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Spesso si parla molto dell’olio di palma, ma qual è il problema?

L’olio di palma contiene trigliceridi


e tra gli acidi grassi ha l’acido Palmitico che è un acido grasso saturo. Gli insaturi abbiamo detto
essere preferibili nell’alimentazione. L’olio di palma può inoltre contenere dei residui tossici, a
causa di alcune lavorazioni.
- CARBOIDRATI sono i componenti tipici degli alimenti vegetali e in realtà quasi sempre ci si
riferisce all’amido che è un polisaccaride. Nella nostra alimentazione troviamo pochissimi
monosaccaridi cioè zuccheri semplici, la maggioranza sono disaccaridi e polisaccaridi. Nella
nostra dieta sono anche importanti le fibre che non sono digeribili, tra queste abbiamo la
cellulosa che comunque ha un ruolo utile, infatti, se ne consigliano 30 g al giorno (di fibre).
- VITAMINE sono dei nutrienti essenziali e solitamente sono degli enzimi. Non ne servono
quantità enormi, ma se non sono presenti portano a sintomatologia di carenza.
Chiaramente le vitamine le ritroviamo in moltissimi alimenti. Infatti, il contenuto di
vitamine può essere influenzato dalla conservazione e dalla preparazione di un alimento o
da processi di raffinazione e sbiancamento o ancora dalla cottura.
- SALI MINERALI si parla di macro minerali che sono presenti in grandi quantità in organismi
e alimenti e tra questi troviamo calcio, sodio, potassio; microelementi se sono presenti in
piccole quantità e quindi microgrammi o milligrammi e tra questi troviamo ferro, zinco,
iodio.
- ACQUA il cui fabbisogno medio è di circa 1,5/2 litri al giorno. Nella fosforilazione ossidativa
si ha anche produzione di acqua di circa 350 ml al giorno
- BEVANDE NERVINE che hanno un effetto stimolante sul SNC e sono quelle che contengono
caffeina, teofillina e teobromina. Posso anche avere degli effetti benefici, infatti il tè verde
è un nutriente chemio preventivo.
- ALCOL E BEVANDE ALCOLICHE non hanno una funzione essenziale; da un punto di vista
nutrizionale ci interessa il contenuto di alcol soprattutto etilico e si parla di grado alcolico. 1
grammo di etanolo ha 7 calorie quindi è molto calorico, ma non è questa la cosa più
importante, la cosa importante è che non bisogna avere un eccessivo consumo e cioè non
più di tre bicchieri di alcol al giorno per un uomo e due per le donne e quindi non più di 40
grammi.

Tutti gli organismi consumano energia e di conseguenza la producono. L’energia che entra viene
definita apporto energetico, mentre quella che viene consumata è il consumo energetico.
CONSUMO ENERGETICO. Per fare. Dei consumi dobbiamo produrre determinate quantità di ATP. Il
consumo di energia dipende dalla somma di:
1. Consumo metabolico di base, chiamato anche metabolismo basale che è abbastanza
costante in un singolo individuo 70%. Il metabolismo basale si definisce il consumo basale
di un soggetto dopo 12-14 ore di digiuno e a riposo. Il consumo basale ha un valore
individuale, ma non cambia enormemente da un individuo all’altro.
2. Termogenesi cioè l’energia consumata per regolare la temperatura corporea, ed è
variabile. Ad esempio, quando abbiamo un brivido, consumiamo energia ed è un
movimento dei muscoli per rispondere ad una temperatura esterna. Possiamo parlare
anche di termoregolazione che si ha con il sudore. 10-15%
3. Attività fisica è la più variabile. 15-20%
Normalmente non si va a valutare quanto consumo ha un individuo direttamente, ma bisogna
prima valutare l’individuo in sé perché chiaramente avrà bisogno di più energia un sollevatore di
pesi piuttosto che un bambino di 6 anni.
Il maggior problema che viene incontrato sono persone affette da obesità, che hanno solitamente
una dieta. Iperenergetica e quindi bisogna dare meno energia per consumare le riserve di lipidi
accumulate nell’organismo. La giusta quantità di energia è quella che controbilancia il consumo.
quindi se ingerisco più di quanto consumo, questo si accumula sotto forma di tessuto adiposo.
Se volessimo vedere quanta energia consuma un soggetto, potrei anche vedere quanto ossigeno
consuma che è proporzionale alla quantità di ATP che un organismo produce. Il consumo di
ossigeno varia di poco a seconda dei substrati, mentre la produzione di anidride carbonica è
variabile
Il bisogno di energia è una quantità di assunzione di energia che controbilancia il consumo e che
deve tener conto di un mantenimento di un buono stato di saluto, un’adeguata attività fisica e
anche il soddisfacimento di specifiche attività fisiologiche come crescita, gravidanza o
allattamento.
Le fonti di energia principali sono i nutrienti o principi alimentari, tra cui glicidi (4 kcal/g), lipidi (9
kcal/g), proteine (4 kcal/g).
I valori calorici ovviamente variano per ogni nutriente.
Le fonti di energia principali nella nostra alimentazione sono lipidi, carboidrati e proteine.
Le proteine rappresentano il 10-15% delle calorie totali, quindi, è una quota effettivamente bassa;
i lipidi 25-30% (saturi meno del 10%, monoinsaturi 10-20%, polinsaturi fino al 10%, colesterolo
meno di 300 milligrammi al giorno)
Mentre i carboidrati 55-65% e rappresentano la prima fonte principale di energia ma il saccarosio
e altri zuccheri semplici devono mantenerli meno del 10%, per il resto dobbiamo assumere
maggiormente amido.

Lezione 2:
Ogni attività presenta un dispendio energetico (dormendo si consumano 0,9 kcal/minuti).
Esistono dei gruppi di alimenti che sono equivalenti fra di loro da inserire in alternativa nella dieta
giornaliera.
1. Gruppi cereali, derivati e tuberi
2. Frutta e ortaggi
3. Latte e derivati
4. Caren, pesce e uova
5. Grassi da condimento
1. GRUPPI CEREALI, DERIVATI E TUBERI
Tra questi troviamo pane, pasta, riso, mais, avena ecc. e patate. Principalmente sono fonte di
amido. Questi alimenti a volte sono integrali e significa che sono meno raffinati e contengono più
fibre e vitamine. In una dieta comune devono essere abbastanza presenti infatti devono esserci
almeno 2-4 porzioni al giorno.
2. FRUTTA E ORTAGGI
Possono essere a foglia come la lattuga, a fusto come il sedano, a frutto come pomodori, peperoni
e melanzane, bulbi come aglio e cipolla o ancora inflorescenza come cavolfiori. In questo gruppo
troviamo anche legumi freschi. Hanno un basso contenuto calorico, ma sono ottime fonti di fibre e
vitamine, tra cui vitamina C e di potassio. Se ne consigliano 3-5- porzioni al giorno.
3. LATTE E DERIVATI
Comprende latte, yogurt, latticini e formaggi. Sono un importante fonte di calcio. Il calcio che
troviamo nel latte è altamente biodisponibile cioè può essere utilizzato più facilmente dal nostro
organismo. Questi alimenti contengono anche proteine biologiche e vitamine. È preferibile usare il
latte parzialmente scremato perché ha un minor contenuto lipidico. Si consiglia assumere 1-2
porzione di latte e simili al giorno, mentre per quanto riguardano i formaggi e i latticini se ne
consigliano 1-2 porzioni a settimana.
4. CARNE, PESCE E UOVA
È importante come fonte di proteine di elevata qualità, oligoelementi (ferro altamente
biodisponibile), vitamine del complesso b (B12). Sempre per limitare l’apporto lipidico si devono
preferire carni magre (bovine, avicole, suine) e il pesce. Per le uova, in un soggetto sano, è
consigliato consumare le uova 2-4 volte alla settimana perché hanno un alto contenuto di
colesterolo.
In questo gruppo dobbiamo includere anche i legumi secchi (fagioli, ceci, piselli, lenticchie) che
sono ad alto contenuto proteico e danno delle alternative alla dieta di origine animale.
Di questo gruppo in generale se ne dovrebbero consumare circa 1-2 porzioni al giorno.
5. GRASSI DA CONDIMENTO
Comprende grassi di origine vegetale e di origine animale. Il loro consumo deve essere contenuto,
perché i grassi costituiscono fonte concentrata di energia e possono provocare anche malattie
cardiovascolari. Sono sempre da preferire quelli di origine vegetale (olio) piuttosto che animale
(burro, panna, lardo) perchè troviamo meno grassi saturi. Se ne consumano 1-3 porzioni al giorno.
I grassi provenienti dagli animali sono SOLIDI, mentre provenienti dai vegetali sono LIQUIDI. La
maggior parte di LIPIDI che assumiamo deve essere INSATURA, quindi di origine vegetale.

Nelle tabelle di composizione di alimenti andiamo a consultare la quantità di nutrienti presenti


negli alimenti, l’energia, la parte edibile che non si può mangiare e la variabilità degli alimenti della
stessa tipologia
ALIMENTI FUNZIONALI
Gli alimenti funzionali sono quelli NUTRACEUTICI cioè quelli che contengono nutrienti
chemiopreventi. Questi svolgono delle funzioni particolari oltre che svolgere le azioni per la
nutrizione adeguata.
Questi alimenti funzionali contengono probiotici, che contengono microorganismi benefici vivi in
grado di crescere beneficamente nell’intestino mantenendo l’equilibrio della flora microbica, e
prebiotici, che sono sostanze che stimolano beneficamente la crescita della flora microbica
intestinale.
Questi alimenti hanno un effetto antiossidante come il licopene, polifenoli ecc.

Importante risulta essere anche la cottura che cambia le caratteristiche chimico-nutrizionali di un


alimento. Se l’alimento proteico è immerso nell’acqua bollente, la patina superficiale ne mantiene
il contenuto di nutrienti. Se l’alimento da bollire è messo nell’acqua ancora fredda la perdita di
nutrienti è maggiore ed il brodo ne è più ricco. L’eccessiva cottura delle proteine le rende meno
digeribili perché sicuramente si denaturano ma poi tendono ad aggregarsi e a precipitare.
Abbiamo vari tipi di cottura: bollitura, forno, microonde e uno stesso alimento cotto in modalità
diverse avrà un valore nutrizionale diverso. La cottura al forno, ad esempio, mantiene meglio i
nutrienti nell’alimento. OGNI NUTRIENTE RISULTA ESSERE VARIAMENTE TERMOLABILE e infatti
alcune molecole si alterano (vitamine) o si denaturano con la temperatura. Chiaramente dopo la
cottura, i grammi dell’alimento cambiano.

Se una persona assume 40 g di pasta quanti grammi di proteine, lipidi e carboidrati hanno? Che
energia hanno?
Andiamo sul sito delle tabelle cioè:
https://www.crea.gov.it/-/tabella-di-composizione-degli-alimenti
Accedi alle tabelle e cerca pasta. Vado a vedere proteine, lipidi e carboidrati.
Andiamo a fare i calcoli:
Proteine=. 100:13,5=40: x x= 5,4 g cioè 21,6 kcal 15%
Lipidi= 100:1,2=40:x x= 0,48 g cioè 4,32 kcal 3%
Carboidrati= 100:72,7=40:x x= 29,08 g cioè 116,32 kcal 82%

Quindi 40 g di pasta hanno 142,24 kcal. I grammi di pasta cotti saranno 80.
LARN sono i livelli di assunzione (raccomandata) di riferimento dei nutrienti  italiano
RDA dose raccomandata giornaliera.  inglese
Quali sono i nutrienti essenziali che dovranno essere presente in un certo LARN? Amminoacidi
essenziali, vitamine, minerali essenziali etc. Questi numeri tengono conto anche della
biodisponibilità dei nutrienti e vengono ottenuti facendo degli studi nutrizionali sulle popolazioni,
sulle condizioni ambientali.
Il LARN è l’apporto giornaliero medio raccomandato di assunzione di un nutriente per una
popolazione.
Possiamo avere anche più LARN per lo stesso nutriente e infatti possiamo avere un livello minimo
al di sotto del quale si sviluppa una carenza, un livello medio che copre il fabbisogno del 50% degli
individui il livello del riferimento che sarebbe il livello medio + 2 deviazioni standard e serve per
non far andare nessuno in carenza. Bisogna anche considerare che certi nutrienti possono portarsi
a dei livelli di tossicità e quindi quando se ne prendono troppi ed è il caso delle vitamine
liposolubili.
Possiamo parlare anche di fortificazione dei cibi come, ad esempio, un aggiunta di ioduro di
potassio o di vitamine e quindi l’aggiunta di un nutriente essenziale.

FABBISOGNO ENERGETICO
Il fabbisogno energetico è l’apporto di energia che deve compensare il dispendio energetico. Se
non c’è questa compensazione possiamo andare in eccesso o in difetto energetico e quindi rischi
per la salute. Il dispendio energetico abbiamo visto che dipende dal metabolismo basale,
dall’attività fisica e della termogenesi e termoregolazione. In genere il dispendio totale non supera
che del 20-30% del metabolismo basale. Una nutrizione adeguata deve prevedere almeno
mezz’ora di attività fisica significativa giornaliera, cioè quella che fa aumentare il ritmo
respiratorio.
Riconosciuta la quantità di energia da apportare dobbiamo chiaramente tener conto che il 10-15%
deve rappresentare le proteine, il 25-30% i lipidi, mentre il 55-65% i carboidrati. Devono essere
assunti ma sempre rispettando i LARN.
Una nutrizione adeguata è una nutrizione che mi da una giusta quantità di energia, che deve
derivare da proteine, lipidi e carboidrati. Mentre apporto questa energia dagli alimenti, questi
devono rispettare i LARN. Sarebbe anche perfetto apportare dei nutrienti chemiopreventivi che
ricordiamo non essere essenziali. Quando sono soddisfatte tutte queste richieste possiamo parlare
di nutrizione adeguata e mantenere un ottimale stato di salute.

UOMO E NUTRIENTI
Vi sono alcuni parametri da tener in conto: la composizione, il peso corporeo, l’altezza e il BMI cioè
l’indice di massa corporea che mette in rapporto il peso e l’altezza e li eleva al quadrato.
Un parametro di cui si deve ancora tener conto è la circonferenza addominale, che è abbastanza
significativo.
Lo stato di nutrizione è la risultante dall’equilibrio tra apporto e il fabbisogno dei nutrienti.
Quando la nutrizione non risulta essere adeguata, siamo in malnutrizione e può essere
iponutrizione e ipernutrizione.
Il risultato dello stato di nutrizione lo possiamo valutare in molte modalità e viene valutato con
anamnesi (domande, raccolta di informazioni che vengono direttamente dal paziente) e valutando
anche oggettivamente la persona e quindi la si pesa, la si sottopone ad antropometria. Ancora si
può fare la bioimpedenziometria o fare analisi di vario genere.
L’antropometria è la scienza che si occupa di misurare il corpo umano nella sua totalità o nelle sue
componenti, a fini statistici e a supporto dell’antropologia, ad esempio nella ricostruzione della
storia della popolazione.

Durante l’anamnesi si prendono vari tipi di informazioni come patologie familiari (diabete di tipo
II), età, condizioni sociali, consumi, patologie pregresse.
Bisogna chiaramente valutare anche le abitudini alimentari di una persona individualmente.
Studiando un singolo soggetto è interessante anche studiare i diari alimentari in cui il paziente
giorno per giorno scrive tutto ciò che apporta e anche le quantità.
Si può anche preparare uno specifico questionario e poi confrontare i risultati di diverse persone. È
importante anche la storia dietetica di una determinata persona e quindi per esempio se una
persona ha una storia dietetica di buona nutrizione, avrà meno rischio a malattie cardiovascolari.
Tra le misure antropometriche abbiamo:
a) PESO CORPOREO: in prima mattinata, digiuno, dopo minzione ed evacuazione e solo con
intimo.
b) STATURA: solitamente le persone più alte pesano di più
c) INDICE DI MASSA CORPOREA IMC= peso in kg/ altezza^2.

