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VITAMINE

Le vitamine sono un insieme di molecole organiche di diversa tipologia difatti abbiamo molecole idrosolubili
che sono fondamentalmente la vitamina c e le vitamine del gruppo b , e le vitamine liposolubili. VITAMINE
LIPOSOLUBILI 🡪 come il nome fa intuire hanno una struttura della molecola diversa, per cui sono poco
solubili nei solventi acquosi e viceversa hanno un’elevata solubilità nei solventi organici. Questo fa
immediatamente intuire che ci saranno problemi per il loro trasporto nel corpo umano dato che il veicolo
circolante rappresentato dal sangue che è una soluzione a base acquosa. Evidentemente queste vitamine
non potranno circolare in genere tali e quali, ma dovranno o essere legate a proteine trasportatrici o una
volta veicolate dal sangue dovranno poi disporsi all’interno della cellula in maniera da poter avere almeno
una parte della molecola schermata dal contatto con l’acqua. L’acqua si trova anche nel solvente
citoplasmatico, e quindi anche lì se fossero immerse a contatto con tutta la loro superficie con una
soluzione acquosa evidentemente ricordate che si sviluppano delle interazioni che sono
termodinamicamente sfavorite e quindi molecole liposolubili in un solvente acquoso tendono a schermare
la maggior parte della loro superficie dal contatto diretto con l’acqua; e questo è possibile o mediante
legami con delle proteine che possono trasportarle oppure legandosi ad altri componenti cellulari di natura
lipidica che quindi possono offrire un’interfaccia più adatta alle interazioni molecolari.

Le vitamine sono definite molecole organiche essenziali ossia molecole che è necessario introdurre con
l’alimentazione perché la loro sintesi o è totalmente carente o non è sufficiente a coprire il bisogno.

Le vitamine sono dei micronutrienti che devono essere forniti in piccole quantità e laddove manchino si
potrebbero manifestare delle sindromi di carenza che hanno una serie di stadi che sono caratterizzati da
una carenza via via crescente. È necessario l’apporto alimentare di queste molecole. Se l’apporto cessa
perché non c’è apporto vitaminico con l’alimentazione, comincia la carenza, che però generalmente nelle
prime fasi non ha segni evidenti perché spesso abbiamo delle scorte all’interno del nostro organismo.
All’inizio di un apporto carente di vitamine le scorte sono solitamente sufficienti a coprire le necessità. Se
però la mancata fornitura di vitamine aumenta le scorte tendono ad esaurirsi. A quel punto si potrebbero
manifestare situazioni di stress e alcuni sintomi.

Le vitamine sono dei precursori dei coenzimi e se dovessero mancare, le reazioni chimiche che ne
richiedono la presenza saranno automaticamente bloccate.

Laddove il sospetto di una carenza sia più marcato si possono eseguire alcuni test biochimici che possono
essere DIRETTI O INDIRETTI.

DIRETTI: costituiti dal dosaggio della vitamina o del suo metabolita che ha attività co-enzimatica, ad
esempio nel plasma. Alcune vitamine si potrebbero direttamente dosare nel plasma.

INDIRETTA: questi esami valutano se l’attività delle di reazioni chimiche in cui la vitamina in esame svolge
funzione di coenzima, si svolgono in maniera adeguata alle esigenze metaboliche o meno. Naturalmente
una delle possibilità per valutare lo stato di nutrizione è attraverso dei test biochimici indiretti in cui si
misura l’attività enzimatica in eritrociti e in conseguenza all’apporto esterno del coenzima, quindi valutare
la capacità di reazione. Quindi si va a valutare il COEFFICIENTE DI VALUTAZIONE che se dovesse migliorare
oltre il 15% allora sicuramente sarebbe presente una carenza nutrizionale.

Parlando dei BISOGNI, sappiamo che devono essere introdotte in quantità ridotta per coprire tali bisogni
che molto spesso sono riassunti attraverso l’acronimo LARN (i livelli di assunzione raccomandati o di
riferimento dei nutrienti). I LARN è il bisogno minimo al disotto del quale si instaura una situazione di mal
nutrizione conclamata. Però qualsiasi alimentazione che sia valida da un punto di vista di apporto di diversi
nutrienti, non deve limitarsi a fornire l’apporto minimo, ma lo deve superare. Naturalmente c’è una
VARIABILITA’ INDIVIDUALE estremamente elevata, il fabbisogno è soggettivo da soggetto a soggetto.
Inoltre, non esiste un alimento completo, l’alimentazione deve essere completamente varia.

Esempi di vitamine idrosolubili: La Tiamina, ed il complesso delle vitamine B fino alla B12 .. oppure la
Biotina, i folati, il pantotenato e la vitamina c. Le vitamine Liposolubili possono essere la A o K o D.

