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ROTISMI ORDINARI ED EPICICLOIDALI

Capitolo 10

Rotismi ordinari ed epicicloidali

§ 1.- Rotismi.

Prende il nome generico di rotismo un sistema costituito da ruote


dentate, qualunque sia il loro tipo, ingrananti fra loro e disposte in
modo tale che la rotazione di una di esse ponga in rotazione tutte
le altre.
I rotismi appartengono alla categoria delle macchine tra-
smettitrici ed la loro funzione è quella di assicurare un determina-
to rapporto di trasmissione fra due o più alberi: si avrà quindi al-
meno un albero motore o d’ingresso, su cui è calettata (connes-
sa rigidamente) la prima delle ruote (movente) che costituiscono il
rotismo, ed almeno un albero condotto o di uscita, su cui è calet-
tata l’ultima ruota (cedente).
Fa parte del sistema almeno un ulteriore albero intermedio
su cui può essere calettata o una sola ruota che ingrana contempo-
raneamente sia con la movente che con la cedente, oppure una
coppia di ruote solidali fra loro di cui la prima ingrana con la mo-
vente e la seconda con la cedente.
I rotismi si distinguono fondamentalmente in due categorie:
i rotismi ordinari, quelli in cui gli assi di rotazione delle ruote
siano tutti fissi, ed i rotismi epicicloidali, quelli in cui almeno un
asse di rotazione è mobile.
Sia gli uni che gli altri trovano la loro principale applica-
zione, anche se non l’unica, nella realizzazione di cambi di velo-
cità, ossia di quei dispositivi in cui, potendosi in qualche modo
modificare la sequenza delle ruote che ingranano fra loro, posso-
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CORSO DI MECCANICA APPLICATA ALLE MACCHINE

no realizzare alternativamente rapporti di trasmissione diversi fra


albero motore ed albero di uscita.
Gli assi delle ruote saranno fra loro tutti paralleli oppure no a se-
conda del tipo di ruote (piane o coniche) che sono calettate su di
essi.

§ 2.- Rotismi ordinari.

Uno schema di rotismo ordinario è quello (fig.1); è costitui-


to da 6 ruote dentate piane, z1...z6, calettate su 4 alberi: tra l’albero
della prima ruota (movente o conduttrice), z1, e quello dell'ultima
ruota (cedente o condotta), z6, sono interposti due alberi intermedi
su ciascuno dei quali è
calettata una coppia di
ruote, solidali fra loro:
z2 e z3 sul primo, z4 e z5
4

sul secondo. 1

Guardando ai singoli 5

imbocchi, allora, dire- 1


2 3 3

mo che le ruote z1, z3 e


z5 sono tutte moventi, 3
2
4
mentre z2, z4 e z6 sono
le corrispondenti ceden- 2
6
ti.
Consideriamo ora
un rotismo ordinario
costituito da n ruote Figura 1
dentate, disposte secon-
do lo schema di fig. 1, ciascuna delle quali abbia zi denti; in esso
si avranno n/2 imbocchi per ciascuno dei quali è definibile un rap-
porto di trasmissione τi. Con riferimento allo schema, avremo cioè
(in valore assoluto):
ω2 z1 ω3 z3
τ1 = = ; τ2 = = ;
ω1 z2 ω2 z4
(1)
ω4 z5
τ3 = = ; ...
ω3 z6
Il rapporto di trasmissione del rotismo nel suo complesso sarà dato
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ROTISMI ORDINARI ED EPICICLOIDALI

dal prodotto dei rapporti di trasmissione che si hanno nei singoli


imbocchi. E' infatti:
ω4 ω4 ω3 ω2
τ= = = τ1 τ 2 τ 3 (2)
ω1 ω3 ω2 ω1
e quindi è anche:
ω4 z1 z3 z5
τ= = (3)
ω1 z2 z4 z6
Si può allora concludere che il rapporto di trasmissione di un roti-
smo ordinario è dato dal rapporto fra il prodotto del numero dei
denti delle ruote conduttrici ed il prodotto del numero dei denti
delle ruote condotte.
Dalla (2) si può trarre anche un’altra considerazione che ri-
guarda i versi di rotazione delle ruote. Volendo tener conto del se-
gno, per un im-
bocco esterno si
ha τ < 0, mentre 4 5