L’indice di massa corporea risulterà essere quasi perfetto se è compreso fra 22-24 kg.m-2

Quando si è più piccoli, tendenzialmente l’indice di massa corporea può risultare più basso.
Il peso principale di un organismo risulta essere l’acqua (45 kg nell’uomo e 31 nella donna), ma
abbiamo chiaramente tanti altri elementi come l’azoto che risulta essere di 18 kg nell’uomo e di 13
kg nella donna o l’ossigeno che in entrambi è di circa 29 kg.
L’uomo di riferimento medio è di circa 70 kg con il 15% di grasso, mentre la donna adulta è di circa
58 kg con il 28% di grasso.
È quindi molto importante guardare la massa lipidica (tessuto adiposo) e la massa alipidica (massa
magra, influenzata da muscoli).
Ciò su cui possiamo verificare il nostro stato di nutrizione è il peso corporeo. Si può calcolare il
peso corporeo desiderabile come?
 Calcolando IMC desiderabile x altezza (m^2)
 Formula di Broca= tiene conto solo dell’altezza
Altezza in cm- 100 maschi
Altezza in cm-104 femmine
Questi due numeri 100 e 104 provengo da uno studio su una popolazione.

 Formula di Lorentz= non tiene conto dell’età e della struttura scheletrica


cm−150
Altezza in cm- 100 - maschi
4
cm−150
Altezza in cm - 100 - - femmine
2
Le circonferenze sono dei parametri antropometrici e ci permettono di valutare sia masse
muscolari che masse lipidiche. Possiamo misurare ad esempio la circonferenza sul polso, sul punto
medio del braccio, sulla vita che si misura in espirazione e all’altezza della spina iliaca (parte ossea
più alta del nostro bacino): a questo valore si da molta importanza non solo per valutare lo stato
nutrizionale ma anche per valutare eventuali sindromi metaboliche. Infine, si misurano i fianchi
alla massima circonferenza dei glutei.
Cosa sono le sindromi metaboliche? Hanno a che vedere con la circonferenza della vita e
riguardano uno stato di rischio che spinge il medico ad utilizzare farmaci ipocolesterolemizzanti
come le statine che prevengono il rischio di malattie cardiovascolari. In questa sindrome vengono
tenuti in conto 5 valori e quando 3 su 5 sono alterati si ha la sindrome metabolica. Questi fattori
sono:
- Circonferenza vita che deve essere circa 102 negli uomini e 88 massimo nelle donne.
- Glicemia a digiuno>100 mg/dl
- Ipertensione arteriosa >130/85 mmHg
- Ipertrigliceridemia >150 mg/dl
- Ridotto colesterolo HDL (cioè il colesterolo buono) <40 mg/dl nei maschi e < 50 mg/dl nelle
donne.

Altre tecniche di valutazione per lo stato nutrizionale è il rapporto vita/fianchi detto anche WHR
(waist to hip ratio), che nell’uomo dovrebbe essere meno di 1 mentre nella donna meno di 0,85.
Questo indice viene utilizzato in campo medico per valutare la distribuzione corporea del tessuto
adiposo.
Con l’obesità questo rapporto chiaramente aumenta e quando aumenta parliamo di adiposità
viscerale (è tipicamente maschile ed è associata ad una maggiore distribuzione di tessuto adiposo
e nella regione addominale, toracica) e adiposità periferica (accumulo di tessuto adiposo su gambe
e glutei. Vi è molto grasso sottocutaneo nell’obesità femminile.)
Il tessuto adiposo viscerale per le sue attività endocrine può essere più pericoloso per quanto
riguarda le complicanze cardiovascolari e metaboliche.

Quella tecnica che viene utilizzata maggiormente ed è più sufficiente per valutare composizione
corporea è misurare la massa grassa e magra. Innanzitutto, diciamo che la massa alipidica è la
principale sede dell’attività metabolica e ne fanno parte di questa i muscoli, mentre la massa
lipidica è la più variabile e è un accumulo energetico.
Vi sono varie tecniche, tra cui la densitometria, plicometria in cui si da un pizzico sulla cute e si
sente quanto è spessa la plica, ma la più importante è la BIA cioè l’impedenza bioelettrica.
La densitometria ci permette di misurare la densità tramite la pesata idrostatica. La tecnica della
pesata idrostatica è stata sviluppata basandosi sul principio di Archimede. Questa tecnica consiste
nel pesare il soggetto prima in area e successivamente in acqua. Il soggetto deve essere in grado di
espellere tutta l'aria dai polmoni quando è immerso nell'acqua. Come si misura una persona in
acqua? Bisogna utilizzare un enorme bidone graduato, riempito di acqua, nel quale si immerge il
soggetto punto si misura la quantità di acqua spostata cioè il volume. Il problema di questa tecnica
sta nel fatto che si ritiene costante la densità ossea, si deve prendere in esame il volume
polmonare residuo e oltretutto anche il gas presenti nell’intestino può influire sui risultati
dell’esame. Si ritiene che il soggetto sia normo idratato se la massa magra e idratata al 73%. La
pesata idrostatica è una tecnica densitometro dica cioè la massa grassa e la massa magra si
ottengono a partire dalla densità punto la densità del corpo è data dal rapporto fra la massa del
corpo e il suo volume.
una persona grassa galleggia meglio di una persona magra.
Con la plicometria si valuta il grasso corporeo ed è importante la somma in mm delle pliche cioè
tricipitale, bicipitale, sottoscapolare, addominale. La misura avviene sull’arto NON DOMINANTE. il
plicometro e uno strumento costituito da una pinza e da una scala graduata che misura la distanza
tra le punte.
La bioimpedenziometria è una tecnica basata sul passaggio di corrente elettrica molto limitata
chiaramente. SI fa sdraiare il paziente e tramite posizionamento di 4 elettrodi, di cui due sulla
mano e 2 sul piede, viene fatta passare corrente elettrica nel corpo e si misura da un punto
all’altro e quindi quanto facilmente questa corrente passa da un punto all’altro. Conoscendo il
peso e la corrente passata si passa alla percentuale di massa grassa. Due persone che hanno lo
stesso peso, attraversata da una corrente elettrica faranno passare la stessa percentuale di
corrente se hanno la stessa massa adiposa, altrimenti il soggetto con meno massa adiposa farà
passare una percentuale di corrente maggiore. La BIA è anche in grado di misurare il metabolismo
basale.
Un altro parametro che si va a valutare è la presenza di proteine plasmatiche che sono prodotte
dal fegato e nella grave malnutrizione tendono a diminuire. Ancora un altro parametro che
dipende dalla grandezza delle masse muscolari ed è la creatinina e viene utilizzata anche come
parametro di riferimento della funzionalità del rene perché sale quando il rene non funzione,
ancora.
L’ultimo parametro di riferimento di non uso comune è un’indagine immunologica che conta i
linfociti e l’ipersensibilità cutanea ritardata e si riduce nella iponutrizione.

IMPOSTAZIONE DI UNO SCHEMA DIETETICO


Quando un nutrizionista fa uno schema dietetico ad una persona, ha degli strumenti logici per
importarlo:
- Valutazione dello stato di nutrizione
- Calcolo del fabbisogno energetico che deve equivalere ai consumi totali di un soggetto che
dovrebbe già essere in un buono stato di nutrizione perché la cosa è diversa se si vuole
perdere peso o se lo si vuole assumere.
- Elaborazione qualitativa e quantitativa sulla base di fabbisogno e LARN.
Quindi faccio una somma di alimenti che diano una determinata energia e che contengano i
nutrienti per rispettare i LARN.
- Gli alimenti poi devono essere ripartiti per la giornata.
Chiaramente un soggetto in sovrappeso ha bisogno di una dieta ipo-energetica mentre un
soggetto magro ha bisogno di una dieta iperenergetica.
Anche gli apporti devono essere ripartiti durante la giornata in circa 4-5 momenti: colazione 20%,
spuntino 10%, pranzo 30%, merenda 10% e cena 30% oppure colazione 20%, pranzo 50% e cena
30%. Una migliore ripartizione dell’apporto energetico creeranno minori stimolazioni della risposta
insulinica.
Le ripartizioni non ottimali sono anche associate a maggiori fattori di rischio.
Le persone che pesano di più hanno bisogno di più energia, ma non dobbiamo mettere in secondo
piano l’attività fisica!!

ESEMPI DI DIETE
Le diete possono esser fatte anche tramite dei programmi, ad esempio, qui si deve ripartire
durante la giornata ad una ragazzina un apporto di 1926 kcal.

Il computer chiaramente va a prendersi in riferimento delle tabelle di composizione di alimenti.


Questo per avere durante la giornata 1926 kcal di cui 72 g alle proteine, 297 g ai carboidrati e 54 g
ai grassi. Questi erano i parametri che avevamo dato al computer, ma perché? Perché non solo
dobbiamo dare le 1926 kcal ma che devono essere opportunamente ripartite tra proteine, glicidi e
lipidi. Vediamo che i carboidrati rappresentano il 61% dell'energia, i lipidi il 25% e i protoni il 15%
cioè La ripartizione ottimale.

Una dieta deve essere anche adeguata a particolari situazioni come la gravidanza. In gravidanza è
normali un incremento di peso e un incremento del dispendio energetico. Una donna in
gravidanza sicuramente deve mangiare di più. Le donne in normopeso aumentano di peso di circa
11-16 kg. Chiaramente le donne che erano in sottopeso prima della gravidanza dovrebbero essere
incoraggiate ad aumentare il loro peso di 12-18 kg. Le donne invece che erano già in sovrappeso
devono avere un incremento fra 7-11 kg.
La donna in gravidanza ha bisogno di 6 g in più di proteine al giorno (quindi una donna in
gravidanza di 70 kg ha bisogno di 70 grammi di proteine più sei grammi aggiunti cioè 76 grammi
totali), di 1200 mg di calcio e di fosforo in più al giorno e di 30 mg in più di ferro al giorno, che sono
difficili da reperire NORMALMENTE nella dieta per cui c’è bisogno di supplementazione, come
anche l’acido folico che ha bisogno di 400 microgrammi al giorno, anche la vitamina A (nutriente
essenziale da non dare in eccesso) che non deve però superare i 700 perché può essere
teratogena cioè in grado di provocare malformazioni fetali. bisogno di vitamina A viene espresso in
termini di retinolo equivalente: un RE equivale a un microgrammo di retinolo.
La donna in gravidanza deve prevenire anche la toxoplasmosi o altri tipi di infezioni come la listeria
che è un batterio che può derivare da carni non completamente cotte, deve anche lavare bene gli
ortaggi e le stoviglie ecc.
La donna in gravidanza che allatta e ha bisogno di più energia. Una cosa importante è il
supplemento giornaliero di 17 g di proteine. quindi una donna di 60 kg avrà bisogno di 77 grammi
di proteine al giorno.
Anche l’alimentazione di un anziano è importante. L’anziano ha un metabolismo di base ridotto e
anche diversi fattori socioeconomici e psicologici. La necessità di proteine rimane ancora 1 g/ Kg
peso corporeo.

ATTIVITA SPORTIVA
L’attività sportiva aumenta il bisogno energetico perché aumenta il consumo e il bisogno proteico
perché lo sportivo sviluppa la massa muscolare e per fare i muscoli ci vogliono le proteine. La
massa grassa invece si riduce negli sportivi.
Ci sono tanti tipi di sport, grossolanamente si distinguono in attività in anaerobiosi cioè intense ma
di breve durata in cui l’energia proviene prevalentemente dal glicogeno muscolare e attività in
aerobiosi, di lunga durata.
L’alimentazione ha l’obiettivo di costituire adeguate scorte di glicogeno nel periodo pre-gara e di
reidratare, fornire carboidrati nel periodo intra-gara e di reintegrare le perdite saline e di
carboidrati nel periodo post-gara.
Non è provato anzi è sconsigliato che si facciano assunzione di proteine di circa 2g/ kg si peso
corporeo, perché è pericoloso e non aumenta la massa muscolare. Inoltre, troppe proteine
aumentano il catabolismo proteico e portano danno ai reni. Ragionevolmente uno sportivo può
supplementare le sue proteine di 7-10 grammi giornalieri e quindi di 1,2-1,5 g / kg di peso
corporeo.

ALIMENTAZIONE E SALUTE
L’alimentazione è un importante mezzo di prevenzione.
Ci sono delle linee guida per evitare varie patologie come per esempio l’obesità:
1. Controlla il peso e mantieniti sempre attivo
2. Più cereali, legumi, ortaggi e frutta
3. Grassi: scegli la qualità (insaturi) e limita la quantità
4. Zuccheri, dolci e bevande zuccherine: nei giusti limiti
5. Bevi ogni giorno acqua in abbondanza
6. Poco sale, meno di 5-6 grammi
7. Bevande alcoli sì ma in quantità controllata
8. Varia le scelte a tavola perché non mangiando sempre gli stessi alimenti, posso reperire
nutrienti in modalità diversa per poter rispettare i LARN.
9. Consigli speciali per persone speciali (donne in gravidanza, patologie, anziani, sportivi)
10. La sicurezza dei tuoi cibi dipende anche da te.

DIETA MEDITERRANEA
La dieta mediterranea è tipica delle popolazioni mediterranee e si hanno ingredienti e ricette con
abbondanza di frutta, verdura, cereali, olio di oliva e prodotti ittici. Gli alimenti di origini animale
non sono altamente utilizzati.
La dieta mediterranea è stata elaborata in provincia di Salerno da Ancel Keys che era un medico
nutrizionista dell’esercito americano che sbarco nel 1943 a Salerno. Questo medico ha studiato
molto le popolazioni cilentane e abitava a Pollica.
Fu colpito dagli studi epidemiologici e notò come nelle popolazioni cilentane l’incidenza delle
malattie cardiovascolari era molto inferiore rispetto agli americani. Quindi riuscì a dimostrare che
era la dieta, cioè ciò che mangiavano le persone, ad incidere sulle malattie cardiovascolari e
neoplastiche diminuendole e diminuendo anche la riduzione di decessi causati da molte patologie.
La dieta mediterranea soddisfa criteri nutrizionali ottimali tramite un limitati apporto calorico
principalmente da carboidrati e basso contenuto in grassi totali e saturi; basso apporto di
colesterolo; alto apporto di grassi mono e polinsaturi e alto apporto di fibra.
La dieta mediterranea, quindi, influisce molto sulla salute e gli alimenti non sono solo una miscela
di componenti strutturali ed energetici, ma anche un complesso contenente una serie di molecole
farmacologicamente attive, con svariati effetti biologici e non sono con effetti di reintegro.
Questi concetti elaborati nel dopoguerra in realtà sono cambiati tantissimo e sempre di più la
popolazione mediterranea sta aumentando l’obesità infantile, adolescenziale. L’Italia è leader
europea dell’obesità infantile.

