Sei sulla pagina 1di 2

Appunti su Discorso in Elogio della conoscenza (Discourse in praise of

knowledge)

“Discorso in elogio della conoscenza” è il primo testo di Bacon del 1592 ed è una conferenza
di piacere, che tiene al Gray’s Inn (college di giurisprudenza, dove aveva studiato, era
divenuto avvocato e continuò a vivere tutta la vita) e fa parte di un gruppo di cinque discorsi,
tenuti per il compleanno della regina Elisabetta e gli ultimi due, sicuramente, appartengono a
Bacon (il testo fu pubblicato solo nel 1734, oltre un secolo dopo la morte di Francis Bacon in
“Letters and remains” di Stephens e, prima di quel momento, era solo un manoscritto): uno
dei due discorsi è in onore del più nobile potere, ovvero, la conoscenza, l’altro è in onore
della più nobile persona, ovvero, la regina Elisabetta (“Discourse in the praise of his
overeign”). Nel “Discorso in elogio della conoscenza” è il “manifesto della filosofia” di
Bacon, perché, si ritrovano alcuni temi, che avranno ampio sviluppo nelle opere successive,
nell”Advancement of learning, AL (cioè, “Sul progresso delle scienze”, 1605), nel Novum
organum, NO e nel De dignitate et augmentis scientiarum, DAS (questi ultimi due sono i
grandi trattati in latino di Bacon). È un testo che rappresenta un elogio e un vero e proprio
inno alla conoscenza.
Incipit del testo:
<<Il silenzio sarebbe la migliore celebrazione di ciò che mi propongo di elogiare; perché chi
non vorrebbe far silenzio, là dove non si fa silenzio, e quale strillone può imporre silenzio in
tale strepito e tumulto di opinioni vane e popolari?>>
Già in queste prime quattro righe c’è un rimando ad una questione molto importante:
l’expurgatio mentis, che rappresenta il primo momento necessario e fondamentale per il
metodo di Bacon e per indagare la verità ed è la liberazione totale e completa delle proprie
conoscenze. Il primo passo da fare, per voler conoscere la realtà, la natura e per giungere alla
verità è liberarsi di tutte le conoscenze precedenti e di tutte le acquisizioni che si possiedono,
di tutte le filosofie precedenti e di tutti i pregiudizi: cioè, fare della mente una tabula rasa. Le
tabule erano una sorta di tavolette dei romani: la tavoletta può essere paragonata alla mente
dell’essere umano, con al suo interno delle nozioni, che possono essere di vario tipo
(matematiche, filosofiche, astronomiche e così via) e rasa vuol dire raschiata, nel senso di
pulire completamente e cancellare tutto, per ricominciare da capo. Quindi, tutto ciò che è
presente nella propria mente, tutto ciò che è stato appreso fin da piccoli va totalmente
ripulito: bisogna tornare alla mente di un bambino, prima che abbia ricevuto qualsiasi tipo di
conoscenza.
La mente, allora, deve ritornare ad essere una tabula rasa o un lumen siccum (citazione di
Eraclito), dice Bacon: lumen siccum sta ad indicare una luce secca. Questo sarà un momento
fondamentale anche per Descartes: nel “Discorso sul metodo” si vedrà che proprio che il
primo momento sarà liberarsi di tutto ciò che si conosce.
Nel Novum organum di Bacon, viene definita “pars destruens”: in realtà, Bacon non palerà
mai di pars destruens, ma di pars preparans e, cioè, di parte preparatoria, prima di fornire la
sua nuova logica, prima di dare le nuove regole per arrivare alla verità, per come interpretare
la natura, la prima cosa da fare consiste nel liberarsi da tutto ciò che si conosce.
Il fine, al quale vorrà giungere Bacon, è quello di instaurare un nuovo rapporto tra la mente e
le cose della realtà, della natura: egli parla di “commercium mentis et rerum”, cioè, un sano e
giusto commercio/rapporto tra la mente e le cose.
Nel Seicento, soprattutto, vi fu questa consapevolezza della necessità di ricostruire tutto il
sapere dalle fondamenta: l’immagine metaforica comune nelle opere dell’epoca e che è
presente anche in Francis Bacon, in particolar modo, nel Novum organum, era l’edificio,
come quando si vuole costruire un edificio, l’elemento importante è dato dalle fondamenta e,
cioè, se non si costruiscono in maniera corretta e bene le fondamenta, si può costruire un
palazzo bellissimo, di quanti piani, finestre e abbellimenti si possano desiderare, ma, alla
prima scossa di terremoto e alla prima calamità naturale, verrà giù. Anche nell’Antico
Testamento della Bibbia, c’è una parabola in cui si parla della casa sulla roccia: l’importanza,
cioè, di avere anche una casetta sicura, resa tale dalla roccia, scegliere una base solida.
Bacon affermava che bisognava ricostruire tutto <<ab imis fundamentis>>, ossia, dalle
fondamenta: cioè, si doveva ricominciare da capo, non si poteva salvare nulla e, proprio in
questo, risiede la difficoltà del doversi liberare di tutto ciò che è stato appreso.

Potrebbero piacerti anche