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INDICE

Elenco delle abbreviazioni p. 1


Abbreviazioni dei periodici frequentemente citati p. 4
Bibliografia e abbreviazioni bibliografiche p. 5
Sitografia p. 33
Elenco dei manoscritti p. 33

INTRODUZIONE

0.1 Oggetto e scopo del lavoro p. 35


0.2.0 Criteri di classificazione usati in passato p. 36
0.2.1 Criteri di scelta e di presentazione adottati p. 38
0.3 La tradizione manoscritta p. 39
0.4 Gli incantesimi e la magia p. 40
0.5 La parola magica p. 46
0.6.0 Discussione sulla problematica dei generi
0.6.1 Panorama storico p. 51
0.6.2 Categorie testuali. Textsorten p. 52
0.6.3 Tipi di testo in antico alto tedesco p. 53
0.6.4 Distinzioni e criteri p. 55

1. RIMEDI VERBALI CONTRO LE MALATTIE


DELL’UOMO E DEGLI ANIMALI

1.0 Contro le infermità paralizzanti del cavallo p. 57


1.1.1 Ad equum errehet p. 58
1.1.2 Ad equum infusum p. 61
1.1.3 Ad pestem equi p. 64
1.1.4 Contra rehin p. 66
1.1.5 De hoc quod spurihalz dicunt p. 69
1.1.6 Incantacio contra equorum egritudinem
quam nos dicimus spurihalz p. 73
1.1.7 Secondo incantesimo di Merseburg p. 77

1.2.0 Contro i vermi (dell’uomo e degli animali) p. 83


1.2.1 Ad uermem qui in caballo est p. 85

V
1.2.2 Contra uermem edentem p. 88
1.2.3 Contra vermes p. 90
1.2.4 Contra uermes pecus edentes p. 93
1.2.5 Incantesimo di Lambrecht contro i vermi p. 94
1.2.6 Incantesimo di Prül contro i vermi p. 98
1.2.7 Pro Nessia p. 100
1.2.8 Quem vermis mordet p. 103

1.3.0 Per fermare il sangue e per guarire le ferite p. 105


1.3.1 Ad catarrum dic p. 109
1.3.2 Ad fluxum sanguinis narium p. 111
1.3.3 Ad restringendum sanguinem (Erfurt) p. 112
1.3.4 Ad restringendum sanguinem (Abdinghof) p. 115
1.3.5 Contra fluxum sanguinis p. 118
1.3.6.0 Incantesimi di Bamberga p. 120
1.3.6.1. Incantesimo per fermare il sangue p. 120
1.3.6.2. Incantesimo per guarire le ferite p. 121
1.3.7.0 Incantesimi di Millstatt per fermare il sangue p. 124
1.3.7.1 Vienna p. 124
1.3.7.2 Uppsala p. 125
1.3.8 Incantesimi di Strasburgo
per fermare il sangue 1, (2), 3 p. 129
1.3.9 Incantesimo di Monaco per le ferite p. 132
1.3.10 Incantesimo di Sélestat per fermare il sangue p. 135
1.3.11 Incantesimo di Zurigo per fermare il sangue p. 139

1.4.0 Contro il mal caduco p. 140


1.4.1 Contra caducum morbum p. 142
1.4.2 Pro cadente morbo p. 146

1.5.0 Contro le malattie degli occhi p. 149


1.5.1 Incantesimo di Cambridge per gli occhi p. 149
1.5.2 Oculorum dolor p. 152

1.6.0 Contro la febbre p. 155


1.6.1 Incantesimo di Gotha per la febbre p. 155

1.7.0 Contro il morbo maligno p. 159

VI
1.7.1 Contra malum malannum p. 159

1.8.0 Contro il soprosso p. 164


1.8.1 Contra uberbein p. 164

1.9.0 Contro le infiammazioni della gola p. 166


1.9.1 Suemo du kela p. 166

2. RIMEDI VERBALI PER PREVENIRE DISAGI E


RISCHI DELLA VITA QUOTIDIANA
O DIFENDERSI DA ESSI

2.1.0 Per liberare i prigionieri p. 170


2.1.1 Primo incantesimo di Merseburg p. 170

2.2.0 Per i viaggi e le partenze p. 174


2.2.1 Benedizione di Monaco per la partenza p. 175
2.2.2 Benedizione di Tobia p. 180
2.2.3 Benedizione di Weingarten per il viaggio p. 196

2.3.0 Il mondo contadino p. 199


2.3.1 Incantesimo di Graz per la grandine p. 199
2.3.2 Incantesimo di Lorsch per le api p. 203
2.3.3 Incantesimo di Vienna per i cani p. 207

2.4.0 Contro il diavolo p. 210


2.4.1 Ad signandum domum contra diabolum p. 210
2.4.2 Nu vuillih bidan p. 213

2.5.0 Contro il ladro p. 214


2.5.1 De furtu p. 215

3. CONCLUSIONI

3.1.1. Considerazioni sulla problematica dei generi p. 218


3.1.2 Gli elementi compositivi dei rimedi verbali p. 219
3.1.3 Tipologie p. 221

VII
3.1.4 Incantesimi e benedizioni p. 225
3.2.0 La potenza della parola. Considerazioni
linguistiche.
3.2.1 Atti linguistici performativi p. 227
3.2.2 Il lessico p. 229
3.3 La tradizione manoscritta. Confronto dei dati p. 229
3.3.1. Uso degli incantesimi nella realtà p. 235
3.4 La magia dei Cristiani. Considerazioni culturali p. 237

APPENDICI

I Altre attestazioni in tedesco (XIV-XVI sec.) e in latino p. 239


Contro le infermità paralizzanti del cavallo (1-23) p. 239
Contro i vermi (dell’uomo e degli animali) (24-70) p. 244
Per fermare il sangue e per guarire le ferite ( 71-120) p. 258
Contro il mal caduco (121-122) p. 274
Contro le malattie degli occhi (123-129) p. 275
Contro la febbre (130-137) p. 280
Contro il morbo maligno(138-139) p 283
Contro il soprosso (140-141) p. 284
Contro le infiammazioni della gola (142-143) p. 284
Per liberare i prigionieri (144-147) p. 285
Per i viaggi e le partenze (148-156) p. 285
Benedizione di Tobia (157-164) p. 289
Il mondo contadino (165-178) p. 303
Contro il diavolo (179) p. 307
Contro il ladro (180-182) p. 308
II.Tabella delle corrispondenze p. 310
III. Deutsche Zusammenfassung p. 316
IV. Indice alfabetico dei testi esaminati p. 319

VIII
ELENCO DELLE ABBREVIAZIONI

* forma ricostruita
< deriva da
> passa a
[...] nella traduzione segnala una integrazione
† termine desueto

aat. antico alto tedesco


abl. ablativo
acc. accusativo
afris. antico frisone
agg. aggettivo
ags. anglosassone
ai. antico indiano
airl. antico irlandese
alb. albanese
alem. alemanno
ampl. ampliamento
art. articolo
as. antico sassone
asl. antico slavo
avest. avestico
avv. avverbio

bav. bavarese
btm. basso-tedesco medio

cart. cartaceo
centr. centrale
cfr. confronta
cod. codice
cong. congiunzione

dan. danese
dat. dativo
db. debole
dial. dialetto, dialettale

f. femminile/ foglio
fer. feroese
finn. finnico
franc. francese
fris. frisone
ft. forte

gael. gaelico
gen. genitivo
germ. germanico comune
got. gotico
gr. greco

ie. indoeuropeo
imp. imperativo
ingl. inglese moderno
inglm. inglese medio
intr. intransitivo
irl. irlandese
isl. islandese moderno
ital. italiano

lat. latino
lit. lituano
long. longobardo

m. maschile
mat. medio alto-tedesco
membr. membranaceo
mer. meridionale
metaf. metaforico, metaforicamente
mm. millimetri
ms. manoscritto

mut. cons. mutazione consonantica


n. neutro
nom. nominativo
norr. norreno
norv. norvegese

ol. olandese moderno


olm. olandese medio

part. participio
partic. particella
pers. persona
pp. participio passato
predic. predicativo

2
pref. prefisso
prep. preposizione
pres. presente
pret. preterito
pron. pronome
prov. provenzale

rad.
radice
radd. raddoppiamento
rid. ridotto
rifl. riflessivo

scr. sanscrito
sett. settentrionale
sg. singolare
sost. sostantivo
sp. scritt. specchio di scrittura
suff. suffisso
sved. svedese

ted. tedesco moderno


ted. sup. tedesco superiore
trans. transitivo

vb. verbo
voc. vocativo

3
ABBREVIAZIONI DEI PERIODICI
FREQUENTEMENTE CITATI

ABG Amsterdamer Beiträge zur älteren Germanistik

ACME Annali della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli


studi di Milano

AfK Archiv für Kulturgeschichte

AION Annali. Istituto Orientale di Napoli, Sezione Germanica.

DU Der Deutschunterricht

DVjs Deutsche Vierteljahrsschrift für Literaturwissenschaft und


Geistegeschichte

GRM Germanisch-Romanische Monatsschrift

HBlV Hessische Blätter für Volkskunde

JEGP Journal of English und Germanic Philology

JIS Journal of Indo-european Studies

LiLi Zeitschrift für Literaturwissenschaft und Linguistik

MLR The Modern Language Review

N&Q Notes and Queries

PBB Beiträge zur Geschichte der deutschen Sprache und Literatur

ZfdA Zeitschrift für deutsches Altertum und deutsche Literatur

ZfdPh Zeitschrift für deutsche Philologie

ZfV Zeitschrift für Volkskunde

ZfvS Zeitschrift für vergleichende Sprachforschung

4
BIBLIOGRAFIA E ABBREVIAZIONI
BIBLIOGRAFICHE

La Sacra Bibbia. Traduzione dai testi originali. Roma


1962.

Adam 1962 Paul Adam, L’humanisme à Sélestat. Sélestat 1962.

ADS Werner König, dtv-Atlas Deutsche Sprache. Mit 155


Abbildungsseiten in Farbe. München 200113.

Ahd. Gll. Elias von Steinmeyer/ Eduard Sievers, Die


Althochdeutschen Glossen. Frankfurt am Main 1968-
1969.

Andersson Schmitt Margarete Andersson Schmitt/ Håkan Hallberg/ Monica


1993 Hedlund (Hg.), Mittelalterliche Handschriften der
Universitätsbibliothek Uppsala. Katalog über die C-
Sammlung. Band 6: Handschriften C 551- 935.
Stockholm 1993, pp. 239-243.

Assion 1974 Peter Assion, Fachprosaforschung und Volkskunde. In:


G. Keil/ P. Assion (Hg.), Fachprosaforschung. Berlin
1974, pp. 140-166.

Austin 1962 John L. Austin, How to do things with words. London


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Bacon 1952 Isaac Bacon, Versuch einer Klassifizierung altdeutscher


Zaubersprüche und Segen. «Modern Language Notes»
67 (1952), pp. 224-232.

Baesecke 1938 Georg Baesecke, Contra caducum morbum. «PBB» 62


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Baetke 1942 Walter Baetke, Das Heilige im Germanischen.


Tübingen 1942.

Barb 1950 Alphons Augustinus Barb, Anima vagula

5
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Charms. With an Excursus on Noththe’s Sisters.
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Barb 1968 Alphons Augustinus Barb, Die Blutsegen von Fulda und
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Vermeer (Hg.), Fachliteratur des Mittelalters.
Festschrift für G. Eis. Stuttgart 1968, pp. 485-493.

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Raccolta di Studi e testi 53, Roma 1956.

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Überlegungen zur Klassifikation und Pragmatik einiger
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In: Sprache im Leben der Zeit. Beiträge zur Theorie
Analyse und Kritik der deutschen Sprache im
Vergangenheit und Gegenwart. Helmut Henne zum 65.
Geburtstag. Hrsg. Armin Burkhardt und Dieter
Cherubin. Tübingen 2001, pp. 335-349.

Bein 1999 Thomas Bein, Introduzione alla critica dei testi


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Bertuccelli Papi Marcella Bertuccelli Papi, Che cos'è la pragmatica.


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Beyschlag 1969 Siegfried Beyschlag, Altdeutsche Verskunst in


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Mittelhochdeutsches Wörterbuch. 4 Bde. Stuttgart 1990.

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württenbergischen Landesbibliothek Stuttgart. Zweite
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Hofbibliothek. 2,1, Wiesbaden 1975, pp. 28-30.

Bonser 1963 Wilfrid Bonser, The medical background of Anglo-


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Bos. Joseph Bosworth/ T. Northcothe Toller, An Anglo-


Saxon dictionary based on the manuscript collections.
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1993 storia culturale della lingua tedesca attraverso le sue
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Braekman 1980 Willy L. Braekman, Note on Old English Charms.


«Neophilologus» 64 (1980), pp. 461-469.

Braekman 1983 Willy L. Braekman, Note on Old English Charms II.


«Neophilologus» 67 (1983), pp. 605-610.

Braune/ Wilhelm Braune/ Ernst A. Ebbinghaus,


Ebbinghaus 1994 Althochdeutsches Lesebuch. Tübingen 1994, pp. 89-92.

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Handschriften der Gruppen Extravagantes, Novi und
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e sviluppo diacronico. Firenze 1996.

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nell’occidente medievale. Firenze 1979.

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Sørensen/ Y. S. Bonnetain (Hg.), International
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Dasypodius Petrus Dasypodius, Dictionarium latinogermanicum.


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Vol. I (A-B) ed. R.E. Latham 1975
Vol. II (C) ed. R.E. Latham 1981
Vol. III (D-E) ed. R.E. Latham et al. 1986
Vol. IV (F-H) ed. D. R. Howlett et al. 1989
Vol. V (I-L) ed. D. R. Howlett et al. 1997
Vol. VI (M) ed. D. R. Howlett et al. 2001

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• www.uni-marburg.de/hosting/zfda/reghss.html
• www.unizh.ch/lexma/stichwoerter.html

ELENCO DEI MANOSCRITTI

!Bamberg Stadtbib. Cod. Misc. Med. 6


!Bonn Universitätsbib. Cod. 218
!Cambridge Peterhouse Library Ms. 130
!Erfurt Wissenschaftliche Allgemeinbib. Cod. 62b collezione Amplonian
!Graz Universitätsbib. Cod. 1501
!Graz Universitätsbib. Cod. 784
!Innsbruck Universitätsbib. Cod. med. 652
! Luxemburg Bib. Nationale Cod. 264
!Merseburg Domkapitel Cod. 136 (/ 58)
!München Staatsbib. Cgm. 850
!München Staatsbib. Clm. 100
!München Staatsbib. Clm. 14472
!München Staatsbib. Clm. 14763
!München Staatsbib. Clm. 17051
!München Staatsbib. Clm. 18524b
!München Staatsbib. Clm. 23374

33
!München Staatsbib. Clm. 23390
!München Staatsbib. Clm. 536
!New York Pierpoint Morgan Library Cod. M 863
!Nurnberg Germanisches Nationalmuseum Cod. 5832
!Nurnberg Stadtbib. Cod. cent. VII, 8
!Nurnberg Stadtbib. Cod. cent. VII, 38
!Paris Bib. Nationale Cod. nouv. acqu. lat. 356
!Paris Bib. Nationale Cod. nouv. acqu. lat. 229
!Roma Bib. Vaticana Cod. pal. lat. 1158
!Roma Bib. Vaticana Cod. pal. lat. 220
!Rostock Universitätsbib. Cod. 14
!Schlettstadt/ Sélestat Bib. Humaniste Cod. 134
!St. Florian Stiftbib. Cod. XI, 353
!Stuttgart Landesbib. Cod. HB II 25
!Trier Stadtbib. Cod. 40/1018
!Trier Stadtbib. Cod. 564
!Uppsala Universitetsbib. Cod. C 664
!Wien Nationalbib. Cod. 1705
!Wien Nationalbib. Cod. 2817
!Wien Nationalbib. Cod. 751 Theol. 259
!Wien Nationalbib. Cod. Vindobonensis 552
!Wolfenbüttel Herzog-August Bib. Cod. extrav. 226
!Zürich Zentralbib. Cod. 51 Rheinau
!Zürich Zentralbib. Cod. C 58/275
!Zürich Zentralbib. Cod. misc. car. C 176

34
INTRODUZIONE

0.1 Oggetto e scopo del lavoro

Oggetto del presente lavoro sono gli incantesimi di area


tedesca risalenti al periodo compreso tra il IX e il XIII sec. Userò
inizialmente “incantesimo” e “rimedio verbale” come termini
non marcati, abbracciando tutti quei testi variamente denominati
“incantesimo”, “formula magica”, “scongiuro” e “benedizione”.
L’obiettivo principale di questo lavoro, oltre ad essere quello
di offrire una raccolta unitaria e il più possibile esaustiva degli
incantesimi tedeschi medievali, è quello di fornire un’accurata
interpretazione e traduzione di ciascun testo, anche attraverso il
confronto tra incantesimi che presentano elementi simili o che
rielaborano tematiche ereditate dalla tradizione latino-cristiana;
in questo modo sarà poi possibile realizzare una nuova
classificazione che permetta di distinguere incantesimi, scongiuri
e benedizioni con maggiore chiarezza terminologica e allo stesso
tempo di verificare la loro posizione nei confronti di altri tipi di
testo. Lo studio è concentrato sui testi del tedesco antico, tuttavia
si prenderanno in considerazione anche quei testi in tedesco
medio e protomoderno che presentano delle analogie con testi più
antichi o che ne costituiscono una continuazione.
Nella parte introduttiva vengono trattati i principali concetti
inerenti alla magia sia dal punto di vista storico-culturale che
strettamente linguistico, con particolare riguardo alla magia
medievale in ambito germanico. Segue una breve discussione sul
concetto di genere letterario in epoca medievale, come premessa
dell’analisi dell’incantesimo come “genere” a sé stante.
La parte centrale del lavoro è costituita dall’analisi dei singoli
testi: ogni testo, riportato secondo un’edizione esistente
(Steinmeyer-Sievers, Wilhelm, MSD), è preceduto da una breve
introduzione che ne spiega il contenuto e il contesto culturale. Il
testo è corredato, inoltre, di una traduzione in italiano con un

35
commento in nota volto a spiegarne le difficoltà interpretative, a
documentare le scelte della traduzione o ad approfondire l’esame
dei termini più interessanti; lo studio prosegue con la ricerca di
eventuali confronti con testi affini e con l’esame della tradizione
manoscritta. In alcuni casi si tratta del primo tentativo di
interpretazione, come ad es. l’Incantesimo di Sélestat per
fermare il sangue, l’Incantesimo di Graz per la grandine e il De
furtu. L’analisi è infine completata da una bibliografia specifica
del testo esaminato.
Nelle conclusioni si discute principalmente la problematica dei
generi letterari, tentando di individuare quali proprietà
permettano di inserire i testi sotto le varie “etichette” di
incantesimi, formule magiche, scongiuri e benedizioni, che fino
ad oggi gli studiosi hanno considerato un unico genere letterario
insieme con altri testi di uso “quotidiano” come glosse e
iscrizioni runiche.
Nell’Appendice I vengono riportati una serie di testi in tedesco
appartenenti al periodo compreso tra il XIV e il XVI sec., che
mostrano delle affinità con gli incantesimi esaminati in questa
ricerca, oltre ad alcuni testi latini che in qualche caso potrebbero
aver fornito un modello di riferimento. La loro suddivisione
segue lo stesso ordine per argomento degli incantesimi analizzati,
mentre la loro denominazione avviene in base alla segnatura del
codice che li riporta e alla città di provenienza.

0.2.0 Criteri di classificazione usati in passato

Come si vedrà nel corso di questa ricerca, in genere gli


studiosi si sono occupati di singoli incantesimi o piccoli gruppi di
essi. Non è ancora stata impostata un’analisi dettagliata basata
sull’intero corpus degli incantesimi esistenti.
Schönbach1, uno dei primi a tentare una classificazione degli
incantesimi, propose una distinzione quattro gruppi: nel primo

1
Schönbach 1880.

36
rientrano quei testi che contengono il racconto esemplare, nel
secondo i testi che contengono una similitudine esplicita (“come
allora ...così ora”), il terzo gruppo comprende testi in cui il potere
magico è dato da una parola da pronunciare in modo preciso, e il
quarto è formato da trasposizioni tedesche di benedizioni latine.
Questo tipo di classificazione verrà ripreso anche da Müller2,
Orht3 e dal più recente lavoro di Holzmann4.
Ramat5 propone, invece, una definizione di “incantesimo”
basata su rigorosi criteri formali; il contenuto tematico viene
usato in quanto forma in cui si estrinseca una determinata
funzione, la quale è l’essenza costitutiva di ciò che viene definito
“incantesimo”. Si distinguono quindi, secondo Ramat, una prima
parte chiamata M (mito) e una seconda parte chiamata C
(conativa), le quali costituiscono i due elementi base della
struttura dell’incantesimo. In altre parole, perché si possa parlare
di “incantesimo” è necessario che siano presenti sia M che C. I
testi che non rientrano in questo schema potranno essere definiti
come scongiuri, (ad es. quando è presente solo C, come in
Contra Vermes), formule di guarigione e ricette. Questo tipo di
analisi, sebbene interessante, risulta incompleta, poiché esclude
molti testi dello stesso tipo solo perché non hanno una struttura
ben definita.
Buzzoni6, studiando gli incantesimi di area anglosassone,
propone un’interessante analisi semantico-pragmatica del
“genere” incantesimo.
Il lavoro più recente è quello di Holzmann7, che ha il merito di
presentare la più ampia antologia di incantesimi; questi sono però
ripartiti secondo i già citati criteri di Schönbach.
In definitiva, nessuna delle classificazioni esistenti può
ritenersi soddisfacente, o perché basate su un corpus troppo
limitato di testi oppure perché troppo rigide, per cui incantesimi a

2
Müller 1901.
3
Orht 1927.
4
Holzmann 2001.
5
Ramat 1976, pp. 56-59.
6
Buzzoni 1996.
7
Holzmann 2001, pp. 53-55.

37
mio avviso affini tra loro si trovano a far parte di “categorie”
diverse, oppure risultano esclusi dal ”genere” incantesimo.

0.2.1 Criteri di scelta e di presentazione adottati

Prima di procedere alla spiegazione dei criteri di


presentazione, è importante sottolineare che si tratta di una
distinzione finalizzata a semplificare la lettura e la consultazione
dei testi e non una classificazione in base ai tipi di testo, come si
vedrà poi nelle conclusioni. Per questo motivo si è preferito
evitare il criterio cronologico, poiché esso, allo stato attuale della
ricerca, risulta molto incerto a causa delle condizioni di una
tradizione manoscritta sporadica e occasionale; lo stesso dicasi
per il criterio tematico, problematico, ma estremamente
suggestivo: l’idea di ordinare i testi individuando i vari motivi
che si confondono, si intrecciano, si integrano a vicenda e che
hanno dato luogo ad un groviglio che è il risultato di secoli di uso
delle formule magiche a livello popolare si potrebbe adottare,
forse, solo dopo che sarà stato costruito un corpus dei motivi
narrativi.
In questa sede si è scelto quindi di dividere i testi analizzati in
due gruppi principali: i rimedi per curare le malattie e quelli per
prevenire o risolvere altri problemi legati al vivere quotidiano.
All’interno di queste due grandi sezioni vi è un’ulteriore
divisione secondo il fine che si intende raggiungere grazie alla
messa in pratica dell’incantesimo. Nella prima sezione avremo:
incantesimi per guarire i cavalli, per fermare il sangue ecc.,
mentre all’interno della seconda sezione sono inseriti:
incantesimi per liberare i prigionieri, per propiziare i viaggi, ecc.
Ognuno di questi “temi” comprende solitamente un numero
variabile di testi, ordinati alfabeticamente in base al “titolo”
dell’incantesimo se esistente, oppure in base ad un titolo
arbitrariamente assegnato. Per la denominazione dei testi si è
proceduto indicando prima la provenienza del manoscritto (anche
se non coincidente con l’attuale sede di conservazione) seguito

38
dalla finalità dell’incantesimo stesso. Come criterio di
presentazione è stato preferito l’ordine alfabetico proprio poiché
esso, non implicando alcuna valutazione, permette di condurre
un’analisi più obiettiva: lo scopo dell’analisi dei testi non è,
infatti, quello di stabilire quale di questi sia il più “autentico”, né
di dare un giudizio di valore, ma semplicemente quello di
raggiungere una migliore comprensione di ognuno di essi. Solo
in questo modo sarà possibile, in un secondo momento, dar loro
una collocazione appropriata all’interno del “genere”.
Sono esclusi dalla mia analisi, ma sono riportati in Appendice,
i testi successivi al XIII sec.; sono esclusi, inoltre, quelli non
classificabili all’interno di questo genere, sebbene alcune
antologie tedesche li riportino con l’etichetta Segen
“benedizioni”.

0.3 La tradizione manoscritta

Gli incantesimi dell’area tedesca medievale sono tramandati in


modo molto eterogeneo e frammentario e numerose sono le
problematiche relative a tale tipo di tradizione, non ultima il
reperimento concreto dei testimoni. La maggior parte degli
incantesimi è stata edita nelle diverse antologie, ma nessuna di
queste è veramente completa e non esiste un’opera che analizzi
sistematicamente tutto il corpus, il cui interesse risiede
principalmente nel fatto che i codici sono databili a partire dal IX
sec. e in molti casi la lingua che tramandano risale ad epoche
precedenti.
Come si vedrà meglio più avanti, i codici che tramandano gli
incantesimi sono prevalentemente di due tipi: manoscritti di
argomento religioso, come ad es. miscellanee di prediche e
preghiere, e codici di argomento medico; gli incantesimi, infatti,
possono essere considerati dei “rimedi” accanto ai veri e propri
testi di medicina (mi riferisco a ricettari, erbari, lunari, calendari
dei salassi, ecc.) con i quali hanno in comune, oltre lo scopo
curativo, anche la frammentarietà con cui sono tramandati.

39
Gerhard Eis8 è stato uno dei primi studiosi a trattarli come testi
“tecnici”, includendoli in quella Fachliteratur che racchiude una
gran quantità di interessanti opere non letterarie dell’area
linguistica tedesca.
Ogni incantesimo è tramandato, con poche eccezioni, in codex
unicus, sebbene a volte ci siano pervenute più versioni di uno
stesso incantesimo; come si vedrà nel corso di questa analisi, si
tratta in quest’ultimo caso di versioni appartenenti ad epoche e ad
aree dialettali piuttosto distanti tra loro, dove l’interesse sta
proprio nella diversità delle versioni tramandate (si veda ad es. il
caso di Contra caducum morbum/Pro cadente morbo). In alcuni
casi è possibile individuare un modello latino, tuttavia non si
tratta di vere e proprie traduzioni, ma sempre di rielaborazioni di
motivi ricorrenti9.

Di ogni ms. contenente testi utili alla nostra ricerca viene data,
oltre alla collocazione, una descrizione fisica e una
contenutistica. Oltre a verificare la posizione del testo nel codice
(se si tratta, cioè, di testi copiati a margine, nei fogli di guardia,
negli spazi liberi o inseriti come testi a se stanti), vengono forniti
dati circa la datazione, la collocazione, il formato e il tipo di
scrittura; queste informazioni, in molti casi ottenute da un esame
diretto del codice, o comunque grazie alla visione del microfilm
o di riproduzioni fotografiche, vengono confrontate anche con il
contenuto del manoscritto (religioso, medico, miscellaneo, ecc.).

0.4 Gli incantesimi e la magia

Molti studiosi hanno tentato di dare una risposta


all’interrogativo10 su cosa sia la magia o il “magico”, e il tipo di

8
Eis 1964.
9
E’ il caso ad esempio, di alcuni Incantesimi per fermare il sangue.
10
Bächtold-Stäubli 2000, Bonser 1963, Bronzini 1993, Cancik/ Schneider 1996-
2001, Cardini 1979, Dinzelbacher 1990, Flint 1991, Frazer 1992, Fürbeth 2000,
Graf 1995, Grattan/Singer 1952, Haubrichs 1995, Helm 1953, Jolly 1996,

40
risposta è stato molto diverso a seconda del contesto storico-
culturale cui si fa riferimento. Si può affermare, senza per questo
sentirsi sconfitti in partenza, che il concetto di magia sembri
sfuggire a qualsiasi tentativo di definizione o di classificazione.
E’ interessante, tuttavia, osservare le risposte che nel corso del
tempo sono state trovate a tali quesiti. Quello che oggi può essere
connotato come “magico” non è detto che lo fosse anche in
passato (e viceversa).
Nella Grecia arcaica, per “magia” si intendeva la somma delle
pratiche divinatorie e delle arti rituali proprie dei sacerdoti del
Mazdeismo, chiamati Magi, e dei Caldei. L’aggettivo “magico”,
riferito alle cerimonie e alle pratiche dei magi, aveva assunto,
presso i greci e in seguito anche presso i romani, una
connotazione negativa11 e piuttosto vaga, che si estese poi anche
ad altre pratiche occulte appartenenti alla tradizione indigena.
Nei primi secoli del Cristianesimo e di parte del Medioevo,
tutto l’insieme delle antiche pratiche religiose presenti in
occidente con i suoi riti e le sue credenze fu definito “pagano”12.
Gli dei dei greci e dei romani non erano considerate vere divinità
dai Cristiani, ma demoni, spiriti maligni13: l’opera di conversione
implicava uno sradicamento dell’antica religione pagana che
inizialmente non era facilmente distinguibile dalla magia e dalle
pratiche superstiziose14. Forse è proprio per questo motivo che
era possibile, specialmente nei primi secoli del Cristianesimo,
che un individuo celebrasse riti religiosi, superstizioni o magici15
senza che questo costituisse un’incongruenza. Inoltre, poiché il
risultato desiderato poteva anche del tutto casualmente
realizzarsi, è assai probabile che i riti magici fossero considerati
efficaci nella maggior parte dei casi. Con il processo di

Kiechhefer 1989, Klaniczay 1990, Meyer 1971, Petzoldt 1990, Scribner 1990,
Storms 1948, Tambiah 1993, Thorndike 1923.
11
Kieckhefer 1989, p. 10.
12
Kieckhefer 1989, pp. 36-37.
13
Kieckhefer 1989, p. 10.
14
Nel tentativo di dare una definizione di magia, osserva Mauss: “una religione
chiama magici i resti di antichi culti, anche prima che abbiano cessato di essere
praticati religiosamente” (Mauss 1950, p. 12).
15
Secondo Mauss il rito magico si distinguerebbe da quello religioso poiché esso
non apparterrebbe ad un culto organizzato (Mauss 1950, pp. 18-19).

41
conversione al Cristianesimo crebbe dunque una certa ambiguità
di atteggiamento nei confronti della magia; essa venne
inizialmente identificata come pratica connessa ai demoni, spiriti
mediatori, assimilati, come si è detto, alle divinità pagane, che
venivano invocate durante i riti di divinazione. Gli intellettuali
cristiani aborrivano l’arte magica poiché, credendo in essa,
l’essere umano dimostrava di non accontentarsi dell’ordine dato
da Dio all’universo: la convinzione di poterlo modificare veniva
considerata frutto di un’illusione diabolica. Allo stesso modo,
agli occhi dei pagani, i riti dei Cristiani apparivano come opere di
magia16 e solo quando il Cristianesimo pose delle solide basi
anche teoriche e dogmatiche fu possibile chiarire la distinzione
tra il miracolo divino e la magia.
Le perplessità maggiori, come fece notare J. Grimm, tra i
primi ad occuparsi di tale argomento in ambito germanico,
nascevano in primo luogo nell’osservare come per tutto il
periodo medievale la trasmissione dei testi avvenisse
materialmente per mano di un copista incaricato di rimuovere
ogni traccia di paganesimo, di magia e di eresia. Come si è visto,
il Cristianesimo, nei confronti del soprannaturale, si pose fin
dall’inizio in un duplice rapporto: da una parte la magia, con una
connotazione negativa, demoniaca e pagana che si esprimeva
attraverso il maleficium e dall’altra il miracolo, il soprannaturale
cristiano che si manifestava tramite il remedium, ovvero
preghiere, atti o oggetti che la gente comune poteva usare per
indurre la divinità a ripetere il miracolo; quest’ultimo aspetto,
tuttavia, non veniva in nessun modo inteso come “magico”17. I
riferimenti espliciti alla magia nell’Antico18 così come nel Nuovo
Testamento19 sono tutti di condanna, e il Cristianesimo usava il
termine “magia” nell’accezione, con chiara connotazione

16
Kieckhefer 1989, pp. 36-37.
17
Dal punto di vista di un pagano, i miracoli operati da Cristo potevano essere
interpretati, e sono in parte stati, come opere di magia: si pensi alle numerose
guarigioni (L 9: 43-8; M 7: 32-4; G 9: 6, ecc.). Per gli autori Cristiani la differenza
stava nel fatto che la magia era opera dei demoni, mentre i miracoli erano opera
divina.
18
Si vedano: Esodo 22:18; 7: 8-13.
19
Si veda ad esempio la storia di Simon Mago (Atti degli Apostoli 8: 9-24).

42
negativa20, di magia daemonica; in un secondo momento,
nell’ambito del dibattito filosofico del Neoplatonismo, il termine
“magia” acquista un altro aspetto, più positivo, che porterà, a
partire dal XIV secolo, all’idea della cosiddetta magia
naturalis21. Gli incantesimi curativi e protettivi non venivano
considerati per la loro natura, ma per il loro fine; in questo senso
la “magia” cristiana si presenta come una difesa contro il diavolo
e contro i diversi tipi di demoni, ai quali, sotto forma di vermi o
altri animali, era attribuita la causa di malattie e disgrazie.
In epoca Medievale tali incongruenze persistettero presso le
diverse popolazioni germaniche: la conversione avvenne con
modalità e tempi diversi a seconda dei popoli e in area tedesca fu
fortemente voluta da Carlo Magno, il quale desiderava dei sudditi
fedeli e inquadrati in un sistema gerarchico ben strutturato che la
Chiesa avrebbe potuto garantire meglio di qualsiasi altra
istituzione. Tuttavia, anche dopo la conversione, molte usanze,
riti e credenze della tradizione restarono in uso a livello
personale, anche se talvolta “contaminati” da elementi cristiani.
A questo proposito basterà ricordare la sopravvivenza del culto
dell’albero sacro presso i Longobardi22.
E’ nota, inoltre, la credenza nella magia attribuita alle reliquie
e alle effigi dei Santi e non sorprende, quindi, come la croce,
certe espressioni liturgiche, le invocazioni a Dio, alla Vergine, ai
Santi e agli angeli venissero usati come talismani o introdotti
negli incantesimi per il loro potere “magico”23. Queste riflessioni
sono confermate dai libri paenitentiales, dai quali apprendiamo
che nel Medioevo in area germanica era punito il culto degli
alberi, dei boschi, del sole e della luna, era peccato credere agli
indovini e alle divinazioni di vario tipo, così come la
preparazione di pozioni amorose e l’uso improprio di oggetti
sacri e dei sacramenti; le parole magiche che fossero associate
all’uso delle erbe dovevano essere sostituite con delle preghiere,
mentre l’uso di amuleti e di incantesimi da appendere al collo
come protezione dalle avversità andava sostituito con croci e
20
Kieckhefer 1989, pp. 9-10, 33.
21
Kieckhefer 1989, p.12.
22
Gasparri 1983, pp. 79-81.
23
Cardini 1979, pp. 4-21; Kieckhefer 1989, p. 80.

43
reliquie dei santi. Ma, allo stesso tempo, la Chiesa permetteva di
recitare benedizioni per ogni singola malattia o disturbo. I
monaci del periodo alto-medioevale adottarono delle forme di
magia medica, usavano, cioè, quella che i posteri avrebbero
chiamato “magia” e ricorrevano se necessario ai poteri
terapeutici delle erbe, oppure ad incantesimi per scacciare i
demoni che provocavano le malattie24. Tali rimedi, che
appartengono a quella che oggi definiremmo “magia simpatica”
o “analogica”, la quale poteva manifestarsi in diversi modi, come
ad esempio similia similibus, contraria contrariis e pars pro
toto25, non venivano solitamente considerati “magici”, ma
facevano parte del complesso di credenze che sarebbero poi
confluite nella medicina. La magia curativa, o “medicina
popolare” doveva aiutare l’uomo ad equilibrare il suo sistema,
fatto di precise e calibrate proporzioni tra umori e sostanze; essa,
in questa prospettiva, può essere intesa come un tentativo
dell’essere umano di agire su una realtà svantaggiosa e ostile per
modificarla a proprio vantaggio e, quindi, una delle possibili
risposte di fronte ai limiti e alle debolezze che l’individuo si
trovava ad affrontare. In questo modo le contraddizioni tra magia
e medicina, intesa come magia terapeutica, vengono a risolversi.
L’esame storico del concetto di magia attraverso il tempo
consente di affermare che la necessità di distinguere e chiarire
termini quali “magia”, “scienza”, “medicina”, “religione”,
“superstizione” nasce da un’esigenza moderna26. La distinzione

24
Kieckhefer 1989, pp. 72-75.
25
Hampp 1961, pp. 60-61.
26
Molti antropologi si sono occupati di queste problematiche, a partire da Tylor e
Frazer, i quali tentarono di inserire le categorie della magia, della scienza e della
religione negli schemi evoluzionistici. Secondo Frazer, i cui studi, sebbene in gran
parte superati, costituiscono ancora oggi un punto di riferimento imprenscindibile,
la magia sarebbe analoga alla scienza, poiché sia il mago che lo scienziato,
affidandosi alle proprie conoscenze, rifiutano di invocare forze superiori. La
differenza più evidente tra magia e religione risiederebbe principalmente nel tipo di
atteggiamento che l’individuo dimostrava nei confronti delle forze superiori da un
lato e dei propri mezzi dall’altro. A questa visione si oppose Levi-Strauss, secondo
il quale la magia, essendo essa stessa un sistema ben articolato, non poteva essere
considerata un principio, un abbozzo o una forma primitiva di scienza; magia e
scienza potevano essere definiti come due modi di conoscenza anche se diseguali

44
tra magia, superstizione, religione e scienza non si esaurisce
nell’esaminare il contesto storico-culturale di riferimento, ed è, a
mio avviso, utile anche basarsi su quelle che possono essere
considerate le componenti comuni a tutti gli esseri umani. La
magia e la superstizione fanno leva sul livello emozionale
dell’uomo, in particolare sulle paure che da sempre l’essere
umano prova e da cui tenta di liberarsi, soprattutto la paura delle
malattie e della morte. La scienza e la tecnologia appartengono al
livello mentale, razionale dell’essere umano, sia che si prenda in
considerazione l’uomo primitivo, sia quello di oggi; la religione
risponde, invece, ad un bisogno più profondo e più intimo
dell’uomo, che parte dal livello spirituale e che prescinde dal tipo
di religione. Sovente livello spirituale ed emozionale si possono
confondere, anche perché, normalmente, sono entrambi coinvolti
nella pratica rituale di una religione. Se la magia e varie forme di
superstizione sopravvivono ancora oggi, serpeggiando al di sotto
di una società razionale e tecnologica, di cui ne utilizzano anche
gli strumenti27, si può affermare, a mio avviso, che esse
rispondono ad un bisogno atavico dell’essere umano, quale la
necessità di placare la tempesta di paure che da sempre affollano
e talvolta offuscano la mente dell’uomo.
Come vedremo, gli incantesimi di area tedesca nascono dal
desiderio di allontanare malattie, pericoli, disturbi della vita di
ogni giorno28: è possibile affermare, quindi, che siano opera di
persone che lottano contro la paura di ammalarsi o di rimanere
senza di che vivere (quindi, in ultima analisi, paura della morte),
persone, cioè, molto più vicine a noi di quanto non siamo
disposti ad ammettere.

nei risultati teorici e pratici (Frazer 1992, pp. 72-84; Tylor 1970; Levi-Strauss
1964).
27
Mi riferisco, ad esempio, alle migliaia di pagine web dedicate, a vario titolo, al
mondo dell’occulto; tra i siti italiani, per citarne solo alcuni: www.magia.it,
www.magianuova.com, www.magiaonline.net, www.dimensionemagica.com,
www.magiaitalia.it, www.stregoneria.it.
28
Hampp 1961, pp. 58-59.