PREVENZIONE NUTRIZIONALE DELLE MALATTIE METABOLICHE CRONICO-DEGENERATIVE


La nutrizione è molto importante per prevenire queste patologie, ma anche durante le patologie
cambiando le abitudini alimentari si possono avere grandi miglioramenti.
Le sindromi metaboliche hanno tantissime cause e tra queste sindromi troviamoil diabete, la
dislipidemia e l’obesità.
L’obesità presenta tre gradi e man mano che si va avanti, aumenta l’indice di massa corporea. Per
prevenire l’obesità dobbiamo fare una dieta che abbia sicuramenti tutti i caratteri della nutrizione
adeguata ma si deve anche controllare la quantità di energia.
Una persona obesa non può avere un apporto energetico che compensa il consumo, ma deve
avere un consumo maggior per poter perdere peso o assumere energia minore facendo una dieta
ipoenergetica. Quindi rispetto al consumo dobbiamo apportare energia minore del 20-30%.
La scesa di peso non si può scegliere la velocità, meglio se viene lentamente senza aumentare
rischi per la salute.
La massima lipolisi accettabile è fra 50 e 100 g di tessuto adiposo al giorno e cioè fra 1,5 e 3 kg al
mese. Non possiamo allontanarci molto da questo numero.
Gli effetti benefici si hanno anche quando si comincia a perdere peso, anche se non raggiunge il
peso ideale. Anche solo la riduzione del 10% del peso corporeo è associata a riduzioni del rischio
clinico.
Quando si parla di quota proteica dell’alimentazione sarebbe perfetto che metà delle proteine
siano animali e metà vegetali.
Chiaramente in una persona obesa, considerando che è già a rischio di malattie, si abbassano
anche le quantità di vari alimenti e nutrienti. Ad esempio, il colesterolo non deve essere superiore
a 100 mg/100 kcal, gli zuccheri ad alto indice glicemico non devono essere minori del 10% e
ancore le fibre non devono essere più del 0,5 g/ kg di peso corporeo.
La frutta e la verdura devono essere altamente presenti nella cura per l’obesità (4-5 porzioni)
perché hanno una capacità di riempimento gastrico che può ridurre l’appetito e sono a basso
contenuto calorico. Chiaramente le patate sono da escludere e anche alcuni frutti come banana,
fico, cachi e altri ancora.
Si deve inoltre evitare acqua gassata e bere molta acqua in piccole quantità e lentamente,
soprattutto se è fredda perché può provocare reazioni alla mucosa gastrica.
Il sale va consumato con moderazione come anche caffè e thè, per non parlare delle bevande
alcoliche massimo un bicchiere di vino al giorno.
Preferire il consumo di pesce piuttosto che di carne. Il pesce è ricco di acidi grassi polinsaturi del
tipo omega-3, capaci di far diminuire nel sangue il livello dei trigliceridi quanto la capacità di
aggregazione delle piastrine proteggendo dalla possibile insorgenza di malattie cardiovascolari e
neoplastiche.
Comunque, tra le carni sono da preferire quelle magre ed eliminare il grasso visibile.
Bisogna moderare la quantità di grassi e oli da condimento e utilizzare altre forme di cottura come
forno, cartoccio. E preferire sempre i grassi da condimento vegetali a CRUDO.
Consumare il latte parzialmente scremato, ma in realtà in generale è bene evitarlo come anche
tutti i formaggi che hanno un elevata quantità di grassi. Comunque, sono da scegliere i formaggi
magri.
Tra i dolci, da consumare comunque con molta moderazione e considerando il loro valore calorico,
preferire i prodotti sa forno dalla tradizione italiana, che contengono meno grassi e zuccheri
semplici e più amido. Limitare comunque il consumo di prodotti che contengono molto saccarosio,
e specialmente di quelli che si attaccano ai denti, come le caramelle. Per consumare alimenti e
bevande dolci ipocalorici dolcificati con edulcoranti sostituitivi, leggere sull’etichetta il tipo di
edulcorante usato e le avvertenze da seguire.
Al di sotto di 800-1000 kcal al giorno è necessario un supplemento di Ca, mentre il fabbisogno di
vitamine e sali minerali è spesso coperto. Queste diete così poco caloriche si possono fare per
poco tempo e sotto controllo clinico.
Una dieta è corretta quando fornisce al singolo individuo le corrette quantità necessarie dei vari
nutrienti e la giusta quantità di calorie.

BIOCHIMICA DELLA DIGESTIONE


Abbiamo visti che gli alimenti contengono i principi alimentari che tramite la digestione che li
scinde in nutrienti, li assorbiamo. Noi quindi assorbiamo acidi grassi, amminoacidi, zuccheri etc.
La digestione comincia già nella bocca tramite processi di masticazione che frammenta il cibo.
Nella bocca troviamo anche la saliva.
Cose più importanti avvengono nello stomaco in cui avvengono principalmente azioni di digestione
delle proteine. Lo stomaco è un punto importante del tubo digerente, è un punto di accumulo e
nello stomaco troviamo il pepsinogeno che viene attivato in pepsina. Molto importante per la
digestione delle proteine è la forte acidità gastrica dovuta alla produzione di acido cloridrico ma
anche il muco che ricopre la parete e la deve proteggere dall’acidità.
Tantissimi ormoni partecipano al processo digestivo come la gastrina che è un ormone che stimola
la secrezione di HCl. Un punto veramente importante dove vediamo agire la maggior parte dei
processi digestivi è il duodeno che fa parte dell’intestino tenue insieme al digiuno e l’ileo. Il
duodeno si occupa principalmente di digestione ad opera del succo pancreatico e della bile
(prodotta dal fegato che tramite un dotto biliare viene riversata nel duodeno e ha un’azione
solubilizzante, composta da sali biliari, perché i lipidi prima di essere digeriti devono essere tenuti
in soluzione) e qui troviamo numerosissimi enzimi. Nel duodeno avviene ka frammentazione delle
macromolecole in piccole molecole che possono essere assorbite e verranno assorbite nel digiuno
e nell’ileo.
Di notevole importanza è anche il colon che non è solamente il punto di formazione delle feci ma è
importante perché è sede della flora batterica, microbica intestinale. La flora batterica vive molto
della fibra cioè dei carboidrati non digeribili.
La flora batterica ha la capacità di idrolizzare i legami glicosidici beta che li troviamo nella cellulosa.
La cellulosa come il resto delle fibre è un carboidrato non digeribile nel duodeno, ma digerita dai
batteri della flora microbica intestinale che presenza enzimi in grado di idrolizzarla. Questo fa
parte di effetti fisiologici e benefici della flora microbica intestinale.
La presenza della flora microbica impedisce anche lo sviluppo di altri microorganismi opportunisti
che non sono patogeni ma creano comunque danni (Candida Albicans). La flora microbica può
abbassarsi con antibiotici perché questi uccidono tutti i batteri presenti intorno, ad esempio, alla
candida albicans cosicché questa abbia la possibilità di espandersi e diventare un patogeno.
La flora microbica produce anche la vitamina K, nutriente essenziale importante per la
coagulazione e la vitamina B12 che però non può essere riassorbita solo dai ruminanti, così anche
la biotina e quindi non facciamo in tempo ad assorbirle.
Altre attività della flora microbica è la produzione di ammine e acidi grassi a corta catena come il
butirrato. Questo è il meccanismo tramite il quale la fibra esercita molti degli effetti benefici.
Alcune ammine tossiche poi sono rimosse dal fegato, altrimenti siamo in un caso di insufficienza
epatica, che può addirittura portare a coma epatico. La produzione di metano è dovuta alla flora
batterica e anche la produzione di anidride carbonica e idrogeno.
La flora microbica entra anche nel catabolismo del gruppo eme e quindi deconiuga la bilirubina
coniugata.
La fibra è importante apportarla perché grazie al funzionamento della flora microbica si ha una
riduzione dell’incidenza di carcinoma del colon.
Ancora importante funzione è la formazione di acidi biliari secondari come l’acido colico e
chenodessocolico prodotti dal fegato, in questo modo, sono trasformati in deossicolico e litocolico.
Si decise di studiare anche il genoma dei batteri della flora microbica che prese il nome di
MICROBIOMA. Il microbioma corrisponde ad 1 Kg del peso corporeo totale.
Il microbioma gastrointestinale è il componente principale del microbioma corporeo e presenta
migliaia di differenti specie batteriche.
Oggi si fa un grande discorso sulla dieta microbioma e sembra che questa dieta non sia solamente
effettiva e adeguata ma favorisce anche una buona composizione del microbioma che
chiaramente viene associata ad una migliore capacità di mantenimento della salute.
Stiamo guardando sempre di più la flora microbica intestinale come importante per verificare la
condizione di un organismo.
METABOLISMO DEI GLICIDI
In una alimentazione umana media forniscono la metà dell’energia, anche un po’ di più e quindi
dovrebbero essere la fonte principale di energia.
Distinguiamo aldosi e chetosi e mono, oligo e polisaccaridi.
Da un punto di vista nutrizionale li possiamo distinguere in polisaccaridi digeribili nel duodeno da
patte di enzimi del pancreas (amido), e danno un grande contributo calorico e polisaccaridi non
digeribili come la fibra che però ha un importante ruolo nutrizionale.
La fibra alimentare la chiamiamo anche carboidrato non disponibile ovvero non digeribile. Ci sono
varie tipologie di fibre che saranno più o meno solubili e quindi interagiscono diversamente con la
flora microbica intestinale.
La fibra ha un effetto meccanico di viscosità e fermentabilità. La fermentabilità si attua con la flora
microbica intestinale. La viscosità favorisce la peristalsi intestinale e infatti quando non assumiamo
fibre l’intestino non ha un contenuto da stringere.
Tra le fibre abbiamo la cellulosa, la chitina e i chitosani che troviamo nei prodotti ittici con guscio,
tra le solubili abbiamo le gomme, mucillagini, polisaccaridi etc. La cellulosa e l’amido resistente
(non si digerisce con le amilasi e arriva nel colon) sono insolubili.
La fibra presenta una capacità di trattenere acqua e quindi si aumenta il contenuto intestinale e
aumento della massa fecale. Ha anche effetto sul metabolismo dei sali biliari e quindi ha un lieve
effetto ipocolesterolemizzante e anche capacità di legare nutrienti essenziali come ferro, calcio,
magnesio e zinco e quindi la loro riduzione della disponibilità.
La fibra non è digerita degli enzimi digestivi ma dalla flora batterica intestinale con produzione di
acidi grassi a corta catena.
Alcune molecole contenute nella fibra sono anti-nutrienti cioè molecole che contrastano
l’assorbimento di nutrienti e tra queste abbiamo le lectine, saponine, fitati alcuni dei quali sono
insolubili. Chiaramente quando il nutriente viene sottratto deve essere compensato con un
apporto.
In assenza di malattie bisogna consumare circa 20-30 g di fibre al giorno.
I principali alimenti ricchi in fibra sono i legumi, cereali e derivati soprattutto se integrali, verdura e
ortaggi, frutta fresca e secca in guscio e frutta essiccata.
I probiotici sono microorganismi vivi benefici per la salute e sono consumati come parte di un
alimento o di un integratore. Sono benefici perché sono dello stesso tipo di quelli che proliferano
nel colon. I probiotici sono in grado di raggiungere l’intestino e moltiplicarsi sulla sua mucosa e
quindi esercitare un’azione benefica per lo stato di salute. Questi devono esser presi di più quando
si altera la flora microbica intestinale. Tra questi abbiamo il Lactobacilli o lo streptococcus
salivarius. Li troviamo spesso nello yogurt.
I prebiotici sono le molecole che troviamo negli alimenti capaci di influenzare la flora microbica
intestinale. Sono molecole non digeribili da parte di enzimi intestinali ma sono digeribili da parte di
alcuni batteri. Tra questi abbiamo i fruttoligosaccaridi come l’inulina o le Graminacee.
Il latte ha tutta una serie di proprietà che lo rendono un alimento conveniente da vari punti di
vista, tra cui gli oligosaccaridi con effetto prebiotico.
Tutto ciò mi aiuta ad avere una buona flora microbica intestinale.
Nel tubo digerente abbiamo un’ampia superficie di assorbimento per i nutrienti. Nell’intestino
troviamo numerosi villi intestinali e microvilli che sono estroflessioni della mucosa che servono per
aumentare la superficie di contatto del contenuto intestinale. Gli enterociti cioè le cellule
dell’epitelio presentano anche un orletto a spazzola cioè una enorme quantità di ripiegamenti
della membrana che servono per moltiplicare la superficie di contatto con i nutrienti che devono
essere assorbiti.
DIGESTIONE E ASSORBIMENTO DEI GLICIDI
I glicidi sono e devono essere le principali sorgenti di energia della dieta umana.
Nella dieta troviamo principalmente amido, ma anche saccarosio o altri zuccheri semplici. Questi
però non devono essere più del 10% dell’energia giornaliera.
L’amido è composto da amilosio, che viene digerito più lentamente perché è stabilizzato per i
legami a idrogeno, e amilopectina che differiscono tra loro dal grado di
Differiscono tra di loro anche per la digeribilità e l’enzima principale che li scinde è l’amilasi che
può essere salivare o pancreatica. L’amilasi taglia il legame glicosidico 1,4.
L’amido quando è portato al calore di denatura più facilmente ed è più aggredibile dagli enzimi.
L’amilasi non stacca i singoli monosaccaridi di glucosio ma forma anche oligosaccaridi come
maltotrioso, maltosio e alfa-destrine.
Nell’orletto a spazzola, infatti, ci sono enzimi che sono capaci di rompere oligosaccaridi in
monosaccaridi. Tra questi enzimi che si trovano sull’orletto a spazzola abbiamo le maltasi, le
saccarasi, isomaltasi etc. Gli oligosaccaridi vengono tagliati fino a diventare glucosio ed essere
assorbito, riversato nel sangue e abbiamo qui un innalzamento della glicemia.
Tra gli enzimi che si trovano sull’orletto a spazzola abbiamo anche la lattasi che scinde il lattosio in
glucosio o galattosio. Se l’espressione della proteina che svolge questa funziona, si attenua, le
persone diventano intolleranti al lattosio. Il lattosio quindi dal tubo digerente va nel colon e
provoca una serie di disturbi intestinali.
Un fattore importante è la velocità di assorbimento dei nutrienti perché se assorbiamo
velocemente glucosio, si innalza molto la glicemia.
La glicemia varia anche se gli alimenti sono crudi o cotti.
La glicemia varia anche in presenza o in assenza di fibra e quando il pasto contiene amido e fibra la
glicemia sale di meno e poi scende, quando c’è solo amido l glicemia sale di più e poi svende
talmente tanto che l’organismo deve rispondere facendola alzare con il glucagone.
Gli alimenti hanno un diverso indice glicemico tra di loro e una persona diabetica deve preferire gli
alimenti con basso indice glicemico.
Il glucosio dopo che è stato assorbito viene riversato in circolo e portato ai vari distretti
dell’organismo. Chiaramente tramite sistemi di trasporto: glucosio e galattosio con trasporto
attivo, fruttosio per diffusione facilitata. Per il glucosio ci sono vari tipi di trasportatori, alcuni dei
quali sono dipendenti dall’insulina. Nel SNC è presente un trasportatore del glucosio non regolato
dall’insulina, mentre nel muscolo il trasporto del glucosio è regolato dall’attivazione di un
recettore per l’insulina presente sulla superficie cellulare. L’attivazione avviene grazie al legame
con la proteina stessa. È molto importante che nel SNC ci sia un trasportatore non regolato
dall’insulina perché quando scarseggia il glucosio nell’organismo, scarseggia anche l’insulina e,
dunque, non essendo attivato i recettori presenti sulle cellule muscolari e di altri tessuti, la
quantità di glucosio viene fornita principalmente e velocemente al SNC.
Non è vero che gli zuccheri creano disturbi del comportamento del bambino, non è vero che
influenzano la capacità di apprendimento perché se c’è poco glucosio questo si può produrre
endogenamente; Non ci sono differenze nutritive o di valore energetico fra le varie tipologie di
preparazione (zucchero bianco, di canna, grezzo) ma solo differenze di aspetto in rapporto ad altri
componenti vegetali oltre al saccarosio; Non è detto che gli alimenti senza zuccheri aggiunti siano
privi di zuccheri;
Un dolcificante è una molecola capace di dare la sensazione di dolce sui recettori gustativi, pur non
essendo molto calorico e tra questi troviamo la stevia, l’aspartame e l’eritritolo
I dolcificanti solitamente sono dei polialcol. Il loro uso non è indispensabile: neppure nei regimi
dietetici ipocalorici contro l’obesità. Non sono generalmente tossici ma sono sconsigliati nei primi
tre anni e in gravidanza e in allattamento. L’ASPARTAME NON è TOSSICO.
La saccarina fu il primo dolcificante ad essere scoperto, ma fu considerata tossica da moltissimi
studi.
Una patologia molto importante che riguarda i glucidi è la celiachia cioè un malassorbimento
intestinale cronico causato dall’intolleranza al glutine.
Il glutine è un componente proteico che troviamo in grano, segale, orzo, farro e avena.

DIGESTIONE E ASSORBIMENTO DELLE PROTEINE


Le proteine sono fonti di amminoacidi essenziali e non. Sono l’ultima fonte principale di energia da
apportare.
Sono gli amminoacidi ad essere digeriti.
Le proteine animali sono più digeribili di quelle vegetali e contengono una quota maggiore di
amminoacidi essenziali.
La cottura eccessiva abbiamo visto che diminuisce la digeribilità delle proteine, vale sempre che
anche la proteina esposta al calore è più digeribile, ma se viene troppo cotta abbiamo visto che si
aggregano e precipitano e sono difficili da digerire.
Il punteggio nutrizionale id una proteina è un punteggio che si da in relazione al suo numero di
amminoacidi essenziali contenuti.

