomo Origene sviluppava il tema di Ada-
mo ed Eva come figure di Cristo e della Chiesa, presumibilmente in rap-
porto a Gn 2, 2232. Quanto al terminus ante quem, in Orat III, 3 si rimanda
lesegesi approfondita di Es 9, 33 ad un futuro commentario33, un cenno
secondo Nautin agli Scoli su Genesi, Esodo, Levitico, Numeri e Deute-
ronomio, che a suo giudizio sarebbero da datare agli anni 234-23534.

3. Uno scritto singolare?

Se tale la cornice cronologica del trattato, esso sinserisce in un pe-


riodo oltremodo fitto di impegni per lAlessandrino. Lo precede infatti di
poco la stesura del VI libro del Commento a Giovanni, ricominciato da
Origene ex novo dopo il suo trasferimento a Cesarea, non senza la fidu-
ciosa consapevolezza di poter portare a termine in futuro quella che si sa-

31 Orat XXIII, 4 (352, 7-8): peri; touvtwn de; ejpi; plei'on dieilhvfamen, ejxetavzonte"
ta; eij" th;n Gevnesin. Un riferimento implicito a CGn si pu forse ricavare anche dalla po-
lemica con Taziano circa linterpretazione con valore di ottativo delle forme verbali allim-
perativo adoperate in Gn 1, 3 ss. (cfr. Orat XXIV, 5).
32 Il contesto della menzione in Socrate dato dalla polemica antiapollinarista:
Wrigevnh" de; pantacou' me;n ejn toi'" feromevnoi" aujtou' biblivoi" e[myucon to;n ejnanqrw-
phvsanta oi\den, ijdikw'" de; oJ eij" th;n Gevnesin aujtw/' peponhmevno" e{nato" tovmo" to; peri;
touvtou musthvrion ejfanevrwsen, e[nqa Ada;m me;n to;n Cristovn, Eu[an de; th;n ejkklhsivan
ei\nai platuvteron kateskeuvasen. mavrture" touvtwn ajxiovpistoi o{ te iJero;" Pavmfilo"
kai; oJ ejx aujtou' crhmativzwn Eujsebio". a[mfw ga;r koinh/' to;n Wrigevnou" paratiqevmenoi
bivon kai; pro;" tou;" ejk prolhvyew" ajpecqanomevnou" pro;" to;n a[ndra ajpantw'nte" ejn
o{loi" <e}x > biblivoi" ajpologivan uJpe;r aujtou' poiouvmenoi ouj prw'ton Wrigevnhn ejpi; tauv-
thn th;n pragmateivan ejlqei'n fasin, ajlla; th;n th'" ejkklhsiva" mustikh;n eJrmeneu'sai pa-
ravdosin (Socrate, HE III, 7, 7-10 Hansen, GCS.NF 1, 198, 3-12). Dal passo si ricava dun-
que che Socrate conosceva CGn IX non direttamente, bens dallApologia di Panfilo e Euse-
bio. Heine 2003 parla in proposito di unesegesi a Gn 2, 7, ma il riferimento alla coppia
non pu che rinviare a Gn 2, 22, come ha visto giustamente Nautin, 385. Sul profilo di
CGn si veda inoltre Heine 2005; Danieli, 187.
33 Orat III, 3 (305, 20-22): dia; tiv de; oujk ei[rhtai kai; hu[xato wJ" ejpi; tw'n protevrwn
ajll ejxepevtase ta;" cei'ra" pro;" kuvrion, eujkairovteron ejn a[lloi" ejxetastevon. Origene
conclude cos la rassegna della terminologia della preghiera condotta sistematicamente su
Es 7-9, dalla seconda fino alla settima piaga.
34 Heine 2003, 63, rifacendosi allanalisi di Koetschau (pp. LXXV-LXXVII), giunge a
conclusioni analoghe: the treatise On Prayer can be dated in 233 or 234. Sui problemi,
ancora insoluti, posti dagli scholia origeniani si veda specialmente Junod 1995.
20 Parte prima, Capitolo primo
rebbe rivelata come la sua costruzione pi ambiziosa35. In aggiunta a ci,
oltre ad accompagnare Orat con diversi tomi del Commento a Genesi
un lavoro che, secondo Nautin, lavrebbe attirato al momento ancor pi
del Commento a Giovanni36 nel 235, allorch si scatena la persecuzione
di Massimino il Trace, lAlessandrino redige di propria iniziativa lEsor-
tazione al martirio, indirizzandola ad Ambrogio e al presbitero Protoc-
teto. La semplice menzione di questa serie di opere coeve non soltanto
segnala la fecondit letteraria di Origene nel suo nuovo ambiente sia
pure secondo un programma dettato ancora in grande parte da Ambro-
gio37 , ma invita anche ad esplorare eventuali paralleli o echi fra il trat-
tato e gli altri scritti pi o meno contemporanei.
Sorprendentemente, come ci apparir esaminando i diversi aspetti di
Orat, non ritroviamo analogie evidenti con gli scritti che lo affiancano,
fatta eccezione per le affinit tematiche con CGn, anche se forse la ricer-
ca di eventuali paralleli non ha sfruttato ancora tutti gli indizi ricavabili al
riguardo38. Anzi, lo stesso profilo dellEsortazione al martirio, lopera che
sulla carta sembra prestarsi meglio al confronto non solo per la vicinanza
temporale ma soprattutto per il suo rilievo di ordine spirituale (Koetschau
lo giudica come la testimonianza pi intensa dellideale cristiano di Ori-
gene)39, risulta abbastanza diverso, come mostra gi la semplice verifica
delle citazioni scritturistiche presenti nelle due opere; n vi si constatano
in apparenza tracce della riflessione origeniana sulla preghiera, bench il
tema non sia affatto ignorato 40. Semmai sorprende la ripresa pressoch

35 La torre che sinnalza gradualmente verso il cielo nel prologo al VI libro (CIo
VI, 1, 1; 2, 6-8) ricorda non a caso il celebre faro di Alessandria, come ho suggerito in Per-
rone 2001a, 44-45 (cfr. anche il mio successivo contributo: Perrone 2005b, passim).
36 Nautin, Origne, 431-432.
37 Secondo Heine 2003, 67, la trattazione di CGn limitata ai soli primi quattro capi-
toli deve essere stata richiesta da Ambrogio, trattandosi di un testo importante nella pro-
spettiva del suo passato di valentiniano.
38 Ad esempio, Nautin si chiesto se Orat XV , 1 (334, 4-5: eij ga;r e{tero", wJ" ejn
a[lloi" deivknutai, kat oujsivan kai; uJpokeivmenovn ejstin oJ uiJo;" tou' patro;") contenga una
allusione a CIo X, 37, 246: Dans ce cas, le tome X sur Jean aurait t dict dans la foule
du tome VI , car le De orat. est postrieur de trs peu au tome VI. [...] Mais la rfrence peut
aussi viser un autre passage o la question tait expose plus longuement (p. 378, nota
45). Le affinit con CGn sono peraltro circoscritte al tema provvidenza e libero arbitrio.
39 Koetschau, XIV-XV: in keiner andern erhaltenen Schrift spiegelt sich so wie in
dieser das innerste Leben des Origenes wieder.
40 A riprova di tali differenze si veda, ad esempio, il ricorso del termine oJmiliva
con ajnavbasi" una delle due definizioni tradizionali della preghiera (cfr. Mhat 1995) in
EM 3 (4, 29-5, 2): blevpwn o{ti dia; th'" oJmiliva" rJusqei;" ajpo; tou' swvmato" tou' qanavtou
aJgivw" ajnafqevgxetai tov: cavri" tw'/ qew'/ dia; Cristou' Ihsou' tou' kurivou hJmw'n. Con rife-
rimento a Rm 7, 24-25, il primo dei due versetti paolini (Sono uno sventurato! Chi mi li-
berer da questo corpo votato alla morte?) interpretato come una preghiera dellAposto-
lo, alla quale fa seguito il suo ringraziamento. In Orat Origene non impiega mai il voca-
bolo oJmiliva, bench in generale la sua concezione della preghiera contempli anche lidea
Il contesto del Per euchs 21
integrale se scontiamo qualche piccola modifica e perfezionamento ul-
teriore della terminologia della stessa trattazione sul libero arbitrio pro-
posta dallAlessandrino nel III libro dei Principi qualche anno prima (se-
condo Nautin verso il 229-230), allorch egli difende nuovamente questa
dottrina in Orat VI collegandola adesso al discorso sulla preghiera41. un
tratto di riscrittura, a dire il vero, piuttosto insolito per lAlessandrino,
pur senza negare gli echi e le riprese di cui la sua opera indubbiamente
ricca e il sovrapporsi dei diversi progetti che lo vedevano impegnato, non
solo allepoca della composizione di Orat, ma anche prima e successiva-
mente. Come vedremo, la sua riproposizione dovuta al fatto che Ori-
gene fa proprio un dato dottrinale della tradizione filosofica riconducibile
in sostanza alla fisica stoica. Lisolamento di Orat in aggiunta aggra-
vato non solo dalla perdita pressoch completa dei commenti dedicati da
Origene alle pericopi evangeliche sul Padrenostro in Matteo e Luca, che
non ci permette di accertare eventuali paralleli o modificazioni della sua
esegesi, ma anche dal fatto che lautore non rinvia mai a questo scritto.
Se vero che le autocitazioni dellAlessandrino si riferiscono in preva-
lenza agli scritti esegetici, talora includono anche i trattati teologici, ra-
gion per cui il suo silenzio non forse privo di rilievo. Resta quindi, nel-
linsieme, limpressione di una certa singolarit di Orat, che sollecita
con ancora maggiore urgenza una sua valutazione distinta nel complesso
del corpus origeniano.

4. Sfortune e fortuna di Orat: condanna, sopravvivenza ed edizione

La singolarit di Orat sembra essere rafforzata dalle vicende della


tradizione del testo. Sorprendentemente assente nel prospetto cronologico
dellattivit letteraria fornitoci da Eusebio nel VI libro della Storia eccle-

del colloquio con Dio (come ho cercato di mettere in luce in Perrone 2001b); cfr. CMt
XII , 39 (156, 11-12), a proposito della preghiera di Ges al Padre: i{na de; ou{tw qew/' oJmilh/'
kai; proseuvxhtai tw/' patriv. FrEph I , 3 (236) ladopera invece in riferimento alla contem-
plazione: kai; th;n kardivan oujkevti e[cei ejpi; gh'" (Mt 6, 21), toutevstin ejn toi'" uJlikoi'"
kai; swmatikoi'" ajll ejn oujranw/' (Mt 6, 20), th/' nohth/' fuvsei ajei; aujth/' oJmilw'n. Prima di
lui lo troviamo adoperato da Clemente Alessandrino, sia pure con qualche cautela, in
Strom. VII, 7, 39, 6 (140): e[stin ou\n, wJ" ei\pei'n tolmhrovteron, oJmiliva pro;" to;n qeo;n hJ
eujchv. Per luso del verbo oJmilevw ad indicare la preghiera silenziosa cfr. Atti dei martiri di
Lione, in Eusebio di Cesarea, HE V, 1, 51: tou' me;n Alexavndrou mhvte stenavxanto" mhvte
gruvxantov" ti o{lw", ajlla; kata; kardivan oJmilou'nto" tw'/ qew/'. Alcuni studi contemporanei
sulla preghiera nella tradizione ebraico-biblica, che tendono a respingere lidea della con-
versazione con Dio dalla sua definizione (si veda, da ultimo, Jonquire, 20-23), sembrano
ignorare la riflessione antica in proposito.
41 Si confronti Orat VI , 1 con Prin III, 1, 2. Circa il rapporto fra le due argomenta-
zioni si veda Van der Ejik.
22 Parte prima, Capitolo primo
siastica, il titolo non figura neppure nellEpistola 33 di Gerolamo, con il
suo catalogo generale degli scritti dellAlessandrino. Come ha dimostrato
Nautin, si tratta molto verosimilmente di unomissione dovuta alla riela-
borazione operata da Gerolamo sullelenco degli scritti di Origene inse-
rito da Eusebio nella perduta Vita di Panfilo42. Del resto, il vescovo di
Cesarea menziona il nostro trattato nellApologia per Origene scritta in-
sieme a Panfilo durante la detenzione di questi in carcere, nella persecu-
zione dioclezianea, e completata da Eusebio dopo la morte del suo mae-
stro (310)43. questa la prima traccia di unopera destinata a diventare
controversa, alla luce degli sviluppi della teologia trinitaria nel IV secolo,
soprattutto per la tesi della preghiera (indicata da Origene con il termi-
ne scritturistico per lui pi pregnante di proseuchv) da indirizzare unica-
mente al Padre, con esclusione del Figlio come destinatario 44. Nella men-
zione successiva, a circa un secolo di distanza, lopera gi oggetto della
condanna di Teofilo di Alessandria ed anche in seguito sembra riaffiora-
re nel contesto delle accuse di eresia rivolte ad Origene45. Cos, nemmeno
quell arca di salvezza per i testi dellOrigene greco che rappresentata

42 Nautin ipotizza che la lista di Eusebio fosse disposta, in base al contenuto, in (1)
scritti sul Nuovo Testamento, (2) sullAntico Testamento, (3) di carattere miscellaneo.
Gerolamo volle modificarla anticipando gli scritti sullAntico Testamento, ma distrattosi
inizi a trascrivere di seguito gli scritti miscellanei, salvo interromperne lelenco, allorch
volle aggiungere pi coerentemente le opere dedicate al Nuovo Testamento: Cest aussi
ce qui explique lomission des trois traits De oratione, Contra Celsum et De naturis: ils
taient inscrits la fin des Divers, mais quand Jrme sest aperu quil copiait ce groupe
tort, il sest arrt au point o il en tait et sest mis copier NT, en se proposant sans
doute dinscrire les derniers Divers plus loin; puis, le moment venu, il les a oublis (pp.
230-231).
43 Denique in tam multis et tam diversis eius libris nusquam omnino invenitur ab
eo liber proprie De anima conscriptus, sicut habet vel De martyrio, vel De oratione, vel
De resurrectione (Apologia pro Origene 161 [146]). Dal modo della menzione Prinzi-
valli ricava che lopera non era ancora al centro dellattenzione, perch nessuna delle
nove accuse della lista di Panfilo ne sfiora la tematica (p. 144); n sembra aver suscitato
discussioni durante la controversia ariana.
44 Orat XV, 1 (333, 26-28). Koetschau, LXXXII ricorda tra i passi controversi anche
Orat XXXI, 3, dove compare lidea di un corpo sferico degli esseri celesti.
45 La lettera del sinodo alessandrino del 400, convocato da Teofilo in occasione
della prima crisi origenista, registra cos la condanna delle tesi di Orat: Et in alio libro
qui De oratione scribitur: Non debemus orare Filium, sed solum Patrem, nec Patrem cum
Filio, obturavimus aures nostras, et tam Origenem quam discipulos eius consona voce
damnavimus (Gerolamo, Ep. 92, 2; cfr. Nautin, 116, nota 43). Si veda anche Teofilo di
Alessandria, Fr. 12 Richard (Lettera a Attico): ouj dei' proseuvcesqai tw/' Cristw/' oujde; tw/'
Patri; meta; tou' Cristou' , e la Lettera festale del 401 (Gerolamo, Ep. 96, 2): (Origene)
ausus est dicere non esse orandum filium neque cum filio patrem. Occorre anche ricor-
dare che la prima delle 15 accuse controbattute dallanonima Apologia di Origene, di cui
Fozio ci parla in Bibl., Cod. 117, riguarda proprio Orat: mh; proseuvcesqai tw/' uiJw/'. Sulla
controversa ricezione del trattato in ambiente egiziano si veda Camplani (a proposito del
Contra Origenistas di Shenute) e Graumann.
Il contesto del Per euchs 23
dalla raccolta antologica della Filocalia si data premura di conservarce-
ne qualche pagina, come ha fatto invece per alcuni dei commentari e de-
gli altri trattati dellAlessandrino. Quanto alla fortuna sotterranea dello
scritto origeniano nel monachesimo primitivo o presso i Padri di lingua
greca che si sono occupati del tema della preghiera, come ad esempio Eva-
grio Pontico, Gregorio di Nissa o Massimo il Confessore, arduo riuscire
a metterla in luce con precisione, sebbene non manchino indizi per asserire
una conoscenza pi o meno influente di Orat ad opera di questi autori,
come tenteremo di chiarire nel capitolo conclusivo46.
Non ha dunque torto Koetschau a parlare di un caso fortunato, se
Orat riuscito a sopravvivere nelloriginale greco, bench questo ci sia
giunto in pratica grazie allattestazione di un unico manoscritto 47. Si tratta
di un codice cartaceo, presumibilmente di origine costantinopolitana, da
datarsi al XIV- XV secolo, appartenuto per breve tempo alla Biblioteca Rea-
le di Stoccolma e perci denominato Codex Holmiensis. Esso contiene
anche parte del Commento a Matteo (CMt X-XVII), lultimo grande com-
mentario esegetico al quale lavor lAlessandrino48. Attualmente il mano-
scritto conservato presso il Trinity College di Cambridge, con la segna-
tura: Codex Cantabrigiensis Collegii S. Trinitatis B. 8. 10 (= T)49. Pierre

46 Gi Koetschau, LXXXII avvertiva, a proposito di Gregorio Nisseno (ma anche del


Confessore) che eine direkte Benutzung einzelner Stellen ist nirgends bei ihm nachzu-
weisen. Per una nuova verifica sul Nisseno, cfr. Penati Bernardini e Lozza; su Massimo
il Confessore, Cooper. Quanto ad Evagrio, tracce dellinflusso di Origene sono state
messe in luce da Bertrand. Tuttavia Prinzivalli ammette una fortuna di Orat, unonda
lunga di influenza pacata e avvolgente che stimol la riflessione dei teologi, aliment, di-
rettamente o attraverso mediazioni, la vita interiore di generazioni di cristiani alla ricerca
della perfezione, e condizion la successiva produzione letteraria sullargomento (p. 139).
Anche Konstantinovksy non nutre dubbi al riguardo: Therein he proved immensely influ-
ential and was the originator of a distinguished Christian literary and spiritual tradition,
counting among its exponents such as Gregory of Nyssa, Ambrose of Milan, Cyril of Je-
rusalem, John Chrysostom, and Maximus Confessor (p. 175).
47 Sulla tradizione manoscritta e la storia delledizione si veda lintroduzione di
Koetschau (pp. LXXXII-XC ).
48 Il codice, appartenuto originariamente alla biblioteca della cattedrale di Worms,
fu portato in Svezia da Isaac Vossius (1616/1618-1689), umanista e teologo olandese. Que-
sti, rispondendo a una lettera di Huet, ne ricostru cos la storia: egli lo aveva acquistato
nel 1646 a LAja dal medico della regina Elisabetta di Boemia (1596-1662), che se lera
procurato dopo la distruzione della biblioteca di Worms. Presolo con s in Svezia, lo de-
posit presso la Biblioteca reale, ma dopo labdicazione di Cristina (1654), il manoscritto
fu portato ad Anversa con il resto della biblioteca. Successivamente Vossius, dopo es-
serne rientrato in possesso, lo mise a disposizione di Herbert Thorndike (1598-1672), che
aveva in progetto unedizione di Origene, e da questi rest in lascito al Trinity College di
Cambridge. Sulla figura di Vossius e le circostanze qui rievocate cfr. Blok, 205-206.
49 Il testo di Orat trascritto ai ff. 215r-252v. Il copista ha riprodotto un antigrafo
corrotto in pi punti, lasciando in bianco gli spazi delle lacune, con levidente speranza di
poterle completare successivamente.
24 Parte prima, Capitolo primo
Daniel Huet (1630-1721), benemerito studioso di Origene, che ci aiuta a
ricostruire la storia del codice, ne effettu una copia durante un soggiorno
a Stoccolma (1652) poi depositata presso la Bibliothque Nationale di Pa-
rigi come Codex Parisinus Suppl. Gr. Nr. 534 (= Hu) 50. Nella stessa bi-
blioteca troviamo anche un secondo codice contenente la terza ed ultima
sezione di Orat (XXXI, 1XXXIII, 3), designato come Codex Parisinus
Graecus 1788, olim Colbertinus 3607, del secolo XV (= Col), ma esso si
dimostrato essere di scarsa o nulla utilit nella constitutio textus, dal
momento che sembra dipendere dal medesimo archetipo di T, se non
addirittura da questo stesso manoscritto51.
Purtroppo, T presenta numerose lacune che hanno dato parecchio filo
da torcere ad editori e traduttori. Tuttavia, a compensare le sfortune della
tradizione diretta (e soprattutto indiretta), Orat ha trovato fin dagli inizi
della moderna ricerca su Origene studiosi appassionati e critici spesso
acuti e brillanti, che si sono sforzati di migliorare il testo tradito con un
lavorio durato allincirca dal XVII secolo fino ai primi decenni del secolo
scorso. Se leditio princeps del 1686 pubblicata a Oxford (= Ox.) si limi-
tava ancora a trascrivere il manoscritto non senza varie difficolt di lettu-
ra 52, quella stampata pochi anni dopo a Basilea (1694) per la cura di J.R.
Wetstein rappresentava gi un piccolo miglioramento (= Wet.)53. Que-
sto diviene sostanziale con ledizione londinese di W. Reading nel 1728
(= Lond.)54, non tanto per i meriti in s delleditore quanto per le osser-
vazioni critiche ed esegetiche di un anonimo studioso inglese (= Angl.),
che le mise generosamente a sua disposizione. Lacribia filologica di cui
lo sconosciuto critico d prova, anche se le sue congetture non possono
essere accolte in ogni caso, ha continuato a rappresentare un termine di
riferimento indispensabile per il lavoro sul testo di Origene55.

50 Il testo di T vi riprodotto alle pp. 1-87. Sullimportanza fondamentale di Huet


nella storia della ricerca origeniana si veda Lettieri 2000a, 316. Il suo ruolo nella vita in-
tellettuale del tempo illuminato da Shelford (che tuttavia, a p. 36, segnala solo la trascri-
zione di CMt durante il viaggio a Stoccolma) e da Stroumsa 2010, 218 s.v.
51 questa la conclusione a cui giunge Koetschau, LXXXV-LXXXVI: Da aber Col
nirgends mehr, sondern an zahlreichen Stellen weniger bietet als T, so hindert uns nichts,
in T die Vorlage von Col zu sehen. [...] Der Schreiber von Col verfhrt auch durchweg so
flchtig und willkrlich, dass man, um seine vielen Fehler zu erklren, nicht noch ein
Zwischenglied zwischen T und Col einzuschieben braucht.
52 WRIGENOUS PERI EUCHS SUNTAGMA, editio princeps, ejn qeavtrw/ tou' SKHLDHNOU,
Oxford 1686.
53 Origenis de oratione libellus..., ed. J.R. Wetstenius, Basileae 1694.
54 WRIGENOUS PERI EUCHS BIBLION. Origenis de oratione liber... recognitus et emen-
datus... a Guilielmo Reading, Londini 1728.
55 Secondo Jay, 73, lAnonimo potrebbe essere Herbert Thorndike (supra, nota 48).
Importante figura del Seicento inglese, egli fu tra laltro collaboratore della Bibbia Poli-
glotta di B. Walton per i testi siriaci. Forse il silenzio sullidentit dellanonimo si spiega
con il conflitto sullortodossia dellAlessandrino, che accompagna in Inghilterra la Orige-
Il contesto del Per euchs 25
Con analogo procedimento, Charles Delarue (1684-1740), pur ripren-
dendo il testo di Wetstein nel primo volume degli Opera Omnia dellAles-
sandrino, pubblicato a Parigi nel 1733 (= Del.) con laiuto del nipote Char-
les-Vincent (1707-1762), lo ha corredato con le intelligenti annotazioni
critiche di un princeps philologorum come Richard Bentley (1662-1742),
per quarantanni Master del Trinity College a Cambridge (= Bent.)56. An-
che ledizione degli scritti di Origene curata da Carl Heinrich Eduard Lom-
matzsch ( 1882) far a sua volta tesoro delle annotazioni dellAnonimo
inglese riprodotte dal Reading (= Lomm.) 57. Da ultimo, Paul Koetschau,
insegnante di liceo a Jena, produrr nel 1899 per gli Origenes-Werke,
nella serie berlinese dei Griechische Christliche Schriftsteller, la prima
vera edizione critica di Orat (1899)58. Bench la vivace disputa filologica
suscitata dal testo prodotto da Koetschau riguardasse principalmente la
sua edizione del Contro Celso pubblicata nello stesso volume, leditore
non dovette essere lui stesso interamente soddisfatto del proprio risulta-
to 59. Traducendo lopera, a pi di un venticinquennio di distanza per la
Bibliothek der Kirchenvter (Des Origenes Schriften vom Gebet und
Ermahnung zum Martyrium, 1926), egli ha rivisto in pi punti il testo
edito ed ha apportato revisioni e miglioramenti che spesso sono ancora
ispirate dallanonimo Anglus60.
Nel secolo passato, in piena rifioritura degli studi di Origene, ledi-
zione di Koetschau rimasta il testo di riferimento. Diversamente da altri
scritti editi, che sono stati ripubblicati, a volte con revisioni dellapparato
testuale o perfino con nuove edizioni come avvenuto per ben due volte
con il Contro Celso , il testo di Orat ha continuato ad essere letto nella
serie dei GCS, spesso senza tenere alcun conto delle modifiche apportate
successivamente da Koetschau al suo lavoro. A parte le numerose tradu-
zioni in varie lingue, nessuno si pi cimentato nellimpresa di una nuova
edizione critica. Conformemente a ci, se si eccettuano occasionali contri-

nes-Renaissance del XVII secolo, portata avanti specialmente dai Platonici di Cambridge
(cfr. Lettieri 2000a, 316-318).
56 Origenis Opera Omnia, ed. C. Delarue, t. I, Parisiis 1733, 196-272 (ripresa in PG
11, 416-562). Ledizione, oltre a basarsi su una nuova collazione di terza mano su T, ag-
giungeva la testimonianza di Col. La traduzione che affiancava il testo era opera di Claude
Fleury (1640-1723), su cui si veda Stroumsa 2010, 56-58.
57 Origenis Opera Omnia, ed. C.H.E. Lommatzsch, t. XVII, Berolini 1844, pp. 82-297.
58 Essa usc in contemporanea con ledizione di EM e CC: Origenes Werke I, Die
Schrift vom Martyrium. Buch I-IV Gegen Celsus I , hrsg. v. P. Koetschau (GCS 2), Leipzig
1899; Origenes Werke II , Buch V -VIII Gegen Celsus, die Schrift vom Gebet, hrsg. v. P.
Koetschau (GCS 3), Leipzig 1899.
59 Sulla storia delledizione degli Origenes-Werke e gli echi polemici suscitati
dal lavoro di Koetschau come uno dei suoi editori principali, soprattutto da parte di Diels
e Wilamowitz, si veda Markschies 2002 e Markschies 2005.
60 BKV (ristampato a cura di Gregor Emmenegger nel 2009).
26 Parte prima, Capitolo primo
buti, anche la critica testuale ha evitato di applicarsi al trattato alessandri-
no, sebbene questo ne offra indubbiamente motivo61. Peraltro, singoli tra-
duttori come Jay o Oulton, alle prese con un testo non di rado abbastanza
ostico, non si sono astenuti dal proporre talora anche osservazioni di na-
tura testuale di cui una futura edizione potr utilmente giovarsi.

61 Si veda, ad esempio, lisolato intervento di Hring.


CAPITOLO SECONDO

PROSPETTIVE DELLA RICERCA


Il discorso sulla preghiera fra vita spirituale e teologia

Una preghiera non soltanto leffusione di


unanima, il grido di un sentimento: un fram-
mento di religione dove si sente risuonare leco
di unimmensa sequenza di formule
(Marcel Mauss)

1. Per un breve panorama storiografico: le indagini sulla storia della


preghiera

A giudizio di Marcel Mauss, il noto antropologo e sociologo delle


religioni francese, autore agli inizi del Novecento di unopera rimasta in-
compiuta dal titolo La prire et les rites oraux, poche letture si rivelano
cos utili come Orat per affrontare un discorso sulla preghiera 62. Linte-
resse di Mauss era diretto ad acquisire, in sostanza, una prospettiva meto-
dologica per lo studio delle forme di preghiera, vista da lui eminente-
mente come un fatto sociale, passando dalle societ primitive a quelle pi
evolute. Bench questo obiettivo sia rimasto allo stato di abbozzo, egli
offre considerazioni molto stimolanti sulla tendenziale evoluzione storica
dalla preghiera collettiva a quella individuale, che egli credeva di poter
rintracciare anche nel mondo biblico e nel primo cristianesimo, senza
comunque sposare lidea di un meccanismo evolutivo a senso unico.
Daltra parte, lapprezzamento rivolto al trattato di Origene era accompa-
gnato in generale da una critica a teologi e filosofi, accusati da Mauss di
occuparsi non tanto della preghiera in s quanto piuttosto dellidea che
essi se ne fanno.
Non fuori luogo partire da queste riflessioni per una breve pano-
ramica storiografica degli studi su Orat, nellintento di meglio orientare il
cammino da percorrere in questa ricerca. evidente infatti che lopera di
Origene rientra a pieno titolo in quella che si dovrebbe chiamare una
storia della preghiera cristiana, come si ricava del resto anche dai titoli
di alcuni tra i primi lavori dedicati ad essa. Grazie al vasto spettro tema-
tico che oggetto del suo trattato, Origene non si limita a proporre un
modello di preghiera in astratto, cio da un mero punto di vista dottrinale
o come elaborazione ideale, ma si richiama anche ad unesperienza di pre-

62 Cfr. Mauss, 18, nota 33.


28 Parte prima, Capitolo secondo
ghiera vissuta, sia quella praticata a livello individuale sia anche quella
che si d in forma comunitaria. In ogni caso, anticipando il tenore pi
specifico dello scritto, Orat un testimone prezioso per illustrare le dina-
miche di spiritualizzazione della preghiera apportate nella sua prassi
concreta in seguito allaffermarsi del cristianesimo63.
Come si appena detto, tra gli studi del secolo passato che prendono
in esame Orat figurano, in particolare, indagini sulla storia della preghie-
ra agli albori del cristianesimo quali le opere di Eduard von der Goltz
(Das Gebet in der ltesten Christenheit, 1901)64 e Otto Dibelius (Vater-
unser. Umrisse zu einer Geschichte des Gebets in der Alten und Mittleren
Kirche, 1903) 65, in apparenza pi fiduciosi di Mauss nel ricostruire le vi-
cende di un fenomeno che per la scarsa documentazione di cui disponiamo,
ma soprattutto per la sua stessa natura elusiva almeno nelle manifesta-
zioni di carattere pi individuale tende a sottrarsi ad una ricognizione
storica66. Daltronde, bisogner aspettare parecchi decenni, per vedere
riemergere in qualche articolo di dizionario dei tentativi parzialmente
analoghi, cio volti anchessi a tracciare un profilo evolutivo della pre-
ghiera biblica e cristiana67. Nel contesto degli studi di primo Novecento,
Orat sfruttato, in particolare, da von der Goltz per ricavarne gli indizi di
una divaricazione fra la prospettiva filosofica e quella religiosa, ricondu-
cendo in sintesi alla prima il discorso elaborato da Origene. Bench que-
sto susciti lammirazione dello studioso per la profondit di pensiero

63 Per un primo orientamento storiografico si veda Berner, Origenes: dopo aver esa-
minato le interpretazioni sistematiche, egli tratta della ricerca su Origene come maestro di
vita spirituale (Nicht-systematische oder mystische Origenes-Deutungen, pp. 68-84).
La migliore sintesi sugli studi novecenteschi offerta da Alexandre 2006, pi specifica-
mente sulla spiritualit origeniana da Kannengiesser.
64 Goltz, 266-278.
65 Dibelius, 23-45.
66 Pur con lintensificarsi recente degli studi sulla preghiera, la diagnosi di Mauss
non ha perso dattualit: Quanto alle religioni dellantichit classica, la letteratura storica
sulla preghiera carente, probabilmente per il fatto che i documenti sono scarsi. Soltanto
le religioni semitiche e il cristianesimo fanno eccezione, sia pure per poco. Sono state delle
necessit pratiche e di esegesi, nonch dei problemi di rituale e teologia, a stimolare ricer-
che sulla liturgia ebraica, giudaica, cristiana, ma, per quanto importanti, esse rimangono
sempre frammentarie (pp. 17-18). Di tale consapevolezza metodologica non sembra es-
servi traccia in Hammerling 2008a (che del resto non cita neppure Mauss). Il curatore fidu-
ciosamente afferma: The content of prayers reveals the true hearts of the lives and theol-
ogies of those who pray. [...] Hence there is a naked honesty about prayer in that it must
reveal the depth of the petitioners theological positions and religious world views (p. 12).
67 Mi riferisco, in particolare, agli importanti contributi di Greeven-Herrmann, Se-
verus e Mhat 1986a e 1986b. Non si pu peraltro dimenticare il lavoro condotto nella
prima met del secolo scorso da Franz Joseph Dlger per esplorare diverse manifestazioni
della preghiera protocristiana e pubblicato principalmente nelle due raccolte enciclopedi-
che ICQUS e Antike und Christentum. Per un bilancio degli studi novecenteschi cfr. Ham-
man 1999; Freyburger-Pernot; Ostmeyer 2006, 1-29.
Prospettive della ricerca 29
mostrata dallAlessandrino, von der Goltz arriva ad accusarlo di profes-
sare un idealismo lontano dal semplice evangelo; in definitiva, per,
deve ammettere che lintento di rendere appetibile la preghiera da parte di
un pubblico colto stato pienamente raggiunto da Origene68. Quanto a
Dibelius, egli sottolinea la dimensione ecclesiale della riflessione orige-
niana, che la renderebbe diversa da Clemente Alessandrino, come confer-
mato peraltro dallimportanza assegnata alla preghiera di domanda. Tale
riconoscimento rappresenta per Dibelius una concessione allidea volga-
re di preghiera che urterebbe con lo sforzo di Origene per elaborare il
suo paradigma della preghiera spirituale 69.
Tende ad allinearsi in parte a questo approccio anche la prima inda-
gine specifica dedicata alla riflessione dellAlessandrino in quello stesso
torno di anni, a cura di Daniel Genet (Lenseignement dOrigne sur la
prire, 1903), sebbene tenti di approfondire anche lesperienza spirituale
di Origene, anticipando cos limpostazione di Walther Vlker 70. Nella
prima parte dellindagine Genet, invece di ripercorrere largomentazione
del trattato uno scritto che considera composto in fretta , si sforza di
ricostruire in maniera sistematica la visuale origeniana dellatto orante71.
Affronta perci i seguenti aspetti: 1. atteggiamento esteriore e disposizio-
ni interiori, 2. oggetto, 3. destinatari, 4. direzione della preghiera, senza
farsi scrupolo di utilizzare ugualmente altri scritti dellAlessandrino al fine
di completare limmagine di Orat. In particolare, fra i diversi tipi di pre-
ghiera evocati dal trattato, Genet dedica maggiore attenzione alla sup-
plica (e[nteuxi"), mentre tratta abbastanza fuggevolmente lorazione

68 Die Absicht des grossen Gelehrten, auch den Gebildeten das christliche Gebet
nahezubringen und es ihnen zu einem heiligen und geschtzten Mittel zu machen, gotthn-
licher zu werden und Gott nher zu kommen, ist fr die Geistesrichtung jener Zeit erreicht
und so drfen wir sagen, dass trotz aller Mngel und Einseitigkeiten Origenes die theolo-
gische Aufgabe, die hier fr ihn lag, trefflich gelst hat. Wir sind auch heute in den we-
sentlichen Punkten noch nicht weiter, als Origenes damals gewesen ist, wenn wir auch
eine andere Sprache reden (Goltz, 278).
69 Dibelius, che rileva anche la preminenza della preghiera di richiesta nel ritratto
di Ges orante (p. 36), ritiene che Origene, al pari del suo maestro Clemente, non riesca a
fondare adeguatamente la preghiera (p. 37).
70 Questo smilzo lavoro (una tesi presentata alla Facult de Thologie Protestante
de Paris) non pare aver lasciato molte tracce nella letteratura origeniana, se si esclude luso
che ne ha fatto, in particolare, Vlker. Ringrazio lamico Harald Buchinger per avermene
gentilmente procurato una fotocopia.
71 Per il giudizio sulle caratteristiche letterarie si veda Genet, 5-6: Le livre du doc-
teur alexandrin, assez court du reste, semble avoir t crit la hte. Le style en est sou-
vent relch: les obscurits, les rptitions, les longueurs ne font pas dfaut. Egli ricon-
duce tali manchevolezze anche all abuso (!) delle citazioni scritturistiche: cet emploi
vraiment abusif de lcriture sainte vient encore ajouter la lourdeur naturelle du style
dOrigne et lobscurit de sa pense (pp. 66-67).
30 Parte prima, Capitolo secondo
(proseuchv)72. Nella seconda parte, poi, egli analizza nelle sue linee es-
senziali la teologia origeniana della preghiera. Procedendo nuovamente in
maniera sistematica, Genet la ricollega alla concezione di Dio come es-
sere trascendente, da ricondurre peraltro al patrimonio filosofico del suo
tempo. Tale concezione permea la cornice tracciata da Origene per latto
orante, laddove esso si esplica in linea di principio come ascensione del-
luomo a Dio. anche a causa di ci che Genet, nonostante lammira-
zione per lAlessandrino, critica Origene per leccessivo spiritualismo
determinato dalla matrice filosofica del suo pensiero73. Ma lautore stesso
sembra avvertire quanto tale conclusione risulti ingiusta nei confronti di
Origene. Infatti, Genet completa la sua ricostruzione della visuale orige-
niana con il riferimento, da un lato, alla Bibbia e, dallaltro, alla piet per-
sonale dellAlessandrino. Grazie al radicamento nella Scrittura lAlessan-
drino sfuggito al rischio di disfarsi della preghiera di domanda, come
sarebbe stato conforme ai suoi presupposti filosofici. A ci va aggiunto il
fatto che Origene era lui stesso un uomo di preghiera, come Genet illustra
soprattutto a partire dalle preghiere che ricorrono nelle omelie. Del resto,
la spiritualizzazione perseguita dallAlessandrino va vista anche come rea-
zione alla prassi di preghiera diffusa nelle comunit cristiane del tempo,
senza che essa sfoci in una rottura completa con essa74. In tal modo, la
breve dissertazione di Genet, non priva ancor oggi di motivi di interesse,
disegna un ritratto abbastanza mosso, che colpisce proprio per la moltepli-

72 Genet, 26-31. Pertanto, il privilegio accordato alla proseuchv rimane un po enig-


matico per lautore che, a proposito di Orat XIV , 2. 4, osserva: Il y a donc dans cette prire
un lment qui nest pas une demande, la doxologie ne servant qu exalter les magnifi-
cences divines, chanter les louanges du Trs-Haut et proclamer ses bienfaits. Origne
insiste au chapitre 14, 4 sur ce caractre doxologique. Par l cette prire se rapproche de la
prire dadoration pure (p. 26). Inoltre, egli relativizza ulteriormente limportanza della
proseuchv e la distinzione di quattro tipi di preghiera, sforzandosi di raccogliere le tracce
di una preghiera interiore: ct des quatre formes de prires [...], ct de la notion
de la prire qui se confond avec les actes pieux, il y a chez Origne lide dune prire in-
trieure suivant laquelle le croyant entre directement en communion avec Dieu, sans avoir
besoin de lui exprimer verbalement ses dsirs (p. 36). Tuttavia, affrontando successiva-
mente la questione dei destinatari, si sforza di ripensare la natura della proseuchv preci-
sandola in questi termini: au fond pour notre penseur la proseuchv seule est vraiment une
prire, un acte purement religieux et qui ne peut sadresser qu ltre divin par excel-
lence, Dieu seul. Les autres prires sont bien au-dessous puisque, au besoin, elles peu-
vent sadresser de simples mortels (pp. 45-46).
73 Genet, 64: La notion de la prire a t entirement transforme par un spiritua-
lisme extrme. La prire a une tendance devenir une lvation mystique vers un Dieu
transcendant, la demande matrielle est exclue, lexaucement rduit lexaucement spiri-
tuel saccomplissant soit par lordre providentiel, soit par les tres intermdiaires, la prire
se confondant finalement avec les actes pieux et la mditation intrieure.
74 Genet, 80: Origne veut rester en contact avec le christianisme populaire de
son temps, sans aucune compromission, mais en llevant vers une notion plus haute de la
prire.
Prospettive della ricerca 31
cit dei suoi contrasti. Pur senza influire direttamente sulle ricerche suc-
cessive, lautore anticipa alcuni dei problemi maggiori con cui la ricerca
posteriore doveva confrontarsi.

2. Ideale di perfezione e preghiera in Origene secondo Walther Vlker

Il primo contributo di rilievo arriva quasi un trentennio pi tardi con


la classica indagine di Walther Vlker sullideale di perfezione in Orige-
ne (Das Vollkommenheitsideal des Origenes. Eine Untersuchung zur Ge-
schichte der Frmmigkeit und zu den Anfngen christlicher Mystik, 1931),
ricostruito dallautore come segnalato dal sottotitolo nellambito di
un pi generale progetto di riscoperta della spiritualit o, per meglio dire,
della tradizione mistica (patristica e ortodossa) al quale Vlker ha conti-
nuato in seguito a lavorare75. Si gi intravisto il giudizio di Vlker circa
il rapporto fra Orat e i restanti scritti dellAlessandrino, che concorre an-
chesso a rafforzare limpressione di una certa sua singolarit 76. Ma
conviene anzitutto richiamare lattenzione sul procedimento metodico
suggerito dallautore per poter apprezzare con maggior precisione il posto
distinto del trattato nellopera di Origene: uno studio adeguato dovrebbe
partire da una conoscenza approfondita dellinsieme dei suoi scritti, ca-
pace di avvertire lo spostamento di accenti che, ad avviso di Vlker, si
sarebbe prodotto in Orat. Ugualmente, solo una familiarit con lintima
spiritualit che Origene racchiude dentro di s permetterebbe di situare in
maniera appropriata singole osservazioni che affiorano nel trattato77. Que-
ste indicazioni sono sicuramente giuste in linea di principio e senzaltro
condivisibili, ma non escludono dal mio punto di vista lutilit di un
approccio circoscritto preliminarmente allo studio di Orat. Del resto, le
considerazioni che Vlker formula in apertura circa gli esiti contraddittori
della ricerca moderna su Origene non tendono di necessit a scoraggiare
unattenzione rivolta allindividualit dei suoi scritti, purch non si pre-
tenda di far valere globalmente i risultati acquisiti attraverso indagini pi
settoriali78. Ma indubbiamente limpostazione adottata da Vlker intende

75 Unampia sintesi del volume si pu trovare in Berner, Origenes, 70-74.


76 Cfr. supra, nota 16. Losservazione riguarda in primis il rapporto fra il trattato e
le omelie.
77 Vlker, 198: Erst aus einer Kenntnis des gesamten origenistischen Schrifttums
heraus erkennt man diese Akzentverteilung, und erst aus einer Vertrautheit mit dem, was
Origenes als persnliche Frmmigkeit in sich geborgen hat, kann man vereinzelte Bemer-
kungen dieses kleinen Traktates einordnen, gewissermassen ihren geometrischen Ort be-
stimmen.
78 Il libro si apre con una rassegna storiografica di notevole interesse. Vlker evi-
denzia i risultati contraddittori degli studi moderni, poich da essi emergono profili e
giudizi sullAlessandrino assai diversi tra loro. Tale contrasto non si spiega solo con la
32 Parte prima, Capitolo secondo
sottrarsi a tali rischi, sfruttando a fondo lopera di Origene nel suo com-
plesso. Al tempo stesso egli cerca di disegnare il profilo del cristiano,
senza sacrificare il filosofo, nella convinzione che la sua dottrina possa
essere apprezzata pi giustamente, solo nella misura in cui al di l di essa
emerge lesperienza religiosa vissuta dallautore79. Ora, la via che secondo
Vlker permette di cogliere la personalit religiosa dellAlessandrino,
dentro o dietro lopera, quella di uno studio sullideale di perfezione,
in concreto sullimitatio Christi. a partire da tale prospettiva che Vlker,
avviandosi a concludere la sua indagine, tratta lideale di perfezione e il
suo riflesso nella preghiera e nella sequela di Cristo. La preghiera
viene qui presentata come il compendio della ricerca di perfezione80,
ma diversamente dal modo di procedere di von der Goltz e Dibelius il
pensiero dellAlessandrino non pu essere approfondito adeguatamente,
se non si prende in esame anche la persona di Origene come orante. Pro-
prio sotto tale profilo Orat offre, a giudizio di Vlker, una visione ten-
denziosa e parziale, dal momento che il trattato sarebbe troppo condi-
zionato da una problematica filosofica 81.
Muovendo dal suo spiccato interesse per la spiritualit di Origene e
servendosi dei cenni al tema della preghiera contenuti nelle omelie e nei
commentari, Vlker illustra come prima tappa del cammino di perfezione,
comune sia alla preghiera che allascesa mistica, la lotta contro il pecca-
to 82. Secondo presupposto di unautentica preghiera la liberazione dalle
passioni (pavqh), che lAlessandrino illustra particolarmente alla luce di

diversit dei punti di vista, bens rimanda alla particolarit degli scritti di Origene: Die
Grnde mssen in der Schwierigkeit der zu behandelnden Materie selbst zu suchen sein,
in der Eigenart des origenistischen Schrifttums. [...] Diese Verschiedenheit der origenisti-
schen Schriften hat man nicht immer gengend beachtet. Anstatt Gradunterschiede zu
machen, hat man vielmehr alles auf einer Flche aufgetragen, und hat es vornehmlich
weithin an aller erforderlichen Quellenkritik fehlen lassen (pp. 10-11).
79 Vlker, 16: Von entscheidender Bedeutung ist es nun [...] ob es mglich ist, die
religis-ethischen Triebkrfte zu ermitteln, die hinter jeder Lehrbildung stehen, ja diese
berhaupt erst ermglichen, ob es gelingt, das Innerste einer christlichen Persnlichkeit
freizulegen, um sie in ihrer Eigenart zu erfassen und in den Gang der Frmmigkeitsge-
schichte einzuordnen.
80 Vlker, 197-215 (Das Gebet als Zusammenfassung des Strebens nach Vol-
lkommenheit).
81 Vlker, 198 segnala cos i limiti dei contributi di von der Goltz e Dibelius: sie
beschrnken sich [...] in dem Abschnitt ber Origenes auf eine Analyse von peri euchs,
die aber niemals einen Einblick in die Eigenart des Beters Origenes gewhren kann, da sie
als Schrift mit bestimmter Tendenz gewisse Gedanken in den Vordergrund schiebt, ge-
wisse geflissentlich zurcktreten lsst.
82 Oltre alle indicazioni offerte al riguardo da Genet, 18, Vlker d risalto a CC VIII
17, ove troviamo lequazione bwmoiv = hJgemonikovn (tradotto da Genet con cur, una
resa che Vlker giudica a torto come non corretta). Su questo punto egli vede la con-
vergenza con Orat VIII, 1: non si d preghiera senza una purificazione (cwri;" kaqa-
reuvsew") preliminare.
Prospettive della ricerca 33
Mt 5, 22-2383, mentre il terzo requisito preliminare rappresentato dalla
concentrazione interiore84. Se tali sono le disposizioni spirituali richieste
perch la preghiera arrivi ad essere esaudita da Dio, queste assicurano gi
di per s, nella visuale di Origene, un beneficio allorante, a prescindere dal
fatto che la sua domanda sia accolta o meno. Infine, secondo lintreccio fra
libert e grazia tipico della visione origeniana, a queste disposizioni preli-
minari, che sono compito delluomo, si affianca laiuto di Dio mediante il
dono del suo Spirito. questi infatti a pregare per luomo e a condurlo
nella sua ascesa, come Vlker sottolinea con riferimento a CC VII, 44.
Se la preghiera da mettere in rapporto con lascesi mistica, anches-
sa dovrebbe conoscere una serie di gradi successivi, com stato messo in
luce da Hugo Koch per lo Pseudo-Dionigi Areopagita85. Ma questa inda-
gine per Vlker del tutto insufficiente, perch non si misura in maniera
adeguata con i diversi tipi di preghiera illustrati da Origene86. Egli prende
allora come punto di partenza Orat XIV, 2, accostandovi per linterpre-
tazione di 1Tm 2, 1 fornita dallAlessandrino in un frammento su Sal
27(28)87. In questo passo, a differenza del trattato, compare una gerarchia
ascendente dei diversi tipi di orazione che culmina nel ringraziamento
(eujcaristiva). Vlker respinge qui la tesi di Dibelius, per il quale Origene,
diversamente da Clemente, avrebbe privilegiato la preghiera di domanda.
Al contrario, tra i due autori vi sarebbero molti punti di convergenza e lo
si pu dimostrare anche con il fatto che Origene, seguendo in ci il pro-
prio maestro, prende ugualmente le distanze dalla prassi di preghiera
della comunit88. Quali debbano essere i contenuti della preghiera di ri-

83 Vlker rimanda qui a Orat IX, 1.3 e al motivo della ajmnhsikakiva.


84 Vlker, 201: Es handelt sich dabei um ein Doppeltes, um das Schliessen der
Augen vor dem Draussen, das Eingehen in das Kmmerlein und um das Ausschalten aller
dem Gebete widerstrebenden Gedanken im eigenen Inneren. Al riguardo, egli respinge
linterpretazione di Dibelius su CC VII, 44: lanalogia con Celso (CC VII, 36) solo nel
metodo, mentre diversi sono il contenuto, il modo in cui giungere alla concentrazione e
gli effetti. Il passo pi ricco in Orat XX , 2 (al quale Vlker accosta FrPs 4, 4 [nota
1478]: th;n quvran tw'n aijsqhthrivwn ajpokleivsa").
85 Secondo Koch 1905 si pu parlare tuttal pi di abbozzi in tal senso presso
lAlessandrino (con riferimento a Orat IX , 2; X, 2). Nella sua precedente indagine sulla
teoria della preghiera dello Pseudo-Dionigi (cfr. Koch), egli aveva segnalato il fatto che
in Origene mancano die bewusste Formulierung der Gebetsstufen, nherhin die Theorie
von den drei Etappen, in denen nach Ps.-Dionysius das Gebet fortschreitet (p. 595).
86 Vlker, 202: Es kommt auf ein mglichst przises Erfassen der einzelnen Ge-
betsformen an, die Origenes unterscheidet, auf ihre Anordnung und auf ihre Parallelisie-
rung mit dem mystischen Aufstieg.
87 FrPs 27 (28), 2 (PG 12, 1285A-C [nota 1353]).
88 A conferma del contrasto con le attese dei semplici fedeli, Vlker, 204-205 cita
HIer XVII, 6 (infra, nota 1112), dove Origene condanna la richiesta che sia prolungata la
vita, perch estranea alla prospettiva dei beni spirituali: Das Bittgebet hat also als Inhalt
die Befreiung von der Welt oder positiv ausgedruckt den Erwerb himmlischer Gter.
34 Parte prima, Capitolo secondo
chiesta Origene lo precisa in un frammento delle Omelie su Luca, dove
difende lidea che la preghiera formulata correttamente verr esaudita89.
Analogamente a Clemente, loggetto proprio della preghiera quindi per
Origene lacquisizione della gnw'si" e la crescita nelle virt90.
Un altro aspetto che segnala la diversit di Orat dato per Vlker
dal fatto che tace riguardo alla preghiera silenziosa, oggetto invece di ri-
flessione per Origene in altri scritti, a partire da 1Cor 14, 15 (Pregher
con lo spirito, ma pregher anche con lintelligenza; canter con lo spiri-
to, ma canter anche con lintelligenza). Il pregare con lo spirito in-
terpretato dallAlessandrino come la preghiera vocale, per ledificazione
degli altri, mentre il pregare con lintelligenza rinvia alla preghiera si-
lenziosa91. Senza tener conto della giustificazione paolina che aiuta a
comprendere come in Origene la preghiera silenziosa sia fondamental-
mente quella nello Spirito , Vlker insiste eccessivamente sulla sua di-
pendenza, anche in questo caso, dal maestro Clemente e soprattutto sul
fatto che ci infirmerebbe nuovamente la rappresentativit di Orat: anzi-
ch prenderlo come un trattato sistematico sulla preghiera, esso va visto
semmai come uno scritto di occasione 92. Daltra parte, linsistenza di
Vlker sulla preghiera silenziosa si spiega in relazione allidea che
come preghiera del cuore essa rappresenta un gradino ulteriore verso
lesperienza mistica. Anzi quella conduce a questa, nella misura in cui la
preghiera del cuore, operando un trascendimento del corpo e della re-
alt sensibile, sfocia nellunio mystica. A sostegno di ci, dopo avere
dapprima introdotto HNm XI , 9 e ancor pi CC VII, 44, Vlker non pu
non richiamarsi soprattutto a due luoghi di Orat ( IX, 2 e X, 2), nel secon-
do dei quali riconosce, in particolare, il vertice della vita di preghiera
secondo Origene93 . A questo grado pi elevato della preghiera viene

89 FrLc 183 su Lc 11, 9 (pp. 359-360 e note 1084-1086).


90 Egli mette qui a confronto Strom. VII, 7, 38, 4 con CC III, 64.
91 Vlker si sofferma, in particolare, su HNm X , 3, 3 (nota 1113). Per altri passi
Vlker rimanda a FrPs 4, 4 (note 1477-1478); HNm XI, 9 (nota 1094); ma si veda anche
HEz II, 3 (nota 1093). Anche su questo punto Origene avrebbe imparato dal suo maestro
Clemente (cfr. Strom. VII, 7, 39, 6; 7, 43, 5). Occorre comunque notare che in Clemente la
preghiera silenziosa non viene giustificata in riferimento a 1Cor 14, 15, mentre in Origene
la preghiera tale, perch lo Spirito che parla nei santi, come opportunamente richiamato
da Le Boulluec 2003, 402 (si veda anche infra, pp. 466-475).
92 Vlker, 208, nota 1: In peri euchs wird es [scil. la preghiera silenziosa] bri-
gens nicht erwhnt, bzw. undeutlich an zwei versteckten Stellen, ein Zeichen, wie wenig
es dem Origenes in dieser Gelegenheitsschrift darauf ankam, eine systematische Darstel-
lung seines Gebetslebens zu geben und wie vorsichtig man mit allen Urteilen sein muss,
die sich nur auf diese Schrift sttzen.
93 Vlker, 209: Wir haben es also hier mit einer hoechsten Aufgipfelung des ori-
genistischen Gebetslebens zu tun, das Herzensgebet muendet in die unio mystica ein. Egli
accosta ai due luoghi del trattato origeniano Clemente Alessandrino, Strom. VII , 49, 4 (166):
Dia; touvtwn eJauto;n eJnopoiei' tw/' qeivw/ corw/', ejk th'" sunecou'" mnhvmh" eij" ajeivmnhston
Prospettive della ricerca 35
meno la preghiera di richiesta e si manifesta una preghiera di adorazione
insieme alla visione di Dio. Vlker accosta cos a Orat IX, 2 dove Ori-
gene commenta 2Cor 3, 18 (E noi tutti, a viso scoperto, riflettendo come
in uno specchio la gloria del Signore, veniamo trasformati in quella me-
desima immagine, di gloria in gloria, secondo lazione dello Spirito del
Signore) il passo di CIo XXXII, 27, che introduce lo stesso versetto ri-
ferendolo analogamente alla visione deificante. Riunendo questi diversi
aspetti in una considerazione conclusiva sulla prospettiva, ad un tempo,
orante e mistica di Origene, Vlker ritiene che egli abbia disegnato nei
suoi tratti costitutivi unesperienza religiosa di trascendimento del mondo,
suscettibile di condurre, in questo senso, ad una vera e propria esperienza
estatica94.
Non sfugge la ricchezza dellanalisi proposta da Vlker (che si sof-
ferma ancora su altri aspetti, ad esempio il tema della preghiera ininter-
rotta in conformit al precetto paolino di 1Ts 5, 17)95. Essa risulta per
troppo condizionata da un pregiudizio su Orat, salvo poi fare proprio del
trattato il cardine dellargomentazione a sostegno dellesito mistico del-
la preghiera, come sarebbe tracciata dalla prospettiva origeniana (bench
ci si possa chiedere fino a che punto lasserito sbocco mistico e deifico
fuoriesca dai limiti della mistica neotestamentaria)96. Paradossalmente
linterpretazione di Vlker, preoccupato originariamente di riscoprire la
spiritualit specificamente cristiana di Origene, finisce, in un certo senso,
per rendere lAlessandrino pi filosofico e speculativo di quanto forse
egli desideri essere. Peraltro lo studioso tedesco non arriva a riconoscere

qewrivan ejntetagmevno"; ma in questo passo pi che sullunio mystica il discorso verte


semmai sulla preghiera ininterrotta.
94 Vlker, 210: Aus dem allen folgt, dass Origenes im inneren Gebet einen Zu-
stand andeuten wollte, in dem der Mensch, erhaben ber den Leib und die strende Sin-
nenwelt, in vlliger Konzentration auf das Gttliche, in schweigender Betrachtung der
Gnosis teilhaftig wird und die umgestaltende Wirkung dieser Schau an sich erfhrt. Der
Gedanke, dass hier eine Parallele zur Ekstase vorliege, ist naheliegend, und er wird ber
den Bereich einer blossen Vermutung durch die Parallele von Joh. Comm. XXXII 27 und
peri euchs 9, 2 hinausgehoben.
95 Secondo Vlker, 218, Origene ha fornito al riguardo tre diverse spiegazioni:
Zunchst deutet er das stndige Gebet auf das innere, wortlose Gebet, auf die mystische
Versenkung, sodann sieht er im bertragenen Sinne in den einzelnen Taten des Frommen
Gebete, so dass dieser auf diese Art die Forderung des Paulus erflle; inoltre, eine dritte
Erklrung des stndigen Gebetes gibt Origenes ebenfalls in peri euchs, indem er eine
Kombination von mndlichen Gebet und Tat fordert (p. 213). In tal modo, se lideale
origeniano di perfezione caratterizzato dalla dualit di theria e praxis, altrettanto va
detto della sua vita di preghiera.
96 rivelatrice la precisazione contenuta in FrLc 174 (300, 13-14), su Lc 11, 2, a
proposito della condizione di figli di Dio e della preghiera rivolta a lui come Padre: oujk
eij" fuvsin hJma'" ajnavgwn qeou', ajlla; cavrito" metadidou;" kai; to; eJautou' ajxivwma hJmi'n
carizovmeno".
36 Parte prima, Capitolo secondo
che gli elementi filosofici del trattato non sono dati unicamente dagli
aspetti speculativi, bens anche da quei tratti che si configurano, secondo
studi pi recenti, precisamente nella forma degli esercizi spirituali della
filosofia antica. In ogni caso, si tratta di una ricostruzione che sembra
attutire fortemente la dimensione agonica, strettamente legata anche al-
limmagine della preghiera in Origene, assimilandolo eccessivamente an-
che a causa di ci allapproccio distinto di Clemente Alessandrino.

3. Nuovi approfondimenti: preghiera e immagine di Dio

Lindagine di Vlker rimasta un punto di riferimento per quanti


come lui si sono sforzati di riproporre limmagine di un Origene misti-
co, ma essa ha suscitato anche reazioni e distinzioni di segno diverso97.
Pochi anni dopo Aloisius Lieske dedicava a sua volta una monografia alla
mistica del Logos nellAlessandrino (Die Theologie der Logosmystik
bei Origenes, 1938). A Vlker egli riconosce il merito di aver fatto ricorso
allesperienza spirituale di Origene per illustrarne lideale di perfezione,
ma gli rimprovera al tempo stesso di essere rimasto troppo condizionato
da questo approccio sopravvalutando il dato esperienziale, senza includere
cos unadeguata considerazione dellorizzonte dogmatico dellAlessan-
drino98. Lieske rivaluta a tal punto lottica teologico-dogmatica della co-
munione mistica con il Logos, in quanto espressione coerente della teolo-
gia trinitaria della grazia, da mettere in dubbio che si possano supporre
esperienze di natura estatica in Origene 99. La mistica del Logos stretta-

97 Kannengiesser, 14 le riassume cos, tenendo soprattutto presente la questione su


Origene sistematico: Walter Vlkers remarkable essay [...] also reacted against de
Faye and other proponents of Origens system, but with a notion of spiritual perfection
filled with Lutheran piety and, as Urs von Balthasar would later observe, with a complete
lack of ecclesiology. Against Vlkers loose collection of spiritual attitudes and themes,
supposedly representing Origens thought, Hal Koch responded almost immediately in
1932 with his book, Pronoia und Paideusis, emphasizing Stoic and Middle Platonic struc-
tures in Origens systematic coherency. In 1949, Hans Jonas also responded to Vlker
with a vigorous article on Origens mysticism, Die origenistische Spekulation und die
Mystik. In 1951, Endre von Ivanka added some complementary remarks, Zur geistesge-
schichtlichen Einordnung des Origenismus; and finally, in 1966, Franz Heinrich Kettler,
in a very original essay, claimed to have isolated the genuine principle of Origens thought,
Der ursprngliche Sinn der Dogmatik des Origenes. Sugli sviluppi successivi si veda
anche Monaci Castagno 1997, 126-127.
98 Lieske, 9: So beraus wertvoll nun Vlkers Arbeit dadurch ist, da sie Origenes
Frmmigkeitsleben fr die Beurteilung seiner Vollkommenheitslehre bewut verwertet,
so gert doch auch seine Darstellung gerade dadurch in eine nicht geringe Krise, da sie
zu sehr beim Erlebnismigen stehenbleibt und vor lauter Zurckhaltung gegenber al-
lem Dogmatischen Origenes zu wenig innerhalb seiner eigenen dogmatischen Theologie
wertet.
99 Berner, 75 ritiene che in tal modo Lieske si sia spinto troppo in l.
Prospettive della ricerca 37
mente collegata in lui allantropologia teologica e alla dottrina della grazia
che sono entrambe contraddistinte dallidea dellimmagine di Dio nelluo-
mo. Resta ad avviso di Lieske la tensione, se non la crisi, del modello
elaborato da Origene in rapporto alla dimensione sociale, ma nonostante
questa polarit con la mistica individuale egli disposto a riconoscere al-
lAlessandrino lo sforzo per integrare fra loro laspetto personale e quello
comunitario. Coniugando in tal modo momento sistematico e prospettiva
della frattura, il lavoro di Lieske sembra fare da ponte tra le due diverse
impostazioni della ricerca origeniana, anticipando lapproccio asistema-
tico che si andata diffondendo nel secondo dopoguerra 100 .
In effetti questa linea interpretativa stata fatta propria dagli studiosi
francesi impegnati nel ressourcement patristico, tra i quali emergono so-
prattutto Henri de Lubac e Henri Crouzel. Il primo, nel fondamentale la-
voro sullermeneutica biblica origeniana (Histoire et Esprit. Lintelligence
de lcriture daprs Origne, 1950), simpatizza con la reazione di Vl-
ker allinterpretazione intellettualistica e sistematica dellAlessandrino,
ma si avvicina maggiormente alle posizioni di Lieske, anche per effetto
del suo legame con Hans Urs von Balthasar, teologo svizzero che ha con-
corso in maniera decisiva alla riappropriazione teologica ed ecclesiale di
Origene nel corso del Novecento101 . Nellapprofondire a sua volta il rap-
porto tra fede e gnosi in Origene, Crouzel ha messo in luce la connota-
zione mistica della conoscenza nella quale la fede trova il suo perfe-
zionamento102. Di fatto il suo discorso verte, con de Lubac, pi sul senso

100 Pur vedendo in Lieske la variante cattolica di Vlker, Berner, 75 apprezza la


sua posizione di sintesi: Mit seinem Insistieren auf den logischen und dogmatischen Zu-
sammenhngen scheint Lieske der systematischen Origenes-Forschung nherzukommen.
Durch seine Abwendung von de Faye und Koch, durch die Betonung der kirchlichen Bin-
dung und die Bercksichtigung der Homilien bleibt er aber mit der Tendenz Vlkers ver-
bunden und ordnet sich in die nicht-systematische Forschungstradition ein. Mit den Be-
griffen der Krise und der Spannung hat Lieske Beschreibungskategorien gefunden,
die vielleicht noch unausgeschpfte Mglichkeiten implizieren, zugleich den hypotheti-
sch-wissenschaftlichen Charakter des origeneischen Systems, also den Geist seiner For-
schung, und seine ungebrochene Bindung an das kirchliche Christentum zu beschreiben.
101 Non a caso, tra i primi titoli di Sources Chrtiennes, la collezione che sorregge
il programma di ritorno alle fonti dei Padri, figurano le Omelie sulla Genesi di Origene.
Nella Prefazione de Lubac vi ricostruiva, fra laltro, le vicende della fortuna dellAlessan-
drino fino allet moderna (SC 7, 5-62). Sullapproccio di de Lubac, segnato dallo stretto
rapporto di Origene con il mistero cristiano e dalla sua appartenenza ecclesiale, cfr. Ber-
ner, 77-80; pi in generale, sul ruolo avuto dai protagonisti del ressourcement nella risco-
perta di Origene, si veda Kannengiesser e Alexandre 2006.
102 Crouzel 1961, 450: En quoi consiste donc la connaissance et en quoi est-elle un
progrs sur la foi? Dans une vidence plus grande, dans la perception directe des ralits
mystrieuses par les sens spirituels. Lme sent la prsence du Verbe et du Pre en elle-
mme. Les rapports de la foi avec la connaissance ne se comprennent que si cette dernire
est une vritable exprience de Dieu prsent dans lintelligence (cfr. anche Crouzel).
Berner, 80 riconosce in questi termini lapporto di Crouzel: Sein eigenster positiver Bei-
38 Parte prima, Capitolo secondo
del mistero cristiano e sulla sua centralit in Origene, mentre approfon-
dendo lapproccio di Lieske considera il rapporto delluomo con Dio nella
visione dellAlessandrino come determinato essenzialmente dalla teolo-
gia dellimmagine 103 . Tuttavia, proprio a causa del nesso tra fede e gnosi
si preferito parlare, un po paradossalmente, a proposito di Origene co-
me ha fatto, ad esempio, Jean Danilou , di una mistica della luce o di
una mistica intellettuale104 , laddove lIdealtypus pi vulgato dellespe-
rienza mistica indurrebbe semmai a pensare allunione dellanima con Dio
come momento di tenebra o oscuramento dellio. Ora, lincongruenza
nellapplicare categorie che si rivelano problematiche sotto questo o quel-
laspetto ci invita a considerare piuttosto quegli apporti degli studi che si
sono concentrati sullanalisi del nostro trattato. I nuovi approfondimenti
sono venuti per lo pi da singoli contributi circoscritti, fatta eccezione per
la traduzione di Eric George Jay (Origens Treatise on Prayer, 1954) e la
successiva monografia di Wilhelm Gessel (1975). Senza ripercorrere ades-
so nei dettagli la storia della ricerca pi recente (a dire il vero, non troppo
abbondante di studi per Orat o, in generale, sul tema della preghiera nel-
lAlessandrino), conviene menzionare almeno quei contributi che hanno
introdotto nuovi spunti di analisi o suggerito piste di ricerca meritevoli di
approfondimento.
Abbiamo gi avuto modo di osservare come il lavoro di traduzione
si spesso rivelato importante per comprendere un testo difficile quale
Orat. Fra le numerose versioni in inglese, ci vale in special modo per la

trag zu der durch Vlker eingeleiteten Forschungsrichtung ist in dem Werk ber Origenes
und die mystische Erkenntnis enthalten, in dem er die subjektiven Bedingungen des Er-
kennens, den moralischen und asketischen Aspekt beschreibt, nachdem er in seinem er-
sten groen Werk die Metaphysik des erkennenden Subjekts dargestellt hatte. Dillon
228-229 fa proprie le conclusioni di Crouzel, osservando che la visione di Dio, diversa-
mente da Plotino, non possibile alluomo finch in vita: The term which best expres-
ses the sort of direct intellectual contact envisaged by Origen for the beatific vision to be
enjoyed by the saints after death is prosbolhv, but the significant thing here is that this
same term is used by Plotinus, along with ejpibolhv and ejpafhv, for the sort of sopranoetic
contact which is attainable in the nou'" while still in the body. [...] I think, that for theolo-
gical reasons he denied that the human soul or mind, while still in the body, could achieve
the equivalent, in Platonic terms, of looking directly at the sun. Tra i luoghi origeniani
lautore segnala Orat XXV , 2 (358, 11-12): oJ nou'" prosbavllei cwri;" aijsqhvsew" toi'"
nohtoi'" (cfr. infra, nota 657).
103 Cfr. Berner, 82: Die Einheit im origeneischen Werk findet er nicht in einem ra-
tionalen System, sondern in einer theologischen und spirituellen Synthese, zentriert um das
Thema des Abbildes Gottes, einmal als Zentrum der Christologie, dann der Anthropologie.
104 Danilou 1948, 287-301, in part. p. 291: Cest plus une mystique spculative
de lillumination de lesprit par la gnose quune mystique exprimentale de la prsence du
Dieu cach saisi dans lobscurit par le toucher de lme. La sua analisi si basa princi-
palmente su HNm XXVII e CCt nonch sul confronto con Gregorio di Nissa come lautore
di derivazione origeniana che per primo ha fondato la teologia mistica. Cfr. anche Louth,
102-104; McGinn, 108-130.
Prospettive della ricerca 39
traduzione di Jay che corredata da un ampio saggio introduttivo e da
sostanziose note di commento. Lintento del traduttore, conformemente
del resto alla tendenza sviluppatasi a partire da Vlker, stato di saldare
fra loro i punti di vista differenti che spesso accompagnano il giudizio sul
trattato facendo conoscere la figura di Origene come uomo di preghiera
accanto al filosofo e al teologo. Per realizzare il suo obiettivo, Jay ri-
visita anzitutto la vicenda storica della preghiera dalle origini del cristia-
nesimo fino ad Origene105. In questo quadro sottolinea la continuit fra la
visione dellAlessandrino e il dato neotestamentario, soprattutto per quan-
to riguarda due aspetti caratteristici dellesperienza e della riflessione pri-
mitive sulla preghiera: lassistenza dello Spirito allorante e lintermedia-
zione esercitata da Cristo 106 . Se allinterno del pi ampio panorama dei
primi secoli spicca il profilo particolare delle elaborazioni alessandrine
sulla preghiera, grazie alle due trattatazioni di Clemente e Origene, Jay si
premura anche, in maniera a dir vero felice, dillustrare le loro premesse
nella letteratura protocristiana. Ci aiuta cos a ricollocare la riflessione di
Origene in una tradizione di pensiero che vede, fra laltro, prima di lui il
significativo intervento di Giustino, il quale invita gi a pregare, come poi
insister lAlessandrino, anzitutto per i beni celesti107. Ma pi dellapolo-
gista Ireneo a proporre una dottrina che prospetta lintera vita del cristia-
no nel segno di una preghiera ininterrotta, in quanto consapevole della
presenza di Dio e della possibilit di comunione con lui. Anche le espres-
sioni pubbliche del culto nei momenti liturgici, per il vescovo di Lione,

105 La traduzione preceduta da due ampie sezioni: I . La preghiera nella chiesa


primitiva; II. Origene. Nel tracciare brevemente lesperienza e la riflessione sulla pre-
ghiera nella chiesa primitiva Jay ricorda come il Nuovo Testamento is the literature of a
community for whom prayer was an essential part of life (pp. 3-4). In questi scritti pre-
vale comunque lesperienza sulla riflessione, bench cominci a disegnarsi una teologia
della preghiera. Paolo ne fornisce un elemento importante indicando la novit della pre-
ghiera cristiana in forza della cooperazione dello Spirito (cfr. Gal 4, 4-7; Rm 8, 26-27). A
questo tema si aggiunge lassistenza del Cristo risorto, un tema che la Lettera agli Ebrei
sviluppa particolarmente con il motivo di Ges Cristo come Sommo Sacerdote.
106 Jay, 6: The secret, then, of the joyous and confident prayer of Christians of the
first century is their faith that the Holy Spirit, the Spirit of Christs own Sonship, was in
their hearts, prompting their words, and their knowledge that Jesus Christ, risen, ascen-
ded, glorified, was praying with them.
107 Anche presso gli Apologisti non mancano riferimenti allimportanza della pre-
ghiera. Per le sue stesse caratteristiche di calma e semplicit, la preghiera dei cristiani
presentata come superiore a quella delle altre religioni. Un ulteriore argomento apologetico
offerto dal fatto che i cristiani pregano per i propri persecutori. Secondo Jay la concezio-
ne pi profonda della preghiera espressa da Giustino, che conosce la preghiera di lode,
ringraziamento, intercessione e petizione. Oltre ad indicare la necessit di pregare anzitutto
per i beni celesti, egli intravede anche il tema della correlazione fra preghiere e opere. Tut-
tavia, Giustino non arriva a proporre una vera e propria dottrina della preghiera, diversa-
mente da quanto avviene con Ireneo (cfr. al riguardo Perrone 2009b e infra, pp. 515-516).
40 Parte prima, Capitolo secondo
non fanno altro che rendere esplicita la struttura costitutiva della vita cri-
stiana in unione con Dio, nellintreccio costante fra la preghiera personale
e la preghiera comunitaria108 . Quanto a Tertulliano, pur presentando lo
stesso ventaglio dei tipi di preghiera sui quali si articoler la riflessione di
Origene, Jay sottolinea lassenza di aperture mistiche paragonabili a quelle
di Clemente e Origene109.
La premessa pi prossima a Orat nella prima letteratura cristiana ,
come sappiamo, la trattazione di Clemente Alessandrino nel VII libro degli
Stromati, che Jay considera la prima espressione organica di una dottrina
cristiana della preghiera. Egli traccia dunque anzitutto il quadro generale
dellideale cristiano di Clemente, caratterizzato da un forte intellettuali-
smo. Nondimeno, la dinamica insita in esso previene un esito troppo ri-
gido in tal senso, poich il movimento dellesistenza cristiana procede s
dalla fede (pivsti") alla conoscenza (gnw'si"), ma per culminare pao-
linamente nellamore (ajgavph). Nella visione di Clemente la preghiera
in primo luogo la consapevolezza della costante compagnia di Dio110.
Egli tradisce invero qualche difficolt a raccordare le proprie idee circa la
preghiera dello gnostico con quella del cristiano ordinario. Alcuni passi
fanno pensare ad unarroganza, ad un senso di superiorit del perfetto,
ma Clemente ritiene comunque che lo gnostico debba condividere le de-
vozioni del cristiano comune, sia pure per spirito di condiscendenza. Ap-
profondendo i tratti caratterizzanti la preghiera dello gnostico Jay vi osser-
va come sue note dominanti la lode e il ringraziamento, mentre sono pochi
i cenni alla preghiera di confessione, un tratto peraltro scarsamente pre-
sente anche negli autori precedenti. Ci dipende evidentemente dal pre-
supposto che lo gnostico abbia gi raggiunto un grado di perfezione tale
da essere (per quanto possibile nella carne) in uno stato di virt. Quanto
poi alla preghiera dintercessione e di petizione, si potrebbe dubitare che
una visione intellettualistica come quella di Clemente lasci ancora spazio
alla richiesta. Al contrario, Clemente non avverte contraddizioni in pro-

108 Jay, 17: Irenaeuss meaning appears to be that the offerings made by Christians
at the altar in the Eucharist must be thought of as particular and explicit expressions of
what is implicit in the whole Christian life, namely service of God, without intermission
directed to Almighty God in heaven. The life of the true Christian is a life in which prayer
and service are woven together, and in which specific acts of public worship, as in the
Eucharist, complete the pattern. Sullidea ireneana di preghiera, in relazione al Padreno-
stro, si veda adesso Prudhomme.
109 Jay, 25: we find none of the mysticism which we are to meet in certain formes
in the Christian Platonists of Alexandria. Per un riesame del rapporto con Origene, si
veda infra, pp. 516-530.
110 Traendo spunto da Protr. X, 100, 3-4, Jay, 28 rileva, fra laltro, il suo statuto di
preghiera silenziosa: true prayer [...], according to Clement, is a constant intercourse
with God. But God is a God who knows and perceives all things, and thoughts as well as
words. [...] Thus prayer is expressed in the Gnostics thoughts rather than by words.
Prospettive della ricerca 41
posito e le dedica ampio spazio. Se in ci si avvicina alla preghiera tradi-
zionale, egli se ne allontana nuovamente in seguito alla convinzione, giudi-
cata da Jay un poco ingenua, che la preghiera dello gnostico sia sempre
esaudita111 . Peraltro Clemente si posto anche il problema delle preghiere
degli indegni, prendendo atto che talvolta esse vengono ascoltate da Dio.
A chi gli obietta ci replica, ricordando che queste preghiere non procu-
rano reali vantaggi agli empi, o che esse vengono accolte a beneficio di
altri. La conclusione di Jay smorza comunque ancora una volta laccusa
di intellettualismo, avvicinando maggiormente lesperienza di preghiera
di Clemente a quella del comune cristiano112 .
La successiva presentazione di Origene si commisura da vicino al ri-
tratto di Clemente, sforzandosi di stabilire i punti di contatto e le distinzio-
ni fra i due autori. Jay rileva preliminarmente due tratti caratteristici della
dottrina origeniana: da un lato, Origene si presenta ai suoi occhi come il
fedele continuatore di Clemente e al pari di questi fa professione di un mi-
sticismo intellettualistico; dallaltro lato, per, egli appare pi attento alle
esigenze del cristiano comune e in Orat vi un buon numero di consigli
che un principiante potrebbe trovare pratici e giovevoli per la sua vita di
devozione. Anche Jay discute ampiamente in che misura sia possibile ac-
cettare la tesi di Vlker sul misticismo di Origene, ricordando per con
Danilou come al terzo stadio della conoscenza, prefigurato dallAlessan-
drino specialmente nel Commento al Cantico dei Cantici vale a dire la
theologia, dopo letica e la fisica , manchi del tutto la componente del-
loscurit divina gi presente in Filone e sviluppata ampiamente da Gre-
gorio di Nissa, che sarebbe a suo giudizio il vero iniziatore della mistica
cristiana. Origene resta insomma sempre legato alla prospettiva di un rap-
porto con Dio mai separabile dalla gnosi. Coerente con questo atteggia-
mento lassenza di tratti panteistici o della quiete mistica: lanima sem-
pre dotata del libero arbitrio e, come tale, pu decidersi sia per il bene
che per il male. La miglior conferma di ci viene, del resto, dal testo di
Orat, dove Origene si basa poco su temi mistici; anzi, Jay parla espressa-
mente del carattere non mistico del trattato e ne apprezza le sue qualit
pratiche che lo rendono come tale una preziosa guida allars orandi 113 .

111 Jay, 32: The success which invariably attends the prayer of the true Gnostic
depends on the refined nature of his prayer.
112 Jay, 34: Enough has been said to show that in spite of the tendency towards
an intellectual mysticism in Clements doctrine of prayer, he still regards it, for a great
part of the time, as does the average Christian, as the converse of the soul with God, ex-
pressing its wonder at Gods greatness in praise, its gratitude for Gods goodness in thanks-
giving, its sense of unworthiness in confession, and its needs in petition. Sulla dottrina
eucologica di Clemente si veda infra, pp. 530-545.
113 Jay, 68: This treatise is a thoroughly practical guide to the practice of prayer,
setting forth instruction on the proper disposition of the mind in preparation, the division
42 Parte prima, Capitolo secondo
4. Retorica e teologia nellinterpretazione di Wilhelm Gessel

Laccresciuto interesse per il trattato origeniano durante gli ultimi tre


decenni testimoniato anzitutto dalla bella monografia di Wilhelm Gessel
(Die Theologie des Gebetes nach De Oratione von Origenes, 1975), il
quale ha accompagnato questo primo studio organico, dopo loperetta di
Genet agli inizi del secolo, con altri contributi destinati a discutere singoli
aspetti dello scritto114 . Lorganicit dello studio di Gessel conseguenza
del suo sforzo di rintracciare a tutto campo la teologia della preghiera
di Orat, con esclusione tendenziale dei restanti scritti di Origene, o me-
glio evitando di ricorrere specialmente alle omelie nella convinzione che
Orat costituisca una grandezza autonoma 115 . Questa scelta legittima
ma, a mio avviso, non interamente sostenibile accompagnata da una
importante dichiarazione di metodo che prefigura, per cos dire, una riag-
gregazione sistematica del materiale sparso nello scritto origeniano ai fini
di enuclearne la logica interna116 . Sebbene lautore sia di formazione un
teologo, egli offre nel primo capitolo unanalisi particolarmente interes-
sante e innovativa circa gli aspetti formali e letterari dello scritto, dai
quali trae peraltro una conferma cruciale per lassunto dellindividualit
di Orat. Tale approccio, meritorio anche solo per la rarit delle indagini a
questo livello, ci aiuta a capire limpegno particolare che Origene ha pro-
fuso nel comporre la sua opera. LAlessandrino vi adotta tendenzialmente,
secondo Gessel, un registro stilistico alto, reso evidente dalla maggiore
ricercatezza formale dello scritto in tono con il suo contenuto difficile ed
elevato e con le aspettative di un pubblico scelto. Pi che i tratti di stile
riconducibili al genere epistolare che appaiono meno persuasivi, anche
per il fatto che la lettera come genere rinvia ad una categoria inevita-
bilmente troppo vaga117 , Gessel indica semmai una pista di ricerca su-

of prayer into praise, thanksgiving, confession, and intercession, the proper posture, place,
and times for prayer, as well as a detailed commentary on the Lords Prayer.
114 Cfr. Gessel 1977; Gessel 1980; e Gessel 1981.
115 Gessel, 10: Zur Rechtfertigung dieser Beschrnkung auf den Gebetslogos sei
zunchst darauf hingewiesen, da das Gebetswerk eine eigenstndige Gre darstellt, die
nicht leichtfertig in die sonstigen uerungen des Origenes zum Thema Gebet und vor al-
lem nicht in den Rahmen der zahlreich berlieferten origeneischen Gebete hineingepret
werden sollte.
116 Gessel, 10: Danach ist das Werk Vom Gebet sorgfltig zu sezieren. Die so
eruierten Teile mssen gesammelt, nach logischen Gesichtspunkten geordnet und in ein
System gebracht werden. Es mu dabei der Blick auf das Ganze des Autors und auf den
Zusammenhang gerichtet sein, dem der Teil entstammt.
117 Lascia perplessi il fatto che lindirizzo a Taziana con lallusione a Gn 18, 11
(Orat II, 1) sia interpretato alla lettera (sic!) e venga cos paragonato alla formula valetudi-
nis della topica epistolare: Gerade in der lebhaften Anteilnahme des Origenes am krper-
lichen Wohlsein der Adressatin, an den Dingen, die sie ganz persnlich betreffen, zeigt
sich der philophronetische Charakter der formula valetudinis (ibi, 74). Il suo significato
Prospettive della ricerca 43
scettibile di sviluppo con il suo tentativo di assegnare il trattato al genus
deliberativum. Quantunque il modello del discorso politico davanti al-
lassemblea, secondo i dettami dellantica retorica, possa a prima vista
sconcertare, il suggerimento di Gessel si presta utilmente ad intendere
Orat come discorso protrettico: infatti, se nel genus deliberativum si
trattava di persuadere o sconsigliare da unazione futura, in Orat lAles-
sandrino cerca appunto dinculcare la pratica della preghiera liberandosi
cos di un atteggiamento critico nei suoi confronti118 .
Restando ancora sul piano dellanalisi letteraria, si deve apprezzare
lo sforzo di Gessel per porre in luce la struttura del trattato, argomento che
ha suscitato in genere molti interrogativi e attirato anche di recente vari in-
terventi. Analogamente ad altri critici Gessel prende dapprima atto della
natura apparentemente disordinata e composita del trattato, a prescindere
dalle indicazioni fornite da Origene quanto alle sue intenzioni letterarie.
In questo senso Orat offre limpressione di due, se non tre, saggi distinti
accorpati in ununica opera. Tuttavia, la fisionomia unitaria dello scritto
emerge con pi chiarezza per via indiretta, nella misura in cui, oltrepas-
sando le stesse indicazioni compositive dellautore (che mostra comun-
que di voler realizzare, almeno in linea di principio, unopera coerente e
compatta), si arriva a cogliere il dinamismo concettuale che conferisce
unit al trattato. Da questo punto di vista Gessel, introducendo nuovamen-
te uno spunto di riflessione di notevole interesse, parla dellargomentazio-
ne di Origene come di un procedimento condotto non tanto attraverso una
costruzione sistematica bens per associazione di idee che si polarizzano
attorno a nuclei concettuali119. Egli giunge allora a proporre un profilo pi

ben illustrato da Monaci Castagno 1997, 118, nota 7: Sullo sfondo della frase presen-
te quellesegesi origeniana che vede in Sara la figura della virt di cui luomo saggio deve
ascoltare sempre i consigli (HGn VI, 1); in quanto virtuosa, Taziana si spogliata degli
elementi femminili e si virilizzata. Cfr. anche HGn VIII, 10 (85, 18-20): Si ergo de-
ficiant muliebria fieri in anima tua, generas filium de coniuge tua, virtute et sapientia, gau-
dium ac laetitiam.
118 In proposito si veda Perrone 1997. sorprendente come Gessel non avverta mai
il bisogno di richiamare termini di confronto della tradizione filosofica, ma egli avrebbe
potuto servirsi anche di scritti cristiani come lAd martyras di Tertulliano, che ad un
tempo una lettera e un protrettico.
119 Gessel, 45: Freilich wre es verfehlt, bei Origenes Ausfhrungen den strengen
Mastab und das klare Ordnungsprinzip der auf Aristoteles zurckgehenden und im 12.
Jahrhundert entwickelten Methode der scholastischen Quaestio disputata voraussetzen zu
wollen. Vielmehr schtzt Origenes die Assoziationsmethode, die dem entgegenkommt,
der seine Gedanken in kurzer Zeit niederzulegen sich veranlat sieht. Losservazione
coglie indubbiamente nel segno, senza dimenticare per come Origene a volte dia prova
di saper argomentare in maniera ben pi strutturata dal punto di vista formale (si veda, ad
esempio, Perrone 1992a). Del resto, basta mettere a confronto EM con Orat per capire
dove effettivamente il metodo associativo lascia la sua impronta maggiore, come avvie-
ne precisamente nel primo dei due trattati.
44 Parte prima, Capitolo secondo
integrato ed armonico di Orat dando risalto alle cristallizzazioni concet-
tuali che, in tale logica associativa, costituiscono lossatura dellopera120 .
Sono molti altri gli spunti di analisi che si potrebbero ancora ricavare
dallopera di Gessel e che avremo comunque modo di sfruttare ripetuta-
mente in seguito. Essa una prova di quante e svariate riflessioni possano
scaturire dallanalisi approfondita condotta su un testo dalla densit con-
cettuale di Orat. Vorrei solo menzionare, per concludere la sua presenta-
zione, lattenzione che lautore dedica, da un lato, al nutrimento scritturi-
stico della riflessione di Origene e, dallaltro, alla sua contestazione (ri-
badita anche in un articolo) dellinterpretazione mistica di Orat proposta
da Vlker e dai critici allineati sulla sua impostazione. Pur senza consa-
crare un esame specifico alluso della Bibbia da parte dellAlessandrino
tema che sar affrontato successivamente, da un lato, da Ramn Trevija-
no Etcheverria e Francesca Cocchini e, dallaltro, da Maria-Barbara von
Stritzky con lo studio dellinterpretazione del Padrenostro121 , Gessel
coglie con molta finezza il criterio ultimo dellauctoritas scritturistica in
Origene, ancorch la sua lingua rimanga immune dal greco biblico della
koin122 . Quanto al secondo aspetto, egli sinterroga sulla forma della pre-
senza di Dio nellorante: se questa non pu certo essere messa in dubbio
per Origene, non implica per ununione con Dio di natura estatica diver-
samente da quanto sostenuto da Vlker, in particolar modo riguardo a
Orat IX, 2 e X, 2. Il primo dei due passi, se ricondotto al suo contesto, non
mira affatto a presentare il culmine mistico dellesperienza di preghiera,
bens rispecchia il motivo del beneficio spirituale nella preparazione ad
essa; inoltre, si presta ad essere letto sullo sfondo della dottrina origenia-

120 Gessel, 48: Um diese Gliederungskerne oder Kristallisationspunkte bewegen


sich die einzelnen Schalen der Gedankenreihen. Dabei wirken die Gliederungskerne als
Integrationszentren. Es wre mglich, den Inhalt der Gliederungskerne in seiner integrie-
renden Funktion mit dem Inhalt von Wort- und Begriffsfeldern zu vergleichen. Als die
hauptschlichsten Kristallisationspunkte in sinngemer Abfolge knnen stichwortartig
genannt werden: Absolute Prdestination und deren Widerlegung freie Selbstbestim-
mung gttliche Vorsehung proseuchv Nutzen des Gebetes Gebet um das Himmli-
sche und Groe praktische Ratschlge. Anche tenendo conto di ci (e richiamando il
modo pi autonomo di procedere da parte di Jay nella sua traduzione) Gessel suggerisce
di operare una revisione della divisione tradizionale in capitoli nel caso di una nuova edi-
zione (p. 46, nota 142).
121 Cfr. rispettivamente Trevijano Etcheverria; Cocchini 1997b; e Stritzky.
122 Gessel, 77: Origenes vertraut auf die unmittelbare Kraft des menschlichen
Wortes. Hher aber steht das Wort der gttlichen Offenbarung. Sein ausgeprgtes Verant-
wortungsgefhl zeigt sich insbesondere in der Flle der Zitate aus dem AT und NT . Nicht
seine Autoritt als Lehrender, sondern die Autoritt der Hl. Schrift mchte er als die Le-
gitimationsinstanz schlechthin in den Vordergrund stellen. Er tritt als wissenschaftlich
Schaffender auf, der untersucht, darlegt und im Einklang mit der Autoritt des geoffenbar-
ten Wortes seine Ergebnisse vortrgt. Sulla mancata compenetrazione linguistica con il
greco scritturistico, pur con laltissimo tasso di citazioni, cfr. le pp. 21-22.
Prospettive della ricerca 45
na dellimmagine di Dio nelluomo, assicurata dalla sua presenza nello
hJgemonikovn. Ma in questo caso la categoria per indicare la presenza di
Dio non tanto lunio mystica, bens piuttosto quella di partecipazione
(metochv)123 . Le formulazioni origeniane indicano qui nellorante un pro-
cesso di spiritualizzazione in atto, che include fra laltro il perdono dei
torti subiti124. Anche per Orat X , 2, se lecito parlare in questo passo di
una divinizzazione, essa non comporta affatto il dissolversi dellesi-
stenza personale nellunione con Dio, bens lelevazione dellintelletto
nella comunione di preghiera con lui. dunque fuori luogo, per Gessel,
ricercare nellautore di Orat un mistico della preghiera.
fuori dubbio che lindagine di Gessel abbia contribuito a sviscerare
a fondo i contenuti di Orat, bench gli echi di cui essa ha goduto siano
forse stati inferiori a quanto si potrebbe immaginare. Il suo limite consiste
ai miei occhi nel suo stesso punto di forza. L anatomia condotta dallau-
tore sul testo di Origene, in vista di estrapolarne un pensiero organico sulla
preghiera, rischia di far perdere, pur non volendolo, il contatto pi imme-
diato con lo scritto e il suo profilo, come si vede gi da una semplice scor-
sa dellindice: Gessel non si attenuto cio alle grandi articolazioni del
trattato, ma le ha rimescolate e ridisposte secondo quella che ha ritenuto
essere la sua logica di fondo. Confrontando il libro con Orat, si direbbe
che risulta difficile ritrovarvi in filigrana lo scritto di Origene, sebbene lo
studioso abbia fatto tanto seriamente i conti con esso come nessun altro
prima di lui 125 . In aggiunta a ci, la decisione di prescindere dal materiale

123 Gessel, 208-209: Die Relation zwischen Gott und dem Hegemonikon kann da-
her nicht mit dem Begriff einer unio im Sinne der unio mystica beschrieben werden, son-
dern mu unter dem Begriff der Metoche (participatio), der Anteilhabe bzw. Anteilnahme
erfat werden. [...] Somit ist gesagt, der Ort der Gottbegegnung im Gebet ist das Hegemo-
nikon, weil es von vornherein als Sitz der Gottebenbildlichkeit konzipiert ist. Im Verbor-
genen des Menschen, ein anderer Ausdruck fr das Hegemonikon, sind auch die Gebete.
Sul concetto di partecipazione, imperniato sulla visione trinitaria, si veda la bella con-
clusione di EpGr 4 (194, 95-99): Eij d eu\ e[cei ta; tetolmhmevna h] mhv, Qeo;" a]n eijdeivh,
kai; oJ Cristo;" aujtou' kai; oJ metevcwn pneuvmato" Qeou' kai; pneuvmato" Cristou'. Metev-
coi" de; suv, kai; ajei; aujxoi" th;n metochvn, i{na levgh/" ouj movnon tov: mevtocoi tou' Cristou'
gegovnamen (Eb 3, 14), ajlla; kaiv: mevtocoi qeou' gegovnamen.
124 Gessel, 209-210: Der in der Gebetsvorbereitung, bzw. whrend des Gebetsak-
tes erfolgende Chorismos der Seele vom Soma, bedeutet keineswegs eine ekstatische Ein-
grenzung der Seele, sondern eine Ausgrenzung und Abgrenzung des Hegemonikons, bzw.
des Nus oder des Herzens, also des oberen Seelenteiles gegenber dem belastenden so-
matischen Bereich der Seele. Das Geistigwerden der Seele, ihre Vergeistigung, die unter
anderem die Verzeihung des erlittenene Bsen miteinschliet, ist an unserer Stelle nicht
absolutes, fr sich bestehendes Ziel, sondern benennt das Ergebnis eines Luterungs- und
Reinigungsvorganges, der die Gottebenbildlichkeit des Beters voll zur Wirkung bringt
und so die Voraussetzung fr eine ungetrbte und ungestrte Gottbegegnung durch das
Gebet schafft.
125 Cos, dopo gli aspetti letterari (1: Der formal-literarische Charakter der Ge-
betsschrift), tratta i tipi di preghiera (2), Dio Padre (3), lintercessione dello Spi-
46 Parte prima, Capitolo secondo
comparativo fornito dalle omelie non poteva non attirarsi critiche, com
avvenuto soprattutto ad opera di P.S.A. Lefeber126. Tuttavia, linteresse
manifestato da Gessel per il modo dellargomentazione e la sua configu-
razione formale trova un riscontro nellesame condotto da ric Junod
(Limpossible et le possible. tude de la dclaration prliminaire du De
oratione, 1980) sul testo cos impegnativo e problematico del prologo. Lo
studioso svizzero lo ha confrontato con altre prefazioni di Origene (CPs
1-25, CGn, CIo e CC), rilevando anche sotto questo profilo la singolarit
di Orat. Nel medesimo tempo ha notato anche delle affinit, nella misura
in cui si pu rilevare un dato comune ai vari prologhi: essi ruotano tutti in-
torno al problema se sia possibile scrivere delle cose divine, sondare i mi-
steri di Dio127. Per Junod, comunque, la dichiarazione preliminare appare
come una sorta di blocco erratico, un poco enigmatico rispetto al resto
del trattato, ma in realt il prologo (come cercher di mostrare nel prossi-
mo capitolo) ne offre precisamente la chiave di lettura fondamentale128 .
Due interventi degli ultimi anni hanno richiamato lattenzione sul
rapporto fra Orat e le omelie. Daniel Sheerin (The Role of Prayer in Ori-
gens Homilies, 1988), partendo dallassunto che il trattato contenga una
prospettiva distinta, se non propriamente distorta, si proposto di appro-
fondire il posto della preghiera nelle omelie. Bench non arrivi a proporre
una riflessione sullasserita discrasia, larticolo si rivela utile sia come in-
ventario di materiali, sia anche come proposta di ulteriori piste di indagi-
ne, fra le quali lautore segnala anche lopportunit di analizzare se e come
la teoria della preghiera esposta in Orat trovi conferma nelle omelie129.

rito (4), la preghiera come si conviene (5), preghiera e provvidenza (6), contenuti e
scopo della preghiera di domanda (7), il giovamento della preghiera (8), lesaudimen-
to della preghiera (9), la preghiera ininterrotta (10).
126 Lefeber, 14-18.
127 Laccento posto sulla grazia per risolvere lantinomia impossibile/possibile
comporta une critique implicite de ceux qui croient que la raison humaine, livre elle-
mme, est en mesure dapprhender ce qui nappartient pas au monde des hommes
(Junod, 89). Anche Osborn sottolinea il legame fra la preghiera e la conoscenza di Dio.
128 Lo intende giustamente cos anche Monaci Castagno 1997, 125: se lindagine
non si limita al prologo, risulta evidente che impossibile non soltanto la conoscenza di
Dio, ma la preghiera in quanto conoscenza di Dio [...] e in quanto culto e forma di vita.
Si noti comunque che Junod 2009 riconosce limportanza del prologo come la chiave per
intendere il problema della preghiera.
129 Sheerin, 213: I have been able to give only a brief account of the important
role of prayer in these homilies and a sketchy catalogue of the kinds of prayer. Detailed
study of these phenomena, both in their broader ramifications (relationship of theory of
De oratione to practice of homilies, sacerdotal role of preacher, role of prayer in herme-
neutics), and in the interactions within the homilies of prayers and calls-to prayer which
have, in some case, been artificially sundered from one another in this treatment for the
sake of classification, remains to be done, but it is hoped that this sketch may provide a
first step in these directions.
Prospettive della ricerca 47
Linvito formulato da Sheerin ha trovato seguito nella dissertazione olan-
dese di Pieter Sietze Adrianus Lefeber (Keuze en verlangen. Een onder-
zoek zin en functie van het gebed in Origenes preken en zijn tractaat
Over het gebed, 1997), dedicata precisamente ad approfondire i rapporti
delle omelie con il trattato mediante un confronto serrato130. Le sue con-
clusioni sono diametralmente opposte alle tesi di Vlker e, in parte nella
scia di questi, anche a quelle di Gessel, al quale Lefeber contesta fra lal-
tro il giudizio su Orat come scritto malamente strutturato. A l contrario,
possibile notare come le riflessioni esposte nella prima sezione abbiano
una corrispondenza con la seconda, nel commento al Padrenostro131. Senza
dunque isolare Orat e senza sistematizzare eccessivamente il trattato con
lobiettivo di ricostruire la teologia della preghiera dellAlessandrino,
lapproccio di Lefeber vuole invece caratterizzarsi per la ripresa delle
idee stesse di Origene132 . Nel contempo egli d significativamente rilievo,
forse pi di quanto si fosse fatto precedentemente, alla componente ago-
nica che contraddistingue la visione della preghiera anche nelle omelie133 .
Lefeber disegna cos la situazione dellorante a partire dalla condizione di
fragilit e peccato dell'uomo. Se Vlker non dava spazio nella sua visione
di Origene alla preghiera del peccatore, al contrario Lefeber la vede come
caratterizzante la stessa condizione esistenziale delluomo. A suo giudizio
nemmeno Gessel stato capace di tenerla adeguatamente in considerazio-

130 Il titolo inglese recita: In Want for God. About the Meaning and Function of
Prayer in Origens Sermons and His Treatise On Prayer. Oltre a riassumere i risultati alle
pp. 196-200, lautore li ha ricapitolati in Lefeber 1999. La dissertazione comprende due
parti. La prima tratta la preghiera nelle omelie con i seguenti capitoli: 1. Preghiera e pec-
cato (Gebed en zonde); 2. Preghiera come appello allazione di Dio (Het appel op het
handelen van God); 3. Preghiera e Scrittura (Gebed en Schrift); 4. Preghiera come
comunione ininterrotta con Dio (Bidden als voortdurende omgang met God); 5. La
forza della preghiera (De kracht van het gebed). La seconda parte analizza Orat (6.
Het tractaat Over het gebed).
131 Lefeber 1999, 34: The ideas Origen developed in the first half of his treatise,
come back in his explanation of the Lords Prayer, the most eminent prayer ever given. It
puts man in the right position before God. Peraltro, il giudizio dellautore si dimostra un
poco semplicistico, allorch sostiene che a conclusione del suo lavoro Origene avrebbe
espresso una valutazione senzaltro positiva un punto di vista che non pu certo essere
suffragato dal tenore di Orat XXXIV!
132 Lefeber, 196: Contrary to what earlier writers have done, this study does not
aim to provide a theology of prayer in Origen. Such a theology would be a reconstruc-
tion of something not of his design, whereas this study aims to show how he himself wrote
about prayer.
133 Lefeber, 197: Man therefore finds himself caught between the goodness of
God on the one hand and the danger of his inner temptation on the other, a situation in
which he must consciously seek out the countenance of God. His longing for God is the
driving force here, as his inclination towards temptation compels him to do so. This causes
tension in his life of prayer, tension from which he cannot escape, however much progress
he may make towards recovery during his earthly existence.
48 Parte prima, Capitolo secondo
ne, offrendo unimmagine troppo armoniosa della relazione fra Dio e
luomo, che invece insidiato perennemente dallesperienza del pecca-
to 134 . Consapevole di ci, egli si rivolge a Dio preso dal rimorso della pro-
pria colpa e dal desiderio di espiarla. In tal modo dichiara di avere biso-
gno del sostegno di Dio per non cadere pi nel peccato135. Inoltre, quanto
pi cresce lo stupore per la gloria di Dio, tanto pi forte si fa il desiderio
di ricevere il suo aiuto136. In sintesi, per Lefeber proprio la costitutiva
dimensione agonica a evidenziare la continuit di idee fra le omelie e il
trattato: ambedue le prospettive convergono nel riconoscere che la pre-
ghiera si attua quando Dio fa dono alluomo della sua grazia, grazie alla
quale soltanto in grado di superare il conflitto che lo lacera e ascendere
cos verso il mondo divino137.

5. Nuovi indirizzi di studio: il paradigma degli esercizi spirituali

Lultima fase degli studi stata caratterizzata, in special modo, dal-


lapporto dei due convegni organizzati dal Gruppo Italiano di Ricerca su
Origene e la Tradizione Alessandrina, rispettivamente nel 1996 a Chieti
e nel 1999 a Milano, essendo dedicato il primo appunto ad Orat e il se-
condo al tema strettamente correlato Origene maestro di vita spiri-
tuale138 . Dellimportanza di questi volumi si gi avuto un riflesso nel-
lesposizione precedente ed esso non mancher di affiorare ampiamente
in quella che segue. Non mi soffermer naturalmente su un bilancio cri-
tico dei loro risultati, dal momento che come membro del Gruppo e come
autore sono io stesso parte in causa. Nondimeno, anche alla luce di essi,
mi sembra giusto prospettare alcune riflessioni conclusive sullitinerario
degli studi ripercorso in questo capitolo, sempre nellintento di meglio
orientare la direzione di marcia del presente lavoro.
Ad una valutazione sommaria, il quadro odierno non sembra aver ac-
cantonato completamente i vecchi interrogativi, mentre se ne affacciano

134 Lefeber, 200: Gessel is right to situate prayer within the broad framework of
Gods divine providence but the way in which he does this is too colourless and too gener-
al to do justice to the intensity and to the existential suspense which is natural to prayer in
Origen.
135 Lefeber, 198: Prayer in Origen is above all characterised by a struggle to escape
from this sinful existence to the reality of God. It is its very essence because in prayer
willingness and unwillingness to turn to God are in mutual conflict.
136 Lefeber, 198: The sinner yearns to be initiated into the great mysteries of Heav-
en; he loses interest in insignificant earthly matters.
137 Lefeber 1999, 38: Only when God makes himself known to him in the fullness
of grace so that mans longing for God is aroused and only when man concentrates his en-
tire attention on God and chooses communion with him, does he discover the way upward.
138 Si vedano rispettivamente Cocchini 1997a e Pizzolato-Rizzi.
Prospettive della ricerca 49
di nuovi sul tappeto. Lesigenza di esaminare a fondo i rapporti fra Orat e
gli altri scritti di Origene al di l del meritorio contributo di Lefeber,
per quanto riguarda le omelie sembra ancora lungi dallessere stata sod-
disfatta. sintomatico che, mentre si sempre valorizzato il Commento
al Cantico dei Cantici (con le Omelie) per ricostruire il profilo della mi-
stica origeniana, si sia prestata poca attenzione alla figura di orante che
forse oggetto della descrizione pi plastica in tutta lopera dellAlessan-
drino: la sposa che, secondo la sua originale interpretazione drammatica
del Cantico, fa il suo ingresso in atteggiamento di preghiera nella prima
scena di Ct 1, 2139.
Se la storia della ricerca tende a suffragare in buona parte quella im-
pressione di singolarit del trattato che abbiamo constatato in apertura,
ci non esime dallo sforzo di ricollocarlo nel pi ampio contesto della
produzione origeniana e della riflessione e prassi di preghiera dellAles-
sandrino. N daltra parte lindividualit del trattato pur con la sostan-
ziosa proposta interpretativa di Gessel, che comunque pecca forse di un
approccio un po unilaterale e schematico stata ancora riconosciuta,
come sarebbe opportuno, sotto il profilo letterario e formale del testo. A
parte lanalisi del prologo fatta da Junod, in generale si tratta di unim-
postazione che ha avuto scarso seguito. Ma, come ha ricordato Bertrand
con una metafora suggestiva, per ottenere un progresso nella conoscenza
delle idee, bisogna saper auscultare le loro espressioni letterarie140 . Ora,
proprio in questo campo c stato un certo rinnovamento nellindagine
origeniana, che ha riscoperto di recente limportanza di riesaminare le
forme e i modi dellargomentazione dellAlessandrino, quantunque par-
tendo soprattutto dai prologhi ai commentari biblici, pi facilmente uti-
lizzabili come termini di comparazione con gli altri commentari antichi,
in primis quelli filosofici141 .
Al medesimo ambito della tradizione filosofica rinvia per, in ma-
niera ben pi ricca di conseguenze per il nostro testo, la nuova direzione
dindagine portata avanti soprattutto da Pierre Hadot con i suoi studi sugli
esercizi spirituali nella filosofia antica142 . Egli si riallaccia cos al tema
della Seelenfhrung, la direzione spirituale gi affrontato da Paul
Rabbow allindomani della seconda guerra mondiale143 , proponendo
una ricostruzione complessiva della filosofia dellantichit, specialmente
nella sua fase tarda, come forma di vita che coniuga teoria e prassi in vista

139 Cfr. Perrone 2006 e infra, pp. 306-312.


140 Bertrand 1999, 363: Pour progresser dans la connaissance des ides, il est bon
de passer par leur expression littraire, ausculter avec prcision. Des chemins indits
peuvent alors soffrir linterpretation.
141 A titolo esemplificativo, si veda soprattutto Hadot e Heine.
142 Cfr. Hadot 1993; Hadot 1997a; Hadot 1997b.
143 Seelenfhrung. Methodik der Exerzitien in der Antike (1954).
50 Parte prima, Capitolo secondo
di un perfezionamento morale dellindividuo. In particolare, Adele Mona-
ci Castagno, sfruttando anche il tema della cura del s approfondito da
Michel Foucault, ha proposto una nuova lettura di Orat che innesta il trat-
tato nel solco di questi esercizi spirituali di matrice prevalentemente
stoica, quali ad esempio la praemeditatio mortis o il ritirarsi (ajnacwv-
rhsi") dal mondo sensibile per coltivare uninteriorit non pi esposta
alle passioni. In tal senso, Orat poteva essere recepito dai suoi destinatari
come espressione di una direzione spirituale allo stesso modo dei Ricor-
di di Marco Aurelio o del Manuale di Epitteto per un pubblico pagano144.
Questa tesi, che supera la distinzione e/o contrapposizione in Origene fra
il filosofo e lo spirituale della ricerca anteriore, argomentata met-
tendo in luce, da un lato, una serie di tecniche di concentrazione capaci di
attuare una terapia dellanimo e propiziare la prassi di preghiera e, dal-
laltro lato, la sua rispondenza ai bisogni e alle aspettative spirituali di
ambienti socialmente elevati145 . Lanalogia suggerita in questo approccio
non ignora le distinzioni fra la visione cristiana della preghiera in Origene
e gli ideali del perfezionamento spirituale che circolavano presso le
scuole filosofiche, anche se a volte sembra prevalere limpressione di una
assimilazione molto stretta fra i due orizzonti spirituali. Occorre tra lal-
tro ricordare come la concezione della preghiera in ambiente sia stoico ed
epicureo che anche platonico sia in realt profondamente diversa da
quella espressa in Orat. Si tratta in ogni caso di un approccio innovativo
e fecondo, come avremo modo di verificare pi avanti ricostruendo lars
orandi di Origene, anche se la categoria di esercizio spirituale rende
solo in parte ragione della sua visuale della preghiera.

144 Monaci Castagno 1997, 134: La concezione origeniana della preghiera , nella
forma della katavstasi" richiesta allorante, una cura del s; un esercizio che deve essere
sempre rinnovato e che, per quanto sostenuto e descritto con citazioni bibliche, rivela lalta
radice degli esercizi spirituali delle filosofie ellenistiche; sotto tale profilo, PE poteva es-
sere recepito dai suoi destinatari come una vera e propria Seelenfhrung, come lequiva-
lente cristiano di scritti quali I Ricordi di Marco Aurelio, il Manuale di Epitteto e, nella
generazione successiva, la Lettera a Marcella di Porfirio.
145 Monaci Castagno 2006, 221 nota la continuit del paradigma sino a Giovanni
Crisostomo: Sia Origene, sia Giovanni si rivolgono ad un segmento preciso della societ
tardo-imperiale: il ceto superiore costituito da persone che ricoprono o che sono destinate
a ricoprire ruoli pubblici importanti e il cui cristianesimo si aggiunge ad una buona base
di preparazione retorica e filosofica. Questo spiega il livello alto di questa direzione che,
sia pure nella diversit delle situazioni, pone al centro esercizi che riguardano la lettura, la
meditazione, il ragionamento mediante il quale possibile salvaguardare la propria tran-
quillit interiore e neutralizzare lurto della molteplice, contraddittoria, dolorosa, realt
contingente. In tutti i testi, per quanto declinata in modo diverso, presente la tradizione
degli esercizi spirituali.
CAPITOLO TERZO

IN ASCOLTO DEL TESTO


Dall ouverture alla struttura armonica

Stupenda per me la tua saggezza, troppo alta,


e io non la comprendo
(Sal 138[139], 6) *

1. Il prologo come chiave di lettura

La singolarit che connota in partenza Orat e la diversit dei punti di


vista cui ha dato luogo negli studi impongono prima di tutto che ci si metta
in attento ascolto del testo. Lesigenza non nuova, ma essa ha trovato
finora risposte o auspici di carattere vario e non sempre persuasivo, che
sollecitano adesso una rilettura del trattato nel suo complesso. Non mi at-
tira lanatomia invocata da Gessel come percorso metodico in vista di
una susseguente ricomposizione sistematica, perch temo che lesito di
tale approccio conduca ad unestrapolazione troppo organica di contenuti,
in ultima analisi svincolandoli forzosamente dal tessuto vivo del testo.
Pi convincente mi appare semmai la sua idea di nuclei concettuali che
funzionano in Orat come momenti di aggregazione o come cristallizza-
zioni di un pensiero in movimento. Anche Bertrand si mostra sensibile a
tale indicazione, invitando opportunamente ad auscultare il testo e
suggerendo a sua volta di scardinare le articolazioni di fondo, indicate
dallo stesso autore e recepite per lo pi dalla critica, in modo da mettere
in luce le grandi sequenze tematiche che sorreggono lesposizione146. En-
trambe le strade mi incoraggiano a percorrere, a mia volta, un itinerario
di lettura che per una consuetudine di lavoro con gli scritti dei Padri
condizionata dallimpegno dinsegnamento riflette piuttosto la preoc-
cupazione di captare la voce che si esprime in un testo. So bene che
questo punto di vista pu invocare una sua giustificazione non secondaria
nella stessa produzione dei testi nel mondo antico, per il diverso rapporto

* Cfr. Sal 138, 6 LXX : ejqaumastwvqh hJ gnw'siv~ sou ejx ejmou': ejkrataiwvqh, ouj mh;
duvnwmai pro;~ aujthvn, Troppo mirabile la tua scienza per me, / troppo elevata, non potr
raggiungerla (tr. Mortari, 303).
146 Cfr. Bertrand. Egli vi si richiama negli stessi termini anche in Bertrand 1999,
233: Rappelons que ces questions tournent autour de lutilit de la prire, du lieu o se
trouve Dieu, de la justification de lhomme travers le combat spirituel, enfin de lattitude
corporelle de lorant.
52 Parte prima, Capitolo terzo
fra orale e scritto che essa implicava. Origene era solito dettare i suoi
scritti e limpronta di questo modo di procedere con le varie fasi che
comportava fino alledizione finale dei testi si lascia certamente intrave-
dere anche nel nostro trattato. Ma sono purtroppo assai pochi gli studi de-
dicati a investigare questo aspetto e volendolo approfondire adeguatamen-
te in relazione a Orat, si richiederebbero interessi e competenze diverse da
quelle che mi guidano147. Invece, lidea che nel testo parli una voce mi
porta ad associarlo (di nuovo per idiosincrasia personale, ma spero non
troppo arbitraria) a unespressione di tipo musicale: per usare unimma-
gine, che forse non del tutto impropria, si potrebbe pensare a Orat come
ad unorchestrazione di temi prossima al concerto o alla sinfonia e in
tal caso studiare quali siano le sue note o motivi dominanti e se da essi si
arrivi a ricavare unidea dellarmonica complessiva del testo. ovvio
che questo approccio non pu non sfruttare a fondo quella che, non solo
in metafora, louverture del trattato, cio il prologo (Orat I-II).
Questi due capitoli vertiginosi (non paia eccessivo definirli nuova-
mente cos!) porgono indubbiamente la chiave di lettura fondamentale per
il nostro scritto, anzich presentarsi come unapertura un poco enigmatica
e sorprendente148 . Chiaramente delimitato rispetto al resto dellopera149 ,
anche se purtroppo costellato da fastidiose lacune, il prologo sembra vo-
ler sfruttare a fondo le possibilit offerte da una sede proemiale per
istruire il lettore su contenuti e modi dellesposizione che seguir, quasi
affastellando le indicazioni al riguardo 150 . Proprio labbondanza di tali
segnali rischia di confondere il pubblico designato e non a caso lautore
stesso se ne mostra preoccupato interpellando direttamente i due destina-
tari, Ambrogio e Taziana ( II, 1)151. Egli lo fa dopo che ha gi introdotto

147 Un tentativo di ripensare il problema, tenendo fra laltro conto degli esigui studi
sulla stenografia agli inizi del Novecento (in particolare E. Preuschen), stato fatto da
Pozzi (cfr. Adamantius 5[1999], pp. 162-166).
148 la tesi sostenuta nellanalisi, peraltro pregevole, di Junod, 83: la dichiarazione
preliminare se prsente comme une sorte de bloc erratique dont la prsence au seuil du
De oratione est quelque peu nigmatique (cfr. anche supra, p. 46). Tuttavia Junod 2009
giunge, pur con diversa argomentazione, ad una conclusione analoga alla mia. Come si
vedr, porre il lettore dinanzi ad un enigma anche nel senso profondo che il termine
possiede nella sua ermeneutica biblica sembra essere una tecnica voluta di Origene per
rapportarsi al suo pubblico.
149 Si veda la conclusione in Orat II, 6 (304, 1-2): ajrktevon ou\n h[dh tou' peri; th'"
eujch'" lovgou.
150 Troviamo lacune in ben tre passi: Orat I (298, 2-6); II , 1 (299, 3-8). 4 (302, 16-
18). Solo la prima di esse ha dato luogo a tentativi, tutto sommato, abbastanza soddisfa-
centi di ricostruzione testuale. Quanto ai materiali profusi in via introduttiva, basti ricorda-
re la quantit di citazioni scritturistiche riguardanti il tema della preghiera (sia le parole
che l atteggiamento dellorante) che verranno riprese successivamente.
151 Orat II, 1 (298, 18-23): All eijko;", Ambrovsie qeosebevstate kai; filoponwv-
tate kai; Tatianh; kosmiwtavth kai; ajndreiotavth [...] uJma'" ajporei'n tiv dhvpote, peri; eujch'"
In ascolto del testo 53
pi di una variazione sul motivo iniziale del prologo, secondo cui ci
che impossibile agli uomini cio comprendere (katalabei'n) le
realt trascendenti diventa possibile per grazia di Dio152 . Lenunciato
di partenza, che elabora retoricamente e dottrinalmente la dialettica fra
impossibile e possibile contrapponendo in maniera insistita lumano al
divino e vedendo questultimo dentro unottica trinitaria articolata con
precisione viene infatti declinato per ben quattro volte, con ampio cor-
redo di riferimenti scritturistici. Davanti a questa insistenza, non si pu
fare a meno di pensare che Origene abbia optato di proposito per un av-
vio sconcertante, allo scopo di suscitare linterrogativo dei suoi lettori
sul senso dellargomentazione e orientarli cos fin dal principio verso la
nota che pi gli sta a cuore.
A conforto di ci si potrebbero addurre esempi da altri proemii del-
lAlessandrino non soltanto per riscontrarvi, quasi come una sorta di
motivo unitario, linterrogativo ricorrente sulla conoscenza delle cose di-
vine153 , ma anche per riflettere sulla modalit a prima vista straniante
con cui lautore si rapporta al suo lettore (primo fra tutti Ambrogio, ma
non solo). Pi che il parallelo con lattacco dellEsortazione al martirio,

prokeimevnou hJmi'n tou' lovgou, tau'ta ejn prooimivoi" peri; tw'n ajdunavtwn ajnqrwvpoi" du-
natw'n cavriti qeou' ginomevnwn ei[rhtai.
152 Nella prima formulazione limpossibilit delluomo a conoscere le cose di Dio
ribadita tre volte, quasi a fare da pendant con lenunciazione trinitaria della sua possibilit,
che si d con leffusione della grazia da Dio (Padre) tramite la mediazione di Ges Cristo
e la cooperazione dello Spirito. Cfr. Orat I (297, 1-6): Ta; dia; to; ei\nai mevgista kai; uJpe;r
a[nqrwpon tugcavnein eij" uJperbolhvn te uJperavnw th'" ejpikhvrou fuvsew" hJmw'n ajduvnata
tw'/ logikw'/ kai; qnhtw'/ gevnei katalabei'n ejn pollh'/ de; kai; ajmetrhvtw/ ejkceomevnh/ ajpo;
qeou' eij" ajnqrwvpou" cavriti qeou' dia; tou' th'" ajnuperblhvtou eij" hJma'" cavrito" uJphrevtou
Ihsou' Cristou' kai; tou' sunergou' pneuvmato" boulhvsei qeou' dunata; givnetai. Da notare
che la conclusione del prologo ripropone simmetricamente lenunciato trinitario come il
presupposto che solo abilita lautore alla sua trattazione (Orat II, 6 [303, 17-20]: ejpei; toiv-
nun thlikou'tovn ejsti to; peri; th'" eujch'" dialabei'n, wJ" dei'sqai tou' kai; eij" tou'to fwtiv-
zonto" patro;" kai; aujtou' tou' prwtotovkou lovgou didavskonto" tou' te pneuvmato" ejner-
gou'nto" eij" to; noei'n kai; levgein ajxivw" tou' thlikouvtou problhvmato"). Qualche eco del-
linizio del prologo affiora in Phil 1, 28 (200, 1-7), dove Origene considera la conoscenza
dei doni di Dio nella Scrittura come frutto della venuta del Logos nellanima: w{sper de;
pavnta ta; tou' qeou' dwrhvmata eij" uJperbolh;n meivzonav ejsti th'" qnhth'" uJpostavsew", ou{tw
kai; oJ ajkribh;" lovgo" th'" peri; pavntwn touvtwn sofiva", para; tw/' qew/' tw/' kai; oijkonomhv-
santi tau'ta grafh'nai tugcavnwn, qevlonto" tou' patro;" tou' lovgou, gevnoito a]n ejn th/'
a[krw" meta; pavsh" filotimiva" kai; sunaisqhvsew" th'" ajnqrwpivnh" ajsqevneia" th'" peri;
th;n katavlhyin th'" sofiva" kekaqarmevnh/ yuch/'. In Fr1Cor 49 (176) Origene offre unin-
teressante definizione di uJperbolhv (uJperbolh; toivnun ejstivn, wJ" kai; Ellhne" <wJ>rivsan-
to, lovgo" ejmfavsew" e{neken uJperaivrwn th;n ajlhvqeian), mentre Fr1Cor 84 (206) accenna
agli ajduvnata commentando il discorso sulla resurrezione in 1Cor 15, 20-23: Tiv ga;r wJ" ejn
ajdunavtoi", i{n ou{tw" ei[pw, ajdunatwvteron to; zwopoihqh'nai to; sw'ma h] oujrano;n ejx oujk
o[ntwn genevsqai h} h{lion h[ ta; loipa; tw'n ktismavtwn
153 Come ha notato giustamente Junod, 83 ss.
54 Parte prima, Capitolo terzo
quantunque non privo di analogie, si rivela pertinente il confronto con il
proemio al I libro del Commento a Giovanni, contraddistinto anchesso
dallampia orchestrazione del motivo iniziale (qui tratto subito da una ci-
tazione biblica, come avviene anche in EM 1) e dallinterrogativo sul pre-
sumibile sconcerto del destinatario154. Come in Orat il testo opera un cre-
scendo che focalizza lattenzione del lettore sul tema, secondo il registro
voluto dallautore e sorretto dal riferimento vincolante allauctoritas scrit-
turistica155. Se nel Commento a Giovanni, al primato del quarto vangelo
corrisponde da parte di Origene la priorit dellimpresa esegetica su di
esso, in Orat egli vuole instillare la particolare difficolt del compito a cui
si accinge156. Questa difficolt va ben oltre i dettami della retorica proe-
miale, con la convenzionale captatio benevolentiae in nome di un compito
presentato come arduo, per insinuare piuttosto lidea di unimpossibilit
radicale delluomo, s di tipo conoscitivo ma per ci stesso anche esisten-
tiva, rispetto alla preghiera. Si tratta insomma non solo di una difficolt
di discorso, ma prima ancora di una difficolt di esperienza.
Questa stessa nota, variamente cadenzata, riecheggia dallinizio fino
alla conclusione del prologo (Orat II, 6), dove Origene ritrova larticola-
zione trinitaria da cui aveva preso le mosse, sola condizione per sciogliere
limpossibilit di trattare adeguatamente il discorso della preghiera (tou'
peri; th'" eujch'" lovgou). Senza lausilio dello Spirito, egli non sarebbe in
grado di affrontarlo, come del resto non si d autentica preghiera in assen-
za del suo soccorso allorante. questo lunico momento, in un trattato
dedicato interamente a tale tema, in cui Origene formula una preghiera in
prima persona, anzi pregando come uomo (eujxavmeno" wJ" a[nqrwpo"),
come dice con una formulazione a prima vista paradossale. Ma essa ad
un tempo confessione e richiesta: ammissione dimpotenza appunto come
uomo, che non ancora divenuto uno spirituale, e invocazione perci
del soccorso dello Spirito, perch gli sia donato un discorso il pi com-
pleto possibile, un discorso spirituale157. Che si tratti di unimpresa dif-

154 CIo I, 2, 9 (5, 9-11): Tiv dh; pavnta tau'q hJmi'n bouvletai ejrei'" ejntugcavnwn toi'"
gravmmasin, Ambrovsie, ajlhqw'" qeou' a[nqrwpe, kai; ejn Cristw'/ a[nqrwpe kai; speuvdwn
ei\nai pneumatikov", oujkevti a[nqrwpo".
155 Lavvio mediante una citazione scritturistica, a prima vista enigmatica, caratte-
rizza anche EM 1, ma Origene trapassa immediatamente dal passo citato (Is 28, 9-11) al-
lapplicazione ai due destinatari Ambrogio e Protocteto.
156 Ho trattato del prologo di CIo I in Perrone 2005b; cfr. anche Bastit.
157 Orat II, 6 (303, 17-23): ejpei; toivnun thlikou'tovn ejsti to; peri; th'" eujch'" diala-
bei'n, wJ" dei'sqai tou' kai; eij" tou'to fwtivzonto" patro;" kai; aujtou' tou' prwtotovkou lov-
gou didavskonto" tou' te pneuvmato" ejnergou'nto" eij" to; noei'n kai; levgein ajxivw" tou' th-
likouvtou problhvmato", eujxavmeno" wJ" a[nqrwpo" (ouj gavr pou ejmautw'/ divdwmi cwrei'n th;n
proseuch;n) tou' pneuvmato" pro; tou' lovgou tucei'n th'" eujch'" ajxiw', i{na lovgo" plhrev-
stato" kai; pneumatiko;" hJmi'n dwrhqh'. Pregare come uomo significa ammettere di non
essere ancora giunto alla condizione di spirituale (si veda CIo I, 2, 9 alla nota 154).
In ascolto del testo 55
ficile ed esigente segnalato da una spia linguistica che appare significa-
tiva: nel dichiarare la sua incapacit, senza riserve (ouj gavr pou ejmautw'/
divdwmi cwrei'n th;n proseuch;n)158, Origene si serve di un verbo cwrevw,
fare spazio a, contenere, essere capace di, comprendere che ri-
torna, non a caso, nellepilogo del trattato (Orat XXXIV), dove lautore si
mostra pi che propenso ad un bilancio autocritico dei risultati raggiunti;
al tempo stesso, egli non dispera, con laiuto delle preghiere di Ambrogio
e Taziana, di poter accogliere in futuro contenuti pi abbondanti e pi
divini dal Dio che dona159 .
Nel linguaggio dellAlessandrino poco sembra essere lasciato al caso
e lutilizzo, diremmo, strategico dello stesso verbo a chiusura del pro-
logo come dellepilogo indice ancora una volta di quella nota che segna
in profondit il trattato. Nutrito com della linfa vitale delle Scritture,
limpiego di cwrevw da parte di Origene richiama alla mente il suo uso bi-
blico, in particolare nel Nuovo Testamento, dove non poteva sfuggire pro-
prio quella stessa connessione problematica con lov g o" che compare i n
Orat160 . N sorprende che il termine lasci tracce significative nel Commen-
to a Giovanni, non solo in relazione ai versetti che lo contemplano espres-
samente (Gv 8, 37 e 21, 25), ma anche perch esso viene adoperato per
esprimere laccoglienza o meno di Dio, del Cristo e dello Spirito da parte

158 Il passo ha procurato difficolt ai traduttori, bench lo si possa comprendere se


lo si legge come inciso, alla maniera di Koetschau. Egli lo rende cos: ein Mensch, der
sich nicht wohl anmat, das Gebet zu begreifen (BKV, 15). Invece Jay, 88 ne d una ver-
sione un po diversa: for it is not indeed to myself that I attribute my capacity for prayer.
Egli non ha torto ad indicare lincapacit umana di pregare autenticamente, anche se qui
si tratta anzitutto dellincapacit di esporre largomento della preghiera in maniera ade-
guata. Cos intendono, ad esempio, con soluzioni pi o meno felici, Oulton, 243 (for I do
not hold that I am able of my own self to treat of prayer) e Greer, 86 (in no way attri-
bute an understanding of prayer to myself) e Antoniono, 37 (poich non mi riconosco il
diritto di definire la preghiera).
159 Orat XXXIV (403, 4-9): oujk ajpoginwvskw de;, toi'" e[mprosqen uJmw'n ejpekteino-
mevnwn kai; tw'n o[pisqen ejpilanqanomevnwn (cfr. Fil 3, 14) eujcomevnwn te ejn touvtoi"
o[ntwn peri; hJmw'n, pleivona kai; qeiovtera eij" pavnta tau'ta dunhqh'nai cwrh'sai ajpo; tou'
didovnto" qeou' kai; labw;n pavlin peri; tw'n aujtw'n dialabei'n megalofuevsteron kai;
uJyhlovteron kai; tranovteron. Non mancano peraltro analogie con la chiusa dellEsorta-
zione al martirio (EM 51; cfr. infra, nota 774).
160 Si veda rispettivamente Mt 19, 11 con il significato di comprendere (ouj
pavnte" cwrou'sin to;n lovgon ajll oi|" devdotai) e G v 8, 37 con quello di trovar posto,
spazio (oJ lovgo" oJ ejmo;" ouj cwrei' ejn uJmi'n). Al primo dei due luoghi sembra alludere
Orat XXXIV (403, 7-8): cwrh'sai ajpo; tou' didovnto" qeou' . Nel significato di contenere il
verbo figura ancora in Gv 21, 25, ripreso da CIo XIII, 5, 27 (230, 3-8): Kai; ga;r ta; kuriwv-
tera kai; qeiovtera tw`n musthrivwn tou` qeou` e[nia me;n ouj kecwvrhken grafhv, e[nia de;
oujde; ajnqrwpivnh fwnh; kata; ta; sunhvqh tw`n shmainomevnwn h] glw`ssa ajnqrwpikhv: Estin
ga;r kai; a[lla pollav, a} ejpoivhsen oJ Ihsou`~, a{tina eja;n gravfhtai kaq e{n, oujde; aujto;n
oi\mai to;n kovsmon cwrhvsein ta; grafovmena bibliva .
56 Parte prima, Capitolo terzo
delluomo161. Esso sembra dunque racchiudere in positivo la chance del-
lapertura alle realt divine come per converso, in negativo, la chiusura ad

161 Si vedano, senza pretesa di completezza, i seguenti luoghi di CIo (I , 7, 38 [12, 9]:
toi'" mevllousi cwrei'n aujtou' th;n qeovthta ajnqrwvpoi" qeou'; I , 10, 62 [15, 26-28]: Ou|to"
gavr ejstin oJ ajpo; tou' ajgaqou' patro;" to; ajgaqa; ei\nai labwvn, i{na e{kasto" o} cwrei' h] a}
cwrei' dia; Ihsou' labw;n ejn ajgaqoi'" tugcavnh/; I , 20, 124 [25, 16-20]: Kai; makavrioiv ge
o{soi deovmenoi tou' uiJou' tou' qeou' toiou'toi gegovnasin, wJ" mhkevti aujtou' crhvz/ ein ijatrou'
tou;" kakw'" e[conta" qerapeuvonto" mhde; poimevno" mhde; ajpolutrwvsew", ajlla; sofiva"
kai; lovgou kai; dikaiosuvnh", h] ei[ ti a[llo toi'" dia; teleiovthta cwrei'n aujtou' ta; kavlli-
sta dunamevnoi"; I, 25, 166 [31, 25-28]: Toi'" de; mh; cwrou'si ta;" hJliaka;" Cristou' ajkti'-
na" oiJ a{gioi diakonou'nte" parevcousi fwtismo;n pollw'/ tou' proeirhmevnou ejlavttona,
movgi" kai; tou'ton cwrei'n dunamevnoi" kai; uJp aujtou' plhroumevnoi"; I, 34, 246 [43, 30-
33]: Ekasto" de; tw'n sofw'n kaq o{son cwrei' sofiva", tosou'ton metevcei Cristou', kaq
o} sofiva ejstivn ; II, 3, 22 [55, 25-29]: O" ga;r ouj cwrei' tou'ton to;n lovgon, to;n ejn ajrch'/
pro;" to;n qeovn, h[toi aujtw'/ genomevnw/ sarki; prosevxei, h] meqevxei tw'n meteschkovtwn tino;"
touvtou tou' lovgou, h] ajpopesw;n tou' metevcein tou' meteschkovto" ejn pavnth ajllotrivw/ tou'
lovgou <lovgw/> e[stai kaloumevnw/; II , 18, 127 [75, 25-26], detto dello Spirito: Eij de; maqh-
teuovmenon pavnta cwrei', a} ejnatenivzwn tw'/ patri; ajrcovmeno" oJ uiJo;" ginwvskei, ejpime-
levsteron zhthtevon; VI, 3, 15 [109, 19-22]: Kai; to; Ek tou' plhrwvmato" de; aujtou' hJmei'"
pavnte" ejlavbomen kai; to; Cavrin ajnti; cavrito" (Gv 1, 16) [...] dhloi' kai; tou;" profhvta"
ajpo; tou' plhrwvmato" Cristou' th;n dwrea;n kecwrhkevnai; VI, 42, 220 [151, 27152, 2]:
Iordavnhn mevntoi ge nohtevon <to;n > tou' qeou' lovgon to;n genovmenon savrka kai; skhnwv-
santa ejn hJmi'n, Ihsou'n de; to;n klhrodothvsanta o} ajneivlhfen ajnqrwvpinon, o{per ejsti;n
kai; ajkrogwniai'o" livqo", o}" kai; aujto;" ejn th'/ qeovthti tou' uiJou' tou' qeou' genovmeno" tw'/
ajneilh'fqai uJp aujtou' louvetai, kai; tovte cwrei' th;n ajkevraion kai; a[dolon peristera;n
tou' pneuvmato", sundedemevnhn aujtw'/ kai; mhkevti ajpopth'nai dunamevnhn; VI, 43, 225 [152,
29-31]: eujtrepizevsqwsan pro;" to; dunhqh'nai dia; th'" proetoimasiva" cwrh'sai to;n pneu-
matiko;n lovgon ejgginovmenon dia; tou' fwtismou' tou' pneuvmato"; X, 6, 26 [176, 21-26]: W"
ga;r di eJno;" ajnqrwvpou oJ qavnato", ou{tw" kai; di eJno;" ajnqrwvpou hJ th'" zwh'" dikaivwsi":
oujk a]n cwri;" tou' ajnqrwvpou cwrhsavntwn hJmw'n th;n ajpo; tou' lovgou wjfevleian, mevnonto"
oJpoi'o" h\n th;n ajrch;n pro;" to;n patevra qeovn, kai; mh; ajnalabovnto" a[nqrwpon, to;n pavntwn
prw'ton kai; pavntwn timiwvteron kai; pavntwn ma'llon kaqarwvteron aujto;n cwrh'sai du-
navmenon; X, 8, 36 [178, 16-19]: Tiv" d ou{tw" sofo;" kai; ejpi; tosou'ton iJkano;" wJ" pavnta
to;n Ihsou'n ajpo; tw'n tessavrwn eujaggelistw'n maqei'n, kai; e{kaston ijdiva/ cwrh'sai noh'-
sai, kai; pavsa" aujtou' ta;" kaq e{kaston tovpon ijdei'n ejpidhmiva" kai; lovgou" kai; e[rga
XIII, 5, 27 (cfr. supra, nota 160); XX, 6, 40 [333, 29-31]: Eoivkasin de; ou|toi, pro;" ou}" oJ
lovgo", mh; cwrei'n to;n lovgon, ouj dunavmenon eij" aujtou;" di uJperbolh;n megevqou" ijdivou
tou' uJpe;r aujtou;" cwrei'n). Cfr. ancora VI, 18, 98; X, 15, 85; X, 29, 179; X, 41, 286; XIII,
18, 112; XIX , 10, 59; XIX, 12, 72. Per lidea di unincapacit o, al contrario, della capacit
sul piano della prassi, cfr. rispettivamente VI, 19, 105 (128, 17-18): Au{th de; <hJ> oJdo;" ste-
nh; mevn, tw'n pollw'n ouj cwrouvntwn oJdeuvein aujth;n kai; megalosavrkwn; e VI, 44, 230
(153, 29-30): toi'" cwrou'sin th;n peri; aJgneiva" ejntolhvn. Invece, per la dinamica della
conoscenza parziale ma sollecitata dinamicamente ad una partecipazione pi grande, cfr.
VI, 36, 183 (145, 20-22): Osa de; eja;n cwrhvswmen, e[ti uJpoleivpetai ta; mhdevpw nenoh-
mevna, ejpei; Otan suntelevsh/ a[nqrwpo" tovte a[rcetai, kai; o{tan pauvshtai tovte ajporh-
qhvsetai (Sir 18, 6). Per esprimere la capacit di comprendere in senso spirituale, Origene
si serve anche dellaggettivo cwrhtov" (X, 41, 286 [219, 7-10]: th'" ejn musthrivw/ ajpoke-
krummevnh" deovmeqa sofiva", cwrhth'" tugcanouvsh" movnw/ tw'/ dunamevnw/ eijpei'n: Hmei'"
de; nou'n Cristou' e[comen (1Cor 2, 16), i{na kata; to; bouvlhma tou' oijkonomhvsanto" tau'ta
grafh'nai pneumatikw'" ejklavbwmen e{kaston tw'n eijrhmevnwn). Cfr. inoltre FrRe IV ad
In ascolto del testo 57
esse, ma dentro la prospettiva di un sostanziale dinamismo di partecipa-
zione alle realt divine che dalla Trinit si trasmette agli esseri razionali.
Origene lo chiarisce bene nel prosieguo del trattato, con un terzo utilizzo
strategico del verbo, allinizio della seconda sezione di Orat (XVIII- XXX).
Egli dichiara di aver argomentato a sufficienza la sua risposta al proble-
ma della preghiera, nella misura in cui egli stato in grado di compren-
dere (wJ" kecwrhvkamen) con lausilio della grazia donatagli da Dio me-
diante Cristo e, spera, anche dallo Spirito. Se sia avvenuto effettivamente
cos anche per questultimo aspetto cio con una piena partecipazione al
dinamismo trinitario , lo lascia prudentemente al giudizio dei lettori162 .
Leco della nota iniziale pu essere ancora colta, proprio nel trapasso
dalla prima alla seconda sezione, tramite un ulteriore risvolto di natura
lessicale, che ci fa capire nuovamente il senso dinadeguatezza dichiarato
in partenza e la sfida che il discorso sulla preghiera rappresenta per lAles-
sandrino. Annunciando lesposizione a cui si accinge, destinata a com-
mentare il Padrenostro, egli la prefigura nei termini di un secondo com-
battimento (to;n eJxh'" a\qlon)163. Pi che la metafora sportiva dellatleta e
della gara coronata dal premio, anche in questo uso singolare del voca-
bolo, privo cio di riscontri nel resto degli scritti di Origene, si avverte
semmai la costante consapevolezza di un arduo compito, affrontato non
senza una tensione drammatica o, come spiegheremo meglio fra poco,
agonica. Di segno analogo del resto il verbo che designa retrospetti-
vamente lo sforzo intrapreso in questopera, quando concludendo il suo la-
voro lautore ribadisce lidea di essersi impegnato in un combattimento
(dihvqlhtai), senza per nulla tradire la consapevolezza di meritare il pre-

1Sam 15, 9-11 (296, 6-10): swmatikwvteron toi'" barutavtoi" th;n diavnoian e[dei peri; tou'
qeou' tou;" profhvta" oJmilei'n, i{na cwrhqh/:' oiJ ga;r ajgavlmata a{per e[glufon kai; ejcwv-
neuon qeou;" nomivzonte", h[dh de; kai; a[loga, pw'" a]n ejcwvrhsan dia; pneumatikw'n noh-
mavtwn te kai; rJhmavtwn ta; peri; qeou' legovmena. Sul valore del termine nel lessico orige-
niano si veda Crouzel 1961, 468.
162 Orat XVIII, 1 (340, 3-6): Aujtavrkw" dh; ejn touvtoi", kata; th;n dedomevnhn cavrin,
wJ" kecwrhvkamen, uJpo; qeou' dia; tou' Cristou' aujtou' (ajll ei[qe kai; ejn aJgivw/ pneuvmati,
o{per eij ou{tw" e[cei, krinei'te ejntugcavnonte" th'/ grafh'/) hJmi'n eijrhmevnoi", ejxetavsante"
to; peri; eujch'" provblhma. Per le altre occorrenze in Orat, cfr. XVII, 2 (339, 10-11): to; ga;r
kurivw" kavllo" sa;rx ouj cwrei', pa'sa tugcavnousa ai\sco"; XVII, 2 (339, 21-22): wJ" cw-
rei' oJ e[ti dedemevno" swvmati ajnqrwvpino" nou'" ; XXV, 2 (358, 8-9): ejk mevrou" ginwvskwn
me;n o{sa pot a]n cwrh'sai ejpi; tou' parovnto" dunhqh'/; XXVI , 3 (360, 26-28): eu[cesqai
dei'n e{kaston tw'n ajpo; th'" ejkklhsiva" ou{tw cwrh'sai to; patriko;n qevlhma, o}n trovpon
Cristo;" kecwvrhken; XXVII, 8 (368, 16): oJ ga;r sunw;n aujth'/ tovno" kai; di o{lwn kecw-
rhkwv"; XXVII, 9 (369, 3-4): w{sper oJ swmatiko;" a[rto" ajnadidovmeno" eij" to; tou' trefo-
mevnou sw'ma cwrei' aujtou' eij" th;n oujsivan; XXVIII, 8 (380, 9-11): wJ" cwrhvsa" to; pneu'ma
to; a{gion kai; genovmeno" pneumatiko;" tw'/ uJpo; tou' pneuvmato" a[gesqai.
163 Orat XVIII, 1 (340, 9): h[dh kai; ejpi; to;n eJxh'" a\qlon ejleusovmeqa, th;n uJpogra-
fei'san uJpo; tou' kurivou proseuch;n, o{sh" dunavmew" peplhvrwtai, qewrh'sai boulovme-
noi. Cfr. Junod 2009, 434, 436.
58 Parte prima, Capitolo terzo
mio che spetta a chi gareggia164 . Al contrario, come si intravisto, egli fa
trapelare un sentimento dinsoddisfazione per un esito che ritiene inevita-
bilmente inadeguato alloggetto dellimpresa.

2. Largomentazione della preghiera come paradosso

Se la nota avvertita in apertura ci ha dato modo di scorgere provviso-


riamente un armonica del testo compenetrata in profondit da essa, pos-
siamo adesso tornare al prologo e ripercorrerne il profilo per trovare le ri-
sonanze pi vicine a cui questa nota d luogo. La struttura dei due capitoli
si presenta abbastanza lineare: essa svolge in maniera, tutto sommato, ben
concatenata lo spunto da cui trae avvio il discorso mostrandone le diverse
implicazioni. Le esemplificazioni di ci che impossibile (ajduvnaton)
alluomo concernono successivamente:
1. Il possesso della sapienza (sofiva" kth'si", con il richiamo a Sal
103[104], 24).
2. La conoscenza del piano di Dio (boulh;n qeou', con citazione di Sap
9, 13).
3. La conoscenza della mente del Signore (tou` kurivou nou'n, con il ri-
chiamo a Rm 11, 34 e 1Cor 2, 16).
4. La conoscenza delle cose di Dio (ta; tou` qeou', con citazione di 1Cor
2, 11).
In tutti e quattro i casi, diversamente dalla tesi esposta in principio,
lenunciazione dellimpossibilit fatta con il ricorso ad uno o pi passi

164 Orat XXXIV (403, 1-3): Tau'ta kata; duvnamin ejmh;n eij" to; th'" eujch'" provblhma
kai; eij" th;n ejn toi'" eujaggelivoi" eujch;n tav te pro; aujth'" para; tw'/ Matqaivw/ eijrhmevna
hJmi'n dihvqlhtai. Gessel, ignorando a\qlo", d uninterpretazione di diaqlevw che non tiene
troppo conto del lato agonico, nel senso di drammatico e conflittuale, che contraddistin-
gue lo sforzo di Origene. Lutilizzo del verbo mag eine gewisse bertreibung darstellen,
zeigt aber den Ernst und die Energie, mit der Origenes das gestellte Problem abhandeln
wollte (p. 60). Si veda specialmente p. 76: Vor dem geistigen Auge des Lesers ersteht
mit dieser metaphorischen Behauptung der Athlet in der Arena, der angesichts eines kriti-
schen Publikums inmitten der Schar der Mitkmpfer den Sieg zu erringen gewillt ist. Das
Publikum erlebt den Sieg mit und belohnt diesen Sieg durch seinen Beifall. hnlich mag
Origenes am Ende seines Werkes empfunden haben, da er nunmehr in der Lage ist, den
Lesern die erkmpften Ergebnisse seiner Auseinandersetzung mit den angeschnittenen
Problemen vorzulegen. Pi che la performance riuscita, come intende Gessel, il verbo
sembra voler ancora inculcare lidea di una lotta disperata. Cfr. LSJ 395, s.v.: struggle
desperately, struggle through (con riferimento a bivon e ajgw'na"). Ovviamente limma-
gine dellatleta non poteva mancare in Orat, come vediamo dalla spiegazione del Padre-
nostro, alla quarta domanda (XXVII, 4 [365, 13]: ajqlhtikh;n teleiotevroi" aJrmovzousan
trofhvn; 9 [369, 9]: ajqlhtai'" aJrmozouvsh") e alla sesta (XXIX, 2 [382, 18]: wJ" diabebhkovsi
kai; telewtevroi" ajqlhtai'" ; XXX , 2 [394, 20-21]: nenikhmevno" uJpo; tou' th'" ajreth'"
ajqlhtou'; cfr. in proposito Rosa).
In ascolto del testo 59
scritturistici, ripresi esplicitamente o allusi, ai quali fanno da pendant le
citazioni che corroborano il secondo polo della dialettica impossibile-
possibile: limpossibilit donata e risolta mediante laiuto della grazia.
Forse si potrebbe ancor meglio distinguere questo secondo versante, con
il notare che il dunatovn indicato ora mediante il riferimento personale a
Cristo165 , ora pi genericamente con il rinvio alla grazia divina e al dono
dello Spirito166 . Ma questo rinvio appare meno generico, se si osserva che
nel secondo caso il testimone Paolo, sia in quanto beneficiario lui stesso
della grazia (2Cor 12, 2-4), sia in quanto colui che d espressione al rico-
noscimento del dono di grazia per luomo. Nel mosaico di riferimenti scrit-
turistici che orchestrano la coppia antitetica impossibile-possibile domi-
nano non a caso i passi paolini e il riferimento paradigmatico allesperien-
za spirituale dellApostolo. In tal modo Origene, a conclusione di Orat I,
fa gi emergere il filo rosso di Rm 8, 26-27, contraddistinto da una po-
larit non soltanto analoga, ma verosimilmente anche archetipica per il
discorso dellAlessandrino 167 .
Questo luogo paolino comincia a governare lesposizione a partire
da Orat II, 1. Senza accennare dapprima allintervento dello Spirito, che
compensa lumana debolezza, Origene adduce Rm 8, 26 nella sua formu-
lazione in negativo, a testimonianza dellimpossibilit delluomo, che pro-
prio alla luce dellestratto citato si palesa come duplice: non solo lajduv-
naton rappresentato dal discorso sulla preghiera quale quello a cui
Ambrogio ha sollecitato lAlessandrino , ma anche in generale unin-
capacit umana a pregare il che e il come si conviene 168 . Origene
inoltre introduce lauctoritas scritturistica in modo da intensificarne mag-
giormente la pointe paradossale, dal momento che la dichiarazione dim-
potenza in Rm 8, 26 fatta precedere ancora una volta dal richiamo pro-
prio a quel Paolo che era stato rapito fino al terzo cielo (2Cor 12, 2) es-

165 Orat I (297, 8-9): dunato;n ejx ajdunavtou givnetai dia; tou' kurivou hJmw'n Ihsou'
Cristou', seguito da 1Cor 1, 30, luogo importante perch racchiude tre delle ejpivnoiai di
Cristo (sofiva, aJgiasmov", ajpoluvtrwsi"), di cui Origene aveva trattato abbondantemente
in CIo I-II (per il loro impatto strutturale si veda Perrone 2005b, 74-75).
166 Orat I (297, 17-18): tou'to to; ajduvnaton th'/ uJperballouvsh/ cavriti tou' qeou' du-
nato;n givnetai.
167 Rm 8, 26-27: 26Allo stesso modo anche lo Spirito viene in aiuto alla nostra de-
bolezza, perch nemmeno sappiamo che cosa sia conveniente domandare, ma lo Spirito
stesso intercede con insistenza per noi, con gemiti inesprimibili; 27 e colui che scruta i
cuori sa quali sono i desideri dello Spirito, poich egli intercede per i credenti secondo
Dio. Il passo citato a pi riprese: Rm 8, 26 in Orat II, 1 (299, 11) e II, 2 (300, 3); Rm 8,
26-27 in Orat II, 3 (301, 4) e XIV, 5 (332, 21). Per Junod 2009, 445 Rm 8, 26 exprime le
problme relatif la prire qui se situe au cur de la rflexion dOrigne.
168 Orat II , 1 (299, 11-13): o} ga;r dei' proseuvxasqai, fhsiv, kaqo; dei' oujk oi[damen.
ajnagkai'on de; ouj to; proseuvcesqai movnon ajlla; kai; to; proseuvcesqai kaqo; dei' kai;
proseuvcesqai o} dei'.
60 Parte prima, Capitolo terzo
sendo fatto oggetto di una sovrabbondanza di rivelazioni (2Cor 12, 7).
In aggiunta a ci, non sfugga neppure il modo in cui Origene estrapola dal
passo, per cos dire, un terzo motivo di paradossalit, poich lignoranza
o incapacit delluomo a pregare si manifesta, secondo lApostolo, in una
doppia forma: rispetto sia alle parole (oiJ lovgoi) sia allatteggiamento
(katavstasi") della preghiera. La successiva elencazione di esempi delle
prime e specialmente del secondo (Orat II, 2) sembrerebbe attenuare il
peso dellaporia che andata emergendo, quasi fosse un excursus espli-
cativo non strettamente indispensabile. Ma, a parte il fatto che, per chia-
rire quali debbano essere i contenuti della preghiera, Origene inserisce un
agraphon da vedersi anchesso come un altro filo nascosto del trattato,
in quanto raccomanda di chiedere unicamente le cose grandi e cele-
sti169 , in pratica lesemplificazione scritturistica risulta funzionale ad
aggravare linterrogativo paradossale suscitato dallasserzione paolina.
Non a caso, tra gli esempi del modo in cui bisogna pregare, si cita 1Tm 2,
8-10170 , luogo deputato nel pensiero dellAlessandrino a sorreggere la sua
riflessione sullatto della preghiera; 1Cor 7, 5, dove Paolo d istruzioni
sulla preghiera nella vita matrimoniale (non senza cavarne spunti collate-
rali di riflessione, a beneficio della coppia dei destinatari); e infine 1Cor
11, 4-5, sulla preghiera a capo scoperto delluomo e quella della donna
con il capo velato.
Laccumulo di citazioni bibliche, in primis paoline, sfocia cos nella
riproposizione di Rm 8, 26: sebbene Paolo fosse a conoscenza di tutto ci
e sebbene fosse in grado di produrre molti altri passi analoghi dalla
Legge, dai Profeti e dalla pienezza evangelica a sostegno di un discorso
sulla preghiera, egli si lascia andare invece a confessare la propria impo-
tenza (Orat II, 3). Ora, Paolo notoriamente il testimone chiave deller-
meneutica di Origene come si pu del resto sospettare gi dalla sem-

169 Orat II, 2 (299, 19-21: aijtei'te ta; megavla, kai; ta; mikra; uJmi'n prosteqhvsetai,
kai; aijtei'te ta; ejpouravnia, kai; ta; ejpivgeia uJmi'n prosteqhvsetai (cfr. Resch, Agrapha,
pp. 111-112 = nr. 86; Pesce, 326-329). Gi attestato da Clemente Alessandrino nella prima
parte (Strom. I, 24, 158, 2-159, 1; IV , 6, 34), esso ricompare come citazione esplicita in
CMt XVI, 28 nonch in FrPs 4, 4 (PG 12, 1141C); e in forma allusiva nel cruciale passo
sulla preghiera in CC VII, 44 (196, 4-6), dove Origene oppone la preghiera spirituale dei
cristiani a quella dei pagani: lorante cristiano ajnapevmpei ouj peri; tw'n tucovntwn th;n
eujch;n tw'/ qew'/: e[maqe ga;r ajpo; tou' Ihsou' mhde;n mikrovn, toutevstin aijsqhtovn, zhtei'n
ajlla; movna ta; megavla kai; ajlhqw'" qei'a. In Orat citato in II, 2; XIV, 1; XVI , 2; XVII, 2;
XXI, 1; XXVII, 1; XXXIII, 1. Sullimportanza dellagraphon per la visione origeniana della
preghiera si veda Cocchini 1997b, 100-103.
170 1Tm 2, 8-10: 8 Voglio dunque che gli uomini preghino, dovunque si trovino,
alzando al cielo mani pure senza ira e senza contese. 9 Alla stessa maniera facciano le
donne, con gli abiti decenti, adornandosi di pudore e riservatezza, non di trecce e orna-
menti doro, di perle o di vesti sontuose, 10ma di opere buone, come conviene a donne che
fanno professione di piet.
In ascolto del testo 61
plice abbondanza di riferimenti tratti qui dal suo epistolario171 ; eppure
lAlessandrino arriva a sottolineare linadeguatezza di questa stessa inter-
pretazione, nonostante la sua ricchezza e variet (meta; poikilovthto" th'"
eij" e{kaston dihghvsew"), davanti al compito impossibile che la preghie-
ra sembra rappresentare ai suoi occhi, sia come esperienza che come ri-
flessione172 . vero che a questo punto Origene completa Rm 8, 26 con la
citazione di 8, 27, sciogliendo in positivo la dialettica fra impossibile e
possibile, ma neanche adesso viene meno la linea dellargomentazione
introdotta dallinizio. Infatti lazione dello Spirito in colui che prega, de-
scritta anche con il ricorso a 1Cor 14, 15 (Orat II, 4), si staglia sullo sfon-
do della debolezza ed incapacit delluomo a pregare. Ed proprio dalla
coscienza di questa umana debolezza che nasce la richiesta rivolta a Ge-
s da un discepolo: Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni
ha insegnato ai suoi discepoli (Lc 11, 1)173. Anche in questo caso lAles-
sandrino, senza accontentarsi di richiamare il contesto della versione lu-
cana del Padrenostro, si preoccupa di fare emergere la dimensione apore-
tica del passo: mai possibile che un uomo allevato nellistruzione le-
gale e nellascolto dei profeti, e che certo non mancava di sinagoghe, non
sapesse come pregare? Ma egli, che pregava s alla maniera giudaica,
aveva in realt bisogno di un nuovo modo di pregare, di una scienza pi
grande riguardo al tema della preghiera, giungendo a quella preghiera
spirituale di cui peraltro la Scrittura, a sviscerarne il senso profondo,
testimone (Orat II, 5)174.
Con la prospettiva, al momento appena accennata, di alcune di queste
preghiere veramente spirituali (eujcai; aiJ o[ntw" pneumatikaiv ) che so-

171 Sul modello paolino dellermeneutica origeniana si vedano de Lubac, 69-77 e


Cocchini. Per una statistica delle citazioni scritturistiche in Orat, da cui risalta il peso del
corpus Paulinum, cfr. Bertrand 1995.
172 Orat II, 3 (300, 30-301, 5): ajlla; tau'ta pavnta ejpistavmeno" Pau'lo" kai;
touvtwn pollaplasivona ajpo; novmou kai; profhtw'n tou' te eujaggelikou' plhrwvmato" pa-
raqevsqai dunavmeno", meta; poikilovthto" th'" eij" e{kaston dihghvsew", ajpo; diaqevsew"
ouj metriazouvsh" movnon ajlla; kai; ajlhqeuouvsh" fhsivn (oJrw'n de; kai; meta; tau'ta pavnta
o{son ajpoleivpetai tou' eijdevnai proseuvxasqai tiv dei' kaqo; dei'): to; de; o{ ti proseuvxa-
sqai dei' kaqo; dei' oujk oi[damen. Ci si potrebbe interrogare se lasserita duplice incapacit
di pregare sia ridotta al come si conviene, presupponendo il che cosa conviene in
base agli esempi biblici appena riportati. Ma il contesto dellargomentazione di Origene
suggerisce che linsufficienza vista sia quanto ai contenuti che per il modo di pregare.
173 Orat II, 4 (302, 6-12): ejgw; de; oi[omai sunaisqovmenovn tina tw'n tou' Ihsou'
maqhtw'n th'" ajnqrwpivnh" ajsqeneiva", ajpoleipomevnh" tou' o}n trovpon eu[cesqai dei', kai;
mavlista tou't ejgnwkovta, o{te ejpisthmovnwn kai; megavlwn lovgwn h[kouen ajpaggellomev-
nwn uJpo; tou' swth'ro" ejn th'/ pro;" to;n patevra eujch'/, pausamevnw/ tou' proseuvcesqai tw'/
kurivw/ eijrhkevnai: kuvrie, divdaxon hJma'" proseuvcesqai, kaqw;" kai; Iwavnnh" ejdivdaxe
tou;" maqhta;" aujtou' .
174 Cfr. Orat II, 4 (302, 22-24): hu[ceto me;n ga;r kata; ta; Ioudaivwn e[qh, eJwvra de;
meivzono" ejpisthvmh" eJauto;n deovmenon eij" to;n peri; th'" eujch'" tovpon.
62 Parte prima, Capitolo terzo
no tali perch lo Spirito prega nel cuore dei santi , il discorso sembra
finalmente dischiudere un orizzonte diverso, che va oltre linsistita pro-
blematicit caratteristica di tutto quanto il prologo. Ma, come si capir dal
successivo esame dei paradigmi biblici della preghiera, lo sviluppo positi-
vo non da intendersi come facile e scontato. Se tali preghiere sono ricol-
me della sapienza di Dio conclude Origene quale il sapiente che
pu comprenderle? (Os 14, 10).

3. La motivazione antropologica: lumana debolezza

Aggiungiamo qualche corollario che aiuti ulteriormente a compren-


dere per quale ragione Origene sentisse il bisogno dinsistere tanto a lungo
sulla dialettica antitetica impossibile-possibile, anzich sviscerare rapi-
damente il suo superamento con un esito positivo. Traiamo di nuovo spun-
to da una spia linguistica che invita a disegnare lo sfondo antropologico
dentro cui prende forma la visione della preghiera in Orat. Esso appare
dominato dallidea di una debolezza (ajsqevneia) costitutiva delluomo.
Nel prologo il vocabolo ricorre due volte e in entrambi i casi il suo signi-
ficato rinvia ad un limite della condizione umana come tale. In Orat II, 1
lAlessandrino giustifica la martellante serie di ajduvnata nel primo capi-
tolo, dichiarando che anche lesporre in maniera precisa e conforme a
Dio il discorso sulla preghiera rientra appunto fra tali impossibilit in
ragione della nostra debolezza175 . Che Origene non pensi solo alla diffi-
colt del proprio compito, ma abbia in vista una situazione pi generale, lo
si capisce meglio, allorch lo stesso vocabolo addotto a spiegare il mo-
tivo della richiesta del discepolo in Lc 11, 1 (Orat II, 4): egli interviene
presso Ges, perch si rende conto dellumana debolezza, la quale ben
lungi dal sapere in quale modo bisogna pregare176 . Non forse irrile-
vante che le occorrenze successive del termine siano pressoch sempre
accompagnate dal qualificativo ajnqrwpivnh, cos da far pensare alla fragi-
lit delluomo come ad un vero e proprio connotato ontologico 177 . Del

175 Orat II , 1 (298, 23-299, 1): e}n tw'n ajdunavtwn o{son ejpi; th'/ ajsqeneiva/ hJmw'n peiv-
qomai tugcavnein tranw'sai to;n peri; th'" eujch'" ajkribw'" kai; qeoprepw'" pavnta lovgon.
176 Si veda supra, nota 173.
177 Cfr. Orat XI, 2 (322, 16-17): tou;" ejn th'/ ajnqrwpivnh/ ajsqeneiva/ tugcavnonta";
XXIX, 19 (393, 1): to; ga;r ejllei'pon dia; th;n ajnqrwpivnhn ajsqevneian. Che si tratti, in un
certo senso, di un dato originario, lo si pu ricavare in XXIX, 18 (392, 12-13) dallesem-
pio di Eva, della cui debolezza approfitta il serpente: tou' o[few" dia; tou'to aujth'/ pro-
selhluqovto", ejpei; th'/ ijdiva/ fronimovthti ajntelavbeto th'" ajsqeneiva" aujth'". Cfr. anche
XV, 4 (335, 22) con il rinvio a Cristo sommo sacerdote e intercessore di Eb 4, 15: du-
namevnou sumpaqei'n tai'" ajsqeneivai" uJmw'n. Se per HNm XVI, 4 la fragilit contraddi-
stingue luomo come essere mutevole rispetto a Dio immutabile, secondo H36Ps III, 8
(138, 3-5), lumana debolezza determinata dalla predisposizione a peccare: Omnis au-
In ascolto del testo 63
resto, dietro questa parola facile intravedere il suo utilizzo da parte di
Paolo, non solo in 2Cor 12 (un passo richiamato pi volte nel prologo), ma
soprattutto nel testo chiave di Rm 8, 26, anche se in quella parte del verset-
to che Origene evita di citare, perch introduce gi lazione dello Spirito178 .
Dalla spiegazione che leggiamo al riguardo nel Commento a Romani com-
prendiamo quale spessore semantico racchiuda per Origene il termine
ajsqevneia, poich egli collega linfirmitas del passo paolino alle parole
evangeliche sulla debolezza della carne (Mt 26, 41), insinuando la dimen-
sione agonica dellesistenza attraverso il suo conflitto con lo spirito 179 .

tem homo, quantum ad humanam fragilitatem spectat, et infirmus est et promptus ad lap-
sum. Cfr. anche H37Ps I , 1 (246, 1-4): Creator humanorum corporum Deus sciebat
quod talis esset fragilitas humani corporis, quae languores diversos posset recipere et vul-
neribus aliisque debilitatibus esset obnoxia. Ci ribadito anche da CMtS 81 (192, 26-
193, 4): Qui autem nondum perfectus est, dubitat de se ipso quasi possit et cadere, se-
cundum quam infirmitatem humanam scribens Corinthiis Paulus dicebat: Sed castigo cor-
pus meum et in servitutem redigo, ne forte cum aliis praedicaverim ipse reprobus efficiar
(1Cor 9, 27). Per FrCt 84 su Ct 8, 9 (Se un muro, costruiremo su di lei fortificazioni
dargento; se poi una porta, disegneremo su di lei unasse di cedro) lo Spirito sostiene
la debolezza delluomo (th;n ajnqrwpivnhn ajsqevneian): La porta significa una saldezza
che viene disegnata non con inchiostro, ma con lo Spirito del Dio vivente (2Cor 3, 3).
Cos essi dicono che sulla porta fisseranno anche unasse, adattata a perfezionare la porta;
e lasse di cedro significa lincorruttibile manto dello Spirito: questo infatti consolida la
debolezza umana (tr. Barbra, 281). HLc XI, 3 (68) dichiara, con Mt 26, 41, la costitutiva
debolezza delluomo che abbisogna dellaiuto dello Spirito: H ajnqrwpivnh fuvsi" ajsqenhv"
ejsti kaiv, i{na gevnhtai ijscurav, creivan e[cei bohqeiva" kreivttono". Tivno" ou\n creiva, i{na
krataiwqh/' Pneuvmato". Daltra parte, CMt X, 24 (33, 23-25) distingue con 1Cor 11, 30
fra deboli e malati: OiJ me;n ga;r ojlisqhrw'" dia; th;n th'" yuch'" ajdunamivan pro;" to;
oJtipotou'n aJmartavnein e[conte" [...] ajsqenei'" eijsi movnon. Secondo CMtS 72 (170, 14-15),
Cristo nellincarnazione fa propria la debolezza delluomo: Ipse enim ex infirmitate est
crucifixus (2Cor 13, 4) propter misericordiam, et ipse infirmitates nostras portat (Is 53,
4). Al riguardo Prin II, 6, 2 (141, 5-7) osserva: quaedam in eo ita videamus humana, ut
nihil a communi mortalium fragilitate distare videantur. Cfr. anche Fr1Cor 33.
178 Rm 8, 26a: Wsauvtw" de; kai; to; pneu'ma sunantilambavnetai th/' ajsqeneiva/ hJmw'n.
Limportanza del termine nel vocabolario paolino si percepisce specialmente in 2Cor 12, 5
(ouj kauchvsomai eij mh; ejn tai'" ajsqeneivai") e 12, 9 (hJ ga;r duvnami" ejn ajsqeneiva/ telei'-
tai). Il nesso fra 2Cor 12 e Rm 8, 26 stabilito espressamente da CRm VII, 4 (578, 18-23),
dove Origene rileva anzitutto lincapacit delluomo a pregare come si conviene a causa
della sua infirmitas: Interdum enim, quae contraria saluti sunt, cupimus infirmitate co-
gente [...] ita et nos in huius vitae infirmitate languentes interdum a Deo petimus, quod
non expedit nos. Poi egli introduce 2Cor 12, 9 come premessa dellesegesi di Rm 8, 26
(579, 27-30): et ideo quia nesciebam secundum quod oportet orare, non me audivit Do-
minus, sed dixit mihi: Sufficit tibi gratia mea, nam virtus in infirmitate perficitur. Sic ergo
quid oremus, secundum quod oportet, nescimus; sed ipse spiritus interpellat. Secondo
FrLc 129 (280, 1-2), ajsqevneia indica un peccato dellanima, distinto dal peccato per
la morte (1Gv 5, 16) e dalla aJmartiva yuch'" zhmiva, con riferimento a 1Cor 3, 15. Invece
HIud VI, 6 associa lhumana fragilitas allaiuto divino, conformemente a Rm 8, 26.
179 CRm VII, 6 (580, 51-59): Quae autem sit infirmitas nostra, ipse Dominus docet,
cum dicit: Spiritus promptus, caro autem infirma. Igitur infirmitas nostra ex carnis infir-
64 Parte prima, Capitolo terzo
Lidea di questa debolezza richiamata indirettamente anche con
lampia citazione da Sap 9, 13-16 (Orat I)180. Luomo che Origene, av-
viando il suo discorso, definisce come la stirpe razionale e mortale (tw'/
logikw'/ kai; qnhtw'/ gevnei) vi compare in tutta la sua precariet ontolo-
gica di essere limitato, mortale e corruttibile, tanto pi incapace di cono-
scere le realt celesti quando riesce a stento a penetrare le cose che gli stan-
no vicine. Spicca in particolare il motivo della pesantezza del corpo che
grava sullanima, esemplificato dallimmagine della tenda di argilla (to;
gew'de" skh'no"). Ad un attento lettore di Paolo come era lAlessandri-
no non poteva certo sfuggire che questo passo, pi precisamente Sap 9,
15, riecheggia in 2Cor 5, 4 (kai; ga;r oiJ o[nte" ejn tw/' skhvnei stenavzomen
barouvmenoi). Peraltro, al motivo della pesantezza del corpo si aggiunge
in Paolo quello del gemito, che si rivela determinante in Origene per
introdurre lintercessione dello Spirito a partire da Rm 8, 26. infatti la
condizione di sofferenza manifestata con i loro gemiti da coloro che
sono nella tenda, che spinge lo Spirito ad intercedere per essi facendo-
sene carico a sua volta con gemiti inenarrabili181 . Abbiamo cos una
saldatura fra lorizzonte antropologico e la prospettiva del soccorso dello
Spirito secondo i due poli dialettici che sorreggono tutto il procedere
del prologo , ma intorno ai tre passi scritturistici appena richiamati Ori-
gene, con il suo ineguagliabile intarsio di citazioni e allusioni, ne raduna
altri per confermare in sostanza laccento tratto da Sap 9, 15.
Se con Gal 4, 6 (lo Spirito che grida nei cuori dei beati Abba, Pa-
dre) egli pu ancora ribadire lazione dello Spirito che interviene a so-
stegno della debolezza delluomo, nel contempo sembra volere insistere,
per contrasto, sulla condizione di sofferenza dellanima nel corpo serven-
dosi rispettivamente di Sal 43(44), 26 e Fil 3, 21: nel primo passo lanima
ci appare umiliata nella polvere, nel secondo rinchiusa in un corpo

mitate descendit. Ipsa est enim, quae concupiscit adversus spiritum; et dum concupiscen-
tias suas ingerit, puritatem spiritus impedit et sinceritatem orationis offuscat. Sed ubi vi-
derit spiritus Dei laborare spiritum nostrum, in adversando carni et adhaerendo sibi, por-
rigit manum et adiuvat infirmitatem eius.
180 13Quale uomo pu conoscere il volere di Dio? Chi pu immaginare che cosa
vuole il Signore? 14I ragionamenti dei mortali sono timidi e incerte le nostre riflessioni,
15perch un corpo corruttibile appesantisce lanima e la tenda dargilla grava la mente dai
molti pensieri. 16A stento ci raffiguriamo le cose terrene, scopriamo con fatica quelle a
portata di mano; ma chi pu rintracciare le cose del cielo?
181 Orat II, 3 (301, 10-19): to; de; ejn tai'" kardivai" tw'n makarivwn kra'zon ajbba oJ
path;r pneu'ma (Gal 4, 6), ejpistavmenon ejpimelw'" tou;" ejn tw'/ skhvnei stenagmouv", ajxivou"
tugcavnonta" eij" to; baru'nai tou;" peptwkovta" h] parabebhkovta", stenagmoi'" ajlalhv-
toi" uJperentugcavnei tw'/ qew'/, tou;" hJmetevrou" dia; th;n pollh;n filanqrwpivan kai; sumpav-
qeian ajnadecovmenon stenagmouv": kata; de; th;n ejn aujtw'/ sofivan oJrw'n th;n tapeinwqei'-
san eij" cou'n (Sal 43[44], 26) yuch;n hJmw'n kai; ejn tw'/ swvmati th'" tapeinwvsew" (Fil 3, 21)
kaqeirgmevnhn, ouj toi'" tucou'si stenagmoi'" crwvmenon uJperentugcavnei tw'/ qew'/ ajllav
tisin ajlalhvtoi", ejcomevnoi" tw'n ajrrhvtwn lovgwn, w|n oujk e[stin ajnqrwvpw/ lalei'n.
In ascolto del testo 65
di umiliazione. Ci si pu forse spingere oltre nellanalisi di questa formu-
lazione cos densa di implicazioni, collosservare il paradossale accosta-
mento fra i beati (makarivwn), nei cui cuori lo Spirito prega invocando
il Padre e i lamenti che nascono da coloro che sono caduti o hanno tra-
sgredito (tou;" peptwkovta" h] parabebhkovta"): dunque assicurata per
essi la prospettiva di una trasformazione in positivo, grazie allamore per
luomo e alla compassione (dia; th;n pollh;n filanqrwpivan kai; sumpav-
qeian) dello Spirito, ma la sorte degli uomini si presenta in partenza come
segnata dalla condizione di esseri peccatori. Come troviamo pi chiara-
mente espresso nel Commento a Romani, dove Origene interpreta Rm 6,
5-7 con un corredo di luoghi scritturistici, includendovi in posizione cen-
trale i nostri due, nessun uomo fin dalla nascita esente dal peccato182 .
Che limmagine del corpo come tenda, associata in special modo
ai passi paolini appena indicati, fosse particolarmente cara ad Origene
evidente anche dal richiamo ad essa in due passi della pressoch contem-
poranea Esortazione al martirio. In EM 3 coloro che sono gravati dal
peso del corpo di umiliazione (Fil 3, 21) e gemono sotto di esso (2Cor
5, 4) anelano ad esserne liberati facendo proprie le parole dellApostolo
in Rm 7, 24: Chi mi liberer da questo corpo votato alla morte?183 .

182 I due passi, posti entrambi significativamente in relazione alla Sapienza divi-
na, sono accostati anche in CRm V, 9 (439, 146-157) per ben due volte di seguito: Sic
ergo Paulus per ineffabilem Dei sapientiam, quae data est ei, arcanum nescio quid intuens
et reconditum corpus nostrum corpus peccati et corpus mortis et corpus humilitatis
appellat. Sed et David eodem spiritu secretorum caelestium gnarus dicebat de corpore: Et
in pulverem mortis deduxisti me (Sal 21[22], 16), et iterum: Humiliata est in pulvere ani-
ma nostra (Sal 43[44], 26). Hieremias quoque similis mysterii per Dei spiritum conscius
in Lamentationibus suis dicit, quia vincti terrae sint omnes homines corporis scilicet causa
et ait: ut humiliet sub pedibus eius omnes vinctos terrae, quia declinaverunt iudicium viri
in conspectu Altissimi et condemnaverunt hominem in iudicando (Lam 3, 34-36). Su
questa base Origene arriva a giustificare anche la prassi ecclesiastica del battesimo degli
infanti, poich nemmeno essi sono immuni dalle sordes peccati (440, 169-177): Sciebant
enim illi, quibus mysteriorum secreta commissa sunt divinorum, quia essent in omnibus
genuinae sordes peccati, quae per aquam et spiritum ablui deberent, propter quas etiam
corpus ipsum corpus peccati nominatur, non [...] pro his, quae in alio corpore posita anima
deliquerit, sed pro hoc ipso, quod in corpore peccati et corpore mortis atque humilitatis
effecta sit; et sicut ille dixit, quia humiliasti in pulverem animam nostram (Sal 43[44],
26). Anche CRm VII, 4 ripropone la connessione fra i due luoghi biblici, mentre HLc XIV,
3 (86, 1-2) distingue le sordes dai peccata, in rapporto a Gb 14, 4 (nemo mundus a sorde,
nec si unius quidem diei fuerit vita eius), confermando su tale base la prassi del battesimo
degli infanti: ejrruvpwtai ou\n pa'sa yuch; ejndedumevnh sw'ma ajnqrwvpinon.
183 EM 3 (4, 19-5, 1): Olh/ de; yuch'/ nomivzw ajgapa'sqai to;n qeo;n uJpo; tw'n ajpo-
spwvntwn kai; dii>stavntwn aujth;n dia; pollh;n th;n pro;" to; koinwnh'sai tw'/ qew'/ proqumivan
ouj movnon ajpo; tou' ghi?nou swvmato" ajlla; kai; ajpo; panto;" swvmato": oi|" oujde; meta; pe-
rispasmou' kai; perielkusmou' tino" givnetai to; ajpoqevsqai to; th'" tapeinwvsew~
sw'ma (cfr. Fil 3, 21), o{tan kairo;" didw'/ dia; tou' nomizomevnou qanavtou ejkduvsasqai to;
sw'ma tou' qanavtou kai; ejpakousqh'nai ajpostolikw'" eujxavmenon kai; eijpovnta: talaiv-
66 Parte prima, Capitolo terzo
interessante notare come questa citazione sia assente in Orat e ci appare
tanto pi sorprendente, se teniamo presente che nellEsortazione al marti-
rio Origene invita a trasformare il gemito di coloro che sono nella tenda
in una preghiera, proprio sullesempio di Rm 7, 24. Infatti, la domanda
di Paolo intesa dallAlessandrino come una supplica, cui segue per
immediatamente quasi pi per distinzione logica che non per effettiva
successione temporale il ringraziamento di Rm 7, 25: Siano rese
grazie a Dio per mezzo di Ges Cristo nostro Signore!. Condizionato
dalla particolare situazione parenetica di EM, Origene tende a conferire
un accento diverso alle sofferenze delluomo nella carne rispetto ad Orat,
insistendo soprattutto sul trapasso ad un atteggiamento di preghiera che
nel caso esemplare dellApostolo giunge senza soluzione di continuit
dalla supplica al ringraziamento, a seguito proprio del suo colloquio
(oJmiliva) orante con Dio. La diversit di tono fra i due scritti rafforzata
inoltre proprio dallassenza di questultimo termine nel discorso sulla pre-
ghiera184. Di tenore analogo il secondo passo in EM 47: Origene avvian-
dosi a concludere esorta Ambrogio e Protocteto a non esitare a disfarsi
del corpo, questa volta descritto direttamente con lausilio di Sap 9, 15,
ma riproposto in un contesto che ci appare ripieno dellanelito paolino a
morire per essere con Cristo185 .

pwro" ejgw; a[nqrwpo": tiv" me rJuvsetai ejk tou' swvmato" tou' qanavtou touvtou (Rm 7, 24)
tiv" ga;r tw'n ejn tw'/ skhvnei (2Cor 5, 4) stenazovntwn dia; to; barei'sqai uJpo; tou' fqartou'
swvmato" oujci; kai; eujcaristhvsei provteron eijpwvn: tiv" me rJuvsetai ejk tou' swvmato" tou'
qanavtou touvtou blevpwn o{ti dia; th'" oJmiliva" rJusqei;" ajpo; tou' swvmato" tou' qanavtou
aJgivw" ajnafqevgxetai tov: cavri" tw'/ qew'/ dia; Cristou' Ihsou' tou' kurivou hJmw'n (Rm 7, 25).
184 Cfr. supra, nota 40. Unanaloga combinazione di Sap 9, 15 e 2Cor 5, 4 figura in
CC V , 19, allorch Origene respinge il paragone di Celso sugli uomini come vermi:
noei' hJ memelethkui'a th;n sofivan kata; to; stovma dikaivou melethvsei sofivan diafora;n
ejpigeivou oijkiva", ejn h|/ ejsti to; skh'no", kataluomevnh" kai; skhvnou", ejn w|/ oiJ o[nte"
divkaioi stenavzousi barouvmenoi. Si veda anche CC VII, 32, dove Origene considera il
motivo della tenda dellanima nella prospettiva della dottrina della resurrezione; CIo I,
26, 177 (33, 8): oiJ o[nte" ejn tw'/ skhvnei stenavzousin. In CIo VI, 42, 217 (151, 17-18) la
tenda dargilla ritorna a proposito delle figlie degli uomini (Gn 6, 1-2), considerate
da alcuni (cio, Filone Alessandrino) come simbolo dei corpi unite alle anime (to;
ghvi>non skh'no" levgesqai uJpeilhfovte"). FrLam 10 (239, 18-22) riprende 2Cor 5, 4 inter-
pretando il lamento di Lam 1, 2 in nesso con Lc 6, 21 (Beati voi che ora piangete, perch
riderete): oJ toivnun stenavzwn dia; to; ei\nai ejn tw/' skhvnei, w{sper oJ ajpovstolo" dedhv-
lwken eijpwvn: kai; ga;r oiJ o[nte" ejn tw/' skhvnei stenavzomen barouvmenoi, to;n ejn ejpagge-
liva/ gevlwta poqw'n kai; th;n qeivan iJlarovthta, klauqmo;n klaivei trofimwvtaton kai; wjfe-
lou'nta th;n yuchvn.
185 EM 47 (43, 8-12): tiv toivnun ojknou'men kai; distavzomen ajpoqevmenoi to; ejmpodiv-
zon fqarto;n sw'ma, baru'non yuch;n, bri'qon nou'n polufrovntida gew'de" skh'no",
ajpoluqh'nai tw'n desmw'n kai; ajnalu'sai ajpo; tw'n meta; sarko;" kai; ai{mato" kumavtwn
i{na su;n Cristw'/ Ihsou' th;n oijkeivan th'/ makariovthti ajnavpausin ajnapauswvmeqa.
In ascolto del testo 67
4. Nellagone del mondo: fra libert e responsabilit

Accanto allidea della costitutiva debolezza delluomo e del lega-


me conflittuale con il corpo terrestre come fattore determinante di essa,
Origene pu ancora insinuare in altri modi il pensiero di una distanza in-
colmabile con Dio che risulta inibente ai fini della preghiera. A dire il
vero, lespressione pi nitida dellinferiorit ontologica delluomo, che si
rende esplicita proprio nellatto di pregare, viene posta in bocca agli av-
versari della preghiera, quale giustificazione speciosa dellinvito a non
rivolgere suppliche a Dio: gli uomini non saprebbero infatti cosa e come
pregare, perch sono lontani da Dio ben pi di bambini in piccolissima
et dalla mente di coloro che li hanno generati (Orat V, 2)186. Ma con ci
Origene, pur opponendosi al paternalismo implicito nella posizione degli
avversari, non fa altro che attribuire loro una riflessione di cui egli per
primo consapevole. Lo testimoniano non solo linvito a domandare le
cose grandi e celesti (secondo il criterio regolativo della preghiera fre-
quentemente riproposto), ma specialmente lanalogo modo di esprimere
la richiesta fatta dal discepolo a Ges in Lc 11, 1187 . Tuttavia, pi che in-
sistere direttamente su tale motivo, lAlessandrino fa riecheggiare la nota
drammatica del prologo nella pi ampia trama del trattato soprattutto
con linculcare la dimensione agonica dellesistenza umana, strettamente
connessa alla visione della sua precariet ontologica. La prospettiva an-
tropologica trapassa allora in quella etica e soteriologica, illuminando
nuovamente da questi diversi punti di vista il paradosso e la sfida della
preghiera.
Come illustra ampiamente la spiegazione del Padrenostro, in partico-
lare nel commento alla quinta e alla sesta petizione, lintera vita delluomo
segnata agli occhi di Origene dal peso della sua responsabilit morale,
che si dispiega nella miriade di doveri (kaqhvkonta) di cui intessuto il
suo quotidiano, e al tempo stesso dal continuo vaglio della prova a cui
egli sottomesso per tutto il tempo dellesistenza terrena. Quanto tali
aspetti pesino nella visione della preghiera sviluppata dallAlessandrino
in Orat lo si pu misurare anche solo in base al loro rilievo quantitativo.

186 Orat V, 2 (309, 10-11): ajpoleipovmeqa de; oiJ a[nqrwpoi plei'on tou' qeou' h[per
ta; komidh'/ paidiva tou' nou' tw'n gegennhkovtwn. Con il medesimo verbo CC IV, 29 (298,
18-20) designa la distanza ontologica degli uomini in rapporto agli angeli, ma essa pu
essere colmata dallo sforzo virtuoso delluomo che lo porta ad assimilarsi ad essi: kai;
oJrw'men o{ti polu; touvtwn hJmei'" oiJ a[nqrwpoi ajpoleipovmenoi ejlpivda" e[comen ejk tou'
kalw'" biou'n kai; pavnta pravttein kata; to;n lovgon ajnabaivnein ejpi; th;n touvtwn pavntwn
ejxomoivwsin. In HIer XIX, 15 (174, 5-6) Origene assimila in generale ai bambini la con-
dizione degli uomini dinanzi a Dio: pavnte" ejsme;n paidiva tw/' qew/' kai; deovmeqa ajgwgh'"
paidivwn.
187 Cfr. Orat II, 4 (supra, nota 173).
68 Parte prima, Capitolo terzo
Non certo casuale che proprio alle petizioni che mettono in luce la con-
dizione delluomo del mondo dopo le tre che riguardano pi da vicino il
rapporto con Dio e la sua iniziativa di salvezza lAlessandrino dedichi
uno spazio tanto abbondante. In tal modo, la vicenda delluomo si compie
nellorizzonte di bisogni, di obblighi e responsabilit, di colpe e prove188.
Nel tracciare questo scenario teso ed impegnativo Origene, da un lato,
incline a presentare luomo come debitore al cospetto dellintero co-
smo pi che soffermarsi a considerarlo anche come creditore, per rie-
quilibrare in un certo senso la sua prospettiva drammatica con la reci-
procit dei doveri; dallaltro, generalizza lesperienza della prova richia-
mando ad ampio raggio le varie modalit in cui essa pu manifestarsi
come a voler sottolineare la necessit di restare sempre in allerta.
Lintensit radicale dellagone nel quale luomo chiamato a realiz-
zare la propria vocazione spirituale viene ulteriormente sottolineata dallo
sfondo cosmico entro cui questo impegno sinserisce. Fra laltro, Origene,
richiamandosi espressamente allimmagine paolina di 1Cor 4, 9, secondo
cui gli Apostoli come condannati a morte [...] sono diventati spettacolo
al mondo, agli angeli e agli uomini, raffigura la preghiera come un atto
che si dispiega sulla scena di un teatro ben pi vasto dello stesso mondo.
Infatti, anche nel chiuso della sua cameretta (Mt 6, 6), lorante consi-
derato alla stregua di un attore che deve assicurare la sua performance al
meglio di s, pena il rischio di scontentare i propri spettatori189 . Ora, que-
sto pubblico composto di uomini, angeli e demoni, diversamente parte-
cipi della sua sorte di salvezza, anche se sotto lo sguardo amoroso ed esi-
gente dello spettatore divino. Aggiungendo cos unulteriore polarit alle
molte di cui permeato il trattato, mentre esso esalta la responsabilit del-
lindividuo, con la convinta difesa del libero arbitrio di cui anche la pre-
ghiera espressione (Orat VI -VII), al tempo stesso insiste sul suo rappor-
tarsi agli altri come un tratto inscindibile e in qualche modo vincolante.
In aggiunta a ci, il mondo terreno, visto questa volta sotto lottica
della sua consistenza metafisica, tende a presentarsi in Orat come una par-
venza della vera realt, essendo in sostanza contraddistinto dalla fram-
mentazione dei molti rispetto alluno divino, come troviamo espres-
so, in particolar modo, nellintroduzione al commento del Padrenostro.
in questa luce che lAlessandrino spiega la messa in guardia evangelica
contro il moltiplicare le parole nella preghiera: per Origene non v realt

188 Cfr. Orat XXVII-XXX. Diversamente da Bertrand, 477 che ricollega il cap. XXVII
alla prima parte del commento origeniano sotto il titolo La preghiera al Padre, mentre
accomuna XXVIII-XXX nel tema La giustificazione delluomo , questi capitoli vertono
tutti sulla vita nel mondo nel segno di Dio. Si veda Perrone 2002b, in part. le pp. 282 ss.
189 Si veda rispettivamente Orat XXVIII, 3 (377, 11): ejn qeavtrw/ ejsme;n kovsmou kai;
ajggevlwn kai; ajnqrwvpwn; e XX, 2 (344, 18-19): ejn tw'/ panto;" tou' proeirhmevnou qeavtrou
kaq uJperbolh;n meivzoni. In proposito, cfr. Lugaresi 2003b; Lugaresi 2008, 514-518.
In ascolto del testo 69
appartenente alla materia e ai corpi che non vada soggetta a separarsi e
dividersi, mentre il bene e la verit sono uno (Orat XXI, 2). Pertanto,
linveramento della preghiera sollecita come una reductio ad unum, che
si identifica con il pensare secondo il concetto di Dio, sola garanzia di
autentica preghiera. Ma lo sguardo umano sembra lasciarsi attrarre so-
prattutto dai beni terreni che nella migliore delle ipotesi sono solo lom-
bra dei beni celesti. Per questo motivo la prima petizione del Padreno-
stro trova la sua giustificazione nella necessit di pregare perch le nostre
nozioni su Dio, affatto deboli e imperfette, si conformino al santo pen-
siero su di lui (Orat XXIV , 2).

5. La costruzione del trattato: dal provblhma al lovgo"

Se Origene, dunque, ha conferito alla sua esposizione un accento in-


confondibile, tale da manifestare la preghiera come un atto ben pi pro-
blematico ed esigente, se non quasi come gesto estremo, di quanto ap-
paia dalla sua prassi e consapevolezza diffuse, una causa non secondaria
di ci va ricercata nelle stesse circostanze della composizione di Orat.
Come sappiamo, lAlessandrino redasse il trattato in risposta ad una ri-
chiesta di Ambrogio che secondo lestratto della lettera di questi ripor-
tato in Orat V, 6 conteneva fondamentali obiezioni destinate a togliere
qualunque legittimit alla preghiera come domanda a Dio per ottenere
benefici, in ragione della prescienza e predeterminazione divine190. Nella
costruzione complessiva la trattazione della quaestio occupa allapparenza
solo tre capitoli (Orat V-VII ), ma lecito interrogarsi se il suo peso non
sia da valutare come assai pi rilevante e rivesta cos un carattere struttu-
rale. A sostegno di ci possiamo fare riferimento ai modi in cui lautore
designa la propria opera e chiarisce le intenzioni che lo muovono, a volte
con indicazioni abbastanza circoscritte riguardo allarticolazione dello
scritto. Affrontiamo cos la dibattuta questione della struttura di Orat, che
vede i critici disputare sul suo profilo unitario o meno, spesso approdando
alla conclusione che si tratti di unopera eterogenea o comunque dallim-
pianto miscellaneo.
Origene peraltro non ha mancato di segnalare al lettore il contenuto
e la struttura intenzionale di Orat, in particolare fornendo tali indicazioni
in alcuni momenti strategici della sua composizione: 1. al termine del
prologo (II, 6); 2. allinizio della seconda sezione ( XVIII, 1); 3. allinizio
della terza sezione (XXXI , 1); 4. a conclusione dellopera (XXXIV). in
sostanza grazie a queste precisazioni che possiamo distinguere le parti
principali, disegnando cos la sua griglia essenziale, anche se essa lungi

190 Si veda supra, p. 17 e le note 25-26.


70 Parte prima, Capitolo terzo
dal soddisfare gli interrogativi suscitati dallorganizzazione e dai conte-
nuti dello scritto. In ogni caso, si pu partire preliminarmente da questo
dato, strutturando il trattato come segue:
Prologo ( I-II)
Prima sezione: il problema della preghiera (III- XVII)
Seconda sezione: il commento del Padrenostro (XVIII- XXX)
Terza sezione: supplemento al problema della preghiera (XXXI -XXXIII)
Epilogo (XXXIV) 191
Ripercorrendo le dichiarazioni programmatiche dellautore si nota,
in particolare, la frequenza di due termini che sembrano, sia pure a titolo
diverso, ricapitolare il contenuto di Orat e designarne il profilo letterario:
provblhma e lovgo". La precedenza di provblhma nellelencazione giusti-
ficata dal fatto che questo vocabolo ricorre con maggiore frequenza, es-
sendo attestato in tutti e quattro i passi di interesse strutturale. I due termi-
ni compaiono insieme a conclusione del proemio, dove peraltro Origene
sembrerebbe voler distinguere, oltre a provblhma e lovgo" della preghiera
in generale, lillustrazione delle preghiere riportate nei vangeli (intenden-
do evidentemente le due versioni del Padrenostro, secondo Mt e Lc)192. In
tal modo sinsinua provvisoriamente lidea di una bipartizione del trattato,
laddove la prima parte si configura tendenzialmente come unesposizione
pi o meno organica (lovgo") che si sviluppa a partire da un nucleo proble-
matico (provblhma), mentre la seconda parte si presenta come una tratta-
zione esegetica sulle preghiere dei vangeli (aiJ ejn toi'" eujaggelivoi"
ajnagegrammevnai [...] eujcaiv). Pertanto nel prologo lovgo" si propone, al-
meno in apparenza, come Oberbegriff rispetto a provblhma, anche a giu-
dicare dalla frequenza non accidentale del termine nel pronunciamento
conclusivo e dalla sua associazione esplicita con eujchv ripetuta per ben
due volte: rispettivamente pro; tou' lovgou [...] th'" eujch'" e tou' peri; th'"
eujch'" lovgou193.
Allinizio della seconda sezione (Orat XVIII, 1) Origene accenna re-
trospettivamente alla prima come un esame del problema riguardo alla
preghiera (to; peri; eujch'" provblhma), mentre annuncia la successiva

191 Cfr. Koetschau, LXXVIII ss.; Gessel, 35 ss.; Junod 2009.


192 Orat II, 6 (303, 17-304, 2): ejpei; toivnun thlikou'tovn ejsti to; peri; th'" eujch'"
dialabei'n, wJ" dei'sqai tou' kai; eij" tou'to fwtivzonto" patro;" kai; aujtou' tou' prwtotovkou
lovgou didavskonto" tou' te pneuvmato" ejnergou'nto" eij" to; noei'n kai; levgein ajxivw" tou'
thlikouvtou problhvmato", eujxavmeno" wJ" a[nqrwpo" (ouj gavr pou ejmautw'/ divdwmi cw-
rei'n th;n proseuch;n) tou' pneuvmato" pro; tou' lovgou tucei'n th'" eujch'" ajxiw', i{na lovgo"
plhrevstato" kai; pneumatiko;" hJmi'n dwrhqh'/, kai; aiJ ejn toi'" eujaggelivoi" ajnagegrammev-
nai safhnisqw'sin eujcaiv. ajrktevon ou\n h[dh tou' peri; th'" eujch'" lovgou.
193 La stessa espressione compare del resto gi in Orat II, 1 (298, 21): peri; eujch'"
prokeimevnou hJmi'n tou' lovgou.
In ascolto del testo 71
analisi sulla preghiera-modello del Signore (th;n uJpografei'san uJpo; tou'
kurivou proseuch;n)194 . Lespressione adoperata per designare la prima
parte di Orat tende adesso ad assimilare in pratica il termine provblhma a
lovgo". In ogni caso si comprende che il significato del primo dei due vo-
caboli ha una portata pi vasta dei tre capitoli dedicati alla quaestio sulla
preghiera ed investe la totalit dellesposizione di carattere generale. Dal-
tro canto, la preferenza accordata dora in avanti a provblhma su lovgo" in-
vita a chiedersi se Origene se ne serva proprio con lintento di sottolineare
precisamente quegli aspetti problematici che caratterizzano in maniera
decisiva la sua visione della preghiera.
Questa conclusione tende ad imporsi, se si guarda alle due successi-
ve precisazioni strutturali. In Orat XXXI, 1 la terza sezione presentata
come un complemento della prima, indicata nuovamente da Origene
mediante lespressione il problema riguardo alla preghiera (to; peri; th'"
eujch'" provblhma)195 . Ora, il contenuto della terza sezione consiste, per
esplicita ammissione dellautore, in un breviario essenziale circa lars
orandi. Da questo punto di vista si riallaccia ad un passo del prologo
(Orat II, 1), ma in quel caso i contenuti concreti dellars orandi sembre-
rebbero, per cos dire, essere oggetto di una distinzione concettuale ri-
spetto al discorso sulla preghiera in senso stretto, inteso alla stregua di
problema della preghiera196. Tuttavia, proprio questo luogo ci aiuta a
capire meglio la generalizzazione delluso di provblhma, dal momento che
Origene riconduce alla categoria di ajduvnaton non soltanto una trattazione
della preghiera che sia esatta e conforme a Dio, ma pure le istruzioni
pratiche riguardo ai modi e ai tempi del pregare. Del resto, anche lepilogo
(Orat XXXIV) attribuisce a provblhma il valore di categoria riassuntiva per
tutto ci che concerne lesposizione generale (to; th'" eujch'" provblhma),
con esclusione della trattazione esegetica a commento della preghiera
nei vangeli e dellintroduzione al Padrenostro in Mt 6 197 .
Considerando linsieme dei passi programmatici sembra dunque im-
porsi lidea che agli occhi di Origene il trattato si presentasse in sostanza
come un dittico composto di due parti: a) il problema della preghiera;

194 Orat XVIII, 1 (340, 6-9): ejxetavsante" to; peri; eujch'" provblhma, h[dh kai; ejpi;
to;n eJxh'" a\qlon ejleusovmeqa, th;n uJpografei'san uJpo; tou' kurivou proseuch;n, o{sh" du-
navmew" peplhvrwtai, qewrh'sai boulovmenoi.
195 Orat XXXI, 1 (395, 13-14): Dokei' dev moi meta; tau'ta oujk a[topon ei\nai uJpe;r
tou' plhrwqh'nai to; peri; th'" eujch'" provblhma.
196 Cfr. Orat II , 1 (298, 23-299, 3): e}n tw'n ajdunavtwn o{son ejpi; th'/ ajsqeneiva/ hJmw'n
peivqomai tugcavnein tranw'sai to;n peri; th'" eujch'" ajkribw'" kai; qeoprepw'" pavnta lov-
gon kai; to;n peri; tou' tivna trovpon eu[cesqai dei', kai; tivna ejpi; th'" eujch'" levgein pro;"
qeo;n, kai; poi'oi kairoi; poivwn kairw'n pro;" th;n eujchvn eijsin ejpithdeiovteroi.
197 Orat XXXIV (403, 1-3): Tau'ta kata; duvnamin ejmh;n eij" to; th'" eujch'" prov-
blhma kai; eij" th;n ejn toi'" eujaggelivoi" eujch;n tav te pro; aujth'" para; tw'/ Matqaivw/
eijrhmevna hJmi'n dihvqlhtai.
72 Parte prima, Capitolo terzo
b) il commento di Mt 6 e Lc 11. In ogni caso, la seconda era di fatto inqua-
drata, al dire dellautore, in una trattazione in due tempi dedicata precisa-
mente al problema della preghiera, rispettivamente da un punto di vista
teorico ed uno pratico. Sembra insomma inevitabile dedurne, come
si gi messo in risalto, la preoccupazione di sottolineare la dimensione
problematica rispetto al vocabolo alternativo e, in un certo senso, pi
onnicomprensivo e neutrale, di lovgo". La preferenza accordata dallAles-
sandrino a provblhma pu risultare ancora pi significativa, se teniamo
presente che nei Frammenti su Luca egli designa linsegnamento rispetti-
vo di Matteo e Luca sulla preghiera precisamente con il termine lovgo"198.
In questo testo evidente la preoccupazione di estrapolare dal Vangelo di
Luca, in positivo, una dottrina (didaskaliva) sulla preghiera e di mo-
strare la sua conformit con quella consegnata in Mt 6, 5-13199. Ora, la
trattazione matteana presentata come il discorso sulla preghiera (to;n
peri; th'" proseuch'" lovgon) che segue a quello delle Beatitudini200 . Diver-
samente dal primo vangelo, dove tale insegnamento impartito alla folla
dei presenti, in Lc 11 diretto ai discepoli, ai quali dunque Ges stesso
chiarisce anche in questo caso il discorso sulla preghiera (to;n th'" eujch'"
lovgon) 201 . La distinzione terminologica non dunque priva di interesse,
ma concorre a sostenere da parte sua quella caratterizzazione del trattato
che abbiamo ricavato in precedenza da una pluralit di altri indizi202.

198 Cfr. FrLc 174 (300, 18.22) su Lc 11, 2: to;n peri; th'" proseuch'" lovgon [...] to;n
th'" eujch'" lovgon.
199 Si veda lintroduzione al commento di Lc 11, 1 in FrLc 172 (299, 1-6): Ei\ta
i{na deivxh/ e[ti aujto;n protrevpein ejpi; th;n peri; th'" eujch'" didaskalivan, toiauvthn prosfev-
rei ajxivwsin, o{ti kai; Iwavnnh", peri; ou| hJma'" ejdivdaxa", o{ti meivzwn ejn gennhtoi'" gunai-
kw'n aujtou' oujdeiv" ejstin (Lc 7, 28), th'" peri; th;n eujch;n oujk hjmevlei didaskaliva": kai;
o{ti: to; pw'" proseuvxasqai, kaqo; dei', oujk oi[damen (Rm 8, 26): kai; o{ti: ejneteivlw hJmi'n
aijtei'n ta; megavla kai; ta; aijwvnia: povqen ou\n hJmi'n ejstin eijdevnai tau'ta h] ajpo; sou' tou'
qeou' kai; swth'ro" hJmw'n
200 FrLc 174 (300, 15-18): ei\ta Matqai'o" me;n ejpifevrei tw'/: pavter hJmw'n tov: ej n
toi'" oujranoi'", a{te peri; basileiva" dialegovmeno" oujranw'n kai; pavnta" tou;" parovnta"
didavskein dihgouvmeno" to;n swth'ra meta; tou;" makarismou;" kai; to;n peri; th'" proseu-
ch'" lovgon.
201 FrLc 174 (300, 18-22): Louka'" de; peri; basileiva" didavskwn qeou' ejn o{lw/ tw'/
kat aujto;n eujaggelivw/ ejsiwvphse to; ejn toi'" oujranoi'", wJ" uJyhlovteron kai; tovpou krei't-
ton to; qei'on ei\nai didavskwn kai; ijdiva/ toi'" maqhtai'" wJ" uJyhlotevroi" tw'n loipw'n to;n
Cristo;n uJfhgouvmenon to;n th'" eujch'" lovgon.
202 Per un approfondimento di tale aspetto rimando al mio contributo in Perrone
1994b. La conclusione Gessel, 59, secondo cui die berschrift des Werkes mu also
gelautet haben: oJ peri; (th'") eujch'" lovgo" non tiene conto di questi elementi che richie-
dono un giudizio pi sfumato. Pur con qualche semplificazione, si pu invece convenire
con Lhr 1999, 90, per il quale la discussione del problema della preghiera sta al centro
di Orat, in risposta alle due domande su che e come pregare: die Widerlegung der
christlichen Gebetsgegner ist fr Origenes kein blo preliminrer oder nebenschlicher
In ascolto del testo 73
Pur contraddistinto in maniera strutturale dalla sua natura di prov-
blhma, Orat suscita tra gli studiosi limpressione di essere una composi-
zione disordinata ed eterogena. Nonostante le grandi articolazioni indicate
dallautore, e ammesse in generale dalla critica, il trattato risulterebbe
privo di unit203 . Origene si sarebbe lasciato guidare dal proposito di una
panoramica ad ampio raggio, inseguendo un po confusamente diverse
tematiche, ma di fatto senza riuscire ad imprimere al proprio discorso una
configurazione unitaria204 . Giudizi come questi richiamano alla mente
analoghe valutazioni critiche sulle manchevolezze della composizione in
taluni autori e scritti della tarda antichit (lesempio maggiore in questo
senso notoriamente Agostino). Nel caso di Origene, forse si tenuto
poco conto, in via preliminare, delle condizioni di produzione della sua
opera, che sappiamo essere stata caratterizzata da una fecondit creativa
senza eguali. Inoltre, solo negli ultimi anni si dato il giusto riconosci-
mento allimpatto dellambiente scolastico al cui interno Origene operava
non solo come maestro a contatto con i discepoli, ma anche come auto-
re 205 . In questa cornice, pur tenendo in debito conto la singolarit di Orat
accertata in precedenza, una valutazione contestuale pu aiutarci a co-
gliere meglio sia la consapevolezza autoriale sia lesito effettivo delle
intenzioni letterarie dichiarate. Se limpronta della scuola non pare av-
vertirsi direttamente in questo testo, la sua stesura stata accompagnata
dalla redazione di un grande commentario come il Commento a Giovanni
e seguita, probabilmente a ruota, da uno scritto breve come lEsortazione
al martirio. Nel caso del capolavoro esegetico di Origene, unanalisi at-
tenta al profilo letterario, pur nella variet di circostanze e modalit di
composizione, fa risaltare il proposito di una costruzione il pi possibile
organica, preoccupazione tanto pi significativa dato il genere del com-
mentario esegetico atto invece di per s a determinare uninevitabile fram-
mentazione del discorso, anche in relazione allo Sitz im Leben scolasti-
co206. Quanto allEsortazione al martirio, evidente la difficolt di discer-
nere una qualche strutturazione del testo: Origene sembrerebbe procedere
per associazione di idee, o prima ancora per dossiers successivi di cita-

Gedankengang, sondern sie wird von ihm so vorgenommen, da sie ins Zentrum seiner
Gebetslehre fhrt, die auf eben diese beiden Hauptfragen zentriert ist.
203 sintomatico il giudizio di Mhat 1986b, 2255, secondo cui Orat est assez
confus et manque dunit. Il porte la marque dune poque de transition: antrieur la
fixation des dogmes comme lessor de la grande liturgie dun cot, du monachisme de
lautre, il a t presque effac de la mmoire par la postrit.
204 Per Junod, 86-87, lautore si rivela incapace di trovare un filo di Arianna con
cui legare fra loro i diversi temi, specialmente nella prima parte. Quanto a Gessel, 44, Orat
sembra consistere di due, se non tre saggi distinti, riuniti in ununica opera.
205 Questo aspetto, segnalato a pi riprese da M. Simonetti, stato approfondito in
particolare da Bendinelli.
206 Ho argomentato questa tesi in Perrone 2005b.
74 Parte prima, Capitolo terzo
zioni bibliche. I tentativi di estrapolare un piano dellopera si arrestano
praticamente al prologo ed allepilogo come entit pi chiaramente circo-
scrivibili sul piano formale, mentre larticolazione del corpo di EM appare
assai labile. Si tentati di concludere che ci troviamo di fronte a una serie
di variazioni sul tema, probabilmente scritte di getto e in ogni caso senza
un piano prestabilito.
Ben diverso dunque limpegno che riscontriamo in Orat sotto il
profilo formale e letterario, gi a partire dal piano della lingua e dello
stile207. Verosimilmente neppure qui da escludere che la configurazione
finale risenta delloccasionalit, determinando un assemblaggio di temi e
prospettive variegate, frutto, per cos dire, dalla messa a punto in corso
dopera. Forse Origene partito originariamente dal provblhma commis-
sionatogli per inquadrarlo successivamente in un lovgo" e sfociare in tal
modo in unesposizione in positivo sulla preghiera. Considerando che
per lui la piattaforma dellargomentazione non pu mai prescindere dalla
Scrittura, questo lovgo" doveva come tale integrare la dottrina sulla pre-
ghiera attraverso il confronto esegetico con le testimonianze evangeliche
sul Padrenostro e gli insegnamenti connessi ad esso. Sembra insomma
lecito supporre che Origene, nel rispondere ad Ambrogio, abbia voluto
estrapolare le diverse implicazioni dello spunto iniziale offrendo peraltro
la risposta che appare pi consona al suo profilo caratterizzante di inter-
prete della Scrittura, cio con uno specifico apporto esegetico sul tema.
Fornendo al lettore delle indicazioni compositive negli snodi principali
della trattazione, ed esplicitando cos lagenda tematica prescelta, lautore
ha voluto aiutarlo a ricuperare un profilo unitario dellopera. Da questo
punto di vista, le dichiarazioni programmatiche non possono essere igno-
rate o scardinate, come ha fatto Bertrand, in vista di ricavare una diversa
organizzazione tematica che rifletterebbe meglio la dinamica del pensiero
di Origene208. Senza disarticolare la ripartizione indicata espressamente
dallautore, infatti possibile mettere in luce lispirazione unitaria del
trattato anche attraverso altri indizi. Se la prima sezione (Orat III- XVII)
soffre a prima di vista di una certa eterogeneit, anche qui Origene sembra
prefigurare unesposizione strutturata metodicamente: non a caso avvia il
discorso preliminarmente (prw'ton) da unanalisi del vocabolario della pre-
ghiera nella Bibbia209 , alla luce dei due termini principali euchv e proseu-

207 Come rilevato attentamente da Gessel, 44.


208 Lo schema alternativo del trattato cos ricostruito da Bertrand, 477: I-II : prolo-
go; III-XXI: utilit della preghiera; XXII-XXVII: la preghiera al Padre; XXVIII-XXX: la giusti-
ficazione delluomo; XXXI-XXXIII : il ruolo del corpo; XXXIV: congedo.
209 Pi che dallinizio di Orat III, 1 (304, 3-4: Prw'ton dh; to; o[noma th'" eujch'" o{son
ejpi; parathrhvsei th'/ ejmh'/ euJrivskw keivmenon), il prw'ton dellindagine sulla semantica bi-
blica della preghiera dichiarato da IV, 1 (307, 4-5: Oujk a[logon dhv moi ejfavnh to; kata;
ta;" grafa;" shmainovmenon prw'ton diasteivlasqai).
In ascolto del testo 75
chv (Orat III- IV), per introdurre successivamente (meta; tau'ta) la quaestio
sulla preghiera (Orat V-VII )210, marcando peraltro pi indistintamente il
passaggio alla parte residua della prima sezione (Orat VIII- XVII)211.
Ci per invita a pensare che Origene la consideri alla stregua di un
ampio e variegato corollario del motivo emerso in positivo dalla confu-
tazione delle obiezioni sulla preghiera: la necessit di rivolgere preghiere
a Dio, in quanto estrinsecazione fondamentale del rapporto di libert che
luomo intrattiene con Lui. Relativamente poi al legame fra la prima e la
seconda sezione (Orat XVIII- XXX), anche qui si pu forse rintracciare un
legame non meramente esterno, sia pure di natura dialettica. Una volta
giustificata la legittimit dellatto del pregare e dimostrate le sue condizio-
ni di possibilit ed i suoi vantaggi il che appunto il tema della prima
sezione , lesegesi delle pericopi evangeliche di Mt e Lc nella seconda
ha lo scopo di sviscerare il significato del Padrenostro come paradigma
normativo della preghiera e per ci stesso come manifesto di una vita spi-
rituale. Si istituirebbe in tal modo fra le due sezioni una correlazione
analoga a quella che osserviamo nel Trattato di ermeneutica biblica, ri-
spettivamente fra Prin IV, 1 (dimostrazione del carattere ispirato della
Scrittura) e IV , 2-3 (attuazione di un procedimento ermeneutico conforme
alla natura ispirata del testo sacro)212 . Quanto poi alla terza sezione (XXXI-
XXXIII), bench a prima vista sia pi difficile recuperare un filo unitario
(e del resto Origene parla espressamente di un complemento alla prima),
si potrebbe comunque invocare uno schema consequenziale dettato dal
riferimento esemplare a Rm 8, 26. Se Origene, nellintroduzione program-
matica del prologo, estrapola dal passo paolino la duplice difficolt del
pregare, in ordine rispettivamente sia alle parole (lovgoi = o} dei') che
allatteggiamento (katavstasi" = kaqo; dei'), la sua risposta quanto allo
o} dei' si d nellesegesi del Padrenostro e per il kaqo; dei' si completa nel
supplemento finale, quantunque alcuni aspetti cruciali relativi alle disposi-
zioni interiori siano, a dire il vero, gi anticipati nella prima sezione213.
Infine, si dovrebbe ancora discutere la questione dellunitariet dello
scritto in rapporto alle finalit espresse dallautore. Globalmente lecito

210 Orat V, 1 (308, 3-5): Eij crh; toivnun meta; tau'ta, w{sper ejkeleuvsate, ejkqevsqai
ta; piqana; prw'ton tw'n oijomevnwn mhde;n ajpo; tw'n eujcw'n ajnuvesqai kai; dia; tou'to fa-
skovntwn perisso;n ei\nai to; eu[cesqai.
211 Cfr. Orat VIII, 1 (316, 20-22): Eti de; oujk a[logon kai; toiouvtw/ tini; paradeivg-
mati crhvsasqai pro;" to; protrevyasqai ejpi; to; eu[xasqai kai; ajpotrevyasqai tou' ajme-
lei'n th'" eujch'".
212 Per un approfondimento su questo punto di vista, cfr. Perrone.
213 Ad esempio, cfr. i numerosi riferimenti al trovpo" della preghiera in Orat VIII, 2
(317, 5-6): wjfevleian de; ejggivnesqai tw'/ o}n dei' trovpon eujcomevnw/ h] ejpi; tou'to kata; to;
dunato;n ejpeigomevnw/ pollacw'" hJgou'mai sumbaivnein; XIII, 2 (326, 12-13): tou;" dia; tou'
o}n dei' trovpon proseuvxasqai; XVI, 1 (336, 6-7): mhde; peri; tou' trovpou th'" eujch'" scizov-
menoi.
76 Parte prima, Capitolo terzo
definirle, per comodit, come intenzioni di natura protrettica (anche sen-
za voler risolvere con ci la questione del genere letterario), anche perch
Origene stesso a servirsi in pi occasioni di tale terminologia. In uno
dei passi pi espliciti al riguardo egli mostra come la trattazione che sta
sviluppando in merito allutilit della preghiera sia sorretta dallobiettivo
di esortare a pregare e dissuadere dal trascurare di pregare214 . Ma tale
obiettivo pu, ai suoi occhi, essere realizzato pienamente solo se la prassi
orante si d nel rispetto del modello della preghiera spirituale da lui
tracciato lungo tutto lo scritto. Motivo conduttore al riguardo lagra-
phon gi ricordato, che invita a domandare le cose grandi e celesti215.
Rivolgendosi direttamente ai futuri lettori Origene considera il suo com-
pito come dissuasivo da una prassi di preghiera in tono minore in vi-
sta di pervenire ad un traguardo spirituale pi alto: la vita spirituale in
Cristo216 . In questo passo le due dimensioni dello scritto per semplifi-
cazione, quella critica e quella propositiva vengono chiaramente
indicate e intrecciate fra di loro (ajpotrevponti [...] kai; parakalou'nti) a
testimonianza dellispirazione di fondo del trattato che si pu ben riepilo-
gare nei termini di un invito alla vita perfetta217 . Sempre nel solco dello
stesso agraphon, questa duplice intenzione richiamata in via riepiloga-
tiva a conclusione della prima sezione, con lesortazione, ripetuta enfatica-
mente due volte, a pregare, cio a pregare per le cose che sono in via

214 significativo che Origene lo dichiari in Orat VIII, 1 (316, 21-22), cio nel tra-
passo dalla quaestio sulla preghiera alla parte restante della prima sezione: pro;" to; pro-
trevyasqai ejpi; to; eu[xasqai kai; ajpotrevyasqai tou' ajmelei'n th'" eujch'". Si veda lana-
loga formulazione in Fr1Cor 39 (156) su 1Cor 7, 25-28a: ou{tw" ou\n kai; ejnqavde ajpev-
treye me;n tou' luvein to;n gavmon, protrevpetai de; pavlin kaqareuvein.
215 Cfr. supra, nota 169.
216 Orat XIII, 4 (328, 3-7): tau'ta dev moi ajnagkaiovtata meta; to;n katavlogon tw'n
wjfelhqevntwn dia; proseuch'" eijrh'sqai nomivzw, ajpotrevponti th;n pneumatikh;n kai; th;n
ejn Cristw'/ zwh;n poqou'nta" ajpo; tou' peri; tw'n mikrw'n kai; ejpigeivwn eu[cesqai kai; pa-
rakalou'nti ejpi; ta; mustika;, w|n tuvpoi h\san ta; proeirhmevna moi, tou;" ejntucovnta" th'/de
th'/ grafh'/. Si noti lespressione vita spirituale: il termine zwhv molto frequente, ma
solo qui caratterizzato dallaggettivo pneumatikov", che assume grande rilievo nel lin-
guaggio di Orat, e dal legame con Cristo. In EM 11 (11, 15-18) la vita in Dio e in co-
munione con il Cristo rappresenta lorizzonte del cristiano che pronto a testimoniare la
propria fede nella rinuncia totale alle cose del mondo: o{la tau'ta ajpostrafevnte" o{loi
genoivmeqa tou' qeou' kai; th'" met aujtou' kai; par aujtw'/ zwh'" wJ" koinwnhvsonte" tw'/ mo-
nogenei' aujtou' kai; toi'" metovcoi" aujtou'. In CIo zwhv riveste unimportanza essenziale fra
le ejpivnoiai di Cristo, ma non attestato il nesso con pneumatikov".
217 Secondo la formula proposta da Monaci Castagno 1997. Del resto, il carattere
integrale della piet richiamato dallautrice per la prospettiva di EM vale anche per
Orat, senza operare una riduzione intellettualistica del pregare, come vorrebbe Bertrand
1999, che focalizza la sua attenzione sul ruolo del nou'". Come vediamo da CC II, 51 (nota
1441), Origene arriva addirittura a riconoscere un ruolo del sw'ma nellatto del pregare,
coinvolto anchesso nel dinamismo spirituale che conduce yuchv e pneu'ma alla comunione
con Dio. Cfr. anche Volp, 498-501.
In ascolto del testo 77
eminente e veritiera grandi e celesti218. anche il preludio opportuno per
la sezione che seguir, dove lalternativa fra il pregare per i beni celesti
o i beni terreni sar illustrata nuovamente alla luce del Padrenostro, mo-
dello per eccellenza della preghiera dei cristiani219 . Ancora una volta, dun-
que, pur nella ricchezza di motivi sviluppata da Origene, non mancano gli
spunti per ricuperare la sostanziale caratterizzazione unitaria del trattato,
sia pure nella dialettica attuantesi fra le sue diverse parti.

218 Orat XVII, 2 (339, 28-340, 2): eujktevon toivnun, eujktevon peri; tw'n prohgou-
mevnw" kai; ajlhqw'" megavlwn kai; ejpouranivwn, kai; ta; peri; tw'n ejpakolouqousw'n skiw'n
toi'" prohgoumevnoi" qew'/ ejpitreptevon, tw'/ ejpistamevnw/ w|n creivan dia; to; ejpivkhron sw'ma
e[comen pro; tou' hJma'" aijth'sai aujtovn (Mt 6, 8). Si noti, da un lato, la riappropriazione del
versetto matteano da parte di Origene, laddove esso in V, 2 fondava la critica degli avver-
sari della preghiera; dallaltro, lintegrazione della visione antropologica sulla precariet
ontologica delluomo (to; ejpivkhron sw'ma), con lutilizzo dello stesso aggettivo adottato
in apertura per enfatizzarla (cfr. Orat I, supra, nota 152).
219 Presupposto per una preghiera spirituale , come vedremo analizzando in se-
guito il commento del Padrenostro, la trasformazione in senso spirituale delle nozioni su
Dio (cfr. Orat XXIII , 1-2).
CAPITOLO QUARTO

LA CRITICA DELLA PREGHIERA


Quaestio e solutio

Non importuno Iddio con le mie piccole preoc-


cupazioni, i particolari non mi affannano, ho gli
occhi fissi soltanto sul mio amore, la cui fiamma
virginale io serbo pura e luminosa; la fede sicu-
ra che Iddio si prende cura delle minime cose
(Sren Kierkegaard)*

1. Le aporie filosofiche: esperienza orante e riflessione critica

Il discorso di Origene sulla preghiera cresciuto attorno ad un nu-


cleo originario le aporie sottoposte da Ambrogio al proprio protetto ed
amico , senza mai perdere interamente quel connotato problematico
del suo particolare avvio (come ho cercato di dimostrare nel capitolo pre-
cedente). La formulazione rigorosamente speculativa delle aporie, sorret-
ta dalla stringenza logica dellargomentazione sillogistica, farebbe pensa-
re, in prima istanza, ad un retroterra filosofico quale loro presumibile Sitz
im Leben.
Le obiezioni vertono su due temi strettamente collegati fra loro, ma
distinti in due enunciati successivi che riguardano rispettivamente: 1. la
prescienza di Dio; 2. la sua predeterminazione. Secondo la prima aporia,
se Dio conosce in anticipo il futuro ed esso deve attuarsi, la preghiera
vana. La seconda giunge alla medesima conclusione partendo dalla pre-
messa che tutto avviene secondo la volont di Dio, ragion per cui es-
sendo i suoi voleri fermi ed immutabili anche sotto questo punto di vi-
sta la preghiera non pu che risultare inutile220 . In entrambi i casi, dun-
que, la critica della preghiera muove dallassunto che lazione di Dio, sia
in quanto egli preconosce sia in quanto predetermina lordine delle cose,

* Jeg besvrer ikke Gud med mine Smaa-Sorger, det Enkelte bekymrer mig ikke,
jeg stirrer kun paa min Kjrlighed, og holder dens jomfruelige Flamme reen og klar; Troen
er overbevist om, at Gud bekymrer sig om det Mindste (S. Kierkegaard, Frygt og Bven,
in Samlede Vrker, III, Kjbenhavn 1901, p. 85).
220 Orat V , 6 (311, 8-13: keivsqw de; ejn toi'" parou'sin aujtai'" levxesin a{per dia;
tw'n prov" me grammavtwn e[taxa", ou{tw" e[conta: prw'ton: eij prognwvsth" ejsti;n oJ qeo;"
tw'n mellovntwn, kai; dei' aujta; givnesqai, mataiva hJ proseuchv. deuvteron: eij pavnta kata;
bouvlhsin qeou' givnetai, kai; ajrarovta aujtou' ejsti ta; bouleuvmata, kai; oujde;n traph'nai
w|n bouvletai duvnatai, mataiva hJ proseuchv.
80 Parte prima, Capitolo quarto
sopprima la necessit di domandargli ci che sa in anticipo o che ha gi
prestabilito.
Luna e laltra aporia sembrano compendiare interrogativi radicali
sulla preghiera che possiamo considerare come ricorrenti nella storia del
pensiero. In parte li ha riproposti di recente, fra gli altri, il grande esegeta
e teologo riformato Oscar Cullmann (1902-1999). Nel suo ultimo libro La
preghiera nel Nuovo Testamento (1994) che, come dichiara il sottotitolo,
vorrebbe essere un tentativo di rispondere alle questioni odierne sulla
base dei dati neotestamentari riassume anchegli le obiezioni alla preghie-
ra in due ordini di problemi: 1. a che scopo pregare, se le preghiere non
vengono esaudite?; 2. perch pregare, se Dio conosce tutto in anticipo?221
Andando a ritroso nel tempo, prima di analizzare le critiche antiche,
si potrebbe ancora ricordare come la filosofia moderna, in particolare con
il Kant de La religione nei limiti della semplice ragione, si sia spesso
espressa in termini critici nei confronti della preghiera di domanda atti-
rando nella sua scia anche la riflessione teologica222. in tale prospettiva,
ad esempio, che il teologo liberale Albrecht Ritschl (1822-1889) guarda
al Padrenostro non pi come preghiera di domanda, bens unicamente di
lode e ringraziamento. A sua volta Gerhard Ebeling (1912-2001), uno dei
pi noti teologi contemporanei, denunciando la crisi della preghiera ai
nostri giorni, ha osservato come il fenomeno della preghiera sia stato
tradizionalmente uno dei territori di caccia pi ricchi per la critica della
religione, laddove la debolezza intellettuale che accompagna la prassi del
pregare costituirebbe un fattore essenziale per tale crisi 223 . Non meno de-
terminante per il sospetto, non nuovo ma avvertito con particolare ur-
genza dalla modernit, che la preghiera sia un alibi per astenersi dallazio-
ne e dalla conseguente assunzione di responsabilit personale.
A discapito di tali riserve ed interrogativi, anche il pensiero filosofico
in un modo o nellaltro costretto a prendere atto di un fatto ineludibile:
nessunaltra esperienza religiosa pu pretendere al pari della preghiera di
collocarsi al centro stesso del rapporto delluomo con Dio, mettendo cos
a nudo la sua situazione fondamentale di creatura bisognosa di aiuto224.
Nonostante la grande variet di forme con cui gli uomini hanno sperimen-
tato ed espresso il loro legame con il sacro, solo la preghiera ha costituito
storicamente, in connessione o meno con il sacrificio, lelemento fonda-

221 Cullmann, 8-23.


222 Heiler ricorda fin dalla prefazione alla prima edizione lantitesi kantiana fra pre-
ghiera ed etica: Derjenige, welcher schon Fortschritte im Guten gemacht hat, hrt auf zu
beten (p. VII).
223 Cfr. Ebeling.
224 La preghiera una situazione in cui luomo si incontra con la sua situazione
fondamentale. Soltanto cos egli entra veramente nella propria situazione il pregare
mette spesso in luce dove e come propriamente ci si trovi (tr. it. Ebeling, 37).
La critica della preghiera 81
mentale o come si esprime Friedrich Heiler nella sua classica opera Das
Gebet (1918) il focolaio stesso dellesperienza religiosa 225 . Nellot-
tica delluomo antico Omero d voce allimprescindibilit della preghiera
per il mondo greco, allorch afferma che gli uomini han tutti bisogno
dei numi226.
Ora, le riserve di natura filosofica espresse nellantichit riguardo
alla preghiera, intesa specialmente come richiesta di aiuto alla divinit,
preludono certo alle obiezioni moderne; ma al pari di queste, esse affian-
cano criticamente un fenomeno che non ne risulta scalfito in maniera so-
stanziale. Anche in considerazione di ci il pensiero antico, eccezion fatta
per alcune posizioni radicali di rifiuto, si sforza in generale di elaborare
piuttosto un proprio ideale di preghiera concepito come paradigma nor-
mativo 227 . Se lesperienza orante in ambito ellenico sorretta originaria-
mente dalla consapevolezza che laiuto degli di pu modificare il destino
delluomo e garantirne la salvezza, quantunque allapparenza con unin-
cidenza non estendibile a tutte le sfere di vita228, in seguito con il diffon-

225 Religise Menschen und Religionsforscher, Theologen aller Konfessionen und


Richtungen stimmen in dem Gedanken berein, da das Gebet das zentrale Phnomen der
Religion, der Feuerherd aller Frmmigkeit sei (Heiler, 1). La sua definizione stata ri-
presa da Severus, 1135, che segnala per il mutevole impatto della preghiera in relazione
ai diversi contesti storico-religiosi: Mit der Entwicklung kosmologischer, politischer und
sozialer Ordnungssysteme und der ihnen entsprechenden Riten und sakralrechtlichen
Normen kann das Gebet in der Verflechtung religiser Erscheinungen strker hervortreten
und immer mehr zum zentralen Phnomen der Religion, dem Feuerherd aller Frmmig-
keit werden oder aber zurcktreten [...] ohne jedoch jemals vllig zu verschwinden. Se
nella religione greca la preghiera associata tendenzialmente al sacrificio, nella tradizione
biblica il nesso preghiera-sacrificio sembra essersi determinato secondariamente rispetto
alla Torah (Jonquire, 36; 45: The practice of praying during the sacrifice was still un-
known at the time of the final redaction of Torah, but by beginning of the second century
BCE it appears to have become a regular part of the rite; cfr. anche Pulleyn, 7-8).
226 Pavnte" de; qew'n catevous a[nqrwpoi (Od. III, 48), citato in Greeven-Herrmann,
1218 e commentato da Chapot-Laurot, 57-58. Severus, 1140 mostra come con Omero
emergano ormai precise esigenze di carattere etico per lorante, senza che ci si accontenti
pi dei soli requisiti rituali: den Betenden darf nicht nur kein Verbrechen und keine Blut-
schuld belasten, sondern er mu darber hinaus in Gehorsam zur Gottheit stehen.
227 La critica alla prassi di preghiera tradizionale si manifesta gi con Senofane ed
Eraclito (cfr. Severus, 1145-1147; Des Places). Si veda, ad esempio, Eraclito, fr. 5 (Diels-
Kranz): kai; toi'" ajgavlmasi de; toutevoisin eu[contai, oJkoi'on ei[ ti" dovmoisi lhschneuv-
oito, ou[ ti ginwvskwn qeou;" oujd h[rwa" oi{tinev" eijsi.
228 Per ricostruire limmagine della preghiera nel periodo delle origini bisogna ri-
farsi a Omero, testimone delle prime preghiere formulate con una certa compiutezza
(Greeven-Herrmann, 1218). Pur senza escludere il loro uso come mezzo stilistico, esse
danno tuttavia un quadro vivido del significato, dei motivi, del contenuto della preghiera
(1218-1219). Gli eroi omerici, consapevoli di dipendere totalmente dagli di (1219), si
rivolgono ad essi alla stregua di principi possenti. Loggetto della preghiera riguarda in
genere un intervento benigno che liberi da una data difficolt, quasi sempre nellambito
del successo bellico e della sorte degli uomini (ibidem). raro invece che sinvochi lazio-
82 Parte prima, Capitolo quarto
dersi dellidea sempre pi pervasiva di un fato onniavvolgente (eiJmar-
mevnh), lo spazio per la preghiera come domanda di soccorso divino ten-
der a farsi pi problematico229 . Con lepoca classica assistiamo ad un
perfezionamento in senso spirituale della preghiera, che porta a far emer-
gere maggiormente come suo contenuto appropriato la richiesta di beni
morali e spirituali230 . Insieme al ritegno nellassillare gli di con le proprie
domande si manifesta a tratti un senso di fiducioso abbandono al volere
imperscrutabile della divinit231 . soprattutto nella riflessione filosofica
che questa spiritualizzazione della preghiera giunge al culmine come
vediamo specialmente dalla preghiera conclusiva del Fedro in Platone232 ,

ne della divinit sul cuore umano. Dal tipo di benefici richiesti nelle preghiere dagli eroi
omerici si comprende come vi siano ancora ambiti della vita sottratti allazione degli di.
Cfr. inoltre Des Places 1967.
229 Greeven-Herrmann, 1220: Quanto pi, procedendo nella storia, la vita intera
veniva sottoposta sempre pi integralmente al concetto di Fato, leiJmarmevnh soppianta in
modo sempre pi deciso gli di dellOlimpo che si compiacciono di sacrifici.
230 Greeven-Herrmann, 1222-1223: Nella Medea di Euripide il coro definisce la
swfrosuvnh come il dono pi bello degli di, e le donne pregano di essere preservate dalla
penosa passione della gelosia [Eur., Med. 635 ss.]. Lintercessione delle Danaidi per lo-
spite Argo non concerne soltanto pace e ricchezza, ma anche onorabilit e timor di Dio,
che figurano fra i doni invocati dagli di [Aesch., Suppl. 625 ss.]. Sussiste, naturalmente,
pure la preghiera che invoca vendetta, ma si tratta sempre di vendetta meritata, giusta. [...]
Unintima familiarit con la divinit spira da queste parole di Ippolito: soi; kai; xuvneimi
kai; lovgoi" ajmeivbomai,/ kluvwn me;n aujdhvn, o[mma d oujc oJrw`n to; sovn vivo e converso con
te, e, se anche non scorgo il tuo volto, percepisco la tua voce [Eur., Hipp. 85-86]. Su
questi testi si veda anche Chapot-Laurot, 103-106, 125-130.
231 Lesempio pi calzante indicato da Greeven nella chiusa delle Supplici di
Eschilo: i cori, che si alternano rispondendosi, contrappongono allimperscrutabilit del
volere degli di linvito: mevtrion nu`n e[po" eu[cou tivna kairovn me didavskei" ta; qew`n
mhde;n ajgavzein Preghiera tu innalzi di sensi modesti , Quale norma di questa misura
minsegni? Non indagare profondo entro il volere dei Numi (tr. Untersteiner). In que-
sta fiduciosa umilt la preghiera trova la sua forma pi congeniale; anche nei rapporti fra
luomo e la divinit la compiuta perfezione metrivw" eu[cein [cfr. Plat., Phaedr. 279c:
ejmoi; me;n ga;r metrivw" hu\ktai] (Greeven-Herrmann, 1223-1224).
232 Phaedr. 279b-c (cfr. Gaiser e Chapot-Laurot, 163-165). Al termine del dialogo
Socrate chiede a Pan e agli di del luogo di ricevere la sapienza, il vero bene che d la
felicit. Clemente Alessandrino (Strom. V, 14, 97, 2-5) collega alla preghiera del Fedro
passi del Protagora e della Repubblica, in cui la sapienza o virt dellanima definita
come vera bellezza (Gaiser, 36). La preghiera di Socrate un riconoscimento del-
linadeguatezza umana: Gi il fatto che Socrate, alla fine, prega gli di, indica che il filo-
sofo non crede di poter raggiungere da se medesimo, in maniera autonoma, la verit, ma
che consapevole di dipendere dalla benevolenza di forze che stanno pi in alto di lui
(Gaiser, 59). Jackson 1971, 30 sottolinea larticolazione delle domande e con esse lo sta-
tuto paradigmatico del buon modo di pregare: The prayer divides into a petition concern-
ing the inner man, for beauty, and three petitions concerning the outer man, first in rela-
tion to his inward self, for harmony, second in relation to other persons, for veneration of
the wise, and third in relation to possessions, for temperance. The speeches earlier in the
dialogue are meant to illustrate good speaking. We may infer that the prayer to Pan illus-
La critica della preghiera 83
bench una tendenza del genere rischi di creare alla lunga una certa di-
scrasia con il vissuto religioso, che continua a sperimentare una diversa
immediatezza nel rapporto con i Numi, rispetto allideale filosofico di pre-
ghiera233. Insieme allimpulso paradigmatico verso una preghiera impe-
gnata a richiedere benefici dordine spirituale si fa strada un orientamento
pi rigidamente normativo della prassi orante come vediamo dallatteg-
giamento che la tradizione attribuisce a Pitagora: questi, essendo consa-
pevole della difficolt delluomo a domandare ci che il vero bene agli
occhi della divinit, avrebbe sconsigliato di pregare per se stessi e racco-
mandato di chiedere genericamente solo le cose buone234 .
In et ellenistica, con la messa in discussione degli di tradizionali e
laffermarsi di una religiosit pi personale ispirata dalle religioni miste-
riche, anche la preghiera conosce nuove espressioni, ma il pensiero filo-
sofico tende sempre pi a prendere le distanze dalle forme del vissuto
orante. Se gi Aristotele nel suo perduto scritto Peri; eujch'" aveva messo
in discussione lutilit della preghiera di domanda indirizzata ad un Dio
che pensato come motore immobile 235 , la critica si fa pi acuta prima

trates good praying, in form as well as content. Per Dorival 2000, 92, Socrate attesta la
persistenza della preghiera di domanda, sia pure trasformata in senso spirituale.
233 Tale almeno lopinione di Greeven: Naturalmente in questo modo la preghie-
ra perde gradualmente la sua immediatezza, vivacit e freschezza; si va svuotando, fino
ad annullarsi (Greeven-Herrmann, 1225). Nonostante la loro componente di letterariet,
ci non sembra essere ancora il caso delle preghiere di Platone, a giudicare da quanto os-
serva Jackson 1971, 36: for him the primary motive of prayer is not gratitude, awe, or
praise, but need. Platonic prayers do not, however, express need in the language of struggle
and uncertainty as, for example, do the prayers of Jeremiah. Tuttavia, secondo Chapot-
Laurot, 17, chez Platon, la moralisation ira de pair avec lintellectualisation. Fra i nu-
merosi luoghi platonici dedicati alla preghiera, Severus, 1147 segnala, in particolare, Leg.
IV, 716d. Des Places, 254, oltre a Leg. X 887d-e, menziona Epinom. 986c5d4 come te-
stimonianza dans les dernires uvres surtout, pour une lvation du cur vers Dieu,
une adoration, une contemplation intime. Cfr. anche Motte.
234 Secondo Diogene Laerzio (Vit. VIII, 9), Pitagora avrebbe proibito di pregare
per s, perch non sappiamo ci che ci utile (oujk eja/` eu[cesqai uJpe;r auJtw`n dia; to; mh;
eijdevnai to; sumfevron), mentre per Diodoro Siculo (Bibl. X, 9, 8) avrebbe raccomandato di
pregare semplicemente per buone cose (aJplw'" eu[cesqai tajgaqav), ci peraltro di cui
solo i saggi (frovnimoi) sono capaci. Greeven, proseguendo nella sua valutazione critica
dellideale filosofico della preghiera (affine peraltro alle riserve manifestate da Heiler),
accusa anche Pitagora di promuovere una versione fredda e astratta della prassi orante:
Frequente il consiglio di pregare per il bene; al tempo stesso si nota che lesaudimento
di questa richiesta implica il non-esaudimento di altri, stolti desideri. Pitagora avrebbe ap-
punto indicato come compito dei savi il pregare per il bene, in favore degli stolti che non
lo conoscono. In tal modo siamo gi passati dalla preghiera viva alla fredda sfera della
meditazione filosofica sulla preghiera; ma ci troviamo pure nella sfera della skepsis, che
da Senofane in poi non pi mancata (Greeven-Herrmann, 1225-1226).
235 Fr. 49 Rose (cfr. Laurenti, II , 696-740). Severus, 1148-1149 osserva in propo-
sito: Das einzige Fragment seiner verlorenen Schrift ber das Gebet [...] belehrt uns,
dass Gott reiner nous (Geist) oder sogar epekeina ti tou nou (etwas, was sogar noch jen-
84 Parte prima, Capitolo quarto
con i Cirenaici (del cui rigetto della preghiera ci ha conservato il ricordo
Clemente Alessandrino)236 e poi in linea di principio con lo stoicismo, sia
per la visione fatalistica di questa scuola filosofica sia per la stessa enfasi
posta ciononostante sullagire morale con lobiettivo di assecondare la
provvidenzialit del fato stesso237 . Per Seneca, ad esempio, neppure la for-
ma superiore di preghiera rivolta ad ottenere beni etici e spirituali sembra
pi avere ragion dessere, ma essa rimanda piuttosto alla responsabilit
dellindividuo e, quale sua radice, allazione provvidenziale del Logos
divino nellordine collettivo come in quello personale238. Tuttavia, questo
modello filosofico neanche per Seneca riesce ad assorbire interamente la
preghiera tradizionale, n egli pu ignorare le forme diffuse di culto, come
del resto anche Platone aveva fatto a suo tempo 239 . Egli anzi si sforza di
elaborare una visione in cui, pur senza mettere in discussione la nozione

seits des Geistes ist) sei. Damit vermittelt nur die reine noetische Ttigkeit des Menschen,
jedoch kein irgendwie geartetes Handeln und auch kein Bitten oder Fordern den Zugang
zum Gttlichen. Per Rist, 202 Aristotles God, as described in the Metaphysics, is un-
concerned with mortals altogether he affects the world solely as a final cause, as the
object of desire, and there would certainly be no point in praying to him!.
236 Strom. VII, 7, 41, 2 (infra, nota 263); Aristippo, fr. 132 (Giannantoni, 235):
kaqovlou to; eu[cesqai ta; ajgaqa; kai; ajpaitei'n ti para; tou' qeou' e[fh geloi'on ei\nai: ouj
ga;r tou;" ijatrou;" o{tan a[rrwsto" aijth/' ti brwto;n h] potovn, tovte didovnai, ajll o{tan aujtoi'"
dokhvsh/ sumfevrein. Cfr. Ppin; Dorival 2000, 89.
237 Greeven ricorda che limpossibilit di ottenere qualcosa con la preghiera viene
formalmente provata da Seneca nel de nat. qu. II , 35 ss. Non si pu insomma parlare pi
di preghiera vera e propria, poich il suo solo contenuto diventa l abbandono al Fato
(Greeven-Herrmann, 1228). A riprova di ci cita il verso di Cleante, ripreso da Epitteto:
a[gou dev m, w\ Zeu`, kai; suv g hJ Peprwmevnh, o{poi poq uJmi`n eijmi diatetagmevno",
conducimi, o Zeus, e tu anche, o Destino, l dov il fine che mavete assegnato dove
Zeus equivale al Fato.
238 Greeven-Herrmann, 1227: Poich lidea di Dio resta, in ultima analisi, imper-
sonale, anche la preghiera priva di tratti personali, che presuppongano un essere perso-
nale al quale si rivolga colui che prega. Salta agli occhi che allo stoico impossibile una
vera e propria supplica. [...]. Che una preghiera di questo genere non sia pi una vera sup-
plica, traspare da una frase di Seneca, il quale afferma che da stolto chiedere in pre-
ghiera rettitudine di sentimenti, se la si pu raggiungere da soli; che bisogno c di levare
le mani al cielo, accostarsi alle immagini degli di? Dio ti vicino, accanto a te, in
te! [Sen. E p. 41, 1]. Rifacendosi allo stesso passo senecano Stritzky, 72-73 nota:
Daher ist es auch nicht notwendig, der Gottheit Tempel aus Stein zu errichten, denn
schlielich ist die von den Gttern durchwaltete Welt ein Tempel, dessen wahre Gtter-
bilder, Weisheit und Erkenntnis, sie dem Geist schauen lt.
239 Se da un lato luomo attivando il Logos lelemento divino presente in s pu
giungere alla beatitudine, dallaltro Seneca non nega del tutto il diritto delle forme tradi-
zionali di culto, ma le fa proprie in forma pi spiritualizzata: Der cultus deorum uert
sich, wie Seneca zusammenfassend sagt, im Glauben an die Gtter, der in dem Wissen um
ihre durch Gte bestimmte Lenkung der Welt und des Menschen besteht (Stritzky, 74).
La seconda forma del culto a Dio consiste nella imitatio Dei, dottrina sviluppata origina-
riamente da Platone e ripresa da Seneca attraverso Posidonio.
La critica della preghiera 85
di fato, ci sia comunque ancora spazio per una preghiera di richiesta,
anche se in un ambito di contingenza limitato e previsto come tale dal
destino provvidenziale240 .
Daltronde, quanto la stessa tradizione stoica fosse suscettibile di dare
luogo ad unesperienza autentica di preghiera possiamo vederlo dallatteg-
giamento religioso di Epitteto, improntato si direbbe ad una spiritualit
eucaristica: agendo nella profonda convinzione di una provvidenzialit
che investe sia il cosmo che lindividuo, egli si preoccupa soprattutto di
lodare e ringraziare la divinit per i beni della vita e in special modo per
il dono della ragione241 . In questa prospettiva lorante si dispone fonda-
mentalmente alla resa incondizionata al volere divino242 . A sua volta, lim-
peratore-filosofo Marco Aurelio (121-180), discepolo di Epitteto, si rial-
laccia al proprio maestro, riconoscendo lo spazio per una preghiera di
richiesta espressa in forma semplice e immediata, anche se non mancano
spunti di segno diverso tendenti piuttosto a configurare la preghiera alla
stregua di una meditazione interiore243.

240 Secondo Stritzky, 76, mentre in Nat. quaest. II, 35, Seneca si attiene al concetto
pi rigoristico di eiJmarmevnh, in II, 38 si sforza di riconoscere il diritto desistenza alla
preghiera di domanda: Die Lsung dieses Problems ergibt sich aus der stoischen Philo-
sophie, die heimarmen (Kausalnexus) und pronoia als zwei Wirkweisen der Gottheit be-
trachtet, die einander nicht ausschlieen. So kann Seneca behaupten, da die Gtter eini-
ges in der Schwebe gelassen haben, das nur auf die Gebete der Menschen hin eintritt.
241 Stritzky, 79: Mit der Eindringlichkeit, mit der er zum stndigen Gebet als der
gebhrenden Antwort des Menschen auf die in allen Dingen sprbare Gte Gottes auffor-
dert, will er deutlich machen, da der Mensch erst zum Menschen wird, d.h. seiner Natur
als geistbegabtem Wesen gerecht wird, wenn er erkennt, da er sich nicht selbst, sondern
der Gottheit verdankt. Aus dieser Erkenntnis erwchst die Verehrung Gottes, die zum
Menschen ebenso gehren sollte, wie der jeweils der Nachtigall oder dem Schwan eigene
Gesang, der ihr Wesensmerkmal darstellt. Lautrice ricorda inoltre che Epitteto con-
vinto fautore del culto tradizionale e della preghiera, purch accompagnati da genuine di-
sposizioni di spirito; in caso contrario, questi gesti ed atti rischiano la profanazione. Il suo
atteggiamento conforme alla spiritualit apollinea di Delfi, secondo la quale derjenige,
der sich dem Gott naht, seiner wrdig sein mu, d.h. da der Mensch in seinem Innern
ethisch wie intellektuell dem Gott hnlich werden mu, so da auf dieser Ebene eine sug-
gevneia zwischen Gott und Mensch herrscht. So kann nur der sittlich Gute ohne Wider-
spruch zu sich selbst den Kult der Gtter ausben (p. 78).
242 Heiler, 206 vede Epitteto come lesponente pi eccelso dellideale filosofico di
preghiera: Das Anheimstellen aller Einzelwuensche an Gott leitet zu jener Form des phi-
losophischen Gebets ber, die in der Stoa ihre hchste Vollendung erreichte: zur Ausspra-
che der vollen Wunschlosigkeit und Gelassenheit, der restlosen Ergebung in die Hnde
des Schicksals.
243 Si veda I ricordi V , 7: Piovi, piovi, amico Zeus, sui campi e sui prati degli
Ateniesi. O non bisogna pregare affatto, o solamente cos: con semplicit e franchezza.
Ma da un altro passo (IX, 40) si vede che respinge una richiesta del genere, mentre apprez-
za la richiesta di progresso interiore, come la sola che si addica al savio (Greeven-Herr-
mann, 1229). Per Stritzky, 80, dabei gert er in Konflikt mit dem stoischen Schuldogma,
nach dem der Mensch seinen sittlichen Fortschritt seiner eigenen Leistung verdankt. So
86 Parte prima, Capitolo quarto
Le riserve che il pensiero filosofico greco era andato esprimendo
verso le forme tradizionali della preghiera e, alla radice, verso lidea stessa
di una domanda rivolta alla divinit, specialmente nella prospettiva, da un
lato, della scuola peripatetica (e, con diverso accento, di quella epicurea),
dallaltro della tradizione stoica, trovano una sintesi nel retore-filosofo
medioplatonico Massimo di Tiro (ca. 125-185 d.C.), autore di unorazio-
ne dalleloquente titolo Eij dei' eu[cesqai244 . La storia del re Mida che
prima prega perch la terra si trasformi in oro e poi si pente di averlo fatto,
chiedendo aiuto agli di in senso contrario assunta da Massimo come
parabola iniziale dellinutilit della preghiera, riproponendo dapprima
largomento tradizionale dellincapacit delluomo a domandare i veri
beni. Infatti, quelli per i quali Mida prega sono frutti del caso; non rap-
presentano cio i beni autentici, quei beni di cui Dio soltanto fa dono al-
luomo245 . Il fatto di pregare poi rinvia ad una nozione errata della divini-
t, dato che essa non cambia idea n si pente, analogamente al modo in cui
si comporta il saggio nelle alterne vicissitudini della vita. Massimo espone
quindi un sofisma (non troppo remoto dal linguaggio delle aporie trasmes-
se da Ambrogio ad Origene) per cui o colui che prega degno di ricevere,
e allora ricever comunque, anche se non prega; oppure non degno, e
allora inutile che si sforzi di pregare246. Cos Dio non dar a chi prega,
se lesaudimento della richiesta contrasta con il requisito della dignit, ma
neppure eviter di dare a chi non prega, se egli degno di ottenere.
Dopo queste precisazioni preliminari Massimo argomenta pi in ge-
nerale la sua critica alla preghiera di domanda. Tutto ci per cui luomo
prega rientra nellambito di alcuni fattori essenziali che influenzano la vita
degli uomini: a) la provvidenza (provnoia); b) il destino (eiJmarmevnh); c) la
sorte (tuvch); d) larte (tevcnh). Per ciascuno di questi ambiti possibile
dimostrare come sia inutile pregare. Infatti, relativamente al primo fatto-

gibt Marc Aurel seiner berzeugung Ausdruck, da das Gebet selbst bei den Dingen sinn-
voll ist, die in unserer Macht stehen. Einwnden gegen diese Meinung begegnet er mit
dem Hinweis, die Mithilfe der Gtter werde dann sichtbar, wenn der Mensch anfange, da-
rum zu beten. A proposito di IX , 40, Des Places, 240 parla di un ideale di libert: il ne
sagit pas de solliciter tel bien ou la dlivrance de tel mal, mais ltat dme qui nous ren-
dra indpendant de ces besoins; les dieux ne demandent qu nous aider (IX 40, 5); seule-
ment, il faut nous rendre dignes de leur secours (XII 14, 3). Dorival 2000, 95 sostiene che
laporia stoica di libert e destino pu essere riconciliata, se il saggio fa proprio il punto di
vista degli di.
244 Massimo di Tiro, Diss. 5 (Eij dei` eu[cesqai), ed. Trapp, 37-45. Cfr. Van der
Horst 1996 e Frster 2007, 286-291.
245 Massimo di Tiro, Diss. 5, 1 (38, 23-24): oujde;n ga;r tw`n mh; kalw`n divdwsin
qeov", ajll e[stin tau`ta dwrea; tuvch".
246 Massimo di Tiro, Diss. 5, 3 (39, 60-40, 2): kai; ga;r h[toi oJ eujcovmeno" a[xio" tu-
cei`n w\vn hu[xato, h] oujk a[xio": eij me;n ou\n a[xio", teuvxetai kai; mh; eujxavmeno": eij de; oujk
a[xio", ouj teuvxetai, oujde; eujxavmeno".
La critica della preghiera 87
re, ci vale sia che la provvidenza si limiti allordine generale del cosmo
sia anche quando si estende fino allindividuo. Nel caso di una provvi-
denza generale, per analogia con il rapporto fra il corpo e le membra, le
sofferenze dei singoli non vanno a scapito del bene del tutto e Dio, a so-
miglianza di un medico, si preoccupa in questa evenienza del benessere
del tutto sacrificando alloccorrenza il membro malato. Quando invece la
provvidenza si interessa del singolo, a fortiori Dio-medico provveder lui
stesso il farmaco di cui luomo ha bisogno senza che questi glielo richie-
da247. Ancor pi assurdo pregare per ci che di dominio del destino:
non si pu pensare di convincere un tiranno248. Stesso discorso va fatto
per quanto riguarda la tuvch: impossibile dialogare con un despota scioc-
co, essendo la sorte del tutto imprevedibile. Infine, non si prega per ci
che concerne la tevcnh, poich chi ne dotato non ne ha bisogno e chi non
ce lha deve procurarsela da s. In conclusione Massimo respinge unobie-
zione derivante dalla preghiera dei filosofi (Socrate, Pitagora, Platone):
non si trattava per loro di una richiesta di qualcosa che mancava, bens di
un colloquio e dialogo con gli di riguardo a beni presenti e una dimo-
strazione di virt249 .

247 Stritzky, 86 nota che la visione della provvidenza in Massimo fonde elementi
platonici (dal Timeo e dalle Leggi) con quelli stoici, che tuttavia sembrano prevalere, come
lascia intendere lo stesso paragone del medico che amputa larto avendo in vista il bene di
tutto il corpo, gi presente in Seneca e in Epitteto: Aus der eklektischen Argumentation
resultiert fr Maximos, da Vorsehung und Gebet einander ausschlieende Gegenstze
sind. Da er aber an der Vorsehung als wesentlicher Wirkweise Gottes festhlt, mu er das
Gebet ablehnen.
248 Massimo di Tiro, Diss. V , 5 (41, 113-42, 114): turanniko;n de; hJ eiJmarmevnh,
kai; ajdevspoton, kai; ajmetavstrepton. evidente laffinit con la visuale stoica di Seneca,
Nat. quaest. II, 35: Fata aliter ius suum peragunt nec ulla commoventur prece. Non mi-
sericordia flecti, non gratia sciunt. Cfr. Van der Horst 1996, 332.
249 Massimo di Tiro, Diss. V, 8 (44, 18845, 190): ajlla; su; me;n hJgei` th;n tou` filo-
sovfou eujch;n ai[thsin ei\nai tw`n ouj parovntwn, ejgw; de; oJmilivan kai; diavlekton pro;" tou;"
qeou;" peri; tw`n parovntwn kai; ejpivdeixin th`" ajreth`". Stritzky, 88 commenta: Das Gebet
des Sokrates erfleht keine ueren Gter [...], sondern erbittet von den Gttern das, was
der Mensch mit ihrer Zustimmung durch sich selbst erlangen kann, Werte wie Tugend,
ein untadeliges Leben und einen Tod ohne Hoffnungslosigkeit. Diese Werte sind wirklich
als Geschenke der Gtter zu betrachten. A giudizio di Van der Horst 1996, 336, la defi-
nizione di Massimo, ispirata da Platone, Symp. 203a3, has striking parallels in the writ-
ings of his Christian contemporary, Clement of Alexandria, who has a number of similar
or almost identical definitions of prayer in the 7th book of his Stromateis. [...] There are
also some strong agreements with Origens treatise (egli si basa qui sulla pista suggerita
da Danilou). Per Frster 2007, 290-291 lelemento decisivo, che differenzia Massimo
dalla prospettiva cristiana della preghiera di domanda lidea per cui Dio immutabile,
laddove ad esempio in Luca proposto come Padre: Ein solches Gottesbild schliet es
daher sogar ausdrcklich als Grundbestimmung des gttlichen Wesens ein, da Gott sich
zum Wohl der Menschen umstimmen lt. Der Mensch soll ihn sogar eindringlich und
unnachgiebig bitten, wie es die Witwe tut (p. 291, con riferimento a Lc 18, 1-8). Per
88 Parte prima, Capitolo quarto
Lesito negativo del discorso di Massimo sulla preghiera sembrerebbe
suggerire di individuare proprio in questo ambiente platonico, ma con
forti elementi stoicheggianti, il retroterra filosofico pi prossimo delle
aporie dibattute da Origene. Del resto, anche guardando al seguito di
questa stessa tradizione, con il neoplatonismo, non difficile avvertire
alcune consonanze con le posizioni degli avversari della preghiera com-
battuti dallAlessandrino250. interessante, ad esempio, riscontrare che il
suo contemporaneo Plotino esautora la preghiera quale richiesta assimi-
landola in certo senso alla magia, mentre nega la collaborazione degli
astri alle preghiere degli uomini tema sul quale Origene, come risulter
fra breve, invece molto sensibile. Al contrario dellAlessandrino, che
esalta il libero arbitrio degli astri a servizio del piano provvidenziale di
Dio, per Plotino i corpi celesti non partecipano di memoria e percezione;
pertanto, ci che pu apparire come un esaudimento delle richieste degli
uomini ad opera di essi, piuttosto frutto di quella simpatia cosmica che
si d nellazione di una parte su unaltra251 . Pi ampia lattestazione del
tema in Porfirio, con il quale riscontriamo nuovamente punti di confronto
meritevoli dattenzione. Nella Lettera ad Anebo il filosofo di Tiro intro-
duce una serie di obiezioni in merito alla possibilit che gli di ascoltino
le preghiere degli uomini, con un approccio critico che non pu non richia-
mare largomentazione aporetica di Orat252 . Ampie riserve verso le sup-

Dorival 2000, la posizione di Massimo resta ambigua: egli finisce per seguire lesempio
di Socrate qui demandait aux dieux des biens spirituels (p. 96).
250 Si veda Des Places e specialmente Bendinelli 1997. Cfr. anche Lhr 1999, 91 ss.
251 Plotino, Enn. IV, 4, 30; IV, 4, 41. Questi capitoli, secondo Rist, 207, strengthen
the impression that prayer is on the same level as magic. Cfr. anche Frster 2007, 292-
293: Das Gebet wurzelt folglich in dem Wissen um die Sympathiegesetze der Natur und
wirkt nicht etwa durch die Gnade Gottes, sondern durch die magischen Manipulationen
der Menschen. Anche per Severus, 1152 la posizione di Plotino si distacca dagli altri
esponenti della sua stessa scuola: Plotin versteht dagegen das Gebet als Vorbereitung fr
die philosophische Reflexion auf das Wesen Gottes (5, 1, 6) und betont, da es den Welt-
lauf nicht ndern kann. Hadot 1997a, 35 ha parlato di una prire naturelle in Plotino,
utilizzando unespressione di Malebranche per designare la conversione dellattenzione
nel pensatore neoplatonico. Anche sotto questo profilo risalta la diversit dalla prospettiva
origeniana messa in luce da Crouzel 1992, 112. Non manca per in Plotino analogamente
a quel che vediamo in Origene linvocazione a Dio preliminare alla trattazione di una
questione; cfr. Enn. V , 1, 6, 9-10: Wde ou\n legevsqw qeo;n aujto;n ejpikalesamevnoi" ouj
lovgw/ gegwnw/', ajlla; th/' yuch/' ejkteivnasin eJautou;" eij" eujch;n pro;" ejkei'non, eu[cesqai
tou'ton to;n trovpon dunamevnou" movnou" pro;" movnon. Al riguardo Penati Bernardini, 175
osserva che questo forse lunico indizio di una concezione spirituale della preghiera in
Plotino; ma Rist, 212 sottolinea la continuit con la preghiera comune: The higher
prayer, like the lower, is a recognition by man of what the universe is like. The One is
always turned towards us; in the highest act of prayer we turn again towards him.
252 Ep. ad Aneb. 1.2c.3 (4, 11-5, 3): eij de; oiJ me;n ajpaqei`~, oiJ de; ejmpaqei`~ [...], mav-
taiai aiJ qew`n klhvsei~ e[sontai, prosklhvsei~ aujtw`n ejpaggellovmenai kai; mhvnido~ ejxi-
lavsei~ kai; ejkquvsei~, kai; e[ti ma`llon aiJ legovmenai ajnavgkai qew`n. ajkhvlhton ga;r kai;
La critica della preghiera 89
pliche alle divinit come verso i sacrifici compaiono poi nella Lettera a
Marcella, qualora non siano accompagnati dalla consapevolezza filosofica
che contraddistingue il saggio: solo questi in grado di pregare autentica-
mente, secondo il modello riconducibile allideale pitagorico della pre-
ghiera253. Come aveva indicato Platone, solo la preghiera accompagnata
da buone azioni accetta a Dio254 . Anche un frammento del Commento
al Timeo introduce spunti di natura diversa, distinguendo tra i filosofi
dellantichit le posizioni di coloro che hanno respinto la preghiera da
quelle di quanti lhanno accolta. La caratterizzazione dei critici della
preghiera gli atei tout court, i negatori della provvidenza, i sostenitori
del fato lascia di nuovo intravedere significativi contatti con le tesi com-
battute da Origene. Collocandosi nel secondo gruppo, Porfirio accoglie da
un lato la nozione di provvidenza, dallaltro annette alla preghiera il valore
di un apporto positivo in vista di acquisire la virt255 .

ajbivaston kai; ajkatanavgkaston to; ajpaqev~, Ma se alcuni [degli di] sono impassibili, al-
tri passibili [...] vane saranno le preghiere agli di, le invocazioni rivolte ad essi, le propi-
ziazioni della loro ira e i riti espiatori e vieppi [vane saranno] le cosiddette necessit degli
di. Infatti, inflessibile, inviolabile e non soggetto ad alcuna violenza [] limpassibile.
253 Linflusso della tradizione pitagorica, non senza echi di Massimo di Tiro, av-
vertibile in Ep. ad Marc. 12 (58, 16-60, 5): eujktevon qew/` ta; a[xia qeou`. kai; aijtwvmeqa,
a} mh; lavboimen a]n par eJtevrou: kai; w\n hJgemovne~ oiJ met ajreth`~ povnoi, tau`ta eujcwv-
meqa genevsqai meta; tou;~ povnou~: eujch; ga;r rJa/quvmou mavtaio~ lovgo~. a} de; kthsav-
meno" ouj kaqevxei~, mh; aijtou` para; qeou`: dw`ron ga;r qeou` pa`n ajnafaivreton: w{ste ouj
dwvsei, o} mh; kaqevxei~. w\n dh; tou` swvmato~ ajpallagei`sa ouj dehqhvsh/, ejkeivnwn kata-
frovnei: kai; w\n a]n ajpallagei`sa devh/ eij" tau`ta su; ajskoumevnh to;n qeo;n parakavlei ge-
nevsqai sullhvptora. ou[koun dehvsh/ oujdenov~, w\n kai; hJ tuvch dou`sa pollavki~ pavlin
ajfairei`tai. Si veda anche il cap. 16 (64, 14): a[nqrwpo~ de; ajmaqh;~ kai; eujcovmeno~ kai;
quvwn miaivnei to; qei`on. movno~ ou\n iJereu;~ oJ sofov~, movno~ qeofilhv~, movno~ eijdw;~ eu[xa-
sqai. Per lanalisi di questi ed altri passi (ad esempio 19 e 21) cfr. Sodano (Porfirio. Van-
gelo di un pagano), in part. p. 97, nota 62. In relazione specialmente alla pratica dei sacri-
fici, la concezione della preghiera, come mezzo per piegare la volont delleterno, mostra
[...] tutta la sua assurdit, in quanto rappresenterebbe un atto di ingiustizia (Bendinelli
1997, 29-30). Per Des Places, 269 la lettera propone lidal moral dune me troitement
unie la divinit.
254 Ep. ad Marc. 24 (74, 2-4): eujch; hJ me;n meta; fauvlwn e[rgwn ajkavqarto~ kai; dia;
tou`to ajprovsdekto~ uJpo; qeou`: hJ de; meta; kalw`n e[rgwn kaqarav te oJmou` kai; eujprovsde-
kto~. Jackson 1971, 26 commentando la seconda preghiera del Fedro (257a-b), ricorda
che Platone (nella Repubblica e nelle Leggi) non accoglie la domanda di perdono, dal mo-
mento che la preghiera ammessa solo per coloro che sono buoni.
255 Bendinelli 1997, 40: Al secondo gruppo appartengono coloro che affermano
lesistenza degli di e che questi sono provvidenti e che tra gli eventi che si producono ve
ne un gran numero di contingenti (CTim 208, 3-5). Da parte di costoro riconosciuta la
sua validit, soprattutto in vista del riordinamento morale (aj n orqou' n) dellesistenza
umana. In questo senso essa viene quindi intesa in stretta connessione con la crescita mo-
rale e conviene massimamente [...] alluomo virtuoso. Secondo Lhr 1999, 95, anders
als fr Origenes ist fr Porphyrios das Problem der Providenz Gottes nicht das systemati-
sche Zentrum; hier begngt er sich mit der Minimallsung, die besagt, da die Providenz
90 Parte prima, Capitolo quarto
Se in Porfirio permangono cos elementi di contraddizione, nei suc-
cessivi autori neoplatonici come Giamblico e Proclo il problema filoso-
fico della preghiera trover una soluzione pi coerentemente convinta,
anche perch la prassi orante adesso caratterizzata dalla sua dimensione
teurgica, teorizzata in particolar modo da Giamblico nel De Mysteriis256.
Quanto a Proclo, la preghiera d attuazione alla virt della piet religiosa
nei confronti degli di e concorre al ritorno dellanima a Dio, le cui tappe
successive scandiscono un articolato itinerario di avvicinamento. Siamo,
da questo punto di vista, ormai lontani da Origene che come si intra-
visto precedentemente non ha elaborato una dottrina dei gradi della
preghiera 257 .

2. Gli echi cristiani del dibattito filosofico e gli avversari di Origene

La parabola storica dei rapporti tra pensiero filosofico e preghiera,


per quanto descritta succintamente, ci aiuta a comprendere meglio i ter-
mini della problematica discussa da Origene in Orat V -VII. Si deve per
aggiungere subito che, stando anche allesplicita testimonianza dellAles-
sandrino, essa li rispecchia solo in parte. Ai motivi di critica formulati
dalla filosofia antica vanno aggiunti gli sviluppi in atto nella riflessione
cristiana, ai quali Origene accenna di proposito, sia pure genericamente,
nel preambolo introduttivo alla trattazione della quaestio (Orat V , 1). Pri-
ma di esaminare le sue affermazioni pu essere utile ricuperare le tracce
del dibattito in corso presso pensatori cristiani di varia estrazione dottri-
nale. Non un caso che il problema della preghiera si annunci per la
prima volta nella storia del pensiero cristiano con lapologista Giustino.
Sebbene il passo compaia nel Dialogo con Trifone, uno scritto destinato

Gottes zulassen mu, da die Dinge in der Welt auch anders sein knnten, wenn das Gebet
nicht sinnlos sein soll. Invece Frster 2007, 293-294 ignora le polarit del pensiero
porfiriano sulla preghiera, mentre d risalto alla giustificazione della domanda sulla falsa-
riga del rapporto tra figli e genitori.
256 Riallacciandosi alla Lettera ad Anebo di Porfirio, Giamblico vi riprende siste-
maticamente le aporie sulla preghiera allinterno di uno scritto che appartiene al genere
delle quaestiones et responsiones. Alla domanda su come sia possibile che la divinit
ascolti le richieste delluomo Giamblico risponde che la preghiera non si configura [...]
come dialogo di una persona nei confronti di unaltra, bens come colloquio che si compie
allinterno del divino (Bendinelli 1997, 43). In questo caso si tratta in primis della pre-
ghiera del filosofo che per syngeneia partecipa in s della divinit.
257 Per Des Places, 272, la dottrina procliana sulla preghiera si ricollega diretta-
mente a Platone. Ancor pi di Porfirio egli conserva uno spazio per la preghiera di do-
manda, restando in tal modo fedele allo spirito delle Leggi: Lorigine divine de toutes
choses, la sympathie universelle [...], la procession et conversion ou retour Dieu, voil
le fondement thologique de la prire, ouvrire de persuasion divine, qui unit ceux qui
prient ceux quils prient. Cfr. anche Dorival 2000, 97.
La critica della preghiera 91
al confronto polemico con il giudaismo, il celebre esordio di questa stessa
opera ci introduce la figura dellautore nella prospettiva tipica della ricerca
filosofica. attraverso il confronto con le diverse scuole di pensiero che
Giustino, dopo lultimo stadio provvisorio rappresentato dalladesione al
platonismo, approder infine al cristianesimo. Parte di questo confronto
intellettuale con le varie tradizioni filosofiche anche la disputa in merito
alla provvidenza e al rapporto fra questa e la preghiera. In particolare,
Giustino critica la posizione della scuola aristotelica, che afferma la
provvidenza generale, mentre nega quella individuale e paradossalmente
ne trae la prova dal fatto che luomo si rivolga giorno e notte alla divinit
chiedendole aiuto: gli aristotelici, infatti, si sforzano di convincerci che
Dio si prende s cura delluniverso e dei vari generi e specie, ma non di
me e di te e di ognuno in particolare, altrimenti non lo pregheremmo notte
e giorno258 .
Se in tal modo troviamo gi una prima enunciazione del dilemma su
come conciliare provvidenza e preghiera che Origene sar chiamato a ri-
solvere in Orat, anche nellApologia Giustino lascia intravedere una con-
sapevolezza delle tematiche suscitate dal pensiero filosofico intorno alla
preghiera. Si tratta di una serie di spunti che tradiscono affinit piuttosto
evidenti con lideale di preghiera elaborato specialmente in sede filoso-
fica. Proseguendo nella stessa linea dellApologia di Aristide, che aveva
proposto un modello di preghiera caratterizzato come suo tratto domi-
nante dalla lode e dal ringraziamento, laddove la richiesta doveva vertere
su cose convenienti da domandare per luomo e da concedere per Dio259,
Giustino sviluppa ulteriormente il paradigma della preghiera cristiana
come preghiera spirituale. Anchegli insiste sullidea della preghiera
come lode a Dio e ringraziamento per i benefici concessi allumanit. Nel
contempo ribadisce la preghiera di domanda a partire da un atteggia-
mento di fede e la colloca su di un piano tendenzialmente ancor pi ele-
vato di quanto avesse fatto Aristide, dal momento che egli indica come
suo oggetto la richiesta dellincorruttibilit 260 . LApologista sembre-
rebbe dunque condividere la preoccupazione di indirizzare la preghiera
preferenzialmente verso lottenimento dei beni celesti, demandando in-
vece alliniziativa provvidenziale di Dio la concessione dei beni terreni
unesigenza che anche Origene si sforzer dinculcare ripetutamente.

258 Giustino, Dial. 1, 4 (186): ajlla; kai; hJma`~ ejpiceirou`si peivqein wJ~ tou` me;n
suvmpanto~ kai; aujtw`n tw`n genw`n kai; eijdw`n ejpimelei`tai qeov~, ejmou` de; kai; sou` oujk e[ti
kai; tou` kaq e{kasta, ejpei; oujd a]n hujcovmeqa aujtw/` di o{lh~ nukto;~ kai; hJmevra~ (tr. it.
Vison, 87). Si veda lapprofondita analisi di Ppin.
259 Aristide, Apol. 15, 8-9; 16, 1 (cfr. infra, pp. 515-516).
260 Giustino, I Apol. 13, 2 (nota 1617). Munier, 160, nota 1 ad loc. segnala affinit
con il pensiero stoico, in particolare con lInno a Zeus di Cleante.
92 Parte prima, Capitolo quarto
Gli orientamenti presenti in forma ancora episodica nella riflessione
degli Apologisti si configurano in una dottrina pi organica, capace di te-
nere insieme le manifestazioni del culto, la preghiera e la vita del cri-
stiano nellAdversus Haereses di Ireneo261. Tuttavia, nella grande opera
eresiologica del vescovo di Lione non troviamo indizi di una messa in di-
scussione della preghiera come quella che ci attesta Clemente Alessan-
drino negli Stromati agli inizi del III secolo. Nel VII libro egli evoca en
passant la tesi sostenuta da un gruppo ereticale che si autodefinisce come
gnostico, guidato da un maestro di nome Prodico, fautore della tesi che
non si deve pregare (peri; tou' mh; dei'n eu[cesqai) 262 . Se la parola dor-
dine riferitaci da Clemente assimila di fatto la setta allesito negativo di
Massimo di Tiro, nulla sappiamo circa le motivazioni a suo sostegno.
Clemente si limita a ricordare che non si tratta affatto di unidea nuova,
poich era gi sostenuta dai filosofi della scuola cirenaica263 . Abbiamo
comunque unasserita parentela filosofica anche se dichiaratamente di
natura polemica e in ogni caso diversa dal nostro riferimento contempo-
raneo pi immediato , ma dopo aver messo in luce tale affinit compro-
mettente Clemente rimanda ad altro momento una discussione approfon-
dita: si tratta di un compito non da poco, al dire dellautore degli Stro-
mati, che restio ad una digressione cos impegnativa, mentre nel proprio
trattato sulla preghiera mira a dimostrare come solo lo gnostico che si
attiene al canone ecclesiastico possa considerarsi pio e come egli sia
dedito ad una richiesta secondo il volere di Dio264 . Leggendo questa

261 Si veda, in particolare, Ireneo, Adv. Haer. IV, 17; e supra, nota 108.
262 Clemente Alessandrino, Strom. VII, 7, 41, 1 (144): Entau'qa genovmeno" uJpemnhv-
sqhn tw'n peri; tou' mh; dei'n eu[cesqai prov" tinwn eJterodovxwn, toutevstin tw'n ajmfiv th;n
Prodivkou ai{resin, pareisagomevnwn dogmavtwn. Clemente accenna a questa setta anche
in Strom. III, 4, 29, 3-32, 2. Secondo Le Boulluec (p. 144, nota 3), le rejet de la prire
trouve une semi-confirmation dans certains textes gnostiques de Nag-Hammadi. Gessel,
151-152 rimanda a Vangelo di Filippo 7 e Vangelo di Tommaso 14 (cfr. infra, nota 274).
Per Segelberg 55, aderendo Prodico presumibilmente alla dottrina delle nature fisse, egli
avrebbe soppresso il bisogno di pregare; resta comunque problematico asserire una piena
coincidenza di vedute fra Prodico e i due vangeli gnostici (p. 68).
263 Strom. VII, 7, 41, 2 (144): Ina ou\n mhde; ejpi; tauvth/ aujtw'n th/' ajqevw/ sofiva/ wJ"
xevnh/ ojgkuvllwntai aiJrevsei, maqhvtwsan proeilh'fqai me;n uJpo; tw'n Kurhnai>kw'n lego-
mevnwn filosovfwn. Lhr 1999, 89-90, ricollegandosi alle altre notizie fornite da Clemente
sulla scuola di Prodico ne traccia cos lipotetico profilo: Vielleicht meinten die Prodi-
kianer, da sie als die natrlichen Shne Gottes und als knigliche Kinder kein Bitt-
gebet an ihn, den Vater, richten sollten. Stimmt diese Vermutung, so unterschiede sich die
Gebetskritik der Prodikianer charakteristisch von der von Origenes rekonstruierten chri-
stlichen Gebetskritik, die gerade den Abstand zwischen den Menschen und Gott den Vater
betont. Per gli antecedenti cirenaici si veda Roukema, 57, nota 37, che richiama in
particolare Teodoro (Diogene Laerzio, Vit. II, 86; 97).
264 Strom. VII, 7, 41, 3 (143-144): ajntirrhvsew" d o{mw" teuvxetai kata; kairo;n hJ
tw'n yeudwnuvmwn touvtwn ajnovsio" gnw'si", wJ" mh; nu'n pareisduomevnh to; uJpovmnhma, oujk
ojlivgh ou\sa hJ touvtwn katadromh; diakovpth/ to;n ejn cersi; lovgon, deiknuvntwn hJmw'n movnon
La critica della preghiera 93
dichiarazione e tenendo presente le modalit del rapporto un poco elu-
sivo che Origene intrattiene con il suo predecessore, non si pu fare a
meno di pensare che l agenda di Orat contempli anche il compito la-
sciato inevaso da Clemente. Ne fosse o meno consapevole Ambrogio,
Origene si ispirato al trattato in vari punti e il rigetto della preghiera ad
opera di Prodico non pu certo essergli passato inosservato265.
Origene precisa cos nel preambolo alla discussione delle aporie
(Orat V, 1) che egli non esiter ad esporre le obiezioni degli avversari
sia pure assecondando la richiesta di Ambrogio e Taziana , mentre rin-
traccia il loro contesto dottrinale invertendo, per cos dire, lordine di
Clemente. In un primo tempo, infatti, ricorda che si tratta di un problema
tipico della tradizione filosofica, ma successivamente aggiunge che la
critica della preghiera ha contagiato anche gli ambienti cristiani, sia pure
in una variante ereticale. Il retroterra della filosofia alluso rapidamente
secondo un essenziale approccio dossografico alle diverse posizioni, senza
fare qui menzione di scuole distinte. Origene afferma dunque che in gene-
rale, tra i filosofi, quanti ammettono lesistenza di Dio e la provvidenza
accettano anche la preghiera, mentre il suo rifiuto professato viceversa
da coloro che negano la divinit o la riconoscono in pratica soltanto di
nome, cio privandola della sua azione provvidenziale266 .
Questa messa a punto del contesto, viziata peraltro da una lacuna
nella parte iniziale, suscita di primo acchito perplessit quanto alla defi-
nizione dei fautori della preghiera, poich anche coloro che accolgono
Dio e la sua provvidenza possono respingere la preghiera di domanda,
come si visto per lo stoicismo e per il medioplatonico Massimo di Tiro.
vero che Origene disposto a riconoscere delle eccezioni, ma esse sa-
rebbero pressoch inesistenti e inoltre mancherebbero di esponenti degni
di rilievo. Pu essere che lenunciazione sia viziata polemicamente, an-
che perch gli avversari effettivi con i quali lAlessandrino si misurer di
seguito (Orat V, 2-6) sono proprio coloro che si oppongono alla preghiera

o[ntw" o{sion kai; qeosebh' to;n tw/' o[nti kata; to;n ejkklhsiastiko;n kanovna gnwstikovn, w/|
movnw/ hJ ai[thsi" kata; th;n tou' qeou' bouvlhsin ajponenemevnh givnetai kai; aijthvsanti kai;
ejnnohqevnti.
265 Le Boulluec 2003, 397 si sforzato di provare come en rpondant aux ques-
tions dAmbroise et de Tatiana, Origne se rfre lexpos de Clment. Ci vale anche
per lenunciazione delle aporie: sa rfutation cependant identifie les adversaires dune
faon qui fait cho la manire dont Clment introduit la difficult (p. 398).
266 Orat V, 1 (308, 10-15): ou{tw dh; oJ lovgo" ejsti;n a[doxo" kai; mh; tucw;n ejpishvmwn
tw'n proi>stamevnwn aujtou', w{ste mhde; pavnu euJrivskesqai, o{sti" pote; tw'n provnoian pa-
radexamevnwn kai; qeo;n ejpisthsavntwn toi'" o{loi" eujch;n mh; prosivetai. e[sti ga;r to; dovgma
h[toi tw'n pavnth/ ajqevwn kai; th;n oujsivan tou' qeou' ajrnoumevnwn h] tw'n mevcri" ojnovmato"
tiqevntwn qeovn, th;n provnoian de; aujtou' ajposterouvntwn. Da notare lespressione analoga,
per i fautori delle credenze astrologiche, in CGn III = Phil 23, 1 (136, 41-42): oiJ tw'n gen-
naivwn proi>stavmenoi touvtwn lovgwn (Origne. Philocalie 21-27, Sur le libre arbitre).
94 Parte prima, Capitolo quarto
in nome della provvidenza divina267 . Pi trasparente semmai la caratte-
rizzazione degli avversari pi consueti della preghiera: il cenno a coloro
che negano lesistenza di Dio rinvia chiaramente agli epicurei, la scuola
che lantichit cristiana (e non solo) taccia abitualmente di ateismo,
come vediamo bene in Origene dalla sua polemica con Celso 268 . Riguardo
poi a quelli che affermano Dio a parole, perch lo privano della provvi-
denza, si tratta di unallusione agli aristotelici, per i quali lazione prov-
videnziale non si estendeva alla sfera sublunare. La distinzione e il colle-
gamento tra queste due scuole trovano un parallelo nel Contro Celso (CC
II, 13), sebbene qui il rimprovero mosso agli epicurei tocchi la loro nega-
zione della provvidenza e quello rivolto agli aristotelici la denuncia del-
linutilit di preghiere e sacrifici 269 . In Orat Origene menziona le loro tesi
per completezza dossografica dato che poi non ingagger un dibattito
con essi oppure per aggravare laccusa nei confronti dei suoi pi diretti
interlocutori associandoli a due posizioni notoriamente compromettenti270 .
Del resto la denuncia della perniciosit di tale dottrina la riconduce
alliniziativa della potenza dellAvversario, nel momento in cui Origene
trapassa dal contesto filosofico allambiente cristiano. La forza demonia-
ca, che tenta sempre di stravolgere linsegnamento del Figlio di Dio at-
torniandolo con le dottrine pi empie riuscita a persuadere anche al-
cuni cristiani che non si deve pregare. Neanche in questo caso ci vengono
dati dei nomi, ma lAlessandrino si sforza almeno di caratterizzare con
qualche dettaglio il volto di questi eretici, affermando che essi rigettano
qualunque elemento sensibile, evidentemente nellesercizio del culto, poi-
ch come si precisa di seguito non fanno uso n del battesimo n del-

267 Orat V, 2 (308, 23-25): ei\en d a]n oiJ lovgoi tw'n ajqetouvntwn ta;" eujca;" ou|toi
(dhlonovti qeo;n ejfistavntwn toi'" o{loi" kai; provnoian ei\nai legovntwn: ouj ga;r provkeitai
nu'n ejxetavzein ta; legovmena uJpo; tw'n pavnth/ ajnairouvntwn qeo;n h] provnoian).
268 Cfr. Cacitti; Markschies 2000. Diversamente dallo stereotipo negativo dei po-
lemisti cristiani Des Places, 259 osserva che lattaccamento alla religione tradizionale
manifestato da Platone lo si ritrova anche in Epicuro; testimonianza della sua devozione
agli di il fr. 13 Usener: En effet, dit-il, prier est propre la sagesse, non que les dieux
doivent sirriter si nous ne le faisons pas, mais parce que nous percevons combien la na-
ture des dieux lemporte sur nous en puissance et en excellence. Si veda anche Festu-
gire, 98-99; e Hadot 1995, 190: Pour les sages, le bien le plus haut, cest de contempler
la splendeur des dieux. Ils nont rien leur demander, et pourtant ils les prient dune prire
de louange.
269 CC II, 13 (142, 7-9): Epikoureivou", tou;" pavnth/ provnoian ajnairou'nta", ajlla;
kai; tou;" ajpo; tou' Peripavtou, mhde;n favskonta" ajnuvein eujca;" kai; ta;" wJ" pro;" to; qei'on
qusiva". CRm III, 1 (200, 182202, 202) ripropone la critica allepicureismo e allaristote-
lismo, ma senza accennare alla visuale dei secondi riguardo alla preghiera.
270 Le Boulluec 2003, 398-399: Ce renvoi dune partie des philosophes, les athes
au sens plein et les picuriens, peut tre peru comme une gnralisation et une diversifi-
cation du grief formul par Clment. Laccostamento con CC II, 13 suggerisce di identi-
ficare in Orat V, 1-2 lo stesso abbinamento.
La critica della preghiera 95
leucarestia. A suffragare il rifiuto della preghiera concorre uninterpre-
tazione mistificatrice delle Scritture, che agli occhi di tali eretici avreb-
bero inteso dire qualcosa di diverso, quando parlano di pregare271 . Pur
con tali precisazioni non facile identificare il gruppo che Origene ha in
mente, anche se dobbiamo naturalmente pensare che si tratti nuovamente
di esponenti di qualche setta gnostica. Dal modo in cui lAlessandrino ne
parla si direbbe che non ricavi questo contesto direttamente dalla lettera
di Ambrogio, ma ne estrapoli semmai le diverse implicazioni filosofiche
e teologiche alla luce dello sfondo pi vasto al quale vuole ricondurre il
problema 272 . In ogni caso, sfruttando la testimonianza di Ireneo, si pro-
posto di identificare gli eretici qui evocati con un gruppo appartenente alla
gnosi marcosiana, anche se ci sembrerebbe contraddetto dalle notizie
sulla prassi cultuale di questa scuola conservateci nellAdversus haere-
ses273. Tuttavia, i tentativi per accertare il profilo degli eretici combattuti
da Origene devono prendere atto che lAlessandrino mette in scena un
dibattito in cui intervengono entrambe le prospettive disegnate fin qui: il
riferimento alla tradizione filosofica ed una sua ricezione e distinta for-
mulazione cristiana274 . Nello stesso tempo lAlessandrino imposta la di-
scussione secondo i termini dettati in buona parte dai riferimenti scrittu-
ristici, con il ricorso ad una serie di passi che come possiamo verificare
anche in altre circostanze analoghe (ad esempio, nel Trattato sul libero
arbitrio di Prin III, 1) non necessariamente doveva trarre dagli argo-

271 Orat V, 1 (308, 15-22): h[dh mevntoi ge hJ ajntikeimevnh ejnevrgeia, ta; ajsebevstata
tw'n dogmavtwn peritiqevnai qevlousa tw'/ ojnovmati tou' Cristou' kai; th'/ didaskaliva/ tou'
uiJou' tou' qeou', kai; peri; tou' mh; dei'n eu[cesqai deduvnhtai pei'saiv tina": h|" gnwvmh"
proi?stantai oiJ ta; aijsqhta; pavnth/ ajnairou'nte" kai; mhvte baptivsmati mhvte eujcaristiva/
crwvmenoi, sukofantou'nte" ta;" grafav", wJ" kai; to; eu[cesqai tou'to ouj boulomevna" ajll
e{terovn ti shmainovmenon para; tou'to didaskouvsa".
272 di questo avviso anche Le Boulluec 2003, 399. Lallargamento della visuale
polemica (filosofi ed eretici) va visto anchesso come indizio della modificazione appor-
tata da Origene allimpostazione clementina.
273 Cfr. Ireneo, Adv. Haer. I , 21, 4 (SC 264, 303): a[lloi de; tau'ta pavnta parai-
thsavmenoi favskousi mh; dei'n to; th'" ajrrhvtou kai; ajoravtou Dunavmew" musthvrion di
oJratw'n kai; fqartw'n ejpitelei'sqai ktismavtwn, kai; tw'n ajnennohvtwn kai; ajswmavtwn di
aijsqhtw'n kai; swmatikw'n. Sulle dottrine di questo gruppo si veda Frster, 7-13, che pro-
pone piuttosto di vedervi il riferimento ad un altro gruppo valentiniano, distinto dai mar-
cosiani veri e propri, che al contrario praticano forme rituali (si veda Adv. Haer. I, 13, 2-4).
274 Per Gessel, 151, diese Hretiker drften in den Reihen derer zu suchen sein,
die man allgemein als Gnostiker bezeichnen kann, wie z.B. Prodikos und die Cyrenaiker
(sic!), Doketen, Askodruten, Archontiker, Markioniten, Valentinianer, aber auch solche
Gruppen, denen das koptisch-gnostische Thomasevangelium und das Philippusevange-
lium Grundlage ihrer Religiositt war. Da parte sua Ppin riscontra analogie con le po-
sizioni di Massimo di Tiro, anche se gli avversari di Origene sono cristiani, pi precisa-
mente degli gnostici marcosiani. Anche per Trevijano Etcheverria, 117, si tratterebbe di
eretici gnosticizzanti. Punta invece alla matrice della tradizione filosofica (con Massimo
come suo testimone principale e in seguito Porfirio) Stritzky, 112-113.
96 Parte prima, Capitolo quarto
menti prodotti dai suoi avversari275 . Occorre insomma riconoscere che
Origene si appropria in maniera organica e sostanzialmente originale dello
spunto offertogli da Ambrogio con le sue aporie, sviluppando la propria
replica su un piano che intreccia strettamente gli aspetti pi propriamente
speculativi (filosofici e teologici), i riferimenti scritturistici e il richiamo
allesperienza (psicologica e morale).

3. La replica alle aporie: un esercizio di quaestiones et responsiones

La compattezza della trattazione origeniana assicurata dalla precisa


cornice letteraria che sispira ad un procedimento metodico altamente for-
malizzato, e al quale Origene si attiene anche in altri scritti. In Orat V-VII
ci troviamo infatti davanti ad un esercizio di quaestiones et responsiones
ben articolato nelle sue due parti principali: 1. lelaborazione delle aporie
(Orat V); 2. la soluzione di esse (Orat VI-VII). Con largomentazione svi-
luppata in questo tratto lAlessandrino assume cos i panni dello zhthti-
kov", cui compete lenunciazione approfondita del problema, e nello stesso
tempo quelli del lutikov", che sfoggia a sua volta la propria acribia nel ri-
spondere punto per punto alle questioni sollevate. Bench Origene non ci
abbia lasciato opere appartenenti al genere letterario delle quaestiones et
responsiones che in pratica fa il suo ingresso nella letteratura cristiana
antica soltanto con le Quaestiones Evangelicae di Eusebio di Cesarea276 ,
egli conosce molto bene la tecnica e la pratica in pi di uno scritto277. Anzi,
si fatto notare come in generale limpresa esegetica di Origene sui singoli
testi biblici sia sorretta abitualmente dallintroduzione di una quaestio278.
Applicato principalmente in sede filologica ed esegetica, il metodo delle
quaestiones et responsiones si esteso ad una pluralit di ambiti, incluso
ovviamente quello filosofico (dove peraltro Aristotele fornisce per tempo
una sistematizzazione della topica di quaestiones et responsiones sul testo
di classici come Omero)279 . Pertanto gi nella storia del pensiero antico,
senza dover giungere fino ad un Tommaso dAquino, la riflessione filo-

275 Si veda il dossier dei luoghi biblici addotti contro il libero arbitrio in Prin III, 1
e la mia analisi in proposito (Perrone 1992b).
276 Cfr. lintroduzione di Zamagni alla nuova edizione (Eusbe de Csare. Ques-
tions vangliques), 33-64.
277 Ne ho tracciato una panoramica in Perrone 1994c.
278 lindicazione, come sempre meditata e autorevole, di Manlio Simonetti (ad
esempio, in Simonetti 2004b, 179: Procedimento prediletto per operare questo appro-
fondimento [...] , analogamente a quanto si faceva nelle scuole di filosofia, lutilizza-
zione della quaestio, che [...] scaturisce per lo pi dallaccostare al passo in esame uno o
pi altri di significato in qualche modo affine, per esaminarne somiglianze e, soprattutto,
divergenze).
279 Aristotele, Poetica 25.
La critica della preghiera 97
sofica si enuclea assai spesso a partire da un elemento aporetico, come
vediamo ben esemplificato in fedelt alla tradizione originaria della
scuola dal neoplatonico Plotino.
Ma nella trattazione di Origene dobbiamo considerare ladozione del
metodo di quaestio et responsio anche alla luce della prassi retorica. Lim-
medesimazione aporetica di cui lAlessandrino d prova nella pars de-
struens della sua argomentazione, alla quale in un secondo momento si
contrappone simmetricamente la pars construens, richiama da vicino an-
che lesercizio di ajnaskeuhv e kataskeuhv in uso nelle scuole di retorica.
Questa affinit suggerita, fra laltro, dal cenno iniziale di Origene alla
necessit di esporre preliminarmente ta; piqanav dei critici della preghiera
(Orat V, 1)280. Ora, lesercizio retorico consisteva per lappunto nel veri-
ficare dapprima criticamente o distruggere (ajnaskeuhv) la piqanovth",
cio la verosimiglianza di un mito o di una storia, per poi dimostrarla o
ricostruirla (kataskeuhv) susseguentemente281 . Origene si serve di que-
sto stesso metodo nellargomentazione di natura storico-critica condotta
sui testi biblici282 . Tale metodo, come si pu ricavare anche dallapplica-
zione che egli ne fa, doveva rispettare determinati requisiti; in particolare,
lajnaskeuhv era tenuta a provare la mancanza di piqanovth" con il mettere
in luce gli aspetti problematici, vuoi per la loro impossibilit o oscuri-
t, vuoi per la mancanza di consequenzialit (ajkolouqiva)283. eviden-
te qui la contiguit fra il metodo retorico e la tecnica delle quaestiones et
responsiones che verteva anchessa, a partire dalla teorizzazione aristote-
lica, sugli elementi del testo individuabili come impossibili (ajduvnata),
assurdi (a[topa), irragionevoli (a[loga) o disdicevoli (ajpreph').
A rafforzare ulteriormente la componente retorica dellesercizio ori-
geniano di quaestio et responsio concorre nella solutio labbondante ricor-
so al metodo della prosopopea (Orat VI, 4-5). Sebbene la teorizzazione
al riguardo nei manuali antichi di retorica presenti difficolt, quanto alla
sua esatta definizione (sovrapponendosi spesso con letopea), Origene
si serve largamente di questa tecnica della personificazione, per tradurre
un discorso impersonale di principio o unargomentazione astratta in un
intervento diretto e personale conferendogli cos unimmediatezza collo-

280 Cfr. supra, nota 210.


281 Quintiliano, Inst. or. II , 4, 18 lo ricorda tra i primi esercizi della scuola di retorica:
Narrationibus non inutiliter subjungitur opus destruendi confirmandique eas, quod ajna-
skeuhv et kataskeuhv vocatur. Id porro non tantum in fabulosis et carmine traditis fieri po-
test, verum etiam in ipsis annalium monumentis (Rahn, I, 180-182). Cfr. Neuschfer, 28.
282 Grant, 40-49, 50-78.
283 Neuschfer, 243: Der Unwahrscheinlichkeitserweis eines Mythos (ajnaskeuhv)
erfolgt unter mindestens drei Gesichtspunkten: ejk tou' ajdunavtou, ejk tou' ajsafou'", ejk
tou' ajnakolouvqou. Come esempio di applicazione del metodo segnala lesegesi della
purificazione del tempio (Gv 2, 12-22) in CIo X.
98 Parte prima, Capitolo quarto
quiale particolarmente efficace284 . Con notevole audacia lAlessandrino
fa intervenire la prosopopea ragionando ex parte Dei: Dio stesso, dunque,
argomenta in prima persona la soluzione esposta teoricamente da Origene
per conciliare libero arbitrio e preghiera delluomo con la prescienza e
provvidenza divine 285 .
La percezione di una porzione di testo cos strutturata sotto il profilo
formale non sfuggita ai lettori antichi di Orat. Nel margine del codice T
in corrispondenza con ogni successiva argomentazione aporetica della
quaestio a partire da Orat V, 2 (e con la sola eccezione di V, 5) trovia-
mo una nota che segnala la presenza di un ejpiceivrhma286 . Come il termine
piqanav , anche ejpiceivrhma ha una sua configurazione logico-formale.
Aristotele lo definisce nei Topici come un sillogismo dialettico, distin-
guendone il rilievo argomentativo rispetto al sillogismo apodittico (fi-
losovfhma), nonch al sillogismo contenzioso (sovfisma) e al sillogi-
smo aporetico (ajpovrhma)287 .
Ci si potrebbe domandare perch le obiezioni di Orat V, 2-5 siano
state indicate con il termine ejpiceivrhma anzich con ajpovrhma. Ma sin-
tuisce che le elaborazioni aporetiche, in quanto fanno parte di un percorso
argomentativo finalizzato a provare la tesi, contestata solo in via provvi-
soria, siano state qualificate non a torto come ejpiceirhvmata proprio per
la loro funzione dialettica in positivo. Origene non adopera il vocabolo
in Orat, preferendogli piqanav come categoria riassuntiva delle obiezioni
(Orat V, 1), ma esso compare in altre opere. Di particolare interesse il

284 Luso della proswpopoiiva, attestato in numerosi scritti, particolarmente signi-


ficativo nel dibattito con Celso. Il filosofo pagano se ne serve per argomentare la sua po-
lemica con i cristiani, affidando inizialmente il suo attacco alla prosopopea di un Ebreo, e
Origene gli obietta di non applicare correttamente tale tecnica. In proposito, oltre a Pi-
chler e Neuschfer, si veda specialmente Villani.
285 Lhr 1999, 95: Der khne Gebrauch der Prosopopoi zeigt, da Origenes
nachdem er in einem ersten Schritt die spezifische Freiheit rationaler Wesen skizziert hat
das Problem konsequent von dem Gott her durchdenkt, der die Welt als eine Schule freier
rationaler Wesen eingerichtet hat und an jedem einzelnen dieser Wesen bis in die Verste-
lungen der jeweiligen Biographie hinein wirkt.
286 Nel primo caso, in Orat V, 2, la lezione del ms. (f. 218v), di difficile lettura,
stata cos ricostruita da Koetschau: <ejpic>eivrhma tw'n <ajqet>ouvntwn to; <eu[cesqai>.
La nota ricompare due volte in V, 3; una in V, 4. Analoghe indicazioni figurano nel cod. H
(XIV secolo) a margine di CMt XII , 15. 23 (GCS 40, pp. 103, 120) ove troviamo segnalate
rispettivamente ajporiva e luvsi".
287 Aristotele, Top. VIII, 11: Esti de; filosovfhma me;n sullogismo;" ajpodeiktikov",
ejpiceivrhma de; sullogismo;" dialektikov", sovfisma de; sullogismo;" ejristikov", ajpov-
rhma de; sullogismo;" dialektiko;" ajntifavsew", A philosopheme is a demonstrative in-
ference, an epichereme is a dialectical inference, a sophism a contentious inference, and
an aporeme is a contentious inference of contradiction (Aristotle, Topica, by E.S. Forster,
LCL, Cambridge-London 1966, p. 725). Cfr. LSJ 672, s.v.: in the logic of Aristotle, at-
tempted, i.e. dialectical proof, opp. a demonstrative syllogism (filosovfhma).
La critica della preghiera 99
suo utilizzo nel Contro Celso, dove lAlessandrino lo applica alle obie-
zioni di poco conto prodotte dal filosofo pagano nel suo attacco al cri-
stianesimo, assegnandogli apparentemente il semplice valore distruttivo
che corrisponderebbe ad ajpovrhma nella classificazione aristotelica288.
Pi ampio per il ricorso a vocaboli come laggettivo piqanovn, il
sostantivo piqanovth" o lavverbio piqanw'", che in generale sembrano rin-
viare ad argomentazioni speciose, ma dotate di unapparenza di verit o
credibilit. Nel prologo del Contro Celso Origene introduce piqanav, a
commento di Col 2, 8 (Badate che nessuno vi inganni con la sua filosofia
e con i vuoti raggiri ispirati alla tradizione umana, secondo gli elementi
del mondo e non secondo Cristo), per denunciare con lApostolo
linganno della filosofia, che spesso ammanta i suoi sofismi con una
sembianza di vero289. In altri luoghi dellapologia piqanov" o piqanovth"
pu rinviare ad una plausibilit non contraffatta o, per cos dire, ragio-
nevole290. Tuttavia, nel corso del lungo confronto con il filosofo pagano
Origene designa con il vocabolo piqanav le critiche pretestuose di Celso
alle quali egli si sforza di replicare291 . A tale significato sembra avvici-
narsi luso del termine in Orat V, 1, che confermato indirettamente dalle
altre occorrenze dello stesso gruppo di vocaboli292 . Ci non toglie che Ori-
gene si cali con grande intensit nellorizzonte degli avversari della pre-
ghiera fornendo loro, almeno temporaneamente, un aspetto di rigore logico
e di persuasivit293.

288 CC II, 20 (148, 18-20): Kai; pro;" tau'ta dev, ejpei; bouvlei kai; toi'" ejmoi; fainomev-
noi" eujtelevsi tou' Kevlsou ejpiceirhvmasin ajpanta'n, toiau'ta fhvsomen. Cfr. anche II , 53
(177, 18-19): Pleivona d eij" taujto;n levgwn, i{na dovxh/ au[xein to; ejpiceivrhma. Daltra parte,
in CGn III = Phil. 23 (184), 16 ejpiceivrhma equivale invece ad argomento (a favore) di
una tesi: Idwmen kai; deuvteron ejpiceivrhma, pw'" ouj duvnantai oiJ ajstevre" ei\nai poihtikoiv,
ajll eij a[ra shmantikoiv (Metzler, 95 ad loc.: in einem zweiten Argumentationsgang).
289 CC Prol. 5 (54, 9-11): O me;n ou\n Pau'lo" sunidw;n o{ti e[stin ejn filosofiva/ eJl-
lhnikh'/ oujk eujkatafrovnhta toi'" polloi'" piqanav, paristavnta to; yeu'do" wJ" ajlhvqeian.
290 In questi casi Origene sembra servirsene nellaccezione originaria (cfr. LSJ 1403,
s.v.: persuasive, plausible especially of popular speakers) testimoniata, ad esempio,
da Aristotele, Rhet. 1395b 27: piqanwvteroi oiJ ajpaivdeutoi tw'n pepaideumevnwn ejn toi'"
o[cloi".
291 CC IV, 89 (361, 6-8): Ou{tw ga;r a]n pro;" ta; piqana; aujtou', ejpideixamevnou fi-
lovsofon peri; tw'n thlikouvtwn e{xin, kata; to; dunato;n hJmi'n ejnevsthmen. Cfr. anche V, 1
(2, 4-5): ta; piqana; tou' Kevlsou kata; to; dunato;n hJmi'n lu'sai. Da notare in CC anche
luso dei contrari ajpivqano" e ajpiqanovth".
292 Cfr. Orat VI, 2 (312, 18), dove ci si appella per contrasto al criterio dellespe-
rienza: ka]n muriavki" <ti"> aujta; kataskeuavzh/ euJresilogw'n kai; piqanoi'" lovgoi" crwv-
meno"; XIII, 3 (327, 15-18), con uninterpretazione del cantico di Giuditta: ajlla; kai; to;n
ajrcistrathgo;n tou' ajntikeimevnou <to;n> [BKV, 47 n. 2] ajpathlo;n kai; piqano;n lovgon,
katapthvssein poiou'nta pollou;" kai; tw'n pepisteukevnai nomizomevnwn, oJ tw'/ pro;" qeo;n
ai[nw/ pepoiqw;" diakovptei pollavki".
293 A testimonianza dellimmedesimazione argomentativa da parte di Origene si
veda linizio di Orat V , 2 (308, 18): ei\en d a]n oiJ lovgoi tw'n ajqetouvntwn ta;" eujca;"
100 Parte prima, Capitolo quarto
4. La quaestio: inconciliabilit della preghiera con prescienza e predeter-
minazione divine

Prescienza e predeterminazione di Dio, luna e laltra strettamente


intrecciate con i concetti di provvidenza e di elezione, sono i pilastri su
cui poggia largomentazione e contrario degli avversari della preghiera.
Le obiezioni, ricondotte al loro nocciolo aporetico, si possono riassumere
per comodit come segue, avvertendo per che non bisogna perdere di
vista la dialettica complessiva dellargomentazione (evidenziata, fra lal-
tro, dalla parziale ripresa delle stesse citazioni scritturistiche):
1. Prescienza e provvidenza divine rendono superflua la preghiera (Orat
V, 2).
2. Se Dio ha stabilito tutto in anticipo, assurdo pregare perch il suo
piano per gli uomini non si realizzi (Orat V, 3)294 .
3. Lelezione ad opera di Dio, testimoniata da numerosi esempi nella
Bibbia, sopprime la possibilit di pregare (Orat V, 4-5).
4. Lassurdit della preghiera evidente anche perch presuppone una
nozione di Dio come essere mutevole (Orat V , 5).
Punto di partenza dunque lidea che Dio conosce ogni evento in
anticipo, ancor prima che esso si verifichi, suffragata dal riferimento ad
un passo della storia di Susanna (Sus 42 Q), gi usato come prima prova
scritturistica nella discussione sulla prescienza divina nel terzo libro del
Commento a Genesi295 , ma richiamato di frequente da Origene, in parti-
colar modo quando elabora la sua visione delleconomia provvidenziale
di salvezza296 . Anche qui si istituisce tale nesso, sia pure nellottica degli

ou|toi. Per lanalogo procedimento nel Trattato sul libero arbitrio, cfr. Prin III, 1, 15
(222, 7): Tau'ta me;n ejrei' oJ ajpo; tw'n yilw'n rJhtw'n to; ejf hJmi'n ajnairw'n.
294 Il lettore antico che ha individuato due aporie in Orat V, 3 (309, 18), segnalando
un secondo ejpiceivrhma in corrispondenza di pavlin te au\ ktl., opera un sezionamento
non necessario. Quello che indicato come terzo ejpiceivrhma riflette uno sviluppo interno
alla seconda obiezione. Si tratta di formulazioni che adoperano entrambe lesempio del
sole per insinuare lidea che assurdo voler modificare lordine stabilito da Dio ricor-
rendo alla preghiera.
295 In CGn III = Phil 23, 4 (142) la preghiera di Susanna citata ai vv. 42-43, pre-
ceduta dalla seguente premessa: Oti me;n ou\n e{kaston tw'n ejsomevnwn pro; pollou' oi\den
oJ qeo;" genhsovmenon, kai; cwri;" me;n grafh'" aujtovqen ejk th'" ejnnoiva" th'" peri; qeou' dh'-
lon tw/' sunievnti ajxivwma dunavmew" nou' qeou'. Eij de; dei' kai; ajpo; tw'n grafw'n tou'to pa-
rasth'sai, plhvrei" mevn eijsin aiJ profhteivai toiouvtwn paradeigmavtwn.
296 Orat V , 2 (308, 26-309, 1): oJ qeo;" oi\de ta; pavnta pro; genevsew" aujtw'n (Sus 42 =
Dn 13, 42), kai; oujde;n ejk tou' ejnesthkevnai o{te ejnevsthke prw'ton aujtw'/ ginwvsketai wJ"
pro; touvtou mh; gnwsqevn. Origene se ne serve in Prin III, 1, 12, dove lapparente abbando-
no delle creature a loro stesse giustificato con il motivo che prendano coscienza di s e
dei propri limiti, mentre a Dio non sono certo ignoti. Un identico ragionamento ripropo-
sto con lausilio dello stesso versetto in III, 1, 17 (225, 18-226, 4): diovper ejpi; tw'n toiouv-
La critica della preghiera 101
avversari, sfruttando di rincalzo Mt 6, 8: il Padre vostro sa di quali cose
avete bisogno ancor prima che gliele chiediate; a che scopo dunque rivol-
gersi a Lui nella preghiera?297 Lobiezione insidiosa, anche perch sfrutta
a prima vista quella stessa concezione di Dio, padre premuroso ed econo-
mo provvidenziale per i propri figli, che sta al centro del pensiero di Ori-
gene. Lo sdoppiamento esegetico davvero paradossale, anche perch
pi avanti nel trattato lAlessandrino far proprio lui stesso il motivo di
Mt 6, 8 (Orat XVII, 2), sia pure inquadrandolo nella prospettiva di una
preghiera di richiesta per i beni grandi e celesti. Cos, concludendo la
prima sezione, si far forte del passo matteano per inculcare lidea di la-
sciare alliniziativa provvidenziale del Padre celeste la concessione dei
beni terreni e materiali298 . Anche nel preambolo al commento del Padre-
nostro (Orat XXI, 2), interpretando direttamente il versetto in questione,
Origene giustificher nuovamente la necessit della preghiera, legandola
ancora pi apertamente alla sola richiesta dei beni celesti e soprattutto alla
nozione di un Padre che Dio dei santi299. Come teorizzato espressa-
mente da questo passo, lautentica preghiera pu darsi solo sul presupposto
di una retta nozione di Dio, pena il fatto di domandare da parte dellorante
qualcosa che non conviene alla santit divina.
Ora, a scapito delle evidenti somiglianze e del comune utilizzo di Mt
6, 8, gli avversari della preghiera si rifanno in realt a una nozione di Dio
diversa da quella di Origene. vero che lAlessandrino, a rafforzare lim-
magine di un Creatore provvidente e amoroso, pone loro in bocca le parole
del libro della Sapienza sul Signore, amante della vita: tu ami tutte le
cose esistenti e nulla disprezzi di quanto hai creato (Sap 11, 24), altro
luogo scritturistico che trova significativi echi negli scritti origeniani300.

twn oJ qeo;" oJ aijwvnio", oJ tw'n kruptw'n gnwvsth", oJ eijdw;" ta; pavnta pri;n genevsew" aujtw'n,
kata; th;n crhstovthta aujtou' uJpertivqetai th;n tacutevran pro;" aujtou;" bohvqeian kaiv, i{n
ou{tw" ei[pw, bohqw'n aujtoi'" ouj bohqei', touvtou aujtoi'" lusitelou'nto". Come precisa
CMt XIII, 1, per Origene la prescienza divina dei possibili, e con essa la profezia, pu
darsi solo a condizione di non pensarli come infiniti. Cfr. anche CRm I, 3; HIer XVIII, 6.
297 Orat V , 2 (309, 1-7): tiv" ou\n creiva ajnapevmpesqai eujch;n tw'/ kai; pri;n eu[xa-
sqai ejpistamevnw/ w|n crhv/zomen oi\de ga;r oJ path;r oJ oujravnio" w|n creivan e[comen pro;
tou' hJma'" aijth'sai aujtovn (Mt 6, 8). eu[logon de; patevra kai; dhmiourgo;n aujto;n o[nta tou'
panto;", ajgapw'nta ta; o[nta pavnta (cfr. Sap 11, 24) kai; mh<de;n> bdelussovmenon w|n pe-
poivhke, swthrivw" ta; peri; e{kaston kai; cwri;" tou' eu[xasqai oijkonomei'n divkhn patevro".
298 Cfr. supra, nota 218.
299 Orat XXI, 2 (346, 3-10): oi\de ga;r oJ tw'n aJgivwn qeo;", path; r w]n, w|n creivan
e[cousin oiJ uiJoi; aujtou', ejpei; a[xia tugcavnei th'" patrikh'" gnwvsew". eij dev ti" ajgnoei' to;n
qeo;n, kai; ta; tou' qeou' ajgnoei', ajgnoei' de; [kai; BKV, 72 n. 1] ta; w|n creivan e[cei:
dihmarthmevna gavr ejsti kai; ta; w|n creivan e[cein nomivzei: oJ de; teqewrhkw;" w|n ejstin
ejndeh;" kreittovnwn kai; qeiotevrwn, ginwskomevnwn uJpo; qeou' teuvxetai w|n teqewvrhke
kai; ejgnwsmevnwn tw'/ patri; kai; pro; th'" aijthvsew".
300 Orat V, 2 (nota 297). Sap 11, 24 ricorre in CIo XX, 17, 148; Prin II , 6, 3; CC I,
71; CC IV, 28; CCt III, 7, 23. Di particolare rilievo lutilizzo del passo nella risposta al-
102 Parte prima, Capitolo quarto
Tuttavia, non pu sfuggire il diverso rapporto che gli avversari istitui-
scono fra luomo e Dio con il sopprimere la preghiera: gli uomini suoi
figli si trasformano di fatto in bambini (nhvpioi) e il Padre celeste in
un genitore troppo umano301 . In ultima analisi, se assecondata fino in
fondo, la prospettiva dei critici finirebbe per portare ad una sorta di pater-
nalismo divino che deresponsabilizza luomo, allopposto dellinsistenza
di Origene sia sul libero arbitrio sia sul bisogno di chiedere laiuto di Dio.
Anche se egli drammaticamente consapevole dello scarto fra luomo e
Dio ben pi grande di quello che c tra i figli e la mente dei loro geni-
tori, per usare le parole degli avversari , diversamente da costoro il ri-
conoscimento dellignoranza (a[gnoia) delle cose di Dio da parte del-
luomo non paralizzante per lAlessandrino. Al contrario, proprio essen-
do consapevoli di tale ignoranza e dellincapacit umana a domandare ci
di cui abbiamo realmente bisogno, bisogna rivolgersi a Dio nella preghie-
ra, chiedendo con la prima petizione del Padrenostro di pervenire alla
santificazione del Suo nome, cio a quella cognizione di Dio che con-
forme al suo essere e alla vocazione di santit cui Egli chiama luomo302.
La seconda obiezione (Orat V , 3) trapassa dallidea della prescienza
provvidente di Dio al motivo della prederminazione divina dellordine
delle cose303 . Il paradigma entro cui ricomprendere le vicende umane
fornito non a caso dallordine regolare del cosmo, esemplificato dal sor-
gere del sole: sarebbe da sciocchi pregare perch il sole sorga, ma non
meno stolto pensare di intervenire con la propria preghiera sul corso
delle cose; sia che preghiamo o no, Dio lo ha stabilito in anticipo. Lar-
gomentazione dal sapore stoicheggiante (con il suo accento deterministi-
co-provvidenziale) si colora poi di una nota comica, che tradisce ancora
una volta limpatto retorico sul discorso di Origene: colui che prega per
intervenire sul disegno preordinato di Dio da considerarsi alla stregua di
un lunatico che, soffrendo il caldo dellestate, si mettesse a pregare per-
ch il sole ritorni nelle pi temperate costellazioni primaverili. Il parados-

laccusa di Celso ai cristiani di credersi al centro del mondo (CC IV, 28). da notare che
in Prin II, 6, 3 Sap 11, 24 detto del Figlio in quanto Demiurgo.
301 Si veda supra, nota 186. Pur scontando lo sdoppiamento dialettico, lannota-
zione rivelativa non solo dellinteresse per il rapporto di paternit fra Dio e luomo ma
anche dellumanit concreta di Origene. Fra i molti esempi, le si pu accostare un passo
folgorante sullamore materno in EM 27 (23, 22-24): drovsoi ga;r eujsebeiva" kai; pneu'ma
oJsiovthto" oujk ei[wn ajnavptesqai ejn toi'" splavgcnoi" aujth'" to; mhtriko;n kai; ejn pollai'"
ajnaflegovmenon wJ" ejpi; barutavtoi" kakoi'" pu'r.
302 Cfr. Orat XXIV , 2 (354, 14-15): eujlovgw" didaskovmeqa th;n ejn hJmi'n e[nnoian
peri; qeou' aJgivan [<dei'n > BKV, 83 n. 3] genevsqai, i{n i[dwmen aujtou' th;n aJgiovthta. An-
che FrEph I, 8 richiama il concetto della sana nozione di Dio: w{sper pavnte" teqhvpasi
to;n Qeovn, sfavllontai de; oiJ ajpopivptonte" th'" uJgiou'" ejnnoiva" peri; tou' Qeou'.
303 Orat V, 3 (309, 12-13): eijko;" <de;> tw'/ qew'/ ouj movnon proegnw'sqai ta; ejsovmena
ajlla; kai; prodiatetavcqai, kai; mhde;n para; ta; aujtw'/ prodiatetagmevna givnesqai.
La critica della preghiera 103
so introdotto abilmente dallAlessandrino non da prendere solo come
segno della sua perizia retorica304 . Con il riferimento, sia pure capzioso,
ai corpi celesti sintroduce anche uno scenario cosmologico della preghie-
ra che non soltanto avr una sua incidenza significativa nel seguito del-
largomentazione di questa parte del trattato, ma conforme alla visione
cosmica della preghiera proposta pi in generale dal trattato305. Del re-
sto, Origene in generale molto attento allastronomia ed anche allastro-
logia, della quale combatte la superstiziosa influenza nella vita religiosa
del suo tempo306 . Ora, il ragionamento aporetico di Orat V, 3 suona quasi
come un contrappunto allobiezione mossa da Origene ai fautori del deter-
minismo astrologico nellampia trattazione sui luminari del firmamento
(Gn 1, 14) nel III libro del Commento alla Genesi. Precedendo verosimil-
mente di poco tempo il nostro scritto, esso pare anticipare molti spunti
esegetici posti qui in bocca agli avversari della preghiera. LAlessandrino
vi contestatava, fra laltro, la diffusione delle credenze astrologiche anche
fra i cristiani obiettando che, qualora fossero vere, renderebbero assurde
le preghiere307.
Con la successiva obiezione (Orat V, 4) largomentazione critica svi-
luppa una terza implicazione aporetica, deducendola conseguentemente
dal motivo della predeterminazione divina, che ora precisata con le ca-
tegorie bibliche di predestinazione ed elezione. Ritorna cos la linea
di ragionamento basata sulla Scrittura ed essa domina ormai lelabora-
zione origeniana delle aporie fino alla conclusione (Orat V , 5). Linte-
resse di questo tratto dato dal fatto che vi troviamo riuniti alcuni luoghi
cruciali, in primis paolini, sui quali Origene ha avuto occasione di tornare
ripetutamente nelle sue opere. Sappiamo che la loro rilevanza per lAles-
sandrino stata, almeno in parte, determinata dalla polemica contro gli

304 Peraltro illustrata dalla sapiente costruzione del periodo (309, 18-24), con la sua
struttura a chiasmo e la corrispondenza fra linizio e la fine (inclusa la variatio fra maniva e
melagcoliva ): pavlin te au\ w{sper pa'san manivan uJperbavllei oJ dia; to; ejnoclei'sqai uJpo;
tou' hJlivou genomevnou ejn qerinai'" tropai'" kai; kausou'sqai oijovmeno" dia; th'" eujch'" me-
tasthvsesqai to;n h{lion ejpi; ta; ejarina; shmei'a, i{na eujkravtou ajpolauvh/ tou' ajevro":
ou{tw" ta; ajnagkaivw" sumbaivnonta peristatika; tw'/ tw'n ajnqrwvpwn gevnei ei[ ti" oi[oito
dia; to; eu[cesqai mh; peivsesqai, pa'san <a]n> uJperbavloi melagcolivan.
305 emblematica al riguardo, fin dal titolo, linterpretazione attualizzante di Dyck-
hoff. Sulla creazione degli astri e la loro funzione provvidenziale si veda Prin II, 9, 7 (171,
15-18): aliqui ex his, qui melioribus meritis sunt, ad exornandum mundi statum conpati
(cfr. 1Cor 12, 26) reliquis et officium praebere inferioribus ordinentur, quo per hoc et ipsi
participes existant patientiae creatoris.
306 Cfr. Scott.
307 CGn III = Phil 23, 2 (138-140): Pro;" de; toi'" eijrhmevnoi" kai; eujcai; parevlkousi
mavthn paralambanovmenai: eij ga;r kathnavgkastai tavde tina; genevsqai, kai; oiJ ajstevre"
poiou'sin, oujde;n de; para; th;n touvtwn pro;" ajllhvlou" ejpiplokh;n duvnatai genevsqai,
qeo;n ajlogivstw" ajxiou'men tavde tina; hJmi'n dwrei'sqai. Junod (p. 139, nota 3) vi accosta
come parallelo FrIer 49 (223, 13): eij ga;r ajstevre" tuco;n ejnergou'si, mavthn eujcovmeqa.
104 Parte prima, Capitolo quarto
gnostici valentiniani e contro i marcioniti, ma in ogni caso proprio su tali
riferimenti biblici Origene ha fondato alcune delle sue convinzioni pi ra-
dicate. Il motivo della predestinazione viene dapprima introdotto, a nome
degli avversari, per i peccatori come per i giusti, con il ricorso rispettiva-
mente a Sal 57(58), 4 (sono traviati gli empi fin dallutero)308 ed a Gal
1, 15 (il giusto prescelto fin dal ventre materno). La predestinazione
quindi proposta come elezione alla luce di Rm 9, 11-12 e insieme del-
lepisodio di Gn 25, 23 la scelta di Giacobbe a preferenza di Esa ri-
chiamato dallApostolo nello stesso passo. dunque vano domandare il
perdono dei peccati o la forza dello Spirito: che siamo peccatori o che
siamo giusti, anche pregando non possiamo influire in alcun modo sulla
nostra sorte. Ribadendo lidea dellelezione divina nel senso di predesti-
nazione lobiezione insiste sulla storia dei due gemelli, la cui sorte nel
bene e nel male segnata prima del nascere, per finire con il paradosso di
Mos orante, secondo Sal 89(90): per quale motivo il profeta prega Dio,
se Egli per lui un rifugio [...] prima che nascessero i monti e la terra e
il mondo fossero generati (Sal 89[90], 1-2)?309
Eccezion fatta per lultimo riferimento, il dossier scritturistico as-
sortito con una conformazione caratteristica che ritroviamo anche in altre
opere dellAlessandrino, a riprova dellimportanza assunta ai suoi occhi
da questi passi. Sal 57(58), 4 si prestava ovviamente a suffragare la tesi
valentiniana sulle nature fisse, ragion per cui quando Origene interpreta
il salmo si sforza di contrastare il punto di vista degli avversari e di affer-
mare il ruolo del libero arbitrio. Ad esempio, nel Dialogo con Eraclide,
sviluppando il discorso sui sensi spirituali, sottolinea che diventare sordi
dudito (Sal 57[58], 5) dipende dallesercizio del libero arbitrio310 . Pro-
prio il nesso con il libero arbitrio fa s che questo salmo figuri spesso in-
sieme ai luoghi paolini sopra ricordati. Nel Commento a Romani 1, 1
lAlessandrino associa come in Orat V, 4 Gal 1, 15 e Sal 57(58), 4 in po-
lemica con i valentiniani che si richiamano ai due passi per asserire la

308 Orat V, 4 (309, 25) riporta appositamente, ai fini dialettici, solo Sal 57(58), 4a:
eij de; kai; hjllotriwvqhsan aJmartwloi; ajpo; mhvtra". Ma nella sua interpretazione si deve
leggerlo unitamente ai versetti che seguono: Sal 57(58) 4 Sono traviati gli empi fin dal
seno materno, si pervertono fin dal grembo gli operatori di menzogna. 5 Sono velenosi
come il serpente, come vipera sorda che si tura le orecchie, 6 per non udire la voce dellin-
cantatore, del mago che incanta abilmente.
309 Linserimento di Sal 89(90) non casuale. In Orat II, 5 (303, 4-5) figura tra
le preghiere che lo Spirito pronuncia nel cuore dei santi, peplhrwmevnai ajporjrJhvtwn
kai; qaumasivwn dogmavtwn. Ora, come mostra Gerolamo, Apol. contra Ruf. I, 22, 15 ss.
(= FrEph I , 4 [238]), Origene considerava Sal 89(90) fra i testimonia della preesistenza,
collegandolo a Ef 1, 4: Quod scilicet antequam mundus fieret, et universa generatio prin-
cipium sumeret, sanctis suis Deus refugium fuerit.
310 Cfr. Dial 17 (21-22): o{ti ejf hJmi'n ejstin to; kwfwqh'nai kat ejkeivna" ta;" ajkoav",
a[koue tou' profhvtou levgonto" (cit. di Sal 57[58], 4-6).
La critica della preghiera 105
predestinazione dei giusti e quella dei peccatori311 . In questo caso Origene
rinfaccia agli avversari di estrapolare il versetto dal suo contesto pi ampio
e lo rilegge perci alla luce di questo, per mostrare come il traviamento
dei peccatori fin dal seno materno non sia da addebitare ad un giudice
iniquo. La medesima indicazione compare anche nel frammento greco
tramandatoci dalla Filocalia (Phil 25)312 , operando cos una confutazione
per absurdum, anche se lesegesi pi puntuale di Sal 57(58), 4 rinviata
ad un futuro commentario313. In sostanza, per, diversamente dai luoghi
paolini ampiamente commentati, lAlessandrino non sembra essere andato
oltre queste indicazioni, n la ripresa del salmo nelle Omelie sui Numeri
realizza di fatto lesegesi promessa, poich anche questa volta linterpre-
tazione mira decisamente a sottolineare linsostenibilit della lettera314 .
La collocazione di Sal 57(58), 4 in testa al dossier scritturistico su
predestinazione ed elezione come argomenti contro la preghiera non
dunque casuale. Bench il versetto non appaia tra i passi discussi nei Prin-
cipi, da esso muove, come nodo emblematico della quaestio, anche lam-
pia trattazione dedicata al tema di prescienza e predestinazione nel fram-
mento greco del Commento a Romani in Phil 25: partendo dallesegesi di
Rm 1, 1 Origene vi unisce Gal 1, 15-16 e Rm 8, 28-30. Senza anticipare la
solutio, che conviene considerare quale termine di confronto esaminando
pi avanti la risposta di Origene alle aporie, si pu ancora notare come la
concettualizzazione emergente nel commento rifletta le categorie intro-
dotte in Orat V, 3, in particolare il legame fra prescienza e predetermina-
zione (o predestinazione). Da ultimo, quanto a Gn 25, 23 (specie in con-
nessione con Rm 9, 11 ss.), la diversa sorte dei due gemelli Giacobbe ed
Esa era stata discussa da Origene in var luoghi dei Principi, premuran-
dosi ad ogni riesame di ribadire lidea della piena compatibilit fra la
dottrina del libero arbitrio e lelezione ad opera di Dio attestataci dalla
Scrittura (per Giacobbe come per Paolo e gli altri giusti), anche sullo sfon-

311 CRm I, 5 (51, 6-9): Quod tamen heretici ad calumniam vocant dicentes eum
segregatum esse ab utero matris suae ob hoc, quod in eo naturae bonitas inerat; sicut e
contrario de his, qui malae naturae sunt, dicatur in psalmis: quia segregati sunt peccatores
ex utero.
312 CRm I = Phil 25, 1 (212-214): Pro;" me;n ou\n tou'to eujcerw'" e[stin ajpanth'sai,
ejrwtw'nta" peri; th'" eJxh'" levxew": gevgraptai gavr: Aphllotriwvqhsan ktl. (citazione di
Sal 57[58], 4-5).
313 CRm I = Phil 25, 4 (230-232): Nu'n de; ajpodidovnai eij" to; ajpo; tou' yalmou'
rJhto;n oujk h\n eu[kairon, parekbatiko;n ga;r h\n: dio; eij" th;n oijkeivan tavxin qeou' didovn-
to" ajpodoqhvsetai, o{tan to;n yalmo;n dihgwvmeqa.
314 HNm III, 4 (18, 9-13): Quomodo enim quis errare potuit a via Dei statim ut de
ventre matris exivit? Aut quomodo potuit falsa loqui nuper editus puer, vel qualemcumque
proferre sermonem? Cum ergo impossibile sit vel errare a ventre vel loqui falsa, neces-
sarium erit et ventrem et vulvam talem requiri cui conveniri possit dictum hoc.
106 Parte prima, Capitolo quarto
do del postulato della preesistenza delle anime315 . Proprio la quaestio de
Esau et Iacob assume infatti agli occhi dellAlessandrino un valore para-
digmatico per arrivare a comprendere la diversit delle condizioni fra gli
esseri creati316.
Lultima argomentazione aporetica (V, 5), pur in sostanziale conti-
nuit concettuale con quanto precede, pone laccento sul motivo dellele-
zione, con ulteriore arricchimento del corredo di passi biblici a sostegno,
prima di concludere con una ripresa della critica pi prettamente filosofica
della preghiera che le contesta il presupposto ingenuo di un Dio mute-
vole. Dagli iniziali riferimenti paolini (Ef 1, 4-5 e Rm 8, 29-30) si passa a
luoghi veterotestamentari che riguardano rispettivamente la figura del re
Giosia e quella dellapostolo-traditore Giuda. Ancora una volta il dossier
cos accorpato offre numerosi motivi di interesse. Se i luoghi tratti dal
corpus Paulinum (soprattutto il secondo) tendono a confermare la nota
antivalentiniana e/o antimarcionita che gi conosciamo, i due esempi ri-
cavati dalla sorte opposta di Giosia e di Giuda ci portano a meglio conte-
stualizzare lesercizio di quaestio et responsio del nostro trattato317 . Non
sembra che Origene si sia particolarmente soffermato ad analizzare la fi-
gura del re Giosia, imitatore di Davide e zelante nella fede, di cui ci par-
lano il terzo e quarto libro dei Regni (rispettivamente 1Re 13 e 2Re 22).
LAlessandrino lo menziona occasionalmente o come esempio di re giu-
sto318 , o come figura che oggetto di una profezia319. Invece lo cita am-
piamente nel terzo libro del Commento a Genesi, ricordato pi volte in
precedenza, adducendo 1Re 13 come seconda prova scritturistica, dopo
Susanna 42-43, per sostenere lidea della prescienza di Dio320. La vici-
nanza fra Orat e il commentario biblico, iniziato ad Alessandria e conti-
nuato a Cesarea, confermata anche dal secondo riferimento veterote-

315 In Prin I, 7, 4 lesempio di Giacobbe ed Esa addotto a conforto dellan-


teriorit della creazione dellanima rispetto al corpo.
316 Prin II, 9, 7 (170, 27-29): Eadem namque, ut mihi videtur, quae de Esau et Ia-
cob quaestio proponitur, haberi etiam de caelestibus omnibus et de terrestribus creaturis et
de infernis potest. Riprendendo lesame della quaestio in Prin III, 1, 22, Origene stesso
rinvia alla trattazione sullanima in II, 9, 7.
317 In Ef 1, 4-5 lattenzione di Origene attratta in particolar modo dallespressione
pro; katabolh'" kovsmou, che come spiega in Prin III, 5, 4 (630, 14-16) da porre in re-
lazione alla caduta delle anime: Ex hoc ergo communiter omnium per hanc significan-
tiam, id est per katabolhvn, a superioribus ad inferiora videtur indicari deductio. Cfr. an-
che FrEph I, 4 (supra, nota 309). Quanto a Rm 8, 29-30, si veda rispettivamente Phil 25 e
CRm VII, 7-8.
318 HEz XII, 2, dove Giosia associato ad Ezechia come iustus rex.
319 Il motivo sfruttato nella polemica con Eracleone in CIo VI, 118. Cfr. anche
HNm VI , 3.
320 CGn III = Phil 25, 4 (144): Safevstata de; ejn th/' trivth/ tw'n basileiw'n kai;
o[noma basileuvonto" kai; pravxei" ajnegravfhsan pro; pleiovnwn ejtw'n tou' genevsqai
profhteuovmena ou{tw".
La critica della preghiera 107
stamentario. Si tratta di Sal 108(109), 7, letto come profezia di Giuda gi
a partire dallutilizzo di questo salmo negli Atti degli Apostoli (At 1, 16-
20) e particolarmente adatto in questo contesto per il ricorso del termine
proseuchv: la sua preghiera si trasformi in peccato. Origene ha spiegato
il versetto in parecchie occasioni, fra laltro richiamandolo in una signifi-
cativa riflessione sulla preghiera del peccatore opposta alla preghiera del
giusto nella XVIII Omelia su Geremia321 . Nel testo latino del Commento a
Romani il passo adoperato piuttosto come messa in guardia per non tra-
dire la vocazione di santit a cui il fedele chiamato322 . Ora, della figura
di Giuda Origene si occupato ripetutamente nei suoi scritti, anche a pre-
scindere dalla citazione del salmo in questione. Daltronde sapeva bene
che altri passi della Scrittura e, ovviamente, in primis i racconti evange-
lici offrivano indicazioni riguardo allapostolo-traditore. Egli lo dichiara
esplicitamente nel Commento a Genesi, dove ricorda che nelle profezie
riguardo a Giuda si trovano trascritti rimproveri ed accuse a suo biasimo,
che non avrebbero ragione di essere se egli fosse stato predestinato di ne-
cessit a tradire il suo maestro 323 . Anche se Origene non riporta il nostro
versetto, cita di seguito unaltra porzione dello stesso salmo (Sal 108[109],
12. 16-17). Quel che pi importa per il fatto che qui troviamo una di-
scussione su prescienza, predestinazione e libero arbitrio, imperniata este-
samente sulla figura di Giuda, da considerarsi molto probabilmente come
il retroterra pi prossimo dellargomentazione aporetica di Orat V, anche
per leffetto cumulativo dei vari indizi che siamo venuti raccogliendo.