per un imbocco 1

del tipo rocchetto 3


corona dentata 1
2 3

(imbocco inter- 2
no) si ha τ > 0: 3

pertanto si dedu- 2

ce dalla (2) che Figura 2


se nel rotismo si
hanno, tra albero di ingresso ed albero di uscita, un numero dispari
di imbocchi esterni i loro versi di rotazione saranno discordi, men-
tre saranno concordi se il numero degli imbocchi esterni è pari;
non fa giuoco ovviamente, da questo punto di vista la presenza o
meno di imbocchi interni.
Tuttavia, quando si abbia a che fare con rotismi conici, è ne-
cessario tener conto del fatto che gli assi dei coni, passando da una
ruota alla successiva, subiscono una rotazione e ciò è evidente-
mente rilevante al fine di stabilire la concordanza o la discordanza
delle velocità angolari della prima movente e dell'ultima cedente.
Se su un asse intermedio è calettata un unica ruota che im-
bocca contemporaneamente con la precedente e con la successiva,
questa prende il nome di intermedia oziosa (fig.2). Una ruota così
disposta, infatti, è ininfluente ai fini del rapporto di trasmissione
dell’intero rotismo: esso sarà determinato solamente dalle altre
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ruote.
Infatti, se applichiamo la (3) al caso dello schema di fig.2, poiché
la quarta ruota è contemporaneamente cedente per la terza e mo-
vente per la quinta (intermedia oziosa), avremo:
ω4 z1 z3 z4 z1 z3
τ= = = (4)
ω1 z2 z4 z5 z2 z5
ossia il rapporto di trasmissione risulta indipendente dalla presen-
za o meno della intermedia oziosa; la sua interposizione nel roti-
smo ha solo lo scopo di invertire il verso di rotazione dell'ultima
cedente.
Un rotismo si dice riduttore se per esso è τ<1; si dice mol-
tiplicatore se risulta τ>1.
La sua condizione di equilibrio dinamico, in assenza di perdite, è
espressa dalla relazione:
C mω 1 = C r ω 2 (5)

e quindi possiamo pure scrivere:


ω n Cm
τ= = (6)
ω1 C r
Si vede allora che un rotismo riduttore è un moltiplicatore di cop-
pia (Cr>Cm), mentre un rotismo moltiplicatore è un riduttore di
coppia (Cr<Cm).

§ 3.- Cambi di velocità.

Possiamo definire come cambio di velocità un qualsiasi di-


spositivo atto a fornire alternativamente almeno due diversi rap-
porti di trasmissione fra un albero di ingresso ed un albero di usci-
ta.
In generale la sua realizzazione pratica è ottenuta per mezzo di
ruote dentate, quasi sempre piane, oppure con ruote di frizione,
con cinghie e coni di pulegge, con cinghie e pulegge a diametro
variabile (variatori continui), o anche con gruppi idraulici.
Nel campo delle ruote dentate piane la realizzazione più
semplice si potrebbe avere con uno schema come quello di fig. 3
in cui le ruote z1 e z’1 sono calettate sull’albero motore e le ruote
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ROTISMI ORDINARI ED EPICICLOIDALI

z2 e z’2 sono montate


sull’albero condotto.
1
Quest’ultimo è però un al- 1

bero scanalato e ciò costi-


tuisce, per le ruote montate
su di esso, un vincolo alla
rotazione ma non alla tra-
slazione: si comprende che 2
spostando la coppia di ruo-
te z2 e z’2 verso sinistra (
come in figura) si ottiene
l’im-bocco fra z1 e z2,
mentre spostandolo verso
destra si ottiene l’imbocco 2

fra z’1 e z’2.