Le proteine vengono frammentate in amminoacidi. Noi chiaramente non assorbiamo proteine


intere ma singoli amminoacidi.
Gli alimenti che contengono proteine devono essere denaturati nell’ambiente gastrico dello
stomaco. Denaturare una proteina significa destrutturarla e quindi aprirla facendo perdere le varie
strutture e facendola diventare un filamento di amminoacidi non ripiegato e questo rende la
proteina più facilmente aggredibile da parte delle proteasi.
Le proteasi sono gli enzimi che rompono i legami peptidici e tra questi troviamo le endopeptidasi
che tagliano all’interno e le esopeptidasi che tagliano all’estreità. Tra queste abbiamo la pepsina
tipica dell’ambiente gastrico, tripsina (endopeptidasi che permetteva di tagoiare legami preceduti
solo da mìamminoacidi basici ed è una proteasi a serina), chimotripsina, elastasi e
carbossipeptidasi (esopeptidasi) che sono enzimi pancreatici e vengono prodotti sono forma di
zimogeni e cioè in forma inattiva (tripsinogeno) e vengono attivati tagliandoli. Questo succede
perché devono funzionare solamente quando arrivano a destinazione. Altrimenti ci potrebbe
essere la pancreatite acuta perché digeriscono il pancreas.
Quando la proteina arriva nello stomaco, viene attaccata dalle pepsine che producono
amminoacidi liberi e di/tripeptidi che vengono tagliati nell’orletto a spazzola e assorbiti. Per ogni
amminoacido poi abbiamo un trasportatore.
Un’altra cosa da tener conto è che non assorbiamo solo amminoacidi che vengono da proteine
alimentari, ma anche quelli che vengono dal nostro corpo e derivano dai succhi gastroenterici.
Solitamente non assorbiamo proteine integre, ma esiste un meccanismo particolare che permette
di assorbirle integre e cioè gli anticorpi.
Non esistono dei veri e propri depositi di amminoacidi nell’organismo ma solo un pool di proteine
labili, utilizzate per prime nella carenza nutrizionale o nel digiuno (grave). Non sono quindi una
riserva vera e propria ma sono parte della funzionalità dell’organismo.
Anche una dieta ipoenergetica non deve mai farci arrivare a perdere massa magra.
Gli amminoacidi presenti nel nostro organismo sono prevalentemente come residui nelle proteine
e molto meno come liberi.
Tutti i tessuti degradano continuamente proteine e rilasciano nel sangue amminoacidi liberi. I
primi organi che cedono gli amminoacidi liberi sono la cute e il muscolo. Nel sangue gli
amminoacidi possono essere utilizzare per sintetizzare proteine, possono essere utilizzati come
energia che può essere utilizzata con la neoglucogenesi, formare il glucosio che poi può essere
accumulato sotto forma di glicogeno o lipidi.
Gli amminoacidi possono essere anche utilizzati per la sintesi di componenti degli acidi nucleici.
Una parte di amminoacidi viene comunque persa con le secrezioni ad esempio quelle intestinali, o
con la desquamazione dei tessuti e con la formazione di prodotti d rifiuto
Buona parte del metabolismo avviene a livello del fegato e grazie a questo nel circolo è sempre
resa disponibile una certa concentrazione di ogni amminoacido. Il fegato è anche la sede di
produzione dell’urea.
Il metabolismo connesso alla nutrizione cambia a seconda del momento nutrizionale in cui ci si
trova. Quello più comune è il digiuno. Dopo aver mangiato carboidrati abbiamo visto che sale la
glicemia, nel digiuno la glicemia tende invece a scendere.
Durante il digiuno c’è una piccola perdita i amminoacidi che si liberano, tra questi possiamo avere
l’alanina che poi grazie alle transglutaminasi del fegato può diventare acido piruvico che può
essere utilizzata nella glucogenesi per fare il glucosio. L’azoto invece viene trasformato in urea.
Una volta trasformato il glucosio, questo, nel muscolo, può essere utilizzato con la glicolisi e quindi
abbiamo prima la formazione dell’acido piruvico che poi può essere trasformato per
transaminazione in alanina perché acquista un gruppo amminico.

DIGESTIONE E ASSORBIMENTO DEI LIPIDI


I lipidi li possiamo classificare in contenenti glicerolo e sono i trigliceridi, digliceridi, monogliceridi o
glicosilgliceridi. Di questa classe fanno parte anche i fosfogliceridi che sono i classici lipidi di
membrana e li troviamo anche nei vari alimenti. Poi abbiamo i lipidi che non contengono glicerolo,
tra cui gli sfingolipidi, cere, terpeni e acidi grassi liberi. Una grossa importanza la diamo anche al
colesterolo, sia endogeno che esogeno cioè quello che ci arriva dagli alimenti. I trigliceridi sono
fatti di glicerolo esterificato ad acidi grassi.
Li chiamiamo anche con omega e cioè dove è presente il primo doppio legame. Ad esempio l’acido
linoleico è un omega 6,9.

Nella nostra dieta ci deve essere un grade apporto di omega 3, maggiormente di DHA ed EPA.
Possono essere sintetizzati degli acidi grassi a catena più lunga a partire da acido linoleico e
linoleico. Tramite passaggi metabolici di desaturazione e quindi aggiunta di un doppio legame e
allungamento della catena carboniosa.
Quindi abbiamo acidi grassi polinsaturi essenziali e possiamo produrre EPA (20 omega-3) e DHA
(22 omega-3) tramite metabolismo endogeno, ma per avere un effetto preventivo ce ne vogliono
di più e li possiamo apportare solo tramite la dieta.
Secondo le più recenti raccomandazioni, è necessario che nella nostra alimentazione i grassi siano
mediamente presenti in modo tale da apportare uan quantità compresa tra il 20-25% e il 30% della
quota calorica giornaliera complessiva. Per quanto riguarda ka loro quanità, la ripartizione
duggerita è: saturi non più del 7-10%; monoinsaturi fino al 20% e polinsaturi circa il 7% con un
rapporto omega-6/omega-3 intorno a 5:1.
Esistono dei LARN per acidi grassi polinsaturi.
Il burro come alimento non è fatto solo di lipidi ma anche di acqua. In alimenti animale troviamo
maggiormente grassi saturi ma con alimenti di origine vegetale troviamo maggiormente grassi
insaturi. Importantissime sono chiaramente anche le quantità di colesterolo che sono quasi zero
negli alimenti di origine vegetale. Le uova sono ad alto contenuto di colesterolo.
I trigliceridi rappresentano la maggior parte dei lipidi.
I lipidi sappiamo essere molto energetici ed è per questo che gli diamo molta importanza.
Un’altra tipologia di lipidi importante sono i fosfolipidi che sono i componenti delle membrane e
contribuiscono come i Sali biliare alla solubilizzazione dei trigliceridi. Questo perché sono molecole
anfipatiche (coda idrofobica, testa idrofilica) e tendono a formare micelle.
Come avviene la digestione dei lipidi? Abbiamo bisogno di un aione tensioattiva, cioè di
solubilizzazione e avviene ad opera di Sali biliari e fosfolipidi. Dopo che i trigliceridi sono stati in
soluzione, agiscono le tre lipasi: linguale (attiva nella bocca, ma anche nello stomaco potendo agire
a pH da 2 a 6), gastrica e pancreatica. Queste vanno a rompere i legami che tengono legati gli acidi
grassi al glicerolo. La lipasi pancratica ha poi bisogno della colipasi pancreatica che è necessaria
per l’azione della lipasi: rotti i legami esteri abbiamo la liberazione di acidi grassi e 2-
monoacilglicerolo e vengono poi assorbiti tanto più facilmente quanto più è corta la catena
carboniosa. Hanno poi un destino diverso in base alla lunghezza della catena carboniosa.
I fosfolipidi possono accogliere all’interno delle micelle, molecole insolubili come i trigliceridi e li
rende più aggredibili da parte degli enzimi.
Per la formazione di micelle, quindi, sono molto importanti i fosfolipidi e i Sali biliari contenuti
nella bile.
I trigliceridi di acidi grassi a media catena (6-12 latte e olio di cocco) sono assorbiti più facilmente
di quelli a lunga catena. Questi acidi grassi dopo l’assorbimenti sono immessi in circolo e vengono
legati dalla principale proteina del nostro siero, cioè l’albumina. L’albumina poi li consegnerà ai
vari distretti periferici dell’organismo.
Gli acidi grassi a catena lunga invece, appena entrati nell’eteroclita, prima di andare in circolo
vengono riesterificati ad un’altra molecola di glicerolo e formano un neotrigliceride (nuovo
trigliceride) e per essere portati in circolo, essendo insolubili, vengono trasportati dalle
lipoproteine che sono complessi di lipidi e proteine. Prima di andare nel sangue in realtà vengono
messi nella linfa, poi nel sangue e poi nei distretti periferici.
Le lipoproteine sono molecole che servono per sopperire al fatto che ci sono lipidi insolubili e cioè
trigliceridi.
Ci sono lipoproteine fatte nell’intestino dall’enterocita e quelle fatte dal fegato. L’enterocita lo fa
per mettere in circolo lipidi esogeni, mentre il fegato per mettere in circolo lipidi endogeni.
Le lipoproteine sono classificate in base alla densità (m/v):
- Chilomicroni sono postprandiali e alloggiano i neotrigliceridi. Normalmente a digiuno non sono
presenti. Hanno una bassa densità e presentano neotrigliceridi di origine alimentare. Presentano
apolipoproteine B48, C, E.
- VLDL portano trigliceridi di origine endogena, che produciamo tramite il nostro metabolismo.
Presenta lipoproteine B100.
- LDL trasportano il colesterolo e il colesterolo estere (meno solubile) e presenta lipoproteine
B100.
- IDL
- HDL trasportano colesterolo, colesterolo estere e fosfolipidi. Hanno una maggiore quantità di
proteine e vengono chiamate colesterolo buono.
La densità cresce al diminuire del numero di lipidi quindi le HDL sono ad alta densità e hanno pochi
lipidi e molte proteine. I chilomicroni hanno tanti lipidi, bassa densità e poche proteine.
Le lipoproteine sono degli aggregati sferici di lipidi e proteine, la cui parte centrale è composta da
lipidi meno polari. Nella parte più esterna invece troviamo lipidi più polari come i fosfolipidi e la
maggior parte delle proteine.
Le apolipoproteine hanno una funzione costitutiva e quindi strutturale e metabolica di regolazione
enzimatica e una funzione di riconoscimento recettoriale.
Queste hanno delle regioni polari capaci di interfacciarsi con l’acqua e apolari per rapportarsi ai
lipidi. Una tipica apolipoproteina he troviamo nei chilomicroni e nelle VLDL è la apo B mentre le
apo A le troviamo nelle HDL. Ancora abbiamo la apo C-II che nei tessuti è capace di attivare la lipasi
lipoproteica dei tessuti che servono per digerire i trigliceridi che devono entrare nei tessuti e la
apo A-II che invece è capace di attivare la lipasi epatica.
I CHILOMICRONI sono prodotti nel tenue e contengono neotrigliceridi di origine intestinale. Essi
presentano una variante dell’apo B100 cioè l’apo B48 che non è riconosciuta dal recettore epatico
per le LDL. Durante la loro permanenza nel plasma, cedono la maggior parte dei loro lipidi ai
tessuti tramite l’azione della lipasi lipoproteica. Acquisiscono delle proteine tra cui l’apo E, che
permette al REMNANTS (residuo) di essere captato dal fegato.
Le VLDL trasportano trigliceridi di origine endogena e vengono prodotte dal fegato. La proteina
tipica è la B 100 che è uguale alla 48 ma con una porzione carbossiterminale in più.
I trigliceridi sono rimossi per azione della lipasi lipoproteica e man mano che perdono i trigliceridi,
si trasformano in LDL tramite passaggio dalle IDL; quindi, si sono arricchite di proteine e
colesterolo estere. Le LDL poi vengono captate dal fegato e da altri tessuti con un sistema
recettore-dipendente. Esiste anche una captazione non recettore-dipendente da parte di numerosi
tessuti. La dislipidemia più comune è la ipercolesterolemia e quindi un eccesso di LDL, che però
risulta essere di origine nutrizionale.
Le LDL hanno una concentrazione che aumenta all’aumentare del colesterolo nella dieta del
consumo di grassi. Si agganciano al recettore per le LDL grazie alla apo B100, ma esiste anche il
riconoscimento indipendente ma è meno efficace. La maggior parte della sintesi del colesterolo
viene controllato dalla HMG-CoA riduttasi. L’eliminazione principale di colesterolo è dovuta alle
perdite fecali dello stesso o di acidi biliari. Le statine sono farmaci che inibiscono la sintesi del
colesterolo endogeno agendo sull’enzima HMG-CoA reduttasi, che converte la molecola di HMG-
CoA in acido mevalomico che è un precursore del colesterolo.
L’accumulo di colesterolo nel sangue è do solito dovuto o a diminuzione dell’attività recettoriale o
un aumento di produzione che avviene a causa di una dieta non adeguata. Gli acidi grassi saturi
innalzano il colesterolo LDL perché aumentano la produzione di colesterolo e ne diminuiscono la
rimozione recettoriale, mentre gli acidi grassi insaturi ripristinano l’attività recettoriale. Gli omega
sei potrebbero ottenere questo effetto alterando la fluidità della membrana contenente il
recettore delle LDL. Gli omega 3 invece si riducono più il livello dei trigliceridi che del colesterolo:
comunque le evidenze dei loro benefici sono prima di tutto epidemiologiche e quindi rischio
cardiovascolare basso.
Le HDL sono principalmente trasportatrici di colesterolo e hanno origine sia epatica che intestinale
e tendono a ritirare dai tessuti il colesterolo, esterificandolo con un acido carbossilico grasso ad
opera della LCAT, lecitina/colesterolo aciltransferasi:
lecitina + colesterolo > colesterolo estere + lisolecitina.
Queste HDL contengono apo A-! e apo A-2. L’HDL è uno dei parametri che utilizziamo per valutare
un eventuale sindrome metabolica e se è basso porta a patologia.
La LCAT è sintetizzata dal fegato e agisce nel plasma. l’esterificazione del colesterolo lo rende
meno idrofilo per cui si posizione all’interno delle lipoproteine. Il fegato poi sintetizza la ACAT acil-
CoA/colesterolo. Questo enzima nell’uomo è poco attivo ed è di secondaria importanza
nell’esterificazione del colesterolo, però lo fa in modo simile. La ACAT è infatti un isoenzima della
LCAT cioè catabolizza la stessa reazione ma ha una struttura chimica differente e diverse proprietà
chimico-fisiche.
Un elevato livello di colesterolo HDL è il frutto della rimozione di colesterolo dai tessuti ed è
inversamente correlato all’aterosclerosi.
Sotto controllo ormonale tramite la lipasi ormone-sensibile, se abbiamo dei trigliceridi accumulati,
questa li digerisce e libera acidi grassi da questi. SI chiama ormone sensibile perché si attiva
tramite ormoni come il glucagone che è tipicamente l’ormone del digiuno e quindi aumenta la
liberazione di acidi grassi dai trigliceridi. La lipasi ormone-sensibile viene anche attivata in
condizioni di stress con l’adrenalina. Sia l’adrenalina, che il glucagone attivano quindi la lipasi
tramite cAMP.
Gli acidi grassi liberati sono portati in circolo dall’albumina e possono essere riconvertiti a
trigliceridi dal fegato per poi essere inclusi nelle VLDL. L’altra via da seguire è quella del
catabolismo con la b-ossidazione e con produzione di energia endogena.
Tra le dislipidemie abbiamo le iperlipemie, tra cui l’ipercolesterolemia o l’ipetrigliceridemia. Sono
condizioni che possono avere una base genetica ma più comunemente sono secondarie
all’alimentazione non corretta e ad altri fattori.
Sono causate da un eccesso calorico generali, di grassi, di alcol o altri fattori come inattività fisica,
fumo, farmaci contraccettivi etc. Se derivano da un’alimentazione non corretta, è più facile
intervenire rispetto ad una causa genetica, perché basta seguire una buona dieta alimentare.