45
È importante stabilire ora se e in quale misura sia possibile
parlare di uno “specifico magico” e definire che cosa rende un
enunciato, o una enunciazione classificabile come “magia”.

0.5 La parola magica

Per poter individuare i presupposti linguistici e teorici della


magia è utile forse ricordare che lo strumento magico per
eccellenza è la potenza evocatrice ed espressiva della parola.
Conoscere correttamente il nome29 proprio di una persona o di
qualsiasi entità equivale ad agire operativamente su di essa30. In
linguistica, questa forza pragmatica della parola è detta
“performatività”. Per via di questa forza, negli incantesimi di tipo
medico-curativo occorreva rivolgersi a un demone, con
l’elencazione più completa possibile dei suoi nomi, in modo da
esorcizzare ogni forma sotto la quale esso avrebbe potuto
presentarsi31.
L’importanza dell’incantesimo viene messa in luce, in
linguistica, da Malinowski, il quale lo considera il tratto
distintivo più importante del rito32, poiché le parole sono dotate
di elementi che generano poteri magici: analizzando i tre
elementi fondamentali della pratica magica (formula, rito e
condizione dell’officiante), egli mise in luce il potere creativo
della parola sacra, paragonandolo al carattere obbligatorio delle
formule legali e arrivò a definire la sua potenza in termini quasi

29
Il nome agisce in quanto una pars pro toto della persona e rimanda quindi alla
magia analogica (Hampp 1961, p. 63).
30
Pur non avendo analizzato la magia da un punto di vista strettamente linguistico,
Frazer osservò che presso alcune tribù di selvaggi il nome proprio veniva
considerato come parte integrante di sé, in quanto indice di attribuzione di un
legame vero e sostanziale tra nome e persona (Frazer 1992, pp. 72-84).
31
A questo proposito sarà utile accennare che anche presso gli Assiri e Babilonesi
si pensava che le malattie fossero dovute a spiriti malvagi, contro i quali era
possibile combattere solo con la magia (Thorndike 1923 vol. I).
32
Il ruolo del linguaggio negli atti rituali è stato studiato anche da Wittgenstein in
quanto espressivo e performativo (Wittgenstein 1978).

46
austiniani “dire è fare”. In virtù della forza evocatrice della
parola, all’incantesimo, che è una sequenza di parole, viene
attribuito il potere di creare una sequenza di immagini e quindi di
trasformare il corso naturale degli eventi.
L’efficacia di un incantesimo, che da sempre accompagna
azioni collettive o individuali in tutte le società e presso tutti i
popoli33, si basa, come si è visto, sulla fiducia nella potenza
creatrice della parola, caratterizzata da una mancata distinzione
tra segno e referente esterno: denominare equivale, cioè, a
possedere, a creare.
Nel mondo germanico l’importanza attribuita alla parola si
manifesta in modo ancora più evidente in ambito giuridico, dove
la parola veniva chiamata ad agire per se stessa, “magicamente”,
si pensi al concetto, ad esempio, di dichiarare qualcuno
“friedlos”. Allo stesso modo, è nota presso i germani
l’importanza del giuramento come mezzo di affermazione della
ragione: il giuramento in origine altro non era che un
incantesimo, poiché solo alla magia era concesso di intendere il
volere del fato e quindi il “futuro” dei singoli individui in cerca
di giustizia.
Si può affermare, inoltre, che un atto di parola, per essere
considerato “felicemente riuscito”, deve avvenire all’interno di
una procedura convenzionalmente accettata con effetti e con
attori in grado di portarla a termine; in altri termini, un enunciato
non può essere mai disgiunto dall’esecuzione puntuale di un
rituale. La formula e il rito vanno sempre riferiti ad un contesto
convenzionale o culturale, cioè quell’insieme di credenze e
comportamenti che hanno la loro radice nella mitologia di un
popolo. Era piuttosto frequente che le parole da pronunciare in un
incantesimo dovessero essere accompagnate da alcune azioni,
come ad esempio sputare o toccare la terra: l’azione era parte
integrante della formula; nel caso specifico, lo sputo aveva la
funzione di espellere ogni tipo di umore o presenza negativa dal
corpo e stabiliva, allo stesso tempo, un parallelo tra la saliva e
l’entità negativa da eliminare, mentre toccare la terra serviva ad
33
Presso gli Egizi è nota l’importanza del rito funebre, secondo il quale al defunto
non era possibile accedere al regno di Osiride senza conoscere e recitare le formule
magiche del Libro dei Morti (Seppilli 1962, pp. 14-105).

47
attirare le forze nascoste nelle sue viscere. Altre volte
nell’incantesimo poteva comparire un’indicazione precisa sulle
modalità e sui tempi di esecuzione, ad esempio poteva essere
specificato che un certo rito dovesse essere recitato all’alba, o
che si dovesse compiere un certo movimento con la mano
sinistra; l’alba rappresentava il momento della rinascita del
giorno nuovo, in cui le energie cosmiche erano al massimo del
loro vigore, la sinistra, al contrario della mano destra,
rappresentava l’inattività, la dimensione della mancanza, della
privazione e di ogni affidabilità e dignità; proprio per questo
motivo la magia, essa stessa dimensione alternativa, l’ha
prescelta come sua polarità, quale ricettacolo di forze infauste,
ma allo stesso tempo legate a quella zona oscura e misteriosa
dell’esperienza cui la stessa magia fa riferimento.
Si è visto come spesso parole e azioni negli incantesimi si
trovano associate in modo inscindibile34. Già presso gli Egizi
ogni operazione chimica o medica, ogni trattamento veniva
eseguito unitamente alla recitazione di formule religiose,
preghiere e incantesimi, considerati parte integrante
dell’operazione stessa e in questo senso la medicina poteva
essere considerata come una branca della magia. Si potrebbe
obiettare che tale procedimento, in cui la parola viene utilizzata
per veicolare un’azione, si riscontra anche nelle ricette mediche,
di cui abbiamo numerosi esempi nella tradizione germanica,
tuttavia, in tali tipi di testo l’enumerazione degli atti da compiere
(imperativi), a differenza di quanto accade negli incantesimi, non
serve a plasmare la realtà, ma a scandire una successione di atti
magico-rituali35: solo quando il linguaggio diventa azione
abbiamo un incantesimo, anche se in molti casi la distinzione non
è così netta.
L’importanza della parola poteva manifestarsi in vari modi, ad
esempio attraverso la ripetizione meccanica: tutte le volte in cui

34
Un esempio di binomio parola-azione si riscontra anche nelle cosiddette tabulae
defixionis di epoca romana: l’obiettivo della defissione è di sottomettere un essere
umano alla propria volontà, non solo attraverso delle precise parole magiche, ma
con un rituale le cui azioni cambiano a seconda dell’epoca e del tipo di defissione
(Graf 1995, pp. 116-132).
35
Buzzoni 1996.

48
un individuo ricorreva ad una formula magica, era tenuto a
ripeterla senza cambiarne parola, tono o gesto di
accompagnamento, pena l’annullamento dell’effetto36. In questo
caso, la parola non agiva in quanto evocatrice di immagini, ma
per la sua carica di contenuti emotivi; essa risvegliava, cioè, il
senso del misterioso, il fascino della tradizione. La stessa cosa si
può dire per le cosiddette formule magiche “oscure”,
volutamente criptiche, formate da gruppi di suoni dotati di un
carattere fonico fortemente suggestivo e il cui significato risale
ad antichi nomi assiri o egiziani che si sono conservati senza
cambiare37. Tali suoni talvolta riecheggiano, anagrammati, il
nome di entità malefiche o divinità o altri gruppi semantici dal
forte carattere emotivo. In questo caso era assolutamente
necessario che la formula venisse recitata correttamente, pena il
fallimento di tutta l’operazione magica. La parola poteva essere
ulteriormente potenziata dalla presenza di simboli che venivano
ad acquisire una forte connotazione magica, come ad esempio il
cerchio, che rappresentava la perfezione, il quadrato, che
rappresentava la perfettibilità, e quindi l’uomo, mentre il
triangolo poteva assumere diversi significati a seconda della sua
posizione e del suo trovarsi o meno inscritto in un’altra figura; la
croce, al di là dell’interpretazione cristiana che la voleva simbolo
di vita eterna, rappresentava l’ordinamento dello spazio,
l’unificazione di sistemi dualistici; il numero tre, con i suoi
multipli, rappresentava la sintesi di ciò che si manifestava nella
dualità, esso non era solo magico, ma anche l’essenza della
divinità cristiana e il numero sette che, oltre ad essere “magico”
era pregno di significati simbolici cristiani (sette sacramenti, sette
vizi, sette virtù, sette doni dello Spirito Santo, sette giorni della
creazione).
Altra manifestazione dell’importanza della parola è la
narrazione del mito. Come è ben documentato dagli incantesimi
di area tedesca, l’incipit è spesso costituito da un antefatto
mitico, una historiola, ovvero un aneddoto collocato in un
36
In epoca romana, ad esempio, ogni famiglia possedeva il proprio libro sacro
contenente formule, di cui spesso neanche i sacerdoti comprendevano più il
significato, ma che dovevano essere ripetute senza mutarne neanche una lettera.
37
Cfr. Graf 1995, p.212.

49
passato vago e lontano che, nel ricordarlo con parole e gesti,
viene riportato in vita e costretto a ripetersi. Poiché la parola è
evocatrice di immagini, la narrazione del mito sprigiona l’azione
magica desiderata e riporta al presente il mito stesso38. Questo
parallelismo non va confuso con la cosiddetta “magia analogica”
o “simpatica” cui si è accennato nel paragrafo precedente, poiché
tale analogia non serve qui a sottolineare le somiglianze, ma ad
affermare la possibilità di un rapporto tra fatti appartenenti a
categorie diverse, a mettere, cioè, in relazione un avvenimento
mitico con la situazione presente in modo da ricreare le stesse
condizioni e la stessa situazione dell’archetipo39. Il procedimento
analogico vuole stabilire un rapporto di comparazione tra un
avvenimento considerato paradigmatico e una situazione attuale
da modificare. Negli incantesimi il mito ha quindi una funzione
vitale: esso conferisce autorità e dominio sull’oggetto e
rappresenta un “precedente” avvenuto in un tempo mitico che è il
paradigma, la causa e il come di tutto ciò che esiste: conoscere il
mito sull’origine di un qualsiasi fenomeno e rivivendolo nel rito,
conferisce potere sul fenomeno stesso ed è il mezzo a
disposizione dell’essere umano per venire in contatto con il sacro
e per controllare la natura. Il racconto mitico non ha mero valore
informativo ma performativo, in quanto garantisce il ripetersi
degli eventi narrati40. Questa affermazione è molto rilevante e
porta con sé una conseguenza di notevole portata: che non ha
nessuna importanza se il mito narra di una guarigione operata da
Cristo o da un Santo o se è invece legato a divinità pagane, si
tratta sempre e comunque di un uso magico del linguaggio. Come
si vedrà nel corso di questo studio, negli incantesimi di area
tedesca si è riscontrato un gran numero di casi in cui la historiola
è tratta da un racconto biblico41.
38
Seppilli 1962, pp. 79-80.
39
Tale procedimento esisteva già presso gli Egizi: gli incantesimi per guarire dal
veleno dei serpenti erano preceduti dal racconto del mito di Iside e Rha, poiché
esso rappresentava il precedente che avrebbe consentito alla formula finale di
agire.
40
Si veda in proposito l’ampia discussione in Buzzoni 1996 cap.1.
41
Ad esempio gli incantesimi contro i vermi in cui compare la figura di Giobbe, o
gli incantesimi per fermare il sangue in cui si evoca il battesimo di Cristo nel
Giordano.

50
Diverso è l’atteggiamento dell’essere umano verso il divino
nelle preghiere, in cui si assiste, solitamente, a una richiesta di
intercessione indirizzata ad un essere ritenuto superiore; la vera
potenza non risiederebbe nella parola in sé, ma nella divinità.
L’invocazione alla divinità è presente anche nei testi magici,
poiché il rapporto con le potenze spirituali è considerato vitale ed
efficace, ma, mentre negli incantesimi l’invocazione di un
mediatore è un’azione transitiva, che si esaurisce nell’obiettivo di
facilitare il movimento di comparsa o scomparsa di un’entità
malefica o benefica, nelle preghiere è essa stessa, la messa in
comunicazione col mediatore, a esaurire il contenuto della
formula; in altre parole si può affermare che, mentre negli
incantesimi l’invocazione è un mezzo, nelle preghiere è il fine.

0.6 Discussione sulla problematica dei generi.


0.6.1 Panorama storico

Il dibattito sui generi letterari nacque in Grecia tra il VI e il V


secolo a. C., quando alcuni filosofi cominciarono a esaminare le
forme poetiche allora esistenti per comprendere il loro
funzionamento. La più antica testimonianza di un approccio
critico ai generi letterari è contenuta nel terzo libro de La
Repubblica (IV sec. a. C.) di Platone, a cui seguì la Poetica di
Aristotele, un vero e proprio sistema teorico che ancora oggi è il
punto di partenza di quasi tutte le riflessioni sulla letteratura. Nel
corso del Medioevo, lo scarto tra principi teorici ed effettiva
applicazione pratica si faceva sempre più ampio, mentre
cominciavano a proliferare numerosissimi generi nuovi. Soltanto
fra i generi minori, Jauss42 ricorda il proverbio, la parabola,
l'allegoria, la favola, l'exemplum, la leggenda, la fiaba, il fabliau,
la novella; alcuni erano generi antichi rivisitati in chiave
medievale come, ad esempio, la favola, altri erano totalmente
nuovi, come nel caso della novella. Tutte queste forme letterarie

42
Jauss 1972, pp. 108-123.

51
erano di tradizione orale e popolare ed erano, quindi,
difficilmente classificabili secondo canoni classici. Ad esempio,
la correlazione tra scelta degli stili e materia trattata si era già
spezzata con Agostino, nel tentativo di conciliare la teologia con
la concreta istruzione di fedeli.
A partire dal XIX sec. il concetto di genere perse l'antica
accezione di somma di regole fisse e immutabili e ritornò ad
essere lo strumento descrittivo che era stato in origine, capace di
analizzare i mutamenti diacronici e trans-nazionali delle varie
forme letterarie. E gli studiosi cominciarono ad apprezzare il
valore di un'opera all'interno di una tradizione, la quale a sua
volta era da considerare all'interno di una determinata cultura in
contatto con altre culture. Non più un giudizio assoluto di un
testo, quindi, ma una valutazione relativa al tempo, al luogo e al
contesto della scrittura di questo. Alla fine del secolo, Brunetière
provò ad applicare il darwinismo allo studio dei generi letterari,
spiegando, attraverso tesi evoluzionistiche, il procedimento
genetico che aveva prodotto la moltiplicazione e differenziazione
dei generi.
Nel XX sec. le discipline umanistiche hanno tentato di darsi le
basi teoriche per una ristrutturazione in senso scientifico: non
solo osservazioni casuali, ma analisi dei fenomeni. Nello studio
della letteratura, alle categorie filosofiche, da sempre presenti, si
sono aggiunti principi derivanti da studi sociologici, semiotici,
linguistici, antropologici.
Allo stato attuale, nonostante la moltiplicazione degli approcci
critici è possibile definire due linee critiche fondamentali: le
posizioni di natura astratta, atemporale e deduttiva e quelle di
natura storica, diacronica e induttiva.

0.6.2 Categorie testuali. Textsorten

Oggi il termine “categoria testuale” (Textsorte) viene usato in


generale come etichetta per definire qualsiasi testo che presenta
delle qualità che lo caratterizzano in modo inequivocabile e lo

52
distinguono da altri testi. Questo termine è usato in modo
generico, ma per una definizione più scientifica e “tecnica” si usa
“tipologia testuale” (Texttyp). Per poter effettuare ulteriori
differenziazioni all’interno di una categoria testuale, ci si basa
generalmente sul criterio della “funzione del testo”, stabilito sulla
base delle espressioni linguistiche, secondo cui si avranno, ad
esempio: testi informativi (notizie, recensioni, libri tecnici,
manuali), testi appellativi (annunci pubblicitari, mozioni, leggi),
testi vincolanti (contratti, garanzie), testi comunicativi
(ringraziamenti, lettere di condoglianze, cartoline augurali), testi
dichiarativi (testamenti, documenti di nomina). Se invece tale
distinzione viene fatta secondo criteri contestuali (situativi)
avremo una differenza tra forma di comunicazione (dialoghi,
telefonate, trasmissioni radiofoniche e televisive, lettere ai
giornali) e campo di azione (privato, ufficiale, pubblico) che
influenza profondamente la struttura di un testo.

0.6.3 Tipi di testo in antico alto tedesco

Se si prende in considerazione la produzione letteraria di un


popolo o di una lingua nel suo insieme, la discussione può
articolarsi su vari piani: se la si analizza sul piano diacronico si
arriva a considerare la stessa storia della letteratura e della lingua
come storia dell’evoluzione di generi. Si può affermare, infatti,
che la storia di una lingua sia essa stessa la storia della nascita e
dell’evoluzione di varietà linguistiche e di tipi di testi che, a
seconda degli scopi comunicativi, si sono configurati nelle
diverse realtà. È un dato di fatto poi che nel corso della storia si
sia avuto un incremento della produzione scritta e una sempre
maggiore differenziazione tra i generi, ma, allo stesso modo,
alcuni generi sono scomparsi o si sono modificati nel tempo.
Se prendiamo in considerazione la produzione letteraria di area
tedesca, a partire dai documenti del tedesco antico è possibile
individuare, secondo le classificazioni comunemente

53
riconosciute43, otto gruppi principali, a seconda del tipo di
contesto per cui sono stati prodotti: a) scritti ad uso scolastico,
quali glosse e glossari, esercizi di traduzione, tra i quali i più
importanti sono quelli effettuati da Notker, b) scritti ad uso della
liturgia come testi catechetici e liturgici e la regola benedettina,
c) scritti che dovevano servire nella prassi quotidiana, come
iscrizioni runiche, glosse mediche e incantesimi, d) opere della
letteratura edificante, cioè le poesie cristiane come il Muspilli e le
opere di Otfrid, e) documenti conservati per interesse antiquario,
tra i quali si annoverano in particolare Il carme di Ildebrando e
l’Abecedarium Nordmannicum, f) documenti di uso
amministrativo, che nel periodo antico si riducono solitamente a
dei nomi propri conservati in documenti, g) documenti inerenti
alla politica, quali la traduzione della Lex Salica, il Giuramento
di Strasburgo e il Capitolare di Treviri, h) testi che
contribuiscono alla formazione di una memoria collettiva quali il
Canto di Ludovico, De Henrico e la Vita Caroli.
A partire dal XII sec. la situazione linguistica e culturale
dell’area tedesca si modificò completamente e si cominciarono
ad avere anche altri tipi di testo. La produzione scritta non fu più
soltanto appannaggio dei monasteri, ma si estese anche ai laici.
Ai tipi di testo prodotti nel periodo antico se ne aggiunsero di
nuovi, in particolare la poesia eroica, la letteratura cavalleresca,
testi giuridici veri e propri, testi collegati al movimento della
mistica e la cosiddetta Fachliteratur.
Per comprendere il concetto di Fach- o Sachliteratur bisogna
fare riferimento a quello che era considerato il percorso didattico
obbligatorio nel periodo medievale, in particolare dopo la nascita
delle Università. Allora, lo studio era articolato secondo la
distinzione delle sette arti liberali: il Trivium, che comprendeva
la grammatica, la retorica e la dialettica e il Quadrivium che
comprendeva l’aritmetica, la geometria, la musica e l’astronomia.
A queste si aggiunsero le cosiddette Artes Mechanicae o
mestieri, come la tessitura, l’edilizia, la caccia, la pesca,
l’agricoltura (e anche la botanica), l’economia domestica (e in
particolare la cucina), l’arte della guerra, la navigazione, il

43
Schwarz 2000, pp. 1222-1226.

54
commercio, la veterinaria (in particolare la cura dei cavalli), la
medicina, la magia, il diritto. I manuali che si producono nel
medioevo su questi argomenti compongono il variegato
panorama della Fachliteratur o letteratura tecnico-specialistica.
In questo contesto, sostiene Eis44, anche gli incantesimi possono
essere inseriti tale categoria, poiché, al pari delle ricette
mediche, si prefiggono uno scopo ben determinato; alcuni
studiosi, come ad es. Crossgrove45, non concordano su questo
punto, e considerano gli incantesimi come opere letterarie.

Quale che sia l’approccio prescelto non va mai dimenticato


che, nell’ambito della produzione letteraria di area tedesca in
epoca alto-medievale, si ha a che fare con testi prodotti in ambito
ecclesiastico che ancora non sono, se non in piccola parte,
letteratura nel senso “moderno” del termine; questo è dovuto
principalmente al fatto che, come è noto, nella cultura germanica
antica la trasmissione delle conoscenze si realizzava oralmente,
e, nel momento dell’acquisizione della scrittura, avvenuta in
seguito alla conversione al Cristianesimo, la produzione di testi
scritti riguardò in un primo momento quasi esclusivamente la
lingua latina. Tutto questo avrà notevoli conseguenze sul genere
di produzione letteraria in lingua volgare, la più evidente delle
quali è che quanto ci è pervenuto per iscritto rappresenta solo una
piccola parte del complesso di conoscenze tramandate oralmente.

0.6.4 Distinzioni e criteri

Sul piano sincronico è importante fissare dei criteri che


permettano di fare delle distinzioni all’interno del genere
letterario prescelto per l’analisi. Pur senza voler costruire delle
categorie rigide, sarebbe importante, ogni volta che ci si trova

44
Eis 1967, p. 61.
45
Crossgrove 1994, p. 41.

55
davanti ad un qualsiasi testo, poter individuare quelle
caratteristiche che lo rendono riconoscibile in un “genere”.
Nel caso degli incantesimi, la complessità del problema è
dovuta principalmente alla difficoltà di stabilire se è lecito
parlare di un vero e proprio “genere” magico, in opposizione ad
altri generi letterari, e, se sì, a stabilirne dei confini interni, e in
un secondo momento, riuscire a individuare quali sono gli
elementi di base che permettono di riconoscere un testo come
“incantesimo”. Tale distinguibilità è di fondamentale importanza,
poiché, proprio la fluidità di confini tra incantesimo, benedizione,
formula magica e scongiuro ha creato delle notevoli difficoltà
nell’approccio a tali testi. A conclusione di questa analisi si
tenterà quindi di individuare quegli elementi che permettono di
attribuire un testo al genere “incantesimo” e allo stesso tempo di
stabilire, sebbene con una certa elasticità, quali possano essere i
criteri per distinguere un incantesimo da una benedizione o da
una preghiera.

56
1. RIMEDI VERBALI CONTRO LE MALATTIE
DELL’UOMO E DEGLI ANIMALI

1.0 Contro le infermità paralizzanti dei cavalli

Questo gruppo di incantesimi è rivolto a tutte quelle patologie


o incidenti che rendono il cavallo incapace di camminare; tali
disturbi possono essere principalmente di due tipi: l’azzoppatura
(che può essere dovuta ad un incidente) e la paralisi (intesa come
sintomo di altre malattie), anche se esse, in ultima analisi,
portano entrambe allo stesso risultato: l’immobilità del cavallo.
Incantesimi che trattano lo stesso genere di infermità sono
diffusi in un territorio geografico molto vasto, in particolare in
area tedesca, inglese, scandinava e slava, ma, pur essendo
testimoniati in un arco di tempo lungo più di mille anni,
sembrano non avere precedenti modelli latini1. La maggior parte
di essi hanno una struttura bipartita in cui la prima funge da
“antefatto mitico”, in cui si racconta di come una volta il cavallo
sia stato guarito e la seconda propone di ripetere tale guarigione
mediante la recitazione dell’incantesimo stesso. Ad essi,
mescolandosi ad elementi originali, si accostano e si intrecciano
diversi motivi, che col procedere del tempo si confondono tra
loro. Tra questi, il cosiddetto “motivo dell’incontro” (! Ad
equum errehet, Incantacio contra equorum egritudinem, Secondo
Incantesimo di Merseburg) in cui la formula viene preceduta dal
racconto di come il Signore, avendo incontrato lungo la via il
soggetto infortunato, avesse fatto sparire la malattia. Interessante
è ancora l’antichissima formula “osso con osso” (! Secondo
Incantesimo di Merseburg) che si tramanda da secoli in vari
contesti e presso culture diverse e distanti fra loro.

1
BS. VIII, 1615-1621.

57
1.1.1 AD EQUUM ERR!HET
(St. LXVI,2)

Nella prima parte di questo testo compare la forma dialogica con


impronta cristiana la quale, pur essendo un espediente abbastanza
in uso nel periodo medievale, non è presente in altri incantesimi
aat. Qui l’introduzione narrativa, o archetipo mitico, non
riecheggia i racconti delle sacre scritture o dei testi leggendari
cristiani, come avviene, ad esempio, negli incantesimi per
fermare il sangue, ma, pur riferendosi evidentemente al Dio
cristiano, ricalca moduli di pensiero tipicamente magici. Pur
essendo un testo molto conosciuto e inserito nelle diverse
antologie, esso non è stato finora oggetto di studi approfonditi.

Testo (alemanno2, XII sec.)

Ad equum err!het
Man gieng after wege,
zoh sin ros in handon.
do begagenda imo min trohtin
mit sinero arngrihte.
“wes, man, gestu?
zu neridestu?”
“was mag ih rîten?
min ros ist err!het.”
“nu ziuhez da bi fiere,
tu rune imo in daz ora,
drit ez an den cesewen fuoz:
so wirt imo des err!heten b"z”.
Pater noster. et terge crura eius et pedes, dicens “also sciero
werde disemo -cuiuscumque coloris sit, rot, suarz, blanc ualo,
grisel, feh - rosse des err!heten buoz, samo demo got da selbo
b"zta”.

2
Wipf 1992, p.279; VL I, 28.

58
Traduzione
Per il cavallo paralizzato3.
Un uomo andava per la strada, conduceva il suo cavallo con le
mani.
Allora il mio Signore4 lo incontrò, con la sua carità5: “Uomo,
perché vai a piedi e non cavalchi?”. “Come faccio a cavalcare? Il
mio cavallo è paralizzato”. “Orsù, tiralo là da una parte6,
sussurragli7 nell’orecchio, dagli una pedata al piede8 destro9. Così
gli guarisce la paralisi.”
[Di’ un] Padre nostro e strofina la sua zampa e il suo piede
dicendo: “Questo cavallo - di qualunque colore sia, rosso, nero,
bianco, fulvo10, grigio, maculato11 - guarisca12 così velocemente13
3
Aat. errehet, irreiht (agg.) “irrigidito”: si tratta di un termine di etimo incerto ma
piuttosto frequente negli incantesimi analizzati. L’agg. è attestato in mat. anche
come rêch, rac, rach, riech ed è usato per designare la rigidità articolare: dîn pfert
ist ze ræhe (Arzneibücher XII-XIII sec.); ræhe può essere anche sost. f. col
significato specifico di “rigidità articolare del cavallo”. Dalla radice reh- deriva il
sost. gerâys (gen. sg.) “paralisi, azzoppatura”(! Ad equum infusum). La paralisi
articolare reumatica poteva essere di diversi tipi a seconda della causa: in ted. si
distinguono infatti Wasserrähe, Mauchelrähe, Windrähe, Futterrähe a seconda che
tale rigidità fosse provocata dal bagno in acqua fredda, dal troppo calore, dal vento
freddo o dall’eccesso di cibo. Contro tale tipo di paralisi venivano solitamente
consigliati dei salassi da effettuarsi in posti diversi a seconda del tipo (Ahd. Gll.
IV, 369; BMZ II, 1, 548; Eis 1964, p. 55, p. 97; DeVr. 445; G. II, 383; Kl. 664; Kö.
621, 868; Lex. II, 335; Pk. 863 ; StW. 470).
4
Dolfini (1967, pp. 648-649) interpreta trohtin nella presente formula come
“signore” in senso magico, pagano, cioè come personificazione mitica di una forza
magica, ma questa ipotesi sembra a mio parere scontrarsi con l’evidente contesto
cristiano.
5
Il termine aat. arngrihte è attestato come êragrêhti “carità, pietà, misericordia”,
presente anche nel Ludwigslied v. 59 in cui compare associato a truhtin: Gihalde
inan truhtin bi sinan ergrehtin. Il termine si collega all’agg. aat. greht, gareht
“retto, giusto” (G. I, 444; G. II, 412; G. II, 410).
6
Aat. fiere è un sost. f. –! “parte, lato” (Kö. 260; G. III, 579).
7
Aat. rune, imperativo del vb. db. r"nen, r"n!n “mormorare, sussurare”, il quale,
etimologicamente affine a “runa” nel senso di “segno runico”, possiede una forte
connotazione magica (G. II, 526; Kl. 670; Kö. 902; Pk. 867; ScG. 247).
8
Aat. fuoz (acc. sg.): si tratta di un sost. m. –#, attestato anche come foaz (VIII-XI
sec.), fuaz (IX sec.), mat. vuoz, vûz, vôz (pl. vuoze, vüeze) ted. Fuß (G. III, 733; Kl.
293; Kö. 340; Lex. III, 579; Pk. 790; ScG. 162; StW. 184).
9
L’agg. zeso “destro” è ben attestato in aat. anche come sost. f. zesawa, zesawi “la
destra, il lato destro” (Kö. 1312).
10
Aat. ualo, falo (agg.) “marroncino, fulvo” (Kö. 244).
11
Aat. f$h (agg.) “variopinto, maculato”.

59
dalla paralisi come Dio guarì quello stesso.”

Confronti
• Nell’incantesimo appena esaminato non viene specificata quale
sia la formula da sussurrare all’orecchio, a differenza di quanto
avviene nel testo n. 1 dell’Appendice:
«Al cavallo paralizzato di’ queste parole nell’orecchio del cavallo:
Pietro ti dice: “Giobbe cavalca per me a Roma”, “non posso,
signor maestro, il mio cavallo è paralizzato”; “Digli nel suo
orecchio tre parole così come è vero che lo Spirito Santo è figlio
della mia madonna Santa Maria”».

• a tale riguardo si veda anche Appendice n. 4;


• il termine errehet è presente anche in Appendice n. 11.

Tradizione manoscritta
Nel cod. nouv. acquis. lat. 229 della Bibliothèque Nationale di
Parigi, f. 10r.
Descrizione14: membr. 147 x 112 mm. miscellaneo e composito.
Rilegatura in pelle marrone con stemma d’oro dell’arcivescovo
Le Goux e, nell’interno della copertina posteriore, la scritta “29”.
Le pp. 233-364 sono numerate a matita ed appartenevano a un
codice del XII sec. della collezione dell’arcivescovo Charles Le
Goux di Narbona († 1719) il quale lo lasciò in dono ai Gesuiti. E’
poi giunto nella Bibliothèque Nationale nel 1873.
Il ms. contiene opere riguardanti la medicina e precisamente:
ff. 1-2r: Antimo, De observatione ciborum epistula (consigli per
la dietetica);
f. 2r: calendario dietetico;
ff. 2r-2v: De venis (consigli per i salassi);

12
Si tratta di un vb. db., attestato anche come bozzon, piuzzin, gibuozen “espiare,
ristabilire, guarire”, mat. gebüezen, di cui esiste anche il sost. buoza “penitenza,
espiazione, miglioramento”, mat. buoz (sost. m.) “miglioramento”, buoze (sost. f.)
“penitenza, miglioramento, guarigione”; nel corpus di incantesimi qui esaminati
ricorre molto spesso l’espressione: daz dir ze boze “questo per te per la guarigione”
(G. III, 224-227; KGF I, 1512, 1515, Kl. 147).
13
L’avv. sciero “presto, velocemente, subito” si può ricondurre all’agg. scior,
scero, sceri “veloce, sagace” (Kö. 962; G. VI, 533, 536).
14
Wickersheimer 1966, pp. 136-139; Beccaria 1956, pp. 171-180.

60
ff. 2v-3r: Sapientia artis medicinae (informazioni sui quattro
umori);
ff. 3r-3v: Quid prosit minuere sanguinem;
f. 3v: Vindiciano, Epistula ad Pentadium;
ff. 3v-4r: De medicamine vulturis;
ff. 4r-8r: prescrizioni medico-magiche in latino: Contra dolorem
capitis et oculorum, Contra dissenteriam;
ff. 8r-9r: calendario per la dietetica (con elementi comuni alla
Dieta Hippocratis e alla Phisica S. Hildegardis);
ff. 9r-10r: incantesimi aat.: Ad equum errehet, Ad fluxum
sanguinis narium, Contra caducum morbum, Contra uberbein,
Contra vermem edentem, Contra vermem pecus edentem.

Edizioni e studi
Haug/ Vollmann 1991, p. 156, pp. 1158-1159; Höver/ Kiepe
1978, p. 42; Miller p. 52; Scherer, 1885, pp. 581-584; VL I, 28;
Wipf 1992, p. 72, p. 279.

1.1.2 AD !QUUM INFUSUM


(St. LXIV,1)

L’incantesimo condivide la stessa pagina, o, per meglio dire,


lo stesso margine di pagina, con Ad pestem equi (! 1.1.3), e,
sebbene in alcune edizioni i due incantesimi vengano trattati
come se si trattasse di uno solo, è importante sottolineare che si
tratta di due testi ben distinti e come tali vengono qui presentati,
riservando una trattazione congiunta solo all’analisi della
tradizione manoscritta.
Nei codici del periodo medievale non è affatto singolare
trovare miscellanee di testi di argomento affine nella stessa
pagina, specialmente quando si ha a che fare con testi di tipo
medico. In questo caso, sebbene l’intestazione si riferisca alla
paralisi, si tratta di un rimedio che poteva essere utilizzato per la
cura di diverse malattie, o meglio “per qualsiasi cosa danneggi”
l’animale.

61
E’ utile sottolineare inoltre che, se si escludono i preziosi
saggi di G. Eis e U. Schwab, sia Ad equum infusum che Ad
pestem equi sono stati finora pressoché ignorati dagli studiosi ed
entrambi pongono ancora numerosi interrogativi.

Testo (francone renano, XII sec.)

Item ad !quum infusum. dic. Xrist vvârd an érthe gebóren. in


críbbi givvôrfen. in slùthere bebúnden. sa uerlóren. Der heilige
Crist b#ce dísime rosse .N. ouervággenes. gerâys. thes
vvâmbíziges. thes vvûrmes. unte álles thes. the íme scathene si.
in nomine domini! Daz tír ze bóze. Pater noster. Post eadem ter.

Traduzione
Similmente per il cavallo paralizzato15. Di’: Cristo nacque sulla
terra, [fu] deposto in una mangiatoia16, avvolto in fasce17, poi fu
ucciso. Il Cristo benedetto guarisca18 questo cavallo - di’ il nome
- dalla azzoppatura19, dalla paralisi20, dalla morva21, dal verme22 e
15
Du Cange IV, 359: infusio vel infustitus vel infunditus, Equorum morbus, qui
accidit ex potatione superflua, vel ex immoderato labore.
16
Il termine críbbi è un sost. f. attestato in aat. come krippa, kripha, crippa “stalla,
greppia, mangiatoia”, as. cribbe (G. IV 588).
17
Qui slúthere bebunden è “avvolto in fasce”, dove slúthere, non attestato altrove,
si collegherebbe etimologicamente con aat. sleht (agg.) “cattivo”, ma anche “liscio,
piano”, da cui deriva anche aat. slehtida “pianura”. Un’altra interpretazione
possibile e molto suggestiva di slúthere bebunden è “legato con corde”, poiché
secondo U. Schwab (1994) slúthere si può ricondurre a germ. *slutila che ha dato
anche aat. sluzzil (sost. m. -%) “chiave”. In questo modo si può ipotizzare un
significato di “qualcosa che serve per chiudere, per legare” e si può rimandare alla
crocifissione di Cristo, che, in certe iconografie, viene interpretato come legato alla
croce per mezzo di corde, invece che con i chiodi. Secondo questa interpretazione
le quattro frasi riassumerebbero la vita di Cristo (nascita e infanzia, crocifissione e
morte): le prime due si riferirebbero alla nascita, le altre due alla morte.
18
Dell’espressione ze boze si noti la tipica oscillazione delle grafie <c>/ <z>,
inoltre ! Ad equum errehet.
19
Il termine aat. ouervággenes (gen. sg.) è collegato etimologicamente con aat.
fahan “prendere” e intfahan (intfahen, intphanen, infahan, anfahan, infahen,
inphahin) “ricevere, prendere”, affine a entphangan “azzoppatura. Si tratta di di un
vb. radd. attestato anche come farfahan, firfahan (al pp.: ferfangen, feruangen,
forfangen) continuato da mat. verv%hen, verv%n (sost. vervanc, vorgang “difetto,
danno”) e ted. verfangen “prendere” ed empfangen “ricevere, accogliere”. Le

62
da tutto quello che lo danneggia. Nel nome del Signore, questo
per te per la guarigione. Padre nostro e poi altri tre.

Confronti
• Il testo Ad uermem qui in caballo est (!), prevalentemente in
latino, contiene alcuni versi in tedesco che riecheggiano il testo
appena esaminato;
• il termine infusus compare anche in Appendice n. 21;
• per ulteriori analogie si vedano anche Appendice n. 3, 19, 23.