Figura 3
Si realizzano così i due
rapporti di trasmissione τ = z1 z 2 e τ' = z '1 z ' 2 .
Con tale disposizione, tuttavia, non può aversi la coassialità
fra l’albero di ingresso e l’albero di uscita, cosa che invece è spes-
so auspicabile per motivi di geometria complessiva della macchi-
na.
Quando si voglia ottenere la coassialità degli alberi si può
ricorrere ad uno schema come quello di fig. 4 che rappresenta un
cambio con contralbero (o albero secondario) ed una coppia sem-
pre in presa; in tale disposizione i diversi rapporti di trasmissione
vengono forniti sempre dall’imbocco fra quattro ruote di cui due,
z1 e z2 nello schema di figura, ingranano costantemente fra loro
mentre è possibile cambiare l’imbocco delle altre due.
Nello schema, il grup-
po di ruote indicate con z4 e 1 4
4
z’4 può essere spostato
sull’albero scanalato o verso
sinistra ottenendo l’imbocco
fra la z3 e la z4, oppure verso
destra ottenendo l’imbocco 2 3
fra la z’3 e la z’4. I rapporti 3
di trasmissione che alterna-
tivamente si ottengono sono
quindi τ = z1 z 3 z2 z 4 e
τ' = z1 z ' 3 z 2 z ' 4 .
Sia lo schema di fig. 3
Figura 4
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che quello di fig. 4, tuttavia, non soddisfano ad un’altra esigenza


connessa all’utilizzo di un cambio di velocità, in particolare se
questo è destinato alla trasmissione di un autoveicolo: quella di
poter cambiare il rapporto di trasmissione utilizzato mentre gli al-
beri, movente e cedente sono in rotazione.
E’ chiaro che il problema sta nel fatto che, poiché a diversi rap-
porti di trasmissione corrispondono velocità angolari diverse
dell’albero di uscita, le velocità periferiche delle ruote montate su
di esso saranno pure diverse essendo diverso il loro raggio di pri-
mitiva: sarà quindi abbastanza improbabile che, nel cambio da un
imbocco all’altro, i denti della ruota movente trovino il loro posto
nei vani della cedente e ciò, inevitabilmente, dà luogo ad urti fra i
denti (grattata) con conseguente usura, più o meno importante,
degli stessi.
La fig. 5 mostra lo schema di funzionamento di un cambio sincro-
nizzato che si prefigge appunto lo scopo di evitare tale inconve-
niente. In esso, si vede, le ruote che devono realizzare i diversi
rapporti di trasmissione sono tutte sempre in presa: quelle che so-
no montate
sull’albero di uscita 4
1
sono però montate 4

folli sullo stesso, di


modo che esse, di
per sé, non sono in
grado di porlo in
rotazione. D’altra
parte un tratto
dell’albero di uscita
è realizzato come
albero scanalato e
su questo può scor-
rere l’anello del
2 3
sincronizzatore il 3

quale, spostato a Figura 5


destra o a sinistra
realizza il collegamento fra l’albero ed una delle due ruote folli. Il
collegamento fra la ruota folle e l’anello del sincronizzatore av-
viene per mezzo di particolari risalti, ricavati su una faccia della
ruota, che trovano sulla faccia dell’anello i corrispondenti vani e
che sono sagomati in modo tale che la rotazione stessa favorisca la
presa. Tale tipo di collegamento ha subito ovviamente nel tempo
la sua evoluzione per cui esistono anche modi diversi per ottenere
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ROTISMI ORDINARI ED EPICICLOIDALI

il medesimo risultato.

§ 4.- Rotismi epicicloidali.

Come si è già detto, un rotismo viene detto epicicloidale


quando almeno uno degli alberi su cui sono calettate le ruote sia in
moto durante il funzionamento.
Tale albero prende il nome di portatreno e satelliti vengono dette
le ruote calettate su di esso.
Un siffatto meccanismo, allora, non avrà più un solo grado di li-
bertà, ma avrà un grado di libertà in più per ognuno degli assi che
sono mobili.
Uno dei modi più semplici in cui può essere realizzato un
rotismo epicicloidale è rappresentato in fig. 6, in cui i satelliti so-
no quelli a cui si fa rife-
rimento con i pedici 2 e 2 2