Caratteristiche IDROSOLUBILI: nelle vitamine idrosolubili praticamente non c’è accumulo, nel senso che ci
sono scorte di entità molto bassa. Quindi se non è presente un apporto alimentare, le scorte tendono a
ridursi velocemente, fino ad instaurare una condizione di mal-nutrizione. Le vitamine idrosolubili svolgono
un ruolo importante nel metabolismo energetico , nella proliferazione e nella differenziazione cellulare

• Vitamina D: può essere prodotta in quantità sufficienti dalla sola esposizione al sole. I
raggi devono però avere determinate caratteristiche riscontrabili in certi momenti della giornata (ore
centrali giornata).In quei territori o in quelle fasce di popolazione che solitamente non si espone al sole
(es.anziani) la fonte di vit D è rappresentata dai cibi. Pochi sono però i cibi che la contengono,
principalmente l’olio di fegato di merluzzo, poi pesci grassi (salmone, arringa), latte e suoi derivati, uova,
fegato e verdure verdi. La vitamina D viene quasi associata ,come concetto,ad un ormone,proprio perché
svolge la sua azione in siti lontani da quelli di sintesi. La vitamina D che troviamo nel corpo umano , ha 2
origini: ALIMENTARE ED ENDOGENA. Diciamo che la vitamina D endogena è quella quantitivamente più
rilevante. La vitamina D endogena si ottiene da una provitamina, 7-deidrocolesterolo. Già il nome fa
pensare che il nucleo della vitamina D sia un composto derivato dal colesterolo, quindi fortemente
idrofobico e altamente liposolubile, con una modificazione sul carbonio 7. Questa molecola viene
sintetizzata dall’organismo e prende il nome di provitamina. Poi vede raggiungere l’epidermide e qui, una
volta raggiunti gli strati superficiali dell’epidermide, può essere soggetta all’irraggiamento solare; in
particolare, i raggi UV di tipo B (UV-B), la cui lunghezza d’onda è compresa fra i 290 e i 315 nanometri, sono
in grado di operare una rottura fotolitica della molecola, per cui invece di avere i 4 anelli condensati, uno
viene rotto e si forma la pre-vitamina D3 che è il COLECALCIFEROLO. Questa pre-vitamina poi permane
ancora nell’epidermide e nel derma sottostante, infatti si distribuisce per il 60% nell’epidermide e il 40% nel
derma, e qui grazie al calore corporeo e della pelle che è irraggiata dal sole, subisce ancora delle reazioni
chimiche, per cui si modifica ulteriormente e da pre-vitamina D3 diventa vitamina D3; però essendo una
molecola fortemente liposolubile idrofobica, non può viaggiare liberamente nel sangue, ma deve legarsi
alla proteina DBP (D-binding protein) cioè proteina che lega la vitamina D. In questa forma il complesso può
viaggiare nel sangue e raggiungere il fegato; qui la vitamina D3 viene ossidata sul carbonio 25, per cui
diventa 25-diidrossi-D o colecalciferolo; dal fegato viene ancora veicolata nel sangue, sempre legata alla
DBP, e può raggiungere i reni. Qui c’è un’altra ossidasi, che opera un’altra reazione di idrossilazione sul
carbonio 1; questa 1 alfa idrossilasi forma l’1-25diidrossi-D che è la forma pienamente attiva della vitamina.
Quindi questo fa capire che l’esposizione al sole sia fondamentale per la conversione del precursore inattivo
della vitamina D in forma pienamente attiva. basta semplicemente un’attività quotidianamente svolta
all’aria aperta purchè la luce solare si possa avere durante tutto l’arco dell’anno; infatti la carenza di
sufficiente arraggiamento solare per esempio nei paesi del Nord del Canada degli Stati Uniti o nel Nord
Europa in cui le ore di luce sono ridottissime, ha causato, fino a quando non si è resi conti del processo,
l’insorgenza di molti casi di RACHITISIMO. Questo perché i bambini in sviluppo, nei quali il precursore della
vitamina D non veniva convertita in vitamina D pienamente attiva, non avevano la forma disponibile per
poter fissare il calcio nelle ossa in crescita e quindi invece di avere uno sviluppo armonioso del sistema
osseo scheletrico, si avevano delle alterazioni, per cui comparivano delle forme di rachitismo, che
purtroppo insorte in età molto precoce non possono essere curate. È anche possibile che negli adulti, che
da una certa età in poi non si espongano più alla luce solare, la vitamina D non si possa formare e in quel
caso si parlerà di OSTEOMALACIA, perché si altera la composizione delle ossa che sono meno mineralizzate;
e questo spiega anche perché negli anziani in cui per problemi di età il contenuto di vitamina D
nell’organismo si riduce, e quindi si riduca la mineralizzazione delle ossa, si possano avere anche
frequentemente fenomeni di FRATTURE.