Tradizione manoscritta
Nel cod. pal. lat. 1158 della Biblioteca Vaticana di Roma f. 68v
(margine superiore dell’ultimo foglio).
Descrizione23: membr. 335 x 230 mm., datato circa 110024, 68 ff.
(+ foglio di guardia) scritti su due colonne in minuscola carolina
su uno specchio di scrittura di 260 x 165 mm., correzioni coeve.
Sul f. 1v: miniatura a tutta pagina raffigurante attrezzature
mediche.
Ad pestem equi occupa il primo rigo, mentre Ad equum infusum
occupa le successive due righe più altre 4 righe più corte poste a
margine in alto a sinistra. Le due formule sono scritte da una

forme riportate corrispondono al pp. e sono attestate in aat. anche come intfangan,
entfangan, infankun, anfangan, infangan, infankam, inphangan, inphangen,
enfangen Dal vb. aat. fahan “prendere”, vb. ft. III continuato da mat. vahen, vân,
ted. fangen “prendere” < germ. *fahan “prendere”, ie. *p%k-, *p%g “fermare,
fissare” (G. III, 395; G. III, 408; Lex. III, 282-283; Kö. 271; Pk. 787; ScG 152).
20
Il sost. aat. gerâys (gen. sg.) è variante grafica di geraehes < raehe “rigidità”
(delle articolazioni) ! Ad equum errehet.
21
Il termine aat. vvâmbíziges (gen. sg.) risulta piuttosto problematico, tuttavia Eis
(1964) lo mette in relazione con mat. wambete, wambiz “morva”. A mio avviso
potrebbe anche trattarsi di un composto di aat. wamb (f. –!) “pancia, ventre”
(germ. *wamb!) con bizec (agg.) “che morde, mordente” deriv. da bîzen (vb. ft. I)
“mordere” venendo ad assumere il significato di qualcosa “che corrode la pancia”
(G. I, 853; Lex. III 698; I, 293; Kö. 1212).
22
Si tratta di un sost. m. –# attestato in aat. anche come uurum, uurm, uurm, wrm e
continuato da mat. wurm “verme, drago, serpente (da cui il significato di diavolo)”,
ted. Wurm < germ. *wurma, *wurmaz “verme, serpente”, ie. *øer- “piegare,
girare”, con ampliamento *ø¥mi-s, *ø¥mo-s “verme” (G. I, 1043; Kl. 899; Kö.
1301; Lex. 1008; Pk. 1152; ScG. 328).
23
Schuba 1981, pp. 116-117.
24
Wilhelm 1960, p. 125.

63
stessa mano, coeva a quella che ha copiato il Viaticus.
E’ interessante notare, inoltre, che i due testi aat. presentano dieci
accenti circonflessi simili ai neumi, oltre a diciotto accenti
acuti25.
Il ms. contiene un’opera di medicina:
ff. 2ra-68vb: Costantinus Africanus, Viaticus Peregrinantis;
f. 68v (margine superiore e parte del margine sinistro): Ad pestem
equi, Ad equum infusum.
Il Viaticus è una sorta di “pronto soccorso” del viaggiatore,
pensata per chi potesse avere dei problemi durante il viaggio e
non riuscisse a trovare un medico. I rimedi sono ordinati a capite
ad calcem, secondo l’antica tradizione medica. I due rimedi
verbali in tedesco si trovano alla fine del manoscritto e trattano,
infatti, di problemi degli arti inferiori, o comunque di problemi
che impediscono al cavallo di muoversi.

Edizioni e studi
Eis 1964, pp. 88-108; Miller p. 55; Schwab 1994; VL X, 184;
Wilhelm n. 16; Wipf 1992, p. 70, p. 278.

1.1.3 AD PESTEM !QUI


(St. LXIV,1)

Il testo è tramandato insieme a Ad equum infusum (!) ed


occupa il primo rigo del margine superiore del foglio. La malattia
che si vuole allontanare con questo incantesimo viene chiamata
morth, che vuol dire anche “morte”; essa infatti è molto
pericolosa, in quanto rende l’animale inutilizzabile.
Gli studi su questo incantesimo sono pochi e insufficienti;
permangono alcune difficoltà interpretative, in particolare
riguardo al termine fares (<fases> nel ms.).

25
Wilhelm 1960, p. 125.

64
Testo (francone renano, XII sec.)
Ad pestem !qui. quod dicitur môrth. dic. Iohan vuas êin26 mán.
phasês27 sin sûn, genâsín thes. so do diz rós. des mordes. Pater
noster. ter.

Traduzione
Contro la malattia del cavallo che si dice morva28. Di’. Giovanni
era un uomo. [c’]era29 suo figlio lo salvò30 da questa [malattia].
26
Sovrascritto.
27
Così nel ms., St. e altri lo emendano in Fares.
28
Si tratta di un sost. m. –% attestato anche come mord, mordh, moroth, morde
“omicidio, morte” molto usato in ambito giuridico, in mat. il termine viene
ampliato semanticamente e indica anche “una malattia del cavallo” (XII sec.) e
“ronzino” < germ. *mur&a, mur&an “morte”, ie. *mer- “morire”. Secondo G. Eis, il
termine indica la malattia detta “morva” (ted. Rotz) dall’XI al XIX sec. almeno
nella zona tedesca sud occidentale. La morva è una malattia infettiva letale degli
equini, dovuta a un microrganismo specifico (Malleomyces mallei) che provoca
gravi ulcerazioni sulla pelle e sulle mucose. Inoltre la parola italiana morva deriva
dal francese morve (XIV) < provenzale morvo < provenz. ant. vorm “cimurro” e si
può ricondurre al francone worm “pus”; secondo altri invece, il termine deriva dal
latino morbum “malattia”. Oltre a questo m!rt viene usato anche per indicare altre
malattie dei cavalli, come ad es. la malandra, (la gotta considerata nella sua forma
clinica più tipica, con dolori prevalentemente a carico dell’alluce), o la podagra
(ted. Mauke, una sorta di dermatite nella piega della caviglia), la frattura ossea e la
lombaggine (dolore in sede lombare che si acutizza nei movimenti di flessione ed
estensione del tronco, in genere di origine reumatica). Queste malattie rendono il
cavallo inutilizzabile, quindi come morto (Eis 1964, p. 101; G. II, 855; Kl. 529;
Kö. 795; Lex. I, 2204; Pk. 735; ScG. 221).
29
Fases: nel ms. si legge phases, ma Steinmeyer lo corregge in Phares, e
interpreta: “Fares suo figlio”, poiché nella Bibbia (Genesi 38, 29) uno dei figli di
Giuda portava questo nome. Questa ipotesi non mi sembra molto convincente, così
come quella di leggere phar es come imperativo (Contra rehin: marh phar);
propongo quindi di interpretare fas come un errore per vuas, pret. III sg. di wesan
“era”. In tal modo l’intera frase assume il senso di un racconto che fa da “esempio”
per la guarigione auspicata da questo incantesimo.
30
L’espressione gen%s-in non è molto chiara, tuttavia, se si accetta
l’interpretazione di phas es= was es, sembrerebbe più appropriato leggere gen%s in
come pret. III sg. + pron. pers. m. acc. sg. “lo guarì”; un’altra ipotesi potrebbe
essere quella di considerarlo come un unico termine gen%sin, che potrebbe essere
III pers. plur. ottativo pres. “guariscano, salvino”. Si tratta di un vb. ft. V che regge
il gen. e che in aat. è attestato anche come: ganesan, canesan (VIII sec.), ginesan
(IX-X sec.), genesan (X sec.), genesen (X-XI sec.), gnesen (XI sec.), mat., ted.
genesen, “guarire”. E’ possibile ricostruire un vb. germ. *'anesan “guarire, essere
salvato” < rad. ie. *nes- (vb.) “tornare a casa, arrivare, riunirsi, essere al sicuro” (G.
II, 1098; Kö 424; Pk. 766).

65
Così almeno si salvi anche questo cavallo dalla morva. Tre Padre
Nostro.

Confronti
• Il termine mort si incontra in altri due incantesimi basso ted. !
Appendice n. 4 e 10.

Tradizione manoscritta
Nel cod. pal. lat. 1158 della Biblioteca Vaticana di Roma f. 68v
(margine superiore dell’ultimo foglio).
Descrizione: ! Ad equum infusum.

Edizioni e studi
Eis 1964, pp. 88-108; Miller p. 55; Priebsch 1922, pp. 415-417;
VL X, 184; Wilhelm 16; Wipf 1992, p. 70, p. 278.

1.1.4 CONTRA REHIN


(St. LXVI,1)

Questo rimedio pone una serie di problemi interpretativi che


restano in parte irrisolti. Dal titolo dell’incantesimo latino che lo
segue nel ms. (Item ad equos sanandos raehin) si deduce che
doveva trattarsi di un rimedio contro la rigidità articolare del
cavallo, tuttavia esso conserva un alone di mistero e si presta a
più interpretazioni. La traduzione qui fornita è basata
sull’interpretazione comunemente accettata.

Testo (alemanno, XII sec.)


Contra rehin.
Primo dic pater noster in dextram aurem.
Marh phar. nienetar. mvntwas. marhwas war come dv do. var in
dinee. cipríge. in dine. marisere. daz dir ze b#ze. ter et pater
noster.

66
Traduzione
Contro la rigidità31.
Per prima cosa di’ un padre nostro nell’orecchio destro.
Cavallo32 va’33, niente ti danneggi34. C’era la protezione35, c’era
il confine. Da dove vieni?36 Va’ nelle tue montagne37, nei tuoi
mari38. Questo a te per la guarigione39. E tre padre nostro40.

31
Per rehin ! Ad equum errehet.
32
Il termine aat. marh (sost. m. -%) nel senso di “cavallo” (come invecce sostiene
Grienberger 1921) non è molto ben attestato (Kö. 762; G. II 844), tuttavia cfr. mat.
marc, markes “destriero, cavallo da battaglia” (Lex. I, 2041), ted. Mähre (sost. f.)
“ronzino” (con evoluzione semantica in senso peggiorativo). Un’altra ipotesi,
certamente più suggestiva ma a mio avviso fuorviante, è che si possa trattare di aat.
mar(a), mat. mare, ted. Mahr “incubo” (antiquato), sost. di origine germanica che
in origine indicava uno spirito maligno femminile che di notte arrivava a cavallo di
rami di betulla disturbando il sonno e provocando gli incubi (BS. V, 1508-1512;
Erich-Beitl 1974, p. 524.). In inglese il termine sopravvive nel composto nightmare
(ted. † Nachtmahr) “incubo”. Interessante, inoltre, il confronto con airl. Mor-r#gain
“regina degli elfi”, asl. mora “strega”, polacco mora, bulgaro morà “incubo”.
33
Secondo l’interpretazione di Grienberger phar potrebbe essere l’imperativo
(abbreviato) del verbo enpfarn “sfuggire, mancare, perdere”, altri studiosi
ipotizzano un preterito was al posto di phar, altri semplicemente l’imperativo di
faran “andare”, quest’ultima a mio avviso l’ipotesi più convincente anche per un
certo parallelismo con la strofa successiva: “var in dine ciprige”.
34
L’interpretazione del termine nienetar risulta alquanto spinoso. Sembrerebbe la
negazione niene (avv.) “niente”, oppure nie + ne “mai” (Lex. II, 77) del vb. tar$n
“danneggiare”. Alcuni studiosi lo riconducono al vb. pret. pres. (gi)turran “osare”
(I/ III sg.) (Kö. 460; Pk. 259), mentre un’altra ipotesi è che si tratti di un termine
asemantico, usato in virtù della sua potenza espressiva per sostenere la suggestione
magica; il termine infatti si trova con delle varianti anche in altri incantesimi di
epoca più tarda, sia tedeschi che latini (! Confronti), e risulta sempre di difficile
interpretazione.
35
Aat. munt “protezione, mundio” (G. II, 813): antico termine giuridico presente
anche nell’Incantesimo di Lorsch per le api (in godes munt), che, secondo
Schirokauer (1954), si collega al secondo marh, che sta per mark “confine”. Roethe
(1915) interpreta invece come “bocca” sostenendo che il termine giuridico munt
nel XII sec. era troppo arcaico e al di fuori dell’ambito specifico. Grienberger
(1921) interpreta l’intera frase come “qui non c’è mai stata protezione, c’era un
cavallo”.
36
Il termine war sarebbe la forma mat. per aat. hwara (Lex. III, 686).
37
Aat. cipríge sta per cipírge, gibirge “montagne”. Secondo Grienberger, invece,
cipríge sta per mat. ecipríge, composto di etze e príge, metatesi di berge, quindi
“pascolo” (Lex. I, 714).
38
Aat. marisere potrebbe indicare marisêwe “mari”. Per Grienberger si tratterebbe
invece di un composto con il gen. maris < marhes, con la –e- indicante il gen., e

67
Confronti
• Nella stessa pagina in cui è riportato il Contra rehin sono
presenti anche altri due brani misti latino-tedesco, di difficile
interpretazione in cui ricorrono le espressioni non ita ora e
ninitare nare, che riecheggiano nie netar del nostro testo:
Appendice n. 22. Allo stesso modo si veda Appendice n. 11.

Tradizione manoscritta
Nel cod. C 58/275 della Zentralbibliothek di Zurigo f. 47r.
Descrizione41: membr. in folio 292 x 194 mm. miscellaneo del
XII sec.42, 185 ff. scritti prevalentemente su due colonne.
Copertina di cartone. Iniziali con inchiostro rosso.
La scrittura, di un unico copista che fu anche il primo possessore
e compilatore, è una minuscola gotica molto particolare, regolare
e precisa, ma non eccessivamente calligrafica. Sebbene alcune
lettere abbiano un aspetto aguzzo, non si può parlare di vera e
propria “frattura gotica”. Le lettere <f> e <$> poggiano sul rigo.
La scrittura è molto semplice e chiara, in particolare nella forma
della <g> e della <d>. L’asta inferiore della <h> scende al di
sotto del rigo con un uncino inclinato a sinistra. La forma della
<z> riprende quella della <h> con l’asta superiore che termina
con un uncino rivolto a sinistra43.
Il cod. contiene opere di argomento morale, medico e
grammaticale, in particolare:
ff. 1r-13v: poesie, epitaffi in latino;
ff. 13v-16v: versi, sentenze;
ff. 17r-21r: Arnulfus: Cleri deliciae;
ff. 21v-44r: opere morali, vita di S. Agnese, versi;
ff. 44v-47r: Arzneibuoch Ypocratis (ted.), alla fine del quale è

mat. ern, eren “suolo, pavimento”, con il significato complessivo di “suolo del
cavallo”, quindi “stalla”.
39
Per il commento di questa espressione ! Ad equum errehet.
40
Secondo Grienberger 1921: “Cavallo esci, qui non c’è mai stata protezione, c’era
il cavallo. Da dove vieni? Vai nel tuo pascolo, nella tua stalla. Questo per la tua
guarigione”.
41
Mohlberg 1952, pp. 31-33; Ahd. Gll. IV, 673-677; Schneider 1987, pp. 62-63,
fig. 26.
42
Ahd. Gll. IV, 673-677.
43
Schneider 1987, pp. 62-63, fig. 26.

68
riportato Contra rehin;
ff. 47v-51v: Summarium Heinrici con glosse aat.;
ff. 51v-61r: indicazione etimologiche con glosse aat.;
ff. 62v-63v: giuramenti e termini giuridici;
ff. 64r-75r: versi latini, Grammatica di Prisciano, versi di autori
latini, frammenti di vangeli;
ff. 75v-183r: prediche, sermoni, preghiere, commenti ai vangeli;
ff. 183v-185v: inni e sequenze.

Edizioni e studi
Grienberger 1921, pp. 413- 415; Miller p. 14; Roethe 1915, pp.
280-282; Schirokauer 1954, p. 359; Webinger 1955; Wilhelm 25;
MSD p. 302; VL II, 10; Wipf 1992, p. 72, p. 279.

1.1.5 DE HOC QVOD SPVURIHALZ DICVNT


(St. LXV)

Protagonista del seguente incantesimo in antico sassone, che


serve a curare la paralisi dei cavalli, è - caso unico nel corpus di
incantesimi di area tedesca - un pesce. Numerosi sono i miti e le
leggende popolari riferite a questo animale, che nell’immaginario
cristiano giunge a rappresentare il Cristo stesso. Il pesce è anche
simbolo della fertilità e della vita, almeno nella tradizione
ebraica, tanto da essere da sempre considerato il cibo dei digiuni,
del Sabbat e delle feste in genere44.
Lo schema dell’incantesimo è del tipo bipartito con un
racconto iniziale e invocazione finale rafforzata grazie
all’analogia con i fatti raccontati. Come antefatto mitico
dell’incantesimo viene raccontato di un pesce che si spezza le
pinne nuotando nell’acqua: tale scorrere dell’acqua potrebbe
essere un’eco del fluire del sangue nelle operazioni di salasso,
spesso eseguite per questo tipo di malattie.
Gli studiosi non concordano sulla forma poetica, poiché,

44
BS. II, 1528-1546.

69
secondo alcuni, si tratta di versi allitterativi, secondo altri di
prosa. A mio avviso è interessante notare come i suoni [f] e [h]
scelti per l’allitterazione e le assonanze rafforzino l’immagine
del fruscio che potrebbe stare ad evocare lo scorrere dell’acqua
(visc/ flot/ aftar; uerbrustun/ uetherun; gihelda/ gihele; hers/
spurihelti).

Testo (antico sassone, X sec.)


De hoc qvod spvurihalz45 dicvnt.
Primvm pater noster.
Visc flot aftar themo uuatare, uerbrustun sina uetherun46. tho
gihelida ina use druhtin. the seluo druhtin, thie thena uisc
gihelda, thie gihele that hers theru spurihelti. Amen.

Traduzione
Di ciò che è chiamato paralisi47.
Prima un padre nostro.
Un pesce nuotava nell’acqua, si spezzò48 le pinne49, allora lo

45
Sul ms. è scritto spurihaz.
46
Si noti l’alternarsi della grafia <v>/<f>/<u> per il fono [f].
47
Aat. spurihalz “paralisi degli arti inferiori”. Si tratta di un termine composto che
comincia ad essere di uso più frequente come aggettivo in mat. spurhalz, spurihalz,
spurholz “paralitico”. Per chiarire meglio il termine sarà utile esaminare i due
membri separatamente. Per quanto concerne il secondo membro: aat., mat. halz,
confrontabile con il lat. claudus. Alle forme dell’agg. si affiancano quelle del sost.
ata halzî “lo zoppicare” e il vb. db. aat. *halz!n, as. halton, mat. halzen “zoppicare,
paralizzare”. La prima parte del composto corrisponde ad aat. spor (sost. n.), mat.
spor, spür “traccia, impronta” ted. Spur “orma, impronta del piede”, ma anche
“pedata calcio”. Si potrebbe pensare che, dal significato di “impronta”, si sia
passati a quello di “piede, zampa” e che, quindi, il composto spurihalz nel suo
insieme stesse ad indicare in modo specifico una paralisi degli arti inferiori,
altrimenti non ci sarebbe stato bisogno di aggiungere un altro termine al già
esistente halz (BMZ I, 624; BMZ II.2, 516; G. V, 356; G. IV, 929; Grimm XVII;
Lex. II, 1125; Lex. I, 1161; Kl. 784; StW. 252).
48
Il termine as. farbrestan si confronta con aat. firbrestan vb. ft. III/ IV: entrambi
rimandano ad una forma aat., as. brestan (vb. ft. III/ IV) “mancare, strappare,
fallire, rompere” (con prefissi fir-, gi-, in-, int-, ir-, uz-, uzan- ecc., Kö. 142).
49
Si tratta del dat. pl di un sost. f. –!, attestato in aat. anche come uedara (IX sec.),
federa (XI-XII) col significato di “penna, penna di volatile, piuma”, mat. vëdere,

70
guarì50 nostro51 Signore. Lo stesso Signore52 che guarì il pesce,
guarisca questo cavallo53 dalla paralisi. Amen.

Confronti
• Nella stessa pagina sono riportati due rimedi contro la paralisi,
uno in latino e uno in antico sassone. Le uniche parole in alto
tedesco appaiono nei titoli. E’ interessante notare che proprio
queste parole sono scritte in modo scorretto e questo potrebbe
essere una prova del fatto che l’incantesimo as. sia stato scritto in
ambiente westfalico, molto probabilmente a Köln54.
Il rimedio in latino in questione può essere d’aiuto per
l’interpretazione dell’incantesimo as.: ! Appendice n. 16
«Di ciò che chiamiamo paralisi.
se prende al piede destro, tirare il sangue dal sinistro
se al piede sinistro, tirare il sangue dall’orecchio destro».

Contro la paralisi venivano solitamente consigliati i salassi: se


essa veniva all’arto sinistro si praticava sul lato destro e
viceversa, secondo la consuetudine medica medievale del
contraria contrariis. Questo si riscontra anche nelle terapie
contro la peste in cui il salasso veniva effettuato sul lato sano55.

vëder, ted. Feder < germ. *fe&ar!, fe&r! (BMZ III, 287; G. III, 448; Kl. 254; Kö.
250; ScG. 154; Pk. 825).
50
Gihelda, gihele si noti la tendenza a monottongare il dittongo germ. *ai, tipica
dell’as. Aat. gihelida (ind. pret. III sg.), gihelda (ind. pret. III sg.), gihele (ott. pres.
III sg.). Si tratta di un vb. db. I aat. heil$n “guarire (intr.)” priva di prefisso, mat.
geheilen, ted. geheilen < germ. *hailjan “far guarire < ie. *kai-lo “sano, intero, di
buon auspicio” (KGF IV, 831; Kö. 398; Kl. 298; Pk. 520; ScG. 178,321).
51
(se: si noti la caduta di nasale davanti a spirante sorda tipica dell’as.
52
L’espressione the seluo druhtin è il punto di collegamento tra l’antefatto mitico e
lo scongiuro; esso quindi istituisce l’analogia che serve ad “attivare” la magia.
53
Si noti la metatesi di “r” in hers (sost. n. –%) tipica dell’as., contro aat. hros
“cavallo”.
54
Klein 1977, pp. 180-183.
55
Eis 1964, p. 57.

71
Tradizione manoscritta
Nel cod. 751 (Theol. 259) della Österreichische
Nationalbibliothek di Vienna, f. 188v (ultimo foglio).
Descrizione56: membr. in folio 300 x 200 mm. 188 ff. datato fine
IX -inizio X sec. Lo specchio di scrittura è di 203 x 121 mm.
Copertina di pergamena bianca con impressione dorata del 1755.
Per quanto concerne la scrittura, si tratta di una minuscola
carolina, vergata, su una sola colonna, da 5 mani in tutto il cod.:
1) 163r-172v 27 righe; 2) 173v-180v; 3) 181r-187v; 4) 188r; 5)
188v.
La pagina in cui è tramandato l’incantesimo secondo Bischoff è
stata scritta all’inizio del X sec., probabilmente a Köln.
Il ms. contiene una miscellanea di opere di argomento religioso
in latino, in particolare:
ff. 1-77: lettere di Bonifacio;
ff. 78-128: atti degli Apostoli, Epistola Jacobi, Epistola Petri;
ff. 129-162: commenti al vecchio e nuovo testamento;
ff. 163-166: prediche di Agostino;
ff. 167-172: Theodulohs: Capitula ad presbyteros;
ff. 173-188: opere liturgiche, tra cui: Martirologio dello Pseudo-
Beda;
f. 188v: (ultimo foglio) originariamente vuoto, è stato riempito
con vari incantesimi in latino (De heo quod spurihaiz dicimus,
Contra sagittam diaboli, Ad vermes occidendos) e in as. (Contra
vermes [!] e De hoc quod spurihalz dicunt) da una stessa mano.

Edizioni e studi
Bergmann 1966, pp. 195-200 (descrizione del ms.); Dorow 1824,
pp. 261-271; Eis 1964, pp. 53-57; Klein 1977, pp. 180-182;
Miller p. 49; Wadstein 1899 p. 19; VL II, 75; Wilhelm IV, 4;
Wipf 1992, p. 68, p. 275.

56
Ahd. Gll. IV, 636; Bergmann 1966.

72
1.1.6 INCANTACIO CONTRA EQUORUM
EGRITUDINEM QUAM NOS DICIMUS SPURIHALZ
(St. LXIII)

Il seguente testo è dotato di caratteristiche molto interessanti,


prima fra tutte, forse, una somiglianza strutturale con il Secondo
incantesimo di Merseburg. Gli studiosi si sono a lungo dibattuti
per stabilire quale dei due fosse “derivato” dall’altro.
Inizialmente fu ipotizzata una cristianizzazione del Secondo
incantesimo di Merseburg con relativa “sostituzione” degli
elementi pagani con elementi cristiani. A sostegno di questa
ipotesi, Schröder ha sottolineato che, mentre il Secondo
incantesimo di Merseburg ripeteva uno schema estremamente
tipico e allo stesso tempo possedeva una sua coerenza interna,
l’Incantacio presentava numerose incongruenze, quali la città di
Salonio (presumibilmente “Gerusalemme” in una forma colta), la
presenza del cavallo a fianco del Cristo, l’anacronismo tra Cristo
e S. Stefano; non veniva spiegato, inoltre, come era avvenuto
l’incidente al cavallo. È stata formulata, viceversa, anche
l’ipotesi che il Secondo incantesimo di Merseburg fosse una
paganizzazione dell’Incantacio. Condivido piuttosto le
affermazioni di Meyer circa la cautela nello stabilire degli aut
aut: nello studio di incantesimi o di superstizioni non è sempre
possibile definire con certezza “cristiano” o “pagano”, poiché il
passaggio avviene in modo molto graduale e i due elementi sono
spesso strettamente intrecciati.
Lo studioso von Unwerth ha fatto notare, invece, come
l’Incantacio e il Secondo incantesimo di Merseburg potessero
appartenere a due tradizioni diverse e ha individuato
nell’Incantacio un rituale cristiano (la benedizione dei cavalli) da
cui si sarebbe poi sviluppato questo incantesimo.
Si noti, inoltre, l’uso dell’allitterazione e delle assonanze:
sancte/ Stephan/ Saloniun; sancte/ Stephanes/ hros; Soso/ sancte/
Stephanes/ hrosse; sose/ sante/ Stephanes/ hrosse/ gibuoztos /
Saloniun.
A differenza di altri testi pressocchè ignorati, questo
incantesimo è uno di quelli che ha ricevuto maggiore attenzione
da parte degli studiosi, forse proprio grazie alla sua somiglianza

73
con il Secondo incantesimo di Merseburg

Testo (francone renano su modello as., X sec.)


Incantacio contra equorum egritudinem quam nos dicimus
spurihalz.
Quam Krist endi sancte Stephan57 zi ther burg zi Saloniun thar
uuarth sancte Stephanes hros entphangan. Soso58 Krist gibuozta
themo sancte Stephanes hrosse thaz entphangana so gibuozi ihc it
mid Kristes fullesti thessemo hrosse. Pater noster. Uuala Krist,
thu geuuertho gibuozian thuruch thina gnatha thesemo hrosse
thaz antphangana atha thaz spurialza sose thu themo sancte
Stephanes hrosse gibuoztos zi thero burg Saloniun. Amen.

Traduzione
Incantesimo contro la malattia dei cavalli che noi chiamiamo
spurihalz59.
Cristo e santo Stefano60 arrivarono nella città di Gerusalemme61:
allora il cavallo di santo Stefano divenne zoppo62. Come Cristo
guarì63 la paralisi al cavallo di santo Stefano, così possa io
guarire questo cavallo con l’aiuto di Cristo. Padre nostro.
Cristo benedetto, concedi tu di guarire con la tua misericordia
l’azzoppatura o la paralisi a questo cavallo, così come tu guaristi
il cavallo di Santo Stefano nella città di Gerusalemme. Amen.
Confronti

57
Sul ms. è scritto <stpehan>.
58
Sul ms. è scritto <so so>.
59
Per spurihalz ! De hoc quod spurihalz dicunt.
60
Non a caso Santo Stefano è considerato anche il protettore dei cavalli. Il 26
Dicembre (S. Stefano) è conosciuto nella zone dell’Holstein, della Svezia, del
Württemberg e del Tirolo come “giorno dei cavalli” in cui i cavalli ricevevano una
benedizione e venivano nutriti con fieno benedetto e con il “Sale di S. Stefano” che
serviva a proteggerli dai malefici (Von Unwerth 1913, pp. 196-197; Erich-Beitl
1974, p. 778).
61
Salonium: l’ipotesi più accreditata è che si tratti della città di Gerusalemme,
conosciuta anche come Solyma. Von Unwerth concorda con questa ipotesi, ma
afferma che potrebbe trattarsi di una forma corrotta (poiché tramandata oralmente)
derivante da Jeru-salem.
62
Per entphangan ! Ad pestem equi alla nota per “ouervággenes”.
63
Per buozen ! Ad equum errehet.

74
• ! Secondo incantesimo di Merseburg, De hoc quod spurihalz
dicunt;
• per il motivo “dell’incontro” si veda anche Appendice n. 14;
• il termine spurihalz è presente anche in Appendice n. 16.

Tradizione manoscritta
Nel cod. 40/1018 Stadtbibliothek di Treviri f. 36v-37v (margine
inferiore). Nello stesso codice al f. 19v (margine inf.) è riportato
anche Ad catarrum dic (!).
Descrizione64: membr. misc. in ottavo 177 x 133 mm. 132 ff. (13
x 8 + 1 x 12 + 2 x 8) scritti in minuscola carolina di fine X sec.
su due colonne con titoli in parte rubricati. Vecchia rilegatura in
pelle con impressioni.
Le glosse altotedesche al testo principale, a cui si mescolano
anche termini in anglosassone e numerosi elementi alto e basso
tedeschi inseriti negli appunti di medicina fanno pensare ad una
redazione nella regione del medio/basso Reno.
Il codice, come attesta la scritta Liber monachorum sanctae
Marie in Hymmenrode ord. cist. Trevernensis dyocesis sul f. 1r,
proviene dal monastero cistercense di Himmerode presso
Wittlich, soppresso nel 1802 e da lì, attraverso il convento degli
agostiniani, pervenne a Treviri nel 1803.
Sul f. 1r originariamente vuoto vi è il titolo ormai sbiadito:
“Incipit prognosticon idest praescentia vitae vel mortis”, di cui
manca il testo.
Sul margine superiore della copertina iniziale vi è un frammento
del IX sec. “Vita di S. Sigismondo”e in basso un frammento
liturgico del XIII sec.
Il ms. contiene una raccolta di glosse di vario genere, bibliche e
grammaticali tra cui:
ff. 1-34v: glosse al vecchio e nuovo Testamento;
f. 42v: glosse di nomi ebraici;
f. 54v: glosse di verbi greci; segue: glossario latino.
Alcune mani pressappoco coeve hanno aggiunto nel margine
superiore fino al f. 77 molti appunti ed estratti di argomento
morale e religioso e nel margine inferiore fino al f. 64 una serie

64
Keuffer 1888, p. 41; Beccaria 1956.

75
di annotazioni mediche, e precisamente:
ff. 1r-9r: Isidoro di Siviglia, Etymologiae L. IV, cap. 8 e 9;
f. 9v/9v-11v/12v/20v/20v-21r: Miscellanea di estratti e ricette,
prescrizioni varie medico-magiche, tra cui l’incantesimo per
fermare il sangue in tedesco al f. 19v: ! Ad catarrum dic, poi in
latino: Ad capitis purgationem, Ad plagatos in osse, Ad vermes
tolendos carmen, Ut homo [castus] in perpetuum fiat, A corde
curam habemus, Ad fastidium tollendum, Contra inguina
tumecia;
(nella parte intermedia, ai ff. 12r-12v: Giorni egiziaci);
ff. 21v-24r: De inquisitione fleotomie;
ff. 24v-28r: elenco di erbe con glosse tedesche e altre voci
mediche;
ff. 28r-29v: ricette varie in latino: Ad caput purgandum, Contra
emigraneum;
ff. 30r-34r: Beda, De temporum ratione cap. 30 e 35;
ff. 34r-36v: elenco di erbe con glosse tedesche;
ff. 36v-38v: prescrizioni varie e formule magiche anche di mano
più tarda: Incantacio contra equorum egritudinem quam nos
dicimus spurihalz;
ff. 41v-43r: Ad vermem, qui dicitur talpa, tollendum;
ff. 39r-40r: glosse greco-latine in parte perdute;
ff. 41r-43v (margine inferiore): vuoto;
ff. 44r-59v (tranne f. 47r vuoto): Antonio Musa, De herba
vettonica Liber;
ff. 59v-64r: Apuleio Platonico, Herbarius.

Edizioni e studi
Beccaria 1956; Eis 1964, pp. 48-52; Haug/ Vollmann 1991, p.
154, pp. 1156-1158; Keuffer 1888, p. 41; Klein 1977; Kruse
1976, pp. 179-187; Meyer 1910; Miller p. 44; Schiel 1953, pp.
23- 36; Schröder- Roth 1910; Von Unwerth 1913; Wipf 1992, p.
66, p. 275.

76
1.1.7 SECONDO INCANTESIMO DI MERSEBURG
(St. LXII, 2)

Nel testo confluiscono almeno due tradizioni diverse: nella


prima parte (fino a uuoz birenkit) riaffiora, come si è già
accennato, il tipico motivo “dell’incontro”, mentre la seconda
parte (da sose alla fine) si riallaccia ad una antica “formula”
diffusa su tutto il territorio indoeuropeo.
Si può affermare che, fra tutti, il Secondo incantesimo di
Merseburg è stato l’incantesimo più studiato, tuttavia ritengo che
la maggior parte delle questioni siano rimaste aperte. Se si
considera la prima parte del testo, gli interrogativi si sono
addensati sui termini interpretati come nomi di divinità, alcune
delle quali piuttosto oscure, come Phol e Sinthgunt, non attestate
altrove, mentre nei nomi Baldr e Wodan sembra di poter
rintracciare divinità ben note al pantheon germanico, in
particolare nordico.
Sul rapporto Baldr/ Phol/ Wodan si possono riassumere le
seguenti teorie: 1) Phol sarebbe un altro appellativo nordico a noi
non pervenuto per Baldr (secondo Grimm), quindi Phol e Baldr
indicherebbero la stessa divinità65; 2) Baldr sarebbe un
appellativo per “signore”66 e si assocerebbe a Wodan oppure a
Phol; 3) Phol indicherebbe l’appellativo di volo e si riferirebbe al
cavallo di Wodan; 4) Phol impersonerebbe il demone degli
animali o altri demoni; 5) Phol ende Wodan sarebbe da leggere
come volende Wodan “il diabolico Wodan”67.
L’argomento che sembra aver maggiormente interessato i
primi studiosi riguardava la presunta origine germanico-pagana

65
Secondo Genzmer, inoltre, Phol sarebbe il corrispettivo maschile della dea Folla,
entrambi legati alla fertilità. Phol/ Fol è presente anche in un incantesimo in
svedese, dove è attestato come “Fylle”, ted. Follo (Genzmer 1950-51, pp. 30-32).
Su questo punto non concorda Rosenfeld, il quale sostiene, invece, che è assai
improbabile che la stessa divinità venisse chiamata Phol nel primo verso e Bald nel
verso successivo; lo studioso sostiene, inoltre, che l’incidente raccontato nella
prima parte del testo non abbia niente a che fare con il culto di Baldr di tradizione
scandinava (Rosenfeld 1973, pp. 1-4).
66
Se infatti balderes fosse stato un nome proprio riferito a divinità, avrebbe dovuto
allitterare con le altre parti del verso (Rosenfeld 1973, p. 4).
67
Warnatsch 1939, pp. 148-155.

77
di questo testo, documentata secondo alcuni studiosi in modo
inequivocabile dalla presenza stessa dei nomi delle divinità
germaniche68. Dopo aver confrontato questo testo con le varianti
finniche e germaniche settentrionali, Christiansen69 affermò
invece che si trattava di un testo cristiano “rivestito” con
elementi pagani. Si veda, inoltre, quanto detto nel capitolo
precedente su Incantacio contra equorum egritudinem (...) circa
il dibattito tra chi sosteneva che l’uno fosse una rielaborazione
cristiana dell’altro e chi l’esatto contrario.
Per quanto concerne la seconda parte del testo, gli studi di
Kuhn70 e il confronto con alcuni passi del carme Atharva-Veda
IV, 12 hanno reso possibile rintracciare una vasta diffusione in
area indoeuropea di questo tipo di incantesimo (detto anche
Verrenkungsegen), tramandato per molti secoli in maniera
autonoma (vedi oltre).
Circa la datazione, Genzmer, analizzando i versi lunghi
allitterativi71, sostiene, contrariamente alla maggior parte degli
studiosi, che non può trattarsi di un testo del X sec. poiché esso
mostrerebbe delle caratteristiche stilistiche databili intorno al VI
sec., se non prima. Infatti altri testi aat. come ad esempio il
Muspilli rivelano che l’allitterazione era in decadimento già nel
IX sec. Per altri testi si può affermare che vi fosse un
riecheggiamento di opere tramandate oralmente, ma in questo
caso l’opera sembra essere stata composta in un’epoca in cui era
ancora in uso72. Quest’ultima affermazione è stata condivisa
anche da Fuller, la quale però, approfondendo lo studio sul
contesto storico-politico, concluse che si trattava di un testo
composto tra il 925 e il 928, in ambiente sassone, forse proprio a
Merseburg dove la popolazione era soggetta, in quel periodo, alla
conversione coatta e alle invasioni dei magiari. Per entrambi gli
incantesimi di Merseburg si tratterebbe, secondo S. Fuller, di

68
Genzmer 1950-51, pp. 30-32.
69
Christiansen 1914, pp. 209-217.
70
Kuhn 1864.
71
Si noti l’allitterazione: phol/ uuorun; uolon/ uuoz; sinhtgunt/ sunna/ suister; friia/
uolla; uuodan/ uuola; benrenki/ bluotrenki; ben bena/ bluot bluoda; lid geliden/
gelimida.
72
Genzmer 1948, p. 59.

78
testi non copiati ma scritti, in un momento di pericolo, sotto
dettatura o a memoria quando il loro uso orale era ancora vivo73.

Testo (francone orientale, X sec.)


Phol74 ende Uuodan uuorun zi holza.
du uuart demo Balderes uolon sin uuoz birenkit.
thu biguolen Sinthgunt75, Sunna era suister,
thu biguolen Friia, Uolla era suister,
thu biguolen Uuodan, so he uuola conda:
sose benrenki, sose bluotrenki,
sose lidirenki:
ben zi bena, bluot zi bluoda
lid zi geliden, sose gelimida sin!