EFFETTO DEGLI ORMONI SUL METABOLISMO DEI MACRONUTRIENTI


Abbiamo numerosi meccanismi ormonali che influiscono sul metabolismo dei nutrienti. Questi
hanno sia un’origine endocrina che nervosa.
Gli ormoni spesso hanno dei recettori che possono essere di membrana, citoplasmatici e nucleari.
Alcuni sono mediata dall’aumenta della concentrazione intracellulare del cAMP o dalla
fosforilazione in tirosina, serina e treonina. Possono modulare la trasduzione del segnale e
l’espressione genica.
SUL METABOLISMO GLICIDICO:
Il pancreas è il regolatore fondamentale dell’omeostasi glucidica con insulina, glucagone e
somatostatina. L’insulina è l’ormone post-prandiale, mentre il glucagone è l’ormone del digiuno.
L’insulina abbassa il livello di glucosio nel sangue, facendolo entrare nelle cellule e la stessa osa fa
con acidi grassi e amminoacidi. L’insulina attiva un recettore di membrana costituito da subunità,
domini extra e intracellulari e ha un’attività autofosforilante e fosforilante di residui amminoacidici
di tirosina quando si lega all’insulina. Il trasporto del glucosio sulla membrana cellulare non
richiede sempre insulina e infatti abbiamo visto che alcuni trasportatori, GLUT, non dipendono
dall’insulina. Il muscolo, ad esempio, per internalizzare il glucosio ha bisogno dell’insulina. Il
cervello invece ha un bisogno perenne di glucosio che non dipende dall’insulina, per cui assume
continuamente glucosio dal sangue. Quindi se la glicemia scende e c’è poco glucosio, questo va al
cervello.
Il GLUT4 lavora di più per effetto dell’insulina e quindi si ha un aumento dell’assunzione di glucosio
nel muscolo e nel tessuto adiposo.
La glucochinasi, la fosfofruttochinasi o la piruvato deidrogenasi, in un momento post-prandiale
quando agisce l’insulina, il glucosio entra nei tessuti e viene ad esempio attivata la glicolisi e
l’enzima glicogeno-sintasi per la sintesi del glucosio nel fegato e nel muscolo. Chiaramente allo
stesso tempo va a diminuire l’attività della glicogeno-fosforilasi che porta una diminuzione della
produzione di glucosio nel fegato e nel muscolo.
Ancora aumenta la lipasi lipoproteica e quindi l’aumento dell’ingresso di acidi grassi nel tessuto
adiposo.
Inoltre, diminuisce l’attività della glucosio 6-fosfatasi che porta a diminuzione della formazione di
glucosio libero a partire da glucosio 6-fosfato nel fegato.
Il glucagone invece alza la glicemia, portando glucosio fuori dalle cellule e stessa cosa fa per gli
acidi grassi.
È molto importante la contrapposizione di insulina e glucagone, ma poi abbiamo altri ormoni che
partecipano a questi effetti.
A digiuno la glicemia tende chiaramente a scendere e scende anche l’insulinemia e aumenta l’uso
di lipidi con produzione di corpi chetonici grazie all’acetilCoA. Un eccesso di corpi chetonici nel
sangue viene definito chetosi.
A digiuno l’ormone chiave è il glucagone che aumenta la glicogenolisi e riduce la glicolisi. Siccome
non c’è glucosio, il fegato dipende la sola sorgente di esso.
Quindi se la glicemia è bassa, il pancreas produce glucagone grazie alle cellule alfa che spinge il
fegato a formare glucosio.
Quando la glicemia è alta, il pancreas produce insulina grazie alle cellule beta che porta glucosio ad
accumularsi nel tessuto adiposo.
Anche le catecolamine influenzano il metabolismo glicidico. Le catecolammine sono prodotte dalla
midollare surrenale e tra queste abbiamo l’adrenalina che è l’ormone dello stress e ha effetti
variabili secondo il tipo di recettori coinvolti. Ha effetti simili al glucagone tramite cAMP per
attivazione dei recettori beta: demolizione glicogeno, gluconeogenesi epatico, glicolisi muscolare,
mobilizzazione acidi grassi da tessuto adiposo.
Gli ormoni tiroidei sono iperglicemici anche se il loro effetto principale è il disaccoppiamento della
catena respiratorio e fosforilazione ossidativa. Quindi gli ormoni tiroide aumento il consumo di
substrati, ossigeno e della dispersione di calore.
I corticosteroidi sono ormoni fisiologici e hanno un’attività antinsulinica e iperglicemica tramite
molteplici meccanismi di azione.
L’ormone somatotropo invece ha un’azione di catabolizzazione di glicidi e lipidi ed è anche un
anabolizzante per induzione dell’IGF-1 (somatomedina).
SUL METABOLISMO DEI LIPIDI:
Per riassumere possiamo dire he l’insulina è lipogenetica (accumulo), mentre il glucagone è
lipolitico. L’insulina stimola la trasformazione di glucosio in lipidi ed il loro accumulo nel tessuto
adiposo.
L’ingestione di carboidrati in forme più rapidamente assorbibili è, per la migliore risposta
insulinica, più lipogenica.
Il glucagone, le catecolammine, il TSH e ACTH stimolano la lipolisi attivando la lipasi ormone-
sensibile.
SUL METABOLISMO DEGLI AMMINOACIDI:
Anche qui l’insulina produce un risparmio di amminoacidi mentre la sua diminuzione e quindi con
la diminuzione della glicemia abbiamo determina il rilascio.
Nel digiuno c’è quindi una perdita di amminoacidi da parte del muscolo.
Il glucagone aumenta il catabolismo degli amminoacidi e stimola la neoglucogenesi che serve per
produrre glucosio.
I corticosteroidi aumentano la demolizione delle masse muscolari.
L’ormone somatotropo e gli androgeni hanno un effetto anabolizzante sul metabolismo proteico e
veniva utilizzati per aumentare la massa muscolare e facilitando l’accumulo di proteine nel tessuto
muscolare.
PURINE, PIRIMIDINE E NUTRIZIONE
Nel nostro apporto energetico, tutti gli alimenti contengono acidi nucleici che digeriamo senza
problemi. Da questi possiamo ricavare nucleotidi, purine e pirimidine. La cosa importante è che
tutte queste molecole non sono essenziali, ma sono vantaggiosi.
Gli acidi nucleici presenti negli alimenti sono idrolizzati nel tubo intestinale a singoli nucleotidi e
quindi a nucleosidi, che possono essere assorbiti come tali o dopo essere stati scissi a zucchero e
base azotata. Non sono essenziali perché l’organismo è capace di produrli in modo endogeno.
Le purine e le pirimidine assorbite con gli alimenti danno un contributo trascurabile alla biosintesi
degli acidi nucleici. La maggior parte delle purine viene trasformata in urato e un’eccessiva
produzione o una deficiente eliminazione può essere causa di una malattia definita gotta.
Le persone quindi che hanno iperuricemia e quindi eccessive concentrazioni di acido urico devono
stare attenti al contenuto di purine degli alimenti.
Gli alimenti ad alto contenuto di purine sono frattaglie, acciughe, sardine. Quelli a basso contenuto
sono le uova, il latte, pasta, riso, verdura e non provocano problemi.

L’ETANOLO
L’etanolo non è un nutriente essenziale ed è una molecola che può essere utilizzata per produrre
energia, infatti, presenta sette kcal/g.
L’etanolo è una sostanza psicoattiva capace di indurre abitudine e dipendenza.
Al di là degli effetti diretti, è da considerare che l’apporto di etanolo può anche andare ad
influenzare l’assorbimento e la biodisponibilità di altri nutrienti.
Ci sono degli ambiti storici e culturali in cui viene proibito il consumo di etanolo come negli anni
30.
L’etanolo non è un nutriente essenziale e può essere omesso dall’alimentazione senza
conseguenze. Ci sono delle situazioni però in cui si può parlare di effetti benefici per quanto
riguarda le bevande alcoliche, ma non per l’etanolo in realtà ma per altre sostanze come il
resveratrolo.
L’etanolo lo troviamo nelle bevande alcoliche. Ogni bevanda si produce tramite processi di
produzione di etanolo come la fermentazione alcolica. Le possiamo distinguere in distillati e non
ma a noi interessa la variabilità della composizione e soprattutto il contenuto alcolico.
Il valore calorico di tutte queste bevande dipende dalla concentrazione di alcol e viene indicata
sulle etichette con la gradazione alcolica volumetrica.
Ad esempio, 12,5 significa 12,5% volume/volume e quindi in 100 ml ci sono 12,5 ml di alcol.
Può anche essere espresso come p/v e avrebbe un valore minore in quanto 1 ml pesa 0,8 grammi.
ASSORBIMENTO DELL’ETANOLO: L’etanolo è una molecola che ha un assorbimento facilitato
dall’alta solubilità sia in solventi polari che apolari. La velocità di assorbimento può essere
diminuita dalla presenza di cibo nello stomaco, soprattutto grassi, e aumentata dall’assenza di
questo e dalla presenza di anidride carbonica.
Una volta che è stato assorbito circola nel sangue e come prima tappa ha il fegato dove viene
metabolizzato a sostanze chetogene come aldeide acetica e acido acetico e poi attivato ad acetil-
CoA.
È importante la conoscenza dell’unità alcolica e la quantità delle unità alcoliche che si possono
consumare per essere in grado di guidare. L’unità alcolica è il contenuto di alcol e quindi 12g di
alcol che sono contenuti in un bicchiere di vino da 125 ml.
CATABOLISMO DELL’ETANOLO: CI sono tre reazioni che ci trasformeranno l’etanolo in aldeide
acetica.
 CH3CH2OH + NAD+  CH3CHO + NADH + H+
Catalizzata dall’alcol deidrogenasi citosolica e questa reazione è quella più importante
quantitativamente.
Una molecola di NADH (ridotto) è comunque una fonte di ATP.
 CH3CH2OH + NADPH + H+ + O2  CH3CHP + NADP+ + H2O
Questa reazione viene catalizzata dal MEOS cioè il microsomal ethanol-oxidising system. Qui
all’inizio della reazione abbiamo il NADPH che si ossida perché a questa reazione partecipa anche
O2 e infatti abbiamo anche la produzione di una molecola di H2O. Questa reazione diventa
importante nell’alcolismo cronico perché in questo l’etanolo crea uno stato di tossicità e provoca
danni al fegato. In questo caso il fegato, infatti, risponde con la proliferazione del reticolo
endoplasmico e aumentano anche le varie attività enzimatiche.
 CH3CH2OH+ H2O2  CH3CHO + 2H2O
Questa reazione richiede la presenza di perossido di idrogeno e si formano due molecole di acqua.
Questa reazione è catalizzata dalla catalasi che attacca l’acqua ossigenata. Questa reazione non è
particolarmente importante.

In tutte e tre le reazioni so forma l’aldeide acetica che viene trasformata in acido acetico
CH3CHO + NAD+  CH3COOH + NADH + H+
L’enzima che catalizza questa reazione è l’acetaldeide deidrogenasi che presenta due isoforme:
mitocondriale e citoplasmatica che è sensibile al disulfiram, farmaco caduto in disuso. Questo
farmaco inibisce l’aldeide deidrogenasi e fa accumulare l’aldeide nel sangue che genera sintomi
spiacevoli.
CI sono popolazione asiatiche che sono scarsamente tollerabili alle bevande alcoliche perché
hanno una carenza della forma mitocondriale e quindi sono più sensibili al consumo di alcolici.
L’acido acetico viene facilmente trasformato in acetil-CoA ed è per questo che l’etanolo è
considerarti una bevanda molto energetica.
Gli effetti dell’alcol sono dovuti alla presenza di etanolo nel sangue e già con 0,3 g si inizia ad avere
qualche effetto. L’ubriacatura si ha invece con 1-1,5 g, mentre la fradicia a 2-3. Se arriviamo a 3-4
c’è anche la possibilità di coma e morte negli adulti, mentre nei bambini anche 2g possono essere
mortali perché il fegato dei bambini è più piccoli e gli enzimi di prima non sono espressi in grandi
quantità.
In Italia, il valore stabilito per configurare il reato di guido in ebrezza è 0,5 g/l di etanolo.
Per non superare questa concentrazione dobbiamo guardare le unità alcoliche. La grande
differenza sta anche nel sesso perché le donne hanno un fegato più piccolo e quindi una capacità
di catabolismo alcolico minore. Se un uomo assume tre unità acoliche, dopo due ore non può
guidare perché avrà 0,63 grammi in circolo ma può guidare dopo 3 ore. Le donne con due unità
alcoliche già non possono guidare perché avrebbero 0,57 grammi in circolo dopo un’ora.
Un effetto tipico dell’alcol è l’ipoglicemia dovuta all’effetto dell’aumento di NAD ridotto che
stimola la produzione di acido lattico da piruvico e porta quindi ad acidosi lattica e riduzione
dell’escrezione di acido urico. Inoltre, una carenza di acido piruvica porta ad inibizione della
gluconeogenesi epatica.
Soprattutto dopo un forte esercizio fisico e con il freddo, il rischio di ipoglicemia da alcol aumenta.
Possiamo avere anche un effetto sul metabolismo dei lipidi perché possiamo avere un accumulo di
trigliceridi nel fegato. Questo perché il NAD ridotto favorisce questa reazione:
DIIDROSSAIACETONE-P + NADPH + H+  ALFA-GLICEROLOP + NAD+. Il glicerofosfato è il
precursore dei trigliceridi che si accumulo e si parla infatti di fegato grasso da alcol. Il fegato grasso
è definita anche steatosi epatica ed è una patologia cellulare legata all’accumulo intracellulare di
trigliceridi a livello del tessuto epatico. Può portare una serie di danni fino a necrosi della cellula
L’aumento dei trigliceridi plasmatici inoltre è spesso legato ad un aumento anche di colesterolo.
Nell’alcolismo cronico quindi abbiamo iperinsulinemia che comporta anche una resistenza
all’insulina; iperglucagonemia per contrastare la precedente.
Come effetti nutrizionali c’è da considerare che gli alcoli sono sicuramente fonti di energia, ma
sono anche attivanti del metabolismo di detossicazione e quindi senza produrre energia. Questa
cattiva nutrizione perché si può anche avere un malassorbimento per insorgenza di patologie
gastroenteriche o deficienza di vitamine come la tiamina e i folati.
Ancora tra questi affetti abbiamo un aumento della tossicità di alcuni composti come il
paracetamolo perché aumenta la capacità attivante del reticolo endoplasmico ipertrofico.
L’etanolo inoltre ha anche un minimo effetto diuretico basato sulla soppressione di breve durata
della vasopressina.
L’alcolismo cronico può portare sicuramente a steatosi epatica, ma anche ad epatite alcolica che
può diventare cirrosi, carcinoma e insufficienza epatica che non è compatibile con la vita. Ancora
può portare a pancreatite perché il succo pancreatico tende a tornare indietro, danni neurologici,
demenza, aumento di malattie neoplastiche (di circa dieci volte).
Si richiede poi alle donne in gravidanza di non bere per evitare di colpire i figli con deficit di
crescita e alterazioni morfogenetiche.
Esiste inoltre una dipendenza da alcol che è analoga alla dipendenza da morfina.
Ma il consumo di bevande alcoliche è compatibile con la buona nutrizione? Sì e infatti parliamo di
quantità alcoliche ACCETTABILI.
Nonostante nelle bevande alcoliche abbiamo dei nutrienti chemiopreventivi, comunque, si deve
considerare la tossicità dell’etanolo.
Per bambini e adolescenti, per donne in gravidanza o prossime e per individui che svolgo attività
che richiedono attenzione è vietato il consumo. Si accettano invece per il resto della popolazione 1
“drink” al giorno per le donne e 2 “drink” al giorno per gli uomini ovviamente non dimenticando il
calore calorico.
C’è una storia definita “Paradosso Francese” in cui si diceva che i francesi bevevano molto vino
rosso e nonostante consumassero molti acidi grassi saturi non avevano patologie cardiovascolari.
Ovviamente fu smentita, questa cosa era dovuta grazie al ruolo degli antiossidanti e altri
chemiopreventivi come abbiamo visto prima il resveratrolo. (P154)

ACQUA:
È la componente principale del nostro organismo. Dobbiamo assumere circa 2,5 di acqua ma non
per forza bevendola, perché anche gli alimenti presenta molta acqua. Dobbiamo ricordare anche
l’acqua metabolica come quella della fosforilazione ossidativa, tramite l’ossidazione dei
carboidrati, dei grassi e delle proteine, con un totale di 300 ml di acqua metabolica. La perdita di
acqua invece si ha tramite le urine, le feci e altro. Comunque perdiamo sempre una determinata
quantità di acqua.
Il contenuto di acqua degli alimenti è estremamente variabile: la frutta e la verdura, ad esempio,
hanno 85% di acqua, carne, pesce e uova circa 50-80%, pane e pizza 20-40%, pasta e riso 60-65%,
biscotti e frutta secca meno del 10% e olio e zucchero 0%.
Durante lo svolgimento di una moderata attività fisica la sudorazione si aggira, nella maggior parte
delle persone, intorno a 1-2 litri per ora. In casi particolari si può però arrivare a 4-6 litri/ora. La
sudorazione inoltre determina anche perdita di Sali minerali. Nel caso di attività fisica non
agonistica, una dieta equilibrata e sana, ricca di frutta, verdura e di acqua, è più che sufficiente a
reintegrare i Sali persi.
Ci sono delle false credenze anche sull’acqua: non è vero che l’acqua vada bevuta al di fuori dei
pasti, al limite, se si eccede nella quantità si allungheranno di un poco i tempi della digestione (per
una diluizione dei succhi gastrici), ma una adeguata quantità di acqua è utile per favorire i processi
digestivi perché migliora la consistenza degli alimenti ingeriti; non è vero che l’acqua faccia
ingrassare, non presenta calorie; non è vero che bere molta acqua provoca ritenzione idrica,
questa dipende dalla quantità di sale e da altre sostanze contenute nei cibi; non è vero che occorre
preferire le acque naturali piuttosto a quelle frizzanti.
SALI MINERALI
SODIO:
Lo ione che maggiormente ci interessa è il sodio che è il principale effettore osmotico dei liquidi
extracellulari ed è un nutriente essenziale.
Fra i fattori concorrenti o sviluppo dell’ipertensione è l’apporto di sodio. È difficile andare in
carenza di sodio, ma spesso l’alimentazione ce ne fa apportare troppo. Non si dovrebbero
superare i 3-4g di sodio. Solitamente lo apportiamo tramite NaCl e quindi in questo caso
equivalgono a 7-10g di NaCl.
Ci sono comunque delle indicazioni nutrizionale da parte del CREA : ridurre l’apporto di sale;
preferire il sale arricchito con iodio; non aggiungere sale nelle pappe dei bambini almeno per un
anno di vita; limitare l’uso di condimenti alternativi contenenti sodio come il ketchup, la salsa di
soia etc.; insaporire i cibi con erbe aromatiche come cipolla, aglio e specie come pepe, noce
moscata; esaltare il sapore utilizzando succo di limone ed aceto; scegliere prodotti a baso
contenuto di sale; limita il consumo di alimenti ricchi di sale e durante l’attività sportiva reintegra
con la semplice acqua i liquidi perduti attraverso la sudorazione.