321 HIer XVIII, 10 (164, 22-24): peri; Iouvda gevgraptai: Genhqhvtw hJ proseuch; auj-
tou' eij" aJmartivan. Ekei'no" kata; to; proseuvcesqai eij" keno;n ejqumivase. Sulla vicenda
di Giuda come tema di Sal 108(109), si veda Orat XXIV, 5: o{lo" ga;r oJ yalmo;" ai[thsiv"
ejsti peri; Iouvda, i{na tavde tina; aujtw'/ sumbh'/. Cfr. anche CMtS 104 (224, 30-225, 1): Et
in centesimo octavo Psalmo forte pleraque invenies convenientia istis, qui venerunt cum
Iuda comprehendere Iesum, sicut et alia de Iuda in eodem dicta sunt Psalmo; CC II, 11
(nota 1400); CC II, 20 (nota 1401). Sulluso, in particolare, di Sal 108(109), 7 nel discorso
origeniano sulla preghiera si veda infra, pp. 449-451.
322 Cfr. CRm VII, 8 (599, 36-37) su Rm 8, 33-34: ne tibi contingat illud, quod de
quodam scriptum est: Cum iudicatur, exeat condemnatus (Sal 108[109], 7); CRm X , 5
(796, 43-46) su Rm 14, 22-23, a proposito delle opere degli eretici: ne forte etiam si quid
boni operis apud illos geri videtur, quia non fit ex fide, convertatur in peccatum, sicut et
de quodam dictum est: Fiat oratio eius in peccatum (Sal 108[109], 7).
323 CGn III = Phil 23, 8 (156, 25158, 29): En gou'n tai'" peri; tou' Iouvda pro-
fhteivai" mevmyei" kai; kathgorivai tou' Iouvda ajnagegrammevnai eijsi; panti; tw/' parista'-
sai to yekto;n aujtou'. Oujk a]n de; yovgo" aujtw/' proshvpteto, eij ejpanagke;" prodovth" h\n,
kai; mh; ejndevceto aujto;n o{moion toi'" loipoi'" ajpostovloi" genevsqai. Ne un altro esempio
la spiegazione di Sal 40(41), 10 (E infatti luomo della mia pace, colui nel quale sperai,
colui che mangia i miei pani, esalt la sua astuzia verso di me), a commento di Gv 13,
16-18, in CIo XXXII, 14, 156-168. Oltre a riprendere lo stesso passo, CIo XXXII, 19, 247-
249 aggiunge Sal 54(55), 13a-b (Se fosse stato un nemico a insultarmi, lavrei sopporta-
to, Se si fosse alzato ad accusarmi uno che mi odiava, mi sarei forse sottratto a lui) e
14 (Ma tu, uomo che hai lo stesso mio animo, mia guida, mio familiare!).
108 Parte prima, Capitolo quarto
5. La responsio: il presupposto del libero arbitrio

Se la posizione del problema scandita cos da un ampio ventaglio


di argomentazioni, non meno ricca, articolata e retoricamente vivace la
responsio alla quaestio (Orat VI -VII). La trattazione si lascia disporre per
comodit in tre momenti principali:
1. Difesa del libero arbitrio come presupposto della preghiera (Orat VI, 1-2).
2. Conciliazione di libero arbitrio e preghiera con prescienza, predetermi-
nazione e provvidenza divine (Orat VI , 3-5).
3. Il libero arbitrio degli astri (Orat VII).
Come appare dal sommario, Origene sviluppa la replica in contrap-
punto dialettico alle aporie, ma senza lasciarsi condizionare in maniera
simmetrica per il proprio discorso, chegli tende piuttosto ad organizzare
per nuclei tematici324 . Lo sintuisce subito dal fatto che, prima di ribattere
alle aporie, procede ad una messa a punto di carattere ontologico dichia-
randola utile ai fini della luvsi"325 . Egli estrapola in tal modo dalla cri-
tica della preghiera il suo postulato inespresso, ma intimamente collegato
allottica deterministica delle obiezioni, dimostrandone linsostenibilit
prima teorica (Orat VI, 1) e poi pratica (Orat VI, 2). Questo presupposto
implicito consiste nella negazione del libero arbitrio, di cui anche la pre-
ghiera una manifestazione326. Origene pertanto indirizza in un primo
momento la sua riflessione verso lanalisi ontologica degli esseri con i
loro movimenti rispettivi, ripresentando in una nuova versione la tratta-
zione che aveva proposto al riguardo nel Trattato sul libero arbitrio
(Prin III, 1), sebbene l fosse collocata entro un diverso iter argomenta-
tivo, quale premessa allenunciazione della quaestio 327 . Linconsueta ri-
presa di un testo in gran parte affine un fatto che non conosce analogie
paragonabili nel resto degli scritti di Origene risulta di fatto giustificata
da una tacita revisione dellesposizione di Prin, che a giudizio dei critici

324 In questo senso la trattazione di quaestio et responsio in Prin III, 1 ci appare pi


scolastica, come ho cercato di mostrare in Perrone 1992b.
325 Orat V ,6 (311, 13-15): crhvsima de;, wJ" oi\mai, tau'ta pro;" luvsin tw'n ajponarka'n
pro;" to; eu[cesqai poiouvntwn prodialhptevon. Trattandosi di unindicazione metodica
preliminare per la responsio sarebbe opportuno modificare la divisione in capitoli e inse-
rirla allinizio di Orat VI, 1. Si noti luso paradigmatico di un verbo come ajponarka'n , per
designare paradossalmente lesito paralizzante della critica. Insieme ad altri verbi rari
(cfr. ad esempio, Orat XIX, 2 [341, 30]: ejnabruvnesqai; Orat XXI, 1 [345, 4]: mwmosko-
pou'nte") offre un indizio interessante della ricercatezza linguistica di Origene. Ci si pu
per anche chiedere se ajponarka'n alluda indirettamente allargomento dellajrgo;" lovgo",
che di fatto sottende il modo di ragionare delle aporie.
326 Van der Ejik, 340-341 osserva giustamente come nelle aporie il libero arbitrio
non sia mai messo a tema.
327 Prin III, 1, 1 (196, 1-2): i{na de; nohvswmen tiv to; aujtexouvsion, th;n e[nnoian auj-
tou' ajnaptuvxai dei', i{na tauvth" safhnisqeivsh" ajkribw'" parastaqh'/ to; zhtouvmenon.
La critica della preghiera 109
porta lautore non solo ad organizzare pi chiaramente il contenuto, ma
anche ad intervenire pi autonomamente sulla fonte da cui dipende328 .
Si tratta in proposito di materiale di provenienza stoica, anche se non
assegnabile a un testo o autore preciso, ma rispecchia la tradizione dos-
sografica della scuola, utilizzata paradossalmente dallAlessandrino per
combattere un esito deterministico in linea con essa. Se Origene condivide
lidea gi espressa da Platone per cui la diversit di movimento indizio
della peculiarit dellessere e in particolare, quando procede da s, riman-
da allanima e allesercizio della ragione329 , la concettualit di Orat VI , 1
risente essenzialmente dellanalisi stoica della scala degli esseri. Come
riscontriamo anche da altre testimonianze, questa scala procede per vari
gradi, in ordine ascendente, dalla realt inorganica ed inanimata fino al-
lessere animato e razionale 330 . In Orat VI , 1 lo schema proposto prevede
tendenzialmente tre tipi di movimento, non senza che manchino elementi
di complicazione o disturbo, perch il ragionamento complessivo porte-
rebbe semmai ad indicarne quattro, in conformit con la categorizzazione
stoica (esseri inanimati, piante, animali, esseri razionali)331 .

328 Per analisi recenti di Orat VI, oltre a Van der Ejik, si veda Benjamins, 58 ss. (VI,
1-2), 99 ss. (VI , 3-5).
329 La relazione movimento-esseri subito introdotta dalla prima enunciazione di
Orat VI, 1 (311, 16-19): Tw'n kinoumevnwn ta; mevn tina to; kinou'n e[xwqen e[cei w{sper ta;
a[yuca kai; uJpo; e{xew" movnh" sunecovmena kai; ta; uJpo; fuvsew" kai; yuch'" kinouvmena,
oujc h|/ toiau'ta e[sq o{te kinouvmena ajll oJmoivw" toi'" uJpo; e{xew" movnh" sunecomevnoi".
Per le fonti platoniche della dottrina, in relazione al passo parallelo di Prin III, 1, 2, Grge-
manns-Karpp, 465, nota 3 indica Phaedr. 245e4-6; Leg. X , 894b-c. Tuttavia, il primo
passo deve essere esteso fino a comprendervi la sezione precedente, con la riflessione su
anima, immortalit e movimento: Yuch; pa'sa ajqavnato". To; ga;r ajeikivnhton ajqavnaton:
to; d a[llo kinou'n kai; uJp a[llou kinouvmenon, pau'lan e[con kinhvsew", pau'lan e[cei
zwh'". movnon dh; to; auJto; kinou'n, a{te oujk ajpolei'pon eJautov, ou[pote lhvgei kinouvmenon,
ajlla; kai; toi'" a[lloi" o{sa kinei'tai tou'to phgh; kai; ajrch; kinhvsew" (Phaedr. 256c5-9).
Il parallelo pi prossimo con la distinzione origeniana fra movimenti indotti dallesterno
(e[xwqen) e in se stessi sta comunque nel passo che segue: pa'n ga;r sw'ma, w/| me;n e[xwqen
to; kinei'sqai, a[yucon, w/| de; e[ndoqen aujtw/' ejx auJtou', e[myucon, wJ" tauvth" ou[sh" fuvsew"
yuch'" (245e4-6). Per Scott, 126, Origen follows Plato in seeing movement as a sign of
the presence of rationality, but (like Plato in the Laws) Origen realizes that rationality can
be present in different ways (con il rinvio a Leg. X, 898e8899a4).
330 Ad esempio, cfr. Clemente Alessandrino, Strom. II, 20, 110-111 (= SVF II , 205):
tw'n ga;r kinoumevnwn a} me;n kaq oJrmh;n kai; fantasivan kinei'tai, wJ" ta; zw/'a, ta; de; kata;
metavqesin, wJ" ta; a[yuca. kinei'sqai de kai; tw'n ajyuvcwn ta; futa; metabatikw'" fasin eij"
au[xhsin, ei[ ti" aujtoi'" a[yuca ei\nai sugcwrhvsei ta; futav. Exew" me;n ou\n oiJ livqoi, fuv-
sew" de; ta; futav, oJrmh'" te kai; fantasiva", tw'n te au\ duoi'n tw'n proeirhmevnwn kai;
ta; a[loga metevcei zw/'a. hJ logikh; de; duvnami" ijdiva ou\sa th'" ajnqrwpeiva" yuch'" oujc
wJsauvtw" toi'" ajlovgoi" zw/voi" oJrma'n ojfeivlei, ajlla; kai; diakrivnein ta;" fantasiva" kai;
mh; sunapofevresqai aujtai'". In generale, circa le fonti di Origene si veda Jackson.
331 La tripartizione indotta a prima vista dalle seguenti formulazioni: (1) ta; mevn
tina; (2) deuvtera de; para; tau'tav ejsti kinouvmena; (3) trivth dev ejsti kivnhsi". Scott, 126
individua di conseguenza tre categorie di movimento: (1) dallesterno; (2) soul in a lesser
110 Parte prima, Capitolo quarto
Il primo tipo di movimento, al livello pi basso della scala, quello
delle realt che sono mosse dallesterno (to; kinou'n e[xwqen e[cei). Sor-
prendentemente Origene si sofferma ad esemplificarne le modalit pi a
lungo che per i gradi superiori, ma ci dipende dallintento di evidenziare
polemicamente le conseguenze assurde della posizione da lui combattuta.
Sono infatti mosse dal di fuori non solo le cose inanimate (a[ y uca),
quelle cio tenute insieme dalla sola consistenza (e{xi") o costituzione
naturale332, ma anche gli esseri dotati di fuvsi" e yuchv quando si ritrovino
nella condizione degli esseri inanimati333 . Al regno della fuvsi" sono ricon-
dotte, a titolo di esempio, le pietre in quanto originariamente materiali
estratti dai metalli o la legna, privata della capacit naturale di crescere
(to; fuvein); infatti, in entrambi i casi la loro condizione non differisce
dalla cose tenute insieme dalla sola e{xi"334 . Ma lassimilazione agli esseri
inanimati vale anche per gli animali (zw/'a) o per le piante (futav ), quando
siano soggetti ad un movimento dallesterno, allo stesso modo delle pietre
e della legna, essendo trasportati da un luogo ad un altro. inoltre assimi-
lato ad un movimento indotto dallesterno anche il flusso derivante dalla
consunzione dei corpi 335 .
Pi breve e meglio organizzata ci appare la presentazione degli altri
tipi di movimento, ognuno dei quali contraddistinto tecnicamente da

sense, such as the growth of plants, or the movement of elements (as in fires upward mo-
tion, earthquakes, winds, and water currents; (3) soul in its higher sense. Tuttavia, n
in Prin III, 1, 2 n in Orat VI, 1 sembra che si possa assimilare i movimenti uJpo; fuvsew"
(ad esempio, le piante) e uJpo; yuch'".
332 Per Jay, 97, nota 3, se il termine e{xi", applicato agli esseri razionali, equivale a
un habitus pi o meno permanente, by analogy [...] can be used of the more or less per-
manent condition in which inanimate things like stones exist.
333 Die Stoiker nahmen auf den verschiedenen Stufen des Seins verschiedene zu-
sammenhaltende Krfte an: beim Anorganischen die Konsistenz (hexis), bei den Pflan-
zen den Wuchs (physis), bei den Tieren die Seele (psyche), beim Menschen die Ver-
nunft (logos) (Grgemanns-Karpp, 465, nota 4; cfr. supra, nota 329).
334 Orat VI, 1 (311, 19-21): livqoi ga;r kai; xuvla, ta; ejkkopevnta tou' metavllou h] to;
fuvein ajpolwlekovta, uJpo; e{xew" movnh" sunecovmena to; kinou'n e[xwqen e[cei. Si confronti
il passo parallelo in Prin III, 1, 2 (196, 8-11), pi esplicito nel riconoscere il movimento
vitale di metalli, fuoco e fonti: ejn eJautoi'" de; e[cei th;n aijtivan tou' kinei'sqai zw'/a kai;
futa; kai; aJpaxaplw'" o{sa uJpo; fuvsew" kai; yuch'" sunevcetai: ejx w|n fasin ei\nai kai; ta;
mevtalla, pro;" de; touvtoi" kai; to; pu'r aujtokivnhtovn ejsti, tavca de; kai; aiJ phgaiv. La tra-
dizione stoica alla quale Origene implicitamente si riferisce (fasivn) sembra essere Posi-
donio. Cfr. Grgemanns-Karpp, 465, nota 6 (che rinviano a W. Theiler, Die Vorbereitung
des Neuplatonismus, Berlin 1930, p. 74).
335 Orat VI, 1 (311, 24-312, 1): ka]n kinh'tai kai; tau'ta tw'/ rJeusta; ei\nai pavnta ta;
swvmata fqivnonta, parakolouqhtikh;n e[cei th;n ejn tw'/ fqivnein kivnhsin. Per Van der Ejik,
342 anche questa precisazione risponde alla strategia argomentativa: Origenes Absicht
scheint auch hier zu sein, die Flle, in denen man von Bewegung von aussen her redet,
zuerst aufzufhren, damit die Zuweisung der menschlichen Bewegung an diese Gattung,
was ja die Implikation der gegnerischen Ausgangsposition ist, lcherlich machen wird.
La critica della preghiera 111
una preposizione diversa. Con la seconda categoria Origene trapassa or-
mai dal regno inanimato al regno animato: si tratta di quegli esseri che si
muovono da se stessi (ejx eJautw'n) in forza della natura o anima che
presente in loro. LAlessandrino si riferisce presumibilmente alle piante
anche se risulta problematico fino a che punto si possa per esse parlare di
unanima piuttosto che di un principio vitale336 , mentre considera
come terzo movimento quello degli animali, i quali si muovono a partire
da se stessi (ajf eJautw'n ). La numerazione si arresta allindicazione del
terzo, ma Origene precisa che il movimento proprio dellessere razionale
quello mediante se stessi (di eJautw'n), con il che abbiamo di fatto un
quarto movimento. Da notare che se la distinzione dei movimenti operata
mediante diverse preposizioni attribuita alla fonte o materiale di parten-
za, la formulazione relativa allessere razionale proposta in proprio da
Origene337. A questo punto pu essere utile mettere a confronto le due
versioni della dottrina dei movimenti in Prin III, 1, 2 e in Orat VI, 1 per
meglio cogliere la specificit del nostro trattato.

Prin III, 1, 2 Orat VI, 1


(196, 3-197, 1) (311, 16312, 10)
Tw'n kinoumevnwn ta; mevn tina ejn Tw'n kinoumevnwn ta; mevn tina to; ki-
eJautoi'" e[cei th;n th'" kinhvsew" aijtivan, nou'n e[xwqen e[cei w{sper ta; a[yuca
e{tera de; e[xwqen movnon kinei'tai. kai; uJpo; e{xew" movnh" sunecovmena
e[ x wqen me;n ou\n movnon kinei'tai ta; kai; ta; uJpo; fuvsew" kai; yuch'" kinouv-
forhtav, oi|on xuvla kai; livqoi kai; pa'- mena, oujc h|/ toiau'ta e[sq o{te kinouvme-
sa hJ uJpo; e{xew" movnh" sunecomevnh na ajll oJmoivw" toi'" uJpo; e{xew" movnh"
u{lh. sunecomevnoi": livqoi ga;r kai; xuvla,
ta; ejkkopevnta tou' metavllou h] to; fuv-
ein ajpolwlekovta, uJpo; e{xew" movnh"
sunecovmena to; kinou'n e[xwqen e[cei,
ajlla; kai; ta; tw'n zwv/wn swvmata kai; ta;

336 Limbarazzo al riguardo si percepisce anche dalle traduzioni. Per esempio, Jay
rende: those that are moved by the nature or life that is in them. Van der Ejik, 334 rileva
la difficolt con la fonte di riferimento (cfr. supra, nota 330), dal momento che gli stoici
non attribuiscono alle piante una yuchv e propende per una Bezeichnung fr alle lebenden
Dinge; il movimento ejx auJtw'n varrebbe insomma generalmente degli esseri viventi
(piante, animali, uomini) ma pi specificamente delle piante. Invece secondo Scott anche
per le piante si pu parlare di un anima (cfr. supra, nota 331), come del resto Origene
stesso attesta in CMt XVI, 26 (561, 22-24), in relazione a Mt 21, 19-20: eijt ejpei; e[myuco"
h\n au{th hJ sukh', dia; tou'to levgei wJ" ajkouvsh/ th;n prevpousan aujth/' ajravn.
337 Si confronti rispettivamente levgetai para; toi'" kuriwvteron crwmevnoi" toi'"
ojnovmasi con oi\mai e soprattutto con ejpei; tou'to di eJautou' kinei'sqai wjnomavsamen.
Come osserva Van der Ejik, 344, Origenes [...] ergnzt also selbstndig die stoische
Klassifikation der Bewegungen, was auch dadurch besttigt wird, da die uns erhaltenen
stoischen Zeugnisse keine terminologisch separate Kategorie fr die Bewegung von Ver-
nunftwesen finden lassen.
112 Parte prima, Capitolo quarto

forhta; tw'n pefuteumevnwn, uJpov tino"


metatiqevmena, oujc h|/ zw'/a kai; futa; me-
tativqetai ajll oJmoivw" livqoi" kai; xuv-
loi" toi'" to; fuvein ajpolwlekovsi:
uJpexh/rhvsqw de; nu'n tou' lovgou to; kiv- ka]n kinh'tai kai; tau'ta tw'/ rJeusta; ei\-
nhsin levgein th;n rJus v in tw'n swmavtwn, nai pavnta ta; swvmata fqivnonta, para-
ejpei; mh; creiva touvtou pro;" to; prokeiv- kolouqhtikh;n e[cei th;n ejn tw'/ fqivnein
menon. kivnhsin.
ejn eJautoi'" de; e[cei th;n aijtivan tou' ki- deuvtera de; para; tau'tav ejsti kinouvme-
nei'sqai zw'a / kai; futa; kai; aJpaxaplw'" na ta; uJpo; th'" ejnuparcouvsh" fuvsew"
o{sa uJpo; fuvsew" kai; yuch'" sunevce- h] yuch'" kinouvmena,
tai: ejx w|n fasin ei\nai kai; ta; mevtal-
la, pro;" de; touvtoi" kai; to; pu'r aujto-
kivnhtovn ejsti, tavca de; kai; aiJ phgaiv.
tw'n de; ejn eJautoi'" th;n aijtivan tou' ki- a} kai; ejx eJautw'n kinei'sqai levgetai
nei'sqai ejcovntwn ta; mevn fasin ejx eJ- para; toi'" kuriwvteron crwmevnoi" toi'"
autw'n kinei'sqai, ta; de; ajf eJautw'n: ojnovmasi.
ejx eJautw'n me;n ta; a[yuca, ajf eJautw'n Trivth dev ejsti kivnhsi" hJ ejn toi'" zwvo/ i",
de; ta; e[myuca. kai; ajf eJautw'n kinei'- h{ti" ojnomavzetai hJ ajf eJautw'n kivnh-
tai ta; e[myuca fantasiva" ejgginomevnh" si": oi\mai de; o{ti hJ tw'n logikw'n kivnh-
oJrmh;n prokaloumevnh". si" di eJautw'n ejsti kivnhsi". eja;n de;
perievlwmen ajpo; tou' zwvo / u th;n ajf eJ-
autou' kivnhsin, oujde; zw'/on e[ti o]n uJpo-
nohqh'nai duvnatai, ajlla; e[stai o{moion
h[toi futw'/ uJpo; fuvsew" movnh" kinoumev-
nw/ h] livqw/ uJpov tino" e[xwqen feromev-
nw/. eja;n de; parakolouqh'/ ti th'/ ijdiva/ ki-
nhvsei, ejpei; tou'to di eJautou' kinei'-
sqai wjnomavsamen, ajnavgkh tou'to ei\-
nai logikovn.

Come appare dal confronto sinottico tra i due testi, sono relativamente
poche le espressioni identiche o analoghe che ricorrono in entrambi (e che
sono qui evidenziate in grassetto). Origene ha riscritto ampiamente il testo
di partenza, sostituendo lo schema generale di Prin III, 1, 2 con uno nuovo.
Nel Trattato sul libero arbitrio si opera subito la distinzione prelimina-
re fra movimenti in se stessi (ejn eJautoi'") e movimenti dal di fuori
(e[xwqen), laddove in Orat VI , 1 si presuppone implicitamente uno schema
di tre (quattro) movimenti come principio ordinatore. Da questo punto di
vista innegabile che lesposizione di Prin III, 1, 2 risulti di primo acchito
semplificata ma anche pi chiara, se teniamo presenti le difficolt che su-
scita la precisa qualificazione della seconda categoria di kinouvmena in
Orat VI, 1. vero poi che il ductus dellesposizione procede in entrambi i
testi dallinanimato allanimato, ma la rispettiva esemplificazione dei mo-
vimenti dal di fuori tanto concisa e perspicua in Prin III, 1, 2, quanto
La critica della preghiera 113
complicata e quasi ridondante in Orat VI, 1. Origene cos espande deci-
samente il primo punto per indicare tutte le condizioni assimilabili a ci
che secondo la catalogazione di Prin III, 1, 2 oggetto di trasporto (ta;
forhtav ) come pietre o legna, in una parola ci che tenuto insieme solo
dalla e{xi". Significativamente, nel Trattato sul libero arbitrio non
presa nemmeno in considerazione leventualit che esseri viventi (zw/'a)
e vegetali (futav) possano ridursi nella condizione di pietre o legna. La
spiegazione pi verosimile dellampliamento di Orat VI, 1 sembra essere
data come si detto dallintendimento polemico che insiste su un esito
paradossale delle aporie.
Anche la postilla al primo punto segnala la diversit fra i due testi: in
Prin III, 1, 2 Origene non ritiene necessario soffermarsi sul problema se la
rJuvsi", cio il flusso dei corpi soggetti a corruzione, possa essere consi-
derato un movimento o no338 . Invece in Orat VI, 1, la condizione dei corpi
che decadono e si corrompono vista senza incertezza come una forma
di movimento assimilabile a quelli dallesterno, poich la rJuvsi" risulta
essere indotta o derivata dallo stesso processo di corruzione339 . Ancora
una volta si pu pensare che la nuova precisazione concorra anchessa al-
lobiettivo polemico di estrapolare tutte le conseguenze estreme delle tesi
combattute340 .
Al punto successivo dellesposizione, passando dallinanimato al-
lanimato, Prin III, 1, 2 richiama la seconda categoria generale intro-
dotta allinizio (i movimenti ejn eJautoi'") e ne specifica i diversi tipi di es-
seri chessa ricomprende e che consistono di fuvsi" e yuchv: non solo gli
esseri del regno vegetale e animale, ma anche altre realt come i metalli,
il fuoco e (con un dubbio residuo) le fonti. Assai pi generica al con-
trario la formulazione della seconda categoria di movimenti in Orat VI, 1,
sebbene lidea di Prin III, 1, 2 riguardo al principio vitale dei metalli lasci
tracce anche nel testo del trattato sulla preghiera, nel punto dedicato ai
movimenti indotti dal di fuori. Tuttavia, la trattazione di Prin III, 1, 2 sem-
bra rispecchiare meglio, anche se pure essa in maniera sommaria, la ric-
chezza della riflessione origeniana sui movimenti degli esseri creati di cui
troviamo tracce sparse nellinsieme degli scritti 341 .

338 Si veda anche la traduzione di Rufino: Omittenda sane nunc est illa quaestio,
quae etiam illum motum putat esse, cum per corruptelam corpora dissolvuntur; nihil enim
haec nunc ad propositum conducunt (per il confronto tra testo greco e latino in Prin III, 1,
cfr. Rist 1975).
339 Per Van der Ejik, 343, la rJuvsi" eine der Verwesung inhrente, d.h. usserli-
che Bewegungsart. Si veda anche la qualificazione dei corpi in Orat XXVII, 8 (367, 16-
17): peri; a} givnetai hJ au[xh kai; hJ fqivsi" para; to; ei\nai aujta; rJeustav.
340 Di una diversa strategia argomentativa, anche in relazione alla rJuvsi", parla
giustamente Roselli, 81 nota 52.
341 Insiste particolarmente su questo aspetto Scott, 127. Egli ricorda la convinzione
filosofica secondo cui gli elementi hanno unanima (cfr. CC VIII, 31), inclusa allapparenza
114 Parte prima, Capitolo quarto
Se in Orat VI, 1 manca la distinzione dei movimenti ejn eJautoi'", vi
ritroviamo le due categorie in cui Prin III, 1, 2 distribuisce i movimenti
dallinterno di se stessi: ejx eJautw'n e ajf eJautw'n. In entrambi i luoghi
lenunciazione essenziale, ma non si pu non notare un elemento di
perturbazione, nel discorso pi lineare del Trattato sul libero arbitrio,
dove Origene caratterizza il movimento ejx eJautw'n come appartenente
agli esseri inanimati (a[yuca), mentre quello ajf eJautw'n proprio degli
e[myuca. Ci sembra infatti contrastare con lenunciato di Orat VI, 1 sugli
esseri designati come ta; uJpo; th'" ejnuparcouvsh" fuvsew" h] yuch'" kinouv-
mena, cui pertiene appunto il movimento ejx eJautw'n. Si pu sanare la con-
traddizione nel senso che abbiamo ricordato precedentemente, ma si po-
trebbe anche pensare che Origene tenendo conto di una questione dibat-
tuta abbia inteso adesso segnalare che il movimento delle piante non
semplicemente riducibile alla condizione degli a[yuca342 ; ma questa ipo-
tesi risulta meno convincente, se consideriamo il seguito dellargomenta-
zione343 . La revisione e/o integrazione rispetto a Prin III, 1, 2 poi atte-
stata specialmente dallintroduzione dellulteriore distinzione di eJautw'n
per il movimento degli esseri razionali, il cui significato viene valorizzato
con le riflessioni conclusive. Origene torna, con uninsistenza che carat-
teristica di tutto il paragrafo, a ipotizzare lassimilazione con il movimento
degli esseri inanimati, non senza una certa estremizzazione indotta dalla
polemica344. Infine, diversamente da Prin III, 1, 2, nel trattato sulla pre-
ghiera non viene approfondita la modalit in cui si d il movimento degli
esseri razionali, riepilogato qui in termini essenziali con lidea che asse-
condare il proprio movimento lo specifico di essi. Negare il libero
arbitrio delluomo equivarrebbe, in conclusione, a negare non solo il suo
statuto di essere vivente (animale) ma anche la sua razionalit345 .

la terra (cfr. HEz IV, 1). Il nesso fuvsew" kai; yuch'" spiegato con il motivo che lanima
sempre da considerarsi (platonicamente) come fattore del movimento: Moving up from
elemental movements to higher forms of life, the same principle holds true: self-move-
ment and life do not arise from body but from soul (p. 127, con il rinvio a CC VI, 48).
342 Oltre al testo di CMt XVI, 26 citato alla nota 336, si ricordi la riserva formulata
da Clemente Alessandrino (supra, nota 330): ei[ ti" aujtoi'" a[yuca ei\nai sugcwrhvsei ta;
futav.
343 Privando gli animali del movimento ajf eJautw'n ne deriva che e[stai o{moion
h[toi futw'/ uJpo; fuvsew" movnh" kinoumevnw/.
344 Si spiega cos, mi sembra, la problematica equiparazione fra le piante e le pietre
(h] livqw/ uJpov tino" e[xwqen feromevnw/).
345 Per il problema logico-argomentativo di questa conclusione si veda Van der
Ejik, 346-347: Dass die Verneinung der kinsis aphhautn eine Verneinung des Wesens
des zion impliziert, sowie die Verneinung der kinsis dihautn eine Verneinung des
Wesens des logikon zion impliziert, zeigt sich erst dann, wenn der einfache Unterschied
zwischen innerer und usserer Bewegung modifiziert und przisiert worden ist in der Wei-
se, in der Origenes dies in 6, 1 getan hat. Die Gliederung des prton und deuteron ist also
motiviert durch den Parallelismus mit dem Aufbau der Bewegunskategorien ex hautn,
La critica della preghiera 115
Dallinflessione in senso polemico-paradossale, impressa alle consi-
derazioni ontologiche rispetto allimpostazione pi scolastica di Prin III,
1, 2, Origene prosegue, ancora sulla stessa nota, la sua fondazione del
libero arbitrio adducendo un altro ordine di argomentazioni. Da un lato,
troviamo il richiamo allesperienza diretta dei propri moti (accennato pe-
raltro anchesso gi nel Trattato sul libero arbitrio, sia pure con diversa
focalizzazione), che non pu non confermarci nella convinzione di essere
noi stessi ad agire personalmente, cio di propria iniziativa, come compete
ad esseri dotati della ragione346 . Dallaltro lato, Origene deduce dallespe-
rienza personale di libert, quale sorta di postulato implicito di common
sense, lidea che luomo in pratica non pu mai agire come se egli stesso
o gli altri non fossero responsabili dei propri comportamenti347. Si tratta
di un motivo introdotto da Alessandro di Afrodisia nella polemica contro
il fatalismo di matrice stoica, in continuit con lobiezione formulata da
Carneade rispetto alla prospettiva di un destino vincolante per luomo e
come tale distruttivo del suo agire morale 348 . Nel De fato, scritto fra il
198 e il 209, Alessandro aveva confutato per assurdo la tesi deterministi-
ca, sostenendo limpossibilit pratica di vivere secondo questo principio e
limprescindibilit di un agire sorretto dal principio della lode o del bia-

aphhautn und dihautn. La spiegazione non d per conto dellaspetto problematico


che ho segnalato alla nota 344. Per Muraru (vsi veda Adamantius 15[2009], p. 547)
Orat VI sarebbe in contraddizione con Prin III, 1, perch riconoscerebbe il logos anche al
regno animale, ma laggiunta di eJautw'n serve precisamente a tracciare meglio la distin-
zione. Sul problema della razionalit degli animali si veda Lekkas, 76-83.
346 Il confronto sinottico permette nuovamente di misurare linnovazione apportata
da Orat rispetto al Trattato sul libero arbitrio. Diversamente dallattenzione posta in Prin
allesercizio dello hJgemonikovn, Origene si concentra sullimmediatezza dellesperienza
personale, di cui cui la funzione giudicante parte. Si osservi anche lalternativa piqanov-
thta" /dogmavtwn. Il primo dei due termini peraltro riecheggiato da piqanoi'" lovgoi".
Prin III, 1, 4 (198, 12-199, 1) Orat VI , 2 (312, 14-18)
Eij dev ti" aujto; to; e[xwqen levgoi ei\nai toiovn- a[llw" te kai; toi'" ijdivoi" pavqesin ejpi-
de, w{ste ajdunavtw" e[cein ajntiblevyai aujtw'/ sthvsa" ti" oJravtw, eij mh; ajnaidw'" ejrei' mh;
toiw'd/ e genomevnw/, ou|to" ejpisthsavtw toi'" aujto;" qevlein kai; mh; aujto;" ejsqivein kai; mh;
ijdivoi" pavqesi kai; kinhvmasin, eij mh; eujdov- aujto;" peripatei'n mhde; aujto;" sugkatativ-
khsi" givnetai kai; sugkatavqesi" kai; rJoph; qesqai kai; paradevcesqai oJpoi'a dhv pote
tou' hJgemonikou' ejpi; tovde ti dia; tavsde ta;" tw'n dogmavtwn mhde; aujto;" ajnaneuvein pro;"
piqanovthta". e{tera wJ" yeudh'.
347 Orat VI, 2 (312, 27-30): biavzetai ga;r hJ ajlhvqeia kai; ajnagkavzei, ka]n muriavki"
ti" euJresilogh'/, oJrma'n kai; ejpainei'n kai; yevgein, wJ" throumevnou tou' ejf hJmi'n, kai; touv-
tou ejpainetou' h] yektou' ginomevnou par hJma'". Koetschau (BKV, 28) legge, sulla scorta
di Plat., Leg. I, 639c, ejpainevtou h] yevktou e traduce: und dieser [scil. il libero arbitrio]
bei uns zum Lobredner oder Tadler wird.
348 il motivo del cosiddetto ajrgo;" lovgo", un argomento a cui Origene si rif pi
volte. Cfr. Amand.
116 Parte prima, Capitolo quarto
simo e per ci stesso dellirrinunciabilit della preghiera di richiesta o di
ringraziamento agli di349 .

6. La preghiera fra prescienza e provvidenza: iniziativa umana e risposta


divina

Sul presupposto ormai assodato del libero arbitrio (e fondato, si noti,


mediante unargomentazione, sia teorica che pratica, unicamente raziona-
le) Origene pu proporre il suo modello per conciliare la preghiera con pre-
scienza, predeterminazione e provvidenza divine (Orat VI , 3-5). Egli lo
aveva gi elaborato nel Commento a Genesi e nei Principi, ma se esclu-
diamo un breve cenno nel primo dei due scritti350 la trattazione non aveva
coinvolto direttamente la questione della preghiera come estrinsecazione
del libero arbitrio. La soluzione esposta adesso, a mo di assioma prelimi-
nare, conferma dunque lidea argomentata in precedenza secondo cui la
prescienza di Dio non la causa degli eventi futuri, bens Dio li conosce
in quanto essi avvengono. Per sventare ulteriormente limplicazione deter-
ministica nel discorso avverso alla preghiera Origene precisa che Dio co-
nosce infallibilmente ci che peraltro avverr in maniera contingente351,
alludendo cos rapidamente alla sottile distinzione operata nel Commento
a Genesi sulla prescienza divina come conoscenza dei possibili352 .

349 De fato 20 (Thillet 41, 12-19): tw/` ga;r tou`to pepisteumevnw/ oujk ejpitimh`saiv
tini, oujk ejpainevsai tina, ouj sumbouleu`saiv tini, ouj protrevyasqaiv tina, oujk eu[xasqai
qeoi`~, ouj cavrin aujtoi`~ gnw`nai periv tinwn, oujk a[llo ti poiei`n oi\ovn te tw`n ojfeilomev-
nwn eujlovgw~ givnesqai uJpo; tw`n kai; tou` poiei`n e{kaston w\n poiou`sin th;n ejxousivan
pepisteukovtwn. ajlla; mh;n e[xw touvtwn ajbivwto~ oJ tw`n ajnqrwvpwn <bivo~> kai; oujde; th;n
ajrch;n ajnqrwvpwn e[ti. Cfr. Stritzky, 83: Alexander will den Determinismus ad absurdum
fhren, indem er die, die ihn vertreten, aufruft, nur eine kurze Zeit nach deterministischen
Prinzipien zu leben. Sie shen dann selbst ein, da ein solches Leben weder lebbar noch
menschlich ist. Zu den Werten, die das menschliche Leben erst menschenwrdig machen,
gehren fr Alexander Lob, Tadel und Rat ebenso wie das Bitt- und Dankgebet an die
Gtter, da allein die Anerkennung ihrer Mglichkeit die Gewhr fr die Entscheidungs-
freiheit bietet. Per Frster 2007, 292, in Alessandro di Afrodisia la preghiera ist sogar
ein besonderes Kennzeichnen der Willensfreiheit und setzt voraus, da kein allmchtiges
Schicksal alles vorherbestimme, sondern da die Gtter den Gang aller Ereignisse beein-
flussen knnen.
350 Cfr. supra, nota 307.
351 Orat VI , 4 (314, 4-10): eja;n dev ti" taravtthtai dia; to; mh; ouj yeuvsasqai to;n
qeo;n ta; mevllonta proegnwkovta, wJ" tw'n pragmavtwn kathnagkasmevnwn, lektevon pro;"
to;n toiou'ton o{ti aujto; tou'to tw'/ qew'/ e[gnwstai ajrarovtw", to; mh; ajrarovtw" tovnde tina;
to;n a[nqrwpon kai; bebaivw" bouvlesqai ta; kreivttona h] ou{tw qelhvsein ta; ceivrona, w{ste
ajnepivdekton aujto;n e[sesqai metabolh'" th'" ejpi; ta; sumfevronta.
352 CGn III = Phil. 23, 8 (158, 40-42): to;n me;n ga;r qeo;n oujk ejndevcetai yeuvsa-
sqai, ejndevcetai de; peri; tw'n ejndecomevnwn genevsqai kai; mh; genevsqai fronh'sai to; ge-
nevsqai aujta; kai; to; mh; genevsqai.
La critica della preghiera 117
In Orat per, diversamente dal Commento a Genesi, lenunciazione
teorica ben presto affiancata, se non quasi interamente sostituita, da una
modalit di presentazione della dottrina che sfrutta ripetutamente la tecnica
retorica della prosopopea353. Aspetti speculativi e presentazione retorica
sintrecciano a questo punto con il dossier dei passi biblici messi avanti
dai critici della preghiera, sia pure con una loro diversa aggregazione354.
Lo si nota subito, in apertura, dalla ripresa allusiva di Ef 1, 4 (Orat VI, 3),
che risponde allultima argomentazione aporetica (Orat V, 3) con lidea
che Dio dalla creazione del mondo (katabolh'" kovsmou) conosce in an-
ticipo gli eventi futuri e perci li preordina secondo il piano di salvezza
dando luogo allintervento conseguente della sua provvidenza355 . Incon-
triamo dunque nuovamente la distinzione concettuale contenuta nellargo-
mentazione della quaestio fra prescienza, predeterminazione (o predesti-
nazione) e provvidenza, ma senza lipoteca deterministica che accompa-
gnava la formulazione delle aporie356. Per illustrare meglio la sua idea

353 In CGn III = Phil. 23, 8 (come avviene anche in Prin III, 1), Origene sembra pre-
ferire largomentazione paradigmatica. Per negare la causalit della prescienza divina fa
lesempio della vista di un uomo che si avvii su una strada sdrucciolevole e che prevedibil-
mente scivoler, senza pertanto essere noi la causa della sua caduta: ou{tw nohtevon to;n
qeo;n proewrakovta oJpoi'o" e[stai e{kasto" kai; ta;" aijtiva" tou' toiou'ton aujto;n e[sesqai
kaqora/'n kai; o{ti aJmarthvsetai tavde h] katorqwvsei tavde (156, 11-14). Tuttavia, anche qui
riscontriamo lutilizzo della prosopopea almeno in Phil. 23, 9, dove sembra comunque di
avvertire qualche cautela nel far parlare Dio in discorso diretto: kai; levgoi a]n hJ gnw'si" tou'
qeou' o{ti ejndevcetai me;n tovnde tovde poih'sai, ajlla; kai; to; ejnantivon: ejndecomevnwn de;
ajmfotevrwn, oi\da o{ti tovde poihvsei: ouj ga;r w{sper oJ qeo;" ei[poi a[n, oujk ejndevcetai tovnde
tina; to;n a[nqrwpon pth'nai, ou{tw crhsmo;n fevre eipei'n, periv tino" didou;" ejrei' o{ti oujk
ejndevcetai tovnde swfronh'sai. Duvnami" me;n ga;r pavnth oujk e[sti tou' pth'nai oujdamw'" ejn
tw/' ajnqrwvpw/, duvnami" de; e[stai tou' swfronh'sai kai; tou' ajkolasth'sai (160, 10-17).
354 Fra laltro, non vi ritroviamo il rinvio alla quaestio de Iacob et Esau suscitata da
Rm 9, 11-12 e Gn 25, 23 (cfr. supra, nota 316).
355 Orat VI , 3 (313, 1-11): eij dh; to; ejf hJmi'n swv/zetai, muriva" o{sa" ajponeuvsei"
e[con pro;" ajreth;n h] kakivan kai; pavlin h] pro;" to; kaqh'kon h] pro;" to; para; to; kaqh'kon,
ajnagkaivw" tou'to meta; tw'n loipw'n, pri;n gevnhtai, tw'/ qew'/ e[gnwstai ajpo; ktivsew" (cfr.
Rm 1, 20) kai; katabolh'" kovsmou, oJpoi'on e[stai: kai; ejn pa'sin, oi|" prodiatavssetai oJ
qeo;" ajkolouvqw" w/| eJwvrake peri; eJkavstou e[rgou tw'n ejf hJmi'n, prodiatevtaktai kat
ajxivan eJkavstw/ kinhvmati tw'n ejf hJmi'n to; kai; ajpo; th'" pronoiva" aujtw'/ ajpanthsovmenon e[ti
de; kai; kata; to;n eiJrmo;n tw'n ejsomevnwn sumbhsovmenon, oujci; th'" prognwvsew" tou' qeou'
aijtiva" ginomevnh" toi'" ejsomevnoi" pa'si kai; ejk tou' ejf hJmi'n kata; th;n oJrmh;n hJmw'n ejner-
ghqhsomevnoi". Per chiarire lidea di una concatenazione degli eventi futuri (eiJrmo;" tw'n
ejsomevnwn) si veda Phil. 23, 8.
356 Limportanza della distinzione concettuale, ai fini della soluzione proposta dal-
lAlessandrino, messa in luce da Van der Ejik, 339: Es ergibt sich [...], dass Origenes
eine Lsung gefunden zu haben meinte, indem er einen Unterschied zwischen Gottes Vor-
herwissen (provgnwsi"), seiner Vorsehung (provnoia) und seiner Prdestination (prodia-
tavttein) machte. Nach seiner Auffassung ist Gottes Vorherwissen nicht die Ursache der
menschlichen Handlungen und Willensakten, sondern dies ist auf diesen Willensakten
basiert: das Vorherwissen ist zwar temporal (und vom Menschen aus gesehen) primr,
118 Parte prima, Capitolo quarto
della conciliazione fra libert delluomo e iniziativa divina Origene si
serve di una serie di esemplificazioni in discorso diretto: con un arditez-
za che sorprende solo chi non ha confidenza con gli scritti dellAlessan-
drino (dove questa tecnica attestata in abbondanza)357, egli fa parlare di-
rettamente Dio, ragionando senza imbarazzo apparente ex parte Dei. La
risposta divina alla domanda delluomo, sia essa di esaudimento o di ri-
fiuto, esemplificata prima in generale e poi in rapporto agli esempi bibli-
ci addotti dagli avversari della preghiera.
a) Piano divino in risposta ai diversi tipi di oranti
(Orat VI, 4 [313, 20-314, 22])
ejn th'/ diatavxei tetavxetai, o{ti tou'de me;n ejpakouvsomai sunetw'" eujxomevnou di
aujth;n th;n eujch;n, h}n eu[xetai, tou'de de; oujk ejpakouvsomai h[toi dia; to; ajnavxion
aujto;n e[sesqai tou' ejpakousqhvsesqai h] dia; to; tau'ta aujto;n eu[xasqai, a} mhvte
tw'/ eujcomevnw/ lusitelei' labei'n mhvte ejmoi; prevpon parascei'n.
kai; kata; thvnde me;n th;n eujch;n, fevre eijpei'n, tou' dei'no" oujk ejpakouvsomai
aujtou' kata; thvnde de; ejpakouvsomai.
kai; pavlin tavde mevn tina poihvsw tw'/de eujxomevnw/.
tw'/de de; ejpi; poso;n eujxomevnw/ uJperekperissou' w|n aijtei'tai h] noei' dwrhvsomai.
kai; tw'/de mevn tini toiw'/de ejsomevnw/ tovnde to;n a[ggelon leitourgo;n ejpipevmyw.
tou'de dev tino", meta; to; ejpidedwkevnai eJauto;n lovgoi" toi'" diafevrousin uJpek-
luqhsomevnou kai; palindromhvsonto" ejpi; ta; uJlikwvtera, ajposthvsw tovnde to;n
kreivttona sunergovn.
b) Piano divino in risposta allagire di Giosia, Giuda e Paolo
(Orat VI, 5 [314, 26-315, 14])
ou{tw" ou\n h[dh oiJonei; ejrei' oJ prodiatassovmeno" ta; o{la o{ti Amw;" gennhvsei
to;n Iwsivan, o{sti" ouj zhlwvsei ta; tou' patro;" ptaivsmata.
oi\da de; kai; Iouvdan, ejpidhmhvsantov" mou tou' uiJou' tw'/ tw'n ajnqrwvpwn gevnei,
kata; me;n ta;" ajrca;" ejsovmenon kalo;n kai; ajgaqo;n u{steron de; ejktraphsovmenon.
eijdw;" de; ta; mevllonta, kai; oJpoi'on tovnon e{xei pro;" th;n qeosevbeian oJ Pau'lo",
ejn ejmautw'/ mevn, pri;n ktivsai to;n kovsmon ejpiballovmeno" th'/ ajrch'/ th'" kosmo-
poii?a", aujto;n ejpilevxomai kai; tai'sde sunergouvsai" ajnqrwvpwn swthriva/ dunav-
mesin a{ma tw'/ gennhqh'nai paraqhvsomai.

logisch aber sekundr hinsichtlich der Willensakten, die frei und indeterminiert sind. Auf
dem Vorherwissen grndet sich dann Gottes Vorherbestimmung, wobei die Vorsehung
das auf das endgltige Heil des Menschen zielendes Prinzip ist, hinsichtlich dessen Gott
die menschlichen Willensakten belohnt oder bestraft (p. 339). Da notare lassenza del ter-
mine proorismov", presente invece in Phil 25, 1-2 (= CRm I, 1, 24; 2,5.7) e anche altrove,
in coppia con provgnwsi" (cfr. CMt XIII, 27 [254, 19-20]).
357 In Orat la ritroviamo ancora riferita a Dio (XXIX, 10) e a Ges (XV, 4). Cfr. anche
Prin III, 1, 10-11, dove Origene si serve ad un tempo di argomento paradigmatico e proso-
popea, ma lo fa pi succintamente rispetto a Dio ( 10) e pi direttamente per il sole ( 11):
Wsper de; eij kai; oJ h{lio" e[lege fwnh;n proi>evmeno" o{ti ejgw; thvkw kai; xhraivnw (212, 1-2).
La critica della preghiera 119
Lutilizzo sistematico di questo espediente retorico (segnalato in
grassetto per il verbo riferito al soggetto divino), a scapito di un approccio
pi teorico, risponde alla situazione dialogica che insita costitutiva-
mente nellesperienza della preghiera. Ma, con impostazione originale,
Origene considera il rapporto fra orante e Dio proprio dalla prospettiva
che non immediatamente accessibile a chi prega ed tuttavia necessa-
riamente presupposta nellatto di pregare. Lorante, infatti, simmagina un
Dio che ascolta e risponde a lui nel momento in cui linvoca 358 . Per tale
motivo la finalit esplicativa di questa modalit colloquiale senza dub-
bio animata anche da un intento pedagogico ed esortativo, conforme alle
preoccupazioni protrettiche del trattato. Ma sarebbe riduttivo intendere la
personificazione origeniana soprattutto come un espediente retorico e stru-
mentale, poich essa riflette meglio delle affermazioni teoriche la visione
di un Dio provvidente, Padre amorevole di tutte le creature, prospettiva
alla quale secondo Origene deve guardare anche lorante. Inoltre, si do-
vrebbe tenere presente che forse pi ancora della prassi retorica tout court
la tecnica della prosopopea pu essere vista anche come un calco o una
riscrittura del linguaggio della Bibbia. Come Dio parla in prima persona
attraverso i profeti, cos linterprete delle Scritture lo fa parlare nella sua
esegesi dei passi biblici che implicano un intervento divino diretto nei
confronti delluomo359. LAlessandrino non ricade insomma inevitabil-
mente nellimmagine di un Dio troppo umano, perch con la sua argo-
mentazione asseconda semmai la manifestazione di un Dio che chiama
luomo alla salvezza e instaura il suo colloquio con lui senza mai dere-
sponsabilizzarlo.
Ne abbiamo la prova evidente nei contenuti dei discorsi messi in
bocca a Dio da parte di Origene che riguardano tutti la condotta di colui
che si accosta a Dio nella preghiera. Ripercorrendo le successive personi-
ficazioni si nota linsistenza sullethos degli oranti, con le loro scelte e
condotte di vita, nel bene e nel male. Vi si pu ricavare in un certo senso
anche un compendio dellars orandi, riguardante sia le condizioni o lat-
teggiamento di chi prega (il kaqo; dei'), sia i contenuti (lo o} dei') della pre-
ghiera. Dio detto infatti accogliere la preghiera di colui che prega con
intelligenza (sunetw'" ), mentre non esaudisce la richiesta di chi inde-
gno (ajnavxion) di ricevere o gli chiede cose che non giovano allorante
n si addice a Dio concedere. Con ci Origene non prefigura un automa-

358 Apprezzando come classica la profonda apologia della preghiera rappre-


sentata da Orat, Heiler, 217 osserva: Seine Lsung will einerseits die Unvernderlichkeit
Gottes unangetastet lassen, andererseits den dem naiven Beten zugrundeliegenden Glau-
ben an eine reale Einwirkung auf Gott festhalten.
359 La continuit fra la prosopopea e il linguaggio biblico ben evidenziata da CGn
III = Phil. 23, 10, dove Origene commenta le parole divine trasmesse dal profeta: i[sw"
ajkouvsontai kai; metanohvsousin (Ger 33, 3).
120 Parte prima, Capitolo quarto
tismo di scambio fra richiesta e dono, poich Dio pu decidere di conce-
dere liberalmente i suoi benefici ben pi di quanto gli venga domandato.
Oppure pu assecondare lagire delluomo con il sostegno dei suoi an-
geli, commisurando laiuto prestato al diverso stato spirituale del singolo,
ma pu anche privarlo di tale ausilio se egli si volga al male, lasciandolo
allora preda della potenza avversa che ha attirato verso di s nel peccare.
Anche i tre personaggi biblici, nei quali Origene riunisce i luoghi
scritturistici addotti dagli avversari dalla preghiera rispecchiano la situa-
zione morale delluomo posto dinanzi alla scelta fra il male e il bene. Gio-
sia e Giuda prendono strade opposte, pur essendo possibile ad entrambi
di vivere da kaloi; kai; ajgaqoiv, come si esprime lAlessandrino, facendo
proprio lideale morale della paideia greca dentro lorizzonte biblico360.
Infine Origene presenta in Paolo il modello pi complesso dellinterazio-
ne fra libero arbitrio delluomo e iniziativa di salvezza, riunificando nella
prosopopea pi sviluppata i diversi passi sfruttati dagli avversari ed ora
composti in un magnifico intarsio a caratterizzare la personalit morale
dellApostolo. La sua elezione avviene in mente Dei prima della creazio-
ne del mondo, con uneco sia di Ef 1, 4 sia di unanaloga formulazione di
carattere generale circa la prescienza divina nel Commento a Genesi361.
La predestinazione, conseguente a prescienza ed elezione e menzionata
con Gal 1, 15, contraddistinta anche dallattribuzione a Paolo di potenze
che cooperano alla salvezza degli uomini. Questo aiuto non lo preserva
per dallagire come persecutore della chiesa (assistendo alluccisione
di Stefano secondo At 7, 58), prima di volgersi nuovamente al bene con
laiuto della grazia divina. In compenso, lesperienza giovanile lo impedir
di vantarsi delle rivelazioni di cui egli stato fatto oggetto in abbondanza
(2Cor 12, 7)362 .
Non un caso che questo ritratto dellApostolo fatto di luci ed ombre
segni in pratica la conclusione del serrato confronto con i critici della pre-
ghiera, almeno per quanto riguarda la prospettiva delluomo orante, dotato

360 Orat VI , 5 fa cos da pendant a Orat V, 5, alludendo nel succinto ritratto di Giosia,
re giusto e fedele, a 2Re 21, 24; 22, 2; 23, 4-25. Riguardo a Giuda, Origene associa a Dio
anche il Figlio di Dio nella prescienza dei misteri riguardo allapostolo traditore, prean-
nunciando profeticamente la sua sorte con Sal 108(109), 1: w{ste meta; katalhvyew" aujto;n,
kai; pri;n genevsqai to;n Iouvdan, dia; tou' Dauid eijrhkevnai: oJ qeo;", th;n ai[nesivn mou mh;
parasiwphvsh/" kai; ta; eJxh'" (315, 8-10).
361 Si confronti Orat VI, 5 ([315, 11-12] pri;n ktivsai to;n kovsmon ejpiballovmeno"
th'/ ajrch'/ th'" kosmopoii?a") con CGn III = Phil. 23, 8 ([154, 1-2] ejpibavllwn oJ qeo;" th/' ajrch/'
th'" kosmopoii?a" [Origne. Philocalie 21-27, Sur le libre arbitre).
362 Orat VI, 5 (315, 21-26): kai; aijsqovmeno" th'" ejsomevnh" mou eij" aujto;n eujerge-
siva" meta; ta; ejn neovthti profavsei qeosebeiva" ptaivsmata ei[ph/: cavriti de; qeou' eijmi o{
eijmi (1Cor 15, 10): kai; kwluovmeno" de; uJpo; tou' suneidovto" dia; ta; uJpo; neanivou aujtou'
e[ti tugcavnonto" pepragmevna kata; Cristou' oujc uJpereparqhvsetai th'/ uJperbolh'/ tw'n
ejp eujergesiva/ fanerwqhsomevnwn aujtw'/ ajpokaluvyewn (2Cor 12, 7).
La critica della preghiera 121
del libero arbitrio (aspetto che come sappiamo viene esteso in Orat VII
ai corpi celesti, intenti pure essi alla preghiera)363. Con limmagine di Pao-
lo tracciata qui da Origene laccento etico che predominava nelle prece-
denti personificazioni trapassa in una consapevolezza pi acuta della vi-
cenda umana come segnata drammaticamente dallesperienza del peccato,
sia pure in un protagonista vittorioso, quale appunto lApostolo. I doni
di grazia di cui Dio lo ricolma non gli fanno perdere di vista le colpe pre-
cedenti, mentre lo aiutano a riconoscere la trasformazione della sua vita
come conseguenza dellintervento divino. In filigrana, anche nel ritratto
di colui che fin da principio il testimone-chiave per il discorso orige-
niano sulla preghiera si pu ritrovare la nota drammatica che lo percorre
intimamente e che al tempo stesso determina la sua concreta attuazione in
unesperienza orante. Anche per tale percezione questa esperienza risulta
ben diversa dallo stesso modello proposto dallideale filosofico della pre-
ghiera364. Risolte le aporie sulla preghiera, nel seguito del trattato, fino al
termine della prima sezione (Orat XVII), Origene si sforzer di riflettere
sui modi in cui pu darsi precisamente la sua prassi effettiva.

363 Il riconoscimento del libero arbitrio negli astri, in stretto legame con la preghie-
ra, motivato a partire dallinvito rivolto loro a lodare Dio in Sal 148, 3. Cfr. Orat VII
(316, 9-10): kai; eij peri; tou' ejf hJmi'n eJtevrou mh; mavthn eu[comai, pollw'/ plevon peri; tou'
ejf hJmi'n tw'n ejn oujranw'/ swthrivw" tw'/ panti; coreuovntwn ajstevrwn.
364 Heiler, 208 ne riepiloga cos contenuti e limiti: Die Bitte um das sittlich Gute,
die Ergebung ins Schicksal, die Anbetung der Grsse Gottes. [...] Und doch ist dieses Ge-
bet dem Philosophen nicht eine Notwendigkeit wie dem Frommen, der ohne Gebet nicht
leben kann, sondern etwas entbehrliches. Das sittliche Ideal laesst sich auch verwirkli-
chen, ohne dass man im Gebet den Gnadenbeistand Gottes erfleht.
CAPITOLO QUINTO

LATTO DELLA PREGHIERA


Abbozzi di un ars orandi

Ora, mio caro, dammi il tuo cuore e il tuo


pensiero e ascolta la forza della preghiera pura
e guarda come i nostri padri giusti antichi si
siano resi illustri con la loro preghiera davanti
a Dio e come essa fu per loro unofferta pura
(Afraate)

1. Uno sguardo prospettico: dal fondamento scritturistico alla prassi


orante

Sarebbe ingenuo pensare di estrarre dal discorso di Origene un bre-


viario dellars orandi, sebbene la parola fosse nellaria gi con Tertul-
liano ed egli stesso non abbia esitato a servirsi di espressioni analoghe nel
giustificare il supplemento di riflessione sul problema della preghiera
(Orat XXXI-XXXIII)365 : questa sezione conclusiva circa le disposizioni in-
teriori, latteggiamento esteriore, i tempi e i luoghi della preghiera, al dire
dellautore, vuole infatti procedere in maniera pi sommaria o manua-
listica (eijsagwgikwvteron)366 . LAlessandrino dunque non era per princi-
pio refrattario allidea di un compendio introduttivo, ma bisogna ricono-
scere che solo nel complemento finale si dato premura di procedere in
maniera sistematica e, per cos dire, enciclopedica, senza peraltro atte-
nervisi rigorosamente367 . Nel resto del trattato le cose sono molto pi com-
plicate e non facile cogliere con precisione un ordine tematico o uno svi-
luppo organico di pensiero, anche per la grande variet e la profondit
degli spunti enunciati via via. Ci non toglie che, sciolto il nodo teorico
della critica della preghiera, largomento unificante sia in fin dei conti pro-
prio latto del pregare nella pi ampia articolazione delle sue espressioni,

365 Per Tertulliano, De orat. 1, 6, il Padrenostro un breviarium totius evangelii


(cfr. infra, nota 1640).
366 Orat XXXI, 1 (395, 13-17): Dokei' dev moi meta; tau'ta oujk a[topon ei\nai uJpe;r
tou' plhrwqh'nai to; peri; th'" eujch'" provblhma dialabei'n eijsagwgikwvteron peri; th'" ka-
tastavsew" kai; tou' schvmato" [...] kai; tovpou [...] kai; klivmato" [...] kai; crovnou. Cfr. su-
pra, p. 71. Per lintenzione enciclopedica si veda Perrone 2007 (in part. p. 57 e nota 35
sulluso del termine eijsagwgikov").
367 Manca, infatti, la preannunciata trattazione dei tempi della preghiera (Orat
XXXI, 1 [395, 17]: crovnou eij" eujch;n ejpithdeivou kai; ejxairevtou).
124 Parte prima, Capitolo quinto
dai modelli biblici cui sispira fino ai molteplici fattori che laccompagna-
no, in positivo e in negativo, e alle modalit che rendono possibile il suo
compimento nella forma pi piena. Pertanto, pur procedendo in gran parte
sul filo del testo secondo lopzione originaria di questa indagine , oc-
corre guadagnare uno sguardo prospettico che componga insieme i diversi
elementi senza disconoscere nel contempo la loro natura di abbozzi.
Per tracciare il nostro quadro dobbiamo in ogni caso unire nella presen-
tazione la prima sezione (Orat III-XVII) alla terza (Orat XXXI-XXXIII). Ci
dar modo di approfondire inizialmente il linguaggio biblico della pre-
ghiera, quindi i paradigmi di oranti nelle Scritture, per passare da ultimo
ad esaminare latto orante nei suoi vari aspetti.
scontato che la presentazione si avvii con lanalisi della terminolo-
gia della preghiera nella Bibbia, non solo perch questa lindicazione
che ci viene direttamente dal testo gi con i due capitoli preliminari al-
lesame della quaestio e aventi per oggetto la sua semantica biblica (Orat
III- IV), senza considerare al momento il modello del Padrenostro commen-
tato nella seconda sezione (Orat XVIII-XXX) , ma soprattutto perch il ri-
ferimento al testo ispirato possiede sempre un valore essenziale per Ori-
gene: dalle Scritture egli trae la fonte principale, il fondamento e la
norma del suo pensiero. Non diverso per il discorso sulla preghiera, ma
si potrebbe ancora aggiungere che nella riflessione dellAlessandrino al
riguardo c una profonda corrispondenza simmetrica fra la lettura
della Bibbia e lesperienza della preghiera368. Luna e laltra si presentano
come due operazioni contrassegnate da un medesimo dinamismo spiri-
tuale: la prima collimpegno a passare dalla lettera del testo biblico allo
spirito, cio al suo significato nascosto e conforme alla natura di uno
scritto divinamente ispirato; la seconda con linvito a non domandare a
Dio le cose piccole e terrene bens le cose grandi e celesti, attenen-
dosi alle parole stesse di Ges369. Questa corrispondenza fra lintelligenza
della Scrittura e la prassi orante risulta specialmente evidente nella spie-
gazione in senso spirituale dei benefici ottenuti dagli oranti dellAntico
Testamento370, ma essa ricompare nellinterpretazione del Padrenostro,
dove la preghiera per la santificazione del nome di Dio segna nuova-

368 Sullimportanza della Bibbia in Orat si vedano Trevijano Etcheverra e Cocchini


1997b. Cfr. anche Perrone 1997, 17-21 (Un discorso dalla Bibbia e sulla Bibbia: argo-
mentazione scritturistica e operazione esegetica). Sulla corrispondenza fra esegesi biblica
e interpretazione della preghiera e/o del rito si veda Studer.
369 Si ricordi lagraphon assunto da Origene come indicazione normativa (cfr. su-
pra, nota 169).
370 Orat XIV, 1 (330, 6-11): Touvtwn de; hJmi'n eJrmhneuqevntwn eij" ta;" dia; tw'n pro-
seucw'n gegenhmevna" toi'" aJgivoi" eujergesiva", katanohvswmen to; aijtei'te ta; megavla, kai;
ta; mikra; uJmi'n prosteqhvsetai: kai; aijtei'te ta; ejpouravnia, kai; ta; ejpivgeia uJmi'n proste-
qhvsetai. pavnta ge ta; sumbolika; kai; tupika; sugkrivsei tw'n ajlhqinw'n kai; nohtw'n mi-
krav ejsti kai; ejpivgeia. Da ricordare anche XIII, 4 (cfr. infra, nota 449).
Latto della preghiera 125
mente lincontro fra le due prospettive: la prima petizione ha infatti per
oggetto proprio lacquisizione di quel concetto di Dio che meglio com-
pete alla sua realt di essere spirituale e trascendente371 . Di conseguenza,
lautentica preghiera, in tutto corrispondente alla lettura spirituale della
Bibbia, non pu essere altro che questo tipo di domanda, definibile an-
chessa per analogia come la preghiera spirituale, secondo unespres-
sione che del resto adoperata dallo stesso Alessandrino372.

2. Lindagine sulla terminologia biblica: il primato della proseuchv

Dalla terminologia scritturistica Origene ha cercato di trarre il termine


pi calzante per qualificare il proprio modello di preghiera nel suo profilo
distinto e conferirgli cos un rilievo esemplare. Fin dalla rassegna intro-
duttiva sul vocabolario della preghiera (Orat III-IV) egli mostra di voler
privilegiare lespressione proseuchv, che ai suoi occhi designa nella Bib-
bia la preghiera in senso pregnante, distinta dal termine eujchv, la cui
accezione primaria corrisponde per Origene a voto373 . In realt, egli

371 In Orat XXIII, 3 (351, 18-19) Origene prende posizione contro quanti intendono
alla lettera le espressioni spaziali riferite a Dio: pro;" tou;" eij" tou;" qhsaurou;" th'" lev-
xew" ejlqei'n mh; boulomevnou". Lindicazione ermeneutica, che fa da pendant alla norma
della preghiera spirituale, formulata in XXIII, 1 (350, 1-4): kai; kaqolikw'" ta;" o{son ejpi;
tw'/ rJhtw'/ levxei", ta;" nomizomevna" toi'" aJploustevroi" ejn tovpw/ favskein ei\nai to;n qeo;n,
metalhptevon prepovntw" tai'" megavlai" kai; pneumatikai'" ejnnoivai" peri; qeou'. Cfr. an-
che XXIII, 5 (353, 6-9): uJpe;r tou' pavntoqen kata; th;n didomevnhn hJmi'n duvnamin pei'sai to;n
ejntugcavnonta uJyhlovteron kai; pneumatikwvteron ajkouvein th'" qeiva" grafh'", o{tan dokh'/
ejn tovpw/ didavskein ei\nai to;n qeovn.
372 Cfr. supra, p. 76 e nota 384. La stessa qualificazione adottata da Tertulliano e
Cipriano con la loro idea di una spiritalis oratio (cfr. infra).
373 La preferenza accordata da Origene a proseuchv combacia peraltro con le indi-
cazioni della lessicografia neotestamentaria: se nel greco extrabiblico eu[comai ed eujchv
indicano linvocazione alla divinit, sia nel significato generale di chiedere, pregare,
sia nellaccezione specifica di promettere, far voto (Greeven-Herrmann, 1210), nella
Bibbia greca i due termini cedono sensibilmente terreno a proseuvcomai, proseuchv, che
divengono i termini principali per designare la preghiera; nel Nuovo Testamento rari sono
i residui del termine semplice (col. 1211). Mentre il verbo proseuvcomai attestato ripe-
tutamente a partire da Orat II , 1, la prima occorrenza del sostantivo proseuchv figura in II, 2
nella citazione di 1Cor 7, 5 (i{na scolavshte th'/ proseuch')/ . In II, 5 (303, 3. 12-16), sempre
a mo di citazione, Origene menziona i titoli di tre salmi Sal 16(17), 1 (p. tou' Dauid);
89(90), 1 (p. tw'/ Mwu>sei'); 101(102), 1 (p. tw'/ ptwcw'/) , specificandoli come preghiere
veramente spirituali: ai{tine" proseucai;, ejpei; ajlhqw'" h\san proseucai; ginovmenai
pneuvmati legovmenaiv te, kai; tw'n dogmavtwn th'" tou' qeou' sofiva" peplhvrwntai, w{ste eij-
pei'n a[n tina peri; tw'n ejn aujtai'" ejpaggellomevnwn: tiv" sofo;", kai; sunhvsei tauvta" kai;
suneto;", kai; ejpignwvsetai aujtav" (Os 14, 10). Dopo questi passi, estratti tutti dalle Scrit-
ture, la conclusione del Prologo (II, 6 [303, 21]) dichiara limpossibilit di una genuina
esperienza di preghiera e comprensione di essa, a meno che intervenga il dono dello Spi-
rito: ouj gavr pou ejmautw'/ divdwmi cwrei'n th;n p. In seguito, Origene traccia in III, 2 distin-
126 Parte prima, Capitolo quinto
costretto a prendere atto che la distinzione tracciata fra i due termini non
regge interamente, dal momento che, mentre eujchv pu assumere lacce-
zione generica di preghiera, a sua volta anche proseuchv acquista occa-

zione e sovrapposizione fra eujchv e proseuchv, dedicando pi specificamente a questul-


tima IV . In V, 5 lelaborazione biblica dellaporia sulla preghiera richiama, fra i vari esem-
pi, la p. di Giuda (cfr. Sal 108[109], 7), ma la stessa parola compare per due volte nei
piqanav sottoposti da Ambrogio (V, 6 [311, 1011. 13]: mataiva hJ p.). Altre occorrenze fi-
gurano in VIII, 1 (316, 27317, 2), a proposito delle disposizioni di spirito con cui acco-
starsi alla preghiera: oujde; meta; ojrgh'" kai; tetaragmevnwn logismw'n ejpi; th;n p. ejlqetevon,
ajll oujde; cwri;" kaqareuvsew" e[stin ejpinoh'sai ginomevnhn th'/ proseuch'/ scolhvn (con
nuova allusione a 1Cor 7, 5). In XI , 1 (321, 20322, 2) il vocabolo ritorna in tre citazioni
da Tb: eijshkouvsqh, fhsi;n hJ grafh;, p. ajmfotevrwn ejnwvpion th'" dovxh" tou' megavlou Ra-
fah;l [...] ejgw; proshvgagon to; mnhmovsunon th'" p. uJmw'n ejnwvpion tou' aJgivou (Tb 12, 12);
ejgwv eijmi Rafah;l, ei|" tw'n eJpta; ajggevlwn, oi} prosanafevrousi <ta;" p. tw'n aJgivwn> (Tb
12, 15); ajgaqo;n p. meta; nhsteiva" kai; ejlehmosuvnh" kai; dikaiosuvnh" (Tb 12, 8). XII , 2
(325, 11) la menziona per la prima delle tre ore di preghiera, con una nuova citazione: to;
prwi eijsakouvsh/ th'" p. mou (Sal 5, 4). XIII, 1 (326, 4-5) la usa a proposito della preghiera
di Ges in Lc: kai; h\n dianuktereuvwn ejn th'/ p. tou' qeou' (Lc 13, 1); XIII, 2 (326, 19-20),
per Ester e Mardocheo: p. meta; nhsteiva" Mardocaivou kai; Esqh;r; per Giuditta (326, 22):
ajlla; kai; Ioudh;q aJgivan ajnenegkou'sa p.; e per Daniele (326, 27-28): dia; ta;" tou' Danih;l
p. In XIII, 4 (328, 3-4) figura ancora nel catalogo degli oranti esauditi: to;n katavlogon tw'n
wjfelhqevntwn dia; p., mentre in XIV, 2 citata da 1Tm 2, 1 ed oggetto di definizione (cfr.
infra, nota 377). Anche XIV, 4 (332, 8) riprende il termine dal testo biblico: p. Abbakou;m
tou' profhvtou meta; wj/dh'" (Ab 3, 1); e riconosce poi la preghiera di Abacuc come esempio
calzante di p. (332, 13-14): sfovdra de; au{th ejmfaivnei to; kata; to;n o{ron th'" p. In XIV, 5
(333, 5) Origene distingue dalla p. la preghiera di Sansone, precisandola come e[nteuxi":
h{ti" eJtevra para; th;n p.; mentre in XV, 1 (333, 26) indicata come lunica forma di pre-
ghiera che si addice a Dio, eja;n de; ajkouvwmen o{ ti potev ejsti p. Perci occorre rivedere di
conseguenza la prassi delle preghiere liturgiche (334, 11): dia; tw'n p. levgonte". XV , 2
(334, 17-18.21) ribadisce il modello della p. come la preghiera dei santi rivolta a Dio,
con la mediazione di Cristo: eujcaristou'nte" ou\n oiJ a{gioi ejn tai'" p. eJautw'n tw'/ qew'/ dia;
Cristou' Ihsou' cavrita" oJmologou'sin aujtw/' [...] ou{tw" ouj cwri;" aujtou' p. tina prose-
nektevon tw'/ patriv. Lo stesso paradigma inculcato mediante una prosopopea di Ges in
XV, 4 (336, 3-4): movnw/ ga;r tw'/ patri; met ejmou' kai; di ejmou' ajnapemptevon ejsti;n uJmi'n p.
In XVI, 2 (336, 24-25) si respinge unobiezione riguardo ai beni materiali: ta; kata; to; sw-
matiko;n ejk p. toi'" aJgivoi" dwrhqevnta. In XVIII, 1 (340, 7-8) il Padrenostro introdotto
come la p. per eccellenza: th;n uJpografei'san uJpo; tou' kurivou p.; idea ribadita in XVIII, 2
(340, 12), rispetto alle versioni diverse di Mt e Lc: pro;" to; dei'n ou{tw" proseuvcesqai p.
XVIII, 3 (340, 28; 341, 8-9) considera la tesi che i due testi paralleli del Padrenostro non
siano la stessa preghiera: oujc oi|ovn te ejsti; th;n aujth;n p. [...] mhv pote de; bevltion h\/ diafov-
rou" nomivzesqai ta;" p.; quanto a Mc, Origene constata (341, 11) che oujd i[cno" ejgkeiv-
menon p. In XIX, 1 (341, 14) egli preannuncia il commento allintroduzione al Padrenostro
in Mt: i[dwmen pro; th'" ejgkeimevnh" p. para; tw'/ Matqaivw/. In XIX, 3 (343, 7-8) critica la
prassi di preghiera in momenti sociali: ejn mevsoi" toi'" sumposivoi" kai; para; tai'" mevqai"
ejmparoinou'nte" th'/ p. Secondo XXII, 1 (346, 17-18), lAntico Testamento non conosce la
libert dei figli di Dio nella preghiera insegnata da Ges: ejn p. th;n ajpo; tou' swth'ro"
kathggelmevnhn parjrJhsivan peri; tou' ojnomavsai to;n qeo;n patevra. Dopo lesegesi del Pa-
drenostro ritroviamo il termine in XXXI, 4 (398, 11): eij ga;r scolavsai th'/ p. (nuova cita-
zione da 1Cor 7, 5). In XXXI, 5 (398, 29-399, 1), ultima occorrenza del termine, ritorna
lesempio biblico di Sara e Tobi: oJ Rafahvl fhsin eij" mnhmovsunon ajnenhnocevnai th;n p.
Latto della preghiera 127
sionalmente il significato di voto 374 . Inoltre, proprio luso di eujchv
come categoria generale prevale nettamente, dal punto di vista statistico,
nel corso del Trattato. Lapproccio terminologico dunque interessante
soprattutto come indizio dello sforzo di sanzionare biblicamente un mo-
dello di preghiera per il quale Origene offre in seguito anche altre giustifi-
cazioni. Esaminando nel loro complesso le occorrenze successive di pro-
seuchv, salta agli occhi come lAlessandrino nella maggior parte dei casi
adoperi il vocabolo riprendendolo da un passo biblico o in relazione ad
esso375 . In particolare, nella rassegna introduttiva dei luoghi biblici a so-
stegno di proseuchv , intesa come il paradigma della preghiera spiritua-
le, si noter il modo in cui lAlessandrino commenta il titolo di tre salmi
dove compare il termine: si tratta in ognuno di essi di preghiere che ve-
ramente si compiono e sono dette nello Spirito, e sono ripiene degli inse-
gnamenti della sapienza divina376 . Solo con la partecipazione dello Spi-
rito come si visto commentando il prologo pu darsi autentica espe-
rienza di preghiera; ma quando essa tale, diviene anche un momento di
conoscenza profonda di Dio.
Sempre attenendosi ad un riferimento scritturistico, Origene rinnova
nel corso della prima sezione (Orat XIV, 2), stavolta con un tentativo ben
pi organico, lo sforzo per riconoscere alla proseuchv lo statuto di pre-
ghiera per eccellenza rivolta a Dio. Si tratta di un passo dal secondo capi-
tolo della I Lettera a Timoteo, testo che sappiamo essere di particolare
importanza per lAlessandrino, sia a motivo del ricco vocabolario della
preghiera che per la prassi orante ivi prefigurata: Ti raccomando dun-
que, prima di tutto, che si facciano domande, preghiere, suppliche e rin-
graziamenti (1Tm 2, 1)377 . Seguendo lordine dei vocaboli introdotti nel
versetto, Origene spiega prima il significato dei quattro termini devhsi",
proseuchv, e[nteuxi", eujcaristiva, ed offre poi per ciascuno di essi una
serie di esempi biblici (che peraltro non si limitano al sostantivo in que-
stione ma contemplano perlopi il verbo indicante la stessa azione, o
eventualmente termini equivalenti se non dei sinonimi) 378 . Una rifles-

374 Orat IV, 1 (cfr. infra, nota 385).


375 Si veda lelenco completo delle occorrenze alla nota 373. Ci particolarmente
evidente nellanalisi dei paradigmi degli oranti veterotestamentari, le cui preghiere sono
generalmente designate con proseuchv o con espressioni consimili, laddove quelle dei fe-
deli che sispirano ad esse vengono perlopi qualificate con il termine eujchv .
376 Orat II, 5 (cfr. supra, nota 373).
377 Orat XIV, 2 (330, 21331, 2): ejpei; de; para; tw'/ ajpostovlw/ tevssara ojnovmata
kata; tessavrwn pragmavtwn, geitniwvntwn tw'/ peri; th'" eujch'" lovgw/, ejn th'/ protevra/ pro;"
Timovqeon ei[rhtai, crhvsimon e[stai paraqevmenon aujtou' th;n levxin ijdei'n <eij> e{kaston
tw'n tessavrwn, kurivw" a]n noouvmenon, ejklavboimen kalw'".
378 Orat XIV , 2 (331, 4-11): hJgou'mai toivnun devhsin me;n ei\nai th;n ejlleivpontov"
tini meq iJkesiva" peri; tou' ejkeivnou tucei'n ajnapempomevnhn eujch;n, th;n de; proseuch;n
th;n meta; doxologiva" peri; meizovnwn megalofuevsteron ajnapempomevnhn uJpov tou,
128 Parte prima, Capitolo quinto
sione di carattere insieme dottrinale e pratico sinnesta da ultimo nella
messa a punto terminologica, in modo da prevenire incertezze o equivoci
in merito alla prassi corretta di preghiera, ribadita da Origene con un in-
tento dichiaratamente normativo.
La devhsi", domanda, la preghiera di qualcuno che manca di
qualcosa, innalzata con una supplica in vista di ottenerla, mentre la pro-
seuchv la preghiera (o invocazione) innalzata con pi nobile spirito
da qualcuno in vista di ottenere beni pi grandi. A sua volta, le[nteuxi",
supplica (o intercessione), la richiesta a Dio di qualcosa, presen-
tata da qualcuno che possiede una certa maggiore franchezza. Infine,
leujcaristiva, ringraziamento, il riconoscimento espresso mediante
preghiere per aver ottenuto dei beni da Dio. Nelle spiegazioni dei sin-
goli vocaboli si nota il frequente ricorso del termine eujchv, evidentemente
con valore generico o riassuntivo, sia in riferimento esplicito alla devhsi"
ed alleujcaristiva, che implicitamente in relazione a proseuchv. Quanto
al vocabolario della domanda, per devhsi" osserviamo limpiego del
termine iJkesiva (supplica) che richiama la nozione di e[nteuxi", a meno
dintendere questultima essenzialmente come intercessione, cio una
supplica a beneficio di terzi. Con tali contiguit ed ambiguit di vocabo-
lario evidente anche la difficolt di rendere con precisione la valenza
del termine proseuchv: pi che supplica conviene semmai la resa in-
vocazione o orazione.
Lesemplificazione scritturistica per devhsi" (Orat XIV, 3) riporta
cinque luoghi biblici (solo il primo dei quali fa uso del sostantivo, laddove
negli altri compare il verbo devomai)379 , con una breve rassegna che inizia,
contrariamente alluso pi normale in Origene, con il Nuovo Testamento
(Lc 1, 13) e prosegue con lAntico Testamento, nellordine progressivo
del canone (Es 32, 11; Dt 9, 18; Est 4, 17a k) 380 . La scelta degli esempi
abbastanza significativa dellimmagine biblica della preghiera per lAles-
sandrino: ben quattro su cinque chiamano in causa le figure di alcuni dei
grandi oranti dellAntico Testamento in primis Mos, quindi Mardocheo

e[nteuxin de; th;n uJpo; parjrJhsivan tina; pleivona e[conto" periv tinwn ajxivwsin pro;" qeo;n,
eujcaristivan de; th;n ejpi; tw'/ teteucevnai ajgaqw'n ajpo; qeou' met eujcw'n ajnqomolovghsin,
ajnteilhmmevnou tou' ajnqomologoumevnou tou' megevqou" h] tw'/ eujergethqevnti megevqou"
fainomevnou th'" eij" aujto;n gegenhmevnh" eujergesiva".
379 Lc 1, 13: mh; fobou', Zacariva, diovti eijshkouvsqh hJ devhsiv" sou, Non temere,
Zaccaria, la tua preghiera stata esaudita (tr. CEI ).
380 In Es 32, 11 la devhsi" corrisponde ad una supplica o intercessione di Mos
(ejdehvqh Mwu>sh'" katevnanti kurivou) perch Dio non rivolga la sua ira sul popolo di Israe-
le per il vitello doro. Anche Dt 9, 18 contiene una supplica di Mos per il popolo a causa
dei suoi peccati. Infine, Est 4, 17a k introducono rispettivamente la preghiera di Mardo-
cheo (17a-i) e di Ester (17l-z), luna e laltra da considerarsi analogamente a quelle di
Mos come una supplica. Peraltro, specialmente nella preghiera di Mardocheo, diffi-
cile negare quel carattere megalofuevsteron che per Origene proprio della proseuchv.
Latto della preghiera 129
ed Ester ai quali Origene attribuisce un valore paradigmatico in quan-
to testimoni per eccellenza dellefficacia della preghiera. Daltra parte,
lesemplificazione solleva interrogativi quanto alla possibilit di distin-
guere una tipologia precisa della devhsi". Abbiamo infatti a che fare quasi
interamente con preghiere di intercessione, a beneficio soprattutto del
popolo dIsraele. N si deve dimenticare che Origene riconosce proprio a
Mos quella qualit di libert o franchezza di parola (parjrJhsiva) nel
rapporto con Dio, identificata nella sua classificazione terminologica
come un proprium delle[nteuxi"381. Inoltre, si potrebbe ancora obiettare
che non mancano tratti positivamente magniloquenti in queste suppli-
che, tali da farle semmai avvicinare alla definizione della proseuchv con
la sua grandezza di contenuti e disposizioni di spirito.
Anche per la proseuchv compaiono cinque esempi scritturistici (Orat
XIV, 4), tutti tratti dallAntico Testamento, senza rilevarvi peraltro un or-
dine determinato. Lindizio lessicale dato nuovamente dal verbo (pro-
seuvcomai), fatta eccezione per la preghiera di Abacuc (proseuch; Ab-
bakouvm ). Lelenco comprende: Dn 3, 25; Tb 3, 1-2; 1Sam 1, 10-11; Ab 3,
1-2; Gio 2, 2-4382 . Due dei cinque luoghi biblici suscitano problemi come
testi autorevoli di riferimento: da un lato, Dn 3, 25 non trova riscontro
nellebraico, offrendo con ci un indizio debole, perch suscettibile di es-
sere messo in discussione quale fonte attendibile; dallaltro lato, ci vale
a fortiori per Tb 3, 1-2, poich tratto da un libro che gli ebrei respingono
come non-canonico. Perci Origene aggiunge gli altri tre esempi ricavati
tutti da scritti canonici. Ma anche in questo caso (includendo gli stessi
esempi extracanonici) non facile circoscrivere esattamente la tipologia
di preghiera che lAlessandrino designa con il termine proseuchv. Lui
stesso, del resto, sembra avvertire le perplessit del lettore, se ci tiene a
segnalargli che la preghiera di Abacuc evidenzia molto bene il proprium
della proseuchv, dato che innalzata con rendimento di lode383 . La

381 Sul motivo della parrhesia di Mos cfr. Perrone 1992b.


382 Con Dn 3, 25 Origene riporta lintroduzione alla preghiera di Azaria (Dn 3, 26-
45). Tb 3, 1-2 la preghiera del giusto sofferente Tobi, che invoca da Dio la propria morte
con una preghiera di lamento (Tb 3, 1: kai; proshuxavmhn met ojduvnh" levgwn), mentre
con 1Sam 1, 10-11 Origene introduce la figura di Anna, tra le pi note figure di oranti ve-
terotestamentari. Si capisce che egli si lascia nuovamente guidare dallindizio lessicale a
menzionare la prima preghiera anzich il cantico di Anna (1Sam 2, 1-10): kai; proshuvxato
pro;" kuvrion kai; klauqmw'/ e[klause. In ogni caso si tratta chiaramente di una preghiera
di voto. Ab 3, 1-2 lintroduzione al cantico di Abacuc, presentato da Ab 3, 1 LXX come
proseuch; Abbakou;m tou' profhvtou meta; wj/dh'". Lultimo passo (Gio 2, 2-4) riporta lin-
troduzione e linizio del cantico di Giona dal ventre del pesce.
383 Orat XIV, 4: sfovdra de; au{th ejmfaivnei to; kata; to;n o{ron th'" proseuch'", o{ti
meta; doxologiva" tw'/ proseucomevnw/ ajnapevmpetai. Daltra parte, nel cantico di Abacuc
non compare la richiesta di qualcosa, contrariamente alla definizione data, come nota Oul-
ton, 344: Hab., ch. 3 [...] is an example of the wider use of the term prayer in the Old
130 Parte prima, Capitolo quinto
precisazione sembrerebbe dettata, in particolare, dal fatto che la preghiera
di Anna in 1Sam 1, 10-11 si presenta piuttosto come un voto, cio una
eujchv, seguendo la distinzione introdotta in precedenza nella rassegna del
vocabolario biblico (Orat III- IV). Ora, se a conclusione del Prologo men-
zionata espressamente tra le preghiere realmente spirituali (eujcai; aiJ
o[ntw" pneumatikaiv ), pur riconoscendo che stata trascritta solo in par-
te384, successivamente Origene richiama la preghiera di Anna a testimo-
nianza del fatto che anche il termine proseuchv pu assumere laccezione
secondaria di voto (= eujchv )385. In pratica, egli arriva a considerare la
preghiera di Anna come esempio ad un tempo sia della proseuchv (1Sam
1, 10) che delleujchv (1Sam 1, 11)386. Tuttavia, linserimento di Anna nel
catalogo dei grandi oranti veterotestamentari (Orat XIII, 2) predispone il
suo particolare riconoscimento come tipo della proseuchv, anche qui gio-
cando sulla distinzione terminologica fra 1Sam 1, 10 e 1Sam 1, 11387 .
La preoccupazione di differenziare la proseuchv emerge in primo
piano anche dallelencazione dei luoghi scritturistici per le[nteuxi", sup-
plica o intercessione, di cui si ribadisce la nota specifica della fran-
chezza (parjrJhsiva ) con il rinvio, come primo esempio, allintercessione
dello Spirito in Rm 8, 26-27388 . Questo notoriamente un altro testo-

Testament as an elevation of the mind to God which does not necessarily include petition.
Sullinterpretazione di Ab 3, 2 LXX, in riferimento al Figlio e allo Spirito, cfr. Prin I, 3, 4.
384 Orat II, 5 (303, 6): aiJ toiau'tai de; eujcai; aiJ o[ntw" pneumatikaiv, proseucomev-
nou ejn th'/ kardiva/ tw'n aJgivwn tou' pneuvmato", ajnegravfhsan, peplhrwmevnai ajporrhvtwn
kai; qaumasivwn dogmavtwn: ejn me;n ga;r th'/ prwvth/ tw'n Basileiw'n ejk mevrou" hJ th'" Annh".
Qui Origene cita 1Sam 1, 12.
385 Cfr. Orat IV, 1 (307, 3-9) con citazione di 1Sam 1, 1. 9-11: Oujk a[logon dhv moi
ejfavnh to; kata; ta;" grafa;" shmainovmenon prw'ton diasteivlasqai th'" eujch'" duvo shmai-
nouvsh", oJmoivw" de; kai; th'" proseuch'": kai; ga;r tou'to to; o[noma, pro;" tw'/ koinw'/ kai;
sunhvqei pollacou' keimevnw/, tevtaktai kai; ejpi; th'" kata; to; suvnhqe" hJmi'n shmainovmenon
[th'"] eujch'" ejn toi'" peri; th'" Annh" legomevnoi" ejn th'/ prwvth/ tw'n Basileiw'n. Il testo
biblico qui citato da Origene si distacca dalla LXX e si avvicina allebraico; cfr. Papacon-
stantinou, 231.
386 Orat IV, 2 (307, 17-22): duvnatai mevntoi ge ti;" oujk ajpiqavnw" ejntau'qa, ejpisthv-
sa" tw'/ proshuvxato pro;" kuvrion (1Sam 1, 10) kai; hu[xato eujch;n (1Sam 1, 11), eijpei'n
o{ti, eij ta; duvo pepoivhke, toutevsti proshuvxato pro;" kuvrion kai; hu[xato eujch;n , mhv pote
to; me;n proshuvxato ejpi; th'" sunhvqw" hJmi'n ojnomazomevnh" tevtaktai eujch'", to; de; hu[xato
eujch;n ejpi; tou' ejn Leui>tikw/' kai; Ariqmoi'" tetagmevnou shmainomevnou. Anche il com-
mento sul cantico di Anna in HReL (nota 1096) manifesta la difficolt di inquadrare con
precisione la preghiera di 1Re 2, 1-10, che, seppure presentata come oratio dalla Scrittura,
si distacca a giudizio di Origene dallorationis ordo.
387 Orat XIII, 2 (326, 15-16): Anna ga;r uJphrevthse th'/ genevsei Samouh;l, tw'/ Mwu>-
sei' sunariqmhqevnto", ejpei; mh; tivktousa pisteuvsasa proshuvxato pro;" kuvrion (1Sam
1, 10).
388 Orat XIV, 5 (332, 18-25): tou' de; trivtou para; tw'/ ajpostovlw/, eujlovgw" th;n me;n
proseuch;n ejf hJmw'n tavttonti th;n de; e[nteuxin ejpi; tou' pneuvmato", wJ" kreivttono" o[nto"
kai; parjrJhsivan e[conto" pro;" to;n, w|/ ejntugcavnei: to; ga;r tiv proseuxwvmeqa, fhsi;, kaqo;
Latto della preghiera 131
chiave per la visione origeniana del pregare, ma proprio il fatto che si
tratti in primis della preghiera dello Spirito solleva comunque linterroga-
tivo sul rapporto con la proseuchv, in quanto secondo lAlessandrino essa
stessa una preghiera animata alla radice dal soccorso dello Spirito389.
Inoltre, dopo aver asserito con decisione che le[nteuxi" propria dello
Spirito, mentre agli uomini compete la proseuchv, Origene riporta ancora
due esempi legati a personaggi dellAntico Testamento: la supplica di
Giosu in Gs 10, 12 e quella di Sansone in Gdc 16, 30390 . A parte il fatto
che in entrambi i casi variando il criterio seguito in prevalenza fin qui
lAlessandrino deve ammettere che non c un supporto terminologico ad
hoc (pur configurandosi, a suo avviso, entrambe le preghiere secondo la
tipologia individuata), in nessuna delle due si delinea a prima vista un
qualche ruolo dello Spirito 391 . Anche questa classificazione risulta in-
somma poco persuasiva392 .
Pi breve, perch pi immediatamente comprensibile, la fondazio-
ne scritturistica di eujcaristiva, proposta con un solo esempio, che Ori-
gene prende significativamente dallinno di giubilo di Ges (Mt 11, 25;
Lc 10, 21). Anche qui per lindizio lessicale non va assunto quale crite-
rio esclusivo, dato che Origene ricorda come il verbo ejxomologou'mai
equivalga in ogni caso a eujcaristw', segnalando cos implicitamente la
contiguit semantica (se non la sovrapposizione formale) fra la preghiera

dei' oujk oi[damen, ajlla; aujto; to; pneu'ma stenagmoi'" ajlalhvtoi" uJperentugcavnei tw'/ qew'/.
oJ de; ejreunw'n ta;" kardiva" oi\de tiv to; frovnhma tou' pneuvmato", o{ti kata; qeo;n ejntugcavnei
uJpe;r aJgivwn: uJperentugcavnei ga;r kai; ejntugcavnei to; pneu'ma, hJmei'" de; proseucovmeqa.
389 Cfr. Orat II, 5 (supra, nota 384).
390 In Gs 10, 12 Giosu supplica Dio durante la battaglia contro gli Amorrei: Gio-
su disse al Signore sotto gli occhi di Israele: Sole, fermati in Gabaon e tu, luna, sulla
valle di Aialon (dallesegesi del passo in HIos I, 5 si comprende il rilievo particolare
delle[nteuxi" di Giosu alla luce della tipologia Giosu-Ges: Il mio Ges dunque ha
fatto fermare il sole, non solo allora, ma molto di pi ora nel suo avvento [tr. it., 57]. In
HIos XI, 1 Origene ne parla come di una preghiera inaudita, sorprendente). Quanto a
Sansone, lAlessandrino intende alla stregua di una preghiera la celebre espressione che
prelude alla sua morte: che la mia anima muoia con i Filistei (Gdc 16, 30). Secondo
HIer X, 8 (nota 1172), la parjrJhsiva ci data per supplicare Dio confessando le colpe (cfr.
anche infra, nota 1102).
391 Orat XIV, 5: eij kai; mh; kei'tai de; o{ti ejntetuchvkasin ajll o{ti eijrhvkasin oJ
Ihsou'" kai; oJ Samyw;n, oJ lovgo" aujtw'n e[oiken ei\nai e[nteuxi": h{ti" eJtevra para; th;n pro-
seuch;n, eij kurivw" ajkouvoimen tw'n ojnomavtwn, ei\nai hJmi'n nomivzetai.
392 Lo rileva, fra gli altri, Jay, 124-125, che ricorda anche la critica di Anglus per
lidentificazione di Gdc 16, 30 come e[nteuxi": Anglus thinks that Samson should rather
be said to pray than to intercede, since his request is on his own behalf. One must
agree. Origen is not at his best in this chapter, in which he is seeking to impose on the
four words descriptive of prayer in 1 Tim. 2. 1 a sharp distinction which they were not
intended to convey (p. 125, nota 1). Si noti ancora che in Orat XXVII, 1 (364, 2) la quarta
domanda del Padrenostro designata come e[nteuxi": peri; ejpigeivou kai; mikrou' e[nteuxin
ajnafevrein tw'/ patriv.
132 Parte prima, Capitolo quinto
di lode o benedizione (eujlogiva o ejxomolovghsi") e il ringraziamento (euj-
caristiva )393.
Come si visto per quasi tutti i termini, la classificazione tipologica
estratta da 1Tm 2, 1 solleva non pochi problemi ed giusto domandarsi
fino a che punto Origene sia riuscito a tracciare delle distinzioni effettive
(senza tuttavia dimenticare, in generale, la relativa fluidit degli approcci
terminologici nellAlessandrino)394 . N le precisazioni che seguono lesem-
plificazione scritturistica dei tipi di preghiera (Orat XIV, 6) aiutano a su-
perare tali perplessit, ma servono semmai a predisporre il pi decisivo
riconoscimento della proseuchv come la preghiera indirizzata unicamente
al Padre (Orat XV). Si tratta, in prima istanza, di un corollario terminolo-
gico, limitato a tre dei quattro vocaboli paolini: devhsi", e[nteuxi" ed eujca-
ristiva. Essi non concernono solo il rapporto orante delluomo con Dio,
ma sono suscettibili di riferirsi anche alle relazioni tra gli uomini. Il pas-
saggio non esente da incertezze testuali, ma si pu dire che dentro questa
esperienza generalizzata di preghiera Origene opera due differenziazio-
ni: in primo luogo, distingue fra i destinatari della preghiera (gli uomi-
ni in generale o i santi); in secondo luogo, circoscrive la prassi della
devhsi", almeno in linea di principio, ai destinatari che sono santi395 . Dal-

393 Cfr. Van Winden. Negli autori giudeoellenisti troviamo lanaloga assimilazione
semantica fra eujlogei'n e eujcaristei'n, attestata da Filone di Alessandria e Flavio Giusep-
pe (cfr. Tomson, 44-46). Ci del resto conforme, almeno in larga parte, alluso paolino:
In Pauls own day-to-day language, the term for praising God tends to be eujcaristei'n
tw/' qew/' (p. 49). Peraltro Origene usa il sostantivo ejxomolovghsi" nel significato pre-
valente di confessione (delle colpe), rispetto a quello di lode (o ringraziamento),
su cui vedi infra, p. 157, nota 482.
394 Die vier Wendungen aus 1 Tim 2, 1 bleiben trotz des Versuches, ihren Rahmen
differenziert auszugrenzen, mehr oder weniger Synonime (Gessel, 91; cfr. anche pp. 94-
95). sintomatico dellassenza di sistematicit specialmente luso della terminologia ese-
getica (cfr. Simonetti 1987). Per un esempio di terminologia interscambiabile prima di Ori-
gene, cfr. Ireneo, AH II, 48, 2, con luso sinonimico di proseuchv, litaneiva ed eujchv.
395 Orat XIV, 6 (333, 11-19): devhsin me;n ou\n kai; e[nteuxin kai; eujcaristivan oujk
a[topon kai; ajnqrwvpoi" <aJgivoi"> prosenegkei'n: ajlla; ta; me;n duvo (levgw dh; e[nteuxin kai;
eujcaristivan) ouj movnon aJgivoi" ajlla; dh; kai; <a[lloi"> ajnqrwvpoi", th;n de; devhsin movnon
aJgivoi", ei[ ti" euJreqeivh Pau'lo" h] Pevtro", i{na wjfelhvswsin hJma'", ajxivou" poiou'nte" tou'
tucei'n th'" dedomevnh" aujtoi'" ejxousiva" pro;" to; aJmarthvmata ajfievnai: eij mh; a[ra, ka]n mh;
a{giov" ti" h\/, ajdikhvswmen de; aujto;n, devdotai sunaisqhqevnta" th'" eij" aujto;n aJmartiva" to;
dehqh'nai kai; tou' toiouvtou, i{n hJmi'n hjdikhkovsi suggnwvmhn ajponeivmh/. Jay, 125-126, no-
ta 4, pur accogliendo le integrazioni di Koetschau nella traduzione, le ritiene superflue:
There is thus a general statement that on the human level we use devhsi", e[nteuxi", and
eujcaristiva. This is followed by a more precise statement that e[nteuxi", and eujcaristiva
may be addressed to any man, but devhsi" (which here seems to be used in the special
sense of supplication for forgiveness of sins against God) can only be offered to those
who have divine authority to remit sins. Ci nonostante lintegrazione appare giustificata
alla luce del successivo parallelo tratto dalla preghiera a Cristo (333, 19-25): eij de; ajn-
qrwvpoi" aJgivoi" tau'ta prosenektevon, povsw/ plevon tw'/ Cristw'/ eujcaristhtevon, tosau'ta
Latto della preghiera 133
lesemplificazione fornita qui si evince che loggetto della devhsi", diver-
samente dallaccezione pi generica offerta precedentemente, da inten-
dersi principalmente come la richiesta della remissione dei peccati, che
solo chi partecipa dello Spirito pu donare al peccatore396 . Ma Origene,
proseguendo il suo ragionamento, ridimensiona subito la portata della
devhsi", osservando che anche chi non santo pu essere fatto oggetto di
una richiesta di perdono per le colpe che abbiamo commesso nei suoi con-
fronti397. Daltra parte, ci che vale per i santi valido a fortiori per
Cristo, al quale si devono dunque indirizzare eujcaristiva, e[nteuxi" e
devhsi". Origene predispone cos il passo successivo, correlando prelimi-
narmente il Figlio al Padre ( per i benefici da lui operati su di noi, secon-
do il volere del Padre, che lo ringraziamo) ed esemplificando la maniera
di rivolgersi a lui con suppliche o intercessioni e richieste. Di particolare
interesse al riguardo lesempio proposto per la devhsi", poich andan-
do oltre il riferimento scritturistico (Mt 17, 15; Lc 9, 38) sembra tradire
unesperienza di preghiera condivisa da Origene e connotata, per cos dire,
da un suo tratto formulare398. Inoltre, anche tenendo conto della fluidit
terminologica riscontrata nel vocabolario origeniano della preghiera, oc-
corre sottolineare la ricchezza della prassi orante di cui Cristo visto come
il destinatario, senza concentrare lattenzione unicamente sul fatto che egli
non tale per la proseuchv. Proprio alla luce delle considerazioni svilup-
pate fin qui dallAlessandrino bisogna forse evitare unenfatizzazione di
questo aspetto, spesso dettata da preoccupazioni di natura dogmatica.

3. La proseuchv come preghiera al Padre

Origene ricava dalla Scrittura linguaggio e modelli della preghiera, a


partire dai quali sviluppa la propria riflessione sulla prassi orante del cri-
stiano in vista di coglierne con precisione il profilo specifico (Orat XV, 2:
ajkribou'nta to; proseuvcesqai) e predisporre un Idealtypus dal valore
normativo. La sanzione biblica non pu insomma non risultare decisiva ai
suoi occhi nellimpostare il discorso sulla preghiera come abbiamo ri-

hJma'" boulhvsei tou' patro;" eujergethvsanti ajlla; kai; ejnteuktevon aujtw'/ wJ" oJ eijpw;n
Stevfano": kuvrie, mh; sthvsh/" aujtoi'" th;n aJmartivan tauvthn (At 7, 60): mimouvmenoiv te to;n
patevra tou' selhniazomevnou ejrou'men: devomai, kuvrie, ejlevhson h] to;n uiJo;n (Mt 17, 15;
Lc 9, 38) h] ejme; aujto;n h] o}n dhv pote.
396 Tale contenuto suggerito anche dalluso del verbo devomai, per la remissione
dei propri debiti, in Orat XXVIII, 5 (nota 481).
397 Per insinuare la distinzione tra peccati verso Dio e verso gli uomini e la possi-
bilit di rimettere le colpe nei nostri confronti Origene si serve volentieri di 1Sam 2, 25.
Cfr. Orat XXVIII, 3. 9; HLv IV, 5; HNm X, 1; HIer XIII, 1; HEz V, 4; EM 17.
398 Orat XIV, 6 (nota 395).
134 Parte prima, Capitolo quinto
marcato pi volte avviando questo tentativo di ricognizione prospettica
sullatto orante. Di conseguenza, ancor prima dindividuare un termine ad
hoc per designare lespressione pi alta della preghiera, egli non poteva
non tenere conto del rilievo esemplare che contraddistingue il Padreno-
stro, come preghiera del Signore, nel complesso dei testi neotestamen-
tari 399 . E non a caso il trattato strutturato in modo che alla discussione
del problema della preghiera faccia da pendant lesegesi del Padreno-
stro quale suo paradigma vincolante. Ora linsegnamento di Ges, anche
in risposta alla richiesta in tal senso di uno dei discepoli (Lc 11, 1), indi-
rizza il cristiano a rivolgersi al Padre nella preghiera, come del resto fa
lui stesso quando prega400 . proprio da questa premessa, su cui Origene
calca pi volte laccento, che occorre partire per comprendere la specifi-
cit della proseuchv come la preghiera indirizzata unicamente al Padre401.
Si tratta, in primo luogo, di imitare il comportamento di Ges e di attener-
si alle sue parole.
In secondo luogo, muovendo da tale criterio scritturistico, Origene
mette in luce un nodo problematico dellesperienza cristiana di preghiera,
che non pu non interrogarsi sul destinatario di essa, privilegiato o esclu-
sivo che sia. LAlessandrino si sforza cos di dare ordine ad una prassi
che senza dubbio si esplicava in modo irriflesso o ingenuo indirizzandosi

399 Cfr. Orat XVIII, 1 (340, 8-9): th;n uJpografei'san uJpo; tou' kurivou proseuchvn;
XVIII, 2 (340, 11-12): th;n aujth;n ajnagegrafevnai uJpotetupwmevnhn pro;" to; dei'n ou{tw"
proseuvcesqai proseuchvn. Entrambe le espressioni suggeriscono lidea di un valore
normativo o esemplare, come attestano anche le rese dei traduttori. Per uJpografei'-
san [...] proseuchvn , Koetschau propone in tal senso la resa vorgeschriebenen Gebet
(BKV, 64), mentre Jay e Oulton traducono con outlined: The use of the verb uJpogravfw
suggests that Origen regards the Lords prayer as an outlined scheme of prayer (Jay, 136,
nota 3). Daltra parte, lintento prescrittivo ancor pi evidente nella locuzione con uJpo-
tetupwmevnhn, che Oulton, 275 rende providing a pattern.
400 Orat XV, 1 (333, 26334, 2): Ea;n de; ajkouvwmen o{ ti potev ejsti proseuch;, mhv
pote oujdeni; tw'n gennhtw'n proseuktevon ejsti;n oujde; aujtw'/ tw'/ Cristw'/ ajlla; movnw/ tw'/
qew'/ tw'n o{lwn kai; patri;, w|/ kai; aujto;" oJ swth;r hJmw'n proshuvceto, wJ" propareqevmeqa,
kai; didavskei hJma'" proseuvcesqai. Laccenno ad una trattazione precedente rinvia a X, 2;
XIII, 1; XIV, 5 (cfr. Gessel, 96, nota 65). soprattutto nel primo passo che Origene presen-
ta unimmagine assai vivida della preghiera di Ges al Padre e del suo ruolo mediatore
per i fedeli, con il supporto di Eb (320, 19-20): suneucomevnou pro;" to;n patevra tw'/ uJp
aujtou' mesiteuomevnw/.
401 Per lesemplarit vincolante del Padrenostro si veda Orat XV , 2 (334, 18-20):
w{sper de; to;n ajkribou'nta to; proseuvcesqai ouj crh; tw'/ eujcomevnw/ proseuvcesqai ajlla;
tw'/ o}n ejdivdaxen ejpi; tw'n eujcw'n kalei'n patri; oJ kuvrio" hJmw'n Ihsou'" ; XV, 4 (335, 18-19):
movnw/ tw'/ patri; proseuvcesqai crh;, w|/ kajgw; proseuvcomai: o{per dia; tw'n aJgivwn grafw'n
manqavnete. Si noti linsistenza di Origene sul verbo didavskw (XV , 1 [334, 1-2]; XV , 2
[334, 20. 27-28]). Anche a proposito degli elementi costitutivi (tovpoi) della preghiera,
su cui si veda infra (p. 207), lAlessandrino si appoggia alla testimonianza biblica (XXXIII,
1 [401, 12]: ou}" eu|ron dieskedasmevnou" ejn tai'" grafai'"; XXXIII, 2 [401, 27-28]: die-
sparmevnou" eu{romen ejn tai'" grafai'").
Latto della preghiera 135
indifferentemente al Padre o al Figlio, se non ad entrambi 402 . Pertanto,
pi che essere condizionato in partenza da unistanza dottrinale, il discor-
so di Origene su questo punto appare animato soprattutto dalla preoccu-
pazione pastorale di regolare ed uniformare una prassi che doveva risul-
tare confusa e contraddittoria 403 . Ma, se si accoglie la distinzione iposta-
tica tra Padre e Figlio lunico momento in cui interviene espressamente
un aspetto dogmatico o, per meglio dire, un elemento della regula fidei ,
occorre domandarsi se bisogna rivolgere la preghiera dinvocazione
(proseuktevon) solo al Figlio oppure solo al Padre o ancora ad entrambi.
Enunciate le tre diverse possibilit, Origene scarta la prima e la terza, per
riconoscere la seconda come lunica ammissibile. Ovviamente sarebbe
assurdo riservare la proseuchv al Figlio ed escludere il Padre da essa, ma
neppure lipotesi di indirizzarla ad entrambi pu essere accolta, dato che
ci non trova riscontro n nella tradizione di preghiera delle chiese n
nelle Scritture. Cos per la seconda volta nel contesto di questa elaborazio-
ne di un modello normativo di preghiera, Origene si fa forte dellespe-
rienza orante, lasciandoci per intravedere adesso con pi chiarezza quello
che potremmo bene designare come il criterio della lex orandi. Egli rileva
infatti come nelle formule di preghiera in uso non compaiano mai espres-
sioni al plurale tali cio da associare sullo stesso piano entrambe le per-
sone del Padre e del Figlio n indicazioni di tal fatta figurano nelle Scrit-
ture404 . Dunque, non solo nel capitolo conclusivo del suo trattato (Orat

402 Come mostra Orat XVI, 1 (336, 8), Origene pensa essenzialmente allesperienza
dei simpliciores, che accusa di ijdiwtikh;n aJmartivan kata; pollh;n ajkeraiovthta.
403 Lanalisi pur pregevole, come sempre, di Gessel, 85-104 non tiene conto a suf-
ficienza n del criterio biblico n della preoccupazione pastorale quali motivi determi-
nanti per lidea origeniana della proseuchv al solo Padre.
404 Orat XV, 1 (334, 9-13): eij de; ajmfotevroi", dh'lon o{ti ka]n ajxiwvsei" prosenevg-
koimen plhquntikw'", paravscesqe kai; eujergethvsate kai; ejpicorhghvsate kai; swvsate,
kai; ei[ ti touvtwn o{moion, dia; tw'n proseucw'n levgonte": o{per kai; aujtovqen ajpemfai'non,
oujde; ejn tai'" grafai'" e[cei ti" dei'xai keivmenon uJpov tinwn legovmenon. Le formule men-
zionate da Origene meriterebbero unindagine ad hoc nei testi di preghiera dei primi se-
coli. Inoltre, si noti nuovamente luso di ajxivwsi" dopo il nesso con le[nteuxi" in XIV, 2
(cfr. supra, nota 378). Il termine gi introdotto nel vocabolario della preghiera in V , 2
(309, 8), e affiancato dal verbo ajxiovw in V, 3 (309, 16) e V, 4 ([309, 29-30] mavthn peri;
ajfevsew" aJmarthmavtwn ajxiou'men h] peri; tou' pneu'ma ijscuvo" labei'n ). In VIII, 1 (317, 4),
il verbo detto in riferimento alla richiesta di perdono da parte di un fratello (suggnwvmh"
tucei'n ajxiou'nti ajdelfw'/ ). In XVIII, 3 (340, 34-341, 6) Origene adopera il sostantivo in-
sieme al verbo per la richiesta del discepolo a Ges in Lc 11, 1 (ajxiwvsanta didacqh'nai
[...] pro;" ajxivwsin maqhtou' [...] pro;" e{teron tw'n maqhtw'n to;n ajxiwvsanta). In XXIV , 1
(353, 15-19), il verbo riferito alla prima domanda del Padrenostro (oJte; de; touvtou tucw;n
to; mh; paramevnein aujto; kai; threi'sqai ajxioi' [...] a[nqrwpo" ajxioi' aJgiavzesqai), mentre
in XXVI, 6 (363, 7-9) detto della terza (ajxiwvswmen, i{na kai; ejpi; th'" gh'" oJmoivw" tw'/ ouj-
ranw'/, levgw de; ejpi; tw'n ceirovnwn, plhrwqh'/ to; qevlhma tou' qeou'). Origene ladopera an-
che per la quarta petizione in XXVII, 1 ([363, 30-364, 1] ou[te megavlou aijthvmato" tou'
peri; touvtou ajxiou'n).
136 Parte prima, Capitolo quinto
XXXIII), di cui ci occuperemo in seguito, Origene attesta la preoccupazio-
ne di attenersi al formulario liturgico consolidato, ma sembra averlo pre-
sente gi qui405 . Anzi, lesortazione a non introdurre scissioni quanto al
modo di pregare, manifesta per la lex orandi unurgenza analoga a quella
che troviamo altrove nella sua opera, riguardo alla professione di fede e
alla sua espressione liturgica, ad esempio nel Dialogo con Eraclide406 .
Bench in questa circostanza il punto di vista risulti in parte diverso
Eraclide tendeva, infatti, ad escludere il Figlio dalla preghiera al Padre ,
la posizione di fondo manifestata da Origene rimane identica, sia pure
con pi immediata implicazione liturgica. Per essa, dunque, lofferta
va sempre indirizzata al Padre mediante il Figlio, o in altri termini a Dio
mediante Dio (Qew/' dia; Qeou') 407 .
Lesclusiva della proseuchv al Padre ha attirato critiche e riserve, per-
ch stata considerata nellottica della posteriore evoluzione dogmatica,
che nel corso del IV secolo ha portato al riconoscimento della consostan-
zialit delle tre persone divine insieme alla loro distinzione ipostatica. In
aggiunta a ci, si fatto notare come Origene adotti posizioni apparente-
mente diverse in altri scritti e, in particolare, testimoni ripetutamente egli
stesso la pratica della preghiera a Ges. Tuttavia, laccusa di subordina-
zionismo, mossa allAlessandrino nellantichit e ancora ai nostri giorni,
non ha ragione di essere, almeno nel contesto del passo in esame e alla
luce delle sue motivazioni pi cogenti, come abbiamo cercato di dimo-
strare408. Peraltro, anche chi tende a mettere in primo piano una preoccu-

405 Gessel, 101 ignora sorprendentemente questo particolare, denunciando las-


senza di un Gebetsformular nella trattazione sulla proseuchv. Invece ne ritrova la con-
sapevolezza in Orat XXXIII (cfr. anche p. 103) e in Dial 4, che a suo giudizio mostra come
Origene si opponesse a tendenze di segno contrario. Per Riggi, 375, lAlessandrino si ri-
chiama alla tradizione liturgica, che concludeva sempre ogni orazione con delle formule
che sottolineavano lunica intercessione del Figlio presso il Padre.
406 Orat XVI, 1 (336, 5-10): Tau't ou\n levgonto" ajkouvonte" Ihsou' tw'/ qew'/ di auj-
tou' eujcwvmeqa, to; aujto; levgonte" pavnte" mhde; peri; tou' trovpou th'" eujch'" scizovmenoi. h]
oujci; scizovmeqa, eja;n oiJ me;n tw'/ patri; oiJ de; tw'/ uiJw'/ eujcwvmeqa, ijdiwtikh;n aJmartivan
kata; pollh;n ajkeraiovthta dia; to; ajbasavniston kai; ajnexevtaston aJmartanovntwn tw'n
proseucomevnwn tw'/ uiJw'/, ei[te meta; tou' patro;" ei[te cwri;" tou' patrov" In Dial 4 (60, 2-
62, 9) Origene raccomanda di raccordare la lex orandi con la lex credendi, evitando di ca-
dere nel monarchianesimo o nelladozionismo: Eujcwvmeqa dia; me;n tou;" throu'nte" th;n
duavda, dia; de; tou;" ejmpoiou'nte" th;n eJnavda, kai; ou{tw" oujde; eij" th;n gnwvmhn tw'n ajpo-
scisqevntwn ajpo; th'" ejkklhsiva" eij" fantasivan monarciva" ejmpivptomen, ajnairouvntwn
UiJo;n ajpo; Patro;" kai; dunavmei ajnairouvntwn kai; to;n Patevra, ou[te eij" a[llhn ajsebh' di-
daskalivan ejmpivptomen th;n ajrnoumevnhn th;n qeovthta tou' Cristou'.
407 Dial 4 (infra, nota 781).
408 La formulazione di Orat XV, 1 (334, 4-5) sulla diversit tra Padre e Figlio (eij
ga;r e{tero", wJ" ejn a[lloi" deivknutai, kat oujsivan kai; uJpokeivmenovn ejstin oJ uiJo;" tou'
patro;") non implica una differenza sostanziale, poich oujsiva equivale qui a uJpokeivme-
non, nel senso di persona. Come evidenziato da Oulton 347-348, questo significato
attestato anche da CIo II, 23, 149 (80, 1-4): Epei; de; fw'" aJpaxaplw'" ejntau'qa me;n oJ
Latto della preghiera 137
pazione di carattere dottrinale com il caso di Gessel pu arrivare a
riconoscere che in Orat XV, 1 non si tratta tanto di un subordinazioni-
smo ontologico, implicante cio una diversit di sostanza fra Padre e Fi-
glio, bens di una prospettiva di carattere economico o soteriologico,
legata semmai alla visione dellumanit di Ges nel Logos fatto carne409.
Quanto ai passi addotti a riprova della diversa prospettiva che Ori-
gene avrebbe sostenuto altrove, essi sono tratti dal Contro Celso (CC V, 4;
V , 11; VIII, 13) e dal Commento a Romani (CRm VIII, 5). In particolare,
CC V , 4, rielaborando nuovamente il vocabolario di 1Tm 2, 1, sembra
ammettere una preghiera indirizzata al Logos, in parallelo a quella rivolta
(a dire il vero, prioritariamente) al Padre con la mediazione del sommo
sacerdote, logos animato e Dio410. Ma laffermazione accompagnata
da una precisazione che tende a distinguere fra un significato proprio
(kuriolexiva) di proseuchv e un suo uso improprio, cio estensivo o
abusivo (katavcrhsi"). Si direbbe che Origene sia disposto solo ad una

swthvr, ejn de; th'/ kaqolikh'/ tou' aujtou' Iwavnnou ejpistolh'/ levgetai oJ qeo;" ei\nai fw'", oJ
mevn ti" oi[etai kai; ejnteu'qen kataskeuavzesqai th'/ oujsiva/ mh; diesthkevnai tou' uiJou' to;n
patevra. Egli rinvia inoltre a CIo I, 28, 200 ([36, 24-26] Mhdei;" de; proskoptevtw diakri-
novntwn hJmw'n ta;" ejn tw'/ swth'ri ejpinoiva", oijovmeno" kai; th'/ oujsiva/ taujto;n hJma'" poiei'n) e
CC VI , 64. Daltra parte CIo X , 37 (212, 13-16) diversifica tra oujsiva e uJpokeivmenon:
w[o
/ nto ejk touvtwn parivstasqai mh; diafevrein tw'/ ajriqmw'/ to;n uiJon; tou' patrov", ajll e}n ouj
movnon oujsiva/ ajlla; kai; uJpokeimevnw/ tugcavnonta" ajmfotevrou", ouj kata; uJpovstasin lev-
gein patevra kai; uiJovn.
409 Wenn daher in unseren Texten PE 15, 1-16, 2 eine Subordination Jesu Christi
(als Mensch) aufscheint, so korrespondiert diese Tatsache mit dem Sachverhalt, da auch
der innertrinitarische Logos in einer Subordination zum Vater steht. Nur ist diese Subor-
dination keine solche der Gottheit, sondern eine der relationalen Vorbildlichkeit fr die
seinshaft sptere heilsgeschichtliche Subordination des Logos und des Menschen Jesus
unter den Vater im Himmel und die ebenfalls heilsgechichtlich-moralische aller geschaf-
fenen Vernunftwesen unter den Vater durch das Wort und im Geiste (Gessel, 98-99). Si
veda daltra parte il giudizio di Simonetti 1997, 91: Origene, quando si esprime in con-
testi pi generici, nei quali gli interessa fissare bene e valorizzare la divinit di Cristo e la
sua funzione di referente unico delluomo ai fini della salvezza, associa il Figlio al Padre
anche come oggetto della preghiera. Quando invece vuole puntualizzare il rapporto a tre,
Dio Cristo uomo, con maggiore precisione, anche nellambito del tema della preghiera sta-
bilisce la debita gradazione e distingue le parti, il destinatario dal tramite: lo spingeva in
questo senso anche la documentazione scritturistica.
410 CC V, 4 (4, 23-28): pa'san me;n ga;r devhsin kai; proseuch;n kai; e[nteuxin kai;
eujcaristivan (1Tm 2, 1) ajnapemptevon tw'/ ejpi; pa'si qew'/ dia; tou' ejpi; pavntwn ajggevlwn
ajrcierevw" (Eb 2, 17), ejmyuvcou lovgou kai; qeou'. Dehsovmeqa de; kai; aujtou' tou' lovgou
kai; ejnteuxovmeqa aujtw'/ kai; eujcaristhvsomen kai; proseuxovmeqa dev, eja;n dunwvmeqa ka-
takouvein th'" peri; proseuch'" kuriolexiva" kai; katacrhvsew". Come mostra, fra laltro,
lesempio di CCt Prol 2, 34 (71, 11-12) a proposito di Deus, luso estensivo o abusivo
di un termine (katacrhstikw'") va distinto dal suo impiego illegittimo: Tertio vero in loco
non iam abusive, sed falso dii gentium daemones appellantur; cfr. anche 35 (71, 19-21),
a proposito del verbo diligere: Secundo in loco, quasi abusivo et inde derivativo. [...]
Tertium vero est, quod falso sub caritatis titulo nominatur.
138 Parte prima, Capitolo quinto
concessione parziale, cos da non compromettere la destinazione preferen-
ziale al Padre. In CRm VIII, 5 la giustapposizione fra preghiera al Padre e
preghiera al Figlio si presenta in termini pi convinti, ma a ben vedere
(anche lasciando da parte la questione se dobbiamo supporre o no un in-
tervento normalizzatore di Rufino) neppure in questo caso viene meno
lidea della priorit della proseuchv al Padre411. Se in un primo momento
le espressioni di 1Tm 2, 1 sono dette concernere ugualmente tanto il Pa-
dre come il Figlio, nel nome di un unico onore da rivolgere ad entrambi
(con citazione di Gv 5, 23), successivamente il testo riprende il motivo
contenuto in un passo del Contro Celso, in cui si prefigura la preghiera al
Figlio come gradino inferiore nellitinerario di perfezionamento spirituale
rispetto alla preghiera al Padre412 . Infatti, dalla condizione di coloro che
aderendo alla fede invocano ancora il Figlio come mediatore fra Dio e gli
uomini, grazie al dono dello Spirito si perviene a quella pi avanzata di

411 CRm VIII, 4 (653, 19-27; 654, 39-51): invocare nomen Domini et orare Domi-
num unum atque idem est, sicut invocatur Christus [Deus, invocandus est Christus; et sicut
oratur Deus, ita Lo.] et orandus est Christus; et sicut offerimus Deo Patri primo omnium
orationes, ita et Domino Iesu Christo; et sicut offerimus postulationes Patri, ita offerimus
postulationes et filio; et sicut offerimus gratiarum actiones (cfr. 1Tm 2, 1) Deo, ita et gra-
tias offerimus salvatori. Unum namque utrique honorem deferendum, id est Patri et Filio,
divinus edocet sermo, cum dicit: ut omnes honorificent filium, sicut honorificant patrem
(Gv 5, 23). [...] Cum autem crediderit quis Christo, etiam si nondum sanctificatus sit et ec-
clesiae corpori sociatus, tamen necesse est ut iam invocet eum, cui credidit. Christus enim
venit mundum reconciliare Deo et credentes sibi offerre Patri. Quos autem offert Patri,
Spiritus sanctus suscipit, ut sanctificet eos et tamquam caelestis ecclesiae primitivorum
membra vivificet atque in soliditatem totius corporis perfectionemque restituat, et ita de-
mum ecclesia Dei non habens maculam neque rugam appellari mereantur. Prius ergo,
quam ad gradum istius perfectionis accedant, tamquam mediatoris Dei et hominum invo-
cant nomen Domini nostri Iesu Christi; postea vero quam spiritus Dei fuerit in corde eorum
clamans: Abba, pater, ipse spiritus eos etiam nomen Patris edocet invocare. Cfr. anche
CRm VII, 13.
412 CC V, 11 (12, 25-29): ka]n mh; thlikou'to" dev ti" h\/, oujde;n h|tton kai; oJ toiou'to"
eujcevsqw tw'/ lovgw/ tou' qeou', dunamevnw/ aujto;n ijavsasqai, kai; pollw'/ plevon tw'/ patri;
aujtou', o}" kai; toi'" provteron dikaivoi" ejxapevsteile to;n lovgon aujtou' kai; ijas v ato aujtou;"
kai; ejrruvsato aujtou;" ejk tw'n diafqorw'n aujtw'n (Ps 106[107], 20). In CC VIII, 13 (230,
20-26) si insiste sullidea dei due destinatari ma, per cos dire, in due tempi: Dio; to;n e{na
qeo;n kai; to;n e{na uiJo;n aujtou' kai; lovgon kai; eijkovna tai'" kata; to; dunato;n hJmi'n iJkesivai"
kai; ajxiwvsesi sevbomen, prosavgonte" tw'/ qew'/ tw'n o{lwn ta;" eujca;" dia; tou' monogenou'"
aujtou': w| / prw'ton prosfevromen aujtav", ajxiou'nte" aujto;n iJlasmo;n o[ n ta tw' n aJmartiw'n
hJmw'n (1Gv 2, 2) prosagagei'n wJ" ajrciereva ta;" eujca;" kai; ta;" qusiva" kai; ta;" ejnteuvxei"
hJmw'n tw'/ ejpi; pa'si qew'/. Non diversa la visuale esposta in CC VIII, 26 (242, 24-29) dove
la giustapposizione iniziale dei destinatari della preghiera si articola poi mediante la di-
stinzione funzionale del Logos quale sommo sacerdote: movnw/ ga;r proseuktevon tw'/ ejpi;
pa'si qew',/ kai; proseuktevon ge tw'/ monogenei' kai; prwtotovkw/ pavsh" ktivsew" (Col 1, 15)
lovgw/ qeou', kai; ajxiwtevon aujto;n wJ" ajrciereva (Eb 2, 17 et al.) th;n ejp aujto;n fqavsasan
hJmw'n eujch;n ajnafevrein ejpi; to;n qeo;n aujtou' kai; qeo;n hJmw'n kai; patevra aujtou' kai; pa-
tevra (Gv 20, 17) tw'n biouvntwn kata; to;n lovgon tou' qeou'.
Latto della preghiera 139
coloro che invocano il Padre in qualit di figli. Dunque, anche in questi
passi sintravede chiaramente la destinazione normativa della proseuchv
al Padre e solo in subordine (e a titolo tendenzialmente preparatorio) una
sua estensione al Figlio. Infine, lobiezione tratta dalla consuetudine stessa
di Origene di indirizzare preghiere a Ges non tiene forse troppo conto
dellampia gamma di preghiere di cui anche in Orat il Figlio fatto ogget-
to, sempre sulla base di 1Tm 2, 1 (devhsi", e[nteuxi", eujcaristiva)413.
In ogni caso la preghiera al Padre, come non concepibile per Ori-
gene al di fuori dellintervento dello Spirito, cos non pu darsi senza lin-
termediazione del Figlio e la sua compartecipazione al nostro pregare414.
LAlessandrino conclude infatti largomentazione a sostegno del carattere
specifico della proseuchv con una riflessione sul ruolo mediatore del Fi-
glio (Orat XV, 2. 4). Adottando di nuovo la tecnica della prosopopea egli
sviscera ulteriormente linsegnamento di Ges sulla preghiera al Padre, in
continuit con le testimonianze scritturistiche, di cui offre con immedia-
tezza retorica una parafrasi attualizzante. In particolare, si serve di Gv 16,
23-24 415 , da cui trae lindicazione a domandare al Padre nel nome del
Figlio. Soprattutto, per, riprende limmagine, che ricorre pi volte nel
trattato, di Ges come sommo sacerdote, tratta dalla Lettera agli Ebrei,
unendovi anche la sua designazione come avvocato o intercessore
(paravklhto") in 1Gv 2, 1416. Lassistenza di Ges alla preghiera dei fe-

413 Orat XIV, 6 (nota 395).


414 Orat XV , 2 (334, 17-18): eujcaristou'nte" ou\n oiJ a{gioi ejn tai'" proseucai'"
eJautw'n tw'/ qew'/ dia; Cristou' Ihsou' cavrita" oJmologou'sin aujtw'/. Da notare che la pre-
ghiera dei santi presentata di primo acchito come eujcaristiva, ridimensionando ancora
una volta la distinzione terminologica tracciata in Orat XIV.
415 In verit, in verit vi dico: se chiederete qualche cosa al Padre nel mio nome,
egli ve la dar. 24 Finora non avete chiesto nulla nel mio nome. Chiedete e otterrete, perch
la vostra gioia sia piena. singolare che Origene citi il passo giovanneo solo in questa
occasione. Egli sottolinea linnovazione dellinvocazione del Padre nel nome di Ges,
uno spunto che potrebbe concorrere a rinforzare la novit della preghiera del Signore, ma
lAlessandrino non se ne serve commentando lindirizzo del Padrenostro in Orat XXII.
416 Orat XV, 4 (335, 19-22): ajrcierei' ga;r tw'/ uJpe;r uJmw'n katastaqevnti uJpo; tou'
patro;" kai; paraklhvtw/ ajpo; tou' patro;" ei\nai labovnti eu[cesqai uJma'" ouj dei' ajlla; di
ajrcierevw" kai; paraklhvtou. Al riguardo, Koetschau osserva che il termine paravklhto"
va inteso nel senso di 1Gv 2, 1, cio in riferimento a Ges come intercessore (cfr. ad
esempio HLv VII, 2), piuttosto che allo Spirito come consolatore in Gv 14, 16.26; 15,
26; 16, 7. Sul suo uso da parte di Origene, conformemente a tale distinzione, di cui peral-
tro lAlessandrino stesso sarebbe la fonte originaria, si veda Pastorelli, 261: Si la Sep-
tante a innov avec les sens de consoler et consolation pour parakalev w et pa-
ravklhsi", elle natteste pas le sens de consolateur pour paravklhto". Toutefois, partir
du moment o la smantique de la consolation est atteste pour la racine verbale, le sens
de consolateur sinscrit dans une volution smantique prvisible. Origne a rencontr
ce sens lvidence chez Thodotion, Aquila et Symmaque. En consquence, il le reoit
dans le cadre de ce dbat technique dune part, mais il est le premier lappliquer lex-
gse johannique dautre part. Il est donc vraisemblable que lon doive Origne ce sens
140 Parte prima, Capitolo quinto
deli fondata alla sua radice dalla figliolanza divina, garantita loro per
opera sua nel dono dello Spirito417 . In quanto figli di Dio, i fedeli sono
anche fratelli di Ges, come Origene ricorda servendosi, in particolare, di
Sal 21(22), 23: Annunzier il tuo nome ai miei fratelli, ti loder in mezzo
allassemblea418. In tal modo la preghiera al Padre, ancorata insepara-
bilmente al rapporto con il Figlio, disvela la comune vocazione ad attuare
limmagine di Dio in noi sulle tracce di colui che ontologicamente la
sua Immagine piena 419 .

4. Limmagine biblica della preghiera: gli oranti dellAntico Testamento

Pi ancora che dalla terminologia della preghiera, con la sua inelimi-


nabile fluidit lessicale e semantica, latto orante sembrerebbe poter ac-
quistare nella riflessione di Origene una pi concreta fisionomia alla luce
delle testimonianze sulle esperienze bibliche. LAlessandrino ha dedicato
notevole attenzione alle figure veterotestamentarie di oranti, presumibil-
mente attingendo di proposito ad un patrimonio di esempi che doveva es-
sere ampiamente condiviso nel cristianesimo primitivo per il tramite del-
lattivit catechetica, in continuit peraltro con la parenesi giudaica (o giu-
deocristiana)420 . Il loro carattere topico pu essere dedotto dallutilizzo,

pour le Paraclet de lvangile de Jean, sens qui connat par la suite une fortune consid-
rable dans lexgse patristique grco-latine.
417 Orat XV, 4 (335, 24-27): mavqete ou\n, o{shn dwrea;n ajpo; tou' patrov" mou eijlhv-
fate, dia; th'" ejn ejmoi; ajnagennhvsew" to; th'" uiJoqesiva" pneu'ma ajpeilhfovte", i{na crhma-
tivshte uiJoi; qeou' ajdelfoi; de; ejmou'.
418 Orat XV , 4 (336, 1-4): ajdelfw'/ de; proseuvcesqai tou;" kathxiwmevnou" eJno;"
aujtw'n patro;" oujk e[stin eu[logon: movnw/ ga;r tw'/ patri; met ejmou' kai; di ejmou' ajnapemp-
tevon ejsti;n uJmi'n proseuchvn. Linterpretazione di Sal 21(22), 23 in questa chiave assai
frequente in Origene. Cfr. ad esempio CIo XIX , 5, 28 (nota 874).
419 Gessel, 204: Der Sohn ist als Bild Gottes Mittler der Schpfung, er gibt dem
Menschen Anteil am Bild Gottes. Er ist auch der Spiegel, in welchem man Gott erkennt.
Er ist der Weg, der zum Bild der hnlichkeit mit Gott fhrt. [...] Diese logoschristologische
Grundkonzeption umschliet auch die Anwesenheit des Logos, bzw. Christi beim Gebet.
420 Insiste non a torto sui tratti catechetici Trevijano Etcheverra, 118: Su orien-
tacin (scil. di Origene) es la de un maestro eclesistico con experiencia catequtica.
Quanto alla tradizione giudaica (o giudeocristiana), oltre a rinviare al lungo catalogo di
esempi di quanti nellAntico Testamento hanno agito per fede contenuto in Eb 11, egli
nota in Orat la presenza di procedimenti tipici della halakhah e della aggadah. Il legame
di Orat con la prassi catechetica sostenuto anche da Konstantinovksy, Prayer, 175, in
relazione al commento del Padrenostro: His commentary on the Lords Prayer probably
emanates from his exercise of priestly office in Caesarea, where the instruction of catechu-
mens in the central forms and rites of Christianity was a basic part of the Lenten catechet-
ical instructions. Tuttavia, a prescindere dallaccertamento del preciso contesto liturgico
che resta assai problematico (cfr. Buchinger 2007), la suggestiva tesi deve anche fare i
conti con la datazione di Orat e il quadro biografico trasmessoci da Eusebio di Cesarea.
Latto della preghiera 141
sia pure in forma meno sistematica, allinterno di altri scritti protocristiani
sulla preghiera, come le due opere di Tertulliano e Cipriano. Ma la traccia
lasciata da questi oranti dellAntico Testamento sulla prassi e la riflessio-
ne cristiane dellantichit si coglie anche attraverso lesperienza liturgica
e larte sacra. Infatti, alcuni dei pi significativi testi di preghiera ricon-
ducibili a tali figure sono stati raccolti nelle odi (wjdaiv) annesse al sal-
terio della Settanta, beneficiando anchessi della ricezione cristiana dei
salmi come la preghiera per eccellenza della chiesa421 . Inoltre compaiono
frequentemente nelle pitture catacombali o in altre espressioni artistiche

421 La pur pregevole raccolta La preghiera dei cristiani (a cura di Pricoco e Simo-
netti), non considera questo sfondo biblico-giudaico. Le nove odi della chiesa greca
comprendono i seguenti testi: 1. Widh; Mwusew" ejn th/' Exovdw/ (Es 15, 1-19); 2. Widh;
Mwusew" ejn tw/' Deuteronomivw/ (Dt 32, 1-43); 3. Proseuch; Anna" mhtro;" Samouhl
(1Sam 2, 1-10); 4. Proseuch; Ambakoum (Ab 3, 2-19); 5. Proseuch; Hsaiou (Is 26, 9-20);
6. Proseuch; Iwna (Gio 2, 3-10); 7. Proseuch; Azariou (Dn 3, 26-45); 8. Umno" tw'n
triw'n paivdwn (Dn 3, 52-88); 9. Proseuch; Mariva" th'" qeotovkou (Lc 1, 46-55. 68-79).
Un secondo elenco di testi di preghiera annesso dalla tradizione greca al salterio include
ancora le seguenti odae: 10. Widh; Hsaiou (Is 5, 1-9); 11. Proseuch; Ezekiou (Is 38, 10-
20); 13. Proseuch; Sumewn (Lc 2, 29-32); 14. Umno" eJwqinov" (Rahlfs, 164-183). Come
avverte HEx VI , 1 (191, 18-20) a proposito del Cantico di Mos in Es 15, 1-19, lode
esprime di solito il ringraziamento a Dio per la salvezza ottenuta da Lui: Moris quippe
sanctorum est, ubi adversarius vincitur, tamquam qui sciant non sua virtute, sed Dei gratia
victoriam factam, hymnum Deo gratulationis offerre. In Orat il termine ripreso in due
titoli di preghiere bibliche: Ab 3, 1 (Orat XIV, 4 [332, 8]: proseuch; Abbakou;m tou'
profhvtou meta; wj/dh'"); Sal 29(30), 1 (Orat XXIV, 4 [355, 21] yalmo;" wj/dh'" tou' ejgkaini-
smou' tou' oi[kou tou' Daui?d). In CC I, 56 (107, 11) citato Sal 44(45), 1 (wj/dh; uJpe;r tou'
ajgaphtou'), mentre in II, 78 (201, 2) si menziona la seconda delle odi di Mos (th;n ajpo;
th'" w/jdh'" tou' Deuteronomivou profhteivan), riguardo alla vocazione dei gentili, con cita-
zione da Dt 32, 21 (la designazione di Dt 32, 1-43 come w/jdhv figura in Dt 31, 30). Essa
ricordata una seconda volta in V, 29 (ejn th/' tou' Deuteronomivou wjdh/'). Luso neotestamen-
tario del termine documentato dalla ripresa di Ap 14, 3 in CIo I, 1, 3, ma in questa stessa
opera si fa ancora riferimento solo a Sal 122(123) come al quarto dei canti dei gradini
(XXVIII, 4, 33), di cui lAlessandrino cita spesso e volentieri il v. 1 (cfr. infra, p. 160).
Loccasione che ha spinto Origene a riflettere pi approfonditamente su un complesso di
odi o canti stato ovviamente il commento di Ct, ove ritroviamo in parte i testi gi
noti. La scala dei cantici, riportata in CCt Prol. 4, 5-11, include sei testi prima di Ct: 1.
il cantico di Mos in Es 15, 1 (= Ode 1 LXX); 2. il cantico dei pozzi (Nm 21, 16-18); 3. il
cantico di Mos in Dt 32 (= Ode 2 LXX); 4. il cantico di Debora in Gdc 5; 5. il cantico di
David in 2Sam 22, 1-3 (con il suo parallelo in Sal 17[18], 3); 6. il cantico di David per Asaf
e i suoi fratelli in 1Cr 16, 8-9 (con i paralleli in Sal 104[105], 1-15 e Sal 95[96] 1-13). In
HCt I, 1 figura invece come sesto cantico Is 5 (= Ode 10 LXX), secondo lalternativa pe-
raltro considerata gi in CCt Prol 4, 13. Del resto, stando allo stesso Origene, a questo
elenco di sette cantici si potrebbero ancora aggiungere i salmi designati come tali, in
particolare etiam quindecim simul graduum cantica (4, 14). Si veda al riguardo Brsard.
Cfr. inoltre HIud VI , 3 (501, 26-502, 2): Habemus integrum volumen de canticis cantico-
rum scriptum. Ecce et in hoc libro Iudicum habemus canticum et in Numeris canticum
scriptum est et in Deuteronomio et in Exodo et in primo libro Regnorum; in primo etiam
Paralipomenon et in aliis multis locis invenies cantica divina esse descripta.
142 Parte prima, Capitolo quinto
paleocristiane, dove attestano in particolare il valore di paradigmi di sal-
vezza, anche in concomitanza con le prove vissute dalle prime comunit
cristiane al momento delle persecuzioni e del martirio422 . Tale rilievo pa-
radigmatico risalta ancora di pi, se teniamo presente che il complesso di
testi in questione sinserisce comunque in unampia serie di preghiere
bibliche, che in qualche caso poteva dare luogo per lAlessandrino a col-
lezioni pi circoscritte come vediamo specialmente dalla lista di sette
cantici proposta sia nel Commento che nelle Omelie sul Cantico dei
Cantici a titolo di scala simbolica del progresso spirituale. Tuttavia, in
Orat egli preferisce attenersi ad un dato tradizionale maggiormente dif-
fuso, a riprova di quel pi ampio orizzonte biblico e comunitario richia-
mato per lui dalla preghiera individuale, la quale sta invero al centro del
trattato, pur dichiarando preliminarmente che ciascuno potrebbe racco-
gliere parecchie testimonianze analoghe nelle Scritture423 .
Il ricorso a questi personaggi noti e ai loro testi familiari di preghiera
era dunque precostituito in qualche modo dal contesto della vita ecclesia-
le, ma Origene vi ricorre cercando di sfruttare al massimo la loro esem-
plarit come tipi della preghiera esaudita da Dio. Daltra parte, ci pu
avvenire per lui in senso autentico e pieno unicamente grazie allapporto
dellermeneutica spirituale delle Scritture, che sviscera una dimensione
pi profonda rispetto ai benefici materiali e lapplica alla condizione del
cristiano424 . In linea con la risposta data al problema della preghiera, le
figure degli oranti veterotestamentari vengono ad occupare un posto cen-
trale nella serie di argomenti addotti dallAlessandrino a conferma dellu-
tilit della preghiera e della necessit della sua pratica. Egli riunisce le di-
verse figure, per ben quattro volte di seguito (Orat XIII , 2; XIII, 3; XIII, 4;
XVI, 3), entro un catalogo che, nella sua articolazione pi ampia, com-
prende i seguenti personaggi biblici425 :

422 Per una sintesi essenziale quanto suggestiva dei rapporti fra catechesi e arte pa-
leocristiana si veda Dulaey. Fra i Rettungsparadigmen degli oranti, lautrice approfondi-
sce le figure di Giona nel ventre della balena, Daniele nella fossa dei leoni e i tre giovani
ebrei nella fornace.
423 Orat XIII, 2 (326, 12-14): tiv de; dei' katalevgein tou;" dia; tou' o}n dei' trovpon
proseuvxasqai megivstwn ejpiteteucovta" ajpo; qeou', paro;n eJkavstw/ eJautw'/ ajpo; tw'n
grafw'n ajnalevxasqai pleivona
424 Ho approfondito le modalit argomentative del ricorso paradigmatico da parte
di Origene in Perrone 1993, in part. pp. 344-347.
425 lo stesso Origene ad adoperare il termine katavlogo" (Orat XIII, 4: to;n katav-
logon tw'n wjfelhqevntwn dia; proseuch'" ). Loperazione di inventario o catalogo un tratto
formale-argomentativo al quale lAlessandrino ricorre abbastanza spesso nei suoi scritti.
Ne ho dato documentazione da ultimo in Il profilo letterario del Commento a Giovanni,
68-69, 74-76.
Latto della preghiera 143
Anna (1Sam 1, 9-13; 2, 1-10)426;
Ezechia (Is 38) 427 ;
Mardocheo e Ester (Est 4, 17a-z LXX)428 ;
Giuditta (Gdt 13, 4-5)429 ;
i tre giovani ebrei Anania, Azaria e Misaele (Dn 3, 24 ss. LXX )430;

426 Abbiamo pi volte segnalato il rilievo della preghiera di Anna in Orat, con le
sue distinte espressioni rispettivamente in 1Sam 1 e 2 (cfr. supra, pp. 129-130). LAlessan-
drino la fa propria, con una triplice citazione retoricamente ben inserita, in HReL I, 10,
allorch durante lomelia predicata a Gerusalemme qualcuno dei presenti, sentendosi
male, si era messo a gridare: Alle parole di Anna: Ha esultato il mio cuore nel Signore
(1Sam 2, 1), lo spirito avverso non ha potuto sopportare il nostro grido di gioia nel Signo-
re, ma lo vuole cambiare per sostituirvi la tristezza e per impedirci di dire: Ha esultato il
mio cuore nel Signore; ma noi non ci facciamo ostacolare e diciamo sempre pi: Ha esul-
tato il mio cuore nel Signore (tr. it. in Monaci Castagno 2000b, 397). Circa il rilievo di
HReL per il discorso origeniano sulla preghiera nellambito del corpus omiletico rinvio
a Perrone 2000e, 211-212; infra, p. 365. Sembra da riferire al cantico di Anna anche un
frammento catenario al Cantico: Didavskei kai; dia; tauvth" th'" wj/dh'" to;n prosercovmenon
qew/' eij" aujto;n movnon e[cein ta;" ejlpivda" kai; eij" aujto;n kauca'sqai, mh; megalaucei'n
ajlla; tapeinofronei'n (Klostermann-Nautin, 304, 5-7).
427 Linteresse per la figura di Ezechia sembra essere pi occasionale nel trattato
(cfr. nota 318). Ma la menzione in Orat XXIX, 5 (384, 7-8), a commento della sesta peti-
zione, dove il re messo in parallelo con Paolo, essendo anche lui soggetto al pericolo del
vanto (peri; Ezekivou, o{sti" peptwkevnai levgetai ajpo; tou' u{you" th'" kardiva" aujtou'
[2Cr 32, 25]), significativa dellimportanza del personaggio, designato come iustissimus
da HNm XVI, 7 (146, 31). Origene lo ricorda in pi occasioni, menzionando anche la pre-
ghiera esaudita da Dio per il seguito della dinastia. Da segnalare specialmente CC VIII, 46
(261, 16-19), ove lesempio di Ezechia figura a riprova dellefficacia delle preghiere per
sanare la mancanza di figli, con quelli di Abramo e Sara e della donna guarita da Eliseo
(2Re 4, 8-17): ajnagnwvtw de; kai; ta; peri; Iezekivou, ouj movnon ajpallagh;n novsou la-
bovnto" kata; ta;" Hsai?ou profhteiva" ajlla; kai; teqarrhkovtw" eijpovnto" tov: Apo; ga;r tou'
nu'n paidiva poihvsw, a} ajnaggelei' th;n dikaiosuvnhn sou (Is 38, 19). Sui due momenti della
preghiera di Ezechia supplica a Dio e ringraziamento per essere stato esaudito , cfr.
Jonquire, 176-179.
428 Sullesegesi origeniana di Ester, cfr. Kuyama. Siquans, 423 dedica solo un breve
cenno alla preghiera di Ester in Orat, ma si richiama anche a CRm IV, 5, che sfrutta per
Est 2, 15.17. Si ricordi che Ester, con Giuditta e Tobia, visto da HNm XXVII, 1 come uno
dei testi biblici suscettibili di suscitare un interesse immediato negli ascoltatori, seppure
non allo stesso livello della Sapienza, dei Salmi, o dei Vangeli e dellApostolo (cfr. de
Lubac, 134).
429 Orat XIII, 3 (327, 18) offre la seguente etimologia: Ioudh;q ga;r eJrmhneuvetai
ai[nesi". Cfr. anche supra, nota 292 e HIer XX, 7 (nota 1172); McDowell, 41-57.
430 Origene riporta una tradizione giudaica su Daniele e i suoi tre giovani compa-
gni, secondo cui a Babilonia furono fatti eunuchi. Sarebbero inoltre da riferire a loro le
profezie di Is 39, 7 e 56, 3-5, cos commentate dallAlessandrino in CMt XV, 5 (360, 30-
361, 3): dunque cosa buona, stando al senso mistico di questo passo (wJ" pro;" to;n mu-
stiko;n tovpon), non generare figli in Babilonia, ma restare privi di posterit quanto a Ba-
bilonia, come Daniele, perch non concepiamo e generiamo dalla Parola di Dio (come lui
ed i suoi compagni) se non visioni e profezie (tr. Scognamiglio, 193). HEz IV, 5 (366,
144 Parte prima, Capitolo quinto
Daniele (Dn 6, 11);
Giona (Gio 2)431 ;
Samuele (1Sam 12, 16-18);
Elia (1Re 17-18) 432 .
Sorprendentemente in questo elenco non compare Mos, che Orige-
ne valorizza invece ripetutamente nelle omelie, specialmente per lepi-
sodio della preghiera ininterrotta che assicura ad Israele la vittoria nella
battaglia contro Amalek (Es 17, 8-16)433 . Ma il paradigma di Mos orante
affiora comunque a pi riprese nel trattato, in particolare quale testimone
rappresentativo della devhsi"434. Per ragioni analoghe si potrebbe ancora
aggiungere al catalogo la figura di Tobi (Tb 3, 1-2), anche se come ab-
biamo visto si tratta di un testimonium controverso, dal momento che lo
scritto escluso dal canone ebraico435 . Nellinsieme, per, si deve ricono-
scere che limmagine biblica della preghiera, riproposta da Origene anche
attraverso la serie di questi oranti, molto sfaccettata e assai pi varia di
quanto essa ci appaia dagli altri scritti eucologici coevi o successivi (con

17-18) riportando nuovamente la tradizione giudaica secondo cui Daniele sarebbe stato un
eunuco, afferma la sua fecondit spirituale: Verum quia fertilis et sancta fuit anima illius
et propheticis divinisque sermonibus multos liberos procreavit (cfr. anche HEz IV, 8). A
sua volta H36Ps IV, 2 (184, 140-143) precisa che Daniele consegu la corona della perfe-
zione fin da fanciullo: respice beatum Danielem, qui a puero et prophetiae gratiam meruit
et iniquos arguens presbyteros, puer coronam iustitiae et castitatis obtinuit.
431 Per linterpretazione origeniana di Giona, cfr. Duval, 191-211. Il paradigma di
Giona ritorna nella spiegazione del grido di Ges sulla croce come preghiera spirituale,
incomparabilmente pi grande in quanto operatrice di salvezza universale, in CMtS 136
(281, 11-14): Maiorem autem dico orationem Christi fuisse quam Ionae in utero ceti
propter magnitudinem rerum quae demonstrantur ex ea, et propter magnum effectum vo-
luntariae passionis eius.
432 Nel primo catalogo (Orat XIII, 2) e nella sua immediata riproposizione ( XIII, 3-4)
non figurano Samuele ed Elia, che sono invece aggiunti nel terzo elenco (XIII, 5). In H1ReG
I, 2 limportanza di Samuele come intercessore, insieme a Mos, richiamata sulla base di
Ger 15, 1 (Anche se Mos e Samuele si presentassero davanti a me, io non mi piegherei
verso questo popolo) e Sal 98(99), 6-7 (Mos e Aronne fra i suoi sacerdoti e Samuele fra
quelli che invocavano il suo nome: invocavano il Signore ed egli li esaudiva, parlava loro
nella colonna di nubi). La funzione di intercessori ad opera di personaggi come Samuele
e Geremia esaltata da CMtS 37 (70, 21-23): Et aliquando quidem in Israel fames et
pestilentiae fiebant propter peccata et siccitates, quas orationes sanctorum solvebant, Sa-
muelis, Hieremiae ceterorumque similium. FrPs 3, 4 (PG 12, 1121D-1123A) esalta leffi-
cacia di Elia come intercessore: eujcomevnou peri; tou' uJetou' kai; a{ma tw'/ aijtei'n tucovnto"
ajxiwvsew".
433 Si veda, ad esempio, HEx III, 3; X I , 4; HLv VI , 6; HNm XXV , 2; H1ReG I, 9.
Come nota Sgherri, 154, tra tutti i santi dellAntico Testamento la figura pi delineata,
pi ricordata, ed anche pi magnificata, senza dubbio quella di Mos (cfr. anche Saxer,
352-357).
434 Cfr. supra, pp. 128-129.
435 Cfr. Orat XIV , 3 e supra, p. 129; McDowell, 73-84.
Latto della preghiera 145
la sola eccezione di Afraate), come mostra il confronto con Tertulliano e
Cipriano, per non parlare di Clemente436 . Inoltre, il catalogo di Orat ben
pi esteso di quello fornito a breve distanza di tempo dallo stesso
Alessandrino nellEsortazione al martirio, che include solo alcuni di que-
sti paradigmi di salvezza437 .
Nonostante labbondanza dellesemplificazione scritturistica, laspet-
tativa di cominciare a disegnare, attraverso questi personaggi della Bibbia,
il profilo ad un tempo ideale e concreto dellatto orante resta almeno in
parte delusa. Bisogna ricordare che la loro esemplarit si d per Origene
non tanto in chiave parenetico-imitativa (del resto apertamente contrad-
detta allinizio con il riconoscimento, nel prologo, dellincapacit umana
a pregare come si conviene, nonostante la paradigmatica scritturisti-
ca)438, bens soprattutto in forma dialettico-argomentativa quale ulteriore
risposta alle obiezioni sullutilit del pregare. Gli oranti dellAntico Te-
stamento acquistano valore testimoniale perch documentano lefficacia
della preghiera, che pu contare sullesaudimento della richiesta e sul-

436 In Tertulliano ritroviamo solo lesempio dei Tre Giovani nella fornace, di Giona
nel ventre della balena e di Daniele nella fossa dei leoni, ma con diversa strategia argo-
mentativa. Nel primo e nel secondo caso i paradigmi sono richiamati in via subordinata e
in termini ironici o polemici (De orat. 15, 2 [65,11-13]: Deus scilicet non audiat paenu-
latos, qui tres sanctos in fornace Babylonii regis orantes cum sa<ra>baris et tiaris suis
exaudivit; 17, 4 [266,11-267,13]: Dei aures sonum expectant? Quomodo ergo oratio Io-
nae de imo ventre ceti per tantae bestiae viscera et ab ipsis abyssis per tantam aequoris
molem ad caelum potuit evadere?); nel terzo Tertulliano se ne serve invece per rimarcare
la superiorit della preghiera cristiana rispetto alla vetus oratio (29, 1 [274, 3-5]: Vetus
quidem oratio et ab ignibus et a bestiis et ab inedia liberabat [cfr. Dn 3, 15-50; 6, 15-24;
14, 33-42] et tamen non a Christo acceperat formam). Anche in Cipriano incontriamo in
ordine sparso: Anna, tipo della chiesa, addotta a modello di preghiera interiore (De
dom. or. 5 [92,61 ss.]); i Tre Giovani, che pregano in maniera concorde, et nondum illos
Christus docuerat orare (8 [93, 11794, 118]; Daniele, esempio di coloro che antepongo-
no la ricerca del regno di Dio (21 [103, 396 ss.]). Infine, nel cap. 34 i Tre Giovani e Da-
niele fondano la prassi delle ore di preghiera (111, 633 ss.). Quanto a Clemente Alessan-
drino, egli ignora i paradigmi veterotestamentari, se si esclude unallusione alla preghiera
silenziosa di Anna in Strom. VII, 7, 39, 6 (140), con il rinvio a 1Sam 1, 13. Nella ricchissi-
ma esemplificazione veterotestamentaria della preghiera contenuta nella Dimostrazione IV
di Afraate troviamo Anna (Dem. IV, 8); Samuele (IV, 8); Giona (IV, 8.12); Anania, Azaria
e Misaele (IV, 8); Daniele (IV , 9); Elia (IV, 12).
437 EM 33 (28, 19-22) menziona come esempi da imitare tuttora: Anania, Azaria e
Misaele; Mardocheo ed Ester; Daniele. La funzione del richiamo paradigmatico di tipo
apertamente parenetico-esemplare ed assecondata da una presentazione omiletica che
attualizza le figure del passato: ajll hJmei'" i{na drovsou oujranivou peiraqw'men sben-
nuouvsh" pa'n pu'r ajf hJmw'n kai; katayucouvsh" hJmw'n to; hJgemoniko;n, tou;" iJerou;" ejkeiv-
nou" mimhswvmeqa, mhv pote kai; nu'n oJ Ama;n qevlh/ tou;" Mardocaivou" uJma'" proskunh'-
sai aujtw/'.
438 Linsegnamento biblico sulla preghiera non come tale esaustivo ed anche riso-
lutivo, in ordine alla prassi cristiana; perch ci avvenga, necessario il soccorso dello
Spirito, che solo pu colmare tale divario (Orat II, 3-4).
146 Parte prima, Capitolo quinto
lintervento di Dio in aiuto alluomo, bench gli antichi tendenzialmen-
te non partecipino ancora del rapporto di figliolanza divina, garantito ai
credenti in Cristo dal dono dello Spirito439 . Se questa la funzione prin-
cipale che lAlessandrino attribuisce ai paradigmi veterotestamentari, egli
disposto ad accogliere anche gli elementi di tensione che scaturiscono
inevitabilmente dal confronto con la sua visione della preghiera spiritua-
le. Da un lato, infatti, deve prendere atto dellimmediatezza della lettera
biblica, riconoscendo cos la concretezza dei benefici assicurati agli oranti
(Orat XIII, 2): dunque, non solo la salvezza della vita mortale ad essere
garantita dalla risposta divina alla preghiera (i tre giovani, Daniele, Gio-
na), ma anche aspettative di carattere puramente terreno come le attese di
generazione (nel caso di Anna e di Ezechia) oppure la sopravvivenza del
popolo dIsraele (Mardocheo e Ester, Giuditta). Linteresse dunque ri-
volto soprattutto allesaudimento della preghiera, ma sia pure marginal-
mente non mancano indicazioni rivelatrici delle condizioni spirituali ri-
chieste perch esso avvenga. Sotto questo punto di vista affiorano almeno
alcuni elementi che contraddistinguono significativamente latto orante,
come avremo modo di disegnarlo in seguito440 .
evidente per che Origene non pu arrestarsi al livello della lettera,
per cui in un secondo momento con unapplicazione che definiremmo
di tipo morale trasferisce lesaudimento nellordine sensibile per gli
oranti dellantica alleanza alla condizione dei credenti in Cristo (Orat
XIII, 3). Cos, la sterilit fisica di Anna e di Ezechia figura della sterilit
spirituale che spesso affligge le nostre anime, mentre la loro fecondit
garantita dallintervento dello Spirito che asseconda una preghiera assi-
dua441 . A sua volta, la preghiera di Mardocheo e Ester contro la minaccia
di annientamento per i popolo dei Giudei trova rispondenza nel nostro
abbandono fiducioso allaiuto divino, mediante linvocazione del nome

439 Cfr. Orat XXII , 1-2, dove si sottolinea la precariet della condizione di figli e
della conseguente parjrJhsiva nellAntica Alleanza. Mi sono soffermato su questo pro-
blema in Perrone 1993, 359 ss.
440 Cos la richiesta di Anna perch la sua sterilit venga sanata accompagnata da
un atteggiamento di fede (Orat XIII, 2 [326, 15-16]: mh; tivktousa pisteuvsasa proshuv-
xato pro;" kuvrion), mentre Mardocheo ed Ester uniscono il digiuno alla preghiera ([326,
19-20] proseuch; meta; nhsteiva" Mardocaivou kai; Esqh;r ejpakousqei'sa). Quanto a
Giuditta, la sua orazione qualificata senzaltro come santa ([326, 22] aJgivan ajneneg-
kou'sa proseuchvn), mentre Anania, Azaria e Misaele divennero degni di essere esauditi
([326, 26] a[xioi gegovnasin ejpakousqevnte"). Anche nel caso di Giona, Origene sottolinea
le disposizioni spirituali, che predispongono lesaudimento da parte di Dio, poich egli
non dispera di essere ascoltato ([326, 28-327, 1] oujk ajpognou;" to; ejpakousqhvsesqai
ejk koiliva" tou' katapiovnto" aujto;n khvtou").
441 Orat XIII, 3 (327, 6-10): a[gonoiv te ga;r ejpi; polu; gegenhmevnai yucai;, hj/sqh-
mevnai th'" steirwvsew" tw'n ijdivwn hJgemonikw'n kai; th'" ajgoniva" tou' nou' eJautw'n, ajpo; tou'
aJgivou pneuvmato" dia; ejpimovnou eujch'" kuhvsasai swthrivou" lovgou", qewrhmavtwn ajlh-
qeiva" peplhrwmevnou", gegennhvkasin.
Latto della preghiera 147
del Signore, contro i nemici che vorrebbero distoglierci dalla fede442.
Ancora, la vittoria di Giuditta su Oloferne simboleggia quella ottenuta sul
comandante in capo del demonio, equivalente per Origene al discorso
ingannevole capace di attrarre a s i supposti credenti, da parte di colui
che loda Dio, mentre i tre giovani nella fornace ardente sono figura di
coloro che, pur oppressi da tentazioni ben pi brucianti, ne sono usciti in-
denni443. Quanto poi a Daniele nella fossa dei leoni, egli lesempio della
sorte di salvezza toccata a chi con le proprie preghiere riuscito a sfug-
gire alle grinfie di belve infuriate come sono gli spiriti malvagi e uo-
mini terribili , poich essi nulla possono contro le membra di Cristo444.
In questo esempio, ma in parte anche nei precedenti, Origene sembre-
rebbe tener presente, in special modo, la situazione del martirio, com
forse anche dellultimo di questi paradigmi di salvezza che testimo-
niano lesaudimento della preghiera. Tuttavia, Giona salvato dal ventre
della balena in seguito alla sua invocazione del soccorso di Dio pi in
generale figura di quanti, allontanatisi dai precetti divini e inghiottiti dalla
morte spirituale, ne sono stati liberati in seguito alla loro conversione445.
Anche questa applicazione attualizzante accenna indirettamente alle mo-
dalit dellatto orante, ma in ogni caso in maniera pi sfumata che nella
prima presentazione dei paradigmi. Ci che importa , infatti, lesito spi-
rituale determinato dallintervento della preghiera e nella prospettiva della
fede in Cristo esso risulta chiaramente superiore al beneficio ottenuto
dagli oranti veterotestamentari.
il procedimento che vediamo sfruttato soprattutto da Tertulliano, al-
lorch distingue e contrappone la nova oratio dei cristiani alla vetus oratio
dellAntico Testamento, legandola allantitesi fra spiritualia e carnalia446 .

442 Orat XIII, 3 (327, 10-15). In questo caso Origene rielabora il paradigma corri-
spondente servendosi di altro materiale biblico (Sal 19[20], 8; Sal 32[33], 17).
443 Orat XIII, 3 (327, 15-18 [Giuditta].18-22 [i tre giovani]). Si noti qui letimologia
di Giuditta (supra, nota 429).
444 Orat XIII, 3 (327, 22-26): ajlla; kai; ejn o{soi" qhrivoi", kaq hJmw'n ejxhgriwmev-
noi", ponhroi'" pneuvmasi kai; ajnqrwvpoi" wjmoi'" paratucovnte" tai'" eujcai'" aujtou;" pol-
lavki" ejfivmwsan, ouj dedunhmevnwn ejgcrivyai tou;" ojdovnta" aujtw'n toi'" gegenhmevnoi"
hJmw'n mevlesi tou' Cristou'
445 Orat XIII, 3 (327, 28-328, 2): i[smen de; pollavki" fugavda" prostagmavtwn qeou'
katapoqevnta" uJpo; tou' qanavtou, provteron kat aujtw'n ijscuvsanto", dia; th;n metavnoian
swqevnta" ajpo; tou' thlikouvtou kakou', oujk ajpegnwkovta" to; swv/zesqai duvnasqai h[dh ejn
th'/ koiliva/ tou' (Gio 2, 1-2) qanavtou kekrathmevnou": katevpie ga;r oJ qavnato" ijscuvsa",
kai; pavlin ajfei'len oJ qeo;" pa'n davkruon ajpo; panto;" proswvpou (Is 25, 8).
446 Anche in Tertulliano peraltro la linea oppositiva, marcata dallantitesi fra Antico
e Nuovo Testamento, si combina con quella integrativa e riconciliatrice, per cui loratio
christiana funziona anche come sintesi dellinsegnamento veterotestamentario. Nondime-
no, il primo motivo resta nettamente predominate, sicch una paradigmatica biblica della
preghiera pu darsi unicamente in relazione allesempio di Ges: Deus solus docere
potuit, ut se vellet orari (De orat. 9, 3 [263,8-9]).
148 Parte prima, Capitolo quinto
Ora, in un terzo tratto della sua argomentazione (Orat XIII, 4) lAlessan-
drino insiste ulteriormente su questo aspetto accostandosi ancor pi espli-
citamente ai paradigmi veterotestamentari nellottica ermeneutica che gli
propria e facendo intervenire a sostegno di essa la terminologia corri-
spondente 447 . pi evidente adesso la preoccupazione di tutelare il mo-
dello della preghiera spirituale, ribadendo il primato delle realt mi-
stiche sulle cose piccole e terrene e qualificando le figure degli oranti
dellAntica Alleanza come tipi, cio anticipazioni o prefigurazioni della
verit che si d pi autenticamente nellesperienza cristiana di fede. Per
questo Origene esorta a riappropriarsi delle figure gi note traendone indi-
cazioni per la vita spirituale, ma senza conferire in ci un qualche rilievo
allatto orante come tale. Dapprima invita cos a sforzarsi di vincere la ste-
rilit spirituale, come Anna ed Ezechia vinsero quella fisica, e a sconfig-
gere gli spiriti malvagi al pari di Mardocheo, Ester e Giuditta448 . Semmai
laspetto della preghiera, intesa per quale eujcaristiva (sia pure con una
allusione allejxomolovghsi", come confessione che la precede, nella cita-
zione di Sal 73[74], 19), ritorna nelle attualizzazioni dei Tre Giovani nella
fornace e nel caso di Daniele: colui che si sottrae alla fornace ardente,

447 Sotto tale profilo, Orat XIII, 4 (328, 11-13) il passo pi significativo dellintero
trattato. Si noti, in particolare, la distinzione fra levxi" e ajnagwghv: prokrinomevnwn tw'n
ajpo; th'" ajnagwgh'" met ejxetavsew" paristamevnwn th'" ejmfainomevnh" kata; th;n levxin ge-
gonevnai toi'" proseuxamevnoi" eujergesiva". Interviene altres il criterio della legge spiri-
tuale (Rm 7, 14), su cui si veda Cocchini, 124 ss.
448 Orat XIII, 4 (328, 13-329, 6): kai; ejn hJmi'n ga;r ajskhtevon mh; ejggenevsqai a[gonon
h] stei'ran [<yuchvn> BKV, 48 n. 5], ajkouvousi tou' pneumatikou' novmou wjsi; pneuma-
tikoi'": i{na ajpotiqevmenoi to; ei\nai a[gonoi h] stei'rai ejpakousqw'men wJ" Anna kai;
Ezekiva", kai; i{na ajpo; ejpibouleuovntwn ejcqrw'n tw'n pneumatikw'n th'" ponhriva" rJusqw'-
men wJ" Mardocai'o" kai; Esqh;r kai; Ioudhvq. kai; ejpei; kavminov" ejsti sidhra' Ai[gupto",
suvmbolon tugcavnousa panto;" tou' perigeivou tovpou, pa'" oJ ejkpefeugw;" th;n tou' bivou
tw'n ajnqrwvpwn kakivan kai; mh; pepurwmevno" uJpo; th'" aJmartiva" mhde; wJ" klivbanon plhvrh
puro;" th;n kardivan ejschkw;" mh; e[latton eujcaristeivtw tw'n ejn puri; drovsou pepeira-
mevnwn. ajlla; kai; oJ ejn tw'/ eu[xasqai kai; eijrhkevnai: mh; paradw'/" toi'" qhrivoi" yuch;n
ejxomologoumevnhn soi (Sal 73[74], 19) ejpakousqei;" kai; mhde;n ajpo; th'" ajspivdo" kai; tou'
basilivskou paqw;n tw'/ dia; Cristo;n aujto;n aujtw'n ejpibebhkevnai kai; katapathvsa" levon-
ta kai; dravkonta (Sal 90[91], 13) th'/ te kalh'/ ejxousiva/ uJpo; Ihsou' dedomevnh/ crhsavmeno"
tou' patei'n ejpavnw o[fewn kai; skorpivwn kai; ejpi; pa'san th;n duvnamin tou' ejcqrou' (Lc 10,
19) kai; mhde;n uJpo; tw'n tosouvtwn ajdikhqei;" plei'on tou' Danih;l eujcaristhsavtw, a{te
ajpo; foberwtevrwn kai; ejpiblabestevrwn rJusqei;" qhrivwn. pro;" touvtoi" oJ pepeismevno",
poivou khvtou" tuvpo" to; katapepwko;" to;n Iwna'n ejtuvgcane, kai; katalabw;n de; o{ti ejkeiv-
nou tou' uJpo; tou' Iw;b eijrhmevnou: kataravsaito aujth;n oJ katarwvmeno" th;n hJmevran ejkeiv-
nhn, oJ mevllwn to; mevga kh'to" ceirwvsasqai (Gb 3, 8), ejavn pote gevnhtai diav tina ajpei-
qivan ejn th'/ tou' khvtou" koiliva/ (Gio 2, 1), metanow'n eujxavsqw, kajkei'qen ejxeleuvsetai.
La rielaborazione non presenta sostanziali novit, quanto al contenuto, ma ci permette di
intravedere ancor meglio il tratto omiletico (forse pi che catechetico) delluso ori-
geniano di questi materiali biblici. Come mostra CC VII, 70, luso di Sal 90(91), 13 ha una
chiara implicazione antiidolatrica.
Latto della preghiera 149
simbolo di ogni luogo terreno, e sfugge al male non lasciandosi bruciare
dal peccato, non deve essere da meno di Anania, Azaria e Misaele nel rin-
graziare Dio. Il fedele, poi, esaudito per la forza di Cristo, che venuto a
sconfiggere il demonio e ci ha dato il potere di camminare su serpenti e
scorpioni, dovr esprimere un ringraziamento maggiore di Daniele, poich
stato liberato da belve pi temibili e nocive. Infine, quanto a Giona, chi
ha compreso di che cosa sia figura il pesce che lo inghiotte, qualora di-
venga preda del male, si converta, preghi e ne verr liberato449.
Nel fornire questa interpretazione in chiave tipologico-morale Ori-
gene si rende probabilmente conto di creare una tensione troppo forte con
il dato veterotestamentario di partenza, ricondotto inizialmente alla sola
lettera, tanto pi che cos facendo si attira lobiezione per cui le preghiere
degli oranti veterotestamentari contraddicono apertamente il suo modello
della preghiera spirituale 450 . Egli ritorna pertanto una quarta volta sul
catalogo (Orat XVI, 3) e a questo punto intende tutti i benefici di ordine
materiale conseguenti alla preghiera degli oranti veterotestamentari come
ombra dei beni spirituali di cui essi stessi partecipano451. Con questo

449 Il nesso in Orat XIII , 4 fra Gio 2, 1 e Gb 3, 8 cos spiegato da HLv VIII , 3:
Vedi dunque come [Giobbe] nello Spirito santo ha predetto il grande mostro marino
(Gio 2, 1) di Giona. Per cui anche il Signore, che avrebbe ucciso questo mostro marino, il
diavolo, dice: Come Giona fu per tre giorni e tre notti nel ventre del mostro marino, cos
bisogna che anche il Figlio delluomo stia per tre giorni e tre notti nel cuore della terra
(Mt 12, 40) (tr. Danieli, 180).
450 Orat XVI , 2 (336, 21-26): pa'" toigarou'n oJ ta; ejpivgeia kai; mikra; aijtw'n ajpo;
tou' qeou' parakouvei tou' ejnteilamevnou ejpouravnia kai; megavla aijtei'n ajpo; tou' mhde;n
ejpivgeion mhde; mikro;n carivzesqai ejpistamevnou qeou'. eja;n dev ti" ajnqupofevrh/ ta; kata;
to; swmatiko;n ejk proseuch'" toi'" aJgivoi" dwrhqevnta ajlla; kai; th;n tou' eujaggelivou
fwnh;n, didavskonto" ta; ejpivgeia hJmi'n prostivqesqai kai; ta; mikra;.
451 Orat XVI, 3 (337, 13-338, 5): ma'llon ou\n kekarpoforhvkei ajpov tino" steirwv-
sew" metabalou'sa hJ th'" Annh" yuch; h[per to; sw'ma, kuh'san to;n Samouhvl: kai; ma'llon
oJ Ezekiva" qei'a gegennhvkei tevkna nou' h[per swvmato" [h[per <ta;> BKV, 60 n. 2], ejk tou'
swmatikou' spevrmato" aujtw/'n gegennhmevnwn [aujtw/' gegennhmevna BKV, 60 n. 2]: ejpi;
plei'ovn te ajpo; nohtw'n ejpiboulw'n rJusqevnte" ejtuvgcanon Esqh;r kai; Mardocai'o" kai;
oJ lao;" h[per ajpo; tou' Ama;n kai; tw'n sumpneovntwn ....... [<aujtw/'. kai; ma'llon Ioudh;q>
BKV, 60 n. 4] tou' diafqei'rai th;n yuch;n aujth'" qevlonto" a[rconto" th;n duvnamin dia-
kekovfei h] [<to;n travcelon> BKV, 60 n. 4] ejkeivnou tou' Olofevrnou. tiv" d oujk a]n oJmo-
loghvsai tw'/ Ananiva/ kai; toi'" su;n aujtw'/ th;n nohth;n eujlogivan fqavnousan ejpi; pavnta" tou;"
aJgivou", eijrhmevnhn uJpo; tou' Isaa;k tw'/ Iakw;b, thvn: dwv/h soi oJ qeo;" ajpo; th'" drovsou tou'
oujranou' (Gn 27, 28), ejpi; plei'on ejggegonevnai h[per th;n swmatikh;n drovson, th;n flovga
nikw'san tou' Naboucodonovsor ma'llon de; pefivmwnto tw'/ profhvth/ Danih;l oiJ ajovratoi
levonte", oujde;n ejnergh'sai dunavmenoi kata; th'" yuch'" aujtou', h[per oiJ aijsqhtoi;, peri;
w|n pavnte" oiJ ejntugcavnonte" aujth'/ th'/ grafh'/ ejxeilhvfamen. tiv" d ou{tw" ejkpefeuvgei tou'
keceirwmevnou uJpo; tw'/ Ihsou' tw'/ swth'ri hJmw'n khvtou" th;n gastevra, pavnta to;n fugavda
tou' qeou' katapivnonto", wJ" Iwna'" cwrhtiko;" ginovmeno" wJ" a{gio" aJgivou pneuvmato" Si
noti linsistenza su termini attinenti lambito psicologico-intellettivo (yuchv, nou'", noh-
tov"). de Lubac, 112, cita questa pagina ad esempio di come Origene intenda, sans rien
enlever lhistoire, spiritualiser toute lcriture lusage de lme chrtienne. Anche
150 Parte prima, Capitolo quinto
ulteriore intervento ermeneutico, grazie allo schema dimpronta platonica
dono-ombra (equiparabile al pi noto verit-immagine), anche i para-
digmi dellAntico Testamento sono assimilati al modello della preghiera
spirituale. Anche se questo esito, in ultima analisi, appare conforme al
rapporto tra Antico e Nuovo Testamento nella visione dellAlessandrino,
esso non pu non implicare qualche tensione rispetto alla nota di radica-
lit insinuata dal prologo con la denuncia dellinsufficienza dei modelli
biblici, ed anche rispetto alla stessa esemplarit della Preghiera del Si-
gnore452 . In ogni caso, nessuno degli esempi veterotestamentari addotto
da Origene in vista di illustrare pi da vicino le modalit dellatto oran-
te, come egli fa altrove richiamando occasionalmente figure dellAntico o
del Nuovo Testamento453 . Anzich incidere sulla prassi di preghiera, pre-
figurandone le caratteristiche a titolo di istruzione orientativa, i paradigmi
degli oranti veterotestamentari, come rilevato pi volte, sono richiama-
ti dallAlessandrino a conforto di una prassi che trova comunque la sua
fondazione essenziale in una diversa prospettiva. Semmai la lunga, e in
parte ripetitiva, trattazione su tali personaggi la dimostrazione di quanto
lattaccamento alla Bibbia condizioni larticolarsi del discorso origeniano
sulla preghiera, unitamente ad un certo radicamento ecclesiale che in
questa parte del trattato si rivela pi manifestamente. Inoltre, nel concre-
to esplicarsi dellatto della preghiera, proprio la cornice comunitaria che
esso implica per lAlessandrino anche a livello di orazione individuale, ci
far ritrovare pi avanti la presenza comunionale degli oranti veterote-
stamentari.

Buchinger, 327-329, ha sottolinea il valore ermeneutico del ricorso ai luoghi veterotesta-


mentari nel senso dellinterpretazione spirituale.
452 La congruenza con il modello origeniano del rapporto Antico-Nuovo Testamen-
to pu essere verificata, ad esempio, in alcuni luoghi di CIo. In I, 6-7 (GCS 10,10 ss.) esso
chiarito in unottica che non esente da polarit: la funzione provvisoria leconomia
per figure originariamente propria della Legge e dei Profeti superata dal Vangelo.
Ma questo ha leffetto di togliere il velo dallAntico Testamento, quindi ce lo restituisce
non pi come ombra e figura ma come libro dei misteri. Daltra parte, rispetto a
questa visione economico-progressiva, Origene ammette anche nellAntico Testamento
una venuta intelligibile (nohthv ) del Logos per i pi perfetti (I, 7 [11,27]), cio per i
santi dellantica alleanza, sicch la loro condizione di spirituali equiparata alla nuova
condizione dei cristiani, se non addirittura superiore, quando questi conoscono Cristo sol-
tanto secondo la carne (II , 3 [56,29 ss.]). Si veda anche un esempio di preghiera intelli-
gibile in VI, 18: Mos non gridava in modo sensibile, ma gridava grandemente attraverso
la preghiera, con una voce che pu essere udita solo da Dio (127,14-20 con riferimento
a Es 14, 15 e Sal 76[77], 2).
453 Come ho segnalato in Perrone 2007, si devono tener presenti non solo il para-
digma di Mos, ma anche la sposa orante di Ct, nonch i materiali neotestamentari. Al ri-
guardo, pi che la parabola del fariseo e del pubblicano (Lc 18, 9-14), Origene valorizza il
modello di Ges orante.
Latto della preghiera 151
5. Istruzioni per la preghiera: un atto con lanima e con il corpo

Lesito, a prima vista un po deludente, dellindagine sul ricorso di


Origene ad alcuni dei luoghi veterotestamentari pi consueti per il discor-
so protocristiano sulla preghiera non deve portarci a concludere che sia
impresa impossibile definire con precisione le dinamiche dellatto orante
secondo lAlessandrino, aldil di generici riferimenti scritturistici. Al con-
trario, se vero che la preghiera, specialmente nella sua espressione indi-
viduale e apparentemente poco ritualizzata, tende di per s a sottrarsi ad
unosservazione diretta e documentabile (tanto pi nel caso del cristiane-
simo antico), ci nondimeno latto orante oggetto di una riflessione ad
hoc nelle trattazioni eucologiche di et patristica, inclusa quella stessa di
Origene454. Senza dubbio Orat, posto a confronto con gli scritti di Tertul-
liano e Cipriano, si mette in luce per la sua tendenza alla spiritualizza-
zione che lo permea da cima a fondo, mentre i due autori africani sono
ben pi sensibili alla disciplina pratica della preghiera, anche negli aspetti
pi minuti455. Da questo punto di vista, ancora una volta il termine di
paragone pi prossimo ad Orat piuttosto Clemente Alessandrino nel VII
Libro degli Stromati, ma neppure questo predecessore della sua stessa
scuola ignora le problematiche relative alla messa in pratica dellatto oran-
te. Di conseguenza, anche Origene come si ricordato allinizio del ca-
pitolo ha voluto accompagnare la riflessione teorica sul problema della
preghiera con osservazioni di carattere pratico sul modo in cui attuare
lorazione. Tali indicazioni sono importanti non solo per la comunit
orante, ma anche per lindividuo che prega. Ora, questi non solo consiste
inscindibilmente di anima e corpo e deve pertanto mettere in gioco en-
trambe le dimensioni costitutive del suo essere nellatto di pregare , ma
tale atto si esplica anche nel tempo e nello spazio, due coordinate vitali di
cui lAlessandrino si sforzato ugualmente di tenere conto. Si tratta ades-
so di ritrovare le sue riflessioni sparse nellinsieme dello scritto, congiun-
gendole con la trattazione della sezione conclusiva (Orat XXXI-XXXIII)
che le tematizza espressamente456 .
interessante notare che Origene si sofferma per la prima volta sul-
largomento proprio dopo aver concluso la responsio alla quaestio, cio
al momento di sviluppare in positivo la riflessione sulla preghiera e cor-

454 Bench linteriorit dellorante rimanga per sua natura elusiva e di difficile
accesso allosservatore esterno, neppure per i cristiani possibile ridurre la preghiera alle
sue dimensioni interiori e spontanee, com stato notato giustamente da Mauss (cfr. su-
pra, p. 27) e Heiler.
455 Per un confronto si veda Crouzel 1975 e Perrone 2004a.
456 Tre sono di fatto i luoghi principali di Orat per cogliere il disporsi dellatto
orante (Orat VIII-IX ; XX , 2; XXXI, 2), laddove il primo e il terzo presentano un carattere
sintetico e in quanto tali si prestano meglio ad una descrizione comprensiva.
152 Parte prima, Capitolo quinto
roborare cos in altra forma la sua replica alle obiezioni filosofiche (Orat
VIII, 1)457 . una prima messa a punto, alquanto sintetica ma gi ben deli-
neata, su come debba darsi latto orante, qualora intenda pervenire al suo
scopo, sia pure ricorrendo ad unargomentazione per lo meno singolare.
Infatti, lAlessandrino ritiene utile servirsi di un esempio tratto dallespe-
rienza di vita per esortare a pregare e a distogliere dal trascurare la pre-
ghiera: come non possibile generare figli senza una donna e senza latto
sessuale a ci finalizzato, allo stesso modo colui che prega, deve rispetta-
re certe disposizioni spirituali e condizioni preventive, se vuole ottenere
ci che domanda458. La curiosa esemplificazione ha forse la sua ragion
dessere nello status familiare dei due destinatari, e in particolar modo
nella problematica al femminile che affiora in pi punti del trattato459.
Essa richiama comunque le immagini di generazione, che incontriamo
successivamente in relazione agli oranti veterotestamentari come Anna
ed Ezechia460 . Ma in sostanza risponde eloquentemente al problema del-
lefficacia e utilit della preghiera segnalando il requisito preliminare di
una particolare disposizione danimo (meta; diaqevsew" toia'sde), se-
gnata da un atteggiamento di fede (pisteuvwn ou{tw") e accompagnata
anticipatamente da un modo di vita coerente (pro; th'" eujch'" tovnde biwv-
sa" to;n trovpon). Si tratta di tre requisiti dordine morale e spirituale che
convergono fra loro nel determinare i presupposti, certo necessari ma non
automatici, perch la preghiera trovi ascolto da parte di Dio. Su queste
disposizioni preparatorie si innestano le norme che per Origene debbono
orientare larticolarsi della preghiera: da un lato, il rigetto delleccesso di
vane parole, conformemente a Mt 6, 7 (ouj battologhtevon); dallaltro,
lastenersi dalla domanda di cose piccole e terrene nello spirito del-
lagraphon che sollecita a pregare per le cose grandi e celesti. An-

457 Si noti che, prima di disperdersi in altre considerazioni, Origene mette subito
a fuoco le condizioni dellatto orante in Orat VIII-IX .
458 Orat VIII, 1 (316, 20-26): Eti de; oujk a[logon kai; toiouvtw/ tini; paradeivgmati
crhvsasqai pro;" to; protrevyasqai ejpi; to; eu[xasqai kai; ajpotrevyasqai tou' ajmelei'n th'"
eujch'". w{sper oujk e[sti paidopoihvsasqai cwri;" gunaiko;" kai; th'" eij" paidopoii?an crh-
sivmou paralambanomevnh" ejnergeiva", ou{tw" tw'ndev tinwn oujk a[n ti" tuvcoi, mh; ou{tw"
eujxavmeno" meta; diaqevsew" toia'sde, pisteuvwn ou{tw", ouj [kai; BKV, 33 n. 1] pro; th'"
eujch'" tovnde biwvsa" to;n trovpon. Diversamente dal ricorso ai paradigmi scritturistici, ove
determinante il criterio dellauctoritas biblica, luso di esempi e metafore pi aperta-
mente debitore della strategia retorica dellautore (Gessel, 25 ss.). Roberts, 38 ss. trova le
premesse filosofico-retoriche del ricorso paradigmatico dellAlessandrino nel modello ari-
stotelico. Secondo Rhet. II, 20 (1393a), la funzione dellesempio di facilitare un processo
induttivo.
459 Cfr. supra, p. 18, nonch la suggestiva interpretazione di Coakley, 228-230, che
indica la chiara distinzione in Origene fra sfera sessuale e sfera contemplativa, ma con
lappropriazione del linguaggio erotico per la seconda.
460 Si ricordi anche il riferimento allatto generativo, evocato con una sorta di sua
sacralit in Orat II, 2, a commento di 1Cor 7, 5 (infra, nota 1546).
Latto della preghiera 153
cora formulati in negativo, intervengono due altri requisiti che rientrano
pi direttamente fra le disposizioni spirituali preventive: con 1Tm 2, 8,
luogo cruciale per lAlessandrino in ordine alla riflessione sullatto
orante461, egli ricorda che occorre deporre ira e spirito di contesa per
accostarsi proficuamente alla preghiera, ma aggiunge ancora la necessit
di una purificazione per colui che si dedica alla preghiera. Se ci sem-
bra rinviare di nuovo, in primo luogo, alla prospettiva disegnata da 1Cor
7, 5 circa il rapporto fra vita matrimoniale e preghiera, questa prima
istruzione culmina nella raccomandazione evangelica alla riconciliazione
fraterna, perdonando colui che si reso colpevole nei nostri confronti,
condizione per partecipare del perdono divino per i nostri peccati462 . Come
si pu ricavare da un cenno di poco successivo, grazie a questa purifica-
zione preliminare, lorante assicurato della compartecipazione di Cristo
alla sua preghiera 463 .
Una ripresa di questa istruzione preliminare alla preghiera introduce
la presentazione dellatto orante nella terza sezione del trattato (Orat XXXI,
2), riunendo sinteticamente i vari momenti delle disposizioni preparato-
rie, enunciati dallabbozzo di riflessione contenuto nella prima sezione.
Essi comprendono: 1. la purificazione dai peccati (Orat VIII, 1); 2. la libe-
razione dalle passioni (Orat IX , 1.3); 3) la concentrazione interiore (Orat
IX, 2)464 . In complesso questi aspetti riguardano ancora la parte che spetta
allanima nellatto orante; essi appartengono cio alle disposizioni in-
teriori, che peraltro Origene nellepilogo pratico distingue volutamente
rispetto al ruolo del corpo. Egli indica cos lo stato danimo, che deve
preludere alla preghiera, con il termine katavstasi", mentre latteggia-
mento esteriore designato mediante il vocabolo sch'ma465 . Anche in
questo caso la distinzione terminologica non va intesa in senso troppo ri-
gido, ma da vedere soprattutto quale segno dello sforzo di Origene per
mettere in luce latto orante in tutta la sua pienezza, e dunque per illu-
strarne la dinamica come atto che si realizza con lanima e con il cor-

461 Cfr. supra, p. 60 e nota 170.


462 Orat VIII, 1 (316, 26-317, 4): ouj battologhtevon ou\n oujde; mikra; aijthtevon oujde;
peri; ejpigeivwn proseuktevon oujde; meta; ojrgh'" kai; tetaragmevnwn logismw'n (cfr. 1Tm 2,
8) ejpi; th;n proseuch;n ejlqetevon, ajll oujde; cwri;" kaqareuvsew" e[stin ejpinoh'sai gino-
mevnhn th'/ proseuch'/ scolhvn (1Cor 7, 5): ajll oujde; ajfevsew" aJmarthmavtwn oi|ovn te tucei'n
to;n eujcovmenon, mh; ajpo; th'" kardiva" (cfr. Mt 18, 35) ajfievnta tw'/ peplhmmelhkovti kai;
suggnwvmh" tucei'n ajxiou'nti ajdelfw'/ (cfr. Mt 6, 12; Lc 11, 4). Origene si soffermer ampia-
mente su questo punto commentando la quinta petizione del Padrenostro (Orat XXVIII).
463 Orat X, 2 (cfr. infra, nota 559).
464 lo schema messo in evidenza da Vlker (supra, pp. 32-33).
465 Orat XXXI, 1 (395, 13-15. 18-19: dialabei'n eijsagwgikwvteron peri; th'" kata-
stavsew" kai; tou' schvmato", o} dei' e[cein to;n eujcovmenon [...] kai; to; me;n th'" katastav-
sew" eij" th;n yuch;n ejgkataqetevon, to; de; tou' schvmato" eij" to; sw'ma.
154 Parte prima, Capitolo quinto
po466 . Del resto, queste due dimensioni sono gi iscritte nel passo biblico
al quale lAlessandrino ritorna costantemente per impostare la sua rifles-
sione: si tratta di 1Tm 2, 8-9, che ai suoi occhi detta le condizioni essen-
ziali sia per la katavstasi" che per lo sch'ma dellorante467 . del tutto con-
forme al primato della natura spirituale dellessere umano il fatto che Ori-
gene si preoccupi anzitutto di assicurare le corrette condizioni interiori per
latto della preghiera, insistendo sulla necessit di innalzare lanima
prima ancora di levare in alto le mani. Come suggeriscono le formula-
zioni conclusive di Orat XXXI, 2, questa elevazione resa possibile in
sostanza con il ritrarsi nella solitudine, lo sforzo di una concentrazione
interiore e il distacco dai turbamenti procurati dai pensieri; con il ri-
cordo di Dio e la conseguente purificazione da tutto ci che non con-
forme a Lui, in uno spirito di perdono e di amore verso tutti468 . Riassunti

466 Limpiego di katavstasi" (e del verbo kaqivsthmi) per indicare le disposizioni


interiori gi attestato da Orat II, 2 (299, 18), in riferimento a Rm 8, 26: to; de; kaqo; dei' hJ
katavstasi" tou' eujcomevnou. In VIII, 2 (317, 7-10) si richiama il vantaggio spirituale per
chi si dispone a pregare con latteggiamento interiore conveniente: w[natov ti oJ pro;" to;
eu[xasqai taqei;" kata; to;n nou'n, di aujth'" th'" ejn tw'/ eu[cesqai katastavsew" qew'/ pari-
stavnai eJauto;n kai; parovnti ejkeivnw/ levgein schmativsa" wJ" ejforw'nti kai; parovnti. La
stessa idea ribadita da IX, 1 (318, 14-15): makarivan ejk movnh" th'" toiauvth" katastav-
sew" ajpofhvnasqai th;n eij" to; eu[cesqai toiauvthn eJauth;n parasthvsasan. In XIX, 1
(341, 12-14) troviamo lo schema consequenziale disposizioni (interiori)-atto orante:
prw'ton dei' katasth'naiv pw" kai; diateqh'nai to;n proseucovmenon ei\q ou{tw" eu[xasqai.
Tuttavia, in XXI, 1 (345, 7-9) il significato di katavstasi" sembra avvicinarsi a quello di
sch'ma: oJ mevntoi battologw'n (cfr. Mt 6, 7) ejn tw'/ eu[cesqai h[dh kai; ejn th'/ ceivroni tw'n
proeirhmevnwn hJmi'n sunagwgikh'/ ejsti katastavsei. Ma la sovrapposizione evidente so-
prattutto in XXXI, 2 (396, 10-11), dato che qui Origene parla murivwn katastavsewn [...]
tou' swvmato". Daltra parte anche VIII, 2 (supra) suggerisce unassimilazione semantica
poich egli si serve con analogo significato di schmativzw (schmativsa" wJ" ejforw'nti kai;
parovnti), sebbene XXIII, 1 (349, 25) precisi la nozione di sch'ma nel senso di figura o
forma esteriore, escludendola in relazione a Dio: ouj perigegravfqai aujto;n schvmati sw-
matikw'/ uJpolhptevon. Si noti infine lutilizzo dei termini scevsi" e paraskeuhv in IX , 2
(cfr. infra, nota 472).
467 Il rilievo del passo paolino sottolineato dalla frequenza del suo ricorso (Orat
II , 2; VIII, 1; IX, 1; XXXI, 1.4). Origene lo riporta per esteso, fra gli esempi scritturistici del
kaqo; dei' , in II, 2, soffermandovisi di nuovo ampiamente in IX, 1. La citazione figura an-
che in CIo XXVIII, 5, 36; FrIer 68 e HLv XIII, 5, ma solo Orat unisce 1Tm 2, 9 con il v. 8,
come nota Cocchini 1997b, 114. Ci si spiega, in primo luogo, con il riferimento alle per-
sone dei due destinatari Ambrogio e Taziana, ma anche come indizio dellunitariet del
trattato, in quanto il passo compare nelle sue diverse sezioni. Anche Clemente Alessan-
drino allude a 1Tm 2, 8, ma unicamente per sottolineare linvito a pregare in ogni luogo
(cfr. Strom. VII, 7, 49, 6 [nota 1746] e Le Boulluec 2003, 405).
468 Orat XXXI, 2 (395, 28-396, 10): dokei' toivnun moi to;n mevllonta h{kein ejpi; th;n
eujch;n, ojlivgon uJpostavnta kai; eJauto;n eujtrepivsanta, ejpistrefevsteron kai; eujtonwvte-
ron pro;" to; o{lon genevsqai th'" eujch'": pavnta peirasmo;n [<kai;> pavnta perispasmo;n
BKV, 138 n. 6] kai; logismw'n tarach;n ajpobeblhkovta eJautovn te uJpomnhvsanta kata; to;
dunato;n tou' megevqou", w|/ prosevrcetai, kai; o{ti ajsebev" ejsti touvtw/ cau'non kai; ajneimev-
non proselqei'n kai; wJsperei; katafronou'nta, [<ajll> BKV, 139 n. 1] ajpoqevmenon
Latto della preghiera 155
cos gli accenti essenziali nelle due formulazioni pi generali ed esplicite,
che in entrambi i casi non intendono essere prescrittive bens piuttosto
orientative, vediamo adesso come lAlessandrino si soffermi sui singoli
aspetti che compongono un atto destinato per lui a realizzarsi in autenti-
cit e nella pienezza partecipativa delle sue diverse dimensioni (pro;" to;
o{lon genevsqai th'" eujch'")469 .

6. Le disposizioni preliminari: purificazione dal peccato e riconciliazione


fraterna

Il primo passo descritto da Origene, in particolare mediante la no-


zione di purificazione (kaqavreusi"), tende gi a connotare latto orante
come un momento di attivazione interiore che, pur inserendosi nella tradi-
zione degli esercizi spirituali della filosofia tardo-antica, implica di per
s una dinamica che va al di l di questi. Non possibile pregare senza es-
sersi purificati in anticipo dalle sozzure dei peccati e dal turbamento delle
passioni470 . Per essere esauditi da Dio occorre prima rendersi degni di ci,
anche se per Origene la dignit dellorante non sembra assumere il ruolo
decisivo che riveste invece in Clemente Alessandrino: una condizione
necessaria, ma non sufficiente ai fini dellesaudimento471 . Non a caso Ori-
gene insiste ripetutamente sul profitto spirituale che assicurato allorante

pavnta ta; ajllovtria, ou{tw" h{kein [<dei'n> BKV, 139 n. 1] ejpi; to; eu[xasqai, pro; tw'n
ceirw'n wJsperei; th;n yuch;n ejkteivnanta kai; pro; tw'n ojfqalmw'n to;n nou'n pro;" to;n qeo;n
ejnteivnanta kai; pro; tou' sth'nai diegeivranta camovqen to; hJgemoniko;n kai; sthvsanta aujto;
pro;" to;n tw'n o{lwn kuvrion, pa'san mnhsikakivan th;n prov" tina tw'n hjdikhkevnai dokouvn-
twn ejpi; tosou'ton ajpoqevmenon, o{son ti" kai; aujtw'/ <aj>mnhsikakei'n to;n qeo;n bouvletai,
hjdikhkovti kai; eij" pollou;" tw'n plhsivon hJmarthkovti h] oJpoi'a dhv pote para; to;n ojrqo;n
lovgon pepragmevna eJautw'/ suneidovti. Secondo Schtz, 138, lespressione iniziale (h{kein
ejpi; th;n eujch;n ; cfr. anche Orat IX, 3 [319, 13-14]: h{konte" ejpi; to; eu[cesqai) sarebbe da
riferire alla preghiera liturgica; di fatto, per (come mostrano fra laltro gli esempi circa il
luogo della preghiera), Origene pensa sempre in primo luogo allorazione individuale.
469 Troviamo una formulazione analoga, sia pure con il significato negativo di la-
sciarsi prendere interamente da, in CC II, 21 (152, 1): oi|" de; mevlei th'" ejn iJstorivai" fi-
lomaqiva", o{loi" genomevnoi" aujth'".
470 Nella nozione di kaqavreusi" non si possono forse escludere le implicazioni
della dottrina origeniana delle sordes (rJuvpo"), lo stato dimpurit inerente alla condizione
in corpore e legata in particolare alla sfera della sessualit e della generazione (Sfameni
Gasparro 2000b, 268; cfr. supra, nota 182). Diversa la prospettiva nella quale Origene
traccia il rapporto fra preghiera e continenza in CMt XIV, 25, bench vi sia comunanza di
idee nellinsistenza sulle condizioni morali e spirituali perch la preghiera trovi ascolto
(cfr. infra, p. 352).
471 Opponendosi a Prodico, Clemente sostiene che il vero gnostico sempre esau-
dito da Dio a causa della propria condizione virtuosa, diversamente da colui che indegno
(Strom. VII, 7, 41, 4). La condotta virtuosa concorre ad assicurare lefficacia della preghiera
di domanda (VII, 7, 43,1-2; 46, 5; 48, 4-5).
156 Parte prima, Capitolo quinto
dal suo disporsi rettamente alla preghiera, come momento di incontro con
Dio, anche a prescindere dal fatto che la richiesta venga accolta472.
Il discorso sviluppato in Orat non prende in considerazione un aspet-
to sul quale lAlessandrino si soffermer in altre occasioni: a quale titolo
possa darsi una preghiera delluomo peccatore. Non a caso Origene non
richiama mai lesempio della preghiera del pubblicano nella parabola lu-
cana (Lc 18, 9-14), che al contrario oggetto di approfondita riflessione
in distinzione e contrasto con la preghiera di Ges nel Commento a Gio-
vanni473. Diversamente dallapertura manifestata qui e in altri testi per la
condizione del peccatore che prega, nel trattato laccento batte piuttosto
sullincompatibilit fra peccato e preghiera, come si pu dedurre anche
dallesempio negativo di Giuda riportato in precedenza474 . Daltra parte
Origene, pur ricorrendo due volte a Sal 140(141), 2 (Come incenso salga
a te la mia preghiera, le mie mani alzate come sacrificio della sera)475,
non accenna neppure, nel medesimo ordine di idee, allequazione fra la
coscienza (o mente) dellorante e laltare (bwmov"), con la purezza
richiesta del sacrificio offerto (= preghiera), secondo un motivo gi intro-
dotto con Clemente Alessandrino e ripreso da lui stesso nel Contro Celso
e nel Commento a Matteo476 .
In sostanza, la prospettiva di Orat ci appare segnata, per cos dire,
dal nesso circolare fra preghiera e santit: colui che prega , in partenza,
considerato alla stregua di un giusto o santo e latto orante concorre
a sua volta a portare ad ulteriore compimento la sua condizione di san-

472 Orat IX, 2 (313, 23-24): ta; mevgista wjfelou'sa, ka]n movnh nohqh'/, hJ scevsi" kai;
eij" to; eu[cesqai paraskeuh; tou' ajnateqeikovto" eJauto;n tw'/ qew'.
473 CIo XXVIII, 5, 26 ss., su cui si veda infra, pp. 298-301. Cfr. anche FrIo 70 (nota
703), secondo cui perfino il peccatore che oscilla ancora tra conversione e peccato, sa-
rebbe in grado di pregare.
474 Cfr. supra, pp. 106-107. Il paradigma negativo della preghiera di Giuda sottende
FrIer 68 (nota 1100), dove Origene raccomanda di rendersi degni, eliminando i pensieri
malvagi, prima di pregare. Il giusto modo di pregare esemplificato anche qui da 1Tm 2,
8. Anche in HIer XVIII, 10 Origene enuncia il motivo della preghiera dellingiusto, con il
rinvio rispettivamente a Sal 140(141), 2 e Sal 108(109), 7.
475 Orat XII, 2; XXXI , 1 (cfr. anche infra, pp. 438-441).
476 CC VIII, 17 (234, 18-20): bwmoi; mevn eijsin hJmi'n to; eJkavstou tw'n dikaivwn hJge-
monikovn, ajf ou| ajnapevmpetai ajlhqw'" kai; nohtw'" eujwvdh qumiavmata, proseucai; ajpo;
suneidhvsew" kaqara'" (con susseguente citazione di Ap 5, 8 e Sal 140[141], 2; cfr. anche
CC VIII, 20; CMtS 18 [nota 1071] e 27). Per HLv I, 4 sono laltare di Dio coloro nei qua-
li sempre arde il fuoco divino e sempre si consuma la carne (tr. Danieli, 40). Lidea era
gi presente in Clemente Alessandrino, Strom. VII , 32, 4-5 (118-120): H suvmpnoia de; ejpi;
th'" ejkklhsiva" levgetai kurivw". Kai; gavr ejstin hJ qusiva th'" ejkklhsiva" lovgo" ajpo; tw'n
aJgivwn yucw'n ajnaqumiwvmeno", ejkkaluptomevnh" a{ma th/' qusiva/ kai; th'" dianoiva" aJpavsh"
tw/' qew/'. Alla; to;n ajrcaiovtaton bwmo;n ejn Dhvlw/ aJgnovn ei\nai teqrulhvkasi, pro;" o}n dh;
movnon kai; Puqagovran proselqei'n fasi fovnw/ kai; qanavtw/ mh; mianqevnta, bwmo;n de;
ajlhqw'" a{gion th;n dikaivan yuch;n kai; to; ajp aujth'" qumivama th;n oJsivan eujch;n levgousin
hJmi'n ajpisthvsousi
Latto della preghiera 157
tit477 . In questo senso, il modello prefigurato dal trattato sembrerebbe
trovare semmai la sua corrispondenza pi ravvicinata nel rapporto amo-
roso fra lanima, sponsa o regina del Cantico dei Cantici, adorna di virt,
e il suo sposo o re, il Verbum, che vedendola tale acconsente alle sue
domande478. Potremmo anche aggiungere che linsistenza sullethos del-
lorante tradisce, almeno in linea di principio, una vicinanza ideale con
limpostazione filosofica sulla preghiera nella tradizione platonica, se-
condo la quale solo la preghiera dei buoni ammessa479 .
Tuttavia, questa conclusione richiede di essere un poco sfumata, alla
luce di altri indizi che possiamo ricavare dalla lettura del trattato. Se ve-
ro, insomma, che la condizione dellorante peccatore non posta espres-
samente a tema, Origene ben consapevole che tale in generale la situa-
zione delluomo, perennemente impegnato nel combattimento spirituale
per la propria salvezza480. Anche il giusto o il santo che prega secon-
do il modello della preghiera spirituale non pu quindi mai fare a meno
di ripetere lui stesso la quinta petizione del Padrenostro la domanda per
la remissione dei debiti o delle colpe , se non altro per i propri peccati
passati481 . Ed il modello topico per la preghiera espressa (Orat XXXIII)
prevede come sua terza componente strutturale la confessione (ejxomo-
lovghsi") dei peccati prima della richiesta vera e propria. Inoltre, nel di-
segnare sinteticamente le disposizioni interiori con cui accostarsi alla
preghiera Origene ricorda che colui che prega non pu sperare di ottenere
il perdono dei peccati, se egli stesso non fa gesto di riconciliazione, im-
plicando cos la condizione dellorante come peccatore (Orat VIII, 1)482.
Ci ribadito anche dal secondo passo panoramico (Orat XXXI, 2), al-
lorch lAlessandrino ricorda che lorante deve deporre ogni memoria
rancorosa per i torti subiti, se vuole che Dio non si rammenti delle sue
colpe, avendo agito ingiustamente e avendo offeso molti del suo pros-
simo ed essendo consapevole di quali azioni egli abbia compiuto con-

477 Orat IX, 2 (318, 22): eujcovmenon to;n a{gion.


478 CCt I, 5, 10 (cfr. infra, nota 922).
479 Jackson, 26, commentando la seconda preghiera del Fedro (257a-b), ricorda che
Platone (nella Repubblica e nelle Leggi) non accoglie la domanda di perdono, dal momen-
to che la preghiera ammessa solo per coloro che sono buoni: Socrates prayer to Eros
does not, however, violate this rule. In relation to Eros Socrates had become good before he
prayed. He had purified himself by a new speech, praising love instead of blaming him.
480 Cfr. Perrone 2000b.
481 Orat XXVIII, 5 (378, 4-5): kai; oJ ajpodidou;" mevntoi ge pavnta, w{ste mhde;n ojfeiv-
lein, crovnw/ pote; tou'to katorqoi', deovmeno" ajfevsew" peri; tw'n protevrwn ojfeilw'n.
482 Cfr. supra, nota 462. Sulle condizioni perch la ejxomolovghsi", intesa come am-
missione delle colpe, risulti credibile, Origene si espresso in HIer V, 10. La preghiera di
ejxomolovghsi" per eccellenza Sal 50(51) (cfr. HIer VIII, 1 [56, 3]: tw'/ Yalmw'/ th'" ejxomo-
loghvsew", dove Origene linterpreta come preghiera per il dono dello Spirito). Il signifi-
cato tecnico attestato anche da Tertulliano, de orat. 7, 1 (nota 1647).
158 Parte prima, Capitolo quinto
tro la retta ragione483 . Di conseguenza per Origene latto orante non pu
non essere accompagnato da un vivo senso di colpa per le manchevolezze
personali insieme al ripristino di uninterazione positiva con il prossimo
in conformit con il precetto evangelico del perdono reciproco484 .
Origene insiste su questo punto traendo di nuovo esplicita indicazione
in tal senso da 1Tm 2, 8: bisogna che lorante deponga preventivamen-
te ogni atteggiamento dira verso coloro da cui ritiene daver subito un
torto485 . Questa disposizione danimo consistente nellattuare loblio del
male (ajmnhsikakiva) ricevuto, con lausilio di un passo tratto da Geremia
(Ger 7, 22-23, confermato anche da Zc 7, 10), viene significativamente
proposta dallAlessandrino come il compendio della legge, e trova la
sua corrispondenza evangelica nellinvito di Ges al perdono fraterno al
momento di pregare: Quando vi mettete a pregare, se avete qualcosa con-
tro qualcuno, perdonate, perch anche il Padre vostro che nei cieli, per-
doni a voi i vostri peccati (Mc 11, 25)486 . Cos, lavvio dellesperienza
orante segnato alla sua radice dallo spirito evangelico, che sollecita lin-
dividuo ad una prassi di comunione fraterna, coerentemente con lispira-
zione profonda affidata alla Preghiera del Signore. Ci deve dunque ca-
ratterizzare latto orante del cristiano, idealmente ancor prima che esso si
serva delle tecniche di interiorizzazione sviluppate nella pratica filosofica
degli esercizi spirituali.

7. Lo sforzo di concentrazione interiore e la memoria di Dio

Linguaggio e tecniche degli esercizi spirituali affiorano pi aperta-


mente nel momento successivo (distinto dal precedente in senso logico

483 Cfr. supra, nota 468.


484 Si colloca sulla stessa linea la riflessione di Afraat (Dim. IV, 13), che si richiama
a Mt 5, 23-24: necessario che tu rimetta al tuo debitore prima della tua preghiera, poi
prega. E quando pregherai salir la tua preghiera in alto davanti a Dio e non sar lasciata
sulla terra (tr. Pericoli Ridolfini, 109).
485 Orat IX, 1 (317, 29-318, 1): ejpaivrein dei' oJsiva" cei'ra" (1Tm 2, 8) to;n eujcovme-
non dia; tou' ajfievnai (cfr. Mc 11, 25) eJkavstw/ tw'n eij" aujto;n peplhmmelhkovtwn, to; th'"
ojrgh'" pavqo" ejxafanivsanta ajpo; th'" yuch'" kai; mhdeni; qumouvmenon.
486 Orat IX, 3 (319, 9-17): eij de; mevgistovn ejsti katovrqwma ajmnhsikakiva wJ" kata;
to;n profhvthn Ieremivan, pavnta ajnakefalaiou'sqai to;n novmon ejn aujtw'/ levgonta: ouj
tau'ta ejneteilavmhn toi'" patravsin uJmw'n ejkporeuomevnwn aujtw'n ejk th'" Aijguvptou, ajlla;
tou'to ejneteilavmhn: e{kasto" tw'/ plhsivon ejn th'/ kardiva/ mh; mnhsikakeivtw (Ger 7, 22-23;
Zc 7, 10), ajpo; mnhsikakiva" de; h{konte" ejpi; to; eu[cesqai th;n tou' swth'ro" fulavssomen
ejntolh;n, levgonto": eja;n sthvkhte proseucovmenoi, ajfivete ei[ ti e[cete katav tino" (Mc 11,
25), dh'lon o{ti toiou'toi iJstavmenoi pro;" to; eu[xasqai ta; kavllista h[dh kekthvmeqa. Il ri-
chiamo a Ger 7, 22-23 si spiega nel contesto del passo profetico, con la sua polemica su
olocausti e sacrifici (Ger 7, 21-22). Si veda FrIer 4 (200, 12 ss.), con il breve spunto ese-
getico su oJ peri; qusiw'n tovpo".
Latto della preghiera 159
pi che temporale) che consiste in primis nello sforzo di astrazione della
mente dalla sfera del sensibile. chiaro che anche qui vale sempre per
Origene, come spunto di partenza, il riferimento a 1Tm 2, 8, ma il suo
pensiero pi direttamente dipendente da una prospettiva filosofica come
quella disegnata, ad esempio, dallajnacwvrhsi" di matrice stoica con un
processo di trascendimento dellordine sensibile che sfocia nel ritiro
dentro la propria interiorit487 . Si tratta di chiudere la porta dei sensi
come lAlessandrino raccomander ulteriormente nel commentare listru-
zione preliminare al Padrenostro in Mt 6, 6 e di fare in modo cos che
lintelletto (nou'") non sia pi assorbito e distratto dalle sensazioni esterne,
lasciandosi attrarre dallimmagine (fantasiva) e dal ricordo (uJpovmnhsi")
delle cose sensibili488. Come vediamo specialmente da un celebre passo
del Contro Celso (CC VII, 44), il procedimento originariamente di matrice
stoica volto ad impedire che la cura del s venga turbata dagli affanni
esteriori pu intrecciarsi in Origene con il tema platonico della vista in-
teriore e del volo dellanima, dando luogo allaffermazione della pre-
ghiera come conoscenza di Dio, a seguito dellascesa (ajnavbasi") del-
lintelletto verso di Lui489. Ma gi in Orat lAlessandrino prefigura con
analogo linguaggio filosofico la salita dellanima verso Dio, nel momento

487 Il sostantivo ajnacwvrhsi" assente nel lessico di Orat (n le sue occorrenze al-
trove assumono il valore semantico in esame), ma troviamo luso del verbo ajnacwrevw in
XXXI, 2 (396, 18-19): h] ta; pravgmata mh; ejpitrevph/ ajnacwrou'nta" hJma'" ajpodou'nai th;n
ojfeilomevnhn eujch;n.
488 Orat XX, 2 (344, 21-24): kai; mhdamw'" e[xw neuvwn mhde; peri; ta; e[xw kechnw;"
pa'savn te th;n quvran (cfr. Mt, 6) tw'n aijsqhthrivwn ajpokleivsa", i{na mh; e{lkhtai uJpo; tw'n
aijsqhvsewn mhde; ejkeivnwn hJ fantasiva tw'/ nw'/ aujtou' ejpeiskrivnhtai, proseuvcetai. Circa
luso di caivnw (PGL 1511 s.v.: gape in eager expectation, open wide) si veda linter-
pretazione delle malattie dellanima in CMt X, 24 (33, 13-14) come il peccato che lha
permeato tutta, dove a proposito di coloro che soffrono di vanagloria si dice: tou;" de; fi-
lodovxou" ejpi; to; doxavrion, kechvnasi ga;r peri; to;n ajpo; tw'n pollw'n kai; cudaiotevrwn
e[painon. Per Monaci Castagno 1997, 131, questo entrare nella camera un esercizio
di ajnacwvrhsi" interiore di fondamentale importanza soprattutto nello stoicismo, come
prova con il rinvio a Marco Aurelio, Ricordi IV, 3 e Seneca, Ep. 56. A sua volta Hadot
1997b, 421 fa notare che la retraite spirituelle en soi-mme [...] consiste prcisment
dans lacte de se concentrer sur des formules courtes et fondamentales qui dissiperont
toute peine et toute irritation (IV, 3, 1-3). Sembrerebbe esserci una qualche affinit con-
cettuale con luso del termine ajnapovlhsi" in Origene (cfr. infra, nota 493).
489 Su CC VII, 44 cfr. Perrone 2001d, 13 ss.; Perrone 2001b, 134-139 (si veda anche
infra, 215); OLeary. H36Ps IV, 1 (166, 16-23) introduce il tema dell ajnacwvrhsi", a com-
mento di Es 3, 3 (Passando accanto vedr questa grande visione, perch non si consuma
il roveto), come precondizione per la contemplazione: non est possibile prius videre vi-
sum magnum, id est intueri atque perspicere magna mysteria stanti in conversatione et
actibus mundi huius: sed transire oportet prius ab his et transcendere omnia saecularia et
sensum nostrum ac mentem liberam fieri, et tunc ad magnarum et spiritalium rerum intui-
tum pervenire, et ita demum visum magnum videre. Un altro esercizio di trascendimento
dallordine contingente suggerito da H36Ps V, 5 (232, 73-79).
160 Parte prima, Capitolo quinto
in cui gli occhi dellintelletto distaccandosi dalle realt materiali si vol-
gono unicamente a Lui490. Non si tratta, chiaro, di un prestito impro-
prio, perch lidea suggerita per Origene anche da due luoghi biblici ai
quali egli ricorre per illustrare la dinamica dellatto orante: Sal 122(123),
1 (A te ho levato i miei occhi, a te che abiti nei cieli) e Sal 24(25), 1
(A te, o Dio, ho levato lanima mia)491 .
Lesercizio in negativo di astrazione dallordine sensibile, con la
rimozione di tutte le immagini e i ricordi delle realt materiali che grava-
no sulla mente, accompagnato in positivo dal fare spazio dentro di s
alla memoria di Dio492. Ci significa adottare una disposizione dani-
mo consapevole che latto della preghiera chiamato a svolgersi dinanzi
a Lui. Anzich indirizzare limmaginazione allesterno, lorante dunque
invitato a rappresentarsi Dio come presente al suo atto. Il motivo non
nuovo perch lo troviamo gi in Clemente Alessandrino , ma anche
per Origene fare memoria di Dio ha come effetto dindurre quasi inelu-
dibilmente una condotta morale e una situazione spirituale pi elevate,
analogamente a quanto avviene, su un piano inferiore, quando ci ram-
mentiamo di personaggi a vario titolo esemplari. Il raffronto sinottico tra
Clemente e Origene interessante ai fini di cogliere come il secondo si
rapporti al primo e di avvertire cos la sua tonalit specifica.

Clemente Alessandrino, Strom. VII, Origene, Orat VIII, 2


7, 35, 4 (130, 13-19) (317, 22-27)
eij de; hJ parousiva tino;" ajndro;" ajgaqou` eij ga;r uJpovmnhsi" kai; ajnapovlhsi" ejl-
dia; th;n ejntroph;n kai; th;n aijdw` pro;" to; logivmou ajndro;" kai; wjfelhmevnou ejn
krei`tton ajei; schmativzei to;n ejntugcav- sofiva/ ejpi; zh'lon hJma'" aujtou' proka-
nonta, pw`" ouj ma`llon oJ sumprarw;n lei'tai kai; pollavki" ejmpodivzei oJrma;"
ajei; dia; th`" gnwvsew" kai; tou` bivou kai; ta;" ejpi; to; cei'ron, povsw/ plevon qeou'
th`" eujcaristiva" ajdialeivptw" tw/` qew/` tou' tw'n o{lwn patro;" uJpovmnhsi" meta;
oujk eujlovgw" a]n eJautou` par e{kasta th'" pro;" aujto;n eujch'" ojnivnhsi tou;" peiv-
kreivttwn ei[h eij" pavnta kai; ta; e[rga santa" eJautou;" o{ti parovnti kai; ajkouv-
kai; tou;" lovgou" kai; th;n diavqesin onti paresthvkasi kai; levgousi qew'/

490 Orat IX, 2 (318, 26-31): ejpairovmenoi ga;r oiJ ojfqalmoi; tou' dianohtikou' ajpo;
tou' prosdiatrivbein toi'" ghi?noi" kai; plhrou'sqai fantasiva" th'" ajpo; tw'n uJlikwtevrwn
kai; ejpi; tosou'ton uJyouvmenoi, w{ste kai; uJperkuvptein ta; gennhta; kai; pro;" movnw/ tw'/ ejn-
noei'n to;n qeo;n kajkeivnw/ semnw'" kai; prepovntw" tw'/ ajkouvonti oJmilei'n givnesqai.
491 Sal 122(123), 1 utilizzato, ad esempio, in CIo XXVIII, 4, 33. Secondo Monaci
Castagno 1997, 132, il levare gli occhi significa meditare sulla caducit dei beni terreni
per riconoscere quali sono i veri beni. Per HEx II , 1 (156, 1-2), oculos sursum erigere
fra i segni di unesistenza spirituale vissuta in contrasto con il mondo.
492 Limportanza di questo motivo nella concezione patristica della preghiera ap-
profondita da Filoramo (cfr. anche Filoramo 2000).
Latto della preghiera 161
La dipendenza di Origene da Clemente evidente nel contenuto co-
me nella costruzione della frase. Tuttavia Clemente non fa riferimento al
ricordo, n nel caso delluomo n relativamente a Dio; in entrambe le
situazioni troviamo piuttosto il motivo della presenza (parousiva oJ
sumparwvn) che come tale la fonte del miglioramento morale. Origene
invece sostituisce due volte questo motivo con lidea della memoria
(uJpovmnhsi" kai; ajnapovlhsi" uJpovmnhsi")493. Inoltre, con una visione me-
no apertamente ottimistica di quella clementina, introduce la valenza ini-
bitrice di tale ricordo, che spesso ostacola gli impulsi verso il male494 .
Il perfetto di Clemente vive dunque in una condizione di costante pre-
senza di Dio, di cui egli partecipa con la gnosi, la vita e il ringraziamen-
to. Invece in Origene prevale lidea del giovamento spirituale, rispetto
alla perfezione vera e propria, e il cammino verso di essa indicato anche
dal fatto che il ricordo accompagnato dalla preghiera (eujchv) 495 .

493 Egli insiste sullidea del rammentare adoperando anche il termine ajnapovlh-
si", un hapax per lAlessandrino, con il significato di ripetizione, ripasso, richiamo
alla memoria, ricordo (ma anche in Plotino troviamo due occorrenze: Enn. II, 9, 12, 7:
ejlqovnta" eij" ajnavmnhsin movli" ajnapovlhsin labei'n w|n pote ei\don; IV, 6, 3, 59). Luso
del verbo ajnapolevw, nellaccezione di richiamare alla mente (cfr. ad esempio Plotino,
Enn. IV, 3, 27, 20), attestato da Fr1Cor 84 (206): ejlqe; de; kai; ejp aujth;n th;n tou' ajn-
qrwvpou ajrchvn: ajnapovl <h>son aujtou' th;n ajrchvn. Invece H37Ps I, 1 sfrutta il motivo del-
lajnavmnhsi" come recordatio culpae (cfr. I, 2 [272, 149-153]: Dum enim recordamur
iram Dei et ante oculos vultum eius adducimus ex ipsa institutione eius, quae propter hoc
facies irae appellata est, conturbata et exterrita caro infirmatur atque languescit). La tri-
partizione clementina ta; e[rga kai; tou;" lovgou" kai; th;n diavqesin ripresa da Origene in
Orat XXI , 1 ([345, 6] e[rga h] lovgou" h] nohvmata); XXII, 4 ([348, 18] pa'n ou\n e[rgon aujtoi'"
kai; lovgo" kai; novhma); e pi direttamente in XXVIII, 1 ([376, 1] lovgw/ proshnei' kai; toi'sdev
tisi toi'" e[rgoi", ajlla; kai; diavqesivn tina). Egli tematizza la terna pensieri, parole e ope-
re, in relazione al peccato ma anche alla buona condotta, in HEx VI, 3 (194, 18-19.27
195, 1): triplex est hominibus peccandi via: aut enim in facto aut in dicto aut in cogita-
tione peccatur. [...] Triplex namque est etiam bene agendi via: nihilominus enim vel opere
vel cogitatione vel verbo boni aliquid agitur (cfr. anche lampio sviluppo in HEx III, 3 in
relazione al cammino di tre giorni nel deserto in Es 3, 18; nonch lesame di coscien-
za suggerito da HLc XXXVI, 2 [infra, nota 653]). In HLc VIII, 4 (49, 2-6), a commento di
Lc 1, 46 (Lanima mia magnifica il Signore), il motivo collegato allattuazione del-
limmagine di Dio: Otan ou\n megavlhn poihvsw th;n eijkovna tou' eijkovno", levgw de; auj-
th;n th;n yuchvn, megaluvnwn lovgoi", e[rgoi", nohvmasin, tovte megaluvnein levgetai.
494 CRm VI, 1 (457, 38-45) suggerisce un analogo esercizio spirituale in rapporto
alla visione della croce: Est enim tanta vis crucis Christi, ut si ante oculos ponatur, et in
mente fideliter retineatur, ita ut in ipsam mortem Christi intentus oculus mentis aspiciat,
nulla concupiscentia, nulla libido, nullus furor, nulla peccati superare possit invidia, sed
continuo, ad eius praesentiam totus ille quem supra enumeravimus peccati et carnis fuga-
tur exercitus, ipsum vero peccatum nec subsistit, quippe cum nec substantia eius usquam
sit nisi in opere et gestis.
495 Il diverso iter argomentativo messo in luce da Le Boulluec 2003, 398: Ainsi
la comparaison entre le bnfice reu de la frquentation dun homme de bien et lamlio-
ration produite par la conviction de lorant dtre toujours en prsence de Dieu est-elle in-
162 Parte prima, Capitolo quinto
Lenfasi di Origene sul beneficio prodotto dal ricordo di Dio, pur
caratterizzata da un accento meno trionfalistico di Clemente, sembra
assecondare lajnacwvrhsi" sensoriale non nel senso di pervenire sempli-
cemente ad uno spogliarsi di sensazioni ed immagini esteriori bens con
lintento di sostituirle positivamente tramite un nuovo ordine di immagi-
nazioni e ricordi496 . Sarebbe insomma un errore pensare a questo mo-
mento dellatto orante come ad un procedimento puramente noetico: se
chiaro che lautentica preghiera chiamata a compiere anche unoperazio-
ne intellettiva, in quanto deve realizzare nellorante il giusto concetto di
Dio (come Origene raccomanda specialmente, allorch spiega la santi-
ficazione del nome divino nella prima domanda del Padrenostro), lazio-
ne di ricordare implica necessariamente anche lo sforzo dellimmagina-
zione. Nella visuale di Origene ci determina il riconoscimento del-
lopera dei sensi spirituali coinvolti anchessi nella conoscenza di Dio,
di cui egli tratta ampiamente nel Commento al Cantico dei Cantici497 . Per

sre par Clment dans une dfinition de la prire qui aboutit la clbration de lintimit
gnostique avec Dieu (Strom. VII, 7, 35, 37). Le mme thme est introduit par Origne,
Orat. VII, 2, sous la forme dun argument secondaire en faveur de la prire: [...] dans le
cas o la dmonstration thorique ne serait pas dcisive, cest--dire si, par hypothse,
celui qui dispose sa pense pour prier ne retirait aucun autre avantage que celui de se
mettre en prsence de Dieu, laide apporte par cette disposition est prsente comme un
avantage inestimable pour dtourner du mal et orienter vers le bien; cest donc un nouveau
doute, portant sur la validit des conclusions de lintelligence propos dune ralit qui
est fondamentalement mystrieuse, qui motive la reprise de lexemple exploit auparavant
par Clment avec la certitude la plus sereine.
496 Al nesso fra ricordo (uJpovmnhsi") e immaginazione (fantasiva) Origene ri-
manda immediatamente prima del passo citato, sia pure sotto un aspetto negativo, per con-
trastarlo in positivo. Cfr. Orat VIII, 2, (317, 10-16): w{sper ga;r aiJ toiaivde fantasivai kai;
uJpomnhvsei" tw'ndev tinwn peri; ta;, w|n gegovnasin aiJ uJpomnhvsei", moluvnousi tou;" logi-
smou;" tou;" ejn tai'sde tai'" fantasivai" gegenhmevnou", to;n aujto;n trovpon peistevon ojnh-
sifovron ei\nai mnhvmhn pepisteumevnou tou' qeou' kai; katanoou'nto" ta; ejn tw'/ ajduvtw/ th'"
yuch'" kinhvmata, rJuqmizouvsh" eJauth;n ajrevskein wJ" parovnti kai; ejpopteuvonti kai; fqav-
nonti ejpi; pavnta nou'n tw'/ ejtavzonti kardiva" kai; ejreunw'nti nefrouv". Monaci Castagno
1997, 131 portata a riconoscere a fantasie e ricordi un ruolo tendenzialmente nega-
tivo: si tratta di eliminare le fantasie, i ricordi delle cose che le hanno suscitate e che
contaminano i pensieri. [...] Ai turbamenti ed alle distrazioni dellesteriorit, ad un atteg-
giamento rilassato e molle, bisogna sostituire unattenta sorveglianza di noi stessi.
497 Sul coinvolgimento del corpo e dei sensi spirituali, con particolare riferi-
mento a CC II, 51 (infra, nota 1441), insiste Fdou, 361-362: La prire est fondamenta-
lement spirituelle: dtachement du sensible, exode intrieur, qute des bienfaits qui rassa-
sient lme et lacheminent vers le bonheur divin. Non que le corps soit absent; il est le
temple de Dieu, et lon se rappelle en outre lexpression significative de II, 51. [...] Sur-
tout, le chrtien en prire na pas seulement ferm lentre des sens mais donn lveil
aux yeux de lme: la facult des sens spirituels, auxquels Origne consacre de prcieux
dveloppements, atteste la prsence du corps jusque dans le mouvement de lesprit. Mais
cest celui-ci qui est avant tout soulign et qui, pour le chrtien, dfinit lacte de la prire
dans son essence mme. Per HLv VII, 4 (384, 2-3) la preghiera di Pietro in At 10, 9 si
Latto della preghiera 163
tale ragione, anche lapplicazione di questo esercizio spirituale sulla
scorta di 1Tm 2, 9, con linvito rivolto alle donne che si accingono alla
preghiera perch allontanino da s ogni ricordo incontrollato e femmini-
le, non pu non fare i conti con limmagine della sponsa del Cantico de-
scritta da Origene come unorante impaziente, perch in preda alla sua
passione amorosa per lo sponsus assente498 . In aggiunta a ci, la memo-
ria che predispone alla preghiera viene alimentata dalla consapevolezza
riconoscente dei benefici ottenuti da Dio499 , anche se, in ultima analisi, il
ricordo di Dio va aldil dellaspetto immaginativo acquistando una
profondit metafisica che sembra richiamare lanamnesi platonica500 .
Lultimo aspetto che Origene si preoccupa di mettere in luce nel de-
lineare le disposizioni interiori preparatorie allatto orante una sorta di
corollario del processo di astrazione sensoriale e di dinamica commemo-
rativa descritto in precedenza: in sostanza, lidea della tensione spiri-
tuale che deve conformare lo stato danimo di chi si accinge alla preghie-
ra e assicurare la piena performance dellatto orante. LAlessandrino vi
ritorna sopra pi volte adoperando formulazioni pi o meno analoghe, sia
pure calibrandole in maniera diversa. Notiamo la raccomandazione ad
uno stacco (ojlivgon uJpostavnta), premessa indispensabile prima di vol-

compie con il corpo, lanima e lo spirito: Nondum tibi videtur Petrus ad superiora non
solum corpore, sed et mente ac spiritu conscendisse?.
498 Si confronti Orat IX, 1 ([318, 7-13] th;n gunai'ka crh; e[cein mavlista eujcomevnhn
to; katestalmevnon kai; to; kovsmion yuch'/ kai; swvmati, pavntwn ma'llon ejxairevtw" kai;
o{te eu[cetai aijdoumevnhn to;n qeo;n kai; pa'san ajkovlaston kai; gunaikeivan uJpovmnhsin
ejxorivsasan ajpo; tou' hJgemonikou' kai; kekosmhmevnhn oujk ejn plevgmasi kai; crusw'/ h]
margarivtai" h] iJmatismw'/ polutelei' [1Tm 2, 9] ajll oi|" prevpon ejsti; kekosmh'sqai gu-
nai'ka qeosevbeian ejpaggellomevnhn) con CCt I, 1, 3 ([89, 13-20] Introducatur ergo nunc
per historiae speciem sponsa quaedam, quae susceperit quaedam sponsaliorum et dotis
titulo dignissima munera ab sponso nobilissimo, sed plurimo tempore moram faciente
sponso, sollicitari eam desiderio amoris eius, et confici iacentem domi suae, et agentem
omnia, quatenus possit aliquando videre sponsum suum atque osculis eius perfrui. Quae,
quoniam differri amorem suum nec adipisci se posse quod desiderat, videt, convertat se
ad orationem et supplicet Deo, sciens eum Patrem esse sponsi sui). Davanti alla figura
della sponsa difficile prendere interamente per buono il commento su Orat IX, 1 di Ges-
sel, 195: Das Pathos, die leidenschaftliche Erregung wird aus der Seele getilgt. Damit
der Geist nicht getrbt wird, mu man ja alles, was auerhalb des Gebetes zu der Zeit
liegt, in der man betet, vergessen.
499 Orat XIII, 3 (327, 4-6): o{sa de; kai; e{kasto" hJmw'n, eja;n eujcarivstw" memnhmev-
no" tw'n eij" auJto;n eujergesiw'n peri; touvtwn ai[nou" ajnapevmpein tw'/ qew'/ bouvlhtai, e[cei
ejkdihghvsasqai
500 Cfr. Orat XXIV, 3 (355, 6-8: pa'" te [de; BKV, 84 n. 2] tranw'n kai; ta; peri; tou'
qeou' uJpomimnhvsketai ma'llon h] manqavnei, ka]n ajpov tino" ajkouvein dokh'/ h] euJrivskein
nomivzh/ ta; th'" qeosebeiva" musthvria). Sembra un punto di vista in parte affine a quello ri-
chiamato da Fowden, 104 in riferimento a C.H. XIII, 2: the mysteries of the spirit are not
taught, but we are reminded of them by God, when he wishes.
164 Parte prima, Capitolo quinto
gersi a pregare e, in un certo senso, sua fondazione501 . Ci deve con-
correre a rendere lorante pi attento e pi teso (ejpistrefevsteron kai;
eujtonwvteron) in modo che egli partecipi totalmente dellatto che si ac-
cinge a compiere, rigettando ogni elemento estraneo (pavnta ta; ajllov-
tria) 502 . Mai come in questi passi la descrizione origeniana dellatto oran-
te tende ad avvicinarsi alla descrizione della performance teatrale di un
attore, vissuta con tutta la seriet che il suo ruolo richiede503. Per quanto
a prima vista sorprendente, lanalogia trova riscontro come vedremo in
seguito (Orat XXVIII, 3) dalla scena sulla quale latto orante chiama-
to a svolgersi.

501 Orat XXXI , 2 (395, 28-30): to;n mevllonta h{kein ejpi; th;n eujch;n, ojlivgon uJpo-
stavnta kai; eJauto;n eujtrepivsanta, ejpistrefevsteron kai; eujtonwvteron pro;" to; o{lon ge-
nevsqai th'" eujch'". Tradurre uJpostavnta non facile; si veda, ad esempio Jay, 208: if he
lays something of a foundation and prepares himself. Quanto al termine eujtrepivsanta,
si veda XX, 2 (344, 18-19), dove Origene oppone la performance della preghiera a quella
dellattore: ejn tw'/ panto;" tou' proeirhmevnou qeavtrou kaq uJperbolh;n meivzoni eJauto;n
ajrevskein eujtrepivzwn.
502 A differenza del verbo ejpistrevfw, laggettivo ejpistrefhv" poco adoperato da
Origene (si veda comunque CC IV, 53 [326, 13-17]): Kai; tiv" a]n a[llo" lovgo" ejpistrefev-
steron prosavgoi th;n ajnqrwpivnhn fuvsin tw'/ eu\ zh'n wJ" hJ pivsti" h] hJ diavlhyi" peri; tou'
pavnt ejfora'n to;n ejpi; pa'si qeo;n ta; uJf hJmw'n legovmena kai; prattovmena ajlla; kai; logi-
zovmena). Molto pi frequente invece luso dellaggettivo eu[tono" (anche al compara-
tivo e al superlativo), come pure dellavverbio eujtovnw" e del sostantivo eujtoniva. LAles-
sandrino adopera volentieri questo gruppo di vocaboli in CC, per sottolineare la seriet
della vita dei cristiani e la loro prontezza al martirio (si veda, ad esempio, CC III, 68 [260,
26-30]: tou;" lovgou" qewrw'men, ajqrovw" protrevponta" plhvqh ejpi; to;n ejx ajkolavstwn eij"
to;n eujstaqevstaton bivon kai; to;n ejx ajdivkwn eij" to;n crhstovteron kai; to;n ejk deilw'n h]
ajnavndrwn eij" to;n ejpi; tosou'ton eu[tonon, wJ" kai; qanavtou dia; th;n fanei'san aujtoi'" euj-
sevbeian katafronei'n).
503 Orat XXXI, 2 (395, 30-396, 2): pavnta peirasmo;n [<kai;> pavnta perispasmo;n
BKV, 138 n. 6] kai; logismw'n tarach;n ajpobeblhkovta eJautovn te uJpomnhvsanta kata; to;
dunato;n tou' megevqou", w|/ prosevrcetai, kai; o{ti ajsebev" ejsti touvtw/ cau'non kai; ajneimev-
non proselqei'n kai; wJsperei; katafronou'nta, [<ajll> BKV, 139 n. 1] ajpoqevmenon
pavnta ta; ajllovtria. Jay, 210 alludendo evidentemente a cavskw ovvero caivnw (cfr.
LSJ, 1981 s.v.) in XX, 2 ([344, 22] mhde; peri; ta; e[xw kechnw;" ) traduce cau'non ktl. con
and that it is impious to draw nigh thereto yawning, and careless, and, as it were, con-
temptuous. Allaggettivo cau'no", vuoto, frivolo, attestato nel linguaggio filosofico,
si accompagna il sostantivo cauvnwsi" (cfr. HIer XX, 3 [181, 26-27]: periairei' th;n ajpai-
deusivan kai; th;n cauvnwsin). Sullassociazione orante-attore si veda Lugaresi 2003b; Lu-
garesi 2008, 516-518). Se in Orat limmagine dellattore implica anche un risvolto posi-
tivo, CMtS 24 (39, 26-29) ne evidenzia la finzione: Et quemadmodum est in mimis, qui
personas suscipiunt aliquorum et non sunt ipsi quos simulant sed videntur, sic qui iusti-
tiam simulat simulata iustitia eius non est iustitia sed videtur. La coppia cau'non kai; ajnei-
mevnon ritorna in FrPs 3, 6 (PG 12, 1128A) a proposito del sonno spirituale del peccatore:
boulovmeno" parasth'sai to; cau'non kai; ajneimevnon tw'n aJmartwlw'n.
Latto della preghiera 165
8. Il ruolo del corpo come immagine dellanima

Lintenso spiritualismo che contraddistingue la riflessione di Origene


sulla preghiera non lha reso affatto insensibile al ruolo del corpo nellatto
orante e alle circostanze di luogo e tempo in cui questo si compie, bench
egli accenni piuttosto sommariamente un discorso al riguardo504 . Origene
se ne occupa infatti in subordine alla definizione della katavstasi" interio-
re, allorch affronta la questione dello sch'ma da assumere esternamente
al momento di pregare (Orat XXXI, 1-2). La trattazione riflette una preoc-
cupazione dinquadramento riassuntivo, ma rimane segnata tendenzial-
mente da un approccio non troppo rigido, che riconosce in partenza la pos-
sibilit di molteplici atteggiamenti esteriori e perci vuole anche tenere
conto della diversit di situazioni. Ispirato ancora una volta dalle indica-
zioni contenute nella Scrittura in primo luogo, nel passo chiave di 1Tm
2, 8-9, ma anche in Sal 27(28), 2 e 140 (141), 2 , Origene raccomanda
quale atteggiamento del corpo che meglio corrisponde allo stato danimo
richiesto per lorante la posizione con le palme aperte e gli occhi levati in
alto505 . La giustificazione fornita per questi tratti gestuali punta sullidea
che il corpo si acconcia cos a rispecchiare pi da vicino le caratteristiche
peculiari dellanima, al momento della preghiera, divenendo come lim-
magine (eijkwvn) di essa.
Colpisce di primo acchito il fatto che il comportamento esteriore del-
lorante non venga associato in qualche modo allimmagine della croce. In
pratica Origene privilegia altre interpretazioni di questi gesti, che si fon-
dano in generale sullequazione simbolica fra le mani e le azioni506 :

504 La formulazione pi esplicita in tal senso compare in CC II, 51 (note 497, 1441)
e in HLv VII, 4 (nota 497). Da notare che solo in CRm X, 33 accenna alla pratica del bacio
di pace tra i fedeli dopo la preghiera, a commento di Rm 16, 16 (cfr. Thraede, 514; Mark-
schies 2007a, 167, nota 584; Phillips, 55; infra, note 1618, 1634). Sullatteggiamento di
Origene verso gli aspetti fisici si veda Noel, 481-482.
505 Orat XXXI, 2 (396, 10-14): murivwn katastavsewn oujsw'n tou' swvmato", th;n ka-
tavstasin th;n met ejktavsew" tw'n ceirw'n kai; ajnatavsew" tw'n ojfqalmw'n pavntwn prokri-
tevon, oiJonei; th;n eijkovna tw'n prepovntwn ijdiwmavtwn th'/ yuch'/ kata; th;n eujch;n fevronta
kai; ejpi; tou' swvmato". Si veda anche la formulazione di poco precedente (396, 2-4): pro;
tw'n ceirw'n wJsperei; th;n yuch;n ejkteivnanta kai; pro; tw'n ojfqalmw'n to;n nou'n pro;" to;n
qeo;n ejnteivnanta (forse da correggere in ajnateivnanta?). Altrove lidea di alzare gli oc-
chi al cielo richiama implicitamente la figura del pubblicano in Lc 18, 13 (cfr. HEx II, 1;
supra, nota 491).
506 Cfr. Dial 20 (94, 6-11): ou{tw" e[comen a[lla" cei'ra", peri; w|n levgetai: e[pa-
rsi" tw'n ceirw'n mou qusiva eJsperinhv (Sal 140[141], 2). Ouj ga;r eja;n tauvta" ejpavrw ta;"
cei'ra", kavtw dev mou kevwntai aiJ cei're" th'" yuch'", kai; mh; ejpaivrw aujta;" dia; tw'n aJgivwn
kai; ajgaqw'n pravxewn givnetaiv mou e[parsi" tw'n ceirw'n qusiva ejsperinhv; FrPs 27 (28), 2
(PG 12, 1285B): aiJ cei're" hJmw'n eijsin aiJ kata; qeosevbeian pravxei"; FrLam 61 (261, 9):
Aron pro;" aujto;n cei'rav" sou (Lam 2, 19) dia; th'" tw'n kalw'n ejrgasiva" (261, 9). Lequi-
valenza simbolica attestata anche da HEx X, 4 e Pas I, 31.
166 Parte prima, Capitolo quinto
in base ad essa, le mani aperte verso lalto stanno a significare le buone
azioni di un cristiano, nella misura in cui vive sulla terra gi da cittadino
del cielo (motivo cruciale, come vedremo, del Padrenostro nellinterpre-
tazione origeniana). Anche in Orat la prima spiegazione del gesto di
ordine morale e identifica il sollevare le mani sante di 1Tm 2, 8 con
latteggiamento preparatorio alla preghiera, assicurato dal perdono e dal-
lanimo rappacificato con il deporre ogni sentimento dira verso i fratel-
li507 . Solo in relazione alla preghiera di Mos a braccia alzate, nel combat-
timento dIsraele contro Amalek (Es 17, 11)508, lAlessandrino menziona
altrove la tradizionale associazione tipologica fra latteggiamento esteriore
dellorante e la croce, che peraltro egli sembra considerare occasional-
mente come suscettibile di qualche riserva509. La ragione di ci sta nella
consapevolezza che il tipo di Mos orante pu fungere solo in parte come
figura del Cristo in croce. Vi dunque uno scarto nella correlazione tipo-
logica fra Mos e Cristo, che Origene si premura di segnalare osservando
come il Crocifisso stenda le proprie mani, ad abbracciare il mondo in-
tero (con riferimento alla profezia di Is 65, 2: Ho steso la mano ogni
giorno a un popolo ribelle), mentre Mos si limita ad innalzarle510.

507 Orat IX, 1 (nota 485). In HEx XI, 4 (255, 21-24) si interpreta il gesto come lim-
pegno per elevare spiritualmente la propria condotta: Elevare manus, hoc est opera et
actus elevare ad Deum, et non habere actus deorsum deiectos et humi iacentes, sed Deo
placitos et ad caelum erectos. In HIs V, 2 Origene applica a se stesso il gesto orante, con
riferimento critico a Is 1, 15: Tendo a Dio le mie mani, e forse, distogliendo il suo volto
dice: Se stendete le mani, distolgo da voi il mio volto (tr. Danieli, 112).
508 Sulla presenza del motivo, specie nelle omelie, cfr. supra, nota 433. Il suo carat-
tere tradizionale attestato dal ricorso in Barnaba, 12, 2 ss.; Giustino, Dial. 90, 4; 111, 1;
131, 4. Per linterpretazione origeniana si veda Piscitelli Carpino, 719: le braccia distese
di Mos in preghiera ripropongono [...] il rapporto tipologico con la croce di Cristo (HEx
XI, 4), ma diventano anche esortazione morale alla preghiera (HEx III, 3), allegoria delle
azioni tese al cielo e gradite a Dio (HEx XI, 4), segno di trionfo sulle potenze avverse
(HIos I, 3).
509 H1ReL 1, 9 (16, 23-25): An illud potius putandum est quod futura in his my-
steria praeformabat? Quae quidem de crucis sacramento et affixione manuum Salvatoris
intelligi tritum iam et a multis saepe dissertum est. Cfr. anche FrLc 257 (infra, nota
1406). Prendendo le distanze dallinterpretazione tipologica tradizionale, lAlessandrino
rivendica qui la novit della sua spiegazione spirituale (16, 26-17, 5): Sed quoniam in-
novari semper iubetur is, qui secundum evangelium vivit (cfr. 2Cor 4, 16; 1Cor 9, 14), et
Novum Testamentum semper debet novis sensibus illustrari et cantari Domino iubemur
canticum novum et interior homo noster, non dixit Paulus quia renovatur et stetit, sed re-
novatur de die in diem, oportebat etiam nos et de orationis modo, qualiter sine intermis-
sione orandum sit, et de elevatione manuum quod sacrificium dicitur vespertinum, non so-
lum usitatis et attritis, sed aliquantum etiam innovatis dissertionibus explanare.
510 HEx XI , 4 (255, 17-20): Moyses quidem elevat manus, non extendit; Iesus
autem, qui universum orbem terrae exaltatus in cruce complexurus erat bracchiis suis,
dicit: Extendi manus meas ad populum non credentem et contradicentem mihi (Is 65, 2).
Anche Tertulliano, De orat. 14 (infra, nota 1661) rivendica questa distinzione per la pre-
Latto della preghiera 167
Daltra parte, poich il nostro passo parla espressamente di unestensio-
ne (e[ktasi") delle mani nellatto di pregare non forse fuori luogo pre-
sumere unallusione cifrata allimmagine della croce. In ogni caso, occorre
rammentare come non solo nel trattato, ma pi in generale negli scritti di
Origene (fatta eccezione per un passo dallautenticit controversa) non
compaiano riferimenti espliciti alla prassi del segno di croce, che allepoca
doveva tuttavia essere ben radicata nelle consuetudini di preghiera dei
cristiani, come vediamo ad esempio in Tertulliano511 .
Latteggiamento esteriore raccomandato da Origene si presenta in
una forma semplificata rispetto a quello descrittoci da Clemente Alessan-
drino, il quale prevede anche il sollevarsi sulla punta dei piedi nellaccla-
mazione al termine della preghiera512 . Daltra parte, esso non pu sempre
essere messo in pratica, ma bisogna tener conto delle circostanze partico-
lari. Origene lo fa succintamente e con parecchio senso pratico, senza

ghiera dei cristiani, richiamandosi direttamente al modello della croce. Per un confronto
tra i due autori cfr. Rordorf 1978.
511 Diversamente da Studer 2000, non mi sembra possibile rinvenire in HEx VI, 8 e
in VII, 1 richiami espliciti al segno della croce; n HEx III, 4 e VII , 1 stabiliscono a loro
volta un collegamento diretto fra la prassi orante dei cristiani e la croce. Il passo pi signi-
ficativo contenuto in HEx VI, 8 (199, 5-7), dove Origene accenna al timore che la croce
di Cristo incute sui demoni: Timor ergo et tremor cadet super eos (Es 15, 16), cum si-
gnum in nobis viderint crucis fideliter fixum et magnitudinem bracchii illius quod Domi-
nus expandit in cruce. Se Piscitelli Carpino, 720 ritiene che esso attesterebbe la diffusio-
ne del segno di croce tra i cristiani come segno di allontanamento dei demoni, Simonetti
ne d uninterpretazione diversa: Non si pu escludere che Origene abbia qui pensato
pure al segno di croce, di cui i cristiani facevano gi uso al fine di tener lontani i demoni.
Ma data la sua tendenza allinteriorizzazione, questo segno della croce va inteso soprattutto,
se non esclusivamente, in sintonia con Gal 6, 14, addotto poco pi gi. [...] Quindi portare
il segno della croce significa vivere in sintonia con il Cristo crocifisso e risorto e perci
non offrire motivo al diavolo di prevalere su di noi (Origene. Omelie sullEsodo, 186,
nota 52). In questo senso CRm VI, 1 sottolinea la forza della croce di Cristo che si ma-
nifesta nella sua contemplazione interiore. Lunico luogo in cui si menziona apertamente
il segno della croce FrEz 9, ma la sua paternit origeniana lungi dallessere sicura. Si
tratta della terza spiegazione del segno del Tau cos formulata: Trivto" dev ti" favskwn, tw'n
kai; eij" to;n Cristo;n pepisteukovtwn, e[lege ta; ajrcai'a stoicei'a ejmfere;" e[cein to; Qau'
tw/' tou' staurou' carakth'ri, kai; profhteuvesqai peri; tou' genomevnou ejn Cristianoi'"
ejpi; tou' metwvpou shmeivou: o{per poiou'sin oiJ pepisteukovte" pavnte" ouJtinosou'n proka-
tarcovmenoi pravgmato", kai; mavlista h] eujcw'n h] aJgivwn ajnagnwsmavtwn (cfr. in proposito
Piscitelli Carpino, 720-721; in generale, sui commenti a Ez, Pieri). Qualora dovesse risul-
tare autentico, avremmo un caso analogo a Tertulliano, per il quale die Bekreuzigung ist
[...] nicht nur Gestus zu Beginn oder Ende des Gebets, sondern zu jeder Ttigkeit (Se-
verus, 1233).
512 Clemente Alessandrino, Strom. VII, 7, 40, 1 (infra, nota 1730). Come osserva
anche Le Boulluec, 141, nota 6, ad loc. non sembrano esserci paralleli per questo gesto,
anche se la spiegazione di Clemente da un lato tradisce linflusso platonico, dallaltro fa
venire in mente la prassi di preghiera nel De vita contemplativa di Filone (cfr. Leonhardt,
101-141).
168 Parte prima, Capitolo quinto
lasciarsi prendere da una casistica che avrebbe potuto essere ben pi varia
e complicata (se pensiamo, per esempio, alle reazioni di Tertulliano verso
tutta una serie di consuetudini che critica aspramente)513. Cos egli concede
che si possa pregare da seduti nel caso di una seria infermit ai piedi 514 ,
oppure anche stando coricati per febbri o acciacchi di tal genere. Se poi
ci si trova in viaggio o altre circostanze non permettono di ritirarsi in pre-
ghiera, consentito pregare anche senza darlo a vedere esternamente515 .
Anche per quanto riguarda la genuflessione Origene sbriga abbastan-
za rapidamente largomento, precisandola come necessaria quando uno
in procinto di accusarsi dei propri peccati davanti a Dio, supplicando
per la guarigione e la remissione di essi, in quanto essa il simbolo di
colui che prostrato e sottomesso516. Anzich soffermarsi sulle circo-

513 Tertulliano, De orat. 13-16 (infra, note 1660, 1643, 1667). Fra laltro, respinge
come usanza giudaica la consuetudine di lavarsi le mani prima di pregare (attestata peral-
tro da Trad. Apostol. 41), mentre condanna come concessione al paganesimo labitudine
di deporre il mantello nellaccingersi alla preghiera o di sedersi dopo di essa. Anche pre-
gare con il capo coperto o pronunciare a voce alta una formula di preghiera rappresenta
per lui una forma di assimilazione alla prassi pagana (cfr. Severus, 1160, 1192).
514 Per Severus, 1229, kann dabei auch der Einflu pythagoreischer Theologen-
weisheit mitgespielt haben. Egli applica ad Origene le conclusioni di Dlger 1936, 137
su Tertulliano, De orat. 16.
515 Orat XXXI, 2 (396, 15-20): meta; ga;r peristavsew" devdotai kaqhkovntw" pote;
kaqezovmenon eu[xasqai diav tina novson tw'n podw'n oujk eujkatafrovnhton h] kai; katakeiv-
menon dia; puretou;" h] toiauvta" ajsqeneiva", kai; dia; periestw'ta de;, fevre eijpei'n, eja;n
plevwmen, h] ta; pravgmata mh; ejpitrevph/ ajnacwrou'nta" hJma'" ajpodou'nai th;n ojfeilomevnhn
eujch;n, e[stin eu[xasqai mhde; prospoiouvmenon tou'to poiei'n. Lespressione th;n ojfeilo-
mevnhn eujchvn sembrerebbe rinviare ad una prassi di preghiera consuetudinaria per deter-
minate circostanze (ad esempio, in occasione di un viaggio, come appare anche da CRm I,
11 [nota 962]). Origene riflette diversamente su sedere e pregare in CMtS 91 (207, 9-
13) commentando Mt 26, 36 in rapporto alle diverse condizioni spirituali dei fedeli
(Sedetevi qui, mentre io vado l a pregare) e il successivo v. 38 (Restate qui e vigilate
con me): Propter hoc manete hic vigilantes, sicut et ego vigilo, scientes quoniam cete-
ros quidem iussi sedere ibi quasi inferiores, ab agone isto servans eos securos, vos autem
quasi firmiores adduxi, ut mecum conlaboretis in vigiliis et orationibus (Rm 15, 30).
516 Orat XXXI, 3 (396, 21-24): kai; hJ gonuklisiva de; o{ti ajnagkaiva ejsti;n, o{te ti"
mevllei tw'n ijdivwn ejpi; qeou' aJmarthmavtwn kathgorei'n, iJketeuvwn peri; th'" ejpi; touvtoi"
ijavsew" kai; th'" ajfevsew" aujtw'n, eijdevnai crh; o{ti suvmbolon tugcavnei tou' uJpopeptwkov-
to" kai; uJpotetagmevnou (da notare che lespressione tecnica compare per tre volte solo
nel contesto di questo capitolo e in un passo di FrEph II , 32, nonch nel latino di CMtS 20
[36, 5-6], dove la flexio genuum vista peraltro come una pratica accessoria delle
azioni necessarie alla salvezza: quasi condientia actus nostros et commendantia eos et
suaviores eos facientia). Il confronto con Tertulliano d nuovamente la misura della di-
versit di prospettive fra i due autori. Il Cartaginese offre istruzioni dettagliate per la ge-
nuflessione. Fra laltro, essa rappresenta parte integrante della preghiera del mattino, ma
raccomandata anche nei digiuni e nelle liturgie stazionali (De orat. 23, 3-4; infra, nota
1648), mentre lesclude nel giorno di domenica e nel periodo tra Pasqua e Pentecoste (cfr.
Severus, 1228: Er sieht sie [scil. die Kniebeuge] fr das erste Gebet am Tage als gezie-
mend an, an Fast- u. Stationstagen erhebt die Kniebeuge das Gebet zur deprecatio und
Latto della preghiera 169
stanze concrete, dopo averne messo in risalto il valore simbolico per le di-
sposizioni di spirito dellorante con il richiamo a Ef 3, 14-15 (Per questo
io piego le ginocchia davanti al Padre, dal quale ogni paternit nei cieli e
sulla terra prende nome), Origene preferisce approfondire la fondazione
scritturistica che ricava in particolare da Fil 2, 10 (nel nome di Ges ogni
ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra) e ulteriormente da
Is 45, 23 (per me si piegher ogni ginocchio). Egli dunque portato a
considerare il gesto fisico della genuflessione soprattutto nella luce di
quella genuflessione spirituale davanti a Dio, alla quale tutta quanta la
creazione chiamata. Non forse un caso che il discorso sul corpo del-
lorante trapassi allora quasi inavvertitamente in un breve sfogo polemico
nei confronti di uninterpretazione letterale di Fil 2, 10 tendente ad asse-
gnare ai corpi celesti membra simili a quelle degli uomini, laddove essi
debbono essere intesi piuttosto come di forma sferica517. Tuttavia, oltre a
ricordare di nuovo che la tensione alla spiritualizzazione permea in pro-
fondit Orat, non dobbiamo perdere di vista che la genuflessione spiri-
tuale anzitutto per Origene lespressione del culto di adorazione, reso a
Dio nella liturgia celeste alla quale tutti gli esseri razionali sono invitati a
partecipare, come espliciter in seguito nel commento a Rm 14, 10-13518.
Avendo in mente tali considerazioni si comprende come sarebbe
sbagliato ridurre la portata della genuflessione nellAlessandrino, attri-
buendole il valore preminente, se non esclusivo, di gesto penitenziale ri-
servato al peccatore come sembrerebbe suggerire il trattato a una prima
lettura. Del resto in altre occasioni egli la vede anche come lespressione
particolarmente intensa di una preghiera di supplica come avviene con la
preghiera di Ges al Getsemani (sorprendentemente assente in Orat) 519 ,

satisfactio, mit Ausnahme der Herrentage und des spatium pentecostes gilt sie als normale
Gebetshaltung). Eusebio di Cesarea, HE V , 5, 1 ricorda il genuflettersi della legione di
Melitene, per impetrare la pioggia in battaglia, come costume dei cristiani (presumibil-
mente per le suppliche, iJkesiva"): govnu qevnta" ejpi; gh;n kata; to; oijkei'on hJmi'n tw'n
eujcw'n e[qo". Daltra parte, come ricorda Jonquire, 52, falling on ones face to worship
or pray to God is a commonly biblical posture (con esempi tratti da Gn 24, 26; Sal 94[95],
6; Gdt 9, 1; Sir 50, 17).
517 Analoga, seppure meno apertamente polemica, la spiegazione offerta a Rm 14,
10-13, ove lApostolo riprende Is 45, 23 (Vivo io dice il Signore poich davanti a me
si piegher ogni ginocchio e ogni lingua dar lode a Dio), in CRm IX, 41. Per una sintesi
chiara ed equilibrata della complessa dottrina sul corpo che, pur nel riconoscimento di una
positivit provvidenziale dellelemento corporeo, risulta segnata da polarit irrisolte di cui
si avverte leco anche in Orat XXXI, 3, si veda Sfameni Gasparro 2000a.
518 CRm IX, 41 (777, 115-116): In realt egli spiega lespressione piegare le gi-
nocchia (cfr. Is 45, 23) nel senso che tutte le cose sono soggette e obbediscono al culto di
Dio (tr. Cocchini II, 148; cfr. anche Scott, 131). La bella analisi dellinno di Fil ad opera
di Bostock non si sofferma sui nostri passi.
519 il caso della preghiera per lintelligenza delle realt divine in Prin II , 9, 4
(167, 31-168, 4): Quomodo ergo tanta ista rerum varietas tantaque diversitas iustissima
170 Parte prima, Capitolo quinto
mentre nella V Omelia su Numeri arriva a menzionare la genuflessione tra
quelle usanze di preghiera, alle quali i fedeli sono obbligati in generale, o
come quei riti sacramentali e liturgici partecipati da tutti, ancorch non se
ne capisca il significato520 . Non si pu dire che nel trattato sia da presu-
mere unanaloga riserva critica, ma linsistenza nellapprofondire la vi-
suale della genuflessione spirituale tradisce limpegno ad acquisire una
consapevolezza pi profonda del gesto consuetudinario.

9. Lo spazio per pregare: un contrappeso alla spiritualizzazione

Se le indicazioni riguardanti latteggiamento del corpo evidenziano


gi i limiti entro cui la riflessione di Origene si sforza di procedere, nono-
stante la sua spiccata propensione in senso spiritualistico, il contrappeso
alla spiritualizzazione risulta ancor pi netto, allorch sviluppando il pro-
gramma fissato per la sezione supplementare affronta la questione dello
spazio (tovpo") e della direzione (klivma) verso cui pregare (trattati rispet-
tivamente in Orat XXXI, 4-7 e XXXII)521. Certo egli tributario di una tra-

et aequissima possit intellegi, certus sum humano ingenio vel sermone explicari non
posse, nisi ipsum verbum ac sapientiam et iustitiam, qui est unigenitus filius dei, prostrati
ac supplices deprecemur, qui per gratiam suam sensibus se nostris infundens obscura in-
luminare (cfr. 1Cor 4, 5), clausa patefacere, pandere dignetur arcana: si tamen invenia-
mur tam digne vel petere vel quaerere vel pulsare, ut vel petentes accipere mere-
amur vel quaerentes invenire vel pulsantibus iubeatur aperiri (cfr. Mt 7, 7-8 par.).
Sullesempio di Ges, che si prostra a terra nella preghiera al Getsemani (Mt 26, 39) e
deve servire da modello di umiliazione e di supplica per chi presume di s, cfr. CMtS 90
(206, 8-10): timor autem infirmitatis ad auxilium Dei confugere adhortatur, sicut et Do-
minum ipsum paululum progredi et cadere in faciem et orare; 91 (207, 21-26): Ad hoc
autem adduxit eos, maxime Petrum magna de se confitentem, ut videant et audiant, ubi est
posse hominis et quomodo impetratur. Videant quidem cadentem in faciem suam (Mt 26,
39), audiant autem dicentem: Pater, si possibile est, transeat calix iste a me, et discant
non magna de se sapere sed humilia aestimare, nec veloces esse ad promittendum sed sol-
liciti ad orandum; 92 (207, 32-208, 3): Qui dixit: Discite a me, quia mitis sum et humi-
lis corde (Mt 11, 29), laudabiliter se humilians, et nunc cadit in faciem orans (Mt 26, 39)
et adhuc amplius postmodum humiliat se factus oboediens usque ad mortem (Fil 2, 8).
520 HNm V, 1, 4 (26, 14-23): Sed et in ecclesiasticis observationibus sunt nonnulla
huiusmodi, quae omnibus quidem facere necesse est, nec tamen ratio eorum omnibus pa-
tet. Nam quod, verbi gratia, genua flectimus orantes et quod ex omnibus caeli plagis ad
solam Orientis partem conversi orationem fundimus, non facile cuiquam puto ratione
compertum. Sed et eucharistiae sive percipiendae sive eo ritu quo geritur explicandae, vel
eorum quae geruntur in baptismo, verborum gestorumque et ordinum atque interrogatio-
num ac responsionum quis facile explicet rationem? Et tamen omnia haec operta licet et
velata portamos super humeros nostros, cum ita implemus ea atque exsequimur.
521 Sotto tale profilo la posizione di Orat conforme allatteggiamento manifestato
in linea di principio verso le pratiche ascetiche e devozionali, come emerge soprattutto
dalle omelie, dove linterpretazione di segno pi elevato si compone con linvito alla loro
osservanza (Monaci Castagno, 211-214).
Latto della preghiera 171
dizione per la quale come aveva dichiarato Clemente di Alessandria
qualunque luogo realmente santo, dove ci si volga con il pensiero a
Dio522 . Origene ribadisce fin da principio la validit di questo assioma
fondando la sua asserzione su due luoghi scritturistici: Mal 1, 11 (in
ogni luogo mi offrite incenso) e, ancora una volta, 1Tm 2, 8 (voglio
dunque che gli uomini preghino dovunque si trovino)523 e lo riproporr
con forza pi tardi, in polemica con Celso, raffigurando latto orante del
cristiano con colori di chiara marca platonica e parlando nel contempo
dellintero cosmo come tempio di Dio524. Tuttavia, lAlessandrino
non saccontenta di ribadire semplicemente il principio generale, poich
sa che il luogo indifferente solo in astratto, mentre qualificato e circo-
scritto in concreto dalla condotta morale che vi si dispiega sotto lo sguar-
do di Dio (ejpiskophv )525. Tale , ad esempio, la condizione di Adamo nel

522 Strom. VII, 7, 43, 1 (148, 1-2): Pa'" ou\n kai; tovpo" iJerov" tw/' o[nti, ejn w/| th;n ejpiv-
noian tou' qeou' lambavnomen, kai; crovno"; cfr. anche VII , 7, 35, 3 (128-130): ou[te wjri-
smevnon tovpon. Da questa stessa ottica discende anche il pensiero di Origene sulla Terra
Santa, sebbene egli giunga da ultimo a riconoscere la specificit concreta legata alleven-
to storico di Cristo, nel tempo e nello spazio (cfr. infra, nota 1064; Wilken, 77-78).
523 Orat XXXI, 4 (397, 19-22): kai; peri; tovpou de; ijstevon o{ti pa'" tovpo" ejpithvdeio"
eij" to; eu[xasqai uJpo; tou' kalw'" eujcomevnou givnetai: ejn panti; ga;r tovpw/ qumivamav moi
prosavgete, levgei kuvrio" (Mal 1, 11), kai; bouvlomai ou\n proseuvcesqai tou;" a[ndra" ejn
panti; tovpw/ (1Tm 2, 8). Circa limportanza di Mal 1, 11 per il discorso sulla preghiera, cfr.
supra, nota 2 e Frank, 77. Lindifferenza del luogo per pregare giunge allestremo in HLv
XII , 4: Il santuario non da cercarsi in un luogo, ma negli atti, nella vita e nei costumi
(Neque enim in loco sancta quaerenda sunt, sed in actibus et vita ac moribus). Se questi
sono secondo Dio e conformi al precetto di Dio, anche se sei in casa, anche se in piazza
e perch dico in piazza? , anche se ti trovi nel teatro, se sei soggetto alla parola di Dio,
non aver dubbi che tu sei nel santuario (etiamsi in theatro inveniaris verbo Dei deser-
viens, in sanctis te esse non dubites) (tr. Danieli, 260).
524 CC VII, 44 (195, 27-28): Cristiano;" de; kai; oJ ijdiwvth" pavnta me;n tovpon tou'
kovsmou pevpeistai ei\nai mevro" tou' o{lou, naou' tou' qeou' o[nto" tou' panto;" kovsmou (cfr.
infra, nota 833). Orat XXIX, 7 riprende il motivo del corpo come tempio di Dio di 1Cor
3, 16.
525 Sarebbe da approfondire il risvolto spaziale della nozione di ejpiskophv (e del
verbo ejpiskopevw ) con cui Origene indica la sorveglianza o cura assicurata dalla
provvidenza divina (CC VI, 71), ad esempio, nei confronti del popolo dIsraele. Questo ne
oggetto come visita in senso positivo (CMt X , 23 [32, 26-33, 2]: polu;" de; oJ e[xw
o[clo", eij" o}n ejxevrcetai oJ tou' qeou' lovgo", kai; ejkceva" to; fw'" th'" ejpiskoph'" aujtou' eij"
aujto;n ei\den aujtovn ) oppure con effetto punitivo (HIer XVIII, 5 [156, 19]: eujqevw" h\lqen
ejpiskoph; ejpi; to; e[qno"); cos ne viene privato a seguito della sua infedelt a vantaggio
dei gentili (CC II, 8 [134, 16-17]: metabibavzousan th;n ejpi; Ioudaivou" tou' qeou' ejpi-
skoph;n ejpi; tou;" ajpo; tw'n ejqnw'n ejp aujto;n pisteuvonta"). Sul piano individuale, il com-
portamento malvagio, in un tempo e luogo concreto, arriva a mettere in fuga lejpi-
skophv divina (Orat XXXI , 4 [398, 5]: wJ" fugei'n ejkei'qen th;n ejpiskoph;n tou' qeou'). Cfr.
FrLam 31 (250, 9-12), su Lam 1, 14 (S aggravato il giogo delle mie colpe, nella sua
mano esse sono annodate; il loro giogo sul mio collo ed ha fiaccato la mia forza): legev-
sqw de; de; ta; nu'n wJ" uJpo; yuch'" eij" ajsevbeian uJpnwsavsh", ejn tw/' ajfhniakevnai me;n ajpo;
tou' swthrivou zugou' tou' uJgiou'" lovgou, o}n oJ swth;r ojnomavzei crhstovn, uJpodu'nai de; to;n
172 Parte prima, Capitolo quinto
paradiso terrestre come ci ricorda un altro passo di Orat , che si na-
sconde davanti a Dio dopo aver peccato526.
Pertanto Origene sinterroga in maniera realistica sul luogo consono
alla preghiera, specialmente se la si fa a casa, e invita a ricercare lambien-
te pi adatto per essa dopo un attento esame527. La verifica suggerita
dallesigenza di trovare uno spazio che garantisca il raccoglimento interio-
re, nella solitudine e tranquillit (hJsuciva), ma a giudizio di Origene ci
possibile soltanto se il luogo prescelto il pi rispettabile in tutta la
casa, non essendo stato segnato negativamente in precedenza con lessere
sede o scena di una condotta immorale e non conforme alla ragione. In
linea con tale indicazione che di per s non appare neppure priva di un
certo intuito psicologico, mentre ci riconduce, da un altro angolo visuale,
al discorso precedente sulle disposizioni preparatorie alla preghiera ,
nonostante limbarazzo chiaramente percepibile in lui, Origene non na-

tw'n ajsebhmavtwn, di w|n hjtovnhsen ajfeqei'sa th'" qeiva" ejpiskoph'"); FrLam 43 (254, 29-
30), su Lam 1, 22 (Giunga tutta la loro malvagit davanti al tuo volto): makavrion ga;r
mavlista me;n to; mh; aJmartei'n, deuvteron de; to; pa'san hJmw'n ejpiskopei'sqai para; qeou'
th;n kakivan. Si veda anche CMt XVI, 22 (infra, nota 595); CMtS 69 (163).
526 Orat XXIII, 4 (nota 642).
527 Orat XXXI, 4 (397, 22398, 5): e[cei de; kai; tetagmevnon uJpe;r tou' ejf hJsuciva"
mh; perispwvmenon ta;" eujca;" ejpitelei'n e{kaston, ejpilexavmenon tou' ijdivou oi[kou, eja;n
ejgcwrh'/, to; semnovteron, i{n ou{tw" ei[pw, cwrivon, ou{tw" eu[cesqai, pro;" tw'/ kaqolikw'/
th'" peri; aujtou' ejxetavsew" ejpiskopou'nta eij ejn tw'/de tw'/ tovpw/, w|/ eu[cetai, ouj parane-
novmhtaiv pote kai; para; to;n ojrqo;n lovgon pepoivhtai: oiJonei; ga;r ouj movnon eJauto;n ajlla;
kai; to;n tovpon th'" ijdiva" eujch'" toiou'ton pepoivhken, wJ" fugei'n ejkei'qen th;n ejpiskoph;n
tou' qeou'. La formulazione appare un po contorta e le versioni tradiscono qualche diffi-
colt. Origene sembrerebbe dapprima alludere ad una disposizione o prescrizione (e[cei
de; kai; tetagmevnon). Koetschau insinua lidea della disposizione traducendo: Damit aber
ein jeder in Ruhe und ohne Ablenkung seine Gebete verrichten kann, so gibt es auch eine
Anordnung... (BKV, 141), laddove Jay tende a rendere in forma parzialmente meno vin-
colante: it has been settled, it is in order (Jay, 212). A sua volta, Oulton semplifica
con in order that he may perform (Oulton, 324), mentre Antoniono traduce assai libe-
ramente: Possiamo aver stabilito ed eletto.... Il passo contiene lunica occorrenza in Orat
di hJsuciva, termine destinato a grande fortuna nellesperienza monastica di preghiera, ma
piuttosto raro in Origene (solo sette passi stando al TLG, tratti perlopi da scritti di pa-
ternit incerta, come FrPr 15 [PG 17, 193C], dove troviamo la definizione di hJsuciva
come ajpoch; kakiva"). Il passo di maggior rilievo si trova in HIer XX, 8 (190, 3-4), con
trasparente allusione autobiografica alla condizione del predicatore nel descrivere lo scon-
forto provato dal profeta: dia; tiv oujci; ma'llon ajnacwrw' ejpi; th;n ejrhmivan kai; hJsucivan
Ma anche lesegesi morale di Es 5, 1 (Lascia andare il mio popolo, affinch mi serva
nel deserto) fa riflettere Origene sul luogo in cui pregare e incontrare Dio in HEx III, 3
(167, 4-9): Non vult te in carnis et tenebrarum actibus permanere, sed exire ad eremum,
venire ad locum perturbationibus et fluctibus saeculi vacuum, venire ad quietem silentii.
Verba enim sapientiae in silentio et quiete discuntur (Qo 9, 17). Ad hunc ergo locum
quietis cum veneris, ibi poteris immolare Domino (Es 5, 36), ibi legem Dei et virtutem
divinae vocis agnoscere. Lespressione para; to;n ojrqo;n lovgon ricompare in FrPs 4, 5
(PG 12, 1144B) a proposito dellesame di coscienza prima del sonno.
Latto della preghiera 173
sconde la scarsa propensione a che la camera nuziale possa essere scelta
come il luogo meglio rispondente ai requisiti auspicati528 . Queste riserve,
che dovevano senzaltro pesargli considerando qui la coppia dei destina-
tari dello scritto (e in altri casi ludienza del predicatore a Cesarea), sono
legate allinterpretazione del rapporto tra commercio coniugale e pre-
ghiera sulla base di 1Cor 7, 5 (Non astenetevi tra voi se non di comune
accordo e temporaneamente, per dedicarvi alla preghiera, e poi ritornate a
stare insieme, perch Satana non vi tenti nei momenti di passione) 529 .
Senza ripercorrere adesso la storia dellesegesi, il passo paolino aveva
offerto a Taziano materiale per elaborare la sua visuale encratita, rintuz-
zata successivamente dalla critica di Clemente Alessandrino in difesa del
matrimonio530. Origene sembrerebbe rifarsi in parte alle concezioni di
Taziano, non tanto per il fatto di vedere le nozze come una concessione
allumana debolezza (opinione condivisa da altri autori ecclesiastici) ma
soprattutto per lidea di unimpurit che connota costitutivamente la
sfera sessuale. A causa di ci egli considera le relazioni coniugali come
un ostacolo allattuazione della preghiera ininterrotta (conformemente
al precetto paolino di 1Ts 5, 17), cosa che possibile unicamente a chi
vive una vita di continenza 531 . Riconsiderando ora la prospettiva disegnata

528 Orat XXXI , 4 (398, 5-13): ejpiskopou'nti dev moi ejpi; plei'on kai; peri; touvtou
tou' tovpou lektevon dovxan me;n a[n ti ei\nai baru; tavca de; tw'/ ejpimelw'" aujto; basanivzonti
oujk eujkatafrovnhton. ejn ga;r tw'/ tovpw/ th'" <ouj> paranovmou mivxew" ajlla; uJpo; tou' ajpo-
stolikou' lovgou kata; suggnwvmhn ouj kat ejpitagh;n (1Cor 7, 6) sugkecwrhmevnh" ejxe-
tastevon eij o{siovn ejsti kai; kaqaro;n ejntugcavnein tw'/ qew'/. eij ga;r scolavsai th'/ proseu-
ch'/ o}n trovpon crh; oujc oi|ovn te ejsti;n, eja;n mh; ejk sumfwvnou pro;" kairo;n (1Cor 7, 5)
touvtw/ ti" eJauto;n ejpidw'/, tavca kai; peri; tou' tovpou, eja;n ejgcwrh'/, qewrhtevon. Lammis-
sione che la sua possa essere risentita come unopinione sgradevole tradisce una preoccu-
pazione che ritroviamo, pi in generale, anche in HNm XXIII, 3, 2 (cfr. infra, nota 531).
Sulla consuetudine di preghiera tra marito e moglie si veda Trad. Apost. 41, 13; Tertul-
liano, Ad uxorem II, 6.
529 Gi in Orat II, 2 (300, 21-23) lAlessandrino si sofferma sullespressione ejk sum-
fwniva" in 1Cor 7, 5 (citato perlopi nella forma ejk sumfwvnou come in Orat XXXI, 4 ,
secondo quanto rilevato da Hannah, 78-79): th'" legomevnh" ejntauqoi' sumfwniva" to; ajsuvm-
fwnon tou' pavqou" ajfanizouvsh" kai; th;n ajkrasivan ajnaliskouvsh" tou' te satana' to; ejpi-
cairhsivkakon kwluouvsh". Sul ricorso a 1Cor 7, 5, cfr. infra, pp. 492-499.
530 Clemente Alessandrino, Strom. III, 12; III, 81, 4; Paed. II, 10. Sul dibattito al ri-
guardo nel cristianesimo antico, cfr. infra, nota 1545.
531 Cfr. HNm XXIII, 3 (215, 6-14): Vereor aliquid dicere quod ex sermonibus apo-
stolicis intellegi datur, ne forte videar aliquos contristare. Nam si oratio iusti sicut incen-
sum offertur in conspectu Dei et elevatio manuum eius sacrificium est vespertinum (Sal
140, 2), dicit autem Apostolus his qui in coniugiis sunt: Nolite fraudari invicem, nisi forte
ex consensu ad tempus, ut vacetis orationi et iterum in id ipsum sitis (1Cor 7, 5), certum
est quia impeditur sacrificium indesinens his qui coniugalibus necessitatibus serviunt.
Unde videtur mihi quod illius est solius offerre sacrificium indesinens, qui indesinenti et
perpetuae se devoverit castitati. Cfr. inoltre Fr1Cor 34 e CMt XVII, 35. Come osserva
Sfameni Gasparro 2000b, 268, se le nozze sono permesse solo a causa della debolezza,
174 Parte prima, Capitolo quinto
da Origene riguardo alla katavstasi" interiore, giocoforza pensare che
la purificazione (kaqavreusi") preliminare richiesta allorante includa
necessariamente anche lastensione dallesercizio sessuale, sia pure nel
quadro del matrimonio, dal momento che come viene precisato in altri
passi si tratta di un requisito vincolante, sia per accostarsi alla mensa
eucaristica sia per la pratica della preghiera e del digiuno532 . Per lo stesso
motivo Origene, collegando fra loro 1Cor 7, 5 e Mt 18, 19 (Se due di voi
sopra la terra si accorderanno per domandare qualunque cosa, il Padre mio
che nei cieli ve la conceder), osserva che la preghiera di una coppia
non pu essere esaudita in qualsiasi cosa, se non sussiste il reciproco
accordo per la continenza533.
Le formulazioni di Orat sulla stanza nuziale, a prima vista un po
sconcertanti per la nostra sensibilit, possono trovare ulteriore chiarifica-
zione, se teniamo conto di un passo del Commento a Matteo in cui lAles-
sandrino spiega la preghiera di Ges al Getsemani. Da esso emerge chia-
ramente come, in ultima analisi, non si tratti di qualificare in positivo o in
negativo il luogo in quanto tale, bens piuttosto di richiamare lattenzione
sulle situazioni umane che vi si determinano. vero che Origene valuta
dapprima la possibilit che esista un luogo pi santo di altri, un aspetto
su cui insisteva particolarmente, ai suoi occhi, la tradizione veterotesta-
mentaria o giudaica534. Tuttavia, il fatto che Ges abbia ricercato un luogo

i valori preminenti dello stato esistenziale cristiano sono la castit, la purezza e la dedi-
zione completa e continua alla preghiera (cfr. anche supra, nota 470).
532 Fr1Cor 34; HEz IX 5. Cfr. Monaci Castagno, 193.
533 CMt XIV, 2. Daltro lato, in XIV, 25 (345, 25-33) egli vede a sua volta la preghie-
ra come il presupposto per il dono divino della continenza: il Salvatore, per farci capire
che la perfetta continenza dono largito da Dio, che non si realizza solo con ascesi, ma lo
si ottiene da Dio tramite preghiere (dw'ron ei\nai to; didovmenon ajpo; qeou' th;n pantelh'
kaqavreusin, kai; ouj movnon ajskhvsei paraginovmenon ajlla; met eujcw'n <pollw'n> uJpo;
qeou' didovmenon), rispose: Non tutti possono capire questo discorso, ma solo coloro ai
quali stato concesso (Mt 19, 11) (tr. Scognamiglio, 175); il buon dono dunque, cio
lassoluta purezza nel vivere il celibato e la castit, Dio lo dar a quelli che con tutta lani-
ma (Mc 12, 30), con fede e incessantemente (1Ts 5, 17) glielo avranno chiesto con pre-
ghiere (ejn proseucai'") (ibi, 177). In questo contesto Origene approfondisce anche il
tema delle disposizioni di fede per lesaudimento, in relazione a Mt 7, 7-8 (Chiedete e vi
sar dato; cercate e troverete; bussate e vi sar aperto; perch chiunque chiede riceve e chi
cerca trova e a chi bussa sar aperto), laddove nel trattato vi accenna pi rapidamente
(Orat X , 2). Si noti che Mt 18, 19 non figura tra le citazioni di Orat, anche se il motivo
della sumfwniva nella preghiera non del tutto assente. Cfr. ad esempio Orat XXIV, 4 (355,
11-13), con riferimento a Sal 33(34), 4 (Esaltiamo il suo nome tutti insieme): prostavs-
sonto" tou' profhvtou meta; pavsh" sumfwniva" ejn tw'/ aujtw'/ noi kai; ejn th'/ aujth'/ gnwvmh/
fqavsai ejpi; th;n ajlhqh' kai; uJyhlh;n gnw'sin th'" ijdiovthto" tou' qeou'. Si veda inoltre II, 4
(302, 3): sumfwvnw" uJmnh'sai to;n patevra ejn Cristw'/. CMtS 89 lascia a sua volta intrave-
dere le implicazioni penitenziali ed ecclesiologiche della sinfonia nella preghiera.
534 CMtS 89 (204, 14-22): Conveniebat autem et, priusquam proderetur, orare et
orandi eligere locum mundum ad orationem; sciebat enim quoniam, sicut differt ar ab
Latto della preghiera 175
puro per la propria preghiera e sia andato di conseguenza in cerca di
solitudine, va preso semmai come invito, nellatto di pregare, a separarsi
dai malvagi ed unirsi ai buoni, o a pregare piuttosto in tutta solitudine, dal
momento che nessun luogo pu essere considerato puro per se stesso535 .
Conviene allora tener presente anche tale sfondo nellesaminare il succes-
sivo sviluppo sullo spazio dellorante, dove lAlessandrino si sofferma
sulla comunit cristiana come luogo di preghiera (Orat XXXI, 5-7). Dato
per che questo tratto segna un trapasso dallorazione individuale la vi-
suale pressoch dominante in tutto il trattato alla preghiera comunitaria,
preferibile anticipare brevemente la trattazione dedicata da Origene alla
direzione di preghiera (Orat XXXII), che del resto concerne essa pure il
nostro argomento con una identificazione spaziale per certi versi non
meno sorprendente di quella manifestata dal cenno sul talamo nuziale.
Si resta invero assai colpiti dal fatto che Origene unisca tanto stretta-
mente lorazione al sorgere del sole, cio in direzione delloriente, senza
che egli si mostri disposto a qualche concessione in proposito, come sareb-
be invece affatto comprensibile e giustificabile. Lui stesso, a dire il vero,
ricorda possibili casi di eccezione, come la mancanza di unapertura ad est
nella casa, sicch v chi preferisce pregare piuttosto verso la porta aperta,
adducendo il motivo che la vista del cielo esercita un certo richiamo pi
che il rivolgersi guardando verso la parete536. Origene per si dice con-
trario nel nome di un principio che di primo acchito appare poco com-
prensibile a causa della sua astrattezza: egli preferisce anteporre quello

are mundiore, sic terra sancti loci et sanctioris, sicut scriptum est: Locus in quo tu stas,
terra sancta est (Es 3, 5). Et quaeres si praeter adfectum orantis etiam ex loco orationis, in
quo quis orat, fit oratio mundior et magis acceptabilior, secundum quod scriptum est:
Domus mea domus orationis vocabitur (Is 56, 7), de qua et alibi dicitur: Et exaudivit de
templo sancto suo vocem meam (Sal 17[18], 7).
535 CMtS 89 (204, 23-26): Qui autem propter Christi doctrinam recessit a Iudaicis
fabulis (Tit 1, 14) et ab omnibus, quae corporaliter ab eis intelleguntur, dicet non propter
locum fieri orationem distantem ab oratione, sed quia melius est cum nullo orare quam
cum malis orare. Cfr. Bendinelli 2009, 415, nonostante la sua conclusione problematica:
concretamente questo luogo adatto alla preghiera altro non che lassemblea del culto
cristiano.
536 da notare che la succinta trattazione di Orat XXXII priva di riferimenti scrit-
turistici espliciti, a differenza di quanto la precede, ma fa appello a considerazioni prati-
che e ragioni simboliche, per cos dire, in astratto. Origene avrebbe potuto, ad esempio,
confrontarsi con la preghiera di Sara (Tb 3, 11: In quel momento stese le mani verso la
finestra e preg), che ha appena ricordato in Orat XXXI, 5 (cfr. infra, nota 544). Peraltro,
limplicazione scritturistica e cristologica della preghiera verso oriente pone linterrogati-
vo sul destinatario della proseuchv che come gi sappiamo il Padre. Lidea dunque
da intendere in riferimento alla mediazione del Figlio. La distinzione fra Padre e Figlio in
rapporto alla vera luce invece presente in CC V, 11 (11, 19-22): Ouj crh; de; oujd aujto;
proskunei'sqai uJpo; tou' blevponto" kai; sunievnto" to; ajlhqino;n fw'", ou| metoch'/ kai;
tau't eij a[ra pefwvtistai, oujd uJpo; tou' blevponto" to;n patevra tou' ajlhqinou' fwto;" qeovn.
176 Parte prima, Capitolo quinto
che per natura a quello conforme ad una convenzione, cio attenersi in
ogni caso alla direzione verso oriente. Anzich spiegare questa mancanza
di flessibilit con un rigore inatteso, poco conforme allintero andamento
delle istruzioni origeniane riguardo latto del pregare, la si pu forse ri-
condurre al fatto che il valore simbolico del gesto esteriore pu darsi solo
nel rispetto del dato naturale: ora, secondo lAlessandrino, delle quattro
parti del cielo loriente allevidenza da preferire, perch soltanto vol-
gendosi allesterno verso oriente si pu simboleggiare adeguatamente
quanto avviene nellanima, cio comessa si volga al sorgere della vera
luce di Cristo 537 . In Orat non trapela alcuna preoccupazione di distin-
guere luso cristiano dalla prassi eliolatrica pagana, diversamente da altri
scritti di Origene e da quanto notiamo in Tertulliano, ma non rileviamo
neppure una sua interpretatio christiana, come ci si presenta invece in
Clemente Alessandrino538 .

10. Dallorazione individuale a quella comunitaria: pregare nella chiesa

Il correttivo pi consistente della tendenza ad una spiritualizzazione


astratta ed individualistica della preghiera offerto, in ultima istanza, dai

537 Orat XXXII (400, 22-26): tessavrwn de; o[ntwn klimavtwn, tou' te pro;" a[rkton
kai; meshmbrivan kai; tou' pro;" duvsin kai; ajnatolh;n, tiv" oujk a]n aujtovqen oJmologhvsai to;
pro;" ajnatolh;n ejnargw'" ejmfaivnein to; dei'n ejkei' neuvonta" sumbolikw'", wJ" th'" yuch'"
ejnorwvsh" th'/ tou' ajlhqinou' fwto;" ajnatolh'/, poiei'sqai ta;" eujcav" Wallraff 2001, 64 rin-
via a Zc 6, 12 LXX (Questo dice il Signore onnipotente: Ecco un uomo, Oriente il suo
nome, sorger da s e ricostruir la casa del Signore) quale fondazione cristologica del-
lusanza (cfr. anche Wallraff). Ma la distinzione e/o opposizione fuvsi"/qevsi" fa pensare
piuttosto al discorso origeniano sul valore reale o simbolico dei nomi. Per i luoghi paral-
leli Wallraff rimanda a HLv IX, 10; XIII, 12; HNm XV, 1; HIud VIII , 1; CMt XVI, 3; CIo
XXXII, 24, 316. Si tratta di passi dinteresse cristologico, senza nesso con la prassi di pre-
ghiera. Come appare da HLv IX , 10, lo spettro dei luoghi scritturistici molto articolato:
Il fatto che asperga dal lato di Oriente (Lv 16, 14), non prenderlo come superfluo. Dal-
lOriente viene a te la propiziazione; poich di l luomo il cui nome Oriente (Zc 6,
12) e che stato fatto mediatore fra Dio e gli uomini (1Tm 2, 5). Questo dunque ti invita a
guardare sempre a Oriente (Bar 4, 36), donde nasce per te il Sole di giustizia (Ml 4, 2),
donde per te nasce la luce (tr. Danieli, 230). Si ricordi ancora lattribuzione per sorte delle
citt levitiche in HIos XXV, 3 (455, 2-4): In quattuor orbis partibus certum est orientalem
plagam nobiliorem videri, in qua et nobilior omnium reliquarum Iudae tribus habebatur.
538 Come ha notato Wallraff 2001, il culto eliolatrico del paganesimo, senza deter-
minare in s luso cristiano, ha svolto un ruolo nella sua interpretazione teologica. Tertul-
liano reagisce contro la pretesa somiglianza ribadendo lopposizione fra cristianesimo e
paganesimo. Clemente Alessandrino adotta un modello dintegrazione senza fornire motivi
specificamente cristiani. Origene a sua volta perviene ad una ricezione critica dellusanza
pagana, mentre ribadisce la superiorit del cristianesimo (cfr. CC V, 6. 11). Ovviamente
non casuale che queste riflessioni su una pratica consolidatasi gi da tempo prendano
corpo nel contesto delle tendenze eliolatriche del paganesimo nel III secolo Sulla riflessio-
ne clementina si veda infra, pp. 540-541.
Latto della preghiera 177
paragrafi dedicati al pregare nella chiesa (Orat XXXI, 5-7). La loro impor-
tanza non consiste soltanto nel fatto che adesso la preghiera collettiva
messa a tema, mentre fin qui si parlato quasi esclusivamente di preghiera
personale, peraltro in conformit con lo spirito delle istruzioni premesse
al Padrenostro (Mt 6, 5-8) nella lettura che ne d lAlessandrino: esse, co-
me vedremo nel capitolo successivo, privilegiano s il nascondimento
dellesistenza cristiana, a garanzia della sua autenticit, ma non ignorano
per nulla la sua realt comunionale539. Se vero dunque che assistiamo ad
una svolta nel discorso di Orat, anche possibile dimostrare come in
realt vi sia una profonda corrispondenza strutturale fra luna e laltra
forma di preghiera, poich entrambe coinvolgono, per cos dire, gli stessi
fattori e protagonisti. Bench nel passo in esame lattenzione sia rivolta a
sottolineare la particolare utilit dellorazione nel luogo e nel momento
ecclesiale dei cristiani, questi paragrafi ci aiutano, a loro volta, a comple-
tare limmagine dellatto orante in Origene, considerato nella sua cornice
pi ampia e lontano da qualunque intimismo540 .
La trattazione sulla preghiera comunitaria inquadrata dal riconosci-
mento in linea di principio della sua particolare utilit, senza che da ci sia
lecito ricavare lidea di un vantaggio preferenziale del luogo dellassem-
blea ecclesiale, tale cio da collocare necessariamente la preghiera indivi-
duale ad un gradino pi basso541. Una tale conclusione finirebbe per con-

539 Un accenno isolato al pregare nelle chiese in opposizione al pregare nelle


sinagoghe, condizionato dalla ripresa di Mt 6, 5, figura in Orat XX, 1, ma senza apportare
uneffettiva considerazione dei risvolti ecclesiali. La dimensione nascosta dellesistenza
cristiana inculcata, fra laltro, da HEx II, 3 (158, 28-159, 5), nella spiegazione di Es 1, 22
(Gettate nel fiume ogni maschio che sia nato agli ebrei, ma lasciate in vita tutte le femmi-
ne), contro il rischio che la sua autenticit sia vanificata dallesibizione mondana: Vide,
si non propterea nobis praecipitur ne bonos actus in publico geramus, ne iustitiam nostram
coram hominibus faciamus (Mt 6, 1), sed ut clauso ostio oremus patrem in occulto (Mt 6,
6) et quod facit dextera nostra, ut nesciat sinistra (Mt 6, 3). Nisi enim in occulto fuerit,
diripietur ab Aegyptiis, invadetur, in flumen iactabitur, undis et fluctibus submergetur.
540 La distinta accezione di chiesa come edificio e luogo di riunione della comu-
nit attestata, ad esempio, da HEx II, 2 (157, 17-19): Sin autem videas quomodo scrip-
turae novi ac veteris testamenti timorem Dei docentes domos ecclesiae faciant et univer-
sum orbem terrae orationum domibus repleant; HEx XII, 2 (264, 5-8): Alii ne hoc ipsum
quidem patienter exspectant, usque dum lectiones in ecclesia recitentur. Alii vero nec si
recitentur sciunt, sed in remotioribus dominicae domus locis saecularibus fabulis occu-
pantur. A questi passi si pu accostare anche la spiegazione dellepisodio di Ges e i
dottori nel Tempio; cfr. HLc XIX, 5 (117, 18-21): Si quando et tu quaesieris Filium Dei,
quaere primum templum, illuc propera, ibi Christum, sermonem atque sapientiam, id est
Filium Dei, reperies. Come ha messo in luce Stroumsa, 94, non si pu parlare di una
privatized religion in Origene, se non in the sense that religion is first and foremost
the domain of the individual, and of all individuals, irrespective of social, economic,
ethnic background, or even gender, but not in the sense that there are no social or political
direct implications of religious belief and practice.
541 Si vedano le considerazioni conclusive in Orat XXXI, 7 (400, 17-20): tau'ta dev
178 Parte prima, Capitolo quinto
traddire il ductus generale delle riflessioni di Origene sullo spazio della
preghiera, mentre la sua preoccupazione ancora una volta non di natura
astratta bens concreta, come lo era anche nel caso della camera nuziale. Si
tratta per lui di chiarire quali vantaggi specifici derivino dal pregare insie-
me alla comunit, nel suo luogo di riunione, senza alcuna idea di eccellen-
za gerarchica, ma anzi sottolineando nuovamente come tali benefici sia-
no garantiti unicamente dalla condizione di santit dei fedeli riuniti (pena
la perdita dellejpiskophv divina, analogamente a quanto avviene per lo
spazio dellorante individuale)542. Semmai linsistenza con la quale Ori-
gene raccomanda per ben tre volte lutilit precipua della preghiera nella
chiesa tradisce la preoccupazione che essa possa essere trascurata a van-
taggio di quella personale543 . Ma, come mostra bene il parallelo fra la pre-

moi ajnagkaivw" eijrh'sqai faivnetai, tovpon eujch'" ejxetavzonti kai; to; ejxaivreton wJ" ejn
tovpw/ paristavnti ejpi; th'" tw'n aJgivwn kai; eujlabevsteron ejpi; to; aujto; th'/ ejkklhsiva/ ginomev-
nwn suneleuvsew", Queste cose mi parso necessario di dire, trattando del luogo della
preghiera e mostrando la particolare efficacia che ha la preghiera in quel luogo dove si
riuniscono in assemblea i santi con la dovuta piet (Antoniono, 185). Il passo mette nuo-
vamente alla prova i traduttori che oscillano fra il riconoscimento dei vantaggi propri
del luogo di culto della comunit o laffermazione della sua eccellenza. Optando per la
prima idea, Koetschau, 144 rende: Vorzge, welche soweit es den Ort betrifft die
Zusammenkunft der frommen und gottesfrchtig sich an derselben Stelle mit der Ge-
meinde versammelnden Christen mit sich bringt. Invece Jay, 215 vi legge una chiara in-
dicazione di preferenza: These things I think it has been necessary to say in considering
the place of prayer, and suggesting that it is preferable in the place where the saints also
come together, who with due piety gather together with the Church. Oulton, 327 parla
apertamente di the superiority of the place where the saints meet when they assemble
devoutly together in church.
542 Orat XXXI, 5 (398, 14-19): Ecei dev ti ejpivcari eij" wjfevleian tovpo" eujch'", to;
cwrivon th'" ejpi; to; aujto; tw'n pisteuovntwn suneleuvsew", wJ" eijko;" kai; ajggelikw'n dunav-
mewn ejfistamevnwn toi'" ajqroivsmasi tw'n pisteuovntwn kai; aujtou' tou' kurivou kai; sw-
th'ro" hJmw'n dunavmew" (cfr. 1Cor 5, 4) h[dh de; kai; pneumavtwn aJgivwn, oi\mai de; o{ti kai;
prokekoimhmevnwn, safe;" de; o{ti kai; ejn tw'/ bivw/ periovntwn, eij kai; to; pw'" oujk eujcere;"
eijpei'n. Lespressione ejpivcari, piacevole, un hapax legomenon in Origene, diversa-
mente dalluso assai frequente di carivei" e carievntw", specialmente per qualificare risul-
tati esegetici. Si deve forse intendere qui la parola nel significato di una testimonianza pa-
piracea (PStud. Pal. 22.58.5, II-III secolo), cio come compenso aggiuntivo (cfr. Mon-
tanari, 831 s.v.)? Jay, 213 traduce: But a place of prayer possesses something of joy in
addition to the benefit it bestows. Quanto al termine sunevleusi" per lassemblea eccle-
siale, utilizzato solo in Orat (XXXI , 5. 7). A parere di Schtz, 138, wimmelt der ganze
Abschnitt von gottesdienstlichen Bezeichnungen: sunevleusi", ajqroivsmata tw'n pisteu-
ovntwn, duvnami" tou' Kurivou, pleiovnwn sunelhluqovtwn. Tuttavia, la caratterizzazione
liturgica della preghiera comunitaria come mostrano gli esempi addotti non legata ad
una terminologia definita (Markschies 2007a, 166-167). Per luso dellespressione
a[qroisma in riferimento alla fisionomia sociologicamente condizionata della chiesa, cfr.
Orat XXXI, 7 (400, 13) e Sgherri 2000, 72.
543 Orat XXXI , 5 (399, 11-13): diovper ouj katafronhtevon tw'n ejn aujtai'" [scil.
ejkklhsivai"] eujcw'n, wJ" ejxaivretovn ti ejcousw'n tw'/ gnhsivw" sunercomevnw/ aujtw'n.
Latto della preghiera 179
ghiera individuale di Tobi e Sara e la preghiera della comunit riunita, non
si deve pensare ad una differenza qualitativa tra le due forme544 .
Di certo, come effetto finale, la preghiera in comune dei fedeli pos-
siede, per cos dire, unefficacia quantitativa, ma la dinamica che posta
in atto nella preghiera di un individuo non fondamentalmente diversa.
Secondo quanto attesta il passo parallelo di Orat XI, la persona che prega
in maniera autentica (gnhsivw")545 , sperimenta ugualmente la mediazio-
ne del Signore in quanto sommo sacerdote non meno che la collabora-
zione degli angeli e dei santi (sia defunti che viventi) alla sua preghiera546 .
Pertanto, sia la preghiera individuale che la preghiera comunitaria vengo-
no a situarsi nellorizzonte della communio sanctorum. Sebbene Origene

544 Oltre a Tb 12, 12 (kai; nu'n o{te proseuvxw su; kai; hJ nuvmfh sou Sarra [pro-
seuvxw kai; Sarra S], ejgw; proshvgagon to; mnhmovsunon th'" proseuch'" uJmw'n ejnwvpion
tou' aJgivou [ejnwvpion th'" dovxh" kurivou S]), Koetschau rimanda a Tb 3, 16-17 (Kai; eijsh-
kouvsqh [ejn aujtw/' tw/' kairw/' eijshkouvsqh S] hJ proseuch; ajmfotevrwn ejnwvpion th'" dovxh"
tou' megavlou Rafahl, kai; ajpestavlh ijavsasqai tou;" duvo, tou' Twbit lepivsai ta; leukwv-
mata kai; Savrran th;n tou' Ragouhl dou'nai Twbia tw/' uiJw/' Twbit gunai'ka). Per Jay, 214,
nota 1, largomentazione di Origene suscita difficolt: Origens argument seems to me
that as Sarah shared the benefits of the angels ministry by virtue of her kinship with To-
bit, it may be expected that those who are made one family in Christ will enjoy an even
greater ministry of angels. There is no hint in the LXX of Tobit of Sarahs prayers being
brought by Raphael before God in virtue of her kinship with Tobit. Ma qui non si tratta
della parentela di Sara, bens di una preghiera concorde (Tb 3, 16: la preghiera di
tutti e due), che avviene nello stesso giorno (Tb 3, 7; cfr. anche 3, 10) e viene esaudita
in quel medesimo momento (Tb 3, 16 S) (si veda infra, nota 546). Origene commenta
peraltro questa espressione in Orat XI, 5 (324, 3-5), dove si dice di Dio: aJrmonivw" suna-
gagovnto" para; to;n kairo;n th'" eujch'" to;n uJphrevthn ejsovmenon tw'/ deomevnw/ th'" eujpoii?a"
th'" ajp aujtou' eijsakouvonta, tw'/ pistw'" dedehmevnw/. Ci che importa dunque la preghiera
contemporanea dei due (Tobi: Tb 3, 2-6; Sara: Tb 3, 7-17). Si ricordi che secondo Orat
XIV , 4 la preghiera di Tobi rappresenta uno dei paradigmi biblici della proseuchv (cfr.
supra, p. 144).
545 Questo avverbio prediletto (48 occorrenze in totale) ricorre sei volte in Orat, tre
delle quali concernono la preghiera comunitaria (Orat XXXI, 5-6).
546 Orat XI, 1 (321, 15-26): Ouj movno" de; oJ ajrciereu;" toi'" gnhsivw" eujcomevnoi"
suneuvcetai ajlla; kai; oiJ ejn oujranw'/ caivronte" a[ggeloi ejpi; eJni; aJmartwlw'/ metanoou'nti
h] ejpi; ejnenhvkonta ejnneva dikaivoi", oi} ouj creivan e[cousi metanoiva" (Lc 15, 7), ai{ te tw'n
prokekoimhmevnwn aJgivwn yucaiv. a{tina dhlou'tai, Rafah;l me;n prosfevronto" peri; Tw-
bh;t kai; SavrjrJa" logikh;n iJerourgivan tw'/ qew'/ meta; ga;r th;n eujch;n ajmfotevrwn eijshkouv-
sqh, fhsi;n hJ grafh;, proseuch; ajmfotevrwn ejnwvpion th'" dovxh" tou' megavlou Rafah;l,
kai; ajpestavlh ijavsasqai tou;" duvo (Tb 3, 16-17): kai; aujto;" de; oJ Rafah;l, fanerw'n eJau-
tou' wJ" ajggevlou th;n kata; provstagma tou' qeou' pro;" ajmfotevrou" oijkonomivan, fhsiv: kai;
nu'n o{te proshuvxw su; kai; hJ nuvmfh sou SavrjrJa, ejgw; proshvgagon to; mnhmovsunon th'"
proseuch'" uJmw'n ejnwvpion tou' aJgivou (Tb 12, 12), kai; met ojlivga: ejgwv eijmi Rafah;l, ei|"
tw'n eJpta; ajggevlwn, oi} prosanafevrousi <ta;" proseuca;" tw'n aJgivwn> kai; eijsporeuvon-
tai ejnwvpion th'" dovxh" tou' aJgivou (Tb 12, 15). Si noti qui il ricorso dellhapax legomenon
iJerourgiva, termine invece assai frequente, ad esempio, in un Filone Alessandrino. Il con-
corso degli esseri angelici alla preghiera pu esser messo in luce a partire dal giudaismo
del Secondo Tempio, come mostra appunto Tb 12, 12 (cfr. Chazon-Bernstein, 10).
180 Parte prima, Capitolo quinto
non sembri aver sviscerato appieno tale dottrina, la si deve presupporre in
ogni caso quale contesto ravvicinato dellatto orante547. Nel nostro passo
lAlessandrino lafferma con molta nettezza in chiave ecclesiologica,
grazie allidea di una duplice chiesa: quella degli uomini e quella degli
angeli548 . Ad essa fa da pendant, per converso, quella composta da uomini
e diavoli, l dove la comunit non sia connotata dalla santit dei suoi
membri e sia perci abbandonata dallejpiskophv di Dio, chegli le assicura
per il tramite dei suoi angeli549. Daltra parte, la chiesa celeste (o invisibi-
le) non limitata ai soli angeli, poich anche i santi defunti fanno parte di
essa. Inoltre, la sua realt si estende alla comunit empirica, nella misura
in cui la chiesa terrena composta anchessa di santi. In tal modo Orige-
ne, basandosi su una serie di riferimenti scritturistici, argomenta via via i
seguenti punti: 1. la cooperazione degli angeli; 2. la presenza del Signore
nella sua forza (duvnami"); 3. il concorso dei santi viventi (accanto a

547 Cfr. ad esempio HLv IV, 3-4, dove troviamo espressa lidea di una comunione
del fedele con Padre, Figlio e Spirito nonch con i santi sulla terra e in cielo. Secondo
Gessel, 198, lAlessandrino si sarebbe limitato ad accennarla in maniera occasionale. Si
veda per HLv VII , 1; HNm XXVI, 6 (253, 26-27).
548 Orat XXXI, 5 (398, 24-28): eijkov" ejsti, pleiovnwn sunelhluqovtwn gnhsivw" eij"
dovxan Cristou', parembalei'n to;n eJkavstou a[ggelon [to;n] kuvklw/ [eJkavstou] tw'n fobou-
mevnwn (Sal 33[34], 8) meta; touvtou tou' ajndro;", o}n frourei'n kai; oijkonomei'n pepivsteu-
tai: w{st ei\nai ejpi; tw'n aJgivwn sunaqroizomevnwn diplh'n ejkklhsivan, th;n me;n ajnqrwvpwn
th;n de; ajggevlwn (per le due espunzioni cfr. BKV, 142 n. 3). Ritroviamo la stessa formu-
lazione, in termini ancor pi espliciti, in HLc XXIII , 8-9 (146, 15-147, 4): Ego non am-
bigo et in coetu nostro adesse angelos, non solum generaliter omni ecclesiae, sed etiam
singillatim, de quibus Salvator ait: angeli eorum semper vident faciem Patris mei, qui in
caelis est (Mt 18, 10). Duplex hic adest ecclesia, una hominum, altera angelorum. Si quid
iuxta rationem et iuxta scripturarum dicimus voluntatem, laetantur angeli et orant nobi-
scum. Et quia praesentes angeli sunt in ecclesia, in illa dumtaxat, quae meretur et Christi
est, propterea orantibus feminis praecipitur, ut habeant super caput velamen propter ange-
los (1Cor 11, 10). Quosnam angelos? Utique illos, qui assistunt sanctis et laetantur in ec-
clesia, quos quidem nos, quia peccatorum sordibus oculi nostri obliti sunt, non videmus,
sed vident apostoli Iesu, ad quos loquitur: Amen, amen, dico vobis, videbitis caelum aper-
tum et angelos Dei adscendentes et descendentes super filium hominis (Gv 1, 51). Quod si
haberem hanc gratiam, ut quomodo apostoli sic viderem et sicut Paulus adspexit intuerer,
cernerem nunc multitudinem angelorum, quos videbat Helisaeus et Giezi, qui cum eo
steterat, non videbat. Cfr. anche CC VIII, 34 (nota 568).
549 Orat XXXI , 6 (400, 2-4): tavca ga;r ajnti; th'" proeirhmevnh" diplh'" suntavxew"
ajnqrwvpwn aJgivwn kai; makarivwn ajggevlwn pavlin diplh' givnetai ejpi; to; aujto; suvnodo"
ajnqrwvpwn ajsebw'n kai; ponhrw'n ajggevlwn. Quando la comunit cristiana decade dalla sua
vocazione spirituale, destinata ad essere privata anchessa dellejpiskophv divina allo
stesso modo delle genti di Gerusalemme e della Giudea (XXXI , 7), come Origene ribadisce
con lausilio di Is 1,12. 15 (Quando venite a presentarvi a me [...] quando stendete le
mani, io distolgo gli occhi da voi, anche se moltiplicate le preghiere, io non ascolto) e di
Sal 25(26), 4 (Non mi posi a sedere nelladunanza degli uomini fatui e non praticai gli
uomini malvagi. Odio lassemblea degli empi e non mi seggo con i malvagi). Sul motivo
dellejpiskophv nello spazio dellorante individuale, cfr. supra, p. 171, nota 525.
Latto della preghiera 181
quello assicurato dai santi defunti)550 . In queste riflessioni troviamo cos
riassunti diversi aspetti introdotti dallAlessandrino nella prima sezione
per illustrare latto orante nelle sue caratteristiche strutturali. Anche in
tale luce esso ci si disvela per essenza come un atto di comunione.

11. Latto orante come atto di comunione

Torniamo allora, per concludere, a Orat XX, 2, il passo del trattato in


cui Origene illustra forse nella maniera pi vivida latto della preghiera
entro la prospettiva dellorante individuale. Sulla falsariga della denuncia
di Mt 6, 5 (per essere visti dagli uomini) egli critica la visibilit osten-
tata del pregare nelle sinagoghe e negli angoli delle piazze e insiste con
forza perch la sua performance avvenga nel segreto, nel nascondi-
mento della propria cameretta (Mt 6, 6). Tanto pi forte qui, di primo
acchito, il richiamo allinteriorit in totale isolamento e astrazione dal
mondo sensibile, nellattuazione dellajnacwvrhsi" gi descritta, e tanto
pi grande lo scenario che si dischiude allora a colui che prega nella
propria intimit solitaria. La cameretta si trasforma cos in un teatro
di dimensione cosmica, un teatro nel quale per lorante, allopposto del-
lattore con la sua finzione (uJpokrithv"), chiamato a realizzare il mas-
simo di autenticit personale sotto lo sguardo partecipe non solo dello
spettatore divino, ma di tutte quante le creature razionali angeli, santi e
demoni551 . La partecipazione di Dio alla preghiera nel segreto anzi
qualcosa di pi di unassistenza, per cos dire esterna, com invece comu-
nemente nellesperienza dello spettatore. Approfondendo linterpretazione
di Mt 6, 6 (prega il Padre tuo nel segreto, e il Padre tuo, che vede nel se-

550 Il dossier scritturistico rimanda, in primo luogo a 1Cor 5, 4 (essendo radunati


insieme voi e il mio spirito, con il potere del Signore nostro Ges), riferimento essenziale
per tutta la prospettiva sviluppata in Orat XXXI, 5 (cfr. nota 542). Origene ne trae, infatti,
non solo lidea della presenza del Signore, ma anche quella dei santi viventi, per analogia
con Paolo, anche se dichiara che non facile mostrare come ci avvenga. Secondo Fr1Cor
24, la presenza in spirito dellApostolo assicurata dalla duvnami" del Signore, ben pi del
profeta Eliseo, che pure possedeva la stessa facolt (cfr. Cocchini, 66). Riguardo poi alla
presenza degli angeli, si citano Sal 33(34), 8 (Langelo del Signore si accampa attorno a
quelli che lo temono e li salva) e Gn 48, 16 (langelo che mi ha liberato da ogni male).
Secondo HLv VII, 2 (377, 19-20), i santi defunti non godono ancora della letizia perfetta
fino a che si dolgono per i nostri errori e piangono i nostri peccati (p. 155).
551 Cfr. Orat XXVIII, 3. CMtS 10 (21, 4-10) sviluppa lesegesi di Mt 6, 5-6 in con-
trappunto con Mt 23, 1 ss., insistendo sullantitesi tra i Farisei e i discepoli di Cristo:
Christi autem veri discipuli, qui aspiciunt quae non videntur et sunt aeterna (2Cor 4, 18),
orant in occulto promptuario suo (Mt 6, 6) et eleemosynas faciunt in occulto (cfr. Mt 6, 3-4)
et legem in occultis implent, quasi in occulto constituti Iudaei, secundum quod ait Aposto-
lus: Non enim qui in manifesto Iudaeus, neque quae palam in carne circumcisio, sed qui
in occulto Iudaeus est, et circumcisio cordis, quae spiritu non littera (Rm 2, 28-29).
182 Parte prima, Capitolo quinto
greto, ti ricompenser), Origene introduce la visione comunionale della
venuta del Padre che si rende presente nella dimora dellorante insieme
al Figlio Unigenito, grazie anche alla ripresa di Gv 14, 23 (noi verremo a
lui e prenderemo dimora presso di lui) ed al preannuncio cos del moti-
vo del regno di Dio realizzato nellanima perfetta, secondo la spiegazione
data dallAlessandrino alla seconda domanda del Padrenostro 552 .
Origene si sofferma specialmente sulla presenza del Padre e dellUni-
genito nellintimo dellorante, ma ci non implica lassenza di una cor-
nice trinitaria per latto della preghiera, tale cio da includere anche la
presenza dello Spirito. Al contrario, fin dal prologo il ruolo dello Spirito
risulta costitutivo per il suo estrinsecarsi pi autentico e profondo: la pre-
ghiera dei santi per definizione preghiera spirituale, poich essa si
d unicamente con lintervento, ad un tempo promotore e concomitante,
dello Spirito che intercede per essi, secondo la visuale tracciata pi volte
con laiuto del fondamentale riferimento paolino in Rm 8, 26553 . Inoltre,

552 Orat XX, 2 (344, 24-345, 2): proseuvcetai tw'/ to; toiou'ton krupto;n mh; feuvgonti
mhde; ejgkataleivponti patri; ajll ejn aujtw'/ katoikou'nti, sumparovnto" aujtw'/ kai; tou' mo-
nogenou'". ejgw; ga;r, fhsi;, kai; oJ path;r pro;" aujto;n ejleusovmeqa kai; monh;n par aujtw'/
poihsovmeqa (Gv 14, 23). dh'lon de; o{ti tw'/ dikaivw/, eja;n dh; ou{tw" eujcwvmeqa, ouj movnon
qew'/ ajlla; kai; patri; ejnteuxovmeqa, wJ" uiJw'n mh; ajpoleipomevnw/ ajlla; parovnti hJmw'n tw'/
kruptw/' (Mt 6, 6) kai; ejforw'nti aujto; kai; pleivona ta; ejn tw'/ tameivw/ poiou'nti, eja;n aujtou'
th;n quvran (Mt 6, 6) ajpokleivswmen. Origene si serve nuovamente di Gv 14, 23 in Orat
XXIII, 1 in polemica con le nozioni spaziali su Dio, mentre in XXV, 1 (357, 5-8) argomenta
con esso lidea del regno di Dio interiore, per lanima che perfetta: parovnto" aujtw'/
tou' patro;" kai; sumbasileuvonto" tw'/ patri; tou' Cristou' ejn th'/ teteleiwmevnh/ yuch'/ kata;
to; eijrhmevnon, ou| pro; bracevo" ejmnhmovneuon: pro;" aujto;n ejleusovmeqa kai; monh;n par
aujtw'/ poihsovmeqa. Pi strettamente legata allidea della perfezione nella carit lin-
terpretazione del passo giovanneo in CCt Prol. 2, 27 e in II, 8, 40 (165, 6-11): Ad hanc
enim animam Dominus dicebat quia: Ego et Pater veniemus, et caenabimus cum eo, et
mansionem faciemus apud eum. Ubi ergo caenat Christus cum Patre et ubi mansionem
facit, quidni et recumbit? Beata latitudo illius animae, beata strata illius mentis, ubi et Pa-
ter et Filius, ut non dubito, una cum Spiritu sancto recumbit et caenat et mansionem facit.
Infine in III, 11, 19 addotto a riprova dellalternarsi fra presenza e assenza del Verbo di
Dio allanima fino alla sua venuta definitiva. In HGn I, 17 lallusione a Gv 14, 23, in un
contesto trinitario forse influenzato da Rufino, conclude linterpretazione del racconto del-
la creazione come allegoria della vita spirituale. Daltra parte, lo Spirito associato allina-
bitazione del Padre e del Figlio in HIer VIII, 1 (55, 25-56, 2): lanima abitata (oijkou-
mevnh) o{te peplhvrwtai qeou', o{te e[cei to;n Cristovn, o{te pneu'ma a{giovn ejstin ejn aujth/'.
Tau'ta de; poikivlw" kai; diafovrw" ejn tai'" grafai'" levgetai, to; ei\nai to;n patevra kai; to;n
uiJo;n kai; to; a{gion pneu'ma ejn th/' tou' ajnqrwvpou yuch/'. La giustificazione scritturistica
tratta qui da Sal 50(51), 14.12.13. In HIos XX, 1 lidea delle potenze presenti in noi
trapassa al motivo della comunione con il Figlio e con il Padre. Cfr. inoltre Prin I, 1, 2,
dove ribadita linabitazione del Padre e del Figlio per le anime che se ne rendono degne.
553 Il luogo pi significativo Orat II, 3 (cfr. supra, nota 181). Sullopera dello Spi-
rito nel pensiero di Origene, si veda Beyer Moser, 129: No aspect of Christian relation-
ship with God remains untouched by the Spirit; in fact, the Spirit is necessary to growth in
prayer, knowledge of Gods word, and holy life.
Latto della preghiera 183
lesito stesso dellorazione consiste in unimmedesimazione pi profonda
con lo Spirito del Signore che fa s che lanima dellorante si trasfor-
mi, nel suo processo di perfezionamento spirituale, assurgendo sempre
pi alla condizione di spirito, come vedremo fra breve nel passo dal-
lesito mistico pi pronunciato (Orat IX, 2). Gi da queste formulazioni
si coglie come laspetto pneumatologico sia strettamente associato a quello
cristologico, a partire dalle stesse disposizioni preparatorie alla preghiera:
quando lorante ha assicurato la premessa della purificazione prelimi-
nare, con un atteggiamento di abbandono al volere di Dio che accoglie
pienamente il suo disegno provvidenziale, vieno reso ancor pi capace di
unirsi con lo Spirito del Signore che riempie luniverso 554 .
Dal seguito dellargomentazione sembrerebbe di dover distinguere la
componente pneumatologica, pur essendo essa strettamente associata a
quella cristologica, poich subito dopo Origene introduce la mediazione
di Cristo per lorante; del resto, altrove lAlessandrino arriva ad attribuire
la preghiera silenziosa dei santi allopera dello Spirito che agisce diret-
tamente in loro555. Si potrebbe inoltre addurre il tenore stesso della formu-
lazione origeniana che ricorda da vicino un passo del Commento a Gio-
vanni, in cui lesemplarit dellunione in Cristo del Verbo e delluomo
assunto assecondata da quegli uomini nei quali lanima si compene-
trata (ajnakevkratai) con lo Spirito santo in modo che ciascuno dei salva-
ti diventato spirituale556. Tuttavia, considerando anche lesegesi di

554 Orat X, 2 (320, 12-16): oJ toivnun ou{tw" eujcovmeno" tosau'ta prowfelhqei;" ejpi-
thdeiovtero" givnetai ajnakraqh'nai tw'/ peplhrwkovti th;n pa'san oijkoumevnhn [oijkonomivan
T] tou' kurivou pneuvmati (cfr. Sap 1, 7) kai; tw'/ pa'san th;n gh'n kai; to;n oujrano;n peplh-
rwkovti, dia; tou' profhvtou levgonti ou{tw": oujci; to;n oujrano;n kai; th;n gh'n ejgw; plhrw'
levgei kuvrio" (Ger 23, 24). Koetschau rileva anche unallusione a Sap 1, 7 (lo spirito del
Signore riempie luniverso, abbracciando ogni cosa, conosce ogni voce) e corregge di
conseguenza il testo trdito. Il passo cos ricostituito appare un po ridondante, ma la frase
regge se si pensa allassociazione di due versetti. Daltra parte, Prin II, 1, 3 suggerisce
lidea di una oijkonomiva del mondo, rinviando sia, per due volte, a Ger 23, 24 sia anche ad
At 17, 28 (in lui infatti viviamo, ci muoviamo ed esistiamo). Cfr. anche nota 556.
555 Cfr. HEx V, 4 (189, 12-20), a proposito della preghiera silenziosa di Mos, inter-
pretata alla luce di Rm 8, 26-27: Nulla eius vox clamoris auditur, et tamen dicit ad eum
Deus: Quid clamas ad me? (Es 14, 15). Velim scire quomodo sancti sine voce clamant ad
Deum. Apostolus docet quia: Dedit Deus spiritum filii sui in cordibus nostris clamantem:
Abba, pater! (Gal 4, 6). Et addidit: Ipse spiritus interpellat pro nobis gemitibus inenar-
rabilibus (Rm 8, 26). Et iterum: Qui autem scrutatur corda, scit quid desideret spiritus,
quia secundum Deum postulat pro sanctis (Rm 8, 27). Sic ergo interpellante Spiritu sancto
apud Deum per silentium sanctorum clamor auditur. Questo passo ci aiuta a capire come
la preghiera silenziosa, pur non tematizzata espressamente in Orat, sia implicita nel suo
discorso, in stretta relazione al ruolo dello Spirito. Si veda inoltre HIos IX, 2 (nota 1095).
556 CIo I, 28, 197 (36, 10-14): Pepoivhke ga;r oJ swth;r ta; ajmfovtera e{n (cfr. Ef 2,
14), tavca th;n ajparch;n tw'n ginomevnwn ajmfotevrwn <e}n> ejn eJautw'/ pro; pavntwn poihvsa":
ajmfotevrwn de; levgw kai; ejpi; tw'n ajnqrwvpwn, ejf w|n ajnakevkratai tw'/ aJgivw/ pneuvmati hJ
eJkavstou yuch; kai; gevgonen e{kasto" tw'n sw/zomevnwn pneumatikov". Lo spessore seman-
184 Parte prima, Capitolo quinto
Ger 23, 24 a cui si rinvia nel nostro passo, si deve pensare in primo luogo
allunione con Dio e con il suo Verbo, che si d grazie alla preghiera
spirituale557. Come Origene dichiara in un frammento catenario sul pro-
feta, servendosi dellanalogia del legame fra anima e corpo, nessun luogo
vuoto di Dio, ma Egli non riempie di s colui che immerso nel pec-
cato ed invece ripieno degli spiriti maligni558 .
Lorante sorretto dallo Spirito, dopo essersi purificato, partecipa
secondo Origene anche dellazione universale del Logos di Dio, che
presente pure in mezzo a coloro che non lo conoscono: egli, in qualit di
mediatore, presenta al Padre le preghiere degli uomini ed intercede per
loro come Sommo Sacerdote559 . La funzione intermediaria del Verbo trae

tico del verbo segnalato non solo indirettamente dal fatto che Origene adopera ajnavk-
rasi" ad indicare lintima unione delle nature divina ed umana in Cristo (CC III, 41 [237,
8-9]: ouj movnon koinwniva/, ajlla; kai; eJnwvsei kai; ajnakravsei), ma anche dal suo utilizzo
per illustrare la prospettiva della deificazione come termine della vita cristiana (CC VIII,
75 [292, 21-25]: ou{tw qeo;n ajlhqw'" sevbonte" kai; pollou;" o{sh duvnami" paideuvonte"
ajnakraqw'si tw'/ tou' qeou' lovgw/ kai; tw'/ qeivw/ novmw/ kai; ou{tw" eJnwqw'si tw'/ ejpi; pa'si qew'/
dia; tou' eJnou'nto" aujtw'/ uiJou' qeou' lovgou kai; sofiva" kai; ajlhqeiva" kai; dikaiosuvnh"
pavnta to;n protetrammevnon ejpi; to; kata; qeo;n ejn pa'si zh'n). Per chiarire il significato di
ajnakraqh'nai nel senso di una pi intima comunione si veda anche CIo XIX , 4, 22: Vedi
per se la Scrittura non parli di conoscere anche in altro senso: nel senso cio che chi si
mescola o si unisce a qualcosa (tou;" ajnakekramevnou" tini; kai; eJnwqevnta") conosce
questo qualcosa con cui si mescola o stabilisce una comunione, mentre prima di tale unio-
ne e comunione (eJnwvsew" kai; koinwniva"), per quanto ne comprenda le ragioni, non la
conosce veramente (tr. Corsini, 568); CIo XIX, 4, 25: A parer nostro, il Signore conosce
quelli che sono suoi, in quanto si mescolato con essi (ajnakraqei;" aujtoi'") e ha comuni-
cato loro la propria divinit e li ha presi, per dirla con il vangelo, nella sua mano (cfr. Gv
10, 28-29) (ibi, 569).
557 LAlessandrino designa con il termine pneu'ma Dio stesso (cfr. Blanc; Beyer
Moser, 131). In FrIer 17 (206, 17-19) Origene dichiara lonnipresenza di Dio ricollegando
Ger 23, 24 a At 17, 28: th/' dunavmei ga;r aujtou' pa'sin ejggivzei. kai; eujcai; a[ra oujc wJ"
pro;" povrrw o[nta givgnontai to;n qeovn. Il fr. associa, come in Orat, il Figlio al Padre ar-
gomentandone la vicinanza a tutti gli uomini con Gv 1, 10 (egli era nel mondo, e il
mondo fu fatto per mezzo di lui); Mt 18, 20 (dove sono due o tre riuniti nel mio nome,
io sono in mezzo a loro); e Mt 28, 20 (ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine
del mondo). Cfr. anche CMtS 65 (152, 13-14), dove si ribadisce la presenza del Figlio di
Dio in quanto Verbo, a partire da un dossier composto da Mt 18, 20; 28, 20; Gv 1, 26-27;
1Cor 5, 3-5): Si enim virtus Iesu congregatur cum his, qui congregantur in nomine eius,
non peregrinatur a suis sed semper praesto est eis.
558 FrIer 18 (206, 26-207, 2): W" ga;r th'" hJmetevra" yuch'" oujde;n tou' swvmato"
e[rhmon, ajll o{pou ai[sqhsi" ejkei' kai; yuchv, kai; ejpi; pa'n fqavnei to; sw'ma, ou{tw" kai;
oujde;n keno;n tou' qeou'. kai; o{mw" pavnta plhrw'n ouj plhroi' to;n aJmartwlovn, pneumavtwn
ga;r ajkavqarton peplhvrwtai: kai; to;n toiou'ton ajduvnaton uJpo; qeou' plhrwqh'nai, mh; tw'n
a[llwn tw'n plhrouvntwn ajphllagmevnon.
559 Orat X, 2 (320, 16-26): e[ti de; diav te th'" proeirhmevnh" kaqareuvsew" kai; th'"
eujch'" tou' mevson kai; tw'n mh; ginwskovntwn aujto;n eJsthkovto" lovgou qeou', oujdeno;" ajpo-
leipomevnou, th'" eujch'" meqevxei, suneucomevnou pro;" to;n patevra tw'/ uJp aujtou' mesiteuo-
mevnw/. ajrciereu;" (cfr. Eb 2, 17 e passim) ga;r tw'n prosforw'n hJmw'n kai; pro;" to;n patevra
Latto della preghiera 185
la sua fondamentale ispirazione scritturistica dalla Lettera agli Ebrei, ma
vi si affianca anche lidea giovannea del paravklhto" secondo laccezio-
ne di 1Gv 2, 1 (se qualcuno ha peccato, abbiamo un avvocato presso il
Padre)560. La vicinanza del Logos a tutti gli uomini, rimarcata da Orige-
ne anche a prescindere dal fatto che essi ne siano coscienti (precisazione
che forse da leggere in rapporto, da un lato, alla preghiera individuale e,
dallaltro, alla sfera dazione del Logos che, diversamente dallo Spirito,
non esclude neppure i peccatori)561, ribadisce ancora una volta la prospet-
tiva soteriologica dellAlessandrino, imperniata sulliniziativa salvifica
del Verbo fatto carne e sulla chiamata delluomo alla figliolanza divina ad
immagine di colui che lImmagine di Dio per eccellenza. Queste impli-
cazioni dellatto orante riemergeranno peraltro a breve, in forma ancora
pi esplicita, nel commento al Padrenostro.
Se la cornice trinitaria dellatto orante indica cos anche lo sbocco
ultimo della preghiera nellassimilazione al Verbo e nella conseguente
deificazione, limpegno di colui che prega sostenuto solidalmente nel
quadro della communio sanctorum dagli angeli e dai santi, secondo quan-
to abbiamo gi avuto modo di notare parlando del luogo di preghiera della
comunit cristiana562 . La solidariet degli angeli, suggerita dal richiamo
alla gioia celeste per il peccatore che si converte nella parabola della peco-
rella smarrita (Lc 15, 7), approfondita alla luce del servizio di Raffaele
alla preghiera di Tobi e Sara, mentre limmagine del profeta Geremia
che innalza molte preghiere per il popolo e per la citt santa (2Mac 15,
14) illustra il sostegno assicurato agli oranti dai santi defunti563 . Prima di
soffermarsi sullo sfondo angelologico dellorazione, che concorre con la
mediazione del Sommo Sacerdote ai fini di realizzare il piano di salvezza

paravklhtov" (Gv 14, 16 e passim; 1Gv 2, 1) ejstin oJ uiJo;" tou' qeou', eujcovmeno" uJpe;r tw'n
eujcomevnwn kai; sumparakalw'n toi'" parakalou'sin, oujk a]n wJ" uJpe;r oijkeivwn eujxovme-
no" tw'n mh; di aujtou' sunecevsteron eujcomevnwn oujd a]n wJ" uJpe;r h[dh ijdivwn paravklhto"
ejsovmeno" pro;" to;n qeo;n tw'n mh; peiqomevnwn tai'" eij" to; dei'n pavntote proseuvcesqai
kai; mh; ejkkakei'n (Lc 18, 1) didaskalivai".
560 Limmagine di Cristo come sommo sacerdote, mediatore fra la realt sensibile
e quella sovrasensibile ricorre pi volte in CC. Cfr. ad esempio III, 34 (infra, nota 839);
V, 4 (supra, nota 410); VIII, 13 (supra, nota 412).
561 Cfr. Prin I, 3, 6 (57, 25): omnes homines non sunt extra communionem Dei, in
forza della loro partecipazione allessere e alla ragione. CRm VIII, 2 precisa per che il
Verbo di Dio si trova in mezzo anche a quanti non lo conoscono, ma in mezzo a loro in
potenza, non in atto (II, p. 38), cosa che invece si d per quanti sono riuniti nel suo
nome (Mt 18, 20).
562 Si veda supra, pp. 179-180. Il motivo della cooperazione degli angeli alla pre-
ghiera ripreso ampiamente in CC (cfr. ad esempio VIII, 34 [nota 568] e infra, p. 281).
563 Lintercessione di Geremia conseguenza della missione universale assegnata
ai santi e, in quanto tali, ai profeti (Cocchini 2006b, 201). Cfr. anche CIo XIII, 58, 403;
CCt III, 7, 30 (infra, nota 927). Anche HIos XVI, 5 afferma la solidariet agonica dei
santi defunti tramite le loro preghiere.
186 Parte prima, Capitolo quinto
(Orat XI, 3-5), Origene fonda la solidariet orante dei santi defunti sulla
pienezza della caritas, culmine delle virt nella vita ultraterrena dei per-
fetti, secondo la dottrina paolina di 1Cor 13 (Orat XI , 2). Ribadendo con
lApostolo il primato dellajgavph, questa si manifesta per eccellenza presso
i santi defunti in un amore del prossimo che non conosce pi i limiti e le
difficolt di chi impegnato nellagone terreno e condivide fraternamente
le lotte di chi pi bisognoso daiuto564 . la dottrina del corpo mistico
di Cristo, ispirata, da un lato, da 1Cor 12, 26 (se un membro soffre, tutte
le membra soffrono insieme; e se un membro onorato, tutte le membra
gioiscono con lui) e da 2Cor 11, 28-29 (la preoccupazione per tutte le
chiese. Chi debole, che anchio non lo sia? Chi riceve scandalo, che io
non ne frema?) e rafforzata, dallaltro, con il richiamo a Mt 25, 35-40,
dove Cristo fa propria lidentificazione con coloro che sono infermi,
perch sottoposti alla prova565.
Suggella, infine, la natura intimamente comunionale dellatto orante
la riflessione aggiuntiva dellAlessandrino sul ministero esercitato dagli
angeli nei confronti di coloro che pregano. Il loro intervento, collocando-
si nellorizzone del disegno divino di salvezza a sostegno dellopera re-
dentiva di Cristo, riporta nuovamente in primo piano il discorso sulla
provvidenza in nesso con la preghiera. Nel contempo conferisce un rilievo
cosmico al suo scenario, grazie alla prospettiva di un incessante servizio
angelico che si compie tra sfera divina e mondo umano a partire, come
sempre, da precisi riferimenti biblici. Lo spunto iniziale fornito da Mt
4, 11 (Allora il diavolo lo lasci ed ecco angeli gli si accostarono e lo
servivano). Ora, non si deve pensare che il servizio degli angeli fosse
limitato al tempo della venuta del Logos nella carne566 . Esso non pu es-
sere venuto meno, anche per il fatto che Cristo rimane presente in mezzo
a quanti credono in lui non come colui che sta a tavola, bens come

564 Orat XI, 2 (322, 13-17): miva de; kuriwtavth tw'n ajretw'n kata; to;n qei'on lovgon
ejsti;n hJ pro;" to;n plhsivon ajgavph: h}n pollw'/ ma'llon prosei'nai toi'" prokekoimhmevnoi"
aJgivoi" pro;" tou;" ejn bivw/ ajgwnizomevnou" ajnagkai'on noei'n para; tou;" ejn th'/ ajnqrwpivnh/
ajsqeneiva/ tugcavnonta" kai; sunagwnizomevnou" toi'" uJpodeestevroi". Sullinterpretazione
di 1Cor 13 si veda Cocchini 2006c.
565 Orat XI, 2 (322, 12-27): kai; tau'ta tou' Cristou' oJmologou'nto" kaq e{kaston
tw'n ajsqenouvntwn aJgivwn ajsqenei'n oJmoivw" kai; ejn fulakh'/ ei\nai kai; gumniteuvein xeni-
teuvein te kai; peina'n kai; diya'n: tiv" ga;r ajgnoei' tw'n ejntugcanovntwn tw'/ eujaggelivw/ th'/
ejf eJauto;n ajnafora'/ tw'n sumbainovntwn toi'" pisteuvousi logizovmenon to;n Cristo;n i[dia
ei\nai paqhvmata Cfr. CMt XIII, 2; HIer XIV, 7.
566 Orat XI, 3. In CMt X, 12 gli angeli di Mt 4, 11 sono coloro che sono al servizio
della rete gettata in mare (cfr. Mt 13, 47), nella vita degli uomini di ogni parte del
mondo in preda alle onde che nuotano nelle amare realt della vita (tr. Scognamiglio,
137, 135). Di segno analogo la ripresa del versetto matteano in CMt XV, 6, a proposito
della presentazione di fanciulli a Ges (Mt 19, 13-15): Non penso, infatti, che tali
bambini si accostino a Ges senza lassistenza degli angeli (ibi, 196).
Latto della preghiera 187
colui che serve (Lc 22, 27)567 . Se appunto in tale servizio consiste la sua
missione di salvezza verso gli uomini, quanto pi numerosi dobbiamo
pensare che siano gli angeli impegnati nellattuare il suo proposito. Dun-
que, il ministero degli angeli concorre allaccrescimento della Chiesa an-
cora pi di quello degli apostoli, come Origene ricorda rinviando agli an-
geli delle chiese nellApocalisse568 . E il loro servizio si compie incessan-
temente tra cielo e terra, conformemente alla visuale tracciata in Gv 1, 51
(In verit, in verit vi dico: vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire
e scendere sul Figlio delluomo), accessibile a quanti partecipano della
luce della conoscenza (Os 10, 12) essendo dotati di occhi spirituali569 .
Per rafforzare lidea lAlessandrino si serve della similitudine del me-
dico e delluomo ricco che esercitano il bene esaudendo rispettivamente
la preghiera del malato per la guarigione o quella del povero nel bisogno.