Traduzione
Il cavallo76 e Wodan andarono nel bosco77,
allora al cavallo del signore si slogò78 una zampa79

73
Fuller 1980, pp. 168-170.
74
La h è sovrascritta. Nella stessa pagina del codice (! Primo incantesimo di
Merseburg) il segno grafico <p> è usato col valore di [f] come si vede nei nessi:
hapt, heptidun, haptbandum. Per questo motivo, probabilmente il copista ha
iniziato a scrivere la prima parola pol per poi rendersi conto dell’ambiguità di tale
segno grafico in quel contesto e vi ha posto il segno <h> sovrascritto. Di seguito il
copista utilizzerà il segno <u> per [f], che però crea ambiguità con il suono [w].
Questa insicurezza negli usi grafici dell’altotedesco sarebbe una prova del fatto che
il copista non stesse copiando da un altro codice (Rosenfeld 1973, p. 8).
75
Sul ms. è scritto <sinhtgunt>.
76
Phol è stato interpretato da molti studiosi come nome di una divinità non ben
attestata (vedi sopra), ma a mio avviso risulta più convincente la tesi del Rosenfeld:
Phol si riferirebbe allo stesso uolon del verso successivo (aat. folo: sost. m. –n
“cavallo, puledro”< germ. *fulan, Kö. 311), che è preceduto dal pronome
dimostrativo/articolo demo. L’intero verso sarebbe da ricostruire come: volo ende
uuodan vuorun zi holza. Il fatto che tale testo servisse a curare un disturbo dei
cavalli spiegherebbe anche perché il termine Phol viene messo “sullo stesso piano”
di Odino e anzi lo precede. Se si trattasse di un’altra divinità questo sarebbe
difficilmente spiegabile, invece l’associazione “cavallo-cavaliere” è molto
frequente in tutte le culture indoeuropee (Rosenfeld 1973, p. 9).
77
Il termine aat. holz “bosco” è un elemento fortemente connotato dal punto di
vista magico. E’ noto, infatti, il culto degli alberi e dei boschi presso i popoli
germanici.

79
intonarono allora incantesimi80 Sinthgunt [e] sua sorella Sunna,
intonarono allora incantesimi Friia [e] sua sorella Volla,
intonò allora incantesimi Wodan così come egli ben sapeva
in caso di81 scissione d’osso82, in caso di scissione di sangue83
in caso di scissione di membra
78
Da renken “slogare” derivano: birenkit (pp.), ben-renki (nom. sg.), bluot-renki
(nom. sg.), lidi-renki (nom. sg.); si tratta di un vb. db. I, mat. renken “tirare
torcendo”, verrenken “storcere, distorcere”, ted. renken “slogare”, verrenken “fare
un movimento sbagliato”, sich verrenken, einrenken “ridurre, rimettere a posto,
aggiustare (anche metaf.)”. Dal germ. *wrankjan (vb. db.) “girare, ruotare” che ha
dato anche aat. renki (sost. f. –#) “distorsione”, birenken vb. deb. I “slogare”
(attestato solo in questo incantesimo), mat. ranc (pl. renke) “torsione, movimento
veloce” (Grimm XXV, 1005; Kl. 680; Kö. 103, 883; Lex. II, 403; Lex. III, 201; Pk.
1154; ScG. 329; StB. 697).
79
Aat. uuoz (acc. sg.), alla lettera: “un piede”; per ulteriori commenti a questo
termine ! Ad equum errehet.
80
Biguolen: ind. pret. III sg./pl. di aat. bigalan, galan (vb. ft. VI), bigal!n, begal!n
(vb. db. II) “stregare, incantare, scongiurare, ammaliare, cantare /fare incantesimi,
fare sortilegi/ malie, affatturare”; che tale termine possieda una forte connotazione
magica è confermato anche dalla ripetizione per tre volte. Tale verbo, sia nella
forma prefissata bigal!n (vb. db. II) che in quella semplice galan (vb. ft. VI), kalan
è attestato in aat. solo nelle glosse (VIII-X sec.), ma è possibile fare un confronto
con i termini galstarôn (vb.) “incantare”, galari, galstarari “incantatore, mago”,
gálsterâra (sost. f.) “maga”, galstar (sost. n.) “canto, incantesimo, magia,
sacrilegio”, nahtigala (sost. f.) “usignolo”; nel periodo medio il termine con
prefisso bi- scompare, mentre si conservano: mat. galen, galn “cantare”, gal (sost.)
“canto, suono”, nahtgale “usignolo”, galm “suono”, galster “canto, incantesimo,
magia”, nella lingua moderna è sovravvissuto solo il sost. ted. Nachtigall
“usignolo” e probabilmente anche il vb. gellen “risuonare”. Il termine è
riconducibile al germ. *'alan (vb. ft.) “cantare” < ie. *ghel- (vb.) “urlare,
chiamare” (G. IV, 178-179; Kl. 310, 580; Kö. 88, 353; Lex. I, 727; ScG. 226; StB.
60, 260; StW. 189; Pk. 428).
81
Aat. s!se, s!so, s!sa (agg./ cong.) “come, così, quando, se, così come, in caso di,
ogniqualvolta” (Kö. 999).
Si tratta di un sost. n. –% che da un significato di “osso” attraverso quello più
specifico di “osso della gamba” è passato a “gamba”. Anche in mat. il termine
continua come bein (sost. n.), con gli stessi significati. In ted. il sost. Bein è usato
principalmente con il significato di “gamba”, tuttavia l’antico significato di “osso”
sopravvive in alcune espressioni come Gebein “ossa”, Schlüsselbein “clavicola” ed
Elfenbein “avorio” < germ. *baina, *bainaz “osso, gamba” (G. III, 127; Kl. 94;
Kö. 72; ScG. 118; StW. 44; Pk. 117).
83
I termini: bluod, bluoda, bluotrenki; sono attestati in aat. anche come blôt, pluot,
pluat, ploat, bluat, bluoth, atm. bluot, pluot, blût, blôt, ted. Blut “sangue” < germ.
*bl!)an, forse da ie. *bhel-, *bhle- “gonfiarsi, sgorgare, essere pieno”, ma non ci
sono confronti al di fuori dell’area germ. (G. III, 252; Kl. 121; Kö. 130; Lex. I,
316; Pk. 122).

80
osso a osso, sangue a sangue
membro84 a membro: così siano saldati85!

Confronti
• Si confronti il testo appena esaminato con i seguenti passi86 del
carme Atharva-Veda87 IV, 12:
«Tu sei (Roha*#) il guaritore, il guaritore della gamba
fratturata!
Guariscila, Arundhat#.
Ciò che in te è ferito, ciò che è fratturato, ciò che è spezzato nel
tuo corpo,
questo il creatore lo rimetta in funzione per te, felicemente con
membro su membro.
Insieme siano midollo con midollo, e insieme anche membro su
membro,
ciò che è andato via dalla carne, ed anche l’osso ti ricresca.
Il midollo sia unito al midollo, la pelle cresca sulla pelle,
il sangue cresca sul tuo osso, la carne cresca sulla carne.
Pelo con pelo, si ricompongano, si ricomponga la pelle con la
pelle,
il sangue cresca sul tuo osso! ciò che si ruppe, rimetti a posto, o
erba.
Sollevati, và, corri avanti!
Bene, [come avanza] un carro su ruota, cerchione, mozzo.
Sta’ saldo in piedi!
Se si sia rotto inciampando in un fosso, o una pietra lanciata lo
abbia colpito,
insieme come le parti del carro, così +bhu rimetta insieme
membro con membro!»

84
Si tratta di un sost. m./ f. –#/ n. –iz/-az “collegamento, arto, membro, parte del
corpo”, attestato anche in mat. lit e che continua nel ted. Glied “membro”< germ.
*li&u- “membro”, ie. *li- (Kl. 327; Kö. 720).
85
Aat. l#men, gilimen “incollare, saldare” (Kö. 725).
86
Si tratta di una traduzione in italiano del testo reso in tedesco da Kuhn 1864.
87
I Veda sono una raccolta comprendente quattro collezioni di testi: Rg-, Sama-,
Yajur- ed Atarva-Veda. Essi furono composti in indiano antico (detto, appunto,
vedico) tra il 1300 ed il 1000 a.C. e tramandati oralmente fino alla messa per
iscritto, avvenuta probabilmente nel III sec. a. C.

81
• Un altro incantesimo in Appendice n. 12 riporta sia la formula
“osso con osso” sia la figura di Longino, che normalmente
troviamo negli incantesimi contro le emorragie;
• si veda anche Appendice n. 14.

Tradizione manoscritta
Nel cod. 136 (vecchia segnatura: 58) del Domkapitel di
Merseburg f. 84r (spazi liberi del foglio di guardia).
Descrizione88: membr. del IX sec. proveniente forse da Fulda89.
La scrittura dei due incantesimi risale ai primi decenni X sec. Il
codice fu scoperto nel 1841 da Georg Waitz e pubblicato per la
prima volta da Jacob Grimm nel 1842 nel suo Über zwei
entdeckte Gedichte aus der Zeit des deutschen Heidentums.
Il ms. contiene un messale in latino, come spiega una scritta
riportata sul dorso “Rabani: Expositio super missam”; esso è
composto di 6 parti:
I, ff. 1-22: Expositio missae;
II, ff. 23-39: due quaternioni del IX sec.;
III, ff. 40-43: traduzione della regola benedettina;
IV, ff. 44-52: frammento di un missale;
V, ff. 85-93: missale;
VI: Sacramentario, sul cui ultimo foglio sono riportati il Primo e
il Secondo Incantesimo di Merseburg (scritti in minuscola
carolina).
Lo stesso codice riporta anche La formula battesimale francone
(nel I) e il Frammento di preghiera di Merseburg (nel V).

Edizioni e studi
Betz 1960; Christiansen 1914; Dieck 1986; Düwel 1998; Erben
1966; Fuller 1980; Genzmer 1948; Grimm 1865; Haug/
Vollmann 1991, p. 152, pp. 1145-1150; Helm 1944; Höver/
Kiepe 1978, p. 31; Kauffmann 1891; Ködderitzsch 1974; Kroes
1953; Krogmann 1951-52; Krogmann 1952; Masser 1972; Meyer
88
St. pp. 24-26.
89
Secondo Fuller i due incantesimi furono scritti proprio a Merseburg (Fuller 1980,
p. 168).

82
1910; Miller p. 31; MSD IV,2; Murdoch 1988; Naumann 1926;
Rosenfeld 1973; Schirokauer 1951-1952; Schirokauer 1957;
Schröder 1953; VL VI, 410-419; Vogt 1928; Warnatsch 1939;
Wilken 1876; Wipf 1992, p. 64, p. 274; Wrede 1923.

1.2.0 Contro i vermi (dell’uomo e degli animali)

Il seguente gruppo di testi contiene rimedi per cacciare i vermi


dal corpo sia dell’uomo che dell’animale. In veterinaria, così
come in pediatria, la verminosi è tuttora esistente, ma viene
considerata in modo meno grave che in passato, poiché i disturbi
provocati dalla presenza di vermi nell’intestino sono facilmente
riconoscibili e curabili.
In area tedesca il termine wurm indica qualsiasi animale che
striscia e nell’immaginario collettivo medievale esso veniva
associato anche al Lindwurm, il drago che abbraccia la terra in
una morsa fatale e che è causa della fine del mondo. Nella
mentalità cristiana il verme, così come il serpente, viene
associato al diavolo e ai demoni, mentre a livello popolare il
concetto di verme rimanda a qualsiasi insetto o altra bestia con
evidente connotazione negativa.
Non stupisce, quindi, che nominando il wurm si evocassero
tutti i mali che potevano affliggere l’uomo: il verme assurge,
cioè, a simbolo stesso del male, ma poteva essere scongiurato per
mezzo della forza magica della parola, denominandolo in tutti i
modi in cui poteva manifestarsi. Nell’immaginario popolare
germanico vi era un “verme” per ogni malanno: il verme della
carie, del pus, della caduta dei capelli ecc.: i vermi entravano
cioè nel corpo come demoni portatori di malattia e ne divoravano
la carne.
Negli incantesimi i vermi dovevano essere riconosciuti in
modo inequivocabile: andavano indicate caratteristiche precise
quali la quantità e il colore: nei testi più antichi si aggiungeva la

83
dicitura “di’ il colore”, negli incantesimi di epoca più tarda si
arriverà ad una maggiore precisione cromatica.
Il verme poteva anche essere individuato in base alle parti del
corpo che andava a danneggiare, come si vede nell’!
Incantesimo di Lambrecht contro i vermi, anche questa
caratteristica troverà una maggiore precisione negli incantesimi
di epoca più tarda.
All’interno del corpus di incantesimi contro i vermi in tedesco
antico si possono individuare due filoni principali, ai quali si
mescolano altri motivi; del primo fanno parte i testi in cui il
verme viene chiamato nesso/ nessia, che rimanda al concetto di
“malattia sconosciuta”. Di questo primo gruppo abbiamo in realtà
un solo testo, tramandato però in due versioni diverse, una
altotedesca e una antico-sassone (! Contra vermes, Pro nessia),
ma per un’epoca più tarda si vedano Appendice n. 24, 33, 61, 70.
Un altro e più cospicuo gruppo di incantesimi aat. contro i
vermi si ispira al racconto biblico del Libro di Giobbe: Giobbe,
un uomo buono e onesto, viene sottoposto da Dio ad una serie di
prove, dalla perdita dei figli, degli amici e degli averi alle
malattie più raccapriccianti, ma alla fine Dio gli concede di
guarire e gli restituisce al doppio tutto quello che possedeva
prima. Si vedano i seguenti passi del Libro di Giobbe:

2,7 Il satana uscì dalla presenza del Signore e colpì Giobbe


con una piaga maligna, dalla pianta dei piedi alla cima del capo.

7,5 La mia carne


è ricoperta di marciume e di croste,
la mia pelle si raggrinza e si disfà.

30,17-20 La notte perfora le mie ossa


e i miei roditori (i malanni)
non hanno riposo.
Con violenza Dio ha sfigurato il mio manto,
mi serra come il collo della mia tunica.
(Dio) mi ha gettato nel fango,
e sono diventato simile a polvere e cenere.
Io grido verso di Te,
ma tu non mi rispondi,

84
insisto, ma Tu non mi consideri

Nella tradizione medievale Giobbe diventa patrono dei malati


di lebbra, scabbia, scorbuto e sifilide90. Nel corpus di incantesimi
l’espressione ricorrente riferita a Giobbe è che “giaceva nel
letame”, che traduce il latino “in sterquilinio”. A questo gruppo
appartengono: Incantesimo di Lambrecht contro i vermi,
Incantesimo di Prül contro i vermi, Quem vermis mordet; si
vedano inoltre: Appendice n. 25, 26, 27, 28, 29, 30, 31, 34, 36,
38, 39, 41, 43, 47, 48, 50, 52, 63, 64, 65, 66, 67, 69.

1.2.1 AD UERMEM QUI IN CABALLO EST


(St. p. 371)

Nel testo che segue, scritto prevalentemente in prosa latina,


vengono minuziosamente descritte le operazioni da eseguire e le
parole da dire per scacciare i vermi dal cavallo. La struttura è
quella tipica delle ricette mediche, ma a ben guardare è ibrida
poiché l’officiante, nel seguire le istruzioni deve fare delle cose e
allo stesso tempo deve recitare delle formule. La magia viene
attivata trasferendo il male dalla bestia ad una pianta per mezzo
di una pietra che simboleggia il dolore fisico. Le due erbe che
vengono nominate sembrano corrispondere alla Verbena
Officinalis e al cosiddetto “Sigillo di Salomone”, entrambe
largamente usate per scopi magici e medici.
L’interesse principale di questo testo nell’ambito dello studio
degli incantesimi aat. risiede nel fatto che le parole che si devono
pronunciare durante il rituale sono in tedesco antico e
riecheggiano l’incantesimo Ad equum infusum (!). Ancora una
volta motivi cristiani si mescolano con elementi magico-
superstiziosi in modo del tutto omogeneo. In chiusura viene
intimato di non fare un uso improprio di questo incantesimo,
pena l’efficacia dello stesso, in particolare, se il rimedio fosse

90
BS. IV, 68-72.

85
stato usato per curare un cane, esso ne avrebbe assorbito tutta la
forza magica e l’incantesimo non sarebbe stato più utilizzabile.
Questo testo, nonostante l’evidente connessione con il restante
corpus di incantesimi aat., è stato quasi del tutto ignorato dagli
studiosi.

Testo (latino- francone renano, XIII sec.)


Ad uermem, qui in caballo est.
post solis occasum uade ubi est erba uerminatia et pone unam
petram super illam et dic ter: uerminatia, libera illam bestiam -
aut albam aut rubram aut qualem colorem habet - de uerme et de
pena, et ego libero te de ista tam grandi pena. deinde uade ante
solis ortum et iterum dic, quod superius, ter et tolle ipsam
petram.
Item. erbam, que dicitur sigillata, effodies et interim, dum fodis,
dic: Christus91 uuart geboran, in crippa geuuorpan - her thaz92
blanka ros, de quocumque colore sit, nominetur et possessor eius
nominetur - geuuorpan uuirdi pater noster canatur totum et X
uicibus repetatur illud theotonicum93 et semper sequatur94 pater
noster totum, cumque ultimum canitur95 et eius finis “sed libera
nos” dicitur, tunc cum utrisque manibus a terra abstraitur et
postea nunquam ad terram ueniat, sed caballo in fronte
suspendatur, qui uermem habet, tamdiu eousque96 moriatur. Qui97
caballus ad currentem aquam non bibat nec in ulla aqua balneetur
nec ullus dorso eius insideat, sed liber98 ab omni onere pascatur,
donec omnis uermis moriatur. Qui99 canem hoc medicamento
iuuerit, deinceps non poterit100 ulli animali subuenire.

91
Sul ms. è scritto <x"s>.
92
Sul ms. è scritto <hertahz>.
93
Sul ms. è scritto <theodomic">.
94
Sul ms. è scritto <se persequatur>.
95
Sul ms. è scritto <canctur>.
96
Sul ms. è scritto <tandiu cousq>.
97
Sul ms. è scritto <qm>.
98
Sul ms. è scritto <libor>.
99
Sul ms. è scritto <qm>.
100
Sul ms. è scritto <peterit>.

86
Traduzione
Per il verme che sta nel cavallo.
Dopo il tramonto del sole vai dove sta l’erba Verbena e mettici
sopra una pietra e di’ tre volte: Verbena, libera quella bestia - se
bianca, se rossa o quale sia il colore - dal verme e dalla pena e
io ti libero da questa pena altrettanto grande. Poi vai prima del
sorgere del sole e di’ di nuovo tre volte quello di sopra e togli la
pietra. Allo stesso modo cava l’erba che si dice sigillata e nel
frattempo che scavi di’:
Cristo nacque, [fu] deposto in una mangiatoia101
– qui si nomini il cavallo bianco
o di qualunque colore sia e si nomini il suo proprietario –
venisse102 deposto103.
Si canti tutto un Padre nostro per dieci volte alternativamente si
ripeta quello tedesco e continui tutto il Padre nostro. Quando si
è finito di cantare l’ultimo e si dice “sed libera nos” prendi la
terra con entrambe le mani e non farla cadere per terra ma
sospendila sulla fronte del cavallo che ha il verme finché esso
non muore. Quel cavallo non beva all’acqua corrente né vi si
faccia il bagno né alcuno vi si sieda sul dorso ma, libero da ogni
dovere, possa esso pascolare fino a quando muoiono tutti i
vermi. Chi ha aiutato un cane con questo medicamento, dopo
non potrà più aiutare nessun altro animale.

Confronti
• Si confronti la parte in tedesco con il testo Ad equum infusuum
(!);
• si veda anche Appendice n. 3.

Tradizione manoscritta
Nel cod. nouv. acqu. lat. 356 della Bibliothèque Nationale di
Parigi, f. 69r.
Descrizione104: membr. 130 x 115 mm. 95 ff., miscellaneo del
XII sec.
101
Aat. krippa “stalla, mangiatoia”.
102
Ott. pret. di werdan.
103
Pp. di aat. werpan, werfan “gettare, deporre”.
104
St. p. 371.

87
Il ms. contiene varie opere di medicina, più precisamente:
ff. 1-13: Prognostica del XII sec.;
ff. 14-95: miscellanea di carattere medico del XIII sec.; al foglio
69r vi sono due incantesimi per i vermi, in cui il copista sembra
aver copiato senza capire.

Edizioni e studi
Miller p. 57; Wipf 1992, p. 68, p. 276.

1.2.2 CONTRA UERMEM EDENTEM


(St. LXVI, 4)

Questo incantesimo rappresenta un caso piuttosto interessante


di contaminazione tra motivi diversi. Pur essendo un rimedio per
cacciare il verme dal corpo, non troviamo il solito richiamo a
Giobbe e neanche l’evocazione del nome Nesso/nessia; troviamo
invece due elementi estranei, uno tipico degli incantesimi per
fermare il sangue, ovvero il racconto della nascita e del battesimo
di Cristo nel fiume Giordano, e l’altro tipico degli incantesimi
per guarire le ferite come il richiamo al monte Uliveto.
Caratteristiche proprie del suo genere sono invece l’ingiunzione a
non mangiare né bere più il sangue dell’uomo o della donna e la
specificazione della quantità (“che tu sia uno, due o tanti”).
Altro elemento interessante sono le istruzioni finali in latino,
che rammentano di non usare questo stesso incantesimo per gli
animali, pena la perdita di efficacia sull’uomo, come avviene
anche nel testo Ad uermem qui in caballo est (!).
Anche per questo incantesimo scarseggiano studi specifici.

Testo (alemanno, XII sec.)


Contra uermem edentem.
Ih gebiude dir, wurm, du in demo fleiske ligest, si din einer, sîn
din zuene, suie filo din si, in nomine patris et filii et spiritus
sancti, bi Ihesu Nazareno. der ze Bethleem geboren wart, in

88
flumine Iordanis getoufet wart, ze Iherusalem gemarteret wart, ze
monte oliueti ze himele fuor, daz du fleiskes niewet mer ezzest
und des bluotes niewet mer trinkest des mannes. N. vel des
wibes. in gotes namen amen. †
Quicumque homini hac medicina vermem emendare uelit, caueat,
ne alicui iumento per eam emendet, quia postea homini non
proderit.

Traduzione
Io ti ordino105, verme106 che stai nella carne107, che tu sia uno, due
o che tu sia molti, nel nome del Padre e del figlio e dello Spirito
Santo, per Gesù nazareno che è nato a Betlemme, fu battezzato
nel fiume Giordano, fu ucciso a Gerusalemme, salì al cielo dal
Monte Uliveto, che tu non mangi più108 la carne e non bevi più il
sangue109 dell’uomo [di’ il nome] nè della donna. Nel nome di
dio amen. †
Qualunque uomo voglia curare il verme con questo rimedio110,
badi di non curare con esso alcun animale111, perché dopo non
giova all’uomo.

105
Gebiude (ind. pres. I sg.) +bi +daz: mat. gebieten, aat. gibiotan “stendere,
ordinare, invitare, comandare”. Si tratta di un vb. ft. II, attestato in aat. anche come
gabiutan, gipiotan (VIII-IX sec.), kepeotan (VIII sec.), gibiatan (IX sec.), gebieten
(XI sec.). I pers. sg.: (ih) gibiutu (IX sec.), capiutu (VIII sec.), gipiuto (XI sec.),
gebiute (XI-XII sec.), gepiute (XI- XII sec.) < germ. *'abeudan “comandare”, ie.
*bheudh- (vb.) “essere svegli, osservare, diventare consapevoli” (G. III, 69; Kl.
109; Kö. 374; Lex. I, 754; Pk. 151; ScG. 114; StW. 57).
106
Per wurm ! Ad equum infusum.
107
Si tratta di un sost. n. –%, attestato in aat. anche come fleisc (VIII-IX sec.), fleisg
(VIII-IX sec.), flesc (VIII-IX sec.), fleiski (VIII-IX sec.), fleisch (IX-XI sec.), as.
fl$sk, mat. vleisch, fleisch, ted. Fleisch “carne viva”, “carne”< germ. *flaiska
(BMZ III, 339; G. III, 774; Kl. 271; Kö. 299; ScG. 159).
108
Mat. niht, nêowiht (sost. f. –n) attestato anche come niowiht, niwiht, niuweht,
niewet, niuwet, niwit, niwet “nessuno” (avv.) “non” (Lex. II, 83).
109
Per bluotes (gen. sg.) ! bluod nel Secondo Incantesimo di Merseburg.
110
Lat. medicina “medicina, rimedio”.
111
Lat. iumentum “giumento, animale, bestia da soma (spec. cavallo o asino)”.

89
Confronti
• L’ingiunzione precisa di non mangiare nè la carne dell’uomo nè
quella della donna si trova anche in Quem vermis mordet (!);
• l’intimazione a non usare in modo improprio l’incantesimo si
riscontra anche in Ad uermem qui in caballo est (!);
• si veda anche Appendice n. 40.

Tradizione manoscritta
Nel cod. nouv. acquis. lat. 229 della Bibliothèque Nationale di
Parigi, ff. 9v-10r.
Descrizione: ! Ad equum errehet.

Edizioni e studi
Wilhelm XVII; Miller p. 16; MSD p. 281; VL II, 10; Wipf 1992,
p. 74, p. 281.

1.2.3 CONTRA VERMES


(St. LVXII, A)

Questo testo rappresenta la versione antico sassone di Pro


Nessia (!). Sia Contra vermes che Pro Nessia hanno destato, più
di altri incantesimi, l’interesse degli studiosi, che si è
concentrato, in particolare, sulla struttura; come si è visto negli
incantesimi esaminati finora, la maggior parte di essi possiede
una struttura bipartita, in cui la prima parte introduce il racconto
di un fatto avvenuto nel passato, che si intende far ripetere
mediante la recitazione dell’incantesimo stesso. Entrambe le
versioni Contra vermes e Pro Nessia hanno, invece, una struttura
unitaria, in cui tutta la forza della magia si concentra
nell’ingiunzione a lasciare il corpo. Poiché Pro Nessia è la
trascrizione più antica tra gli incantesimi di area germanica,

90
alcuni studiosi112 hanno ipotizzato che la struttura unitaria
costituisse le forma “originaria” degli incantesimi, che, in
seguito, si sarebbe contaminata con l’aggiunta di un antefatto
mitico. In realtà esistono, nella tradizione indoeuropea,
incantesimi bipartiti ancora più antichi, così come esistono
incantesimi a struttura unitaria più recenti.
Un’altra caratteristica interessante di questo testo è il
“percorso” che il male deve seguire per lasciare il corpo. In
questo le due versioni si discostano leggermente: qui il verme
parte dal midollo e arriva nella parte inferiore dello zoccolo
passando attraverso ossa, carne e pelle, mentre nella versione alto
tedesca il verme passa dal midollo alle vene, anziché alle ossa.

Testo (as., X sec.)


Contra vermes.
Gang út, nesso, mid nigun nessiklinon,
út fana themo marg! an that ben, fan themo bene an that flesg,
ut fan themo flesge113 an thia hud, ut fan thera hud an thesa
strala.
drohtin, uuerthe so!

Traduzione
Contro i vermi. Va’ fuori, verme114, con nove piccoli vermi, fuori
dal midollo115 nell’osso116, dall’osso nella carne117, fuori dalla
carne nella pelle118 e dalla pelle in questo zoccolo119.

112
Ad es. Ramat 1976.
113
Sul ms. è scritto <flesgke>.
114
Il termine nesso/ nessia è stato interpretato dalla maggior parte degli studiosi
come “verme”, attestato anche come nösch, ma inizialmente era stato assimilato al
lat. nescius, nescia e tradotto come “malattia sconosciuta” (Helm 1953, pp. 140-
141).
115
Marge (dat. sg.): sost. n. –%, attestato in aat. anche come marc e continuato in
mat. marc e ted. Mark “midollo”< germ. *mazga “cervello”, ie. *moz-go
“cervello” (Kl. 541).
116
Per ben (acc. sg.), bene (dat. sg.) ! Secondo Incantesimo di Merseburg.
117
Per flesg (acc. sg.), flesge (dat. sg.) ! Contra uermem edentem.

91
Signore così sia!

Confronti
•! Pro Nessia;
• si vedano anche Appendice n. 24, 33, 61, 70.

Tradizione manoscritta
Nel cod. miscellaneo 751 Theol. 259 della Österreichische
Nationalbibliohtek di Vienna, f. 188v, sec. IX-X.
Descrizione: ! De hoc quod spurihalz dicunt.

Edizioni e studi
Wilhelm IV, 5; Miller p. 7; Geier 1982, pp. 363-365; Eis 1964,
pp. 7-30; Höver/ Kiepe 1978, p. 49; Kratz 1991; Murdoch 1991;
Reiche 1977, Saibene 1985; VL VII, 853.

118
Si tratta di un sost. f. –#, attestato in aat. come hût, huut (IX sec.), h,t (XII sec.),
mat. h"t, haut, ted. Haut < germ. *h"d, ie. *(s)keu- “ricoprire” (G. IV, 806; KGF
IV, 1431, Kl. 361; Kö. 575; ScG. 182; StW. 296; Pk. 952).
119
Il termine strala e il suo corrispettivo tulli dell’incantesimo Pro Nessia è stato a
lungo interpretato dagli studiosi come “freccia, spillone”, intendendo con questo un
elemento magico che avrebbe avuto la funzione di attirare su di sé il male per poi
essere distrutto o disperso nel bosco, dal quale provenivano gli stessi demoni
portatori di malattie (Ehrismann 1959, p. 106). Si deve a Eis (1964)
l’interpretazione di strala come “fettone” la parte inferiore, interna, dello zoccolo
del cavallo (detto anche “forchetta”, parte dello zoccolo situata in corrispondenza
della superficie plantare, ha forma di cuneo ed occupa lo spazio compreso tra le
barre ed il margine interno della suola, Carena 1956, p. 668). Quindi, se prima
questo incantesimo veniva inteso come atto a curare l’uomo afflitto da i vermi o
anche da una malattia misteriosa, da alcuni identificata con la tubercolosi, con
questa nuova interpretazione l’incantesimo viene ad occupare l’ambito delle
malattie dei cavalli, e si tratterebbe probabilmente del cosiddetto “cancro del
fettone”, detto anche “porro” o “fico”, una dermatite ungueale papillomatosa
propria dei cavalli. Essa può interessare una sola o tutte e quattro le zampe ed è
facilmente diagnosticabile (Carena 1956, p. 306).

92
1.2.4 CONTRA UERMES PECUS EDENTES
(St. LXVI, 3)

Questo incantesimo, pressoché ignorato dagli studiosi, è


piuttosto singolare: oltre a possedere una struttura unitaria, priva
di antefatto mitico, presenta due elementi estranei ad altri testi di
questo stesso tipo: il sole, al quale viene ordinato di non uscire, e
san Germano.
Non è certa la tradizione cui si fa qui riferimento, tuttavia
sembra si tratti di S. Germano vescovo di Auxerre (31 Luglio),
nato nel 378 da una ricca famiglia di proprietari terrieri, che, una
volta consacrato vescovo, rinunciò a tutti i suoi averi.
Poiché prima della consacrazione Germano si era spesso
dedicato all’attività venatoria, viene solitamente raffigurato come
cacciatore tra le bestie selvatiche e viene invocato per placare la
rabbia e la follia di uomini e animali, i quali ubbidiscono alle sue
preghiere120.

Testo (alemanno, XII sec.)


Contra uermes pecus edentes
Ih besuere dih, sunno, bi sancto Germano,
daz tu hiuto nescin, e demo - dic colorem - fiehe die wurme
uzsin.

Traduzione
Contro il verme che corrode il bestiame. Io ti ordino121, o sole,

120
Sales Doyé 1929, I, pp. 442-444.
121
Besuere +bi (ind. pres. I sg.): mat. beswern “scongiurare, stregare, incantare,
esorcizzare”. Si tratta di un verbo ft. VI attestato in aat. anche come besuerran
“pregare, scongiurare”, biswerren “testimoniare”, I pers. sg.: (ih) pissueriu,
pisuerio, pisuerigo, pisuerro, bisueru (da cui anche il nome d’agente aat. biswer%ri
“esorcista”). Con il significato di “pregare, scongiurare” il termine appare
solitamente in contesti del tipo ih bisuero bi (N) “ti scongiuro nel nome di”, mat.
beswern “supplicare, pregare, scongiurare”, ted. beschwören < germ. *biswarjan
(vb. ft) “scongiurare” (G. VI, 894; Kl. 752; Kö. 114; StW. 61; Lex. I, 232; ScG.
291; Pk. 1049).

93
per il santo Germano, che tu oggi non splendi122 e che il verme123
esca fuori124dall’animale -di’ il colore-.

Confronti
• Il sole è presente anche in un altro incantesimo contro i vermi
tramandato nel ms. pal. lat. 1227 f. Kv della Biblioteca Vaticana a
Roma allo studio della prof. Dora Faraci125. In tale testo però
viene intimato al sole di fermarsi e questo fa pensare ad una
contaminazione con il filone degli incantesimi per fermare il
sangue.

Tradizione manoscritta
Nel cod. nouv. acquis. lat. 229 della Bibliothèque Nationale di
Parigi f. 10r.
Descrizione: ! Ad equum errehet.

Edizioni e studi
Miller p. 18; MSD p. 305; VL II, 11.

1.2.5 INCANTESIMO DI LAMBRECHT


CONTRO I VERMI
(Miller p. 72)

Il testo che segue si inserisce nel copioso filone dei cosiddetti


Incantesimi di Giobbe, in cui al racconto biblico della malattia e
della miseria del mite Giobbe si mescolano elementi formulari e
rituali. Mi preme sottolineare, inoltre, che qui vengono elencati
vari tipi di vermi, poiché, come si è detto, il male andava

122
Aat. sk#nan (vb. ft. I) “splendere, brillare, apparire” (Kö. 965).
123
Per wurm ! Ad equum infusum.
124
Aat. "zs#n (vb. anom.) “essere fuori, essere alla fine” (Kö. 1199).
125
L’incantesimo è stato oggetto di una relazione al Convegno dell’Associazione
Italiana di Filologia Germanica del 2002, ora anche in Faraci 2003.

94
scongiurato elencandone tutti i nomi con cui poteva manifestarsi.
A causa delle condizioni del ms., non tutto il testo risulta
leggibile e comprensibile, inoltre, gli studi specifici su questo
testo sono scarsissimi.

Testo (bavarese, XII sec.)


Der hêrre Jôb lach in miste,
rief ûf ze Christe,
mit eiter bewollen:
die maden im ûz uielen.
des buozte im der hailige Crist.
also sî. N. des manewurmes, des hârwurmes, des magewurmes,
des perzeles unde aller der slahte wurme die niezende sîn [od]er
verzerende sîn ------ u. ach. N.126
der wurm der sî nû tôt
hiute unde immer mêr.
In nomine domini. amen. pater noster. daz scolt dû drîestunden
sprechen: vur daz eiter scoltûz sprechen. Carnanx alia. carnanx
edia. immensina. samsodina. cast bistu ir -------- N. --- tw bistu u.
zergent sie nv. in nomine sc# sp. ------ II ----- III ---

Traduzione
Il signor Giobbe giaceva nel letame127 ricoperto128 di pus129,
invocò Cristo: i vermi130 gli uscivano fuori 131. Da questo lo guarì

126
Le due pagine del ms. in cui è riportata questo incantesimo sono divise in due
parti in senso orizzontale: la parte superiore è di facile lettura, mentre la parte
inferiore è scritta in una grafia molto diversa e di difficile lettura.
127
Mat. mist (sost. m.) “fango, letame” (Lex. I, 2176).
128
Mat. bewëllen (vb. ft) “avvolgere, ricoprire” (Lex. I, 255).
129
Si tratta di un sost. n. -% attestato in aat. anche come eittar “umore corrotto,
veleno, pus” (IX-X), eiter (X-XI), eitir, eitter (XII) da cui anche eitar#g (agg.)
“purulento” eitarhaft (agg.) “avvelenato”, eitaren, eitar!n (vb. db. II) “suppurare,
formare pus”, mat. eiter “veleno, pus”, ted. Eiter “pus” < germ. *aitron “veleno,
pus”, ie. *oid- “gonfiare” (G. I, 158; Kö. 222; Lex. I, 535; Kl. 214; ScG. 106; Pk.
774).
130
Si tratta di un sost. m. –n, attestato in aat. anche come módo, matho, pl. madin,
maden, mat. made, maden “verme, verme da putrefazione”; ted. Made,
Madenwurm “verme, tarma” < germ. *ma&ón “verme”, ie. *math-, *moth- “verme,

95
il santo Cristo.
Così sia [guarito] [di’ il Nome] dal verme della criniera132, dal
verme del pelo133, dal verme dello stomaco134, dal perzel135 e da
tutti i generi136 di vermi di quelli che consumano137 o di quelli
che divorano138 --- [Nome]
Quel verme lì sia morto ora, oggi e per sempre. Nel nome del
Signore, amen. Padre nostro. Questo dovresti dirlo per tre volte:
per il pus dovresti dire: Carnanx alia. carnanx edia. immensina.
samsodina. tu sei nemico139 ---- [Nome], tu sei ------ e siano essi

parassita” (G. II, 658; Kl. 531; Kö. 750; Lex. I, 2004; Pk. 700), per il termine wurm
! Ad equum infusum.
131
Mat. wallen, aat. wallan (vb. ft. V), “ribollire, sgorgare” (Kö. 1210; Lex. III,
654).
132
Il termine manewurmes è attestato come sinonimo di hârwurm, è quindi
composto di mat. man, mane “criniera, pelo” + wurm “verme della criniera” (Lex.
I, 2029).
133
Hârwurmes (gen. sg.). Si tratta di un termine composto di har e wurm attestato
in mat. e in btm. hârworm, ted. Haarwurm, ol. haerworm. Aat. h%r (sost. n.)
“capello”, mat. h%r, ted. Haar < germ. *hÊra, ie. *ker- (KGF. IV, 744; Kl. 345;
ScG. 173).
134
Si tratta di un sost. composto con wurm “verme”, il cui primo membro è aat.
mago, mat. mage, ted. Magen < germ. *mag!n “stomaco” da un significato
originale di “recipiente” come si evince dal confronto con lit. mãkas “sacca” (Kl.
531; ScG. 213).
135
Perzeles (gen. sg.): aat. bürzel, börzel, burzil, perzel, burzel (sost. m. –%) indica
una malattia infettiva che colpisce sia gli uomini che gli animali. Nell’uomo dura
tre-quattro giorni ed è contagiosa, per quanto riguarda i cavalli, il termine è usato
come quasi sinonimo di wurme e, per la sua cura, si usava somministrare un’erba
detta teufelsabbisz. Il termine è attestato a partire dal XIV sec. e corrisponde forse
al latino morbus farciminosus, elephantialis (G. III, 224-226; Grimm II, 553-554;
Lex. I, 399; Kl. 147; Kö. 162).
136
Mat. slaht (sost. n. –%), slahta (sost. f. –!) “tipo, genere, stirpe”, ma anche aat.
slahta (sost. f. –!) “battaglia, mattanza, assassinio” (Kö. 982).
137
Niezende (part. pres.): si tratta di un vb. ft. II attestato in aat. anche come
niuzan, niozzan, niozan, niazan, niezan, niezen (ganiuzan), mat. niezen, niezzen
“consumare, usare, nutrirsi, rodere” < germ. *neutan “iniziare, usare”, ie. *neud-
“prendere, usare” (G. II, 1118; Kö. 827; Lex. II, 80; Pk. 768).
138
Verzerende (part. pres.): si tratta di un vb. ft IV attestato come aat. firzeran, mat.
verzern, verzeren, ted. verzehren “consumare, usare” < ie. *der- “spaccare” (Lex.
III, 317; Kl. 905; Kö. 1312; Pk. 206; ScG. 294).
139
Il termine cast si potrebbe ricondurre a mat. gast (sost. ft. m.) “straniero,
nemico” (Lex. I, 742).