POTASSIO:
Anche questo è un nutriente essenziale ed è presente in tutti i tipi di frutta.
Le carenze di potassio sono difficili se non in particolari condizioni patologiche, perché è
facilmente apportabile. Si potrebbe avere un’ipotassiemia che + una condizione fatale che vede
l’incapacità dell’organismo a conservare una quantità sufficiente di potassio atta a mantenere la
salute ed è dovuta a vomito prolungato a causa della perdita del succo gastrico
CALCIO:
Nutriente essenziale.
Il calcio ha un importante ruolo metabolico e strutturale, basti pensare che è il componente
fondamentale delle nostre ossa. La concentrazione dello ione calcio, cioè la calcemia è un
parametro fisiologico importante e la sua omeostati è regolata da paratormone e calcitonina e
anche 1-23-diidrossicolecalciferolo.
L’assorbimento del calcio è mediato da un trasporto attivo saturabile, nel duodeno e nel digiuno
(regolato dal diidrossicolecalciferolo che induce l’espressione di una proteina legante il calcio). Se
uno assorbisse poco calcio potrebbe infatti avere un problema relativo alla vitamina D.
Possiamo avere anche un trasporto per diffusione non saturabile cioè non mediato da un
trasportatore: Questo non è sufficiente ma diventa significativo in presenza di elevate dosi di
calcio a livello alimentare.
Nel complesso, l’assorbimento del calcio cresce all’aumentare dell’apporto ma diminuisce in
percentuale.
L’assorbimento del calcio può essere influenzato da alcune sostanze: in presenza di anioni nel tubo
digerente il calcio può formare dei Sali insolubili. Tra questi anioni abbiamo la fibra, l’acido fitico,
ossalico e chiaramente in questo modo l’assorbimento viene limitato.
Il lattosio invece ne facilita l’assorbimento, infatti il calcio del latte è altamente biodisponibile.
L’equilibrio fra calcio introdotto e perso si mantiene con circa 200 mg di apporto al giorno, ma se
ne consiglia di più. Però assunzioni di calcio elevate possono essere dannose e possono portare a
calcolosi renale.
Ci sono delle malattie correlata al calcio: rachitismo o osteomalacia in cui l’osso è povero di calcio
per mancanza della vitamina D. L’osteoporosi è una situazione simile e nasce da cause
endocrinologiche quindi che riguardano ormoni ed è tipica delle donne in gravidanza.
Supplementi di calcio sono a volte necessarie in diete povere di derivati del latte e per gli anziani.

FOSFORO:
Nutriente essenziale che troviamo prevalentemente sotto forma di fosfato e non esiste una sua
deficienza alimentare essendo abbondate in tutti i cibi.
Le ipofosfatemie non hanno una stretta correlazione con la nutrizione ma si possono presentare in
particolari condizioni come abuso di farmaci antiacidi a base di Mg e Al con riduzione
dell’assorbimento o turbe elettrolitiche nella chetoacidosi, astinenza da alcol etc.
MAGNESIO:
è un cofattore essenziale di molte reazioni enzimatiche ed essenziale è la sua omeostasi. Le
carenze di magnesio non sono tipiche, ma a volte si integra anche se non è particolarmente
necessario, perché è contenuto in molti alimenti.
Possibili carenze ci possono essere a causa di malassorbimento intestinale o patologie renali.
FERRO:
Il ferro lo troviamo in forma bivalente in molecole come l’emoglobina e la mioglobina e non
possiamo farne a meno.
Le carenze di ferro sono molto frequenti, l’accumulo invece è raro.
Sono necessari dei meccanismi di controllo dell’apporto e dell’escrezione.
L’efficienza dell’assorbimento del ferro è variabile in rapporto alle necessità. La causa più comune
di carenza di ferro è la presenza di emorragie.
Il ferro che viene assorbito è quello bivalente e il pH acido gastrico favorisce la riduzione del ferro.
Viene assorbito a livello duodenale nella forma ridotta Fe2+ più solubile. Il ferro degli alimenti
contenuto nell’eme viene assorbito con un meccanismo a parte.
L’assorbimento del ferro si ha per il 5-10% da parte alimentare, in carenza la capacità di
assorbimento è di 10-20%.
Per quanto riguarda l’assorbimento ci sono delle sostanze che lo riducono come il tè ed il caffè a
causa del loro contenuto di tannino, mentre sostanze come la carne e l’acido ascorbico lo
promuovono. Infatti, l’acido ascorbico è un agente fortemente riducente.
Il ferro viene assorbito nell’enterocita e viene rimandato nel plasma in ferro trivalente (ossidato
dalla ceruloplasmina) legato alla transferrina circolante. Un’altra proteina importante che lega il
ferro è la ferritina che è una proteina di deposito e infatti il ferro in eccesso si lega a questa.
La ferritina la troviamo anche nell’enterocita e infatti anche questo ha un sistema per far
depositare ferro al suo interno. Se c’è un ritardo dell’assorbimento, nell’enterocita viene
depositata la ferritina che legherà il ferro e qui secondo la necessità metabolica, può essere
assorbito o escreto con la desquamazione epiteliale.
Anche la transferrina è regolata, perché se c’è poco ferro questa viene prodotta di più. Abbiamo
ancora un’altra proteina chiamata emosiderina che è la ferritina insolubile con minore percentuale
proteica. Ferritina ed emosiderina sono presenti nei tessuti e quando sono molto ricchi abbiamo
una condizione di emosiderosi.
Le donne hanno delle scorte di ferro molto piccole circa 300-1000 mg, mentre nell’uomo sono
500-1500 mg. Quindi le donne sono più a rischio di carenza a causa delle mestruazioni.
Quindi le donne hanno una maggiore necessità di ferro e cioè 15 mg/die in tà fertile e 30 mg negli
ultimi trimestri di gravidanza; quindi, qui abbiamo bisogno di un supplemento perché non è
possibile reperirli tramite l’alimentazione.
Gli uomini hanno bisogno invece di 10 mg al giorno, mentre i ragazzi adolescenti 12 e le ragazze
15. I bambini fino ai 10 anni invece 10 mg.
La carenza di ferro è molto diffusa e si ha per anemia ipocromica (mancanza dii globuli rossi),
iposideremia, ipertransferrinemia, ma minore saturazione della transferrina e ipoferritinemia.
Le cause di carenza di ferro sono due: apporto insufficiente e aumento delle perdite.
Gli eccessi di ferro tra cui emosiderosi ed emocromatosi sono piuttosto gravi e rare e si hanno per
eccesso di somministrazioni, per difetti genetici e per trasfusioni.

RAME:
è un nutriente essenziale di cui è difficile riscontrare carenze. Il rame è essenziale perché presenta
vari enzimi e proteine come la ceruloplasmina che ossida il ferro da +2 a +3 per mandarlo nel
plasma, le amminoossidasi inattivanti istamina, tirammina, dopamina e noradrenalina, citocromo c
ossidasi, super ossido dismutasi, albumina e transcupreina che trasporta rame, fattore V della
coagulazione che è una rame-proteina e la lisina ossidasi.
Quando c’è una carenza abbiamo delle alterazioni nervose e depigmentazione cutanea, forse
riconducibili all’alterato metabolismo delle catecolamine e della melanina. Quando si apportano
tropo ferro e zinco, questi fanno aumentare le metallotioneine che possono sequestrare il rame e
quindi portare a carenza di questo.
ZINCO:
Anche lo zinco è un nutriente essenziale e presenta molti enzimi e proteine come proteine di
membrana, metallotioneine, enzimi del metabolismo degli acidi nucleici e proteine leganti il DNA
che presentano i domini con due dita di zinco.
L’assorbimento di zinco varia al variare della quantità di zinco presente negli alimenti. Varia anche
in presenza di altri componenti infatti è maggiore con cibi animale che presentano più zinco e
hanno maggiore possibilità di complessi con cisteina e istidina che ne facilitano la solubilizzazione
ed è invece minore con cibi vegetali perché hanno meno zinco e presentano fitati che formano
complessi insolubili.
Se ci fosse carenza di zinco potrebbe esserci anoressia, ritardo di crescita, neuropatie o addirittura
possibilità di teratogenesi in gravidanza. Ma comunque la carenza di zinco è effettivamente rara.
Di solito le carenze sono dovute a difetti genetici del metabolismo dello zinco e in rari casi può
essere conseguente a grandi assunzioni di fibra.
Una dieta poi vegetariana potrebbe richiedere un’assunzione supplementare di zinco.

SELENIO:
Nutriente essenziale e non è facile andare in carenza. È tipicamente presente nelle selenio-
proteine sotto forma di Seleno cisteina, inserita a livello traduzionale.
Il selenio serve alla funzionalità del glutatione perossidasi che è un importante enzima
antiossidante. Un’altra selenioproteina è una deiodasi che forma T3 e T4.
Il selenio lo prendiamo facilmente nei prodotti ittici e presenta un effetto sinergico antiossidante
insieme alla vitamina E. Inoltre, è anche importante come nutriente preventivo di neoplasie e
malattie cardiovascolari.
Il selenio solitamente è presente sotto forma di selenoamminoacido e risulta essere meglio
assorbito.
L’omeostasi del selenio i realizza con il controllo dell’escrezione che aumenta con l’aumento
dell’apporto.
Le carenze del selenio non sono facili a meno che non ci siano disturbi dell’assorbimento e quindi
patologie gastrointestinali come il morbo di Crohn.
Un modo semplice per verificare la carenza di selenio è dosare negli eritrociti l’attività del
glutatione perossidasi.

IODIO:
Lo iodio è un micronutriente essenziale perché serve per fare gli ormoni tiroidei come le tironine
che derivano dalle tirosine. Le tironine sono T3 che presenta 3 iodi e T4 che presenta 4 iodi. Se
manca lo iodio nel nostro organismo possiamo avere ipotiroidismo e non si formano gli ormoni T3
e T4. Lo iodio come fa a diventare ormone? La tiroide è fatta di follicoli costituiti da cellule tiroidee
che presentano uno spazio in cui viene accumulata una proteina cioè la tireoglobulina. Le cellule
tiroidee sono capaci di raccogliere lo iodio nell’organismo attraverso la pompa dello iodio e grazie
a delle perossidasi ossidarlo e utilizzarlo per fare l’organificazione dello iodio prima sotto forma di
MIT e DIT. Quindi le tirosine o vengono monoiodate o diiodate e formano monoiodiotirosina MIT e
diiodiotirosina DIT.
Nella monoiodiotirosina può esserci il processo di accoppiamento e si forma la tironina. Se si
accoppiano DIT e MIT si ha T3 se si accoppiano due DIT si ha una T4.
La tiroide secerne tutti e due questi ormoni. La tireoglobulina poi viene idrolizzata e si ha il rilascio
dei veri ormoni tiroidei.
SI usa molto come farmaco la tiroxina che levando un atomo di iodio può diventare T3 grazie alla
5-deiodasi. Questo perché molto più attiva la T3 piuttosto che la T4.
L’assorbimenti dello iodio è facile e viene anche eliminato facilmente con le urine, ma non sempre
questo è disponibile nella nostra alimentazione. Lo ritroviamo abbastanza bene nel mare sotto
forma di ioduro e infatti le popolazioni che vivono vicino al mare sono meno a rischio di carenza,
ma perché? Perché lo iodio è volatile e passa nell’atmosfera e si deposita nei terreni, pe cui le
piante e i prodotti vegetali vicino al mare sono più ricchi di iodio. Le aree interne invece andavano
in carenza di iodio perché i prodotti contenevano meno iodio.
Già dagli anni 30 in poi, nelle zone interne si iniziò a vendere il sale da cucina con iodio aggiunto
cioè il sale iodato e quindi c’è stata una fortificazione.
Oggi nelle indicazioni di buona nutrizione comunque viene consigliato il consumo di cloruro di
sodio iodato.
La carenza di iodio è molto grave nei primi mesi di vita perché si ha un disturbo nella crescita
(nanismo), sordomutismo e deficienza mentale e sintomi neurometabolici di variabile entità. Le
conseguenze, quindi, possono essere gravi e irreversibili.
Le popolazioni carenti di iodio vanno incontro a cretinismo, cioè ipotiroidismo. Ora non ci sono più
popolazioni cretine però comunque è stato riscontrato che queste popolazioni avevano un minore
quoziente di intelligenza.
La dose raccomandata giornaliera di iodio è di 150 microgrammi, 170 in gravidanza, 200 in
allattamento e 40 nei neonati.
150 microgrammi li dobbiamo prendere in media, perché noi possiamo anche non assumere iodio
per vari mesi perché comunque abbiamo un sistema di accumulo di iodio nella tiroide. Quando
finiscono le scorte poi si va in carenza chiaramente.
Esiste la tossicità da iodio, ci sono anche dei disinfettanti a base di iodio.

FLUORO:
è parte dei tessuti calcificati dell’apparato dentario. L’apporto di fluoro ha a che vedere con la
prevalenza di carie dentarie; infatti, la carenza ci fa esporre di più a queste. Se necessario è il caso
di fare supplementazioni di fluoro che è sicuro ed efficace.
Con supplementazioni o con l’apporto di fluoro con alimenti e acqua riduciamo il rischio di carie in
tutti i gruppi di età. Quindi l’indicazione è bere acqua con un’opportuna quantità di fluoro e di
lavare denti almeno due volte al giorno con dentifricio.
Il fluoro riduce la demineralizzazione dello smalto e riduce l’attività dei batteri cariogeni che
formano la placca dentaria.
Parliamo di effetto preeruttivo cioè quando lo smalto è in corso di sviluppo e di effetto post-
eruttivo quando piccole quantità sono mantenute costantemente nella bocca come saliva e placca
dentaria.
Il danno da fluoro viene definita fluorosi che è un danno significativo dovuto ad un eccessivo
apporto di fluoro e durante lo sviluppo dentario porta ad opacità dello smalto di variabile entità.
Generalmente causa solo problemi estetici con i denti grigi. Questo problema è possibile solo nei
bambini inferiori agli otto anni, quando si completa la maturazione preeruttiva ma è un problema
già noto negli anni 30 quando si notò che nelle comunità in cui si osservava più fluoro nell’acqua
c’era meno rischio di carie.
I dentifrici e i colluttori presentano fluoro e spesso si fanno dei dentifrici per bambini con meno
fluoro perché il bambino potrebbe deglutirlo. LA supplementazione di fluoro è una cosa
conveniente quando è poco nell’acqua e a volte bisogna dare delle compressine di fluoro ai
bambini che devono essere succhiate per massimizzare l’assorbimento. Nei neonati si usano
gocce.
L’uso di supplementi fluoro in gravidanza non è utile per i figli.
Ma la supplementazione va prescritta solo dopo la conoscenza della concentrazione di fluoro
nell’acqua e non vanno prescritti supplementi di fluoro a bambini di età inferiore ai sei mesi o che
assumono acque con livelli di fluoro maggiore di 0,6 mg/L.