567 CMt XVI, 8 pone il servizio degli angeli in relazione al servizio del Figlio, rias-
sumendo in questo il suo compito salvifico: E infatti il Figlio delluomo non venne per
essere servito, ma per servire (Mt 20, 28), poich, anche se servito allorch degli angeli
gli si avvicinavano e lo servivano (Mt 4, 11) e inoltre servito da Marta (cfr. Lc 10, 40 ss.),
non per questo venne per essere servito. Venne infatti a visitare il genere umano per ser-
vire; e nel servire alla nostra salvezza, arriv fino al punto da dare la sua anima in ri-
scatto per molti (Mt 20, 28) (tr. Scognamiglio, 46).
568 Orat XI, 3 (323, 5-13): povsou" eijko;" ajggevlou" diakonou'nta" tw'/ Ihsou', bou-
lomevnw/ sunavgein tou;" uiJou;" Israh;l kata; e{na e{na (Is 27, 12) kai; ajqroivzein tou;" ajpo;
th'" diaspora'" (cfr. Gv 11, 52) touv" te foboumevnou" kai; ejpikaloumevnou" [<to; o[noma
kurivou> BKV 41, n. 6] (cfr. At 2, 21; Rm 10, 12-13; Gl 3, 5) swv/zonti, ma'llon tw'n ajpo-
stovlwn sunergei'n th'/ aujxhvsei kai; tw'/ plhqusmw'/ th'" ejkklhsiva", wJ" kai; proestw'tav"
tina" tw'n ejkklhsiw'n ajggevlou" levgesqai para; tw'/ Iwavnnh/ ejn th'/ Apokaluvyei ouj ga;r
mavthn oiJ a[ggeloi tou' qeou' ajnabaivnousi kai; katabaivnousi ejpi; to;n uiJo;n tou' ajnqrwvpou
(Gv 1, 51), oJrwvmenoi toi'" tw'/ fwti; th'" gnwvsew" pefwtismevnoi" ojfqalmoi'" (cfr. Os 10,
12). Oltre al parallelo con EM 28, circa linvocare il nome del Signore, cfr. special-
mente CC VIII, 34 (249, 19-26) che sottolinea il concorso della preghiera degli angeli con
quella degli uomini: Eij de; kai; plh'qo" poqou'men w|n filanqrwvpwn tugcavnein qevlomen,
manqavnomen Oti civliai ciliavde" pareisthvkeisan aujtw'/, kai; muvriai muriavde" ejlei-
touvrgoun aujtw'/ (Dn 7, 10), ai{tine" wJ" suggenei'" kai; fivlou" tou;" mimoumevnou" th;n eij"
qeo;n aujtw'n eujsevbeian oJrw'nte" sumpravttousin aujtw'n th'/ swthriva/ tw'n ejpikaloumevnwn
to;n qeo;n kai; gnhsivw" eujcomevnwn, ejpifainovmenoi kai; oijovmenoi aujtoi'" dei'n ejpakouvein
kai; w{sper ejx eJno;" sunqhvmato" ejpidhmei'n ejp eujergesiva/ kai; swthriva/ tw'n eujcomevnwn
qew'/, w|/ kai; aujtoi; eu[contai. Circa il ministero degli angeli alle chiese si veda HNm XI, 9
(nota 1094); XX , 3 (nota 1222); HLc XIII , 5-6 (80, 13-16): Esti de; eijpei'n ajpo; th'"
grafh'", o{ti duvo eijsi;n eJkavsth" ejkklhsiva" ejpivskopoi, oJ mevn ti" aijsqhto;" kai; blepovme-
no", oJ <dev> ti" nohtov". Tuschling non tiene conto di questi aspetti allorch, esaminando
le funzioni teologiche degli angeli in Origene (pp. 137-153), ridimensiona il rilievo sa-
cramentale dellassistenza degli angeli rispetto alla loro funzione educativa verso gli uomi-
ni (p. 148); n convince lasserita polarit fra cristologia e angelologia (p. 152), come si
pu constatare anche dallapproccio di Orat.
569 Cfr. FrIo 120. Il ricorso a Os 10, 12 (Seminate secondo giustizia, mieterete il
frutto della vita, illuminatevi con la luce della conoscenza) in Orat XI , 3 conferma lim-
portanza di questo versetto nellesegesi origeniana (cfr. Pennacchio, 39-43).
188 Parte prima, Capitolo quinto
Dietro il paragone sintravede, in filigrana, il paradigma scritturistico pi
volte ricordato dellarcangelo Raffaele, che si fa mediatore ed interprete
delle preghiere di Tobi e Sara570 . Ma il ragionamento di Origene punta
qui soprattutto sulla definizione di un modello sinergico, coerente con
lo schema conciliatore fra libero arbitrio, provvidenza e preghiera di Orat
VI, per cui lintervento benefico svolto dagli angeli ad esaudimento delle
preghiere degli uomini avviene sempre sotto la regia generale di Dio571.
A togliere ogni dubbio sul fatto che i benefici donati dai servitori di Dio
in risposta alle preghiere risalgono in ultima analisi al suo disegno provvi-
denziale, lAlessandrino ripropone limmagine del Dio Padre amoroso e
previdente, che sar poi la premessa della spiegazione del Padrenostro572,
mentre conclude la riflessione sul ministero angelico con un accenno alla
dottrina dellangelo custode. In tal modo, allazione condotta in generale
dagli angeli si unisce un ministero particolare, che si d anche in rapporto
alla preghiera del singolo a lui affidato, concorrendo alla sua orazione e
cooperando, per quanto gli possibile, ad ottenere i beni richiesti573 .

570 Lassociazione con lesempio del medico propiziata dal fatto che per Origene
gli angeli, al pari dei profeti, sono inviati da Dio per guarire gli uomini (Fernndez, 213-
215). In tal senso Prin I , 8, 1 riserva a Raffaele curandi et medendi opus; cfr. anche infra,
nota 749. Anche in Tertulliano troviamo il richiamo alla presenza dellangelo al momento
della preghiera (De orat. 16, 6 [nota 1643]).
571 Si veda la prosopopea divina di Orat VI, 4 (314, 15-22): kai; tw'/de mevn tini
toiw'/de ejsomevnw/ tovnde to;n a[ggelon leitourgo;n ejpipevmyw, ajpo; tou'de ajrxovmenon tou'
crovnou sunergei'n aujtou' th'/ swthriva/ kai; mevcri tou'de sunesovmenon, tw'/de de; tovnde,
fevre eijpei'n, to;n tou'de timiwvteron, tw'/ tou'de ejsomevnw/ kreivttoni. tou'de dev tino", meta;
to; ejpidedwkevnai eJauto;n lovgoi" toi'" diafevrousin uJpekluqhsomevnou kai; palindromhv-
sonto" ejpi; ta; uJlikwvtera, ajposthvsw tovnde to;n kreivttona sunergovn. Anche in riferi-
mento a questo passo Monaci Castagno 2000a, 9 nota: un punto fermo dellangelologia
origeniana [...] il ritenere il progresso spirituale dellanima accompagnato e sorretto da
una molteplicit di potenze che ne riflettono i diversi stadi.
572 Orat XI, 5 (324, 1-12): w{sper ou\n tau'ta ouj kata; suntucivan nomistevon givnesqai,
o{te givnetai, tou' hjriqmhkovto" pavsa" ta;" trivca" th'" tw'n aJgivwn kefalh'" (cfr. Mt 10, 30;
Lc 12, 7) aJrmonivw" sunagagovnto" para; to;n kairo;n th'" eujch'" to;n uJphrevthn ejsovmenon
tw'/ deomevnw/ th'" eujpoii?a" th'" ajp aujtou', eijsakouvonta tou' pistw'" dedehmevnou: ou{tw"
uJpolhptevon sunavgesqaiv pote tw'n ejpiskopouvntwn kai; leitourgouvntwn tw'/ qew'/ ajggevlwn
parousivan tw'/dev tini tw'n eujcomevnwn, i{na sumpneuvswsin oi|" oJ eujcovmeno" hjxivwsen. ajlla;
kai; oJ eJkavstou a[ggelo", kai; tw'n ejn th'/ ejkklhsiva/ mikrw'n, dia; panto;" blevpwn to; provsw-
pon tou' patro;" tou' ejn toi'" oujranoi'" (Mt 18, 10) kai; ejnorw'n tou' ktivsanto" hJma'" th;n
qeiovthta, suneuvcetaiv te hJmi'n kai; sumpravttei ejn oi|" dunatovn ejsti peri; w|n eujcovmeqa.
573 Ritroviamo lo stesso motivo, in polemica con la demonologia celsiana, in CC
VIII, 36 (251, 28-252, 4): kai; ouj pavqoi g a[n, ejpei; parembalei' a[ggelo" kurivou kuvklw/
tw'n foboumevnwn aujto;n kai; rJuvsetai aujtouv" (Sal 33[34], 8), kai; oJ a[ggelo" aujtou' dia;
panto;" blevpwn to; provswpon tou' ejn oujranoi'" patro;" (Mt 18, 10) ajei; ta;" eujca;" aujtou'
ajnafevrei dia; tou' movnou ajrcierevw" tw'/ qew'/ tw'n o{lwn, kai; aujto;" suneucovmeno" tw'/ uJp
aujtou' ejpitropeuomevnw/. Mt 18, 10 il costante punto di riferimento per chiarire la fun-
zione degli angeli riguardo ai singoli uomini (Monaci Castagno 2000a, 9, con il rinvio a
CMt XIII, 26-28).
Latto della preghiera 189
12. Una postilla sullo sbocco mistico dellatto orante: la contemplazione

I diversi abbozzi di unars orandi nel trattato origeniano racchiudono


una tale ricchezza di spunti che difficile darne conto in maniera adeguata.
In generale, si soffermano per sul processo cio sulle condizioni e le
modalit pi che sullesito di esso, anche se questo viene a essere prefigu-
rato sommariamente in vario modo. Origene accenna infatti ai benefici che
derivano dallatto orante in s o alle condizioni che ne favoriscono lesau-
dimento. Solo in un caso (Orat IX, 2) egli sembra voler andare oltre queste
considerazioni, pur importanti nellargomentazione complessiva di Orat e
riproposte del resto anche qui come punto di partenza, per disegnare quello
che potremmo definire uno sbocco mistico della preghiera, nel senso di
unintima unione o fusione con Dio nellanimo di chi prega. Il passo, ben
noto e sfruttato da quanti sostengono appunto la tesi di una mistica nel-
lAlessandrino, presenta interessanti punti di contatto non solo con lim-
magine dellatto orante tracciata a decenni di distanza nel confronto con
Celso (CC VII, 44) ma soprattutto con un luogo del Commento a Giovanni
(CIo XXXII, 27) dove Origene accenna al motivo della deificazione574 .
Muovendo dai due riferimenti scritturistici segnalati in preceden-
za per il gesto di levare gli occhi al cielo Sal 122(123), 1 e Sal 24

574 Orat IX , 2 (318, 21-319, 8): kai; oJ profhvth" de; Dauid polla; me;n kai; a[lla
fhsi;n e[cein eujcovmenon to;n a{gion. kai; tau'ta de; oujk ajkaivrw" paraqetevon, i{na fanera;
hJmi'n gevnhtai ta; mevgista wjfelou'sa, ka]n movnh nohqh'/, hJ scevsi" kai; eij" to; eu[cesqai
paraskeuh; tou' ajnateqeikovto" eJauto;n tw'/ qew'/. fhsi;n ou\n: pro;" se; h\ra tou;" ojfqalmouv"
mou, to;n katoikou'nta ejn tw'/ oujranw'/ (Sal 122[123], 1), kai; pro;" se; h\ra th;n yuchvn mou,
oJ qeov" (Sal 24[25], 1). ejpairovmenoi ga;r oiJ ojfqalmoi; tou' dianohtikou' ajpo; tou' prosdia-
trivbein toi'" ghi?noi" kai; plhrou'sqai fantasiva" th'" ajpo; tw'n uJlikwtevrwn kai; ejpi; to-
sou'ton uJyouvmenoi, w{ste kai; uJperkuvptein ta; gennhta; kai; pro;" movnw/ tw'/ ejnnoei'n to;n
qeo;n kajkeivnw/ semnw'" kai; prepovntw" tw'/ ajkouvonti oJmilei'n givnesqai, pw'" oujci; ta; mevgi-
sta h[dh w[nhsan aujtou;" tou;" [<ejpaivronta" tou;"> BKV 35, n. 6] ojfqalmou;", ajnakeka-
lummevnw/ proswvpw/ th;n dovxan kurivou katoptrizomevnou" kai; th;n aujth;n eijkovna metamor-
foumevnou" ajpo; dovxh" eij" dovxan (cfr. 2Cor 3, 18) ajporjrJoh'" ga;r nohtou' tino" qeiotevrou
metalambavnousi tovte, o{per dhlou'tai ejk tou': ejshmeiwvqh ejf hJma'" to; fw'" tou' proswv-
pou sou, kuvrie (Sal 4, 7). kai; hJ yuch; de; ejpairomevnh kai; tw'/ pneuvmati eJpomevnh tou' te
swvmato" cwrizomevnh kai; ouj movnon eJpomevnh tw'/ pneuvmati ajlla; kai; ejn aujtw'/ ginomevnh,
o{per dhlou'tai ejk tou': pro;" se; h\ra th;n yuchvn mou (Sal 24[25], 1), pw'" oujci; h[dh ajpo-
tiqemevnh to; ei\nai yuch; pneumatikh; givnetai Sullinterpretazione di questo locus si veda
supra, pp. 34-35, 44-45 e laccurata analisi di Monaci Castagno 1997, 135-138. Sul luogo
parallelo di CC VII , 44 si veda nota 833: la preghiera vi descritta platonicamente come
un volo dellanima, sia pure sotto la guida dello Spirito (ajll eij" to;n uJperouravnion genov-
meno" th'/ dianoiva/ tovpon, oJdhgouvmeno" uJpo; tou' qeivou pneuvmato"). HLc XXXVI, 1 (207,
14-18) riprende il motivo del deporre lanima per divenire spirito sulla falsariga del
modello paolino di 1Cor 6, 17: Porro qui adhaeret Domino, spiritus unus efficitur. Si
ergo, qui Domino copulatur, cum animalis esset, per id in spiritalem vertitur et unus est
spiritus, nos quoque perdamus animam nostram, ut adhaerentes Domino in unum spiritum
transformemur.
190 Parte prima, Capitolo quinto
(25), 1 575 , Origene sembra voler ripercorrere latto orante in tutto il suo
arco, richiamando dapprima i benefici connessi al fatto di accingersi a pre-
gare, specie grazie allesercizio di ajnacwvrhsi" che ci conduce lontano dal
mondo sensibile per aprirci al mondo trascendente. Si noti inoltre latten-
zione per gli aspetti psicologici della preghiera, che pi generalmente attira
diversi spunti in Orat e verr specialmente approfondita, nella successiva
letteratura eucologica, ad opera di Evagrio576. Luogo dellinteriorit oran-
te nel composto umano che per lAlessandrino formato da corpo, ani-
ma e spirito ed valorizzato qui specialmente per i due ultimi aspetti
la mente (oiJ ojfqalmoi; tou' dianohtikou'), identificata in generale nello
hJgemonikovn e designata altrove da termini equivalenti come nou'", kardiva
o diavnoia. Lo hJgemonikovn lorgano della virt, della preghiera e della
contemplazione 577 ; dato il suo rilievo, a giudizio di Gessel, sarebbe im-
possibile parlare in senso stretto di mistica, almeno intesa come annul-
lamento dellentit personale nellunione con Dio578.
Come ho gi avuto occasione di rimarcare, si tratta di uninterpreta-
zione un po riduttiva, dal momento che Orat IX , 2 lascia intravedere con
chiarezza i caratteri fondamentali dellantropologia spirituale di Origene,
sorretta dallidea dinamica del combattimento spirituale. Questo ha co-
me scopo lattuazione dellimmagine di Dio nelluomo portandolo cos
a realizzare la somiglianza con il Logos. una visione, dunque, che im-
plica una partecipazione per cos dire, in potenza ed in atto allessere

575 Cfr. p. 160 (sullutilizzo di Sal 122[123], 1, si veda infra, pp. 454-458)
576 Si veda Bertrand 1999 e infra, pp. 564 ss.
577 Dieser Begriff ist der Physik der alten Stoa entnommen. Nach dem stoischen
System hat die Seele acht Teile, die fnf Sinne, das Sprachvermgen, die Zeugungskraft
und als herrschenden und zentralen Teil das Hegemonikon. Origenes verwendet das He-
gemonikon von Rufin und Hieronymus mit principale cordis oder animae bersetzt
fr den oberen Teil der Seele wie fr den Nus (Gessel, 138-139). Il vocabolo adoperato
in Orat IX, 1 (318, 10-11): pa'san ajkovlaston kai; gunaikeivan uJpovmnhsin ejxorivsasan
ajpo; tou' hJgemonikou'; XXV, 1 (357, 9-10): qeou' me;n basileivan th;n makarivan tou' hJgemo-
nikou' katavstasin kai; to; tetagmevnon tw'n sofw'n dialogismw'n; XXIX, 2 (382, 15-16):
h{ti" ejsti;n oJmwnuvmw" [oJmwvnumo" BKV, 119 n. 9] w|/ ejgkatoikei' swvmati to; hJgemoniko;n, o}
kalei'tai kardiva; XXXI, 2 (396, 4-5): diegeivranta camovqen to; hJgemoniko;n kai; sthvsanta
aujto; pro;" to;n tw'n o{lwn kuvrion. Nella conoscenza profetica, lazione illuminatrice dello
Spirito si esercita sullo hJgemonikovn del profeta, senza che venga meno la consapevolezza
di s per via di una condizione estatica (cfr. Perrone 2004b, 246). HEx IX, 4 (242, 22-26)
indica lo hJgemonikovn come lorgano della partecipazione in Dio: Potest enim intra se
agere pontificatum pars illa quae in eo est pretiosior omnium, quod quidam principale cor-
dis appellant, alii rationabilem sensum aut intellectualem substantiam vel quocumque mo-
do appellari potest in nobis portio nostri illa per quam capaces esse possumus Dei. Cfr.
ancora FrLam 27 (248, 9-10) su Lam 1, 10: to; dhmiourghqe;n hJgemoniko;n ejpi; to; ei\nai
qeou' cwrhtiko;n kai; ajlhqe;" aJgivasma tou' boulomevnou nw/' kaqarw/' ejpanapauvesqai.
578 Origenes erlutert folglich an der angezogenen Stelle die zum Gebet ntige As-
kese des Beters und ihre Ntzlichkeit, nicht aber eine Depersonalisierung des Betenden
(Gessel, 138-139).
Latto della preghiera 191
della divinit attraverso il rapporto con il Verbo divino. Ora, questa parte-
cipazione, frutto del dono dello Spirito, se accolta positivamente dalluo-
mo, comporta una deificazione. Nel passo in esame lidea manifestata
in diverse maniere: 1. con lausilio del fondamentale riferimento scrittu-
ristico di 2Cor 3, 18; 2. con lutilizzo del termine ajporjrJohv (efflusso,
esalazione o emanazione) ad indicare lidea di una comunicazione
con il divino; 3. con la dinamica del rapporto fra anima e spirito, la prima
associandosi sempre pi intimamente al secondo al punto da identificarsi
con esso. In un contesto pi ampio, gli elementi raccolti da Orat trovano
un preciso riscontro lessicale con il vocabolario della deificazione, posto
in relazione allinterpretazione di 2Cor 3, 18, in CIo XXXII, 27579 . Il volto
di Mos, irradiato di luce dopo i suoi colloqui con Dio, immagine del-
lintelletto (nou'") che si totalmente purificato e si innalzato al di sopra
di ci che materiale, per attendere con la massima attenzione alla con-
templazione di Dio; come tale, lintelletto deificato da ci che esso
contempla. Dunque la contemplazione di Dio equivale alla deificazio-
ne dellanima, o meglio dellintelletto contemplante580.
La partecipazione alla gloria dellimmagine di Dio, al culmine del
cammino di progresso spirituale di cui la preghiera autentica manifesta-
zione, indicata in Orat IX, 2 dallutilizzo del termine ajporjrJohv che ritro-
viamo pi avanti nel commento al Padrenostro (Orat XXIII, 5; XXIV, 4) ,
corroborato dal ricorso a Sal 4, 7 ( stata impressa su di noi la luce del
tuo volto, Signore)581. Com detto espressamente, si tratta di una parte-

579 Su questa linea si era gi mosso Vlker (cfr. supra, p. 35). Per linterpretazione
origeniana di 2Cor 3, 18 si veda Crouzel 1961, 118.
580 CIo XXXII, 27, 338-339 (473, 29-34): ejpei; oJ kekaqarmevno" kai; uJperanaba;"
pavnta uJlika; nou'", i{na ajkribwvsh/ th;n qewrivan tou' qeou', ejn oi|" qewrei' qeopoiei'tai.
lektevon toiou'ton ei\nai to; dedoxavsqai to; provswpon tou' qewrhvsanto" to;n qeo;n kai;
oJmilhvsanto" aujtw/' kai; sundiatrivyanto" toiauvth/ qeva/, wJ" tou'to ei\nai tropikw'" to; de-
doxasmevnon provswpon Mwu>sevw", qeopoihqevnto" aujtw/' tou' nou' (tr. Corsini, 799, che
ricollega il passo con Orat XXVII, 13 osservando: Questa deificazione [qeopoiei'sqai]
rappresenta lo scopo di tutta quanta lazione del Logos e rappresenta la parte finale di tutto
il processo di assimilazione a Dio). Orat XXVII, 13 (371, 28372, 2) ricorre allidea di
deificazione a proposito del pane ejpiouvsio": ei|" para; pavnta" tou;" eijrhmevnou" ejsti;n
oJ ejpiouvsio" a[rto", peri; ou| eu[cesqai dei', i{na ejkeivnou ajxiwqw'men kai; trefovmenoi tw'/
ejn ajrch' / pro;" qeo;n (Gv 1, 1) qew'/ lovgw/ qeopoihqw'men. Come ricorda Martens, 91, la di-
vinizzazione o deificazione refers to God the Fathers bestowal of divinity on the Son
and Spirit, as well as on the cosmos. La prospettiva della deificazione qui tracciata
non pu prescindere dallo schema del rapporto nou'"-yuchv com disegnato da Prin II, 8,
3 (159, 1-2): quae (scil. anima) si reparata fuerit et correcta, redit in hoc, ut sit mens
(cfr. anche II , 8, 4 [162, 20-21] dove lanima, in riferimento al Cristo sofferente, vi indi-
cata quasi medium quiddam).
581 Orat XXIII, 5 (353, 11-13): oi|" ga;r [ouj T] koinwnei' aujto;" [aujtoi'" T] dovxa ti"
qeou' kai; duvnami" aujtou', kai;, i{n ou{tw" ei[pw, ajporjrJoh; th'" qeovthto" ejggivnetai aujtoi'";
XXIV , 4 (355, 13-17): tou'to gavr ejsti to; uJyou'n to; o[noma tou' qeou' ejpi; to; aujto; (Sal
192 Parte prima, Capitolo quinto
cipazione di ordine noetico che si d nel momento della contemplazio-
ne, ma limpiego di questo vocabolo si comprende alla luce della caratte-
ristica dottrina origeniana dei sensi spirituali582 . Latto della preghiera,
nel trascendimento del mondo sensibile e nel colloquio della mente con
Dio, conduce lorante alla contemplazione del suo mistero, mediante lil-
luminazione interiore di cui partecipano gli occhi dellanima583 . Questa
esemplata sul modello della contemplazione ininterrotta del Padre da
parte del Figlio, che per questi la sorgente della divinit, come lo a loro
volta, per gli esseri razionali deificati, la contemplazione del Verbo,
Immagine perfetta di Dio584.
Lo sbocco mistico cos raffigurato in Orat IX, 2 si completa con
una considerazione strettamente dipendente dalla visuale dellantropologia
spirituale di Origene: lidea di una trasformazione dellanima che,
sollevandosi in alto, seguendo lo spirito, ed anzi essendo nello spi-

33[34], 4) <o{te> metalabwvn ti" ajporjrJoh'" qeovthto" tw'/ uJpeilh'fqai ajpo; tou' qeou' kai;
kekrathkevnai tw'n ejcqrw'n, ejfhsqh'nai ptwvsei aujtou' mh; dunamevnwn, uJyoi' aujth;n th;n
duvnamin, h|" meteivlhce, qeou'. Il primo dei due passi pone un problema testuale: non si
comprende louj prima di koinwnei', a meno dintendere questo verbo per un livello pi
alto di comunione con Dio, come fa Koetschau accogliendo la correzione di P. Wendland:
oi|" ga;r ouj koinwnei' aujtov" (BKV, 81 n. 4). A parte le tre occorrenze di Orat, ritroviamo
il termine solo altre due volte in Origene: CC I, 48 (98, 19-25), a proposito dei sensi spiri-
tuali e dellispirazione profetica (oiJ makavrioi profh'tai th;n qeivan ai[sqhsin euJrovnte" kai;
blevponte" qeivw" kai; ajkouvonte" qeivw" kai; geuovmenoi oJmoivw" kai; ojsfrainovmenoi, i{n
ou{tw" ojnomavsw, aijsqhvsei oujk aijsqhth'/ kai; aJptovmenoi tou' lovgou meta; pivstew", w{st
ajporjrJoh;n aujtou' h{kein eij" aujtou;" qerapeuvsousan aujtouv", ou{tw" eJwvrwn a} ajnagrav-
fousin eJwrakevnai kai; h[kouon a} levgousin ajkhkoevnai kai; ta; paraplhvsia e[pascon, wJ"
ajnevgrafon); VII, 30, a proposito delle pietre preziose. Luso origeniano di un termine di
ascendenza platonica (infra, nota 644) non particolarmente frequente in Filone (4 occor-
renze) o nella prima letteratura cristiana (nessuna attestazione in Clemente Alessandrino)
pu essere forse apprezzato meglio alla luce del sinonimo ajpovrjrJoia, attestato con ben
maggiore frequenza. Delle 8 occorrenze in Origene, la maggior parte dipende dalluso di
Sap 7, 25 (un effluvio genuino della gloria dellOnnipotente). Si veda, ad esempio, CIo
XIII, 25, 153, dove ajpovrjrJoia concorre ad argomentare linferiorit del Figlio rispetto al
Padre: Egli infatti unimmagine della sua bont e splendore non gi di Dio ma della
sua gloria e della sua luce eterna, profluvio (ajtmiv") non gi del Padre ma della sua po-
tenza, emanazione (ajpovrjrJoia) genuina della sua gloria onnipotente, specchio immacolato
della sua attivit (tr. Corsini, 493). Il passo potrebbe dunque fornire il modello di una
partecipazione non consustanziale alla divinit.
582 Cfr. Rahner. Si veda inoltre lapplicazione di Sal 4, 7 alla condotta etico-spiri-
tuale in HIer VI , 1 (48, 7-9): Eij ou\n bouvlei kai; su; ta;" ajkti'na" tw'n nohtw'n ojfqalmw'n
tou' qeou' fqavnein ejpi; sev, ajnavlabe ta;" ajretav".
583 Sulla visuale origeniana della contemplazione si veda Arnou e Paddle.
584 Cfr. CIo II, 2, 18 (55, 3-8): Alhqino;" ou\n qeo;" oJ qeov", oiJ de; kat ejkei'non mor-
fouvmenoi qeoi; wJ" eijkovne" prwtotuvpou: ajlla; pavlin tw'n pleiovnwn eijkovnwn hJ ajrcev-
tupo" eijkw;n oJ pro;" to;n qeovn ejsti lovgo", o}" ejn ajrch'/ h\n, tw'/ ei\nai pro;" to;n qeo;n ajei;
mevnwn qeov" (Gv 1, 1), oujk a]n d aujto; ejschkw;" eij mh; pro;" qeo;n h\n, kai; oujk a]n meivna"
qeov", eij mh; parevmene th'/ ajdialeivptw/ qeva/ tou' patrikou' bavqou".
Latto della preghiera 193
rito, depone la sua natura di anima diventando spirituale585 . Anche se
permane unambiguit voluta sullesatta nozione di spirito (se cio si
debba intendere dello Spirito santo o dello spirito delluomo)586 , pare qui
preferibile laccezione che rinvia al composto umano, descritto con chia-
rezza nella sua tripartizione di corpo, anima e spirito. vero daltronde
che lo spirito delluomo, nel pensiero dellAlessandrino, si rapporta co-
munque allo Spirito santo, come lelemento costitutivamente legato in lui
alla sfera del divino perch sede dellimmagine di Dio. Per analogia con
lo Spirito santo maestro, anche lo spirito umano svolge il ruolo di istru-
zione e guida, venendo dunque ad assimilarsi alla coscienza (o allo hJge-
monikovn, come si visto prima)587 . Quando lanima, a mezzo fra carne e
spirito, distaccandosi dal corpo segue lo spirito, realizza la propria vo-
cazione alla comunione con Dio facendo spazio in s allinabitazione del
Padre e del Figlio nello Spirito588 . Guardando dunque insieme al proces-
so e allesito tracciati da Origene nella sua descrizione dellatto orante
possiamo ancora una volta constatare la compattezza della sua concezione
della preghiera, dentro il quadro di una dottrina spirituale nettamente de-
finita nelle sue linee essenziali. Queste torneranno ad emergere nitidamen-
te anche nella spiegazione del Padrenostro, oggetto della seconda sezione
del trattato. Andando oltre latto orante nella sua dimensione momenta-
nea e particolare, linterpretazione origeniana allarga lo sguardo alla situa-
zione vitale di colui che agisce nel mondo sotto lo sguardo di Dio, dal
momento che essa fa della preghiera di Ges al Padre il manifesto della
vita del cristiano.

585 Orat IX, 2 (319, 4-8): kai; hJ yuch; de; ejpairomevnh kai; tw'/ pneuvmati eJpomevnh tou'
te swvmato" cwrizomevnh kai; ouj movnon eJpomevnh tw'/ pneuvmati ajlla; kai; ejn aujtw'/ ginomev-
nh, o{per dhlou'tai ejk tou': pro;" se; h\ra th;n yuchvn mou (Sal 24[25], 1), pw'" oujci; h[dh ajpo-
tiqemevnh to; ei\nai yuch; pneumatikh; givnetai La formulazione colpisce anche per linu-
suale cura del crescendo retorico. Si veda anche il parallelo di HNm XXIII, 5 (218, 3-8):
Anima enim cum totam se sociaverit Domino et in splendorem lucis eius tota concesserit
nihilque omnino terrenum cogitat, nihil mundanum requirit nec hominibus placere studet,
sed totam se sapientiae lumini, totam calori sancti Spiritus mancipaverit subtilis et spirita-
lis effecta, quomodo cerni ab hominibus aut humanis potest conspectibus apprehendi?.
586 Sulla distinzione fra spirito delluomo e Spirito di Dio si veda CMt XIII, 2.
Cfr. anche Beyer Moser, 67.
587 Beyer Moser, 63: Spirit, in its role as guide, or governor, of the soul, bears
some similarity to the Stoic hJgemonikovn, although it is not a direct translation of the con-
cept. The Stoic hJgemonikovn, like Origens idea of spirit-conscience, rules over the soul.
588 Beyer Moser, 65: The blessed soul, which has thus joined itself to its spirit, is
enlarged so that Gods own Word and Spirit come to dwell within. Cfr. anche HGn I, 15,
dove Origene approfondisce lunione dellanima con lo spirito in rapporto a Gn 1, 27
(Li fece maschio e femmina).
CAPITOLO SESTO

LA PREGHIERA DEL SIGNORE VITA DEL CRISTIANO


Linterpretazione del Padrenostro

Se vuoi pregare, hai bisogno di Dio, che dona


la preghiera a chi lo prega. Invocalo dunque di-
cendo: Sia santificato il tuo nome, venga il tuo
regno, cio lo Spirito santo e il tuo Figlio Uni-
genito; cos infatti ha insegnato, esortando ad
adorare il Padre, in Spirito e Verit
(Evagrio)

1. Preghiera e vita: un modello per loratio continua

Se latto orante intrinsecamente, per Origene, un momento di co-


munione alieno da ogni vocazione intimistica, non pu neppure essere
un momento puntuale ed isolato dellesistenza, separato dalla situazione
vitale di colui che prega. Sia in Orat sia in altri luoghi della sua opera
lAlessandrino non perde mai di vista questa esigenza, richiamando lesor-
tazione di Paolo a pregare senza interruzione (1Ts 5, 17) e presentan-
dola come unindicazione conforme alle istruzioni di Ges589. Questo
insegnamento, che compendiato nella Preghiera del Signore, non pre-
scrive dunque di riservare un tempo particolare per la preghiera onde pro-
nunciare determinate espressioni, perch lappello alla comunione orante

589 Il versetto citato una prima volta in Orat XII, 1 (324, 17-20), nel contesto ago-
nico del confronto con le potenze demoniache: to;n ejnievmenon nohto;n ijo;n ajpo; tw'n ajnti-
keimevnwn dunavmewn tw'/ hJgemonikw'/ tw'n ajmelouvntwn tou' eu[cesqai kai; to; ajdialeivptw"
proseuvcesqe ajkolouvqw" tai'" tou' Ihsou' protropai'" eijrhmevnon para; tw'/ Pauvlw/ mh;
fulattovntwn (cfr. anche Orat XII, 2; XXII, 5). Oltre a richiamarla in HGn XI, 2 (si veda
nota 590), lesortazione paolina ripresa in HEx XI, 4 (256, 10-11), a commento della
preghiera di Mos nella battaglia con Amalec, proponendo lassociazione fra agire e pre-
gare: Eleva et tu manus ad Deum, imple mandatum quod Apostolus dicit: Sine intermis-
sione orate (1Ts 5, 17). In HGn X, 1 (94, 17-18) si sottolinea invece il mancato adempi-
mento del precetto per chi non partecipi alla preghiera della comunit: vos, qui ad oratio-
nem non convenitis, quomodo completis sine intermissione quod semper omittitis?. Per
altre citazioni si veda CMt XIV , 25 (nota 1053); HNm XXIII, 3. La menzione isolata di ajdia-
leivptw" pu anche alludere allesempio della preghiera incessante di Paolo in Rm 1, 9
(chiedendo sempre nelle mie preghiere che per volont di Dio mi si apra una strada per
venire fino a voi), com esplicitato peraltro da CRm I, 11 sempre in relazione a 1Ts 5, 17
(nota 961).
196 Parte prima, Capitolo sesto
con Dio investe tutta quanta la vita dellindividuo 590 . Assecondarlo con-
cretamente pone per dei problemi evidenti, di cui Origene ben consape-
vole e che emergono pi acutamente come si potuto osservare in pre-
cedenza specialmente nel delicato rapporto fra la vita coniugale e la pre-
ghiera591. Ora, secondo il modello proposto nel trattato, da vedersi anche
come la sintesi pi organica di spunti diversi suggeriti in altra sede, lora-
tio continua pu essere attuata unicamente grazie allintreccio fecondo e
costante tra preghiera e azione o, per usare i termini pi consueti della tra-
dizione ascetico-mistica, fra qewriva e pra'xi"592 .
Pi che una combinazione fra lagire e la preghiera orale tout
court come desume un po riduttivamente Vlker basandosi su Orat
XII, 2 , dallinsieme dellargomentazione sviluppata nel trattato si deve
piuttosto affermare che latto della preghiera in quanto tale (a prescindere,
cio, dal fatto che essa sia vocale o silenziosa) deve essere assecondato
da una condotta di vita ispirata da esso. Del resto in Orat non trapela una
preoccupazione significativa per la pratica della preghiera come osservan-
za religiosa, dipendente da formule prestabilite o collegata a momenti
fissi, anche se la preghiera si d naturalmente sempre in una circostanza
temporale determinata (kairov")593 . vero che Origene raccomanda che si
preghi almeno tre volte al giorno e non si passi la notte senza preghiera,
ma lo dice come en passant per il rispetto che sente di dover manifestare
verso una tradizione testimoniata dalla Bibbia e recepita a sua volta dalla
Chiesa primitiva, senza farne comunque unindicazione prescrittiva o vin-
colante594 . Invece, se le azioni virtuose, derivanti dallosservanza dei

590 Orat XXII, 5 (nota 596). In HGn XI , 2 (102, 15-19), partendo dalletimologia di
matrice filoniana Chettura = qumivama (su cui si veda supra, nota 2), Origene indica la con-
dotta di vita senza peccato come una preghiera ininterrotta: Si quis ergo vestrum est,
in quo odor peccati iam nullus est sed odor iustitiae, suavitas misericordiae, si quis sine
intermissione orando (1Ts 5, 17) offert Domino semper incensum et dicit: dirigatur ora-
tio mea sicut incensum in conspectu tuo, elevatio manuum mearum sacrificium vesperti-
num (Sal 140[141], 2), hic Chetturam duxit uxorem. Lequivalenza tra le preghiere e le
opere sante ribadita da HLv IX, 8 in rapporto al Signore.
591 Cfr. supra, p. 173. Del resto, come mostra HReL I, 9 (infra, nota 1096), im-
possibile prendere alla lettera il precetto, a causa delle necessit vitali.
592 Secondo Vlker, 213, lAlessandrino fornisce tre diverse spiegazioni delloratio
continua (cfr. supra, nota 95). Di fatto, la seconda spiegazione (lequivalenza preghiere =
azioni) per la quale Vlker indica CMt XVI, 22 si risolve nella terza (cfr. nota 595).
593 Cfr. Orat IX, 1 (318, 3-4): kata; to;n kairo;n, ejn w|/ ti" eu[cetai; XI , 4 (323, 14.
28): par aujto;n ou\n to;n kairo;n th'" eujch'" [...] kata; to;n kairo;n th'" eujch'"; XI, 5 (324.3):
para; to;n kairo;n th'" eujch'"; XIX, 2 (341, 29): kata; to;n kairo;n th'" eujch'".
594 Orat XII, 2 (nota 595). Testimone biblico delle tre ore di preghiera durante il
giorno , in primo luogo, Daniele (Dn 6, 11: tre volte al giorno si metteva in ginocchio a
pregare e lodava il suo Dio), mentre Pietro attesta la preghiera di mezzogiorno (At 10, 9:
Pietro sal verso mezzogiorno sulla terrazza a pregare) e Davide quelle del mattino (Sal
5, 3: Al mattino esaudirai la mia voce, al mattino mi presenter a te e tender lo sguar-
La Preghiera del Signore vita del cristiano 197
comandamenti del Signore, possono essere considerate alla stregua di una
preghiera come dichiara lAlessandrino , allora lintera vita del santo
diviene una grande preghiera intrecciata 595 .
Origene si riallaccia a questa stessa prospettiva nel commento al Pa-
drenostro, allorch spiega lindirizzo della Preghiera del Signore a partire
dalla sua comprensione profonda dellatto orante: pertanto, siamo chia-
mati a dire Padre nostro che sei nei cieli (Mt 6, 9) non semplicemente
con le parole della preghiera, n in momenti distinti e separati, bens con
limpegno costante di vita manifestato da colui che si propone di essere
autenticamente un figlio di Dio596 . In questa asserzione troviamo una

do) e della sera (Sal 140[141], 2: e mie mani alzate come sacrificio della sera). Quanto
alla notte, Origene non ritiene conveniente trascorrerla senza pregare e cita, ad esempio,
Sal 118(119), 62 (Nel mezzo della notte mi alzavo a confessarti) e At 16, 25 (Verso
mezzanotte Paolo e Sila, in preghiera, cantavano inni a Dio). Contra Jay 115, tengo
conto qui delle osservazioni di Koetschau (BKV, 44 n. 5), che considera corrotto il testo
trdito e integra cos Orat XII, 2 (325, 11): th;n pro; aujtou' kai; para; tou' Dauid legomevnhn:
<th'" prwvth" ajnagegrammevnh" ejn tw/'>, rinviando come citazione implicita a Sal 54(55),
17 (A sera, al mattino e a mezzogiorno racconter e annuncer). Appare comunque sin-
tomatico che nel complemento conclusivo, contrariamente al programma dichiarato ini-
zialmente (XXXI, 1), manchi del tutto una trattazione sui tempi da dedicare alla preghiera.
Alla luce di questo esito anche il cenno di II, 2 sui kairoiv come parte del problema della
preghiera sembrerebbe piuttosto rinviare implicitamente al motivo delloratio continua.
Anche la riflessione sulle veglie notturne in CMtS 60, sebbene lasci intravedere quattro
tempi da sera a mattina, tutta imperniata su unapplicazione di tipo morale. Invece in
CC VI , 41 (110, 9-12) Origene rinvia a ore stabilite di preghiera, distinguendo fra giorno
e notte: oiJ kata; cristianismo;n dia; tou' Ihsou' to;n ejpi; pa'si qerapeuvonte" qeo;n kai;
biou'nte" kata; to; eujaggevlion aujtou' tai'" prostacqeivsai" te eujcai'" sunecevsteron kai;
deovntw" nukto;" kai; hJmevra" crwvmenoi. Circa gli sviluppi protocristiani delle ore di pre-
ghiera fino allampia codificazione (con giustificazione cristologica) attestata dalla Tradi-
zione apostolica (Pseudo-Ippolito. Tradizione apostolica, 68-69), cfr. Chadwick, 47-49;
Bradshaw; Bradshaw 2003; Ruggiero; Phillips. Nella tradizione rabbinica compare fra
laltro lidea che i tempi della preghiera dIsraele corrispondono a quelli della liturgia an-
gelica della Qedushah (Tuschling, 198). In Clemente Alessandrino, Strom. VII , 7, 40, 3-4,
come pure in Tertulliano, De orat. 25 e Cipriano, De dom. or. 34, le tre ore di terza, sesta
e nona hanno gi una valenza trinitaria (si vedano rispettivamente le note 1633 e 1782).
595 Orat XII, 2 (324, 25-325, 5): ajdialeivptw" de; proseuvcetai, kai; tw'n e[rgwn th'"
ajreth'" h] tw'n ejntolw'n tw'n ejpiteloumevnwn eij" eujch'" ajnalambanomevnwn mevro", oJ sun-
avptwn toi'" devousin e[rgoi" th;n eujch;n kai; th'/ eujch'/ ta;" prepouvsa" pravxei". ou{tw ga;r
movnw" to; ajdialeivptw" proseuvcesqe ejkdevxasqai dunavmeqa wJ" dunato;n o]n eijrhmevnon,
eij pavnta to;n bivon tou' aJgivou mivan sunaptomevnhn megavlhn ei[poimen eujchvn: h|" eujch'"
mevro" ejsti; kai; hJ sunhvqw" ojnomazomevnh eujch;, oujk e[latton tou' tri;" eJkavsth" hJmevra"
ejpitelei'sqai ojfeivlousa. Si confronti CMt XVI, 22 (551, 2-7): oujde;n ga;r a[llo dei' ei\nai
ejn ejkklhsiva/ qeou' h] eujch;n pavsh" aJgiva" pravxew" kai; prokaloumevnh" th;n tou' qeou' ejpi-
skophvn, eij" eujch;n para; qew/' logizomevnh", kaqo; kai; to; ajdialeivptw" proseuvcesqe (1Ts
5, 17) dunatovn ejstin. Contra Vlker, dato il contesto del passo, si deve assumere anche
qui lo schema preghiera-azione di Orat (cfr. infra, p. 354).
596 Orat XXII, 5 (349, 16-20): mh; levxei" toivnun nomivswmen didavskesqai levgein
hJma'" e[n tini ajpotetagmevnw/ tou' eu[cesqai kairw'/: ajll eij sunivemen tw'n hJmi'n proexeta-
198 Parte prima, Capitolo sesto
chiave di lettura essenziale per introdurci allinterpretazione origeniana
del Padrenostro e al tempo stesso un indizio fondamentale dello stretto
raccordo fra la prima e la seconda sezione del trattato.

2. Il Padrenostro e il paradigma della preghiera spirituale

C unaltra chiave di lettura, utile a comprendere il combattimento


(a\qlo") ingaggiato a suo dire da Origene nella seconda sezione del trat-
tato, che ci aiuta anchessa a intravedere lunit ideale con la prima ed a
riconoscere cos la continuit nelle linee portanti597. il paradigma della
preghiera spirituale, tracciato in sostanza nella prima parte dello scritto,
ma che adesso trova ulteriori riscontri: se lAlessandrino ha potuto defini-
re preghiere veramente spirituali le preghiere degli oranti dellAntico
Testamento, una tale caratterizzazione si addice a fortiori per la preghiera
di Ges al Padre598 . Per metterla meglio a fuoco in questo senso si presta-
vano, in particolare, anche le istruzioni preliminari che costituiscono il
prologo al Padrenostro nel Vangelo di Matteo (Mt 6, 5-8). Interpretando
la pericope (Orat XVIII-XX) ai fini dillustrare latteggiamento esteriore e
le disposizioni interiori dellorante, Origene pi che polemizzare diretta-
mente con le distinte tradizioni religiose simboleggiate emblematicamente
dai due stereotipi negativi che il testo matteano contrappone al modo di
pregare secondo linsegnamento del Signore, si preoccupa semmai di trac-
ciare il proprio modello, alternativo sia alla maniera giudaica sia alla
maniera pagana599.
Di conseguenza, la gerarchizzazione accennata dallAlessandrino
fra i diversi modi di pregare non risponde principalmente ad un intento
polemico-apologetico, mirante a rivendicare il primato della forma cristia-
na (come avverr piuttosto con il Contro Celso nei confronti dei pagani e
come riscontriamo, ad esempio, nel De oratione di Tertulliano), ma riflette
invece la preoccupazione di depurare la preghiera dei cristiani da quegli
aspetti che lavvicinano ai due atteggiamenti da respingere. In altre paro-
le, se possiamo parlare di uno sforzo identitario in Orat, esso sembre-
rebbe esercitarsi pi ad intra che ad extra600. Inoltre, a sostenere lindivi-

sqevntwn eij" to; ajdialeivptw" proseuvcesqai, pa'" hJmw'n oJ bivo" ajdialeivptw" proseuco-
mevnwn legevtw tov: pavter hJmw'n oJ ejn toi'" oujranoi'" (Mt 6, 9).
597 Orat XVIII, 1 (cfr. supra, p. 57 e nota 163).
598 Orat II, 5 (cfr. supra, p. 130 e nota 384).
599 La discussione esegetica contemporanea su Mt 6, 5-8 oscilla fra il riconosci-
mento dellautenticit gesuana (come, ad esempio, Philonenko, 17) o la ripresa di una fonte
giudaica, sia pure focalizzando il tema della preghiera non pi solo in rapporto agli uJpo-
kritaiv ma anche agli ejqnikoiv (si veda Mller K. e Scrofani).
600 Ho esaminato la questione dei riflessi identitari in Perrone 2004a, 283-286.
Concorda, in sostanza, con tale conclusione anche Buchinger.
La Preghiera del Signore vita del cristiano 199
duazione del Padrenostro come la preghiera spirituale per eccellenza,
aldil del preambolo introduttivo (Mt 6, 5-8), contribuisce in generale
loperazione esegetica condotta da Origene sui testi di Matteo (Mt 6, 9-
11) e di Luca (Lc 11, 2-4) che si sviluppa allinsegna della sua ermeneu-
tica spirituale601. Questa fa sentire il suo peso soprattutto nella spiega-
zione della quarta petizione, dove la domanda del pane ejpiouvsio" (Mt 6,
11; Lc 11, 3) prescinde per lAlessandrino da qualunque aggancio con gli
aspetti materiali (Orat XXVII).
Ma come abbiamo notato anche nel capitolo precedente illustrando
le modalit dellatto orante, la spiritualizzazione del Padrenostro nellin-
terpretazione origeniana non comporta mai la perdita dei contatti con le
situazioni vitali. Anzi, se vero che lermeneutica spirituale si applica in
forma particolarmente intensa (com ovvio aspettarsi) sulle tre petizioni
iniziali, che riguardano appunto il rapporto pi immediato delluomo con
Dio, e successivamente sulla quarta domanda, il commento alle petizioni
residue immette nella spiegazione dellAlessandrino un flusso inatteso di
richiami alle condizioni di vita e alle situazioni concrete pi diverse602. Ci
assume anche un preciso riflesso letterario, dal momento che la spiegazio-
ne delle prime tre petizioni condotta da Origene in termini pi rapidi di
quanto non avvenga per le restanti domande, sulle quali si sofferma invece
assai lungamente603 . Lo spazio dedicato alle ultime tre petizioni salta an-
cor pi agli occhi, se lo si pone a confronto con la trattazione sviluppata
da Tertulliano nel de oratione, che paradossalmente ci appare squilibrata
a vantaggio delle prime tre petizioni, nonostante lindole del Cartaginese
sia in genere ben lontana dallafflato spiritualistico tipico dellAlessan-
drino604. Lintenzione panoramica della spiegazione di Origene, che si
manifesta a pi riprese nel segno di unattenzione sorprendentemente mi-
nuta ai bisogni, ai compiti e alle prove delluomo allora da vedere nella
luce di quellimpegno fondamentale per stabilire un nesso profondo tra

601 Da questo punto di vista valgono, in parte, anche per linterpretazione del Pa-
drenostro le considerazioni espresse in precedenza circa le preghiere degli oranti veterote-
stamentari (cfr. supra, pp. 142 ss.). Limportanza della dimensione ermeneutica opportu-
namente riconosciuta da Buchinger, 325: Bei Origenes konstituiert nicht der Gebetsvoll-
zug als solcher, sondern das rechte Verstndnis des Vaterunsers christliche Identitt.
Diese Identitt zeigt sich im hermeneutischen Profil der Vaterunsererklrung; als deren
Konstituenten lassen sich Prinzipien identifizieren, die jenseits und vor aller Exegese ein-
zelner Texte die geistige Identitt der Christen prgen.
602 Si spiega cos anche la diversa ripartizione adottata da Bertrand, 477, che acco-
muna sotto lo stesso titolo lesegesi delle prime quattro petizioni (cfr. supra, nota 188).
603 Per una visuale complessiva degli argomenti trattati, si veda Koetschau, LXXIX -
LXXX. Il classico lavoro sullinterpretazione origeniana del Padrenostro rimane Stritzky;
cfr. anche Scognamiglio.
604 Cfr. rispettivamente de oratione 2-5 e 6-9 e la trattazione al riguardo (infra,
nota 1631).
200 Parte prima, Capitolo sesto
preghiera e vita, fra atto orante e condotta esistenziale, su cui simpernia
come abbiamo anticipato il raccordo fra la prima e la seconda sezione
del trattato.

3. Un compito difficile: la via stretta del cristiano

Conforme alla sua prassi abituale di esegeta che valorizza il testo sa-
cro fin nei minimi particolari, Origene sviluppa la spiegazione della Pre-
ghiera del Signore parola per parola, a partire dalla pi ampia redazione
matteana, ma tenendo presente di seguito anche quella lucana. Lo scrupolo
filologico dellinterprete particolarmente evidente nella discussione ri-
guardo alle due versioni del Padrenostro, riportate entrambe in apertura
(Orat XVIII, 1) ove Origene propende per lipotesi di preghiere distinte,
sia pure con elementi comuni ad entrambe, in ragione dei loro contesti di-
versi (Orat XVIII, 2-3)605 , come pure nellesame approfondito dellhapax
neotestamentario ejpiouvsio", che d luogo a due interpretazioni diversa-

605 La quaestio sollevata dalla diversit dei due testi risolta assai rapidamente, in
ragione dellevidente affinit che li accomuna (e forse anche della particolare economia
letteraria di Orat). Ci non toglie che il metodo zetetico venga messo in luce sia dallenun-
ciazione del problema (Orat XVIII, 2 [340, 10-12]: kai; pro; pavntwn ge parathrhtevon o{ti
oJ Matqai'o" kai; oJ Louka'" dovxaien a]n toi'" polloi'" th;n aujth;n ajnagegrafevnai uJpote-
tupwmevnhn pro;" to; dei'n ou{tw" proseuvcesqai proseuchvn) che dalla sua soluzione (XVIII,
3 [340, 25]: lektevon de; pro;" tou;" ou{tw" uJpolambavnonta"). Origene risponde, in primo
luogo, che le due versioni posseggono s tratti comuni, ma anche aspetti diversi; in secon-
do luogo, esse risultano pronunciate in contesti differenti: come parte del Discorso della
montagna in Matteo (richiamato con la citazione di Mt 5, 1-2) e dietro richiesta di un di-
scepolo, che aveva visto Ges pregare, in Luca (Lc 11, 1: Signore, insegnaci a pregare,
come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli). Se ci sembra rafforzare laporia,
prelude in realt alla prima ipotesi di spiegazione: identico il significato della preghiera,
recitata semplicemente da Ges in contesti diversi, supponendo che il discepolo di Lc 11,
1 non fosse stato presente alla prima occasione. Ma subito Origene si chiede se non sia
meglio supporre due preghiere diverse con tratti comuni (XVIII, 3 [341, 8-9]: mhv pote de;
bevltion h\/ diafovrou" nomivzesqai ta;" proseuca;", koinav tina ejcouvsa" mevrh). La soluzio-
ne qualificata pi positivamente, sia pure in via ipotetica, risponde al metodo di quaestio
et responsio (cfr. Perrone 1994c). Del resto, pi volte, nel corso del trattato, Origene pro-
cede in forma di quaestio, cio formulando un problema con un ventaglio di possibili
spiegazioni (cfr. ad esempio lesegesi della prima petizione in Orat XXIV, 1; o la discus-
sione sullespressione come in cielo cos in terra in XXVI , 3 ss.). Si noti ancora la di-
stinzione fra imperativo e ottativo, a proposito della formulazione delle prime tre doman-
de, in Orat XXIV, 5 (356, 9-10), in polemica con linterpretazione di Taziano per cui Dio
wJ" eujxamevnou ma'llon h[per prostavxanto" genhqh'nai to; fw'". Non manca nemmeno
lattenzione alla specificit ebraica del greco biblico, come mostra la distinzione fra es-
sere tribolati (qlivbesqai) e essere oppressi (stenocwrei'sqai), in rapporto rispettiva-
mente a situazioni derivanti da condizionamento esterno o da libera scelta (Orat XXX, 1
[393, 18-20]): la formula qui adoperata (katav ti pavtrion par Ebraivoi") indizio dei
contatti con lesegesi giudaica.
La Preghiera del Signore vita del cristiano 201
mente calibrate (Orat XXVII, 7-13). Anche per questi aspetti del suo com-
mento Origene si guadagnato lammirazione dei lettori ed un rispetto
avvertibile perfino negli esegeti contemporanei, bench ovviamente non
siano sempre disposti ad accoglierne le conclusioni606. Ci vale in prima
istanza per la spiegazione avanzata a proposito della versione pi concisa
di Luca, che secondo lAlessandrino sarebbe dovuta al fatto di essere
destinata ad un discepolo, cio ad una persona spiritualmente pi matura,
mentre in Matteo il Padrenostro proposto da Ges alle folle, che come
tali sono bisognose di un ammaestramento pi perspicuo. Orat accenna
a questa ipotesi solo a conclusione del commento, onde motivare cos
lassenza della settima petizione matteana in Luca, mentre nellesegesi
diretta del testo lucano tramandataci dalle catene Origene lillustra pi
diffusamente, riflettendo anche sulla diversit del terzo vangelo dal primo
per il posto che vi occupa il tema del regno di Dio607.
Muovendo preliminarmente dallintroduzione al Padrenostro in Mt
6, 5-8, Origene rivisita limmagine della preghiera gi tracciata nella
prima parte dello scritto e vi aggiunge altri spunti interessanti che, sulla
falsariga delle parole di Ges, mirano a rafforzare il profilo distinto della
preghiera cristiana (Orat XIX- XXI)608. Come si detto, questa diversa iden-
tit, pi che commisurarsi polemicamente con la preghiera di giudei e pa-
gani in quanto tali, si afferma prendendo le distanze da quegli atteggia-
menti spirituali che il testo evangelico attribuisce simbolicamente agli uni
e agli altri: il cristiano , da un lato, messo in guardia dal correre il rischio
degli ipocriti, che esibiscono la loro preghiera nelle sinagoghe e agli
angoli delle piazze (Mt 6, 5) e vanno cos in cerca del proprio vanto pi
che della gloria del Signore; dallaltro lato, non deve moltiplicare le parole
della preghiera rivolgendosi a Dio come il pagano, al fine di ottenere
benefici materiali (Mt 6, 7). Se il testo evangelico critica apertamente
lostentazione pubblica della preghiera, Origene vi legge anche lennesimo
avvertimento di Ges contro la passione deleteria dellamor di gloria

606 Ad esempio, si veda Cullmann, 71 ss. Anche Philonenko tiene conto dellese-
gesi origeniana e in qualche caso la fa propria, come si vedr in seguito.
607 Orat XXX, 1 (393, 5-9): Dokei' dev moi oJ Louka'" dia; tou' mh; eijsenevgkh/" hJma'"
eij" peirasmo;n (Mt 6, 13a) dunavmei dedidacevnai kai; to; rJu'sai hJma'" ajpo; tou' ponhrou'
(Mt 6, 13b). kai; eijkov" ge pro;" me;n to;n maqhth;n, a{te dh; wjfelhmevnon, eijrhkevnai to;n
kuvrion to; ejpitomwvteron, pro;" de; tou;" pleivona", deomevnou" tranotevra" didaskaliva",
to; safevsteron. Per la spiegazione approfondita si veda FrLc 174 (cfr. p. 72 e infra, note
1083, 1582).
608 Lautore trova in Mt 6, 5-8 la conferma dello schema adottato in precedenza per
la propria esposizione: a) le disposizioni preparatorie; b) latto conseguente della preghiera
(Orat XIX, 1 [341, 12-15]: Epei; de;, wJ" ejn toi'" ajnwtevroi" eijrhvkamen, prw'ton dei' kata-
sth'naiv pw" kai; diateqh'nai to;n proseucovmenon ei\q ou{tw" eu[xasqai, i[dwmen pro; th'"
ejgkeimevnh" proseuch'" para; tw'/ Matqaivw/ tou;" peri; aujth'" uJpo; tou' swth'ro" hJmw'n
ajphggelmevnou" <lovgou">).
202 Parte prima, Capitolo sesto
(filodoxiva)609, il quale guarda solo al tornaconto individuale anzich alla
comunit o meglio alla comunione con Dio, e vi contrappone le parole
di Gv 5, 44 (E come potete credere, voi che prendete gloria gli uni dagli
altri, e non cercate la gloria che viene da Dio solo?). Per un paradosso
solo apparente, secondo Origene, lesibizionismo orante nega in partenza
la natura autentica di questo atto con la sua vocazione di comunione610 .
Alludendo nel Commento a Giovanni allo stesso luogo del quarto
vangelo, lAlessandrino rileva il contrasto fra un simile atteggiamento e
la preghiera al Padre: E come pu onorare il Padre chi ricerca la gloria
umana o il denaro o la ricchezza terrena o la bellezza che viene dalla carne
e dal sangue e, in una parola, tutto ci che appartiene alla materia e alla
corruzione?611. In sottofondo si pu cogliere nuovamente il motivo della
gloria di Dio, la sola ad essere vera ed effettiva, che intimamente con-
nesso alla trasformazione spirituale a immagine di Dio indicata gi pri-
ma come la mta dellatto orante e sviscerata ampiamente poco dopo nel
commento alle prime tre petizioni612 . Qui per linterpretazione del seguito
di Mt 6, 5, restando molto aderente al testo ed intrecciando con esso Mt 6,
1-2.4 per il motivo della ricompensa (misqov") della preghiera, risente

609 Origene si serve di un termine della LXX (Sap 14, 14; 4Mac 2, 15; 8, 19), che
adopera molto pi raramente di kenodoxiva, vanagloria (tre occorrenze a fronte di quin-
dici), vocabolo di uso neotestamentario (Fil 2, 3) e terminus technicus nella dottrina cri-
stiana sui vizi. In CMt XV , 18, secondo una spiegazione dellepisodio del giovane ricco
(Mt 19, 16-30), la filodoxiva figura tra le realt cattive quali lamore della ricchezza,
lamore della gloria ed altre realt terrene che gli riempiono lanima di ricchezza riprove-
vole (tr. Scognamiglio, 229). In Orat XXIX, 8 Origene denuncia la tentazione racchiusa
nellesperienza di gloria mondana, mentre CMt XI, 15 fa i conti con essa nellambito della
vita ecclesiale.
610 Si noti il problema testuale in Orat. XIX , 2 (341, 30-31): uJpokritw'n ga;r e[rgon
ejsti; to; toi'" ajnqrwvpoi" ejnabruvnesqai ejp eujsebeiva/ qevlein h] tw'/ koinwnikw/' [koinwnei'n
T]. Mi sembra preferibile emendare con Anglus h] qew/' koinwnei'n o h] tw/' qew/' koinwnei'n
(cfr. Jay, 139, nota 1). Nel testo di Koetschau viene infatti meno lalternativa uomini-Dio
insinuata immediatamente dopo da Gv 5, 44. Si noti luso del verbo ejnabruvnomai, hapax
nelle opere trdite, ma usato pi frequentemente da Eusebio e Didimo il Cieco, che lo ri-
prende in nesso con Mt 6, 5 (CZc 5, 107, 2). Per la ripresa di Gv 5, 44 nel commento della
sesta domanda del Padrenostro, si veda Orat XXIX, 8. Sulluso del termine ipocriti si
veda anche CMtS 19 (35, 18-20) su Mt 23, 23 (Guai a voi, scribi e farisei ipocriti): Et
bene eos hypocritas appellat; volentes enim religiositatem adquirere coram hominibus,
nolunt suscipere religiositatem illam quam Deus iustificavit.
611 CIo XX, 36, 337 (tr. Corsini, 671). Da notare che in CIo XIII, 45, 298 Origene ri-
corda come avesse spiegato la ricompensa di Mt 6, 4 (il Padre tuo, che vede nel segre-
to, ti ricompenser) nel III libro degli Stromati, unopera perduta, interpretandola come il
beneficio che deriva per lintelletto dalla contemplazione stessa (tr. Corsini, 524).
612 Cfr. supra, p. 191. In HIer XII, 11 (97, 14-16), a commento di Ger 13, 16 (date
gloria al Signore nostro Dio), Origene spiega che non tanto con le parole che si d glo-
ria a Dio quanto con le azioni: oujk ejn fwnai'" kai; lexidivoi" zhtw' to; didovnai kurivw/ tw'/
qew/' hJmw'n dovxan, ajll ejn pravxesin oJ didou;" dovxan kurivw/ tw/' qew/' divdwsi dovxan aujtw/'.
La Preghiera del Signore vita del cristiano 203
linflusso della parabola di Lazzaro e del ricco epulone in Lc 16, 25
(Figlio, ricordati che hai ricevuto i tuoi beni durante la vita): al pari di
chi compie la giustizia per essere visto dagli uomini o fa lelemosina per
autopromuoversi, colui che ostenta lesercizio della preghiera agli occhi
del mondo subir la stessa sorte del ricco e non avr ricompensa da Dio
nella vita eterna. La sorte di condanna segnalata anche dal richiamo a
Gal 6, 8 (Chi semina nella sua carne, dalla carne raccoglier corruzione;
chi semina nello Spirito, dallo Spirito raccoglier vita eterna), che mostra
come un orante siffatto rimanga nellottica della vita secondo la carne;
in tal senso la sua condizione assimilabile a quella del pagano che mol-
tiplica le parole in vista di ottenere benefici di ordine materiale (Mt 6, 7).
Distinguendosi dagli ipocriti come dai gentili, il cristiano chia-
mato ad inoltrarsi sulla via stretta (cfr. Mt 7, 13-14) della preghiera spi-
rituale, quella preghiera che come Origene ha chiarito in precedenza
domanda a Dio i beni della salvezza, rimettendo in sostanza a Lui tutto
quanto riguarda i benefici esteriori. Invece coloro che si trattengono a
pregare negli angoli delle piazze (Mt 6, 5) sono limmagine di quanti si
danno ai piaceri delle pi diverse specie, anzich abbracciare la via an-
gusta e tribolata indicata da Ges Cristo e priva di qualunque svolta o
tortuosit 613 . Ora, la via larga, che conduce alla perdizione (Mt 7, 13),
quella apprezzata dagli uomini che, privati della loro filialit divina e
ricondotti perci allorizzonte mortale, manifestano la loro approvazione
per una piet solo apparente614 . Dopo aver alluso per un attimo alla dot-

613 Cfr. Orat XIX , 3. In HEx V, 3 (187, 1-6) la via stretta associata alla visuale
del progresso spirituale, inteso come ascesa ricca di strettoie e tortuosit: Non enim pro-
clive iter est quo tenditur ad virtutes, sed adscenditur, et anguste ac difficulter adscenditur.
Audi etiam Dominum in evangelio dicentem quam arcta et angusta via est, quae ducit ad
vitam. Vide ergo quantum consonat evangelium cum lege. In lege ostenditur virtutis via
adscensio tortuosa; in evangeliis dicitur arcta et angusta via quae ducit ad vitam. In HIer
IV, 3 (25, 25-26, 1) limmagine richiama nostalgicamente il fervore del tempo della perse-
cuzione: tovte h\san pistoi; ojlivgoi me;n pistoi; de; ajlhqw'", th;n stenh;n kai; teqlimmevnhn
oJdeuvonte" oJdo;n th;n ajpavgousan eij" th;n zwhvn (Mt 7, 14). Cfr. anche il passaggio dalla
via larga alla via stretta, in nesso con le invocazioni di Ger 20, 8 (Ribellione e mi-
seria invocher) e Rm 7, 24 (Misero me uomo!), in HIer XX, 7, per colui che ha com-
preso che deve abbandonare la vita dalla via larga e spaziosa ed entrare in quella stret-
ta e angusta per diventare miserabile come Paolo (tr. Mortari, 272). In HGn X, 1 (94, 10-
12) il predicatore la rammenta cos alla sua distratta comunit: Miror, si nondum vobis
innotuit via Christi; si nec hoc quidem audistis quod non est lata et spatiosa, sed arta et
angusta via est, quae ducit ad vitam. Per H36Ps V, 7 (240, 23-25), limmagine evange-
lica riassume le tribolazioni presenti: Quod est tempus tribulationis, nisi hoc in quo su-
mus, cum per artam et angustam viam incedimus quae ducit ad vitam?. In CIo X, 44,
311, coloro che credono in Ges e non soltanto nel suo nome (cfr. Gv 2, 23) sono
quei pochi che abbracciano la via stretta e tribolata.
614 Orat XIX, 3 (343, 3-6): ejn ai|" oiJ wJ" a[nqrwpoi (cfr. Sal 81[82], 7) ajpoqnhv/skon-
te" dia; to; th'" qeovthto" ajpopeptwkevnai tugcavnousi doxavzonte" kai; makarivzonte" tou;"
ejn tai'" plateivai" eujsebei'n [ajsebei'n T, Koetschau] aujtoi'" nenomismevnou". In BKV, 68
204 Parte prima, Capitolo sesto
trina della caduta delle anime o anche, pi direttamente, al motivo della
deificazione, lAlessandrino sembra introdurre qualcosa di pi di uno ste-
reotipo polemico, allorch ricorda che non pochi attendono alle preghiere
nel bel mezzo di simposi, mentre sono preda degli effetti del vino615. Ma
il rapido cenno ad un possibile sfondo concreto subito oltrepassato dalle
ulteriori variazioni esegetiche suscitate sul testo di Mt 6, 5, dove la men-
zione delle sinagoghe induce Origene ad introdurre il motivo dellanti-
tesi fra la sunagwghv e lejkklhsiva, non tanto in opposizione al giudaismo
ma avendo presente limmagine ideale della chiesa in senso proprio,
cio quella che santa ed immacolata616 . Pi che al luogo fisico, o al-

n. 4, Koetschau ha opportunamente emendato il testo in eujsebei'n, come suggerito da edi-


tori precedenti. Lallusione a Sal 81[82], 7 rimanda al motivo della deificazione. Si veda,
ad esempio, CIo XX, 27, 242: Infatti se c qualcuno che non pi menzognero (cfr. Sal
115[116], 2) oppure rimasto nella verit (Gv 8, 44), questi non un uomo, tanto che
Dio pu dire a lui e a chi simile a lui: Io dico: Voi siete di e tutti figli dellAltissimo
(Sal 81[82], 6); e non si riferiranno pi a lui quelle parole: Eppure morirete come uomini
(Sal 81[82], 7) (tr. Corsini, 653). Cfr. anche lulteriore richiamo in CIo XXXII, 5, 59, con
uno spunto polemico verso le osservanze esteriori, mentre in CIo XXXII, 18, 233-234, ri-
proponendo entrambi i versetti Origene lascia intravedere la dottrina della preesistenza:
Quanto poi allespressione come uno (Gn 3, 22), unitamente a quellaltro passo: Voi,
certo, come uomini morrete (Sal 81[82], 7), mi sembra coincidere con quel versetto:
Come uno dei principi cadrete (Sal 81[82], 7). Infatti, pur essendo i principi parecchi, uno
solo cadde: similmente, quelli che peccano cadono, imitando la sua caduta. Al pari di lui
che, essendo nella divinit, cadde, anche coloro ai quali rivolta quella parola: Ho detto:
Voi siete di, e figli dellAltissimo tutti quanti (Sal 81[82], 6), una volta decaduti dalla be-
atitudine, pur non essendo originariamente uomini, come uomini tuttavia muoiono e come
uno dei principi cadono (tr. Corsini, 779). CMt XVI , 29 (573, 29-574, 3) mette nuova-
mente a tema la deificazione come la mta del cristiano: Dio vuole che colui che accede
alla sua Parola, sia al di sopra della natura umana e ne esige opere straordinarie, e mi si
consenta lespressione opere da Dio pi che da uomo. Proprio perci dichiara a tutti
quelli che chiama alla beatitudine: Io dissi: voi siete di e siete tutti figli dellAltissimo
(Sal 81[82], 6); biasimando per quelli che non vogliono essere divinizzati (ajpoqewqh'-
nai) e divenire figli dellAltissimo, dice: Ma come uomini voi morirete (Sal 81[82], 7)
(tr. Scognamiglio, 121-122). La duplice citazione figura anche in CMt XVII, 19 in relazione
al regno dei cieli e al venire meno del peccato. Cfr. anche H37Ps II , 3.
615 Orat XIX , 3 (343, 6-11): polloi; de; ajei; oiJ fainovmenoi ejn tw'/ proseuvcesqai
filhvdonoi ma'llon h] filovqeoi (2Tm 3, 4), ejn mevsoi" toi'" sumposivoi" kai; para; tai'"
mevqai" ejmparoinou'nte" th'/ proseuch'/, ajlhqw'" ejn tai'" gwnivai" tw'n plateiw'n eJstw'te"
kai; proseucovmenoi: pa'" ga;r oJ kata; th;n hJdonh;n biou;", to; eujruvcwron ajgaphvsa" ejkpev-
ptwke th'" stenh'" kai; teqlimmevnh" oJdou' Ihsou' Cristou'.
616 Orat XX, 1 (si confronti qui [343, 13] th'" me;n kurivw" ejkklhsiva" con lidea di
bellezza spirituale in XVII, 2 [339, 10-11]: to; ga;r kurivw" kavllo" sa;rx ouj cwrei', pa'sa
tugcavnousa ai\sco"). Sgherri, 331-333, rilevata la difficolt di interpretare il passo, man-
tiene in pratica la pointe antigiudaica con losservare che per appartenere veramente alla
Chiesa richiesta una strettezza (santit di vita ed estradizione dei peccatori) molto pi
rigorosa di quanto bastava per appartenere alla Sinagoga caratterizzata dalla sua lar-
ghezza. Se questo non fosse il sottofondo di idee, ci sembrerebbe incomprensibile il ri-
mando a Deut. 23, 1-8 con il quale inizia il nostro passo (p. 333). Ma Sgherri non tiene
La Preghiera del Signore vita del cristiano 205
lambito istituzionale e sociologico, la riflessione dellAlessandrino punta
insomma ancora una volta alla comunit di santi che trascende il quadro
della storia e si colloca gi nella prospettiva del regno di Dio. Il modello
dellorante, riproposto alla luce di Mt 6, 5, dunque nuovamente quello
del santo, che simpegna sulla via angusta e tribolata e, invece di ri-
cercare una visibilit mondana, si cura di apparire al cospetto di Dio617 .
Il primato delle realt spirituali ed invisibili ribadito, fra laltro, con
due suggestive riflessioni dal tenore metafisico, indotte rispettivamente
dalle espressioni di Mt 6, 5 (per essere visti dagli uomini) e 6, 7 (le
molte parole): la prima richiama la natura ingannevole dellapparenza
fenomenica, immagine parziale ed illusoria della vera bellezza del tutto
sottratta alla rappresentazione sensoriale618 ; la seconda gioca sul contra-
sto fra l Uno e i molti come opposizione fra la realt spirituale, unica
e compatta, e la materia frammentata e corruttibile, fra lessere autentico
e le sue contraffazioni619 . Tra luna e laltra riflessione Origene, prose-
guendo nellinterpretazione del preambolo matteano, inserisce una delle
raffigurazioni pi incisive dellintima dinamica che deve connotare latto
orante come esercizio spirituale, sfruttando lambivalenza semantica
del termine uJpokrithv", inteso quale sinonimo di attore: colui che prega
in obbedienza alle istruzioni del Signore chiamato a deporre ogni inau-
tenticit, abbandonando la scena tutto sommato piccola e modesta del
mondo esteriore, per ritrarsi nella propria cameretta (Mt 6, 6) interiore,

conto, a mio avviso, dellargomentazione ad intra sviluppata dallAlessandrino, anche se


ammette che qui il termine sinagoga sarebbe passibile anche di un significato pura-
mente simbolico (ibi, nota 308).
617 Orat XX, 1 (344, 1-6): ajll oujc oJ a{gio" toiou'to": ouj filei' ga;r proseuvcesqai
ajlla; ajgapa',/ kai; oujk ejn sunagwgai'" ajll ejn ejkklhsivai", kai; oujk ejn gwnivai" plateiw'n
ajll ejn th'/ eujquvthti th'" stenh'" kai; teqlimmevnh" oJdou', ajlla; kai; oujc i{na fanh'/ toi'"
ajnqrwvpoi" ajll i{n ojfqh'/ ejnwvpion kurivou tou' qeou' (Dt 16, 16). La citazione dello stesso
versetto (Tre volte allanno ogni tuo maschio si presenter davanti al Signore tuo Dio)
ritorna nel discorso sul tempo in Orat XXVII, 16. Sullapparire al cospetto di Dio, senza
curarsi della gloria umana, come costitutivo dellesistenza cristiana, si veda CMtS 12 (23,
13-15): Christi autem discipulus sustinet et adhuc intercedit et omnia facit ut videatur a
Deo, gloriam contemnens humanam.
618 Orat XX, 2 (344, 9-11): ejpimelw'" de; ajkoustevon tou' fanw'sin, ejpei; oujde;n fai-
novmenon kalovn ejstin, oiJonei; dokhvsei o]n kai; oujk ajlhqw'" kai; th;n fantasivan planw'n
ajll oujk ajkribw'" kai; ajlhqw'" ejktupou'n. Il motivo traspare gi in XVII, 2 (supra, nota
616) a proposito della bellezza del corpo.
619 Orat XXI , 2 (345, 17-24): oujde;n ga;r e}n th'" u{lh" kai; tw'n swmavtwn, ajll
e{kaston tw'n nomizomevnwn e}n e[scistai kai; diakevkoptai kai; dihv/rhtai eij" pleivona th;n
e{nwsin ajpolwlekov" [ajpolwlekovta BKV, 71 n. 3]: e}n ga;r to; ajgaqo;n polla; de; ta; aij-
scra;, kai; e}n hJ ajlhvqeia polla; de; ta; yeudh', kai; e}n hJ ajlhqh;" dikaiosuvnh, pollai; de;
e{xei" tauvthn uJpokrivnontai, kai; e}n hJ tou' qeou' sofiva, pollai; de; aiJ katargouvmenai tou'
aijw'no" touvtou kai; tw'n ajrcovntwn tou' aijwn' o" touvtou (1Cor 2, 6) kai; ei|" me;n oJ tou' qeou'
lovgo", polloi; de; oiJ ajllovtrioi tou' qeou'. Si veda il luogo parallelo in XXIII, 3 (351, 7):
pa'n ga;r sw'ma diairetovn ejsti kai; uJliko;n kai; fqartovn.
206 Parte prima, Capitolo sesto
teatro incomparabilmente pi grande per lincontro a tu per tu con Dio
(Orat XX, 2) 620 .
Avanzando nellinterpretazione delle parole evangeliche Origene tra-
passa ad una considerazione pi profonda che ci riporta allidea, intravista
ripetutamente, della preghiera come atto di conoscenza621. La genuinit
della preghiera per lui compromessa non solo dallostentazione esteriore
e dalla ritualizzazione pubblica ma anche dalla negazione pratica della sua
dimensione spirituale attraverso la richiesta di beni materiali. Una pre-
ghiera che sindirizzi a Dio domandandogli benefici di tal fatta viziata
alla radice dalla mancata comprensione della natura divina e di ci che
compete veramente ad essa. Accennando ad un motivo che sar ripreso
da Evagrio, lAlessandrino oppone dunque al battologei'n condannato da
Mt 6, 7 la chiacchiera vana di chi moltiplica inutilmente le parole la
preghiera come esercizio controllato di teologia (qeologei'n), discorso
su e con Dio622. linvito ad operare un discernimento spirituale nellatto
di presentare a Dio la propria offerta di preghiera, illustrato da Origene
mediante unespressione di uso abbastanza raro ma fortemente espressiva
che richiama, nel suo significato originario, lispezione preliminare attuata
dai sacerdoti sulle vittime da offrire in sacrificio623. Mentre ritroviamo
cos lassociazione fra preghiera e sacrificio (o meglio ancora la sostitu-
zione del secondo con la prima, nella prospettiva cristiana ormai attuata
della fine del sacrificio)624 , osserviamo anche linvito ad esaminare con
cura se stessi e a vagliare le proprie parole nellatto di pregare, affinch il
loro contenuto non comporti alcunch di estraneo allincorruttibilit

620 Cfr. supra, p. 181.


621 Ne ho trattato anche in Perrone 2001b e Perrone 2001d.
622 Orat XXI, 1 (345, 3-7): Alla; proseucovmenoi mh; battologhvswmen ajlla; qeo-
loghvswmen. battologou'men de;, o{te mh; mwmoskopou'nte" eJautou;" h] tou;" ajnapempomev-
nou" th'" eujch'" lovgou" levgomen ta; diefqarmevna e[rga h] lovgou" h] nohvmata, tapeina;
tugcavnonta kai; ejpivlhpta, th'" ajfqarsiva" ajllovtria tou' kurivou. Delle 12 occorrenze di
battologevw solo una non figura nel trattato: cfr. FrPs 141 (142), 2 (PG 12, 1665C). Da
notare lintreccio fra Mt 6, 7, lagraphon sui beni celesti (cfr. supra, nota 169) e 1Tm 2, 8
in Orat VIII, 1 (nota 462). Per un confronto con Evagrio si veda Bettiolo (infra, nota 1894).
623 Il verbo mwmoskopevw, hapax in Origene, figura prima di lui, in senso proprio,
in 1Clem 41, 2: ouj pantacou', ajdelfoiv, prosfevrontai qusivai ejndelecismou' h] eujcw'n
h] peri; aJmartiva" kai; plhmmeleiva", ajll ejn Ierousalh;m movnh/: kajkei' de; oujk ejn panti;
tovpw/ prosfevretai, ajll e[mprosqen tou' naou' pro;" to; qusiasthvrion, mwmoskophqe;n to;
prosferovmenon dia; tou' ajrcierevw" kai; tw'n proeirhmevnwn leitourgw'n. Interessante
luso traslato che ne fa Policarpo, Ad Phil. 4, 3, 4, riferendosi alla condotta delle vedove:
ginwskouvsa", o{ti eijsi; qusiasthvrion qeou' kai; o{ti pavnta mwmoskopei'tai, kai; levlhqen
aujto;n oujde;n ou[te logismw'n ou[te ejnnoiw'n ou[te ti tw'n kruptw'n th'" kardiva" (cfr. 1Cor
14, 25).
624 Cfr. Stroumsa 2006, che giustamente ricorda come il fenomeno non sia solo del
cristianesimo. Sullequazione preghiera = sacrificio, gi operante nel giudaismo ellenisti-
co, si veda supra, nota 2.
La Preghiera del Signore vita del cristiano 207
divina. Se a conclusione del trattato lAlessandrino arriva a prospettare
alcune indicazioni esemplificative (tovpoi) per una retorica della pre-
ghiera che sia conforme alla sua visuale di un atto eminentemente spiri-
tuale (Orat XXXIII), qui il richiamo allautoispezione prelude alla ne-
cessit di pregare secondo il giusto concetto di Dio: solo chi non si rende
conto dellessere trascendente di Dio, il quale sovrasta dallaltezza dei
cieli metafisici le piccole cose di quaggi, pu pensare di importunarlo
per delle preoccupazioni terrene625 . Su questa nota termina la spiegazione
della premessa di Matteo al Padrenostro, a commento di Mt 6, 8 (Non
siate dunque come loro, perch il Padre vostro sa di quali cose avete biso-
gno ancor prima che gliele chiediate). Ora, se lignoranza di Dio compor-
ta anche quella dei veri beni, Origene esorta adesso a riconoscere ci di
cui abbiamo veramente bisogno per la nostra salvezza e che solo Dio in
grado di donarci626 . In tal modo lAlessandrino, allopposto degli avver-
sari della preghiera che sfruttavano proprio questo passo per negarne la
necessit, ricava da esso quella giustificazione dellatto orante che im-
perniata, da un lato, sulla nozione della provvidenza paterna di Dio e, dal-
laltro sul bisogno di salvezza delluomo627.

4. La vocazione alla santit dei figli di Dio

Non facile riassumere la grande ricchezza di spunti esegetici, teolo-


gici e spirituali racchiusi nellinterpretazione origeniana del Padrenostro.
Si pu comunque rilevare una maggiore compattezza del commento alle
prime tre petizioni (Orat XXII-XXVI), rispetto alle tre (o quattro) successi-
ve (Orat XXVII-XXX), anche perch vertono su un complesso di temi che
possiamo compendiare nel motivo unificante della chiamata alla santit
per i figli di Dio. Ne abbiamo del resto un preciso indizio formale nel sug-
gerimento avanzato da Origene (e, in parte, riconosciuto valido anche dai
critici odierni) di considerare lespressione come in cielo cos in terra
(Mt 6, 10) riferita non semplicemente alla terza domanda del Padrenostro
bens allinsieme delle tre petizioni iniziali628. una proposta interpreta-

625 Orat XXI, 1 (345, 13-15): ejqnikw'/ ou\n battologou'nti oJmoiou'tai oJ ta; kavtw ajpo;
tou' ejn oujranoi'" kai; uJpe;r ta; u{yh tw'n oujranw'n katoikou'nto" kurivou aijtw'n.
626 Orat XXI, 2 (cfr. supra, nota 299).
627 Sullo sfruttamento di Mt 6, 8, a sostegno della tesi negazionista, si veda su-
pra, p. 101.
628 Orat XXVI, 2 (360, 3-13): duvnatai mevntoi ge kata; movnon to;n Matqai'on ajpo;
koinou' to; wJ" ejn oujranw'/ kai; ejpi; gh'" (Mt 6, 10c) lambavnesqai, i{n h\/ toiou'ton to; pros-
tassovmenon hJmi'n ejn th'/ eujch'/ levgein: aJgiasqhvtw to; o[nomav sou (Mt 6, 9c) wJ" ejn oujra-
nw'/ kai; ejpi; gh'" : ejlqevtw hJ basileiva sou (Mt 6, 10a) wJ" ejn oujranw'/ kai; ejpi; gh'": genh-
qhvtw to; qevlhmav sou (Mt 6, 10b) wJ" ejn oujranw'/ kai; ejpi; gh'" : tov te ga;r o[noma tou' qeou'
hJgiavsqh para; toi'" ejn oujranw'/, kai; ejnevsth aujtoi'" hJ tou' qeou' basileiva, gegevnhtaiv te ejn
208 Parte prima, Capitolo sesto
tiva che non fa che confermare la nota dinamica insita per lAlessandri-
no nella Preghiera del Signore fin dallinvocazione di apertura, indicando
nella dialettica fra cielo e terra intesi allegoricamente, secondo la
spiegazione pi ricorrente, luno come simbolo della santit, laltra del
peccato la trama costitutiva dellesistenza cristiana, continuamente sol-
lecitata a trasformare in cielo, cio a santificare, la condizione terre-
na629. Per meglio rendere la sua idea, Origene non ha esitato a farsi in-
ventore di parole, creando arditamente il neologismo oujranopoivhsi", un
hapax che egli adopera esclusivamente nel nostro scritto630 . Con esso desi-
gna la finalit per la quale i giusti, pur essendo essi gi divenuti cielo,
continuano a pregare chiedendo a Dio la salvezza dei peccatori (che sono
ancora terra) e la loro trasformazione in santi.
Lappello alla santit gi contenuto per Origene nellinvocazio-
ne iniziale con la quale interpelliamo Dio come Padre (Mt 6, 9 par. Lc
11, 2), frutto della nuova libert di figli (parjrJhsiva) che ci stata donata
mediante leffusione dello Spirito, fonte di rigenerazione (Orat XXII, 1).
A differenza della filialit ancora instabile che connotava il rapporto di
Israele con Dio che pure, alla luce dei molti luoghi biblici, non lo igno-
rava affatto come Padre per i figli del popolo eletto , solo in forza
del dono dello Spirito che possiamo rivolgerci al Padre in un genuino at-
teggiamento filiale631 . LAlessandrino ha ribadito pi ampiamente questa

aujtoi'" to; qevlhma tou' qeou': a{per pavnta hJmi'n leivpei toi'" ejpi; gh'", dunavmena hJmi'n uJpar-
cqh'nai ejn tw'/ ajxivou" eJautou;" kataskeuavzein ejphkovou peri; touvtwn pavntwn tou' qeou'
tucei'n. Cfr. anche HIs I, 2, dove Origene sembrerebbe fondere la prima e la seconda peti-
zione con la terza. Per Philonenko, 115, cette exgse a pour effet de lier fermement les
trois premires demandes et de leur donner une conclusion commune. Analogo il giudizio
di Cullmann, 68-69: das im Himmel sich vollziehende Geschehen (Heiligung, Knigs-
herrschaft) soll auf der Erde verwirklicht werden. Dann ist aber der Vorschlag des Orige-
nes [...] nicht a priori abzuwenden, den Zusatz wie im Himmel also auch auf Erden auf
alle drei Bitten zu beziehen [...]. Wenn die These des Origenes richtig ist, dann entspr-
chen sich die drei Bitten nicht nur inhaltlich, sondern auch in der kurzgefaten Struktur.
629 Nel contesto di Orat la bivalenza di terra dal punto di vista allegorico, rilevata
in generale da Simonetti (Omelie sullEsodo, 181, nota 35), si risolve qui in senso negativo
(= peccato, come ad esempio in HEx VI , 6), peraltro in conformit con luso pi frequente
(cfr. ad esempio FrIer 36), mentre in Orat XXVI, 3 troviamo lequivalenza terra = Chiesa.
630 Orat XXVI, 6 (363, 6-11): ei[te mh; gh' ajll oujrano;" h[dh lelogivsmeqa tw'/ qew'/,
ajxiwvswmen, i{na kai; ejpi; th'" gh'" oJmoivw" tw'/ oujranw'/, levgw de; ejpi; tw'n ceirovnwn, plh-
rwqh'/ to; qevlhma tou' qeou' eij" th;n, i{n ou{tw" ei[pw, oujranopoivhsin aujth'", w{ste mhkevti
pote; ei\nai gh'n ajlla; pavnta genevsqai oujranovn. A conferma dell inventiva linguistica,
sia pure intesa essenzialmente come esercizio dintertestualit scritturistica, si veda Simo-
netti 2003 (in riferimento a HLv XVI, 4, dove Origene si difende dalla critica di essere un
euJrhsilovgo"). Ma la creativit di Origene sotto il profilo del lessico resta in gran parte da
esplorare, come suggerito a suo tempo da Quacquarelli.
631 Origene non nega la nozione di Dio come Padre nellAntico Testamento, ma
ne constata lassenza nelle espressioni della preghiera. Cfr. Orat XXII, 1 (346, 15-19): ouj
tou'to dev famen, o{ti oJ qeo;" path;r oujk ei[rhtai, h] oiJ pepisteukevnai nomizovmenoi qew'/
La Preghiera del Signore vita del cristiano 209
idea a commento di Gv 8, 19 (Voi non conoscete n me n il Padre mio;
se conosceste me, conoscereste anche il Padre mio), osservando che in
nessuna delle infinite preghiere, sparse non soltanto nei Salmi e nei profeti
ma anche nei libri della Legge, si trova mai lappellativo di Padre, ri-
volto da qualcuno a Dio nella sua preghiera, forse perch il Padre non lo
conobbero. Lo pregano come Dio, come Signore, in attesa di colui che ef-
fonde lo Spirito dei figli adottivi 632 . In Orat non troviamo lidea di una
conoscenza segreta del Padre anche per i santi dellAntico Testamento,
che avrebbero gi sperimentato la venuta intelligibile di Cristo, come Ori-
gene afferma di seguito nello stesso passo del Commento a Giovanni, sia
pure insistendo sulleconomia dello Spirito, che si d pienamente solo
con la grazia effusa da Ges e la sua Chiesa633 . A questo stesso schema si
rif anche il nostro trattato (Orat XXII, 2), rilevando linfedelt dei figli
nellAntica Alleanza e la loro condizione di servit o minorit fino
allavvento di Cristo, mentre per converso la Nuova Alleanza apporta
ladozione a figli, testimoniata da Rm 8, 15 (Non avete ricevuto uno
spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma avete ricevuto uno spirito
da figli adottivi per mezzo del quale gridiamo: Abb, Padre!) e da Gv

uiJoi; oujk wjnomavsqhsan qeou', ajll o{ti ejn proseuch'/ th;n ajpo; tou' swth'ro" kathggel-
mevnhn parjrJhsivan peri; tou' ojnomavsai to;n qeo;n patevra oujc eu{romevn pw. A riprova della
paternit divina e al tempo stesso della filialit di Israele adduce un ampio dossier di
luoghi veterotestamentari comprendente Dt 32, 18 (Hai abbandonato il Dio che ti ha ge-
nerato e ti sei dimenticato del Dio che ti ha nutrito); 32, 6 (Non questi il Padre tuo che
ti ha posseduto, ti ha fatto e ti ha creato?); 32, 20 (figli nei quali non c fede); Is 1, 2
(Ho allevato e fatto crescere figli, ma essi si sono ribellati contro di me); Mal 1, 6 (Il
figlio onora suo padre e il servo rispetta il suo padrone. Se io sono padre, dov lonore
che mi spetta? Se sono il padrone, dov il timore di me? testo ripreso nellesegesi di
Rm 8, 15 in CRm VII, 2; cfr. inoltre HLv XI, 3). A giudizio di Schleyer (Tertullian. De bap-
tismo, De oratione, 116, nota 491), Origene trova conferme nellesegesi contemporanea,
mentre secondo Mller K., 166-167, occorre ridimensionare lunicum della concezione
gesuana non solo a motivo della designazione di Zeus come pathvr nel mondo greco, ma
anche per luso del vocativo Padre! nel giudaismo del Secondo Tempio.
632 CIo XIX, 5, 28 (tr. Corsini, 570). In questo contesto per, anche per rintuzzare la
critica gnostico-marcionita dellAntico Testamento, Origene si sofferma sullejpidhmiva
intelligibile di Cristo presso i santi veterotestamentari, che avrebbe anche comportato lo
Spirito dei figli adottivi. Si veda infra, p. 292.
633 Secondo Corsini, 572, nota 8, anche in questo caso non si deve equiparare Anti-
co e Nuovo Testamento: tra le verit oltre la Scrittura c la rivelazione della paternit
divina e, di conseguenza, leffusione dello Spirito Santo, ma la venuta intelligibile del
Logos sarebbe presentata in via puramente ipotetica, il che mi sembra riduttivo, consi-
derando anche CMt XVII, 36: Io penso per che anche ad Abramo, ad Isacco e a Giacobbe,
allora Dio facesse dono di non essere pi soltanto il loro Dio, ma di essere ormai anche il
loro Padre (tr. Scognamiglio, 260). Linterpretazione di Mt 6, 9 alla luce di Rm 8, 15 fi-
gura anche in CMtS 2 (3, 22-26): Sic et omnis qui dicit: Pater noster qui es in caelis, non
debet habere spiritum servitutis in timore, sed spiritum adoptionis filiorum. Qui autem non
spiritum adoptionis filiorum habet et dicit Pater noster qui es in caelis, mentitur, cum non
sit filius Dei, Deum patrem suum appellans.
210 Parte prima, Capitolo sesto
1, 12 (A quanti lhanno accolto, ha dato potere di diventare figli di Dio:
a quelli che credono nel suo nome), con un implicito riferimento alla
grazia battesimale634 .
Lallusione alla sua forza rigeneratrice per la vita del fedele sug-
gerita anche dalla citazione seguente tratta da 1Gv 3, 9 (Chiunque nato
da Dio non commette peccato, perch un germe divino dimora in lui, e non
pu peccare perch nato da Dio), con la quale Origene introduce il mo-
tivo centrale delle prime tre petizioni: lesigenza di una condotta conforme
al dono delladozione a figli di Dio 635 . Se prendiamo sul serio lespressio-
ne iniziale della Preghiera del Signore che lAlessandrino riporta adesso
nellesortazione introduttiva secondo la versione di Lc 11, 2 (Quando
pregate, dite: Padre)636 , dobbiamo chiederci quanto il nostro agire
concreto corrisponda a tale condizione. Per invocare Dio legittimamente
come Padre, occorre vivere una figliolanza effettiva, attraverso una vita
segnata dallazione della grazia divina e aliena dal peccato. Soltanto cos
diremo il Padrenostro non unicamente a parole ma anche con gli atti (Orat

634 Lallusione mi sembra abbastanza trasparente, anche se resta implicita e va co-


munque considerata nella prospettiva del battesimo di Spirito santo che in parte relati-
vizza la dimensione sacramentale (Gramaglia 2000a, 46; cfr. anche Ledegang 2004). Dal-
tronde il Padrenostro dovette rientrare per tempo nella catechesi legata al battesimo, come
sembrano indicare gli scritti di Tertulliano e Cipriano (cfr. Hamman 1989, XIV; Bradshaw
2003, 30-31). In aggiunta a ci si veda lesegesi di Rm 8, 15 in CRm VII, 2: Questo dun-
que quanto Paolo insegna: dopo che siamo morti insieme con Cristo (cfr. Rm 6, 5) e il
suo Spirito venuto in noi, non abbiamo di nuovo ricevuto lo spirito di servit per essere
nel timore, cio non siamo diventati di nuovo piccoli e tali da ricevere i primi rudimenti,
ma, come perfetti, abbiamo gi ricevuto una volta per sempre lo Spirito di adozione (tr.
Cocchini I, 364).
635 1Gv 3, 9 figura anche nel dossier scritturistico di FrLc 174 (299, 7-8), a com-
mento di Lc 11, 2: kai; gennwvmeno" levgoi a]n spevrma ejn eJautw/' tou' qeou' labwvn, dia; to;
mhkevti duvnasqai aJmartavnein, to; pavter. In HIer IX, 4 (70, 24-27) Origene sfrutta 1Gv 3,
8 in contrappunto con la visione del rapporto di generazione continua tra Padre e Figlio
(infra, nota 1280).
636 Orat XXII, 3 (347, 17-20): eij mevntoi nohvsaimen, tiv ejsti to; o{tan proseuvchsqe,
levgete: pavter (Lc 11, 2), o{per para; tw'/ Louka'/ gevgraptai, ojknhvsomen mh; genovmenoi
uiJoi; gnhvsioi proenevgkasqai tauvthn th;n fwnh;n aujtw'/, mhv pote pro;" toi'" a[lloi" hJmw'n
aJmarthvmasi kai; ajsebeiva" ejgklhvmati e[nocoi genwvmeqa. CMtS 12 (23, 26-31) oppone la
paternit acquisita da coloro che si comportano genuinamente da figli di Dio ad ogni pa-
ternit terrena: Sed et qui superna nativitate non solum ex aqua, sed etiam de spiritu (cfr.
Gv 3, 3.5) natus est, et spiritum adoptionis accepit, ut dicatur de eo, quia non ex carne,
neque ex voluntate viri sed ex Deo natus est (Gv 1, 13), nullius eorum qui in terris haben-
tur et deorsum filius adhuc existens, non vocat patrem in terris, quasi qui per omnem ac-
tum secundum Deum inpletum dicit: Pater noster qui es in caelis (Mt 6, 9). Per CMtS 73
(174, 7-11) solo chi si fa imitatore di Cristo pu pronunciare con autenticit la preghiera
al Padre: Nam abusive quidem omnes credentes in Christo fratres sunt Christi, revera au-
tem fratres eius sunt, qui perfecti sunt et imitatores sunt eius, sicut ille qui dixit: Imitato-
res mei estote, sicut et ego Christi (1Cor 11, 1), qui possunt dicere: Pater noster qui es in
caelis (Mt 6, 9).
La Preghiera del Signore vita del cristiano 211
XXII, 3). Questa esigenza di integralit rafforzata da unargomentazione
che ribadisce linvito alla coerenza tra parole e opere in due momenti:
dapprima, in base a 1Cor 12, 3 (nessuno pu dire: Ges Signore se
non nello Spirito santo, e nessuno che parli nello Spirito di Dio pu dire:
Ges anatema)637, sostiene che lelemento decisivo rappresentato
dalla convinzione interiore, unitamente ad una condotta di vita coerente,
poich molti ipocriti ed eretici, talora anche dei demoni hanno sulla
loro bocca il nome di Ges638 ; quindi, a rafforzare laccordo fra lazione e
i sentimenti interiori, mette in guardia da una riduzione della preghiera
alla mera prassi, richiamando stavolta limportanza del coinvolgimento
del cuore secondo Rm 10, 10 (Con il cuore infatti si crede per ottenere
la giustizia e con la bocca si fa la professione di fede per avere la salvez-
za) realizzando un accordo armonico fra la mente, le parole e le opere639 .
Origene sembra cos voler procedere dallidea di dono a quella di un
impegno totale per muovere successivamente allesito di questo processo
spirituale (Orat XXII, 4): la figliolanza divina, vissuta integralmente in
pensieri, parole ed opere con laiuto dello Spirito, ha come suo risultato
la conformazione sempre pi piena allimmagine di Dio in Cristo, cio al
Logos 640 . LAlessandrino intreccia alcuni dei luoghi paolini canonici
per la sua dottrina dellimmagine in particolare, Col 1, 15 (Egli im-
magine del Dio invisibile); 3, 10 (a immagine del suo creatore); 1Cor
15, 49 (limmagine delluomo celeste) con Mt 5, 45, associazione su-

637 Origene inverte lordine dei due membri di 1Cor 12, 3; cfr. Hannah, 118-119.
638 Orat XXII , 3 (348, 1-4): diovper oujd a]n deicqei'en levgein kuvrion Ihsou'n,
movnwn tw'n ajpo; diaqevsew" [<aJgiva" tou'ton kalw'"> BKV, 74 n. 2] legovntwn ejn tw'/ dou-
leuvein tw'/ lovgw/ tou' qeou' kai; mhdevna para; tou'ton ejn tw'/ o{ ti pot ou\n pravttein ajnago-
reuovntwn kuvrion tov [o{ti BKV, ibidem]: kuvrio" Ihsou'". In HIer X, 5 Origene denuncia i
seguaci di Marcione, Basilide e Valentino, perch nominano il nome di Ges ma non
hanno Ges, perch non lo confessano come bisogna (tr. Mortari, 128). Cfr. anche CIo
XXVIII, 15, 123-129; XXXII, 11, 128-130: Chiunque [...] veramente servo del Logos in
grado di dire bene: Ges Signore; e analogamente chiunque veramente discepolo in
grado di dire al Salvatore: Maestro. A questi il Logos pu rispondere: Lo sono, men-
tre non lo dir a chi servo del peccato e discepolo della menzogna (tr. Corsini, 760).
639 Orat XXII, 3 (348, 14-17): i{na de; mh; ejx hJmivsou" levgwsi to; pavter hJmw'n oiJ
toiou'toi, meta; tw'n e[rgwn kai; hJ kardiva, hJ tw'n kalw'n e[rgwn phgh; kai; ajrch;, pisteuvei
eij" dikaiosuvnhn, oi|" sumfwvnw" to; stovma oJmologei' eij" swthrivan. Lallusione da esten-
dere a Rm 10, 9-10, per affinit tematica con 1Cor 12, 3.
640 Orat XXII, 4 (348, 18-349, 2): pa'n ou\n e[rgon aujtoi'" kai; lovgo" kai; novhma, uJpo;
tou' monogenou'" lovgou memorfwmevna kat aujto;n, memivmhtai th;n eijkovna tou' qeou' tou'
ajoravtou (Col 1, 15) kai; gevgone kat eijkovna tou' ktivsanto" (Col 3, 10), ajnatevllonto"
to;n h{lion ejpi; ponhrou;" kai; ajgaqou;" kai; brevconto" ejpi; dikaivou" kai; ajdivkou" (Mt 5,
45), wJ" ei\nai ejn aujtoi'" th;n eijkovna tou' ejpouranivou (1Cor 15, 49), kai; aujtou' o[nto" eij-
kovno" qeou'. eijkw;n ou\n eijkovno" oiJ a{gioi tugcavnonte", th'" eijkovno" ou[sh" uiJou', ajpomavt-
tontai uiJovthta, ouj movnw/ tw'/ swvmati th'" dovxh" (Fil 3, 21) tou' Cristou' ginovmenoi suvm-
morfoi ajlla; kai; o[nti ejn tw'/ swvmati. Si noti luso del verbo ajpomavttesqai, imitare,
modellarsi, hapax in Origene (in CC VIII, 2 ripreso da Celso).
212 Parte prima, Capitolo sesto
scitata in Col 3, 10 dal motivo del Dio creatore, cio il Padre celeste, che
fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sopra i
giusti e sopra gli ingiusti. Nella spiegazione del Padrenostro in Luca
Origene si servir nuovamente di questo versetto, ma preceduto da 5, 44
(ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori)
per inculcare la condotta di vita ispirata allamore benefico del Padre. In
Orat, il richiamo solo a 5, 45 dettato pi direttamente dallinteresse a
sviluppare il motivo dellassimilazione allimmagine di Dio 641 . Ma lim-
magine del celeste si contrappone allimmagine del terrestre (1Cor 15,
49), e di conseguenza il conformarsi delluomo allimmagine di Dio si
esplica anche nella forma di un combattimento spirituale con le potenze
maligne: lalternativa fra diventare figli di Dio e figli di Satana se-
gnala il contesto agonico che sottende tutta la spiegazione origeniana del
Padrenostro. Il conflitto tra i due modi di vita resta sempre davanti allo
sguardo dellAlessandrino, sia quando descrive pi da vicino il rapporto
di Dio con gli uomini nelle prime tre petizioni (Orat XXIII- XXVI), sia
quando si volge ad esaminare la condizione degli uomini nellorizzonte
del mondo, con i loro bisogni, doveri e responsabilit, colpe e ostacoli
come avviene con le restanti petizioni (XXVII -XXX). Ci conferisce allin-
terpretazione origeniana una nota insieme dinamica e drammatica, perch
lobiettivo della deificazione mediante la figliolanza divina si misura
costantemente, in forma palese o meno, con il pericolo di tradire lessen-
ziale vocazione cristiana.

5. Come in cielo, cos in terra: le prime tre petizioni

Il motivo dominante della santit rimane al centro della spiegazione


che Origene offre della prima domanda: Sia santificato il tuo nome (Mt
6, 9b). La santificazione del nome consiste nellottenere da Dio una
nozione (e[nnoia) sempre pi pura e degna di Lui (Orat XXIV, 2). Come
gi sappiamo, lo sforzo di spiritualizzazione innerva lintero trattato, ma
commentando la prima petizione emerge in modo manifesto il suo pre-
supposto essenziale: il cristiano esortato alla preghiera spirituale, pro-
prio perch soltanto essa pu corrispondere alla vera natura di Dio. Pre-
disposta dalle critiche alla visione ingenuamente materialistica di un Dio
che sta localmente nei cieli, secondo linvocazione iniziale del Padre-
nostro matteano (Mt 6, 9a) cieli che sono invece figura dei santi,
rivestiti dellimmagine del celeste (1Cor 15, 49), in cui Dio prende di-
mora (Orat XXIII, 4-5) , questa interpretazione rinvia ad un aspetto de-
cisivo per una prassi di preghiera che voglia essere autentica: non si d
vero incontro con Dio, se permane lo schermo di un concetto falso o ina-

641 Su questo tema cfr. Crouzel; Sfameni Gasparro.


La Preghiera del Signore vita del cristiano 213
deguato su di Lui642 . Latto orante come verr ulteriormente esplicitato
sul finire del IV secolo da Evagrio Pontico, creativo protagonista della
tradizione origeniana anche un atto teologico643 . Non a caso Orige-
ne, invitando a riconoscere lessere trascendente di Dio, aggiunge che chi
in comunione con Lui partecipa di un effluvio della divinit (ajporjrJoh;
th'" qeovthto"), segno dellilluminazione operata dalla grazia sulla mente
in preghiera (Orat XXIII, 5)644.
Ma luomo non pu certo sperare di correggere e adeguare sempre
pi le proprie idee su Dio, la sua persona e la sua opera (biblicamente
compendiate dal nome)645 , senza che Egli intervenga in suo aiuto646 . In-

642 compito dellermeneutica spirituale delle Scritture favorire la retta intelligenza


delle espressioni antropomorfiche che si riferiscono a Dio. Perci, Origene tratta ampia-
mente in forma di quaestio lespressione che sei nei cieli (Mt 6, 9), onde allontanare
ogni nozione di spazialit dallessere divino (Orat XXIII, 1-5). Egli adduce dapprima al-
cuni luoghi giovannei sul passaggio del Figlio dal mondo al Padre (Gv 13, 1.3; 14, 28;
16, 5), il cui significato suggerito dalla dimora in senso spirituale di Gv 14, 23 (Se uno
mi ama, osserver la mia parola e il Padre mio lo amer e noi verremo a lui e prenderemo
dimora presso di lui). Ad essi accosta passi della Genesi che dichiara di aver trattato pi
ampiamente nel Commento a Genesi (Orat XXIII, 4) come Gn 3, 8, dove Adamo ed Eva
si nascondono agli occhi di Dio, che passeggia nel giardino. Anche in questo caso non
si deve prende alla lettera il testo e la solutio viene ricavata da una pretesa citazione di Dt
(23, 14?), ma che in realt si basa su 2Cor 6, 16 (cfr. Orat XXIII, 4 [352, 11-14]: oJpoi'o"
ga;r aujtou' oJ perivpato" ejn toi'" aJgivoi", toiou'tov" ti" kai; oJ ejn tw'/ paradeivsw/, kruptomev-
nou qeo;n kai; feuvgonto" th;n ejpiskoph;n aujtou' kai; ajfistamevnou th'" parjrJhsiva" panto;"
tou' aJmartavnonto"). In HGn I, 2 (3, 6-8) troviamo lequazione fra il cielo di Gn 1, 1 e
le creature spirituali nel loro stato primigenio: ante omnia coelum dicitur factum, id est
omnis spiritalis substantia, super quam velut in throno quodam et sede Deus requiescit;
in I , 13 (16, 2-3. 12-14) lidea della dimora di Dio nei santi, a vari livelli di intensit (se-
dere, abitare, camminare): in his, quorum in coelis est conversatio, Deus requiescit
et residet [...] Si vero tantus quis effici potest ut possit dicere: aut documentum quaeritis
eius, qui in me loquitur Christus? (2Cor 13, 3), in hoc non solum inhabitat Deus, sed
etiam inambulat. Sullinterpretazione di Mt 6, 9 in Prin II, 4, 1, cfr. infra, nota 747.
643 Cfr. nota 622. Per linterpretazione evagriana del Padrenostro si veda infra, pp.
575-577.
644 Cfr. anche Orat XXIV, 4 (ajporjrJoh'" qeovthto"). Come ricordato in precedenza, il
referente scritturistico del termine 2Cor 3, 18 (cfr. supra, pp. 191-192), ma esso conta su
una precisa ascendenza platonica messa in luce da Stritzky, 144: Plat., Phaedr. 251b (de-
xavmeno" ga;r tou' kavllou" th;n ajporjrJoh;n dia; tw'n ojmmavtwn). Per luso del termine equi-
valente ajpovrjrJoia (cfr. supra, nota 581), in relazione al problema della conoscenza di Dio,
si veda Clemente Alessandrino, Protr. VI, 68, 2 (133): pa'sin ga;r aJpaxaplw'" ajnqrwvpoi",
mavlista de; toi'" peri; lovgou" ejndiatrivbousin ejnevstaktaiv ti" ajpovrjrJoia qei>khv (la stessa
espressione ricorre in Strom. V, 87, 4-88, 3).
645 degna di nota, anche dal punto di vista lessicale, la definizione di nome
fornita da Orat XXIV, 2 (353, 22-354, 3): o[noma toivnun ejsti; kefalaiwvdh" proshgoriva
th'" ijdiva" poiovthto" tou' ojnomazomevnou parastatikhv: oi|ovn ejsti ti;" ijdiva poiovth" Pauv-
lou tou' ajpostovlou, hJ mevn ti" th'" yuch'", kaq h}n toiavde ejsti;n, hJ dev ti" tou' nou', kaq h}n
toiw'ndev ejsti qewrhtikov", hJ dev ti" tou' swvmato" aujtou', kaq h}n toiovnde ejstiv. to; toivnun
touvtwn tw'n poiothvtwn i[dion kai; ajsuntrovcaston pro;" e{teron (a[llo" gavr ti" ajparavl-
214 Parte prima, Capitolo sesto
fatti, solo un numero estremamente esiguo di individui capace di andare
al di l delle proprie incerte elucubrazioni su Dio (Orat XXIV, 2), laddove
questa conoscenza per lAlessandrino con evidente eco platonica
pi frutto di unanamnesi che di un apprendimento647. I pi corrono
dunque il rischio di usare invano il nome del Signore (Es 20, 7), poich
si fanno di Lui un concetto che difforme dalla sua vera natura. Diversa-
mente dagli uomini, i quali sono suscettibili di cambiare nome in relazio-
ne al mutamento delle loro condizioni spirituali (come avviene, secondo
la Bibbia, con Abramo, Pietro o Paolo), lessere di Dio trova espressione
nelle sue caratteristiche immutabili con lautodesignazione trasmessaci da
Es 3, 14 (Io sono colui che sono)648 . Ecco dunque il senso della pre-
ghiera Sia santificato il tuo nome (Mt 6, 9b): domandiamo a Dio che ci
aiuti a riconoscere sempre meglio le dimensioni insondabili della sua san-
tit, cio della sua natura di essere costitutivamente buono e immutabile
nella creazione, nellopera della provvidenza, nel giudizio, nellelezione e
nella punizione, come Origene formula efficacemente, riassumendo cos
in termini essenziali lestrinsecarsi dellagire divino nei confronti del-
luomo649 . La prima domanda del Padrenostro diviene allora la preghiera
per leggere il significato della storia del mondo e delle vicende personali
con gli occhi di Dio, cio come la manifestazione del suo piano di sal-
vezza per tutte le creature650 . In tal senso, quando si arriva ad intendere

lakto" Pauvlou ejn toi'" ou\sin oujk e[sti) dhlou'tai dia; th'" Pau'lo" ojnomasiva". Si os-
servi, fra laltro, un termine raro come ajsuntrovcaston, che non concorda, incompati-
bile (solo 4 attestazioni nel TLG), di cui Origene il primo testimone. Quanto allesem-
pio del nome di Paolo, si veda la trattazione di segno diverso (presumibilmente riassunta e
modificata da Rufino) in CRm I , 2 (42-44); cfr. Cocchini, 30-32.
646 Per Cullmann, 59, Origene ha ben colto la pregnanza del nome nel linguaggio
biblico, in quanto riepilogativo delle caratteristiche essenziali di una persona (cfr. Orat
XXIV, 9). La dottrina sul nome un tema importante per Origene, che respinge la tesi della
sua convenzionalit. Si veda EM 46: Se [...] i nomi non sono per convenzione, non si
deve chiamare il Dio supremo con nessun altro nome se non con quelli con cui il servo
<di Dio, Mos>, i profeti e lo stesso Salvatore e Signore nostro lo chiamano, come: Sa-
baoth, Adonai, Saddai, o ancora: Dio di Abramo, Dio di Isacco, Dio di Giacobbe. Questo,
infatti afferma, il nome eterno con cui sar ricordato di generazione in generazione (Es
3, 15) (tr. Noce, 152).
647 Orat XXIV, 3 (cfr. supra, nota 500). Laffermazione rinvia implicitamente alla
dottrina della preesistenza, ma il tema meriterebbe un approfondimento ulteriore.
648 Orat XXIV, 2 (354, 8-11): ejpi; de; qeou', o{sti" aujtov" ejstin a[trepto" kai; ajnal-
loivwto" ajei; tugcavnwn, e{n ejstin ajei; to; oiJonei; kai; ejp aujtou' o[noma, to; <oJ> w]n (Es 3,
14) ejn th'/ Exovdw/ eijrhmevnon h[ ti ou{tw" [h] toiouvtw" BKV, 83 n. 2] a]n lecqhsovmenon.
649 Non mancano accenti affini nella visione che Karl Barth ha del rapporto pre-
ghiera-teologia: Pregare cominciare a cercare una nuova chiarezza del fatto che Dio
colui che governa (Barth, 173).
650 Orat XXIV, 2 (354, 11-18): ejpei; ou\n peri; qeou' pavnte" me;n uJpolambavnomevn ti,
ejnnoou'nte" a{tina dhv pote peri; aujtou', ouj pavnte" de; o{ ejsti (spavnioi ga;r kaiv, eij crh;
levgein, tw'n spanivwn spaniwvteroi oiJ th;n ejn pa'sin aJgiovthta katalambavnonte" aujtou'),
La Preghiera del Signore vita del cristiano 215
rettamente il nome di Dio, si anche messi in condizione di fecondare
spiritualmente gli altri e quindi di innalzare il suo nome (Sal 33[34], 4),
cio di giungere ad una conoscenza unanime della vera natura di Dio. Ma
tutto ci possibile unicamente per il dono dintelligenza che chiediamo
a Dio con la prima petizione e che ci aiuta a costruire nella nostra mente
una dimora, un tempio per Lui651.
La spiegazione della seconda domanda del Padrenostro, che invoca
lavvento del regno di Dio (Mt 6, 10a par. Lc 11, 2c), come un ulterio-
re corollario del discorso sulla santit sviluppato sin qui. Si chiede cio a
Dio di attuare la sua sovranit nellanima del santo che, quand gover-
nata da Lui, trasformata in una citt ben amministrata652 . Nonostante
questa associazione di idee con lambito politico, linterpretazione orige-

eujlovgw" didaskovmeqa th;n ejn hJmi'n e[nnoian peri; qeou' aJgivan [<dei'n> BKV, 83 n. 3] ge-
nevsqai, i{n i[dwmen aujtou' th;n aJgiovthta ktivzonto" kai; pronoou'nto" kai; krivnonto" kai;
ejklegomevnou kai; ejgkataleivponto" ajpodecomevnou te kai; ajpostrefomevnou kai; gevrw"
ajxiou'nto" kai; kolavzonto" e{kaston kata; th;n ajxivan. A sostegno di ci viene offerto un
breve, ma significativo dossier di testi sul nome di Dio da Es 20, 7 (Non userai il
nome del Signore Dio tuo invano); Dt 32, 2-3 (Sia atteso come pioggia il mio proclama
e scendano come rugiada le mie parole, come pioggia sulla gramigna e come acquazzone
sullerba. Perch il nome del Signore ho invocato); Sal 44(45), 17 (Ricorderanno il tuo
nome in ogni generazione e generazione). Si osservi ancora luso iperbolico del termine
spavnio", adoperato anche nella forma avverbiale spanivw" per indicare la rarit di unau-
tentica cognizione di Dio. Cfr. CC VI, 17 (88, 8-9): Ina de; dhlwqh'/ to; spanivw" eij" ajnqrwv-
pou" fqavnon kai; ejn pavnu ojlivgoi" euJriskovmenon th'" gnwvsew" tou' qeou'.
651 sempre impegnativo inseguire lintreccio delle citazioni bibliche con le asso-
ciazioni di idee e i richiami intertestuali che contraddistinguono lesegesi origeniana. In
Orat XXIV, 4 il dossier scritturistico sul nome di Dio si arricchisce di altri passi: oltre a
Sal 33(34), 4, troviamo Sal 29(30), 2 (Ti esalter, Signore, perch mi hai accolto, e non
hai fatto rallegrare su di me i miei nemici) e Sal 29(30), 1 (Salmo, cantico nella dedica-
zione della casa, di Davide). Lidea di edificare un tempio in se stessi (uJyoi' dev ti" to;n
qeo;n, ejgkainivsa" aujtw'/ oi\kon ejn eJautw/') trova un riscontro in Porfirio, Ad Marc. 11 (58,
1-4): levgei de; oJ lovgo" pavnth/ me;n kai; pavntw" parei'nai to; qei'on, new;n de; touvtw/ par
ajnqrwvpoi" kaqierw'sqai th;n diavnoian mavlista tou' sofou' movnhn, timhvn te proshvkou-
san ajponevmesqai tw/' qew/' uJpo; tou' mavlista to;n qeo;n ejgnwkovto".
652 Orat XXV, 1 (357, 3-5): panto;" me;n aJgivou uJpo; qeou' basileuomevnou kai; toi'"
pneumatikoi'" novmoi" tou' qeou' peiqomevnou, oiJonei; eujnomoumevnhn povlin oijkou'nto"
eJautovn . Secondo Stritzky, 147, vi sarebbe qui un riecheggiamento di Platone, Rep. 379a-
380c. Luso del verbo eujnomei'sqai, avere buone leggi, essere ben governato, atte-
stato da Origene solo in questo passo. Circa limmagine dellanima come citt si veda
Ledegang, 492. La riflessione politica dellAlessandrino, con particolare riferimento a
CC, approfondita da Rizzi. Il risvolto politico della seconda petizione pi esplicito
nel breve commento a Lc 11, 2c di FrLc 177 (301, 1-3): Elqevtw hJ basileiva sou, i{na
katarghqh/' me;n pa'sa ajrch; kai; ejxousiva kai; duvnami" (1Cor 15, 24), e[ti de; kai; pa'sa
basileiva tou' kovsmou, kai; hJ basileuvousa ejn toi'" qnhtoi'" hJmw'n swvmasin aJmartiva,
pavntwn de; touvtwn basileuvsh/ oJ qeov". Cfr. anche HEx XI, 7 (261, 24-26): Praeterit enim
habitus huius mundi (1Cor 7, 31), praeterit temporale regnum, ut perpetuum veniat et
aeternum, sicut et in oratione dicere iubemur: Adveniat regnum tuum (Mt 6, 10). A sua
volta CRm V , 3 sottolinea limplicazione escatologica della seconda domanda.
216 Parte prima, Capitolo sesto
niana punta decisamente alla sfera personale del perfezionamento spiritua-
le, come appare sia dalla netta rivendicazione di un regno interiore in
base specialmente a Lc 17, 21 (il regno di Dio dentro di voi) sia an-
che dalla ripresa di Gv 14, 23, gi sfruttato in precedenza per illustrare il
colloquio dellorante con il Padre e il Figlio (Orat XXV, 1)653. Daltra
parte, secondo la tensione al coinvolgimento integrale di pensieri, parole
ed opere nel cammino della perfezione pi volte notata nel corso del
trattato, Origene sfrutta ancora la distinzione fra regno di Dio e regno
di Cristo per inculcare lidea di una sovranit divina che si estende dalla
sfera interiore del santo (lo hJgemonikovn = regno di Dio) alle sue parole
e azioni (= regno di Cristo)654 . Al regno di Dio cos inteso si contrap-
pone il regno di Satana, la condizione peccatrice di chi governato dal
principe di questo mondo655 . Lesortazione a sottomettersi alla sovranit

653 Per la citazione di Gv 14, 23 in Orat XX , 2 e XXIII, 1 si veda supra, note 552,
642. Quanto a Lc 17, 21 (citato in nesso con 17, 20 e con Dt 30, 14), pur senza escludere
limplicazione antimillenaristica, Origene ne offre uninterpretazione di segno etico-spiri-
tuale ripresa poi in forma pi semplificata da HLc XXXVI , 2 (207, 21-208, 3): Non omni-
bus Salvator dicit: Regnum Dei intra vos est, siquidem in peccatoribus regnum peccati est
et absque ulla ambiguitate aut regnum Dei in corde nostro imperat aut peccati. Unde sive
quae facimus, sive quae loquimur, sive quae cogitamus, contemplemur attentius, et tunc
videbimus, utrum Dei imperium regnet in nobis an imperium delictorum. Lassociazione
con Dt 30, 14 ( davvero vicino a te la parola, nella tua bocca e nel tuo cuore), ripreso
da Rm 10, 8, si spiega anche alla luce di Prin I , 3, 6 (172, 10-11), dove Origene indica con
questi due luoghi la presenza del Logos ad ogni essere razionale: Ex quo in corde om-
nium esse significat Christum secundum id, quod verbum vel ratio est, cuius participio
rationabiles sunt. Sul tema della dimora di Cristo nellanima, in quanto Logos, cfr.
CIo XIX, 12, 78; Ledegang, 48 ss.
654 Orat XXV, 1 (357, 8-13): oi\mai noei'sqai qeou' me;n basileivan th;n makarivan
tou' hJgemonikou' katavstasin kai; to; tetagmevnon tw'n sofw'n dialogismw'n, Cristou' de;
basileivan tou;" proi>ovnta" swthrivou" toi'" ajkouvousi lovgou" kai; ta; me;n ejpitelouvmena
e[rga dikaiosuvnh" kai; tw'n loipw'n ajretw'n. Invece in H36Ps V, 7 (240, 16-19), Origene
distingue fra regno dei cieli e regno di Dio: memini me iam saepe dixisse, regnum
caelorum est eorum qui adhuc in profectionibus sunt; regnum vero Dei, eorum, qui iam ad
perfectum venerunt finem. La distinzione sar sfruttata da Evagrio, sia pure in diversa
prospettiva (Pract. 2-3). Sul regno dei cieli come equivalente allinterpretazione ana-
gogica delle Scritture, si veda CMt X , 14 (17, 62-65) su Mt 13, 52, che lo distingue in tal
senso solo concettualmente dal regno di Dio. Lapprossimarsi del regno dei cieli (Mt
4, 17) inteso qui come la venuta del Logos nellanima: Dia; tou'to kai; o{son me;n Ihsou'"
Cristov", oJ ejn ajrch/' pro;" to;n qeo;n (Gv 1, 2) qeo;" lovgo" oujk ejpidhmei' yuch/', oujk e[stin
ejn ejkeivnh/ hJ basileiva tw'n oujranw'n: o{tan de; ejgguv" ti" gevnhtai tou' cwrh'sai to;n lovgon,
touvtw/ ejggivzei hJ basileiva tw'n oujranw'n.
655 Largomentazione scritturistica consiste qui rispettivamente di Gal 1, 4 (Cristo
che ha dato se stesso per i nostri peccati, per strapparci da questo mondo perverso, se-
condo la volont di Dio e Padre nostro) e Rm 6, 12 (non regni pi dunque il peccato nel
vostro corpo mortale, s da sottomettervi ai suoi desideri). Non si pu fare a meno di
notare la moderata attenzione dedicata alla figura di Satana in Orat, pur nel riconosci-
mento del contesto agonico della preghiera (cfr. per Orat XXVII, 12 [371, 7-8]: oujsiwdw'"
La Preghiera del Signore vita del cristiano 217
di Dio dunque accompagnata dalla consapevolezza che la via della san-
tit un cammino che richiede uno sforzo ininterrotto. Anche chi si im-
pegna a fare propri i contenuti delle prime due domande, realizzandoli gi
in parte, non potr mai sottrarsi alla preghiera e dovr continuare ad invo-
care anche per s la santificazione del Nome e lavvento del regno:
solo se ci protendiamo in avanti (Fil 3, 14), dimenticandoci di ci che
lasciamo alle spalle, continueremo a progredire sul cammino della perfe-
zione656 . Questa trover il suo compimento solo quando Cristo, sotto-
messi tutti i nemici, consegner il regno al Padre, affinch Dio sia tutto
in tutti (1Cor 15, 28). Al progredire senza interruzione (ajdialeivptw")
verso quella meta finale si accompagna perci il pregare senza interru-
zione perch il regno di Dio venga657. Chi poi sperimenta in s il suo
avvento, in opposizione al regno del peccato, partecipa gi dei beni
della rigenerazione e della resurrezione, al punto di diventare un pa-
radiso spirituale nel quale Dio passeggia 658 .

uJfestw'to" tou' uiJou' tou' qeou' uJfestw'to" de; kai; tou' ajntikeimevnou). N lAlessandrino
vi accenna al tema dellAnticristo, su cui si veda Badilita, 257-281 ( IV: LAntichrist ma-
gicien et pseudo-exgte chez Origne).
656 Orat XXV, 2 (358, 6-15): w{sper oJ eujcovmeno" lovgou gnwvsew" tucei'n kai; lov-
gou sofiva" (cfr. 1Cor 12, 8) kaqhkovntw" ajei; peri; touvtwn eu[xetai, ajei; me;n pleivona
qewrhvmata sofiva" kai; gnwvsew" ejn tw'/ ejpakouvesqai lhyovmeno", plh;n ejk mevrou" (1Cor
13, 9) ginwvskwn me;n o{sa pot a]n cwrh'sai ejpi; tou' parovnto" dunhqh'/, tou' <de;> teleivou
kai; katargou'nto" to; ejk mevrou" tovte fanerwqhsomevnou, o{te provswpon pro;" provswpon
(1Cor 13, 10) oJ nou'" prosbavllei cwri;" aijsqhvsew" toi'" nohtoi'": ou{tw" to; tevleion
(1Cor 13, 10) tou' aJgiasqh'nai eJkavstw/ hJmw'n to; o[noma tou' qeou' kai; tou' ejnsth'nai aujtou'
th;n basileivan oujc oi|ovn te ejstivn, eja;n mh; e[lqh/ kai; to; peri; th'" gnwvsew" kai; sofiva" tev-
leion tavca de; kai; tw'n loipw'n ajretw'n. FrIo 13, trattando della visione di Dio, presenta
una formulazione analoga: Chiunque puro nel modo che s detto, cio perfetto secondo
virt, si lancia verso Dio [con un atto dintuizione], per quanto possibile (prosbavllei
qew/' kaq o} ejfiktovn) (tr. Corsini, 828); per tutto il tempo in cui [...] la mente coinvolta
in una vita legata alla materia, e non pu quindi vedere Dio con un atto dintuizione intel-
lettuale (kata; prosbolh;n nohvsew") (ibi). Sul rilievo di prosbavllw e prosbolhv, cfr.
Dillon (supra, nota 102). Per linterpretazione del cruciale luogo di 1Cor 13, 9 ss. come
segno della necessit di un continuo progresso spirituale si veda, ad esempio, HIs VII, 1
(280, 19-21): Ma proprio perch costoro sperimentavano in se stessi che, se anche pro-
gredivano, il loro era un progresso da fanciulli (etiamsi proficiscerent, puerorum profi-
ciscerent profectu), dicevano: Parziale la nostra conoscenza e parziale la nostra profe-
zia (tr. Danieli, 146-147; cfr. anche HNm XVII, 4).
657 Orat XXV, 2 (358, 16-17): oJdeuvomen de; ejpi; th;n teleiovthta, eja;n toi'" e[m-
prosqen (Fil 3, 13) ejpekteinovmenoi tw'n o[pisqen ejpilanqanwvmeqa. Il rinnovamento e
il perfezionamento della virt dipende [...] dalla preghiera (cfr. Orat XXV, 1), che, consa-
pevole della provvisoriet dei progressi umani (cfr. Orat XXV, 2; XXVI , 6), invoca Dio per-
ch voglia continuare a camminare in quel paradiso della santit che Egli stesso ha creato
nelluomo (Orat XXV , 3) (Lettieri 2000b, 385).
658 Orat XXV, 3 (359, 3-7): i{na wJ" ejn paradeivsw/ pneumatikw'/ kuvrio" hJmi'n ejmperi-
path'/, basileuvwn hJmw'n movno" su;n tw'/ Cristw'/ aujtou', ejn hJmi'n ejk dexiw'n kaqhmevnw/ h|" euj-
covmeqa labei'n dunavmew" pneumatikh'" kai; kaqezomevnw/, e{w" pavnte" oiJ ejn hJmi'n ejcqroi;
218 Parte prima, Capitolo sesto
Pi ampio spazio dedicato invece alla terza petizione, trdita solo da
Matteo (Mt 6, 10b: Sia fatta la tua volont, come in cielo cos in terra),
anche perch Origene sinterroga a lungo sul significato da attribuire al-
lespressione come in cielo cos in terra, che applica inizialmente anche
alle altre due petizioni, onde ribadire nuovamente il tenore unitario della
prima parte del Padrenostro (Orat XXVI , 1-2)659. Tuttavia, condividendo
con gran parte degli uomini della tarda antichit lidea che laria sia popo-
lata di spiriti malvagi come attesta peraltro la stessa Scrittura (in par-
ticolare, Ef 6, 12: gli spiriti del male che abitano nelle regioni celesti) ,
lAlessandrino si domanda per quale ragione la preghiera inviti a riprodur-
re la situazione del cielo sulla terra (Orat XXVI, 3). Una prima interpre-
tazione allegorica in risposta alla quaestio sgombra facilmente il campo
da questa difficolt: cielo equivale a Cristo e terra a Chiesa, per cui
si invoca che la comunit dei credenti si sottometta al volere di Dio allo
stesso modo in cui Cristo sottomesso al Padre. Come mostra il riferi-
mento a 1Cor 6, 17, la prospettiva ecclesiale vista qui soprattutto nel-
lottica individuale, per cui ciascun fedele chiamato a diventare un uni-
co spirito con Cristo660. Ma la risposta, pur essendo qualificata come
non spregevole, appare forse troppo semplice allo stesso Origene, che
cerca quindi altre soluzioni (Orat XXVI, 4). La seconda richiama il potere

aujtou' gevnwntai uJpopovdion tw'n podw'n aujtou' kai; katarghqh'/ ajf hJmw'n pa'sa ajrch; kai;
ejxousiva kai; duvnami" (cfr. 1Cor 15, 24).
659 Dopo aver rilevato lassenza della terza domanda in Luca, Orat XXVI, 1 (359,
20) dichiara lo sforzo di una spiegazione sistematica e coerente con quanto precede
(ejxetavswmen ajkolouvqw" toi'" pro; touvtwn). In tal modo viene offerta uninterpretazione
strettamente raccordata con la seconda domanda, quasi si trattasse di un suo corollario
(359, 25-360, 2): ejpa;n de;, wJ" ejn oujranw'/ to; qevlhmav ejsti tou' qeou', kai; hJmi'n toi'" ejpi; gh'"
katorqwqh'/, oJmoiwqevnte" toi'" ejn oujranoi'", a{te forevsante" paraplhsivw" ejkeivnoi" th;n
eijkovna tou' ejpouranivou, basileivan oujranw'n klhronomhvsomen, tw'n meq hJma'" ejpi; gh'"
kai; hJmi'n, genomevnoi" ejn oujranw'/, oJmoiwqh'nai eujcomevnwn. In CMt XI, 4 (39, 30-32) Ori-
gene approfondisce il motivo della volont del Padre in riferimento a Mt 12, 46-50:
marturw'n toi'" maqhtai'" wJ" poiou'si to; qevlhma tou' ejn oujranoi'" patro;" kai; dia; tou'to
ajxiwqei'si tw'n suggenw'n kai; oijkeiotavtwn ojnomavtwn pro;" to;n Ihsou'n. Ulteriori appro-
fondimenti riguardo al fare la volont del Padre si possono trovare in CIo XIII, 36, 228-
231, nel commento a Gv 4, 34: Mio cibo fare la volont di colui che mi ha mandato.
660 Orat XXVI, 3 (360, 26-28): eujcerw'" luvsei ta; zhtouvmena, levgwn eu[cesqai
dei'n e{kaston tw'n ajpo; th'" ejkklhsiva" ou{tw cwrh'sai to; patriko;n qevlhma, o}n trovpon
Cristo;" kecwvrhken, oJ ejlqw;n poih'sai to; qevlhma aujtou' tou' patro;" kai; pa'n aujto; te-
leiwvsa": dunato;n ga;r kollhqevnta aujtw'/ e}n genevsqai pneu'ma su;n aujtw'/, dia; tou'to cw-
rou'nta to; qevlhma, i{n wJ" tetevlestai ejn oujranw'/, ou{tw telesqh'/ kai; ejpi; gh'". Lesegesi
di 1Cor 6, 17 riflette il modello cristologico dellunione di Ges Figlio delluomo con
il Logos Figlio di Dio, com illustrato, ad esempio, da CIo XXXII, 25, 325-326; CMt
XV, 24; CC II, 9. A sua volta, Prin I , 8, 4 (102, 4-6) insinua lidea del trascendimento del-
lelemento psichico (transcendentes non solum corpoream naturam, verum etiam animae
ipsius ambiguos fragilesque motus), associando 1Cor 6, 17 a 1Cor 2, 15. Sullinterpreta-
zione di 1Cor 6, 17, cfr. Vogt 1999b.
La Preghiera del Signore vita del cristiano 219
concesso al Risorto come in cielo cos in terra (Mt 28, 18), per cui la
preghiera mira a fare dei discepoli di Cristo dei cooperatori del volere del
Padre come coloro che sono nei cieli, i quali erano gi in precedenza illu-
minati dal Logos, anche se questa piena sottomissione degli uomini si at-
tuer solo alla fine dei tempi. Ma pure questa spiegazione sfugge allapo-
ria iniziale suscitata dal richiamo a Ef 6, 12 e perci Origene si vede co-
stretto a proporne una terza: in cielo e in terra non deve essere inteso
in senso fisico, bens spirituale661 . Ora, colui che santo, seppure localmen-
te sulla terra, spiritualmente gi nei cieli; viceversa chi localmente
nei cieli, come i demoni, spiritualmente sulla terra in quanto opera-
tore di malvagit. Ritorna cos il tema dominante della chiamata alla san-
tit che segna, anche dal punto di vista formale, la conclusione riepiloga-
tiva sulle prime tre domande del Padrenostro. Al di l di questa evidente
compattezza tematica, mai forse come in questo riepilogo lAlessandrino
d spazio alla preghiera del e per il peccatore, nella visione sperata di una
salvezza universale, con un crescendo dinamico, tramato retoricamente
sul binomio antitetico terra-cielo, il quale destinato a risolversi nel-
lunico termine della sostanza celeste (oujravnion oujsivan)662.

6. La vita delluomo nellorizzonte di Dio: la domanda del pane

La seconda parte del commento al Padrenostro (Orat XXVII-XXX)


come implica gi il tenore originario del testo con il suo passaggio dal
tu al noi posto in rilievo dagli esegeti odierni663 ha per tema la vita

661 Orat XXVI, 5 (362, 4-12): mh; luvonto" dev pw tou' deutevrou ta; hjporhmevna peri;
tou' pw'" to; qevlhma tou' qeou' ejstin ejn oujranw'/ (Mt 6, 10), tw'n ejn toi'" ejpouranivoi"
pneumatikw'n th'" ponhriva" (Ef 6, 12) ajntipalaiovntwn toi'" ejpi; gh'", ejkei'qen ejnevstai
luvein ou{tw" to; zhtouvmenon: o{ti, w{sper ouj dia; to;n tovpon ajlla; dia; th;n proaivresin oJ
e[ti w]n ejpi; gh'", polivteuma e[cwn ejn oujranoi'" (Fil 3, 20) kai; qhsaurivzwn ejn oujranw'/,
th;n kardivan e[cwn ejn oujranw'/ (Mt 6, 20; Lc 12, 34), th;n eijkovna tou' ejpouranivou (1Cor
15, 49) forw'n, oujkevti ejsti;n ejk th'" gh'" oujde; tou' kavtw kovsmou ajll ejk tou' oujranou'
kai; tou' kreivttono" touvtou oujranivou kovsmou.
662 Orat XXVI, 6 (363, 17-22): dia; tou'to eja;n, wJ" ejn oujranw'/ gegevnhtai to; qevlhma
tou' qeou', gevnhtai kai; ejpi; gh'", ejsovmeqa pavnte" oujrano;", th'" mh; wjfelouvsh" sarko;"
kai; suggenou'" aujth'/ ai{mato" mh; dunamevnwn klhronomei'n basileivan qeou' (cfr. 1Cor
15, 50), klhronomei'n d a]n lecqhsomevnwn, eja;n metabavlwsin ajpo; sarko;" kai; gh'" kai;
cou' kai; ai{mato" ejpi; th;n oujravnion oujsivan. HIs I, 2 (245, 21-22) insiste piuttosto sulla
portata escatologica della terza petizione: Adhuc in caelo voluntas est Patris, in terris
necdum voluntas eius expleta est.
663 Secondo Philonenko, la distinzione fra il tu delle prime tre petizioni e il noi
delle altre tre offre una chiave decisiva per cogliere genesi e finalit della Preghiera del
Signore: le prime tre domande rappresenterebbero infatti la preghiera di Ges al Padre, le
successive quelle insegnate da lui ai discepoli (cfr. in part. pp. 165-170). Per Cullmann, 59,
Jesus hat das ihm aus den Synagogengottesdiensten vertraute Gebet gekrzt bernom-
220 Parte prima, Capitolo sesto
delluomo nel mondo, sotto lo sguardo e con laiuto di Dio664. Il cristiano,
chiamato a realizzare lalto ideale di santit che Origene ha ripetutamente
tracciato alla luce del mondo divino, deve misurarsi nel quotidiano con lo
spazio dei bisogni, di obblighi e responsabilit, di colpe e prove. Sono
questi i temi delle petizioni residue quattro nellinterpretazione di Ori-
gene, anche se la settima (Mt 6, 13b: Ma liberaci dal male), assente nel
testo lucano, pu essere considerata come una semplice estrapolazione
della sesta. La spiegazione di gran lunga pi ampia, e talvolta anche pi
originale e sorprendente, di quella pur cos suggestiva che abbiamo in-
contrato nel commento delle tre petizioni iniziali.
A riprova di ci si pu subito addurre linterpretazione della quarta
domanda (Orat XXVII) la richiesta a Dio del pane, pressoch identica
in entrambe le versioni del Padrenostro665 dove Origene simpegna a
fondo, specialmente per sviscerare il significato del termine ejpiouvsio",
ignoto al greco extrabiblico e reso affatto impropriamente con quotidia-
no 666 . La sua accezione ricercata dallAlessandrino con procedimento
filologico prima a partire dal termine oujsiva (sostanza o essenza), per
cui la preghiera domanderebbe a Dio un pane soprasostanziale (Orat
XXVII, 7); in un secondo tempo, in relazione al verbo ejpievnai (procede-
re, sopraggiungere, seguire), con il che si dovrebbe intendere lejpi-
ouvsio" escatologicamente come il pane del mondo che verr (Orat
XXVII, 13). Delle due ipotesi di spiegazione Origene, a differenza dei criti-
ci contemporanei667 , predilige nettamente la prima, ma da entrambe ricava

men, und man hat wohl mit Recht gesagt, da das eigentlich Neue im Vaterunsergebet erst
die Wir-Bitten sind. Per un esame della struttura si veda anche Amphoux, 158-161.
664 Sulla diversa cesura operata da Bertrand, cfr. supra, note 188, 208.
665 Si veda rispettivamente Mt 6, 11 (Dacci oggi il nostro pane quotidiano) e Lc
11, 3 (Dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano). Tenendo conto di entrambe le ver-
sioni la spiegazione si sviluppa in tre momenti: a) il pane (a[rto") (Orat XXVII, 2-6);
b) ejpiouvsio" (Orat XXVII, 7-13); c) shvmeron (Mt 6, 11) e kaq hJmevran (Lc 11, 3) (Orat
XXVII, 13-17).
666 Cullmann, 71 prende atto con Origene (Orat XXVII, 7 ss.) della sua rarit: fuori
del Nuovo Testamento ne abbiamo una sola attestazione in un papiro scoperto nel 1899
ma oggi perduto, con il significato das fr die (Tages)ration Notwendige. Cfr. anche
Calderone, 42-59; Philonenko, 117-130. La creativit linguistica dei due Sinottici giu-
stificata da Origene con il richiamo allesperienza dei traduttori della Settanta, analoga-
mente a quanto afferma in HIer XVIII , 6 (159, 21-22): mh; euJrovnte" th;n levxin keimevnhn
par Ellhsin, ajnapeplakevnai wJ" ejp a[llwn pollw'n kai; tauvthn.
667 Tale , ad esempio, la conclusione di Cullmann, 72: Dann ergibt sich die Be-
deutung fr den folgenden, den morgigen Tag. Diese Ableitung wird durch die Mittei-
lung des Kirchenvaters Hieronymus erhrtet, er habe im Evangelium, das er Hebrerevan-
gelium nennt, fr ejpiouvsio" das hebrische Wort mahar = morgen gelesen. A un ri-
sultato analogo giunge, con pi ampio sfoggio di testi biblici e del giudaismo intertesta-
mentario, Philonenko, 130: La quatrime demande du Notre Pre est eschatologique. Elle
a pour arrire-plan les spculations sur la manne qui se sont dveloppes, en milieu juif,
La Preghiera del Signore vita del cristiano 221
comunque la conferma del modello di preghiera spirituale su cui ha im-
postato tutto il trattato. La richiesta del pane non pu dunque contraddire
la raccomandazione, messa in bocca al Signore nellagraphon ormai noto
e pi volte ribadita da Origene, di cercare le cose grandi e celesti (Orat
XXVII, 1)668 . Seguendo linsegnamento stesso di Ges669 , non si tratta in-
somma di un pane in senso fisico, bens di quel pane che si aggiunge
alla sostanza spirituale delluomo ed congenere ad essa: il nutrimento
del Logos divino per lanima (Orat XXVII, 9)670 .
Anche se la spiritualizzazione del contenuto della domanda non in-
contra in generale i favori dellesegesi odierna, Origene manifesta lattua-
lit della sua spiegazione associando lesegesi del pane ejpiouvsio" ad
unampia indagine sulle immagini del cibo nella Bibbia, dalla quale scatu-
risce la conferma che il vero nutrimento, oggetto della richiesta, non pu
essere altri che il Cristo stesso. Testo chiave al riguardo , in primo luogo,
il discorso sul pane di vita in Gv 6, che a sua volta non solo implica di
per s il riferimento veterotestamentario alla manna ma attira anche al-
tre figure del nutrimento nellAntica Alleanza da vedersi come prefigu-
razioni dordine inferiore rispetto allautentico pane disceso dal cielo
(Gv 6, 32)671. Questo pane vero quello che nutre il vero uomo,

au premier sicle de notre re. Cest la lumire du targoum palestinien que la demande
trouve son sens plnier et quelle est, selon nous, traduire: Donne-nous aujourdhui
notre pain pour demain. Al contrario per Calderone, 57 da intendersi come il panis
viaticus. Per unapprofondita analisi recente si veda Korting, il quale condivide linterpre-
tazione di segno spirituale ma spiega arditamente ejpiouvsion come corruzione dellorigi-
nale ejpi; rJuvsion, da intendersi nel senso di pane per lespiazione (del male) / la libera-
zione (dal male) / la protezione (dalla sventura) / per il ringraziamento per la liberazione
(cfr. la recensione di G.B. Bazzana, in Adamantius 13[2007], pp. 560-562). In FrLc
180 Origene critica lidea di un swmatiko;n a[rton, sfruttando in senso antimarcionita il ri-
corso allinterpretazione allegorica come unica possibile.
668 Cfr. supra, nota 169 i due detti riuniti insieme dallAlessandrino. Da notare che,
unico caso in tutto il trattato, Origene arriva a parlare della tesi avversa come di una yeudo-
doxiva (Orat XXVII, 1 [363, 26-28]: a[xion aujtw'n th;n yeudodoxivan dia; touvtwn perielovn-
ta" parasth'sai to; ajlhqe;" peri; tou' ejpiousivou a[rtou). Egli se ne serve una quindicina
di volte, in particolare nella polemica con Celso (CC IV, 1; IV, 90; VIII, 76), ma anche in
altri scritti per rintuzzare errori dottrinali (cfr. ad esempio CIo XIII, 14, 90; HIer V, 15 [2]).
669 Orat XXVII, 2 (364, 3-4): hJmei'" de; eJpovmenoi aujtw'/ didaskavlw/, didavskonti ta;
peri; tou' a[rtou (cfr. anche XXVII, 6 [366, 30-31]: peiqovmenoi tw'/ didaskavlw/ swth'ri
hJmw'n).
670 Al riguardo Tertulliano esprime un punto di vista pi articolato, vedendo nella
stessa strutturazione della Preghiera del Signore un intento pedagogico che subordina i
terrena ai caelestia. Quanto poi al diritto riconosciuto alle cose terrene, con la richiesta
del pane esso appare limitato allo stretto necessario (cfr. De orat. 6 [infra, note 1651-
1653]).
671 Origene parafrasa il discorso, sfruttando dapprima Gv 6, 26 (In verit, in verit
vi dico, voi mi cercate non perch avete visto dei segni, ma perch avete mangiato di quei
222 Parte prima, Capitolo sesto
creato a immagine di Dio ed egli, nutrito da esso diventa anche a so-
miglianza di colui che lha creato672. Ritroviamo cos nella trattazione
sul cibo spirituale la prospettiva soteriologica dellattuazione dellimma-
gine divina nelluomo, elemento centrale della vocazione alla santit pre-
figurata nella prima parte del commento673 .
Ora, la sostanza del pane viene precisata ulteriormente come logos,
sapienza e verit, servendosi di quelle epinoiai lungamente esaminate
da Origene nel I libro del Commento a Giovanni, che riverberano i vari
aspetti salvifici del Figlio di Dio e rimandano tutte alla natura razionale

pani e vi siete saziati) per sostenere che colui che si nutrito dei pani benedetti da
Ges, si sforza ancor pi di approfondirne la conoscenza (Orat XXVII, 2 [364, 8-9]: ma'l-
lon zhtei' katalabei'n ajkribevsteron to;n uiJo;n tou' qeou' kai; speuvdei pro;" aujtovn). Quin-
di riporta Gv 6, 27 (Procuratevi non il cibo che perisce, ma quello che dura per la vita
eterna, e che il Figlio delluomo vi dar) come il comando appropriato a tale ricerca. Ri-
prendendo quindi linterrogativo degli astanti in Gv 6, 28 (Che cosa dobbiamo fare per
compiere le opere di Dio?) e la risposta di Ges in Gv 6, 29 (Questa lopera di Dio:
credere in colui che ha mandato), lAlessandrino vi intreccia Sal 106(107), 20 (Mand
la sua parola e li guar). Riepilogati in senso inverso i tre versetti Gv 6, 29.28.27, intro-
dotto il motivo del pane celeste da Gv 6, 32-33 (il Padre mio vi d il pane dal cielo,
quello vero; il pane di Dio colui che discende dal cielo e d la vita al mondo). La pi
ampia ripresa di Gv 6 ha luogo poi in Orat XXVII, 4, che riporta Gv 6, 53-57 e 6, 58. Pur-
troppo il testo trdito di CIo non ci ha conservato lesegesi di Gv 6 (cfr. CIo XX, 41, 387).
Il motivo del pane di vita, disceso dal cielo compare nel lungo elenco introduttivo
delle epinoiai del Figlio di Dio come lultimo dei titoli che egli si attribuisce nei vangeli
(CIo I , 21, 131). Origene ne tratta poi in CIo I, 30, 207-208 in connessione con lepinoia
precedente di vite vera: Orbene, il pane nutre e di esso si dice che rinforza il cuore del-
luomo, mentre il vino lo addolcisce, lo rallegra e lo rasserena: vedi un po se, allo stesso
modo, pane di vita [...] possano essere gli insegnamenti morali, i quali producono la
vita in colui che li apprende e li mette in pratica; e frutti della vita vera, compendiati nel
termine vino, possano essere gli ineffabili e mistici teoremi che rallegrano e riempiono
di divino entusiasmo coloro che pongono la loro delizia nel Signore, fino a desiderare non
solamente di nutrirsi ma di banchettare (tr. Corsini, 177).
672 Orat XXVII, 2 (364, 21-23): a[rto" de; ajlhqinov" ejstin oJ to;n ajlhqino;n trevfwn
a[nqrwpon, to;n kat eijkovna tou' qeou' pepoihmevnon, w|/ oJ trafei;" kai; kaq oJmoivwsin tou'
ktivsanto" givnetai. Cfr. HIer X, 2 (72, 13-14): oJ tou' Ihsou' a[rto" oJ lovgo" ejsti;n ejn w|/
trefovmeqa.
673 Anche per Stritzky, 161, ist die Bitte um das tgliche Brot philosophisch aus-
gedrckt als Bitte um die qeopoivhsi" aufzufassen, theologisch gesprochen als Bitte um
die gttliche Sohnschaft, die die Voraussetzung fr die endgltige qewriva tou` qeou`
schafft. Mi sembra invece problematico parlare di Orat XXVII come di un trattato di spi-
ritualit eucaristica (Bertrand, 477). Al riguardo occorre rammentare che un tema cen-
trale della teologia origeniana, quale il mangiare la carne del Verbo non ha per lo pi
connotazioni tipicamente eucaristiche o comunque deve trascendere anche leucaristia,
perch si tratta di un diabaivnein da un piano esistenziale degradato al piano dellesistenza
razionale e incorporea di Dio (Gramaglia 2000b, 150). Per una prospettiva pi esplicita-
mente eucaristica si veda invece HEx XI, 7 e il commento ad loc. di Simonetti (Omelie
sullEsodo, nota 68); CMt X, 15 e il commento di Girod (SC 162), 208, nota 1; CMt XI, 14
(342-346); Fr1Cor 34 (note 1276, 1553).
La Preghiera del Signore vita del cristiano 223
delluomo in quanto anima e intelletto674. Inoltre, lidentificazione in
senso cristologico rafforzata con il decisivo richiamo a Gv 6, 51 (Io
sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivr
in eterno e il pane che io dar la mia carne per la vita del mondo)675.
Del resto, la riflessione sul cibo richiamata dal fatto che, secondo Orige-
ne, luso scritturistico designa in senso lato con la parola pane (a[rto")
ogni genere di nutrimento (trofhv) 676 introduce un discorso sul pro-
gresso spirituale, contrassegnato nellottica dellAlessandrino da una gran-
de variet di gradi e situazioni (Orat XXVII, 4-6.9)677. Agli estremi dellar-
co si collocano, secondo una distinzione tradizionale ricavata da Paolo,
da un lato, i bambini (nhvpioi), cio coloro che per la loro debolezza
spirituale non sono ancora in grado di ricevere alimenti solidi e, dallal-
tro, i pi perfetti (teleiovteroi), per i quali il pane disceso dal cielo
rappresenta lalimento atletico adatto678 . La distinzione poi riformula-
ta a partire dalle categorie rispettivamente di semplici e gnostici, ma
in questo caso non per contrastare positivamente i secondi con i primi,
bens per avvertire come sia migliore una condizione spirituale di simpli-
citas rispetto a colui che, pur meglio preparato, non arriva a cogliere la
ragione della pace e dellarmonia di tutte le cose679 . Con preoccupa-

674 Orat XXVII, 2 (364, 23-25): tiv de; lovgou th'/ yuch'/ trofimwvteron, h] tiv th'" sofiva"
tou' qeou' tw'/ nw'/ tou' cwrou'nto" aujth;n timiwvteron tiv de; ajlhqeiva" th'/ logikh'/ fuvsei
katallhlovteron Sulle tre designazioni si veda, in particolare, CIo I, 9, 52-57 (cfr. anche
Perrone 2005b, 70-76).
675 Si tratta del verso pi frequentemente citato in CIo. Si veda, ad esempio, VI, 45,
236: La manna infatti, sebbene data da Dio, era un pane per proseguire il cammino, un
pane distribuito a chi ha ancora bisogno del pedagogo, molto adatto a chi sottost a tutori
e amministratori. Invece il cibo nuovo tratto dal frumento della terra, mietuto sotto gli au-
spici e la mediazione di Ges nella terra santa, dove altri hanno faticato e i discepoli di lui
mietono, era un pane pi vivificante di quello, in quanto concesso a coloro che per la loro
perfezione sono in grado di ricevere leredit del Padre (tr. Corsini, 358). Cfr. inoltre XX,
43, 405-406, dove Origene rapporta il senso spirituale del gusto al Signore come il
pane vivo disceso dal cielo e il nutrimento dellanima, mentre egli loggetto della
vista in quanto sapienza, la cui bellezza rende innamorati (ibi, 683).
676 Il criterio esegetico affermato in Orat XXVII, 4 trova conferma in CIo X, 17, 100.
Sui diversi tipi di cibi spirituali cfr. Noel, 482-485.
677 Il concetto di progresso gnoseologico connesso al progresso etico, con la conse-
guente differenziazione dei contenuti della conoscenza oltre che dei soggetti che conosco-
no, quasi sempre fondato da Origene [...] sui testi scritturistici relativi ai diversi cibi
(Cocchini 2000b, 83).
678 Orat XXVII, 4 (365, 12-13): boulovmeno" parasth'sai ajqlhtikh;n teleiotevroi"
aJrmovzousan trofhvn, frase premessa alla citazione per esteso di Gv 6, 53-57. Quanto al-
limmagine dei nhvpioi, lAlessandrino rinvia a una serie di luoghi paolini, cominciando da
1Cor 3, 1 ss.
679 Orat XXVII, 6 (366, 17-21): beltivwn oJ mh; cwrw'n ta; eujtonwvtera kai; meivzona
tw'n dogmavtwn dia; th;n aJplovthta (oujk ejsfalmevna mevntoi ge fronw'n) tou' ejntrecestev-
rou me;n kai; ojxutevrou kai; meizovnw" ejpibavllonto" toi'" pravgmasi to;n de; th'" eijrhvnh"
224 Parte prima, Capitolo sesto
zione didascalica, mai dimenticata del tutto da Origene nonostante la
densit della sua esposizione (che si evidenzia, in particolare, nella specu-
lazione filosofica sul concetto di oujsiva)680 , egli riassume in questi termini
il senso della quarta domanda: Per non procurare malattia alla nostra
anima a causa della mancanza di cibi, e per non morire a Dio a causa della
fame della parola del Signore (Am 8, 11), noi domandiamo al Padre il
pane vivo, che identico al pane soprasostanziale, obbedendo al no-
stro Maestro e Salvatore, credendo e vivendo in modo pi retto (Orat
XXVII, 6), e diventando cos sempre pi, di giorno in giorno, figli di Dio
(Orat XXVII, 12) o, con analoga conclusione, per essere deificati grazie
al nutrimento del Logos divino (Orat XXVII, 13)681.
Se tale il senso generale della quarta domanda nellinterpretazione
di Origene, la sua spiegazione si arricchisce di una prospettiva ulteriore
che sembra anticipare la dimensione pi ampiamente comunionale pro-
pria del commento alla quinta e alla sesta petizione. Il discorso sul pane
soprasostanziale, anche per il tramite dellimmagine genesiaca di albero
di vita (Gn 2, 9; 3, 22) collegata ad esso e associata nel contempo alla
sapienza in Pr 3, 18 ( un albero di vita per chi ad essa sattiene e chi
ad essa si stringe beato) , sfocia infatti nella generalizzazione di una
comunicazione spirituale tra le creature razionali, uomini ed angeli, e il
Cristo (Orat XXVII, 11). Simmetricamente vi si affianca, per contrasto,
quella di segno negativo fra gli uomini, il diavolo e i suoi angeli (Orat
XXVII, 12). Nel descrivere questo universo di relazioni spirituali lAles-
sandrino rivolge dapprima lo sguardo allordine angelico, che trova il pro-
prio nutrimento nella contemplazione della sapienza di Dio, grazie alla
quale reso capace di compiere la sua opera. Ma al convito celeste degli
angeli partecipano anche gli uomini di Dio, come Origene ricorda citan-
do Sal 77(78), 25 (luomo mangi il pane degli angeli, mand da cibarsi
a saziet), senza peraltro identificare questo pane angelico, in senso

kai; sumfwniva" tw'n o{lwn lovgon mh; tranou'nto". Si tratta di un significativo riconoscimen-
to, in funzione antignostica, della positivit di chi si nutre di una fede pi semplice. Lar-
gomentazione scritturistica si basa su Pr 15, 17 ( meglio essere invitato a mangiare ver-
dure con amicizia e grazia che un vitello di stalla con odio), passo citato anche in CIo XIII,
33, 210, nel contesto di un discorso sulla variet di cibi spirituali, ad indicare il nutrimento
dei deboli. Sulla metafora della verdura si veda ancora HNm XXVII, 1; CRm X , 35.
680 Cfr. Orat XXVII, 8, che offre interessanti termini di paragone con VI, 1 (oltre che
con CIo XIII, 21, 127 e Prin II, 1, 4; IV, 4, 6-7). Origene richiama successivamente la con-
cezione platonica e quella stoica.
681 Orat XXVII, 12 (370, 28-29): Tou' me;n ou\n ejpiousivou oJ metalambavnwn a[rtou
sthrizovmeno" th;n kardivan uiJo;" qeou' givnetai. Antitetico ad esso il cibo dellAvver-
sario. Si veda anche il riepilogo dopo la discussione sulla nozione di oujsiva in XXVII, 9
(369, 18-22): ejpiouvsio" toivnun a[rto" oJ th'/ fuvsei th'/ logikh'/ katallhlovtato" kai; th'/
oujsiva/ aujth'/ suggenhv", uJgeivan a{ma kai; eujexivan kai; ijscu;n peripoiw'n th'/ yuch'/ kai; th'"
ijdiva" ajqanasiva" (ajqavnato" ga;r oJ lovgo" tou' qeou') metadidou;" tw'/ ejsqivonti aujtou'.
La Preghiera del Signore vita del cristiano 225
fisico, con la manna piovuta dal cielo per gli Ebrei durante la traversata
del deserto, dal momento che sia per gli uomini che per gli angeli questo
nutrimento pu essere, secondo lAlessandrino, soltanto la Parola di
Dio 682 . Ma la comunicazione spirituale non a senso unico, per cos dire
dallalto verso il basso, poich qualunque frammento di verit (anche se
risalente sempre, in ultima analisi, al Logos e alla Sapienza di Dio) pu
essere partecipato dai santi non solo agli altri uomini ma anche agli an-
geli e perfino allo stesso Cristo. Lospitalit di Abramo per i tre inviati,
narrata da Gn 18, 2-6, attesta per Origene lo scambio dei ruoli fra uomini
e angeli nel processo di crescita spirituale, cosa che avviene sia per lutili-
t dei secondi sia a dimostrazione del progresso conseguito dai primi e che
ridonda comunque in una sinergia benefica compartecipata683 . Quanto al
Cristo, lAlessandrino sfrutta specialmente Ap 3, 20 (Ecco, sto alla porta
e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verr da
lui, cener con lui ed egli con me), per ribadire lidea di una comunica-
zione spirituale che si esercita reciprocamente, in entrambe le direzioni,

682 Cfr. Orat XXVII, 10. Si veda anche linterpretazione dellepisodio di Es 16, 4 ss.
in HEx VII, 5 (211, 13): panis coelestis, qui est sermo Dei.
683 Orat XXVII, 11 (370, 14-22): dunamevnwn tw'n aJgivwn metadou'naiv pote trofh'"
nohth'" kai; logikh'" ouj movnon ajnqrwvpoi" ajlla; kai; qeiotevrai" dunavmesin h[toi eij" wjfev-
leian aujtw'n h] eij" ejpivdeixin w|n deduvnhntai peripoih'sai eJautoi'" trofimwtavtwn, euj-
frainomevnwn kai; trefomevnwn ejn th'/ toiauvth/ ejpideivxei tw'n ajggevlwn kai; eJtoimotevrwn
ginomevnwn pro;" to; panti; trovpw/ sunergh'sai kai; pro;" to; eJxh'" sumpneu'sai th'/ pleiovnwn
kai; meizovnwn katalhvyei tou' ejpi; protevroi" pareskeuasmevnou trofivmoi" maqhvmasin,
eujfravnanto" kai;, i{n ou{tw" ei[pw, ajnaqrevyanto" aujtouv". Il motivo messo in luce qui
non figura nellesegesi di Gn 18 in HGn IV, pur nel riconoscimento del convivium offerto
dal sapiente Abramo Domino atque angelis (IV , 3), mentre lo troviamo espresso con
chiarezza in CIo XIII, 32, 197-199, a commento di Gv 4, 31 (Nel frattempo i discepoli lo
pregavano, dicendo: Rabb, mangia): I discepoli infatti desiderano sempre nutrire il
Logos con ci che essi trovano, affinch corroborato, rinvigorito e potenziato, egli possa
permanere con pi intensit presso coloro che lo nutrono, nutrendo a sua volta quegli che
gli offrono cibo. Ecco perch egli dice che sta alla porta e bussa: se uno gli apre la porta,
egli entrer da lui e cener con lui. E cos avverr che chi invita a cena sar a sua volta in-
vitato a cena dal Logos che ha cenato presso luomo (tr. Corsini, 503). Lidea di una si-
nergia benefica richiama alla mente HIos XX, 1 (= Phil 12 [390, 28-34]), dove Origene
accenna alla presenza di potenze (dunavmei") che hanno ricevuto in sorte le nostre
anime e i nostri corpi; quando si legge la Scrittura, se sono potenze sante, ricevono
giovamento e si rafforzano, anche allinsaputa del nostro intelletto: wJ" gevgraptai peri;
tou' glwvssh/ lalou'nto", o{ti To; pneu'mav mou proseuvcetai, oJ de; nou'" mou a[karpov" ejsti
(1Cor 14, 14). novei ou\n moi o{ti pote; tou' ejn hJmi'n nou' ajkavrpou o[nto" aiJ dunavmei" aiJ
sunergou'sai th/' yuch/' kai; tw/' nw/' kai; pa'sin hJmi'n trevfontai logikh/' th/' ajpo; tw'n iJerw'n
grammavtwn kai; tw'n ojnomavtwn touvtwn trofh/', kai; trefovmenoi dunatwvterai givnontai
pro;" to; hJmi'n sunergei'n. Sullinterpretazione di questo passo si veda Perrone 2004b, 239-
240. In Orat non figura invece il motivo per cui la Parola di Dio nutre ciascuno secondo i
suoi desideri e bisogni, ampiamente sviscerato in HEx VII (cfr. 8 [216, 15-16]: Sic ergo
manna Verbi Dei reddit in ore tuo saporem quemcumque volueris).
226 Parte prima, Capitolo sesto
sia pure nella consapevolezza dei limiti dellospitalit donata dalluomo
al Figlio di Dio684 . Il paradosso di questa reciprocit, sviluppantesi ai li-
velli pi diversi fino allaltezza di Cristo, si pu comprendere alla luce
della dottrina dellinterazione fra gli uomini nel bene e nel male (come
Origene chiarisce nella memorabile Omelia VII sul Levitico) e del progres-
so spirituale: il dono del pane soprasostanziale non resta senza frutto,
ma la Parola di Dio innesca una fecondit spirituale, che anche segno
dellattivazione responsabile del santo in risposta al dono ricevuto685.
Nel cuore di questa dinamica vi la prospettiva tracciata dalle Omelie
su Ezechiele per cui Cristo stesso si nutre del pane soprasostanziale

684 Orat XXVII, 11 (370, 22-27): ouj qaumasto;n de; eij ajggevlou" trevfei a[nqrwpo",
o{pou ge kai; Cristo;" oJmologei' eJstw;" para; th;n quvran krouvein, i{n eijselqw;n para; to;n
ajnoivxanta aujtw'/ deipnhvsh/ met aujtou' (Ap 3, 20) ejk tw'n ejkeivnou, meta; tau'ta kai; aujto;"
metadwvswn tw'n ijdivwn tw'/ provteron eJstiavsanti kata; th;n ijdivan duvnamin to;n uiJo;n tou'
qeou'. Circa il motivo del Logos di Dio che sta alla porta e picchia e vuole entrare nelle
anime (tr. Corsini, 124), si veda ancora CIo I, 4, 26; XXXII, 2, 18; HIos XX, 1: Cosa
dico: le potenze divine si pascono e prendono nutrimento dentro di noi, quando pronun-
ciamo con la (nostra) bocca le parole della divina Scrittura? Ma lo stesso Signore nostro
Ges Cristo, quando ci trova occupati in queste realt e impegnati in studi ed esercitazioni
del genere, si degna non solo di prendere cibo e perfezione dentro di noi, ma anche di
portare con s il Padre, se vede preparati dentro di noi tali banchetti. Ma queste realt, che
sembrano tanto grandi e superiori alluomo, stanno a provartele non le mie parole, ma
quelle dello stesso Signore e Salvatore, quando dice: In verit vi dico: io e il Padre ver-
remo e faremo dimora e ceneremo presso di lui (Gv 14, 23; Ap 3, 20). Presso di chi?
Certamente presso colui che custodisce i suoi comandamenti (1Gv 3, 22) (tr. Scognami-
glio-Danieli, 260-261). Di particolare interesse HIs II, 2 che premette la seguente rifles-
sione a Ap 3, 20: questo Emmanuele, nato dalla Vergine, mangia burro e miele (cfr. Is 7,
14-15) e cerca da ognuno di noi burro da mangiare. Il discorso mostrer in che modo
egli cerchi da ciascuno di noi burro e miele! Le nostre opere dolci, le nostre parole pi
soavi e buone, sono il miele che mangia lEmmanuele, che mangia il Nato dalla
Vergine; ma se i nostri discorsi sono pieni di amarezza, di ira, di animosit, di tristezza, di
parole turpi, di vizi, di contese [...] da questi discorsi non mangia il Salvatore! (tr. Da-
nieli, 83). Si veda anche la spiegazione del pesce arrostito di cui Ges si nutre con i di-
scepoli dopo la resurrezione (Lc 24, 42): ajpodexavmeno" h}n ejduvnanto ejk mevrou" ajpag-
gei'lai aujtw/' peri; tou' patro;" qeologivan (CMt XI, 2 [36, 4-5]).
685 Cfr. HLv VII, 5 (386, 8-13; 387, 2-5): Ogni uomo ha in s un cibo che pu of-
frire al prossimo che gli si avvicina. Non pu infatti accadere che, quando noi uomini ci
avviciniamo lun laltro e intrecciamo un discorso, non riceviamo o porgiamo fra noi un
qualche gusto o per la risposta, o per la domanda, o per un qualche gesto. [...] In secondo
luogo, dopo la sua carne [scil. di Ges], sono cibo puro Pietro, Paolo e tutti gli apostoli; in
terzo luogo i suoi discepoli. Cos ognuno, per labbondanza dei meriti o la purezza dei
sentimenti, diviene cibo puro per il suo prossimo (tr. Danieli, 165-166). Si veda anche
HGn X, 3 (96, 5-12): Vide ergo ne forte, sicut et Dominus Iesus, cum ipse sit panis vitae
et ipse pascat animas esurientes, ipse rursus esurire se fatetur, cum dicit: esurivi, et dedisti
mihi manducare (Mt 25, 35) et iterum, cum ipse sit aqua viva et potum det omnibus si-
tientibus, rursum ipse dicit ad Samaritanam: da mihi bibere (Gv 4, 7): sic et propheticus
sermo, cum ipse potum det sitientibus, nihilominus ipse ab his potari dicitur cum studio-
sorum exercitia et vigilantias suscipit.
La Preghiera del Signore vita del cristiano 227
nella contemplazione del Padre e, grazie ad essa, si manifesta nella sua
superiorit ontologica rispetto agli altri esseri686.
C infine una terza prospettiva dalla quale Origene guarda alla do-
manda del pane: essa echeggia gi indirettamente nella spiegazione al-
ternativa del termine ejpiouvsio" in chiave escatologica (il pane del mondo
che verr), ma affrontata in recto nel commento alle due espressioni tem-
porali che accompagnano la richiesta, rispettivamente in Matteo (Mt 6,
11: shvmeron, oggi) e in Luca (Lc 11, 3: kaq hJmevran, ogni giorno)687 .
una riflessione sul tempo, come la cornice della vita delluomo e la di-
mensione entro la quale si gioca la storia della salvezza. LAlessandrino
non si accontenta delle interpretazioni pi immediate (quale lidea che
oggi significa nelluso scritturistico tutto il tempo fino al presente, lad-
dove ieri designa il tempo trascorso)688, ma si lascia andare ad un in-
ventario piuttosto ampio del linguaggio temporale nella Bibbia: questi
termini, si chiede Origene, sono da riferirsi tutti agli eoni?689 La rasse-
gna sembra soprattutto prefiggersi lo scopo di mettere in evidenza la dif-
ficolt dellargomento, in vista della necessit di offrirne uninterpreta-
zione spirituale con Eb 10, 1 (la legge possiede solo unombra dei beni
futuri). In un crescendo di domande lesemplificazione perviene al rico-
noscimento che solo il Padre conosce il mistero delleconomia dei tempi
e colui che ha contemplato le Sue disposizioni nellintimo690. Ma tale

686 HEz XIV, 3 (453, 30-32): Excellens quippe ab universa conditione natura eius
et ab omnibus segregata facit cum cotidianum panem de Patris natura comedere.
687 FrLc 180 (302, 1-2) riporta Lc 11, 3 secondo la variante di Marcione: to;n a[rton
sou to;n ejpiouvsion divdou hJmi'n to; kaq hJmevran (su cui si veda Amphoux, 157, 160). Orat
XXVII, 17, dove lo si confronta brevemente con Mt 6, 11, tralascia questo punto.
688 Cfr. Orat XXVII, 13 (372, 10-11): e[qo" dh; pollacou' tw'n grafw'n to;n pavnta
aijw'na shvmeron kalei'sqai; (17-18) eij de; shvmeron oJ pa'" ou|to" aijw;n, mhv pote ejcqe;" oJ
parelhluqwv" ejstin aijwvn. Ritroviamo la stessa idea in CIo XXXII, 32, 396-397: nella
Scrittura lespressione oggi si estende spesso fino a comprendere la totalit del tempo di
questo mondo attuale (aijwvn), come, ad esempio, anche in questi passi: Questa diceria si
diffusa tra i Giudei fino a oggi (Mt 28, 15); Questi fu il capostipite dei Moabiti, [che esi-
stono] fino al giorno doggi (Gn 19, 37); Se oggi doveste udire la sua voce, [non ostina-
tevi nei vostri cuori] (Sal 94[95], 8); [Oggi] non allontanatevi dal Signore! (Gs 22, 19). A
colui che laveva pregato di ricordarsi di lui nel regno di Dio, Ges promette, con questa
espressione oggi (cfr. Lc 23, 43), che ancora durante l eone attuale, prima di quello
futuro, lavrebbe fatto essere con lui nel regno di Dio (tr. Corsini, 809). Il dossier scrit-
turistico pressoch identico, dato che in Orat XXVII, 13 troviamo nellordine Gn 19, 37-
38; Mt 28, 15; Sal 94(95), 8; Gs 22, 16. 18. 19. Cfr. anche CMt XV, 31; HIer XIX, 14 (170,
11-12): shvmeron dev ejsti pa'" ou|to" oJ aijwvn. Sullaccezione di aijwvn come tempo o
mondo, cfr. Monaci Castagno 2000c; Ramelli.
689 Orat XXVII, 14 (373, 3-5): ejxetastevon eij ejpi; aijw'na" ajnafevrontai oiJ lovgoi
tw'n kata; ta;" hJmevra" h] mh'na" h] kairou;" h] ejniautou;" ajnagegrammevnwn eJor-
tw'n h] panhguvrewn.
690 Orat XXVII, 14 (373, 19-25): e[sti dev ti" kai; ajnwtevrw th'" dia; eJpta; ejtw'n eJor-
th'" oJ kalouvmeno" Iwbhlai'o", o{ntina ka]n ejpi; poso;n fantasqh'nai ei\naiv ti tranw'" h]
228 Parte prima, Capitolo sesto
mistero racchiude per Origene (con evidente allusione alla discussa dottri-
na dellapocatastasi), nel succedersi degli eoni, la manifestazione piena
della misericordia divina verso tutti i peccatori. Non a caso lAlessandrino,
consapevole dellardire di queste sue riflessioni, mette qui in campo la pro-
pria soggettivit dinterprete intervenendo in prima persona con un inter-
rogativo che dichiara di essersi posto numerose volte: come conciliare fra
loro Eb 9, 26 (una volta sola ora, nella pienezza dei tempi, apparso per
annullare il peccato mediante il sacrificio di se stesso) e Ef 2, 7 (per mo-
strare nei secoli futuri la straordinaria ricchezza della sua grazia mediante
la sua bont verso di noi in Cristo Ges)? 691 Ora, se sintende lespres-
sione pienezza dei tempi (suntevleia tw'n aijwvnwn) come un anno di
eoni, per analogia con i mesi dellanno lultimo di essi prelude a un nuovo
inizio. Cos, nel piano temporale di Dio, i nuovi eoni manifesteranno la
sovrabbondanza della sua grazia, nella misteriosa economia provvidenzia-
le disposta da Lui per la salvezza anche dei peccatori pi incalliti692 .
Allora la quarta domanda del Padrenostro sollecita lorante a disfarsi
ulteriormente dei suoi concetti pi meschini e riduttivi per affacciarsi sul-
lorizzonte vertiginoso del disegno divino di salvezza. un esercizio di

tou;" ejn aujtw'/ novmou" plhrwqhsomevnou" ajlhqinou;" [ajlhqinw'" BKV, 108 n. 2] oujdenov"
ejsti <plh;n> tou' th;n patrikh;n boulh;n peri; th'" ejn a{pasi toi'" aijw'si diatavxew" kata;
ta; ajnexereuvnhta aujtou' krivmata kai; ta;" ajnexicniavstou" aujtou' oJdou;"
teqewrhkovto" (cfr. Rm 11, 33). CMt XV, 31 tocca le stesse tematiche, identificando bibli-
camente un giorno con un eone e rilevando nuovamente lo sconfinato mistero del
tempo e della salvezza racchiusa in esso: Chi dunque capace di riferire a questi giorni
anche i sei e il settimo del riposo, e dopo i sabati, le neomenie, e nel primo mese le festi-
vit, e nel quattordicesimo giorno del mese la Pasqua e nei seguenti gli azzimi? Analoga-
mente, uno cos potrebbe precipitare in un abisso di pensieri cercando di dare un senso a
tutte le altre feste a seconda di questi giorni, e anche dellintero anno sabbatico durante il
quale Dio dona ai poveri, agli stranieri e agli animali tutti i frutti prodotti dalla coltiva-
zione precedente, durante il tempo in cui <la terra> resta incolta. Ma chi potr elevarsi al-
labisso dei giorni del cinquantesimo anno (dico abisso a motivo della profondit degli
insegnamenti) per elevarsi alla contemplazione del cinquantesimo anno e del compiersi
delle realt in esso stabilite dalla Legge? (tr. Scognamiglio, 268).
691 Orat XXVII, 15 (374, 1-9): pollavki" dev moi ejph'lqen ajporei'n, sugkrouvonti duvo
levxei" ajpostolika;", pw'" suntevleia aijwvnwn ejsti;n, ejf h|/ a{pax eij" ajqevthsin tw'n
aJmartiw'n Ihsou'" pefanevrwtai, eij mevllousin ei\nai aijw'ne" meta; tou'ton ejpercovme-
noi. [...] kai; peri; thlikouvtwn stocazovmeno" nomivzw o{ti...
692 Orat XXVII, 15 (374, 11-18): ou{tw mhv pote, pleiovnwn aijwvnwn oiJonei; ejniauto;n
aijwvnwn sumplhrouvntwn, suntevleiav ejstin oJ ejnestw;" aijw;n, meq o}n mevllontev" tine" aijw'-
ne" ejnsthvsontai, w|n ajrchv ejstin oJ mevllwn, kai; ejn ejkeivnoi" toi'" mevllousin ejndeivxetai
oJ qeo;" to;n plou'ton th'" cavrito" aujtou' ejn crhstovthti: tou' aJmartwlotavtou kai; eij" to;
a{gion pneu'ma dusfhmhvsanto" kratoumevnou para; th'" aJmartiva" ejn o{lw/ tw'/ ejnestw'ti
aijw'ni kai; ajrch'qen mevcri tevlou" tw'/ mevllonti meta; tau'ta oujk oi\d o{pw" oijkonomhsomev-
nou. Jay, 181, nota 6 osserva che the whole phrase [...] is a hint at Origens speculation
that the Devil will eventually be saved. Analoga linea argomentativa viene proposta in
CMt XV , 31, anche se qui si parla pi genericamente della manifestazione della bont
divina a coloro cui [Dio] sa di doverla mostrare (tr. Scognamiglio, 269).
La Preghiera del Signore vita del cristiano 229
trascendimento del quotidiano onde cogliere il senso nascosto della
storia del mondo e la sua chiave risolutiva nellamore sconfinato di Dio.
Come tale, esso conduce a celebrare Colui che ha disposto questo piano
benefico693 . Proprio guardando a questo orizzonte colui che prega sim-
pegner a rendersi degno di ricevere il pane ejpiouvsio" non solo per
loggi, nella vita del mondo attuale, ma anche ogni giorno, cio nel
susseguirsi degli eoni in cui Dio sovrabbonder con la sua misericordia
verso ogni creatura, aldil di ogni possibile immaginazione umana694.

7. Nella trama dei doveri reciproci: la domanda per la remissione dei


debiti

Un contrappeso allaccentuato spiritualismo che ai nostri occhi mo-


derni contraddistingue linterpretazione origeniana della quarta domanda
viene dal commento della quinta. una pagina dimpressionante concre-
tezza, ispirata dalla formulazione di Mt 6, 12 (rimetti a noi i nostri debiti
come noi li rimettiamo ai nostri debitori), che parla di remissione dei
debiti (ojfeilhvmata), laddove in Lc 11, 4 (perdonaci i nostri peccati,
perch anche noi perdoniamo ad ogni nostro debitore) compare il termine
peccati (aJmartivai)695. Origene ne trae lo spunto per una riflessione sulla

693 Orat XXVII, 16 (374, 19-27): tau'ta toivnun oJ ijdw;n kai; th'/ dianoiva/ aijwvnwn eJbdo-
mavda, i{na sabbatismovn tina a{gion qewrhvsh/, ejnnohvsa" kai; aijwvnwn mh'na, i{na th;n aJgivan
tou' qeou' i[dh/ noumhnivan, kai; aijwvnwn ejniauto;n, i{na sunivdh/ ta;" tou' ejniautou' ge eJorta;",
o{te dei' pa'n ajrseniko;n ejnwvpion faivnesqai kurivou qeou' (Dt 16, 16), kai; thlikouvtwn
aijwvnwn tou;" ajnavlogon ejniautou;", i{na to; e{bdomon a{gion e[to" katalambavnh/, kai; aijwv-
nwn eJbdomatikou;" eJpta;, o{pw" uJmnhvsh/ to;n thlikau'ta nomoqethvsanta, ejxetavsa": pw'"
duvnatai mikrologh'sai peri; tou' ejlacivstou morivou w{ra" th'" tou' thlikouvtou aijw'no"
hJmevra". Si noti luso del verbo mikrologevw , attestato solo in Orat (cfr. XVII, 1 [338, 22-
24]: fwtizwvmeqa uJpo; tou' qeou' pro;" th;n pantelh' kth'sin tw'n ajlhqinw'n ajgaqw'n, ouj
mikrologhvsomen peri; eujtelou'" pravgmato" tou' kata; th;n skiavn ), in ambedue i luoghi
come invito a trascendere la visuale terrena.
694 Orat XXVII, 16 (375, 3-9): tw'/ ga;r ejx ajpeivrwn ejp a[peiron o[nti qew'/ ouj movnon
peri; th'" shvmeron ajlla; kaiv pw" tou' kaq hJmevran oJ shvmeron eujcovmeno", ajpo; tou'
dunatou' dwrhvsasqai uJpe;r ejk perissou' w|n aijtouvmeqa h] noou'men (Ef 3, 20) labei'n
oi|ov" te e[stai, i{n ou{tw" uJperbolikw'" ei[pw, kai; ta; uJpe;r a} ojfqalmo;" oujk ei\de kai; ta;
uJpe;r a} ou\" oujk h[kouse kai; ta; uJpe;r a} ejpi; kardivan ajnqrwvpou oujk ajnevbh (1Cor 2, 9).
Linterpretazione di Lc 11, 3 in FrLc 180 (302, 5-7) sembrerebbe intendere ogni giorno
in una luce diversa: ajnagkaivw" de; kai; to; kaq hJmevran provskeitai. oiJonei; ga;r ejpi-
skeuasthv ejstin hJmw'n hJ zwh; hJ ajlhqinhv, i{na kata; qeo;n zh/vsh/ oJ e[sw a[nqrwpo" (cfr. 2Cor
4, 16 laggettivo ejpiskeuastov", riparato, restaurato, un hapax in Origene).
695 Il privilegio accordato alla versione matteana appare nuovamente in linea con
alcune conclusioni dellesegesi contemporanea: La cinquime demande du Notre Pre
nest pas situer immdiatement dans le champ du pardon, mais dans celui de la dette
et du pch. Sa formulation a t juridique avant dtre religieuse (Philonenko, 138).
Invece, per Mller K., 176, anche la seconda petizione con il noi sarebbe caratterizzata
230 Parte prima, Capitolo sesto
molteplicit dei doveri696 , in relazione ai diversi stati di vita, e sulluni-
versalit che ne consegue della condizione di debitore allinterno del
consorzio umano697. Anzi, per chi guardi con attenzione alla condizione
umana, come lAlessandrino suggerisce al lettore di fare pi ampiamente,

dalla stessa distanza dal Nazzareno: Die zweite Wir-Bitte verweigert sich dem Sachver-
halt, der die Botschaft des Nazareners unverkennbar prgt [...], dass nmlich die Schuld-
vergangenheit des Snders apriori irrelevant ist. Si noti inoltre che Origene riporta anche
la variante paraptwvmata (trasgressioni) per la versione matteana (si veda infra, nota
703), mentre tratta le specificit del testo lucano in Orat XXVIII, 8, vedendo la correlazione
debiti-peccati. Daltra parte Mt 6, 12b citato nella forma wJ" kai; hJmei'" ajfhvkamen in
XVIII, 2 e XXVIII, 1; altrove presenta la variante ajfivemen (XXVIII, 8) che assimila il testo a
Lc 11,4b. Peraltro, in XXVIII, 1 questo compare anche, per influsso matteano, come: kai;
ga;r aujtoi; ajfhvkamen panti; ojfeivlonti hJmi'n. Sullequivalenza debito = peccato cfr.
anche CRm IV, 1, che osserva come nel rapporto delluomo con Dio tutto sia dono: a
stento mi persuado che vi possa essere una qualche opera che richieda come dovuta una
ricompensa da parte di Dio, dal momento che anche il fatto stesso che possiamo compiere
qualcosa o pensare o parlare ci possibile farlo per suo dono e benevolenza (tr. Cocchini
I, 179); Troverai infatti che spesso nei libri divini i peccati sono chiamati debiti, come il
Signore stesso ci insegn a dire nella preghiera: Rimetti... (p. 180).
696 Origene si serve del termine kaqhvkonta (Orat XXVIII, 1), che nello stoicismo
indica le azioni appropriate, cio gli atti coerenti alle disposizioni naturali e, fra questi, i
doveri verso il genere umano e la societ cui il saggio volentieri si sottometteva e che non
erano considerati di ostacolo alla perfezione (Monaci Castagno 1997, 124, nota 39). Cfr.
anche Stritzky, 164-165, secondo la quale Origene cristianizza la nozione dei kaqhvkonta,
applicandola ai comandamenti. Per luso del termine in Orat si veda VI, 2 (312, 25-26):
uiJon; to; pro;" gonei'" kaqh'kon mh; ajpodidovnta; VI, 3 (313, 1-3): eij dh; to; ejf hJmi'n swvz/ etai,
muriva" o{sa" ajponeuvsei" e[con pro;" ajreth;n h] kakivan kai; pavlin h] pro;" to; kaqh'kon h]
pro;" to; para; to; kaqh'kon; XXV, 2 (358, 4-5) e[stai pote; kaqh'kon mh; levgein: aJgiasqhvtw
to; o[nomav sou: ejlqevtw hJ basileiva sou. Si noti che in XXIX, 12. 16 il termine ripreso da
Rm 1, 28. Cfr. inoltre CC IV, 26 (para; to; kaqh'kon si veda anche V, 35); IV, 98; VII , 48
(con riferimento a Rm 1, 28); CIo V, 1; XIII, 29, 173; HIer XIV, 4.
697 Orat XXVIII, 1 (375, 26-5): ojfeivlomen toigarou'n e[contev" tina kaqhvkonta ouj
movnon ejn th'/ dovsei ajlla; kai; lovgw/ proshnei' kai; toi'sdev tisi toi'" e[rgoi", ajlla; kai;
diavqesivn tina toiavnde ojfeivlomen e[cein pro;" aujtouv" [ajllhvlou" BKV, 111 n. 2]. tau'ta
dh; ojfeivlonte" h[toi ajpodivdomen dia; tou' ejpitelei'n ta; prostassovmena uJpo; tou' qeivou
novmou, h] tw'/ katafronei'n tou' uJgiou'" lovgou mh; ajpodidovnte" mevnomen ejn tw'/ ojfeivlein.
Le diverse sfere cui si applicano i doveri dei cristiani vengono cos riassunte in HIer
XIV, 4 (108, 23-109, 6) in relazione al testo variante di Ger 15, 10 LXX (oujk wjfeivlhsa,
oujde; wjfeivlhsev moi oujdeiv", Non ho fatto debiti n alcuno li ha fatti con me, in luogo di
oujk wjfevlhsa, oujde; wjfevlhsev me oujdeiv", Non ho fatto del bene n alcuno ha fatto del
bene a me): oJ me;n pa`sin ajpodidou;~ ta;~ ojfeilav~, tw/` to;n fovbon to;n fovbon, tw`/ to; tevlo~
to; tevlo~, tw`/ to;n fovron to;n fovron, tw`/ th;n timh;n th;n timhvn (Rm 13, 7) kai; pa`si ta; kaqhv-
konta ajpodidouv~, wJ~ mh; ojfeivlein ta; kaqhvkonta prov~ tina~, timhvsa~ <gonei`~> wJ~ go-
nei`~, <wJ~> eijpei`n, ajdelfou;~ wJ~ ajdelfouv~, uiJou;~ wJ~ uiJouv~, ejpiskovpou~ wJ~ ejpiskovpou~,
presbutevrou~ wJ~ presbutevrou~, diakovnou~ wJ~ diakovnou~, pistou;~ wJ~ pistouv~, kath-
coumevnou~ wJ~ kathcoumevnou~, eij pavnta ajpodivdwsi ta; kaqhvkonta, oujk wjfeivlhsen. eij
de; ojfeivlei me;n poih`sai kaqh`kon, ouj pepoivhke dev, ouj duvnatai levgein: oujk wjfeivlhsa:
ojfeivlwn ga;r oujk ajpodevdwke. Sullinterpretazione di Rm 13, 7, nella prospettiva del giu-
dizio e con implicazioni demonologiche, cfr. HLc XXIII, 6.
La Preghiera del Signore vita del cristiano 231
simpone la conclusione che non vi un solo istante dellesistenza, n di
notte n di giorno, in cui non siamo tenuti a saldare i nostri debiti698 . Se
ancora ve ne fosse bisogno, troviamo qui la dimostrazione pi lampante
della dimensione intrinsecamente corale della preghiera che soggiace a
molte delle riflessioni origeniane. Facendo propria la domanda insegnataci
da Ges diventiamo consapevoli del tessuto di responsabilit che ci lega
agli altri esseri umani: come fratelli nella comunit ecclesiale; come
cittadini nella compagine statuale; come genitori e figli o mariti e mogli
nella famiglia. Ma abbiamo anche altri doveri: non solo nei confronti di
noi stessi in tutta larticolazione del nostro essere, che composto, se-
condo la visuale antropologica cara allAlessandrino, di corpo, anima
e mente (o ragione) , ma anche nei confronti degli esseri spirituali
(Orat XXVIII, 2). Origene passa in rassegna anche questi doveri, a comin-
ciare da quelli verso Dio (il Padre), Cristo, lo Spirito per proseguire con i
doveri verso gli angeli, in particolare langelo custode. La coralit entro
cui si svolge lagire degli uomini diventa esplicita in un passo che riprende
nuovamente limmagine del teatro del mondo scena che impegna allo
spasimo, nellassunzione delle proprie responsabilit morali:
E se noi siamo sulla scena del mondo di fronte agli angeli e agli uomini (1Cor
4, 9), va tenuto presente che come colui che in teatro deve dire o fare quella tal
parte davanti agli spettatori e, non facendola, punito come se avesse offeso tutto
il teatro, cos anche noi di fronte a tutto il mondo, a tutti gli angeli e al genere
umano siamo debitori di quanto, volendo, apprenderemo dalla sapienza (Orat
XXVIII, 3) 699 .

Dopo aver cos focalizzato il discorso dei doveri, Origene accenna pi


brevemente al discorso dei diritti. Nella rete di responsabilit, che lega
ciascuno di noi allaltro, siamo anche creditori a vario titolo nei confronti
del prossimo, specialmente quando il debito che esso ha verso di noi non

698 Orat XXVIII, 4 (377, 24-28): kai; tiv me dei' levgein, paro;n ta; eJautw'n ajnalevge-
sqai ejk tw'n eijrhmevnwn tou;" ejntugcavnonta" th'/de th'/ grafh'/, o{sa ojfeivlonte" h[toi mh;
ajpodidovnte" katasceqhsovmeqa h] ajpodidovnte" ejleuqerwqhsovmeqa plh;n oujk e[stin ejn
tw'/ bivw/ o[nta pavsh" w{ra" nukto;" kai; hJmevra" mh; ojfeivlein. Il ragionamento esposto qui a
proposito delle responsabilit ecclesiali, in un crescendo che va dalla vedova al vescovo,
richiama lanaloga scala di doveri presente in HIer XI, 3: Anche da voi e da noi il Verbo
esige una vita buona, ma se bisogna dire cos: I forti saranno fortemente esaminati (Sap 6,
6), da me si esige pi che da un diacono, da un diacono pi che da un fedele, e da colui al
quale stato affidato lo stesso governo ecclesiastico si esige ancora di pi (tr. Mortari,
135). Cfr. anche HEz V, 4. Daltra parte, in H38Ps I, 3 (328, 5-9) Origene ripropone, in
termini non meno impegnativi, la responsabilit morale che grava su ogni istante della
vita, in questo caso per la custodia della parola (Sal 38[39], 2): multorum peccatorum
initium est sermo et os nostrum multis malis ministrat et valde difficile est inveniri homi-
nem, qui una saltem hora os suum et linguam suam observet a peccato.
699 Cfr. in proposito le osservazioni di Lugaresi 2003b, 663, del quale riprendo la
traduzione.
232 Parte prima, Capitolo sesto
viene saldato (Orat XXVIII, 5). Ma il Padrenostro ci impegna, secondo
Origene, a far valere tali diritti senza dimenticare i nostri doveri. Ci vale
significativamente anche per colui che eventualmente ha saldato tutti i de-
biti, dal momento che pure lui ha bisogno di una remissione per il tempo
in cui stato ancora debitore; di ci rimane comunque traccia, come in un
libro scritto, nel nostro hJgemonikovn per il giorno in cui ci presenteremo al
tribunale di Cristo700 . Sapendoci dunque nel contempo debitori, siamo gui-
dati ad una prassi insieme di responsabilizzazione e di misericordia:
Ricordandoci infatti di non aver pagato i debiti che avevamo, anzi di aver com-
messo una frode essendo passato il tempo in cui bisognava che li avessimo estin-
ti nei riguardi del nostro prossimo, saremo pi miti verso coloro che erano nostri
debitori e non hanno soddisfatto il debito. Soprattutto se non dimentichiamo le
nostre trasgressioni contro la legge di Dio e le parole dingiustizia pronunziate
contro lAltissimo, sia per ignoranza della verit sia per mala sopportazione degli
eventi dipendenti dalle circostanze (Orat XXVIII, 6)701.

700 Orat XXVIII, 5 (378, 8-13): au|tai de; aiJ paravnomoi ejnevrgeiai, ejn tw'/ hJgemo-
nikw'/ tupouvmenai, to; kaq hJmw'n givnontai ceirovgrafon (Col 2, 14), ajf ou| dikasqhsov-
meqa, divkhn bivblwn tw'n uJpo; pavntwn, i{n ou{tw" ei[pw, keceirografhmevnwn proacqhso-
mevnwn, o{te pavnte" parasthsovmeqa tw'/ bhvmati (Rm 14, 10) tou' Cristou', i{na komivshtai
e{kasto" ta; dia; tou' swvmato" pro;" a} e[praxen, ei[te ajgaqo;n ei[te fau'lon (2Cor 5, 10).
Sulla traccia lasciata dai peccati in vista del giudizio divino, cfr. HGn XIII, 4 (120, 16-18):
Istud, quod dicit chirographum, peccatorum nostrorum cautio fuit. Unusquisque etenim
nostrum in his quae delinquit efficitur debitor et peccati sui litteras scribit. Si veda anche
HIer XVI, 10: Che i peccati che commettiamo si iscrivano in noi per il semplice fatto di
commetterli, lo mostrer lesperienza. Non ero consapevole di questa azione o di quel
peccato. Ma, una volta commesso, porto la sua impronta e limpronta del peccato da me
commesso si iscrive in qualche modo nella mia anima (tr. Mortari, 210).
701 Ritorna in questo passo (Orat XXVIII, 6 [379, 2-5]) il termine dusarevsthsi" (eja;n
mh; ejpilanqanwvmeqa tw'n eij" to; qei'on hJmi'n paranenomhmevnwn kai; th'" eij" to; u{yo" [Sal
72(73), 8] ajdikiva" hJmi'n lelalhmevnh" h[toi kata; a[gnoian th'" ajlhqeiva" h] kata; dusarev-
sthsin th;n pro;" ta; sumbavnta hJmi'n peristatikav), che compare anche in precedenza (cfr.
Orat X , 1 [319, 22-23]: pa'san th;n pro;" th;n provnoian dusarevsthsin, pri;n eu[xasqai,
ajpobeblhkwv"). LAlessandrino si serve anche della forma verbale dusarestou'mai per
esprimere lidea di una scontentezza occulta o malumore verso la provvidenza (Orat
X, 1 [320, 1-4]: gogguvzousin oiJ mh; tolmw'nte" me;n fwnh'/ kai; o{lh/ yuch'/ kakologei'n ejpi;
toi'" sumbaivnousi th;n provnoian oiJonei; de; boulovmenoi kai; to;n tw'n o{lwn kuvrion ejf oi|"
dusarestou'ntai laqei'n; cfr. anche XIII, 4 [329, 9-10]: mh; dusarestouvmeno" th'/ crh-
stovthti tou' qeou'). Come mostra CMt XVI, 29 (573, 9-26), questa scontentezza si con-
trappone alla gioia che frutto dello Spirito: Portare infatti quel frutto dello Spirito che
la gioia, quando nessuno provoca in noi tristezza e dispiacere (mhdeno;" ejpi; to; lupei'-
sqai prokaloumevnou kai; dusaresqei'sqai), non difficile. Ma quando le circostanze
provocano alla sofferenza, allangustia ed ai dispiaceri (dusarevsthsin), e per laiuto del
Logos uno sia progredito al punto di essere lieto anche nei momenti di apparente tristezza
(th'" dokouvsh" dusaresthvsew"), e rallegrarsi di essere oltraggiato e flagellato e insomma
portare in mente, in ogni momento critico, lesortazione: rallegratevi sempre (1Ts 5, 16),
costui sar beato, portando un frutto, la gioia, anche se quello non tempo dei fichi (cfr.
Mc 11, 13) (tr. Scognamiglio, 121). Per lo stesso motivo, ma con diversa terminologia,
La Preghiera del Signore vita del cristiano 233
Lincapacit di riconoscere da parte nostra il segno di Dio in tutte le
vicende della vita non pu non radicare ancor pi in profondit lequa-
zione fra uomo e debitore o, in ultima analisi, fra uomo e peccatore
com illustrato di seguito, senza bisogno di ulteriori spiegazioni dal ri-
chiamo alla parabola del debitore impietoso (Mt 18, 23-35)702. In questo
senso, si pu ben dire che nellinterpretazione origeniana la quinta doman-
da del Padre nostro esprime lesigenza di conversione che sempre accom-
pagna il cammino di colui che chiamato a diventare figlio di Dio703 .

cfr. anche CIo XX, 36, 333: O quando, abbattuti e rabbuiati, ci lasciamo trascinare dal
dolore, fino a perdere quel senso di letizia proprio di chi dotato di logos (to; i[dion tw'n
logikw'n gau'ron), dimenticando che senza [il volere di] Dio neppure un passero cade nel
laccio e che giusti sono i [suoi] giudizi su ogni singola cosa che capita agli uomini? (tr.
Corsini, 669-670).
702 Il significato generale della parabola, com chiarito in CMt XIV, 6 sottolinea il
valore dellajmnhsikakiva , prerequisito indispensabile come sappiamo (cfr. supra, nota
486): Lintenzione generale della parabola quella di insegnarci ad essere indulgenti
verso le colpe commesse dalle persone che ci hanno fatto torto, specialmente se dopo il
torto commesso, il colpevole supplicasse loffeso, chiedendogli di perdonargli le colpe
passate. La parabola intende altres darci questo insegnamento e farci capire che dovremo
scontare anche le colpe che Dio ci ha gi perdonate, di cui abbiamo avuto la remissione,
se dopo la remissione non avremo assolto a nostra volta le colpe di quelli che ci hanno of-
feso, s da non lasciare sussistere in noi il bench minimo ricordo del torto ricevuto. Ma
con tutto il cuore, reso pi forte da assenza di rancore (uJpo; ajmnhsikakiva" wjfelhmevnh/ )
[...] che dovremo perdonare a chi ci ha offeso il male commesso intenzionalmente contro
uno di noi (tr. Scognamiglio, 116-117).
703 Che la quinta domanda sia specificamente legata alla condizione del peccatore
lo si ricava da FrIo 70 (538, 15-20): pw'" dev, eij aJmartwlo;n oujk h[kousen oJ qeov", ejdidav-
skonto oiJ aJmartwloi; levgein: Afe" hJmi'n ta; paraptwvmata hJmw'n, wJ" kai; hJmei'" ajfivemen
toi'" ojfeilevtai" hJmw'n tivnwn ou\n ajkouvei qeov" tw'n neuovntwn eij" metavnoian, ka]n mhvpw
ejpauvsanto tou' ei\nai aJmartwloiv. eij mh; h[kouen oJ qeo;" aJmartwlw'n, oujk a]n meta; te-
lwnw'n kai; aJmartwlw'n oJ swth;r hJmw'n h[sqien kai; e[pinen. Va vista in questa linea anche
la polemica di Origene contro la facilit con cui i presbiteri si arrogano il potere di rimet-
tere peccati mortali (Orat XXVIII, 10): Die Sinnspitze der Argumentation zielt nicht auf
die Unvergebbarkeit von Todsnden, sondern vielemehr auf die Amtsanmaung von Pres-
bytern, die mglicherweise sogar aus Unkenntnis geschieht und darin besteht, da diese
den notwendigen Zusammenhang von kirchlicher Bue, Bugesinnung und Gebet ausei-
nanderreien (Stritzky, 171). Origene insomma non afferma lesistenza di peccati irre-
missibili, bens insiste perch il perdono dei peccati sia accompagnato da serio penti-
mento e da adeguata penitenza (si veda CC III, 51; CMt XIII, 30; cfr. anche Perrone 2000b,
348 con il rinvio ai passi in cui Origene prevede una possibilit di penitenza anche per i
peccati mortali). Daltra parte, CMt XII , 14 mette in guardia dalle pretese di legare e
sciogliere per quei ministri che non siano come Pietro. Orat non sviluppa invece la pro-
spettiva della remissione dei peccati assicurata dalla riconciliazione fraterna, com in-
vece descritta da HLv II, 4 (296, 4-9): Quarta nobis fit remissio peccatorum per hoc,
quod et nos remittimus peccata fratribus nostris; sic enim dicit ipse Dominus et Salvator
quia: Si remiseritis fratribus vestris ex corde peccata ipsorum, et vobis remittet Pater ve-
ster peccata vestra. Quod si non remiseritis fratribus vestris ex corde, nec vobis remittet
Pater vester (Mt 6, 14-15), et sicut in oratione nos dicere docuit: Remitte nobis....
234 Parte prima, Capitolo sesto
8. Il passaggio obbligato della prova: la richiesta per non soccombere
alla tentazione

Laccento di concretezza e lappello alla responsabilit che contrasse-


gnano il commento della quinta domanda ricompaiono in forma ancor pi
nitida nella spiegazione della sesta. Origene le ha dedicato una delle trat-
tazioni pi estese e laboriose di tutto lo scritto, a conferma del fatto che la
formulazione della preghiera, non diversamente dagli esegeti contempora-
nei, sollevava per lui un problema 704 . Egli elabora lungamente laporia
insistendo sullimbarazzo ermeneutico per il fatto che il vero significato
della petizione sfugge ai pi (Orat XXIX, 1-10)705. Com noto, la diffi-
colt affiora gi dal modo di tradurre la richiesta comune a entrambe le
versioni: Non ci indurre in tentazione (Mt 6, 13a; Lc 11, 4c) secondo
la traduzione vulgata706 . Nellottica di Origene essa andrebbe semmai
resa con Fa che non entriamo nella tentazione, intendendola peraltro
come Fa che non soccombiamo alla tentazione707. infatti impensa-
bile che il Signore ci insegni a pregare perch non siamo sottoposti alla
tentazione, quando lintera vita delluomo sulla terra si svolge nel segno
della prova (Gb 7, 1)708. Riaffiora qui, al massimo della sua intensit,

704 De toutes les demandes du Notre Pre, la sixime est, peut-tre, la plus discu-
te (Philonenko, 139). Si veda anche lampia analisi di Cullmann, 83-84, che critica
linterpretazione di Origene, e Becker. Quanto a Mller K., 182-183, egli sfrutta anche la
testimonianza della sesta petizione a sostegno della tesi che la preghiera provenga origi-
nariamente da Giovanni Battista: Dessen akute, aber nach wie vor rein futurische Naher-
wartung passt perfekt zu den beiden Du-Bitten. So wie die Brotbitte mit seiner aus
solcher Naherwartung resultierenden asketischen Lebeneinstellung zusammenstimmt.
Und so wie die letzten Wir-Bitten um Schulderlass und um Verschonung vor Versuchung
ein Reflex der geschrften Sndenbewusstheit des Tufers sein knnen.
705 Orat XXIX , 4 (383, 10-11): kai; eja;n mh; sunw'men to; tou;" pollou;" lanqavnon
peri; tou' mh; eijselqei'n eij" peirasmo;n proseuvcesqai. Non vi ragione di emendare (con
BKV, 120 n. 6): eja;n hJmei'" sunw'men, poich in questo caso non si capirebbe lobiezione
che segue sul fatto che gli apostoli non siano stati esauditi. Cfr. anche XXIX, 5 ([383, 27-
29] eujlovgw" ti" uJpolhvyetai tw'n mh; ajkribouvntwn, tiv to; bouvlhma th'" prostavxew" tou'
swth'ro", ejnantivw" gegonevnai oi|" oJ kuvrio" hJmw'n peri; eujch'" ejdivdaxe).
706 Peraltro Origene riporta il passo insieme a Mt 6, 13b (ma liberaci dal male),
mentre nota lassenza di questultima richiesta in Luca (Orat XXIX, 1; cfr. anche supra,
nota 607; FrLc 174 (300, 21-23): ijdiva/ toi'" maqhtai'" wJ" uJyhlotevroi" tw'n loipw'n to;n
Cristo;n uJfhgouvmenon to;n th'" eujch'" lovgon, oujde; tov: rJusqh'nai ajpo; tou' ponhrou' ejpi-
fevronta.
707 Sui vari modi di tradurre lespressione, cfr. Philonenko, 148 ss.; egli rende con:
Et fais que nous nentrions pas dans lpreuve.
708 Il vocabolo peirathvrion, ripreso da Gb 7, 1 LXX (Non forse una prova la vita
delluomo sulla terra?), adoperato 10 volte da Origene, di cui ben 6 in Orat. Ma, come
mostra Orat XXIX, 2, egli incontrava il termine anche in Sal 17(18), 30: In te sar liberato
dalla tentazione. Il richiamo a Gb 7, 1 marca anche la descrizione delle tappe dIsraele
nel deserto (cfr. HEx V, 3) e ritorna nella spiegazione del nome Engaddi di Ct 1, 14; cfr.
CCt II, 11, 10 (172, 3-8): Engaddi autem interpretatur oculus tentationis meae, si quis est
La Preghiera del Signore vita del cristiano 235
la nota agonica che per lAlessandrino accompagna le vicende dellesi-
stenza terrena, segnata lungo tutto il suo arco dal perdurare del conflitto
fra la carne e lo spirito (Orat XXIX, 1)709. Nessuno quindi escluso
dalla tentazione, neppure coloro che sono avanzati sul cammino della per-
fezione, come Origene si sforza di chiarire in base alla Scrittura, richia-
mando fra laltro lesempio dei patriarchi, degli apostoli e di Giobbe, ma
soprattutto di Paolo, a cui come risulta anche da Orat va sempre la
sua predilezione quale autorit paradigmatica710 .
Come aveva fatto per la sfera onniavvolgente dei doveri commen-
tando la quinta domanda, lAlessandrino ricorda adesso che non v mo-
mento della vita che sfugga alla tentazione e al rischio di peccare insito
in essa711 . Volgendo lo sguardo alla condizione umana in generale, con
un analogo catalogo estensivo, vediamo infatti come nessuna situazione
di vita ne resti immune: seppure in maniera diversa, ne sono ugualmente
toccati ricchi e poveri (Orat XXIX, 5-6), sani e malati (7), persone altolo-
cate e gente del basso ceto (8), inclusi coloro che come lautore stesso
meditano giorno e notte la Legge del Signore e possono incorrere an-
chessi in errore (9-10). Mai come in questa occasione Origene si rivela
capace di coniugare lafflato spirituale della sua riflessione con una con-
siderazione realistica delle molte fragilit umane, fra laltro denunciando
en passant la simulazione nei rapporti sociali fra inferiori e superiori, vi-
ziati da una sottomissione adulatoria che snatura ci che vi di pi
bello tra gli uomini: lamore712. Si tratta perci di pregare non affinch

qui intellectum habere potest quomodo tentatio est vita hominis quae est super terram
(Gb 7, 1), et intelligit quomodo quis in Deo eripitur a tentatione, et qui agnoscit qualita-
tem tentationis suae, ita ut possit de ipso dici quia in his omnibus non peccavit labiis suis
coram Deo (Gb 2, 10), huic botrus cypri de vineis Engaddi efficitur Verbum Dei.
709 Non un caso che in questo capitolo faccia la sua prima comparsa il termine
ajgwvn, e significativamente per la tentazione dellinterprete della Scrittura. Cfr. Orat XXIX,
10 (386, 9-11): tou'to paqw;n dia; to; to;n ejn tw'/ ajnaginwvskein ta; a{gia peirasmo;n mh; ne-
nohkevnai mhde; wJ" pro;" ajgw'na kai; tovte aujtw'/ ejnesthkovta oJplisavmeno" kai; stav".
710 Orat XXIX , 4 (383, 22-24): tw'n de; ajpostovlwn ejn tw'/ eu[cesqai mh; ejpiteteu-
covtwn, tiv" ejlpi;" tw'n uJpodeestevrwn tini; par ejkeivnou" eujcomevnw/ ejphkovou qeou' tu-
cei'n Origene continua qui a ragionare nellottica dellelaborazione aporetica, per cui allo
sguardo superficiale gli apostoli, con tutte le prove che dovettero subire (in primis nel ri-
cordo di Paolo), sembrerebbero non essere stati esauditi da Dio. Lesempio di Paolo, che
ritorna spesso in questo capitolo, valorizzato in chiave autobiografica soprattutto da
XXIX, 5, con il rinnovato richiamo a 2Cor 12, 7.
711 Orat XXIX , 5 (383, 29-32): povte dev ti" nenovmiken ei\nai e[xw peirasmw'n ajn-
qrwvpou", w|n h[/dei to;n lovgon sumpeplhrwkwv" kai; poi'o" kairov" ejstin, ejn w|/ wJ" mh; ajgw-
nizovmeno" peri; tou' mh; aJmarthvsesqai katapefrovnhke XXIX, 9 (385, 25-26): prosqhvsw
de; [<tw/' > BKV, 124 n. 5] eij" to; peirasqh'nai pavnta kairo;n [<kairo;n> BKV, 124 n. 5]
peirasmou' ei\nai toi'" ajnqrwvpoi" kai; tau'ta.
712 Orat XXIX, 8 (385, 9-14): kai; tiv me dei' katalevgein ta; tw'n nomizomevnwn eujge-
nw'n ejn uJperhfaniva/ ptaivsmata kai; tw'n legomevnwn dusgenw'n dia; to; ajnepivsthmon th;n
pro;" tou;" uJperevcein nomizomevnou" uJpovptwsin qwpeutikh;n, ajfista'san qeou' tou;" gnh-
236 Parte prima, Capitolo sesto
siamo liberati dalla tentazione, bens per non soccombere in essa, Ora,
cominciando a mettere in luce leconomia divina di prova e peccato, Ori-
gene dichiara:
Colui che soccombe nella tentazione, vi entra, penso, avvolto nelle sue reti in
cui, per la salvezza di quelli che erano gi caduti, entr il Salvatore osservando
tra le grate (Ct 2, 9), come detto nel Cantico dei Cantici. E si rivolge a quelli
che sono caduti e sono entrati in tentazione, e dice loro, come alla sua sposa: Le-
vati, amica mia, bella mia, colomba mia (Ct 2, 10) (Orat XXIX, 9)713.

Non casuale che Origene accenni adesso allesegesi del Cantico,


che come sappiamo rappresenta una delle pagine pi alte ed emblema-
tiche di tutta la sua opera. Infatti attraverso il tema della prova arriviamo
a cogliere un nodo assolutamente centrale nella sua visione dei rapporti
fra Dio e uomo. Fedele anche in questo alla prospettiva biblica, Origene
afferma che le prove a cui gli uomini vengono sottoposti sono volute da
Dio per la loro maturazione e salvezza. Egli non abbandona nessuno al
proprio destino, specialmente coloro che, entrati in tentazione, non sono
stati capaci di reggere ad essa, conformemente allesortazione di Ges in
Lc 22, 40 (Mt 26, 41): Pregate, per non entrare in tentazione714 . N si
deve pensare che quanti non vengono esauditi da Dio nella loro preghiera,
siano da Lui consegnati direttamente al male, come sembrerebbe insi-
nuare una lettura errata di Rm 1, 28 (E poich hanno disprezzato la co-
noscenza di Dio, Dio li ha abbandonati in balia duna intelligenza depra-
vata, sicch commettono ci che indegno), evocata in polemica con
gnostici e marcioniti715 . Invece, anche per costoro continua a dispiegarsi

sivan me;n filivan oujk e[conta" to; de; kavlliston tw'n ejn ajnqrwvpoi", th;n ajgavphn, uJpokri-
nomevnou"
713 Sullinterpretazione di Ct 2, 9-10 si veda CCt III, 14, 27-34, in particolare 28,
(222, 3-7): laquei ergo tentationum et decipulae insidiarum diaboli retia appellantur. Et
quoniam haec retia ubique tetenderat inimicus atque in ipsis paene omnes involverat, neces-
sarium fuit adesse aliquem qui fortior et eminentior his fieret et contereret ea, ut sequenti-
bus se viam possit aperire; HCt II, 12 (98, 30-35): Eminet igitur sponsus per retia; viam
tibi fecit Iesus, descendit ad terras, subiecit se retibus mundi; videns magnum hominum
gregem retibus impeditum nec ea ab alio nisi a se posse conscindi, venit ad retia, assu-
mens corpus humanum quod inimicarum fortitudinum laqueis tenebatur, ea tibi dirupit.
714 questo lunico passo di Orat in cui si accenna, sia pure indirettamente, alla pre-
ghiera nel Getsemani, trattata invece ampiamente in CC e CMt. Sullesegesi di Mt 26, 41
(Lc 22, 40) si veda CMtS 93 (211, 14-20): Ut ne intretis in temptationem: hoc (secundum
quod multi intellegunt) tale est ac si dicat: ut non temptemini; si autem sic placuerit Deo,
adquiescite Deo, sicut me audistis orantem. Considera autem, si possibile est sic intellegere
magis, quoniam vita nostra ipsa temptatio est secundum Iob; intrare autem in temptatio-
nem aut venire in temptationem est cadere in temptationem et vinci ab ea.
715 Dallaccostamento fra Lc 22, 40 (Mt 26, 41) e Rm 1, 22-28 Origene enuclea
ampiamente la quaestio in funzione antivalentiniana ed antimarcionita, riepilogandola in
Orat XXIX, 12. Si noti la terminologia tecnica dellesercizio zetetico che ricorre in pi
La Preghiera del Signore vita del cristiano 237
lazione benefica di Dio, Padre provvidente, buon economo e peda-
gogo amorevole per tutte le sue creature, senza peraltro che venga mai
intaccata la libert degli uomini716 . Origene riassume nei seguenti termini
quello che possiamo a ragione definire il suo credo essenziale:
Io ritengo che Dio si prenda cura di ogni anima razionale avendo di mira la sua
vita eterna; essa ha sempre il libero arbitrio e pu per propria causa trovarsi nella
condizione di progredire fino al vertice del bene o discendere in vario modo, a
causa della negligenza, a questo o quellabisso di male (Orat XXIX, 13).

Ora, se Dio sembra lasciare che luomo cada nella perdizione, Egli
lo fa con un intento preciso. Come mostrano le guarigioni troppo repenti-
ne, che danno invece luogo a ricadute ancor pi gravi, lesperienza stessa
del male, nellapparente abbandono di Dio, si tramuta in una battuta dar-
resto temporanea, preludio a una rinascita nel bene; il peccatore, lasciato
a se stesso, giunger prima o poi ad avere nausea del male e a desiderare
nuovamente il bene. Per illustrare questa idea terapeutica della prova,
che tradisce un evidente ottimismo soteriologico, Origene si serve di esem-
pi biblici, in particolare lepisodio delle carni di cui Dio nutre il popolo di
Israele nel deserto, dopo le sue lamentele, finch esse gli vengono a nau-
sea (Nm 11), o il racconto dellEsodo ove si narra lindurimento del cuore
del Faraone ad opera di Dio (Orat XXIX, 15-16)717 . Luno e laltro esem-
pio servono a giustificare la necessit di pregare, secondo il Padrenostro,
affinch non agiamo in alcun modo per entrare in tentazione718.

passi (XXIX , 13 [387, 25-26]: qewrhtevon eij kai; hJmei'" euJrivskomen ajxiolovgou" tw'n ajpem-
favsewn luvsei"; XXIX, 14 [388, 29-31]: i[dwmen ou\n th;n iJstorivan, eij crhsivmw" uJmi'n pa-
rebavlomen aujth;n pro;" luvsin tou' ajpemfaivnonto" ejn tw'/ mh; eijsenevgkh/" hJma'" eij" peira-
smo;n kai; ejn tai'" ajpostolikai'" levxesin).
716 Sullidea origeniana di provvidenza, si veda Perrone 2000d, con la bibliografia
ivi indicata.
717 Riguardo al secondo tema, gi ampiamente trattato in Prin III, 1, si veda Il cuore
indurito del Faraone. Origene e il problema del libero arbitrio (= Perrone 1992a). Lin-
terpretazione di Nm 11 in Orat XXIX, 14 offre il modello pi generale di spiegazione, che
si applica anche a 1 Rm 1, 28 (Orat XXIX, 15). Sul valore formativo delle tentazioni, per
chi pure si gi inoltrato sul cammino di perfezione, insiste HNm XXVII, 12 (274, 14-19):
Quid est hoc, quod quamvis grandes habeat anima profectus, tamen tentationes ab ea
non auferuntur? Unde apparet quia velut custodia quaedam et munimen ei tentationes
adhibentur. Sicut enim caro, si sale non adspergatur, quamvis sit magna et praecipua, cor-
rumpitur, ita et anima, nisi tentationibus assiduis quodammodo saliatur, continuo resolvi-
tur ac relaxatur.
718 Orat XXIX , 16 (391, 17-23): eujcwvmeqa mhde;n a[xion poih'sai tou' uJpo; th'"
dikaiva" krivsew" tou' qeou' eijsenecqh'nai eij" to;n peirasmovn (cfr. Mt 6, 13; Lc 11, 4),
eijsferomevnou pantov" te tou' paradidomevnou uJpo; tou' qeou' ejn tai'" ejpiqumivai" th'" kar-
diva" eJautou' eij" ajkaqarsivan (cfr. Rm 1, 24) kai; panto;" tou' paradidomevnou eij" pavqh
ajtimiva" (cfr. Rm 1, 26) kai; panto;" tou', kaqw;" oujk ejdokivmase to;n qeo;n e[cein ejn eJautw',/
paradidomevnou eij" ajdovkimon nou'n, poiei'n ta; mh; kaqhvkonta (Rm 1, 28).
238 Parte prima, Capitolo sesto
Ma vi anche una seconda spiegazione in positivo della tentazione:
oltre alla finalit medicinale essa riveste anche un valore diagnostico (Orat
XXIX, 17). La prova loccasione perch vengano allo scoperto le ricchez-
ze e i limiti della nostra anima, i doni accumulati dentro di essa grazie al-
laiuto di Dio e la malvagit che vi si annidata a poco a poco, senza che
ce ne rendessimo conto. Se tutto ci noto a Dio, lo diventa anche a noi
per il tramite della tentazione, che ci pone dinanzi a noi stessi, nel bene e
nel male719 . Anche sotto questo profilo Origene riequilibra il registro dram-
matico dellagone nel mondo, leggendolo nuovamente come espressio-
ne del rapporto di amore di Dio verso luomo. Ne consegue unesortazione
a essere s vigilanti ma anche fiduciosi nella lotta, che pure non d tregua,
con le potenze del male:
Perci nelle pause della serie di tentazioni ergiamoci contro il pericolo che ci
sovrasta e siamo preparati a tutto quello che pu accadere, affinch, qualunque
cosa accada, non veniamo trovati impreparati, ma ci mostriamo addestrati perfet-
tamente; quello, poi, che ci manca a causa dellumana debolezza, dopo che avre-
mo fatto tutto ci che dipende da noi, lo compir Dio che volge tutte le cose al
bene di quelli che lo amano (Rm 8, 28) e li vede nella sua verace preveggenza
come saranno in futuro (Orat XXIX, 19).

Potremmo concludere con questa esortazione lanalisi dellinterpreta-


zione origeniana del Padrenostro, ma lAlessandrino ha proseguito la sua
spiegazione della sesta petizione anche sulla seconda parte di Mt 6, 13b:
ma liberaci dal Maligno (Orat XXX)720 . Il senso di questa invocazione
non pu certo consistere nel domandare al Padre di essere sottratti alla
prova, bens nel chiedergli aiuto e forza per gareggiare vittoriosamente
con le forze del male, sullesempio di Cristo che ancor pi di Giobbe
non mai venuto meno nelle tentazioni721 . Per chi, pregando nello Spirito

719 Come sempre Origene argomenta la sua tesi in riferimento alla Scrittura, addu-
cendo gli esempi della facilit di Eva a lasciarsi ingannare o della malvagit di Caino, vizi
che erano gi operanti in loro prima che si manifestassero. Altri esempi a conferma del
valore diagnostico della tentazione sono ricavati dalle storie di Caino, Esa e Giuseppe
(Orat XXIX, 18). Sul risultato conoscitivo della prova, mancata o superata che sia, si veda
anche HLc XXVI, 4 (278, 18-24): Cum enim anima tua fuerit aliqua tentatione superata,
non tentatio te vertit in paleas, sed cum esses palea, levis videlicet et incredulus, ostendit te
esse tentatio, quod latebas. E contrario autem cum fortiter tentamenta toleras, non te facit
fidelem tentatio atque patientem, sed virtutem, quae in te erat patientiae et fortitudinis, sed
latebat, profert in medium.
720 Linterpretazione in chiave personale di tou' ponhrou' (anzich dal male) trova
conferma in H36Ps II, 4 (88, 8-11): Sed et Dominus in Evangelio diabolum non dixit
peccatorem tantummodo, sed malignum vel malum et cum docet in oratione vel dicit: sed
libera nos a malo.
721 La superiorit di Cristo indicata dalla triplice tentazione sostenuta vittoriosa-
mente, laddove Giobbe ne ha sostenuto con successo due. Cfr. Orat XXX, 2 (394, 23-27):
duvo de; palaivsmata palaivsa" oJ Iw;b kai; nikhvsa" trivton oujk ajgwnivzetai thlikou'ton
La Preghiera del Signore vita del cristiano 239
la Preghiera del Signore, si affida al sostegno del Padre, resta la certezza
che prove ed ostacoli non intralceranno il cammino, per quanto arduo e fa-
ticoso, dei figli di Dio verso la santit. Assimilati sempre pi allimmagi-
ne del Verbo, essi estinguono le frecce infuocate lanciate su di loro dal
Maligno poich hanno in se stessi fiumi di acqua zampillante per la vita
eterna (Gv 4, 14; 7, 38) 722 , e non lasciano che i dardi del Maligno (Ef 6,
16) sinfittiscano ma facilmente li disperdono con il diluvio dei divini e
salutari pensieri impressi dalla contemplazione della verit nellanima di
chi si sforza dessere spirituale (Orat XXX, 3).

ajgw'na: e[dei ga;r th;n peri; tw'n triw'n pavlhn thrhqh'nai tw'/ swth'ri, h{ti" ejn toi'" trisi;n
eujaggelivoi" ajnagevgraptai, ta; triva nikhvsanto" tou' kata; to;n a[nqrwpon swth'ro" hJmw'n
nooumevnou to;n ejcqrovn. In H36Ps V, 7 (242, 59-61) la petizione collegata alla minaccia
di essere requisiti dal diavolo e dagli spiriti peccatori al momento del giudizio: et forte
propterea iubemur cum quodam mysterio etiam in oratione petere, dicentes: et libera nos
a malo. Per HLc XXXV, 5 (350, 27-29; 352, 8-12) luomo non pu mai sfuggire alla
compagnia dellAvversario: Semper nobiscum est adversarius (cfr. Lc 12, 58): infelices
nos atque miserabiles! [...] Semper nobiscum adversarius graditur, nunquam nos deserit,
quaerit occasionem insidiarum, si quomodo nos subvertere queat et in principali cordis
nostri malam subiciat cogitationem.
722 Per linterpretazione dei due passi giovannei si veda, ad esempio, HGn I , 2 (3,
244, 4): Studeat ergo unusquisque vestrum divisor effici aquae eius quae est supra et
quae est subtus, quo scilicet spiritalis aquae intellectum et participium capiens eius quae
est supra firmamentum, flumina de ventre suo educat aquae vivae, salientis in vitam aeter-
nam, segregatus sine dubio et separatus ab ea aqua quae subtus est, id est aqua abyssi, in
qua tenebrae esse dicuntur, in qua princeps huius mundi et adversarius draco et angeli
eius habitant.
PARTE SECONDA

Il discorso origeniano sulla preghiera


e le trattazioni eucologiche
del primo cristianesimo (II-V secolo)
CAPITOLO SETTIMO

COME INCENSO AL TUO COSPETTO (SAL 140[141], 2)


Limmagine della preghiera nellopera di Origene

Luomo non fatto per delle opere di miseri-


cordia esteriore, fatto per adorare anzitutto nel
suo cuore lOspite divino, nellistante presente
(Louis Massignon)

1. Un tentativo di sintesi: fra rassegna e ricostruzione organica

Il trattato sulla preghiera, pur con la straordinaria ricchezza di pen-


siero che lo contraddistingue, non esaurisce la riflessione di Origene sul-
largomento. N si pu dire che la riassuma a pieno titolo, dal momento
che lAlessandrino non solo ritorna pi volte sul nostro tema nei diversi
scritti, ma in essi introduce anche prospettive nuove ed originali che non
erano contemplate, neppure implicitamente, in Orat. Di conseguenza,
come ho ricordato allavvio della mia indagine, perdura tuttora nella ricer-
ca linterrogativo sul grado di rappresentativit che il modello alto di
preghiera, elaborato da Origene nel trattato, suscettibile di rivestire pi
in generale proprio alla luce di queste posizioni distinte723 . Una risposta a
tale domanda pu venire soltanto dopo aver proceduto ad un inventario
dei passi in cui lAlessandrino tocca il tema della preghiera nel resto della
sua opera e ad un loro esame comparativo, evitando di procedere con
troppa fretta ad una ricostruzione sistematica ed omogenea della teologia
origeniana sulla preghiera. Il caveat che grava al riguardo, volenti o no-
lenti, sugli sforzi degli studiosi contemporanei e li rende pi restii che in
passato a sciogliere le tensioni emergenti nellopera di Origene, non pu
insomma non far sentire i suoi effetti anche sulla mia esposizione.
Tuttavia, ritengo possibile contemperare il rispetto verso la fisiono-
mia molteplice e diversificata del pensiero dellAlessandrino, lungo larco
della sua estesissima produzione comessa si esprime attraverso opere
dal profilo letterario e dal pubblico distinti , ed insieme la messa in luce
di quei nodi concettuali che tramano pi o meno costantemente la sua ri-
flessione, a partire dai loro riferimenti scritturistici pi consueti. Cos, se
in passato ho preferito optare prudentemente per una presentazione del
discorso di Origene sulla preghiera accostando di seguito ad Orat le te-

723 Rimando alle considerazioni introduttive nonch al Cap. 2 (in part., pp. 46-48).
244 Parte seconda, Capitolo settimo
stimonianze contenute rispettivamente nelle omelie, nei commentari e nel
Contro Celso, oggi sono convinto che sia giusto tentare di compiere un
passo ulteriore dando spazio ad un tentativo di sintesi pi organica, sia
pure alla luce della principale fonte dispirazione dellAlessandrino724 . Si
pu certo fare tesoro delle riserve contro una sistematizzazione arbitraria
del suo pensiero, che attenua differenze e polarit risultanti dalle sue di-
verse espressioni (vuoi per il medium comunicativo prescelto vuoi per i
destinatari differenziati) e rischia inoltre di ignorare leventuale condizio-
namento operante su di esse a causa dei contesti e dei tempi diversi. Ma si
farebbe torto ad Origene se non si cercasse di corrispondere alle sue mol-
teplici sollecitazioni concettuali tracciando anche un quadro che operi al
loro interno una ricostruzione tematica pi organica725. Senza offrire qui
una rassegna esaustiva di tutti i passi attinenti il tema della preghiera al di
fuori di Orat che dilaterebbe oltre misura le dimensioni del mio lavoro,
tra laltro con un inevitabile fardello di riprese e ripetizioni , esaminato
il profilo particolare delle nostre fonti, vorrei piuttosto tracciare una
mappa dei luoghi principali, prima di passare, nel capitolo successivo, a
riaggregare concettualmente i dati dispersi nellinsieme degli scritti attra-
verso un esame dei loro nuclei scritturistici.

2. Il profilo distinto delle fonti e la loro utilizzazione

La consapevolezza del diverso profilo assunto dalle fonti, nella fre-


quentazione dellopera e del pensiero di Origene, appare gi presente fra i
lettori antichi dellAlessandrino, che non mancano cos di trarne indica-
zioni in merito al rilievo particolare da assegnare ad un testo rispetto ad un
altro. Il pi esplicito senzaltro Gerolamo, che parlando della sua varia
produzione esegetica, nella celebre prefazione alla traduzione latina delle
Omelie su Ezechiele, tende a rimarcare le distinzioni fra i commentari, le
omelie e gli scol o excerpta726 . Secondo lui, se nei grandi commentari bi-

724 Si veda la mia voce Preghiera (Perrone 2000c).


725 Negli studi odierni il modello pi coerente e rigoroso di unindagine che tiene
conto di ambedue i criteri costituito, a mio avviso, da Buchinger 2005. Egli ha suddiviso
la sua monografia in due parti, la prima delle quali offre una presentazione diacronica
della concezione della Pasqua in Origene (vol. 1), mentre la seconda (vol. 2) ne ricostrui-
sce gli aspetti sistematici.
726 Cfr. SC 352 (30, 16-32, 24): Origenis opuscula in omnem Scripturam esse tri-
plicia: primum eius opus excerpta, quae Graece scovlia nuncupantur, in quibus ea, quae
sibi videbantur obscura atque habere aliquid difficultatis, summatim breviterque perstrin-
xit; secundum homileticum genus, de quo et praesens interpretatio eius est; tertium quod
ipse inscripsit tovmou", nos volumina possumus nuncupare, in quo opere tota ingenii sui
vela spirantibus ventis dedit et recedens a terra in medium pelagus aufugit. Sui problemi
sollevati dal passo in rapporto allopera pervenutaci si veda Nautin, 372-375; Junod 1995;
Le Boulluec.
Come incenso al tuo cospetto 245
blici (tovmoi) Origene ha dato fondo a tutte le risorse della propria arte ese-
getica, questa tende invece a presentarsi in forma pi succinta ed incom-
pleta non solo negli scol ma soprattutto nelle omelie. In questo senso,
stando sempre a Gerolamo, si possono opporre fra loro il Commento e le
Omelie sul Cantico dei Cantici 727 , mentre in altri casi come le Omelie
sul Vangelo di Luca occorre riconoscere ancor pi manifestamente il
loro carattere elementare, di gran lunga inferiore alleccellenza di cui Ori-
gene d prova nelle sue opere mature e pi impegnative728.
Gli apprezzamenti di Gerolamo, sebbene limitati agli scritti esegetici,
hanno continuato ad influenzare anche i lettori moderni dellopera di Ori-
gene. Solo gradualmente essi sono pervenuti ad una valutazione pi auto-
noma e complessa degli scritti dellAlessandrino, fra laltro ponendoli
maggiormente in rapporto con le forme espressive della letteratura coeva
oppure recuperando la percezione gi propria degli antichi circa le loro
modalit argomentative729 . Restando adesso nellottica dei generi letterari,
se si attribuisce ancora qualche valore alla distinzione proposta da Gero-
lamo fra commentari e omelie, e con essa si assume lidea di uno scarto
sia quantitativo che qualitativo fra luno e laltro genere, ci pu deter-
minare conseguenze significative anche per il nostro discorso. In tal caso,
a chi obietta la scarsa rappresentativit del trattato a fronte, per esempio,
del modo in cui Origene tocca il tema della preghiera nelle omelie, si po-
trebbe replicare che il livello della riflessione condotta in queste ultime,
per la loro stessa natura, non era tale da poter competere con quello ben
pi specifico sviluppato nel trattato. Pertanto, luditorio meno qualificato
del predicatore avrebbe imposto ad Origene di volare pi basso, riser-
vando ai lettori del trattato un discorso meglio approfondito e pi impe-

727 La lettera a papa Damaso, premessa alla versione latina di HCt (16, 10-16),
sottolinea lopposizione magna (= CCt)-parva (= HCt), in relazione al pubblico dei prin-
cipianti cui sono rivolte le omelie: Itaque illo opere praetermisso, quia ingentis est otii
laboris et sumptuum tantas res tam digne in latinum transferre sermonem, hos duos tracta-
tus, quos in morem cotidiani eloquii parvulis adhuc lactantibusque composuit, fideliter
magis quam ornate interpretatus sum, gustum tibi sensuum eius, non cibum offerens, ut
animadvertas quanti sint illa aestimanda quae magna sunt, cum sic possint placere quae
parva sunt.
728 Nella Praefatio a HLc (1, 10-11), indirizzata a Paola ed Eustochio, Gerolamo
dichiara di accogliere, sia pure con disagio, la loro richiesta di tradurre le 39 Omelie sul
Vangelo di Luca, quia sublimiora non poscitis, come sarebbe invece nel caso dei 26 tomi
del Commento a Matteo, dei 5 del Commento a Luca o dei 32 del Commento a Giovanni.
La menzione dei grandi commentari serve ad enfatizzare lantitesi con il profilo modesto
di HLc, derivante anche dal fatto che non sono unopera degna della maturit esegetica
dellAlessandrino (2, 1-3): Fateor itaque [...] in his Origenem tractatibus quasi puerum
talis ludere. Alia sunt virilia eius et senectutis seria.
729 Ci vale, in generale, pi per i commentari o i trattati (come Prin e CC) che non
per le omelie. Quanto al distinto rilievo formale dellargomentazione, ne ho discusso spe-
cialmente in Perrone 1999a.
246 Parte seconda, Capitolo settimo
gnativo, analogamente a quanto avviene per il pubblico dei commentari
rispetto alluditorio dei sermoni.
In realt, si tratta di una risposta troppo facile perch le cose non
sono affatto cos semplici. Da un lato, infatti, verrebbe da obiettare che a
prima vista neppure i commentari rispecchiano troppo da vicino le idee
del trattato sulla preghiera (unimpressione che, come vedremo in seguito,
necessita comunque di importanti correzioni); dallaltro, occorre pi in
generale tenere presente che n per i commentari n per le omelie si
deve partire dallidea di un genere, per cos dire, monolitico. Come mo-
stra il confronto fra le Omelie sul Cantico dei Cantici e le Omelie su Luca,
un unico genere pu dare luogo a risultati abbastanza diversi sul piano
della forma e dei contenuti, anche rispetto allo schema suggerito dalle os-
servazioni di Gerolamo730 . Del resto, le stesse Omelie sul Cantico dei Can-
tici sono tuttaltro che la versione abbreviata del pi ampio Commento,
poich, pur spiegando lo stesso testo, a volte danno luogo a sviluppi diver-
si; questi, poi, pi che essere indizio della diversit di genere, attestano
semmai gli elementi innovativi delloperazione esegetica in quanto tale e
spingono ad interrogarsi su quella dimensione diacronica che spesso ap-
pare cos sfuggente nellopera di Origene, non fosse per le informazioni
di Eusebio e qualche indizio retrospettivo o prospettico fornitoci dal-
lAlessandrino731 . Quanto ai commentari considerati in se stessi, lacribia
e lampiezza interpretative che perlopi li caratterizzano non possono na-
scondere anche certe modalit e accentuazioni distinte nei loro procedi-
menti esegetici, come riscontriamo soprattutto dal confronto tra il Com-
mento a Giovanni e il Commento a Matteo732 .
Se queste considerazioni tendono a ridimensionare la distinzione dei
generi letterari e a scomporre semmai il singolo genere in una variet di
prodotti, ragionando ulteriormente sul profilo delle fonti, potremmo osser-
vare che perfino Origene sembra incoraggiare una relativa omologazione
fra commentari e omelie, quando egli si esime dallesegesi approfondita
di questo o quel passo rimandando espressamente il lettore dei commen-

730 Sotto il profilo della forma, data anche la limitata tradizione greca, baster accen-
nare allinconsueta perizia retorica esibilita da Origene commentando a Gerusalemme 1Sam
28 (HReG V , 3), ma anche alla parenesi finale di Dial 27-28 (108, 9-110, 2). Probabilmente
limpressione risulterebbe un po diversa, se potessimo disporre pi ampiamente del corpus
omiletico originale, come ho potuto osservare a proposito di HIer (Perrone 2001c, 91).
731 Per un raffronto fra CCt e HCt sotto tale profilo, cfr. Perrone 2006.
732 La diversit dellapproccio esegetico di CMt rispetto a CIo e ad altri commen-
tari stata evidenziata da Vogt (Origenes. Der Kommentar zum Evangelium nach Mat-
thus, I, 51): Man wird [...] festhalten drfen, da Origenes in seinem Matthus-Kom-
mentar noch weniger als in anderen Kommentaren mit einem Autorittsanspruch vor den
Leser hintritt, sondern sich sowohl der Begrenztheit der eigenen Einsicht als auch der be-
schrnkten Ausdrucksmglichkeiten immer bewut bleibt. Ho ripreso questa analisi in
Perrone 2001a.
Come incenso al tuo cospetto 247
tari alle omelie specificamente dedicate al testo biblico corrispondente.
singolare peraltro che lo faccia proprio in relazione a quelle Omelie su Luca
tanto bistrattate da Gerolamo733 ! Daltronde, rivolgendosi ai suoi uditori
nella comunit di Cesarea, Origene spesso non si trattiene dal richiamare
le esegesi che ha fornito in altre occasioni, presumibilmente evocando a
un tempo sia precedenti omelie sia anche commentari gi redatti734 .
Non intendo ovviamente sostenere lidea di una sovrapposizione o
addirittura di unassimilazione di fatto tra omelie, commentari e trattati,
tale da obliterare le differenze di genere letterario e contenuti, ma piutto-
sto insistere sugli elementi che concorrono ad illuminarne una loro equi-
valenza parziale e che sono dati del resto, per quanto riguarda le omelie,
dalla natura fondamentalmente didascalica della predicazione origenia-
na735. Analisi approfondite condotte su temi centrali del pensiero di Ori-
gene quali, ad esempio, la dottrina del libero arbitrio hanno posto in
luce la continuit sostanziale fra le omelie e gli altri scritti dellAlessandri-
no dal punto di vista dottrinale736. Ed anche chi si interrogato sul rapporto
comunicativo instaurato dalla peculiare situazione omiletica pervenuto
alla conclusione che lOrigene predicatore rappresenti l intero Origene:
sebbene egli, nei confronti della comunit, non ricalchi totalmente la pras-
si della sua scuola, risparmiandole cos unesposizione magistrale troppo
dettagliata ed esigente, lesperienza del maestro che spiega la Bibbia si
proietta coerentemente in quella dellomileta, senza compromettere co-
munque la pertinenza e lefficacia della predicazione737 .

733 Si vedano, ad esempio, i rinvii a HLc contenuti rispettivamente in CIo XXXII, 2,


5 ([9-11] ejn tai'" eij" to; kata; Louka'n oJmilivai" sunekrivnamen ajllhvlai" ta;" parabolav",
kai; ejzhthvsamen tiv me;n shmaivnei to; kata; ta;" qeiva" grafa;" a[riston, tiv de; parivsthsin
to; kat aujta;" dei'pnon) e in CMt XIII, 29 ([261, 16-24] ta; de; peri; tw'n eJkato;n probavtwn
e[cei" eij" ta;" kata; Louka'n Omiliva").
734 Tra i vari rimandi, cfr. HLv XIII, 2 (469, 21-24): Memini tamen dudum nos,
cum centesimi octavi decimi psalmi exponeremus illum versiculum, in quo scriptum est:
lucerna pedibus meis lex tua, Domine, et lumen semitis meis (Sal 118[119], 105), diversi-
tatem lucernae et lucis pro viribus ostendisse; HIos III, 4 (305, 5 ss.): Scio me aliquando
in quadam ecclesia disputantem de duabus meretricibus, de quibus scriptum est in tertio
libro Regnorum, quae ad iudicium venerant Salomonis, quarum una vivum, alia mortuum
habebat infantem, discussisse diligentius; HIos XV, 6 (391, 15-18): Memini autem simi-
lia me dixisse etiam in his locis, in quibus exponebamus versiculum psalmi, in quo scrip-
tum est: in matutinis interficiebam omnes peccatores terrae, ut disperdam de civitate Do-
mini omnes, qui operabantur iniquitatem (Sal 100[101], 8).
735 In questo senso Nautin ha mostrato come i procedimenti grammaticali tipici del
commentatore ricorrano anche in HIer (Origne. Homlies sur Jrmie, 132-136). Da par-
te mia ho cercato di provare come CC sia strutturalmente lapologia di un esegeta (Per-
rone 2005a, in part. le pp. 119-129).
736 In particolare, cfr. Junod 1980; Junod 1993.
737 Markschies, 61-62: Wirklich fr die Gemeinde im Grossen und Ganzen [...]
nicht geeignet wren die Homilien des Origenes gewesen, wenn man in ihnen im Sinne
Hansons den ganzen Origenes htte hren knnen. Da wren dann tatschlich sozusa-
248 Parte seconda, Capitolo settimo
La natura particolare delle omelie sembra consistere anche nel fatto
che loperazione esegetica tende in esse a collocarsi pi immediatamente
dentro un contesto orante. Ci rafforza linteresse peculiare dei sermoni
origeniani per il nostro tema, bench il nesso fra esegesi e preghiera sia
da assumere come una dimensione costitutiva per tutta limpresa erme-
neutica dellAlessandrino, pur essendo declinata da lui con diversa inci-
denza a seconda delle opere (e senza fare eccezione, come vedremo fra
breve, per le stesse omelie). Proprio la finalit delledificazione della co-
munit, assicurata dalla lettura spirituale della Bibbia, attira le diverse ma-
nifestazioni oranti che precedono, accompagnano e seguono latto esege-
tico del predicatore impegnato nel commento del relativo testo biblico.
anzitutto in questa luce che vanno comprese le indicazioni le quali tendono
a giustificare il carattere, per cos dire, limitato delle omelie, distinguen-
dole a volte espressamente dai commentari. Nella X Omelia su Genesi tro-
viamo, ad esempio, un inciso che accentua tale distinzione pi di quanto
avvenga in generale nella prassi omiletica:
adesso non il tempo di fare un commentario ma di edificare la Chiesa di Dio e
di scuotere gli ascoltatori pi pigri e oziosi con esempi di santi e interpretazioni
spirituali 738 .

La distinzione fra commentare e edificare si riflette perlopi


nella dichiarazione di brevit voluta dellesposizione, fra laltro onde
non affaticare troppo luditorio impegnandolo per un tempo ritenuto ec-
cessivo739. Non di rado si tratta di una praeteritio che rassomiglia da vi-

gen wissenschaftliches Katheder und gottesdienstliche Kathedra verwechselt gewesen. Ori-


genes legt zunchst auf die Gemeinde bezogen Texte aus, macht biblische Texte verstnd-
lich zur oijkodomhv der Gemeinde. [...] In diesem leidenschaftlichen Bemhen um die Auf-
erbauung einer konkreten Ortsgemeinde durch eine grndliche Auslegung der Schrift ejp
eujsebeiva/ haben wir es eben doch zu tun mit dem vollstndigen, dem ganzen Origenes.
738 HGn X, 5 (99, 6-8): Neque enim commentandi nunc tempus est, sed aedificandi
ecclesiam Dei et pigriores ac desides auditores exemplis sanctorum et mysticis explanatio-
nibus provocandi (tr. Danieli, 278-279). Anche HNm XIV, 1 (120, 4-8) ribadisce lo stesso
punto di vista: quoniam est temporalis tractatus, qui in ecclesia aedificandi gratia habe-
tur, non habuit tantum spatii ut possemus singula quaeque Scripturae verba proponere ita,
ut nihil omnino indiscussum remaneret, et explanationem singulis adhibere, quoniamqui-
dem huiusmodi stilus commentariorum magis est. Cfr. inoltre HLv VII , 1. Tuttavia, come
Simonetti osserva a proposito di HGn X, 5, la contrapposizione, che qui teorizzata in
termini forti, nella pratica lo molto di meno, perch la componente didascalica nellome-
lia origeniana appare prevalente (Origene. Omelie sulla Genesi, 278, nota 49).
739 Richiamo alcuni luoghi a titolo illustrativo. Come mostra HEx II, 4 (159, 26-28),
il predicatore non pu eccedere un certo spazio di tempo: Singula haec immensa repleta
mysteriis tempus exigunt grande, et totius diei spatium si in his consumamus, vix fortasse
sufficiat. Breviter tamen aliqua pro ecclesiae aedificatione pulsanda sunt. La stessa preoc-
cupazione affiora in HReG (283, 20-21): tou;" dunamevnou" ejxetavzein dunavmena ajscolh'-
sai w{ra" ouj mia'" sunavxew" ajlla; kai; pleiovnwn. Cfr. anche la premessa allinterpretazio-
Come incenso al tuo cospetto 249
cino, ed anzi spesso converge, con le professioni di modestia zetetica
caratteristiche dellimpostazione esegetica di Origene, ma che non per
questo lo costringono necessariamente al silenzio740 . Ci tende ad assimi-
lare in pratica il compito del predicatore e quello del didascalo alle prese
con linterpretazione della Bibbia pi di quanto si sarebbe indotti a pen-
sare alla luce delloccasionale distinzione insinuata fra omileta e mae-
stro. Proprio la modestia zetetica introduce un orizzonte di compren-
sione allinterno del quale linterprete si affaccia sul mistero della Parola
ispirata, sotto lurgenza della sua grandezza e con la consapevolezza della
propria pochezza. Sotto questo profilo, sia per Origene predicatore sia per
lesegeta tout court si mette in moto una dinamica spirituale che essen-
zialmente identica e che spesso attira una disposizione orante, nellinter-
prete come daltra parte nel lettore e/o nella comunit in ascolto. Sono
queste le occasioni in cui lAlessandrino sembra voler riflettere sulla
portata e sui limiti del suo ruolo di predicatore e interprete. Tra le confes-
sioni pi rivelatrici, abbiamo alcune dichiarazioni contenute nelle Omelie
su Levitico:
Per me, oggi, bench sia peccatore, tuttavia, poich mi stata affidata la dispen-
sazione della parola del Signore, ritengo di avere ricevuto in custodia le cose sante
di Dio. E non ora per la prima volta, ma gi pi volte e da gran tempo, che mi
adopero in questa dispensazione presso di voi. [...] Nello spiegare mi accorgo
che la grandezza dei misteri sorpassa le nostre forze. E anche se non siamo in
grado di estenderci su tutto, ci accorgiamo bene che tutto pieno di misteri. Per-
ci basti laver dato a tutti quelli che hanno zelo delle indicazioni, mossi dalle
quali giungano a maggiore elevatezza e profondit (HLv III, 7-8).
Anche noi, se avessimo una intelligenza tale da poter discernere con una inter-
pretazione spirituale i singoli punti scritti nella Legge, e da portare alla luce di una
scienza pi acuta il mistero velato di ciascuna delle parole; se potessimo ammae-
strare la Chiesa in modo che nulla delle cose lette restasse ambiguo, nulla perma-

ne delle tappe dellesodo in HNm XXVII, 12 (272, 24-28): Longum est, si velimus ire per
singulas mansiones et ex unaquaque, si qua ex nominum contemplatione suggeruntur, ape-
rire; strictim tamen et breviter percurremus, ut non tam plenam vobis expositionem, quia
minime id tempus indulget, sed occasiones intelligentiae praebeamus; e quella sul Can-
tico di Debora in HIud VI, 1 (498, 21-24): quoniam per singula discutere cuncta temporis
non est brevitatem namque auditores ecclesiae diligunt pauca tamen vel de principiis
eius vel sparsim ex eo flosculos eligentes consolationis aliquid auditoribus afferre tempta-
bimus.
740 Spesso dichiarazioni di modestia zetetica connotano significativamente leserci-
zio della quaestio. In HNm XIII , 7 (116, 29-117, 4), ne abbiamo un esempio che tiene
conto della particolare situazione omiletica: Altior hic exoritur quaestio et nescio utrum
conveniat rem tam profundi mysterii denudare et proferre ad turbas et eas turbas, quae ad
auditorium verbi Dei non nisi paucis diebus adveniunt et continuo discedunt nec in medi-
tatione verbi Dei diutius immorantur; tamen pro his, qui studiosi sunt et sitiunt audire pos-
suntque capere spiritalem sensum, pauca aliqua dicemus ex multis.
250 Parte seconda, Capitolo settimo
nesse oscuro, allora forse anche di noi si potrebbe dire che abbiamo toccato le
carni sante del Verbo di Dio e siamo stati santificati (HLv IV, 8)741 .

Si tratta inoltre di reazioni che accomunano la condizione dellinter-


prete-predicatore a quella della comunit e come tali ingaggiano luno e
laltra in un percorso di perfezionamento spirituale che deve sfociare in
una partecipazione pi profonda al senso del mistero racchiuso nelle Scrit-
ture742 . Il predicatore-maestro si trasforma cos in discepolo, seguendo in-
sieme alla comunit le tracce di chi come Paolo ha offerto il modello del-
linterpretazione spirituale743 . In ultimo, mediante il proprio servizio alla
comunit, come ci attesta un passo assai suggestivo della Omelia XX su
Giosu, il predicatore sinserisce a pieno titolo nella trafila di coloro che
fanno parlare la littera del testo sacro, dopo la rivelazione apportata da
Cristo, a partire dagli apostoli fino ai maestri, i dottori delle chiese744.
Sembra dunque lecito concludere queste osservazioni sul profilo
delle fonti e le modalit della loro utilizzazione riconoscendo una relativa
equiparazione fra di esse, che ne giustifica limpiego unitario ai fini di
una presentazione globale del pensiero di Origene sulla preghiera. Come
abbiamo visto, questa giustificazione di metodo trova il fondamento prin-
cipale nelle modalit costitutive della stessa operazione esegetica. A sua
volta, questultima illumina uno spazio di atteggiamenti e riflessioni che
attirano una dimensione orante, pur con unincidenza da valutare in ma-
niera differenziata a seconda delle circostanze. Atto esegetico e atto orante
sono insomma strettamente collegati fra loro, anche se il discorso di Ori-
gene sulla preghiera si alimenta in partenza nei testi biblici commenta-
ti, specie dove largomento gi posto a tema. Per tale ragione, le tappe

741 Tr. Danieli, 73, 75-76; 93-94.


742 Come appare da HNm III, 1 (14, 15-17), anche il predicatore si pone, al pari
della comunit, in ascolto della Parola e delle esigenze spirituali scaturenti da essa: Haec
ergo ad correptionem mei ipsius loquor, non solum auditorum. Unus enim et ego sum ex
iis qui audiunt verbum Dei.
743 Cfr. HNm III, 1 (16, 31-17, 4): Sed ego non audeo illuc solus adscendere, non
audeo me in hos tam secretos mysteriorum recessus sine auctoritate magni alicuius docto-
ris immergere. Non possum illuc adscendere nisi praecedat me Paulus et ipse mihi viam
novi huius et ardui itineris ostendat; HIos VII, 3 (330, 13-16): Volo ego ipse, qui doceo
vos, vobiscum pariter discere, Paulum nobis communiter adhibeamus magistrum; ipse est
enim symmystes Christi, qui nobis possit indicare, quomodo Christus vicerit mundum.
744 HIos XX, 5 (424, 10-19): Igitur civitatem litterarum intellige omne Testamenti
veteris instrumentum, id est et hanc ipsam, quam nunc disserere conamur scripturam, in-
telligamus esse civitatem litterarum, quae postmodum efficitur Dabir, quod est loquela.
Haec etenim, quae prius in litteris erat et secundum litteram intelligebatur, modo in eccle-
siis Christi, revelante Domino, loquela effecta est, loquentibus de ea et disserentibus primo
sanctis Apostolis et removentibus superficiem litterae, proferentibus vero de ea spiritalem
loquelam. Sed et singuli quique doctores ecclesiarum litteram legis loquelam et disputa-
tionem evangelicam faciunt. Su tutti questi aspetti della predicazione origeniana si veda
lapprofondita analisi di Monaci Castagno.
Come incenso al tuo cospetto 251
successive della mia esposizione affronteranno, in un primo momento, la
mappa dei luoghi pi significativi della riflessione origeniana e, in un se-
condo, cercheranno di tracciare il reticolo delle citazioni scritturistiche di
cui essa si sostanzia.

3. La mappa dei luoghi sulla preghiera

Sebbene il tema della preghiera compaia in una nutrita serie di passi


sparsi in tutta lopera di Origene, sono relativamente poche le trattazioni
che potremmo designare come specifiche o caratterizzanti. Con ci mi ri-
ferisco a quei luoghi che non si configurano principalmente come osser-
vazioni occasionali, ancorch significative per un motivo o laltro e per-
tanto meritevoli di attenzione, ma si presentano piuttosto come trattazioni
tematiche di ampiezza pi o meno grande, frutto di una riflessione di por-
tata pi generale sullesperienza della preghiera. Per isolare questi testi
utile ripercorrere dapprima linsieme degli scritti seguendo la cornice dei
generi letterari (trattati, commentari e omelie), pur senza dimenticare la
consapevolezza acquisita precedentemente al riguardo, in modo da rileva-
re a grandi linee la presenza del nostro tema allinterno delle singole opere.
Nel rivisitare rapidamente questo insieme terr presente, per quanto pos-
sibile, la successione cronologica.

3.1. I trattati

Per comodit espositiva conviene rifarsi inizialmente ai trattati,


cio a quel tipo di scritti che dal punto di vista della forma savvicina pi
direttamente al profilo letterario di Orat, se non altro perch il trattato sul-
la preghiera non , almeno nel suo complesso, uno scritto esegetico vero
e proprio. La definizione in negativo ci serve soprattutto per distinguere
cos alcuni scritti di Origene rispetto ai commentari e alle omelie, anche
se in qualche caso come preciser di seguito la nostra classificazione
pi che problematica745 .

3.1.1. I Principi

Cominciando dal Per archn, che Nautin ha definito con suggestiva


approssimazione opera di giovent essendo stata scritta ancora ad

745 Ai testi da me esaminati si potrebbero aggiungere i due scritti sulla Pasqua, qua-
lora si accolga la loro caratterizzazione come trattati (si veda lesemplare discussione di
Sgherri in Origene. Sulla Pasqua, 25-42), ma essi offrono comunque poca materia per il
nostro argomento.
252 Parte seconda, Capitolo settimo
Alessandria presumibilmente intorno al 229-230 , dobbiamo constata-
re il fatto che la summa dogmatica di Origene non mette espressamente a
tema la preghiera746. Non mancano singoli spunti di qualche interesse, dei
quali conviene comunque tenere conto nella nostra rassegna: in particola-
re, oltre ad un sintetico cenno al significato del Padrenostro (Mt 6, 9) e ai
richiami alla prassi orante di Ges e dei suoi seguaci747, o ancora le tre
dossologie (Prin III, 5, 8; IV, 1, 17; IV , 3, 14)748 , meritano attenzione gli
occasionali pronunciamenti sulla necessit dellilluminazione divina per
poter affrontare adeguatamente singoli punti, che trovano riscontri come
vedremo in seguito nellesegesi orante dei commentari749 . Peraltro

746 Per lambientazione temporale di Prin e Orat, cfr. supra, pp. 18-19. Per Simo-
netti 2000, 371, Prin fu composto ad Alessandria, in una data imprecisata, ma comunque
anteriore alla definitiva partenza dellAlessandrino per Cesarea nel 231.
747 Prin II, 4, 1 (127, 20-22): Quod autem dicit quia orantes oporteat dicere: Pater
noster, qui in caelis es (Mt 6, 9), quid aliud videtur ostendere, nisi deum in melioribus
mundi, id est creaturae suae, partibus requirendum?. La preghiera di Ges al Padre, in
qualit dintercessore, ritorna nella spiegazione del termine paracletus di 1Gv 2, 1-2 in
Prin II, 7, 4 (152, 4-5): deprecari enim patrem pro peccatis nostris dicitur. Si veda inol-
tre Prin III, 6, 1 (280, 22-24), dove la preghiera di Gv 17 vista come intercessione perch
gli uomini attuino la somiglianza con Dio: Ipse quoque Dominus in evangelio haec ea-
dem non solum futura, verum etiam sui intercessione futura designat (cfr. anche infra,
nota 1522). A sua volta Prin II, 4, 2 (128, 18-22) accenna alla prassi di preghiera della
comunit primitiva: Contingemus tamen breviter etiam de Actibus apostolorum, ubi
Stephanus et apostoli preces suas dirigunt ad eum deum, qui fecit caelum et terram et
qui locutus est per os sanctorum prophetarum suorum, ipsum dicentes deum Abraham,
Isaac et Iacob, deum qui duxit populum suum de terra Aegypti. Cfr. inoltre Prin II,
5, 4 (nota 1528).
748 Il rilievo di tali dossologie per la struttura di Prin (in particolare, Prin III, 5, 8)
controverso tra gli studiosi. Si veda da ultimo la critica di Dorival 2001 alledizione cata-
lana di Prin ad opera di J. Rius-Camps (1998): a suo avviso, analogamente a quanto av-
viene in 1Clem, ces doxologies ne servent pas indiquer la fin dun dveloppement,
mais veulent proclamer la gloire de Dieu (p. 360). Di particolare interesse come ve-
dremo pi avanti (nota 1415) Prin IV, 1, 7 (304, 9): lespressione tw/' ejpavranti tou;"
ojfqalmouv" , alla luce di quel che segue fino alla fine del paragrafo, allude al trapasso del
discorso ad una vera e propria formulazione orante, conclusa non a caso dalla dossologia.
749 Cfr. Prin I, 8, 1 (94, 18-19), dove larcangelo Michele detto mortalium preces
supplicationesque curare, senza che vi si faccia menzione dellanalogo ruolo di Raffaele
(cfr. supra, p. 185), cui viene invece assegnato curandi et medendi opus, mentre a Ga-
briele spetta la bellorum providentia; oppure Prin II, 9, 4, un passo che contiene unim-
petrazione per lintelligenza spirituale citato supra alla nota 519. Il nesso fra preghiera e
intelligenza spirituale indicato dal trattatello de anima in Prin II , 8, 2 (154, 30-155, 6):
hac fortasse de causa evidentius nos Paulus docere volens, quid sit per quod ea quae
sunt spiritus, id est spiritalia, intellegere possimus, mentem magis quam animam spiritui
sancto coniungit et sociat. Haec enim eum puto ostendere cum dicit: Orabo spiritu, orabo
et mente; psalmum dicam spiritu, psalmum dicam et mente (1Cor 14, 15). Et non dicit
quia anima orabo, sed spiritu et mente; et non dicit: anima psallam, sed spiritu
psallam et mente. Per gli spunti prossimi all esegesi orante nei commenti si veda, ad
esempio, Prin I, 5, 4 (73, 12-13): tum deinde etiam de ceteris investigabimus, secundum
Come incenso al tuo cospetto 253
sappiamo gi della contiguit di pensiero fra Prin e Orat, relativamente
alla questione cruciale del libero arbitrio, ma senza che lo scritto dogma-
tico istituisca un nesso esplicito con il problema della preghiera750. In
sintesi, lapporto di Prin al discorso eucologico di Origene appare abba-
stanza ridotto, se non pressoch inesistente, molto probabilmente perch
limpostazione dello scritto alessandrino rimane ancora troppo debitrice
del modello filosofico dei trattati di fisica e d quindi poco spazio allap-
profondimento dellesperienza di vita cristiana o alla realt ecclesiale751 .

3.1.2. Esortazione al martirio

Ben maggiore il rilievo del nostro tema nellEsortazione al marti-


rio, scritta come gi sappiamo nel 235, in concomitanza con la perse-
cuzione di Massimino il Trace752 . La prossimit con Orat non solo di ca-
rattere temporale, ma per cos dire nellordine delle cose, dal mo-
mento che EM concerne la manifestazione pi alta della fedelt alla vita
cristiana. In questo modo la prospettiva del martirio sinterseca e saffian-
ca allideale di perfezione spirituale proposto nel trattato sulla preghie-
ra 753 . Di tale convergenza abbiamo un indizio eloquente in EM 18, dove
Origene riprendendo 1Cor 4, 9 (siamo diventati spettacolo al mondo,
agli angeli e agli uomini) introduce nuovamente limmagine del theatrum
mundi, dinanzi al quale si svolge adesso lagone dei martiri754: lanalo-
gia pi ravvicinata con lesperienza di preghiera quale ci viene presentata
da Orat, poich troviamo qui una corrispondenza strutturale fra la testimo-
nianza del martire e latto orante indotta in ambedue i casi da un protago-
nismo spirituale e da uno scenario cosmico equivalenti755 . Non mancano
daltronde punti di contatto anche per lelaborazione scritturistica del
tema della preghiera, in special modo per il ricorso dei paradigmi vetero-
testamentari di oranti, quantunque lutilizzo dei materiali biblici lasci in-

quod dominus nos fuerit inluminare dignatus; II, 2, 2 (113, 9-10): sancto spiritu de-
monstrante (cfr. Eb 9, 8) his, qui digni sunt.
750 Si veda supra, il cap. 4.
751 Der zweite Teil von PA behandelt mgliche und faktische Miverstndnisse
der kirchlichen Bekenntnisstze, bleibt aber ganz im Problemkreis des klassischen Trakta-
tes der Physik. Es ist interessant, da Origenes dort nichts ber Sakramente, ber Kirche,
Gebet, etc. sagt (Lies, 10).
752 Cfr. supra, p. 20.
753 In precedenza ho rilevato affinit tematiche e accenti diversi fra i due scritti, an-
che quando utilizzano materiali comuni (pp. 20, 54, 65, 73-74, 145).
754 EM 18 (17, 3-6): o{lo" ou\n oJ kovsmo" kai; pavnte" oiJ a[ggeloi dexioi; kai; ajriste-
roi; kai; pavnte" a[nqrwpoi, oi{ te ajpo; th'" tou' qeou' merivdo" kai; oiJ ajpo; tw'n loipw'n, ajkouv-
sontai hJmw'n ajgwnizomevnwn to;n peri; cristianismou' ajgw'na. Sulluso della metafora ago-
nistica si veda Lugaresi 2003b, 665-669.
755 Cfr. Orat XX, 2; XXVIII, 3.
254 Parte seconda, Capitolo settimo
travedere sviluppi nuovi, che saranno pi ampiamente sfruttati nel discor-
so e nella prassi di preghiera successivamente ad Origene.
Dei paradigmi di salvezza rappresentati dalle preghiere esaudite di
oranti dellAntico Testamento EM richiama i Tre Giovani nella fornace
Anania, Azaria e Misaele , Mardocheo e Daniele, insistendo per sul-
lappropriazione in senso personale e spirituale della condotta e dei be-
nefici goduti dagli oranti pi che sullatto in s di pregare756. Ma EM
considera ancora lesemplarit della preghiera di Paolo e soprattutto di
quella di Ges 757 . In particolare, Origene si sofferma sullorazione al Get-
semani, una scena evangelica che egli non aveva preso in considerazione
nel trattato sulla preghiera e che approfondir in maniera ben pi estesa e
in parte diversa, sul finire della vita, sia nel Commento a Matteo sia nel
Contro Celso. Come in questi scritti tardi, la spiegazione trae le mosse
dal problema posto da Mt 26, 39a (Padre mio, se possibile, passi da me
questo calice), che nellottica di un protrettico al martirio viene ad essere
formulato cos: se Ges ha avuto paura [...] chi capace di essere forte
per sempre?758 . Senza lasciarsi condizionare in chiave apologetica (come
avverr soprattutto in CC), Origene si sforza di riconoscere pieno valore
al modello di Ges come martire proprio grazie allesemplificazione della
sua prassi di preghiera. Egli risponde allinterrogativo domandandosi se
Ges con il supplicare il Padre nellorto degli ulivi non sia stato allaltez-
za di colui che prega in Sal 26(27), 1-3, rivolgendosi a Dio con parole
piene di fiducia: Il Signore mia luce e mio salvatore, chi temer? Il Si-
gnore difesa della mia vita, di chi avr timore?.... Ma per lAlessan-
drino lorante del salmo non altri che il Cristo stesso, come egli spiega
di seguito parafrasandone il contenuto759 . Poi lattenzione di Origene si

756 EM 33 (28, 19-22. 24-25): ajll hJmei'" i{na drovsou oujranivou peiraqw'men
sbennuouvsh" pa'n pu'r ajf hJmw'n kai; katayucouvsh" hJmw'n to; hJgemonikovn, tou;" iJerou;"
ejkeivnou" mimhswvmeqa, mhv pote kai; nu'n oJ Ama;n qevlh/ tou;" Mardocaivou" uJma'" prosku-
nh'sai aujtw/' [...] kai; to;n dravkonta meta; tou' Danih;l ajpokteivnwmen. Su queste figure di
oranti si veda supra, pp. 143 ss.
757 Cos EM 3 inculca la disposizione eroica dellanima a disfarsi del corpo, inter-
pretando Rm 7, 24-25 (Sono uno sventurato! Chi mi liberer da questo corpo votato alla
morte?) come preghiera di domanda che, essendo esaudita, subito seguita dal ringrazia-
mento (cfr. supra, nota 40). Si veda anche il richiamo alla preghiera ejn pneuvmati di Ef 6,
18 (EM 38). Diversa linterpretazione che Origene d di Rm 7, 24-25 in CRm VI, 9 (515,
177-516, 183), dove distingue il provswpon levgon fra colui che ha accolto linizio della
conversione (v. 24) e lautorit apostolica (v. 25). In HIs IV, 3 Rm 7, 24 sfruttato come
invito alla confessione delle colpe.
758 EM 29 (25, 6): ejkeivnou de; deiliavsanto", ei[poi ti" a[n, o{ti tiv" gennai'o" eij"
ajeiv (tr. Noce, 130).
759 EM 29 (25, 13-16): tavca de; oujde; a[llou tinov" ejsti tau'ta ejn tw/' profhvth/ legov-
mena ta; rJhvmata h] tou' swth'ro" dia; to;n ajpo; tou' patro;" fwtismo;n kai; th;n ajp aujtou'
swthrivan oujdevna fobouvmenon. Anche Prin III, 2, 5 (253, 21 ss.) assegna implicitamente le
parole del salmo a Cristo: sed cum senserit praesentem in se dominum et inhabitantem,
Come incenso al tuo cospetto 255
volge al dimostrativo questo, riferito al calice come simbolo della
morte dei martiri e attestato in tutti e tre i Sinottici (cfr. Lc 22, 42; Mc 14,
36), per chiarire come Ges abbia rifiutato, del martirio, questa specie di
morte e ne abbia implorato, forse in silenzio, una pi dolorosa, per cos
procurare per mezzo di questaltro calice, un beneficio pi universale ed
esteso a un numero pi grande di uomini760 .
Torneremo pi avanti sullinterpretazione della scena del Getsemani,
nel contesto delle altre spiegazioni, ma qui mi preme osservare come EM
sfrutti ampiamente il ricorso ai Salmi, proponendoli come forma di pre-
ghiera da compiersi secondo la mente di Cristo761. Guardando con pi
precisione alluso suggerito da Origene, si deve riconoscere che egli anti-
cipa la pratica antirretica teorizzata nel IV secolo da Evagrio Pontico. Non
solo il Sal 41(42) istituisce, nella lettura dellAlessandrino, un dialogo fra
lanima (yuchv) e lintelletto (nou'") termine adoperato anche per
indicare lo pneuma delluomo nella visione tricotomica dellantropologia
origeniana abbastanza simile allimpiego evagriano dello stesso salmo
che prefigura una partizione terapeutica fra lanima turbata da consolare e
lanima consolatrice762. Oltre a ci, sfruttando ancora i salmi ma pure altri
luoghi biblici, Origene introduce di fatto il metodo dellantirresi, poich
a pi riprese offre larma della Scrittura come risposta di preghiera al mo-
mento della prova. In EM 8 lAlessandrino raccomanda ai candidati al mar-
tirio di replicare cos ai profeti di iniquit: Ma noi, quando il peccatore
si erger contro di noi (Sal 38[39], 2), diremo: Io come un sordo non
ascoltavo, <ero> come un muto che non apre la propria bocca; sono di-
ventato come un uomo che non ode (Sal 37[38], 14-15)763 . Come appare

confidentia divini adiutorii dicet: Dominus inluminatio mea et salvator meus, quem time-
bo?... (Sal 26[27], 1-3). Cfr. anche infra, nota 954.
760 EM 29 (tr. Noce, 131). Per altre spiegazioni dellepisodio evangelico si veda
CIo XIII, 38, 249; CIo XXXII, 23, 295; CMt XVI, 6; CMtS 89-95; H37Ps I, 2; CC II, 24-25.
Niculescu, in part. pp. 11-16, sottolinea la distinzione origeniana fra bouvlhma del Figlio e
qevlhma del Padre (EM 29 [26, 10-13]: o{per oujdevpw h\n qevlhma tou' patro;" genevsqai,
sofwvteron para; to; bouvlhma tou' uiJou' kai; par o} eJwvra oJ swth;r oJdw'/ kai; tavxei oijkono-
mou'nto" ta; pravgmata (cfr. anche EM 39 [infra, nota 775]).
761 in questo spirito che Origene introduce la parafrasi di Sal 41(42), 2-7 in EM 4
(5, 17-20): eij de; kaiv pote aijsqavnoisqe sustolh'" peri; th;n yuch;n uJmw'n, eijpavtw aujth'/ oJ
ejn hJmi'n Cristou' nou'" qelouvsh/ to; o{son ejf eJauth'/ kai; aujto;n sugcei'n: i{na tiv perivlupo"
ei\ yuchv kai; i{na tiv suntaravssei" me e[lpison ejpi; to;n qeo;n, o{ti ejxomologhvsomai aujtw/'.
762 Evagrio, Pratico, 27: Qualora noi si cada sul demone dellaccidia, allora, divisa
lanima in lacrime, facciamo che luna [parte] consoli, laltra sia consolata (th;n yuch;n me-
ta; dakruvwn merivsante" th;n me;n parakalou'san th;n de; parakaloumevnhn poihvswmen),
seminando in noi stessi buone speranze (cfr. 2Ts 2, 16...) e incantandoci con il [canto] del
beato David: Perch sei triste anima mia, e perch mi conturbi? Spera in Dio, perch lo
confesser: salvezza del mio volto e mio Dio (Sal 41, 6) (tr. Bettiolo, 199).
763 EM 8 (tr. Noce, 110). Sulla genesi del metodo antirretico e il suo utilizzo nel
primo monachesimo e in Evagrio si veda Bernardini.
256 Parte seconda, Capitolo settimo
anche da altri passi, si tratta di un vero e proprio esercizio spirituale
che istruisce e sostiene colui che impegnato nella lotta per la testimo-
nianza facendo memoria di testi della Scrittura764 . In questa situazione
agonica il Salterio si presta particolarmente ad essere fruito come libro di
preghiera. Lo vediamo dalla bella esemplificazione di EM 19-20, dove
Origene riprende antirreticamente, con intento protrettico e parenetico,
unampia porzione di Sal 43(44):
probabile che saremo insultati dai vicini e scherniti da coloro che ci circon-
dano e che scuotono il capo nei nostri riguardi, come a dei pazzi (Sal 43[44],
14-15; 21 [22], 8). Qualora accada questo diciamo al Signore (levgwmen pro;" qe-
ovn): Ci hai reso ludibrio per i nostri vicini; scherno e riso per quelli che ci cir-
condano. Ci hai reso una favola tra le genti; scuotimento di capo tra i popoli.
Tutto il giorno la mia ignominia mi presente ed il rossore della mia faccia mi
ricopre, per la voce di chi insulta ed oltraggia, per la presenza del nemico e del
persecutore (Sal 43[44], 14-17). Beato chi, in tutti questi avvenimenti, rivolge
liberamente a Dio, applicandola a questa situazione, la parola del profeta (th;n
ajpo; parjrJhsiva" tou' profhvtou ejpiferomevnhn aujtoi'" fwnh;n eijpei'n tw'/ qew'/) :
Tutto questo ci venuto addosso, eppure non ti abbiamo dimenticato, n abbia-
mo violato la tua alleanza, n il nostro cuore si voltato indietro (Sal 43[44],
18-19).
Ricordiamoci (Mnhmoneuvwmen), mentre siamo in questa vita e riflettiamo sulle
strade che sono fuori della vita, di dire a Dio (tw'/ qew'/ famen tov): Hai deviato i
nostri passi dalla tua via (Sal 43[44], 19). Ora il momento di rammentarci
(ajnamimnhvskesqai) che questa terra, nella quale siamo umiliati, luogo di affli-
zione per lanima affinch possiamo dire nella preghiera (i{na eujcovmenoi levgw-
men tov): Ci hai umiliati in un luogo di afflizione, e ci ha avvolto unombra di
morte (Sal 43[44], 20). Con coraggio diciamo anche questo: Se abbiamo di-
menticato il nome del nostro Dio, e se abbiamo teso le nostre mani verso un dio
straniero, forse Dio non ne chieder conto? (Sal 43[44], 21-22)765 .
La lectio divina condotta in un atteggiamento di preghiera (intenden-
do cos lantirresi scritturistica dellAlessandrino in tutta la sua portata
spirituale) non si limita al Salterio, poich per Origene applicabile ugual-
mente allAntico e al Nuovo Testamento. Forse pi di altri suoi scritti, EM
ci testimonia dunque in Origene lesperienza del pregare con la Scrittura,
soprattutto nel momento della difficolt e della lotta, privilegiando in via

764 Il vocabolario della memoria particolarmente nutrito (cfr. EM 2 [3, 16]: uJpo-
mimnhskwvmeqa; 4 [5, 12-13]: memnhmevnou", [6, 1-2] memnh'sqai; 7 [8, 15.21]: mnhmoneu-
tevon [2 volte]; 20 [18, 26]: mnhmoneuvwmen, [19, 2] ajnamimnhvskesqai; 30 [26, 20]: uJpo-
mnhsqw'men; 31 [27, 25]: mevmnhsqe; 35 [32, 13]: uJpomimnhskevsqw; 37 [35, 11]: mevmnhso;
38 [35, 26]: uJpomimnhvskou; 39 [37, 9]: uJpomnhsqw'men). La sua frequenza, proporzional-
mente pi rilevante che in Orat (si veda supra, note 493-494), tradisce forti affinit con la
prassi degli esercizi spirituali.
765 EM 19-20 (18, 13-19, 8 [tr. Noce, 122]).
Come incenso al tuo cospetto 257
quasi esclusiva laspetto psicologico-morale dellapplicazione ad homi-
nem rispetto allo stesso approccio esegetico766. In tale cornice non sor-
prende il fatto che EM contenga numerose tracce dellesperienza di pre-
ghiera, in positivo ma anche in negativo: preghiere effettive o virtuali,
preghiere messe in atto dai martiri a beneficio dei fedeli, preghiere attese
dai destinatari oppure espresse dallo stesso Origene.
In negativo, si pu ricordare la messa in guardia di EM 7 contro la
preghiera diretta agli astri, ed in particolare al sole, che lascia trasparire la
polemica cristiana contro il culto eliolatrico: non si devono adorare le crea-
ture, bens Dio solo, ed indirizzarsi a Lui che elargisce il necessario e
previene la preghiera di tutti, senza bisogno di creature che fungano da
intermediari767 . In positivo, acquista particolare rilievo lintercessione dei

766 La meditazione su Sal 43(44) prosegue in EM 21 (19, 9-21), che riprende di se-
guito Sal 43(44), 22 e 23, ma vi unisce con le stesse modalit un passo paolino ed uno
tratto dai Proverbi: Combattiamo non solo per conseguire in modo perfetto il martirio
pubblico ma anche quello segreto. Cos anche noi come lapostolo potremo esclamare (i{na
kai; aujtoi; ajpostolikw'" ajnafqegxwvmeqa tov ): Questo, infatti, il nostro vanto: la testi-
monianza della nostra coscienza, poich ci siamo comportati nel mondo con la santit e
la sincerit di Dio (2Cor 1, 12). Alla parola dellapostolo aggiungiamo quella del profeta
(sunavptwmen de; tw'/ ajpostolikw'/ to; profhtiko;n tov ): Egli stesso conosce i segreti del
cuore (Sal 43[44], 22) nostro. Soprattutto se siamo condotti a morte, allora diremo ci che
viene ripetuto a Dio dai soli martiri (tovte [Wet.; o{te Koetschau] fhvsomen to; uJpo; movnwn
martuvrwn legovmenon tw'/ qew'/ tov): Per te siamo messi a morte tutto il giorno, siamo stati
stimati come pecore da macello (Sal 43[44], 23). Se mai la sapienza della carne (cfr. Rm
8, 6-7) ci insinua la paura dei giudici che ci minacciano la morte, allora ripeteremo loro
ci che detto dai Proverbi: Figlio, onora il Signore e sarai forte; al di fuori di lui, non
temere nessun altro (Pr 7, 1a LXX ) (tr. Noce, 123). Si veda inoltre EM 23 (21, 22-25),
che ripercorre 2Mac 7, 1-6 fino a concludere con lesortazione: opportuno che anche
noi, trovandoci in tali situazioni, ripetiamo a noi stessi le parole che si dicevano a vicenda
e che cos suonano (eu[kairon d a]n ei[h kai; hJma'" ejn toiouvtoi" genomevnou" eijpei'n tou;"
ejkeivnwn lovgou" pro;" eJautouv"): Il Signore Dio vede dallalto e si consola in noi delle
<sue> verit (2Mac 7, 6) (ibi, 126). Altri detti scritturistici che occorre fare propri nel-
limminenza del martirio figurano in EM 35 (32, 6-7): Tiv" d a]n logisavmeno" ta; toiau'ta
oujk ejpifqevgxetai to; ajpostoliko;n ejkei'no [= Rm 8, 18: Le sofferenze del tempo presen-
te non sono paragonabili alla gloria futura che si dovr rivelare in noi]); 38 (36, 8-9):
ajna; stovma nu'n e[ce to;... kai; tov [= Mt 10, 37: Chi ama il figlio o la figlia pi di me non
degno di me; Mt 10, 39: Chi ha trovato la sua anima la perder, e chi ha perduto la pro-
pria anima per causa mia, la trover]); 39 (tovte ajnalavbete tov... [= Gv 15, 19: Per que-
sto il mondo vi odia, perch non siete di questo mondo. Se infatti foste di questo mondo,
il mondo amerebbe ci che suo]). I lemmi introduttivi alle citazioni scritturistiche, pur
senza essere esclusivi di questo scritto, tendono a confermare limpressione del prontua-
rio antirretico, come esemplificato dallomonima opera di Evagrio (cfr. Evagrio Pontico.
Contro i pensieri malvagi. Antirrhetikos). Per altri esempi del metodo antirretico si veda
HEx I , 5 (nota 1231).
767 EM 7 (8, 24-9, 3): ajll eijko;" o{ti qelhvsei hJma'" katasofivsasqai di w|n a]n
duvnhtai oJ ejcqro;" pro;" to; proskunh'sai tw'/ hJlivw/ h] th'/ selhvnh/ h] panti; tw'/ kovsmw/ tw'n ejk
tou' oujranou' (Dt 17, 3). ajll hJmei'" ejrou'men o{ti oJ tou' qeou' lovgo" tau'ta ouj prosevtaxen
(cfr. Dt 18, 20). oujdamw'" ga;r proskunhtevon ta; ktivsmata parovnto" tou' ktivsanto" (cfr.
258 Parte seconda, Capitolo settimo
martiri (EM 30), i quali assistendo alla liturgia celeste si fanno trami-
ti delle preghiere dei fedeli ancora impegnati nellagone terreno. Essi, in
forza del sacrificio della loro vita ad immagine del sacrificio di Cristo
sommo sacerdote, diventano ministri della remissione dei peccati con-
cessa da Dio:
Infatti come quelli che, secondo la legge di Mos, prestavano servizio allaltare
sembravano procurare la remissione dei peccati <agli Ebrei> per mezzo del san-
gue di tori e di capri (Eb 9, 13; 10, 4; cfr. Is 1, 11; Lv 16, 3), cos le anime di co-
loro che sono stati decapitati (Ap 20, 4) per la testimonianza di Ges (cfr. Ap 6,
9), non prestano invano servizio allaltare (cfr. 1Cor 9, 13) del cielo, ma procu-
rano a coloro che pregano la remissione dei peccati. Sappiamo anche che come il
sommo sacerdote, Ges il Cristo, ha offerto se stesso in sacrificio, cos i sacer-
doti, dei quali egli il sommo sacerdote, offrono se stessi in sacrificio (cfr. Eb 5,
1; 8, 3; 10, 12); per questo si vedono presso laltare (cfr. Ap 6, 9), come nel luogo
loro proprio768 .

Se EM presenta espressamente il martirio come lofferta pi grande


che il santo possa fare a Dio (ridimensionando cos, in parte, il rilievo
della preghiera quale sostituto del sacrificio)769, colui che segue lesempio
dei martiri, partecipa della stessa libert di parola e pu dunque interce-
dere efficamente per moglie, figli, fratelli e sorelle (EM 37-38). Ambro-

Rm 1, 25) kai; diarkou'nto" kai; fqavnonto" pro;" th;n pavntwn eujchvn (tr. Noce, 109-110).
Di seguito Origene, adottando come in Orat la tecnica della prosopopea (cfr. Orat XV, 4 e
supra, pp. 139-140), fa parlare il sole come essere creato: Anchio sono stato creato:
perch vuoi adorare colui che adora (genhtov" eijmi kajgwv: tiv bouvlei proskunei'n to;n pro-
skunou'nta)? Anchio, infatti, adoro e servo Dio, il Padre (9, 9-10 [tr. Noce, 110]).
768 EM 30 (27, 1-9): wJ" ga;r oiJ tw'/ kata; to;n Mwu>sevw" novmon qusiasthrivw/ prose-
dreuvonte" diakonei'n ejdovkoun di ai{mato" travgwn kai; tauvrwn a[fesin aJmarthmavtwn
ejkeivnoi", ou{tw" aiJ yucai; tw'n pepelekismevnwn e{neken th'" marturiva" Ihsou', mh; mavthn
tw'/ ejn oujranoi'" qusiasthrivw/ paredreuvousai, diakonou'si toi'" eujcomevnoi" a[fesin
aJmarthmavtwn. a{ma de; kai; ginwvskomen o{ti, w{sper oJ ajrciereu;" qusivan eJauto;n proshv-
negken Ihsou'" oJ Cristo;", ou{tw" oiJ iJerei'", w|n ejstin ajrciereu;", qusivan eJautou;" pro-
sfevrousi: di h}n wJ" para; oijkeivw/ tovpw/ oJrw'ntai tw'/ qusiasthrivw/ (tr. Noce, 132-133).
Nel commento ad loc. Noce osserva: due gli aspetti messi in evidenza: la forza espiatrice
del martirio in s, in quanto sacrificio cruento per i peccati del popolo, funzione illustrata
con limmagine dei martiri che presso laltare celeste pregano per il popolo. In quanto sa-
crificio il martirio consegue la remissione dei peccati per il confessore e per coloro per
i quali prega (p. 175, nota 62; cfr. anche HNm X, 2 e Rordorf, 402, per il quale tous les
aspects de la diaconie des martyrs dont Origne fait tat sont issus de la tradition judo-
chrtienne).
769 Cfr. EM 28 (24, 8-13), dove la morte del martire vista come il calice della sal-
vezza di Sal 115, 3-4 (116, 13): Il santo, che un uomo donore e desidera ricambiare i
benefici dei quali Dio lo ha colmato, cerca cosa potrebbe fare per il Signore per tutto
ci che da lui ha ricevuto e scopre che da un uomo di buona volont nientaltro pu essere
reso a Dio, come equivalente ai benefici ricevuti (oujde;n a[llo euJrivskei oiJonei; ijsovrJrJon
tai'" eujergesivai" dunavmenon ajpo; ajnqrwvpou eujproairevtou ajpodoqh'nai qew'/), che la
morte nel martirio (tr. Noce, 129). Si veda anche CRm II, 14 (nota 1).
Come incenso al tuo cospetto 259
gio, costantemente sollecitato dallamico ad abbracciare fino in fondo la
strada del martirio e ad offrire in tal modo alla sua famiglia lesempio di
una condotta evangelica, potr allora fare propria la preghiera nello spi-
rito (cfr. Ef 6, 18) di Sal 78(79), 11: Salva i figli dei condannati a mor-
te, amando con maggiore cognizione e pregando per loro Dio con
pi intelletto770.
Origene stesso vorrebbe poter condividere la sorte del suo patrono,
lasciando dietro di s come peraltro solo Ambrogio in grado di fare
tutti i beni in suo possesso e arrivando ad abbandonare insieme ai poderi
e alle case anche moglie e figli in fedelt radicale allappello del Vangelo
e alla sua promessa di ricompensa (cfr. Mt 19, 27-29)771. Questo auspicio
di Origene una preghiera che sottolinea lo svantaggio della sua condi-
zione, sfruttando protretticamente anche tale motivo per poter meglio
convincere lamico. Al di l del paradosso, il desiderio manifestato dal-
lAlessandrino ci fa vedere per la prima volta una preghiera formulata da
Origene in prima persona, secondo un modulo espressivo che come os-
serveremo in seguito attestato specialmente nelle omelie:
Per questo, se fossi martire, vorrei lasciare figli, con campi e case, affinch
presso Dio, Padre del Signore nostro Ges Cristo, dal quale prende nome ogni
paternit nei cieli e sulla terra (Ef 3, 15), sia chiamato padre di figli, molto pi
numerosi e pi santi, o per dirla pi precisamente, centuplicati772 .

Riflette ancora da vicino lesperienza orante di Origene lauspicio-


preghiera di EM 22 rivolto ad ambedue i destinatari, perch Ambrogio e
Protocteto si immedesimino con latteggiamento di Eleazaro, il quale
mentre subiva la tortura prima di morire si affidava fiducioso alla visita
di Dio nella sua anima (2Mac 6, 30-31) 773 .

770 EM 38 (36, 5-7): tovte ga;r kai; ejpisthmonikwvteron aujta; ajgaphvsei" kai; su-
netwvteron peri; aujtw'n eu[xh/, eja;n mavqh/" o{ti tevkna sou ejsti; kai; ouj spevrma movnon (tr.
Noce, 129).
771 EM 14 (14, 16-21): A motivo di queste parole, io bramerei (hujxavmhn) posse-
dere sulla terra tanti beni quanti ne hai tu o anche di maggiori e cos essere martire per
Dio in Cristo, affinch possa ricevere molto di pi (Mt 19, 29) o, come dice Marco, il
centuplo (Mc 10, 30), il che di molto superiore alle poche cose che lasceremo, se siamo
chiamati al martirio, poich centuplicato (tr. Noce, 117).
772 EM 14 (14, 22-26): touvtou de; e{neken eij marturw', ejboulovmhn kai; tevkna ka-
talipei'n meta; ajgrw'n kai; oijkiw'n, i{na kai; para; tw'/ qew'/ kai; patri; tou' kurivou hJmw'n
Ihsou' Cristou', ejx ou| pa'a patria; ejn oujranoi'" kai; ejpi; gh'" ojnomavzetai, pollapla-
siovnwn kai; aJgiwtevrwn tevknwn crhmativsw path;r h], i{n wJrismevnw" ei[pw, eJkatontapla-
siovnwn (tr. Noce, 117).
773 EM 22 (20, 13-19): Supplico (eu[comai) voi che state alle porte della morte o,
meglio, della libert, soprattutto se sarete sottoposti alla tortura (non si pu infatti perdere
la speranza che voi non soffriate per volont delle potenze nemiche) di ripetere questo: Al
Signore, cui appartiene la santa scienza, manifesto che potendo sfuggire alla morte, sof-
fro nel corpo atroci tormenti mentre sono flagellato, e che nellanima sopporto tutto que-
260 Parte seconda, Capitolo settimo
proprio questa unione intima con Dio la condizione come anche la
mta finale del passaggio tribolato del martirio. Se Origene la lascia in-
travedere con accenti toccanti ex parte hominis, allorch rievoca il mar-
tirio della madre dei sette fratelli Maccabei, vittoriosa sul tormentoso
fuoco dellamore materno con la rugiada della piet e lo spirito della
santit774, egli la precisa da ultimo ex parte Dei in chiave trinitaria come
oggetto della preghiera di Ges per i suoi in Gv 17: divenite degni di
essere una cosa sola con il Figlio, il Padre e lo Spirito santo, conforme-
mente alla preghiera del Salvatore che dice: Come io e tu siamo una
cosa sola che anchessi siano una cosa sola in noi (Gv 17, 21)775 .

3.1.3. Dialogo con Eraclide

Il Dialogo con Eraclide (riconducibile, secondo la cronologia di


Nautin, agli anni fra il 239 e il 244, secondo altri al periodo fra il 244 e il
249) non un trattato in senso stretto, bens la trascrizione di una disputa
dottrinale condotta con un vescovo della provincia di Arabia dalle idee
controverse, ma anche con altri interlocutori, nel corso di una riunione a

sto volentieri per il suo timore (2Mac 6, 30) (tr. Noce, 124). Un altro auspicio-preghiera
figura nellepilogo (EM 51 [47, 7-16]), dove incontriamo luso caratteristico di ei[qe (cfr.
ad esempio le note 162, 1005, 1258, 1260): Tau'tav moi kata; to; dunato;n, wJ" oi|ovn te h\n,
pro;" uJma'" uJphgovreutai, a{per eu[comai uJmi'n genevsqai pro;" to;n parovnta ajgw'na crhvsi-
ma. eij d uJmei'" mavlista nu'n wJ" a[xioi pleivona blevpein tw'n tou' qeou' musthrivwn meivzona
kai; plousiwvtera katalambavnonte" kai; pro;" to; prokeivmenon ajnusimwvtera touvtwn wJ"
paidikw'n kai; eujtelw'n katafronhvsete, kajgw; a]n to; toiou'ton peri; uJmw'n eujxaivmhn. prov-
keitai ga;r uJmi'n ouj to; di hJmw'n ajnusqh'nai ta; kaq uJma'" ajlla; to; o{pw" pote; ajnusqh'nai.
kai; ei[qe ge ajnusqeivh dia; qeiotevrwn kai; sunetwtevrwn kai; uJperecovntwn pa'san ajn-
qrwpivnhn fuvsin lovgwn kai; sofiva".
774 EM 27 (23, 20-24, 6): Si poteva allora vedere la madre di tali figli sopportare
coraggiosamente, per la speranza che riponeva in Dio, i tormenti e la morte dei figli. In-
fatti la rugiada della piet e lo spirito della santit non permettevano che si accendesse
nelle sue viscere il fuoco dellamore materno che infiamma molte madri come fuoco tra i
pi dolorosi. Penso che questi fatti, che ho desunto compendiandoli dalla sacra Scrittura,
siano molto utili al presente scopo, perch ci rendiamo conto quanto pu la piet e la-
more di Dio, che molto pi forte di ogni altro affetto (eujsevbeia kai; to; pro;" qeo;n fivl-
tron panto;" fivltrou kaq uJperbolh;n plei'on dunavmenon), contro i supplizi pi crudeli e
i tormenti pi atroci. La debolezza umana infatti non pu coesistere con questo amore di
Dio (touvtw/ de; tw'/ pro;" qeo;n fivltrw/ ajnqrwpivnh ajsqevneia ouj sumpoliteuvetai), ma
scacciata totalmente dallanima ed impotente ad agire, dove c chi pu dire: Il Signore
mia forza e mia lode (Sal 117[118], 14), e Tutto posso in colui che mi d forza, Ges
Cristo, nostro Signore (Fil 4, 13; 1Tm 1, 12) (tr. Noce, 128-129).
775 EM 39 (37, 2-5): mh; ou\n ajgapa'te ta; paragovmena, ajlla; poiou'nte" to; qevlhma
tou' qeou' a[xioi givnesqe tou' e}n genevsqai a{ma uiJw'/ kai; patri; kai; aJgivw/ pneuvmati kata;
th;n tou' swth'ro" eujch;n levgonto": wJ" ejgw; kai; su; e{n ejsmen. i{na kai; aujtoi; ejn hJmi'n e}n
w\si (Gv 17, 21) (tr. Noce, 145).
Come incenso al tuo cospetto 261
carattere sinodale776 . Si tratta, in particolare, della professione di monar-
chianesimo che portava Eraclide a mettere in dubbio la distinzione ipo-
statica fra il Padre e il Figlio, atteggiamento contrastato apertamente da
Origene allavvio del confronto. Con abilit dialettica egli conduce il suo
interlocutore al riconoscimento di due di, peraltro subito precisato e
corretto dallAlessandrino, anche a beneficio degli ascoltatori, nel senso
di affermare sia la distinzione personale che lunit sostanziale di Pa-
dre e Figlio777 .
La discussione sulla lex credendi da mettere in stretto rapporto con
la lex orandi: anzi, probabilmente la controversia era sorta a seguito delle
forme e del significato da attribuire alla prassi ecclesiale di preghiera778.
In questo senso, lapporto di Dial al discorso origeniano sulla preghiera
risulta complementare alla testimonianza di Orat, se non pi diretto ed
esplicito per i suoi immediati addentellati cultuali. Come si visto, nel
trattato la dimensione ecclesiale e sacramentale rimane piuttosto elusiva,
anche se il passo contestato di Orat XV, 1 (che prescrive come destinata-
rio della proseuchv il Padre) lascia gi trapelare il contesto delle usanze
comunitarie di preghiera, confermato del resto dal tenore liturgico del
modello topico di orazione proposto in Orat XXXIII 779 . Ora, per Orige-
ne il modo di pregare della Chiesa implicava, da un lato, la distinzione tra
Padre e Figlio (contro il monarchianesimo) e dallaltro la loro unit in
quanto luno e laltro sono Dio (contro ladozionismo)780 . A riprova di tale
contenuto dottrinale, e con ci del suo palese nesso ecclesiale, lAlessan-
drino rinvia alla celebrazione eucaristica come argomento principe a so-
stegno delle sue tesi dottrinali nonch come paradigma vincolante per la
maniera di pregare dei fedeli: lofferta o sacrificio (prosforav) del-
leucaristia ha sempre come destinatario il Padre, per il tramite di Ges
Cristo. Di conseguenza, come Origene si affretta a raccomandare espressa-

776 Nautin, 387-389, 411 associa lepisodio al sinodo di Bostra, convocato per il
caso del vescovo Berillo (p. 387: Aussi est-on port placer les deux conciles lpoque
o Origne tait un prdicateur de renom Csare et Jrusalem, cest--dire [...] dans
les annes comprises entre 239 et 244). Clausi, 110 propende per la datazione bassa, an-
che a causa delle affinit contenutistiche ed espressive con opere posteriori al 244, come
CRm e CC.
777 Dial 2 (58, 26-31).
778 Lorigine della controversia nella prassi eucologica insinuata soprattutto da
Dial 4 (62, 18-24): Pollavki" gravfousin uJpogravyai, kai; to;n ejpivskopon uJpogravyai
kai; tou;" uJponooumevnou" kai; uJpogravyai ejpi; tou' laou' pantov", i{na mhkevti peri; touvtou
gevnhtai stavsi" h] zhvthsiv" ti". Epitrevponto" ou\n tou' Qeou', deuvteron kai; tw'n ejpiskov-
pwn, trivton tw'n presbutevrwn kai; tou' laou' dev, to; kinou'n me pavlin eij" to;n tovpon ejrw`.
Questa dichiarazione, infatti, il preludio alla prescrizione sulla prosforav (si veda infra,
nota 781).
779 Si veda pp. 135, 157. Cfr. anche infra, nota 1333 e Perrone 2007, 70-71.
780 Dial 4 (60, 2-62, 9). Cfr. supra, pp. 135-166 e nota 406.
262 Parte seconda, Capitolo settimo
mente, lofferta non deve mai avvenire due volte, bens una volta sola: a
Dio mediante Dio781 . La formula conclusiva di Origene, sintetica ed effi-
cace quanto a prima vista paradossale, sembra anche rappresentare, in un
certo senso, unaccentuazione o sviluppo ulteriore rispetto a Orat XV, 1,
almeno per il fatto che la si pu intendere anche come una replica impli-
cita allaccusa di subordinazionismo782.
Lesperienza di preghiera affiora in Dial anche al di l di queste ma-
nifestazioni liturgiche. Origene la richiama alla luce delle Scritture, quan-
do in un tratto successivo della disputa argomenta la dottrina dellimmorta-
lit dellanima distinguendo fra diversi tipi di morte (la morte al peccato,
la morte a Dio, la morte fisica). Nel chiarire il primo tipo egli si sovviene
della preghiera di Balaam, figura controversa e non certo esemplare, dal
momento che si tratta di un indovino pagano. LAlessandrino se ne oc-
cupato diverse volte, in special modo nelle Omelie sui Numeri, anche die-
tro richiesta del suo uditorio783 . Forse non privo di coincidenze il fatto
che trovandosi in Arabia rammenti un personaggio che la storia biblica
collocava proprio in quella regione, ma la ragione pi cogente il conte-
nuto della preghiera di Nm 23, 10: Possa morire la mia anima tra le anime
dei giusti!. La conclusione della prima benedizione di Balaam (Nm 23,
7-10), fatta in luogo della maledizione dIsraele richiestagli da Balak,
vista da Origene con Nm 23, 7a LXX (E venne lo spirito di Dio su di lui)
come la manifestazione di unattivit profetica ispirata784. Lauspicio

781 Dial 4 (63, 24-28): Aei; prosfora; givnetai Qew/' pantokravtori dia; Ihsou'
Cristou', wJ" prosfovrou tw/' Patri; th;n qeovthta aujtou': mh; di;" ajlla; Qew/' dia; Qeou' pro-
sfora; ginevsqw. Tolmhro;n dovxw levgein, eujcovmenoi ejmmevnein tai'" sunqhvkai". Scherer
traduce wJ" prosfovrou tw/' Patri; th;n qeovthta aujtou' con en tant quil communique avec
le Pre par sa divinit (p. 63), ma la traduzione non convince (come anche PGL, 1185
s.v., che rende analogamente related to, resembling). Segue il tribolatissimo passo sulle
convenzioni o patti (sunqh'kai): secondo Scherer contra Capelle non sarebbe da in-
tendere come un richiamo alla rivolta contro il vescovo, bens come appello al rispetto dei
ruoli di tutti nella preghiera collettiva (p. 64, nota 1).
782 Cfr. Fdou 1995, 294: Ainsi, le fait que toute prire authentique sadresse en
fin de compte au Pre ne signifie nullement linfriorit du Fils par rapport Dieu; cest
bien plutt en raison mme de sa divinit que le Fils apparat comme le parfait et lunique
Mdiateur, comme celui qui transmet au Pre la supplication des hommes et qui sans
cesse intercde en leur faveur.
783 Origene vi dedica i sermoni HNm XIII -XIX. Cfr. Baskin; Ferrari Toniolo; Simo-
netti 2004a. Come attesta HNm XV, 1 (128, 17-21), Origene in un caso non si attiene alle
letture fatte, onde commentare il testo per desiderio degli uditori: Licet nos ordo lectio-
num, quae recitantur, de illis dicere magis exigat, quae lector explicuit, tamen quoniam
nonnulli fratrum deposcunt ea potius, quae de prophetia Balaam scripta sunt, ad sermo-
nem disputationis adduci, non ita ordini lectionum satisfacere aequum credidi, ut deside-
riis auditorum.
784 Dial 26 (104, 11-106, 16): Peri; touvtou tou' qanavtou Balaa;m profhteuvwn e[le-
gen eujcovmeno" ejn pneuvmati qeivw/: Apoqavnoi hJ yuchv mou ejn yucai'" dikaivwn (Nm 23,
Come incenso al tuo cospetto 263
espresso dallindovino (che trover conferma in Nm 31, 8, con la sua morte
ad opera degli Israeliti) si configura come una preghiera nello Spirito e
in quanto tale esemplifica anchessa la preghiera spirituale, secondo il
modello proposto da Orat. Balaam, infatti, per lazione dello Spirito for-
mula la richiesta per un contenuto da vedersi alla stregua dei beni grandi
e celesti raccomandati nel trattato come loggetto proprio della pre-
ghiera spirituale: morire al peccato e vivere per Dio.
La vita in Dio anche il motivo della conclusione parenetica di Dial
con la sua dossologia finale. Troviamo qui per la prima volta una moda-
lit ricorrente delle omelie: lesortazione che al termine del sermone tra-
passa in una supplica a Dio per la comunit, conclusa dalla professione di
lode. Da questo punto di vista il nostro trattato pu senzaltro essere
assimilato alla situazione omiletica, dove listanza esterna rappresentata
dalluditorio interviene a vario titolo nelle manifestazioni di una prassi
orante, in particolare come vedremo pi avanti allinizio e alla fine
del sermone, ma a volte anche allinterno di esso. Elaborando qui con ac-
curatezza retorica la chiusa del suo discorso, sul motivo della vita in
Dio e in Cristo , opposta alla morte, Origene arriva a pregare perch
diventiamo una sola cosa con il Dio delluniverso e contempliamo il suo
Figlio unigenito [...] in Ges Cristo, al quale la gloria e la potenza per i
secoli dei secoli785 .
Ma luditorio di Dial era gi stato coinvolto e sollecitato a una prassi
orante in un altro frangente memorabile della disputa, segnato dallurgen-
za emotiva di uno sfogo appassionato del dottore-predicatore in nome
dellinterpretazione spirituale della Scrittura. Prima di risolvere la questio-
ne sollevata dal vescovo Dionigi, un altro dei partecipanti al sinodo (For-
se che lanima il sangue?), Origene promette dimpegnarsi a risponde-
re con laiuto di Dio (qeou' didovnto"), in conformit allauspicio o
richiesta (kata; th;n eujch;n uJmw'n) che gli stata rivolta786 . Questultima

10a). Peri; touvtou tou' qanavtou paradovxw" ejprofhvteusen oJ Balaavm, kai; eJautw/' ejn
lovgw/ qeou' ta; kavllista hu[ceto: hu[ceto ga;r th/' aJmartiva/ ajpoqanei'n i{na zh/vsh/ tw/' qew/'.
785 Dial 28 (108, 8-110, 17): Epi; tauvthn th;n zwh;n speuvswmen, stenavzonte", lu-
pouvmenoi o{ti ejsme;n ejn tw/' skhnwvmati, o{ti ejndhmou'men ejn tw/' swvmati. O
{ son ejndhmou'men
ejn tw/' swvmati, ejkdhmou'men ajpo; tou' Kurivou (2Cor 5, 6). Epipoqhvswmen ejkdhmh'sai
ajpo; tou' swvmato" kai; ejndhmh'sai pro;" to;n Kuvrion (2Cor 5, 8), i{n ejndhmou'nte"
aujtw/' genwvmeqa e}n pro;" to;n Qeo;n tw'n o{lwn kai; to;n monogenh' aujtou' UiJo;n oJrw'men
pro;" pavnta swzovmenoi kai; makavrioi ginovmenoi, ejn Ihsou' Cristw/' w|/ hJ dovxa kai; to;
kravto" eij" tou;" aijwvna" tw'n aijwvnwn. Amhvn. Lintegrazione della lacuna nel papiro con
oJrw'men stata introdotta da Scherer a partire da Ambrogio, In Lucam VII , 38. Forse c
uneco di Gv 17, 21, come vediamo anche dal confronto con EM 39 (cfr. supra, nota 775),
che farebbe eventualmente propendere per lidea di essere uno con il Padre e con il suo
Figlio Unigenito.
786 Dial 11 (78, 4-6): Ta; rJhta; uJf w|n perispw'ntai, mhv tiv me lavqh/ aujtw'n, prw'ton
ejkqhvsomai, kai; pro;" e{kaston, Qeou' didovnto", kata; th;n eujch;n uJmw'n ajpokrinouvmeqa.
264 Parte seconda, Capitolo settimo
locuzione lascia unincertezza terminologica, riguardo alla valenza di
auspicio o voto o piuttosto quello di preghiera, ma poco oltre tro-
viamo un appello al sostegno orante che sembra implicare anche il concor-
so della comunit: per Origene, linterprete della Scrittura non pu fare a
meno di essere aiutato nella lettura delle parole divine e se tale aiuto,
in ultima analisi, non pu venire da altri che da Dio e dal suo dono di gra-
zia, la preghiera della comunit sostiene anchessa gli sforzi del maestro-
commentatore invocando per lui lausilio divino787 . Questo nesso fra pre-
ghiera e esegesi della Scrittura rinvia come vedremo ancora in seguito
al contesto pi frequente e consueto per la manifestazione di una prassi
orante in Origene stesso e nei suoi ascoltatori e/o lettori.

3.1.4. Contro Celso

Anche il Contro Celso, da datarsi presumibilmente intorno al 248-


249, si lascia inquadrare con difficolt come vero e proprio trattato, essen-
do unopera polemico-apologetica in risposta all Alhqh;" lovgo" del filo-
sofo medioplatonico, scritto circa settantanni prima della replica di Ori-
gene che ne riporta numerosi estratti788. Si sa che CC, pur sfruttando am-
piamente come argomento apologetico la condotta di vita esemplare dei
cristiani, solo in piccola parte consente di cogliere aspetti significativi
della loro prassi religiosa. Linteresse dellautore mira prevalentemente a
sottolineare la qualit dellethos proprio dei seguaci di Cristo, come riven-
dicazione della loro superiorit sui pagani, mentre il discorso sulle opere
tende, in ultima analisi, a focalizzarsi sullunica vera e grande opera
lazione salvifica di Ges Cristo a beneficio degli uomini 789 . Nondimeno,
un tema dimportanza primaria per il profilo religioso dellindividuo e
della comunit, com appunto la preghiera, era destinato a lasciare tracce
importanti nel dibattito con lavversario pagano. Dato il contesto, ad un
tempo apologetico e filosofico, e lincidenza modesta delle esperienze di
vita, quasi inevitabile che il modello di preghiera proposto da CC tenda
ad avvicinarsi maggiormente alla prassi degli esercizi spirituali della filo-
sofia antica, specie nel passo giustamente celebre di CC VII, 44. Tuttavia,

Linciso Qeou' didovnto" compare frequentemente nei testi di Origene, nei commentari ma
specialmente nelle omelie, a testimonianza del fatto che lesegesi della Scrittura sempre
dono di Dio (cfr. note 313, 867).
787 Dial 11 (78, 14-16): Egw; de; kata; ta; ejma; mevrh, eujcovmeno" bohqei'sqai ejn tw/'
ajnaginwvskein ta; qei'a (bohqeiva" ga;r deovmeqa i{na mh; a[llo ti para; th;n ajlhvqeian
fronhvswmen)...
788 Cfr. Nautin, 375-376. Sul problema del genere letterario si veda Dorival; Le
Boulluec, 185; Perrone 2005a.
789 Ne ho discusso in Perrone 2009a, rilevando fra laltro limmagine pi ricca di
spunti concreti che ricaviamo invece dalla letteratura apologetica di II-III secolo.
Come incenso al tuo cospetto 265
anche nellapologia di Origene sarebbe riduttivo assumere la categoria di
esercizio spirituale come rappresentativa in toto del suo discorso sulla
preghiera: non solo limmagine dellatto orante pi squisitamente bi-
blica e cristiana di quanto farebbe supporre, a prima vista, lassociazione
con lidea platonica del volo dellanima, ma essa si sostanzia anche di
vari spunti che arricchiscono la prospettiva globale sulla preghiera rica-
vabile dagli scritti dellAlessandrino790.

3.1.4.1. Esperienze di preghiera: lincidenza del paradigma di Orat

Passando in rassegna le sue diverse manifestazioni, notiamo dappri-


ma come la preghiera prenda soprattutto la forma di uninvocazione per
la conoscenza di Dio e per il progresso spirituale rivolto a tale mta, co-
minciando dallesperienza personale dellautore. Non che signorino le
richieste pi concrete di benefici materiali, che accomunano esteriormente
i cristiani ai pagani, ma in generale lillustrazione della prassi orante tende
sempre a rispecchiare il suo modello esemplare791 . Non a caso anche in
CC il criterio regolativo risulta essere lagraphon sulle cose grandi e ce-
lesti, che abbiamo incontrato come principio-guida nel trattato sulla
preghiera 792 . Quantunque pagani e cristiani preghino indistintamente per
ricevere dei beni terreni, secondo Origene lo scopo autentico della pre-

790 Pur tenendo conto dei miei studi successivi su CC, riprendo in larga misura
lanalisi gi tracciata in Perrone 2001d, peraltro carente quanto agli aspetti politici della
preghiera.
791 Origene non nega il diritto di richiedere beni materiali, come fanno cristiani e
pagani senza distinzione, allorch pregano, ad esempio, per avere dei figli. Ci che li dif-
ferenzia il fatto che i cristiani fanno appello al Creatore delluniverso, mentre i pagani
invocano i demoni. Cfr. CC VIII, 46 (261, 12-22), che richiama gli esempi di Abramo e
Sara, di Ezechia e di Eliseo: Eij de; kai; peri; ajpaidiva" dei' levgein, ejf h|/ dusforou'ntev"
tine" gegovnasi patevre" h] mhtevre", ta;" peri; touvtou eujca;" ajnapevmyante" tw'/ tw'n o{lwn
dhmiourgw',/ ajnagnwvtw ti" ta; peri; tou' Abraa;m kai; th'" Savrra" [...] ajnagnwvtw de; kai; ta;
peri; Iezekivou [...] Kai; ejn th'/ tetavrth/ de; tw'n Basileiw'n hJ uJpodexamevnh to;n Elissai'on,
cavriti qeou' profhteuvsanta peri; genevsew" paidov", kata; ta;" eujca;" tou' Elissaivou
gevgone mhvthr. Si ricorder come in Orat tali paradigmi biblici siano valorizzati nellottica
dellermeneutica spirituale, non senza tensioni con il dato scritturistico di partenza (cfr.
supra, pp. 142 ss.). Lanalogia solo esteriore con altre tradizioni religiose, quanto ai riti ed
ai contenuti della preghiera, ribadita da CC V, 47 (51, 10-15): To; d ai[tion th'" Ioudaivwn
peritomh'" ouj taujtovn ejsti tw'/ aijtivw/ th'" Aijguptivwn peritomh'" h] Kovlcwn: dio; oujc hJ aujth;
nomisqeivh a]n peritomhv. Kai; w{sper oJ quvwn ouj tw'/ aujtw'/ quvei, eij kai; oJmoivw" quvein
dokei', kai; oJ eujcovmeno" ouj tw'/ aujtw'/ eu[cetai, eij kai; ta; aujta; ejn tai'" eujcai'" ajxioi'.
792 Lagraphon alluso da CC VII , 44 (196, 5-8), mediante lantitesi fra beni pic-
coli e materiali e beni grandi e divini: e[maqe ga;r ajpo; tou' Ihsou' mhde;n mikrovn, tou-
tevstin aijsqhtovn, zhtei'n ajlla; movna ta; megavla kai; ajlhqw'" qei'a, o{sa sumbavlletai
didovmena uJpo; tou' qeou' pro;" to; oJdeu'sai ejpi; th;n par aujtw'/ dia; tou' uiJou' aujtou' lovgou
o[nto" qeou' makariovthta. Sullimpiego dellagraphon in Orat, cfr. supra, nota 169.
266 Parte seconda, Capitolo settimo
ghiera consiste nellottenere una vita migliore di quella fisica: anzich
pregare per la loro salute, i cristiani debbono rivolgersi alle cure dei me-
dici, attendendosi invece da Dio una forma pi alta di esistenza, propi-
ziata da una piet genuina e dalle preghiere indirizzate a Lui793 .
In questo stesso spirito, analogamente a quanto constateremo ripe-
tutamente sia nei commentari sia nelle omelie, Origene si rivolge a Dio
per ottenere il dono dellintelligenza spirituale cio la conoscenza dei
misteri divini e poter dunque rintuzzare efficacemente le accuse del fi-
losofo pagano alla fede dei cristiani. Ci avviene di solito in apertura di
libro, anche se non cos in tutti i casi 794 . Il prologo del libro IV si presta
bene allesemplificazione, perch consiste in sostanza di una lunga pre-
ghiera tramata biblicamente su Ger 1, 9-10 (e intrecciata con altri luoghi
scritturistici, secondo un modulo tipico della retorica orante di Origene),
che rispecchia i due motivi strutturali dellopera: confutare e distruggere
le tesi dellavversario, piantare e costruire le fondamenta della fede.
Dopo avere esposto dettagliatamente nei tre libri precedenti, o devoto Ambro-
gio, quello che noi abbiamo pensato in risposta al trattato di Celso e dopo avere
pregato Dio attraverso Cristo (eujxavmenoi dia; Cristou' tw'/ qew')/ , componiamone
un quarto in risposta a ci che segue. Ci siano concesse le parole (doqei'en d hJmi'n
lovgoi) di cui stato scritto in Geremia, quando il Signore disse al profeta: Ecco,
io ho messo le mie parole sulla tua bocca, come fuoco. Ecco, oggi ti ho stabilito
sopra popoli e regni, per sradicare e per demolire, per distruggere e per abbatte-
re e per edificare e costruire (Ger 1, 9-10). Infatti, noi abbiamo bisogno (crhv/zo-
men) adesso di parole che sradichino le concezioni contrarie alla verit da ogni
anima danneggiata dal trattato di Celso o dai pensieri simili ai suoi. Ed abbiamo
bisogno (deovmeqa) anche di pensieri che abbattano gli edifici di ogni falsa opinio-
ne e ledificio costruito da Celso nel suo trattato, simile alledificio di coloro che
hanno detto: Ors, costruiamo per noi una citt e una torre, la cui cima sia fino al
cielo (Gn 11, 4). Ma abbiamo bisogno (crhvz/ omen) anche di una saggezza che ab-
batta tutte le altezze, che si innalzano contro la conoscenza di Dio (2Cor 10, 5) e
laltezza dellarroganza di Celso, che si innalza contro di noi. Inoltre, poich noi
non dobbiamo fermarci a sradicare e ad abbattere le cose dette in precedenza, ma
dobbiamo piantare, al posto delle cose abbattute, un edificio di Dio e un tempio
della gloria di Dio, anche per questo dobbiamo pregare il Signore, che ha concesso
le cose scritte da Geremia (hJmi'n eujktevon ejsti; tw'/ dedwkovti kurivw/ ta; ejn tw'/ Ie-
remiva/ gegrammevna), affinch conceda anche a noi parole per edificare ledificio
di Cristo e per seminare la legge spirituale e le parole profetiche come le sue795 .

793 CC VIII, 60 (276, 35-277, 2): ajlla; crh; th;n qerapeivan tw'n swmavtwn, eij me;n
aJplouvsteron bouvloitov ti" zh'n kai; koinovteron, ejfovdw/ ijatrikh'/ qerapeuvein, eij de; bevl-
tion para; tou;" pollouv", eujsebeiva/ th'/ eij" to;n ejpi; pa'si qeo;n kai; tai'" pro;" ejkei'non euj-
cai'". Cfr. infra, nota 804.
794 Cfr. CC IV , 1; V, 1; VII , 1; VIII, 1.
795 CC IV, 1 (tr. Ressa, 287). Laspetto di preghiera del prologo, oltre alla termino-
logia pi univoca, rafforzato dalluso di un verbo come devomai, sia pure in variatio con
Come incenso al tuo cospetto 267
In questo come in altri prologhi Origene, preoccupato di estirpare i
germi maligni deposti per lui dalle critiche di Celso nelle anime pi de-
boli dei credenti, prega di ricevere da Dio la conoscenza della verit e la
capacit di farsene tramite presso i destinatari della sua opera. Allinizio
del V libro, collocandosi in una linea di continuit che dallapologeta risale
al commentatore della Bibbia per giungere da ultimo al profeta ispirato,
lAlessandrino chiede nuovamente di partecipare dellispirazione divina
nel pensiero e nella parola796 , mentre nel prologo del VII domanda di poter
ricevere da Dio, in quanto Verit, lilluminazione del cuore capace di
aiutarlo a respingere efficamente le menzogne di Celso797. Lassimilazione
insinuata da questi passi fra il compito dellapologista e lattivit profetica
lascia intravedere, attraverso lesperienza orante, lauspicio di un impatto
sui lettori analogo a quella che pu suscitare la potenza (duvnami") del
testo sacro, in quanto Parola divinamente ispirata, su chi si accosti ad esso
con zelo e devozione 798 .
Se queste preghiere introduttive rispecchiano pienamente, per forma
e contenuto, il modello della preghiera spirituale proposto da Orat, an-
che altri passi di CC si conformano ad esso, contenendo preghiere dettate
ugualmente dalla richiesta di comprendere i misteri nascosti di Dio. Ori-
gene si rif, in particolar modo, alla supplica di Sal 118(119), 18: Togli
il velo dai miei occhi e apprender le tue meraviglie dalla tua legge799,

crhv/zw. La costruzione retorica amplifica il motivo tratto da Ger 1, 9-10, focalizzandolo


allacquisizione di lovgo" (lovgoi) e sofiva (si veda lo stesso binomio nella chiusa di EM 51:
supra, nota 773).
796 CC V, 1 (2, 8-18): Qeo;" de; dwv/h mh; yilw'/ kai; gumnw'/ qeiovthto" tw'/ hJmetevrw/ nw'/
kai; lovgw/ <pro;"> to; prokeivmenon genevsqai: i{n hJ pivsti" tw'n, ou}" eujcovmeqa wjfelhqh'-
nai, mh; h\/ ejn sofiva/ ajnqrwvpwn (1Cor 2, 5), nou'n de; Cristou' (cfr. 1Cor 2, 16) labovnte"
ajpo; tou' movnou didovnto" aujto;n patro;" aujtou' kai; pro;" th;n metoch;n tou' lovgou tou' qeou'
bohqhqevnte" pa'n u{ywma ejpairovmenon kata; th'" gnwvsew" tou' qeou' (2Cor 10, 5) kaqev-
loimen kai; to; oi[hma Kevlsou, kaq hJmw'n kai; kata; tou' Ihsou' hJmw'n ejpairomevnou e[ti de;
kata; Mwu>sevw" kai; tw'n profhtw'n: i{na tou' didovnto" rJh'ma toi'" eujaggelizomevnoi" du-
navmei pollh'/ (67 [68], 12) kai; hJmi'n tou't ejpicorhgou'nto" kai; th;n pollh;n duvnamin dw-
roumevnou, ejggevnhtai pivsti" toi'" ejnteuxomevnoi" ejn lovgw/ kai; dunavmei tou' qeou'.
797 CC VII, 1 (154, 5-13): qeo;n ejpikalesavmenoi di aujtou' Ihsou' Cristou', tou'
kathgoroumevnou uJpo; Kevlsou, i{n hJmw'n ejllavmyh/ ejn th'/ kardiva/ ajlhvqeia tugcavnwn ta;
ajnatreptika; tou' yeuvdou", ajrcovmeqa kai; eJbdovmou suggravmmato", to; profhtiko;n ejkei'-
no ejn th'/ pro;" qeo;n levgonte" eujch'/ tov: En th'/ ajlhqeiva/ sou ejxolovqreuson aujtouv" (Sal
53[54], 7), dh'lon d o{ti tou;" ejnantivou" th'/ ajlhqeiva/ lovgou": ou|toi ga;r ajlhqeiva/ qeou'
ejxoloqreuvontai, i{n ejxoloqreuqevntwn aujtw'n oiJ panto;" perispasmou' ajpoluqevnte"
ei[pwsi to; eJxh'" ejkeivnw/ tov: Ekousivw" quvsw soi (Sal 53[54], 8), logikh;n kai; a[kapnon
qusivan prosfevronte" tw'/ qew'/ tw'n o{lwn.
798 Circa la concatenazione ermeneutica fra autore ispirato, interprete e lettore nel
segno dell i[cno" ejnqousiasmou`, si veda Perrone 2004b.
799 Cfr. CC II, 6 (132, 25-31): Kai; ga;r oiJ profh'tai, wJ" mh; katapauvonte" to;n nou'n
tw'n legomevnwn ejn th'/ profanei' iJstoriva/ mhd ejn th'/ kata; ta;" levxei" kai; to; gravmma no-
moqesiva/, o{pou mevn fasin iJstoriva" dh'qen ejkqhsovmenoi tov: Anoivxw ejn parabolai'" to;
268 Parte seconda, Capitolo settimo
ricollegando le parole del Salmista allimmagine del velo [...] steso sul
cuore di 2Cor 3, 15-16, che rappresenta un luogo fondamentale per lim-
postazione ermeneutica dellAlessandrino. Cos la preghiera funge da re-
quisito preliminare, indispensabile per lintelligenza profonda della Scrit-
tura, mentre Origene sottolinea ad un tempo la necessit del ricorso alla
grazia divina e limpegno attivo delluomo:
se davvero la legge di Mos non aveva, scritta al suo interno, nessuna cosa che
venisse indicata attraverso significati nascosti, il profeta, pregando, non avrebbe
detto a Dio: Apri i miei occhi, e io contempler le meraviglie della tua legge (Sal
118[119], 18). Ora, egli sapeva che esiste un velo di ignoranza posto nel cuore
di quelli che leggono e non comprendono i significati allegorici. E questo velo
tolto (2Cor 3, 15-16) per dono di Dio, quando Dio ascolta colui che ha fatto tutto
quello di cui stato capace e si abituato a esercitare i sensi a distinguere il bene
dal male e ha detto continuamente nella sua preghiera: Apri i miei occhi, e io
contempler le meraviglie della tua legge (Sal 118[119], 18)800 .

Lo stretto legame che intercorre fra preghiera e conoscenza di Dio


risulta dunque essere il dato emergente di CC, come vedremo ancora me-
glio nellesaminare fra breve il modo in cui Origene descrive latto
orante. Il legame rafforzato anche altrove dallinvocazione per il dono
dello Spirito, fonte di illuminazione del cuore, che sola consente di
rappresentarsi le realt divine801 , e dallanaloga richiesta, basata su Sal
50(51), 10 (Un cuore puro crea in me, o Dio, e uno spirito retto rinnova
nelle mie viscere), perch questo organo interiore, cio la mente, sia

stovma mou, fqevgxomai problhvmata ajp ajrch'" (Sal 77[78], 2), o{pou de; eujcovmenoi peri;
tou' novmou wJ" ajsafou'" kai; deomevnou qeou', i{na nohqh'/, levgousin ejn eujch'/: Apokavlu-
yon tou;" ojfqalmouv" mou, kai; katanohvsw ta; qaumavsiav sou ejk tou' novmou sou (Sal 118
[119], 18).
800 CC IV, 50 (323, 3-12): Alla; kai; ei[per oJ Mwu>sevw" novmo" mhde;n ei\cen ejgge-
grammevnon di uJponoiw'n dhlouvmenon, oujk a]n oJ profhvth" eujcovmeno" e[lege tw'/ qew'/:
Apokavluyon tou;" ojfqalmouv" mou, kai; katanohvsw ta; qaumavsiav sou ejk tou' novmou sou
(Sal 118[119], 18). Nuni; de; h[/dei o{ti ejstiv ti kavlumma ajgnoiva" ejn th'/ kardiva/ tw'n ajnagi-
nwskovntwn kai; mh; sunievntwn ta; tropologouvmena ejpikeivmenon: o{per kavlumma periai-
rei'tai (2Cor 3, 15-16) tou' qeou' dwroumevnou, ejpa;n ejpakouvsh/ tw'/ par eJauto;n pavnta
poihvsanti kai; dia; th;n e{xin ta; aijsqhthvria gumnavsanti pro;" diavkrisin kalou' kai; ka-
kou' kai; ejn th'/ eujch'/ sunecevstata fhvsanti: Apokavluyon tou;" ojfqalmouv" mou, kai; ka-
tanohvsw ta; qaumavsiav sou ejk tou' novmou sou (Sal 118[119], 18) (tr. Ressa, 330). Anche
nellesortazione introduttiva di HGn XII , 1 (106, 20-22) Origene fa ricorso a Sal 118(119),
18 come intenzione di preghiera: Per singulas quasque lectiones cum legitur Moyses, oran-
dus nobis est pater verbi, ut impleat etiam in nobis illud quod in Psalmis scriptum est: re-
vela oculos meos, et considerabo mirabilia de lege tua. Cfr. inoltre HLv I, 1 (nota 1153).
801 Cfr. CC IV, 95 (368, 18-22): Eujcovmeqa de; lavmyai ejn tai'" kardivai" hJmw'n to;n
fwtismo;n th'" gnwvsew" th'" dovxh" tou' qeou' (2Cor 4, 6), ejpidhmou'nto" hJmw'n tw'/ fanta-
stikw'/ pneuvmato" qeou' kai; fantavzonto" hJma'" ta; tou' qeou': ejpei; Osoi pneuvmati qeou'
a[gontai, ou|toi uiJoiv eijsi qeou' (Rm 8, 14).
Come incenso al tuo cospetto 269
reso capace di vedere Dio, attuando cos la promessa fatta ai puri di
cuore in Mt 5, 8802.

3.1.4.2. La preghiera di Ges nel Getsemani

Il quadro illustrato finora pare essere in contrasto con la scena della


preghiera di Ges nel Getsemani (Mt 26, 37-38; Mc 14, 35-36; Lc 22, 41-
45). Origene torna ad occuparsene dopo lEsortazione al martirio, spinto-
vi adesso dalle critiche dellEbreo, un personaggio fittizio che Celso mette
polemicamente in scena nei primi due libri come interlocutore virtuale di
Ges. Laccusa nasce dal fatto che egli supplica il Padre di liberarlo dalla
morte, manifestando turbamento e timore per la fine imminente, laddove
essendo un dio dovrebbe restarne immune803 . Quale ulteriore motivo di
critica si potrebbe aggiungere che nellottica dellumanit del Figlio di
Dio e insieme del discorso eucologico dellAlessandrino supplicare per
essere liberato dalla morte fisica non pu considerarsi un oggetto allal-
tezza di quei beni grandi e celesti per i quali Origene raccomanda ai cri-
stiani di pregare 804 . Ora, la replica a Celso, partendo dalla contestazione
di metodo sul piano esegetico, sfocia nella piena riaffermazione del mo-
dello della preghiera spirituale sia per le disposizioni interiori che per i
contenuti, non diversamente da quanto avveniva gi in EM. Invece di ri-
portare parzialmente le parole di Ges e ricavarne cos unimpressione
distorta, Celso avrebbe dovuto includere anche la conclusione della sua
supplica: Per non come voglio io, ma come vuoi tu! (Mt 26, 39). Da
una parte, quindi, il modo in cui Ges prega il Padre esprime adeguata-

802 Il motivo del cuore (= mente) come organo della vista interiore compare a pi
riprese in CC. Si veda, in particolare, VII, 33 (184, 10-13), che teorizza la necessit della
preghiera per acquisire la facolt di contemplare Dio, poich questa pu essere concessa
solo da Lui: Epei; d oujk aujtavrkh" hJ hJmetevra proaivresi" pro;" to; pavnth/ kaqara;n e[cein
th;n kardivan, ajlla; qeou' hJmi'n dei', ktivzonto" aujth;n toiauvthn, dia; tou'to levgetai uJpo;
tou' ejpisthmovnw" eujcomevnou: Kardivan kaqara;n ktivson ejn ejmoi; oJ qeov" (Sal 50[51], 10).
803 CC II , 24 (= fr. II , 24 Bader): Pertanto, per quale motivo grida, si lamenta e
prega di sfuggire al timore della morte, dicendo pressa poco cos: O Padre, se questo
calice potesse allontanarsi? (tr. Ressa, 184). Mentre Origene, replicando a Celso (CC II,
25), insister sulla distinzione fra le nature divina e umana, il filosofo obietta adesso in
nome della divinit di Cristo: Gewiss hat Kelsos nicht vergessen, was er in 2, 16 c ber
das Festhalten der Grokirche am wahren Leiden Jesu geschrieben hat, diesmal aber, weil
das Anliegen seiner Argumentation ein anderes ist, folgt er der Logik einer doketischen
Christologie. Er will nmlich zeigen, dass das an sich unvorstellbare Leiden eines Gottes,
fr das er selbst sich entschieden hat, unvereinbar mit der Reaktion und mit den uerun-
gen Jesu ist, als er von diesem Leiden direkt betroffen wurde (Lona, Die Wahre Lehre
des Kelsos, 137).
804 Cfr. Orat XVI, 2. In HIer XVII , 6 (infra, nota 1112) Origene critica i fedeli che,
in caso di malattia e di morte imminente, supplicano Dio di rimanere in vita.
270 Parte seconda, Capitolo settimo
mente la sua sottomissione al piano divino di salvezza e in quanto tale
rappresenta un modello per i cristiani chiamati ad abbandonarsi anchessi
alla volont di Dio805 ; dallaltra parte, questo modello corrisponde total-
mente alla condizione delluomo in cammino verso la perfezione, dal mo-
mento che la preghiera emerge nel mezzo del conflitto tra lo spirito e
la carne. Cos, la supplica di Ges attesta la sua umanit ed indica
la strada della preghiera tra la debolezza della carne e la prontezza
dello spirito:
alcune parole di Ges sono del primogenito di ogni creatura presente in Lui,
come: Io sono la via, la verit e la vita (Gv 14, 6) e altre simili a queste, mentre
altre sono delluomo che sintende presente in Lui, come: Adesso voi cercate di
uccidere me, un uomo che vi ha detto la verit che ha ascoltato dal Padre (Gv
8, 40). Anche qui dunque egli descrive, nella sua natura umana, sia la debolezza
della carne umana, sia il coraggio dello spirito (to; th'" ajnqrwpivnh" sarko;" ajsqe-
ne;" kai; to; tou' pneuvmato" provqumon) la debolezza nella frase: Padre, se pos-
sibile si allontani questo calice; il coraggio dello spirito in quella: Tuttavia, non
come voglio io, ma come vuoi tu (Mt 26, 39). Se poi si deve osservare anche lor-
dine delle parole, bada al fatto che per prima stata detta quellunica cosa che,
come si potrebbe dire, secondo la debolezza della carne, ed in seguito le nume-
rose cose che sono secondo il coraggio dello spirito (kata; th;n ajsqevneian th'"
sarko;" e}n tugcavnon, u{steron de; ta; kata; th;n proqumivan tou' pneuvmato" o[nta
pleivona). Infatti, una volta sola dice: Padre, se possibile, si allontani da me
questo calice, numerose volte invece: Non come voglio io, ma come vuoi tu, e:
Padre mio, se non possibile che si allontani da me questo calice senza che io lo
beva, si compia la tua volont. Ma si deve osservare anche che non stato detto:
Si allontani questo calice, ma che invece stata espressa con devozione e con
riverenza (eujsebw'" kai; meq uJpotimhvsew") tutta questa affermazione: Padre, se
possibile, si allontani questo calice806 .