96
ora annientati140 nel nome dello Spirito Santo II ---- III

Confronti
• La figura di Giobbe è presente anche in: Incantesimo di Prül
contro i vermi (!) Quem vermis mordet (!), oltre che in
numerose benedizioni di epoca più tarda (! Appendice n. 25, 26,
27, 28, 29, 30, 31, 34, 36, 38, 39, 41, 43, 47, 48, 50, 52, 63, 64,
65, 66, 67, 69);
• l’espressione misteriosa “Carnanx alia (...)” è tramandata anche
in Appendice n. 52;
• la malattia chiamata perzel viene trattata come sinonimo di
“verme” anche in Appendice n. 27, 34, 43.

Tradizione manoscritta
Nel cod. 1501 della Universitätsbibliothek di Graz, ff. 132v-133r.
Descrizione141: membr. in ottavo 160 x 130 mm. 134 ff.,
miscellaneo della seconda metà del XII sec. Proveniente dal
Chorherrenstift di Seckau (antica segnatura: 39/59). Rubriche di
colore rosso e rilegatura del 1901.
Il codice contiene prevalentemente opere ed annotazioni di
carattere liturgico e precisamente:
ff. 1-69v: Liber precatorius con annotazioni in tedesco medio.;
ff. 70-105: la Litania di Heinrich;
ff. 105-112v: preghiere in tedesco;
ff. 112v-132v: orazioni;
ff. 132v-133r: Incantesimo di Lambrecht contro i vermi;
ff. 1v-94v (margini inferiori): fino a sei righe di due mani del XIV
sec.: vita di S. Alessio;
ff. 95-133: leggenda di S. Giuliana.

Edizioni e studi
MSD XLVII, 3; Hoffmann von Fallersleben 1837; Holzmann
2001, p. 196; Schönbach 1877.

140
Il termine zergent è da rimandare probabilmente al vb. mat. zergengen (db.)
“distruggere, annientare” (Lex. III, 1067).
141
Kern 1956, pp. 330-340.

97
1.2.6 INCANTESIMO DI PRÜL CONTRO I VERMI
(Miller p. 71)

Sul motivo di Giobbe viene qui condotta una invocazione a


Cristo contenente alcuni versi rimati.
Interessante a mio avviso è anche la formula di chiusura “il
verme è morto, morto è il verme”, che, nonostante la ricca
imbastitura cristiano-liturgica, racchiude in sé tutta la potenza
della parola magica.

Testo (bavarese, XII sec.)


Contra uermes.
Jôb lag in dem miste.
er rief ze Criste,
er chot “du gnâdige Crist,
du der in demo himile bist,
du buoze demo mennisken des wrmis. N.
Durch die Jôbes bete
die er zuo dir tete,
doer in demo miste lag,
doer in demo miste rief
zuo demo heiligin Crist.
der wrm ist tôt,
tôt ist der wrm.
Kyrie eleison Xriste eleison Kyrie eleison Pater noster tribus
vicibus. or. Actiones nostras quesumus domine amen.

Traduzione
Contro i vermi. Giobbe giaceva nel letame142, egli invocò Cristo,
egli disse143: “Tu Cristo misericordioso che sei nel cielo, tu
guarisci quest’uomo dal verme144” [di’ il nome].
Per la preghiera di Giobbe che egli ti fece145, quando egli giaceva
nel letame, quando egli gridava nel letame al Cristo santo. Il
verme è morto, morto è il verme. Kyrie eléison, Christe eléison,
142
Mat. mist (sost. m.) “letame, fango” (Lex. I, 2176).
143
Aat. chot, kot: pret. III sg. di quedan “dire”.
144
Per wurm ! Ad equum infusum.
145
Mat. tete: pret. III sg. di tuon “fare”.

98
Kyrie eléison. Padre nostro per tre volte. Ti preghiamo Dio, che
per le nostre azioni (...146) amen.

Confronti
• Giobbe compare anche in: Incantesimo di Lambrecht contro i
vermi (!), Quem vermis mordet (! ), oltre che in numerose
benedizioni di epoca più tarda (!Appendice n. 25, 26, 27, 28,
29, 30, 31, 34, 36, 38, 39, 41, 43, 47, 48, 50, 52, 63, 64, 65, 66,
67, 69).

Tradizione manoscritta
Nel clm. 536 della Bayerische Staatsbibliothek di Monaco, f. 84r.
Descrizione147: membr. 200 x 145 mm. in quarto, con 137 ff.
numerati, miscellaneo e composito, datato metà XII sec. (1143-
1147), scrittura gotica libraria tedesca con inchiostro di colore
marrone e rubriche e postille rosso-arancio. Il testo è scritto su
un’unica colonna in uno specchio di scrittura di 160 x 105 mm.; i
fori della rigatura (a secco) sono visibili sul bordo esterno e
distano 7 mm. l’uno dall’altro. I fogli di guardia provengono da
un altro ms., sono entrambi tagliati a metà: si intravede un testo
in minuscola carolina con note tironiane; il foglio di guardia
posteriore è scritto sul recto e sul verso in minuscola carolina dal
corpo più grande. La copertina è in legno foderato di pelle
marrone con decorazioni impresse a caldo a motivi floreali e con
piccoli stemmi a motivi zoomorfi (di due tipi diversi: uno riporta
un volatile, forse un’aquila, con le ali spiegate, l’altro un
quadrupede con la testa grande quanto il corpo).
Il ms. si compone di quattro parti principali:
1) f. 1r: disegno a tutta pagina raffigurante il patrono del
monastero di Prül (S. Vito) con l’abate Wernher.
ff. 1v-52r: Honorius Augustodunensis, De imagine mundi;
ff. 53ra-55ra: Elenco dei Papi fino a Lucio II;
ff. 56ra: Honorius Augustodunensis, De luminaribus ecclesiae;
ff. 57r-61r: Pseudo-Senecae et Pseudo-Pauli Apostoli epistolae;
ff. 61r-65v: estratti da vari testi dei Padri della Chiesa: Agostino,

146
Si tratta probabilmente dell’inizio di una preghiera.
147
Da esame diretto e da Schnell 1991.

99
Girolamo, Isidoro, Ambrogio;
ff. 66r-80v: Physiologus (in latino) ovvero Dicta Johannis
Chrisostomi de naturis bestiarum;
2) ff. 81r-82v: sul numero 7 (le sette meraviglie del mondo, i sette
miracoli alla nascita di Cristo ecc.);
ff. 82v-83v: Prüller Steinbuch (inizio in latino, poi in tedesco);
ff. 83v-84v: Raccolta di brevi testi: alfabeto greco, f. 84r
Incantesimo di Prül contro i vermi, seguono in latino altre ricette;
f. 85v: Sul numero 7 (in cinque colonne: i sette Patriarchi, i sette
Doni dello Spirito Santo ecc.);
ff. 85v-86r: Regole per i monaci (De matrimonio, De monachis);
ff. 86r-87r: Prüller Kräuterbuch (in tedesco);
f. 87r: Ricette in latino;
ff. 87r/v: Probatio Alexandri magni ad matrem suam Olimpiam;
ff. 88r-89v: De Judeo et imagine Christi;
f. 89v: De furtu;
3) f. 90r: Notizie topografiche sulla Germania e in particolare su
Regensburg;
ff. 90v-100r: Heito von Reichenau, Visio Wettini;
ff. 100r-101v: Visio cuisdam pauperculae mulieris;
4) ff. 102r-136r: Othloh von St. Emmeram, Liber proverbiorum;
ff. 136v-137v: Inni a S. Vito, di una mano più recente (con
neumi).

Edizioni e studi
MSD XLVII, 2; Schnell 1991.

1.2.7 PRO NESSIA


(St. LXVII, B)

Questo incantesimo vanta la tradizione manoscritta più antica


in area tedesca; la sua datazione si fa risalire al IX sec. Come si è
già visto, ne esiste anche una versione di poco più tarda in antico
sassone.
Rimando al precedente capitolo su Contra vermes per la

100
discussione delle questioni più rilevanti.

Testo (tedesco superiore, IX sec.)


Pro Nessia.
Gang uz, Nesso, mit niun nessinchilinon,
uz fonna marge in deo adra, vonna den adrun in daz fleisk,
fonna demu fleiske in daz fel, fonna demo velle in diz tulli.
Ter Pater noster.

Traduzione
Contro i vermi148. Va’ fuori, verme, con nove piccoli vermi, fuori
dal midollo149 nelle vene150, dalle vene nella carne151, dalla carne
nella pelle152, dalla pelle nello zoccolo153. Tre Padre nostro.

Confronti
• Il termine nesso/ nessia ricorre anche, oltre che ovviamente
nella versione as. di questo stesso testo, anche in Appendice n.
24, 33, 61, 70.

Tradizione manoscritta
Nel clm. 18524b della Bayerische Staatsbibliothek di Monaco, f.
203v.
Descrizione154: membr. in quarto 240 x 150 mm. 203 ff.
proveniente da Tegernsee, IX sec.
148
Aat. nesso (sost. f. –!), “verme” e nessinkl#n (sost. n. –%) “vermicino” (Kö.
819).
149
Per marge (dat. sg.; cfr. Kö. 762)! Contra vermes.
150
Adra (acc. sg.); adrun (dat. pl.): si tratta di un sost. f. -!/ -n, attestato nelle
glosse aat. a partire dall’VIII sec. anche come %dara, pl. adrun, adern, adare, con
il significato sia di “canale per liquidi” e quindi “vena, arteria”, che di “muscolo,
fibra, venatura, nervo” (cfr. anche il sost. inadri “viscere”), mat. %der (al pl.
“viscere”); ted. Ader “vena” < germ. *æ-(a)r! (sost. f.), ie. *$ter “viscere” (G. I,
156; Grimm I, 178; Kl. 15; Kö. 8; Pk. 344).
151
Per fleisk, fleisc (sost. n. –%) “carne, corpo”! Contra uermem edentem.
152
Fel (acc. sg.), velle (dat. sg.) “pelle, vello”: si tratta di un sost. n. –%, mat. vël,
ted. Fell < germ. *fella (BMZ III, 293; G. III, 169; Kl. 258; ScG. 154).
153
Aat. tulli (sost. n. –%) “zoccolo” (Kö. 1100) ! Contra vermes.
154
Da esame diretto.

101
Scrittura minuscola carolina dal corpo minuto e regolare,
disposizione vis a vis (in certi punti è possibile scorgere i puntini
lasciati dal pelo); saltuariamente sono visibili anche i fori usati
per la rigatura che distano mediamente 9 mm. e la rigatura a
secco. L’inchiostro è di colore nero o marrone scuro, con
rubriche e incipit di colore rosso-arancio, a volte anche insieme a
verde e giallo. Il testo è scritto su un’unica colonna e lo specchio
di scrittura misura mediamente 170 x 90 mm. La copertina è in
legno rivestito di pergamena, su cui sono ancora visibili i segni
lasciati dalle borchie decorative. I fogli di guardia sono di
pergamena e provengono probabilmente da altri codici. I due
fogli di guardia iniziali contengono un testo in latino di
argomento religioso in minuscola carolina regolare e
tondeggiante con rubriche di colore rosso-arancio, su fogli
squadrati a secco. Sul margine superiore del foglio che precede il
f. 1r c’è una scritta in gotica bastarda sempre in latino.
Il ms. contiene opere di argomento religioso, più precisamente:
ff. 1-26: epistola di S. Girolamo;
ff. 27-105: Isidoro, De Officiis;
ff. 105-203: raccolta di brani di autori cristiani e sermoni;
foglio di guardia finale (dovevano essere probabilmente due, ma
uno è stato strappato): testo in latino in una minuscola carolina
molto simile a quella del testo principale. Sul retro di
quest’ultimo foglio (che deve essere stato incollato alla copertina
e che sembra essere estraneo) è riportato, insieme ad alcune
prove di penna, l’incantesimo Pro nessia su quattro righe e con
punteggiatura ogni tre parole. L’inchiostro è di colore più chiaro,
quasi giallognolo e la scrittura è irregolare: ad es. la lettera d a
volte ha l’asta dritta, a volte inclinata a sinistra. Il foglio non
presenta alcuna squadratura, infatti la distanza delle quattro righe
contenenti l’incantesimo oscilla tra 5 e 8 mm.

Edizioni e studi
Barb 1950, pp. 26-30; Eis 1964, pp. 7-30; Haug/ Vollmann 1991,
p. 156, pp. 1160-1162; Klein 1977, pp. 180-182; Kratz 1991;
Miller p. 6; Murdoch 1991; Reiche 1977; Schmitt 1967, pp. 291-
294; VL VII, 853; Wilhelm IV, 5B; Wipf 1992, p. 74, p. 280.

102
1.2.8 QUEM VERMIS MORDET
(Wilhelm p. 41)

Il seguente rimedio per guarire da tutti i tipi di vermi è scritto


prevalentemente in prosa latina di tipo liturgico. Nella parte
finale in tedesco, che esprime l’ingiunzione al verme, il motivo
di Giobbe viene solo accennato.
Questo testo è stato trascurato forse più di altri dalla maggior
parte degli studiosi, anche se, in parte, la giustificazione può
essere vista nel fatto che è stato scritto prevalentemente in latino.

Testo (latino- dialetto bavarese, XII sec.)


Quem <ver> vermis155 mordet. Adiutorium nostrum in nomine
domini, qui fecit cælum et terram. Cristus in petra sedebat et
uirgam in manu tenebat et dixit. Domine. Si uermes isti sunt viui
moriantur et si mortui exeant foras. Nonne eo meatu per angelum
maiestatis plus escare. Canta: Pater noster tribus vicibus et dic:
Domine libera seruum istum uel ancillam. N. vone demo wurme
cancro et talpone et omnibus uermibus.
wrm ich gebivte dir bi gotes worten et sancti iob unte siner
heligin chinde. daz (di)sen156 man uel dizes viibes mer enbizzest
noch tages nohc nahtes.

Traduzione
Per chi è tormentato dal verme. Il nostro aiuto [è] nel nome del
Signore che fece il cielo e la terra. Cristo sedeva su una pietra e
teneva in mano una verga e disse: “Signore, se questi vermi sono
vivi muoiano e se sono morti escano fuori, per la magnificenza
dell’angelo non si alimentino più per quella via”. Canta tre volte
un Padre nostro e di’: “Signore, libera questo servo o ancella

155
Nel ms.: <qu$ ver vermis mor>.
156
Nel ms.: <tusen>.

103
[di’ il nome] dal verme, dal cancro, dal verme talpone157 e da
tutti i vermi.
Verme158 io ti ordino159 per le parole di Dio e del santo Giobbe e
dei suoi santi figli che tu non morda160 più quest’uomo o questa
donna né di giorno né di notte.”

Confronti
• L’ingiunzione al verme di non mangiare più la carne dell’uomo
o della donna compare anche in Contra vermes edentem (!);
• la figura di Giobbe ricorre anche in: Incantesimo di Lambrecht
contro i vermi, Incantesimo di Prül contro i vermi e Appendice n.
25, 26, 27, 28, 29, 30, 31, 34, 36, 38, 39, 41, 43, 47, 48, 50, 52,
63, 64, 65, 66, 67, 69.

Tradizione manoscritta
Nel cod. med. 652 della Universitätsbibliothek di Innsbruck, ff.
77v-78r.
Descrizione161: membr. 140 x 195 mm. 84 ff. miscellaneo e
composito, scritto in tarda minuscola carolina del XII sec.
proveniente dal monastero di Stams (Tirolo).
Il cod. si compone di quattro parti principali che contengono:
1) ff. 1-57: Expositio symboli (opera anonima), estratti dai padri
della Chiesa, decreti papali, concili;
2) ff. 58-71: Rupert von Deutz, De meditatione Mortis; Epistola a
Ugo di S. Vittore, Estratti da Agostino;
3) ff. 72-79: quaternione scritto da un unico copista:
ff. 72v-74v: Spiegazione del Padrenostro;
ff. 74v-75v: De septem sigillis;
157
Si tratta di un tipo di malattia chiamata anche talpa, si veda ad esempio !
Incantacio contra equorum egritudinem, nello stesso ms. ai ff. 41-43: Ad vermem,
qui dicitur talpa, tollendum.
158
Per wurm ! Ad equum infusum.
159
Gebivte (ind. pres. I sg.) +bi +daz, ! Contra uermem edentem.
160
Enbizzest (negaz + ind. pres. II sg.): si tratta di un vb. ft. I che continua lo stesso
significato anche in mat. bîzen e ted. beißen < germ. *beitan “mordere”, ie. *bheid-
“dividere, spaccare” (G. III, 228; Kl. 94; Kö. 121; Lex. I, 293; Pk. 116; ScG. 115).
161
Wilhelm p. 88; Schnell 1991.

104
ff. 75v-76v: Sul numero sette;
f. 76v: Calendario di regole per la salute;
ff. 76v-78r: Innsbrucker Arzneibuch (in lingua mista lat. e ted. di
cui fa parte, oltre al Quem vermis mordet, anche !Der lange
Longinus (Appendice n. 85) e altre ricette;
ff. 78v-79r: Prüller Kräuterbuch;
ff. 79r: Ricette in latino;
ff. 79r/v: Probatio Alexandri magni ad matrem suam Olimpiam;
Secreta mulierum;
4) ff. 80-84: Johannes Chrysostomus Homilia I, De cruce et
latrone.

Edizioni e studi
Miller p. 74; MSD p. 280; Schnell 1991.

1.3.0 Per fermare il sangue e per guarire le ferite

Gli incantesimi in tedesco antico per fermare le emorragie,


spesso mescolati a quelli contro le ferite, riproducono motivi
piuttosto antichi162; il filo conduttore di tutto il corpus degli
incantesimi per fermare il sangue è che esso deve fermarsi come
un qualcos’altro che si è fermato in precedenza. Il secondo
termine di paragone è solitamente l’acqua, ma esistono, nella
tradizione più recente, anche altri modelli di riferimento in cui il
sangue deve fermarsi, come ad es. “come Cristo sulla Croce” (!
Appendice n. 118).
All’interno del corpus degli incantesimi tedeschi, possiamo
individuare due filoni principali in base al motivo che vi si
tramanda: quello del Giordano e quello di Longino. Il gruppo di
incantesimi che riportano il motivo del fiume Giordano è

162
BS. I, 1452-1456.

105
piuttosto numeroso: Ad fluxum sanguinis narium, Ad
restringendum sanguinem (Erfurt), Incantesimo di Bamberga 2,
Incantesimo di Millstatt, Incantesimo di Selestat, Incantesimo di
Strasburgo 1. Il motivo del fiume che si ferma si deve ad una
mescolanza di racconti biblici163 a partire dal racconto del
battesimo di Cristo nel fiume Giordano (Mt 3,13-17), in cui,
però, non viene specificato l’arresto del fiume, che viene invece
nominato nel libro di Giosuè, a proposito del passaggio degli
Israeliti:

Uscì dunque il popolo dalle sue tende, per passare il Giordano;


i sacerdoti che portavano l’Arca dell’alleanza gli camminavano
innanzi. Il Giordano è in piena fin sopra le due rive, per tutto il
tempo della mietitura. Or, quando furono giunti al fiume, appena
immersero i loro piedi nell’acqua della sponda, le acque superiori
ristettero, elevandosi in un ammasso, che si prolungava su una
grande distanza, fin dalla città di Adam, che è verso Sartan;
mentre le acque che scendevano verso il mare dell’Araba, detto
Mare Salato, sparirono completamente. Allora il popolo passò il
fiume di fronte a Gerico. I sacerdoti che portavano l’Arca
dell’alleanza del Signore, se ne stavano fermi in mezzo al greto
del fiume, e così Israele poté camminare a piede asciutto, sino a
che tutto il popolo ebbe terminato di attraversare il Giordano
(Giosuè 3,14-17).

Altri racconti biblici che hanno contribuito alla creazione della


leggenda dell’arresto del Giordano sono, ad esempio, il
passaggio di Mosè attraverso il Mar Rosso:

Allora il Signore disse a Mosè: Perché gridi a me? comanda ai


figli d’Israele che si muovano, e tu alza la tua verga, stendi la
mano sul mare, dividilo, e i figli s’Israele entrino in mezzo al
mare, sull’asciutto. (...) Mosè intanto tese la sua mano sopra le
acque, il Signore con un potente vento orientale fece ritirare il
mare tutta la notte, rendendolo asciutto, e le acque furono per loro
come un muro a destra e a sinistra (Esodo 14, 15-23).

o i miracoli di Cristo che placa la tempesta:


163
Si vedano anche: Re II, 5, 10; II, 2, 8; Isaia 50,2; Salmi 77, 17, 114,3.

106
Or ecco, si sollevò in mare una burrasca tale, che la barca era
coperta dalle onde. Ed egli dormiva (...) Poi, alzatosi, comandò ai
venti e al mare e si fece gran bonaccia. Sicché quegli uomini ne
rimasero meravigliati e dicevano: “Chi è mai costui, che gli
obbediscono anche i venti e il mare?!” (Mt. 8, 22-27).

che cammina sulle acque:

La barca intanto, già lontana da terra molti stadii, veniva


sbattuta dai flutti; perché il vento era contrario. Alla quarta vigilia
della notte, Gesù andò verso di loro, camminando sul mare.
Quando i discepoli lo videro camminare sul mare si spaventarono
e dissero: “E’ un fantasma!” (Mt. 14, 25-33).

e che guarisce una donna:

(..) Or, ecco, una donna, affetta da dodici anni da perdite di


sangue, gli si avvicinò di dietro e gli toccò il lembo della veste;
perché pensava dentro di sé: “Se io potrò toccare anche soltanto
la sua veste, sarò guarita”. Ma Gesù si voltò e, vedutala, disse:
“Confida, figliuola: la tua fede ti ha salvata”. E da quell’istante la
donna fu guarita (Mt. 9, 18-26).

Il secondo gruppo è composto da incantesimi che si rifanno al


motivo di Longino164: Ad restringendum sanguinem (Abingdhof),
Ad sanguinem stagnandum (lat.), (Incantesimo di Bamberga 1),
Contra sanguinem stagnandum. Contra fluxum sanguinis de
naribus (lat.).
Longino, che non viene mai nominato nei testi canonici, nasce
da una contaminazione di diversi motivi, in particolare di due
personaggi: il soldato che trafisse Gesù crocifisso con la lancia:

Invece, venuti a Gesù, quando videro che era già morto, non
gli ruppero le gambe; ma uno dei soldati con una lancia gli aprì il
costato; e subito ne uscì sangue e acqua (G. 19, 33-34).

164
BS. V, 1326-1348.

107
e il centurione romano che stava di guardia alla croce (Mt. 27,
54; Mc. 15, 39; L. 23, 47).
Il soldato che trafisse Gesù viene nominato nei martirologi
tedeschi con il nome di Longino il quale, secondo una leggenda,
nata da una falsa interpretazione del racconto della morte di
Cristo, in cui è scritto che il cielo si oscurò (Mt. 8, 18), era cieco,
ma riuscì a riacquistare la vista grazie al sangue uscito dalle ferite
di Cristo. Sebbene all’origine della tradizione Longino fosse
conosciuto come soldato romano, nelle diverse leggende egli è
“l’ebreo”; questo cambiamento è dovuto probabilmente
all’influsso e alla confluenza di due filoni: quello dei profeti:

In quel tempo io comincerò a distruggere tutte le genti ostili a


Gerusalemme, poi effonderò sulla casa di Davide e sopra gli
abitanti di Gerusalemme lo spirito di misericordia e di preghiera:
essi mireranno a colui che hanno trafitto e faranno su di lui un
lamento, come si fa per la morte di un figlio unico (Zaccaria 12,
9-10).

e quello evangelico:

E subito uno di loro corse a prendere una spugna, poi


inzuppatala nell’aceto, la mise in cima ad una canna, e gli dava da
bere (Mt. 27, 48).

Il nome di Longino, associato, oltre che alla cecità, anche alla


lunga lancia, presenta in area tedesca numerose varianti:
Longinus, Langinus, Longienus, Logeminus, Languinus,
Languinius, Longius, Longis, Longex, Longeus, Loynus,
Langruus, Sanctus Longinus, miles Longinus, a lui si riferiscono
anche le espressioni miles hebreus, Judenritter, Juda Loynus,
Judas, blinder Mann, blinder Ritter, blinder Jude.
Nella tradizione apocrifa del Vangelo di Pietro si chiama
invece Petronius e corrisponde al guardiano della tomba, oppure
Jeremias, il custode della croce165.

165
Per la questione delle fonti si veda: BS. V, 1326-1348.

108
Longino è noto nelle leggende medievali tedesche anche come
“il cavaliere”, e questo è dovuto all’errata interpretazione del
latino miles.
In area tedesca, gli “incantesimi di Longino” furono adoperati
nella fase più antica solo per fermare il sangue e per guarire
ferite, ma, in seguito, vennero usati anche per prevenire le
infezioni, estrarre corpi estranei dalle ferite, per guarire occhi,
febbre, azzoppamenti, per la ferratura dei cavalli e contro
incendi, vermi e calci.
Ai due motivi principali si mescolano anche altri elementi che
possiamo definire “formulari” che accennano ad esempio alla
ferita di Cristo che “non s’infiammò nè si ulcerò” (Incantesimo
di Bamberga per le ferite, Incantesimo di Monaco per le ferite) e
dalla quale uscirono “acqua e sangue” (Ad restringendum
sanguinem - Abingdhof -) o al fatto che Cristo dopo essere stato
ferito guarì (Ad catarrum dic, Ad restringendum sanguinem –
Erfurt -) e che questa guarigione fu “un momento molto buono”
(Incantesimo di Bamberga per le ferite) o, ancora, all’incontro di
tre fratelli con il Cristo (Incantesimo di Monaco per le ferite).

1.3.1 AD CATARRUM DIC


(St. p. 378)

Il seguente testo as. tramanda due coppie di versi rimati


(giuund/gisund e forstuond/bluod), i quali riecheggiano in parte
quelli dell’Incantesimo di Bamberga per le ferite (!). Nella
prima coppia di versi, si accenna al ferimento e alla guarigione di
Cristo senza nominare direttamente Longino, come invece
avviene in altri testi dello stesso tipo; nella seconda si fa
riferimento al sangue e gli si intima di fermarsi.
E’ doveroso sottolineare, inoltre, che, sebbene non manchino
degli studi comparativi sugli incantesimi per fermare il sangue,
scarseggiano studi specifici su questo testo.

109
Testo (as./ francone mediano su modello as., X sec.)
Ad catarrum dic.
Crist uuarth giuund tho uuarth he hel gi ok gisund.
that bluod forstuond: so duo thu bluod! amen Ter. pater noster
Ter.

Traduzione
Per il sangue dal naso di’: Cristo fu ferito166 e divenne quindi
santo167 e anche sano. Il sangue168 si fermò169, così fai lo stesso
anche tu, sangue. Amen tre volte, Padre nostro tre volte.

Confronti
• L’espressione “Cristo fu ferito e poi guarì” ritorna, pur con
delle differenze in: Ad restringendum sanguinem (Erfurt) e
Incantesimo di Bamberga per le ferite (!).

Tradizione manoscritta
Sul margine inferiore del f. 19v nel cod. 40/1018 della
Stadtbibliothek di Treviri X sec.
Descrizione: ! Incantacio contra equorum egritudinem quam
nos dicimus spurihalz.

Edizioni e studi
Keuffer 1888, p. 41; Miller p. 107; Schiel 1953, pp. 23-36; Roth-
Schröder 1910, pp. 169-182 (descrizione del ms.), 396; VL I, 27;
Wipf 1992, p. 80, p. 285.

166
Giuund (pp. wunt!n) da aat. wunt!n (vb. db. II). Come sost. è attestato in aat.
anche come uuunta, uunta, uuunda, uunda (f. –!), continuato da mat. wunde, ted.
Wunde, come agg. aat. wunt “ferito”, mat. wund, ted. wund < germ. *wund! (sost.),
*wunda, *wundaz (agg.), forse da ie. *ø%-, *ø!-, *øen- “colpire, ferire” (G. I, 896;
Kl. 898; Kö. 1295-97; Lex. III, 986; Pk. 1108; ScG. 329).
167
Helgi: si tratta di una forma secondaria di heilig “santo”.
168
Per bluod ! Secondo Incantesimo di Merseburg.
169
Riconducibile ad aat. stantan “fermarsi, stare”: si tratta di un vb. ft. VI, attestato
anche come stân, stên, standon, stanton continuato in mat. stân, stên “stare,
restare”, ted. stehen < germ. *standan, ie. *st%-, *st$n- “stare, mettere” (G. VI, 588,
595; Kl. 791; Kö 1020; Lex. III, 1134; Pk. 1004).

110
1.3.2 AD FLUXUM SANGUINIS NARIUM
(St. p. 379)

Questo testo, la cui trascrizione risale al XII sec., rappresenta


il più antico esempio di “benedizione del Giordano” in area
tedesca ed è caratterizzato dalla consueta struttura bipartita,
all’introduzione narrativa, in questo caso biblico-leggendaria,
segue l’intimazione al sangue di comportarsi esattamente come
fece il fiume quando si arrestò.
Al termine dell’incantesimo viene detto, in latino, di fare dei
nodi nei capelli contestualmente alla recitazione del testo: il nodo
possiede una forte connotazione magica ed è molto usato in vari
tipi di magia, sia di tipo maligno che benigno; in questo caso i
nodi nei capelli servono, a mio avviso, a rafforzare l’immagine
dello strozzamento della vena e del conseguente arresto del
flusso sanguigno.
Anche in questo caso mi preme sottolineare la carenza di studi
specifici.

Testo (alemanno, XII sec.)


Ad fluxum sanguinis narium
Christ170 unde Iohan giengon zuo der Iordan. do sprach Christ171:
“stant, Iordan, biz ih unde Iohan uber dih gegan”. also Iordan do
stuont, so stant du .N. illivs bluot. hoc dicatur ter et singulis
uicibus fiat nodus in crine hominis.

Traduzione
Per il flusso del sangue dal naso. Cristo e Giovanni andarono al
Giordano. Allora disse Cristo: “Fermati172, Giordano, finché173 io
e Giovanni ti avremo attraversato”. Come il Giordano si fermò,
così fermati tu sangue174 di (Nome). Questo si dica per tre volte e
ogni volta si faccia un nodo nei capelli della persona.

170
Sul ms. è scritto <xpict>.
171
Sul ms. è scritto <xpict>.
172
Per standan ! Ad catarrum dic.
173
Alla lettera: “fino a quando”.
174
Per bluot ! Secondo Incantesimo di Merseburg.

111
Confronti
• E’ possibile che l’incantesimo appena esaminato abbia avuto un
modello di riferimento latino, come mostra la seguente versione
latina del IX/X sec. (! Appendice n. 100):
« Cristo e San Giovanni vanno al fiume Giordano, disse Cristo a
San Giovanni :“fermati fiume Giordano”. Così come il fiume
Giordano si fermò, così fermati vena. In questo uomo. Nel nome
del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. Amen. »

Tradizione manoscritta
Nel cod. nouv. acquis. lat. 229 della Bibliothèque Nationale di
Parigi, f. 10r, XII sec.
Descrizione: ! Ad equum errehet.

Edizioni e studi
Ebermann 1903, p. 24; Hampp 1961, pp. 163-171; Miller p. 128;
MSD II 272-276; Ohrt 1938, pp. 24-47; 77-220; VL I, 29; Wipf
1992, p. 82, p. 285.

1.3.3 AD RESTRINGENDUM SANGUINEM (Erfurt)


(St. 378)

Pochi studi sono stati dedicati a questo rimedio: esso è


formato da due testi distinti e appartenenti a tradizioni diverse, se
pure riunite sotto lo stesso “titolo”. Poiché il codice ha un
margine rifilato, una parte del testo è andata perduta, tuttavia è
chiaro che in entrambi la lingua tedesca si alterna a quella latina
con largo uso di elementi formulari: i diversi motivi che si
intrecciano non vengono “svolti”, ma solo accennati.
Il primo testo contiene due motivi tipici: il racconto di Cristo
che fu ferito (ma qui vi si allude senza nessun altro dettaglio) e
l’ingiunzione al sangue di fermarsi dentro (inne) in nome della
volontà (wille) di Cristo.
Il secondo testo riporta il motivo del fiume Giordano
accostato però, caso unico negli incantesimi di questa epoca, alla

112
figura di Maria; solo dopo il XIII sec., infatti, tale accostamento
diventerà un motivo costante nelle benedizioni dello stesso
argomento.

Testo 1. (XII sec.)


Ad restringendum sanguinem.
In nomine patris et filii et spiritus sanctus. Crist wart wund, des
wart er gesunt. Stant bl"t stant bl"t, stant hir inne, d"rc des
heiligen cristes willeN. Pater noster. Diz si din ...b"zeN. Istud dic
tribus uicibus.

Traduzione 1.
Per fermare il sangue.
Nel nome del Padre del Figlio e dello Spirito Santo. Cristo era
ferito175. Poi guarì. Fermati176 sangue177, fermati sangue, fermati
qui dentro. Per la volontà di Cristo santo. Padre nostro. Questo
sia per te la guarigione178. Di’ questo per tre volte.

Testo 2. (XII sec.)


Item ..nem manare de ferreo fonte ille sanguis restitit. ubi
Christus Jesus
stant bl"t habe bl"t
habe dine sela bl"t.
sancta maria .. liga hec u....
also uerstant d".
so der [iordan] uerst"nt.
ubi sanctus johannes christum filium dei baptizauit. Pater noster.
tribus uicibus ista.

175
Per wund ! Ad catarrum dic.
176
Per standan ! Ad catarrum dic.
177
Per bluot ! Secondo Incantesimo di Merseburg.
178
Per buozen ! Ad equum errehet.

113
Traduzione 2.
Come [vedi] il sangue sgorgare dalla ferrea fonte, quel sangue si
arrestò dove Cristo Gesù fermati179 sangue180, abbi sangue, abbi
..sangue. Santa Maria lega questa v[ena], così fermati come si
fermò [il Giordano] dove S. Giovanni battezzò Gesù Cristo figlio
di Dio. Padre nostro. Tre volte questo.

Confronti
• L’espressione “Crist wart wund...wart er gesunt” ricorre anche
in: Ad catarrum dic (!).

Tradizione manoscritta
Nel cod. 62b collezione Amplonian della Wissenschaftliche
Allgemeinbibliohtek di Erfurt, f. 8r.
Descrizione181: membr. in ottavo, 187 ff. miscellaneo, composito
e plurilingue: italiano, tedesco, francese), metà XII- metà XIV
sec.
Copertina in legno rivestito di pelle verde.
Il cod. contiene prevalentemente opere di medicina e
precisamente:
ff. 1-36: Macer de viribus herbarum. Scritto da una mano italiana
del XII sec. A questo seguono ricette, rimedi e fitonimi in
tedesco (e in minuscola tedesca) del XII sec. Questa parte del ms.
doveva essere di un formato più grande rispetto al resto, pertanto
una parte delle glosse presenti per lo più sul margine inferiore è
stata tagliata via dalla rilegatura. I fitonimi tedeschi sono databili
tra la metà del XII e l’inizio del XIII sec. I due Incantesimi per
fermare il sangue al f. 8 sono del XII sec.
ff. 37-74v: Platearius de simplicibus medicinis (minuscola
italiana del XIII sec.);
ff. 75r/v: Excerpta quaedam ec scriptis quorundam patrum facta
(seconda metà XIII sec.);
ff. 76-77: Notae astronomicae (XIII sec.);
ff. 78-90v: Lapidarium Evacis regis Arabum (inizio XIII sec.);
179
Per standan ! Ad catarrum dic.
180
Per bluot ! Secondo Incantesimo di Merseburg.
181
Schum 1887, pp. 720-722.

114
ff. 91-123v: Alexander Iohannicius de curis morborum (metà
XIII sec.);
ff. 124-165v: Thesaurus pauperum Petri Hispani (corsiva
francese del XIV sec.);
ff. 166r/v: Tractatus Francogallicus regulas honeste vivendi
tradens (XIV sec.);
ff. 167-174: Versus Egidii de urinis (minuscola del XIII sec.);
f. 174: Cognitio colorum urinarum;
ff. 174r/v: De iscriptione sanguinis (XIII sec.);
ff. 175-177: Fragmentum cuisdam artis poeseos metricae vel
carminis de laude poeseos compositi (minuscola del XIII sec.);
ff. 178-182v: Circa compotum manualem (corsiva tedesca della
prima metà XIV sec.);
ff. 182v-185: annotazioni varie (regole per la salute, rimedi e
benedizioni in latino contro vari disturbi, calendario ecc.) della
stessa mano della sezione precedente (XIV sec.);
ff. 185v-187v: De fleubothomia (stessa mano della sezione
precedente).

Edizioni e studi
Miller p. 116; MSD p. 274; Selmer 1952, pp. 345-354; Schum
1887, pp. 720-723.

1.3.4 AD RESTRINGENDUM SANGUINEM (Abdinghof)


(Miller p. 110)

Come si è detto, questo incantesimo, pur avendo lo stesso


“titolo” del precedente appartiene ad una tradizione diversa. Lo
scopo è sempre quello di fermare il sangue e qui ricompare il
motivo di Longino insieme al racconto di come dalla ferita
uscirono acqua e sangue che servirono per redimere l’umanità
intera dal peccato.

115
Testo (francone, XI-XII sec.)
Ad restringendum sanguinem
Longinus stach den eligen crist mit enimo spere in sine cesewen
sidin
den uz ran wascer unde bluod.
mid dem bluode der aberlost wart al mankunne;
meddemo wascere da abe gewascen
wart al mennischlich sunda
dannenabe gebiden ich dir lichama daz du me mer. ne bluodes.
Pater noster

Traduzione
Per fermare il sangue.
Longino trafisse182 il Cristo santo con una lancia nel suo fianco
sinistro; allora fuoriuscirono acqua e sangue183, con quel sangue
tutta l’umanità fu redenta184, con quell’acqua furono lavati via
tutti i peccati degli uomini, perciò185 io ti prego186, corpo187, che
tu non sanguini più. Padre nostro.