VITAMINE
Le vitamine sono nutrienti essenziale detti micronutrienti perché devono essere assunti in piccole
quantità. Il termine vitamine significa ammine indispensabili alla vota. Prima era distinte in
complesso A e complesso B. Quelle del complesso A sono liposolubili, mentre quelle del complesso
B sono idrosolubili.
Oggi sono dette una serie di sostanza la cui presenza nell’alimentazione (seppure in basse
quantità) è indispensabile per evitare sintomatologie da carenza. Spesso le vitamine sono coenzimi
o precursori di enzimi ed un eccesso di quantità non serve, perché ogni enzima ha bisogno del suo
coenzima. Quindi quantità maggior non danno effetti benefici.
Nel 1906 due ricercatori cominciano a rendersi conto dell’esistenza delle vitamine.
Le vitamine sicuramente hanno una funzione regolatoria metabolica, ma non sono molecole
strutturali, quindi, non servono a costruire nulla; non danno contributi energetici, anche perché ne
assumiamo in piccolissime quantità; non sono intercambiabili tra di loro.
Siccome sono nutrienti essenziali, abbiamo delle dosi raccomandate giornaliere per persone in
salute e anche per persone con bisogni speciali.
Possiamo anche studiare lo stadio di nutrizione di una determinata vitamina e quindi magari
andare a studiare i livelli plasmativi perché infatti una carenza di vitamine porta ad una
diminuzione di livelli plasmatici, ma non solo: porta anche a riduzione delle riserve corporee,
lesioni metaboliche, deficienza mascherata e clinica.
Ci interesseranno ancora una volta le tabelle di composizione degli alimenti e anche dove sono
presenti queste vitamine ad esempio: la vitamina B12 è presente molto negli alimenti di origine
animale o la C nella frutta etc.
Abbiamo anche alcune sostanze che sono ai limiti della definizione di vitamina come l’inositolo, la
carnitina o le sostanze chemiopreventive.
La parola vitamina è una definizione nutrizionale, mentre la definizione di coenzima è più di
biochimica. Però le vitamine o sono coenzimi o sono necessarie per formare enzimi.
Ad esempio, la tiamina serve per la formazione della tiamina pirofosfato, la riboflavina invece per
FMN e FAD, la niacina NAD e FAD e tante altre.
Le vitamine possono essere anche tossiche, però parliamo di tossicità dovuta a prodotti
farmaceutici. Prendere più vitamine non è necessariamente bello, infatti un eccesso di vitamina C
può dare calcoli di ossalato, un eccesso di vitamina A in gravidanza può essere teratogeno, un
eccesso di acido folico può mascherare una deficienza di B12 e anche un eccesso di vitamina E
risulta essere tossico.
È più facile avere tossicità per le vitamine liposolubili.
Comunque, le vitamine le ritroviamo molto in molti farmaci, tra cui contraccettivi orali,
anticonvulsivanti, lassativi, antibiotici etc.

ACIDO ASCORBICO, VITAMINA C:


viene chiamata acido ascorbico perché la carenza provoca lo scorbuto. IMMAGINE
è una molecola che può andare in contro ad ossidazione formando l’acido deidroascorbico e
quindi tramite una deidrogenazione. È possibile anche la reazione inversa tramite la riduzione.
Questa capacità di ossidarsi viene anche utilizzata per la protezione da danno ossidativo. Infatti, la
vitamina C fa parte delle molecole antiossidanti proprio per la sua capacità di ossidarsi.
Già nel 700 si osservò che il consumo di limoni alleviava i sintomi dello scorbuto.
Presenta solamente un isomero attivo e cioè l’acido L-ascorbico. Artificialmente possiamo
sintetizzare anche l’acido D-ascorbico. L’acido L-ascorbico è un forte riducente perché riesce ad
ossidarsi in soluzione a deidroascorbato.
Fra i prodotti di degradazione produce acido ossalico che può provocare rischio di calcolosi.
La specie umana non è in grado di sintetizzarlo, mentre tutte le altre specie animali sì.
A cosa serve l’acido ascorbico? A neutralizzare i radicali liberi e prevenire il danno ossidativo.
Questo effetto riducente serve per ridurre metalli come il ferro o il rame.
Ancora serve per permettere la riduzione di metalli che sono utilizzati come cofattori per reazioni
di ossidazione, che quindi utilizzano l’ossigeno. Infatti, parliamo di enzimi che si chiamano
ossigenasi e vanno ad ossidare residui amminoacidici del collagene e cioè prolina e lisina che
diventano idrossiprolina ed idrossilisina. Questa è una modificazione post-traduzionale, ma la cosa
importante è che il collagene è fatto di varie catene polipeptidiche e la formazione di idrossiprolina
e idrossilisina permettono la formazione di legami crociati fra le catene polipeptidiche, capaci di
stabilizzarne la struttura. Se il collagene manca di queste idrossilazioni risulterà essere più fragile,
quindi tirando si rompe la tripla elica.
Il collagene è la proteina più rappresentata del corpo umano; infatti, rappresenta il 30% del peso
secco totale. Le fibre di collagene non sono elastiche, ma hanno una forte resistenza alla trazione.
Il collagene ha una peculiare composizione amminoacidica, è ricco di glicina e prolina e contiene
amminoacidi particolari cioè idrossilisina e idrossiprolina.
L’acido ascorbico aiuta anche l’entrata di carnitina nel muscolo che diminuisce la carenza di
vitamina C ed inoltre sempre l’acido ascorbico contribuisce a mantenere il ferro ridotto nello stato
ferroso, facilitandone l’assorbimento.
L’acido ascorbico è coinvolto nel metabolismo della tirosina, nella sintesi della carnitina etc.
L’assorbimento dell’acido ascorbico diminuisce all’aumentare dell’apporto e quindi se
somministrato in alte dosi va frazionato. Il fumo, lo stress, la gravidanza, i contraccettivi orali e
alcuni inquinanti ne accelerano il catabolismo e aumentano il danno ossidativo.
Quando si va in carenza di acido ascorbico, il collagene è fragile e si possono avere: emorragie
cutanee; sintomi psicologici come depressioni, ipocondria ed isteria; pelle secca, alterato
metabolismo delle ammine, diminuito assorbimento del ferro e alterato metabolismo dei folati e
artrite scorbutica se la carenza viene estesa a tutto l’organismo.
La frutta e la verdura fresca sono le migliori sorgenti di vitamina C, ma la conservazione e la
cottura ne diminuisce il contenuto ovviamente.
La dose raccomandata giornaliera è di 5-10 mg al giorno e questi evitano lo scorbuto. Ma per
evitare sintomatologie, negli adulti sono 60 mg e addirittura 90 durante l’allattamento. Queste
quantità sono facilmente raggiungibili con una buona alimentazione.

RIBOFLAVINA:
Viene chiamata anche vitamina B2 ed è una molecola che serve per fare un coenzima e cioè il FAD,
ma anche il FMN. La riboflavina è una molecola di colore giallo e i suoi coenzimi sono coinvolti in
moltissime reazioni ossido-riduttive. La deficienza si manifesta principalmente con alterazione
della cute e delle mucose. Nella società occidentali, la carenza si può manifestare nelle persone
anziane mal alimentate, ma comunque è difficile andare in contro a carenza. Per la dose
raccomandata giornaliera se ne consigliano 0,5-0,9 mg per ogni 1000 kcal apportate, in pratica 0,5-
1,8 mg al giorno a secondo dell’età e dello sviluppo.

NIACINA (ACIDO NICOTINICO):


Detta anche PP che significa prevenzione della pellagra, che è una malattia che si manifesta con la
carenza di niacina. Il termine niacina viene usato sia per definire l’acido nicotinico, ma anche i suoi
derivati come la nicotinammide in cui l’acido carbossilico viene sostituito con un’ammide.
La carenza di niacina insorgeva tipicamente nelle popolazioni che si alimentavano solo con mais.
Questa molecola la troviamo in molti tipi di alimenti di origine prevalentemente animale e in una
piccola misura può essere anche prevenuta dal catabolismo di triptofano. Infatti, con 60 mg di
triptofano si può sintetizzare 1 mg di niacina.
L’isoniazide (farmaco antitubercolare) ne può provocare una carenza e aumentarne quindi il
bisogno. Quando si è in carenza di niacina, può sucedere di tutto perché abbiamo alterazione delle
reazioni che prevedono NAD e NADP.
La pellagra comprende dermatite, diarrea e demenza. Quindi il primo tessuto ad essere colpito è la
cute.
Se ne necessitano 16-18 mg giornalieri, ma sono variabili a seconda dell’apporto di triptofano.
L’acido nicotinico ha degli effetti farmacologici vasodilatatori e ipocolesterolemizzanti (abbassano
la colesterolemia), antiaritmico, ma a dosi molto più elevate di quelle vitaminiche.
Quindi la niacina può essere usato anche come farmaco già utilizzando 3g al giorno. Questa cosa è
possibile per quasi la completa mancanza di tossicità anche ad altissimi livelli.

VITAMINA B6:
Si intendono 3 molecole cioè piridossina, piridossale e piridossammina che sono composti
facilmente convertibili tra di loro. Una delle tre deve essere obbligatoriamente apportata. I
coenzimi che servono sono la piridossammina fosfato FMN e la piridossina fosfato ossidasi.
Più di 60 enzimi le utilizzano come le transaminasi, glicogeno fosforilasi etc.
Il catabolismo del triptofano dipende dalla piridossina: possibilità di valutare dell’apporto della
vitamina con un test da carico di triptofano.
La sua carenza si manifesta con debolezza, irritabilità, alterazioni cutanee, ma comunque è molto
rara.
La dose raccomandata giornaliera è di 1-2 mg, che sono facilmente reperibili dall’alimentazione.

ACIDO PANTOTENICO:
Precursore del coenzima A. è l’unione di due molecole cioè l’acido pantoico e la beta-alanina.
L’acido pantotenico è coinvolto quindi nella biosintesi e nel catabolismo degli acidi grassi e nel
metabolismo del colesterolo. L’acido pantotenico lo ritroviamo in fegato, rene, lievito, uovo e
verdure e se vogliamo supplementarlo si somministra il pantotenolo che ne è il precursore.
È rara la deficienza e se ne necessitano 4-7 mg al giorno che in una comune alimentazione si
reperisce facilmente.

BIOTINA:
è la vitamina che troviamo legata a proteine che sono degli enzimi a biotina. La biotina è
abbondante nel fegato, nel rosso d’uovo, soia e lievito. La biotina è legata alle proteine tramite un
residuo amminoacidico di biocitina. Più precisamente negli enzimi biotina dipendenti, la vitamina
si trova covalentemente legata ad un residuo di lisina. La biocitina che si ottiene dall’idrolisi di
queste proteine deve essere idrolizzata prima dell’assorbimento e questa viene fatta dalla
biotidinasi a biotina e lisina.
A cosa ci serve la biotina? La biotina è un gruppo prostetico e quindi non proteico e non
amminoacidico che completa quattro enzimi capaci di legare CO2 a dei substrati. Tra questi enzimi
abbiamo:
- Piruvato carbossilasi che serve per trasformare il piruvato in ossalacetato
- Propionil-CoA carbossilasi che è un enzima che fa parte della B-ossidazione e serve per la
trasformazione del propionil-CoA in metilmalonil-CoA
- Metilcrotonil carbossilasi che serve per il metabolismo di amminoacidi
- Acetil CoA carbossilasi che serve per la biosintesi degli acidi grassi per trasformare acetil-
CoA in malonil-CoA.
È rara la carenza di biotina, ma può avvenire o con una dieta che non ne apporta o quando si
apporta troppo bianco d’uovo crudo. Questo perché il bianco d’uovo crudo presenta una molecola
definita avidina che è una glicoproteina che ha una fortissima affinità alla biotina, sottraendola al
suo uso, quindi impedisce l’assorbimento della biotina.
Un’altra molecola simile all’avidina è prodotta dallo streptococco ed è la streptavidina, che anche
ha una grande affinità per la biotina.
Quando si ha carenza, questa provoca depressione, mialgia, anoressia, nausea e dermatite ma in
realtà spesso si va in eccesso a causa del grande consumo di uova crude.
Sono necessari 30-100 mg al giorno ma di solito sono ben apportati da una dieta normale. Esistono
delle deficienze della biotina dovute da errori della olocarbossilasi sintetasi e della biotidinasi che
servono per attaccare e staccare la biotina dagli enzimi.

ACIDO FOLICO:
è sempre una vitamina del gruppo B. Il termine deriva proprio dalla particolare presenta di questa
vitamina nelle verdure in foglia.
L’acido pteroilglutammico ne è la forma più semplice: biologicamente equivalenti anche le forme
con più glutammici e vari libelli di riduzione dell’anello pteridinico.
L’acido folico è chiamato anche pteroilmonoglutammico e presenta un anello pteridinico legato al
p-amminobenzoato e questo, a sua volta al glutammano, costituendo l’acido
pteoilmonoglutammico. Le forme di deposito della vitamina contengono diversi residui di
glutammato.
Parliamo di folati liberi quando i residui di acido glutammico sono fino a 3 e coniugati se sono da 4
in su. Si chiamano liberi perché sono più facilmente utilizzabili per la crescita dal lactobacillo casei,
che viene usata come criterio di dosaggio.
È possibile la carenza di acido folico in gravidanza e infatti viene richiesta una supplementazione
perché può portare a gravi difetti del feto. Ogni anno, infatti, nel mondo circa 300.000 bambini
nascono con difetti del tubo neurale per colpa della carenza di acido folico. Tra ii difetti più lievi è
la mancata porzione della colonna vertebrale che rimane aperta e viene chiamata spina bifida.
Mentre l’anencefalia è incompatibile con la vita.
Circa il 75% di questi casi potrebbe però essere prevenuto con un adeguato apporto di acido folico
alla donna in gravidanza.
L’acido folico ci serve per il funzionamento di una serie di enzimi, tra cui l’omocisteina
metiltransferasi che richiede anche la vitamina B12.
L’omocisteina metiltransferasi trasferisce metili dalla omocisteina alla metionina (amminoacido).
L’acido folico ci serve anche per l’azione della timidilato sintetasi, per il metabolismo dell’anello
purinico e per quello dell’istidina (amminoacido).
La cottura inattiva una buona parte dei folati. Sia i folati liberi che coniugati hanno un’attività
vitaminica: per l’assorbimento dei coniugati, dobbiamo convertirli in liberi ad opera delle coniugasi
presenti nell’orletto a spazzola che tolgono alcuni folati dai coniugati. Quindi vengono digeriti dalla
coniugasi e poi facilmente assorbiti.
I sintomi di carenza di acido folico sono la diminuzione del folato sierico, diminuzione del folato
eritrocitario, riduzione dell’eritropoiesi (costruzione globuli rossi) e quindi anemia megaloblastica
(pochi globuli rossi ma grandi perché l’organismo cerca di sopperire il problema).
La facilità di deficit in gravidanza è conseguente all’elevato consumo fetale di acido folico.
Il metotrexato e l’aminopterina sono analoghi in grado di inibire la reazione di riduzione del folato
a tetraidrofolato limitando la biosintesi di nucleotidi e la duplicazione cellulare.
I sulfamidici sono degli antagonisti dell’acido p-amminobenzoico e quindi interferiscono con
l’utilizzo di questa molecola per i batteri e infatti i sulfamidici sono dei farmaci antibatterici.
Come si va in carenza di acido folico? Basso apporto, basso assorbimento dovuto all’alcolismo
cronico o a sintomi di malassorbimento o a farmaci, bassa utilizzazione a causa degli inibitori della
diidrofolato reduttasi o di deficienze enzimatiche o alcol o scorbuto.
La dose raccomandata giornaliera è di 0,2 mg giornalieri, il doppio in gravidanza.
I folati difficilmente possono essere tossici, ma prendendone molti può mascherare la carenza di
vitamina B12 perché si alleviano i sintomi ematologici, ma non quelli neurologici. Un eccesso di
folati poi può anche interferire con anticonvulsivanti come la fenitoina.