La spiegazione della scena del Getsemani in CC richiama alla memo-


ria la nota paradossale del prologo al trattato sulla preghiera, che insisteva

805 Circa le disposizioni spirituali della preghiera di Ges si veda CC II, 24 (153,
18-20): th;n pro;" to;n patevra eujsevbeian aujtou' kai; megaloyucivan, la sua devozione
verso il Padre e la sua grandezza danimo (tr. Ressa, 184); (ll. 20-22) th;n pro;" to; bouv-
lhma tou' patro;" peri; tw'n kekrimevnwn aujto;n paqei'n eujpeivqeian tou' Ihsou', la sua
obbedienza dinanzi alla volont del Padre, riguardo alle cose che era stato condannato a
soffrire (ibi); (154, 10-11) th;n Ihsou' pro;" to; pavqo" paraskeuh;n kai; eujtonivan, la
preparazione e la fermezza di Ges di fronte alla sofferenza (ibi, 185). un insieme di
disposizioni virtuose che si attaglia pienamente alle caratteristiche della preghiera spiri-
tuale, come sono riassunte dalla definizione della proseuchv in PE XIV, 2 (cfr. supra,
nota 378).
806 CC II, 25 (154, 16-155, 6 [tr. Ressa, 185-186]). Per la tensione carne spirito
come tratto peculiare della condizione umana, che emerge specialmente al momento della
preghiera, si veda Orat XIII, 4 (328, 8-10): pa'sa ga;r hJ peri; tw'n proparateqevntwn hJmi'n
pneumatikw'n kai; mustikw'n eujch; ajei; uJpo; tou' mh; kata; savrka strateuomevnou ajlla;
pneuvmati ta;" pravxei" tou' swvmato" (Rm 8, 13) qanatou'nto" ejpitelei'tai.
Come incenso al tuo cospetto 271
drammaticamente sulla fragilit (ajsqevneia) della condizione umana,
scarto incommensurabile rispetto alla conoscenza di Dio, mettendo in
dubbio la stessa possibilit di pregarLo, a causa del corpo corruttibile e
della tenda terrestre che grava sulla mente (Sap 9, 15)807 . Essa non
lunica, perch Origene come aveva accennato anche in EM ne offre
una seconda: Ges avrebbe formulato la sua supplica in previsione delle
sofferenze destinate a colpire Gerusalemme e i Giudei a seguito della sua
morte 808 . A differenza di EM, dove si formula pi genericamente lipotesi
di un altro calice diverso dal questo del testo evangelico, suscettibile
eventualmente di apportare benefici maggiori, lAlessandrino enuclea
adesso un risvolto storico-salvifico pi esplicito, in base a considerazioni
provvidenzialistiche che sviluppa pi ampiamente nel Commento a Mat-
teo809. In tal modo, la preghiera nel Getsemani verrebbe ad assumere il va-
lore di unintercessione a vantaggio del popolo giudaico. Tuttavia, Origene
conclude la sua spiegazione sulla stessa linea argomentativa dellinizio:
contrariamente allaccusa di Celso, secondo cui Ges avrebbe patito solo
in apparenza, la sua supplica in quanto Logos fatto carne ispira la condotta
dei martiri; essi seguono il suo esempio testimoniando anchessi la vitto-
ria dello spirito sulla carne810.

3.1.4.3. La preghiera nel confronto tra paganesimo e cristianesimo

Dopo aver riscontrato numerosi elementi di continuit con Orat, la


conferma pi eloquente ci viene dalla parte finale dellapologia, dove la
preghiera diventa motivo diretto di confronto tra paganesimo e cristiane-

807 Cfr. Orat I , 1 e supra, pp. 62 ss.


808 CC II, 25 (155, 6-15): Oi\da dev tina kai; toiauvthn eij" to;n tovpon dihvghsin, o{ti
oJrw'n oJ swth;r oi|a oJ lao;" kai; Ierousalh;m peivsetai ejpi; th'/ ejkdikhvsei tw'n kat aujtou'
tetolmhmevnwn uJpo; Ioudaivwn, ouj di a[llo ti h] dia; to; pro;" ejkeivnou" filavnqrwpon
qevlwn mh; paqei'n to;n lao;n a} e[melle pavscein fhsi; to; Pavter, eij dunatovn ejsti, parel-
qevtw ajp ejmou' to; pothvrion tou'to (Mt 26, 39): wJ" eij e[legen: ejpei; ejk tou' me piei'n touti;
to; th'" kolavsew" pothvrion o{lon e[qno" uJpo; sou' ejgkataleifqhvsetai, eu[comai, eij duna-
tovn ejsti, parelqei'n ajp ejmou' to; pothvrion tou'to, i{na mh; hJ meriv" sou tolmhvsasa kat ej-
mou' pavnth/ uJpo; sou' ejgkataleifqh'/.
809 Cfr. CMtS 92 (infra, pp. 344-345); Sgherri, 90-92.
810 CC II, 25 (155, 15-19): Alla; kai; eij, w{" fhsin oJ Kevlso", mhvt ajlgeinovn ti mhvt
ajniaro;n tw'/ Ihsou' kata; to;n kairo;n tou'ton ejgivneto, pw'" a]n oiJ meta; tau'ta paradeivg-
mati tou' uJpomevnein ta; di eujsevbeian ejpivpona ejduvnanto crhvsasqai Ihsou', mh; paqovnti
me;n ta; ajnqrwvpina movnon de; dovxanti peponqevnai Origene riprende la spiegazione della
preghiera di Ges in CC VII, 55 (205, 18-23): o{ra eij mh; meta; th'" pro;" to;n qeo;n eujse-
beiva" kai; hJ eujch; ei[rhtai, panto;" ouJtinosou'n to; peristatiko;n ouj prohgouvmenon ei\nai
nomivzonto", ajll uJpomevnonto" to; mh; prohgoumevnw" sumbai'non, o{tan kairo;" kalh'/.
Alla; kai; oujk ejndedwkovto" h\n hJ fwnhv, eujarestoumevnou de; toi'" sumbaivnousi kai; pro-
timw'nto" ta; ajpo; pronoiva" peristatika; hJ levgousa fwnhv: Plh;n ouj tiv ejgw; qevlw.
272 Parte seconda, Capitolo settimo
simo. Infatti Celso, a conclusione dell Alhqh;" lovgo", affronta la questio-
ne del culto tradizionale degli di, rimproverando i cristiani per il rifiuto
di associarsi ad esso. Nella visuale del filosofo, gli di sono demoni a cui
il dio trascendente affida il governo delluniverso e pertanto si tenuti ad
onorarne le statue, ad offrirgli sacrifici e rivolgergli preghiere, affinch si
mostrino ben disposti verso gli uomini811 . Al contrario, per Origene desti-
natario della preghiera non pu essere altri che Dio, mentre solo una de-
vozione genuina e la pratica della virt sono in grado di attirare la sua be-
nevolenza sulluomo812. Per essere esaudita, la preghiera va indirizzata al
destinatario giusto, cio a Dio Padre, come ha insegnato Ges Cristo, che
si rifiutato di prostrarsi davanti al diavolo813. Ne deriva che per lAles-
sandrino la preghiera dei cristiani non assimilabile a quella dei pagani,
neppure quando a formularla sono quei fedeli semplici che attirano gli
strali di Celso per la loro fede irrazionale814. Di fatto Dio accetta le loro
richieste fatte con fede come quelle formulate dai pi intelligenti, che
sono capaci di coniugare eujsevbeia e lovgo" e di accompagnare le proprie
suppliche al Padre, tramite Cristo, con lespressione del ringrazia-
mento815. Accanto alla continuit della strutturazione teologica della
preghiera, imperniata costantemente sul ruolo del Figlio come intermedia-
rio verso il Padre, si noti il cenno alla eujcaristiva come tratto che ac-
compagna la preghiera dei fedeli pi maturi816.
Origene, pur inculcando nuovamente lidea di un dinamismo spiri-
tuale che punta sempre ad un livello pi alto, insiste dunque nel difendere
lesperienza orante dei fedeli semplici contro le accuse di Celso, poich
anche essi simpegnano con una condotta di vita virtuosa nellascendere
a Dio817 . La preghiera esprime allora la purezza della vita cristiana sotto-

811 Cfr. VIII, 24 (= fr. VIII, 24 Bader). Fdou, 358-359 sottolinea limportanza della
preghiera nelle manifestazioni del culto pagano.
812 CC VIII, 64 (280, 1-2): Ena ou\n to;n ejpi; pa'si qeo;n hJmi'n ejxeumenistevon kai;
tou'ton i{lew eujktevon ejxeumenizovmenon eujsebeiva/ kai; pavsh/ ajreth'/.
813 CC VIII, 56 (273, 4-9): oujde; ajpodivdomen ta;" nomizomevna" proshvkein tima;" oi|"
levgei Kevlso" ta; th'/de ejpitetravfqai. Kuvrion ga;r to;n qeo;n hJmw'n proskunou'men kai;
aujtw'/ movnw/ latreuvomen, eujcovmenoi mimhtai; Cristou' givnesqai, o}" tw'/ eijpovnti aujtw'/
diabovlw/: Tau'tav soi pavnta dwvsw, eja;n pesw;n proskunhvsh/" moi ei\pe tov: Kuvrion to;n
qeovn sou proskunhvsei" kai; aujtw'/ movnw/ latreuvsei" (Mt 4, 9-10).
814 Su questo tema si veda Perrone 1998b.
815 CC VII, 46 (197, 12-22): oiJ me;n dialoidorouvmenoi toi'" kata; duvnamin eij" to;n
tw'n o{lwn qeo;n eujsebei'n qevlousin, ajpodecovmenon ijdiwtw'n th;n eij" aujto;n pivstin kai;
sunetwtevrwn th;n meta; lovgou eij" aujto;n eujsevbeian, met eujcaristiva" ejnapempovntwn
eujca;" tw'/ dhmiourgw'/ tou' panto;" kai; ajnapempovntwn aujta;" wJ" di ajrcierevw" tou' th;n eij-
likrinh' qeosevbeian ajnqrwvpoi" parasthvsanto".
816 Sulleujcaristiva come preghiera cfr. supra, pp. 127-128, 131-132, 139.
817 CC VII, 46 (197, 27-28): ajnqrwvpou", eujcomevnou" ei\nai qeou'; (198, 17-20) Kai;
oujc i{stantaiv ge ajnabavnte" ajpo; tw'n tou' kovsmou ktismavtwn ejn toi'" ajoravtoi" tou' qeou':
Come incenso al tuo cospetto 273
messa al Logos: i seguaci di Cristo, quando pregano, allontanano dalla loro
mente ogni passione o desiderio per offrire il proprio culto a Dio818. E
allorch si sforzano di essere puri e interamente dediti a Lui, la preghiera
giunge ad attuare il coinvolgimento armonioso di tutte le componenti
delluomo, cos che questi prega non solo con lo spirito e con lanima,
ma anche con il corpo e questo stato di profonda coesione interiore ri-
compensato dallaiuto di Dio mediante il dono dello Spirito819 . Per questa
via, la preghiera non solo diviene secondo Origene una prova decisiva del
discorso apologetico sul cristianesimo in quanto vera religione, ma essa
ricapitola anche lo scopo fondamentale della vita cristiana: la familiarit
con Dio e lunione con Lui attraverso il Logos820 .

3.1.4.4. La dimensione politica della preghiera

Di fronte allappello finale di Celso, che sollecita il lealismo dei sud-


diti cristiani perch combattano in difesa di un impero minacciato dai suoi
nemici, lAlessandrino risponde che le sole armi, che i fedeli di Cristo
sono in grado di offrire a sostegno dello stato, sono le loro preghiere,
frutto di una vita virtuosa. Se si esclude il frequente richiamo allesempio
di Mos che grazie alla sua intercessione assicura il successo delle armate
di Israele contro Amalek (Es 17, 8-16)821 , esempio peraltro utilizzato soli-
tamente in chiave spirituale, Origene solo in CC introduce espressamente
una riflessione sul problema politico della preghiera, verso il quale la
letteratura apologetica fra II e III secolo si era mostrata assai attenta. Prima
di richiamare il paradigma veterotestamentario pi consueto, egli rinvia a
Es 14, 14 (Il Signore combatter per voi e voi starete in silenzio), a
commento della promessa di Mt 18, 19 (Se due di voi sopra la terra si ac-
corderanno per domandare qualunque cosa, il Padre mio che nei cieli ve
la conceder), altro luogo significativo della riflessione eucologica del-
lAlessandrino: la preghiera concorde dei cristiani, garanzia dellesaudi-
mento ad opera di Dio, dovrebbe cos diventare un modello per i Romani,

ajlla; ga;r iJkanw'" ejkeivnoi" ejggumnasavmenoi kai; sunievnte" aujta; ajnabaivnousin ejpi; th;n
aji?dion duvnamin tou' qeou' kai; aJpaxaplw'" th;n qeovthta aujtou'. Secondo CC VIII, 53, i
cristiani sono coloro che disprezzano gli idoli in modo da ascendere a Dio collintelletto.
818 CC VII, 48 (199, 22-25), con riferimento allascesi continente di molti cristiani:
e[sti d ejn Cristianoi'" ijdei'n a[ndra" mh; dehqevnta" kwneivou, i{na to; qei'on kaqarw'" qe-
rapeuvswsin, ajll ajrkoumevnou" lovgw/ ajnti; kwneivou, wJ" pa'san ejpiqumivan ajpo; th'" dia-
noiva" aujtw'n ejxelavsante" to; qei'on eujcai'" qerapeuvwsi; cfr. VIII, 73.
819 CC II, 51 (cfr. note 497, 1441).
820 CC VIII , 64 (280, 19-21): panti; de; trovpw/ lovgwn kai; pravxewn speuvdonta
oijkeiou'sqai kai; eJnou'sqai tw'/ ejpi; pa'si qew'/ dia; tou' kataluvsanto" murivou" daivmona"
Ihsou'.
821 Cfr. supra, pp. 144, 166.
274 Parte seconda, Capitolo settimo
che, se convertiti al cristianesimo, otterrebbero anchessi la vittoria sui ne-
mici al pari di Mos.
Noi diciamo che se due fra di noi sulla terra si mettono daccordo su una qua-
lunque cosa da richiedere, essa sar fatta per loro dal Padre dei giusti che nei
cieli (cfr. Mt 18, 19). Dio, infatti, si compiace dellaccordo fra gli esseri razio-
nali e condanna il disaccordo (caivrei ga;r sumfwniva/ tw'n logikw'n zwv/wn oJ qeo;"
kai; ejktrevpetai th;n diafwnivan). E che cosa bisogna credere che accadrebbe, se
fossero daccordo tra di loro non soltanto, come adesso, pochissimi, ma tutti gli
abitanti dellimpero dei Romani? Essi pregherebbero il Logos, che disse un
tempo, agli Ebrei inseguiti dagli Egiziani (eu[xontai ga;r tw'/ kai; provteron eij-
povnti pro;" tou;" Ebraivou" katadiwkomevnou" uJpo; Aijguptivwn Lovgw/): Il Signore
combatter per voi, e voi starete in silenzio (Es 14, 14), e, dopo aver pregato in
completo accordo (meta; pavsh" sumfwniva" eujxavmenoi), potrebbero abbattere
molti pi nemici che li inseguono di quelli che distrusse la preghiera di Mos e
di quelli che erano con lui, quando lanciavano le loro grida a Dio (hJ Mwu>sevw"
pro;" to;n qeo;n bow'nto" kai; tw'n su;n aujtw'/ eujchv)822.

In seguito lAlessandrino si rif al passo gi ampiamente sfruttato di


1Tm 2, ma citando per la prima volta anche il secondo versetto (1Tm 2,
1-2: Dunque vi raccomando in primo luogo di fare richieste, preghiere,
intercessioni e rendimenti di grazie per tutti gli uomini, per i re e per co-
loro che hanno lautorit), a riprova dellaiuto divino che i cristiani
sanno fornire agli imperatori al momento opportuno823 . E quanto pi si
devoti, tanto pi si rapidi nellaiutare i re, a differenza dei soldati che
vanno in battaglia e uccidono quanti pi nemici possono824. Ma Origene
si spinge pi avanti nel rivendicare la rilevanza politica della preghiera
dei cristiani, perch fonda lesenzione dal servizio militare nella loro con-
dizione di popolo sacerdotale che non deve essere macchiato dal sangue
per continuare ad offrire sacrifici puri, come avviene nei riguardi dei sa-
cerdoti pagani, liberati a causa di ci da obblighi bellici:
Ma certamente, quando sopraggiunge una guerra, voi non arruolate i sacerdoti.
Se dunque questo ragionevole, quanto pi ragionevole il fatto che i cristiani,
mentre gli altri combattono come soldati, combattano come sacerdoti e servitori
di Dio (wJ" iJerei'" tou' qeou' kai; qerapeutaiv), conservando pure le destre e com-
battendo attraverso le preghiere a Dio (ajgwnizovmenoi de; dia; tw'n pro;" qeo;n euj-
cw'n), in favore di quelli che combattono giustamente e di colui che regna giusta-
mente, perch tutto ci che si oppone ed ostile a coloro che agiscono giustamente

822 CC VIII, 69 (286, 13-23 [tr. Ressa, 620]). Si noti loccasionale menzione del Lo-
gos, come destinatario della preghiera, presumibilmente a seguito dellinterpretazione di
Es 14, 14 quale teofania del Verbo.
823 CC VIII, 73. significativo che neppure Orat citi 1Tm 2, 2.
824 CC VIII, 73 (290, 23-26): Kai; o{sw/ gev ti" eujsebevsterov" ejsti, tosouvtw/ ajnu-
tikwvtero" ejn tw'/ ajrhvgein toi'" basileuvousi para; tou;" eij" ta;" paratavxei" ejxiovnta"
stratiwvta" kai; ajnairou'nta" ou}" a]n duvnwntai tw'n polemivwn (tr. Ressa, 623-624).
Come incenso al tuo cospetto 275
venga distrutto? Noi, distruggendo con le preghiere tutti i demoni che suscitano
le guerre, violano i giuramenti e sconvolgono la pace (tai'" eujcai'" pavnta" daiv-
mona", tou;" ejgeivronta" ta; polemika; kai; o{rkou" sugcevonta" kai; th;n eijrhvnhn
taravssonta", kaqairou'nte"), aiutiamo gli imperatori molto di pi di quelli che
si vede che combattono. Inoltre noi, offrendo con giustizia le nostre preghiere (oiJ
meta; dikaiosuvnh" ajnafevronte" proseucav"), insieme agli esercizi e alle prati-
che che insegnano a disprezzare i piaceri e a non essere guidati da essi, collabo-
riamo agli affari comuni. E noi combattiamo per limperatore anche pi di altri;
non militiamo con lui, anche se lo pretende, ma combattiamo per lui formando
uno speciale esercito della devozione attraverso le intercessioni che domandiamo
a Dio (strateuovmeqa de; uJpe;r aujtou' i[dion stratovpedon eujsebeiva" sugkro-
tou'nte" dia; tw'n pro;" to; qei'on ejnteuvxewn)825 .

Origene sfrutta il motivo dei cristiani come popolo sacerdotale,


anche senza citare espressamente 1Pt 2, 9826. interessante osservare
come si sforzi di tradurre il modello di preghiera, applicato tendenzial-
mente allesperienza individuale dellorante, dentro una dimensione col-
lettiva, pi immediatamente ecclesiale, come si evidenzia nel seguito
della riflessione origeniana in CC VIII, 75. Nonostante ci, linflusso pre-
dominante della dimensione individuale si fa ancora sentire nel pronun-
ciamento che rivendica con pi forza il ruolo determinante dellanima
cristiana nel corpo della patria o citt per richiamare unanalogia non
troppo remota con la Lettera a Diogneto:
Infatti, in segreto, allinterno del nostro spirito (kat aujto; to; hJgemoniko;n) fac-
ciamo le nostre preghiere, inviate come da dei sacerdoti in favore degli uomini
della nostra patria. I cristiani poi recano pi benefici alla loro patria di tutti gli al-
tri uomini, in quanto educano i cittadini, insegnano loro la devozione verso Dio,
guardiano della citt, e innalzano ad una citt divina e celeste quelli che sono vis-
suti onestamente anche nelle citt piccolissime827 .

Bench Origene insista sul ruolo educativo che i cristiani esercitano


nei confronti dei cittadini, latto orante espressione di un sacerdozio in-

825 CC VIII, 73 (290, 29-291, 16 [tr. Ressa, 624]). Su questo passo, nel contesto della
riflessione politica di Origene, si veda Mazzucco; Rizzi, 187-188. Il pacifismo di Ori-
gene emerge soprattutto dal confronto con la costituzione (politeiva) dei Giudei (cfr.
CC VII, 26 e Perrone 2003b).
826 In proposito cfr. Hermans, 30-34.
827 CC VIII, 74 (291, 17-25 [tr. Ressa, 624]): Eij de; bouvletai hJma'" oJ Kevlso" kai;
strathgei'n <uJpe;r> patrivdo", i[stw o{ti kai; tau'ta poiou'men, ouj pro;" to; blevpesqai uJpo;
tw'n ajnqrwvpwn kai; kenodoxei'n ejp aujtw'n tau'ta pravttonte": ejn ga;r tw'/ kruptw'/ hJmw'n
kat aujto; to; hJgemoniko;n eujcaiv eijsin, ajnapempovmenai wJ" ajpo; iJerevwn uJpe;r tw'n ejn th'/
patrivdi hJmw'n. Cristianoi; de; ma'llon eujergetou'si ta;" patrivda" h] oiJ loipoi; tw'n ajn-
qrwvpwn, paideuvonte" tou;" polivta" kai; eujsebei'n didavskonte" eij" to;n polieva qeovn,
ajnalambavnonte" eij" qeivan tina; kai; ejpouravnion povlin tou;" ejn tai'" ejlacivstai" povlesi
kalw'" biwvsanta".
276 Parte seconda, Capitolo settimo
teriore, attuato nel nascondimento (secondo il precetto di Mt 6, 6) e
imperniato, in ultima analisi, sulla mente (hJgemonikovn) del fedele e sulla
sua ascensione a Dio.

3.1.4.5. La preghiera come ascensione della mente in Dio

Bench la dialettica apologetica indotta dal confronto con Celso porti


Origene a valorizzare le dimensioni sociali e politiche della preghiera, la
raffigurazione pi vivida dellatto orante in tutto il CC interviene in forma
individuale e in risposta al cruciale interrogativo filosofico sulle vie per
conoscere Dio828 . Da adepto convinto della tradizione platonica, Celso
rammenta con il Timeo (28c) la difficolt di trovare il creatore e il padre
delluniverso e, dopo averlo trovato, di comunicarlo a tutti gli uomini.
Nonostante ci, egli non si esime dal proporre una serie di procedimenti
razionali che, a suo parere, sarebbero in grado di condurre alla conoscen-
za di Dio, sia pure per quei pochi saggi in grado di servirsene, non senza
escludere in aggiunta la possibilit di intuizioni di natura estatica (CC VII,
42) 829 . Dunque, per il filosofo pagano la mta ultima degli sforzi dellin-
telletto la visione di Dio, conformemente allobiettivo perseguito in ge-
nerale dal pensiero filosofico della tarda antichit.
ovvio che anche Origene lo faccia suo, ma opponendo alle vie pre-
figurate da Celso, per loro natura difficili ed elitarie, un itinerario affat-
to diverso che, proprio per la sua immediatezza, si colloca secondo lui
alla portata di tutti, sia per il semplice cristiano che per il sapiente. Questo
itinerario alla conoscenza di Dio offerto dalla preghiera intesa quale
ascensione (ajnavbasi"), elevazione dal mondo sensibile verso il mon-
do iperuranio. Lidea, oltre a ricollegarsi implicitamente ad una delle due
classiche definizioni della preghiera, affiora gi a pi riprese nel lungo
dialogo tra sordi inscenato dallapologia di Origene, tanto che lascen-
sus mentis in Deum giunge a connotare sia il punto di vista avversario sia
la stessa esperienza religiosa del giudaismo e del cristianesimo: nel primo
caso impropriamente, nel secondo come quintessenza della vocazione re-
ligiosa830. E proprio a tale idea lAlessandrino si rif nel IV libro, in uno

828 CC VII, 42 ss.


829 Cfr. Sfameni Gasparro 1995, 295-296; Magris, 54 ss.
830 Cfr. Mhat 1995, che peraltro ne attribuisce la paternit ad Evagrio riconducen-
do lidea della preghiera come oJmiliva al perduto trattato aristotelico Peri; eujch'". Bench
Orat non adotti il termine n sviluppi espressamente lidea della preghiera come ascensus
a Dio, ne offre lesempio riferendosi allascensione intellettuale del Figlio al Padre
(Orat XXIII, 2 [350, 29-32]: th'" ajnabavsew" pro;" to;n patevra [Gv 20, 17] tou' uiJou' qeo-
prepevsteron meta; aJgiva" tranovthto" hJmi'n nooumevnh", h{ntina ajnavbasin nou'" ma'llon
ajnabaivnei swvmato"). A sua volta CC II, 51 (175, 1-3), nel richiamare la religione dIsrae-
le, rivendica il trascendimento del sensibile addirittura per un intero popolo: Oujk a]n ga;r
Come incenso al tuo cospetto 277
dei momenti forti della disputa, difendendo ugualmente giudei e cristiani
dagli attacchi di Celso per limpegno, comune agli uni e agli altri, di vi-
vere sotto lo sguardo di Dio una volta innalzatisi dalle creature a Lui:
E sono invece uomini e, se possibile, qualcosa di pi prezioso degli uomini quel-
li che hanno potuto, seguendo il Logos, innalzarsi (ajnabh'nai) dalle pietre e dal
legno ed anche dalla materia considerata pi preziosa, cio largento e loro, e,
dopo essersi innalzati (ajnabavnte") dalle bellezze del mondo verso il Creatore del-
luniverso, si sono affidati a Lui. E, poich Lui solo capace di giungere a tutto
quello che esiste, di osservare i pensieri di tutti e di ascoltare la preghiera di tutti,
essi gli inviano le preghiere (ta;" eujca;" ejkeivnw/ ajnapevmponte"), compiono ogni
azione tenendo presente che il suo sguardo su ci che accade e badano, tenendo
presente che Dio ascolta ci che viene detto, a non dire niente che, quando viene
riferito a Dio, gli torna sgradito 831 .

In questo brano, ed in altri ancora, la concezione dellascensus a Dio,


anche per il tramite della preghiera, pare risolversi sul piano etico-spiritua-
le nel motivo della condotta virtuosa, ispirata costantemente dal pensiero

ponhriva kai; magganeiva o{lon e[qno" sunevsthsan, uJperba;n me;n ouj movnon ajgavlmata kai;
ta; uJp ajnqrwvpwn iJdrumevna ajlla; kai; pa'san genhth;n fuvsin, ajnabai'non de; pro;" th;n ajgev-
nhton tou' qeou' tw'n o{lwn ajrchvn. Lo stesso tema figura in CC IV, 38 (311, 1-3): to; ou{tw"
megalofuevstata dedidagmevnon ajnabaivnein ejpi; th;n ajgevnhton tou' qeou' fuvsin kajkeivnw/
movnw/ ejnora'n kai; ta;" ajp aujtou' movnou ejlpivda" prosdoka'n. Ancora in polemica con
Celso, CC III, 80 (270, 17-22), contrappone la dottrina della vita beata e della comunione
con Dio (tw'/ peri; th'" makariva" zwh'" lovgw/ kai; tw'/ peri; th'" pro;" to; qei'on koinwniva")
alla dottrina di Pitagora e di Platone sullanima, che per natura sale verso la volta del
cielo ed osserva nella regione iperurania le cose viste dai beati spettatori (pefukuiva" ajna-
baivnein ejpi; th;n aJyi'da tou' oujranou' kai; ejn tw'/ uJperouranivw/ tovpw/ qewrei'n ta; tw'n euj-
daimovnwn qeatw'n qeavmata) (tr. Ressa, 284). Essa presa nuovamente di mira, secondo
unaccusa topica, per il compromesso con la religione tradizionale, in CC VI, 4 (73, 21-
25): kai; ta; ajovrata tou' qeou' kai; ta;" ijdeva" fantasqevnte" ajpo; th'" ktivsew" tou' kovsmou
kai; tw'n aijsqhtw'n, ajf w|n ajnabaivnousin ejpi; ta; noouvmena, thvn te aji?dion aujtou' duvnamin
kai; qeiovthta oujk ajgennw'" ijdovnte~ oujde;n h|tton ejmataiwvqhsan ejn toi'" dialogismoi'"
aujtw'n (Rm 1, 20, passo che ricorre anche in CC VII, 37 in concomitanza con il tema del-
lanabasi a Dio).
831 CC IV, 26 (295, 6-15 [tr. Ressa, 306]). Altri spunti rinviano alla dottrina del pro-
gresso spirituale (cfr. CC IV , 29 (298, 18-20), sulla possibilit per gli uomini di divenire
come gli angeli: oJrw'men o{ti polu; touvtwn hJmei'" oiJ a[nqrwpoi ajpoleipovmenoi ejlpivda"
e[comen ejk tou' kalw'" biou'n kai; pavnta pravttein kata; to;n lovgon ajnabaivnein ejpi; th;n
touvtwn pavntwn ejxomoivwsin). In CC V, 53 (57, 10-13), Origene riassume lo scopo dellin-
segnamento di Ges nellinnalzarsi a Dio: h[ggelle ga;r ajnqrwvpoi" th;n megavlhn tou'
qeou' kai; patro;" tw'n o{lwn peri; aujtw'n boulhvn, eijkovntwn me;n tw'/ biou'n ejn kaqara'/ qeo-
sebeiva/ wJ" ajnabainovntwn dia; tw'n megavlwn pravxewn pro;" to;n qeovn. Anche CC VI, 44
(115, 5-7) designa cos la meta beata della perfezione: a[xioi fanevnte" th'" eij" ta; qei'a
ajnabavsew" ajnimhqw'sin uJpo; tou' lovgou ejpi; th;n ajnwtavtw pavntwn makariovthta kaiv, i{n
ou{tw" ojnomavsw, ajkrwvreian tw'n ajgaqw'n. La sequela del Logos richiama peraltro il mo-
tivo dellascensione di Cristo, Sommo Sacerdote, al di l di tutta la creazione [...] fino
[...] al Dio e Padre delluniverso (HLv XII, 1; tr. Danieli, 251).
278 Parte seconda, Capitolo settimo
di Dio. Ma, come mostrano le importanti analogie nella filosofia antica, vi
un nesso fra il progresso morale del sapiente e la sua ascesa fino alla
volta del cielo, di cui Origene ben consapevole832. In CC VII, 44, questo
sfondo concettuale diviene ancora pi esplicito e contraddistingue struttu-
ralmente la visione dellatto orante, ora descritto nei termini pi prossimi
agli esercizi spirituali della filosofia antica.
Ma anche un cristiano semplice convinto che ogni luogo del mondo parte
del tutto, poich tutto il mondo tempio di Dio. E pregando in ogni luogo (1Tm
2, 8) il cristiano, dopo avere chiuso gli occhi dei sensi e risvegliato quelli del-
lanima, trascende il mondo intero. E neppure si ferma alla volta del cielo, ma,
giunto con il pensiero nel luogo iperuranio, guidato dallo spirito di Dio e come
trovandosi fuori dal mondo, invia a Dio la preghiera che non riguarda le cose pi
banali. Infatti egli ha imparato da Ges a non ricercare niente di piccolo, cio di
sensibile, ma solo le cose grandi e veramente divine, tutte quelle che, concesse
da Dio, contribuiscono a guidarlo, attraverso suo Figlio, il Logos che Dio, alla
beatitudine che presso di lui833 .

Origene pone inizialmente laccento sullajnacwvrhsi" come processo


di distacco dai sensi e di concentrazione interiore (secondo una prospettiva
gi abbozzata anche in Orat), grazie al quale sinnesca lascesa dellani-
ma verso Dio (che, a sua volta, ricorda da vicino il viaggio dellanima nel
Fedro di Platone)834 . Da questo punto di vista, non si pu negare la fon-

832 Cfr. Platone, Phaedr. 247b e CC V, 2 (3, 19-20): tw'n ejn ajnqrwvpoi" sofw'n kai;
ejpi; th;n aJyi'da tou' oujranou' dia; th;n ajreth;n ajnabainovntwn. Poco dopo, in CC V , 4 (4,
15-17), sono gli angeli a salire recando le richieste degli uomini nelle regioni celesti, le
pi pure del mondo, o anche in quelle iperuranie, che sono ancora pi pure di queste (pro-
savgonta" ta;" tw'n ajnqrwvpwn ejnteuvxei" ejn toi'" kaqarwtavtoi" tou' kovsmou cwrivoi"
ejpouranivoi" h] kai; toi'" touvtwn kaqarwtevroi" uJperouranivoi") (tr. Ressa, 375). Secondo
CC VI, 61 (131, 18-23), il riposo del settimo giorno significa che in quel giorno, coloro
che hanno compiuto tutte le loro opere nei sei giorni festeggerano insieme con Dio e, per
non avere trascurato nulla di ci che ad essi si addice, si innalzano alla contemplazione
(ajnabaivnonte" ejpi; th;n qewrivan) ed alla festa dei giusti e dei beati (ibi, 485).
833 CC VII, 44 (195, 27-196, 8): Cristiano;" de; kai; oJ ijdiwvth" pavnta me;n tovpon tou'
kovsmou pevpeistai ei\nai mevro" tou' o{lou, naou' tou' qeou' o[nto" tou' panto;" kovsmou: ejn
panti; de; tovpw/ eujcovmeno", muvsa" tou;" th'" aijsqhvsew" ojfqalmou;" kai; ejgeivra" tou;" th'"
yuch'", uJperanabaivnei to;n o{lon kovsmon. Kai; oujd ejpi; th;n aJyi'da i{statai tou' oujranou',
ajll eij" to;n uJperouravnion genovmeno" th'/ dianoiva/ tovpon, oJdhgouvmeno" uJpo; tou' qeivou
pneuvmato" kai; wJsperei; e[xw tou' kovsmou tugcavnwn ajnapevmpei ouj peri; tw'n tucovntwn
th;n eujch;n tw'/ qew'/: e[maqe ga;r ajpo; tou' Ihsou' mhde;n mikrovn, toutevstin aijsqhtovn, zhtei'n
ajlla; movna ta; megavla kai; ajlhqw'" qei'a, o{sa sumbavlletai didovmena uJpo; tou' qeou' pro;"
to; oJdeu'sai ejpi; th;n par aujtw'/ dia; tou' uiJou' aujtou' lovgou o[nto" qeou' makariovthta (tr.
Ressa, 542-543, in parte modificata).
834 Si confronti CC VII, 44 (195, 29-196, 1) con AL VII, 36 (186, 18-21): eja;n aijsqhv-
sei muvsante" ajnablevyhte nw'/ kai; sarko;" ajpostrafevnte" yuch'" ojfqalmou;" ejgeivrhte,
movnw" ou{tw" to;n qeo;n o[yesqe. Per linflusso del Fedro (in particolare, 247a-c; 248b) su-
gli esercizi spirituali, cfr. ad esempio Hadot 1997a, 38. Quanto ad Origene, si veda Mhat,
Come incenso al tuo cospetto 279
damentale affinit di linguaggio ed immagini tra i due contendenti, ma sa-
rebbe riduttivo assimilare la preghiera cristiana nella visuale di Origene
ad un concentrato di topoi platonici. In realt, sia nel contesto ravvicinato
del passo in esame sia nella cornice pi ampia dellintera apologia, lAles-
sandrino mostra chiaramente di pensare a qualcosa di diverso. Daltronde
lo si pu intuire anche dal nesso, per certi versi sorprendente nel quadro
di una discussione prettamente filosofica, che egli stabilisce fra preghiera
e conoscenza di Dio. Tale collegamento, che in pratica fa dellatto orante
lequivalente se non il sostituto del procedimento razionale auspicato dal
filosofo pagano, non poteva non risultare anomalo. In unottica filosofi-
ca se pensiamo, ad esempio, al contemporaneo Plotino, senza riandare
adesso al pensiero filosofico anteriore la preghiera non pare essere con-
templata quale elemento decisivo nel cammino che porta luomo a cono-
scere Dio. Al contrario, Origene le assegna proprio questo ruolo, mentre
la conferma significativamente anche in CC nel suo statuto fondamentale
di ai[thsi", che gi conosciamo da Orat, cio senza ridurla alla sola oJmiliva
con Dio e nemmeno allajnavbasi" verso di Lui 835 .
Conformemente a ci, gli sforzi che luomo compie per potere acce-
dere alla conoscenza di Dio, ovviamente intendendo con essi linsieme
costituito dalla condotta virtuosa e dallesercizio intellettuale, vengono
coronati da successo unicamente se Dio stesso interviene a suo sostegno,
in risposta a una preghiera che riconosce appunto lindispensabile neces-
sit dellaiuto divino836. Anche nello scenario prettamente platonico entro
il quale la preghiera si dispiega come ajnavbasi" mentale fin oltre la volta
del cielo, la visione di Dio rimane propria, biblicamente, dei puri di
cuore, i quali invocano da Dio come si visto in precedenza quellor-
gano purificato dellintelletto che solo Lui in grado di creare837. Pertanto
latto orante non fa che sottolineare la natura non-autarchica del processo

282-294, in part. pp. 283 ss. Riguardo al processo di ajnacwvrhsi" sensoriale in Orat, si
veda supra, pp. 50, 159, 162, 190.
835 Per Bendinelli 1997, in Plotino lascensione mistica dellanima frutto degli
sforzi ascetici: La preghiera, di conseguenza, come richiesta di aiuto e di soccorso, ri-
sulta completamente esautorata di significato agli occhi del filosofo, quando non aperta-
mente criticata. Nei pochi accenni ad essa rintracciabili nelle Enneadi , tale pratica
menzionata assieme alla magia, e quindi assimilata a questa (p. 35). Anche Crouzel
1992, 112 si mostra perplesso sullo spazio riservato da Plotino alla preghiera (si veda an-
che supra, nota 251).
836 CC VII, 42 (193, 16-22): hJmei'" de; ajpofainovmeqa o{ti oujk aujtavrkh" hJ ajnqrw-
pivnh fuvsi" oJpwspotanou'n zhth'sai to;n qeo;n kai; euJrei'n aujto;n kaqarw'", mh; bohqh-
qei'sa uJpo; tou' zhtoumevnou, euJriskomevnou toi'" oJmologou'si meta; to; par aujtou;" poiei'n
o{ti devontai aujtou', ejmfanivzonto" eJauto;n oi|" a]n krivnh/ eu[logon ei\nai ojfqh'nai, wJ" pev-
fuke qeo;" me;n ajnqrwvpw/ ginwvskesqai ajnqrwvpou de; yuch; e[ti ou\sa ejn swvmati ginwv-
skein to;n qeovn.
837 CC VII, 33 (cfr. supra, nota 802).
280 Parte seconda, Capitolo settimo
conoscitivo che sfocia nella contemplazione di Dio, al di l di ogni pro-
spettiva di autorealizzazione personale (com semmai nella prassi degli
esercizi spirituali della filosofia).
Alla luce di queste considerazioni, limpressionante descrizione della
preghiera come ascensione a Dio in CC VII , 44 che ha spinto Andr
Mhat a vedervi unanticipazione della visione di Agostino ad Ostia, nel
IX libro delle Confessioni ci appare pienamente conforme al pensiero
espresso da Origene in Orat e in altri scritti, sia pure scontando una par-
ziale giustapposizione con lorizzonte spirituale di Celso838 . Pertanto,
lajnavbasi" dellorante realizza s mentalmente un trascendimento dellin-
tero ordine cosmico fino alla dimora di Dio, ma sotto la guida dello Spi-
rito, mentre egli prega Dio di ricevere le cose grandi e celesti, le sole
che sono veramente degne del Padre e capaci di condurre alla beatitudine
in Lui, attraverso lintermediazione del Figlio. A rafforzare la sostanza
biblica e cristiana riaffiora anche qui la dimensione trinitaria, che gi in
Orat ci era apparsa come fattore decisivo per lespressione autentica della
preghiera. Non solo Origene ricorda pi volte che i cristiani indirizzano
le loro preghiere a Dio per il tramite di Cristo, Sommo Sacerdote che in-
tercede per loro, essendo egli compartecipe e sensibile allumana debolez-
za839 , ma a tratti egli sembra perfino voler associare in forma ancora pi
stretta, se non addirittura paritaria, il Figlio al Padre come destinatario
della preghiera840 . Inoltre, la fragilit delluomo, costantemente sottomes-

838 Cfr. Mhat, 294. Per cogliere la tonalit diversa dellanabasi orante in CC VII , 44,
si pu accostarvi rispettivamente Massimo di Tiro, Or. XI, 10 e Clemente Alessandrino,
Strom. VII, 13, 82, 5, che propone unatmosfera spirituale assai pi vicina allautore pagano.
839 Cfr. CC III, 34 (231, 4-10): teqhvpamen to;n Ihsou'n to;n nou'n hJmw'n metaqevnta
ajpo; panto;" aijsqhtou', wJ" ouj movnon fqartou' ajlla; kai; fqarhsomevnou, kai; ajnavgonta ejpi;
th;n meta; ojrqou' bivou pro;" to;n ejpi; pa'si qeo;n timh;n met eujcw'n, a}" prosavgomen aujtw'/
dia; <tou'> wJ" metaxu; o[nto" th'" tou' ajgennhvtou kai; th'" tw'n genhtw'n pavntwn fuvsew",
kai; fevronto" me;n hJmi'n ta;" ajpo; tou' patro;" eujergesiva" diakomivzonto" d hJmw'n trovpon
ajrcierevw" ta;" eujca;" pro;" to;n ejpi; pa'si qeovn; CC VII , 46 (nota 815); CC VIII, 26 (nota
412). Respingendo linvito di Celso a praticare il culto dei demoni, in CC VIII , 37 (252,
12-13), lAlessandrino dichiara che lintermediazione di Cristo il proprium della pre-
ghiera cristiana: Cristianoi'" lalei', toi'" movnoi" tw'/ qew'/ dia; tou' Ihsou' eujcomevnoi". In
ci Origene si attiene allimpostazione gi tracciata da Clemente in Strom. VII, 3, 13, 2 (68,
15-16) per la preghiera del cristiano gnostico: prosomilei'n tw/' qew/' dia; tou' megavlou
ajrcierevw", ejxomoiouvmenon eij" duvnamin tw/' kurivw/ dia; pavsh" th'" eij" to;n qeo;n qera-
peiva". Cfr. del resto linvocazione iniziale della prima opera di Origene, CPs 1-25 (Epiph.,
Pan. 64, 7, 4 [GCS 25, 416-417]): Axiou'men toivnun, ejpei; mhde;n cwri;" Qeou' kalo;n
ei\nai duvnatai, kai; mavlista novhsi" Grafw'n qeopneuvstwn, o{pw" tw/' Patri; tw'n o{lwn
Qew/', dia; tou' Swth'ro" hJmw'n kai; ajrcierevw" genhtou' Qeou' prosievnai, aijthvsh/" doqh'nai
hJmi'n prw'ton kalw'" zhtei'n.
840 Oltre ai passi segnalati supra, pp. 137-138, si veda ancora CC VIII, 13 (230, 20-
26): Dio; to;n e{na qeo;n kai; to;n e{na uiJo;n aujtou' kai; lovgon kai; eijkovna tai'" kata; to; du-
nato;n hJmi'n iJkesivai" kai; ajxiwvsesi sevbomen prosavgonte" tw'/ qew'/ tw'n o{lwn ta;" eujca;"
dia; tou' monogenou'" aujtou': w|/ prw'ton prosfevromen aujtav", ajxiou'nte" aujto;n iJlasmo;n
Come incenso al tuo cospetto 281
so al peso della sua fallibilit, compensata dallassistenza solidale di mi-
riadi di angeli che cooperano alle sue preghiere841 . Luno e laltro aspetto
ripropongono in tal modo latto orante come atto di comunione, sullo
sfondo peraltro di quella costitutiva precariet dellessere umano (richia-
mata in CC VIII, 64 dallespressione tw'/ ejpikhvrw/ hJmw'n gevnei), da cui trae-
va le mosse la visione tanto radicale ed impegnativa di Orat842 . Neppure
lesaltante viaggio celeste dellorante, schizzato sulla falsariga delle sug-
gestive formulazioni platoniche di Celso, poteva far dimenticare queste
premesse, ad ulteriore conferma della profonda diversit di concezioni re-
ligiose che divide i due antagonisti 843 . Anche per lOrigene di CC, con il
suo continuo riproporsi nel faticoso cammino di perfezione, la preghiera
rammenta al fedele la propria perdurante inadeguatezza mentre lo indirizza
con fiduciosa speranza verso Colui del quale luomo ha sempre bisogno.

3.2. I commentari

I resti ancor oggi imponenti dei grandi commentari di Origene alle


Scritture, nonostante le rovine e le perdite che hanno subito nel corso dei
secoli, ci permettono di approfondire ulteriormente il tema della preghiera
nellAlessandrino. Non di rado esso riaffiora anche in questi scritti con
sviluppi o accenti nuovi, favoriti dalla trattazione estensiva e spesso sug-
geriti direttamente dal testo che Origene fa oggetto di esegesi. Se in tal
modo si amplia il ventaglio dei luoghi scritturistici alla base del suo di-
scorso eucologico, al tempo stesso pur con le cautele richieste da una
tradizione frammentaria e in pi pervenutaci, per una parte assai consisten-
te, in versioni latine non del tutto affidabili non si pu non osservare co-
me la dimensione orante dellesegesi, un tratto peculiare emerso pi volte

o[nta tw'n aJmartiw'n hJmw'n (1Gv 2, 2) prosagagei'n wJ" ajrciereva ta;" eujca;" kai; ta;" qu-
siva" kai; ta;" ejnteuvxei" hJmw'n tw'/ ejpi; pa'si qew'/.
841 CC V, 57-58; VIII, 34 (nota 568); VIII, 36, 21-23; e specialmente VIII, 64 (280, 7-
17): Sunaivsqontai ga;r tw'n ajxivwn tou' para; tou' qeou' eujmenismou', kai; ouj movnon kai;
aujtoi; eujmenei'" toi'" ajxivoi" givnontai ajlla; kai; sumpravttousi toi'" boulomevnoi" to;n ejpi;
pa'si qeo;n qerapeuvein kai; ejxeumenivzontai kai; suneuvcontai kai; sunaxiou'sin: w{ste
tolma'n hJma'" levgein o{ti ajnqrwvpoi" meta; proairevsew" protiqemevnoi" ta; kreivttona euj-
comevnoi" tw'/ qew'/ murivai o{sai a[klhtoi suneuvcontai dunavmei" iJeraiv, sumparevcousai
<eJauta;"> tw'/ ejpikhvrw/ hJmw'n gevnei kaiv, i{n ou{tw" ei[pw, sunagwniw'sai di ou}" oJrw'sin
ajntistrateuomevnou" kai; ajntagwnizomevnou" daivmona" th'/ swthriva/ mavlista tw'n eJau-
tou;" ajnatiqevntwn qew'/ kai; mh; frontizovntwn th'" tw'n daimovnwn e[cqra".
842 Sulluso strategico di ejpivkhron, in apertura e chiusura della prima sezione di
Orat, si veda supra, nota 218.
843 Insiste a ragione su tale punto Stroumsa, 92-93: The Christian conception of
piety stands at the antipodes of the traditional conception accepted by Celsus. Origens
conception of piety is essentially dynamic; whereas religious change was feared or despis-
ed by Celsus, it is encouraged by Origen.
282 Parte seconda, Capitolo settimo
in precedenza, acquisti rilievo diverso a seconda delle opere. Ci vale
anche rispetto allinterrogativo sulla continuit o meno con il paradigma
di Orat, che pu dar luogo a risposte distinte, pi o meno conformi, in re-
lazione appunto ai diversi scritti. Di questi prenderemo in esame, secondo
lordine cronologico desumibile con maggiore o minore certezza, il Com-
mento a Giovanni, il Commento al Cantico dei Cantici, il Commento a Ro-
mani e il Commento a Matteo. Di altri commentari che contengono a loro
volta materiali significativi per il nostro argomento come, ad esempio, i
frammenti del Commento a Genesi e quelli del Commento a Lamentazio-
ni si in parte detto in precedenza o se ne terr conto nella trattazione
sui nuclei scritturistici844. Nel caso particolare del Commento al Cantico
dei Cantici accosteremo ad esso anche le Omelie, mentre per i frammenti
dei commentari origeniani sui salmi (di cui non si pu evidentemente sot-
tovalutare la particolare importanza per il nostro tema), data anche lincer-
tezza sulla trasmissione dei testi, dobbiamo in sostanza affidarci alla testi-
monianza delle Omelie sui Salmi, per quanto limitata essa sia845.

3.2.1. Commento a Giovanni

Le incertezze cronologiche sullarco di tempo entro cui si distende la


lunga redazione dei 32 libri del Commento a Giovanni nulla tolgono al
fatto che si tratta di unopera iniziata fin dal periodo alessandrino e perci
del pi antico fra i nostri quattro commentari. Le datazioni proposte dagli
studiosi oscillano fra il 218 e il 235, se non addirittura il 248, come pos-
sibile termine ultimo846. Altrove ho cercato di approfondire limpronta
del tempo e dellambiente sul profilo letterario del commentario origenia-
no, constatando uno scarto di qualche rilievo nel XIII libro rispetto co-
munque ad unimpostazione e ad una fisionomia complessive che si pre-
sentano sostanzialmente analoghe847 .
Quanto alla presenza del nostro tema, precisando meglio limpressio-
ne ancora generica di una sua minore incidenza, soprattutto a confronto

844 Su CGn, importante per individuare il contesto ravvicinato di Orat, cfr. supra,
pp. 18-19, 100, 106, 116-117, 120. Riguardo a FrLam, si veda Nautin, 250-251 (nr. 33).
845 Cfr. Prinzivalli 2000b, che raccomanda peraltro cautela nelluso dei Tractatus
in Psalmos di Gerolamo come fonte per lesegesi origeniana.
846 Secondo Corsini, 88, linizio da fissare intorno al 224-225. [...] Poich nel li-
bro XXXII sembra esserci unallusione alla persecuzione di Massimino (235-238), si
daccordo nel fissarne la data di composizione dopo il 235. Ma C. Blanc (SC 120, p. 8) ed
altri hanno proposto il 218 come terminus post quem. Invece Nautin, 377-380 situa linizio
poco prima del 231 e la conclusione fra 235 e 248, mantenendo lindicazione di Eusebio,
HE VI, 28, secondo cui Origene avrebbe alluso alla persecuzione di Massimino in CIo XXII,
da situarsi quindi vari anni dopo il 238 (p. 379). McGuckin, 449 si allinea a Nautin.
847 Perrone 2005b, 54-59.
Come incenso al tuo cospetto 283
del ben pi ricco CMt, dobbiamo riconoscere che Origene ci offre in CIo
vari spunti interessanti di riflessione, alcuni dei quali innovano significa-
tivamente la prospettiva disegnata nel trattato. Mi riferisco, in particolare,
al motivo della preghiera del peccatore, di cui abbiamo notato riflessi tutto
sommato piuttosto marginali in Orat, dove la figura dellorante tende ad
identificarsi con la condizione di santo848 . Lapporto di CIo al discorso
eucologico dellAlessandrino inoltre arricchito dai frammenti origeniani
sul quarto vangelo pervenuti in tradizione catenaria.

3.2.1.1. Linvocazione a Dio per la venuta del Logos come maestro dei
misteri

A prima vista CIo sembrerebbe deludere lattesa di ritrovarvi tracce


cospicue dellesegesi orante che altrove Origene sviluppa di frequente
davanti al mistero racchiuso per lui nella Parola ispirata. abbastanza
raro che egli avvii un nuovo libro invocando laiuto divino, quasi a voler
confermare indirettamente quella certa sicurezza di s che secondo al-
cuni si fa notare come tratto distintivo dellesegeta specialmente nel com-
mento al quarto vangelo849. Tuttavia, anche in esso troviamo passi che ri-
propongono limmagine tracciata sin qui: proprio lincontro con il mistero
del Logos trasmesso dalle Scritture spinge in primo luogo Origene ad un
atteggiamento di preghiera, sia esso espresso in forma diretta o solo im-
plicitamente. ci che avviene fin dallinvocazione iniziale che conclude
lampio prolegomenon sul termine vangelo nel I libro e precede lavvio
del commento vero e proprio con lesegesi di Gv 1, 1:
Chiediamo piuttosto, a questo punto, a Dio per mezzo di Cristo nello Spirito
santo di aiutarci nella spiegazione del senso mistico, deposto come un tesoro
nella lettera850 .

In realt, il concorso della grazia, richiesto con una formulazione


trinitaria che ricorda da vicino il prologo di Orat e laccesso intravisto l
alla conoscenza delle realt divine, sempre necessario allesegeta e la
coscienza di ci non viene mai meno, anche se egli non lesprime mani-

848 Cfr. supra, p. 156. Si noti il diverso accento di Cipriano, che in De dom. or. 22
(414-415) ricorda come la recita quotidiana del Padrenostro instilli ogni giorno la coscien-
za della condizione di peccatori: instruitur et docetur peccare se cotidie, dum cotidie pro
peccatis iubetur orare.
849 il giudizio di Vogt, riportato supra, nota 732. Prologhi con orazioni figurano
in CIo I, VI, XX, XXVIII, XXXII.
850 CIo I, 15, 89 (19, 32-34): Hdh de; qeo;n aijtwvmeqa sunergh'sai dia; Cristou'
hJmi'n ejn aJgivw/ pneuvmati pro;" ajnavptuxin tou' ejn tai'" levxesin ejnapoteqhsaurismevnou
mustikou' nou' (tr. Corsini, 142).
284 Parte seconda, Capitolo settimo
festamente 851 . Cos, allinizio del VI libro lAlessandrino pu dichiarare
di aver riposto la sua fiducia in Dio, che arricchisce di ogni dottrina e
scienza, riconoscendo ad un tempo la propria inadeguatezza e il dono di
comprensione che viene allinterprete dallassistenza divina852 , e poco
dopo supplicare apertamente Dio perch lo sostenga nellimpresa del com-
mento, facendo risuonare in lui la sua voce di maestro853 . vero che
la richiesta non concerne in recto lintelligenza spirituale delle Scritture
in quanto tale bens il compimento dellopera letteraria, interrotta forzata-
mente alla partenza da Alessandria e ripresa una seconda volta dal VI li-
bro a Cesarea, ma chiaro che lo scopo del commento precisamente
quello di pervenire a tale intelligenza grazie allilluminazione di Dio854.
Pertanto, anche se in CIo il riconoscimento del mistero non asse-
condato molto spesso da un atteggiamento orante, Origene non manca
dinculcare a pi riprese lidea dellinadeguatezza umana che pesa sul-
linterprete e con essa la consapevolezza che ogni dono spirituale ci viene
da Dio. Ad esempio, commentando Gv 1, 29 (E dice: Ecco lagnello di
Dio, che prende su di s il peccato del mondo), lAlessandrino osserva
che spiegare le prescrizioni relative ai sacrifici un compito che su-
pera di gran lunga la natura umana e pu essere attuato unicamente da chi

851 Sullanaloga strutturazione trinitaria nel prologo di Orat (I e II, 6) si veda supra,
pp. 53-54 (note 152, 157).
852 CIo VI, 2, 7 (107, 15-20): E dopo aver calcolato ben bene, ho capito bens di
non avere a disposizione ci che occorre per la costruzione delledificio, ma ho riposto la
mia fiducia in Dio, che arricchisce di ogni dottrina e scienza (tw'/ qew'/ de; pepisteuvkamen
tw'/ ploutivzonti ejn panti; lovgw/ kai; pavsh/ gnwvsei), sicuro che arricchir anche me che
lotto per osservare le [sue] leggi spirituali. In questo modo, partendo da ci che egli mi
elargisce e progredendo nella costruzione (ejk tw'n ejpicorhgoumevnwn uJp aujtou' prokovp-
tonte" ejn tw'/ oijkodomei'n), giunger anche a cingere in alto ledificio di una corona di
protezione (tr. Corsini, 288).
853 CIo VI , 2, 10-11 (108, 10-16): oujkevti uJpertiqevmenoi uJpagoreuvein ta; ajkov-
louqa boulovmeqa, qeo;n didavskalon uJphcou'nta ejn tw'/ ajduvtw/ th'" yuch'" hJmw'n parei'nai
eujcovmenoi, i{na tevlo" lavbh/ hJ th'" dihghvsew" tou' kata; Iwavnnhn eujaggelivou oijkodomhv.
Gevnoito d oJ qeo;" ejphvkoo" hJmw'n th'/ eujch'/, eij" to; sunavyai dunhqh'nai to; sw'ma tou' o{lou
lovgou, mhkevti mesolabouvsh" peristavsew" diakoph;n tou' eiJrmou' th'" grafh'" oJpoivan
dhvpote ejnergavsasqai dunamevnh", ho deciso di non rimandare pi oltre la dettatura della
parte di commento che deve seguire, supplicando Dio di far risuonare la sua voce di mae-
stro nellintimo della mia anima, in modo che ledificio del Commento al Vangelo di Gio-
vanni possa giungere a compimento. Ascolti il Signore la mia preghiera, in modo che il
corpo di tutta lopera possa collegarsi insieme, senza che venga pi a frapporsi alcuna cir-
costanza avversa capace di operare una soluzione di continuit nella mia opera (tr. Cor-
sini, 289-290). Anche a fronte della traduzione di Corsini (il Signore per oJ qeov"!),
viene da chiedersi se in entrambi i passi il destinatario non sia da intendere in ogni caso
come Dio Padre.
854 Per McGuckin, 453, il motivo unificante di CIo is the Sons fundamental role
in salvific revelation that concerns Origen throughout the Commentary, namely how the
Son leads the receptive soul into deeper comprehension of, and communion with, God.
Come incenso al tuo cospetto 285
perfetto 855 . Allinizio del libro X, pur senza formulare una preghiera
introduttiva, Origene invita Ambrogio a votarsi insieme ancor pi piena-
mente a Dio, propiziando in tal modo quei doni di intelligenza spirituale
del vangelo che solo Lui pu concedere856 . Si noti come in tale prologo le
attese riposte dallamico e patrono nei confronti dellesegeta vengano ri-
condotte da questi al loro vero termine, mentre lAlessandrino ribadisce
una convergenza di dinamiche spirituali fra lofferta di s a Dio e il dono
alluomo frutto della bont divina, circoscrivendo cos anche la prospetti-
va caratteristica della preghiera. Infatti come Origene premette, in que-
sto stesso libro, alla propria spiegazione del disaccordo (diafwniva) tra
i vangeli riguardo ai viaggi di Ges a Gerusalemme , Dio d a chi
chiede e a chi si sforza di cercare con acume, e bussando perch ci siano
aperti i segreti della Scrittura con le chiavi della conoscenza857 . In que-
sta occasione (analogamente a quanto constateremo con maggior fre-
quenza in CMt nelleventualit di una diafwniva evangelica) la domanda
dellaiuto divino, sia pure con una formulazione orante non particolar-
mente caratterizzata, si unisce al riconoscimento del mistero. Ma il caso
prevalente tende a rimanere quello dellammissione di uninsufficienza
bisognosa del soccorso della grazia, come avviene sempre nel X libro con
il seguente preambolo alla spiegazione anagogica dellingresso di Ges a
Gerusalemme:

855 CIo VI, 51, 267 (160, 24-26): To; de; kaq e}n dunhqh'nai touvtwn euJrovnta ejkla-
bei'n th;n dia; Ihsou' Cristou' gegenhmevnhn tou' pneumatikou' novmou ajlhvqeian, sfovdra
mei'zon tugcavnon th'" ajnqrwpivnh" fuvsew", oujdeno;" a[llou e[rgon h] tou' teleivou ejstivn
(tr. Corsini, 367). Dello stesso tenore il passo in CIo X, 15, 85 (185, 24-31): Spiegare
per in che modo noi celebreremo le festivit nelle cose celesti (di cui cera unombra
presso i Giudei corporei), dopo esser stati educati in precedenza da pedagoghi sotto la
vera legge, sottostando a tutori e amministratori fino a che giungesse la pienezza del tempo,
e in che modo noi potremo accogliere la perfezione del Figlio di Dio, questo compito di
quella sapienza avvolta nel mistero (e[rgon sofiva" th'" ejn musthrivw/ ajpokekrummevnh"
ejsti;n fanerw'sai), a cui spetta pure di contemplare le prescrizioni relative ai cibi, meri
simboli di quelli che dovranno nutrire e corroborare la nostra anima (tr. Corsini, 400).
856 CIo X, 1, 2 (171, 6-): Quanto a me, ti ho parlato di queste cose allinizio del li-
bro decimo, appunto perch ho notato spesso come nella Scrittura il numero dieci goda di
un privilegio superiore [agli altri], come puoi renderti conto da solo se fai attenzione, tu
che ora speri di ricevere da Dio qualcosa di pi anche per questo libro. E perch questo
avvenga, tentiamo per quanto possibile di offrirci a Dio, che desidera donare le cose pi
belle (kata; duvnamin ejmparevcein eJautou;" tw'/ dwrei'sqai ta; kavllista boulomevnw/ qew'/
peirwvmeqa) (tr. Corsini, 380). Lofferta di s a Dio figura gi in CIo I, 2, 10, dove
Origene dichiara che vero culto di Dio e sacerdozio autentico quello di coloro che si
consacrano al Logos divino (ibi, 118).
857 CIo X, 23, 131 (194, 24-28): Ta; de; kinou'nta hJma'" eij" th;n peri; touvtwn sumfw-
nivan, aijthvsante" to;n didovnta panti; tw'/ aijtou'nti kai; ojxevw" zhtei'n ajgwnizomevnw/, krouvon-
tev" te uJpe;r tou' ajnoicqh'nai hJmi'n tai'" th'" gnwvsew" kleisi;n ta; kekrummevna th'" grafh'",
to;n aujto;n kata; th;n didomevnhn hJmi'n duvnamin ejkqhsovmeqa trovpon (tr. Corsini, 411-412).
286 Parte seconda, Capitolo settimo
Noi siamo persuasi che il sapere come stanno queste cose, essendo proprio di
quellintelligenza che data (nou' ajlhqou'" tou' doqevnto") a coloro che afferma-
no: Noi abbiamo la mentalit di Cristo, per conoscere i doni che Dio ci ha elar-
gito (1Cor 2, 16. 12), sia superiore alle nostre possibilit. Infatti la parte domi-
nante (to; hJgemonikovn) della nostra anima non pura, n i nostri occhi sono quali
dovrebbero essere gli occhi della sposa bella di Cristo, di cui lo sposo dice: I tuoi
occhi [son] come colombe (Ct 1, 15), volendo forse con questo alludere alla ca-
pacit di distinguere le cose spirituali: il che suffragato dal fatto che appunto
anche lo Spirito santo venuto sul Signore Ges e sul Signore che in ciascuno
[dei fedeli] (ejpi; to;n kuvrion <Ihsou'n> kai; to;n ejn eJkavstw/ kuvrion) sotto forma
di colomba. E tuttavia, pur essendo in queste condizioni, non rinunzieremo, trat-
tando le parole della vita che ci sono riferite, al tentativo di appropriarci della
loro virt che fluisce in chi le tocca con fede858 .
Il bisogno della mente di Cristo e dello spirito di sapienza ri-
badito ancora una volta in questo stesso libro che ne riunisce parecchie
attestazioni, allorch Origene si sforza di chiarire lidea del Tempio come
casa di Dio a commento di Gv 2, 21-22 (Ma egli parlava del tempio
del suo corpo. E quando fu risuscitato dai morti, i discepoli si ricordarono
che aveva detto questo; e credettero alla Scrittura e alla parola detta da
Ges). Ma nemmeno qui lavvertenza cautelativa secondo cui tali argo-
menti [...] sono molto al di sopra della natura umana spinge Origene ad
invocare espressamente laiuto divino, pur essendo consapevoli come
egli ammette di aver bisogno noi stessi della sapienza di quello Spirito
che non dato a tutti859.
Anche nel libro XIII e nel XIX latteggiamento dellAlessandrino non
cambia. Dobbiamo dunque attendere fino al XX libro per trovare quello
che si potrebbe definire un prologo in forma di preghiera, non troppo
dissimile da quanto abbiamo visto con il proemio di CC IV 860 . Esso si di-
spone, per cos dire, in due tempi: prima le intenzioni di preghiera e poi
la preghiera formulata direttamente, nella quale Origene, rivolgendosi
a Dio Padre, chiede di partecipare del suo Logos. Anche qui (come pi
avanti, allinizio del libro XXVIII ) si tratta insomma di una preghiera che
domanda lintelligenza spirituale delle Scritture, secondo il modello ri-
corrente in special modo nelle omelie:
Accingendoci a dettare questo libro XX sul vangelo di Giovanni, o Ambrogio
amantissimo di Dio e di quella scienza che si acquista nel Signore, noi preghia-

858 CIo X, 28, 172-173 (201, 11-22 [tr. Corsini, 420-421]). Sul requisito paolino del
nou'" Cristou' insiste da principio anche CIo I, 4, 24 (9, 8-11): To;n ga;r mevllonta tau'ta
ajkribw'" katalambavnein meta; ajlhqeiva" eijpei'n dei': Hmei'" de; nou'n Cristou' e[comen, i{na
eijdw'men ta; uJpo; tou' qeou' carisqevnta hJmi'n (1Cor 2, 16. 12). Origene ama combinare insie-
me 1Cor 2, 16 con il v. 12 (si vedano le attestazioni in Hannah, rispettivamente 46 e 41-42).
859 CIo X, 39, 266 (tr. Corsini, 441-442).
860 Cfr. supra, p. 266.
Come incenso al tuo cospetto 287
mo per ottenere dalla pienezza del Figlio di Dio, nel quale piacque [a Dio] di fare
abitare tutta la pienezza (cfr. Col 1, 19), pensieri pieni e, per cos dire, compatti,
che non abbiano niente di vuoto, affinch il vangelo ci sia rivelato, in quei punti
che costituiscono loggetto della nostra indagine, in modo che noi non tralascia-
mo niente di ci che esige desser sottoposto a un esame e a un commento scritto,
senza che questo peraltro risulti troppo prolisso o contenga interpretazioni
erronee del pensiero del nostro Salvatore Ges. Possa Dio inviarci il Logos stesso,
che ci manifesti se stesso, s che noi diveniamo, per un dono del Padre, contem-
platori della sua profondit861 .

Ancora una volta colui che dona, in risposta alla domanda delluomo,
indicato in Dio Padre, mentre il Figlio, invece di essere lintermediario
della richiesta, appare come loggetto stesso di essa: dal Logos divino,
quindi, che Origene si aspetta lammaestramento capace di guidarlo alla
comprensione della parola rivelata. In un solo caso, una domanda di natura
analoga trova formulazione mediante una preghiera al medico delle fa-
colt visive della nostra anima, perch faccia di tutto per liberare dai
veli i nostri occhi, ancora coperti dallignominia della nostra malvagit,
indirizzandosi apparentemente allo stesso Logos come medico delle ani-
me862 . Tuttavia, in apertura del libro XXXII, lAlessandrino rinnova la

861 CIo XX , 1, 1 (327, 1-11): Eijkosto;n uJpagoreuvonte" eij" to; kata; Iwavnnhn
eujaggevlion tovmon, filoqewvtate kai; filomaqevstate ejn kurivw/ Ambrovsie, eujcovmeqa ejk
tou' plhrwvmato" tou' uiJou' tou' qeou', eij" o}n eujdovkhsen pa'n to; plhvrwma katoikh'sai,
labei'n nohvmata plhvrh kaiv, i{n ou{tw" ei[pw, nasta; kai; mhde;n e[conta diavkenon, <i{na>
to; eujaggevlion kata; <ta;> ejxetazovmena hJmi'n ajpokalufqh'/, kai; mhvte paraleipovntwn
ti hJmw'n tw'n deovntwn ejxetavzesqai kai; uJpomnhmatikoi'" gravmmasin pisteuvesqai, mhvte
wJ" ouj crh; pleonazovntwn, mhvte parekdecomevnwn to;n tou' swth'ro" hJmw'n Ihsou' nou'n.
Qeo;" ou\n hJmi'n pevmyai aujto;n to;n lovgon, eJauto;n ejmfanivzonta, i{na tou' bavqou" aujtou',
dwroumevnou tou' patrov", qeatai; genwvmeqa (tr. Corsini, 601, con leggere modifiche). Sul
rilievo di questo prologo per lanalisi del commentario origeniano si veda Bastit; Perrone
2005b, 43-44. Di tenore simile anche il prologo al XXVIII libro; cfr. CIo XXVIII, 1, 6
(389, 18-390, 2): prima di accingerci allesame dei versetti seguenti invocheremo Dio,
che perfetto e largitore di perfezione, per mezzo del nostro perfetto Sommo Sacerdote
Ges Cristo, affinch conceda alla nostra mente di scoprire la verit e la costituzione di
ci che forma loggetto della nostra indagine (ejpikalesavmenoi to;n tevleion kai; teleiov-
thto" corhgo;n qeo;n dia; tou' teleivou ajrcierevw" hJmw'n Ihsou' Cristou', i{n hJmw'n to;n
nou'n dw/' euJrei'n th;n peri; tw'n ejxetasqhsomevnwn ajlhvqeian kai; kataskeuh;n aujtw'n) (tr.
Corsini, 688).
862 CIo XX , 32, 285 (369, 14-21): Se noi per, sulla scorta di quelle parole: Chi
crede che Ges il Cristo, nato da Dio (1Gv 5, 1), comprendiamo a fondo che cosa si-
gnifica credere veramente e ci rendiamo conto di quanto siamo lontani da una fede sif-
fatta, rispondiamo in questo modo, pregando il medico delle facolt visive della nostra
anima che nella sua sapienza e bont faccia di tutto per liberare dai veli i nostri occhi, an-
cora coperti dallignominia della nostra malvagit (parakalou'nte" to;n tw'n th'" yuch'"
o[yew" ijatro;n th/' eJautou' sofiva/ kai; filanqrwpiva/ pavnta poih'sai ta; uJpe;r tou' ajpoka-
lufqh'nai tou;" ojfqalmou;" hJmw'n, e[ti kekalummevnou" uJpo; th'" dia; th;n kakivan ajtimiva"
hJmw'n), secondo quanto sta scritto: La nostra ignominia ci ha ricoperti (Ger 3, 25) (tr.
288 Parte seconda, Capitolo settimo
supplica per lassistenza del Logos: una vera e propria preghiera perso-
nale, ancora pi intensa di quella contenuta nel prologo di CIo XX, dato
anche il fatto che lautore appare provato dal lungo cammino e ancor pi
bisognoso della guida di Ges per giungere a completare lopera:
Con laiuto di Dio, che per mezzo di Ges Cristo rende prospero il nostro cam-
mino (Apo; qeou' dia; Ihsou' Cristou' eujodouvmenoi), inoltriamoci nella via del
vangelo, via grande e fonte di vita per noi, qualora sia da noi non soltanto cono-
sciuta ma anche percorsa fino a raggiungerne il termine. E ora che siamo giunti,
per cos dire, alla trentaduesima stazione e ci accingiamo a questa nuova esposi-
zione, possa accompagnarci, o sacro fratello e uomo di Dio, Ambrogio, quella
colonna di nube luminosa (che Ges) (pareivh ge hJmi'n oJ stuvlo" th'" fwteinh'"
nefevlh" Ihsou' ), precedendoci e arrestandosi quando occorre (cfr. Es 13, 21), s
che possiamo percorrere tutto quanto il vangelo accompagnati da opportune ispi-
razioni al riguardo, senza scoraggiarci per la lunghezza del cammino n abbatter-
ci per la nostra debolezza, ma sforzandoci di seguire a ogni costo le orme della
colonna della verit. Dio solo sa se sua intenzione permettere o no che la nostra
mente percorra fino in fondo per mezzo delle [sue] ispirazioni il cammino del
commento al vangelo di Giovanni. Quanto a noi, abitanti ancora nel corpo e pur
esuli da esso per abitare presso il Signore come siamo, cerchiamo solo di non cam-
minare fuori del vangelo, per poter godere, nel paradiso di Dio pieno di delizie,
anche di quelle opere e di quelle parole che comportano di essere beati 863 .

Anche in questo caso Origene mostra come non sia mai possibile ri-
condurlo ad uno schema troppo rigido e fisso: vero che allinizio trovia-
mo la traccia del modello normativo (da Dio mediante Ges Cristo), ma
poi lintenzione di preghiera si concentra sulloggetto al punto da sugge-
rire anche il destinario pi diretto: Ges stesso. Da lui, infatti, ci si attende
che faccia luce e strada con la sua colonna di verit. Se nel brano tra-
spare una spiritualit della preghiera, essa sembra tutta rivolta al rapporto
immediato con Ges, che lui stesso quella via vivente del vangelo che
il commentatore auspica di poter percorrere fino al termine 864 . Origene

Corsini, 660, con leggere modifiche). La metafora del medico pu applicarsi sia a Dio sia
a Cristo, ma Fernndez, 247, nota 117 riferisce il passo a Cristo. Ger 3, 25 oggetto di
unampia spiegazione, in nesso con il velo di 2Cor 3, 15-16, in HIer V, 8-9. Il verbo
parakalou'nte" non frequente nel linguaggio della preghiera, ma la sua accezione di
pregare attestata anche dal seguito del passo (369, 21-22): ejpakouvsetai ga;r hJmw'n
oJmologouvntwn ta; ai[tia tou' mhdevpw hJma'" pisteuvein [...], se infatti confesseremo le
cause per cui non crediamo, egli ci esaudir (tr. Corsini, 660).
863 CIo XXXII, 1, 1-4 (425, 1-17 [tr. Corsini, 735]). Per Monaci Castagno 2003, 183,
il prologo attesta la completa sottomissione allispirazione divina, a riprova non solo di
una progettualit meno convinta di quella che emerge in CIo VI, ma anche dellautonomia
di Origene dalle aspettative di Ambrogio.
864 Si noti che le immagini del prologo (in particolare, la via) sembrano antici-
pare il commento della lavanda dei piedi (cfr. CIo XXXII, 7, 81 [437, 14-15]: oiJ de
maqhtai; tou' Ihsou', i{na oJdeuvswsiv th;n zw'san kai; e[myucon oJdovn).
Come incenso al tuo cospetto 289
affida lesaudimento del suo voto alla volont imperscrutabile di Dio, da
cui sempre e soltanto dipende la concessione dei doni spirituali. Nel con-
tempo si sforza, per cos dire, di fare la parte che gli compete, nel propi-
ziare la benevolenza divina, con lo sforzo di camminare secondo il van-
gelo, pur nella consapevolezza della debolezza del proprio corpo e della
condizione di esilio, illuminata di speranza dalla prospettiva della beati-
tudine nel paradiso di Dio. Forse un indizio ulteriore di questa situa-
zione psicologica linsolito ringraziamento a Dio che conclude sempre
nel XXXII libro la spiegazione del concetto di gloria a commento di Gv
13, 31-32 (Quandegli fu uscito, Ges disse: Adesso stato glorificato
il Figlio delluomo, e anche Dio stato glorificato in lui, anche Dio lo
glorificher in lui e lo glorificher subito): un approfondimento mag-
giore potrebbe venirgli, dichiara Origene, solo se il Padre glielo rivelasse
mediante il dono del Logos865.
Riconoscendo la fonte del dono in Dio Padre, nel libro XIII lAles-
sandrino ne trae unindicazione di portata universale, che investe lo stesso
rapporto tra il Padre e il Figlio, come mostra la sua spiegazione della
richiesta della Samaritana in Gv 4, 15 (Signore [...], dammi di questac-
qua): se il Padre ama far dono agli uomini delle cose pi belle come
si notato sopra , Egli vuole non solo che gli uomini gli facciano richie-
sta di esse, ma sollecita lo stesso Figlio ad offrire loro lesempio di tale
condotta.
qui forse contenuta una dottrina secondo cui nessuno pu avere un dono da
Dio se non lo chiede. E invero, il Salvatore stesso esortato dal Padre nel salmo a
chiedere perch gli sia dato, secondo quanto il Figlio stesso ci insegna con quel-
le parole: Il Signore mi ha detto: Tu sei mio figlio [...]. Domandamelo, ti dar i
popoli in eredit, le estremit della terra in tuo possesso (Sal 2,7-8). Anche il
Salvatore dice: Chiedete e vi sar dato e ancora: perch chiunque chiede riceve
(Mt 7, 7 ss.)866 .

865 CIo XXXII, 29, 366-367 (475, 27-33): Sappiamo bene che queste nostre consi-
derazioni sono molto al di sotto di quante ne contiene il passo esaminato (qualora Dio lo
riveli e il suo Logos venga a far vedere la gloria di Dio) e [di quante ne contiene] il Padre
che concede di conoscere tutta la gloria di Dio a colui al quale ci pu esser concesso
(tau'ta de; oujk ajgnoou'men pollw/' ei\nai ejlavttona w|n cwrei' oJ tovpo" ejxetazovmeno", ajpo-
kaluvptonto" tou' Qeou', kai; ejpidhmou'nto" tou' lovgou aujtou' eij" to; parasth'sai th;n dov-
xan tou' qeou', kai; w|/ duvnatai dwrhvsasqai oJ path;r dwrouvmeno" gnwsqh'nai th;n pa'san
dovxan tou' qeou'). E pertanto, limitati come siamo e molto al di sotto della dignit di queste
parole, rendiamo grazie a Dio anche [solo] per le considerazioni fatte, che son pur sempre
superiori al nostro merito (kai; ejpi; toi'" ejkteqei'sin cavrita" oJmologou'men tw/' qew/', ou\sin
pollw/' meivzosin th'" hJmetevra" ajxiva") (tr. Corsini, 803-804).
866 CIo XIII, 1, 5 (227, 1-7): Tavca ga;r dovgma tiv ejstin mhdevna lambavnein qeivan
dwrea;n tw'n mh; aijtouvntwn aujthvn. Kai; aujto;n gou'n to;n swth'ra dia; tou' yalmou' protrev-
pei aijtei'n oJ path;r i{na aujtw'/ dwrhvshtai, wJ" aujto;" hJma'" didavskei oJ uiJo;" levgwn: Kuvrio"
ei\pen pro;" mev: UiJov" mou ei\ suv: ai[thsai par ejmou' kai; dwvsw soi e[qnh th;n klhronomivan
290 Parte seconda, Capitolo settimo
Il brano sembra generalizzare in forma di dottrina quel riconoscimen-
to dallaspetto formulare che affiora pi volte nel commentario tramite
lespressione se Dio ce lo concede (qeou' didovnto")867 , o con linciso
occasionale se Dio ce lo riveler (qeou' ajpokaluvptonto" hJmi'n) ed altre
espressioni analoghe868. Al tempo stesso ribadisce con forza lidea della
preghiera come richiesta (ai[thsi") dei beni spirituali, in conformit con
linsegnamento proposto da Orat: anzi, il rilievo di tale dottrina risulta, se
possibile, ulteriormente accresciuto grazie allasserzione della sua impre-
scindibilit generalizzata, tanto che il Figlio stesso ne offre lesempio agli
uomini. Ma anche lesemplarit di Ges orante un aspetto primario e
ben evidenziato nel trattato, e pertanto non casuale che esso trovi spazio
in CIo e vi si segnali anche per alcuni spunti originali.

3.2.1.2. Il modello di Ges orante: la preghiera al Padre

Purtroppo non abbiamo il commento di Origene alla lunga preghiera


sacerdotale di Ges in Gv 17, testo-chiave per la visuale eucologica del
quarto vangelo non meno delladorazione in spirito e verit di Gv 4, 23-
24869 . LAlessandrino non sfrutta il dialogo tra Ges e la Samaritana per
il suo discorso sulla preghiera, mentre accenna brevemente a Gv 17 in un
passo del II libro, estrapolandone un theologoumenon importante riguardo
al destinatario dellorazione870 . Se anche dal luogo giovanneo questi risul-

sou, kai; th;n katavscesivn sou ta; pevrata th'" gh'": kai; oJ swthvr fhsin: Aijtei'te, kai;
doqhvsetai uJmi'n: pa'" ga;r oJ aijtw'n lambavnei (tr. Corsini, 458).
867 Il modo di dire meno frequente di quel che ci aspetterebbe, ma delle 17 occor-
renze attestate nel TLG ben 6 figurano in CIo (VI , 9, 55; X, 11, 60; XIII, 63, 455; XIX, 11,
64; XX, 4, 31; XXVIII , 26, 249). Esso pu riferirsi sia allesegesi in atto sia, pi frequente-
mente, a quella futura.
868 CIo XX, 44, 422 (cfr. anche XXXII, 29, 366). Si veda inoltre CIo XXVIII , 1, 6
(389, 19): qeou' carizomevnou.
869 Per Beauchamp, 974, la prospettiva del quarto vangelo quella di unulteriore
elevazione e purificazione della preghiera: Gv presenta sotto una luce molto unificata la
pedagogia della preghiera, passaggio dalla richiesta alla vera preghiera, e dal desiderio dei
doni di Dio a quello del dono che apporta Dio stesso. Ostmeyer sfrutta la novit termino-
logica di Gv (ad esempio, luso di proskunevw ) per sottolineare la mediazione di Ges per
la richiesta al Padre: Das Bitten im Namen Jesu ist Manifestation des Glaubens an Chri-
stus und kennzeichnet das neue Wesen der Glubigen (p. 217); solo a Ges spetta rivol-
gersi a Dio con lappellativo di Padre, mentre i fedeli lo pregano tramite Ges. Possia-
mo arguire il rilievo particolare di Gv 17 nel pensiero di Origene dal suo utilizzo in Prin I,
6, 2 (nota 1516), nella trattazione sulla fine. Il rilievo escatologico viene ribadito in Prin
II , 3, 5 (nota 1517). Sulluso di Gv 17 nel discorso eucologico di Origene si veda infra, pp.
475-488.
870 Fuggevoli rinvii a Gv 17, 11.21 figurano in CIo XXVIII, 21, 184 e FrIo 95. Sul-
linterpretazione di Gv 4, 23-24 si veda Lettieri. Alla luce del commento origeniano in
CIo XIII, egli si chiede: quale tipo di adorazione, di preghiera e di rendimento grato di
Come incenso al tuo cospetto 291
ta essere il Padre, per lAlessandrino egli tale in quanto Dio in senso
stretto (oJ qeov") o Dio-in-s (aujtovqeo") e perci distinto dal Figlio, che
designato solo come Dio (qeov"). Il contesto ricorda da vicino la pro-
blematica trattata anche nel Dialogo con Eraclide e ripropone per certi
versi un analogo nesso fra lex credendi e lex orandi, quantunque con un
esito che si direbbe pi scopertamente subordinazionistico:
Dio Dio-in-s; e per questo anche il Salvatore nella sua preghiera al Padre
dice: Che conoscano te, unico vero Dio (Gv 17, 3). Allinfuori del Dio-in-s,
tutti quelli fatti Dio per partecipazione alla divinit di lui si devono chiamare pi
propriamente Dio (qeov") e non il Dio (oJ qeov")871.
Nella discussione che segue Origene si sforza di chiarire ulteriormen-
te il rapporto tra il Figlio, in quanto Dio e Logos, da un lato con il Padre e
dallaltro con gli esseri razionali, partecipi di questo stesso Logos e con
lui inseriti in quel processo di deificazione di cui gi il Figlio fruisce per
primo facendosene a sua volta tramite agli altri logikoi. Fra gli argomenti
addotti dallAlessandrino ricorre in prima fila la preghiera, secondo lac-
centuazione caratteristica di CIo: il suo contenuto , infatti, indicato pro-
prio nellacquisizione del Logos.
E come ci sono molti di, ma per noi c un solo Dio, il Padre; e come ci sono
molti signori, ma per noi un solo Signore Ges Cristo (1Cor 8, 5-6), cos ci sono
molti logoi, ma noi preghiamo che in noi si trovi il Logos che nel principio e
presso Dio (hJmi'n eujcovmeqa o{pw" uJpavrxh/ oJ ejn ajrch'/ lovgo" oJ pro;" to;n qeo;n w[n),
il Logos che Dio872 .

gloria, rivelato da Cristo? Se la preghiera, il culto spirituale, sono atti dascesa verso il
sovrasensibile, si d allora preghiera o adorazione specifica del Nuovo Testamento? Pu
essere lunica differenza specifica ladorazione di Dio nel segno temporale di Cristo in-
carnato, o piuttosto non proprio lassoluta libert da qualsiasi determinazione del sacro,
da qualsiasi confinamento della verit universale allinterno di immagini o tipi storici
esclusivi (anche di quelli cristiani) la rivelazione dello Spirito cristiano?. Credo che dal
mio esame emerga il fatto che Origene sfugga al dilemma, offrendo una prospettiva che
salvaguarda luno e laltro aspetto, sia pure non senza tensioni.
871 CIo II, 2, 17 (54, 29-55, 2): Lektevon ga;r aujtoi'", o{ti tovte me;n aujtovqeo" oJ qeov"
ejsti, diovper kai; oJ swthvr fhsin ejn th'/ pro;" to;n patevra eujch'/: Ina ginwvskwsi se; to;n
movnon ajlhqino;n qeovn (Gv 17, 3): pa'n de; to; para; to; aujtovqeo" metoch'/ th'" ejkeivnou qeov-
thto" qeopoiouvmenon oujc oJ qeo;" ajlla; qeo;" kuriwvteron a]n levgoito, ou| pavntw"
oJ prwtovtoko" pavsh" ktivsew" (Col 1, 15), a{te prw'to" tw'/ pro;" to;n qeo;n ei\nai spavsa"
th'" qeovthto" eij" eJautovn, ejsti; timiwvtero", toi'" loipoi'" par aujto;n qeoi'"< w|n oJ qeo;"
qeov" ejsti kata; to; legovmenon: Qeo;" qew'n kuvrio" ejlavlhse, kai; ejkavlese th;n gh'n (Sal 49
[50], 1) < diakonhvsa" to; genevsqai qeoi'", ajpo; tou' qeou' ajrusav<meno"> eij" to; qeopoih-
qh'nai aujtouv", ajfqovnw" kajkeivnoi" kata; th;n aujtou' crhstovthta metadidouv" (tr. Corsini,
205). Laffinit dottrinale con Dial data anche dal fatto che Origene definisce la sua po-
sizione in risposta alle difficolt di quanti vorrebbero conservare lamor di Dio, ma per il
timore di affermare due di incappano allestremo opposto in dottrine false ed empie, cio
rispettivamente il monarchianesimo e ladozionismo (CIo II, 2, 16 [tr. Corsini, 204]).
872 CIo II, 3, 21 (55, 21-25 [tr. Corsini, 207]).
292 Parte seconda, Capitolo settimo
Daltronde, anche mettendone a fuoco loggetto in questi termini,
Origene non fa che ribadire la mediazione del Figlio nella preghiera a
Dio. Come si precisa pi avanti nel corso del medesimo libro, il vero
culto di Dio (qeosevbeia) ordinato al Padre per il tramite del Figlio:
quindi necessario passare attraverso questa porta per coloro che per-
vengono al Dio delluniverso con saggezza, cio per il tramite del media-
tore e Sommo Sacerdote e difensore 873 .
Il valore paradigmatico della preghiera di Ges nella sua orienta-
zione al Padre trova il riconoscimento pi esplicito nellidea della rivela-
zione della paternit divina, di cui egli si fa tramite. Come abbiamo visto
nel commento del Padrenostro in Orat, il passo di CIo XIX richiama il
contesto della Preghiera del Signore, pur non menzionandola aperta-
mente. La vicinanza al trattato, sebbene con sviluppi propri del commen-
tario, si avverte anche per la tensione dialettica che il luogo in questione
istituisce fra la vetus oratio e loratio christiana, se lecito adoperare per
Origene i termini della distinzione e/o antitesi tertullianea fra la preghiera
dellAntica Alleanza e quella della Nuova. Come in Orat, lAlessandrino
non appare disposto ad assecondare una contrapposizione troppo netta fra
le due, ma tende semmai a riassorbirne il contrasto.
E, certo, si pu fare un piacere agli eterodossi e dire che n Mos n i profeti
hanno conosciuto il Padre. Ma questo forse non vero, perch chi non ha affatto
conosciuto il Padre non ha conosciuto il Figlio: infatti il Figlio ha conosciuto il
Padre e il servitore il Signore. E se non unempiet dire che il Figlio non cono-
sce il signore (essendo figlio infatti non ha sperimentato il Padre come signore),
cos non sar neanche unassurdit dire, a proposito del medesimo Dio, che al
Figlio si addiceva conoscerlo come Padre e al servitore come signore; il servitore
non conobbe il Padre n il Figlio il signore.
Ora, in nessuna delle infinite preghiere, sparse non soltanto nei Salmi e nei pro-
feti, ma anche nei libri della Legge, si trova mai lappellativo di Padre, rivolto
da qualcuno a Dio nella sua preghiera (murivwn gou'n oujsw'n eujcw'n ajnagegram-
mevnwn ejn toi'" yalmoi'" kai; toi'" profhvtai", ajlla; kai; tw/' novmw/, ouj pavnu ti eu{r-
omen eujxavmenovn tina kai; levgonta tw/' qew/': Pavter), forse perch il Padre non lo
conobbero. Lo pregano come Dio, come Signore (eu[contai de; aujtw/' wJ" qew/' kai;
kurivw/ ), in attesa di colui che effonde lo Spirito dei figli adottivi non meno sui
figli adottivi che su coloro che dopo la sua venuta hanno creduto in Dio per
mezzo di lui. A meno che si sia attuata per loro la venuta intelligibile di Cristo e
abbiano ricevuto, insieme con la perfezione, anche lo Spirito dei figli adottivi.

873 CIo II, 34, 209 (92, 34-93, 4): W" ga;r hJ qeosevbeia kekovsmhtai tw'n dia; mesiv-
tou kai; ajrcierevw" kai; paraklhvtou kai; ejpisthmonikw'" prosercomevnwn tw'/ tw'n o{lwn
qew'/, skavzousa a]n eij mh; dia; th'" quvra" ti" eijsivoi pro;" to;n patevra, ou{tw" kai; hJ tw'n
pavlai qeosevbeia th'/ nohvsei kai; pivstei kai; prosdokiva/ Cristou' iJera; h\n kai; para; qew'/
ajpodekthv (tr. Corsini, 266-267).
Come incenso al tuo cospetto 293
Di Dio come Padre essi parlavano o scrivevano per in segreto e in modo non
conoscibile e non per tutti, per non prevenire la grazia <effusa> su tutto il mondo
per mezzo di Ges, che chiama tutti a esser figli adottivi, per annunziare il nome
di Dio ai suoi fratelli e cantare le lodi del Padre in mezzo allassemblea, secondo
quanto sta scritto: Annunzier il tuo nome ai miei fratelli, canter le tue lodi in
mezzo allassemblea (Sal 21[22], 23)874 .

La relazione di figliolanza con il Padre il proprium dellUnigenito


e con lui di quanti, per la fede in Cristo e il dono dello Spirito, partecipa-
no di quella stessa figliolanza sia pure a titolo adottivo. La novit salvi-
fica del Logos incarnato spiega la mancata manifestazione della paternit
divina nelleconomia veterotestamentaria, nonostante le abbondanti testi-
monianze di preghiere contenute nella Legge e nei Profeti, ed in partico-
lare nel Salterio, libro per eccellenza della preghiera dIsraele875 . Ma lin-
vocazione al Padre (secondo lindirizzo del Padrenostro in Lc 11, 2, ma
anche di Gv 11, 41) sta al centro dellesperienza orante di Ges e di colo-
ro che si mettono al suo seguito. Cos, se Mos da un certo punto di vista
ha conosciuto Dio come Signore, Cristo e i suoi fedeli lo riconoscono an-
zitutto come Padre e danno espressione di ci nelle loro preghiere. vero
che Origene non se la sente di negare del tutto la possibilit che i santi del-
lAntica Alleanza, Mos incluso, abbiano conosciuto Dio come Padre e
dunque ripiega su una sorta di disciplina dellarcano, ipotizzando un in-
segnamento esoterico, con una consegna del silenzio intesa a far risaltare
ancora di pi il novum della paternit divina professata da Ges e messa
in atto da lui verso tutti gli uomini, suoi fratelli. Perci Origene ripropone
la citazione di Sal 21(22), 23, che anche in Orat fondava lassistenza di
Ges, mediatore e paraclito, alle preghiere dei suoi fratelli partendo dal-
lidea della figliolanza comune 876 .
C un corollario importante alle affermazioni sulla paternit di Dio
e sulla figliolanza in Lui per il discorso sulla preghiera, che Origene foca-
lizza ripetutamente in CIo, forse con pi incisivit di quanto avesse fatto
in Orat, anche commentando il Padrenostro877. Infatti, la manifestazione
orante per eccellenza di questa condizione di figli di Dio rappresentata
in CIo dalla preghiera per i nemici, conformemente allinsegnamento di
Ges nel Discorso della Montagna (Mt 5, 44-45: 44Ma io vi dico: Amate
i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori, 45perch siate figli del
Padre vostro celeste, che fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i
buoni, e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti). Solo per questa via

874 CIo XIX, 5, 27-28 (303, 20-304, 8 [tr. Corsini, 570]).


875 Si noti lordine decrescente, per cos dire, quanto a grado di specializzazione:
Salmi, Profeti, Legge.
876 Cfr. Orat XV, 4 e supra, pp. 139-140.
877 Si veda supra, p. 212. Sullutilizzo di Mt 5, 44 si veda infra, pp. 499-505.
294 Parte seconda, Capitolo settimo
si realizza appieno la partecipazione del santo allamore del Padre che
si effonde senza distinzioni verso buoni e cattivi, verso giusti e ingiusti:
al modo del Padre nei cieli che fa sorgere il sole sopra i malvagi e i buoni, cia-
scuno dei figli di Dio, possedendo in s lamore a guisa di un sole, lo fa spuntare
sui malvagi in virt del suo amore per i propri nemici. E come [il Padre] fa pio-
vere sui giusti e gli ingiusti, cos il santo manda la sua preghiera a guisa di una
pioggia su quelli che in qualche modo stanno al di sotto di lui, dal momento che
lo perseguitano, mentre egli prega anche per gente come loro (th;n proseuch;n oJ
a{gio" katapevmpei ejpi; tou;" kavtw pou tugcavnonta", dia; to; diwvkein aujtovn, kai;
peri; tw'n toiouvtwn proseucovmeno")878.

La preghiera di Ges al Padre per eccellenza la preghiera del san-


to, ma nel XXVIII libro il suo modello porge loccasione per riflettere
anche, per contrasto, sulla preghiera del peccatore, com esemplificata
dal pubblicano della parabola lucana (Lc 18, 13). Origene vi commenta la
scena del racconto giovanneo che prelude alla resurrezione di Lazzaro sof-
fermandosi dapprima sul gesto descritto allinizio di Gv 11, 41 (E Ges
alz gli occhi e disse...). Alzare gli occhi al cielo, come Ges fa al mo-
mento di pregare, il gesto di colui che si rivolge con fiducia filiale al
Padre sollevando gli occhi dellanima dalle realt terrene per indirizzare a
Lui parole riferite alle cose grandi e celesti, cio a quelle realt che per
Origene come sappiamo bene da Orat rispecchiano linsegnamento
dellagraphon gesuano, richiamato anche da CC:
[Ges] distoglie la sua capacit intellettiva dalla consuetudine con coloro che
sono quaggi per ricondurla verso lalto mediante la preghiera al Padre che tutto
trascende. Ora, se vero che Paolo e quelli che gli sono affini sono imitatori di
Cristo, ne consegue che chi vuol pregare, imitando lo zelo della preghiera di Cri-
sto, deve levare in alto gli occhi dellanima, distogliendoli dalle realt di quag-
gi, dai ricordi, dai concetti, dai giudizi di quaggi e rivolgere a Dio parole di
preghiera grandi e celesti, degne delle realt grandi e celesti che trattano879 .

878 CIo XX, 17, 151 (350, 6-13 [tr. Corsini, 631]). Cfr. inoltre XX, 33, 290; XX, 33,
292: E se non c altro modo di diventare figli del Padre nei cieli se non quello di amare
i propri nemici e pregare per i propri persecutori... (ibi, 662); XX, 34, 309.
879 CIo XXVIII, 4, 25 (392, 30-393, 5): metevqhken eJautou' to; dianohtiko;n ajpo; th'"
pro;" tou;" kavtw oJmiliva" kai; ajnhvgagen kai; u{ywsen prosavgwn aujto; th/' pro;" to;n uJperav-
nw pavntwn patevra eujch/'. ajlla; kai; ei[per mimhth;" Cristou' ejsti Pau'lo" kai; oiJ para-
plhvsioi aujtw/', ajnavgkh to;n kata; zh'lon kai; mivmhsin th'" Cristou' eujch'" eujxovmenon,
a[ranta tou;" ojfqalmou;" th'" yuch'" a[nw kai; ajnabibavsanta aujtou;" ajpo; tw'n th/'de prag-
mavtwn kai; mnhvmh" kai; ejnnoiw'n kai; logismw'n, ou{tw" eijpei'n tw/' qew/' tou;" lovgou" th'"
eujch'" tou;" peri; megavlwn kai; ejpouranivwn megavlou" kai; ejpouranivou" (tr. Corsini,
692). La descrizione dellatto orante insinua la vicinanza, se non lassimilazione vera e
propria, fra eujchv e oJmiliva, bench Origene non abbia fatto sua la definizione della pre-
ghiera come colloquio, a parte EM 3 (supra, nota 40).
Come incenso al tuo cospetto 295
Ritroviamo qui la descrizione della preghiera alla stregua di eserci-
zio spirituale, secondo il modello gi illustrato in Orat e presente anche
in CC VII, 44. Origene ripropone lajnacwvrhsi" sensoriale e mentale tra-
mite gli occhi dellanima, impegnati a compiere quellanabasi verso
Dio che implica un trascendimento totale di tutte le rappresentazioni ter-
rene. Nel nostro passo laccento batte in partenza su una formulazione pi
estensiva delle realt da trascendere: oggetti, memoria, nozioni e pensieri,
che parrebbe preludere alle riflessioni di Evagrio sulla preghiera pura.
Come seguendo unassociazione interiore, Origene interrompe a prima
vista il suo ragionamento e introduce una riflessione su Paolo imitatore
di Cristo e quanti gli sono affini, per caldeggiare ladesione al modo
di pregare di Ges. Non per unosservazione stravagante, bens una
spia rivelatrice dellimportanza che Paolo riveste per il discorso origenia-
no sulla preghiera, come abbiamo cercato di mettere in luce esaminando
il trattato. Se nellesercizio di anacoresi e di anabasi qui raffigurato si pu
leggere in filigrana anche un richiamo implicito a 1Tm 2, 8, luogo scrit-
turistico che fissa per lAlessandrino le disposizioni interiori indispensa-
bili allorante (peraltro richiamato espressamente poco di seguito), egli
allude anche ai contenuti della preghiera (lovgou" th'" eujch'") secondo
le istruzioni fornite in Orat. Abbiamo cos come in un compendio i due
elementi-guida dellatto orante secondo il trattato, proprio a partire dal ri-
ferimento paolino in Rm 8, 26: il kaqo; dei', come si conviene (cio la
katavstasi" o atteggiamento richiesto), e lo o} dei', ci che conviene,
lindicazione dei contenuti della domanda880 . Questi non solo sispirano
chiaramente, come s detto, allagraphon ormai noto sulle cose grandi
e celesti, ma influenzano anche la retorica della preghiera. Lelegante
intreccio con duplice ripetizione della coppia grandi e celesti richiama
la riflessione su grandezza e nobilt della proseuchv in Orat XIV, 2
ed il discorso sui suoi topoi in Orat XXXIII.
Prima di trattare del modo di pregare del peccatore che Origene
illustra di seguito, completando anche la raffigurazione dellatto orante
con una riflessione sul gesto delle mani levate (1Tm 2, 8), simbolo della
prassi virtuosa quale indispensabile preludio e preparazione ad esso
conviene adesso soffermarsi sullinterpretazione della preghiera di Ges
in Gv 11, 41-42 (41Padre, ti ringrazio che mi hai ascoltato. 42Io sapevo
che sempre mi dai ascolto, ma lho detto per la folla che mi sta attorno,
perch credano che tu mi hai mandato). LAlessandrino sfrutta il tenore
di questa preghiera per chiarire sia la particolarit dellorazione di Ges,
in quanto santo, sia le modalit del suo esaudimento da parte del Padre:

880 Cfr. supra, p. 75.


296 Parte seconda, Capitolo settimo
Ai santi (toi'" ajxivoi") che vivono nella carne ma non militano secondo la carne
(cfr. 2Cor 10, 3), quando pregano, fatta da Dio, in riferimento alla loro preghie-
ra, una promessa che suona cos: Mentre tu stai ancora parlando, io dir: Ecco-
mi! (Is 58, 9). Cosa mai dobbiamo pensare che Dio dica per la preghiera del Sal-
vatore e Signore se non questo: Prima che tu parli, io dir: Eccomi!? Ges in-
fatti, contemporaneamente, alz gli occhi e disse (Gv 11, 41). E che cosa disse?
[Si tenga presente che] la promessa fatta da Dio al Salvatore, cos come noi lab-
biamo congetturata (se lecito far congetture in argomenti di tale portata), suona:
Prima che tu parli, io dir: Eccomi! ed , quindi, maggiore di quella fatta ai giu-
sti (tou;" dikaivou"): Mentre tu stai ancora parlando, io dir: Eccomi! (Is 58, 9).
Che cosa disse dunque? Egli si era proposto di pregare. Ma colui che gli avrebbe
detto: Prima che tu parli, io dir: Eccomi! lo previene; ed egli allora, invece,
della preghiera che si proponeva di fare, ringrazia colui che ha prevenuto la sua
preghiera (ajnti; th'" kata; provqesin a]n lecqeivsh" eujch'" levgei th;n ejpi; tw/' prola-
bovnti th;n eujch;n eujcaristivan). E, quasi fosse gi stato esaudito in ci che aveva
in mente di chiedere ma non aveva ancora chiesto con la sua preghiera, esclama:
Padre, ti ringrazio che tu mi hai ascoltato (Gv 11, 41). Egli si accingeva, dunque,
a pregare per la risurrezione di Lazzaro, ma quel Dio che solo buono e Padre,
prevenendo la sua preghiera, esaud le richieste contenute nella preghiera futura:
per questo il Salvatore, tra lattenzione della folla che lo circonda, invece di una
preghiera innalza al Padre un ringraziamento 881 .

La convinzione che colui che degno o giusto, cio santo,


quando prega, adempia ai requisiti per essere esaudito da Dio, era gi af-
fiorata in Orat, seppure priva di quel certo automatismo o vera e propria
certezza che contraddistingue invece la posizione di Clemente Alessan-
drino882. Ben pi decisa dunque la sua riaffermazione in CIo, che si ap-
pella a Is 58, 9 su cui Origene fonda principalmente lidea dellascolto
immediato dellorante da parte di Dio per estrapolarne adesso unappli-
cazione particolare ed esclusiva883. Il presupposto la distinzione unica di

881 CIo XXVIII, 6, 39-42 (395, 9-27 [tr. Corsini, 695-696]).


882 Cfr. supra, pp. 155-156. Si veda, per converso, Clemente Alessandrino, Strom.
VII , 7, 43, 1-2 (148, 2-150, 7): Otan de; oJ eujproaivreto" oJmou' kai; eujcavristo" di eujch'"
aijth'tai, aJmh/' ge ph/' sunergei' ti pro;" th;n lh'yin, ajsmevnw" di w|n eu[cetai to; poqouvmenon
lambavnwn. Epa;n ga;r to; par hJmw'n eujepivforon oJ tw'n ajgaqw'n lavbh/ dwthvr, ajqrova pavnta
th/' sullhvyei aujth/' e{petai ta; ajgaqav (cfr. anche Strom. VII , 49, 5, con lallusione a Is 58, 9).
In Cipriano, De dom. or. 3 (35-38), lefficacia tanto maggiore quanto pi ci si attiene al
modello del Signore: Nam cum dicat: Quia quodcumque petierimus a patre in nomine eius
dabit nobis (Gv 16, 23), quanto efficacius impetramus quod petimus Christi nomine, si pe-
tamus ipsius oratione?. Anche il vescovo di Cartagine si rif a Is 58, 9 (De dom. or. 33).
883 Is 58, 9 citato nuovamente da HCt I, 2, mentre alluso da CCt I, 2, 2, in en-
trambi i casi per inculcare lidea dellimmediatezza dellascolto divino. Anche FrIer 68
(nota 1100) lo richiama per sottolineare lesaudimento di chi prega autenticamente (cfr.
anche lallusione in CMt XI, 6: infra, nota 1017). Invece, Orat X, 1 lo sfrutta come indica-
zione della presenza di Dio per colui che si dispone rettamente a pregare: safe;" de; o{ti oJ
ou{tw" eujcovmeno" e[ti lalw'n ajkouvsetai, th'/ ejnergeiva/ tou' ejpakouvonto" ejnorw'n, to; ijdou;
Come incenso al tuo cospetto 297
Ges rispetto ai santi, che autorizza per lAlessandrino, argomentando a
fortiori, ad una congettura finalizzata ad accrescere limmediatezza della
risposta divina fino a pervenire alla simultaneit: se lorante in stato di
santit pu ricevere lassicurazione dellesaudimento divino nellatto
stesso di formulare la propria richiesta, Ges non ha neppure bisogno di
fare ci, perch il Padre previene la sua domanda; di conseguenza, egli si
rivolge a Dio indirizzandogli un ringraziamento. Se leujchv in pratica
sostituita dalla eujcaristiva, ci non significa per che la preghiera di
Ges si configuri sempre e comunque come ringraziamento, quasi ad
indicare nelleujcaristiva la forma pi alta di orazione, che superi cio lo
statuto di ai[thsi"884. In realt, per Origene, il brano giovanneo generalizza
la preghiera di domanda in Ges, insieme al ringraziamento per essere
stato sempre ascoltato: Ma poich anche prima dora egli aveva chiesto
e ottenuto per infinite altre circostanze (peri; a[llwn murivwn h[/thsen kai;
e[tucen), egli ringrazia per Lazzaro e per le volte precedenti. Per Lazzaro
dice: Padre, ti ringrazio che mi hai ascoltato (Gv 11, 41); e per le volte
precedenti, dice: Io lo sapevo che sempre mi dai ascolto (Gv 11, 42)885.
In tal modo, la resurrezione di Lazzaro cristallizza una pi ampia prassi
orante di Ges, che si manifesta in relazione ai diversi miracoli compiuti
da lui con la cooperazione del Padre, e che sollecita lAlessandrino ad
interrogarsi ancora sulla particolare funzione che la preghiera vi svolge,
anche alla luce di Gv 11, 43-44, allorch Ges grida a gran voce perch
Lazzaro esca dalla tomba 886 . Vedremo in seguito, nellesaminare il Com-
mento a Matteo, come il paradigma di Ges orante acquisti ulteriore rilie-
vo, essendo l ancor pi direttamente collegato alla sua condizione divino-
umana di Logos fatto carne, nel cruciale momento della passione. Ma Ori-
gene conclude la riflessione sulla preghiera di Ges per Lazzaro e lappel-
lo fatto al morto perch risorga, con unattualizzazione che aiuta a capire
come per lui latteggiamento orante del Figlio si prolunghi fino alloggi:
Anche adesso (occorre che ce ne rendiamo conto) esistono Lazzari, che dopo es-
sere stati amici di Ges si ammalano e muoiono e se ne stanno, morti tra i morti,

pavreimi. A sua volta HIs IV, 4 (nota 1251) collega il passo mediante una prosopopea a
Is 6, 5, nel segno di una confessione di colpa che si attira limmediata presenza di Dio.
Cfr. anche infra, pp. 446-448.
884 Per la discussione al riguardo, cfr. nota 815.
885 CIo XXVIII, 6, 48 (396, 19-22 [tr. Corsini, 697]).
886 Cfr. CIo XXVIII , 7, 51. In XXVIII, 6, 45, Origene ricorda la resurrezione della fi-
glia del capo della sinagoga in Lc 8, 55, implicando una preghiera di Ges che opera il mi-
racolo: Qualcosa di simile ritengo sia accaduto quando risuscit la figlia del capo della
sinagoga: [anche allora] egli chiese (h[/thsen) che lanima ritornasse indietro e sintrodu-
cesse di nuovo nel corpo (tr. Corsini, 696). Egli accenna anche al miracolo sul figlio della
vedova di Nain, ma senza approfondire ulteriormente il discorso sul rapporto preghiera-
miracoli.
298 Parte seconda, Capitolo settimo
nel sepolcro e nella regione dei morti. E anchessi quindi sono restituiti alla vita
per la preghiera di Ges e invitati dalla sua voce forte a venire fuori dal sepolcro.
[...] Devi pensare che chi ha ottenuto una volta la conoscenza della verit, stato
battezzato, ha gustato il dono celeste, divenuto partecipe dello Spirito santo, ha
gustato la buona parola di Dio e le meraviglie del mondo futuro e poi ha apostato
da Cristo ed ritornato a una vita pagana, si trovi nellinferno tra le ombre e i
morti, in una regione di morti o nei sepolcri. Se, dunque, Ges si reca al sepolcro
di costui e, stando fuori, prega per lui, chiedendo forza per la sua voce e le sue
parole, e viene esaudito, allora chiama a gran voce fuori dalla vita pagana, da
quel sepolcro e da quella grotta che essa , colui che gli era cos amico887.
Anche nel Commento a Matteo lAlessandrino ritorner su questo
sviluppo esegetico, alludendo alla ricaduta nel paganesimo da parte di fe-
deli che avevano aderito a Cristo, ma egli accenner con una formulazione
pi generica allintervento di Ges per la salvezza delluomo peccatore
che invece in CIo si configura proprio come azione di preghiera888. In tal
modo, se in Orat, esplorando la dimensione comunionale della preghiera,
abbiamo notato in particolare la compartecipazione di Cristo, mediatore e
Sommo Sacerdote, alla preghiera dei fedeli, in CIo la sua assistenza orante
si estende apertamente anche allaiuto verso i peccatori, a conferma di
unaccentuazione peculiare del commentario.

3.2.1.3. Lesempio del pubblicano: la preghiera delluomo peccatore

Lattenzione alla preghiera delluomo peccatore, sullo sfondo del-


lesperienza orante di Ges, rappresenta un apporto specifico di CIo rispet-
to allo stesso discorso del trattato. Nel commentare il gesto di preghiera
di Ges, che solleva gli occhi in alto, a chi obietta lesempio del pubblica-
no che li abbassa e si batte il petto standosene a distanza, Origene distin-
gue le condizioni spirituali per la preghiera delluomo peccatore da quella
del giusto o santo:
Qualcuno ci obietter forse lesempio del pubblicano che non ardiva neppure
alzare gli occhi e si batteva il petto dicendo: Dio, abbi piet di me peccatore! (Lc
18, 13). Occorre rispondergli che non da tutti e non sempre si deve assumere
quella tristezza secondo Dio che genera ravvedimento per la salvezza e di cui
non ci si pente (cfr. 2Cor 7, 9), ma soltanto da chiunque commette cose merite-
voli di tale tristezza e se ne pente. E del resto, questa tristezza va assunta con mi-

887 CIo XXVIII, 7, 54. 55-56 (397, 15-398, 5 [tr. Corsini, 698-699]).
888 CMtS 139 (288, 6-12): Si chiamano poi sepolcri i corpi delle anime peccatrici,
ossia di quelle che sono morte a Dio. Ma quando, per opera della grazia di Dio, tali anime
saranno risuscitate alla fede, i loro corpi che prima erano sepolcri di anime morte, diven-
gono corpi di anime sante, e sembrano uscire da se stessi, nel momento in cui cessano di
essere sepolcri di anime morte e cominciano ad essere corpi di anime sante (tr. Scogna-
miglio, 283).
Come incenso al tuo cospetto 299
sura e senza eccessi, per non esser di nuovo assorbiti da Satana a causa dellec-
cessiva tristezza. Analogamente, non a tutti si addice neppure alzare gli occhi o
fermarsi a distanza. In queste cose, ciascuno esamini se stesso e poi non soltanto
mangi di questo pane e beva di questo calice (cfr. 1Cor 11, 28), ma anche levi
gli occhi e li rivolga verso lalto nella preghiera e parli sottomettendosi a Dio e
umiliandosi davanti a lui889 .
Lesempio del pubblicano non viene mai rievocato in Orat, mentre
lAlessandrino si richiamer ancora ad esso in altre occasioni, come nelle
Omelie sui Salmi o nel Commento a Matteo, ampliandovi in parte la sua
riflessione con un occhio maggiormente rivolto alle conseguenze eccle-
siali890. Tuttavia, gi qui egli fa emergere una preoccupazione che riba-
dir anche successivamente: lesemplarit del gesto di mortificazione del
pubblicano deve essere assunta con moderazione e discernimento, per evi-
tare di cadere vittima di una tristezza che non pi secondo Dio.
Laccenno alla tristezza secondo Dio ricalcato evidentemente sul mo-
dello paolino di 2Cor 7, 9-10 accompagnato dallinvito al discerni-
mento spirituale, sempre ispirato dallApostolo con la sua raccomanda-
zione di 1Cor 11, 28891 . Da entrambi i luoghi paolini, dunque, Origene
trae un criterio dinamico, che non confina per cos dire staticamente il
peccatore nella sua condizione di colpevole e lo trattiene nella sua indivi-
dualit isolata, ma lo porta invece ad aprirsi fiduciosamente al rapporto
con il Dio che perdona e allinserzione nella comunit ecclesiale che il
suo tempio vivente, come si vede dallinvito successivo ad alzare gli occhi
a Lui, umiliandosi892 . AllAlessandrino sembra stare a cuore che, da un

889 CIo XXVIII, 4, 26-27 (tr. Corsini, 692). Anche Tertulliano rammenta lesempio
del pubblicano, per inculcare modestia e umilt nella preghiera, invitando a contenere lo
stesso gesto delle mani levate: ne ipsis quidem manibus sublimius elatis, sed temperate
ac probe elatis, ne vultu quidem in audacia erecto (De orat 17, 1 [1-4]).
890 Lesemplarit del gesto di preghiera del pubblicano ribadita da H37Ps I , 5
(280, 25): Si vero vis etiam per exempla cognoscere quomodo peccatis suis unusquisque
curvetur, ita ut suspicere non possit nec in caelum elevare oculos suos: intuere illum publi-
canum. Invece in CRm III, 9, la parabola usata unicamente per fondare la giustificazio-
ne per fede, senza accennare alla preghiera. Anche Cipriano, De dom. or. 6 (nota 1773) si
rif ad essa onde sottolineare lo statuto di preghiera esaudita per la sua umilt e generaliz-
zare il paradigma, dato che nessuno innocente.
891 Il richiamo a 2Cor 7, 9-10 figura gi in CIo X, 17, 101: la carne dellagnello
poi e gli azzimi noi li mangiamo con erbe amare, o perch, a causa delle conversioni dei
nostri peccati, noi ci rattristiamo di quella tristezza secondo Dio la quale genera in noi
quella conversione [che porta] a salvezza e di cui non ci si pente... (tr. Corsini, 403). La
tristezza secondo Dio, per lAlessandrino, non pu non dare frutti di gioia, come af-
ferma FrIer 70 (232, 20-22), mediante un collage di due luoghi paolini: tiv" gavr ejstin oJ
eujfraivnwn me eij mh; oJ lupouvmeno" ejx ejmou' (2Cor 2, 2) hJ ga;r kata; qeo;n luvph metav-
noian ajmetamevlhton eij" swthrivan katergavzetai (2Cor 7, 10).
892 Anche in HIer XX, 9 (192, 10-13), la citazione di 2Cor 2, 7-8 accompagnata
dallinvito allesame di coscienza e alla preghiera: e{kasto" hJmw'n ejxetasavtw th;n suneiv-
300 Parte seconda, Capitolo settimo
lato, il peccatore non si autocolpevolizzi alleccesso, e, dallaltro, non as-
suma a sua volta un atteggiamento penitenziale colui che non si trova nella
condizione di peccatore, il che sarebbe altrettanto fuori luogo893 .
Il punto di vista sembra essere dettato soprattutto dalla preoccupazio-
ne di un dinamismo spirituale, come si vede anche da unulteriore illustra-
zione della preghiera del peccatore. Origene lestrapola, con unargomen-
tazione rivelatrice della sua sensibilit sul tema, dal racconto di Susanna
e i vecchioni894 . Adoperando unesegesi insieme creativa e arbitraria sul
testo biblico, suggerita in particolare dallimmagine degli occhi, egli
affianca, in forma di dittico, alla preghiera della vittima quella, affatto ipo-
tetica ma auspicata, dei suoi insidiatori. Anche per loro, infatti, lAlessan-
drino non esclude la possibilit del ravvedimento e la manifestazione di
preghiera adeguata allammissione delle colpe:
Per darne una spiegazione ancora pi chiara, citeremo da Daniele ci che detto
a proposito dei due vecchioni iniqui innamorati di Susanna: Depravarono la loro
mente, stravolsero i loro occhi, per non vedere il cielo e non ricordarsi dei giusti
giudizi (Dn 13, 9), e ci che detto a proposito di Susanna: Ella, piangendo, alz
lo sguardo al cielo, perch il suo cuore era pieno di fiducia nel Signore (Dn 13,
35). Osserva qui come gli uni, dopo aver depravata la loro mente, stravolsero i
loro occhi, per non vedere il cielo, mentre laltra, piena di fiducia nel Signore, in
virt di questa sua fiducia alz il suo sguardo verso il cielo. Alzare i suoi occhi
verso lalto a guardare il cielo, quindi, bene si addiceva a lei che si accingeva a
pregare con la libert piena di fiducia che le proveniva dalla [coscienza della sua]
continenza (e[prepen toivnun th/' me;n ejpi; th/' peri; th'" swfrosuvnh" parjrJhsiva/ mel-
louvsh/ eu[cesqai ajnablevpein eij" to;n oujrano;n kai; ai[rein tou;" ojfqalmou;"
a[nw). Quanto ai vecchioni, supponiamo che dopo aver depravata la loro mente e
stravolti i loro occhi per non vedere il cielo e non ricordarsi dei giusti giudizi, si
siano pentiti e, dopo aver tentato la donna senza raggiungere ci che desiderava-
no, si siano messi a pregare; in tal caso, essi avrebbero dovuto non ardire neppure

dhsin eJautou', kai; ijdevtw tiv h{marten: o{ti dei' aujto;n kolasqh'nai. eujcevsqw tw/' qew'/ tou'to
to; pu'r to; ejn tw'/ Ieremiva/ h{kein ejp aujtovn, ei\ta to; ejpi; Sivmwna kai; Kleovpan ejlhluqov",
i{na mh; thrhqh/' tw/' a[llw/ puriv.
893 CIo XXVIII, 4, 31: Che anzi, chi avendo il dovere di alzare gli occhi non li alza,
pecca; cos come pecca chi alza gli occhi senza che gli si addica (tr. Corsini, 693). Ori-
gene adduce di seguito (32-33) un piccolo dossier di passi scritturistici sullalzare gli oc-
chi: Gv 4, 35 (Levate i vostri occhi e guardate le campagne che gi biancheggiano per
la mietitura); Is 40, 26 (Levate i vostri occhi verso lalto); Sal 122(123), 1-2 (Ho al-
zato gli occhi miei a te che risiedi nel cielo. Ecco, come gli occhi dei servi sono rivolti
alle mani dei loro padroni, come gli occhi dellancella sono rivolti alle mani della sua pa-
drona, cos gli occhi nostri sono rivolti al Signore, nostro Dio, fino a che si muova a piet
di noi). Origene era gi intervenuto sul significato dellespressione scritturistica alzare
gli occhi in CIo XIII, 42, 274-278, affermando che nessuno di coloro che legato alle
passioni della carne pu levare gli occhi in alto.
894 La preghiera di Susanna in Dn 13, 42-43 ricorre anche in CGn III (cfr. supra,
nota 295).
Come incenso al tuo cospetto 301
alzare gli occhi, e fermarsi a distanza e battersi il petto e dire, a somiglianza del
pubblicano: O Dio, abbi piet di me peccatore! (Lc 18, 13)895.

La preghiera delluomo peccatore trova allora la propria giustificazio-


ne e misura quando si colloca in un rapporto dialettico con il modello della
preghiera del santo. Ed comprensibile quindi che, chiarito latteggiamen-
to orante che si conf al peccatore, Origene torni a prospettare il paradig-
ma del giusto, la cui diversa condizione spirituale resa manifesta anche
dal gesto delle mani levate. LAlessandrino ridisegna dunque conclusiva-
mente latto orante alla luce di due luoghi-chiave per la sua riflessione
eucologica come 1Tm 2, 8 e Sal 140(141), 2, e ne rievoca gli effetti, sempre
in unottica scritturistica, con lesempio ben noto della preghiera vittoriosa
di Mos durante la battaglia dIsraele contro gli Amaleciti (Es 17, 11)896 .
In conclusione, il Commento a Giovanni si rivela davvero pi ricco
delle aspettative iniziali. Ai motivi che abbiamo messo in luce si potreb-
bero aggiungere altri spunti che riguardano la preghiera di Ges (come i
fuggevoli cenni sullorazione del Getsemani, in polemica con Eracleone e
altri)897, quella dei santi dellAntica Alleanza in quanto intercessori (oltre
a ritrovare nuovamente Geremia in questo ruolo, vi compare anche Abra-
mo)898 , oppure la preghiera silenziosa come quella che propria dei san-
ti899 . Sono integrazioni che per non modificano le linee di fondo di CIo,
come ho cercato di metterle in luce, e che concorreranno in seguito alla

895 CIo XXVIII, 5, 34-35 (394, 8-31 [tr. Corsini, 694]).


896 CIo XXVIII, 5, 36-37 (394, 31-395, 3): A chi leva gli occhi verso lalto e li in-
nalza verso il cielo come si addice, pu darsi che si addica anche dinnalzare mani pure,
soprattutto quando manda verso lalto la sua preghiera (ajnapevmpei th;n eujchvn) senza ira
n dissidi (cfr. 1Tm 2, 8). In tal modo, infatti, se i nostri occhi saranno rivolti verso lalto
per mezzo dei pensieri e della contemplazione e le nostre mani innalzate per mezzo delle
azioni che elevano e sublimano lanima (ejn pravxesin ejpairouvsai" kai; uJyouvsai" th;n
yuchvn), al modo cio in cui innalz le sue mani Mos (tanto da poter dire [anche noi]:
Lelevazione delle mie mani [ come] un sacrificio della sera [Sal 140(141), 2]), gli Ama-
leciti e tutti i nemici invisibili saranno sconfitti e gli Israeliti che sono in noi, vale a dire i
pensieri santi, avranno il sopravvento (tr. Corsini, 694-695).
897 In CIo XIII, 38, 249 Origene critica lidea di Eracleone che la volont del Padre
sia nutrimento o riposo per il Salvatore, obiettandogli Mt 26, 39 (tr. Corsini, 512-513).
In CIo XXXII, 23, 295, linvito di Ges a Giuda in Gv 13, 27 (Quello che fai fallo pre-
sto) attesta che non aveva paura, come invece ritengono alcuni che non hanno com-
preso il significato di quelle parole: Padre mio, se possibile, passi da me questo calice!
(tr. Corsini, 790).
898 CIo XIII, 58, 403-404. Circa lintercessione di Geremia, cfr. supra, nota 563.
Quanto ad Abramo, padre di Israele, lAlessandrino ne vede il tipo nel dignitario regio
che supplica Ges per il figlio ammalato a Cafarnao (Gv 4, 46-53).
899 In CIo VI , 18, 101, Gv 1, 23 (Io sono voce di uno che grida nel deserto: Appia-
nate la via del Signore, come disse il profeta Isaia) spinge Origene a riflettere sulla gran-
dezza della voce; nel caso degli oranti, come Mos, essa da intendere in senso intelligi-
bile (cfr. infra, nota 1471).
302 Parte seconda, Capitolo settimo
ricostruzione pi organica del discorso origeniano sulla preghiera. Merita
solo di essere ancora notato lapprofondimento antropologico relativamen-
te al posto dello pneuma nella vita spirituale, che riguarda sia la persona
di Ges sia i santi suoi imitatori. Lo spunto offerto da Gv 13, 21 (Dette
queste cose, Ges si turb per opera dello spirito), che Origene commen-
ta a partire da una considerazione di principio sul fattore pneumatico
nella vita dei santi per applicarla poi, a pi forte ragione, alla vita di Cristo:
Il santo [...] vive per lo spirito, che in lui presiede a tutte le funzioni del
vivere, a ogni azione, preghiera e inno rivolto a Dio; e quindi, qualunque
cosa faccia, la fa con lo spirito e se subisce una passione la subisce per lo
spirito. Se ci vale per il santo, quanto pi lo si dovr dire per Ges Cri-
sto, che dei santi il capostipite!900 . Ora, fuori di dubbio che anche il
commento al quarto vangelo confermi a suo modo il paradigma della
preghiera spirituale tracciato da Orat sia quanto ai contenuti che per il
modo dellorazione, ma questo passo mostra che le implicazioni pneuma-
tologiche del discorso origeniano non possono mai ignorare la compo-
nente antropologica, su cui sinnesta lazione dello Spirito santo.

3.2.2. Commento al Cantico dei Cantici

Al dire di Gerolamo, Origene, che nei suoi altri commenti superava


tutti gli interpreti, nel commentare il Cantico dei Cantici avrebbe superato
se stesso901. Anche di questa grande impresa esegetica abbiamo purtroppo
testimonianze parziali e per di pi principalmente nella traduzione latina
di Rufino (in quattro libri, rispetto ai dieci originari, cinque dei quali re-
datti ad Atene e il resto a Cesarea) 902 . La sua versione pu essere riscon-
trata e integrata, sebbene solo in piccola parte, con i frammenti catenari
in greco903 . Inoltre disponiamo di due Omelie sul Cantico, tradotte da Ge-
rolamo, che coprono allincirca la stessa porzione di testo del commenta-
rio latino (in HCt lesegesi arriva fino a Ct 2, 14, in CCt fino a Ct 2, 15).
Alle incertezze sulla tradizione del testo si aggiungono quelle circa la da-
tazione e il rapporto di anteriorit o meno del commentario rispetto alle
omelie. Nautin colloca il primo intorno al 245 e le seconde fra 238 e 242;
per altri, CCt sarebbe da datare intorno al 240 e HCt al 245-246904.

900 CIo XXXII, 18, 224-225 (tr. Corsini, 778).


901 Il giudizio compare nella lettera a Damaso, premessa alla traduzione di HCt
(Origene. Il Cantico dei Cantici, 16, 2-3).
902 Cfr. Eusebio, HE VI, 32, 2, che colloca CCt sotto il regno di Gordiano III (238-
244).
903 Cfr. Barbra, Origene. Commentario al Cantico dei Cantici. Sui problemi posti
dalla tradizione catenaria si veda Auwers.
904 Nautin, 380-384; 411. Circa la cronologia e gli aspetti letterari di CCt si veda
Perrone 2006, 70-81.
Come incenso al tuo cospetto 303
Lesegesi origeniana del Cantico, documento per eccellenza della
dottrina spirituale se non della mistica tout court dellAlessandrino
(rammentando qui la discussione svolta a suo tempo per Orat), riveste
come tale, gi solo in linea di principio, notevole importanza per il discor-
so origeniano sulla preghiera. Pur con i limiti imposti dallo stato attuale
del testo, possibile ritrovare in CCt (affiancandovi per qualche aspetto
anche HCt) alcuni degli spunti pi caratteristici della dottrina e della pras-
si eucologica dellAlessandrino. Come risulter dal nostro esame, anche
se non possiamo considerare la preghiera fra le tematiche dominanti del
commentario905 , essa ci appare comunque strettamente legata allitinerario
di perfezione.

3.2.2.1. La preghiera per lintelligenza spirituale: dallautore al lettore

del tutto conforme allimmagine pi consueta il fatto che il motivo


attestato con maggiore frequenza in CCt sia costituito dalla preghiera per
lintelligenza spirituale. Sia nella formulazione che nei contenuti, essa ri-
chiama abbastanza da vicino il quadro che abbiamo appena visto in CIo.
Fin dal Prologo incontriamo linvocazione a Dio perch aiuti efficacemen-
te linterprete a contrastare linterpretazione carnale dellamore celebrato
da Ct e a farne emergere tutta la sua ricchezza spirituale: si tratta di una
richiesta a Dio (Padre) che investe anche il Logos, come termine e/o inter-
mediario della preghiera, secondo unambiguit del testo latino che le-
cito sciogliere solo tenendo presente il dato maggioritario in questo come
in altri scritti, cio riconoscendovi lattesa dal Padre del dono del Logos906 .
Pi esplicita in tal senso la preghiera che conclude la riflessione su
eros e agape, premessa alla tappa successiva del Prologo (i tre libri
di Salomone), che daltronde sembra voler sviluppare lordine degli argo-
menti scandendoli di volta in volta con un momento orante: Origene si
rivolge espressamente a Dio Padre, che amore (1Gv 4, 7), e ne invoca
laiuto per il prosieguo dellesegesi mediante quello stesso amore che
da Lui, cio per il tramite del Figlio907. Dei tre libri salomonici (Proverbi,

905 sintomatico che Rickenmann, lindagine pi recente sulla spiritualit di CCt,


non dia spazio allesperienza di preghiera.
906 CCt Prol. 2, 3 (63, 25-31): Ne ergo et nos tale aliquid incurramus, ea quae a
veteribus bene et spiritaliter scripta sunt vitiose et carnaliter advertentes, tam corporis
quam animae nostrae palmas protendamus ad Deum, ut Dominus, qui dedit verbum evan-
gelizantibus virtute multa (Sal 67[68], 12), donet et nobis in virtute sua verbum quo pos-
simus, ex his quae scripta sunt, intellectum sanum et ad aedificationem pudicitiae aptum
vel nomini ipsi vel naturae amoris ostendere. Cfr. anche HIer I, 16 (nota 1279), dove ri-
corre lo stesso salmo.
907 CCt Prol. 2, 48 (74, 3075, 2): Nunc ergo iam ipsum Deum Patrem qui caritas
304 Parte seconda, Capitolo settimo
Ecclesiaste e Cantico), lAlessandrino rileva quindi la necessit di una
interpretazione allegorico-simbolica gi con Proverbi, inculcandone la ri-
chiesta di comprensione spirituale con una formulazione trinitaria: essa
ribadisce il Padre come il destinatario della domanda, mentre chiede di ri-
cevere la Parola di sapienza e la Parola di scienza, cio il Verbo, me-
diante lazione dello Spirito santo908.
Riflessi di questo atteggiamento orante alimentano il riconoscimento,
riscontrabile ripetutamente nel corso del commentario, che linterpretazio-
ne della parola ispirata avviene sempre grazie al dono o allaiuto di
Dio 909 ; oppure, in altri termini, che solo lo spirituale possiede la cono-
scenza delle realt mistiche, in forza appunto del dono dello Spirito910.
Ma Origene non si limita a ci e, in parte innovando rispetto allo stesso
modello di CIo, arriva ad introdurre appelli ai lettori simili alle esortazioni
alla preghiera ad opera delluditorio, che accompagnano di sovente lese-
gesi nelle omelie (come vediamo, ad esempio, anche in apertura dellOme-
lia I sul Cantico)911 . Se a volte abbiamo ancora a che fare con esortazioni

est (1Gv 4, 7), invocantes per eam quae ex ipso est, caritatem, etiam ad reliqua discu-
tienda veniamus.
908 CCt Prol. 3, 12 (77, 17-23): Quae, si quis est qui in lege Domini meditetur die
ac nocte (Sal 1, 2) et si quis est sicut os iusti quod meditatur sapientiam (Sal 36[37], 30),
investigare diligentius poterit et invenire, si tamen recte quaesierit, et quaerens pulsaverit
ostium sapientiae, petens a Deo ut aperiatur ei (cfr. Col 4, 3) et mereatur accipere per
Spiritum sanctum verbum sapientiae et verbum scientiae fierique particeps illius Sapien-
tiae quae dicebat: Extendebam enim verba mea et non audiebatis (Pr 1, 24). Il passo con-
tiene unallusione a 1Cor 12, 8 (verbum sapientiae et verbum scientiae), come si vede
anche dal parallelo di Orat XXV, 2 (supra, nota 656).
909 Cfr. CCt Prol. 2, 19 (67, 28-68, 3), dove lAlessandrino preannuncia la futura
esegesi del testo: in hac praecipue scriptura quae habetur in manibus nominatur, sicut
Domino praestante plenius ostendemus, cum verba ipsius libelli explanare coeperimus;
mentre in CCt Prol. 4, 7 (81, 13-14), si riferisce allinterpretazione gi data commentando
Nm: Sed de his plenius in Numerorum libro, secundum quod dedit nobis Dominus, dic-
tum est. Si veda anche CCt I , 2, 5 (93, 22-23): De quo plenius in libro Levitici, prout
Dominus dare dignatus est, exposuimus. In questo spirito Origene avvia lesegesi da Ct
1, 1 in CCt Prol. 4, 30 (87, 2-5): Nunc iam Domino nostro nos aiudvante ipsius operis
adoriamur exordia; et tamen ne illud quidem remaneat nobis omissum, quod quibusdam
requirendum visum est adhuc de ipsa attitulatione. Cfr. ancora CCt II, 8, 31 (163, 18-19):
Sed de his plenius, prout Dominus dedit, in Numerorum libro prosecuti sumus.
910 Secondo CCt III, 8, 3 (192, 9-14), la spiegazione della ferita damore in Ct 2,
5 richiede la scienza divinamente ispirata di Salomone: Sed ex his ut exsequi possimus
intelligentiam spiritalem, indigemus illa gratia quam consequi a Deo meruit ipse Salomon,
scire omnium quae sunt radicumque et arborum et virgultorum naturas (Sap 7, 20), ut
sciamus et nos quae vis et quae natura sit arboris amoyrae, quo competenter ex hac spirita-
lis aptari possit expositio. Anche per CCt III, 13, 3 (207, 9-11), linterpretazione simbolica
di alcuni animali riservata allo spirituale: Quorum ratio his quibus abundantior gratia
spiritalis in dono scientiae concessa est per Spiritum sanctum manifesta et evidens fiet.
911 HCt I, 1 (20, 38-22, 40): Quod ex quot personis constet, incertus sum. Oranti-
bus autem vobis et revelante Deo, quattuor in his mihi videor invenire personas.
Come incenso al tuo cospetto 305
generiche ai destinatari del commento perch non fraintendano in senso
carnale e terreno il significato del Cantico912 , in seguito nel noi del-
lesegeta che prega o invita a farlo, lecito intravedere potenzialmente
anche i lettori, vuoi come futuri fruitori del commentario vuoi anche come
idealmente compartecipi del momento orante. Lautore li associa ai propri
sforzi di svelare i contenuti nascosti del libro biblico sostenendolo con
una comune richiesta a Dio, affinch illumini sul senso profondo della
Parola. Si istituisce allora, per cos dire, un rapporto triangolare fra lauto-
re, i lettori e il (i) referente (i) divino (i), che ben illustrato dal primo
esempio. Questo prelude alla spiegazione dei termini oro e argento
in Ct 1, 11-12a (Somiglianze di oro faremo per te con ricami dargento,
finch il re sta nel suo letto):
supplichiamo il Padre del Verbo onnipotente e dello Sposo perch ci apra lui
stesso il recinto di questo segreto, affinch possiamo non solo essere illuminati
per intendere ci, ma anche ricevere la guida delleloquio spirituale per manife-
stare ci a misura di coloro che lo leggeranno913 .

Nella sua articolazione pi ampia, il referente divino, oggetto della


supplica per lintelligenza spirituale, triadico, nel senso che insieme al
Padre e al Verbo include anche lo Spirito914 . Ora, se vero che forse CCt
lascia scorgere una maggiore presenza dello Spirito, accanto alla pi co-
mune diade Padre Verbo, ci non significa che la saltuaria formulazione
trinitaria sia da mettere sul conto di Rufino. Ne abbiamo visto altre illu-
strazioni in precedenza, che sono anchesse connotate da una certa discon-
tinuit rispetto allo schema pi comune del rapporto a due: Padre e Figlio
(o Verbo).

912 il caso, ad esempio, di CCt I, 4, 16 (105, 2-5): Unde et in his positi locis de-
precamur auditores horum ut mortificent carnales sensus, ne quid ex his quae dicuntur se-
cundum corporis motus excipiant, sed illos diviniores interioris hominis (cfr. Rm 7, 22) ad
haec capienda sensus adhibeant.
913 CCt II, 8, 13 (159, 13-18): Sed quid in his secreti contineatur et quid elocutio-
nis novitas ipsa parturiat, omnipotentis Verbi ac sponsi Patrem precemur ut ipse nobis ar-
cani huius claustra patefaciat, quo possimus non solum ad intelligenda haec illuminari,
verum et ad proferenda ac secundum mensuram eorum qui lecturi sunt, moderationem
eloquii spiritalis accipere.
914 Cfr. CCt III, 13, 8 (207, 30208, 5): Quae ob hoc assumpsimus, ut loquamur
non in doctrina humanae sapientiae, sed in doctrina Spiritus, spiritalibus spiritalia com-
parantes (1Cor 2, 13). Et ideo invocemus Deum Patrem Verbi, quo nobis Verbi sui mani-
festet arcana sensumque nostrum removeat a doctrina humanae sapientiae et exaltet atque
elevet ad doctrinam Spiritus, ut non ea quae sentit carnalis auditus, sed ea quae continent
voluntas sancti Spiritus, proloquamur.
306 Parte seconda, Capitolo settimo
3.2.2.2. Sponsa orans

Limplicazione orante dei lettori risulta iscritta, per cos dire, nel
codice ermeneutico di questo commento che com noto identifica
simbolicamente il personaggio della Sposa di Ct rispettivamente nella Ec-
clesia o nellanima, in dialogo con lo Sposo-Cristo. Sotto luno o laltro
profilo simbolico lecito insomma aspettarsi implicazioni di qualche inte-
resse per il discorso e lesperienza di preghiera. E infatti proprio da CCt
ci viene licona forse pi pregnante e incisiva di una persona in atto di
pregare in tutta lopera di Origene, dal momento che lAlessandrino inter-
preta le parole iniziali di Ct 1, 2 (Mi baci con i baci della sua bocca)
come lespressione di una preghiera ardente di pathos spirituale rivolta al
Padre dello Sposo, affinch questi venga al pi presto.
Osserviamola, dunque, mentre solleva mani sante senza ira e senza contesa
(1Tm 2, 8), adorna degli ornamenti pi degni dei quali solita adornarsi una
nobile sposa, e mentre brucia in verit per la brama dello sposo, turbata intima-
mente dalla ferita damore, innalzare a Dio... la preghiera dicendo del proprio
sposo: Mi baci con i baci della sua bocca915 .

Origene, sfruttando le risorse di quella esegesi drammatica che sa


maneggiare a meraviglia, conferisce uninconsueta plasticit alla descri-
zione dellatto orante, senza farsi scrupolo di creare stavolta qualche ten-
sione con il suo approccio pi abituale, normalmente depotenziato pro-
prio di quella carica sentimentale ed emotiva da cui invece il personaggio
della sposa investito con forza, sotto lurgenza della ferita damo-
re916 . Se infatti lAlessandrino interpreta sorprendentemente lo sfogo
amoroso della donna impaziente come una supplica al padre dello sposo,
onde ne affretti la venuta, difficile negare la frizione che nasce con lat-
tribuire a questa stessa donna latteggiamento raccomandato nel passo pi
volte sfruttato di 1Tm 2, 8-9. A parte lapparenza matronale della sposa
che richiama alla mente la raffigurazione dellOrante nella pittura cata-
combale , le sue disposizioni interiori sembrano lontane da quelle incul-
cate solitamente da Origene alla luce del passo paolino, come vediamo

915 Linterpretazione sul piano della historica explanatio comincia con CCt I , 1, 3
(89, 18-20): Quae, quoniam differri amorem suum nec adipisci se posset quod desiderat,
videt, convertat se ad orationem et supplicet Deo, sciens eum Patrem esse sponsi sui.
Essa prosegue, sempre allo stesso livello, in CCt I, 1, 4 (89, 2090, 2): Consideremus
ergo eam levantem sanctas manus sine ira et disceptatione in habitu ordinato cum vere-
cundia et sobrietate (1Tm 2, 8-9), ornatam dignissimis ornamentis quibus ornari decet no-
bilem sponsam, aestuantem vero desiderio sponsi et interno vulnere amoris agitatam, ora-
tionem, ut diximus, fundere ad Deum et dicere de sponso suo: Osculetur me ab osculis oris
sui (Ct 1, 2).
916 Cfr. Crouzel 1970.
Come incenso al tuo cospetto 307
dallinterpretazione che ne offre in Orat IX, 1, suggerendo un esercizio
spirituale di anacoresi 917 .
Linterpretazione letterale cos impostata condiziona anche i due li-
velli dellinterpretazione simbolica che, con la dialettica tipica di questo
commentario, ripropongono ciascuno il momento orante risentendo lin-
tensit drammatica della scena iniziale. Al primo di essi, la Chiesa tramite
una prosopopea supplica il Padre affinch provi finalmente compassione
per il suo amore verso lo Sposo-Cristo e questi venga direttamente senza
pi bisogno di angeli e profeti come intermediari918 . Al secondo livello,
lanima a supplicare Dio per la venuta e lilluminazione del Verbo919 . In
entrambi i casi loggetto della preghiera concerne il dono del Logos divi-
no, tocca cio il cuore stesso dellesperienza orante dellAlessandrino,
peraltro strettamente compenetrata con il suo lavoro esegetico. In questo
senso, anche la preghiera della sposa del Cantico diviene paradigmatica
e, con uno dei suoi appelli ai lettori che ricordavo in precedenza, Origene
invita a fare proprie le parole di Ct 1, 2, specie quando la ricerca di sensi
divini non d risultato e il desiderio rimane frustrato. allora, infatti, che
ci si deve rivolgere a Dio, con lo stesso atteggiamento di preghiera della
sposa, per chiedergli la visita in noi della sua Parola, con quei baci che
per Origene sono le intellezioni del mistero 920 .
Lesemplarit della sponsa orans rafforzata anche sotto un altro
profilo fondamentale: la sua supplica accolta nellatto stesso che viene
formulata, come lAlessandrino chiarisce spiegando Ct 1, 2-3 (perch le

917 Cfr. supra, p. 163 e nota 498.


918 CCt I, 1, 7 (90, 20-27): Sed quoniam saeculum iam paene finitum est et ipsius
quidem praesentia non datur mihi, solos autem ministros eius video adscendentes et de-
scendentes ad me, propter hoc ad te Patrem sponsi mei precem fundo et obsecro, ut tan-
dem miseratus amorem meum mittas eum, ut iam non mihi per ministros suos angelos
dumtaxat et prophetas loquatur, sed ipse per semet ipsum veniat et osculetur me ab oscu-
lis oris sui, verba scilicet in os meum sui oris infundat, ipsum audiam loquentem, ipsum
videam docentem.
919 CCt I, 1, 10 (91, 12-18): Sed quoniam in his non est ei plena et perfecta deside-
rii sui et amoris expletio, deprecetur ut mens eius pura et virginalis ipsius Verbi Dei illumi-
nationibus ac visitationibus illustretur. Cum enim nullo hominis vel angeli ministerio di-
vinis sensibus et intellectibus mens repletur, tunc oscula ipsius Verbi Dei suscepisse se
credat. Propter haec ergo et huiusmodi oscula dicat anima orans ad Deum: Osculetur me
ab osculis oris sui.
920 CCt I, 1, 14 (92, 5-11): Quotiens ergo in corde nostro aliquid quod de divinis
dogmatibus et sensibus quaeritur, absque monitoribus invenimus, totiens oscula nobis
data esse ab sponso Dei Verbi credamus. Ubi vero quaerentes aliquid de divinis sensibus
invenire non possumus, tunc affectu orationis huius assumpto petamus a Deo visitationem
Verbi eius, et dicamus: Osculetur me ab osculis oris sui. Cfr. FrCt 2 (152): Osavki" dev ti
zhtou'nte" qei'on dovgma katalambavnomen, katapefilh'sqai ajpo; tou' stovmato" tou' num-
fivou nomivswmen: ejn o{sw/ de; ajporou'men, uJpolavbwmen eujcovmenoi levgein tov: Filhsavtw
me ajpo; filhmavtwn stovmato" aujtou'.
308 Parte seconda, Capitolo settimo
tue mammelle sono deliziose pi del vino e lodore dei tuoi profumi supe-
ra tutti gli aromi). Non esattamente la stessa condizione di Ges orante,
quando prega davanti al sepolcro di Lazzaro, essendo egli esaudito ancor
prima di rivolgere al Padre la sua domanda, sicch essa si trasforma in
ringraziamento (secondo la spiegazione che abbiamo visto in CIo). Tut-
tavia, agli occhi di Origene la preghiera della sposa rappresenta il gradino
pi prossimo allorazione di Ges. Limmediatezza della risposta divina
alla sua domanda ne d testimonianza, mentre lesaudimento la prova
che le condizioni dellorante rispecchiano appieno i requisiti morali e spi-
rituali per trovare ascolto in Dio921. Anche nel caso della sponsa, dunque,
le parole della supplica si trasformano nel linguaggio della lode e glorifi-
cazione del Verbo, senza prolungare oltre la richiesta.
Nellinterpretazione origeniana della figura della sponsa orans no-
tiamo ancora un ulteriore riferimento scritturistico che mette a fuoco le
modalit della sua preghiera, secondo un paradigma ben noto: Origene as-
socia la camera di Ct 1, 4 (Il re mi ha fatto entrare nella sua camera)
alla cameretta di Mt 6, 6, che poi lo stesso vocabolo in greco (tami-
ei'on). Ritorna cos lo scenario dellatto orante che ci gi familiare dal
trattato sulla preghiera. Come in Orat, il cubiculum nel quale Ges sol-
lecita ad entrare secondo il passo matteano linteriorit raccolta della
propria anima, dove sono radunati tutti i tesori delle virt. Da questa sgor-
ga la preghiera al Padre, che accoglie le sue richieste, perch a chi ha,
sar dato (Mt 25, 29). La visita di Dio nellanima, che si compie nel col-
loquio interiore con il Padre e con il Figlio, possibile solo se questani-
ma si presenta adorna delle perfezioni delle virt922 .
In tal modo il binomio preghiera opere tende ad acquistare un certo
rilievo in CCt non tanto come la forma nella quale unicamente possibile
assicurare la preghiera ininterrotta oppure conferire unautenticit di vita

921 CCt I, 2, 1-2 (92, 15-27): Intellige prius quasi in historiae dramate sponsam
elevatis ad Deum manibus orationem fudisse ad Patrem, et orasse ut iam veniret ad eam
sponsus et ipse eam osculis proprii oris infunderet. Dumque haec orat ad Patrem, in ipsa
oratione qua dixit: Osculetur me ab osculis oris sui, parat etiam alia orationis verba subiun-
gere ac dicere quia in hoc principio sermonis affuisse sponsus et oranti ei adstitisse ac re-
velasse ubera sua. [...] Sponsa vero, ubi adesse vidit eum pro quo orabat ut adesset, et
adhuc loquenti (cfr. Is 58, 9) sibi praestitum quod orabat, ac data sibi ab ipso oscula quae
poposcerat, laeta pro hoc reddita, et decore uberum ac fraglantiae ipsius odore permota,
propositae orationis sermonem convertit ad praesentiam sponsi qui aderat.
922 CCt I, 5, 10 (110, 14-20): sicut rex habet cubiculum quoddam in quod reginam
sive sponsam suam introducit, ita habet et sponsa suum cubiculum, in quod monetur per
Verbum Dei ingressa claudere ostium et ita conclusis illis omnibus divitiis suis intra illud
cubiculum orare Patrem qui videt in abscondito (Mt 6, 6) et perspicit quantas opes, animi
scilicet virtutes, intra cubiculum suum sponsa condiderit, ut videns eius divitias det ei pe-
titiones suas; Omni enim habenti dabitur (cfr. Mt 25, 29). Cfr. Orat XX, 2 e supra, note
488, 552.
Come incenso al tuo cospetto 309
alle manifestazioni oranti (secondo lindicazione offerta in Orat e altro-
ve), bens in primo luogo come garanzia di poter ricevere ascolto presso
Dio. Nel commentare la nerezza della sposa in Ct 1, 6a (Non guarda-
temi che sono annerita, perch il sole mi ha guardato di traverso), Ori-
gene riflette sui diversi effetti del Sole di giustizia rispettivamente sul
popolo dIsraele e sul Faraone: mentre il primo illuminato, il secondo
indurito. Ma lazione provvidenziale di Dio nei confronti degli Israeliti si
esercita in risposta a una preghiera congiunta alle opere, come lAles-
sandrino ricava dal testo di Es 2, 23-24 (Dopo quei molti giorni, fin la
sua vita il re dEgitto, e gemevano i figli dIsraele per i lavori [ajpo; tw'n
e[rgwn] e gridarono e sal il loro grido a Dio dai lavori [ajpo; tw'n e[rgwn]).
Ed esaud Dio il loro gemito...). Il grido dIsraele accolto da Dio, per-
ch esso nasce dalle opere, cio dallimpegno per una condotta vir-
tuosa, e non dalle attivit terrene 923 .
La sponsa orans si prolunga simbolicamente attraverso altre personi-
ficazioni nel corso del commento. Una di queste la regina di Saba per
Origene, tipo della Chiesa delle genti o dellanima convertita dal pagane-
simo , che fa visita a Salomone-Cristo (1Re 10, 1-5) ed introdotta da
lui nei suoi misteri. Di tale iniziazione fanno parte anche i misteri delle
preghiere e delle suppliche, come lAlessandrino chiarisce spiegando
lammirazione della regina per gli olocausti che il re offriva nel tempio
del Signore (1Re 10, 5)924 . Se lequivalenza simbolica fra sacrificio e
preghiera ci ben nota dai restanti scritti di Origene (e in modo speciale
dalle Omelie su Levitico), in CCt notiamo laccentuazione sulla retta dot-
trina e prassi di preghiera che la sponsa, Chiesa o anima, apprende in Cri-
sto, com testimoniato dal nuovo richiamo al discorso matteano su pre-
ghiera e opere (Mt 6, 1.4)925 . In risposta allammaestramento di Cristo, la

923 CCt II, 2, 19 (129, 3-11): Haec autem quod ita se habeant et non communem, ut
videtur hominibus, historiam famulus Dei per Spiritum sanctum scribat, ostenditur etiam
inde, quod, ubi refert ingemuisse filios Istrahel (Es 2, 23), non dicit a luto neque a latere
neque a paleis (cfr. Es 5, 7) ingemuisse eos, sed ab operibus inquit suis (cfr. Es 2, 24). Et
rursus, Et adscendit, inquit, clamor eorum ad Deum; non dixit: a luto et latere, sed iterum:
ab operibus suis. Propter quod et subiungit quia: Exaudivit Dominus gemitum ipsorum
(Es 2, 24), cum utique non exaudiat eorum gemitum, qui non ex operibus suis clamant ad
Dominum. Cfr. Phil 27, 13: Oti de; toiau'tav ejstin ejn toi'" kata; to;n tovpon, kai; oujc iJsto-
rivan yilh;n provkeitai ajnagravfein tw/' qeravponti, dh'lon e[stai tw/' sunorw'nti o{ti, hJnivka
katestevnaxan oiJ uiJoi; Israhvl, ou[te ajpo; th'" plinqeiva" ou[te ajpo; tou' phlou' ou[te ajpo;
tw'n ajcuvrwn katestevnaxan, ajll ajpo; tw'n e[rgwn: kai; ajnevbh aujtw'n hJ boh; pro;" Qeovn,
oujk ajpo; phlou', ajlla; pavlin ajpo; tw'n e[rgwn. Dio; kai; eijshvkousen oJ Qeo;" tw'n stenagmw'n
aujtw'n: oujk eijsakouvwn stenagmou' tw'n oujk ajpo; e[rgwn bowvntwn pro;" aujtovn, ajll ajpo;
phlou' kai; tw'n ghivnwn pravxewn (= Barbra, 296-298).
924 CCt II, 1, 33 (120, 18-19): Vidit et holocausta eius (1Re 10, 5), orationum sine
dubio supplicationumque mysteria.
925 CCt II, 1, 40 (122, 5-10): Offert etiam suavitates odoramentorum, quales et
quantae numquam venerant (1Re 10, 10). Vel orationes in hoc vel opera misericordiae in-
310 Parte seconda, Capitolo settimo
sponsa offre le delizie dei profumi (suavitates odoramentorum), quali
mai si erano date in precedenza; offre cio la novit della preghiera e della
condotta virtuosa (secondo laltra equivalenza simbolica ormai conosciuta
con incenso o profumo). Di tale condizione della sponsa orans-
Chiesa iniziano a partecipare i catecumeni, allorch invocano il nome del
Signore (1Cor 1, 2): gi solo con questa invocazione, essi hanno in
s la delizia del profumo, pur non potendo ancora offrire i frutti della
fede926 . Chi invece attua pienamente la fede nella carit la sponsa
Chiesa dei santi defunti, i quali mossi dallamore per gli uomini che vivo-
no nel mondo, intercedono presso Dio per la loro salvezza; o ancora
come afferma un frammento catenario la sposa scongiura le anime dei
santi di intercedere per noi peccatori, finch Dio non ci abbia accolti927 .
Nella tensione allunione mistica della Chiesa o anima con il Logos,
che accompagna tutta lesegesi origeniana del Cantico, non poteva dun-
que mancare uno spazio per lesperienza orante, a partire da quella prima
invocazione della Sposa impaziente per i baci dello Sposo. Se le com-
pagne della Sposa le anime adolescenti, che sono ancora impegnate
sul cammino del perfezionamento spirituale invocano a loro volta lo

tellige. Numquam enim vel tam recte oraverat ut nunc cum accessit ad Christum, vel tam
pie operata fuerat ut cum cognovit iustitiam suam non facere coram hominibus, sed coram
Patre qui videt in occulto et reddet palam (cfr. Mt 6, 1.4).
926 CCt III, 8, 8 (193, 2-10): Quid autem est quod in amoyris, infructuosis scilicet
arboribus, confirmari vult odore solo gaudentibus? Ego puto quod istos qui solo odore
gaudent et necdum fructus fidei afferunt, illos dicat quos Paulus ad Corinthios scribens
dicit: Qui invocant nomen Domini nostri Iesu Christi in omni loco ipsorum et nostrum
(1Cor 1, 2). Pro eo ergo quod invocant nomen Domini nostri Iesu Christi, habent in semet
ipsis odoris quandam ex ipsa invocatione nominis suavitatem; pro eo vero quod non cum
omni fiducia et libertate accedunt ad fidem, nullos fidei afferunt fructus. Origene com-
menta Ct 2, 5 (Sostenetemi agli alberi di amiro, appoggiatemi ai meli, poich io sono feri-
ta damore) e in III, 8, 9 identifica le persone nei catecumeni. FrCt 21 d una spiegazione
diversa, senza ricollegarsi al passo paolino: o sono da intendere coloro che, pur essendo
buoni, sono estranei alla fede, o quelli che hanno, s, la fede, ma non possono essere detti
membra della chiesa (tr. Barbra, 181). Sullinterpretazione di 1Cor 1, 2, cfr. HLc XVII,
11: Memini, cum interpretarer illud, quod ad Corinthios scribitur: ecclesiae Dei, quae est
Corinthi, cum omnibus, qui invocant (1Cor 1, 2) eum, dixisse me diversitatem esse eccle-
siae et eorum, qui invocant nomen Domini. LAlessandrino sembra riferirsi a Fr1Cor
1-2, dove troviamo la distinzione fra diversi gradi di appartenenza alla Chiesa, tendenzial-
mente dei giusti e dei peccatori, senza tuttavia far cenno ai catecumeni. Cfr. anche
CMt XV, 6-9 (distinzione fra preghiera e imposizione delle mani).
927 CCt III, 7, 30 (191, 12-17): Sed et omnes sancti qui de hac vita discesserunt,
habentes adhuc caritatem erga eos qui in hoc mundo sunt, si dicantur curam gerere salutis
eorum et iuvare eos precibus atque interventu suo apud Deum, non erit inconveniens.
Scriptum namque est in Machabaeorum libris ita: Hic est Hieremias propheta, qui semper
orat pro populo (2Mac 15, 14). Cfr. supra, nota 563. La stessa idea espressa da FrCt
75 (268, 8-9), a commento di Ct 8, 4 (Vi scongiurai, figlie di Gerusalemme, per le virt e
le forze del campo: svegliate e risvegliate lamore, finch egli verr): Orkivzei ta;" tw'n
aJgivwn yuca;" presbeuvein uJpe;r tw'n aJmartwlw'n, e{w" a]n paralavbh/ hJma'" oJ qeov".
Come incenso al tuo cospetto 311
Sposo-Cristo per essere introdotte ugualmente nella camera nuziale e par-
tecipare anchesse dellintima unione con il Logos928, in un celebre passo
della I Omelia sul Cantico Origene stesso non ha taciuto la propria espe-
rienza personale di questo incontro e il desiderio che esso si rinnovasse:
Poi la sposa volge lo sguardo verso lo sposo, che dopo essersi fatto vedere si
allontanato. Pi volte fa cos lungo lo svolgimento del canto, e nessuno pu ca-
pire questo modo di comportarsi se non labbia egli stesso sperimentato. Tante
volte Dio mi testimone ho visto lo sposo avvicinarsi a me ed egli sintratte-
neva con me a lungo; ma poi improvvisamente si allontanava e io non potevo
trovare ci che cercavo. Desidero perci che egli venga di nuovo, e talvolta egli
viene ancora e, dopo che apparso e si fatto prendere dalle mie mani, di nuovo
sfugge, e fa cos di frequente, finch io possa tenerlo veramente e salire appog-
giandomi al mio amato (Ct 8, 5)929.
Se vero che in questo passo il desiderio non si traduce espressa-
mente in una preghiera, spiegando nel commentario limmagine del nar-
do in Ct 1, 12b (Il mio nardo ha diffuso il suo odore o lodore di lui)
Origene ricorda che lincontro con il Verbo di Dio si d s secondo la plu-
ralit dei suoi diversi aspetti (conformemente alla dottrina delle ejpivnoiai
del Logos) e nel segno dei sensi spirituali, ma in relazione alle diverse
disposizioni interiori di colui che lo prega930. E in un frammento catenario
lAlessandrino, riscrivendo in chiave pi generale lesperienza personale
confidata nella I Omelia sul Cantico, vede tutto il dinamismo del progresso
spirituale come sorretto ad ogni nuova tappa cui si pervenuti dal ricorso
alla preghiera, per giungere a quella successiva:
Continuamente lanima ricerca lo Sposo, il Logos; ma anche quando lha trovato,
sentendo la mancanza di altre conoscenze, lo cerca di nuovo. E anche quando ha
visto quelle realt, desidera che gliene vengano rivelate altre; e quando ha cono-
sciuto queste altre, prega che lo sposo passi ad altre ancora931 .

928 In CCt I , 6, 1 (110, 20-24), Origene interpreta Ct 1, 4c (Esulteremo e gioiremo


in te) come una manifestazione di preghiera: Quod autem ait: Exsultemus et iucunde-
mur in te, videtur ex persona adulescentarum dici vel optantium et precantium ab sponso,
ut, quemadmodum sponsa consecuta est quae perfecta sunt et exsultat, ita etiam ipsae
implere suum cursum et pervenire usque ad regis cubiculum mereantur.
929 HCt I, 7 (50, 22-31): Deinde conspicit sponsum, qui conspectus abscedit. Et
frequenter hoc in toto carmine facit, quod, nisi quis ipse patiatur, non potest intellegere.
Saepe, Deus testis est, sponsum mihi adventare conspexi et mecum esse quam plurimum;
quo subito recedente, invenire non potui quod quaerebam. Rursum igitur desidero eius ad-
ventum et nonnunmquam iterum venit; et cum apparuerit meisque fuerit manibus compre-
hensus, rursus elabitur et, cum fuerit elapsus, a me rursus inquiritur et hoc crebro facit, do-
nec illum vere teneam et adscendam innixa super fratruelem meum (tr. Simonetti, 51).
930 CCt II, 9, 14 (168, 2-5): Haec autem omnia unum atque idem est Verbum Dei
quod, per haec singula affectibus orationis commutatum, nullum animae sensum gratiae
suae relinquat expertem.
931 FrCt 45 (226, 3-6), su Ct 5, 6d-e (Lho cercato e non lho trovato, lho chia-
mato e non mi ha prestato ascolto): Sunecw'" hJ yuch; to;n numfivon lovgon ejpizhtei': kai;
312 Parte seconda, Capitolo settimo
Cos nei commenti al Cantico, lanelito di perfezione, mosso dal-
lamore per il Logos divino che sta al centro della riflessione origeniana,
si traduce nellinvocazione per laiuto di Dio in vista di sempre nuovi tra-
guardi dintelligenza spirituale. Se questa , in particolare, la condizione
dei piccoli, che sono ancora in via di formazione come discepoli di Cri-
sto e perci bisognosi in special modo di perfezionamento interiore, nep-
pure colui che pi avanti di loro nel cammino come possiamo adesso
concludere dai vari spunti messi in luce pu sottrarsi ad una dimensio-
ne orante 932 .

3.2.3. Commento a Romani

Non diversamente da quel che avviene per lermeneutica scritturisti-


ca, Paolo senza dubbio il testimone-chiave per il discorso origeniano
sulla preghiera. Labbiamo constatato pi volte, specialmente in Orat, ma
lo rileveremo anche in seguito dalla rassegna dei luoghi biblici che ispira-
no lAlessandrino, la maggior parte dei quali sono tratti proprio dal corpus
Paulinum933 . Grande dunque laspettativa che suscita il Commento alla
Lettera ai Romani, tanto pi che lo scritto dellApostolo offre ad Origene
gli spunti principali a partire dai quali si sforzato, nel trattato, di appro-
fondire il problema della preghiera, quanto alle possibilit, ai modi e al-
loggetto, giungendo a formulare quel modello dellorazione spirituale
che influisce largamente sul resto della sua riflessione. Purtroppo, linter-
rogativo critico che pesa sui commentari trditi in versione latina, non
pu non investire il Commento a Romani tradotto da Rufino, lunico su-
perstite fra i vari tomi paolini dellAlessandrino, anche perch la sua si-
tuazione appare ancor pi problematica. Il traduttore, a quanto egli stesso
dichiara, non disponeva pi dei 15 libri redatti originariamente in una

euJrou'sa, pavlin eJtevroi" ajporou'sa zhtei': kajkei'na qewrhvsasa poqei' th;n eJtevrwn ajpo-
kavluyin: kai; tucou'sa touvtwn, ejp a[lloi" eu[cetai to;n numfivon ejpidhmei'n.
932 In FrCt 47, commentando Ct 5, 11b-12 (I suoi riccioli sono grappoli di palme,
neri come corvo, i suoi occhi come colombe presso le acque abbondanti, lavate nel latte,
posate presso le acque abbondanti), Origene spiega cos limmagine del corvo riferita
allo Sposo: Credo poi che lespressione come corvo non sia semplicemente per il colore
ma sia simbolo delle realt pi profonde e gonfie di acqua tenebrosa in fitte nuvole. A
proposito di questo passo anche Giobbe ha detto: Chi ha preparato a un corvo il suo pa-
sto? I suoi nati grideranno verso il Signore. Infatti per coloro che hanno intelligenza pi
profonda Dio ha preparato molto nutrimento; e i loro discepoli, i nati, dedicandosi alle
preghiere (cfr. 1Cor 7, 5), gridano verso il Signore vagando qua e l (cfr. Gb 38, 41) e
cercando il nutrimento che c nelle problematiche da loro sollevate (Htoivmase ga;r toi'"
baqutevroi" to;n nou'n pollh;n trofh;n oJ qeov", w|n oiJ maqhtaiv, neossoiv, eujcai'" scolavzon-
te", pro;" kuvrion kekravgasin planwvmenoi kai; zhtou'nte" ta; ejn toi'" ejpaporoumevnoi"
uJp aujtw'n si'ta) (228, 10-12 [tr. Barbra, 229]).
933 Si veda Cocchini e supra, pp. 59 ss.
Come incenso al tuo cospetto 313
data antecedente il Commento a Matteo e il Contro Celso, cio qualche
anno prima del 248-249, ma ce ne fornisce 10, riassumendo il testo di Ori-
gene e servendosi a quanto egli stesso dichiara di altri suoi scritti per
le parti mancanti934. N possono compensare la perdita delloriginale i
frammenti greci, pur significativi, che ci sono stati tramandati dalla Filo-
calia, dal papiro di Tura e dalla tradizione catenaria935, o il confronto con
le altre testimonianze residue dellesegesi paolina dellAlessandrino, spe-
cie nei commentari di Gerolamo936. Anche in questo caso, dunque, siamo
costretti a far valere come criterio indicativo di giudizio, dove non pos-
sibile disporre delloriginale greco, la comparazione con linsieme pi
vasto della riflessione origeniana sulla preghiera.
In questottica CRm si allinea tendenzialmente anchesso allimma-
gine che abbiamo potuto ricavare dal complesso di scritti esaminati fin qui.
Daltra parte, secondo una modalit non infrequente nelle opere gi ana-
lizzate di per s indizio delle diverse sensibilit o delle nuove attenzioni
dellinterprete in relazione al testo che commenta di volta in volta , anche
questo commentario propone spunti peculiari, ancorch non dissonanti con
il quadro generale, che allargano lo spettro delle riflessioni origeniane. Si
tratta, da un lato, della valorizzazione dellApostolo come paradigma di
orante, tema peraltro accennato anche in precedenza; dallaltro, di un ap-
profondimento del ruolo dello Spirito nellatto della preghiera spirituale.
Laspetto pneumatologico dellorazione si salda cos con unattenzione
rinnovata alla componente antropologica, dal momento che CRm medi-
ta ulteriormente sulle relazioni fra corpo, anima e pneuma nel composto
umano, anche alla luce della dottrina circa lanima di Cristo quale inter-
mediaria fra divinit e umanit. Inoltre, a rafforzare la visione dellantro-
pologia spirituale, concorre lidea lungamente sviluppata in tutto il com-
mentario che la vita cristiana guidata dalla legge dello spirito in antite-
si alla legge della carne. Dato il tenore della lettera paolina, compren-
sibile che tali tematiche attraggano principalmente lo sforzo esegetico di
Origene, bench non manchi unimportante precisazione cristologica, che
a prima vista sembra implicare la prospettiva paritaria di Padre e Figlio
come destinatari della preghiera, rimettendo cos in discussione il paradig-
ma di Orat.

934 Su datazione e fisionomia letteraria, cfr. Cocchini 2000c. Nautin, 385-386 circo-
scrive lambito temporale di CRm fra 235 e 244. Un riesame approfondito della questione
ha condotto Bammel a respingere la tesi di Nautin sullanteriorit di CRm rispetto agli altri
tomi paolini. Circa il profilo esegetico del commentario si veda Markschies 1999.
935 Per una presentazione aggiornata cfr. Beyer Moser, 6-13.
936 In proposito si veda Bammel. Oltre ai frammenti catenari di H1Cor (= Fr1Cor),
vanno segnalati, in particolare, quelli del commento alla Lettera agli Efesini (= FrEph),
edito da Gregg. Linsieme dei frr. stato adesso riunito da Pieri (Origene. Esegesi pao-
lina: i testi frammentari).
314 Parte seconda, Capitolo settimo
3.2.3.1. La preghiera tra legge della carne e legge dello spirito

Con una certa sorpresa, salvo pochissime eccezioni (sempre che non
sia conseguenza della rielaborazione semplificatrice di Rufino), dobbiamo
registrare lassenza di esternazioni oranti dellautore, esplicite o impli-
cite, come ci avevano invece abituato i precedenti commentari. Ci pu
dipendere, fra laltro, anche dallassenza di prologhi, a parte la prefazione
iniziale, dove prevedibilmente non manca linvocazione a Dio per lintel-
ligenza della Parola:
Perci noi, elevando anzitutto la nostra preghiera a Dio che insegna alluomo la
scienza (Sal 93[94], 10), che d per mezzo dello Spirito la parola di sapienza
(1Cor 12, 8) e che illumina ogni uomo che viene in questo mondo (Gv 1, 9), perch
si compiaccia di farci degni di comprendere le parabole e le espressioni oscure e
i detti dei sapienti e gli enigmi (cfr. Pr 1, 6), arriveremo cos finalmente allesor-
dio del commento alla lettera di Paolo ai Romani, premettendo ci che gli studiosi
sono soliti osservare e cio che lapostolo in questa lettera sembra sia stato pi
perfetto che nelle altre 937 .
La preghiera nasce dal riconoscimento iniziale, condiviso anche da
Origene, che la Lettera ai Romani sia pi difficile a capirsi delle altre
epistole paoline. Indirizzata come di consueto al Padre, linvocazione insi-
nua uno schema trinitario, sia pure con il corredo di una citazione da 1Cor
12, 8, includendo quindi nelle aspettative dellorante il dono del Verbo,
nello Spirito, analogamente allesempio che troviamo nel prologo di
CCt938 . Di notevole interesse il fatto che questa supplica miri a com-
prendere le parabole e le espressioni oscure e i detti dei sapienti e gli enig-
mi nel testo dellApostolo. Il richiamo a Pr 1, 6, luogo scritturistico tra i
pi importanti per linterpretazione allegorica delle Scritture, manifesta
quale sia limmagine dellepistola che presiede allesegesi dellAlessan-
drino, sebbene il commento la riproponga con qualche discontinuit939.
Nondimeno lequiparazione con loscurit degli scritti profetici trova pi

937 CRm I, 1 Praef. (37, 9-15): Propter quod deprecantes prius Deum, qui docet
hominem scientiam (Sal 93[94], 10) et qui dat per spiritum verbum sapientiae (1Cor 12,
8) quique illuminat omnem hominem venientem in hunc mundum (Gv 1, 9), ut dignos nos
facere dignetur intelligere parabolas et obscuros sermones dictaque sapientium et aenig-
mata (Pr 1, 6), ita demum explanationis epistulae Pauli ad Romanos contingemus exor-
dium (tr. Cocchini I , 5). Secondo Bammel, 502-503, lintervento riassuntivo di Rufino si
farebbe sentire fin dal prologo.
938 Cfr. supra, note 906-908.
939 Pr 1, 6 viene citato in Prin IV, 2, 3 a riprova delloscurit delle profezie. Come
per gli scritti profetici (intendendo, in particolare, i Salmi), in CRm II, 8 (11) (141, 33-37)
Origene sottolinea la necessit dellesegesi prosopologica: Sicut ergo in scripturis pro-
pheticis vigilanter oportet intendere eum, qui vult intellegentiam eorum, quae scripta sunt,
capere, vel dicentium vel ad quos vel de quibus sermo fit personis, ita nunc in epistula ad
Romanos agendum mihi videtur.
Come incenso al tuo cospetto 315
di un riscontro in CRm, tanto da far dire ad Origene che nelle lettere di
Paolo neppure una sillaba si debba ritenere priva di misteri940 . Pur con le
molte difficolt che pone al lettore e allinterprete, il messaggio della Let-
tera ai Romani in realt per lAlessandrino frutto di una prudente di-
spensazione mirante a velare i contenuti pi profondi del discorso sia per
rispetto del mistero che per preoccupazione pedagogica. Anche se lesege-
ta si sforza di dipanare i fili a volte intricati dellargomentazione paolina,
questo velo non viene rimosso del tutto o almeno lo solo di volta in
volta. Servendosi di uno degli stilemi pi caratteristici di CRm, Origene
lha spiegato mediante una similitudine, ripresa pi volte come chiave di
lettura strutturale: in base ad essa, sotto la guida di Paolo, avviene al let-
tore e allinterprete di penetrare le stanze di un edificio, come in un pa-
lazzo regale, che sia contrassegnato da numerose entrate e uscite, per cui
si passa dalluna allaltra stanza, in modo tale che quasi non appaiono
tracce di segreti delle cose divine, senza tuttavia mai rivelarli in modo
chiaro ed esplicito 941 . Questa consapevolezza del mistero che permane
la si pu cogliere anche da un altro tratto che connota con una certa fre-
quenza CRm: il diverso rapporto fra interprete e lettori, che preannuncia
la situazione del Commento a Matteo, dove listanza del lettore collabo-
rativo trover ulteriore spazio. Non di rado, infatti, Origene fa profes-
sione di modestia interpretativa e in molte occasioni si appella al giudizio
del lettore, anche con il proporgli pi di una spiegazione sulla quale egli
dovr quindi farsi la propria opinione942 .

940 CRm V, 1 (tr. Cocchini I, 244). Anche riguardo al precetto di pagare le imposte
in Rm 13, 7-8, egli afferma in CRm IX, 30: Io penso tuttavia che anche queste parole
Paolo le dica non senza i consueti misteri propri del suo modo di esprimersi (tr. Cocchini
II , 128).
941 CRm VII, 16 (tr. Cocchini II, 12). Linterprete sembra, a sua volta, calarsi nella
situazione di... una visita guidata: Perci dunque anche noi, in tali situazioni, quasi fos-
simo situati in un palazzo regale, in punta di piedi vi passiamo attraverso, un po parlando
e di pi facendo silenzio, divenuto per noi maestro e guida di tale cammino lapostolo
Paolo stesso (II, p. 13]). Lintento protettivo della strategia argomentativa dellApostolo
nei riguardi del mistero dichiarato in CRm VI, 8: far s che quanto per ispirazione di-
vina gli autori proferiscono, non venisse messo a disposizione delle persone grossolane e
che presentano fede e zelo ancora insufficienti, e non fosse, per cos dire, abbandonato ai
loro piedi cos da dover essere calpestato, ma in base a ci che abbiamo detto prima me-
diante quella similitudine, il mistero del re giungesse a poche persone e in modo piuttosto
nascosto (I, pp. 330-331).
942 Si veda, ad esempio, CRm V, 8: Ci quanto per ora ci potuto venire in mente
sul passo in questione. Se poi qualcuno ha pensato qualcosa di meglio, non si dispiaccia
di accoglierlo dopo aver messo da parte quanto qui detto (tr. Cocchini I , 283); CRm V, 9:
Chi legge esamini quale spiegazione delle due sia confacente al pensiero dellapostolo,
oppure se non lo siano n luna n laltra ( I, p. 292); CRm VII, 5: Giudichi il lettore
quale di questi sia pi corrispondente al pensiero dellapostolo ( I, p. 376). Sullistanza
del lettore nellopera di Origene cfr. Perrone 2003a.
316 Parte seconda, Capitolo settimo
Ho insistito di proposito su tali caratteristiche onde poter meglio cir-
coscrivere le ragioni delle mancate esternazioni oranti. Indubbiamente la
responsabilizzazione del lettore alleggerisce in certo senso il compito
dellesegeta, che pu rischiare pi liberamente, nella misura in cui riesce
a coinvolgere nellinterpretazione i destinatari del commento. A questi let-
tori Origene indirizza di tanto in tanto anche delle vibranti esortazioni che
ricordano gli appelli agli uditori nelle omelie e mettono laccento sullim-
pegno morale e sulle disposizioni spirituali per chi voglia accostarsi alla
Scrittura, senza tuttavia mai menzionare espressamente la preghiera943.
Daltra parte, neanche in CRm viene meno lidea di fondo dellAlessan-
drino, ribadita del resto fin dalla conclusione della prefazione, secondo
cui linterpretazione delle Scritture dipende sempre dallaiuto divino e
pi specificamente dalla partecipazione allo Spirito che le ha ispirate944.
Ora, dove la difficolt esegetica risulta pi ardua, nasce da essa laffidarsi
al dono dello Spirito, come in un passo del I libro per risolvere una quae-
stio suscitata dalle obiezioni marcionite945 , o in uno del V , dove Origene
scagiona lApostolo per unaffermazione di Rm 6, 9 (la morte non
avr pi potere su di lui), che parrebbe mettere in dubbio il potere di

943 Ne abbiamo una testimonianza sintomatica in CRm V, 8: Camminiamo dunque


in novit di vita, mostrandoci ogni giorno nuovi a colui che ci risuscit con Cristo, e per
cos dire pi belli, cercando in Cristo come in uno specchio la bellezza del nostro volto e,
contemplandovi la gloria del Signore, trasformiamoci nella sua stessa immagine, poich
Cristo risorgendo dai morti dalle bassezze terrene asceso alla gloria della maest del Pa-
dre (tr. Cocchini I, 285). Si veda anche CRm VII, 17: Pertanto anche noi, se desideriamo
conoscere qualcosa dei segreti reconditi di Dio, se siamo uomini di desideri e non di con-
testazioni, ricerchiamo con fedelt e umilt i giudizi di Dio inseriti piuttosto velatamente
nelle divine Scritture. Infatti per questo anche il Signore diceva: Scrutate le Scritture (Gv
5, 39), sapendo che esse non si lasciano interpretare da coloro che, occupati in altre fac-
cende, di quando in quando ascoltano o leggono, ma da coloro che, con cuore onesto e
semplice, con ininterrotta fatica e con continue veglie, scrutano pi a fondo le divine Scrit-
ture: ed io so bene di non essere tra questi (II, 18).
944 In CRm V, 8, ad esempio, Origene lo dichiara retroattivamente per CIo: La ve-
rit sulla natura del battesimo labbiamo espressa secondo le nostre forze quelle che po-
terono venirci in aiuto, anzi, quelle che il Signore ci ha donato quando commentavamo
il vangelo secondo Giovanni (tr. Cocchini I, 279). Si veda anche la conclusione della
praefatio (41, 99-100): Nunc iam prout viam nobis Dominus aperire dignatur, ad expla-
nationem ipsius properemus.
945 Si veda la spiegazione di Rm 1, 24-25 (Dio li ha consegnati secondo i desideri
perversi del loro cuore nella impurit cos che disonorino in se stessi i loro corpi: essi che
hanno cambiato la verit di Dio con la menzogna e hanno adorato e servito la creatura piut-
tosto che il creatore che benedetto nei secoli) in CRm I , 21 (18) (87, 34-88, 40), che d
luogo ad una formulazione orante: Nos tamen, qui unum Deum bonum et iustum legis et
prophetarum et evangeliorum patrem Christi fatemur, eisdem explanationibus et in novo
et in veteri utimur testamento invocantes eum, qui posuit in Sion lapidem offensionis et
petram scandali, ut ipse nobis per sanctum Spiritum suum offensionem et scandalum lec-
tionis apostolicae, per quam dubiae mentes offendi videntur, aperiat (tr. Cocchini I, 44).
Come incenso al tuo cospetto 317
Cristo a deporre e a riprendere la propria anima946; solo per la potenza
dello Spirito possibile arrivare a scorgere il significato pi profondo
delle parole di Paolo947 . O, come lAlessandrino dichiara nel libro VIII,
colui che scruta ogni cosa, anche le profondit di Dio, lo Spirito santo,
conosce tutto e lo rende noto a chi egli abbia voluto rivelarlo948 . Quanto
poi questo dono di grazia sia da ricollegarsi alla preghiera lo illustra bene
un passo del IX libro, in cui lAlessandrino sostiene che Paolo [...] non
solo ci che egli stesso dice lo dice per mezzo della grazia, ma implora
che anche ai suoi ascoltatori venga data la grazia, e non solo la grazia ma
la moltitudine della grazia949 .
Nonostante la scarsit di preghiere formulate, CRm lascia intrave-
dere il profilo dellorazione nella lotta che impegna la vita del fedele fra
la legge della carne e la legge dello spirito. Come in Orat, il destino
dellanima, realt intermedia fra corpo e spirito, di divenire pienamen-
te spirituale, ma CRm illustra questo ideale di perfezione in primo luogo
alla luce dellanima di Cristo. In essa, infatti, si attua perennemente quel-
la che la meta dichiarata della preghiera secondo il trattato, cio linabi-
tazione di Dio nella mente del santo: nellanima di Ges, abitano sempre
il Verbo di Dio, che il Figlio Unigenito, e il suo Spirito santo950 . Come
Origene ha spiegato nel commentare il Padrenostro in Orat, se Dio che
passeggia nel paradiso indica simbolicamente la sua dimora tra i santi,
nessun uomo gli offre unabitazione pi accogliente e spaziosa di quella
che gli porge lanima di Ges951 . Riallacciandosi nuovamente a 1Cor 6, 17
(chi si unisce al Signore forma con lui un solo spirito), Origene vede
nellanima di Cristo, divenuta un solo spirito con il Logos, limmagine
del Figlio di Dio e il modello in cui lo spirituale chiamato a rispecchiar-

946 Cfr. CRm V, 10: Ma anche noi, quando pensiamo a Paolo, non riteniamo possa
esistere qualcuno capace di superarlo nellamore per Cristo: pertanto non neppure pen-
sabile che egli abbia detto qualcosa a suo riguardo contrario a quanto degno di lui. E per-
ci scrutiamo pi accuratamente con la grazia dello Spirito santo la parola di sapienza,
onde poter riconoscere il pensiero di Paolo, anzi, il pensiero di Cristo che si trova in lui
(tr. Cocchini I, 295).
947 CRm V, 10: Un altro, invece, che per la potenza dello Spirito scorger in que-
ste parole un pensiero di Paolo pi profondo, dir che qui la morte, di cui detto che non
avr pi potere su Cristo, deve essere intesa proprio come quellultimo nemico che fu raf-
figurato in quel grosso pesce (tr. Cocchini I, 296-297), cio Satana.
948 CRm VIII, 11 (tr. Cocchini II, 76).
949 CRm IX, 2 (tr. Cocchini II , 98-99).
950 CRm III, 5 (8): in anima Iesu, verbum Dei qui est unigenitus filius et sanctum
eius Spiritum semper habitare (tr. Cocchini I , 157).
951 CRm III, 8: Non troverai tra gli uomini nessunanima tanto beata ed eccelsa, se
non quella sola in cui il Verbo di Dio ha trovato tanta larghezza e tanto spazio in modo
che si dica che anche lo Spirito santo non solo vi abita, ma pure distende le ali... (tr. Coc-
chini I , 158).
318 Parte seconda, Capitolo settimo
si952. Lassimilazione con esso possibile in forza dellamore di Dio, che
effuso nel cuore dei santi mediante lo Spirito, in risposta alla preghiera
di Ges in Gv 17, 21: Come tu Padre in me ed io in te, anche questi siano
una cosa sola in noi953.
Commentando Rm 8, 35 (Chi dunque ci separer dallamore di Dio?
La tribolazione o langustia o la persecuzione o la fame o la nudit o il
pericolo o la spada?), Origene ha dato espressione a questo ideale di per-
fezione spirituale in una forma che, pur non configurandosi in senso stret-
to come preghiera, tende per ad avvicinarsi alla confessio orante di un
Agostino, essendo tramata come in questi sulla ripresa e lintreccio con il
testo sacro:
Poich dunque, egli [scil. Paolo] dice, per tutti questi benefici che abbiamo
conseguito stiamo ormai fissati e ben radicati nellamore di Dio, chi ci potr se-
parare da tale amore? Se verr la tribolazione diremo a Dio: Nella tribolazione
mi hai dato spazio (Sal 4,2). Se ci sar langustia del mondo, che deriva anche
dalle necessit del corpo, ricercheremo la vastit della sapienza e della scienza di
Dio, nella quale il mondo non ci pu angustiare. Ritorner infatti agli infiniti
campi delle divine Scritture: ricercher il senso spirituale della parola di Dio dove
nessuna angustia mi opprimer. Infatti me ne andr galoppando attraverso gli im-
mensi spazi della comprensione mistica e spirituale. Se soffro la persecuzione e
confesso il mio Cristo davanti agli uomini, sono sicuro che anchegli mi confes-
ser davanti al Padre suo che nei cieli (cfr. Mt 10, 32). Se si presenta la fame,
non pu turbarmi: io possiedo il pane di vita che discende dal cielo (cfr. Gv 6, 51)
e ristora le anime affamate; n tale pane pu mai venire a mancare: esso infatti
perfetto ed eterno. La nudit non mi fa arrossire giacch sono stato rivestito del Si-
gnore Ges Cristo (cfr. Rm 13, 14) e spero di essere ulteriormente rivestito della
nostra abitazione celeste: Occorre infatti che ci che mortale si rivesta di im-
mortalit e ci che corruttibile di incorruttibilit (1Cor 15, 53). Non temer il

952 CRm VII, 7: tuttavia bisogna dire che sua particolare ed esclusiva immagine,
che lo ha accolto totalmente e integralmente e in se stessa lo ha formato, lanima stessa
di Ges, la quale si talmente unita in tutto al Verbo e alla Sapienza di Dio, da non esser
ritenuta assolutamente in nulla alterata dalla somiglianza con lui; cos che chiunque aspiri
al culmine della perfezione e della beatitudine, deve volgersi allimmagine e alla somi-
glianza di lui, a quella cio che per prima e sopra tutti gli altri immagine del Figlio di
Dio: cos che egli sia il primogenito fra molti fratelli, fra coloro, evidentemente, sui qua-
li tiene il primato nella conformazione allimmagine del Figlio di Dio (tr. Cocchini I,
387). Per linterpretazione di 1Cor 6, 17 si veda anche CRm IV, 5: una sola quella so-
stanza di Dio che esiste per sempre; e se uno vi si unito diventa un solo spirito con lui, e
a motivo di colui che esiste per sempre si dice che anche egli esiste (I, p. 199).
953 CRm IV, 9 (345, 191-200): Quod si et spiritus caritatis et filius caritatis et Deus
caritas invenitur, certum est quod ex uno paternae deitatis fonte et filius intellegendus est
et Spiritus sanctus ex cuius abundantia etiam sanctorum cordibus ad participationem ca-
piendam divinae naturae [...] abundantia caritatis infunditur, ut per istud sancti Spiritus
donum compleatur ille sermo quem Dominus dicit: sicut tu pater in me et ego in te et isti
in nobis unum sint (Gv 17, 21), divinae scilicet naturae participes effecti in abundantia ca-
ritatis per Sanctum Spiritum ministratae (tr. Cocchini I, 223).
Come incenso al tuo cospetto 319
pericolo: Infatti il Signore mia luce e mia salvezza, di chi avr timore e il Signo-
re difensore della mia vita, davanti a chi dovr spaventarmi? (Sal 26[27], 1).
Una spada terrena non pu farmi paura, ne avr infatti con me una pi forte, la
spada dello Spirito, che la parola di Dio (Ef 6, 17) e con me c la parola di
Dio viva ed efficace che pi affilata di ogni spada a due tagli (Eb 4, 12)954 .
Qui lAlessandrino, per cos dire, prega con la Bibbia in uneffusio-
ne meditativa, nellabbandono fiducioso alla certezza che lamore di Dio
non viene mai meno per colui che, come la sposa del Cantico, ha ricevuto
da Cristo una ferita damore955. Ma Paolo non ignora affatto la perdu-
rante fragilit umana, sempre esposta alla lotta contro la legge secondo
la carne; perci invita a perseverare nella preghiera (Rm 12, 12)956 . E
nella navigazione sui flutti di questo mondo ricorda che occorre im-
plorare incessantemente laiuto del Signore per scampare agli agguati dei
pirati, cio le insidie demoniache957 . Dentro questo orizzonte agonico
Origene si serve del paradigma di Paolo come orante, per illuminare il
momento della preghiera nella lotta fra carne e spirito.
LApostolo lesempio dello spirituale, come lAlessandrino chia-
risce basandosi sulle sue stesse parole in Rm 1, 9 (Mi testimone Dio,
a cui servo nel mio spirito, nel vangelo del Figlio suo) e osservando al
riguardo che servire in spirito pi grande che adorare in spirito (Gv
4, 23). Infatti, Paolo serve Dio con la sua parte migliore, che governa
anima e corpo 958 ; pertanto lApostolo d la preferenza dovunque allo spi-
rito e ripudia la carne o ci che della carne959. Nonostante ci, anche la
sostanza della sua anima, cos grande e insigne, che possiede lintelligen-
za e la comprensione dei pensieri celesti e divini [...] stata sottomessa
alla servit di un corpo corruttibile e vincolata alla sua vanit960 . Origene
rilegge allora la condizione personale di Paolo, oppresso nel corpo dal

954 CRm VII, 11 (tr. Cocchini I, 397).


955 Ibidem (tr. Cocchini I , 398).
956 CRm IX, 11: Costui sar pure paziente nella tribolazione [...] se per mettiamo
in pratica quanto viene espresso nella frase che segue, ossia: Perseverando nella preghie-
ra. Infatti, per quella parte in cui la fragilit umana non sufficiente, occorre implorare
con le preghiere laiuto di Dio (tr. Cocchini II, 113).
957 CRm X, 5: E dobbiamo perci implorare incessantemente laiuto del Signore e
sperare che egli stesso ci strappi dal laccio dei cacciatori, affinch anche noi possiamo
dire: Lanima nostra come un passero stata strappata dal laccio dei cacciatori: il laccio
stato distrutto e noi siamo stati liberati. Il nostro aiuto nel nome del Signore che ha
fatto il cielo e la terra (Sal 123[124], 7-8) (tr. Cocchini II , 164).
958 CRm I, 12 (10) (69, 12-16): Sed Paulus non solum adorat in spiritu, verum et
deservit in spiritu. Nam adorare quis potest et sine affectu; deservire vero eius est, quem
constringit affectus. Deservit ergo apostolus Deo non in corpore neque in anima sed in
meliore sui parte, id est in spiritu (tr. Cocchini I , 30).
959 CRm I, 12 (10) (ibidem)
960 CRm VII, 4 (tr. Cocchini I , 370).
320 Parte seconda, Capitolo settimo
conflitto fra la carne e lo spirito, alla luce di Sap 9, 15 (Il corpo corrut-
tibile appesantisce lanima e labitazione terrena opprime la mente dai
molti pensieri), luogo-chiave come si ricorder per la prospettiva
antropologica di Orat. Anche in vista di ci lApostolo presentato come
uomo di preghiera: egli mette in pratica per primo linvito a pregare
senza interruzione di 1Ts 5, 17961 ; ma lo fa anche nella speranza di com-
piere la volont di Dio con la propria missione e con il viaggio a Roma
(Rm 1, 9-10)962. Inoltre, la preghiera incessante dettata per lui dalla ne-
cessit di superare gli ostacoli che Satana frappone sul suo cammino per
lannuncio del Vangelo 963 . Tuttavia Paolo non prega solo affinch Dio
lassista nel realizzare la propria missione di evangelizzazione, poich egli
intercede anche per gli altri ed in particolare assume quel ruolo vicario
per cui i santi, gi nellAntico Testamento, prendono su di s le parti dei
peccatori, oppure i maestri fanno proprie le debolezze dei discepoli, nel-
lintento di spingerli a convertirsi e migliorarsi964 .
Agendo in tal modo, dunque, lApostolo vuole far s che nessuno si
vergogni della natura del corpo n perda la speranza della conversione n
ignori la moltitudine dei propri mali dai quali liberato per la grazia di
Cristo965. Ma la compartecipazione solidale di Paolo alla sorte di coloro
che sono impegnati nelle lotte di questa vita giunge fino allestremo di
chiedere a Dio la propria perdizione pur di assicurare la salvezza agli Israe-
liti, suoi fratelli secondo la carne (Rm 9, 1-5). Egli fa proprio lesempio di

961 CRm I, 13 (11) (71, 4-5): Quod sine intermissione pro his, quibus scribit, orare
se dicit mandati sui memor, complet opere, quod sermone praecipit (tr. Cocchini I, 31).
962 CRm I, 13 (11) (71, 5-): Quia autem dicit obsecrare se, si quomodo tandem ali-
quando prosperum iter habeat, ut in voluntate Dei veniat ad Romanos, considerandum est
quod apostolus Dei ad opus sanctum, opus evangelii proficiscens exspectat, donec obse-
crationibus impetret non solum prosperum sibi iter fieri, sed et in voluntate Dei prospe-
rum fieri (tr. Cocchini I, 31). Si noti la raccomandazione pratica perch cum aliquid
agere disponimus, a Deo itineris prosperitas postulanda est (71, 12-13).
963 CRm I, 15 (13) (75, 40-44): competenter ostendit se in orationibus sine inter-
missione (1Ts 5, 17) certare, ut devictis Satanae impedimentis prosperum iter eius fiat in
voluntate Dei videre eos, qui Romae sunt. Desiderat enim et in orationibus obsecrare non
cessat fructum aliquem capere ex ipsis sicut ex ceteris gentibus (tr. Cocchini I, 34).
964 Il motivo introdotto in CRm VI, 9, a proposito di Rm 7, 24-25: Sul fatto poi
che nelle divine Scritture vi sia labitudine che i santi assumano il ruolo dei peccatori e i
maestri prendano su loro le debolezze dei discepoli siamo assai bene istruiti dal libro dei
Salmi... (tr. Cocchini I, 343). Origene cita Sal 37(38), 4-7, ma pi che fondarsi sullesem-
pio di David, si richiama a quello di Daniele: cosa diremo anche di Daniele, di cui sicu-
ramente non si racconta alcun peccato, e tuttavia viene riferita la confessione con digiuni,
cilicio e cenere e una tale preghiera dove, tra laltro, dice anche questo: Abbiamo peccato,
abbiamo compiuto liniquit, abbiamo agito ingiustamente... (Dn 9, 5-7). Chi pu negare
che in tali parole sia stato assunto da Daniele il ruolo dei peccatori, a nome dei quali,
come fosse a suo nome, sembra dire tali cose? (tr. Cocchini I, 343-344).
965 Ibidem (tr. Cocchini I , 344).
Come incenso al tuo cospetto 321
Mos che prega Dio di cancellarlo dal libro della vita, a patto che per-
doni il peccato del popolo (Es 32, 32). Ora, secondo Origene, Paolo stato
esaudito ben pi di Mos, perch ha meritato la salvezza per i fratelli (con
la promessa di Rm 11, 25-26 riguardo al mistero di Israele), mentre
tutti quelli che per mezzo di Mos erano usciti dallEgitto, morirono nel
deserto966. Infine, lAlessandrino riflette sulla cooperazione orante che
lApostolo sollecita da parte dei destinatari dellepistola in Rm 15, 30-32
(Vi supplico, dunque, o fratelli, per il Signore nostro Ges Cristo e per
la carit dello Spirito, di soccorrermi con le preghiere presso Dio...), per
sviluppare lidea che il verbo sunagwnivsasqai (Rm 15, 30) equivale per
Paolo a soccorrermi nella lotta delle preghiere presso Dio. Vi dunque
una lotta e un combattimento di preghiera dellApostolo, diretti contro
le potenze demoniache, le quali fra i loro diversi bersagli avversano anche
la preghiera:
Ed certo che tutti costoro, come avversano la fede e contrastano la piet, come
sono contrari alla giustizia e alla verit e a tutto ci che buono, cos senza dub-
bio contrastano e avversano la preghiera. E perci Paolo mostra che anche nella
preghiera non affatto di poco conto la lotta, dal momento che per essa ha cre-
duto di dover implorare perfino laiuto di quanti si trovano a Roma. In realt in-
fatti nella preghiera i demoni e le potest avverse cercano di impedire innanzi-
tutto che chi si affatica nel combattimento della preghiera venga trovato tale da
poter elevare mani pure senza ira (1Tm 2, 8). Ora, anche se uno ha potuto otte-
nere di essere senza ira, a malapena che pu anche evitare di essere senza spi-
rito di discussione (1Tm 2, 8), cio senza pensieri superflui e vani. A malapena
infatti troverai che ad uno che sta pregando non venga in mente qualche pensiero
vano ed estraneo e pieghi lintenzione con cui la mente si rivolge a Dio e la inter-
rompa e la distolga per cose che non centrano. Ed pertanto un combattimento
grande quello della preghiera, per far s che la mente, sempre fissa in Dio con
ferma attenzione, possa contrastare i nemici che le si oppongono e che distol-
gono il pensiero della preghiera verso realt diverse, cos che giustamente anche
chi prega possa dire: Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la corsa
(2Tm 4, 7)967 .

Origene non ha mai affrontato in termini cos concreti la difficolt di


pregare. vero che il richiamo al versetto paolino di 1Tm 2, 8, insieme
ad altri luoghi scritturistici, concorre ad assicurare quel controllo delle
passioni che predispone al processo di anacoresi sensoriale dal mondo e
allanabasi della mente verso Dio. Ma neppure in Orat, dove di certo non
signorano le difficolt che ostacolano latto orante, in particolare quella
di assicurare la necessaria tensione e concentrazione interiore evitando
distrazione e turbamento dei pensieri (Orat XXXI, 2), Origene si spinge

966 CRm VII, 13 (tr. Cocchini II , 6).


967 CRm X, 15 (tr. Cocchini II, 190).
322 Parte seconda, Capitolo settimo
fino a parlare di un combattimento della preghiera968 . In questo passo
abbiamo insomma un salto di qualit nel definire la sfida che attende
lorante, anche perch la causa di tali difficolt ricondotta, quale loro
fattore determinante, allazione delle potenze demoniache969 . Anche su
questo punto lAlessandrino anticipa la posizione di Evagrio Pontico, per
il quale il momento della preghiera offre ai demoni unoccasione privile-
giata onde sferrare i loro attacchi, anche se lelevazione a Dio e la con-
temporanea chiusura a Satana nella preghiera della comunit un motivo
gi presente in Cipriano970. Nel pensiero di Evagrio, fra le diverse pas-
sioni che turbano la mente dellorante, occupa largo spazio proprio il de-
mone dellira, che per Origene, nel binomio riepilogativo degli atteggia-
menti spirituali dellorante in 1Tm 2, 8, rappresenta apparentemente una
minaccia pi facile a respingersi di quanto non lo sia forse per Evagrio971.
Ma il conflitto con i pensieri vani ed estranei, che per lAlessandrino
tendono a distogliere quasi irresistibilmente dallorazione, pu ben essere
accostato alla ricerca della preghiera pura nel monaco di Kellia972. Si
deve dunque riconoscere che CRm d prova di una misura di realismo assai
lontana dallideale della preghiera in Orat, bench il trattato non ignori
affatto la dimensione agonica dellesistenza spirituale. Non lunico ap-
porto di riflessione originale circa latto orante in CRm, perch lAlessan-
drino ha anche riformulato con maggior nettezza lidea, gi presente in
Orat, del concorso dello Spirito alla preghiera.

968 Cfr. Orat XXXI, 2 e supra, note 468, 503.


969 Peraltro, se in Orat XXXI, 2 si mantiene la lezione peirasmovn, invece della con-
gettura perispasmovn (cfr. supra, nota 468), si potrebbe insinuare lidea di energie demo-
niache da respingere.
970 Cipriano, De dom. or. 31 (109, 565-571): Ideo et sacerdos ante orationem prae-
fatione praemissa parat fratrum mentes dicendo: Susum corda, ut dum respondet plebs:
Habemus ad Dominum, admoneatur nihil aliud se quam Dominum cogitare debere. Clu-
datur contra adversarium pectus et soli Deo pateat nec ad se hostem Dei tempore orationis
adire patiatur.
971 Sulle conseguenze dellojrghv sulla preghiera si veda, in particolare, Evagrio,
Prat. 23, 25. Egli cita per 1Tm 2, 8 (con la lezione dialogismw'n, attestata a volte anche
da Origene) solo in De cogit. 5 e 32 (vagre le Pontique, Sur les penses, 168, 24-25).
Cfr. anche Cassiano, Coll. IX, 3 ss.
972 Cfr. Evagrio, De orat. 10 (PG 79, 1169, 22-30): Otan i[dwsin oiJ daivmone"
proqumouvmenovn se ajlhqw'" proseuvxasqai, tovte uJpotivqentai nohvmatav tinwn pragmav-
twn dh'qen ajnagkaivwn, kai; meta; bracu; ejpaivrousi th;n peri; aujtw'n mnhvmhn, kinou'nte"
to;n nou'n pro;" zhvthsin aujtw'n, kai; wJ" mh; euJrivskwn sfovdra lupei'tai, kai; ajqumei': hJnivka
de; sth/' eij" proseuchvn, uJpomimnhvskousin aujtw'n tw'n zhthqevntwn, i{na caunwqei;" oJ nou'"
pro;" gnw'sin aujtw'n ajpolevsh/ th;n eu[karpon proseuchvn (si veda il commento di Haus-
herr 1960, 23-26).
Come incenso al tuo cospetto 323
3.2.3.2. Lo Spirito maestro di preghiera

CRm ci offre un commento originale del passo cruciale che ispira


nelle sue linee guida la riflessione di Orat: Rm 8, 26-27 (Cos anche lo
Spirito aiuta la nostra debolezza. Infatti noi non sappiamo che cosa chie-
dere secondo ci che conviene; ma lo Spirito stesso intercede per noi con
gemiti inesprimibili. Per colui che scruta i cuori sa cosa lo Spirito desi-
deri, perch egli intercede secondo Dio per i santi). Per intendere il senso
della spiegazione origeniana conviene tener presente, da un lato, il model-
lo dellantropologia spirituale riproposto in pi occasioni dal commenta-
rio e, dallaltro, il ricorso a una modalit argomentativa prediletta da que-
stopera con luso di una similitudine. Lidea di fondo quella del ruolo
dello Spirito come maestro di preghiera. Origene sembra predisporla, in
un certo senso, da lontano, allorch nel II libro riflettendo sulla legge
della coscienza adduce 2Cor 1, 12 (Questa la nostra gloria: la testimo-
nianza della nostra coscienza) a riprova nellApostolo delladesione del-
lanima allo spirito.
Poich dunque io noto in essa una cos grande libert e che senza dubbio gode
sempre e si rallegra per le azioni buone, mentre non rimproverata per quelle cat-
tive, anzi rimprovera e ammonisce lanima stessa a cui congiunta, per questo
ritengo che si tratti proprio dello spirito di cui lapostolo dice che coesiste insie-
me con lanima... quasi come un pedagogo a lei, per cos dire, associato e quasi
come una guida (qui ab apostolo esse cum anima dicitur [] velut paedagogus
ei quidam sociatus et rector), perch le faccia osservare ci che migliore o per
le sue colpe la castighi e la rimproveri; e di tale spirito anche lapostolo dice: Nes-
sun uomo conosce ci che proprio delluomo, se non lo spirito delluomo che
in lui (1Cor 2, 11); e ritengo che tale spirito sia proprio lo spirito della coscienza,
del quale Paolo dice: Lo Spirito stesso rende testimonianza al nostro spirito (Rm
8, 16). E forse appunto questo lo spirito che congiunto alle anime dei giusti
che gli saranno state obbedienti in tutto; e perci sta scritto: Lodate, o spiriti e
anime dei giusti, il Signore (Dn 3, 86). Se invece lanima gli sar stata disubbe-
diente e ribelle, dopo la morte sar divisa da lui e separata973 .
Nello schema ben noto dellantropologia origeniana notiamo qui la
funzione di pedagogo e guida assegnata allo spirito (delluomo) ri-
spetto allanima e al corpo. In nuce lAlessandrino insinua gi limmagine
che riprender nel VII libro, in qualche modo giustapponendola a questa,
per chiarire liniziativa pedagogica dello Spirito nella preghiera. La pre-
messa immediata per diversa, poich Origene estende lidea della com-
partecipazione dei santi e di tutta quanta la creazione alle sofferenze di

973 CRm II, 9 (tr. Cocchini I, 89-90). Beyer Moser, 64, osserva in proposito che as
the judge of the soul, this guiding spirit-conscience adheres to the good soul but evaluates
the evil one harshly. As the locus of the Holy Spirits embrace of the human being, the
human spirit remains holy, even when the human soul and body become corrupt.
324 Parte seconda, Capitolo settimo
coloro che sono nelle lotte di questa vita (Rm 8, 22) fino ad includervi la
realt divina. Non la formulazione ardita della passione dellamore in
Dio, preludio allincarnazione del Logos, che troviamo nella VI Omelia su
Ezechiele974 . Ma in ogni caso lidea affine, dal momento che Origene,
sfruttando il testo paolino e facendo parlare lApostolo con una prosopo-
pea, attribuisce alla natura divina [...] un certo sentimento di compassio-
ne per le nostre lotte che si manifesta nei gemiti dello Spirito.
Perfino nella stessa natura divina si trova un certo sentimento di compassione
per le nostre lotte (infatti io pure mi unisco a voi) e lo Spirito stesso aiuta la no-
stra debolezza (Rm 8, 26). Effettivamente noi non sappiamo cosa chiedere, cosa
sia opportuno domandare a Dio. E difatti talvolta, spinti dalla debolezza, deside-
riamo ci che contrario alla salvezza. E come uno che malato fisicamente non
chiede al medico ci che confacente alla guarigione o conduce ad essa, ma piut-
tosto ci che gli ha suggerito il desiderio provocato dalla sua malattia, cos anche
noi, che siamo senza forze per la debolezza propria di questa vita, a volte chie-
diamo a Dio ci che non giova. E per finire, io stesso, Paolo, che vi dico queste
cose, quando mi fu dato dal Signore un angelo di Satana che mi percuotesse, af-
finch io non mi insuperbissi per la sublimit delle rivelazioni (2Cor 12, 7), per
tre volte chiesi al Signore che lo allontanasse da me (2Cor 12, 8) non sapendo
cosa chiedevo: e proprio perch non sapevo chiedere secondo ci che conveniva,
il Signore non mi prest ascolto, ma mi disse: Ti basta la mia grazia, infatti la
potenza si compie nella debolezza (2Cor 12, 9). Cos dunque non sappiamo cosa
chiedere secondo ci che conviene, ma lo Spirito stesso intercede per noi con
gemiti inesprimibili (Rm 8, 26) 975 .

LAlessandrino rivisita il problema della preghiera, non tanto nel-


lottica intravista pocanzi del combattimento della preghiera, quanto
piuttosto alla luce della fondamentale incapacit delluomo a pregare. La
fragilit data dal contrasto fra la carne e lo spirito lelemento costitu-
tivo che impedisce alluomo di rivolgere a Dio la richiesta dei beni auten-
tici. Neppure Paolo si avverte risparmiato da essa, tanto che lApostolo
esemplifica in prima persona il suo fallimento di orante non conforme ai
voleri di Dio. proprio lesempio personale di Paolo che ci fa cogliere
con pi chiarezza quella nota di radicalit, che richiama pi da vicino
Orat e prelude allintervento dello Spirito in soccorso dellimpotenza
umana a pregare. Ora, lo Spirito supplisce con gemiti inesprimibili, sua
prerogativa esclusiva rispetto agli altri gemiti accennati nellepistola,
che per Origene equivalgono a suppliche condotte davanti a Dio con
molta fiducia e libert, conformemente a quella parjrJhsiva che sua pre-
rogativa, come lo dei figli di Dio, dei santi che partecipano di lui976. Ma

974 Cfr. infra, nota 1117.


975 CRm VII, 6 (tr. Cocchini I , 380).
976 Ibidem: E vedi se possiamo scoprire in questi gemiti molta fiducia e libert da-
Come incenso al tuo cospetto 325
lintervento dello Spirito a sostegno di colui che prega si d per chi sim-
pegna e lotta per contrastare i desideri della carne, fonte dellimpotenza
delluomo a domandare i veri beni. Se dunque c gi il segnale di uno
sforzo ad assecondare lo spirito invece della carne, ecco che lo Spirito ri-
sponde ad esso facendo propria la preghiera delluomo.
Quando per lo Spirito di Dio avr visto il nostro spirito affaticarsi nella lotta
contro la carne, allora unendosi a lui gli porge la mano e aiuta la sua debolezza.
E come se un maestro, accogliendo un discepolo che non sa nulla ed ignorante
perfino dellalfabeto, per poterlo ammaestrare e istruire ha bisogno di abbassarsi
ai primi rudimenti dellallievo e di dire lui per primo i nomi delle lettere cos
che il discepolo li apprenda ripetendoli e diventa in qualche modo egli stesso,
che maestro, simile al discepolo che comincia, dicendo e meditando quelle cose
che chi sta agli inizi deve dire e meditare: cos anche lo Spirito santo, quando avr
visto che il nostro spirito sconvolto dalle lotte per la carne e non sa che cosa
debba chiedere secondo quanto conviene (cfr. Rm 8, 26), allora egli stesso, come
maestro, pronuncia per primo quella preghiera che il nostro spirito, se vero che
desidera essere discepolo dello Spirito santo, prosegue. Egli offre i gemiti con cui
il nostro spirito pu apprendere a gemere per rendersi di nuovo Dio propizio. Se
invece lo Spirito insegna, ma il nostro spirito, cio la nostra mente, non lo segue,
allora per colpa sua la dottrina del maestro gli diventa inutile977.

Allo spirito delluomo come paedagogus e rector dellanima fa ora


da pendant lo Spirito santo come maestro di preghiera per lo spirito del-
luomo. In CRm, quando Origene deve servirsi di esempi presi da mestieri
e professioni, non di rado rievoca il compito del grammatico, ma qui la
condizione del discepolo e di conseguenza lattivit del docente si situano
ad un livello ancora pi basso: prima del grammatico, c bisogno per
luomo orante di un maestro di lettere, che lo liberi dal suo analfabeti-
smo religioso, dal momento che non sa riconoscere ed esprimere i veri
bisogni di una vita autentica. I gemiti dello Spirito sono espressione e
frutto di una condiscendenza divina che avvicina e assimila lo Spirito
santo allo spirito delluomo. Mentre lAlessandrino ribadisce lidea di
Orat per cui la preghiera spirituale possibile solo se lorante asso-
ciato allo Spirito, che lo previene e d voce alle sue richieste, al tempo
stesso egli insinua il motivo del mistero che si compie attraverso i gemiti
inesprimibili978 . Dunque, pi che chiarire con precisione la dinamica

vanti a Dio, perch lorazione che viene a lui rivolta con dolore e gemito riceve da parte
dello Spirito santo la fiducia di poter salire a Dio (tr. Cocchini I , 381).
977 Ibidem (tr. Cocchini I, 381-382). Cfr. Beyer Moser, 118-129.
978 Ibidem: E Paolo, sapendo che proprio questo mistero si realizzava nelluomo,
diceva: Infatti se parlo in lingue, il mio spirito prega, ma la mia mente rimane senza frutto
(1Cor 14, 14), chiamando spirito suo la grazia dello Spirito santo che da Dio viene data
agli uomini. Perci esortandoci anche a non lasciare infruttuoso questo dono dello Spirito
santo, prosegue dicendo: Che dunque? Pregher con lo spirito ma anche con la mente:
326 Parte seconda, Capitolo settimo
determinata dal sostegno dello Spirito, la similitudine del maestro vuole
rassicurare su un processo di comunione intima con la divinit e insieme
responsabilizzare lorante a fare la propria parte. A questo fine Origene
ricorre a 1Cor 14, 14-15, che a suo avviso inculca nuovamente lo stesso
modello collinvitare la mente dellorante ad assecondare lo spirito
(cio il dono di grazia)979. E ci significa anche che dallintercessione
dello Spirito sono esclusi gli empi, dato che egli soccorre i santi, an-
corch essi ci appaiano qui segnati dalla tribolazione della carne. Vi
comunque, a conclusione dellesegesi di Rm 8, 26-27, lindicazione su
come agire: da un lato, rinunciare a chiedere a Dio i falsi beni rappresen-
tati da salute, ricchezze e onori, dallaltro attenersi a quanto il Signore ci
ha insegnato di chiedere nella preghiera: Sia fatta la tua volont (Mt 6,
10). In tal modo, latto orante che ha per maestro lo Spirito trova ancora
una volta, come criterio e modello vincolante, la Preghiera del Signore.
Abbandonarsi al volere di Dio significa poi ridimensionare in qualche
modo i contenuti della domanda, perch ci che conta agli occhi di Colui
che scruta i cuori sono le disposizioni interiori980.

3.2.3.3. Pregare il Padre e il Figlio

Un altro luogo dellepistola ha attirato unimportante precisazione


riguardo al destinatario della preghiera, di primo acchito contrastante con
limpostazione pi consueta di Origene: si tratta del commento a Rm 10,
12-13 nel libro VIII (Non vi infatti distinzione tra Giudeo e Greco. Egli
stesso infatti il medesimo Signore di tutti, ricco verso tutti coloro che lo
invocano. Infatti chiunque avr invocato il nome del Signore, sar salvo
[Gl 3, 5]). LAlessandrino si chiede a che titolo il fatto di invocare
semplicemente il Signore possa assicurare la salvezza. Per lui non pos-
sibile che ci abbia un valore in assoluto, senza cio che linvocare si
innalzi da una vita virtuosa, come si pu arguire dalla messa in guardia di
Pr 1, 28: Ci sar infatti un tempo in cui mi avrete invocato: io per non

dir i salmi con lo spirito, ma li dir anche con la mente (1Cor 14, 15). Pertanto, sebbene
lo stesso Paolo abbia mostrato che queste realt sono inesprimibili e che con gemiti ine-
sprimibili avvengono, tuttavia, per quanto ci stato possibile, abbiamo fornito una certa
immagine delle cose che accadono in maniera divina e che egli stesso esprime in modo
piuttosto velato (tr. Cocchini I , 382). O ancora: Come si pu infatti esprimere ci che lo
Spirito di Dio dice a Dio, dal momento che a volte nemmeno il nostro stesso spirito pu
spiegare con parole ci che sente e comprende? (I, 383).
979 Sullinterpretazione di 1Cor 14, (14-)15, addotto perlopi in relazione alla di-
stinzione fra preghiera vocale e preghiera silenziosa, si veda infra, 466-475.
980 Con riferimento a Rm 8, 27, CRm VII, 6 afferma: Lapostolo senza dubbio mo-
stra che Dio valuta nella preghiera non tanto le nostre parole, quanto il cuore e la mente
(tr. Cocchini I, 383).
Come incenso al tuo cospetto 327
vi esaudir981 . Tuttavia, in questo passo come in quello paolino e nella
citazione da Gioele ivi contenuta, Origene nota luso del verbo ejpika-
lei'sqai, ai suoi occhi termine non indifferente del linguaggio di preghie-
ra, perch con esso le divine Scritture indicano qualcosa di grandioso.
Infatti, lo adoperano per personaggi importanti, come Enos, Mos, Aronne
e Samuele, ma anche Paolo se ne serve in 1Cor 1, 2 per designare i cre-
denti in Cristo (Con tutti coloro che in qualsiasi luogo invocano il nome
del Signore nostro Ges Cristo, il loro e il nostro). Di conseguenza, i san-
ti dellAntico Testamento che invocano il (nome del) Signore e trovano
esaudimento in Lui, senza dubbio invocano anchessi, per Origene, Ges
Cristo. Su questa base esegetica lAlessandrino procede ad accostare Cri-
sto al Padre come termine della preghiera.
Se dunque Enos e Mos e Aronne e Samuele invocavano il Signore, ed egli li
esaudiva (Sal 98[99], 16), essi senza dubbio invocavano come Signore Cristo
Ges: e se invocare il nome del Signore e pregare il Signore sono una unica e
identica cosa, allora come si invoca Dio si deve invocare Cristo; e come si prega
Dio, cos anche si deve pregare Cristo (invocare nomen Domini et orare Domi-
num unum atque idem est, sicut invocatur Deus, invocandus est Christus; et sicut
oratur Deus, ita et orandus est Christus); e come offriamo a Dio Padre per primo
le orazioni di tutti, cos anche le offriamo al Signore Ges Cristo; e come offriamo
suppliche al Padre, cos offriamo suppliche anche al Figlio; e come offriamo
azioni di grazie a Dio, cos anche offriamo grazie al Salvatore. Infatti che un unico
onore si debba presentare ad entrambi, ossia al Padre e al Figlio, lo insegna la pa-
rola divina quando dice: Affinch tutti onorino il Figlio, come onorano il Padre
(Gv 5, 23)982 .

Il testo latino di Rufino non ci impedisce di intravedere in filigrana


le domande, suppliche, preghiere e ringraziamenti di 1Tm 2, 1 che
come Origene ha spiegato in Orat possono implicare pi destinatari,
accostando al Padre il Cristo ed anche lo Spirito, a seconda del tipo di
orazione, con eccezione della proseuchv983. A dire il vero, vi un residuo
apparente del primato riconosciuto alla proseuchv nel trattato, in quanto
invocazione indirizzata unicamente a Dio Padre, nellaffermazione che a
Lui per primo [...] si offrono le orazioni di tutti. Ma tale primato non
risulta pi esclusivo come in Orat, anzi ridimensionato dal parallelismo

981 CRm VIII, 4: E in questa frase mi sembra che la Sapienza esorti e stimoli quanti
vogliono salvarsi ad invocarla presto e a non indugiare n rinviare ad altro tempo: affin-
ch non capiti che, essendosi compiuto il tempo stabilito, cio quello in cui vi la possibi-
lit di fare penitenza, tardivamente, in seguito, rivolgano suppliche quando non c pi
spazio per il pentimento (tr. Cocchini II, 40).
982 CRm VIII, 5 (tr. Cocchini II, 41-42). Cfr. supra, nota 411. Gv 5, 23 citato in CC
VIII, 9 per confortare lonore reso a Ges in base alle profezie su di lui. Anche HIer V, 8 e
CIo XX, 38, 351 non presentano unesegesi assimilabile a CRm VIII, 5.
983 Si veda, ad esempio, il parallelo in CC V , 4 (supra, nota 410).
328 Parte seconda, Capitolo settimo
fra lorazione al Padre e quella al Figlio, come anche dalle giustapposi-
zioni che seguono per i diversi tipi di preghiera, fino allasserzione con-
clusiva secondo cui Padre e Figlio richiedono un unico onore. Sarebbe
facile subodorare qui un intervento normalizzatore di Rufino, nel senso
dellortodossia nicena, ma forse non necessario, se si tiene conto sia del
complesso del discorso origeniano da Orat alle formulazioni pi tarde, in
particolare in CC sia anche del contesto ravvicinato del nostro passo984.
Guardando adesso a questultimo si nota come la preghiera al Padre ri-
manga anche in CRm lespressione pi alta del modello di preghiera racco-
mandato da Origene, che la ripropone di seguito sviluppando una rifles-
sione sui diversi stadi della vita di fede alla luce del gi citato 1Cor 1, 2:
E guarda se per caso questa diversit non lasci intendere qualcosa di simile a
quanto sembra trovarsi anche nel presente capitolo, dove Paolo insegna che non si
pu invocare il nome del Signore se prima non si crede in Cristo (cfr. Rm 10, 14).
Quando poi uno ha creduto a Cristo, anche se non stato ancora santificato e as-
sociato al corpo della chiesa, tuttavia necessario che egli gi invochi colui a cui
ha creduto. Cristo infatti venne a riconciliare il mondo con Dio, e ad offrire al
Padre quanti credono in lui. Quelli poi che offre al Padre, lo Spirito santo li ac-
coglie per santificarli e per vivificarli come membra dei primordiali della chiesa
celeste (cfr. Eb 12, 23) e per ristabilirli nella saldezza e perfezione di tutto il
corpo; e cos finalmente essi meriteranno di essere chiamati chiesa di Dio che
non ha n macchia n ruga (cfr. Ef 5, 27). Pertanto, prima di giungere al livello
di tale perfezione, invocano il nome del Signore nostro Ges Cristo come nome
di un mediatore tra Dio e gli uomini (cfr. 1Tm 2, 5): invece, dopo che lo Spirito
di Dio sar stato nel loro cuore esclamando: Abb, Padre (Rm 8, 15), lo Spirito
stesso insegna loro ad invocare anche il nome del Padre985 .

Sulla traccia suggerita dallesegesi di 1Cor 1, 2 (peraltro non priva


nemmeno in questo passo di qualche ambiguit o incertezza interpretati-
va, perch quelli che in prima accezione sono i catecumeni potrebbero
essere intesi anche come i semplici)986 , Origene ripropone i fondamenti
dellorazione spirituale: preghiera dei perfetti, cio di coloro che sono
santi, e come tale preghiera nello Spirito, indirizzata al Padre. Da notare

984 Rinvio alla discussione gi svolta per Orat (supra, pp. 133-140). Invece Prinzi-
valli, 152 attribuisce a Rufino lintento [...] di riformulare linsegnamento origeniano [...]
secondo limpostazione post-nicena.
985 CRm VIII, 5 (tr. Cocchini II, 42-43; cfr. supra, nota 411). interessante qui il
confronto con Agostino, Serm. 56, 1 (153, 21154, 24): Quia ergo dixit: Quomodo invo-
cabunt, in quem non crediderunt? (Rm 10, 14), ideo non accepistis prius orationem, et
postea symbolum, sed prius symbolum, ut sciretis quid crederetis, et postea orationem,
ubi nossetis quem invocaretis.
986 Cfr. supra, nota 926. Si veda anche la preghiera premessa alla spiegazione della
parabola dei lavoratori a giornata in CMt XV, 27 (433, 24-27): Qew/' de; eujxavmenoi kai; ejpi-
kalesavmenoi to; o[noma tou' kurivou hJmw'n Ihsou' <Cristou'> ejkqwvmeqa th;n parabolhvn.
Come incenso al tuo cospetto 329
lapporto specifico di CRm sullo Spirito come maestro di preghiera, men-
tre il ruolo di Cristo ancora una volta identificato con quello di Mediato-
re tra Dio e gli uomini, che offre al Padre quanti credono in Lui. Infine,
la professione della condizione filiale acquisita dai perfetti per il Cristo e
nello Spirito nuovamente linvocazione raccomandata dalla Preghiera
del Signore: Abb, Padre. evidente allora da questo sviluppo di rifles-
sione che segue a ruota il passo a prima vista contraddittorio come il para-
digma normativo che Origene ha stabilito in Orat non sia affatto rimesso
in discussione. Semmai, la precisazione sulluguaglianza di onore tra Pa-
dre e Figlio pu rispondere analogamente a ci che avviene in Dial al-
lesigenza di prevenire un fraintendimento in senso troppo subordinazio-
nistico della mediazione del Figlio987 .

3.2.4. Commento a Matteo

Dei quattro grandi commentari di Origene che ci sono giunti, il Com-


mento a Matteo in assoluto il pi ricco e interessante in tema di pre-
ghiera. Fortunatamente, dal punto di vista testuale siamo pi avvantag-
giati, perch disponiamo ancora di una discreta porzione del testo greco
(i libri X-XVII), mentre la vetus interpretatio o Commentariorum Series,
unantica traduzione latina di cui non conosciamo lautore, ci ha conserva-
to una testimonianza oltremodo preziosa dellesegesi origeniana del primo
vangelo. Essa si affianca infatti al greco da CMt XII, 9 fino alla conclusio-
ne del commentario, arrivando cos a coprire circa la met dei venticinque
tomi originari. N manca, in aggiunta, il conforto di qualche frammento
delloriginale conservatoci nella Filocalia o nelle catene988 . Questopera
imponente, paragonabile per le sue dimensioni al Commento a Giovanni,
anche se certo pi snella e, a differenza di quella, felicemente portata a
termine, rappresenta il frutto della maturit esegetica dellAlessandrino989 .
Egli lha composta sul finire della vita, pi o meno in contemporanea con
il Contro Celso, cio intorno agli anni 244-249990 . Quanto al profilo lette-
rario ed esegetico, sebbene CMt condivida con CIo unallure tendenzial-
mente sistematica, analogamente a CRm d spazio allistanza di un let-

987 Si vedano le mie osservazioni a proposito dellespressione Qew/' dia; Qeou' in


Dial 4 (supra, p. 262 e nota 781).
988 CMt X-XVII comprende lesegesi di Mt 13, 36-22, 33, mentre CMtS giunge fino
a Mt 27, 63. Cfr. Danieli-Scognamiglio.
989 Fondamentali al riguardo i lavori di Vogt (Origenes. Der Kommentar zum
Evangelium nach Matthus; Vogt 1999).
990 Secondo la cronologia indicata da Eusebio, HE VI , 34, che situa CMt sotto il re-
gno di Filippo lArabo (244-249). Girod (SC 162, p. 8) suggerisce la data del 246, collo-
cando CRm nel 244 e CC nel 248. Invece per Nautin, 376, CMt e CC sono stati scritti in-
sieme, nel 248 o 249.
330 Parte seconda, Capitolo settimo
tore collaborativo; anzi, andando oltre lo stesso commentario paolino, in
qualche caso formula questioni alle quali non d risposta. In tal modo,
Origene rimanda la soluzione del problema allintelligenza attiva e re-
sponsabile dei futuri lettori e fa del suo commentario, entro certi limiti,
unopera aperta991 .
Non facile dar conto della variet e ricchezza degli spunti tematici
contenuti in CMt riguardo alla preghiera992. N serve prendere da princi-
pio come riferimento-guida le posizioni elaborate in Orat, sebbene anche
in questo caso si possano trovare diverse conferme ad alcuni dei punti di
forza sviluppati da Origene nel trattato. In realt, il testo evangelico che
loggetto del commento, propone gi di per s numerose occasioni di ri-
flettere sul nostro argomento, e questo in misura ben pi cospicua che nel
quarto vangelo (basti pensare alle istruzioni sulla preghiera e al testo del
Padrenostro in Mt 6, sulla cui rinnovata esegesi in CMt non siamo pur-
troppo documentati)993. Riflette dunque da vicino il contenuto del primo
vangelo il fatto che lAlessandrino focalizzi una buona parte della sua ri-
flessione sul modello di Ges orante. In particolare, per Origene, con la
scena del Getsemani e le ultime parole di Ges sulla croce, la preghiera
prelude e conclude il racconto della Passione. Alla luce di questo para-
digma esemplare prende forma anche la preghiera dei seguaci di Cristo: a
livello personale e nella dimensione comunitaria.
CMt racchiude anchesso tracce significative di unesegesi orante,
nel senso che la spiegazione del testo evangelico sorretta dallinvoca-
zione a Dio per lintelligenza spirituale, cio per il dono del Logos e dello
Spirito allinterprete (e ai lettori). N viene trascurata la consapevolezza,
pi volte ribadita in altri scritti, che preghiera autentica si d solo con il
concorso dello Spirito, grazie al quale la nostra richiesta arriva ad indiriz-
zarsi verso i beni grandi e celesti, i soli che si confanno alla dignit di
Dio e alla sua bont. Ma CMt attento anche ai risvolti ecclesiali della pre-
ghiera, pi di quanto non avvenisse precedentemente, a parte occasionali
interventi. A questo fine considera il luogo e le circostanze della preghiera,
invitando alla separazione fra santi e peccatori al momento dellora-
zione comunitaria, sia pure con il riguardo pastorale dovuto alla condizio-
ne di questi ultimi. Inoltre, sottolinea la centralit della preghiera nella
vita della chiesa, se essa vuole davvero essere casa di orazione (Is 56, 7).
Perch poi tale orazione consegua la richiesta chessa rivolge a Dio, essa
deve nascere da uno spirito di concordia e pacificazione, a livello sia per-

991 Bendinelli ha ricondotto tali caratteristiche allesperienza della scuola. Per un


diverso approccio si veda Bastit-Kalinowska e Perrone 2001a.
992 Per due rassegne essenziali si veda lintroduzione di Bendinelli, rispettivamente
in Origene. Commento a Matteo/1: Libri X e XI, 61-62; Origene. Commento a Matteo: Se-
ries/1, Roma 2004, 72-73. Cfr. anche Bendinelli 2009.
993 Cfr. Severus, 1172 ss.; Cullmann, 24 ss.
Come incenso al tuo cospetto 331
sonale che comunitario. Se lunanimit dunque garanzia di esaudi-
mento, in molte altre forme CMt ci mostra lutilit e lefficacia del pregare.

3.2.4.1. Esegesi orante: la conoscenza del mistero e i limiti dellinter-


prete

Come si detto, lesegesi di Origene in CMt animata dialetticamen-


te dalla tensione fra listanza dellinterpretazione sistematica e la sua
apertura ermeneutica in direzione del lettore. In tale tensione sinserisce
per larga parte anche la testimonianza di unesegesi orante, dalla quale
conviene adesso iniziare la nostra panoramica, anche perch offre subito
un interessante termine di confronto. In CMt ne abbiamo infatti una docu-
mentazione pi cospicua rispetto ai commentari esaminati in precedenza,
sebbene esso non faccia differenza nelle convinzioni che sorreggono strut-
turalmente la pratica esegetica: in sostanza, il commento del testo sacro
visto sempre da Origene come frutto del dono dello Spirito, per il quale
alloccorrenza lautore invoca Dio espressamente. Questo atteggiamento
spirituale ben illustrato da una serie di pronunciamenti ermeneutici, fino
allesternazione orante vera e propria la prima con la quale abbiamo a
che fare nel nostro testo , che accompagnano lesegesi della parabola del
servo impietoso in Mt 18, 21-35 (CMt XIV, 5-13). Commentando dapprima
Mt 18, 21-22 (la domanda di Pietro sul fatto di perdonare fino a sette
volte e la risposta di Ges che invita a farlo settanta volte sette), Ori-
gene ne respinge laccezione letterale e avvia la spiegazione mediante il
richiamo al parallelo di Gn 4, 23-24 su Caino e Lamech, da vendicarsi ri-
spettivamente sette e settantasette volte. Lassociazione numerolo-
gica con il luogo veterotestamentario aggrava a prima vista lincertezza
sul senso profondo del passo matteano e spinge lAlessandrino a profes-
sare apertamente il mistero e laccesso di conoscenza garantito solo a chi
ammaestrato dallo Spirito di Ges:
Il loro senso vero, nel quale le avrebbe spiegate lo stesso Ges, uno potr saperlo
se sar divenuto amico di Ges s da essere ammaestrato nel suo Spirito: questi
illumina la ragione di chi progredito fino a tal punto, a seconda del suo merito.
Quanto a noi, che siamo tanto lontani dalla grandezza di unamicizia verso Ges,
ci contentiamo di poter dire appena qualcosa, sia pur in breve, sul senso di que-
sto passo994.

994 CMt XIV , 5 (282, 25-283, 3): to;n me;n ou\n ajlhqh' kai; wJ" aujto;" a]n ejsafhvnisen
oJ Ihsou'" eij" tau'ta lovgon, ei[ ti" h[dh fivlo" gevgone tw/' Ihsou', wJ" maqhteuvesqai tw/'
pneuvmati aujtou' fwtivzonti to; hJgemoniko;n tou' ejpi; tosovnde proelhluqovto" kat ajxivan,
eijdeivh a[n. hJmei'" dev, oiJ tou' filikou' pro;" to;n Ihsou'n megevqou" ajpoleipovmenoi, ajgaph-
tovn, eij ka]n perilalh'sai ejpi; bracu; duvnameqa ta; kata; to;n tovpon (tr. Scognamiglio II,
114-115).
332 Parte seconda, Capitolo settimo
La professione di modestia zetetica, dichiarata in termini che fanno
venire in mente CIo, soprattutto per il motivo dellamicizia verso Ges,
d luogo in effetti ad una spiegazione succinta, peraltro in tono con lim-
postazione generale del commentario 995 . Poco oltre, per, dopo aver
tracciato una rassegna cumulativa dei problemi interpretativi posti dalla
parabola, Origene torna a ribadire il bisogno dello Spirito di Cristo come
condizione per la spiegazione del suo significato profondo: Chi ne par-
tecipe, non solo in quanto Spirito di Cristo ma Spirito di Cristo come
Sapienza e Logos potr ben contemplare ci che gli si viene rivelando in
questo passo996 . Lauspicato binomio di Sapienza e Logos, come si
verifica in altre esternazioni oranti dellinterprete, a questo punto ispira
direttamente ad Origene uninvocazione di preghiera:
Riguardo poi alla spiegazione pi sublime non vogliamo certo far promesse, ma
nemmeno abbandonare la speranza di cogliere le realt indicate nella parabola
con laiuto di Cristo, che Sapienza di Dio. Avvenga o no che ci vengano detta-
te cose simili su questo passo, ci suggerisca Dio, in Cristo, di fare ci che gli
gradito, purch ci sia largita a tal fine la parola di sapienza data da Dio per

995 Il noto requisito ermeneutico della mentalit di Cristo (nou'" Cristou' ), deri-
vato da 1Cor 2, 16 e riformulato anche come intenzione di Ges (bouvlhma tou' Ihsou'),
ribadito pi avanti nella spiegazione della stessa parabola; cfr. CMt XIV, 11 (302, 17-29):
Quale dunque sia il vero senso di questi fatti, riconosco che nessuno potrebbe spiegarlo,
se Ges, che in privato, ai suoi discepoli spiega ogni cosa (Mc 4, 34), non prende dimora
nella loro mente (ejpidhmhvsanto" aujtou' tw/' hJgemonikw/'), dischiude tutti i tesori oscuri,
nascosti (cfr. Col 2, 3) e invisibili delle parabole ed offre certezza, con chiare indicazioni,
a chi vuole illuminare con la luce della conoscenza (o}n bouvletai fwtivsai tw/' fwti; th'"
gnwvsew") di questa parabola (tr. Scognamiglio II, 132). Considerando proprio lincapa-
cit per linterprete di cogliere appieno lintentio auctoris, Origene professa quindi nuo-
vamente la sua inadeguatezza (303, 6-21): infatti iniziativa della sapienza di Dio
esporre quel che stato profetizzato in qualsivoglia modo e scritto dallo Spirito divino ri-
guardo alle singole qualit e agli atti compiuti a seconda di queste (sia tra potenze invisi-
bili che tra esseri umani). Ma siccome non abbiamo ancora ricevuto una mente idonea,
capace di impregnarsi del pensiero di Cristo (1Cor 2, 16) (to;n dunavmenon ajnakraqh'nai
tw/' Cristou' nw/)' , di penetrare cos grandi realt, e con lo Spirito scrutare ogni cosa, anche
le profondit di Dio (1Cor 2, 10), crediamo che sul senso di questo passo ci possiamo fare
appena una vaga idea (ibi, 133).
996 CMt XIV, 6 (288, 5-25): Ma probabile che un ricercatore pi attento possa
aggiungere altri elementi alla considerazione, elementi superiori, credo, alla spiegazione e
allinterpretazione che secondo luomo (cfr. Gal 1, 11), per i quali occorre lo Spirito di
Cristo che ha detto queste cose (deomevnhn pneuvmato" Cristou' tou' eijpovnto" aujtav), in
maniera da intenderle cos come le disse il Cristo. Come infatti nessun uomo pu conosce-
re i segreti delluomo se non lo spirito delluomo che in lui, e nessuno pu conoscere i
segreti di Dio se non lo Spirito di Dio (1Cor 2, 11), cos nessuno pu conoscere (dopo
Dio) gli insegnamenti che Cristo ha detto in proverbi e parabole, se non lo Spirito di Cristo.
Chi ne partecipe, non solo in quanto Spirito ma Spirito di Cristo come Sapienza e Lo-
gos potr ben contemplare ci che gli si viene rivelando in questo passo (tr. Scognami-
glio II, 118-119).
Come incenso al tuo cospetto 333
mezzo dello Spirito e la parola di conoscenza concessa secondo lo Spirito (cfr.
1Cor 12, 8)997.

Lauspicio cos formulato non solo contiene unimplicazione trinitaria


sostanzialmente in linea con gli esempi gi visti (quantunque con una
strutturazione meno formalizzata dellabituale sequenza: da Dio per
Cristo nello Spirito) indicando nel Padre la fonte del dono di grazia, ma
soprattutto esso mette in pratica il modello prefigurato in Orat XXV, 2.
LAlessandrino vi affermava infatti che colui che prega per ottenere la
parola di sapienza e di conoscenza (cfr. 1Cor 12, 8), giustamente preghe-
r sempre per questi doni998 . Egli fa dunque propria ancora una volta
questa indicazione, che rinvia alla sua visione del perfezionamento spiri-
tuale come progresso conoscitivo sempre pi grande. Ora, nelleconomia
complessiva della spiegazione della parabola, neppure questa preghiera
pone termine al succedersi di affermazioni che inculcano ripetutamente il
senso del mistero solo Ges potrebbe scioglierlo e pertanto linade-
guatezza dellinterprete, suscettibile di cogliere i significati reconditi uni-
camente per grazia di Dio e per virt del suo intelletto che risponde
alliniziativa divina999 .

997 CMt XIV, 6 (288, 30-289, 6): povteron de; w{ste kai; uJpagoreuqh'nai ta; toiau'ta
th/'de th/' grafh/' h] mhv, qeo;" a]n uJpobavloi ejn Cristw/' poih'sai to; ajresto;n aujtw/', movnon i{na
doqh/' kai; peri; touvtwn oJ dia; tou' pneuvmato" didovmeno" lovgo" sofiva" ajpo; tou' qeou' kai; oJ
kata; to; pneu'ma ejpicorhgouvmeno" lovgo" gnwvsew" (tr. Scognamiglio II, 119).
998 Cfr. supra, nota 656. Per testi analoghi che includono come qui il rinvio a 1Cor
12, 8, si veda note 908, 937, 1156.
999 In CMt XIV, 12 (304, 8-27) lAlessandrino, mentre problematizza lesegesi della
parabola, fa valere in generale per esse il procedimento dellallegorizzazione e la sua par-
ticolare difficolt: Ma cos bisogna pensare generalmente di qualsiasi parabola, la cui in-
terpretazione non stata riportata dagli evangelisti, che Ges spiegava ogni cosa ai propri
discepoli in disparte (Mc 4, 34), e i redattori dei vangeli tennero nascosta la chiara spie-
gazione delle parabole per questa ragione, perch le cose significate da essa superavano la
natura delle parole, e ciascuna spiegazione e chiarificazione di tali parabole era tale che
neppure il mondo avrebbe potuto contenere i libri scritti (Gv 21, 25) riguardo a queste pa-
rabole. Ma avvenga di trovare un cuore idoneo e capace, per la sua purezza, dellintelli-
genza letterale della spiegazione delle parabole, in modo che siscriva in esso nello Spirito
di Dio vivente (2Cor 3, 3) (gevnoito d ajneureqh'nai kardivan ejpithdeivan kai; dia; th;n
kaqarovthta cwrou'san ta; gravmmata th'" safhneiva" tw'n parabolw'n, w{ste ejn aujth/'
grafh'nai pneuvmati qeou' zw'nto") (tr. Scognamiglio II , 134, trad. con modifiche). A que-
sto auspicio (gevnoito!) fa da riscontro la cautela dellesegeta nellavanzare la propria
spiegazione (305, 3-15): quanto a noi, riconosciamo di essere ben lungi dal potere giun-
gere al senso profondo di questi testi, anche se, in certa misura, otteniamo una conoscenza
globale pi modesta (tina; bracutevran perinoivan) del senso di questo passo; asseriremo
che, alcune di quelle cose che, a mezzo di molta indagine e ricerca ci sembra di scoprire,
sia per grazia di Dio sia per virt del nostro intelletto (ei[te cavriti qeou' ei[te tou' ejn hJmi'n
nou' ), non osiamo consegnarle allo scritto; mentre altre le proporremo in qualche misura,
per esercitazione nostra e dei nostri lettori (ibi, 135).
334 Parte seconda, Capitolo settimo
Larduo impegno richiesto per Origene dalla spiegazione delle para-
bole nel testo del primo vangelo attira nuovamente una manifestazione
orante nel commento di Mt 20, 1-16, con la successiva parabola dei lavo-
ratori a giornata (CMt XV, 27-37). Il modo di procedere pressoch ana-
logo al caso precedente, anche se lavvio dellesegesi connotato imme-
diatamente da una preghiera a valore proemiale, che non ha nulla di ca-
suale nella sua formulazione, dato che lAlessandrino vi riprende una mo-
dalit dorazione presente come abbiamo visto anche in CRm, ed anzi
teorizzata in questo stesso tomo paolino:
Dopo che avremo pregato Dio (Qew/' de; eujxavmenoi) e invocato il nome del Si-
gnore nostro Ges <Cristo> (cfr. 1Cor 1, 2), mettiamoci ad esporre la parabola
e consideriamo quali cose ci sia dato (doqhvsetai!) di esaminare e asserire, o an-
che solo di suggerire a suo riguardo1000.

Sulle prime il parallelo con CRm potrebbe indurre a pensare che Ori-
gene allinei qui il Padre e Cristo come destinatari, per cos dire, paritari
della preghiera, ma ci contrasterebbe con il passo precedente nel libro
XIV, che era del tutto conforme alla sua impostazione pi caratteristica.
Del resto, luso di 1Cor 1, 2 senza ulteriori specificazioni tende semmai a
riservare al Padre il vocabolario della preghiera in senso proprio (eujxav-
menoi), mentre linvocazione del nome del Signore insinua soprattutto
lidea della partecipazione alla mente di Cristo, richiamata a pi riprese
come requisito ermeneutico necessario per lintelligenza spirituale delle
parabole. N deve suscitare interrogativi la mancata menzione dello Spi-
rito, dal momento che lintero contesto della spiegazione segnato dal-
limprescindibile richiamo ad esso. Infatti, alla consueta problematizza-
zione del testo a titolo preliminare, lAlessandrino fa seguire immediata-
mente il riconoscimento per cui soltanto chi ammaestrato dallo Spirito
in grado dintendere la parabola:
Vorrei quindi garantire che la presente parabola ammette questi e altri simili
quesiti che uno potrebbe porre. Ma devo decisamente mettere in chiaro anche
questo: non c alcun altro che possa parlare in modo adeguato di questa parabola
se non chi ha affermato con verit: Ora noi abbiamo il pensiero di Cristo (1Cor
2, 16). Ma chi che ha riconosciuto il pensiero di Cristo (cfr. 1Cor 2, 16) che
in questa parabola, se non colui che si affidato al Paraclito (oJ ejmparascw;n
eJauto;n tw/' Paraklhvtw/), del quale il Salvatore dice: egli vi insegner ogni cosa
e vi ricorder tutto ci che vi ho detto (Gv 14, 26)? Se non infatti il Paraclito a

1000 CMt XV, 27 (tr. Scognamiglio II, 259). Nella retorica orante di Origene que-
sta preghiera assolve la stessa funzione proemiale di Orat II , 6 e CC IV, 1 (cfr. supra, pp.
54, 266). Per il parallelo con CRm VIII, 5 si veda supra, p. 327. Peraltro, Origene adopera
senza problemi il verbo ejpikalei'sqai anche in relazione al Padre (cfr. ad esempio note
797, 861, 1010).
Come incenso al tuo cospetto 335
insegnare tutto quello che disse Ges, compresa questa parabola, nulla si potr
dire di essa che sia degno di Ges1001.

Siamo ancora ai preamboli dellinterpretazione vera e propria, che


Origene avvia per una seconda volta con unintenzione formulare di pre-
ghiera: Suvvia, noi che siamo ben lungi dalla profondit delle realt
espresse e ben poco possiamo immaginare a riguardo, mettiamoci con pre-
ghiera a spiegarne parzialmente alcuni punti (ph' me;n met eujch'" tina ejk
mevrou" ajpodw'men), a mostrarne un poco altri che vengono alla luce e cos
andiamo avanti, dopo aver parlato convenientemente riguardo alla para-
bola ed al suo seguito1002. Come si pu notare anche da questo secondo
esempio, lesegesi orante dellAlessandrino accompagnata costantemen-
te dalla professione del mistero racchiuso nelle Scritture ispirate, che ri-
chiede un interprete partecipe anchegli di quello stesso Spirito, ed insie-
me dallinsistita ammissione dellinsufficienza del commentatore. Nella
preghiera, formulata o accennata, i due motivi vengono a saldarsi, cos da
propiziare il compito che attende lesegeta. Tuttavia, a conclusione della
spiegazione, ritorna, per cos dire, la disgiunzione dei due aspetti, nel ri-
conoscere i limiti dei risultati raggiunti prefigurando al tempo stesso un
interprete pi riccamente dotato dei doni dello Spirito:
probabile che qualcuno, pi sapiente di noi e da Dio reso meritevole di un pi
splendido carisma di linguaggio di sapienza per mezzo dello Spirito di Dio, pi
ricco del dono del linguaggio di scienza secondo lo Spirito, con ogni compren-
sione trovi nella parabola significati pi elevati e superiori, abbondi di prove e
riceva per esse parole pi geniali. Per quanto ci riguarda, abbiamo esposto il senso
della parabola nei limiti della nostra comprensione. Ai lettori chiediamo indul-
genza se non siamo stati in grado di cogliere in maniera adeguata lintenzione
delle cose scritte in questo testo1003.

Questi due esempi ci hanno gi chiarito che latto esegetico , per


cos dire, in nuce un atto orante, nel senso che la preghiera prelude o ac-
compagna lesposizione del commentatore. Se in essi la giustificazione
pi cogente proveniva dalle difficolt peculiari del linguaggio parabolico
e della sua allegorizzazione, anche fatti narrati da Matteo possono deter-
minare il medesimo atteggiamento. il caso dellepisodio dei due ciechi
di Gerico in Mt 20, 29-34, commentato al libro XVI (CMt XVI, 9-13). La
loro preghiera a Ges Signore, abbi piet di noi, figlio di Davide (Mt

1001 CMt XV, 30 ( II, 265). Cfr. anche CMt XV, 31 (444, 27-445, 1): In realt per,
cercando <il senso del>luna giornata della presente parabola, e avendo ritenuto che questa
si identifichi con leone presente, ci siamo addentrati nascostamente nelle profondit di
Dio, ed abbiamo bisogno dello Spirito (deovmenoi pneuvmato") che scruta ogni cosa, anche
le profondit di Dio (1Cor 2, 10) (tr. Scognamiglio II, 268).
1002 CMt XV, 31 (tr. Scognamiglio II , 266-267).
1003 CMt XV, 37 (tr. Scognamiglio II , 284-285).
336 Parte seconda, Capitolo settimo
20, 30) viene dapprima riletta in chiave storica con intensa partecipazio-
ne di Origene che ricollega la supplica e la testimonianza di fede racchiusa
in essa alla misericordia di Cristo. Poi il commento trapassa allinterpreta-
zione allegorica e questa transizione segnata dallinvocazione per lin-
telligenza spirituale, allinsegna del binomio credere e comprendere, gi
insinuato dal richiamo a Is 7, 9 (Se non crederete non comprendete):
Dato che noi, se non crediamo non comprendiamo neppure lintenzione di ci
che si dice, mentre in base al credere che la comprendiamo, per questo espor-
remo secondo le nostre capacit ci che su questo passo ci verr in mente, dopo
aver pregato colui che ci preserva dal rischio che il Vangelo ci rimanga velato
(eujxavmenoi tw/' rJuomevnw/ hJma'" ajpo; tou' kekaluvfqai hJmi'n to; eujaggevlion) (cfr.
2Cor 4, 3)1004.

Origene cambia per la terza volta la formulazione della preghiera,


accennando con una perifrasi al suo destinatario; ma dal seguito della
spiegazione emerge con chiarezza che si rivolge a Ges, rafforzando cos
limpressione contrariamente a quanto rilevato pocanzi per il secondo
esempio che lAlessandrino non solo giustapponga Padre e Figlio come
coloro a cui indirizzare la preghiera, ma indichi anche semplicemente in
Cristo il suo destinatario. Tuttavia, considerando di nuovo linsieme della
spiegazione dellepisodio evangelico, con il susseguirsi di apostrofi o pro-
nunciamenti oranti che la contraddistinguono, dobbiamo evidenziare so-
prattutto la flessibilit dei moduli espressivi, senza che la preghiera a Ges
acquisti uno statuto formale preciso. C ancora unaltra considerazione
da fare riguardo alla modalit di tali esternazioni oranti: esse riflettono un
registro omiletico-parenetico, molto prossimo a quello delle omelie, che
porta a coinvolgere i lettori nelle intenzioni di preghiera e a riscrivere per
loro il passo evangelico parafrasandolo e attualizzandone il contenuto sul
piano morale e spirituale. Dunque, dopo aver sviluppato lesegesi spiritua-
le dei due ciechi come figura di Israele e Giuda, lAlessandrino formula
un primo auspicio di preghiera e ne introduce poco dopo un secondo, mi-
rato anchesso ad ottenere limmedesimazione (di interprete e lettori) con
la richiesta di salvezza dei due ciechi:
Voglia il cielo (wJ" ei[qe) che Ges chiami anche noi che abbiamo gridato a lui:
Signore, abbi piet di noi, figlio di Davide, cominciando con il dire: Figlio di Da-
vide, e, fermandosi, ci chiami, perch fa attenzione alla nostra richiesta!1005

1004 CMt XVI, 9 (503, 1-7 [tr. Scognamiglio III, 53, con leggere modifiche]).
1005 CMt XVI, 11 (507, 23-28): wJ" ei[qe kai; hJmw'n pro;" aujto;n kekragovtwn kai; le-
govntwn: ejlevhson hJma'", kuvrie, fwnhvsai hJma'" ajrcomevnou" ajpo; tou' uiJo;" Daui?d, kai; stav"
ge fwnhvsai hJma'" wJ" prosevcwn hJmw'n th/' ajxiwvsei (III, 57). Sulluso del termine ajxivwsi"
per la preghiera di domanda si veda supra, nota 404. Quanto alle formulazioni con ei[qe si
veda supra, nota 773.
Come incenso al tuo cospetto 337
Voglia il cielo (wJ" ei[qe) che pure noi, rendendoci conto di ci che ci rende cie-
chi e non ci fa vedere, sedendo presso la strada delle Scritture e sentendo dire
che passa Ges (Mt 20, 30), con la nostra richiesta (dia; th'" hJmetevra" ajxiwvsew")
riusciamo a farlo fermare e gli diciamo: Signore, che i nostri occhi si aprano! Se
lo diciamo mossi da intenzione e desiderio di vedere ci che egli concede di ve-
dere toccando gli occhi dellanima, il nostro Salvatore avr compassione, ed in
quanto Potenza, Parola, Sapienza e tutte quante le realt che la Scrittura riferisce
che egli , e toccher i nostri occhi che prima di lui non ci vedevano, ed al suo
tocco si allontaner la tenebra e lignoranza, e subito non soltanto recupereremo
la vista, ma ci metteremo persino al suo seguito, e il nostro recuperare la vista
concorre a che non facciamo altra cosa che seguire colui che ci ha fatto vedere di
nuovo, affinch essendo continuamente al suo seguito, sia lui a guidarci verso
Dio (pro;" to;n qeovn) e con i nostri occhi che, grazie a lui, hanno ripreso a vedere,
contempliamo Dio (to;n qeovn) con quelli proclamati beati perch puri di cuore
(cfr. Mt 5, 8)1006.

In ambedue le esternazioni oranti la supplica indirizzata a Ges, in


realt, fa emergere di nuovo il suo ruolo come mediatore al Padre, mta
ultima della visione di Dio che il Logos dona agli occhi dellanima libe-
randola dalla sua cecit tramite lilluminazione interiore. Sarebbe dunque
fuori luogo contrapporre la duplice invocazione a Ges al paradigma
della proseuchv per il solo Padre, non solo perch Origene riscrive pare-
neticamente il passo matteano, ma anche perch insiste nel variare in con-
tinuazione le sue formule, come osserviamo pure qui dal seguito dellese-
gesi. Il raffronto sinottico con le versioni dello stesso episodio fornite da
Marco e Luca porta infatti lAlessandrino a ribadire la necessit del Logos
per uninterpretazione esaustiva1007. Alla fine della sua spiegazione, poi,
a rimarcare ulteriormente linsufficienza dellesegesi, Origene formula, a
beneficio soprattutto dei lettori, una preghiera per una comprensione pi
profonda:
Ecco quello che abbiamo notato, per il momento, sui passi <sia per intelligenza
diretta>, sia per assunzione di altri. Dio conceda a chi vuole un linguaggio di sa-

1006 CMt XVI, 11 (508, 18-509, 14 [III, 58-59]).


1007 CMt XVI, 12 (513, 31-514, 4): Io credo che neppure un iota o un apice (Mt 5,
18) dei divini insegnamenti siano scevri di significato, anzi ritengo che chi riesce a inter-
pretare abbia gran bisogno del Logos, a motivo della difficolt di interpretazione della
realt (to; de; ejpitugcavnein eJrmhneuvonta hJgou'mai pollou' dei'sqai lovgou dia; to; duser-
mhvneuton tw'n pragmavtwn) (tr. Scognamiglio III, 63, con il commento di Danieli, ad loc.).
Questo passo da accostare a CMt XVI, 16: In rapporto [...] al Logos-in-s e alla gran-
dezza di Dio, noi non siamo che bestie; e non soltanto noi, ma anche quegli esseri che
sono ben pi di noi dotati di logos e di sapienza; cos pure, in rapporto alla razionalit del
Pastore, non siamo che pecore, per il fatto che anche la ragione degli uomini pi perfetti,
confrontata al Logos-in-s, molto pi distante da esso di quanto lo sia lanima di un
asino, di un puledro o di una pecora, rispetto alluomo (tr. Scognamiglio III, 77 da con-
frontare con Orat V, 2; supra, nota 186).
338 Parte seconda, Capitolo settimo
pienza pi abbondante ed un linguaggio di scienza (cfr. 1Cor 12, 8) pi fulgido,
affinch queste cose (che diciamo), paragonate a quelle che vengono da tali cari-
smi, risultino come una lampada a confronto del sole1008.

A questi esempi pi organici possiamo affiancarne altri che presen-


tano anchessi le medesime caratteristiche, per cui in tutti i casi si ripropo-
ne il nesso fra atto dellinterpretazione e atto della preghiera. Cos, se la
conclusione dellesegesi sinottica sullasina e il puledro con cui Ges far
il suo ingresso a Gerusalemme, in Mt 21, 1-5, non immette nel testo del
commentario un momento di preghiera vera e propria, ne riafferma per
lesigenza con lesortazione a fare spazio ad una grazia maggiore riguar-
do a questo passo 1009. Invece, la spiegazione dellepisodio della cacciata
dei mercanti dal Tempio (CMt XVI, 20-25) che era gi stato oggetto di
commento in CIo, come ricorda lo stesso Alessandrino , introdotta
espressamente dallinvocazione al Padre della sapienza1010. Ora, svisce-
rando le implicazioni ecclesiali del passo di Is 56, 7 (La mia casa casa
di preghiera), ripreso da Mt 21, 13, Origene si riappropria del luogo
matteano e lo parafrasa nella forma di un auspicio di preghiera: Voglia
il cielo (ajll ei[qe) che Ges, entrando nel tempio del Padre, la Chiesa,
che casa di preghiera, rovesci i tavoli dei cambiavalute e della gente at-
taccata al denaro1011. Infine, anche per linterpretazione della parabola
dei vignaioli omicidi in Mt 21, 33-46 (CMt XVII, 6-14) si riafferma lidea
che un approfondimento esegetico effettivo pu darsi soltanto tramite il
ricorso orante a Dio:
Ora, come abbiamo detto, questa una spiegazione di carattere piuttosto com-
plessivo e non basata sui singoli termini. Ma se uno che spirituale e capace di
discernere ogni cosa (cfr. 1Cor 2, 15), ponesse ad essa molte questioni e bus-
sando alla sua oscurit cio alla porta chiusa (cfr. Mt 25, 10; Lc 13, 25.27) dei

1008 CMt XVI, 13 (518, 19-26): tau'ta me;n ejpi; tou' parovnto" hJmei'" eij" tou;" tovpou"
<ei[te gnovnte"> ei[te labovnte", ei[domen: qeo;" de; doivh w|/ bouvletai lovgon sofiva" plou-
siwvteron kai; lovgon ejn fwti; gnwvsew" tranovteron, i{na tau'ta toi'" ajpo; toiouvtwn cari-
smavtwn sugkrinovmena euJrhqh/' wJ" luvcno" par/ h{lion (tr. Scognamiglio III, 67).
1009 CMt XVI , 17 (535, 3-9): Questo tutto quello che noi, per il momento, ab-
biamo visto su questo passo. Chi ne capace, e fa spazio ad una grazia maggiore riguardo
a questo passo (cwrw'n meivzona eij" to;n tovpon cavrin), dica pure cose pi grandi ed ele-
vate. Quanti sono assetati dalla spiegazione del Vangelo, diano a lui maggiore ascolto
(tr. Scognamiglio III, 82-83).
1010 CMt XVI, 20 (544, 14-21): Ma siccome anche qui il contesto (oJ eiJrmov" ) esige
che parliamo di queste cose come sono esposte nel testo di Matteo, invochiamo il Padre
della sapienza (to;n Patevra th'" sofiva" ejpikalesavmenoi) e vediamo se possiamo dire su
questo brano qualcosa di degno circa il gesto audace di Ges (tr. Scognamiglio III, 92).
1011 CMt XVI, 21 (549, 2-7 [tr. Scognamiglio III, 97]). Origene sembra prediligere
spesso in CMt la riscrittura parafrastica del testo evangelico, capace di farne emergere i
risvolti attualizzanti.
Come incenso al tuo cospetto 339
pensieri qui nascosti, cercasse correttamente, lo troverebbe e se lo chiedesse a
Dio (aijthvsa" ajpo; tou' qeou'), lo otterrebbe (cfr. Mt 7, 7)1012.

In conclusione, mai come in CMt Origene testimonia di voler saldare


la pratica dellinterprete delle Scritture divine allesperienza della pre-
ghiera1013. Per essa, infatti, quella stessa problematizzazione del primo
vangelo messa in atto dallesegeta attraverso il metodo della quaestio, pi
evidente qui che nei commentari precedenti, ha chances di trovare rispo-
sta. In ultima analisi, solo in questo modo possibile superare la situa-
zione di aporeticit che lAlessandrino ha cos ben descritto in un passo
delle Series come la costante quotidiana della sua impresa sul testo sa-
cro1014. Ma tale fiducia nella possibilit di trovare ci che linterprete
cerca, appare strettamente legata allidea stessa della preghiera come
Matteo la propone nella vita e nellinsegnamento di Ges.

3.2.4.2. La preghiera di Ges: lintercessione per gli uomini e ladesione


alla volont di Dio

Il modello di Ges orante, che ha valore di riferimento vincolante fin


da Orat e ritorna successivamente in varia forma negli altri trattati e nei
commentari, approfondito da CMt sotto il duplice profilo dellesperienza
di preghiera del Salvatore e dellinsegnamento chegli trasmette al riguar-
do. Nella trama del primo vangelo, seppure non con la frequenza di Luca,
si susseguono le testimonianze sulla preghiera di Ges, che non passano

1012 CMt XVII , 6 (594, 3-14 [tr. Scognamiglio III, 148]). Un identico modo di proce-
dere figura ancora in CMt XVII, 17 (634, 7-12), a proposito della parabola degli invitati al
banchetto (Mt 22, 1-14), dove Origene offre prima una spiegazione riassuntiva, poi una
dettagliata, con la premessa relativa allintelligenza profonda: Ma tenteremo di tornare a
esaminare secondo le (nostre) presenti capacit (per vedere) se forse con laiuto dello Spi-
rito della sapienza (bohqevnte" uJpo; tou' th'" sofiva" pneuvmato"), possiamo rinvenire alcuni
aspetti pi profondi della parabola (tr. Scognamiglio III, 189-190). Sullinterpretazione
origeniana della parabola dei vignaioli omicidi si veda Simonetti 2004b, 173-184.
1013 Unultima attestazione al riguardo la troviamo in CMt XVII, 32 (678, 22-26),
dove Origene tratta la questione della resurrezione dai morti in relazione al caso della
donna con sette mariti (Mt 22, 23-33). Dopo linterpretazione letterale ed una prima di li-
vello tropologico, Origene inserisce una preghiera per lintelligenza spirituale onde per-
venire ad un livello pi profondo: Ma ecco che di nuovo, anzi di pi abbiamo bisogno
che Dio illumini in Cristo la nostra mente (qeou' de; hJmi'n pavlin h] kai; ma'llon creiva, ejn
Cristw/' fwtivzonto" to;n nou'n hJmw'n) per considerare quello che segue (tr. Scognamiglio
III, 236).
1014 CMtS 38 (72, 19-24): Et cottidie hoc ipsum videmus in nobis, quando quae-
rimus aliquem veritatis sensum in Scripturis: priusquam inveniamus quod quaerimus, ali-
quam inopiam sensuum patimur, donec solvitur in nobis inopia sensuum a Deo, qui dat
dignis escam in tempore opportuno (Sal 144[145], 15) ad manducandum et vestimentum
ad induendum.
340 Parte seconda, Capitolo settimo
inosservate allo sguardo dellinterprete. Cos, dopo la prima moltiplica-
zione dei pani e dei pesci (Mt 14, 15-21), levangelista racconta che Ges
costringe i discepoli a salire sulla barca e a precederlo sullaltra sponda,
mentre lui, congedate le folle, sale sul monte a pregare in solitudine (Mt
14, 22-23). Dinanzi a questa scena lAlessandrino si raffigura Ges che
prega il Padre sia per le folle che per i discepoli: per le folle, affinch
dopo aver mangiato i pani di benedizione non compissero alcunch di
contrario al congedo ricevuto da Ges, e per i discepoli, affinch costretti
da lui a salire sulla barca e a precederlo sulla riva opposta, non avessero a
soffrire alcun male sul mare n da parte dei flutti che squassavano la loro
barca, n da parte del vento contrario1015.
interessante notare che, se Matteo tace sul contenuto dellorazione
di Ges, Origene invece la specifica come preghiera di domanda, rivolta
al Padre a beneficio sia dei protagonisti dellepisodio precedente (le folle
saziate) sia di quelli del successivo (i discepoli sulla barca). Ora, poich
la traversata del lago indica simbolicamente le difficili prove nella navi-
gazione della vita, lAlessandrino precisa ancora, in particolare, leffica-
cia protettiva della preghiera di Ges per i suoi discepoli, insinuando gi in
questo primo quadro il frequente motivo dellorazione esaudita1016. Egli
lo ribadisce immediatamente dopo nel commentare il salvataggio di Pietro,
che affonda nelle acque per la sua poca fede, ma comunque esaudito dal
Logos in risposta allinvocazione di aiuto1017.

1015 CMt XI, 6 (tr. Scognamiglio, 219).


1016 CMt XI, 6 (43, 22-24): Kai; qarrhvsa" ei[poimi a]n o{ti, dia; th;n tou' Ihsou' pro;"
to;n patevra peri; tw'n maqhtw'n eujchvn, oujde;n pepovnqasin ou|toi, qalavssh" kai; kumavtwn
kai; ejnantivou ajnevmou aujtoi'" ajntiprassovntwn, E oserei dire che, grazie alla preghiera di
Ges rivolta al Padre per i suoi discepoli, questi non hanno subto alcun male, malgrado
linfuriare del mare, delle onde e del vento avverso contro di loro (tr. Scognamiglio, 219).
1017 CMt XI, 6: se tra noi si trover mai un Pietro, in cammino verso la perfezione
ma non ancora divenuto tale, scender dalla barca, come ad uscire dalla tentazione in cui
veniva agitato, e sulle prime camminer, volendo andare da Ges sulle acque, ma, essendo
ancora uomo di poca fede e avendo ancora dei dubbi, vedr la violenza del vento, ne avr
paura e comincer ad affondare, ma questo non gli accadr, perch invocher Ges a gran
voce e gli dir: Signore, salvami! (Mt 14, 30). Subito dopo, mentre Pietro star ancora
parlando (e[ti lalou'nto" [cfr. Is 58, 9]) e dicendo: Signore, salvami!, il Logos stender la
mano, gli porger aiuto, lo afferrer nel momento in cui comincer ad affondare e lo bia-
simer per la poca fede e il dubbio (tr. Scognamiglio, 223). Come mostra lallusione a Is
58, 9, la preghiera di Pietro richiama quella della sposa del Cantico (cfr. supra, note 883,
921). Invece CMtS 88 (202, 18-24), discutendo il triplice diniego di Pietro, afferma che se
egli avesse pregato, probabilmente lavrebbe evitato, tanto che Origene con una prosopo-
pea mette in bocca allapostolo la seguente preghiera: Debuerat enim, postquam audivit
quia omnes vos scandalum patiemini hac nocte (Mt 26, 31), ut postulasset dominum et
dixisset: Et si omnes scandalizati fuerint in te (Mt 26, 33), esto in me, ut ego non scanda-
lizer, et dona mihi praecipue gratiam hanc, ut in tempore cum omnes discipuli tui fuerint
scandalum passi, ego in denegationem non cadam nec ab initio scandalizer. Si enim po-
stulasset, forsitan amotis ab eo ancillis ceterisque ministris non denegasset.
Come incenso al tuo cospetto 341
Anche la scena successiva che descrive Ges in atto di pregare il
racconto della Trasfigurazione in Mt 17, 1-2, riletto per, tra i paralleli si-
nottici (Lc 9, 29; Mc 9, 2), alla luce di una variante marciana sfruttata
da Origene per confermare lidea che si tratti in primo luogo di una pre-
ghiera di domanda o intercessione presso il Padre, la quale compete al
Logos fatto carne nel suo ruolo di Sommo Sacerdote:
In seguito, dovendo spiegare anche le parole del Vangelo di Marco: Mentre
pregava, fu trasfigurato davanti a loro, da dire che forse possiamo vedere il
Logos trasfigurato davanti a noi, se facciamo quanto detto prima: se saliamo sul
monte, vediamo il Logos-in-s conversare con il Padre e pregarlo per quelle cose
che come vero sommo sacerdote pu chiedere al solo vero Dio (kai; i[dwmen to;n
aujtovlogon koinologouvmenon pro;" to;n Patevra kai; eujcovmenon aujtw/', uJpe;r w|n
eujxait a]n ajlhqino;" ajrciereu;" ajlhqinw/' movnw/ qew/' ). Per conversare cos con
Dio e pregare il Padre (i{na de; ou{tw qew/' oJmilh/' kai; proseuvxhtai tw/' patriv ), sale
sulla montagna1018.

Non certo esclusa, come si vede, la prospettiva della preghiera


come conversazione o colloquio (oJmiliva) del Figlio con il Padre, ma
essa appare comunque subordinata al suo profilo di richiesta o supplica,
peraltro secondo lo statuto che conosciamo bene da Orat. Allo stesso
modello rinvia anche laffermazione, ripetuta due volte, della preghiera al
Padre come solo vero Dio, lasciando intravedere di nuovo lidea del
Padre come destinatario ultimo. Di tenore analogo poi linterpretazione
di Gv 17, testo richiamato da Origene a commento di Mt 18, 7 (Guai al
mondo per gli scandali!). Loccasione data appunto dalla spiegazione
del termine mondo nel passo matteano, che per lAlessandrino va rife-
rito non allintero complesso composto dal cielo e dalla terra e abitato
dagli astri e dagli angeli, ma soltanto allo spazio [...] terreno della nostra
terra abitata1019. Tale accezione trova conferma nella preghiera di Ges
al Padre tramandata dal quarto vangelo, a proposito della quale Origene
dichiara: infatti da questo mondo che il Padre diede al Figlio degli
uomini, e solo per loro prega il Salvatore, e non per tutto il mondo degli
uomini1020. Anche in questo caso predomina insomma la prospettiva della

1018 CMt XII , 39 (tr. Scognamiglio, 355-356). Come nota Danieli ad loc., il testo
che parla esplicitamente della preghiera quello lucano; nel testo marciano due varianti in-
seriscono: Mentre essi pregavano o mentre egli pregava, il che pu far pensare a una
utilizzazione origeniana di manoscritti che contenevano queste armonizzazioni tardive
(p. 355, nota 45). Sul contesto orante della trasfigurazione si veda anche infra, nota 1025.
1019 CMt XIII, 20 (tr. Scognamiglio II, 71).
1020 CMt XIII, 20 (tr. Scognamiglio II, 72). Si veda ancora linterpretazione di Gv
17, 5 in CMt XV , 23 (419, 24-29): Si realizzer allora il desiderio espresso nella preghie-
ra del Salvatore (tovte de; kai; ajpodivdotai ta; th'" eujch'" tw/' swth'ri eujxamevnw/): Padre,
glorificami con la gloria che avevo presso di te, prima che il mondo fosse (tr. Scogna-
miglio II, 246; leggermente modificata).
342 Parte seconda, Capitolo settimo
supplica, rispetto alle altre forme dellorazione, che pure conosce modu-
lazioni distinte.
Lo si intravede en passant nel commento alla benedizione dei bam-
bini in Mt 19, 13-15 (CMt XV, 6-9), dove lAlessandrino riflette sul fatto
che Ges riservi ai piccoli solo limposizione delle mani, come se essi
non fossero ancora suscettibili di ricevere i benefici della preghiera al
Padre, intesa qui evidentemente come invocazione per i beni spirituali pi
grandi e adatti a coloro che, come i discepoli, seguono Ges1021. O ancora,
nel commento a Mt 20, 22-23, riflettendo sulle parole di Ges in risposta
alla richiesta della madre di Giovanni e Giacomo (Non sapete quel che
chiedete, Non sta a me concedere che sediate alla mia destra e alla mia
sinistra, ma per coloro per i quali stato preparato dal Padre mio), viene
segnalato come interrogativo meritevole di approfondimento il fatto che
stando ai vangeli, alcuni doni richiedono la preghiera del Figlio al Padre,
mentre per altri Ges agisce senza pregare1022. In questo come nelle-
sempio precedente Origene si limita a suggerire piste di ricerca, per appro-
fondire ulteriormente la variet di manifestazioni della preghiera di Ges.
Lesperienza orante del Salvatore trova il suo apice al momento della
passione. Guardando al prologo di essa, Origene, ancor prima di commen-
tare ampiamente la preghiera nel Getsemani, osserva che Ges doveva
[...], avvicinandosi lora, pregare di pi, non una n due, ma tre volte fin-
ch giungesse lora in pienezza1023. Inoltre, come corollario di Mt 20, 22
(Potete bere il calice che io sto per bere?), gi riflette sullinvocazione
nellOrto degli Ulivi: Padre, se possibile, fa che passi da me questo
calice (secondo Mc 14, 36). Identificandolo con la prova del martirio,
egli ne parla come del calice che con sofferenza viene bevuto da colui
che accetta le lotte del martirio sino a svuotarne il contenuto, sopportando

1021 CMt XV, 9 (372, 15-23): Considera, pertanto, se la preghiera (th;n proseuchvn)
di Ges tu possa riservarla a coloro che sono superiori ai bambini, capaci di fare spazio
sia allimposizione delle mani su di loro, sia alla preghiera al Padre per loro (th;n peri;
aujtw'n pro;" to;n Patevra eujchvn), ma considera anche se puoi dire che per i bambini pi
piccoli basta limposizione delle mani (tr. Scognamiglio II , 204).
1022 CMt XVI, 5 (480, 22481, 3): Chi pu, cerchi di capire quali sono i doni ac-
cordati dal Salvatore e quali quelli accordati dal Padre, considerando che alcuni doni potr
darli non il Figlio, ma il Padre. Anche se tale fatto mostrato dai Vangeli, che in alcuni
casi introducono il Salvatore che prega per compiere prodigi, perch il Padre ne esaudisca
le richieste (to;n swth'ra eujcovmenon periv tinwn dunavmewn i{na aujtw/' uJparcqh/' ta; aijthv-
mata ajpo; tou' Patrov"), in altri casi invece Ges agisce senza pregare (cwri;" eujch'"),
come se avesse gi i poteri che chiede, non cosa facile indagare su ci. Tuttavia, chi
pu, faccia questa ricerca, ma con rispetto (tr. Scognamiglio III, 29-30). Cfr. inoltre CMt
XIII, 3, circa le modalit diverse di ottenere da Ges la guarigione, e CMt XI, 17, dove si
attira lattenzione sulla variet nel formulare le richieste o preghiere a Ges.
1023 CMtS 74 (175, 14-16): Adhuc autem oportebat eum hora adpropinquante ma-
gis orare, non semel nec bis sed ter, donec hora plenius adveniret.
Come incenso al tuo cospetto 343
tutte le sofferenze che gli vengono inflitte1024. Lesemplarit dellade-
sione totale di Ges al volere del Padre dunque indicata per tempo dal-
lAlessandrino come la chiave di lettura dellepisodio. Ma in CMtS 89-95
egli sviscera a fondo le circostanze e il significato della preghiera nel
Getsemani, a cominciare dal luogo in cui si svolge e dal fatto che Ges
preghi in solitudine, tenendosi a distanza dai discepoli. Attraverso lese-
gesi di questi particolari Origene fa scaturire risvolti importanti per la
preghiera dei cristiani, come vedremo in seguito, inculcando dapprima la
raccomandazione di pregare nellisolamento e di evitare la compagnia dei
malvagi. sempre lesempio di Ges orante a formire largomento deci-
sivo, poich lAlessandrino ricorda come egli abbia agito pi volte in
questo modo, operando la guarigione della figlia di Giairo solo dopo aver
fatto allontanare tutti, eccetto Pietro, Giacomo e Giovanni, i tre discepoli
davanti ai quali si trasfigurato sul monte, gli stessi che lo accompagna-
no al Getsemani1025.
Fin dal suo avvio la triplice preghiera di Ges al Getsemani vista
come lesemplificazione della condizione agonica delluomo, posto nella
lotta tra la carne e lo spirito, anche se questa investe in maniera diversa la
persona del Logos incarnato1026: infatti egli, pur essendo simile in tutto
agli uomini in forza della comune natura, prova soltanto gli inizi della
tristezza senza divenire preda della passione vera e propria1027. In tal modo
Ges assume in nuce la debolezza delluomo per indurlo con il suo stesso

1024 CMt XVI, 6 (tr. Scognamiglio III, 33). Lidentificazione fra calice e marti-
rio compare anche in CMtS 92.
1025 CMtS 89 (204, 26-30): melius est cum nullo orare quam cum malis orare. Ad
demonstrationem autem traditionis istius utetur exemplo, quod Iesus in domo Iairi sacer-
dotis oraturus pro mortua filia eius omnes eiecit foras (cfr. Mc 5, 40) et tres tantum elegit
secum, qui et super monte facti fuerant testes transfigurationis ipsius; cfr. anche CMtS 90
(205, 15-17): Hos ipsos autem discipulos adsumpsit et super montem, cum esset transfi-
gurandus, et ad filiam Iairi sacerdotis.
1026 In CMtS 92 (210, 14-17) lAlessandrino ricorda che la scena dellagonia, atte-
stata anche da Mc e Lc, assente in Gv e lo spiega con il fatto che i Sinottici parlano del
Logos incarnato in quanto uomo, diversamente da Gv che lo considera come Dio: Cau-
sam autem hanc arbitror esse, quoniam hi quidem magis secundum humanam eius natur-
am exponunt de eo quam secundum divinam, Iohannes autem magis secundum divinam
quam secundum humanam.
1027 In CMtS 90 (205, 23-206, 4) Origene spiega Mt 26, 37 (cominci a provare
tristezza e angoscia), come un sentimento dettato inizialmente in Cristo dalla prospettiva
dei suoi avversari, i re ed i principi della terra di Sal 2, 2: Multum enim interest inter
tristari et incipere tristari. Si ergo aliquis defendens passiones humanas profert nobis etiam
ipsum tristatum fuisse Iesum, audiat quoniam, qui temptatus est per omnia secundum
similitudinem praeter peccatum (Eb 4, 15), hic non est tristatus tristitia passionis ipsius,
sed factus est secundum humanam naturam tantum in ipso principio tristitiae et pavoris.
Abbiamo qui labbozzo della dottrina della propavqeia che verr sviluppata da Didimo il
Cieco: cfr. Layton, 114-134, in part. pp. 121-123.
344 Parte seconda, Capitolo settimo
esempio alla consapevolezza della propria fragilit, la quale deve a sua
volta spingere a non presumere di s e a richiedere invece umilmente il
soccorso divino. Non diversamente da Orat, quindi, la preghiera nasce
dalla fondamentale situazione di bisogno delluomo, che non pu contare
sulle proprie forze e si affida a Dio nella preghiera1028. Ora, tutto lagire
di Ges nellagonia del Getsemani animato secondo Origene dallintento
di offrire un modello di condotta; perci egli insiste sullesemplarit della
preghiera del Salvatore, nei gesti e nelle parole, facendone emergere il si-
gnificato ancora attuale:
Ecco perch noi dobbiamo rimanere l dove ci comanda Ges, per cui anche
lApostolo raccomanda che ciascuno resti nella vocazione in cui era quando fu
chiamato e vi resti presso Dio (1Cor 7, 20), in modo da fare di tutto per vegliare
al pari di lui, che non si addormenta n prende sonno nel custodire Israele (Sal
120[121], 4). A questo punto poi ha condotto quelli, e specialmente Pietro, che
nutriva grande fiducia in se stesso, affinch vedano e ascoltino fin dove giunge la
possibilit delluomo ed in che modo egli impetri pregando (ubi est posse hominis
et quomodo impetratur). Lo vedano prostrarsi con la faccia a terra, lo ascoltino
mentre dice: Padre, se possibile, passi da me questo calice, ed imparino a non
farsi unidea troppo grande di se stessi, ma a stimare le cose umili, e a non essere
precipitosi nel promettere, bens solleciti nel pregare1029.

La verit esistenziale che si manifesta alluomo nellatto di pregare


risulta essenziale, perch essa gli dona il senso dei suoi limiti (ubi est
posse hominis). E ci tanto pi necessario per chi, temerariamente, si-
curo di s come Pietro, il cui rinnegamento ormai prossimo gi aleggia
nellinterpretazione che lAlessandrino d del gesto orante del Salvatore.
Ges che prega prostrandosi con la faccia a terra esempio di umilt,
una umilt che arriva al culmine con lobbedienza fino alla morte in croce.
Egli prega a poca distanza dai discepoli, perch cos possano contemplarlo
come un modello a cui attenersi. Dopo aver detto Se possibile, passi
da me questo calice, manifesta la sua devozione come figlio diletto
(cfr. Fil 2, 8) e condiscendendo alle disposizioni del Padre aggiunge:
Per non come voglio io, ma come vuoi tu (Mt 26, 39), sicch egli ci
insegna a non pregare che si compia la volont nostra, ma quella di Dio
(docens ut non oremus nostram fieri voluntatem sed Dei), qualora accada
che vogliamo qualcosa di diverso da Dio1030. La richiesta perch passi
il calice conforme allinizio di passione e tristezza, corrisponde cio

1028 CMtS 90: perch una fiducia incauta porta allorgoglio, mentre il timore della
debolezza induce a rifugiarsi nellaiuto di Dio, come ha indotto lo stesso Signore ad avan-
zarsi un poco, a prostrarsi con la faccia a terra e pregare (cfr. Mt 26, 39) (tr. Scognami-
glio, 111).
1029 CMtS 91 (tr. Scognamiglio, 114).
1030 CMtS 92 (tr. Scognamiglio, 114).
Come incenso al tuo cospetto 345
alla partecipazione di Ges alla debolezza della carne, ma su questa vince
ladesione dello spirituale alla volont di Dio 1031.
Una seconda spiegazione, senza tradire alcun condizionamento apolo-
getico verso le accuse pagane (come vediamo in CC) ma ispirata semmai
dalla visuale paolina di Rm 11, conferisce allorazione nel Getsemani una
dimensione diversa, poich introduce la prospettiva delle conseguenze sto-
rico-salvifiche della passione del Salvatore come filius caritatis: non dun-
que la resistenza della carne alla sofferenza e alla morte imminenti che lo
spinge a supplicare il Padre, bens la prescienza amorosa delle conseguen-
ze negative che la sua passione avrebbe implicato per il popolo dIsraele
e per lapostolo-traditore Giuda, destinati tutti a perdere la loro elezione.
Ges dunque prega inizialmente perch siano risparmiati dal giudizio e
dalla punizione divini, ma si rimette alle decisioni del Padre, al quale rico-
nosce un disegno provvidenziale di pi vasta portata. Anche in questo caso
lesemplarit della preghiera di Ges confermata con il sottolineare che
egli fa sua la volont del Padre, sottomettendo a lui il proprio volere1032.
La seconda e la terza preghiera confermano le disposizioni di spirito
di Ges, nel senso che per Origene egli si rimette ancora alla volont sal-
vifica del Padre, secondo il cui disegno la sua morte apporter salvezza
allumanit, rinunciando cos al proprio volere1033. Ma la costanza di Ges
nel pregare messa in contrasto, nel racconto evangelico come nellinter-
pretazione origeniana, con la debolezza dei discepoli, incapaci di vegliare
e di pregare anche loro sullesempio del Salvatore. Ci riporta in primo
piano il motivo del conflitto tra la carne e lo spirito, reso esplicito nelle
parole di Ges in Mt 26, 41: Lo spirito pronto, la carne debole. Con
unapplicazione omiletico-parenetica Origene ricava qui lesortazione, da
un lato, a pregare perch Ges non si allontani da noi neanche un istan-
te1034; dallaltro, a vegliare pregando, nel senso cio di compiere le
opere buone, condizione perch la preghiera venga esaudita1035. Infine,

1031 CMtS 92 (208, 19-23): proprium est omnis hominis fidelis, primum quidem
nolle pati aliquid doloris, maxime quod ducit usque ad mortem, quia homo est carnalis, si
autem sic voluerit Deus, adquiescere etiam contra voluntatem suam, quia fidelis est, ne
plus videatur in se desperare quam in Deum sperare.
1032 CMtS 92 (209, 22-25): Ac si dicat: ista quidem est mea voluntas, sed quoniam
tua voluntas multo eminentior est (quasi ingeniti Dei, quasi patris omnium), propterea
magis volo tuam voluntatem fieri quam meam.
1033 CMtS 95 (213, 25-26): Propter exitum ergo bonum, qui erat futurus post bibi-
tam amaritudinem calicis, orat vice secunda.
1034 CMtS 93 (211, 1-4): Propter quod oremus, ut nec modicum aliquando Iesus
progrediatur a nobis, sed inpleat quod promisit in nobis dicens: Ecce ego vobiscum ero
omnibus diebus usque ad consummationem saeculi (Mt 28, 20).
1035 CMtS 93 (211, 10-13): Vigilat autem qui facit opera bona, vigilat qui sollicite
agit de fidei veritate, ne in aliquod tenebrosum dogma incurrat. Qui enim sic vigilans orat,
illius exauditur oratio.
346 Parte seconda, Capitolo settimo
a commento della terza preghiera di Ges (Mt 26, 44) e ad ulteriore riaf-
fermazione della sua esemplarit di orante, lAlessandrino invita a non
venir meno nellimpetrare da Dio ci per cui ci rivolgiamo a Lui1036.
Se la scena del Getsemani rappresenta il prologo della vicenda della
passione, situandola entro un orizzonte di preghiera, anche il suo epilogo
con la morte in croce di Ges si colloca in questo stesso orizzonte, dal
momento che Origene considera sia il primo grido del Crocifisso (Mt 27,
46) sia il secondo (Mt 27, 50) alla stregua di una preghiera. Il grido di de-
relizione in Mt 27, 46 (Dio mio, Dio mio, perch mi hai abbandonato?)
in realt per lui una preghiera di Ges in vista della salvezza del mondo,
operata appunto dallabbassamento della forma dei nel Logos fatto carne
e reso obbediente fino alla morte. Questa salvezza si profila simbolica-
mente nel segno del sole, che ritorna dopo loscurit delle tre ore fino
alla morte del Salvatore1037. Cos, nellesegesi dellAlessandrino, le pa-
role del Crocifisso trapassano dalla drammatica confessione dellabban-
dono del Figlio di Dio da parte del Padre allidea dellabbandono del po-
polo eletto e con esso alla chiamata dei gentili alla salvezza. Anche le
donne venute dalla Galilea, che osservano lo spectaculum Verbi (Mt 27,
55-56), ammirano di Ges morente, in particolare, il suo atteggiamento di
preghiera 1038. In un certo senso, dunque, possiamo dire che le due preces
del Crocifisso, ultimo atto terreno prima di spirare, rappresentano un mo-
tivo unificante delle Series dedicate al racconto della morte (CMtS 135-
140), manifestando anchesse lesemplarit dellorante nel suo rapporto
con il Padre. Non a caso Origene, soffermandosi ancora sulle reazioni
degli astanti, istituisce un confronto tra la preghiera di Ges sulla croce e
la preghiera di Giona nel ventre del pesce: indicata da Orat come esem-
pio di proseuchv, cio della preghiera spirituale per eccellenza, la pre-
ghiera del profeta richiamata con lintento di sottolineare quanto pi
grande fosse agli occhi degli stessi spettatori la preghiera di Ges croci-
fisso, visti i segni straordinari che accompagnano la sua morte1039.

1036 CMtS 95 (215, 3-6): Unde non eos reprehendit, sed vadens iterum tertia vice
oravit idipsum (Mt 26, 44), docens et nos per hoc ipsum, ut non deficiamus in oratione
sed permaneamus in ipso verbo orationis, donec impetremus ea quae postulare iam coepi-
mus.
1037 Cfr. CMtS 135 (280, 28281, 4): Ergo tenebrae quidem a sexta hora factae
sunt super omnem terram usque ad nonam (Mt 27, 45); prius autem quam finiatur nona,
clamavit dominus circa eam voce magna, dicens quae scripta sunt, quasi postulans ut oria-
tur sol terrae, solvens in ea tenebras trium horarum secundum quod tradidimus supra.
1038 CMtS 141 (293, 9-12): Aspiciunt ergo mortificationem corporis Iesu et mo-
dum, quo cum precibus spiritum suum commendavit patri.
1039 CMtS 136 (281, 8-14): Tamquam si audissent quoniam Deum vocavit, atque
mirati fuissent orationem eius in cruce maiorem, quam fuit oratio Ionae orantis in utero
ceti, et prodificati fuissent, ut etiam in extremis calamitatibus constituti orare non desinant
Deum. Maiorem autem dico orationem Christi fuisse quam Ionae in utero ceti propter
Come incenso al tuo cospetto 347
Linterpretazione origeniana del secondo grido (Mt 27, 50) colma il
silenzio di Matteo grazie alla comparazione sinottica con Luca e Giovan-
ni, e attribuisce quindi a Ges le parole di Lc 23, 46 (Padre, nelle tue
mani affido il mio spirito [Sal 30(31), 6]) e latteggiamento descritto in
Gv 19, 30 (chinato il capo, consegn lo spirito). proprio la menzione
dello spirito che fa della morte di Ges una morte esemplare, in quanto
egli pu con piena fiducia affidare o consegnare il proprio spirito nelle
mani di Dio. LAlessandrino tende insomma a privilegiare il motivo
della morte di Ges in chiave parenetica come il modello della morte dei
santi, attirando di seguito il lettore in quello stesso movimento di preghie-
ra, che scaturisce in partenza dalla sua interpretazione dei due gridi del
Crocifisso. La spiegazione si trasforma allora in esegesi orante, non tan-
to mediante la preghiera formulata dallo stesso interprete del vangelo
come abbiamo osservato in precedenza , bens come espressione condi-
visa della comunit di interprete e lettori, chiamati egualmente a pervenire
allintelligenza profonda delle Scritture e al perfezionamento spirituale
che ne consegue. una sosta contemplativa del commento, segnata
dalla triplice ripresa della commovente immagine del capo di Ges, che
reclinandolo lo fa riposare [...] nel grembo del Padre. Origene la ricava
con libera e intensa immedesimazione dal sobrio cenno al capo chinato
di Gv 19, 30, e in questa immagine culmina la trama dei paralleli evange-
lici addotti a illustrazione della morte di Ges secondo Mt 27, 50. Al
tempo stesso la contemplazione di Ges nel grembo del Padre apre ormai
alla visione del Risorto.
Se dunque abbiamo ben capito che cosa significhi gridare a gran voce e quindi
emettere lo spirito (Mt 27, 50), ossia affidarlo nelle mani di Dio (cos abbiamo
spiegato pi su, citando il racconto dellevangelista Luca [Lc 23, 46]), se abbia-
mo capito cosa voglia dire inclinare il capo, e consegnare lo spirito (Gv 19, 30),
premuriamoci di salvare la nostra vita, affinch alla nostra morte anche noi pos-
siamo gridare a gran voce e quindi emettere lo spirito, o inclinare il capo e con-
segnare lo spirito, come fece Ges: inclin la testa, e and via, facendo come ri-
posare il capo nel grembo del Padre, che lo poteva sostenere e confortare nel suo
seno (et quasi supra patris gremium illud repausans exiit, qui poterat illud in
sinu suo fovere et confortare). E se vuoi intendere quale vantaggio ebbe il Cristo
nel gridare a gran voce ed emettere quindi lo spirito, ossia nellaffidarlo nelle
mani del Signore, e nellaverlo cos emesso, reclinando il capo sul grembo del
Padre e consegnando lo spirito, ascolta che cosa dice il profeta: perci, non ab-
bandon la sua anima nellinferno e non gli lasci vedere la corruzione (Sal 15
[16], 10). Se pertanto anche noi avremo agito in modo da poter affidare il nostro
spirito nelle mani di Dio, da reclinare la testa sul suo grembo, e cos rendere lo

magnitudinem rerum quae demonstrantur ex ea, et propter magnum effectum voluntariae


passionis eius. Su Gio 2, 2-4 come esempio di proseuchv si veda Orat XIV, 4 (nota 431).
Cfr. anche Duval, 203-205.
348 Parte seconda, Capitolo settimo
spirito, nessun dubbio che egli non abbandoni neanche le nostre anime nellin-
ferno e non ci lasci per sempre nella corruzione. Ma colui che dopo il terzo giorno
richiam il Cristo dallinferno, di l far tornare anche noi ad un momento oppor-
tuno, e colui che concesse che la sua carne non vedesse corruzione, conceder
anche a noi in tal modo che la nostra carne non veda gi corruzione, bens venga
liberata dalla corruzione nel momento opportuno giacch mentre lui non com-
mise peccato e non si trov inganno sulla sua bocca (1Pt 2, 22), noi invece sa-
remo giusti se almeno qualche volta stiamo lontani dai peccati1040.

Quanto sia importante per Origene associare allimmagine del Croci-


fisso quella di Ges orante e mostrare cos la forza straordinaria della sua
preghiera nel momento culminante della passione, lo vediamo infine da
CMtS 140. Qui la stessa morte di Ges da considerare come frutto della
preghiera. Il commento a Mt 27, 54 (Il centurione e quelli che con lui fa-
cevano la guardia a Ges, visto il terremoto e quel che succedeva, furono
presi da grande timore e dicevano: Davvero costui era Figlio di Dio)
suscita la trattazione pi sistematica dei luoghi paralleli, con il recupero
adesso del Vangelo di Marco, dal quale la spiegazione trae lavvio ed an-
che lispirazione principale per lesegesi. Origene infatti nota che la pro-
fessione di fede del centurione, stando alla versione di Mc 15, 39 (Allora
il centurione che gli stava di fronte, vistolo spirare in quel modo, disse:
Veramente questuomo era Figlio di Dio), causata non dai segni pro-
digiosi seguiti alla morte di Ges (peraltro taciuti dal secondo vangelo,
eccetto lo squarciarsi del velo), bens dal modo stesso di questa morte pre-
ceduta dal grande grido del Crocifisso (Mc 15, 37).
Riflettendo ancora una volta sulla vox magna, secondo una prima
interpretazione, il centurione sarebbe stato colpito dalla grandezza della
preghiera di Ges al Padre, per quanto egli era in grado di afferrarla1041.
Secondo unaltra interpretazione (che trattiene lAlessandrino pi a lungo,
ma permane comunque anchessa nel solco della preghiera di Ges sulla
croce), il centurione si rende conto del miracolo rappresentato da una
morte tanto pi rapida e sorprendente, in quanto Ges non era stato fiac-

1040 CMtS 138 (tr. Scognamiglio, 275-277).


1041 CMtS 140 (290, 8-11): Et vide, si dicere possumus secundum unum quidem
modum, quia miratus est in his, quae dicta fuerant ab eo ad Deum cum clamore et magni-
tudine sensuum, secundum quod capiebat intellegere. Per completare la riflessione sulla
magna vox si ricordi ancora CIo XIX, 10, 60, dove la vicenda della Passione considerata
alla luce della dialettica fra parola e silenzio: E tuttavia, pronunziando queste parole e
insegnando nel tempio, Ges non fu preso da nessuno, perch le sue parole erano pi forti
di quelli che lo volevano afferrare. E fino a che egli parla non lo afferra nessuno di quelli
che gli tendono insidie: se tace, allora preso. Ecco perch, quando Pilato lo interroga e
lo fa flagellare egli tace; egli era deciso a subire la passione a favore del mondo. Se egli
avesse parlato, non gli sarebbe accaduto di esser crocifisso per debolezza (to; ejstaurw'-
sqai ejx ajsqeneiva"), non essendovi debolezza nelle parole che il Logos pronunzia (oujk
e[stin ajsqevneia ejn oi|" oJ lovgo" lalei') (tr. Corsini, 579).
Come incenso al tuo cospetto 349
cato sotto le ascelle per ridurre il tempo del supplizio, che avrebbe quindi
potuto protrarsi fino al giorno successivo. Invece Ges prega il Padre af-
finch il suo supplizio abbia fine ed esaudito miracolosamente:
Ges dunque non era stato colpito e ci si attendeva che pendendo a lungo sulla
croce avesse a soffrire pi grandi supplizi: ma egli preg il Padre e ne fu esau-
dito, e non appena lo preg, fu accolto. Anzi, siccome aveva il potere di offrire
la sua anima (Gv 10, 18), la diede quando volle lui. E fu per lessersi verificato
questo prodigio che si stup il centurione e disse: Davvero questuomo era Figlio
di Dio. S, era un miracolo che se ne andasse [appena] dopo tre ore (Miraculum
enim erat quoniam post tres horas receptus est), mentre sarebbe forse sopravvis-
suto per due giorni, come solitamente avveniva con quelli che venivano sospesi
senza essere fiaccati. Per cui lessere spirato appariva pi un beneficio di Dio ed
un merito della sua preghiera, che leffetto violento della croce (ut videretur be-
neficium Dei fuisse quod expiravit, et meritum orationis eius magis quam violen-
tia crucis)1042.

Bench si accenni per un attimo a Gv 10, 18 un passo che viene


sfruttato altrove per attestare il potere sovrano di Cristo sulla propria
anima1043 , in CMtS il miraculum della morte sorprendentemente rapida
da collegare per lAlessandrino soprattutto al meritum orationis. Ges
esaudito immediatamente dopo la sua ultima preghiera, come avviene
per ricordare un altro esempio gi menzionato di Ges orante allorch
egli prega il Padre per ottenere la resurrezione di Lazzaro1044. La fine ter-
rena del Salvatore porta cos a compimento un atteggiamento di preghiera
che accompagna la sua vita in quanto invocazione al Padre a beneficio
degli uomini, adesione al suo volere secondo il disegno di salvezza da Lui
preordinato, e lo dispiega con tutta la forza ed efficacia che gli viene dal-
lesaudimento divino.

3.2.4.3. La forza della preghiera: concordia orante, prassi di vita ed esau-


dimento

La forza straordinaria della preghiera di Ges si riverbera nella dot-


trina dellorazione che Origene estrapola dal primo vangelo, impernian-
dola sullidea della sua efficacia. A conferma dellaccezione primaria di
domanda, attestata dallesperienza orante del Salvatore, troviamo una de-
finizione che distingue con cura la preghiera dallinsegnamento (dida-
skaliva ) e la fissa appunto nel suo statuto di richiesta o petizione
(ai[thsi" o ai[thma). Tale significato dedotto dallinvito rivolto ai disce-

1042 CMtS 140 (290, 20-291, 1; tr. Scognamiglio, 289, con leggere modifiche).
1043 Cfr. CIo XIX, 16, 10.
1044 Si veda supra, p. 296.
350 Parte seconda, Capitolo settimo
poli a stare in guardia dal lievito dei Farisei (cfr. Mt 16, 6). In senso tro-
pologico, lievito equivale per lAlessandrino a insegnamento e come
tale esso non viene mai offerto sullaltare, perch le invocazioni (eujcav")
non devono essere espressioni di insegnamento, ma solo petizioni (aijthv-
sei") di beni dal Signore1045. evidente che con ci non viene ritrattata
la prospettiva di Orat, come affiora soprattutto nel commento alla prima
petizione del Padrenostro, secondo cui preghiera autentica si d solo in
nesso con la giusta teologia, cio a partire da un concetto appropriato a
Dio. Non chiaro se in tal modo lAlessandrino disapprovi delle manifesta-
zioni oranti che si configuravano prevalentemente come momenti dottri-
nali da parte di avversari teologici 1046. Quel che conta, per, nel discorso
eucologico ricavabile da CMt, lidea di fondo riguardo alla preghiera
come petizione, che del resto trova riscontri lungo tutto il commentario.
Poich dunque la preghiera intesa costitutivamente ad ottenere dei
beni da Dio, Origene chiarisce pi volte le modalit entro cui si porge la
richiesta dellorante, cos da assicurare il suo esaudimento. Una prima
occasione di riflettervi organicamente data dallarticolata spiegazione di
Mt 18, 19 (In verit vi dico ancora: se due di voi sopra la terra si accor-
deranno per domandare qualunque cosa, il Padre mio che nei cieli ve la
conceder), passo-chiave che attira lattenzione di Origene anche in altri
scritti1047. Tramite lassociazione con un altro luogo topico, 1Cor 7, 5,
dove Paolo raccomanda alla coppia il comune accordo nella preghiera,
egli elabora il motivo della concordia (sumfwniva) orante quale garan-
zia dellesaudimento. LAlessandrino osserva in partenza la sua rarit,
fosse pure il caso limitato della coppia che prega, precisando per che la
sinfonia orante ottiene risposta solo se essa espressione della musica
divina1048. Con ci sembra voler indicare che la richiesta della preghiera
(e, diremmo, anche lo stato degli oranti) devessere conforme al volere di
Dio. O meglio ancora, Origene pare insinuare soprattutto lidea che la
preghiera concorde sia frutto del dono di Dio.

1045 CMt XII, 6 (77, 28-32): ejpisthvsei" eij, o{pou pot a]n zuvmh ojnomasqh/', eij" dida-
ch;n tropologei'tai, ei[te ejn novmw/ ei[te kai; ejn tai'" meta; to;n novmon grafai'". ou{tw de; mhv-
pote zuvmh ouj prosfevretai ejpi; to; qusiasthvrion: ouj ga;r dei' ta;" eujca;" trovpon e[cein
didaskaliva", ajll ei\nai aujto; movnon aijthvsei" ajgaqw'n ajpo; qeou' (tr. Scognamiglio, 283;
cfr. anche HLv I, 2).
1046 lipotesi avanzata da Vogt, 191-192.
1047 Sulluso di Mt 18, 19 nel discorso eucologico, cfr. infra, pp. 488-492.
1048 CMt XIV, 1 (272, 21-30): h{ti" tosou'ton duvnatai, wJ" duvo movnwn meta; th'" pro;"
th;n qeivan mousikh;n kai; pneumatikh;n sumfwniva" ai[thsin prosagovntwn tw/' ejn toi'" ouj-
ranoi'" patri; peri; ouJtinosou'n, to;n patevra didovnai ta; aijthvmata toi'" meta; tou' sumfw-
nei'n ejpi; gh'" (o{per ejsti; paradoxovtaton) aijthvsasin, a{per aijthvsaien a]n oiJ th;n eijrhmev-
nhn sumfwnivan sumfwnhvsante" (II , 103-104). A seguito di tale concordia, Pietro, Giaco-
mo e Giovanni sono prescelti per assistere alla trasfigurazione (tr. Scognamiglio II , 105).
Come incenso al tuo cospetto 351
Infatti, linterpretazione che segue del passo paolino basata sul mo-
tivo per cui dallaccordo che viene da Dio ne consegue il potere benefi-
ciare del nome e delleffetto della sinfonia, in vista di una preghiera di
comune accordo. Ora, lelemento su cui deve basarsi tale concordia orante
lessere uniti in Cristo (cfr. Mt 18, 20): il Logos la fonte e il fondamen-
to dellunione tra i fedeli. Ne abbiamo lillustrazione nei Salmi, il libro
biblico per eccellenza della preghiera dove Origene segnala come te-
stimonianza di coesione orante il fatto che i tre figli di Core parlino ad
una sola voce quasi fossero una sola persona , e nellimmagine della
comunit primitiva secondo At 4, 32 (I credenti avevano un cuor solo ed
unanima sola). Solo una perfetta unit dintenti, conforme alla fede, e
una condotta corrispondente possono far spazio alla venuta del Figlio di
Dio. Attuare in terra la communio sanctorum partecipare della sinfonia
derivante dalla musica divina, mentre lassenza di accordo e di unit
spiegano per lAlessandrino il mancato esaudimento:
Dove non viene accordata dal Padre che nei cieli qualunque cosa sia stata chie-
sta, chiaro che l non c stato neppure accordo di due sulla terra. Ecco il mo-
tivo per cui non siamo esauditi nella preghiera: non siamo concordi gli uni con
gli altri sulla terra n nelle verit che crediamo n nella vita che viviamo 1049.
Questa convinzione ulteriormente riproposta da tre diverse spiega-
zioni, tutte costruite sullo schema di due o tre suggerito da Mt 18, 19-20.
In primo luogo, secondo le indicazioni di 1Cor 7, 5, sia pure intese con-
tra Taziano come non vincolanti, laccordo tra i due coniugi ai fini di pra-
ticare la castit visto come condizione perch le loro richieste vengano
esaudite1050. In un secondo momento Origene, richiamando la sua antro-
pologia tricotomica, ricorda che dove regna lo spirito, anche il corpo ne
trae benefici, mentre larmonia fra le tre componenti (includendo pure
lanima) racchiude anchessa la promessa di esaudimento, che consiste in
realt nella venuta del Figlio di Dio1051. Bench in linea con lorientamento
espresso nella chiusa di Orat, riguardo ai gesti della preghiera, qui il mo-
dello di un orante pienamente riconciliato con se stesso nelle sue diverse

1049 CMt XIV, 1 (tr. Scognamiglio II, 108).


1050 CMt XIV, 2 (278, 9-14): o{te proseucovmenoi peri; panto;" pravgmato" ou| eja;n
aijthvswntai lhvyontai, gignomevnou aujtoi'" tou' ajpo; toiauvth" sumfwniva" aijthvmato" para;
tou' ejn oujranoi'" patro;" Ihsou' Cristou'.
1051 CMt XIV, 3 (279, 18-27): se questo accordo si ben realizzato, concorde an-
che la preghiera che si eleva da chi con il cuore crede per ottenere giustizia, e con la bocca
fa professione di fede per avere la salvezza (Rm 10, 10), in modo che il cuore non sia pi
lontano da Dio ed il giusto sia vicino a Lui, oltre che con il cuore, con il corpo e con le lab-
bra (tr. Scognamiglio II, 111). Con 1Ts 5, 23, anche lanima attratta nellaccordo corpo-
spirito (280, 13-22): Una volta che le prime due si sono unite nel nome di Cristo, tutte e
tre le realt si trovano ormai radunate nel nome di lui, e tra loro viene il Figlio di Dio, giac-
ch tutto [...] dedicato a lui (wJ" pavntwn aujtw'/ ajnakeimevnwn) (tr. Scognamiglio II, 112).
352 Parte seconda, Capitolo settimo
dimensioni (somatica, psichica e pneumatica) espresso in maniera ancor
pi lucida e profonda. Terzo tempo della spiegazione laccordo fra An-
tico e Nuovo Testamento, pegno a sua volta di preghiere tali da attirarsi
lascolto di Dio, con lo Spirito come il terzo che mette insieme i due Te-
stamenti (to;n sunagwgeva tw'n duvo trivton poqei'") una riflessione che
lascia intendere come per Origene la formulazione delle preghiere sia
chiamata ad articolarsi mediante le parole della Scrittura (come conferma-
no altri cenni in questo commentario e la sua stessa prassi orante)1052.
Una nuova occasione per riflettere sullesaudimento della preghiera
offerta dal commento a Mt 19, 10-11 (CMt XIV, 16-25), dove la pratica
della continenza, in s umanamente impossibile, offre lesempio dellim-
possibilit donata da Dio agli uomini, in risposta a una preghiera assidua
e fiduciosa. Il dono della castit attira un dossier circa lesaudimento
della preghiera, alle condizioni dettate da Ges, cominciando con Mt 7,
7-8 (Chiedete e vi sar dato... perch chiunque chiede riceve). Chi non
in grado di condurre una vita casta, tale perch non lha fatto oggetto
della sua preghiera. Inoltre, con Mc 11, 24 (Per questo vi dico: tutto
quello che domandate nella preghiera, abbiate fede di averlo ottenuto e vi
sar accordato), Origene ricorda che lorante deve aver fede di ricevere.
Ma questa disposizione interiore non ancora sufficiente, poich si richie-
de di pregare con tutto se stesso (seguendo 1Cor 14, 15, con lo spirito,
ma anche con lintelligenza) ed incessantemente (1Ts 5, 17), senza
mai stancarsi (Lc 18, 1). Al nutrito insieme di luoghi scritturistici su do-
mandare e ricevere si aggiunge da ultimo Lc 11, 8, che ribadisce la ne-
cessit dinsistere a pregare, prima di concludere con lassicurazione che
il buon dono [...], cio lassoluta purezza nel vivere il celibato e la casti-
t, Dio lo dar a quelli che con tutta lanima, con fede e incessantemente
glielo avranno chiesto con preghiera 1053.
La fede come requisito indispensabile perch la preghiera venga ac-
colta ribadita nellesegesi dellepisodio del fico inaridito in Mt 21, 17-
22 (CMt XVI, 26-29). Per la vittoria sulle potenze malvage occorre avere
fede: Ed ecco che tutto quello che chi ha fede e che non dubita chieder
con fede nella preghiera, lo otterr (Mt 21, 22)1054. Ma questa fede sor-
retta, per lAlessandrino, dalla prospettiva dei beni grandi e celesti, se-

1052 CMt XIV, 4 (tr. Scognamiglio II, 112-113). Cfr. infra, nota 1072.
1053 CMt XIV, 25 (348, 3-9): dwvsei ou\n to; ajgaqo;n dovma, th;n pantelh' kaqavreusin
ejn ajgamiva/ kai; aJgneiva/ oJ qeo;" toi'" ejx o{lh" yuch'" kai; meta; pivstew" kai; adialeivptw" ejn
proseucai'" aijtou'sin aujtovn (tr. Scognamiglio II , 177). Il motivo accennato implicita-
mente anche nella discussione sulleunuchia in CMt XV, 5, dove Origene torna a spie-
gare Mt 19, 11 nel medesimo senso: E ci stato dato a tutti quelli che avranno chiesto a
Dio una spada razionale e lavranno usata come conviene, per fare di s degli eunuchi per
il Regno dei cieli (ibi, 191).
1054 CMt XVI, 26 (tr. Scognamiglio III, 113).
Come incenso al tuo cospetto 353
condo lagraphon che conosciamo fin da Orat e che si riconferma nel suo
valore di criterio normativo per coloro che vogliono essere autentici disce-
poli di Cristo. Infatti, essi si attengono strettamente allinsegnamento del
loro maestro, il quale scoraggia dal domandare cose che non si addicono
al benessere spirituale delluomo n si confanno alla dignit di Dio. In que-
sta trattazione che mira quasi sempre al risultato derivante dalla preghiera,
troviamo il maggior punto di contatto con le idee espresse nel trattato:
E tutto quanto i discepoli di Ges avranno chiesto con fede nella preghiera (o{sa
eja;n aijtw'si ejn th/' proseuch/' pisteuvonte"), lo otterranno: come discepoli non
hanno chiesto nulla di ci che non si deve domandare, e obbedienti al Maestro,
non chiedono che le cose grandi e celesti. Disse infatti Ges ai suoi discepoli:
Cercate le cose grandi e quelle piccole vi saranno date in aggiunta; cercate le
cose celesti, e quelle terrene vi saranno date in aggiunta1055.

Dopo la vibrante spiegazione riguardo al tempo dei fichi, suscitata


dal confronto con il parallelo in Mc 11, 13-14, nella quale Origene in-
culca lidea del carattere straordinario della vita cristiana1056, lepisodio
del fico maledetto inteso quale avvertimento ed invito a pregare per
dare frutti. Rielaborando poi, a conclusione, il passo di Mt 21, 22, egli vi
sottolinea lesortazione (protreptikovn) a domandare e a pregare con
fede, perch non c altro modo per ottenere qualcosa da Dio se non con
queste disposizioni interiori. Senza peraltro prefigurare un automatismo
dellesaudimento, egli accompagna lesortazione con la raccomandazione
che latteggiamento dellorante sia degno di essere ascoltato. E perch ci
avvenga, bisogna ancora pregare con scienza (met ejpisthvmh"): occorre
cio sapere quali sono i doni da chiedere a Dio cio unicamente i beni
grandi e celest, alludendo per una seconda volta allagraphon e ribaden-
do in tal modo il discorso eucologico di Orat1057.
Tra i molti effetti che comprovano la forza della preghiera, lAlessan-
drino annovera anche la salvezza del ricco che fa dono dei propri beni ai
poveri (Mt 19, 21): non il suo gesto ad assicurargli di per s la perfe-

1055 CMt XVI , 28 (tr. Scognamiglio III, 119). Sulluso dellagraphon si veda supra,
nota 169.
1056 Origene nota lapparente incongruenza di Mc 11, 13 (non era infatti il tempo
dei fichi) e ne approfitta per sviluppare una riflessione sulle manifestazioni dei doni dello
Spirito fuori dellordinario (CMt XVI, 29) concludendo cos: Dio vuole che colui che ac-
cede alla sua Parola sia al di sopra della natura umana e ne esige opere straordinarie, e mi
si consenta lespressione opere da Dio pi che da uomo (tr. Scognamiglio III, 121-122).
1057 CMt XVI, 29 (574, 24-33): ejpi; tevlei dev ti e[cei oJ lovgo" protreptiko;n tou' pi-
steuvonta" lhvyesqai: oujci; a[llw" ga;r lhyovmeqa, eij mh; aijthvsomen. e[stw ou\n kai; hJ
diavqesi" ajxiva tou' tucei'n o}n aijtou'men kai; hJ eujch; met ejpisthvmh" ajnapempomevnh ajxiva
tou' ejpiteucqh'nai, kai; ta; aijthvmata e[stw ejpouravnia kai; megavla kai; ajxiva tou' divdo-
sqai uJpo; tou' qeou'. Sul fatto di pregare con cognizione (ejpisthmovnw" o ejpisthmo-
nikw'" ) si veda supra, note 802, 873.
354 Parte seconda, Capitolo settimo
zione, secondo le parole di Ges, bens le preghiere dei poveri beneficati
da lui1058. Anche in questo caso si sottolinea limmediata efficacia delle
invocazioni dei poveri a vantaggio del loro benefattore: Ma (ci avver-
r) appunto a costui, che ha sostituito la ricchezza con la povert per es-
sere perfetto (in ossequio alle parole di Ges): sar aiutato di colpo (ajqrov-
w") a divenire sapiente in Cristo, forte, giusto, casto, e libero da ogni pas-
sione, come gli apostoli di Cristo1059.
Lefficacia della comunione di preghiera si manifesta, in particolar
modo, nella solidariet orante della chiesa terrena come anche della chiesa
celeste. Di questultima Origene ricorda nuovamente lintercessione dei
santi al cospetto di Cristo, che lo supplicano perch non abbandoni il ge-
nere umano a causa dei suoi peccati, dal momento che luomo la mira-
bile costruzione, tempio vivente di Dio e del Verbo1060. La forza delle
loro suppliche rispecchiata, nella storia della salvezza, dalle preghiere
potenti di intercessori come Samuele, Geremia ed altri, di cui conosciamo
i paradigmi salvifici fin da Orat1061. Quanto alla realt della chiesa
terrena, richiamata dallesegesi della cacciata dei mercanti dal Tempio,
alla luce di Is 56, 7 (La mia casa casa di preghiera) essa appare se-
gnata in tutto il suo essere dalla preghiera. Infatti lAlessandrino, nel ri-
prendere un motivo che ha gi introdotto nel trattato a livello personale,
in rapporto alla raccomandazione paolina a pregare incessantemente
(1Ts 5, 17), valorizza in chiave ecclesiologica lidea che qualunque azione
virtuosa sia computata alla stregua di orazione, e al tempo stesso sviluppa
uninvettiva contro chi corrompe lassemblea di Cristo e ne fa una spe-
lonca di ladri:
Nella Chiesa di Dio non ci devessere che preghiera: ogni azione santa, che ri-
chiama la visita di Dio, presso Dio considerata preghiera: cos possibile rea-
lizzare il precetto: Pregate senza interruzione! (1Ts 5, 17) Ma voi altri, con i vo-
stri vizi, la casa di preghiera ad una spelonca di ladri lavete ridotta! Ed dato
scoprire che in molti luoghi gli affari di quella che si presume Chiesa in breve
tempo hanno fatto tanta strada, da non esserci alcuna differenza tra una spelonca
di ladri e lassemblea raccolta in nome di Cristo, sicch viene detto loro: per colpa
vostra il mio nome bestemmiato per sempre tra le nazioni (Is 52, 5)1062.

1058 CMt XV, 17. un motivo ripreso dal Pastore di Erma.


1059 Ibidem (tr. Scognamiglio II, 227)
1060 Cfr. CMtS 30 (56, 9-15), a commento del preannuncio della distruzione del
Tempio (Mt 24, 1-2): cum sit humanae naturae admirabilis constructio facta, videlicet
templum Dei et Verbi eius, discipuli ceterique sancti (non solum tunc, sed etiam modo
miranda opera Dei erga figmentum humanum confitentes) ante conspectum Christi inter-
cedunt et provocant Christum, ut ne deserat genus humanum propter peccata ipsorum, sed
magis moveant eum ad indulgentiam opera eius miranda quam ad iracundiam iniquitates
eorum.
1061 CMtS 37 (nota 432).
1062 CMt XVI, 22 (551, 2-6): oujde;n ga;r a[llo dei' ei\nai ejn ejkklhsiva/ qeou' h] eujch;n
Come incenso al tuo cospetto 355
Mai come in questo passo il richiamo alla vocazione orante della
comunit cristiana d luogo ad un risvolto polemico di scottante attualit,
rinforzato dalla successiva denuncia di coloro che tra il popolo (cristia-
no) [...] non hanno occupazione al mondo se non quella di passare il loro
tempo a vendere e a comprare, e solo di rado si dedicano alle preghiere e
alle opere che esige il Logos divino1063; ma linsistenza sulla prassi come
elemento costitutivo dellesperienza di preghiera, anche ai fini della sua
stessa efficacia, ricorre ancora a pi riprese in CMt. A tale scopo Origene
rivolge nuovamente la sua attenzione al problema dei peccatori nella co-
munit orante. La scena del Getsemani lo spinge a precisare che, nella
prospettiva del cristianesimo, la ricerca di un luogo pi consono alla pre-
ghiera da parte di Ges, il quale si ritira a pregare in solitudine sul Monte
degli Ulivi, non deve essere intesa come privilegio spaziale di un luogo
rispetto ad un altro. invece la qualit dei rapporti umani che si determi-
nano in un dato spazio (come abbiamo visto, in parte, per la camera nu-
ziale in Orat) a rendere il luogo pi propizio allorazione. Da ci scaturi-
sce la considerazione sul discernimento da operare rispetto ai compagni
di preghiera, nel senso che preferibile pregare da soli piuttosto che con
i malvagi 1064. A ci provvede, del resto, opportunamente la disciplina ec-
clesiale, che esclude dallorazione comunitaria coloro che si sono resi re-
sponsabili di gravi colpe1065. Anche in questo caso evidente la preoccu-
pazione di assicurare la concordia orante, pegno di una preghiera che
sia suscettibile di esaudimento.
Tuttavia, come aveva fatto in CIo, lAlessandrino si preoccupa subito
di prevenire uninterpretazione troppo rigoristica delle sue indicazioni
tale da implicare un rigetto esclusivista degli impuri 1066. Ci equivar-
rebbe a comportarsi con la stessa arroganza del fariseo nei confronti del
pubblicano. Invece occorre valutare con equilibrio come rapportarsi al
peccatore, senza che il suo cammino di salvezza sia compromesso dalla

pavsh" aJgiva" pravxew" kai; prokaloumevnh" th;n tou' qeou' ejpiskophvn, eij" eujch;n para;
qew/' logizomevnh"... ( III, 98-99). Sul rilievo del termine ejpiskophv , si veda supra, nota 525.
1063 CMt XVI, 22 (tr. Scognamiglio, 99).
1064 Lidea di un luogo puro, distinto da quello dove si celebrata la Pasqua e in-
serito in quello spazio di misericordia che etimologicamente il Monte degli Ulivi,
porta Origene a riflettere sul tema della Terra santa (con citazione di Es 3, 5) e a formu-
lare una quaestio: forse che la purezza maggiore, oltre le disposizioni dellorante, dipende
dal luogo come tale (CMtS 89 [nota 534])? Bench non manchi la base scritturistica a so-
stegno dellidea, la prospettiva del luogo santo in quanto tale non propria del cristiano
(nota 535).
1065 CMtS 89 (204, 30205, 2): Propter hoc enim et in ecclesiis Christi consuetudo
tenuit talis, ut qui manifesti sunt in magnis delictis, eiciantur ab orationi communi ut ne
modicum fermentum (cfr. 1Cor 5, 6) non ex corde mundo (cfr. 2Tm 2, 22) orantium totam
unitatis consparsionem et consensus corrumpat (p. 109).
1066 Cfr. anche CTt (SC 464, 31 = Pieri, 388).
356 Parte seconda, Capitolo settimo
durezza ed intransigenza nei suoi confronti1067. Origene mantiene, a dire
il vero, la raccomandazione a separarsi dai malvagi nella preghiera, ma
riallacciandosi allesempio del pubblicano riconosce di nuovo la possi-
bilit della preghiera del peccatore, anche se non ne precisa ulteriormente
spazio e modalit, come invece fa nella I e II Omelia sul Salmo 37. Vice-
versa egli discute lungamente la questione della legittimit dellinterces-
sione ecclesiale per un peccatore notorio, che tuttavia si sia reso benefat-
tore nei confronti della comunit cristiana1068. La supplica della chiesa
per questi peccatori-benefattori potrebbe trovare conforto nelle Scritture,
dal momento che anche Israele ha pregato per la vita di Nabucodonosor e
del figlio Baltasar (cfr. Bar 1, 11). Ma lAlessandrino non si mostra gran-
ch entusiasta di una simile prospettiva e, sebbene non respinga la prassi,
esorta piuttosto a non farsi trovare tra coloro per i quali la chiesa dovrebbe
intercedere presso Dio1069.
Altrove si condannano le preghiere turpi di coloro che, come Giuda,
attirano su di s le parole di Sal 108(109), 7: La sua invocazione si risol-
va in condanna1070. Riallacciandosi inoltre ad alcune delle immagini pi
tipiche associate alla preghiera, Origene rammenta che solo un cuore
puro pu fungere da altare su cui immolare a Dio i sacrifici rappre-
sentati dalle preghiere e dalle azioni virtuose 1071. La rettitudine delle in-

1067 CMtS 89 (205, 7-11): Mensurate ergo facere hoc debemus, ut nec cum indi-
gnis oremus propter honorem orationis (secundum eum qui dixit: Si duo in vobis conve-
nerint in idipsum, de omni re quacumque petierint, fiet eis [Mt 18, 19]), nec inferiores
spernamus nos praeponentes propter iactantiae casum.
1068 La quaestio trattata in CMtS 120 (254, 23-26), a commento del rilascio di un
prigioniero in Mt 27, 15: Sed illud quaeramus, si tale aliquid fiat et in iudicio Dei, ut
omnis ecclesia petere possit aliquem peccatorem ut solvatur a condemnatione peccati,
maxime autem si quando habeat perditionis cetera opera, ad benefaciendum autem eccle-
siae inpiger sit.
1069 CMtS 120 (254, 31255, 5): Sed hoc, si videtur alicui dignum requisitione,
requiret. Quod autem manifestum est, omnes curare temptemus, ut ex petentibus invenia-
mur esse et in ordine eorum qui bene vixerunt, magis quam ex illis, pro quibus petitur
quasi pro hominibus malis. Nam etsi concedatur aliquis peccatorum ad preces ecclesiae,
non tamen iustum est gloriam et beatitudinem consequi eum, qui huiusmodi est, sufficit
enim quod a poena dimittitur.
1070 CMtS 27 (49, 9-13): ab impiis memoria interficitur Dei, quando et templum
Dei a lascivis corrumpitur et altare ipsius per negligentiam orationum sordidarum coin-
quinatur, quando et oratio alicuius fit in peccatum ipsius, sicut et de oratione Iudae dictum
est: Et oratio eius fiat in peccatum eius.
1071 CMtS 18 (33, 13-22): Altare ergo, quod votum sanctificat, est hominis cor,
quod principale habetur in homine; vota autem et dona quae ponuntur super altare, omne
quod superponitur cordi. Utputa proponis orare, votum orationis posuisti super cor tuum,
quasi super quoddam altare, ut orationem offeras Deo. Proposuisti psallere, votum psal-
morum posuisti super cor tuum, quasi super quoddam altare, ut offeras Deo votum psal-
morum. Proposuisti eleemosynas facere, votum eleemosynarum posuisti super cor tuum,
quasi super quoddam altare, ut votum eleemosynarum offeras Deo. Proposuisti ieiunare,
Come incenso al tuo cospetto 357
tenzioni, nel giusto legame fra preghiera e vita pi volte ribadito, laspet-
to decisivo, anche rispetto ad una ben costruita retorica orante, che sa
comporre grandi preghiere a partire dai riferimenti alle Scritture1072. E
lunguento profumato cosparso dalla donna sul capo di Ges, che riempie
tutta la casa di buon odore (Mt 26, 6-13), simbolicamente lunguento
delle buone opere compiute per Dio da parte dei perfetti, fra le quali fi-
gura anche la preghiera, ed esso si effonde da Cristo a tutto quanto il suo
corpo, la chiesa1073.
A suggellare la profondit della riflessione sulla preghiera sviluppata
da Origene in CMt possiamo richiamare linterpretazione della parabola
dei talenti in Mt 25, 29 (Togliete perci a lui il talento e datelo a colui
che ha dieci talenti). Laccento posto ripetutamente sulla forza della pre-
ghiera e sulla necessit di coniugare coerentemente preghiera e vita non
deve far perdere di vista ci che per lAlessandrino laspetto fondamen-
tale: per quanti sforzi noi facciamo di assecondare linvito a una condotta
virtuosa, dobbiamo capire che essa nulla senza laiuto di Dio. Soltanto
la preghiera pu garantirci di camminare sul sentiero verso la perfezione:
questa dunque unimpossibilit donata dalla grazia:
Perci, se vogliamo che ci venga data una virt pi perfetta e che abbondi in noi,
cerchiamo diligentemente di acquistare in qualunque modo ci che perfetto tra
gli uomini; e dopo averlo acquisito, comprendendo ci che reputato un nulla
senza la grazia di Dio, umiliamoci sotto la potente mano di Dio (1Pt 5, 6), e pre-
ghiamo senza ira e contese levando mani pure (1Tm 2, 8) perch Dio conceda la
perfezione di tutti i beni che sono in noi (ut omnium bonorum quae sunt in nobis
perfectio detur ex Deo) e ci renda perfetti e a lui graditi come figli di Dio1074.
In tal modo, a distanza di quasi due decenni da Orat, nel commentario
al primo vangelo Origene ha riproposto alcune delle linee essenziali del

votum ieiunii posuisti super cor tuum, quasi super quoddam altare. Si pu ricordare qui
anche lequivalenza tra i profeti e i sacerdoti in CMt XVII, 10 (610, 24-28): la Scrit-
tura piena di cose avvenute ai profeti inviati a favore del popolo, affinch offrissero a
Dio, come santi sacerdoti attraverso le preghiere (wJ" a{gioi iJerei'" tw/' qew/' dia; tw'n eujcw'n),
il loro frutto (tr. Scognamiglio III, 163-164).
1072 CMtS 18 (33, 30-33): Si enim cor et conscientia hominis non conpungit, fi-
duciam habet ad Deum (1Cor 2, 9), non propter dona sua, neque verba orationis vel psalmi,
quamvis videantur bene composita et de Scripturis electa, sed quia (ut ita dicam) altare
cordis sui bene construxit.
1073 CMtS 77 (186, 4-12): Qui autem castitatem studet, in ieiuniis et orationibus
(Lc 2, 37) permanet, in adversis patientiam habet sicut Iob, in temptationibus veritatem
Dei non timet confiteri (quae omnia ceteris hominibus nihil prosunt, sed tantum ad glo-
riam Dei proficiunt) hoc est unguentum quod ungit et Domini caput Christi et exinde per
totum corpus Christi, id est per totam decurrit ecclesiam; et hoc est unguentum valde pre-
tiosum ex cuius odore tota repletur domus, hoc est ecclesia Christi; et hoc est opus pro-
prium non paenitentium, sed perfectorum sanctorum.
1074 CMtS 69 (162, 31-163, 5 [tr. Scognamiglio, 425]).
358 Parte seconda, Capitolo settimo
trattato, specialmente tramite limmagine ribadita di continuo della pre-
ghiera come domanda, che poi appare anche come una dimensione costi-
tutiva per la vicenda esistenziale delluomo in cammino verso la perfe-
zione. Essa attesta infatti il suo limite e limprescindibilit del ricorso al-
laiuto divino. Anche quando luomo si sforza di attuare una condotta vir-
tuosa, il risultato non pu non restare inferiore e inadeguato 1075. In ultima
analisi, grazie alla preghiera arriviamo allora a comprendere che tutto
grazia, per riprendere qui non troppo impropriamente la celebre frase di
Bernanos 1076.

3.3. Le omelie

Nelle considerazioni introduttive sul profilo differenziato, ma al tem-


po stesso in parte convergente, delle nostre fonti abbiamo gi messo in
luce alcune caratteristiche del genere omiletico sulle quali non necessario
ritornare1077. Si tratta adesso di completare la mappa dei luoghi relativi
alla preghiera nellinsieme delle testimonianze sulla predicazione di Ori-
gene. Data la vastit del corpus omiletico, non possibile procedere ad
una presentazione delle singole serie di sermoni, a differenza di quanto
abbiamo fatto per i trattati e i commentari, n affrontare direttamente i
molti problemi di natura storica e letteraria che essi sollevano1078. Ci
sembra invece pi opportuno procedere mediante unarticolazione tema-
tica, che sia tuttavia capace di far emergere anche la specificit degli ap-
porti di questo o quel complesso di omelie. Tenendo conto di tale esigenza
conviene segnalare preliminarmente le trattazioni pi specificamente dedi-
cate alla preghiera e illustrare di seguito il contesto orante dellattivit omi-
letica, sotto il duplice versante del predicatore e delluditorio, per passare
poi allesame dei molti spunti riscontrabili pi in generale nelle omelie

1075 In proposito cfr. Prin III, 2, 2 (247, 29-31): in bonis rebus humanum proposi-
tum solum per se ipsum inperfectum est ad consummationem boni (adiutorio namque di-
vino ad perfecta quaeque perducitur).
1076 Quest-ce que cela fait? Tout est grce (Journal dun cur de campagne). Si
noti anche lesegesi di Mt 19, 16-30, che si rif a Lc 17, 10, in CMt XV, 10: Ma forse da
ci che detto in risposta alla domanda: Che cosa devo fare di buono? (la replica stata:
Perch mi interroghi su ci che buono? Uno solo buono) dipende pure il senso inteso
dalle parole: Quando avrete fatto tutto quello che vi stato ordinato, dite: Siamo servi
inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare. Cio: neanche nel caso che avremo compiu-
to tutto quanto ci stato ordinato [...] avremo fatto qualcosa di buono. Se fossero buone le
azioni compiute, Ges non ci avrebbe detto di dover dire, per aver fatto quanto ordinato:
Siamo servi inutili (tr. Scognamiglio II , 208-209).
1077 Cfr. supra, pp. 244-251.
1078 Monaci Castagno sviscera approfonditamente tali problematiche con uninda-
gine che rimane esemplare. Per un riesame recente della cronologia, del contesto liturgico
e della tradizione del testo, cfr. Grappone 2001a; Grappone 2001b; Grappone 2007.
Come incenso al tuo cospetto 359
riguardo al nostro argomento, con particolare attenzione al linguaggio del-
la preghiera, alle figure degli oranti e alle forme della preghiera nella vita
del cristiano. Infine, analizzeremo le conclusioni in forma di preghiera,
considerando il momento orante alla luce della parenesi finale e della dos-
sologia ad essa connessa.