C’è da sottolineare che questa ridotta mineralizzazione delle ossa legata a carenza di vitamina D, non è
l’osteoporosi; perché l’osteoporosi comporta una perdita sia della componente inorganica, quindi i Sali
calcio e fosfato depositati, sia della componente organica, proteine delle ossa. Quindi la carenza di
entrambe le componenti nella sostanza fondamentale delle ossa porta ad una loro maggiore fragilità e
quindi all’insorgenza di fratture che possono anche essere spontanee. Quindi la provitamina 7-
deidrocolesterolo subisce una reazione di fotolisi e si converte poi nel colecalciferolo D3, che poi la forma
della vitamina che lascia il derma, legata alla DBP, per subìre poi una reazione di idrossilazione sui carboni 1
e 25. Un processo analogo accade anche nel lievito, dove abbiamo l’ergosterolo che è il precursore, che
sempre per irraggiamento UV si trasforma nell’ergocalciferolo. Inoltre abbiamo il tachisterolo e lumisterolo,
che sono composti che derivano dalla pre-vitamina D3 che però non hanno attività vitaminica. Laddove ci
fosse un’eccessiva produzione di 7-deidrocolesterolo, per evitare problemi che possono essere causati da
un’eccessiva disponibilità di vitamina D attiva, uno dei meccanismi per regolare le concentrazioni è quello di
convertirlo in forme chimicamente inattive, quindi prive delle attività vitaminiche, che quindi pur essendo
presenti non possano svolgere le funzioni che sono a livello della regolazione della calcemia. La forma che
viene fornita attraverso gli alimenti è quella già definitiva, cioè non è possibile avere un precursore perché
questo poi non potrà essere idrossilato sui carboni 1 e 25.

Le fonti alimentari in cui è presente la vitamina D sono in genere prodotti lattiero caseari, quindi latte,
burro, formaggi; poi il tuorlo d’uovo e certi tipi di pesci. Quella fornita con gli alimenti deve essere assorbita
con un processo di assorbimento intestinale analogo a quello dei lipidi. Quindi una volta che sia stata
introdotta a livello di alimenti e giunga nel tratto intestinale nel tubo digerente, dovrà subire il processo di
coniugazione, di legame ai Sali biliari, che convertono le macromolecole in micelle e quindi poi potrà essere
assorbita dagli enterociti e lasciare gli enterociti sempre con i chilomicroni per raggiungere il fegato.

La digestione dei lipidi è il processo più lungo, per cui il picco di concentrazione plasmatica dei lipidi si ha
numerose ore dopo che è stato raggiunto il picco della concentrazione plasmatica ad esempio del glucosio
o delle proteine. Soprattutto per la vitamina D si è visto che la sua concentrazione plasmatica raggiunge il
picco 12 ore dopo i pasti, per poi ritornare ai valori normali.

Nel fegato la vitamina, laddove non fosse stata introdotta in forma idrossilata, può subire la reazione di
idrossilazione e poi nei reni la seconda. Ma quest’evenienza è poco frequente.

L’assorbimento avviene come per la vitamina A, cioè viene incorporata nei chilomicroni all’interno degli
enterociti e poi trasportata sottoforma di chilomicroni remnantes al fegato dove subisce idrossilazione con
formazione 25- IDROSSICOLECALCIFEROLO, il quale passa nella circolazione generale e si lega a specifica
proteina trasportatrice (DBP) che la porta al rene dove può subire 2 reazioni di idrossilazione che danno
origine ad una componente attiva o inattiva Funzione biologica: regolazione Ca2+ a livello renale, favorisce
riassorbimento, favorisce assorbimento intestinale, favorisce processi mineralizzazione osso. Questa
azione viene favorita grazie alla sua capacità di legarsi ad un recettore nucleare e favorire la produzione di
proteine trasportatrici del Ca2+. Oltre che metabolismo Ca2+ la vitamina D sembra importante nella
riduzione rischio malattie cardiovascolari – diabete I – malattie infettive. Ciò sembra essere dovuto al fatto
che tutte le cellule dell’organismo hanno un recettore per la vitamina D. A determinare la quantità di
fosfato di calcio presente, quindi il grado di mineralizzazione delle ossa, provvedono osteoclasti e
osteoblasti. Gli osteoclasti sono le cellule deputate al riassorbimento delle ossa, ovverosia degradano il
fosfato di calcio liberando calcio e fosfato, che così dalle ossa dove erano depositate possono attraverso il
sangue raggiungere poi il circolo, e quindi confluire e andare a modificare la concentrazione plasmatica di
entrambi gli ioni.
Contemporaneamente si riduce l’attività degli osteoblasti, che sono le cellule deputate alla mineralizzazione
e alla deposizione di fosfato di calcio nella matrice extracellulare. Quindi se aumenta l’attività e il numero
degli osteoclasti, si riduce l’attività degli osteoblasti il risultato complessivo sarà una riparazione di fosfato
di calcio dalle ossa, quindi una demineralizzazione e il passaggio di calcio in circolo, con un suo apporto
all’aumentare la ridotta concentrazione plasmatica

Dose raccomandata: non perfettamente nota in quanto difficile stabilire la quantità derivante dalla normale
esposizione al sole. Per soggetti con impossibilità di esposizione assunzione giornaliera raccomandata: 0 –
10 μg/die.

Carenza D: diminuzione livelli Ca2+ ematico e conseguente ipertiroidismo secondario, in quanto bassi livelli
plasmatici Ca2+ stimolano produzione di paratormone. Stabili bassi valori Ca2+ inducono continua
produzione di paratormone. Gli effetti in seguito a carenza possono essere: alterazione processi
mineralizzazione (rachitismo nel bambino), debolezza muscolare e deformazioni ossee e dolori.

Eccesso D: tossicità acuta – cronica.

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