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Un'altra affinità di cui occorre dar conto è quella fra l'analista e il critico
musicale, dato che l'esercizio critico è strettamente congiunto da un lato all'e
stetica, e dall' altro all'analisi. I critici stessi hanno incessantemente dibattuto
sulla natura - descrittiva o valutativa - del proprio lavoro. Le operazioni che
il critico "descrittivo" tende a compiere, ora separatamente ora contempora
neamente, sono due: verbalizzare le proprie reazioni interiori di fronte a una
composizione o a un'esecuzione musicale - illustrando la propria risposta emo
tiva nei loro confronti - oppure immedesimarsi nel compositore o nell'inter
prete per riferire cosa gli sembra delle loro intenzioni. Il critico "valutativo"
giudica quello che esperisce in base a determinati parametri di giudizio. Questi
possono consistere in prescrizioni dogmatiche intorno al "bello", al "vero",
al gusto artistico: in valori aprioristici che consentono di valutare qualsiasi espe
rienza musicale. Ma, all'opposto, possono anche consistere in valori che ven
gono a precisarsi nel corso di ciascuna esperienza, in base al presupposto che
un compositore o un interprete, qualsiasi cosa si proponga di fare, deve realiz
zarla nella maniera più chiara ed efficace. Quest'ultima tendenza rinvia al mo
do in cui opera oggi gran parte dei critici musicali. Da ciò che esperiscono, essi
tendono a desumere la concezione artistica retrostante e a valutare l'efficacia
della sua realizzazione, senza però trascurare quanto tale concezione sa corri
spondere a ciò che l'ha inizialmente sollecitata: l'occasione, nel caso di un lavo
ro su commissione; lo spunto drammatico, nel caso di un pezzo teatrale; la
composizione stessa, così come ci viene consegnata dall'autore, nel caso di un'e
secuzione musicale.
In nessuno dei casi precedenti l'esercizio critico si differenzia in maniera
L 'analisi musicale in generale 5
definitiva dall'analisi musicale. Il che spiega come anche tra gli analisti covi
il dibattito sulla natura descrittiva o valutativa della propria disciplina. Ma forse
si tratta di una differenza di grado. L'analisi è in genere più interessata a de
scrivere che a giudicare; il punto d'arrivo di molte analisi è quello a cui pervie
ne il critico "valutativo" , allorquando ritiene d'aver colto in maniera soddi
sfacente la concezione artistica di un'opera e sta per formulare il proprio giudi
zio. In questo senso l'analisi va meno lontano della critica, e ciò accade essen
zialmente perché l'analisi aspira a essere oggettiva e considera il giudizio un
fatto soggettivo. A sua volta, però, tale considerazione rinvia all ' altra differen
za fra analisi e critica musicale. Quest'ultima dà risalto alla reazione intuitiva
del critico, si affida alla vastità delle esperienze da lui accumulate, utilizza la
sua capacità di correlare reazioni attuali ed esperienze passate, considerando
questi due fattori alla stregua di dati concreti e di principi metodologici. Inve
ce l'analisi tende ad assumere come dati elementi ben definiti: unità fraseologi
che, agglomerati accordali, livelli dinamici, indicazioni di battuta, colpi d'arco
e di lingua, e altri particolari tecnici. Tuttavia si tratta ancora una volta di una
semplice differenza di grado. Se la reazione di un critico è spesso estremamen
te competente e sorretta da cognizioni tecniche, gli elementi tangibili con cui
opera l'analista (incisi, motivi ecc.) sono spesso individuati in maniera sogget
tiva. Sarebbe dunque troppo schematico concludere che l'analisi si basa su ope
razioni tecniche e la critica su reazioni umane.
Infine va ricordato come la parola (seppure integrata da esempi musicali e
illustrazioni) sia lo strumento per eccellenza della critica musicale, mentre l'a
nalisi può valersi, in sua vece, di schemi grafici, partiture annotate o, addirit
tura, esemplificazioni sonore.
tra di tali immagini sonore, un "livello neutro" (per dirla con i semiologi) che
collega attività creativa ed esperienza estetica.
L'analisi dà la possibilità di rispondere direttamente aJla domanda: « Come
funziona? ». Suo procedimento basilare è la comparazione. E tramite il confronto
che essa definisce gli elementi strutturali e ne scopre le funzioni; e il confronto
è comune a ogni metodo, sia esso morfologico o statistico, funzionale o infor
mazionale, schenkeriano, semiologico, stilistico ecc . : tutti comparano unità con
unità, tanto all'interno di una singola opera quanto tra due opere diverse, op
pure tra un'opera e un modello astratto come la forma-sonata o uno stile stori
camente determinato. Centro dell'esperienza analitica è pertanto la verifica
dell'identità. E ciò dà luogo alla quantificazione delle differenze o alla gradua
zione delle somiglianze, cioè alle due operazioni che servono a evidenziare i
tre procedimenti costruttivi fondamentali della ricorrenza, del contrasto e del
la variazione.
Questa è però un'immagine del tutto astratta dell'analisi musicale come at
tività imparziale e oggettiva, capace di rispondere: « Funziona in questo mo
do», anziché: « Funziona bene » o: « Funziona male ». Nella realtà l'analista opera
con gli schemi mentali propri della sua cultura, della sua generazione, della sua
personalità. Così l'interesse preminente dell'Ottocento per la natura del genio
ha portato a riformulare la domanda: << Come funziona? » come: « Cosa lo rende
grande?». E questa è rimasta la domanda che certe tendenze analitiche, anche
a Novecento inoltrato, hanno continuato a mantenere come punto di partenza.
Per tendenze siffatte il metodo "scientifico" della comparazione prevaleva, sì,
sul momento della valutazione, ma nella convinzione che solo l:.Opera del genio
avesse il dono della coerenza strutturale. Di conseguenza, il confronto di un'o
pera con un modello strutturale o procedurale idealizzato diventò il metro per
valutarne la grandezza.
Questo è solo uno dei molti esempi possibili. La storia dell'analisi musicale
che stiamo per tracciare è inevitabilmente la storia dell'applicazione al mate
riale musicale di concetti teorici maturati in epoche successive: i fondamenti
della retorica, le nozioni di organismo e di evoluzione, la psicologia del profon
do, il monismo, la teoria delle probabilità, lo strutturalismo linguistico e via
dicendo. Così come non esiste l'oggettività assoluta (preclusa, in fondo, dalla
presenza stessa di un osservatore, scienziato o analista che sia) , non esistono
neppure un metodo o un atteggiamento mentale atti a cogliere la verità della
musica meglio di altri. Ciò però non ha impedito a ciascuna epoca di ritenere
di avere individuato il metodo analitico per antonomasia.