3.3.1. Trattazioni specifiche nel corpus omiletico

Come abbiamo ricordato fin dallesame iniziale circa lo stato degli


studi, il corpus omiletico non offre trattazioni in cui il discorso sulla pre-
ghiera venga ripreso in maniera pi o meno organica seguendo lagenda
tematica sviluppata dallAlessandrino in Orat. Da questo punto di vista la
perdita della sezione delle Omelie su Luca dedicata alla spiegazione del
Padrenostro particolarmente spiacevole. Quanto ai pochi frammenti
pervenutici dellinterpretazione origeniana di Lc 11, su di essi grava lin-
certezza se attribuirli alle omelie o al perduto commentario1079. In ogni
caso da questi resti assai esigui (FrLc 172-180)1080 traspare chiaramente
la volont di riproporre linsegnamento di Ges sulla preghiera alla luce
di alcuni dei temi sviluppati nel trattato. Nel primo frammento intravedia-
mo ancora lelaborazione in chiave di prosopopea della domanda del di-
scepolo in Lc 11, 1 (Signore, insegnaci a pregare) a cui si associa il rin-
vio a due dei motivi conduttori di Orat: da un lato, lincapacit a pregare
denunciata da Rm 8, 26; dallaltro, il precetto di domandare le cose gran-
di ed eterne conformemente allagraphon pi volte citato da Origene1081.
Entrambi gli spunti paiono suggerire una ripresa del problema della pre-
ghiera, senza dunque schivarne gli aspetti di natura aporetica o parados-
sale. Anche il seguito dei frammenti rivela elementi di continuit con le
problematiche dello scritto sulla preghiera: non solo il confronto tra le due
versioni del Padrenostro e le spiegazioni alternative offerte al riguardo (o

1079 Sullautenticit e la provenienza di FrLc si veda Crouzel in SC 87 (pp. 89, 461-


463), secondo cui ces fragments [...] ne proviennent pas, pour la plupart, du texte des ho-
mlies origniennes; ils sont soit des bribes des Tomes sur Luc soit, le plus souvent, des
simples scolies, des notations rapides, pour expliquer un verset de Luc (p. 461). Invece,
secondo Nautin, 243 e nota 67 alcuni frr. risalirebbero a parti perdute di CMt. Bisogna per
tenere presente limportanza di HLc agli occhi dellAlessandrino che le cita espressamente
in CIo XXXII , 2, 5 e in CMt XIII, 29, rimandando ad esse il lettore, per cui lipotesi del-
lappartenenza alle omelie merita di essere presa in considerazione (cfr. supra, nota 733).
1080 FrLc 181 contiene una polemica con il manicheismo ed quindi da ritenersi
non autentico. I frr. 182-183 commentano la pericope di tematica affine Lc 11, 5 ss.
1081 FrLc 172 (supra, nota 199). I contenuti della preghiera ricompaiono nella for-
mulazione pi usuale dellagraphon (i beni grandi e celesti) in FrLc 173 (299, 4-5):
pw'" de; oJ eijpw;n dei'n aijtei'n oujravnia kai; megavla peri; a[rtou aijtei'n keleuvei Sul suo
uso in Origene, cfr. supra, nota 169.
360 Parte seconda, Capitolo settimo
unidentica preghiera o piuttosto due preghiere con tratti comuni)1082, ma
soprattutto lidea che il testo di Luca, nella sostanziale concordanza con
Matteo (presumibilmente accostato al testo lucano con unesegesi sinotti-
ca analogamente a quanto avveniva in Orat), dia anchesso espressione al
discorso (lovgo") di Ges sulla preghiera1083. Proseguendo poi nellese-
gesi del terzo vangelo con la successiva istruzione sul modo di chiedere e
ricevere nella preghiera (Lc 11, 5-13), lAlessandrino affrontava pi diret-
tamente la questione dellesaudimento della preghiera, che in generale
tende a rimanere un poco ai margini della sua riflessione, sebbene egli vi
accenni in varie occasioni.
Solo nel passo conservatoci da FrLc 183 egli mostra di volerlo trat-
tare in forma di quaestio a partire da Lc 11, 9-10: se la promessa di esau-
dimento contenuta in queste parole di Ges Chiedete e vi sar dato e
Chiunque chiede riceve non pu che essere veritiera, per quale motivo
vi sono persone che, pur pregando, non vengono esaudite1084? La risposta,
alla luce del testo tramandatoci, ribadisce senza alcuna incertezza la tesi
che lautentica preghiera sempre ascoltata da Dio. Se ci non avviene,
fosse anche per la richiesta di beni spirituali come la gnosi divina o
lacquisizione delle virt, la causa da ricercare nel fatto che non si
seguito il corretto modo di pregare1085. Questo esige le giuste disposi-
zioni interiori e Origene fa lesempio dellallievo che si accosta al mae-
stro senza sintonizzarsi nel suo intimo con gli insegnamenti di cui do-
vrebbe beneficiare oppure denuncia la presenza di motivazioni estranee
nella stessa domanda dei beni spirituali, come il desiderio della lode al-
trui1086. Nel nostro passo la giustificazione esegetica ricondotta a Gc 4, 3

1082 FrLc 173 (299, 1-3): H aujthv ejsti th/' ejn tw/' Matqaivw/ proseuchv/, dio; kai; ejpi-
tomwvteron ejntau'qa ei[rhtai: h] bevltion diafovrou" nomivzesqai ta;" proseucav", koinav
tina ejcouvsa" mevrh. Che la versione lucana sia pi succinta, essendo indirizzata ad un
discepolo e non alle folle, era gi stato espresso da Orat XXX , 1 (supra, nota 607).
1083 un aspetto che emerge con FrLc 174, nella spiegazione dellinvocazione
iniziale, dopo aver ribadito che solo i figli autentici di Dio, coloro che come lui sono
capaci di amare i nemici (Mt 5, 44), lo possono invocare veramente come Padre. Pas-
sando allesame della versione matteana, Origene nota i diversi contesti di Mt e Lc, ricon-
ducendoli al comune discorso (di Ges) sulla preghiera: rispettivamente to;n peri; th'"
proseuch'" lovgon e to;n th'" eujch'" lovgon. Questa designazione non priva di interesse
per la discussione sul profilo letterario di Orat, come ho mostrato alle pp. 71-72.
1084 FrLc 183 (303, 1-3): Plh;n ajlhqou'" ou{sh" th'" tou' swth'ro" qevsew" le-
gouvsh": aijtei'te kai; doqhvsetai uJmi'n (Lc 11, 9) h}n kai; pistou'tai dia; tou' favnai pa'" oJ
aijtw'n lambavnei (Lc 11, 10), zhthvsai a[n ti", pw'" tine" eujcovmenoi oujk ajkouvontai.
1085 FrLc 183 (303, 3-6): Pro;" o} lektevon, o{ti oJ oJdw/' th'/ ajkolouvqw/ ejpi; to; aijtei'n
ejrcovmeno", oujde;n paraleivya" tw'n suntelouvntwn pro;" to; tucei'n tw'n spoudazomevnwn,
pavntw" lhvyetai, o} parekavlhse doqh'nai aujtw'/. Vlker sfrutta questo passo per asserire
la continuit fra Origene e Clemente (cfr. supra, p. 34, nota 89).
1086 La relazione allievo maestro proposta come analogia dellinsegnamento
evangelico, paragonando cos la figura del maestro a Ges. Cfr. FrLc 183 (303, 8-12): Kai;
Come incenso al tuo cospetto 361
(Domandate e non ricevete, perch domandate male per spendere nei vo-
stri piaceri), un riferimento inusuale che a prima vista concorre anchesso
a sottolineare una posizione definibile come isolata, in quanto pi pros-
sima allidea clementina dellesaudimento automatico dello gnostico.
Ma lautomatismo prefigurato qui in forma sorprendentemente netta non
contraddice le affermazioni fatte dallAlessandrino sia nel trattato che al-
trove. La sua riflessione si ricollega sempre allidea della fondamentale ef-
ficacia della preghiera. Nel richiamare costantemente tale aspetto, Origene
avverte che lesaudimento si d solo a determinate condizioni interiori e
comunque esse non vincolano mai Dio ad uno scambio che prescinda dalla
sua libera iniziativa sovrana. Peraltro, come mostra in particolare lesem-
pio di Ges orante, quando colui che prega nelle disposizioni spirituali
per essere ascoltato da Dio, egli lo esaudisce, per cos dire, allistante1087.
In questo senso, il nostro frammento non rappresenta una voce dissonan-
te, ma esplicita con maggiore fermezza un orientamento espresso in prece-
denza. Del resto, lAlessandrino lo ribadisce ai fedeli nella II Omelia sul
Salmo 37, ricordando loro che se fossimo quali il Logos divino vuole che
siamo, le nostre preghiere troverebbero ascolto nello stesso modo di Elia
ed Eliseo: ma come potrebbe Dio ascoltare noi, se noi non ascoltiamo lui?
Pregando da autentici figli di Dio, otterremmo ascolto dal Padre, come
avviene per il Figlio. Ora, Dio vuole che noi colloquiamo con lui come
se fossimo di1088. Anche se questa formulazione tanto ardita sembra re-
stare un unicum, linterrogativo sullesaudimento rimanda intrinsecamente
alla medesima prospettiva di Orat, dal momento che implica il santo come
figura pi prossima dellorante.
Senza dubbio il contesto esegetico ravvicinato delle Omelie su Luca
ha favorito la riproposizione del problema della preghiera, ma anche i
cicli di omelie veterotestamentarie hanno spinto Origene ad arricchire ul-
teriormente la sua immagine della preghiera, non senza echi pi o meno
distinguibili di Orat. Nella predicazione sui libri storici, specialmente con
lermeneutica spirituale delle prescrizioni legali relative al culto, egli tor-

ga;r didaskavlou levgonto": pa'" oJ prosiwvn moi maqhmavtwn e{neka e{xei aujtw'n ejpisthv-
mhn, to; prosievnai tw/' didaskavlw/ pragmatikw'" ejklambavnomen, tou't e[sti meta; tou' sun-
tovnw" prosevcein toi'" para; tou' didaskavlou, meta; tou' ajskei'n kai; meleta'n aujtav.
1087 Rinvio alle osservazioni fatte in precedenza (pp. 119-120, 155-156, 296-297).
1088 H37Ps II, 3 (302, 49304, 60): Si essemus tales quales nos esse vult sermo
divinus, sicut Elias, diceremus utique Deo ut daret pluviam et plueret: sicut Samuel in
diebus messium peteremus ut praestaret de caelo imbrium copiam et audiremur. Nunc
autem quomodo nos audiet Deus, cum nos ipsum non audiamus? Quomodo faciet ille
quod volumus, cum nos quae ille vult non faciamus? Vult nos tales esse Deus, ut quasi dii
cum Deo loquamur. Vult nos esse filios Dei, ut consortes et cohaeredes efficiamur filii
Dei et dicamus sicut ipse dixit: Pater, scio quia semper me audis (Gv 11, 42). Analoga-
mente FrIer 7 (201, 5-6) su Ger 11, 11-12 afferma: oJ me;n qeo;" dikaivw" oujk ajkouvei tw'n
mh; ajkousavntwn aujtou'.
362 Parte seconda, Capitolo settimo
nato ad approfondire lequivalenza tra sacrificio e preghiera. Una prima
trattazione significativa compare nelle Omelie su Levitico, dove lidea del-
la condizione sacerdotale dei fedeli porta lAlessandrino a sviluppare il
motivo dellaltare su cui offrire a Dio i sacrifici. Questi sacrifici sono
le preghiere ma anche le condotte virtuose che le accompagnano come
condizione della loro autenticit. In HLv IX il tema della preghiera visto
cos in stretto rapporto con la prassi di vita, simboleggiata dallaltare, ri-
prendendo indirettamente quello che era stato il cuore dellinterpretazione
del Padrenostro nel trattato.
C infatti un altare sul quale offriamo le nostre preghiere a Dio: sappiamo come
dobbiamo offrire, cio deponiamo le vesti sordide che sono le impurit della car-
ne, i vizi dei costumi, le sozzure delle passioni. [...] Hai dunque il sacerdozio, poi-
ch sei popolo sacerdotale e perci devi offrire a Dio la vittima di lode (Eb 13,
15): la vittima delle preghiere, la vittima della misericordia, la vittima del pudore,
la vittima della giustizia, la vittima della santit1089.

Pur senza associare qui apertamente laltare al cuore o allo hege-


monikon dellorante come abbiamo visto nel Contro Celso e nel Com-
mento a Matteo , lesercizio di un tale sacerdozio spirituale per il tramite
delle preghiere che salgono a Dio da una vita virtuosa conferma la stessa
visuale1090. La convergenza diviene esplicita nella XIII Omelia su Levitico,
dove limmagine dellincenso attira ancora una volta la citazione di Sal
140(141), 2 congiuntamente allaltro passo topico di 1Tm 2, 8, per incul-
care la preghiera di un cuore puro e una buona coscienza, cio di colui
che accorda fra loro orazione e modo di vita1091.

1089 HLv IX, 1 (418, 23-26.29419, 3): Altare est enim, super quod orationes no-
stras offerimus Deo, ut sciamus, quomodo debeamus offerre, scilicet ut deponamus vesti-
menta sordida (cfr. Zc 3, 4), quae est carnis immunditia, morum vitia, inquinamenta libi-
dinum. [...] Habes ergo sacerdotium, quia gens sacerdotalis es, et ideo offerre debes Deo
hostiam laudis (cfr. Eb 13, 15), hostiam orationum, hostiam misericordiae, hostiam pudi-
citiae, hostiam iustitiae, hostiam sanctitatis (tr. Danieli, 204).
1090 HLv IX, 8 richiama Sal 140(141), 2 assimilando preghiera e opere: Prender
un braciere pieno di carboni del fuoco dellaltare che davanti al Signore e riempir le
sue mani di una composizione di incenso fine (Lv 16, 12). Questo il nostro Signore lo ha
fatto pienamente; infatti: ha riempito le sue mani di incenso fine, del quale scritto: La
mia preghiera si elevi come incenso al tuo cospetto (Sal 140[141], 2). Dunque: ha riem-
pito le sue mani delle opere sante che ha operato per il genere umano (p. 223). Sugli
spunti in comune con CC e CMt, cfr. supra, pp. 156, nota 476; 356, note 1071-1072.
1091 HLv XIII, 5 (475, 23-474, 9): Si porr sopra ogni pila incenso puro (Lv 24, 7).
La specie dellincenso immagine delle preghiere (Turis species formam tenet oratio-
num). Bisogna dunque unire ai pani della fede la vigilanza e la purezza delle preghiere.
Pura quella preghiera di cui dice lApostolo: Levando mani pure senza ira e discussione
(1Tm 2, 8). Parimenti anche lodore soave adempie quello che scritto: Si diriga la mia
preghiera come incenso al tuo cospetto (Sal 140[141], 2). Se uno dunque offre preghiere
a Dio, ma non ha la coscienza pura dalle opere cattive (Si qui ergo orationes quidem offe-
Come incenso al tuo cospetto 363
Anche nelle Omelie su Numeri constatiamo motivi simili, ma al tem-
po stesso Origene pone meglio a fuoco le modalit dellesperienza orante
nella sua dinamica costitutiva. Cos, se la X Omelia sviluppa una nuova
riflessione sulla preghiera silenziosa, la XI Omelia offre una vivida descri-
zione dellatto orante che possiamo senzaltro accostare ai luoghi esami-
nati precedentemente in Orat e CC. Ambedue le omelie traggono ispira-
zione, fra laltro, dalla rinnovata esegesi di 1Cor 14, 15 (Pregher con lo
spirito, ma pregher anche con lintelligenza; salmegger con lo spirito,
ma salmegger anche con lintelligenza). Sulla base di questo passo
paolino, la X Omelia su Numeri commenta la distinzione fra due diversi
altari rispettivamente per gli olocausti (Es 20, 24) e per lincenso (Es
27, 1) che, secondo la nota associazione simbolica, rimandano entrambi
alla preghiera: mentre laltare esteriore rinvia alla preghiera nello spi-
rito, fatta cio ad alta voce e a beneficio del prossimo, laltare interio-
re indica la preghiera silenziosa dellintelligenza (nou'") e corrisponde
allorazione raccomandata da Ges in Mt 6, 6 1092. Tuttavia, come indica
la V Omelia su Esodo, la preghiera dei santi s silenziosa essendo del
resto espressa dalla mente , ma in quanto lo Spirito d voce alle loro
suppliche ed intercede per essi (Rm 8, 27)1093.
La XI Omelia su Numeri riprende linterpretazione di 1Cor 14, 15,
illustrando pi direttamente il modo di pregare della mente concentrata su
se stessa, non senza richiamare alcuni tratti costitutivi dellatto orante su

rat Deo, non tamen habeat mundam conscientiam ab operibus malis), questi sembra
porre sopra ai pani incenso, ma non affatto puro. [...] Questo lincenso che Dio chiede
agli uomini di offrirgli, e di cui accetta lodore soave: le preghiere di un cuore puro e di
una buona coscienza: nelle quali veramente Dio riceve un ardore soave (orationes ex
corde puro et conscientia bona, in quibus vere Deus suscipit flagrantiam suavitatis) (tr.
Danieli, 278).
1092 HNm X, 3, 3 (73, 2174, 2): Altaria vero duo, id est interius et exterius, quo-
niam altare orationis indicium est, illud puto significare quod dicit Apostolus: Orabo spi-
ritu, orabo et mente (1Cor 14, 15). Cum enim in corde oravero, ad altare interius in-
gredior, et hoc puto esse etiam quod Dominus in Evangeliis dicit: Tu autem cum oras, in-
tra in cubiculum tuum et claude ostium tuum, et ora Patrem tuum in abscondito (Mt 6, 6).
Qui ergo ita orat, ut dixi, ingreditur ad altare incensi quod est interius. Cum autem quis
clara voce et verbis cum sono prolatis, quasi ut aedificet audientes, orationem fundit ad
Deum, hic spiritu orat et offerre videtur hostiam in altari, quod foris est ad holocausto-
mata populi consititutum.
1093 HEx V , 4 (cfr. supra, nota 555). Invece in HEz II , 3 (344, 19-27) Origene si
serve di 1Cor 14, 15, per augurarsi di seguire lo Spirito di Dio, anzich lo spirito che
nelluomo, come fa il falso profeta: Apostolus loquitur: Orabo spiritu, orabo et sensu
qui sensus habet in corde habitaculum psallam spiritu, psallam et sensu. Igitur et spiri-
tus est et sensus in nobis. Et quomodo sanctus orat spiritu, orat et sensu, psallit spiritu,
psallit et sensu, sic iste qui est falsus prophetes de corde proprio prophetat, et ambulat non
post spiritum Dei sed post spiritum suum. Est quippe quidam spiritus hominis, qui versa-
tur in eo, post quem procul absit ut ego ambulem, sed intelligens sanctum Spiritum Dei
post Dominum Deum meum ambulabo.
364 Parte seconda, Capitolo settimo
cui ci siamo soffermati nello studio su Orat. In particolare, laccentuazio-
ne del motivo del raccoglimento interiore con qualche eco delle temati-
che caratteristiche degli esercizi spirituali sostenuta dalla convinzione
che lorante non sia impegnato in unazione esclusivamente individuale,
poich la preghiera messa in rapporto con lintermediazione degli an-
geli presso il sommo sacerdote Ges1094. Del resto, la preghiera scaturisce
qui come vedremo meglio in seguito dallintima accoglienza della Pa-
rola di Dio nel momento ecclesiale del suo ascolto e commento. Il passo
dimostra pertanto come il modello di atto orante, elaborato in chiave pret-
tamente individuale in Orat, si presti in realt ad essere fatto proprio anche
in una dimensione comunitaria, nella quale il singolo fedele chiamato ad
assecondare personalmente il trascendimento sensoriale e ad attuare un
raccoglimento interiore, senza alcuna distrazione, per accedere al collo-
quio con Dio alla presenza degli angeli. In tal modo, conformemente a
quanto asseriva espressamente il trattato, la chiesa celeste assiste e so-
stiene la chiesa terrestre.
La connotazione ecclesiale della preghiera messa a tema anche nelle
Omelie su Giosu, con una ripresa del motivo della unanimit orante ap-
profondito da Origene specialmente nel Commento a Matteo. Nella IX Ome-
lia laltare eretto da Giosu con pietre intatte (Gs 9, 2 LXX [8, 30])
visto simbolicamente come lespressione della preghiera concorde degli
Apostoli, quella stessa alla quale deve ispirarsi la preghiera unanime dei
cristiani con laiuto dello Spirito. Anche in questa occasione come av-
viene spesso la riflessione dellAlessandrino prende forma con lausilio
di alcuni dei luoghi scritturistici pi ricorrenti: citando Fil 2, 3 (Non fate
nulla per spirito di rivalit o per vanagloria, ma ognuno di voi, con tutta
umilt, consideri gli altri superiori a se stesso), egli raccomanda di evi-
tare le contese e le ambizioni personali, mentre ritornando nuovamente su
Rm 8, 26 assicura lintervento dello Spirito a sostegno dellincapacit di
chiedere ci che conviene realmente alla salvezza. Lidea della sinfonia
orante raccomandata alla comunit non ignora perci la difficolt costi-

1094 HNm XI, 9 (92, 20-93, 10): Sed huiusmodi immolationis primitiae ita per
pontificem offerentur, si non solum verbis et voce, sed et mente oremus et corde, secun-
dum quod Apostolus monet. [...] Assistunt enim et nunc angeli Dei cultores et agricolae
cordis nostri et requirunt, si est in aliquo nostrum huiuscemodi mens tam sollicita, tam
intenta, quae verbum Dei tamquam semen divinum tota aviditate susceperit, si fructum
statim, ut ad orationem surgimus, ostenderit, id est si collectis et congregatis intra se sen-
sibus oret Deum, si non evagetur mente et cogitationibus evolet, ita ut corpore quidem in
oratione curvetur, sensibus autem diversa discurrat. Si quis, inquam, intentam et directam
senserit obsecrationem suam et ipsis Dei conspectibus atque ineffabili illi lumini se intel-
lexerit assistentem ibique orationes et obsecrationes postulationesque et gratiarum actio-
nes suas (1Tm 2, 1) profuderit, nullius extrinsecus phantasiae sollicitatus imagine; hic se
noverit per angelum, qui assistit altari, obtulisse immolationis suae primitias pontifici ma-
gno et vero, Christo Iesu Domino nostro.
Come incenso al tuo cospetto 365
tutiva che luomo ha nel pregare, prima che lo Spirito venga in suo soc-
corso, conformemente allassunto fondamentale di Orat. Anche da ci si
vede insomma come Origene si preoccupi di inculcare alluditorio il suo
paradigma della preghiera spirituale 1095.
La continuit ideale con il trattato, riscontrabile gi da queste testi-
monianze, pur senza implicare una riproposizione diretta ed altrettanto ra-
dicale del modello ivi tracciato, confermata anche da uno fra i testi pi
attenti alla problematica della preghiera in tutto il corpus omiletico. Si
tratta della I Omelia sul I Libro dei Regni, che oltre ad offrire un commen-
to sul cantico di Anna (1Sam 2, 1-10) figura paradigmatica, secondo
Orat, della preghiera esaudita , sinterroga lungamente sulla possibilit
di attuare la preghiera ininterrotta raccomandata da 1Ts 5, 17 1096. LAles-
sandrino risponde allaporia allo stesso modo che nel trattato, indicando
cio come soluzione da perseguire lintreccio fra la preghiera e la vita,
per cui ogni buona azione vale alla stregua di unorazione1097. Anche in
questo caso, come avveniva in Orat, lorante che Origene ha in mente
per eccellenza il giusto, cio luomo virtuoso e santo. Soffermandosi
brevemente a trattare il problema delloratio continua, egli giustifica la di-
gressione al suo uditorio con il fatto che il cristiano sempre chiamato a
rinnovare il proprio orizzonte spirituale anzich accontentarsi di ci che
conosce1098. Senza dubbio, in questa occasione si fa strada lesigenza di

1095 HIos IX, 2 (347, 26348, 7): Tamen et nos temptemus dare operam, ut eadem
dicamus omnes (1Cor 1, 10) unanimes, unum sentientes, nihil per contentionem neque per
inanem gloriam gerentes, sed in uno sensu atque in eadem sententia (Fil 2, 3) permanen-
tes, si forte possimus etiam nos apti effici lapides ad altare. Non enim deserit nos Iesus
Dominus noster, sed quamvis nos vacantes orationi, quid oremus, secundum quod oportet,
nesciamus, ipse tamen spiritus interpellat pro nobis gemitibus inenarrabilibus (Rm 8, 26).
Dominus autem spiritus est (2Cor 3, 17). Si ergo orationes nostras spiritus adiuvat et of-
fert eas patri omnium Deo gemitibus, quibus nos explicare non possumus, certum est quia
et altaris constructionem sollicite requirat a nobis. In questa stessa linea, secondo HIos
VII , 2 (note 1539-1540) il clamore unanime del popolo davanti alle mura di Gerico indica
la preghiera concorde illustrata da Mt 18, 19 e At 1, 13-14.
1096 Come capita non di rado, linizio della riflessione assume i tratti della confes-
sio esegetica; cfr. HReL I , 9 (15, 10-16): Ego cum legerem aliquando apud apostolum,
quod dixit: Sine intermissione orate (1Ts 5, 17), quaerebam si praeceptum hoc possibile
esset impleri. Quis enim potest numquam desinere ab oratione, ita ut neque cibum aut
potum sumendi tempus habeat? Quippe si, ut haec fiant, intermittenda videtur oratio. Sed
nec dormiendi aut aliquid aliud humani usus agendi veniam secundum istud praeceptum
oratio communiter intellecta concedit.
1097 HReL I, 9 (15, 2216, 2): Si vero omnis actus iusti, quem secundum Deum
agit et secundum mandatum divinum, oratio reputatur, quia iustus sine intermissione, quae
iusta sunt, agit, per hoc sine intermissione iustus orabit nec umquam ab oratione cessabit,
nisi si iustus esse desistat. Cum enim iniustum aliquid agimus aut delinquimus, certum est
quod eo tempore etiam ab oratione cessamus.
1098 HReL I , 9 (16, 2617, 5): Sed quoniam innovari (2Cor 4, 16) semper iubetur is,
qui secundum evangelium vivit (cfr. 1Cor 9, 14), et novum Testamentum semper debet no-
366 Parte seconda, Capitolo settimo
una nuova istruzione sul modo di pregare, ma a ben vedere linsieme delle
riflessioni proposte da Origene non fa altro che riproporre, sia pure in
forma assai organica, il dossier dei luoghi scritturistici relativi al modo di
pregare. Sono essenzialmente gli stessi del trattato e anche le spiegazioni
offerte nellomelia vanno nella medesima direzione. Cos Origene si rif
sia a Sal 140(141), 2 sia allimmagine di Mos orante contro Amalek, per
sostenere in entrambi i casi la necessit di unermeneutica spirituale, men-
tre accenna di passaggio al mistero delle mani di Ges in croce come
dato arcinoto alla comunit1099. In realt, proprio questultimo rappresenta
lelemento pi significativo di differenziazione, anche se lAlessandrino
comprensibilmente non ha ritenuto necessario approfondirlo alluditorio
della chiesa di Gerusalemme, per il quale la valorizzazione in chiave tipo-
logica e spirituale della figura del Crocifisso doveva essere scontata.
Analogamente, un frammento delle Omelie su Geremia offre un con-
densato del discorso origeniano sulla preghiera alla luce di alcuni dei luo-
ghi biblici pi consueti. Nel contesto esegetico caratterizzato dalla critica
del culto idolatrico (Ger 51, 21-22 LXX), lAlessandrino, riallacciandosi a
unimmagine ormai per noi familiare, si domanda quale sia lincenso
da offrire a Dio. Come in precedenza, la risposta lidentifica con una con-
dotta di vita nel segno delle virt. Il complesso dei riferimenti scritturi-
stici disegna cos nuovamente modalit e contenuti dellatto di pregare, a
partire dalle citazioni di Sal 140(141), 2 e Ap 5, 8, luno e laltro sfruttati
in senso spirituale a significare la novit di vita in Cristo che propria del
santo. Ai passi noti si aggiunge anche il richiamo a Sal 108(109), 7
come testimonianza sullincenso offerto per il peccato, produttore per
converso di cattivo odore. Se con ci restiamo ancora nellambito della
prassi di vita, con unaccezione estensiva di preghiera in quanto vita vir-
tuosa, Origene ribadisce il giusto modo di pregare alla luce di 1Tm 2, 8,
mentre aggiunge una riflessione sullefficacia della preghiera. Questa trae
ispirazione dal modello di Mos orante, nel corso della battaglia di Isra-
ele contro Amalek immagine gi intravista, ma sulla quale ritorneremo
pi avanti, data la frequenza con cui compare nelle omelie , per racco-
mandare nuovamente la coerenza morale e spirituale tra preghiera e vita.
Chi si attiene a questo modo di pregare ancora una volta un cenno im-
plicito al modello della preghiera spirituale in Orat , pu essere certo
di trovare ascolto. Ora, la garanzia di esaudimento data con il concorso
di Is 58, 9, altro luogo cruciale per la riflessione di Origene in propo-

vis sensibus illustrari et cantare Domino iubemur canticum novum (Is 42, 10) et interior
homo noster, non dixit Paulus quia renovatur et stetit, sed renovatur de die in diem (2Cor
4, 16), oportebat etiam nos et de orationis modo, qualiter sine intermissione orandum (1Ts
5, 17) sit, et de elevatione manuum, quod sacrificium dicitur vespertinum (Sal 140[141], 2),
non solum usitatis et attritis, sed aliquantulum etiam innovatis dissertionibus explanare.
1099 Cfr. supra, nota 509.
Come incenso al tuo cospetto 367
sito1100. Come si vede, essa si cristalizzata qui attorno allimmagine del-
lincenso attirando sulla sua scia la costellazione dei testi scritturistici ben
noti. Ma la stessa immagine rievocata in maniera ancora pi plastica
nella XVIII Omelia su Geremia, dove si ripropone la contrapposizione fra
incenso del peccato e incenso della preghiera cio fra la preghiera
dellingiusto e la preghiera del giusto con il corredo rinnovato di
Sal 140(141), 2 e Sal 108(109), 71101.
Se limmagine della preghiera come forma di vita viene illustrata per
contrasto con la condizione delluomo peccatore, fra gli apporti specifici
delle omelie occorre registrare anche una trattazione pi organica sulla pre-
ghiera di chi pecca. Bench il tema fosse poco presente in Orat, in quanto
invito alla vita perfetta, esso si imposto alla riflessione di Origene a par-
tire dai diversi testi scritturistici che ne trattano, come abbiamo constatato
esaminando il Commento a Giovanni e il Commento a Matteo. Egli ha ri-
preso largomento non solo nelle Omelie su Geremia, dove torna pi volte
sulla confessione delle colpe da parte di chi ha commesso peccati1102, ma
soprattutto si soffermato su di esso nelle Omelie sul Salmo 37. Lintero
salmo da considerare, secondo linterpretazione dellAlessandrino, come
una trattazione sulla preghiera del peccatore pentito1103. dunque una con-
fessio o ejxomolovghsi", uno dei tipi di preghiere ai quali le omelie dedica-
no pi attenzione di quanto non fosse con la classificazione proposta da
Orat, dove peraltro la ejxomolovghsi" era indicata come una componente
strutturale nella preghiera formulata1104. In queste omelie ritroviamo la
figura esteriore del peccatore in atto di confessare la sua colpa, ispirata dal
modello del pubblicano nella parabola evangelica: come questi, egli inchi-
na il corpo e tiene lo sguardo rivolto a terra, riflesso di un atteggiamento

1100 FrIer 68 (231, 10-25): plh;n wJ" sunegerqevnte" Cristw'/ ta; a[nw zhthvswmen
(cfr. Col 3, 1), eij" nou'n eijlhfovte" to; genhqhvtw hJ proseuchv mou wJ" qumivama ejnwvpiovn
sou (Sal 140[141], 2): kaqa; ga;r Iwavnnh" ejn Apokaluvyei fhsiv: qumiavmatav eijsin aiJ
proseucai; tw'n aJgivwn (Ap 5, 8). ajll eij me;n logismoi'" tauvthn moluvnomen ponhroi'", sum-
baivnei to; hJ proseuch; aujtw'n genevsqw eij" aJmartivan (Sal 108[109], 7), h] eij" to; ejnantivon,
eja;n ajpo; dikaiosuvnh" eujxwvmeqa: ejpei; tw'n di aJmartiva" legovntwn: proswvzesan kai;
ejsavphsan oiJ mwvlwpev" mou ajpo; proswvpou th'" ajfrosuvnh" mou (Sal 37[38], 6), givnetai
to; qumivama dusw'de". diovper Hsai?a" ei\pen: eja;n fevrhte semivdalin, mavtaion: qumivama,
bdevlugmav moiv ejstin (Is 1, 13). tivna de; trovpon eujktevon, ejdivdaxen oJ ajpovstolo" levgwn:
bouvlomai tou;" a[ndra" proseuvcesqai ejn panti; tovpw/ ejpaivronta" oJsivou" cei'ra" cwri;"
ojrgh'" kai; dialogismw'n (1Tm 2, 8). toiouvtwn ceirw'n ejpairomevnwn tou' Mwsevw" ejnivka
Israhvl, kaqairoumevnwn de; ejnivka oJ Amalhvk (cfr. Es 17, 11). oJ ou{tw" eujcovmeno" oujk
ajpotugcavnei, ajlhqeuvonto" tou' rJhtou': e[ti lalou'ntov" sou ejrei': ijdou; pavreimi (Is 58, 9).
1101 HIer XVIII, 10 (infra, nota 1191).
1102 Per esempio, in HIer X, 8. Cfr. anche HIer V, 10; XX, 8-9; FrIer 68.
1103 H37Ps II, 5 (308, 2): haec vox boni et optimi, ut ita dixerim, peccatoris; II, 9
(320, 10-11): Et haec vox confitentis est et misericordiam postulantis.
1104 H37Ps II, 1 (290, 7-8): ipse se ad exomologesin peccati sui moeroremque
convertit. Sulla ejxomolovghsi" si veda supra, p. 157, nota 482.
368 Parte seconda, Capitolo settimo
interiore segnato dallumiliazione della colpa1105. A chi si trova nella con-
dizione di peccato offerta una via di penitenza e preghiera per essere ri-
sanato da Dio quale medico delle anime1106. A questo fine Sal 37(38) illu-
stra con quali disposizioni danimo ci si debba rivolgere a lui nella pre-
ghiera: la confessione di colpevolezza e il ricordo del peccato commesso,
con il turbamento che procura allanima, in vista di trattenerla da nuove
cadute1107. Oltre a richiamare lesempio evangelico del pubblicano e lam-
missione di colpa ad opera di Paolo, Origene si occupa nuovamente della
preghiera di Ges nel Getsemani per ricordare il conflitto tra la carne e lo
spirito, di cui anche il Salvatore fa lesperienza fino alla sua risoluzione
definitiva nella morte in croce con labbandono al Padre1108.
Un ulteriore tratto caratterizzante la predicazione origeniana laffio-
rare di preoccupazioni di ordine pastorale relative al corretto modo di
pregare, intendendo con ci in primo luogo i contenuti ma senza escludere
i modi dellorazione. LAlessandrino le manifesta specialmente nelle Ome-
lie su Geremia, dove si sforza di indicare quali debbano essere i contenuti
dellautentica preghiera, mentre critica manifestazioni oranti che egli con-
sidera superficiali e temerarie. in queste occasioni che percepiamo distin-
tamente la nota di radicalit che contraddistingueva limmagine della pre-
ghiera nel trattato. Cos, la I Omelia su Geremia si augura che coloro che
sono sottoposti a prove o persecuzioni preghino il Signore perch siano
provati e perseguitati ingiustamente e non, al contrario, perch abbiano
dato motivo di ci1109. Viceversa, la XIV Omelia su Geremia mette in guar-

1105 H37Ps I, 5 (280, 17-20): Si videas eum qui peccavit non posse respicere in cae-
lum sed curvato corpore demersoque in terram vultu non solum corporis sed et animae.
1106 H37Ps I, 1 (248, 31-32): non vult Deus noster mortem peccatoris, sed paeni-
tentiam et orationem eius exspectat. Denique et iste psalmus qui nunc lectus est, nobis
ostendit ut si forte aliquando praevenimur in delictis qualiter nos et cum quo affectu orare
oporteat et medico supplicari pro doloribus vel infirmitatibus nostris.
1107 H37Ps I, 1 (248, 36250, 43): Si quando ergo praeoccupaverit nos inimicus et
ignitis iaculis suis vulneraverit animam nostram, primo hoc nos docet hic psalmus quod
convenit post peccatum confiteri peccatum et in memoria recordari delictum ut, per re-
cordationem culpae stimulatum cor et cruciatum pro delicto suo, interim refrenet ac revo-
cet ne quid tale ultra committat.
1108 H37Ps I, 2 (270, 127272, 137): Memini me aliquando de illo capitulo evan-
gelii disputantem in quo scriptum est: spiritus quidem promptus est, caro autem infirma
(Mt 26, 41), tale aliquid sensisse quod antequam Salvator noster veniret ad crucem et cruci-
figeret carnem atque emori eam faceret, antequam perfecte mortificaretur, prius dixit infir-
mari carnem suam; et donec infirmabatur quidem caro, spiritum promptum esse dicebat:
cum vero cruci eam tradit et perfecta morte consummat, tunc non iam promptum spiritum,
sed in manibus patris positum esse testatur. Origene interpreta anche qui il conflitto
carne-spirito alla luce della dottrina della propavqeia (vsi veda supra, nota 1027).
1109 HIer I, 13 (11, 20-22): Dia; tou'to mh; xenizovmenoi oiJ diwkovmenoi pavnta prat-
tevtwsan, movnon eujcovmenoi, i{na ajdivkw" diwvkwntai kai; mh; dikaivw", mh; di ajdikivan, mh;
di aJmartivan, mh; dia; pleonexivan.
Come incenso al tuo cospetto 369
dia dal formulare richieste temerarie per condividere il destino di profeti
e apostoli, dal momento che i fedeli lo fanno senza neanche pensare alle
tante prove, traversie e persecuzioni che la loro supplica racchiude impli-
citamente in s1110. A loro esempio e ammonizione, come vediamo nella
XX Omelia su Geremia, lAlessandrino addita gli asceti, i quali sono capaci
di invocare la sorte di Geremia e Paolo abbracciando una vita di rinun-
cia1111. Anche la XVII Omelia su Geremia si premura di porgere ai fedeli
unistruzione sui contenuti che si confanno maggiormente alla preghiera,
ribadendo implicitamente listanza della preghiera spirituale: quando si
malati e ci si immagina di morire a breve, anzich chiedere il prolun-
gamento della vita a coloro che sovrintendono alla comunit, occorre
piuttosto desiderare il giorno di Dio e augurarsi di partecipare al pi
presto di esso 1112. O ancora, la IV Omelia su Luca raccomanda ai genitori
di pregare per una prole virtuosa sullesempio della preghiera esaudita di
Zaccaria ed Elisabetta1113. Quanto ai modi di pregare, vediamo emergere
la stessa nota critica insieme allistanza pastorale nella V Omelia su Nu-
meri, dove Origene denuncia il fatto che la comunit non comprenda
usanze che pratica regolarmente come la genuflessione durante la pre-
ghiera o il fatto di pregare verso oriente 1114. Daltra parte, bench questo
stesso ciclo di omelie contenga diversi spunti interessanti sullatteggia-
mento esterno dellorante, quali le allusioni al segno di croce o il fatto di

1110 HIer XIV, 14 (cfr. infra, p. 389).


1111 HIer XX, 7 (189, 3-5): ei[ ti" ou\n duvnatai mimei'sqai to;n profhvthn, kai; ajqe-
sivan [...] ejpikaleivsqw, kai; talaipwrivan de; ejn tai'" ajskhvsesin ejpikaleivsqw.
1112 HIer XVII, 6 (150, 9-16): pollavki" noshvsante" kai; ejn fantasiva/ qanavtou ge-
novmenoi <ejpi; > th'" ejxovdou parakalou'men tou;" ejpiskopou'nta" hJma'" ajdelfou;" kaiv fa-
men: ai[thsaiv moi komivaton, ai[thsaiv moi ejpimevnein tw/' bivw/. tau'ta levgonte" oujk hJmevran
ejpiqumou'men aJgivan qeou', ajll hJmevran ajnqrwvpou. diovper ajpoqevmenoi th;n filozwivan
kai; to; ejpiqumei'n ajnqrwpivnhn hJmevran, zhthvswmen th;n hJmevran ejkeivnhn ijdei'n, ejn h|/
teuxovmeqa th'" ejn Cristw/' Ihsou' makariovthto", w/| ejstin hJ dovxa ktl.
1113 HLc IV, 2 (24, 4-7): et qui semel ob utilitatem aliorum ad liberorum opera de-
scenderit et se voluerit huic ministerio mancipare, obsecret Deum, ut talis ei filius ingre-
diatur saeculum, super cuius nativitate laetior sit.
1114 HNm V, 1 (cfr. supra, nota 520). In HIud II, 3 (475, 12-19) la genuflessione del
corpo offre il pretesto per unammonizione contro la genuflessione spirituale a Satana
provocata dal peccato: Sed non in hoc vocati sumus nec ad hoc credidimus, ut iterum
serviamus peccato et iterum genua flectamus diabolo, sed ut flectamus genua in nomine
Iesu, quia in nomine Iesu omne genu flectitur coelestium et terrestrium et infernorum (Fil
2, 10), et ut flectamus genua ad patrem Domini nostri Iesu Christi, ex quo omnis paterni-
tas in coelis et in terra nominatur (Ef 3, 14-15) et quid mihi prodest, si genua corporis mei
ad orationem veniens flectam Deo et genua cordis mei flectam diabolo?. In Fr1Cor 66
(190) la genuflessione non ha significato penitenziale, ma il riflesso corporeo della dosso-
logia reverenziale per chi beneficiato con il dono della profezia: oJ ojfelouvmeno" eujla-
bei'tai ejmblevyai eij" to; provswpon tou' Qeou': dio; fantazovmeno" to;n Qeo;n pivptei ejpi; prov-
swpon, kai; th;n uJperoch;n kai; th;n dovxan aujtw/' didouv", kai; ou{tw" proskunei' tw/' Qew/'.
370 Parte seconda, Capitolo settimo
pregare a capo scoperto1115, lAlessandrino vi accenna sempre en passant,
senza mai considerarli entro una visione pi organica conformemente alla
sua trattazione in Orat1116.
Linsieme delle trattazioni pi specifiche rievocate sinora nel corpus
omiletico si riferisce essenzialmente alla preghiera ex parte hominis, an-
che quando Origene sinterroga sulla questione dellesaudimento divino.
Ma egli ha affidato alla VI Omelia su Ezechiele una delle pi illuminanti e
sorprendenti riflessioni sulle dinamiche dellesperienza orante, consideran-
dola questa volta ex parte Dei. Con un crescendo paradossale, lAlessan-
drino arriva ad affermare prima nei riguardi del Figlio, il quale sincarna
per la salvezza degli uomini, e poi dello stesso Padre, una passione della
carit (passio caritatis) che li fa partecipare entrambi delle sofferenze
umane. Ora, la prospettiva assolutamente inedita (o almeno rarissima nel
pensiero cristiano antico) di una passibilit di Dio viene argomentata
con il ricorso al fenomeno umano della preghiera o supplica di aiuto che
si d nelle relazioni tra gli uomini: dinanzi alla richiesta di colui che nel
bisogno, se non si ha il cuore duro, si prova compassione per lui e tale
compassione ci induce ad ascoltare la sua domanda ed a prestargli aiuto.
Cos anche di Dio sia nel Padre che nel Figlio dentro il piano salvi-
fico da lui attuato a beneficio dellumanit 1117. Di conseguenza, il mo-
dello antropologico della supplica (che Origene ha considerato en passant
anche nel trattato) offre una chiave straordinaria per penetrare nelle vi-
scere paterne di Dio stesso1118.

1115 Sul problema del segno di croce in Origene, cfr. supra, nota 511. Quanto alla
preghiera a capo scoperto, immagine dellapertura a Dio della coscienza dellorante, cfr.
HEz III, 3 (351, 10-14): Qui fiduciam habet et vere vir est, velamen non habet super ca-
put suum, sed intecto capite orat Deum, intecto capite prophetat, per signum corporalis rei
etiam spiritalem latenter ostendens, ut quomodo non habet velamen super caput carnis
suae, ita non habeat velamen super principale cordis sui; HEz III, 5 (353, 8-10): Ideo
autem disrupturum, ut caput nudum fiat, ut accepta fiducia, et revelata non solum facie
sed etiam capite, constanter vir ecclesiasticus possit orare.
1116 Cos HNm IX, 3 rievoca la preghiera di Mos e Aronne prostrati a terra, mentre
HNm XI, 9 raccomanda che il curvarsi del corpo sia accompagnato dalla concentrazione
interiore della mente; a sua volta HNm XIX, 1 spiega il significato di innalzare le mani per
la preghiera.
1117 HEz VI, 6 (384, 31385, 3): Si rogetur, miseretur et condolet, patitur aliquid
caritatis, et fit in iis in quibus iuxta magnitudinem naturae suae non potest esse, et propter
nos humanas sustinet passiones (cfr. anche HEz XIII, 2: Quam bonus Deus, qui etiam
eos qui se denegaverunt, deflet! Et hoc venit ex amoris affectu. Nemo quippe plangit quem
odit; et qui plangitur, plangitur quidem ut mortuus, verum quasi adhuc quaeratur, quasi
vivis desiderio sit, diligitur). Cfr. Perrone 1994a; Fernndez Eyzaguirre; Pennacchio
2008, 157-188.
1118 Sulla supplica, e[nteuxi", cfr. supra, pp. 130 ss.
Come incenso al tuo cospetto 371
3.3.2. Lomelia come momento orante: la preghiera del predicatore e della
comunit per la venuta del Logos

Pi che dalle poche trattazioni specifiche, quantunque utili ed interes-


santi, lapporto principale del corpus omiletico alla nostra indagine viene
dalla cornice orante che accompagna la predicazione dellAlessandrino.
Se linterpretazione delle Sacre Scritture, come egli ha ribadito in molte-
plici occasioni, esige che il commentatore partecipi di quello stesso Spiri-
to che ha ispirato il testo sacro e per il cui dono egli tenuto ad invocare
Dio 1119, la loro spiegazione alla comunit non poteva ignorare questo
aspetto essenziale. Esso interviene in una duplice prospettiva: sia per il
predicatore impegnato nellarduo compito di esporre il significato pro-
fondo delle letture, sia per la comunit che lo ascolta ed sollecitata a so-
stenerlo ed a fare proprio tale significato per il suo perfezionamento spiri-
tuale. Significativamente Origene, riandando nella XI Omelia su Ezechiele
alla sua precedente spiegazione di Geremia, lattribuisce in maniera deter-
minante al dono della grazia con il concorso delle preghiere dei fedeli1120.
Pertanto la dimensione orante investe costitutivamente latto della predi-
cazione e ludienza ecclesiale che ne fruisce, manifestandosi soprattutto
allinizio e alla fine della spiegazione omiletica. questo, infatti, il tratto
pi immediatamente evidente e come tale stato oggetto di studio, ma
esso non deve essere considerato in maniera troppo schematica1121. Non

1119 Limitatamente ai testi omiletici si veda, ad esempio, HEz II, 2 (341, 29342,
3): Quomodo habebat opus Spiritu sancto qui haec dicere iubebatur, sic eodem Spiritu
opus est ei qui exponere cupit ea quae sunt latenter significata; HEz XI, 2 (425, 31-34):
Si aliquando Dei indiguimus auxilio semper autem in intellectu Scripturarum Spiritu
eius sancto indigemus , nunc profecto tempus est quo nobis praestet auxilium et pandat
ipse quae dixit; HIos VIII, 1 (336, 7-8): ad explananda ea indigemus gratia Spiritus.
Sulla necessit della preghiera per comprendere le cose divine insiste, in particolare,
EpGr 4 (supra, nota 7). LAlessandrino ha sfruttato anche linizio di Ct per chiarire il
nesso fra preghiera e teologia; cfr. FrCt 2 (supra, nota 920). Fra i molti luoghi delle ome-
lie merita di essere segnalato HEx XII, 4 (266, 20-23), perch manifesta programmatica-
mente lesigenza di combinare studio e preghiera: Unde ostenditur non solum studium
nobis adhibendum esse ad discendas litteras sacras, verum et supplicandum Domino et
diebus ac noctibus obsecrandum, ut veniat agnus ex tribu Iuda et ipse accipiens librum si-
gnatum dignetur aperire.
1120 HEz XI, 5 (431, 6-8): eo tempore quo Hieremiam exposuimus, ea quae nobis
gratia Domini orantibus vobis largita est, sive certe utcumque sensimus, exponere conati
sumus.
1121 Sul nesso letture preghiera in contesto ecclesiale, si veda Fr1Cor 17 (90): o{ti
sunagovmeqa ejn tw/' ejnestw'ti aijw'ni, o{ti ajkouvomen grafw'n iJerw'n, o{ti eujcovmeqa. La
problematica stata approfondita da Schtz, 139 e specialmente da Sheerin. Per lanalisi
delle dossologie conclusive si veda Crouzel 1980, con i nuovi approfondimenti critici
proposti da Grappone 2007. Questi ha osservato la frequenza delle preghiere allinizio
delle omelie latine nella versione rufiniana, diversamente dai testi greci e dalle traduzioni
372 Parte seconda, Capitolo settimo
sempre le omelie che conosciamo iniziano e terminano con la preghiera,
anche se ci vero di un buon numero di esse. Di solito troviamo una
conclusione in forma di dossologia, ma non solo essa pu combinarsi con
una vera e propria intenzione di preghiera che perlopi riassume il senso
della spiegazione fornita dal predicatore, ma questi pu ricorrere ad espres-
sioni oranti, oltre che in apertura di omelia, anche nel corso del suo com-
mento, impegnando eventualmente la comunit che lascolta ad assecon-
darlo 1122. Ci avviene, ad esempio, quando lomelia affronta successiva-
mente pericopi distinte del testo scritturistico, soprattutto qualora esse
comportino difficolt particolari per linterprete o implichino la necessit
polemica di contrastare opinioni che ritiene fuorvianti1123. In altre parole,
la tipologia delle manifestazioni oranti risulta piuttosto diversificata e
funzionale alle finalit, ad un tempo didascaliche ed edificanti (o se vo-
gliamo pastorali), che contraddistinguono lattivit omiletica di Orige-
ne1124. Abbiamo in ogni caso a che fare con un elemento caratterizzante,
accostabile per le sue modalit alle espressioni di esegesi orante che ab-
biamo scorto nei commentari.

di Gerolamo, senza per trarne unindicazione critica sulla loro attendibilit: se si allarga
lo sguardo alle preghiere introdotte allinizio delle omelie nel loro complesso, in tradu-
zione rufiniana ne incontriamo un numero considerevole, 28 su 118 omelie, mentre nelle
omelie greche ne abbiamo trovato solo due su 21, compreso il brevissimo inciso di HIer
XVIII (eja;n doqh/': HIer XVIII, 1 [151, 7]), una richiesta daiuto per affrontare il testo pi in
dettaglio; in HIer XIX abbiamo trovato nella transizione tra prologo e corpo del discorso
uninvocazione a Ges, perch ispiri il predicatore (p. 101).
1122 Ad esempio, in HGn III abbiamo tre richieste di preghiera alla comunit: in III,
1, per poter ribattere alle questioni sugli antropomorfismi divini; in III, 4, per propiziare la
spiegazione della circoncisione del cuore secondo Paolo ([44, 5-6] Redeamus ergo ad
propheticas voces, ut, orantibus vobis, haec de quibus quaerimus inde clarescant); III, 5
([44, 15-16] Si me vestris precibus iuveritis). Anche in HGn VII troviamo due esorta-
zioni alla preghiera ( VII, 1; VII, 6). HLv V e HIos VIII contengono numerosi richiami alla
preghiera (cfr. rispettivamente HLv V, 1; V, 2; V, 4; e HIos VIII, 1; VIII , 2; VIII, 3). Sui due
appelli oranti di HIer XIX si veda infra, nota 1149. Esortazioni a pregare per lintelligenza
spirituale, nel mezzo della spiegazione, compaiono anche in HIud IV, 3; HIs VI , 3; HEz III,
6; HEz IV, 1; HLc XXII, 3 (134, 10-14): Oremus, ut illius cotidie nobis adventus fiat et
possimus dicere: Vivo autem, iam non ego, vivit autem in me Christus (Gal 2, 20). Si enim
Christus vivit in Paulo et non vivit in me, quid mihi proderit? Cum autem et ad me venerit
et fruitus illo fuero, sicut fruitus est Paulus, tunc et ego possum Paulo similiter loqui.
1123 Si veda, ad esempio, in HGn IV, 6 (56, 17-19) la premessa a una confutazione di
gnostici e marcioniti: Nos ergo prius Dominum deprecantes et vestris orationibus adiuti
aggrediemur contra eos proelium verbi. Cfr. anche HEx III, 2 (164, 23-25): Et ideo oran-
dum nobis est, ut dignetur Dominus aperire os nostrum, ut possimus et contradicentes re-
vincere et obturare os quod diabolus aperit.
1124 Bench HLv VII, 1 distingua il compito del predicatore (= edificare la comu-
nit) da quello del maestro (= spiegare le Scritture), in generale le due istanze sono com-
presenti nellomiletica di Origene. La distinzione comunque richiamata anche in HNm
XIX, 1 e altrove. In proposito si veda il giudizio di Markschies citato alla nota 737.
Come incenso al tuo cospetto 373
A testimonianza del momento orante in apertura possiamo richiamare
linizio della VII Omelia sulla Genesi. Esso esemplifica bene linvito alla
preghiera per lintelligenza spirituale delle Scritture che accomuna predi-
catore e fedeli nella richiesta dellaiuto divino, condizione indispensabile
per accedere al livello profondo del testo 1125:
Mos ci viene letto nella chiesa. Supplichiamo il Signore affinch, anche per noi,
secondo la parola dellApostolo, quando viene letto Mos, non sia posto un velo
sopra il nostro cuore (2Cor 3, 15)1126.
Il ricorso al passo paolino, assai frequente non solo in questo ciclo di
omelie ma anche altrove, pi che essere sfruttato in senso stretto a fini
esegetici, serve ad indicare il contenuto della supplica che occorre rivol-
gere in comune a Dio per far s che lAntico Testamento giunga ad esse-
re inteso come libro della chiesa1127. Ma, come mostra il prologo della
VI Omelia sulla Genesi, esso va ricondotto ad una costellazione di riferi-
menti-chiave per lermeneutica spirituale della Bibbia, tutti ricavati dal-
lApostolo, che in contesto omiletico giungono a configurarsi per Origene
come oggetto di preghiera.
Se uno vuole ascoltare e comprendere queste cose soltanto secondo la lettera,
deve disporsi allascolto pi con i giudei che con i cristiani; ma se vuole essere
cristiano e discepolo di Paolo, lo ascolti dire che la legge spirituale (Rm 7, 14),
e, quando parla di Abrahamo, della sua moglie e dei suoi figli, lo ascolti pro-
nunciare la parola allegoria (Gal 4, 24). E anche se qualcuno di noi non pu fa-
cilmente scoprire di che tipo di allegorie si tratti, tuttavia deve pregare che dal
suo cuore sia tolto il velo, se c chi si sforzi di convertirsi al Signore: il Signore
infatti Spirito (2Cor 3, 16-17) ed egli stesso tolga il velo della lettera e apra la
luce dello Spirito, e possiamo dire che contemplando a volto svelato la gloria del
Signore, siamo trasformati per la medesima immagine di gloria in gloria, come
dallo Spirito del Signore (2Cor 3, 18)1128.

1125 Riprendo qui alcune riflessioni sviluppate pi ampiamente in Perrone 1999c.


1126 HGn VII, 1 (70, 12-14): Moyses nobis legitur in ecclesia. Deprecemur Domi-
num, ne secundum verbum apostoli etiam apud nos, cum legitur Moyses, velamen sit posi-
tum super cor nostrum (2Cor 3, 15). Cfr. inoltre laccenno allimmagine del velo nella
preghiera introduttiva allesegesi spirituale dopo un preambolo di esegesi letterale in
HGn II, 2 (30, 4-6): Nunc vero iam deprecantes eum prius, qui solus potest de lectione
veteris testamenti auferre velamen, temptemus inquirere quid etiam spiritalis aedificatio-
nem contineat magnifica haec arcae constructio.
1127 Cfr. Cocchini, 144-145: Con frequenza Origene ricorre alla pericope paolina
nel momento che segna il passaggio dal primo livello interpretativo di un determinato te-
sto, al secondo livello, non pi semplicemente letterale ma pi profondo: in questi casi,
pi che per farne oggetto di interpretazione, egli si richiama al testo di Paolo per formu-
lare quella supplica a Dio alla quale invita anche il pubblico dei fedeli, e che ritiene ne-
cessaria, giacch lui solo pu togliere il velo dalla lettura dellAntico Testamento [HGn
II , 3]. Il motivo del velo, oltre al riferimento paolino, pu rinviare a Sal 118(119), 18,
come vediamo dallesortazione iniziale di HGn XII, 1 (supra, nota 800).
1128 HGn VI, 1 (tr. Danieli, 188-190).
374 Parte seconda, Capitolo settimo
Come evidenzia questo brano, non si tratta semplicemente di acce-
dere ad una comprensione spirituale delle Scritture, bens dintrodursi
nel segno della preghiera ad un itinerario di perfezionamento spirituale
la cui mta ultima la conformazione allimmagine di Dio, secondo il
motivo illustrato da Origene in Orat e altrove quando collega la preghiera
alla contemplazione1129. quindi una strada ardua ed esigente, e Origene
ne ben consapevole, allorch accenna alle eventuali difficolt delludi-
torio a scoprire le allegorie; ma tali difficolt toccano da vicino anche
il predicatore, che chiamato ad iniziare i suoi ascoltatori al mistero della
Parola divina. Per questa ragione Origene non solo raccomanda ai fedeli
di pregare il Padre del Verbo perch tolga il velo posto sui loro occhi,
che di fatto coincide con il velo della lettera, ma li esorta anche a so-
stenerlo mediante la preghiera, perch Dio ispiri le sue parole e lassista
nel momento in cui aprir bocca1130. Si tratta nuovamente, in qualche mi-
sura, di indicazioni programmatiche della lettura ecclesiale dellAntico
Testamento, come vediamo dal bel testo in apertura della IX Omelia sulla
Genesi, che fonde suggestivamente le due istanze, comunitaria e perso-
nale, fino al punto di renderle indissociabili:
Quanto pi ci inoltriamo nella lettura, tanto pi aumenta in noi il cumulo dei mi-
steri (Quantum legentes progredimur, tantum nobis sacramentorum cumulus auge-
tur). E, come quando uno entra nel mare su una navicella, fino a che vicino alla
terra, ha meno paura, ma quando a poco a poco avanzato in alto mare, e ha inco-
minciato o a essere sollevato in alto per il gonfiarsi delle onde, o a essere condotto
gi nel profondo per il fendersi di esse, e allora grande angoscia e spavento gli in-
vadono lanima, per avere affidato una piccola zattera a cos ingenti flutti: questo
ci sembra di provare anche noi che, piccoli di meriti e deboli di ingegno, osiamo
entrare nelloceano cos vasto dei misteri. Ma se, per la vostra preghiera, il Signore
si degner di concederci il soffio leggero e favorevole del suo Spirito santo (si,
orantibus vobis, Dominus dignetur Spiritus sui sancti auram nobis prosperam da-
re), entreremo, mediante la rotta propizia della parola, nel porto della salvezza1131.

1129 Sul nesso fra intelligenza spirituale e conversione si veda HEx XII, 4 (267,
28268, 2): Si ergo et nos Dominum deprecemur ut velamen de corde nostro dignetur
auferre, capere possumus intellegentiam spiritalem, si tamen convertamur ad Dominum et
libertatem scientiae requiramus. Cfr. anche HLv XIII, 2 (468, 20-23): Verum quoniam lex
spiritalis est (cfr. Rm 7, 14), petamus a Domino si tamen conversi sumus ad Dominum
auferri nobis velamen de lectione Veteris Testamenti (cfr. 2Cor 3, 14. 16), ut possimus
advertere, quae ratio sit candelabri vel lucernarum secundum intelligentiam spiritalem.
1130 HReL I, 3 (5, 8-15): Deprecor autem vos omnes, ut, quoniam sensum tam dif-
ficilium rerum conamur aperire et ea, quae velamine obtecta sunt, ecclesiae auribus pan-
dere in lectione enim veteris Testamenti, sicut dicit apostolus, velamen est positum
(2Cor 3, 14) , precibus a Domino postuletis, ut dignetur nobis ad se conversis auferre ve-
lamen (2Cor 3, 16) etiam de hac lectione (2Cor 3, 18), quam habemus in manibus, et
planius nobis reserare, quae tecta sunt, ut et nos possimus revelata facie in his, quae lecta
sunt, gloriam Domini speculari (2Cor 3, 18).
1131 HGn IX, 1 (86, 18-27 [tr. Danieli, 247]).
Come incenso al tuo cospetto 375
La sinergia orante tra la comunit e il predicatore pu tradursi spesso
in espressioni di carattere formulare, senza che questo aspetto trattenga
particolarmente lomileta. In tali casi egli si limita semplicemente a richia-
mare la cornice della preghiera come premessa necessaria della sua espo-
sizione, prima di addentrarsi in essa1132; infatti, anche se il significato let-
terale risulta chiaro, il senso spirituale del testo esige preliminarmente un
atteggiamento di preghiera1133. In generale, il sostegno dei fedeli con la
loro preghiera viene evidenziato quando il passo da commentare presenti
particolari difficolt allinterprete o luditorio risulti impreparato ad ac-
cogliere linsegnamento impartito dal predicatore. Nella IX Omelia sul-
lEsodo Origene dichiara espressamente che offrire una spiegazione dei
misteri contenuti nel testo in esame trascende sia le forze del predicatore
sia la capacit delluditorio: egli si sforzer comunque, con il concorso
dei fedeli e laiuto determinante di Dio, in risposta alla loro preghiera, di
contribuire alledificazione della comunit 1134. Anche nella XX Omelia su
Giosu, il predicatore chiede alla comunit di sostenere il suo compito
pregando, in modo che risulti possibile trarre almeno qualche beneficio
spirituale dalla lettura della Parola sacra1135. Questo genere di inviti tende
ad infittirsi nella nutrita serie delle Omelie su Numeri dedicate a commen-
tare la profezia di Balaam (HNm XIII-XIX), proprio perch il testo risul-
tava particolarmente ostico 1136. Sebbene lAlessandrino non lo dichiari

1132 Cfr. ad esempio HGn III, 1 (39, 18-19): Ad haec ergo, si precibus vestris iu-
vemur, prout Dominus dederit, breviter occurremus; HEx V, 1 (184, 28185, 2): Accepta
ergo a beato Paulo apostolo semina spiritalis intellegentiae, in quantum Dominus nos pre-
cibus vestris illuminare dignabitur, excolamus; HNm XX, 1 (185, 12-16): Duae sunt ergo
historiae, quae recitatae sunt; sed nos de prima interim, quae fornicationem populi descri-
bit, si quid orantibus vobis gratiae Dominus dignabitur praestare, dicemus; si vero ipse
concesserit, aliquid etiam de secunda contingere audebimus.
1133 HNm XII, 4 (104, 2-4): Historia quidem manifesta est, sed deprecemur Domi-
num, ut aliquid dignum possimus in interioribus eius sensibus pervidere.
1134 HEx IX, 2 (237, 18-22): quomodo autem horum narratio aptari possit coelesti-
bus et aeternis, nec nostrae mensurae est dicere nec vestrae, ut opinor, capacitatis audire.
Pauca tamen, si nos orantibus vobis Dominus illuminare dignetur, quae ad ecclesiae aedi-
ficationem pertineant, aperire temptabimus.
1135 HIos XX , 1 = Phil 12 (415, 7-12): Verum quia difficile est ita eruditam vel
gratia spiritus repletam invenire animam, conamur nos consolationis communis causa, ne
forte taedio efficiatur auditoribus sermo divinus et lectio, si nihil explanationis accipiat,
orantibus vobis et Domino donante haec interim de huiuscemodi lectionibus perstringere,
quae aedificare possint animas nostras. Il testo greco di Phil 12, assai pi stringato, non
contempla linvito alla preghiera.
1136 Fin dalla prima omelia Origene insiste sul problema esegetico, che peraltro in-
veste anche il tenore letterale del testo; cfr. HNm XIII, 4 (111, 22-25. 112, 8-11): Omnia
iam, quae de Balaam et asina eius scribuntur, historia plena negotiis; interior vero intellec-
tus multo negotiosior et nescio, si facile sit vel ipsas tantum historicas explanare senten-
tias. Deo tamen donante breviter, quae possumus, perstringemus. [...] Unde iterum atque
376 Parte seconda, Capitolo settimo
sempre con uguale intensit, nondimeno dai suoi appelli alluditorio tra-
spare chiaramente che lomileta non pu mai prescindere da questa dimen-
sione orante. Come ricaviamo ancora dalla XX Omelia su Giosu, impos-
sibile alluomo scrutare i misteri di Dio senza il suo aiuto: pertanto, se il
predicatore si affatica a commentare il testo biblico, anche la comunit
deve affaticarsi con lui per giungere insieme alla comprensione spiritua-
le1137. La VII Omelia su Ezechiele, istituendo un parallelo fra il compito del
predicatore e il ruolo di Mos che dopo il colloquio con Dio ne trasmet-
teva i contenuti al popolo , richiede lassistenza dei fedeli oranti perch
lo Spirito santo comunichi allomileta i misteri e questi possa a sua volta
riferirli alla comunit1138.
Nelle esortazioni a pregare da parte di Origene si gi intravisto, per
cos dire, il terzo soggetto di una dialettica che comporta le tre componenti
seguenti: 1. il predicatore, 2. la comunit e 3. colui che rappresenta il fatto-
re decisivo per una dinamica di comprensione, cio Dio stesso. Secondo
lauspicio programmatico della III Omelia su Levitico, se il Signore si
degna di aprire a noi gli occhi per vedere e a voi le orecchie del cuore per
ascoltare, ricercheremo che cosa voglia dire il pensiero del legislatore av-
volto di misteri1139. Questo terzo lato nel triangolo di relazioni spiri-

iterum Dei nobis exoranda est gratia, ut haec non fabulosis et Iudaicis narrationibus, sed
rationalibus et dignis divina lege possimus sensibus explicare. Anche lavvio della spie-
gazione della seconda profezia rimanda ad una cornice orante, come mostra HNm XVI, 1
(137, 13-15): Secundae nunc prophetiae initium sumimus, ut, si Dominus adspirare di-
gnetur, etiam de hac pro viribus, quae occurrerint, in medium proferamus; mentre HNm
XVI, 8 conclude con una supplica per ricevere lintelligenza spirituale della parte residua
degli oracoli di Balaam. Si veda ancora HNm XVIII, 1 (167, 10-12): Quartam nunc
prophetiam ex his, quae Balaam in verbo Dei locutus est, in manus assumimus, volentes
etiam de ipsa, quae Deus dederit, aperire; e HNm XIX, 1 (176, 23-26): Quinta haec no-
bis eademque ultima Balaam visio discutitur, de qua similiter, ut in ceteris, Dominum de-
precemur, quo in fine nos non deserat, ut possimus huius quoque visionis sensum haud
procul a veritate captare. In Dial 26 Origene spiega Nm 23, 10 come esempio di pre-
ghiera spirituale (supra, nota 784).
1137 HIos XX, 4 (422, 16-22): Videtis quia vere auxilio Dei opus est, ut haec ex-
planari queant; et impossibile prorsus est ullum hominum de his disserere, nisi illuminatus
per Dei gratiam fuerit. Ideo ergo iuvate me orationibus et mecum pariter laborate, ut Do-
minus in istis tam obscuris et absconditis locis lucem veritatis nobis dignetur ostendere, ut
et nos vobis possimus aperire, quomodo haec vera et utilia et divina sunt, sed pro fragili-
tate humanae naturae obtecta sacramentis et mysteriis involuta. Cfr. anche HReL I, 2 (3,
23-24): Historia nobis recitata est de primo libro Regnorum, quae ita videtur difficilis, ut
absque divinae virtutis gratia explanatio eius non possit exponi; per tale motivo in I , 3
(nota 1130) il predicatore invita a pregare.
1138 HEz VII , 10 (400, 1-2): Dei indigemus auxilio, ut ipse nobis obscuritatem istius
loci edisserat. Et quomodo Moyses audiebat Deum et deinde ea quae a Deo audierat profe-
rebat ad populum, sic nos indigemus Spiritu sancto loquente in nobis mysteria, ut oratio-
nibus vestris Scripturam possimus audire, et rursum quod audivimus populis intimare.
1139 HLv III, 6 (310, 22-24): Verum si dignetur Dominus vel nobis oculos ad viden-
Come incenso al tuo cospetto 377
tuali istituito dalla situazione omiletica viene esplicitato da Origene ai di-
versi livelli della sua articolazione trinitaria. In primo luogo, abbiamo lin-
dicazione del destinatario della preghiera: in alcuni casi come avveniva
in Orat egli espressamente indicato come Dio, il Padre del Verbo1140.
Ne abbiamo un bellesempio nella VI Omelia su Levitico:
per spiegare tali cose, noi dobbiamo contare non sulle forze dellingegno uma-
no, ma sulleffondere orazioni e preghiere a Dio. E abbiamo bisogno anche del
vostro aiuto, perch Dio, il Padre del Verbo, ci doni il verbo per aprire la nostra
bocca, affinch possiamo considerare le meraviglie della sua Legge1141.

Tuttavia, nella maggior parte degli altri casi la preghiera indirizzata


al Signore (Dominus nelle traduzioni latine del corpus omiletico), lad-

dum vel vobis ad audiendum aures cordis aperire, quid sibi velit legislatoris sensu opertus
mysteriis, requiremus (tr. Danieli, 71-72).
1140 HGn XII, 1 (106, 20-21): orandus nobis est Pater Verbi; HGn XIII, 1 (114,
9-10): invocemus Patrem Verbi viventis; HLv XII, 4 (460, 9-10): si orationibus vestris
Deum Patrem Verbi deprecemini, ut nos illuminare dignetur. Possiamo forse aggiungere
anche HLv V, 1 (334, 4-5): invocantes Deum, qui fecit Scripturae animam et corpus et
spiritum; bench il fr. greco (= Phil 1, 30) reciti semplicemente: Fevre, ejpikalesavmenoi
to;n poihvsanta th'/ Grafh/' sw'ma kai; yuch;n kai; pneu'ma, Dio chiaramente il soggetto
implicito, come attesta linizio dievsthsan ajpo; tou' ijoudai>smou' kai; tou' Qeou' tou' dovnto"
tauvta" ta;" grafav". Invece FrLc 125 (278, 4-9) su Lc 8, 41 contiene un indirizzo esplicito
a Dio per linvio del Logos: oiJ de; dunavmenoi diabaivnein ejpi; to; blevpein, o{ti kai; tau'ta
tupikw'" sunevbainen ejkeivnoi", ejgravfh de; di hJma'" (1Cor 10, 11), eujxavmenoi tw'/ qew'/
aijthvswmen lovgon ejlqei'n to;n safhnivzonta kai; tau'ta, pw'" oJ Ihsou'" pro;" th;n ajrcisu-
nagwvgou qugatevra prohgoumevnw" ajphv/ei, ouj pro;" th;n aiJmorroou'san kai; ejn th'/ oJdw'/
aujtw'/ ajpantw'san, kai; o{ti prohgoumevnw" ajpiovnto" aujtou' pro;" ejkeivnhn prwvth au{th qe-
rapeuvetai. Secondo HIer XIX, 13 (169, 16-17), la preghiera di Pietro in At si rivolge a
Dio come destinatario (hJnivka ajnevpempe th;n eujch;n tw/' qew/' ); ed anche Origene invita ad
indirizzarsi a lui in HIer XX , 9 (192, 11): eujcevsqw tw/' qew/'. Trovo dunque eccessiva la
conclusione di Grappone 2007 (basata, in particolare, sul confronto tra greco e latino di
HLv V, 1), secondo cui possiamo ipotizzare con qualche fondamento che Rufino sia inter-
venuto inserendo, precisando e ampliando un poco le invocazioni non molto frequenti che
incontrava nel testo greco, lasciando a volte cadere il caratteristico riferimento diretto al
Figlio, probabilmente per eccessive preoccupazioni di ortodossia trinitaria (p. 107).
1141 HLv VI, 1 (359, 10-14): et ideo nobis ad haec exponenda non humani ingenii
viribus nitendum est, sed orationibus et precibus ad Deum fusis. In quo etiam vestri adiu-
torio indigemus, ut Deus, Pater Verbi, det nobis verbum in apertione oris nostri (cfr. Ef 6,
19), ut possimus considerare mirabilia de lege eius. A tale testo da accostare HIos VIII, 2
(337, 6-11): Temerarium fortasse sit, quod facimus, tam ardua et tam difficilia Scripturae
sanctae loca explanare conantes; sed si nos orationibus vestris iuvetis, non solum culpam
effugiemus audaciae, verum et devotionem nostram amplexus Pater Verbi Deus dabit
verbum in adapertione oris nostri (Ef 6, 19), quo et vos aedificemini et nos non indevoti
pareamus. Orantes ergo et intenti animis audite. Riferendosi a HGn XIII; HLv VI; HIos
VIII, 2, Grappone 2007, 104 osserva: il predicatore chiede per s la parola a colui che ha
dato origine alla parola della Scrittura, sempre sulla base di Eph. 6, 19. Per lespressione
greca corrispondente a Pater Verbi, in un contesto orante, cfr. Phil 1, 28: tou' patro;" tou'
lovgou (nota 152).
378 Parte seconda, Capitolo settimo
dove possibile intendere sia Dio Padre, sia pi verosimilmente il Fi-
glio1142. Tale ambivalenza non pu non introdurre di per s un elemento
di differenziazione rispetto alla prospettiva disegnata nel Trattato, che in-
dividuava con precisione nel Padre il destinatario della proseuchv, intesa
come la preghiera spirituale per eccellenza. Ma, considerando anche il
nuovo esempio di preghiere formulate dai fedeli nella XIV Omelia su Ge-
remia (dopo quello addotto in Orat XV) e indirizzate a Dio onnipo-
tente, si dovrebbe pensare che almeno in casi come questi il modello del
Trattato costituisca ancora il riferimento principale1143. A confermare la

1142 A titolo di esempio, si veda HGn III, 1 (39, 18-19): prout Dominus dederit;
HGn IV, 6 (supra, nota 1123); HGn VII , 1 (70, 12): deprecemur Dominum; HEx III, 2
(164, 23-24): Et ideo orandum nobis est, ut dignetur Dominus aperire os nostrum; HLc
XXXVIII, 5 (216, 8): Quapropter rogemus Dominum. Linterscambiabilit fra Deus e
Dominus particolarmente avvertibile in HNm XXIV, 3 (231, 2-4.20-21): Haec sunt qui-
dem, quae scripta sunt; sed orandus est nobis Deus, ut intellectum dare dignetur se di-
gnum, quo haec, ut decet de Dei verbis intelligi, possimus advertere. [...] De quibus quam-
vis applicare difficile sit, tamen quae Domino largiente occurrere potuerint, inferemus.
Anche per Grappone 2007, Origene allinizio delle spiegazioni sembra rivolgersi spon-
taneamente al Figlio/Logos per ottenere la capacit di interpretare adeguatamente (spiri-
tualmente) la Scrittura che ha davanti, il che daltra parte corrisponde alle dossologie cri-
stologiche che caratterizzano costantemente il finale delle omelie [...] questo poteva far
problema a Rufino e anche a Girolamo preoccupati evidentemente di non dar spazio ad
accuse di subordinazionismo (p. 102). Ma lA. non ricorda che in Orat il destinatario
indicato nel Padre e semmai indirizzarsi al Figlio nella preghiera potrebbe proprio rispon-
dere allaccusa di subordinazionismo, ponendo di fatto il Figlio sullo stesso piano. In segui-
to, per, osserva che nelle traduzioni rufiniane [...] difficile trovare invocazioni rivolte
inequivocabilmente al Figlio nel contesto dellinizio dellomelia (ibidem). Ci dipende-
rebbe da una voluta ambiguit del traduttore. Invece, il valore di Dominus [...] recupera
pienamente il senso cristologico nei casi in cui associato alla citazione paolina di 2Cor
3, 13-18, il suo uso perci in questi casi dovrebbe corrispondere al testo originale (p. 105).
Sullequivalenza Signore (Kuvrio") = Padre, si veda ad esempio CC I, 46 (96, 21-25):
Kai; nu'n kuvrio" ajpevsteilev me kai; to; pneu'ma aujtou' (Is 48, 16) ejn w|/ ajmfibovlou o[nto"
tou' rJhtou', povteron oJ path;r kai; to; a{gion pneu'ma ajpevsteilan to;n Ihsou'n, h] oJ path;r
ajpevsteile tovn te Cristo;n kai; to; a{gion pneu'ma, to; deuvterovn ejstin ajlhqev".
1143 HIer XIV, 14 (119, 11-13): pollavki" ejn tai'" eujcai'" levgomen: qee; pantokrav-
tor, th;n merivda hJmw'n meta; tw'n profhtw'n dov", th;n merivda hJmw'n meta; tw'n ajpostovlwn
tou' Cristou' sou dov". Per il testo di Orat XV , 1, cfr. supra, nota 404. In CC VII, 10 (161,
21-22) lappellativo pantokravtwr attribuito al Padre, in distinzione dal Figlio e dallo
Spirito; cfr. anche FrIo 46. Lequivalente latino omnipotens, per molte preghiere formu-
late, attestato sia da Rufino sia, pi frequentemente, da Gerolamo. Cfr. da un lato HGn
II , 6 (38, 27-28): Omnipotentis tamen Dei misericordiam deprecemur; HIos XV, 7 (393,
17-19): Tunc tibi dabitur requies, ut requiescas sub vite tua, qui est Christus Iesus, et sub
ficu tua, qui est Spiritus sanctus, ut ita gratias referas Deo patri omnipotenti in ipso Chri-
sto Iesu Domino nostro; HIos XVII, 3 (405, 19-20): Sed potius oremus Dei omnipotentis
misericordiam; dallaltro, HEz III, 8 (357, 29-30): Ne auferas nos, Deus omnipotens, de
medio populi tui, verum conserva nos in populo tuo; HEz IV , 1 (363, 7-10): Ne conte-
ras, omnipotens Deus, firmamentum panis ab ista terra, id est anima nostra, quin potius
largire nobis semen tuum, ut faciat in nobis fructum centuplum (cfr. Mc 4, 20 par.); HEz
Come incenso al tuo cospetto 379
diversit con Orat forse si potrebbero addurre anche le conclusioni in
forma orante che per lo pi terminano con una dossologia a contenuto
cristologico, non fosse per labituale implicazione cristologica del motivo
della dovxa in Origene1144. Del resto, passando adesso a considerare lesau-
dimento prefigurato nelle suppliche, lindividuazione del Dominus nel Fi-
glio sembra suggerita dalla stessa dinamica dellintelligenza spirituale
che la preghiera di predicatore e fedeli domanda si attui. Infatti, il suo pro-
tagonista principale il Verbo e, molto in subordine, lo Spirito. Se leci-
to presumere come peraltro detto esplicitamente in alcuni testi che
il dono del Verbo venga al predicatore e ai fedeli dal Padre, lomileta si
sofferma specialmente sul ruolo del Logos in quanto protagonista dello
svelamento dei misteri racchiusi nella Scrittura. lui, in sostanza come
Origene dichiara in pi di unoccasione , il vero interprete della Parola
divina: il contenuto del testo sacro rimanda dunque al suo soggetto ed
attore principale, mentre il predicatore appare solo come il supporto alla
sua voce1145.
Molte sollecitazioni al concorso orante della comunit illustrano que-
sto protagonismo del Logos divino. Nella III Omelia su Genesi lAlessan-
drino si augura che la preghiera dei fedeli attiri la venuta del Verbo del
Dio vivente, in modo che sia lui stesso ad aprire la bocca del predicatore
ed a condurlo nella comprensione della verit1146. Anche in apertura della

VI, 10 (388, 19-20): Omnipotens Deus, et nobis tribue ut digni efficiamur corona glorifi-
cationis super caput nostrum; HEz XIV , 4 (454, 6-8): glorificantes Deum omnipotenten
per Christum Iesum; HLc III, 4 (22, 14-16): fruamurque conspectu omnipotentis Dei in
Christo Iesu et Spiritu sancto; HLc XII , 6 (76, 18-19): Benedicamus omnipotenti Deo
opere, cogitatione, sermone, in Christo Iesu; HLc XIII, 6 (81, 10-15): Quod cum ita sit,
petamus omnipotentem Deum, ut angeli et homines ecclesiarum episcopi adiumento sint
nobis, et sciamus, quoniam utrique pro nobis a Domino iudicentur; HLc XIV, 10 (91, 25-
27): sed, ut dispensatio eius nova omnia, ita novas quoque haberet hostias, secundum vo-
luntatem omnipotentis Dei in Christo Iesu; HLc XV, 5 (94, 25-26): oremus omnipoten-
tem Deum. Si veda anche HIud II, 2 (473, 16-18) con la duplice resa di pantokravtwr:
Omnipotens dominator Deus, praesta ne unquam accidat nobis, ut Iesus Christus postea-
quam surrexit a mortuis, rursum moriatur in nobis.
1144 Cfr. Pazzini, 200 con riferimento alla trattazione in CIo XXXII: La gloria
compimento, nel Figlio, delleconomia che discende da Dio; espressione, nellimma-
gine, del modello; appartenenza al Padre dellopera stessa del Figlio. Si veda anche
linterpretazione di Gv 17, 5 infra, pp. 479-481.
1145 HIos XXVI, 2 (458, 24-459, 3): Nunc ergo videamus, quae sunt machaerae
petrinae, quibus circumcidit Iesus filios Istrahel (Gs 5, 3). Si oretis pro nobis, ut sermo no-
ster vivens sit et efficax et acutior super omnem machaeram (Eb 4, 12), praestabit et nobis
Dominus Iesus, et verbum Dei, quod loquimur ad vos, circumcidat omnem immunditiam,
resecet impuritates, abscindat vitia de auditoribus et amputet omne, quo vis mentis et effi-
cacia naturalis obtegitur.
1146 HGn III, 5 (44, 15-18): Si me vestris precibus iuveritis, ut adesse dignetur
verbum Dei vivi in apertione oris nostri, poterimus ipso duce per arctum hoc quaestionis
iter ad latitudinem veritatis exire.
380 Parte seconda, Capitolo settimo
I Omelia su Esodo il predicatore sollecita laiuto orante delluditorio af-
finch il Verbo di Dio si renda presente in lui e faccia da guida al suo ser-
mone1147. In un passo della XXVI Omelia su Numeri, che rinnova la richie-
sta delleliminazione del velo che copre lAntico Testamento per poter
penetrare dentro i misteri di Dio, il predicatore supplica direttamente il
Verbo dintrodurlo alla conoscenza del mistero, prima dinvitare i fedeli
ad assisterlo con la preghiera onde intendere attraverso lui la stessa voce
del Logos 1148. Lattesa per la venuta del Logos nellassemblea riunita in
ascolto e meditazione della Parola trova forse lespressione pi vivida
nella XIX Omelia su Geremia. Il testo tanto pi prezioso e illuminante,
data la scarsit di sermoni conservati nella lingua originale. LAlessan-
drino prega qui a due riprese perch Ges stesso venga e ammaestri la
comunit sui contenuti delle Scritture: se linvito alla preghiera include a
un tempo il predicatore e la comunit, luno e laltra sono investiti ugual-
mente dal processo di ammaestramento e illuminazione interiore che Ges
in persona conduce e che li trasforma tutti in suoi discepoli1149. Tornando
a riflettere nella stessa omelia sulla necessit dellaiuto divino, Origene
auspica questo intervento come la manifestazione della potenza di Ges,
in quanto Sapienza, Logos e Verit capace di fare luce sul volto dellani-
ma1150. Questa invocazione diretta a Ges perch illumini il significato
spirituale confermata, nella tradizione delle omelie latine, anche dalla

1147 HEx I, 1 (146, 8-10): si tamen precibus vestris iuvetis, ut adsit nobis sermo
Dei et ipse dux nostri dignetur esse sermonis.
1148 HNm XXVI, 3 (248, 26249, 1.10-19): Oremus ergo Dominum, ut auferatur
velamen a cordibus nostris de lectione veteris testamenti (2Cor 3, 15), ut ea, quae ab-
scondita sunt et occulta in Moysei litteris, videre possimus secundum prophetae commo-
nitionem dicentis: et nisi audieritis occulte, plorabit anima vestra (Ger 13, 17). [...] Nos
autem oremus ex corde Verbum Dei, qui est unigenitus eius et qui revelat Patrem quibus
vult (cfr. Gv 1, 18), ut et nobis haec revelare dignetur; sunt enim in his repromissionum
mysteria, quae repromisit diligentibus se, ut sciamus et nos, quae a Deo donata sunt no-
bis (cfr. 1Cor 2, 9. 12). Sed et vos iuvate nos in orationibus et diligenter intendite non tam
nobis dicentibus quam Domino illuminanti eos, quos illuminatione sua dignos invenerit.
Quorum contemplatione etiam nobis dare dignetur verbum in adapertione oris nostri (cfr.
Ef 6, 19). Sed age iam, si corda erexistis ad Dominum et verbi eius sancti illustrationem
petistis, ad perscrutandum sensum eorum, quae videntur, veniamus.
1149 Il primo invito a pregare si trova a conclusione del prologo, in HIer XIX, 10
(165, 11-14): tau'tav moi ejn prooimivw/ ei[rhtai, diegeivronti kai; ejgeivronti kai; ejmauto;n
kai; tou;" ajkouvonta" ejpi; to; prosevcein toi'" ajnagnwsqei'sin, i{n aijthvswmen ejlqei'n Ih-
sou'n kai; ejpifanh'nai hJmi'n kai; didavskein ta; nu'n hJma'" ta; ejntau'qa gegrammevna. Il secon-
do, in HIer XIX, 15 (173, 5-7), introduce la nuova pericope commentata: prosevconte" th/'
levxei pavlin aijthvswmen h{kein to;n Ihsou'n, kai; ejpifanevsterovn ge kai; lamprovteron
h{kein aujto;n parakalw'men, i{na ejlqw;n didavxh/ pavnta" hJma'".
1150 HIer XIX, 11 (167, 1-5): oJmologw' kat ejmauto;n mh; duvnasqai aujta; dihghvsa-
qai, ajlla; dei'sqai, wJ" proei'pon, ejpifaneiva" th'" dunavmew" Ihsou', kaq o} sofiva ejstiv,
kaq o} lovgo", kaq o} alhvqeia, i{na hJ ejpifavneia aujtou' poihvsh/ fw'" ejpi; tou' proswvpou th'"
yuch'" mou.
Come incenso al tuo cospetto 381
preghiera introduttiva della V Omelia su Isaia. Essa segue immediatamente
una prima richiesta del predicatore al Re altissimo per poter riprendere
il filo del discorso e chiarire almeno alcuni punti del libro profetico:
E dunque, per potere anche noi avere la visione che ebbe Isaia, invochiamo
Ges, che ha donato gli occhi a chi non vedeva: poich anche ora egli pu venire
e far s che contempliamo a occhi disvelati quello che stato proclamato nella
lettura del mistero. Promettiamo a lui che non faremo pi del corpo di Cristo il
corpo di una meretrice (1Cor 6, 13), che non compiremo opere degne di com-
pianto: ognuno di noi dica con il cuore a Dio queste parole, e preghiamo che il
suo avvento si verifichi anche ora, poich, se Ges non viene, non possiamo ve-
dere queste realt1151.
Nella situazione omiletica, grazie al ricorso alla preghiera come
appare da questo brano e come avverte anche la IV Omelia su Salmo 36 ,
si attua dunque unesperienza di trasformazione interiore e di sequela
del Logos vivente nelle Scritture: solo lintervento della grazia pu com-
pensare la fondamentale incapacit del predicatore a far parlare questa
stessa parola divina per il suo uditorio, mentre la venuta diretta del Logos
opera nei fedeli la trasformazione a sua immagine 1152.
Come si accennato, lo Spirito sembrerebbe svolgere un ruolo pi
marginale nelle richieste oranti, a paragone dellassistenza auspicata con
lintima presenza del Logos, bench linizio della I Omelia su Levitico
lassoci al Verbo come secondo destinatario della preghiera1153. Ma per

1151 HIs V, 2 (264, 5-12): Verum ut et nos videamus visionem, quam vidit Isaias,
vocemus Iesum, qui non videntibus largitus est oculos. Potest enim etiam nunc venire et
facere, ut ea, quae in lectione sacramenti dicta sunt, apertis oculis intueamur; repromitta-
mus ei iam nos ultra non facere corpus Christi corpus meretricis (1Cor 6, 13), non facere
opera digna luctu. Unusquisque nostrum haec corde loquatur ad Deum et precemur, ut
adventus eius etiam nunc fiat; si enim non advenit Iesus ista videre non possumus. Si
veda anche il seguito, dove Origene conclude la sua straordinaria confessione orante
con le parole (265, 5-14): Praeparo et me et audientes ad maiora mysteria, si tamen ve-
niat, si descendat ad nos sermo Dei; timeo enim, ne me fugiat, ne benedictionem quoque
meam dedignetur [...] orate Deum omnipotentem, ut veniat ad nos sermo eius (tr. Da-
nieli, 111-112).
1152 H36Ps IV, 3 (198, 146-156): Verbi gratia, si orationibus vestris mererer esse
iustus et accipere a Domino gratiam in verbo sapientiae et in verbo scientiae, ita ut pos-
sem secundum gratiam quam ipse a Domino meruissem, vobis quoque ministrare verbum
Dei et serere illud in animabus vestris: tum deinde ingressus sermo Dei animas vestras et
haerens in corde vestro formaret mentes vestras secundum speciem verbi ipsius, id est ut
hoc velletis et hoc ageretis quod verbum Dei vult, et per hoc ipse Christus formaretur in
vobis: tunc vere efficeremini semen iusti.
1153 HLv I, 1 (281, 18-23): Ipse igitur nobis Dominus, ipse sanctus Spiritus depre-
candus est, ut omnem nebulam omnemque caliginem, quae peccatorum sordibus concreta
visum nostri cordis obscurat, auferre dignetur, ut possimus legis eius intelligentiam spiri-
talem et mirabilem contueri, secundum eum qui dixit: Revela oculos meos, et considerabo
mirabilia de lege tua (Sal 118[119], 18). Sullintervento auspicato dello Spirito, si veda
HGn IX , 1 (86, 25-27): Sed si, orantibus vobis, Dominus dignetur Spiritus sui sancti au-
382 Parte seconda, Capitolo settimo
lAlessandrino scontato che linterpretazione spirituale delle Scritture
rinvii allazione dello Spirito di cui esse sono lespressione, mentre lo
Spirito a sua volta da vedersi sempre correlato al Logos1154. Spiegare le
Scritture come dichiara la XIII Omelia su Levitico significa intendere
quale sia la volont dello Spirito santo1155. Solo con lausilio dello
Spirito, secondo lVIII Omelia su Giosu, possibile far comprendere agli
ascoltatori il nutrimento spirituale racchiuso in esse1156. Per tale motivo
Origene, nella II Omelia su Ezechiele dopo aver auspicato che i fedeli
ricevano la grazia dello Spirito onde poter esercitare un discernimento
spirituale sugli stessi discorsi del predicatore afferma che se egli giunge
a scoprire il senso di Cristo (1Cor 2, 16) in Mos e nei profeti, allora
non parla dal proprio cuore, bens dallo Spirito santo1157. Anche nella
XXXVIII Omelia su Luca Origene si appella a ci che lo Spirito gli rivela
e affida, ma egli teme di svilirlo, qualora gli avvenga di insegnare senza
ricavare frutti1158. In particolare, solo grazie allaiuto dello Spirito che la
predicazione giunge ad esercitare un effetto psicagogico nei confronti
delluditorio. Non fuori luogo richiamare a questo proposito le riflessio-

ram nobis prosperam dare, secundo verbi cursu portum salutis intrabimus; HLv IX , 1
(418, 1-5): Sed videamus primo quid sibi velit litterae ipsius continentia, ut orantibus
vobis si tamen ita Domino supplicetis, ut exaudiri mereamini possimus accipere gra-
tiam Spiritus, per quam explanare valeamus mysteria, quae continentur in lege.
1154 A riprova di una dinamica pi apertamente trinitaria si pu rinviare a HIos VIII,
1-2, dove dopo aver richiamato la necessit della grazia dello Spirito per linterpretazione
(nota 1156), si invoca Dio, Padre del Verbo (nota 1141).
1155 HLv XIII, 1 (468, 4-7): Intendamus ergo animum diligentius his, quae scripta
sunt, et ad haec dinoscenda concedi nobis gratiam Domini deprecemur, ut in his quae le-
gimus litteris, quae sit voluntas sancti Spiritus, agnoscamus.
1156 HIos VIII, 1 (336, 4-10): Deprecamur vos, o auditores sacrorum voluminum,
non cum taedio vel fastidio ea, quae leguntur, audire pro eo, quod minus delectabilis vide-
tur esse narratio. Scire etenim debetis digna quidem esse sancti Spiritus eloquio, quae le-
guntur, sed ad explananda ea indigemus gratia Spiritus sancti illa, quam dicit Apostolus:
alii autem per spiritum datur sermo sapientiae, alii sermo scientiae secundum eundem
spiritum (1Cor 12, 8).
1157 HEz II, 2 (342, 22-343, 7): Cum autem et super me venerit, qui dicor ecclesia-
sticus, qui accipio librum sanctum et nitor eum interpretari, hoc quod de haereticis intel-
ligi potest, quaeso audientes ut diligenter attendant, et accipiant gratiam Spiritus, de quo
dictum est: Discretiones spirituum (1Cor 12, 10), ut probati trapezitae facti diligenter ob-
servent quando falsus magister sim, quando vero praedicem quae sunt pietatis ac veritatis.
Si itaque invenio in Moyse et in prophetis sensum Christi, non de corde proprio, sed de
sancto Spiritu loquor; si autem nihil congruum inveniens, mihimet ipse confingo, quae lo-
quar, fluctuans in sermonibus qui sunt alieni a Deo, de mei potius corde quam de Dei sen-
sibus loquor.
1158 HLc XXXVIII, 5-6 (216, 1-7): Si enim ea, quae mihi a sancto Spiritu revelata
sunt et credita, ut in vulgus efferrem, pretio vendidero et absque mercede non docuero,
quid aliud facio, nisi columbas, id est Spiritum sanctum vendo? [ll. 1-4: Ea;n ga;r ta; ejx
aJgivou pneuvmato" lelalhmevna moi misqou' pipravskw, tiv a[llo poiw' h] to; pneu'ma to;
a{gion misqou' pipravskw].
Come incenso al tuo cospetto 383
ni contenute nel Commento a Romani, che considerano lefficacia della
predicazione come determinata dal fuoco dello Spirito:
pu accadere anche a te che, se proclami la parola di Dio e lo fai con fedelt e
coscienza pura, e non sei rimproverato tu stesso dalle tue parole come uno che
insegni in un modo e agisca in un altro pu accadere dunque che, mentre tu
parli, il fuoco dello Spirito santo infiammi i cuori degli ascoltatori e subito si
riscaldino ed ardano per realizzare tutte le cose che tu insegni1159.

Questa azione psicagogica, essenzialmente originata e sorretta dal-


lintervento della grazia, pu conferire alle parole del predicatore, secondo
la I Omelia su Salmo 37, lefficacia di dardi che trafiggono il cuore degli
astanti. Essi inducono cos alla confessione della colpa e alla preghiera
coloro che si sono resi colpevoli di peccati1160.
Le manifestazioni oranti che inquadrano e accompagnano lattivit
del predicatore sollecitano lesito auspicato della comprensione e del per-
fezionamento spirituale, a livello personale e comunitario, ma Origene sa
bene quanto ci possa restare semplicemente una prospettiva ideale. Le
confessioni dellomileta che a volte colpiscono il lettore per la loro
intima sincerit ed intensit di sentimenti ci fanno capire che la mta in-
dicata dalle preghiere per la venuta del Logos spesso ben lungi dalles-
sere raggiunta. Talora lAlessandrino sente il bisogno di sottolineare aper-
tamente la propria inadeguatezza, come fa nella IV Omelia su Levitico,
dove vorrebbe poter dire di aver toccato le carni sante del Verbo di Dio
ed essere stato santificato da lui cos da ammaestrare efficacemente la
comunit1161. In altri casi si riconosce lui stesso come un uditore, impe-
gnato ad imparare e bisognoso, al pari dei fedeli, dellopera di correzione

1159 CRm VI, 13 (tr. Cocchini I , 357). Cfr. anche CRm IX, 2: Ci si accorge invece
che spesso uomini di non grande eloquenza e che non si curano di come comporre il di-
scorso, convertono molti infedeli alla fede con parole semplici e senza arte, inclinano i
superbi allumilt, imprimono nei peccatori lo stimolo della conversione. E questo eviden-
temente il segno, come afferma qui lapostolo, del parlare per mezzo della grazia che
stata loro data (tr. Cocchini II, 97-98).
1160 H37Ps I, 2 (262, 29-264, 33): hi, si his auditis quae loquimur, recte et fideliter
audiant et compungatur cor eorum ex iaculis verborum nostrorum et transfixi talibus iaculis
doleant et conversi ad paenitentiam dicant: Domine ne in furore tuo... (Sal 37[38], 2-3).
1161 HLv IV, 8 (328, 3-9): Et nos si haberemus talem intellectum, ut possemus sin-
gula, quae scribuntur in lege, spiritali interpretatione discernere et obtectum uniuscuiu-
sque sermonis sacramentum in lucem scientiae subtilioris educere; si ita docere possemus
ecclesiam, ut nihil ex his, quae lecta sunt, remaneret ambiguum, nihil relinqueretur ob-
scurum, fortassis et de nobis dici poterat quia tetigimus carnes sanctas Verbi Dei et sancti-
ficati sumus. Il sentimento dellinadeguatezza personale trova espressione anche in HLv
III, 8 (313, 28314, 2): Sentio quod in explanando vires nostras mysteriorum superat ma-
gnitudo. Sed quamvis non valeamus cuncta disserere, tamen sentimus cuncta repleta esse
mysteriis. Et ideo studiosis quibusque indicia posuisse sufficiat, quibus excitati ad altiora
horum et profundiora perveniant et intelligant.
384 Parte seconda, Capitolo settimo
e purificazione della Parola divina1162. Oppure, se da un lato professa lef-
ficacia spirituale delle letture come tali, al limite senza risolversi a pre-
gare perch Dio intervenga con la sua grazia per intenderne pi profon-
damente il senso1163, dallaltro pu spingersi ad affermare che una piena
comprensione e spiegazione della Scrittura non di questo mondo1164. Ci
sono per anche occasioni in cui il predicatore, facendosi interprete della
duplice funzione di correzione e ammaestramento insita nel suo compito,
non lesina critiche alluditorio, invitando i fedeli a dedicarsi seriamente
alla preghiera ed allascolto della Parola1165. Allesigente omileta non pu
certo bastare che i cristiani di Cesarea interrompano solo una o due ore al
giorno le loro attivit consuete per pregare e ascoltare la Parola di Dio
come en passant1166. Avvertendo egli stesso lasprezza che certe sue di-
chiarazioni potevano assumere alle orecchie dei fedeli, in un sermone te-
nuto a Gerusalemme, alla presenza del vescovo Alessandro omaggiato
come uomo dalla parola dolce , Origene confida nella preghiera della
comunit perch lamarezza della sua predicazione si trasformi in
medicina di salvezza 1167.
A imitazione di quanto facevano Mos e Aronne con il popolo dIsrae-
le, Origene raccomanda specialmente ai sacerdoti della chiesa la preghie-

1162 Cfr. supra, note 742-743 (HNm III, 1; HIos VII, 3).
1163 HIos XX, 2 (420, 7-12): Sed fortasse dicit aliquis auditorum: haec nobis id-
circo dicis, ut te ab officio disputationis excuses et in his finias neque quicquam prorsus
vel ex his, quibus possibile est, consolationis exhibeas neque ut Dominum depreceris prae-
stare gratiam suam ad revelanda ea, quae lecta sunt, ut parvum saltem cibum ex occulto-
rum et secretorum explanatione sumamus.
1164 HIos XXIII, 4 (446, 19-26): scitote ineffabilia per haec mysteria contineri et
maiora quam potest vel humanus sermo proferre vel auditus mortalis audire; quae, ut ego
arbitror, digne et integre explanari non solum a me minimo non possunt, sed nec ab his
quidem, qui me multo meliores sunt. Nescio autem, si vel ab ipsis sanctis Apostolis plene
et integre proferuntur; non dixi quod non plene sciantur, sed non plene proferantur. Cer-
tum est enim cognita esse haec et integre apprehensa illi, qui raptus est usque ad tertium
caelum (2Cor 12, 2).
1165 HIos I, 7 (295, 9-19): Vos vero quid facietis, qui non solum nocte dormitis, sed
et tota die aut occupationibus saeculi aut carnis deliciis deservitis et vix raro ad ecclesiam
diebus sollemnibus convenitis? Aliqui autem ex vobis etiam venientes non veniunt, quia
venientes non verbo Dei, sed fabulis vacant. [...] Sed vel ex hoc poenitudinem agite et
convertimini ad Dominum ex toto corde vestro, vacate orationibus, vacate verbo Dei.
Sugli interventi pastorali di Origene verso luditorio di Cesarea si veda Monaci Casta-
gno, 81 ss.
1166 HNm II, 1 (9, 28-31): Sed et unusquisque nostrum si de cibo et potu sollicitus
sit et omnem curam in rebus saecularibus gerat, unam vero aut duas horas ex integro die
etiam Deo deputet et ad orationem veniat in ecclesiam vel in transitu verbum Dei audiat.
1167 HReL I, 1 (3, 16-19): scio vos consuevisse lenissimi patris dulces semper audi-
re sermones, nostrae vero plantationis arbuscula habet aliquid austeritatis in gustu, quod
tamen orantibus vobis fiet medicamentum salutis. Sulla predicazione gerosolimitana si
veda da ultimo Buchinger 2007.
Come incenso al tuo cospetto 385
ra, accanto allo studio della Scrittura, come loro incombenza primaria.
Essi sono chiamati a svolgere questo compito, seguendo lesempio di Ges
sommo sacerdote e intercessore a beneficio dei fedeli, affinch non siano
vinti dai nemici e cadano vittima del peccato1168. Anche se si danno scac-
chi e lentezze sul cammino spirituale, come vediamo dalle orazioni con-
clusive e soprattutto dalle suppliche formulate in prima persona da Ori-
gene, la predicazione propiziata e sostenuta dalla preghiera sfocia ancora
in essa, in vista di proseguire nellitinerario di perfezione. Del resto, quan-
do gli sforzi per pervenire allintelligenza spirituale delle Scritture non
sembrano dare risultati, non resta altra via che insistere nellinvocazione
a Dio perch ci faccia dono di essa1169.

3.3.3. Linguaggio e immagini della preghiera: i modelli di oranti

Non solo per effetto della loro cornice orante che le omelie di Ori-
gene contribuiscono ad arricchire il linguaggio e le immagini della pre-
ghiera, laddove queste ultime si concretizzano in particolar modo nelle
figure esemplari di oranti. Tale arricchimento indotto in primo luogo
dallabbondanza dei riferimenti scritturistici, i quali suggeriscono al pre-
dicatore questo o quello spunto attinente il nostro tema. Senza passare
adesso in rassegna gli obiter dicta, che conviene piuttosto considerare
esaminando nel prossimo capitolo le coordinate bibliche del discorso
origeniano sulla preghiera, cerchiamo di tracciare brevemente un quadro
riassuntivo degli apporti delle omelie a proposito della lingua e delle im-
magini. Anche in questo caso terremo presente, come termine principale
di confronto, la prospettiva disegnata nel trattato.
Linsieme del corpus omiletico che ci giunto in traduzione latina
non pu ovviamente essere di grande aiuto per verificare in quale misura
lAlessandrino abbia continuato ad ispirarsi alla terminologia proposta da
Orat. Com noto, essa ha il suo punto di forza nel primato della proseu-
chv, sebbene gi nello stesso trattato la riflessione terminologica sia in parte

1168 HLv VI, 6 (370, 2-4): Oret ergo et sacerdos ecclesiae indesinenter, ut vincat
populus, qui sub ipso est, hostes invincibiles Amalechitas, qui sunt daemones, impugnan-
tes eos, qui volunt pie vivere in Christo (cfr. 2Tm 3, 12); HLv VII, 1 (371, 8-12): Vult
ergo sermo divinus sobrios in omnibus esse Domini sacerdotes, utpote qui accedentes ad
altare Dei orare pro populo (Lv 9, 7) debeant et pro alienis intervenire delictis, qui portio-
nem in terra non habeant, sed ipse Dominus portio eorum (cfr. Nm 18, 20) sit. Sulla
funzione dei sacerdoti come intercessori si veda anche HNm V, 3; HNm X, 3.
1169 HGn XI, 3 (105, 20-24): Vel certe etiam si non potuero omnia intellegere, assi-
deo tamen Scripturis divinis et in lege Dei meditor die ac nocte (Sal 1, 2) et omnino num-
quam desino inquirendo discutiendo tractando, certe, quod maximum est, orando Deum et
ab illo poscendum intellectum, qui docet hominem scientiam, videbor etiam ego habitare
ad puteum visionis.
386 Parte seconda, Capitolo settimo
suscettibile di uninterpretazione meno univoca ed esclusiva. Le omelie
greche tendono ad accentuare il carattere orientativo delle classificazioni
stabilite da Origene nel trattato. Come constatiamo specialmente dalle
Omelie su Geremia, egli adotta di preferenza i termini eujchv e eu[comai,
invece di proseuchv e proseuvcomai. Occasionalmente ricorre anche a
questi ultimi, ma senza che ci comporti un riferimento di natura prescrit-
tiva, nel senso del modello di preghiera spirituale tracciato da Orat. Ci
tanto pi sorprendente, se notiamo che le omelie greche citano spesso
proprio quei luoghi scritturistici normativi addotti in Orat, nei quali si
privilegia luso di proseuchv e proseuvcomai (come 1Tm 2, 8; Sal 108
[109], 7; Sal 140[141], 2; 1Cor 14, 15; Ap 5, 8) 1170. Solo in un caso ritro-
viamo una valorizzazione del termine proseuchv, allorch nella XVIII Ome-
lia su Geremia Origene mette a confronto la preghiera del giusto e quel-
la dellingiusto1171. Se vero poi che il ricorso ad eu[comai talvolta pu
indicare il voto o lauspicio, senza perci rinviare alla preghiera in
senso stretto, ci non toglie che lAlessandrino designi proprio con eujchv
e eu[comai lesperienza orante in quanto tale1172. Egli esorta la comunit a

1170 Cos FrIer 68 (nota 1100) continua a indicare il modo di pregare in 1Tm 2, 8.
Anche HIer V, 9 cita 1Tm 2, 8, mentre HIer XVIII, 10 (164, 23-24) dice della preghiera di
Giuda, in riferimento a Sal 108(109), 7: ejkei'no" kata; to; proseuvcesqai eij" keno;n ejqu-
mivase (cfr. anche Fr 68). HReG V, 9 cita 1Cor 14, 14 (infra, nota 1455). FrIer 68 aggiunge
al dossier Ap 5, 8. Sal 140(141), 2 figura in HIer XVIII, 10 e FrIer 68. Di particolare inte-
resse qui il ricorso di proseuvcomai in HIer V, 9 (38, 34-39, 4), dove Origene rivisita
limmagine del velo che ricopre il volto nel senso dellira che impedisce di pregare
rettamente: Oi|on ojrgh; ejpikeimevnh th/' yuch/' hJmw'n katav tino" ejpivkeitai kavlumma hJmw'n
ejpi; to; provswpon: dia; tou'to eij qevlomen proseucovmenoi eijpei'n: Eshmeiwvqh ejf hJma'" to;
fw'" tou' proswvpou sou, kuvrie (Sal 4, 7), periairw'men to; kavlumma kai; poihvswmen to;
ajpostoliko;n ejkei'no to; Bouvlomai ktl. (1Tm 2, 8).
1171 HIer XVIII, 18 (supra, nota 1191).
1172 Si veda, ad esempio, HIer XVI, 7 (140, 7-8): i[dwmen tiv profhteuvei peri; hJmw'n
h[dh manqanovntwn eu[cesqai, ma'llon de; memaqhkovtwn. HIer XX , 7 (187, 33-188, 3)
evoca la figura di Giuditta in preghiera (tosw'nde hJmerw'n ejxercomevnh eu[cesqai tw/' qew/'
[...] ta;" eujca;" e[xw th'" parembolh'") e HIer XIX, 13 (169, 13-14) quella della comunit
apostolica primitiva (ejscovlazon tai'" eujcai'" kai; tw/' lovgw/ tou' qeou'). A sua volta, FrIer
17 (nota 557) accenna implicitamente al colloquio orante con Dio ricordando la sua vici-
nanza a chi prega, mentre in HIer X, 8 (78, 19-21) la preghiera dei salmi designata con il
termine eujcaiv: ajll hJmei'" parjrJhsivan e[comen, i{na ei[pwmen ejn tai'" eujcai'": Mh; pa-
radw/'" toi'" qhrivoi" yuch;n ejxomologoumevnhn soi (Sal 73[74], 19 ripreso da HEz IV, 7
[368, 11-13]: Procul autem absit a nobis ut bestiae ad nos pro Dei ultione mittantur, quin
potius in oratione dicamus: Ne tradideris bestiis animam confitentem tibi). Se HIer XIV,
14 indica con eujcaiv formule di preghiera in uso tra i fedeli (si veda supra, nota 1143), in
HIer V , 5 (36, 10-11) luso di eu[comai suggerisce unambivalenza di significato tra
pregare e augurarsi o auspicare, anche se il primo pare il pi probabile: eu[cetai
ga;r tou;" ajnaisqhvtou" <tw'n> th'" aijscuvnh" e[rgwn eij" sunaivsqhsin e[rcesqai (infra,
nota 1178; cfr. anche HIer X , 4; XIV , 14). La ritroviamo anche in HIer XX, 6 (186, 6-10)
riguardo allefficacia che il predicatore si augura in vista della conversione: ei[ tiv" ge
iJkanov" ejsti kinh'sai yuch;n ajkroatou' mavlista hJmarthkovto", toiouvtou" eu[cetai lov-
Come incenso al tuo cospetto 387
viverla autenticamente, soprattutto quando invoca Dio per partecipare
alla sorte di profeti e apostoli ma non si rende conto di quanto una simile
richiesta sia ardita e impegnativa1173. Non senza una certa oscillazione
semantica fra auspicio e preghiera egli si serve di eu[comai anche in
prima persona per augurarsi che la propria predicazione dia frutti spiri-
tuali 1174, riuscendo in ci anche dove il testo sacro risulti essere partico-
larmente ostico1175. Daltra parte Origene rinvia alla preghiera dei Salmi o
a singole espressioni del profeta Geremia designandole mediante il ter-
mine eujcaiv, mentre segnala intenzioni precise di preghiera a Dio con il
verbo eu[comai 1176. Infine, sempre in riferimento alluso di questo verbo,
possiamo rintracciare uneco dellaporia discussa nel trattato, ma anche
nel Commento a Genesi, su azione degli astri e preghiera1177.
Nonostante lelasticit terminologica che questi dati tendono a eviden-
ziare, lattenzione manifestata da Origene verso lindividuazione nel testo
di Geremia di passi riconoscibili come preghiere indizio della sua viva
consapevolezza circa il linguaggio e le espressioni della preghiera1178. Ne

gou" e[cein, oi{tine" ajpo; dunavmew" kai; paratavxew" kai; qeiovthto" kai; nohmavtwn ajpag-
gellovmenoi iJerw'n seivsousi th;n yuch;n tou' ajkouvonto" kai; kinhvsousi ejpi; pevnqo" kai;
ejpi; klauqmo;n kai; ejpi; davkrua. Luso di eu[comai nel significato di augurarsi atte-
stato inoltre da FrLam 43 (254, 27-28), su Lam 1, 22: wJ" ei[ ti" eu[xaito trauvmata eij"
o[yin ejlqei'n ijatrou' pro;" to; tucei'n teleiva" ijavsew".
1173 HIer XV , 1 (infra, nota 1184). Cfr. anche HIer V , 17 (47, 7): dia; tw'n eujcw'n
parakavlei to;n qeovn; HIer VI, 2 (49, 20): eujcovmeno" ma'llon ponei'n eij prosavgoito ta;
ejpivpona; HIer VII, 3 (54, 12-13): Nu'n ou\n ejn gh'/ ajllotriva/ ejsmevn, kai; eujcovmeqa to; ejnan-
tivon poih'sai, wJ" ejpoivhsan oiJ uiJoi; Israh;l ejn th'/ gh'/ th'/ aJgiva/. La critica alla leggerezza
con cui i fedeli invocano per s la sorte di profeti e apostoli figura anche in HIer XIV , 14
(nota 1184).
1174 HIer XX, 3 (179, 30-180, 4): Egw; de; eu[comai, a} lambavnw ajpo; tw'n didovntwn
mh; thrh'sai movnon mhde; katoruvxai to; tavlanton tw'n legovntwn moi eij" th;n gh'n (cfr. Mt
25, 18) mhde; th;n mna'n tw'n didaskovntwn ti crhvsimon ajpodh'sai ejn soudarivw/ (cfr. Lc 19,
20), ajlla; pleonasmo;n poih'sai tw'n maqhmavtwn w|n lambavnw ajpo; tou' paradidovnto" kai;
dunamevnou paradou'nai crhvsima. Eu[comai th;n mna'n ei[te eujaggelivou ei[te ajpostovlou
ei[te profhvtou ei[te novmou poih'sai pollaplasivona. Cfr. anche HIer XX , 6 citato alla
nota 1172.
1175 HIer XX, 3 (180, 5-6): kai; skopw'n eu[comai euJrivskein ti eij" to;n tovpon ajlhqev".
1176 Per luso del termine eujcaiv in riferimento ai Salmi, cfr. HIer X, 8 (supra, nota
1172). Quanto ai testi del profeta classificati come eujcaiv, si veda HIer VI, 1 (47, 26-27):
tiv levgei ejn th/' eujch/', to; kuvrie, oiJ ojfqalmoiv sou eij" pivstin (Ger 5, 3). Cfr. inoltre HIer
XIV, 13 (118, 3-5), che segnala come preghiera Ger 15, 15 (Tu lo sai, Signore, ricor-
dati di me e aiutami...): Meta; tau'ta kai; tou;" lovgou" tw'n ajpeilw'n tw'n eijrhmevnwn pro;"
to;n lao;n <oJ> ajnwtevrw eujxavmeno" sumplhroi' th;n eujch;n kai; sunavptei toi'" proeirhmev-
noi" tau'ta: Su; e[gnw", kuvrie, mnhvsqhtiv mou ktl. HIer XVII, 5 (148, 17-18) fa lo stesso
con Ger 17, 14-16: ei\ta pavlin eujchv ejstiv ou{tw" e[cousa: i[asaiv me, kuvrie, kai; ijaqhvso-
mai ktl.
1177 FrIer 49 (cfr. supra, nota 307 e pp. 102-103).
1178 In questo senso HIer VI, 1 (47, 23-28) sottolinea nel profeta la consapevolezza
circa le sue parole di preghiera: Kuvrie fhsi;n oiJ ojfqalmoiv sou eij" pivstin (Ger 5, 3). W"
388 Parte seconda, Capitolo settimo
abbiamo una testimonianza significativa nella I Omelia su Regni, dove
lAlessandrino si chiede se il cantico di Anna (1Sam 2, 1-10), a lode e
ringraziamento di Dio dopo la nascita di Samuele, possa essere designato
come preghiera. Egli nota infatti che se il cantico introdotto con la frase
Anna preg e disse (1Sam 2, 1), nel testo la donna non appare mai in
atto di pregare o di parlare, se non per due sole espressioni: rispettiva-
mente in 1Sam 2, 1e (Mi sono rallegrata nella tua salvezza) e 1Sam 2,
2c (Perch non c [nessuno] eccetto te)1179. Linterrogativo ha la sua
ragion dessere se come il tenore del brano fa supporre Origene leg-
geva nel passo biblico il verbo proshuvxato, che ai suoi occhi non poteva
non conferire al cantico lo statuto di proseuchv. Da qui linterrogativo a
prima vista paradossale che egli si pone, ma la risposta inizialmente ne-
gativa fa capire che gli sta a cuore un altro aspetto. Pi che ragionare nel-
lottica della proseuchv in senso forte cio con una preoccupazione per
i contenuti (i beni spirituali) e per il destinatario (il Padre) , egli sembra
pensare alla preghiera come colloquio con Dio. infatti lassenza del
tu a cui lorante si rivolge al momento di pregare che spinge lAlessan-
drino a classificare un po drasticamente parti del cantico come estranee
di per s al linguaggio della preghiera1180. Tuttavia, lanalisi della forma

ojfqalmoi; kurivou ejpi; dikaivou" (Sal 33[34], 16), ajpo; ga;r ajdivkwn ajpostrevfei aujtouv",
ou{tw" oiJ ojfqalmoi; kurivou eij" pivstin, ajpo; ga;r ajpistiva" ajpostrevfei aujtouv": dio; kalw'"
levlektai uJpo; tou' noou'nto", tiv levgei ejn th'/ eujch'/, to; kuvrie, oiJ ojfqalmoiv sou eij" pivstin.
Anche altrove Origene attento a tali aspetti, come appare da HIer V, 5 (36, 8-12), dove
individua nel passo di un salmo non una maledizione bens una preghiera: Dia; tou'to
ejgw; ouj katavran nomivzw ejn toi'" profhvtai" levgesqai ejn tw'/ aijscunqhvtwsan kai; ejntra-
phvtwsan pavnte" oiJ misou'nte" Siwvn (Sal 128[129], 5): eu[cetai ga;r tou;" ajnaisqhvtou"
<tw'n > th'" aijscuvnh" e[rgwn eij" sunaivsqhsin e[rcesqai, i{na aijscunqevnte" dunhqw'sin
ajnalw'sai tou;" movcqou" kai; ta; aJmarthvmata aujtw'n. Cfr. inoltre FrLam 29 (248, 26):
eujch; para; th'" Ierousalhvm to; i[de, kuvrie, th;n ejmh;n ajtimivan (Lam 1, 11).
1179 HReL I, 9 (14, 20-24): Sed videamus, quali eum prece Anna, id est gratia,
consecrat Deo. Novum quippe aliquid in ipsis principiis observabimus. Ait enim: Et ora-
vit Anna et dixit (1Sam 2, 1a). Et nusquam eam quasi ad Deum orantem invenio vel lo-
quentem, nisi per duo tantum verba, ubi dicit: Laetata sum in salutari tuo (1Sam 2, 1 e),
et aliud: Quia non est praeter te (1Sam 2, 2 c). Il testo si attiene alla recensio del Codex
Alexandrinus in 1Sam 2, 1a: Kai; proseuvxato Anna kai; ei\pen. Ma a 1Sam 2, 2c Origene
doveva leggere: oujk e[stin plh;n sou' invece di oujk e[stin a{gio" plh;n sou' (LXX). Infatti in
HReL I , 11 egli commenta cos: Si dixisset: Non est Deus praeter te, vel: Non est creator
praeter te, aut tale aliquid addidisset, nihil requirendum videbatur; nunc autem, quia dicit:
Non est praeter te, mihi hoc videtur in loco designari: nihil eorum, quae sunt, hoc ipsum,
quod sunt, naturaliter habent; tu solus es, cui, quod es, a nullo datum est.
1180 HReL I, 9 (14, 25-15, 5): Initium autem sic habet: Exsultavit cor meum in
Domino (1Sam 2, 1b ), non dixit: Exsultavit cor meum in te; si enim esset oratio, ita dici
consequens erat: Exsultavit cor meum in te. Et iterum in sequenti versu dicit: Exaltatum est
cornu meum in Deo (1Sam 2, 1c), non dixit: Exaltatum est cornu meum in te, sed in Deo.
Dilatatum est super inimicos meos os meum, laetata sum in salutari tuo (1Sam 2, 1d-e).
Come incenso al tuo cospetto 389
eucologica del cantico non mossa unicamente dallidea dialogica della
preghiera come oJmiliva , espressione del resto non particolarmente caldeg-
giata da Origene, perch egli aggiunge unosservazione su quale dovrebbe
essere lorationis ordo. Infatti, a suo giudizio, il testo del cantico si allon-
tana ulteriormente dal genere della preghiera, intesa adesso come sup-
plica, poich inserisce elementi di natura estranea, ascrivibili piuttosto
alle esortazioni o raccomandazioni di carattere morale1181. evidente
che qui Origene si rif indirettamente al modello della preghiera di doman-
da raccomandato in Orat, sottolineando nel contempo la sua costitutiva
dimensione colloquiale nel rapporto fra lorante e il Tu divino. Lanalisi
del cantico di Anna sub specie orationis si arresta un po bruscamente in
maniera aporetica a 1Sam 2, 3. Dopo aver illustrato la difficolt a classifi-
carlo in senso proprio come preghiera, lAlessandrino ritiene che luni-
co modo per intenderlo alla stregua di unorazione venga dal ricorso alla
prospettiva delloratio continua. Solo dopo aver precisato che la vita del
giusto, intrecciando parole di preghiera e azioni virtuose, da vedersi co-
me una continua preghiera, Origene potr passare allesegesi del brano1182.
Linterpretazione del cantico di Anna in chiave spirituale permetter allora
al fedele di farlo proprio quale preghiera personale, sollecitandolo a
partecipare della medesima condotta di vita 1183.
Unulteriore testimonianza dellinteresse di Origene per il linguaggio
della preghiera nel corpus omiletico sono le critiche che egli rivolge nella
XIV Omelia su Geremia al modo di formulare suppliche da parte dei fedeli.
In questo passo troviamo, in un certo senso, la risposta orante della comu-
nit alle letture dellAntico e del Nuovo Testamento, sia pure in una forma
considerata erronea dallAlessandrino. Infatti i fedeli chiedono a Dio di
essere resi partecipi della sorte dei profeti e degli apostoli, ma senza
che essi siano realmente consapevoli di ci per cui supplicano. In realt,
chi invoca Dio in questo modo, gli domanda di poter condividere anche
lui il destino di persecuzione e sofferenza che ha segnato la vita di profeti
e apostoli. Ma chi pu davvero augurarsi di sperimentare ci? Respingen-
do un atteggiamento che Origene giudica temerario, oltre alle preoccupa-

Unus, ut dixi, sermo continet: Laetata sum in salutari tuo, et in consequentibus non dicit:
Quia non est sanctus nisi tu, sed: Non est, inquit, sanctus nisi Dominus (1Sam 2, 2b ).
1181 HReL I, 9 (15, 5-10): Et Non est praeter te (1Sam 2, 2c); hic sermo videtur
servasse orationis ordinem; in novissimis autem longe a supplicationis specie etiam com-
monitiones quasdam introducit dicens: Nolite multiplicare loqui mala, neque exeat magni-
loquacitas de ore vestro, quia fortis in scientia Dominus (1Sam 2, 3), in quo iam nec vide-
tur ad Dominum loqui.
1182 HReL I, 9 (15, 19-22): Si enim oratio hoc solum intelligatur, quod communiter
scimus, neque Anna in his verbis orasse videbitur neque ullus iustorum secundum apostoli
mandatum sine intermissione orare docebitur. Cfr. anche supra, note 1096-1097.
1183 HReL I, 10 (17, 6-7): Videamus ergo, quid sibi vult ratio ista orationis Annae,
quam si didicerimus, similiter fortassis et nos orare poterimus.
390 Parte seconda, Capitolo settimo
zioni di natura pastorale qui ben percepibili, egli fa valere unistanza cri-
tica nei confronti delle espressioni di preghiera; di conseguenza, invita la
comunit ad articolarle in un linguaggio pi consapevole e controllato1184.
Anche se la retorica orante non pu non trarre ispirazione e alimento
dalle Scritture, come noteremo in seguito anche dalle manifestazioni per-
sonali di preghiera dellAlessandrino, ci deve sempre trovare corrispon-
denza in una condizione spirituale che ne assicuri lautenticit1185.
questo il significato delle immagini pi ricorrenti sulla preghiera,
che permeano di riferimenti biblici la riflessione origeniana. Le abbiamo
gi evocate a pi riprese e torneremo a richiamarle nellesame dei nuclei
scritturistici. Tali immagini convergono in sostanza nellinculcare lidea
che la preghiera il sostituto del sacrificio o meglio la sua piena attua-
zione sul piano delle realt spirituali, rispetto alla prefigurazione simbo-
lica contenuta nel regime dei sacrifici dellantica alleanza. Altare, vitti-
me e soprattutto incenso nei testi vetero- e neotestamentari sono dun-
que intesi come equivalenze simboliche dellesperienza di preghiera.
Cos, nella IX Omelia su Giosu Origene interpreta laltare edificato da
Giosu e i sacrifici offerti su di esso come immagine di quello costruito
dal novello Giosu, cio Ges, con le pietre vive dei fedeli che, sempre
intenti alla preghiera, innalzano a Dio giorno e notte le preghiere e i sa-
crifici delle loro suppliche1186. questo stesso sacrificio di preghiere,
secondo la spiegazione contenuta nella II Omelia su Levitico, che la chiesa
ha offerto fin dal giorno di Pentecoste1187. Lanima del fedele deve dunque
possedere in se stessa un altare su cui offrire quali vittime le proprie

1184 HIer XIV, 14 (119, 9-19): eij qevlomen meta; tw'n profhtw'n e[cein ajnavpausin,
ta; e[rga tw'n profhtw'n zhlwvswmen. o} de; levgw toiou'tovn ejsti: pollavki" ejn tai'" eujcai'"
levgomen: qee; pantokravtor, th;n merivda hJmw'n meta; tw'n profhtw'n dov", th;n merivda hJmw'n
meta; tw'n ajpostovlwn tou' Cristou' sou dov", i{na euJreqw'men kai; met aujtou' tou' Cri-
stou'. tau'ta de; levgonte" oujk aijsqanovmeqa tiv eujcovmeqa: dunavmei ga;r tou'tov famen: do;"
hJma'" paqei'n a} pepovnqasin oiJ profh'tai, do;" kai; hJma'" mishqh'nai wJ" ejmishvqhsan oiJ
profh'tai, lovgou" toiouvtou" do;" ejf oi|" mishqhsovmeqa, do;" tosauvtai" peristavsesi pe-
ripesei'n <o{s>ai" oiJ ajpovstoloi. to; ga;r levgein: dov" moi merivda meta; tw'n profhtw'n, mh;
paqovnta ta; tw'n profhtw'n mhde; paqei'n qevlonta a[dikovn ejsti. Il prologo di HIer XV, 1
(125, 11-17) riprende lo spunto della precedente omelia: OiJ makarivzonte" tou;" profhvta"
kai; tw/' makarivzein aujtou;" eujcovmenoi th;n merivda e[cein meta; tw'n profhtw'n sunagagovn-
twn ajpo; tw'n lovgwn tw'n profhtikw'n ta; ejxaivreta th'" profhteiva" aujtw'n: zhtou'nte" ou\n
peisqei'en <a]n>, a]n kata; ta; aujta; biwvswsin (eij kai; sklhro;n aujtoi'" ajpanthvsetai ejn
tw/' bivw/ touvtw/ mimei'sqai to;n bivon to;n profhtikovn), o{ti teuvxontai th'" ajnapauvsew" kai;
th'" makariovthto" meta; tw'n profhtw'n.
1185 Cfr. un rilievo analogo in CMtS 18 (supra, nota 1072).
1186 HIos IX, 1 (347, 3-6): Unde ego arbitror quod quicumque ex vobis lapidibus
vivis apti sunt in hoc et prompti, ut orationibus vacent, ut die noctuque obsecrationes offe-
rant Deo et supplicationum victimas immolent, ipsi sunt ex quibus Iesus aedificat altare.
1187 HLv II, 2 (291, 26292, 1): In die enim Pentecostes oblato orationum sacrifi-
cio primitias advenientis sancti Spiritus (cfr. At 2, 4) Apostolorum suscepit Ecclesia.
Come incenso al tuo cospetto 391
preghiere, come raccomanda la IX Omelia su Esodo, individuando lo hJge-
monikovn come il luogo in cui esercitare tale sacerdozio (pontificatus)
spirituale1188. A sua volta, lXI Omelia su Numeri intende anchessa come
vera immolazione spirituale lofferta di lode a Dio e i sacrifici delle pre-
ghiere1189. Quanto allassociazione simbolica fra incenso e preghie-
ra1190, Origene la sfrutta soprattutto nella XVIII Omelia su Geremia. Rial-
lacciandosi a un precedente commento su Sal 140(141), 2, egli contrappone
alla preghiera del peccatore che offre incenso inutilmente la preghie-
ra del giusto: essa sinnalza leggera da un cuore che non ispessito e
appesantito dal peccato1191. Il passo frammentario non permette di svisce-
rare meglio il contrasto istituito qui alla luce dellimmagine dellincen-
so fra il peccatore e il giusto in atto di pregare, ma come sembrerebbe
suggerire anche luso del verbo ispessire (pacuvnw) in Orat XXIX, 15
a Origene preme mostrare lantitesi con lorazione nello spirito in chi a
causa del peccato tende, per cos dire, a coagulare anima e spirito
nellelemento inferiore della carne1192. Allimmagine dellincenso,
non di rado sviluppando tale significato per antitesi con il cattivo odore
della preghiera del peccatore, lAlessandrino associa il buon odore o

1188 HEx IX, 4 (241, 15-22): Habeat adhuc in se anima ista, quae non dederit som-
num oculis suis nec palpebris suis dormitationem nec requiem temporibus suis, donec in-
veniat locum Domini, tabernaculum Deo Iacob; habeat inquam in se defixum et altare,
in quo orationum hostias et misericordiae victimas offerat Deo, in quo continentiae cultro
superbiam quasi taurum immolet, iracundiam quasi arietem iugulet, luxuriam omnemque
libidinem tamquam hircos et haedos litet (circa il pontificatus dello hJgemonikovn incul-
cato da questa stessa omelia, cfr. supra, nota 577). Sui due altari della preghiera, inte-
riore ed esteriore, in HNm X, 3 si veda supra, nota 1092.
1189 HNm XI , 9 (92, 24-26): Immolatio spiritalis est illa, quam legimus: immola
Deo sacrificium laudis, et redde Altissimo vota tua (Sal 49[50], 14). Laudare ergo Deum
et vota orationis offerre immolare est Deo. In HLv V, 7 il sacrificio di lode la con-
dotta retta che ridonda a lode di Dio.
1190 Cfr. ad esempio HEz VII, 3 (infra, nota 1371); HEz XI , 5 (431, 27432, 1):
Venit ad istum Libanum, hoc est ecclesiam, ubi hostiae Dei, ubi incensum orationum
(cfr. Sal 140[141], 2) eius celebratur.
1191 HIer XVIII, 10 (164, 14-22): ta; prwvhn eijrhmevna eij" to;n <eJkatosto;n tessa-
rakosto;n> Yalmo;n eja;n ajnalavbwmen, nohvsomen tiv ejsti to; eij" keno;n ejqumivasan. h\n de;
ejn tw/' Yalmw/' toiou'tovn ti eijrhmevnon: genhqhvtw hJ proseuchv mou wJ" qumivama ejnwvpiovn
sou (Sal 140[141], 2). oujkou'n hJ proseuchv mou suvnqeto" [...] lepth'" kardiva", o{te mh;
pacuvnetai hJ kardiva hJmw'n, ajnapempomevnh givnetai wJ" qumivama ejnwvpion tou' qeou'. eij
ou\n hJ tou' dikaivou proseuch; qumivamav ejstin ejnwvpion tou' qeou', hJ tou' ajdivkou proseuch;
qumivama mevn, toiou'ton de; qumivama w{st a]n lecqh'nai peri; aujtou' kai; tou' eujcomevnou
ajdivkou: eij" keno;n ejqumivasan (Ger 18, 15).
1192 Cfr. Orat XXIX, 15 (390, 10-12): uJpo; th'" sarko;" pacuvnontai, oiJonei; oujkevti
e[conte" tovte yuch;n oujde; nou'n ajll o{loi ginovmenoi savrke". Si veda anche FrPr 26 (PG
17, 240A): ta;" pacunqeivsa" yuca;" ajpo; th'" kakiva", savrka" ajfrovnwn wjnovmasen: ou{tw
kai; oJ Kuvriov" fhsin: Ouj mh; katameivnh/ to; pneu'mav mou ejn toi'" ajnqrwvpoi", dia; to; ei\nai
aujtou;" savrka" (Gn 6, 3).
392 Parte seconda, Capitolo settimo
profumo di una preghiera che si innalza da un cuore puro e una co-
scienza buona, come vediamo ancora nella XIII Omelia su Levitico1193.
Grazie a tali immagini il corpus omiletico amplia indubbiamente la
prospettiva pi sobria offerta da Origene nel trattato, mentre per quanto ri-
guarda i paradigmi di oranti cos rilevanti nellargomentazione di Orat
a sostegno dellefficacia della preghiera , il loro ricorso vi appare meno
organico e pi circoscritto. Tuttavia, le omelie richiamano spesso una fi-
gura esemplare di orante che sorprendentemente non compariva, almeno
in maniera esplicita, fra quelle elencate da Orat: si tratta di Mos, la cui
preminenza assoluta tra i paradigmi di oranti veterotestamentari non
compromessa dalloccasionale associazione con Aronne1194. Il richiamo a
Mos propiziato soprattutto dal racconto della battaglia dIsraele contro
Amalek e del decisivo concorso orante assicurato dal profeta per il suo
successo sui nemici: quando egli tiene le braccia alzate per pregare, gli
israeliti vincono, ma quando le abbassa, essi perdono (Es 17, 8-16)
unimmagine che lAlessandrino ha sfruttato soprattutto per inculcare
laccordo fra preghiera e vita1195. Tuttavia, lesemplarit della preghiera
di Mos non si riduce a quel singolo episodio, anche se esso il pi fre-
quentemente menzionato, n la sua interpretazione si fissa unicamente sul
motivo delloratio continua.
Tra i vari luoghi che evocano il paradigma di Mos orante, il pi si-
gnificativo forse quello che compare nella XIII Omelia su Numeri. Ori-
gene, commentando i timori del re di Moab allavanzare dIsraele sul cam-
mino verso la terra promessa, non solo riprende il motivo del sostegno di
Mos alla vittoria ma ne ricava anche unindicazione pi generale sulla
preghiera come la vera arma dellantico Israele, analogamente a quanto
avviene, con impegno ancor pi esclusivo, per il nuovo Israele: infatti
i cristiani come abbiamo visto analizzando il Contro Celso assicurano
il loro sostegno leale allimpero mediante la preghiera1196. A conferma

1193 HLv XIII, 5 (476, 7-8): Sed hoc est tus quod Deus ab hominibus sibi quaerit
offerri, ex quo capit odorem suavitatis, orationes ex corde puro et conscientia bona (cfr.
anche nota 1091).
1194 Sullassenza di Mos nellelenco dei paradigmi, si veda supra, p. 144.
1195 Cfr. HLv VI, 6.
1196 HNm XIII, 4 (113, 26-114, 1. 6-11): Sed et amplius aliquid puto, quod moverit
regem; videtur enim audisse quia filii Istrahel solent hostes vincere oratione, non armis,
nec tam ferro quam precibus. Nulla enim Istrahel adversum Pharaonem arma commovit,
sed dictum est ei: Dominus pugnabit pro vobis, et vos tacebitis (Es 14, 14). Sed nec contra
Amalechitas quidem tantum vis armorum quantum Moyseis valuit oratio. Ut enim elevas-
set Moyses manus ad Deum, vincebatur Amalech; remissae vero et deiectae vinci facie-
bant Istrahel. [...] Audierat ergo rex Moab quia populus hic orationibus vincit et pugnat
adversum hostes ore, non gladio et ob hoc sine dubio apud semet ipsum cogitavit dicens:
quoniamquidem orationibus populi huius et precibus nulla possunt arma conferri, ideo
etiam mihi tales aliquae preces et talia requirenda sunt arma verborum et orationes tales,
Come incenso al tuo cospetto 393
della visuale apologetica sul pacifismo dIsraele disegnata dallAles-
sandrino in risposta al filosofo platonico come uno degli elementi qua-
lificanti la politeia giudaica e la sua eccellenza comparativa1197, nella XXV
Omelia su Numeri egli ribadisce che le vittorie di Israele sono il frutto
della piet e della giustizia, piuttosto che delle armi, tanto che la pre-
ghiera di un solo santo molto pi efficace di unintera armata di pecca-
tori1198. Allo stesso modo, nella comunit cristiana, coloro che si sono
consacrati a Dio lottano mediante le loro virt a sostegno di essa1199.
Come precisa ancora la IX Omelia su Giudici, associando metafore che
avranno particolare fortuna nella storia dellorazione cristiana, i fedeli
cercano la loro vittoria non con le lance di ferro ma con i dardi delle
preghiere1200.
Occasionalmente lAlessandrino associa la figura di Aronne al para-
digma di Mos orante: la IX Omelia su Numeri sembrerebbe dapprima vo-
ler distinguere la funzione orante come specifica di Aronne, ma unen-
do successivamente con uninterpretazione di tipo allegorico la legge
(= Mos), intesa quale invito alla conversione, alla supplica per la libe-
razione dal peccato, arriva a proporre limmagine convergente di Mos
ed Aronne quali intercessori per la salvezza del popolo1201. Anzi, secondo
questa stessa omelia, piuttosto che osservare la legge entrambi attuano
anticipatamente la raccomandazione evangelica di pregare per i nemici

quae superare possint orationes istorum. Sul rapporto fra preghiera e politica in CC, si
veda supra, pp. 273-276.
1197 Cfr. Perrone 2003b.
1198 In HNm XXV, 2 (234, 11-13. 15-17) Origene svolge una considerazione paral-
lela circa i 12.000 israeliti mandati a combattere i madianiti (Nm 31, 5): ut scias quia non
in multitudine nec in numero militum vincit Istrahel, sed iustitia est et pietas in iis, quae
vincit... Vides ergo quia multo plus valet unus sanctus orando quam peccatores innumeri
proeliando. Oratio sancti penetrat coelum (cfr. Sir 32, 21): quomodo non et hostem vincat
in terris?.
1199 HNm XXV, 4 (238, 9-10): Pugnant autem isti orationibus et ieiuniis, iustitia et
pietate, mansuetudine et castitate cunctisque continentiae virtutibus tamquam armis belli-
cis communiti.
1200 HIud IX, 1 (518, 18-21): Sic ergo in his, qui militant veritati, sed et qui mili-
tant Deo, non corporis, sed animi fortitudo requiritur, quia non iaculis ferreis, sed oratio-
num telis victoria quaeritur, et fides est, quae in certamine tolerantiam praebet.
1201 HNm IX, 3 (57, 23-58, 3): Ego arbitror quod in Moyse lex significetur, quae
docet homines scientiam et amorem Dei, in Aaron supplicandi Deo et obsecrandi eum
forma consistat. Si ergo accidat aliquando indignari nobis vel universo populo Deum et si
iam sententia ultionis procedat a Domino, redeat autem lex Dei in cor nostrum commo-
nens nos et docens converti ad poenitentiam, satisfacere pro delictis, supplicare pro cul-
pis: cessabit continuo iracundia, indignatio conquiescet, propitiabitur Dominus, quasi
Moyse et Aaron intercedentibus pro nobis et pro universo populo supplicantibus. Da no-
tare che in HNm XXVII, 6 il paradigma di Aronne, introdotto in rapporto al regime dei sa-
crifici, si risolve nellacquisto delle virt nel corso del combattimento spirituale.
394 Parte seconda, Capitolo settimo
(Mt 5, 44), nel momento in cui invocano il perdono di Dio su coloro che
si erano ribellati contro di loro (Nm 16, 22)1202.
Lintercessione di Mos legata allintimit del suo rapporto privile-
giato con Dio, come mostra il commento di Origene allepisodio della leb-
bra di Miriam (Nm 12, 13) nella VII Omelia su Numeri. Chi altri potrebbe
intercedere per la salvezza del popolo se non lui? si chiede lAlessandri-
no e, riconoscendo ulteriormente il privilegio di Mos, osserva che forse
nella scena della Trasfigurazione egli dialoga con Ges (Mc 9, 4 parr.)
per fungere ancora una volta da intercessore in vista della salvezza finale
di Israele1203. Limmagine di Mos che si intrattiene con Dio ritorna nelle
Omelie su Luca, dove Origene suggerisce che anche Giovanni Battista
abbia goduto della stessa condizione durante la sua permanenza nel deser-
to, cos da propiziare la risposta immediata di Dio alle proprie preghiere.
Lallusione a Is 58, 9 passo che Origene sfrutta regolarmente per indicare
lesaudimento divino nei confronti di colui che giusto o santo sot-
tolinea lesperienza della preghiera in entrambi i personaggi biblici1204.
Mos orante esemplifica e ricapitola in se stesso il sostegno di pre-
ghiera da parte dei santi dellAntico Testamento, i quali aiutano i fedeli
ad affrontare le lotte del combattimento spirituale: nella III Omelia su Gio-
su Origene ricorda espressamente i profeti Isaia, Geremia, Daniele, Eze-
chiele e Osea1205. Qui laccento verte per piuttosto sullilluminazione e

1202 HNm IX, 3 (58, 21-24): magis evangelii discipuli quam legis, et ideo diligunt
etiam inimicos suos atque orant pro persecutoribus suis. Illis enim venientibus, ut interfi-
cerent eos, isti procidunt in faciem suam super terram. Cfr. anche HNm IX, 4: Ecce di-
ligit Moyses inimicos et orat pro persecutoribus suis, quod utique Christus fieri in evan-
geliis docet. Audite enim, quomodo cadentes in faciem super terram orant pro illis, qui ad
interficiendos eos insurrexerant.
1203 HNm VII, 4 (43, 28-44, 1): Et proclamavit Moyses ad Dominum dicens: Deus,
precor te, sana eam (Nm 12, 13). Et quem oportebat orare ad Dominum pro sanitate po-
puli illius nisi Moysen? Orat Moyses pro illis. Et forte hoc erat, quod cum Domino Iesu
colloquebatur, cum in monte transformatus est, petens ab eo, ut, cum plenitudo gentium
introisset, tunc omnis Istrael salvus fieret (Rm 11, 25-26).
1204 HLc XI, 4 (69, 17-23): abiit in deserta, ubi purior ar est et caelum apertius et
familiarior Deus, ut quia necdum sacramentum baptismi nec praedicationis tempus adve-
nerat, vacaret orationibus et cum angelis conversaretur, appellaret Dominum et illum au-
diret respondentem atque dicentem: ecce adsum (Is 58, 9). Sicut enim Moyses loquebatur
et Deus respondebat ei (Es 19, 19), sic puto, quod Ioannes locutus fuerit in deserto e
Dominus responderit ei.
1205 HIos III, 1 (300, 19301, 12): Vide, mihi hodie laboranti in agone vitae huius
et habenti certamen adversum inimicos, id est contrarias potestates, quomodo in auxilium
veniunt illi, qui ante adventum Iesu Christi Domini mei in lege iustificati sunt. Vide, quo-
modo Esaias mihi praestat auxilium, cum me sermonibus suae lectionis illuminat. Vide
accinctum et expeditum venientem Hieremiam ad auxilium nostrum et voluminis sui ia-
culis hostes acerrimos, cordis mei tenebras, effugantem. Accingitur et Daniel ad auxilium
nostrum, cum nos de Christi praesentia ac regno et de Antichristi futura fraude instruit et
praemonet. Adest et Ezechiel sacramenta nobis coelestia in quadriformibus rotarum cir-
Come incenso al tuo cospetto 395
sullistruzione spirituale assicurate dai loro scritti, mentre altrove si citano
gli esempi di preghiere ad opera di Giosu, Samuele, Elia ed Eliseo1206,
o lintercessione del giusto Daniele e dei Tre Giovani (Dn 3, 24 ss. LXX)
nel mezzo di un popolo condannato allesilio perch peccatore1207. Tut-
tavia, per nessuna di queste figure bibliche si pu parlare, come nel caso
di Mos, di veri e propri paradigmi oranti. Invece sempre il modello
del profeta che interviene nuovamente, quando si tratta di trovare un ter-
mine di confronto con Ges, lunico esempio di orante che le omelie ten-
dono a mettere in rilievo nel Nuovo Testamento. Proprio la comparazione
fra il profeta e il Salvatore serve ad evidenziare, nellVIII Omelia su
Numeri, lefficacia incomparabilmente maggiore di Ges quale avvoca-
to che intercede presso il Padre per il perdono dei peccati1208. In questa
omelia lAlessandrino insiste sul fatto che nel racconto biblico le manife-
stazioni dellira divina verso i peccatori vengono descritte anche al fine di
dare spazio alla supplica per il perdono1209.
Soprattutto nelle Omelie su Levitico Origene conferisce risalto alla fi-
gura di Ges come avvocato e intercessore per la propiziazione, riallac-
ciandosi in particolare al motivo del Paraclito in 1Gv 2, 1-2, che aveva
sfruttato anche in Orat1210. Ma nella VII Omelia su Levitico egli lo intreccia

culis signans et rotam concludens in rota. Ducit et Osee bis senas prophetici agminis tur-
bas et procedunt omnes succincti lumbos in veritate, quam praedicant ad auxilium fratrum
suorum, ut eorum voluminibus instructi diabolicas non ignoremus astutias. Isti ergo qui
viri fortes sunt, armati et praecincti lumbos in veritate exeunt in auxilium nostrum et pu-
gnant nobiscum.
1206 Sulla preghiera di Giosu in Gs 10, 12-17, cfr. HIos XI, 1 (362, 13-16): Tunc
vero Iesus videns divinam secum dexteram proeliantem et prosperis successibus cuncta
procedens, novam quandam et miram orationem extollit ad coelum; su Samuele ed Elia:
H37Ps II, 3; su Eliseo: HLc XXIII, 9.
1207 HEz I, 2 (320, 21-24): Daniel non peccavit, Ananias, Azarias, Misael a pecca-
to immunes fuerunt et tamen captivi effecti sunt, ut ibi positi captivum populum consola-
rentur et per exhortationem vocis suae paenitentes in Hierusalem restituerent castigatos
pro tempore.
1208 HNm VIII, 1 (53, 6-12): statim enim ut conversus ingemueris, salvus eris (cfr.
Is 45, 22). Invenies enim advocatum, qui pro te interpellat patrem, Dominum Jesum,
multo praestantiorem quam fuit Moyses, qui tamen oravit pro populo illo et exauditus est.
Et fortasse propterea Moyses scribitur intervenisse pro peccatis populi prioris et impe-
trasse veniam, ut multo magis nos confidamus quod advocatus noster Iesus indubitatam
nobis veniam praestabit a patre.
1209 HNm VIII, 1 (49, 18-22): Scribitur enim irasci Deus et comminari interitum
populo, quo doceatur homo tantum sibi esse apud Deum loci tantumque fiduciae, ut,
etiamsi sit aliqua in Deo indignatio, obsecrationibus mitigetur humanis, tantumque de eo
impetrare posse hominem, ut et propria statuta convertat.
1210 Cfr. supra, nota 416. Pastorelli non tiene conto di questi passi. Sul ruolo di Cri-
sto come intercessore si veda inoltre HIer XIV, 11 (115, 27-116, 1): safw'" ejn tw/' kairw/'
th'" e[cqra" ejkeivnou th'" kata; tw'n ajnqrwvpwn parevsth tw/' Patri; oJ swth;r hJmw'n kai; ejde-
hvqh peri; th'" hJmetevra" aijcmalwsiva", i{na lutrwqw'men kai; rJusqw'men ajpo; tou' ejcqrou'.
396 Parte seconda, Capitolo settimo
con altri luoghi scritturistici (Mt 26, 29; Eb 9, 24; Fil 2, 6-7) per formu-
lare lidea che Cristo, in quanto Filius caritatis (cfr. Col 1, 13), non pu
ancora partecipare della gioia piena del regno ma si trova in sofferenza
fino a quando egli dovr piangere per i peccati degli uomini e intercedere
per la loro salvezza 1211. La grandezza del ruolo di Ges come intercesso-
re presso il Padre viene ad essere evidenziata anche dal confronto con
lesempio di Paolo, il quale piange per la sorte dei peccatori e invoca Dio
perch essi si salvino: come nel caso di Mos e di Paolo, vale a fortiori
per Cristo il fatto che la compassione lo solleciti a supplicare il Padre, ma
la sua supplica accompagnata dai santi dellAntico e del Nuovo Testa-
mento, profeti e apostoli, che condividono anchessi la medesima attesa
per la salvezza universale1212. Quanto intensa sia la riflessione dellAles-
sandrino sulla propiziazione ad opera di Ges, ci appare anche dal richia-
mo alla preghiera sacerdotale di Gv 17:
Per questo forse effondeva la preghiera al Padre dicendo: Padre santo, glorifica
me con quella gloria che avevo presso di te prima che il mondo fosse (Gv 17, 5).
Dunque non vuole ricevere la sua gloria perfetta senza di te, cio senza il suo
popolo, che il suo corpo e che sono le sue membra1213.
Lampia e suggestiva riflessione su Ges intercessore di salvezza su-
scitata dalla spiegazione dellingresso del pontefice nel santuario non ri-
mane isolata, perch Origene vi si sofferma nuovamente nella IX Omelia
su Levitico, dove commenta i riti del giorno dellespiazione1214. Linvera-
mento spirituale della ritualit giudaica rappresentato ai suoi occhi dalla
propiziazione conseguente alla morte del Salvatore, alla sua discesa agli

1211 HLv VII, 2 (374, 19375, 2): Salvator meus luget etiam nunc peccata mea. Sal-
vator meus laetari non potest, donec ego in iniquitate permaneo. Quare non potest? Quia
ipse est advocatus pro peccatis nostris apud Patrem, sicut Iohannes symmista eius pro-
nuntiat dicens quia et si quis peccaverit, advocatum habemus apud Patrem Iesum Chri-
stum iustum; et ipse est repropitiatio pro peccatis nostris (1Gv 2, 1-2). Quomodo ergo po-
test ille, qui advocatus est pro peccatis meis, bibere vinum laetitiae, quem ego peccando
contristo? Quomodo potest iste, qui accedit ad altare (cfr. Lv 10, 9), ut repropitiet me
peccatorem, esse in laetitia, ad quem peccatorum meorum maeror semper adscendit?.
1212 HLv VII, 2 (375, 19-27): Pro his ergo omnibus adsistit nunc vultui Dei inter-
pellans pro nobis (cfr. Eb 9, 24), adsistit altari, ut repropitiationem pro nobis offerat Deo;
et ideo dicebat tamquam accessurus ad istud altare: Quia iam non bibam de generatione
vitis huius, donec bibam illud vobiscum novum (cfr. Mt 26, 29). Exspectat ergo, ut conver-
tamur, ut ipsius imitemur exemplum, ut sequamur vestigia eius et laetetur nobiscum et bi-
bat vinum nobiscum in regno Patris sui. Nunc enim quia misericors est et miserator Do-
minus (cfr. Sal 102, 8), maiore affectu ipse quam Apostolus suus flet cum flentibus et cupit
gaudere cum gaudentibus (cfr. Rm 12, 15).
1213 HLv VII, 2 (tr. Danieli, 156-157).
1214 Linterpretazione origeniana, nel quadro dellesegesi giudaica e cristiana anti-
ca, stata analizzata da Stkl Ben Ezra, 261-269. Sulle pratiche giudaizzanti in occasione
della Pasqua, della celebrazione del sabato o dello Yom Kippur si veda, in particolare,
HIer XII, 13.
Come incenso al tuo cospetto 397
inferi ad immagine del capro emissario e alla sua ascensione finale presso
il Padre, al quale offre come vittima sullaltare celeste la nostra carne pu-
rificata. Reinterpretando in chiave cristiana Lv 16, lAlessandrino spiega
lingresso del sommo sacerdote nel Santo dei santi una sola volta lanno,
nella festa di Yom Kippur, come laccesso di Ges presso il Padre, dopo
aver compiuto leconomia della salvezza, al fine di intercedere per tutti
coloro che credono in lui. La durata della festa ebraica fino al tramonto ,
a sua volta, intesa simbolicamente quale il segno dellattesa orante del
popolo dei fedeli, mentre il sommo sacerdote Ges prega il Padre nel
santuario celeste intercedendo per loro:
una sola volta in questo anno, nel giorno della propiziazione, entra nel Santo
dei Santi (cfr. Es 30, 10): cio quando, compiuta leconomia, penetra i cieli (Eb
4, 14) ed entra nel Padre (intrat ad Patrem), per renderlo propizio al genere
umano e per pregare per tutti quelli che credono in lui (ut eum propitium humano
generi faciat et exoret pro omnibus credentibus in se). [...] Il giorno della propi-
ziazione rimane per noi fino a che tramonti il sole (cfr. Lv 11, 25), cio fino a che
il mondo finisca. Giacch noi stiamo davanti alle porte (cfr. Gc 5, 9) aspettan-
do il nostro pontefice che indugia nel Santo dei Santi, cio presso il Padre (cfr.
1Gv 2, 1-2), e prega per i peccati di coloro che lo attendono (cfr. Eb 9, 28), non
prega per i peccati di tutti [...] prega soltanto per coloro che sono la sorte del Si-
gnore1215.
Sviluppando ulteriormente il tema della propiziazione nella XIII Ome-
lia su Levitico, a commento delle prescrizioni sui pani della proposizio-
ne (Lv 24, 5-9) interpretati tipologicamente come forma di preghiera
e supplica (exoratio quaedam et supplicatio) a Dio da parte delle trib
di Israele , Origene riafferma lunicit della propiziazione assicurata da
Ges con la sua opera di salvezza. Solo lui pu realizzare efficacemente
quella intercessione di cui i pani sono il tipo, e che si rinnova nel me-
moriale (commemoratio) eucaristico 1216. Come dichiara la conclusione

1215 HLv IX, 5 (427, 9-428, 2 [tr. Danieli, 215-216]). La propiziazione attuata da
Ges viene illustrata alla luce sia di 1Gv 2, 1-2 che di Rm 3, 25.
1216 HLv XIII, 3 (471, 12-27): Secundum ea, quae scripta sunt, in duodecim pani-
bus duodecim tribuum Istrahel videtur commemoratio ante Dominum fieri et praeceptum
dari, ut sine cessatione isti duodecim panes in conspectu Domini proponantur; ut et me-
moria duodecim tribuum apud eum semper habeatur, quo veluti exoratio quaedam et
supplicatio per haec pro singulis fieri videatur. Sed parva satis et tenuis est huiuscemodi
intercessio. Quantum enim proficit ad repropitiandum, ubi uniuscuiusque tribus per pa-
nem fructus, per fructus opera consideranda sunt? Sed si referantur haec ad mysterii ma-
gnitudinem, invenies commemorationem istam habere ingentis repropitiationis effectum.
Si redeas ad illum panem, qui de caelo descendit et dat huic mundo vitam (cfr. Gv 6, 33),
illum panem propositionis, quem proposuit Deus propitiatorem per fidem in sanguine eius
(cfr. Rm 3, 25), et si respicias illam commemorationem, de qua dicit Dominus: Hoc facite
in meam commemorationem (1Cor 11, 25), invenies quod ista est commemoratio (cfr. Lv
24, 7) sola, quae propitium facit hominibus Deum.
398 Parte seconda, Capitolo settimo
della I Omelia su Isaia, richiamando allassemblea limmediatezza di tale
aspetto nel vissuto comunitario, Ges Cristo presente, e assiste, ed
pronto rivestito della dignit di sommo sacerdote ad offrire al Padre le
suppliche dei fedeli 1217.

3.3.4. Dimensione comunitaria e aspetti individuali: la preghiera e il com-


battimento spirituale

In un passo della II Omelia su Esodo Origene osserva che le Scritture


dellAntico e del Nuovo Testamento, insegnando agli uomini il timore di
Dio, hanno fatto sorgere le chiese e riempito lintera ecumene di luoghi di
preghiera 1218. Se consideriamo il contesto ravvicinato delle omelie,
dunque comprensibile che i modelli di oranti approfonditi dallAlessan-
drino nella sua predicazione siano finalizzati a illuminare le dimensioni
ecclesiali della preghiera (in riferimento sia alla chiesa celeste sia alla
chiesa terrena) forse ancor pi che le sue espressioni individuali, sebbene
ad uno sguardo pi attento queste ultime siano intrecciate ineludibilmente
con le prime. Si spiega cos come abbiamo visto emergere nelle Omelie
su Levitico linsistenza particolare sul compito dei sacerdoti come in-
tercessori, ad imitazione non solo di Mos ed Aronne ma anche di Ges,
sommo sacerdote e nostro avvocato presso il Padre1219. Anche le
Omelie su Numeri lo ribadiscono in diverse occasioni, richiamando luf-
ficio orante a cui i presbiteri sono tenuti nella cornice ideale della com-
munio sanctorum. Come tale, esso ispirato dalla solidariet spirituale e
dalla compassione dei santi per i traviamenti dei peccatori, che li spinge a
impegnarsi continuamente nella preghiera a loro beneficio1220. Alla pre-

1217 HIs I, 5 (infra, nota 1309). Anche HLc XXXII, 6 prospetta ai fedeli la visione
del Figlio di Dio come presente tra loro: Et nunc, si vultis, in hac synagoga coetuque
possunt oculi vestri attendere Salvatorem. Cum enim principale cordis tui direxeris aciem
ad sapientiam et veritatem Deique Unigenitum contemplandum, oculi tui intuentur Iesum.
Beata congregatio, de qua scriptura testatur, quod omnium oculi erant attendentes in eum
(Lc 4, 20)! Quam vellem istum coetum simile habere testimonium, ut omnium oculi, et
catechumenorum et fidelium, et mulierum et virorum et infantium, non corporis oculi, sed
animae aspicerent Iesum! Cum enim respexeritis ad eum, de lumine eius et intuitu clario-
res vestri vultus erunt et dicere poteritis: Signatum est super nos lumen vultus tui, Domine
(Sal 4, 7): cui est gloria etc..
1218 HEx II, 2 (nota 540).
1219 Secondo HLv VI, 6 (369, 21-24), i compiti del sacerdote sono da un lato pre-
gare e meditare sulle Scritture, dallaltro ammaestrare il popolo: Haec duo sunt pontificis
opera, ut aut a Deo discat legendo scripturas divinas et saepius meditando aut populum
doceat. Sed illa doceat, quae ipse a Deo didicerit, non ex proprio corde (cfr. Ez 13, 2), vel
ex humano sensu, sed quae Spiritus docet. Cfr. anche HLv VII , 1 (supra, nota 1168).
1220 HNm V, 3 (29, 911.13-16): Alii sint altare incensi, quicumque orationibus et
ieiuniis die ac nocte vacant in templo Dei, orantes non solum pro semet ipsis, sed et pro
Come incenso al tuo cospetto 399
ghiera dei sacerdoti nella chiesa terrena corrisponde, infatti, nella chiesa
celeste quella dei santi che sostengono con le loro orazioni, il loro esem-
pio e i loro scritti come il caso di profeti e apostoli il combattimento
spirituale dei fedeli nellagone dellesistenza terrena1221. Ai santi defunti
si affiancano inoltre gli angeli, che completano limmagine della chiesa
celeste conformemente alla trattazione gi sviluppata da Origene special-
mente in Orat e CC: stanto alla XXIII Omelia su Luca, egli individua con
chiarezza lesistenza di una duplice chiesa, formata rispettivamente di
uomini e di angeli, mentre la XX Omelia su Numeri sviluppa la dottrina
dellangelo custode per ogni fedele, che si fa interprete presso Dio delle
sue richieste di perdono 1222. Nella XVI Omelia su Giosu, rifacendosi al-
lesegesi fornita presumibilmente da un maestro giudeocristiano su Nm
22, 4 (Ora questa moltitudine divorer quanto intorno a noi, come il bue
divora lerba dei campi), Origene presenta come dottrina tradizionale
lidea dellassistenza orante della chiesa celeste alla chiesa terrena, nella
persona dei padri che ci hanno preceduto nella fede, grazie alla quale i
fedeli ricevono aiuto nelle loro lotte contro le forze del male1223. Vale an-

universo populo. [...] Porro qui cum omni fiducia per hostias precum supplicationumque
victimas Deum hominibus repropitiant et pro delictis populi interveniunt, propitiatorium
nominentur; HNm X, 2 (72, 1-2): sacerdotis autem officium est pro populi supplicare
peccatis.
1221 HNm XXVI, 6 (253, 26-254, 3): Quis enim dubitat quod sancti quoque patrum
et orationibus nos iuvent et gestorum suorum confirment atque hortentur exemplis, sed et
voluminibus suis per ea, quae nobis ad memoriam scripta reliquerunt, docentes nos et in-
struentes, quomodo adversum inimicas potestates dimicandum sit et quomodo agonum
toleranda certamina?. Possiamo richiamare qui anche FrCt 75 su Ct 8, 4, secondo cui la
sposa scongiura le anime dei santi di intercedere per noi peccatori, finch Dio non ci ab-
bia accolti (tr. Barbra, 269).
1222 HNm XX, 3 (194, 11-14): Adest unicuique nostrum, etiam minimis qui sunt in
ecclesia Dei, angelus bonus, angelus Domini, qui regat, qui moneat, qui gubernet, qui pro
actibus nostris corrigendis et miserationibus exposcendis cotidie videat faciem patris, qui
in coelis est. Per il passo di HLc XXIII , 8 cfr. supra, nota 548. Anche HIud III, 6 assicura
agli oranti lausilio degli angeli.
1223 HIos XVI, 5 (399, 14-400,4): Ego sic arbitror quod omnes illi, qui dormierunt
ante nos patres, pugnent nobiscum et adiuvent nos orationibus suis. Ita namque etiam quen-
dam de senioribus magistris audivi dicentem in eo loco in quo scriptum est in Numeris
quia: ablinget synagoga illa hanc synagogam, sicut ablinget vitulus herbam viridem de
campo (Nm 22, 4). Dicebat: quare huiusmodi similitudo assumpta est, nisi quia hoc est,
quod intelligendum est in loco, quod synagoga Domini, quae nos praecessit in sanctis, ore
et lingua consumet adversariam synagogam, id est orationibus et precibus adversarios no-
stros absumet? Non ergo in armis pugnandus est nobis adversum hostes nostros invisibi-
les, sed orationibus et verbi Dei meditationibus et operibus ac sensibus rectis. Sic enim
armabantur et patres fide et operibus vincentes. Si veda anche HEx XI, 4 (256, 5-7.10-
11.13-18): si vis vincere, si vis obtinere, eleva manus, eleva actus tuos et conversatio tua
non sit in terris. [...] Eleva et tu manus ad Deum, imple mandatum quod Apostolus dicit:
Sine intermissione orare (1Ts 5, 17). [...] Per quod, ut a maioribus accepimus, indicari
dicitur quia populus Dei non tam manu et armis quam voce et lingua pugnabat, id est ora-
400 Parte seconda, Capitolo settimo
che per questa azione di preghiera dei presbiteri lavvertenza che essa
non sia contraffatta e deturpata da preoccupazioni e condotte estranee,
come lesercizio di un culto sacerdotale viziato da ambizioni di potere. A
sua volta, la III Omelia su Giudici mette in guardia contro tali insidie, ri-
proponendo limmagine del contrasto fra il profumo che viene dal sa-
crificio di preghiere del giusto e il fetore di chi prega per il peccato1224.
Se lo sfondo della communio sanctorum dona allorante la certezza
consolatrice di non essere mai solo nella sua lotta, Origene comunque rac-
comanda sempre di non venire meno allimpegno di preghiera, sia comu-
nitario sia individuale, dal quale dipende in maniera decisiva lesito del-
la salvezza. Tale convinzione lo induce a respingere con fermezza, nella
IV Omelia su Ezechiele, la pretesa dei confessores, i quali rivendicano al
potere di intercessione delle loro preghiere la forza di strappare chiunque
alla geenna. In realt, a nulla serve avere un padre martire come lAles-
sandrino dichiara con un trasparente richiamo autobiografico , se non si
vive in maniera degna della sua testimonianza di fede1225. Fra i pochi
spunti delle omelie ascrivibili pi direttamente a quella che oggi chiame-
remmo una pastorale della preghiera troviamo il rimprovero rivolto a
coloro che frequentano la chiesa soltanto nei giorni di festa: come pensano
di osservare il precetto dellApostolo, che raccomanda di pregare senza
posa (1Ts 5, 17), o di sfuggire alle cadute nelle tentazioni, dal momento
che fanno cos poco conto dellammonimento di Ges: Vegliate e pregate
per non entrare in tentazione (Mc 14, 38)?1226 La raccomandazione a pre-

tionem fundens ad Deum prosternebat inimicis. Ita ergo et tu si vis vincere inimicos, eleva
actus tuos, clama ad Deum, ut dicit Apostolus: Orationi instantes et vigilantes in ea (Col
4, 2). Cfr. inoltre HNm XIII, 5; FrNm 22, 4. Come osservato da Dorival, Les Nombres,
419, si tratta di unesegesi trasmessa ad Origene dal suo maestro giudeocristiano. Per i ri-
ferimenti alla corrispondente tradizione midrashica si veda Krauss, 153.
1224 HIud III, 2 (481, 20482, 1): Nonnumquam autem morbus iste superbiae pe-
netrat non solum pauperes plebis, verum etiam ipsum sacerdotalem et Leviticum ordinem
pulsat. Invenias interdum etiam in nobis aliquos, qui ad exemplum humilitatis positi sumus
et in altaris circulo velut specula quaedam intuentibus collocati, in quibus arrogantiae
vitium foetet, et de altari Domini, quod deberent incensi suavitate flagrare, odor taeter-
rimus superbiae et elationis renidet.
1225 HEz IV, 8 (368, 25369, 3): ob nonnullorum insipientiam qui sensum animi
sui Dei esse adserunt veritatem, et frequenter dicunt futurum est ut unusquisque nostrum
precibus suis eripiat quoscumque voluerit de gehenna. [...] Nihil mihi conducit martyr
pater, si non bene vixero et ornavero nobilitatem generis mei, hoc est testimonium eius et
confessionem qua illustratus est in Christo.
1226 HGn X, 1 (94, 16-22): Sine intermissione orandum (cfr. 1Ts 5, 17) apostolus
praecipit; vos, qui ad orationes non convenitis, quomodo completis sine intermissione
quod semper omittitis? Sed et Dominus praecipit: vigilate et orate, ne intretis in tentatio-
nem (Mc 14, 38). Quodsi illi vigilantes et orantes et semper verbo Dei adhaerentes tenta-
tionem tamen nequaquam fugerunt, quid faciunt hi qui diebus tantum sollemnibus ad ec-
clesiam veniunt? Cfr. anche supra, note 589, 613.
Come incenso al tuo cospetto 401
gare per reggere alle prove del combattimento spirituale un motivo domi-
nante nella predicazione di Origene, che scaturisce dalla sua viva consape-
volezza dellimprescindibile orizzonte agonico dellesistenza terrena1227.
La supplica a Dio tanto pi urgente e necessaria per chi abbia offu-
scato limmagine divina che reca in s: insistendo nella supplica, laiuto
della grazia far s che limmagine ricuperi i suoi colori e torni a risplen-
dere1228. Come Ges ha mostrato con il suo stesso esempio, colui che uni-
sce digiuno e preghiera riesce a trionfare sugli assalti del nemico 1229. Per-
sistendo saldamente nellinvocare il sostegno divino, schiacceremo con pi
rapidit le potenze nemiche che non ci danno tregua1230. Potremo inoltre
rintuzzare il loro attacco, che insinua nella mente pensieri e desideri mal-
vagi, anche con il ricorso antirretico alle parole della Scrittura sullesem-
pio stesso di Cristo, secondo il modello di risposta o reazione allAvversa-
rio gi prefigurato dallAlessandrino nellEsortazione al martirio e ampia-
mente sviluppato poi da Evagrio1231. In una preghiera introdotta dalla
I Omelia su Giudici quale risvolto orante dellesegesi in atto, i fedeli sono
esortati a non smettere di pregare, affinch i loro giorni siano sempre illu-
minati dalla luce di Cristo e non sorga su di loro la luce oscura di Satana1232.

1227 H36Ps II, 1 (78, 8880, 95): Propterea ergo videntes quia omnis vita nostra
agonem quendam obaudientiae gerit, sive Christi, sive huius qui contrarius est Christi, co-
nemur per orationis, per eruditionis religiosam institutionem hoc agere, ne umquam dia-
bolo vel malitiae eius oboedire inveniamur, sed omnis actus noster et omnis sermo atque
omnis cogitatio inveniatur in subiectione Christi.
1228 HGn XIII, 4 (120, 5-9): Propterea ergo deprecandus est nobis ille qui dicit
per prophetam: ecce ego deleo sicut nubem iniquitates tuas, et sicut caliginem peccata tua
(Is 44, 22). Et cum deleverit omnes istos in te colores qui ex fucis malitiae sumpti sunt,
tunc resplendet in te imago illa quae a Deo creata est.
1229 HEx II, 3 (158, 17-19): Sed propterea Christus superavit et vicit, ut tibi vin-
cendi iter aperiret. Propterea ieiunans vicit, ut et tu scias huiusmodi genus daemoniorum
ieiuniis et orationibus superandum (Mc 9, 29).
1230 HEx III, 3 (170, 9-10.14-17): Stamus autem confidenter, si Dominum depre-
cemur, ut statuat pedes nostros super petram (Sal 39[40], 3). [...] Si enim fortiter steteri-
mus, consequitur et illud quod orat Paulus pro discipulis dicens quia: Deus conteret Sata-
nae sub pedibus vestris velociter (Rm 16, 20).
1231 HEx I, 5 (153, 4-8): Si cum mihi cogitationem inicit malas et concupiscentias
pessimas, ego non suscipiam, sed iacula eius ignita scuto fidei repellam (Ef 6, 16), si in
omnibus quaecumque suggerit menti meae, ego memor Christi mei Domini dicam: Vade
retro, Satana etc. (Mt 4, 10 [Dt 6, 13]). Sulluso antirretico della Scrittura in EM, cfr.
supra, pp. 255-256.
1232 HIud I, 1 (467, 13-22): Oremus ergo, ut semper in nobis Christus, qui est lux
vera, faciat dies bonos nec umquam Zabulo nos illuminante habeamus in nobis dies malos,
de quibus dicit Apostolus: redimentes tempus, quoniam dies mali sunt (Ef 5, 16). Dies
enim malos habemus, quando carnalia pro spiritalibus quaerimus, terrena pro caelestibus,
pro aeternis caduca, praesentia pro futuris. Si quando ergo huiuscemodi in te desideria
videris exoriri, scito te in diebus malis et pessimis positum; et ideo insiste orationibus, ut
libereris a die malo et, sicut dicit Apostolus, eripiaris de praesenti saeculo malo.
402 Parte seconda, Capitolo settimo
Limmagine demoniaca del leone che minaccia di distruggere e divorare
il fedele offre unaltra occasione allAlessandrino, nella V Omelia su Ge-
remia, per esortare la comunit a convertirsi, a far penitenza ed invocare
Dio nella preghiera onde sfuggire alla sua bocca vorace1233. Linsidia
delle forze del male pu manifestarsi specialmente con le prove delle per-
secuzioni. Origene vi accenna, in particolare, nella VII Omelia su Giudici,
raccomandando, nel caso si sia consegnati nelle mani delle potenze nemi-
che per limperscrutabile volere divino, di implorare da Dio la forza di re-
sistere nella prova 1234. Ma si pu essere preda dei demoni anche in altro
modo, come avviene a quanti sono tribolati da essi nel corpo e nella mente:
in tal caso, si dovr ricorrere alle invocazioni degli esorcismi con molte
preghiere e molti digiuni, anche se lesito positivo non sempre garanti-
to 1235. Consapevole della sua costitutiva debolezza, il fedele posto davanti
allalternativa tra sottomettersi a Cristo o sottomettersi a Satana come
inculcano ripetutamente le Omelie su Salmo 36 sollecitato a doman-
dare laiuto di Dio perch in ogni circostanza di vita diriga i suoi passi
sulla via di Cristo1236.

1233 HIer V, 17 (47, 5-9): ejpei; ou\n ajnevbh levwn kai; ajpeilei' soi levwn kai; bouvle-
taiv sou ajfanivsai th;n gh'n, perivzwsai savkkon, klai'e kai; pevnqei, dia; tw'n eujcw'n pa-
rakavlei to;n qeovn, i{na tou'ton to;n levonta ejxoloqrevush/ ajpo; sou kai; mh; ejmpevsh/" aujtou'
eij" to; stovma. Cfr. anche FrIer 28 (213, 12-15), su Ger 27, 17: ajll wJ" Dabi;d labw;n tou'
pwvgono" to;n levonta e[pnixen, ou{tw to;n pneumatiko;n Dabivd, to;n Cristovn, ejxaithvswmen
labovnta to;n levonta kai; pa'n to; tw'n qhrivwn sunevdrion ajnelei'n.
1234 HIud VII, 2 (506, 22-507, 3): Propterea ergo, fratres, deprecemur Dominum
confitentes ei infirmitatem nostram, ne nos tradat in manus Madian (Sal 73[74], 19), ne
tradat bestiis animam confitentem sibi, ne nos tradat in potestatem eorum, qui dicunt:
quando veniet tempus, ut detur nobis potestas adversus Christianos, quando tradentur in
manus nostras isti, qui se dicunt habere vel nosse Deum? Quod et si tradamur et accepe-
rint potestatem nostri, oremus accipere a Deo virtutem, ut sustinere possimus, ut fides no-
stra in pressuris et tribulationibus clarior fiat, ut per patientiam nostram illorum superetur
impudentia et, sicut dixit Dominus, in nostra patientia acquiramus animas nostras. Que-
sto passo merita di essere considerato anche nella prospettiva di preghiera e martirio,
poich subito dopo Origene afferma la superiorit del battesimo di sangue per la remis-
sione dei peccati sul battesimo di acqua.
1235 HIos XXIV, 1 (448, 12-18): si inimica virtus daemonis ex amaritudinis turma
veniens obsideat alicuius corpus, perturbet ac sopiat mentem, adhibeantur autem multae
orationes, multa ieiunia, multae exorcistarum invocationes et ad haec omnia surdus dae-
mon in obsesso corpore permaneat et persistat, tolerabilius ferens exorcistarum poenas et
adhibita sibi ex Dei nominis invocatione tormenta quam discedere ab homine, quem im-
pudenter obsidet et nequiter.
1236 H36Ps IV, 2 (178, 60-67): Nos ergo deprecemur Dominum ut dirigat gressus
nostros et custodiat vias nostras, uti ne supplantentur gressus nostri; ut in via quam incedi-
mus, hoc est in Christo Domino nostro, quasi supra petram stabilem vestigia nostra firmen-
tur, ne quoquo modo supplantari possimus; per illum scilicet cuius nos caput observamus
et ille nostrum observat calcaneum. Anche CMt XIII, 7 (198, 16-27) accenna al ricorso
alla preghiera per scacciare i demoni dagli ossessi, in relazione a Mt 17, 20: i{n ei[ pote
devoi peri; qerapeivan ajscolei'sqai hJma'" toiou'tovn ti peponqovto" tinov", mh; oJrkivzomen
Come incenso al tuo cospetto 403
3.3.5. La preghiera del peccatore e la confessione di colpa

Si gi ricordato come fra gli apporti specifici del corpus omiletico


vada annoverato anche lulteriore approfondimento della preghiera del
peccatore e con essa della confessione di colpa. Entrambi i temi, sebbene
non del tutto ignorati nel trattato, vi occupano di fatto poco spazio, per-
ch come sappiamo il modello prefigurato da esso ha come ideale in-
terlocutore il santo. Invece, nel corso della sua predicazione Origene
ha modo di tornare spesso sulla condizione del peccatore che prega, tanto
pi che pochi, o per meglio dire nessuno, possono considerarsi veramente
giusti agli occhi di Dio. N mancano del resto coloro che come ricorda
la X Omelia su Numeri , pur essendosi votati a Dio, cadono nel peccato e
avvertono quindi la necessit della purificazione e della penitenza1237. La
III Omelia su Giudici esorta colui che ha peccato a pregare, inculcando la
necessit di un pentimento che sia realmente sentito e come tale si mani-
festi nellintimo dellanimo, prima ancora che con le parole della bocca,
mentre esso propizia il dono delle lacrime: solo a queste condizioni, il
peccatore pentito pu sperare nellausilio divino1238. A quel che afferma
la II Omelia su Salmo 38, il pentimento accompagnato dalle lacrime attira
lesaudimento immediato della richiesta di perdono1239. In ogni caso, chi

mhde; ejperwtw'men mhde; lalw'men wJ" ajkouvonti tw/' ajkaqavrtw/ pneuvmati, ajlla; scolavzon-
te" proseuch/' (1Cor 7, 5) kai; nhsteiva/ ejpituvcwmen proseucovmenoi peri; tou' peponqovto"
<swthriva" th'" ajpo; qeou'> kai; th/' eJautw'n nhsteiva/ ajpwvswmen ajp aujtou' to; ajkavqarton
pneu'ma.
1237 HNm X, 1 (70, 16-2171, 6-9): Sancti dicuntur iidemque et peccatores illi, qui
devoverunt se quidem Deo, et sequestraverunt a vulgi conversatione vitam suam ad hoc,
ut Domino serviant [...] potest autem fieri, ut in hoc ipso, quod Domino deservit, non ita
omnia gerat, ut geri competit, sed delinquat in nonnullis et peccet. [...] Qui non sunt san-
cti, in peccatis suis moriuntur; qui sancti sunt, pro peccatis poenitudinem gerunt, vulnera
sua sentiunt, intelligunt lapsus, requirunt sacerdotem, sanitatem deposcunt, purificationem
per pontificem quaerunt.
1238 HIud III, 6 (487, 4-12): Ita ergo etiam nunc eadem consequentia debemus ad-
vertere quia, si quando pro peccatis nostris in captivitatem tradimur clamemus ad Domi-
num. Clamemus autem non ore, sed mente, ita ut dolor cordis fontem lacrimarum produ-
cat ex oculis, sicut ille, qui dicebat: lavabo per singulas noctes lectum meum, lacrimis
meis stratum meum rigabo (Sal 6, 7). Si ita convertimur a malis, ut ultra non contingamus
mala, si ita desinimus a superbia, ut ultra nihil superbum, nihil arrogans sapiamus, mittet
etiam nobis Dominus virtutem suam coelestem.
1239 H38Ps II, 10 (398, 1-12): Exaudi orationem [proseuch'"] meam, Deus, et de-
precationem [dehvsew"] meam, auribus percipe lacrimas meas (Sal 38[39], 13). Oportet
iterum et cum lacrimis offerre orationem Deo et ex intimis viscerum penetralibus in pre-
cem Domini commoveri, ut mens credens de iudicio futuro, recordationem delictorum suo-
rum non absque lacrimis et lamentatione recenseat, cum quis resolutus in lacrimis dicit ad
Dominum: effundo in conspectu tuo orationem meam (Sal 141[142], 3). Auribus ergo
percipe lacrimas meas et ne sileas inquit a me (Sal 38[39], 13). Sed quid? Adhuc lo-
quente me: ecce adsum (Is 58, 9). Anche FrLam 86 (267, 29-30), su Lam 3, 49 (Simmaco),
404 Parte seconda, Capitolo settimo
si sia reso responsabile di colpe non deve mai disperare del soccorso di
Dio, bens avere fiducia nel suo perdono, come lAlessandrino dichiara
con un invito pressante nella V Omelia su Isaia:
E se anche siete peccatori, pregate! Dio ascolta i peccatori. E se temete la parola
detta nel Vangelo: Sappiamo che Dio non ascolta i peccatori (Gv 9, 31), non la-
sciatevi prendere da sbigottimento, non vogliate crederlo: era cieco colui che
cos si esprimeva! Credete piuttosto a colui che dice, e non mentisce: Anche se i
vostri peccati fossero come scarlatto, li far diventare bianchi come lana; e se lo
vorrete e mi ascolterete, mangerete i frutti della terra (Is 1, 18-19). Se soltanto
volete ascoltare, preghiamo in comune il Signore, perch almeno ora, per lav-
vento del Verbo, siamo fatti capaci di volgerci alle parole del profeta1240.

Origene raccomanda dunque la preghiera ad opera dei peccatori, an-


che se non ignora linsidia che pu comprometterla, qualora essa non av-
venga nel segno di unautentica conversione. La XVIII Omelia su Gere-
mia, citata in precedenza, illustra il modello in negativo dellorazione del
peccatore, esemplificata ancora una volta dalla figura emblematica del-
lapostolo-traditore Giuda, che lAlessandrino contrappone a quella del
giusto1241. Affinch la preghiera di chi ha peccato risulti genuina occorre
che il peccatore abbandoni la pratica del male: stando alla II Omelia su Sal-
mo 36 si tratta di unindicazione che Origene sostiene aver trasmesso con
frequenza alla comunit1242. Se altrove il riferimento critico alla preghiera
delluomo peccatore serve soprattutto a far risaltare per contrasto la bont
della preghiera che sgorga dalla coscienza del giusto, le Omelie su Salmo
37 sottolineano il fatto che Dio si aspetta un atteggiamento di penitenza e
preghiera da parte di colui che ha peccato. Proprio dal testo di questo sal-
mo esse ricavano listruzione sulle disposizioni danimo pi convenienti
nonch sullatteggiamento esteriore del corpo, mentre indirizzano la sup-
plica a colui che visto come il medico delle anime1243. Anche qui, come
nel Commento a Giovanni, il peccatore che prega tenuto a chinare il
proprio corpo volgendo lo sguardo a terra1244. latteggiamento di umilt
che si ispira naturalmente alla figura evangelica del pubblicano come
ricorda ancora un frammento delle Omelie su Giobbe , piegato dal tor-

afferma che una preghiera prolungata e accompagnata dalle lacrime induce Dio alla mise-
ricordia: proseuch; ga;r ejktenh;" kai; dakruvwn ejpivtasi" to;n qeo;n ejfevlkei pro;" e[leon.
1240 HIs V, 2 (tr. Danieli, 114).
1241 Si veda in particolare HIer XVIII, 10, con le osservazioni formulate supra, note
321, 474, 1170, 1191.
1242 H36Ps II, 1 (80, 103-107): Donec autem permanemus in delictis, frustra ve-
niam poscimus delictorum. Unde et memini me frequenter dixisse ad vos, quia veniam
delictorum tunc digne poscimus, cum longe positis a peccato, illam vocem possumus di-
cere: ne memineris iniquitates nostras antiquas (Sal 78[79], 8).
1243 H37Ps I, 1 (nota 1106).
1244 H37Ps I, 5 (nota 1105).
Come incenso al tuo cospetto 405
mento della coscienza e dal timore di Dio1245. Non manca per talvolta
una riflessione che sembrerebbe riecheggiare il punto di vista manifestato
da un frammento sul quarto vangelo, dove si tende a far spazio alla pre-
ghiera del peccatore, anche quando costui pencoli ancora tra peccato e
conversione1246. Infatti, nel primo frammento di quelle che si ritengono
generalmente essere le Omelie su 1 Corinti lAlessandrino, commentando
il prescritto della lettera paolina, insiste sulla distinzione fra la chiesa di
Dio che in Corinto e coloro che invocano il nome del Signore nostro
Ges Cristo (1Cor 1, 1). Questi ultimi sarebbero coloro che sono bia-
simati anche se non si sono allontanati, ma combattono ancora con il pec-
cato, e perci continuano ad invocare1247.
Che sia possibile operare una distinzione fra le diverse condizioni dei
peccatori i quali si volgono alla preghiera, risulta anche dalla XI Omelia
su Esodo, dove lAlessandrino introduce un commento su Sal 50(51), il
salmo penitenziale per eccellenza. Chi confessa la propria colpa davanti
a Dio, come fa qui Davide, si riconosce anche da peccatore sempre di-
nanzi al volto di Dio e insiste nellammissione della propria colpevolezza
per essere purificato mediante la penitenza1248. Origene si riallaccia in parte
a questa spiegazione nella V Omelia su Levitico, sviluppando lidea di un
sacrificio davanti al Signore e di uno che non tale, come avviene per
Caino il quale fugge dalla sua faccia (Gn 4, 14) a causa della coscienza
di aver peccato1249. Ma chiaro che la condizione di peccatore implica
sempre la necessit di confessare le proprie colpe davanti a Dio. Cos la
III Omelia su Giudici invita i fedeli ad un esame di coscienza, che li renda

1245 FrIob (PG 12, 1040B): Kai; kuvfonta ojfqalmoi'" swvsei (Gb 22, 29). Toutevsti
to;n tapeinovfrona, to;n kavtw blevponta dia; to; dussuneivdhton kai; ajparrhsivaston, ka-
qavper oJ ejn toi'" Eujaggelivoi" dikaiwqei;" telwvnh".
1246 FrIo 70 (cfr. supra, note 473, 703).
1247 Fr1Cor 1 (52): paresthvsamen wJ" movnou" tou;" ejpainetou;" crhmativzein ejk-
klhsivan ojfeivlonta", tou;" de; yektou;" oujk ajpostavta" me;n e[ti palaivonta" th/' aJmartiva/,
ajll <e[ti> ejpikaloumevnou", ouj mh;n h[dh kai; ejkklhsiva. Speuvswmen ou\n ajpo; tou' ejpi-
kalei'sqai eij" to; ajnabh'nai ejpi; th;n ejkklhsivan th;n a[spilon kai; a[mwmon. Fr1Cor 2 (52-
54) precisa limmagine della comunit di Corinto come ejkklhsiva ajnamemigmevnh [...] to;
o{lon tou'to to; mikto;n ejk dikaivwn kai; ajdivkwn, e la richiama in HLc XVII, 11 (supra, nota
926). Conviene ricordare nuovamente la prospettiva, conflittuale e dinamica, dellantropo-
logia origeniana, messa in luce soprattutto nellesegesi di Rm 7; cfr. da ultimo Mller J.
1248 HEx XI , 5 (258, 11-18): Ego amplius adhuc locum praesentem discutiens video
quia qui pleniorem scientiam Dei accipiunt et plenius divinis imbuti sunt disciplinis, isti
etiam si malum faciunt, coram Deo faciunt et in conspectu eius faciunt, sicut ille qui dixit:
Tibi soli peccavi, et malum coram te feci (Sal 50[51], 6). Quid ergo plus habet, qui malum
coram Deo facit? Quod continuo poenitet et dicit: Peccavi. Qui autem discedit a conspectu
Dei, nescit converti et peccatum poenitendo purgare.
1249 HLv V, 3 (338, 5-7): Si qui ergo est, qui habet fiduciam adstare in conspectu
Domini et non fugit a facie eius nec adspectum eius peccati conscientia declinat, iste in
conspectu Domini offert sacrificium.
406 Parte seconda, Capitolo settimo
consapevoli degli errori commessi, e li spinga alla confessione e alla peni-
tenza1250. Sul nesso fra rammemorare i propri peccati e confessione insi-
ste anche la IV Omelia su Isaia, che in questo contesto richiama Is 58, 9,
luogo scritturistico prediletto da Origene per indicare lesaudimento del-
lorante da parte di Dio: in questo caso si tratta del peccatore penitente
che nellatto stesso di dichiararsi colpevole pu dunque contare anche lui
sullimmediato ascolto divino1251.
Il termine tecnico per la confessione ejxomolovghsi", gi indicato
in Orat come componente strutturale nella preghiera formulata, situata a
mezzo fra il ringraziamento (eujcaristiva) e la domanda (ai[thsi"),
sebbene il vocabolo sia di per s suscettibile anche in Origene di una certa
sovrapposizione semantica con i termini doxologiva e eujcaristiva, nel sen-
so di professione di lode e ringraziamento1252. Soprattutto nelle Omelie
su Geremia, particolarmente sensibili alla presenza del peccato nelle chie-
se1253, lAlessandrino ha approfondito le modalit in cui pu darsi veritiera
confessione di colpa (con lutilizzo del sostantivo ejxomolovghsi" e del
relativo verbo ejxomologei`sqai). Nella V Omelia su Geremia, applica le
parole sul ravvedimento del popolo in Ger 3, 25 (Avvolgiamoci nella
nostra vergogna, la nostra confusione ci ricopra, perch abbiamo peccato
contro il Signore nostro Dio, noi e i nostri padri, dalla nostra giovinezza
fino ad oggi) alla situazione dei peccatori nella comunit ecclesiale. Chi
si trova ancora in una condizione di peccato non pu fare proprie le pa-
role del profeta abbiamo peccato, perch la sua confessione falsata dal

1250 HIud III, 2 (482, 10-14): Disce haec et tu, o auditor, quisque ille es, qui tibi
conscius es alicuius erroris. Et quanto tempore errasse te nosti, quanto tempore deliquisti,
tanto nihilominus tempore humilia te ipsum Deo et satisfacito ei in confessione poeni-
tentiae.
1251 HIs IV, 4 (261, 21-26): Quam bonus Deus! Quia, inquit, audio confitentem
Isaiam [...] et ego adhuc loquente eo dico: Ecce adsum (Is 58, 9).
1252 Lambivalenza semantica emerge, ad esempio, dalletimologia del nome Giu-
dea in FrIer 58 (227, 3-7): eij de; ejn aujtw/' ejsmen kata; to; kai; uJmei'" ejn ejmoiv, oijkodomhv-
swmen ejn tw/' dikaivw/ o[rei. tou'to de; poiei' ti" ejn Ioudaiva/ genovmeno", o} eJrmhneuvetai
Exomologoumevnh, tw/' qew/' ejxomologouvmeno" ta;" aJmartiva" kai; eujcaristw'n: levge ga;r
su; prw'to" ta;" ajnomiva" sou, i{na dikaiwqh/'" (Is 43, 26). Si noti che la traduzione rufinia-
na delle Omelie su Salmi 36 e 37 ha preferito conservare talora il termine tecnico. Cfr.
H36Ps I, 5 (66, 19-25): Sed et si malorum tibi conscius aliquorum fueris, noli occultare,
sed per exomologesin, revela ea Domino, et spera in eum et ipse faciet. Quid faciet? Sine
dubio sanum te faciet; H37Ps II , 1 (290, 7-8): ipse se ad exomologesin peccati sui moe-
roremque convertit. Invece in H37Ps II, 6 (310, 1-3) Rufino rende diversamente: Pro-
nuntiationem iniquitatis, id est confessionem peccati, frequentius diximus. Fr1Cor 24
richiama pi espressamente la disciplina ecclesiale della confessione e del pentimento: Qe-
rapeuevsqwsan ou\n oiJ kakw'" diavgonte" e[xw genovmenoi th'" poivmnh", ejxomologouvmenoi
kai; penqou'nte" ta; i[dia aJmarthvmata, ejn nhsteivai" kai; pevnqesi kai; klauqmoi'" kai; toi'"
paraplhsivoi" ta; th'" metanoiva" prosavgonte".
1253 In HIer XV, 3 Origene si chiede: Chi di noi ha grappoli di virt?, e in XV, 5
ribadisce lidea che ciascuno di noi debitore a causa dei peccati.
Come incenso al tuo cospetto 407
perdurare nel male. Pu dirle invece chi, avendo prima peccato, si suc-
cessivamente impegnato con cura a convertirsi, conformemente allindi-
cazione che lAlessandrino ricava da due luoghi scritturistici Dn 9, 5 Th
(Abbiamo peccato, abbiamo trasgredito) e Sal 78(79), 8 (Non ricor-
darti delle nostre colpe antiche). Perci Origene si augura che i fedeli di
Cesarea confessino a loro volta non le colpe di ieri o di tre giorni fa,
ma piuttosto si dichiarino colpevoli di colpe commesse prima dellultimo
quindicennio! Non ha senso per lui confessare le colpe di ieri, perch tale
confessione non pu ancora avere la seriet di un impegno di conversione
e penitenza maturato nel corso del tempo1254. Come in altre occasioni, in
questo stesso ciclo di omelie, si fa strada una preoccupazione di ordine
pastorale, mirante ad inculcare nei fedeli lidea, per cos dire, di un auto-
controllo pi esigente sulle proprie parole di preghiera, per non banaliz-
zarle con una pratica troppo facile e ripetitiva. In questo senso, il passo di
Ger 3, 25 offre per lAlessandrino linsegnamento sul modo migliore di
confessarsi, contrastando anche laspettativa troppo comoda di un pronto
esaudimento della richiesta a Dio di perdono per colui che ha peccato,
quando questi non si ancora rimesso dal male1255.
In questa luce lejxomolovghsi" non pu non andare di pari passo con
leffettiva conversione, grazie alla quale come dichiara la conclusione
della X Omelia su Geremia colui che si confessa pu fare proprie con
una rinnovata confidenza (parjrJhsiva) le parole della Scrittura, specie
quelle tratte dal libro dei Salmi1256. In essi il penitente trova il suo testo di
riferimento, come testimonia fra laltro la XVII Omelia su Luca che solle-
cita a rendere noti i peccati con le parole di Sal 31(32), 5 (Ti ho manife-

1254 HIer V, 10 (39, 14-25): Ouj taujtovn ejstin to; hJmavrtomen (Ger 3, 25) tw'/ aJmar-
tavnomen: oJ me;n ga;r e[ti ejn aJmartiva/ w]n mh; legevtw hJmavrtomen, oJ de; proamarthvsa", ajkri-
bw'" de; metanohvsa" legevtw hJmavrtomen, wJ" kai; ejn tw'/ Danih;l gevgraptai ejxomolovghsi"
tw'n mhkevti aJmartanovntwn legovntwn: Hmavrtomen, hjnomhvsamen (Dn 9, 5 Th), kai; ejn
Yalmoi'": Mh; mnhsqh'/" hJmw'n ajnomiw'n ajrcaivwn (Sal 78[79], 8) fhsi;n oJ profhvth". Kai;
hJmei'" ou\n ejxomologhswvmeqa ta;" aJmartiva", ei[qe mh; cqizav", ei[qe mh; triqhmerinav", ajll
ei[qe ejxomologouvmenoi ejxomologhswvmeqa peri; aJmarthmavtwn pro; pentekaivdeka ejtw'n
gegenhmevnwn, tw'/ mhkevti aJmartivan e[cein met ejkei'na ejpi; pentekaivdeka e[th: eij de; cqe;"
hJmavrtomen, ou[pw ajxiovpistoiv ejsmen ejxomologouvmenoi peri; tw'n aJmarthmavtwn hJmw'n,
oujde; cwvran e[cei ajpaleifqh'nai ta; aJmarthvmata hJmw'n tau'ta.
1255 HIer V, 10 (39, 25-40, 2): Diovti hJmavrtomen hJmei'" kai; oiJ patevre" hJmw'n ajpo;
neovthto" hJmw'n e{w" th'" hJmevra" tauvth" (Ger 3, 25) < ejkei'na me;n a[llw" lelevcqw eij" di-
daskalivan th;n peri; trovpou ajrivstou ejxomologhvsew", tau'ta dev ejstin kathgoriva tou'
ejk pollou' aJmartavnein < ajpo; neovthto" fhsi;n e{w" th'" hJmevra" tauvth", kai; oujc uJphkouv-
samen th'" fwnh'" kurivou tou' qeou' hJmw'n (Ger 3, 25): hJmavrtomen, kai; oujc uJphkouvsamen
e{w" tou' parovnto". ei\ta ejpistrevyante" kai; ajrch;n e[conte" ejpistrofh'" levgousin to;
hJmavrtomen, kai; oujc uJphkouvsamen. Oujde; ga;r a{ma tw'/ qevlein uJpakou'sai h[dh eujqevw"
uJpakouvomen: kai; ga;r e[ti crovnou dei', w{sper ejpi; tw'n traumavtwn pro;" th;n i[asin, ou{tw"
kai; ejpi; th'" ejpistrofh'", pro;" to; teleivw" kai; kaqarw'" ejpistrevyai pro;" to;n qeovn.
1256 HIer X, 8 (nota 1172).
408 Parte seconda, Capitolo settimo
stato il mio peccato, non ho tenuto nascosto il mio errore. Ho detto: Con-
fesser al Signore le mie colpe)1257. Anche nella celebre XX Omelia su
Geremia Origene si augura che ciascun fedele possa fare propria la voce
del Salmista, riconoscendo i suoi peccati ed esprimendo pentimento dopo
ogni sua caduta1258. In questa stessa omelia egli prende ad esempio la
confessione pubblica del profeta che non nasconde i suoi peccati ma al
contrario li dichiara a tutte le generazioni future non solo per criticare le
resistenze dei fedeli che si sforzano di occultarli ma anche per accusare in
chiave autocritica la propria riluttanza a fare altrettanto davanti alla pic-
cola cerchia della comunit1259. Sul modello di Geremia, lAlessandrino
si augura di poter sperimentare ugualmente dentro di s il fuoco che tri-
bola e purifica, nel momento stesso in cui si rende colpevole o pronuncia
parole di peccato1260. Egli invita anche la comunit a esaminare con cura
la propria coscienza, per verificare in che cosa abbia peccato e ricono-
scere cos la necessit della punizione, pregando nel contempo Dio di
poter partecipare di quello stesso fuoco che ardeva nel cuore del profeta
come pi tardi in quello dei discepoli di Emmaus (Lc 24, 32)1261. Anche

1257 HLc XVII, 8 (107, 23-108, 5): Unde et nos si peccaverimus, debemus dicere
[dia; tou'to kai; hJmei'" eja;n aJmarthvswmen, keleuovmeqa levgein: th;n ajnomivan ktl.]: pecca-
tum meum notum feci tibi, et iniquitatem meam non abscondi. Dixi: annuntiabo iniusti-
tiam meam contra me Domino (Sal 31[32], 5). Si enim hoc fecerimus et revelaverimus
peccata nostra non solum Deo, sed et his qui possunt mederi vulneribus nostris atque pec-
catis, delebuntur peccata nostra ab eo, qui ait: ecce, delebo ut nubem iniquitates tuas et si-
cut caliginem peccata tua (Is 44, 22). Origene si basa sullo stesso salmo in CC III, 63
(257, 11-17), a riprova della volont di conversione del peccatore: Poiva ga;r kolakeiva,
kai; poi'o" lovgo" oijktrovgoo" kata; ta;" qeiva" ginovmeno" grafav", ejpa;n oJ aJmartavnwn levgh/
ejn tai'" pro;" qeo;n eujcai'": Th;n aJmartivan mou ejgnwvrisa, kai; th;n ajnomivan mou oujk ejkav-
luya. Ei\pa: ejxagoreuvw kat ejmou' th;n ajnomivan mou tw'/ kurivw/ (Sal 31[32]. 5) kai; ta;
eJxh'" Alla; duvnatai parasth'sai o{ti oujk e[stin ejpistreptiko;n to; toiou'ton tw'n aJmar-
tanovntwn, uJpo; to;n qeo;n eJautou;" tapeinouvntwn ejn tai'" eujcai'"
1258 HIer XX , 6 (186, 23-27): wJ" ei[qe e{kasto" hJmw'n kaq e{kaston aJmavrthma
e[lege: louvsw kaq eJkavsthn nuvkta th;n klivnhn mou, ejn davkrusiv mou th;n strwmnhvn mou
brevxw (Sal 6, 7). wJ" ei[qe e{kasto" hJmw'n e[legen ejpi; toi'" ijdivoi" aJmarthvmasi klaivwn:
ejgenhvqh moi ta; davkrua a[rto" hJmevra" kai; nuktov" (Sal 41[42], 4).
1259 HIer XX, 8 (189, 19-25): Ei\ta katanovhson w{" eijsin oiJ profh'tai eujgnwvmone"
a{nqrwpoi, kai; oujk ajpokruptovmenoi ta; i{dia aJmarthvmata wJ" kai; hJmei'", kai; levgonte"
oujk ejpi; tw'n tovte movnon, ajll ejpi; pasw'n tw'n genew'n eij hJmarthvkasi. kajgw; me;n ojknw'
ejxomologhvsasqaiv mou ta; aJmarthvmata ejpi; tw'n ojlivgwn ejntau'qa, ejpei; mevllousiv mou
kataginwvskein oiJ ajkouvonte". oJ de; Ieremiva" ti paqw;n aJmarthtiko;n oujk h/jdevsqh, ajlla;
ajnevgrayen aujtou' th;n aJmartivan. Per unanalisi di questa omelia si veda Perrone 2001c;
Abbattista, 245-262.
1260 HIer XX , 8 (190, 19-21): ei[qe kajgwv, a{ma tw/' aJmarth'sai kai; eijpei'n lovgon
aJmarthtikovn, h/jsqanovmhn o{ti gevgone pu'r ejn th/' kardiva/ mou kaiovmenon kai; flegovmenon
w{ste mh; duvnasqai fevrein (Ger 20, 9).
1261 HIer XX, 9 (supra, nota 892). Anche HIs IV, 6 sfrutta il richiamo alla scena di
Emmaus (cfr. infra, nota 1292), che il predicatore riprende in chiave personale in H38Ps
I, 7 (nota 2113).
Come incenso al tuo cospetto 409
nella XVI Omelia su Genesi Origene si lascia andare ad una confessione
pubblica ergendosi ad accusatore di se stesso davanti al proprio uditorio
per lincapacit a rinunciare a tutti i suoi averi per seguire il Signore
come richiesto da Lc 14, 33 (Chiunque di voi non rinunzia a tutti i suoi
averi, non pu essere mio discepolo)1262. Al tempo stesso lAlessandrino
nella II Omelia su Salmo 37 critica con durezza come nel Commento a
Matteo latteggiamento di quei fedeli che, invece di compatire ed in-
sieme gioire per la confessione del peccatore, si sottraggono al rapporto
con questi dopo aver appreso in pubblico delle sue colpe1263.
Per la II Omelia su Levitico, lejxomolovghsi", attuata coerentemente
con il pentimento, le lacrime e la manifestazione palese delle proprie
colpe, costituisce la settima forma di remissione dei peccati. Essa viene
dopo il battesimo, il martirio, lelemosina, il perdono ai fratelli, la conver-
sione dei fratelli in errore, labbondanza della carit, ed giustificata
dallAlessandrino anche mediante il richiamo a Gc 5, 14-15, per cui la
preghiera fatta con fede salver il malato1264. Si tratta di una forma certo
assai dura e faticosa di remissione, ma grazie allimpegno di penitenza e
preghiera che richiede, essa arriva per Origene ad essere assimilata al
sacrificio (conformemente a uno spunto che troviamo pure nel Commento
al Cantico a partire da Sal 50[51], 19)1265, riproponendo cos sotto un al-
tro profilo lequivalenza fra preghiera e sacrificio che gi conosciamo
come motivo importante del corpus omiletico 1266. Da parte sua, la IV

1262 HGn XVI, 5 (142, 14-24): Contremisco haec dicens. Meus enim primo omnium,
meus, inquam, ipse accusator existo, meas condemnationes loquor. Negat Christus suum
esse discipulum, quem viderit aliquid possidentem et eum qui non renuntiat omnibus quae
possidet. [...] Nolo duplicati criminis fieri reus. Confiteor et palam, populo audiente, con-
fiteor haec scripta esse, etiamsi nondum implesse me novi.
1263 Cfr. H37Ps II, 35 e Bendinelli 2009, 417-419.
1264 HLv II, 4 (296, 17297, 3): Est adhuc et septima, licet dura et laboriosa, per
paenitentiam remissio peccatorum, cum lavat peccator in lacrimis stratum (Sal 6, 7) suum
et fiunt ei lacrimae suae panes die ac nocte (Sal 41[42], 4), cum non erubescit sacerdoti
Domini indicare peccatum et quaerere medicinam, secundum eum, qui ait: Dixi: pronun-
tiabo adversum me iniustitiam meam Domino, et tu remisisti impietatem cordis mei (Sal
31[32], 5). In quo impletur et illud, quod Iacobus Apostolus dicit: Si qui autem infirmatur,
vocet presbyteros Ecclesiae, et imponant ei manus ungentes oleo in nomine Domini. Et
oratio fidei salvabit infirmum, et si in peccatis fuerit, remittentur ei (Gc 5, 14-15).
1265 CCt II, 1, 44 (122, 23-29): Videtur enim mihi quod ultra flumina Aethiopiae
esse dicitur ille qui nimiis et superabundantibus peccatis infuscatus est et atro malitiae fuco
infectus niger et tenebrosus est redditus; et tamen ne hos quidem repellit Dominus, sed
omnes qui sacrificia contribulati spiritus et humiliati cordis (Sal 50[51], 19) offerunt Deo,
confessionis scilicet ac paenitentiae titulo ad eum conversi, non repelluntur ab eo.
1266 HLv II, 4 (297, 21-27): Si autem in amaritudine fletus tui fueris luctu, lacrimis
et lamentatione confectus, si carnem tuam maceraveris et ieiuniis ac multa abstinentia ari-
dam feceris et dixeris quia sicut frixorium confrixa sunt ossa mea (Sal 101[102], 4), tunc
sacrificium similam a sartagine vel a craticula obtuleris; et hoc modo invenieris tu verius
410 Parte seconda, Capitolo settimo
Omelia su Isaia esorta alla preghiera di confessione, dichiarandola cosa
beata, mediante il richiamo a Rm 7, 24 (Sono uno sventurato! Chi mi
liberer da questo corpo votato alla morte?), seguito subito da Rm 7, 25
(Siano rese grazie a Dio per mezzo di Ges Cristo nostro Signore!),
conformemente alluso del passo paolino nellEsortazione al martirio1267.

3.3.6. Conclusione in forma di preghiera: parenesi e dossologia

Nelle omelie di Origene il commento delle letture scritturistiche si


conclude solitamente con una dossologia, preceduta da una parenesi pi o
meno sviluppata, combinandosi talvolta con unesortazione alla preghiera,
come vediamo a titolo di esempio in lingua originale nella brevissima
chiusa della XX Omelia su Geremia1268. In tal modo lomileta coltiva
laspettativa di una risposta orante della comunit, capace di assecondare
il significato spirituale della Parola di Dio messo in luce nella predicazio-
ne e di prolungarne leco nella vita dei fedeli. Anche in questo caso non
ci si deve immaginare una tipologia troppo uniforme, perch la sollecita-
zione a pregare pu darsi in maniera assai differenziata, come ha messo
bene in luce Sheerin, vuoi traendo spunto dalla parte terminale dellome-
lia, vuoi ricapitolando i suoi temi di fondo oppure ricavando ispirazione
da passi addotti a commento della pericope, o ancora concludendo una ri-
flessione di ordine morale o insistendo ulteriormente sulla comprensione
spirituale delle Scritture1269. Senza poter ripercorrere qui sistematicamente
le conclusioni in forma di preghiera, ci sforzeremo di illustrarne le modali-
t pi tipiche, a cominciare da quelle che si riallacciano allo sviluppo finale
dellomelia. Pur essendo consapevoli dellinterrogativo critico che grava
sui testi latini della predicazione origeniana, soprattutto nella versione di

et perfectius secundum Evangelium offerre sacrificia, quae secundum legem iam offerre
non potest Istrahel.
1267 HIs IV , 3 (260, 14-21): Beatum est ergo, ut miserum (cfr. Rm 7, 24) ipse me
fatear. Si me humiliavero et paenitens super peccatis meis flevero, exaudiet me Deus et
dabit mihi liberatorem et dico: Gratias Deo per Iesum Christum Dominum nostrum! (Rm
7, 25). Verum ex corde dicamus: miser ego. Unusquisque recordetur causas miseriarum
suarum et delicta et dicamus surgentes ad orationem, memores quidem quasi confitentes,
obliti autem quasi iam non facientes, et dicamus: Miser ego, quoniam compunctus sum!
(Is 6, 5). Per lutilizzo in EM 3, cfr. supra, p. 65.
1268 HIer XX, 9 (194, 17-19): dio; ajnastavnte" th;n ajpo; qeou' bohvqeian aijthvswmen,
i{na ejn Cristw/' Ihsou' makarisqw'men, w/| hJ dovxa eij" tou;" aijwvna". Amhvn.
1269 The exhortations to prayer which conclude many of the homilies respond to
Scripture in various ways: a) most respond to the text taken up in the latter part of the hom-
ily; b) a few are general recapitulations of the entire homily; c) some respond to a spe-
cific text from outside the pericope brought in to explain, amplify, or apply the reading;
d) some prayers relate to a concluding moral reflection; and e) some are prayers for divine
aid in the growing understanding of Scripture (Sheerin, 210-211).
Come incenso al tuo cospetto 411
Rufino come abbiamo potuto verificare in precedenza , riteniamo che
nella sostanza essi siano rappresentativi del punto di vista di Origene.
In questo senso non si deve privilegiare come termine esclusivo di
paragone la testimonianza delle omelie greche (in particolare le Omelie
su Geremia). Infatti, grazie anche al confronto con le traduzioni latine di
Gerolamo, constatiamo la grande variet dei moduli espressivi a cui si
affidano le conclusioni oranti dei sermoni origeniani. In altre parole, fatta
eccezione tendenzialmente per la formula dossologica vera e propria,
fuori luogo aspettarsi una uniformit pi o meno costante. Del resto, non
sempre linvito alla preghiera distinguibile dalla parenesi di tipo mora-
le-spirituale che precede la dossologia. Inoltre, se solo in parte delle nostre
testimonianze rinveniamo lappello esplicito alla preghiera, con linvito
alla comunit perch si alzi in piedi per lorazione, ci non significa che
non fosse proprio questa verosimilmente la prassi pi comune al termine
dellomelia. Eppure, nel ciclo greco delle Omelie su Geremia abbiamo un
solo caso a questo proposito 1270, mentre in quello latino delle Omelie su
Isaia, tradotte da Gerolamo, linvito ad alzarsi abbastanza frequente e
trova conferme nelle Omelie su Luca nonch nelle versioni di Rufino,
quantunque in maniera pi occasionale1271. Analogamente, se giustifica-
to ipotizzare una preoccupazione di normalizzazione in senso trinitario ad
opera di Rufino, come sostenuto di recente da Grappone, si deve anche
prendere atto che essa risulta alquanto discontinua1272. Questo dato deve

1270 Cfr. supra, nota 1268. Unallusione si pu vedere peraltro anche nella conclu-
sione di HIer XVI, 10 (142, 26-27): ajf w|n rJuvshtai hJma'" oJ tw'n o{lwn qeov", i{n eij" dovxan
th;n ejn Cristw/' ajnastw'men, w| ejstin hJ dovxa kai; to kravto" eij" tou;" aijw'na". Amhvn.
1271 HIs I, 5; HIs III, 3; HIs IV, 3. Linvito compare anche in HLc XII , 6 (76, 16-18):
Quapropter consurgentes laudemus Dominum et fiamus pro carnali Israhel spiritalis Isra-
hel. Benedicamus omnipotenti Deo opere, cogitatione, sermone, in Christo Iesu cui est
gloria et imperium in saecula saeculorum. Amen (1Pt 4, 11); HLc XXXVI , 3 (208, 10-14):
Quae omnia cognoscentes, et quam multa sint genera regnorum, surgamus praecemurque
Deum, ut auferat a nobis regnum inimici et possimus sub regno esse Dei omnipotentis, id
est sub regno sapientiae, pacis, iustitiae, veritatis, quae cuncta in unigenito Dei Filio intel-
leguntur: cui est etc.; HLc XXXIX, 7 (222, 10-12): Quapropter surgentes oremus Deum,
ut digni simus offerre ei munera, quae nobis restituat et pro terrenis caelestia largiatur, in
Christo Iesu: cui est etc.. I luoghi corrispondenti nelle traduzioni di Rufino si trovano in
HNm XI, 9 (ut ad orationem surgimus); HNm XX, 5 (198, 21-25): Et ideo surgentes ore-
mus, ut inveniamus paratum semper istum gladium spiritus, per quem exterminentur et se-
mina ipsa et conceptacula peccatorum ac propitius nobis fiat Deus per verum Fineem ipsum
Dominum nostrum Iesum Christum, cui gloria et imperium in saecula saeculorum. Amen.
1272 Ad esempio, nelle 16 Omelie sulla Genesi, il sospetto pu indirizzarsi unica-
mente alle chiuse di HGn I, HGn II, HGn IV. Grappone 2007 ricapitola la situazione in que-
sti termini: Osservando la distribuzione delle dossologie si pu constatare come siano
stati seguiti criteri differenti a seconda delle raccolte. Troviamo infatti dossologie rivolte a
Dio o a diverse Persone della Trinit nelle omelie sul Levitico (6 casi su 16), sui Salmi (3
su 9), sui Numeri (5 su 28) e sulla Genesi (3 su 16); un caso solo tra le omelie sullEsodo.
Le dossologie delle raccolte su Giosu e Giudici sono tutte rivolte al Figlio (p. 135).
412 Parte seconda, Capitolo settimo
far riflettere e invitare ad una certa cautela chi pretenda di ricostruire la
fisionomia originaria su una base tanto screziata e problematica1273.
A riprova del raccordo istituito dalla parenesi dossologica con la parte
che la precede pi immediatamente, possiamo addurre la testimonianza
della I Omelia su Genesi1274. Linabitazione di Dio nel cuore delluomo
auspicata qui da Origene lesito conforme alla prospettiva tracciata nel
sermone. Questo, infatti, interpretando il racconto della creazione come
parabola dellesistenza spirituale, ha quale suo tema di fondo la vocazione
dei cristiani alla santit. LAlessandrino la vede peraltro come la conse-
guenza ravvicinata dellinterpretazione spirituale delle Scritture, qualora
essa sia assecondata dai fedeli con lo sforzo per accogliere in s la mente
di Cristo, in linea con il luogo-chiave paolino di 1Cor 2, 16 che sorregge
tutta lermeneutica origeniana 1275. Un altro passo biblico cruciale anche
per il discorso sulla preghiera Gv 14, 23 ispira limmagine della dimora
di Dio nelluomo: alla venuta del Figlio insieme al Padre, secondo il te-
nore originario del luogo giovanneo, il testo affianca la presenza dello Spi-
rito. Non necessario forse supporre unintegrazione in senso trinitario da
parte di Rufino, se si tiene conto del fatto che lidea dellazione preventiva
dello Spirito nel cuore delluomo per renderlo tempio adatto a ricevere
linabitazione trinitaria appare sostanzialmente coerente con lapproccio
di Origene1276. Del resto, lVIII Omelia su Geremia dichiara expressis ver-

1273 Anche laccurata indagine critica pi recente costretta a prenderne atto, pur
mantenendo il sospetto di correzioni rufiniane: Interventi pi importanti da parte di Ru-
fino sono da ricercare nelle dossologie che non si rivolgono al Figlio. Anche in questo caso
si tratta di una variante numericamente marginale, trattandosi di 18 casi contro 100; se
certamente vero che questa variazione non va attribuita pregiudizialmente al traduttore,
poich il fatto che in greco tutte le dossologie superstiti glorificano Cristo non costituisce
un argomento decisivo, si deve tuttavia pure riconoscere che la formulazione della mag-
gior parte di queste dossologie sembra effettivamente tradire lintervento rufiniano
(Grappone 2007, 130-131).
1274 HGn I, 17 (22, 4-12): Sed nos secundum apostoli Pauli sententiam attenda-
mus lectioni, ut possimus, sicut ipse ait, sensum Christi accipere et scire quae a Deo donata
sunt nobis, et quae nobis ad escam data sunt, non faciamus escas porcorum vel canum,
sed tales eas praeparemus in nobis, quibus dignum sit suscipi in hospitio cordis nostri Ver-
bum ac Filium Dei venientem cum Patre suo et volentem facere apud nos mansionem in
Spiritu sancto (cfr. Gv 14, 23), cuius prius templum per sanctitatem debemus existere. Ipsi
gloria in aeterna saecula saeculorum. Amen.
1275 Circa la fondamentale importanza di tale criterio si veda supra, pp. 58, 286
(nota 858), 334 (nota 1001), 382 (nota 1157). Cfr. anche note 796, 995.
1276 Contra Grappone 2007, 133 e Simonetti (Origene. Omelie sulla Genesi, 74 ad
loc.). Anche per HGn II, 6 Grappone ritiene che la formula per Spiritum suum sanctum
rappresenti uninserzione di Rufino. Diverso il discorso, probabilmente, per la chiusa
cos intensamente trinitaria di HGn IV , 6 (57, 17-23), dove il sospetto di una manipolazio-
ne rufiniana appare pi giustificato: Nos vero operam demus tales effici actus nostros,
talem conversationem nostram, ut digni habeamur notitia Dei, ut nos scire dignetur, ut di-
gni habeamur notitia filii eius Iesu Christi et notitia Spiritus sancti, ut agniti a Trinitate et
Come incenso al tuo cospetto 413
bis che lanima abitata (oijkoumevnh), quando essa ripiena di Dio, di
Cristo e dello Spirito, confermando fra laltro spunti analoghi che incont-
riamo pure nelle Omelie su Numeri e Giosu1277. Su questo sfondo trinita-
rio, la dossologia vera e propria che termina lesortazione e lauspicio di
preghiera indirizzata come nel modello pi comune dei sermoni di
Origene a Cristo, mediante il richiamo alla formula, in primo luogo, di
1Pt 4, 11 (perch in tutto venga glorificato Dio per mezzo di Ges Cristo,
al quale appartiene la gloria e la potenza nei secoli dei secoli. Amen!) e,
in subordine, di Eb 13, 21 (Dio vi renda perfetti in ogni bene, perch pos-
siate compiere la sua volont, operando in voi ci che a lui gradito per
mezzo di Ges Cristo, al quale sia gloria nei secoli dei secoli. Amen)1278.
Quanto alle conclusioni dossologiche che svolgono pi apertamente
una funzione di riepilogo del commento fornito dal predicatore sul testo

nos sacramentum Trinitatis plene et integre et perfecte mereamur agnoscere revelante Do-
mino Iesu Christo, cui est gloria et imperium in saecula saeculorum. Linvocazione
(ejpivklhsi") della Trinit (triav") in rapporto al rito battesimale attestata da CIo VI, 33,
166 (142, 27-143, 1): to; dia; tou' u{dato" loutrovn, suvmbolon tugcavnon kaqarsivou yuch'"
pavnta rJupv on <to;n> ajpo; kakiva" ajpoplunomevnh", oujde;n h|tton kai; kaq auJto; tw'/ ejmparev-
conti eJauto;n th'/ qeiovthti <dia;> th'" dunavmew" tw'n th'" proskunhth'" triavdo" ejpiklhv-
sewvn ejstin hJ carismavtwn qeivwn ajrch; kai; phghv ; e da Fr1Cor 34 (138) per leucarestia:
i{na de; tou;" meivzona" th'" proqevsew" lavbh/ a[rtou", ejf w}n ejpikevklhtai to; o[noma tou'
qeou' kai; tou' Cristou' kai; tou' aJgivou pneuvmato", ouj pollw/' plevon ojfeivlei ti" ei\nai
kaqarwvtero". Cfr. inoltre EM 39 (nota 775); Fr1Cor 32 (infra, nota 1322); CIo I, 15, 89
(supra, nota 850); e FrIo 20 (500, 12-14): to; me;n aijsqhtw'" eJwrakevnai qeo;n tou;" aJgivou"
a[ndra" ajduvnatovn ejsti kai; sunovlw" th;n triavda h] ta; uJpo; tauvthn nohth;n u{parxin e[con-
ta; FrPs 60 (61), 3 (PG 12, 1481C). Sulluso di Gv 14, 23 (alluso anche in HIos XXIV, 3),
si veda supra, note 552, 642, 653, 684, 1274.
1277 Cfr. supra, nota 552. Formulazioni trinitarie caratterizzano significativamente
la preghiera conclusiva di HNm XXII, 4 (219, 3-9): Oremus ergo, ut Iesus regnet super
nos et cesset terra nostra a bellis, cesset ab impugnationibus carnalium desideriorum; et
cum ista cessaverint, tunc unusquisque requiescet sub vite sua et sub ficu sua et sub oliva
sua. Sub velamento enim Patris et Filii et Spiritus sancti requiescet anima, quae pacem in
se recuperaverit carnis ac spiritus. Ipsi aeterno Deo gloria in saecula saeculorum. Amen;
e HIos XV, 7 (393, 10-20): Si enim consideres te, qui venisti ad Iesum et ab eo per bapti-
smi gratiam remissionem consecutus es peccatorum, et iam in te non pugnat caro adver-
sus spiritum et spiritus adversus carnem, cessavit terra tua a bellis, si tamen mortem Iesu
Christi in corpore tuo circumferas, ita ut cessantibus in te omnibus proeliis efficiaris paci-
ficus et filius Dei voceris. Sed hoc fiet, posteaquam bella transegeris et adversarios vice-
ris. Tunc tibi dabitur requies, ut requiescas sub vite tua, qui est Christus Iesus, et sub ficu
tua, qui est Spiritus sanctus, ut ita gratias referas Deo patri omnipotenti in ipso Christo
Iesu Domino nostro, cui est gloria et imperium in s.s.A..
1278 Si riallaccia alla parte conclusiva anche HIer V , 17. Cfr. inoltre HLv XV , 3
(491, 16-21), con una riflessione diretta a chi costruisce sul peccato: Hoc si forte incur-
rerit aliquis, quod absit, cito redimat, cito reparet, dum tempus est reparandi, dum paeni-
tentiae locus est, deprecantes in commune, ne aeternae domus habitatione fraudemur, sed
digni habemaur recipi in aeterna tabernacula (cfr. Lc 16, 9), per Christum Dominum
nostrum, cui est gloria etc..
414 Parte seconda, Capitolo settimo
scritturistico, ne abbiamo un esempio caratteristico nella chiusa della
I Omelia su Geremia. Origene si ricollega nuovamente alla vocazione del
profeta secondo il duplice registro, in negativo e in positivo, tracciato da
Ger 1, 10 (Ecco, oggi ti costituisco sopra i popoli e sopra i regni per sra-
dicare e demolire, per distruggere e abbattere, per edificare e piantare).
Alla funzione critica e distruttiva delle parole divine nei confronti delle
condotte malvage fa seguito quella rigeneratrice e costruttiva, conforme-
mente allidea costitutiva, per lAlessandrino, circa lagire provvidenziale
di Dio, il quale volge ogni cosa al bene. La prospettiva che egli disegna
per la comunit di nuovo quella del tempio di Dio nel cuore delluomo,
contrapposta al tempio degli idoli, senza tuttavia riproporre direttamente
il motivo dellinabitazione in chiave trinitaria come nella conclusione
della I Omelia su Genesi. Infatti il testo, forse anche sullonda del richia-
mo alla gloria di Dio nel tempio edificato a sua dimora, trapassa alla
formula dossologica in Cristo Ges 1279. Qui il riferimento sembrerebbe
essere di natura binitaria, anche se il rapporto con il Padre non viene fatto
oggetto di una formulazione esplicita, diversamente da quanto riscon-
triamo altrove in questo stesso ciclo di omelie: ad esempio, nella chiusa
della IV Omelia, che invita a glorificare Dio onnipotente nello stesso
Cristo Ges1280; tuttavia, in esse troviamo in prevalenza svariate clau-
sole dossologiche che si limitano a menzionare unicamente il Figlio, la-
sciando cos inespressa la correlazione Cristo-Padre, anche se presumi-
bilmente sempre implicita nelle formulazioni origeniane1281. Tornando

1279 HIer I, 16 (16, 4-12): Ara a[rti ejn toi'" legomevnoi" oujk e[sti duvnami", < ejan ; oJ
qeo;" didw'/ kata; to; kuvrio" dwvsei rJh'ma toi'" eujaggelizomevnoi" dunavmei pollh'/ (Sal 67-
[68], 12), < duvnami" ejkrizou'sa, ei[ ti" ajpistiva, ei[ ti" uJpovkrisi", ei[ ti" ponhriva, ei[ ti"
ajkolasiva oujk e[sti kataskavptousa, ei[ pou eijdwlei'on wj/kodovmhtai eij" th;n kardivan
i{na ejkeivnou kataskafevnto" oijkodomhqh'/ nao;" tou' qeou', kai; dovxa tou' qeou' euJreqh'/ ejn
tw'/ ajnoikodomhqevnti naw'/, kai; gevnhtai oujk a[lso" (cfr. Ger 33, 18), ajlla; futeiva < pa-
ravdeiso" tou' qeou', < o{pou oJ nao;" tou' qeou', ejn Cristw'/ Ihsou': w|/ ejstin hJ dovxa kai; to;
kravto" eij" tou;" aijw'na" tw'n aijwvnwn. Amhvn.
1280 HIer IV , 6 (30, 1-3): kai; genhvsontai miva poivmnh, ei|" poimh;n (Gv 10, 16) di-
davskwn doxavzein to;n pantokravtora qeo;n ejn aujtw'/ tw'/ Cristw'/ Ihsou', w|/ hJ dovxa kai; to;
kravto" eij" tou;" aijw'na" tw'n aijwvnwn. Amhvn. Si concludono in maniera analoga, impli-
cando cio il binomio Padre Figlio, HIer V, 17 (47, 18-19): doxavzein to;n rJuovmenovn se
qeo;n ejn Cristw'/ Ihsou', w|/ ejstin hJ dovxa ktl.; HIer VI, 3 (51, 9-12): parakalevswmen ajpo;
tou' qeou' labei'n au[xonto" tou' lovgou ejn hJmi'n aJdrovthta kai; megaleiovthta ejn Cristw'/
Ihsou', i{na ajkou'sai tw'n iJerw'n kai; aJgivwn lovgwn dunhqw'men, w|/ hJ dovxa ktl.; HIer IX, 4
(70, 24-28): kai; ajei; genna'tai oJ swth;r uJpo; tou' patrov", ou{tw" kai; su; eja;n e[ch/" to; th'"
uiJoqesiva" pneu'ma (Rm 8, 15), ajei; genna'/ se ejn aujtw'/ oJ qeo;" kaq e{kaston e[rgon, kaq
e{kaston dianovhma, kai; gennwvmeno" ou{tw" givnh/ ajei; gennwvmeno" uiJo;" qeou' ejn Cristw'/
Ihsou': w|/ ejstin hJ dovxa ktl.; HIer XVI , 10 (nota 1270); HIer XX, 9 (supra, nota 1268).
1281 Cfr. HIer II, 3 (20, 7-9): kai; eJtoimavsante" eij" th;n e[xodon ta; e[rga hJmw'n
ejxelqovnte" ejn aujtoi'" toi'" ajgaqoi'" paralhfqh'nai kai; ejn Cristw'/ Ihsou' swqh'nai, w|/
ejstin hJ dovxa ktl.; HIer VIII, 9 (63, 6-11): Kai; pavnta ta; ejnantiva oJ swthvr mou kai; kuv-
rio" ajneivlhfen, i{na toi'" ejnantivoi" luvsh/ ta; ejnantiva, kai; hJmei'" ijscuropoihqw'men ajpo;
Come incenso al tuo cospetto 415
alla IV Omelia su Geremia, lepilogo dossologico offre una ricapitolazio-
ne dei temi sviluppati dal predicatore sulla pericope commentata, unen-
dovi la raccomandazione a fare tesoro delle lettura per la vita e prospettan-
do nuovamente lesito della salvezza finale per la chiesa dei gentili e per
Israele1282. Anche la parenesi finale della XI Omelia su Ezechiele intreccia
linvocazione allaiuto di Dio per la saldezza della chiesa con il richiamo
ai contenuti della pericope in oggetto1283.

th'" ajsqeneiva" Ihsou' kai; sofisqw'men ajpo; tou' mwrou' tou' qeou' kai; eijsacqevnte" ejn
touvtoi" dunhqw'men ajnabh'nai ejpi; th;n sofivan, ejpi; th;n ijscu;n tou' qeou', Cristo;n Ihsou'n,
w|/ ejstin hJ dovxa ktl.; HIer X, 8 (78, 21-25): Exomologhswvmeqa peri; tw'n paraptwmavtwn
metanoou'nte", kai; toi'" qhrivoi" ouj paradoqhsovmeqa, ajll ajggevloi" aJgivoi" tiqhnoi'"
ejsomevnoi", ejpi; kovlpwn bastavzousin, metabibavzousin hJma'" ajpo; tou' aijw'no" touvtou ejpi;
to;n mevllonta ejn Cristw'/ Ihsou', w|/ ejstin to; kravto" ktl.; HIer XII , 12 (101, 18-22): dia;
tou'to prosevcwmen eJautoi'" pavnta pravttonte", i{na oJshmevrai tou'to to; poivmnion tou'
qeou' beltiw'tai, uJgiavzhtai, qerapeuvhtai, kai; pa'sa suntribh; ajposth/' ajpo; tw'n yucw'n
hJmw'n, i{na ejn Cristw/' Ihsou' teleiwqw'men, w|/ ejstin hJ dovxa ktl.; XIII, 3 (105, 20-24): eij
bouvlei mh; sumparalhfqh'nai Sodomivtai", mhvpote eij" ta; ojpivsw strafh/'" mhde; sth/'" ejn
th/' pericwvrw/ Sodovmwn mhde; ajllacou' gevnh/ h] eij" to; o[ro": ejkei' gavr ejsti movnon swqh'-
nai. e[sti de; to; o[ro" kuvrio" Ihsou'", w|/ ejstin hJ dovxa ktl.; HIer XV, 6 (131, 5-8): ejp oujdev-
na a[nqrwpon ejlpivzomen, ka]n dokw'sin hJmw'n ei\nai fivloi: ouj ga;r ejp aujtou;" ajll ejpi;
kuvrion hJmw'n ejlpivzomen, o{" ejsti Cristo;" Ihsou'", w|/ ejstin hJ dovxa ktl.; HIer XVII, 6 (su-
pra, nota 1112); HIer XIX, 15 (176, 3-6): w|n pavntwn mhdamw'" peiraqeivhmen, ajlla; ejn
Cristw/' Ihsou' teleiouvmenoi dikaiwqeivhmen ajxivw" tw'n eJortw'n tw'n ejpouranivwn kai;
<tou'> pavsca tou' ejkei' ejpi; th;n ajnagwgh;n ejn Cristw/' Ihsou', w/| ejstin hJ dovxa ktl. Sem-
brano da ricondursi a questa tipologia anche HIer VII, 3 (54, 31-35): Eij ga;r proskunhvsa"
ti" ta; ei[dwla ejn th'/ gh'/ th'/ aJgiva/ ajpelhvluqen eij" th;n gh'n th;n ajllotrivan, proskunhvsa"
ti" to;n qeo;n ejn th'/ gh'/ th'/ ajllotriva/ ajpeleuvsetai ejpi; th;n gh'n th;n aJgivan ejn Cristw'/
Ihsou', w|/ hJ dovxa ktl.; HIer XI , 5 (85, 7-12): Tou'to to; perivzwma hJ ejkklhsiva ejsti;n hJ ajpo;
tw'n ejqnw'n: h{ti" i[stw o{ti eij tw'n protevrwn oujk ejfeivsato oJ qeov", povsw/ plevon oujde;
aujth'" aJmartanouvsh" feivsetai (cfr. Rm 11, 21.24), eja;n mh; h\/ ajxiva th'" ojsfuvo" tou' qeou':
oJ de; kollwvmeno" tw'/ kurivw/ e}n pneu'mav ejstin (1Cor 6, 17) ejn Cristw'/ Ihsou', w|/ ejstin hJ
dovxa ktl.; HIer XIV , 18.
1282 HIer IV, 6 (29, 22-): H ou\n ajlhqw'" ejpistrofhv ejstin ajnagnw'nai ta; palaiav,
eijdevnai tou;" dikaiwqevnta", mimhvsasqai aujtouv", ajnagnw'nai ejkei'na, ijdei'n tou;" mem-
fqevnta", fulavxasqai peripesei'n tai'" mevmyesin ejkeivnai", ajnagnw'nai ta; bibliva th'"
kainh'" diaqhvkh", tw'n ajpostovlwn tou;" lovgou", meta; to; ajnagnw'nai gravyai tau'ta
pavnta eij" th;n kardivan, biw'sai kat aujtav, i{na mh; kai; hJmi'n doqh'/ biblivon ajpostasivou,
ajlla; dunhqw'men h{kein ejpi; th;n klhronomivan th;n aJgivan, kai; meta; tou' plhrwvmato"
tw'n ejqnw'n swqevnto" dunhqh'/ tovte oJ Israh;l eijselqei'n: eja;n ga;r to; plhvrwma tw'n ejqnw'n
eijsevlqh/, tovte pa'" Israh;l swqhvsetai (Rm 11, 25-26).
1283 HEz XI, 5 (432, 1-21): Absit autem a temporibus nostris, ut de summis cedri,
id est de principibus et de regio semine in Chanaan transferat. Oremus ne fiat quod saepe
factum est [...]. Quapropter diebus et noctibus tam pro nobis quam pro fratribus nostris
Dei imploremus auxilium, ne quis de Hierusalem transferatur in Chanaan, ne sententia
eius deserta a voluntate illius ad aliam tendamus aquilam et veniat super nos ira maior et
putrescat universa plantatio et fructus pariter cum radicibus arescat. Plantatio quippe Hie-
rusalem non potest in alia terra afferre fructus, non facit palmites in finibus alienis, sed
statim cum gleba sua siccatur, si non perseveraverit in voluntate Dei et in ecclesia eius, id
est in factis et sermonibus et scientia veritatis Christi Iesu, cui est gloria etc..
416 Parte seconda, Capitolo settimo
In altri casi il richiamo ai temi affrontati nel sermone pu darsi in for-
ma succinta, coniugandosi pi in generale con lesortazione a tradurre la
Parola commentata nella vita. quanto avviene, per esempio, al termine
della II Omelia su Genesi, dedicata alla spiegazione dellarca di No, dove
Origene invita a pregare Dio onnipotente, affinch egli faccia degli udi-
tori anche degli operatori del suo verbo, mandando lacqua benefica
del diluvio, distruttore e vivificatore, sulle anime dei fedeli1284. Di natura
simile anche la chiusa parenetica della I Omelia su Levitico, che tratta in
chiave spirituale e cristologica largomento dei sacrifici, con particolare
attenzione allolocausto (Lv 1, 1-9), mediante linvito a essere perfetti a so-
miglianza del sacrificio di Cristo1285. A sua volta, la V Omelia su Levitico,
dopo aver illustrato le diverse tipologie di riti sacrificali in Lv 5, riprende
lidea della partecipazione al sacrificio divino di Cristo come auspicio
di preghiera per lomileta e la comunit, in rapporto alla purezza del cuo-
re e alla rettitudine delle opere1286. Invece, nella XIII Omelia su Leviti-
co, il predicatore ricapitola per gli ascoltatori le pericopi che ha commen-
tato successivamente, esortandoli ad impegnarsi onde ricevere il dono del-
lo Spirito nella propria anima, divenuta ormai un luogo santo1287. Anche

1284 HGn II, 6 (38, 2739, 2): Omnipotentis tamen Dei misericordiam deprecemur,
qui nos non solum auditores verbi sui faciat, sed et factores, et inducat super nostras quo-
que animas diluvium aquae suae et deleat in nobis quae scit esse delenda, et vivificet quae
iudicat esse vivificanda, per Christum Dominum nostrum et per Spiritum suum sanctum.
Ipsi gloria in aeterna saecula saeculorum. Amen (si noti laffinit della formulazione
eucologica con HIos XVII, 3 [nota 1143]). Sui dubbi relativi allinserimento dello Spirito
si veda supra, nota 1276.
1285 HLv I, 5 (288, 14-20): Et ideo qui haec legimus vel audimus, in utramque par-
tem operam demus casti esse corpore, recti mente, mundi corde, moribus emendati, profi-
cere in operibus, vigilare in scientia, fide et actibus, gestis et intellectibus esse perfecti, ut
ad similitudinem hostiae Christi conformari mereamur per ipsum Dominum nostrum Ie-
sum Christum, per quem Deo Patri omnipotenti cum Spiritu sancto est gloria et imperium
in saecula saeculorum. Amen (cfr. 1Pt 4, 11).
1286 HLv V, 12 (358, 10-17): Haec licet in excessu quodam, necessario tamen ad-
dita videntur, ut mysterium pectusculi impositionis et bracchii separationis (cfr. Lv 7, 24)
quare scriptum sit, disceremus; quae est aeterna portio sacerdotibus data, in qua dignos
nos facere dignetur, ut pro cordis puritate et operum probitate in divino sacrificio habere
participium mereamur, per aeternum pontificem Dominum et Salvatorem nostrum Iesum
Christum, per quem est Deo Patri cum Spiritu sancto gloria et imperium in saecula saecu-
lorum. Amen (cfr. 1Pt 4, 11).
1287 HLv XIII, 6 (477, 29-478, 8): Si ergo intelleximus primo quomodo Deus lo-
quatur ad Moysen et Moyses filiis Istrahel (cfr. Lv 24, 1), secundo etiam rationem cande-
labri mundi et lucernarum atque olei eius (cfr. Lv 24, 4), tertio quoque panes propositio-
nis ex duabus decimis singulis quosque confectos (cfr. Lv 24, 5) secundum voluntatem
Spiritus intelleximus: demus operam, quomodo et nos hoc tanto et tam sublimi intellectu
non efficiamur indigni, sed ut anima nostra prius fiat locus sanctus et in loco sancto ca-
piamus sancta mysteria per gratiam Spiritus sancti, ex quo sanctificatur omne quod sanc-
tum est. Ipsi gloria etc.. Sulla particolarit di questa conclusione che sembra applicare
allo Spirito la dossologia abitualmente rivolta al Cristo, cfr. Grappone 2007, 131.
Come incenso al tuo cospetto 417
nelle Omelie su Giosu o nelle Omelie su Giudici Origene procede spesso
allo stesso modo: basti richiamare la finale della V Omelia su Giosu, dove
egli sfrutta il motivo della seconda circoncisione, quella operata in Cri-
sto, per esortare a glorificare Dio in Ges Cristo, con le preghiere e con
le opere 1288. Vediamo il predicatore fare altrettanto anche nella XXI Ome-
lia su Luca, che ricapitola il commento al messaggio di Giovanni Battista
(Lc 3, 1-4) invitando a preparare una strada per la venuta del Verbo, cos
che egli possa camminare su di essa e svelare i suoi misteri1289.
A questa tipologia possono in parte ricondursi le conclusioni che tra-
passano dalla spiegazione delle letture alla parenesi orante sfruttando altri
luoghi biblici a sostegno di essa, come vediamo dalla conclusione della
XIV Omelia su Geremia: qui il predicatore ricapitola i temi della conver-
sione e della restaurazione salvifica alla luce di At 3, 21 (Egli deves-
ser accolto in cielo fino ai tempi della restaurazione di tutte le cose, come
ha detto Dio fin dallantichit, per bocca dei suoi santi profeti)1290. No-
tiamo ancora lo stesso modo di procedere, per esempio, nella chiusa della
V Omelia su Numeri, che formula unintenzione di preghiera basandosi su
Sal 90(91), o in quella della IX Omelia su Giosu, che da parte sua si ispira
a 1Esd 4 1291. In maniera analoga, la IV Omelia su Isaia sfrutta il richiamo

1288 HIos V, 6 (320, 24-321, 4): Ideo ergo, ut in nobis vere secunda circumcisio
compleatur, per quam vetera Aegypti opprobria deponamus, ab his omnibus segregati
prorsus esse debemus, ut purificati corpore et corde puras etiam manus levemus (cfr. 1Tm
2,8), puro quoque ore et purgatis labiis ac mente sincera precibus et actibus glorificemus
Deum in Christo Iesu Domino nostro, cuius est potestas et imperium in s.s.A.. Cfr. inol-
tre HIos VI, 4; XXVI, 3 (463, 6-12): Translata est enim ad gentes gratia Spiritus sancti,
translatae sunt sollemnitates ad nos, quia transiit ad nos et pontifex non imaginarius, sed
verus, secundum ordinem Melchisedec electus; et necesse est eum veras hostias, id est spi-
rituales, offerre apud nos, ubi aedificatur templum Dei ex lapidibus vivis, quae est ecclesia
Dei viventis, et ubi est verus Istrahel, in Christo Iesu Domino nostro, cui est gloria et im-
perium in s.s.A.. Per esempi dalle Omelie su Giudici si veda HIud II, 5; HIud III, 6; VI, 6.
1289 HLc XXI, 7 (131, 13-15): Praepara viam Domino per conversationem bonam,
et egregiis operibus tere semitam, ut absque offensa ulla deambulet in te Verbum Dei et
donet tibi mysteriorum suorum adventusque notitiam: cui est gloria etc..
1290 HIer XIV, 18 (124, 27-125, 6): levgei ou\n ejnqavde pro;" hJma'" tou;" ajpostrevyan-
ta" o{ti, eja;n ejpistrevywmen, ajpokatasthvsei hJma'". kai; ga;r to; tevlo" th'" ejpaggeliva"
toiou'tovn ejstin, wJ" ejn tai'" Pravxesi tw'n ajpostovlwn gevgraptai ejn tw/' a[cri crovnwn ajpo-
katastavsew" pavntwn w|n ejlavlhsen oJ qeo;" dia; stovmato" tw'n aJgivwn aujtou' ajp aijw'no"
profhtw'n ejn Cristw/' Ihsou', w/| ejstin hJ dovxa ktl.
1291 HNm V, 3 (30, 23-28): Nobis autem concedat Dominus, ut a talibus operariis
portati et sublevati liberemur et defendamur a sagitta volante in tenebris et a ruina et dae-
monio meridiano, ne forte offendamus ad lapidem pedem nostrum (Sal 90[91], 5-6.12),
usque quo veniamus ad locum repromissionis sanctorum, per Christum Dominum nostrum,
cui est honor et imperium in saecula saeculorum. Amen; HIos IX, 9 (357, 11-15): Illo
etenim duce semper vincent milites sui, ita ut et nos dicamus, sicut in Esdra scriptum est,
quia: a te, Domine, est victoria, et ego tuus servus; benedictus es Deus veritatis (1Esd 4,
59-60). Quem semper et nos invocemus, ut det nobis victoriam in Christo Iesu Domino
418 Parte seconda, Capitolo settimo
alla scena evangelica di Emmaus (Lc 24, 32) per auspicare che il fuoco
purificatore di Dio bruci le anime e si possa rendergli grazie in Cristo di
essere fatti interamente puri grazie ad esso1292. Rientra nella medesima
tipologia anche lVIII Omelia su Ezechiele: essa, pur essendo interamente
dedicata a commentare limmagine di Gerusalemme prostituta in Ez 16,
30-33, sfrutta in special modo per la sua conclusione il v. 33 (Ad ogni
prostituta si d un compenso, ma tu hai dato il compenso a tutti i tuoi aman-
ti e hai distribuito loro doni perch da ogni parte venissero da te per le tue
prostituzioni) associandolo ad unallusione a Ct 1, 11, che consente al
predicatore di esortare i fedeli perch invitino il Logos sposo1293.
In molti altri sermoni la preghiera che accompagna la parenesi finale
con la dossologia insiste unicamente sulla domanda dellinterpretazione
spirituale delle Scritture e/o di una vita cristiana che si attenga ad essa, in-
dirizzando perlopi tale richiesta al Signore, cio a Ges Cristo, ma oc-
casionalmente anche a Dio, non diversamente da quanto abbiamo visto a
proposito delle preghiere che precedono o accompagnano lesegesi delle
letture bibliche. Cos, mentre la II Omelia su Geremia, con unesortazione
rappresentativa del binomio esegesi vita spirituale, sollecita a deposita-
re nel proprio cuore le parole delle Scritture e a vivere secondo esse1294,

nostro, cui est gloria et imperium s.s.A.. Cfr. inoltre HNm VII, 6 (48, 22-28): Unde hoc
magis agamus, ut nobis augescentibus illi minuantur, nobis ingredientibus illi pellantur;
nobis adscendentibus illi cadant; sicut ille cecidit, de quo dicit Dominus in Evangelio:
ecce, vidi Satanan sicut fulgur cadentem de coelo (Lc 10, 18), ut illis inde proiectis
introducat nos illuc Dominus Iesus et percipere regnum suum coelestem concedat. Ipsi
gloria in aeterna saecula saeculorum! Amen.
1292 HIs IV, 6 (262, 22-27): Ci morda la parola divina, bruci le nostre anime, di-
ciamo nellascoltare: Non ardeva forse in noi il nostro cuore? (Lc 24, 32). Siano tolti
cos le nostre iniquit e i nostri peccati e, divenuti puri, con bocca pura, e cuore puro, e
coscienza totalmente pura, rendiamo grazie a Dio onnipotente, in Cristo Ges, cui appar-
tengono la gloria e il potere nei secoli dei secoli. Amen! (gratias agamus omnipotenti Deo
in Christo Jesu) (tr. Danieli, 108). Per altri esempi analoghi, si veda HEz VII, 10 (400,
8-12): Qui vero tripliciter castus est, iste ab Apostolo meretur audire: Deus autem pacis
sanctificet vos per omnia, et integrum spiritum vestrum et animam et corpus sine querela
in adventu Domini nostri Iesu Christi servet (1Ts 5, 23), cui est gloria etc..
1293 HEz VIII, 3 (405, 4-10): Quae discentes omni custodia servemus cor nostrum,
et attendamus ne quando ea quae viri sunt tradantur amatoribus malis; quin potius invite-
mus Sponsum sermonem et veritatem, ut nobis faciat ornamenta aurea variis expressa si-
gnis per varia praecepta et ornati effecti praeparemur viro nostro Christo Iesu, cui est glo-
ria etc..
1294 HIer II, 3 (20, 3-9): Dia; tou'to touvtwn legomevnwn, o{sh duvnami" sunagagovnte"
tou;" lovgou" tou;" tw'n grafw'n, eij" th;n kardivan ajpotiqwvmeqa aujtou;" kai; kat aujtou;"
peiraqw'men zh'n, eja;n a[ra dunhqw'men pro; th'" ejxovdou kaqaroi; genevsqai, kai; eJtoimav-
sante" eij" th;n e[xodon ta; e[rga hJmw'n ejxelqovnte" ejn aujtoi'" toi'" ajgaqoi'" paralhfqh'nai
kai; ejn Cristw'/ Ihsou' swqh'nai, w|/ ejstin hJ dovxa ktl. Anche in HIer IV, 6 (supra, nota
1282) Origene raccomanda di leggere i libri del Nuovo Testamento, le parole degli apo-
stoli, e trascriverle tutte nel proprio cuore.
Come incenso al tuo cospetto 419
la VI Omelia su Levitico, che ha per argomento linterpretazione delle
vesti del sommo sacerdote e dei sacerdoti, alludendo al frequente motivo
della Legge spirituale tratto da Rm 7, 14, si augura che la comprensione
delle Scritture e la condotta di vita siano entrambe illuminate dalla grazia
dello Spirito:
Perci noi, meditando tali cose, richiamandole alla memoria giorno e notte (cfr.
Sal 1,2), intenti alla preghiera e vigilando in essa, preghiamo il Signore che si
degni di rivelarci la scienza delle cose che leggiamo e di mostrarci come osser-
vare la Legge spirituale (cfr. Rm 7, 14) non solo nellintelligenza ma anche nelle
azioni, affinch meritiamo di conseguire la grazia spirituale, illuminati per mezzo
della legge dello Spirito santo, in Cristo Ges nostro Signore al quale la gloria
e limpero nei secoli dei secoli. Amen (1Pt 4, 11; Ap 1, 6)1295.

Concludendo nella XVI Omelia su Numeri la spiegazione della se-


conda profezia di Balaam, Origene esorta ancora a pregare per poter
giungere a comprendere anche il seguito del racconto biblico come testo
ispirato dallo Spirito santo, conformemente al dettame ermeneutico di
Paolo in 1Cor 2, 13, altro testo-chiave per linterpretazione biblica del-
lAlessandrino1296. Lattesa per lintelligenza spirituale del testo sacro si
estende anche al Nuovo Testamento, dal momento che la ritroviamo, per
esempio, nella I Omelia su Luca come auspicio per capire le parole del
Vangelo grazie allaiuto di Dio e del Verbo1297. Anche altri sermoni di
questo ciclo insistono su tale esigenza, fra laltro anticipando con un auspi-
cio di preghiera non diversamente da quel che avviene nella XVI Omelia
su Numeri linterpretazione in senso spirituale del seguito del racconto
evangelico 1298. Invece, la parenesi che termina la X Omelia su Ezechiele

1295 HLv VI, 6 (370, 4-11): Et ideo nos in his meditantes et haec die ac nocte ad
memoriam revocantes et orationi instantes ac vigilantes in ea deprecemur Dominum, ut
nobis ipse horum, quae legimus, scientiam revelare dignetur et ostendere, quomodo spirita-
lem legem non solum in intelligentia, sed et in actibus observemus, ut et spiritalem gratiam
consequi mereamur illuminati per legem Spiritus sancti, in Christo Iesu Domino nostro,
cui est gloria et imperium in saecula saeculorum. Amen (tr. Danieli, 145).
1296 HNm XVI, 9 (153, 1-8): Haec interim de secunda visione Balaam dicta suffi-
ciant. Oremus autem Dominum, ut nobis etiam ad cetera, quae ab eo prophetata sunt, intel-
ligenda lucidiores quosque et veritati proximos sensus aperire dignetur, ut in spiritu consi-
derantes, quae per spiritum scripta sunt, et spiritalibus spiritalia comparantes (1Cor 2, 13)
digne Deo et sancto Spiritu, qui haec inspiravit, quae scripta sunt explicemus, in Christo
Iesu Domino nostro, cui gloria et imperium in saecula saeculorum. Amen.
1297 HLc I, 6 (10, 8-11, 10): Kai; w{sper gevgraptai ejpi; tou' laou' ejxercomevnou ejk
th'" Aijguvptou, o{ti oujk h\n ejn tai'" fulai'" aujtw'n oJ ajsqenw'n (Sal 104[105], 37), ou{tw"
ei[poimi a]n, o{ti pa'" qeovfilo" kravtistov" (cfr. Lc 1, 3) ejstin e[cwn to; kravto" kai; th;n duv-
namin th;n ajpo; tou' qeou' kai; tou' lovgou aujtou': kai; ou{tw" ejpignwvsetaiv ti", peri; w|n
kathchvqh lovgwn th;n ajsfavleian (Lc 1, 4), sunei;" to;n lovgon tou' eujaggelivou.
1298 Cfr. HLc VII, 8 (46, 23-26): Quae quam habeant interpretationem, si conces-
serit Dominus, ut rursus in ecclesiam congregemur, ut festivi veniatis ad domum Dei, et
420 Parte seconda, Capitolo settimo
invita a pregare Dio con tutto il cuore per resistere nel tempo della pro-
va e testimoniare lamore che abbiamo per Dio in Cristo1299. Di natu-
ra prevalentemente morale sono anche le conclusioni dossologiche delle
Omelie su Salmi 36-38, conformemente alla loro preoccupazione domi-
nante, come vediamo fin dalla prima di esse1300.
Se tale il quadro, piuttosto composito, dellesito parenetico-dossolo-
gico nei sermoni origeniani, passando adesso ad esaminare pi da vicino
il suo secondo elemento cio la dossologia vera e propria notiamo ten-
denzialmente una maggiore uniformit. vero che Crouzel, utilizzando
specialmente quale termine di confronto il testo greco delle Omelie su
Geremia, ha osservato a suo tempo la notevole variet delle formulazioni
dossologiche che compaiono nei sermoni tradotti da Rufino, ritenendo che
traessero ispirazione da quelle in uso nella chiesa di Aquileia1301. Tutta-
via, la pi recente indagine di Grappone ha ricondotto queste diversit ap-
parenti ad ununica formula 1302. Basandosi anchegli sulle Omelie su Ge-

divinae lectioni praebeatis aures, quaeremus, ventilabimus, disseremus in Christo Iesu: cui
est gloria etc.; HLc IX, 4 (57, 1-7): et prophetavit ea quae scripta sunt in evangelio, de
quibus praebente Domino Iesu Christo, cum tempus fuerit, disseremus: cui est gloria etc..
1299 HEz X, 5 (423, 8-19): Idcirco, quia ignominia et confusio aeterna nobis repo-
sita est si peccaverimus, omni corde precemur Deum, ut det nobis usque ad finem et animi
et corporis nisu pro veritate contendere, ut, etiamsi aliquod tempus institerit quod nostram
examinet fidem [...], etiamsi persecutio eruperit, inveniat nos praeparatos [...], ut, cum
flaverint venti diaboli, id est spiritus pessimi, opera nostra persistant quae usque ad hanc
diem perstiterunt, si tamen non sunt occulte subruta, et in expeditionis accinctu manife-
stemus caritatem nostram, quam habemus ad Deum in Christo Iesu, cui est gloria etc..
Sul contesto esegetico pi ampio di HEz X si veda Bucchi, 92: Nella parenesi finale di
questultima omelia dedicata a Ez 16, le citazioni di Sap 3, 6 e Mt 7, 25s. sono utilizzate
proprio nel senso di ricondurre alluomo tutta la responsabilit della scelta tra bene e male,
lasciando intatto il valore del libero arbitrio, che non poteva in alcun modo essere sacrifi-
cato, nella cosmologia di Origene, dalla dottrina dellapocatastasi.
1300 H36Ps I, 6 (68, 2770, 4): Quae scientes ita futura, deprecemur misericor-
diam Dei ut concedat nobis tales fieri qui digni habeamur, quorum Deus ipse lucen iusti-
tiae producat in medium ut iudicium nostrum sicut meridiem clarum et lucidum, habens
lucem veram in se, ipsum Dominum nostrum, cui est gloria etc.; H37Ps II, 9 (320, 20-
27): Et nos ergo oremus et dicamus: attende in adiutorium meum, quoniam grandis est
pugna et potentes sunt adversarii. Infestus est hostis, invisibilis inimicus per istos visibi-
les impugnat. Attende ergo in adiutorium nostrum Domine Deus noster et adiuva nos per
sanctum filium tuum Dominum nostrum Iesum Christum, per quem omnes nos redemisti,
per quem tibi gloria etc.. Cfr. inoltre H36Ps II, 8; H36Ps III, 12; H36Ps V, 7. Di tenore
simile sono anche HLc II, 7; HLc XVI, 10.
1301 Cfr. Crouzel 1980. Lanalogia con le dossologie che compaiono nei Tractatus
in Matthaeum di Cromazio di Aquileia ha spinto lo studioso a ritenere che Rufino ne ab-
bia trascritto di analoghe per le sue versioni.
1302 Traducendo le dossologie ci possiamo rendere conto come sostanzialmente si
tratti di ununica formula, la cui sola variante di rilievo consiste nel fatto che pu conte-
nere uno o due attributi della divinit: Sono suoi la gloria e il potere in eterno, oppure
sua la gloria in eterno (Grappone 2007, 126).
Come incenso al tuo cospetto 421
remia, oltre a notare che le dossologie sono l tutte indirizzate al Figlio,
ha ipotizzato che le variazioni nelle dossologie latine dipendano dallini-
ziativa dei copisti di Cesarea, laddove Origene si sarebbe attenuto alla for-
mula di 1Pt 4, 11. Largomento principale su cui si basa lo studioso il
fatto che tale dossologia la meglio attestata anche in latino1303. La con-
clusione a cui perviene Grappone per quanto ci appaia plausibile deve
comunque fare i conti con limmagine complessiva del finale omiletico
nellAlessandrino. Mi sembra problematico attribuirgli in linea di princi-
pio una fissit di formulazioni, che contrasterebbe cos fortemente con la
capacit dinnovazione costantemente attestata da Origene, pur nellevi-
dente continuit concettuale. In questo senso, come ho avuto modo di ri-
levare per le manifestazioni oranti allinizio o nel corso dei sermoni, non
ritengo risolutiva la testimonianza delle Omelie su Geremia, nella misura
in cui esse hanno sempre Cristo come destinatario unico della lode.
In realt, si deve prendere atto come riconosciuto, del resto, dallo
stesso Grappone di una correlazione Figlio-Padre che, pur restando per-
lopi implicita, a volte affiora direttamente anche in questo ciclo di ome-
lie. Lo vediamo con maggior chiarezza nella IV e V Omelia su Geremia,
dove la glorificazione auspicata esperimenta, per cos dire, una iterazio-
ne: in ambedue i sermoni si rende dapprima gloria a Dio in Cristo, che di
seguito vien fatto oggetto dellabituale dossologia secondo 1Pt 4, 111304.
Anche la chiusa della I e della VI Omelia su Geremia lascia intravedere
unanaloga coordinazione, grazie al binomio Dio in Cristo1305. Bench
in forma meno evidente, lo si ritrova ugualmente al termine della VIII, IX ,
XII, XIV e XVI Omelia su Geremia1306. Questo dato non sfuggito n a
Crouzel n a Grappone, ma entrambi non ne traggono forse tutte le con-
seguenze che esso comporta1307. Infatti, non si tratta soltanto di registrare

1303 Lo scrittorio di Origene comprendeva un buon numero di copisti, tra cui evi-
dentemente era suddiviso il lavoro: ritengo che ad essi pi che al maestro alessandrino si
debba la variet delle formule dossologiche finali. Quanto al predicatore, probabilmente si
atteneva pi frequentemente di quanto appaia alla formula della prima lettera di Pietro, la
pi attestata anche in latino (Grappone 2007, 127).
1304 Cfr. rispettivamente HIer IV , 6 ([30, 2] doxavzein to;n pantokravtora qeo;n ejn
aujtw'/ tw'/ Cristw'/ Ihsou', w|/ hJ dovxa ktl.) e HIer V, 17 ([47, 18-19] doxavzein to;n rJuovmenovn
se qeo;n ejn Cristw'/ Ihsou', w|/ ejstin hJ dovxa).
1305 Si vedano supra, rispettivamente le note 1279 e 1280.
1306 Cfr. HIer VIII, 9 (63, 9-11): ejpi; th;n ijscu;n tou' qeou', Cristo;n Ihsou'n, w|/ ejstin
hJ dovxa ktl.; HIer IX, 4 (70, 27-28): ajei; gennwvmeno" uiJo;" qeou' ejn Cristw'/ Ihsou', w|/ ej-
stin hJ dovxa ktl.; HIer XII, 12 (supra, nota 1281); HIer XIV, 18 (supra, nota 1290); HIer
XVI, 10 (supra, nota 1270).
1307 Si tenga presente che, come giustamente ha osservato Crouzel, sebbene tutte
le dossologie greche superstiti siano riferite al Figlio, nel contesto delle frasi conclusive
delle omelie si incontra sovente la menzione del Padre: evidentemente evitando il relativo
il traduttore poteva rielaborare con pi libert la frase precedente, variando il riferimento
422 Parte seconda, Capitolo settimo
la presenza del binomio Figlio-Padre in sottofondo, ma di riconoscere an-
che le diverse modalit in cui esso pu darsi, fino ai casi pi espliciti della
IV e V Omelia su Geremia. lennesimo indizio, a mio avviso, delle carat-
teristiche assai diversificate che contraddistinguono il tema della preghiera
nel corpus omiletico e che trovano ulteriore sostegno dal riscontro incro-
ciato fra le clausole dei sermoni origeniani in Gerolamo e Rufino.
Se guardiamo alle omelie tradotte dallo Stridonense, troviamo aspetti
che convergono largamente con i dati emergenti dalle Omelie su Geremia.
vero che nessuna delle Omelie su Isaia indirizza la dossologia ad altri
che a Cristo, ma la chiusa della IV Omelia su Isaia esorta i fedeli a ren-
dere grazie a Dio onnipotente, in Cristo Ges (che richiama abbastanza
da vicino le formulazioni della IV e V Omelia su Geremia) 1308, mentre il
raccordo Figlio-Padre si evidenzia soprattutto nella I, II, III e VI Omelia su
Isaia1309. Limmagine non cambia granch, se passiamo alle Omelie su
Ezechiele. Infatti, nella XIV Omelia su Ezechiele incontriamo di nuovo
unespressione paragonabile a quella della IV e V Omelia su Geremia, con
literazione della gloria dal Padre al Figlio: glorificare Dio onnipotente
mediante Cristo Ges1310. A sua volta, la X Omelia su Ezechiele prega
affinch sia dato ai fedeli di manifestare lamore che essi hanno per Dio
in Cristo1311. Inoltre, la coordinazione Dio-Cristo in prossimit della dos-
sologia figura pi direttamente nella I, III, VI e IX Omelia su Ezechiele1312.

dossologico, ma anche rendendolo volutamente ambiguo, applicabile a due o tre Persone


della Trinit (Grappone 2007, 132).
1308 HIs IV, 6 (supra, nota 1292).
1309 HIs I, 5 (248, 6-10): Quoniam igitur praesto est et adsistit Iesus Christus et
paratus est et praecinctus summus sacerdos offerre Patri interpellationes nostras, surgen-
tes per ipsum sacrificia Patri offeramus. Ipse enim propitiatio est pro peccatis nostris (1Gv
2, 2), cui est gloria et imperium in saecula saeculorum. Amen (1Pt 4, 11); HIs II, 2 (252,
25-29): Propterea quia beatum est suscipere Salvatorem, apertis ostiis principalis cordis
nostri praeparemus ei mella et omnem cenam eius, ut ipse nos ducat ad magnam cenam pa-
tris in regno caelorum, quae est in Christo Iesu, cui est gloria etc.; HIs III, 3 (257, 15-20):
Idcirco surgentes oremus Deum, qui hunc misit hominem et septem mulierum spiritus in
eo requievit, ut et nobis iste homo tribuat communionem harum mulierum et adsumentes
eas fiamus sapientes et intelligentes in Deo ceteraeque virtutes exornent animam nostram
in Christo Iesu, cui est gloria etc.; HIs VI , 7 (279, 6-9): Quando videnda sunt eloquia
Dei, et convertimur et sanat (cfr. Is 6, 10) nos Deus mittens verbum, quod sanat eos, qui
volunt curari in Christo Iesu, cui est gloria etc..
1310 HEz XIV, 3 (454, 4-7): det nobis panem viventem (Gv 6, 51), ut cibati eo et
corroborati possimus in caelo iter facere glorificantes Deum omnipotenten per Christum
Iesum, cui est gloria etc..
1311 HEz X, 5 (supra, nota 1299).
1312 HEz I, 16 (340, 16-19): Haec autem omnia regit, et quocumque vult, torquet
totius universitatis Deus, in Christo Iesu, cui est gloria etc.; HEz III, 8 (supra, nota 1143);
HEz VI, 11 (391, 1-3): Deus vero omnes nos et ab his et ab aliis liberet simulacris, ut ma-
gnificemur in Christo Iesu, cui est gloria etc.; HEz IX, 5 (415, 28-32): Idcirco fugiamus
a Sodoma et peccatis eius, fugiamus a Samaria et criminibus quibus castigatur misera Hie-
Come incenso al tuo cospetto 423
Il binomio pu persino dare luogo ad una dossologia apparentemente
binitaria, come avviene nella XII Omelia su Ezechiele, che occasional-
mente associa in maniera paritaria Ges al Padre, indicando entrambi
come destinatari della preghiera (laddove essi appaiono di solito separati,
con una netta prevalenza per Dio Padre quale destinatario)1313. Anche le
Omelie su Luca presentano casi analoghi, sebbene tendano a differen-
ziarsi per vari aspetti dalle due serie veterotestamentarie tradotte da Gero-
lamo. Cos, mentre la XII Omelia su Luca esorta a benedire Dio onnipo-
tente [...] in Cristo Ges1314, la chiusa della XVIII chiama i fedeli a lo-
dare in comune il Padre e il Figlio1315. Una variante ulteriore, rispetto
alla formulazione cristologica pi abituale della dossologia, linserzione
trinitaria dello Spirito nella III Omelia su Luca, in forza della quale il
predicatore auspica la visione di Dio onnipotente in Cristo Ges e nello
Spirito santo1316. Da parte sua la XXXVII Omelia su Luca contiene una
chiusa pienamente trinitaria, poich fa precedere la dossologia dallinvito
a lodare Dio nel Padre, nel Figlio e nello Spirito santo1317. Un novum
assoluto di questo ciclo di sermoni la preghiera indirizzata nello stesso
tempo a Dio onnipotente e a Ges bambino, che compare nella XV
Omelia su Luca: se non farina del sacco di Gerolamo, ispirata dal suo
ben noto legame con i Luoghi Santi e in particolar modo con la grotta di
Betlemme, possiamo pensare che la formulazione non derivi solo dal con-
testo esegetico pi immediato dellomelia, ma sia dettata anche dalla parti-

rusalem, ut in universis Deo nobis fortitudinem ministrante, humilitatem et iustitiam con-


sequamur in Christo Iesu, cui est gloria etc..
1313 HEz XII, 5 (439, 18-22): Quibus dictis ut et nos revirescamus, ut fructus vale-
amus afferre, ut germinans lignum et non siccum efficiamur, ut numquam ad radices no-
stras ponatur securis quae in Evangelio praedicatur, attentius Iesum Christum Dominum
nostrum cum patre suo precemur, cui est gloria etc..
1314 HLc XII, 6 (nota 1271).
1315 HLc XVIII, 5 (113, 27-29): Quia igitur Salvator Creatoris est filius, in com-
mune Patrem Filiumque laudemus, cuius lex, cuius et templum est: cui est gloria etc.. Si
veda ancora la doppia attestazione della gloria di Cristo in HLc XXIII , 9 (147, 12-18):
Venit enim non Ioannes et prophetae tantum, sed etiam ipse Salvator et hominibus et an-
gelis et virtutibus ceteris salutarem paenitentiam praedicare, ut in nomine Iesu omne genu
flectatur, caelestium, terrestrium et infernorum, et omnis lingua confiteatur, quia Domi-
nus Iesus Christus in gloria est Dei Patris: cui est gloria etc..
1316 HLc III, 4 (22, 4-18): Laboremus ergo et nos, ut et impraesentiarum nobis Deus
appareat sanctus quippe scripturarum sermo promisit [...] et in futuro saeculo non abs-
condatur a nobis, sed videamus eum facie ad faciem (cfr. 1Cor 13, 12) et habeamus fidu-
ciam bonae vitae fruamurque conspectu omnipotentis Dei in Christo Iesu et Spiritu san-
cto: cui est gloria etc.. Anche in HLc XXVII, 6 (160, 20-22) troviamo il nesso Spirito
Cristo: omnisque sanctificatio tam in corde, quam in verbis et in opere a sancto Spiritu
veniat in Christo Iesu: cui est gloria etc..
1317 HLc XXXVII, 5 (212, 22-25): Propterea Domini misericordiam deprecemur, ne
nobis tacentibus lapides clamitent, sed loquamur et laudemus Deum in Patre et Filio et
Spiritu sancto: cui est gloria etc..
424 Parte seconda, Capitolo settimo
colare devozione a Ges che lAlessandrino manifesta a pi riprese nella
sua predicazione1318. La stretta correlazione poi che collega la manifesta-
zione della gloria nel Figlio di Dio con il Padre, e ne svela la sorgente im-
plicita, attestata dalla XXXVI Omelia su Luca, dove Origene spiega la par-
tecipazione al regno di Dio onnipotente con il comunicare alle epinoiai
racchiuse nel Figlio di Dio: sapienza, pace, giustizia e verit1319.
Passando adesso alle versioni di Rufino a partire da tali premesse,
possiamo forse guardare con minor sospetto al fatto che parte delle dosso-
logie non sia rivolta al Figlio. Si tratta in effetti di un numero proporzio-
nalmente ridotto di casi (secondo Grappone 18 su 100 sermoni) ed essi,
almeno in via ipotetica, sembrerebbero compatibili con la misura dinno-
vazione attestata dallomologo Gerolamo entro un ambito pi ristretto di
testi1320. Colpisce, in primo luogo, il carattere sporadico delle formulazio-
ni trinitarie, che sembrano riflettere una certa occasionalit, contrastan-
te di per s con lidea di una normalizzazione ortodossa in linea con
levoluzione dogmatica di fine IV secolo. Lesempio pi problematico
probabilmente la clausola della IV Omelia su Genesi, soprattutto perch
lelaborazione trinitaria risulta qui particolarmente sviluppata, anche se
non sussistono obiezioni decisive riguardo alla sua attendibilit, tanto pi
considerando il fatto che la dossologia , come al solito, cristologica1321.
Questo discorso vale a fortiori per gli altri casi incriminati, a cominciare
dalla I Omelia su Genesi, dove il tema del tempio di Dio nello Spirito
completa trinitariamente la menzione della dimora del Padre e del Figlio
nellospizio del cuore sulla scorta di Gv 14, 23: anche in questo caso la
cornice trinitaria sinnesta su una dossologia cristologica e rispetta motivi
autenticamente origeniani, come vediamo dal commento dellAlessandri-
no su tempio di Dio e tempio dello Spirito in 1 Cor1322. Sempre nel-

1318 HLc XV, 5 (94, 23-28): Ut igitur et nos stantes in templo et tenentes Dei Fi-
lium amplexantesque eum digni remissione et profectione ad meliora simus, oremus om-
nipotentem Deum, oremus et ipsum parvulum Iesum, quem alloqui et tenere desideramus
in brachiis: cui est gloria etc..
1319 HLc XXXVI, 3 (cfr. supra, nota 1271). Anche la fine di HLc XXXVIII, 6 e HLc
XXXIX , 7 ripresentano il binomio Dio in Cristo.
1320 Per il dato statistico e la rassegna dei testi si veda Grappone 2007, 130-131
(supra, note 1272-1273).
1321 HGn IV, 6 (supra, nota 1276). La materia autenticamente origeniana della
formulazione pu essere confermata dalle riflessioni dellAlessandrino su Gal 4, 9 (ora
invece che avete conosciuto Dio, anzi da lui siete stati conosciuti) in CIo XIX, 4, 24-25.
1322 Secondo Fr1Cor 29 (130) su 1Cor 6, 13-14, la vocazione originaria del corpo,
conformemente al disegno divino sui protoplasti, di essere tempio del Signore e dello
Spirito santo, con lanima chiamata a svolgere la funzione di sacerdote: ei[ qevlei" to;n
prohgouvmenon lovgon maqei'n dia; tiv gevgonen, a[koue: i{na nao;" h/\ tw/' Kurivw/, kai; i{na hJ
yuch; aJgiva kai; makariva ou\sa to; pneu'ma to; a{gion wJsperei; qerapeuvousa, iJereu;"
gevnhtai tou' ejn soi; aJgivou pneuvmato". Si veda inoltre Fr1Cor 32 (132): eij" to; pneu'ma to;
a{gion ajsebou'men, kai; di aujtou' eij" patevra kai; uiJo;n eij" ou}" bebaptivsmeqa, eja;n por-
Come incenso al tuo cospetto 425
lottica dellazione esercitata dallo Spirito al fine di partecipare della vita
spirituale e delle realt divine tema che ci ben noto dalla precedente
analisi di Orat ed confermato dalla preghiera a lui indirizzata allinizio
della I Omelia su Levitico1323 , possibile giustificare le clausole della
II Omelia su Genesi e della II Omelia su Esodo, quantunque di primo ac-
chito paiano indirizzare la dossologia allo Spirito: di fatto, limpressione
di un diverso destinatario dovuta soprattutto al passaggio dal greco al
latino pi che rimandare a un intervento correttore di Rufino, per cui en-
trambe sembrano riconducibili alla formulazione cristologica 1324. Unam-
biguit simile contraddistingue anche lunico caso delle Omelie su Esodo:
il Signore a cui indirizzata la dossologia potrebbe infatti corrispondere
a Cristo, ma a partire dallesegesi di Origene su Es 15 si deve propendere
piuttosto per lidentificazione con il Padre1325.

neuvwmen: eij" Cristo;n mevn, o{tan a[ra" ta; mevlh tou' Cristou' poihvsw povrnh" mevlh: eij" to;
a{gion pneu'ma, o{tan to;n nao;n tou' ejn hJmi'n aJgivou pneuvmato" (1Cor 6, 19) fqeivrh/ ti": eij"
to;n patevra dev, o{te to;n nao;n tou' qeou' (1Cor 3, 16) fqeivrw. Sul tema del tempio in
Origene, cfr. Rossetti. Per il testo di HGn I, 17 si veda supra, nota 1274; forse gli si pu
accostare anche HGn XV, 7 (135, 24-136, 3), data lambivalenza (antropologica e/o trini-
taria) del termine spiritus: Atque utinam et nobis iniciat Dominus Iesus manus suas
super oculos, ut incipiamus et nos respicere non ea quae videntur, sed quae non videntur,
et aperiat nobis illos oculos, qui non intuentur praesentia sed futura, et revelet nobis cordis
adspectum, quo Deus videtur in spiritu, per ipsum Dominum Iesum Christum, cui gloria
et potestas in saecula saeculorum. Amen. Secondo Grappone 2007, 132, in HGn I e II
mancherebbe una chiara precisazione del soggetto della lode.
1323 Cfr. supra, nota 1153. Il rinvio al ruolo dello Spirito risulta significativo anche
nelle dossologie di HLv in cui il destinatario rimane Cristo. Si veda HLv VI, 6 (supra, nota
1295) e HLv VIII, 11 (417, 13-18): donum autem gratiae Spiritus per olei imaginem desi-
gnatur, ut non solum purgationem consequi possit is, qui convertitur a peccato, sed et
Spiritu sancto repleri, quo et recipere priorem stolam et anulum (cfr. Lc 15, 22) possit et
per omnia reconciliatus Patri in locum filii reparari, per ipsum Dominum nostrum Iesum
Christum, cui est gloria etc..
1324 In HGn II, 6 (supra, nota 1284), il latino per Christum Dominum nostrum et
per Spiritum suum sanctum. Ipsi gloria in aeterna saecula saeculorum, lascia presumere
in greco unespressione del tipo dia; pneuvmato" aJgivou aujtou': w|/ ktl., per cui il destinata-
rio della dossologia risulterebbe inequivocabilmente Cristo. Il caso di HEx II, 4 (161, 12-
15) meno ambiguo, poich il soggetto pi facilmente identificabile in Cristo: Et ore-
mus Dominum nostrum Iesum Christum, ut ipse nobis revelet et ostendat quomodo ma-
gnus est Moyses et quomodo sublimis est. Ipse enim revelat, quibus vult, per Spiritum
sanctum. Ipsi gloria etc..
1325 HEx IV , 9 (183, 3-8): Propter quod deprecemur misericordiam Domini, ut et
nos eripiat de terra Aegypti, de potestate tenebrarum, et Pharaonem cum exercitu suo tam-
quam plumbum demergat in aqua validissima (Es 15, 10). Nos autem liberati cum gaudio
et exultatione hymnum cantemus Domino, gloriose enim honorificatus est (Es 15, 1), quia
ipsi honor et gloria in s.s.A.. Da notare comunque che in HNm III, 4 (19, 12-18) la richie-
sta della misericordia divina indirizzata a Cristo: Ut autem nobis primogenitorum
benedictiones donaret, efficitur prius ipse primogenitus ex mortuis, ut sit in omnibus ipse
primatum tenens et nos credentes resurrectioni suae adsumeret pro primitivis et in primi-
426 Parte seconda, Capitolo settimo
Invece, nella cornice trinitaria che conclude I, III, IV, V e VII Omelia
su Levitico, la dossologia sempre rivolta chiaramente al Padre1326. Lin-
novazione quanto al destinatario accompagnata da una formulazione
che appare succinta e stereotipa, dal momento che in tutte le dossologie
lintermediazione di Cristo (per quem o per ipsum) precede la menzione
di Dio Padre come loro destinatario, cui associato successivamente lo
Spirito (cum Spiritu sancto). Laltra dossologia che non rivolta a Cristo
in questo ciclo di omelie la XIII Omelia su Levitico, indirizzata eccezio-
nalmente allo Spirito, a meno di supporre che la fraseologia stereotipa
della dossologia non abbia bisogno di esplicitare il suo destinatario pi
normale e sintenda perci riferita a Cristo implicitamente1327. Suscitano
incertezza anche la XVIII, XXIV, XXV e XXVII Omelia su Numeri, dove po-
tremmo avere di nuovo una variante di traduzione, propiziata da una
citazione scritturistica in prossimit del finale, pi che una rettifica dot-
trinale tesa ad indirizzare la dossologia al Padre anzich al Figlio1328. Al

tivorum ordinem collocaret, si tamen benedictionum gratiam usque ad finem firmam re-
tineamus adiuti misericordia ipsius Domini nostri Iesu Christi, cui est gloria etc..
1326 Per HLv I, 5 e HL V, 12, cfr. supra rispettivamente le note 1285 e 1286. Quanto
a HLv III, 8 (316, 2-5), il testo recita: ut sinceram fidem offerentes pretioso Christi san-
guine, tamquam immaculatae hostiae (cfr. 1Pt 1, 19), diluamur; per quem est Deo Patri om-
nipotenti cum Spiritu sancto gloria etc.. La breve conclusione di HLv IV, 10 ([332, 2-3]
Per ipsum Deo Patri cum Spiritu sancto est gloria etc.), rinvia alla prospettiva trinitaria
elaborata in HLv IV , 4 (319, 19-22), a partire da Fil 2, 1 (Se c pertanto qualche conso-
lazione in Cristo, se c conforto derivante dalla carit, se c qualche comunanza di spi-
rito, se ci sono sentimenti di amore e di compassione) e 1Gv 1, 3 (La nostra comunione
con il Padre e con il Figlio suo Ges Cristo): Igitur si nobis cum Patre et Filio (cfr.
1Gv 1, 3) et cum Spiritu sancto societas data est, videndum nobis est, ne sanctam istam
divinam societatem peccando abnegemus. Il carattere stereotipo della conclusione dos-
sologica attestato anche da HLv VII , 7 (393, 9-13): A quibus omnibus spiritali nos obser-
vantia custodientes et cibum ex mundis animalibus appetentes etiam ipsi puri efficiemur
et mundi, per Christum dominum nostrum, per quem est Deo Patri cum Spiritu sancto glo-
ria etc..
1327 HLv XIII, 6 (supra, nota 1287).
1328 HNm XVIII, 4 (176, 16-20): Necessario ergo etiam in his declaratur quia perdit
animam suam in hoc mundo, qui cum Christo, moritur, et qui sic eam perdiderit, inveniet
eam sine dubio, ubi dicit Apostolus quia vita vestra abscondita est cum Christo in Deo
(Col 3, 3), cui gloria in aeterna saecula saeculorum. Amen. Linciso della citazione in-
serito in una frase riferita a Cristo; HNm XXIV, 3 (232, 11-19): Sed nos contendere de-
bemus, ut occurramus in virum perfectum, in mensuram aetatis plenitudinis Christi (cfr.
Ef 4, 13), ut utamur libertate votorum et ita adhaerere Domino festinemus, ut cum ipso,
magis quam cum angelo, unus spiritus (cfr. 1Cor 6, 17) simus, ut et ipse in nobis maneat
et nos in ipso, et nihil in nobis femineum, nihil parvulae aetatis habeatur, nec necesse sit
nobis sub tutoribus et procuratoribus (cfr. Gal 4, 2) derelinqui a patre, sed festinemus
audire illam a Domino et Salvatore nostro vocem, qua ait: ipse pater diligit vos (cfr. Rm
11, 36). Ipsi gloria in saecula saeculorum. Amen. Per Grappone 2007 (supra, nota 1307)
questo secondo passo rientrerebbe fra i casi di ambiguit voluta del traduttore: un ec-
cesso di critica! Anche HNm XXV , 6 (242, 18-22) ha un inciso scritturistico che lascia
Come incenso al tuo cospetto 427
contrario, non sussistono dubbi significativi per la destinazione della glo-
ria a Dio Padre nella XIX e nella XXI Omelia su Numeri1329, come pure nella
IV Omelia su Salmo 36 e nella I Omelia su Salmo 371330.
Da questa analisi esce fortemente ridimensionata, sul piano quantita-
tivo come su quello ideologico, lipotesi di interventi aggiuntivi e corretti-
vi di Rufino traduttore. Le variazioni rispetto al modello pi corrente di
dossologia possono essere ben ricondotte al predicatore stesso. Del resto,
come mostrano anche i molti passi delle omelie nella versione rufiniana
(non diversamente da quanto si visto prima in Gerolamo), la correlazione
Cristo-Padre nel segno della gloria dichiarata con frequenza dal predi-
catore1331, n Origene poteva certo ignorare le formulazioni scritturistiche

spazio allincertezza, senza dover ipotizzare una manipolazione del traduttore: Lavabitur
autem ab hoc sanguine et purificabitur in regno Dei, ut purificatus et mundus effectus pos-
sit ingredi sanctam civitatem Dei, aperiente sibi ostium Christo Iesu Domino nostro, immo
qui est ostium ipsius civitatis Dei, cui est gloria in saecula saeculorum. Amen. Analogo
il caso di HNm XXVII, 13 (280, 9-18): Ex horum ergo collatione etiam illa metiatur,
immo et aliquid perspicacius ac divinius contempletur [...] et optamus, ut etiam vobis ad-
spiret, quo meliora horum atque altiora in verbis Domini sentiatis iter agentes per haec,
quae pro nostra mediocritate descripsimus; ut et in illa via superiore et excelsiore etiam
nos possimus vobiscum incedere, deducente nos ipso Domino Iesu Christo, qui est via,
veritas et vita, usque quo perveniamus ad patrem, cum tradiderit regnum Deo et Patri et
subiecerit ei omne principatum et potestatem. Ipsi gloria etc..
1329 HNm XIX, 4 (184, 26-30): Haec etiam de ultima Balaam prophetia a nobis pro
viribus dicta sint, quae pro locorum difficultate explanandi magis quam perorandi stilo
placuit explicari. Quid enim interest, dummodo omnia ad aedificationem dicantur et om-
nia ad gloriam Dei fiant? Qui est benedictus in saecula saeculorum. Amen!; HNm XXI, 2
(203, 20-25): Haec omnia non sorte descendunt, sed electionis praerogativa donantur ab
eo, qui corda et mentes hominum videt solus, qui nos quoque, etiamsi non inter eximios et
electos atque illos, qui supra sortem sunt, in sortem tamen sanctorum dignentur adducere;
cui est gloria etc..
1330 H36Ps IV, 8 (208, 20-23): Si vero permaneat quis in verbo Dei, et sapientiae
eius adhaereat, atque in lucis aeternitate persistat, pervenit etiam in hoc, ut referat Deo
gloriam in saecula saeculorum. Amen; H37Ps I, 6 (288, 80-86): Ne ergo et nos eadem
patiamur sed potius ut lumen nostrum sit semper in nobis et opera lucis agentes habeamus
fiduciam tamquam filii lucis in Christo Iesu, semper oremus et Deum Patrem incessabili-
ter deprecemur, cui est gloria et potestas in saecula saeculorum. Amen. Secondo Grap-
pone 2007, 132, il traduttore avrebbe aggiunto linciso: semper oremus et Deum Patrem
incessabiliter deprecemur.
1331 Cfr. ad esempio, limitatamente alle Omelie su Giosu, HIos V, 6 (supra, nota
1288); HIos VIII, 7: Quid enim aliud est sanctificare bellum nisi interemptis omnibus ani-
mae nostrae hostibus, quae sunt vitia peccatorum, et mortificatis membris, quae sunt super
terram atque omnibus malis cupiditatibus amputatis effici sanctum corpore et spiritu et
fortiter facientem venire ad conspectum Dei viventis et pro palma victoriae virtutis merito
coronari a Christo Iesu Domino nostro? Cui est gloria etc.; HIos IX, 9 (supra, nota
1291); HIos XVI, 5 (400, 7-12): Ita ergo et nos fidem plenam et opera perfecta, indesi-
nentes orationes, meditationem verbi divini, intelligentiam spiritalem colentes et in his
omnibus velut armis Dei muniti stemus adversus astutias diaboli, invocantes Deum adiu-
torem nostrum in Christo Iesu Domino nostro, cui est gloria etc..
428 Parte seconda, Capitolo settimo
che attestano la destinazione della lode a Dio Padre1332. Basterebbe forse
questultima considerazione a togliere fondamento ai dubbi formulati sulle
dossologie non cristologiche nei sermoni dellAlessandrino, sempre atten-
tissimo al linguaggio della Scrittura, come potremo constatare di nuovo
nel prossimo capitolo. Se la formulazione in chiave cristologica risulta
prevalente rispetto alle altre, ci riflette presumibilmente un uso liturgico
a cui Origene come testimoniano sia Orat sia Dial non poteva non es-
sere sensibile. Ma era chiaro per lui che rendere gloria a Cristo signifi-
cava comunque istituire una correlazione con il Padre, la cui gloria pri-
mordiale manifestata agli uomini, per il tramite del Figlio, nellecono-
mia della salvezza e con la cooperazione dello Spirito. Nel definire le
modalit delle dossologie in apertura e in conclusione delle preghiere, se-
condo la retorica eucologica indicata da Orat XXXIII , Origene ha indicato
espressamente la mediazione del Figlio e il legame con lo Spirito1333.
dunque fuori luogo sospettare qui un penchant subordinazionista in Ori-
gene, tanto pi che la destinazione cristologica della dossologia pu a
prima vista contrastare con la prospettiva definita dallAlessandrino nel
Trattato, la quale privilegia senza ombra di dubbio il Padre. Ma tale esito
dossologico si inquadra pienamente nella correlazione Figlio-Padre,
estendibile occasionalmente allo Spirito in un rapporto triadico, senza che
ci sia necessit cogente di ipotizzare un pi o meno sistematico condizio-
namento dogmatico postniceno sui nostri testi.

1332 Basti rinviare, fra le attestazioni neotestamentarie, a Lc 2, 14; 17, 18; Gv 9, 24;
At 12, 23; Rm 1, 23; Rm 4, 20; Rm 5, 2; Rm 14, 11; Rm 16, 27; 1Pt 2, 12 ecc. Cos, se-
condo FrLc 59 (252, 3-6) su Lc 2, 13-14 solo le potenze angeliche possono innalzare una
lode adeguata alla discesa del Figlio di Dio tra gli uomini: oujdeno;" ga;r e[sti tw'n ejpi; gh'"
ajnapevmpein th;n ejpi; th/' katabavsei tou' uJyivstou doxologivan, movli" de; tw'n ejn u{yei du-
navmewn, ai{tine" dia; tou' ajnumnei'n to;n u{yiston ma'llon uJyou'ntai: kai; wJ" o{ti aiJ <ejn
uJyivstoi"> pasw'n tw'n dunavmewn duvnantai posw'" uJmnologh'sai to;n Cristovn.
1333 Orat XXXIII, 1 (401, 14-16. 25-26): kata; duvnamin doxologiva" ejn th'/ ajrch'/ kai;
tw'/ prooimivw/ th'" eujch'" lektevon tou' qeou' dia; Cristou' sundoxologoumevnou ejn tw'/ aJgivw/
pneuvmati sunumnoumevnw/ [...] kai; ejpi; pa'si th;n eujch;n eij" doxologivan qeou' dia; Cristou'
ejn aJgivw/ pneuvmati katapaustevon.
CAPITOLO OTTAVO

I NUCLEI SCRITTURISTICI
DELLA RIFLESSIONE ORIGENIANA SULLA PREGHIERA

Luminous meditation on God is the goal of


prayer; or, rather, it is the fountainhead of
prayers, in that prayer itself ends up in re-
flection on God
(Isacco di Ninive)*

1. Una costellazione di luoghi biblici come fonte di ispirazione

Neppure lestesa ricognizione che abbiamo condotto nel capitolo pre-


cedente attraverso le opere di Origene esaurisce la ricchezza degli spunti
sviluppati dallAlessandrino sul nostro tema durante la sua lunga attivit
come esegeta e teologo. Vorremmo dunque ampliare ulteriormente la
prospettiva ricomprendendo in una visione dinsieme la costellazione dei
luoghi scritturistici che hanno ispirato la riflessione origeniana sulla pre-
ghiera. Pur senza offrire un repertorio completo data anche lincertezza
che grava, in particolare, sui frammenti catenari tuttora privi di edizione
critica , ci proponiamo di mettere in luce il vasto dossier dei passi biblici
con la sua articolata composizione. Muovendo inizialmente dalle citazioni
che rappresentano, per cos dire, le stelle fisse della costellazione, ten-
teremo di ripercorrere un nutrito numero di riferimenti pi sporadici che
contribuiscono anchessi ad alimentare il pensiero di Origene. Ai passi che
ricorrono pi o meno costantemente dedicheremo tendenzialmente mi-
nore attenzione, avendoli incontrati pi volte nella trattazione svolta fin
qui, mentre sar interessante verificare quali sviluppi esegetici e teologici
suggeriscano le citazioni scritturistiche pi occasionali, con particolare ri-
guardo al ricorso di testi tratti dai Salmi.
Questa rassegna dettata evidentemente dalla convinzione che la via
obbligata per comprendere la visione della preghiera nellAlessandrino
come daltronde qualunque altro tema che sia stato oggetto della sua ri-
flessione passi attraverso lattenta ricostituzione della materia scritturi-
stica posta alla base di essa. Il riconoscimento di Origene come fonda-
mentalmente uno Schrifttheologe dovrebbe essere ormai scontato, ma non
sempre si traggono tutte le conseguenze che ci implica. quindi oppor-
tuno richiamarlo, anche in risposta alle attese di una presentazione siste-

* S. Brock, Isaac of Niniveh, II Part, X, 38, CSCO 554-555, Louvain 1995 (tr., p. 51).
430 Parte seconda, Capitolo ottavo
matica, che sono s comprensibili e in parte legittime, ma spesso risultano
troppo speculative o ideologiche. Come abbiamo anticipato passando dal-
lesame del trattato alla panoramica delle opere, il pensiero di Origene
sulla preghiera non suscettibile di una sistematizzazione in astratto, ma
si commisura sempre alla materia viva della Scrittura, commentata di
volta in volta, procedendo per per estrapolazioni e annessioni aggiuntive
a partire da un nucleo biblico relativamente costante. In fin dei conti, lo
stesso Alessandrino ci incoraggia a perseguire questa strada, se teniamo
presente che quella abbracciata da lui allinizio del trattato con linda-
gine sulla definizione di preghiera nella Bibbia e poi sfruttata organi-
camente nella seconda parte di Orat con il commento del Padrenostro.
Confidiamo cos che la rassegna contribuisca a far emergere i motivi ispi-
ratori pi importanti per la concezione e la prassi della preghiera in Ori-
gene, rivelandone ancora una volta le nervature principali e gli accenti
pi caratteristici dentro lunico quadro ricapitolativo che riteniamo fatti-
bile. Ci non significa negare la presenza di elementi di natura diversa,
non strettamente scritturistici oppure di carattere filosofico, ma questi
(fatta eccezione per lagraphon sulla domanda delle cose grandi e ce-
lesti)1334 rivestono in ogni caso unimportanza subordinata al dato scrit-
turistico quale fonte dispirazione permanente.

2. Le citazioni normative: illustrazioni e modelli dellatto orante

2.1. 1Tm 2, 8 (9): atteggiamento esteriore e disposizioni interiori

Le stelle fisse nella costellazione di luoghi scritturistici che affiora


dalle opere di Origene rinviano tutte a passi aventi un valore normativo
o paradigmatico per latto orante. La funzione che rivestono nellargo-
mentazione esegetico-teologica consiste nel concorrere in maniera deter-
minante a tracciare la forma ed i contenuti della preghiera secondo lAles-
sandrino. Si tratta di un numero relativamente ridotto di citazioni bibliche
che pu essere isolato abbastanza facilmente gi a partire dal loro dato sta-
tistico1335. Sotto questo punto di vista il primo posto spetta indubbiamente
a 1Tm 2, 8 (insieme peraltro a Sal 140[141], 2), che ricorre pi di una ven-
tina di volte, quasi sempre in forma isolata (come citazione integrale o
parziale oppure come semplice allusione al passo paolino), se si esclude
il nesso occasionale con i vv. 9 e 101336. Pertanto il suo rilievo testimoniale

1334 Sullutilizzo dellagraphon, si veda supra, p. 60, nota 169 e passim.


1335 Per lindagine ci basiamo sugli indici di Biblia Patristica 3: Origne, Paris
1980 (= BP), mettendoli a confronto con le edizioni di riferimento.
1336 Riportiamo i passi secondo la distribuzione per generi adottata nel capitolo pre-
cedente, inserendo fra parentesi i rinvii a pagine e note della nostra trattazione, precedente
o successiva. 1Tm 2, 8 figura in Orat VIII, 1 (note 462, 622); Orat IX , 1 (note 485, 507,
I nuclei scritturistici della riflessione origeniana sulla preghiera 431
non limitato a Orat (sebbene il gruppo pi cospicuo di riferimenti figuri
proprio qui), ma si estende significativamente ad altri scritti. un passo-
chiave come spiega il trattato (e come conferma eloquentemente FrIer
68) 1337 , perch raffigura in maniera plastica latto orante illustrando
nel contempo le disposizioni interiori e latteggiamento esteriore (rispetti-
vamente la katavstasi" e lo sch'ma nella dizione di Orat) che debbono pre-
siedere ad esso1338. Ma la costanza del richiamo allauctoritas apostolica
si presta anche ad essere apprezzata come segno della continuit ideale
fra la visione elaborata dal trattato e il resto dellopera di Origene.
A completamento di quanto abbiamo visto in precedenza aggiungia-
mo alcuni luoghi tratti dal Contro Celso, dal Commento a Romani e dalle
omelie. Oltre lallusione al fatto di pregare in ogni luogo (ejn panti; tov-
pw/ ), contenuta nella fondamentale descrizione di CC VII , 44 riguardo al-
lorazione cristiana quale ascensione della mente e colloquio con Dio
che afferma indirettamente il superamento del regime dei templi e dei sa-
crifici ad opera della nuova religione , lapologia richiama il motivo delle
mani sante in CC III, 601339.
Se in generale 1Tm 2, 8 illustra limmagine pi tipica dei gesti del-
lorante, qui di nuovo ricollegato allidea della santit di vita richiesta a
colui che prega, poich Origene, in polemica con Celso, rivendica il fatto
che il cristianesimo un messaggio diretto a quanti vogliono impegnarsi
a vivere una vita moralmente retta1340. Il simbolismo delle mani (al-

577); Orat XXXI, 1 (p. 165); Orat XXXI , 2 (note 468, 503, 505); Orat XXXI, 4 (nota 523);
CC III, 60 (nota 1340); CC VII , 44 (pp. 278 ss.); CIo XXVIII, 5, 36 (nota 896); CRm VI, 1
(nota 1342); CRm IX, 42 (nota 1343); CRm X, 15 (pp. 321-322); CMtS 69 (p. 357 e nota
1074); HEx III, 3 (nota 1346); HEx XI, 4 (nota 507); HLv XIII, 5 (note 467, 1091); HNm
XXVI, 2 (nota 1347); HIos V, 6 (nota 1288); HIer V, 9 (nota 1170); FrIer 68 (nota 1100);
FrPs 27 (28) (note 506, 1410); Ps.Cat F (87, 23 Devreesse, 87) = FrPs 133 (134), 2, che
lunisce a Sal 140(141), 2 (Kalw'" de; to; ejpavrate, kai; ouj to; ejkteivnate. Kai; ga;r e[parsiv"
fhsi tw'n ceirw'n mou, oujci; e[ktasi", qusiva ejsperinhv kai; bouvlomai ktl.). BP rimanda
anche a due luoghi incerti: ?Ps.Cat B (482, 1); ?Ps.Hom. 5, 23 (192, 10). Inoltre Orat II, 2
cita 1Tm 2, 8-10 (nota 467), mentre CCt I, 1, 4 (nota 915) rinvia a 1Tm 2, 8-9. A sua volta,
Orat IX , 1 rimanda a 1Tm 2, 9-10 (nota 498) e HNm II, 1 (note 1345, 1348) a 1Tm 2, 9. Nel
citare lAlessandrino alterna il singolare dialogismou' con il plurale dialogismw'n.
1337 Cfr. supra, note 467, 474, 883, 1100, 1170.
1338 Secondo Orat XXXI , 1 (395, 19-24), Paolo avrebbe tratto indicazioni da Sal
140(141), 2: fhsi; toivnun oJ Pau'lo" [...] th;n katavstasin uJpogravfwn ejn tw'/ dei'n proseuv-
cesqai cwri;" ojrgh'" kai; dialogismou', to; de sch'ma ejn tw'/ ejpaivronta" oJsivou" cei'ra"
(1Tm 2, 8): o{per eijlhfevnai moi dokei' ajpo; tw'n yalmw'n, ou{tw" e[con: e[parsi" tw'n
ceirw'n mou qusiva eJsperinhv (Sal 140[141], 2b).
1339 Sullinterpretazione di CC VII, 44, cfr. supra, pp. 278-281.
1340 CC III, 60 (254, 16-20): Kai; didavskonte" o{ti eij" kakovtecnon yuch;n oujk
eijseleuvsetai sofiva oujde; katoikhvsei ejn swvmati katavcrew/ aJmartiva" (Sap 1, 4) famevn:
o{sti" cei'ra" kaqaro;" kai; dia; tou't ejpaivrwn cei'ra" oJsivou" (1Tm 2, 8) tw'/ qew'/ kai;
para; to; dihrmevna kai; oujravnia ejpitelei'n duvnatai levgein: Eparsi" tw'n ceirw'n mou
qusiva eJsperinhv (Sal 140[141], 2), hJkevtw pro;" hJma'" .
432 Parte seconda, Capitolo ottavo
zate) = azioni rette non esclusivo del passo paolino, perch anche in
CC III, 60 lAlessandrino vi associa Sal 140(141), 2; inoltre, altrove si serve
con questo stesso risvolto interpretativo della figura di Mos che prega a
braccia alzate durante la battaglia di Israele con Amalek (Es 17, 8-16). In
ogni caso, il ricorrere del motivo delle mani sante focalizza il nesso tra
preghiera e santit di vita che appare al centro della riflessione di Orat.
Esso ribadito dai due luoghi del Commento a Romani che, in aggiunta a
CRm X , 151341, ripropongono 1Tm 2, 8: CRm VI, 1 e IX, 42. Nel primo la
menzione attira pi semplicemente lequivalenza consueta di mani san-
te con azioni sante 1342, senza interesse manifesto per il legame con la
preghiera, mentre nel secondo passo il discorso sulle cose monde e im-
monde (1Tm 4, 4-5) contiene gi nel testo paolino lidea che la preghiera
sia produttrice di santificazione. LAlessandrino la fa propria, a patto ov-
viamente che la preghiera venga da chi vive lui stesso una vita santa; in
particolar modo, occorre partecipare di quella condizione spirituale che
lApostolo caratterizza come priva dira e di contese, condizione parti-
colarmente ardua nelle vicissitudini del combattimeto spirituale (come
Origene ha sottolineato soprattutto in CRm X , 15)1343. In CRm IX, 42, ac-
cennando di passaggio alla prassi cristiana della benedizione che in ge-
nerale sembra restare un po in ombra nel suo discorso sulla preghiera
(quantunque a tratti con spunti di notevole interesse)1344 , egli valorizza

1341 Sulla ripresa di 1Tm 2, 8 in CRm X, 15 si veda supra, pp. 321-322.


1342 CRm VI, 1: Come infatti sono chiamate mani sante quelle che si sono occu-
pate di azioni sante, secondo quanto dice lApostolo: Alzando mani pure senza ira e di-
scussione (1Tm 2, 8), e viceversa sono chiamate mani piene di sangue quelle che si sono
occupate di spargere il sangue (tr. Cocchini I, 305).
1343 CRm IX, 42: Sono infatti santificate mediante la parola di Dio e la preghiera,
poich ogni creatura di Dio buona e niente deve essere rigettato di ci che viene preso
con azione di grazie (1Tm 4, 5.4); non per con la preghiera di una persona qualsiasi le
cose vengono santificate, ma con quella di coloro che innalzano mani pure senza ira e di-
scussione (1Tm 2, 8) (tr. Cocchini II, 154). La santificazione mediante la preghiera cosa
del tutto normale per il santo: E non vi neppure nulla di straordinario se chi santo
santifica con la parola di Dio e con la preghiera il cibo che prende, dal momento che sono
santi perfino gli abiti stessi con cui egli rivestito (p. 155).
1344 Tra i passi pi rilevanti su benedizione e vita cristiana, cfr. CRm VI , 4 (La lin-
gua che abituata agli insulti, alle maledizioni e al turpiloquio, si converta ora a benedire
il Signore in ogni tempo... [tr. Cocchini I, 313]) e CRm IX, 14 (lapostolo, trattando pi
estesamente la parte morale, regola le azioni, la mente, il proposito, perfino la bocca
stessa dei discepoli e il linguaggio. Egli non vuole che i credenti in Cristo pronuncino con
la loro bocca una maledizione, ma vuole che bene parlino, bene dicano, bene preghino...
[II , 115]). Si veda anche la riflessione, di natura analoga a quella sul rapporto preghiera
vita, in FrLc 257 (336, 1-5), a proposito della benedizione di Aronne: Toiou'ton dev ti kai;
peri; tou' Aarw;n ejn tw/' Leui>tikw'/ gevgraptai, o{ti ejxavra" ta;" cei'ra" aujtou' ejpi; to;n lao;n
hujloghsen aujtouv" (Lv 9, 22). uJpolambavnw de; ejnqavde aijnivssesqai to;n lovgon, o{ti dei'
to;n eujlogou'ntav tina kekosmh'sqai ejn e[rgoi" diafevrousi kai; ejphrmevnoi" para; tou;"
pollouv": aiJ ga;r cei're" Aarw;n a[nw ejxaivrontai, o{te mevllei eujlogei'n to;n laovn. Fra le
I nuclei scritturistici della riflessione origeniana sulla preghiera 433
al massimo la condizione di santit, tanto da dichiarare che investe perfino
gli abiti di colui che santo, mentre appare del tutto normale che lorazio-
ne del santo sia fonte di santificazione1345.

possibili spigolature al riguardo si veda CRm I, 10 (8) (64, 9-10), per cui la benedizione
dellApostolo in Rm 1, 7 non inferiore alle benedizioni di No per Sem e Iafet, di Mel-
chisedek per Abramo, di Isacco per Giacobbe, di Giacobbe per i dodici patriarchi (Non
ergo his omnibus inferiorem duco hanc apostoli benedictionem, qua benedixit ecclesias
Christi). Per FrEph I, 3 (236), la condizione di coloro che sono benedetti da Dio quella
di chi conversa costantemente con le realt spirituali (Kai; o{ra ei[ duvnatai to; ejn toi'" ejpou-
ranivoi" ei\nai ajnti; tou' ejn toi'" nohtoi'" kai; e[xw aijsqhvsewn: ou{tw ga;r kai; qhsaurivzei
ti" ejn oujranoi'", kai; th;n kardivan oujkevti e[cei ejpi; gh'", toutevstin ejn toi'" uJlikoi'" kai;
swmatikoi'", ajll ejn oujranw'/, th/' nohth/' fuvsei ajei; oJmilw'n). A loro volta, riprendono for-
mule di benedizione le dossologie di HNm XIX , 4 (supra, nota 1329); HNm XXVIII, 4 ([285,
14-19] Beati qui ad hanc pervenient beatitudinis summam; beati qui ad ista conscen-
derunt fastigia meritorum, et benedictus Deus noster, qui haec promisit diligentibus se. Hi
sunt ipsi vere sacris numeris numerati apud Deum, immo ipsi sunt, quorum etiam capilli
capitis numerati sunt per Iesum Christum Dominum nostrum, cui est gloria etc.); HIos
IX, 9 (Illo etenim duce semper vincent milites sui, ita ut et nos dicamus, sicut in Esdra
scriptum est, quia: a te, Domine, est victoria, et ego tuus servus; benedictus es Deus veri-
tatis [1Esd 4, 59-60]. Quem semper et nos invocemus, ut det nobis victoriam in Christo
Iesu Domino nostro, cui est gloria etc.); HIos XX, 6 (Hoc ergo est accepisse in benedic-
tione Gonetlam superiorem et Gonetlam inferiorem. Quam benedictionem oremus ut et
nos consequi mereamur per Christum Dominum nostrum, cui est gloria etc.); H36Ps III,
12 ([162, 34-41] Propterea ergo contineamus linguam nostram et servos Domini admire-
mur et benedicamus iustos et nunquam detrahamus de eis, nec aperiamus os nostrum ad
male loquendum, ne forte exterminemur, sed benedicamus, ut et nos benedictionem con-
sequamur per Christum Dominum nostrum, cui est gloria etc.); HLc XII, 6 (supra, nota
1271). Cfr. inoltre CCt III, 14, 2; HNm XXVII, 12 (nota 1592); HIs V, 2 ([265, 6-7] Timeo
enim, ne me fugiat, ne benedictionem quoque meam dedignetur). Se si esclude la conti-
guit semantica fra la preghiera di lode o benedizione e il ringraziamento in Orat XIV, 5
(su cui si veda supra, p. 132 e nota 393), la benedizione non pare divenire oggetto di una
specifica riflessione eucologica, a parte i temi esegetici, su cui si vedano, ad esempio, Orat
XVI , 3 (nota 451) e HIer XII, 3 ([89, 24-26] wJ" pavlin eujlogivai tinev" eijsin iJeratikaiv,
peri; w|n qeou' didovnto" ouj makravn, ajlla; meta; th;n ejxevtasin tou' lovgou tou' profhtikou'
eijsovmeqa ajnaginwskomevnwn tw'n Ariqmw'n). Non bisogna comunque dimenticare i cenni
al rapporto fra eujcaristiva ed eujlogiva in CMt X, 15 (20, 4), a commento del racconto
della moltiplicazione (ejsqivomen ga;r ejn eujlogiva/ ta; palaiav, tou;" profhtikou;" lovgou"
ktl.); CMt X , 25 ([34, 13] tou;" th'" eujlogiva" a[rtou"); CMt XI, 2 ([36, 22-23] tw/' lovgw/
kai; th/' eujlogiva/ au[xwn kai; plhquvnwn aujtouv"); CMt XI, 19 ([68, 28-29] Kreivttou" dev
eijsin, oi\mai, oiJ fagovnte" ajpo; tw'n eJpta; eujcaristhqevntwn a[rtwn tw'n fagovntwn ajpo; tw'n
pevnte eujloghqevntwn). Di particolare interesse la riflessione di Origene sulle condizioni
per partecipare del pane eucaristico santificato dalla parola di Dio e dalla preghiera
(1Tm 4, 5) in CMt XI , 14 (57, 21), senza che si soffermi peraltro sul termine e[nteuxi" con-
tenuto nel passo paolino. Cfr. anche CRm X, 3: Quando dunque tutti i gentili sono mon-
dati dalla contaminazione mediante la conoscenza della fede, allora anche ogni cibo viene
purificato dalla parola del Signore e dalla preghiera (tr. Cocchini II, 160). In HNm XIII,
4, dopo aver messo in guardia da unaccezione magica della preghiera, Origene osserva
che larte magica incapace di benedire, ma sa solo maledire.
1345 Lestrapolazione risulta pi facilmente comprensibile, se tiene presente quanto
Origene sostiene in HNm II, 1, 2 con riferimento proprio a 1Tm 2, 9.
434 Parte seconda, Capitolo ottavo
Quanto poi allassociazione simbolica delle mani levate in preghiera
con la figura di Cristo in croce suscitata peraltro anche dallimmagine
di Mos orante contro Amalek , essa appare limitata alle Omelie su Eso-
do, senza che si possa riscontrare un nesso diretto con la pratica del segno
di croce. Tuttavia, il gesto di alzare le braccia per pregare configura cer-
tamente lorante sullimmagine del Cristo crocifisso e richiama la forza
vittoriosa che promana dalla croce1346. Invece, in HNm XXVI, 2 Origene
torna a privilegiare il discorso sulla prassi di vita, inculcando con lappog-
gio del luogo paolino la necessit della concordia ecclesiale quale condi-
zione per vincere le forze del male. Nondimeno, il nesso con la preghiera
suggerito indirettamente dallabbinamento con Mt 5, 23-24 (Se dunque
presenti la tua offerta sullaltare e l ti ricordi che tuo fratello ha qualche
cosa contro di te, lascia l il tuo dono davanti allaltare e va prima a ricon-
ciliarti con il tuo fratello e poi torna ad offrire il tuo dono), per cui solo
una disposizione danimo nel segno della riconciliazione fraterna pu
presiedere allatto orante, bench lAlessandrino non utilizzi quasi mai il
passo matteano per il suo discorso sulla preghiera1347.
Labbinamento pi occasionale di 1Tm 2, 8 con 2, 9(-10) rafforza
anchesso lapplicazione del passo paolino prevalentemente agli aspetti
morali e spirituali pi che alluniversalit del luogo di preghiera o allat-
teggiamento esteriore dellorante, come attestano sia Orat sia il Com-
mento al Cantico dei Cantici. A sua volta HNm II, 1, 2 sfrutta la racco-
mandazione dellApostolo alle donne perch si adornino con un abito
ordinato (ejn katastolh/' kosmivw/) con lintento di rafforzare lidea di un
ordine nella chiesa, che si estende fino alle vesti del cristiano1348. In
conclusione, Origene trae da questo riferimento un nucleo tematico che
orienta ripetutamente la sua riflessione sulla preghiera cristiana spesso,

1346 HEx III, 3 (170, 19-25): Et vere illud impletur in nobis in quo Moyses dedit fi-
guram: cum enim ipse elevaret manus, vincebatur Amalech; si vero velut lassas eas deice-
ret et bracchia infirma deponeret, invalescebat Amalech (Es 17, 11). Ita ergo etiam nos in
virtute crucis Christi extollamus bracchia et elevemus in oratione sanctas manus in omni
loco sine ira et disceptatione (1Tm 2, 8), ut Domini mereamur auxilium. Cfr. anche HEx
XI, 4, dove tuttavia il richiamo alle braccia del Crocifisso sottolinea lo scarto con il tipo di
Mos orante, mentre riconduce il discorso alla prassi di una vita retta (note 507, 589,
1223); FrLc 257 (nota 1406).
1347 HNm XXVI, 2, 2 (244, 23-245, 1) sui combattenti di Nm 31, 49-50: Istos puto
esse secundum Evangelium, qui praeceptum illud diligenter observant, quod mandat Do-
minus et Salvator: Si autem offers munus tuum ad altare et rememoratus fueris, quia frater
tuus habet aliquid adversum te, relinque ibi munus tuus ad altare, et vade prius reconci-
liari fratri tuo, et tunc veniens offeres munus tuum (Mt 5, 23-24), quo scilicet leuent ma-
nus suas ad Deum sine ira et dissensione (1Tm 2, 8). Mt 5, 23-24 citato altrimenti solo
in Orat II, 2.
1348 HNm II, 1, 2 (9, 15-17): Paulus vero, tamquam evangelii minister, non solum
in actibus sed in ipso habitu ordinatum vult esse christianum, et idem dicit: Mulieres simi-
liter in habitu ordinato (1Tm 2, 9).
I nuclei scritturistici della riflessione origeniana sulla preghiera 435
come constateremo nuovamente fra breve, in combinazione con le altre
citazioni paradigmatiche nel senso di mettere in luce il suo profilo di
preghiera spirituale. Lampio sfruttamento di 1Tm 2, 8-9(10) rappresen-
ta inoltre un elemento distintivo dellAlessandrino, che valorizza il testo
dellApostolo ben aldil di quanto avesse fatto Clemente nel VII libro
degli Stromati, anche perch egli il primo a citarlo in extenso1349. Lim-
portanza del riferimento paolino per il discorso sulla preghiera trover
invece conferma in Evagrio Pontico: sebbene egli non se ne serva con al-
trettanta frequenza e in maniera cos marcata, limpostazione abbozzata
dallAlessandrino a partire da 1Tm 2, 8-9 sembra influenzare anche la sua
visione della preghiera e della vita spirituale1350.

2.2. 1Tm 2, 1(-2): tipi di preghiere e loro gerarchia

Vi un altro luogo della stessa lettera paolina che, seppure utilizzato


pi raramente, ha tuttavia offerto ad Origene spunti importanti per artico-
lare la visione della preghiera: 1Tm 2, 1, occasionalmente associato con il
v. 21351. In Orat lAlessandrino basa su di esso il tentativo, non piena-
mente riuscito, di fissare con precisione una tipologia delle preghiere. In
ogni modo, egli ha certamente visto in questo passo la fonte pi ricca per
la terminologia della preghiera, richiamandosi di conseguenza ad essa an-
che altrove come semplice catalogo delle orazioni da indirizzare a Dio (ad
esempio, in HNm XI, 9). Peraltro questa ripresa si rivela non priva di po-
larit, anche assai forti, sotto un duplice profilo: da un lato, lindividua-
zione dei destinatari dei quattro tipi di preghiere indicati dallApostolo
(domande, suppliche, preghiere e ringraziamenti) e, dallaltro, la loro
gerarchizzazione. Cos, a differenza di Orat XV, 1, che riservava netta-
mente la proseuchv solo al Padre, CC V , 4 e ancor pi apertamente CRm
VIII, 5 tendono ad equiparare il Figlio al Padre come destinatario. Se non
giusto vedervi una vera e propria retractatio delle posizioni espresse in
Orat, abbiamo comunque un indizio significativo di ripensamento o ag-
giustamento da parte dellAlessandrino 1352.

1349 Sulluso pi limitato in Clemente, cfr. Le Boulluec 2003, 147 (supra, nota 467).
1350 Cfr. Evagrio, De cogit. 5, 25; 32, 8 (supra, nota 971). Anche De orat. 9 (PG 79,
1169, 18) potrebbe contenere uneco del nostro passo: Sth'qi ejmpovnw", kai; proseuvcou
eujtovnw", kai; ajpostrevfou ta;" tw'n frontivdwn kai; dialogismw'n ejpiteuvxei".
1351 Le occorrenze di 1Tm 2, 1 attestate da BP sono: Orat XIV, 2 (nota 377); CC V, 4
(nota 410); HNm XI, 9 (nota 1094); FrPs 27 (28) (nota 1353); ?PsCat A (117 B6). Pi che
una citazione esplicita, Orat XVI, 1 ([336, 10-12] proseucwvmeqa toivnun wJ" qew'/ ejntug-
cavnwmen de; wJ" patri; dewvmeqa de; wJ" kurivou eujcaristw'men de; wJ" qew'/ kai; patri; kai;
kurivw/) e CRm VIII, 5 (p. 138 e nota 411) contengono unallusione. A sua volta CC VIII, 73
(p. 274) cita 1Tm 2, 1-2, mentre CRm IX , 29 (nota 1357) rinvia a 1Tm 2, 2.
1352 Cfr. supra, pp. 133 ss.
436 Parte seconda, Capitolo ottavo
Quanto alla gerarchizzazione dei quattro tipi di preghiera, il frammen-
to catenario di un commento a Sal 27(28) risulta metterla in discussione,
dal momento che grazie ad una rilettura in scala ascendente di 1Tm 2, 1
attribuisce il primato non pi alla proseuchv bens alla eujcaristiva1353. In
questo caso la gerarchizzazione non pi dettata in primo luogo dalla
considerazione del destinatario, come avveniva in Orat, per cui essendo
la proseuchv indirizzata al Padre, in quanto espressione della preghiera
spirituale per eccellenza, essa era collocata al primo posto. Qui intervie-
ne in misura altrettanto determinante la considerazione dellorante: alla
prospettiva ex parte Dei si affianca quella ex parte hominis. Infatti, il rin-
graziamento dichiarato essere la preghiera di colui che divenuto ormai
da tempo amico di Dio. Indubbiamente laccento cambiato rispetto al
trattato, pur senza che si possa parlare di una revisione radicale del suo
punto di vista (come vorrebbe Vlker, il quale sostiene lidea della pre-
ghiera di mera adorazione come il vertice perseguito da Origene)1354.
vero che a prima vista risulta problematica laffermazione per cui la e[n-
teuxi" viene ad essere pi grande della proseuchv, se messa a confron-
to con la definizione che ne d Orat XIV, 5. Eppure, proprio qui Origene
ne ha fornito la prima giustificazione dichiarando che le[nteuxi" pro-
pria dello Spirito, in quanto egli migliore delluomo (wJ" kreivttono"
o[nto")1355. Inoltre, le tracce delle caratteristiche assegnate dallAlessandri-
no alla proseuchv si ritrovano anche nel frammento: essa, infatti, conti-
nua ad essere la preghiera di domanda per eccellenza, quella che si conf
pi adeguatamente alla dignit di Dio nel momento in cui mi rivolgo a
lui per chiedergli qualcosa di cui ho bisogno. Se dunque vi mutamento
di orizzonte, esso indicato dal possibile superamento del regime della
richiesta. Ma laccenno sommario alla condizione di colui che amico
di Dio e si dispone in quanto tale a far propria una disciplina eucaristi-
ca troppo rapido ed elusivo per poterne dedurre una svolta radicale,
anche considerando quanto lidea del combattimento spirituale rimanga
determinante per lAlessandrino in tutta la sua opera. Ora, colui che in
lotta, ha sempre bisogno di domandare laiuto divino. Daltra parte, lin-
tera vita delluomo non pu non essere sempre situata nel segno del rin-

1353 FrPs 27 (28), 6 (PG 12, 1285A-B): Emoi; dokei' diafevrein eujch; dehvsew", kai;
dokei' moi oJ Apovstolo" pleivona ojnovmata eij" tauvthn th;n diafora;n diaqevsqai levgwn:
Parakalw' prw'ton pavntwn poiei'sqai dehvsei" proseucav" ejnteuvxei" eujcaristiva" uJpe;r
pavntwn ajnqrwvpwn (1Tm 2, 1), meivzona levgwn wJ" ejmoi; dokei' th'" dehvsew" th;n proseu-
chvn, kai; touvtwn th;n e[nteuxin, pavntwn de; th;n eujcaristivan. Ei[poim a]n ou\n, o{ti tou' e[ti
ejndeou'", kai; oi|" ejndei' tina, touvtwn ejsti;n hJ devhsi". Ote de; to; ajxivwma tou' Qeou' nohv-
sa" aijtw' ti para; tou' Qeou', tovte proseuvcomai: o{te de; fivlo" ejpi; plei'on gevnwmai, tovte
eujcaristw' tw/' Qew/'.
1354 Si veda supra, p. 33.
1355 Orat XIV, 5 (supra, nota 388).
I nuclei scritturistici della riflessione origeniana sulla preghiera 437
graziamento verso Colui che come ricorda un magnifico frammento del
Commento a Efesini lo ha chiamato dal non essere allessere e gli ha
fatto dono della somiglianza e dellimmagine di s1356.
Laggiunta del v. 2 a 1Tm 2, 1 in CC VIII, 73 o la sua citazione isolata
in CRm IX, 29 concorrono come si visto a proposito del Contro Celso
ad argomentare la posizione di Origene in merito al problema politico
della preghiera1357. Il rilievo testimoniale del luogo paolino appare minore,
rispetto non solo agli altri versetti della medesima lettera, ma anche al pa-
radigma di Mos orante in Es 17, 8-16, che come vedremo fra breve
doveva prestarsi meglio per sviscerare alloccorrenza le conseguenze po-
litiche dellorazione cristiana1358. In ogni caso, il fatto che 1Tm 2, 2 non
compaia per nulla nel trattato indice della rilevanza, tutto sommato, ri-
dotta che la dimensione politica della preghiera dovette assumere agli oc-
chi di Origene. Certo il dibattito con Celso lha reso pi consapevole di
tale aspetto, ma in generale la sua attenzione appare rivolta piuttosto alle
dimensioni personali ed ecclesiali dellatto di pregare. C da dire inoltre
che lAlessandrino, pur avendo ben presente la preghiera dintercessione
(a cominciare, come ovvio, dallo stesso testo di 1Tm 2, 1 con la corri-
spondente trattazione sulle[nteuxi" in Orat), non lha fatta oggetto di una
riflessione pi organica. Anzich appuntarsi sui contenuti il che avrebbe
determinato anche un interesse pi specifico per il bene della politeia ro-
mana , egli sembra guardare soprattutto alle persone degli intercesso-
ri1359 : in primis Ges Cristo e lo Spirito santo (cui spetta, in un certo
senso, per eccellenza la preghiera di e[nteuxi"), in subordine Mos e gli
altri santi dellAntico Testamento, ai quali si aggiungono la chiesa celeste
e terrena, con gli angeli, gli apostoli (primo fra tutti Paolo)1360, i martiri e
i confessori. In particolare lAlessandrino si mostra sensibile alle moda-

1356 FrEph I, 2 (232): Ea;n gavr ti" meteschkw;" tou' ei\nai, ejpilaqovmeno" th'" me-
toch'", eJautw'/ katacarivshtai th;n tou' ei\nai aivtivan, kai; mh; th;n pa'san eujcaristivan ajna-
fevrh/ ejpi; to;n ejk tou' mh; ei\nai to; ei\nai aujtw'/ o{moion kai; kat eijkovna carisavmenon, tovte
katargei'tai to; o[n.
1357 Cfr. supra, pp. 274-275. Del resto CRm IX, 29 (752, 3753, 6) su Rm 13, 5-6
guarda a tale questione nellottica della pax ecclesiae: Ordinat quidem per haec Paulus
ecclesiam Dei, ut nihil adversi principibus et potestatibus saeculi gerens per quietem et
tranquillitatem vitae (cfr. 1Tm 2, 2), opus iustitiae et pietatis exerceat.
1358 Oltre a CC VIII, 73, troviamo tale implicazione anche in HNm XIII , 4 (nota
1196). Cfr. la trattazione su Es 17, 8-16 (pp. 451-453).
1359 Del resto, la stessa apologia della politeia giudaica in CC non valorizza speci-
ficamente la forza della preghiera di Israele in chiave politica (cfr. Perrone 2003b).
1360 Sulla preghiera dintercessione di Paolo si veda, ad esempio, HEz IX, 5 (414,
32-415, 2) a commento di 2Cor 12, 7-9: Tantus vir Apostolus Paulus necessarium habuit
colaphum angeli Satanae, ut eum colaphizaret, ne elevaretur multum, quia orans et depre-
cans Deum impetravit pro multis saepe quod petiit. Fra gli angeli, la figura preminente
dellintercessore risulta essere Michele (cfr. supra, nota 749; infra, nota 1385). In CC VIII,
13 si ricordano Gabriele e Michele come ministri di Dio.
438 Parte seconda, Capitolo ottavo
lit di esercizio ecclesiale del potere dintercessione, che prerogativa
dei santi, mentre il pensiero sulloggetto di intercessione risulta essen-
zialmente diretto allobiettivo della salvezza spirituale 1361.

2.3. Sal 140(141), 2: preghiera come offerta di una vita santa

Spesso abbinato con 1Tm 2, 8, il riferimento a Sal 140(141), 2 si


presenta anchesso come particolarmente rilevante, non solo sotto il pro-
filo quantitativo ma anche per i risvolti tematici1362. Il luogo veterotesta-
mentario sostiene, infatti, lidea della preghiera in Origene, poich concor-
re egualmente ad illustrarne gli aspetti esteriori e le dimensioni interiori.
In particolare, esso fornisce allAlessandrino il corredo pi ricco di imma-
gini per identificare latto orante secondo il modello da lui auspicato:
lincenso (v. 2a), lelevazione delle mani e il sacrificio vespertino (v. 2b).
Tuttavia, il rilievo testimoniale del nostro salmo sembrerebbe emergere
solo gradualmente nella riflessione origeniana. Infatti, nel trattato si cita
unicamente Sal 140(141), 2b, per corroborare prima la consuetudine della
preghiera serale (Orat XII, 2) e poi latteggiamento esteriore di preghiera
(Orat XXXI, 1), senza quindi sfruttarlo al fine desemplificare le disposi-

1361 Sulle figure degli intercessori si veda supra, pp. 271, 339 (Ges Cristo); 326 (lo
Spirito); 394 (Mos); 301, 354 (santi dellAntico Testamento); 356 (la chiesa); 257 (mar-
tiri); 400 (confessori).
1362 Origene cita abitualmente Sal 140(141), 2 nella seguente forma: genhqhvtw (ka-
teuqunqevtw Rahlfs) hJ proseuchv mou wJ" qumivama ejnwvpion sou, e[parsi" tw'n ceirw'n mou
qusiva ejsperinhv. Solo in FrPs 140 (141), 2 (PG 12, 1665A), peraltro restituito da Rondeau
a Evagrio Pontico (infra, nota 1842), troviamo kateuqunqevtw ktl. I riferimenti compaio-
no in Orat XII, 2; Orat XXXI, 1 (nota 1338); Dial 20 (nota 506); CC III, 60 (nota 1340); CC
VIII, 17 (nota 476); CIo XXVIII, 5, 36-37 (nota 896); HGn XI, 2 (nota 590); HEx XI, 4 (nota
507); HLv IX, 8 (nota 1090); HLv XIII, 5 (nota 1091); HNm XXIII, 3 (note 531, 1561); HReL
I, 9 (nota 1098); HIer XVIII, 10 (nota 1191); FrIer 11 ([203, 4-10] w|n hJ proseuch; wJ" qu-
mivama kai; hJ e[parsi" tw'n ceirw'n qusiva eJsperinhv. oi} kai; prosfevrousi livbanon, o{per
eJrmhneuvetai Leukasmov", pa'san ajpobavllonte" zofwvdh diavqesin, wJ" aJrmovttein aujtoi'"
to; tiv" au{th hJ ajnabaivnousa leleukanqismevnh [Ct 8, 5]: ou{tw ga;r kai; th;n ai[nesin
dunhvsontai fevrein eij" oi\kon kurivou, mh; e[conte" spi'lon h] rJutivda h[ ti tw'n toiouvtwn
[Ef 5, 27] prostribomevnwn th'/ tou' Cristou' ejkklhsiva)/ ; FrIer 68 (nota 1100); HEz XI, 5
(nota 1190); FrPs 17 (18), 21 ([PG 12, 1232C] O ejpaivrwn oJsivou" cei'ra", kai; qarjrJw'n
eijpei'n: Eparsi" tw'n ceirw'n mou qusiva ejsperinh;, kai; kaqarovthta ceirw'n oJmologhv-
sei e[cein); FrPs 133 (134), 2 (nota 1336). BP registra inoltre: Fr 29 (34, 1); ?Ps.Cat B
(482, 3). FrPs 118 (119), 48 Harl (SC 189, p. 268, 4-7) riprende il motivo delle mani =
azioni, senza riferimento al nostro salmo. Si veda infine FrLc 165 (nota 1411). Contra
Bradshaw, 48-49, 62-64, Phillips ritiene che Sal 140(141), 2 sia da collegare alla preghiera
dellora nona: Origen was acquainted with the works of Josephus and may well have
known that the hour of the evening sacrifice was three oclock in the afternoon. There-
fore, even if Origen construed the third day hour to be evening prayer, he could still have
connected it to the ninth hour of the day (p. 42). LA. nota anche il suo uso successivo
come the standard psalm for the evening service, at least in the eastern churches (p. 48).
I nuclei scritturistici della riflessione origeniana sulla preghiera 439
zioni interiori dellorante. Diversamente da ci che avviene successiva-
mente in altri scritti, Origene non vi utilizza limmagine dellincenso n
trae dallequivalenza sacrificio = preghiera limplicazione relativa al
cuore dellorante quale altare su cui offrire come vittime le proprie
preghiere, che invece svilupper nel Contro Celso e (sebbene indipenden-
temente dal nostro salmo) nel Commento a Matteo1363.
Limportanza paradigmatica di Sal 140(141), 2b, in relazione allele-
vare le mani, ribadita da Dial, sia pure esplicando lequivalenza sim-
bolica con le buone azioni sul piano della condotta morale, cio senza
ricollegare il gesto pi direttamente alla prassi di preghiera. Al contrario,
il contesto orante emerge espressamente in un passo del Commento a
Giovanni (CIo XXVIII, 5, 36-37) che raccoglie, per cos dire, il canone
essenziale dei luoghi scritturistici nel discorso origeniano sulla preghiera:
introdotto rispettivamente da 1Tm 2, 8 e dal richiamo alla figura di Mos
orante contro gli Amaleciti (Es 17, 11), Sal 140(141), 2b viene a confer-
mare, come terzo riferimento normativo, lidea di un orante impegnato
sul cammino del perfezionamento spirituale. La combinazione con 1Tm
2, 8 tende a diventare topica, come mostra fra laltro HLv XIII, 5. Ma essa
si d questa volta con Sal 140(141), 2a, suscitata dallimmagine dellin-
censo che diventer lo spunto dominante anche in altre citazioni del salmo.
Lordine delle idee per non cambia perch concerne sempre anzitutto il
requisito della vita morale pienamente virtuosa o, per meglio dire, santa,
entro la quale soltanto pu nascere una preghiera autentica. Cos per HLv
IX, 8 lincenso sono le opere sante compiute da Ges il quale, proprio
in forza di esse, ha potuto fare della sua vita quellofferta purissima
dincenso prefigurata da Lv 16, 12 (Poi prender lincensiere pieno di
brace tolta dallaltare davanti al Signore e due manciate di incenso odoroso
polverizzato) e attestata anche dalle parole del salmo. Analogamente,
solo chi ha un cuore puro e una buona coscienza pu innalzare come
incenso la propria preghiera, secondo quanto dichiara HLv XIII , 51364.
Anche CC VIII, 17 si richiama allimmagine dellincenso in Sal 140(141),
2a insieme a Ap 5, 8 per inculcare lidea che il vero tempio del cri-
stiano la coscienza pura da cui si innalzano a Dio le preghiere, come
su un altare.
Bench la I Omelia su I Regni sembri manifestare lesigenza di svi-
scerare una diversa comprensione della preghiera e dei suoi riferimenti
scritturistici fra laltro, anche alla luce di Sal 140(141), 2a , solo con il
commento del libro di Geremia Origene si rif allimmagine dellin-

1363 Cfr. supra, nota 476. Sul complesso di motivi legati alle immagini dellincen-
so e del sacrificio si veda, in particolare, nota 2 (luso di qumivama in Orat XXXI, 4
deriva dalla citazione di Mal 1, 11).
1364 Anche CC III, 60 ricava tale significato (supra, nota 1340).
440 Parte seconda, Capitolo ottavo
censo in una prospettiva tendenzialmente diversa. Da un lato, FrIer 68,
uno dei luoghi sicuramente pi significativi al di fuori del trattato, non
solo lapprofondisce positivamente in relazione a Ap 5, 8, di nuovo citato
per presentare lincenso come la preghiera del santo, ma la caratterizza
anche in rapporto a Sal 108(109), 7, che illustra per lAlessandrino il mo-
dello negativo della preghiera del peccatore. Inoltre, in HIer XVIII, 10,
spiegando Ger 18, 15 (Poich il mio popolo si dimenticato di me, mi
hanno offerto incenso invano), egli sviscera ancora una volta le implica-
zioni del simbolismo che limmagine racchiude: non pi solo il buon
odore dellincenso contrapposto al fetore del peccato, ma anche il mo-
tivo del fumo che si innalza verso il cielo e della sua leggerezza per accen-
nare allelevazione spirituale dellanima orante. Colui che prega in tali
condizioni di spirito capace di comporre una preghiera sottile di con-
cetti sottili che si innalzano da un cuore sottile. La formulazione reto-
ricamente insistita lascia trasparire una diversa attenzione, intesa a meglio
caratterizzare lapplicazione dellimmagine alla preghiera spirituale. Ma
proprio luso singolare dellaggettivo leptov", ripetuto per ben tre volte,
riconduce questo passo allinterpretazione di HLv IX , 8 su Lv 16, 12 LXX,
con limmagine delle mani riempite di una composizione sottile di incen-
so (plhvsei ta;" ceivra" qumiavmato" sunqevsew" lepth'"). Bench il testo
trdito di HIer XVIII, 10 non citi tale versetto, evidente che Origene si
ispirato ad esso per associazioni di idee, ridisegnando in un certo senso
latto orante alla luce del linguaggio di Lv 16, 12, pur senza anticipare i
motivi che avrebbe poi sviluppato in HLv IX, 8-9: la composizione delle
virt e la sottigliezza dellinterpretazione spirituale1365. Oppure lAles-
sandrino si sovvenuto di Es 30, 7 LXX (kai; qumiavsei ejp aujtou' Aarwn
qumivama suvnqeton leptovn), in cui compaiono egualmente i tre termini in
questione, ma il passo non figura nellelenco delle sue citazioni1366.