3, mentre le ruote indi- 3

cate con i pedici 1 e 4 3

prendono il nome, in
modo generico, di prima
ed ultima ruota del roti-
smo epicicloidale; se una
delle ruote che imbocca- 1

no con i satelliti è a den- 2 1


1
4
tatura interna (fig. 7), ad
essa si dà il nome di co- 4

rona, diversamente Figura 6


prende il nome di solare.
Le velocità angolari caratteristiche sono quelle dei tre mem-
bri principali: quella della prima ruota, ω1, quella dell'ultima ruota,
ω2, e quella del braccio portatreno, Ω.
Si comprende che tale meccanismo ha due gradi di libertà, e
che pertanto potrà essere utilizzato come sommatore se fatto fun-
zionare con due moventi ed un cedente, o come differenziale se
sarà fatto funzionare con un movente e due cedenti.
In ogni caso, dal punto di vista cinematico, il suo moto non
potrà essere univocamente definito, e quindi non si potrà stabilire
quale sia il suo rapporto di trasmissione, se non imponendo il va-
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CORSO DI MECCANICA APPLICATA ALLE MACCHINE

lore della velocità


angolare di uno 1

dei tre membri 1


2 2
3

principali, oltre a 3

stabilire la fun-
zione di ciascun
degli altri due (se 1
movente o ce- 4
dente). 4 4
Si può ancora os-
Figura 7
servare che qualo-
ra venga imposto proprio il valore Ω=0, il rotismo tornerebbe ad
essere un rotismo ordinario.
Lo studio cinematico di un rotismo epicicloidale, ossia la
determinazione del suo rapporto di trasmissione, diventa semplice
se si pone mente al fatto che il suo modo di funzionare non può
essere alterato da un cambiamento di riferimento, ossia se la misu-
ra delle velocità in gioco viene fatta in un riferimento mobile anzi-
ché in quello fisso.
Se si sceglie, quindi, come nuovo riferimento proprio il
braccio portatreno, le nuove velocità angolari saranno (ω1-Ω) per
la prima ruota, (ω2-Ω) per l'ultima ruota, (Ω-Ω)=0 per il portatre-
no che risulterà fermo. Si ottiene così quello che prende il nome di
rotismo ordinario corrispondente. Per esso è lecito allora scrivere
il rapporto:

k=
ω 2 − Ω = ± z1 z 3
(7)
ω1 − Ω z2 z4
che viene chiamato rapporto costruttivo (o rapporto di Willis) e
che consente di legare il numero dei denti delle ruote che compon-
gono il rotismo alle velocità angolari in gioco.
E' importante notare, nella (7), la presenza del doppio segno:
sta ad indicare che il valore di k potrà essere positivo o negativo. Il
cambio di riferimento, che si ottiene, come visto, sovrapponendo a
tutto il sistema una velocità eguale e contraria a quella del braccio
portatreno, potrebbe avere come effetto, a seconda dei casi, una
inversione del segno di una delle ω, e di ciò deve tenersi conto con
il segno da attribuire al parametro k. In altre parole, nel passaggio
dal rotismo epicicloidale al rotismo ordinario corrispondente se
una delle due differenze che compaiono nella (7) diventa negativa,
k sarà negativo.
291
ROTISMI ORDINARI ED EPICICLOIDALI

La valutazione del segno di k è semplice: basterà immagi-


nare fermo il braccio portatreno e valutare se, assegnando ad ar-
bitrio un verso di rotazione alla prima ruota, risulta per l'ultima
ruota un verso concorde o discorde con la prima; se i versi sono
concordi il segno sarà positivo, sarà negativo nel caso opposto.
Più rapidamente, per quanto visto nel § precedente, basterà conta-
re il numero degli imbocchi esterni presenti lungo il percorso dalla
prima all’ultima ruota.
Definito il valore di k, e definiti quali siano gli alberi mo-
venti e quali i cedenti, è possibile ricavare dalla (7) l'espressione
del rapporto di trasmissione che il rotismo epicicloidale realizza.
Sviluppando questa si ha:
k 1
Ω= ω1 − ω (8)
k −1 k −1 2
da cui si può ricavare una delle tre espressioni:

ω 2 k Ω (k 1 )
τ1 = = − −
ω1 ω1
Ω k ω 1
τ2 = = − 2 (9)
ω1 k − 1 ω1 k − 1
Ω ω1 k 1
τ3 = = −
ω2 ω2 k −1 k −1
oppure una delle tre inverse, se si scambiano ingresso ed uscita.
Le (9) rappresentano i possibili rapporti di trasmissione per
un rotismo epicicloidale a due vie, ossia nel caso generale in cui le
velocità angolari dei tre membri principali siano tutte diverse da
zero.
Se, viceversa, uno dei tre membri principali risulta immobi-
lizzato (solidale al telaio), il rotismo prende il nome di rotismo e-
picicloidale ad una via (un solo ingresso, una sola uscita) ed i
rapporti di trasmissione possibili si otterranno semplicemente dal-
le (9) ponendo nulla la ω di pertinenza del membro immobilizza-
to.
Escludendo il caso banale in cui sia Ω=0, si può avere:
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CORSO DI MECCANICA APPLICATA ALLE MACCHINE

[τ '2]ω =0 = Ω =
k
ω1 k - 1
2

(9’)
Ω 1
[τ '3]ω =0 = =
ω2 1− k
1

oppure una delle due inverse, se si scambiano ingresso ed uscita.


Da quanto esposto appare evidente la grande versatilità of-
ferta dai rotismi epicicloidali: lo stesso gruppo di ruote potrà dar
luogo a diversi rapporti di trasmissione se solo si sceglie in modo
opportuno quale debba essere l’albero movente, quale il cedente e
quale velocità angolare assegnare al terzo albero.
In fig. 8, per esempio, si vede come è possibile scambiare
l’elemento di uscita del rotismo epicicloidale, collegando l’albero
condotto alternativamente al
portatreno o alla corona (z4),
ferma restando la prima ruota 2 4
(z1) come elemento motore.
Ovviamente per avere un mec-
canismo ad una grado di liber-
tà, un dispositivo aggiuntivo
dovrà provvedere o ad immo-
bilizzare (freno a nastro o di 1 3
altro genere) rispettivamente 1 2
o la corona o il portatreno, op-
pure a imporre loro (sempre
alternativamente) una prefissa-
ta velocità angolare.
Di più: se, come è possi-
bile, attraverso dispositivi au-
siliari diversi, quest’ultima ve-
locità angolare viene resa va-
riabile, variabile sarà anche,
conseguentemente, il rapporto Figura 8
di trasmissione del rotismo.
Un vantaggio ulteriore è rappresentato dal fatto che gli alberi
di ingresso e di uscita, poiché il loro interasse rispetto al portatre-
no deve essere il medesimo, saranno necessariamente coassiali e
ciò rende più semplice il loro inserimento come parte di una mac-
china evitando quindi di dover predisporre alberi di rinvio del mo-
to.
L’uguaglianza dei due interassi implica poi che, se le diverse cop-
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ROTISMI ORDINARI ED EPICICLOIDALI

pie di ruote che costituiscono il rotismo hanno lo stesso modulo -


come di norma accade - la somma dei numeri di denti delle ruote
di ciascuna coppia deve essere sempre la stessa.
Tale circostanza, ovviamente, non riguarda solamente il caso dei
rotismi epicicloidali, ma vale anche per i rotismi ordinari quando
si hanno più coppie di ruote calettate su due alberi paralleli.

§ 5.- Applicazioni.

Consideriamo il rotismo di fig. 9 (rotismo per contagiri)


costituito dalle quattro ruote con numeri di denti z1, z2, z3, z4, in
cui la ruota 1 è solidale al telaio, mentre la 2 e la 3, solidali fra lo-
ro, sono i satelliti calettati sul braccio portatreno.
Calcoliamo il rapporto di trasmissione nella ipotesi in cui sia mo-
vente il braccio portatreno e cedente la ruota 4, ossia il valore di
τ=ω4/Ω.
Il rapporto costruttivo vale:
ω4 - Ω z1 z 3
k= = (10)
ω1 - Ω z 2 z 4
ed è positivo in quanto, a
portatreno fermo, ad una 2
rotazione della
3

ruota 1, corrisponde una


rotazione dello stesso verso
della ruota 4; fra la ruota 1
e la ruota 4 intercorrono,
infatti, due imbocchi ester-
ni.
Ora, con le ipotesi fatte sul- 4
la funzione degli alberi, e
tenendo conto che in que-
sto caso è ω1=0, il rapporto
di trasmissione sarà dato
1 4
dalla stessa (10), di cui il
Figura 9
valore di k è stato già cal-
colato, ed in cui dobbiamo porre, appunto, ω1=0.
Avremo allora:
294
CORSO DI MECCANICA APPLICATA ALLE MACCHINE