VITAMINA B12 (COBALAMINA)


Chiamata così perché contiene un atomo di cobalto che è un nutriente essenziale. L’assorbimento
di questa vitamina è particolarmente complesso. La sua carenza porta ad anemia perniciosa.
Per assorbire questa molecola, abbiamo bisogno di una glicoproteina (fattore di Castle) prodotta
dalle cellule parietali dello stomaco. Questa poi grazie ad un recettore viene assorbita.
L’anemia perniciosa già fu dimostrata in medicina ed è uno stato di anemia megaloblastica quindi
con globuli rossi grandi. Questa anemia portava anche a problemi gastrici. Le proteine che portano
la vitamina B12 nel siero si chiamano transcobalamine, ma dosi molto elevate di vitamina B12
possono anche essere assorbite per diffusione, in assenza del fattore intrinseco di Castle. Nel
nostro organismo se abbiamo un eccesso di vitamina B12 viene accumulata nel fegato e forma
riserve che possono bastare anche per anni.
La vitamina B12 è anche indispensabili per due enzimi: quello per la metilazione dell’omocisteina a
metionina e quello per l’isomerizzazione del metilmalonil-CoA a succinil-CoA.
La carenza di B12 sicuramente provoca anemia megaloblastica, proprio come la carenza di acido
folico; inoltre porta anche a degenerazione del midollo spinale e quindi sintomi neurologici che
non sono in comune con la carenza di acido folico.
La vitamina B12 la troviamo molto in alimenti di origine animale ed è quasi assente nei prodotti
vegetale, mentre piccole quantità li possiamo trovare nei legumi ma sono prodotte da
microorganismi.
È rara ka deficienza di vitamina B12 da carente apporto, la si ha nelle persone vegetariane, si può
avere carenza però da scarso assorbimento per mancanza del fattore intrinseco di Castle. Si sta
spingendo per le supplememtazioni orali di questa vitamina, ma in situazioni in cui la capacità di
assorbimento non è compromessa.
Per i vegetariani stretti è consigliato un supplemento di 1 mg al giorno.
In caso di carente assorbimento si richiede una somministrazione massiccia parenterale di 100 mg
al giorno ogni mese.

VITAMINE LIPOSOLUBILI

VITAMINA A
La vitamina A è una vitamina liposolubile. Per vitamina A si intendono più molecole che evitano la
carenza. Tra queste abbiamo retinolo, esteri del retinolo, deidroretinolo (VITAMINA A2) e retinale
detto anche retinaldeide. Ci sono anche i carotenoidi, di cui il più importante è il beta-carotene e
hanno un’attività provitaminica A quindi da una molecola possono originarsi due retinaldeidi;
tuttavia, la resa effettiva è minore sia perché l’assorbimento del carotene. È inferiore a quello della
vitamina sia perché la scissione non avviene in maniera completa.
La vitamina A può raggiungere un livello di tossicità. La tossicità acuta si ha con dosi di 100-200 mg
oppure 15 mg giornalieri per lunghi peptidi. C’è una minore possibilità di intossicazione con cibi
ricchi di carotenoidi per la necessità di attivazione. Può essere teratogena in gravidanza se viene
assunta in alti dosaggi.
Gli esteri del retinolo di origine alimentare sono idrolizzati nell’intestino e assorbiti come retinolo.
Parte del retinolo viene poi riesterificato ancora a livello intestinale e mandato in circolo insieme al
retinolo con i chilomicroni.
Il beta-carotene dopo l’assorbimento è in parte scisso e in parte entra in circolo come tale.
Esistono inoltre molte proteine in grado di legare queste molecole specificamente: sia a livello
plasmatico che cellulare.
La vitamina A è indispensabile per la formazione del pigmento visivo rodopsina, importante per i
bastoncelli e per la visione notturna. I coni invece non richiedono la vitamina A.
La rodopsina ha bisogno e presenta un legame con un derivato della proteina A cioè 11-cis-
retinale. Quindi l’opsina con l’11-cis-retinale forma la rodopsina. Quando uno stimolo luminoso
colpisce la rodopsina, l’11-cis retinale va in contro ad un’isomerizzazione e diventa trans. Quando
diventa trans si modifica anche la struttura della proteina. Questo allosterismo della proteina
opsina avvia una serie di meccanismi intracelllulari ed extracellulari per cui viene generato un
segnale che va dalla retina al sistema nervoso centrale.
Quando manca la vitamina A quindi si ha cecità notturna perché non vi è più la rodopsina.
La vitamina A porta anche a differenziazione delle cellule secernenti muco, crescita e sviluppo
osseo che possono essere danneggiati in carenza e infatti porta a xeroftalmia.
L’acido retinoico è anche un regolatore dell’espressione genica.
La vitamina A presenta dei depositi epatici, per cui la carenza si può manifestare dopo mesi. La
carenza è facilitata dai malassorbimenti intestinali e da patologie epatiche.
Se ne consigliano 300-400 microgrammi nei bambini, 1000 negli uomini, 800 nelle donne e 1200
nell’allattamenti. Proprio per evitare carenza vengono utilizzati farmaci retinoidi.

VITAMINA D
È liposolubile è una vitamina antirachitica che prevede ossa curve ed è un disturbo dello sviluppo
delle ossa che mancano della parte inorganica e della presenta dei Sali di calcio. Questo è und
anno irreversibile. Questa carenza negli adulti viene definita osteomalacia ma gli effetti sono meno
gravi perché le ossa hanno preso la loro forma.
La vitamina D è una vitamina ma possiamo avere anche una produzione endogena, rompendo una
determinata molecola.
La vitamina D, più precisamente i derivati facilitano l’assorbimento del calcio.
La vitamina D3 proviene dal 7-deidrocolesterolo in cui si è spezzato l’anello intermedio a sei atomi
di carbonio. Chi spezza questo anello? La radiazione ultravioletta che è parte della luce solare.
Noi con gli alimenti apportiamo D3 e D2, ma la fonte endogena di D3 l’abbiamo a partire quindi dal
7-deidrocolesterolo.
La forma principale della vitamina D è il colecalciferolo che si produce nella cute pe effetto dei
raggi UV.
L’ergocalciferolo è la vitamina D2 che oltre che dalla dieta può derivare per effetto degli UV da
ergosterolo.
Queste due molecole non sono attive, la forma veramente attiva è il 1,25-diidrossioìcolecalciferolo
(calcitriolo) e viene attivata dal fegato e dal rene mediante due idrossilazioni. L’effetto principale è
sul trasporto del calcio intestinale.
Quindi per avere una buona funzionalità della vitamina D dobbiamo avere una buona funzionalità
epatica e renale. Quindi le persone in dialisi devono assumere calcitriolo perché non riescono ad
attivare loro la vitamina D.
La vitamina D quindi previene il rachitismo nei bambini e l’osteomalacia negli adulti.
Nel passato gli alimenti fortificati in vitamina D hanno permesso la quasi cancellazione del
rachitismo come malattia.
La vitamina D la possiamo trovare anche negli alimenti soprattutto nei pesci grassi e nel rosso
d’uovo. Quindi sono pochi i cibi ricchi di vitamina D.
L’esposizione alla luce solare è la più importante fonte di vitamina D e gli individui che si
espongono poco alla luce solare devono avere una fonte alimentare adeguata della vitamina.
Per evitare carenza il LARN è di 15-20 microgrammi al giorno, in totale assenza di esposizione alla
luce solare però è necessaria una supplementazione. Questo per prevenire le carenze di calcio.
La vitamina D è un nutriente essenziale, chemiopreventivo, che riduce il rischio di una serie di
patologie. Infatti, in molti studi c’è correlazione tra carenza di vitamina D e aumento del rischio di
malattie autoimmuni come diabete di tipo 1, sclerosi multipla, artrite reumatoide, malattie
cardiovascolari, neurologiche, infettive e neoplastiche maligne.
5-idrossicolecalciferolo è la principale forma circolante di vitamina D comunemente utilizzata per
misurare lo stato di vitamina D dei pazienti: i valori sierici considerati normali sono tra 30-100
microgrammi per mL. A scopo chemiopreventivo chiaramente questi numeri salgono moltissimo.
La vitamina D sembra importante per aumentare la risposta immunitaria e ridurre l’infiammazione
e la modulazione immunitaria, e questo sembra includere l’infezione da COVID-19.
In caso di malassorbimento è sempre necessaria la supplementazione e nelle persone in dialisi
viene proprio prescritto calcitriolo. Tradizionalmente il supplemento è consigliato anche ai
bambini che allattano al seno, perché hanno meno vitamina D di quelli che prendono latte
irradiato. Questa è una delle poche ragioni per cui è meglio non allattare.
Per l vitamina D possiamo raggiungere ipervitaminosi ma solo se viene consumata ad alte dosi e
può dare quindi tossicità.

VITAMINA E
La vitamina E è la vitamina che protegge dal danno ossidativo che è provocato dai radicali liberi.
Sono molecole con un elettrone spaiato altamente reattive ed instabili e reagiscono facilmente
con. Sostanze chimica inorganiche o organiche. Ogni reazione con un radicale ne genera un altro a
meno che non reagiscano tra loro e quindi abbiamo reazioni a catena di danno ossidativo.
Tra questi radicali possiamo avere il radicale superossido, idrossilico e perossido di idrogeno. Il
perossido di idrogeno non ha elettroni spaiati ma vari metalli e gli UV possono farlo scindere in un
idrossile Oh° e uno OH-; anche ossigeno singoletto che è una molecola di ossigeno riarrangiata per
avere un radicale; ossido nitrico che è un importante mediatore fisiologico e fa parte anche delle
specie chimiche dannose e si trova nel fumo di sigaretta.
Normalmente c’è in equilibrio fra produzione di specie reattive dell’ossigeno e la loro
neutralizzazione. La stessa respirazione mitocondriale prevede la riduzione dell’ossigeno ad acqua
e prevede la formazione di specie reattive dell’ossigeno. Ma comunque abbiamo una protezione
dal danno ossidativo.
Anche i fagociti producono ossidanti. Le stesse radiazioni ionizzanti possono produrre specie
reattive dell’ossigeno.
Quando si producono troppe specie reattive abbiamo un danno al DNA e quindi possibilità di
mutazioni che alterano le sequenze geniche; ossidazione degli acidi grassi insaturi sulla membrana;
formazione di dialdeidi che alterano la struttura e la funzione di proteine e acidi nucleici;
ossidazione di residui amminoacidici di proteine facilitando lo sviluppo di processi autoimmunitari;
ruolo nella patogenesi di aterosclerosi e cancro.
Abbiamo numerosi meccanismi di protezione:
- Superossido dismutasi che è in grado di neutralizzare il radicale formando perossido di
idrogeno, che poi tramite una catalasi deve trasformarsi in ossigeno e acqua
- Ioni metallici che possono provocare danno ossidativo vengono neutralizzati legandosi alle
proteine e questo può succedere al ferro che lega per esempio la transferrina, emosiderina
e ferritina.
- Stessa cosa il rame che viene neutralizzato dalla ceruloplasmina
- La vitamina C che trasformandosi in deidroascorbato neutralizza specie ossidative.
A livello nutrizionale abbiamo invece:
- Polifenoli vari come i derivati da legumi, tè, vino rosso etc.
- Carotene che presenta doppi legami coniugati capaci di andare in contro ad ossido
riduzioni per proteggere dal danno ossidativo
- Glutatione perossidasi che è capace di ridurre i perossidi dei lipidi. È una seleno proteina
- Vitamina E che riduce i perossidi dei lipidi e quindi neutralizza il danno ossidativo avuto sui
lipidi.
Tutti questi sono delle molecole chemiopreventive. Spesso si danno molta importanza, se non
eccessiva agli antiossidanti. Quindi non è detto che una supplementazione di queste sostanze sia
necessaria o conveniente. Quindi non è vero che elevati dosaggi di vitamine antiossidanti diano
effetti positivi sulla salute. Ma per assumerli possiamo semplicemente fare una dieta ricca di frutta
e verdura.
Andiamo a vedere questa VITAMINA E.
È una molecola essenziale e chemiopreventiva che non può essere tolta dalla nostra alimentazione
altrimenti porta a sindromi di carenza.
La vitamina E comprende più molecole: alfa, beta e gamma tocoferolo e alfa tocotrienolo.
La più attiva è la prima. È una vitamina liposolubile e protegge i lipidi di membrana dal danno
ossidativo. Un’altra importate attività è che tramite legame ad alcuni specifici recettori nucleari
può modulare l’espressione di specifici geni e quindi ne aumenta o ne diminuisce la trascrizione.
La vitamina E può anche essere ridotta da molecole come l’ascorbato e dal glutatione.
La votamina E spesso arriva esterificata da un acido grasso. E quindi sotto forma di tocoferil estere
che poi possono essere idrolizzati e quindi perde il legame estere e poi assorbiti con trasporto nel
sangue con i chilomicroni.
Fra i nutrienti essenziali la vitamina E ha un’azione sinergica con quella del selenio.
La carenza di vitamina E si ha per scarso apporto nella nutrizione o per cattivo assorbimento
lipidico. La dose necessaria è di 10-12 mg giornaliere. Ha una bassa tossicità rispetto alle altre
vitamine liposolubili.

VITAMINA K
K indica coagulazione in tedesco, infatti è correlata alla coagulazione nel sangue. Anche questa è.
Composta da tre molecole diverse tra cui fillochinone, menachinone e menadione.
La coagulazione è un processo in cui il sangue diventa solido Come coagula il sangue? Grazie ad
una proteina, il fibrinogeno che si attiva tramite un processo di proteolisi diventando fibrina. La
fibrina forma una rete che rende il sangue solido.
Il taglio proteolitico viene fatto da un enzima che si chiamata trombina che è una proteasi.
Normalmente questa trombina non è attiva, ed è presenta sotto forma di protrombina, che viene
attivata da un taglio proteolitico grazie al fattore decimo della coagulazione. Il fattore decimo a sua
volta non è attivo, ma viene attivato anche questo.
Quindi la coagulazione è un meccanismo a cascata in cui i fattori della coagulazione si attivano fra
di loro fino ad arrivare ad attivare il fibrinogeno. Alcuni di questi fattori per essere ATTIVABILI
richiedono l’azione della vitamina K in una modificazione post-traduzionale.
La vitamina K è necessaria per la gamma carbossilazione di un glutammato presente su questi
fattori della coagulazione. L’enzima che fa questa gamma carbossilazione richiede vitamina K. Se i
fattori non sono carbossilati, non vengono attivati.
La vitamina K è una vitamina liposolubile, vincolata dai chilomicroni.
Le carenze di vitamina K non sono facile, perché è facilmente reperibile negli alimenti, ma se c’è
malassorbimento lipidico possiamo avere carenza. I batteri della flora microbica intestinale
producono vitamina K che poi viene assorbita e quindi questa è una produzione endogena.
Si può andare in carenza anche se si fa uso di antibiotici attivi a livello intestinale, che distruggono
la flora microbica intestinale e quindi alla loro somministrazione è importante apportare una
supplementazione.
Possiamo avere poi anche deficienze per uso di anticoagulanti cumarinici che sono degli analoghi
della vitamina K e sono degli inibitori competitivi di questa.
Possiamo avere anche emorragie se si ha carenza di vitamina K, perché non funzionerebbe la
coagulazione.
Le dosi raccomandate giornaliere sono 1 mg per kg di peso corporeo al giorno.

L’uso comune delle vitamine è sicuramente eccessivo e non necessario in molti casi. Non è un
problema supplementare le vitamine, ma in molti casi è inutile.
Il ferro e l’acido folico bisogna supplementarli sicuramente in gravidanza, mentre la vitamina D
negli anziani e nei poco esposti al sole e ancora il calcio nelle persone che non fanno uso di latte e
derivati.
La vera necessità di supplemento della vitamina C è molto rara, mentre è più frequente la carenza
di B12 e quindi la necessità di supplementarla soprattutto nella gastrite atrofica.
Per i vegetariani stretti è consigliabile un supplemento di B12 di 1 mg al giorno e forse anche zinco.
Quando si fanno diete a basso contenuto calorico, bisogna integrare dei multivitaminici.
La vitamina A invece non deve essere assunta nei primi tre mesi di gravidanza.
Diverse cotture poi danno dei diversi apporti dei nutrienti.
Le molecole chemiopreventive vengono anche definite bioattive e tra queste abbiamo le pectine,
le molecole presenti nell’olio d’oliva, flavonoidi, licopene e tante altre.

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