1365 Da notare che il termine leptov" assente nel vocabolario di Orat, mentre se-
condo BP Origene cita Lv 16, 12 unicamente in HLv IX . Peraltro, in HLv IX, 8 (433, 7-13)
il motivo della composizione rimanda alla variet delle opere virtuose, mentre lincen-
so minuto indica la comprensione spirituale delle Scritture: Quare autem compositionis
incensum dicitur? Quia non est una species operum, sed ex iustitia et ex pietate, ex conti-
nentia, ex prudentia et ex omnibus huiuscemodi virtutibus componitur hoc quod placetur
Deo. Sed et minutum quod addidit, non otiose intelligimus. Non enim vult eum, qui ad
perfectionem tendit, verbum Dei crasse et carnaliter intelligere, sed minutum in his sen-
sum subtilemque perquirere. Cfr. anche HLv IX, 9 (437, 11-14): Beatus, in cuius corde
invenerit tam subtilem, tam minutum tamque spiritalem sensum et ita diversa virtutum
suavitate compositum, ut replere dignetur ex eo manus suas Deoque Patri suavem odorem
intelligentiae eius offerre.
1366 Che la reminiscenza riguardi Lv 16, 12 LXX pi che Es 30, 7 LXX sembrerebbe
rafforzato dal fatto che Origene non cita i paralleli come Es 30, 37 (qumivama kata; th;n
suvnqesin tauvthn); 31, 11 (to; qumivama th'" sunqevsew" tou' aJgivou); 35, 19 (to; qumivama
th'" sunqevsew"); 38, 25 (th;n suvnqesin tou' qumiavmato"); 39, 15 (to; qumivama th'" sunqev-
I nuclei scritturistici della riflessione origeniana sulla preghiera 441
Il rilievo particolare di Sal 140(141), 2 per la concezione e la prassi
della preghiera nellAlessandrino traspare anche dalla distinta applicazio-
ne esegetica di HNm XXIII, 31367. In questo caso, infatti, la sua interpreta-
zione condizionata dal riferimento, da un lato, a 1Ts 5, 17, con la rac-
comandazione a pregare senza interruzione, e dallaltro allastensione
dalla preghiera prevista in 1Cor 7, 5 per le coppie sposate che assolvono i
loro doveri coniugali. Il tema della preghiera nel matrimonio, sulla scorta
del luogo paolino, stato affrontato da Origene in svariati scritti come
avremo modo di verificare pi avanti , ma nellomelia in esame lim-
magine del sacrificio, suggerita dal nostro salmo, ha spinto lAlessan-
drino ad interrogarsi sulla possibilit che i coniugi offrano un sacrificio
ininterrotto, con lofferta ad un tempo delloratio continua e di una vita
santa. La risposta negativa: soltanto chi si vota ad una vita continente e
casta pu offrire a Dio un sacrificio ininterrotto. Il diverso contesto ese-
getico che richiama qui la citazione di Sal 140(141), 2 ne ribadisce in ogni
caso la valenza primaria per la riflessione di Origene sulla preghiera: luso
del salmo sempre finalizzato a ribadire idealmente lidentificazione pi
piena ed adeguata della figura dellorante con colui che conduce una vita
santa, pur non ignorando mai i limiti della condizione terrena. Non a caso,
nel seguito della riflessione in HNm XXIII si lascia intendere che forse
solo post mortem diverr realmente possibile compiere un sacrificio
ininterrotto1368.

2.4. Ap 5, 8: postilla sulla preghiera come profumo dei santi

Come si appena visto, limmagine dellincenso (qumivama) in Sal


140(141), 2b attira in alcune occasioni la combinazione con Ap 5, 8, dove
si parla di coppe doro colme di profumi, che sono le preghiere dei santi
(fiavla" crusa'" gemouvsa" qumiamavtwn, ai{ eijsin aiJ proseucai; tw'n aJgiv-
wn). Lanalogia di vocabolario non poteva sfuggire a un attentissimo co-
noscitore della Bibbia come era Origene, anche se egli non ha attribuito
al passo lo stesso valore testimoniale che contraddistingue luso ben pi
rilevante di Sal 140(141), 2b (come, del resto, non lha assegnato nemme-
no a Mal 1, 11, che contiene anchesso il termine qumivama e compare in

sew"); Es 40, 27 (kai; ejqumivase ejp aujtou' to; qumivama th'" sunqevsew"). Solo HEx XIII, 7
(279, 3-5) rimanda a Es 35, 28, ma senza accennare alla sottigliezza dellincenso: Sed
et incensi compositionem (Es 35, 28) principes offerunt, quae componatur per Moysen in
odorem suavitatis Domino (Es 29, 41), ut et ipsi dicant quia Christi bonus odor sumus
(2Cor 2, 15). Per luso dellimmagine in Clemente Alessandrino, Strom. VII, 6, 34, 2 si
veda infra, nota 1699.
1367 Cfr. supra, nota 531.
1368 HNm XXIII, 3 (nota 531).
442 Parte seconda, Capitolo ottavo
Orat XXXI , 4)1369. Lo conferma implicitamente anche la sua mancata
citazione in Orat, diversamente dai luoghi scritturistici che abbiamo pas-
sato in rassegna finora. Ci non toglie che lAlessandrino abbia ritenuto
importante citarlo nel contesto di taluni passaggi significativi della sua ri-
flessione sulla preghiera. In tal modo, egli d limpressione di aver voluto
arricchire un dossier di riferimenti biblici che, in buona parte, tende a ri-
manere identico ed abbastanza ristretto1370.
In FrIer 68 la citazione addotta a commento di Ger 51, 21 LXX
(Non dellincenso, che avete incensato nelle citt di Giuda e fuori Geru-
salemme voi e i vostri padri e i vostri re e i vostri capi e il popolo della
terra, si ricordato il Signore), dove lincenso di cui parla il profeta
quello offerto dagli Israeliti agli idoli. Ora, anche se lAlessandrino di-
sposto ad ammettere lofferta a Dio dellincenso secondo la lettera, pur-
ch sia accompagnata dal buon profumo nellintimo dellanimo, egli
ricorda nondimeno che per il cristiano il regime dei sacrifici definitiva-
mente superato. Sono i demoni a rallegrarsi del sangue e del fumo delle
vittime, mentre Dio si compiace della giustizia e della perfezione. Ri-
torna dunque la prospettiva dellofferta di un sacrificio spirituale, esem-
plificata con il richiamo ad intendere allegoricamente (eij" nou'n) limma-
gine dellincenso in Sal 140(141), 2a, alla luce appunto di Ap 5, 8, che ne
offre la chiave ermeneutica. Stabilita cos lequivalenza simbolica incen-
so = preghiera, Origene le contrappone la preghiera del peccatore co-
me offerta di cattivo odore servendosi della citazione per lui topica di
Sal 108(109), 7, cui aggiunge per una volta Is 1, 13 (lincenso un abo-
minio per me).
Il nesso concettuale, per opposizione, con lincenso offerto agli idoli
riappare in HEz VII , 3, a commento di Ez 16, 18 (davanti a quelle imma-
gini presentasti il mio olio e i miei profumi)1371. Qui, a modo di defini-
zione riepilogativa, le preghiere dei santi secondo Ap 5, 8 sono quelle

1369 Cfr. supra, nota 2, p. 171 e nota 523. Mal 1, 11 (Poich dalloriente allocci-
dente grande il mio nome fra le genti e in ogni luogo offerto incenso al mio nome e
una oblazione pura, perch grande il mio nome fra le genti, dice il Signore degli eser-
citi) si ritrova ancora in HGn XIII, 3 ([118, 7-9] Aperuit ergo puteos et docuit nos, ut
non in loco aliquo quaeramus Deum, sed sciamus quia in omni terra offertur sacrificium
nomini eius) e ?Fr 29 (35, 1).
1370 Ap 5, 8 figura in CC VIII, 17 (nota 476); HEz VII , 3 (nota 1371); FrIer 68 (note
1100, 1170). BP riporta ancora due passi dallautenticit controversa: ?Fr 29 (34, 17-18);
?Fr 29 (34, 6).
1371 HEz VII, 3 (394, 16-22): Scriptura docente didicimus quia sanctorum oratio sit
incensum; ait enim: Incensum autem orationes sanctorum sunt (Ap 5, 8). Si ergo institu-
ti ad orationem, cum illam Deo debeamus offerre, id est Deo legis et prophetarum, Deo
Abraham, Deo Isaac, Deo Iacob, et Patri Iesu Christi, offerimus his quae ipsi confinxi-
mus, in tantum ut incensum Dei proponamus idolis, facimus id quod dicitur in praesenti:
Oleum meum et incensum meum posuisti ante faciem eorum (Ez 16, 18).
I nuclei scritturistici della riflessione origeniana sulla preghiera 443
indirizzate al Dio dei patriarchi, della legge e dei profeti, nonch Padre di
Ges Cristo. Anche CC VIII, 17 se ne serve con un intento analogo uni-
tamente a Sal 140(141), 2 onde ribattere a Celso che il vero altare per i
cristiani lorgano direttivo (hJgemonikovn) dei giusti, sul quale si offro-
no gli incensi davvero profumati, che sono da intendersi in senso spiri-
tuale (nohtw'") e corrispondono alle preghiere di Ap 5, 8. Come si vede an-
che da questi altri due passi, il riferimento scritturistico non gode di vita
propria, ma interagisce con un complesso di luoghi biblici e di temi con-
vergenti. In questo senso, non forse fuori luogo vedervi una postilla
che Origene ha aggiunto al dossier su incensi e profumi come espressione
simbolica della santit e la preghiera come offerta a Dio di una vita inte-
gralmente virtuosa, nelle parole e nelle opere.

2.5. 1Ts 5, 17: vita come preghiera continua

Con 1Ts 5, 17 torniamo ad un luogo scritturistico che ricopre unin-


cidenza strutturale per il pensiero di Origene. Linvito dellApostolo a
pregare senza interruzione gli ha fornito ripetutamente materia di rifles-
sione, dal trattato al resto degli scritti1372. Per Orat XII, 1-2 lesortazione
di Paolo conferma linsegnamento di Ges sulla preghiera come tratto
costitutivo dellesistenza cristiana, contrastando cos qualunque tentativo
di ridimensionarla o trascurarla. Da questo punto di vista, il Padrenostro
presentato da Origene come il modello di preghiera che risponde piena-
mente alle esigenze delloratio continua in quanto esso il programma di
vita per coloro che vogliono essere figli di Dio. La preghiera ininterrotta
pu infatti essere realizzata solo se preghiere e azioni si combinano fra
loro, venendo ad intrecciare in pratica ununica grande preghiera1373.
Tale prospettiva finisce per ricomprendere anche le ore di preghiera, che

1372 Per una prima rassegna sulluso origeniano di 1Ts 5, 17 si veda supra, nota 589.
BP elenca i seguenti passi: Orat XII, 1 (nota 1458); Orat XII, 2 (nota 595); Orat XXII, 5
(nota 596); Orat XXV, 2 (nota 1375); CRm I, 11 (nota 961); CMt XIV, 25 ([347, 3-9] crh;
de; to;n aijtou'nta poiei'n pavnta ta; par aujtw/', i{na proseuvchtai pneuvmati, proseuvcetai
de; kai; tw/' noi? [1Cor 14, 15], kai; <tou'> ajdialeivptw" proseuvcesqe [1Ts 5, 17] memnhmev-
non kai; tou' e[lege de; parabolh;n aujtoi'" pro;" to; dei'n pavntote proseuvcesqai [Lc 18, 1]:
note 533, 589); CMt XIV, 25 (nota 1053); CMt XVI, 22 (nota 595); Mat.Cat 118; FrEph III,
70 ([340] ejn th/' pro;" Qessalonikei'" protevra/ fhsiv pavntote caivrete ajdialeivptw" pro-
seuvcesqe ejn panti; eujcaristei'te [1Ts 5, 16-18]. tauvthn dh; thrhvsei th;n ejntolh;n oJ diei-
lhfw;" peri; th'" pronoiva" fqanouvsh" kai; ejpi; ta; bV ajssarivwn pwlouvmena pevnte strou-
qiva w|n e}n ouj pivptei eij" pagivda cwri;" tou' ejn oujranoi'" patrov" [Mt 10, 29; Lc 12, 6]);
HGn X, 1 (note 589, 1226); HGn XI, 2 (nota 590); HEx XI, 4 (note 589, 1223); HNm XIV , 2
(nota 1385); HNm XXIII, 3 (nota 1561); HIos XVI, 5 (nota 1223); HReL I, 9 (note 1096-
1098); FrPs 1, 2 (PG 12, 1088B).
1373 Orat XII, 2 (nota 595). Belda, 269 indica qui una probabile ispirazione clemen-
tina (con riferimento a Strom. VII , 7, 49, 6-7).
444 Parte seconda, Capitolo ottavo
risultano quindi essere parti di essa, senza che lAlessandrino avverta il
bisogno di approfondire ulteriormente il problema dei tempi, aldil
delle poche precisazioni fornite da Orat in linea con la prassi ecclesiale
dellepoca. Lesigenza primaria di fronte al luogo paolino rimane sempre
quella di comprendere in qual maniera sia possibile attuare una vita fatta
interamente di preghiera, superando lapparente paradosso insito nelle pa-
role dellApostolo. Essa ispira anche la ripresa di 1Ts 5, 17 nel commento
alla preghiera per eccellenza del cristiano: secondo quanto afferma Orat
XXII, 5 non tanto questione di recitare formule di preghiera in momenti
distinti dellesistenza e destinati appositamente a ci, quanto piuttosto di
dire Padre nostro che sei nei cieli in tutta la propria vita1374. Avendo di
mira il continuo cammino di perfezionamento spirituale, Origene lo ri-
badisce anche per linterpretazione della prima e della seconda petizione:
si tratta nuovamente di pregare senza posa per la santificazione del nome
di Dio e la venuta del suo regno, con una disposizione interiore resa dei-
fica dallazione del Logos divino sullanima, affidandosi cio al suo dono
di grazia perch egli trasformi sempre pi la vita del cristiano a immagine
della comunione futura con il Padre1375.
Lindicazione offerta da Origene in Orat trova conferme sostanziali
sia nel Commento a Matteo sia nella I Omelia su Regni e in un frammento
su Sal 1, 2. Nel primo caso (CMt XVI, 22), a commento dellepisodio della
cacciata dei mercanti dal tempio, egli ricorda come la chiesa possa essere
autenticamente casa di preghiera (Is 56, 7; Mt 21, 13) solo se in lei non
v altro che preghiera. Ci possibile unicamente se ogni azione buona
computata a titolo di orazione, che poi il solo modo praticabile per
poter adempiere allinvito dellApostolo1376. Se questo passo lascia in-
travedere di nuovo la paradossalit racchiusa in 1Ts 5, 17, lAlessandrino
evidenzia di proposito laporia fra la preghiera e le esigenze della vita
quotidiana in HReL I, 9, per riproporre la soluzione gi contemplata: ogni
azione del giusto va valutata alla stregua di una preghiera, per cui nel
momento in cui egli trasgredisce lopera della giustizia, smette anche di
pregare. Analogamente, FrPs 1, 2, riconosciuta dapprima laporeticit di
1Ts 5, 17, afferma anchesso che le azioni di colui che agisce sempre con-
formemente al Logos sono da annoverarsi come preghiera1377. In tutti que-

1374 Orat XXII, 5 (nota 596).


1375 Orat XXV, 2 (358, 22-24): dia; tou'to ajdialeivptw" proseucovmenoi meta;
diaqevsew" tw'/ lovgw/ qeopoioumevnh" levgwmen tw'/ ejn oujranoi'" patri; hJmw'n: aJgiasqhvtw to;
o[nomav sou: ejlqevtw hJ basileiva sou (Mt 6, 9-10; Lc 11, 2).
1376 Cfr. supra, p. 354 e note 595, 1062.
1377 FrPs 1, 2 (PG 12, 1088B): Dia; touvtou luvetai kai; ta; para; tw/' Apostovlw/ ajpo-
rouvmena levgonti: ajdialeivptw" proseuvcesqe (1Ts 5, 17). Pw'" ga;r koimwvmenov" ti" eu[xe-
tai, kai; pravttwn ti tw'n eij" ajnqrwvpou" kaqhkovntwn, h] to; eJautou' sw'ma qerapeuvwn
Alla; kai; ejpi; touvtou famevn: o{ti kevkrage pro;" Qeo;n kai; aijtei' aujto;n ta; kavllista
I nuclei scritturistici della riflessione origeniana sulla preghiera 445
sti passi, chiaro che il riferimento alla prassi non significa per Origene
sopprimere le parole di preghiera, bens richiamarne lindispensabile
complemento nella vita del giusto. Lo vediamo non solo dalloccasionale
rimprovero che il predicatore rivolge in HGn X, 1 ai fedeli che non parte-
cipano alle riunioni di preghiera se non nei giorni di festa, chiedendosi
appunto come potranno rispettare la consegna dellApostolo1378, ma so-
prattutto dalla ripresa di 1Ts 5, 17 in connessione con la disciplina su ma-
trimonio e preghiera stabilita da Paolo in 1Cor 7, 5. Come si visto a pro-
posito di Sal 140(141), 2, lAlessandrino ne tratta in HNm XXIII, non sen-
za percepire lui stesso unevidente polarit con il modello proposto per
loratio continua: da un lato, egli ritiene che lesercizio dei doveri coniu-
gali arrivi a sospenderla; dallaltro, con lApostolo non pu non riconosce-
re la loro liceit. Di conseguenza, per Origene solo chi votato a una vita
di castit realizza linvito a pregare senza interruzione, mentre offre a Dio
un sacrificio ininterrotto. A ben vedere, per, la stessa omelia sembre-
rebbe ridimensionarne concretamente leffettiva possibilit in questa vita,
allorch prospetta lorizzonte escatologico come quello che solo consente
forse di attuarlo pienamente1379. Tuttavia, come vedremo in seguito anche
dallanalisi dei frammenti su 1Cor 7, 5 che trattano pi organicamente la
questione, Origene tende a mantenere lo stesso punto di vista: solo chi ri-
nuncia allesercizio della sessualit, pu assicurare loratio continua.
Oltre alle combinazioni gi note con alcuni dei luoghi scritturistici
esaminati in precedenza quali Sal 140(141), 2, in CMt XIV, 25 Origene
associa 1Ts 5, 17 a Lc 18, 1 (Disse loro una parabola sulla necessit di
pregare sempre, senza stancarsi). Laccostamento fra gli avverbi ajdia-
leivptw" di 1Ts 5, 18 e pavntote di Lc 18, 1 serve qui a inculcare la neces-
sit di insistere nella preghiera, senza mai venire meno ad essa, come con-
dizione per essere esauditi1380. Labbinamento acquista particolare rilievo,
perch conclude linterpretazione sullapparente ajduvnaton di Mt 19, 12
riguardo leunucha per il regno dei cieli, a riprova dellefficacia garantita
ad una preghiera che non demorde. Al di fuori di questo passo nel com-
mentario matteano, lAlessandrino cita Lc 18, 1 unicamente in Orat, inse-
rendolo in un insieme pi ampio di luoghi scritturistici funzionali a cor-

prokalouvmeno" ejpi; to; parascei'n oJ tevleio", pavnta kata; to;n lovgon poiw'n, w{ste pa'san
aujtou' pra'xin eujch;n ei\nai.
1378 Si veda supra, nota 1219.
1379 HNm XXIII, 3, 2 (216, 30217, 6): In quo sabbato concedat etiam nobis Deus
diem festum agere secum et cum sanctis angelis suis festa celebrare, offerentes sacrificium
laudis et reddentes altissimo vota (Sal 49[50], 14) nostra, quae hic distinxerunt labia no-
stra (Sal 65[66], 14). Tunc fortassis et sacrificium indesinens, de quo supra exposuimus,
melius offeretur. Tunc enim melius indesinenter adsistere anima poterit Deo et offerre sa-
crificium laudis per pontificem magnum, qui est sacerdos in aeternum secundum ordinem
Melchisedech (Eb 6, 20).
1380 Cfr. note 1053, 1372.
446 Parte seconda, Capitolo ottavo
roborare la sua visuale dellesaudimento della preghiera sintende per
chi, come Ges in Gv 11, 42 (Io sapevo che sempre mi di ascolto), si
trovi nella condizione spirituale per essere ascoltato da Dio 1381. Basta del
resto richiamare a volte il semplice avverbio ajdialeivptw" per far capire
al lettore che Origene tiene sempre presente la lezione di 1Ts 5, 17, come
avviene in CRm I, 11, dove Paolo mostrato come ottemperante lui stesso
al suo precetto di pregare senza interruzione1382. Il raccordo con le aspet-
tative dellesaudimento attestato anche da HIos XVI, 5 e da HEx XI, 4,
che disegnano entrambe la prospettiva della vittoria sugli avversari per co-
lui che prega incessantemente1383. Infine, lintreccio o, per meglio dire, la
circolarit che contraddistingue il dossier dei luoghi scritturistici e delle
immagini racchiuse in esso torna a manifestarsi con HGn XI, 2, secondo
la quale solo chi pratica loratio continua offre costantemente a Dio del-
lincenso1384. Secondo HNm XIV, 2, un orante siffatto pu chiedere e
sperare dessere associato allufficio dellarcangelo Michele e degli altri
angeli, partecipando con essi alla perenne liturgia dei cieli1385.

2.6. Is 58, 9: promessa di esaudimento e sue condizioni

Fra i diversi luoghi scritturistici addotti da Origene a sostegno del-


lidea che la preghiera trovi ascolto presso Dio, il posto principale spetta
senza dubbio a Is 58, 9. La prova della sua particolare rilevanza data dal
fatto che lAlessandrino non solo se ne serve in numerosi scritti, ma anche
che ripropone la citazione isaiana in combinazione con gli altri passi biblici
pi frequentemente utilizzati, come vediamo specialmente in FrIer 681386.
Se il suo utilizzo rimanda in generale alla ferma convinzione di Origene

1381 Orat X, 2 (nota 559). In Orat XIII, 1, Origene allude a Lc 18, 1, a commento di
Gv 11, 42 (ejgw; de; h[/dein o{ti pavntotev mou ajkouvei").
1382 Cfr. note 589, 961 a proposito di Rm 1, 9 (wJ" ajdialeivptw" mneivan uJmw'n poiou'-
mai).
1383 Si veda rispettivamente HEx XI, 4 (note 589, 1223) e HIos XVI , 5 (nota 1223).
1384 HGn XI, 2 (nota 590).
1385 HNm XIV, 2 (124, 26125, 1): Sed satis age, quomodo magis adsumaris ad
societatem Michael angeli, qui orationes sanctorum semper offert Deo. Adsumeris autem
in hunc numerum vel in istud officium, si insistas semper orationi et vigiles in ea et im-
pleas, quod Apostolus ait: sine cessatione orantes (1Ts 5, 17).
1386 Lelenco di BP incompleto, rispetto alla lista che segue: Orat X , 1 (nota 883);
CIo XXVIII, 6, 39 (p. 296); CCt I, 2, 2 (note 883, 921, 1388); CMt XI, 6 (nota 1017); Mat.
Cat 230; HCt I , 2 (nota 883); HIs IV, 4 (nota 1251); FrIer 68 (p. 367 e nota 1100); H38Ps
II , 10 (nota 1239); HLc XI, 4 (nota 1204); FrPs 3, 3 (PG 12, 1121A-B); FrPs 4, 2 (PG 12,
1136A); FrPs 12 (13), 6 (PG 12, 1205A). Sullesegesi patristica di Is 58, 9 si veda supra,
nota 882. Si noti che Origene non usa quasi mai il parallelo di Is 65, 24 (Prima che mi
invochino, io risponder; mentre ancora stanno parlando, io gi li avr ascoltati), che ri-
corre in Afraate.
I nuclei scritturistici della riflessione origeniana sulla preghiera 447
circa lesaudimento della preghiera che egli ha ribadito attraverso tutta
la sua opera , nondimeno linterpretazione di Is 58, 9 pu dar luogo ad
estrapolazioni o accentuazioni diversificate. In sostanza abbiamo a che fare
con tre tipi di applicazioni diversamente attestate. Nel distinto contesto
del trattato il richiamo al luogo profetico serve a porre in luce la presenza
di Dio, su cui lorante pu contare per cos dire immediatamente, nel
momento stesso in cui si dispone a pregare attenendosi alle giuste dispo-
sizioni spirituali, in special modo liberandosi da qualunque sentimento di
scontentezza nei confronti della provvidenza divina (Orat X, 1). In questo
caso Is 58, 9, pi che fondare la certezza dellesaudimento della domanda,
concorre a mostrare lutilit pi diretta della preghiera, che consiste nel
prospettare allorante la presenza di Dio al suo colloquio con lui. Dello
stesso genere linterpretazione proposta in HLc XI, 4 a proposito di Gio-
vanni Battista, il quale conversa con Dio nel deserto e sperimenta cos
limmediatezza della risposta divina alle sue invocazioni1387.
Il secondo tipo di applicazione esegetico-teologica senzaltro il pi
frequente e verte proprio sullesaudimento delle aspettative che spingono
lorante a pregare. Sotto tale profilo, il passo isaiano sfruttato dallAles-
sandrino per inculcare la certezza dellesaudimento, a patto come gi
sappiamo che lorante si trovi nelle condizioni spirituali che danno titolo
per ricevere ascolto. Il modello di un esaudimento immediato si attua co-
munque a giudizio di Origene con modalit distinte, come vediamo spe-
cialmente da CIo XXVIII, 6, 39: mentre Ges non ha neppure bisogno di
formulare la sua richiesta al Padre perch Lazzaro ritorni in vita, lorante
che sia degno o giusto perviene ad essere ascoltato da Dio solo dopo
che si impegna nella preghiera. La trattazione del commentario giovanneo,
rilevando lo scarto che esiste fra Ges e i giusti, tende dunque a ridi-
mensionare lautomatismo dellesaudimento per il santo, anche se que-
sti partecipa sempre della certezza della promessa divina di ascolto. Orige-
ne lo ha riaffermato a proposito della donna, interpretata allegoricamente
come la chiesa o lanima, in attesa dello sposo Cristo o Logos nelle
Omelie e nel Commento al Cantico dei Cantici: la sposa esaudita nel-
latto stesso in cui formula la preghiera al Padre, perch la sua condizione
spirituale tale che su di lei si compie la promessa di Is 58, 91388. Allo
stesso modo, secondo un frammento catenario su Sal 3, 2, i giusti, che
sono oppressi dalla tribolazione, possono contare anchessi sullascolto di

1387 HLc XI, 4 (supra, p. 394 e nota 1204).


1388 HCt I, 1-2: Primum sponsa orat et statim in mediis precibus auditur. Videt
praesentem sponsum, videt adulescentulas suo comitatui copulatas. [...] Orat igitur sponsi
patrem et dicit ad eum: osculetur me ab osculis oris sui (Ct 1, 2). Et quia talis est ut com-
pleatur super ea propheticum illud in quo dicitur: adhuc loquente te dicam, ecce adsum (Is
58, 9), sponsam sponsi pater exaudit, mittit filium suum. Per lallusione in CCt I, 2, 2
cfr. supra, nota 921.
448 Parte seconda, Capitolo ottavo
Dio 1389. Tuttavia, unaltra ripresa del luogo isaiano in CMt XI, 6 accentua
maggiormente il distacco dal modello di Ges orante e sembra predisporre
il terzo tipo di applicazione. In questo caso la figura dellorante Pietro:
egli va incontro a Ges che cammina sulle acque ed soccorso da lui nel
momento in cui rischia di affondare per la sua pochezza di fede. Anche
se lapostolo ancora in una condizione spirituale imperfetta ed immatura,
ci non toglie che la sua richiesta di aiuto venga accolta dal Logos1390.
Se teniamo presente la figura di Pietro, possiamo capire come Orige-
ne si sia spinto ad unulteriore interpretazione di Is 58, 9, che a prima vista
appare alquanto lontana dalle precedenti. Sinora, infatti, la prospettiva del-
lesaudimento divino riferita al nostro passo ci sempre apparsa collegata
alle condizioni spirituali dellorante, nel senso cio che questi ne partecipa
nella misura in cui egli giusto o santo. Tuttavia, lesemplificazione della
titubanza di Pietro, ancora in uno stato di imperfezione spirituale, prelude
alluso che ritroviamo in H38Ps II, 10 per la preghiera del peccatore che
si pente. Anche il pentimento sincero, accompagnato dal tormento della
coscienza, dalle lacrime e dalla confessione delle colpe assecondato per
lAlessandrino dalla medesima certezza dellascolto immediato di Dio,
come avviene secondo HIs IV, 4 per il profeta Isaia allatto di confessarsi
colpevole1391. Si pu dunque concludere che lelemento costante alla base
delle diverse applicazioni di Is 58, 9 consiste nel nesso fra la preghiera
come colloquio e/o invocazione di Dio e limmediatezza del suo ascolto,
che si traduce nella sua presenza e/o nel soccorso prestato. Se vero che
la concomitanza fra invocazione ed esaudimento lo specifico del passo
isaiano come rileva ancora espressamente un frammento su Sal 41392 ,
ciononostante Origene tradisce di nuovo una polarit nella sua riflessione
sulla preghiera, nel momento in cui non considera pi Is 58, 9 come privi-
legio esclusivo dei santi o dei giusti, ma giunge a disegnare la pro-
spettiva dellesaudimento anche per i peccatori sulla via del pentimento.
Ma lapparente aporia forse si pu risolvere pensando che in ogni caso
lessenziale per lAlessandrino pregare rettamente, sia lorante giusto
o santo, o ancora sulla via del perfezionamento spirituale, o appena al-
linizio di essa, come accade al peccatore che confessa le proprie colpe1393.

1389 FrPs 3, 3 (PG 12, 1121A-B): kai; ei[pote oJ divkaio" ejpaporw'n levgoi tw/' Qew/':
Tiv ejplhquvnqhsan oiJ qlivbontev" me e[ti aujtou' lalou'nto" ejrei': Idou; pavreimi (Is 58, 9),
i{na bavro" dovxh" ejrgavshtaiv soi to; parautivka ejlafro;n th'" qlivyew" kaq uJperbolhvn.
1390 Si veda il passo supra, nota 1017.
1391 HIs IV, 4 (supra, nota 1251). Per H38Ps II, 10 cfr. supra, nota 1239.
1392 FrPs 4, 2 (PG 12, 1136A): Dhloi' de; ta; rJhta; to; eijsakouvesqai oujci; meta; to;
ejpikeklh'sqai, ajll ejn tw/' ejpikalei'sqai. Toi'" ga;r aJgivoi" kai; pavnth ajkouvousi tw'n
qeivwn prostagmavtwn ejpaggeliva kekhvruktai kata; to;n profhvthn Hsai?an tov: Eti la-
lou'nto" ktl.
1393 In questo senso FrPs 12 (13), 6 (PG 12, 1205A) insiste sullassicurazione del-
lesaudimento per coloro che pregano rettamente: O de; eujpaqw;n ejpinivkion u{mnon pro-
I nuclei scritturistici della riflessione origeniana sulla preghiera 449
2.7. Sal 108(109), 7: un modello in negativo la preghiera del peccatore
Con Sal 108(109), 7 abbiamo un ulteriore indizio della compattezza
esegetica e teologica che contraddistingue la visione della preghiera in
Origene, pur senza voler ignorare le tensioni che essa indubbiamente rac-
chiude. Anche questo luogo scritturistico, infatti, costituisce una delle co-
stanti pi significative, poich lAlessandrino vi ricorre regolarmente per
mettere a fuoco il suo paradigma normativo contrastandolo appunto con il
modello negativo della preghiera del peccatore1394. Non che mancassero
altri testi biblici suscettibili di illustrare unesemplificazione e contrario,
come evidenzia lo stesso corredo di paralleli che si affiancano al nostro
salmo e gli conferiscono cos un contesto interpretativo (in particolare
quelli attratti dallimmagine dellincenso con il connesso motivo del fe-
tore opposto al profumo della preghiera genuina)1395, ma evidentemen-
te nessuno di essi si prestava meglio di Sal 108(109), 7 per lAlessandri-
no. Il suo uso, suggerito gi in Orat dal ricorso del termine-chiave pro-
seuchv, era in certo senso predeterminato dalla tradizione esegetica sul
salmo che fin da At 1, 16-20 lo aveva ricollegato a Giuda richiamando in
particolare il v. 8 (il suo incarico lo prenda un altro)1396. Sappiamo
quanto la figura dellapostolo traditore abbia impegnato la riflessione del-
lAlessandrino nel corso degli anni, a cominciare da quel Commento alla
Genesi che offre lo sfondo pi ravvicinato alla discussione delle aporie su
preghiera e libero arbitrio nel trattato, anche in risposta alla dottrina valen-
tiniana delle nature1397. Oltre a CGn III1398, troviamo tracce dellinterpreta-
zione del salmo in un frammento della IV Omelia su Atti conservatoci dalla

savgei levgwn: a[/sw tw/' Kurivw/ tw/' eujergethvsantiv me kai; yalw' tw/' ojnovmati kurivou tou'
uJyivstou, pragmatikw'" maqw;n to; pro;" tou;" eujcomevnou" kalw'" uJpo; tou' Kurivou levgo-
menon: Eti sou lalou'nto" ejrw': Idou; pavreimi (Is 58, 9). Levgei toi'" sunou'sin wJ" w|n
h[qelen e[tuce: dio; kai; uJmnei'. Ou{tw dei' kai; hJma'" kaq eJkavsthn a/[dein eujergesivan th/'
qewriva/, kai; tw/' yavllein pra'xin ejpavgonta".
1394 Il dossier dei riferimenti in BP comprende i seguenti scritti: Orat V, 5 (note 13,
1397); CRm VII, 10 (nota 322); CRm X, 5 (nota 322, 1404); CMtS 27 (nota 1070); HLv V,
9 (Impariamo da ci quanto grande macchia minacci la condizione umana dei peccatori,
dal momento che nasce un peccato anche l dove si offre la vittima di propiziazione [tr.
Danieli, 120]); HIer XVIII, 10 (note 321, 474, 1100, 1170); FrIer 68 (note 474, 1100, 1170);
FrIob 20, 6 (nota 1405); FrIob 20, 6 (PG 17, 72D); Ps.Cat E (Cadiou) 108, 7 (96, 2); ?Ps.
Cat C (Pitra) (312, 27). Riferimenti in generale a Sal 108(109) si trovano in Orat XXIV, 5
(nota 321); CC II, 11 (nota 1400); CC II, 20 (nota 1401); CMtS 104 (nota 321).
1395 Ad esempio, Is 1, 13 (nota 1100) o Ger 18, 15 (nota 1191).
1396 Per altri salmi associati a Sal 108(109) si veda nota 323.
1397 Orat V, 5 (310, 27-311, 1: i{na tiv de; kai; Iouvda" proseuvcetai, w{ste kai; th;n
proseuch;n aujtou' genhqh'nai eij" aJmartivan (Sal 108[109], 7), ajpo; tw'n Dauid crovnwn
prokhrucqei;" wJ" ajpolevswn th;n ejpiskoph;n (Sal 108[109], 8), eJtevrou lhyomevnou ajnt
aujtou' aujthvn (si veda supra, pp. 106-107). Lindagine pi recente sulla figura di Giuda in
Origene, con particolare riguardo a CIo, offerta da Drecoll.
1398 CGn III = Phil 23, 8 (nota 323).
450 Parte seconda, Capitolo ottavo
Filocalia; esso sinterroga sulla sua esegesi prosopologica, distinguendo
le parti da attribuire alla persona di Cristo1399. Ma fin da Orat XXIV, 5
lAlessandrino vede lintero salmo come una richiesta (ai[thsi") perch
si attuino per Giuda le profezie che esso contiene a suo riguardo, idea ri-
badita anche in CMtS 104 nonch in CC II, 11 e II, 201400. Anche nel se-
condo passo dellapologia egli identifica nel Salvatore il soggetto che
parla (to; provswpon levgon) nel salmo1401.
Nonostante linteresse manifestato per il contenuto di Sal 108(109) in
generale, di fatto lattenzione di Origene si appunta di preferenza su v. 7.
implicito che lassociazione con Giuda ne qualifichi a priori luso per
esemplificare una preghiera che contrasta alla radice con la preghiera spi-
rituale, soprattutto per dare risalto alla condizione del peccatore come an-
titetica a quella del vero orante. Pertanto, luso che lAlessandrino ne fa
nel nostro contesto non si commisura in alcun modo alla difficile situazio-
ne psicologica e spirituale di Giuda, come egli si sforzato invece di pro-
vare nel Contro Celso, mettendo in luce il dramma interiore dellapostolo
traditore e i fermenti di bene che ancora attecchiscono in lui. N Origene
si richiama significativamente al nostro salmo nella trattazione ugualmen-
te intensa e partecipe che egli dedica alla figura di Giuda in CIo XXXII.
Limpiego di Sal 108(109), 7 prescinde insomma del tutto da quelle atten-
zioni e aperture che altrove si spingono a riconoscere, in varia misura, la
possibilit che anche il peccatore preghi. Esso serve a profilare unalterna-
tiva spirituale netta illustrata in particolar modo da HIer XVIII e FrIer
681402 , mettendo cos in guardia il cristiano perch non avvenga di lui
quel che capitato a Giuda, secondo lesortazione formulata in CRm VII,

1399 HAct IV = Phil 7, 2: ejn w|/ yalmw/' ta; peri; tou' Iouvda gevgraptai ei[poi ti" a]n
o{ti ouj to; pneu'ma to; a{gion lalei': safw'" ga;r tou' swth'rov" eijsin oiJ lovgoi, levgonto": O
qeo;" th;n ai[nhsivn mou mh; parasiwphvsh/": o{ti stovma aJmartwlou' kai; stovma dolivou ejp
ejme; hjnoivcqh: kai; ta; eJxh'", e{w": Kai; th;n ejpiskoph;n aujtou' lavboi e{tero" (Sal 108[109],
1-8). Secondo Harl (Philocalie, 1-20, 325 n. 3), Origne na probablement pas comment
ce psaume, mentre il problema prosopologico non dei pi rilevanti: Lexemple fourni
par le Psaume 108, o lhsitation est mineure (est-ce lEsprit Saint ou est-ce le Christ qui
prononce ce verset prophtique?), est moins significatif que tant dautres psaumes (p. 331).
1400 CC II, 11 (140, 1-5): Eij de; dei' kai; peri; tou' Iouvda duswphtikovn tina paraqev-
sqai lovgon, fhvsomen o{ti ejn th'/ bivblw/ tw'n yalmw'n o{lo" oJ eJkatosto;" o[gdoo" yalmo;"
th;n peri; tou' Iouvda perievcei profhteivan, ou| hJ ajrchv: O qeov", th;n ai[nesivn mou mh; para-
siwphvsh/", o{ti stovma aJmartwlou' kai; stovma dolivou ejp ejme; hjnoivcqh (Sal 108[109], 1-2).
Su Orat XXIV, 5 e CMtS 104, cfr. supra, nota 321.
1401 CC II, 20: Peri; tou' Iouvda toivnun ejn eJkatostw'/ kai; ojgdovw/ levgetai ejk pro-
swvpou tou' swth'ro" yalmw'/, ou| hJ ajrchv: O qeov", th;n ai[nesivn mou mh; parasiwphvsh/": o{ti
stovma aJmartwlou' kai; stovma dolivou ejp ejme; hjnoivcqh (Sal 108[109], 1-2). Kai; thrhvsa"
ge ta; ejn tw'/ yalmw'/ gegrammevna euJrhvsei" o{ti, wJ" proevgnwstai prodwvswn to;n swth'ra,
ou{tw" kai; ai[tio" w]n th'" prodosiva" kai; a[xio" tw'n ejn th'/ profhteiva/ legomevnwn dia; th;n
kakivan aujtou' ajrw'n.
1402 Si veda supra, p. 440.
I nuclei scritturistici della riflessione origeniana sulla preghiera 451
11 o lavvertenza contro il rischio di preghiere turpi in CMtS 271403.
quanto succede, stando a CRm X, 51404, per le azioni apparentemente buone
compiute dagli eretici, mentre un frammento delle Omelie su Giobbe lo
applica pi specificamente alle loro preghiere, che sono votate alla perdi-
zione nellatto stesso in cui le pronunciano1405. In questo senso, la cita-
zione di Sal 108(109), 7 concorre a sostenere la radicalit dellatto orante
come manifestazione di una fondamentale santit di vita.

2.8. Es 17, 11: la preghiera e la lotta spirituale

La nota di radicalit, che contraddistingue la visione della preghiera


in Origene come appello esigente ad una vita santa, si combina con lago-
nismo dellesistenza cristiana in lotta con le forze del male nelluso, an-
chesso particolarmente significativo, di Es 17, 11. Bench la pericope
della battaglia dIsraele contro Amalek (Es 17, 8-16) sia pi volte citata
dallAlessandrino per questo o quel versetto, egli mostra di privilegiare
nettamente la scena centrale dellepisodio che vede Mos intento a pre-
gare durante il combattimento (Es 17, 11): finch egli resiste con le mani
alzate in preghiera, gli Israeliti hanno la meglio sugli Amaleciti, ma
quando le lascia cadere, i nemici prendono il sopravvento1406. Con nostra
sorpresa il riferimento assente dal discorso di Orat, dove come sap-
piamo Origene preferisce basarsi piuttosto su altri paradigmi di oranti
veterotestamentari, pur senza ignorare completamente il modello di Mos.

1403 Cfr. supra, rispettivamente note 322 e 1070.


1404 CRm X, 5: Perci occorre vedere se per caso, anche qualora si realizzi presso
di loro una qualche buona azione, poich essa non fatta in base alla fede, non si tra-
sformi in peccato, cos come stato detto di uno: La sua preghiera diventi peccato (Sal
108[109], 7) (tr. Cocchini II, 164).
1405 FrIob 20, 6 (PG 12, 1033B-C): Ea;n ajnabh/' eij" oujrano;n aujtou' ta; dw'ra (Gb
20, 6). Kai; oJ aiJretiko;" o{tan eu[xhtai, o{tan hJ qusiva aujtou' ajnabh/' th/' uJyhgoriva/, o{tan
dokh/' katesthrivcqai, tovte eij" tevlo" ajpolei'tai: hJ ga;r eujch; aujtou' logivzetai aujtw/' eij"
aJmartivan (Sal 108[109], 7).
1406 Es 17, 11 citato isolatamente in: CIo XXVIII, 5, 37 (nota 896); HEx III, 3 (nota
1346); HEx XI , 4 (note 589, 1223, 1346); HNm XIII, 4 (nota 1196); HIos I, 2 (289,1); HIos
I, 3 (nota 1414); HReL I, 9 (p. 366); FrIer 68 (nota 1100); FrPs 27 (28) (nota 1410);
?Ps.Cat A (117, B13); ?Ps.Cat B (481,32); ?Ps.Cat B (482,6); FrLc 257 ([336, 5-10] wJ"
ei[pevr ti" kavtw e[coi ta;" cei'ra" eij" ta; ghvi>na, oujk a]n ajnuvsai boulovmeno" eujlogei'n
tina, w{sper oujde; kavtw keivmenai aiJ Mwusevw" cei're" wjfevloun to;n laovn, a[ll o{te ejphv-
ronto. touvtou suvmbolon h\n kai; hJ e[parsi" tw'n ceirw'n tou' swth'ro": tai'" ga;r uJpe;r a[n-
qrwpon pravxesin u{ywsen aujtou' ta;" cei'ra" kai; e[swse tou;" pisteuvonta". tavca toivnun
pa'" oJ tai'" pravxesin ejphrmevno" ejstauvrwtai). Inoltre, il nostro versetto compare in cita-
zioni cumulative, come Es 17, 8-16 in HEx XI, 3; Es 17, 8-13 in HNm I , 2 e HNm XXVII, 4;
Es 17, 9-11 in HNm XIX, 1 (nota 1116); Es 17, 10-13 in HNm XIX, 1 (178, 24179, 1),
Ps.Cat E 118,47 (109,4) e FrLc 165 (infra, nota 1411); Es 17, 11-13 in HLv VI, 6 (no-
ta 1168).
452 Parte seconda, Capitolo ottavo
Pi di quanto non avvenisse fin qui con i luoghi scritturistici che abbiamo
passato in rassegna, sembrerebbe dunque trattarsi di uno sviluppo special-
mente caro al predicatore. In effetti, la maggior parte delle citazioni com-
paiono proprio nel corpus omiletico, anche se spesso risultano accompa-
gnate dai riferimenti pi costanti, a riprova della sostanziale stabilit del
dossier scritturistico principale (lesempio pi completo al riguardo
come si visto prima FrIer 68)1407. C anche un altro aspetto che si fa
luce nellapplicazione origeniana di Es 17, 11: egli lo riprende da una tra-
dizione esegetica anteriore che laveva sfruttato soprattutto per indicare
nella figura di Mos orante a braccia levate il tipo, o figura anticipata,
del Cristo in croce (laddove Giosu , a sua volta, anticipazione di Ges
che sconfigge la potenza del male)1408. Tuttavia, come abbiamo visto a pro-
posito della I Omelia su Regni, lAlessandrino tende a prendere le distan-
ze dalla lettura tipologica tradizionale: anche se egli non la respinge come
inadeguata, non lassume per come elemento rilevante della propria inter-
pretazione. In pratica, il nesso fra il gesto orante di Mos e la crocifissio-
ne rimane per lui, tutto sommato, un motivo secondario. Anzi, occasional-
mente Origene si spinge fino a ridimensionare ulteriormente la sua portata
cristologica per rilevare lo scarto che esiste fra Mos e il gesto di Cristo
sulla croce: questi non solleva semplicemente le mani come fa il profeta,
bens le distende aprendole quasi ad abbracciare il mondo (HEx XI, 4)1409.
Predomina invece, nella ripresa di Es 17, 11, linterferenza simbolica
con il gesto delle mani alzate attestato congiuntamente da 1Tm 2, 8 e Sal
140(141), 2 , per cui laccezione privilegiata dallAlessandrino riporta
sempre al discorso sul perfezionamento spirituale: si tratta cio di innalzare
la propria condotta di vita con le opere delle virt, sola condizione che pu
aiutare a sconfiggere le potenze nemiche. Laccento risulta dunque simile
a quello che emergeva nelluso di 1Tm 2, 8 e Sal 140(141), 2, ma con la
differenza che il riferimento a Es 17, 11 fa intravedere pi chiaramente lo
scenario del combattimento spirituale. Cos, lAlessandrino in un fram-
mento catenario su Sal 27(28), mentre ammette di aver gi parlato ripetu-
tamente dellelevazione delle mani e cita ancora una volta i due luoghi
paralleli pi prossimi, ricollega questo gesto pi direttamente alla batta-
glia con Amalek1410. A sua volta, un frammento su Lc che pure rimanda

1407 Cfr. supra, nota 1100.


1408 Si veda supra, nota 508. Anche Origene riprende la collaudata tipologia di
Giosu = Ges, sviluppandola soprattutto in HIos; nel contesto del nostro passo si veda
HEx XI, 3 (255, 6-9): ipse est qui confligit cum Amalech. Ipse est enim qui intrat in do-
mum fortis et alligat fortem et vasa eius diripit (cfr. Mt 12, 29).
1409 Cfr. supra, p. 166 e nota 509. Il legame pi esplicito con la croce si ritrova in
HEx III, 3.
1410 FrPs 27(28), 2 (PG 12, 1285B-C): Pollavki" ejlevgomen peri; th'" ejpavrsew"
tw'n ceirw'n. Eph're Mwu>sh'" ta;" cei'ra", kai; kativscusen oJ Israhvl: o{te de; kaqh'ke ta;"
I nuclei scritturistici della riflessione origeniana sulla preghiera 453
anchesso al parallelo con Sal 140(141), 2 identifica tout court leleva-
zione delle mani con la sconfitta di Amalek 1411. Lesemplificazione
pi organica dellutilizzo di Es 17, 11 in chiave soprattutto morale e spiri-
tuale data da un passo del Commento a Giovanni: anche qui le citazioni
convergenti di 1Tm 2, 8 e Sal 140(141), 2 sono funzionali a dare risalto al
paradigma di Mos come orante vittorioso per la sconfitta dei nemici
spirituali1412.
Molto pi marginale lo sfruttamento di Es 17, 11 in rapporto al di-
scorso politico della preghiera, anche se proprio questo episodio biblico si
prestava indubbiamente per essere valorizzato in tal senso. Tuttavia, Ori-
gene ne ha fatto un uso abbastanza moderato, limitandosi ad alludere al
nostro passo in CC VIII , 69, a rinforzo di Es 14, 14 e Mt 18, 19. Qui, del
resto, preme allAlessandrino rimarcare soprattutto lefficacia della con-
cordia orante, che una premessa indispensabile per lesaudimento di-
vino di una richiesta collettiva: ora, nel caso della comunit cristiana, tale
efficacia risulta per lui tanto pi grande di quella che Mos pot assicu-
rarsi con la sua preghiera per il popolo dIsraele1413. Anche in HNm XIII, 4
la ripresa di Es 17, 11 affiancata da Es 14, 14, ma in questo caso Ori-
gene d maggiore risalto alla forza della preghiera come lo specifico del
popolo di Dio, antico e nuovo, in alternativa alla forza delle armi1414. In
conclusione, anche dallesame dellinterpretazione di questo luogo scrit-
turistico emerge nuovamente la compattezza della prospettiva origeniana
sulla preghiera, sempre focalizzata su una costellazione di testimonia ab-
bastanza circoscritti, i quali rinviano ad alcuni assi di pensiero chiara-
mente individuabili nella loro portata strutturale.

cei'ra", kativscusen oJ Amalhvk: kai;, Epaivronte" oJsivou" cei'ra" cwri;" ojrgh'" kai; dia-
logismou' (1Tm 2, 8) kai;, Eparsi" tw'n ceirw'n mou qusiva ejsperinhv (Sal 140[141], 2).
Ei[poimi a]n ou\n, o{ti aiJ cei're" hJmw'n eijsin aiJ kata; qeosevbeian pravxei". Ea;n qhsau-
rivzwmen ejn oujranoi'", e[comen ta;" cei'ra" ejphrmevna" pro;" to;n Qeo;n, kai; nikw'men to;n
ejcqrovn: o{tan de; hJmw'n aiJ cei're" kavtw gevnwntai, ajnavgkh hJma'" nika'sqai. Otan ou\n
ejpaivrw ta;" ceirav" mou pro;" to;n Qeovn, kai; dia; tw'n ceirw'n th'" yuch'" uJyw'mai pro;" auj-
tovn, nika'tai uJp ejmou' oJ Amalh;k kai; oujdamou' ejstin. Oujkou'n dei' ejpaivrein cei'ra" pro;"
nao;n a{gion tou' Qeou'. O nao;" de; tou' Qeou' dovxa ejsti;n tou' Qeou'.
1411 FrLc 165 (294, 18-21): pw'" de; ouj makavrioi kai; oiJ povde" oiJ mh; proskovyan-
te" mhde; saleuqevnte", ajll wJrai'oi tw'n eujaggelizomevnwn ta; ajgaqav (Is 52, 7): kai; ma-
kavriai aiJ cei're", w|n hJ e[parsi" qusiva ejsperinhv (Sal 140[141], 2), kai; w|n hJ e[parsi"
nivkh me;n tou' Israhvl, h\tta de; tou' Amalhvk.
1412 Cfr. CIo XXVIII, 5, 36-37 (nota 896).
1413 CC VIII, 69 (286, 18-23): Eu[xontai ga;r tw'/ kai; provteron eijpovnti pro;" tou;"
Ebraivou" katadiwkomevnou" uJpo; Aijguptivwn lovgw/: Kuvrio" polemhvsei uJpe;r uJmw'n, kai;
uJmei'" sighvsesqe (Es 14, 14), kai; meta; pavsh" sumfwniva" eujxavmenoi pollw'/ pleivona"
dunhvsontai katalu'sai ejcqrou;" ejpidiwvkonta", h] ou}" kaqei'len hJ Mwu>sevw" pro;" to;n
qeo;n bow'nto" kai; tw'n su;n aujtw'/ eujchv.
1414 Cfr. supra, nota 1196. In HIos I, 2 Origene richiama lepisodio nel contesto
della riflessione su Mos e Giosu (Ges), senza nesso con la preghiera.
454 Parte seconda, Capitolo ottavo
3. Le citazioni collaterali: complementi di riflessione su modalit e signi-
ficato della preghiera

Circoscritta in tal modo la costellazione dei passi biblici che ispirano


pi direttamente e costantemente la riflessione di Origene sulla preghiera,
possiamo adesso tentare di approfondire la vasta nebulosa dei suoi rife-
rimenti scritturistici pi occasionali e sporadici. Anche in questo secondo
gruppo si lasciano isolare alcune citazioni pi significative, senza dover
passare in rassegna tutti gli obiter dicta. Si tratta di riferimenti che ven-
gono a completare, per cos dire, il discorso su modalit e significato del-
latto orante, sia pure in via subordinata e collaterale rispetto alle coordi-
nate bibliche pi frequenti, a volte affiancandosi a queste e in ogni caso
arricchendo il dossier pi consueto. La visuale della preghiera secondo
lAlessandrino non risulta modificata da tali riferimenti, bens viene ad
essere ulteriormente ampliata e completata nelle sue linee fondamentali
che abbiamo gi tracciato in precedenza.

3.1. Sal 122(123), 1: gli occhi del corpo e gli occhi dellanima

Conviene in primo luogo considerare due citazioni che concorrono ad


approfondire il discorso su gesti esteriori e disposizioni interiori della pre-
ghiera: Sal 122(123), 1 e Sal 24(25), 1. Origene le abbina occasionalmente
in Orat IX, un passo peraltro cruciale per lesito contemplativo, se non in
ipotesi mistico, dellorazione nel trattato, sebbene altrove ricorra di pre-
ferenza alla prima che gli porgeva limmagine degli occhi rivolti in al-
to 1415. Entrambe gli offrono comunque non solo la possibilit di completare
limmagine esterna dellorante dopo che si soffermato principalmente
sul gesto di braccia e mani levate in alto , ma soprattutto di passare dagli

1415 Sal 122(123), 1 compare in: Orat IX , 2 (note 490 e nota 574); Orat XXIII , 4
([352, 15-17] wJ" ou\n ejn toi'" aJgivoi" ejnoikei', ou{tw" kai; ejn oujranw'/, h[toi panti; aJgivw/ kai;
forou'nti th;n eijkovna tou' ejpouranivou h] tw'/ Cristw'/, ejn w|/ eijsi pavnte" oiJ sw/zovmenoi
fwsth're" kai; ajstevre" tou' oujranou', h] kai; dia; tou;" ejn oujranw'/ aJgivou" katoikei'
<ejkei' kata;> to; eijrhmevnon: pro;" se; h\ra tou;" ojfqalmouv" mou, to;n katoikou'nta ejn tw'/
oujranw'/); CIo XXVIII, 4, 33 (nota 893); CMt XIII, 25 (249, 2-3); FrLc 14 ([232, 6-8] kai;
dia; panto;" to; th'" yuch'" o[mma pro;" qeo;n ajnateivnwn kai; pro;" aujto;n movnon blevpwn
kata; to;n levgonta: pro;" se; h\ra tou;" ojfqalmou;" mou, to;n katoikou'nta ejn tw/' oujranw/');
Ps.Cat E 120,1 (119,2); Ps.Cat E 120,1 (120,12); Ps.Cat E 122,1 (122,2). Unallusione a
Sal 122(123), 1, non rilevata da BP, giustamente segnalata da Danieli in HIs V, 3 (267,
12-13 [p. 118]): Cum moritur rex pessimus, erigo ad caelum oculos et exaudit vocem
meam Deus; invece, pi incerta in Prin IV, 1, 7 (304, 9-11), anche se non da escludere
del tutto: nu'n de; tw/' ejpavranti tou;" ojfqalmou;" safe;" o{ti oJ lovgo" kai; to; khvrugma para;
toi'" polloi'" deduvnhtai oujk ejn peiqoi'" sofiva" lovgoi"... ( 1Cor 2, 4). Quanto a Sal
24(25), 1, esso citato due volte rispettivamente Sal 24(25), 1-2 e Sal 24 (25), 1 in
Orat IX , 2 (note 574, 585).
I nuclei scritturistici della riflessione origeniana sulla preghiera 455
occhi del corpo agli occhi dellanima, in linea con la dinamica di spiritua-
lizzazione che sorregge tutto quanto il suo discorso, cos da configurare
lelevazione interiore che si d per lanima orante nellatto di pregare.
LAlessandrino non mancava certamente di riferimenti scritturistici per ri-
flettere, alla luce della sua ermeneutica spirituale, sul gesto di levare gli
occhi in alto, come attesta in particolare la trattazione di CIo XIII a pro-
posito di Gv 11, 41, dove egli raduna un piccolo dossier tematico1416. In ag-
giunta, poteva rifarsi a passi come Sal 120(121), 1 (Alzo gli occhi verso i
monti: da dove mi verr laiuto?), oppure Sal 85(86), 4 (Rallegra la vita
del tuo servo, perch a te, Signore, innalzo lanima mia) e Sal 142(143),
8 (Al mattino fammi sentire la tua grazia, poich in te confido. Fammi
conoscere la strada da percorrere, perch a te si innalza lanima mia), che
parlano entrambi di innalzare lanima come in Sal 24(25), 11417. Tutta-
via, nessuno di questi altri luoghi stato utilizzato da Origene per conno-
tare latto orante in quanto tale, anche se la sua riflessione sullaspetto
degli occhi deve essere inquadrata in una cornice pi ampia.
Non si pu dimenticare limportanza preminente che assume lorgano
della vista per la dottrina origeniana dei sensi spirituali: nellantropologia
delluomo interiore gli occhi indicano la mente dellessere razionale che
accede alla comprensione del mistero nascosto di Dio, conformemente al
frequente richiamo a Sal 118(119), 18 che compare nelle preghiere for-
mulate dallAlessandrino al fine di pervenire allintelligenza delle Scrit-
ture1418. Lapertura degli occhi e il loro innalzamento implicano dunque,
in generale, un processo di trascendimento della realt immediata, che va
dal superamento del significato letterale del testo sacro e dellambito sen-
sibile fino ad arrivare alle realt intellettuali e al loro culmine in Dio stes-

1416 CIo XIII, 42, 274 (267, 30-33) sottolinea la specificit scritturistica: Pollacou'
th'" grafh'" kei'tai to; Epavrate tou;" ojfqalmou;" uJmw'n protrepomevnou hJma'" tou' qeivou
lovgou uJyou'n kai; ejpaivrein ta; fronhvmata kai; to; dioratiko;n kavtw pou keivmenon kai;
sugkuvpton, mh; duvnamenovn te ajnakuvyai eij" to; pantele;" metewrivsai. Cfr. anche supra,
nota 893, con gli ulteriori rinvii a Gv 4, 35 (ijdou; levgw uJmi'n, ejpavrate tou;" ojfqalmou;"
uJmw'n kai; qeavsasqe ta;" cwvra" o{ti leukaiv eijsin pro;" qerismovn); e Is 40, 26.
1417 Riferimenti a Sal 120(121), 1 figurano in CCt III, 12, 6 (205, 11); HGn V , 1
([58, 16-17] perfectorum namque est dicere: Levavi oculos meos in montes); HIos I, 5;
CMtS 44, su Mt 24, 20 ([89, 21-90, 2] Qui autem fugit, debet cognoscere etiam locum ad
quem fugere debet, et orare etiam propter tempus. [...] Et qui fugit in istos montes dicat
Psalmum graduum sic habentem: Levavi oculos meos in montes, unde veniet auxilium mi-
hi); FrPs 120 (121) (PG 12, 1628D); Ps.Cat E 120, 1 (119,1); Ps.Cat E 120, 1 (119,5+);
Ps.Cat E 120, 1 (120,7+); ?Ps.Cat (1632, B 3: Egw; me;n h\ra, fhsi;, tou;" ojfqalmouv" mou
eij" ta; o[rh, tou;" aJgivou" ajggevlou", wJ" mevllwn uJpov tino" aujtw'n bohqei'sqai). Al contra-
rio, sia Sal 85(86), 4 che Sal 142(143), 8 non sembrano godere di attenzioni da parte di
Origene, nonostante il titolo di Sal 85 lo indichi come Proseuch; tw/' Dauid; BP indica ri-
spettivamente ?Ps.Cat C (148,18) e Ps.Cat E 142, 8 (132,1).
1418 Si veda supra, p. 267 e note 800, 1127. Circa gli occhi come organo del-
luomo interiore, cfr. in particolare Dial 16; CC VII, 34.
456 Parte seconda, Capitolo ottavo
so. Si tratta essenzialmente di compiere un esercizio spirituale, chiuden-
do gli occhi del corpo e aprendo invece gli occhi dellanima, com
esemplificato in una prospettiva di chiara impronta platonica nel passo
famoso di CC VII , 44, che rappresenta al meglio tale tematica, senza dal-
tronde richiamare nessuno dei luoghi biblici evocati in precedenza1419. Se
la matrice filosofica risulta pi nettamente percepibile nello scritto apo-
logetico, ci non toglie che altrove Origene lintrecci intimamente con i
dati scritturistici a sua disposizione. Basti ricordare quale attenzione egli
riservi a Gv 4, 35 (Non dite voi: Ci sono ancora quattro mesi e poi viene
la mietitura? Ecco, io vi dico: Levate i vostri occhi e guardate i campi che
gi biondeggiano per la mietitura) e agli altri passi biblici in cui ritorna
il motivo del levare gli occhi o quando richiama unesperienza di vi-
sione1420. Cos in CMtS 95, il sonno dei discepoli, mentre Ges prega nel
Getsemani, dipende dal fatto che i loro occhi non sono ancora stati liberati
del gravame, che pesa su di essi, ad opera dello Spirito1421. A sua volta
HIs V, 3, a commento di Is 6, osserva che il profeta ricevette la visione di
Dio solo dopo la morte del re Ozia, intendendo in chiave spirituale che la
manifestazione divina pu darsi unicamente dopo che si debellata la
presenza del male, di cui Ozia simbolo con la sua condotta riprovevo-
le1422. Nel caso di Isaia, lesperienza visionaria esige preliminarmente un
processo di purificazione che solo pu permettere di fruire della vista in-
teriore1423. significativo che nella stessa omelia questo schema sia appli-

1419 Cfr. supra, nota 833.


1420 Ad esempio, in CMt XVI, 11 commentando la guarigione accordata da Ges ai
due ciechi di Gerico (supra, nota 1006). Quanto a Gv 4, 35, oltre a spiegarlo diffusamente
in CIo XIII, 42, 274 (infra, nota 1423) e a richiamarlo in CIo XXVIII, 4, 31 (nota 893), Ori-
gene se ne serve anche in Orat XIII, 5 (329, 19330, 1): panti; ga;r aJgivw/ kai; tw'/ Ihsou'
gnhsivw" maqhteuvonti uJpo; tou' kurivou levgetai: ejpavrate tou;" ojfqalmou;" uJmw'n kai; qeav-
sasqe ta;" cwvra" o{ti leukaiv eijsi pro;" qerismo;n h[dh. oJ qerivzwn misqo;n lambavnei kai;
sunavgei karpo;n eij" zwh;n aijwvnion (Gv 4, 35-36). ejn tw'/ kairw'/ dh; touvtw/ tou' qerismou'
mevga rJh'ma oJ kuvrio" poiei' kat ojfqalmou;" (1Sam 12, 16-17) tw'n ajkouovntwn tou;"
profhvta": ejpikalesamevnou ga;r tou' kekosmhmevnou tw'/ aJgivw/ pneuvmati pro;" to;n kuvrion,
divdwsin oJ qeo;" oujranovqen fwna;" kai; to;n potivzonta th;n yuch;n uJeto;n, i{na oJ provteron
ejn th'/ kakiva/ w]n fobhqh'/ sfovdra to;n kuvrion kai; to;n uJphrevthn th'" eujergesiva" tou' qeou',
aijdevsimon kai; sebavsmion di w|n ejpakouvetai pefanerwmevnon.
1421 CMtS 95 (214, 29215, 6): Adhuc enim nondum amoverat ab oculis discipu-
lorum suorum gravamen inpositum, nec enim fuerat adhuc honorificatus (Gv 7, 39). Et
sicut nondum erat Spiritus Sanctus, quoniam Iesus nondum erat honorificatus, sic oculi
eorum nondum fuerant revelati a gravamine quoniam Iesus nondum fuerat honorificatus.
Unde non eos reprehendit, sed vadens iterum tertia vice oravit idipsum, docens et nos per
hoc ipsum, ut non deficiamus in oratione sed permaneamus in ipso verbo orationis, donec
impetremus ea quae postulare iam coepimus.
1422 HIs V, 3 (266, 21-23): Quamdiu vero vixit leprosus, Isaias immunda labia ha-
buit; quamdiu vixit iniquus, non potuit Isaias Dominum Sabaoth videre.
1423 Secondo CIo XIII, 42, 278 (268, 9-14), chi implicato nelle passioni o nelle
realt materiali, non ha ancora sollevato gli occhi: Kai; oujdeiv" ge ejn pavqesin w]n kai; th/'
I nuclei scritturistici della riflessione origeniana sulla preghiera 457
cato per parallelismo allatto orante, che secondo lAlessandrino si rende
possibile ed efficace solo nel momento in cui per colui che prega si deter-
mina una conversione dal male al bene; soltanto quando Satana muore
in noi, possiamo innalzare gli occhi a Dio, essere esauditi nelle nostre
suppliche e godere della sua visione 1424.
La pagina biblica conferisce qui allesercizio spirituale della vista
interiore, con la dimensione orante che lo sostiene, un diverso spessore
dalla visuale pi strettamente filosofica di CC VII, 44, facendolo rientrare
non solo in un percorso di conversione meno direttamente ispirato da
preoccupazioni intellettualistiche, ma anche segnalando la necessit del-
laiuto di Dio per intraprendere tale cammino 1425. Troviamo del resto una
situazione analoga nellinterpretazione del gesto degli occhi fornita da
Origene in CIo XXVIII, 4, alla luce del modello di Ges orante in Gv 11,
41, anche con lausilio cumulativo di Sal 122(123), 1. Lo sguardo rivolto
al cielo non si risolve per il Salvatore nel mero trascendimento intellet-
tuale delle realt sensoriali mediante un processo interiore di anacoresi
e di anabasi che pure Ges attua senza dubbio nella sua preghiera al
Padre , poich esso richiama al suo centro lesperienza del colloquio
orante con Dio, attraverso la manifestazione di parole grandi e celesti
da parte di colui che prega il Padre1426. Inoltre, la spiegazione della scena
evangelica attira un secondo aspetto importante che concorre a disegnare
la cornice entro la quale bisogna intendere il valore del gesto degli occhi

sarki; prostethkw;" h] toi'" uJlikoi'" ejmpefurmevno", ejthvrhsen th;n levgousan ejntolhvn:


ejpavrate tou;" ojfqalmou;" uJmw'n , diovper oJ toiou'to" oujde; qeavsetai ta;" cwvra" ka]n w\sin
leukaiv pro;" qerismo;n h[dh. Eti de; oujdei;" ejrgazovmeno" ta; e[rga th'" sarko;" ejph'ren
tou;" ojfqalmouv".
1424 HIs V, 3 (266, 28267, 9) indica unanalogia con Es 2, 23: Quamdiu vixit Pha-
rao, non suspiraverunt filii Istrahel et in poenis positi nec gemendi quidem liberam habuere
facultatem; vivebat quippe rex, qui imperabat iis et lateres et paleas facere. Quamdiu vixit
Pharao, non suspiraverunt ad Deum; cum mortuus est Pharao, tunc valuerunt madida ora
fletibus sustollere. Vivit rex malignus in pectore nostro, quamdiu vivit Pharao Zabulus.
Tunc lateres operamur et paleas, tunc lacrimas intra silentium devoramus et iniquitatis
opera prima facimus; cum autem mortuus fuerit Domino Deo nos visitante, tunc suspira-
mus ad Dominum. Idcirco oremus, ut regnum peccati, quod est in mortali nostro corpore,
moriatur.
1425 Sinserisce bene nel nostro contesto la riflessione di CIo X, 28, 172-173 (201,
14-22) sugli occhi di colomba che consentono di vedere per il dono dello Spirito: Oujde;
ga;r ajqovlwton hJmw'n ejstin to; hJgemonikovn, oujde; ojfqalmoi; oJpoivou" dei' ei\nai tou;" th'"
kalh'" nuvmfh" Cristou' ojfqalmouv", peri; w|n fhsin oJ numfivo": Ofqalmoiv sou periste-
raiv (Ct 1, 15; 4, 1), tavca aijnissovmeno" th;n tw'n pneumatikw'n katanohtikh;n duvnamin,
dia; to; kai; to; pneu'ma to; a{gion wJ" peristera;n ejlhluqevnai ejpi; to;n kuvrion <Ihsou'n>
kai; to;n ejn eJkavstw/ kuvrion: ajll o{mw" kai; ou{tw" e[conte" oujk ajpoknhvsomen, yhlafw'n-
te" tou;" eijrhmevnou" th'" zwh'" lovgou", peiraqh'nai labevsqai aujtw'n th'" ajporreouvsh"
eij" to;n meta; pivstew" aJyavmenon dunavmew".
1426 Cfr. CIo XXVIII, 4, 25 (supra, nota 879).
458 Parte seconda, Capitolo ottavo
per lAlessandrino. Egli stabilisce infatti un confronto tra latteggiamento
di Ges orante e quello del pubblicano (Lc 18, 13), che non osa alzare gli
occhi, riportando il discorso come in HIs V, 3 sulle condizioni spiri-
tuali di colui che prega. Di nuovo, anche se il paradigma ideale non viene
meno, la sua esemplarit effettiva deve essere commisurata ai singoli in-
dividui oranti con le loro diverse dinamiche di crescita spirituale.
Si pu dunque riconsiderare conclusivamente il rilievo specifico dei
riferimenti scritturistici al gesto di levare gli occhi. Fatta eccezione per
Orat IX, 2, n Sal 122(123), 1 n tanto meno Sal 24(25), 1 godono di uno
statuto paragonabile a quello osservato in precedenza per le citazioni pi
costanti. Il motivo attestato pi ampiamente nel testo biblico, anche a
prescindere da essi; di conseguenza, Origene lo ha richiamato spesso alla
luce di altri passi. Senza nulla togliere al significato fondamentale che il
tema della vista interiore riveste nella dottrina spirituale dellAlessandri-
no, il suo discorso sulla preghiera lo sfrutta assai meno di quel che ci si
potrebbe aspettare. In tal senso, nessun altro scritto presenta una prospet-
tiva che sia direttamente paragonabile a Orat IX, 2, dove i nostri due ver-
setti sorreggono lo sviluppo pi significativo ed originale della riflessione
origeniana sul rapporto fra preghiera e mistica. Daltra parte, neppure
la rilettura filosofica dellorazione in CC VII, 44 si richiama espressa-
mente ad essi. Si dunque tentati di constatare a prima vista una diversit
di accenti fra il trattato e il resto delle testimonianze sulla preghiera nel-
lopera dellAlessandrino. In realt, il pi ridotto ancoraggio scritturistico
del gesto degli occhi levati induce a pensare che, proprio in forza della sua
accezione filosofica pi pregnante, si prestasse solo in parte a illustrare le
modalit e il significato dellatto orante. Questo eccede invece di per s la
configurazione esclusiva di un esercizio spirituale tout court, anche se ne
assume le forme, come Origene lascia intendere nel suo riepilogo in Orat
XXXI, 2 coniugando ancora una volta istanze filosofiche e motivi scrittu-
ristici alla luce dei passi evangelici sulla riconciliazione fraterna1427.

3.2. At 10, 9: la preghiera come ascesa nellunione di corpo, anima e


spirito

Fra i testimonia scritturistici a cui Origene attinge per il suo discorso


sulla preghiera, At 10, 9 (Pietro sal verso mezzogiorno sulla terrazza a
pregare) si prestato a focalizzazioni diversificate. Esse investono sia il
tempo e il luogo destinati allorazione, sia soprattutto sulla scorta del-
lindicazione locale le disposizioni interiori con cui essa si attua. Seb-
bene la scena di Pietro orante, susseguente alla visione di Cornelio (del

1427 Si veda supra, nota 468.


I nuclei scritturistici della riflessione origeniana sulla preghiera 459
quale HNm XI, 3 ricorda con At 10, 4 le preghiere esaudite)1428, non rap-
presenti che il proemio ad un passo di ben altra rilevanza esegetica e dot-
trinale, proprio la sua connessione con esso non poteva non metterla in
evidenza nel complesso dei luoghi neotestamentari che descrivono lespe-
rienza di preghiera della comunit primitiva. La consapevolezza dellAles-
sandrino al riguardo traspare dal fatto che lha inserito nel dossier delle
sue citazioni, pur facendone un uso contenuto 1429. Nel trattato Origene se
ne serve unicamente per stabilire su base scritturistica lusanza di pregare
a mezzogiorno, quale preghiera intermedia nel ritmo giornaliero dei tre
tempi destinati allorazione (Orat XII, 2)1430, mentre sfrutta pi diffusa-
mente lepisodio di Giaffa (At 10, 1-15) nellargomentazione sui cibi spi-
rituali a commento della quarta domanda del Padrenostro (Orat XXVII,
12). Nel secondo caso la scena della visione di Pietro posta in relazione
con limminente incontro con Cornelio, senza tuttavia evocare la sua pre-
messa orante nellapostolo, come avviene del resto anche in CC II, 1, dove
prova il definitivo superamento delleconomia della lettera in contrap-
posizione con il giudeocristianesimo1431. Analizzando il trattato, abbiamo
visto come lAlessandrino nutra un interesse moderato per la questione
dei momenti consacrati alla preghiera nel ciclo quotidiano, sebbene la sua
testimonianza aiuti anchessa ad illuminare lo sviluppo della liturgia
delle ore nel primo cristianesimo1432. Quando egli torna ad occuparsi di
un argomento affine nella polemica con Celso (CC VIII, 22), si preoccupa
di prendere le distanze dalla ritualit pagana ridimensionando limportan-
za delle feste cristiane sia per il ciclo settimanale sia per le stesse cele-

1428 HNm XI, 3 (81, 13-16): Denique invenimus ipsum Cornelium, antequam doc-
trinam verbi Dei vel gratiam baptismi susciperet a Petro, audisse ab angelo quia orationes
eius et eleemosynae adscendissent ad Deum (At 10, 4), unde et per ipsum angelum videtur
Deo primitiae oblatus esse Cornelius. Cfr. anche HNm III, 1.
1429 BP riporta le seguenti occorrenze di At 10, 9: Orat XII, 2 (nota 594); HLv VII, 5
(nota 497); HIer XIX, 13 (nota 1140). Rimanda altres a CC II , 1 per At 10, 9-15. Origene
alterna la lezione uJperw/von invece di dw'ma (ajnevbh Pevtro" ejpi; to; dw'ma proseuvxasqai
peri; w{ran e{kthn) in CC II, 1.
1430 Orat XII, 2 (325, 7-10): kai; oJ Pevtro" de; ajnabaivnwn eij" to; dw'ma <peri;> th;n
e{kthn proseuvxasqai, o{te kai; eJwvra to; ejx oujranou' kaqievmenon skeu'o", tevtrasin ajr-
cai'" kaqievmenon, parivsthsi th;n mevshn tw'n triw'n eujch;n. Anche Tertulliano, De orat. 25
si serve del passo come testimonium per la preghiera di mezzogiorno.
1431 Orat XXVII, 12 (371, 12-15): koinwnei'n gou'n tw'/ eJkatontavrcw/ Kornhlivw/ kai;
toi'" a{ma sunacqei'sin ejn th'/ Kaisareiva/ oJ Pevtro" mevllwn meta; de; tau'ta kai; toi'" e[q-
nesi metadwvsein tw'n lovgwn tou' qeou', oJra'/ to; tevttarsin ajrcai'" kaqievmenon oujranov-
qen skeu'o" (At 10, 11). Si veda anche CC II, 1 (127, 2-5): Kai; oJ Pevtro" de; mevcri pollou'
faivnetai ta; kata; to;n Mwu>sevw" novmon ijoudai>ka; e[qh tethrhkevnai, wJ" mhdevpw ajpo; tou'
Ihsou' maqw;n ajnabaivnein ajpo; tou' kata; to; gravmma novmou ejpi; to;n kata; to; pneu'ma.
1432 Cfr. supra, nota 594. Per Phillips, 38-39, che si basa sia su Clemente Alessan-
drino (Strom. VII, 7, 40, 3) che su Origene, le tre ore di preghiera rifletterebbero la consue-
tudine in uso nella chiesa di Alessandria.
460 Parte seconda, Capitolo ottavo
brazioni di Pasqua e Pentecoste, onde ribadire il principio, molto pros-
simo alla prospettiva di un Clemente Alessandrino, che il perfetto vive
perennemente nello spirito della festa1433; proprio per questa via egli in
grado di attuare quelloratio continua che rappresenta il vero sacrificio
(CC VIII, 21)1434.
Una visuale siffatta spiega le ragioni per cui i successivi ricorsi di At
10, 9 si premurano di mettere in luce altri aspetti, senza pi considerare le
circostanze temporali. Essi simperniano piuttosto sullidea dellascesa
di Pietro per pregare in un luogo elevato, cio la terrazza (dw'ma) di
cui parla il nostro passo, scambiando peraltro questo termine con lespres-
sione analoga il piano superiore (uJperw'/on) nella precedente scena di
At 1, 13-14 (13Entrati in citt salirono al piano superiore dove abitavano.
Cerano Pietro e Giovanni, Giacomo e Andrea, Filippo e Tommaso,
Bartolomeo e Matteo, Giacomo di Alfeo e Simone lo Zelta e Giuda di
Giacomo. 14Tutti questi erano assidui e concordi nella preghiera, insieme
con alcune donne e con Maria, la madre di Ges e con i fratelli di lui),
dove si descrive lassiduit e la concordia oranti della prima comunit di
Gerusalemme in attesa della discesa dello Spirito1435. LAlessandrino d
qui risalto allunanimit della preghiera della chiesa primitiva, ma non
perde di vista lambientazione locale, che lo porta a ripensare lorazione

1433 CC VIII, 22 (239, 11-240, 2): Ea;n dev ti" pro;" tau'ta ajnqupofevrh/ ta; peri; tw'n
par hJmi'n kuriakw'n h] paraskeuw'n h] tou' Pavsca h] th'" Penthkosth'" di hJmerw'n ginov-
mena, lektevon kai; pro;" tou'to o{ti oJ me;n tevleio", ajei; ejn toi'" lovgoi" w]n kai; toi'" e[rgoi"
kai; toi'" dianohvmasi tou' th'/ fuvsei kurivou lovgou qeou', ajeiv ejstin aujtou' ejn tai'" hJmevrai"
kai; ajei; a[gei kuriaka;" hJmevra": ajlla; kai; <oJ> ajei; paraskeuavzwn eJauto;n pro;" to;
ajlhqinw'" zh'n kai; ajpecovmeno" tw'n tou' bivou hJdevwn kai; tou;" pollou;" ajpatwvntwn kai;
mh; trevfwn to; frovnhma th'" sarko;" (Rm 8, 6) ajll uJpwpiavzwn auJtou' to; sw'ma kai; dou-
lagwgw'n ajei; a[gei ta;" paraskeuav". Eti de; oJ nohvsa" o{ti to; pavsca hJmw'n ejtuvqh Cri-
stov" (1Cor 5, 7), kai; crh; eJortavzein ejsqivonta th'" sarko;" tou' lovgou, oujk e[stin o{te ouj
poiei' to; pavsca, o{per eJrmhneuvetai diabathvria, diabaivnwn ajei; tw'/ logismw'/ kai; panti;
lovgw/ kai; pavsh/ pravxei ajpo; tw'n tou' bivou pragmavtwn ejpi; to;n qeovn, kai; ejpi; th;n povlin
aujtou' speuvdwn. Pro;" touvtoi" de; oJ dunavmeno" met ajlhqeiva" levgein: Sunanevsthmen tw'/
Cristw'/ ajlla; kai; tov: Sunhvgeire kai; sunekavqisen hJma'" ejn toi'" ejpouranivoi" ejn Cristw'/
ajeiv ejstin ejn tai'" th'" Penthkosth'" hJmevrai", kai; mavlista o{te kai; eij" to; uJperw'/on wJ" oiJ
ajpovstoloi tou' Ihsou' ajnaba;" scolavzei th'/ dehvsei kai; th'/ proseuch'/ (At 1, 14), wJ" a[xio"
genevsqai th'" feromevnh" pnoh'" biaiva" ejx oujranou', biazomevnh" ejxafanivsai th;n ejn
ajnqrwvpoi" kakivan kai; ta; ajp aujth'", a[xio" de; kaiv tino" merismou' glwvssh" ajpo; qeou'
purivnh". In proposito si veda Buchinger 2005, 353-356: Wie alle ihm bekannten Feiern
im Rhythmus der Zeit, unterzieht Origenes auch das Pascha einer spiritualisierenden Uni-
versalierung: durch seine moralische Praxis realisiere der Vollkommene die berkomme-
nen Festinhalte ohne zeitliche Einschrnkung (p. 355).
1434 CC VIII, 21 (239, 5-7): eJortavzei ge kata; ajlhvqeian oJ ta; devonta pravttwn, ajei;
eujcovmeno", dia; panto;" quvwn ta;" ajnaimavktou" ejn tai'" pro;" to; qei'on eujcai'" qusiva".
1435 Riferimenti a At 1, 13-14 figurano in CC VIII, 22 (supra, nota 1433); HIer XIX,
13; CRm X , 7 (806, 27-30). A loro volta, CMtS 121 rimanda ad At 1, 13, mentre HIos VII,
2 (nota 1540) e HIos IX, 2 (nota 1095) citano At 1, 14.
I nuclei scritturistici della riflessione origeniana sulla preghiera 461
secondo lo schema concettuale dellelevazione interiore. Cos in HIer
XIX, 13 sfrutta la coincidenza lessicale riscontrata fra At 1, 13 e Ger 20, 2
LXX dove il profeta messo in ceppi nella prigione che si trovava pres-
so la porta superiore di Beniamino, nel tempio del Signore (ejn th/' puvlh/
Beniami;n tou' uJperw/vou ejn oi[kw/ kurivou) , per chiarire appunto il si-
gnificato spirituale di uJperw'/on, associandolo nel contempo a dw'ma come
suo sinonimo. Egli dichiara che il termine da intendere alla stregua di
mente innalzata e sollevata e corrobora tale equivalenza con lausilio
di vari passi scritturistici, fra i quali le due scene di preghiera che com-
paiono in At 1 e At 101436. Essere sulla terrazza o nel piano superiore
significa allora per lAlessandrino partecipare di una condizione spirituale
elevata dalla quale non bisogna scendere, attenendosi al modello de-
gli apostoli, che in At 1, 14 si dedicano alla preghiera e alla Parola di Dio
e in tal modo pongono i presupposti spirituali per ricevere il dono dello
Spirito; altrettanto fa Pietro in At 10, 9, prima di fruire della visione ri-
guardo ai cibi. Lesegesi proposta dal predicatore, pur nutrita di numerosi
riferimenti alle Scritture, si appunta in sostanza sullinvito parenetico ad
innalzarsi, attirando a conclusione di questi spunti, anche limmagine de-
gli occhi sollevati in alto, collegata allallusione decontestualizzata a Is
37, 23 (Chi hai insultato e schernito? Contro chi hai alzato la voce e hai
elevato, superbo, gli occhi tuoi? Contro il Santo di Israele!), quale ulte-
riore manifestazione dellascesa interiore1437. Anche se Origene evita nuo-
vamente di servirsi del termine ajnavbasi" per designare latto orante, egli
rimanda implicitamente a tale designazione attraverso luso ripetuto del
verbo ajnabaivnw1438.
Ritornando su At 10, 9 in HLv VII, 3 la riflessione dellAlessandrino
fa un ulteriore passo in avanti, poich mette meglio a fuoco la dinamica
spirituale della preghiera e va perci oltre la sua generica riproposizione
in senso parenetico-morale come elevazione. Conviene rammentare il
contesto dellomelia, tra le pi ricche di riflessioni interessanti il nostro

1436 HIer XIX, 13 (168, 31-169, 1): uJperw/'on de; to;n nou'n to;n uJyhlo;n kai; ejphrmev-
non deivxw <ejk > th'" grafh'", o{te marturei' toi'" aJgivoi" o{ti eij" ta; uJperw/'a tou;" profhvta"
uJpedevxanto.
1437 HIer XIX, 13 (169, 11-17): Kalo;n ou\n ejn uJperw/voi" ei\nai, kalo;n ejn dwvmasin
ei\nai kai; a[nw pou tugcavnein. kai; oiJ qaumavsioi de; ajpovstoloi, wJ" ejn tai'" Pravxesin
ajnagevgraptai aujtw'n, hJnivka ejpi; to; aujto; o[ntwn aujtw'n ejscovlazon tai'" eujcai'" kai; tw/'
lovgw/ tou' qeou', ejn uJperw/'w/ h\san. kai; ejpei; h\san ejn uJperw/'w/ oujk h\san kavtw. dia; tou'to
w[fqhsan aujtoi'" diamerizovmenai glw'ssai wjsei; purov" (At 2, 3). ajlla; kai; Pevtro", hJnivka
ajnevpempe th;n eujch;n tw/' qew/', ajnevbh eij" to; dw'ma (At 10, 9).
1438 HIer XIX, 13 (169, 33-170, 3): Dia; tou'to parakalou'men uJma'": ajnabaivnete
eij" u{yo" (cfr. Is 37, 24; 40, 9), ai{rete eij" u{yo" tou;" ojfqalmou;" (cfr. Is 37, 23) uJmw'n.
Kajmoi; dev, eja;n didavskw to;n qei'on lovgon, fhsi;n oJ lovgo": Ep o[ro" uJyhlo;n ajnavbhqi, oJ
eujaggelizovmeno" Siwvn: u{ywson th/' ijscuvi> th;n fwnhvn sou, oJ eujaggelizovmeno" Ierou-
salhvm: uJywvsate, mh; fobei'sqe (Is 40, 9).
462 Parte seconda, Capitolo ottavo
tema in tutto quanto il corpus dei sermoni. Il riferimento alla preghiera di
Pietro sulla terrazza interviene infatti dopo una serie di considerazioni
che riguardano dapprima il ruolo dei sacerdoti come intermediari delle
preghiere dei fedeli e intercessori per i peccatori (HLv VII, 1), quindi la
funzione unica spettante a Ges in qualit di sommo sacerdote e media-
tore, sia pure nellambito della communio sanctorum che attestata dal-
lassistenza solidale dei santi, anchessi partecipi nel dolore e nella gioia
delle sorti dei peccatori (HLv VII, 2). La scena di Giaffa interviene allora
come corollario sulla preghiera dei santi (HLv VII , 3). Origene si riallaccia
alla precedente riflessione sul luogo in cui Pietro prega, per osservare che
lApostolo non lha scelto a caso, bens perch egli vive nello spirito
della Pasqua e come tale ricerca le cose che sono in alto (Col 3, 1-2).
Largomentazione sembrerebbe ripercorrere la linea che gi conosciamo,
riecheggiando accenti riscontrabili anche in CC VIII, 221439, ma lAles-
sandrino ci riserva una sorpresa. Non ritorna infatti semplicemente alla
nozione della preghiera come elevazione, ma la caratterizza questa volta
come unanabasi integrale, per cui lascensione orante di Pietro coinvolge
corpo, anima e spirito1440. Sappiamo del ruolo riconosciuto al corpo per
lattuazione di una prassi orante nel trattato e in altri scritti, ma solo in
questo passo e in CC II, 51 Origene mette espressamente in gioco la sua
visuale antropologica per illustrare la manifestazione pi compiuta della
preghiera. In entrambi i casi lintroduce nella forma di uninterrogativa
retorica, come se volesse evitare di disegnare in recto questa prospettiva.
Del resto, la contiguit di HLv VII, 3 con CC II, 51 suggerita principal-
mente dalla coordinata spaziale, perch nellapologia laffermazione che
qui ci interessa cade nel contesto di una discussione sulla magia che oppo-
ne la pratica pagana a quella cristiana, sostenuta appunto dal ricorso alla
preghiera. Ma gli accenti sono, per cos dire invertiti: mentre in HLv VII, 3
il coinvolgimento del corpo dato per scontato e si tratta di sottolineare la
partecipazione dellanima e dello spirito, in CC II, 51 lelemento del cor-
po si aggiunge al presupposto di anima e spirito1441. In entrambi i casi,

1439 Cfr. supra, nota 1433.


1440 HLv VII, 4 (nota 497): Non volle pregare in luoghi inferiori, ma sal in un
luogo alto... (At 10, 9). Giacch la volont di un cos grande apostolo non scelse un luogo
alto per la preghiera in maniera superflua, ma, per come penso io, per mostrare che Pietro,
in quanto era morto con Cristo, cercava le cose dellalto... (Col 3, 1-2). Non ti sembra
che Pietro sia salito nel luogo alto non solo con il corpo, ma anche con lanima e lo spi-
rito? (tr. Danieli, 162-163).
1441 CC II, 51: tiv" d ejn cwvra/ kaqara'/ kai; aJgiva/ genovmeno" kata; th;n yuch;n eJau-
tou' kai; to; pneu'ma, oi\mai de; kai; to; sw'ma, tw'/ qew'/, paradexavmeno" qei'ovn ti pneu'ma ta;
toiau'ta eij" wjfevleian ajnqrwvpwn kai; protroph;n th;n ejpi; to; pisteuvein qew'/ ajlhqinw'/
pravttei Per linterpretazione di questo passo si veda Fdou, 361-362 (nota 497); Sfa-
meni Gasparro 2003. Cfr. anche supra, nota 1344 (con riferimento a HNm XIII, 4) sui rap-
porti fra preghiera e magia.
I nuclei scritturistici della riflessione origeniana sulla preghiera 463
dunque, le formulazioni oblique lasciano intravedere lelaborazione par-
ziale di un motivo che, pur essendo indubbiamente compreso nella visua-
le origeniana dellatto orante, non dispiega appieno le sue potenzialit.
Senza voler rilevare, per cos dire, un punctum dolens del suo discorso
sulla preghiera, ne ricaviamo piuttosto ancora una volta la constatazione
che il pensiero di Origene riflette altre priorit, per cui allinterno di una
antropologia tricotomica il binomio anima-corpo ha senzaltro il soprav-
vento. Linterpretazione di At 10, 9 corregge il tiro, ma non modifica lim-
postazione predominante.

3.3. 1Gv 2, 1(-2): Ges Cristo come intercessore presso il Padre

Insieme alla dimensione antropologica, il discorso di Origene tiene


sempre presente lorizzonte celeste dellorante con gli interlocutori che
lo animano: non solo per quanto riguarda la persona del Padre come desti-
natario primo della preghiera, pur con le distinzioni apportate nel corso
della nostra esposizione; accanto a lui, la riflessione eucologica dellAles-
sandrino considera egualmente la figura del Figlio come, per altro verso,
mette in gioco lazione dello Spirito e, in subordine, di angeli e santi.
Ognuno di questi aspetti trova giustificazioni scritturistiche a vario titolo,
ma specialmente la mediazione di Ges Cristo come sommo sacerdote e
intercessore presso il Padre che oggetto di riprese e sviluppi passando
dal trattato al resto degli scritti. Essi traggono spunto specialmente dal ri-
chiamo a 1Gv 2, 1(-2) (Figlioli miei, vi scrivo queste cose perch non
pecchiate; ma se qualcuno ha peccato, abbiamo un avvocato presso il Pa-
dre: Ges Cristo giusto. 2Egli vittima di espiazione per i nostri peccati;
non soltanto per i nostri, ma anche per quelli di tutto il mondo), sebbene
la figura di Cristo come sommo sacerdote sia illustrata dallAlessandrino
anche alla luce della Lettera agli Ebrei, come vediamo da Orat X, 21442.

1442 1Gv 2, 1(-2) citato o alluso in Orat X , 2 (nota 559); Orat XV, 4 (nota 416);
Prin II, 7, 4 (nota 1444); CC VIII, 13 (note 412, 840); CIo I, 22, 138 (27, 23-26): En de; th'/
kaqolikh'/ ejpistolh'/ oJ Iwavnnh" paravklhton peri; tw'n yucw'n hJmw'n pro;" to;n patevra fh-
si;n aujto;n ei\nai levgwn; CIo I, 33, 240 (42, 2843, 1): Oujde;n de; tw'n proeirhmevnwn ojno-
mavtwn th;n peri; hJmw'n pro;" to;n patevra prostasivan aujtou' dhloi', parakalou'nto" uJpe;r
th'" ajnqrwvpwn fuvsew" kai; iJlaskomevnou, wJ" oJ paravklhto" kai; <oJ > iJlasmo;" kai; to; iJla-
sthvrion: oJ me;n paravklhto" ejn th'/ Iwavnnou legovmeno" ejpistolh'/: Ea;n gavr ti" aJmavrth/,
paravklhton e[comen pro;" to;n patevra Ihsou'n Cristo;n divkaion, kai; ou|to" iJlasmov" ejsti
peri; tw'n aJmartiw'n hJmw'n (1Gv 2, 1-2); CIo I, 33, 241; CIo I, 35, 255 (45, 13-18): <Auj>to;"
dh; oJ ta; tosau'ta tugcavnwn, oJ paravklhto", oJ iJlasmov", to; iJlasthvrion, sumpaqhvsa" tai'"
ajsqeneivai" hJmw'n tw'/ pepeira'sqai kata; pavnta ta; ajnqrwvpina kaq oJmoiovthta cwri;" aJma-
rtiva", mevga" ejsti;n ajrciereuv", oujc uJpe;r ajnqrwvpwn movnwn ajlla; kai; panto;" logikou'
th;n a{pax qusivan prosenecqei'san eJauto;n ajnenegkwvn ; CIo I, 37, 267; CIo II , 34, 209
(92, 34-93, 4): W" ga;r hJ qeosevbeia kekovsmhtai tw'n dia; mesivtou kai; ajrcierevw" kai;
paraklhvtou kai; ejpisthmonikw'" prosercomevnwn tw'/ tw'n o{lwn qew'/, skavzousa a]n eij mh;
464 Parte seconda, Capitolo ottavo
Tuttavia, gi in questo passo come far poco pi avanti in Orat XV, 4
egli collega fra loro i due titoli di ajrciereuv" (sommo sacerdote) e pa-
ravklhto" (avvocato o difensore), fondendo cos la prospettiva di Eb
con 1Gv 2, 1(-2); lo stesso fa anche nel Commento a Giovanni, dove tratta
ripetutamente della designazione del Figlio quale paravklhto", precisan-
do che questa epinoia illustra il suo patrocinio presso il Padre in nostro
favore, la sua intercessione1443. A sua volta, Prin II, 7, 4 stabilisce il di-
verso significato del termine, qualora venga applicato a Cristo o allo
Spirito, intendendolo nel primo caso con laccezione di avvocato e nel
secondo di consolatore1444. Nel nostro contesto non ci interessa la pro-
blematica cristologica vera e propria (e neppure quella pneumatologica),
bens la sua rilevanza per il discorso sulla preghiera, come appare impli-
citamente dal richiamo alla necessit della mediazione di Cristo sommo
sacerdote e difensore per il culto di Dio nel commentario giovanneo
(CIo II, 34, 209) 1445, ma soprattutto dalluso ad hoc di 1Gv 2, 1(-2) nel
trattato. Nel primo dei due passi (Orat X, 2) linteresse di Origene sembra
rivolto soprattutto a sviscerare le implicazioni del titolo di paravklhto"
attribuito al Figlio di Dio insistendo sullidea che la sua mediazione
orante implica il coinvolgimento attivo di coloro che pregano. Si profila
cos una sinergia tra lintermediario presso il Padre e la persona delloran-

dia; th'" quvra" ti" eijsivoi pro;" to;n patevra, ou{tw" kai; hJ tw'n pavlai qeosevbeia th'/ nohvsei
kai; pivstei kai; prosdokiva/ Cristou' iJera; h\n kai; para; qew'/ ajpodekthv; CIo VI, 55, 285;
CIo VI, 59, 305; CCt III, 1, 12 (infra, nota 1444); CRm II, 5 (infra, nota 1452); CRm VII, 4
(infra, nota 1450); CRm VII, 8 (infra, nota 1450); HLv VII, 2 (nota 1211); HLv IX, 5 (p. 397
e nota 1215); HNm VIII, 1 (nota 1208); HNm IX, 4 (nota 1202); FrIob 35, 5-6 (PG 17, 96B):
Ea;n ajnablevyh/" eij" to;n oujrano;n kai; katanohvsh/" ta; nevfh, nohvsei" tiv h{marte". Tiv se
pra'xai dei' Prosevrcesqai tw/' ajrcierei' kai; parakalei'n, i{na oJ ajrciereu;" prosagavgh/
qusivan peri; sou'.
1443 CIo I, 33, 240 (supra, nota 1442 [Corsini, 184]). In CIo I , 35, 255 Origene rac-
corda con paravklhto" lepinoia ajrciereuv", sottolineando per laspetto sacrificale (Eb
9, 28) insieme alla compartecipazione alle infermit degli uomini (Eb 4, 15); cfr. anche
CIo VI, 55, 285 e CIo VI, 59, 304.
1444 Prin II , 7, 4 (151, 25152, 7): Consideremus ne forte aliud significet haec appel-
latio paracleti de salvatore, aliud de spiritu sancto. Videtur enim de salvatore paracletus
dici deprecator, utrumque enim significat in graeco paracletus, et consolator et de-
precator. Propter eum ergo qui subsequitur sermonem, quo ait quia ipse est repropitiatio
pro peccatis nostris (1Gv 2, 2), magis in salvatore nomen paracleti pro deprecatore in-
telligendum videtur; deprecari enim patrem pro peccatis nostris dicitur. De spiritu vero san-
cto paracletus consolator debet intellegi, pro eo quod consolationem praestat anima-
bus, quibus aperit et revelat sensum scientiae spiritalis. Si veda ugualmente CCt III, 1, 12
(174, 15-19): Et ne mireris, si columbae simul dicantur, cum uterque similiter advocatus
dicatur, sicut Iohannes evangelista declarat Spiritum quidem sanctum dicens Paracletum
(cfr. Gv 14, 16-17), quod est advocatus; et de Iesu Christo nihilominus in epistola sua dicit
quia ipse sit advocatus apud Patrem (1Gv 2, 1) pro peccatis nostris. Sullimportanza della
distinzione di Origene per lesegesi patristica, cfr. Pastorelli 2006a; Pastorelli 2006b, 91-94.
1445 Cfr. supra, nota 1442.
I nuclei scritturistici della riflessione origeniana sulla preghiera 465
te, corroborata dalla parabola sulla vedova e il giudice iniquo che contie-
ne il pressante invito a non venir meno nella preghiera (Lc 18, 1)1446. Se
le offerte presentate da Ges al Padre come sommo sacerdote sono le
preghiere dei fedeli, il suo ruolo di avvocato e intercessore rafforza an-
chesso la necessit che i fedeli preghino. evidente dunque come il ricor-
so di 1Gv 2, 1(-2) calzi qui perfettamente con la preoccupazione centrale
del trattato circa lutilit della preghiera, grazie anche al supporto aggiun-
tivo di Lc 18, 1, che rientra come sappiamo fra i testimonia relativi al-
lefficacia della preghiera1447. Invece, nel secondo luogo del trattato (Orat
XV, 4) il nuovo rinvio allintermediazione orante del Figlio quale som-
mo sacerdote e avvocato sostiene adesso la raccomandazione a non
indirizzare la preghiera a lui bens al Padre, in quanto anche il Figlio lo
prega come un fratello insieme a noi e per noi 1448. A distanza di anni,
Origene ritorner sullargomento in CC VIII, 13, riproponendo lidea del-
lineludibile intermediazione di Cristo per le preghiere rivolte dai fedeli a
Dio, in quanto egli sommo sacerdote e propiziazione per i peccati
(1Gv 2, 2), ancorch senza designarlo espressamente come avvocato1449.
Pur operando la suddetta distinzione semantica nel significato di pa-
ravklhto" con la relativa ripartizione di ruoli fra Cristo come avvocato
e lo Spirito come consolatore, lAlessandrino non ignora certo il ruolo
di intercessore che anche lo Spirito pu assumere, soprattutto alla luce
del fondamentale passo di Rm 8, 26. Non a caso nel Commento a Romani
egli mette tale funzione dello Spirito direttamente in relazione a 1Gv 2,
1(-2), sostenendo appunto che egli intercede per noi allo stesso modo
di Ges1450. Tuttavia, nel commentario paolino Origene avverte che lin-
tercessione dellavvocato giova nella misura in cui il fedele lasseconda
con la propria condotta di vita, ricordando nel contempo come Cristo riu-
nisca in s i ruoli, da un lato, di vittima e sacerdote, dallaltro di av-

1446 Orat X , 2 (320, 20-26): ajrciereu;" ga;r tw'n prosforw'n hJmw'n kai; pro;" to;n
patevra paravklhtov" ejstin oJ uiJo;" tou' qeou', eujcovmeno" uJpe;r tw'n eujcomevnwn kai; sum-
parakalw'n toi'" parakalou'sin, oujk a]n wJ" uJpe;r oijkeivwn eujxovmeno" tw'n mh; di aujtou'
sunecevsteron eujcomevnwn oujd a]n wJ" uJpe;r h[dh ijdivwn paravklhto" ejsovmeno" pro;" to;n
qeo;n tw'n mh; peiqomevnwn tai'" eij" to; dei'n pavntote proseuvceqai kai; mh; ejkkakei'n di-
daskalivai" (Lc 18, 1).
1447 Sullutilizzo di Lc 18, 1 si veda supra, pp. 352, 445.
1448 Orat XV, 4 (336, 1-4): ajdelfw'/ de; proseuvcesqai tou;" kathxiwmevnou" eJno;"
aujtw'n patro;" oujk e[stin eu[logon: movnw/ ga;r tw'/ patri; met ejmou' kai; di ejmou' ajnapemp-
tevon ejsti;n uJmi'n proseuchvn.
1449 Cfr. supra, nota 840.
1450 CRm VII, 4 (579, 45-47): Sed videamus quid est quod dicit: ipse spiritus pro
nobis interpellat (Rm 8, 26). Hoc enim et Iohanes Iesum facere designat cum dicit: filioli
etc.. Anche CRm VII, 8 (598, 15-17), discutendo lazione di Cristo come advocatus mette
in parallelo lintercessione dello Spirito e quella del Figlio: In superioribus Sanctus Spi-
ritus interpellat inquit pro nobis gemitibus inenarrabilibus; hic Christus Iesus qui mortuus
est et resurrexit ipse interpellat pro nobis.
466 Parte seconda, Capitolo ottavo
vocato e giudice1451. vero comunque che proprio 1Gv 2, 1(-2) atte-
sta come a nessuno degli stessi credenti in Cristo sia possibile sfuggire al
peccato 1452; di conseguenza, tutti sono rinviati al suo patrocinio di inter-
cessore. Di esso lAlessandrino ha parlato con accenti inediti e toccanti
nelle Omelie su Levitico, sviscerando le implicazioni della compartecipa-
zione assicurata dal sommo sacerdote privo di colpa alle infermit degli
uomini peccatori (secondo le indicazioni della Lettera agli Ebrei), di cui
si fa avvocato e difensore. Al tempo stesso egli ha rivisitato il patro-
cinio di propiziazione ad opera di Cristo attraverso linterpretazione del
rituale del giorno dellespiazione1453.

4. Nuovi affondi: prospettive inedite su dottrina e prassi della preghiera

Oltre ai luoghi scritturistici che per Origene rappresentano dei punti


di riferimento permanenti e a quelli che vi si affiancano e li integrano an-
chessi in forma strutturale, nel corso della sua opera egli ha acquisito
nuova ispirazione per limmagine della preghiera da altri nuclei biblici
che ricorrono in forma pi marginale e meno significativa in Orat oppure
vi sono del tutto assenti. Bench alcuni di tali passi siano trattati in ma-
niera occasionale, spesso sul filo del testo che oggetto dellesegesi im-
mediata dellAlessandrino, per loro tramite egli arriva a mettere in luce
aspetti inediti o poco consueti nella sua riflessione sulla preghiera. In
ogni caso, pi che con ripensamenti o revisioni della visuale elaborata nel
trattato, abbiamo a che fare con ulteriori approfondimenti che non solo
arricchiscono ancor pi il ventaglio della nostra problematica, ma soprat-
tutto confermano le caratteristiche fondamentali del suo pensiero: anche
riguardo alla preghiera esso coniuga un modello ben definito nei suoi li-
neamenti essenziali con un dinamismo concettuale che rimane sempre
aperto a nuove idee.

4.1. 1Cor 14, 15: preghiera vocale, preghiera silenziosa

Ci si potrebbe chiedere se 1Cor 14, 15 non sia piuttosto da annove-


rare fra le citazioni collaterali, considerando anche lentit del suo ricorso

1451 CRm VII, 8 (599, 38-42): sicut ipse est hostia et sacerdos, et ipse est in forma
servi et in forma Dei, sic ipse est et advocatus et iudex.
1452 CRm II, 5 (130, 349-355): Quotus enim quisque invenietur in terris, qui ita vi-
tam suam libret, ut in nullo penitus delinquat? Sed et Iohanes apostolus in epistula sua evi-
denter etiam opinionem huiusmodi notat, cum dicit: Si quis dicit, quia peccatum non ha-
bet, hic mendax est, et veritas in eo non est. Si autem confiteamur peccata nostra, habemus
advocatum apud patrem Iesum iustum, qui exorat pro peccatis nostris (1Gv 2, 1).
1453 Cfr. supra, pp. 395-398.
I nuclei scritturistici della riflessione origeniana sulla preghiera 467
in var scritti e la concomitanza con taluni dei rinvii pi costanti, ma
Vlker ha enfatizzato la diversit della dottrina sulla preghiera in Orat,
specialmente rispetto alle omelie, basandosi fra laltro sulla distinta inter-
pretazione che Origene vi avrebbe dato del nostro passo1454. Ora, inne-
gabile che le attestazioni di 1Cor 14, (14-)15 nel corpus omiletico con-
corrano a sviscerare il tema della preghiera silenziosa meglio di quanto
egli avesse fatto in precedenza 1455. Eppure non sarebbe corretto sostenere
che tale aspetto fosse ignorato dal trattato, come si pu notare ad un esame
approfondito dei due luoghi in cui troviamo citato il versetto paolino1456.
In Orat II, 4 il riferimento inquadrato significativamente da Rm 8, 26 e
mira cos a ribadire lindispensabilit del soccorso dello Spirito perch
possa darsi la preghiera spirituale, cio lorazione nella sua forma pi
alta ed autentica. Se vero che qui lAlessandrino approfondisce essen-
zialmente liniziativa dello Spirito nellorante, non manca per di notare
come essa sia finalizzata a far s che anche la mente (nou'") preghi. Indi-
cando, sia pure en passant, lorgano della preghiera nella mente, Orige-
ne pare rimandare implicitamente alla preghiera silenziosa, di cui del resto
il primo interprete proprio lo Spirito1457. Limplicazione risulta forse pi

1454 Si veda supra, p. 34 e note 91-92.


1455 Conviene considerare insieme 1Cor 14, 14-15: 14 Quando infatti prego con il
dono delle lingue, il mio spirito prega, ma la mia intelligenza rimane senza frutto. 15 Che
fare dunque? Pregher con lo spirito, ma pregher anche con lintelligenza; canter con lo
spirito, ma canter anche con lintelligenza. Completando le indicazioni di BP si posso-
no raccogliere i seguenti riferimenti a 1Cor 14, 15, non tutti rilevanti ai fini del nostro
tema: Orat II, 4 (nota 1457); Orat XII, 1 (nota 1458); Prin II , 8, 2 (nota 749); CRm VII, 6
(pp. 325-326 e nota 978); RomCat B 46; HNm X, 3 (p. 363 e nota 1092); HNm XI , 9 (p. 364
e nota 1094); HEz II, 3 (nota 1093); FrIer 15 (nota 1463); FrEz 13, 3 (nota 1462); FrPs
29 (30), 5 (PG 12, 1293B); ?PsCat (1304 C 8); ?PsCat (1437 B 6); PsCat C (136, 15);
Fr1Cor 61; Fr1Cor 62; FrEph II, 43 (infra, nota 1459); FrEph III, 87. Troviamo invece ri-
ferimenti a 1Cor 14, 14 in HLv V , 8 (349, 11-13); HIos XX , 1 = Phil 12 ([390, 24-30]
Estin ou\n plh'qov" ti ejn hJmi'n dunavmewn keklhrwmevnwn hJmw'n ta;" yuca;" kai; ta; swv-
mata: ai{tine", eja;n w\sin a{giai, th'" grafh'" ajnagignwskomevnh" wjfelou'ntai kai; givnon-
tai ijscurovterai, ka]n <oJ > nou'" hJmw'n <a[karpo" h/\ >, wJ" gevgraptai peri; <tou' glwvssh/ la-
lou'nto">, o{ti: To; pneu'mav mou proseuvcetai, oJ de; nou'" mou a[karpov" e[sti); HReG V, 9
(202, 10-13); FrIos (417, 29); FrIos (418, 23); FrIos (420, 27); RomCat B 48. FrIer 15
(205, 27-28) rinvia a 1Cor 14, 15 in forma diversa dal testo trdito: proseuvcomai tw/' stov-
mati, proseuvcomai de; kai; tw/' noi? (cfr. Hannah, 254).
1456 Lo stesso Vlker, del resto, costretto ad ammetterlo (supra, nota 92).
1457 Orat II, 4 (301, 25-302, 6): ejcovmenon de; tou' tiv de; dei' proseuvxasqai kaqo;
dei' oujk oi[damen, ajlla; to; pneu'ma stenagmoi'" ajlalhvtoi" uJperentugcavnei tw'/ qew'/ (Rm
8, 26) to; proseuvxomai tw'/ pneuvmati, proseuvxomai de; kai; tw'/ noi?: yalw' tw'/ pneuvmati,
yalw' <de;> kai; tw'/ noi? (1Cor 14, 15). oujde; ga;r duvnatai hJmw'n oJ nou'" proseuvxasqai,
ejan; mh; pro; aujtou' to; pneu'ma proseuvxhtai oiJonei; ejn uJphkovw/ aujtou', w{sper oujde; ya'lai
kai; eujruvqmw" kai; ejmmelw'" kai; ejmmevtrw" kai; sumfwvnw" uJmnh'sai to;n patevra ejn Cri-
stw'/, eja;n mh; to; pneu'ma to; pavnta ejreunw'n, kai; ta; bavqh tou' qeou' (Rm 8, 27) provteron
aijnevsh/ kai; uJmnhvsh/ tou'ton, ou| ta; bavqh hjreuvnhke kai;, wJ" ejxivscuse, kateivlhfen.
468 Parte seconda, Capitolo ottavo
diretta in Orat XII , 1, dove egli illustra la potenza della preghiera dei san-
ti sulle forze del male, preludendo in certo senso allo sviluppo evagriano
della preghiera antirretica. In questo caso la mente (diavnoia) dellorante
richiamata insieme alla bocca, onde inculcare il motivo, per cos dire,
di una convergenza operativa fra luno e laltro organo1458. Certamente non
vi privilegio della preghiera silenziosa sulla preghiera vocale, a differen-
za di quanto avviene nelle omelie; semmai il modello suggerito sembre-
rebbe prevedere la duplice articolazione silenziosa e vocale. Ma chiaro
che la preghiera silenziosa quella formulata dallorante nella sua interio-
rit: non a caso il passo dettaglia questultima secondo unampia gamma
delle designazioni pi usuali nellantropologia origeniana, includendo ac-
canto allanima (yuchv) lorgano direttivo (hJgemonikovn) dellessere
razionale, termine che rinvia indirettamente allequivalente kardiva.
Lo sfruttamento di 1Cor 14, 15 per la riflessione sulla preghiera non
deve far dimenticare che lAlessandrino mostra anzitutto un interesse di
natura antropologico-spirituale verso il passo paolino, che utilizza per arti-
colare il legame dinamico tra anima e pneuma e intravedere conseguente-
mente laccesso alla conoscenza delle realt divine. Ci comporta peral-
tro una sua appropriazione non priva di tensioni, dovuta alla difficolt di
combinarsi con lo schema triadico e gerarchico che soggiace allantropo-
logia origeniana (corpo, anima e spirito). Cos nel trattatello sullanima di
Prin II, 8, egli opera una distinzione aggiuntiva, poich introduce la men-
te come la componente chiamata ad unirsi pi direttamente con lo Spi-
rito, attribuendo allanima una posizione intermedia fra corpo e mente1459.
Tuttavia, il modello disegnato dalla dogmatica origeniana sul piano on-
tologico tende a convergere con quello tracciato in Orat a livello di prassi

1458 Orat XII, 1 (324, 13-20): Pro;" de; touvtoi" dunavmew" peplhrwmevnou" nomivzw
tou;" lovgou" th'" tw'n aJgivwn eujch'", mavlista o{te proseucovmenoi pneuvmati proseuvcon-
tai kai; tw'/ noi (1Cor 14, 15), fwti; ejoikovti ajnatevllonti ajpo; th'" tou' eujcomevnou dia-
noiva" kai; proi>ovnti ejk stovmato" aujtou' uJpekluvein dunavmei qeou' to;n ejnievmenon nohto;n
ijo;n ajpo; tw'n ajntikeimevnwn dunavmewn tw'/ hJgemonikw'/ tw'n ajmelouvntwn tou' eu[cesqai kai;
to; ajdialeivptw" proseuvcesqe (1Ts 5, 17) ajkolouvqw" tai'" tou' Ihsou' protropai'" eijrh-
mevnon para; tw'/ Pauvlw/ mh; fulattovntwn.
1459 Prin II, 8, 2 (154, 30155, 4): hac fortasse de causa evidentius nos Paulus do-
cere volens, quid sit per quod ea, quae sunt spiritus, id est spiritalia, intellegere possi-
mus, mentem magis quam animam spiritui sancto coniungit et sociat. Haec enim eum puto
ostendere cum dicit: Orabo spiritu, orabo et mente; psalmum dicam spiritu, psalmum di-
cam et mente. interessante la quaestio sollevata dal confronto tra il passo paolino e 1Pt
1, 9: si anima cum spiritu nec orat nec psallit, quomodo sperabit salutem (II , 8, 3 [155,
10-11]). La relativa flessibilit dellantropologia tricotomica attestata anche da FrEph II,
43 (310), dove a commento di Ef 4, 23 (dovete rinnovarvi nello spirito della vostra men-
te) si formula una quaestio sullo spirito della mente accostandovi 1Cor 14, 15 come
luogo parallelo: Episthvsei" ou\n eij, w{sper e[sti polla; pneuvmata kai; e{kastovn tini wj/keiv-
wtai, ou{tw" e[stin ti pneu'ma w/jkeiwmevnon hJmw'n tw/' noi?, o{per tou' noo;" hJmw'n ajpokaqai-
romevnou kai; pa'san ajpobalovnto" ajclu;n wj/keiwmevnon aujtw/' ajnaneoi' hJma'".
I nuclei scritturistici della riflessione origeniana sulla preghiera 469
orante: se in Prin lanima rinvia etimologicamente e ontologicamente
alla condizione originaria di intelletto o mente, dalla quale essa de-
caduta per la colpa antemondana, in Orat IX, 2 lanima chiamata ad
innalzarsi e unirsi allo pneuma, anzi a trasformarsi essa stessa in pneu-
ma1460. Bench Origene non citi 1Cor 14, 15 nel contesto di questo passo,
i due concetti-chiave del luogo paolino pneuma e mente non po-
tevano non evocare per lui lo scenario antropologico connesso al proces-
so di trasformazione spirituale ad immagine del Figlio, che egli illustra
soprattutto alla luce di 2Cor 3, 18. La medesima prospettiva riappare in
CRm VII, 6, sebbene essa vi si esplichi con unaccentuazione pi forte del
mistero che si compie nellanima orante per lintervento dello Spirito,
com indicato dallApostolo in Rm 8, 26-271461. Anche HEz II, 3 rimane
in sostanza sulla stessa lunghezza donda, quantunque vi si possa intrave-
dere un accenno alla preghiera nellintimit del cuore (qui sensus ha-
bet in corde habitaculum) da parte di un orante che santo, analoga-
mente alla prospettiva gi abbozzata dal trattato. Daltra parte, in questa
omelia lAlessandrino ricollega di preferenza il passo alle problematiche
dellintelligenza spirituale, con la comprensione del mistero divino nella
sequela dello Spirito, a cui anche il predicatore si augura di poter parteci-
pare1462. Lo stesso dicasi dellutilizzo di 1Cor 14, 15 in FrIer 15, che ar-
gomenta analogamente la verit della rivelazione profetica con il rinvio al
passo paolino, o di FrEph III, 87, secondo cui la parola che risana scorre
dallo Spirito divino e aiuta coloro che in ogni occasione pregano (Ef
6, 18) e pregano nello Spirito1463.

1460 Cfr. supra, pp. 189-193.


1461 CRm VII, 6 (p. 325 e nota 978).
1462 HEz II, 3 (supra, nota 1093). Si veda anche FrEz 13, 3 (PG 13, 804, 46): Oujai;
toi'" profhteuvousin ajpo; kardiva" aujtw'n. O poreuovmeno" ojpivsw tou' pneuvmato" aujtou'
toi'" qelhvmasi th'" yuch'" ajkolouqei': oJ poreuovmeno" ojpivsw tou' aJgivou pneuvmato", ojpiv-
sw Kurivou tou' Qeou', poiw'n aujtou' ta; qelhvmata. [...] Toi'" poreuomevnoi" ojpivsw tou'
pneuvmato" aujtw'n oJ Apovstolo" levgei: Proseuvxomai ktl.
1463 FrIer 15 (205, 22-28): nou'" ga;r ejpibavllwn pravgmasi cwri;" qeou' bohqeiva"
o{rasin kardiva" oujk ajpo; stovmato" lalei' tou' corhgou'nto" eijpei'n kai; fwtivzonto". e[sti
de; o{te suntrevcei kardiva" o{rasi" kai stovmato" kurivou lovgo": o{qen oujk ajplw'" yevgei
th;n o{rasin th'" kardiva", a[ll o{tan mh; prosh/' to; e{teron. suntrevcei de; para; tw/' levgonti:
proseuvcomai ktl. Quanto a FrEph III, 87 (362), a quanto pare, lunico passo in cui ri-
corre Ef 6, 18 (Pregate inoltre incessantemente con ogni sorta di preghiere e di suppliche
nello Spirito, vigilando a questo scopo con ogni perseveranza e pregando per tutti i santi),
che Origene associa a Eb 4, 12, per cui la Parola di Dio tevmnei te kai; diairei', ajnuvwn kai;
dia; th'" proseuch'" kai; dehvsew" toi'" ejn panti; kairw/' proseucomevnoi" kai; proseucomev-
noi" pneuvmati kata; to; proseuvxomai pneuvmati (1Cor 14, 15). kai; ajnuvei toi'" uJpe;r tou'
plouth'sai ejn rJhvmati qeou' (Eb 4, 12) ajgrupnou'si, kai; proskartepou'si th/' touvtou kthv-
sei, ejpi; tw/' kai; a[llou" wjfelh'sai kai; toi'" wfelou'si dia; tw'n eujcw'n ejnergh'sai. Nessun
acquisto diretto per il nostro tema ci viene invece da Fr1Cor 61-62, che vertono entrambi
sulla dimensione ecclesiale e lintelligenza spirituale delle Scritture.
470 Parte seconda, Capitolo ottavo
dunque solo con le Omelie su Numeri che Origene sente il bisogno
di soffermarsi espressamente sulla distinzione fra preghiera silenziosa e
preghiera vocale, bench la sua riflessione avesse posto altre premesse per
questo ulteriore sviluppo, sia pure come vedremo fra breve senza pas-
sare necessariamente per il nostro luogo paolino1464. In HNm X, 3, 3, sta-
bilendo un collegamento fra limmagine dei due altari (Es 20, 24; 27, 1)
e la cameretta di Mt 6, 6, egli adduce 1Cor 14, 15 a conferma di due
distinte manifestazioni oranti: luna esteriore e vocale, laltra interiore e
silenziosa. Nel contesto di questa omelia non traspare per alcun giudizio
di valore implicante una gerarchizzazione a favore dellorazione in silen-
zio, n lo si avverte nella successiva (HNm XI, 9), dove lAlessandrino
ripropone alla comunit lintima dinamica dellatto orante. Adesso il ri-
chiamo alla preghiera silenziosa serve soprattutto a far in modo che la pre-
ghiera dei fedeli, da intendersi evidentemente come lespressione voca-
le che si realizzer a conclusione dellomelia, giunga ad attuarsi con una
piena concentrazione interiore1465. In sostanza, pi che immaginare una
preghiera silenziosa concepita in forma autonoma, cogliamo semmai lin-
vito a realizzare laccordo fra preghiera della bocca e preghiera del cuore.
Nessuno dei due passi tende dunque a privilegiare apertamente la preghie-
ra fatta nel silenzio e tanto meno a conferirle una valenza mistica par-
ticolare.
In realt, limportanza dellorazione silenziosa quale espressione forte
della preghiera dei santi emerge in Origene entro diversi contesti, ma
senza che egli la riconduca unicamente allinterpretazione di 1Cor 14, 15.
Infatti lha evocata specialmente grazie al richiamo a Rm 8, 26-27 e attra-
verso le figure esemplari di oranti, da Ges ai santi dellAntico Testa-
mento, in primo luogo Mos. Commentando, ad esempio, in EM 29 le pa-
role pronunciate da Ges nellorto del Getsemani secondo Mt 26, 39 (Pa-
dre mio, se possibile, passi da me questo calice! Per non come voglio
io, ma come vuoi tu!), lAlessandrino suppone che Ges abbia rifiutato,
del martirio, questa specie di morte e ne abbia implorato, forse in silenzio,
una pi dolorosa, per cos procurare per mezzo di questaltro calice, un
beneficio pi universale ed esteso a un numero pi grande di uomini1466.
Si potrebbe pensare che anche nella scena della resurrezione di Lazzaro il
Salvatore formuli comunque una preghiera silenziosa (secondo lo schema
che prevede lesaudimento nellatto stesso della sua formulazione per

1464 HNm X, 3, 3 (nota 1092).


1465 HNm XI, 9 (nota 1094).
1466 EM 29 (26, 5-10): kai; provsce" eij dunato;n ejnorw'nta to;n swth'ra toi'" ei[de-
sin, i{n ou{tw" ojnomavsw, tw'n pothrivwn kai; toi'" di e{kaston genomevnoi" a]n, kai; kata-
lambavnonta metav tino" baqutavth" sofiva" ta;" diafora;" tovde to; ei\do" th'" ejxovdou pa-
raitei'sqai tou' marturivou a[llo de; tavca baruvteron aijtei'n lelhqovtw", i{na kaqolikwv-
terovn ti kai; ejpi; pleivou" fqavnon eujergevthma ajnusqh'/ di eJtevrou pothrivou.
I nuclei scritturistici della riflessione origeniana sulla preghiera 471
lorante che sia giusto o santo)1467, se non fosse che Origene insiste espres-
samente sulla prerogativa di Cristo rispetto ai santi, in forza della quale
esaudito dal Padre senza neppure aver bisogno di formulare la sua richie-
sta1468. Daltronde, lAlessandrino sottolinea sia nel Commento a Giovan-
ni sia nel Commento a Matteo la forza della parola di Ges, mettendola
piuttosto a confronto con il suo silenzio autoimposto, il quale non d
luogo come tale al manifestarsi della sua potenza divina1469. Lapparente
contrasto tra le due preghiere di Cristo in croce il grido di derelizione in
Mt 27, 46 e la vox magna del Crocifisso prima di morire in Mt 27, 50 e
la preghiera silenziosa dei santi ai quali lo Spirito, secondo Origene, d
voce nel silenzio, forse potrebbe essere risolto intendendo la duplice pre-
ghiera di Ges crocifisso con 1Cor 14, 15, cio quale preghiera vocale a
beneficio degli astanti, e pi in generale degli uomini chiamati alla sal-
vezza, e come espressione del ruolo sacerdotale che Cristo assume nel
suo sacrificio.
Nondimeno, come si gi accennato, il modello della preghiera dei
santi quale preghiera silenziosa rimanda piuttosto a Rm 8, 26-27 asso-
ciandovi alloccorrenza altri luoghi scritturistici, tra cui Es 14, 14 (Il Si-
gnore combatter per voi e voi starete in silenzio), che lAlessandrino
sfrutta principalmente come si visto in precedenza per mettere in luce
la rilevanza politica della preghiera1470. Fin dal VI libro del Commento a
Giovanni, e pertanto pi o meno in contemporanea con la stesura del trat-
tato, egli attua gi la distinzione fra preghiera vocale e preghiera silen-
ziosa mettendola in rapporto con la figura di Mos e la sua intercessione
presso Dio a beneficio dIsraele, con il conforto di Es 14, 15 (Il Signore
disse a Mos: Perch gridi verso di me? Ordina agli Israeliti di ripren-
dere il cammino). Ora, non si deve pensare che Mos gridasse verso
Dio con uno strepito sensibile, dal momento che faceva ricorso alla
voce intelligibile di coloro che pregano, quella voce che pu essere

1467 il modello contemplato, ad esempio, dal testo attribuito a Origene in FrPs 3, 5


(PG 12, 1124A-B), dove si chiede perch lesaudimento preceda la preghiera? Laporia
risolta in due possibili modi: a) lannuncio della preghiera avvenuta, secondo una dina-
mica preghiera silenziosa esaudimento che richiede di anticipare il ringraziamento
alla narrazione (Oujci; eujchv ejsti to; legovmenon ejnqavde, ajll ajpaggeliva peri; tou' th;n
eujch;n gegonevnai. Epei; ga;r eujch; kata; to; siwpwvmenon gevgone, kai; a{ma tw/' eu[xasqai
ejpevtuce, labw;n o} ejbouvleto oJ th;n e[nteuxin tw/' Qew/' prosagagw;n kalw'" protavssei th;n
pro;" Qeo;n eujcaristivan th;n pro;" ajnqrwvpou" dihghvsew" peri; tou' tivna eu[xato); b) lini-
zio del salmo contiene di fatto una preghiera e di seguito un ringraziamento, che la spie-
gazione ritenuta migliore. Cfr. anche FrPs 16 (17), 6 (nota 1476).
1468 Si veda supra, pp. 296-298.
1469 Cfr. rispettivamente CIo XIX, 10, 60 (supra, nota 1041) e CMtS 135 e CMtS
138 (supra, pp. 346-349).
1470 Si veda supra, pp. 274, 453. Es 14, 14 compare in CC VIII, 69 (nota 822);
Ep.Fir (250,9-10); HEx XI , 3; HNm XIII, 4 (nota 1196); HIud VI , 2; ?Ps.Cat C (45,19).
472 Parte seconda, Capitolo ottavo
udita da Dio solo1471. Anche in HEx V , 4 il profeta offre il paradigma
della preghiera silenziosa, ma in questo caso Origene va al di l dellal-
ternativa sensibile/intelligibile per mettere in evidenza il protagonismo
dello Spirito con il rinvio sia a Gal 4, 6 (E che voi siete figli ne prova
il fatto che Dio ha mandato nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio che
grida: Abb, Padre!) sia a Rm 8, 26-27: quando lo Spirito intercede in tal
modo presso Dio, si ascolta il suo clamore attraverso il silenzio dei
santi1472. significativo che lAlessandrino riprenda qui Gal 4, 6, un
passo paolino sfruttato da lui assai meno di quanto ci si potrebbe aspet-
tare, ma che compariva fin da Orat II, 3 unitamente alla citazione di Rm
8, 26-271473. Dunque, il motivo della presenza dello Spirito che anima la
preghiera nei cuori dei santi era ben radicato anche nel trattato, sebbene
Origene non labbia enucleato allora come avrebbe fatto in seguito.
Il motivo assai frequente nei frammenti sui Salmi, a cominciare da
FrPs 3, dove Origene commentando il v. 5 (Al Signore ho gridato con la
mia voce e mi ha ascoltato dal suo monte santo) richiama due suoi luo-
ghi chiave a sostegno dellidea che spesso la preghiera dei santi a Dio si
attua mediante un grido. Infatti, con il primo di essi rimanda allesempio
di Ges in Gv 7, 37 (Nellultimo giorno, il grande giorno della festa,
Ges levatosi in piedi esclam ad alta voce: Chi ha sete venga a me e
beva), su cui lAlessandrino si soffermato nel Commento a Giovanni,
ricollegando allalta voce del Salvatore anche la preghiera di Mos1474.
Nellintrodurre pure qui limplicazione insita nel grido di preghiera,
che rinvia alla voce intelligibile quale voce dellanima, il testo pro-
segue con unaffermazione di carattere generale basata sul secondo testi-
monium scritturistico: lo Spirito che grida nei cuori dei santi, secondo
quel che attesta Paolo in Gal 4, 6; lo Spirito, dunque, che parla nel loro
hJgemonikovn. Coloro che gridano a Dio con questa voce intelligibile
hanno la garanzia dellesaudimento, anche se questo rimane sempre a di-
screzione del volere divino 1475. Come appare gi da FrPs 3, la voce

1471 CIo VI, 18, 101 (127, 14-21 [tr. Corsini, 318]): Ea;n de; mh; pantelw'" h\/ hJ nohth;
tw'n eujcomevnwn fwnh; megavlh kai; ouj bracei'a, oujde; a]n aujxhvswsi th;n boh;n kai; th;n
kraugh;n ajkouvei tw'n ou{tw" eujcomevnwn oJ qeo;" oJ levgwn pro;" Mwseva: Tiv boa'/" pro;" mev
(Es 14, 15) oujk aijsqhtw'" bebohkovta < ouj ga;r ajnagevgraptai tou'to ejn th'/ Exovdw/ <, me-
gavlw" de; th;n ajkouomevnhn movnw/ qew'/ fwnh;n bebohkovta dia; th'" eujch'". Dia; tou'to kai;
Dabivd fhsi: Fwnh'/ mou pro;" kuvrion ejkevkraxa kai; ejphvkousevn mou (Sal 3, 5).
1472 HEx V, 4 (supra, nota 555). Cfr. anche Gerolamo (Origene?), Tr. in Ps. 5, 2;
76, 3; 149, 6, dove si dice che il cuore di Mos gridava: Abb, Padre (tr. Coppa, pp.
105, 167, 561).
1473 Si veda supra, nota 181.
1474 CIo VI, 18, 100-101 (supra, nota 1471).
1475 FrPs 3, 5 (PG 12, 1124C-D): Divdwsi toivnun hJmi'n oJ Apovstolo" ajformav",
eijpw;n to; pneu'ma kaqolikw'" ejn tai'" kardivai" tw'n ajgivwn kravzein: Abba' oJ Pathvr (Gal
4, 6), wJ" e[sti nohth; kraugh; ejpitetamevnh, h{ti" dhv ejsti fwnh; yuch'", h/| tavca crh'tai ajpo-
I nuclei scritturistici della riflessione origeniana sulla preghiera 473
intelligibile dellanima diventa grido, quando la mente orante riflette
sulle realt pi grandi, allusione abbastanza riconoscibile allagraphon
sui beni grandi e celesti, che citato direttamente in FrPs 41476.
Anche questo salmo si prestava per Origene ad una nuova riflessione
su preghiera vocale e preghiera silenziosa, poich Sal 4, 4 ripropone
il binomio grido-esaudimento (riconoscete che il Signore fa prodigi sul
suo santo; il Signore mi esaudir nel mio gridare a lui). Respinta subito
lidea che si tratti di una voce sensibile che percuota laria con pi vigore,
la voce di colui che grida a Dio per lAlessandrino il discorrere puro e
immacolato dellegemonico attraverso le parole indirizzate a lui1477.
latto che si compie nel silenzio della propria interiorit, sul modello del
ritirarsi nella propria cameretta descritto da Mt 6, 6, mediante il trascen-
dimento della realt sensoriale e corporea. Ed di nuovo una voce che
solo Dio pu ascoltare, conformemente a quella articolata da Mos in
Es 14, 15, secondo il paradigma ormai familiare. Cos, la riflessione del-
lAlessandrino sulla preghiera silenziosa riconduce lo schema dellatto
orante quale esercizio spirituale finalizzato ad unanabasi intelligibile
come in CC VII, 44. Ma si osservi come la sua riproposizione sia accompa-
gnata ancora una volta dal richiamo ai beni grandi e celesti: la preghie-
ra silenziosa non rinuncia al discorso (dievxodo") fra lorante e Dio,
bens la formulazione di parole e pensieri ispirata dal logion di Ges
quale criterio normativo per lorazione al Padre1478. Anche in questo caso,

qemevnh to; o[rganon di ou| toiau'ta fwnei'. Kai; oijovmeqav ge th;n logikh;n dievxodon th;n ejn
tw/' hJgemonikw/' kat aujto; givnomevnhn th;n th'" yuch'" ei\nai fwnhvn: h} eja;n de; h/\ pragmati-
kwtevra, kai; peri; meizovnwn tinw'n kai; mh; kavtw keimevnwn kai; tapeinw'n diexodeuvousa,
h; nohth; a]n ei[h kraughv. Tauvthn ou\n th;n kraugh;n oiJ kekragovte" pro;" Qeo;n ejpakouvon-
tai, plh;n eij mh; kat oijkonomivan kataleivpointo uJpe;r tou' meivzona" stefavnou" ejn
meivzosin ajgw'sin ajpenevgkasqai, w{sper ejn tw/' Ambakou;m ei[rhtai: Ew" tivno", Kuvrie,
kekravxomai, kai; ouj mh; eijsakouvsh/ Bohvsomai pro;" se; ajdikouvmeno", kai; ouj swvsei" me
Ina tiv dev moi e[deixa" kovpou" kai; povnou", ejpiblevpein ejpi; talaipwrivan kai; ajsevbeian
(Ab 1, 2-3).
1476 Anche FrPs 16 (17), 6 (PG 12, 1217D), sia o meno autentico, contiene unal-
lusione corrispondente nella seconda delle due spiegazioni su Sal 16(17), 6: Wsper ejpa-
kousqevnte" pri;n eu[xasqai eujcovmenoi kekravgamen. H eij kalo;n to; kekragevnai mh; mi-
kra; kai; eujkatafrovnhta levgein, ajlla; megavla eujxavmenoi kai; ejpitucovnte", kekravga-
men o{te ou{tw kekravgamen.
1477 FrPs 4, 4 (PG 12, 1141B): Megavlh fwnh; hJ fqavnousa pro;" Qeo;n oujc hJ para;
toi'" ajnqrwvpoi" e[sti; gegwnui'a kai; ejpitetamevnh kata; th;n meivzona plhgh;n tou' ajevro",
ajll hJ tou' hJgemonikou' kaqara; kai; ajqwvloto" dievxodo" tw'n pro;" Qeo;n ajnapempomevnwn
lovgwn. Da notare che CMt X, 7 (8, 10) attesta la stessa coppia di aggettivi (kaqara'" kai;
ajqwlovtou periaugh'"), mentre CIo X , 28, 173 (201, 14) qualifica lo hJgemonikovn come
ajqwvloton (Oujde; ga;r ajqovlwton hJmw'n ejstin to; hJgemonikovn).
1478 FrPs 4, 4 (PG 12, 1141B-C): Istevon ga;r o{ti e[sti ti" kai; tou' kruptou' th'"
kardiva" ajnqrwvpou fwnh; mh; sugcrwmevnh tw/' swvmati, h}n e[sq o{te eij" aujto;n sunacqei;"
kai; eijselqw;n eij" to; tamiei'on sou, kai; th;n quvran tw'n aijsqhthrivwn ajpokleivsa" (cfr.
474 Parte seconda, Capitolo ottavo
pertanto, non viene meno lo statuto costitutivo della preghiera come do-
manda (ai[thsi") a Dio, senza che essa si risolva nel mero colloquio
(oJmiliva) meditativo con lui o nella contemplazione silenziosa.
Anche FrPs 27 (28) addotto da Vlker a testimonianza di un cam-
biamento didee sui tipi di preghiere rispetto al trattato, in seguito al pri-
vilegio attribuito qui alleujcaristiva tende a confermare la medesima
impostazione, sebbene Origene si soffermi maggiormente sullaspetto del
colloquio con Dio. Nel commentare Sal 27(28), 1 (A te grido, Signo-
re; non restare in silenzio, mio Dio, perch, se tu non mi parli, io sono
come chi scende nella fossa) riprende dapprima la sua riflessione sulla
preghiera silenziosa nella linea di FrPs 4, dal momento che si rif non
solo allagraphon ma anche a Mt 6, 6. Pure in questo testo il grido cor-
risponde alla voce intelligibile di colui che richiede a Dio le cose celesti
al posto di quelle terrene, dopo essersi ritirato nella cameretta della
sua interiorit dove pu ascoltare le parole di Dio. Lanacoresi dunque
ripagata dallesperienza del dialogo con lui nellintimo dellorante. Che
Dio parli alluomo ricorda ancora lAlessandrino attestato dai dialo-
ghi che egli conduce nelle Scritture con Mos, Aronne e Giosu. Ma non
si deve pensare ad una voce che arriva dallesterno; in realt Dio parla
dentro il cuore di chi prega attraverso i pensieri santi che sgorgano in
esso1479. Neanche in questo caso la preghiera silenziosa sembrerebbe ri-
solversi in un superamento o annullamento di parole e pensieri dentro
lunio mystica con Dio, sebbene Origene concluda la sua esegesi con un
cenno alla dottrina dei sensi spirituali. Infatti, ludito che consente di
ascoltare la voce di Dio un senso divino (qeiva ai[sqhsi"), capace di

Mt 6, 6), kai; pa'" genovmeno" e[xw swvmato" ajnapevmpei pro;" to;n movnon ajkouvonta toiauv-
th" fwnh'". Dia; tou'to moi mhdemia'" aijsqhth'" fwnh'" uJpo; tou' Mwu>sevw" ajnagegrammevnh"
gegonevnai fhsi; pro;" aujtovn, wJ" ajpo; th'" Exovdou memaqhvkamen: Tiv boa/'" prov" me Bra-
cei'a de; pa'sa fwnh; hJ peri; tw'n ejpigeivwn kai; mikrw'n kai; tapeinw'n dievxodo" kai; ai[th-
si" ajpo; Qeou': h}n ajpagoreuvwn oJ Swthvr prosfevrein tw/' Patriv fhsin: Aijtei'te ta; megavla,
kai; ta; mikra; uJmi'n prosteqhvsetai: aijtei'te ta; ejpouravnia, kai; ta; ejpivgeia prosteqhvse-
tai uJmi'n. Mortley 1986 non tiene conto di ci, allorch afferma: this form of prayer [...]
transcends verbal communication (p. 70); o ancora: prayer approaches silent contem-
plation in which ordinary human epistemological modes are eclipsed (p. 71).
1479 FrPs 27 (28), 1 (PG 12, 1284A-B): Tw'n pro;" to;n Qeo;n bowvntwn kai; ajnafe-
rovntwn ta;" eujcav", eij me;n ta; ejpivgeiav ti" aijtei', ejsti;n hJ fwnh; aujtou' bracei'a: eij de; ta;
ejpouravniav ti" aijtei', boa/.' Oqen pollavki" levgetai ejn tai'" Grafai'" peri; tw'n aJgivwn, o{ti
pro;" to;n Qeo;n ejkevkraxan. Peiravsqw toivnun e{kasto" eu[cesqai tw/' Qew/' kekragw;" kai;
paradoxovteron ejrw' pw'" kekragwv". Eijselqw;n eij" to; tamiei'on aujtou' kleivei th;n quvran
(cfr. Mt 6, 6), kai; ou{tw" kevkrage pro;" to;n Qeovn: Mh; parasiwphvsh/" ajp ejmou' (Sal
27[28], 1). Qeo;" ajnagevgraptai lelalhkevnai pro;" Mwu>seva, kai; pro;" Aarw;n kai; pro;"
Ihsou'n to;n tou' Nauh'. Toiou'toi ga;r h\san i{na lalh/' pro;" aujtou;" oJ Qeov". Kai; dia; tw'n
profhtw'n, o{te oJ lao;" h\n tou' Qeou', oujk ejsiwvpa. Kai; mh; nomivswmen e[xwqen hJmi'n la-
lei'n to;n Qeovn: ajlla; ga;r ta; ajnabaivnonta hJmw'n ejpi; th;n kardivan a{gia ejkei'nav ejstin a}
lalei' hJmi'n oJ Qeov".
I nuclei scritturistici della riflessione origeniana sulla preghiera 475
fondere e unire al Logos1480. Se a prima vista il linguaggio sembre-
rebbe quello pi tipico della fusione mistica con Dio, Origene in realt lo
applica in particolare allesperienza profetica, come capacit di vedere
e ascoltare Dio e trasmettere la sua rivelazione alluomo1481.
Lexcursus suggeritoci dalluso origeniano di 1Cor 14, 15 ha permes-
so di mostrare come lAlessandrino disponesse fin dal trattato, o in con-
temporanea con esso, di uno schema interpretativo capace di includere la
preghiera silenziosa accanto alla preghiera orale. Egli si serve alloccor-
renza del passo paolino, ma trae ispirazione soprattutto da altri riferimenti
scritturistici, fra i quali Rm 8, 26-27; Gal 4, 6; Mt 6, 6. Proprio il rilievo
particolare attribuito al passo matteano insieme ai due luoghi paolini ci fa
propendere ancora una volta per lidea di una compattezza sostanziale
della riflessione di Origene sulla preghiera, con al centro la prospettiva da
lui fissata nel trattato. Il rilievo attribuito da Vlker alla preghiera silen-
ziosa quale espressione dellunio mystica rischia dunque di assimilare
impropriamente il pensiero dellAlessandrino ad orizzonti ascetico-mi-
stici estranei alla sua concezione dellatto orante ed alla dottrina spiri-
tuale a cui questo rinvia: non lesito del silenzio che sta a cuore ad
Origene, bens quello della parola che il Logos.

4.2. Gv 17: la preghiera di Ges sommo sacerdote per lunit in Dio di


tutti gli uomini

Uno dei pi ragguardevoli testi di preghiera del Nuovo Testamento,


la preghiera sacerdotale di Ges in Gv 17, possiede sorprendentemente
scarso rilievo fra i numerosi riferimenti scritturistici di Orat, bench lo
scritto sia ricco di richiami proprio al quarto vangelo1482. In questo caso,
dunque, appare pi giustificato parlare di un nuovo affondo, dal momen-
to che le citazioni del passo giovanneo spingono Origene a focalizzare
ulteriormente limmagine della prassi orante di Ges, cos presente nella
riflessione del trattato, illustrandone limportanza per la vita intradivina e

1480 FrPs 27 (28), 1 (PG 12, 1284B): Ecomen a[llhn ajkoh;n ajkouvousan lovgon
Qeou'. Qeiva ejsti;n h{ ai[sqhsi" ejkeivnh hJ ou{tw para; Solomw'nti ojnomazomevnh, hJ ajkouvou-
sa lovgon Qeou', ajnakekramevnh/ aujtw/' kai; hJnwmevnh. Oltre al nostro passo, Sal 27(28), 1
citato in Ps.Cat (1284, C10) e ?Pr.Cat (192, D1).
1481 Sullidea di un senso divino come caratteristica dei profeti si veda CC I , 48
(nota 581).
1482 Sulle caratteristiche della preghiera in Gv, cfr. supra, nota 869. Secondo Coc-
chini 1996, 221, il ricorso privilegiato, per non dire esclusivo, al vangelo di Giovanni
appare motivato dal concetto che di tale vangelo, colto nella sua globalit, Origene si era
fatto distinguendolo dagli altri: lo aveva infatti presentato nel I libro del Commentario
come rivelatore della divinit di Ges, scritto da colui, Giovanni, che a tale divinit aveva
aderito, con lo scopo di rendere tutti i credenti altrettanti Giovanni.
476 Parte seconda, Capitolo ottavo
per la salvezza degli uomini1483. In Orat XIII, 1 il riferimento a Gv 17, 1
concorre a sostenere il paradigma normativo di Ges in una breve rassegna
delle testimonianze evangeliche sulla sua prassi di preghiera che riunisce
luoghi sinottici e giovannei: Mc 1, 35 (Al mattino si alz quando ancora
era buio e, uscito di casa, si ritir in un luogo deserto e l pregava); Lc
11, 1 (Un giorno Ges si trovava in un luogo a pregare e quando ebbe

1483 Riportiamo le molte citazioni di Gv 17 secondo lordine adottato in precedenza,


indicando altres i versetti con la lista corretta di BP: Orat XIII, 1 su Gv 17, 1 (nota 1486);
Prin I, 2, 10 su Gv 17, 10 (nota 1501); Fr. Giustiniano: Prin I, 2, 13 su Gv 17, 3 (nota
1491); Prin I, 6, 2 su Gv 17, 20-21. 22-23 (nota 1516); Prin II, 3, 5 su Gv 17, 21.24 (nota
1517); Prin II, 3, 6 su Gv 17, 14.16 (nota 1507); Prin II , 5, 4 su Gv 17, 25 (nota 1528); Prin
III, 5, 6 su Gv 17, 5 (nota 1494); Prin III, 6, 1.4.6 su Gv 17, 21.24 (note 747, 1522-1524);
EM 39 Gv 17, 21 (nota 775); CC III, 37 su Gv 17, 3 (nota 1490); CC VIII, 12 su Gv 17, 21-
22 (nota 1509); CIo I, 21, 128 su Gv 17, 1 (nota 1487); CIo I, 26, 174 su Gv 17, 21 (nota
1513); CIo II, 2, 17 su Gv 17, 3 (nota 871); CIo XIX, 22, 148-149 su Gv 17, 24 (nota 1525);
CIo XX, 38, 354 su Gv 17, 10 (nota 1502); CIo XX, 38, 356 su Gv 17, 22 ([379, 33-380, 2]
e[cei dev tina kai; ajtufiva" e[mfasin prepouvsh" tw/' swth'ri to; legovmenon ejn tw/' Egw; de; ouj
zhtw' th;n dovxan mou: oujde; ga;r pavnu e[prepen aujto;n th;n eJautou' dovxan ajpaitei'n kai; ejpi;
touvtw/ krivnein tou;" mh; ajpodedwkovta" aujthvn, ajll ejcrh'n to;n patevra dovxan dedwkovta
tw/' uiJw/' ajpaitei'n aujth;n ajpo; tw'n ajposterouvntwn kai; krivnein aujtou;" ejpi; tauvth/); CIo
XXVIII, 21, 184 su Gv 17, 21 (nota 1515); FrIo 95 su Gv 17, 3 (nota 1490); CCt Prol. 2, 28
su Gv 17, 3 (nota 1490); CCt I, 4, 9 su Gv 17, 21 (nota 1520); CCt III, 9, 6 su Gv 17, 1 (no-
ta 1488); CCt III, 3, 2 su Gv 17, 10 (nota 1503); CCt IV, 2, 30 su Gv 17, 24 (nota 1527);
CRm I , 5 su Gv 17, 10 (nota 1503); CRm II, 5 su Gv 17, 3 (nota 1490); CRm II, 6 (8) su Gv
17, 12 ([133, 54-56] Et cum ipse Dominus dicit: omnes inquit quos dedisti mihi servavi et
nullus ex eis periit; non dixit nullum ex eis perdidi); CRm III, 1 su Gv 17, 3 (nota 1490);
CRm IV, 9 su Gv 17, 21 (nota 953); CRm V, 9 su Gv 17, 21.24 (nota 1521); CRm VI, 5 su
Gv 17, 3 (nota 1490); CRm VI, 13 su Gv 17, 10 (nota 1504); CRm VII, 1 su Gv 17, 24 (nota
1526); CRm VII , 3 su Gv 17, 10 (nota 1500); CRm VIII, 2 su Gv 17, 3 (nota 1490); CRm
VIII, 12 su Gv 17, 10 (nota 1504); CRm IX, 41 su Gv 17, 10 (nota 1503); CMt XII, 39 su Gv
17, 1-3 (nota 1493); CMt XIII, 20 su Gv 17, 5 (nota 1495) e Gv 17, 9 ([236, 27-30] peri;
w|n oJ swth;r ejrwta/' to;n patevra movnwn, kai; ouj peri; tou' kovsmou o{lou tw'n ajnqrwvpwn);
CMt XIII, 20 su Gv 17, 11 (nota 1495), Gv 17, 13 e Gv 17, 16; CMt XIII, 21 su Gv 17, 14.16
(nota 1507); CMt XV, 23 su Gv 17, 5 (nota 1496); CMt XVI, 5 su Gv 17, 5 (note 1022, 1496);
CMtS 45 su Gv 17, 3; CMtS 50 su Gv 17, 5; CMtS 74 su Gv 17, 1; CMtS 135 su Gv 17, 5
([279, 22-24] faciens conparationem gloriae illius quam habuit apud Patrem ad confusio-
nem quam sustinuit in cruce); Pas I, 11 su Gv 17, 5; Pas II , 47 su Gv 17, 19-20; Phil 8 =
COs su Gv 17, 11.21 (nota 1519); HGn I, 13 su Gv 17, 21-22 (nota 1514); HEx VI, 1 (192,
17-18) su Gv 17, 1 (Erat ergo ei gloria etiam passio crucis; verum gloria haec non erat
gloriosa, sed humilis); HEx VIII, 2 su Gv 17, 10 (nota 1505); HLv VII, 2 su Gv 17, 4-5 (no-
te 1498-1499); HLv VII, 2 su Gv 17, 11 (nota 1498); HNm XI, 8 su Gv 17, 19 ([91, 9-14]
Nam secundum spiritum pariter et secundum carnem Christus dicit: Ego sanctifico me
ipsum pro iis, ut qui sanctificat, secundum spiritum intellegatur, qui autem sanctificatur
pro discipulis secundum carnem, unus tamen atque idem Christus sit, qui nunc in spiritu
sanctificat, nunc sanctificatur in carne); HNm XVI, 6 su Gv 17, 21 (nota 1524); HNm XXI,
3 su Gv 17, 21.24 (nota 1526); HNm XXVII, 10 su Gv 17, 3 (nota 1490); HNm XXVIII, 4 su
Gv 17, 24 (nota 1526); HIos XVII, 2 su Gv 21-22.24 (nota 1526); HEz IX, 1 su Gv 17, 11.
21 (nota 1506); FrPs 4, 9 (nota 1497); FrLc 175 su Gv 17, 3 (nota 1492). Riguardo alla
forma testuale si vedano Kim; Ehrman-Fee-Holmes, 315-319, 451-455.
I nuclei scritturistici della riflessione origeniana sulla preghiera 477
finito uno dei discepoli gli disse); Lc 6, 12 (e pass la notte pregando
Dio); Gv 17, 1 (Cos parl Ges. Quindi, alzati gli occhi al cielo, disse:
Padre, giunta lora, glorifica il Figlio tuo, perch il Figlio glorifichi
te); e Gv 11, 42 (Io sapevo che sempre mi dai ascolto)1484. Sarebbe
riduttivo riconoscergli qui un mero valore cumulativo, poich Origene se-
gnala il fatto che Giovanni trascrive una preghiera di Ges (eujch;n...
ajnagravfei), come pi avanti osserver che Marco non ha trascritto un
testo analogo al Padrenostro di Matteo e Luca1485; ma lattenzione diretta
in primo luogo a corroborare un comportamento esemplare e frequente,
per cui soprattutto la citazione di Gv 11, 42 ad acquisire rilevanza di-
mostrativa in favore di una prassi che il lettore del trattato sollecitato ad
imitare: Ges sempre esaudito, perch prega sempre1486. Ben pi signifi-
cativo invece lutilizzo del capitolo giovanneo, tra le opere antecedenti
o contemporanee a Orat, sia in Prin che in CIo, dove se ne richiamano
singoli versetti in diverse occasioni, facendo emergere il suo interesse per
il discorso eucologico accanto a quello cristologico, cosmologico e/o esca-
tologico che rimangono comunque preminenti. Notevole inoltre la pre-
senza di Gv 17 nei commentari successivi specialmente CRm e CMt
e, sia pure in misura minore, nelle omelie. Le citazioni privilegiano, in
particolare, alcuni passi del testo giovanneo: Gv 17, 3; 17, 5; 17, 10; 17,
14; 17, 21-22; 17, 24. Solo una porzione di esse riguarda ovviamente il
nostro tema, dato che perlopi vengono estrapolate dal loro contesto per
ragioni esegetiche e dottrinali senza rammentarne la genesi orante.
Vi sono tuttavia casi in cui Origene non trascura di ricordarla, ap-
prezzando pi direttamente anche tale aspetto. Se Gv 17, 1 introduce per
Origene la preghiera di Ges come espressione del rapporto di figliolanza
divina con il Padre1487 e preannuncia nel contempo il motivo della glorifi-
cazione del Figlio in seguito alla passione1488, a sua volta Gv 17, 3 (Que-

1484 Diversamente dagli altri testi citati, Mc 1, 35 e Lc 6, 12 ricorrono unicamente


in questo passo.
1485 Cfr. Orat XVIII, 3. Lespressione di Orat XIII, 1 (nota 1486) ricorda anche il
preannuncio dellesegesi del Padrenostro in Orat II, 6 (303, 23304, 1): aiJ ejn toi'" eujag-
gelivoi" ajnagegrammevnai safhnisqw'sin eujcaiv.
1486 Orat XIII, 1 (326, 5-11): oJ de; Iwavnnh" eujch;n aujtou' ajnagravfei levgwn: tau'ta
ejlavlhsen oJ Ihsou'", kai; ejpavra" tou;" ojfqalmou;" auJtou' eij" to;n oujrano;n ei\pe: pavter,
ejlhvluqen hJ w{ra: dovxasovn sou to;n uiJo;n, i{na kai; oJ uiJov" sou doxavsh/ se (Gv 17, 1): kai;
to; h[/dein de; o{ti pavntotev mou ajkouvei" (Gv 11, 42) para; tw'/ aujtw'/ ajnagegrammevnon uJpo;
tou' kurivou eijrhmevnon dhloi' o{ti pavntote eujcovmeno" pavntote ejpakouvetai.
1487 CIo I, 21, 128 (26, 11-15): Alla; kai; uiJo;n ei\nai qeou' safw'" eJauto;n katag-
gevllei levgwn: On oJ path;r hJgivase kai; ajpevsteilen eij" to;n kovsmon uJmei'" levgete o{ti:
Blasfhmei'", o{ti ei\pon: UiJo;" tou' qeou' eijmi (Gv 10, 36) kaiv: Pavter, ejlhvluqen hJ w{ra:
dovxasovn sou to;n uiJovn, i{na oJ uiJo;" doxavsh/ se (Gv 17, 1).
1488 CCt III, 9, 6 (196, 22-25): Quae autem est gloria? Illa sine dubio de qua dicit:
Pater, clarifica Filium tuum, passionis sine dubio gloriam designans. Fides ergo passionis
Christi gloria et divitiae sunt ecclesiae, quae in laeva eius continentur (cfr. Ct 2, 6).
478 Parte seconda, Capitolo ottavo
sta la vita eterna: che conoscano te, lunico vero Dio, e colui che hai
mandato, Ges Cristo) risulta essere uno dei versetti pi ampiamente
sfruttati dallAlessandrino. Esso gli offre lo spunto per una fondamentale
messa a fuoco del rapporto tra il Padre e il Figlio in CIo II, 2, 17, che ri-
veste conseguenze decisive come ormai sappiamo per lespressione
stessa della preghiera1489. Il Padre, in quanto Dio in s (aujtovqeo"), il
destinatario primo dellorazione, senza che ci comporti il misconoscere
il Figlio come Dio: si tratta invece di accoglierlo quale mediatore fra il
Padre e gli uomini e artefice della nostra deificazione, questultima essen-
do vista in particolare come una partecipazione nel Figlio alla contempla-
zione delle profondit di Dio. In tal modo, la chiarificazione teologica in-
dotta dal riferimento a Gv 17, 3 prende forma nel contesto di unesperien-
za di preghiera in cerca di un preciso ancoraggio dottrinale (come emerge,
del resto, ancor pi apertamente in Dial e in Orat), mentre orienta que-
stultima verso un esito spirituale di segno mistico-contemplativo. A
differenza degli altri testi, che in genere valorizzano semplicemente
lelemento dottrinale di Gv 17, 3 per ribadire la professione di fede cri-
stiana o linsegnamento sulla vita eterna come la conoscenza del Padre e
del Figlio 1490 in particolare, un frammento di Prin addotto come capo

1489 Si veda supra, pp. 290-291.


1490 Ad esempio, CC III, 37 (233, 17-21): Cristianoi'" de; memaqhkovsi th;n aijwvnion
aujtoi'" ei\nai zwh;n ejn tw'/ ginwvskein to;n movnon ejpi; pa'sin ajlhqino;n qeo;n kai; o}n ejkei'no"
ajpevsteilen Ihsou'n Cristovn, maqou'si de; kai; o{ti pavnte" me;n oiJ qeoi; tw'n ejqnw'n eijsi
daimovnia (Sal 95[96], 5); CCt Prol. 2, 28 (70, 7-9): Quid autem aliud immortalitas nisi
vita aeterna est, quam daturum se promittit Deus credentibus in ipsum solum verum
Deum, et, quem misit, Iesum Christum filium eius?; FrIo 95 (558, 20-27): Kai; oi\da o{ti
hJ ejntolh; aujtou' zwh; aijwvniov" ejsti (Gv 12, 50). peri; ou| zhthvsai ti" a]n dia; tiv mh; levlek-
tai o{ti zwh;n aijwvnion peripoiei' hJ ejntolh; tou' qeou', ajll o{ti aujthv ejsti kaq uJpovstasin
hJ aijwvnio" zwhv, wJ" kai; to; ginwvskein to;n movnon ajlhqino;n qeo;n kai; o}n ajpevsteilen
Ihsou'n Cristovn (cfr. Gv 17, 3). e[stin ou\n hJ aijwvnio" zwh; eJkavteron aujtw'n. eij mevntoi hJ
ejntolh; tou' qeou' zwh; aijwvniov" ejstin, ejsti; de; ejn tw'/ dikaivw/ hJ ejntolh; tou' qeou', tw'/ zw'nti
makarivw" di aujthvn, aiJrethv ejstin hJ zwhv. Rientrano nella stessa ottica anche le numerose
citazioni in CRm, privilegiando esse da un lato il motivo della vita e dallaltro preci-
sandola come la fede nel Padre e nel Figlio. Cfr. CRm II , 5 (126, 276-127, 282; 127, 299-
128, 302): vis scire quia nullius est vita aeterna nisi eius qui credit in Christum? Audi
salvatoris ipsius vocem evidenter in evangeliis designantem: haec est autem vita aeterna
ut cognoscant te solum verum Deum et quem misisti Iesum Christum (Gv 17, 3). Omnis
ergo qui non agnovit patrem Domini nostri Iesu Christi solum verum Deum et filium eius
Iesum Christum alienus est ab aeternitate vitae. [...] Hic etiamsi vitam non habet aeternam
quia credens soli vero Deo non credidit et filio eius Iesu Christo, quem misit, tamen gloria
operum eius et honor et pax poterit non perire; CRm III, 1 (201, 187-189): Sed intuere
nunc quomodo is qui veritatem Dei defendit et qui secundum Christum qui est Dei veritas
et Dei sapientia filosofus est docet homines summum bonum esse aeternam vitam; hanc
autem esse aeternam vitam etc.; CRm VI, 5 (478, 122-126): Ubi vero dicit vitam aeter-
nam ad illud aspiciendum est quod ipse salvator dixit: haec est autem vita aeterna etc.;
CRm VIII , 2 (645, 26-29): Illa enim iustitia Dei, id est Christus qui factus est nobis iusti-
I nuclei scritturistici della riflessione origeniana sulla preghiera 479
daccusa del subordinazionismo origeniano1491 , FrLc 175, estratto da una
spiegazione della prima domanda del Padrenostro forse appartenente al
perduto commentario sul terzo vangelo, unisce il riconoscimento delluni-
co vero Dio, contenuto nel versetto giovanneo, alla preghiera per la san-
tificazione del suo nome, presentandola in prospettiva escatologica anche
grazie alla saldatura con la domanda per la venuta del regno1492. Anche la
rapida allusione di CMt XII, 39 nel commento al racconto della Trasfigura-
zione in una variante marciana richiama la dimensione orante del rapporto
tra il Padre e il Figlio sullo sfondo implicito della distinzione tracciata in
CIo II, 2, 17, dal momento che vede lunico vero Dio come linterlocu-
tore di Ges in atto di pregare quale vero sommo sacerdote 1493.
Gv 17, 5 (E ora, Padre, glorificami davanti a te, con quella gloria che
avevo presso di te prima che il mondo fosse), oltre a suggerire in forma
compendiosa la parabola storico-salvifica dellIncarnato fino alla sua esal-
tazione finale, come avviene in Prin III, 6, 51494, si prestava per essere ap-

tia a Deo et pax, vide quomodo dicit: haec est autem vita aeterna etc.. Il luogo ricorre,
con valore parenetico, anche in HNm XXVII, 10 (270, 8-11): Sed nos interim cum vene-
rimus ad transitum maris, etiamsi videamus Pharaonem et Aegyptios insequentes, nihil
trepidemus, nullus de his metus, nulla formido sit. Credamus tantum in unum verum Deum
et quem misit filium suum Iesum Christum (Gv 17, 3).
1491 Fr. Giustiniano su Prin I, 2, 13 (47, 3-9): ou{tw toivnun hJgou'mai kai; ejpi; tou'
swth'ro" kalw'" a]n lecqhvsesqai o{ti eijkw;n ajgaqovthto" tou' qeou' (Sap 7, 26) ejstin, ajll
oujk aujtoagaqovn. Kai; tavca kai; oJ uiJo;" ajgaqov", ajll oujk aJplw'" ajgaqov". Kai; w{sper
eijkwvn ejsti tou' qeou' tou' ajoravtou (Col 1, 15) kai; kata; tou'to qeov", ajll ouj peri; ou| lev-
gei oJ Cristov", i{na ginwvskousiv se to;n movnon ajlhqino;n qeovn (Gv 17, 3), ou{tw" eijkw;n th'"
ajgaqovthto", ajll oujc wJ" oJ path;r ajparallavktw" ajgaqov".
1492 FrLc 175 (300, 1-7): H tavca, eij hJ qeo;" ojnomasiva uJpo; tw'n ajpopiptovntwn th'"
ajlhqeiva" tavssetai ejpi; tw'n gluptw'n kai; tw'n daimonivwn h] kai; th'" ktivsew" para; to;n
ktivsanta, oujdevpw hJgiavsqh to; o[noma tou' Qeou' oujde; kecwvristai, w|n crh; aujto;n kecw-
rivsqai. didavskei ou\n hJma'" eu[cesqai tavcion to; crhsto;n genevsqai tevlo", i{na ejfarmo-
sqh/' tw/' kurivw/ wJ" movnw/ ajlhqinw/' qew/' hJ qeo;" proshgoriva. safw'" de; tauvth/ th/' ejkdoch/'
ejfarmovzein dunavmeqa kai; to; eJxh'": poi'on dh; tou'to ejlqevtw hJ basileiva sou (Mt 6, 10;
Lc 11, 2).
1493 CMt XII, 39 (155, 30-156, 13): Ei\t , ejpei; kata; to;n Ma'rkon dehvsei dihghvsa-
sqai to; kai; ejn tw/' proseuvcesqai aujto;n metemorfwvqh e[mprosqen aujtw'n (Mc 9, 2), le-
ktevon o{ti mhvpote mavlista ijdei'n to;n lovgon e[mprosqen hJmw'n metamorfouvmenon, eja;n ta;
proeirhmevna poihvswmen kai; ajnabw'men eij" to; o[ro" kai; i[dwmen to;n aujtovlogon koino-
logouvmenon pro;" to;n patevra kai; eujcovmenon aujtw/', uJpe;r w|n eu[xait a]n ajlhqino;" ajrcie-
reu;" ajlhqinw/' movnw/ qew/'. i{na de; ou{tw qew/' oJmilh/' kai; proseuvxhtai tw/' patriv, ajnabaivnei
eij" to; o[ro". Cfr. supra, p. 341.
1494 Prin III, 5, 6 (277, 3-11) sfrutta tra laltro lumiliazione dellIncarnato per incul-
care nei governanti lidea del servizio: Unde unigenitus filius dei, qui erat verbum et sa-
pientia patris, cum esset in ea gloria apud patrem, quam habuit antequam mundus esset
(Gv 17, 5), exinanivit semet ipsum et formam servi accipiens efficitur oboediens usque ad
mortem (Fil 2, 8), ut oboedientiam doceret eos, qui non aliter nisi per oboedientiam salu-
tem consequi poterant, regendi quoque regnandique corruptas restitueret leges, dum om-
nes inimicos subicit pedibus suis (1Cor 15, 25), et per hoc quod necesse est eum regnare,
480 Parte seconda, Capitolo ottavo
profondito di conseguenza in chiave cosmologica e/o escatologica. Orige-
ne se ne serve, ad esempio, in CMt XIII, 20 nella discussione sulla nozione
di kovsmo" come linsieme degli uomini chiamati alla salvezza, combinan-
dolo con altri versetti (Gv 17, 6.11.13.14) e ricordando solo en passant
che il testo figura nella preghiera del Salvatore al Padre1495. Viceversa
CMt XV, 23 evoca lorizzonte escatologico della glorificazione del Figlio
come ladempimento finale della richiesta rivolta da Ges al Padre in Gv
17, 51496. Anche per FrPs 4, lapocatastasi del Figlio nel senso del ri-
pristino nella sua piena condizione gloriosa, compiuta leconomia di sal-
vezza di cui egli il protagonista principale rappresenta lesaudimen-
to della domanda del Salvatore1497. Dal canto suo, HLv VII , 2 unendo al
nostro versetto Gv 17, 4 (Io ti ho glorificato sopra la terra, compiendo
lopera che mi hai dato da fare) nonch Gv 17, 11 (Io non sono pi nel
mondo; essi invece sono nel mondo, e io vengo a te. Padre santo, custodi-
sci nel tuo nome coloro che mi hai dato, perch siano una cosa sola, come
noi), ribadisce lidea che lopera di Cristo potr dirsi compiuta solo
quando la redenzione si sar estesa a tutti coloro che sono ancora imper-
fetti1498; per tale motivo che egli effonde la sua preghiera al Padre, con-

donec ponat inimicos suos sub pedibus suis et novissimum inimicum destruat mortem
(1Cor 15, 25-26), rectores ipsos regendi doceat moderamina. Crouzel-Simonetti, IV (SC
269), 113 ad loc. rinvia ad altri luoghi origeniani sullunione escatologica in Cristo: Ils
seront devenus tous exactement un Fils dans le Fils Unique et, devenus intrieurs au Fils,
verront le Pre de la mme faon que celui-ci le voit (ComJn I, 16, 92), la mdiation de ce
dernier ayant chang de mode (ibi, XX, 7, 47-48). Ou, en dautres termes, ils deviendront
tous ensemble un seul Soleil (ComMatth. X, 3), le Christ ayant alors log son glise dans
le Soleil de Justice quil est lui-mme (SelPs. 18,6-6 dans PG 12, 1241 selon Pamphile).
1495 CMt XIII, 20 (235, 33-236, 5): ajlla; kai; o{tan levghtai uJpo; tou' swth'ro" ejn th/'
pro;" to;n patevra eujch/': kai; nu'n dovxasovn me, pavter, para; seautw'/ th'/ dovxh/ h|/ ei\con pro;
tou' to;n kovsmon ei\nai para; soiv (Gv 17, 5), crh; ajkouvein kovsmon levgesqai th;n kaq hJma'"
ejpi; gh'" oijkoumevnhn. Si veda anche il seguente passo: ajpo; ga;r touvtou tou' kovsmou e[dwke
tw/' uiJw/' oJ path;r ajnqrwvpou", peri; w|n oJ swth;r ejrwta' to;n patevra movnwn, kai; ouj peri; tou'
kovsmou o{lou tw'n ajnqrwvpwn. safw'" de; ou|to" shmaivnetai kai; ejk tou' kai; oJ kovsmo" ejmiv-
shsen aujtou;", o{ti oujk eijsi;n ejk tou' kovsmou: ejmivshse ga;r hJma'" (ejx ou| mhkevti sko-
pou'men ta; blepovmena ajlla; ta; mh; blepovmena) dia; th;n Ihsou' didaskalivan ouj kovsmo"
ejx oujranou' kai; gh'" kai; tw'n ejn aujtoi'" sunesthkw;" pa'", ajll oiJ ejpi; gh'" meq hJmw'n a[n-
qrwpoi.
1496 CMt XV , 23 (419, 24-29): tovte de; kai; ajpodivdotai ta; th'" eujch'" tw/' swth'ri
eujxamevnw/ kai; eijpovnti: pavter, dovxasovn me th'/ dovxh/ h|/ ei\con para; soi; pro; tou' to;n kovsmon
ei\nai. Quanto a CMt XVI, 5, si pu parlare tuttal pi di una generica allusione, anche se
Origene riflette qui sul ruolo della preghiera nei miracoli compiuti da Ges (supra, p. 342).
1497 FrPs 4, 9 (PG 12, 1168C): To; de; ejp ejlpivdi, eja;n me;n oJ Swth;r levgh/ kata; th;n
oijkonomivan, ouj qaumasto;n ejlpivzonta aujto;n th;n ijdivan ajpokatavstasin levgein ejp ejl-
pivdi katw/kivsqai uJpo; tou' qeou', kata; to; dovxasovn me, pavter, th'/ dovxh/ h|/ ei\con pro; tou' kov-
smon ei\nai para; soiv.
1498 HLv VII, 2 (376, 10-15): Exspectat laetitiam. Quando exspectat? Cum consum-
mavero, inquit, opus tuum. Quando consummat hoc opus? Quando me, qui sum ultimus et
I nuclei scritturistici della riflessione origeniana sulla preghiera 481
tinuando ad esercitare quella funzione di mediatore salvifico e sommo sa-
cerdote, di cui lomelia ci offre una delle illustrazioni pi pregnanti in tutta
lopera dellAlessandrino1499.
Gv 17, 10 (Tutte le cose mie sono tue e tutte le cose tue sono mie, e
io sono glorificato in loro) riporta nuovamente lattenzione sullaspetto
cristologico, mettendo in luce il rapporto di comunione che c tra il Padre
e il Figlio e adottando cos a prima vista un contrappeso paritario alla
concezione subordinazionista1500. Origene sembra essersi rifatto unica-
mente a questo tipo dinterpretazione, senza alcun riferimento allaspetto
eucologico, come risulta fra laltro dal suo uso in Prin I, 2, 101501 e in CIo
XX, 38, 3541502, oppure dallallusione in CCt III1503. Stando a CRm VI , 13,
questo rapporto di comunione tende ad includere anche lo Spirito1504. Ma

nequior omnium peccatorum, consummatum fecerit et perfectum, tunc consummat opus


eius; nunc enim adhuc imperfectum est opus eius, donec ego maneo imperfectus.
1499 HLv VII, 2 (378, 23379, 3): Quod si tibi, qui membrum es, non videtur esse
perfecta laetitia, si desit aliud membrum, quanto magis Dominus et Salvator noster, qui
caput et auctor est totius corporis, non sibi perfectam ducit esse laetitiam, donec aliquid
ex membris deesse corpori suo videt! Et propterea forte orationem fundebat ad patrem di-
cens: Pater sancte, glorifica me illa gloria, quam habui apud te, priusquam mundus esset.
Cfr. anche (377, 1-5): Cum vero consummaverit opus suum et universam creaturam
suam ad summam perfectionis adduxerit, tunc ipse dicitur subiectus in his, quos subdidit
patri, et in quibus opus, quod ei pater dederat, consummavit, ut sit Deus omnia in omni-
bus. Si veda inoltre supra, pp. 395-396.
1500 Questa preoccupazione affiora soprattutto in CRm VII, 3 (573, 63-64): Quo-
modo enim inferior dici potest qui filius est et omnia est quae pater? Omnia enim inquit
pater tua mea sunt (Gv 17, 10).
1501 Prin I, 2, 10 (43, 14-22): Et sicut nemo debet offendi, cum deus sit pater,
quod etiam salvator deus est: ita et cum omnipotens dicitur pater, nullus debet offendi,
quod etiam filius dei omnipotens dicitur. Hoc namque modo verum erit illud, quod ipse
dicit ad patrem quia omnia mea tua sunt et tua mea, et glorificatus sum in eis (Gv 17, 10).
Si vero omnia quae patris sunt, Christi sunt, inter omnia vero quae est pater, est etiam
omnipotens, sine dubio etiam unigenitus filius esse debet omnipotens, ut omnia quae ha-
bet pater etiam filius habeat. Et glorificatus sum, inquit, in eis (Gv 17, 10).
1502 CIo XX, 38, 354 (379, 26-30): ka]n levgh/ de; o{ti H krivsi" hJ ejme; dikaiva ejstin,
a[koue ejn tw/' aujtw/' eujaggelivw/ legomevnou tou' Pavnta ta; ejma; sav ejsti, dh'lon o{ti kai
aujth; hJ krivsi" peri; h|" fhsin: H krivsi" hJ ejme; dikaiva ejstin tou' patrov" ejstin krivsi".
1503 CCt III, 3, 2 (177, 2-3): Si ergo ecclesia domus Dei est, quia omnia, quae ha-
bet pater, filii sunt (cfr. Gv 17, 10), ecclesia domus filii Dei est. Anche CRm I, 5 (53, 50-
52) presenta la stessa applicazione: et iterum dicit ad Patrem: Omnia mea tua sunt et tua
mea et glorificatus sum in his (Gv 17, 10); ergo et evangelium patris evangelium filii est;
cfr. anche CRm IX, 41 (775, 76-): Quod vero in praesenti quidem loco tribunal Dei, ad
Corinthios vero tribunal Christi posuit, ego quidem nullam puto esse differentiam quomi-
nus unum atque idem tribunal Christi et tribunal Dei nominetur secundum quod ipse sal-
vator in evangeliis dicit: omnia quae habet Pater mea sunt; et iterum: Pater omnia mea tua
sunt et tua mea (Gv 17, 10).
1504 CRm VI, 13 (532, 21-533, 29): Sed quantum vel consequentiam loci praesentis
intueor vel illud quod salvator in evangeliis de Spiritu sancto dicit: quia a patre procedit;
et de meo accipiet; et huius verbi explanationem in consequentibus iungit dicens: pater
482 Parte seconda, Capitolo ottavo
in HEx VIII , 2 sfruttato anche in chiave storico-salvifica per asserire la
partecipazione dei cristiani allalleanza con Dio in quanto essi sono lIsrae-
le secondo lo spirito1505.
Quanto a Gv 17, 11 (Io non sono pi nel mondo; essi invece sono
nel mondo, e io vengo a te. Padre santo, custodisci nel tuo nome coloro
che mi hai dato, perch siano una cosa sola, come noi), pur con la sua
fondamentale richiesta dellunit fra i discepoli di Cristo, a imitazione del-
lunione fra il Padre e il Figlio, sembra essere rimasto un poco in ombra
rispetto al cruciale passo di Gv 17, 21(-22), dove la medesima intenzione
di preghiera ritorna in forma ancor pi incisiva. Tuttavia, HEz IX, 1, fon-
dendo ambedue i passi, lascia gi intravedere limplicazione pneumato-
logica dellunit come vedremo dai commenti su Gv 17, 21(-22)1506. Da
parte sua Gv 17, 14 (Io ho dato a loro la tua parola e il mondo li ha odiati
perch essi non sono del mondo, come io non sono del mondo) viene ri-
chiamato in chiave cosmologica non solo in CMt XIII, 20-21, ma anche in
Prin II, 3, 6, sia pure per sottolineare adesso la distinzione del mondo
del Figlio dal mondo degli uomini e lappartenenza ad esso dei veri di-
scepoli di Cristo1507.
Il cuore dellinterpretazione origeniana del capitolo giovanneo si
disvela soprattutto in relazione a Gv 17, 21(-22) (21perch tutti siano una
sola cosa. Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anchessi in noi una
cosa sola, perch il mondo creda che tu mi hai mandato. 22E la gloria che
tu hai dato a me, io lho data a loro, perch siano come noi una cosa sola).
Si tratta in assoluto del passo che ricorre con maggior frequenza negli
scritti dellAlessandrino, peraltro senza che egli avverta la necessit di ri-
chiamare il nesso con la premessa di Gv 17, 20 (Non prego solo per que-

omnia mea tua sunt et tua mea, et propterea dixi quia de meo accipiet; cum inquam tan-
tam hanc unitatis inter patrem et filium aspicio rationem spiritus Dei et spiritus Christi
unus atque idem mihi spiritus dici videtur. Cfr. inoltre CRm VIII, 12 (708, 87-91): Et
ideo hanc altitudinem Dei quam et inscrutabilem dicit et ininvestigabilem creaturae omni
inscrutabilem et ininvestigabilem dicit. De Filio vero et Spiritu sancto dicere ista non po-
terat quia Filius in evangelio dicit ad Patrem: Pater omnia mea sunt et tua mea.
1505 HEx VIII, 2 (220, 28-221, 5): Nam et si in carne gentes sumus, in spiritu Istra-
hel sumus, propter eum, qui dixit: pete a me, et dabo tibi gentes haereditatem tuam et
possessionem tuam terminos terrae (Sal 2, 8) et propter eum, qui iterum dixit: Pater, om-
nia mea tua sunt et tua mea, et glorificatus sum in his; si tamen ita agas, ut dignus sis pars
esse Dei et in funiculo haereditatis eius (cfr. Dt 32, 9; 4, 27) metiri.
1506 HEz IX, 1 (406, 12-15): Nam ut Pater et Filius unum sunt, sic, qui unum Spiri-
tum habent in unionem coartantur; ait quippe Salvator: Ego et Pater unum sumus et: Pater
sancte, sicut ego et tu unum sumus, ut et isti in nobis unum sint.
1507 Prin II, 3, 6 (121, 22-25): Designat sane et alium quendam mundum praeter
hunc visibilem etiam dominus et salvator noster, quem re vera describere ac designare
difficile est; ait namque: Ego non sum ex hoc mundo (Gv 17, 14.16). Tamquam enim qui
ex alio quodam esset mundo, ita dixit quia non sum ex hoc mundo. Su CMt XIII, 20-21,
cfr. nota 1495.
I nuclei scritturistici della riflessione origeniana sulla preghiera 483
sti, ma anche per quelli che per la loro parola crederanno in me)1508. In
ogni caso il luogo in cui il momento orante torna a manifestarsi in tutta
la sua densit, in seguito alla domanda per lunit contenuta nella preghie-
ra di Ges. Questa domanda, da un lato, richiama la prospettiva dellinti-
mo rapporto di comunione che lega fra loro Padre e Figlio; dallaltro, fa
scaturire dallorizzonte della comunione intratrinitaria (anche nella misura
in cui questa si estende allo Spirito) limpegno allunit fra i seguaci di
Cristo e con esso la loro partecipazione alla vita intradivina.
Cos CC VIII, 12 quasi a controbilanciare la distinzione tra Padre e
Figlio tracciata da CIo II, 2, 17 in riferimento a Gv 17, 3 insiste sul-
lunione del Logos in quanto Dio con Dio Padre1509. Nondimeno, il senso
della precisazione fornita nellapologia converge con quanto asserito nel
commentario giovanneo: infatti Origene, in polemica con Celso, ribadi-
sce lidea che il culto ecclesiale sindirizza non a due di ma a un unico
Dio, anche se ora associa pi direttamente il Figlio nella comunione con
il Padre, sottolineando gli elementi di unit pur nella distinzione delle due
ipostasi 1510. Abbiamo dunque a che fare con una unione di intenti, come
appare dallanalogia addotta con la comunit primitiva di Gerusalemme,
connotata da un cuore solo e unanima sola (At 4, 32)1511.
Ora, lintimo legame tra il Figlio e il Padre acquista un valore para-
digmatico per la condotta dei cristiani e al tempo stesso prefigura loriz-
zonte finale della salvezza per tutti gli uomini. Ma il significato parene-
tico-spirituale di Gv 17, 21(-22) pu darsi per lAlessandrino, anche sen-
za che egli abbia sempre in mente lesito dellapocatastasi. vero che in
FrEph I, 11 la riflessione di Origene richiama il luogo giovanneo soprat-
tutto per sanzionare con esso la redenzione finale a cui tutti sono chiamati,
a commento della ricchezza della grazia che Cristo ha abbondante-
mente riversata su di noi con ogni sapienza e intelligenza (Ef 1, 7-8)1512;

1508 Gv 17, 20 figura solo in Pas II , 47 e Prin I, 8, 2.


1509 CC VIII, 12 (229, 16-20): ei[per nenohvkei oJ Kevlso" to; Egw; kai; oJ path;r e{n
ejsmen (Gv 10, 30) kai; to; ejn eujch'/ eijrhmevnon uJpo; tou' uiJou' tou' qeou' ejn tw'/ W" ejgw; kai;
su; e{n ejsmen, oujk a]n w[/eto hJma'" kai; a[llon qerapeuvein para; to;n ejpi; pa'si qeovn.
1510 CC VIII, 12 (229, 31230, 2): Ena ou\n qeovn, wJ" ajpodedwvkamen, to;n patevra
kai; to;n uiJo;n qerapeuvomen. [...] Qrhskeuvomen ou\n to;n patevra th'" ajlhqeiva" kai; to;n
uiJo;n th;n ajlhvqeian, o[nta duvo th'/ uJpostavsei pravgmata, e}n de; th'/ oJmonoiva/ kai; th'/ sumfw-
niva/ kai; th'/ tautovthti tou' boulhvmato".
1511 CC VIII, 12 (229, 21-24): Eij dev ti" ejk touvtwn perispasqhvsetai, mhv ph/ aujto-
molw'men pro;" tou;" ajnairou'nta" duvo ei\nai uJpostavsei", patevra kai; uiJovn, ejpisthsavtw
tw'/ Hn de; pavntwn tw'n pisteusavntwn hJ kardiva kai; hJ yuch; miva, i{na qewrhvsh/ to; Egw;
kai; oJ path;r e{n ejsmen.
1512 FrEph I, 11 (244-246): e[ti de; ma'llon to;n plou'ton th'" crhstovthto" aujtou' h|"
ejperivvsseusen eij" tou;" makarivou" meivzon <a[n> ti" katanohvsai qewrw'n to; oujk oi[date
o{ti ajggevlou" krinou'men (1Cor 6, 3) kai; to; eij" a} ejpiqumou'si a[ggeloi parakuvyai (1Pt
1, 12), kai; to; peri; tou' ejpi; pa'si legomevnou e[sesqai, do;" i{na wJ" ejgw; kai; su; e{n ejsmen,
i{na kai; aujtoi; ejn hJmi'n e}n w\si.
484 Parte seconda, Capitolo ottavo
ma, come mostra anche il parallelo di CIo I, 26, 174, il discorso verte es-
senzialmente sul privilegio attribuito agli uomini nel disegno salvifico ri-
spetto agli esseri celesti e alla creazione materiale1513. Altrove, come in
HGn I, 13, la domanda di Ges al Padre consiste nella richiesta di restau-
rare nei discepoli limmagine divina offuscata dal peccato1514. Lallusione
allapocatastasi sembra essere piuttosto velata in CIo XXVIII, 21, 184, dove
Origene si interroga sulla portata universale della redenzione1515, mentre
essa risulta pi esplicita nelle trattazioni sulla fine contenute rispettiva-
mente in Prin I, 6, 21516 e in Prin II, 3, 51517. Tuttavia come evidenzia
Prin I, 6, 2 , il discorso sullunit escatologica comporta la sua antici-
pazione nel presente attraverso limpegno a fare unit.
In questo senso la vocazione allunit in Dio di tutti gli uomini rac-
chiusa in Gv 17, 21(-22) diventa per EM 39 un appello a vivere secondo

1513 CIo I, 26, 174 (32, 21-23): To; ga;r W" ejgw; kai; su; e{n ejsmen, i{na kai; aujtoi; ejn
hJmi'n e}n w\si kai; Opou eijmi; ejgwv, ejkei' kai; oJ diavkono" oJ ejmo;" e[stai (Gv 12, 26) safw'"
peri; ajnqrwvpwn ajnagevgraptai.
1514 HGn I, 13 (17, 23-25): Ipse enim iam petierat patrem pro discipulis suis, ut iis
similitudo pristina redderetur, cum dicit: Pater da, ut sicut ego et tu unum sumus, ita et
isti in nobis unum sint.
1515 CIo XXVIII, 21, 184 (416, 2-12): e[melle ou\n Ihsou'" ajpoqnhvskein uJpe;r me;n
tou' e[qnou" i{na mh; ajpovlhtai, uJpe;r de; tw'n tevknwn tou' qeou' o[ntwn ejn diaskorpismw/',
i{na sunacqw'sin eij" e}n <kai; ou{tw> genhvswntai miva poivmnh, ei|" poimhvn (cfr. Gv 10, 16):
o{te oi\mai plhrou'sqai th;n tou' swth'ro" eujch;n levgonto": W" ejgw; kai; su; e{n ejsmen, i{na
kai; aujtoi; ejn hJmi'n e}n w\si (Gv 17, 21). eij dev ti kai; baquvterovn ejstin peri; Israh;l ouj fuv-
sew" ajlla; gevnou" eijpei'n, peri; ou| gevgraptai: UiJo;" prwtovtokov" mou Israhvl ejstin, ge-
nomevnou ejn diaskorpismw/', kai; aujto;" ejpisthvsei", wJ" ei\nai touvtou" ta; tevkna tou' qeou'
ta; dieskorpismevna, uJpe;r w|n e[mellen ajpoqnhvskein Ihsou'", i{na aujta; sunagavgh/ eij" e{n.
1516 Prin I, 6, 2 (82, 4-12): Ex quibus aestimo, prout ego sentire possum, hunc or-
dinem humani generis institutum, qui utique in futuro saeculo vel in supervenientibus
saeculis, cum caelum novum et terra nova secundum Esaiam erit (Is 65, 17; 66, 22), resti-
tuetur in illam unitatem, quam promittit dominus Iesus dicens ad deum patrem de discipu-
lis suis: Non pro istis rogo solis, sed et pro omnibus qui credituri sunt per verbum eorum
in me, ut omnes unum sint, sicut ego in te, pater, et tu in me, ita et isti in nobis unum sint
(Gv 17, 20-21); et iterum ubi ait: Ut sint unum, sicut nos sumus unum, ego in ipsis, et tu in
me, ut sint et ipsi consummati in uno (Gv 17, 22-23); et sicut confirmat nihilominus etiam
Paulus apostolus dicens: Donec occurramus omnes in unitatem fidei in virum perfectum,
in mensuram aetatis plenitudinis Christi (Ef 4, 13); et sicut idem apostolus iam nos etiam
in praesenti vita in ecclesia positos, in qua utique futuri regni est imitatio, ad hanc eandem
unitatis similitudinem cohortatur dicens: Ut eadem dicatis omnes, et non sint in vobis
schismata, sitis autem perfecti in uno eodemque sensu atque in una eademque sententia
(1Cor 1, 10). Sul rapporto della chiesa terrestre con la chiesa celeste si veda il commento
ad loc. in Crouzel-Simonetti, II (SC 253), 97.
1517 Prin II, 3, 5 (120, 24-29): et vide ne illud quod dicit salvator quia Volo ubi
ego sum ut et isti ibi sint mecum (Gv 17, 24) et Sicut ego et tu unum sumus, ut et isti in
nobis unum sint (Gv 17, 21) ostendere videatur plus aliquid quam est saeculum vel sae-
cula, forte etiam plus quam est saecula saeculorum, id videlicet cum iam non in saeculo
sunt omnia, sed omnia et in omnibus deus (cfr. 1Cor 15, 28).
I nuclei scritturistici della riflessione origeniana sulla preghiera 485
il volere divino per attuare lunit in Dio Padre, Figlio e Spirito1518. Lim-
plicazione trinitaria della preghiera di Ges emerge qui nitidamente, seb-
bene Origene sottolinei fortemente la dimensione dellunit. In realt, es-
sere in Dio significa essere ricondotti dalla frammentazione allunit, co-
me lAlessandrino ha precisato in un frammento del Commento a Osea:
Gv 17, 21-(22) rammenta che quanti si sforzano di piacere a Dio vengono
a formare una sola cosa con lui1519. Che si tratti comunque di una mta
raggiungibile solo in sede escatologica lo ricorda anche CCt I, osservando
che la corsa delle fanciulle-anime dietro lo Sposo-Logos si arrester nella
comunione di amore con Dio, che dar compimento allinvocazione di
Ges 1520. Il dinamismo dellamore intratrinitario fra Padre, Figlio e Spiri-
to, al quale gli uomini sono associati con lopera della redenzione, emerge
nuovamente in CRm IV, 9:
Ora, se c uno Spirito di amore e un Figlio dellamore e se Dio amore,
certo che dallunica fonte della divinit del Padre occorre intendere sia il Figlio
sia lo Spirito santo e dalla sua abbondanza infusa labbondanza dellamore an-
che nei cuori dei santi, perch ricevano la partecipazione alla natura divina [...]
affinch mediante questo dono dello Spirito santo, trovi compimento quella frase
pronunciata dal Signore: Come tu Padre in me ed io in te, anche questi siano una
cosa sola in noi: siano resi cio partecipi della natura divina per labbondanza
dellamore donato per mezzo dello Spirito santo1521.

Qui la risposta del Padre alla preghiera di Ges per lunit vista nel
dono dello Spirito che restaura limmagine divina nellanima (un motivo
presente anche in HGn I, 13) trasformandola cos in un solo spirito con
il Logos. Questo sfondo riaffiora anche nella trattazione sulla fine del
mondo in Prin III, 6: se il sommo bene delluomo consiste nel divenire

1518 EM 39 (nota 775).


1519 Phil 8 = COs: o{ti oiJ eujarestou'nte" tw/' kurivw/ e}n eijsin, ajpo; th'" proseuch'",
h|" oJ swth;r eu[cetai pro;" to;n patevra peri; tw'n maqhtw'n aujtou', e[stin ijdei'n: Pavter gavr,
fhsin, a{gie, do;" i{na kaqw;" kai; su; e{n ejsmen ou{tw kai; ou|toi ejn hJmi'n e}n w\sin (cfr. Gv 17,
11.21). o{tan de; kai; ajllhvlwn mevlh ei\nai levgwntai oiJ a{gioi, tiv a[llo eij mh; e}n sw'mav eijsi.
Il fr. contiene unaffermazione che ricorda sia Orat XXI, 2 (nota 619) sia CIo V: O ga;r ei|"
o{te aJmartavnei pollostov" ejstin, ajposcizovmeno" ajpo; qeou' kai; merizovmeno" kai; th'"
eJnovthto" ejkpeswvn: oiJ de; polloi; tai'" ejntolai'" eJpovmenai tai'" tou' qeou' ei|" eijsiv.
1520 CCt I, 4, 9 (103, 12-17): Ego puto quod, si ad hoc aliquando pervenerint, iam
non ambulent neque currant, sed vinculis quibusdam caritatis eius adstrictae adhaereant ei
nec ultra mobilitatis alicuius ullus in iis resideat locus, sed sint cum eo unus spiritus et
compleatur in illis hoc, quod scriptum est: sicut tu pater in me et ego in te unum sumus,
ita et isti in nobis unum sint.
1521 CRm IV, 9 (nota 953 [tr. Cocchini I, 223]). In CRm V, 9 (435, 82-83) il riferi-
mento si applica alla trasformazione in Cristo della vita presente: Et iterum ipse salvator
dicit: pater volo ut ubi ego sum et isti sint me cum; et iterum: sicut ego in te et tu in me ut
et isti in nobis unum sint (Gv 17, 21). Quod utique de illis dicit qui in praesenti vita com-
plantati fuerint similitudini mortis eius.
486 Parte seconda, Capitolo ottavo
simili a Dio, con una formulazione a prima vista di natura dichiarata-
mente filosofica, tale fine in realt gi iscritto nella creazione delluomo
ad immagine di Dio secondo le Scritture, che implica limpegno ad at-
tuare la somiglianza con lui in una vita segnata dallimitazione di Dio.
Ma la piena attuazione dellimmagine non pu essere opera delluomo: in
definitiva, non solo di carattere escatologico, ma essa si d anche in ri-
sposta alla preghiera di Ges in Gv 17, 211522. Sempre sulla scorta del no-
stro versetto la riflessione di Origene si spinge ancora a chiedersi in che
misura il corpo sia suscettibile di partecipare al processo di unificazione
di tutti gli esseri razionali in Dio 1523. La risposta non pu non essere posi-
tiva, dal momento che lAlessandrino si richiama alla categoria paolina di
corpo spirituale o incorruttibile (1Cor 15, 53) per intravedere cos un
lungo processo di metamorfosi in senso spirituale della nostra realt cor-
porea, conseguente alla trasformazione dellanima in spirito e alla sua
unione con Dio1524.
Per finire, Origene si rif spesso a Gv 17, 24 (Padre, voglio che an-
che quelli che mi hai dato siano con me dove sono io, perch contemplino
la mia gloria, quella che mi hai dato; poich tu mi hai amato prima della

1522 Prin III, 6, 1 (280, 22-281, 5): Ipse quoque dominus in evangelio haec eadem
non solum futura, verum etiam sui intercessione futura designat, dum ipse hoc a patre di-
scipulis suis impetrare dignatur dicens: Pater, volo ut ubi ego sum et isti me cum sint (Gv
17, 24); et sicut ego et tu unum sumus, ita et isti in nobis unum sint (Gv 10, 30; 17, 21). In
quo iam videtur ipsa similitudo, si dici potest, proficere et ex simili unum iam fieri, pro eo
sine dubio quod in consummatione vel fine omnia et in omnibus deus est. Origene sol-
leva qui la questione se e in che misura il corpo partecipi dellunione con Dio (281, 6-12):
In quo requiritur a nonnullis, si ratio naturae corporeae, quamvis expurgatae ad liquidum
et penitus spiritalis effectae, non videatur obsistere vel ad similitudinis dignitatem vel ad
unitatis proprietatem, quod naturae divinae, quae utique principaliter incorporea est, nec
similis videatur posse dici quae in corpore est natura nec unum cum ea vere ac merito de-
signari, maxime cum id, quod unum est filius cum patre, ad naturae proprietatem referen-
dum fidei veritas doceat. Secondo un fr. conservato in Gerolamo, Ep. 124, 9 (282, 7-12),
Origene in realt avrebbe sfruttato proprio il nostro versetto per la tesi dellincorporeit
finale: Ut autem incorporeum finem omnium rerum esse credamus, illa nos salvatoris
oratio provocat, in qua ait: Ut quomodo ego et tu unum sumus, sic et isti in nobis unum
sint (Gv 17, 26). Etenim scire debemus quid sit deus et quid sit futurus in fine salvator, et
quomodo sanctis similitudo patris et filii repromissa sit, ut quomodo illi in se unum sunt,
sic et isti in eis unum sint.
1523 Prin III, 6, 4 (286, 6-9): Cum vero res ad illud coeperint festinare, ut sint om-
nes unum, sicut est pater cum filio unum (Gv 17, 21; 10, 30), consequenter intellegi datur
quod, ubi omnes unum sunt, iam diversitas non erit.
1524 Prin III, 6, 6 (287, 21-23): In hunc ergo statum omnem hanc nostram substan-
tiam corporalem putandum est perducendam, tunc cum omnia restituentur, ut unum sint, et
cum deus fuerit omnia in omnibus. Cfr. anche HNm XVI, 6 (145, 3-8): Erit ergo, inquit, ei,
hoc est Istraheli illi spiritali, gloria, sicut est gloria unicornis. Sic enim et ipse in evangelio
Dominus dicit: Pater, da eis, ut sicut ego et tu unum sumus, ita et isti in nobis unum sint
(Gv 17, 21). Et ideo similis gloria dabitur Istraheli, sicut est gloria unicornis, maxime cum
transformabit corpus humilitatis nostrae conforme corpori gloriae suae (cfr. Fil 3, 21).
I nuclei scritturistici della riflessione origeniana sulla preghiera 487
creazione del mondo), sviluppando ulteriormente considerazioni di ordi-
ne cristologico, cosmologico ed ecclesiologico1525, ma anche insinuando il
motivo della sorte beata dei perfetti1526, o il dono di s alla sposa-Chiesa
da parte di Cristo1527. Analogamente sfrutta occasionalmente Gv 17, 25
(Padre giusto, il mondo non ti ha conosciuto, ma io ti ho conosciuto; que-
sti sanno che tu mi hai mandato) in polemica antimarcionita per asserire
lunicit del Dio dellAntico e del Nuovo Testamento 1528.
In conclusione, sebbene il capitolo giovanneo si sia prestato a molte-
plici estrapolazioni di diversa natura nellinterpretazione di Origene, la
centralit che esso vi assume per argomentare alcune delle sue dottrine
peculiari si riverbera anche sulla sua immagine della preghiera. Non solo
lAlessandrino d particolare risalto al testo che, insieme al Padrenostro,
si presenta come laltro grande testimone della preghiera di Ges, ma egli
ne illumina il contenuto come il cuore stesso delleconomia della salvez-
za. Nella preghiera del Salvatore si manifesta il suo rapporto filiale con il
Padre, laddove Ges viene nuovamente ad assumere lo statuto di colui che
lorante per eccellenza. Anche se solo in parte dei passi considerati viene
sottolineata apertamente la natura decisiva dellorazione di Ges, Origene

1525 CIo XIX, 22, 148-149 (324, 13-18): kai; o{ra eij duvnatai oJ levgwn: Oujk eijmi;
ejgw; ejk tou' kovsmou touvtou hJ yuch; ei\nai tou' Ihsou' ejmpoliteuomevnh tw/' o{lw/ kovsmw/
ejkeivnw/ kai; pavnta aujto;n ejmperiercomevnh kai; ceiragwgou'sa ejp aujto;n tou;" maqh-
teuomevnou". oujde;n e[cei ejkei'no" oJ kovsmo" kavtw, wJ" oujde; ou|to", wJ" pro;" to; ajkribe;"
ejxetavzonti, a[nw. pw'" ga;r duvnatai e[cein ti oJ kovsmo" ou|to" a[nw, ou| hJ ktivsi" katabolhv
ejstin Cfr. anche Prin II, 3, 5 (nota 1517).
1526 Cfr. HNm XXI , 3 (203, 15-17): Aut non tibi videtur simile aliquid suae beati-
tudinis carissimis suis conferre discipulis, cum dicit: Pater volo, ut, ubi ego sum, et isti
sint mecum, et cum iterum dicit quia: sedebitis et vos super duodecim thronos iudicantes
duodecim tribus Istrahel, et iterum: sicut tu in me, pater, et ego in te, ut et isti in nobis
unum sint; HNm XXVIII, 4 (285, 11-14): De quibus dicat: pater volo, ut, ubi ego sum, et
ipsi sint mecum; volo etiam istos esse reges, ut ego sim rex regum; volo et istos habere
dominationem, ut et ego sim Dominus dominantium; HIos XVII, 2 (403, 25-404, 2):
Beatus ergo est qui se exhibet talem et in istis omnibus, quae praecepit Iesus, invenitur
esse perfectus, ut ab Iesu sortem coelestis mansionis accipiat in futuro; de quo dicit ipse
Dominus Iesus: Pater volo, ut, ubi ego sum, et isti sint mecum, et: Sicut ego in te et tu in
me unum sumus, ut et isti in nobis unum sint. Si veda inoltre CRm VII, 1 (559, 122-126):
coheres vero Christi cum transformabit corpus humilitatis nostrae conforme corpori cla-
ritatis suae, sed et cum illud adipisci meruerit quod dixit ipse salvator: Pater volo ut ubi
ego sum et isti sint mecum.
1527 CCt IV, 2, 30 (235, 7-10): Illuc ergo evocat sponsam suam Christus, ut et de
omnibus eam, quae apud patrem habentur, edoceat et dicat: quia omnia vobis nota feci,
quae audivi a patre meo et ut iterum dicat: pater, volo, ut, ubi ego sum, et isti sint mecum.
1528 Prin II, 5, 4 (138, 21-26): Denique in evangelio secundum Iohannem orans
ipse dominus noster ad patrem dicit: Pater iuste, et mundus te non agnovit (Gv 17, 25). Et
ne forte dicant quia etiam mundi creatorem pro adsumptione carnis patrem vocabat et ip-
sum iustum nominabat, excluduntur ab eo sermone, qui statim prosequitur: ait enim: Et
mundus te non agnovit (Gv 17, 25).
488 Parte seconda, Capitolo ottavo
vi coglie nel suo nucleo centrale laspettativa della salvezza universale,
per i singoli e per la chiesa. Se la preghiera, intesa sempre e primariamen-
te come domanda anche dove (come in questo caso) si d colloquio
con Dio, deve indirizzarsi per lAlessandrino ai beni celesti, linvocazione
allunit da parte di Ges mira al compimento escatologico del Dio tutto
in tutti. In tal modo la preghiera sacerdotale di Gv 17 si palesa come
lespressione pi alta di quel ruolo di Sommo sacerdote che attribuisce
al ministero salvifico del Figlio di Dio una sua fondamentale strutturazio-
ne orante.

4.3. Mt 18, 19: la necessit della preghiera concorde, in Cristo e nello


Spirito
Abbiamo visto come lunit finale di tutti gli uomini in Dio, che al
centro della preghiera di Ges in Gv 17, solleciti lattuazione di senti-
menti concordi dunione nella vita dei credenti. Origene ha raccomandato
questa necessit della concordia anche in relazione alla preghiera, rifa-
cendosi specialmente a Mt 18, 19 e collegandovi eventualmente anche il
v. 20 (19In verit vi dico ancora: se due di voi sopra la terra si accorde-
ranno per domandare qualunque cosa, il Padre mio che nei cieli ve la
conceder. 20Perch dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in
mezzo a loro). Il luogo matteano non figura tra le citazioni di Orat, ma
lAlessandrino vi ricorre altrove per illustrare lidea secondo cui la pre-
ghiera unanime garanzia di esaudimento1529. Egli lo ha commentato este-
samente in CMt XIV, 1-4, anche con il supporto di ulteriori passi biblici
che come 1Cor 7, 5 e At 4, 32 prospettano ugualmente lesperienza di
una sinfonia orante1530. Nel commentario matteano si avverte la dialet-
tica sinergica fra impegno umano e iniziativa divina, con la chiara impres-
sione che solo grazie a questultima possa darsi uneffettiva concordia di
preghiera, altrimenti difficile da realizzare sia nella vita di coppia che nel-
la comunit cristiana. Infatti, fonte e fondamento di tale concordia il Lo-
gos, la cui presenza cementa con Mt 18, 20 lunione tra i fedeli, facendo
cos della loro preghiera sinfonica un riverbero della musica celeste.
Lesegesi polifonica proposta nel commentario, sfruttando lo spunto di
due o tre nel testo evangelico, esplora diversi livelli e manifestazioni
dellunanimit orante lintesa della coppia sposata, larmonia fra le tre

1529 Riferimenti a Mt 18, 19 compaiono in: CC VIII, 69 (p. 273 e nota 822); CRm X, 7
(nota 1533); CMt XIV, 1 (p. 350); CMt XIV, 2 (p. 351 e nota 533); CMt XIV, 3 (nota 1051);
CMt XIV, 4 (p. 352 e nota 1052); CMtS 89 (nota 1067); HEx XIII, 5 (nota 1531); HIos VII,
2 (note 1095, 1539); FrMt 381 (162, 1); FrLc 158 (nota 1537); Fr1Cor 16 (nota 1538).
Mt 18, 19-20 citato in CMt XIV, 1.3. Sul tema della sumfwniva orante in Orat cfr. supra,
nota 533.
1530 Cfr. supra, 349-351.
I nuclei scritturistici della riflessione origeniana sulla preghiera 489
componenti delluomo sotto il governo dello spirito, laccordo fra Antico
e Nuovo Testamento operato mediante lintervento unificante dello Pneu-
ma , in vista di inculcare la convinzione che tanto maggiore lunit,
tanto pi certo lesaudimento1531. Ci aiuta a comprendere la posizione a
prima vista intransigente di CMtS 89, secondo cui la comunit ecclesiale
deve evitare di pregare insieme agli indegni: non si tratta di far prova
di un rigorismo pastorale profondamente estraneo allanimo di Origene,
bens di assicurare quellintima concordia spirituale, che sola offre la ga-
ranzia di un ascolto presso Dio1532.
Questa unanimit ha per CRm X, 7 il valore di una grazia pos-
sente, in quanto essa fa perno su Cristo e sulla promessa della sua sicura
presenza secondo Mt 18, 201533. Per illustrarne la forza lAlessandrino ri-
corre anche qui allesempio della comunit primitiva di Gerusalemme
riunita in preghiera (At 1, 14): alla sua unanimit orante risponde il dono
dello Spirito nella Pentecoste1534. Origene richiama egualmente lesempio
dei tre figli di Core, addotto da CMt XIV, 1 in riferimento ai salmi loro at-
tribuiti, presentandolo per qui come una tradizione recepita dallesegesi
giudeocristiana1535. Se nel commentario matteano la concordia fra Assir,

1531 Il tema dellaccordo fra carne e spirito si ritrova anche in HEx XIII, 5 (277, 14-
16): Bona est caro quae iam spiritui non repugnat, sed obtemperat et consentit et ideo si
duobus vel tribus in vobis convenerint, ex quacumque re petieritis, fiet vobis (Mt 18, 19)
dixit Dominus.
1532 Si veda p. 355 e nota 1067.
1533 CRm X, 7 (805, 18-806, 25) commenta la benedizione di Rm 15, 5 (E il Dio
della perseveranza e della consolazione vi conceda di avere gli uni verso gli altri gli stessi
sentimenti ad esempio di Cristo Ges): Grandis est ista benedictio ut unum sapiant om-
nes atque unum sentiant et sicut sibi ita unusquisque velit et proximo suo. Vis autem scire
quantum valeat unanimitatis gratia? Salvator in evangeliis pronuntiat: quia si duo vel tres
in unum consenserint de omni re quacumque petierint a Deo fiet eis (Mt 18, 19); et iterum
de semet ipso dicit: quia ubi fuerint duo vel tres congregati in nomine meo; hoc est unum
atque idem sentientes in nomine Christi; ibi inquit ero in medio eorum (Mt 18, 20).
1534 CRm X, 7 (806, 27-30): Vide in Actibus Apostolorum quomodo post ascen-
sionem Domini cum elevassent inquit undecim apostoli cum ceteris vocem et unanimiter
orassent motus est locus in quo stabant et praesentiam sancti Spiritus meruerunt.
1535 interessante mettere a confronto i due testi: a parte la spiegazione etimolo-
gica dei nomi, il loro profilo risulta distinto proprio a seguito della peculiare tradizione
esegetica recepita da Origene in CRm. Linterpretazione offerta qui trova riscontro in
HReL I, 1 (98, 41-45): Observatum tamen est etiam a prioribus nostris, quod in psalmis
tantummodo illis, qui attitulantur filiis Chore, in ipsis solis nihil amaritudinis vel austeri-
tatis videtur inferri. Secondo Nautin, ad loc. (p. 98), Origene si riferirebbe a Ippolito, ma
CRm X, 7 fa pensare senzaltro ad unesegesi giudeocristiana. Krauss, 152-153, nota che
only that part of this beautiful Agada which refers to the repentance of Korahs sons is to
be found in Jewish sources. [...] In the Jewish sources we miss the fine touches of the gift
of prophecy bestowed on Korahs sons, and of the always comforting nature of the Kora-
chide Psalms. Gerolamo, Tr. in Ps. 83 (CCL 78, p. 95, 6-11) riflette linterpretazione ori-
geniana, senza tuttavia menzionare il motivo della concordia orante: quicumque psalmus
praescribitur filiorum Chore, nihil triste habet, sed semper laeta significat. Quoniam enim
490 Parte seconda, Capitolo ottavo
Elkana e Abiasaf frutto dello Spirito che li tiene uniti e ispira le loro
profezie in comune, nel Commento a Romani viene dato rilievo allora-
zione penitenziale, con la richiesta di perdono, che i tre avrebbero formu-
lato dopo la ribellione del Padre (Nm 16); in tal modo avrebbero ottenuto
da Dio non solo il perdono, ma anche la grazia della profezia. Tuttavia, il
motivo dellunit che scaturisce dal dono dello Spirito ritorna pi diretta-
mente nel seguito dellargomentazione, poich Origene evoca alcuni pre-
scritti delle lettere paoline nei quali lapostolo si associa altri collaborato-
ri: essi attestano dunque che essendosi trovati due o tre riuniti insieme,
lo Spirito santo ha fatto uscire da loro un unico pensiero e un unico discor-
so1536. Anche in questo caso lunanimit predispone lintervento dello
Spirito che fa parlare di conseguenza con una sola voce.

Chore et Dathan et Abiron fecerunt contra Moysen, et a domino puniti sunt, filii chore,
qui non sunt secuti patrem suum, aeterno gaudio benedicti sunt.

CMt XIV , 1 (274, 19275, 15) CRm X, 7 (806, 30-807, 47)


Eij de; kai; ajpo; tw'n palaiw'n grammavtwn Ut autem adhuc quanta sit unanimitatis
dehvsei parasth'sai tou;" sumfwnhvsanta" virtus et quanta gratia clarius fiat non puto
ejpi; gh'" trei'", wJ" ei\nai to;n lovgon ejn mevsw/ absurdum videri si ea quae nobis etiam in
aujtw'n eJnou'nta aujtouv", ejpivsthson th/' ejpi- Veteri Testamento a patribus rationabiliter
grafh/' tw'n Yalmw'n, wJ" th/' tou' tessara- tradita sunt his scilicet qui ex Hebraeis ad
kostou' prwvtou ou{tw" ejcouvsh/: eij" to; tev- Christi fidem venerunt in medium profera-
lo": eij" suvnesin toi'" uiJoi'" Kovre (Sal 41 mus.
[42], 1). triw'n ga;r o[ntwn uiJwn' Kovre, w|n ta; Aiebant ergo tres illos filios Chore quorum
ojnovmata ejn th/' Exovdw/ eu{romen (cfr. Es 6, nomina invenimus in Exodo, id est Asir qui
24), tou' Ashvr, o}" eJrmeneuvetai PAIDEIA, interpretatur eruditio, et Elchan qui in nostra
kai; tou' deutevrou tou' Elkanav, o}" meta- lingua dicitur possessio Dei, et Abiasa qui
lambavnetai eij" to; QEOU KTHSIS, kai; triv- in Latino sermone indicat congregationem
tou tou' Abiasavf, o}" Ellavdi fwnh'/ levgoit patris, cum pater eorum Chore peccasset
a]n PATROS SUNAGWGH, aiJ profhtei'ai ouj una cum Dathan et Abiron et omnibus qui
dih/revqesan, ajll wJ" uJpo; eJno;" pneuvmato" consenserunt eis et divinae ultionis in eos
kai; mia'" fwnh'" ejn mia'/ yuch/' ajlhqw'" sum- pararetur excidium (Nm 16, 1-33), istos se-
fwvnw" ejnergou'nto" kai; ei[rhntai kai; ejg- gregasse se a coetu nefario et ab impia con-
ravfhsan, kai; lalou'<si levgo>nte" oiJ trei'" spiratione sequestratos unanimiter ad Deum
wJ" ei|": o}n trovpon ejpipoqei' hJ e[lafo" ejpi; precem paenitentiae profudisse; atque exau-
ta;" phga;" tw'n uJdavtwn, ou{tw" ejpipoqei' hJ ditos a Deo non solum veniam poenae sed
yuchv mou pro;" sev, oJ qeov" (Sal 41[42], 2). et prophetiae gratiam meruisse; et hoc quo-
fasi; de; kai; plhquntikw'" ejn tw/' tessara- que eis a Deo poscentibus praestitum ne
kostw/' trivtw/: oJ qeov", ejn toi'" wjsi;n hJmw'n quid triste aut exitiabile prophetare iuberen-
hjkouvsamen (Sal 43[44], 2). tur; et ob hoc omnes psalmos quicumque
nominibus eorum attitulati referuntur nihil
triste adversum peccatores aut asperum con-
tinere.
1536 CRm X, 7 (807, 50-58): Ego etiam illud quod Paulus in quibusdam epistulis
aliorum vocabula secum iungit et dicit: Paulus et Sostenes frater; et alibi: Paulus et Silva-
nus et Timotheus; puto non inaniter factum, sed per hoc ostendit quia duobus vel tribus in
uno positis Spiritus sanctus unum de eis sensum atque unum elicuerit sermonem; ut qui
I nuclei scritturistici della riflessione origeniana sulla preghiera 491
Una considerazione analoga ispira la ripresa di Mt 18, 19 in FrLc
158, dove la missione concorde di Paolo e Barnaba offre lesempio di
due che si accordano sopra la terra 1537, mentre Fr1Cor 16 ribadisce la
forza che scaturisce dalla preghiera sinfonica per la comunit ecclesiale
evocando di nuovo larmonia orante della prima comunit apostolica1538.
Lo stesso paradigma ritorna in combinazione con il nostro luogo mattea-
no nellesegesi della conquista di Gerico ad opera degli Israeliti in HIos
VII, 2: il clamore unanime del grido di guerra (Gs 6, 5.16.20) del po-
polo davanti alle mura della citt interpretato spiritualmente da Origene
come conforme al modello della preghiera concorde raccomandato da Mt
18, 19 e rappresentato con non minore forza ed efficacia dalla chiesa pri-
mitiva di Gerusalemme1539; dalla sua orazione unanime scaturisce infatti
il terremoto che annuncia la venuta dello Spirito nella Pentecoste1540. Il
potere che scaturisce dal pregare di comune accordo riepiloga anche la ri-
sposta finale dellAlessandrino alla richiesta di Celso che i cristiani si
mobilitino in difesa dello stato romano. La dimensione politica dellora-
zione trova cos in CC VIII, 69 la sua espressione pi convinta. Basandosi
sullassioma per cui Dio si compiace dellaccordo fra gli esseri razionali
e condanna il disaccordo, lAlessandrino fa intravedere la forza che pos-
siederebbe una preghiera fatta in completo accordo da tutti gli abitanti
dellimpero romano per difenderlo dai suoi nemici. Con una simile pre-

ecclesias docere cupiebant unum dicere omnes atque unum sapere ipsi prius unum se dice-
re et unum sapere demonstrarent, et uno ore honorificarent Deum et Patrem Domini nostri
Iesu Christi. Un identico motivo, pi ampiamente orchestrato, compare in CMt XIV, 1.
1537 FrLc 158 (290, 9-14): ajlla; kai; u{steron Pau'lon kai; Barnavban ejxapevstei-
len eij" ta; e[qnh, kai; paravdeigmav ge oiJ toiou'toi h\san tw'n sumfwnouvntwn duvo ejpi; gh'".
ejfarmovsei" de; touvtoi" kai; tov: ajdelfo;" uJpo; ajdelfou' bohqouvmeno", wJ" povli" ojcurav (Pr
18, 19 LXX), kai; to;: ajgaqoi; oiJ duvo uJpe;r to;n e{na. to; de; kata; duvo tetavcqai kai; tou;" dwv-
deka ejmfaivnei ejn tw/' katalovgw/ aujtw'n oJ Matqai'o", kata; suzugivan aujtou;" tavxa".
1538 Fr1Cor 16 (86): Dei' ou\n mhdevna livqon ajnavrmoston ei\nai th/' oijkodomh/': eja;n
ga;r duvo fhsi; sumfwnhvswsin ejx uJmw'n ejpi; th'" gh'" peri; panto;" pravgmato" ou| eja;n aijthv-
swsi, genhvsetai aujtoi'" para; tou' Patro;" tou' ejn toi'" oujranoi'" (Mt 18, 19), povsw/ ou\n
plevon, eja;n pavnte" oiJ livqoi sumfwnhvswsin eij" mivan aJrmonivan kai; gevnhtai pavntwn hJ
kardiva kai; hJ yuch; miva (cfr. At 4, 32), hJ eujch; aujtw'n dunhvsetai kai; ijscuvsei.
1539 HIos VII, 2 (329, 2-5): Unde mihi videtur iubilatio ista indicare quendam con-
cordiae et unanimitatis affectum. Qui si incidat in duos vel tres Christi discipulos, omnia,
quaecumque petierint in nomine Salvatoris, praestat iis pater coelestis (Mt 18, 19).
1540 HIos VII, 2 (329, 5-12): Si vero tanta fuerit beatitudo, ut universus populus
concors et unanimis maneat, ut eadem dicant omnes in eodem sensu atque in eadem sen-
tentia permanentes (At 1, 14), isto tali populo vocem unanimiter elevante fiet illud, quod
scriptum est in Actibus Apostolorum quia terrae motus factus est magnus, ubi tunc unani-
mes orabant Apostoli cum mulieribus et Maria matre Iesu; et terrae motu facto destruen-
tur et cadent omnia, quae terrena sunt, ac mundus ipse subvertetur. Linterpretazione di
At 2, 2 come terremoto ricorda la spiegazione fornita in CMtS 139 (supra, nota 888)
circa il terremoto di Mt 27, 51 visto come il segno della novit sconvolgente del Verbo
che scuote ogni carne raggiunta dal messaggio degli apostoli.
492 Parte seconda, Capitolo ottavo
ghiera essi offrirebbero la garanzia pi solida per la sua protezione, come
avviene sempre con gli uomini di Dio che mantengono in vita il mondo
grazie alle loro preghiere1541.
Sullonda della sua rinnovata riflessione sulla sinfonia orante, Ori-
gene arriva qui con una formulazione che sembra peraltro rimanere unica
in tutta la sua opera ad anticipare lidea dello holy man nella tarda anti-
chit, caratterizzandolo come tale in forza della sua preghiera, concepita
sullesempio di Abramo che intercede per Sodoma, pi che per leserci-
zio di un potere taumaturgico pi o meno indipendente da essa. dunque
lecito scorgere in ci un segno ulteriore e forse il pi eloquente della
fecondit suscitata dal ricorso a Mt 18, 19 per la visuale della preghiera
aldil del trattato. Anzich appuntare il proprio sguardo direttamente verso
la prospettiva dellesaudimento anche se essa risulta centrale in tutto il
discorso dellAlessandrino , il passo matteano illumina per lui come po-
chi altri latteggiamento spirituale richiesto per ricevere ascolto da Dio:
larmonia orante si sintonizza intimamente con la prospettiva escatologica
dellunione in Dio, mentre partecipa in s di un dinamismo trinitario,
essendo fondata sulla presenza del Logos e sul dono dello Spirito. Laspet-
to collettivo prevale su quello individuale nellinterpretazione origeniana
di Mt 18, 19 com naturale, dato il tenore originario del passo , ma
lAlessandrino non ha tralasciato di servirsene anche per raccomandare
larmonia personale dellorante che fa delle sue diverse dimensioni antro-
pologiche un uno sinfonico.

4.4. 1Cor 7, 5: sessualit e preghiera

Apparentato agli occhi di Origene con Mt 18, 19 per laffinit di lin-


guaggio che rimanda alla comune idea di una sinfonia orante1542, 1Cor

1541 CC VIII, 70 (286, 30-287, 5): All oiJ kaq uJpovqesin Kevlsou pavnte" a]n pei-
sqevnte" Rwmai'oi eujcovmenoi perievsontai tw'n polemivwn h] oujde; th;n ajrch;n polemhvson-
tai, frourouvmenoi uJpo; qeiva" dunavmew", th'" dia; penthvkonta dikaivou" pevnte povlei"
o{la" ejpaggeilamevnh" diasw'sai (Gn 18, 24.26). Ale" gavr eijsi thrhtikoi; tw'n ejpi; gh'"
sustavsewn tou' kovsmou oiJ tou' qeou' a[nqrwpoi, kai; sunevsthke ta; ejpi; gh'", o{son oiJ a{le"
ouj trevpontai.
1542 La consonanza di 1Cor 7, 5 data dallespressione ejk sumfwvnou (o ejk sum-
fwniva"). Sulla particolare forma testuale in Origene si veda Hannah, 78-79 (supra, nota
529). Da notare la peculiare lezione i{na mh; ejpicarh'/ uJmi'n [peiravzh/ uJma'" NTG] oJ Sa-
tana'", perch Satana non gioisca di voi esclusiva di Origene (Orat II, 2), che secondo
Oulton, 332 potrebbe essere loriginaria: In spite of its weak attestation, there are two
points that may be urged in favour of ejpicarh'/ uJmi'n being the true reading: (1) it would be
fatally easy for a scribe to alter ejpicarh'/ to peiravzh/ in a reference to Satan; and (2) if
Paul wrote ejpicarh'/ it would give additional point to I Cor. 13:6: hJ ajgavph [...] ouj caivrei
ejpi; th/' ajdikiva/.
I nuclei scritturistici della riflessione origeniana sulla preghiera 493
7, 5 (Non astenetevi tra voi se non di comune accordo e temporanea-
mente, per dedicarvi alla preghiera, e poi ritornate a stare insieme, perch
Satana non vi tenti nei momenti di passione) non solo uno fra i luoghi
paolini pi influenti nel suo discorso sulla preghiera, ma soprattutto rinvia
ad una sfera desperienza che ne tradisce limpatto auspicato sui diversi
stati di vita, a partire dalla condizione matrimoniale. La sua importanza si
gi potuta cogliere nellesame del trattato, anche se le citazioni sono re-
lativamente ridotte1543. Tuttavia, ad uno sguardo complessivo sullutilizzo
di 1Cor 7, 5, il rilievo si manifesta come ancora pi cospicuo nel seguito
dellopera, poich lAlessandrino fa emergere problematiche sottaciute in
Orat. Ci avviene non soltanto nel commento ad hoc tramandatoci dai
frammenti di quelle che si ritengono essere le Omelie su 1 Corinzi, ma
anche in contesti esegetici diversi1544.
Origene si accostato al cruciale capitolo paolino nel solco di una
tradizione interpretativa che ne aveva gi messo a nudo le tensioni deri-
vanti dal difficile equilibrio perseguito dallApostolo fra esercizio della
sessualit allinterno del matrimonio e primato riconosciuto alla castit1545.

1543 La prima compare in Orat II, 2 (300, 15-18): e[ti de; tou' kaqo; dei' tov: mh; ajpo-
sterei'te ajllhvlou", eja;n mhv ti ejk sumfwniva" pro;" kairo;n, i{na scolavshte th'/ proseuch'/
kai; pavlin ejpi; to; aujto; h\te, i{na mh; ejpicarh'/ uJmi'n oJ satana'" dia; th;n ajkrasivan uJmw'n
(1Cor 7, 5). A sua volta, Orat XXVIII, 4 (377, 21-24) unisce 1Cor 7, 3 (Il marito compia
il suo dovere verso la moglie; ugualmente anche la moglie verso il marito) a 7, 5 nel com-
mento della quinta petizione, a proposito del debito comune cui, secondo Paolo, sono
tenuti reciprocamente marito e moglie: h[dh de; oJ ajpovstolo" ojfeilhvn tina koinh;n wjnov-
masen ajndro;" kai; gunaiko;" levgwn: th'/ gunaiki; oJ ajnh;r th;n ojfeilh;n ajpodidovtw, oJmoivw"
kai; hJ gunh; tw'/ ajndriv (1Cor 7, 3): kai; ejpifevrei: mh; ajposterei'te ajllhvlou" (1Cor 7, 5).
La terza occorrenza 1Cor 7, 5-6 figura in Orat XXXI, 4 (nota 528).
1544 Al di fuori di Orat registriamo il seguente elenco: Fr1Cor 34 (138) cita 1Cor
7, 5-6, mentre il nostro versetto compare ulteriormente in Fr1Cor 29 (nota 1549); Fr1Cor
33 (nota 1551); Fr1Cor 38 ([152] Dou'lo" ou|n ejklhvqh" mhv soi melevtw: ajll eij kai; duvna-
sai ejleuvqero" genevsqai, ma'llon crh'sai [1Cor 7, 21]: tou't e[stin, eij mh; paranomei'"
kata; to;n lovgon, duvnasai ejleuvqero" ei\nai: pw'" ejk sumfwvnou i{na scolavshte th/' pro-
seuch/' meta; pavsh" oJmonoiva"). Cfr. inoltre CRm I, 1 (nota 1557); CRm IX, 1 (nota 1558);
CMt XIII, 7 (nota 1236); CMt XIV, 1 (nota 1565); CMt XIV , 2 (nota 1567); CMt XVII, 35
([699, 5-12] ou{tw" kai; ta; peri; gavmwn gegrammevna kai; ajndrw'n kai; gunaikw'n
throu'nte" ejpi; tou' rJhtou' kai; oijovmenoi sunousivai" hJma'" kai; tovte crhvsesqai, di a}"
oujde; scolavzein ejsti; th/' proseuch/' dunato;n ejn molusmw/' pw'" o[ntwn kai; ajkaqarsiva/ tini;
tw'n crwmevnwn ajfrodisivoi"); HNm XXIII, 3 (nota 531); FrPs 6, 7 (nota 1562); FrPs 62
(63), 7 (nota 1563); FrQo 3, 5 b (nota 1564); FrRm 8 Staab (78, 10; nota 1559).
1545 Sul dibattito esegetico-dottrinale intorno a 1Cor 7 si veda Clark; Hunter. Mi
sono soffermato su 1Cor 7 e le ragioni dellascetismo protocristiano in Perrone 2002a.
Sullinterpretazione origeniana di 1Cor si veda Cocchini, 82-88: Origene costantemen-
te qualifica questa lettera come uno scritto rivolto a una comunit in pericolo sia perch,
come quella dei Galati, non era ancora sufficientemente formata, sia perch, a motivo del
contesto pagano in cui era inserita e che doveva essere particolarmente fiorente, aveva
fama di fornicazione, di idolatria e di consumo di carni immolate agli idoli e si vantava
di possedere una sapienza che in realt non corrispondeva n a quella dei veri saggi che
494 Parte seconda, Capitolo ottavo
Respingendo le posizioni encratite abbracciate da Taziano ed anche da
Marcione, e riallacciandosi in ci a Clemente Alessandrino, egli difende
la liceit del matrimonio cristiano, ma nello stesso tempo non nasconde la
difficolt a conciliare lesercizio della sessualit con la vita di preghiera.
Lo avvertiamo fin dal trattato, allorch nellesemplificare il modo di pre-
gare (to; kaqo; dei'), Origene dapprima raccomanda da un lato laccordo
di coppia per lastinenza sessuale in vista della preghiera e dallaltro una
pratica sessuale che sia sottomessa al controllo della ragione (Orat II, 2)1546.
Ora, se tale indicazione si presenta a prima vista come una soluzione po-
tenzialmente equilibrata, che sfrutta in senso positivo la sinfonia orante
per attuare la stessa comunione sessuale sul piano coniugale, in seguito
proprio la pratica dichiarata legittima, purch sinfonica, viene a conflig-
gere per lAlessandrino con le modalit concrete dellatto orante. Cos
Orat XXXI, 4 sembrerebbe abbracciare la sofferta opinione che sconsiglia
di pregare nella camera nuziale, ancorch la condotta sessuale vi si esplichi
nei termini consentiti dallApostolo1547. La riluttanza chiaramente percepi-
bile qui deriva dalla concezione della sessualit come apportatrice dimpu-
rit; in quanto tale, lAlessandrino linclude necessariamente nel processo
di purificazione che accompagna preliminarmente latto orante1548.
Origene ha riflettuto in maniera pi approfondita su tali aspetti nel
commentare 1Cor per la comunit di Cesarea, mettendo in luce lincompa-
tibilit di un rapporto diretto e positivo fra vita sessuale e vita di preghiera.
Linterpretazione di 1Cor 7 inquadrata da alcune premesse di ordine an-
tropologico-spirituale e storico-ecclesiale. Origene sostiene anzitutto che
la vocazione originaria del corpo, conformemente al disegno divino sui
protoplasti, quella di essere tempio dello Spirito santo, con lanima chia-
mata a svolgere il ruolo di suo sacerdote1549. In questa cornice egli riaf-
ferma il primato della verginit, della continenza e della consacrazione
alla preghiera, dal momento che il corpo di colui che divenuto confor-

abbondavano nel suo stesso ambiente n a quella secondo Dio, ed era pertanto giusta-
mente fatta oggetto dei rimproveri da parte dellApostolo (pp. 84-85).
1546 Orat II, 2 (300, 18-23): dia; touvtwn ga;r ejmpodivzetai to; kaqo; dei', eja;n mh; kai;
tw'n kata; to;n gavmon siwpa'sqai ajxivwn musthrivwn to; e[rgon semnovteron kai; braduvte-
ron kai; ajpaqevsteron givnhtai, th'" legomevnh" ejntauqoi' sumfwniva" to; ajsuvmfwnon tou'
pavqou" ajfanizouvsh" kai; th;n ajkrasivan ajnaliskouvsh" tou' te satana' to; ejpicairhsiv-
kakon kwluouvsh".
1547 Orat XXXI, 4 (nota 528).
1548 Cfr. supra, pp. 172-173. Per Sfameni Gasparro 2000b, 269, lesegesi di 1Cor 7
induce Origene a ritenere lattivit coniugale un ostacolo alla preghiera stessa e in gene-
rale alla pratica religiosa del cristiano.
1549 Fr1Cor 29 (130) su 1Cor 6, 13-14: ei[ qevlei" to;n prohgouvmenon lovgon
maqei'n dia; tiv gevgonen, a[koue: i{na nao;" h/\ tw/' Kurivw/, kai; i{na hJ yuch; aJgiva kai; makariva
ou\sa to; pneu'ma to; a{gion wJsperei; qerapeuvousa, iJereu;" gevnhtai tou' ejn soi; aJgivou
pneuvmato".
I nuclei scritturistici della riflessione origeniana sulla preghiera 495
me a Cristo appartiene al Signore1550. Pur nelle tensioni che oppongono
a Corinto forti e deboli, quindi naturale che Paolo inizi il suo di-
scorso da ci che assiologicamente occupa il primo posto, riconoscendo
anzitutto il valore della castit (1Cor 7, 1). Ma daltra parte lApostolo
non pu non tener conto dellumana debolezza, in considerazione della
quale subordina la pratica della verginit e della preghiera a una decisione
condivisa da entrambi i coniugi: preferibile, infatti, salvarsi nelle opere
del matrimonio piuttosto che lasciare che uno dei due si perda1551. In
ogni caso come nota lAlessandrino entrando nel vivo della spiegazione
di 1Cor 7, 5 , non la stessa cosa accostarsi alla preghiera in una con-
dizione di purit sessuale (kaqarovth") o a partire dalla comunione
coniugale (koinwniva) 1552. La distinzione rafforzata dal confronto con la
religiosit pagana: se gli stessi pagani si astengono dai rapporti sessuali
prima di offrire agli idoli, quanto pi tenuto a farlo il cristiano che
prega il Dio delluniverso!
Di conseguenza, la giusta regola per la coppia accondiscendere al
sesso a causa dellumana debolezza, ma astenersi da esso a motivo
delle preghiere. Con ci Origene intende fra laltro, in modo pi circo-
stanziato, la partecipazione alla celebrazione eucaristica, come chiarisce
largomentazione scritturistica ad hoc. Egli rammenta infatti non solo la
purificazione preliminare di tre giorni, richiesta da Mos agli israeliti af-
finch potessero divenire ascoltatori di Dio (Es 19, 15), ma anche lepi-
sodio dei giovani di David, i quali essendo mondi dalle donne, cio le
loro mogli, possono accostarsi ai pani della proposizione (1Sam 21, 4).
A fortiori, si deve essere puri, quando si ricevono i pani ben pi grandi dei
pani della proposizione, con un chiaro riferimento allepiclesi trinitaria
nella celebrazione eucaristica e alla partecipazione alla comunione1553.
Pertanto non possibile conciliare lassolvimento del debito coniugale
con le preghiere, n si pu dire che sia pura lorazione di colui che intrat-

1550 Fr1Cor 29 (130): To; ga;r prohgouvmenon aJgneuvein kai; kaqareuvein kai; sco-
lavzein th/' proseuch/'. Tou' ga;r h[dh ejgerqevnto" meta; Cristou' kai; summovrfou genomev-
nou th/' ajnavstasei aujtou' kai; th/' kainovthti th'" zwh'" to; sw'ma ojfeivlei ei\nai oujdeno;" h]
tou' Kurivou.
1551 Fr1Cor 33 (136): AiJretwvteron ga;r tw'n duvo swqh'nai euJriskomevnoi" ejn toi'"
e[rgoi" tou' gavmou h] th/' profavsei tou' eJno;" to;n e{teron ejkpesei'n th'" ejlpivdo" th'" ejn
Cristw/': pw'" ga;r kai; swqhvsetai e[noco" w]n tw/' qanavtw/ th'" gunaikov" oujk e[stin ou\n
kaqara; hJ semnovth" tou' ajndro;" o{te mh; ejk sumfwniva" th'" gunaiko;" givnhtai hJ a[skhsi"
ajmfotevroi" uJpe;r tou' scolavsai tai'" kata; Qeo;n eujcai'".
1552 Fr1Cor 34 (136): Ofeivlete ga;r ajmfovteroi eijdevnai o{ti oujk e[stin hJ aujth;
eujch; ajpo; kaqarovthto" ajndro;" kai; gunaiko;" kai; eujch; ajpo; koinwniva".
1553 Fr1Cor 34 (138): i{na de; tou;" meivzona" th'" proqevsew" lavbh/ a[rtou", ejf w}n
ejpikevklhtai to; o[noma tou' qeou' kai; tou' Cristou' kai; tou' aJgivou pneuvmato", ouj pollw/'
plevon ojfeivlei ti" ei\nai kaqarwvtero". Sulla dimensione eucaristica si veda supra, note
673, 1276, 1344.
496 Parte seconda, Capitolo ottavo
tiene rapporti sessuali, anche nel quadro del matrimonio1554; in particolare,
nel tempo riservato al digiuno e alla preghiera occorre sempre essere mon-
di dal rapporto con la propria moglie1555. Nondimeno, lincompatibilit
dichiarata fra esercizio del sesso ed espressione della preghiera non com-
porta per lAlessandrino lincapacit per i coniugi di vivere il loro stato
come una condizione gradita a Dio. Dopo aver reciso il legame diretto fra
sesso e preghiera, Origene si premura di mostrare come nelleconomia
complessiva della vita coniugale si attui una vocazione cristiana che in-
treccia di fatto il rapporto sessuale e la procreazione con la preghiera e
giunge a fare del matrimonio un vero e proprio carisma: il matrimo-
nio ha il profumo di un dono, soprattutto quando rispecchia intimamente
quella sinfonia raccomandata da 1Cor 7, 51556.
Anche nel Commento a Romani lAlessandrino tornato a citare il
nostro passo, facendolo oggetto di uninterpretazione che converge con
quella fornita in Fr1Cor. Esso aiuta anzi a comprendere lo stesso profilo
biografico dellApostolo, il quale pur essendo per Origene presumibil-
mente sposato di comune accordo con la moglie ha deciso di votarsi alla
castit: servo nel matrimonio, si rende pertanto servo di Cristo nella con-
tinenza1557. Non per questo si deve sminuire il valore cristiano dello stato
matrimoniale, pur venendo esso in quintordine dopo apostoli, martiri,
vergini e continenti; anzi, se le nozze sono vissute santamente dai coniugi,
questi anche da sposati possono fare offerta a Dio dei loro corpi come

1554 Fr1Cor 34 (138): oujk e[nesti kai; qew/' ajpodidovnai deovntw" ta;" eujca;" kai;
ajpodou'nai th;n ojfeilh;n to;n gegamhkovta th'/ gunaikiv: diovper to; ojfeivlhma to; eij" Qeo;n
eja;n ejpeivgh/, dei' to; e{teron ajposterei'n. Akoue ga;r aujtou' levgonto": mh; ajposterei'te
ajllhvlou", eij mhv ti a]n ejk sumfwvnou pro;" kairo;n i{na scolavshte th'/ proseuch'/ kai; pav-
lin ejpi; to; aujto; h\te: wJ" mh; kaqara'" ajnapempomevnh" th'" eujch'" toi'" kai; sunelhluqov-
sin, eij kai; nomivmw" sunelhluvqasin.
1555 Fr1Cor 34 (138): Kai; dei' kaqareuvein pavntw" kai; ajpo; th'" ijdiva" gunaiko;" ejn
kairw/' eujch'" kai; nhsteiva".
1556 Fr1Cor 34 (140): Pnevei carivsmato" oJ gavmo", o{te ta; mevtra threi'tai, tou' ejk
sumfwniva". Kai; ajlhqw'" e[stin eijpei'n ejpiv tinwn o{ti touvtw/ oJ gavmo" cavrismav ejstin, o{te
oujk ajkastasiva, o{te pa'sa eijrhvnh, pa'sa sumfwniva. Cfr. anche Fr1Cor 35 (144): ejpi; de;
tw'n pistw'n, o{te ajmfovteroi koinwnou'si kai; eujcw'n kai; paidopoiiva" aJgiva" kai; pavntwn
w|n cristianou;" koinwnei'n dei', levgei o{ti oJ gavmo" oujk ajllovtriov" ejsti qeou'. In FrRm
(cfr. CRm I, 14 [72, 10-15]) il matrimonio annoverato fra i carivsmata ouj pneumatikav.
1557 CRm I, 1 (47, 35-41.49-52): Est ergo servus vocatus qui in coniugio positus
venit ad Christum, cui dicitur: servus vocatus es? nihil ad te attineat; sed et si potes liber
fieri magis utere (1Cor 7, 21); quia in coniugibus alterius continentiae libertas alteri gene-
rat periculum castitatis. Non enim debent nisi ex consensu ad tempus vacare orationi et
iterum in id ipsum esse ne eos temtet Satanas propter incontinentiam suam. [...] Paulus
ergo si ut quidam tradunt cum uxore vocatus, de qua dicit ad Filippenses scribens: rogo
etiam te germane compar adiuva illas; quia cum ipsa ex consensu liber effectus est ser-
vum se nominat Christi. Cocchini, 32 ss., basandosi in particolare su Fr1Cor 35, deduce
che per lAlessandrino Paolo doveva essere stato sposato e poi o si era separato dalla mo-
glie o era rimasto vedovo (p. 35).
I nuclei scritturistici della riflessione origeniana sulla preghiera 497
sacrificio vivente, santo e gradito a Dio (Rm 12, 1), alternando i tempi
dedicati dietro mutuo consenso alla preghiera con i momenti dello scam-
bio coniugale1558. Pi che allo stato di celibe o di sposato considerato in
astratto, per Origene importa verificare le modalit con le quali esso viene
vissuto. Resta peraltro vero che anche lofferta santa di s a Dio non rea-
lizza interamente secondo lAlessandrino le esigenze delloratio continua,
nella misura in cui la pratica sessuale, fonte di impurit, osta ad una sua
piena attuazione: come precisa un frammento del Commento a Romani,
lunione fra luomo e la donna impedisce la preghiera1559. Egli lo ribadi-
sce nelle Omelie su Numeri, dove fra laltro ricorda che persino il profeta
che attende allesercizio della generazione, nel compiere ci privato del-
la presenza dello Spirito1560. Analogamente, solo chi pratica la continenza
in grado di fare della propria vita un sacrificio perenne a Dio, senza
quella forzata alternanza fra sesso e preghiera per chi si attenga ai doveri
coniugali1561. In questo stesso ordine di idee si collocano due frammenti
sui Salmi, qualora li si possa ritenere autentici, che sfruttano entrambi la
citazione di 1Cor 7, 5 per ribadire lidea secondo cui solo chi si astiene
dal sesso, pu vivere integralmente una vita di preghiera. Un commento a

1558 CRm IX, 1 (714, 81715, 95): Et quamvis in ecclesia prima post apostolos ho-
stia martyrum secunda virginum videatur tertia continentium; puto tamen quod nec hi qui
in coniugiis positi sunt et ex consensu ad tempus vacant orationi (1Cor 7, 5) velut Naza-
raeorum vota solventes si in ceteris sancte agant et iuste negandi sunt corpora sua exhi-
bere posse hostiam viventem sanctam placentem Deo (Rm 12, 1); nec rursum corpora vir-
ginum vel continentium si aut superbiae macula aut avaritiae sordibus aut linguae maledi-
cae vel mendacii immunditia polluantur hostiam sanctam et Deo placentem putandi sunt
ex sola virginitate corporis obtulisse; quia et in lege hostia cum offerretur inspiciebatur a
sacerdote diligentius non solum si ex mundis esset animalibus sed ne aut in oculo haberet
vitium aut in auribus aut in pedibus ne claudum ne luscum ne vulsum animal divino am-
moveretur altari.
1559 FrRm (cfr. CRm I, 14): to; ga;r pneumatiko;n oujk a[n pote ejmpodivsh/ proseuch/,'
hJ de; ejpi; to; aujto; suvnodo" ajndro;" kai; gunaiko;" kwluvei (Staab 78, 10)
1560 HNm VI, 3 (35, 16-18): conubia legitima carent quidem peccato nec tamen
tempore illo, quo coniugales actus geruntur, praesentia sancti Spiritus dabitur, etiamsi pro-
pheta esse videatur, qui officio generationis obsequitur.
1561 HNm XXIII, 3 (214, 22-25): Dies ergo festus est Domini, si ei sacrificium inde-
sinenter offeramus, si sine intermissione oremus (1Ts 5, 17), ita ut adscendat oratio nostra
sicut incensum in conspectu eius mane, et elevatio manuum nostrarum fiat ei sacrificium
vespertinum (Sal 140[141], 1-2). La riserva per i coniugi, a partire da 1Cor 7, 5, cos
motivata (215, 13-14): Unde videtur mihi quod illius est solius offerre sacrificium inde-
sinens, qui indesinenti et perpetuae se devoverit castitati. Ma forse solo nella vita futura
che potr essere offerto questo sacrificio ininterrotto (216, 30217, 6): In quo sabbato
concedat etiam nobis Deus diem festum agere secum et cum sanctis angelis suis festa cele-
brare, offerentes sacrificium laudis et reddentes altissimo vota (Sal 49[50, 14) nostra, quae
hic distinxerunt labia nostra (Sal 65[66], 14). Tunc fortassis et sacrificium indesinens, de
quo supra exposuimus, melius offeretur. Tunc enim melius indesinenter adsistere anima
poterit Deo et offerre sacrificium laudis per pontificem magnum, qui est sacerdos in aeter-
num secundum ordinem Melchisedech (Eb 6, 20).
498 Parte seconda, Capitolo ottavo
Sal 6, 7 (ogni notte inondo di pianto il mio giaciglio, irroro di lacrime il
mio letto), vi ricava unesortazione alla castit: solo chi si mantiene
puro dalla contaminazione sessuale in grado di far proprie le parole del
salmo, piangendo i propri peccati passati1562. Identica interpretazione
tratta da un frammento su Sal 62(63), 7 (nel mio giaciglio di te mi ricor-
do e penso a te nelle veglie notturne): colui che si vota alla preghiera, si
mantiene puro 1563. Da parte sua un frammento dal Commento a Ecclesia-
ste, senza contraddire limpostazione suddetta, distingue nettamente il
tempo dedicato alla preghiera da quello volto allattivit sessuale, o me-
glio alla procreazione1564.
La ripresa di 1Cor 7, 5 in CMt XIV rappresenta in un certo senso la
sintesi della riflessione origeniana sul passo paolino. LAlessandrino lha
addotto, come si visto sopra, nella sua spiegazione di Mt 18, 19, per cui
laccento batte principalmente sulla dimensione sinfonica del rapporto
fra matrimonio e preghiera. Uno dei frutti della concordia coniugale, vista
come una manifestazione dellarmonia divina, proprio la vita di preghie-
ra condivisa gioiosamente tra marito e moglie1565. Ad una coppia siffatta
si applica la seconda delle spiegazioni fornite da Origene su Mt 18, 19-20,
tratta a suo dire da uno dei suoi predecessori, il quale avrebbe inteso
cos esortare alla castit e alla purezza. Laccordo che il Logos vorrebbe
veder realizzato sulla terra fra due o tre riguarda dunque la coppia, che
chiamata a vivere il proprio rapporto secondo lindicazione dellApo-
stolo in 1Cor 7, 5, cio astenendosi dai rapporti sessuali per la preghiera.
Ora, a chi attua questa sinfonia Ges promette sicuro esaudimento da

1562 FrPs 6, 7 (PG 12, 1176C): Carievntw" de; eij" protroph;n aJgneiva" crhsovmeqa
tw/' lovgw touvtw//: Louvsw kaq eJkavsthn nuvkta th;n klivnhn mou, uJpo; movnwn tw'n ajei; kaqa-
reuovntwn ajpo; mivxew" favskonte" kalw'" levgesqai to;: Louvsw kaq eJkavsthn nuvkta th;n
klivnhn mou (Sal 6, 7): ou|toi de; kai; scolavzonte" th/' proseuch/' (1Cor 7, 5), ejn davkrusi
brevcousin eJautw'n ejn toi'" hJmarthmevnoi" pavlai th;n strwmnhvn. Si noti lespressione eij"
protroph;n aJgneiva" che ricorda lanaloga formulazione di CMt XIV, 2 (nota 1567).
1563 FrPs 62 (63), 7 (PG 12, 1489A-B): Piqano;n eij" aJgneivan protreptikovn: wJ"
tou' ejpi; th'" strwmnh'" mnhmoneuvonto" tw'n kata; qeovn, pavntw" kaqareuvonto". Omoivw"
kai; to; En davkrusiv mou th;n strwmnhvn mou brevxw. Kai; ga;r ajposterou'sin ajllhvlou" oiJ
scolavzonte" th/' proseuch/'.
1564 FrQo su Qo 3, 5 b (un tempo per abbracciare e un tempo per astenersi dagli
abbracci): Epetai tw/' lovgw/ to; mh; ajposterei'te ajllhvlou", eij mhvti ejk sumfwvnou gevnh-
tai pro;" kairovn, i{na scolavzhte th/' proseuch/' . Meta; de; th;n proseuchvn, kairo;" perilhv-
yew" oJ th'" paidopoii?a" (Leanza, 14; Leanza 1983, 24-25).
1565 CMt XIV, 1 (272, 30-273, 12): ou{tw" ejgw; ajkouvw kai; tou' ajpostolikou' rJhtou':
mh; ajposterei'te ajllhvlou", eij mhv ti a]n ejk sumfwvnou pro;" kairo;n i{na scolavshte th'/
proseuch'/. ejpei; ga;r to; th'" aJrmoniva" o[noma ejpi; tw'n kata; qeo;n gamouvntwn tevtaktai ejn
tw/' ou{tw" ejk Paroimiw'n tetagmevnw/ rJhtw/': oi\kon kai; u{parxin meriou'ntai patevre" pai-
siv, para; de; qeou' aJrmovzetai gunh; ajndriv (Pr 19, 14), ajkovlouqovn ejsti th/' ajpo; qeou' aJrmo-
niva/ to; o[noma kai; to; e[rgon ajpolauvein th'" sumfwniva" eij" eujchvn, o{per dhlou'tai ejn tw/'
eij mhv ti a]n ejk sumfwvnou.
I nuclei scritturistici della riflessione origeniana sulla preghiera 499
parte del Padre celeste per qualunque domanda gli verr indirizzata1566.
Riportata lesegesi altrui, lAlessandrino si preoccupa di far notare che
una simile interpretazione non comporta affatto lo scioglimento del vin-
colo matrimoniale, ma deve piuttosto spingere a vivere unintesa pi pro-
fonda nella vita di coppia. Ancora una volta per questa visione ideale
dellarmonia coniugale espressa attraverso la preghiera condivisa degli
sposi sembra dover sfociare per Origene nellastensione dal sesso. Egli
osserva infatti che la promessa di Mt 18, 19-20 non vale per coloro che si
accordano al basso, quando cio uno dei coniugi non voglia o non possa
praticare la continenza1567. In conclusione, se 1Cor 7, 5 implica un risvolto
negativo in rapporto allesercizio della sessualit, lAlessandrino ne in-
dica positivamente il potenziale armonico per una vita di coppia quando
essa faccia perno sulla comune preghiera dei due coniugi.

4.5. Mt 5, 44: la preghiera per i nemici e luniversalit dellamore

Nel trattato Origene ha indicato con grande chiarezza la necessit del


perdono e della riconciliazione fraterna quali requisiti preliminari per
lorazione spirituale, anche se ha sfruttato assai poco Mt 5, 23, il luogo
evangelico che inculca per eccellenza lineludibile nesso fra preghiera,
perdono e riconciliazione, preferendogli il parallelo di Mc 11, 25 (Quan-
do vi mettete a pregare, se avete qualcosa contro qualcuno, perdonate, per-
ch anche il Padre vostro che nei cieli perdoni a voi i vostri peccati)1568.

1566 CMt XIV, 2 (277, 30-278, 14): h[dh de; kai; a[llh" dihghvsew" aJywvmeqa, h}n
e[legev ti" tw'n pro; hJmw'n, protrevpwn ejpi; aJgneivan kai; kaqarovthta tou;" gegamhkovta".
duvo gavr, ou}" bouvlhtai (fhsi;n) oJ lovgo" sumfwnei'n ejpi; th'" gh'", a[ndra kai; gunai'ka noh-
tevon, ejk sumfwniva" ajposterou'nta" ajllhvlou" swmatikh'" oJmiliva", i{na scolavswsi th'/
proseuch'/, o{te proseucovmenoi peri; panto;" pravgmato" ou| eja;n aijthvswntai lhvyontai,
gignomevnou aujtoi'" tou' ajpo; toiauvth" sumfwniva" aijthvmato" para; tou' ejn oujranoi'" pa-
tro;" Ihsou' Cristou'.
1567 CMt XIV , 2 (278, 15-27): kai; e[oiken hJmi'n hJ dihvghsi" au{th ouj diavlusin
poiei'n gavmou, ajll ejpi; sumfwnivan protrophvn: wJ" eij oJ e{tero" me;n bouvloito kaqareuv-
ein, oJ de; e{tero" mh; qevloi <h] mh; duvnaito> kai; dia; tou'to sugkatabaivnoi tw/' h] mh; qevlonti
h] mh; dunamevnw/ oJ kai; boulovmeno" kai; dunavmeno" to; krei'tton, oujk a]n e[coien ajmfovte-
roi to; peri; panto;" pravgmato" ou| eja;n aijthvswntai, givnesqai aujtoi'" para; tou' ejn oujra-
noi'" patro;" Ihsou' Cristou'.
1568 Egli si serve di Mt 5, 23 unicamente in Orat II, 2 e HNm XXVI , 2, dove lo mette
in relazione con 1Tm 2, 8 (supra, pp. 6, 434 e nota 1347). Invece cita o allude a Mc 11, 25
in Orat II , 2 ([300, 23-25] pro;" touvtoi" tou' kaqo; dei' ejsti didaskaliko;n tov: eja;n sthvkhte
proseucovmenoi, ajfivete, ei[ ti a]n e[chte katav tino"); VIII , 1 ([317, 2-4] ajll oujde; ajfev-
sew" aJmarthmavtwn oi|ovn te tucei'n to;n eujcovmenon, mh; ajpo; th'" kardiva" ajfievnta tw'/ pe-
plhmmelhkovti kai; suggnwvmh" tucei'n ajxiou'nti ajdelfw/'); IX , 1 (nota 485); IX, 3 (nota
486). Estrapolato dalla problematica del perdono, Mc 11, 25 ricorre ancora in CMt XIV, 25
nel contesto di una riflessione sullefficacia della preghiera (note 1053, 1372). interes-
sante notare che Evagrio, nel suo scritto sulla preghiera, non cita n Mt 5, 44 o Lc 6, 28 n
500 Parte seconda, Capitolo ottavo
Daltra parte, sia in Orat che altrove, egli ha insistito sulla disposizione
danimo riconciliata e pacifica in colui che si accinge a pregare, servendosi
del concetto di ajmnhsikakiva : loblio dei torti subti, cio labbandono
di ogni sentimento di irosit e rancore (mnhsikakiva) verso il prossimo,
occasionalmente ricondotto come sua giustificazione scritturistica a Zc 7,
10 e considerato anzi alla luce di questo passo come la ricapitolazione
stessa di tutta la legge (Non frodate la vedova, lorfano, il pellegrino, il
misero e nessuno nel cuore trami il male contro il proprio fratello [LXX:
mnhsikakeivtw, provi nel suo cuore del rancore verso il prossimo])1569.
Il termine ajmnhsikakiva, di origine scritturistica (3Mac 3, 21) e (a diffe-
renza del suo contrario mnhsikakiva ) di uso esclusivamente cristiano, era
stato adoperato ancor pi estesamente da Clemente Alessandrino in spe-
cial modo nella trattazione sulla preghiera del VII libro degli Stromati e
verr utilizzato successivamente, fra gli altri, da Evagrio Pontico, a ulte-
riore conferma di un aspetto giudicato cruciale per una prassi orante che
intenda essere coerente con il modello evangelico1570.
In conformit con tale atteggiamento spirituale, Origene ha ripreso il
precetto di Ges sullamore verso i nemici e la preghiera a beneficio di
essi in Mt 5, 44, mettendo pi volte in evidenza quanto tale insegnamento
risulti decisivo per il suo discorso sullorazione. Il passo matteano si
trova al centro di una sezione del discorso della montagna (Mt 5, 43-45),
frequentemente commentata dallAlessandrino, in particolar modo per
quanto riguarda il versetto conclusivo, che sorregge la sua riflessione sia
sulla bont di Dio sia sulla carit a cui i cristiani sono chiamati verso tutti
gli uomini (43 Avete inteso che fu detto: Amerai il tuo prossimo e odierai
il tuo nemico; 44 ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per i vostri
persecutori, 45 perch siate figli del Padre vostro celeste, che fa sorgere il
suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sopra i giusti e sopra
gli ingiusti)1571. Tuttavia, in Orat II, 2 Origene si richiama piuttosto al-

Mc 11, 25, ma parafrasa Mt 5, 23: Eij to;n meta; dwvrou proselqovnta ejpi; to; qusiasthvrion
oujk ejdevxato, oJ ajnendeh;" kai; ajdevkasto" e{w" tou' diallagh'nai tw/' plhsivon lupoumevnw/
pro;" aujtovn, skovpei povsh" fulakh'" kai; diakrivsew" creiva, i{na eujsprovsdekton dw'men
tw/' Qew/' qumivama ejn tw/' nohtw/' qusiasthrivw/ (De orat. 147).
1569 Orat IX , 3 (nota 486); Orat XXXI , 2 (nota 468: mnhsikakiva e ajmnhsikakevw;
cfr. inoltre note 486, 702). In CMt XIV, 6 la nozione di ajmnhsikakiva approfondita alla
luce della parabola sul servo malvagio (Mt 18, 23-35). curioso che in Orat IX, 3 come in
FrPs 4, 6 (PG 12, 1148A) Origene attribuisca a Geremia un testo che in realt fonde Ger
7, 22-23 con Zc 7, 10, ma anche Barnaba (2, 8) e Clemente Alessandrino (Paed. III, 12, 91)
sono testimoni dello stesso testo a differenza di Teofilo dAntiochia (Ad Autol. III, 12, 28).
1570 Cfr. rispettivamente Clemente Alessandrino, Strom. VII, 14, 85, 2.5; VII, 14, 86,
5; ed Evagrio Pontico, De mal. cog. 3; De orat., Prol. Evagrio si serve assai pi abbondan-
temente di mnhsikakiva.
1571 Secondo Harl (La chane palestinienne sur le Psaume 118), 633, si tratta di
une citation chre Origne (Matth. 5, 44-45 sert souvent recommander lamour de
I nuclei scritturistici della riflessione origeniana sulla preghiera 501
lanalogo luogo di Lc 6, 28 (benedite coloro che vi maledicono, pregate
per coloro che vi maltrattano), che in generale ricorre in lui pi rara-
mente di Mt 5, 44 e soprattutto per caratterizzare il discorso dei cristiani
quale linguaggio di benedizione, come vediamo tra laltro nella Lettera
agli amici di Alessandria1572. Successivamente, in Orat XXII, 4, rinvia
unicamente a Mt 5, 45 al fine di orchestrare il motivo dellattuazione del-
limmagine di Dio in coloro che sono chiamati ad essere suoi figli1573.
In altri scritti troviamo invece una riflessione pi direttamente collegata
con il nostro passo, sia pure sempre in connessione con la prospettiva della
figliolanza divina tracciata dal luogo matteano e illustrata ampiamente da
Origene nel suo commento del Padrenostro 1574. Bisogna comunque tenere

tous, limitation de la magnanimit de Dieu). In questo senso FrPs 118 (119), 64a Harl
(SC 189, p. 288, 1-7) sfrutta Mt 5, 45 a riprova della pazienza e misericordia divina verso
gli uomini: Ea;n katanohvsh/" to; plh'qo" tw'n aJmartanovntwn, tw'n ajsebouvntwn, tw'n ajdi-
kivan eij" u{yo" lalouvntwn, kai; i[dh/" tou' qeou' th;n makroqumivan ejpi; ta; tosau'ta aJmar-
thvmata, pw'" kai; meta; tau'ta pavnta ajnatevllei to;n h{lion ejpi; ponhrou;" kai; ajgaqou;" kai;
brevcei ejpi; dikaivou" kai; ajdivkou", ejrei'": tou' ejlevou" Kurivou plhvrh" hJ gh', ta; dikaiwv-
matav sou divdaxovn me. A sua volta HNm XXIII , 4, 3 (216, 15-17) si serve di Mt 5, 45 per ar-
gomentare lidea della costante attivit provvidenziale di Dio (Semper enim Deum vide-
mus operari et nullum Sabbatum est, in quo non Deus operetur, in quo non producat solem
suum super bonos et malos et pluat super iustos et iniustos). Cenni sullinterpretazione
del luogo matteano si trovano in Pietras; Cocchini 2000a. Le citazioni di Mt 5, 44 non sono
molto frequenti. Mettendo a confronto BP con TLG si registrano 10 occorrenze, di cui ben
8 nel commento al quarto vangelo: FrIo 35 (su Gv 3, 3); FrLc 174; Sch. in Lc 17, 353; CIo
XX, 13, 106; XX, 13, 107; XX, 17, 142; XX, 17, 147; XX, 17, 149; XX, 33, 290; XX, 33, 292.
1572 EpCar = Gerolamo, Apol. contra Ruf. II , 18, CCL 79, 53, 37-40 (Quorum
magis misereri quam eos odisse debemus, et orare pro illis quam eis maledicere. Ad bene-
dicendum enim et non ad maledicendum creati sumus). Convergono perlopi con questa
applicazione CC VIII, 41 ([256, 1-5] hJmei'" oujdeni; loidorouvmeqa peiqovmenoi o{ti loivdo-
roi basileivan qeou' ouj klhronomhvsousi, kai; ajnaginwvskonte" to; eujlogei'te tou;" ka-
tarwmevnou" uJmi'n <kai;> eujlogei'te kai; mh; katara'sqe, eijdovte" de; kai; to; loidorouvme-
noi eujlogou'men); Fr1Cor 26 ([122] kai; oJ loivdoro" h[dh ejcqrov" ejsti th'" ejkklhsiva".
Dia; tou'to ajkouvomen tou' Kurivou levgonto": eujlogei'te tou;" katarwmevnou" uJma'"); HIos
IX, 9 ([356, 7-12] Aut non tibi videtur inter mulieres aestimandus ille vir, qui dicit: non
possum observare, quae scripta sunt, vendere quae habeo et dare pauperibus [Mt 19, 21]
non possum, percutienti maxillam praebere alteram non possum, maledicentem benedice-
re non possum, blasphematus deprecari [Lc 6, 28-29] non possum, persecutionem pati et
sustinere [1Cor 4, 12] non possum). Anche CC VIII, 66 (282, 18-20) sembra alludere a
Lc 6, 28 piuttosto che a Mt 5, 44, dal momento che si tratta nuovamente di benedire i
nemici (Fame;n ou\n o{ti ouj perimevnomen eujfhmh'sai to;n Hlion to;n keleuvonta, oiJ ma-
qovnte" ouj movnon tou;" th'/ diatavxei uJpotetagmevnou" eujfhmei'n ajlla; kai; tou;" ejcqrouv").
Invece CIo XX, 33, 292 (nota 1577) cita Mt 5, 44, ma allude anche a Lc 6, 28.
1573 Cfr. supra, nota 640.
1574 Il v. 44 ricorre nel contesto di Mt 5, 43-45 in CIo XX, 13, 106-107 (nota 1576);
CIo XX, 17, 141. H37Ps II, 1 (296, 79-85) allude a Mt 5, 44, mentre cita il v. 45 (Utinam
possemus etiam his qui oderunt nos reddere bona pro malis et inimicis nostris vel suadere
quae bona sunt vel optare feroces animos eorum ad concordiam atque pacem revocare, ut
per hoc efficiamur filii Patris qui in caelis est, qui solem suum oriri iubet super bonos et
502 Parte seconda, Capitolo ottavo
conto del fatto che una parte dei riferimenti si configura tendenzialmente
nei termini di unallusione, pi o meno generica, al tema dellamore dei
nemici, che suscettibile di riecheggiare altri luoghi paralleli, a comin-
ciare da Lc 6, 27 (Ma a voi che ascoltate, io dico: Amate i vostri nemici,
fate del bene a coloro che vi odiano)1575.
La trattazione pi approfondita su Mt 5, 44 in rapporto al nostro
tema contenuta nel XX Libro del Commento a Giovanni. Questo scritto
rimanda pi volte al luogo matteano, in concomitanza con la polemica
condotta dallAlessandrino verso la dottrina valentiniana delle nature
fisse: non si figli di Dio per suo arbitrio imperscrutabile o per legge
di natura, bens il Padre ci chiama a divenire tali, affidando anche a noi la
capacit di attuare tale vocazione con la nostra condotta1576. Ora, lamore
verso i nemici e la preghiera per loro sono tra i segni pi evidenti della
figliolanza divina acquisita; anzi, Origene arriva a dire, parafrasando Mt

malos et pluit super iustos et iniustos). Anche CC IV, 28 cita Mt 5, 45, ma lo ricollega alla
preghiera dei cristiani per tutti gli uomini (nota 1584). Per altre citazioni di Mt 5, 44-45 si
veda CC VIII, 35 (nota 1585); CIo XX, 33, 290 (nota 1576); CIo XX, 33, 292 (nota 1577);
CIo XX, 34, 309 (nota 1578); FrIo 35 (nota 1579); FrLc 174 (nota 1582). In CIo XX, 17,
149-151 si discute la forma testuale di Mt 5, 45. Riferimenti pi diretti a Mt 5, 44 si danno
in CCt III, 7, 13 (nota 1575); HNm IX, 3-4 (nota 1202); HNm XI, 8, 3 (nota 1575); HCt II, 8
(nota 1575); FrPs 118 (119), 98 e 118 (119), 113b (nota 1575); FrPr 24 (nota 1583).
1575 Di particolare interesse il rinvio a Mt 5, 44 (Lc 6, 27) nella trattazione
sullamore ordinato in HCt II, 8 ([86, 42-45] Non est inordinatus sermo divinus nec im-
possibilia praecipit nec dicit: Diligite inimicos vestros ut vosmetipsos, sed tantum: Diligite
inimicos vestros. Sufficit eis quod eos diligimus et odio non habemus). Di tenore simile
la spiegazione in HNm XI, 8, 3 ([91, 23-27] Illae ergo primitiae caritatis offeruntur per
Pontificem, haec vero quae secundo in loco sunt meis usibus relinquuntur. Puto adhuc
esse aliquid ex hoc fructu quod tertio loco habendum sit: ut diligam etiam inimicos meos),
mentre CCt III, 7, 13 (188, 7-10) sinterroga sui modi diversi di amare i nemici (Est adhuc
alius ordo caritatis. Iubemur enim et inimicos nostros diligere. Sed videamus si etiam in
ipsis unus solus modus erit dilectionis an et ibi habebit locum sermo iste qui dicit: Ordi-
nate in me caritatem). Cfr. inoltre FrPs 3, 8 (PG 12, 1129C): Ecqrou' de; kat oujdevn ejsti
lovgo": meta; ga;r tw'n misouvntwn th;n eijrhvnhn oJ a{giov" ejstin eijrhnikov", ajgapw'n tou;" ejc-
qrouv". FrPs 118 (119), 98 Harl (SC 189, p. 346, 6) applica il precetto allamore per i giu-
dei (dia; tou'to duvnamai noh'sai baquvteron to; eijrhmevnon uJpo; tou' Kurivou: Agapa'te
tou;" ejcqrou;" uJmw'n [Mt 5, 44 (Lc 6, 27)]: ejcqroi; ga;r hJmw'n eijsin ejkei'noi oiJ e[conte"
zh'lon qeou', ajll ouj kat ejpivgnwsin [Rm 10, 2]). A sua volta FrPs 118 (119), 113b Harl
(SC 189, p. 372, 3) solleva una quaestio in rapporto a Lc 14, 26 (Mt 10, 37): Zhth'sai de;
dei' pw'", tou' Eujaggelivou levgonto": ajgapa'te tou;" ejcqrou;" uJmw'n, to; aujtov fhsin o{ti dei'
misei'n patevra kai; mhtevra i{na ajgaphvswmen to;n qeo;n kai; tw/' uiJw/' ajkolouqhvswmen.
1576 Cfr. CIo XX, 13, 106-107 (in particolare 107 [344, 6-9]: prosevcete ga;r o{ti
ejk tou' ajgapa'te tou;" ejcqrou;" kai; proseuvcesqe uJpe;r tw'n diwkovntwn oJ mh; provteron
tou' ejn oujranoi'" patrov", u{steron aujtou' givnetai uiJov"); CIo XX, 33, 290 ([370, 29-371, 1]
o{ti ga;r kaqovlou oujdei;" ajnqrwvpwn ajrch'qen uiJo"v ejstin qeou', dh'lon me;n ejk tou' Hmeqa
tevkna fuvsei ojrgh'" uJpo; Pauvlou kai; peri; eJautou' tou'to eijrhkovto": safe;" de; kai; ejk
tou': Egw; de; levgw uJmi'n: Agaphvsate tou;" ejcqrou;" uJmw'n kai; proseuvcesqe uJpe;r tw'n
diwkovntwn uJma'", o{pw" gevnhsqe uiJoi; tou' patro;" uJmw'n tou' ejn toi'" oujranoi'").
I nuclei scritturistici della riflessione origeniana sulla preghiera 503
5, 44, che soltanto se si capaci di amare i nemici e pregare per loro, si
diventa veramente figli del Padre senza restare servi di Dio1577. La
preghiera per i nemici dunque un connotato essenziale della vocazione
cristiana e dellimpegno di vita che essa comporta1578. Non a caso lAles-
sandrino associa Mt 5, 44 al tema della rinascita in Gv 3, 3, che si rea-
lizza con lacquisizione delle virt e losservanza dei suoi precetti; que-
sti, in base al luogo matteano, si ricapitolano per lui nellamare i nemici e
pregare per essi1579. Cos facendo, si opera quellassimilazione a Dio
che iscritta nel fatto che luomo stato originariamente creato a sua im-
magine e somiglianza:
Infatti in colui che ama i propri nemici e prega per i suoi persecutori si manife-
sta la somiglianza con Dio e limitazione di lui che ama tutti gli esseri e nulla
aborre di quanto ha fatto e tutto conserva (perch tutto appartiene a questo Si-
gnore che ama la vita)1580.
Giocando sulle immagini del sole e della pioggia contenute in
Mt 5, 44, Origene vede lamore per i nemici come il sole che si irradia
dal cuore del santo e la preghiera come la pioggia benefica che esso
capace di irrorare, riprendendo in tal modo una similitudine attestata
anche dal trattato per designare gli effetti positivi dellintercessione a van-
taggio altrui:
al modo del Padre nei cieli che fa sorgere il sole sopra i malvagi e i buoni, cia-
scuno dei figli di Dio, possedendo in s lamore a guisa di un sole, lo fa spuntare
sui malvagi in virt del suo amore per i propri nemici. E come [il Padre] fa pio-

1577 CIo XX , 33, 292 (371, 4-10): kai; eij oujk a[llw" givnetaiv ti" uiJo;" tou' ejn toi'"
oujranoi'" patro;" h] ejk tou' ajgapa'n tou;" ejcqrou;" eJautou' kai; proseuvcesqai uJpe;r tw'n
diwkovntwn aujtovn, dh'lon o{ti oujdei;" tw/' fuvsei ei\nai ejk tou' qeou' ta; rJhvmata tou' qeou'
ajkouvei, ajlla; tw/' labei'n ejxousivan tevknon qeou' genevsqai kai; kecrh'sqai eij" devon th/'
ejxousiva/, kai; tw/' hjgaphkevnai tou;" ejcqrou;" kai; proseuvcesqai uJpe;r tw'n ejphreazovntwn
genovmeno" uiJo;" tou' ejn oujranoi'" patrov". Sulla distinzione tra servi e figli di Dio si
veda CIo XX, 17, 146.
1578 CIo XX, 34, 309 (373, 13-19): oJsavki" de; rJhmavtwn legomevnwn tou' qeou' oujk
ajkouvomen, tou't e[stin ouj sunivemen aujtw'n, tosautavki" nomistevon ejlevgcesqai wJ" oujk
o[nta" ejk tou' qeou'. dia; tou'to ga;r oujk ajkouvei oJ mh; ajkouvwn rJhmavtwn qeou', ejpeivper ejk
tou' qeou' oujk e[stin, kai; ejk tou' qeou' oujk e[stin par eJautovn: kaivtoi ge e[sq o{te labw;n
h[dh ejxousivan tevknon qeou' genevsqai, kai; dunavmeno" ejk tou' ajgapa'n tou;" ejcqrou;" kai;
proseuvcesqai uJpe;r tw'n ejphreazovntwn genevsqai uiJo;" tou' ejn oujranoi'" patrov".
1579 FrIo 35 (510, 13-17): givnetai de; hJ a[nwqen gevnnhsi", peri; h|" oJ swth;r didav-
skei, ejx ajnalhvyew" ajreth'" kai; thrhvsew" tw'n ejntolw'n aujtou'. fhsi; ga;r pro;" tou;" ma-
qhtav": Agapa'te tou;" ejcqrou;" uJmw'n kai; proseuvcesqe uJpe;r tw'n diwkovntwn uJma'", i{na
gevnhsqe uiJoi; tou' patro;" uJmw'n tou' ejn toi'" oujranoi'".
1580 CIo XX, 17, 148 (349, 27-31: Kai; ga;r ejmfaivnetai hJ pro;" qeo;n oJmoiovth" kai;
mivmhsi" aujtou' ajgapw'nto" ta; o[nta pavnta kai; mhde;n bdhlussomevnou w|n ejpoivhse kai;
feidomevnou pavntwn, ejpeivper aujtou' tou' filoyuvcou despovtou ejsti;n ta; pavnta (cfr. Sap
11, 24-26), ejn tw/' ajgapw'nti tou;" ejcqrou;" eJautou' kai; proseucomevnw/ uJpe;r tw'n diw-
kovntwn aujtovn (Corsini, 631).
504 Parte seconda, Capitolo ottavo
vere sui giusti e gli ingiusti, cos il santo manda la sua preghiera a guisa di una
pioggia su quelli che in qualche modo stanno al di sotto di lui, dal momento che
lo perseguitano, mentre egli prega anche per gente come loro1581.
Essendo cos collocata al vertice dellesistenza cristiana come figlio-
lanza di Dio, naturale che la preghiera per i nemici venga assunta da Ori-
gene come criterio per verificare lautenticit di chi recita il Padrenostro,
la preghiera per eccellenza del cristiano in quanto figlio di Dio. Secondo
un frammento sul Vangelo di Luca pu invocare autenticamente il Padre
solo colui che ripieno dello spirito di figliolanza adottiva (Rm 8, 15)
e osserva il precetto di amare i nemici e pregare per loro1582. Di conseguen-
za, secondo un commento su Pr 24 attribuito allAlessandrino, si rende si-
mile al diavolo colui che si rallegra della dannazione altrui, laddove il Si-
gnore ci ha comandato di pregare per i nemici, cio per gli uomini1583.
Diventa cos ancora pi esplicita limplicazione di un amore universale
legata al precetto di Ges sulla preghiera per i nemici e Origene lha fatta
valere pienamente nel replicare alle accuse di Celso. In CC IV, 28 egli ad-
duce infatti Mt 5, 44 a testimonianza del fatto che i cristiani, senza affatto
considerarsi il centro del mondo ed essere ripiegati su se stessi, doman-
dano a Dio di operare benefici a beneficio di tutti gli uomini1584. Questo
rilievo universale della preghiera per i nemici ribadito indirettamente in
CC VIII, 35, dove lAlessandrino accosta per esigenze di natura apologe-
tica allinsegnamento di Ges e alla condotta dei suoi discepoli gli ante-
cedenti pagani relativi allamore del nemico1585. Ma in HNm IX, 3-4 egli

1581 CIo XX, 17, 151 (Corsini, 631; cfr. Pietras, 157). In Orat limmagine della
pioggia attirata dai paradigmi veterotestamentari della preghiera, in particolare Elia.
Cfr. Orat XIII, 5 (nota 1420). Si veda inoltre Orat XXIV, 3.
1582 FrLc 174 (299, 1-6): Oi\mai dev, o{ti oujdei;" a]n levgoi tw'/ qew'/ to; pavter, mh; pe-
plhrwmevno" tou' th'" uiJoqesiva" pneuvmato", kai; uiJo;" doxavzwn patevra levgoi a]n pavter,
fulavxa" de; kai; th;n ejntolh;n th;n levgousan: ajgapa'te tou;" ejcqrou;" uJmw'n, proseuvcesqe
uJpe;r tw'n diwkovntwn uJma'", o{pw" gevnhsqe uiJoi; tou' patro;" uJmw'n tou' ejn toi'" oujranoi'",
o{ti to;n h{lion aujtou' ajnatevllei ejpi; ponhrou;" kai; ajgaqou;" kai; brevcei ejpi; dikaivou" kai;
ajdivkou".
1583 FrPr 24 (PG 17, 228C): pa'" ga;r oJ ejpicaivrwn ejpi; ajpollumevnh/ yuch/', o{moiov"
ejsti tw/' diabovlw/ tw/' mh; qevlonti pavnta" ajnqrwvpou" swqh'nai kai; eij" ejpivgnwsin ajlh-
qeiva" ejlqei'n: kai; ga;r oJ Kuvrio" ejn toi'" Eujaggelivoi" nenomoqevthken eu[cesqai uJpe;r
tw'n ejcqrw'n hJmw'n, h[goun tw'n ajnqrwvpwn.
1584 CC IV, 28 (297, 10-16): Oi{tine" ejn tai'" eujcai'" eu{romen dei'n ti levgein fro-
nou'nta" o{ti tou' ejlevou" kurivou plhvrh" hJ gh', kai; e[leo" kurivou ejpi; pa'san savrka, kai;
o{ti ajgaqo;" w]n oJ qeo;" ajnatevllei to;n h{lion aujtou' ejpi; ponhrou;" kai; ajgaqou;" kai; brevcei
ejpi; dikaivou" kai; ajdivkou", kai; hJma'", i{na genwvmeqa aujtou' uiJoiv, ejpi; ta; paraplhvsia
protrevpwn kai; didavskwn eij" pavnta" hJma'" ajnqrwvpou" kata; to; dunato;n ejkteivnein ta;"
eujpoii?a".
1585 CC VIII, 35 (251, 3-7): Kai; oujdevpw levgw tou;" kata; th;n didaskalivan Ihsou'
pepoiwmevnou" kai; ajkouvsanta" tou' Agapa'te tou;" ejcqrou;" uJmw'n kai; proseuvcesqe
uJpe;r tw'n ejphreazovntwn uJma'", o{pw" gevnhsqe uiJoi; tou' patro;" uJmw'n tou' ejn toi'" oujra-
I nuclei scritturistici della riflessione origeniana sulla preghiera 505
giunge a ritrovarne lanticipazione anche nellAntico Testamento, dove
Mos e Aronne pregano gi secondo il modello evangelico della pre-
ghiera per i nemici1586.

5. Conclusione: luniverso scritturistico della preghiera e le sue rifrazio-


ni in Origene

Lesteso reticolo di citazioni scritturistiche che innervano il discorso


di Origene sulla preghiera ci ha permesso di cogliere la sua fondamentale
ispirazione biblica e verificare la sua articolazione esegetica anche al di
fuori di Orat. Come si potuto constatare nellanalisi della loro diversa
incidenza, ad un nucleo sostanzialmente stabile di riferimenti normati-
vi che configurano lorazione cristiana nei suoi tratti distintivi si sono
affiancati una serie di corollari pi immediatamente legati ad esso e anche
nuovi sviluppi suggeriti da altri passi. La distinzione dei tre livelli sen-
zaltro un poco schematica e a volte problematica per singole attribuzioni,
ma essa pu risultare utile per comprendere meglio la continuit e insieme
il dinamismo intrinseco alla riflessione origeniana. Lidea che il nostro
reticolo sembra suggerire che, pur caratterizzato coerentemente nei suoi
lineamenti essenziali tracciati, in sostanza, nel trattato con il suo modello
della preghiera spirituale , il pensiero dellAlessandrino sia suscettibile
di ulteriori acquisizioni e precisazioni, senza che ci significhi in alcun
modo una revisione o addirittura una ritrattazione del quadro teorico di
Orat. Ci deriva in larga parte dalla sua recettivit nei confronti dellim-
magine biblica della preghiera dallAntico al Nuovo Testamento , che
nutre in profondit sia il trattato sia il resto dellopera. In effetti, pi che
trarre spunto dalla concreta esperienza orante delle comunit cristiane del
suo tempo che non quasi mai messa a tema, ancorch non sia affatto
ignorata (come mostrano, in particolare, occasionali cenni nelle omelie) ,
Origene si commisura sempre in primo luogo con luniverso concettuale
delle Scritture, da cui trae la sua perenne fonte dispirazione e riflessio-
ne1587. Da tale punto di vista, come si vedr nel capitolo seguente, la sua
posizione rimane decisamente originale se non unica, nel panorama com-

noi'", o}" to;n h{lion aujtou' ajnatevllei ejpi; ponhrou;" kai; ajgaqou;" kai; brevcei ejpi; dikaivou"
kai; ajdivkou".
1586 HNm IX, 3-4 (nota 1202).
1587 Si osservi, ad esempio, la riflessione sul tirare a sorte accompagnato dalla pre-
ghiera, a commento della scelta di Mattia come sostituto di Giuda (At 1, 23-26) in HIos
XXIII, 2 (441, 16-17; 412, 8-11): Praecedente namque oratione non iam casu, sed provi-
dentia sors divinum iudicium deferebat (= th'" eujch'" ejpi; tou'ton ejnegkouvsh" to;n klh'ron).
[...] Illud tamen, in quantum res patitur, contigisse sufficiat, quod nobis ab Apostolis sors
ducta designat, quia, ubi ex fide integra et oratione praemissa sors ducitur, ea, quae Dei
voluntas continet in occulto, sors hominibus declarat in manifesto.
506 Parte seconda, Capitolo ottavo
plessivo della teologia cristiana della preghiera fra II e IV secolo. Nessuno
infatti si rapportato alla materia scritturistica con altrettanta ampiezza e
intensit per ricavare la sua immagine della preghiera a partire da questa.
Lo si potrebbe dimostrare, in aggiunta ai dati raccolti precedentemen-
te, con la rassegna delle osservazioni fatte una tantum, che investono un
raggio ulteriormente allargato di rimandi scritturistici. Si pensi alla clas-
sificazione, registrata solo in parte nel nostro studio, di singoli passaggi
come testi di preghiere nellintento di definire meglio il registro eucolo-
gico vero e proprio1588. Ma soprattutto queste caratteristiche emergereb-
bero con accresciuta nettezza, se potessimo sfruttare con maggiore cer-
tezza di autenticit il vasto complesso dei frammenti origeniani su Salmi,
tuttora in attesa di un vaglio critico, aldil di ci che siamo riusciti a ri-
chiamare singolarmente nelle nostre analisi. Del resto, lAlessandrino nel
corso della sua opera offre ripetutamente delle indicazioni interessanti per
connotare questo o quel salmo in un determinato senso e predisporne cos
non solo la comprensione in senso spirituale, ma anche la fruizione orante
da parte dei fedeli1589. Si ricordi in proposito luso antirretico dei salmi
nellEsortazione al martirio, che mostra come essi possano essere fatti
propri dentro unesperienza personale di preghiera anticipando significa-
tivamente la prassi monastica teorizzata da Evagrio 1590. Ma non c biso-
gno di rammentare quanto la presenza dei salmi sia pervasiva anche nel
resto degli scritti, a cominciare dal loro uso nei commentari, dove non si
riduce mai unicamente allaspetto esegetico ma implica anche il ricono-
scimento della loro originaria natura di testi di preghiera1591. Tanto pi

1588 Cfr. supra, p. 387. In questo senso la Praefatio al Commento a Salmi (Nautin,
249-250, 275-279) contiene importanti distinzioni terminologiche che confermano la par-
ticolare attenzione di Origene per il linguaggio della preghiera. Cfr. FrPs Praef. (PG 12,
1065 e 1069A), dove distingue i salmi privi di una designazione generica come contenenti
insegnamenti ed esortazioni: OiJ de; mhd e{tera ejpigegrammevnoi tw'n yalmw'n, levgw de;
mhvte w/jdhv, mhvte u{mno", mhvte yalmov", mhvte mhlw/vdhma, mhvte ai[nesi", mhvte proseuchv,
mhvte ti tw'n toiouvtwn, wjfelivmou" tina;" ejoivkasi didaskaliva" perievcein, kai; lovgou"
parainetikou;" kai; protreptikou;" eij" eujsebeiva" ajnavlhyin. Valorizza poi pi specifi-
camente come preghiere quelli designati appunto come proseucaiv (1065C-D): OiJ ejpi-
gegrammevnoi proseuchv, mhvpote oujk eijsi; yalmoiv, oujde; w/jdaiv, oujdev u{mnoi, ajll aujto;
tou'to yilai; proseucai; th/' tw'n eujxamevnwn aJrmovttousai diaqevsei, th/' te peri; aujtou;"
katastavsei kai; pa'si toi'" ejn i[sh/ diaqevsei tugcavnousin.
1589 Si veda, ad esempio, HLv VII, 2 (379, 15-20) dove Origene indica Sal 34(35),
10 come inno di giubilo per la letizia perfetta: Cum autem coniuncta fuerint ossa ad ossa
et iuncturae ad iuncturas, secundum hoc quod supra diximus, tunc etiam ipse dicet de no-
bis illud propheticum: omnia ossa mea dicent: Domine, quis similis tibi? Omnia namque
ossa ista loquuntur et hymnum dicunt et gratias agunt Deo. Meminerunt enim beneficii
eius et ideo omnia ossa mea dicent: Domine, quis similis tibi?.
1590 Cfr. supra, pp. 255-257.
1591 A titolo di esempio si pu segnalare CRm II , 14; III, 5; III, 7; IV, 1; IV, 11; ecc.
Si veda luso esegetico di Sal in FrLam 83 (267, 5-8), nel contesto di una confessione di
I nuclei scritturistici della riflessione origeniana sulla preghiera 507
scontato il fatto che ci avvenga nelle omelie dove la spiegazione delle
Scritture inserita ancor pi direttamente in un contesto orante. Di con-
seguenza, esso conduce spesso il predicatore a richiamare un versetto sal-
mico che la comunit chiamata a far proprio, quando non linterprete
stesso a riprenderlo come espressione personale di preghiera1592.
Levidente impatto dei salmi come paradigma esemplare su cui medi-
tare o da assecondare nella propria prassi, non deve farci perdere di vista
quello che rimane comunque il cuore profondo del nucleo scritturistico
nel discorso di Origene sulla preghiera, almeno nella misura in cui gli ha
consentito gli affondi pi rilevanti e duraturi. vero che egli egualmen-
te attento alle testimonianze di performances oranti nellAntico come nel
Nuovo Testamento, dalle figure veterotestamentarie pi emblematiche,
prima fra tutte Mos, alla prassi di Ges e della comunit primitiva, al
punto che risulta difficile indicare uneventuale lacuna o mancanza di at-

colpa: kai; ejpeivper aiJ aJmartivai hJmw'n diivstwn hJma'" ajpo; sou' w{sper diateicizouvsh"
nefevlh", oujk e[fqanen hJmw'n hJ proseuch; prov" se: ouj ga;r ei[comen ptevruga" peristera'"
(Sal 54[55], 7) uJperivptasqaiv te kai; levgein: ejn tw'/ qew'/ uJperbhvsomai tei'co" (Sal 17[18],
30). Che il ricorso di riferimenti a Sal non sia per meramente esegetico lo si pu arguire
dai passi in cui anche qui si prefigura una performance orante, quali CRm X, 5 (797, 64-
70): Et ideo debemus indesinenter precari auxilium Domini et sperare quod ipse eripiet
nos de laqueo venantium ut et nos dicamus: quia anima nostra sicut passer erepta est de
laqueo venantium; laqueus contritus est et nos liberati sumus. Adiutorium nostrum in no-
mine Domini qui fecit caelum et terram (Sal 123[124], 7-8).
1592 Per quanto riguarda il primo aspetto, si veda, ad esempio, HIer X , 8 (nota
1172); HEx IV, 2 (173, 25-29), dove la preghiera come confessione del mistero di Dio si
serve del riferimento al De profundis: Unde et nobis haec observasse tantum et inspexisse
sufficiat atque ostendisse auditoribus quanta sint in lege divina profundis demersa myste-
riis, pro quibus dicere in oratione debeamus: De profundis clamavi ad te, Domine (Sal
129[130], 1); HLv V, 4 (341, 25342, 2): Similiter enim iubentur adipes arietis hi, qui
circa renes sunt, et hi, qui interiora operiunt, imponi super altare; ut et tu, qui haec audis,
scias, omne quod est intra te crassius et operit interiora tua, debere te offerre igni altaris,
ut purgentur omnia interiora tua et dicas et tu, sicut et David dicebat: benedic anima mea
Dominum, et omnia interiora mea nomen sanctum eius (Sal 102[103], 1); HIud VII, 2 (506,
22-25): Propterea ergo, fratres, deprecemur Dominum confitentes ei infirmitatem no-
stram, ne nos tradat in manus Madian (Sal 73[74], 19), ne tradat bestiis animam confiten-
tem sibi; H36Ps II, 1 (nota 1242) con il rinvio a Sal 78(79), 8; HEz XIII, 1 (442, 22-25):
Verum Domini deprecemur auxilium, ut infirmos habeant conatus tanti adversarii contra
humanam animam dimicantes, et dicamus: Nisi quia Dominus era in nobis, in eo cum
exsurgerent homines in nos, forsitan vivos deglutissent nos (Sal 123[124, 1-3). Si veda
inoltre HIer XX, 6 (nota 1258) con il richiamo a Sal 6, 7 e Sal 41(42), 4; H38Ps II, 12 (Sal
62[63], 9); HLc XVII, 8 (nota 1257) con luso di Sal 31(32), 5. Quanto al predicatore
stesso, cfr. ad esempio HNm XXVII, 12 (272, 21-23): Sunt enim multi animae languores:
avaritia languor eius est, et quidem pessimus; superbia, ira, iactantia, formido, inconstan-
tia, pusillanimitas et horum similia. Quando me, Domine, ab his omnibus languoribus cu-
rabis? Quando sanabis, ut et ego dicam: benedic anima mea Dominum, qui sanat omnes
languores tuos (Sal 102[103], 1), ut possim et ego mansionem facere in Raphaea, quod
est sanitas?.
508 Parte seconda, Capitolo ottavo
tenzione nellAlessandrino rispetto al patrimonio di figure e testi che gli
porgeva la Bibbia. Tuttavia, non si pu fare a meno di notare limpronta
decisiva lasciata, in particolare, da due luoghi scritturistici: da un lato, il
rinvio al Paolo di Rm 8, 26-27 a partire dal quale il trattato ricava, in
buona parte, il suo modello della preghiera spirituale e, dallaltro, a
Mt 6, 5-8 che fra tutti i luoghi richiamati dallAlessandrino offre non
solo lindicazione pi circostanziata sulle modalit dellatto orante ma an-
che la pi autorevole, risalendo allistruzione impartita da Ges stesso ed
esemplificata con il susseguente paradigma del Padrenostro (Mt 6, 9-13;
Lc 11, 2-4). Proprio per il loro rilievo peculiare non li abbiamo presi in
considerazione nellesame dei diversi tipi di nuclei scritturistici, ma la fi-
sionomia complessiva della costellazione disegnata da questo insieme di
passi risulterebbe priva del suo baricentro, se non li si tenesse anchessi
presenti. Lo facciamo ora, a titolo sia retrospettivo che conclusivo, onde
meglio precisare la natura dellincidenza biblica sul pensiero di Origene.
A questo riguardo si dovr subito notare il diverso peso specifico dei
luoghi evangelici, rispetto al passo paolino. Infatti, se Rm 8, 26-27 svolge
un ruolo assolutamente centrale in Orat, esso riappare in maniera signifi-
cativa solo nel Commento a Romani, tanto ridotte sono tutto sommato le
sue citazioni nel resto dellopera1593. Senza ripetere quanto abbiamo osser-
vato a proposito del trattato e del commentario paolino, con Rm 8, 26-27
lAlessandrino ha messo a fuoco il problema della preghiera come non
ha fatto alla luce di nessun altro riferimento scritturistico. Sebbene egli,
dopo il trattato, lo abbia ripreso direttamente solo in CRm VII, 61594, limi-
tandosi ad alluderlo in FrLc 1721595, ci tradisce comunque che quella li-
nea di pensiero rimane ancora attuale per lui e del resto essa lascia tracce
indirettamente anche altrove. Possiamo insomma considerarlo un presup-
posto acquisito, anche se non necessariamente manifesto. Al tempo stesso,
nella dialettica che scaturisce dallo stesso argomentare di Paolo, la risposta

1593 In aggiunta a Orat (II, 1-3; XIV, 5) e CRm (VII, 6-7.9-10), Rm 8, 26 figura solo
in HEx V, 4 (nota 555); HIos IX, 2 (nota 1095); HIud VI, 6 ([504, 9-11] Quomodo enim
non haec tanta spirituum vis longe sit humana fragilitate vehementior? Sed in eo Deus
adiuvat infirmitatem nostram [Rm 8, 26], in quo dicit Apostolus: omnia possum in eo, qui
me confortat, Christo [Fil 4, 13]); FrPs 129 (130), 1 (Devreesse, 86); FrLc 172 (nota
199); FrRm (Ramsbotham, 18, 1-2). A sua volta, troviamo Rm 8, 27 in Orat II , 3; Orat XIV ,
5; CRm (Scherer, 148, 3); CRm VII, 6; HEx V, 4 (nota 555); FrRm (Ramsbotham, 220, 12).
FrPs 129 (130), 1 risulta di particolare interesse, perch riprende il motivo della preghiera
silenziosa ad opera dello Spirito come il proprium del popolo di Cristo con il rinvio a
1Cor 2, 10: oJ Cristou' lao;" didavsketai levgein: Ek baqewvn ejkevkraxav se, Kuvrie dia;
to; metevcein Pneuvmato". [...] O de; baqu;" th/' dianoiva/ lao;", ou|to" de; h\n oJ [...] eijpw;n ouj
toi'" ceivlesi oujde; th/' fwnh/', ajll ejk stevrnwn kai; muelw'n, stenagmoi'" ajlalhvtoi" uJper-
entugcavnwn boa/' pro;" to;n Qeovn (Devreesse, 86).
1594 Cfr. supra, pp. 323-326.
1595 Si veda la nota 199.
I nuclei scritturistici della riflessione origeniana sulla preghiera 509
dellApostolo al problema della preghiera, evidenziato da lui e rielabo-
rato dal suo interprete, quella che anche Origene considera decisiva: il
soccorso dello Spirito che concorre con la voce dellorante. Questo aspetto
pi chiaramente percepibile dellelemento critico nella riflessione del-
lAlessandrino (ad esempio nelle considerazioni riguardo alle preghiere
dei santi, anche sulla scorta di altri riferimenti scritturistici), ma non pu
essere per lui separato dal primo non meno che per il testo di partenza. In
definitiva, il marchio paolino impresso sul discorso di Origene da Rm 8,
26-27 rimane un suo connotato costitutivo, anche dove non risulta esplici-
tamente: esso combina cos la consapevolezza critica sempre vigile sui
limiti delluomo e sulla sua possibilit di rivolgersi a Dio nella preghiera
con la convinzione che laiuto di Dio mediante il dono dello Spirito su-
pera in ultima analisi questa antinomia.
Come si detto, per Mt 6, 5-8 registriamo una presenza pi diffusa
di riferimenti che in generale ci attesta come lAlessandrino abbia letto in
questo passo un compendio dellars orandi, almeno per alcune delle sue
disposizioni spirituali di fondo. Egli di conseguenza lo ha richiamate in
molteplici occasioni, anche se nei testi trditi non ci ha pi lasciato unese-
gesi diretta del brano n del testo del Padrenostro, se non nellaffrontare
la versione lucana1596. La ripresa pi eloquente forse quella contenuta
nel Commento al Cantico dei Cantici, poich Origene vi sovrappone lim-
magine della cameretta di Mt 6, 6 al cubiculum di Ct 1, 4 configurando
il rapporto fra la Sposa-anima e il Verbo nei termini stessi dellatto oran-
te1597. Orat non contiene riferimenti a Ct 1, 4, ma il commentario mostra
come Origene possa richiamarsi allo schema elaborato nel trattato ed
estenderne lapplicazione ad altri testimoni scritturistici. Anche un fram-
mento sul libro di Ezechiele ribadisce un punto fermo della trattazione
origeniana: lequivalenza fra la cameretta e lanimo dellorante, o per
meglio dire il suo organo direttivo (hJgemonikovn) che antropologicamen-
te deputato a presiedere allesperienza di preghiera1598. Pertanto, lora-

1596 Mt 6, 1-6: CMtS 18. Mt 6, 3-6: CMtS 11. Mt 6, 5-9: Orat XIX , 1. Mt 6, 5-6:
FrMt 117; Mt 6, 5: Orat XIX, 2-3; Orat XX, 1-2; Orat XXI, 1; Orat XXIX, 8; FrMt 116 (62,
1-3): ejn oJdw/' kai; ejn klivnh/ kai; ejn trapevzh/ kai; ejn panti; tovpw/ th'" despoteiva" aujtou' ka-
lovn ejsti to; eu[cesqai; FrIo 114; CMtS 10 (nota 551); HEx II, 3 (nota 539); H36Ps I, 5;
FrIob 1, 19 (PG 17, 60B-C): To; tw'n gwniw'n th'" oijkiva" a{yasqai to; pneu'ma, ejpivsthson,
o{ti ejn tai'" tw'n gwniw'n plateivai" oiJ uJpokritai; eJstw'te" proseuvcontai: pa'" de; oJ mh; ejpi-
bebhkw;" eujqeiva" oJdou', tai'" gwnivai" kevcrhtai. Platei'a de; gwniva hJ pollh; kai; ajnei-
mevnh kakiva. Mt 6, 6: Orat XX, 1; Orat XX, 2; CC VIII, 74; CCt I, 5, 10 (nota 922); CMtS
10 (nota 551); HNm X , 3 (nota 1092); HNm XXI, 2 (nota 1600); FrPs 4, 4 (nota 1478);
FrEz 8, 12 (nota 1598).
1597 CCt I, 5, 10 (nota 922).
1598 FrEz 8, 12 (PG 13, 797, 33): Diovti ei\pon: Egkatalevloipen oJ Kuvrio". Oujk h\n
periv tina e{na pote; ejnapotetagmevnon tovpon, ajlla; peri; to;n eJkavstou koitw'na ta; eJwra-
mevna: kai; koitw'nav ge to;n kruptovn, e[qou" o[nto" th/' Grafh/' ta; kata; to; hJgemoniko;n kai;
510 Parte seconda, Capitolo ottavo
zione cristiana, alla luce del luogo matteano, contraddistinta in maniera
costitutiva per lAlessandrino da un processo di nascondimento o inte-
riorizzazione onde evitare il pericolo sia della ritualizzazione meramente
esteriore sia della sua falsificazione esibizionistica, comegli dichiara nuo-
vamente in CMtS 101599. Ci non significa che la preghiera sia condan-
nata allintimismo, dal momento che pregare nel nascondimento non osta
secondo HNm XXI, 2 alla manifestazione in pubblico, purch ci avvenga
secondo il volere di Dio 1600. Alla luce di Mt 6, 6 Origene ha potuto anche
operare la distinzione fra preghiera vocale e preghiera silenziosa, che egli
ha tratto peraltro in primo luogo da 1Cor 14, 151601. Tuttavia, il privilegio
riconosciuto alla preghiera silenziosa come preghiera dei santi, sfruttan-
do listruzione di Ges in Mt 6, 6 in combinazione con altri luoghi scrit-
turistici (in particolare quelli che danno rilievo in essi alliniziativa dello
Spirito), non si risolve affatto nel trascendimento interiore delle parole e
nel silenzio mistico, stando a quanto Origene afferma nel suo commento
a Sal 41602. In altri termini, la distinzione apportata in forma pi esplicita
rispetto al trattato non ne tradisce limpostazione, ma anzi la conferma e
larricchisce. Di conseguenza, anche attraverso la verifica dellimpatto di
Mt 6, 5-8, che risulta frequente e sostanzialmente omogeneo, il discorso
origeniano sulla preghiera ci manifesta ancora una volta la sua fisionomia
unitaria e coerente determinata dalla ricchissima sorgente scritturistica che
lo irriga e lo feconda.

krupto;n kalei'n, e[sq o{te kai; tamiei'on. Toiou'ton gavr ejsti to; Ei[selqe eij" to; tamiei'on
sou: kai; tov:O blevpwn ejn tw/' kruptw/' ajpodwvsei soi (Mt 6, 6).
1599 Cfr. supra, nota 551.
1600 HNm XXI, 2 (202, 18-21): In quo et hoc intuere, quomodo iustus intus est et in
interioribus semper consistit, quia intus in abscondito orat Patrem (Mt 6, 6) et omnis glo-
riae filiae regis, id est animae regalis, intrinsecus est; sed tamen Deus educit eum foras,
cum res postulat et rerum visibilium ratio deposcit.
1601 Cfr. HNm X, 3 (nota 1092).
1602 Cfr. supra, note 1477-1478.
CAPITOLO NONO

LA COSTRUZIONE DI UN MODELLO
Origene e il discorso cristiano sulla preghiera
da Tertulliano ad Agostino

Questa dunque lattivit del perfetto gnosti-


co: conversare con Dio attraverso il grande
Sommo Sacerdote, assimilandosi per quanto
possibile al Signore in tutto il suo culto di Dio
(Clemente Alessandrino)1603

1. Origene e la riflessione sulla preghiera fra II e V secolo

Per valutare con maggior precisione lapporto di Origene alla rifles-


sione cristiana sulla preghiera conviene infine considerare in che modo
tale discorso si sviluppato nel cristianesimo antico da Tertulliano ad
Agostino. Ovviamente non possibile offrire qui una presentazione esau-
stiva dei suoi molteplici interpreti e della variet di fonti in cui esso ha
preso forma. Si tratta invece di proporre pi semplicemente una panora-
mica essenziale, limitata ai protagonisti principali. In particolare, la scelta
si indirizzata verso gli autori di scritti appositi sulla preghiera, siano que-
sti commenti al Padrenostro o trattazioni specifiche di carattere autonomo
oppure inserite in opere di argomento vario. Larco cronologico ristretto
volutamente al periodo pi ravvicinato allAlessandrino, sia a monte che
a valle, onde rievocare alcune delle premesse ideali per il pensiero orige-
niano e sondarne eventualmente gli echi successivi. Sotto questultimo
profilo, a dire il vero, si potrebbe estendere lindagine fino ad arrivare,
nel VII secolo, a Massimo il Confessore, includendo cos anche la ricca
letteratura sulla preghiera in lingua siriaca, ma ci porterebbe ad una dila-
tazione eccessiva non solo dellarco temporale ma anche dellarea geo-
grafica e culturale1604. Del resto, lobiettivo di questo capitolo non tanto
di tracciare una storia della ricezione di Orat a margine della storia del-
lorigenismo (greco, latino e siriaco), bens nuovamente quello di far
emergere i tratti dominanti del modello origeniano anche attraverso il con-
fronto con altre elaborazioni, antecedenti e successive. In questo senso si

1603Strom. VII, 3, 13, 2 (infra, nota 1688).


1604Per una sintesi sullarea siriaca cfr. Brock. Quanto a Massimo il Confessore, si
veda Cooper.
512 Parte seconda, Capitolo nono
riprenderanno pi organicamente gli spunti di comparazione fra il pensiero
dellAlessandrino e le formulazioni di altri autori che si sono introdotti oc-
casionalmente nel corso dellesposizione precedente.
Come si detto, la nostra attenzione rivolta unicamente agli aspetti
di natura dottrinale. Non la pratica dellorazione fra II e V secolo che
ci preme adesso ricostruire nelle sue diverse forme, cio in relazione alla
preghiera personale o alle espressioni liturgiche. Tanto meno ci preoccupa
labusato interrogativo contemporaneo sulla questione dellidentit cri-
stiana perseguita attraverso la prassi o il discorso sulla preghiera. evi-
dente che non possiamo ignorare la vicenda storica, almeno nella misura
in cui riusciamo oggi a tracciare una storia della preghiera nel cristia-
nesimo antico, specialmente a partire dal momento in cui uno stato di vita
come il monachesimo arriva a consacrarsi prioritariamente proprio a
questa attivit1605. N siamo certo insensibili al fatto che anche la pre-
ghiera ha concorso, in maniera pi o meno determinante, ad assicurare il
distinto profilo religioso delle comunit cristiane nei primi secoli, rispetto
sia al giudaismo che al paganesimo1606. Tuttavia, questi diversi aspetti di
carattere storico rimarranno in secondo piano rispetto allo sforzo dillu-
minare anzitutto limmagine della preghiera nel pensiero degli autori presi
in esame singolarmente, con le rispettive argomentazioni esegetiche, teo-
logiche o pastorali che contribuiscono di volta in volta ad articolarlo. Solo
in tal modo, infatti, sar possibile stabilire il raccordo con la riflessione di
Origene. Come si vedr, non mancano elementi di continuit anche signi-
ficativi tra i vari abbozzi di una teologia della preghiera, in parte garan-
titi dagli analoghi presupposti scritturistici, primo fra tutti, com ovvio,
il riferimento al Padrenostro. Ma vi compaiono anche differenze spesso
rilevanti, che sono determinate ora dalle singole individualit, ora dalla
natura diversificata degli scritti o dalle mutate circostanze storiche.
Dato comune ai differenti interpreti, pur con le loro distinte sensibi-
lit ed urgenze, la convinzione che la preghiera richieda una riflessione
specifica. Sebbene ne riconoscano tutti le caratteristiche di esperienza nor-
male e diffusa, nellottica di questi autori emerge la consapevolezza che
lorazione esige anche di essere disciplinata e compresa nel suo significa-

1605 Le difficolt di una storia della preghiera nel cristianesimo antico appaiono
evidenti dai risultati, solo in parte soddisfacenti, del pi recente contributo al riguardo:
Hammerling 2008a. Dal momento che lopera si riduce ad essere soprattutto una storia
delle idee sulla preghiera, stupisce che non vi figuri un capitolo su Origene, mentre ben
due saggi sono dedicati ad Evagrio. Resta fuori dal nostro esame anche lo studio della teo-
logia della preghiera nel momento liturgico su cui si veda da ultimo Markschies 2007a,
136-211.
1606 Ne ho trattato del resto io stesso in Perrone 2004a. Bench verta soprattutto
sulla preghiera istituzionalizzata, merita di essere segnalata limportante raccolta di studi:
Gerhards-Doeker-Ebenbauer.
La costruzione di un modello 513
to pi profondo. Basandosi in generale sullo stesso paradigma neotesta-
mentario del Padrenostro, essi insistono pertanto sul fatto che bisogna im-
parare a pregare e a tal fine disegnano un modello che, a seconda dei casi,
riflette la sollecitazione di particolari accenti spirituali. La necessit di un
atteggiamento pi consapevole da parte dellorante spinge cos a proporre
linterpretazione del Padrenostro quale testo normativo per la preghiera
del cristiano, attualizzandone il significato personale e comunitario entro i
differenti orizzonti storici del cristianesimo durante i primi quattro secoli.
Come avviene nel caso di Origene, le istanze teologiche e pastorali si co-
niugano in maniera diversificata. Ora viene privilegiata la dimensione spe-
culativa e dottrinale (com il caso soprattutto di Clemente Alessandrino
e in parte di Evagrio Pontico), ora si preferisce un approccio catechetico e
pastorale, come notiamo specialmente con autori quali Tertulliano, Cipria-
no o Gregorio di Nissa.
Resta ancora da indicare preliminarmente verso quali figure si indi-
rizzata la scelta dei testimoni pi significativi. Va da s che la nostra pre-
sentazione inizi da Tertulliano, autore con il De oratione del pi antico
trattato specificamente dedicato alla preghiera, che comprende anche il
primo commento del Padrenostro. Pi o meno nello stesso torno di anni si
colloca sul versante greco Clemente Alessandrino, il quale consacra al no-
stro tema parte del VII libro degli Stromati. Se questi due autori precedono
entrambi Origene, il terzo gli contemporaneo. Si tratta di Cipriano di Car-
tagine, con unopera catechetica, il De dominica oratione, che riprende
lagenda tematica di Tertulliano e di Origene, fornendo sia un commento
del Padrenostro sia una riflessione riguardo alla preghiera in generale. Con
Afraate e la sua IV Esposizione, che spiega il significato della preghiera
appoggiandosi principalmente alla fonte biblica, entreremo per un momen-
to nellarea siriaca fra III e IV secolo, anche per verificare meglio lentit
di un comune patrimonio scritturistico nel discorso protocristiano sulla
preghiera. Avanzando cronologicamente si esaminer di seguito Evagrio
Pontico, autore non solo di uno scritto apposito Sulla preghiera ma pi in
generale impegnato a riflettere su di essa alla luce dellesperienza mona-
stica. Con le Omelie sul Padrenostro di Gregorio di Nissa sar possibile
verificare i nuovi approfondimenti del discorso sulla preghiera in un auto-
re appartenente alla tradizione origeniano-alessandrina. Prima di conclu-
dere con Agostino, prenderemo ancora in esame il contributo di Giovanni
Cassiano agli inizi del V secolo, anche nella sua qualit di mediatore del-
leredit di Origene ed Evagrio al mondo latino. Quanto allapporto del-
lIpponate, nelleconomia complessiva di questa rassegna, merita di es-
sere messo in luce soprattutto per i sermoni sulla Preghiera del Signore e
per lEpistola 130, come rappresentativa per la sua organicit della pi
ampia riflessione agostiniana sul tema. Anche se questa scelta omette di
necessit altri testimoni, che meriterebbero di essere presi in considera-
514 Parte seconda, Capitolo nono
zione, essa ci appare abbastanza rappresentativa ai fini dello scopo che ci
siamo proposti1607. Del resto, non mancheremo di richiamare queste ulte-
riori testimonianze dove esse risulteranno pi pertinenti.

2. Tertulliano: la novit dell oratio christiana come preghiera spirituale

Agli inizi del III secolo, il trattato di Tertulliano sulla preghiera ci si


presenta come il primo frutto di un graduale avvicinamento alla nostra pro-
blematica nel cristianesimo delle origini. Sebbene il Nuovo Testamento
racchiuda gi fondamentali premesse per la riflessione cristiana soprat-
tutto con le indicazioni contenute nellistruzione di Ges che precede il
Padrenostro nel vangelo di Matteo (Mt 6, 5-8)1608 , una dottrina riguardo
al modo di pregare dei cristiani poteva svilupparsi solo in un secondo tem-
po, a seguito di una prassi ormai consolidata e ben connotata. Ci avviene
infatti a partire dalla fase storica in cui le comunit cristiane iniziano a go-
dere di un profilo autonomo rispetto alla matrice giudaica e al tempo stesso
chiaramente alternativo anche nei riguardi delle manifestazioni oranti del
mondo pagano. Non a caso i primi abbozzi di riflessione emergono allin-
terno della letteratura apologetica, come risvolto della polemica condotta
nei confronti delle espressioni di culto e di preghiera presso i pagani1609.