Confronti
Si confronti il testo appena esaminato con i seguenti rimedi scritti
prevalentemente in latino:
• Innsbruck 652, lo stesso che tramanda Quem vermis mordet (!
Appendice n. 85):
«Contro il flusso del sangue dal naso.
Si dica così. Il lungo Longino trafisse il fianco di Cristo, e subito
fuoriuscì il sangue dal fianco. Nel suo stesso nome ferma questo
sangue.
182
Stach: pret. sg. di un vb. ft. IV attestato in aat. come stechan (e con le forme
prefissate gastechan, duruhstehan) e continuato da mat. stëchen, ted. stechen
(affine al vb. stecken “mettere, infilare”) < germ. *stekan, *stikan, ie. *(s)teig-
“perforare” (G. VI, 635; Kö. 1023; Lex. 1154; Pk. 1016; ScG. 284).
183
Per bluod ! Secondo Incantesimo di Merseburg.
184
Aat. l!sen, abal!sen (vb. db. I) “sciogliere, liberare, redimere, assolvere” (Kö.
737).
185
Aat. dannen abe (avv.) “perciò”.
186
Aat. bit(t)en, bidden (vb. ft.) “pregare” (Schützeichel 17).
187
Aat. l#hhamo (sost. m. -n), mat. l#cham, l#chame “corpo, forma, cadavere” (Kö.
723).

116
Di nuovo. Si deve bruciare la ruta (fino a renderla) in polvere, e
soffiare con una canna nelle narici giova molto».

• München 14569, XI sec. (! Appendice n. 98):


«Contro l’emorragia.
Il soldato Longino con la sua lancia ferì il fianco di Cristo e non
soffrì e né la vena dolse. Cristo disse: fermati sangue; Dio che
stringesti la vena, tu fa’ fermare la vena in questo membro. Padre
nostro».

Tradizione manoscritta
Nel cod. M 863 della Pierpoint Morgan Library di New York, f.
5v .
Descrizione188: membr. 140 x 102 mm., 43 ff. + 1 (30 righe)
scritti su un’unica colonna in una minuscola gotica di
transizione189 (ha ancora dei tratti della carolina) della metà del
XII sec. La rilegatura, eseguita in Germania nel XVI sec., è in
pelle marrone e presenta decorazioni di vario tipo sulla copertina.
Prima di giungere negli Stati Uniti (1927), il ms. era conservato
nel monastero benedettino di Abdinghof (Paderborn) ed era stato
proprietà del presbitero Wulffhard già dal XIV sec.
Il cod. contiene prevalentemente opere di medicina, e
precisamente:
ff. 1v- 5v: Epistola de Phlebotomia di Ruggero di Salerno (trattato
in latino sui salassi);
f. 5v: Ad restringendum sanguinem e altre ricette in latino;
ff. 6v- 43: De viribus herbarum di Macer Floridus190 (2269
esametri latini).

Edizioni e studi
Selmer 1952, pp. 345-354 (prima edizione); Ohrt 1938, pp. 45-
72; Hampp 1961, pp. 201-211; VL I, 20.

188
Fornita dalla stessa Pierpoint Morgan Library di New York su fogli
dattiloscritti, cfr. inoltre Selmer 1952.
189
Secondo Selmer si tratta invece di una minuscola carolina del tardo XI- inizio
XII sec.
190
Secondo Selmer si tratta di De virtutibus herbarum di Odo Madunensis.

117
1.3.5 CONTRA FLUXUM SANGUINIS
(MSD p. 275)

In questo rimedio, che si inserisce nel filone “fiume


Giordano”, si intrecciano anche dei temi che ricorrono in altri tipi
di testi: il motivo di Cristo che vince sul leone e sul drago, è
infatti, solitamente usato solitamente nelle formule latine contro i
serpenti.
Anche in questo caso va segnalata la quasi totale assenza di
studi su questo testo.

Testo (latino- bavarese, XII sec.)


Wazzer rinnet iordanis heizzet.
da der heilige crist inne getoufet wart.
Eiter bistu zegan soltu.
Super aspidem & basiliscum ambulabis.
& conculcabis leonem & draconem. Dextera dei
Abstrahe domine malum istud
sicut abstraxisti maculam sancti uiri iob.
Pater noster Sanctifica. per signum. ecce crucis. eum
In principio. Increatus pater. increatus filius, increatus spiritus
sanctus. Immensus pater. Eternus pater. Tribus uicibus.
Contra fluxum sanguinis.

Traduzione
L’acqua che scorre191 si chiama Giordano, dove192 il Cristo santo
fu battezzato. Tu sei il pus193, tu devi sparire194. Camminerai
sull’aspide e sul basilisco195 e calpesterai il leone e il drago, con
la destra del Signore, Signore, togli questo male così come
togliesti la macchia dal santo uomo Giobbe. Padre nostro.
Santifica per il segno della croce. Nel principio, Padre non
191
Il termine aat. rinnan (vb. ft. III) “scorrere, fluire” è ben attestato in tutta l’area
germ.; esso deriva da un vb. germ. *rennan “correre, scorrere” (Kö. 890; Lex. II,
452).
192
Aat., mat. d%, d%r (avv.) “lì, qui, dove” (Kö. 170; Lex. I, 410).
193
Per eitar, eittar, mat. eiter “veleno, pus” ! Incantesimo di Lambrecht contro i
vermi.
194
Aat. zig%n, zig$n “smettere, finire, sparire, dissolversi” (Kö. 1315).
195
Tipo di rettile.

118
creato, Figlio non creato, Spirito Santo non creato, Padre
immenso, Padre Eterno. Tre volte. Contro il flusso del sangue.

Confronti
• L’Incantesimo di Sélestat per fermare il sangue offre un
interessante confronto, sia per la presenza del passo “l’acqua che
scorre si chiama Giordano...”, sia per la ripetizione delle
espressioni liturgiche in latino “padre non creato, ecc.”;
• il passo: “Sup aspid$ & basilisc" ambulabis.& c!culcabis leon$
& dracon$” è tratto dal salmo 90.13. Qui l’immagine prevalente
è il Cristo trionfante che calpesta il leone e il drago. Tale motivo
è ricorrente in tutta l’epoca medievale, anche a livello
iconografico, e viene spesso usato nelle formule contro i serpenti.

Tradizione manoscritta
Nel f. 74r righe 14-18 e 74v righe 1-17 del clm. 100 della
Bayerische Staatsbibliothek di Monaco.
Descrizione196: membr. XII sec., 130 ff. scritti su una sola
colonna in circa diciotto righe in minuscola carolina dal corpo
regolare. Sui margini esterni sono visibili i forellini usati per la
rigatura del foglio.
Il cod. proviene probabilmente dal Augusta e contiene opere di
argomento religioso, in particolare benedizioni ed esorcismi in
latino per uomini, donne e bambini, oltre che per il mondo
agricolo e gli animali. Non sono presenti neumi né altri segni
musicali. Al f. 36 vi è una scritta di una mano del XIV sec.
“Johanne, Ludwico, Friderico”.
L’incantesimo è inserito nel contesto di altre benedizioni latine
(in particolare, è preceduto da un rimedio in latino contro il
veleno) l’inizio del testo è segnalato da <W> rubricata di Wazzer.

Edizioni e studi
Miller p. 119; St. 380 (solo la parte in ted.).

196
Fornito dalla biblioteca stessa su fogli dattiloscritti.

119
1.3.6 INCANTESIMI DI BAMBERGA
(St. LXIX)

I seguenti due rimedi condividono la stessa pagina, tuttavia


appartengono a due tradizioni diverse e trattano problematiche
diverse, sebbene affini. Il primo incantesimo è per fermare il
sangue e riunisce i motivi di Longino (se si accoglie
l’interpretazione Iudas= l’Ebreo = Longino) e del fiume
Giordano.
Il secondo testo è composto a sua volta di due nuclei narrativi
accostati: il primo, col quale si mescola il ricordo del “momento
molto buono”, riporta anche la formula della ferita di Cristo che
“non sanguinò né si ulcerò” presente anche nell’ Incantesimo di
Monaco per le ferite, il secondo è l’invocazione alla ferita stessa
“per le cinque sante ferite di Cristo”.

1.3.6.1 Incantesimo per fermare il sangue


Testo (francone orientale, XIII sec.)
Crist unte Iudas spíliten mit spîeza. do wart der heiligo Xrist wnd
in sine sîton. do nâmer den dvmen. unte uordûhta se uorna. So
uerstant du bluod. sóse Iordanis áha uerstunt. do der heiligo
Iohannes den heilanden Crist in íro tovfta. daz dir zo bvza.

Traduzione
Cristo e Giuda [alias Longino]197 giocavano con delle lance198.
Allora il santo Cristo si ferì199 ad un fianco. Allora prese il

197
Iudas sembra essere un appellativo di Longino “il Giudeo, l’Ebreo”; nella
tradizione è conosciuto infatti anche come Juda Loynus, Judas, Judenritter. In
questo modo si spiegherebbe più facilmente la ferita nel fianco di Cristo e il
“gioco” con le lance (la lancia è, infatti, uno degli elementi associati a Longino),
cfr BS. V, 1326-1328 e IV, 800; con questa versione concorda anche Steinmeyer,
cfr. St. p. 379. Stando invece all’interpretazione di altri studiosi, tra cui Jacoby
(Jacoby 1913), questo episodio, in cui Cristo gioca con Giuda, si riferirebbe ai
racconti apocrifi dell’infanzia di Gesù (Evangelium Infantia Arabicum cap. 35).
Altri studiosi hanno ipotizzato un parallelo con la crocifissione.
198
Aat. spiz (sost. m./ n. -%/-#) “lancia, giavellotto, spiedo, punta, spina” (Kö.
1009).
199
Per wnt, wnte, wnten, wnde ! Ad catarrum dic.

120
pollice200 e lo premette201 in avanti202. Così fermati203 tu
sangue204, come l’acqua205 del Giordano si fermò quando san
Giovanni battezzò in esso il santo Cristo. Questo per te per la
guarigione206.

Confronti
• Appendice n. 72:
«Ancora per fermare il sangue. Il soldato Longino punse Cristo.
Cristo giaceva, ma Cristo disse: questo sangue non scorra in
questo modo, sta fermo sangue, come il fiume Giordano stette
fermo quando Cristo si volle far battezzare in te da Giovanni
Battista e niente scorreva nel fiume».

1.3.6.2 Incantesimo per guarire le ferite


Testo (francone orientale tardo, XIII sec.)
Crist wart hien erden wnt.
daz wart da ze himele chunt.
iz nebl#tete, noch nesvar.
noch nechein eiter nebar.
taz was ein file g#te stunte.
heil sis tu wnte!
In nomine Ihesu Christi. daz dir ze bvze. Pater noster. ter. Et
addens hoc item ter. Ich besuere dich bi den heiligen funf wnten.
heil sis tu wnde.
† † †
et Per patrem. et filium. et spiritum sanctum. fiat. fiat. amen.

200
Aat. d"mo (sost. m. -n) “pollice” (Kö 196).
201
Aat. d"hen (vb. db. I) “premere, spingere”, con pref. fir- (Kö 195).
202
Aat. forn (agg./ avv.) ”davanti, prima”; fornan (avv.) “davanti, di fronte” (Kö.
320).
203
Per standan ! Ad catarrum dic.
204
Per bluod ! Secondo Incantesimo di Merseburg.
205
Aat. aha (sost. f. -!) “flusso, acqua, corrente, fiume” (Kö. 14).
206
Per buozen ! Ad equum errehet.

121
Traduzione
Cristo fu ferito207 qui sulla terra,
questo venne conosciuto208 nel cielo,
essa209 non sanguinò210 né si ulcerò211
e neanche212 formò il pus213,
questo fu un momento214 molto buono,
ferita sii tu guarita215!
Nel nome di Gesù Cristo, questo per te per la guarigione. Tre
Padre nostro. E aggiungi poi altri tre. Io ti scongiuro216 per le
cinque sante ferite, ferita sii tu guarita. E per il Padre, il Figlio e
lo Spirito Santo, così sia, così sia amen.

Confronti
• Appendice n. 71:
Ǡ Cristo giaceva ferito al lato destro, venne Giovanni e disse:
“Cristo, chi ti ha ferito?”, ed egli: “Il soldato, dice, Longino con
una lancia a due punte mi ferì.”

207
Per wunt ! Ad catarrum dic.
208
Aat. kund, chund, chunt, cud, khunt (agg.) “noto, conosciuto” (Kö. 686; G. IV,
414).
209
La ferita.
210
Ne blotete (negaz. + pret. sg. bluoten); per bluod ! Secondo Incantesimo di
Merseburg.
211
Nesvar: negaz. + pret. sweran “dolere, ulcerarsi”. Si tratta di un vb. ft. IV che
continua con mat. sw*rn “dolere, gonfiarsi, suppurare”, ted. schwären “suppurare,
ulcerarsi”< germ. *sweran “suppurare, ulcerarsi”, ie. *sJer “tagliare, trafiggere,
fare il pus, pungere”, da cui discendono anche i sost. aat. giswer, gasuer (n. –%)
“pustola, ulcera”, suero, swer “dolore” (G. VI, 888; Kl. 748, 658; Kö. 454, 1062;
Lex. II, 1362; Pk. 1050).
212
Aat. nehein/nihein, nichein, nihhein (pron./ avv.) “nessuno, niente” (Kö. 826).
213
Per eitar (nom./acc. sg.) “veleno, pus” ! Incantesimo di Lambrecht contro i
vermi.
214
Aat. stunta (sost. f. -!) “ora, momento, volta”, mat. stunde (Kö. 1042).
L’espressione taz was ein file gote stunte ricorre anche in altre benedizioni. I tre
momenti “buoni” (definiti anche come “santi, sacri, fortunati”, ecc.) sono legati
alla Nascita, Morte e Risurrezione di Cristo. Il numero tre conferisce una
connotazione magico-sacrale (Hampp 1961, pp. 211-216).
215
Per heilen ! De hoc quod spurihalz dicunt.
216
Besuere+ bi (ind. pres. I sg.), per la discussione di questo termine ! Contra
uermes pecus edendes.

122
† Ti prego Giovanni, per il latte di santa Maria, così come si
fermò il fiume Giordano, così ferma il sangue, da qualunque
parte del corpo esca. † Allo stesso modo † Cristo andava al
Giordano per essere battezzato da Giovanni. Il Giordano si
fermò e si arrestò. Così come si fermano le gocce di sangue che
cadono dalle narici di quest’uomo [nome]. Ti scongiuro per il
nome di Cristo, fermati sangue †, fermati sangue †, fermati
sangue».

Tradizione manoscritta
Nel cod. Misc. Med. 6 della Stadtbibliothek di Bamberga, f.
139r2.
Descrizione217: membr. 290 x 188 mm., ultimo quarto del XII
sec., 143 ff. scritti su due colonne da mani diverse. La pergamena
è spesso bucata, lacerata e macchiata. Il cod. proviene dalla
Dombibliothek, come conferma la scritta sull’ultimo foglio: Hic
liber est maioris Ecclesie in babenberg. Rilegatura antica, con
copertina in legno (bucato dalle tarme).
Il cod. contiene opere di medicina e precisamente:
ff. 1-28r: Constantini Africani Practica;
ff. 28v-36r: virtù delle erbe in ordine alfabetico;
ff. 36v-118r: Antidotarium (in ordine alfabetico);
f. 118v: vuota;
ff. 119r-134v: vari capitoli dell’opera di Costantino e altri rimedi
(scritto da un’altra mano);
ff. 135r-138v: (altra mano) gli stessi passi delle pagine precedenti
in ordine diverso, e vari rimedi per fermare il sangue in latino e
in tedesco antico, tra cui anche gli Incantesimi di Bamberga;
ff. 139r-143v: varie descrizioni di piante e animali e disegno
anatomico del corpo umano.

Edizioni e studi
Ebermann 1903, p. 44; Eis 1949, p. 52 (Facsimile); Haug/
Vollmann 1991, p. 158, pp.1165-1167; Jacoby 1913, pp. 200-
209; Leitschuh 1889, p. 216; Miller p. 104; Sievers 1924, p. 20;
Wipf 1992, p. 78, p. 283.
217
Leitschuh-Fischer 1895, pp. 433-435; e anche in: Ahd. Gll. IV, 378-381.

123
1.3.7 INCANTESIMI DI MILLSTATT
PER FERMARE IL SANGUE
(MSD XLVII,1)

Questo rimedio è tramandato da due testimoni che presentano,


tuttavia, vistose divergenze. Si tratta di rielaborazioni sul motivo
del Giordano che si arresta quando Cristo viene battezzato (! Ad
fluxum sanguinis narium); nella versione di Vienna, in versi
rimati, dopo il racconto della nascita e del battesimo di Cristo
viene ordinato al sangue di fermarsi in nome dell’amore di Cristo
(minna) invece che in nome della volontà di Cristo (wille) come
in !Ad restringendum sanguinem –Erfurt-.
Nella versione di Uppsala, invece, il racconto della nascita e
del martirio di Cristo viene inserito dopo aver intimato al sangue
di fermarsi e introdotto da “come” (sam): nella versione di
Uppsala il nucleo narrativo “di Millstatt” si riduce ad una sorta di
riassunto e viene aggiunto ad un altro di diversa provenienza che
si conclude con il consueto daz dir ze boze.

1.3.7.1 Vienna
Testo (francone- svevo, inizio XII sec.)
Der hêligo Christ wart geboren ce Betlehem,
dannen quam er widere ce Jerusalem.
dâ ward er getoufet vone Jôhanne
in demo Jordâne.
Duo verstuont der Jordânis fluz
unt der sîn runst.
Also verstant dû, bluotrinna,
durh des heiligen Christes minna:
Du verstant an der nôte,
alsô der Jordân tâte,
duo der guote sancte Jôhannes
den heiligen Christ toufta.
verstant dû, bluotrinna,
durch des hêliges Cristes minna.

124
Traduzione
Il Cristo santo nacque a Betlemme, da lì venne di nuovo a
Gerusalemme. Lì fu battezzato da Giovanni nel Giordano. Allora
si fermò218 il fiume Giordano e il suo flusso219. Così fermati
anche tu, flusso220 di sangue221, per l’amore del Cristo santo.
Fermati sottomesso222 come fece il Giordano quando223 il buon
san Giovanni battezzò il Cristo santo. Fermati tu, flusso di
sangue per l’amore del Cristo santo.

Confronti
• Il motivo del fiume Giordano si ritrova anche in: ! Ad fluxum
sanguinis narium e Incantesimo di Bamberga per fermare il
sangue (n. 1);
• si vedano anche: Appendice n. 76, 18.

1.3.7.2 Uppsala224
Testo (mat., XII-XIII sec.)
In nomine patris † filii † spiritus sancti:
So wil ich dir daz bluot versprechen.
ich uerspriche dich bluot.
ich uerbiute dich bluot
stant bluot stode bluot
stant bluot inne
durch die gotes minne
stant also lise in dem siechem libe
stant sam drate

218
Per standan ! Ad catarrum dic.
219
Aat. runst (sost. f. -#) “flusso, corrente” (Kö. 903).
220
Aat. rinne (sost. f. -n) “flusso, corso d’acqua” (Kö. 890).
221
Per bluot ! Secondo Incantesimo di Merseburg.
222
L’espressione an der note può significare “sottomesso, vinto, sconfitto”,
intendendo con note il sost. aat. (m. –#, cfr. Kö 832.) nôt “necessità, emergenza,
pericolo” oppure “in un punto” traducendo note come il dat. del sost. aat. nota
(sost. f. –!), mat. note “segno, punto, nota” (Kö. 833).
223
Duo sta per dô (cong.) “quando”.
224
Holzmann 2001, p. 229.

125
sam der iordan tate.
da der heilige Krist inne getauffet ist.
also du getauffet sist unde unde swie du gehaizen sist daz dir ze
b#ze.
Krist wart gekundet ze nazaret unde geborn ze betlehem
und gemarterot zierusalem
da bi uerbiut ich dir bluot daz du stets
unde nine gest
in dem namen des uater und des sunes unt des heiligen geistes.
Amen.

Traduzione
Nel nome del Padre † del Figlio † dello Spirito Santo.
Io voglio così scongiurare il sangue225. Io ti scongiuro sangue, io
ti bandisco226 sangue, fermati227 sangue, si fermi il sangue,
sangue resta dentro per l’amore di Dio. Stai calmo nel debole
corpo, fermati subito così come fece il Giordano quando il santo
Cristo vi è stato battezzato. Comunque tu sia stato battezzato e
comunque tu ti chiami, questo per te per guarire228.
Cristo fu annunciato a Nazaret e partorito a Betlemme e
martirizzato a Gerusalemme, per questo io ti ordino sangue di
fermarti e di non muoverti, nel nome del Padre, del Figlio e dello
Spirito Santo. Amen.

Confronti
• Per il motivo del fiume Giordano si vedano anche: Appendice
n. 82 e 83.

Tradizione manoscritta
1) Nel cod. 1705 della Österreichische Nationalbibliothek di
Vienna, f. 32r.

225
Per bluot ! Secondo Incantesimo di Merseburg.
226
Uerbiute, uerbiut da firbiotan “proibire”; si tratta di un vb. ft. II continuato in
mat. verbieten e ted. verbieten “proibire” < germ. *far-beudan (Kö. 268), per
maggiori approfondimenti ! gebiude in Contra uermem edentem.
227
Per standan ! Ad catarrum dic.
228
Per buozen ! Ad equum errehet.

126
Descrizione229: membr. 185 x 125 mm. miscellaneo e composito
con 103 ff., inizio XII sec. Scritto in minuscola gotica su
un’unica colonna in uno specchio di scrittura di 155 x 95 mm.
con rigatura a secco. Copertina in legno rivestito di pelle bianca.
Il cod. si compone di varie parti messe insieme nel XV sec. a
Millstatt.
Nella prima parte (f. 1r-32r) il cod. contiene scritti di Bernoldo di
Costanza230, cui seguono vari regolamenti ecclesiastici in latino e
appendici sulla stregoneria e la scomunica.
Originariamente l’incantesimo era riportato sull’ultima pagina
del ms. (corrispondente ora alla fine della prima parte), scritto
dalla stessa mano, ma con una scrittura più piccola. Seguono tre
benedizioni in latino nella stessa scrittura.

2) Nel foglio di guardia del Cod. C 664 conservato nella


Universitetsbibliothek di Uppsala.
Descrizione231: membr. 244 x 173 mm. miscellaneo e composito
del IX sec. con 179 ff. numerati da 1 a 358 (numerazione
moderna) più altri due fogli non numerati, un tempo incollati alla
copertina, dei quali il primo appartiene al testo mentre il secondo
ne rappresenta la guardia posteriore; il ms. è costituito da un
complesso smembrato e lacunoso di quaderni e di fogli a volte
mutilati e riuniti alla meglio in cui nel ms. principale appare
inserito un frammento di epoca e contenuto affine, ma di altro
formato e proveniente da un altro codice.
La scrittura è una minuscola carolina del IX sec. di mani diverse,
ma molto regolare vergata su un’unica colonna in uno specchio
di scrittura di 175 x 120 mm. (27 righe), tranne le pp. 85-100, le
quali hanno un formato ridotto 210 x 158 mm., uno specchio di
scrittura di 165 x 110 mm. e sono scritte su due colonne (29
righe). Le iniziali e le rubriche sono vergate con inchiostro rosso
o violetto.

229
Menhardt 1960, p. 53.
230
Su questa base alcuni studiosi avevano ipotizzato che il cod. provenisse dal
monastero di S. Blasio, ma non ci sono prove sufficienti a dimostrarlo (Houben
1979).
231
Rooth 1621-1921, pp. 40- 43; Andersson Schmitt 1993, pp. 238-243; Beccaria
1956, pp. 344-350.

127
Le scritte a margine in tedesco (benedizioni) sono del XII/XIII
sec. La copertina è in legno rivestito di pelle marrone chiaro.
Il ms. apparteneva alla famiglia di Sebastian Mieg (†1609),
senatore di Strasburgo, e fu acquistato nel 1648 da Johannes
Schefferus (†1679), filologo e archeologo, divenuto poi
bibliotecario; alla sua morte esso pervenne nella sede attuale
insieme al resto della sua collezione privata. E’ possibile che il
codice sia originario dell’Italia settentrionale, ma la presenza di
glosse aat. dell’ XI sec. rivela la sua lunga permanenza in area
germanica.
Il ms. contiene varie opere riguardanti la medicina e
precisamente:
Foglio di guardia- 4: Sapientia artis medicinae;
ff. 4-7: Epistola de Phlebotomia;
ff. 8-10: Epistula ad Pentadium di Vindicianus;
ff. 10-14: Epistula ad Antiochium Regem di Ippocrate;
ff. 14-22: Epitome Altera di Vindicianus;
ff. 23-25: frammenti e testi brevi di medicina;
ff. 25-30: De pulsis et urinis;
ff. 31-32: indice di un’opera in due libri;
ff. 32-54 e ff. 79-80: Galeno, Ad glauconem de medendi
methodo;
ff. 53-54: a margine Benedizione di Tobia di una mano del XII-
XIII sec.
ff. 55-84: Galeno Liber tertius; ai margini di 60-61: Benedizione
per gli occhi in latino, forse della stessa mano della Benedizione
di Tobia in tedesco;
ff. 85-100: ricette;
ff. 101-111: “Sul significato dei sogni” in ordine alfabetico;
ff. 111-113: profeta Esdra;
ff. 113-126: De stomacho;
ff. 127-156: Apuleio Platonico, Herbarius;
ff. 157-175: Curae herbarum;
ff. 175-260: ricette;
ff. 261-272: glossario lat.-lat. di fitonimi e sim.;
ff. 272-290: ricettario frammentario, rimedi raggruppati secondo
le malattie;
ff. 291-292: frammento sulle malattie dei polmoni. La parte

128
inferiore del foglio è tagliata;
ff. 293-330; 335-336; 331-334; 337-338: Ricettario e rimedi in
ordine sparso;
ff. 308-310: De ponderibus et mensuris;
f. 314: De malis et bonis signis;
ff. 320-322: Cardica passio stomachi causa est;
ff. 339-340: frammento della Diaeta Theodori;
ff. 335-358: ricettario aggiunto;
nei margini di 265, 291, 336 due incantesimi e un esorcismo in
latino dell’XI sec.;
al margine di 343-345 un incantesimo del XIII sec.;
Foglio di guardia posteriore (recto): Una ricetta e un incantesimo
dell’XI sec. insieme a dei versi latini più tardi e l’Incantesimo di
Millstatt per fermare il sangue in tedesco del XII-XIII sec.;
Foglio di guardia posteriore (verso -rovinato dalla colla-): un
esorcismo, un incantesimo e un disegno di una mano con la
scritta “musica manus”.

Edizioni e studi
Eis 1971, pp. 322-325; Houben 1979, p. 67; Höver/ Kiepe 1978,
p. 44; Menhardt 1954; Miller p. 124 (Vienna); Miller p. 126
(Uppsala); Ohrt 1930; VL VI, 532; Wipf 1992, p. 82, p. 285
(Vienna).

1.3.8 INCANTESIMI DI STRASBURGO


PER FERMARE IL SANGUE
(St. LXVIII)

I seguenti testi risultano abbastanza problematici. Oltre alle


consuete difficoltà che tali tipi di testo presentano, vi è
un’ulteriore complicazione legata alla storia del codice: il
manoscritto è infatti andato perduto in un incendio nel 1870, la
qual cosa lascia numerose questioni insolute.
Il cosiddetto Incantesimo di Strasburgo comprende in realtà

129
almeno due rimedi a se stanti. La prima parte costituisce
l’Incantesimo di Strasburgo vero e proprio, l’ultima è nota anche
con il nome “Scongiuro di Tumbo”; tra questi due vi è un
brevissimo testo, che potrebbe essere anche una semplice prova
di penna, oppure l’incipit di un antefatto mitico tipico degli
incantesimi. Nel primo testo confluiscono i motivi di Longino e
del fiume Giordano, che qui assume il ruolo del Cristo stesso,
colpito ad un fianco.

1. Testo (alemanno, XI sec.)


Singula ter dicat.
Genzan unde Iordan keiken sament sozzon.
to uersoz Genzan Iordane te situn.
to uerstont taz pl#t. uerstande tiz pl#t,
stant pl#t, stant pl#t fasto!

Traduzione
Si dica per tre volte: Genzan e Giordano si232 scontrarono233,
allora Genzan colpì Giordano ad un fianco, allora si fermò234 il
sangue235. Affinché questo sangue si fermi. Arrestati sangue,
sangue stai fermo236!

2. Testo (alemanno, XI sec.)237


Vro unde Lazakere keiken molt petritto.

232
Aat. sament (prep.) “insieme, con”.
233
Aat. keiken può essere: 1) prep. gagen “contro”; 2) vb. db. gaganen “andare
incontro”.
234
Per standan ! Ad catarrum dic.
235
Per plot ! bluod nel Secondo Incantesimo di Merseburg.
236
Aat. fasto (avv.) “saldamente, fermamente”, fast (agg.) “fermo, saldo” (Kö.
249).
237
Potrebbe trattarsi dell’inizio di un altro incantesimo, tuttavia non vi sono
elementi sufficienti per poterlo considerare un “rimedio verbale” (! Conclusioni
3.1.3).

130
Traduzione
Il Signore e Lazakere attraversarono la sabbia.

3. Testo (alemanno, XI sec.)


Tumbo saz in berke mit tumbemo kinde enarme.
tumb hiez ter berch, tumb hiez taz kint:
ter heiligo Tumbo uersegene tivsa uunda.
Ad stringendum sanguinem.

Traduzione
Tumbo (/uno stupido)238 sedeva su un monte con un bimbo
stupido in braccio. La montagna si chiamava Tumbo, il bambino
si chiamava Tumbo. Il santo Tumbo benedica239 questa ferita240.
Per fermare il sangue.

Confronti
• Si confronti il testo n. 3 con questo incantesimo latino del X/XI
sec. (Appendice n. 73):
«Una donna stolta sedeva su una fonte e teneva in braccio un
neonato stolto, si seccano i monti, si seccano le valli, si seccano
le vene, che di sangue sono piene».

Gli studiosi concordano nell’attribuire l’origine ad un


incantesimo latino241 del X sec. (Appendice n. 92), in cui il tutto
si regge sul gioco di parole del lat. stupidus/ stupeo; infatti lat.
stupeo significa “essere stupito, stupire”, ma anche “rimaner
fermo, fermarsi, arrestarsi, calmarsi”:
238
Per Tumbo ! Confronti.
239
Uersegene: ott. pres. di segnen, (anche aat. segan!n) mat. segenen, segen (vb.
db.) “benedire, segnare, fare incantesimi”. E’ probabilmente un prestito dal lat.
signum da cui anche mat. sëgen, seigen, sein, segene “segno della croce, grazia,
benedizione”, ted. Segen (G. VI, 146; Kl. 753; Kö. 923; Lex. II, 847).
240
Per uunda ! Ad catarrum dic.
241
Holzmann 2001, p. 193.

131
«Carme utile per il flusso femminile: uno stupido andava sul
monte, lo stupido si arrestò/si stupì; ti scongiuro, femmina, non
incorrere nell’ira».

Se il gioco di parole non viene compreso, ecco che al posto di


stupidus troviamo stultus e tutto perde di significato. La
trasposizione in tedesco rende il testo del tutto opaco con il
passaggio stupidus> stultus> tumbo.

Tradizione manoscritta
Nel codice argentor. membr. dell’ XI sec. bruciato nel 1870 a
Strasburgo.

Edizioni e studi
Haug/ Vollmann 1991, p. 158, pp. 1162-1165; Heim 1893;
Miller p. 98; MSD IV, 6; Wipf 1992, p. 78, p. 283.

1.3.9 INCANTESIMO DI MONACO PER LE FERITE


(MSD p. 281)

Questo testo appartiene ad un ricco filone che in area tedesca


trovò ampio sviluppo dopo il XIII sec. e che incorpora diversi
motivi come ad esempio: lo schema dell’incontro, la forma
dialogica (come in Ad equum errehet), i tre fratelli e il
personaggio di Longino, oltre alla “formula” riferita alla ferita di
Cristo che non si ulcerò né sanguinò (vedi “Confronti”).

Testo (bavarese, seconda metà XII sec.)


In dem namen des vater und des suns und des hailigen
gaistes.âmen. Drî guot pruoder giengen ainen wech: dâ bechom
in unser hêrre Jhêsus Christus und sprach “wanne vart ir dri guot
pruoder?” Herre wir varn zainem perge und suochen ain chrût

132
der gewaltes daz iz guot sî zaller slath wnden, si sî geslagen oder
gestochen oder swâ von si si”. dô sprach unser hêrre Jhêsus
Christ “chomet zuo mir, ir drî guot pruoder, und swert mir bî
dem crûce guoten, und bi der milch der maide sanct marien, daz
irz enhelt noch lôn emphâhet, und vart hinz zuo dem mont olivêt
unde nemt ole des olepoumes und scâphwolle und leget die uber
die wndin und sprechet “alsô de Jud longinus der unsern hêrren
Jhêsum Christum staech in die sîten mit dem sper, daz eneitert
nith, noch gewan hitze, noch enswar, noch enbluotet zevil, noch
enfuelt: alsô tuo disiu wnde, diu enbluot nith noch enfuoel, die
ich gesent hab. In dem namen des vaters und des suns und des
hailigen gaist. âmen”.
sprich den segen drîstunt und alsô manigen pâternoster, und tuo
nith mêr, wan als hie gescriben sî.

Traduzione
Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Amen. Tre
pii fratelli camminavano su una strada, allora li incontrò nostro
Signore Gesù Cristo e disse: “Dove242 andate, voi tre fratelli
pii?”, “Signore, noi andiamo su una montagna e cerchiamo
un’erba che è potente243 e buona per tutti i tipi di ferite244, siano
esse colpite245 o di punta o di qualunque genere esse siano”.
Allora disse il nostro Signore Gesù Cristo: “Venite da me, voi tre
pii fratelli e giuratemi sulla santa croce e per il latte246 della
vergine Santa Maria che voi non lo terrete nascosto per voi, nè

242
Mat. wan%n, wannan, wanana, wanna (avv.) “da dove, dove, perché” (Lex. III,
681; Kö. 1212).
243
Mat. walt, gewalt (sost. m./ f. -#) “potere, forza”; giwaltan (vb. radd. V)
“governare, dominare” (Lex. III, 658; Kö. 463).
244
Per wnden, wndin, wnde ! Ad catarrum dic.
245
Si tratta di un vb. ft. VI, attestato anche come sclahan, sl%hen, sl%n, mat. slahen,
continuato dal ted. schlagen “colpire, battere, uccidere” e schlachten “trucidare,
massacrare” < germ. *slahan, ie. *slak “battere, uccidere” (G. VI, 762; Kö. 982;
Pk. 959; ScG. 267).
246
Nelle versioni tedesche di questo incantesimo troviamo sempre l’espressione
milch, e potrebbe avere senso poiché si tratta di una sostanza liquida come il
sangue, ma in una versione latina del XIII sec. (!Appendice 101) abbiamo invece
jurate ... intacte virginis, che potrebbe essere un nesso anche più logico del
precedente, anche se la questione adrebbe analizzata prendendo in considerazione
anche la tradizione ms. più tarda.

133
prenderete ricompensa e andate lì al monte Uliveto e prendete
olio di olivo e lana di pecora e metteteli sopra la ferita e dite così:
così come l’ebreo Longino che colpì il nostro Signore Gesù
Cristo nel fianco con una lancia, che non fece pus247, non si
infiammò, non dolse248, non sanguinò molto e non imputridì249,
così fa’ anche che questa ferita che io ho benedetto non sanguini
nè marcisca.”
Nel nome del padre e del Figlio e dello Spirito Santo. Amen. Di’
questa benedizione tre volte e altrettanti Padre Nostro e non fare
mai più quanto è stato scritto qui.

Confronti
• Si vedano: Appendice n. 80, 81, 87, 89, 91, 99, 101, 106, 110.
• L’espressione “nel latte di Maria” si trova anche in Appendice
n. 71.

Tradizione manoscritta
Nel clm. 23374 della Bayerische Staatsbibliothek di Monaco
insieme alla Benedizione di Monaco per la partenza.
L’incantesimo occupa tutta la prima colonna (36 righe) del f. 16v.
Descrizione250: membr. miscellaneo in quarto XIII sec.; 198 x
148 mm., 23 ff. scrittura gotica bastarda251 fino al f. 12v, ff. 13-18
scrittura gotica libresca del XIII di mani diverse. Il testo è scritto
su due colonne fino a 18v (con uno specchio di scrittura di 160 x
124 mm. circa), poi su una sola (150 x 113 mm.), con inchiostro
marrone e rubriche rosse.
La qualità della pergamena è scarsa e sono visibili vari buchi e

247
Per eneitert (negaz. + ind. pres. vb. eitern) ! Incantesimo di Lambrecht contro i
vermi.
248
Per enswar (negaz. + pret. sweren) ! Incantesimo di Bamberga per fermare il
sangue.
249
Enfuelt (negaz. + ind. pres. III sg.), enfuoel (negaz. + pret. sg.). Si tratta di un
vb. db. continuato in mat. viulen, vûlen, ted. faulen “marcire, imputridire, fare il
pus” < germ. *f"len “marcire”, ie. *p" “imputridire” (G.III, 494; Kl. 252; Kö. 337;
Lex. III, 377, 570; Pk. 848; ScG. 163).
250
Da esame diretto.
251
La scrittura sembrerebbe a mio avviso una bastarda (renana) del XV sec. con d,
h, b e l occhiellate e la a a due piani, invece il catalogo la riconduce al XII-XIV
sec.

134
rammendi. Al margine esterno del foglio è possibile vedere i fori
usati per la rigatura, distanti 4-5 mm. l’uno dall’altro, mentre la
squadratura è visibile solo a partire dal f. 13, forse fatta a matita,
o con un inchiostro leggero.
Il codice possiede, inoltre, una numerazione da 107 a 232 e che
conta le singole facciate. Tra il f. 12v e il 13r mancano 3 pagine;
della prima delle tre mancanti, si intravede la scrittura (gotica).
La rilegatura è moderna.
Il ms. contiene opere di argomento liturgico e più precisamente:
ff. 1-12: sermoni (lat.);
ff. 13-18: benedizioni ed esorcismi prevalentemente in latino,
tranne:
[f. 15v-16r (ultime 4 righe della II colonna la I colonna della p.
successiva (39 righe), più altre 6 righe della II colonna):
!Benedizione per la partenza;
f. 16v: Incantesimo di Monaco per le ferite];
ff. 19-23: sermoni (lat.).

Edizioni e studi
Ebermann 1903, pp. 24-64; Franz 1960, pp. 511-512; Holzmann
2001, p. 220; R. Köhler; ZfdA 15 (1872), p. 454; Miller p. 112;
Wilhelm n. 22.