ω 4 − 1 = −k
(11)

e quindi:

τ = ω 4 = 1 − k = 1 − z1 z 3 = z 2 z 4 z1 z 3 (12)
Ω z2 z4 z2 z4
Si può subito osservare che è facile che la differenza a numeratore
risulti molto piccola a fronte del denominatore: il rotismo risulterà
quindi fortemente riduttore. Se si avesse z1=65, z2=85, z3=80, e
z4=70, si avrebbe k=520/595 e τ=75/595=15/119=0.126 ossia
τ≈1/8.
Lo schema di fig. 10 rappresenta il riduttore Farmann, co-
stituito da tre ruote coniche, in cui la ruota 3 è solidale al telaio, è
movente la ruota 1, ce-
dente il portatreno.
In questo caso sarà:
ω3 - Ω z1
k= =− (13)
ω1 - Ω z3 1

Non compare il numero


di denti della ruota 2 per- 3

ché nel rotismo ordinario


1
corrispondente essa è una
intermedia oziosa, ed il 2

rapporto è negativo in
quanto, in quella condi- Figura 10
zione, risultano di verso
opposto le rotazioni della ruota 1 e della ruota 3.
Il rapporto di trasmissione sarà dato da:
z1
Ω k
τ= = = z 3 = z1 (14)
ω1 k − 1 z1 + 1 z1 + z 3
z3
Con z1=160 e z3=60 si avrà k=-2,67 e sarà τ=8/11≈0,73. Per la
forma che la struttura globale di questo rotismo assume, il ridut-
tore Farmann, in questa versione o anche in versioni più comples-
se veniva utilizzato in campo aeronautico.
Il differenziale per autoveicoli, fig. 11, è costituito da quattro
ruote coniche, a due a due uguali. Due di esse, la 2 e la 4, fungono
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ROTISMI ORDINARI ED EPICICLOIDALI

da satelliti e come tali


sono montate folli s
sull’asse portatreno che
è, l'elemento motore del 3
m
meccanismo; le altre
4

due, la 1 e la 3, sono
calettate agli alberi (i 2
1

semiassi) su cui, all'al-


tra estremità, sono poi d

calettati i mozzi delle Figura 11


ruote.
L'uguaglianza delle ruote 1 e 3 implica che il rapporto costruttivo
del differenziale è:

k=
ω 3 − Ω = − z1 = −1
(15)
ω1 − Ω z3
Ne discende che poiché la (60) può essere scritta come:
k 1
Ω= ω1 − ω3 (16)
k −1 k −1
la relazione che lega le tre velocità angolari (per k=-1) è:

1 1 ω +ω3
Ω = ω1 + ω 3 = 1 (17)
2 2 2
il che significa che la velocità angolare del portatreno è sempre la
media delle velocità angolari degli alberi di uscita.
Il meccanismo ha di per sé due gradi di libertà: la condizione che
ne fissa il funzionamento in modo univoco è il rapporto definito
fra ω1 ed ω3; nella mar-
cia su rettilineo tale rap-
porto vale 1, mentre se 0

il veicolo percorre una


traiettoria in curva tale c

rapporto rimane fissato e

dalla differente velocità


dei mozzi delle ruote. i

Si può pure osservare


che quando ω1=ω3, con
versi concordi, non vi
sarà alcuna rotazione dei
Figura 12
296
CORSO DI MECCANICA APPLICATA ALLE MACCHINE

satelliti intorno al proprio asse di calettamento: i punti simmetrici,


a contatto con le ruote adiacenti, avranno, infatti, la medesima ve-
locità.
Consideriamo ora, (fig. 12), un veicolo la cui carreggiata sia
2d, le cui ruote abbiano un raggio sotto carico pari ad rc, e che stia
percorrendo con velocità V0 una traiettoria di cui sia R il raggio di
curvatura.
I centri delle ruote percorreranno le loro traiettorie con velocità,
rispettivamente per la ruota interna e per l'esterna:
V 0 (R d)
V 0i = −
R
(18)
V0
V 0e = (R + d)
R
per cui le velocità angolari delle stesse ruote, ipotizzando che ro-
tolino senza strisciare, saranno:

ω i = V 0i = V 0 (R − d)
rc rc R
(19)
ω e = V 0e = V 0 (R + d)
rc rc R
La (17) si scriverà allora:

Ω=
ω i + ω e = V 0 (R − d + R + d) = V 0
(20)
2 2 rc R rc
e ciò mostra che la larghezza della carreggiata del veicolo non ha
gioco nel funzionamento del differenziale, sia per il fatto che essa
non compare esplicitamente nella (20), sia perché, nella stessa, fi-
gura solamente la velocità, V0, del punto medio dell'assale.
Consideriamo ancora che, dal punto di vista dinamico, in as-
senza di perdite, deve valere il sistema di equazioni:
ωi +ωe
Ω=
2
Ci ω i + Ce ω e + C m Ω = 0 (21)
Ci + Ce + C m = 0
in cui compaiono le coppie Ci, Ce, Cm, agenti rispettivamente sul
semiasse interno, sul semiasse esterno e sul portatreno; la seconda
equazione rappresenta l'equilibrio delle potenze, la terza l'equili-
brio delle coppie.
297
ROTISMI ORDINARI ED EPICICLOIDALI

Risolvendo il sistema (21) si ottiene dapprima:


2 Ci ωi + 2 Ceω e + Cm ( ω i +ω e ) = 0
(22)
C m = − Ci − Ce
e poi:
2 C i ω i + 2 C e ω e − (C i + C e )(ω i + ω e ) = 0 (23)

da cui:
(C i − C e )(ω i − ω e ) = 0 (24)

Si vede allora che, quando le velocità angolari delle ruote sono


eguali, il meccanismo sarà in equilibrio anche se le coppie resi-
stenti ad esse applicate non sono le stesse, mentre, se le velocità
angolari sono diseguali (veicolo in curva), dovendo essere verifi-
cata la (24), dovranno essere eguali, per l'equilibrio, le coppie alle
ruote; se così non accade, sarà ωi = ωe .

§ 6. - Rotismi epicicloidali in serie.

Dati due rotismi epicicloidali, identificati dai loro rapporti costrut-


tivi k1 e k2 essi si diranno collegati in serie se due elementi qual-
siasi del primo rotismo (prima ruota, ultima ruota, portatreno) so-
no rigidamente collegati a due elementi qualsiasi del secondo e se
un elemento qualsiasi di uno di essi (libero o collegato che sia)
abbia una velocità angola-
re assegnata (per es. nulla,
e tale la immagineremo).
La possibilità di scegliere B

due fra nove tipi di colle- A


gamenti diversi e distinti
dà luogo a 18 differenti si-
tuazioni, per ciascuna delle
quali si potrà scegliere fra
4 elementi da bloccare e
scegliere ancora la funzio-
ne, movente o cedente, di 4A
due fra i tre elementi rima- 1A
1B
4B

sti liberi.
Figura 13
298
CORSO DI MECCANICA APPLICATA ALLE MACCHINE

Per esempio potrà farsi (fig.13) un collegamento fra la


prima ruota del primo rotismo e la prima ruota del secondo
(z1Az1B), un secondo collegamento fra i due portatreni (pApB), e
bloccare l’ultima ruota del primo rotismo, z4A, utilizzando poi
l’ultima ruota del secondo rotismo, z4B, ed il portatreno comune,
pApB, come movente e cedente.