1607 Froehlich segnala ancora, in ambito greco, Cirillo di Gerusalemme (V Cateche-


si Mistagogica), Teodoro di Mopsuestia (XI Omelia Catechetica), Giovanni Crisostomo
(Commento a Matteo [PG 57, 278-283]), Cirillo di Alessandria (Commento a Luca); in
ambito latino, Ambrogio (De sacramentis V, 4, 18-30), Gerolamo (Commento a Matteo),
Sedulio (Inno di Pasqua, II 231-300; Paschale Opus II , 17), lOpus imperfectum in Mat-
thaeum, Pietro Crisologo (Serm. 67-72) e numerose omelie anonime giunteci sotto il nome
di Agostino, Giovanni Crisostomo e Quodvultdeus (lelenco si basa, in particolare, su
Schnurr). A sua volta Gioanni, 125 aggiunge allelenco Ambrogio, de Cain et Abel I , 9,
34-39, qui contient un petit trait sur les conditions et lefficacit de la prire ( interes-
sante notare la diversa periodizzazione adottata dallautore: a) II -III secolo; b) IV-VI secolo).
Per lambito greco la ricerca pi estesa ancora Walther. Come mostra anche Stritzky,
lindagine sul pensiero eucologico del primo cristianesimo passa necessariamente attraver-
so linterpretazione del Padrenostro, senza essere stata finora oggetto di una considera-
zione pi globale. Fra i contributi pi recenti si veda Lombino; Vigne 2009a.
1608 Secondo Scrofani, la pericope matteana non sarebbe priva di punti di contatto
con le posizioni espresse in ambito filosofico da Massimo di Tiro: Laffermazione del-
lonniscienza di Dio colloca linsegnamento di Mt 6, 7-8 in un orizzonte di pensiero con-
diviso anche dagli intellettuali greci dellepoca (p. 328). Tuttavia, il riconoscimento
della preghiera di domanda restringe in parte le affinit: affrontando un tema discusso
anche dalle scuole filosofiche dellepoca Matteo fornisce una risposta per molti versi ori-
ginale: attraverso questintroduzione, il Padre nostro viene definito dalla prospettiva di
Dio. Le richieste espresse nella preghiera non riguardano i desideri delluomo o le sue
ambizioni: la preghiera esprime fede e abbandono alla volont di Dio (p. 330).
1609 Riassumo qui lanalisi che ho sviluppato in Perrone 2009b. Cfr. inoltre supra,
nota 107.
La costruzione di un modello 515
Fin dallApologia di Aristide notiamo alcune formulazioni che contribui-
scono a predisporre la piattaforma ideale alla quale dapprima soprattutto
Clemente Alessandrino e in seguito Origene daranno la configurazione
pi articolata. In questo senso Aristide propone un modello di orazione in
cui la lode e il ringraziamento appaiono come i tratti dominanti. Ora, se il
ritmo giornaliero governato dal ringraziamento a Dio per la sua benevo-
lenza verso gli uomini, ci vale in particolare per i momenti iniziale e fi-
nale della vita 1610. Anche quando pregano Dio per le loro necessit, i cri-
stiani si rivolgono a lui domandandogli cose che conveniente donare da
parte di Dio e ricevere da parte degli uomini1611. Con simili formulazioni
Aristide pare anticipare la visione di una preghiera normata, conforme
cio a parametri sia biblici che filosofici, quale prender forma nelle suc-
cessive trattazioni eucologiche. C ancora un altro aspetto che merita at-
tenzione in Aristide: stando alla recensione siriaca dellApologia, solo la
preghiera dintercessione dei cristiani a favore del mondo intero assicura
la sua sopravvivenza1612. In questo modo Aristide concorre anchegli a di-
segnare limmagine del culto cristiano come culto razionale (per richia-
mare lespressione paolina di Rm 12, 1), nella misura in cui esso imper-
niato essenzialmente sulla preghiera1613. Al tempo stesso mostra di voler
tener conto delle implicazioni politiche della religione romana affermando
il ruolo fondamentale dellintercessione presso Dio ad opera dei cristiani,
come anche Origene far successivamente nel Contro Celso, insieme pe-
raltro a molti esponenti della letteratura apologetica1614.
Intorno alla met del II secolo, la I Apologia di Giustino contiene un
breve passaggio che converge con la visuale di Aristide. Esso delinea il
posto essenziale della preghiera nella vita dei cristiani in contrapposizio-
ne con la pratica pagana dei sacrifici, implicando pertanto la loro sostitu-
zione o equiparazione con la preghiera1615. Anche nel suo caso laccento
cade sulla preghiera a Dio nella forma del ringraziamento e della lode per
i beni donati agli uomini. Daltro canto egli ribadisce la preghiera di do-
manda a partire da disposizioni di fede, collocandola in certo senso ad un

1610 Aristide, Apol. 15, 8-9.


1611 Aristide, Apol. 16, 1 (123), secondo la recensione siriaca, mentre il testo greco
recita (p. 122): w|n creivan aujtoi; e[cousi tou' Qeou' aijtou'ntai par aujtou'.
1612 Aristide, Apol. 16, 7. Il motivo sembra preludere allidea espressa in A Dio-
gneto 6, 7, bench in questo scritto non appaia un nesso diretto con la preghiera.
1613 Si noti comunque la scarsa incidenza del luogo paolino nella riflessione di Ori-
gene sulla preghiera.
1614 La preghiera politica non che lestrinsecazione dellintercessione per tutti
gli uomini, che secondo Michel era componente fissa della celebrazione liturgica (Mi-
chel- Klauser, 19).
1615 Giustino, I Apol. 13, 1. Egli afferma espressamente tale equazione in Dial. 117,
2 (496-498): o{ti me;n ou\n kai; eujcai; kai; eujcaristivai, uJpo; tw`n ajxivwn ginovmenai, tevleiai
movnai kai; eujavrestoiv eijsi tw/` qew/` qusivai, kai; aujtov~ fhmi.
516 Parte seconda, Capitolo nono
livello ancora pi elevato che in Aristide, poich il suo oggetto viene ad
essere indicato, in una chiave interamente spirituale, come la richiesta del-
lincorruttibilit1616. Con queste ed altre osservazioni Giustino sembre-
rebbe tradire la consapevolezza del dibattito dispirazione filosofica in
merito al paradigma di una preghiera spirituale che si preoccupi unica-
mente dei beni celesti, laddove lottenimento dei beni materiali dovrebbe
essere lasciato alliniziativa della provvidenza divina1617. A dire il vero, la
prospettiva di Giustino si rivela pi complessa, poich la preghiera non
esaurisce per lui il culto dei cristiani, che trova la sua manifestazione per
eccellenza nelle azioni liturgiche; ma indubbiamente egli sostiene in larga
misura la linea di pensiero avviata con Aristide e proseguita a sua volta
da Atenagora. Anche per lautore della Legatio la preghiera nuovamente
rivendicata come la manifestazione propria del culto, in opposizione al
sacrificio, mentre viene sottolineata particolarmente la sua importanza
per limpero1618. Di fatto, la cornice politica dello stato romano determina
un impatto sensibilmente pi forte sulla visuale della preghiera in Atena-
gora. Non pi soltanto lintercessione per il benessere della societ in
generale, come avveniva con Aristide, ma pi precisamente la preghiera
per la continuit dinastica degli imperatori e per lespansione e la crescita
dellimpero1619. Analogamente, nellAd Autolico Teofilo proclama la pre-
ghiera come la via attraverso la quale i cristiani onorano limperatore in-
vece di adorarlo, ritornando cos ad esprimersi in termini pi cauti e co-
munque analoghi tendenzialmente a quelli che Origene adotter nella sua
risposta a Celso 1620.
Bisogna per attendere Tertulliano per trovare una riflessione capace
non solo di sfruttare la cornice della risposta apologetica al paganesimo
ma anche di spingersi oltre elaborando un discorso dinsieme. merito

1616 Giustino, I Apol. 13, 2 (158, 7-160, 3): ejkeivnw/ de; eujcarivstou~ o[nta~ dia;
lovgou pompa;~ kai; u{mnou~ pevmpein uJpevr te tou` gegonevnai kai; tw`n eij~ eujrwstivan povrwn
pavntwn, poiothvtwn me;n genw`n kai; metabolw`n wJrw`n, kai; tou` pavlin ejn ajfqarsiva/ ge-
nevsqai dia; pivstin th;n ejn aujtw/` aijthvsei~ pevmponte~.
1617 Tale consapevolezza attestata anche dalle sue osservazioni in Dial 1, 4 (si
veda Ppin; cfr. supra, nota 258).
1618 Lapologia di Atenagora sembrerebbe contenere solo unallusione alla dimen-
sione liturgica della vita cristiana, sempre che laccenno al bacio tra i fedeli in Legat. 32, 5
sia da mettere in relazione con il costume attestato anche da Giustino, I Apol. 65, 2; Tertul-
liano, De orat. 18, 1; Clemente Alessandrino, Paed. III, 81, 2.
1619 Atenagora, Legat. 37, 2 (208, 6-10): tivne~ ga;r kai; dikaiovteroi w\n devontai
tucei`n h] oi{tine~ peri; me;n th`~ ajrch`~ th`~ uJmetevra~ eujcovmeqa, i{na pai`~ me;n para; patro;~
kata; to; dikaiovtaton diadevchsqe th;n basileivan, au[xhn de; kai; ejpivdosin kai; hJ ajrch;
uJmw`n, pavntwn uJpoceirivwn gignomevnwn, lambavnh/
1620 Teofilo di Antiochia, Ad Autol. I, 11 (30, 1-3): Toigarou`n ma`llon timhvsw to;n
basileva, ouj proskunw`n aujtw/`, ajlla; eujcovmeno~ uJpe;r aujtou`. qew/` de; tw/` o[ntw~ qew/` kai;
ajlhqei` proskunw`, eijdw;~ o{ti oJ basileu;~ uJp aujtou` gevgonen.
La costruzione di un modello 517
anzitutto dellApologetico aver messo a tema la diversit della preghiera
cristiana rispetto agli equivalenti pagani, laddove Tertulliano insiste pi
ampiamente sul sostegno offerto dai cristiani allo stato mediante lorazio-
ne1621. Tuttavia, anzich limitarsi a ribadire la professione di lealismo ver-
so limpero romano e i suoi governanti, insieme allassicurazione che il
bene della societ poggia sulla preghiera dei propri correligionari come
avevano fatto i precedenti apologisti , il Cartaginese sfrutta loccasione
per tracciare una diversa immagine della preghiera1622. Cos egli interpreta
il gesto delle mani spiegate (manibus expansis) come segno dinnocenza
(riferendosi implicitamente al Cristo in croce quale modello per coloro
che pregano, come risulta chiaro di seguito)1623, mentre la mancanza di un
copricapo non fa che sottolineare ulteriormente la sincerit delle disposi-
zioni spirituali1624. Questo atteggiamento interiore di autenticit culmina in
una preghiera personale silenziosa (de pectore), cio senza dover asse-
condare le istruzioni di altri, incaricati dellesecuzione di determinati riti.
In questo modo latto della preghiera diventa per Tertulliano un vero sa-
crificio spirituale, lunico che Dio si aspetti da parte degli uomini, e coloro
che lo compiono sono i suoi sacerdoti autentici, sicch il regime della reli-
gione romana subisce, sotto entrambi gli aspetti, una metamorfosi cristia-
na1625. Fin dallApologetico emerge dunque unimmagine della preghiera

1621 Tertulliano, Apol. 30, 1 (141, 1-3): Nos enim pro salute imperatorum Deum
invocamus aeternum, Deum verum, Deum vivum, quem et ipsi imperatores propitium sibi
praeter ceteros malunt.
1622 Tertulliano, Apol. 30, 4 (141, 17-23): Illuc sursum suspicientes Christiani ma-
nibus expansis, quia innocuis, capite nudato, quia non erubescimus, denique sine moni-
tore, quia de pectore oramus, precantes sumus semper pro omnibus imperatoribus, vitam
illis prolixam, imperium securum, domum tutam, exercitus fortes, senatum fidelem, popu-
lum probum, orbem quietum, quaecumque hominis et Caesaris vota sunt. Rispetto alla
preghiera del cuore rivendicata qui da Tertulliano, non bisogna dimenticare che la sup-
plica per i governanti aveva da tempo assunto caratteristiche consolidate, come vediamo
ad esempio in 1Clem 61, 1-2 (cfr. Lhr 2003a, 297; Lhr 2003b). Daltra parte, Hamman
1980, 1223 sottolinea come principale elemento di differenziazione la preferenza accorda-
ta dai cristiani alla preghiera spontanea invece che a formule fisse.
1623 Tertulliano, Apol. 30, 7 (142, 35-38): Sic itaque nos ad Deum expansos un-
gulae fodiant, cruces suspendant, ignes lambant, gladii guttera detruncent, bestiae insi-
liant: paratus est ad omne supplicium ipse habitus orantis Christiani. In proposito, cfr.
Saxer, 338.
1624 Per valutare criticamente limmagine negativa della preghiera romana proposta
da Tertulliano in questo passo si veda Severus, 1157-1160.
1625 Tertulliano, Apol. 30, 5-6 (141, 23142, 34): Haec ab alio orare non possum,
quam a quo me scio consecuturum, quoniam et ipse est qui solus praestat, et ego sum cui
impetrare debetur, famulus eius, qui eum solus observo, qui pro disciplina eius occidor,
qui ei offero opimam et maiorem hostiam, quam ipse mandavit, orationem de carne pudi-
ca, de anima innocenti, de spiritu sancto profectam, non granam turis unius assis, Arabi-
cae arboris lacrimas, nec duas meri guttas, nec sanguinem reprobi bovis mori optantis, et
post omnia inquinamenta etiam conscientiam spurcam: ut mirer, cum hostiae probantur
518 Parte seconda, Capitolo nono
cristiana come preghiera spirituale, non solo a motivo delle disposizioni
interiori dellorante, pi volte richiamate dal Cartaginese, ma anche perch
egli la qualifica come mossa dallo Spirito (de spiritu sancto profec-
tam). Inoltre Tertulliano, ad ulteriore conferma delle sue caratteristiche
distintive, rafforza lidea delloriginalit della preghiera cristiana, richia-
mando anche il precetto evangelico di pregare per i nemici1626. Comple-
tando infine largomentazione in sede apologetica secondo la linea gi
espressa da altri Apologisti, Tertulliano propone il sacrificio della pre-
ghiera come lunico mezzo efficace per impedire la fine del mondo e as-
sicurare di conseguenza la permanenza dellimpero romano1627. La pro-
spettiva circoscritta dallApologetico racchiude insomma le premesse es-
senziali per il De oratione, anche perch uscendo dai limiti pi abituali
del discorso apologetico, con la sola eccezione di Giustino tra i suoi pre-
decessori Tertulliano accenna ancora alle dimensioni comunitarie della
preghiera, pur senza soffermarsi pi direttamente sui riti sacramentali
della chiesa diversamente da Giustino1628.
In ogni caso, con il De oratione, Tertulliano rimanda a unesperienza
di preghiera che si esplica in chiave sia individuale che collettiva. Lopera,
ascrivibile al periodo di poco successivo alla stesura dellApologetico (fra
il 200 e il 206), un trattato con intenti catechetici e pastorali che illustra
la preghiera alla luce del Padrenostro, rivolgendosi ad un pubblico com-

penes vos a vitiosissimis sacerdotibus, cur praecordia potius victimarum quam ipsorum
sacrificantium examinantur.
1626 Tertulliano, Apol. 31 invoca lautorit delle Scritture (31, 2 [142, 6-9]: scitote
ex illis, praeceptum esse nobis ad redundantiam benignitatis, etiam pro inimicis Deum
orare et persecutoribus nostris bona precari), citando anche 1Tm 2, 1-2. Pure Atenagora,
Legat. 37, 3 e Teofilo, Ad Autol. 3, 14 rinviano a 1Tm 2, 1, come far in seguito Origene,
CC VIII, 73 (supra, pp. 274-275).
1627 Tertulliano, Apol. 32, 1 (142, 1143, 7): Est et alia maior necessitas nobis
orandi pro imperatoribus, etiam pro omni statu imperii rebusque Romanis, qui vim maxi-
mam universo orbi imminentem ipsamque clausulam saeculi acerbitates horrendas com-
minantem Romani imperii commeatu scimus retardari. Itaque nolumus experiri et, dum
precamur differri, Romanae diuturnitati favemus. Si veda anche 40, 13 (155, 51-54): Et
tamen, si pristinas clades comparemus, leviora nunc accidunt, ex quo Christianos a Deo
orbis accepit. Exinde enim et innocentia saeculi iniquitates temperavit et deprecatores Dei
esse coeperunt.
1628 Tertulliano, Apol. 39, 2-3 (150, 5-6.9-14): Coimus in coetum et congregatio-
nem, ut ad Deum quasi manu facta precationibus ambiamus. [...] Coimus ad litterarum
divinarum commemorationem, si quid praesentium temporum qualitas aut praemonere
cogit aut recognoscere. Certe fidem sanctis vocibus pascimus, spem erigimus, fiduciam
figimus, disciplinam praeceptorum nihilominus inculcationibus densamus. Sulla preghie-
ra nella cornice comunitaria cfr. inoltre Apol. 39, 18 (152, 83153, 88): Ita saturantur, ut
qui meminerint etiam per noctem adorandum Deum sibi esse; ita fabulantur, ut qui sciant
Deum audire. Post aquam manualem et lumina, ut quisque de scripturis sanctis vel de
proprio ingenio potest, provocatur in medium Deo canere: hinc probatur quomodo biberit.
Aeque oratio convivium dirimit.
La costruzione di un modello 519
posto verosimilmente sia dai neofiti sia dallinsieme dei fedeli1629. Forse
anche in considerazione di ci si spiega lassenza di riferimenti al dibat-
tito filosofico sulla preghiera o al suo possibile esito mistico a diffe-
renza di Clemente e Origene1630. Tertulliano affronta in apertura il com-
mento del Padrenostro e trapassa quindi ad una problematica di carattere
generale riguardo alla preghiera, tracciando cos unagenda tematica che
ispirer, pur in diversa maniera, i trattati eucologici di Origene e Cipria-
no1631. Prima esposizione organica sul tema, il De oratione anche la pri-
ma a poggiare sulla convinzione che la preghiera debba essere appresa e
che il suo vero maestro non possa essere altri che Dio stesso. per questa
ragione che Ges, con il Padrenostro, ha trasmesso ai suoi discepoli un
modello (forma) da seguire. Attenendosi a tale disciplina di preghiera
(ordinata religio orationis) lorazione, animata dallo Spirito di Dio, sale
al cielo affidando al Padre quanto ci ha insegnato il suo Figlio1632. Di
conseguenza, Tertulliano conformemente del resto agli sviluppi del suo
pensiero teologico guarda alla preghiera cristiana per eccellenza come
ad un atto che immette costitutivamente in una dimensione trinitaria: essa
indirizzata al Padre, sotto la guida del Figlio e con il sostegno dello
Spirito. In pi Tertulliano, preludendo in ci alla trattazione di Cipriano,
connota lOratio dominica in senso ecclesiale: colui che recita il Padre-
nostro si relaziona ugualmente alla chiesa Mater1633. Il rilievo comunita-
rio delloratio dominica linduce pertanto a giudicare severamente il fatto

1629 Circa la datazione e le particolarit letterarie si veda Schleyer (Tertullian. De


baptismo, De oratione, 19-27). Considerando De orat. in nesso con De bapt. 20, 5, dove i
neofiti sono ammessi a partecipare alla preghiera della Madre Chiesa (Igitur benedicti,
quos gratia dei expectat, cum de illo sanctissimo lavacro novi natalis [Tit 3, 5] ascenditis
et primas manus apud matrem cum fratribus aperitis), egli ricava la destinazione cate-
chetica dello scritto. Daltra parte, non solo ammette di non poter fare affermazioni sicure
sulla recita del Pater nella liturgia eucaristica, ma rileva anche come i capp. 11-29 si ri-
volgano allintera comunit dei fedeli. Su De bapt. 20 si veda Dlger. Tra i contributi pi
recenti sulla visuale tertullianea della preghiera, cfr. Schnurr, 23-44; Stritzky, 50-69;
Brown; Chapot; Lombino, 133-163.
1630 Cfr. Jay, (supra, nota 109).
1631 Come illustrato pi dettagliatamente da Schleyer, 20-21, al prologo (De orat.
1) segue il commento del Padrenostro (2-9), mentre la parte residua dello scritto (10-29)
si riferisce alla preghiera nelle sue manifestazioni personali e liturgiche.
1632 Tertulliano, De orat. 9, 3 (263, 8-12): Deus solus docere potuit, quomodo se
vellet orari. Ab ipso igitur ordinata religio orationis et de spiritu ipsius iam tunc, cum ex
ore divino ferretur, animata suo privilegio ascendit in caelum commendans Patri, quae Fi-
lius docuit.
1633 De orat. 2, 6 (258, 14-16): Ne mater quidem ecclesia praeteritur, siquidem in
filio et patre mater recognoscitur, de qua constat et patris et filii nomen. Cfr. anche De
bapt. 20, 5 (nota 1629). Le implicazioni trinitarie delloratio christiana emergono anche
dalla trattazione sulle ore di preghiera in De orat. 25, 5 (272, 14-15): ne minus ter die
saltem adoremus, debitores trium: Patris et Filii et Spiritus sancti.
520 Parte seconda, Capitolo nono
che taluni fedeli, a conclusione di essa, si sottraggano al bacio di pace nei
giorni di digiuno1634.
Anche Origene e Cipriano ribadiranno liniziativa divina di traccia-
re, attraverso un testo esemplare, un paradigma normativo a beneficio dei
fedeli di Cristo. Ma Tertulliano vi pone senza dubbio un accento pi forte,
insistendo nel prologo, con accurata elaborazione retorica, sullidea del
contrasto e della novit1635: la vecchia economia dellAntico Testa-
mento, che arriva ad includere anche la prassi di preghiera del Battista e
dei suoi discepoli, superata dalla venuta di Cristo. Pertanto la preghiera
cristiana chiamata a fungere da sostituto del sacrificio, essendo essa la
vera vittima spirituale, in conformit con le indicazioni espresse da Ge-
s nel dialogo con la Samaritana (Gv 4, 23-24)1636. Lequazione fra pre-
ghiera e sacrificio non certo un aspetto inedito, dato che gi alcuni apolo-
gisti come abbiamo visto lavevano fatta propria, riprendendo peraltro
un tema presente tanto nel giudaismo ellenistico come a Qumran ed atte-
stato egualmente nel giudaismo rabbinico1637. Tuttavia Tertulliano, grazie
anche allo sfruttamento particolarmente significativo di Gv 4, 23-24, ripro-
pone il motivo nei termini di una drastica rottura con il culto sacrifica-
le, che pertanto non conserva pi alcun diritto accanto alla preghiera1638.
L oratio christiana ulteriormente qualificata mediante la sua distinzione

1634 De orat. 18, 1 (267, 3) presenta il bacio di pace come signaculum orationis
(cfr. Thraede, 513-514). Secondo Grossi, Tertulliano rileva che il segno della fratellanza,
che deriva dalla preghiera in comune, non pu essere messo al secondo posto; esso un
elemento primario della preghiera eucaristica cui bisogna adeguare ogni altro atto di piet
privata (p. 65 nota 35).
1635 De orat. 1, 1 (257, 3-7): Iesus Christus dominus noster novis discipulis novi
testamenti novam orationis formam determinavit. Oportebat enim in hac quoque specie
novum vinum novis utribus recondi et novam plagulam novo adsui vestimento.
1636 De orat. 28, 1 (273, 6): Haec est enim hostia spiritalis quae pristina sacrificia
delevit. Gv 4, 23 citato in questo contesto, cos da sottolineare il culto spirituale dei
cristiani (28, 3 [273, 7-10]): Deus enim spiritus est, et adoratores itaque tales requirit. Nos
sumus veri adoratores et veri sacerdotes, qui spiritu orantes spiritu sacrificamus orationem
hostiam Dei propriam et acceptabilem. Come si visto in precedenza, il luogo giovan-
neo non riveste unimportanza primaria per la riflessione origeniana sulla preghiera.
1637 Per la valorizzazione della preghiera a Qumran come conseguenza del rigetto
del culto del Tempio, si veda Severus, 1168; Chazon-Bernstein, 9: [prayer] provided an
alternative means of worship as well as an instrument for the atonement of sin. The sectar-
ian documents regularly refer to prayer in sacrificial terms, equating it with sacrifice met-
aphorically as well as functionally. A sua volta Maier, analizza i testi qumranici pi co-
me documenti dello sforzo per mantenere la tradizione che come prassi della comunit
(p. 71); peraltro der liturgische Charakter dieser Gebete unterscheidet sich grundlegend
von dem, was spter als Gebet des Einzelnen und allmhlich auch im Vorfeld des syna-
gogalen Gottesdienstes blich war (p. 93). Quanto al giudaismo rabbinico, cfr. Van der
Horst 2002, 71, nota 39.
1638 Si veda per converso come Filone riesca a coniugare sacrificio e preghiera in
Leonhardt, 124-132.
La costruzione di un modello 521
con la vetus oratio in rapporto ai contenuti: invece di rivolgere a Dio do-
mande per cose carnali (carnalia), i cristiani pregano per cose spiritua-
li (spiritalia) e sono mossi a pregare cos da un atteggiamento di amore
che sindirizza verso tutti gli uomini. Proprio perch tale, la nuova pre-
ghiera dei cristiani di gran lunga pi efficace della vecchia1639.
Valorizzata in tal modo la novit della preghiera cristiana, che deriva
dalla Sapienza (sophia) stessa di Dio, Tertulliano si sforza nel contem-
po dassicurare la continuit del Padrenostro non solo con il messaggio di
Ges per cui la preghiera del Signore, secondo una formulazione giusta-
mente celebre, viene ad essere un compendio dellintero vangelo (bre-
viarium totius evangelii) ma anche con la rivelazione biblica nel suo in-
sieme 1640. pur vero che lappellativo di Padre rappresenta anche a suo
dire un novum assoluto, ma al tempo stesso Tertulliano considera il Padre-
nostro come la sintesi di tutta quanta la Scrittura1641. Tenendo inoltre pre-
sente anche listruzione introduttiva al Padrenostro (Mt 6, 5-8), egli de-
scrive le modalit, le funzioni ed i contenuti costitutivi dellorazione dei
cristiani. Il precetto di adorare nel segreto implica allora una disposizione
di fede nei riguardi della presenza di Dio e lastensione da qualunque
ostentazione da parte dellorante, che si rivolge in esclusiva a Dio come
colui a cui egli offre la sua preghiera1642. Tertulliano accenna cos in ma-
niera originale a motivi che compaiono anche in Clemente Alessandrino
e Origene, anticipando limportanza del riferimento neotestamentario per
la definizione della visuale cristiana. Daltra parte, la consapevolezza dello
sguardo di Dio sopra lorante non significa istituire un rapporto esclusivo
con lui, dal momento che anche langelo dellorazione assiste ad essa
quale suo intermediario, secondo un motivo pi ampiamente ripreso da

1639 De orat. 29, 1-2 (273, 1274, 2.16-18): Quid enim orationi de spiritu et veri-
tate venienti negabit deus, qui eam exigit? [...] Sola est oratio quae deum vincit; sed Chri-
stus eam nihil mali voluit operari, omnem illi virtutem de bono contulit.
1640 De orat. 1, 6 (258, 37-41): Neque enim propria tantum orationis officia com-
plexa est, vel venerationem Dei aut hominis petitionem, sed omnem paene sermonem Do-
mini, omnem commemorationem disciplinae, ut revera in oratione breviarium totius Evan-
gelii comprehendatur.
1641 De orat. 9, 1 (262, 1263, 3): Compendiis pauculorum verborum quot attin-
guntur edicta prophetarum, evangeliorum, apostolorum, sermones Domini, parabolae,
exempla, praecepta!.
1642 De orat. 1, 4 (257, 26258, 31): Consideremus itaque, benedicti, caelestem
eius sophiam, inprimis de praecepto secrete adorandi (cfr. Mt 6, 6), quo et fidem hominis
exigebat, ut Dei omnipotentis et conspectum et auditum sub tectis et in abditum etiam
adesse confideret, et modestiam fidei desiderabat, ut, quem ubique audire et videre fide-
ret, ei soli religionem suam offerret. Allude allo stesso precetto anche De orat. 17, 4,
dove Tertulliano critica la preghiera a voce alta. Peraltro Tertulliano si sforza anche di
raccordare 1Tm 2, 8 con Mt 6, 6; cfr. De orat. 24 (272, 17-19): Sed quomodo omni loco
cum prohibeamur in publico? Omni inquit loco, quem oportunitas aut etiam necessitas
importarit.
522 Parte seconda, Capitolo nono
Origene1643. A sua volta la raccomandazione della brevit nel pregare
associata per Tertulliano allidea che Dio non fa mai mancare la sua assi-
stenza provvidenziale, secondo linsegnamento trasmesso da Mt 6, 81644.
Nellaccezione di preghiera che emerge dal De oratione si nota la
prevalenza della sua caratterizzazione come domanda (petitio), ma Ter-
tulliano non ignora affatto che essa pu manifestarsi in forme diverse. In
prima approssimazione, due sono le funzioni (officia) essenziali che egli
assegna allorazione: da un lato, la celebrazione della gloria di Dio o
ladorazione (in altri termini laspetto dossologico della veneratio o bene-
dictio); dallaltro, la richiesta delluomo1645. questa infatti, nellinterpre-
tazione di Tertulliano, la strutturazione principale che emerge dalla Pre-
ghiera del Signore, sapientemente predisposta in tal senso per soddisfare
lossequio a Dio ed insieme i bisogni degli uomini. In particolare, egli
spiega la domanda per la santificazione del Nome come lequivalente della
benedizione, alla quale ogni uomo sempre tenuto nel ricordo dei bene-
fici ricevuti da Dio, e lesemplifica nella sua manifestazione pi alta con
la dossologia angelica del Sanctus1646. Se la preghiera di domanda implica
la richiesta di beni sia spirituali che materiali, una forma speciale di essa
segnalata anche dal suo calco greco addotto come terminus technicus
la richiesta di perdono (exomologesis o petitio veniae), oggetto della quin-
ta petizione del Padrenostro, dalla quale nessun uomo esente1647. Anche

1643 Tertulliano accenna allintermediazione angelica criticando luso di sedersi


dopo aver pregato. Cfr. De orat. 16, 6 (266, 14-19): Si quidem inreverens est assidere
sub conspectu contraque conspectum eius, quem cum maxime reverearis ac venereris,
quanto magis sub conspectu Dei vivi angelo adhuc orationis adstante factum istud inreli-
giosissimum est! Nisi exprobramus Deo, quod nos oratio fatigaverit. Il riferimento scrit-
turistico Tb 12, 12. Per lassociazione alla liturgia celeste degli angeli, cfr. De orat. 3,
2-3 (nota 1646).
1644 De orat. 1, 5 (258, 31-34): Sophia in sequenti praecepto proinde pertineat ad
fidem et modestiam fidei, si non agmine verborum adeundum putemus ad Dominum,
quem ultro suis prospicere certi sumus.
1645 Severus, 1235 richiama lattenzione sul fatto che anstelle von prex und ande-
ren Termini das nicht mehr umgangsprachliche oratio und orare fr Gebet durchgesetzt
hat und zum Terminus technicus geworden ist. Nondimeno, il vocabolario attesta anche la
parola prex (De orat. 17, 1.2), mentre le forme verbali testimoniate nel trattato includono
un lessico meno univoco con termini come adorare (De orat. 16, 3; 17, 1.5), precari (7, 1),
deprecari (23, 4), impetrari (28, 4). Sul fissarsi dellaccezione di oratio come preghiera
si veda da ultimo Gavoille, 121-136, per il quale nel latino classico orare ha il significato
di discours argument o lorant plaide sa cause devant la divinit (p. 136).
1646 De orat. 3, 2-3 (259, 8-14): plane benedici Deum omni loco et tempore con-
decet ob debitam semper memoriam beneficiorum eius ab omni homine: sed et hoc bene-
dictionis vice fungitur. Ceterum quando non sanctum et sanctificatum est per semetipsum
nomen Dei, cum ceteros sanctificet ex semetipso? Cui illa angelorum circumstantia non
cessant dicere: Sanctus, sanctus, sanctus (Is 6, 3). Secondo Grossi, 47, nota 12, il c. 3
la pi antica testimonianza latina del prefazio della messa.
1647 De orat. 7, 1 (261, 3-6): Sciebat Dominus se solum sine delicto esse. Docet
La costruzione di un modello 523
quando arriva a trattare della genuflessione, in concomitanza con i digiu-
ni e le stazioni, Tertulliano sottolinea gli aspetti penitenziali dellorazio-
ne, per cui la preghiera si esprime come supplica e soddisfazione resa a
Dio 1648. Anzi laccezione penitenziale della preghiera accompagna sempre
le sue manifestazioni, fatta salva la domenica come giorno della resurre-
zione e il periodo da Pasqua a Pentecoste che il tempo consacrato alla
gioia1649. Possiamo aggiungere che egli ha ben presente anche la preghie-
ra dintercessione, come risultava del resto gi dalla sua riflessione in sede
apologetica. Infatti, spiega la prima petizione come invocazione a Dio
perch la sua santificazione si attui da parte di tutti gli uomini, inclusi i
nemici, e non esclusivamente nei fedeli1650.
Quando Tertulliano affronta lesame dei contenuti della preghiera,
egli ricava lindicazione principale dal Padrenostro, senza forzare troppo
lo schema iniziale dellantitesi fra carnalia e spiritalia. Nella sua sapiente
articolazione la Preghiera del Signore d la precedenza ai beni celesti
(caelestia), che sono oggetto delle prime tre petizioni, e solo in secondo
luogo fa spazio alle necessit terrene 1651. Tale schema, diversamente da
Origene, guida linterpretazione della quarta petizione sotto un duplice
profilo, per cui il pane da richiedere s anzitutto Cristo1652, ma esso
pu pure significare il pane corporeo, implicando per una richiesta dello

itaque petamus dimitti nobis debita nostra (Mt 6, 12; Lc 11, 4). Exomologesis est peti-
tio veniae, quia qui petit veniam, delictum confitetur. Cfr. anche De orat. 9, 2 (263, 6-7):
exomologesis debitorum in deprecatione. Circa lequivalenza con confessio si veda
Stritzky, 63.
1648 De orat. 23, 3-4 (272, 10-15): Ceterum omni die quis dubitet prosternere se
Deo vel prima saltem oratione, qua lucem ingredimur? Ieiuniis autem et stationibus nulla
oratio sine genu et reliquo humilitatis more celebranda est. Non enim oramus tantum, sed
et deprecamur et satisfacimus Deo Domino nostro.
1649 De orat. 23, 2 (271, 5272, 10): Nos vero, sicut accepimus, solo die Domini-
cae resurrectionis non ab isto tantum [la genuflessione], sed omni anxietatis habitu et of-
ficio cavere debemus, differentes etiam negotia, ne quem diabolo locum demus. Tantun-
dem et spatio pentecostes, quae eadem exultationis sollemnitate dispungitur.
1650 De orat. 3, 4 (259, 19-23): petimus, ut sanctificetur in nobis, qui in illo sumus,
simul et in caeteris, quos adhuc gratia Dei expectat, ut et huic praecepto pareamus orando
pro omnibus, etiam pro inimicis nostris. Ideoque suspensa enuntiatione non dicentes: san-
ctificetur in nobis, in omnibus dicimus. Per Stritzky, 58, lintercessione per i nemici
vuole sottolineare la diversit della preghiera cristiana, anche rispetto alla concezione stoi-
ca della filantropia.
1651 De orat. 6, 1 (260, 1261, 5): Sed quam eleganter divina sapientia ordinem
orationis instruxit, ut post caelestia, id est post Dei nomen, Dei voluntatem et Dei regnum,
terrenis quoque necessitatibus petitioni locum faceret! Nam et edixerat Dominus: Quae-
rite prius regnum et tunc vobis etiam haec adicientur (Mt 6, 33; Lc 12, 31).
1652 De orat. 6, 2 (261, 11-12): Itaque petendo panem quotidianum perpetuitatem
postulamus in Christo et individuitatem a corpore eius. Per Santiago Vzquez si deve
intendere il pane eucaristico, come pegno del nutrimento di Dio attraverso il Verbo. Cfr.
anche Drig, 77-78.
524 Parte seconda, Capitolo nono
stretto necessario e la rinuncia al superfluo, con un risvolto polemico ver-
so i pagani1653. In ogni modo, secondo Tertulliano, Cristo d spazio nel
suo insegnamento sulla preghiera alla manifestazione dei bisogni umani a
seconda delle diverse circostanze, purch lorazione sia sempre edificata
sul fondamento del Padrenostro come suo presupposto e paradigma nor-
mativo. Al tempo stesso linvito a pregare, con la prospettiva di ricevere,
secondo la promessa di Ges nel vangelo (Gv 16, 24; Mt 7, 7-8; Lc 11, 9-
10), implica per lorante che egli formuli le sue richieste tenendo presenti
anche i comandamenti di Dio: lorazione cristiana non pu insomma mai
prescindere dal rispetto del volere divino come suo metro essenziale di ri-
ferimento1654.
Tertulliano si preoccupa anche di fornire indicazioni sullatteggia-
mento spirituale che deve presiedere alla preghiera. Pure in questo caso si
nota in lui lo sforzo di ancorare, per quanto possibile, la propria riflessio-
ne alla testimonianza scritturistica, sia essa esplicita o implicita. Di fatto,
nel richiamare le disposizioni interiori ed esteriori dellorante evidente
linflusso di 1Tm 2, 8-9, bench egli non citi espressamente il luogo paoli-
no1655. Tuttavia, la raccomandazione di deporre lira e di pregare con ani-
mo riconciliato ricondotta anzitutto allinsegnamento evangelico (Mt 5,
23-24), visto come il primo requisito per poter accedere alla preghiera1656.
Limportanza accordata da Tertulliano al precetto di Ges laccomuna ad
autori come Origene ed Evagrio, che insistono anchessi particolarmente
su questo punto. Sembra invece rinviare pi direttamente a 1Tm 2, 8 lul-

1653 De orat. 6, 3 (261, 13-16): Sed et qua carnaliter admittitur ista vox, non sine
religione potest fieri et spiritalis disciplinae. Panem enim peti mandat, quod solum fideli-
bus necessarium est; cetera enim nationes requirunt.
1654 Si veda in proposito lampio rilievo dato alla terza petizione del Padrenostro,
secondo Schleyer anticipata rispetto alla seconda, offenbar aus didaktischen Grnden
(p. 120). Cfr. De orat. 4, 3 (259, 14260, 19): Si enim ipse pronuntiavit non suam, sed
Patris facere se voluntatem, sine dubio, quae faciebat, ea erat voluntas Patris, ad quae nunc
nos velut ad exemplaria provocamur, ut et praedicemus et operemur et sustineamus ad mor-
tem usque. Quae ut implere possimus, opus est Dei voluntate. Per Chapot, 119, cest
[...] le concours de trois sources le texte du Notre Pre de Matthieu, celui de Luc et la
remarque de Jsus en Mt 6, 33 qui autorise et incite Tertullien raliser linversion.
1655 Allusioni a 1Tm 2, 9-10 affiorano in De orat. 15, 2 (265, 9): gli apostoli, qui
de habitu orandi docent, non hanno lasciato istruzioni sulluso di deporre il mantello pri-
ma di pregare; 20, 2 (268, 4-8): De modestia quidem cultus et ornatus aperta praescriptio
est, etiam Petri, cohibentis eodem ore, quia eodem et spiritu, quo Paulus, et vestium gloriam
et auri superbiam et crinium lenonem morositatem (cfr. 1Pt 3, 3). Il luogo paolino citato
solo in De orat. 24, 1, a proposito del precetto di pregare in ogni luogo (1Tm 2, 8).
1656 De orat. 11, 1 (263, 1264, 7): Memoria praeceptorum viam orationibus ster-
nit ad caelum; quorum praecipuum est, ne prius ascendamus ad altare Dei, quam, si quid
discordiae vel offensae cum fratribus contraxerimus, resolvamus. Quale est enim ad pa-
cem Dei accedere sine pace? Ad remissionem debitorum cum retentione? Quomodo pla-
cabit Patrem iratus in fratrem, cum omnis ira ab initio interdicta sit nobis?.
La costruzione di un modello 525
teriore raccomandazione a tenere sgombro lanimo da ogni confusione.
Possiamo cogliervi linvito alla concentrazione interiore, ma senza appa-
renti concessioni alla prassi degli esercizi spirituali e alle problematiche
collegate a questi1657. Piuttosto Tertulliano appare preoccupato di disegna-
re limmagine di un orante che si conforma nel suo animo allo spirito
verso cui sindirizza nella preghiera1658. Per questa via lorante assicura
una congenialit, cio unaffinit spirituale che solo pu consentirgli di
entrare in dialogo con Dio. Accennando nuovamente allaspetto pneuma-
tologico, sia pure in termini che non risultano troppo definiti, Tertulliano
torna dunque a profilare la preghiera del cristiano come orazione spiri-
tuale1659. Lispirazione del luogo paolino sembra dettare implicitamente
anche le osservazioni sulla purificazione delle mani, che non avviene certo
mediante le abluzioni di una prassi esteriore aspramente contraddetta dal
Cartaginese, in nome di una ribadita autenticit interiore. Egli stabilisce
invece lequivalenza fra le mani pure e la condotta che si astiene dal com-
piere il male, secondo lidentificazione simbolica proposta tradizional-
mente a commento di 1Tm 2, 81660. Quanto al gesto di levare le mani verso
lalto, presente nel testo paolino, Tertulliano, riformulando qui la spiega-
zione dellApologetico, linterpreta non tanto come la proiezione esteriore
di uno stato danimo volto ad unelevazione spirituale, bens come imi-
tatio crucis: il fedele chiamato infatti non solo ad innalzare le mani ma
anche a spiegarle seguendo lesempio del Cristo crocifisso1661. Inoltre,

1657 Tuttavia, a giudizio di Grossi, qui presente il motivo dellapatheia (p. 59,
nota 25).
1658 De orat. 12 (264, 1-6): Nec ab ira solummodo, sed omni omnino confusione
animi libera esse debet orationis intentio de tali spiritu emissa, qualis est spiritus ad quem
emittitur. Neque enim agnosci poterit spiritu sancto spiritus inquinatus aut tristis a laeto
aut impeditus a libero. Nemo adversarium recipit, nemo nisi comparem suum admittit.
1659 Per Grossi, 59, il nesso pneumatologico esplicito: Lo Spirito santo non potr
mai riconoscere uno spirito inquinato, triste o schiavo, per uno spirito lieto e libero. Nes-
suno accetta con s un avversario, o uno che non gli sia alla pari. Ma Schleyer, 241
rende diversamente: Denn von einem reinen Geist wird ein verunreinigter Geist nicht
anerkannt werden knnen oder ein finsterer von einem heiteren und freundlichen oder ein
in Verstrickungen gefangener von einem freien Geist. Niemand nimmt bei sich jemandem
auf, der gegenstzlich geartet ist, ein jeder gewhrt nur einem Geistesverwandtem Zu-
tritt. Limplicazione pneumatologica ammessa anche da Stritzky, 66-67, che nota qui
anche la ripresa, decontestualizzata, del teorema filosofico per cui die Grundbedingung
fr die Erkenntnis [...] in dem Zusammentreffen zweier o{moia besteht (p. 67).
1660 De orat. 13, 1 (264, 1-6): Ceterum quae ratio est manibus quidem ablutis, spi-
ritu vero sordente orationem obire, quando et ipsis manibus spiritales munditiae sint ne-
cessariae, ut a falso, a caede, a saevitia, a veneficiis, ab idololatria ceterisque maculis,
quae spiritu conceptae manuum opera transiguntur, purae alleventur?
1661 De orat. 14 (265, 6-8): Nos vero non attollimus tantum, sed etiam expandi-
mus et, Dominica passione modula<ta>, tum et orantes confitemur Christo. Cfr. anche
29, 4 (274, 34-35): Sed et aves tunc exsurgentes eriguntur ad caelum et alarum crucem
526 Parte seconda, Capitolo nono
questo gesto deve essere compiuto con lumilt che contraddistingue la
preghiera del pubblicano, atteggiando il volto a sentimenti di ritegno e
modestia1662, ed evitando nel contempo di affidare la preghiera alla forza
della voce, dal momento che Dio sta in ascolto del cuore1663.
Latto della preghiera, cos descritto da Tertulliano nei lineamenti es-
senziali a partire dai suoi criteri normativi, si commisura a una prassi con-
creta, contraddistinta da una serie di consuetudini che sono oggetto di un
vaglio critico da parte del Cartaginese. In nessun altro trattato eucologico
dei primi secoli incontriamo una ricchezza di esperienze paragonabile agli
spunti che Tertulliano ci offre sulle usanze del suo tempo, a completamento
delle indicazioni offerte nellApologetico. Essi interessano soprattutto la
storia della preghiera come pratica, ma permettono comunque di comple-
tare limmagine dellorazione cristiana tracciata con grande nitidezza dalla
riflessione del Cartaginese. Si noter in primo luogo la norma dellaucto-
ritas scritturistica, che permea in profondit tutto il suo discorso renden-
dolo, sotto tale punto di vista, prossimo a Origene, sebbene il ricorso alla
fonte biblica non raggiunga lintensit dellAlessandrino e sia apprezzato
tendenzialmente in chiave etico-normativa1664. In tal senso la misura per
giudicare i singoli comportamenti dellorante ricavata per Tertulliano
dallinsegnamento del Signore e degli apostoli, con esplicita riserva verso
scritti quali il Pastore di Erma che non rivestono un identico statuto cano-
nico1665. Il richiamo a questo metro di giudizio introduce nella trattazione
una componente pi apertamente polemica che si esplica in direzione dei
giudei, ma soprattutto dei pagani, nellintento di meglio precisare i tratti
caratterizzanti loratio christiana. Non a caso egli si sovviene qui del cul-
to razionale di Rm 12, 1 per deprezzare i costumi criticati come forma di
superstitio invece che di religio 1666. Si tratta dellusanza di pregare dopo

pro manibus expandunt; De an. 51, 6; supra, nota 1622. Sul significato del gesto si veda
Bellis; Severus, 1231-1232.
1662 De orat. 17, 1-2 (266, 1-6): Atqui cum modestia et humilitate adorantes ma-
gis commendabimus Deo preces nostras, ne ipsis quidem manibus sublimius elatis, sed
temperate ac probe elatis, ne vultu quidem in audaciam erecto. Nam et ille publicanus, qui
non tantum prece, sed et vultu humiliatus atque deiectus orabat, iustificatior pharisaeo
procacissimo discessit.
1663 De orat. 17, 3. Non si tratta comunque di proporre il modello di una preghiera
silenziosa, ma di moderare la voce onde non dar luogo ad unostentazione orante.
1664 Per luso dei paradigmi di salvezza si veda supra, nota 436. Opportuna-
mente Stritzky, 65, ricorda la mens giuridica dellautore che impronta anche la sua inter-
pretazione del Padrenostro.
1665 De orat. 15, 1 (265, 1-4): Sed quoniam unum aliquod attigimus vacuae ob-
servationis, non pigebit cetera quoque denotare, quibus merito vanitas exprobranda est,
siquidem sine ullius aut Domini aut apostolici praecepti auctoritate fiunt.
1666 De orat. 15, 1 (265, 4-6): Huiusmodi enim non religioni, sed superstitioni de-
putantur, affectata et coacta et curiosi potius quam rationalis officii (cfr. Rm 12, 1), certe
vel eo coercenda, quod gentilibus adaequent.
La costruzione di un modello 527
aver deposto il mantello oppure di sedersi conclusa lorazione, luna e lal-
tra ritenute da Tertulliano unassimilazione alle abitudini degli oranti pa-
gani1667. Ma lanalisi investe anche problematiche pi strettamente con-
nesse alla prassi ecclesiale, come il velare o meno il capo per le vergini
della comunit di Cartagine o la pratica della genuflessione1668.
Quanto ai tempi di preghiera, Tertulliano si premura di rammentare
preliminarmente la base scritturistica anche per le tre ore canoniche
(terza, sesta e nona): pur senza renderle vincolanti, incoraggia la loro ado-
zione come regola ternaria, nel segno di una spiritualit eucaristica
indirizzata alla Trinit1669. Egli non riflette apparentemente su come si
debba attuare loratio continua in risposta al mandato di 1Ts 5, 17, ma le
sue ulteriori indicazioni sfociano in pratica nel disegnare un orizzonte di
preghiera per la vita quotidiana del cristiano. Questi chiamato a iniziare
e concludere le sue giornate con lorazione, rispettando i due momenti,
alba e tramonto, che Tertulliano considera di rito. Ma al tempo stesso il
fedele accompagna con la preghiera le sue attivit giorno per giorno, ri-
spettando in tal modo il primato delle realt spirituali sulle cose ter-
rene1670. Dovr dunque pregare prima dei pasti e prima di fare il bagno,
nellaccogliere in casa sua lospite e soprattutto lo straniero, e rispondere
a sua volta con la preghiera a chi lo accoglier in questa stessa ma-
niera1671. Nellindividuare gli spazi quotidiani per lorazione Tertulliano
ne evidenzia laspetto strutturale e insieme dinamico, che si rende ancor
pi manifesto nella condotta di coloro che con maggior diligenza ag-
giungono alle loro preghiere Alleluia e salmi1672. Tutto ci non fa che
arricchire lespressione della preghiera rendendola un sacrificio pingue
offerto a Dio1673. N Tertulliano dimentica la componente agonica della
preghiera: il fedele deve sempre munirsi di essa come unarma in risposta
allinsidia costante del nemico1674.

1667 De orat. 15-16 (cfr. Dlger 1936).


1668 Anche lampia trattazione sul velo delle vergini in De orat. 21-22 trae spunto
dal vincolo scritturistico. Infatti, Tertulliano si richiama da un lato a 1Cor 11, 5-15; dal-
laltro invita a considerare luso scritturistico di mulier. Invece per la pratica della genu-
flessione si rif ad una consuetudine tradizionale che dovrebbe superare la varietatem ob-
servationis (23, 1).
1669 De orat. 25, 5 (nota 1633).
1670 De orat. 25, 6 (273, 17-20): Sed et cibum non prius sumere et lavacrum non
prius adire quam interposita oratione fideles decet. Priora enim habenda sunt spiritus re-
frigeria et pabula quam carnis, quia priora caelestia quam terrena.
1671 De orat. 26.
1672 De orat. 27.
1673 De orat. 27 (273, 3-5): Et est optimum utique institutum omni quod praepo-
nendo et honorando Deo competit saturatam orationem velut opimam hostiam admo-
vere. Schleyer, 243 segnala opportunatamente lallusione a Sal 140(141), 2.
1674 De orat. 29, 3 (274, 26-30): Oratio murus est fidei, arma et tela nostra adver-
sus hostem, qui nos undique observat. Itaque numquam inermes incedamus. Die stationis,
528 Parte seconda, Capitolo nono
La conclusione dello scritto di Tertulliano costituisce un elogio della
preghiera, sorretto da tutta la sua abilit di retore. Ma al di l della forma,
non si deve perdere di vista il motivo dominante: lefficacia della pre-
ghiera cristiana rispetto alla vetus oratio, che deriva ancora una volta dai
suoi caratteri distintivi di preghiera in spirito e verit. Coronata dal-
lamore insieme alle altre virt e affiancata dalle opere, nella celebrazio-
ne della lode di Dio con salmi ed inni, la preghiera il sacrificio che pu
ottenere tutto da lui1675. Se la vetus oratio ci attesta la sua efficacia attra-
verso i paradigmi degli oranti veterotestamentari, richiamati da Tertul-
liano solo al termine della sua trattazione (e di fatto ridimensionati nella
loro portata perch relativi a benefici materiali), quanto maggiori bisogna
considerare gli effetti delloratio christiana! A cominciare dallesperien-
za di coloro che soffrono persecuzioni i quali, invece di ricevere il soc-
corso fisico come gli antichi protagonisti delle storie di salvezza, proprio
alla luce della preghiera comprendono e accolgono le loro sofferenze per
la fede1676. La contrapposizione con la vetus oratio poi rafforzata dal-
lidea della trasformazione agapica che essa subisce nella nuova veste
delloratio christiana: anzich infliggere pene, sconfiggere eserciti ne-
mici e trattenere la pioggia benefica, adesso la preghiera allontana lira
di Dio, veglia intercedendo per i nemici, supplica per i persecutori, grazie
al mutamento apportato da Cristo, il quale vuole che essa operi unica-
mente il bene 1677. Al termine di un crescendo che non solo unamplifi-
cazione retorica ma intende illustrare la novit della preghiera cristiana
attraverso le sue molteplici ricadute benefiche, Tertulliano approda infi-
ne al riconoscimento dellesperienza orante come esperienza universale,

nocte vigiliae meminerimus. Sub armis orationis signum nostri imperatoris custodiamus,
tubam angeli expectemus orantem.
1675 De orat. 28, 4 (273, 11-15): Hanc de toto corde devotam, fide pastam, veritate
curatam, innocentia integram, castitate mundam, agape coronatam cum pompa operum
bonorum inter psalmos et hymnos deducere ad Dei altare debemus omnia nobis a Deo
impetraturam.
1676 De orat. 29, 1 (274, 5-11): Ceterum quanto amplius operatur oratio christiana!
Non roris angelum in mediis ignibus sistit nec ora leonibus obstruit (cfr. Dn 3, 49-50; 6,
23) nec esurientibus rusticorum prandium transfert (cfr. Dn 14, 33-39), nullum sensum
passionis delegata gratia avertit, sed patientes et sentienties et dolentes sufferentia instruit,
virtute ampliat gratiam, ut sciat fides, quid a Domino consequatur, intellegens, quid pro
Dei nomine patiatur. La svalutazione degli esempi veterotestamentari pi sensibile in
Tertulliano, rispetto ad Origene, che applica loro unesegesi spirituale (cfr. supra, 140 ss.).
1677 De orat. 29, 2 (274, 17-25): Christus eam nihil mali voluit operari, omnem illi
virtutem de bono contulit. Itaque nihil novit nisi defunctorum animas de ipso mortis iti-
nere revocare, debiles reformare, aegros remediare, daemoniacos expiare, claustra carce-
ris aperire, vincula innocentium solvere. Eadem diluit delicta, temptationes repellit, perse-
cutiones extinguit, pusillanimos consolatur, magnanimos oblectat, peregrinantes deducit,
fluctus mitigat, latrones obstupefacit, alit pauperes, regit divites, lapsos erigit, cadentes
suspendit, stantes continet.
La costruzione di un modello 529
della quale partecipano non solo gli uomini ma anche gli angeli e perfino
gli animali1678.
Anche questo cenno finale conferisce forte originalit ad una tratta-
zione che riflette la vigorosa e lucida personalit del suo autore. Aliena da
problematiche filosofiche, nemmeno echeggiate fra le righe, come pure
da unargomentazione esegetica approfondita, la trattazione di Tertullia-
no mossa dalla prospettiva, ideale e concreta, della prassi orante1679. Il
ricco vissuto cristiano a cui egli rimanda ci si presenta come un tratto spe-
cifico dello scritto, ma esso interagisce con una visuale teologica essenzia-
le: il modello delloratio christiana come preghiera spirituale a partire
dal paradigma della Preghiera del Signore. A questo livello la riflessione
del Cartaginese sincontra senza dubbio con quella di Origene, dal mo-
mento che per entrambi gli autori la categoria risolutiva proprio quella
di preghiera spirituale. Sia per Tertulliano che per Origene ci significa
un diverso ordine di valori che presiede alla preghiera, riassumibile per
comodit nella distinzione o contrasto fra i beni celesti e i beni terreni,
ma anche unimplicazione pneumatologica pur diversamente calibrata.
Come mostra lassenza di commenti su Rm 8, 26-27 nello scritto di Ter-
tulliano, il riconoscimento della preghiera mossa dallo Spirito non assu-
me il rilievo che ha in Origene, ma ci non toglie che si possa riscontrare
almeno una sintonia tendenziale. Inoltre, sebbene i nuclei scritturistici a
prescindere dal comune riferimento alla Preghiera del Signore assuma-
no configurazioni diverse nei due scrittori, non mancano tra loro gli ele-
menti di convergenza per luso di singole citazioni. Pi in generale lan-
coraggio della prassi orante allauctoritas biblica non pu non segnalare
unaffinit con lAlessandrino, sebbene questi ci appaia meno condiziona-
to dallesigenza normativa e disciplinare. Anche il commento del Padre-
nostro, quantunque esso risulti assai rapido nel Cartaginese, mostra delle
significative convergenze interpretative1680. Infine, se in Tertulliano non

1678 De orat. 29, 4 (274, 31-36): Orant etiam angeli omnes, orat omnis creatura,
orant pecudes et ferae et genua declinant et egredientes de stabulis ac speluncis ad caelum
non otioso ore suspiciunt vibrantes spiritum suo more. Sed et aves tunc exsurgentes eri-
guntur ad caelum et alarum crucem pro manibus expandunt et dicunt aliquid, quod oratio
videatur.
1679 Linterpretazione di Stritzky talora forza filosoficamente il testo di Tertulliano,
sintonizzandolo fra laltro con il dibattito contemporaneo sulla preghiera (pp. 67-68).
1680 In particolare, Schleyer nota le seguenti affinit nellinterpretazione della terza
petizione: Die Auslegung des Origenes, orat. 26 (GCS 359-363), kommt der tertulliani-
schen in mehrfacher Hinsicht nahe: 1. im Bezug auf alle Menschen, Christen und Nicht-
christen (orat. 26, 4 [GCS 361]); 2. im Bezug auf die Getauften bzw. die Kirche (orat. 26,
3 [GCS 360f); 3. in der Beziehung auf das Vorbild Christi (orat. 26, 3 [GCS 360f]); 4. in
der eschatologischen Perspektive des seligen Ziels (tevlo" makavrion: orat. 26, 4 [GCS
361]) (p. 124, nota 528). A suo avviso Tertulliano (De orat. 6, 1) condivide con Origene
(Orat XXVI, 2) anche lidea che le prime tre domande costituiscano una unit (p. 126, nota
530 Parte seconda, Capitolo nono
sembra avvertirsi per nulla la consapevolezza della preghiera come pro-
blema, diversamente dallapproccio sviluppato da Origene nel trattato,
luno e laltro si ritrovano insieme nel professare convintamente lidea
dellefficacia della preghiera.

3. Clemente Alessandrino: la piet del cristiano come il vero gnostico

Pu darsi che il VII libro degli Stromati di Clemente Alessandrino


o, per essere pi precisi, unampia porzione di esso (Strom. VII, 7, 35, 1
49, 8) rappresenti il pi antico trattato cristiano sulla preghiera, sebbene
gli incerti indizi cronologici di cui disponiamo facciano pensare piuttosto
ad una sua contemporaneit con il De oratione tertullianeo1681. Quello
che certo il fatto che nei due scritti si respira unatmosfera profonda-
mente diversa, anche se ci non significa come vedremo una totale
incomunicabilit dei rispettivi orizzonti spirituali. Bisogna anzitutto con-
siderare la fisionomia distinta dellopera e del pubblico a cui Clemente si
rivolge, senza mai dimenticare ovviamente il profilo culturale dellautore
quale esponente di spicco del platonismo cristiano di Alessandria. Ora, la
sua trattazione ha di mira i Greci (Ellhne"), cio i pagani colti, special-
mente quanti hanno ricevuto una formazione filosofica e si fanno unidea
erronea della religione cristiana accusando di ateismo i suoi seguaci.
Pertanto lesposizione clementina, diversamente dal De oratione di Ter-
tulliano, nasce con intenti apologetici a senso unico, cio senza preoccu-
pazioni identitarie rispetto al giudaismo, affrontando peraltro il tema della
preghiera nel quadro di una pi ampia riflessione sulla piet del perfetto

536). Anche nella spiegazione della sesta e della settima non mancano paralleli, sia pure
integrando la visuale con il de fuga in persecutione: In fug. (CSEL 76, 21f) unterscheidet
Tertullian drei Arten von Versuchungen: ex causa probationis zur Bewhrung, ex causa
reprobationis zur Verwerfung, ex causa cohibitionis, zur Zhmung und Migung.
Vgl. Origenes: 1. zur Bewhrung (orat. 29, 2-4 [GCS 382f]), 2. zur Selbsterkenntnis und
Bewahrung vor Hybris (orat. 29, 17 [GCS 391f]), 3. zur Preisgabe an die Snde und end-
gltigen Heilung (orat. 29, 13 [GCS 387f]); Wichtige gemeinsame Zge in der Ausle-
gung der sechsten und siebten Bitte bei Tertullian und Origenes: 1. der Sinn der sechsten
Bitte: nicht Befreiung von, sondern Bewhrung in Versuchungen (Origenes, orat. 29, 2-4
[GCS 382f]); 29, 9 [GCS 385]; 30, 1 [GCS 393]; 29, 11 [GCS 386]; 30, 3 [GCS 394f]).
2. Der Versucher, Satan, steht dabei unter der Macht Gottes (orat. 30, 2 [GCS 393]). 3. In
der siebten Bitte: die Auffassung von a malo (= a diabolo): orat. 30, 1 (GCS 393). 4. Beide
Bitten bilden eine Sinn-Einheit: orat. 29, 1; 30, 1 (GCS 381f. 393) (p. 136, nota 579).
1681 A giudizio di Le Boulluec questo long expos [...] est le premier trait con-
serv sur la prire chrtienne (Clment dAlexandrie. Les Stromates: Stromate VII, 13). Il
possibile arco temporale va, secondo Roukema, dal 193 al 215 (Clemens van Alexandri.
Het gebed van de gnosticus en andere teksten. Een keuze uit Clemens Stromateis boek
VII, 7). Per la traduzione italiana si veda Pini (Clemente Alessandrino. Stromati. Note di
vera filosofia).
La costruzione di un modello 531
cristiano in quanto gnostico autentico. La preghiera insomma un aspet-
to, bench centrale se non ricapitolativo, dellideale di perfezione traccia-
to da Clemente in risposta alla critica filosofica del cristianesimo1682. La
diversit dei destinatari e delle finalit perseguite spiega dunque il diverso
profilo dello scritto dal punto di vista letterario e argomentativo. Come
dichiara in apertura lo stesso autore, egli ha volutamente adottato un lin-
guaggio capace di essere compreso dal suo pubblico, rinunciando almeno
inizialmente a sostenere le proprie argomentazioni con lausilio delle te-
stimonianze scritturistiche. Tuttavia, a scanso di fraintendimenti da parte
della maggioranza dei suoi correligionari, Clemente avverte subito che le
Scritture del Signore sono comunque la fonte nascosta dalla quale tutto
il suo discorso trae ispirazione1683. Del resto, nonostante la dichiarazione
di metodo, Clemente non si fa scrupolo di richiamare riferimenti scrittu-
ristici, pi o meno espliciti, fin dalla parte introduttiva del VII libro, n il
trattato eucologico fa eccezione al riguardo, come risulter dallesame del
suo dossier di citazioni.
La messa a fuoco preliminare del culto reso dallo gnostico al vero
Dio procede con una preoccupazione di carattere sistematico che tradisce
lintento di combinare il messaggio cristiano con la riflessione filosofica
di stampo soprattutto platonico ma anche stoico. Clemente illustra cos la
dottrina su Dio che presiede alla piet dei cristiani, intesa da lui non tanto
come manifestazione liturgica o devozionale, bens come forma di vita
perfetta che si estrinseca anche nel culto e nella preghiera1684. La teolo-
gia clementina parte infatti dal riconoscimento del Padre delluniver-
so come causa prima, reso possibile ad opera del Figlio. Egli la via
daccesso alla divinit trascendente del Padre, Dio sommo, e in quanto
tale apofaticamente oggetto dadorazione nel silenzio della contemplazio-

1682 Contra Brown, 122, che inverte i termini del problema: Since this is a treatise
on prayer, it involves the issue of eujsevbeia (p. 132). Secondo Vlker 1952, la preghiera
in Clemente non solo il passaggio obbligato per il rapporto con Dio (p. 411), ma anche
la quintessenza della vita spirituale: Das Gebet erscheint Clemens als das Wertvollste
und das Wesen der Christen am meisten kennzeichnende. Per una presentazione recente
della dottrina clementina, cfr. Bianco, 202-229.
1683 Strom. VII, 1, 1, 4 (40, 19-23): Ka]n eJteroi'av tisi tw'n pollw'n katafaivnhtai ta;
uJf hJmw'n legovmena tw'n kuriakw'n grafw'n, ijstevon o{ti ejkei'qen ajnapnei' te kai; zh/', kai;
ta;" ajforma;" ajp aujtw'n e[conta to;n nou'n movnon, ouj th;n levxin, parista'n ejpaggevlletai.
Sulluso criptico delle Scritture in Clemente, cfr. Rizzi 2001, 94. Contro la tradizionale in-
terpretazione in senso spiritualistico, bene rammentare che in Clemente lidentit cristia-
na non si d nella sola dimensione interiore, n in quella di una pratica tutta interna al
gruppo di appartenenza, ma, essendo (come ogni identit) essenzialmente relazionale,
deve necessariamente esprimersi anche allesterno, nel rapporto con tutti gli altri soggetti
sociali (Lugaresi 2003a, 11). Per un nuovo esame della questione identitaria si veda Le
Boulluec 2009b.
1684 Strom. VII, 1, 2, 1 (40, 1-3): Provkeitai toivnun parasth'sai hJmi'n movnon to;n
gnwstiko;n o{siovn te kai; eujsebh', qeoprepw'" to;n tw/' o{nti qeo;n qrhskeuvonta.
532 Parte seconda, Capitolo nono
ne1685. Di seguito per lattenzione si sposta sulla figura del Figlio, media-
tore della conoscenza del Padre ma anche modello di condotta per il cri-
stiano, mentre Clemente tratteggia le linee della risposta di fede entro una
prassi di vita virtuosa1686. Gi qui la perfezione spirituale dello gnostico
non si presenta come un obiettivo solipsistico, poich la cura di s non
mai disgiunta dallinteresse per laltro, in forza dellamore (ajgavph)
di cui il fedele partecipa1687. La correzione della prospettiva filosofica in
senso cristiano si d soprattutto in relazione allobiettivo ultimo del culto
divino indicato da Clemente nellassimilazione a Dio, secondo una no-
zione tipica della tradizione platonica, ma rivisitata in chiave cristiana: i
cristiani perfetti sono coloro che hanno familiarit con Dio perch con-
versano con lui attraverso il Sommo Sacerdote Cristo, rendendosi simili
al Signore in tutta la loro condotta di vita1688. Gi qui, attraverso il tema
dellimitatio Christi, affiora limmagine della preghiera come colloquio
(oJmiliva) con Dio, secondo la definizione proposta in antecedenza da Mas-
simo di Tiro, che caratterizza la visuale clementina dellorazione, sia pure
dentro una cornice profondamente mutata1689.

1685 Strom. II, 1, 2, 3 (42, 10-14): par ou| ejkmanqavnein to; ejpevkeina ai[tion, to;n
patevra tw'n o{lwn, to; prevsbiston kai; pavntwn eujergetikwvtaton, oujkevti fwnh/' paradi-
dovmenon, sebavsmati de; kai; sigh/' meta; ejkplhvxew" aJgiva" sebasto;n kai; septo;n kuriwv-
tata. Mortley, 201-202 segnala limportanza di questo passo per la visuale della preghie-
ra: Silence is the symbol of a higher form of knowledge. Clements concept of prayer,
which is defined as inward contact with God, confirms this impression. To understand
prayer on the simple model of verbal contact is insufficient, for the spirit ascends to the
nohth;n oujsivan. Prayer denotes a state of being; it is oJmiliva with God. Since [...] words
belong to the realm of the senses, true prayer is accomplished in silence: meta; sigh'" pros-
lalw'men. This further paradox simply attests the fact that real knowledge cannot be com-
municated by the word, for the mind has no need of the crutches provided by the sensible
world in order to make its ascension.
1686 La natura del Figlio al vertice della scala degli esseri in ordine ascenden-
te, uomini e angeli e la pi prossima al Padre (Strom. VII, 2, 5, 3), essendo in perenne
contemplazione di lui.
1687 Per la centralit dellajgavph nellideale clementino di perfezione, aldil di un
mero intellettualismo, si veda Rizzi 2001, 100: fondandosi sulla fede, il cristiano vive
nella speranza, e il suo tevlo", fine e perfezione, al tempo stesso, lajgavph. Si tratta di un
programma contemporaneamente epistemologico, perch il fine ultimo ne la visione di
Dio, in cui per la qewriva platonica risulta sagomata entro il contesto cristiano delloJ-
moivwsi" per ajgavph al Logos, e di vita spirituale, di progressione nelle virt paoline, in cui
alla pienezza della contemplazione corrisponde la pienezza delle virt e il loro assorbi-
mento nellajgavph divina.
1688 Strom. VII , 1, 3, 13 (68, 14-70, 2): Au{th toivnun hJ ejnevrgeia tou' teleiwqevnto"
gnwstikou', prosomilei'n tw/' qew/' dia; tou' megavlou ajrcierevw", ejxomoiouvmenon eij" duvna-
min tw/' kurivw/ dia; pavsh" th'" eij" to;n qeo;n qerapeiva", h{ti" eij" th;n tw'n ajnqrwvpwn diateiv-
nei swthrivan kata; khdemonivan th'" eij" hJma'" eujergesiva" katav te au\ th;n leitourgivan
katav te th;n didaskalivan katav te di e[rgwn eujpoiivan.
1689 Come nota Le Boulluec (Clment dAlexandrie. Les Stromates: Stromate VII, 69,
nota 7), il motivo sviluppato in Strom. VII , 7, 39, 6 (cfr. nota 40); 42, 1; 49, 1; 12, 73, 1.
La costruzione di un modello 533
La trasformazione indicata in primo luogo proprio dalla fondazio-
ne cristologica della preghiera. Non a caso linizio della trattazione euco-
logica vera e propria segnato dallaffermazione che il Figlio il media-
tore nel rapporto orante fra i cristiani e il Padre: i fedeli sono tenuti ad
onorare il Logos in ogni tempo e mediante lui il Padre1690. Grazie alla
conoscenza trasmessa dal Logos, essi glorificano Dio nella preghiera at-
traverso la persona del Mediatore1691, designata significativamente per tale
funzione con il termine di Sommo Sacerdote tratto dalla Lettera agli
Ebrei (Eb 4, 14)1692. Inoltre, Clemente accenna anche alla presenza dello
Spirito, sebbene il riconoscimento della dimensione pneumatologica sia
assai meno esplicito che in Tertulliano, per non dire di Origene. Unallu-
sione rimanda comunque ai gemiti inenarrabili di Rm 8, 261693, mentre
lorante gnostico, nello sforzarsi di essere spirituale si unisce allo Spiri-
to mediante lamore, con il che ritroviamo unidea affine allassimilazione
pneumatica dellorante evocata da Tertulliano1694. Un ulteriore elemento
che concorre a disegnare la cornice biblica e cristiana della visuale cle-
mentina della preghiera dato dal riferimento agli angeli come il corri-
spettivo celeste della condizione dellorante sulla terra. Lo gnostico, nel
formulare la sua preghiera a partire da una retta concezione di Dio, asso-
ciato al coro degli angeli e partecipa delle loro stesse virt1695. Ma questa
associazione si manifesta per Clemente anche tramite la vita di preghiera
dello gnostico intesa come oratio continua, cio in quanto memoria perpe-
tua di Dio che lo immette nella contemplazione delle realt celesti1696.

1690 Strom. VII, 7, 35, 1 (128, 1-5): Sevbein de; dei'n ejgkeleuovmeqa kai; tima'n to;n
lovgon, swth'rav te aujto;n kai; hJgemovna ei\nai peisqevnte", kai; di aujtou' to;n patevra, oujk
ejn ejxairevtoi" hJmevrai", w{sper a[lloi tinev", ajlla; sunecw'" to;n o{lon bivon tou'to pravtton-
te" kai; kata; pavnta trovpon.
1691 Strom. VII , 6, 31, 7 (116, 25-30): oujk ajpeikovtw" hJmei'" di eujch'" timw'men to;n
qeovn, kai; tauvthn th;n qusivan ajrivsthn kai; aJgiwtavthn meta; dikaiosuvnh" ajnapevmpomen,
tw/' dikaiotavtw/ lovgw/ geraivronte", di ou| paralambavnomen th;n gnw'sin, dia; touvtou do-
xavzonte" a} memaqhvkamen.
1692 Strom. VII, 7, 45, 3 (156, 16-18): e[st a]n ejp aujto; ajfivkwntai to; ajgaqovn, ejpi;
proquvroi" wJ" eijpei'n tou' patro;" prosecei'" tw/' megavlw/ ajrcierei' genovmenai. Il titolo
compare anche in VII, 2, 9, 2; 3, 13, 2.
1693 Strom. VII , 7, 49, 7 (168, 25-26): ajlalhvtoi" stenagmoi'" ejpikalevshtai to;n
patevra.
1694 Strom. VII, 7, 44, 5 (152, 16-154, 19): to; pantokratoriko;n de; bouvlhma ejgnw-
kwv", kai; e[cwn a{ma kai; eujcovmeno", prosech;" th/' pansqenei' dunavmei genovmeno", pneu-
matiko;" ei\nai spoudavsa" dia; th'" ajorivstou ajgavph" h{nwtai tw/' pneuvmati. Per il con-
fronto con Tertulliano si veda supra, p. 530 e note 1658-1659.
1695 Strom. VII, 7, 45, 1 (156, 1-6): Axiolovgw" gou'n ta; peri; qeou' dieilhfw'" pro;"
aujth'" th'" ajlhqeiva" corou' mustikou', lovgw/ tw/' protrevponti to; mevgeqo" th'" ajreth'", kat
ajxivan aujthvn te kai; ta; ajp aujth'" ejndeiknumevnw/, crh'tai, meta; diavrmato" ejnqevou th'"
eujch'" toi'" nohtoi'" kai; pneumatikoi'" w{" e[ni mavlista gnwstikw'" oijkeiouvmeno".
1696 Strom. VII , 7, 49, 4 (166, 14-16): Dia; touvtwn eJauto;n eJnopoiei' tw/' qeivw/ corw/',
ejk th'" sunecou'" mnhvmh" eij" ajeivmnhston qewrivan ejntetagmevno". Il nesso fra preghiera
534 Parte seconda, Capitolo nono
Cos, la condizione di perfetto lo rende gi in terra uguale agli angeli e
la sua preghiera individuale non mai solitaria, perch sempre inserita
nella comunione dei santi1697. Questa coralit dellorazione cristiana emer-
ge per Clemente anche in chiave cosmica ed ecclesiale. Infatti, egli non
ignora la dimensione agonistica, tanto influente e significativa nella rifles-
sione di Origene, per cui il mondo visto come uno stadio o un tea-
tro che coinvolge a vari livelli Dio Padre, il Figlio e gli angeli come spet-
tatori partecipi della lotta condotta dallo gnostico contro le potenze demo-
niache1698. vero che Clemente, diversamente da Origene, non associa
immediatamente la figura dellatleta gnostico al cristiano in preghiera,
ma la sua riflessione sinserisce comunque nella visuale complessiva della
piet del perfetto che implica anche la manifestazione orante. Quanto poi
allo scenario ecclesiale, esso affiora nellidea del sacrificio puro, assimi-
lato allimmagine dellincenso composto (in Es 30, 34-37 o Lv 16, 12)
e risultante dallunione orante di una pluralit di lingue e di voci secondo
limmagine della chiesa come corpo di Cristo in Ef 4, 131699.
Il tema del sacrificio puro concorre a sviscerare ulteriormente lo
sfondo ecclesiale della preghiera, in quanto espressione pi alta di tale
culto spirituale, mentre focalizza il contrasto con la tradizione religiosa
pagana. I suoi riti sacrificali, dai quali Clemente aveva preso le distanze
gi nel Protrettico (pur rimodellando in parte le manifestazioni liturgiche

interiore e contemplazione messo in rilievo da Vlker 1952, 419: whrend des geistigen
Gebetes erfolgt die Schau, jenes ist das Mittel, um diese zu erlangen. Der Betende, der von
unstillbarer Sehnsucht nach Gott erfllt ist [...], sinkt gleichsam in die gttliche Welt ein.
Clemens hat also dafr ein lebhaftes Empfinden, da jeder mystische Aufstieg zugleich
ein Wachsen im Gebet ist, da dieser nur in der Form hheren Gebetsgnaden erfolgt.
1697 Strom. VII, 12, 78, 6 (240, 25-242, 28): O de; kai; met ajggevlwn eu[cetai, wJ" a]n
h[dh kai; ijsavggelo", oujde; e[xw pote; th'" aJgiva" froura'" givnetai: to;n tw'n aJgivwn coro;n
sunistavmenon e[cei.
1698 Strom. VII, 3, 20, 3-4 (86, 1-13): Ou|tov" ejstin, ou|to" oJ ajqlhth;" ajlhqw'" oJ ejn
tw/' megavlw/ stadivw/, tw/' kalw/' kovsmw/, th;n ajlhqinh;n nivkhn kata; pavntwn stefanouvmeno"
tw'n paqw'n. O te ga;r ajgwnoqevth" oJ pantokravtwr qeov", o{ te brabeuth;" oJ monogenh;"
uiJo;" tou' qeou', qeatai; de; a[ggeloi kai; qeoiv, kai; to; pagkravtion to; pavmmacon ouj pro;"
ai|ma kai; savrka, ajlla; ta;" dia; sarkw'n ejnergouvsa" pneumatika;" ejxousiva" ejmpaqw'n
paqw'n touvtwn periginovmeno" tw'n megavlwn ajntagwnismavtwn. Sul pi ampio contesto di
questo passo si veda Lugaresi 2008, 489-509.
1699 Strom. VII, 6, 34, 2 (126, 7-14): Dei' toivnun qusiva" prosfevrein tw/' qew/' mh;
polutelei'", ajlla; qeofilei'" (Teofrasto, De piet. fr. 9 Ptscher), kai; to; qumivama ejkei'no
to; suvnqeton to; ejn tw/' novmw/ to; ejk pollw'n glwssw'n te kai; fwnw'n kata; th;n eujch;n sug-
keivmenon, ma'llon de; to; ejk diafovrwn ejqnw'n te kai; fuvsewn th/' kata; ta;" diaqhvka" dovsei
skeuazovmenon eij" th;n eJnovthta th'" pivstew" (cfr. Ef 4, 13) kai; kata; tou;" ai[nou" suna-
govmenon, kaqarw'/ me;n tw/' nw/', dikaiva/ de; kai; ojrqh/' th/' politeiva/, ejx oJsivwn e[rgwn eujch'" te
dikaiva". Le Boulluec (p. 126, ad loc.) rinvia a Es 30, 34-37 per to; qumivama... to; suvn-
qeton, ma si potrebbe pensare anche a Lv 16, 12, considerando luso che ne fa Origene
(supra, nota 1366).
La costruzione di un modello 535
dei cristiani sul linguaggio delle religioni misteriche)1700, sono ormai su-
perati dal culto di Dio del vero gnostico. Sulla traccia del precedente scrit-
to apologetico la critica investe non solo i sacrifici, ma anche gli idoli e i
templi degli di. Il vero tempio invece per Clemente lassemblea della
chiesa, intesa non in senso locale bens come la riunione degli eletti,
santificata dalla conoscenza del vero Dio e consacrata a lui1701. Ma anche
lo gnostico pu essere visto come tempio di Dio, reso santo dalla sua pre-
senza in lui, dal momento che lanima del perfetto, a mo di statua, ripro-
duce in se stessa limmagine del Logos divino1702. Non vi dunque pi
bisogno di offrire sacrifici a Dio; ormai la preghiera lofferta da presen-
tare alla divinit. Come per il tempio, Clemente stabilisce lequivalenza
sacrificio = preghiera ad un duplice livello: comunitario e personale. La
preghiera, in quanto la vittima migliore e pi santa, in prima istanza
il sacrificio della chiesa, offerto sullaltare formato dallassemblea terrena
dei fedeli, che con le loro orazioni partecipano di una sola voce e un solo
pensiero1703. a tale sacrificio ecclesiale che si addice lesalazione
veritiera, consistente nellofferta del Logos che si innalza come profumo
dalle anime sante, interamente orientate verso Dio 1704. A livello personale,
poi, la vita del perfetto sempre una festa, una celebrazione ininterrotta
di Dio, laddove egli offre come sacrifici le proprie preghiere1705.
Nelleconomia della trattazione clementina che non facile siste-
matizzare, poich lautore procede per associazioni pi che per concate-
nazioni logiche, attenendosi al modello descritto a conclusione del VII li-
bro 1706 un dato appare particolarmente rilevante: appunto la prospettiva

1700 Cfr. Protr. XII, 118, 4 (188): tovte mou katopteuvsei" to;n qeo;n kai; toi'" aJgivoi"
ejkeivnoi" telesqhvsh/ musthrivoi"; 12, 119, 1 (188): deivxw soi to;n lovgon kai; tou' lovgou
ta; musthvria, kata; th;n sh;n dihgouvmeno" eijkovna; e specialmente 12, 120, 1-3. Sui limiti
di tale appropriazione cfr. Jourdan; sulla preghiera nei misteri Serra Zanetti.
1701 Strom. VII, 5, 29, 4 (110, 18-20): Ouj ga;r nu'n to;n tovpon, ajlla; to; a[qroisma
tw'n ejklektw'n ejkklhsivan kalw'. Ameivnwn oJ new;" ou|to" eij" paradoch;n megevqou" ajxiva"
tou' qeou'. To; ga;r peri; pollou' a[xion zw/'on tw/' tou' panto;" a[xivw/, ma'llon de; oujdeno;" ajnta-
xivw/, di uJperbolh;n aJgiovthto" kaqievrwtai.
1702 Strom. VII, 5, 29, 5-8.
1703 Strom. VII, 6, 31, 8 (116, 30-118, 2): Esti gou'n to; par hJmi'n qusiasthvrion
ejntau'qa to; ejpivgeion a[qroisma tw'n tai'" eujcai'" ajnakeimevnwn, mivan w{sper e[con fwnh;n
th;n koinh;n kai; mivan gnwvmhn.
1704 Strom. VII , 6, 32, 4 (118, 12-15): H suvmpnoia de; ejpi; th'" ejkklhsiva" levgetai
kurivw". Kai; gavr ejstin hJ qusiva th'" ejkklhsiva" lovgo" ajpo; tw'n aJgivwn yucw'n ajnaqumivw-
meno", ejkkaluptomevnh" a{ma th/' qusiva/ kai; th'" dianoiva" aJpavsh" tw/' qew/'.
1705 Strom. VII, 7, 49, 4 (166, 11-14)): Aujtivka qusivai me;n aujtw/' eujcaiv te kai;
ai\noi kai; aiJ pro; th'" eJstiavsew" ejnteuvxei" tw'n grafw'n, yalmoi; de; kai; u{mnoi para; th;n
eJstivasin prov te th'" koivth", ajlla; kai; nuvktwr eujcai; pavlin.
1706 Strom. VII, 18, 111, 1-4. Vlker 1952, 410, riconosce le difficolt, ma eccede
nellattribuire a Strom. VII un carattere tendenzioso: es ist im brigen nicht einfach, ja fast
kaum mglich, ein in sich zusammenhngendes Bild von Clemens als Beter zu entwerfen,
536 Parte seconda, Capitolo nono
delloratio continua come quella che ingloba i diversi spunti di riflessione
sulla preghiera. Questo motivo senzaltro il pi congeniale a Clemente,
alla luce dellideale di perfezione legato alla figura dello gnostico. Infatti,
la trattazione specifica inizia con il respingere lidea di tempi e luoghi ri-
servati alla preghiera. Ci significherebbe in pratica ridurla ad attivit
complementare, se non accessoria e secondaria. Invece tutta la vita deve
essere permeata di preghiera, come suggerisce la raccomandazione di pre-
gare sette volte al giorno. Intesa nel suo significato simbolico, la men-
zione di Sal 118(119), 164 (Sette volte al giorno ti ho lodato per i giudizi
della tua giustizia) equivale a fondere la preghiera con la vita, in un col-
loquio permanente con Dio, sia che ci avvenga individualmente sia nel
concerto dei fedeli1707. In questo senso la vita dello gnostico una festa
ininterrotta, vissuta sotto lo sguardo perennemente presente e partecipe di
Dio, mentre egli con la sua condotta ne celebra le lodi nelle pi svariate
situazioni1708. Sotto questo profilo, fatte salve le distinzioni di categorie
concettuali e di linguaggio, Clemente si ricollega alla visuale di Tertullia-
no, riconoscendo anchegli la preghiera quale componente strutturale nella
vita del cristiano, bench nellottica dellAlessandrino ci valga essenzial-
mente per il perfetto. Di conseguenza, sebbene Clemente conosca al pari
di Tertulliano lusanza di tre ore canoniche (w{ra" taktav") di preghiera
(terza, sesta e nona), esse non sono legge per lo gnostico, dedito comegli
al culto di Dio in tutta quanta la sua vita1709. Daltra parte, linsistenza ri-
petuta sul fatto che come ogni momento, cos anche qualsiasi luogo adat-
to alla preghiera mentre recepisce a fondo lindicazione di 1Tm 2, 8 ,
ignora palesemente sia linterrogativo sollevato da Origene in relazione
allinterpretazione di 1Cor 7, 5, sia anche il relativo privilegio riconosciu-
to da questi al luogo della riunione ecclesiale1710. Comunque, anche Cle-

weil uns in seinen Werken nur verstreute Andeutungen begegnen, die meist fragmentari-
schen Charakter tragen. Allein in Strom. VII finden sich ausfhrlichere Darlegungen ber
das gnostische Beten. Sie sind aber nicht immer klar und vor allem stark tendenzis; sol-
len sie doch den Nachweis erbringen, da der heidnische Vorwurf der ajsevbeia den Chri-
sten nicht treffe, da dieser der wahrhaft Fromme sei.
1707 Strom. VII, 7, 35, 3 (128, 7130, 13): Oqen ou[te wJrismevnon tovpon ou[te ejxaiv-
reton iJero;n oujde; mh;n eJortav" tina" kai; hJmevra" ajpotetagmevna", ajlla; to;n pavnta bivon oJ
gnwstiko;" ejn panti; tovpw/, ka]n kaq eJauto;n movno" tugcavnh/ kai; o{pou tina;" a]n tw'n oJmoiv-
w" pepisteukovtwn e[ch/, tima'/ to;n qeovn, toutevstin cavrin oJmologei' th'" gnwvsew" kai; th'"
politeiva".
1708 Strom. VII , 7, 35, 6 (130, 22-26): Pavnta toivnun to;n bivon eJorth;n a[gonte", pavnth/
pavntoqen parei'nai to;n qeo;n pepeismevnoi, gewrgou'men aijnou'nte", plevomen uJmnou'nte",
kata; th;n a[llhn politeivan ejntevcnw" ajnastrefovmeqa.
1709 Strom. VII , 7, 40, 3. Sul rilievo assegnato da Tertulliano alle tre ore fisse si
veda supra, p. 527 e nota 1669.
1710 Sullinterpretazione di 1Cor 7, 5, cfr. Le Boulluec 2003, 407: il semble quOri-
gne soit enclin en restreindre lusage tel que lexposait Clment, plus attach, lui, ce
La costruzione di un modello 537
mente esemplifica alla maniera di Tertulliano la compenetrazione della
preghiera nella vita quotidiana dello gnostico: dalle preghiere e inni
che tramano in generale la sua giornata alle letture delle Scritture prima
dei pasti, ai salmi ed inni durante i pasti o prima di andare a letto, fino alle
preghiere durante la notte1711. Pur senza fare oggetto 1Ts 5, 17 di un com-
mento specifico analogamente, del resto, a Tertulliano , Clemente ar-
riva a disegnare una visione che converge di fatto con lidea origeniana
della vita come ununica grande preghiera, formata dallintreccio di ora-
zioni e azioni1712. Tuttavia, la formulazione clementina risulta diversa,
nella misura in cui tende ad attribuire alla preghiera un rilievo, per cos
dire, di contesto o atmosfera spirituale pi che equiparare in senso stretto
lazione allorazione1713.
Ci deriva anche dallaccezione predominante di preghiera. La de-
finizione che Clemente fa propria come s visto quella di oJmiliva,
conversazione o colloquio con Dio, anche se ammette una certa ar-
ditezza di tale rappresentazione1714. Su questo punto la sua sensibilit ci
appare molto diversa da quella di Origene, che praticamente non si serve
mai di tale nozione. Invece Clemente considera come mta dellideale di
perfezione lacquisire la familiarit del dialogo a tu per tu con Dio, lad-
dove lespressione della preghiera si configura anzitutto nella lode e nel
ringraziamento; solo in subordine egli prende in considerazione la pre-
ghiera di richiesta. La vita dello gnostico, pertanto, in ogni luogo e in ogni
momento si svolge nel segno della gratitudine per la conoscenza donata
da Dio e per la forma di esistenza basata su di essa, nel passato, nel pre-
sente e nel futuro 1715. Nondimeno Clemente riconosce la legittimit della
preghiera di domanda, in polemica con le tesi delleretico Prodico, sia
pure vincolandola nei contenuti e nelle modalit alla condizione spirituale
del perfetto. Al dire dellAlessandrino, lesponente della gnosi ereticale
avrebbe sostenuto che non si deve pregare, allineandosi con ci alla tesi
formulata in antecedenza da Massimo di Tiro; ma noi non conosciamo

sujet, dfendre la saintet du mariage (con il rinvio rispettivamente a Orat II, 2 e XXXI,
4 e a Strom. III, 12, 79, 1 e 81, 1-82).
1711 Strom. VII, 7, 49, 4 (supra, nota 1705).
1712 Le Boulluec segnala unallusione al luogo paolino in Strom. VII , 7, 35, 4 (130,
15-19): oJ sumparw;n ajei; dia; th'" gnwvsew" kai; tou' bivou kai; th'" eujcaristiva" ajdialeiv-
ptw" tw/' qew/'.
1713 Cfr. Strom. VII , 7, 49, 7 (168, 22-24): o} de; kai; peripavtw/ crwvmeno" kai; oJmiliva/
kai; hJsuciva/ kai; ajnagnwvsei kai; toi'" e[rgoi" toi'" kata; lovgon pavnta trovpon eu[cetai.
1714 Strom. VII, 7, 39, 6 (note 40, 1734).
1715 Strom. VII, 7, 35, 3 (130, 9-13): to;n pavnta bivon oJ gnwstiko;" ejn panti; tovpw/
[...] cavrin oJmologei' th'" gnwvsew" kai; th'" politeiva". Cfr. anche VII, 12, 79, 2 (242, 9-12):
To; de; ei\do" aujto; th'" eujch'" eujcaristiva ejpiv te toi'" progegonovsin ejpiv te toi'" ejnestw'sin
ejpiv te toi'" mevllousin, wJ" h[dh dia; th;n pivstin parou'sin: touvtou de; hJgei'tai to; eijlhfevnai
th;n gnw'sin.
538 Parte seconda, Capitolo nono
con precisione le sue idee, perch Clemente, dopo aver accostato Prodico
ai Cirenaici come suoi predecessori filosofici, rimanda ad altra occasione
una loro confutazione dettagliata1716. Invece si preoccupa di fissare con
precisione le condizioni alle quali la preghiera di richiesta accettabile
agli occhi di Dio e trova ascolto presso di lui.
Nello gnostico la domanda (ai[thsi") unita alla preghiera di ringra-
ziamento (eujcaristiva) e sesprime come richiesta della salvezza per gli
altri uomini 1717. In generale, la domanda ammessa purch sia indirizzata
ad ottenere beni spirituali, quelli che vanno a vantaggio dellanima una
preoccupazione condivisa sia da Tertulliano sia, in forma ancor pi esclu-
siva da Origene, nonostante gli accenti risultino assai diversi tra loro. Anzi,
lo gnostico prega non soltanto per ottenere dei beni, che rimangono in
qualche modo esterni a lui, bens per divenire buono egli stesso, concor-
rendo con il proprio impegno alla realizzazione di tale mta1718. Limpat-
to della concezione filosofica della preghiera (quale era stata espressa,
ad esempio, da Pitagora) si avverte con chiarezza, allorch Clemente os-
serva che hanno titolo a rivolgere domande a Dio soprattutto coloro che
hanno la giusta nozione di lui e di ci che conviene chiedergli, confor-
mandosi insieme a Dio per la loro virt. Al tempo stesso, per, egli enun-
cia qui il duplice motivo che cosa e come si debba chiedere che avr
grande rilievo in Origene alla luce di Rm 8, 26 1719. La prospettiva cle-
mentina invero non tradisce alcuna difficolt al riguardo, dal momento
che lo gnostico sa bene come comportarsi nel formulare le sue richieste a
Dio. Anzi, in essa non sembrerebbe quasi affiorare la consapevolezza
dellineludibilit della preghiera di domanda come una necessit a cui
luomo, in quanto creatura sempre bisognosa dellaiuto divino, non pu
mai sfuggire. Lo gnostico di Clemente ci si presenta invece come chi gi
possiede ci che domanda per altri oppure domanda per mantenere e ac-
crescere il possesso del bene. Il confronto con gli oranti malvagi (mo-
cqeroiv ) non fa che sottolineare la condizione privilegiata dello gnosti-
co agli occhi di Clemente: essi pregano Dio per acquisire ci che non
posseggono e domandano ci che sembra loro buono, ma in realt non

1716 Strom. VII, 7, 41, 1-3 (supra, pp. 92-93 e note 262-264, 471).
1717 Strom. VII , 7, 41, 6 (146, 20-22): Aujtivka h{ te eujcaristiva h[ te tw'n pevla" eij"
ejpistrofh;n ai[thsi" e[rgovn ejsti; tou' gnwstikou'.
1718 Strom. VII, 7, 38, 4 (138, 16-20): <Aei;> toivnun oJ gnwstiko;" th;n eujch;n kai;
th;n ai[thsin tw'n o[ntw" ajgaqw'n tw'n peri; yuch'" poiei'tai, kai; eu[cetai sunergw'n a{ma
kai; aujto;" eij" e{xin ajgaqovthto" ejlqei'n, wJ" mhkevti e[cein ta; ajgaqa; kaqavper maqhvmatav
tina parakeivmena, ei\nai de; ajgaqovn; 44, 3 (152, 10-11): ta; de; o[ntw" ajgaqa; ta; peri; yu-
ch;n eu[cetai ei\naiv te aujtw/' kai; paramei'nai.
1719 Strom. VII, 7, 39, 1 (138, 1-4): Dio; kai; touvtoi" mavlista proshvkei eu[cesqai
toi'" eijdo;si te to; qei'on wJ" crh; kai; th;n provsforon ajreth;n e[cousin aujtw/', oi} i[sasi tivna
ta; o[ntw" ajgaqa; kai; tivna aijthtevon kai; povte kai; pw'" e{kasta.
La costruzione di un modello 539
tale1720. Allopposto, lo gnostico autosufficiente e non bisognoso
degli altri, per cui non prova neppure il desiderio delle cose assenti, ma
si accontenta delle presenti. Egli non manca dei beni appropriati, es-
sendo gi divenuto capace in forza della grazia e della conoscenza di-
vine1721. In ogni caso, essendo ormai arrivato in alto, non si preoccupa di
ricevere da Dio beni materiali alla maniera delluomo comune1722. Tut-
tavia, lottimismo clementino sul cristiano perfetto non cos cieco da non
avvertire che egli sia suscettibile di cadere, com successo perfino agli
angeli; perci anche lo gnostico continua ad affidarsi a Dio nella preghie-
ra, chiedendogli di non venir meno alla virt1723. Con unulteriore appros-
simazione comparativa, Clemente dichiara che il pagano che si converte,
domander a Dio la fede, mentre colui che progredisce nella conoscenza
domander la perfezione dellagape1724.
Al contrario di Origene, la visuale clementina non sembra lasciare
alcuno spazio alla preghiera del peccatore1725. Con un approccio che ri-
chiama nuovamente limpostazione filosofica, nella fattispecie quella di
Platone, lorante che si dispone al colloquio con Dio deve avere lanima
immacolata, essendosi reso perfettamente buono, o deve comunque
essersi distaccato completamente dalle opere del male1726. Probabilmente
lottica di un orante gi perfetto e come tale virtuoso spiega anche il fatto
che Clemente non si soffermi a prima vista sulle disposizioni preliminari

1720 Strom. VII, 7, 44, 2 (152, 5-7): Oi} me;n ga;r a} oujk e[cousin eu[contai kthvsa-
sqai, kai; ta; dokou'nta ajgaqav, ouj ta; o[nta, aijtou'ntai.
1721 Strom. VII, 7, 44, 4-5 (152, 11154, 1): Tauvth/ oujde; ojrevgetaiv tino" tw'n ajpovn-
twn, ajrkouvmeno" toi'" parou'sin. Ouj ga;r ejlliph;" tw'n oijkeivwn ajgaqw'n, iJkano;" w]n h[dh
eJautw/' ejk th'" qeiva" cavritov" te kai; gnwvsew": ajlla; aujtavrkh" me;n genovmeno" ajnendehv"
te tw'n a[llwn, to; pantokratoriko;n de; bouvlhma ejgnwkwv", kai; e[cwn a{ma kai; eujcovmeno".
1722 Strom. VII, 7, 46, 4 (158, 9-11): Korufai'o" d h[dh oJ gnwstiko;" qewrivan
eu[cetai au[xein te kai; paramevnein, kaqavper oJ koino;" a[nqrwpo" to; sunece;" uJgiaivnein.
1723 Strom. VII, 7, 46, 5 (158, 11-13): Nai; mh;n mhde; ajpopesei'n pote th'" ajreth'"
aijthvsetai, sunergw'n mavlista pro;" to; a[ptwto" diagenevsqai. Cfr. Strom. VII, 12, 79, 3
(242, 12-15): Kai; dh; kai; aijtei'tai ou{tw" zh'sai to;n wJrismevnon ejn th/' sarki; bivon, wJ"
gnwstikov", wJ" a[sarko", kai; tucei'n meta; tw'n ajrivstwn, fugei'n de; ta; ceivrona.
1724 Strom. VII, 7, 46, 3.
1725 Tuttavia in Strom. VII, 12, 73, 3-4 Clemente deve fare i conti con il fatto che
Dio pu esaudire anche le preghiere dei peccatori (cfr. infra, nota 1739).
1726 Strom. VII, 7, 49, 1 (166, 1-5): Dio; kai; a[cranton th;n yuch;n e[cein crh; kai;
ajmivanton eijlikrinw'" to;n prosomilou'nta tw/' qew/', mavlista me;n ajgaqo;n televw" eJauto;n
ejxeirgasmevnon, eij dh; mhv, ka]n prokovptonta ejpi; th;n gnw'sin kai; ejfiemevnon aujth'", tw'n de;
th'" kakiva" e[rgwn tevleon ajpespasmevnon. Tuttavia in Strom. VI, 12, 102, 1 (264, 1-8) pre-
vede la richiesta del perdono dei peccati in un cammino ascendente di perfezione: Eu[ce-
tai toivnun oJ gnwstiko;" kai; kata; th;n e[nnoian pa'san th;n w{ran, di ajgavph" oijkeiouvmeno"
tw/' qew/'. Kai; ta; me;n prw'ta a[fesin aJmartiw'n aijthvsetai, meta; de; to; mhkevti aJmartavnein
ejpi; to; eu\ poiei'n duvnasqai kai; pa'san th;n kata; to;n kuvrion dhmiourgivan te kai; oijkono-
mivan sunievnai, i{na dhv, kaqaro;" th;n kardivan genovmeno", di ejpignwvsew" th'" dia; tou'
uiJou' tou' qeou' provswpon pro;" provswpon th;n makarivan qevan muhqh/'.
540 Parte seconda, Capitolo nono
allatto della preghiera, come avviene invece con le raccomandazioni di
Tertulliano, Origene o Evagrio riguardo al perdono e alla riconciliazione
fraterna. Semmai lo gnostico prega per la remissione delle colpe altrui e
lacquisizione della conoscenza1727, quantunque lunica citazione del Pa-
drenostro riguardi proprio la quinta domanda come manifestazione di ajm-
nhsikakiva1728. N Clemente si mostra interessato ad approfondire le cir-
costanze esteriori dellatto orante, come avviene specialmente in Tertullia-
no, presumibilmente ancora in ragione del fatto che egli vede in primo
luogo la preghiera come oJmiliva. Non manca tuttavia una fugace descrizio-
ne dellimmagine dellorante che rispecchia pi direttamente lafflato spi-
ritualistico della visuale di Clemente1729. Infatti, egli lo disegna con il capo
rivolto in alto e le mani protese verso il cielo, conformemente alla raffigu-
razione pi tradizionale dellorante, ma aggiunge un particolare inedito,
anchesso simbolicamente espressivo dellelevazione spirituale che si com-
pie nellatto della preghiera: nel concludere questa con la consueta accla-
mazione, lorante si solleva sulla punta dei piedi1730. Per il resto, Clemente
tace significativamente su altri gesti di preghiera, come la genuflessione o
il segno della croce1731. Egli precisa per la direzione: lorante cristiano

1727 Strom. VII , 12, 79, 4 (242, 15-17): Aijtei'tai de; kai; ejpikoufismo;n peri; w}n
hJmarthvsamen hJmei'" kai; ejpistrofh;n eij" ejpivgnwsin.
1728 Strom. VII, 13, 81, 1 (244, 1-3): Oujdevpote tw'n eij" aujto;n aJmarthsavntwn mev-
mnhtai, ajlla; ajfivhsi. Dio; kai; dikaivw" eu[cetai, a[fe" hJmi'n levgwn: kai; ga;r hJmei'" ajfive-
men (Lc 11, 4; cfr. Mt 6, 12). Esaminando la presenza del Padrenostro in Clemente, Brown,
124 ignora questo passo (come le allusioni segnalate infra, p. 544). Senza avvertire la di-
pendenza dal passo lucano, osserva: This language recalls the doctrine of Gods prov-
noia (p. 152).
1729 Severus, 1216 sottolinea la corrispondenza fra atteggiamento interiore e dispo-
sizioni esteriori dellorante: Wenn wir auch von Clemens von Alexandrien kaum Proben
wirklichen Betens erhalten, [...] so verdanken wir ihm doch einen wichtigen Hinweis auf
die Einheit inneren Betens und uerer Gebetshaltung, der fr die Gebetsgebrde charakte-
ristisch ist.
1730 Strom. VII, 7, 40, 1 (140, 1-142, 4): Tauvth/ kai; prosanateivnomen th;n kefalh;n
kai; ta;" cei'ra" eij" oujrano;n ai[romen touv" te povda" ejpegeivromen kata; th;n teleutaivan
th'" eujch'" sunekfwvnhsin, ejpakolouqou'nte" th/' proqumiva/ tou' pneuvmato" eij" th;n nohth;n
oujsivan, kaiv, sunanafistavnein tw/' lovgw/ to; sw'ma th'" gh'" peirwvmenoi, metavrsion poih-
savmenoi th;n yuch;n ejpterwmevnhn tw/' povqw/ tw'n kreittovnwn, ejpi; ta; a{gia cwrei'n biazov-
meqa, tou' desmou' katamegalofronou'nte" tou' sarkikou'. Severus, 1216, mentre segnala
linflusso platonico, nota anche la diversit da Origene: Whrend Clemens hier von plato-
nischen Gedankengngen beeinflut ist, finden sich die gleichen Anschauungen bei Ori-
genes ohne diese Bezugnahme. Quanto al gesto di sollevarsi sulla punta dei piedi, esso
tende a conferire carattere rituale alla preghiera, ma lautore non aggiunge altri elementi
per meglio contestualizzarlo. Le motivazioni che spiegano latteggiamento dellorante, im-
plicando il tema platonico del volo dellanima, suggeriscono unanalogia con Origene
soprattutto per CC VII, 44.
1731 Severus, 1217. Laccenno al portare il segno (della croce), inteso come ri-
nuncia al mondo, non sembra implicare la pratica del segno di croce nella preghiera.
La costruzione di un modello 541
prega verso loriente, rivolto al sole che sorge inteso implicitamente co-
me simbolo della luce di Cristo che illumina il mondo e mantenendo tale
orientamento verso il luogo della nascita della luce anche al tramonto1732.
Pi che sulle modalit interiori od esteriori dellatto orante, la rifles-
sione di Clemente privilegia il tema della preghiera silenziosa che seb-
bene non sia affatto sconosciuto ad Origene e nemmeno a Tertulliano
assume per in lui un rilievo speciale. Si tratta evidentemente della con-
seguenza pi diretta della visuale clementina dellorazione come oJmiliva,
conversazione con Dio. La giustificazione della preferenza per la pre-
ghiera silenziosa rispetto a quella orale nasce gi, in chiave antropolo-
gica, dal riconoscimento della componente intellettuale nel processo sen-
soriale di audizione. Ma, a fortiori vale per Dio il fatto che egli, ancor
prima della voce, intenda i pensieri che essa manifesta; anzi, li conosce
senza che vi sia bisogno di alcuna loro manifestazione sensibile, essendo
tuttorecchio e tuttocchio1733. Perci, anche se la nostra preghiera si
esprime con un mormorio o nel silenzio, come se essa fosse interiormen-
te un grido di cui Dio in ascolto senza posa1734. Anche su questo punto
possibile misurare distinzioni e affinit tra Clemente e Origene: laccen-
tuazione della preghiera silenziosa rimane indubbiamente caratteristica di
Clemente, ma lassociazione fra la preghiera silenziosa e il grido interiore
predispone di fatto lo schema di riferimento per lelaborazione del tema
in Origene, dove il protagonista del grido diventa lo Spirito che prega nei
santi. Se vero che anche in Clemente compare un cenno pneumatologi-
co a tale riguardo, esso sembra per risolversi unicamente in senso antro-
pologico-spirituale nella tensione spirituale (to; pneumatikovn) rivolta
ad esprimere la voce intelligibile, in un atteggiamento di conversione
totale dellintelletto a Dio1735. Nondimeno, altrove lallusione a Rm 8, 26

1732 Strom. VII, 7, 43, 6 (150, 20-24): Epei; de; geneqlivou hJmevra" eijkw;n hJ ajnatolh;
kajkei'qen to; fw'" au[xetai ejk skovtou" lavmyan to; prw'ton, ajlla; kai; toi'" ejn ajgnoiva/ ka-
lindoumevnoi" ajnevteilen gnwvsew" ajlhqeiva" hJmevra kata; lovgon tou' hJlivou, pro;" th;n eJw-
qinh;n ajnatolh;n aiJ eujcaiv. Wallraff 2001, 63-64 nota la diversit di Clemente rispetto a
Origene nel giustificare lusanza: Whrend Klemens bei seiner Deutung keinen spezifisch
christlichen Aspekt zur Erklrung der Gebetsostung herausarbeitet, begegnet bei Origenes
wenig spter zum ersten Mal der Versuch, sowohl Abgrenzung als auch Anknpfung an
pagane Bruche durch das Motiv der berbietung zusammenzufhren (cfr. anche supra,
pp. 175-176, note 537-538). La direzione verso est per la preghiera della sera suggerita
dalla citazione di Sal 140(141), 2.
1733 Strom. VII, 7, 36, 5-37, 6.
1734 Strom. VII, 7, 39, 6 (140, 17-21): Estin ou\n, wJ" eijpei'n tolmhrovteron, oJmiliva
pro;" to;n qeo;n hJ eujchv: ka]n yiqurivzonte" a[ra mhde; ta; ceivlh ajnoivgonte" meta; sigh'"
proslalw'men, e[ndoqen kekravgamen: pa'san ga;r th;n ejndiavqeton oJmilivan oJ qeo;" ajdia-
leivptw" ejpai?ei.
1735 Strom. VII, 7, 43, 5 (150, 16-19): Exestin ou\n mhde; fwnh/' th;n eujch;n parapevm-
pein, sunteivnonta movnon e[ndoqen to; pneumatiko;n pa'n eij" fwnh;n th;n nohth;n kata; th;n
ajperivspaston pro;" to;n qeo;n ejpistrofhvn.
542 Parte seconda, Capitolo nono
parrebbe essere pi diretta, come vedremo esaminando fra breve i riferi-
menti scritturistici della riflessione clementina.
Occorre infatti considerare ancora un risvolto centrale della visuale
di Clemente che laccomuna senzaltro sia a Tertulliano sia anche ad Ori-
gene, ma sempre facendo salva lindividualit della sua impostazione pe-
culiare. il motivo dellefficacia della preghiera, contestata dalla critica
filosofica ed ereticale, che Clemente esemplifica nelle posizioni di Prodico
da lui combattute. Ora, la sua idea al riguardo si avvicina ad una forma di
automatismo, per cui lo gnostico, in forza della condizione virtuosa di cui
partecipa e dellorazione spirituale che egli formula, certo dellesaudi-
mento da parte di Dio1736. Clemente costretto qui a trovare una soluzione
di compromesso fra spinte contrastanti. Da un lato, infatti, il cristiano per-
fetto preparato a non ricevere, se non a lasciare alliniziativa della prov-
videnza divina la concessione dei beni di cui ha bisogno, o a non esprime-
re neppure la domanda; o tuttal pi la formula unicamente con il pensiero,
alla maniera di Anna, come Clemente aveva gi indicato nel VI libro1737.
Dallaltro lato, senza sopprimere in tal modo la necessit della preghiera
di richiesta, Clemente incoraggia la domanda dello gnostico a beneficio di
altri. In ogni caso, anche sotto questo profilo egli manifesta le conseguen-
ze a vasto raggio risultanti dalla sua nozione della preghiera come oJmiliva.
Non v in sostanza necessit di domandare, dove si in relazione co-
stante con Dio: la purezza della condizione spirituale dello gnostico gi
di per s una garanzia sufficiente perch la sua richiesta sia accolta e del
resto ci che gli giova, lo ricever allistante1738. Clemente non pu pe-
raltro evitare lobiezione che anche i peccatori ottengono a volte ascolto
presso Dio, ma egli risponde che ci avviene raramente e mira a fare s che
altri ricevano aiuto. In questi casi, comunque, il dono non da commisu-
rare alla persona dellorante bens al disegno provvidenziale di Dio1739,

1736 Strom. VII, 7, 41, 4 (146, 14-15): Wsper ga;r pa'n o} bouvletai, duvnatai oJ qeov",
ou{tw" pa'n o} a]n aijthvsh/, oJ gnwstiko;" lambavnei.
1737 Per Le Boulluec, la prire parfaite, du gnostique, est celle qui se fait non plus
par demande, mais en pense (Strom. VI 12, 101, 3), par le moyen de lamour qui appa-
rente Dieu (cfr. Strom. VI 12, 102, 1); 9, 77, 2 s.) (p. 146, nota 1). Cfr. Strom. VI, 12,
101, 4 (262, 11-14): Aujtivka th/' Annh/ ejnnohqeivsh/ movnon tou' paido;" ejdovqh suvllhyi" tou'
Samouhvl. Ai[thsai, fhsi;n hJ grafhv, kai; poihvsw: ejnnovhqhti kai; dwvsw (leditore rinvia a
1Re 12, 24d LXX o Mt 7, 7).
1738 Strom. VII , 12, 73, 1 (228, 1-8): O me;n ou\n gnwstiko;" di uJperbolh;n oJsiovth-
to" aijtouvmeno" ma'llon ajpotucei'n e{toimo" h] mh; aijtouvmeno" tucei'n. Eujch; ga;r aujtw/' oJ
bivo" a{pa" kai; oJmiliva pro;" qeovn, ka]n kaqaro;" h\/ aJmarthmavtwn, pavntw" ou| bouvletai
teuvxetai. Levgei ga;r oJ qeo;" tw/' dikaivw:/ Ai[thsai, kai; dwvsw soiv: ejnnohvqhti, kai; poihvsw.
Ea;n me;n ou\n sumfevronta h\/, paracrh'ma lhvyetai: ajsuvmfora oujdevpote aijthvsetai, dio;
oujde; lhvyetai. Ou{tw" e[stai o} bouvletai. Il riferimento a Mt 7, 7 sussunto qui nellagra-
phon 14 Resch.
1739 Strom. VII, 12, 73, 3-4 (228, 9-14): Ka[n ti" hJmi'n levgh/ ejpitugcavnein tina;" tw'n
aJmartwlw'n kata; ta;" aijthvsei", spanivw" me;n tou'to dia; th;n tou' qeou' dikaivan ajgaqovth-
La costruzione di un modello 543
mentre per Clemente rimane decisivo il principio dellorante degno di
ricevere come prerequisito e fattore determinante lesaudimento, anche
senza che egli richieda1740.
A conclusione della nostra analisi non si pu fare a meno di rilevare
anche nel caso di Clemente la compattezza della sua dottrina sulla pre-
ghiera, espressione di un pensiero forte, quantunque diversamente orien-
tato rispetto non solo prevedibilmente a Tertulliano ma pure al suo stesso
discepolo Origene. Pur avendo di mira un orante degno o santo
com tendenzialmente anche nellimpostazione del trattato di Origene ,
Clemente perviene a risultati sensibilmente diversi. O almeno si dovr ri-
conoscere che la nota dominante unaltra: in Clemente prevale infatti
laccento ottimistico sulla possibilit della preghiera, sulla sua effettiva
attuazione nelloratio continua come prassi di vita, sulla sua ineludibile
efficacia. Nella riflessione di Clemente insomma manca del tutto il regi-
stro problematico e drammatico1741, o meglio ancora quella meravigliosa
forza dei sentimenti che secondo Vlker contraddistingue la riflessione
di Origene, al punto che ragionevole pensare che questi abbia consape-
volmente rivisitato largomento differenziandosi dal suo predecessore1742.
Sarebbe per riduttivo considerare il pensiero di Clemente come viziato
dalle contaminazioni filosofiche, del resto perseguite appositamente dal-
lautore in ragione delle proprie finalit apologetiche. Non solo occorre
riconoscere lo sforzo di modulare in chiave cristiana i temi ripresi dalla
tradizione filosofica, ma lideale di perfezione tracciato da Clemente trova
un suo radicamento nella cornice ecclesiale e alloccorrenza rivela anche
le sue fondazioni scritturistiche1743. A conferma della fondamentale ispi-

ta, divdotai de; toi'" kai; a[llou" eujergetei'n dunamevnoi". Oqen ouj dia; to;n aijthvsanta hJ
dovsi" givnetai, ajll hJ oijkonomiva tou' sw/vzesqai di aujtou' mevllonta proorwmevnh dikaivan
pavlin poiei'tai th;n dwreavn.
1740 Strom. VII , 12, 73, 4 (228, 15-16): Toi'" d o{soi a[xioi ta; o[ntw" ajgaqa; kai; mh;
aijtoumevnoi" divdotai.
1741 Vlker 1952, 421 nota una tendenza ad assimilare lo gnostico al saggio stoico,
laddove Origene pi fedele alla Bibbia: Origenes lenkt hier entschlossen zu biblischen
Vorstellungen zurck. Er ist davon fest berzeugt, da alles innere Wachsen stets durch
die Versuchung bedroht ist, die sich ebenfalls steigert, er verlangt vom Vollkommenen
eine stndige Bustimmung.
1742 Questa conclusione puntualmente argomentata da Le Boulluec 2003. Vlker
1952, 411, ritiene che la dottrina di Clemente in manchen Zgen origenistische Anschau-
ungen vorwegnimmt, wenn sie auch dessen inneren Reichtum, Glut und Innigkeit bei wei-
tem nicht erreicht und, verglichen mit dessen wunderbarer Gefhlsstrke, fast kalt und
trocken wirkt.
1743 Secondo Jay, 34, in spite of the tendency towards an intellectual mysticism in
Clements doctrine of prayer, he still regards it, for a great part of the time, as does the
average Christian, as the converse of the soul with God, expressing its wonder at Gods
greatness in praise, its gratitude for God's goodness in thanksgiving, its sense of unworthi-
544 Parte seconda, Capitolo nono
razione biblica rivendicata allinizio del VII libro, Clemente non ha na-
scosto alcune tracce significative al riguardo, configurando anchegli un
dossier di citazioni in parte conforme al discorso protocristiano sulla pre-
ghiera. Cos anche Clemente cita laffermazione sullonniscienza divina
dalla storia di Susanna (Sus 42 = Dn 13, 42), che figura tra i testimonia
degli avversari della preghiera in Orat V, 21744. Paradossalmente Clemente
si allinea in un certo senso sulle loro posizioni, poich si serve del passo a
sostegno della preghiera silenziosa, senza bisogno di formulare la doman-
da a un Dio che onnisciente. Al contrario, Origene collega strettamente
la prospettiva dellonniscienza divina alla formulazione della preghiera di
domanda. Altro luogo veterotestamentario comune ai due alessandrini
Sal 140(141), 2. Lunica citazione clementina, rispetto al suo uso intensivo
in Origene, interviene sorprendentemente non tanto a raffigurare lorazio-
ne nellimmagine dellincenso, bens a commento della preghiera rivolta
ad oriente, forse con un richiamo alla pratica della preghiera serale1745.
Pi consistenti per numero risultano essere i riferimenti neotestamentari,
a cominciare dallistruzione premessa al Padrenostro nel Vangelo di Mat-
teo: la messa in guardia di Mt 6, 7 dal moltiplicare le parole nellora-
zione deve ispirare anche per Clemente lespressione verbale contenuta
da parte dellorante come anche il suo ritegno in pubblico, secondo il pre-
cetto di Ges in Mt 6, 5. Bench egli vi dedichi appena un cenno essen-
ziale, la preghiera vocale ha comunque il suo paradigma normativo nel
Padrenostro 1746. Tuttavia, evidente che fra questi passi soprattutto Mt
6, 8 a pesare nel quadro, perch concorre a sostenere lidea dellesaudi-
mento divino anche senza domanda1747. Non manca infine unallusione

ness in confession, and its needs in petition. Tale giudizio condiviso anche da Simonetti
1997, 85-86.
1744 Strom. VII, 7, 37, 5 (136, 15-17): Tivna kai; fwnh;n ajnamei'nai oJ kata; provqesin
to;n ejklekto;n kai; pro; th'" genevsew" tov <te> ejsovmenon wJ" h[dh uJpavrcon ejgnwkwv". Sul-
largomentazione in Orat V, 1, cfr. supra, nota 295.
1745 Strom. VII , 7, 43, 8 (supra, nota 1732). Per luso dellimmagine, a prescindere
dal passo biblico, cfr. Strom. VII, 6, 32, 5 (120, 18-20): bwmo;n de; ajlhqw'" a{gion th;n di-
kaivan yuch;n kai; to; ajp aujth'" qumivama th;n oJsivan eujchvn; VII , 6, 34, 2 (supra, nota 1699).
1746 Strom. VII, 7, 49, 6 (168, 19-22): Alla; th/' dia; stovmato" eujch/' ouj polulovgw/
crh'tai, para; tou' kurivou kai; a} crh; aijtei'sqai maqwvn. En panti; toivnun tovpw/, oujk a[nti-
kru" de; oujde; ejmfanw'" toi'" polloi'" eu[xetai. Sullinterpretazione clementina del Padre-
nostro cfr. Walther, 1-4; Brown, 124-125, 153-159, le cui conclusioni peraltro sono inac-
cettabili. A suo giudizio Clemente non avrebbe menzionato il Padrenostro perch non
conforme al modello di preghiera elaborato in Strom. VII. Purtroppo, non solo sfuggono a
Brown i riferimenti evangelici, incluso il passo riportato sopra, ma egli sembra anche igno-
rare che la Preghiera del Signore poteva essere oggetto di uninterpretazione spirituale
compatibile con la visione clementina, come avverr in Origene. Per unallusione a Gv 17
si veda infra, nota 1757.
1747 Strom. VII, 7, 46, 1 (158, 3-4): pepeismevno" wJ" oJ ta; pavnta eijdw;" qeo;" o{ ti a]n
sumfevrh/ kai; oujk aijtouvmeno" toi`" ajgaqoi`" cwrhgei'.
La costruzione di un modello 545
alla cameretta di Mt 6, 6 unitamente a Rm 8, 26, luogo chiave della dot-
trina origeniana sulla preghiera: un cenno troppo succinto per ricavarne
indicazioni pi precise riguardo al ruolo dello Spirito, ma esso sembra
intervenire soprattutto a sostegno della preghiera silenziosa e della voce
interiore che essa manifesta1748. Daltra parte, il medesimo passo contiene
anche un richiamo a Is 58, 9, altro luogo sfruttato ripetutamente da Ori-
gene, in particolare per indicare limmediato esaudimento della preghiera
del Figlio. Anche grazie a questo dossier scritturistico, quantunque assai
ridotto, Clemente mostra di inserirsi con il suo profilo inconfondibile nel
discorso protocristiano sulla preghiera.

4. Cipriano: la preghiera del Maestro nella comunione della chiesa

Il De dominica oratione di Cipriano uno scritto affine per ambien-


tazione, tematiche e finalit al trattato di Tertulliano. Redatto dal vescovo
di Cartagine a circa mezzo secolo di distanza (verosimilmente fra 251 e
252), anchesso unopera di natura catechetica e pastorale, che si pone
idealmente in continuit con il De oratione del suo predecessore, a tratti
riformulando alcuni dei suoi spunti principali 1749. Al pari di Tertulliano, an-
che Cipriano fornisce un commento del Padrenostro inquadrando loratio
dominica entro una riflessione di carattere pi generale sulla preghiera.
Essa per, oltre ad essere meno circostanziata, manifesta delle caratteristi-
che distinte che sono da porre in relazione alla forte personalit dellautore
e al suo ruolo nella storia del cristianesimo antico. Due motivi tendono,
in particolare, a marcare la visuale della preghiera in Cipriano, entrambi
strettamente dipendenti dalla sua esegesi del Padrenostro: in primo luogo,
la preghiera cristiana da qualificare come oratio spiritalis in forza del
fatto che ci stata insegnata dal Figlio; in secondo luogo, loratio domini-
ca vista come espressione dellappartenenza ecclesiale del fedele. Se il
primo tema pu essere considerato uno sviluppo del pensiero di Tertullia-
no, il secondo sicuramente una peculiarit del vescovo di Cartagine, im-
pegnato a promuovere lunit della chiesa in una fase in cui era sottoposta

1748 Strom. VII, 7, 49, 7 (168, 24-27): ka]n ejn aujtw/' tw/' tamieivw/ th'" yuch'" ejnnohqh'/
movnon kai; ajlalhvtoi" stenagmoi'" ejpikalevshtai to;n patevra, o} de; ejggu;" kai; e[ti la-
lou'nto" pavrestin. Clemente cita Mt 6, 6 insieme a Gv 4, 23-24 in Strom. I, 6, 34, 1: E
se tu preghi nella tua stanza, come ha insegnato il Signore, in adorazione di spirito, non ne
trarrai soltanto lordine della casa, ma anche lordine della tua anima (tr. Pini, 48).
1749 Circa la data cfr. Severus, 1235, che segnala le analogie con il De catholicae
ecclesiae unitate, datato al 251. Quanto al profilo letterario, un commento al Pater di
genere omiletico, in connessione con la catechesi battesimale sulla preghiera (Grossi,
83). Sul rapporto con il De orat. di Tertulliano si veda Schnurr, 60-64; Chapot, 106 ss.
Per maggiori approfondimenti e una bibliografia dettagliata cfr. Lombino, 173-192.
546 Parte seconda, Capitolo nono
a forti tensioni e lacerazioni, a seguito del conflitto sui lapsi1750. Peraltro,
limplicazione della Mater Ecclesia nella recita del Pater, che emergeva
dallesegesi di Tertulliano anche in rapporto con lesperienza battesimale,
indicava gi la direzione che Cipriano fa propria in maniera originale1751.
A sua volta lassenza di preoccupazioni identitarie diversamente da
Tertulliano e Clemente avvicina Cipriano ad Origene, mostrandoci di
nuovo una delle molte combinazioni possibili, sia pure sotto profili assai
diversi, tra gli interpreti del discorso protocristiano sulla preghiera1752.
Cipriano si riallaccia a Tertulliano nel prospettare inizialmente lesem-
plarit normativa del Padrenostro per lorazione del cristiano. Anche il
vescovo di Cartagine accenna nel prologo (capp. 1-8) al rapporto fra rive-
lazione veterotestamentaria e messaggio evangelico onde argomentare la
superiorit dellinsegnamento di Ges, ma senza riproporre la contrappo-
sizione tertullianea fra lantico e il nuovo orchestrata mediante lantitesi
carnalia spiritalia1753. Gli preme soprattutto inculcare lidea che il Fi-
glio il maestro del nostro colloquio orante con il Padre, avendo Ges
tracciato la sua forma paradigmatica nelloratio dominica1754. Anche Ci-
priano comunque riconosce con il suo maestro la novit della preghiera
cristiana quale spiritalis oratio richiamandosi a Gv 4, 23, ma pi di lui in-
siste sul motivo della familiarit con Dio Padre assicurata dalla pre-
ghiera insegnataci dal Figlio e come tale definita amica et familiaris ora-
tio 1755. Inoltre, se gi Tertulliano suggeriva la partecipazione al dialogo
intratrinitario attraverso il Padrenostro, Cipriano approfondisce lidea svi-

1750 Loriginalit del De dominica oratione consiste per Grossi, 83, nel considerare
il Pater allinterno della preghiera ecclesiale. Tale insistenza, sul carattere comunitario
della preghiera cristiana, assente in Tertulliano. Alla preoccupazione di Tertulliano nel
precisare la peculiarit della religione cristiana, partendo dal culto che si esprime nella pre-
ghiera, prevale in Cipriano la preoccupazione comunitaria della preghiera cristiana. Per
un raffronto con Tertulliano, si veda Crouzel 1975, con le mie osservazioni in Perrone
1993, 358-368; Schleyer, Tertullian. De baptismo, De oratione, in part. 119-130.
1751 Cfr. supra, nota 1633.
1752 Solo la conclusione accenna brevemente allalternativa con pagani e giudei
(De dom. or. 36).
1753 De dom. or. 1 (90, 6-8): Multa et per prophetas servos suos dici Deus voluit et
audiri: sed quanto maiora sunt quae filius loquitur, quae Dei sermo, qui in prophetis fuit,
propria voce testatur.
1754 De dom. or. 3 (91, 29-30): Oremus itaque, fratres dilectissimi, sicut magister
Deus docuit.
1755 De dom. or. 2 (90, 15-18): Qui fecit vivere docuit et orare, benignitate ea scili-
cet qua et cetera dare et conferre dignatus est, ut dum prece et oratione quam filius docuit
apud patrem loquimur, facilius audiamur. Limpiego di Gv 4, 23 serve anche a precisare
meglio il significato della spiritalis oratio in rapporto allo Spirito; cfr. ibi (90, 22-26):
Quae enim potest esse spiritalis oratio quam quae a Christo nobis data est, a quo nobis et
sanctus Spiritus missus est? Quae vera apud patrem precatio quam quae a filio, qui est ve-
ritas, de eius ore prolata est?.
La costruzione di un modello 547
scerando il motivo dellidentificazione dellorante con il Figlio. Essendo
questi dentro il nostro cuore (pectus), lui stesso a parlare attraverso la
nostra voce, anche assumendo su di s la condizione delluomo peccatore
e intercedendo per noi come nostro avvocato1756. In tal modo Cipriano
fa proprio un riferimento scritturistico importante anche per Origene come
1Gv 2, 1-2, dando ugualmente risalto alla figura di Ges come orante, che
invece era appena abbozzata sia in Tertulliano che in Clemente1757. Per il
vescovo di Cartagine Ges maestro di preghiera non solo a parole ma
anche nei fatti, offrendoci un modello di condotta tanto pi vincolante per
noi che diversamente da lui siamo nella condizione di peccatori e in quan-
to tali siamo tenuti a pregare1758. Nel sottolineare limportanza della pre-
ghiera di Ges Cipriano osserva ancora che Cristo non s accontentato di
offrire il suo sangue per redimerci, ma ha voluto anche pregare per la no-
stra salvezza.
significativo che il secondo motivo caratteristico del De dominica
oratione sia collegato al primo, fra laltro, grazie proprio al paradigma di
Ges orante, nel prosieguo di una riflessione suscitata dalla preghiera
sacerdotale in Gv 171759. Loggetto della preghiera di Ges al Padre in-
fatti la domanda per lunit tra i suoi fedeli ad imitazione dellunione tra
lui e il Padre, laddove chi rompe la comunione ecclesiale va contro il desi-

1756 De dom. or. 3 (91, 30-35): Amica et familiaris oratio est Deum de suo rogare,
ad aures eius ascendere Christi orationem. Agnoscat pater filii sui verba, cum precem fa-
cimus: qui habitat intus in pectore ipse sit et in voce, et cum ipsum habeamus apud patrem
advocatum pro peccatis nostris, quando peccatores pro delictis nostris petimus, advocati
nostri verba promamus. Cfr. anche Ep. 11, 5, 3 (62, 9963, 104): Habemus advocatum
et deprecatorem pro peccatis nostris Iesum Christum dominum et deum nostrum, si modo
nos in praeteritum peccasse paeniteat, et confitentes atque intellegentes delicta nostra qui-
bus nunc dominum offendimus, vel de cetero nos ambulare in viis eius et praecepta eius
metuere spondeamus. Sulluso origeniano di 1Gv 2, 1 si veda supra, pp. 463-466.
1757 In Tertulliano emerge solo a conclusione (De orat. 29, 4 [274, 36-37]: Quid
ergo amplius de officio orationis? Etiam ipse Dominus oravit), mentre Clemente sfrutta
limmagine di Ges orante come esempio della preghiera dello gnostico alludendo a Gv 17
(Strom. VII , 7, 41, 7 [146, 22-27]: H/ kai; oJ Kuvrio" hu[ceto, eujcaristw'n me;n ejf oi|" ejte-
leivwsen th;n diakonivan, eujcovmeno" de; wJ" pleivstou" o{sou" ejn ejpignwvsei genevsqai, i{n
ejn toi'" sw/zomevnoi" dia; th'" swthriva" kat ejpivgnwsin oJ qeo;" doxavzhtai kai; oJ movno" ajga-
qo;" kai; oJ movno" swth;r di uiJou' ejx aijw'no" eij" aijw'na ejpiginwvskhtai).
1758 De dom. or. 29 (108, 536-538. 541-544): Nec verbis tantum sed et factis Do-
minus orare nos docuit ipse orans frequenter et deprecans et quid nos facere oporteret
exempli sui contestatione demonstrans. [...] Quodsi ille orabat qui sine peccato erat,
quanto magis peccatores oportet orare.
1759 Da notare che Tertulliano si limita a citare Gv 17, 6 (De orat. 3, 1 [258, 3-259,
6, nel testo di Schleyer]: Et quis enim filius non patris nomen est? Ego veni, inquit, in
nomine patris [Gv 5, 43], et rursus: Pater, glorifica nomen tuum [Gv 12, 28], et apertius:
Nomen tuum manifestavi hominibus [Gv 17, 6]), mentre Clemente vi allude soltanto
(supra, nota 1757). Per il suo impiego in Origene cfr. supra, pp. 475-488.
548 Parte seconda, Capitolo nono
derio di Ges1760. Ma la dimensione comunitaria della preghiera cristiana
iscritta fondamentalmente per Cipriano nel testo stesso delloratio domi-
nica. Linsegnamento di Ges, dottore della pace e maestro dellunit,
mira dunque a promuovere non una preghiera individuale e solitaria, bens
unorazione dal respiro comunitario, designata perci, con lincisivit che
contraddistingue spesso le formulazioni del vescovo di Cartagine, come
publica et communis oratio1761. Per tale ragione Ges ci chiama ad invo-
care Padre nostro, anzich Padre mio, e quando si domanda la remis-
sione dei debiti o di non essere indotti in tentazione e di essere liberati dal
male, non si prega solo per se stessi, bens per tutti. Pertanto la preghiera
personale va sempre pensata come espressione del corpo ecclesiale, dal
momento che il singolo supplica Dio a nome di tutto il popolo, mentre il
popolo a sua volta costituisce ununit; del resto, sempre ununit che si
basa su Cristo in quanto egli porta in s lintera umanit peccatrice1762. A
conferma dello spirito che contraddistingue loratio dominica, Cipriano
ritrova nellAntico e nel Nuovo Testamento gli esempi di preghiere con-
cordi, espressioni di unit e pace e, in quanto tali, manifestazioni della
preghiera spirituale gi nelleconomia veterotestamentaria: da un lato, i
tre giovani nella fornace ardente (Dn 3, 51); dallaltro, la preghiera unani-
me della comunit primitiva (At 1, 14) due paradigmi ben presenti alla
riflessione di Origene, anchegli sensibile al tema della concordia orante
come condizione per lefficacia della preghiera, che a sua volta considera
egualmente il cantico dei tre fanciulli una preghiera spirituale1763. In

1760 De dom. or. 30 (108, 555109, 561): Rogantis autem desiderium videte quod
fuerit. ut quomodo unum sunt pater et filius, sic et nos in ipsa unitate maneamus: ut hinc
quoque possit intellegi quantum delinquat qui unitatem scindit et pacem, cum pro hoc et
rogaverit Dominus volens scilicet plebem suam vivere, cum sciret ad regnum Dei discor-
diam non venire.
1761 De dom. or. 8 (93, 101-103): Ante omnia pacis doctor atque unitatis magister
singillatim noluit et privatim precem fieri, ut quis cum precatur pro se tantum precetur.
Cfr. Ep. 11, 7, 3 (65, 137-141): Unusquisque oret deum, non pro se tantum, sed pro om-
nibus fratribus, sicut dominus orare nos docuit, ubi non singulis privatam precem manda-
vit, sed oratione communi et concordi prece orantes pro omnibus iussit orare. Cuva se-
gnala il motivo della preghiera unanime anche in De cath. eccl. unit. 12, 25.
1762 De dom. or. 8 (93, 106-108): Publica est nobis et communis oratio, et quando
oramus, non pro uno sed pro populo toto rogamus, quia totus populus unum sumus. Deus
pacis et concordiae magister qui docuit unitatem, sic orare unum pro omnibus voluit, quo-
modo in uno omnes ipse portavit. Grossi, 94, nota 7 segnala il parallelo con Ep. 63, 13
(406, 227): quia nos omnes portabat Christus qui et peccata nostra portabat.
1763 De dom. or. 8 (93, 111-113.11594, 120): Hanc orationis legem servaverunt
tres pueri in camino ignis inclusi consonantes in prece et spiritus consensiones concordes.
[...] Loquebantur quasi ex uno ore, et nondum illos Christus docuerat orare. Et idcirco
orantibus fuit impetrabilis et efficax sermo, quia promerebatur Deum pacifica et simplex et
spiritalis oratio. Quanto al modello orante della comunit apostolica, ibi (94, 123-127):
Perseverabant in oratione unanimes orationis suae et instantiam simul et concordiam de-
La costruzione di un modello 549
aggiunta, il vescovo di Cartagine commentando la quinta petizione sfrutta
nel medesimo senso il rinvio a due luoghi tradizionali come Mc 11, 25-26
e Mt 5, 23-24, che invitano entrambi a riconciliarsi con i fratelli prima di
pregare, ma facendo derivare pi direttamente la pace e la concordia fra-
terna nella comunit ecclesiale dallunit tra Padre, Figlio e Spirito in seno
alla Trinit: pi ancora della preghiera in s, la comunione pacifica della
chiesa il sacrificio pi grande offerto a Dio1764.
La ricchezza dei riferimenti vetero- e neotestamentari che accompa-
gnano la trattazione di Cipriano, con un corredo biblico paragonabile sep-
pure da lontano solo ad Origene, mette in evidenza un altro motivo che
egli ha ricavato dal De oratione di Tertulliano, sia pure modulandolo se-
condo la sua diversa sensibilit teologica e pastorale. lidea del Padreno-
stro come compendio della dottrina cristiana, che qualifica ulteriormen-
te la sua esemplarit per il fedele a partire dal retroterra scritturistico.
Non solo la Preghiera del Signore ricapitola in se stessa tutto ci che og-
getto delle richieste rivolte dai cristiani a Dio, ma essa riassume anche in
forma sintetica ed efficace gli insegnamenti del Verbo divino1765. Avanzan-
do ulteriormente nella direzione indicata dal suo predecessore, il vescovo
di Cartagine mette in evidenza laspetto didascalico che caratterizza lin-
segnamento di Ges. Rivolto ai dotti come agli indotti, esso mira a facili-
tare lapprendimento dei precetti e la loro messa in pratica da parte di
tutti1766. La preoccupazione di natura catechetica ed ecclesiale torna qui a
farsi sentire con pi forza, bench Cipriano non trascuri di segnalare anche
la profondit di significati racchiusi in una preghiera tanto essenziale, ac-
cennando allesigenza di una comprensione spirituale del Padrenostro1767.

clarantes, quia Deus qui inhabitare facit unanimes in domo (Sal 68[69], 7) non admittit in
divinam et aeternam domum nisi apud quos est unanimis oratio. In Ep. 11, 3, 1-2 (60,
58-61) Cipriano si serve di Mt 18, 19 per unire il motivo della concordia orante a quello
dellefficacia della preghiera: Quod si duo unanimes tantum possunt, quid si unanimitas
apud omnes esset, quid si secundum pacem quam dominus nobis dedit universis fratribus
conveniret?.
1764 De dom. or. 23 (105, 445-449): Sic nec sacrificium Deus recipit dissidentis et
ab altari revertentem prius fratri reconciliari iubet, ut pacificis precibus et Deus possit esse
pacatus. Sacrificium Deo maius est pax nostra et fraterna concordia et de unitate Patris et
Filii et Spiritus sancti plebs adunata.
1765 De dom. or. 28 (107, 513-515): Quid mirum, fratres dilectissimi, si oratio
talis est quam Deus docuit, qui magisterio suo omnem precem nostram salutari sermone
breviavit?.
1766 De dom. or. 28 (107, 519-524): Nam cum Dei sermo Dominus noster Iesus
Christus omnibus venerit et colligens doctos pariter et indoctos omni sexu atque aetati
praecepta salutis ediderit, praeceptorum suorum fecit grande compendium, ut in disciplina
caelesti discentium memoria non laboraret, sed quod esset simplici fidei necessarium ve-
lociter disceret.
1767 De dom. or. 9 (94, 128-132): Qualia autem sunt, fratres dilectissimi, orationis
dominicae sacramenta, quam multa, quam magna, breviter in sermone collecta sed in
550 Parte seconda, Capitolo nono
Limpatto della dimensione ecclesiale sulla visione della preghiera
in Cipriano si avverte anche nella particolare inflessione alla quale egli
piega i suoi testi scritturistici. In questo senso, se non sorprende che il pa-
radigma veterotestamentario di Anna venga sfruttato per illustrare le mo-
dalit di unorazione interiore tacita e modesta, analogamente a quanto
avveniva in Clemente di Alessandria, per significativo che la madre di
Samuele sia introdotta dal vescovo di Cartagine a titolo di figura della
chiesa (ecclesiae typus)1768. Anche listruzione che precede il testo del
Padrenostro in Matteo, luogo consueto di riflessioni per tutti gli autori
presi finora in esame, porta Cipriano ad applicare alla comunit cristiana
riunita in preghiera latteggiamento spirituale raccomandato dal passo
evangelico a un orante individuale1769. Allo stesso modo di colui che prega
nel segreto conformemente a Mt 6, 6, anche colui che lo fa nellassem-
blea dei fratelli deve concentrarsi interiormente nella preghiera, sapendo
di essere alla presenza di Dio e assumendo un atteggiamento esteriore
controllato nei gesti e nella voce onde evitare ogni esibizionismo ed ecces-
so1770. Daltra parte, linvito del sacerdote ad innalzare i cuori a Dio come
premessa alla preghiera ecclesiale concorre ad argomentare le modalit
dellatto orante in generale, sottolineando lesigenza dellaccordo fra la
voce e la mente di chi prega, in modo che i suoi pensieri siano rivolti uni-
camente a Dio1771. Applicando qui alla chiesa lesegesi prosopologica di

virtute spiritaliter copiosa, ut nihil omnino praetermissum sit quod non in precibus atque
orationibus nostris caelestis doctrinae compendio comprehendatur?. Poirier sottolinea in
Cipriano la consapevolezza delle apparenti aporie del Pater.
1768 De dom. or. 5 (92, 61-66): Quod Anna in primo Regnorum libro ecclesiae ty-
pum portans custodit et servat, quae Deum non clamosa petitione sed tacite et modeste
intra ipsas pectoris latebras precabatur. Loquebatur prece occulta sed manifesta fide, lo-
quebatur non voce sed corde, quia sic Dominum sciebat audire, et impetravit efficaciter
quod petit, quia fideliter postulavit. Sullinterpretazione clementina della figura di Anna
si veda supra, p. 542.
1769 De dom. or. 4 (91, 39-43): Sit autem orantibus sermo et precatio cum disci-
plina quietem continens et pudorem, cogitemus nos sub conspectu Dei stare, placendum
est divinis oculis et habitu corporis et modo vocis. Nam ut impudentis est clamoribus stre-
pere, ita contra congruit verecundo modestis precibus orare.
1770 De dom. or. 4 (91, 52-57): Et quando in unum cum fratribus convenimus et
sacrificia divina cum Dei sacerdote celebramus, verecundiae et disciplinae memores esse
debemus, non passim ventilare preces nostras inconditis vocibus nec petitionem commen-
dandam modeste Deo tumultuosa loquacitate iactare, quia Deus non vocis sed cordis audi-
tor est. Si noti la ripresa letterale di Tertulliano, De orat. 17, 3 (266, 6-9): Sono etiam
vocis subiectos oportet, aut quantis arteriis opus est, si pro sono audiamur! Deus autem,
non vocis, sed cordis auditor est, sicut conspector. Tuttavia, come segnala Chapot, 110,
Cipriano argomenta diversamente, proponendo qui un ampio florilegio scritturistico.
1771 De dom. or. 31 (109, 562-565): Quando autem stamus ad orationem, fratres
dilectissimi, invigilare et incumbere ad preces toto corde debemus. Cogitatio omnis carna-
lis et saecularis abscedat nec quicquam tunc animus quam id solum cogitet quod precatur.
Cfr. anche supra, nota 970.
La costruzione di un modello 551
Ct 5, 2 (Io dormo, ma il mio cuore veglia), per cui essa intenta a ve-
gliare con il cuore, mentre dorme con gli occhi, Cipriano ne trae lindica-
zione esemplare sulla vigilanza interiore che sempre richiesta alloran-
te1772. Pertanto il modello dellorazione personale, tendenzialmente intima
e silenziosa, trasferito senza problemi dal vescovo di Cartagine allora-
zione comunitaria e viceversa questa aiuta ad illuminare le sue manifesta-
zioni individuali. Egli lo ribadisce implicitamente nel commentare la para-
bola del fariseo e del pubblicano (Lc 18, 10-14), che pregano insieme nel
tempio, riprendendo nuovamente quasi alla lettera Tertulliano1773.
Ma il richiamo al paradigma evangelico aiuta ad intravedere un altro
aspetto interessante della dottrina di Cipriano sulla preghiera. Infatti, la
preghiera umile e contrita del pubblicano lo spinge ad una considerazione
di portata pi generale: se il pubblicano si riconosce colpevole, nessuno
di fatto innocente1774. Cos, la condizione delluomo in quanto peccato-
re davanti a Dio si presenta al vescovo di Cartagine come una ragione
fondamentale che giustifica la necessit di pregare, comegli rileva in pi
luoghi del suo scritto. Oltre a precisarla in relazione alla figura di Ges
orante, come abbiamo visto in precedenza, egli lapprofondisce particolar-
mente nel commento al Padrenostro. Recitando quotidianamente loratio
dominica, il cristiano istruito ogni giorno da Ges a non presumere di
s, confessando invece di peccare ogni giorno; perci egli ha sempre bi-
sogno di richiedere a Dio il perdono delle proprie colpe e la sua santifica-
zione1775. Anche la domanda per non cadere nella tentazione ha lo scopo

1772 De dom. or. 31 (109, 580-585): Hoc est ab hoste in totum non cavere, hoc est,
quando oras Deum, maiestatem Dei neglegentia orationis offendere, hoc est vigilare oculis
et corde dormire, cum debeat christianus et cum dormit oculis corde vigilare, sicut scriptum
est ex persona ecclesiae loquentis in Cantico Canticorum: Ego dormio et cor meum vigilat
(Ct 5, 2).
1773 De dom. or. 6 (92, 73): Adorans autem, fratres dilectissimi, nec illud ignoret,
quemadmodum in templo cum pharisaeo publicanus oraverit. Non allevatis in caelum im-
pudenter oculis nec manibus insolenter erectis, pectum suum pulsans et peccata intus inclu-
sa contestans divinae misericordiae implorabat auxilium. Origene ha approfondito lese-
gesi della parabola lucana soprattutto in CIo (cfr. supra, pp. 298-303). Cfr. Tertulliano,
De orat. 17, 1-2 (nota 1662).
1774 De dom. or. 6 (92, 77-81): et cum sibi pharisaeus placeret, sanctificari hic
magis meruit qui sic rogavit, qui spem salutis non in fiducia innocentiae suae posuit, cum
innocens nemo sit, sed peccata confessus humiliter oravit, et exaudivit orantem qui humi-
libus ignoscit.
1775 De dom. or. 12 (96, 199-202): Et hoc cotidie deprecamur. Opus est enim no-
bis cotidiana sanctificatio, ut qui cotidie delinquimus delicta nostra sanctificatione assidua
repurgemus; 22 (104, 409): Quam necessario autem, quam providenter et salubriter ad-
monemur quod peccatores sumus, qui pro peccatis rogare compellimur, ut dum indulgentia
de Deo petitur, conscientiae suae animus recordetur! Ne quis sibi quasi innocens placeat
et se extollendo plus pereat, instruitur et docetur peccare se cotidie, dum cotidie pro pec-
catis iubetur orare.
552 Parte seconda, Capitolo nono
di rammentare al fedele la sua debolezza costitutiva insieme al ricono-
scimento che laiuto decisivo nella prova pu venirgli unicamente dalla
grazia divina1776. Con tali riflessioni Cipriano non solo coglie lucidamente
il contesto agonico dellesistenza cristiana, che anche per Origene implica
il costante ricorso allaiuto divino, ma apre inoltre la strada ad Agostino e
alla sua interpretazione del Padrenostro nellottica delluomo peccatore,
costantemente bisognoso di perdono.
Dalla consapevolezza circa la preghiera come necessit ineludibile
delluomo peccatore deriva un ulteriore aspetto significativo, che pu es-
sere visto come sua conseguenza diretta: lenfasi di Cipriano sulla quoti-
dianit e sulla continuit della preghiera. Quantunque neppure lui abbia
tematizzato la questione delloratio continua a partire da 1Ts 5, 17, in
pratica risponde alla stessa esigenza con il raccomandare la costanza e la
frequenza della preghiera. Mentre sottolinea pi volte il fatto che il Pa-
drenostro lorazione quotidiana del fedele, sollecita a pregare in conti-
nuazione, notte e giorno, perch non cadiamo nel peccato e si compia la
nostra santificazione1777. Analogamente, bisogna pregare continuamente
per non essere esclusi dal regno dei cieli1778, come anche perch si compia
la volont di Dio in cielo e in terra1779. La frequenza nella preghiera in-
culcata anche per la notte con lesempio di Ges che la trascorre pregando
senza interruzione (Lc 6, 12) 1780. E quando Cipriano introduce lesempio

1776 De dom. or. 26 (106, 491-500): Quando autem rogamus ne in temptationem


veniamus, admonemur infirmitatis et imbecillitatis nostrae dum sic rogamus, ne quis se
insolenter extollat, ne quis sibi superbe atque arroganter aliquid adsumat, ne quis aut con-
fessionis aut passionis gloriam suam ducat [...] ut dum praecedit humilis et summissa con-
fessio et datur totum Deo quidquid suppliciter cum timore et honore Dei petitur ipsius
pietate praestetur. Anche De dom. or. 14 (98, 251-252) commentando la terza petizione
inculca lidea che nessuno in grado di fare la volont di Dio senza il suo aiuto: nemo
suis viribus fortis est sed Dei indulgentia et misericordia. Chapot, 112 mostra in propo-
sito la rielaborazione di un motivo di Tertulliano, de orat. 4, 2: Ainsi la doctrine cypria-
nique de la grce, sur laquelle Augustin sest tant appuy [...] sest nourrie dune distinc-
tion et dune formule tertullianennes.
1777 De dom. or. 12 (97, 210-215): Haec sanctificatio ut in nobis permaneat ora-
mus, et quia Dominus et iudex noster sanato a se et vivificato comminatur iam non delin-
quere, ne quid ei deterius fiat, hanc continuis orationibus precem facimus, hoc diebus ac
noctibus postulamus ut sanctificatio et vivificatio quae de Dei gratia sumitur ipsius pro-
tectione servetur.
1778 De dom. or. 13 (97, 233-234): Continua autem oratione et prece opus est, ne
excidamus de regno caelesti.
1779 De dom. or. 16 (100, 304-306): Et idcirco cotidianis immo continuis oratio-
nibus hoc precamur et in caelo et in terra voluntatem circa nos Dei fieri.
1780 De dom. or. 29 (108, 542-544): et si ille per totam noctem iugiter vigilans
continuis precibus orabat, quanto nos magis in frequentanda oratione debemus nocte vigi-
lare!. Cfr. anche Ep. 11, 5, 2 (62, 87-91): Nam et apostoli orare diebus ac noctibus non
destiterunt, et dominus quoque ipse disciplinae magister et exempli nostri via frequenter
La costruzione di un modello 553
di Tobi, a sostegno della raccomandazione ad unire le preghiere alle opere,
evitando una sterilis oratio, lo descrive come intento perennemente a pre-
gare e ad operare1781. Sono quindi da considerare in tale prospettiva le in-
dicazioni fornite dal vescovo di Cartagine sui tempi di preghiera. La pras-
si delle tre ore tradizionali di terza, sesta e nona, ricondotta dapprima al
modello di Daniele e dei tre giovani oranti, ormai giustificata tipologi-
camente, sulla linea tracciata da Tertulliano, come figura della Trinit1782.
Ma Cipriano nota subito che per i cristiani sono cresciuti gli spazi e i sa-
cramenti della preghiera, per cui il fedele ora chiamato a pregare anche
al mattino in ricordo della risurrezione di Cristo e cos pure al tramon-
to, per domandare nuovamente la sua venuta in quanto vero sole e vero
giorno. Proprio la fondazione cristologica che sostiene lindicazione dei
tempi di preghiera, secondo la linea di tendenza che vediamo espressa si-
stematicamente nella Tradizione apostolica, conduce Cipriano a formulare
lesigenza di una oratio continua:
Se, dunque, nelle sante Scritture il giorno vero e il sole vero Cristo, per i cri-
stiani non esclusa nessunora per pregare Dio frequentemente e sempre. Perch
noi viviamo in Cristo, in Colui cio che il vero sole e il giorno vero, ci appli-
chiamo costantemente a pregare Dio durante tutto il giorno. Quando poi la legge
del tempo, per il suo vicendevole alternarsi fa seguire la notte al giorno, quelli che
pregano non temeranno alcun male dalle tenebre della notte, perch per i figli del-
la luce giorno anche di notte. Mai infatti senza luce chi ha nel cuore la vera
luce, e mai mancher sole e luce a colui cui Cristo sole e luce1783.

et vigilanter oravit, sicut in evangelio legimus: exiit in montem orare et fuit pernoctans in
oratione dei (Lc 6, 12).
1781 De dom. or. 33 (110, 603-605): Cito orationes ad Deum ascendunt quas ad
Deum merita nostri operis imponunt. Sic et Raphael angelus Tobiae oranti semper et
semper operanti testis fuit.
1782 De dom. or. 34 (111, 633-636): In orationibus vero celebrandis invenimus ob-
servasse cum Danihele tres pueros in fide fortes et in captivitate victores horam tertiam
sextam nonam, sacramento scilicet trinitatis quae in novissimis temporibus manifestari
habebat. Tuttavia, non solo la giustificazione trinitaria pi ampiamente sviluppata dal
vescovo di Cartagine, ma nellargomentazione esegetica egli introduce anche la motiva-
zione cristologica dellora sesta e della nona, preludendo cos allo sviluppo attestato dalla
Tradizione apostolica. In Trad. ap. 41 il nesso con la passione di Cristo offre la motiva-
zione per la preghiera allora terza, sesta e nona come anche al primo canto del gallo (cfr.
Jay, 41; Ruggiero).
1783 De dom. or. 35 (112, 671113, 680): Quodsi in scripturis sanctis sol verus et
dies verus est Christus, nulla hora excipitur christianis quominus frequenter ac semper
Deus debeat adorari, ut qui in Christo, hoc est in sole et in die vero, sumus instemus per
totum diem precibus et oremus: et quando mundi lege decurrens vicibus alternis nox revo-
luta succedit, nullum de nocturnis tenebris esse orantibus damnum potest, quia filiis lucis
et in noctibus dies est. Quando enim sine lumine est cui lumen in corde est? Aut quando
sol ei et dies non est cui sol et dies Christus est?.
554 Parte seconda, Capitolo nono
I cristiani, che sono perennemente nella luce di Cristo, non cessano
dunque di pregare neanche di notte1784. Questo costante atteggiamento
orante del cristiano per il vescovo di Cartagine lanticipazione sulla terra
della nostra futura condizione celeste, nella quale non cesseremo di pre-
gare e rendere grazia a Dio1785.
Senza essere affatto un epigono di Tertulliano, bens sviluppando
un controcanto sempre intenso e creativo con il suo maestro, anche Ci-
priano arriva a disegnare unidea forte della preghiera cristiana che occu-
pa un posto significativo nel discorso eucologico fra II e V secolo. La sua
visuale della preghiera come atto costitutivamente ecclesiale non priva
di analogie anche con il pensiero di Origene, per il quale latto orante
pure nelle sue manifestazioni pi personali ed intime sempre un atto
di comunione dalla valenza sia cosmica che ecclesiale. Inoltre il vescovo
di Cartagine ha in comune con lAlessandrino un ricco patrimonio di ri-
ferimenti scritturistici, a cominciare dai paradigmi veterotestamentari di
oranti. Non diversamente da Origene, anche Cipriano mostra con essi la
continuit della preghiera spirituale dallAntico al Nuovo Testamento,
quantunque egli non ignori la novit apportata dal messaggio di Cristo. Un
altro punto di convergenza dato dal motivo della preghiera concorde e,
come tale, destinata a trovare ascolto presso Dio. Anche la prospettiva di-
segnata da Cipriano per una preghiera che tende ormai ad essere unoratio
continua, pur essendo pi prossima a Tertulliano, si muove in una lun-
ghezza donda parallela alla concezione origeniana. Infine, lacuta consa-
pevolezza che il vescovo di Cartagine manifesta riguardo alla condizione
peccatrice degli uomini e alla conseguente imprescindibilit della preghie-
ra fa emergere unulteriore affinit tra i due autori. Soprattutto, proprio
linsistenza pressoch esclusiva di Cipriano sullorazione quale richiesta
dellaiuto divino, a renderlo pi vicino spiritualmente allAlessandrino
che privilegia nettamente la preghiera come domanda.

5. Afraate: la forza della preghiera del cuore in accordo con le opere

I protagonisti del discorso cristiano sulla preghiera fra II e III secolo


si collocano tutti dentro un orizzonte culturale condiviso o, almeno in
parte, affine e intrecciano anche un dialogo fra loro, come mostrano ri-
spettivamente Origene con Clemente e Cipriano con Tertulliano. A prima

1784 De dom. or. 36 (113, 681-682): Qui autem in Christo, hoc est in lumine, sem-
per sumus nec noctibus ab oratione cessemus.
1785 De dom. or. 36 (113, 692-697): Per Dei indulgentiam recreati spiritaliter et
renati imitemur quod futuri sumus: habituri in regno sine interventu noctis solum diem,
sic nocte quasi in luce vigilemus; oraturi semper et acturi gratias Deo hic quoque orare et
gratias agere non desinamus.
La costruzione di un modello 555
vista ci non sembrerebbe possibile nel caso del saggio persiano Afraate,
autore di area siro-mesopotamica che nella prima met del IV secolo d
voce ad una distinta tradizione religiosa rispecchiando il profilo originale
del cristianesimo siriaco. In realt, unanalisi della IV Dimostrazione di
Afraate che ha per argomento la preghiera fornisce interessanti termini
di confronto per la nostra problematica. Anzich essere una voce disso-
nante ed estranea agli sviluppi in ambiente greco-romano, anche lo scrit-
tore siriaco rivela interessi e sensibilit che si possono accostare a quelli
degli interpreti cristiani greci e latini. La comunanza di idee non data
soltanto dalla sostanza eminentemente biblica della riflessione di Afraate,
ma anche dai motivi pi significativi che egli enuclea a partire da essa.
Questi dimostrano come fosse consapevole degli interrogativi suscitati
dallesperienza orante dei fedeli e delle risposte che teologi e pastori si
sforzavano di dare. Bench le sue preoccupazioni siano soprattutto di
carattere pratico pi che teologico, Afraate propone una catechesi biblica,
la quale passa in rassegna lAntico Testamento alla luce dei suoi perso-
naggi principali considerando in pratica la storia salvifica sub specie ora-
tionis. Solo in un secondo tempo lautore lascia intravedere le circostanze
che lo spingono a fornire unistruzione sulla preghiera agli asceti destina-
tari della sua opera: egli vuole caratterizzare lorazione come esperienza
personale ed interiore per contrastare le tendenze giudaizzanti, combat-
tute anche in altri luoghi delle Dimostrazioni, le quali portano invece ad
enfatizzare le dimensioni esteriori, collettive e rituali della preghiera.
Il motivo iniziale della IV Dimostrazione, databile al 336-337, annun-
cia il suo tema di fondo: la forza dellorazione, qualora si dia nella forma
di preghiera pura, com avvenuto con i nostri Padri giusti e antichi
(abhhain kin qadhmy)1786. Lamplissimo ricorso alla fonte scritturi-
stica, in particolare lAntico Testamento, si spiega anche in rapporto alle
finalit polemiche. Afraate si sforza infatti di appropriarsi dellauctoritas
condivisa dagli avversari per corroborare il modello di preghiera spirituale
ed interiore che gli preme promuovere. Anche se non adopera il termine
spirituale per indicarla (n accenna inoltre al ruolo dello Spirito) 1787,

1786 Circa la datazione e lambientanzione si veda Brock, 2-4. Il testo siriaco, a cura
di Parisot, si trova in Patrologia Syriaca, I, Paris 1894, 137-182. La traduzione italiana
tratta da Pericoli Ridolfini (cfr. inoltre Pierre). Per un ritratto del saggio persiano nella
storia della spiritualit si veda Hausherr; sul motivo delloratio continua, Hausherr 1966,
262-266.
1787 Sulle concezioni pneumatologiche di Afraate cfr. Kofsky-Ruzer, 358-359, se-
condo cui it can be plausibly argued that while Aphrahat envisioned the Holy Spirit, like
the Logos, as derived from the essence of the Father, yet unlike the Logos, the Spirit was
perceived by him as a particle of the Godhead diffused among many, possibly indicating
the subordinated status of the Spirit in relation to the Christ-Logos. In questo senso gli
asceti destinatari delle Dimostrazioni partecipano continuamente dello Spirito che dimora
556 Parte seconda, Capitolo nono
evidente che mediante la categoria di preghiera pura (sluth dhkith)
elabora anchegli un modello normativo, rispetto ad una prassi ritenuta
problematica e bisognosa di orientamento. Afraate lo chiarisce in rapporto
allalternativa fra orazione esteriore ed interiore o, pi precisamente, fra
orazione vocale e silenziosa, laddove la purezza del cuore (dakhiuth
lebb) diventa un elemento discriminante per qualificare lautenticit di
una preghiera fatta nellintimo1788. Nel segno di tale spiritualizzazione, la
preghiera pura diventa per il cristiano lequivalente del sacrificio,
anzi il sacrificio gradito a Dio per eccellenza. Lofferta bene accetta deter-
mina nel contempo la sua efficacia, assicurata dalla risposta divina alla
richiesta del fedele. Questo insieme di riflessioni manifesta subito come
Afraate si avvicini alle formulazioni degli autori esaminati in precedenza
per i quali come abbiamo osservato specialmente in Tertulliano e Cle-
mente, ma anche in Origene lorazione sostituisce ormai il regime dei
sacrifici. Daltra parte Afraate argomenta la stessa tesi in maniera piutto-
sto originale, adducendo unampia elaborazione esegetica ispirata dal ri-
ferimento ai Padri giusti e antichi.
Lencomio tracciato a conclusione del prologo ( IV, 1) per illustrare
la forza della preghiera pura anticipa globalmente i riferimenti scritturi-
stici allAntico Testamento che Afraate introdurr di seguito (IV, 2-9).
Egli accenna invero anche ad altri luoghi veterotestamentari sui quali poi
non si sofferma, ma fin dora esemplifica il suo modo di procedere. Pi di
quanto abbiamo constatato negli altri interpreti in particolare, Origene e
Cipriano , Afraate trae spunto da una paradigmatica biblica che riepi-
loga le vicende della storia sacra in alcuni protagonisti esemplari, facen-
doli interloquire con largomento trattato. Il catalogo degli oranti veterote-
stamentari ben pi ricco nel saggio persiano, dal momento che gi in
prima battuta include le figure di Abele, No, Sara, Anna, Mos, Giosu,
Elia, Daniele, i Tre Giovani, Giona1789; ma nel prosieguo esso si arricchi-

in loro (pp. 374-375). Citando 1Cor 3, 16 (infra, nota 1798), Afraate d rilievo al motivo
del tempio di Dio nel fedele attraverso Cristo, senza fare menzione dello Spirito.
1788 Dim. IV, 1 (137, 1-4): La purezza di cuore preghiera pi valida di tutte le
preghiere che vengono fatte a voce alta, e il silenzio (shethk), quando unito ad una
mente (reyn) pura, vale pi della voce alta quando uno declama (p. 99).
1789 Dim. IV , 1 (137, 9-17): Con la preghiera infatti vengono accolte le offerte (qur-
bn); ed essa poi fa ritrarre il diluvio, ed essa cura la sterilit, ed essa distrugge gli eserciti,
ed essa svela i misteri, ed essa divide il mare ed essa apre il Giordano e trattiene il sole e fa
fermare la luna; ed essa distrugge gli impuri e fa discendere il fuoco, ed essa trattiene i cie-
li, ed essa fa salire dalla fossa e fa uscire dal fuoco e salva dal mare. Brock, 26-27 segnala
la predilezione di Afraate per queste liste di esempi biblici e individua i seguenti riferimen-
ti, non senza qualche incertezza: Gen 4:4 (Abel), 8:20-22 (Noah), 1Sam 1-2 (Hannah; or
Gen 18, Sarah), Josh 12, Ex 3:2 (or Dan 8:16), Ex 14, Josh 4, 10:12, Lev 10:2 or Num 16:
35, 1 Kgs 18:38 (or 2 Kgs 1:10), 1 Kgs 17:1, Dan 6, Dan 3 and Jon 2. Per altre esemplifi-
cazioni scritturistiche in forma di catalogo si veda Dim. I, 14-16; V, 2-3; IX, 3, 8-9; XIV, 10.
La costruzione di un modello 557
sce di altri protagonisti della storia biblica della preghiera. Colpisce nella
trattazione di Afraate non solo il numero degli esempi ma anche il caratte-
re diseguale dellattenzione riservata agli oranti veterotestamentari. Cos,
due protagonisti maggiori come Abramo (IV, 4) e Mos (IV, 7), evidente-
mente perch pi noti e consueti, vengono presentati in forma pi sbriga-
tiva, mentre lesposizione si focalizza su Abele (IV, 2), Giacobbe (IV, 5-6)
e Giosu (IV , 7). Questi diversi livelli di approfondimento non vanno per
sopravvalutati, anche perch Afraate, a proposito della preghiera di Mos,
dichiara che essa ha una forza senza limite ed , a narrarsi, pi di quel-
la di Giacobbe, facendo suo di fatto il privilegio riconosciuto tradizional-
mente al profeta1790.
Non possiamo qui approfondire lesegesi sviluppata da Afraate, che
si rif anche a fonti extracanoniche e materiali midrashici, se non ad inter-
pretazioni peculiari dellambiente siriaco sfruttando largamente lapproc-
cio tipologico1791. Ci interessa invece mettere in luce i principi ordinatori
della rassegna paradigmatica che sono, da un lato, lidea della preghiera
pura e, dallaltro lato, il riconoscimento che i sacrifici veterotestamentari
sono accolti da Dio proprio in forza di una preghiera siffatta. Cominciando
quindi dal primo esempio della serie, Afraate dichiara che per la purezza
del cuore (dakhyuth lebbeh) di Abele la sua offerta fu accetta davanti a
Dio e quella di Caino fu respinta1792. Precisando inoltre che proprio la
purezza del cuore [...] fu la sua preghiera, egli sembra perfino prendere
le distanze da una formulazione espressa della domanda in nome di una
piena interiorizzazione della prassi orante1793. Tuttavia, Afraate che
spesso si lascia attirare da excursus tematici nel seguito tende a mettere
da parte i due criteri e ad imperniare tutto il ragionamento sul terzo, che
ne il corollario principale: lefficacia della preghiera in quanto tale, sot-
tintendendo ovviamente che si tratti sempre di preghiera pura e, come
apparir fra breve, in linea di principio silenziosa. Sotto questo profilo il

1790 Dim. IV, 7 (149, 25-152, 13): Che cosa poi diremo della preghiera di Mos
che non ha limite (lait lh sakh)? La sua preghiera infatti lo liber dalle mani del Fa-
raone, e gli mostr labitazione del suo Dio; e con la sua preghiera fece venire dieci pia-
ghe al Faraone. Ed essa poi, la sua preghiera, divise il mare e rese dolci le acque amare e
fece discendere la manna e fece salire la quaglia e ruppe la pietra e fece fluire le acque e
vinse Amalec e dette forza a Giosu e mise sossopra Hog e Sehon nella mischia e fece
scendere i cattivi nello Sheol e distorn lira del suo Dio dal suo popolo e fece a pezzi il
vitello del peccato e port gi le tavole dal monte e rese splendente il suo aspetto; e la sua
preghiera , a narrarsi, pi di quella di Giacobbe (p. 103).
1791 Si veda, ad esempio, Tripaldi-Stori.
1792 Dim. IV, 2 (p. 99). Basandosi su una tradizione extrabiblica, egli dichiara che il
fuoco disceso dal cielo a consumare il sacrificio la conferma del gradimento divino. In
IV, 3 offre la prova scritturistica passando in rassegna le manifestazioni del fuoco divino
in relazione ai sacrifici. In proposito, cfr. Brock, 3, 27 nota 3.
1793 Dim. IV, 2 (p. 100).
558 Parte seconda, Capitolo nono
suo uso dei paradigmi degli oranti veterotestamentari non molto dissi-
mile da quello che ne fa Origene nel trattato. Ma lAlessandrino, per cor-
roborare lesistenza di preghiere spirituali nellAntico Testamento, non
saccontenta di annettere valore alla lettera del testo biblico ed applica
pertanto la sua ermeneutica pneumatica come quella realmente persua-
siva, laddove Afraate non mostra alcuna preoccupazione in questo senso.
Perseguendo la sua linea argomentativa, tuttal pi si lascia andare ad an-
notazioni slegate dal contesto immediato quali la preghiera in silenzio di
Anna1794, o la mediazione di Gabriele che offre a Dio la preghiera di
Giona dalle profondit del mare 1795, o ancora la metamorfosi dei leoni in
oranti ad imitazione di Daniele 1796. Questo accattivante spunto esegetico
di natura midrashica permette se non altro di constatare che le riflessioni
di Tertulliano sulla preghiera degli animali non rimangono un fatto iso-
lato nella letteratura patristica. Il Leitmotiv della potenza insita nella
preghiera trova quindi una sanzione conclusiva nellaffermazione che
essa larmatura (zain) alla quale i Padri sono ricorsi nel momento
della tribolazione1797.
Il motivo iniziale, passato apparentemente in secondo piano nella pre-
sentazione degli esempi veterotestamentari, torna a guidare lesposizione,
allorch Afraate trapassa al modello della preghiera insegnata dal Salva-
tore. Anche lautore siriaco si richiama allistruzione introduttiva al Pa-
drenostro, in particolare a Mt 6, 6 con il precetto a pregare in segreto. Ci
equivale per lui ad inculcare la preghiera del cuore, nella forma della pre-
ghiera silenziosa (la porta da chiudere venendo a significare la bocca),
come quella che pi si conf al cristiano in quanto tempio di Cristo1798.

1794 Dim. IV, 8 (152, 19-20): Andiamo ora alla preghiera che in silenzio (sluth
dh-shethq) preg Anna, madre di Samuele (p. 104).
1795 Dim. IV, 8 (153, 16-23): E Giona pure preg davanti a Dio dalle profondit
del mare e fu ascoltato e fu esaudito e (ne) usc incolume. Infatti la sua preghiera perfor
gli abissi e super i flutti e prevalse sulle tempeste e perfor la nube e vol nellaere ed
apr il cielo e si avvicin davanti al trono della Maest (divina), per mezzo di Gabriele che
offre la preghiera (mekarreb slawth) davanti a Dio (p. 104).
1796 Dim. IV, 9 (156, 10-12): E quando Daniele si alz nella fossa per pregare,
distesero le loro mani al cielo (pshat idhayhon la-shmy), anche essi a somiglianza di
Daniele.
1797 Dim. IV, 9 (157, 6-9): E ciascuno dei nostri Padri giusti quando avevano il
momento della tribolazione prendevano su di loro larma della preghiera e con essa erano
liberati dalla tribolazione (p. 105). Circa la preghiera di tutte le creature in Tertulliano,
cfr. supra, nota 1678.
1798 Dim. IV, 10 (157, 19-26): Prega infatti in segreto (cio) nel tuo cuore, e chiudi
la porta (Mt 6, 6). E che cos la porta che ha detto di chiudere se non la tua bocca che
proprio il tempio in cui abita Cristo, come disse lApostolo: Voi siete il tempio di Lui, del
Signore (1Cor 3, 16) che entra nelluomo interiore, in questa casa, e la purifica da ogni
cosa che immonda quando chiusa la porta che la tua bocca. Brock, XXVI segnala
laffinit di Afraate ed Efrem (De fide XX, 6) con Origene (Orat XX, 2) e Ambrogio (De
La costruzione di un modello 559
Che si tratti di pregare nel proprio cuore evidente dal seguito dellar-
gomentazione di Afraate, il quale ribadisce il significato del comando
evangelico con una considerazione paradossale: se esso fosse da prendere
alla lettera, come sarebbe possibile rispettarlo trovandosi in un campo o
su una montagna? Ma soprattutto decisiva laffermazione riguardo alla
presenza di Dio nel tempio delluomo interiore, ricavata da Paolo ed ap-
poggiata ancora al testo evangelico con la citazione di Mt 6, 8, per cui il
Padre sa cosa ci necessario prima ancora che noi lo chiediamo. Lidea
dellonniscienza preveniente e provvidente di Dio nei confronti dei suoi
eletti rafforzata dal rinvio a Is 65, 24 (Prima che mi invochino, io ri-
sponder; mentre ancora stanno parlando, io gi li avr ascoltati), luogo
parallelo a Is 58, 9, frequentemente utilizzato da Origene per sostenere
limmediatezza dellascolto divino, prevenendo la stessa domanda del-
lorante come nel caso di Ges1799.
Afraate poi rafforza la proposta della preghiera del cuore median-
te unargomentazione originale a sostegno dellorazione solitaria, chegli
trae da un passo a prima vista di segno contrario come Mt 18, 20. Lespres-
sione due o tre riuniti nel nome di Cristo non implica che i cristiani deb-
bano pregare in maniera pubblica e collettiva. Sarebbe assurdo pensare
che Cristo non sia presente in colui che prega individualmente. Non il
numero a fare la bont della preghiera, fossero anche mille riuniti nel suo
nome, bens il fatto che egli dimora nel cuore del fedele. Ora, quando uno
si raccoglie nel nome di Cristo, Cristo abita in lui, e Dio abita in Cristo:
dunque per s quelluomo uno (costituito) da tre: la sua persona e Cristo
che abita in lui, e Dio che () nel Cristo (qnomeh wa-mshch dh-mar
beh w-alh dh-ba-mshch)1800. In tal modo Afraate, procedendo sem-
pre su base scritturistica, con un approccio del tutto alieno da considera-
zioni filosofiche ispirate al modello degli esercizi spirituali, presenta una
visuale dellinteriorit orante che condivide significativamente con Orige-
ne lidea paolina e giovannea dellinabitazione di Dio nellanimo. Daltra
parte, lautore siriaco si premura di provare la correttezza della sua pecu-
liare esegesi di Mt 18, 20 mediante una serie di riscontri sui Padri giu-

mysteriis VI, 12-13): the location where the offering of prayer should be made is likewise
identified as the heart, on the basis of Matthew 6:6. LAlessandrino peraltro non tema-
tizza laspetto del silenzio in Orat XX , 2.
1799 Dim. IV, 10 (160, 6-13): E questo ( ci) che dimostr il nostro Redentore che
Dio (cio) conosce la volont del cuore e della mente (b-sebhyn dh-lebb wa-dh-ma-
chshavt), come ha scritto Nostro Signore: Il Padre vostro conosce, prima che lo chie-
diate, che cosa vi necessario (Mt 6, 8). E nel profeta Isaia (sta) scritto: Prima che (mi)
invochino quelli che per me (sono) eletti, (io) li ascolto e prima che gridino io rispondo
loro (Is 65, 24). Sullimpiego di Is 58, 9 in Origene si veda supra, pp. 446-448.
1800 Dim. IV, 11 (161, 13-17 [p. 106]). Lenfasi cristocentrica non sembra confer-
mare la tesi di Kofsky-Ruzer, 371: This amounts to constituting a psychological trinity
of sorts, likewise devaluing the uniqueness of the divine presence in Christ.
560 Parte seconda, Capitolo nono
sti dellAntico Testamento che sfocia in una nuova catalogazione para-
digmatica del tipo che gi conosciamo. Lelenco degli oranti solitari, che
sono stati esauditi da Dio in quanto egli dimorava in loro, si focalizza su
Mos, Elia, Giona ed Eliseo. In particolare, la figura di Elia si prestava
bene al ragionamento di Afraate, che ricorda come la preghiera solitaria
del profeta si sia opposta con successo alle inefficaci invocazioni collet-
tive degli adoratori di Baal1801.
Solo a questo punto viene alla luce lesigenza polemica che muove
listruzione di Afraate, bench egli accenni molto genericamente al con-
testo. Riallacciandosi a Mt 6, 6, egli riepiloga lesposizione precedente e
tratteggia ancora una volta latto orante come latto, solitario ed interiore,
di colui che porta il cuore in alto e gli occhi in basso1802. Ora per
esso visto anche in antitesi a quei fedeli che moltiplicano le preghiere
e prolungano la supplica e si curvano e tendono le loro mani, mentre le
opere della preghiera sono lontane da loro1803. Il discorso trapassa cos
alla denuncia di una pratica di preghiera tutta esteriore e autocontraddit-
toria, perch priva di conseguenze pratiche. Lincoerenza fra orazione e
vita esemplificata dal fatto che questi oranti, al dire di Afraate, recitano
il Padrenostro senza assecondarlo concretamente, comegli rileva in parti-
colare per la richiesta del perdono nella Preghiera del Signore. Solo con-
formandosi al precetto di Ges in Mt 5, 23-24, possibile presentare a
Dio la domanda di perdono. Anche Afraate dunque vincola latto della
preghiera, sottolineato fin qui nel suo aspetto interiore ed individuale, alla
riconciliazione fraterna, in quello stesso spirito che Origene ha descritto
con il termine ajmnhsikakiva. La convergenza ideale con la prospettiva
dellAlessandrino ribadita dal richiamo alla parabola del debitore impie-
toso (Mt 18, 23-35), ma Afraate accompagna nuovamente lidentica piat-
taforma scritturistica con uno sviluppo esegetico peculiare: la preghiera
di colui che prega senza aver prima perdonato rimane priva di seguito,
perch colui che porta a Dio le preghiere (mekarreb slawth) non la

1801 Dim. IV, 12 (164, 6-20): Anche Elia sul monte Carmelo era soltanto lui, e(ppu-
re) la sua preghiera mostr forze mirabili; con la sua preghiera infatti furono trattenuti i
cieli (cfr. 1Re 17, 1) e con essa ancora, con la sua preghiera, furono sciolti i loro legami
(cfr. 1Re 18, 42-45); e la sua preghiera strapp dalle mani della morte e liber dallo Sheol
(cfr. 1Re 17, 17-24); e la sua preghiera inoltre estirp la contaminazione da Israele; e la sua
preghiera fece scendere il fuoco tre volte: una sullaltare (cfr. 1Re 18, 36-38) e due sui prin-
cipi (cfr. 2Re 1, 9-15) e il fuoco fece per lui vendetta quando discese per la sua preghiera:
ed (egli) si pieg sulle ginocchia e preg e fu esaudito subito. E quattrocento cinquanta
(uomini) che gridavano con voce alta non furono ascoltati poich invocavano nel nome di
Baal, invece Elia, pur essendo da solo, fu assai ascoltato (cfr. 1Re 18, 19-50) (p. 107).
1802 Dim. IV, 13 (165, 7-11): nel momento in cui preghi porta il tuo cuore in alto e
i tuoi occhi in basso (habh lebbkh lel w-ainaik l-tacht) ed entra in te, dentro luomo in-
teriore e prega in segreto il Padre tuo che () nei cieli (p. 108).
1803 Dim. IV, 13 (p. 108).
La costruzione di un modello 561
solleva da terra1804. Afraate riprende cos il motivo dellangelo Gabriele
quale intermediario degli oranti, che compare pi volte nella IV Dimostra-
zione1805. Bench il ministero angelico agli oranti, riassunto qui nel ruo-
lo attribuito a Gabriele, non sia messo specificamente a tema da questo
scritto (anche perch lautore se nera occupato trattando del digiuno nella
III Dimostrazione), linsistenza di Afraate al riguardo lascia nuovamente
intravedere una consonanza specialmente con Origene. Anche per lAles-
sandrino, infatti, la mediazione degli angeli, compartecipi della preghiera
dei fedeli, riveste unimportanza strutturale.
Grazie allo spunto polemico verso la preghiera priva delle opere,
Afraate giunge anche a toccare indirettamente il tema delloratio continua.
In ogni caso egli propone un rapporto fra preghiera e opere che sfocia po-
tenzialmente nella preghiera ininterrotta. Infatti, lautenticit della pre-
ghiera si manifesta nelle azioni conformi a Dio, specialmente nelle opere
di misericordia. Ora, con Is 28, 12, il sollievo degli afflitti per lauto-
re siriaco il riposo di Dio; pertanto, le azioni compiute a beneficio di
afflitti, malati e poveri sono da computarsi alla stregua di preghiere1806.
Afraate arriva a dire che quando si tratta di compiere unazione conforme
al volere di Dio, essa ha priorit sulla stessa preghiera. Anche in questo
caso largomentazione scritturistica tende a forzare gli esempi tratti dal-
lAntico Testamento per poter corroborare lequivalenza fra azione e pre-
ghiera. Peraltro Afraate richiama anche le parole di Ges nel giudizio fi-
nale sullaiuto ai bisognosi (Mt 25, 35-36) nellintento di ribadire che le
necessit dei fratelli hanno la precedenza sullosservanza della preghie-
ra 1807. Dopo aver criticato le manifestazioni esteriori di preghiera, in nome
dellautenticit interiore dellorante, il saggio persiano mostra cos di
voler prendere le distanze anche dal ritualismo sempre in agguato nelle

1804 Dim. IV, 13 (168, 11-15): Nella tua mente immaginati cos: che la tua pre-
ghiera lasciata davanti allaltare e (che) colui che porta (a Dio) le preghiere non vuole
sollevarla da terra poich esamina la tua offerta se inquinata o no: se pura, la fa salire
davanti a Dio (p. 108).
1805 Dim. IV, 13 (pp. 108-109). Cfr. anche IV , 8 (nota 1795). In III, 14 Afraate ri-
corda laiuto prestato da Gabriele a Daniele (anche con il concorso di Michele) e ad altri
personaggi biblici (come Zaccaria, padre di Giovanni Battista, e Maria), osservando che
langelo che accoglie le preghiere, le porta a Dio e comunica agli oranti lesaudimento
della loro richiesta.
1806 Dim. IV, 14 (169, 17-21): Opera dunque il riposo di Dio (nych dh-alh), o
uomo, e non sar a te necessario (dire): Perdonami. Fa riposare gli afflitti, visita i malati e
sostenta i poveri: e questa preghiera (p. 109).
1807 Dim. IV, 15 (172, 18-25): Se ti capita di andare per una strada lontana e ti ca-
pita di avere sete per il caldo e ti imbatti in uno dei fratelli e dici a lui: Sollevami dal tor-
mento della sete, ed egli ti dice: il momento della preghiera: pregher e poi verr da
te e mentre prega e viene da te tu muori per la sete, che cosa ti sembra meglio: che egli
vada a pregare o che sollevi il tuo tormento? (p. 110).
562 Parte seconda, Capitolo nono
espressioni pi consuete della preghiera come sono i tempi dedicati ad
essa. Non forse un caso che nel preannunciare una spiegazione circa
i momenti della preghiera (edhneih da-sluth), Afraate si soffermi
piuttosto sui diversi modi di essa riformulando implicitamente lelenco di
1Tm 2, 1.
Egli indica tre forme dellorazione: 1. La supplica (bath), che ha
per oggetto la richiesta del perdono per i peccati; 2. Il ringraziamento
(tawdth) al Padre che nei cieli per i benefici da lui donati; 3. La lo-
de (teshbucht) a celebrazione delle opere di Dio1808. La tripartizione di
Afraate, pur diversa dallo schema paolino a quattro termini (1Tm 2, 1)
come anche dalla sua ripresa in Origene, assai significativa nella sua
scansione interna. La preghiera di domanda, che sidentifica tacitamente
con il concetto di preghiera pura, si focalizza adesso sulla richiesta del
perdono, mentre con il ringraziamento e la lode sembra innescarsi una
dinamica spirituale che tende a trascendere, per cos dire, la dimensione
della domanda. sicuramente eccessivo forzare in questo senso la rifles-
sione del saggio persiano, ma avviandosi a concludere egli introduce
espressamente la nozione della preghiera come colloquio con Dio, fa-
cendo propria in pratica la sua definizione di oJmiliva. Se a prima vista
lesortazione a praticare una preghiera che parli per te a Dio (sluth
dha-memallel chlphaik am alh) punta ancora ad inculcare lidea
della preghiera pura come il sacrificio perfetto1809, in seguito Afraate,
dallesegesi del testo di Is 1 che critica la condotta del popolo dIsraele e i
suoi sacrifici, ricava la conclusione che lunico modo di parlare rettamen-
te con Dio proprio la preghiera1810. Tuttavia, lultima parola di Afraate
sul nostro argomento nelle esortazioni conclusive insiste ancora sulla ne-
cessit di coltivare la preghiera di domanda: ama la preghiera pura e sii
impegnato nella supplica (bath)1811. Non solo, egli raccomanda
come aveva fatto Tertulliano lesemplarit fondativa del Padrenostro

1808 Dim. IV, 17 (176, 4-12): C infatti la domanda e la confessione e la lode. La


domanda c quando uno chiede misericordia per i suoi peccati; la confessione quando tu
rendi grazie al Padre tuo che () nei cieli; e la lode quando tu lo glorifichi per le sue opere;
quando hai tribolazione offri la supplica; e quando sei provvisto dei suoi beni, rendi grazie
al donatore; e quando () gioiosa la tua mente offri la lode (pp. 110-111). Dei quattro
termini di 1Tm 2, 1 troviamo qui lequivalente solo per devhsi" (bath) e eujcaristiva
(tawdth). Afraate non menziona infatti tachnant (= e[nteuxi"), mentre si serve abitual-
mente di sluth (= proseuchv).
1809 Dim. IV, 18 (177, 7-13): una preghiera pura migliore di tutte le offerte. Im-
pegnati dunque, mio caro, in una preghiera che parli per te con Dio come (sta) scritto nel
profeta Isaia quando fece conoscere ai figli di Israele i loro peccati e li chiam principi di
Sodoma (p. 111).
1810 Dim. IV, 18 (180, 18-20): E come parleranno gli uomini con Dio se non con la
preghiera quando in essa non c macchia? (p. 112).
1811 Dim. IV, 19 (181, 18-19 [p. 113]).
La costruzione di un modello 563
per ogni preghiera del cristiano: allinizio di tutte le tue preghiere, pro-
nuncia la preghiera del tuo Signore (sltheh d-mrkh)1812.
Anche il saggio persiano offre dunque un contributo prezioso al di-
scorso eucologico nel cristianesimo dei primi secoli, testimoniando altres
numerosi punti di contatto con gli apporti forniti in precedenza dagli autori
greci e latini, incluso lo stesso Origene, nonostante la diversit dei rispet-
tivi contesti culturali. Dalla sua riflessione emerge di nuovo unimmagine
fortemente caratterizzata della preghiera cristiana che Afraate disegna
non senza analogie con lAlessandrino anche sotto questo profilo a par-
tire da una rilettura orientata della Bibbia, in primo luogo dellAntico Te-
stamento. Al centro di essa sta lidea della preghiera pura, sostituto dei
sacrifici dellantica alleanza, intesa essenzialmente come preghiera indi-
viduale e silenziosa. Questo modello di orazione, per, non sfocia in una
prospettiva intimistica nemmeno nel caso di Afraate, ma egli lelabora in
vista di assicurare alla preghiera quella forza interiore capace di sottrarla
al ritualismo esteriore e spiritualmente sterile. Ci che gli importa assi-
curare lautenticit della preghiera facendo in modo che trovi la sua veri-
fica e conferma in una prassi di vita conforme ad essa. Soltanto unendo
orazione e vita, si pu essere certi dellesaudimento divino che viene in-
contro alle richieste del giusto e testimonia sempre lefficacia di una pre-
ghiera genuina. Pur essendo imperniato sulla richiesta, il paradigma dise-
gnato da Afraate conosce altre modulazioni che indirizzano la preghiera
verso il ringraziamento e la lode, mentre la condotta di vita che sispira al
vangelo viene ad essere connotata essa stessa come preghiera. Non sfug-
gono anche qui le analogie con gli autori precedenti, che appaiono parti-
colarmente evidenti per i risvolti pratici con autori come Tertulliano e
Cipriano. A somiglianza di Tertulliano, che si fatto poeta della pre-
ghiera, anche Afraate ha saputo adottare i toni dellencomio a sostegno
della propria istruzione, tracciando con essi un compendio eloquente
delle qualit costitutive dellorazione:
La preghiera bella e le sue opere sono belle. E la preghiera accetta quando in
essa c il sollievo (degli altri); e la preghiera esaudita quando in essa si trova il
perdono; e la preghiera () gradita quando pura da ogni inganno e la preghiera
potente quando la forza di Dio si compie in essa. E questo che ti scrivo, mio
caro, che cio quando si fa la volont di Dio ci preghiera, a me sembra bello;
e non astenerti [...] ma ancor pi applicati alla preghiera e non ti dia noia ci che
scritto che disse nostro Signore: Pregate e non desistete (Lc 18, 1); e nella vigi-
lanza sii impegnato e allontana da te la sonnolenza e la pigrizia, e sii vigilante di
giorno e di notte e non lasciarti sopraffare1813.

1812 Dim. IV, 19 (181, 19-21 [p. 113]). Cfr. Tertulliano, De orat. 10.
1813 Dim. IV, 16 (173, 14176, 3 [p. 110]).
564 Parte seconda, Capitolo nono
6. Evagrio Pontico: la preghiera pura come vertice dellitinerario mo-
nastico di perfezione

Insieme a Clemente Alessandrino, nel solco di quella medesima tradi-


zione teologica e spirituale di cui anchegli un protagonista di assoluto
rilievo, Evagrio Pontico offre sicuramente il termine di comparazione pi
prossimo per la riflessione eucologica di Origene. Eppure questo confronto
tuttaltro che facile, considerando sia lo scenario profondamente mutato
dellEgitto di fine IV secolo, sia il profilo originale dellautore e dei suoi
scritti, luno e gli altri con caratteristiche nettamente diverse dallAlessan-
drino. Se con Afraate avvertivamo gi lincidenza dellesperienza ascetico-
monastica nel discorso sulla preghiera, lorizzonte degli scritti di Evagrio
ormai disegnato dal fiorire del monachesimo, in primo luogo nella sua
espressione eremitica. Cos i lettori potenziali sono in un certo senso i pro-
fessionisti della preghiera e mai come in Evagrio la pratica orante si col-
loca al centro della vita monastica e pertanto della riflessione di cui il mo-
naco di Kellia lha fatta oggetto1814. Del resto, egli conosceva per primo ci
di cui ha scritto in numerose opere, mettendo a fuoco con geniale acutezza
le problematiche della condizione monastica. Come ci racconta Palladio
nella Storia Lausiaca, Evagrio era capace di una performance orante che
nel ricordo biografico del suo discepolo si avvicina al tratto agiografico:
allo stesso modo di Macario Alessandrino, uno dei maestri che lo hanno
pi influenzato, anche Evagrio faceva ogni giorno cento preghiere1815.
dunque a partire da questo contesto monastico, fatto per sua stessa natura
di osservanze disciplinate ed evidenziato anche dallinnovativo richiamo
alle tradizioni apoftegmatiche dei Padri del deserto come auctoritas asce-
tica e teologica, che bisogna comprendere il pensiero di Evagrio sullora-
zione, senza ridurlo alla prospettiva del filosofo nel deserto, secondo la
pur assai suggestiva formulazione di Antoine Guillaumont1816. Bench es-
sa colga efficacemente una dimensione costitutiva del profilo spirituale di
Evagrio, presa isolatamente rischia di falsarne limmagine contribuendo a
rafforzare limpressione di un eccessivo intellettualismo.
Senza dubbio la dinamica della riflessione evagriana contraddistinta
strutturalmente dal passaggio dalla prassi (praktikhv) alla gnosi (gnw'si"),

1814 Riguardo alla preghiera nel primo monachesimo, dentro il contesto del pi am-
pio discorso eucologico, si veda da ultimo Danieli 2009.
1815 Palladio, Hist. Laus. 38, 10 (200, 87): ejpoivei de; eujca;" eJkatovn. In Hist. Laus.
20, 3 (104, 20-21), Macario attesta la stessa pratica dopo sessantanni di vita monastica.
Insiste opportunamente su questo punto anche Stewart 2001.
1816 Cfr. Guillaumont 2004. Per accostarsi in maniera equilibrata alle problemati-
che dello studio di Evagrio si veda la bella introduzione di Bettiolo a Evagrio Pontico.
Per conoscere lui, 9-87. Circa la dottrina della preghiera cfr. in particolare Bunge 1987a;
Bunge 1987b; Dysinger.
La costruzione di un modello 565
cio per un lato dallimpegno pi strettamente ascetico in vista di con-
trastare le passioni (catalogate e scrutate nei loro meccanismi secondo lo
schema degli otto pensieri o spiriti malvagi) e pervenire al loro pieno
controllo o impassibilit (ajpavqeia), e per laltro dalla preoccupazione
di assicurare allo sforzo pratico lo sbocco mistico-contemplativo at-
traverso la conoscenza dapprima dellazione di Dio nel mondo creato e al
di l di questo della stessa Trinit. Sotto tale profilo la preghiera assume
unimportanza fondamentale, poich non solo una componente impre-
scindibile della condotta ascetica ma anche la sua mta stessa grazie al-
lespressione pi alta e perfetta dellorazione che Evagrio designa ugual-
mente come preghiera pura1817. Di conseguenza lanalisi dellatto orante
sorretta anzitutto nel Pontico molto pi di quanto avvenisse in prece-
denza con tutti gli altri interpreti (Origene incluso) da unestrema at-
tenzione per gli aspetti antropologico-psicologici dellorazione. Se il suo
organo per eccellenza lintelletto (nou'"), in linea con limpostazione
abbozzata da Origene in Orat e altrove1818, linteresse di Evagrio sindi-
rizza alla complessa fenomenologia che coinvolge il corpo e lanima nelle
manifestazioni oranti: ruolo dei sentimenti e delle passioni, memoria e
immaginazione, forme in cui pu darsi una preghiera priva di distrazioni
e tutta concentrata nel colloquio con Dio. Ma, come si detto, loriginalit
di Evagrio non sesaurisce nella finezza psicologica del maestro spirituale
provato, capace di riflettere a fondo su compiti e difficolt dellascesi
personale e altrui, poich egli colloca la preghiera al vertice dellitinerario
monastico di perfezione, concepito comunque non in termini troppo sche-
matici. Nella condizione terrena il progresso spirituale non mai acquisito
definitivamente e la preghiera pura che attua la vocazione contemplati-
va del monaco non pu quindi darsi come possesso permanente. Daltra
parte Evagrio, unendo dialetticamente la dimensione pratica a quella
gnostica, indica la preghiera come la sola attivit a cui i monaci deb-
bono dedicarsi in permanenza. Come dichiara nel Pratico, non ci stato
prescritto di lavorare e vegliare e digiunare di continuo, ma ci stata fatta
legge di pregare incessantemente (1Ts 5, 17), mentre lattivit della pre-
ghiera rende vigoroso e puro per il combattimento lintelletto, che na-
turalmente fatto per pregare, anche separatamente da questo corpo1819.

1817 Nella lettera che funge da proemio al De orat. Evagrio richiama entrambi gli
aspetti: Oujkou'n kai; proseuch'" ditto;" oJ trovpo", oJ mevn ti" praktikov", oJ de; qewrhtikov"
(PG 79, 1165B).
1818 Peraltro, secondo OLaughlin, limportanza assegnata al nou'" conferisce allan-
tropologia evagriana un accento in parte diverso; fra laltro, il Pontico usa pi raramente il
termine hJgemonikovn (lunica occorrenza nei Capitoli sulla preghiera in De orat. 21).
1819 Pratico, 49 (610-612): Ergavzesqai me;n dia; panto;" kai; ajgrupnei'n kai; nh-
steuvein ouj prostetavgmeqa, proseuvcesqai de; hJmi'n ajdialeivptw" (1Ts 5, 17) nenomoqev-
thtai: diovti ejkei'na me;n to; paqhtiko;n mevro" th'" yuch'" qerapeuvonta kai; tou' swvmato"
566 Parte seconda, Capitolo nono
La visuale dinamica della preghiera imperniata sulla scansione fra
prassi e gnosi prende forma in Evagrio principalmente nello scritto
Sulla preghiera (Peri; proseuch'"). Anchesso adotta il genere letterario
prediletto dei kephalaia, allineando una serie di brevi sentenze che con-
densano, senza ordine apparente, i temi della sua riflessione per favorire
la loro fruizione sapienziale1820. Come apprendiamo da un preannuncio
dellautore contenuto nel trattato Sui pensieri, Evagrio deve averlo com-
posto verso la fine della sua attivit letteraria raffinando ulteriormente il
proprio pensiero, peraltro gi ben definito1821. Bench dispersa in 153
capitoli, la dottrina di Evagrio sullorazione possiede invero un respiro
sistematico, come testimonia del resto il ricorrere degli stessi concetti por-
tanti nel resto dei suoi scritti, sia quelli pratici (come, appunto, il Pra-
tico o lAntirretico) sia quelli gnostici (come lo Gnostico o i Capitoli
Gnostici) dove il nostro tema sempre presente 1822. La diversit di stile
rispetto ad Origene non dunque dovuta soltanto al ricorso ad un genere
letterario differente dal trattato ad un tempo protrettico ed esegetico del-
lAlessandrino, ma anche al fatto che la riflessione di Evagrio sulla pre-
ghiera si caratterizza per una sua organicit ben pi serrata ed evidente sul
piano concettuale, smentendo di fatto la contrapposizione suggerita da Do-
minique Bertrand fra il professore Origene ed il monaco Evagrio1823.

hJmw'n eij" th;n ejrgasivan prosdei'tai, o{per di oijkeivan ajsqevneian pro;" tou;" povnou" oujk
ejparkei': hJ de; proseuch; to;n nou'n ejrrwmevnon kai; kaqaro;n pro;" th;n pavlhn paraskeuav-
zei, pefukovta proseuvcesqai kai; divca touvtou tou' swvmato" kai; uJpe;r pasw'n tw'n th'"
yuch'" dunavmewn toi'" daivmosi mavcesqai (tr. Bettiolo, 204). Si veda anche Ad virg. 5
(146): Proseuvcou ajdialeivptw", kai; mevmnhso Cristou' tou' gennhvsantov" se.
1820 Cfr. PG 79, 1165A-1200C; Guillaumont 2004, 125-129. Circa la numerazione
dei capitoli ci atterremo alledizione di Tugwell, che aggiunge ununit da 35 a 78. Per
una traduzione italiana si veda Evagrio Pontico. La preghiera, a cura di Messana. Haus-
herr 1960, 141, ricollega lutilizzo dei kephalaia alla tradizione apoftegmatica, attestata
anche dal Gerontikon in De orat. 106-112: Il est le premier crivain chrtien qui ait em-
ploy le genre littraire des Sentences. Si nous avons cette inapprciable collection des
Apophthegmes des Pres, cest certainement pour une bonne part son exemple et sa
doctrine que nous le devons. Per Stewart 2003, 207, memorized kephalaia could be
pondered to release their meaning gradually.
1821 De cogit. 22 (232, 20-22): Tiv" de; hJ aijtiva tou' ta; nohvmata tw'n aijsqhtw'n
pragmavtwn cronivzonta diafqeivrein th;n gnw'sin ejn toi'" peri; proseuch'" kefalaivoi"
lecqhvsetai.
1822 Secondo Bertrand 2001, 10, on peut bien parler de systme au sujet de luvre
dvagre, toute morcele quelle apparat travers le genre littraire de lapophthegme.
Quanto alle fonti, Stewart 2001, 183, privilegia il De cogitationibus e gli Skemmata ac-
canto a De orat.: One can understand On the Thoughts, Reflections, and On Prayer as
advanced works in two ways: they probe their topics in greater depth than do Evagrius
other works; they are probably the fruit of his mature consideration.
1823 Compte tenu du temprament dvagre, il nest pas improbable quil y a chez
lui, dans le mode dexpression lui-mme, un choix de distanciation par rapport son de-
vancier. Il se trahit comme orignien en cela mme que, dlibrement, il crit autrement
La costruzione di un modello 567
Ci non significa dover prendere atto della mancata continuit fra i nostri
due autori, perch a giudizio di vari studiosi tali differenze sono invece
suscettibili di apprezzamento positivo, nel senso che il Pontico avrebbe
ripreso fedelmente limpostazione dellAlessandrino, pur sviluppandola
in forma pi sistematica1824. In realt, per corroborare pi esattamente le
affinit ideali fra Evagrio ed Origene dovremmo procedere ad un confron-
to approfondito fra i Capitoli sulla preghiera e il trattato, che non possi-
bile offrire in questa sede n del resto stato ancora sviscerato come sa-
rebbe opportuno1825. Tuttavia, facendo tesoro delle osservazioni che sono
state proposte negli studi anteriori, possiamo notare in primo luogo come
il discorso eucologico di Evagrio sembri dipendere dalla cornice dottrinale
elaborata da Origene in misura sorprendentemente pi stretta ed univoca
di quel che abbiamo constatato nel caso dello stesso Alessandrino. Con ci
non intendiamo riferirci ovviamente al modello del progresso spirituale,
tracciato da Origene nel Commento al Cantico dei Cantici secondo la tri-
partizione morale-fisica-epoptica, che ispira da vicino lo schema eva-
griano del rapporto prassi-gnosi, sia pure con una sua diversa enuncia-
zione anche a livello terminologico1826, n alle premesse tracciate dal-

quOrigne, outrant en quelque sorte le moine en lui-mme pour se dmarquer du profes-


seur qui est aussi, pour une plus grande part, son matre. Voil du moins ce que la lecture
parallle des deux Peri; eujch'" permet de pressentir (Bertrand 1999, 357). Lautore di-
stingue inoltre De orat. in quanto protrettico dal trattato di Origene: Ce quil propose,
cest un protreptique, le plus dnu de pathos quil soit possible, et il ladresse lhomme
de prire pour quil persvre jusquau bout en elle et par elle (p. 362). Ma con ci non
sembra tenere adeguatamente conto della natura di tale genere letterario e del problema
della preghiera per lAlessandrino, riducendo questultimo al combattimento spirituale
con i demoni.
1824 Crouzel 1987, 231-235 critica Evagrio per aver smarrito laspetto zetetico del
pensiero origeniano irrigidendolo in un sistema che si attirer la condanna dogmatica. In-
vece Stewart 2001, 181-182 rileva lappropriazione creativa degli schemi di pensiero ori-
geniani: The framework Evagrius found in Origens writings and then made his own al-
lowed him to understand prayer not as escape from the world or avoidance of the complex-
ity of human life, but as move toward keener awareness of the vastness and intricacies of
Gods work in Creation, and thereby toward knowledge of God. In the progress from
wordy to wordless prayer, from image-filled to imageless prayer, Evagrius could anticipate
the return to integrated, unified knowledge that he believed to be human destiny.
1825 Bertrand 1999 ha segnalato per primo lurgenza del confronto notando come
Hausherr 1960, che nella sua analisi del De orat. richiama spesso luoghi origeniani, lac-
costi solo in un caso ad Orat. Lo stesso Bertrand, pur offrendo molti spunti interessanti
di comparazione tra i due autori, ammette di aver condotto ancora un esame preliminare
(p. 363).
1826 Si veda, ad esempio, il modo in cui Evagrio lo riprende in chiave eucaristico-
cristologica nello scritto Ai monaci nei cenobi e nelle comunit, 118-120: Carni del Cristo
sono le virt pratiche (praktikai; ajretaiv): chi le manger diverr impassibile. Sangue del
Cristo la contemplazione degli esseri divenuti (qewriva tw'n gegonovtwn), e chi ne beve
sar da lui reso sapiente. Petto del Signore la conoscenza di Dio: chi chino (cfr. Gv 13,
568 Parte seconda, Capitolo nono
lAlessandrino per la dottrina evagriana dei pensieri (logismoiv), bens
alle coordinate pi ideologiche e insieme pi controverse del sistema
origeniano consistenti rispettivamente nella dottrina della preesistenza e
in quella dellapocatastasi con i loro corollari antropologici e cristologici.
Come abbiamo visto in precedenza, lorizzonte della riflessione di Origene
sulla preghiera, diversamente da quanto avviene in Evagrio, sembra poter
prescindere dal condizionamento di questi due postulati dottrinali. In ogni
caso, a titolo di impressione preliminare, si pu ben dire che lesito della
preghiera pura nel Pontico declina in termini originali il paradigma
della preghiera spirituale elaborato dallAlessandrino.
Lo vediamo con pi precisione nel modo in cui Evagrio disegna lim-
magine dellatto orante con i suoi fattori costitutivi, le modalit auspica-
te e le difficolt a cui esso deve fare fronte. Lobiettivo della preghiera
pura, priva delle rappresentazioni del mondo dei sensi e delle loro imma-
gini mentali per aprirsi alla realt trascendente del Dio trinitario, indica il
cammino di unanacoresi sensoriale che Origene aveva tracciato a gran-
di linee nel trattato, sullo sfondo della sua antropologia tricotomica di cor-
po, anima e spirito nonch delle coordinate scritturistiche che tramano
tutto il suo discorso eucologico1827. Evagrio qui affina lanalisi, mettendo
in luce i meccanismi della rappresentazione, attraverso il gioco di stimoli
ed agenti esterni, in negativo ed in positivo, ed accentuando il ruolo pre-
minente dellintelletto come lelemento qualificante la natura propria
degli esseri razionali. La configurazione della preghiera come esercizio
spirituale insomma pi immediata ed appariscente in Evagrio rispetto
ad Origene, il quale non solo manca del tecnicismo psicologico che con-
traddistingue la visuale del Pontico, ma appare anche alieno dal supera-
mento del regno della parola nel silenzio assoluto della preghiera
pura1828. Tra le varie definizioni, in negativo o in positivo, dellorazione
fornite da Evagrio, troviamo il concetto della preghiera come ajnavbasi",
ascensione dellintelletto a Dio1829. In che modo questa si attui, lo chia-

25) su di esso sar teologo (qeolovgo" e[stai) (Evagrio Pontico. Per conoscere lui, 158).
Comunque, sia De orat. Prol. sia Sch. in Prov. 50 presentano la triade origeniana praktikhv
(hjqikhv), fusikhv, qeologikhv.
1827 Stewart 2001, 190 collega, in particolare, De orat. 71 (nota 1830) a Orat XX, 2.
1828 Si veda la sentenza di Gnost. 41 (166), che rifiuta luso della dialettica nella teo-
logia trinitaria: Siwph/' proskuneivsqw to; a[rrhton. Fra laltro, la definizione dellanacoresi
in Pratico 52 (618) riprende la concettualit di matrice platonica, tipica degli esercizi spiri-
tuali nella filosofia tardoantica, attribuendola ai suoi Padri (qui Clemente Alessandrino
e Gregorio di Nazianzo): th;n ajnacwvrhsin melevthn qanavtou kai; fugh;n tou' swvmato" oiJ
Patevre" hJmw'n ojnomavzousin. Konstantinovsky 2009, 86-94 richiama il retroterra filosofi-
co, pur senza menzionare la tradizione degli esercizi spirituali approfondita da Hadot.
1829 De orat. 35 (1173 D): Proseuchv ejstin ajnavbasi" nou' pro;" Qeovn. Mhat
1995, 117 ritiene Evagrio il creatore della definizione, ma Dorival 2000, 100 segnala la
consonanza con la terminologia neoplatonica.
La costruzione di un modello 569
risce la formula secondo cui lorazione implica il disfarsi delle rappre-
sentazioni1830. Solo per questa via lintelletto pu svolgere il suo com-
pito naturale: essere lorgano della conoscenza di Dio, che senza forma
e figura. Cos la prospettiva di Evagrio arriva a legare molto pi stretta-
mente la preghiera alla contemplazione. Ma luso del termine oJmiliva,
ereditato da Clemente Alessandrino (con altri aspetti che tradiscono la
sintonia fra i due autori, specie quanto al discorso eucologico)1831 per de-
signare il colloquio dellintelletto con Dio, tende a preservare limma-
gine pi naturale ed immediata dellorante come colui che sintrattiene
con linterlocutore divino affidandogli le sue attese di salvezza, quantun-
que la nota intellettualistica rimanga sempre dominante nel modello di
preghiera spirituale proposto da Evagrio1832. Anche la visuale della pre-
ghiera nella prassi ascetica contribuisce del resto a ricollegare la prospet-
tiva del Pontico a quella di Origene e, pi in generale, al discorso proto-
cristiano sulla preghiera. Infatti, egli ben consapevole del ruolo della
preghiera come opera che concorre insieme ad altri mezzi nel realiz-
zare lobiettivo della lotta contro le passioni e a predisporre cos laccesso
alla contemplazione1833. Inoltre, se vero che per Evagrio la preghiera
rientra fra quelle attivit che rendono gli uomini simili agli angeli1834, egli

1830 De orat. 71 (1181 C): proseuch; gavr ejstin ajpovqesi" nohmavtwn.


1831 Pur senza rinviare alla dottrina della preghiera, Guillaumont sottolinea la di-
pendenza di Evagrio, in particolare, per i concetti di ajpavqeia, ajgavph e gnw'si".
1832 Lunico impiego del termine nel nostro scritto figura in De orat. 3 (1168D):
H proseuch; oJmiliva ejsti; nou' pro;" qeovn . Hausherr 1960, 17 osserva che Homilia et son
quivalent conversatio dsignent quelque chose d la fois plus vaste et plus profond que
les paroles, mme intrieures: la runion, le commerce habituel, la frquentation assidue.
Il motivo della conversazione nella preghiera ricorre ancora in De orat. 34 ([1173D] tiv
ga;r aujtou' ajnwvteron tou' tw/' qew/' prosomilei'n kai; th/' pro;" aujto;n sunousiva/ perispa'-
sqai) e 55 ([1177D] oJ ajgapw'n to;n Qeovn, touvtw/ wJ" Patri; ajei; sunomilei', ajpostrefov-
meno" pa'n novhma ejmpaqev"). La designazione della preghiera come oJmiliva si ritrova anche
in Sch. in Ps. 140(141), 2 (nota 1842) e in Skemmata 28 (nota 1847). Per Stewart 2001,
191, Evagrius use of that definition of prayer inherited from Clement of Alexandria is
more than just a bow to tradition. Prayer is an encounter with a personal God, and Evagrius
keeps biblical words and imagery in play even in his description of the highest stages of
prayer.
1833 Il motivo presente anche nei kephalaia raccolti dai discepoli di Evagrio. Si
veda il commento di Ghin (SC 514), 64-65: La prire reprsente la forme suprieure de
lactivit de lintellect. Cela dit, la simple vocation de la prire nimplique pas quon se
situe toujours ces altitudes. Il existe aussi des formes de prire qui relvent des pratiques
asctiques courantes. Cfr. Capit. disc. 83 (176): prw'ton di e[rgwn polemei' oJ nou'", kai;
deuvteron dia; lovgwn: oi|on to; me;n prw'ton proseuvcetai, yavllei, ajnacwrei'; 156 (230): hJ
a[kra ejgkravteia kai; hJ praovth" kai; hJ ejlehmosuvnh kai; to; dihnekw'" proseuvcesqai
panto;" kakou' to;n nou'n ejleuqeroi'.
1834 Capit. disc. 11 (114): ajnamevson daimovnwn kai; ajggevlwn, ajnamevson o[fewn
kai; peristerw'n ei\nai tou;" ajnqrwvpou" ei\pe: kai; ga;r kthnw'n kai; daimovnwn kai; ajggevlwn
oiJ a[nqrwpoi mevsoi. Trwvgonte" me;n ou\n kai; pivnonte" kai; kaqeuvdonte" kai; ta; a[loga
570 Parte seconda, Capitolo nono
ne sottolinea la gradualit di espressioni ed ancor pi la componente ago-
nica, come vedremo fra breve, avvicinandosi nuovamente da questo punto
di vista alle idee espresse da Origene1835.
Il quadro che emerge da queste prime considerazioni fa dunque intra-
vedere punti di contatto ed insieme differenze pi o meno rilevanti fra i
due interpreti. Un passaggio decisivo di tale confronto non pu non pren-
dere in esame il terreno dei riferimenti scritturistici. Qui si pu constatare
ancora una volta, almeno di primo acchito, la diversit di stile fra Evagrio
ed Origene: la mediazione biblica ci appare pi ridotta ed occasionale nel
Pontico, senza assumere mai quel peso di natura strutturale che contrad-
distingue invece limpostazione dellAlessandrino. Ma limpressione im-
mediata pu risultare superficiale, tanto pi se si tiene presente che Eva-
grio anche autore di scolii su alcuni libri biblici (Salmi, Proverbi, Eccle-
siaste e Giobbe) nonch dellAntirretico, un vasto prontuario di passi
scritturistici per combattere i pensieri malvagi, a riprova dellattenzione
rivolta alluso della Bibbia nella vita monastica e dello sforzo per assicu-
rarne linterpretazione spirituale conformemente alla tradizione alessan-
drino-origeniana. Non a caso la lettera dedicatoria che serve da proemio
ai Capitoli sulla preghiera intessuta di richiami scritturistici interpretati
in chiave allegorica, a cominciare dal numero stesso dei kephalaia che
rimanda simbolicamente alla pesca miracolosa in Gv 21, 11 (Allora Si-
mon Pietro sal nella barca e trasse a terra la rete piena di centocinquanta-
tr grossi pesci. E bench fossero tanti, la rete non si spezz)1836. Non
sorprende perci che proprio nel primo capitolo Evagrio richiami lim-
magine pi consueta, di matrice scritturistica, della preghiera come eujw'-
de" qumivama, incenso profumato1837, ampiamente sfruttata da Clemente

pavqh ejnergou'nte" wJ" kthvnh kinou'ntai: oJrgizovmenoi de; kai; mnhsikakou'nte", wJ" daiv-
mone": eujcovmenoi de; kai; yavllonte" kai; qeologou'nte" kai; qewrou'nte", wJ" a[ggeloi.
1835 Come ricorda Ghin, il est impossible de brler les tapes et daller de lim-
passibilit la prire sans forme directement, sans passer par ltape intermdiaire de la
contemplation naturelle (SC 514, p. 144). Cfr. Capit. disc. 39 (144): ouj ga;r ejk prakti-
kh'" movnh" duvnatai katorqw'sai to; ajneivdeon ei\nai aujto;n ejn th/' proseuch/', eij mhv ti pro-
paraskeuasqh/' ejn th/' th'" qewriva" gnwvsei; 78 (174): Prokovptwn oJ nou'" ejn th/' praktikh/,'
kouvfa e[cei ta; nohvmata tw'n aijsqhtw'n: prokovptwn de; ejn th/' gnwvsei, poikivla e{xei ta;
qewrhvmata: prokovptwn de; ejn th/' proseuch/', lavmproteron kai; faidrovteron o[yetai to;
i[dion fw'"; 100 (190): Oujk e[sti parautivka yavllein kai; eu[cesqai ajperispavstw": pol-
lh'" ga;r proparaskeuh'" dei'tai kai; sterhvsew" pavntwn tw'n paqw'n, ejpiqumiva", qumou',
kenodoxiva" kai; tw'n loipw'n.
1836 Evagrio enuncia espressamente il paradigma ermeneutico di lettera e allego-
ria in De orat. Prol. (1165B): All ejpei; pavnta dissav, e}n kat e[nanti tou' eJnov", kata;
to;n sofo;n Ihsou'n (Sir 42, 24), devcou pro;" tw/' gravmmati kai; tw/' pneuvmati kai; suvne", wJ"
pavntw" tou' gravmmato" nou'" prohgei'tai: oujk o[nto" ga;r touvtou, oujde; gravmma e[stai.
1837 De orat. 1 (1168C): Ei[ ti" bouvloito eujw'de" qumivama skeuavsai, to;n diafanh'
livbanon, kai; th;n kassivan kai; to;n o[nuca, kai; th;n stavkthn ejxivsou sunqhvsei kata; to;n
La costruzione di un modello 571
e Origene1838. Lassociazione di idee con lAlessandrino sembrerebbe es-
sere suggerita anche dal modo in cui il Pontico elabora il motivo, ricor-
dando lincenso composto secondo le indicazioni di Es 30, 34-37 o Lv
16, 12 (analogamente allinterpretazione fornita dallAlessandrino nelle
Omelie su Geremia) e chiarendone il senso con il ricorso alla spiegazione
allegorica per cui la preghiera pu risultare gradita a Dio solo con il con-
corso equilibrato delle virt. Evagrio riformula cos la raccomandazione
pi volte attestata da Origene sul necessario rapporto fra prassi virtuosa
e manifestazione orante, accentuandone comunque limplicazione agoni-
ca1839. Limmagine dellincenso (qumivama) riappare nuovamente verso
la conclusione dellopera, in due capitoli (141 e 147) che ribadiscono en-
trambi lidea della preghiera come offerta e sacrificio che sale a Dio da un
intelletto capace di dominare le passioni1840.
Nei Capitoli sulla preghiera luso della metafora dellincenso o
profumo, anzich rifarsi direttamente a Sal 140(141), 2, come avveniva
per lo pi in Origene, pare ispirarsi ad altri luoghi scritturistici, anchessi
familiari allAlessandrino quali Ap 5, 8 oppure Mt 5, 231841. Tuttavia, ne-
gli Scolii ai Salmi il commento a Sal 140(141), 2 d luogo ad unimpor-
tante precisazione circa la preghiera pura sulla scia della sua rinnovata
definizione come oJmiliva:
Si indirizza come incenso (Sal 140[141], 2) la preghiera di chi pu dire: Siamo
soave odore di Cristo tra coloro che si salvano e tra coloro che si perdono (2Cor
2, 15). E v ununica specie di preghiera, la conversazione dellintelletto con
Dio che serba lintelletto privo dimpronte. Dico poi privo dimpronte lintelletto
che al momento della preghiera non si immagina alcunch di corporeo 1842.

novmon. Tau'ta dev ejstin hJ tetra;" tw'n ajretw'n: eja;n ga;r plhrevstatai kai; i[sai tugcavnw-
sin, ouj prodoqhvsetai oJ nou'".
1838 Cfr. supra, pp. 438-441 e nota 2.
1839 Cest--dire, sans mtaphore, quil faut les quatre vertus cardinales et toutes
celles qui sy ramnent pour arriver loraison sans sexposer une attaque brusque de
lennemi (Hausherr 1960, 13).
1840 De orat. 141 (1197A): ejf o{son oujk ajpetavxw toi'" pavqesin, ajll oJ nou'" sou
ejnantiou'tai th/' ajreth/' kai; th/' ajlhqeiva/, oujk euJrhvsei" eujw'de" qumivama ejn tw/' kovlpw/
sou; 147 (1197 D): skovpei povsh" fulakh'" kai; diakrivsew" creiva, i{na eujprovsdekton
dw'men tw/' qew/' qumivama.
1841 Del resto, a parte De orat., nei testi trditi in greco limmagine figura solo in
De octo spir. con una applicazione in positivo e in negativo (2 [PG 79, 1148A]: Atmi;"
qumiavmato" eujwdiavzei ajevra, kai; proseuch; ejgkratou'" o[sfrhsin Qeou'; 10 [1156A]:
Qumwvdou" proseuch; ejbdelugmevnon qumivama).
1842 Sch. in Ps. 140(141), 2 (PG 12, 1665A): Touvtou kateuquvnetai hJ proseuch;
wJ" qumivama, tou' dunamevnou eijpei'n: Cristou' eujwdiva ejsme;n ejn toi'" swzomevnoi" kai; ejn
toi'" ajpollumevnoi" (2Cor 2, 15). Kai; ejsti;n e}n ei\do" proseuch'" oJmiliva nou' pro;" Qeo;n
ajtuvpwton to;n nou'n diaswvzousa: ajtuvpwton de; levgw to;n nou'n mhde;n swmatiko;n kata;
to;n kairo;n th'" proseuch'" fantazovmenon: movna ga;r ejkei'na tw'n ojnomavtwn kai; rJhmavtwn
tupoi' to;n nou'n hJmw'n kai; schmativzei ta; shmaivnontav ti tw'n aijsqhtw'n: proseucovmenon
572 Parte seconda, Capitolo nono
Quanto ad Ap 5, 8, utilizzato significativamente da Origene, il suo ri-
lievo per Evagrio rafforzato dal richiamo ad Ap 8, 3 (Poi venne un altro
angelo e si ferm allaltare, reggendo un incensiere doro. Gli furono dati
molti profumi perch li offrisse insieme con le preghiere di tutti i santi
bruciandoli sullaltare doro, posto davanti al trono)1843. Oltre a citare en-
trambi i passi nei Capitoli sulla preghiera, valorizzando particolarmente
il secondo per il sostegno offerto dagli angeli allorazione in spirito e
verit (Gv 4, 23)1844, il Pontico si servito di Ap 8, 3 anche negli Skem-
mata (Riflessioni), dove spiega lincensiere come lintelletto che al
momento della preghiera non offre nulla di sensibile1845. In tal modo
limmagine dellincenso o profumo messa a frutto da Evagrio come
equivalente scritturistico pi ravvicinato del suo modello di preghiera
pura, non diversamente dalla sensibilit di Origene, ma con lapporto di
una concettualit che come si detto pi volte trova nellAlessandri-
no solo riscontri parziali.
Lo spettro dei rimandi scritturistici pu essere esteso ad altri passi
che rivelano come Evagrio si collochi pienamente, da tale punto di vista,
nella corrente della tradizione esegetico-dottrinale sulla preghiera, affian-
cando il discorso di Origene e di altri autori dei primi secoli. Come ci mo-
strano i capitoli degli Skemmata, Evagrio fa proprio con 1Tm 2, 1 il pri-
mato assegnato dallAlessandrino alla proseuchv come lorazione per
eccellenza rispetto agli altri tipi di preghiera, sia pure elencando questi
parzialmente. Il suo catalogo infatti comprende nellordine solo: proseu-
chv (orazione), devhsi" (richiesta), eujchv (voto), e[nteuxi" (interces-
sione), senza includervi leujcaristiva; ma quel che pi conta che di
ciascuno di questi termini esso offre una definizione originale1846. Bench

de; nou'n pavnth dei' tw'n aijsqhtw'n ejleuvqeron ei\nai: to; de; tou' Qeou' novhma diaswvzei to;n
nou'n ajnagkaivw" ajtuvpwton: ouj gavr ejsti sw'ma (tr. it. in Evagrio Pontico. Per conoscere
lui, p. 178, nota 2). Si veda anche Guillaumont 2004, 298, nota 10 e 305.
1843 Cfr. rispettivamente De orat. 77 e 76.
1844 De orat. 76 (1183C): To; levgein ejn th/' Apokaluvyei komivzesqai to;n a[ggelon
qumivama i{na dw/' eij" ta;" proseuca;" tw'n aJgivwn, oi\mai th;n cavrin ei\nai tauvthn dia; tou'
ajggevlou ejnergoumevnhn: gnw'sin ga;r ejmpoiei' th'" ajlhqou'" proseuch'", w{ste eJstavnai
loipo;n ejkto;" panto;" klovnou, ajkhdiva" te kai; ojligwriva" to;n nou'n. Hausherr 1960, 109
accosta De orat. 77 a Origene, FrEz 16, 18.
1845 Skemm. 6 (Muyldermans, 374): qumiathvriovn ejsti nou'" kaqaro;" kata; to;n
kairo;n th'" proseuch'", mh; ejfaptovmeno" pravgmato" aijsqhtou'. Ap 8, 3 non figura tra le
citazioni di Origene. Si veda anche Keph. Gnost. V, 53 (198-199): Le sacrifice spirituel
est la conscience pure qui met sur ltat du nous comme sur un autel.
1846 Skemm. 26-30 (Muyldermans, 374-380). Cfr. Hausherr 1960, 55: la devhsi",
cest un commerce de lintelligence avec Dieu, accompagn de supplication et dans lequel
se trouve une demande de secours au temps du combat, et une demande de bien, inspire
par lesprance. Cfr. anche Guillaumont 2004, 189. Evagrio non contempla il termine
eujcaristiva, presente nel passo paolino, di cui fa in generale un uso assai ristretto e con-
centrato soprattutto nel trattato Ad Eulogio. Nei Capitoli sulla preghiera compare una sola
La costruzione di un modello 573
qui la devhsi" sia designata anchessa un po sorprendentemente come oJmi-
liva 1847, leccellenza della proseuchv data non solo dalla sua doppia de-
finizione come stato dellintelletto, ma soprattutto dal fatto che essa, da
un lato, implica leliminazione di ogni rappresentazione terrena e, dal-
laltro, frutto della luce donata dalla Trinit1848. Quanto a eujchv ed e[nteu-
xi", Evagrio si ricollega alle definizioni origeniane del trattato, indicando
con il primo termine il voto e con il secondo la supplica di qualcuno
pi grande per la salvezza di altri, con una riscrittura abbastanza traspa-
rente delle formulazioni di Orat1849. Oltre dunque a improntare il vocabo-
lario eucologico di Evagrio con una netta preferenza per il termine pro-
seuchv1850, la ripresa delle definizioni di Orat negli Scolii ai Salmi offre la
prova della conoscenza del trattato di Origene da parte del Pontico. Al
tempo stesso, per, la sua lettura selettiva, con la riformulazione in pro-
prio del significato dei termini negli Skemmata, sia pure accanto alla ripro-
posta del primato della proseuchv, conferma lautonomia creativa del pen-
siero eucologico di Evagrio sotto il profilo lessicale e concettuale1851.

volta nella definizione della preghiera come espressione di gioia e riconoscenza in De


orat. 15 (1169D): proseuchv ejsti cara'" kai; eujcaristiva" provblhma.
1847 Skemm. 28 (Muyldermans, 377): Devhsiv" ejstin oJmiliva nou' pro;" Qeo;n meq
iJkesiva" bohvqeian h] ai[thsin ajgaqw'n perievcousa.
1848 Skemm. 26 (Muyldermans, 377): Proseuchv ejsti katavstasi" nou', fqartikh;
panto;" ejpigeivou nohvmato"; 27 (377): Proseuchv ejsti katavstasi" nou', uJpo; fwto;" movnou
ginomevnh th'" aJgiva" Triavdo". Sullo stato dellintelletto si veda anche 2 e 4 (374) che ri-
chiamano la visione della luce come dono di Dio.
1849 Skemm. 29 (Muyldermans, 377): Eujchv ejstin uJpovscesi" ajgaqw'n eJkouvsio"; 30
(377): e[nteuxiv" ejsti paravklhsi" uJpo; meivzono" prosagomevnh tw/' Qew/' peri; swthriva"
eJtevrwn.
1850 Il dato statistico caratterizza specialmente De Orat., anche se non manca a
volte lequivalenza semantica di eujchv con proseuchv. Evagrio impiega spesso eujchv al plu-
rale, come in Ad Eul. ([PG 79, 1104] ejpiqumivai ajpotucou'sai futeuvousi luvpa": eujcai;
de; kai; eujcaristivai maraivnousi tauvta"), Pract. Epil. ([712, 7] eujcai'" kai; presbeivai"
tou' dikaivou Grhgorivou), Schol. in Prov. 196, associandola alla proseuchv ([292, 2-3]
oujk aJgnai; eujcai; [...] ouj kaqarai; givnontai proseucaiv). In Rer. mon. rat. 11 (infra, nota
1881) la proseuchv raccordata con devhsi" e iJkethriva. Lultimo vocabolo figura solo in
questo scritto.
1851 Sch. in Ps. contiene tre citazioni di Orat, la prima delle quali si riferisce alla
devhsi", le altre due alla proseuchv: a) Schol. 1-2 ad Ps. 60 (61) [v. 2: eijsavkouson, oJ
qeov", th'" dehsewv" mou, provsce" th/' proseuch/' mou; v. 6: o{ti suv, oJ qeov", eijshvkousa" tw'n
eujcw'n mou; v. 9: tou' ajpodou'naiv me ta;" eujcav" mou hJmevran ejx hJmevra"]: devhsiv" ejstin
ejlleivpontov" tino" meq iJkesiva" peri; tou' ejkeivnou tucei'n ajnapempomevnh eujchv (cfr. Orat
XIV, 2 [331, 4-5]: hJgou'mai toivnun devhsin me;n ei\nai th;n ejlleivpontov" tini meq iJkesiva"
peri; tou' ejkeivnou tucei'n ajnapempomevnhn eujch;n); b) proseuch; dev ejstin hJ meta; do-
xologiva" peri; meizovnwn megalofuevsteron ajnapempomevnh uJp aujtou' (cfr. Orat XIV , 2
[331, 5-7]: th;n de; proseuch;n th;n meta; doxologiva" peri; meizovnwn megalofuevsteron
ajnapempomevnhn uJpov tou); c) Schol. 1 ad Ps. 85 (86) [Rubrica: Proseuch; tw/' Dauid! Ma
anche passi importanti sulla terminologia della preghiera, come v. 6: ejnwvtisai, kuvrie, th;n
proseuchvn mou kai; provsce" th/' fwnh/' th'" dehvsewv" mou]: proseuchv ejstin hJ meta; doxo-
574 Parte seconda, Capitolo nono
Considerazioni analoghe possono valere per limpiego dei paradigmi
di oranti, specialmente dellAntico Testamento, cos caratteristico della
visuale di Origene. Il Pontico tende a farne un uso molto pi sobrio, seb-
bene egli non neghi affatto listruzione che pu trarre dagli esempi bibli-
ci (sia in positivo che in negativo) colui che simpegna sulla strada della
pratica ascetica mediante la preghiera1852. Tra le figure di oranti vetero-
testamentari rievocate dallAlessandrino, a parte un accenno a Daniele1853,
lunico ad essere menzionato nei Capitoli sulla preghiera Mos, il cui
gesto di togliersi i calzari assunto simbolicamente da Evagrio come mo-
dello di colui che si liberato da ogni rappresentazione passionale nel suo
colloquio con Dio1854. Altrove il profeta lodato dal Pontico per la sua
mitezza, con riferimento a Nm 12, 3 (Ora Mos era molto pi mansueto
di ogni uomo che sulla terra), che lo spinge a intercedere presso Dio
per la salvezza del popolo ribelle ai comandi divini (Es 31, 32)1855. Colpi-
sce qui, nel confronto con lAlessandrino, lassenza di rinvii paradigma-
tici non solo alle altre figure di oranti pi consuete (quali, ad esempio, nel
Nuovo Testamento, Paolo) ma soprattutto il mancato richiamo a Ges co-
me modello di preghiera, sebbene Evagrio non ignori affatto la prospetti-
va dellintercessione universale per le creature razionali legata alla funzio-
ne sacerdotale di Ges, come emerge soprattutto dalla Lettera agli Ebrei,
e con essa la preghiera di Ges per la salvezza finale in Gv 17, 211856.
Lapparente lacuna rafforzata inoltre dalla minore incidenza della Pre-

logiva" peri; meizovnwn megalofuevsteron ajnapempomevnh uJp aujtou' (Orat XIV, 2). Ambe-
due i salmi non figurano tra le citazioni bibliche di Orat, bench risultino particolarmente
ricchi per la terminologia della preghiera. Evagrio riporta i passi in forma leggermente
modificata.
1852 De orat. 104 (1189C) ricorda il prerequisito del perdono e della riconciliazione
alla luce della parabola del servo impietoso in Mt 18, 23-35: O crewfeilevth" tw'n murivwn
talavntwn paideuevtw se, wJ", eij mh; ajfhvsh/" tw/' ojfeilevth/, oujde; aujto;" teuvxh/ th'" ajfevsew":
parevdwke gavr, fhsivn, aujto;" toi'" basanistai'".
1853 De orat. 80 (1184D): Ea;n ajlhqw'" proseuvch/, pollh;n plhroforivan euJrhvsei",
kai; a[ggeloi suneleuvsontaiv soi wJ" kai; tw/' Danih;l kai; tou;" lovgou" tw'n ginomevmwn fw-
tiou'si. Come mostra anche Hausherr 1960, 123, Evagrio ha in mente larrivo di Gabriele
durante la preghiera del profeta e la sua istruzione da parte dellangelo (Dn 9, 20-22).
1854 De orat. 4 (1167 D): Eij th/' ejpi; gh'" bavtw/ flegomevnh/ proseggivsai peiravsa"
Mwu>sh'" kwluvetai, a[cri" ou| luvsei to; uJpovdhma tw'n podw'n, pw'" aujto;" to;n uJpe;r pa'san
e[nnoian kai; ai[sqhsin ijdei'n boulovmeno", kai; sunovmilo" aujtw/' genevsqai, ouj luvei" ejk
sou pa'n novhma ejmpaqev" Daltra parte, il valore del paradigma di Mos relativo:
Mose est souvent mentionn par vagre [...] mais il nest en gnral que le symbole de
la contemplation infrieure qui porte sur les cratures (Hausherr 1960, 18).
1855 Cfr. Ep. 28 e il commento di Hausherr 1960, 40-43.
1856 Secondo Keph. Gnost. V, 46 (196-197), le grand prtre est celui qui adresse
des supplications Dieu pour toutes les natures raisonnables. In Sch. in Eccl. 25 (100, 7-
10) troviamo il seguente rinvio a Gv 17, 21: dei' ga;r to;n qeo;n pavntw" genevsqai ta; pavnta
ejn pa'si kai; tou' Cristou' plhrwqh'nai th;n eujch;n th;n levgousan: do;" aujtoi'" i{na kai; auj-
toi; ejn hJmi'n w\sin e}n, kaqw;" kajgw; kai; su; e{n ejsmen, pavter.
La costruzione di un modello 575
ghiera del Signore sul discorso evagriano. Il Padrenostro appena citato
nei Capitoli sulla preghiera, ma un testo raccolto presumibilmente dai di-
scepoli e tramandato in copto e in arabo ci ha conservato una breve spie-
gazione della versione matteana che tradisce la dipendenza dalla preceden-
te tradizione esegetica e si pone in continuit con il De oratione, special-
mente per quanto riguarda il commento della seconda petizione1857.
Stando a questo testo, Evagrio riconosce che altri pi grandi di lui
hanno commentato la preghiera di Ges unallusione che quasi sicura-
mente da riferire ad Origene e dichiara di volersi attenere al loro inse-
gnamento. Laffermazione trova invero diversi riscontri nellinterpretazio-
ne del Pontico, anche se la premessa contenente lidea che il Padrenostro
adatto a condurre luomo alla natura primitiva (kata; fuvsin), se gli
prestiamo tutta lattenzione possibile, riflette pi immediatamente la vi-
suale ascetico-dottrinale del Pontico1858. In linea con la tradizione il
commento dellinvocazione iniziale e della prima domanda del Pater,
dove si accenna rapidamente al tema della figliolanza divina come condi-
zione e titolo per invocare il Padre e alla santificazione del Nome come
compito da attuare mediante le opere buone, a testimonianza di lui per le
nazioni. Invece, per la seconda domanda, pur commentando il testo di Mt
6, 10, Evagrio sembra seguire la variante di Lc 11, 2 (Venga il tuo Spirito
santo sopra di noi e ci purifichi), analogamente a quanto vediamo in Gre-
gorio di Nissa1859. Infatti Evagrio introduce lequivalenza regno = Spi-
rito, per cui il senso della seconda domanda consiste nel chiedere a Dio
il dono dello Spirito. Quanto alla terza domanda, il Pontico torna ad ispi-
rarsi pi immediatamente alla precedente esegesi, o per meglio dire ad
Origene stesso, ma nel contempo introduce una formulazione a prima vi-
sta pi marcatamente origenista: con questa precisa che la volont di
Dio la salvezza di ogni anima razionale (swthriva th'" o{lh" ktivsew"
logikh'"), mentre ricorda lAlessandrino lidea per cui supplichiamo che
avvenga anche sulla terra ci che avviene presso le potenze celesti
(dunavmei" noerai; ejn oujranw/'). Infine, Evagrio offre una suggestiva in-
terpretazione mistico-escatologica della quarta domanda: Il nostro pane
di domani leredit di Dio. Noi preghiamo adesso perch ce ne dia il

1857 PG Suppl. 2461 = Catenae in Evangelia aegyptiacae quae supersunt, ed. P. de


Lagarde, Gttingen 1886, 13-14. Per Guillaumont 2004, 155-156, si tratterebbe di une
sorte de lettre crite spcialement cette fin. Hausherr 1960, 83 riporta una traduzione
parziale, riscontrata nel copto con laiuto di Alberto Camplani, che desidero ringraziare
anche per la proposta di retroversione in greco.
1858 Elle est apte conduire lhomme la nature primitive, si nous lui prtons toute
notre attention (Hausherr 1960, 83).
1859 Gregorio di Nissa, De or. dom. III (39, 15 ss. [cfr. Fritz; Lozza, 216-217; Ale-
xandre 2008]). La dossologia ribadisce lidentificazione del regno con lo Spirito: Tua
la potenza, cio il Figlio, e il regno, cio lo Spirito santo.
576 Parte seconda, Capitolo nono
pegno oggi, cio affinch la sua dolcezza si faccia sentire in noi in questo
secolo, suscitando una sete ardente. Sono infine in piena continuit con
la tradizione esegetica le brevi spiegazioni della quinta e della sesta do-
manda, con lesortazione rispettivamente a praticare lajmnhsikakiva e ad
evitare di finire in tentazione senza il volere di Dio.
La paternit evagriana di questo frammento, quantunque assai succin-
to, suscettibile di essere rafforzata dal punto di contatto pi significativo
con i Capitoli sulla preghiera, che registrano anchessi una spiegazione
analoga per la seconda domanda del Padrenostro. Anche in questo caso il
testo (cap. 59) connotato da unestrema brevit, ma ci non toglie che
aiuti ad intravedere un nucleo concettuale molto importante1860. La prima
formulazione fa propria in termini sintetici unidea che fondamentale
per Origene, e che sincontra del resto anche in altri protagonisti del di-
scorso cristiano sulla preghiera, soprattutto in relazione al modello della
Preghiera del Signore: chi vuole pregare ha bisogno dellaiuto divino;
Dio stesso che dona la grazia della preghiera e lo fa gi offrendone il para-
digma esemplare nel Padrenostro. Evagrio pertanto raccomanda di pregare
secondo questo modello, invocando il sostegno del Padre con la recita
della preghiera insegnata da Ges. Poi lo esemplifica con la prima e la
seconda petizione, precisando che questultima ha per oggetto la richiesta
della venuta dello Spirito e del Figlio unigenito, senza cio riproporre
lequivalenza pi ristretta del regno con lo Spirito. Infine Evagrio ri-
badisce il valore esemplare del Padrenostro, ricordando che questo lin-
segnamento stesso di Ges e accosta Mt 6, 9-10 a Gv 4, 23-24: pregare
il Padrenostro equivale in tal modo ad adorare in spirito e in verit. Il
luogo giovanneo offre cos la chiave di lettura del Padrenostro, come
conferma anche il testo del capitolo successivo (cap. 60), dove il Pontico
afferma che colui che prega in spirito e verit non trae pi dalle creature
le lodi che dona al Creatore, ma loda Dio da Dio stesso1861.

1860 De orat. 59 (1180A-B): eij proseuvxasqai bouvlei, Qeou' creiva tou' didovnto"
eujch;n tw/' eujcomevnw/: oujkou'n ejpikalou' aujto;n levgwn, Agiasqhvtw to; o[nomav sou, ejlqevtw
hJ basileiva sou (Mt 6, 9-10), toutevsti to; a{gion Pneu'ma, kai; oJ monogenhv" sou UiJov":
ou{tw ga;r ejdivdaxe, levgwn, ejn Pneuvmati kai; ajlhqeiva/ proskunei'sqai (Gv 4, 23) to;n
Qeovn, toutevsti to;n Patevra, ejpei; kai; ta; triva Qeov". Hausherr 1960, 82, nota 12 ritiene
una glossa toutevsti... Qeov", ma limplicazione trinitaria sembra del tutto naturale. In altri
testi evagriani citati da Hausherr, il dono di Dio consiste nello stato di orazione, cio la
contemplazione della Trinit (ibi, 82-83, con riferimento a Keph. gnost. V, 79 [210]).
1861 De orat. 60 (1180 B): O ejn pneuvmati kai; ajlhqeiva/ proseucovmeno" oujkevti ejk
tw'n ktismavtwn to;n Dhmiourgo;n geraivrei, ajll ejx aujtou' aujto;n ajnumnei'. Altre allusioni
a Gv 4, 23-24 compaiono in De orat. 78 (1184C): fiavlhn de; uJpolhptevon th;n pro;" Qeo;n
filivan, h[toi th;n teleivan kai; pneumatikh;n ajgavphn, ejn h/| proseuch; ejnergei'tai ejn pneuv-
mati kai; ajlhqeiva/; 141 (1197D): hJ th'" ejn pneuvmati kai; ajlhqeiva/ fobera'" kai; uJper-
fuou'" proseuch'" ajnatuvpwsi".
La costruzione di un modello 577
Vi ancora un altro passo in cui i Capitoli sulla preghiera richiama-
no espressamente lesemplarit del Padrenostro per la prassi orante. Si
tratta del cap. 31 che, unitamente ai capp. 32-34, tratta la questione del
contenuto della preghiera, della sua rispondenza alla volont di Dio e del
suo esaudimento. Colui che prega deve sempre ispirarsi allindicazione
racchiusa nella terza domanda Sia fatta la tua volont (Mt 6, 10)
senza aspettarsi di veder realizzato il proprio volere, che in genere non
saccorda con il volere di Dio1862. Evagrio non menziona la preghiera di
Ges nel Getsemani (Mt 26, 39.42), ma la sua riflessione sembra impli-
carla, non senza associarvi indirettamente unallusione alla provvidenza
onnisciente di Dio in Mt 6, 8. Conformemente alla riserva sulladeguatez-
za dei contenuti delle domande, gi formulata in antico da Pitagora, Eva-
grio dichiara che colui che prega non in grado di riconoscere ci che
veramente bene per lui, ma egli sa anche che Dio vuole sempre quanto
buono e utile allanima. Come Ges nella scena del Getsemani, lorante
deve quindi rimettersi al volere di Dio su di lui, senza pretendere di indi-
rizzarlo in alcun modo. A rafforzare lidea interviene anche una confes-
sione personale sulla sua esperienza di orante: il Pontico ammette di aver
voluto talora forzare la mano a Dio, insistendo nella richiesta e doman-
dandogli di attuare le proprie volont anzich rimettersi al suo volere
provvidenziale, salvo poi rendersi conto che lesaudimento non poteva
non risultare diverso dalle attese 1863. In realt, come precisa il cap. 33,
lunico vero bene Dio e noi non dobbiamo far altro che affidarci inte-
ramente al suo disegno provvidenziale 1864. Osservata integralmente, que-
sta indicazione finirebbe per sopprimere la necessit della preghiera di
domanda, che sta tanto a cuore alla riflessione di Origene. Non questo
per lobiettivo di Evagrio, come appare anche dal capitolo conclusivo di
questa sezione (cap. 34), dove egli si misura con il problema del ritardo
nellesaudimento. Ci si verifica perch Dio vuole realizzare un beneficio
pi grande con chi persevera nella preghiera e tale beneficio sembra
suggerire il Pontico consiste proprio nel protrarre il dialogo orante con

1862 De orat. 31 (1173B-C): Mh; proseuvcou ta; sa; qelhvmata genevsqai: oujde; ga;r
pavntw" sumfwnou'si tw/' qelhvmati tou' Qeou', ajlla; ma'llon kaqw;" ejdidavcqh", proseuv-
cou levgwn: Genhqhvtw to; qevlhmav sou ejn ejmoiv: kai; ejpi; panti; pravgmati ou{tw" aujto;n
ai[tei i{na to; aujtou' gevnhtai qevlhma. qevlei ga;r to; ajgaqo;n kai; sumfevron th/' yuch/', su; de;
ouj pavntw" tou'to zhtei'". Per la forma del testo si veda Hausherr 1960, 50.
1863 De orat. 32 (1173C): Pollavki" proseucovmeno" h/jthsavmhn genevsqai moi o}
e[doxa kalo;n ei\naiv moi, kai; ejpevmenon tw/' aijthvmati, ajlovgw" biazovmeno" to; qevlhma tou'
Qeou', kai; mh; ajpodidou;" aujtw/', i{na o} oi\de sumfevron aujto;" ma'llon oijkonomhvsh/, kai;
mevntoi labwvn, u{steron hjcqevsqhn livan, diovti ma'llon to; bouvlhma eJautou' h/jthsavmhn ge-
nevsqai: ouj ga;r toiou'tovn moi ajphvnthse to; pra'gma, oi|on ejnovmizon.
1864 De orat. 33 (1173D): Tiv a[llo ajgaqovn, ajll h] Qeov" Oujkou'n aujtw/' ajpodw'men
pavnta ta; kaq hJma'", kai; eu\ hJmi'n e[stai: oJ ga;r ajgaqo;" pavntw", kai; ajgaqw'n ejsti paro-
ceu;" dwrew'n.
578 Parte seconda, Capitolo nono
lui 1865. vero che qui ritorna il tema dellorazione come oJmiliva, ma il col-
legamento con la domanda (ai[thma) non viene meno (chiarendo meglio
cos il nesso fra devhsi" e oJmiliva, che abbiamo incontrato negli Skemma-
ta)1866. Semmai la considerazione per cui il protrarre la preghiera accom-
pagnato dal beneficio unico del colloquio con Dio richiama alla memoria
le analoghe riflessioni di Clemente Alessandrino ed Origene sui vantaggi
dellatto orante in quanto tale1867. Nondimeno, come evidenzia ancora il
cap. 88, dove Evagrio cita la parabola di Lc 18, 2-6 che inculca la perseve-
ranza nella preghiera, egli esorta ad insistere nella richiesta a Dio senza
disperare di essere esauditi da lui, perch Dio alla fine lo conceder1868.
Come non ha affatto ignorato il Padrenostro, ma anzi ne ha tratto
spunti importanti per la dottrina sullorazione, allo stesso modo Evagrio
non poteva trascurare listruzione preliminare alla Preghiera del Signo-
re in Mt 6, 5-8, che in Origene ci apparsa come la fonte dispirazione
scritturistica pi ravvicinata per descrivere latto orante. Lavvertimento
di Ges contro il modo appariscente di pregare degli ipocriti, vogliosi
del riconoscimento altrui (Mt 6, 5), pare riecheggiare, in particolare, nel
cap. 41. Il Pontico invita qui allautoanalisi per considerare se nel modo
di pregare ci si lasci vincere dallaspettativa di essere lodati. il pericolo
della vanagloria denunciato negli scritti pratici come lultimo e pi insi-
dioso ostacolo sul cammino verso lajpavqeia insieme alla superbia1869. Il
rischio collegato in Evagrio anche allaltra ammonizione evangelica, che
invita ad astenersi da un eccesso di parole (Mt 6, 7), come vediamo dalla
raccomandazione del cap. 148 a non compiacersi n delle proprie parole
n della lode che esse attirano, onde evitare di divenire preda degli scherni
dei demoni al momento della preghiera1870. Del resto, Evagrio cita espres-

1865 De orat. 34 (1173D): Mh; wJ" ejn dunavmei komizovmeno", eujqevw" to; ai[thma zhv-
tei: bouvletai gavr se ejpi; plevon eujergeth'sai proskarterou'nta aujtw/' ejn th/' proseuch/':
tiv ga;r ajnwvteron tou' tw/' Qew/' prosomilei'n, kai; th/' pro; aujto;n sunousiva/ perispa'sqai
1866 Cfr. nota 1847.
1867 Cfr. p. 160.
1868 De orat. 68 (1185D): Eujquvmei toigarou'n proskarterw'n ejmpovnw" th/' aJgiva/
proseuch/'.
1869 De orat. 41 (1176B): Ora, eja;n ajlhqw'" Qew/' parevsthka" ejn th/' proseuch/' sou,
h] ejpaivnw/ ajnqrwvpwn hJtta'sai, kai; touvtwn qhra/'n ejpeivgh/, w{sper ejpikaluvmmati cecrhmev-
no" th/' paratavsei th'" proseuch'". Hausherr 1960, 61 adotta la lezione paratavsei invece
di parastavsei. Si veda anche ibi, 146 per linterpretazione del tamei'on di Mt 6, 6 in Let-
tera 4 come la science divine [...] o nous verrons le Pre saint et cach (Evagrio Pon-
tico. Lettere dal deserto, 23, nota 18). Se in Antirrh. VII, 31 Mt 6, 5 opposto alla vanaglo-
ria, De octo spir. 16 (PG 79, 1161A) la contrasta con Mt 6, 5-6: En plateivai" proseuvce-
sqai sumbouleuvei kenodoxiva, oJ de; polemw'n tauvth/ proseuvcetai eij" tamiei'on aujtou'.
1870 De orat. 148 (1199A): Mh; e[so logocarh;" mhde; doxocarhv". Evagrio attesta
per primo i due aggettivi, se non li ha creati lui stesso. Anche Ad virg. 15 (147) esorta ad
astenersi dal multiloquio: Anoige so;n stovma lovgw/ qeou', kai; kwvlue ajpo; polulogiva"
th;n glw'ssan sou. De cogit. 14 (200, 4-8) riconduce labbondanza di parole allazione del
La costruzione di un modello 579
samente Mt 6, 7 al cap. 151, osservando che non la quantit bens la
qualit decisiva nella preghiera, e in quanto tale meritevole di plauso,
adducendo come prova, insieme al versetto evangelico, la testimonianza
della parabola del fariseo e del pubblicano1871. Con questultimo riferi-
mento incrociamo di nuovo un luogo scritturistico cruciale per il discorso
eucologico dei primi secoli, che ha lasciato una seconda traccia significa-
tiva in un altro passo dei Capitoli sulla preghiera, dove il Pontico esorta
a pregare sullesempio del pubblicano1872. In ogni caso, la matrice evan-
gelica della riflessione di Evagrio si evidenzia pi di tutto nellimportanza
accordata allinsegnamento di Mt 5, 23, anche indipendentemente dalla
citazione diretta del passo, che comanda di compiere lofferta a Dio solo
dopo essersi riconciliati con il prossimo1873. Il rigetto della mnhsikakiva
fondamentale per limmagine dellatto orante nel Pontico, che ha dedicato
particolare attenzione alle manifestazioni dellira e alle conseguenze nega-
tive di questo vizio che compromette la purezza della preghiera. Cos al
cap. 104 accenna al requisito del perdono e della riconciliazione fraterna
in base alla parabola del servo malvagio (Mt 18, 23-35)1874, mentre nello
scritto Sui pensieri trae la medesima indicazione da 1Tm 2, 8, richiaman-
dosi di nuovo ad un luogo tradizionale1875.
Come emerge da questa rassegna, sia pure focalizzata attorno ai Ca-
pitoli sulla preghiera, lelaborazione scritturistica del modello della pre-
ghiera pura o preghiera spirituale in Evagrio rivisita in sostanza alcuni
dei nuclei esegetici pi significativi, presenti in Origene ed in altri autori,
riproponendoli in maniera autonoma allinterno di una distinta visuale
eucologica. Bench a scorrere le pagine del Pontico le citazioni o allu-
sioni esplicite a passi biblici possano risultare relativamente poche, spe-
cie se messe a confronto con labbondanza di riferimenti in Origene, esse
non hanno comunque valore accessorio perch toccano nodi essenziali

demone della vanagloria: pavnu tapeinoi' tou' ajnacwrou'nto" to;n nou'n pollw'n lovgwn auj-
to;n plhrw'n kai; ta;" proseuca;" aujtou' lumainovmeno", di w|n pavvnta ta; th'" yuch'" aujtou'
trauvmata qerapeuvein spoudavzei.
1871 De orat. 151 (1199B): Proseuch'" e[paino" oujc aJplw'" hJ posovth", ajll hJ
poiovth", kai; tou'to dhlou'sin oiJ ajnabavnte" eij" to; iJero;n (cfr. Lc 18, 10) kai; to; Umei'"
proseucovmenoi, mh; battologhvshte (Mt 6, 7) kai; ta; eJxh'".
1872 De orat. 102 (PG 79, 1189C): Mh; farisai>kw'", ajlla; telwnikw'" proseuvcou
ejn tw/' iJerw/' tovpw/ th'" proseuch'", i{na kai; su; dikaiwqh/'" uJpo; Kurivou. Evagrio risulta es-
sere il primo ad avere usato lavverbio telwnikw'", adoperato poi solo in epoca medievale.
1873 Mt 5, 23 citato in De orat. 21 (PG 79, 1172B): Afe" sou to; dw'ron, fhsivn,
e[mprosqen tou' qusiasthrivou, kai; ajpelqw;n provteron diallavghqi tw/' ajdelfw/' sou, kai;
tovte proseuvxh/ ajtaravcw": hJ ga;r mnhsikakiva ajmauroi' to; hJgemoniko;n tou' proseucomev-
nou kai; skotivzei touvtou ta;" proseucav". Cfr. anche De orat. 147 (1197D).
1874 Cfr. supra, nota 1852.
1875 De cogit. 5 (166, 17168, 19): All ejgw; to;n toiou'ton makra;n kaqara'" pro-
seuch'" peivqomai ei\nai, lumew'na to;n qumo;n th'" toiauvth" eujch'" ejpistavmeno".
580 Parte seconda, Capitolo nono
della sua concezione della preghiera. N la selezione operata apparente-
mente da Evagrio rispetto allampio fascio di coordinate scritturistiche at-
testate nel discorso origeniano si rivela inadeguata a cogliere pienamente
la portata delle premesse bibliche. Riandando allindicazione del cap. 59
riguardo alla necessit di Dio stesso onde attuare la preghiera spirituale,
possiamo ancora osservare come linvocazione del dono dello Spirito, ol-
tre ad appoggiarsi alla variante lucana della seconda domanda del Pater,
si riallacci poco oltre (cap. 63) a Rm 8, 26-27, luogo decisivo come s
visto per tutta limpostazione di Origene. Con lAlessandrino, anche il
Pontico riconosce il concorso dello Spirito, che compatisce la nostra de-
bolezza: anche quando siamo impuri, egli sovviene allintelletto che si
sforza di pregarlo in modo veritiero liberandolo dallassedio di pensie-
ri e rappresentazioni e guidandolo cos alla preghiera spirituale1876.
Daltra parte, bisogna supporre che il Pontico sfrutti il rinvio al luogo
paolino senza porsi in contraddizione con se stesso, dal momento che la
sua concezione imperniata costitutivamente proprio sulla necessit
della purezza assoluta per lorazione e la contemplazione. Pertanto le-
cito pensare con Hausherr che Evagrio abbia in mente qui la condizione
di un intelletto che non acconsente pi al male, ma rimane ancora preda
del turbamento dei pensieri1877. Sebbene una tale idea non contrasti di
certo con la visuale sinergica dellAlessandrino sul rapporto fra sforzo
umano e sostegno divino allorazione alla luce del nesso fra virt e preghie-
ra, lappropriazione evagriana di Rm 8, 26-27 non sembra rivestire quel
rilievo fondamentale che ha per Origene, soprattutto per la nota dramma-
tica che accompagna la sua ripresa nel trattato, se non forse in un passo
degli Scolii allEcclesiaste dove il Pontico accenna allincapacit umana

1876 De orat. 63 (PG 79, 1180C): To; a{gion Pneu'ma sumpavscon th/' hJmetevra/ ajsqe-
neiva/, kai; ajkaqavrtoi" ou\sin ejpifoita/' hJmi'n, kai; eij eu{roi to;n nou'n hJmw'n filalhvqw"
aujtw/' proseucovmenon, ejpibaivnei aujtw/' kai; a{pasan th;n kuklou'san aujto;n tw'n logismw'n
h] tw'n nohmavtwn favlagga ejxafanivzei, protrepovmenon aujto;n eij" e[rga pneumatikh'"
proseuch'". Bettiolo (Evagrio Pontico. Per conoscere lui, 178, nota 2) accosta a questo
capitolo De orat. 70 (PG 79, 1181C) identificando colui che compatisce nello Spirito
anzich in Cristo come sommo sacerdote: Sth'qi ejpi; th'" fulakh'" sou fulavttwn to;n nou'n
sou ajpo; nohmavtwn kata; to;n kairo;n th'" proseuch'", sth'nai ejpi; th/' oijkeiva/ hjremiva,/ i{na oJ
sumpavscwn toi'" ajgnoou'si (Eb 5, 2), kai; soi ejpifoithvsh/, kai; tovte lhvyh/ dw'ron proseu-
ch'" eujkleevstaton.
1877 Hausherr 1960, 88 commenta cos: Cest ici peut-tre le chapitre le plus diffi-
cile interprter. Il semble en effet renverser tout le systme, dont cest une des matres-
ses pices que la ncessit de la puret absolue pour loraison et la contemplation. Bien
entendu, nous sommes loin de la doctrine messalienne affirmant la possibilit dune pr-
sence simultane dans lme du Saint-Esprit et du dmon ou du pch. Limpuret dont il
sagit ici cest [...] la simple existence de penses troublantes dans une me dj libre de
tout consentement au mal, mais encore en butte aux harclements intrieurs qui emp-
chent l tat paisible requis pour la prire vritable.
La costruzione di un modello 581
di parlare con Dio (qeologei'n)1878. Inoltre Evagrio, a differenza di
Origene, non pare disposto ad ammettere uno spazio per la preghiera del
peccatore che ancora irretito in qualche modo nella propria colpa1879.
Sotto entrambi gli aspetti riscontriamo quindi ancora una volta la dipen-
denza ed insieme lautonomia del Pontico rispetto allAlessandrino.
Senza soffermarci adesso su prerequisiti e condizioni della preghie-
ra, se non per notare di passaggio che la dottrina di Evagrio affina e arric-
chisce linsegnamento tradizionale con dovizia di considerazioni psico-
logiche e ascetiche tratte specialmente dellesperienza monastica (quali,
ad esempio, limportanza della preghiera delle lacrime, daltronde gi av-
vertita da Origene, e il ruolo distinto riconosciuto alla salmodia)1880, con-
viene piuttosto esaminare la messa in luce dellorizzonte agonico della
preghiera che rappresenta uno dei suoi contributi pi peculiari. Infatti,
se vero che gi Origene aveva descritto latto orante sullo sfondo di uno
scenario cosmico in cui si fronteggiano angeli e demoni, Evagrio ne ap-
profondisce particolarmente la componente demonologica sforzando-
si di mettere in luce come le potenze malvage tentino di sabotare in tutti
i modi la ricerca della preghiera pura. Si tratta per lui di un tema ricor-
rente, come prova il fatto che lo accenni concludendo con unesortazione

1878 Sch. in Eccl. 35 (116, 1-6) ad Qo 5, 1-2 (Non essere precipitoso con la bocca
e il tuo cuore non si affretti a proferir parola davanti a Dio, perch Dio in cielo e tu sei
sulla terra; perci le tue parole siano parche, poich dalle molte preoccupazioni vengono i
sogni e dalle molte chiacchiere il discorso dello stolto): To; ga;r tiv proseuxwvmeqa kaqo;
dei' oujk oi[damen (Rm 8, 26). H tavca nu'n ouj tou'to bouvletai levgein, prostavssei de; mh;
ajperiskevptw" qeologei'n: ouj ga;r dunato;n to;n ejn aijsqhtoi'" o[nta kai; ajpo; touvtwn lam-
bavnonta ta; nohvmata peri; tou' o[nto" ejn toi'" nohtoi'" qeou' kai; pa'san diafeuvgousan
ai[sqhsin ajptaivstw" dialecqh'nai. La seconda citazione di Rm 8, 26-27 compare in Ad
Eul. 30 (nota 1890).
1879 Si veda, ad esempio, in De orat. 145 (PG 79, 1197C) la singolare esegesi di
1Cor 11, 10 (Per questo la donna deve portare sul capo un segno della sua dipendenza a
motivo degli angeli), inteso come rimprovero per colui che voglia accostarsi alla preghie-
ra essendo ancora preso dai propri peccati (oJ ejn aJmartivai" ejnecovmeno").
1880 Anche per lui una vita virtuosa rappresenta la precondizione necessaria per una
preghiera che voglia essere autentica. Ci implica, fra laltro, rammentare costantemente i
propri peccati e piangere per essi (De orat. 5-8). Sotto tale profilo Evagrio si fa interprete
dei temi del pevnqo" e delle lacrime, nello spirito del monachesimo primitivo, ma mettendo
anche in guardia dagli eccessi (8). Sul pregare con lacrime si veda, in particolare, De orat.
6 (PG 79, 1169A): Kevcrhso toi'" davkrusi pro;" panto;" aijthvmato" katovrqwsin: livan
ga;r caivrei sou oJ Despovth" ejn davkrusi proseuch;n decovmeno"; cfr. anche 78 e Ad virg.
25 (148): Davkrusin ejn nukti; parakavlei to;n kuvrion, kai; mhdei;" ai[sqhtai proseucomev-
nh" sou kai; euJrhvsei" cavrin. Evagrio inculca cos un atteggiamento di umilt nellorante
con la confessione delle colpe (De orat. 43) e il costante ricordo di esse (144). Quanto alla
salmodia, che per Evagrio si affianca alla preghiera vera e propria come espressione dotata
di sue caratteristiche, si veda Dysinger. Un posto a s loccupa infine la preghiera antir-
retica, di cui Evagrio il teorizzatore per eccellenza con lAntirretico, come mostra Ber-
nardini.
582 Parte seconda, Capitolo nono
alla preghiera lo scritto programmatico che sintitola Basi della vita mo-
nastica:
prega in timore, tremore, fatica, sobriet e veglia. Cos si deve pregare, soprat-
tutto a motivo dei nemici invisibili, dai mali modi e dalle male occupazioni, che
[proprio] in quest[ora] ci vogliono ingiuriare. Infatti, quando costoro ci vedono
dediti alla preghiera, allora essi pure ci attaccano con sollecitudine, suggerendo
allintelletto quel che non si deve pensare n considerare, per condurre via prigio-
niero il nostro intelletto e rendere oziose, vane e inutili linvocazione e la supplica
che procedono dalla preghiera. Realmente vane e inutili sono infatti la preghiera,
linvocazione e la supplica, quando non sono portate a termine in timore e tremo-
re, in sobriet e veglia, come si detto. Se uno, accostandosi a un uomo [che sia]
re, lo invoca cos in timore, tremore e sobriet , non ci si deve presentare in
modo simile tanto pi a Dio, il Padrone di tutto, e al Cristo, re di quanti regnano
e principe dei principi, e fare cos la nostra invocazione e supplica?1881.

Se qui lostacolo dei demoni si frappone alla preghiera vista soprat-


tutto come componente di una pratica monastica ancora agli inizi, il
loro obiettivo rimane lo stesso anche negli stadi pi alti dellascesi, quelli
cio che predispongono pi direttamente allattuazione della preghiera
pura. Nelluno e nellaltro caso i demoni compiono unazione di disturbo,
per impedire che lorazione corrisponda alla sua vera natura di colloquio
(oJmiliva) e ascensione (ajnavbasi") dellintelletto a Dio, conformemente
al modello evagriano della preghiera spirituale. Tenendo conto dello sche-
ma degli otto vizi e della centralit della preghiera per litinerario pra-
tico e gnostico del monaco, Evagrio ha scrutato le modalit diverse
con cui le passioni attizzate dai demoni intervengono al momento della
preghiera (kata; to;n kairo;n th'" proseuch'") 1882, mostrando fra laltro
come la maggiore intensit perturbatrice derivi dal vizio dellira (ojrghv
o qumov"), riflesso per eccellenza della natura irascibile propria della psiche

1881 Rer. mon. rat. 11 (1264, B-C): proseuvcou de; ejmfovbw", ejntrovmw", ejmpovnw",
nhfalivw" te kai; ejgrhgorovtw". Ou{tw proseuvcesqai dei', mavlista dia; tou;" kakotrovpou"
kai; kakoscovlou", ejphreavzein hJma'" qevlonta" ejn touvtw/ tou;" ajoravtou" hJmw'n ejcqrouv".
Ophnivka ou|toi i[dwsin hJma'" proseuch/' paristamevnou", tovte dh; kai; aujtoi; spoudaivw"
ejfivstantai hJmi'n, ejkei'na hJmi'n tw/' nw/' uJpobavllonte", a} mh; dei' ejn kairw/' tou' proseuvce-
sqai ejnqumei'sqai h] ejnnoei'n, i{na ai[cmavlwton hJmw'n to;n nou'n ajpavgagwsi, kai; ajrgh;n kai;
mavtaion kai; ajnwfelh' th;n ajpo; th'" proseuch'" devhsivn te kai; iJkethrivan (cfr. Eb 5, 7)
poihvswsi. Mavtaio" ga;r o[ntw" kai; ajnwfelh;" hJ proseuch; kai; hJ devhsi" kai; hJ iJkethriva
tugcavnei, o{tan mhv, wJ" proeivrhtai, ejn fovbw/ kai; ejn trovmw/ nhfalivw" te kai; ejgrhgorovtw"
diatelh'tai. Ei\ta ajnqrwvpw/ me;n basilei' prosercovmenov" ti", meta; fovbou kai; trovmou
kai; nhvyew", ou{tw" th;n devhsin ajpotelei': ouj pollw/' ma'llon Qew/' tw/' Despovth/ tw'n o{lwn,
kai; Cristw/' Basilei' tw'n basileuovntwn kai; Arconti tw'n ajrcovntwn oJmoivw" parivsta-
sqai dei', kai; wJsauvtw" th;n devhsin kai; iJkethrivan poiei'sqai (tr. it. in Evagrio Pontico.
Per conoscere lui, 174-175).
1882 Questa espressione o altre consimili ricorrono innumerevoli volte negli scritti
di Evagrio (cfr. ad esempio le note 1876, 1886).
La costruzione di un modello 583
demoniaca e intralcio principale sulla via della gnosi1883. In ogni caso,
ciascuno dei vizi incide negativamente sullesperienza di preghiera come
per converso ogni virt la favorisce, secondo quel che vediamo anche dal
singolare scritto in forma di catalogo I vizi opposti alle virt1884. Ora,
lazione dei demoni contrasta, per cos dire, diametralmente lattuazione
della preghiera pura: se questa chiamata a un processo di anacoresi sen-
soriale che la svuoti completamente di ogni immagine (ei[dwlon), rap-
presentazione (novhma) o ricordo (mnhvmh) di persone e cose, al contrario
leffetto dellazione demoniaca consiste proprio nellinsinuare immagini,
rappresentazioni e ricordi che si affollano nellintelletto dellorante, fino
ad arrivare allattacco fisico e alla fantasmagoria demoniaca illustrati dal
Pontico con particolari sconcertanti soprattutto nellAntirretico1885.
Ma colui che desidera vedere il volto del Padre che nei cieli (Mt
6, 9) ammonisce Evagrio nei Capitoli sulla preghiera non cerchi
affatto di accogliere in s forma o figura al momento della preghiera1886.
Questa insidia della rappresentazione arriva a minare tramite il vizio
della vanagloria (kenodoxiva) perfino le espressioni pi alte della pre-
ghiera pura, imprimendo allintelletto la forma che vuole1887. Daltra

1883 Gnost. 5 (94): Pa'sai tw/' gnwstikw/' oJdopoiou'sin aiJ ajretaiv: uJpe;r de; pavsa" hJ
ajorghsiva. O ga;r gnwvsew" ejfayavmeno" kai; pro;" ojrgh;n rJadivw" kinouvmeno", o{moiov"
ejsti tw/' sidhra/' perovnh/ tou;" eJautou' ojfqalmou;" katanuvttonti. Per un maggiore appro-
fondimento si veda Perrone 2010.
1884 Ad esempio, la lussuria (porneiva) designata come disonore della preghiera
(eujch'" ejntrophv ), mentre la virt contraria della castit (swfrosuvnh) definita un propo-
nimento di preghiera (eujch'" gnwvmh). Si vedano anche gli effetti dellira, della concupi-
scenza e della gola in Lettere 4, 2: Siimi dunque un messaggero dellastinenza e del-
lumilt e un distruttore di pensieri e di ogni baluardo che si leva contro la conoscenza di
Cristo (2Cor 10, 4-5), affinch, al momento della preghiera, lintelletto di coloro che sono
dotati di queste cose abbia franchezza, non si sottometta e non si pieghi, n quando scos-
so dallira, n quando trascinato dalla concupiscenza. Queste cose accadono agli iracondi
e agli ingordi che non si trattengono di giorno e non sfuggono alle brutte immaginazioni
della notte (Evagrio Pontico. Lettere dal deserto, 22).
1885 Specie per il demone della tristezza (luvph). Cfr. ad esempio Antirrh. IV, 53,
56 (Evagrio Pontico. Contro i pensieri malvagi. Antirrhetikos, 108-109).
1886 De orat. 114 (PG 79, 1192D): Epipoqw'n ijdei'n to; provswpon tou' Patro;" tou'
ejn oujranoi'" , mh; zhvtei pantelw'" morfh;n h] sch'ma devcesqai ejn tw/' th'" proseuch'"
kairw/'. Si veda inoltre De orat. 117 (1193A): Egw; to; ejmovn, tou'to ejrw' o} kai; ejn eJtevroi"
ei[rhka: Makavrio" oJ nou'", o}" kata; to;n kairo;n th'" proseuch'" teleivan ajmorfivan ejkthv-
sato (per la forma del testo si veda Hausherr 1960, 150-153).
1887 Ant. VII, 31 (534): Contro il pensiero della vanagloria che si manifesta a noi
nello stato della preghiera pura, imprimendo allintelletto la forma che vuole, nel momento
in cui questo privo di rappresentazioni e di immagini e dandogli limpressione di essere
in preghiera davanti alla divinit capita cos alla mente che affetta dalla passione della
vanagloria e, nel tempo della preghiera, condotta da quel demone l dove pu essere vista
dai giovani e da molta gente (Contro i pensieri malvagi. Antirrhetikos, 150). Cfr. anche
De orat. 116 (PG 79, 1193A): Arch; plavnh", nou' kenodoxiva, ejx h|" kinouvmeno" oJ nou'",
ejn schvmati kai; morfai'" perigravfein peira'tai to; qei'on.
584 Parte seconda, Capitolo nono
parte, lorazione pu essere compromessa in maniera ancor pi radicale,
allorch il vizio della superbia (uJperhfaniva) insinua nel cuore del monaco
che egli capace di raggiungere da s la mta della perfezione, senza
aver bisogno di chiedere laiuto della grazia divina o il soccorso degli an-
geli1888. In realt, non solo il successo della condotta ascetica ma la pre-
ghiera stessa un dono di Dio e ci tanto pi vero quanto pi ci si av-
vicina allo stato della preghiera pura1889: dal punto di vista umano essa
impossibile, ma diviene tale se Dio giunge in aiuto delluomo e questi
coopera con lui secondo la bella espressione del trattato Ad Eulogio
appendendo la propria anima a Colui che dona lorazione1890. In questa
stessa luce si comprende limportanza assegnata da Evagrio allassistenza
degli angeli allorante che mostra senza dubbio una linea di continuit di-
retta con Origene, forse pi di quanto avvenga con il suo ampio discorso
demonologico. Secondo i Capitoli sulla preghiera, quando interviene un
angelo, si dileguano immantinente tutti coloro che ci tribolano1891. Del
resto, proprio attraverso la preghiera pura che il monaco diventa
uguale agli angeli1892, in quanto arriva anchegli a partecipare della
gnosi che contraddistingue la loro natura razionale1893.

1888 Prat. 46 (604) enuncia cos leffetto inibente dellorgoglio: skopo;" de; touvtw/
tw/' daivmoni pau'sai hJma'" th'" proseuch'", i{na mh; stw'men ejnantivon Kurivou tou' Qeou'
hJmw'n, mhde; ta;" ceivra" ejktei'nai tolmhvswmen. Si osservi qui il cenno occasionale al gesto
delle mani alzate.
1889 Lindispensabilit della grazia affermata nettamente dal Pontico in De vitiis 1
(1140B): to; de; pa'n hJ cavri" a[nwqen, hJ kai; toi'" ajmartwloi'" uJpodeiknuvousa ta;" tw'n
frenapatw'n ejpiboulav", hJ kai; ajsfalizomevnh kai; levgousa: tiv ga;r e[cei" a} oujk e[labe"
(1Cor, 4, 7). Si veda anche De octo spir. 18 (PG 79, 1164B): Eij" u{yo" ajnevbh" politeiva",
ajll ejkei'no" wJdhvghsen: katovrqwsa" ajrethvn, ajll ejkei'no" ejnhvrghsen.
1890 Ad Eul. 29 (PG 79, 1132C): tw'/ th'" eujch'" doth'ri th;n yuch;n ajpokrhmnw'n.
Evagrio si riferisce al comportamento adottato da un fratello che durante la notte provava
delle fantasie demoniache molto penose. Anche Ad Eul. 30 (PG 79, 1133C) invita a rico-
noscere il dono della grazia per la preghiera pura: Estin o{te biazovmeqa kaqara;n th;n
eujch;n poih'sai, kai; i[sw" ouj dunavmeqa. Esti de; kai; pavlin o{te, ouj biazomevnwn hJmw'n,
kaqara/' th/' proseuch/' hJ yuch; ejggivnetai, o{ti to; me;n th'" hJmw'n ajsqeneiva", to; de; th'"
a[nwqen cavrito" ejkkaloumevnh" hJma'" ejpanelqei'n eij" th;n th'" yuch'" kaqarovthta, a{ma
de; kai; di ajmfotevrwn paideuouvsh" hJma'" mh; eJautoi'" ajpodidovnai ejn tw/' proseuvcesqai,
ajll ejpiginwvskein to;n dwrouvmenon. To; ga;r tiv proseuxovmeqa kaqo} dei', oujk oi[damen
(Rm 8, 26).
1891 De orat. 30 (PG 79, 1173B): Epistavnto" ajggevlou ajqrovon a{pante" ajfivstantai
oiJ ejnoclou'nte" hJmi'n, kai; euJrivsketai oJ nou'" ejn pollh/' ajnevsei, uJgiw'" proseucovmeno".
1892 De orat. 113 (PG 79, 1191D): Isavggelo" givnetai monaco;" dia; th'" ajlhqou'"
proseuch'". Si noti laffinit didee con Clemente Alessandrino, Strom. VII, 12, 78, 6 (no-
ta 1697).
1893 Cfr. De orat. 76 (nota 1844); 80 (nota 1853). Questo punto sviscerato da
Hausherr 1960, 48-49 con lappoggio di numerosi luoghi dei Keph. Gnost.: les Anges
sont des natures raisonnables en qui il y a une surabondance de gnose, comme dans les
dmons un excs de colre, et dans les hommes une prdominance de dsir [KG I, 68].
Leur rle sera donc daider les hommes sur le chemin de la vertu et de la contemplation
La costruzione di un modello 585
In tal modo torniamo ad intravedere lelemento pi significativo
della dottrina di Evagrio sulla preghiera, quello che di primo acchito tende
a distinguerlo nettamente dai suoi predecessori: superati tutti gli ostacoli
sul cammino spirituale, lorazione nella sua forma pi alta un atto di
conoscenza o meglio, per usare una calzante formulazione del Pontico,
un atto eminentemente teologico 1894. Il suo scopo supremo infatti la
visione di Dio mediante la pura contemplazione di lui, oltrepassando la
gnosi inferiore che si applica ancora al mondo degli esseri creati, visti
per nella luce della sapienza divina per indirizzarsi a Dio stesso, alla
Trinit, attraverso lo specchio senza figura e senza forma dellintelletto,
sia pure illuminato dalla luce divina al momento della preghiera. Non
fuori luogo parlare a questo proposito di una mistica intellettualistica,
aliena come in Origene da ogni deriva estatica, quale esito finale dellora-
zione, senza per ignorare la cornice del pensiero eucologico di Evagrio
che abbiamo abbozzato sommariamente. Se la si tiene presente in tutta la
sua complessit, si arriva a comprendere come la sua visuale si nutra di
radici bibliche e monastiche perfino nel momento in cui sembra essere pi
esposta ad una considerazione filosofica. In effetti, il trascendimento
sensoriale che si cura di fare il vuoto di ogni rappresentazione perviene
allo svelamento dellintelletto e al recupero della sua vocazione naturale
alla conoscenza di Dio. Come abbiamo detto allinizio, vero che con ci
Evagrio elabora una nuova concettualit, a partire da uno schema di pen-
siero che marcato in profondit dallipotesi origenista della preesistenza
degli intelletti. Ma nella stessa prospettiva del Pontico sullintellet-
to orante non si pu trascurare il fatto che con essa, al pari di Origene, si
sforza di declinare speculativamente linsegnamento biblico sulluomo in
quanto immagine di Dio. Come nellAlessandrino, dunque, la natura
razionale partecipa in se stessa del Logos divino ed per questo tramite
che essa giunge a conoscere Dio1895. Bench si possa discutere sulleffet-

[KG III, 46]. Et ils le peuvent excellemment, parce que cette contemplation est leur nourri-
ture continuelle [KG III, 4], et quils connaissent bien tous ceux auxquels stend leur mi-
nistre [KG II , 30].
1894 De orat. 61 (PG 79, 1179B): Eij qeolovgo" ei\, proseuvxh/ ajlhqw'", kai; eij ajlh-
qw'" proseuvxh/, qeolovgo" ei\. Peraltro, Evagrio in De orat. 18 (1172A) esorta anche ad
essere filosofo per la preghiera (uJpe;r proseuch'" filosovfei). Si veda il commento di
Bettiolo, 56: Divenuto filosofo, amico della Sapienza, di quella Sapienza che e genera
amicizia; posto nellamicizia di tutti, allora il credente dedito alla preghiera, prega. Cfr.
anche de Andia.
1895 Secondo Hausherr 1960, 145-146, lintelletto organo della conoscenza di Dio
in quanto deificato: Voir Dieu, non plus dans les tres infrieurs, marqus au sceau de
la sagesse divine, mais dans ltre-image de la nature divine elle-mme: lintellect difi.
[...] Image de Dieu, temple de Dieu, lieu de Dieu, dieu par grce, lintellect pur est tout
cela. Devenu voyant de lui-mme, de son tat propre, il est du mme coup contemplateur
de Dieu.
586 Parte seconda, Capitolo nono
tiva articolazione trinitaria di questa mistica della preghiera1896, anche
lesperienza della luce che secondo Evagrio si manifesta allintelletto
nello stato della preghiera pura come espressione della presenza divi-
na rimanda sia a paradigmi scritturistici sia alla prassi orante del mona-
chesimo del deserto, in alcuni dei suoi protagonisti che Evagrio aveva co-
nosciuto personalmente1897.
Al termine di questa presentazione della dottrina evagriana, constatia-
mo che la nostra analisi si sviluppata per gran parte in un continuo con-
trappunto fra il Pontico e lAlessandrino. Esso dovrebbe aver dimostrato
a sufficienza, sebbene in maniera necessariamente rapida, la sostanziale
continuit di Evagrio con Origene su una serie di aspetti importanti, ridi-
mensionando le impressioni di strade diversificate percorse dai due autori.
Nonostante ci essi si distinguono nettamente luno dallaltro, nel senso
che ciascuno descrive unimmagine fortemente connotata della preghiera,
in relazione alla diversa fisionomia intellettuale ed ai rispettivi orizzonti
spirituali. Questo implica anche che la singolare grandezza di Evagrio ri-
fulge di luce propria. Egli ha saputo elaborare la sua visione peculiare,
facendo tesoro anche di altri maestri ed eredit dottrinali, pur mantenendo
un dialogo pi o meno sotterraneo con Origene. Allaccento intensamente
biblico del discorso dellAlessandrino subentra cos nel Pontico un di-

1896 A giudizio di Hausherr 1960, 98 non si pu parlare di un dinamismo trinitario


nellascesa dellintelletto a Dio: ni le Pre en tant que Pre, ni le Fils en tant que Fils, ni
surtout le Saint-Esprit ne jouent un rle apprciable dans la monte de lintellect. Sainte
Trinit nest que lappellation chrtienne de la Divinit, de la Monade. Le De oratione,
par l encore, garde la marque de son auteur. Malgr la thologie qui en est le but su-
prme, la mystique vagrienne reste plus philosophique que thologique, au moins au
sens trinitaire. Invece per Fagerberg, 121, participation in the life of the Trinity is the
ultimate goal of ascetical prayer. This is not knowledge about God, it is experiential
knowledge of the Trinity made possible by the Sons revelation of the Father and made
available by the Holy Spirits indwelling in us as Gods temple. Ma questo schema in-
terpretativo appare poco aderente ai testi di Evagrio. Pi equilibrata linterpretazione di
Stewart 2001, 192, che ricapitola cos liniziativa divina e angelica a sostegno della pre-
ghiera pura: God draws near to accompany the one who prays and provides the gift of
prayer, enlightening the mind with Gods own noma. Angels protect the one who prays
while teaching true prayer. The Holy Spirit comes upon the mind in an act of divine visit-
ation (ejpifoitavw) to banish the crowd of thoughts and depictions, and to stir an ers for
spiritual prayer. That same ers takes the one purified of disordered passion (ajpaqhv") to
the heights of prayer, for pure prayer is fueled by desire.
1897 Stewart 2001, 195, nota la matrice biblica (Es e Ez) del motivo evagriano del
luogo di Dio, riferito allo stato della preghiera pura e della visione in essa della luce.
Su questultimo motivo, che riveste cruciale importanza per la mistica evagriana, si veda
la finissima analisi di Bettiolo (Evagrio Pontico. Per conoscere lui, 228-235): La luce
dellintelletto quindi la luce del Cristo, che a sua volta, a motivo del Verbo che in lui,
luce della Divinit stessa, luce di quel Padre che abita la luce inaccessibile, che il Verbo
fatto carne e lo Spirito da lui donato fanno risplendere nellintelletto, che ne capace
(pp. 233-234).
La costruzione di un modello 587
scorso ascetico, che espresso mediante un nuovo linguaggio maturato
da un ricco corredo filosofico e teologico a contatto con lassoluta novit
dellesperienza monastica. Monaco, esegeta, filosofo, teologo, direttore
spirituale: tutte queste diverse sfaccettature delleccezionale personalit
di Evagrio hanno concorso in lui a disegnare lo statuto della preghiera
come esperienza pratica e gnostica, legando cos la prassi orante nella
vita quotidiana dei monaci ai suoi traguardi contemplativi pi alti e pro-
blematici. Anche in forza di tale sintesi, il suo modello della preghiera
pura sar destinato ad una ricca fortuna: in occidente con Cassiano ed in
oriente con gli autori spirituali siriaci oltre che nel mondo bizantino sotto
le mentite spoglie di Nilo di Ancira.

7. Gregorio di Nissa: la preghiera come confessione della creaturalit e


memoria della patria celeste

Gregorio di Nissa (ca. 335-394) offre a sua volta un importante ter-


mine di confronto, non solo per essere stato fra gli esponenti pi autore-
voli della tradizione origeniana nellambiente greco di fine IV secolo, ma
soprattutto in quanto autore di cinque Omelie sul Padrenostro che si
possono accostare alla spiegazione dellAlessandrino1898. Va subito ag-
giunto per che anche nel suo caso, come in Evagrio, la continuit con
Origene si manifesta entro una piena autonomia di linguaggio e di con-
cetti, che conduce il Nisseno a risultati sensibilmente diversi. Tale diver-
sit determinata non solo dal genere letterario del sermone, che sembra
rinviare ad un uditorio dal profilo religioso non particolarmente elevato,
almeno a giudicare dalle condotte di vita rievocate ripetutamente da Gre-
gorio e oggetto della sua vigorosa denuncia1899. Oltre a ci, si deve pren-

1898 PG 44, 1120-1193; Gregorii Nysseni De oratione dominica, ed. Callahan. La


datazione incerta: Rordorf 1977, 198, le colloca intorno al 371; invece Alexandre 2008
tende a porle prima del concilio del 381, se non subito dopo, basandosi sulla polemica con
gli pneumatochi nellesegesi della seconda petizione: On pourrait donc inscrire ce pas-
sage et les Homlies dans leur ensemble, plutt que dans les premiers dbats, vers 374-
377, entre Basile et Eustathe de Sbaste, dans la priode qui a prcd et suivi le Concile
de Constantinople de 381, parmi les petits traits trinitaires, dans llaboration du Contre
Eunome et de la Rfutation de la profession de foi dEunome (p. 181; cfr. anche Lozza,
211, nota 2). Propendono per il 385 Caldarelli, Gregorio di Nissa. La preghiera del Signo-
re, 17 e Ayroulet, 199.
1899 Un tentativo per metterlo in luce stato fatto da Brown 2008, che propende per
un pubblico composto dal ceto medio: Such rhetoric would not be suitable for a congre-
gation of peasants, since their material interests could have scarcely gone beyond that of
subsistence. By contrast, it would not have been suitable as well for a congregation of
elites, for whom material acquisition was not such an overt preoccupation. Gregorys com-
ments appear most appropriate to that middling group, merchants and the like, whose
livelihood depended most directly on ones own initiative (p. 104).
588 Parte seconda, Capitolo nono
dere atto che il Nisseno conformemente alla tendenza del suo origeni-
smo moderato stempera a tratti lo spiritualismo del modello di orazione
elaborato dallAlessandrino, sia pure introducendo di suo altri elementi di
riflessione che concorrono ugualmente a sostenere il paradigma della pre-
ghiera spirituale1900. La nostra analisi, pi che indirizzarsi allinterpreta-
zione delle singole petizioni del Padrenostro, prender in considerazione
principalmente questi nuclei di pensiero, per mostrare come Gregorio di
Nissa pervenga anchegli a tracciare unimmagine alta della preghiera,
della sua ragion dessere e delle sue modalit, andando ben al di l delle
aspettative a prima vista assai pi limitate del suo pubblico.
Lurgenza da cui muove la riflessione del Nisseno anzitutto di na-
tura pastorale: non si tratta per lui di giustificare la preghiera in rapporto
a difficolt teoriche come quelle con cui Origene si misura nel trattato,
bens dinculcare la sua indispensabilit per quanti la trascurano, consi-
derandola unopera superflua o una perdita di tempo, incalzati come sono
dalle loro attivit alla ricerca di un benessere meramente materiale. Criti-
cando tali comportamenti, Gregorio suggerisce dapprima lidea della pre-
ghiera come concorso o sostegno divino (summaciva) nello sforzo ri-
chiesto per il successo delle proprie azioni1901. Potrebbe sembrare una con-
cezione utilitaristica della preghiera (anche se ovviamente il Nisseno non
pu non condividere lidea della sua efficacia), ma in realt il richiamo
alla necessit della preghiera poggia sulla convinzione che solo mediante
essa luomo prende coscienza della sua posizione nel mondo. Ricorrere
alla preghiera nellagire quotidiano gli rammenta infatti la propria condi-
zione di creatura, dipendente dalliniziativa divina che gli ha fatto dono
della vita terrena e lo assiste con la sua provvidenza. Mai forse come nel
Nisseno vediamo profilarsi con pi lucidit la prospettiva della preghiera
come confessione della creaturalit1902, tanto pi che questa come appare
dalla spiegazione della seconda domanda del Padrenostro segnata

1900 Sui limiti dellorigenismo di Gregorio alla luce di De or. dom. si veda, in par-
ticolare, Meredith. Quanto alla variante marcionita di Lc 11, 2 (ejlqevtw to; pneu'ma sou to;
a{gion kai; kaqarisavtw hJma'") in De or. dom. III, condivisa anche da Evagrio, si veda su-
pra, nota 1859.
1901 De or. dom. I (6, 19-23): Oi[etai ga;r oJ me;n th;n tevcnhn metiw;n ajrgovn ti crh'ma
kai; a[prakton ei\nai th;n qeivan pro;" to; prokeivmenon summacivan: dio; katalipw;n th;n
eujch;n ejn tai'" cersi; ta;" ejlpivda" tivqetai, ajmnhmonw'n tou' dedwkovto" ta;" cei'ra". Sul
concetto di summaciva, associato a quello di sunergiva, per significare il sostegno divino,
cfr. anche De or. dom. III (33, 27), dove Gregorio risolve unobiezione fittizia, secondo
cui le parole dei Salmi sarebbero meglio indicate del Padrenostro per chi alle prese con
il combattimento spirituale.
1902 Questo tema messo in luce da Penati Bernardini, 174: leujchv memoria di
Dio (or. I, p. 8,1) e perci memoria delluomo e della sua verit; la necessit del pregare
, innanzi tutto, la necessit per lessere umano di riconoscere la sua povert ontologica
radicale, la sua dipendenza totale dal Creatore e, per questo, il suo stato di mendicanza.
La costruzione di un modello 589
dalle conseguenze del peccato di Adamo, il quale ha reso la natura umana
debole rispetto al bene1903. Astenersi dal pregare significa staccarsi
dalla comunione con Dio, venendo meno cos alla verit ontologica del-
lessere creatura sempre bisognosa del suo aiuto; al contrario, il fatto di
pregare riporta la memoria di Dio nel cuore dellesistenza e lallontana
dalla presa del Maligno1904. Abbattendo la pretesa di autosufficienza del-
luomo, la preghiera lo apre al riconoscimento dei doni di Dio che si espri-
me nel ringraziamento per la sua bont. Se per Gregorio luomo costi-
tutivamente un animal orans, il rendimento di grazie lestrinsecazione
pi naturale della sua vocazione orante: davanti allopera della provviden-
za e della redenzione, per chi sa guardare al creato e alla storia del mondo
nella luce di Dio, tutta la vita delluomo dovrebbe manifestare un continuo
ringraziamento, pur non potendo esso mai compensare adeguatamente i
benefici ricevuti1905.
Ci non significa che la preghiera si risolva per il Nisseno nel ringra-
ziamento, perch lungo tutto il suo discorso egli mostra di voler operare
con una nozione che ne focalizza con Origene il senso primario nella do-
manda, privilegiando anche lui il termine proseuchv rispetto ad eujchv,
inteso analogamente allAlessandrino nel significato di voto1906. Sem-
mai si diversifica da questi per il fatto che la richiesta rappresentata dalla
proseuchv (e assimilata non solo con ai[thsi" ma anche con e[nteuxi")
deve raccordarsi secondo Gregorio con leujchv quale sua necessaria pre-
messa. In tal modo latto orante viene ad essere scandito, per cos dire, in

1903 De or. dom. IV (47, 15): Dia; tiv de; th;n para; tou' Qeou' genevsqai th;n ajgaqh;n
hJmi'n proaivresin ejpeucovmeqa o{ti ajsqenh;" hJ ajnqrwpivnh fuvsi" pro;" to; ajgaqovn ejstin,
a{pax dia; kakiva" ejkneurisqei'sa. Il motivo della fragilit costitutiva delluomo richia-
ma naturalmente lelaborazione origeniana in chiave agonica del tema dellajsqevneia
(supra, pp. 62-66).
1904 De or. dom. I (8, 13-18): Cwrivzetai de; tou' Qeou' oJ mh; sunavptwn eJauto;n dia;
proseuch'" tw/' Qew/'. [...] Ek ga;r tou' proseuvcesqai perigivnetai to; meta; Qeou' ei\nai. O
de; meta; Qeou' w]n tou' ajntikeimevnou kecwvristai.
1905 Anche unendo preghiera e ringraziamento tutta la vita, non potremmo ricam-
biare adeguatamente il dono di Dio (De or. dom. I [9, 20-21]): pavsh/ th/' zwh/' th;n pro;" to;n
Qeo;n oJmilivan sumparateivnwmen eujcaristou'nte" kai; proseucovmenoi). Tanto pi grave
appare linadeguatezza del ricordo di Dio nella vita quotidiana (10, 11-14): Hmei'" de;
tosou'ton th'" kata; duvnamin eujcaristiva" ajpoleipovmenoi, oujde; peri; to; dunato;n eujgnw-
monou'men, ouj levgw pa'san hJmevran, ajll oujde; pollosto;n th'" hJmevra" th/' kata; qeo;n ajpo-
klhrou'nte" scolh/'. Come interpreta finemente Penati Bernardini, 176, la preghiera come
eujcaristiva per Gregorio liberazione del tempo delluomo dal desiderio del pi che
aliena la memoria e la speranza, presenti nellistante, nella cura delle realt sensibili, fonti
di inesauribile frustrazione. la preghiera come ringraziamento che instaura la memoria
di Dio nel cuore delluomo.
1906 De or. dom. II (21, 19-22): Tiv" de; hJ tw'n ojnomavtwn diaforav Oti eujch; mevn
ejstin ejpaggeliva tino;" tw'n kat eujsevbeian ajfieroumevnwn: proseuch; de; ai[thsi" ajga-
qw'n meta; iJkethriva" prosagomevnh qew/'.
590 Parte seconda, Capitolo nono
due tempi: un impegno personale preventivo (con oblazione conseguen-
te) e la domanda vera e propria. Ci avviene presumibilmente nellintento
di rafforzare la franchezza (parjrJhsiva) dellorante nella formulazione
della sua domanda a Dio1907. Questa impressione sembra confermata dal-
lardita interpretazione della quinta petizione, dove il Nisseno arriva a dire
che partecipando con il perdono delle offese di una facolt propria di Dio
il solo che pu rimettere i peccati , ci dato con ci anche il potere di
vincolare lui nei nostri riguardi1908. Infatti, dopo avere mostrato nei fatti
la sua condotta conforme al volere di Dio, lorante ha titolo a formulare
laudace preghiera: Imita il tuo servo, o Signore, il povero e il misero, o
Sovrano delluniverso1909.
In ogni caso, nella prima omelia che funge da introduzione alla spie-
gazione del Padrenostro, la proseuchv cos concepita oggetto di un vero
e proprio encomio, che mostra le pi svariate applicazioni della preghiera
ad attestazione del fatto che nulla pi eccelso dellorazione fra le cose
della vita meritevoli di onore1910. Lelogio, costruito con un abile accu-
mulo retorico di definizioni, imperniato sullidea dellefficacia delle
domande rivolte a Dio nelle pi diverse situazioni, a riprova del valore
universale della preghiera nella vita degli uomini, non senza richiamare
alla mente le lodi della preghiera che abbiamo incontrato in Tertulliano o
in Afraate se non, sotto il profilo letterario, le definizioni contenute nei ca-
taloghi di vizi e virt in Evagrio1911. Con questultimo il Nisseno sembra

1907 De or. dom. II (22, 2-6): Kai; pollacou' th'" Grafh'" th;n toiauvthn e[stin ijdei'n
th'" eujch'" shmasivan, w{ste gnw'nai hJma'", o{ti eujch; mevn ejsti, kaqw;" ei[rhtai, caristhv-
rio" dwroforiva" ejpaggeliva: hJ de; proseuch;, th;n meta; th;n ejkplhvrwsin th'" ejpaggeliva"
tw/' qew/' ginomevnhn provsodon diermhneuvei. Per lassimilazione con e[nteuxi" cfr. ibi (22,
13-15): W" ou\n oujk ejsomevnh" ejn parjrh J siva/ th'" ejnteuvxew", eij mh; ejpi; prolhfqeivsh/ eujch/'
tini kai; dwroforiva/ hJ provsodo" gevnoito, ajnagkaivw" hJ eujch; th'" proseuch'" prohghvse-
tai. Meredith, 347 constata il raccordo senza chiedersi il perch di tale nesso. Secondo
Ayroulet, 212 la parjrJhsiva per il Nisseno la sintesi dello spirito del Padrenostro.
1908 De or. dom. V (59, 11-13): Tiv ou\n didavskei oJ lovgo" prw'ton dia; tw'n e[rgwn
th;n parjrJhsivan labei'n kai; ou{tw" ajmnhstivan uJpe;r tw'n tovte plhmmelhqevntwn aijtei'n.
1909 De or. dom. V (61, 20-24): kaqavper ejn hJmi'n to; ajgaqo;n ejpitelei'tai th/' pro;" to;
qei'on mimhvsei, ou{tw" ejlpivsai mimei'sqai to;n qeo;n ta; hJmevtera, o{tan ti tw'n ajgaqw'n ka-
torqwvswmen, i{na ei[ph/" kai; su; tw/' qew/' o{ti, O ejgw; pepoivhka kai; su; poivhson: mivmhsai
to;n dou'lon oJ kuvrio", to;n ptwco;n kai; pevnhta oJ tou' panto;" basileuvwn.
1910 De or. dom. I (9, 10-13): Kai; muriva pro;" touvtoi" e[stin euJrei'n ejk tw'n h[dh
gegenhmevnwn ta; uJpodievgmata di w|n fanero;n givnetai to; mhde;n th'" proseuch'" ei\nai
tw'n kata; th;n zwh;n timivwn ajnwvteron.
1911 Esso si dispone, per cos dire, in sei strofe, lultima delle quali richiama i
paradigmi biblici (De or. dom. I [8, 18-9, 10]):
Proseuch; swfrosuvnh" ejsti; fulakthvrion, fqovnou kaqaivresi",
qumou' paidagwgiva, ajdikiva" ajnaivresi",
tuvfou katastolhv, ajsebeiva" ejpanovrqwsi".
mnhsikakiva" kaqavrsion,
La costruzione di un modello 591
voler condividere, in particolare, il tema della rilevanza pratica dellora-
zione nel frenare le passioni e attuare le virt, mentre guardando oltre gli
effetti della preghiera nella vita personale e collettiva lascia intravedere
anchegli il suo esito contemplativo definendo la proseuchv come visio-
ne delle realt invisibili (tw'n ajoravtwn qewriva). Ci avviene sullonda
del suo riconoscimento come oJmiliva, che accomuna Gregorio a Clemente
Alessandrino e ad Evagrio1912.
Daltra parte, come chiarisce fin dal primo sermone linterpretazione
della vana chiacchiera (battologevw ) condannata da Mt 6, 7, Gregorio
mette in guardia da un uso deformato della preghiera di domanda, questa
volta s riflesso di un concetto grettamente utilitaristico, che la piega a ot-
tenere da Dio vantaggi di ordine materiale o addirittura il danno dei propri
nemici. Anche se la Scrittura contiene preghiere che a prima vista auspi-
cano la rovina degli avversari, la loro interpretazione corretta fa compren-
dere che Dio non persegue mai lestinzione dei malvagi, bens la distru-
zione del male. Quanto al fatto che egli esaudisce richieste di piccoli beni
materiali, ci avviene sempre allinterno di un disegno pedagogico, per
cui luomo chiamato ad innalzarsi gradualmente a beni pi elevati rivol-

Proseuch; swmavtwn ejsti;n ijscuv", Proseuch; qeou' oJmiliva,


oijkiva" eujqhniva, tw'n ajoravtwn qewriva,
povlew" eujnomiva, tw'n ejpiqumoumevnwn plhroforiva,
basileiva" kravto", tw'n ajggevlwn oJmotimiva,
polevmou trovpaion, tw'n kalw'n prokophv,
eijrhvnh" ajsfavleia, tw'n kakw'n ajpotrophv,
tw'n diestwvtwn sunagwghv, tw'n aJmartanomevnwn diovrqwsi",
tw'n sunestwvtwn diamonhv. tw'n parovntwn ajpovlausi",
tw'n ejlpizomevnwn uJpovstasi".
Proseuch; parqeniva" ejsti; sfragiv",
gavmou pivsti", Proseuch; tw/' me;n Iwna'/ to; kh'to" oi\kon
oJdoipovrwn o{plon, ejpoivhse (Gio 2):
koimwmevnwn fuvlax, to;n de; Ezekivan ejk tw'n pulw'n tou' qanav-
ejgrhgorovtwn qavrso", tou pro;" th;n zwh;n ejpanhvgagen (Is 38;
gewrgw'n eujforiva, 2Re 20, 5-6):
nautillomevnwn swthriva. toi'" de; trisi; nevoi" eij" pneu'ma drosw'de"
th;n flovga e[treyen (Dn 3, 50):
Proseuch; krinomevnwn sunhvgoro", kai; toi'" Israhlivtai" kata; tw'n Amaleki-
dedemevnwn a[nesi", tw'n ajnevsthse trovpaion (Es 17, 11):
kekmhkovtwn ajnavpausi", kai; ta;" eJkato;n ojgdohvkonta kai; pevnte tw'n
lupoumevnwn paramuqiva, Assurivwn ciliavda" mia/' nukti; th/' ajorav-
cairovntwn qumhdiva, tw/ rJomfaiva/ katevstwsen (2Re 19, 35).
penqouvntwn paravklhsi",
gamouvntwn stevfano",
geneqlivwn eJorthv,
ajpoqnhskovntwn ejntavfion.

1912 De or. dom. I [8, 30]: proseuch; qeou' oJmiliva.


592 Parte seconda, Capitolo nono
gendo a Dio domande di tal fatta 1913. Non casuale che il Nisseno rafforzi
questa indicazione introducendo nella seconda omelia, allinizio della
spiegazione del Padrenostro, il motivo della preghiera come ascensione
(ajnavbasi") a Dio, dopo averla gi profilata come colloquio (oJmiliva)
con lui, secondo le due definizioni pi ricorrenti nel pensiero antico e atte-
state ugualmente da Evagrio1914. Unanabasi siffatta sarebbe comunque
richiesta per poter pronunciare con cognizione di causa il nome Padre,
muovendo con un itinerarium mentis in Deum dallordine del creato e dai
nomi divini che manifestano le operazioni benefiche di Dio in esso fino
alla gloria della sua natura trascendente ed immutabile1915. In altri termini,
riallacciandosi autonomamente ad unesigenza espressa da Origene, Gre-
gorio ritiene necessario un atto teologico come condizione preventiva
per comprendere la portata della Preghiera del Signore: prima di recitare
le parole del Padrenostro, occorre acquisire la giusta nozione di Dio. Come
non possibile pronunciare linvocazione Padre partendo da una pre-
comprensione falsa del suo essere, allo stesso modo impensabile farlo
se la nostra condotta contraddice la condizione di suoi figli autentici.
Cos Gregorio, analogamente ad Origene, trapassa allimplicazione morale
contenuta nella preghiera di Ges, che ci chiama a vivere una vita etica-
mente e spiritualmente impegnata1916.
Ma il Nisseno non si accontenta di questa spiegazione largamente
attestata nei commentatori precedenti oltre che nellAlessandrino; si sforza
perci di offrire uninterpretazione pi profonda che fa emergere la se-
conda idea-guida della sua riflessione1917. Sollecitato dallinvocazione al
Padre che nei cieli, egli associa alla preghiera di Ges la parabola

1913 De or. dom. I (18, 2-5): kat ojlivgon ejn tai'" mikrotevrai" tw'n aijthvsewn to;
ejpakouvein to;n Qeo;n tw'n iJkesiw'n th/' peivra/ manqavnonte" ajnevlqoimevn pote pro;" th;n tw'n
uJyhlw'n te kai; qeoprepw'n dwrhmavtwn ejpiqumivan.
1914 De or. dom. II (21, 11-14): Au{th ga;r tw'n rJhmavtwn hJ duvnami", di w|n oujci; fw-
nav" tina" ejn sullabai'" ejkfwnoumevna" manqavnomen ajll ejpivnoian th'" pro;" to;n qeo;n
ajnabavsew" di uJyhlh'" politeiva" katwrqwmevnhn. Lidea gi insinuata dal proemio
della seconda omelia, dove Gregorio interpreta allegoricamente lascensione di Mos sul
Sinai e la mistagogia a cui il profeta introduce il popolo dIsraele. Quanto al motivo
della preghiera come oJmiliva (cfr. nota 1912), esso ritorna nel terzo sermone (De or. dom.
III [31, 18]: oujc e{na tou' panto;" ajpokrivna" movnon eij" oJmilivan a[gei Qew/'). Per laffinit
con Evagrio, cfr. supra, p. 568.
1915 In orat. dom. II (23, 6-11): w{ste pavntwn tw'n ajlloioumevnwn te kai; meqista-
mevnwn povrrw th'/ dianoiva/ genovmenon ejn ajtrevptw/ te kai; ajklinei' th/' th'" yuch'" katastav-
sei to;n a[treptovn te kai; ajnalloivwton dia; th'" gnwvmh" provteron oijkeiwvsasqai, eijq
ou{tw th/' oijkeiotavth/ proshgoriva/ ejpikalevsasqai kai; eijpei'n, Pavter.
1916 In orat. dom. II (25, 9-11): Otan toivnun Patevra to;n Qeo;n levgein hJma'" ejn
th/' proseuch/' didavskh/ oJ Kuvrio", oujde;n e{terovn moi dokei' poiei'n, h] to;n uJyhlovn te kai;
ejphrmevnon nomoqetei'n bivon.
1917 Gregorio insiste pi volte sulla necessit di unermeneutica spirituale, anche
per evitare il rischio di recitare una preghiera trita. Cfr. In orat. dom. II (26, 20-22): All
La costruzione di un modello 593
evangelica del figliol prodigo, letta come raffigurazione emblematica della
condizione delluomo nella vita terrena. In tal modo la preghiera diviene
anamnesi della patria celeste, perduta in seguito al peccato di Adamo, e
ritorno anticipato alla casa del Padre, di cui il Padrenostro alimenta la no-
stalgia e il desiderio1918. evidente qui laffinit ideale con la visuale di
Agostino, come avremo occasione di verificare tra breve, che si spiega
bene in entrambi gli autori a partire dalle comuni premesse del platonismo
cristiano, senza che Gregorio debba dipendere qui dalla dottrina origeni-
sta della preesistenza1919. Ora, il richiamo alla patria celeste contiene per
il Nisseno anche lindicazione della via attraverso la quale ritornare al Pa-
dre: mediante labbandono del male e lassimilazione a lui, che restaura
limmagine divina nelluomo attuando pienamente la sua somiglianza
con Dio1920. Si coglie qui il cuore dellesegesi della Preghiera nel Signore,
che si preciser con maggior nettezza nel commento della quinta petizio-
ne. Prima di esso Gregorio fornisce una spiegazione letterale della quarta
petizione, che tuttavia ha per lui un valore dinamico: la richiesta del solo
pane quotidiano traduce lo sforzo di attuare, per quanto possibile, nella
vita terrena una condizione simile a quella delle creature angeliche im-
muni dal condizionamento dei moti passionali. Pertanto, il fatto che il Nis-
seno adottando uninterpretazione letterale del pane ejpiouvsio" si discosti
apertamente da Origene, non comporta affatto il ridimensionamento del
modello di preghiera spirituale tracciato da Gregorio in notevole misura
sullo sfondo di quello elaborato dallAlessandrino1921. Se solo la mimsi

ajkouvswmen pavlin tw'n th'" proseuch'" rJhmavtwn, ei[ ti" a{ra gevnoito hJmi'n tw'n krufivwn
tou' nou' katanovhsi" dia; th'" sunecestevra" ejpanalhvyew".
1918 In orat. dom. II (27, 2728, 2): ou{tw kai; ejntau'qa dokei' moi didavskwn oJ Kuv-
rio" to;n ejn toi'" oujranoi'" ejpikalei'sqai Patevra, mnhvmhn soi poiei'n th'" ajgaqh'" pa-
trivdo", wJ" a]n ejpiqumivan sfodrotevran tw'n kalw'n ejmpoihvsa", ejpisthvseiev se th/' oJdw/' th/'
pro;" th;n patrivda pavlin ejpanagouvsh/.
1919 Sullimpronta platonica e plotiniana si veda Penati Bernardini, 177: Gregorio
non fa che accogliere e far propria la saggezza della tradizione platonica tanto che lin-
terpretazione della parabola del figliol prodigo, che illustra la dinamica della vita virtuosa,
risulta impregnata di echi platonici e, soprattutto, plotiniani. Meno convincente linter-
pretazione di Meredith, 348, per il quale da un lato Gregorio si distaccherebbe da Origene
offrendo an unusual non-Origenist [...] application della parabola in nesso con il Padre-
nostro, dallaltro Gregorys treatment also raises the intriguing possibility that despite
his disclaimers elsewhere he may have believed in the pre-existence of souls.
1920 In orat. dom. II (28, 23-29, 1): Prostavxa" toivnun ejn th/' proseuch/' levgein Pa-
tevra eJautou' to;n Qeovn, oujde;n e{teron h] oJmoiou'sqaiv se th/' qeoprepei' politeiva/ tw/' oujra-
nivw/ keleuvei Patriv.
1921 Secondo Penati Bernardini, 178-179, linterpretazione del pane quotidiano
uno dei pochi punti su cui Gregorio si dissocia dallesegesi di Origene, che intende lag-
gettivo ejpiouvsio" come derivante da oujsiva e che ritiene linterpretazione del pane in
senso letterale un errore da confutare. La scelta esegetica del Nisseno non mi pare possa
essere ricondotta semplicemente allintento pastorale dellopera. Per il Nisseno, inoltre,
proprio linterpretazione letterale del pane quotidiano, ribadita anche a proposito del-
594 Parte seconda, Capitolo nono
di Dio la manifestazione di una genuina figliolanza con lui, che d quin-
di titolo a pronunciare le parole del Padrenostro, lo scopo ultimo della
Preghiera del Signore la nostra deificazione: Ges vuole che coloro che
si accostano a Dio divengano dio essi stessi1922. Come abbiamo visto pri-
ma, lassimilazione a Dio che si attua con la pratica della virt, si esprime
in particolare nellesercizio del perdono. Tuttavia, Gregorio controbilancia
questa visuale esaltante del potenziale spirituale racchiuso nel Padreno-
stro con il richiamo conclusivo che riecheggia anche il motivo iniziale
della creaturalit: la richiesta del perdono da parte di Dio ci mette davanti
alla condizione fondamentale di debitori nei suoi confronti e ci aiuta a
comprendere come nessun uomo possa presumere di essere innocente ai
suoi occhi, per quanto si sforzi di non commettere peccato1923. Con unul-
teriore anticipazione di Agostino, il Nisseno argomenta ci ricordando,
fra laltro, che chi partecipe della natura di Adamo, partecipa anche della
sua caduta1924.
Con i suoi sermoni sul Padrenostro Gregorio di Nissa sinserisce pie-
namente in una tradizione esegetica e dottrinale di cui abbiamo ripercorso
alcune delle voci pi significative. Le corrispondenze con Evagrio o con
Agostino che sono affiorate nel corso dellanalisi non possono modificare
limpressione essenziale: cio, la consonanza profonda con il discorso ori-
geniano sulla preghiera, aldil del fatto che linterpretazione del Padreno-
stro segua a tratti unimpostazione diversa. Ci che unisce il Nisseno al-
lAlessandrino fondamentalmente la convergenza del paradigma della
preghiera, intesa da entrambi come richiesta a Dio, rivelatrice della condi-
zione di bisogno delluomo e della necessit del soccorso divino. Certo
Gregorio stato prima dello Pseudo-Dionigi Areopagita lautore mistico
per eccellenza del cristianesimo antico, ma ci non gli ha impedito di con-
siderare la concretezza e limmediatezza dellorazione di domanda con

l oggi (shvmeron) della quarta petizione, inteso come tempo presente a cui solo appartie-
ne la vita delluomo nel corpo, illumina l ampio insegnamento filosofico contenuto in
queste parole della preghiera: lindicazione della metriopatia, lesser parchi e misurati
nella risposta al bisogno naturale e che ha come modello lapatia divina. Anche Giovan-
ni Crisostomo richiama il valore spirituale della richiesta del mero pane delloggi; cfr.
Hom. in Matth. XIX, 11 (PG 57, 280): Su; dev moi skovpei pw'" kai; ejn toi'" swmatikoi'" polu;
to; pneumatikovn.
1922 In orat. dom. V (60, 17-21): Ora'" eij" o{son mevgeqo" uJyoi' tou;" ajkouvonta" dia;
tw'n th'" proseuch'" rJhmavtwn oJ Kuvrio", meqistw;n trovpon tina; th;n ajnqrwpivnhn fuvsin
pro;" to; qeiovteron kai; qeou;" genevsqai tou;" tw/' Qew/' prosiovnta" nomoqetw'n
1923 In orat. dom. V (63, 19-22): dia; tou'tov moi dokei' paideuvein hJma'" th/' didaska-
liva/ th'" proseuch'" oJ lovgo" mhdamw'" ejn th/' pro;" Qeo;n ejnteuvxei wJ" ejpi; kaqarw/' tw/' su-
neidovti parrhsiavzesqai, ka]n o{ti mavlista tw'n ajnqrwpivnwn plhmmelhmavtwn cecwri-
smevno" ti" h\/.
1924 In orat. dom. V (66, 11-12): oJ koinwnw'n me;n th'" fuvsew" tou' Ada;m, koinwnw'n
de; kai; th'" ejkptwvsew".
La costruzione di un modello 595
unintensit che lo pone nella scia di Origene. Al tempo stesso, non diver-
samente dallAlessandrino, egli ne ha fatto la chiave di volta per propor-
re grazie al Padrenostro inteso come preghiera spirituale un pro-
gramma di perfezionamento spirituale che culmina nella deificazione.
Anche sotto questo profilo, pur con tutte le specificit di Gregorio per lin-
guaggio e stile teologico, innegabile la sua continuit con Origene1925.

8. Cassiano: la trasformazione monastica del paradigma della preghiera


spirituale

Dopo Evagrio, limpatto dellesperienza monastica nel discorso cri-


stiano sulla preghiera torna a farsi sentire con forza in Giovanni Cassiano
(360/65-435). Figura singolare di mediatore culturale fra Oriente e Occi-
dente, testimone e promotore del monachesimo egiziano e orientale nella
Gallia dinizio V secolo con le sue classiche opere sul monachesimo ceno-
bitico e anacoretico (il De institutis coenobiorum e le Conlationes), desti-
nate ad influenzare profondamente gli ideali monastici del cristianesimo
occidentale, Cassiano ci appare oggi sempre di pi come lartefice di una
sintesi originale fra tradizioni diverse1926. La sua riflessione sulla preghiera
ne offre una testimonianza emblematica, che giustifica il suo inserimento
nella nostra panoramica. Anticipando il contenuto della nostra presenta-
zione, diremo che linteresse particolare di Cassiano consiste precisamente
nel fatto chegli documenta lavvenuta trasformazione in chiave monasti-
ca del paradigma della preghiera spirituale, conferendogli uninflessione
peculiare tramite la sua apertura, da un lato, alla formula monologica
per loratio continua e, dallaltro, alla preghiera di fuoco o preghiera
estatica. Alimenta il suo pensiero una conoscenza diretta delle molteplici
forme di esperienza orante presso i monaci con i quali Cassiano stato a
contatto durante i suoi viaggi in Oriente, con una particolare attenzione
alle manifestazioni via via pi strutturate dellufficio monastico. Alla fa-
miliarit con la prassi monastica si accompagna una conoscenza della let-
teratura teologica ed ascetica, specialmente di tradizione alessandrina, con
letture di Origene ed Evagrio, ma che sembra estendersi aldil di questa

1925 Al contrario secondo Meredith, 355, neither in thought nor in vocabulary or


use of Scripture is there very much in common between the two writers. Even if Gregory
knew Origens treatment of The Lords Prayer, he made very little use of it; and the prob-
ability is that he was ignorant of it. Ma la sua analisi procede con la logica dei paralleli
diretti o meno, laddove egli trascura il confronto tra i due autori sulla dottrina della pre-
ghiera. Per un diverso punto di vista cfr. Penati Bernardini e Lozza, che fra laltro segnala
luso di parole chiave come i sostantivi ajpokatastasiva, ajpokatavstasi", e il verbo cor-
rispondente ajpokaqivsthmi (p. 217).
1926 Si veda il ritratto a tutto tondo tracciato da Stewart. Cfr. anche Badilita-Jakab;
Alciati.
596 Parte seconda, Capitolo nono
fino ad includere gli scritti ascetici di ambiente siriaco (soprattutto lo
Pseudo-Macario)1927. Di conseguenza Cassiano, pur ponendosi in linea di
continuit con la visuale ascetica di Evagrio, specie nei suoi scritti prati-
ci, si differenzia sensibilmente dallesito pi intellettualistico del Pon-
tico, restio (come gi Origene) ad incoraggiare una visuale estatica della
preghiera, diversamente da quanto avviene nel monaco di Marsiglia.
Dando seguito alla promessa fatta nel secondo libro delle Institutio-
nes, Cassiano ha raccolto il clou della sua riflessione sulla preghiera nella
nona e decima conferenza delle Conlationes, dove fa parlare lungamente
abba Isacco, interrotto di tanto in tanto dalle domande di abba Germano1928.
Pu sembrare perci, a prima vista, un discorso poco strutturato e non
privo di ripetizioni, tanto pi che allinizio della decima conferenza fa
spazio ad un ampio excursus sul conflitto riguardo alle concezioni antro-
pomorfe della visione di Dio esploso nel monachesimo egiziano tra IV e
V secolo, apparentemente senza un nesso troppo ravvicinato con largo-
mento trattato 1929. In realt, una lettura attenta fa emergere i lineamenti di
una riflessione assai robusta che si caratterizza ad un tempo per il suo
aspetto tradizionale e per le profonde innovazioni apportate da Cassiano
al paradigma ereditato dal pensiero eucologico antecedente. In sintesi,
egli ripercorre dapprima (Conl. IX ) lagenda tematica di un trattato sulla
preghiera (laddove il nostro termine di comparazione ideale resta sem-
pre, in primo luogo, Orat), affrontando pertanto alcune delle problemati-
che pi consuete, a cominciare dalle disposizioni interiori con cui lorante
deve accostarsi alla preghiera. La natura tradizionale dellesposizione,
pur connotata dagli interrogativi suscitati dalla condizione monastica, pu
essere messa in evidenza anche grazie alla trama essenziale di riferimenti
scritturistici, che provano fra laltro come Cassiano riconduca il proprio
pensiero sullorazione alla meditazione della Bibbia. Troviamo, infatti,
non pochi riscontri nel trattato dellAlessandrino, pur non potendo com-
petere con questo per frequenza e rilievo, a cominciare dal luogo paolino
che imposta anche per Cassiano la problematica delloratio perpetua: 1Ts

1927 Stewart 2003 ha messo in luce, fra laltro, la sua conoscenza di Prin: Origens
work likely provided the thematic infrastructure for Cassians own reflections (p. 215).
1928 Conl. IX, 1 (250, 6-9): De perpetua orationis atque incessabili iugitate quod in
secundo Institutionum libro promissum est, conlationes senis huius quem nunc in medium
proferemus, id est abbatis Isaac domino favente conplebunt. Sul preannuncio della trat-
tazione cfr. Inst. II, 1; 9, 1.
1929 Sul pi ampio contesto di tale dibattito si veda adesso Bumazhnov. Secondo
Stewart 2003, 208, lo stile argomentativo di Cassiano sarebbe affine ad Origene: His dis-
cursive style reinforces the message through repetition and variation rather than through
the highly economical and sometimes gnomic packaging of the Evagrian kephalaia. Cas-
sians approach allowed more room for elaboration, biblical citations, and edifying stories.
He wrote, in fact, much more like Origen than like Evagrius. Tale giudizio sottovaluta
per la ratio esegetica che sorregge strutturalmente la scrittura di Origene.
La costruzione di un modello 597
5, 17. Nella IX conferenza la riflessione nasce proprio dalla domanda su
come mettere in pratica il precetto dellApostolo di pregare senza inter-
ruzione. Come vedremo, la risposta innovativa di natura pi prettamente
biblico-monastica verr data nella X conferenza, per il tramite della for-
mula orationis che introduce allesercizio della preghiera monologica.
Conforme alla tradizione inoltre il richiamo a 1Tm 2, 8, che anche per
Cassiano definisce latteggiamento spirituale dellorante e garantisce cos
la purezza della preghiera1930.
Prima di analizzare i diversi tipi di preghiera con lausilio di 1Tm 2, 1,
Cassiano prende in considerazione latteggiamento spirituale che deve pre-
siedere ad essa (Conl. IX, 2-6). Se si esclude laffermazione iniziale che il
fine e la perfezione della vita monastica consistono nelloratio perpetua,
su questo punto non si registra particolare originalit rispetto ai predeces-
sori 1931. Anche il monaco di Marsiglia ribadisce la necessit di unana-
coresi sensoriale, cio di un trascendimento delle realt materiali e delle
disposizioni passionali, tale da assicurare la tranquillit e la purezza del-
la mente1932. Se il debito con Evagrio sembra farsi pi trasparente nello

1930 Conl. IX, 3, 4 (253, 6-11): Et idcirco quidquid orantibus nobis nolumus ut inre-
pat, ante orationem de adytis nostri pectoris extrudere festinemus, ut ita illud apostolicum
possimus inplere: Sine intermissione orate (1Ts 5, 17), et: In omni loco levantes puras
manus sine ira et disceptatione (1Tm 2, 8). Labbinamento ritorna anche in Conl. IX, 6, 5
(257, 17-22): Cumque mens tali fuerit tranquillitate fundata vel ab omnium carnalium
passionum nexibus absoluta, et illi uni summoque bono tenacissima adhaeserit cordis in-
tentio, apostolicum illud inplebit: Sine intermissione orate (1Ts 5, 17) et: In omni loco le-
vantes puras manus sine ira et disceptatione (1Tm 2, 8). Il primo passo citato ancora in
Conl. IX, 7, 3 (258, 19-21): praesertim cum nullo tempore nos ab ea cessare beatus apo-
stolus moneat dicens: Sine intermissione orate (1Ts 5, 17); X, 14, 2 (307, 26308, 2): ut
ita illud apostolicum mandatum: sine intermissione orate (1Ts 5, 17) possimus inplere;
XXIII, 5, 9: Quis tam familiaris deo tamque coniunctus, qui apostolicum illud imperium,
quo sine intermissione orare nos praecipit, vel uno die se gaudeat executum?. Limpor-
tanza di 1Ts 5, 17 gi segnalata dallaccenno nella prefazione e dai rinvii contenuti in
Inst. Cfr. Conl. Praef. 5 (4, 15-17): de canonicarum orationum modo ad illius quam apo-
stolus praecipit orationis perpetuae iugitatem ascendat eloquium; Inst. II, 1 (18, 2-5): de
qualitate vero earum vel quemadmodum orare secundum apostoli sententiam sine inter-
missione (cfr. 1Ts 5, 17) possimus, suis in locis, cum seniorum conlationes coeperimus
exponere, quantum dominus donaverit, proferemus; VIII , 13 (160, 3-5): praecipitur ab
apostolo: sine intermissione orate (1Ts 5, 17), et: in omni loco levantes manus pura sine
ira et disceptatione (1Tm 2, 8).
1931 Conl. IX, 2, 1 (250, 19-22): Omnis monachi finis cordisque perfectio ad iugem
atque indisruptam orationis perseverantiam tendit, et quantum humanae fragilitati conce-
ditur, ad inmobilem tranquillitatem mentis ac perpetuam nititur puritatem.
1932 Conl. IX, 3, 1 (252, 5-13): Et idcirco ut eo fervore ac puritate qua debet emitti
possit oratio, haec sunt omnimodis observanda. Primum sollicitudo rerum carnalium gene-
raliter abscidenda est, deinde nullius negotii causaeve non solum cura, sed ne memoria
quidem penitus admittenda, detractationes, vaniloquia seu multiloquia (cfr. Mt 6, 7), scur-
rilitates quoque similiter amputandae, irae prae omnibus sive tristitiae perturbatio funditus
598 Parte seconda, Capitolo nono
stretto raccordo intravisto da Cassiano fra lotta ai vizi, pratica delle virt
e orazione1933, si noter per una minore insistenza sul superamento della
mnhsikakiva, inculcato peraltro anche da 1Tm 2, 8, sebbene egli non igno-
ri affatto tale raccomandazione. Come mostra, fra laltro, un commento a
Mt 5, 23-24 nellottavo libro degli Instituta, il precetto evangelico della
riconciliazione fraterna vincolante per lorante e la sua mancata osser-
vanza compromette gravemente la possibilit di realizzare la preghiera
ininterrotta1934. In ogni caso, a prescindere dalla purificazione preliminare
e dalla condotta virtuosa che lorante chiamato ad attuare nella propria
vita, le disposizioni interiori che devono sempre accompagnare le mani-
festazioni della preghiera sono riassunte nellinvito di Ges a ritirarsi
nella propria cameretta (Mt 6, 6), inteso anche da Cassiano (sulle
tracce pi direttamente di Evagrio) come il disfarsi di ogni pensiero e sol-
lecitudine esteriori1935.
Quando il discorso passa a illustrare le forme della preghiera, ci av-
viene nuovamente a partire da un riferimento normativo come 1Tm 2, 1,
anche in ragione del fatto che per Cassiano impossibile descrivere ade-
guatamente la grande variet delle esperienze di preghiera nella vita di un
individuo, unosservazione che concorre insieme ad altre nel tracciare sia
una certa psicologia sia anche una visione pedagogica della preghiera
meglio abbozzata che altrove1936. Diversamente da Evagrio, che si ispi-

eruenda, concupiscentiae carnalis ac filargyriae noxius fomes radicitus evellendus. Ben-


ch Mt 6, 7 non sia mai citato, lecito coglierne uneco nellavvertenza contro i vanilo-
quia seu multiloquia. Unulteriore allusione alla catechesi matteana sulla preghiera po-
trebbe venire dallespressione: de adytis nostri pectoris (Conl. IX, 3, 4), qualora essa
rinvii implicitamente al termine tamei'on di Mt 6, 6. Tuttavia, Conl. IX , 35, 1 lo rende
come cubiculum (nota 1935).
1933 Conl. IX, 2, 1 (251, 3-6): nam sicut ad orationis perfectionem omnium tendit
structura virtutum, ita nisi huius culmine haec omnia fuerint conligata atque conpacta,
nullo modo firma poterunt vel stabilia perdurare; IX, 3, 4 (253, 11-14): alias namque
mandatum istud perficere non valebimus, nisi mens nostra ab omni vitiorum purificata
contagio virtutibus tantum velut naturalibus bonis dedita iugi omnipotentis dei contem-
platione pascatur.
1934 Inst. VIII, 13 (160, 5-11): superest igitur, ut aut numquam oremus huiusce-
modi virus retinentes in cordibus nostris et apostolico huic praecepto sive evangelico, quo
indesinenter et ubique iubemur orare, simus obnoxii, aut, si nosmet ipsos circumvenientes
precem fundere contra eius interdictum praesumimus, non orationem domino, sed rebellio-
nis spiritu contumaciam nos eidem noverimus offerre. Cfr. anche Conl. XVI, 6, 6-7; 6, 15.
1935 Conl. IX, 35 (282, 25-28): intra nostrum cubiculum supplicamus, cum ab
omnium cogitationum sive sollicitudinum strepitu cor nostrum penitus amoventes secreto
quodammodo ac familiariter preces nostras domino reseramus.
1936 Conl. IX, 8, 1 (259, 3-7): Universas orationum species absque ingenti cordis
atque animae puritate et inluminatione sancti spiritus arbitror comprehendi non posse. Tot
enim sunt quot in una anima, immo in cunctis animabus status queunt qualitatesque gene-
rari. Laccenno alla necessit dellaiuto dello Spirito per un discorso adeguato sulla pre-
ghiera mostra analogie con limpostazione di Origene.
La costruzione di un modello 599
rato solo in parte alla terminologia suggerita dal passo paolino (mante-
nendo comunque con Origene il primato della proseuchv), Cassiano la
sfrutta ampiamente sia per esemplificare la diversit delle tipologie, sia
per istituire un rapporto ad un tempo dinamico e gerarchico fra di loro1937.
In seguito ricondurr sia luso separato delle singole forme di orazione sia
la loro sintesi o fusione al paradigma fondativo di Ges orante. Sotto tale
profilo non pu non colpire la sintonia con Origene, quantunque la dipen-
denza dal trattato sia difficile da provare, fatta eccezione forse per una
precisazione terminologica che riguarda loratio come voto 1938. Daltra
parte, lAlessandrino lunico fra gli altri interpreti antichi ad aver ten-
tato di valutare le distinzioni terminologiche di 1Tm 2, 1 come riflesso di
condizioni o stati spirituali diversificati, tracciando grazie ad esse un mo-
dello di perfezionamento spirituale, come anche Cassiano si sforza di fare
con un approccio pi organico1939. Egli elenca dapprima i quattro tipi di
preghiera secondo il tenore del passo paolino, fornendo una spiegazione
di ciascuno di essi in base alla seguente classificazione:
1. obsecratio (= devhsi")
2. oratio (= proseuchv)
3. postulatio (= e[nteuxi")
4. gratiarum actio (= eujcaristiva)
Lobsecratio una supplica (imploratio) o richiesta (petitio) di per-
dono per i peccati1940, mentre loratio equivale in questo caso al voto1941.

1937 Il debito verso Origene pi che verso Evagrio riconosciuto anche da Stewart,
107: Cassian, like Origen, did not view the four varieties as simple alternatives. He linked
them to stages of progress in monastic life and prayer. Although some of his interpreta-
tions were based on those of Evagrius, the greater part of this section does not appear to
be based on Evagrian material.
1938 Secondo Alexandre, 194-195, Cassien connat Origne, en particulier le trait
Sur la prire, mais il nen dpend pas troitement. [...] Certainement il se souvient du d-
veloppement dOrigne au dbut de son trait sur euch, prire/voeu, et lapplique lora-
tio mcaniquement, puisque le mot latin, lui na pas ce sens de vu. Mais les valeurs quil
donne aux termes pauliniens [...], leur hirarchisation monastique, diffrent des remarques
dOrigne.
1939 Cfr. FrPs 27 (28), 6 (nota 1353), dove il culmine rappresentato ugualmente
dalleujcaristiva .
1940 Conl. IX, 11 (261, 4-6): obsecratio inploratio est seu petitio pro peccatis, qua
vel pro praesentibus vel pro praeteritis admissis suis unusquisque conpunctus veniam de-
precatur.
1941 Conl. IX, 12, 1 (261, 7-8): Orationes sunt quibus aliquid offerimus seu vove-
mus deo, quod Graece dicitur eujchv , id est votum. Per Alexandre, 177, nota 40, son inter-
prtation doratio repose sur le grec euch, suivant une remarque dOrigne, Per Euchs 3,
sur les deux sens du mot: prire/vu. Cfr. anche Stewart 2003, 206, nota 102: though
strained, it does allow him to follow Origen, who distinguished between two kinds of eujchv
and Evagrius, who distinguished between eujchv and proseuchv. Fatta eccezione per que-
600 Parte seconda, Capitolo nono
A sua volta la postulatio da intendere come lintercessione a benefi-
cio di altri1942, laddove la gratiarum actio indica il ringraziamento per i
beni passati, presenti e futuri ad opera di Dio 1943.
La specifica funzione assegnata a ciascuno dei tipi di preghiera si
compone poi per Cassiano con lidea della preghiera di fuoco, che gi
qui comincia a fare sentire il suo peso nellargomentazione, come lo sboc-
co pi alto fra le diverse manifestazioni oranti. Infatti, in linea di principio,
ogni singola tipologia pu dare adito alla preghiera ardente, confermando
cos lutilit insita in ognuna di esse per i singoli individui che le pratica-
no1944. Ma questo schema iniziale lascia subito il posto ad una classifica-
zione di tipo gerarchico e progressivo, per cui lobsecratio compete pi
specificamente ai principianti nella vita ascetica1945, mentre loratio pro-
pria di coloro che sono progrediti nellosservanza delle virt e nellele-
vatezza dei pensieri1946. Al terzo posto della scala ascendente si situano
quanti hanno titolo alla postulatio, grazie alla loro corrispondenza fra im-
pegni di vita e condotte personali1947. Infine, la gratiarum actio si colloca
al vertice del cammino spirituale, venendo ora a coincidere di fatto con il
trapasso alla preghiera di fuoco1948. A riprova del carattere volutamente

sta distinzione terminologica, oratio ha sempre il valore generico di orazione, ricondotto


invece qui al termine supplicatio (cfr. nota 1944).
1942 Conl. IX, 13 (262, 6-11): Tertio loco ponuntur postulationes, quas pro aliis
quoque, dum sumus in fervore spiritus constituti, solemus emittere, vel pro caris scilicet
nostris vel pro totius mundi pace poscentes, et ut ipsius apostoli verbis eloquar cum pro
omnibus hominibus, pro regibus et omnibus qui in sublimitate sunt supplicamus.
1943 Conl. IX, 14 (262, 12-16): Quarto deinde loco gratiarum actiones ponuntur,
quas mens, vel cum praeterita dei recolit beneficia vel cum praesentia contemplatur, seu
cum in futurum quae et quanta praeparaverit deus his qui diligunt eum prospicit, per inef-
fabiles excessus domino refert.
1944 Conl. IX, 15, 1 (262, 20263, 4): Ex quibus quattuor speciebus licet nonnum-
quam soleant occasiones supplicationum pinguium generari (nam et de obsecrationis spe-
cie quae de compunctione nascitur peccatorum, et de orationis statu quae de fiducia obla-
tionum et consummatione votorum pro conscientiae profluit puritate, et de postulatione
quae de caritatis ardore procedit, et de gratiarum actione quae beneficiorum dei et magni-
tudinis ac pietatis eius consideratione generatur, ferventissimas saepissime novimus preces
ignitasque prodire, ita ut constet omnes has quas praediximus species omnibus hominibus
utiles ac necessarias inveniri, ut in uno eodemque viro nunc quidem obsecrationum, nunc
autem orationum, nunc postulationum puras ac ferventissimas supplicationes variatus
emittat affectus).
1945 Conl. IX, 15, 1 (263, 4-5): tamen prima ad incipientes videtur peculiarius per-
tinere, qui adhuc vitiorum suorum aculeis ac memoria remordentur.
1946 Conl. IX, 15, 1 (263, 6-8): secunda ad illos qui in profectu iam spiritali adpeti-
tuque virtutum quadam mentis sublimitate consistunt.
1947 Conl. IX, 15, 1 (263, 8-11): tertia ad eos qui perfectionem votorum suorum
operibus adinplentes intercedere pro aliis quoque consideratione fragilitatis eorum et cari-
tatis studio provocantur.
1948 Conl. IX, 15, 1 (263, 11-16): quarta ad illos qui iam poenali conscientiae spina
de cordibus vulsa securi iam munificentias domini ac miserationes, quas vel praeterito tri-
La costruzione di un modello 601
non sistematico dellinsegnamento, Cassiano introduce ancora un terzo
schema, secondo il quale le varie tipologie possono combinarsi fra loro, a
seconda dello stato di perfezione della mens, e generare allora preghiere
ferventissime le quali arrivano a coincidere con i gemiti inenarrabili
emessi in noi dallo Spirito (Rm 8, 26-27)1949. Il richiamo al passo paolino
tradisce nuovamente la piena appartenenza di Cassiano alla linea di pen-
siero esemplificata al meglio da Origene. Forse nessun altro, a parte lAles-
sandrino (e, come vedremo di seguito, Agostino), stato capace di dare
tanto risalto al ruolo dello Spirito nella preghiera spirituale, ma Cassia-
no aggiunge alla prospettiva origeniana la visuale indubbiamente nuova
ed originale della preghiera di fuoco.
I diversi schemi proposti sin qui trovano la loro giustificazione scrit-
turistica nel modello di Ges orante: con la sua prassi di preghiera il Sal-
vatore esemplifica ciascuna delle tipologie, a cominciare dallobsecratio,
che per Cassiano rappresentata ad esempio dallorazione di Ges al
Getsemani, non senza unevidente forzatura interpretativa rispetto alla
definizione avanzata inizialmente1950. Pi che per le corrispondenze, in
parte problematiche, con le sue distinzioni terminologiche (come mostra
anche il caso delloratio o la ripartizione di Gv 17 fra diversi tipi di pre-
ghiere)1951, importante notare in Cassiano la preoccupazione di trovare
la loro sanzione scritturistica nella condotta stessa di Ges. Daltra parte,
il suo modello, oltre a sancire la possibilit e lutilit di ciascuna singola
forma di preghiera, contempla anche la loro combinazione in una suppli-

buit vel in praesenti largitur vel praeparat in futuro, mente purissima retractantes ad illam
ignitam et quae ore hominum nec comprehendi nec exprimi potest orationem ferventis-
simo corde raptantur.
1949 Conl. IX, 15, 2 (263, 16-26): Nonnumquam tamen mens, quae in illum verum
puritatis proficit adfectum atque in eo iam coeperit radicari, solet haec omnia simul pari-
terque concipiens atque in modum cuiusdam inconprehensibilis ac rapacissimae flammae
cuncta pervolitans ineffabiles ad deum preces purissimi vigoris effundere, quas ipse spiri-
tus interpellans gemitibus inenarrabilibus ignorantibus nobis emittit ad deum (cfr. Rm 8,
26-27), tanta scilicet in illius horae momento concipiens et ineffabiliter in supplicatione
profundens, quanta non dicam ore percurrere, sed ne ipsa quidem mente valeat alio tem-
pore recordari.
1950 Conl. IX, 17, 1 (264, 20-24): Nam obsecrationis genus adsumit cum dicit: Pa-
ter, si possibile est, transeat a me calix iste (Mt 26, 39), vel illud quod ex persona eius
cantatur in psalmo: Deus deus meus respice me: quare me dereliquisti? (Sal 21[22], 2)
aliaque his similia. Tuttavia, in Conl. IX, 34, 10 (281, 13-19) la preghiera del Getsemani
intesa pi generalmente come la forma orandi: Quem sensum dominus etiam noster orans
ex persona hominis adsumpti, ut formam quoque orandi nobis quemadmodum cetera suo
praeberet exemplo, ita cum oraret expressit: Pater, si possibile est, transeat a me calix iste:
verumtamen non sicut ego volo sed sicut tu (Mt 26, 39), cum utique eius a patris voluntate
non discreparet voluntas.
1951 Conl. IX, 17 esemplifica loratio con Gv 17, 4 e 17, 19; la postulatio con Gv
17, 24.
602 Parte seconda, Capitolo nono
catio perfecta, indicata da Cassiano in Gv 171952. Allargando la sua base
scritturistica, egli trova unulteriore illustrazione della preghiera che fonde
tra loro i singoli tipi e d vita allorazione ardente in Fil 4, 6 (Non angu-
stiatevi per nulla, ma in ogni necessit esponete a Dio le vostre richieste,
con preghiere, suppliche e ringraziamenti)1953. Come mostra anche luti-
lizzo di questa citazione, innegabile che il paradigma elaborato gradual-
mente da Cassiano sia connotato da una tensione dinamica che punta sem-
pre verso lesito pi alto della preghiera di fuoco, senza che questo nasca
necessariamente da un itinerario ascendente1954. Con un affondo successi-
vo egli disegna tale orizzonte attraverso la formula dominicae orationis.
Il Padrenostro racchiude per Cassiano la richiesta di poter giungere a quel
colloquio pi alto con Dio che si compie nella contemplazione amoro-
sa di lui1955. In tal modo Cassiano fa propria la definizione della preghiera
come oJmiliva, saldandola per pi strettamente alla visuale della paternit
divina e alle manifestazioni della preghiera ardente.
La spiegazione che segue del Padrenostro (Conl. IX, 18-23) conferma
nuovamente la dipendenza di Cassiano dallagenda pi consueta delle
trattazioni eucologiche. Anche se tradisce qualche influsso del commento
evagriano, egli sviluppa per accenti che gli sono peculiari1956. Al pari di
Origene egli vede la Preghiera del Signore come lespressione per eccel-
lenza della preghiera spirituale, tutta imperniata sulla richiesta dei beni
eterni come loggetto che si conf alla natura di Dio1957. Se linvocazione

1952 Conl. IX, 17, 3 (265, 10-18): Quae tamen quattuor supplicationum genera licet
singillatim ac diverso tempore secundum illum quem comprehendimus modum idem do-
minus noster distinxerit offerenda. Tamen etiam simul ea in supplicatione perfecta com-
prehendi posse identidem suis ostendit exemplis, per illam scilicet orationem quam ad fi-
nem evangelii secundum Iohannem legimus eum copiosissime profudisse. Ex cuius textu
quia longum est universa percurri, diligens inquisitor haec ita esse lectionis ipsius serie
poterit edoceri.
1953 Conl. IX, 17, 4 (265, 18-22): Quem sensum apostolus quoque in epistula ad
Philippenses has quattuor supplicationum species aliquantum immutato ponens ordine
evidenter expressit ostenditque debere eas nonnumquam simul sub ardore unius supplica-
tionis offerri.
1954 Cfr. Alexandre, 180: Par lapparition de la prire de feu, non seulement au
sommet contemplatif de la vie solitaire, mais en des formes plus quotidiennes action de
grces, supplications, Oraison dominicale, occasion de psalmodie commune Cassien
montre, de faon dissmine, sans souci de systmatisation, la prsence du feu en toute
exprience de prire, de degr en degr.
1955 Conl. IX, 18, 1 (265, 27266, 3): Haec itaque supplicationum genera subli-
mior adhuc status ac praecelsior subsequetur, qui contemplatione dei solius et caritatis ar-
dore formatur, per quem mens in illius dilectionem resoluta atque reiecta familiarissime
deo velut patri proprio peculiari pietate conloquitur. Quem statum debere nos diligenter
expetere formula dominicae orationis instituit.
1956 Stewart, 109. Cfr. anche Schnurr, 168-183.
1957 Conl. IX, 24 (272, 9-11): Nihil enim caducum vult a se, nihil vile, nihil tem-
porale aeternitatum conditor inplorari.
La costruzione di un modello 603
al Padre che nei cieli suscita anche in Cassiano lidea della vita ter-
rena come esilio analogamente a quanto abbiamo osservato in Gregorio
di Nissa , la prima petizione vista anzitutto come lespressione della
pietas dei figli, ai quali sta a cuore in primo luogo la gloria di Dio1958. Net-
tamente subordinata appare invece laltra spiegazione, pi tradizionale, per
cui la nostra perfezione di vita equivale alla santificazione del Nome1959.
Linvocazione del regno, oggetto della seconda petizione, intesa da Cas-
siano sia in senso spirituale come la sovranit attuata da Dio nei santi,
secondo uninterpretazione di ascendenza origeniana sia in senso esca-
tologico, come lattesa del mondo futuro. Quanto alla terza petizione, Cas-
siano dichiara che non vi preghiera pi grande di quella che auspica las-
similazione delle realt terrene alle realt celesti, rielaborando in maniera
autonoma unidea che era stata anche di Origene, cio lauspicio che la
condotta degli uomini sia esemplata su quella degli angeli 1960. Con Eva-
grio e Gregorio di Nissa, egli accoglie peraltro anche la spiegazione per
cui la volont di Dio la salvezza universale. Dimpronta origeniana
sembra essere anche il commento della quarta petizione, rivolto unica-
mente allidea di un nutrimento spirituale che ci viene da Dio e di cui si
deve fare richiesta a lui ogni giorno. In questo punto, anche per Cassiano
emerge pi nettamente lidea della condizione precaria delluomo in
quanto bisognoso dellaiuto divino1961. Riguardo poi alla quinta petizione,
egli sembra voler puntare ad unesegesi in parte affine a quella di Grego-
rio di Nissa, riconoscendo anche lui come Dio ci conceda di vincolarlo
mediante lesercizio del perdono1962. Infine, lesegesi della sesta petizione

1958 Conl. IX, 18, 3 (266, 15-18): In quem filiorum ordinem gradumque provecti
illa continuo quae est in bonis filiis pietate flagrabimus, ut iam non pro nostris utilitatibus,
sed pro nostri patris gloria totum inpendamus affectum.
1959 Conl. IX, 18, 5 (267, 17-19): Potest autem congrue satis istud quod dicitur
sanctificetur nomen tuum etiam taliter accipi: sanctificatio dei nostra perfectio est.
1960 Conl. IX, 20 (268, 18-23): Non potest esse iam maior oratio quam optare, ut
terrena mereantur caelestibus coaequari. Nam qui est aliud dicere fiat voluntas tua sicut in
caelo et in terra quam ut sint homines similes angelis, et sicut voluntas dei ab illis inpletur
in caelo, ita etiam hi qui in terra sunt non suam, sed eius universam faciant voluntatem?.
1961 Conl. IX, 21, 2 (269, 20-23): Omnique nos tempore hanc orationem debere
profundere indigentia eius cotidiana commoneat, quia non est dies quo non opus sit nobis
huius esu ac perceptione cor interioris nostri hominis confirmare.
1962 Conl. IX, 22, 1 (270, 5-14): O ineffabilis dei clementia, quae non solum nobis
orationis tradidit formam et acceptabilem sibi morum nostrorum instituit disciplinam ac
per necessitatem traditae formulae, qua se praecepit a nobis semper orari, irae pariter ac
tristitiae evellit radices, sed etiam occasionem rogantibus tribuit eisque reserat viam, qua
clemens ac pium erga se provocent dei iudicium promulgari, et quodammodo potestatem
tribuit qua iudicis nostri possimus sententiam temperare, ad veniam delictorum nostrorum
exemplo eum nostrae remissionis artantes. Si noti il ricorrere dei termini forma e disci-
plina che ricordano il linguaggio di Tertulliano e Cipriano. Cfr. ancora Conl. IX, 24 (272,
6): orationis [...] modulus et forma proposita.
604 Parte seconda, Capitolo nono
sembra riflettere pi di tutte le altre una conoscenza di Orat da parte di
Cassiano: non solo perch egli accenna in chiave aporetica alla non mi-
nima quaestio riguardo al suo significato, ma anche perch riconosce poi
che il senso della richiesta di non soccombere alla tentazione, legando
ad essa la settima petizione come la domanda perch il diavolo non ci
tenti sopra le nostre forze1963.
Bench il Padrenostro sia da considerarsi come la preghiera perfetta,
Cassiano lo subordina ad una forma pi elevata di orazione alla quale esso
dinamicamente conduce: si tratta nuovamente della preghiera di fuoco o
preghiera silenziosa, conformemente allinterpretazione offerta dei tipi di
preghiera in 1Tm 2, 11964. Cassiano rafforza cos la trasformazione del
paradigma della preghiera spirituale in senso monastico. Infatti, questa
forma superiore di preghiera appare come il riflesso pi diretto dellespe-
rienza monastica, sebbene Cassiano si premuri desemplificarla ancora
una volta tramite il modello di Ges orante1965. Egli insiste sullimpossi-
bilit di descriverla a parole, ma lascia intendere che questo stato rin-
via ad unesperienza in senso stretto estatica o mistica, che prescinde
dalluso di parole e concetti e trascende perci lo stesso orizzonte dellin-
telletto orante secondo il modello della preghiera pura di Evagrio. Non
a caso Cassiano cita a sua illustrazione un detto, non altrimenti noto, di
Antonio, assunto come paradigma della preghiera estatica (in excessu
mentis frequenter orant), secondo cui non perfetta quella orazione
nella quale il monaco comprende se stesso o ci per cui prega1966. In-
vece, questo stato supremo, sia pure di natura momentanea, si caratterizza
per lirruzione nellanimo dellorante di una forza divina che rifluisce
come un fiume nellintensissimo fervore della sua preghiera al di l dei

1963 Conl. IX, 23, 1 (271, 15-20): Deinde sequitur: et ne nos inducas in temptatio-
nem, de quo non minima nascitur quaestio. Si enim oramus ne permittamur temptari, et
unde erit in nobis virtus constantiae conprobanda secundum illam sententiam: omnis vir
qui non est temptatus, non est probatus (Sir 34, 11), et iterum: beatus vir qui suffert temp-
tationem (Gc 1, 22)?.
1964 Conl. IX, 25 (272, 16-24): Haec igitur oratio licet omnem videatur perfectionis
plenitudinem continere, utpote quae ipsius domini auctoritate vel initiata sit vel statuta,
provehit tamen domesticos suos ad illum praecelsiorem quem superius commemoravimus
statum eosque ad illam igneam ac perpaucis cognitam vel expertam, immo ut proprius
dixerim ineffabilem orationem gradu eminentiore perducit, quae omnem transcendens
humanum sensum nullo non dicam sono vocis nec lingua motu nec ulla verborum pronun-
tiatione distinguitur.
1965 Conl. IX, 25 (273, 1-5): Quem statum dominus quoque noster illarum suppli-
cationum formula, quam vel solus in monte secedens vel tacite fudisse describitur, simili-
ter figuravit, cum in orationis agonia constitutus etiam guttas sanguinis inimitabili intentio-
nis profudit exemplo (cfr. Lc 22, 44).
1966 Conl. IX , 31 (277, 7-10): Cuius etiam haec quoque est super orationis fine
calestis et plus quam humana sententia: non est, inquit, perfecta oratio, in qua se mona-
chus vel hoc ipsum quod orat intellegit.
La costruzione di un modello 605
limiti del linguaggio umano1967. Sembra essere un cenno velato allazione
dello Spirito descritta da Rm 8, 26-27. Bench Cassiano non lo menzioni
espressamente, il suo modello di preghiera estatica trova sicuramente
in esso un appiglio scritturistico fondamentale se non il parallelo pi
prossimo, anche per linsistenza sullineffabilit e i gemiti interiori1968.
Tuttavia, per mettere meglio in luce la sua fenomenologia, egli richiama
diversi stati danimo che possono fungere da trampolino di lancio verso
la preghiera di fuoco come il trasporto interiore per il canto di un salmo,
lascolto di una fervida istruzione spirituale oppure la notizia della morte
di un fratello o di un proprio caro. Questi stati danimo si focalizzano per
Cassiano nella compunctio del cuore e nella preghiera delle lacrime che
scaturisce da essa, insieme peraltro alle manifestazioni straordinarie di
gioia spirituale, anche se egli evita di fornirne una casistica troppo rigida
e schematica (Conl. IX, 26-31)1969.
La conclusione del discorso di Abba Isacco nella IX conferenza ritor-
na in un alveo pi consueto, trattando il problema dellesaudimento della
preghiera (Conl. IX, 32-34). Ancora una volta, la dipendenza di Cassiano
da una problematica tradizionale si accompagna a una novit di formula-
zioni, con un ventaglio di spiegazioni piuttosto articolato in risposta alla

1967 Conl. IX, 25 (272, 24273, 1): sed quam mens infusione caelestis illius lumi-
nis inlustrata non humanis atque angustis designat eloquiis, sed conglobatis sensibus velut
de fonte quodam copiosissimo effundit ubertim atque ineffabiliter eructat ad deum, tanta
promens in illo brevissimo temporis puncto, quanta nec eloqui facile nec percurrere mens
in semet ipsam reversa praevaleat.
1968 Ne abbiamo la prova pi eloquente in Conl. IX, 27 (274, 3-8), dove Cassiano il-
lustra due diverse manifestazioni della compunctio, vocale e silenziosa; di questultima
osserva: Nonnumquam vero tanto silentio mens intra secretum profundae taciturnitatis
absconditur, ut omnem penitus sonum vocis stupor subitae inluminationis includat omnes-
que sensus adtonitus spiritus vel contineat intrinsicus vel amittat ac desideria sua gemitibus
inenarrabilibus effundat ad deum. Si veda anche Conl. X, 11, 6 (305, 27306, 3): per
ineffabilem cordis excessum inexplebili spiritus alacritate profertur, quamquam mens extra
omnes sensus ac visibiles effecta materies gemitibus inenarrabilibus atque suspiriis pro-
fundit ad deum. Anche per Stewart, 220, nota 169, this phrase from Rom. 8:26 is found
in Cassians descriptions of ecstatic prayer in Conf. 9.15.2, 9.27, 10.11.6. Per Alexandre,
193, il nesso della preghiera di fuoco con lo Spirito rimane implicito: Certes Cassien
voque parfois le feu cleste du Saint-Esprit; le thme de linhabitation de lEsprit dans
le cur de lhomme est prsent en son uvre; et mme les rminiscences des gmisse-
ments innarrables de lEsprit, intercdant pour nous selon Rm 8, 26, peuvent faire pen-
ser au feu de lEsprit. Mais rien nest explicite en ces passages sur un lien entre Esprit et
prire de feu.
1969 Limportanza accordata alla compunctio e alla preghiera delle lacrime, molto
pi centrale per Cassiano rispetto ad Evagrio, rispecchia linflusso della letteratura ascetica
siriana. Cfr. Stewart, 115: Cassian certainly prized the Evagrian contemplative tradition
of pure (or imageless) prayer. But his emphasis on conpunctio indicates that he was also
drawn to a more affective and ecstatic mysticism akin to that of the Syrian tradition of the
Pseudo-Macarian writings and kindred texts such as the Syriac Book of Steps.
606 Parte seconda, Capitolo nono
quaestio. Preoccupato di fornire, per cos dire, una certezza psicologica
allorante, egli assicura che chi prega senza alcuna esitazione e con piena
fiducia non deve dubitare che la sua preghiera abbia effetto presso Dio.
Ma soprattutto raccoglie un ampio dossier di testimonianze scritturistiche
sulla preghiera esaudita, in relazione alla diversit di condizioni spirituali.
Limportanza dei riferimenti biblici sottolineata dal fatto che Cassiano
non si limita a riproporre i luoghi evangelici gi noti come Mc 11, 24;
Mt 18, 19; Mt 17,19; Lc 11, 8 ma vi aggiunge vari passi veterotestamen-
tari in genere poco considerati dagli autori precedenti, con leccezione di
Is 58, 9, che segnala un nuovo punto di contatto con Origene1970. Richiama
in parte accenti caratteristici dellAlessandrino anche linvito di Cassiano
ad insistere nella preghiera, nonostante non si abbia alcun titolo ad es-
sere esauditi, perch linsegnamento di Ges esplicito riguardo alla ne-
cessit di supplicarlo instancabilmente1971. Originale , da questo punto di
vista, lo sfruttamento del paradigma tradizionale di Daniele, perch Cas-
siano lo utilizza per spiegare come lesaudimento della preghiera possa
combinarsi con il ritardo nella manifestazione dei suoi effetti1972. La per-
severanza la condizione per lefficacia della domanda, ma Cassiano ne
illustra ancor pi acutamente i requisiti allorch introduce un nuovo rife-
rimento scritturistico, in genere poco usuale nelle trattazioni sulla pre-
ghiera: 1Gv 5, 14 (Questa la fiducia che abbiamo in lui: qualunque cosa
gli chiediamo secondo la sua volont, egli ci ascolta)1973. Il passo gio-
vanneo gli offre la chiave di volta per risolvere la quaestio dellesaudi-
mento: condizione fondamentale per ottenere ascolto da Dio chiedere
conformemente alla sua volont. Egli rafforza lidea rammentando a que-
sto punto lincapacit di pregare secondo Rm 8, 26, che ribadisce a sua
volta lorizzonte tradizionale della riflessione di Cassiano1974. Ma anche

1970 Conl. IX, 34, 2-3 (278, 16-21): Habes in emendatione vitae et operibus mise-
ricordiae secundum illud: Dissolve conligationis inpietatis, solve fasciculos deprimentes
(Is 58, 6). Et post pauca quibus infructuosi ieiunii sterilitas castigatur: tunc, inquit, invo-
cabis, et dominus exaudiet te: clamabis, et dicet: ecce adsum (Is 58, 9).
1971 Conl. IX, 34, 5 (279, 11-16): Hortatur enim nos dominus volens ea quae sunt
aeterna caelestiaque praestare, ut eum inportunitate nostra quodammodo coartemus, qui in-
portunos non modo non despicit nec refutat, sed etiam invitat et laudat, eisque praestitu-
rum se quidquid perseveranter speraverint benignissime pollicetur.
1972 Conl. IX, 34, 6 (279, 27280, 3): Quod autem infatigabiliter sit domino sup-
plicandum, etiam illo beati Danihelis docemur exemplo, quod exauditus a prima die quo
coepit orare post primum et vicensimum diem consequitur suae petitionis effectum.
1973 Conl. IX, 34, 8 (280, 18-22): Retractare namque nos convenit illam beati
evangelistae Iohannis sententiam, qua ambiguitas huius quaestionis evidenter absolvitur:
Haec est, inquit, fiducia quam habemus ad eum, quia quidquid petierimus secundum vo-
luntatem eius, audit nos (1Gv 5, 14).
1974 Conl. IX, 34, 9 (281, 2-7): Si enim et illud apostoli recordemur, quoniam quid
oremus secundum quod oportet nescimus, intelligimus nos nonnumquam saluti nostrae
La costruzione di un modello 607
in questo caso il monaco di Marsiglia perviene ad un risultato originale:
servendosi nuovamente del modello di Ges orante, assunto adesso come
esemplificazione del rapporto di comunione tra il Figlio e il Padre, egli
invita ad accompagnare sempre la domanda a Dio con il fondamentale
corollario del rispetto della sua volont. Sullesempio della preghiera del
Getsemani, ogni supplica dovr concludersi con le parole di Ges: Per
non come voglio io, ma come vuoi tu! (Mt 26, 39)1975.
Suggerendo questa conclusione formulare Cassiano sembra predi-
sporre largomento che sta al centro della X conferenza, anticipato del re-
sto al termine della IX anche dalla raccomandazione a pregare frequente-
mente, ma brevemente1976. la risposta tecnica di natura pi squisita-
mente monastica, mediante il ricorso alla preghiera monologica, allin-
terrogativo sulloratio continua, che generalizza manifestazioni antece-
denti di natura analoga, come luso della preghiera antirretica da parte di
Evagrio1977. Del resto Cassiano trasmette questa formula pietatis come un
segreto ricevuto dai Padri del monachesimo egiziano. In questo senso,
per assicurare la costante memoria Dei, egli propone la recita ininterrotta
di Sal 69(70), 2: Deus, in adiutorium meum intende; Domine, ad adiu-
vandum me festina (O Dio, vieni a salvarmi, Signore vieni presto in
mio aiuto)1978. La giustificazione del privilegio accordato a tale versetto
sottolinea il fatto che proprio per la genericit del suo contenuto suscet-
tibile di applicarsi alle esigenze e alle situazioni pi diverse1979, mentre

contraria postulare et commodissima nobis ab eo qui utilitatis nostras rectius quam nos ac
veracius intuetur ea quae poscimus denegari.
1975 Conl. IX, 34, 13 (282, 14-18): Et idcirco his quae praediximus exemplis do-
minicis eruditi cunctas obsecrationes nostras simili nos quoque debemus oratione conclu-
dere et hanc vocem cunctis petitionibus nostris semper adiungere: Verumtamen non sicut
ego volo sed sicut tu.
1976 Conl. IX , 36, 1 (283, 12-14): Ob quod frequenter quidem, sed breviter est
orandum, ne inmorantibus nobis inserere aliquid nostro cordi insidiator possit inimicus.
1977 Con ci Cassiano diviene lantesignano della preghiera di Ges cara alla
tradizione ortodossa. La sua importanza fondamentale riconosciuta da Stewart, 113:
Cassian has given us the fullest exposition of monologistic prayer to be found in the
early monastic sources. His synthesis of biblical meditatio and both antirrhetic and mono-
logistic prayer, describes a method of unceasing prayer paralleled later by Diadochus and
the Sinai tradition of the Jesus Prayer. Sugli inizi egiziani cfr. Regnault.
1978 Conl. X, 10, 2 (297, 22-26): Erit itaque ad perpetuam Dei memoriam possi-
dendam haec inseparabiliter proposita vobis formula pietatis: Deus in adiutorium meum
intende: domine ad adiuvandum mihi festina (Sal 69[70], 2). Hic namque versiculus non
inmerito de toto scripturarum exceptus est instrumento.
1979 Conl. X, 10, 3 (297, 26298, 6): Recipit enim omnes adfectus quicumque in-
ferri humanae possunt naturae et ad omnem statum atque universos incursus proprie satis
et competenter aptatur. Habet siquidem adversus universa discrimina invocationem dei,
habet humilitatem piae confessionis, habet sollicitudinis ac timoris perpetui vigilantiam,
habet considerationem fragilitatis suae, exauditionis fiduciam, confidentiam praesentis
semper adstantisque praesidii.
608 Parte seconda, Capitolo nono
richiama la costante dipendenza delluomo dallaiuto di Dio, anche quan-
do le cose volgono al meglio per lui1980. Dopo aver illustrato la sua fun-
zione di prontuario multiuso in relazione agli attacchi dei vizi, Cassia-
no insiste sulla frequenza della sua ripetizione, fino a farlo diventare un
esercizio automatico che non abbandona lorante nemmeno nel sonno1981.
In tal modo arriva ad essere per il monaco lequivalente dello Shema 1982,
ricordandogli sempre nel contempo la sua condizione di povero, confor-
memente alla beatitudine evangelica1983. In realt, anche questa preghie-
ra monologica di cui Cassiano traccia qui un elogio appassionato va
vista in relazione con lo stato pi elevato dellorazione. Anchessa, in-
fatti, vuole concorrere al manifestarsi della preghiera di fuoco, che per
Cassiano la preghiera silenziosa e la preghiera dello Spirito, quantunque
essa sia destinata a restare per sua natura unesperienza-limite1984. N va
dimenticato che la preghiera monologica rimanda al contesto orante
della vita dei monaci, nutrito quotidianamente della recita dei salmi e della
loro meditazione insieme ad altri testi scritturistici. Tenendo presente que-
sto orizzonte Cassiano suggerisce uniniziazione ermeneutica tra le pi
suggestive, prefigurando unintima assimilazione dei salmi che fa di essi
una oratio propria, formulata per cos dire ex parte auctoris1985.