1.3.10 INCANTESIMO DI SÉLESTAT


PER FERMARE IL SANGUE
(Miller p. 122)

Questo testo, quasi del tutto ignorato dagli studiosi, è in lingua


mista (latino, alto e basso tedesco) si riallaccia alla tradizione
degli incantesimi e delle benedizioni per fermare il sangue che
rimandano al fiume Giordano. Esso è di difficile interpretazione,
tuttavia è interessante notare la presenza della “formula”
Wazzerfluzit Iordanheizit, che probabilmente serviva ad
introdurre questo tipo di testi, anche se qui la troviamo in
chiusura.

135
A mio avviso doveva trattarsi di tradizioni diverse poi
confluite in un unico testo, questo spiegherebbe, ad esempio, la
presenza della formula introduttiva del Giordano in posizione
finale e la ripetizione in due punti diversi delle formule liturgiche
in latino. Se la mia interpretazione fosse corretta, la prima parte
dell’incantesimo sembrerebbe riallacciarsi agli incantesimi per
guarire le ferite e per prevenirne l’infezione.

Testo (latino-alto e basso tedesco, XI sec.)


Sicuita Sicunda Minfirntis252 kunas kat kemino Tongo253 ig fant /
iz fersuant Igberein izfersuein Increatus pater Inmensus eternus
pater Gloria254/ ochot255/
in illo & ostre256 Pater noster Tribus uicibus kardeya karnentia
nessia Simphonia
karniketica carnisonsetica. Wazzer fluzit Iordan heizit da der hei
ligo crist257 inne gedofet ist Increatus pater Inmensus Eternus
Pater.

Traduzione
Dilatata258 ferita259 Minfirntis260 la donna261 disse262: venga263 il

252
Così nella trascrizione di Miller, a mio avviso la <t> è incerta, potrebbe essere
anche letto <Minfirmis>.
253
La lettura di questo termine come <Tongo> è difficoltosa, soprattutto è incerta a
mio avviso la <g>, in quanto quello che dovrebbe essere il ricciolo sotto il rigo,
potrebbe essere invece un segno di abbreviazione posto sopra la <p> del rigo
inferiore. Tuttavia se quel segno fosse proprio <g>, sarebbe vergata in maniera
diversa dalle altre nello stesso testo. Inoltre, il segno per <T> è quasi
completamente cancellato, poiché si trova proprio sul bordo del foglio e potrebbe
trattarsi anche di <I> o altra lettera.
254
Miller riporta <C%>, ma a mio avviso questo non è un dato assoluto, potrebbe
essere anche <G&>, se non addirittura <Glo>, con trattino sopra la <l>, e
significherebbe “Gloria”; in quest’ultimo caso va tenuto conto che la <l> è più
bassa del normale, forse per evitare l’invadenza nel rigo superiore.
255
Incerta la lettura sul ms. del nesso <cho>, potrebbe essere anche <d>+ <i> o
altra lettera.
256
Lettura incerta.
257
La <t> è incerta, anche se facilmente ipotizzabile.
258
Sicuita: sic+ wita; si ipotizza che sic stia per sig, variante del prefisso gi- (Kö.
936), e wita deriverebbe dal vb. db. I giw#ten “allargare, dilatare” (Kö. 471),

136
mistero264, io trovai265/
esso sparì266, nato267, esso svanì268. Padre non creato, immenso
Padre eterno Gloria ochot269 in quello e [di’] tre volte il Padre
nostro;
Kardeya Karnentia Nessia Siphonia / Karniketica
270
Carnisonsetica .
L’acqua che scorre si chiama Giordano dove il Cristo santo fu
battezzato271.

oppure potrebbe trattarsi del sost. f. –! w#ta “spazio, ampiezza”, o agg. w#t “largo,
ampio” (Kö. 1283).
259
Posto che sic equivalga al prefisso gi- (vedi nota precedente) si ipotizza
un’equivalenza del tipo sicunda: giwunda ! Ad catarrum dic.
260
Nel caso in cui la lettura fosse corretta si potrebbe ipotizzare: min+ pret. di
firn$n (vb. db. III) “invecchiare” (Kö. 282).
261
Si potrebbe ipotizzare un’analogia kunas= quenas, kwena (sost. f. –!) “donna,
femmina” (Kö. 696), oppure kunas= kumas pres. II sg. di k"men (vb. db. I)
“lamentarsi, dispiacersi”, da cui anche k"ma (sost. f. –!) “lamento” (Kö. 685).
262
Kat: quad pret. III sg. di kwedan (vb. ft. V) “dire, parlare” (Kö. 694).
263
Kemino potrebbe risalire a quemin, ott. di kweman (vb. ft. V) “venire, andare”
(Kö. 695).
264
Tongo potrebbe riallacciarsi, a mio avviso, al termine tougan (agg.) “nascosto,
segreto, oscuro” oppure al sost. tougani (sost. f. –#) “segreto, mistero” (Kö. 1084);
ma si potebbe ipotizzare anche una connessione con l’agg. tuncal “buio, oscuro”
(Kö. 1101).
265
Ig fant: ig portebbe prestarsi a diverse interpretazioni: potrebbe trattarsi del
prefisso gi- oppure del pronome iz, ipotizzando una grafia <a>, facilmente
confondibile con <g>, o ancora potrebbe trattarsi del pronome ih. Per quanto
riguarda fant, sembrerebbe trattarsi del pret. I o III sg. di findan (vb. ft. III)
“trovare” (Kö. 264).
266
Fersuant potrebbe essere pret. III sg. di aat. fir-swintan (vb. ft. III) “scomparire,
sparire” (Kö. 1065).
267
Igberein sembrerebbe il part. pret. da gi-beran (vb. ft. IV) “nascere, generare”.
268
Anche per fersuein si ipotizza un pret. III sg. di fir-sw#nan (vd. ft. II)
“diminuire, regredire, svanire” (Kö. 1065), per lo stesso termine vedi anche !
Incantesimo di Cambridge per gli occhi.
269
Ipotizzando una lettura diversa del nesso <cho>, si potrebbe supporre una
scrittura errata per “dei” o “domini”.
270
Questa sequenza di parole sembrerebbe riecheggiarne altre contenute in
incantesimi latini riportati in appendice e discussi nei “confronti”. E’ difficile
avanzare delle ipotesi, tuttavia essendoci il termine nessia, già incontrato negli
incantesimi contro i vermi (! Contra vermes), si potrebbe pensare alla sequenza di
nomi dei demoni apportatori di malattie.
271
La forma gedofet “battezzato” è mista alto e basso tedesca con consonatismo
aat. (cfr. toufen) e vocalismo as. (cfr. d!pian “battezzare”).

137
Padre increato, immenso Padre eterno.
Confronti
• Questo testo va confrontato con il testo in prosa
(prevalentemente latina) Contra fluxum sanguinis (!);
• espressioni simili e altrettanto misteriose le troviamo in
Appendice n. 52:
«Carna. Spodia. Carnans. Sedia. In mesima samsodina...»
e in Appendice n. 138:
«Gardia Gardiana Gardentia. Domine nescia suffonia...»
• per la disposizione sul foglio al rovescio rispetto al testo
principale ! Incantesimo di Lorsch per le api.

Tradizione manoscritta
Nel cod. 134 f. 38r della Bibliothèque Humaniste di Sélestat
(Schlettstadt), scritto sul margine inferiore, al rovescio rispetto al
testo principale da una mano dell’XI sec.
Descrizione272: membr. in quarto IX sec. 143 x 100 mm., 74 ff.
con scrittura minuscola carolina su una sola colonna in uno
specchio di scrittura di 110 x 70 mm. circa; dei quattordici
quaternioni originari mancano i primi quattro. Ai margini del
foglio sono ben visibili i forellini usati per la rigatura (circa 23
righe).
Il codice contiene regole monastiche e sermoni in latino, in
particolare i fogli contenenti il nostro testo trattano della lussuria
e della concupiscenza. Al rovescio rispetto allo scritto principale,
sul margine inferiore dei ff. 37v-38r sono riportate delle formule
di esorcismo273 e l’Incantesimo per fermare il sangue. La
scrittura è di corpo minore rispetto al testo principale ed è priva
di una rigatura, pertanto risulta alquanto irregolare e di non facile
lettura. L’incantesimo è disposto su cinque righe ed è stato scritto
senza lasciare un margine dall’inizio del foglio, mentre dista dal
testo principale circa due righe.

Edizioni e studi

272
Fornita dalla biblioteca stessa su fogli manoscritti (a cura dell’abate Joseph
Walter) cfr. inoltre: Adam 1962.
273
Così le definisce il catalogo.

138
Holzmann 2001, p. 231; MSD p. 275; St. p. 380 (breve accenno);
Steinmeyer 1899; VL 8 p. 714.
1.3.11 INCANTESIMO DI ZURIGO
PER FERMARE IL SANGUE
(St. p. 379)

Il seguente testo, sul quale mancano studi specifici, è scritto


prevalentemente in lingua latina, e si inserisce anch’esso nel
filone del motivo di Longino, che qui compare associato al
termine miles, che nel Medioevo tedesco ha causato l’errata
interpretazione “cavaliere” (vedi 1.3.0).

Testo (latino- aat., X sec.)


Longinus miles. lango zile. christes thegan ast astes.
Adiuro sanguis per patrem et filium et spiritum sanctum vt non
fluas plus quam iordanis aha [qua]ndo christus in ea baptizatus
est [a] sp[iritu s]a[n]cto. III uicibus; pater noster. cum gloria.

Traduzione
Soldato Longino, dalla lunga linea274, il soldato di Cristo, la
croce275 della croce.
Ti scongiuro sangue per il Padre il Figlio e lo Spirito Santo che
tu non scorra più come l’acqua del Giordano quando Cristo vi fu
battezzato dallo Spirito Santo.
Padre nostro tre volte con un Gloria.

Confronti
• Si vedano: Appendice n. 85, 89.

Tradizione manoscritta

274
Il termine zile non è del tutto chiaro, ma, visto che Longino è spesso associato
alla “lunga lancia”, si può ricondurre a z#l (sost. f. -#) “riga, fila, linea, strada,
verso” (Kö. 1317) oppure a zil (sost. n. –%) “scopo, confine, fine” (Kö. 1317). Si
potrebbe anche ipotizzare un imp. di aat. zil$n “sforzarsi, cercare di ottenere” (Kö.
1317), “sforzati a lungo”.
275
Il termine ast si riferisce probabilmente alla croce, cfr. mat. ast “asta, patibolo”.

139
Nel cod. 51 Rheinau della Zentralbibliohtek di Zurigo, f. 23v
(margine inf.).
Descrizione276: membr. 260 x 170 mm. con 183 ff., risalente al X
sec. Scritto da una sola mano in minuscola carolina dal corpo
regolare. Ogni pagina contiene circa venti righe. Alcuni fogli
mancano, altri sono bianchi. La rilegatura è in cartone rivestito di
pelle, di cui si sono perse le chiusure.
Il cod. contiene prediche in latino dall’Avvento alla Pasqua e
precisamente:
f. 1v: vangelo s. Marco;
ff. 23v-26v: omelia dell’Avvento;
f. 152v: In caena Domini;
sui margini di alcuni fogli ci sono delle aggiunte posteriori (XI
sec.):
f. 12r: Domne iube benedicere (con neumi);
ff. 22v-23r: benedizioni per la febbre in latino (con neumi);
ff. 23v-24r: Incantesimo di Zurigo per fermare il sangue
(Longinus miles).

Edizione e studi
Miller p. 115; Wipf 1992, p. 80, p. 284.

1.4.0 Rimedi contro il mal caduco

Nell’immaginario collettivo l’epilessia, anche conosciuta con


il nome di mal caduco e definita da Ippocrate “malattia sacra”, è
sempre stata associata agli spiriti o alla possessione diabolica. In
base alle conoscenze mediche attuali, è possibile definire
l’epilessia come “sindrome”, caratterizzata da frequenti crisi
convulsive o da altre manifestazioni che possono presentarsi

276
Mohlberg 1951, p. 181.

140
improvvisamente e che hanno la tendenza a ripetersi. Ciò che
rende tale disturbo interessante dal nostro punto di vista è che tali
crisi non durano a lungo, passano da sole e non lasciano in
genere alcuna conseguenza: questo male può, quindi, più di altri
risultare adatto ad essere curato con incantesimi o esorcismi.
Ancora oggi, come primo soccorso di una crisi epilettica viene
consigliato di rassicurare il paziente, di parlargli con calma
evitando la somministrazione di farmaci o bevande. La
denominazione “morbo caduco” si riferisce alle crisi febbrili
convulsive che possono accompagnare l’epilessia; esistono varie
espressioni latine per designare chi viene colpito da epilessia,
come ad esempio cadivus277, epilepticus278, lunaticus279.
Le due versioni aat. di un incantesimo contro il mal caduco
pur mostrando chiaramente di avere avuto un antenato comune,
appaiono piuttosto distanti l’una dall’altra: una è in dialetto
francone renano mentre l’altra è in dialetto bavarese dell’XI sec.
Entrambe le versioni dell’incantesimo sono state a lungo
analizzate dagli studiosi, i quali hanno tentato di ricostruire il
“testo originale” giungendo a conclusioni per molti versi
discordanti. In questa sede esse vengono presentate
separatamente evidenziando di volta in volta i punti di contatto e
le differenze.

277
Du Cange II, 14-15: Caducus, epíleptikós (Glossario Lat.- Græc.); Caducus a
cadendo dictus est, Vecors, Demoniaticus, Lunaticus (Gloss. Lat. Ms. Regium);
Alii Caducum ex eo, quod Cadunt, appellavere (Gariopontus. Lib.1 cap. 7 de
Epilepsia); Etiam Caducis datum prodest: nam si vel duos cyathos Cadivus inde
sorbeat (Marcellus Empiricum cap. 20).
278
Du Cange III, 274: (...) Erat autem Epilepticus et cadebat frequenter (S.
Bernardus in Vita S. Malachiæ cap. 30); Empilentia, passio sic dicta, quia mentem
apprehendens et corpus possideat (...).
279
Du Cange V, 153: (...) Epilepsia fit ex melanchonico humore quoties exuberavit,
ad cerebrum reversus fuerit. Hæc passio caduca dicitur, eo quod cadens æger
spasmos patiatur. Hos etiam Lunaticos vulgus vocat, quod per Lunæ cursum
comitentur hos insidiæ dæmonum.

141
1.4.1 CONTRA CADUCUM MORBUM
(St. LXX, P)

Questa versione in francone renano, rispetto a quella bavarese


(!Pro cadente morbo) presenta delle indicazioni in latino che
dovevano servire all’officiante per eseguire correttamente il rito.
Il testo presenta la consueta struttura bipartita con antefatto
mitico e invocazione finale, con l’aggiunta dell’introduzione e
della chiusura in latino. In questo incantesimo vi sono alcuni
passi piuttosto oscuri su cui gli studiosi hanno molto dibattuto
senza raggiungere un’interpretazione del tutto convincente; uno
di questi riguarda il riferimento ad un certo “ponte di Adamo”;
Baeseke ha tentato di ricostruirne una logica collegandolo ad un
brano dei Dialoghi di Gregorio Magno (IV, 37) in cui si narra
che angeli e diavoli avrebbero avuto una disputa sopra un ponte
sul fiume infernale280. Un’altra interpretazione possibile del
cosiddetto “ponte di Adamo” rimanda alla cosiddetta “Legenda
aurea”281, la quale racconta che Adamo, vecchio e prossimo alla
morte chiese a suo figlio Seth di recarsi nel Paradiso Terrestre
per ottenere dall'Arcangelo Michele l'olio della Misericordia, ma
questi, invece, consegnò a Seth un ramoscello dell'albero del
Bene e del Male, il quale, una volta piantato sulla tomba, avrebbe
riscattato Adamo dalle sue colpe. Molti secoli dopo re Salomone
decise di costruire il grande tempio di Gerusalemme e
quell’albero venne abbattuto per essere impiegato nella
costruzione del tempio ma, rivelatosi poi inadatto, il legno venne
gettato in un piccolo corso d'acqua per fungere da ponte. Il
“ponte di Adamo” sarebbe quindi lo stesso che sarebbe stato
attraversato in seguito dalla Regina di Saba quando, giunta nel
paese per rendere visita a Re Salomone, ebbe la divina
premonizione che quel legno un giorno sarebbe servito per
costruire la croce di Gesù. Salomone, informato della funesta

280
Baesecke 1938, p. 457.
281
La Legenda Aurea, messa per iscritto nel XIII sec. da Jacopo da Varagine, era
molto diffusa e popolare nel periodo medievale, come si evince dalla quantità di
versioni circolanti, oltre che di opere d’arte (come ad es. gli affreschi di Piero Della
Francesca nella chiesa di S. Francesco ad Arezzo) che ad essa si ispirano (BS. I,
164-166).

142
visione della Regina e desiderando impedire quel tragico destino,
comandò che la trave venisse rimossa e sepolta. In seguito,
durante i giorni del processo a Gesù, la trave riaffiorò dalla terra
e venne usata come strumento per la crocifissione. La croce di
Cristo, inoltre, può essere considerata una sorta di “ponte” verso
il paradiso.
La leggenda del tronco che non fu impiegato per la
costruzione del tempio è collegata, inoltre, al racconto evangelico
(Mt. 21,42) della pietra scartata che divenne poi testata d’angolo.
Secondo altre versioni pietra e legno sono collegati282.
A differenza di molti altri testi dello stesso tipo, entrambe le
versioni dell’incantesimo sono state tenute in grande
considerazione dagli studiosi, ma non si è ancora giunti ad una
interpretazione totalmente convincente.

Testo (francone renano, XII sec.)


Contra caducum morbum.
Accede ad irfirmum iacentem et a sinistro vsque ad dextrum latvs
spacians. sicque super eum stans dic ter.
Donerdutigo. dietewigo.
do quam des tiufeles sun. uf adames bruggon. unde sciteta einen
stein ce wite. do quam der adames sun. unde sluog des tiufeles
sun zuo zeinero studon. petrus gesanta. paulum sinen bruoder. da
zer aderuna. aderon ferbunde pontum patum. ferstiez er den
satanan. also tuon ih dih unreiner athmo. fon disemo christenen
lichamen. so sciero so ih mit den handon. die erdon beruere. et
tange terram utraque manu. et dic pater noster. Post h!c transilias
ad dextram et dextro pede dextrum latus eius tange et dic. stant uf
waz was dir. got der gebot dir ez. hoc ter fac. et mox uidebis
infirmum surgere sanum.

Traduzione
Contro il mal caduco.
Avvicinati al malato che sta disteso e, protendendo[ti] [con il
corpo] dal lato sinistro al destro e stando così sopra di lui, di’

282
Baeseke 1938, p. 457.

143
tre volte:
Donar del popolo283, [tu] eterno tra il popolo284.
Allora venne il figlio del Diavolo sul ponte di Adamo e spaccò285
una pietra286 sul legno287.
Allora venne il figlio di Adamo288 e uccise il figlio del Diavolo al
suo ramo289.

283
Il termine dutigo è da ricondursi ad aat. diot (sost. m./ f. –#/ n. –%), diota (sost. f.
–!) “popolo, gente, pagani” (Kö. 184). Secondo Grienberger, invece, l’aggettivo
dutigo è da intendersi affine ad aat. tutto, tutta “mammella” con il significato di
“pettoruto” (Kö. 1105), in riferimento al petto muscoloso di Donar (Grienberger
1898, p. 188).
284
Il termine dietewigo è stato variamente interpretato, ma l’ipotesi più
convincente è che si tratti di un composto formato da diet (aat. diot sost. m./ f. –#/
n. -% “popolo”, mat. diet “popolo, persona, uomo”, cfr. Kö. 184, Lex. I, 430.) +
ewig (agg. “eterno, perenne”, cfr. Kö. 239) venendo ad assumere il significato di
“persona eterna”, quasi a tradurre la tipica formula introduttiva dei rituali Cristiani
Omnipotens sempiterne Deus (Huisman 1982, p. 42). Grienberger (1989, p. 187),
invece, collega la seconda parte del composto ad aat. w#g (sost. m./ n. –%, cfr. Kö.
1263-64) “battaglia”; w#gan (vb. ft. I) “combattere”, w#gant (m. –nt) “guerriero,
combattente”.
285
Il termine sciteta si può identificare con il pret. di skid!n, scid!n (vb. db. II)
“dividere, tagliare, separare, distinguere” (Kö. 961), ma anche “decidere,
discernere” (StW. p. 540).
286
Secondo Krogmann dal confronto tra le due versioni di questo incantesimo, nel
passo: einen stein ce wite/ den stein zemo wite emerge che “una pietra” non può
avere senso, mentre “la pietra” potrebbe riferirsi ad una parte del ponte, inoltre ce
non sarebbe corretto, mentre zemo vorrebbe dire “insieme a”. Si potrebbe anche
ipotizzare una affinità con il vb. aat. sciozan “lanciare, scagliare” (G. VI 560) e
interpretare la successiva espressione ce wite come un ze witi “lontano”,
considerando w#t come agg. “largo, ampio, grande” (G. I 769-772). L’intera frase
assumerebbe il senso di “il figlio del Diavolo scagliò una pietra lontano” e
potrebbe far pensare ad un parallelo Diavolo-Thor/Donar e quindi al martello di
Thor. Questa mia ipotesi però si scontra con il fatto che sciozan è un vb. ft. Esiste
in realtà anche il vb. db. aat. scozzon con il significato di “allontanare, lanciare,
bandire” (G. VI 562), ma non mi risulta attestato un preterito del tipo
sciteta/schitote.
287
Aat. wite: dat. sg. di aat. wit" (sost. m. –u) “legno” (Kö. 1284).
288
Gli studiosi concordano nel ravvisare in questa espressione il riferimento a
Cristo, solitamente indicato come “il nuovo Adamo”, “il figlio dell’uomo”.
289
Il termine studon/ studein è stato accostato dalla maggior parte degli studiosi ad
aat. st"da (sost. f. –n) “verga, ramo” (Kö. 1040). Secondo Huisman, invece,
bisogna emendare in stundun, aat. stunta (sost. f. –!) “ora, momento” (Kö. 1042),
perché nei mss. spesso la nasale veniva abbreviata con un trattino sulla vocale ed è
facile che talvolta venga omessa; inoltre il motivo “taz was ein file gote stunte”
ricorre, come si è visto, in diversi incantesimi per fermare il sangue (!

144
Pietro mandò suo fratello Paolo per legare le vene290. Egli
cacciò291 fuori Satana. Allo stesso modo faccio io con te,
spirito292 immondo, da questo corpo293 cristiano così velocemente
come io tocco294 la terra con le mani.
E tocca la terra con entrambe le mani e di’ un Padre nostro.
Dopo questo, passa a destra e tocca il piede destro dal lato
destro e di’:
Alzati! Cosa avevi? Dio te lo ordinò!
fai questo per tre volte, e subito vedrai il malato alzarsi sano.

Confronti
• !Pro cadente morbo

Tradizione manoscritta
Nel cod. nouv. acquis. lat. 229 della Bibliothèque Nationale di
Parigi f. 9v.
Descrizione: ! Ad equum errehet.

Edizioni e studi
Baesecke 1938; Baesecke 1966; Ehrismann 1932, p. 113;
Elsakkers 1989; Grienberger 1898; Hofmann 1971; Huisman
1982; Krogmann 1938; Miller p. 78; Sievers 1924, pp. 22-23; VL
II, 8; Wickersheimer 1966, p. 138; Wipf 1992, p. 84, p. 287.

Incantesimo di Bamberga per le ferite); l’espressione zu deru stuntun può anche


significare “subito”. Il termine si potrebbe a mio avviso anche far risalire ad aat.
stuot (sost. f. –#, cfr. Kö. 1043; G. VI 652) “stalla, rifugio, scuderia” con il
significato complessivo di “uccise il figlio del diavolo al suo posto”.
290
aderuna , aderon è dat. pl. di aat. %dra “vena”; per ulteriori commenti ! Pro
Nessia.
291
Il termine patum è stato qui inteso come pret. III pl. di beiten (vb. db.)
“spingere, lottare, impellere”, (rifl.) “cercare, sforzarsi, impegnarsi” (KGF I, 853).
292
Athmo/ atem: aat. âthmo, atum, atem, (sost. m. -n) “soffio, fiato”, “spirito
maligno, demone” (KGF I, 688).
293
Il termine lichamen corrisponde ad aat. l#hhamo (sost. m. –n) “corpo” (Kö. 722).
294
Il termine beruere è la I pers. sg. ind. pres. di aat. biruoren (vb. db. I) “muovere,
toccare” (Kö. 104).

145
1.4.2 PRO CADENTE MORBO
(St. LXX, M)

La seguente versione è in lingua bavarese e rappresenta, a


detta di alcuni studiosi (quali Krogmann) quella che avrebbe
subito meno rielaborazioni. Rispetto alla versione francone
questa è priva di indicazioni per eseguire il rito e, se si esclude
l’esortazione finale in latino a recitare tre Padrenostro, è scritta
interamente in tedesco. Mentre nella versione precedente
l’espressione “donerdutigo” è stata usata come invocazione, qui
assume la funzione di soggetto; questo confermerebbe che
Donar/ Thor, in quanto divinità pagana, sarebbe stato usato in
questo incantesimo come personificazione del Diavolo. Nell’altra
versione, infatti, Donar/ Thor è chiamato “figlio del diavolo”.
Si noti, inoltre, che, rispetto alla versione francone, questa si
discosta anche per gli usi grafici: si veda l’uso di <z> dove l’altra
versione ha <s>: zun, zinen, zo, friwize, adamez, la metatesi di /r/
in: frepunte, frigeze, friwize.

Testo (bavarese, XI sec.)


pro cadente morbo
Doner dutiger
diet mahtiger
stuont uf der adamez prucche schitote den stein zemo Wite.
Stuont des adamez zun. unt sloc den tieules zun. zu der studein.
Sant peter. sante zinen pruder paulen daz er arome adren ferbunte
frepunte den paten. frigezeden samath295 friwize dih unreiner
atem. fon disemo meneschen.
zo sciero zo diu hant wentet zer erden.
ter cum pater noster.

Traduzione
Donar del popolo, dominatore296 del popolo
stava sul ponte di Adamo, ruppe la pietra insieme al legno297.
295
Così nel ms., forse da leggere sama ih “allo stesso modo io”.
296
Il termine mahtiger corrisponde ad aat. maht#g (agg.) “potente, forte, possente”
(Kö. 753).

146
Stava298 il figlio di Adamo e uccise il figlio del Diavolo al
ramo299.
Il santo Pietro mandò suo fratello Paolo,
in modo che egli andasse a guarire300 le vene301 delle braccia302,
promise l’aiuto303. Dimentichi304 allo stesso modo io caccio305 te,
spirito immondo da quest’uomo, così velocemente come la mano
tocca la terra.
Tre volte insieme a un Padre nostro.

Confronti
• ! Contra caducum morbum.

Tradizione manoscritta
Nel clm. 14763 della Bayerische Staatsbibliothek di Monaco, f.
297
Per la discussione sul passo scitote den stein zemo wite ! Contra caducum
morbum.
298
Mentre qui viene usato stuont, nella versione francone abbiamo quam “venne”.
299
Vedi anche ! Contra caducum morbum.
300
I termini ferbunte, frepunte corrispondono ad aat. firbintan (vb.ft. III) “legare,
allacciare, annodare” (Kö. 268), mat. verbinden “allacciare, riparare, guarire,
impegnarsi” (Lex. III, 75); la metatesi di r in frepunte è piuttosto frequente (cfr.
anche friwitze). Questo è il punto in cui le due versioni si discostano
maggiormente, e questo potrebbe essere stato causato da una erronea
interpretazione di uno dei due copisti.
301
Per adren “vene” ! Pro Nessia.
302
Il termine arome è stato variamente interpretato, la traduzione qui accolta è
basata sull’ipotesi di Krogmann che lo identifica con il gen. pl. di aat. aram, arm
“braccio” e quindi “a guarire le vene delle braccia”; mentre Scherer e Hofmann lo
leggono come ci rome “a Roma” (Krogmann 1938, p. 5).
303
Qui si è accolta l’interpretazione che riconduce paten a mat. bate “aiuto,
sostegno, utilità” (Lex. I, 135); quest’ultimo significato, unito all’interpretazione di
frepunte come mat. verbinden “promettere”, porterebbe ad un’interpretazione del
tipo “promise l’aiuto”. Altre interpretazioni possibili di paten è che si tratti
dell’apocope di lat. pater, oppure dell’acc. sg. del nome d’agente aat. pato
“combattente”, collegato al vb. beiten “lottare, spingere”. Per questo motivo
Krogmann traduce “Paolo viene mandato da Pietro a guarire le ferite del figlio di
Adamo (dopo la battaglia con Doner, il figlio del Diavolo)” (Krogmann 1938, p. 5
e anche KGF I, 853).
304
Aat. frigeze: III sg. ottat. pres. di aat. firgezzan (vb. ft. V) “dimenticare” (Kö.
273).
305
Il termine friwitze è da intendersi affine ad aat. firwizan (vb. db. I)
“disapprovare, bandire, cacciare, giudicare male” (Kö. 294).

147
88v.
Descrizione306: membr. in ottavo 170 x 120 mm., 215 ff.
miscellaneo e composito dell’XI sec. La copertina è in
pergamena su cartone, con fogli di guardia in carta. Il cod.
proviene dal monastero di S. Emmeram presso Regensburg.
La scrittura, la rigatura, lo specchio di scrittura, l’inchiostro usato
e le dimensioni del foglio variano in tutto il codice. Qui di
seguito verrà descritta solo la sezione contenente l’incantesimo,
ff. 63r-88v: la scrittura, una gotica libraria tedesca del XII sec.
(circa 40 righe per foglio) è stata vergata usando un inchiostro
marrone chiaro. Ai lati esterni sono visibili, molto ravvicinati (3
mm.), i fori usati per rigare i fogli, sicché la scrittura è fittissima
(specchio di scrittura: 130 x 98 mm.). Le pagine sono disposte
vis a vis.
I ff. 63-88 riportano una grammatica latina dell’XI sec. alla fine
della quale si trovano due formule in latino Pro fluxu sanguinis e
Pro febribus.
f. 88v: alle prime otto righe scritte su una sola colonna, segue una
divisione in due colonne irregolari: su quella di sinistra si trova
l’incantesimo Pro cadente morbo, il quale occupa 15 righe ed è
quasi totalmente coperto da una macchia arancio-giallognola.
Questo fatto potrebbe essere dovuto all’uso di reagenti da parte
degli studiosi, oppure potrebbe trattarsi di uno di quei casi di
“censura” di testi considerati poco consoni ad ambienti
ecclesiastici307.

Edizioni e studi
Baesecke 1938; Baesecke 1966; Ehrismann, 1932, p. 113;
Elsakkers 1989; Grienberger 1898; Hofmann 1871; Huisman
1982; Krogmann 1938; Miller p. 76; Sievers 1924, pp. 22-23; VL
II, 8; Wipf 1992, p. 84, p. 286.

306
Da esame diretto.
307
Kruse 2000.

148
1.5.0 Contro le malattie degli occhi

Le malattie degli occhi potevano avere cause diverse: umori


dannosi, veleni, calore, oscurità, raffreddamento; secondo la
superstizione popolare, era possibile ammalarsi toccando l’acqua
di una fonte già usata per guarire altre malattie degli occhi.
Nella tradizione tedesca vi erano diversi santi patroni degli
occhi come Anna, Susanna, Maria e Nicasio, a differenza della
tradizione italiana che venera invece Santa Lucia.
Le malattie dell’occhio più comuni e conosciute durante tutto
il periodo medievale erano: la cataratta, l’orzaiolo, il glaucoma.
La cataratta o cateratta è una malattia che comporta l’opacamento
del cristallino e si verifica per lo più nelle persone anziane. Nel
linguaggio comune l’orzaiolo altro non è che un’infiammazione
delle palpebre; in realtà si tratta di un’infezione acuta dovuta a
batteri, localizzata in una o più ghiandole palpebrali che può
provocare dolore ed arrossamento del margine ciliare, a cui si
può aggiungere uno certo fastidio alla luce e la sensazione di
corpo estraneo. Per quanto concerne il glaucoma, le fonti ne
parlino già nel IV sec. a.C. (Ippocrate), per molti secoli tale
termine non definì una patologia ben precisa308 e veniva confuso
con altre malattie.

1.5.1 INCANTESIMO DI CAMBRIDGE PER GLI OCCHI


(Wilhelm, p. 52)

Questo testo, riportato in un codice del XII sec., serviva a


guarire varie malattie dell’occhio, in particolare la cataratta. Esso
è in prosa, ma vi sono alcune rime ed assonanze (martervunne/
mankvenne, domini/ xhristi, gebvurte/ vfferte, grabe/ tage,

308
Solo nel XVII sec. Richard Banister, autore del primo trattato di oftalmologia in
inglese, distinse per la prima volta con chiarezza la cataratta - detta gutta obscura –
dalla gutta serena, comprendente tutta una serie di disturbi interessanti il nervo
ottico e le vie ottiche, tra cui il glaucoma.

149
sigehaft/ craft, wihe/ Marie) che, sostiene Wilhelm, possono far
pensare ad un originario nucleo in versi.
Su questo incantesimo, spesso citato, scarseggiano gli studi
critici.

Testo (tedesco superiore, XII sec.)


Notum sit omnibus in Christo fidelibus.
Ich beswer hivte dine hir bi dem hailigen xpe der sich
zemartervnne gap durch alle man kvenne309 per sanctam mariam
matrem domini nn iesu xpi
vnde bi dem hailigen blvote310 daz vz vnsers herren siten ran
vnde bi der hailigen gebvrte
vnde bi der hailigen vofferte311
vnd bi dem hailigen grabe
vnd bi dem vrtailichem tage
daz vel vnd die hir vnd die suzblatrun div wazer blater vnd der
herbrate vnd allez daz gesuhte. N. daz in dinem avgen si daz
hivte sich winnende si und daz rehte gesvne drinne wahsende si
secundum uoluntatem tuam domine.
In nomine domini nn ihv xpi disiv wort sein dir war vnde veste
vnd sigehaft des helfe mir div hailige gotes craft des helfe mir
div wihe min frawe sancte marie. amen.

Traduzione
Sia noto a tutti i fedeli in Cristo.
Io scongiuro312 oggi il tuo dolore313, per il Cristo Santo, che si
rese martire per tutta la stirpe314 umana, per Santa Maria Madre
del nostro Signore Gesù Cristo e per il sacro sangue315 che

309
La <e> è sovrascritta.
310
La <o> è sovrascritta.
311
La <o> è sovrascritta.
312
Per beswer, biswerien (vb. ft. VI) “pregare, scongiurare”! Contra uermes
pecus edendes.
313
Si tratta di un sost. ft. m./ f./ n. attestato solo a partire dal mat. hir (sost. ft. f)
“dolore” e presente in aat. solo nell’agg. hirlih “violento, veemente” e avv. hirlîho
“violentemente” (G. IV, 999; Lex. I, 1302).
314
Kvenne: mat. künne (sost. ft. n) “famiglia, stirpe”.
315
Per bluote ! Secondo Incantesimo di Merseburg.

150
sgorgò fuori dal fianco di nostro Signore e per la santa nascita e
per la santa Ascensione316 e per il santo sepolcro e per il giorno
del Giudizio, la cataratta317 e il dolore e le cateratte318, le
vescichette319 e le vesciche dolorose320 e tutte le malattie [Nome]
che sono nei tuoi occhi, che oggi diminuiscano321 e che
aumenti322 dentro la buona vista323, secondo la tua volontà
Signore. Nel nome del Signore nostro Gesù Cristo queste parole
siano per te vere e forti324 e vittoriose. Mi aiuti per questo la santa
forza di Dio, mi aiuti per questo la sacra mia Signora Santa

316
Vofferte: "ffart (sost. f. –#), mat. ûfvart, ûfart “ascensione”.
317
Vel: aat. vel (sost. ft. n.) “pelle, membrana, cataratta”.
318
Mat. suzblatrun (pl.) è una variante di suzblater, schozbret, schuzbret,
schutzbret “cataratta”; prima parte del composto: aat. sk!z, sc!z (m. –%/ -#), sk!za,
sc!za (f. –#) “grembo”, mat. schôz, schôze, ted. Schoß “grembo, seno” < germ.
*skauta “punta, estremità”, ie. *(s)keud- “lanciare, gettare, spuntare” (G. VI, 563;
Kl. 741; Kö. 971; Lex. II, 780; Pk. 955; ScG. 259); per la seconda parte ! nota
successiva.
319
Il termine blater corrisponde ad aat. blât(a)ra (sost. f. –n) “pustola, bolla, ulcera
sulla pelle, vescica, vescica da bruciatura”/ “bolla, vescichetta, bolla d’acqua”/
“vescica (dell’urina)”, attestato in aat. al nom. sg. anche come platra, platara,
platera, blatra, blatera, blatira, bladra, blader, blât(a)ra continuato da mat.
blâtere, blâdere, ted. Blatter “pustola”; come sost. composto mat.
uuazzarblât(a)ra, ted. Wasserblase “vescica, bolla d’acqua” < germ. *bladr!n, ie.
*bhl$ “gonfiarsi, soffiare, essere pieno, sgorgare”. Si vedano anche i composti
uuazzarblât(a)ra, ted. Wasserblase “vescica, bolla d’acqua” (G. III, 235; KGF. I,
1185; Kl. 116; Kö. 124; Lex. I, 299; Pk. 120; ScG. 115).
320
Il termine herbrate non è attestato, potrebbe trattarsi, a mio avviso, di un
composto di hir “dolore” e blater “vescica”, con il significato di “vescica
dolorosa”, mentre secondo Weinhold (1901) è da intendersi come nome del
demone delle malattie ed è da collegarsi ai termini Herbran, Herebran, Herbrand
forma basso tedesca indicante il drago, etimologicamente affine a nomi propri
appartenenti al patrimonio germanico come Herbrote, Herbrant, Hiltibrant,
Hadubrant che riconducono all’immagine del drago del fuoco.
321
L’espressione sich winnende si dovrebbe emendare in swinende. Si tratta di un
vb. ft. I attestato anche come suinan, suuinan, swinin e continuato da mat. swînen
“diminuire, ridurre, calare (riferito alla luna), regredire (riferito a malattie)”, ted.
(dial.) schweinen “diminuire” < germ. *sweinan “diminuire”, *sw#nan
“rimpicciolire, ridurre”, ie. *sø#- “diminuire” (G. VI, 882; Kö. 1065; Lex. II, 1377;
Pk. 1052; StW. 619).
322
Mat. wahsen (vb. ft.) “crescere, aumentare, maturare” (Lex. III, 643).
323
Il termine gesvne corrisponde a mat. gesiune, gesûne (sost. ft. n.) “vista,
capacità visiva” (Lex. I, 916).
324
Il termine veste si riconduce a mat. veste, vest (agg.) “solido, forte, consistente”
(Lex. III, 326).