4A 4A
B B

A
A

1A 4B 1A 4B
1B 1B

Figura 14 Figura 15

In fig. 14, invece, mantenendo i medesimi collegamenti, è blocca-


ta l’ultima ruota del secondo rotismo, z4B, e ingresso ed uscita so-
no assegnati alla z4A ed al collegamento z1Az1B.
O ancora si può scegliere di bloccare il collegamento
(z1Az1B) ed utilizzare come alberi di ingresso e uscita quelli di z4A
e di z4B (fig. 15).
Alla luce delle scelte possibili due rotismi epicicloidali col-
legati in serie potrebbero quindi dar luogo, in linea teorica, a 216
meccanismi diversi che diventerebbero 432 considerando di poter
scambiare le funzioni di movente e cedente1.
In effetti non è esattamente così, perché la metà di questi meccani-
smi risulteranno labili: ciò accade quando si scelgono come mo-
vente e cedente gli alberi di collegamento (fig. 16), oppure quan-
do, avendo scelto di bloccare uno degli alberi di collegamento si
sceglie l’altro come movente o come cedente (fig. 17)2. Sarà quin-

1
Si faccia attenzione alla circostanza che in un dato meccanismo lo
scambio fra due elementi delle funzioni di ingresso e uscita non dà luogo al
meccanismo simmetrico: questo si avrebbe solo scambiando anche k1 con k2
ossia invertendo anche la posizione relativa dei rotismi componenti.
2
In entrambi i casi rappresentati il secondo rotismo risulta labile essen-
299
ROTISMI ORDINARI ED EPICICLOIDALI

4A

B B

A
A

1A 4B
4A 4B 1B
1A
1B

Figura 16 Figura 17

di possibile avere meccanismi ad un grado di libertà solamente in


216 casi.
C’è ancora da aggiungere tuttavia che i corrispondenti rapporti di
trasmissione, ottenibili a parità di k1 e k2, risultano diversi solo
nella metà dei casi: 108, quindi, i rapporti di trasmissione diversi
che si possono ottenere collegando in serie due soli rotismi epici-
cloidali.
Il calcolo del rapporto di
trasmissione nel caso di un ro-
tismo epicicloidale in serie 4A
può essere semplicemente fat- B
to seguendo i medesimi criteri
A
esposti per un rotismo
epicicloidale singolo.
Consideriamo, a titolo di
esempio, il meccanismo di fig.
18 in cui risultano collegati di
nuovo, come in quello di fig.
13, le due prime ruote e i due 1A 4B
portatreni. Diversamente da 1B

quello, è ora bloccato il colle-


gamento fra i portatreni. Se
ipotizziamo anche che sia mo- Figura 18
vente l’ultima ruota del primo
r.e. (z4A) e cedente l’ultima ruota del secondo r.e., continuando
sempre a indicare con k1 e k2 i rispettivi rapporti costruttivi, pos-

do indefinita la rotazione della z4B.


300
CORSO DI MECCANICA APPLICATA ALLE MACCHINE

siamo cercare il rapporto di trasmissione del meccani-


smo τ = ω" 4 ω' 4 .
Avremo per i due rotismi epicicloidali:
ω ' 4 −Ω' ω " −Ω"
k1 = ; k2 = 4 ; (25)
ω '1 −Ω' ω "1 −Ω"
e ad essi saranno da applicare le condizioni relative agli elementi
collegati ed all’elemento bloccato, ossia:
ω'1 = ω"1 = ω1
Ω' = Ω" = Ω
Ω= 0
Le (25) allora si potranno scrivere come:
ω'4 ω"
k1 = ; k2 = 4 ; (25’)
ω1 ω1
da cui:
ω"4 k2
τ= =
ω'4 k1
Con analogo procedimento si ottengono i rapporti di trasmissione
di tutti gli altri possibili meccanismi.
Da quanto sopra si comprende come la scelta di opportuni
rotismi, ossia di opportuni valori di ki, e la possibilità di scegliere
fra diversi tipi di collegamenti e di elementi da bloccare rendono
questi meccanismi estremamente versatili nell’impiego come
cambi di velocità. Con pochi rotismi (due o tre), cioè, sarà possibi-
le ottenere un gran numero di rapporti di trasmissione diversi; i-
noltre le singole ruote saranno sempre in presa e non si porranno
problemi di coassialità fra gli alberi di ingresso e di uscita del
cambio.
Non è da poco il fatto, d’altra parte, che il rendimento complessi-
vo del meccanismo può risultare anche migliore del rendimento
del rotismo ordinario di uguale rapporto di trasmissione.

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