1980 Conl. X, 10, 5 (298, 24-27): Nam qui se semper atque in omnibus desiderat
adiuvari, manifestat quod non tantum in rebus duris ac tristibus, sed etiam in secundis ac
laetis pari modo deo egeat adiutore.
1981 Conl. X, 10, 14 (302, 3-9): Huius igitur versiculi oratio in adversis ut eruamur,
in prosperis ut servemur nec extollamur incessabili iugitate fundenda est. Huius, inquam
versiculi meditatio in tuo pectore indisrupta volvatur. Hunc in opere quolibet seu ministe-
rio vel itinere constitutus decantare non desinas. Hunc et dormiens et reficiens et in ulti-
mis naturae necessitatibus meditare.
1982 Conl. X, 10, 15 (302, 23-28): Hunc scribes in limine et ianuis oris tui, hunc in
parietibus domus tuae ac penetralibus tui pectoris conlocabis, ita ut haec ad orationem
procumbenti sit tibi adclinis decantatio et exinde consurgenti atque ad omnes usus vitae
necessarios incedenti fiat erecta et iugis oratio.
1983 Conl. X , 11, 2 (303, 10-16): quae maior aut sanctior potest esse paupertas
quam illius, qui nihil se praesidii, nihil virium habere cognoscens de aliena largitate coti-
dianum poscit auxilium, et vitam suam atque substantiam singulis quibusque momentis
divina ope intellegens sustentari verum se mendicum domini non inmerito profitetur.
1984 Conl. X, 11, 6 (cfr. nota 1968).
1985 Conl. X , 11, 4 (304, 16-23): Quorum iugi pascuo vegetatus omnes quoque
psalmorum adfectus in se recipiens ita incipiet decantare, ut eos non tamquam a propheta
conpositos, sed velut a se editos quasi orationem propriam profunda cordis conpunctione
depromat vel certe ad suam personam aestimet eos fuisse directos, eorumque sententias
non tunc tantummodo per prophetam aut in propheta fuisse conpletas, sed in se cotidie geri
inplerique cognoscat. Il rapporto della preghiera monologica con il pi ampio contesto
orante ben chiarito da Stewart, 112: the key to understanding Cassians insistence on
the formula is to realize that although prayer is anchored in this single verse, psalms are
still chanted in the canonical prayer of the hours, biblical lessons are read at the liturgy,
and meditatio of other biblical texts continues. The formula is an undercurrent in the river
La costruzione di un modello 609
Lesito ultimo della riflessione di Cassiano sulla preghiera dunque
ben pi ricco e complesso dellinnovativa proposta della preghiera mo-
nologica. Come abbiamo visto, egli presenta numerosi punti di contatto
con le problematiche affrontate da Origene e da altri autori di trattati sulla
preghiera. In un certo senso, se escludiamo i testi di Tertulliano e Cipria-
no, Cassiano offre addirittura il termine di confronto pi ravvicinato per
Orat, sia per lagenda tematica affrontata nella IX conferenza, che per il
significativo corredo di testimonianze scritturistiche ed anche per singoli
motivi di riflessione. La continuit del discorso cristiano sulla preghiera
spirituale dunque ampiamente testimoniata anche da Cassiano. Al tempo
stesso, per, egli segnala una svolta molto profonda, conseguenza diretta
della nuova esperienza di preghiera del monachesimo. Se la preghiera di
fuoco pur con qualche analogia con la preghiera pura di Evagrio in-
troduce una prospettiva in gran parte inedita (anche se non priva di antece-
denti, grazie soprattutto al riferimento a Rm 8, 26-27 e allinterpretazione
offertane, in particolare, da Origene), la formula pietatis rafforza a sua
volta la destinazione monastica, con una fruizione essenzialmente pratica,
del pensiero di Cassiano. Ci non toglie che anche operando a questo li-
vello tecnico egli riesce a dare unespressione particolarmente efficace
e attuale alla grande tradizione dellinterpretazione spirituale della Bibbia
di matrice alessandrina.

9. Agostino: la preghiera come gemito dello Spirito nel desiderio della


Vita Beata

Il dialogo ideale inscenato in questo capitolo fra Origene e gli espo-


nenti pi ragguardevoli del discorso cristiano sulla preghiera fra II e V se-
colo non pu non concludersi con Agostino: non solo per la statura del-
lautore, che fa da adeguato pendant alla grandezza dellAlessandrino, ma
soprattutto per il fatto che la riflessione agostiniana sulla preghiera non
meno importante, originale e pervasiva di quella origeniana1986. Essa offre
pertanto una chiave daccesso al pensiero di Agostino nel suo insieme e
richiederebbe uno studio ben pi accurato dellesposizione che segue.
Tuttavia la natura volutamente sintetica di questa parte ci autorizza a pro-
cedere in modo selettivo, anche se sperabilmente non troppo parziale ed

of words that carries both anchorites and cenobites through day and night, coming to the
surface in the interstices of other forms of prayer or in times of particular need. On the
basis of total intimacy with the one verse, the monk can navigate the rest of the Bible with
even greater delight and ease.
1986 Nella vasta bibliografia sono da segnalare specialmente Vincent; Antoni; Van
Bavel. Cfr. inoltre Schnurr, 78-134; Hammerling 2008b. Per ulteriori indicazioni biblio-
grafiche sullinterpretazione agostiniana del Pater si veda Beatrice.
610 Parte seconda, Capitolo nono
infedele. Per ricostruire la visuale di Agostino sulla preghiera ci base-
remo, in particolare, sul trattato contenuto nella Lettera 130 a Proba
lunica opera specificamente dedicata allorazione nonch sui Sermoni
56-59, che sviluppano una catechesi prebattesimale sul Padrenostro. La
preferenza accordata a tali fonti dettata dalle loro affinit letterarie e te-
matiche con la maggior parte degli scritti esaminati precedentemente che
le rendono pi adatte per un raffronto comparativo. In ogni caso ci non
significa ignorare altri contributi importanti dellIpponate, primo fra tutti
il Discorso del Signore sulla montagna con il suo commento di Mt 6. Nel-
la nostra analisi dunque terremo conto del pi ampio contesto dellopera
agostiniana cercando ad un tempo di far emergere la rappresentativit
delle nostre testimonianze principali sulla dottrina eucologica del vescovo
dIppona. Del resto, il loro carattere emblematico gi suggerito dalla
stessa diversit di genere letterario e destinatari, senza che questa compor-
ti mutamenti di rilievo nelle posizioni espresse da Agostino.
La Lettera a Proba, una matrona dellaristocrazia senatoria romana
rimasta vedova e trasferitasi in Africa dopo il sacco di Roma, prospetta
lideale esigente di una vita di preghiera includendo, quale suo nucleo ispi-
ratore e modello per la prassi, una stringata esegesi del Padrenostro1987.
Questo, poi, loggetto dei quattro Sermones ad competentes (Sermoni
56-59), rivolti cio a completare listruzione dei catecumeni ormai pros-
simi al battesimo, facendo seguire allinsegnamento sul simbolo di fede
quello sulla Preghiera del Signore1988. Sebbene il tono generale dei di-
scorsi risulti piuttosto piano e semplificato, Agostino vi ribadisce in so-
stanza lapproccio sia della Lettera a Proba che di vari suoi scritti, senza
tuttavia escludere talora degli sviluppi distinti, come avviene ad esempio
nel Discorso del Signore sulla montagna o nel Manuale sulla fede, spe-
ranza e carit1989. Lo stesso vale anche per la prospettiva pur straordina-
riamente ricca che ci offerta dalle Enarrationes in Psalmos, dedicate ad
interpretare la preghiera per eccellenza dellAntico Testamento quale pre-

1987 La lettera datata in genere al 411-412. Rifugiata a Cartagine, Proba aveva


dato vita ad una comunit religiosa. Per uno studio approfondito del personaggio e del te-
sto si veda Cacciari (La preghiera. Epistola 130 a Proba).
1988 Bench manchi una datazione precisa dei quattro sermoni, il loro arco crono-
logico pare essere abbastanza ravvicinato. Cos, se Serm. 56 viene collocato perlopi fra
410 e 412, Serm. 57 datato a prima del 410; a loro volta, Serm. 58 risalirebbe agli anni
412-416 e Serm. 59 al 410 o al periodo fra 412 e 415. Per un riepilogo dei dati cronologici
si veda Grossi, 126.
1989 Il De sermone Domini in monte (ca. 393-396) approfondisce lintroduzione al
Padrenostro in Mt 6, 5-8, mentre intreccia la spiegazione delle sette petizioni con quella
delle beatitudini (anchesse ricondotte ad un settenario) e dei sette doni dello Spirito. A
sua volta, lEnchiridion (421 ca.), oltre ad aggiungere una spiegazione del testo lucano a
quello di Matteo, collega lesegesi del Padrenostro allo schema delle tre virt teologali.
La costruzione di un modello 611
ghiera di Cristo e della Chiesa. Si pu insomma constatare una fonda-
mentale continuit della riflessione agostiniana sullorazione che, in ag-
giunta, si accompagna allesperienza personale dellautore, spesso affi-
data allo scritto ed esemplificata nella sua forma pi alta e meglio nota
dalla dimensione orante costitutiva delle Confessioni1990. Se anche questa
seconda caratteristica, dopo la presenza diffusa del nostro tema, avvicina
la figura dellIpponate allAlessandrino, non mancano punti di contatto
significativi fra i due autori a livello dottrinale, frutto di una convergenza
ideale se non a seguito di una conoscenza diretta di Origene da parte di
Agostino, come ci si sforzati di dimostrare, ad esempio, nel caso del Di-
scorso del Signore sulla montagna1991.
Le considerazioni iniziali della Lettera a Proba, pur attentamente ca-
librate in relazione alla condizione sociale della destinataria, una vedova
facoltosa al centro di legami familiari importanti, tracciano gi nettamen-
te lorizzonte della preghiera come esperienza delluomo e del cristiano
chiarendo con quali disposizioni danimo si debba pregare1992. Se lorazio-
ne per sua natura lespressione del bisogno delluomo sotto lo sguardo
di Dio, per lanima cristiana essa nasce dallacuta consapevolezza del-
lesilio nel mondo, lontano dalla casa del Padre. Linvito ripetuto a Proba
perch si senta derelitta (desolata) in questa vita riflette pi in generale
lidea agostiniana dellitinerario di conversione: luomo, rientrando in se
stesso dalla sua dispersione e dissipazione nel mondo esteriore, risponde
al richiamo della vera patria che Dio stesso suscita in lui mediante la voce
del Maestro interiore1993. Di conseguenza la dinamica che trama alla base
le manifestazioni della preghiera innescata dal desiderium. Attesa della
vita beata nella sua espressione pi autentica, esso pu volgersi ad
obiettivi di natura inferiore che rischiano di distogliere lanima dalla sua
fondamentale aspirazione, come i beni terreni posseduti in abbondanza da

1990 A cominciare dallinfanzia, come attesta Conf. I, 9, 14 (24, 14-16): Nam puer
coepi rogare te, auxilium et refugium meum, et in tuam invocationem rumpebam nodos
linguae meae. Fra gli altri, Madec, 78 ha ben colto il rilievo strutturale della preghiera
nelle Confessioni come interlocuzione con Dio: La conversion restaure la cration, en
rorientant lesprit vers Dieu et cette orientation se concrtise dans la prire, lallocution
constante Dieu.
1991 Per Heidl, 223-235, Agostino, nel comporre il De serm. Dom. in monte, avrebbe
tenuto presente lesegesi origeniana di Mt 6 conosciuta attraverso Orat o una traduzione
latina di CMt.
1992 La prima parte della trattazione riguarda latteggiamento dellorante, la secon-
da il contenuto della preghiera (Ep. 130, 2 [213, 27]: quonammodo tibi esset orandum;
9 [218, 158]: Audisti qualiter ores, audi et quid ores; 24 [230, 449-450]: non solum
qualis ores, verum etiam quid ores). Se ne veda il sommario in Cacciari, 76-79.
1993 Ep. 130, 5 (215, 80-82): In his igitur vitae huius tenebris, in quibus peregri-
namur a Domino, quamdiu per fidem ambulamus, non per speciem (2Cor 5, 6-7), desola-
tam debet se anima christiana deputare, ne desistat orare.
612 Parte seconda, Capitolo nono
Proba 1994. Tuttavia, proprio la sollecitudine per lorazione testimoniata
dalla vedova, che aveva chiesto ad Agostino indicazioni su come attuare
una vita di preghiera, dimostra che Proba non solo avverte la precariet
dellesistenza, ma ripone anche la sua speranza in Dio e nei beni eterni
che ci vengono da lui. In tal modo, lorazione ci appare legata al tempo
del bisogno e della prova, laddove la vita beata con una formulazione
che richiede per di essere compresa alla luce della visione complessiva
di Agostino ne sopprime del tutto la necessit: passato il tempo della
tentazione, giunge ormai quello della contemplazione1995. Ora, nel-
lesistenza terrena solo con il desiderium possibile realizzare il precetto
apostolico di pregare senza interruzione (1Ts 5, 17); quandesso viene
meno, tace anche la preghiera 1996. Perci Agostino vede la vita del cri-
stiano essenzialmente come esercizio di desiderio nellattesa dei beni
che lo colmeranno di beatitudine, laddove questo stesso desiderio lo pre-
para ad accoglierli1997. Applicando questa concezione alla preghiera, essa
si presenta come la via maestra per disporsi interiormente a ricevere la
visione di Dio, che per lIpponate equivale alla vita beata.
Pertanto la vita beata loggetto fondamentale dellorazione secondo
Agostino, il quid ores in risposta alla richiesta che Proba gli aveva rivolto
pi specificamente alla luce di Rm 8, 26 con il suo fondamentale interro-
gativo sulla capacit delluomo a domandare a Dio il vero bene1998. Essa

1994 Sulla preghiera come desiderium si veda Van Bavel, 59-73. Anche la preghiera
per la pioggia fatta con desiderio secondo Serm. 57, 3 (179, 44-45): videtis cum
quanto gemitu, cum quanto desiderio pluviam petamus.
1995 Ep. 130, 5 (215, 91-96): illa vita eximet animam nostram de morte, et illud
solacium oculos nostros a lacrymis (Sal 114[115], 8-9) et, quoniam ibi iam non erit ulla
temptatio. [...] Porro si nulla tentatio, iam nulla oratio; non enim adhuc promissi boni
exspectatio, sed redditi contemplatio. Come osservato da Antoni, 156, lvidence bati-
fique de la fruitio Dei rendrait caduque la prire, tout au moins la prire de demande, celle
qui enveloppe lincompltude de lhomme en son chemin, son angoisse subjective et son
inachvement ontologique.
1996 En. in Ps. 37, 14 (392, 4-12): Sit desiderium tuum ante illum; et Pater qui vi-
det in occulto, reddet tibi (Mt 6, 6). Ipsum enim desiderium tuum, oratio tua est: et si
continuum desiderium, continua oratio. Non enim frustra dixit Apostolus: Sine intermis-
sione orantes (1Ts 5, 17). Numquid sine intermissione genu flectimus, corpus prosterni-
mus, aut manus levamus, ut dicat: Sine intermissione orate? Aut si sic dicimus nos orare,
hoc puto sine intermissione non possumus facere. Est alia interior sine intermissione ora-
tio, quae est desiderium. Cfr. anche Serm. 80, 7 (PL 38, 498): Desiderium semper orat,
etsi lingua taceat. Si semper desideras, semper oras. Quando dormitat oratio? Quando fri-
guerit desiderium.
1997 Tr. in Ep. Io. 4, 6 (230): Tota vita christiani boni, sanctum desiderium est.
Quod autem desideras, nondum vides; sed desiderando capax efficeris, ut cum venerit
quod videas, implearis.
1998 Ep. 130, 9 (218, 162219, 166): Ora beatam vitam; hanc enim habere omnes
homines volunt; nam et qui pessime et perdite vivunt, nullo modo ita viverent, nisi eo
modo se vel esse beatos putarent. Quid igitur aliud oportet orare, nisi id, quod cupiunt et
La costruzione di un modello 613
dovr allora assecondare lindicazione del vescovo dIppona facendo pro-
prie nella sua esperienza orante le parole del Salmista, voce di Cristo e del-
la Chiesa suo corpo, con il dichiarare anche lei la sete di Dio (Sal 62[63])
e lauspicio di abitare perennemente nella sua dimora (Sal 26[27], 4)1999.
Sebbene Agostino sembri disposto ad ammettere la domanda di beni terre-
ni quali il necessario per vivere, lincolumit e lamicizia pi di quanto
lo fosse Origene con la sua insistenza sul primato dei beni celesti, questi
beni terreni sono per da considerarsi correlati e insieme subordinati al-
lunico bene autentico, la partecipazione alla vita stessa di Dio2000. In que-
sto senso lIpponate converge di fatto con lAlessandrino nel sottolineare
anchegli con forza la necessit della preghiera per i beni spirituali, espres-
si qui mediante la nozione di vita beata. Com noto, questo concetto
ispira Agostino fin dallepoca precedente la conversione, a seguito della
lettura dellHortensius ciceroniano, ma dopo di essa andato connotando-
si in senso pi genuinamente cristiano, a un tempo biblico e cristologico,
mediante lidentificazione del Verbo quale beatitudo e sapientia, non sen-
za accompagnarla con le implicazioni trinitarie inerenti ad essa. Perci
Agostino designa come Vita Beata lo stesso Cristo in quanto maestro
di preghiera2001, mentre al termine della spiegazione del Padrenostro ne
ricapitola il contenuto ancora una volta precisamente attraverso questa
espressione2002. Altrove, sviluppando listanza critica racchiusa nel discor-
so cristiano sulla preghiera rispetto allinadeguatezza della pratica diffusa,
egli constata come nella maggior parte dei casi il desiderium dellorante
sindirizzi allacquisizione di una grande variet di beni materiali, mentre
dovrebbe rivolgersi al Signore stesso; o peggio ancora, la preghiera di-
storta ancor pi gravemente dal vero fine, essendo spesso accompagnata
dallodio per i nemici2003. Se ci del tutto inammissibile per il cristiano,

mali et boni, sed ad quod perveniunt non nisi boni?. Sul tema agostiniano della ricerca
della felicit, alla luce del nostro testo, cfr. Cacciari, 57-67.
1999 Cfr. Ep. 130, 5. 15.
2000 Ep. 130, 14 (222, 248-250): Ad illam ergo unam vitam, qua cum Deo et de
Deo vivitur, cetera, quae utiliter et decenter optantur, sine dubio referenda sunt. Per Vin-
cent, Agostino esprime una posizione perfettamente equilibrata: Elle fait une juste part
aux ncessits du corps, mais elle invite rechercher, bien au-dela des biens temporels,
dautres biens qui sont lobjet de la prire (p. 177).
2001 Ep. 130, 15 (223, 266-267): Propter hanc adipiscendam beatam vitam ipsa
vera Vita orare nos docuit.
2002 Ep. 130, 24 (230, 451): Beata vita quaerenda est, haec a Domino Deo petenda.
2003 En. in Ps. 76, 2 (1052, 11053, 10): Sed multi clamant ad Dominum pro divi-
tiis acquirendis damnisque devitandis, pro suorum salute, pro stabilitate domus suae, pro
felicitate temporali, pro dignitate saeculari; postremo pro ipsa etiam salute corporis, quae
patrimonium est pauperis. Pro his atque huiusmodi rebus multi clamant ad Dominum; vix
quisquam propter ipsum Dominum. Facile quippe homini est quodlibet desiderare a Domi-
no, et ipsum Dominum non desiderare; quasi vero suavius esse possit quod dat, quam ipse
qui dat. Agostino denuncia in pi occasioni le deformazioni della preghiera, in special
614 Parte seconda, Capitolo nono
la piena attuazione della preghiera spirituale categoria che accomuna
Agostino al discorso eucologico precedente si d nel momento in cui il
dono richiesto dallorante coincide con la persona stessa del Donatore 2004.
Anche per Agostino, non diversamente da Origene e altri autori prima
di lui, Cristo per eccellenza il maestro della preghiera nonch il tramite
per il suo esaudimento2005. Grazie a Ges apprendiamo a pregare non solo
con le parole del Padrenostro e le altre istruzioni tramandateci dai testi
evangelici, ma anche con la condotta esemplare di colui che sulla croce ha
pregato per il perdono dei nemici. Alla luce di tale comportamento occor-
re comprendere anche il significato dei salmi imprecatori, da intendersi
secondo il Sermone 56 con valore di profezie, senza che il cristiano sia te-
nuto in alcun modo a maledire qualcuno2006. Il dossier dei luoghi scritturi-
stici racchiuso nella Lettera a Proba suscettibile di essere confrontato
non solo con Origene, ma pi direttamente con gli esponenti della mede-
sima tradizione africana, Tertulliano e Cipriano; in particolare, lIpponate
conosceva bene il De dominica oratione del vescovo di Cartagine, che cita
ampiamente, fra laltro, nello scritto antipelagiano Il dono della perseve-
ranza2007. Tuttavia, come constatatiamo in generale per la sua opera, Ago-
stino non manca neppure qui di elaborare in maniera originale il materia-
le tradizionale. Ne prova, accanto al richiamo al modello della vedova
molesta in Lc 18, 1 addotto abitualmente per inculcare la necessit di
non venire meno alla preghiera, perch possa essere efficace2008 , la ripre-
sa con identica finalit dellaltra parabola lucana sullamico importuno in

modo quando dissociata dal perdono e dalla riconciliazione fraterna, come in Serm. 211, 6
(172, 177-180 Poque): Scio cottidie venire homines, genua figere, frontem terrae concu-
tere, aliquando lacrimis lotum vultum suum rigare et in ista tanta humilitate ac perturbatio-
ne dicere: Domine, vindica me, occide inimicum meum. A questo proposito in Serm.
56 Agostino richiama lesempio negativo di Sal 108(109), 7, ma senza approfondirlo.
2004 Cfr. Antoni, 135: Toute prire spirituelle fait concider dans son dsir le don
et le donateur, cest--dire lobjet de la demande et le destinataire de celle-ci.
2005 Come precisa anche Serm. dom. m. II, 3, 12 (103, 263): unus et verus magi-
ster; II, 4, 15 (104, 298-300): Sed iam considerandum est, quae nos orare ille praecepe-
rit per quem et discimus quid oremus et consequimur quod oramus.
2006 Serm. 56, 3 (155, 60-63): Ecclesia Dei, quae didicerat a Domino suo, qui
pendens in cruce dixit: Pater, ignosce illis, quia nesciunt quid faciunt (Lc 23, 34), talia
precabatur pro Paulo, immo adhuc pro Saulo, ut hoc in illo fieret quod et factum est.
Sullo sforzo di Agostino per comprendere la preghiera dei salmi alla luce del vangelo, cfr.
Vincent, 125-154.
2007 De dono persev. 2, 4 (PL 45, 996) cita lo scritto di Cipriano in funzione antipe-
lagiana: Legite aliquanto intentius eius expositionem in beati Cypriani martyris libro,
quem de hac re condidit, cuius est titulus: De dominica oratione: et videte ante quot an-
nos, contra ea quae futura erant Pelagianorum venena, quale sit antidotum praeparatum.
Sulluso di Cipriano nella controversia pelagiana si veda Chapot, 105 e nota 105.
2008 Ep. 130, 15 (223, 277-289): ut hinc admoneremur, quam certius nos exaudiat
misericors et iustus Dominus Deus sine intermissione (1Ts 5, 17) orantes.
La costruzione di un modello 615
Lc 11, 5-13, raccordata per in chiave allegorica alla triade paolina di fede,
speranza e carit, che rappresenta uno degli assi concettuali del pensiero
agostiniano sulla vita cristiana 2009. Soprattutto, Agostino si sofferma sul-
lintroduzione al Padrenostro in Mt 6, 5-8 sia per descrivere anchegli tra-
mite questo passo latteggiamento interiore dellorante, sia per affrontare
quello che gi per Origene costituiva il problema della preghiera. Senza
dubbio, pure con questa riflessione lIpponate manifesta delle affinit con
la visuale dellAlessandrino, specialmente per la sua piena consapevolezza
del dato aporetico e paradossale dellorazione come tale. Egli lapprofon-
disce in relazione a Mt 6, 8, che di primo acchito pare sopprimere la ne-
cessit di pregare, dato che il Padre onnisciente conosce in anticipo il con-
tenuto delle nostre richieste.
Unico fra gli interpreti che abbiamo preso in esame, Agostino si ri-
collega cos allimpostazione problematica tracciata da Origene in Orat a
partire dalle obiezioni degli avversari della preghiera2010. Tuttavia, anzi-
ch inserire la quaestio nel quadro concettuale dellAlessandrino, che
imperniato principalmente sul problema del rapporto fra libero arbitrio
delluomo e provvidenza divina, egli ne ricava una riflessione di natura
prettamente pedagogica e spirituale, legandola nuovamente al motivo del
desiderium. Secondo lIpponate, Dio non ha ovviamente bisogno dessere
informato su ci di cui sentiamo lesigenza di chiedergli, ma siamo noi
che necessitiamo di sperimentare la nostra dipendenza dal volere di Dio
attraverso lesercizio della preghiera. Traendo ispirazione, in particolare,
dalla messa in guardia contro il multiloquio contenuta in Mt 6, 7, lIppo-
nate introduce cos considerazioni originali sul freno da porre alla reto-
rica orante o meglio ancora su diritti e limiti del regime della parola nella
prassi di preghiera2011. Infatti, se nella Lettera a Proba la soluzione del-

2009 Cfr. Ep. 130, 16 e il commento di Cacciari, 105, note 75-76, che segnala i rin-
vii parziali in Tertulliano, De orat. I, 1.2.3 e in Origene, Orat X, 2.
2010 Cfr. Orat V, 2 (supra, p. 100). Uno spunto analogo accennato da Giovanni Cri-
sostomo in Hom. in Matth. XIX , 8 (PG 57, 278): Kai; eij oi\de, fhsivn, w|n creivan e[comen,
tivno" e{neken eu[cesqai dei' Oujjc i{na didavxh/", ajll i{na ejpikavmyh/": i{na oijkeiwqh/'" th/'
suneceiva/ th'" ejnteuvxew", i{na tapeinwqh/'", i{na ajnamnhsqh/'" tw'n aJmarthmavtwn tw'n sw'n.
2011 Si veda, ad esempio, lenunciazione della quaestio a commento di Mt 6, 5-8 in
Serm. dom. m. II , 3,12 (102, 255103, 270): Sicut hypocritarum est praebere se spectan-
dos in oratione, quorum fructus est placere hominibus, ita ethnicorum, id est gentilium, in
multiloquio se putare exaudiri. Et re vera omne multiloquium a gentilibus venit, qui exer-
cendae linguae potius quam mundando animo dant operam. Et hoc nugatorii studii genus
etiam ad Deum prece flectendum transferre conantur, arbitrantes sicut hominem iudicem
verbis adduci ad sententiam. Nolite itaque similes esse illis, dicit unus et verus magister;
scit enim Pater vester quid vobis necessarium sit, antequam petatis ab eo (Mt 6, 8). Si
enim verba multa ad id proferuntur, ut instruatur et doceatur ignarus, quid eis opus est ad
rerum omnium cognitorem, cui omnia quae sunt eo ipso quo sunt loquuntur seseque indi-
cant facta? Et ea quae futura sunt eius artem sapientiamque non latent, in qua sunt et quae
transierunt et quae transitura sunt omnia praesentia et non transeuntia.
616 Parte seconda, Capitolo nono
laporia rimanda allesercizio del desiderium nellorazione (tendenzial-
mente di tipo verbale) come condizione per ricevere il dono che Dio si
appresta a concedere, nel Discorso del Signore sulla montagna Agostino
la motiva pi estesamente dal punto di vista della critica del linguaggio.
In primo luogo, richiama la distinzione fra res e verba, che sorregge la sua
concezione gnoseologico-ontologica, per raccomandare le prime mediante
una formulazione tutta concettuale ed interiore. Quanto allespressione
verbale, la sua norma vincolante stata tracciata dal Signore allinsegna
della brevit mediante le succinte parole del Padrenostro. Esse servono a
rammentarci le res, i contenuti che debbono essere fatti oggetto dellora-
zione. Luna e laltra spiegazione riflettono la dottrina agostiniana sulli-
nadeguatezza inerente al linguaggio, per lo scarto tra i verba e le res, al
quale sopperisce in parte il paradigma della Preghiera del Signore e pi
fondamentalmente il Verbo stesso in quanto Maestro interiore dellanima.
Agostino per sembra voler fondere i due tratti della sua risposta nella
terza e pi ampia spiegazione, in base alla quale lorazione implica la
quiete e la purificazione del cuore mediante la sua conversione (conver-
sio cordis) a Dio, predisponendolo pertanto a partecipare del suo dono, la
vita beata 2012. Anche la Lettera a Proba riprende a sua volta il tema del
cuore, chiamato ad ascendere a Dio nel continuo desiderio della beatitu-
dine e tramite la pratica delle tre virt teologali fede, speranza e carit
alle quali lorante sollecitato a conformarsi2013. Del resto, il cuore la

2012 Serm. dom. m. II, 3, 13-14 (103, 271104, 297): Sed quoniam, quamvis pauca,
tamen verba et ipse dicturus est, quibus nos doceat orare, quaeri potest, cur vel his paucis
verbis opus sit ad eum qui scit omnia antequam fiant, et novit, ut dictum est, quid nobis sit
necessarium antequam petamus ab eo. Hic primo respondetur non verbis nos agere debere
apud Deum, ut impetremus quod volumus, sed rebus quas animo gerimus et intentione
cogitationis cum dilectione pura et simplici affectu sed res ipsas verbis nos docuisse Do-
minum nostrum, quibus memoriae mandatis eas ad tempus orandi recordemur. Sed rursus
quaeri potest sive rebus sive verbis orandum sit , quid opus sit ipsa oratione, si Deus
iam novit quid nobis sit necessarium, nisi quia ipsa orationis intentio cor nostrum serenat
et purgat, capaciusque efficit ad excipienda divina munera, quae spiritaliter nobis infun-
duntur. Non enim ambitione precum nos exaudit Deus, qui semper paratus est dare suam
lucem nobis non visibilem sed intellegibilem et spiritalem; sed nos non semper parati su-
mus accipere, cum inclinamur in alia et rerum temporalium cupiditate tenebramur. Fit
ergo in oratione conversio cordis ad eum qui semper dare paratus est, si nos capiamus
quod dederit, et in ipsa conversione purgatio interioris oculi, cum excluduntur ea quae
temporaliter cupiebantur, ut acies simplicis cordis ferre possit simplicem lucem divinitus
sine ullo occasu aut immutatione fulgentem, nec solum ferre sed etiam manere in illa, non
tantum sine molestia sed etiam cum ineffabili gaudio, quo vere ac sinceriter beata vita
perficitur. Ancora una volta Antoni, 96 commenta felicemente: Il sagit de se poser en
tre intgralement transi de dsir sous le regard de Dieu. La prire nest donc pas langa-
gire, elle est lme, lesprit et le corps en tant quils se placent dans toute la tension de
leur dsir en prsence de Dieu.
2013 Ep. 130, 17-18 (225, 324-326): quia cor hominis illuc debet ascendere, su-
memus capacius, quanto id et fidelius credimus et speramus firmius et desideramus arden-
La costruzione di un modello 617
cameretta di Mt 6, 6, secondo uninterpretazione che allinea nuovamen-
te Agostino alla tradizione antecedente2014. Da notare ancora che neppure
nei Sermones ad competentes lIpponate si astiene dallenunciare linter-
rogativo sulle ragioni di pregare, in considerazione della paternit provvi-
dente di Dio dichiarata da Ges in Mt 6, 8. In tal senso il Sermone 56, pur
riproponendo egualmente il motivo del desiderium a giustificazione della
preghiera, lo declina in maniera originale, grazie alla ripresa di un tema
caratteristico della pedagogia della fede e dellermeneutica scritturistica di
Agostino: Ges ci insegna il modo di pregare affinch non solo trovi ali-
mento il nostro desiderio che lui stesso insinua in noi, ma anche non si
svilisca ai nostri occhi il dono di Dio evitando ogni banalizzazione2015.
Se la la preghiera concorre ad intensificare costantemente lardore del
desiderio, la condizione orante del cristiano rappresenta di necessit una
sua caratteristica permanente, in conformit con il precetto di 1Ts 5, 17 a
pregare senza interruzione. Ci comporta come lIpponate ribadisce an-
cora una volta non venire mai meno al desiderio della vita beata anche
nel mezzo di tutte le attivit in cui ci troviamo ad essere impegnati. Inol-
tre, quando tali incombenze siano conformi alla condotta autentica del
cristiano, tutta quanta la vita giunge a trasformarsi in preghiera attraverso
le opere, conformemente allidea di oratio continua quale accordo tra il
pregare e lagire che era stata di Origene e di altri autori. Specialmente
nelle Enarrationes in Psalmos Agostino prospetta la preghiera ininterrotta
come lode di Dio e salmo innalzato a Lui nel pieno della propria
vita2016. Daltra parte, in analogia con il ricorso ai verba, che attivano la

tius. In ipsa ergo fide et spe et caritate continuato desiderio semper oramus. La triade
paolina ritorna anche in 24 (230, 458-461): Fides ergo et spes et caritas (1Cor 13, 13) ad
Deum perducunt orantem, hoc est credentem, sperantem, desiderantem, et quae petat a
Domino in dominica oratione considerantem. Si veda inoltre come Agostino argomenta
limplicazione delle tre virt nella prassi orante in Enchir. 2, 7 (51, 1-11): Nam ecce tibi
est symbolum et dominica oratio. Quid brevius auditur aut legitur? Quid facilius memo-
riae commendatur? Quia enim de peccato gravi miseria premebatur genus humanum, et
divina indigebat misericordia, gratiae Dei tempus propheta praedicens ait: Et erit: omnis
qui invocaverit nomen Domini salvus erit (Gl 2, 32). Propter hoc oratio. Sed Apostolus
cum ad ipsam gratiam commendandam hoc propheticum commemorasset testimonium,
continuo subiecit: Quomodo autem invocabunt in quem non crediderunt? (Rm 10, 14).
Propter hoc symbolum. In his duobus tria illa intuere: fides credit, spes et caritas orant.
Sed sine fide esse non possunt, ac per hoc et fides orat.
2014 Cfr. Vincent, 68; Van Bavel, 55-56, che fra laltro rimanda a En. in Ps. 34, II, 3.
2015 Serm. 56, 4 (156, 74-78): Sed ne forte hic aliquis dicat: Si novit quid nobis
sit necessarium, ut quid vel pauca verba dicimus, ut quid oramus? Ipse scit: det quod scit
nobis necessarium!. Sed ideo voluit ut ores, ut desideranti det, ne vilescat quod dederit:
quia et ipsum desiderium ipse insinuavit.
2016 En. in Ps. 146, 2 (163, 6164, 19): Vis ergo psallere? Non sola vox tua sonet
laudes Dei, sed opera tua concordent cum voce tua. Cum ergo voce cantaveris, silebis ali-
quando: vita sic canta, ut numquam sileas. Negotium agis, et fraudem cogitas? Siluisti a
618 Parte seconda, Capitolo nono
coscienza di colui che prega, giova alla continuit dellesperienza concreta
di preghiera poter contare su momenti particolari consacrati ad essa. Ov-
viamente, anche questi tempi fissi della preghiera non sono richiesti da
Dio, ma servono ad assicurare la piena consapevolezza personale del-
lorante e ad impedire che lardore del suo desiderio sintiepidisca2017. A
margine di questa interpretazione, che costituisce la linea principale di
riflessione sulla valenza antropologica dellorazione, Agostino accenna di
passaggio ed in via ipotetica allutilit della preghiera vocale perch gli
angeli facciano da tramite presso Dio assicurandone lesaudimento. In li-
nea con la tradizione, lIpponate ricava il paradigma scritturistico dalla
storia di Tobia con lintervento dellarcangelo Raffaele (Tb 12, 12)2018. In
ogni caso, testimone principale della prassi orante come esperienza con-
tinuata non pu non essere anche secondo Agostino lo stesso Ges2019.
Ma lIpponate precisa ulteriormente il proprio pensiero circa i limiti
della preghiera vocale, coerentemente con lavvertenza contro il multilo-
quio in Mt 6, 7, nellintrodurre la testimonianza della prassi orante del mo-
nachesimo egiziano. Si tratta del celebre, quantunque unico, accenno della
Lettera a Proba sulluso delle giaculatorie, secondo il termine suggeri-
to dalla stessa formulazione agostiniana (invocazioni come lanciate al
volo), che sembrerebbe rimandare alla consuetudine della preghiera mo-
nologica o preghiera di Ges attestataci da Cassiano. Anche Agostino
ne coglie laspetto della frequenza, ma pi che insistere sulla ripetizione

laude Dei, et quod gravius est, non solum a laude siluisti, sed in blasphemiam perrexisti.
Cum enim Deus laudatur de bono opere tuo, opere tuo laudas Deum, et cum blasphematur
Deus de malo opere tuo, opere tuo blasphemas Deum. Itaque ad aurium exhortationem
canta voce, corde ne sileas, vita ne taceas. Non cogitas in negotio fraudem? Psallis Deo.
Cum manducas et bibis, psalle, non intermiscendo sonorum suavitates ad aures aptas, sed
modeste et frugaliter et temperanter manducando et bibendo: quia hoc dicit Apostolus: Sive
manducatis, sive bibitis, sive quid facitis; omnia in gloriam Dei facite (1Cor 10, 31).
2017 Ep. 130, 18 (225, 328226, 341): Sed ideo per certa intervalla horarum et
temporum etiam verbis rogamus Deum, ut illis rerum signis nos ipsos admoneamus, quan-
tumque in hoc desiderio profecerimus, nobis ipsis innotescamus, et ad hoc augendum nos
ipsos acrius excitemus. Dignior enim sequetur effectus, quem ferventior praecedit affec-
tus. Ac per hoc et quod ait Apostolus: Sine intermissione orate (1Ts 5, 17), quid est aliud
quam beatam vitam, quae nulla nisi aeterna est, ab illo, qui eam dare solus potest, sine
intermissione desiderate? Semper ergo hanc a Domino Deo desideremus, et semper ore-
mus. Sed ideo ab aliis curis atque negotiis, quibus ipsum desiderium quodammodo tepe-
scit, certis horis ad negotium orandi mentem revocamus verbis orationis nos admonentes
in id, quod desideramus, intendere, ne quod tepescere coeperat, omnino frigescat, et peni-
tus exstinguatur, nisi crebrius inflammetur. In generale (come mostra Vincent, 64-67),
Agostino non dedica molta importanza al problema delle ore di preghiera, ma si preoc-
cupa sempre dei risvolti interiori.
2018 Ep. 130, 18 (226, 346-347): Aut forte innotescant etiam angelis, qui sunt apud
Deum, ut quodammodo eas offerant Deo et de his consulant.
2019 Ep. 130, 19 (226, 357-358): Nam et de ipso Domino scriptum est quod per-
noctaverit in orando (Lc 6, 12) et quod prolixius oraverit (cfr. Lc 22, 44).
La costruzione di un modello 619
di queste formule di preghiera, rileva il loro carattere istantaneo che pre-
viene lallentamento della concentrazione interiore di colui che prega2020.
la tensione spirituale dellorante ci che preme di pi ad Agostino, sen-
za privilegiare il ricorso alla preghiera formulare in quanto tale. Infatti di-
chiara che non v ragione dinterrompere lorazione nel caso in cui la ten-
sione orante non mostri segni di cedimento. Tuttavia, egli ha sempre in
mente una forma di preghiera che non abbonda di parole e trova la sua
sede pi congeniale nellinteriorit dellanima o meglio del cuore. Il tra-
scendimento della preghiera vocale, suggerito dallo stesso carattere com-
pendioso della Preghiera al Signore, si manifesta per Agostino anche nella
preghiera delle lacrime e nei gemiti, che assumono un rilievo particolare
anche in riferimento a Rm 8, 26, come vedremo pi avanti. La sua esorta-
zione a Proba, con la distinzione fra parlare molto e pregare molto,
punta essenzialmente ad incoraggiare larticolazione delle suppliche me-
diante la preghiera del cuore evitando cos leccesso di parole:
Sia ben lungi dalla preghiera uneccessiva quantit di parole, ma non venga
meno labbondanza di suppliche, se perdura una tensione fervida. Parlare molto,
infatti vuol dire, nel caso della preghiera, compiere una cosa necessaria con pa-
role inutili. Pregare molto, invece, bussare con costante e devota mozione del
cuore presso colui che preghiamo. In effetti questo si fa generalmente pi con i
lamenti che con i discorsi, con il pianto pi che con le parole. Egli daltra parte
pone le nostre lacrime al proprio cospetto; il nostro lamento non nascosto a co-
lui che fece ogni cosa per mezzo del Verbo e che non cerca parole umane2021.

Con queste premesse che delimitano fortemente lo spazio della pre-


ghiera vocale favorendo piuttosto il modello di unorazione silenziosa, a
patto che sia espressione di un intenso raccoglimento interiore Agostino
si accosta allinterpretazione del Padrenostro, che nel Sermone 56 desi-

2020 Ep. 130, 20 (227, 361-364): Dicuntur fratres in Aegypto crebras quidem ha-
bere orationes, sed eas tamen brevissimas et raptim quodammodo iaculatas, ne illa vigi-
lanter erecta, quae oranti plurimum necessaria est, per productiores moras evanescat atque
hebetetur intentio. Cacciari, 110, nota 92 nota giustamente la sintonia della formulazione
agostiniana con il lessico militare della preghiera, documentandolo con particolare rife-
rimento a Origene e Tertulliano. Per Antoni, 208: Cet arrt de lintelligence qui tente de
quitter lcoulement du devenir pour sjourner dans lAujourdhui de Dieu, est le propre
de la prire fulgurante. [...] Loraison jaculatoire tend pouser le plus possible ce pur
prsent, cet instant indivisible soustrait au devenir quvoque le chapitre 15 du Livre XI
des Confessions.
2021 Ep. 130, 20 (227, 367-375): Absit enim ab oratione multa locutio, sed non de-
sit multa precatio, si fervens perseverat intentio. Nam multum loqui, est in orando rem
necessariam superfluis agere verbis. Multum autem precari, est ad eum, quem precamur,
diuturna et pia cordis excitatione pulsare. Nam plerumque hoc negotium plus gemitibus
quam sermonibus agitur, plus fletu quam affatu. Ponit autem lacrymas nostras in con-
spectu suo, et gemitus noster non est absconditus ab eo qui omnia per Verbum condidit et
humana verba non quaerit (tr. Cacciari, 111-112).
620 Parte seconda, Capitolo nono
gna incisivamente come la forma desideriorum, riappropriandosi con il
suo linguaggio di unespressione tertullianea2022. Ancora una volta egli ri-
badisce preliminarmente la valenza antropologica della preghiera: le pa-
role del Padrenostro non sono richieste da Dio per lui, bens sono neces-
sarie per noi, onde renderci edotti su cosa domandare, sia nellorizzonte
della vita terrena che in quello della vita eterna2023. A questultima riman-
dano specificamente le tre petizioni iniziali della preghiera del Signore,
tutte relative a beni gi fruibili parzialmente sulla terra, ma che riceveran-
no piena attuazione in cielo. Invece, le altre petizioni del Padrenostro ri-
guardano lesistenza nel mondo con i suoi beni transeunti e le prove an-
cora da affrontare2024. Questo schema interpretativo ritorna generalmente
nei numerosi commenti che lIpponate ha dedicato al Padrenostro, di solito
a partire dal testo di Matteo, distinto preferibilmente in sette petizioni.
Quanto alla versione lucana, anche in forza della sua sinteticit, nellEn-
chiridion la considera una chiave per comprendere il testo matteano. Con
le sue due omissioni Luca indica che la terza domanda di Matteo va vista
come una ripetizione delle prime due e la settima come unestrapolazione
della sesta 2025. Non solo la cornice generale dellesegesi agostiniana del
Pater, ma anche la spiegazione delle singole domande tendono poi a ri-
proporre contenuti simili, come possiamo notare dal raffronto tra il breve
commento della Lettera a Proba e i Sermones 56-59. Senza soffermarci
sui dettagli esegetici in questi come in altri scritti, conviene richiamare gli

2022 Serm. 56, 4 (156, 79-81): Verba ergo quae docuit Dominus noster Iesus Chri-
stus in oratione, forma est desideriorum. Non tibi licet petere aliud quam ibi scriptum est.
Cfr. Tertulliano, De orat. 1, 1 (257, 4-5): novam orationis formam.
2023 Ep. 130, 21 (227, 376-378): Nobis ergo verba necessaria sunt, quibus com-
moneamur et inspiciamus, quid petamus, non quibus Dominum seu docendum seu flecten-
dum esse credamus.
2024 Enchir. 30, 115 (110, 12-15): Proinde apud evangelistam Matthaeum septem
petitiones continere dominica videtur oratio, quarum in tribus aeterna poscuntur, in reliquis
quattuor temporalia, quae tamen propter aeterna consequenda sunt necessaria. Chapot,
119-120 vede in ci la ripresa della distinzione tertullianea sulla struttura del Pater (De
orat. 6, 1), pur riconoscendo loriginalit di Agostino: En particulier elle reconnat la
dernire demande comme une quatrime requte de la seconde srie, alors que le De ora-
tione y voyait une simple reprise de la sixime demande (p. 121).
2025 Enchir. 30, 116 (111, 36-50): Evangelista vero Lucas in oratione dominica
petitiones non septem sed quinque complexus est, nec ab isto utique discrepavit, sed quo-
modo istae septem sint intellegendae ipsa sua brevitate commonuit. Nomen quippe Dei
sanctificatur in spiritu, Dei autem regnum in carnis resurrectione venturum est. Ostendens
ergo Lucas tertiam petitionem duarum superiorum esse quodammodo repetitionem, magis
eam praetermittendo fecit intellegi. Deinde tres alias adiungit, de pane cotidiano, de remis-
sione peccatorum, de temptatione vitanda. At vero quod ille in ultimo posuit: Sed libera
nos a malo, iste non posuit, ut intellegeremus ad illud superius, quod de temptatione dictum
est, pertinere. Ideo quippe ait: Sed libera, non ait et libera, tamquam unam petitionem
esse demonstrans: Noli hoc, sed hoc, ut sciat unusquisque in eo se liberari a malo quod
non infertur in temptationem.
La costruzione di un modello 621
elementi che contribuiscono ulteriormente a precisare il modello di pre-
ghiera tracciato da Agostino. In questo senso il pro nobis delle domande,
da non intendere mai come un pro Deo, riafferma tendenzialmente la
funzione circoscritta della preghiera vocale nellottica dellIpponate.
Linvocazione iniziale oggetto di una riflessione pi specifica nel
Discorso del Signore sulla montagna. Agostino la sfrutta qui per disegnare
una retorica positiva dellorazione, paragonabile nel suo aspetto dosso-
logico alla topica tracciata da Origene in Orat XXXIII, osservando che in
ogni supplica bene conciliarsi dapprima la benevolenza di colui che pu
esaudirla. Ora, indirizzarsi a Dio come Padre significa dare anzitutto
espressione alla lode di Dio. Questo spunto sembra essere originale, anche
se il contesto ricalca, sia pure sempre in maniera autonoma, le argomenta-
zioni sviluppate da Tertulliano, Cipriano ed Origene sulla novit dellap-
pellativo neotestamentario e cristiano di Padre rispetto alla prassi di pre-
ghiera dellAntico Testamento2026. Analogamente ai suoi predecessori, an-
che per Agostino invocare Dio come Padre implica vivere autenticamente
la condizione di figli; ma egli rimarca specialmente lazione preveniente
del dono di grazia, in forza del quale tale invocazione diventa possibile,
senza che sia da ascrivere ai nostri meriti2027. Invece, la seconda parte del-
lindirizzo del Pater sfocia in uninterpretazione dal sapore pi aperta-
mente origeniano, dal momento che anche lIpponate identifica i cieli
con i santi e i giusti in cui Dio dimora, contrastando egualmente la no-
zione di una sua delimitazione spaziale2028.

2026 Serm. dom. m. II , 4, 15 (104, 305105, 317): Cum in omni deprecatione beni-
volentia concilianda sit eius quem deprecamur, deinde dicendum quid deprecemur, laude
illius ad quem oratio dirigitur solet benivolentia conciliari, et hoc in orationis principio
poni solet. In quo Dominus noster nihil aliud nos iussit dicere nisi: Pater noster qui es in
caelis. Multa dicta sunt in laudem Dei, quae per omnes sanctas Scripturas varie lateque
diffusa poterit quisque considerare cum legit; nusquam tamen invenitur praeceptum po-
pulo Israel, ut diceret: Pater noster, aut oraret Patrem Deum: sed Dominus eis insinuatus
est tamquam servientibus, id est secundum carnem adhuc viventibus. Anche Agostino
precisa il fatto che lAntico Testamento non ignora Dio come Padre, mentre la con-
dotta del popolo eletto che non corrisponde a quella di figli. Il dossier dei luoghi scrit-
turistici presenta analogie sia con Tertulliano (Is 1, 2; Gv 1, 12 in De orat. 2, 1) che con
Origene (Is 1, 2 e Mal 1, 6 in Orat XXII, 1). Heidl, 232 sottolinea la citazione di Mal 1, 6
che accomuna lAlessandrino allIpponate.
2027 Serm. dom. m. II, 4, 16 (106, 333-342): Et quoniam quod vocamur ad aeternam
haereditatem, ut simus Christi coheredes et in adoptionem filiorum veniamus (cfr. Rm 8, 17
e 23), non est meritorum nostrorum sed gratiae Dei, eamdem ipsam gratiam in orationis
principio ponimus, cum dicimus: Pater noster. Quo nomine et caritas excitatur quid enim
carius filiis debet esse quam pater? et supplex affectus, cum homines dicunt Deo: Pater
noster, et quaedam praesumptio impetrandi quae petituri sumus, cum priusquam aliquid
peteremus, tam magnum donum accepimus, ut sinamur dicere: Pater noster, Deo.
2028 Serm. dom. m. II , 5, 17 (107, 363-366): Utatur ergo voce Novi Testamenti po-
pulus novus ad aeternam haereditatem vocatus et dicat: Pater noster qui es in caelis, id est
in sanctis et iustis; non enim spatio locorum continetur Deus.
622 Parte seconda, Capitolo nono
Come si detto sopra, nel commentare le singole petizioni Agostino
si sforza sempre di mettere in luce laspetto del pro me / pro nobis nella
Preghiera del Signore, a cominciare dalla domanda sulla santificazione
del Nome. Con essa lIpponate intende regolarmente la sua venerazione e
diffusione tra gli uomini, ai quali ci reca propriamente giovamento, senza
che Dio ne abbia alcun bisogno2029. Anche la seconda petizione riguarda
la condizione delluomo, stimolato a crescere nel desiderio del Regno2030,
mentre la terza contiene la richiesta di assecondare la volont di Dio alla
stessa maniera degli angeli2031. In genere, diversamente dalla stringatezza
della Lettera a Proba, proprio lultima delle prime tre petizioni ad attirare
il maggior sforzo esegetico di Agostino, come vediamo sia dal Discorso
del Signore sulla montagna sia dai Sermoni 56-592032. Nel commento a
Mt 6 Agostino arriva addirittura a proporre quattro diverse spiegazioni
del binomio cielo e terra: a) angeli e uomini (santi)2033, b) giusti e
peccatori2034, c) spirito e carne2035, d) Cristo e Chiesa. Se le prime tre

2029 La sintetica formulazione di Ep. 130, 21 (227, 378-381) pu valere a titolo rap-
presentativo: Cum ergo dicimus: Sanctificetur nomen tuum, nos ipsos admonemus desi-
derare ut nomen eius, quod semper sanctum est, etiam apud homines sanctum habeatur,
hoc est non contemnatur; quod non Deo, sed hominibus prodest. Cfr. Serm. dom. m. II, 5,
19; Serm. 56, 5 (157, 94-97): Intellege: et pro te rogas. Hoc enim rogas, ut quod semper
sanctum est in se, sanctificetur in te. Quid est sanctificetur? Sanctum habeatur, non con-
temnatur.
2030 Ep. 130, 21 (228, 383-384): desiderium nostrum ad illud regnum excitamus, ut
nobis veniat, atque nos in eo regnare mereamur. Per linterpretazione di Serm. dom. m.
II , 6, 20 cfr. Raikas.
2031 Ep. 130, 21 (228, 385-387): nobis ab illo precamur ipsam oboedientiam, ut
sic in nobis fiat voluntas eius, quemadmodum fit in caelestibus ab angelis eius.
2032 Cfr. ad esempio Serm. 57, 6 (181, 90-91): Multis enim modis haec petitio in-
tellegi potest, et multa sunt cogitanda in ista petitione.
2033 Serm. dom. m. II, 6, 21 (111, 449-455): sicut est in angelis, qui sunt in caelis,
voluntas tua, ut omnimodo tibi adhaereant teque perfruantur, nullo errore obnubilante sa-
pientiam eorum, nulla miseria impediente beatitudinem illorum, ita fiat in sanctis tuis, qui
in terra sunt, et de terra quod ad corpus attinet facti sunt, et quamvis in caelestem habita-
tionem atque immutationem, tamen de terra assumendi sunt.
2034 Questa spiegazione considera in aggiunta due eventualit, recuperando il mo-
tivo ciprianeo della preghiera per i nemici (Cipriano, De dom. or. 17, citato da De dono
persev. 3, 6). Cfr. Serm. dom. m. II , 6, 22 (112, 479-483): faciant voluntatem tuam sicut
iusti ita etiam peccatores, ut ad te convertantur; sive ita: Fiat voluntas tua sicut in caelo et
in terra, ut sua cuique tribuantur; quod fiet extremo iudicio, ut iustis praemium peccatori-
bus damnatio retribuatur, cum agni ab haedis separabuntur.
2035 Cfr. Serm. dom. m. II, 6, 23 (113, 503-508), che risente pi direttamente del-
lorizzonte escatologico della vita beata: Sed id orandum est, ut sicut in caelo et in terra
fiat voluntas Dei, id est ut quemadmodum condelectamur legi Dei secundum interiorem
hominem, ita etiam corporis immutatione facta huic nostrae delectationi nulla pars nostra
terrenis doloribus seu voluptatibus adversetur. De dono persev. 3, 6 (PL 45, 997) ri-
chiama la spiegazione di Cipriano, De dom. or. 16: Vult autem ille doctor et martyr, cae-
La costruzione di un modello 623
interpretazioni trovano ampi riscontri in Tertulliano, Origene e Cipriano,
con lultima Agostino si ricollega di fatto allinterpretazione origeniana,
anche se per il tramite distinto del tema sponsale con la coppia uomo e
donna2036. Il punto di contatto con lAlessandrino risulta pi nettamente
avvertibile, perch negli ulteriori commenti Agostino privilegia la sola
chiave ecclesiologica Chiesa e nemici2037.
Anche nel secondo gruppo di domande notiamo una preferenza signi-
ficativa dellIpponate, pi direttamente rivelatrice del suo modo di guarda-
re alla preghiera. Infatti, nella maggior parte dei casi rivolta alla quinta
petizione, in quanto implica un requisito essenziale per latto stesso di pre-
gare. Da questo punto di vista, la spiegazione della quarta domanda , in
un certo senso, meno rilevante, sebbene Agostino si sia sforzato di offrire
pi di uninterpretazione. Senza interrogarsi sul pane supersubstantialis,
dato che commenta la forma pi comune con quotidianus, egli riprende
nelle linee essenziali linterpretazione fornita da Tertulliano e Cipriano
con il riconoscere due livelli di significato: materiale e spirituale. Nella
Lettera a Proba, con il primo intende la domanda del pane come richie-
sta della sufficientia, cio quanto strettamente necessario per vivere;
con il secondo, rinvia alla richiesta del pane eucaristico secondo la prassi
della comunione quotidiana in vigore nella chiesa dAfrica2038. Altrove
egli aggiunge per unulteriore spiegazione di natura spirituale, recependo
il pane come la Parola di Dio. Questa sembra essere linterpretazione
preferita dallIpponate che ci fa cos intravedere un ulteriore punto di con-

lum et terram intellegi spiritum et carnem, et hoc nos orare ut voluntatem Dei re utraque
concordante faciamus.
2036 Serm. dom. m. II , 6, 24 (113, 509-514): Nec illud a veritate abhorret, ut acci-
piamus Fiat voluntas tua sicut in caelo et in terra: sicut in ipso Domino Iesu Christo ita et
in Ecclesia, tamquam in viro, qui Patris voluntatem implevit, ita et in femina, quae illi de-
sponsata est. Caelum enim et terra convenienter intellegitur quasi vir et femina, quoniam
terra caelo fecundante fructifera est. Cfr. Orat XXVI, 3 (supra, nota 660). Anche Serm.
56, 8 (159, 145-149) attesta le diverse spiegazioni, insistendo sulla piena attuazione della
volont di Dio come il passaggio dalla concupiscentia alla caritas: cum ergo hoc bellum
transierit, omnisque concupiscentia in caritate fuerit commutata, nihil in corpore remane-
bit quod spiritui resistat, nihil quod dometur, nihil quod frenetur, nihil quod calcetur, sed
totum per concordiam perget ad iustitiam, fit voluntas tua in caelo et in terra.
2037 Cfr. Serm. 56, 8 (159, 155-157): Est et alius sensus pius valde. Moniti enim
sumus orare pro inimicis nostris. Ecclesia, caelum est; inimici Ecclesiae, terra sunt; Serm.
57, 6 (182, 100-102): Ecclesia Dei coelum est, inimici eius terra sunt. Bene optamus
inimicis nostris, ut credant et ipsi, et fiant christiani; Serm. 58, 4 (202, 64-66): Etiam sic
bene intellegi potest: Fiat voluntas tua, sicut in coelo, ita et in terra: ut coelum ponamus
Ecclesiam, quia portat Deum; terram vero infideles.
2038 Ep. 130, 21 (228, 387-393): Cum dicimus: Panem nostrum quotidianum da
nobis hodie; per id, quod dicitur hodie, significatur hoc tempore, ubi vel sufficientiam il-
lam petimus a parte, quae excellit, id est nomine panis totam significantes vel sacramen-
tum fidelium, quod in hoc tempore necessarium est, non tamen ad huius temporis, sed ad
illam aeternam felicitatem assequendam.
624 Parte seconda, Capitolo nono
tatto dottrinale con lAlessandrino2039. Esso tanto pi significativo nella
misura in cui Agostino lelabora con maggiore ampiezza proprio nel Di-
scorso del Signore sulla montagna, lo scritto che sembra riecheggiare pi
da vicino limpostazione di Orat. Un tratto origeniano affiora anche nel-
lapproccio problematico proposto dallIpponate in questa sede. La quae-
stio suscitata dalle prime due spiegazioni: da un lato, la richiesta di beni
terreni contraddice in apparenza linvito di Ges a non darsi pena del cibo
e del vestito (Lc 12, 22), mentre il modello di preghiera da lui inculcato
esige invece un forte coinvolgimento interiore (Mt 6, 6)2040; dallaltro lato,
la prassi eucaristica quotidiana non condivisa dalle chiese orientali, lad-
dove il Padrenostro vincolante per tutti come regula orandi; inoltre, am-
messa lidentificazione con il pane eucaristico, paradossalmente non si do-
vrebbe pi pregare il Padrenostro dopo aver comunicato 2041. Dunque, solo
la terza spiegazione, in relazione al nutrimento spirituale della Parola di
Dio con i suoi precetti da meditare e attuare quotidianamente nellesi-
stenza terrena risulta essere la pi adeguata2042. In tal modo Agostino
ricupera la visuale interamente spirituale della quarta domanda che era
tipica di Origene, sia pure ammettendo da ultimo la possibilit di servirsi
delle altre due spiegazioni in collegamento con la terza2043. Se in seguito
lIpponate lascia cadere tale richiesta, non trascura per di ribadire il pri-
mato dellaccezione spirituale di pane quotidiano anche nei Sermones

2039 La preferenza riconosciuta, fra gli altri, da Courtray, 42-43.


2040 Serm. dom. m. II, 7, 25 (114, 523-536): Sed horum trium quid sit probabilius,
considerari potest. Nam forte quispiam moveatur, cur oremus pro his adipiscendis quae
huic vitae sunt necessaria, veluti est victus et tegumentum, cum ipse Dominus dicat: No-
lite solliciti esse quid edatis vel quid induamini (Lc 12, 22). An potest quisque de ea re pro
qua adipiscenda orat non esse sollicitus, cum tanta intentione animi oratio dirigenda sit, ut
ad hoc totum illud referatur quod de claudendis cubiculis dictum est (cfr. Mt 6, 6), et illud
quod ait: Quaerite primum regnum Dei, et haec omnia apponentur vobis (Mt 6, 33)? Non
ait utique: Quaerite primum regnum Dei, deinde ista quaerite, sed: haec omnia, inquit, ap-
ponentur vobis, scilicet etiam non quaerentibus. Quomodo autem recte dicatur non quae-
rere aliquis quod ut accipiat intentissime Deum deprecatur, nescio utrum inveniri queat.
2041 Serm. dom. m. II, 7, 26 (115, 546-554): Sed ut de istis, ut dictum est, nihil in
aliquam partem disseramus, illud certe debet occurrere cogitantibus, regulam nos orandi a
Domino accepisse, quam transgredi non oportet vel addendo aliquid vel praetereundo.
Quod cum ita sit, quis est qui audeat dicere semel tantum nos orare debere orationem
dominicam, aut certe, etiam si iterum vel tertio, usque ad eam tamen horam qua corpori
Domini communicamus, postea vero non sic orandum per reliquas partes diei?.
2042 Serm. dom. m. II , 7, 27 (115, 557-559): Restat igitur ut cotidianum panem ac-
cipiamus spiritalem, praecepta scilicet divina, quae cotidie oportet meditari et operari.
Calderone, 64 rileva giustamente in Agostino la precedenza dellinterpretazione orige-
niana, cio la spiegazione intellettuale, sulla materiale e sulleucaristica.
2043 Serm. dom. m. II , 7, 27 (116, 578-583): Si quis autem etiam [illa quae] de
victu corporis necessario vel de sacramento dominici corporis istam sententiam vult acci-
pere, oportet ut coniuncte accipiantur omnia tria, ut scilicet cotidianum panem simul pe-
tamus et necessarium corpori et sacratum visibilem et invisibilem Verbi Dei.
La costruzione di un modello 625
ad competentes. Fra laltro, commentando la quarta domanda del Pater
nel Sermone 56, egli vi introduce lidea di una costitutiva mendicit
delluomo al cospetto di Dio, motivo gi presente in Gregorio di Nissa e
Cassiano, a dimostrazione dellimprescindibilit delloratio2044 . A sua
volta, il Sermone 57, mentre estende il significato spirituale allinsegna-
mento impartito da Agostino con la sua predicazione e alla vita di preghie-
ra della chiesa, rafforza la dimensione terrena della richiesta del pane quo-
tidiano rispetto alla condizione oltremondana che si contraddistinguer
per la fruizione diretta del Verbo nella contemplazione di lui. Qui, come
pure nel Sermone 59, Agostino lascia intravedere pi chiaramente il supe-
ramento del regime della parola, che condiziona lespressione della pre-
ghiera nellorizzonte della vita terrena2045.
Il rilievo della quinta petizione agli occhi dellIpponate emerge so-
prattutto nei Sermones ad competentes e nellEnchiridion, dal momento
che la Lettera 130 annota brevissimamente come essa ci istruisca a un tem-
po sul contenuto della preghiera e sul modo in cui possiamo ottenerlo2046.
Anche nel Discorso del Signore sulla montagna la trattazione risulta ab-
breviata, poich nelleconomia dello scritto Agostino ha gi affrontato il
tema della vendetta e del perdono, quantunque egli si premuri di segnalare
limportanza della quinta domanda a conclusione della sezione sulla pre-
ghiera2047. Invece, nei Sermoni 56-59 lesegesi della quinta domanda la
dominante, al punto che essa tende a condizionare anche la spiegazione
delle due restanti petizioni, come avviene in particolare nel Sermone 56 2048.

2044 Serm. 56, 9 (160, 171-173): Quando dicis: Panem nostrum quotidianum da
nobis hodie, profiteris te mendicum Dei. Sed noli erubescere: quantumlibet sit quisque di-
ves in terra, mendicus Dei es. Il motivo ricorre spesso; ad esempio, in Serm. 123, 5 (PL
38, 686): Qui panem quotidianum petis, pauper es, an dives?. Sulla sua presenza in Gre-
gorio di Nissa e Cassiano cfr. rispettivamente note 1902 e 1983.
2045 Serm. 57, 7 (184, 146-154): Hic enim sunt necessaria peregrinationi nostrae.
Numquid, illuc quando venerimus, codicem sumus audituri? Ipsum Verbum visuri, ipsum
Verbum audituri, ipsum manducaturi, ipsum bibituri, quomodo angeli modo. Numquid
angelis codices sunt necessarii, aut disputatores, aut lectores? Absit! Videndo legunt: vi-
dent enim ipsam Veritatem, et illo fonte satiantur, unde nos inroramur. Dictum est ergo de
pane quotidiano; quia in ista vita nobis est necessaria haec petitio. La stessa idea compare
in Serm. 59, 6 (224, 78-87): Cum autem vita ista transierit nec panem illum quaeremus
quem quaerit fames, nec sacramentum altaris habemus accipere, quia ibi erimus cum Chri-
sto cuius corpus accipimus, nec verba ista nobis dici habent quae dicimus vobis nec codex
legendus est, quando ipsum videbimus quod est Verbum Dei, per quem facta sunt omnia,
quo pascuntur angeli, quo inluminantur angeli, quo sapientes fiunt angeli, non quaerentes
verba locutionis anfractuosae sed bibentes unicum Verbum et inde impleti ructant laudes
et non deficiunt in laudibus.
2046 Ep. 130, 21 (228, 394-395): nos admonemus et quid petamus, et quid facia-
mus, ut accipere mereamur.
2047 Serm. dom. m. II, 8, 28.
2048 Agostino vi accorpa la sesta e la settima domanda come postilla della quinta.
Cfr. Serm. 56, 18 (170, 415-420): Propter illa quae iam facta sunt, ista tibi sententia cu-
626 Parte seconda, Capitolo nono
Propiziata dal contesto di una catechesi prebattesimale, essa verte sullidea
che la richiesta della remissione dei peccati costituisce la quotidiana mun-
datio, la purificazione di cui il cristiano ha bisogno giorno per giorno
dopo il battesimo. Infatti, nessuno rimane immune dal peccato, grande o
piccolo che sia, anche dopo il lavacro battesimale. Cos, la preghiera ci
ricorda sempre la nostra condizione di peccatori, bisognosi del perdono di
Dio, mentre ci impegna a nostra volta al perdono e allamore dei nemici.
Con una metafora di facile comprensione per il suo uditorio, Agostino
descrive lazione purificatrice della preghiera come lo svuotamento quo-
tidiano della sentina di una nave onde evitare che affondi, unendo altres
orazione ed elemosina nel segno di una vita cristiana pienamente coe-
rente2049. Come lIpponate osserva ancora nellEnchiridion, Ges stesso
testimone dellimportanza della quinta domanda: dopo averla insegnata
nel Padrenostro, egli tornato ad inculcarla con un rinnovato invito che
suona come un tuono a perdonare i peccati altrui, pena il mancato per-
dono dei propri da parte di Dio (Mt 6, 14-15)2050. A sua volta, il Discorso

rationis subvenit: Dimitte nobis debita nostra, sicut et nos dimittimus debitoribus nostris.
Propter illa quae potes incidere, quid facies? Ne nos inferas in tentationem, sed libera nos
a malo. Ne nos inferas in tentationem, sed libera nos a malo: hoc est, ab ipsa tentatione.
In Serm. 57, 11-12, la spiegazione della sesta riprende il motivo della quinta grazie al-
lidea che la magna tentatio da evitare sia la vendetta e il mancato perdono dei nemici.
2049 Serm. 56, 11 (162, 222-226): qui autem baptizantur et tenentur in hac vita, de
fragilitate mortali contrahunt aliquid, unde, etsi non naufragatur, tamen oportet ut sentine-
tur, quia, si non sentinatur, paulatim ingreditur unde tota navis mergatur. Et hoc orare sen-
tinare est. Non tantum autem debemus orare, sed et eleemosynam facere, quia, quando
sentinatur ne navis mergatur, et vocibus agitur et manibus. Il motivo figura anche nel testo
pi o meno contemporaneo (410-412 ca.) del Serm. 213, 9 (PLS II, 542): Sed quoniam
vivituri sumus in isto saeculo, ubi quis non vivit sine peccato, ideo remissio peccatorum
non est in sola ablutione sacri baptismatis, sed etiam in oratione dominica et quotidiana,
quam post octo dies accepturi estis. In illa invenietis quasi quotidianum baptismum ve-
strum. Basandosi su ci Hammerling 2008b, 197, giunge ad attribuire un valore sacramen-
tale alla Preghiera del Signore: the Lords Prayer was a sacramental prayer for Augus-
tine, a prayer of hope and forgiveness, grace and salvation, and the very extension of
baptism into the everyday lives of believers. La necessit di una purificazione quotidiana
era gi stata inculcata da Cipriano, De dom. or. 12, in relazione per alla prima domanda.
2050 Enchir. 19, 74 (89, 69-75): Qui cum docuisset orationem, hanc in ea positam
sententiam vehementer commendavit dicens: Si enim dimiseritis hominibus peccata eo-
rum, dimittet et vobis Pater vester caelestis peccata vestra; si autem non dimiseritis homi-
nibus, nec Pater vester dimittet peccata vestra (Mt 6, 14-15). Ad tam magnum tonitruum
qui non expergiscitur, non dormit sed mortuus est: et tamen potens est ille etiam mortuos
suscitare. Lo stesso spunto si ritrova in Serm. 57, 12 (189, 258-261): Magister et Salvator
noster, cum doceret nos in hac oratione sex vel septem petitiones, nullam sibi assumpsit
unde tractaret, et quam nobis vehementius commendaret, nisi hanc unam. Per un elenco
dei numerosi sermoni in cui Agostino ha affrontato largomento cfr. Hammerling 2008b,
187. Il motivo presente anche in Giovanni Crisostomo, Hom. in Matth. XIX, 6 (PG 57,
281), che rinvia ugualmente a Mt 6, 14: dei'xai boulovmeno" o{shn uJpe;r tou' pravgmato"
poiei'tai th;n spoudhvn, kai; ijdikw'" aujto; tivqhsi, kai; meta; th;n eujch;n oujdemia'" a[llh"
La costruzione di un modello 627
del Signore sulla montagna, riecheggiando un motivo di Gregorio di Nis-
sa, osserva che la quinta lunica fra tutte le domande a istituire una sorta
di patto con Dio2051. In seguito Agostino la sfrutter anche nella pole-
mica con i pelagiani per ricordare la costante confessione terrena della
sua colpevolezza da parte della chiesa2052.
Quanto alla sesta e alla settima petizione, luna e laltra ci inculca-
no anchesse, secondo la Lettera a Proba, la consapevolezza del bisogno
dellaiuto divino2053. In particolare, Agostino vi d valore alla settima do-
manda come la formulazione capace di compendiare al meglio la condi-
zione e i sentimenti dellorante cristiano, al punto di raccomandare il suo
utilizzo come inizio, centro e clausola di ogni invocazione a Dio2054. Se
ci ricorda lanaloga indicazione di Cassiano, sia pure riferita alle parole
di Ges nel Getsemani2055, si noti per come con questa spiegazione la
preghiera vocale tenda di nuovo a trapassare in una forma di orazione di-
versa, che si affida ormai ai gemiti e alle lacrime. Ben pi analitica
lesposizione che lIpponate dedica alla sesta petizione nel Discorso del
Signore sulla montagna dove non mancano ancora una volta sorprendenti
analogie con la trattazione di Orat. Enunciato il problema della duplice
resa latina del verbo greco eijsenevgkh/" (ne inducas o ne nos patiaris

ejntolh'" mevmnhtai h] tauvth". Il Crisostomo nota anche come Paolo, descrivendo il modo di
pregare in 1Tm 2, 8, si preoccupi soprattutto del precetto di amare i nemici: oujde;n ou{tw"
ejxezhvthsen wJ" th'" ejntolh'" tauvth" th;n fulakhvn (Hom. in Matth. XIX, 8 [PG 57, 284]).
2051 Serm. dom. m. II, 11, 39 (130, 867-875): Sane non neglegenter praetereundum
est, quod ex omnibus his sententiis, quibus nos Dominus orare praecepit, eam potissimum
commendandam esse iudicavit quae pertinet ad dimissionem peccatorum in qua nos mise-
ricordes esse voluit, quod unum est consilium miserias evadendi. In nulla enim alia senten-
tia sic oramus, ut quasi paciscamur cum Deo; dicimus enim: Dimitte nobis, sicut et nos
dimittimus. In qua pactione si mentimur, totius orationis nullus est fructus. Anche qui si
cita Mt 6, 14-15. Sulla presenza del tema nel Nisseno, che per rimarca il condizionamen-
to di Dio ad opera di chi perdona, cfr. De or. dom. V (61, 12 ss.).
2052 Serm. 181, 7 (PL 38, 982): Ubi es ergo, haeretice Pelagiane vel Caelestiane?
Ecce tota Ecclesia dicit: Dimitte nobis debita nostra. Habet ergo maculas et rugas. Sed
confessione ruga extenditur, confessione macula abluitur. Stat Ecclesia in oratione, ut
mundetur confessione; et quamdiu hic vivitur, sic stat.
2053 Ep. 130, 21 (228, 396-400): Cum dicimus: Ne nos inferas in tentationem, nos
admonemus hoc petere, ne deserti eius adiutorio alicui temptationi vel consentiamus de-
cepti, vel cedamus afflicti. Cum dicimus: Libera nos a malo, nos admonemus cogitare,
nondum nos esse in eo bono ubi nullum patiemur malum.
2054 Ep. 130, 21 (228, 400-404): Et hoc quidem ultimum quod in oratione domi-
nica positum est, tam late patet, ut homo christianus in qualibet tribulatione constitutus in
hoc gemitus edat, in hoc lacrimas fundat, hinc exordiatur, in hoc immoretur, ad hoc ter-
minet orationem. Agostino lo ribadisce in Ep. 130, 23 (230, 445-448), per i contenuti
che non si confanno al Padrenostro: Quamobrem pudeat saltem petere, quae non pudet
cupere; aut si et hoc pudet, sed cupiditas vincit, quanto melius hoc petitur, ut etiam ab isto
cupiditatis malo liberet, cui dicimus: Libera nos a malo! (si veda anche nota 2059).
2055 Cfr. supra, nota 1975.
628 Parte seconda, Capitolo nono
induci) 2056, anche Agostino chiarisce al pari di Origene come non si tratti
di pregare per non essere tentati, bens per non soccombere alla tentazio-
ne2057. Infatti, senza la tentazione intesa come prova nessuno pu es-
sere vagliato e questa prova assume per chi laffronta un valore diagnosti-
co, analogamente a quanto aveva sostenuto lAlessandrino 2058.
Nella Lettera a Proba lo sguardo retrospettivo, che spesso accompa-
gna la conclusione dei commenti agostiniani sul Padrenostro, mette anco-
ra in risalto la Preghiera del Signore come il paradigma e la norma della
preghiera cristiana. Essa il metro di giudizio e la sintesi vincolante per
qualunque altra espressione orante. Non tanto questione di forma per
lIpponate, a parte la compendiosit sempre raccomandata, quanto piutto-
sto dei contenuti che vi sono riassunti in maniera esemplare. Come tale, il
Padrenostro costituisce il modello per eccellenza della preghiera spiritua-
le; chiunque si discosti da esso non pu non pregare in modo carnale
(carnaliter), allopposto di coloro che, rinati nello Spirito, sono invece
chiamati a pregare in modo spirituale (spiritaliter)2059. In questa rifles-
sione troviamo non solo lulteriore conferma della piena adesione di Ago-
stino al discorso eucologico fra II e V secolo, sempre impegnato ad appro-
fondire la preghiera cristiana come preghiera spirituale, ma come si
vedr fra breve anche la premessa per unimplicazione essenziale sulla
natura pneumatica dellautentica orazione che avvicina ancor di pi
lIpponate allAlessandrino. Inoltre Agostino si riallaccia alla tradizione
precedente anche per il fatto che riformula lidea tertullianea del Padre-
nostro come compendio non solo del vangelo ma in generale di tutta quan-

2056 Serm. dom. m. II, 9, 30 (119, 638-642): Nonnulli codices habent inducas, quod
tantundem valere arbitror; nam ex uno graeco quod dictum est eijsenevgkh/" utrumque
translatum est. Multi autem in precando ita dicunt: Ne nos patiaris induci in tentationem,
exponentes videlicet, quomodo dictum sit inducas. In proposito si veda Courtray, 51-59.
2057 Serm. dom. m. II, 9, 32 (120, 671121, 674): Non ergo hic oratur ut non temp-
temur, sed ut non inferamur in temptationem; tamquam si quispiam cui necesse est igne
examinari non oret ut igne non contingatur, sed ut non exuratur.
2058 Serm. dom. m. II , 9, 31 (120, 655-661): Quod itaque scriptum est: Tentat vos
Dominus Deus vester, ut sciat si diligitis eum (Dt 13, 3), illa locutione positum est: Ut
sciat, pro eo quod est: ut scire vos faciat; sicut diem laetum dicimus, quod laetos faciat, et
frigus pigrum, quod pigros faciat, et innumerabilia huiusmodi, quae sive in consuetudine
loquendi sive in sermone doctorum sive in Scripturis sanctis repperiuntur. Anche Serm.
57, 9 distingue fra tentatio e probatio e richiama lutilit diagnostica della prova.
2059 Ep. 130, 22 (228, 406-229, 413): Nam quaelibet alia verba dicamus, quae af-
fectus orantis vel praecedendo format ut clareat, vel consequendo attendit ut crescat, nihil
aliud dicimus, quam quod in ista dominica oratione positum est, si recte et congruenter
oramus. Quisquis autem id dicit quod ad istam evangelicam precem pertinere non possit,
etiamsi non illicite orat, carnaliter orat, quod nescio quemadmodum non dicatur illicite,
quando quidem spiritu renatos non nisi spiritaliter deceat orare. Come ricorda Hammer-
ling, 184, la normativit delle domande del Padrenostro ricollega Agostino a Cipriano, De
dom. or. 9.
La costruzione di un modello 629
ta la Scrittura. Egli si sforza di provarlo grazie ad un confronto sinottico
fra passi dellAntico Testamento tratti dai libri sapienziali o dai salmi
e le singole petizioni delloratio dominica: anche se le formulazioni vete-
rotestamentarie possono apparire diverse, in essa vi si si ritrovano tutti i
loro contenuti2060.
Lepilogo del commento nel Discorso del Signore sulla montagna svi-
luppa considerazioni in parte diverse. Dopo aver ripetuto la distinzione fra
le prime tre petizioni e le quattro restanti in base allo schema consueto
vita eterna/vita terrena, Agostino ne trae una delle riflessioni pi espli-
cite sul trascendimento del regime della parola e di altri segni temporali
nella contemplazione eterna di Dio. A questo fine sfrutta in senso allegori-
co la differenza fra cibo e bevanda: il primo, anche se riferito al pane
quotidiano come nutrimento spirituale, richiede lesercizio della mandu-
cazione tramite parole e segni rinviando allesistenza presente nella sua
scansione temporale e con tutte le altre limitazioni inerenti ad essa; la se-
conda simboleggia al contrario la fruizione priva di lentezze e ostacoli che
propria della visione di Dio, percepibile dalla mente in tutta la sua im-
mediatezza2061. Cos, il desiderio della vita beata che alimenta e sostiene
le manifestazioni della prassi orante prefigura in nuce lapprodo finale
della preghiera al silenzio, che sintravede peraltro sia nella spiegazione
del Padrenostro come testo normativo per i contenuti (res) pi che per le
sue parole (verba) sia nelle forme dorazione che lIpponate sembra cal-
deggiare particolarmente. Infatti, sebbene loratio dominica sia la pre-
ghiera quotidiana della chiesa come Agostino ricorda ai catecumeni nel
Sermone 58, invitandoli a recitarla ogni giorno una volta battezzati2062 ,

2060 Ep. 130, 22 (229, 430-434): si per omnia precationum sanctarum verba di-
scurras, quantum existimo, nihil invenies, quod non ista dominica contineat et concludat
oratio. Unde liberum est aliis atque aliis verbis, eadem tamen in orando dicere, sed non
esse debet liberum alia dicere. Al c. 29 la difficolt a raccordare la preghiera di Anna
con il paradigma delloratio dominica risolta mediante lapplicazione ad essa della set-
tima domanda (235, 570-573): Sed oratio eius quomodo ad orationem illam dominicam
pertineat, non facile reperitur, nisi quia in eo, quod ibi positum est: Libera nos a malo, non
parvum malum videtur, et nuptam esse, et fructum carere nuptiarum.
2061 Serm. dom. m. II, 10, 37 (127, 805-818): non quia spiritalis cibus non est
sempiternus, sed quia iste, qui cotidianus dictus est in Scripturis, sive in strepitu sermonis,
sive quibusque temporalibus signis exhibetur animae, quae omnia tunc utique non erunt,
cum erunt omnes docibiles Deo et ipsam ineffabilem lucem veritatis non motu corporum
significantes sed puritate mentis haurientes. Nam fortasse propterea et panis dictus est non
potus, quia panis frangendo atque mandendo in alimentum convertitur, sicut Scripturae
aperiendo et disserendo animam pascunt, potus autem paratus sicuti est transit in corpus,
ut isto tempore panis sit veritas, cum cotidianus panis dicitur, tunc autem potus, cum la-
bore nullo disputandi et sermocinandi quasi frangendi atque mandendi, opus erit sed solo
haustu sincerae ac perspicuae veritatis.
2062 Serm. 58, 12 (212, 273-277): Oratio vobis cotidie dicenda est, cum baptizati
fueritis. In ecclesia enim ad altare Dei cotidie dicitur ista dominica oratio, et audiunt illam
630 Parte seconda, Capitolo nono
il modo di pregare trova in ogni caso la sua illustrazione emblematica,
anche per il Padrenostro, nellistruzione premessa ad esso da Ges (Mt 6,
5-8). In conformit con questa, nel Discorso del Signore sulla montagna
lIpponate ha tracciato unimmagine dellatto orante che accentua forte-
mente il suo processo di interiorizzazione.
Mediante la corrispondenza gi evocata fra i cubicula e i corda in
base a Mt 6, 6, la preghiera chiamata ad estrinsecarsi nella sua modalit
pi adeguata come esercizio spirituale, con lattivazione di unanacore-
si sensoriale ed un intimo raccoglimento della mente in Dio. il model-
lo ben noto agli autori precedenti, primo fra tutti Origene, che ancora una
volta fa capolino attraverso questo scritto agostiniano. Designata espressa-
mente come oratio spiritalis, la preghiera sindirizza al Padre, il quale si
manifesta allorante nellintimit del cuore2063. In tal modo Agostino sem-
bra parafrasare da vicino il testo matteano, ma in realt liscrive nella sua
visione di uninteriorit animata dalla presenza del Verbo, a immagine
stessa del modello di Cristo orante che a propria volta inabitato dal Pa-
dre2064. Ne abbiamo una testimonianza particolarmente eloquente nella de-
cima omelia dei Tractatus in Ioannem (406-407), che allude a Mt 6, 6 con
limmagine della stanza del cuore:
Pregate senza esitazione, c chi ascolta: chi vi ascolta dentro di voi. Non do-
vete levare gli occhi verso un determinato monte, non dovete levare lo sguardo
alle stelle, al sole, alla luna. Non crediate di essere ascoltati se pregate rivolti al
mare: dovete anzi detestare preghiere simili. Purifica piuttosto la stanza del tuo
cuore; dovunque tu sia, dovunque tu preghi, dentro di te colui che ti ascolta,
dentro nel segreto, che il salmista chiama seno dicendo: La mia preghiera si ri-
percuoteva nel mio seno (Sal 34,13). Colui che ti ascolta non fuori di te. Non

fideles. Non ergo timemus, ne minus diligenter eam teneatis: quia et si quis vestrum non
poterit tenere perfecte, audiendo cotidie tenebit.
2063 Serm. dom. m. II , 3, 11 (101, 233102, 247): vos autem cum oratis, inquit, in-
troite in cubicula vestra (Mt 6, 6). Quae sunt ista cubicula nisi ipsa corda, quae in psalmo
etiam significantur, ubi dicitur: Quae dicitis in cordibus vestris, et in cubilibus vestris
compungimini (Sal 4, 5)? Et claudentes ostia orate, ait, Patrem vestrum in abscondito. Pa-
rum est intrare in cubicula, si ostium pateat importunis, per quod ostium ea quae foris sunt
improbe se immergunt et interiora nostra appetunt. Foris autem esse diximus omnia tem-
poralia et visibilia, quae per ostium, id est per carnalem sensum, cogitationes nostras pene-
trant et turba vanorum fantasmatum orantibus obstrepunt. Claudendum est ergo ostium, id
est carnali sensui resistendum est, ut oratio spiritalis dirigatur ad Patrem, quae fit in intimis
cordis, ubi oratur Pater in abscondito. Et Pater, inquit, vester, qui videt in abscondito, red-
det vobis (Mt 6, 6).
2064 En. in Ps. 34, II, 5 (316, 24-30): In se habebat quem deprecaretur: non erat ab
illo longe, quia ipse dixerat: Ego in Patre, et Pater in me est (Gv 14, 10). Sed quia oratio
ad ipsum magis hominem pertinet: secundum enim quod Verbum est Christus, non orat,
sed exaudit; et non sibi subveniri quaerit, sed cum Patre omnibus subvenit: quid est: Ora-
tio mea in sinum meum convertetur (Sal 34[35], 13), nisi, in meipso humanitas, in meipso
interpellat divinitatem?.
La costruzione di un modello 631
andare lontano, non levarti in alto come se tu dovessi raggiungerlo con le mani.
Pi tinnalzi, pi rischi di cadere; se ti umili, egli ti si avviciner. Questo il Si-
gnore Dio nostro, Verbo di Dio, Verbo fatto carne, Figlio del Padre, Figlio di Dio
e Figlio dell'uomo, eccelso come Creatore e umile come Redentore; che ha cam-
minato tra gli uomini, sopportando la debolezza umana, tenendo nascosta la po-
tenza divina 2065.
Linteriorizzazione dellatto orante trova inoltre conferma nel forte
ridimensionamento delle sue circostanze esteriori, il che fornisce un ulte-
riore parallelo con il pensiero di Origene. Anche Agostino relativizza la
loro importanza, come vediamo dal Discorso del Signore sulla montagna,
allorch riflette sullusanza di pregare rivolti a oriente. Lungi dal restringe-
re la presenza di Dio ad un luogo particolare, il gesto ha per lui un valore
simbolico che strettamente collegato a una finalit pedagogica. Infatti,
la preghiera in direzione del luogo dove sorge il sole illustra il processo
interiore di conversione allessere trascendente di Dio, con il passaggio
graduale dalle realt terrene alle realt celesti fino ad acquisire una nozio-
ne interamente spirituale della divinit nello specchio dellanima2066. Iden-
tica preoccupazione affiora nella risposta ad una delle questioni poste da
Simpliciano, che concerneva precisamente latteggiamento del corpo al
momento di pregare. Per lIpponate non fa differenza che uno preghi

2065 Tr. in Io. 10, 1 (100, 20101, 33): Est qui exaudiat, ne dubitetis orare: qui au-
tem exaudit, intus manet. Non in montem aliquem oculos dirigatis, non faciem in stellas
aut solem aut lunam levetis. Non tunc exaudiri vos arbitremini, quando super mare oratis:
imo detestamini tales orationes. Munda tantum cubiculum cordis; ubi fueris, ubicumque
oraveris, intus est qui exaudiat, intus in secreto, quem sinum vocat cum ait: Et oratio mea
in sinu meo convertetur (Sal 34[35], 13). Qui te exaudit, non est praeter te. Non longe va-
das, nec te extollas, ut quasi attingas illum manibus. Magis si te extuleris, cades: si te
humiliaveris, ipse appropinquabit. Hic Dominus Deus noster Verbum Dei, Verbum caro
factum, Filius Patris, Filius Dei, Filius hominis: excelsus ut nos faceret, humilis ut nos re-
ficeret, ambulans inter homines, patiens humana, abscondens divina (tr. Gandolfo-Ta-
rulli, 233-235).
2066 Serm. dom. m. II , 5, 18 (108, 382-402): Cuius rei significandae gratia, cum ad
orationem stamus, ad orientem convertimur, unde caelum surgit; non tamquam ibi habitet
Deus, quasi ceteras mundi partes deseruerit qui ubique praesens est, non locorum spatiis,
sed maiestatis potentia; sed ut admoneatur animus ad naturam excellentiorem se conver-
tere, id est ad Deum, cum ipsum corpus eius, quod terrenum est, ad corpus excellentius, id
est ad corpus caeleste, convertitur. Convenit etiam gradibus religionis et plurimum expe-
dit, ut omnium sensibus et parvulorum et magnorum bene sentiatur de Deo. Et ideo qui
visibilibus adhuc pulchritudinibus dediti sunt nec possunt aliquid incorporeum cogitare,
quoniam necesse est caelum praeferant terrae, tolerabilior est opinio eorum, si Deum, quem
adhuc corporaliter cogitant, in caelo potius credant esse quam in terra, ut cum aliquando
cognoverint dignitatem animae caeleste etiam corpus excedere, magis eum quaerant in ani-
ma quam in corpore etiam caelesti, et cum cognoverint, quantum distet inter peccatorum
animas et iustorum, sicut non audebant, cum adhuc carnaliter saperent, in terra eum col-
locare sed in caelo, sic postea meliore fide vel intellegentia magis eum in animis iustorum
quam in peccatorum requirant.
632 Parte seconda, Capitolo nono
stando seduto o in piedi, coricato o prostrato. Quel che conta la tensione
interiore della mente al colloquio con Dio, tanto pi che questa si crea da
s in qualunque situazione la solitudine di cui ha bisogno, spesso dimen-
ticandosi della posizione del corpo o del luogo, specie quando le soprag-
giunge dimprovviso qualcosa che suscita in lei lintenzione di pregare
con gemiti ineffabili2067.
La trasparente allusione a Rm 8, 26 ci riconduce per finire alla Lette-
ra 130, dove lIpponate conclude la sua trattazione proprio commentando
il fondamentale passo paolino, che a questo punto giunge a dispiegare un
influsso decisivo sullimmagine agostiniana della preghiera, mettendo in
luce un suo tratto costitutivo. Le affermazioni dellApostolo dovettero
creare difficolt a Proba, come mostra liniziale spunto aporetico di Ago-
stino. Ma impensabile, a suo avviso, che Paolo o i destinatari ignorasse-
ro loratio dominica; semmai, lignoranza dichiarata dallApostolo ri-
guarda lincapacit a comprendere il valore provvidenziale delle tribola-
zioni, come mostra la richiesta di essere liberato dalla spina nella carne
in 2Cor 12, 72068. In situazioni del genere il modello da seguire sempre

2067 La questione riguardava linterpretazione di 2Sam 7, 18. Cfr. De div. quaest. ad


Simpl. II , 4 (87, 8-31): Sive ergo propter Arcam Testamenti sive propter secretum locum,
quod remotus ab arbitris, sive propter intimum cordis, ubi erat orantis affectus, convenien-
ter dictum est: Sedit ante Dominum nisi forte quod sedens oravit hoc movet, cum et sanctus
Elias hoc fecerit, quando pluviam orando impetravit (1Re 18, 42-45). Quibus ammonemur
exemplis non esse praescriptum, quomodo corpus constituatur ad orandum, dum animus
Deo praesens peragat intentionem suam. Nam et stantes oramus, sicut scriptum est: Publi-
canus autem de longinquo stabat (Lc 18, 13), et fixis genibus, sicut in Actibus Apostolo-
rum legimus (cfr. At 7, 59; 20, 36), et sedentes, sicut ecce David et Elias. Nisi autem etiam
iacentes oraremus, non scriptum esset in Psalmis: Lavabo per singulas noctes lectum
meum, in lacrimis meis stratum meum rigabo (Sal 6, 7). Cum enim quisque orationem
quaerit, collocat membra, sicut ei occurrerit accommodata pro tempore positio corporis ad
movendum animum. Cum autem non quaeritur sed infertur appetitus orandi, cum aliquid
repente venit in mentem quo supplicandi moveatur affectus gemitibus inenarrabilibus (cfr.
Rm 8, 26), quocumque modo invenerit hominem, non est utique differenda oratio, ut quae-
ramus quo secedamus aut ubi stemus aut ubi prosternamur. Gignit enim sibi mentis inten-
tio solitudinem et saepe etiam obliviscitur, vel ad quam caeli partem vel in qua positione
corporis membra illud tempus invenerit. Vincent commenta cos il ridimensionamento
dei gesti di preghiera: En face de la minutie parfois tatillonne dun Origne ou dun
Tertullien, combien Augustin nous apparat plus dgag de la lettre et plus proccup de
lesprit! (p. 67). Ma se ci vero di Tertulliano, non vale certo per Origene che invece
condivide in larga misura limpostazione agostiniana (cfr. supra, pp. 167 ss.).
2068 Ep. 130, 25 (231, 471232, 485): Cur ergo putamus hoc eum dixisse quod
nec temere potuit nec mendaciter dicere, nisi quia molestiae tribulationesque temporales
plerumque prosunt, vel ad sanandum tumorem superbiae vel ad probandam exercendamve
patientiam, cui probatae et exercitatae clarior merces uberiorque servatur, vel ad quae-
cumque flagellanda et abolenda peccata, tamen nos nescientes, quid ista prosint, ab omni
optamus tribulatione liberari? Ab hac ignorantia nec se ipsum Apostolus ostendit alienum,
nisi forte quid oraret, sicut oporteret, sciebat, quando magnitudine revelationum ne extol-
leretur datus est illi stimulus carnis, angelus satanae, qui eum colaphizaret. Propter quod
La costruzione di un modello 633
Ges, che nella preghiera al Getsemani si rimette interamente al volere del
Padre (Mt 26, 39)2069. Tuttavia, con un ampliamento di riflessione, il luo-
go paolino viene ad esemplificare in generale la difficolt dellorante, che
non in grado di farsi unimmagine adeguata della vita beata, oggetto
precipuo del suo desiderium. In rapporto a tale bene, che trascende ogni
comprensione umana, egli non pu non confessare limpossibilit di do-
mandare ci per cui e nel modo in cui conviene pregare2070. In realt,
quella dellApostolo, di cui anche lorante partecipa sul suo esempio, una
docta ignorantia, dal momento che essa ammaestrata dallo Spirito2071.
In tal modo lIpponate ripropone la risposta data da Paolo stesso alla sua
aporia sul pregare, grazie allidea di un intervento dello Spirito in aiuto
delluomo e allintercessione in suo favore con gemiti ineffabili (Rm 8,
26-27). Ci non significa che lo Spirito stesso soffra intercedendo per i
santi, bens egli opera in modo che i santi invochino Dio con gemiti inef-
fabili, ispirando in loro il desiderio della vita beata2072.
Dunque, per il tramite del luogo paolino, Agostino svela la radice
pi profonda dellorazione cristiana, che in questa luce si evidenza ancor
pi come la risposta delluomo alliniziativa preveniente di Dio. Egli fa
propria cos, pur con tutta la diversit del suo distinto quadro concettuale,
lidea origeniana dellorazione come impossibilit donata, tanto pi ur-
gentemente rivendicata dallIpponate con lo sviluppo della dottrina sulla

ter Dominum rogavit ut eum auferret ab eo, utique sicut oportet nesciens quid oraret. De-
nique Dei responsum cur non fieret quod vir tantus orabat, et quare fieri non expediret,
audivit: Sufficit tibi gratia mea; nam virtus in infirmitate perficitur (2Cor 12, 9).
2069 Ep. 130, 26 (232, 506233, 514): In talibus ergo quid oremus, sicut oportet,
nescimus. Unde si aliquid, contra quod oramus, acciderit, patienter ferendo et in omnibus
gratias agendo, hoc potius oportuisse, quod Dei non quod nostra voluntas habuit, minime
dubitare debemus. Nam et huius modi exemplum praebuit nobis ille mediator, qui cum
dixisset: Pater, si fieri potest, transeat a me calix iste, humanam in se voluntatem ex ho-
minis susceptione transformans, continuo subiecit: Verum non quod ego volo, sed quod tu
vis, Pater (Mt 26, 39).
2070 Ep. 130, 27 (234, 531-537): Verumtamen, quoniam ipsa est pax quae prae-
cellit omnem intellectum (Fil 6, 7), etiam ipsam in oratione poscendo, quid oremus, sicut
oportet, nescimus. Quod enim, sicuti est, cogitare non possumus, utique nescimus, sed
quicquid cogitanti occurrerit, abicimus, respuimus, improbamus, non hoc esse, quod quae-
rimus, novimus, quamvis illud nondum quale sit noverimus.
2071 Ep. 130, 28 (234, 538-539): Est ergo in nobis quaedam, ut ita dicam, docta
ignorantia, sed docta spiritu Dei, qui adiuvat infirmitatem nostram. Secondo Antoni, 127,
nella docta ignorantia lme se reconnat pose sous un regard qui la transcende et quelle
est elle-mme appele fixer.
2072 Ep. 130, 28 (234, 551-556): Interpellare itaque sanctos facit gemitibus inenar-
rabilibus, inspirans eis desiderium etiam adhuc incognitae tantae rei quam per patientiam
exspectamus. Quomodo enim narretur, quando desideratur, quod ignoratur? Nam utique,
si omnimodo ignoraretur, non desideraretur et rursus, si videretur, non desideraretur nec
gemitibus quaereretur.
634 Parte seconda, Capitolo nono
grazia in risposta alle tesi di Pelagio e dei suoi seguaci2073. Come argo-
menta la Lettera 194 (417), la preghiera non un merito delluomo, bens
da annoverare tra i doni di Dio, essendo suscitata dallintervento dello
Spirito in colui che prega. A sostegno di ci, Agostino ritorna sul luogo
paolino ripresentando il motivo per cui non lo Spirito di per s geme, ma
coloro nei quali egli agisce2074. I loro gemiti danno espressione al biso-
gno fondamentale che luomo ha di Dio, ma solo grazie al soccorso del-
lo Spirito che egli arriva a pregare rettamente; pertanto Agostino aggiun-
ge qui la preghiera allelenco dei doni dello Spirito 2075. Essendo suscitato
dallo Spirito, il gemito dellorazione inteso positivamente come lane-
lito amoroso dellanima alla visione di Dio. Cos, nella sesta omelia del
Commento al Vangelo di Giovanni (406-407), dove lIpponate spiega il
motivo per cui lo Spirito raffigurato mediante una colomba, il gemito
dellorante diventa la voce amorosa dellanima-colomba che patisce la
sua condizione di esule ed arde per il desiderio di abitare la patria cele-
ste2076. Commentando da ultimo la Preghiera del Signore nello scritto an-
tipelagiano Il dono della perseveranza (428-429) e sfruttando qui la lex
orandi della chiesa a sostegno della lex credendi, ancora una volta Ago-

2073 Cfr. ad esempio De dono persev. 7, 13 (PL 45, 1001): Si ergo alia documenta
non essent, haec dominica oratio nobis ad causam gratiae, quam defendimus, sola suffice-
ret: quia nihil nobis reliquit, in quo tamquam in nostro gloriemur. Siquidem et ut non di-
scedamus a Deo, non ostendit dandum esse nisi a Deo, cum poscendum ostendit a Deo.
2074 Ep. 194, 16 (188, 7-19): Si dixerimus meritum praecedere orationis, ut donum
gratiae consequatur: impetrando quidem oratio quidquid impetrat, evidenter ostendit do-
num Dei esse, ne homo existimet a seipso sibi esse, quod si in potestate haberetur, non
utique posceretur. Verum tamen ne saltem orationis putantur praecedere merita, quibus
non gratuita daretur gratia sed iam nec gratia esset, quia debita redderetur , etiam ipsa
oratio inter gratiae munera reperitur. Quid enim oremus, ait doctor gentium, sicut oportet,
nescimus; sed ipse Spiritus interpellat pro nobis gemitibus inenarrabilibus (Rm 8, 26).
Quid est autem, interpellat, nisi, interpellare nos facit? Indigentis enim certissimum indi-
cium est interpellare gemitibus. Nullius autem rei esse indigentem fas est credere Spiri-
tum sanctum.
2075 Ep. 194, 18 (189, 23190, 8): Sicut ergo nemo recte sapit, recte intellegit,
recte consilio ac fortitudine praevalet, nemo scienter pius est, vel pie sciens, nemo timore
casto Deum timet, nisi acceperit Spiritum sapientiae et intellectus, consilii et fortitudinis,
scientiae et pietatis et timoris Dei (Is 11, 2-3), nec habet quisquam virtutem veram, carita-
tem sinceram, continentiam religiosam, nisi per Spiritum virtutis, et caritatis, et continen-
tiae (2Tm 1, 7), ita sine Spiritu fidei non est recte quispiam crediturus, nec sine Spiritu
orationis salubriter oraturus. Non quia tot sunt spiritus, sed omnia haec operatur unus at-
que idem Spiritus dividens propria unicuique prout vult (1Cor 12, 11).
2076 Tr. in Io. 6, 2 (53, 11-17): Non ergo Spiritus Sanctus in semetipso apud seme-
tipsum in illa Trinitate, in illa beatitudine, in illa aeternitate substantiae gemit; sed in nobis
gemit, quia gemere nos facit. Nec parva res est, quod nos docet Spiritus sanctus gemere:
insinuat enim nobis quia peregrinamur, et docet nos in patriam suspirare, et ipso desiderio
gemimus. Cfr. anche Serm. 210, 7 (PL 38, 1051): Huius enim spei tam gratum et gratui-
tum etiam pignus Spiritum Sanctum accepimus (2Cor 1, 22), qui in cordibus nostris ine-
narrabiles gemitus (Rm 8, 26) operatur sanctorum desideriorum.
La costruzione di un modello 635
stino ricava dal passo paolino lindicazione sulla preghiera come dono di
Dio nello Spirito:
E qui comprendiamo che anche questo un dono di Dio, il fatto che noi invo-
chiamo Dio con cuore sincero e spiritualmente. Si rendano conto dunque di come
s'ingannano quelli che pensano che deriva da noi, e non che ci viene dato, lim-
pulso di chiedere, di cercare, di bussare; essi dicono che in questo senso la grazia
preceduta dal nostro merito, mentre essa segue quando chiedendo riceviamo,
cercando troviamo, bussando ci viene aperto. E non vogliono capire che un dono
divino anche il fatto che noi preghiamo, cio chiediamo, cerchiamo, bussiamo.
Infatti abbiamo ricevuto lo Spirito di adozione a figli, nel quale chiamiamo: Abba,
Padre (Rm 8, 15)2077.
La parabola conclusiva della riflessione agostiniana conferma la so-
stanziale compattezza della visuale della preghiera. Essa fa perno su alcu-
ni motivi che ritornano costantemente nellopera dellIpponate: da un lato,
la dialettica dinamica fra desiderium e vita beata; dallaltro, la tensione
ricorrente fra la parola e il silenzio. Nelluna e nellaltra prospettiva il ri-
lievo antropologico dellesperienza orante sussunto nella dimensione
teologica, che insieme trinitaria, cristologica e pneumatologica e deter-
mina lo scenario essenziale della prassi di preghiera. Infatti, al fondo del
desiderium in tutte le sue diverse e contraddittorie manifestazioni, prima
che esso si orienti verso lunica mta in Dio, c liniziativa preveniente
del Padre creatore per il tramite del Verbo e nello Spirito, che instilla nel-
luomo la brama della dimora in Lui. Come tale, la preghiera delluomo
sempre una risposta allappello di Dio, sebbene essa possa assumere con-
figurazioni erronee o inadeguate e necessiti perci di conformarsi al para-
digma della preghiera spirituale che Agostino fa proprio con gli inter-
preti che lhanno preceduto, non senza significative convergenze con Ori-
gene. Questa risposta orante si serve a sua volta di parole traendo il suo
modello vincolante dal Padrenostro, la preghiera insegnataci da Ges ,
ma il contenuto ultimo dellorazione non pu non sfuggire alla presa del
discorso umano: la res per eccellenza di cui luomo chiamato a godere
(frui), Dio Trinit, si sottrae alla presa dei verba. Nel suo intimo dinami-
smo la preghiera dunque chiamata per Agostino ad operare il trascendi-
mento dalle parole della domanda al silenzio della contemplazione ado-
rante. Ma nel disegnare la condizione dei risorti nella vita beata in Dio

2077 De dono persev. 23, 64 (PL 45, 1032): Ubi intellegimus, et hoc ipsum esse
donum Dei, ut veraci corde et spiritaliter clamemus ad Deum. Attendant ergo quomodo
falluntur, qui putant esse a nobis, non dari nobis, ut petamus, quaeramus, pulsemus: et hoc
esse dicunt, quod gratia praeceditur merito nostro, ut sequatur illa, cum accipimus peten-
tes, et invenimus quaerentes, aperiturque pulsantibus: nec volunt intellegere etiam hoc di-
vini muneris esse, ut oremus, hoc est, petamus, quaeramus, atque pulsemus. Accepimus
enim Spiritum adoptionis filiorum, in quo clamamus: Abba, Pater (Rm 8, 15). Anche
Serm. 348/A attesta la polemica con i pelagiani sullinterpretazione del Padrenostro.
636 Parte seconda, Capitolo nono
come fa nel Discorso 362 (410) lIpponate ritrova lo spazio della pre-
ghiera interiore: tutto quanto lagire dei risorti sar allora un Amen e un
Alleluia, cantati per non con i loro suoni fuggevoli, ma con il moto
interiore dellamore2078. Non comunque solo unorazione ininterrotta
fatta di lode e ringraziamento ma, si direbbe, anche di continua invocazio-
ne a Dio nellattesa senza tempo che nasce dalla saziet insaziabiledella
vita beata2079. Se luomo anche per Agostino nella sua esistenza terrena
un animal orans, continua ad esserlo nella vita ultraterrena in intima unio-
ne con il Verbo2080.

10. Epilogo: le consonanze origeniane del discorso eucologico fra II e


Vsecolo

Lo scopo di questo capitolo conclusivo era di mettere in luce le con-


sonanze ideali fra il pensiero di Origene e il discorso sulla preghiera nel
cristianesimo antico, tanto a monte come a valle, rispettando nel contempo
la fisionomia propria di ciascun interprete. Com emerso ripetutamente
anche dalle pagine dedicate ad Agostino, i punti di contatto con la dottrina

2078 Serm. 362, 29 (PL 39, 1632-1633): Tota actio nostra, Amen et Alleluia erit.
Quid dicitis, fratres? Video quod auditis et gavisi estis. Sed nolite iterum carnali cogita-
tione contristari, quia si forte aliquis vestrum steterit et dixerit quotidie: Amen et Alleluia,
taedio marcescet, et in ipsis vocibus dormitabit, et tacere iam volet: et propterea putet sibi
esse aspernabilem vitam, et non desiderabilem, dicentes vobismetipsis: Amen et Alleluia
semper dicturi sumus, quis durabit? Dicam ergo, si potero, quantum potero. Non sonis
transeuntibus dicemus Amen et Alleluia, sed affectu animi. Quid est enim Amen? quid Al-
leluia? Amen, est verum: Alleluia, laudate Deum. Quia ergo Deus veritas est incommuta-
bilis, sine defectu, sine provectu, sine detrimento, sine augmento, sine alicuius falsitatis in-
clinatione perpetua, et stabilis, et semper incorruptibilis manens; haec autem quae agimus
in creatura et in ista vita, velut figurae sunt rerum per significationes corporum, et quae-
dam in quibus ambulamus per fidem; cum viderimus facie ad faciem quod nunc videmus
per speculum in aenigmate (1Cor 13, 12), tunc longe alio et ineffabiliter alio affectu di-
cemus: Verum est; et cum hoc dicemus, Amen utique dicemus, sed insatiabili satietate.
2079 Antoni, 180 coglie, come al solito, con grande finezza questo punto: la bati-
tude est repos dans la contemplation de Dieu et ce repos intgre comme modalit essen-
tielle la prire, prire de louange bien sr, mais aussi prire de supplication puisque ce
repos, dans la terminologie dAugustin, enveloppe non certes pas linsatisfaction doulou-
reuse du dsir, mais linsatiabilit.
2080 Antoni, 180-181: Mme dans la gloire, la dit excde toujours infiniment ce
que lme peut en apprhender; on ne sennuie pas dans la gloire, parce que la fruitio
Dei est inexhaustive par rapport son objet. Il ny a plus en revanche, de dcalage entre
lme et sa prire: en elle-mme, par participation ontologique lessence expressive du
Verbe, elle devient Amen la gloire de Dieu. Serm. 255, 1 (PL 38, 1186) vede il canto
dellAlleluia come la continuit fra vita terrena e vita beata: Et in hoc quidem tempore
peregrinationis nostrae ad solatium viatici dicimus Alleluia; modo nobis Alleluia canticum
est viatoris: tendimus autem per viam laboriosam ad quietam patriam, ubi retractis omni-
bus actionibus nostris, non remanebit nisi Alleluia.
La costruzione di un modello 637
eucologica dellAlessandrino sono numerosi, pur a prescindere da una
conoscenza diretta di Orat o di altri scritti origeniani difficile da accertare
nella maggior parte dei casi. Del resto, limpressione generale che nasce
dal nostro quadro ricava unampia convergenza di idee nonostante le ca-
ratteristiche peculiari dei singoli autori. Anche la svolta pi importante
con la riflessione di Evagrio e specialmente di Cassiano, che traggono en-
trambi ispirazione dalle nuove esperienze monastiche, non comporta una
rottura bens la modificazione e laggiornamento di un paradigma alla cui
definizione i molteplici interpreti hanno concorso nel loro complesso. In
questo senso si potrebbe rilevare anzitutto che proprio lelaborazione di
tale paradigma sembra procedere come impresa collettiva, per via din-
clusione e ampliamento anzich tramite approcci individuali e non corre-
lati. Limpressione risulta meno generica, se come abbiamo constatato
pi volte si tiene presente il dipanarsi di dialoghi a pi voci allinterno
del pi vasto discorso eucologico. Pensiamo, in ambito latino, ai molti ri-
scontri emersi dal confronto fra Tertulliano, Cipriano ed Agostino, che
attestano la continuit di una tradizione unitamente al suo sviluppo crea-
tivo. In ambito greco lecito affermare altrettanto per i rapporti fra Cle-
mente Alessandrino, Origene, Evagrio e Gregorio di Nissa, grazie ai quali
facile identificare numerosi elementi affini. In aggiunta, occorre notare
che se Cassiano testimone del dialogo con questa stessa tradizione nel
mondo latino del V secolo, al di fuori di entrambe le aree culturali greca e
latina, cio in ambiente siriaco, Afraate apporta a sua volta un contributo
di motivi convergenti. N mancano ancora le combinazioni, a volte sor-
prendenti, fra ambito greco e latino sotto vari punti di vista, vuoi per la
ricchezza dellargomentazione scritturistica che accomuna Origene e Ci-
priano, rispetto a Clemente e Tertulliano, o per i risvolti antropologici
dellorazione rispettivamente in Gregorio di Nissa e in Agostino, per non
parlare degli intrecci ideali fra questultimo e Origene.
Di fronte ad un discorso che appare largamente condiviso saremmo
tentati di supporre secondo la ben nota osservazione di von Balthasar
sulla pervasivit di Origene nella storia del pensiero cristiano una sot-
terranea influenza dellAlessandrino anche a proposito dellimmagine
della preghiera2081. Ma sarebbe una spiegazione troppo facile e comunque
contraddetta sia dallanteriorit della dottrina eucologica di Tertulliano
e Clemente, sia anche dallapparente estraneit culturale e teologica di
Afraate. In realt, come abbiamo accennato in apertura di capitolo, il pri-
mo fattore di convergenze il testo stesso delle Scritture che, sia pure in
misura differenziata, sorregge largomentazione dei vari interpreti. Sotto
tale profilo, il ventaglio dei luoghi scritturistici che alimentano la rifles-

2081 Balthasar, 10: Nessun altro nella Chiesa rimasto cos invisibilmente onni-
presente come Origene.
638 Parte seconda, Capitolo nono
sione di Origene costituisce senza dubbio la piattaforma biblica pi ampia
e comprensiva. Come tale, naturale che lAlessandrino si presti ad essere
in linea di principio il termine di comparazione pi adeguato, sebbene a
volte non sfrutti singoli luoghi posti in risalto da altri interpreti2082. pro-
prio grazie alla trama dei suoi riferimenti biblici che abbiamo richiamato
pi volte la rappresentativit di Origene, suscettibile peraltro di essere fatta
valere nei confronti dei predecessori come degli autori successivi.
Cos, nel definire il modello dellorazione cristiana, lAlessandrino
sfrutta una serie di paradigmi veterotestamentari di oranti che ritroviamo
negli altri autori, sia pure generalmente in forma pi ridotta e con un pro-
filo subordinato rispetto alluso di altri materiali biblici. Fanno eccezione
Cipriano e soprattutto Afraate, che si dimostra capace di valorizzare auto-
nomamente la testimonianza dellAntico Testamento conferendole unim-
portanza esemplare non meno consistente. In questa stessa linea dovrem-
mo poi rievocare come Origene si sia servito dei Salmi, il libro di pre-
ghiera per eccellenza dellAntico Testamento, onde sviluppare la sua idea
dellorazione, se non fosse che lo studio dellesegesi dei Salmi nellAles-
sandrino presenta tuttora difficolt per un approfondimento adeguato. No-
nostante ci, anche a questo proposito vari aspetti dellinterpretazione ori-
geniana ci hanno permesso di verificare la loro presenza o meno negli altri
autori. Qui fuori discussione che lapporto pi cospicuo ed innovativo
ci venga da Agostino, ma bisogna rammentare anche la ricaduta della
prassi monastica sulla visuale dellorazione alla luce dei Salmi con Eva-
grio Pontico e Cassiano: nel primo, mediante la teorizzazione della pre-
ghiera antirretica, nel secondo per quella della preghiera monologica. Ad
ogni buon conto, se il richiamo ai luoghi veterotestamentari d luogo a ri-
sultati diversi a seconda degli interpreti, loperazione ermeneutica su cui
tutti in un modo o nellaltro concordano il loro utilizzo a supporto del
modello della preghiera spirituale. Peraltro non tutti sono disposti a ri-
conoscerne fino in fondo il significato pneumatico alla stessa maniera
di Origene, allineando la preghiera dellAntico Testamento a quella di
Ges e della chiesa, come appare dal contrasto delloratio christiana con
la vetus oratio in Tertulliano2083.
Limportanza accordata dallAlessandrino allAntico Testamento si
accompagna in lui al rilievo decisivo attribuito allinsegnamento e alla
prassi di Ges. Anche a tale riguardo possibile stabilire un termine di
confronto con gli altri interpreti, verificando le consonanze con la prospet-
tiva di Origene. Se lesemplarit di Ges come maestro di preghiera si d
specialmente in relazione al Padrenostro, che quasi tutti i nostri autori han-
no fatto oggetto di commento, ad esso si affianca lillustrazione della sua

2082 Ad esempio, Rm 12, 1, valorizzato tra laltro nella letteratura apologetica.


2083 Cfr. pp. 520-521.
La costruzione di un modello 639
prassi orante in base alle testimonianze evangeliche, proposta ugualmente
a titolo di modello per lorazione dei cristiani. Nella riflessione origenia-
na luno e laltro aspetto rivestono unimportanza strutturale, che sembra
trovare il suo riscontro pi prossimo e ad un tempo affatto indipendente e
originale nella dottrina eucologica di Agostino, non meno preoccupato di
evidenziare anche lui limpianto cristologico dellorazione. Dalla decisivi-
t del riferimento a Ges come maestro di preghiera e come orante deriva,
in primo luogo, il riconoscimento del carattere distintivo dellorazione
cristiana come preghiera spirituale. La spiegazione origeniana del Pa-
drenostro persegue sistematicamente questo obiettivo, ma lecito affer-
mare che esso coincide con le intenzioni di tutti gli autori che abbiamo
passato in rassegna, al di l di singole spiegazioni di segno diverso, specie
in rapporto alla quarta petizione. Soprattutto, come avviene in generale
per limmagine della preghiera nellAlessandrino, il riferimento normati-
vo o addirittura disciplinare al Padrenostro rafforza lidea della preghiera
nella sua natura di domanda o supplica a Dio. interessante perci notare
il diverso peso specifico che la Preghiera del Signore viene di fatto ad as-
sumere in impostazioni che tendono a ridimensionare se non a superare
laspetto dellorazione come richiesta. Diversamente da Origene, questa
tendenza si manifesta gi in partenza con Clemente Alessandrino e ri-
torna successivamente, specie in Cassiano ed Agostino.
Accanto ai passi evangelici, la fondazione scritturistica della preghie-
ra si completa con i riferimenti agli altri scritti del Nuovo Testamento, fra
i quali le lettere paoline occupano sicuramente il primo posto. Accanto a
1Ts 5, 17 e 1Tm 2, 8, Origene sfrutta soprattutto Rm 8, 26-27 quale luogo
privilegiato per impostare il problema della preghiera e approdare allidea
che essa sia da intendere essenzialmente come unimpossibilit donata
da Dio alluomo. in forza dello Spirito che possiamo non solo pregare
autenticamente ma anche arrivare a comprendere la natura della preghie-
ra, superando laporia paolina su cosa e come pregare, destinata in
seguito ad essere soppesata nuovamente da Agostino2084. Grazie allinter-
vento dello Spirito, il modello dellorazione spirituale, illustrato dalla
Preghiera del Signore e dallesempio stesso di Ges, trova la sua piena
configurazione a livello di dottrina e di prassi. Ora, la centralit del luogo
paolino nella visuale dellAlessandrino trova conferme in numerosi altri
interpreti, sebbene solo in Cassiano e in Agostino assuma unincidenza
altrettanto strutturale. Comunque, anche dove non troviamo sue menzioni
dirette ad esempio, negli scritti di Tertulliano e Afraate che abbiamo
preso in esame , affiora di fatto una componente pneumatologica del-
lorazione che contribuisce a fissarne la natura di preghiera spiritua-

2084 Cfr. supra, p. 615. Daltra parte, lIpponate tende a privilegiare lenunciazione
del problema della preghiera alla luce di Mt 6, 8.
640 Parte seconda, Capitolo nono
le2085. Ma linflusso di Rm 8, 26-27 tende ad andare oltre tale caratte-
rizzazione, che sostenuta peraltro da elementi ulteriori di diversa natura
(in particolare, la distinzione a livello antropologico fra carne e spirito
con la relativa dialettica fra realt materiali e spirituali come oggetto della
domanda). Gi in Origene, ma ancor pi in Cassiano ed in Agostino, lo
Spirito diviene la voce dellorante: se nellAlessandrino, sulla scia di un
motivo appena accennato da Clemente2086, lo Spirito che grida attra-
verso i santi (come avviene, per esempio, in Mos), questo grido sfocia
per Cassiano in una preghiera di natura estatica e per Agostino in un supe-
ramento del regime della parola nella preghiera delle lacrime o in unora-
zione tutta interiore e mentale in intima unione con il Verbo.
In tal modo linsieme dei luoghi scritturistici dellAntico e del Nuovo
Testamento disegna la fisionomia essenziale della preghiera cristiana nei
suoi contenuti e nelle sue forme, prima ancora di tutti gli altri fattori che
hanno influito a vario titolo sulla riflessione sviluppatasi fra II e V secolo.
Per contraddistinguere la specificit del modello costruito da Origene sul
fondamento delle Scritture e largamente confermato dagli altri interpreti
ci siamo avvalsi della nozione di preghiera spirituale. Daltronde ado-
perata dagli stessi autori antichi, a cominciare da Tertulliano e Cipriano
fino ad arrivare ad Agostino, ancorch lAlessandrino si sia sforzato di
articolarla nella maniera pi esaustiva possibile. La categoria condivisa
assume nondimeno connotati diversi in relazione alle singole visuali del-
lorazione, come attesta ad esempio lo scarso interesse, se non lattenzione
pressoch inesistente di Origene verso la richiesta dei beni materiali. La
sua posizione tende a rimanere piuttosto isolata, se escludiamo Clemente
e gli autori monastici come Evagrio o Cassiano, bench lo spazio ricono-
sciuto generalmente alla domanda di benefici terreni non comprometta
mai la priorit da attribuire alla domanda dei beni spirituali. Labbiamo
verificato da ultimo in Agostino ritrovandovi una tensione in questo senso,
del tutto comparabile allaccento tipico dellAlessandrino. Pi rilevante
sembra invece essere il diverso modo di guardare alla preghiera spiritua-
le nellottica dellatto orante. Le definizioni pi comuni puntano sul-
lidea dellorazione come oJmiliva, colloquio con Dio (Clemente, Afraa-
te, Evagrio e Gregorio di Nissa)2087, ma vi chi la designa anche come
ajnavbasi", ascensione a Dio (Evagrio). Entrambi i termini godono di
scarsa fortuna presso lAlessandrino, anche perch egli tende a privilegia-

2085 Sulle implicazioni pneumatologiche della dottrina eucologica di Tertulliano,


nonostante lassenza di rinvii espliciti a Rm 8, 26-27 in De orat., si veda supra, p. 396 e
nota 1659. N esse mancano in Afraate, come abbiamo mostrato alla p. 419.
2086 Cfr. p. 525 e nota 1735. Si veda in particolare limmagine dellatto orante in
Strom. VII , 7, 49, 7 (supra, nota 1748).
2087 Come abbiamo visto a p. 562, anche Afraate asseconda la definizione della pre-
ghiera come oJmiliva diffusa tra gli autori greci.
La costruzione di un modello 641
re le classificazioni tratte dalla Scrittura, in modo particolare lelenco di
1Tm 2, 1, senza rifarsi direttamente a due definizioni correnti nel pensiero
filosofico e teologico dellantichit (che comunque non gli sono affatto
sconosciute). Tuttavia, al di l dei tentativi problematici di operare delle
distinzioni terminologiche che peraltro abbiamo visto essere ricorrenti
nel pensiero eucologico dei primi secoli ed intrecciate in vario modo con
lelenco paolino2088 , quel che preme a Origene mettere in luce la dina-
mica dellatto orante come tale. Ora, anche su questo punto si pu ben dire
che vi ampia consonanza di temi fra lAlessandrino e i nostri autori.
Ritornando a mettere in luce la radice scritturistica del discorso cri-
stiano, essa determinata in primo luogo dal richiamo a Mt 6, 6, che si
presenta in generale come una costante da Tertulliano ad Agostino2089.
Lindicazione evangelica sulla preghiera nel nascondimento si combina
per, almeno nel caso di alcuni interpreti, con un approccio ispirato dalla
prassi degli esercizi spirituali della filosofia antica. Infatti, solo Tertullia-
no, Cipriano ed Afraate sembrerebbero esserne rimasti immuni, bench
anche per loro il passo matteano rappresenti un chiaro appello allinterio-
rit della preghiera, implicando ad esempio per Tertulliano una forma
di preghiera silenziosa e per Afraate ancor pi direttamente una preghiera
del cuore nel silenzio della bocca2090. Insieme ad Origene, la dipendenza
dalla tradizione degli esercizi spirituali caratterizza specialmente limpo-
stazione di Clemente, Evagrio, Cassiano ed Agostino, sebbene in misura
diversamente connotata per ciascuno di essi. Pi che nellAlessandrino il
suo influsso si avverte tendenzialmente in Evagrio, anche perch egli
lautore che pi di tutti ha elaborato una riflessione organica sulla psico-
logia della preghiera. Tuttavia, pure nel suo caso sarebbe eccessivo par-
lare di un condizionamento determinante da parte dei modelli filosofici,
bench i punti di contatto appaiano pi significativi. In definitiva, Origene

2088 Si veda ancora la classificazione di Agostino, a partire da 1Tm 2, 1, in Ep. 149,


2, 12-16 (CSEL 44, 359-363). Preso atto della difficolt di rendere i termini in latino,
lIpponate si sforza di precisare la distinzione fra dehvsei" e proseucaiv in rapporto alla
preghiera liturgica: Sed eligo in his verbis hoc intellegere, quod omnis vel pene omnis
frequentat Ecclesia, ut precationes accipiamus dictas, quas facimus in celebratione Sa-
cramentorum, antequam illud quod est in Domini mensa incipiat benedici: orationes, cum
benedicitur et sanctificatur, et ad distribuendum comminuitur; quam totam petitionem fere
omnis Ecclesia dominica oratione concludit.
2089 Solo Gregorio di Nissa sembrerebbe fare eccezione, ma De orat. dom. III (32,
15-18) contiene verosimilmente unallusione a Mt 6, 6 non rilevata dalleditore: to; de;
a[duton tou'to oujk a[yucovn ejsti oujde; ceirovkmhton ajlla; to; krupto;n th'" dianoiva" aujtou'
tamei'on eja;n ajlhqw'" a[duton h/\ th/' kakiva/ kai; toi'" ponhroi'" logismoi'" ajnepivbaton (da
notare che vari codici leggono: th'" kardiva" hJmw'n tamei'on).
2090 Per il rinvio a Mt 6, 6 in Tertulliano si veda p. 521, nota 1642. Quanto ad
Afraate, cfr. pp. 558, 560. A sua volta, Cipriano applica il modello della preghiera intima
e silenziosa alla preghiera comunitaria (p. 550).
642 Parte seconda, Capitolo nono
si presta ancora una volta ad essere il termine di confronto, nella misura
in cui linguaggio, immagini e tecniche degli esercizi spirituali come pro-
cesso di astrazione sensoriale e raccoglimento interiore appaiono stretta-
mente compenetrati e trascesi nella prospettiva scritturistica sulla pre-
ghiera. Il risultato s un processo dinteriorizzazione dellatto orante
che, come si detto, tutti i nostri interpreti tendono a condividere (incluso
lo stesso Cipriano) e trova la sua espressione pi intensa in Agostino ,
ma al tempo stesso esso coinvolge altre dimensioni costitutive per lora-
zione cristiana. Le abbiamo gi evocate parlando del suo nucleo cristolo-
gico e pneumatologico, ma dovremmo ancora estendere le implicazioni
teologiche agli aspetti trinitari ed ecclesiologici.
Lo sfondo trinitario dellatto orante, ben presente nellimmagine
della preghiera tracciata da Origene, risulta abbozzato in diversa misura
da Tertulliano e Cipriano, laddove Agostino lo svilupper nella forma pi
organica attraverso lindagine sulla mente come ricerca dei vestigia della
Trinit2091. Quanto ai risvolti ecclesiologici, dobbiamo di nuovo prendere
atto della rappresentativit dellAlessandrino, dal momento che la sua vi-
suale dellorazione, lungi dal risolversi in un intimismo individualistico,
sfocia sempre in un atto di comunione, illuminato come si detto sul
piano cristologico, trinitario ed ecclesiologico. Infatti, angeli e santi della
chiesa celeste partecipano dellorazione insieme al fedele e alla chiesa
terrena che prega. Questa visione comunionale incontra svariate analogie
negli altri esponenti del discorso eucologico, bench non sembri ripresen-
tarsi in nessuno di essi con una configurazione altrettanto strutturale e vi-
gorosa. vero che Tertulliano e soprattutto Cipriano danno risalto an-
chessi alla vocazione comunitaria del cristiano racchiusa nel Padreno-
stro, ma in generale lattenzione tende a focalizzarsi sullorante indivi-
duale, come dimostra lo stesso esempio di Agostino, nonostante egli sia
ben consapevole della cornice ecclesiale dellorazione2092. Tuttavia, come
evidenzia significativamente anche un autore monastico di tradizione ana-
coretica quale Evagrio, il risvolto interpersonale e comunitario della pre-
ghiera non viene mai ignorato. La ripresa in Origene del precetto evange-
lico del perdono e della riconciliazione fraterna, contemplato inoltre pro-
grammaticamente dalla quinta domanda del Padrenostro, mette in luce un
requisito fondamentale dellatto orante sul quale concordano, con grande
variet creativa di accenti, tutti gli esponenti del discorso eucologico nei
primi secoli. Lo attesta da ultimo Agostino che fa proprio della quinta pe-

2091 Il tema di De Trin. VIII-XV analizzato lucidamente in rapporto alla preghiera


da Antoni, 182-197 (La prire comme cogitatio Dei: ouverture sur le mystre trinitaire).
2092 Basti ricordare nuovamente linterpretazione agostiniana della preghiera dei
Salmi come voce di Cristo e della chiesa nelle Enarrationes in Psalmos, su cui si veda
Fiedrowicz.
La costruzione di un modello 643
tizione del Pater uno degli assi della sua spiegazione della Preghiera del
Signore, specie nelle catechesi ai candidati al battesimo.
Se pochi sembrano condividere la singolare apertura che Origene di-
mostra verso la preghiera del peccatore e le condizioni alle quali essa pu
darsi, ci dipende dal fatto che linteresse rivolto primariamente a trac-
ciare il profilo di un orante virtuoso e potenzialmente santo, esigenza che
peraltro lAlessandrino condivide senza incertezze, specie in Orat. Lethos
dellorante interviene poi come via per risolvere il problema fondamen-
tale del rapporto tra preghiera e vita, in conformit con il precetto paolino
a pregare ininterrottamente (1Ts 5, 17). Pure su questo punto la rispo-
sta formulata dallAlessandrino acquista un valore emblematico dei diver-
si modelli elaborati dalla dottrina eucologica del primo cristianesimo in
vista di assicurare unoratio continua. Lidea origeniana di una preghiera
che sintreccia con le opere, superando la distinzione se non la frattura tra
i tempi dedicati allorazione e la vita ordinaria per attuare unesistenza in
costante rapporto con Dio, appare in continuit con la visuale clementina
della devozione del cristiano perfetto2093, mentre si combina con lo svilup-
po in atto delle ore di preghiera come la cornice quotidiana delle espres-
sioni oranti del fedele, gi evidenziato dagli scritti di Tertulliano e Cipria-
no2094. Se i due autori africani lasciano gi intravedere lespandersi di un
orizzonte onnicomprensivo di preghiera nella vita di ogni giorno, questo
per eccellenza lobiettivo degli interpreti monastici come Evagrio e Cas-
siano, interessati entrambi a garantire la continuit di una prassi orante
nella condizione monastica, che per il secondo sfocia pi direttamente in
una tecnica apposita2095. Diversa la risposta di Agostino, seppure conver-
gente con il fine auspicato, poich lIpponate richiama lattivazione del
desiderium come alimento perenne della manifestazione della preghiera.
In definitiva, linsieme delle consonanze ideali mostra come la rifles-
sione di Origene sia iscritta in profondit nella trama del discorso cristia-
no sulla preghiera fra II e V secolo. Pur senza farne il codice genetico
delle dottrine eucologiche del cristianesimo antico, essa contempla am-
piamente i loro motivi principali. Questi emergono, come si visto, da
unagenda tematica che dettata in primo luogo dal manifesto scritturi-
stico della preghiera cristiana, inteso particolarmente da Origene in tutta
la sua articolazione comprensiva dei testi dellAntico e del Nuovo Te-
stamento, con al centro il paradigma del Padrenostro. Sotto tale aspetto
lapporto dellAlessandrino rimane ineguagliato, pur considerando la ric-
chezza degli sviluppi successivi sia nei singoli autori sia anche nel loro

2093 Lo gnostico per Clemente vive sempre alla presenza di Dio (cfr. supra, p. 536).
2094 Sullorizzonte di preghiera che contraddistingue la vita del cristiano secondo
Tertulliano e Cipriano, si veda rispettivamente pp. 527 e 552.
2095 Cassiano sembra essersi confrontato con il problema delloratio continua an-
cor pi di Evagrio (cfr. supra, p. 597).
644 Parte seconda, Capitolo nono
complesso. Se la dimensione pastorale del pensiero di Origene risulta a
prima vista meno immediatamente percepibile, diversamente da quel che
vediamo in figure come Tertulliano o Cipriano, Gregorio di Nissa o Ago-
stino, la sua riflessione ci appare comunque sempre ispirata dalla preoc-
cupazione di comprendere ed attuare latto orante nella sua forma pi
autentica, evitando il rischio di ogni banalizzazione concettuale o pratica.
Bench Agostino si associ pi di tutti gli altri interpreti allAlessandrino
nel riconoscere con lui la preghiera fondamentalmente quale dono di Dio
e frutto della grazia, Origene rimane per eccellenza il testimone della pre-
ghiera come problema, vista cio come esperienza sempre paradossale
ed agonica, accessibile nella sua espressione genuina solo in quanto divie-
ne unimpossibilit donata.
CONCLUSIONE

LA PREGHIERA DI ORIGENE

Vult nos tales esse Deus, ut quasi dii cum


Deo loquamur
(H37Ps II, 3) 2096

1. Le confessioni di un uomo di preghiera

Uno studio dinsieme sulla preghiera secondo Origene risulterebbe


monco, se rinunciasse a disegnare pur sommariamente la sua figura di
orante. Fin dallintroduzione abbiamo segnalato come elemento distintivo
del profilo spirituale il fatto che lAlessandrino non si sia limitato a riflet-
tere e scrivere sulla preghiera, ma si sia spinto a pregare in prima perso-
na2097. Che lesegeta, il teologo e il predicatore siano in lui inseparabilmen-
te legati alluomo di preghiera, lo provano le numerose esternazioni oranti.
Esse accompagnano un po tutta lopera, bench sintensifichino soprattut-
to nel momento omiletico che meglio si presta a mettere in luce questo
aspetto. Ovviamente non il caso di esaminare ancora una volta la cornice
orante della predicazione, che dovrebbe essere emersa abbastanza chiara-
mente dalla nostra indagine; essa peraltro ci apparsa conforme struttural-
mente alle analoghe manifestazioni che affiorano in altri scritti introdu-
cendo pi direttamente ad unesegesi orante2098. Piuttosto cinteressa
adesso rilevare pi da vicino le condizioni che danno occasione allespri-
mersi di una soggettivit orante da parte del predicatore. Non fuori luogo
al riguardo parlare di confessioni di Origene, senza respingere come im-
propria lassociazione didee con luso del termine in Agostino, insieme
allaccezione penitenziale che esso ha anche presso lAlessandrino. In ef-
fetti, nella sua opera non mancano i passi di natura personale, se non stret-
tamente autobiografica, suscettibili di rientrare a vario titolo nel genere
della confessio. Pi che al tramite linguistico esplicito, che solo a volte
trapela nelloriginale greco o nei testi latini2099, lapertura di un discorso

2096 Cfr. nota 1088.


2097 Cfr. p. 8.
2098 Sulla cornice orante della predicazione si veda supra, pp. 371-385. Quanto allo
sviluppo di unesegesi orante nei commentari, labbiamo messa in luce soprattutto in
CMt (pp. 329-358).
2099 Ad esempio, HIer XIX, 11 attesta luso di oJmologw' come ammissione dinca-
646 Conclusione
in chiave personale affidata (specialmente in contesto omiletico) al pas-
saggio dal soggetto plurale al soggetto singolare. A seconda dei casi, esso
innesca un ricordo, una confidenza, unammissione di debolezza o inca-
pacit, uno sfogo oppure una valutazione pi individuale ed eventual-
mente arbitraria. Cos il predicatore pu richiamare unesperienza per-
sonale o fare appello ad unesegesi offerta in altre circostanze che gli fa
comodo rammentare nuovamente, rafforzando nel contempo il suo status
dinterprete della Scrittura, come avviene altrove quando Origene intro-
duce unautocitazione, rimandando il lettore ad uno degli scritti prece-
denti e valutandone alloccorrenza lapporto specifico2100. In generale non
si tratta per lAlessandrino di dar adito ad unintimit estemporanea e gra-
tuita con il pubblico dei suoi ascoltatori e/o lettori: lindividualit sogget-
tiva evocata, anzich rappresentare una divagazione o una sosta rispetto
al compito esegetico, appare didascalicamente funzionale al suo svolgi-
mento. Lo vediamo, ad esempio, dallincertezza professata dal predica-
tore nella I Omelia su Ezechiele, al momento diniziare la spiegazione
delle visioni del profeta2101, mentre nella I Omelia su Numeri egli dichiara
di non essere allaltezza del commento di questo libro biblico e ancor pi
di quello del Deuteronomio2102. Daltra parte, proprio le ricorrenti esita-
zioni o gli interrogativi dellinterprete delle Scritture mettono a nudo il
cuore stesso dellimpresa intellettuale e letteraria di Origene, rivelandoci
la sua consapevolezze delle sfide e difficolt con cui deve fare i conti. In
sostanza, queste confessioni esegetiche racchiudono senza dubbio un
risvolto personale, capace di aiutarci a comprendere latteggiamento in-
teriore con cui lAlessandrino ha affrontato larduo compito di commen-

pacit a spiegare il testo, senza laiuto della forza di Ges (supra, nota 1150). Cfr. lequi-
valente confiteor in HGn XVI, 5 (nota 1262); HEz I, 11 (334, 12-13. 22-25): Quis potest
ista minutatim exponere? Quis ita est capax Spiritus Dei, ut haec sacramenta dilucidet?
[...] Confiteor libenter a sapiente et fideli viro dictam sententiam, quam saepe suscipio: de
Deo et vere dicere periculum est. Neque enim ea tantum periculosa sunt quae falsa de eo
dicuntur, sed etiam quae vera sunt et non opportune proferuntur dicenti periculum gene-
rant. Origene si rif alle Sentenze di Sesto anche in CPs 1-25 Prol. (Epiph., Pan. 64, 7, 2).
2100 Come esempio di confidenza del predicatore al suo uditorio, che nel contesto ar-
gomentativo, acquista di fatto valore di testimonianza, si veda HIos XIV, 2 (379, 5-7): Ego
quidem cum in locis Sidonis aliquotiens demoratus sum, numquam comperi duas esse Si-
donas, unam magnam et aliam parvam. Anche il caso dei ricordi attiene di norma lopera-
zione esegetica, come mostrano le illustrazioni addotte alla nota 734. Per un esempio signi-
ficativo di autocitazione con valutazione critica si veda il richiamo a CGn in CC VI, 51.
2101 HEz I, 11 (335, 23-27): Haec in prooemio de interpretationibus visionum
aestuans animus est locutus et ambigens quae sileat, quae proferat, quae leviter tacta di-
mittat, quae ex his manifestius, quae obscurius exponenda sint, si tamen potuerimus im-
plere quod cupimus.
2102 HNm I, 3 (7, 23-27): Ego enim vere imparem me iudico ad enarranda myste-
ria, quae liber hic continet Numerorum; multo autem inferiorem ad illa, quae Deuterono-
mii volumen includit.
La preghiera di Origene 647
tare la Bibbia misurando gli ostacoli davanti a s, le sue forze ed i risul-
tati raggiunti.
Molte delle confessioni che preludono a manifestazioni oranti rien-
trano tendenzialmente nello stesso schema, per cui non diversamente dalle
altre esternazioni personali mirano in primo luogo ad assecondare linter-
pretazione delle Scritture; ma innegabile che anchesse ci aprano uno spi-
raglio sullio pi intimo e nascosto dellAlessandrino. Tanto pi che,
unendo il bisogno di comprensione spirituale alle esigenze di una prassi
virtuosa, non di rado affiancano allesame autocritico dellesegeta lacuto
riconoscimento dellinadeguatezza del cristiano, il quale si accusa di non
riuscire a vivere pienamente in coerenza con la Parola di Dio. Ne abbiamo
una testimonianza eloquente nella XII Omelia su Esodo, dove il predicatore
fa precedere lesortazione conclusiva da un esame di coscienza che rivela
la sua ambizione di lode e la dipendenza dallapprezzamento altrui.
Io rimprovero me stesso, giudico me stesso, accuso le mie colpe. Coloro che
ascoltano, vedano da s come valutare se stessi. Io al momento dico che finch
sono servo di qualcuna di tali cose, non mi sono ancora convertito al Signore. [...]
Anche se non sono sopraffatto dallamore del denaro, anche se non mi opprime
la sollecitudine per i possessi e le ricchezze, tuttavia sono desideroso di lode e
perseguo la gloria degli uomini, pendendo dai loro volti e dalle loro parole, chie-
dendomi che cosa il tale pensi di me, come il tale mi consideri, se io gli rechi di-
spiacere o gli piaccia. Finch ricerco tutto ci, sono ancora servo di queste cose.
Ma io vorrei, in considerazione di ci, agire almeno in modo da poter diventare
libero, ed essere sciolto dal giogo di questa vergognosa servit, pervenendo a
quella libert a cui ci esorta lApostolo dicendo: Voi siete stati chiamati a libert,
non fatevi schiavi degli uomini (Gal 5, 13; 1Cor 7, 23). Ma chi mi dar tale
affrancamento? Chi mi liberer da questa servit oltremodo vergognosa, se non
colui che ha detto: Se il Figlio vi far liberi, sarete liberi davvero (Gv 8, 36)? Ma
so bene che il servo non pu essere affrancato, se non servendo fedelmente ed
amando il Signore. Perci anche noi serviamo fedelmente e amiamo il Signore
Dio nostro con tutto il cuore, tutto lanimo e tutta la nostra forza, per essere
affrancati da Ges Cristo, suo Figlio e nostro Signore 2103.

2103 HEx XII, 4 (268, 4-25): Ego me ipsum corripio, me ipsum iudico; ego meas
culpas arguo; viderint qui audiunt, quid de semet ipsis sentiant. Ego interim dico quod,
donec alicui horum deservio, non sum conversus ad Dominum. [...] Etiamsi me amor pe-
cuniae non superat, etiamsi possessionum et divitiarum cura non stringit, laudis tamen cu-
pidus sum et gloriam sector humanam, si de hominum vultibus et sermonibus pendeo,
quid de me ille sentiat, quomodo me ille habeat, ne illi displiceam, si illi placeam, donec
requiro ista, servus horum sum. Sed volebam ex hoc saltim satis agere si possim liber
fieri, si possim iugo foedae huius servitutis absolvi et pervenire ad libertatem secundum
Apostoli commonitionem dicentis: In libertate vocati estis, nolite fieri servi hominum
(Gal 5, 13; 1Cor 7, 23). Sed quis mihi dabit hanc manumissionem? Quis me ab hac servi-
tute turpissima liberabit, nisi ille qui dixit: Si vos Filius liberaverit, vere libere eritis (Gv
8, 36)? At enim scio quia servus non potest libertate donari, nisi fideliter serviens, nisi
Dominum diligens. Et ideo etiam nos fideliter serviamus et ex toto corde et ex toto animo
648 Conclusione
Anche se la confessione, che si presenta pi immediatamente come
ammissione di colpevolezza, fa spazio solo obliquamente a unintenzione
orante, con lauspicio allaffrancamento da questa forma di schiavit rical-
cato sulle parole di Paolo in Gal 5, 13 e 1Cor 7, 23, essa illumina bene le
condizioni che pi frequentemente muovono Origene a pregare, senza con
ci sottovalutare il suo valore paradigmatico per la comunit dei fedeli.
Di tenore simile anche il passo della XVI Omelia su Genesi, nella quale
lAlessandrino si fa nuovamente accusatore di se stesso, per non avere
ancora messo in pratica lappello di Ges ad una sequela integrale rinun-
ciando a tutti i propri beni2104. Nella VII Omelia su Ezechiele, ad ulteriore
conferma di un tratto che contraddistingue particolarmente questo ciclo di
sermoni, Origene torna ad accusarsi davanti alla comunit di Cesarea di
essere incoerente, poich siede anche lui sulla cattedra di Mos, alla stre-
gua di uno scriba ed un fariseo (cfr. Mt 23, 2), ed invita perci i fedeli ad
ignorare la sua condotta prestando invece ascolto alle sue parole 2105.

2. Lauspicio di una fecondit spirituale

Le preghiere in prima persona di Origene nascono dunque di norma


sullonda di una confessione relativa al compito di interprete delle Scritture
e al suo rapporto con la comunit in ascolto, laddove ci implica anche
lelemento autocritico della veridicit e attendibilit del predicatore in
base alla sua condotta di vita. Nellattestare difficolt e carenze sotto luno
e laltro punto di vista, lAlessandrino si volge ad una domanda di aiuto,
che esprime il bisogno del sostegno e della guida di Dio, per poter inten-
dere la Parola, spiegarla agli uditori e farla fruttificare nella propria e nella
loro vita. Molte delle invocazioni oranti, indirette o esplicite, nascono dal
desiderio di partecipare pi a fondo dellinesauribile dinamismo spirituale
che insito nella Parola ispirata. Lobiettivo pi alto, in chiave personale,
auspicato dallesegeta sarebbe poter offrire a Dio la sua stessa interpreta-
zione delle Scritture, assimilandola di fatto a unofferta di preghiera2106.
Come egli dichiara nella IV Omelia su Levitico, meditare giorno e notte
la legge del Signore (Sal 1, 2) e ritenere a memoria tutte le Scritture equi-
varrebbe per lui a offrire al Signore il memoriale del suo sacrificio2107.

et ex tota virtute nostra diligamus Dominum Deum nostrum, ut mereamur libertate donari
a Christo Iesu Filio eius domino nostro.
2104 HGn XVI, 5 (p. 409 e nota 1262).
2105 HEz VII, 3 (393, 15-16): Mihi ipsi qui in ecclesia praedico, laqueos saepe ten-
dit, ut totam ecclesiam ex mea conversatione confundat. [...] Iste sermo de me est, qui bona
doceo et contraria gero, et sum sedens super cathedram Moysi quasi scriba et Pharisaeus.
2106 Ci non contrasta con lidea origeniana dellofferta o del sacrificio a Dio
come restituzione di un dono ricevuto da lui (nota 2).
2107 HLv IV, 9 (tr. Danieli, 95).
La preghiera di Origene 649
Con identica preoccupazione, nella XI Omelia su Numeri Origene esprime
il desiderio che tra le sue parole ci sia almeno qualcuna suscettibile din-
durre langelo che presiede alla chiesa a presentarla come sacrificio
gradito a Dio; ma egli dubita che ci possa avvenire e si augura se non al-
tro la grazia di non meritarsi una condanna per il proprio discorso 2108. Di
tenore analogo lauspicio, contenuto nella XIII Omelia su Esodo e tra-
dotto qui espressamente in una preghiera a Ges, di riuscire a contribuire
allarredamento del tabernacolo almeno con lofferta di peli di capra (Es
26, 7), se non gli sar possibile farlo con loro, largento e le gemme delle
sue parole, evitando in tal modo di restare del tutto infecondo:
Signore Ges, concedimi di poter meritare qualcosa di permanente nel tuo taber-
nacolo. Se fosse possibile, io opterei perch ci fosse qualcosa di mio nelloro con
cui fabbricato il propiziatorio o ricoperta larca o fatto il candelabro luminoso
e le lampade. Oppure, se non ho delloro, possa essere trovato capace di offrire
almeno dellargento che serva per le colonne o le loro basi, o se non altro meriti
di avere nel tabernacolo un po di bronzo, con il quale si formano i cerchi e tutte
le altre cose che descrive la Parola di Dio. Oh, potessi essere uno dei capi e offrire
gemme per ornare lomerale e il razionale del sommo sacerdote. Ma dato che
queste cose sono al di sopra di me, possa io meritare almeno di avere i peli di ca-
pra nel tabernacolo di Dio, pur di non rimanere digiuno e infecondo in tutto2109.
Anche nella XIX Omelia su Geremia la sollecitudine ad edificare la
comunit attraverso la predicazione attira lauspicio del predicatore per s
e per i fedeli ad innalzarsi e a levare gli occhi in alto (cfr. Is 37, 23),
secondo il gesto tipico dellorante, arrivando a configurare la spiegazione
omiletica come un momento di preghiera2110. In queste e altre dichiarazio-
ni oranti ci che preme sempre ad Origene la capacit di far fruttificare
la Parola di Dio, nellintelligenza spirituale dei suoi contenuti e nei com-

2108 HNm XI, 5 (86, 8-17): Et si mererer ego hodie magnum aliquem et summo
pontifice dignum sensum proferre, ita ut ex his omnibus, quae loquimur et docemus, esset
aliquid egregium, quod summo sacerdoti placere deberet, poterat fortasse fieri, ut angelus,
qui praeest ecclesiae, ex omnibus dictis nostris eligeret aliquid et loco primitiarum Do-
mino de agello mei cordis offerret. Sed ego me scio non mereri nec conscius mihi sum,
quod talis aliquis sensus inveniatur in me, quem dignum iudicet angelus, qui nos excolit,
offerre pro primitiis vel pro primogenitis Domino. Atque utinam tale sit, quod loquemur
et docemus, ut non pro verbis nostris condemnari mereamur; sufficeret nobis haec gratia.
2109 HEx XIII, 3 (273, 22274, 4): Domine Iesu, praesta mihi ut aliquid monumenti
habere merear in tabernaculo tuo. Ego optarem, si fieri posset, esse aliquid meum in illo
auro, ex quo propitiatorium fabricatur vel ex quo arca contegitur vel ex quo candelabrum
fit luminis et lucernae. Aut si aurum non habeo, ut argenti saltim aliquid inveniar offerre,
quod proficiat in columnas vel in bases earum, certe vel aeris aliquid habere merear in ta-
bernaculo, unde circuli fiant et cetera, quae sermo Dei describit. Utinam autem mihi esset
possibile unum esse ex principibus et offerre gemmas ad ornatum pontificis humeralis et
logii. Sed quia haec supra me sunt, certe vel pilos caprarum habere merear in tabernaculo
Dei, tantum ne in omnibus ieiunians et infecundus inveniar.
2110 HIer XIX, 13 (nota 1438).
650 Conclusione
portamenti virtuosi, secondo la lezione della parabola dei talenti (Lc 19,
12-27) sfruttata ripetutamente a questo fine. Ad esempio, nella XX Omelia
su Geremia si augura di riuscire a moltiplicare il talento delle Scrit-
ture, siano queste i vangeli o le lettere di Paolo, i profeti o la legge2111.
Per realizzare la crescita spirituale desiderata, Origene e i propri udi-
tori dovrebbero lasciarsi compenetrare intimamente da quel fuoco che arde
dentro le Scritture, secondo limmagine evocata innumerevoli volte dal-
lAlessandrino nel ricordo della scena di Ges e i discepoli a Emmaus.
Conformemente ad essa la I Omelia su Salmo 38 fonde lauspicio di pre-
ghiera a livello personale con quello per la comunit, formulando a due
riprese il desiderio di acquisire parole di fuoco tali da accendere il cuore
dellinterprete e del suo uditorio e muoverli ad una prassi conforme2112.
Io medito le parole del Signore e mi esercito frequentemente in esse, ma non so
se sono tale che nella mia meditazione un fuoco esca da ogni parola di Dio, ac-
cenda il mio cuore e infiammi la mia anima perch osservi ci che medito.
Adesso parlo con le parole di Dio, ma come vorrei che esse ardessero prima nel
mio cuore e poi nella mente degli uditori, che fossero come le parole che diceva
Ges, di cui coloro che lavevano ascoltato dicevano: Non ardeva forse il nostro
cuore quando ci spiegava le Scritture per la via (Lc 24, 32)? Volesse il cielo che
anche adesso, mentre spieghiamo le Scritture divine, il nostro cuore si riscal-
dasse dentro di noi e nella nostra meditazione si accendesse un fuoco s da affret-
tarci ad operare ci che ascoltiamo e leggiamo2113.
Ma donde potr venirmi questo fuoco della lingua dentro il cuore in modo che
io possa pronunciare un discorso con una lingua di fuoco e far s che un fuoco
veloce si accenda alle mie parole nei cuori degli ascoltatori e accusi colui che ha
peccato e il mio discorso divenga per lui un supplizio, in modo che bruciato e
infiammato dalle mie parole si volga a penitenza capace di operare in lui una
stabile salvezza per opera della tristezza secondo Dio, accolta a seguito del rim-
provero della parola di Dio? Oh, potessi accendere ogni anima dei miei ascolta-
tori, in modo che chiunque sia consapevole di s, non sopportando lincendio del
nostro discorso, ma infiammato dentro di s in tutte le sue viscere, distrugga pi
velocemente le macchie dei vizi nascosti dentro di lui2114.

2111 HIer XX, 3 (nota 1174).


2112 Cfr. Monaci Castagno, 65-71 (Il predicatore: un fuoco che brucia e che illu-
mina).
2113 H38Ps I, 7 (342, 3344, 17): Et ego meditor eloquia Domini et frequenter in
ipsis me exerceo, sed nescio si talis sum, ut in meditatione mea ex unoquoque sermone
Dei ignis procedat et accendat cor meum et inflammet animam ad ea quae meditor obser-
vanda. Et ego nunc loquor sermones Dei, sed optarem ut primo in meo corde, secundo
quoque in auditorum mentibus exardescerent: sicut erant illi sermones quos loquebatur Ie-
sus, de quibus dicebant illi qui audierant: Nonne cor nostrum erat ardens in nobis cum in
via aperiret nobis Scripturas? (Lc 24, 32). Utinam et nunc adaperientibus nobis Scripturas
divinas concalesceret cor nostrum intra nos et in meditatione nostra accenderetur ignis et
concitaremur in opus eorum quae audimus et legimus.
2114 H38Ps I, 7 (346, 41-54): Sed unde mihi hoc ut linguae ignis veniat in cor
La preghiera di Origene 651
Altrove, a significare ugualmente la domanda a Dio per assicurare
lefficacia spirituale delle sue parole, Origene ricorre alle metafore della
spada e dei dardi, come vediamo dalla XV Omelia su Giosu, dove
prega per non lasciare mai inoperosa la spada della Parola di Dio agen-
do sul cuore degli ascoltatori in vista della loro purificazione2115. Se
come dichiara la XIII Omelia su Esodo il compito del predicatore du-
plice, ad immagine del fuoco che brucia ed illumina, in molte occasioni
lAlessandrino si augura con il sostegno di Dio di poter assolvere il primo,
prima di procedere ad attuare anche il secondo2116.

3. La necessit di una purificazione

La preghiera che Origene formula a beneficio del suo uditorio inve-


ste anche la sua persona, come si gi intravisto nelle confessioni in cui
si autoaccusa di colpe e manchevolezze. La necessit della purificazione
si fa dunque sentire anche per lui ed la condizione imprescindibile per-
ch possa esercitare il ministero della predicazione e predisporre dentro il
proprio cuore una dimora per accogliere Dio. Come per gli auspici di una
fecondit spirituale, anche le richieste di purificazione fanno spesso ricor-
so ad un repertorio caratteristico di immagini, privilegiando in particolare
la scena della lavanda dei piedi nellultima cena (Gv 13, 4-12). LAlessan-
drino la richiama lungamente nellVIII Omelia su Giudici, ricomprenden-

meum et de lingua ignea ego quoque proferam sermonem, ut ex me velox sermonibus meis
accendatur ignis in cordibus auditorum et arguat eum qui peccavit et efficiatur ei sermo
meus supplicium, ut adustus et inflammatus sermonibus veniat in paenitentiam, quae salu-
tem stabilem operatur ex tristitia quae secundum Deum est, quam ex verbi Dei increpatio-
ne suscepit? Atque utinam possim ita accendere omnem animam auditorum, ut quicumque
sibi conscius est, non ferens nostri sermonis incendium, sed omnibus intra se visceribus
inflammatus, velocius consumeret latentes intrinsecus vitiorum sordes. Si veda inoltre in
HLv V, 3 lauspicio del predicatore affinch un fuoco divino bruci la sua terra liberandola
da triboli e spine.
2115 HIos XV, 6 (392, 23-26): mihi autem praestet Dominus numquam negligere
opera Domini nec auferre spiritalem gladium verbi Dei a sanguine contrariarum virtutum
et mortificare eas in unoquoque auditorum. Interficiuntur autem in vobis ita demum, si his
auditis earum opera non agatis. Cfr. anche HIos VIII , 7 (343, 18-23): Utinam et ego
modo, dum loquor ad vos verbum Dei, cor peccatoris pulsare possim! Quod si fecero,
certum est quod gladio oris mei percutiam fornicationem, percutiam malitiam, reprimam
furorem et si qua alia sunt mala in ore gladii, id est oris mei sermone restinguam et non
relinquam ex iis, qui salvus fiat, neque qui effugiat.
2116 Sullazione purificatrice si veda, ad esempio, HEz III, 4 (353, 4-5): Praesta
mihi, Christe, ut disrumpam omnia cervicalia in animarum consuta luxuriam. Quanto al-
limmagine dei dardi, cfr. H37Ps I, 2 (262, 29-264, 33): hi, si his auditis quae loqui-
mur, recte et fideliter audiant et compungatur cor eorum ex iaculis verborum nostrorum et
transfixi talibus iaculis doleant et conversi ad paenitentiam dicant: Domine ne in furore
tuo... (Sal 37[38], 2).
652 Conclusione
do alla luce del gesto di Ges la sua attivit di commentatore delle Scrit-
ture a servizio della comunit ed indicando luno e laltra come bisognosi
dellaiuto del Signore.
Vieni, Signore Ges, Figlio di Dio, ti prego: deponi le vesti (Gv 13, 4) che hai
indossato per me e versa lacqua nel catino e lava i piedi (Gv 13, 5) dei tuoi
servi, rimuovi le impurit dei tuoi figli e delle tue figlie. Lava i piedi della nostra
anima, affinch anche noi, imitando te e seguendo te, deponiamo le vecchie vesti
e diciamo: Di notte ho deposto la mia veste, come lindosser ancora? (Ct 5, 3),
e di nuovo diciamo: Ho lavato i miei piedi, come li insozzer? (Ct 5, 3). Infatti,
non appena avrai lavato i miei piedi, possa tu farmi riposare con te, perch possa
udire da te: Voi mi chiamate Maestro e Signore e dite bene, perch lo sono. Se
dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i vostri piedi, anche voi dovete la-
varvi i piedi gli uni gli altri (Gv 13, 13-14).
Anche io adesso voglio lavare i piedi dei miei fratelli, lavare i piedi dei miei
condiscepoli. E perci prendo lacqua (cfr. Is 12, 3), che attingo dalle fonti di
Israele (cfr. Sal 67[68], 27), anzi che spremo dal vello dIsraele. Ora infatti
spremo lacqua dal vello del libro dei Giudici e in un altro tempo lacqua dal
vello di Regni, lacqua dal vello di Isaia o Geremia; e la verso nel catino della
mia anima, concependo il significato nel mio cuore, e accolgo i piedi di coloro
che si presentano e si preparano ad essere lavati. E per quanto ne abbia la forza,
desidero lavare i piedi dei miei fratelli e compiere il mandato del Signore, affin-
ch coloro che ascoltano siano purificati dalle macchie dei peccati, affinch ri-
gettino da s ogni impurit dei vizi ed abbiano i piedi mondi, con i quali accin-
gersi a preparare levangelo della pace (Ef 6, 15) e tutti quanti, purificati me-
diante la parola in Cristo, non siano scacciati dal talamo dello sposo per le vesti
sordide, ma rivestiti di candide vesti, con i piedi mondi e il cuore puro dimo-
riamo nel convito dello sposo, il Signore nostro Ges Cristo2117.

2117 HIud VIII, 5: Veni, precor, Domine Iesu fili Dei, exue te vestimenta, quae
propter me induisti, et accingere propter me et mitte aquam in pelvem et lava pedes servo-
rum tuorum, dilue sordes filiorum et filiarum tuarum. Lava pedes animae nostrae, ut nos
te imitantes et te sectantes exuamus nos vetera vestimenta et dicamus: noctu exui me ve-
stimentum meum, quomodo induam illud?, et iterum dicamus: lavi pedes meos, quomodo
sordidabo eos? Statim namque ut laveris pedes meos, etiam recumbere me facias tecum,
ut audiam abs te: vos vocatis me Domine et magister; et recte dicitis, sum enim. Si ergo
ego Dominus et magister lavi pedes vestros, et vos alterutrum lavate pedes. Volo et ego
nunc lavare pedes fratrum meorum, lavare pedes condiscipulorum meorum. Et propterea
accipio aquam, quam haurio de fontibus Istrahel, immo quam exprimo de Istrahelitico vel-
lere. Exprimo enim nunc aquam de vellere libri Iudicum et alio tempore aquam de vellere
Regnorum et aquam de vellere Esaiae vel Hieremiae; et mitto eam in pelvem animae meae,
concipiens sensum in corde meo, et accipio pedes eorum, qui se praebent et praeparant ad
lavandum, et, in quantum praevaleo, lavare cupio pedes fratrum meorum et complere
mandatum Domini, ut in verbo doctrinae purgentur auditores a sordibus peccatorum, ut
abiciant a se omnem immunditiam vitiorum et mundos habeant pedes, quibus recte ingre-
diantur ad praeparationem Evangelii pacis, ut omnes simul in Christo purificati per ver-
bum non abiciantur de thalamo sponsi pro sordidis indumentis, sed candidi vestibus, loti
pedibus, mundi corde recumbamus in convivio sponsi, ipsius Domini nostri Iesu Christi,
cui est gloria et imperium in s.s.A. (514, 24-515, 23).
La preghiera di Origene 653
In questo passo ed altri simili ad esempio lintenzione di preghiera
contenuta nella I Omelia su Isaia2118 sarebbe sbagliato pensare sempli-
cemente ad una forma di parenesi, per la quale Origene dispone invero
di molteplici mezzi2119; al contrario, diversamente dallauspicio accennato
nella trattazione parallela della VI Omelia su Isaia, abbiamo a che fare con
una vera e propria esternazione orante del predicatore, che tradisce il suo
anelito spirituale2120. Essa affidata, per cos dire, a una preghiera a cuore
aperto, indirizzata ancora una volta a Ges, per invocare la venuta del
Verbo e predisporsi ad accoglierlo dentro di s. Questo ugualmente lin-
tento della preghiera che compare nella V Omelia su Isaia, dove prelude
al commento della visione del profeta (Is 6, 1-3). Anchessa si riallaccia
fra laltro allepisodio della lavanda dei piedi, formulando una supplica a
Ges dopo un crescendo di sollecitazioni a pregare rivolte alluditorio e,
conformemente al modello pi comune delle confessioni oranti dellAles-
sandrino, unautoaccusa del predicatore che si dichiara bisognoso dellin-
tervento purificatore di Ges, come Isaia lo stato ad opera del Serafino
prima di poter farsi testimone della gloria di Dio2121.
Prego che anche a me sia mandato un Serafino il quale, preso con le molle un
carbone ardente, purifichi le mie labbra (cfr. Is 6, 6), e perch dico: labbra? Isaia
era santo, e perci furono purificate solo le sue labbra, poich era caduto solo
con le labbra, cio nel discorso; ma io non sono tale da poter dire: ho labbra
impure (Is 6, 5); temo di avere impuro il cuore, impuri gli occhi, impuri gli
orecchi, impura la bocca, e fino a che pecco in tutte queste membra, sono tutto
impuro! Se guardo una donna con concupiscenza, ho commesso adulterio con lei
nel mio cuore (cfr. Mt 5, 28): ecco gli occhi impuri! Se dal mio intimo escono
pensieri malvagi, adulterii, fornicazioni, false testimonianze (cfr. Mt 15, 19),
ecco il cuore impuro! Come sono belli i piedi di coloro che evangelizzano la
pace, che evangelizzano il bene! (Is 52, 7). Ma temo che, nella corsa verso il
male, abbia impuri i piedi. Tendo a Dio le mie mani, e forse, distogliendo il suo
volto dice: Se stendete le mani, distolgo da voi il mio volto (Is 1, 15). Chi dunque
mi purifica? Chi lava i miei piedi?
Vieni, Ges, ho sporchi i piedi, per me diventa servo, metti la tua acqua nel cati-

2118 HIs I, 4 (246, 24247, 8): Deferatur ergo mihi de altario caelesti forfex, ut tan-
gat labia mea. Forfex Domini si tetigerit labia mea, mundat ea (cfr. Is 6, 6-7). Et si munda-
verit ea et circumciderit vitiis [...] aperiam verbo Dei os meum nec ulterius sermo immun-
dus exiet ex ore meo [...]. Ego autem precor, ut veniens Seraphim mundet labia mea.
2119 Contro lopinione espressa da Frst-Hengstermann (Origenes. Die Homilien
zum Buch Jesaja, 244, nota 86). significativo che lesegesi della lavanda dei piedi in
CIo XXXII, 9, 100-101 non dia luogo ad una manifestazione orante, bench sia accompa-
gnata da unapplicazione parenetica.
2120 HIs VI, 3 (273, 2-4): Utinam et ego accipiam nunc aquam, quae possit animae
vestrae pedes lavare, ut unusquisque dicat, cum fuerit lotus: Lavi pedes meos, quomodo
inquinabo eos? (Ct 5, 3).
2121 Due sono gli inviti a pregare indirizzati dapprima alla comunit. Cfr. HIs V, 2
(nota 1151).
654 Conclusione
no, vieni, lava i miei piedi (cfr. Gv 13, 5). So che temerario quello che dico, ma
temo la minaccia di colui che dice: Se non ti laver i piedi, non avrai parte con
me (Gv 13, 8); dunque: Lava i miei piedi, perch io abbia parte con te!
Ma perch dico: Lava i miei piedi? Lo pu dire Pietro, che non aveva bisogno se
non che gli fossero lavati i piedi, giacch era tutto puro; ma, quanto a me, che sono
stato lavato una volta per tutte, ho bisogno di quel battesimo del quale il Signore
afferma: Ho un altro battesimo del quale devo essere battezzato (Gv 13, 10) 2122.

Con la sua invocazione a Ges, Origene vuole suscitare un clima


intenso di preghiera nella comunit di Cesarea, pi numerosa del solito in
un giorno di venerd, come testimoniano gli ulteriori inviti alluditorio che
la seguono da presso; fra laltro, egli esorta a pregare Dio per la venuta
del Verbo, anche se si ha timore a farlo in quanto peccatori2123. Al tempo
stesso, anche questa nuova manifestazione orante conferma i tratti che
abbiamo gi messo in luce precedentemente. La preghiera dellAlessan-
drino mira sempre a trarre il massimo giovamento possibile dalla Parola
di Dio, che si d quando essa viene a noi, ed a sgomberare di conse-
guenza tutto quanto possa esserle di ostacolo nel proprio cuore.

4. Lattesa della venuta del Verbo

Il desiderio di una fecondit spirituale nel segno della parola e della


vita, insieme al bisogno di purificazione personale, convergono nella mta

2122 HIs V, 2 (264, 12265, 4): Precor, ut mittatur etiam ad me Seraphim et appre-
henso de forfice carbone purget labia mea. Et quid dico labia? Isaias sanctus erat et ideo
tantum labia eius purgata sunt, quia labiis tantum, id est sermone, deliquerat. Ego vero non
sum talis, ut possim dicere: Immunda labia habeo; metuo, ne immundum cor habeam,
immundos oculos, immundas aures, immundum os. Quamdiu in omnibus istis pecco, to-
tus immundus sum. Si videro mulierem ad concupiscendum, moechatus sum eam in corde
meo. Ecce immundos oculos. Si de pectore meo exeant cogitationes pessimae, adulteria,
fornicationes, falsa testimonia, ecce immundum cor. Quam formosi pedes evangelizan-
tium pacem, evangelizantium bona! Ego vero timeo, ne currens ad mala immundos pedes
habeam. Extendo ad Deum manus meas, et forte avertens faciem suam dicit: Si extenderi-
tis manus, avertam faciem meam a vobis. Quis ergo me mundat? Quis lavat pedes meos?
Iesu, veni, sordidos habeo pedes, propter me fiere servus, mitte aquam tuam in pelvim
tuam, veni, lava pedes meos! Scio temerarium esse, quod dico, sed timeo comminationem
dicentis: Si non lavero pedes tuos, non habebis partem mecum. Ideo lava pedes meos, ut
habeam partem tecum! Sed quid aio: Lava pedes meos? Petrus potest hoc dicere, qui non
habuit necesse, nisi tantum ut pedes eius lavarentur; totus quippe mundus erat. Ego vero
cum semel lotus sim, illo indigeo baptismate, de quo Dominus ait: Ego aliud baptisma
habeo baptizari (tr. Danieli, 112-113). Su questo passo si veda Russell Christman, che
osserva giustamente: the prayers placement within this homily gives concrete manifes-
tation to Origens view that biblical exegesis always has the ultimate goal of drawing both
exegete and audience God-ward (p. 306).
2123 HIs V , 2 (265, 14-15): orate Deum omnipotentem, ut veniat ad nos sermo
eius. Etiamsi peccatores estis, orate; peccatores exaudit Deus.
La preghiera di Origene 655
auspicata di un incontro con il Verbo, chiamato a prendere possesso del
cuore e a dimorare in esso. Con le sue ripetute invocazioni a Ges, Origene
si mostra consapevole delle esigenze di una sequela del Signore coerente
ed integrale, che richiede pertanto il suo sostegno. A tale scopo, se nella
XVIII Omelia su Numeri si augura di essere fatto prigioniero da Ges, di-
venendo suo servo alla maniera di Paolo (Ef 3, 1)2124, nella XII Omelia su
Giosu commentando gli episodi bellici del libro biblico domanda di riu-
scire a vincere i vizi ed appendere il trofeo della sua vittoria sulla croce di
Cristo in riconoscimento del dono di grazia che la render possibile.
Voglia il mio Signore Ges concedermi ci e ordini ai miei piedi di schiacciare
lo spirito della fornicazione e calcare le teste dello spirito dellira e del furore,
calcare il demone dellavarizia, calcare larroganza, calpestare lo spirito della
superbia e, quando avr fatto ci, appendere il trofeo dellimpresa non su di me,
bens sulla sua croce, imitando Paolo, il quale afferma che per lui il mondo sta-
to crocifisso mediante Cristo e l dove dice [...] non io, ma la grazia di Dio che
in me2125.

Proseguendo nellillustrazione del combattimento spirituale, a con-


clusione della XIII Omelia su Giosu, lAlessandrino formula il voto per
s e per i fedeli che, dopo aver estinto ogni spirito di male, possa respirare
in noi solo lo Spirito di Cristo, nelle opere, nelle parole, nellintelligenza
spirituale2126. Fare spazio alla dimora di Dio in noi anche il contenuto
della supplica che chiude la XXIV Omelia su Giosu, dove Origene associa
ancora una volta il proprio destino spirituale a quello della comunit pre-
figurando la venuta del Figlio e del Padre:
Se io potessi essere buono, farei spazio al Figlio di Dio in me e il Signore Ges,
dopo aver accolto questa dimora nella mia anima, ladornerebbe e la cingerebbe
di mura inespgnabili e di alte torri, cos da costruire in me, se lo meritassi, una
dimora degna di s e del Padre. E allora egli adornerebbe la mia anima in modo
da renderla capace della sua sapienza e della sua scienza e di tutta la sua santit,
cos da fare entrare Dio Padre insieme a s prendendo dimora (Gv 14, 23) in essa

2124 HNm XVIII, 4 (175, 1-4): Utinam ergo et me captivum habeat semper Iesus et
me ducat in praedam suam et ego tenear eius vinculis alligatus, ut et ego dici merear vinc-
tus Christi Iesu (Ef 3, 1), sicut et Paulus de semet ipso gloriatur.
2125 HIos XII, 3 (370, 9-20): Atque utinam Dominus meus Iesus filius Dei mihi
istud concedat et iubeat me pedibus meis conculcare spiritum fornicationis et calcare su-
per cervices spiritus iracundiae et furoris, calcare avaritiae daemonem, calcare iactan-
tiam, conterere pedibus superbiae spiritum et, cum haec fecero, operis gesti summam non
mihi, sed cruci eius appendere, sequenti Paulum dicentem quia per ipsum mihi mundus
crucifixus est et ea, quae iam superius memoravimus, quod ait: non autem ego, sed gratia
Dei, quae in me est.
2126 HIos XIII, 4: exstinctis omnibus et peremptis hostibus nostris, ita ut non relin-
quatur ex iis qui respiret in nobis (Gs 10, 40), sed solus in nobis respiret spiritus Christi
per opera et sermones et intelligentiam spiritalem.
656 Conclusione
e cenare (Ap 3, 20) presso unanima siffatta con quei cibi che lui stesso avr do-
nato2127.
Lesito auspicato di una piena comunione con Dio ci riporta allim-
magine dellatto orante disegnata da Origene nel trattato e alla sua mta
ultima che lincontro con il Figlio e con il Padre, nello Spirito2128. leci-
to dunque concludere che il modo in cui lAlessandrino prega riflette fe-
delmente la sua idea fondamentale della preghiera. Come ci apparso da
Orat e come abbiamo potuto confermare nel resto dellopera, lorazione
sempre vista in primo luogo come domanda, come richiesta formulata
sotto lo sguardo di Dio in vista di ottenere quei beni grandi e celesti
che solo lui pu darci, inclusa la stessa possibilit di pregarlo come si
conviene. Linsistenza caratteristica dellAlessandrino sullaspetto della
preghiera in quanto domanda manifesta in lui la viva consapevolezza di
unesperienza comune e diffusa, ma al tempo stesso difficile e problema-
tica, perch soggetta ad essere banalizzata e contraffatta da un compor-
tamento difforme dalla sua vera natura. Anche per Origene il fatto di pre-
gare significa rammentarsi costantemente della condizione di creature,
bisognose dellaiuto divino, perch impegnate senza tregua nellagone
del mondo, a rischio della propria salvezza. Ma significa anche poter con-
tare sulla risposta amorosa di Dio, che ci rende partecipi delle ricchezze
inesauribili della sua Parola, prendendo possesso del nostro cuore e atti-
rando lanima alla convivialit gioiosa del banchetto con lo Sposo.

2127 HIos XXIV, 3: Ego si possem bonus fieri, dabam locum filio Dei in me et ac-
ceptum a me locum in anima mea Dominus Iesus aedificabat eum et adornabat et faciebat
in eo muros inexpugnabiles et turres excelsas, ut aedificaret in me mansionem, si mererer,
dignam se et patre, et ita adornabat animam meam, ut capacem eam suae sapientiae ac
scientiae et totius sanctitatis efficeret in tantum, ut etiam faceret Deum patrem secum in-
trare et in ea facere mansionem et coenare etiam apud talem animam cibos, quos ipse do-
naverat. Sulluso di Gv 14, 23 e Ap 3, 20, cfr. rispettivamente note 1276 e 684.
2128 Cfr. supra, pp. 181-188.
ABBREVIAZIONI

1. Opere di Origene

CC Contro Celso
CCt Commento al Cantico
CGn Commento a Genesi
CIo Commento a Giovanni
CMt Commento a Matteo
CMtS Serie (lat.) del Commento a Matteo
CPs Commento ai Salmi
CRm Commento alla Lettera ai Romani
Dial Dialogo con Eraclide
EM Esortazione al martirio
EpAfr Lettera a Giulio Africano
EpCar Lettera agli amici di Alessandria
EpGr Lettera a Gregorio
Fr1Cor Frammenti sulla I Lettera ai Corinti
FrCt Frammenti sul Cantico dei Cantici
FrEph Frammenti sulla Lettera agli Efesini
FrEz Frammenti su Ezechiele
FrIer Frammenti su Geremia
FrIo Frammenti su Giovanni
FrIob Frammenti su Giobbe
FrIos Frammenti su Giosu
FrLam Frammenti sulle Lamentazioni
FrLc Frammenti su Luca
FrPr Frammenti sui Proverbi
FrPs Frammenti sui Salmi
FrQo Frammenti su Qoelet
FrRe Frammenti sui Regni
FrRm Frammenti sulla Lettera ai Romani
HCt Omelie sul Cantico dei Cantici
HEx Omelie su Esodo
HEz Omelie su Ezechiele
HGn Omelie su Genesi
HIer Omelie su Geremia
HIos Omelie su Giosu
HIs Omelie su Isaia
HIud Omelie su Giudici
658 Abbreviazioni
HLc Omelie su Luca
HLv Omelie su Levitico
HNm Omelie su Numeri
HReG Omelie greche sul I Libro dei Regni
HReL Omelie latine sul I Libro dei Regni
H36,37,38Ps Omelie sui Salmi 36, 37, 38
Orat La preghiera
Pas La Pasqua
Phil Filocalia
Prin I principi

2. Altre abbreviazioni

BKV Des Origenes Schriften vom Gebet und Ermahnung zum Marty-
rium, bers. v. P. Koetschau (Bibliothek der Kirchenvter), Mn-
chen 1926.
Jay Origens Treatise on Prayer, Translation and Notes with an Ac-
count of the Practice and Doctrine of Prayer from New Testament
Times to Origen by E.G. Jay, London 1954.
LSJ H.G. Liddell - R. Scott, Greek-English Lexicon, Rev. and augm.
throughout by Sir H. Jones, with the assistance of R. McKenzie,
and with the cooperation of many scholars. Supplement edited by
P.G.W. Glare, Oxford 19969 .
OD A. Monaci Castagno (ed.), Origene. Dizionario. La cultura, il pen-
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Oulton Alexandrian Christianity, Selected Translations of Clement and
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nes (Montserrat, 18-21 septembre 1973), dirig par H. Crouzel, G.
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Orig. IV Origeniana Quarta. Die Referate des 4. Internationalen Origenes-
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bruck-Wien 1987.
Orig. V Origeniana Quinta. Papers of the 5th International Origen Con-
gress (Boston College, 14-18 August 1989), edited by R. Daly,
Leuven 1992.
Orig. VI Origeniana Sexta. Origne et la Bible. Actes du Colloquium Orige-
nianum Sextum (Chantilly, 30 aot-3 septembre 1993), dits par
G. Dorival et A. Le Boulluec, Leuven 1995.
Abbreviazioni 659
Orig. VII Origeniana Septima. Origenes in den Auseinandersetzungen des
4. Jahrhunderts, hrsg. v. W.A. Bienert und U. Khneweg, Leuven
1999.
Orig. VIII Origeniana Octava. Origene e la tradizione alessandrina. Origen
and the Alexandrian Tradition. Atti del Colloquium Origenianum
Octavum (Pisa, 27-31 agosto 2001), a cura di L. Perrone, con la
collab. di P. Bernardini e D. Marchini, Leuven 2003.
Orig. IX Origeniana Nona. Origen and the Religious Practice of His Time.
Papers of the 9th International Origen Congress, Pcs, Hungary,
29 August - 2 September 2005, ed. by G. Heidl and R. Somos,
Leuven-Paris-Walpole Ma. 2009.
PGL G.W.H. Lampe, A Patristic Greek Lexicon, Oxford 1961.
TLG Thesaurus Linguae Graecae.

3. Avvertenza bibliografica

Le opere di Origene sono citate di norma nel testo greco o latino in base al-
ledizione degli Origenes-Werke (GCS), indicando fra parentesi pagina e linea,
qualora si riporti un passo. I testi ripresi da altre edizioni sono indicati nella bi-
bliografia. I passi forniti in traduzione rimandano alle versioni italiane elencate
anchesse fra i testi di riferimento.
Le citazioni da altri autori antichi sono riportate secondo le edizioni elen-
cate nella bibliografia.
Le traduzioni della Bibbia sono tratte dalla versione della CEI, quando non
sia indicato diversamente.
BIBLIOGRAFIA

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1. Opere di Origene
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Des Origenes Schriften vom Gebet und Ermahnung zum Martyrium, bers. v.
P. Koetschau (Bibliothek der Kirchenvter), Mnchen 1926, rist. Origenes.
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Origens Treatise on Prayer, Translation and Notes with an Account of the Prac-
tice and Doctrine of Prayer from New Testament Times to Origen by E.G.
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Origen. Prayer, Exhortation to Martyrdom, transl. and annot. by J.J. OMeara,
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Alexandrian Christianity, Selected Translations of Clement and Origen with In-
troductions and Notes by J.E.L. Oulton and H. Chadwick, London 1954.
Origen. An Exhortation to Martyrdom, Prayer, First Principles. Book IV, Pro-
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Origene. La preghiera, a cura di G. Del Ton, Roma 1974 (rist. Milano 1988).
Origene. La preghiera, intr., tr. e note a cura di N. Antoniono, Roma 1997.

1.2. Edizioni di altri scritti

Origenes Werke I. Die Schrift vom Martyrium, Buch I-IV Gegen Celsus, ed.
P. Koetschau (GCS 2), Leipzig 1899.
Origenes Werke II. Jeremiahomilien, Klageliederkommentar, Erklrung der Sa-
muel- und Knigsbcher, hrsg. v. E. Klostermann, 2. bearb. Aufl. v. P. Nautin
(GCS 6), Berlin 1983.
Origenes Werke IV. Der Johanneskommentar, hrsg. v. E. Preuschen (GCS 10),
Leipzig 1903.
Origenes Werke V. De principiis, hrsg. v. P. Koetschau (GCS 22), Leipzig 1913.
Origenes Werke VI. Homilien zum Hexateuch in Rufins bersetzung. 1. Teil, Die
Homilien zu Genesis, Exodus und Leviticus, hrsg. v. W.A. Baehrens (GCS
29), Leipzig 1920.
662 Bibliografia
Origenes Werke VII. Homilien zum Hexateuch in Rufins bersetzung. 2. Teil, Die
Homilien zu Numeri, Josua und Judices, hrsg. v. W.A. Baehrens (GCS 30),
Leipzig 1921.
Origenes Werke VIII. Homilien zu Samuel I, zum Hohelied und zu den Propheten.
Kommentar zum Hohelied, in Rufins und Hieronymus bersetzungen, hrsg.
v. W.A. Baehrens (GCS 33), Leipzig 1925.
Origenes Werke IX. Die Homilien zu Lukas in der bersetzung des Hieronymus
und die griechischen Reste der Homilien und des Lukas-Kommentars, hrsg.
und in 2. Aufl. neu bearbeitet v. M. Rauer (GCS 49), Berlin 1959.
Origenes Werke X. Origenes Matthuserklrung I , Die griechisch erhaltenen To-
moi, hrsg. v. E. Klostermann, E. Benz (GCS 40/1), Leipzig 1935; (GCS 40/2),
Leipzig 1937.
Origenes Werke XI. Origenes Matthuserklrung II, Die lateinische bersetzung
der Commentariorum Series, hrsg. v. E. Klostermann, E. Benz (GCS 38),
Leipzig 1933; 2. bearb. Aufl. v. U. Treu (GCS 38), Berlin 1976.
Origenes Werke XII/1. Origenes Matthuserklrung III, Fragmente und Indices,
hrsg. v. E. Klostermann, E. Benz (GCS 41/1), Leipzig 1941.
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1.3. Traduzioni

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Origene. Esortazione al Martirio, intr., tr., note di C. Noce, Roma 1985.
Origene. Omelie su Geremia, intr., tr. e note di L. Mortari, Roma 1995.
Origene. Omelie su Isaia, tr., intr. e note a cura di M.I. Danieli, Roma 1996.
Origene. Omelie sul Levitico, tr., intr. e note a cura di M.I. Danieli, Roma 1985.
Origene. Omelie su Giosu, a cura di R. Scognamiglio e M.I. Danieli, Roma 1993.
Origene-Gerolamo. 74 Omelie sul libro dei Salmi, intr., tr. e note di G. Coppa,
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Origene. Sulla Pasqua. Il papiro di Tura, intr., tr. e note di G. Sgherri, Milano
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Origene. Commento a Matteo/2 (Libri XIII-XV), note a cura di M.I. Danieli, tr. di
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Origene. Commento al Vangelo di Giovanni, a cura di E. Corsini, Torino 1968.
Origene. Commento alla Lettera ai Romani, a cura di F. Cocchini, I. Libri I-VI,
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2. Opere di altri autori antichi

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ris 1988.
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Aristotele. I frammenti dei dialoghi, a cura di R. Laurenti, II, Napoli 1987, pp.
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3. Edizioni e traduzioni della Bibbia e di fonti extracanoniche

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4. Repertori, strumenti e raccolte

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II. STUDI

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INDICI

a cura di Paolo Bernardini


INDICE DEI LUOGHI SCRITTURISTICI

1. ANTICO TESTAMENTO 3, 3 159n


3, 5 175n, 355n
Genesi 3, 14 214 e n
1, 1 213n 3, 15 214n
1, 3 19n 3, 18 161n
1, 14 103 5, 1 172n
1, 27 193n 5, 7 309n
2, 7 19n 5, 36 172n
2, 9 224n 6, 24 490n
2, 22 19 e n 7-9 19n
3, 8 213n 9, 33 19
3, 8-9 19 13, 21 288
3, 22 204n, 224 14 556n
4, 4 556n 14, 14 273, 274 e n, 392n, 453
4, 14 405 e n, 471 e n
4, 23-24 331 14, 15 150n, 183n, 471, 472n,
6, 1-2 66n 473
6, 3 391n 15 425
8, 20-22 556n 15, 1 141n, 425n
11, 4 266 15, 1-19 141n
18 225n, 556n 15, 10 425n
18, 2-6 225 15, 16 167n
18, 11 42n 16, 4 225n
18, 24 492n 17, 8-13 451n
18, 26 492n 17, 8-16 144, 273, 392, 432, 437
19, 37 227n e n, 451 e n
19, 37-38 227n 17, 9-11 451n
24, 26 169n 17, 10-13 451n
25, 23 104-105, 117n 17, 11 166, 301, 367n, 434n,
27, 28 149n 439, 451-453, 591n
48, 16 181n 17, 11-13 451n
19, 15 495
Esodo 19, 19 394n
1, 22 177n 20, 7 214, 215n
2, 23 309n, 457n 20, 24 363, 470
2, 23-24 309 26, 7 649
2, 24 309n 27, 1 363, 470
3, 2 556n 29, 41 441n
692 Indice dei luoghi scritturistici
30, 7 LXX 440 e n 23, 7a LXX 262
30, 10 397 23, 7-10 262
30, 34-37 534 e n, 571 23, 10 262, 376
30, 37 440n 23, 10a 262n, 263n
31, 11 440n 31, 5 393n
31, 32 574 31, 8 263
32, 11 128 e n 31, 49-50 434n
32, 32 321
35, 19 440n Deuteronomio
35, 28 441n 4, 27 482n
38, 25 440n 6, 13 401n
39, 15 440n 9, 18 128 e n
40, 27 441n 13, 3 628n
16, 16 205n, 229n
Levitico 17, 3 257n
1, 1-9 416 18, 20 257n
1, 3 5n 23, 1-8 204n
5 416 30, 14 216n
7, 24 416n 31, 30 141n
9, 7 385n 32 141n
9, 22 432n 32, 1-43 141n
10, 2 556n 32, 2-3 215n
10, 9 396n 32, 6 209n
11, 25 397 32, 9 482n
16 397 32, 14 213n
16, 3 25 32, 18 209n
16, 12 362n, 439, 440 e n, 534 32, 20 209n
e n, 571 32, 21 141n
16, 12 LXX 440 e n Giosu
16, 14 176n 4 556n
24, 1 416n 5, 3 379n
24, 4 416n 6, 5 491
24, 5 416n 6, 16 491
24, 5-9 397 6, 20 491
24, 7 362n, 397n 8, 30 364
9, 2 LXX 364
Numeri 10, 12 131 e n, 556n
11 237 e n 10, 12-17 395n
12, 3 574 10, 40 655n
12, 13 394 e n 12 556n
16 490 22, 16 227n
16, 1-33 490n 22, 18 227n
16, 22 394 22, 19 227n
16, 35 556n
18, 20 385n Giudici
21, 16-18 141b 5 141n
22, 4 399 e n 16, 30 131 e n
Indice dei luoghi scritturistici 693
1 Regni (1 Samuele) 4 Regni (2 Re)
1 143n 1, 10 556n
1, 1 130n 1, 9-15 560n
1-2 556n 4, 8-17 143n
1, 9-11 130n 19, 35 591n
1, 9-13 143 20, 5-6 591n
1, 10 130 e n 21, 24 120n
1, 10-11 129 e n, 130 22 106
1, 11 130 e n 22, 2 120n
1, 12 130n 23, 4-25 120n
1, 13 145n
2 143n 1 Cronache
2, 1 143n, 388 16, 8-9 141n
2, 1a 388n
2, 1b 388n 2 Cronache
2, 1c 388n 32, 25 143n
2, 1d-e 388n
2, 1e 388 e n 1 Esdra (LXX )
2, 1-10 129n, 130n, 141n, 143, 4 417
365, 388 4, 59-60 417n, 433n
2, 2b 389n
2, 2c 388 e n, 389n Tobia
2, 3 389 e n 3, 1 129n
2, 25 133n 3, 1-2 129 e n, 144
12, 16-17 456n 3, 2-6 179n
12, 16-18 144 3, 7 179n
15, 9-11 57n 3, 7-17 179n
21, 4 495 3, 10 179n
28 246n 3, 11 175n
3, 16 179n
2 Regni (2 Samuele) 3, 16 (S) 179n
7, 18 632n 3, 16-17 179n
22, 1-3 141n 12, 8 126n
12, 12 126n, 179n, 522n, 618
3 Regni (1 Re) 12, 15 126n, 179n
10, 1-5 309
10, 5 309 e n Giuditta
10, 10 309n 9, 1 169n
12, 24d LXX 542n 13, 4-5 143
13 106
17-18 144 Ester
17, 1 556n, 560n 2, 15 143n
17, 17-24 560n 2, 17 143n
18, 19-50 560n 4, 17 a-i LXX 128n
18, 36-38 560n 4, 17 a k LXX 128 e n
18, 38 556n 4, 17 a-z LXX 143
18, 42-45 560n, 632n 4, 17 l-z 128n
694 Indice dei luoghi scritturistici
2 Maccabei 21(22), 16 65n
6, 30 260n 21(22), 23 140 e n, 293
6, 30-31 259 24(25), 1 160, 189 e n, 190, 193n,
7, 1-6 257n 454 e n, 455, 458
7, 6 257n 24(25), 1-2 454n
15, 14 185, 310n 25(26), 4 180n
26(27), 1 319
3 Maccabei (LXX) 26(27), 1-3 254, 255n
3, 21 500 26(27), 4 613
27(28) 33, 436, 452
4 Maccabei (LXX) 27(28), 1 474 e n, 475n
2, 15 202n 27(28), 2 165
8, 19 202n 29(30), 1 141n, 215n
29(30), 2 215n
Giobbe 30(31), 6 347
2, 10 235n 31(32), 5 407, 408n, 409n, 507n
3, 8 148n, 149n 32(33), 17 147n
7, 1 234 e n, 235n 33(34), 4 174n, 215 e n
7, 1 LXX 234n 33(34), 8 180n, 181n, 188n
14, 4 65n 33(34), 16 388n
20, 6 451n 34(35), 10 506n
22, 29 405n 34(35), 13 630n, 631n
38, 41 312n 36(37), 30 304n
37(38) 368
Salmi 37(38), 2 651n
1, 2 304n, 385n, 444, 648 37(38), 2-3 383n
2, 2 343n 37(38), 4-7 320n
2, 8 482n 37(38), 6 367n
3, 2 447 37(38), 14-15 255
3, 5 472n 38(39), 2 231n, 255
4, 4 473 38(39), 13 403n
4, 5 630n 39(40), 3 401n
4, 7 189n, 191, 192n, 386n, 40(41), 10 107n
398n 41(42) 255
5, 3 196n 41(42), 1 490n
5, 4 126n 41(42), 2 490n
6, 7 403n, 408n, 409n, 498 41(42), 2-7 255n
e n, 507n, 632n 41(42), 4 408n, 409n, 507n
15(16), 10 347 41(42), 6 255n
16(17), 1 125n 43(44) 256
16(17), 6 473n 43(44), 2 490n
17(18), 3 141n 43(44)14-15, 256
17(18), 7 175n 43(44), 14-17 256
17(18), 30 234n, 507n 43(44), 18-19 256
19(20), 8 147n 43(44), 19 256
21(22), 2 601n 43(44), 20 256
21(22), 8 256 43(44), 21-22 256
Indice dei luoghi scritturistici 695
43(44), 22 257 e n 90(91), 5-6 417n
43(44), 23 257n 90(91), 12 417n
43(44), 26 64 e n, 65n 90(91), 13 148n, 417
44(45), 1 141n 93(94), 10 314 e n
44(45), 17 215n 94(95), 6 169n
49(50), 1 291n 94(95), 8 227n
49(50), 14 391n, 445n, 497n 95(96), 1-13 141n
50(51) 157n, 405n 95(96), 5 478n
50(51), 6 405n 98(99), 6-7 327
50(51), 10 268, 269n 98(99), 16 144n
50(51), 12 182n 100(101), 8 247n
50(51), 13 182n 101(102), 1 125n, 409n
50(51), 14 182n 102(103), 1 507n
50(51), 19 409 e n 102, 8 396n
53(54), 7 267n 103(104), 24 58
53(54), 8 267n 104(105), 1-15 141n
54(55), 7 507n 104(105), 37 419n
54(55), 13a-b 107n 106(107), 20 222n
54(55), 14 107n 108(109) 107n, 449n, 450
54(55), 17 197n 108(109), 1 120n
57(58), 4 104, 105 e n 108(109), 1-2 450n
57(58), 4a 104n 108(109), 1-8 450n
57(58), 4-6 104n 108(109), 7 107 e n, 126n, 156n,
57(58), 5 104 356-366, 367 e n, 386
62(63) 613 e n, 440, 442, 449-451,
62(63), 7 498 614n
62(63), 9 507n 108(109), 8 449n
65(66), 14 445n, 497n 108(109), 12 107
67(68), 12 303n, 414n 108(109), 16-17 107
67(68), 27 652 114(115), 8-9 612n
68(69), 7 549n 115(116), 2 204n
69(70), 2 607 e n 115(116), 3-4 258n
72(73), 8 232n 115(116), 3-6 6n
73(74), 19 148 e n, 386n, 402n, 117(118), 14 260n
507n 118(119), 18 267, 268 e n, 373n,
76(77), 2 150n 381n, 455
77(78), 2 268n 118(119), 62 197n
77(78), 25 224 118(119), 105 247n
78(79), 8 404n, 407 e n, 507n 118(119), 164 536
78(79), 11 259 120(121), 1 455 e n
81(82), 6 204n 120(121), 4 344
81(82), 7 203n, 204n 122(123) 141n
85(86) 455n 122(123), 1 141n, 160 e n, 189 e n,
85(86), 4 455 e n 190n, 300n, 454-458
89(90) 104 e n 123(124), 1-3 507n
89(90), 1 125n 123(124), 7-8 319n, 507n
89(90), 1-2 104 e n 128(129), 5 388n
696 Indice dei luoghi scritturistici
129(130), 1 507n 2, 6 477n
138(139), 6 LXX 51 e n 2, 9 236
140(141), 1-2 497n 2, 9-10 236n
140(141), 2 6n, 156 e n, 165, 173n, 2, 10 236
196n, 197n, 301 e n, 2, 14 302
362 e n, 366 e n, 367 2, 15 302
e n, 386n, 391 e n, 430, 4, 1 457n
431n, 432, 438-441, 5, 2 551 e n
445, 452, 453 e n, 527 5, 3 652, 653n
n, 541n, 544, 571 5, 6d-e 311n
140(141), 2a 439, 442-443 5, 11b-12 312n
140(141), 2b 431n, 438-439, 441 5, 13a 6n
141(142), 3 403n 8, 4 310n, 399n
142(143), 8 455 e n 8, 5 311, 438n
144(145), 15 339n 8, 9 63n
148, 3 121n
Sapienza
Proverbi 1, 4 431n
1, 6 314 e n 1, 7 183n
1, 24 304n 3, 6 420n
1, 28 326 6, 6 231n
3, 18 224 7, 20 304n
7, 1a LXX 257n 7, 25 192n
15, 17 224n 7, 26 479n
18, 19 LXX 491n 9, 13 58
19, 14 498n 9, 13-16 64
24 504 9, 15 64, 66 e n, 271, 320
11, 24 101 e n, 102n
Ecclesiaste 11, 24-26 503n
3, 5b 498n 14, 14 202n
5, 1-2 581n
9, 17 172n Siracide
18, 6 56n
Cantico 50, 17 169n
1, 1 304n 32, 21 393n
1, 2 49, 306 e n, 307, 447n 42, 24 570n
1, 2-3 307 34, 11 604n
1, 4 308, 509
1, 4c 311n Isaia
1, 6a 309 1 562
1, 11 418 1, 2 209n, 621n
1, 11-12a 305 1, 11 258n
1, 12b 311 1, 12 180n
1, 14 234n 1, 13 367n, 442, 449n
1, 15 286, 457n 1, 15 166n, 180n, 653
2, 5 304n, 310n 1, 18-19 404
Indice dei luoghi scritturistici 697
5 141n Geremia
5, 1-9 141n 1, 9-10 266, 267n
6 456 1, 10 414
6, 1-3 653 3, 25 287n, 288n, 406, 407
6, 3 522n en
6, 5 297n, 410n, 653 5, 3 387n
6, 6 653 7, 21-22 158n
6, 6-7 653n 7, 22-23 158 e n, 500n
6, 10 422n 11, 11-12 361n
7, 9 336 13, 16 202n
7, 14-15 226n 13, 17 380n
11, 2-3 634n 15, 1 144n
12, 3 652 15, 10 LXX 230n
25, 8 147n 15, 15 387n
26, 9-20 141n 17, 14-16 387n
27, 12 187n 18, 15 391n, 440, 449n
28, 9-11 54n 20, 2 LXX 461
28, 12 561 20, 8 203n
37, 23 461 e n, 649 20, 9 408n
37, 24 461n 23, 24 183n, 184 e n
38 143, 591n 27, 17 402n
38, 10-20 141n 33, 3 119n
38, 19 143n 33, 18 414n
39, 7 143n 51, 21 LXX 442
40, 9 461n 51, 21-22 LXX 366
40, 26 300n, 455n
42, 10 366 Lamentazioni
43, 26 406n 1, 2 66n
44, 22 401n, 408n 1, 10 190n
45, 22 395n 1, 11 388n
45, 23 169 e n 1, 14 171n
48, 16 378n 1, 22 172n, 387n
52, 5 354 2, 19 165n
52, 7 453n, 653 3, 34-36 65n
53, 4 63n 3, 44 9n
56, 3-5 143n 3, 49 403n
56, 7 175n, 330, 338, 354,
444
58, 6 606n Baruch
58, 9 296 e n, 308n, 340n, 1, 11 356
366, 367n, 394 e n, 4, 36 176n
403n, 406 e n, 446-448,
545, 559 e n, 606 e n Ezechiele
65, 2 166 e n 13, 2 398n
65, 17 484n 16 420
65, 24 446n, 559 e n 16, 18 442 e n
66, 22 484n 16, 30-33 418
698 Indice dei luoghi scritturistici
Daniele 3, 1 126n, 141n
3 556n 3, 1 LXX 129n
3, 15-50 145n 3, 1-2 129 e n
3, 24 LXX 143, 395 3, 2 LXX 130n
3, 25 129 e n 3, 2-19 141n
3, 26-45 129n, 141n
3, 49-50 528n Zaccaria
3, 50 591n 3, 4 362n
3, 51 548 6, 12 176n
3, 52-88 141n 6, 12 LXX 176n
3, 86 323 7, 10 158 e n, 500 e n
6 556n
6, 11 144, 196n Malachia
6, 15-24 145n 1, 6 209n, 621n
6, 23 528n 1, 11 6n, 171 e n, 439n, 441,
7, 10 187n 442n
8, 16 556n 4, 2 176n
9, 5 Th 407 e n
9, 5-7 320n
9, 20-22 574n
13, 9 300 2. NUOVO TESTAMENTO
13, 35 300
13, 42 (= Sus 42) 100n, 544 Matteo
13, 42-43 300n 4, 9-10 272n
14, 33-39 528n 4, 10 401n
14, 33-42 145n 4, 11 186 e n, 187n
4, 17 216n
Osea 5, 1-2 200n
10, 12 187 e n 5, 8 269, 337
14, 10 62, 125n 5, 18 337n
5, 23 499 e n, 500n, 571,
Gioele 579 e n
2, 32 617n 5, 23-24 6, 33, 158n, 524, 549,
3, 5 187n, 326 560, 598
5, 28 653
Amos 5, 43-45 500, 501n
8, 11 224 5, 44 293n, 360n, 394, 434 e
n, 499-505
Giona 5, 44-45 293, 502n
2 144, 556n, 591n 5, 45 211 e n, 501 e n, 502n
2, 1 148n, 149n 6, 1 177n, 309, 310n
2, 1-2 147n 6, 1-2 202
2, 2-4 129 e n, 347n 6, 1-6 509n
2, 3-10 141n 6, 3 177n
6, 3-4 181n
Abacuc 6, 3-6 509n
1, 2-3 473n 6, 4 202, 309, 310n
Indice dei luoghi scritturistici 699
6, 5 177n, 181, 201, 202 e 6, 20 21n, 219n
n, 203-205, 509n, 544, 6, 21 21n
578 e n 6, 33 523n, 524n, 624n
6, 5-6 181n, 509n, 578n 7, 7 8n, 542n
6, 5-8 177, 198 e n, 199, 201 7, 7 ss. 289, 339
e n, 508-510, 514, 521, 7, 7-8 170n, 174n, 352, 524
578, 610n, 615 e n, 630 7, 13 203n
6, 5-9 509n 7, 13-14 203
6, 5-13 72 7, 14 203n
6, 6 68, 159, 177n, 181 e n, 7, 25 s. 420n
182n, 205, 276, 308 e n, 10, 29 443n
363 e n, 470, 473, 474 10, 30 188n
e n, 475, 509 e n, 510 e 10, 32 318
n, 545 e n, 550, 558 e 10, 37 257n, 502n
n, 560, 578n, 598 e n, 10, 39 257n
612n, 617, 624 e n, 630 11, 25 131
e n, 641 e n 11, 29 170n
6, 7 152, 154n, 201, 203, 12, 29 452n
206 e n, 544, 578, 579 e 12, 40 149n
n, 591, 597n, 598n, 615, 12, 46-50 218n
618 13, 36-22, 33 329n
6, 7-8 514n 13, 47 186n
6, 8 77n, 101 e n, 207 e n, 13, 52 216n
522, 544, 559 e n, 577, 14, 15-21 340
615 e n, 617, 639n 14, 22-23 340
6, 9 197, 198n, 208, 209n, 14, 30 340n
210n, 213n, 252 e n, 15, 19 653
583 16, 6 350
6, 9a 212 17, 1-2 341
6, 9b 212, 214 17, 15 133 e n
6, 9c 207n 17, 19 606
6, 9-10 444n, 576 e n 17, 20 402n
6, 9-11 199 18, 7 341
6, 9-13 508 18, 10 180n, 188n
6, 10 207, 326, 479n, 575, 18, 19 174 e n, 273-274, 350
577 e n, 356n, 365n, 453,
6, 10a 215 e n, 219n 488-492, 498, 549n,
6, 10b 207n, 218 606
6, 10c 207n 18, 19-20 351, 488n, 498-499
6, 11 199, 220n, 227 e n 18, 20 184n, 185n, 351, 488,
6, 12 153n, 229, 523n, 540n 489 e n, 559
6, 12b 230n 18, 21-22 331
6, 13 237n 18, 21-35 331
6, 13a 201n, 234 18, 23-25 233
6, 13b 201n, 220, 234, 238 18, 23-35 500n, 560, 574n, 579
6, 14 626n 18, 35 153n
6, 14-15 233n, 626 e n, 627n 19, 10-11 352
700 Indice dei luoghi scritturistici
19, 11 55n, 174n, 352n 27, 15 356n
19, 12 445 27, 45 346n
19, 13-15 186n, 342 27, 46 346, 471
19, 16-30 202n, 358n 27, 50 346, 347, 471
19, 21 353, 501n 27, 51 491n
19, 27-29 259 27, 54 348
19, 29 259n 27, 55-56 346
20, 1-16 334 27, 63 329n
20, 22 342 28, 15 227n
20, 22-23 342 28, 18 219
20, 28 187n 28, 20 184n, 345n
20, 29-34 335
20, 30 337 Marco
21, 1-5 338 1, 35 476, 477n
21, 13 338, 444 4, 20 par. 378n
21, 17-22 352 4, 34 332n, 333n
21, 19-20 111n 5, 40 343
21, 22 352-353 9, 2 341, 479n
21, 33-46 338 9, 4 394
22, 1-14 339n 9, 29 401n
22, 23-33 339n 10, 30 259n
23, 1 ss. 181n 11, 13 232n, 353n
23, 2 648 11, 13-14 353
23, 23 202n 11, 24 352, 606
24, 1-2 354n 11, 25 158 e n, 499 e n, 500n
24, 20 455n 11, 25-26 549
25, 10 338 12, 30 174n
25, 18 387n 14, 35-36 269
25, 29 308 e n, 357 14, 36 255, 342
25, 35 226n 14, 38 400 e n
25, 35-36 561 15, 37 348
25, 35-40 186 15, 39 348
26, 6-13 357
26, 29 396 e n Luca
26, 31 340n 1, 3 419n
26, 33 340n 1, 4 419n
26, 36 168n 1, 13 128 e n
26, 37 343n 1, 46 161
26, 37-38 269 1, 46-55 141n
26, 39 170n, 269, 270, 271n, 1, 68-79 141n
301n, 344 e n, 470, 577, 2, 13-14 428n
601n, 607, 633 e n 2, 14 428n
26, 39a 254 2, 29-32 141n
26, 41 63 e n, 236 e n, 345, 2, 37 357n
368n 3, 1-4 417
26, 42 577 4, 20 398n
26, 44 346 e n 6, 12 477 e n, 552, 553n, 618n
Indice dei luoghi scritturistici 701
6, 21 66n 17, 10 358n
6, 27 502 e n 17, 18 428n
6, 28 499n, 501 e n 17, 20 216n
6, 28-29 501n 17, 21 216 e n
7, 37 7n, 72n 18, 1 185n, 352, 443n, 445,
8, 41 377n 446n, 465 e n, 563, 614
8, 55 297n 18, 1-8 551
9, 29 341 18, 2-6 578
9, 38 133 e n 18, 9-14 150n, 156
10, 18 418n 18, 10 579n
10, 19 148n 18, 10-14 551
10, 21 131 18, 13 165n, 294, 298, 301,
10, 40 187n 458, 632n
11 72 19, 12-27 650
11, 1 61-62, 72n, 134, 135n, 19, 20 387n
200n, 359, 476 22, 27 187
11, 2 35n, 72n, 208, 210 e n, 22, 40 236 e n
293, 444n, 479n, 575, 22, 41-45 269
588n 22, 42 255
11, 2c 215 e n 22, 44 604n, 618n
11, 2-4 199, 508 23, 34 614n
11, 3 199, 220n, 227 e n, 23, 43 227n
229n 23, 46 347
11, 4 153n, 229, 237n, 523n, 24, 32 408, 418 e n, 650 e n
540n 24, 42 226n
11, 4c 234
11, 5 ss. 359n Giovanni
11, 5-13 360, 615 1, 1 191n, 192n, 283
11, 8 352, 606 1, 2 216n
11, 9 8n, 34n, 360n 1, 9 314 e n
11, 9-10 360, 524 1, 10 184n
11, 10 360n 1, 12 621n
12, 6 443n 1, 13 210n
12, 7 188n 1, 16 56n
12, 22 624 e n 1, 18 380n
12, 31 523n 1, 23 301n
12, 34 219n 1, 26-27 184n
12, 58 239n 1, 29 284
13, 1 126n 1, 51 180n, 187 e n
13, 25 338 2, 12-22 97n
13, 27 338 2, 21-22 286
14, 26 502n 2, 23 203n
14, 33 409 3, 3 210n, 501n, 503
15, 7 179n, 185 3, 5 210n
15, 22 425n 4, 7 226n
16, 9 413n 4, 14 239
16, 25 203 4, 15 289
702 Indice dei luoghi scritturistici
4, 23 319, 520n, 546 e n, 572, 11, 52 187n
576n 12, 26 484n
4, 23-24 290 e n, 520, 545n, 576 12, 28 547n
en 12, 50 478n
4, 31 225n 13, 1 213n
4, 34 218n 13, 3 213n
4, 35 300n, 455n, 456 e n 13, 4 652
4, 35-36 456n 13, 4-12 651
4, 46-53 301n 13, 5 652, 654
5, 23 138 e n, 327 e n 13, 8 654
5, 39 316n 13, 10 654
5, 43 547n 13, 13-14 652
5, 44 202 e n 13, 16-18 107n
6 221, 222n 13, 21 302
6, 26 221n 13, 25 567n, 568n
6, 27 222n 13, 27 301n
6, 28 222n 13, 31-32 289
6, 29 222n 14, 6 270
6, 32 221 14, 10 630n
6, 32-33 222n 14, 16 139n, 185n
6, 33 397n 14, 16-17 464n
6, 51 223, 318, 422n 14, 23 182 e n, 213n, 216 e n,
6, 53-57 222n, 223n 226n, 412 e n, 413n,
6, 58 222n 424, 655, 656n
7, 37 472 14, 26 139n, 334
7, 38 239 14, 28 213n
7, 39 456n 15, 19 257n
8, 19 209 15, 26 139n
8, 21 55 16, 5 213n
8, 25 55 16, 7 139n
8, 36 647 e n 16, 23 296n
8, 37 55 e n 16, 23-24 139
8, 40 270 16, 24 524
8, 44 204n 17 252n, 290 e n, 341,
9, 24 428n 475-488, 544n, 547 e n,
9, 31 404 601-602
10, 16 414n, 484n 17, 1 476 e n
10, 18 349 17, 1-3 476n, 477 e n
10, 28-29 184n 17, 3 291 e n, 476n, 477, 478
10, 30 483n, 486n e n, 479n, 483
10, 36 477n 17, 4 480, 601n
11, 41 293-294, 296-297, 455, 17, 4-5 476n
457 17, 5 341n, 379n, 396, 476n,
11, 41-42 295 477, 479 e n, 480n
11, 42 297, 361, 446 e n, 477 17, 6 547n
en 17, 9 476n
11, 43-44 297 17, 10 476n, 477, 481 e n
Indice dei luoghi scritturistici 703
17, 11 476n, 480, 482 16, 25 197n
17, 12 476n 17, 28 183n, 184n
17, 13 476n 20, 36 632n
17, 14 477, 482
17, 16 476n Romani
17, 19 476n, 601n 1, 1 105
17, 19-20 476n 1, 7 433n
17, 20 476n, 482, 483n 1, 9 195n, 319, 446n
17, 20-21 476n, 484n 1, 9-10 320
17, 21 260 e n, 263n, 290n, 1, 20 117n, 277n
318 e n, 476n, 484n, 1, 22-28 236n
485n, 486n, 574n 1, 23 428n
17, 21-22 476n, 477, 482-485 1, 24 237n
17, 22 476n 1, 24-25 316n
17, 22-23 476n, 484n 1, 25 258n
17, 24 476n, 477, 484n, 486 e 1, 26 237n
n, 601n 1, 28 230n, 236, 237n
17, 25 476n, 487 e n 2, 28-29 181n
17, 26 486n 3, 25 397n
19, 30 347 4, 20 428n
20, 17 138n, 276n 5, 2 428n
21, 11 570 6, 5 210n
21, 25 55n 6, 5-7 65
6, 9 316
Atti degli Apostoli 6, 12 216n
1 461 7 405n
1, 13 460n, 461 7, 14 148n, 373, 374n, 419
1, 13-14 365n, 460 e n 7, 22 305n
1, 14 460n, 461, 489, 491n, 7, 24 65, 66 e n, 203n, 254n,
548 410 e n
1, 16-20 107, 449 7, 24-25 20n, 254n, 320n
1, 23-26 505n 7, 25 66 e n, 410 e n
2, 2 491n 8, 6 460n
2, 3 461n 8, 6-7 257n
2, 4 390n 8, 13 270n
2, 21 187n 8, 14 268n
3, 21 417 8, 15 209 e n, 210n, 328,
4, 32 351, 491n, 483, 488 414n, 504, 635 e n
7, 58 120 8, 16 323
7, 59 632n 8, 17 621n
7, 60 133n 8, 18 257n
10 461 8, 22 324
10, 1-15 459 e n 8, 23 621n
10, 4 459 e n 8, 26 8, 59 e n, 60-61, 63 e n,
10, 9 162n, 196n, 458-463 64, 72n, 75, 154n, 183n,
10, 11 459n 295, 324-325, 359, 364,
12, 23 428 365n, 465 e n, 467 e n,
704 Indice dei luoghi scritturistici
508n, 541, 545, 581n, 16, 27 428
584n, 605n, 606, 612,
619, 632 e n, 634n 1 Corinti
8, 26-27 7, 39n, 59n, 130, 183n, 1, 1 405
323, 326, 469-472, 475, 1, 2 310 e n, 327-328, 334
508-509, 529, 580, 581 1, 10 365n, 484n
n, 601 e n, 605, 609, 1, 30 59n
633, 639, 640 e n 2, 4 454n
8, 27 183n, 326n, 363, 467n, 2, 5 267n
508n 2, 6 205n
8, 28 238 2, 9 229n, 357n, 380n
8, 28-30 105 2, 10 332n, 335n, 508n
8, 29-30 106 e n 2, 11 58, 323, 332n
8, 33-34 107n 2, 12 286 e n, 380n
8, 35 318 2, 13 305n, 419 e n
9, 1-5 320 2, 15 218n, 338
9, 11 ss. 105 2, 16 56n, 58, 267n, 286 e n,
9, 11-12 104, 117n 332n, 334, 382, 412
10, 2 502n 3, 1 ss. 223n
10, 8 216n 3, 15 63n
10, 9-10 211n 3, 16 171n, 425n, 556n, 558n
10, 10 211, 351n 4, 5 170n
10, 12-13 187n, 326 4, 7 584n
10, 14 328 e n, 617n 4, 9 68, 231, 253
11 345 4, 12 501n
11, 21 415n 5, 3-5 184n
11, 24 415n 5, 4 178n, 181n
11, 25-26 321, 394n, 415n 5, 6 355n
11, 33 228n 5, 7 460n
11, 34 58 6, 3 483n
11, 36 426n 6, 13 381 e n
12, 1 497 e n, 515, 526 e n, 6, 17 189n, 218 e n, 317, 318
638n n, 415n, 426n
12, 15 396n 6, 13-14 424n, 494n
13, 5-6 437n 6, 19 425n
13, 7 230n 7 493n, 494 e n
13, 7-8 315n 7, 1 495
13, 14 318 7, 3 493n
14, 10 232n 7, 5 60, 125n, 126n, 152n,
14, 10-13 169 e n 153 e n, 173 e n, 174,
14, 11 428n 312, 350-351, 403n,
14, 22-23 107n 441, 445, 488, 492-499,
15, 5 489n 536 e n
15, 30 168n, 321 7, 5-6 493n
15, 30-32 321 7, 6 173n
16, 16 165n 7, 20 344
16, 20 401n 7, 21 493n, 496n
Indice dei luoghi scritturistici 705
7, 23 647 e n, 648 2, 2 299n
7, 25-28a 76n 2, 7-8 299n
7, 31 215n 2, 15 6n, 441n, 571 e n
8, 5-6 291 3, 3 63n, 333n
9, 13 258 3, 13-18 378n
9, 14 166n, 365n 3, 14 374n
9, 27 63n 3, 15 373 e n, 380n
10, 11 377n 3, 15-16 268 e n, 288n
10, 31 618n 3, 16 374n
11, 1 210n 3, 16-17 373
11, 4-5 60 3, 17 365n
11, 5-15 527n 3, 18 35, 189n, 191 e n, 213n,
11, 10 180n, 581n 373, 374n, 469
11, 25 397n 4, 3 336
11, 28 299 4, 6 268n
11, 30 63 4, 16 166n, 229n, 365n, 366n
12, 3 211 e n 4, 18 181n
12, 8 217n, 304n, 314 e n, 5, 4 64-65, 66n
333 e n, 338, 382n 5, 6 263n
12, 11 634n 5, 6-7 611n
12, 10 382n 5, 8 263n
12, 26 103n, 186 5, 10 232n
13 186 e n 6, 16 213n
13, 9 217n 7, 9 298
13, 9 ss. 217n 7, 9-10 299 e n
13, 10 217n 7, 10 299n
13, 12 423n, 636n 10, 3 296
13, 13 617n 10, 4-5 583n
14, 14 225n, 325n, 386n 10, 5 266, 267n
14, 14-15 326 e n, 467 e n 11, 28-29 186
14, 15 34 e n, 61, 252n, 326n, 12 63 e n
352, 363 e n, 386, 443n, 12, 2 59, 384n
466-475, 510 12, 2-4 59
14, 25 206n 12, 5 63n
15, 10 120n 12, 7 60, 120 e n, 235n, 324,
15, 20-23 53n 632
15, 24 215n, 218n 12, 7-9 437n
15, 25 479n 12, 8 324
15, 25-26 480n 12, 9 63n, 324, 633n
15, 28 217, 484n 13, 3 213n
15, 49 211 e n, 212, 219n 13, 4 63n
15, 50 219n
15, 53 318, 486 Galati
1, 4 216n
2 Corinti 1, 11 332n
1, 12 257n, 323n 1, 15 104, 120
1, 22 634n 1, 15-16 105
706 Indice dei luoghi scritturistici
2, 20 372n Colossesi
4, 2 426n 1, 13 396
4, 4-7 39n 1, 15 138n, 211 e n, 291n,
4, 6 64 e n, 183n, 472 e n, 479n
475 1, 19 287
4, 9 424n 2, 3 332n
4, 24 373 2, 8 99
5, 13 647 e n, 648 2, 14 232n
6, 8 203 3, 1 367n
6, 14 167n 3, 1-2 462 e n
3, 3 426n
3, 10 211n, 212
Efesini
4, 2 400n
1, 4 104n, 117, 120
4, 3 304n
1, 4-5 106 e n
1, 7-8 483
2, 7 228 1 Tessalonicesi
2, 14 183n 5, 16 232n
3, 1 655 e n 5, 16-18 443n
3, 14-15 169, 369n 5, 17 35, 173, 174n, 195 e
3, 15 259 n, 196n, 197n, 320 e n,
3, 20 229n 352, 354, 365 e n, 366
4, 13 426n, 484n, 534 e n n, 399n, 400 e n, 441,
4, 23 468n 443-446, 468n, 497n,
5, 16 401n 527, 537, 552, 565 e n,
5, 27 328, 438n 596, 597 e n, 612 e n,
6, 12 218, 219 e n 614n, 617, 618n, 639,
6, 15 652 643
6, 16 239, 401n 5, 18 445
6, 17 319 5, 23 351n, 418n
6, 18 254n, 259, 469 e n
6, 19 377n, 380n 2 Tessalonicesi
2, 16 255n
Filippesi
2, 1 426n 1 Timoteo
2, 3 202n, 364, 365n 1, 12 260n
2, 6-7 396 2, 1 17, 33, 126n, 127, 131n,
2, 8 170n, 344, 479n 132 e n, 137 e n, 138 e
2, 10 169, 369n n, 139, 327, 364n, 435
3, 13 217n e n, 436 e n, 437, 518n,
3, 14 55n, 217 562 e n, 572, 597-599,
3, 20 219n 641 e n
3, 21 64 e n, 65 e n, 211n, 2, 1(-2) 435-438
486n 2, 1-2 274, 435n, 518n
4, 6 602 2, 2 274n, 435 e n, 437 e n
4, 13 260n, 508n 2, 8 153 e n, 154n, 156n, 158
6, 7 633n e n, 159, 166, 171 e n,
Indice dei luoghi scritturistici 707
206n, 278, 295, 301 e 13, 15 362 e n
n, 306, 321, 322 e n, 13, 21 413
357, 362 e n, 366, 367n,
386 e n, 430-435, 438- Giacomo
439, 452, 453 e n, 499n, 4, 3 360
521n, 524 e n, 579, 597 1, 22 604n
e n, 598, 627n, 639 5, 9 397
2, 8-9 154, 165, 306 e n, 431 5, 14-15 409 e n
n, 435, 524
2, 8-10 60 e n, 431n, 435 1 Pietro
4, 4 432n 1, 9 468n
4, 4-5 432 1, 12 483n
4, 5 432n, 433n 1, 19 426n
2, 9 275
2 Timoteo 2, 12 428n
3, 4 204n 2, 22 348
4, 7 321 3, 3 524n
2, 22 355n 4, 11 411n, 413, 416n, 419,
3, 12 385n 421, 422n
1, 7 634n 5, 6 357

1 Giovanni
Tito 1, 3 426n
1, 14 175n 2, 1 139 e n, 185 e n, 464n,
3, 5 519n 466n, 547n
2, 1-2 252n, 395, 396n, 397 e
Ebrei n, 463n, 463-466, 547
2, 17 137n, 138n, 184n 2, 2 138n, 281n, 422n, 464
3, 14 45n n, 465
4, 12 319, 379n, 469n 3, 22 226n
4, 14 397, 533 3, 8 210n
4, 15 62n, 343n, 464n 3, 9 210 e n
5, 1 258 4, 7 303, 304n
5, 2 580n 5, 1 287n
5, 7 582n 5, 14 606 e n
6, 20 445n, 497n 5, 16 63n
8, 3 258
9, 8 253n Apocalisse
9, 14 5n 1, 6 419
9, 24 396 e n 3, 20 225, 226n, 656 e n
9, 26 228 5, 8 5n, 6n, 156n, 366, 367n,
9, 28 397, 464n 386 e n, 439-440, 441-
10, 1 227 443, 571-572
10, 4 258 6, 9 258
10, 12 258 8, 3 572 e n
11 140n 14, 3 141n
12, 23 328 20, 4 258
INDICE DEI LUOGHI ORIGENIANI

1. C OMMENTI E FRAMMENTI ESEGETICI Prol. 4, 30 304n


(ordine biblico) I 485
I , 1, 3 163n, 306n
Commento a Genesi (CGn) I , 1, 4 306n, 431n
18-19, 20 e n, 46, 100, I , 1, 7 307n
106-107, 116-117, 120, I , 1, 10 307n
213, 282 e n, 387, 646n I , 1, 14 307n
III 300n, 449 e n I , 2, 1-2 308n
III (Phil. 23, 1) 93n I , 2, 2 296n, 446n, 447n
III (Phil. 23, 2) 103n I , 2, 5 304n
III (Phil. 23, 4) 100n I , 4, 9 476n, 485n
III (Phil. 23, 8) 107n, 116n, 117n, 120n I , 4, 16 305n
III (Phil. 23, 10) 119n I , 5, 10 157n, 308n, 509n
III (Phil. 23, 16) 99n I , 6, 1 311n
III (Phil. 25, 4) 106n II, 1, 33 309n
IX 19n II, 1, 44 409n
X 19 II, 1, 49 309n
XI 19 II, 2, 19 309n
II, 8, 13 305n
Commento ai Salmi (CPs 1-25)
II, 8, 31 304n
46, 280n
II, 8, 40 182n
Prol. 646n
II, 9, 14 311n
Commento al Cantico (CCt) II, 11, 10 234n
38n, 41, 49, 162, 245n, III, 1, 12 464n
246n, 282, 302-312, III, 11, 19 182n
409, 434, 447, 509, 567 III, 12, 16 455n
Prol. 2, 3 303n III, 13, 3 304n
Prol. 2, 19 304n III, 13, 8 305n
Prol. 2, 27 182n III, 14, 2 433n
Prol. 2, 28 476n, 478n III, 14, 27-34 236
Prol. 2, 34 137n III, 3, 2 476n, 481 e n
Prol. 2, 35 137n III, 7, 13 502n
Prol. 2, 48 303n III, 7, 23 101n
Prol. 3, 12 304n III, 7, 30 185n, 310n
Prol. 4, 5-11 141n III, 8, 3 304n
Prol. 4, 7 304n III, 8, 8 310n
Prol. 4, 13 141n III, 9, 6 476n, 477n
Prol. 4, 14 141n IV, 2, 30 476n, 487n
710 Indice dei luoghi origeniani
Commento a Matteo (CMt) XIV, 4 352n, 488n
23, 24n, 156, 174, 236n, XIV, 5 331n
245n, 246 e n, 254, 271, XIV, 5-13 331
282-283, 285, 297-299, XIV, 6 233n, 332n, 333n, 500n
313, 315, 329-358, 359 XIV, 11 332n
n, 362e n, 367, 409, 439, XIV, 12 333n
444, 471, 477, 611, 645 XIV, 16-25 352
X, 3 433n XIV, 25 155n, 174n, 195n, 352n,
X, 7 473n 443n, 445, 499n
X, 12 186n XV , 5 143n, 352n
X, 14 216n XV , 6 186n
X, 15 222n, 433n XV , 6-9 310n, 342n
X, 23 171n XV , 9 342n
X, 24 63n, 159n XV , 10 358n
X, 25 433n XV , 17 354n
XI, 2 226n, 433n XV , 18 202n
XI, 4 218n XV , 23 341n, 480 e n
XI, 6 296n, 340n, 446n, 448 XV , 24 218n
XI, 14 222n, 433n XV , 27 328n, 334n
XI, 15 202n XV , 27-37 334
XI, 17 342n XV , 30 335n
XI, 29 433n XV , 31 227n, 228n, 335n
XII, 6 350n XV , 37 335n
XII, 9 329 XVI, 3 176n
XII, 14 233n XVI, 5 342n, 476n, 480n
XII, 15 98n XVI, 6 6n, 255n, 343n
XII, 23 98n XVI, 8 187n
XII, 39 21n, 341n, 476n, 479 e XVI, 9 336n
n XVI, 9-13 335
XIII, 1 101n XVI, 11 336n, 337n, 456n
XIII, 2 186n, 193n XVI, 12 337n
XIII, 3 342n XVI, 13 338n
XIII, 7 402n, 493n XVI, 16 337n
XIII, 20 341n, 476n, 480 e n XVI, 17 338n
XIII, 20-21 482 e n XVI, 20 338n
XIII, 21 476n XVI, 20-25 338
XIII, 25 454n XVI, 21 338n
XIII, 26-28 188n XVI, 22 172n, 196n, 197n, 354n,
XIII, 27 118n 355n, 443n, 444
XIII, 29 247n, 359n XVI, 26 111n, 114n, 352n
XIII, 30 233n XVI, 26-29 352
XIV, 1 350n, 351n, 488n, 489- XVI, 28 60n, 353n
490, 491n, 493n, 498n XVI, 29 204n, 232n, 353n
XIV, 1-4 488 XVII, 6 339n
XIV, 2 174n, 351n, 488n, 493n, XVII, 6-14 338
498 e n, 499n XVII, 10 357n
XIV, 3 351n, 488n XVII, 17 339n
Indice dei luoghi origeniani 711
XVII, 19 204n 136 144n, 346n
XVII, 32 339n 138 348n, 471n
XVII, 35 173n, 493n 139 298n, 491n
XVII, 36 209n 140 348 e n, 349n
141 346n
Commento a Matteo Serie Latina
(CMtS) Commento a Giovanni (CIo)
329n, 349 20, 46, 54-55, 73, 76n,
2 209n 156, 183, 245n, 246,
10 181n, 509n, 510 282-303, 308, 316, 329,
11 509n 332, 338, 355, 367, 404,
12 205n, 210n 449, 477, 551
18 5n, 156n, 356n, 357n, I 54n, 222, 283n
390n, 509n I -II 59n
19 202n I , 1, 3 141n
20 168n I , 2, 9 54n
24 164n I , 2, 10 285n
27 356n, 449n, 451 I , 4, 24 286n
30 354n I , 4, 26 226n
37 144n, 354n I , 6-7 150n
38 339n I , 7, 38 56n
44 455n I , 9, 52-57 223n
45 476n I , 10, 62 56n
50 476n I , 15, 89 283n, 413n
60 197n I , 20, 124 56n
65 184n I , 21, 128 476n, 477n
69 172n, 357n, 431n I , 21, 131 222n
72 63n I , 22, 138 463n
73 210n I , 25, 166 56n
74 342n, 476n I , 26, 174 476n, 484 e n
77 357n I , 26, 177 66n
81 63n I , 28, 197 183n
88 340n I , 28, 200 137n
89 174n, 175n, 343n, 355n, I , 30, 207-208 222n
356n, 488n, 489 I , 33, 240 463n, 464 e n
89-95 255n, 343 I , 33, 241 463n
90 170n, 343n, 344n I , 34, 246 56n
91 168n, 170n, 344n I , 35, 255 463n, 464n
92 170n, 271n, 343n, 344n, I , 37, 267 463n
345n II, 2, 16 291n
93 236n, 345n II , 2, 17 291n, 476n, 478-479,
95 345n, 346n, 456 e n 483
104 107n, 449n, 450 e n II, 2, 18 192n
120 356n II, 3, 21 291n
121 460n II, 3, 22 56n
135 471n, 476n II, 18, 127 56n
135-140 346 e n II, 23, 149 136n
712 Indice dei luoghi origeniani
II, 34, 209 292n, 463n, 464 XIII, 21, 127 224n
V 485n XIII, 25, 153 192n
V, 1 230n XIII, 29, 173 230n
V, 2, 6-8 20n XIII, 32, 197-199 225n
VI 19, 283n, 288n, 471 XIII, 33, 210 224n
VI, 1, 1 20n XIII, 36, 228-231 218n
VI, 1, 18 106n XIII, 38, 249 255n, 301n
VI, 2, 7 284n XIII, 42, 274 455 e n, 456n
VI, 2, 10-11 284n XIII, 42, 274-278 300n
VI, 3, 15 56n XIII, 42, 278 456n
VI, 9, 55 290n XIII, 45, 298 202n
VI, 18, 98 56n XIII, 5, 27 55n, 56n
VI, 18, 100-101 472 e n XIII, 58, 403 185n
VI, 18, 101 301n XIII, 58, 403-404 301n
VI, 19, 105 56n XIII, 63, 455 290n
VI, 33, 166 413n XIX 292
VI, 36, 183 56n XIX, 4, 22 184n
VI, 42, 217 66n XIX, 4, 24-25 424n
VI, 42, 220 56n XIX, 4, 25 184n
VI, 43, 225 56n XIX, 5, 27-28 293n
VI, 44, 230 56n XIX, 5, 28 140n, 209 e n
VI, 51, 267 285n XIX, 10, 59 56n
VI, 55, 285 464n XIX, 10, 60 348n, 471 e n
VI, 59, 304 464n XIX, 11, 64 290n
VI, 59, 305 464n XIX, 12, 72 56n
X 97n XIX, 12, 78 216n
X, 1, 2 285n XIX, 16, 10 349n
X, 6, 26 56n XIX, 22, 148-149 476n, 487n
X, 8, 36 56n XX 283n, 502
X, 11, 60 290n XX , 1, 1 8n, 287n
X, 13, 76 5n XX , 4, 31 290n
X, 15, 85 56n, 285n XX , 6, 40 56n
X, 17, 100 223n XX , 13, 106-107 501n, 502n
X, 17, 101 299n XX , 17, 141 501n
X, 23, 131 285n XX , 17, 142 501n
X, 28, 172-173 286n, 457n XX , 17, 146 503n
X, 28, 173 473n XX , 17, 147 501n
X, 29, 179 56n XX , 17, 148 101n, 503n
X, 37 137n XX , 17, 149 501n
X, 37, 246 20n XX , 17, 149-151 502n
X, 39, 266 286n XX , 17, 151 294n, 504n
X, 41, 286 56n XX , 27, 242 204n
X, 44, 311 203n XX , 32, 285 287n
XIII 290n XX , 33, 290 294n, 501n, 502n
XIII, 1, 5 289n XX , 33, 292 294n, 501n, 502n, 503n
XIII, 14, 90 221n XX , 34, 309 502n, 503n
XIII, 18, 112 56n XX , 36, 333 233n
Indice dei luoghi origeniani 713
XX , 36, 337 202 e n XXXII , 27 35, 189, 191 e n
XX , 38, 351 327n XXXII , 27, 338-339 191n
XX , 38, 354 476n, 481 e n XXXII , 29, 366 290n
XX , 38, 356 476n XXXII , 29, 366-367 289n
XX , 41, 387 222n XXXII , 32, 396-397 227n
XX , 44, 415 6n
XX , 44, 422 290n Commento alla Lettera ai Romani
XXII 282n (CRm)
XXVIII 283n 261n, 312-329, 334,
XXVIII, 1, 6 287n, 290n 477n, 478n, 489n, 508n
XXVIII, 4 457 I (Phil 25, 1) 105n
XXVIII, 4-5 9n I (Phil 25, 4) 105n
XXVIII, 4, 25 294n, 457n I , 1 Praef. 314n
XXVIII, 4, 26-27 299n I, 1 493n, 496n
XXVIII, 4, 31 300n, 456n I , 1, 24 118n
XXVIII, 4, 33 160n, 454n I, 2 214n
XXVIII, 5, 26 156n I , 2, 5 118n
XXVIII, 5, 34-35 301n I , 2, 7 118n
XXVIII, 5, 36 154n, 431n I, 3 101n
XXVIII, 5, 36-37 301n, 438n, 439,453 I, 5 105n, 476n, 481n
en I , 10 (8) 433n
XXVIII, 5, 37 451n I , 11 168n, 195n, 443n, 446
XXVIII, 6, 39 446n, 447 I , 12 319n
XXVIII, 6, 39-42 296n I , 13 320n
XXVIII, 6, 45 297n I , 14 496n, 497n
XXVIII, 6, 48 297n I , 15 320n
XXVIII, 7, 51 297n I , 21 316n
XXVIII, 7, 54 298n II, 5 464n, 466n, 476n, 478n
XXVIII, 7, 55-56 298n II, 6 (8) 476n
XXVIII, 15, 123-129 211n II, 8 314n
XXVIII, 21, 184 290n, 476n, 484 e n II, 9 323n
XXVIII, 26, 249 290n II, 10 (14) 5n
XXXII 283n, 379n, 450 II, 14 258n, 506n
XXXII , 2, 18 226n III, 1 94n, 476n, 478n
XXXII , 2, 5 247n, 359n III, 5 317n, 506n
XXXII , 1, 1-4 288n III, 7 506n
XXXII , 5, 59 204n III, 8 317n
XXXII , 7, 81 288n III, 9 299n
XXXII , 9, 100-101 653n IV, 1 230n, 506n
XXXII , 11, 128-130 211n IV, 5 143n, 318n
XXXII , 14, 156-168 107n IV, 9 318n, 476n, 485 e n
XXXII , 18, 224-225 302n IV, 11 506n
XXXII , 18, 233-234 204n V, 1 315n
XXXII , 19, 247-249 107n V, 3 215n
XXXII , 23, 295 255n, 301n V, 8 315n, 316n
XXXII , 24, 316 176n V, 9 65n, 315n, 476n, 485n
XXXII , 25, 325-326 218n V, 10 317n
714 Indice dei luoghi origeniani
VI, 1 161n, 167n, 431n, 432 Frammenti su Giosu (FrIos)
en 467n
VI, 4 432n
VI, 5 476n, 478n Frammenti sui Regni (FrRe)
VI, 8 315n 57n
VI, 9 254n, 320n
VI, 13 383n, 476n, 481n Frammenti su Giobbe (FrIob)
VII, 1 476n, 487n 509n
VII, 2 209n, 210n
VII, 3 476n, 481n Frammenti sui Salmi (FrPs)
VII , 4 63n, 65n, 319n, 464n, Praef. 506n
465n 1, 2 443n, 444 e n
VII, 5 315n 3, 3 446n, 448n
VII, 6 63n, 324n, 326n, 467n, 3, 4 144n
469 e n, 508 e n 3, 5 471n, 472 e n
VII, 6-7 508n 3, 6 164n
VII, 7 318n 3, 8 502n
VII, 7-8 106n 4, 2 446n, 448n
VII, 8 107n, 464n, 465n, 466n 4, 4 33n, 34n, 60n, 473 e n,
VII, 9-10 508n 509n
VII, 10 449n 4, 5 172n
VII, 11 319n, 450-451 4, 6 500n
VII, 13 138n, 321n 4, 9 474, 476n, 480 e n
VII, 16 315n 6, 7 493n, 498n
VII, 17 316n 12(13), 6 446n, 448n
VIII, 2 185n, 476n, 478n 16(17), 6 471n, 473n
VIII, 4 138n, 327n 17(18), 21 438n
VIII, 5 137-138, 327n, 328n, 24 502n
334n, 435 e n 27(28) 431n, 435n, 451n
VIII, 11 317n 27(28), 1 474 e n, 475n
VIII, 12 476n, 482n 27(28), 2 33n, 165n, 452n
IX, 1 497n 27(28), 6 436n, 599n
IX, 2 317n, 383n 29(30), 5 467n
IX, 9 493n 60(61), 3 413n
IX, 14 432n 62(63), 7 493n, 498n
IX, 29 435, 437 e n 118(119), 48 438n
IX, 30 315n 118(119), 64a 501n
IX, 41 169n, 476n, 481n 118(119), 98 502n
IX, 42 431n, 432 e n 118(119), 113b 502n
X, 3 433n 120(121) 455n
X, 5 107n, 319n, 449n, 451 129(130), 1 508n
e n, 507n 133(134), 2 431n, 438n
X, 7 460n, 488n, 489-490 140(141), 2 438n
X, 15 321n, 431n, 432 e n 141(142), 2 206n
X, 33 165n
X, 35 224n Frammenti sui Proverbi (FrPr)
XII, 39 476n 15 172n
Indice dei luoghi origeniani 715
26 391n Frammenti su Ezechiele (FrEz)
24 502n, 504n 167n, 467n, 469n, 509n,
572n
Frammenti su Qoelet (FrQo)
493n, 498n Frammenti su Luca (FrLc)
72, 359
Frammenti sul Cantico dei Cantici 14 454n
(FrCt) 59 428n
2 307n, 371n 113 7n
21 310n 125 377n
33 6n 129 63n
45 311n 158 488n, 491 e n
47 312n 165 438n, 451n, 453n
48 6n 172 72n, 359n, 508 e n
75 310n, 399n 172-180 359
84 63n 173 359n, 360n
174 35n, 72n, 201n, 210n,
Frammenti su Geremia (FrIer) 234n, 360n, 501n, 502n,
4 158n 504n
7 361n 175 476n, 479 e n
11 438n 177 215n
15 467n, 469 e n 180 221n, 227n, 229n
17 184n, 386n 181 359n
18 184n 182-183 359n, 360n
28 402n 183 34n, 360
36 208n 257 166n, 432n, 434n, 451n
49 103n, 387n
58 406n Frammenti su Giovanni (FrIo)
68 154n, 156n, 296n, 367n, 13 217n
386n, 431 e n, 438n, 20 413n
440, 442 e n, 446 e n, 35 501n, 502n, 503n
449n, 450, 451n, 452 46 378n
70 299n 70 156n, 233n, 405n
71 9n 95 290n, 476n, 478n
114 509n
Frammenti sulle Lamentazioni 120 187n
(FrLam)
- 282n Frammenti sulla Lettera ai Romani
10 66n (FrRm)
27 190n 493n, 496n, 497n, 508n
29 388n
31 171n Frammenti sulla I Lettera ai Corinti
43 172n, 387n (Fr1Cor)
49 5n 313n
61 165n 1 405n
83 9n, 506n 1-2 310n
86 403n 2 405n
716 Indice dei luoghi origeniani
16 488n, 491 e n II, 6 378n, 416n, 412n, 425n
17 371n III 372n
24 181n, 406n III, 1 375n, 378n
26 501n III, 4 372n
29 424n, 493n, 494n, 495n III, 5 372n, 379n
32 413n, 424n III, 6 6n
33 63n, 493n, 495n IV 225n, 411n
34 173n, 174n, 222n, 413n, IV, 6 372n, 378n, 412n, 416n
493n, 495n, 496 e n V, 1 455n
35 496n VI, 1 43n, 373n
38 493n VII 372n
39 76n VII, 1 373n, 378n
49 53n VIII, 10 43n
61 467n IX, 1 374n, 381n
61-62 469n X, 1 195n, 196n, 203n, 400n,
62 467n 443n, 445
66 369n X, 2 443n
84 53n, 161n X, 3 226n
X, 5 248n
Frammenti sulla Lettera agli Efesini XI, 1 6n
(FrEph) XI, 2 195n, 438n, 446 e n
313n XI, 3 8n, 385n
I, 2 437n XII, 1 268n, 373n, 377n
I, 3 21n, 433n XIII 377n
I, 4 104n, 106n XIII, 1 377n
I, 8 102n XIII, 3 442n
I , 11 483 e n XIII, 4 232n, 401n
II, 32 168n XV , 7 425n
II, 43 467n, 468n XVI, 5 409n, 646n, 648n
III, 70 443n
III, 87 467n, 469 e n Omelie su Esodo (HEx)
425, 434
I, 1 380n
I, 5 257n, 401n
2. OMELIE II, 1 160n, 165n
(ordine biblico) II, 2 177n, 398n
II, 3 177n, 401n, 509n
Omelie su Genesi (HGn) II, 4 248n, 425n
37n, 411n III, 2 372n, 378n
I 411n, 425n III, 3 144n, 161n, 166n, 172n,
I, 2 213n, 239n 401n, 431n, 434n, 451n,
I , 13 213n, 476n, 484-485 452n
I , 15 193n III, 4 167n
I , 17 182n, 412n, 425n IV, 2 507n
II 411n, 425n IV, 9 425n
II, 2 373n V, 1 375n
II, 3 373n V, 3 203n, 234n
Indice dei luoghi origeniani 717
V, 4 183n, 363n, 472 e n, V, 3 405n, 651n
508n V, 4 372n, 507n
VI, 1 476n V, 7 391n
VI, 2 141n V, 8 467n
VI, 3 161n V, 9 449n
VI, 6 208n V, 12 416n, 426n
VI, 8 167n VI, 1 377n
VII, 1 167n VI, 6 144n, 385n, 392n, 398n,
VII, 5 225n 419n, 425n, 451n
VII, 8 225n VII, 1 180n, 248n, 372n, 385n,
VIII, 2 476n, 482 e n 398n, 462
IX, 2 375n VII, 2 139, 181n, 396n, 462,
IX, 4 190n, 391n 464n, 476n, 480 e n,
X, 4 165n 481n, 506n
XI, 3 451n, 452n, 471n VII, 3 461-462
XI, 4 144n, 166n, 195n, 399n, VII, 4 162n, 165n, 462n
431n, 434n, 438n, 443n, VII, 5 226n, 459n
446 e n, 451n, 452 VII, 7 426n
XI, 7 215n, 222n VIII, 3 149n
XII, 2 177n VIII, 11 425n
XII, 4 371n, 374n, 647n IX 362, 440n
XIII, 2 5n IX, 1 362n, 382n
XIII, 3 649n IX, 5 397n, 464n
XIII, 5 488n, 489n IX, 8 6n, 196n, 362n, 438n,
XIII, 7 441n 439, 440 e n
IX, 8-9 440
Omelie su Levitico (HLv) IX, 9 440n
249, 309, 362, 395, 398, IX, 10 176n
411n, 466 XI, 3 209n
I, 1 268n, 381n XII, 1 277n
I, 2 5n, 350n XII, 4 171n, 377n
I, 4 156n XIII, 1 382n
I, 5 416n, 426n XIII, 2 247n, 374n
II, 2 390n XIII, 3 397n
II, 4 233n, 409n XIII, 5 154n, 362n, 392n, 431n,
III, 5 5n 438n, 439
III, 6 376n XIII, 6 416n, 426n
III, 7-8 249n XIII, 12 176n
III, 8 383n XV , 3 413n
IV, 3-4 180n XVI, 4 208n
IV, 4 426n
IV, 5 133n Omelie su Numeri (HNm)
IV, 8 5n, 250n, 383n 363, 398, 413, 470, 497
IV, 9 648n I, 2 451n
IV, 10 426n I, 3 646n
V, 1 372n, 377n II, 1 384n, 431n
V, 2 372n II, 1, 2 433n, 434 e n
718 Indice dei luoghi origeniani
III, 1 250n, 384n, 459n XX , 5 411n
III, 4 105n, 425n XXI, 2 427n, 509n, 510 e n
V, 1 369n XXI, 3 476n, 487n
V, 1, 4 170n XXII, 1 5n
V, 3 385n, 398n, 417n XXII, 4 413n
VI, 3 106n, 497n XXIII , 1 5n
VII, 4 394n XXIII , 3 173n, 438n, 441 e n,
VII, 6 418n 443n, 493n, 497n
VIII, 1 395n XXIII , 3, 2 6n, 173n, 445 e n
IX, 2 375n XXIII , 4, 3 501n
IX, 3 370n, 393n, 394n XXIII , 5 193n
IX, 3-4 502n, 504, 505n XXIV, 2 5n
IX, 4 394n XXIV, 3 378n, 426n
X, 1 133n, 403n XXV, 2 144n, 393n
X, 2 258n, 399n XXV, 4 393n
X, 3 385n, 391n, 467n, 509n, XXV, 6 426n
510n XXVI, 2 431n, 434, 499n
X, 3, 3 34, 363n, 470 e n XXVI, 2, 2 434n
XI, 3 459 e n XXVI, 2-3 5n
XI, 5 6n, 649n XXVI, 3 380n
XI, 8 476n XXVI, 6 180n, 399n
XI, 8, 3 502n XXVII 38n
XI, 9 34 e n, 187n, 364n, 370 XXVII , 1 143n, 224n
n, 391n, 411n, 435 e n, XXVII , 3 393n
467n, 470 e n XXVII , 4 451n
XII, 3 5n XXVII , 10 476n, 479n
XII, 4 375n XXVII , 12 237n, 249n, 433n, 507n
XIII-XIX 262n, 375 XXVII , 13 427n
XIII, 3 649n XXVIII, 4 433n, 476n, 487n
XIII, 4 375n, 392n, 433n, 437n,
451n, 453, 462n, 471n Omelie su Giosu (HIos)
XIII, 5 400n 364, 417, 452n
XIII, 7 249n I, 2 451n, 453n
XIV, 1 248n I, 3 166n, 451n
XIV, 2 443n, 446 e n I, 5 131n, 455n
XV , 1 176n, 262n I, 7 384n
XVI, 1 376n III, 1 394n
XVI, 4 62n III, 4 247n
XVI, 6 419n, 476n, 486n V, 6 417n, 427n, 431n
XVI, 7 143n VI, 4 417n
XVI, 8 376n VII, 2 365n, 460n, 488n, 491n
XVII, 4 217n VII, 3 250n, 384n
XVIII , 1 376n VIII, 1 371n, 372n, 382n
XVIII , 4 426n, 655n VIII, 1-2 382n
XIX, 1 370n, 372n, 376n, 451n VIII, 2 372n, 377n
XIX, 4 427n, 433n VIII, 3 372n
XX , 3 187n, 399n VIII, 7 427n, 651n
Indice dei luoghi origeniani 719
IX, 1 390n V, 3 246n
IX, 2 183n, 365n, 460n V, 9 386n, 467n
IX, 9 417n, 427n, 433n, 501n
Omelie latine sul I Libro dei Regni
XI, 1 131n, 395n
(HReL)
XII, 3 655n
- 130n, 143n
XIII, 4 655n
I, 1 384n, 489n
XIV, 2 646n
I, 2 376n
XV , 6 247n, 651n
I, 3 374n
XV , 7 378n, 413n
I, 9 196n, 365n, 388n, 389n,
XVI, 5 185n, 399n, 427n, 443n,
438n, 443n, 444, 451n
446 e n
I , 10 143n, 389n
XVII, 2 476n, 487n
I , 11 388n
XVII, 3 378n, 416n
XX , 1 182n, 225n, 226n, 375n, Omelie sui Salmi 36, 37, 38 (H36, 37,
467n 38Ps)
XX , 2 384n 282, 299
XX , 4 376n H36Ps
XX , 5 250n I, 5 406n, 509n
XX , 6 433n I, 6 420n
XXIII , 2 505n II, 1 401n, 404n, 507n
XXIII , 4 384n II, 4 238n
XXIV, 1 402n II, 8 420n
XXIV, 3 413, 656n III, 8 62n
XXV, 3 176n III, 12 420n, 433n
XXVI, 2 379n IV, 1 159n
XXVI, 3 417n IV, 2 144n, 402n
IV, 3 381n
Omelie su Giudici (HIud)
IV, 8 427n
I, 1 401n
V, 5 159n
II, 2 379n
V, 7 203n, 216n, 239n, 420n
II, 3 369n
H37Ps
II, 5 417n
367
III, 2 400n, 406n
I, 1 63n, 161n, 368n, 404n
III, 6 399n, 403n, 417n
I, 2 161n, 255n, 368n, 383n,
IV, 3 369n
651n
V 417 e n
I, 5 9n, 299n, 368n, 404n
VI, 1 249n
I, 6 427n
VI, 2 471n
II, 1 367n, 406n, 501n
VI, 3 141n
II, 3 204n, 361n, 395n, 501n,
VI, 6 63n, 417n, 508n
645
VII, 2 402n, 507n
II, 5 367n
VIII, 1 176n
II, 6 406n
VIII, 5 652n
II, 9 420n
IX, 1 393n
II, 35 409n
Omelie greche sul I Libro dei Regni H38Ps
(HReG) I, 3 231n
248n I, 7 408n, 650n
720 Indice dei luoghi origeniani
II, 10 403n, 446n, 448 e n V, 15 221n
II, 12 507n V, 17 387n, 402n, 413n, 414n,
421n
Omelie sul Cantico dei Cantici (HCt) VI, 1 387n
142, 245, 246 e n, 302- VI, 2 387n
303 VI, 3 414n
I, 1 141n, 304n VI, 7 192n
I , 1-2 447n VII, 3 387n, 415n
I, 2 296n, 446n VIII, 1 157n, 182n
I, 7 8n, 311n VIII, 9 414n, 421n
II, 8 502n IX, 4 210n, 414n, 421n
II, 12 236n X, 2 222n
X, 4 386n
Omelie su Isaia (HIs) X, 5 211n
411, 422 X, 8 131n, 367n, 386n, 387n,
I, 2 208n, 219n 407n, 415n, 507n
I, 4 653n XI, 3 231n
I, 5 398n, 411n, 422n XI, 5 415n
II, 2 226n, 422n XII, 3 433n
III, 3 411n, 422n XII, 11 202n
IV, 3 254n, 410n, 411n XII, 12 415n, 421n
IV, 4 297n, 406n, 446n, 448 XII, 13 396n
en XIII, 1 133n
IV, 6 408n, 418n, 422n XIII, 3 415n
V, 2 8n, 166n, 381n, 404n, XIV, 4 230n, 369n
433n, 653n, 654n XIV, 7 186n
V, 3 454n, 456 e n, 457n, XIV, 11 395n
458 XIV, 13 387n
VI, 3 372n, 653n XIV, 14 378n, 386n, 387n, 390n
VI, 7 422n XIV, 18 415n, 421n
VII, 1 217n XV , 1 387n, 390n
XV , 3 406n
Omelie su Geremia (HIer) XV , 6 415n
246n, 247n, 366-368, XVI, 10 232n, 411n, 414n, 421n,
386, 406, 411, 420-422, 438n
571 XVII, 5 387n
I , 13 368n XVII, 6 33n, 269n, 367n, 415n
I , 16 303n, 414n XVIII 450
II, 3 414n, 418n XVIII , 1 372n
IV, 3 203n XVIII , 5 171n
IV, 6 414n, 415n, 418n, XVIII , 6 101n, 220n
421n XVIII , 10 6n, 107n, 156n, 367n,
V, 5 386n, 388n 386n, 391n, 404n, 440,
V, 8 327n 449n
V, 8-9 288n XVIII , 18 386n
V, 9 386n, 431n XIX 372n
V, 10 157n, 367n, 407n XIX, 5 67n
Indice dei luoghi origeniani 721
XIX, 10 380n XIV 422
XIX, 11 380n, 645n XIV, 3 227n, 422n
XIX, 13 377n, 386n, 459n, 460n, XIV, 4 379n
461e n, 649n
XIX, 14 227n Omelie su Luca (HLc)
XIX, 15 380n, 415n 34, 245-246, 247n, 359
XX , 3 164n, 387n, 650n e n, 361, 394, 411, 423
XX , 6 386n, 387n, 408n, 507n I, 6 419n
XX , 7 143n, 203n, 369n, 386n II, 7 420n
XX , 8 172n III, 4 379n, 423n
XX , 8-9 367n IV, 2 369n
XX , 9 299n, 377n, 408n, 410n, VII, 8 419n
414n VIII, 4 161n
IX, 4 420n
Omelie su Ezechiele (HEz) XI, 3 63n
226, 244 XI, 4 394n, 446n, 447 e n
I, 2 395n XII, 6 379n, 411n, 423n, 433n
I , 11 646n XIII, 5-6 187n
I , 16 422n XIII, 6 379n
II, 2 371n, 382n XIV, 3 65n
II, 3 34n, 363n, 467n, 469 e n XIV, 10 379n
III, 3 370n XV , 5 379n, 424n
III, 4 651n XVI, 10 420n
III, 5 370n XVII, 8 408n, 507n
III, 6 372n XVII, 11 310n, 405n
III, 8 378n, 422n XVIII , 5 423n
IV, 1 114, 372n, 378n XIX, 5 177n
IV, 5 143n XXI, 7 417n
IV, 7 386n XXII, 3 372n
IV, 8 144n, 400n XXIII , 6 230n
V, 4 133n, 231n XXIII , 8 399n
VI, 6 370n XXIII , 8-9 180n
VI, 10 378n, 379n XXIII , 9 395n, 423n
VI, 11 422n XXVI, 4 238n
VII, 3 391n, 442n, 648n XXVII , 6 423n
VII, 10 372n, 418n XXXII , 6 398n
VIII, 3 418n XXXV, 5 239n
IX, 1 476n, 482 e n XXXVI, 1 189n
IX, 5 174n, 422n, 437n XXXVI, 2 161n, 216n
X 420n XXXVI, 3 411n, 424n
X, 5 420n, 422n XXXVII, 5 423n
XI, 2 371n XXXVIII, 5 378n
XI, 5 371n, 391n, 415n, 438n XXXVIII, 5-6 382n
XII, 2 106n XXXVIII, 6 424n
XII, 5 423n XXXIX, 7 411n, 424n
XIII, 1 507n
XIII, 2 370n
722 Indice dei luoghi origeniani
3. TRATTATI E ALTRI SCRITTI IV, 50 268n
(ordine alfabetico dellabbreviazione IV, 53 164n
latina) IV, 89 99n
IV, 90 221n
Contro Celso (CC) IV, 98 230n
9, 25n, 46, 99 e n, 138, V, 1 266n, 267n
156, 198, 215n, 236n, V, 2 278n
244, 245n, 247n, 254, V, 4 137 e n, 185n, 278n,
261n, 264-281, 294, 327n, 435 e n
313, 328, 329 e n, 345, V, 6 176n
362 e n, 363, 392, 393n, V, 11 137, 138n, 175n, 176n
399, 431, 437 e n, 439, V, 19 66n
450, 515 V, 29 141n
Prol. 5 99n V, 35 230n
I , 46 378n V, 47 265n
I , 48 192n, 475n V, 53 277n
I , 56 141n V, 57-58 281n
I , 71 101n V, 95 268n
II, 1 459 e n VI, 4 277m
II, 6 267n VI, 17 215n
II, 8 171n VI, 41 197n
II, 9 218n VI, 44 277n
II, 11 107n, 449n, 450 e n VI, 48 114n
II, 13 94 e n VI, 51 646n
II, 20 99n, 107n, 449n, 450 e n VI, 61 278n
II, 21 155n VI, 64 137n
II, 24 269 VI, 71 171n
II, 24-25 255n VII, 1 266n, 267n
II, 25 270n, 271n VII, 10 378n
II, 51 76n, 162n, 165n, 276n, VII, 26 275n
462 e n VII, 32 66n
II, 78 141n VII, 33 269n, 279n
III, 34 185n, 280n VII, 34 455n
III, 37 476n, 478n VII, 36 33n
III, 41 184n VII, 37 277n
III, 51 233n VII, 42 276 e n, 279n
III, 60 431 e n, 432, 438n, 439n VII, 44 33-34, 60n, 159, 171n,
III, 63 408n 189 e n, 264, 265n, 278
III, 64 34n e n, 280 e n, 295, 431 e n,
III, 68 164n 456-458, 473, 540n
III, 80 277n VII, 46 280n
IV 286 VII, 48 230n
IV, 1 221n, 266n, 334n VII, 55 271n
IV, 26 230n, 277n VII, 70 148n
IV, 28 101n, 102, 502n, 504 e n VIII, 1 266n
IV, 29 67n, 277n VIII, 2 211n
IV, 38 277n VIII, 9 327n
Indice dei luoghi origeniani 723
VIII, 12 476n, 483 e n 401 e n, 506
VIII, 13 137-138n, 185n, 280n, 1 54 e n
437n, 463n, 465 2 256n
VIII, 17 6n, 32n, 156n, 438n, 3 20n, 65 e n, 66, 254n,
439, 442n, 443 294n, 410 e n
VIII, 20 156n 4 255n, 256n
VIII, 21 6n, 460 e n 7 256n, 257 e n
VIII, 22 459, 460n, 462 8 255n
VIII, 24 272n 11 76n
VIII, 26 138n, 280n 14 259n
VIII, 31 113n 17 133n
VIII, 34 180n, 187n, 281n 18 253 e n
VIII, 35 502n, 504 e n 19-20 256 e n
VIII, 36 188n, 281n 20 256n
VIII, 37 280n 21 257n
VIII, 41 501n 22 259 e n
VIII, 46 143n, 265n 23 257n
VIII, 60 266n 27 102n, 260n
VIII, 64 272n, 281e n 28 6n, 187n, 258n
VIII, 66 501n 29 254n, 255n, 470n
VIII, 69 274n, 453 e n, 471n, 30 256n, 258 e n
491 31 256n
VIII, 70 492n 33 145n, 254 e n
VIII, 73 274n, 275n, 435n, 437 35 256n, 257n
e n, 518n 37 256n
VIII, 74 275n, 509n 37-38 258
VIII, 75 184n, 275 38 254n, 256n, 257n, 259n
VIII, 76 221n 39 255n, 256n, 260n, 263n,
413n, 476n, 484, 485n
Dialogo con Eraclide (Dial)
46 214n
260-264, 291 e n, 329,
47 66 e n
428, 439, 478
51 55n, 260n, 267n
2 261 e n
4 5n, 136 e n, 261n, 262n, Lettera a Giulio Africano (EpAfr)
329n 24 18n
11 263n, 264n
16 455n Lettera agli amici di Alessandria
17 104 e n (EpCar)
18 6n 501n
20 165n, 438n
26 262n, 376n Lettera a Gregorio (EpGr)
27-28 246n 4 8n, 45n, 371n
28 263n
La preghiera (Orat)
Esortazione al martirio (EM) (sono omesse le ricorrenze generiche)
10n, 18n, 20, 25n, 43, I 52n, 53n, 59 e n, 64, 77n,
53, 65-66, 73-74, 76n, 284n
145, 253-260, 269, 271, I -II 52, 70, 74n
724 Indice dei luoghi origeniani
I, 1 271n 224n
II, 1 18, 42n, 52 e n, 59 e n, VI-VII 68, 96, 108
62 e n, 70n, 71 e n, 125n VI, 1 21n, 108 e n, 109 e n,
II, 1-3 508n 110n, 111-114, 115n
II, 2 5n, 18n, 59n, 60 e n, VI, 1-2 108
125n, 152n, 154n, 173n, VI, 2 99n, 108, 115n, 230n
197n, 431n, 434n, 492n, VI, 3 117 e n, 230n
493n, 494 e n, 499n, VI, 3-5 108, 116
500, 537n VI, 4 116n, 118, 188n
II, 3 59n, 60, 61n, 64n, 182n, VI, 4-5 97
472, 508n VI, 5 118, 120n
II, 3-4 145n VII 108, 121 e n
II, 4 52n, 61 e n, 62, 67n, VII, 2 162n
467 e n VIII-IX 151n, 152n
II, 5 61, 104n, 125n, 127n, VIII-XVII 75
130n, 131n, 198n VIII, 1 32n, 75n, 76n, 126n,
II, 6 52n, 53n, 54 e n, 69, 135n, 152 e n, 153 e n,
70n, 125n, 284n, 334n, 154n, 157, 206n, 430n
477n VIII, 2 75n, 154n, 160, 162n
III-IV 75, 124-125, 130 IX 454
III-XVII 70, 74, 124 IX , 1 33n, 153, 154n, 158n,
III-XXI 74n 163n, 166n, 190n, 196n,
III, 1 74n 307, 430n, 431n
III, 2 125n IX, 2 33n, 35, 44, 153, 154n,
III, 3 19 e n 156n, 157n, 160n, 183,
IV 126n 189 e n, 190-192, 193n,
IV, 1 74n, 127n, 130n 454n, 458, 469
IV, 2 130n IX , 3 33n, 153, 155n, 158n,
V 96, 107 500n
V-VII 69, 75, 90, 96 X, 1 232n, 296n, 446n, 447
V, 1 17n, 75n, 90, 93 e n, X, 2 5n, 33n, 34, 44-45, 134
95n, 97-99, 544n n, 153n, 174n, 183n,
V, 1-2 94n 184n, 446n, 463 e n,
V, 2 67 e n, 77n, 94n, 98 e n, 464, 465n, 615n
99n, 100 e n, 101n, 135 XI 179
n, 337n, 544, 615n XI, 1 5n, 126n, 179n
V, 2-5 98 XI, 2 62n, 186 e n
V, 2-6 93 XI, 3 186n, 187n
V, 3 98n, 100 e n, 102 e n, XI, 3-5 186
103, 105, 117, 135n XI, 4 196n
V, 4 98n, 103 e n, 104n, 135n XI, 5 179n, 188n, 196n
V, 4-5 100 XII, 1 195n, 443n, 467n, 468
V, 5 9n, 98, 100, 103, 106, en
120n, 126n, 449n XII, 1-2 443
V, 6 18n, 69, 79n, 108n, XII, 2 126n, 156n, 195n, 196 e
126n n, 197n, 438 e n, 443n,
VI 21, 109n, 115n, 188, 459 e n
Indice dei luoghi origeniani 725
XIII, 1 126n, 134n, 446n, 476 XIX, 1 126n, 154n, 201n, 509n
e n, 477n XIX, 2 108n, 196n, 202n
XIII, 2 75n, 126n, 130 e n, XIX, 2-3 509n
142, 144n, 146 e n XIX, 3 126n, 203n, 204n
XIII, 3 99n, 142 e n, 143n, 146 XX , 1 177n, 204n, 205n, 509n
e n, 147n, 163n XX , 1-2 509n
XIII, 3-4 144n XX , 2 33n, 68n, 151n, 159n,
XIII, 4 76n, 124n, 126n, 142 e 164n, 181, 182n, 205n,
n, 148 e n, 149n, 232n, 206, 216n, 253n, 308n,
270n 509n, 558n, 559n, 568n
XIII, 5 144n, 456n, 504n XXI, 1 60n, 108n, 154n, 161n,
XIV 139n 206n, 207n, 509n
XIV, 1 60n, 124n XXI, 2 69, 101 e n, 205n, 206n,
XIV, 2 30n, 33, 126n, 127 e n, 207n, 485n
135n, 295n, 435n, 573n, XXII 139n
574n XXII-XXVI 207
XIV, 3 128, 144n XXII-XXVII 74n
XIV, 4 30n, 126n, 129 e n, 141 XXII, 1 126n, 208n, 621n
n, 179n, 347n XXII, 1-2 146n
XIV, 5 59n, 126n, 130n, 131n, XXII, 2 209
134n, 433n, 436 e n, XXII, 3 205n, 210n, 211 e n
508n XXII, 4 161n, 211 e n, 501
XIV, 6 132 e n, 133n, 139n XXII, 5 195n, 196n, 197n, 443n,
XV 132, 378 444 e n
XV , 1 20n, 22n, 126n, 134n, XXIII -XXVI 212
135n, 136n, 137, 261- XXIII , 1 125n, 154n, 182n,
262, 378n, 435 216n
XV , 2 126n, 133, 134n, 139 XXIII , 1-2 77n
en XXIII , 1-5 213n
XV , 4 62n, 118n, 126n, 134n, XXIII , 2 276n
139 e n, 140n, 258n, 293 XXIII , 3 125n, 205n
n, 463n, 464, 465 e n XXIII , 4 19 e n, 172n, 213n, 454n
XVI, 1 75n, 135n, 136n, 435n XXIII , 4-5 125n, 212n
XVI, 2 60n, 126n, 149n, 269n XXIII , 5 125n, 191 e n, 213
XVI, 3 142, 149 e n, 433n XXIV, 1 135n, 200n
XVII 121 XXIV, 2 69, 102n, 212, 213n,
XVII, 1 229n 214 e n
XVII, 2 57n, 60n, 77n, 101, XXIV, 3 163n, 214n, 504n
204n, 205n XXIV, 4 191 e n, 141n, 174n,
XVIII -XX 198 213n, 215n
XVIII -XXX 70, 75, 124 XXIV, 5 19n, 107n, 200n, 449n,
XVIII , 1 57n, 69-70, 71n, 126n, 450 e n
134n, 198n, 200 XXIV, 9 214n
XVIII , 2 126n, 134n, 200n, 230n XXV, 1 182n, 190n, 215n, 216
XVIII , 2-3 200 e n, 217n
XVIII , 3 126n, 135n, 200n, 477n XXV , 2 38n, 57n, 217n, 230n,
XIX- XXI 201 304n, 333, 443n, 444n
726 Indice dei luoghi origeniani
XXV, 3 217n XXIX, 2-4 530n
XXVI 529n XXIX, 4 234n, 235n
XXVI, 1 218n XXIX, 5 143n, 234n, 235n
XXVI, 1-2 218 XXIX, 5-6 235
XXVI, 2 207n, 529n XXIX, 7 171n, 235
XXVI, 3 57n, 200n, 208n, 218 e XXIX, 8 202n, 235 e n, 509n
n, 529n, 623n XXIX, 9 235n, 236, 530n
XXVI, 4 218, 529n XXIX, 9-10 235
XXVI, 5 219n XXIX, 10 118n, 235n
XXVI, 6 135n, 208n, 217n, 219n XXIX, 11 530n
XXVII 68n, 199, 220, 222n XXIX, 12 236n
XXVII -XXX 68n, 207, 212, 219 XXIX, 13 237 e n, 530n
XXVII , 1 60n, 131n, 135n, 221 XXIX, 14 237n
en XXIX, 15 237n, 391 e n
XXVII , 2 221n, 222n, 223n XXIX, 15-16 237
XXVII , 2-6 220n XXIX, 16 237
XXVII , 4 58n, 222n, 223n XXIX, 17 238, 530n
XXVII , 4-6 223 XXIX, 18 62n, 238n
XXVII , 6 221n, 223n, 224 XXIX, 19 62n, 238
XXVII , 7 220 e n XXX 238
XXVII , 7-13 201, 220n XXX, 1 200n, 201n, 360n, 530n
XXVII , 8 57n, 113n, 224n XXX, 2 58n, 238n, 530n
XXVII , 9 57n, 58n, 221, 223 XXX, 3 239, 530n
XXVII , 10 225n XXXI-XXXIII 24, 70, 74n, 75, 123-
XXVII , 11 224, 225n, 226n 124, 151
XXVII , 12 216n, 224 e n, 459 e n XXXI, 1 69, 71 e n, 123n, 153n,
XXVII , 13 191n, 220, 224, 227n 154n, 156n, 197n, 431n,
XXVII , 13-17 220n 438 e n
XXVII , 14 227n XXXI, 1-2 165
XXVII , 15 228n XXXI, 2 151n, 153, 154 e n, 157,
XXVII , 16 205n, 229n 159n, 164n, 165n, 168n,
XXVII , 17 227n 190n, 321, 322n, 431n,
XXVIII 153n 458, 500n
XXVIII- XXX 68n, 74n XXXI, 3 22n, 168n, 169n
XXVIII, 1 161n, 230n XXXI, 4 6n, 18n, 126n, 154n,
XXVIII, 2 231 171n, 172n, 173n, 431n,
XXVIII, 3 68n, 133n, 164, 181n, 439n, 442, 493n, 494 e
231, 253n n, 537n
XXVIII, 4 18n, 231n, 493n XXXI, 4-7 170
XXVIII, 5 133n, 157n, 232 e n XXXI, 5 126n, 175n, 178n, 180n,
XXVIII, 6 232 e n 181n
XXVIII, 8 57n, 230n XXXI, 5-6 179n
XXVIII, 9 133n XXXI, 5-7 175, 177
XXVIII, 10 233n XXXI, 6 180n
XXIX, 1 234n, 235, 530n XXXI, 7 177n, 178n, 180n
XXIX, 1-10 234 XXXII 170, 175 e n, 176n
XXIX, 2 58n, 190n, 234n XXXIII 136 e n, 157, 207, 295,
Indice dei luoghi origeniani 727
428, 621 I , 8, 1 188n, 252n
XXXIII, 1 60n, 134n, 428n I , 8, 2 483n
XXXIII, 2 134n I , 8, 4 218n
XXXIV 70 II, 1, 4 224n
XXXIV 18, 47n, 55 e n, 58n, II, 2, 2 252n
69-70, 71 e n, 74n II, 3, 5 290n, 476n, 484 e n,
487n
La Pasqua (Pas) II, 3, 6 476n, 482 e n
I , 11 476n II, 4, 1 213n, 252n
I , 31 165n II, 4, 2 252n
II, 47 476n, 483n II, 5, 4 252n, 476n, 487n
II, 6, 2 63n
Filocalia (Phil) II, 6, 3 101n, 102n
23, 313, 329, 450 II, 7, 4 252n, 463n, 464
1, 28 53n, 377n II, 8, 2 252n, 467n, 468n
1, 30 377n II, 8, 3 191n
7, 2 450n II, 8, 4 191n
8 476n, 485n II, 9, 4 169n, 252n
12 225n, 375n, 467n II, 9, 7 103n, 106n
23, 1 93n III, 1 95, 96n, 108 e n, 113n,
23, 2 103n 115n, 117n, 237n
23, 4 100n III, 1, 1 108n
23, 8 107n, 116n, 117n, 120n, III, 1, 2 21n, 109n, 110n, 111n,
449n 112-115
23, 9 117n III, 1, 4 115
23, 10 119n III, 1, 10-11 118n
23, 16 99n III, 1, 12 100n
25 106n III, 1, 15 100n
25, 1 105 e n III, 1, 17 100n
25, 1-2 118n III, 1, 22 106n
25, 4 105n, 106n III, 2, 2 358n
27, 13 309n III, 2, 5 254n
III, 5, 4 106n
I principi (Prin) III, 5, 6 476n, 479n
9, 21, 105, 115n, 116, III, 5, 8 252 e n
245n, 251-253, 469, III, 6, 1 252n, 476n, 485, 486n
477-478, 596 III, 6, 4 476n, 486n
I , 1, 2 182n III, 6, 5 479 e n
I , 1, 3 183n III, 6, 6 476n, 486n
I , 2, 10 476n, 481n IV, 1 75
I , 2, 13 476n, 479n IV, 1, 7 252n, 454n
I , 3, 4 130n IV, 1, 17 252
I , 3, 6 185n, 216n IV, 2, 3 314n
I , 5, 4 252n IV, 2-3 75
I , 6, 2 290n, 476n, 484 e n IV, 3, 4 252
I , 7, 4 106n IV, 4, 6-7 224n
INDICE DEI TERMINI GRECI

ajgavph 40, 186, 532 e n, 569n a[yuco~ 110, 114


aJgiasmov~ 59n
ajgwvn 235n battologevw 206 e n, 591
ajdialeivptw~ 195n, 217, 445, 446
ajduvnaton 53n, 58, 59, 62, 71, 97, 445 gnw`si~ 34, 40, 564, 569n
a\qlo~ 58n, 198
ai[thma 349, 578 devhsi~ 127, 128 e n, 129, 132-133, 139,
ai[thsi~ 279, 290, 297, 349, 350, 406, 144, 562n, 572, 573 e n, 578, 599
450, 474, 538, 589 devomai 128, 133n, 266n
ajkolouqiva 97 diavnoia 190, 468
a[logo~ 97 didaskaliva 72, 349
ajmnhsikakevw 500n dievxodo~ 473
ajmnhsikakiva 33n, 233n, 500 e n, 540, doxologiva 406
560, 576 doxocarhv~ 578 n
ajnavbasi~ 20n, 159, 276, 279, 280, 461, dusarestevw 232n
568, 582, 592, 640 dusarevsthsi~ 232n
ajnavkrasi~ 184n
ajnamimnhv/skw 256n ei[dwlon 583
ajnapovlhsi~ 159n, 161 e n ei[qe 260n, 336n
ajnaskeuhv 97 eijkwvn 165
ajnacwvrhsi~ 50, 159n, 162, 181, 190, e[myuco~ 114
278, 279n, 295 e[nteuxi~ 29, 126n, 127-130, 131 e n,
ajxiovw 135n 132-133, 135n, 139, 370n, 433n,
ajxivwsi~ 135n, 336n 436-437, 562n, 572-573, 589, 590
ajpavqeia 565, 569n, 578 n, 599
ajpivqano~ 99n e{xi~ 110 e n, 113
ajpiqanovth~ 99n ejxomologevw 131, 406
ajpoluvtrwsi~ 59n ejxomolovghsi~ 132 e n, 148, 157 e n,
ajpovrhma 98, 99 367 e n, 406-407, 409
ajporiva 98n ejpikalevw 327, 334n
ajporjrJohv 191, 213 ejpivkhro~ 77n, 281n
ajpovrjrJoia 192n, 213n ejpivklhsi~ 413n
ajprepev~ 97 ejpiouvsio~ 191n, 199-200, 220 e n, 221,
ajrciereuv~ 464 e n 227, 229, 593
ajsqevneia 62, 63 e n, 271, 589n ejpiskeuastov~ 229n
ajsuntrovcasto~ 214n ejpiskophv 171 e n, 178, 180 e n, 355n
a[topo~ 97 ejpisthmonikw`~ 353n
aujtovqeo~ 291, 478 ejpisthmovnw~ 353n
730 Indice dei termini greci
ejpivcari~ 178n lovgo~ 55, 69-72, 74, 267n, 272, 360
ejpiceivrhma 98, 99n, 100n logocarhv~ 578n
eujlogevw 132n luvsi~ 98n, 108
eujlogiva 132 e n, 433n lutikov~ 96
eujnomevw 215n
euJrhsilovgo~ 208n metochv 45
eujsevbeia 272 mikrologevw 229n
eujcaristiva 33, 127-128, 131-133, 139 mimnh/vskw 256n
e n, 148, 272 e n, 297, 406, 433n, mnhvmh 583
436, 474, 538, 562n, 572 e n, 599 mnhsikakevw 500
en mnhsikakiva 500 e n, 579, 598
eujchv 70, 125 e n, 126 e n, 127 e n, 128, mwmoskopevw 206n
130, 132n, 161, 294n, 297, 350,
386 e n, 387 e n, 572, 573 e n, 589 nhvpio~ 102, 223 e n
eu[comai 125n, 386-387 novhma 583
nohtov~ 149n
zhthtikov~ 96 nou`~ 76n, 149n, 159, 190, 191 e n, 255,
zw/`on 110, 113 332n, 363, 467, 565 e n

hJgemonikovn 32n, 45, 115n, 190 e n, oJmilevw 21n


193, 216, 232, 276, 391 e n, 443, oJmiliva 20n, 66, 276n, 279, 294n, 341,
468, 472, 473n, 509, 565n 389, 474, 532, 537, 540-542, 562,
569 e n, 571, 573, 578, 582, 591,
qeologevw 206, 581 592 e n, 602, 640 e n
qeopoievw 191n oJmologevw 645n
qevsi~ 176n ojrghv 322n, 582
qewriva 196 oujranopoivhsi~ 208
qumivama 6n, 196n, 439n, 441, 571
qumov~ 582 pantokravtwr 378n
parakalevw 76
iJkesiva 128, 169n paravklhto~ 139 e n, 185, 464 e n, 465
iJkethriva 573n paraskeuhv 154n
parjrJhsiva 129-130, 131n, 146n, 208,
kaqavreusi~ 174 324, 407, 590 e n
kaqh`kon 67, 230n peirathvrion 234n
kairov~ 196 pevnqo~ 581n
kardiva 190, 269n, 468 piqanov~ 97-99, 115n, 126n
kataskeuhv 97 piqanovth~ 97, 99, 115n
katavstasi~ 6, 60, 75, 153, 154 e n, 165, piqanw`~ 99
174, 295, 431 pivsti~ 40
katavcrhsi~ 137 pneu`ma 76n, 184n
kinevw 110, 112, 114 pneumatikov~ 76n
klivma 170 pra`xi~ 196
kuriolexiva 137 provblhma 69-74
propavqeia 343n, 368n
leptov~ 440 e n prosbavllw 217n
litaneiva 132n prosbolhv 217n
Indice dei termini greci 731
proseuchv 6n, 22, 30 e n, 74, 107, 125 tevleio~ 223
e n, 126, 127 e n, 128 e n, 129-131, telwnikw`~ 579n
132 e n, 133, 134, 135 e n, 136 e n, tovpo~ 170
137-139, 175 n, 179n, 261, 270n, trofhv 223
295, 327, 337, 346, 347n, 378, 385-
386, 388, 435-436, 449, 562n, 572, uJpokrithv~ 181, 198n, 205
573 e n, 589, 590, 591, 599 uJpovmnhsi~ 159, 161, 162n
proseuvcomai 125n, 129, 386 e n, 388 uJpomimnhvskw 256n
provswpon 450
proswpopoiiva 98n fantasiva 159, 162n
protreptikov~ 353 filodoxiva 202 e n forhtov~ 113
fuvsi~ 110, 113, 176n
rJuvsi~ 113 e n futovn 110, 113
sofiva 59n, 267n
spavnio~ 215n carivei~ 178n
summaciva 588n carievntw~ 178n
sumfwniva 174n, 350, 488n, 492n cwrevw 55 e n, 56n, 57
sunevleusi~ 178n cwrhtov~ 56n
sunergiva 588n
scevsi~ 154n yeudodoxiva 221n
sch`ma 153, 154 e n, 165, 431 yuchv 76n, 110, 111n, 113, 149n, 191n,
sw`ma 76n, 77n 255
INDICE DEGLI AUTORI ANTICHI

Afraate 123, 145 e n, 158n, 446n, 513, 547n, 550, 554, 556, 564, 568n,
554-564, 590, 637-639, 640 e n, 569-570, 578, 584n, 591, 637, 639-
641 e n 641, 643n
Agostino 11, 73, 280, 318, 328n, 511, Cromazio di Aquileia 420
513, 514n, 552, 593-594, 601,
609-645 Damaso 245n, 302n
Alessandro di Afrodisia 115, 116n Didimo il Cieco 202n, 343n
Ambrogio di Milano 263n, 514n, 558n Diodoro Siculo 83n
Aristide 91 e n, 515 e n, 516 Diogene Laerzio 83n, 92n
Aristippo di Cirene 84n Dionigi Areopagita (Pseudo-) 33 e n,
Aristotele 83, 96 e n, 98 e n, 99, 152n 594
Atenagora 516 e n, 518n
Efrem 558n
Barnaba (Pseudo-) 166n, 500n Epicuro 94n
Basilide 211n Epifanio di Salamina 280n, 646n
Epitteto 50, 84n, 85 e n, 87n
Carneade 115 Eracleone 106n, 301 e n
Celso 8, 33n, 66n, 98n, 99, 102n, 171, Eraclito 81n
189, 211n, 221n, 264-281, 431, Erma 354n, 526
437, 443, 459, 483, 491, 504 Eschilo 82n
Cipriano 15-17, 125n, 141, 145 e n, 151, Euripide 82n
197n, 210n, 283n, 296n, 299n, 322 Eusebio di Cesarea 6n, 7 e n, 18 e n,
e n, 513, 519-520, 545-554, 556, 19n, 21-22 e n, 96, 140n, 169n,
563, 603n, 609, 614 e n, 621, 622n, 202n, 246, 282n, 302n, 329n
623, 626n, 628n, 637-638, 640- Evagrio Pontico 6n, 23 e n, 190, 195,
644 206 e n, 213, 216n, 255 e n, 257n,
Cirillo di Alessandria 514n 276n, 295, 322 e n, 401, 435 e n,
Cirillo di Gerusalemme 514n 438n, 499n, 500 e n, 506, 512n,
Cleante 84n, 91n 513, 524, 540, 564-587, 588n,
Clemente di Alessandria 6n, 15-16, 17 590-592 e n, 594-598, 599n, 603-
e n, 21n, 29 e n, 33, 34 e n, 36, 39- 604, 605n, 607, 609, 637-638,
40, 41 e n, 60n, 82n, 84, 92 e n, 93, 640-643 e n
109n, 114n, 145n, 151, 154n, 155
e n, 156 e n, 160-162, 167 e n, 171, Filone di Alessandria 6n, 41, 66n,
173 e n, 176 e n, 192n, 197n, 213n, 132n, 167n, 179n, 192n, 520n
280n, 296 e n, 360n, 435 e n, 441n, Flavio Giuseppe 132n
459n, 460, 494, 500 e n, 511 e n, Fozio di Costantinopoli 22n
513, 515, 516n, 519, 521, 530-546,
734 Indice degli autori antichi
Gerolamo 22 e n, 104n, 244, 245 e n, Porfirio 50n, 88-89, 90 e n, 95n, 215n
246-247, 282n, 302, 313, 372n, Posidonio 84n
378n, 411, 422-424, 427, 472n, Proclo 90
486n, 489n, 501n, 514n Prodico 92 e n, 93, 155n, 537-538, 542
Giamblico 90 e n
Giovanni Cassiano 322n, 513, 587, Quintiliano 97n
595-609, 618, 625 e n, 627, 637- Quodvultdeus 514n
641, 643 e n
Giovanni Crisostomo 50n, 514n, 594n, Rufino di Aquileia 113n, 138, 182n,
615n, 626n 214n, 302, 305, 312, 314 e n, 327,
Giulio Africano 18 328 e n, 377n, 378n, 406n, 411 e n,
Giustino 39 e n, 90, 91 e n, 166n, 515- 412 e n, 420 e n, 422, 424-425, 427
516, 518
Gregorio di Nazianzo 568n Sedulio 514n
Gregorio di Nissa 23 e n, 38n, 41, 513, Seneca 84 e n, 85n, 87n, 159n
575 e n, 587-595, 603, 625 e n, Senofane 81n
627, 637, 640, 641n, 644 Shenute 22n
Simmaco 403n
Ippolito (Pseudo-) 173n, 197n, 489n Socrate 82n, 83n, 87, 88n
Ireneo di Lione 6n, 39 e n, 92 e n, 95 e Socrate Scolastico 19 e n
n, 132n
Isacco di Ninive 429n Taziano 19n, 173, 200n, 351, 494
Teodoro Ateo 92n
Macario Alessandrino 564 e n Teodoro di Mopsuestia 514n
Macario (Pseudo-) 596 Teofilo di Alessandria 22 e n
Marcione 211n, 227n, 494 Teofilo di Antiochia 500n, 516 e n,
Marco Aurelio 50, 85, 159n 518n
Massimo di Tiro 86-88, 89n, 92-93, Teofrasto 534n
95n, 280n, 514n, 532, 537 Tertulliano 11, 15-16, 17 e n, 40, 43n,
Massimo il Confessore 23 e n, 511 e n 123 e n, 125n, 141, 145 e n, 147 e
n, 151, 157n, 166n, 167, 168 e n,
Omero 81 e n, 96 173n, 176 e n, 188n, 197n, 198-
199, 210n, 221n, 299n, 459n, 511,
Palladio 564 e n 513-530, 533 e n, 536-538, 540-
Panfilo 19n, 22 e n 543, 545-547, 549, 550n, 551 e n,
Pietro Crisologo 514n 552n, 553-554, 556, 558 e n, 562,
Pitagora 83 e n, 87, 277n, 538, 577 563 e n, 590, 603n, 609, 614, 615n,
Platone 82 e n, 83n. 84 e n, 87 e n, 89 619n, 620n, 621 e n, 623, 632n,
e n, 90n, 94n, 109 e n, 157n, 215n, 637-644
277n, 278 e n, 539 Tommaso dAquino 96
Plotino 38n, 88 e n, 97, 161n, 279 e n
Policarpo di Smirne 206n Valentino 211n
INDICE DEGLI AUTORI MODERNI

Abbattista E. 408n Bernstein M.J. 179n, 520n


Alciati R. 595n Bertrand D. 10n, 23n, 49 e n, 51 e n,
Alexandre M. 12, 28n, 37n, 575n, 587n, 61n, 68n, 74 e n, 76n, 190n, 220n,
599n, 602n, 605n 222n, 566 e n, 567n
Amand D. 115n Bettiolo P. 206n, 255n, 564n, 566n,
Amphoux C.-B. 220n, 227n 580n, 585n, 586n
Antoni G. 609n, 612n, 614n, 616n, Beyer Moser M. 182n, 184n, 193n,
619n, 633n, 636n, 642n 313n, 323n, 325n
Antoniono N. 55n, 172n, 178n, 661 Bianco M.G. 531n
Arnou R. 192n Bitton-Ashkelony B. 11
Attinger D. 12 Blanc C. 184n, 282n
Auwers J.-M. 302n Blok F.F. 23n
Ayroulet . 587n, 590n Bostock G. 169n
Bradshaw P.F. 197n, 210n, 438n
Bader R. 269n, 272n Brsard L. 141n
Badilita C. 217n, 595n Brock S. 429n, 511n, 555n, 556n, 557n,
Balthasar H.U. von, 36n, 37, 637 e n 558n
Bammel C. 313n, 314n Brown M.J. 519n, 531n, 540n, 544n,
Bandt C. 12 587n
Barbra M.A. 63n, 302n, 309n, 312n, Bucchi F. 420n
399n Buchinger H. 12, 29n, 140n, 150n,
Barth K. 214n 198n, 199n, 244n, 384n, 460n
Baskin J.R. 262n Bumazhnov D.F. 596n
Bastit-Kalinowska A. 54n, 287n, 330n Bunge G. 564n
Bazzana G.B. 221n
Beatrice P.F. 609n Cacciari A. 12, 610n, 611n, 613n,
Beauchamp J. 12 615n, 619n
Beauchamp P. 290n Cacitti R. 94n
Becker E.-M. 234n Caldarelli G. 587n
Belda M. 443n Calderone S. 220n, 221n, 624n
Bellis M.A. 526n Callahan J.F. 587n
Bendinelli G. 73n, 88n, 89n, 90n, 175n, Camplani A. 12, 22n, 575n
279n, 330n, 409n Capelle B. 262n
Benjamins H.S. 109n Chadwick H. 197n
Bentley R. 25 Chapot F. 81n, 82n, 83n, 519n, 524n,
Bernardini P. 255n, 581n 545n, 550n, 552n, 614n, 620n
Berner U. 28n, 31n, 36n, 37n, 38n Chazon E.G. 179n, 520n
Bernanos G. 358 e n Clark E.A. 493n
736 Indice degli autori moderni
Clausi B. 261n Devreesse R. 431n, 508n
Coakley S. 152n Di Segni L. 12
Cocchini F. 12, 44 e n, 48n, 60n, 61n, Dibelius O. 6n, 28 e n, 29 e n, 32 e n,
124n, 148n, 154n, 169n, 181n, 33 e n
185n, 186n, 210n, 214n, 223n, Dillon J. 38n, 217n
230n, 312n, 313n, 314n, 315n, Doeker A. 512n
316n, 317n, 318n, 319n, 320n, Dlger F.J. 28n, 168n, 519n, 527n
321n, 323n, 324n, 325n, 326n, Dorival G. 12, 83n, 84n, 86n, 88n, 90n,
327n, 328n, 373n, 383n, 432n, 252n, 264n, 400n, 568n
433n, 451n, 475n, 485n, 493n, Drecoll V.H. 449n
496n, 501n Dulaey M. 142n
Cooper A.G. 23n, 511n Drig W. 523n
Corsini E. 184n, 191n, 192n, 202n, Duval Y.-M. 144n, 347n
204n, 209n, 211n, 217n, 222n, Dyckhoff P. 103n
223n, 225n, 226n, 227n, 233n, Dysinger L. 546n, 581n
282n, 283n, 284n, 285n, 286n,
287n, 288n, 289n, 290n, 291n, Ebeling G. 80 e n
292n, 293n, 294n, 296n, 297n, Ebenbauer P. 512n
298n, 299n, 300n, 301n, 302n, Ehrman B. 476n
348n, 464n, 472n, 503n, 504n Emmenegger G. 12, 25n
Courtray R. 624n, 628n
Crimella M. 12 Fagerberg D.W. 586n
Crouzel H. 7, 8n, 16n, 37 e n, 38n, 57n, Fdou M. 162n, 262n, 272n, 462n
88n, 151n, 191n, 212n, 279n, 306n, Fee G.D. 476n
359n, 371n, 420 e n, 421 e n, 480n, Feldman P. 11
484n, 546n, 567n Fernndez S. 188n, 288n, 370n
Cullmann O. 80 e n, 201n, 208n, 214n, Ferrari Toniolo C. 262n
219n, 220n, 234n, 330n Festugire A.-J. 94n
Cuva A. 548n Fiedrowicz M. 642n
Filoramo G. 160n
Dainese D. 12 Fleury C. 25n
Danieli M.I. 12, 19n, 149n, 156n, 166n, Frster N. 86n, 87n, 88n, 90n, 95n, 98n,
171n, 176n, 217n, 226n, 248n, 116n
250n, 277n, 329n, 337n, 341n, Foucault M. 50
362n, 363n, 373n, 374n, 377n, Fowden G. 163n
381n, 396n, 397n, 404n, 418n, Frank K.S. 171n
419n, 449n, 454n, 462n, 564n, Freyburger G. 28n
648n, 654n Fritz L. 575n
Danilou J. 38 e n, 41, 87n Froehlich K. 514n
de Andia Y. 585n Frst A. 653n
de Lagarde P. 575n
de Lubac H. 37 e n, 61n, 143n, 149n, Gaiser K. 82n
662 Gas, par C. 12
Delarue C. 25 e n Gavoille L. 522n
Delarue C.-V. 25 Ghin P. 569n, 570n
Des Places . 81n, 82n, 83n, 86n, 88n, Genet D. 29 e n, 30 e n, 32n, 42, 643
89n, 90n, 94n Gerhards A. 512n
Indice degli autori moderni 737
Gessel W. 8n, 38, 42-49, 51, 58n, 70n, Irshai O. 12
72n, 73n, 74n, 92n, 95n, 132n,
134n, 135n, 136n, 137 e n, 140, Jackson B.D. 82n, 83n, 89n, 109n,
152n, 163n, 180n, 190 e n 157n
Giannantoni G. 84n Jacobsen A.-C. 11
Gioanni S. 514n Jakab A. 595n
Girod R. 222n, 329n Jay E.G. 16n, 24n, 26, 38, 39-41, 44n,
Goltz E. von der 28 e n, 29 e n, 32 e n 55n, 110n, 111n, 131n, 132n,
Gramaglia P.A. 210n, 222n 134n, 164n, 172n, 178n, 179n,
Grant R.M. 97n 197n, 202n, 228n, 519n, 543n,
Grappone A. 358n, 371n, 377n, 378n, 553n, 661
411 e n, 412n, 416n, 420 e n, 421 e Jonquire T.M. 21n, 81n, 143n, 169n
n, 422n, 424 e n, 425n, 426n, 427n Jourdan F. 535n
Graumann T. 22n Junod . 9n, 19n, 46 e n, 49, 52n, 53n,
Greer R.A. 55n 57n, 59n, 70n, 73n, 103n, 244n,
Greeven H. 28n, 81n, 82n, 83n, 84n, 247n
85n, 125n Kannengiesser C. 28n, 36n, 37n
Gregg J.A.F. 313n Kant I. 80
Grossi V. 520n, 522n, 525n, 545n, Kierkegaard S. 79
546n, 548n, 570, 610n Kim K.W. 476n
Guillaumont A. 564 e n, 566n, 569n, Klauser T. 515n
572n, 575n Klostermann E. 143n
Koch H. 33 e n, 36n, 37n
Hadot P. 49 e n, 88n, 94n, 159n, 278n, Koetschau P. 19n, 20 e n, 22n, 23 e n,
568n 24n, 25 e n, 55n, 70n, 98n, 115n,
Hamman A. 28n, 210n, 517n 132n, 134n, 139n, 172n, 178n,
Hammerling R. 28n, 512n, 609n, 626n, 179n, 183n, 192n, 197n, 199n,
628n 202n, 203n, 204n, 257n
Hannah D.D. 173n Kofsky A. 12, 555n, 559n
Harl M. 438n, 450n, 500n, 502n Konstantinovksy J. 17n, 23n, 140n
Hausherr I. 322n, 555n, 566n, 567n, Korting G. 221n
569n, 571n, 572n, 574n, 575n, Krauss S. 400n, 489n
576n, 577n, 578n, 580 e n, 583n, Krueger D. 12
584n, 585n, 586n Kuyama M. 143n
Heidl G. 611n, 621n
Heiler F. 80n, 81 e n, 83n, 85n, 110n, Laurot B. 81n, 82n, 83n
119n, 121n, 151n Layton R.A. 343n
Heine R.E. 19n, 20n, 49n Le Boulluec A. 94n, 95n, 154n, 161n,
Heither T. 7n 167n, 244n, 435n, 530n, 531n,
Hengstermann C. 653n 532n, 534n, 536n, 537n, 542n,
Hring J. 26n 543n
Hermans T. 275n Leanza S. 498n
Herrmann J. 28n, 81n, 82n, 83n, 84n, Ledegang F. 210n, 215n, 216n
85n, 125n Lefeber P.S.A. 10n, 46n, 47 e n, 48
Holmes M.W. 476n e n, 49
Huet P.D. 23n, 24 Lekkas G. 115n
Hunter D.G. 493n Leonhardt J. 167n, 520n
738 Indice degli autori moderni
Lettieri G. 24n, 25n, 217n, 290n Muraru A. 115n
Levinas E. 5 Muyldermans J. 572n, 573n
Lies L. 253n
Lieske A. 36 e n, 37 e n, 38 Nautin P. 9n, 18 e n, 19 e n, 20 e n, 21,
Livneh Y. 12 22 e n, 143n, 244n, 247n, 251, 260,
Lhr W.A. 72n, 88n, 89n, 92n, 98n, 261n, 264n, 282n, 302 e n, 313n,
517n 329n, 359n, 489n, 506n
Lombino V. 514n, 519n, 545n Neuschfer B. 97n, 98n
Lommatzsch C.H.E. 25 e n Newman H. 12
Lona H.E. 269n Niculescu V. 255n
Louth A. 38n Noce C. 214n, 254n, 255n, 256n, 257n,
Lozza G. 23n, 575n, 587n, 595n 258n, 259n, 260n
Lugaresi L. 12, 68n, 164n, 231n, 253 Noel V. 165n, 223n
n, 531n, 534n Novalis 15
OLaughlin M. 565n
Madec G. 611n OLeary J. 159n
Magris A. 276n Osborn E. 46n
Maier J. 520n Ostmeyer K.-H. 28n, 290n
Maldina N. 12 Oulton J.E.L. 26, 55n, 129n, 134n,
Malebranche 88n 136n, 172n, 178n, 492n
Markschies C. 9n, 12, 25n, 94n, 165n,
178n, 247n, 313n, 372n, 512n Paddle A.G. 192n
Martens P. 191n Papaconstantinou A. 130n
Massignon L. 243 Parisot J. 555n
Mauss M. 27 e n, 28 e n, 151n Pastorelli D. 139n, 395n, 464n
Mazzucco C. 275n Pazzini D. 12, 379n
McDowell M. 143n, 144n Penati Bernardini A. 23n, 88n, 588n,
McGinn B. 38n 589n, 593n, 595n
McGuckin J.A. 282n, 284n Pennacchio M.C. 187n, 370n
Mhat A. 20n, 28n, 73n, 276n, 278n, Ppin J. 84n, 91n, 95n, 516n
280 e n, 568n Pericoli Ridolfini F. 555n
Mello A. 12 Pernot L. 28n
Meredith A. 588n, 590n, 593n, 595n Perrone L. 7n, 8n, 9n, 20n, 21n, 39n,
Metzler K. 12 43n, 49n, 54n, 59n, 68n, 72n, 73n,
Michel O. 515n 75n, 96n, 108n, 123n, 124n, 129n,
Monaci Castagno A. 9n, 12, 18n, 36n, 142n, 143n, 146n, 150n, 151n,
43n, 46n, 50 e n, 76n, 143n, 159n, 157n, 159n, 190n, 198n, 200n,
160n, 162n, 170n, 174n, 188n, 206n, 223n, 225n, 233n, 237n,
189n, 227n, 230n, 250n, 288n, 244n, 245n, 246n, 247n, 261n,
358n, 384n, 650n 264n, 265n, 267n, 272n, 275n,
Montanari F. 178n 282n, 287n, 302n, 315n, 330n,
Mortari L. 51n, 203n, 211n, 231n, 370n, 373n, 393n, 408n, 437n,
232n 493n, 512n, 514n, 546n, 583n
Mortley R. 474n, 532n Pesce M. 60n
Motte A. 83n Phillips L.E. 165n, 197n, 438n, 459n
Mller J. 405n Philonenko M. 198n, 201n, 208n, 219n,
Mller K. 198n, 209n, 229n, 234n 220n, 229n, 234n
Indice degli autori moderni 739
Pichler K. 98n Santiago Vzquez J.M. 523n
Pieri F. 167n, 313n, 355n Saxer V. 144n, 517n
Pierre M.-J. 555n Scherer J. 262n, 263n
Pietras H. 501n, 504n Schnurr K.B. 514n, 519n, 545n, 602n,
Pini G. 530n, 545n 609n
Piscitelli Carpino T. 166n, 167n Schtz W. 7n, 155n, 178n, 371n
Pizzolato L.F. 8n, 48n Scognamiglio R. 143n, 174n, 186n,
Poirier M. 550n 187n, 199n, 202n, 204n, 209n,
Pollmann K. 11 226n, 228n, 232n, 233n, 298n,
Pozzi G. 52n 329n, 331n, 332n, 333n, 334n,
Prawer L. 11 335n, 336n, 337n, 338n, 339n,
Preuschen E. 52n 340n, 341n, 342n, 343n, 344n,
Pricoco S. 141n 348n, 349n, 350n, 351n, 352n,
Prinzivalli E. 12, 22n, 23n, 282n, 328n 353n, 354n, 355n, 357n, 358n
Prudhomme M.-A. 40n Scott A. 12, 103n, 109n, 111n, 113n,
Pulleyn S. 7n, 81n 169n
Scott R. 12
Quacquarelli A. 208n
Scrofani G. 198n, 514n
Rabbow P. 49 Segelberg E. 92n
Rabinovici E. 11 Serra Zanetti P. 535n
Rahner K. 192n Severus E. von, 28n, 81n, 83n, 88n,
Raikas K.K. 622n 167n, 168n, 330m 517n, 520n,
Ramelli I. 227n 522n, 526n, 540n, 545n
Ramsbotham A. 508n Sfameni Gasparro G. 155n, 169n, 173n,
Reading W. 24n 212n, 276n, 462n, 494n
Regnault L. 607n Sgherri G. 144n, 178n, 204n, 251n,
Resch A. 60n, 542n 271n
Ressa P. 266n, 268n, 269n, 270n, 274n, Sheerin D. 46 e n, 47, 371n, 410 e n
275n, 277n, 278n Shelford A.G. 24n
Rickenmann A. 303n Simonetti M. 15n, 16n, 73n, 96n, 132n,
Riggi C. 136n 137n, 141n, 167n, 208n, 222n,
Rist J.M. 84n, 88n, 113n 248n, 252n, 262n, 311n, 339n,
Rius-Camps J. 252n 412n, 480n, 484n, 544n
Rizzi M. 8n, 12, 48n, 215n, 275n, 531n, Siquans A. 143n
532n Sodano A.R. 89n
Roberts L.W. 152n Stewart C. 564n, 566n, 567n, 568n,
Robin C.J. 12 569n, 586n, 595n, 596n, 599n,
Rogers E. 12 602n, 605n, 607n, 608n
Rondeau M.-J. 438n Stkl Ben Ezra D. 396n
Rordorf W. 167n, 258n, 587n Stori E. 557n
Rosa P. 58n Stritzky M.-B. 44 e n, 84n, 85n, 87n,
Roselli A. 113n 95n, 116n, 199n, 213n, 215n, 222-
Rossetti C.L. 425n n, 230n, 233n, 514n, 519n, 523n,
Roukema R. 92n, 530n 525n, 526n, 529n
Ruggiero F. 197n, 553n Stroumsa G.G. 12, 24n, 25n, 177n,
Russell Christman A. 8n, 654n 206n, 281n
Ruzer S. 555n, 559n Studer B. 124n, 167n
740 Indice degli autori moderni
Theiler W. 110n Vincent M. 609n, 613n, 614n, 617n,
Thorndike H. 23n, 24n 618n, 632n
Thraede K. 165n, 520n Vogt H.J.218n, 246m 283n, 329n, 350n
Tomson P.J. 132n Vlker W. 10n, 29n, 31-36, 37n, 38n,
Trevijano Etcheverria R. 44 e n, 95n, 39, 41, 44, 47, 153n, 191n, 196 e
124n, 140n n, 197n, 360n, 436, 467 e n, 474-
Tripaldi D. 12, 557n 475, 531n, 534n, 535n, 543 e n
Tugwell S. 566n Volp U. 76n
Tuschling R.M.M. 187n, 197n Vossius I. 23n

Van Bavel T.J. 609n, 612n, 617n Wallraff M. 12, 76n, 541n
Van der Ejik P. 21n, 108n, 109n, 110n, Walther G. 514n, 544n
111n, 113n, 114n, 117n Walton B. 24n
Van der Horst P.W. 86n, 87n, 520n Wendland P. 192n
Van Winden J.C.M. 132n Wetstein J.R. 24-25, 257n
Vian G.M. 17n Wilken R.L. 171n
Vigne D. 514n
Villani A. 12, 98n Zamagni C. 96n
SOMMARIO

Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5
1. Lofferta pi grande, 5 - 2. La sfida di unindagine complessa, 8

PARTE PRIMA
Il trattato sulla preghiera

Capitolo primo
Il contesto del Per euchs. Lo sfondo remoto e loccasione
prossima . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 15
1. Lo sfondo remoto: interrogativi filosofici e preoccupazioni cate-
chetiche, 15 - 2. Loccasione prossima: la richiesta di Ambrogio,
17 -3. Uno scritto singolare?, 19 - 4. Sfortune e fortuna di Orat:
condanna, sopravvivenza ed edizione, 21

Capitolo secondo
Prospettive della ricerca. Il discorso sulla preghiera fra vita
spirituale e teologia . . . . . . . . . . . . . . . 27
1. Per un breve panorama storiografico: le indagini sulla storia della
preghiera, 27 - 2. Ideale di perfezione e preghiera in Origene se-
condo Walther Vlker, 31 - 3. Nuovi approfondimenti: preghiera e
immagine di Dio, 36 - 4. Retorica e teologia nellinterpretazione
di Wilhelm Gessel, 42 - 5. Nuovi indirizzi di studio: il paradigma
degli esercizi spirituali, 48

Capitolo terzo
In ascolto del testo. Dall ouverture alla struttura armonica . . . 51
1. Il prologo come chiave di lettura, 51 - 2. Largomentazione
della preghiera come paradosso, 58 - 3. La motivazione antropolo-
gica: lumana debolezza, 62 - 4. Nellagone del mondo: fra liber-
t e responsabilit, 67 - 5. La costruzione del trattato: dal provblhma
al lovgo~, 69
742 Sommario

Capitolo quarto
La critica della preghiera. Quaestio e solutio . . . . . . . 79
1. Le aporie filosofiche: esperienza orante e riflessione critica, 79 -
2. Gli echi cristiani del dibattito filosofico e gli avversari di Orige-
ne, 90 - 3. La replica alle aporie: un esercizio di quaestiones et re-
sponsiones, 96 - 4. La quaestio: inconciliabilit della preghiera con
prescienza e predeterminazione divine, 100 - 5. La responsio: il
presupposto del libero arbitrio, 108 - 6. La preghiera fra prescienza
e provvidenza: iniziativa umana e risposta divina, 116

Capitolo quinto
Latto della preghiera. Abbozzi di un ars orandi . . . . . . 123
1. Uno sguardo prospettico: dal fondamento scritturistico alla pras-
si orante, 123 - 2. Lindagine sulla terminologia biblica: il primato
della proseuchv, 125 - 3. La proseuchv come preghiera al Padre,
133 - 4. Limmagine biblica della preghiera: gli oranti dellAntico
Testamento, 140 - 5. Istruzioni per la preghiera: un atto con lanima
e con il corpo, 151 - 6. Le disposizioni preliminari: purificazione
dal peccato e riconciliazione fraterna, 155 - 7. Lo sforzo di con-
centrazione interiore e la memoria di Dio, 158 - 8. Il ruolo del corpo
come immagine dellanima, 165 - 9. Lo spazio per pregare: un con-
trappeso alla spiritualizzazione, 170 - 10. Dallorazione individuale
a quella comunitaria: pregare nella chiesa, 176 - 11. Latto orante
come atto di comunione, 181 - 12. Una postilla sullo sbocco misti-
co dellatto orante: la contemplazione, 189

Capitolo sesto
La Preghiera del Signore vita del cristiano. Linterpretazione
del Padrenostro . . . . . . . . . . . . . . . . 196
1. Preghiera e vita: un modello per loratio continua, 195 - 2. Il
Padrenostro e il paradigma della preghiera spirituale, 198 - 3. Un
compito difficile: la via stretta del cristiano, 200 - 4. La vocazio-
ne alla santit dei figli di Dio, 207 - 5. Come in cielo, cos in ter-
ra: le prime tre petizioni, 212 - 6. La vita delluomo nellorizzonte
di Dio: la domanda del pane, 219 - 7. Nella trama dei doveri re-
ciproci: la domanda per la remissione dei debiti, 229 - 8. Il pas-
saggio obbligato della prova: la richiesta per non soccombere alla
tentazione, 234
Sommario 743

PARTE SECONDA
Il discorso origeniano sulla preghiera
e le trattazioni eucologiche
del primo cristianesimo (II-V secolo)

Capitolo settimo
Come incenso al tuo cospetto (Sal 140[141], 2). Limmagine
della preghiera nellopera di Origene . . . . . . . . . . 243
1. Un tentativo di sintesi: fra rassegna e ricostruzione organica,
243 - 2. Il profilo distinto delle fonti e la loro utilizzazione, 244
3. La mappa dei luoghi sulla preghiera, 251 - 3.1. I trattati, 251 -
3.1.1. I Principi, 251 - 3.1.2. Esortazione al martirio, 253 - 3.1.3.
Dialogo con Eraclide, 260 - 3.1.4. Contro Celso, 264 - 3.1.4.1.
Esperienze di preghiera: lincidenza del paradigma di Orat, 265 -
3.1.4.2. La preghiera di Ges nel Getsemani, 269 - 3.1.4.3. La pre-
ghiera nel confronto tra paganesimo e cristianesimo, 271 - 3.1.4.4.
La dimensione politica della preghiera, 273 - 3.1.4.5. La preghiera
come ascensione della mente in Dio, 276
3.2. I commentari, 281 - 3.2.1. Commento a Giovanni, 282 - 3.2.1.1.
Linvocazione a Dio per la venuta del Logos come maestro dei
misteri, 283 - 3.2.1.2. Il modello di Ges orante: la preghiera al
Padre, 290 - 3.2.1.3. Lesempio del pubblicano: la preghiera del-
luomo peccatore, 298 - 3.2.2. Commento al Cantico dei Cantici,
302 - 3.2.2.1. La preghiera per lintelligenza spirituale: dallautore
al lettore, 303 - 3.2.2.2. Sponsa orans, 306 - 3.2.3. Commento a
Romani, 312 - 3.2.3.1. La preghiera tra legge della carne e legge
dello spirito, 314 - 3.2.3.2. Lo Spirito maestro di preghiera, 323 -
3.2.3.3. Pregare il Padre e il Figlio, 326 - 3.2.4. Commento a Mat-
teo, 329 - 3.2.4.1. Esegesi orante: la conoscenza del mistero e i
limiti dellinterprete, 331 - 3.2.4.2. La preghiera di Ges: linter-
cessione per gli uomini e ladesione alla volont di Dio, 339 -
3.2.4.3. La forza della preghiera: concordia orante, prassi di vita ed
esaudimento, 349
3.3. Le omelie, 358 - 3.3.1. Trattazioni specifiche nel corpus omi-
letico, 359 - 3.3.2. Lomelia come momento orante: la preghiera
del predicatore e della comunit per la venuta del Logos, 371 -
3.3.3. Linguaggio e immagini della preghiera: i modelli di oranti,
385 - 3.3.4. Dimensione comunitaria e aspetti individuali: la pre-
ghiera e il combattimento spirituale, 398 - 3.3.5. La preghiera del
peccatore e la confessione di colpa, 403 - 3.3.6. Conclusione in
forma di preghiera: parenesi e dossologia, 410
744 Sommario

Capitolo ottavo
I nuclei scritturistici della riflessione origeniana sulla preghiera . 429
1. Una costellazione di luoghi biblici come fonte di ispirazione,
429 - 2. Le citazioni normative: illustrazioni e modelli dellatto
orante, 430 - 2.1. 1Tm 2, 8 (9): atteggiamento esteriore e disposi-
zioni interiori, 430 - 2.2. 1Tm 2, 1(-2): tipi di preghiere e loro gerar-
chia, 435 - 2.3. Sal 140(141), 2: preghiera come offerta di una vita
santa, 438 - 2.4. Ap 5, 8: postilla sulla preghiera come profumo dei
santi, 441 - 2.5. 1Ts 5, 17: vita come preghiera continua, 443 -
2.6. Is 58, 9: promessa di esaudimento e sue condizioni, 446 - 2.7.
Sal 108(109), 7: un modello in negativo la preghiera del peccato-
re, 449 - 2.8. Es 17, 11: la preghiera e la lotta spirituale, 451 - 3. Le
citazioni collaterali: complementi di riflessione su modalit e signi-
ficato della preghiera, 454 - 3.1. Sal 122(123), 1: gli occhi del corpo
e gli occhi dellanima, 454 - 3.2. At 10, 9: la preghiera come asce-
sa nellunione di corpo, anima e spirito, 458 - 3.3. 1Gv 2, 1(-2):
Ges Cristo come intercessore presso il Padre, 463 - 4. Nuovi af-
fondi: prospettive inedite su dottrina e prassi della preghiera, 466 -
4.1. 1Cor 14, 15: preghiera vocale, preghiera silenziosa, 466 - 4.2.
Gv 17: la preghiera di Ges sommo sacerdote per lunit in Dio
di tutti gli uomini, 475 - 4.3. Mt 18, 19: la necessit della preghiera
concorde, in Cristo e nello Spirito, 488 - 4.4. 1Cor 7, 5: sessualit e
preghiera, 492 - 4.5. Mt 5, 44: la preghiera per i nemici e luniver-
salit dellamore, 499 - 5. Conclusione: luniverso scritturistico del-
la preghiera e le sue rifrazioni in Origene, 505

Capitolo nono
La costruzione di un modello. Origene e il discorso cristiano
sulla preghiera da Tertulliano ad Agostino . . . . . . . . 511
1. Origene e la riflessione sulla preghiera fra II e V secolo, 511 - 2.
Tertulliano: la novit delloratio christiana come preghiera spiri-
tuale, 514 - 3. Clemente Alessandrino: la piet del cristiano come il
vero gnostico, 530 - 4. Cipriano: la preghiera del Maestro nella
comunione della chiesa, 545 - 5. Afraate: la forza della preghiera
del cuore in accordo con le opere, 554 - 6. Evagrio Pontico: la pre-
ghiera pura come vertice dellitinerario monastico di perfezione,
564 - 7. Gregorio di Nissa: la preghiera come confessione della crea-
turalit e memoria della patria celeste, 587 - 8. Cassiano: la trasfor-
mazione monastica del paradigma della preghiera spirituale, 595 -
9. Agostino: la preghiera come gemito dello Spirito nel desiderio
della Vita Beata, 609 - 10. Epilogo: le consonanze origeniane del
discorso eucologico fra II e V secolo, 636
Sommario 745

Conclusione
La preghiera di Origene . . . . . . . . . . . . . . 645
1. Le confessioni di un uomo di preghiera, 645 - 2. Lauspicio di
una fecondit spirituale, 648 - 3. La necessit di una purificazione,
651 - 4. Lattesa della venuta del Verbo, 654

Abbreviazioni . . . . . . . . . . . . . . . . . 657
1. Opere di Origene, 657 - 2. Altre abbreviazioni, 658 - 3. Avver-
tenza bibliografica, 659

Bibliografia . . . . . . . . . . . . . . . . . . 661
I. Edizioni e traduzioni, 661 - 1. Opere di Origene, 661 - 1.1. Edi-
zioni e traduzioni di Orat, 661 - 1.2. Edizioni di altri scritti, 661 -
1.3. Traduzioni, 664 - 2. Opere di altri autori antichi, 664 - 3. Edi-
zioni e traduzioni della Bibbia e di fonti extracanoniche, 667 - 4. Re-
pertori, strumenti e raccolte, 667 - II. Studi, 667

Indice dei luoghi scritturistici . . . . . . . . . . . . 691


1. Antico Testamento, 691 - 2. Nuovo Testamento, 698

Indice dei luoghi origeniani . . . . . . . . . . . . . 709


1. Commenti e frammenti esegetici, 709 - 2. Omelie, 716 - 3. Trat-
tati e altri scritti, 722

Indice dei termini greci . . . . . . . . . . . . . . 729

Indice degli autori antichi . . . . . . . . . . . . . 733

Indice degli autori moderni . . . . . . . . . . . . . 735


LETTERATURA CRISTIANA ANTICA - Nuova serie

1. C. Moreschini, Storia della filosofia patristica (2a ed.) (Strumenti)


2. M. Simonetti, Origene esegeta e la sua tradizione (Studi)
3. Tertulliano, La resurrezione della carne, a cura di P. Podolak (Testi)
4. S. Lilla, Dionigi lAreopagita e il platonismo cristiano (Studi)
5. J. Fontaine, Letteratura tardoantica. Figure e percorsi (2a ed.) (Studi)
6. C. Moreschini, Introduzione a Basilio il Grande (Introduzione a ...)
7. Gregorio di Nazianzo, Autobiografia. Carmen de vita sua, a cura di F. Trisoglio
(Testi)
8. P. Podolak, Introduzione a Tertulliano (Introduzione a ...)
9. C. Micaelli, La cristianizzazione dellellenismo (Studi)
10. C. Moreschini - E. Norelli, Manuale di letteratura cristiana antica greca e
latina, (2a ed.) (Strumenti)
11. C. Moreschini, Introduzione a Gregorio Nazianzeno (Introduzione a ...)
12. C. Moreschini - E. Norelli, Storia della letteratura cristiana antica greca e
latina: vol. I: Da Paolo allet costantiniana (3a ed.) (Strumenti)
13. S. Petri, Introduzione a Ilario di Poitiers (Introduzione a ...)
14. Pelagio, Lettera sulla castit, a cura di A. Cerretini (Testi)
15. H. Usener, San Ticone, a cura di I. Sforza (Studi)
16. Isidoro di Siviglia, Le sentenze, a cura di F. Trisoglio (Testi)
17. R.M. Parrinello, Santit, eresia e politica a Bisanzio nel XII secolo. Costantino
Crisomallo, il falso bogomilo (Studi)
18. S. Taranto, Gregorio di Nissa. Un contributo alla storia dellinterpretazione
(Studi)
19. M. Veronese, Introduzione a Cipriano (Introduzione a ...)
20. F. Trisoglio, Introduzione a Isidoro di Siviglia (Introduzione a ...)
21. Epifanio di Salamina, Panarion. Libro primo, a cura di Giovanni Pini (Testi)
22. F. Calabi, Storia del pensiero giudaico ellenistico (Strumenti)
23. A. Monaci Castagno, Lagiografia cristiana antica. Testi, contesti, pubblico
(Strumenti)
24. L. Perrone, La preghiera secondo Origene. Limpossibilit donata (Strumenti)

Precedentemente pubblicati:
Strumenti
C. Moreschini - E. Norelli, Storia della letteratura cristiana antica greca e lati-
na: vol. II: Dal concilio di Nicea agli inizi del Medioevo, 2 tomi inseparabili
(2a ed.)

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C. Moreschini - E. Norelli, Antologia della letteratura cristiana antica greca e
latina: t. I: Da Paolo allet costantiniana - t. II: Dal concilio di Nicea agli
inizi del Medioevo, 2 tomi inseparabili

Studi
L. Canfora - N.G. Wilson - C. Bevegni, Fozio. Tra crisi ecclesiale e magistero
letterario, a cura di G. Menestrina
G. Casadio, Vie gnostiche allimmortalit, (2a ed.)
G. Lettieri, Laltro Agostino. Ermeneutica e retorica della grazia dalla crisi alla
metamorfosi del De doctrina christiana
M. Marin - C. Moreschini, Africa cristiana. Storia, religione, letteratura
G. Menestrina, Bibbia liturgia e letteratura cristiana antica
C. Moreschini, Storia dellermetismo cristiano
E. Norden, Agnostos Theos - Dio Ignoto. Ricerche sulla storia della forma del
discorso religioso, a cura di C.O. Tommasi Moreschini
G. Sfameni Gasparro, Agostino tra etica e religione
S. Taranto, Agostino e la filosofia dellAmore
R. Uglione, Tertulliano. Teologo e scrittore

Testi
Origene, Contro Celso, a cura di P. Ressa
Pseudo Giustino, Sulla resurrezione. Discorso cristiano del II secolo, a cura di A.
DAnna
Alano di Lilla, Sulle tracce di Dio. Regulae caelestis iuris. Sermo de sphaera
intelligibili, a cura di M. Rossini
Vigilio di Tapso, Contro Eutiche, a cura di S. Petri

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A19_Collana.indd 749 24/05/11 09.43
Annotazioni

A19_Collana.indd 750 24/05/11 09.43


Annotazioni

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