151
Maria. Amen.

Confronti
• Si vedano le benedizioni di epoca più tarda in Appendice n.
123-129.

Tradizione manoscritta
Nel cod. 130 della Library of Peterhouse di Cambridge, f. 219v.
Descrizione325: membr. 398 ff. scritti su due colonne di 34 righe
in minuscola carolina. La rilegatura è in pelle marrone del XVII
sec. con impressioni. Il cod. proviene dalla Germania e risale al
XII sec. La numerazione delle pagine, in inchiostro rosso, risale
al XV sec. e contiene diversi errori; essa va da 11 a 308.
Il cod. contiene opere di argomento liturgico, in particolare
omelie in latino.
L’Incantesimo di Cambridge per gli occhi, unico testo in
tedesco, è scritto su undici righe da una mano di poco posteriore
a quella che ha vergato il resto del cod.; esso viene dopo la
Passio S.S. Martyrum Saturi Saturnini fratrum; il resto della
pagina è vuoto .

Edizioni e studi
Franz 1960, p. 486; Holzmann 2001, p. 148; James 1899, p. 158;
Schulz 2000, pp. 131-152; Weinhold 1901, pp. 79-82.

1.5.2 OCULORUM DOLOR


(St. LXXIII)

Il seguente rimedio risale all’XI sec. ed è finalizzato alla cura


degli occhi, anche se non viene specificato il tipo di malattia. Le
istruzioni da seguire per ottenere la guarigione si connettono
all’immagine dell’acqua purificatrice. La benedizione è data per

325
Da catalogo: James 1899.

152
via indiretta. Anche in questo caso va segnalata la quasi totale
assenza di studi specifici.

Testo (bavarese, XI sec.)


Oculorum dolor
Ganc ze demo fliezzentemo vvazzera unta neze imo sine ougen
unta quit mít demo selben segena, so der alemæhtige got demo
regen Plinten segenita siniu ougan, der der daz tages lieht nie
negesah, unta imo sin gesiune mite gap: da mite si dir din ouga
gesegenet. daz dir ze b"zza. amen.

Traduzione
Dolore degli occhi. Vai presso l’acqua che scorre326 e bagnagli327
i suoi occhi e benedici328 con la stessa benedizione329 con cui il
Dio onnipotente [con] la pioggia330benedisse gli occhi al cieco331
che non aveva mai visto la luce del giorno e a lui dette così la
[sua] vista332; con questo siano benedetti i tuoi occhi. Questo per
te per la guarigione333, amen.

Confronti
•! Appendice n. 123-129.

Tradizione manoscritta
Nel clm. 14472 della Bayerische Staatsbibliothek di Monaco, f.

326
Il termine fliezzentemo è il part. presente con valore attributivo di aat. fliozan
(vb. ft. intrans.) “scorrere, fluttuare, fluire, correre” (G. III, 740; KGF III, 978).
327
Il termine neze indica l’imper. di aat. nezzen (vb. db. I) “bagnare, inumidire,
lavare” (Kö. 819).
328
Il termine quit indica l’imper. di aat. quedan, kwedan (vb. ft. V) “dire, parlare,
affermare, benedire”.
329
Per la spiegazione di questo termine ! Incantesimo di Strasburgo per il sangue
n. 3.
330
Aat. regan, mat. regen (sost. ft. m.) “pioggia, lacrima” (Lex. II, 372).
331
Il termine plinten corrisponde ad aat. blint (agg.) “cieco” (Kö. 875).
332
Si tratta di un sost. f. –#/ n. –ja (siuni, gisiuni, siun#, gisiun#, siun), attestato
anche come gasiuni, chisiuni, gesiune, gesune e continuato anche in mat. gesiune,
gesûne, gesihene “vista”< germ. *segnwi, *segnwiz “vista”, *sehwan “vedere”, ie.
* sekø- “notare, guardare, seguire” (G. V, 127; Kö. 441; Lex. I, 916; Pk. 897).
333
Per buozza ! Ad equum errehet.

153
166v (margine inferiore dell’ultimo foglio).
Descrizione334: membr. in quarto IX sec.335, 240 x 160 mm., 166
ff., scritti su un’unica colonna in minuscola carolina con
inchiostro marrone scuro. Specchio di scrittura di 190 x 120
mm., squadratura a secco, distanza tra le righe 1 cm. Le prime
due pagine sono strappate diagonalmente e lacerate. L’ultimo
foglio 166r/v che misura solo 230 x 169 mm., è vergato quasi sino
ai margini con una scrittura336 molto più piccola che nel resto del
codice, con righe, non segnate, larghe solo 5 mm.circa; esso
tramanda un lunario e vari rimedi in latino.
Il testo tedesco occupa il margine inferiore. Proprio in fondo alla
pagina vi è la scritta (maiuscola) “OCULOR' DOLOR”; la G di
“ganc” è più grande, esterna al margine di scrittura e con
inchiostro rosso.
La copertina è in legno rivestito di cartoncino; su quella
posteriore vi è un gancio e nella parte interna una scritta in
corsiva gotica bastarda (XV sec.) su 10 righe distanti 1,5 cm. con
rubriche di colore rosso ogni inizio riga,), mentre al centro della
copertina anteriore vi è un buco.
Il ms. proviene da S. Emmeram presso Regensburg e contiene
opere di argomento liturgico, prevalentemente omelie.

Edizioni e studi
Schlecht 1902, pp. 303-305; Wilhelm A. p. 29/ B p. 53-54; Wipf
1992, p. 88, p. 290.

334
Da esame diretto; cfr. anche Halm/ Keinz/ Meyer/ Thomas 1968, Vol. IV, 2.
335
Wilhelm p. 53.
336
La scrittura è una minuscola carolina di transizione un po’ più trasandata
rispetto al resto del codice.

154
1.6.0 Contro la febbre

La febbre veniva considerata in passato come malattia a se


stante e non come sintomo. Si distingueva tra febbre “calda” e
febbre “fredda” cioè con i brividi, oltre ai diversi tipi di febbri
malariche. Secondo la tradizione popolare la sede della febbre è
lo stomaco. Le benedizioni contro la febbre sono molto
antiche337.

1.6.1 INCANTESIMO DI GOTHA PER LA FEBBRE


(Holzmann 2001, p. 195)

Di questo incantesimo, se si esclude l’articolo che ne riporta


per la prima volta il testo338, manca qualsiasi tipo di studio,
nonostante le interessanti peculiarità della lingua, un miscuglio di
latino, alto e basso tedesco.
Nella benedizione finale, di tipo indiretto, è possibile
scorgere, nonostante la forte presenza di elementi liturgici, le
tracce di un retroterra magico-superstizioso: la febbre che viene
condotta all’esterno del corpo in modo simile ad un parto ricorda
infatti il modo in cui i vermi vengono condotti fuori attraverso un
preciso percorso (come avviene anche in Pro nessia !); un altro
elemento magico molto forte è determinato dalla fede nella
potenza della parola: viene specificato, infatti, che la febbre verrà
guarita “dalle parole che io dirò”.
Il testo è stato trascritto in due punti diversi del codice che lo
tramanda e presenta dei rimandi che ne consentono il
ritrovamento.

337
BS. II, 1446-1468.
338
Regel 1875.

155
Testo (francone centrale-basso ted., XII sec.)
(f. 407r)
Contra febres.
Inweiz der minsche nit, dat he biden sal durg unses heren godes
wille inde des guoden sente petirs, dat men ime des Riden buoze
duo, so sal der giner, de di buoze kann, sprechin:
“Mensche, bide mich duorg unses herin godes wille inde des
guoden sente petirs, dat ich dir des riden buoze duo!”
Tunc rogabit, — so sal he sprechin:
“Ganc in godes namen inde des guoden sente petirs! duo hes des
Riden buoze van den worden, di ich sprechen sal: des haue
starken geloue, so hilf dit dir! inde enkeine andere erzedie induo
herzuo me, noch encheiner hande spise, di einich kirstin minsche
eizen mach, di ensaltuo nit schuowen!”
(Quere aliam partem in ultimo folio istius libri.)

(fol. 414v)
“Nu willen ich bit helfin unses heren des heiligen kirstes inde
sente [marien] inde sente yseb[eten] inde sente annen inde sente
[iohane] inde des guoden sente petirs inde aller godes heiligen
[biozen] Henriche [alde] Hildegunde des Ridden inde aller
siner339 ---------- boser siden in kirstes namen! amen! amen!
S[an]fde inde wale gebar [sente ysebet] sente [iohanne], - sanfde
inde wale gebar sente [anne] sente [mari]en, - sanfde inde wale
gebar sente [marie unsen] here[n den] heiligen [kirste], - Also
sanfde inde also wale ge[laze den min]schen N340 [der Ridde]
inde alle sine bose siden! In kirstes namen! amen! amen!”
Herena saltuo sprechin druo paternoster bit drin venijn inde druo
auemaria bit drin venijn.
(Quere octauam commemorationem sanctarum reliquiarum et
inuenies primam partem huius benedictionis.)

339
Segue una parte illeggibile nel ms.
340
Holzmann legge <Y>, ma dal confronto con il ms. sembra più probabile si tratti
di <N.> (nome).

156
Traduzione
Contro le febbri.
L’uomo341 non sa342 che deve343 chiedere344 attraverso345 la
volontà del nostro Signore Dio e del buon San Pietro che gli
venga guarita la febbre346, così colui che347 conosce il rimedio
deve dire:
“Uomo, chiedimi attraverso la volontà del nostro Signore Dio e
del buon San Pietro che io ti guarisca la febbre!”
Allora [il malato] chiederà, [il guaritore] deve dire così:
“Vai nel nome di Dio e del buon San Pietro! Guarisci348 la febbre
grazie alle parole che io dirò: abbi349 di ciò una forte fede350! così
questo ti aiuti! e contro351 questo non devi352 nessun’altra
medicina353 nè cibo di qualsivoglia genere che solo354 il cristiano
può355 mangiare356, tu non devi guardarlo357.
(Cerca l’altra parte nell’ultimo foglio di questo libro)
341
Minsche: forma basso ted. per mat. mensce, mensch (sost. ft./ db. m./ n.) “uomo,
essere umano” (Lex. I, 2102).
342
Inweiz: in (=ne) + wizzen (vb. pret. pres.) “sapere, conoscere, capire”.
343
Sal è pres. ind. III sg. di mat. soln, scholn (vb. pret. pres.) “dovere, volere” (Lex.
II, 1053).
344
Biden: forma basso ted. per mat. biten, bitten (vb. ft.) “chiedere, pregare” (Lex.
I, 286).
345
Durg: forma basso ted. per mat. durch (avv./ prep.) “attraverso” (Kö. 198; Lex.
I, 477).
346
Riden (3 v.), ridden “febbre, bribidi”. Si tratta di un sost. m. –n attestato anche
come ritto, rite, hrido, mat. rite, ritte, rit, riedt, ritt, ridde, ted. Ritten, Ritte < germ.
*hridan “febbre”, ie. *(s)krei –t- “piegare, girare” (G. II, 475; Grimm XIV, 1051;
Kö. 893; Lex. II, 463; Pk. 937; StW. 489).
347
Giner: forma basso ted. per mat. jener, gener, giner (pron.) “chiunque” (Lex. I,
1479).
348
Per buoze ! Ad equum errehet.
349
Haue: mat. haben, hawen, haven (vb. db.) “avere” (Lex. I, 1131).
350
Geloue: mat. geloube, gloube (sost. ft./ db. f./ m.) “credo, fede”.
351
Herzuo “contro”, me = mêr.
352
En sal tuo= ne+ sal +tuo.
353
Il termine erzedie corrisponde a mat. arz%tie, arz%d#e, arzet#e, arzed#e (sost. ft.
f.) “medicina, arte medica” (Lex. I, 98) .
354
Il termine einich corrisponde a mat. einec, einic (agg.) “unico, solo” (Lex. I,
523).
355
Mach: pres. sg. di mat. mügen, mugen (vb. pret. pres.) “potere”.
356
Il termine eizen corrisponde a mat. ezzen, ezen (vb. ft.) “mangiare” (Lex. I, 718).
357
Il termine schuowen corrisponde a mio avviso a mat. schouwen (vb. db.)
“vedere, guardare, visitare, osservare” (Lex. II, 778).

157
Ora io voglio chiedere l’aiuto del nostro Signore del Santo
Cristo e Santa Maria e Santa Elisabetta e Sant’Anna e san
Giovanni e il buon San Pietro e tutti i santi di Dio Heinrich
oppure358 Hildegunde dalla febbre ---------- e tutte le sue cattive
qualità359, nel nome di Cristo! Amen!Amen”.
Facilmente360 e bene361 Santa Elisabetta partorì362 San Giovanni –
facilmente e bene Sant’Anna partorì Santa Maria, - facilmente e
bene Santa Maria partorì nostro Signore Cristo Santo.
Così facilmente e anche così bene la febbre e i suoi cattivi umori
lasci[no] l’uomo N[ome]! Nel nome di Cristo! Amen! Amen!”
Qui devi dire tre Padrenostro con tre genuflessioni363 e tre
Avemaria con tre genuflessioni.
(Cerca l’ottava commemorazione delle sante relique e trovi la
prima parte di questa benedizione.)

Confronti
• ! Appendice n. 130-137.

Tradizione manoscritta
Nel cod. 264 della Bibliotheque Nationale di Lussemburgo (fino
al 1951: cod. 1 della Herzogliche Bibliothek di Gotha), al f. 407r
e 414v.
Descrizione364: membr. in folio (di grande formato), 414 ff. metà
XI sec.
Il cod. contiene la Bibbia in latino (Vecchio e Nuovo
Testamento) e una serie di scritti dogmatici, omiletici e storici in
latino. L’incantesimo per la febbre rappresenta l’unico elemento
non latino ed è stato scritto da una mano di poco posteriore (XII
sec.) inizialmente sul f. 407r e poi continuata, per mancanza di

358
Il termine alde corrisponde a mat. alde, ald, alder (cong.) “o, oppure” (Lex. I,
35).
359
Il termine siden corrisponde a mat. site (sost. ft./ db. m.) “stato, qualità, natura,
condizione” (Lex. II, 941).
360
Mat. sanfte, samfte (avv.) “facilmente, senza fatica” (Lex. II, 603).
361
Il termine wale corrisponde a mat. wol, wole (avv.) “bene, molto, proprio”.
362
Gebar: pret. III sg. gebern (vb. ft.) “portare, portare fuori”.
363
Il termine venijn corrisponde a mat. venje, venig (sost. ft./ db. f.) “genuflessione,
l’inginocchiarsi per pregare”.
364
Regel 1875.

158
spazio, sull’ultimo foglio del codice. Quest’ultimo foglio, a
contatto con la pesante copertina, si è notevolmente danneggiato
e alcune parole si sono consumate fino a diventare quasi del tutto
invisibili.

Edizioni e studi
Miller p. 91; Regel 1875, pp. 94-98; Wilhelm p. 51, p. 131.

1.7.0 Contro il morbo maligno

1.7.1 CONTRA MALUM MALANNUM


(St. LXXI)

Questo rimedio è finalizzato alla cura di una malattia


identificata da Eis, in base al confronto con miniature di vari
codici dell’XI e del XII sec., con il cosiddetto polipo del naso,
conosciuto come fungus365. Dalle indicazioni in latino che vi
sono contenute, si apprende che si tratta di una malattia che si
manifesta in un luogo ben preciso e che si aggrava man mano che
si sviluppa. Il luogo in questione sarebbe, secondo Eis, il naso,
nel quale la crescita di un polipo causerebbe difficoltà nel parlare
e nel respirare. Che si tratti proprio del polipo del naso sarebbe
dimostrato – continua lo studioso - anche dal confronto con il
testo latino Ad frasin, in quanto, il termine frasin, non avrebbe
niente a che fare con aat. fraisin, ma sarebbe la perfetta
trascrizione del greco phrásin, accusativo di phrásis che indica
“il parlare, la lingua”366. Eis ritiene, inoltre, che malannum sia in
realtà una deformazione di aat. gi-mâlen, forma contratta di gi-

365
Eis 1964, p. 112.
366
Eis 1964, p. 114.

159
mahalen “parlare” e quindi il malum malannum sarebbe il
“parlare male”367.
Le interpretazioni esistenti non sono del tutto convincenti,
anche a causa della lettura- a mio avviso erronea - del termine
che indica la malattia; nel ms. si legge, infatti, suaz, emendato in
pressoché tutte le edizioni in suam.
L’incantesimo sembrerebbe a mio avviso riferirsi all’erisipela,
o risipola, una malattia infettiva che si manifesta principalmente
sul viso e sugli arti inferiori. Dopo alcuni giorni di incubazione
compare una chiazza di colore rossastro calda e dolente con cute
tesa e lucente. In alcuni casi la malattia regrediva
spontaneamente, ma in soggetti più deboli e negli anziani poteva
portare anche alla morte. Oggi si cura con antibiotici, ma si tratta
di una malattia che veniva frequentemente “incantata” anche
nelle tradizioni popolari italiane fino a qualche decennio fa.
Altra possibilità è che ci si riferisca alla lebbra. La lebbra è
ancora oggi la malattia-simbolo del Medioevo (assieme alla
peste, che arrivò in Europa nel XIV sec.), poiché essa divenne
invasiva in Europa a partire dal XII secolo, probabilmente a
causa dei contatti con il Medio Oriente. Va tenuto anche presente
che, con il termine “lebbra”, venivano allora intese molteplici
affezioni cutanee quali il lupus o la psoriasi. La lebbra si
manifesta dapprima con dei bubboni localizzati in piccole zone e
mano a mano si espande fino a rendere la persona mutila di naso
(e quindi rendendo il volto simile ad un tothoupit “teschio”),
sopracciglia e anche mani e piedi, fino a portare alla morte (tolc).

Testo (bavarese, XI sec.)


Contra malum malannum.
Cum minimo digito circumdare locum debes, ubi apparebit, his
uerbis Ih bimuniun dih, suaz368, pi gode iouh pi Christe. Tunc fac
crucem per medivm † et dic:
daz tu niewedar nigituo noh tolc noh tothoupit.

367
Eis 1964, p. 116.
368
In tutte le edizioni il termine viene emendato in suam, ma senza una
motivazione a mio avviso sufficientemente valida.

160
Item adiuro369 te per patrem et filium et spiritum sanctum, ut
amplius non crescas sed arescas.

Traduzione
Contro il morbo maligno370.
Con il dito mignolo devi circondare il luogo dove si manifesterà
con queste parole:
Io ti ammonisco371, pustola372, per Dio e anche373 per Cristo.
Allora fai una croce al centro † e di’:

369
<Adiure> nel ms.
370
Malannus “pustula, carbonchio, antrace, ulcera maligna”. Si vedano le seguenti
citazioni latine in Du Cange V, 191; DML VI, 1691:
- Et saepe cum cultello aperiebantur ei dentes, ut cibum vel potum sumeret; et
dicebant eam pati infirmitatem, quae dicitur bonannum per contrarium, id est mal,
Malannus;
- Aderat quidam miles, cujus oculum dextrum carbunculus, quod malum Franci per
antiphrasim bonum Malannum vocant, adeo possederat, ut non modo de visu, sed
et de vita periclitaretur. Ipse orbis, ipsa supercilia, nasusque spatium suum a
tumore excesserant, tota facies largius extuberabat;
- Quidam itaque malannus morbi per dulcia quidam per amara sanatur pocula
(Alcuino, Ep. 79);
- Infirmitate...gravissima laburando exestuabat, quia bonum malagnum supra
femina juxta inguis ilia sustinebat (R. Cold. Cuthb. 101);
- Panno...super ulcus boni malagni sdibito (R. Cold. Cuthb. 101);
- Bonum malannum, i. antrax (SB13).
371
Si tratta di un vb. db. II non bene attestato nella sua forma prefissata bimunig!n
(vb. db.) “scongiurare, ammonire”, si confronta con aat. man$n (vb. db. III)
“avvertire”, mat. manen, ted. mahnen “ammonire, ricordare, avvertire”, (lat. moneo
“avvertire”), as. man!n < germ. *man!n “avvertire”, ie. *men- “pensare” (G. II,
779; Kl. 533; Kö. 99, 798; Lex. I, 2028; Pk. 726).
372
Varie sono le ipotesi legate al termine suaz/ suam: 1) aat. suaz a mio avviso
sembra essere collegato ad aat. suero “dolore”, attestato anche come suer, swer (G.
VI, 888; per un approfondimento sul termine sweran ! Incantesimo di Bamberga
per fermare il sangue) ed etimologicamente affine ad aat. gasuer “pustola, ulcera”,
attestato anche come gisuuer, geswer (G. VI, 889); 2) secondo l’interpretazione
comunemente accolta nelle antologie suam corrisponde ad aat. swam, swamb (sost.
m. –%), mat. swam, swamp, swamme (sost. ft./ db. m.) “fungo, muffa” (Kö. 1057;
Lex. II, 1334); 3) aat. suaz contrazione di so uuaz “qualunque cosa”, attestato
anche come sues, suaz, so uuas, so huuaz, so uuas so, suasso (G. IV, 1190); questa
interpretazione non crea grosse controindicazioni, perché è piuttosto consueto che
negli incantesimi ci si rivolga ad una “malattia” in generale per poter adattare
l’incantesimo a più situazioni; 4) esso inoltre potrebbe essere anche letto fuaz
“piede”, intendendolo come parte del composto fuazsucht “podagra”.
373
L’espressione iouh sta per aat. joh auch “e anche” (Kö. 852).

161
che tu non procuri374 la morte375 né376 il teschio377
Allo stesso modo ti scongiuro per il Padre, il Figlio e lo Spirito
Santo che tu non cresca più, ma ti secchi.

Confronti
• Si confronti il testo appena esaminato con il latino Ad frasin !
Appendice n. 139:
«Contro il “pericolo”. Spalmare con lo sputo con il dito mignolo
e di’: ti scongiuro malattia pericolosa per il Padre e il Figlio e lo
Spirito Santo che non cresca ma svanisca.
Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. K.x.k. Tre
Padre nostro e Padre nostro».

• Riguardo a frasin ho formulato diverse ipotesi:


a) frasin potrebbe essere una metatesi di farsin. Si veda quanto
riporta il Du Cange378 alla voce farsa:
«Tumor, qui totam cutem exulcerat.
Glossae Mss. ad Alexandreum Iatrosophistam: Erpes estiomenus,
-i. Se comedens, quod Salernitani Farsam vocant.
Costantinus Africani lib. 8 Commun. locor. Medic. cap. 10:
Colera rubea si sit simplex, et ad id quod membrum videatur
descendere, facit apostema, quod vocatur Formica et aliud
Farsa: quae si cum sanguine misceatur, Erisipela inde generatur.
Lib. de Gradib. pag. 374 et 382. Marbodus de herbis lib. 4 cap.
20: Ulcera dissicat mala, restringit quoque Farsam».

374
Nigituo: ni (negazione)+ gituon (vb. anom. V) “fare, maneggiare, procurare,
creare”.
375
Il termine tolc corrisponde ad aat. tolk, tolc, tolg (sost. m./ n. –%) “ferita, morte”,
confrontabile con il vb. mat. talgen “impastare” (dal significato originario di
“colpire, battere”) < germ. *-ulga, *dulgam “battaglia, inimicizia, ferita, colpa,
pena” che è dalla radice ie. *dhelgh-, dhelg- (vb.) il cui significato era
probabilmente “colpire” (G. V, 420; Kö. 1082; Lex. II, 1398; Pk. 247).
376
Aat. niwedar: (cong.) “né...né” (Kö. 830).
377
Il termine composto (agg.+ sost.) tothoupit è attestato in mat. come tôthoubet,
tôtenhoubet (sost. n.) “ cranio, teschio” (parallelamente a mat. tôtenkopf “teschio”).
In aat. il termine non risulta essere attestato (Lex. II, 1473-74).
378
Du Cange II- III, p. 417.

162
Questa ipotesi è suffragata, inoltre, dagli scritti di Ildegarda di
Bingen, la quale usa il termine freislicha per indicare la pustola
causata dall’erisipela e l’erisipela stessa379.
b) aat. freis# “pericolo, spavento, sfortuna, rovina” (Kö. 328);
freisa, lat. exitio, acc. sg. sost. ft. f. freisa “pericolo”; exitio.
freisa. pericolum. zala. (Ahd. Gll. I: 130, 14); aat. freisa lat.
temptatio nom. sg. sost. db. f. “rovina, tentazione, caduta”;
muscipula. falla. laqueos. strik uel temptatio. edho freisa. (Ahd.
Gll I: 209, 1);
c) aat. fr%z sost. m. -i “divoratore”, parassita” (Kö. 326);
d) il termine frasin si potrebbe accostare anche a a.franc. farcin
“morva”, passato in ingl.m. farsin, ingl. farcy. Il termine indica la
variante cutanea della morva, malattia tipica dei cavalli che può
infettare anche l’uomo;
• il termine malum malannum compare anche nell’incantesimo
latino in ! Appendice n. 138.

Tradizione manoscritta
Nel cod. 218 della Universitätsbibliothek di Bonn, f. 41r (spazi
liberi).
Descrizione380: membr. in quarto 182 x 142 mm., 87 ff.
miscellaneo e composito con parti provenienti da almeno quattro
codici diversi. Esso è scritto in parte su una, in parte su due
colonne in una minuscola carolina dell’XI sec. con interventi di
una mano del XIII sec. I numerosi elementi tedeschi fanno
risalire il cod. alla zona dell’alto e del medio Reno. La copertina
è in legno rivestita in pelle marrone con impressioni e un
fermaglio in ottone.
Il cod. contiene opere riguardanti la grammatica (ff. 26-41), la
retorica, la dialettica, l’aritmetica, la cronologia, estratti di autori
latino-cristiani (ff. 2-25) ed elementi teologici e biblici.
All’interno dello specchio di scrittura e sui margini sono inserite,
inoltre, una serie di annotazioni e opere di medicina, in
particolare:

379
Ildegarda 1903, p. 203; Ildegarda 1853, p. 1141C, p. 1309D.
380
Ahd. Gll. IV, pp. 388-395; Beccaria 1956, pp. 204-207.

163
ff. 40v-41r: Ricette e prescrizioni magiche in latino: Ad dolorem
pectoris, Contra omnes ficos, Ad dolorem scapule, Ad
difficultatem pariendi probatum e l’incantesimo tedesco Contra
malum malannum (41v);
ff. 48v-49r: De succedaneis liber;
f. 49r: De pectoris causa;
ff. 49v-50r: glossario di erbe latino-tedesco;
f. 63v: Ad febres;
ff. 72ra-81va: Quinto Sereno, Liber medicinalis;
f. 81va: Dicta Aristotelis;
ff. 81va-81vb: Conservatio flebotomiae et dierum canicularum;
ff. 81vb-82ra: Quid singulis mensibus usitari oportet;
ff. 82ra-82va: De epistula Ypocratis de signis mortalibus
aegrotorum;
ff. 83rb-83va: Epistula de vulture;
ff. 83va-84ra e 84rb: Ad salutem totius corporis;
f. 84va: glossario di erbe latino-tedesco;
ff. 84va-87r: Ad cauculos frangendos;
85ra: Apuleio Platonico: Herbarius.

Edizioni e studi
Beccaria 1956, pp. 204-207; Ehrismann 1932, pp. 109-110; Eis
1964, pp.109-116; Höfler 1909; Miller p. 11; MSD IV, 7; VL II,
9; Wipf 1992, p. 88, p. 291.

1.8.0 Contro il soprosso

1.8.1 CONTRA UBERBEIN


(St. p. 386)

Questo rimedio doveva servire a curare un disturbo che poteva


colpire sia gli uomini che gli animali; si tratta di una escrescenza
che si forma sull’osso in seguito a traumi.

164
L’incantesimo è in lingua mista latino-tedesco ed è
interessante perché insieme alle parole vanno eseguiti anche dei
gesti. Il punto cruciale è costituito dal legno, il quale ha diverse
valenze di tipo magico e religioso. Anzitutto esso simboleggia
l’osso stesso, inoltre, il legno, essendo preso da una siepe, si
connota magicamente come proveniente da un mondo “di
confine”, ricco di spiriti e di suggestioni magiche. Come
elemento unificatore vi è poi il parallelo tra: legno-osso-mondo
magico-legno della croce, che simboleggia la morte e la rinascita
da tutte le sofferenze umane.

Testo (latino-francone, XII sec.)


Contra uberbein.
Lignum de sepe uel aliunde sumptum pone super uberbein
faciens crucem et ter dicens pater noster, additis his teutonicis
uerbis: Ih besueren dich, uberbein, bi demo holze, da der
almahtigo got an ersterban wolda durich meneschon sunda, daz
du suinest unde in al suacchost.
Si hoc tribus diebus diluculo feceris, uberbein euanescere citius
uidebis.

Traduzione
Contro il soprosso381. Metti sopra il soprosso il legno di una
siepe o ricavato da qualche altra parte, facendo una croce e
dicendo tre Padre nostro, aggiungendo queste parole tedesche: ti
scongiuro382, soprosso, per il legno383 sul quale Dio onnipotente
volle morire384 per i peccati385 degli uomini, che tu sparisca386 e ti

381
Mat. überbein (sost. ft. n) “soprosso” Si tratta di un sost. composto, attestato a
partire da mat. überbein, ted. Überbein ”ganglio, soprosso” (Lex. II, 1608). Per
bein ! Secondo Incantesimo di Merseburg.
382
Per besueren, biswerien (vb. ft. VI) “pregare, scongiurare” ! Contra uermes
pecus edentes.
383
Holza: aat. holz (sost. n. –%) “legno, bosco, albero” (Kö. 559).
384
Il termine ersterban è riconducibile ad aat. irsterban (vb. ft. III) “morire”,
attestato anche come sterpan, sterbjan, sterben, arsterbjan “morire, far morire”,
mat. stërben “morire”, sterben “uccidere”, ted. sterben “morire” < germ. *sterban
“irrigidirsi, morire”, ie. *(s)ter- (agg.) “rigido, fisso” (G. VI, 713; Kl. 793; Kö. 627,
1027; Lex. II, 1178; Pk. 1028).

165
indebolisca387 completamente. Se farai questo per tre giorni
all’alba, vedrai presto sparire il soprosso.

Confronti
• Fino ad ora non risultano testi affini per argomento nè in latino
nè in tedesco medio, ne esiste tuttavia uno in tedesco moderno !
Appendice n. 140;
• si veda il rimedio per il soprosso proposto da Ildegarda di
Bingen (! Appendice n. 141).

Tradizione manoscritta
Nel cod. nouv. acquis. lat. 229 della Bibliothèque Nationale di
Parigi, f. 9r.
Descrizione: ! Ad equum errehet.

Edizioni e studi
Ehrismann, 1932, p. 115; Kögel 1897, p. 163; MSD II, p. 305;
Wipf 1992, p. 90, p. 292.

1.9.0 Contro le infiammazioni della gola

1.9.1 SUEMO DU KELA


(St. LXXIV)

S. Blasio, o Biagio, o Basilio è il protettore di tutte le malattie


che hanno a che fare con la gola e la laringe: nel giorno di S.
385
Il termine sunda corrisponde ad aat. sunta (sost. f. –j!/ -n.) “peccato, colpa,
debito” (Kö. 1051).
386
Per suinest, pres. ind. di sw#nan (vb. ft. I) “sparire, scomparire, decrescere,
diminuire” ! Incantesimo di Cambridge per gli occhi.
387
Suacchost pres. ind. di aat. swahh!n, swach!n (vb. db. II) “indebolirsi”,
continuato da mat. swachen, ted. schwächen “indebolirsi, ammalarsi” < germ.
*swaka, *swakaz (agg.) “debole”< ie. *søeng-, søenk-, søeg-, søek- “piegare,
vacillare, oscillare” (Kl. 746; Kö. 1056; Pk. 1047).

166
Biagio (3 Febbraio) tutti i malati vengono benedetti, facendo il
segno della croce dal viso al mento e da una parte all’altra della
gola con una candela consacrata detta “Blasilicht”388.
Il seguente testo risale probabilmente al XII sec. ed è scritto
prevalentemente in latino. Lo stile si discosta da quello tipico
degli incantesimi e si avvicina maggiormente alle preghiere
cristiane di tipo tradizionale. Come elementi magico-sacrali si
possono evidenziare la ripetizione e il numero tre.

Testo (tedesco superiore, XIII sec.)


Suemo du kela. virsuillit. Segeno. Domine. Ihesu Christe per
orationem famuli tui sancti Blasií. Festina in adiutorium famuli
dei .N. et mox in eum389 fac misericordiam tuam ad gloriam et
laudem nominis tui domine. Dar nach. sprich. dristunt. Pater
noster qui es in c!lis. sanctificetur nomen tuum.

Traduzione
A chi390 si gonfia391 la gola392. Benedici393 Signore Gesù Cristo
per la preghiera del servo tuo San Blasio, accorri all’aiuto del
servo di Dio [Nome] e concedigli presto la tua misericordia a
gloria e lode del tuo nome Signore. Poi di’ tre volte. Padre
nostro che sei nei cieli [sia] s[antificato il] t[uo] n[ome].

Confronti
• S. Blasio viene invocato anche in altri due testi citati da
Wilhelm, uno in basso ted. e uno in latino (! Appendice n. 142 e
143).

388
BS. I, 1360, 1365.
389
Sul ms. è scritto <eam>.
390
Suemo: so + wer (pron.) “chiunque, ciascuno”.
391
Il termine virsuillit corrisponde a mat. verswellen (vb. ft./ db.) “gonfiarsi” (Lex.
III, 261).
392
Aat. kela, kel (sots. f. –n/ -!) “gola” (Kö. 654).
393
Per segeno! Incantesimo di Strasburgo per fermare il sangue n. 3.

167
Tradizione manoscritta
Nel clm. 23390 della Bayerische Staatsbibliothek di Monaco, f.
59v.
Descrizione394: membr. in ottavo 150 x 100 mm. XIII sec.395
miscellaneo e composito di diversi codici del XII e del XIII sec.,
73 ff., con scrittura gotica di vari tipi. Rilegatura in pelle marrone
chiaro recente, con fogli di guardia in cartoncino.
Il ms. contiene opere in latino di argomento religioso, ad es.
sermoni, traduzioni, epistole, in particolare:
1) ff. 2-19; 58-59; 2r: originariamente vuoti sono stati riempiti
con appunti sul pallium e la mitra episcopalis;
f. 2v: Sermo de adventu dni. (Isaia 35,4);
f. 4v: In nat.dni;
f. 6r: predica su Tito 3;
f. 8v: De S. Stephan su Mt. 5, 44;
f. 10r: in ephia;
f. 12r: predica su Mt. 8,1 (III domenica dopo l’Epifania);
f. 14r: In purif. S.M. su Lc. 2, 22;
f. 16v: predica su Baruch 3,9;
f. 18v: predica su Lc. 14,23;
f. 19v: De nat. d.; continua al f. 58r;
f. 59v: De forma xpi ac ei discipulorum. La Benedizone Suemo
du kela si trova alla fine del breviario degli Apostoli (f. 59r) ed è
immediatamente preceduta da una descrizione fisica di barba e
capelli degli apostoli e da un breve paragrafo intitolato “De
genere crucis”;
2) ff. 20-77: Vita S. Martini;
3) ff. 52, 63-68; 71; 72; 60-62; 57; 56; 69; 70; 73: queste pagine,
di cui è difficile capire l’ordine originario, sono molto rovinate
dalla muffa, sicché, in molte di queste il testo si è quasi del tutto
cancellato; le ultime sono bucate e lacerate.
La pagina contenente il nostro testo è stata tagliata (2/3) ed è
composta da 18 righe + 2 righe aggiunte sul margine inferiore in
scrittura gotica del XV sec.: Or! sct# Blasíj so ain$ der als/ od’r
die kelle vsvwild Ora et liber’as [liberaberis]. Le parole “suemo

394
Da esame diretto; cfr. anche Halm/ Meyer 1969, Vol. IV,4.
395
Wilhelm p. 129.

168
du kela virsuillit segeno D” sono scritte con inchiostro rosso. La
lettera D di Domine si trova fuori dallo specchio di scrittura ed
occupa 2 righe. L’inchiostro usato per le restanti righe è di colore
marrone scuro. I fori per la rigatura, distanti 3 mm., sono visibili
lungo il bordo esterno del foglio, ma non in tutto il codice; la
rigatura, invece, non è visibile.

Edizioni e studi
Franz 1960, p. 459; Miller p. 94; Roethe 1899, p. 220; Wilhelm,
A p. 50/B p. 129; Wipf 1992, p. 90, p. 291.

169
2. RIMEDI VERBALI PER PREVENIRE
DISAGI E RISCHI DELLA VITA QUOTIDIANA
O DIFENDERSI DA ESSI

2.1.0 Per liberare i prigionieri

2.1.1 PRIMO INCANTESIMO DI MERSEBURG


(St. LXII, 1)

Gli incantesimi di Merseburg, scritti in francone orientale e


risalenti al X sec., sono stati in assoluto quelli che più hanno
interessato gli studiosi; a differenza del Secondo incantesimo di
Merseburg, che, come si è visto, presenta delle caratteristiche
comuni ad altri incantesimi per guarire le malattie dei cavalli, il
Primo si colloca su un piano diverso. Nell’ambito degli
incantesimi in aat. questo testo non trova, infatti, alcun parallelo
per quanto concerne la finalità, mentre si avvicina agli altri
incantesimi aat. per la struttura bimembre, con l’antefatto mitico
che precede la formula.
Dal punto di vista formale1, il testo trova un parallelo negli
“incantesimi delle tre donne”, diffusi e confluiti nel filone degli
incantesimi per fermare il sangue in area tedesca solo in epoca
piuttosto tarda2, mentre la presenza delle Idisi può essere
accostata a tutta una serie di triadi femminili che appartengono al
patrimonio culturale comune all’occidente, dalle tre norne alle tre
Marie3. Le Idisi erano delle divinità simili alle valchirie, divise in
tre gruppi: il primo legava i prigionieri nemici, il secondo si
poneva contro l’esercito nemico e il terzo scioglieva i lacci che
legavano il prigioniero protetto dalla divinità.

1
BS. VI, 182- 187.
2
Ebermann 1903, pp. 80-95.
3
Schwietering ha ipotizzato per questo incantesimo un’interpretazione cristiana,
che vede i tre gruppi di donne impegnate a liberare Cristo dal sepolcro
(Schwietering 1917).

170
A livello contenutistico il testo ha a che fare con il legare e lo
sciogliere, diffuso sia in area latina che tardo tedesca, ma che non
trova riscontri nella restante area germanica.
Lo stile di questo incantesimo è simile ad altri della stessa
epoca, con introduzione mitico-narrativa seguita dalla formula
finale, ma, a differenza della maggior parte degli incantesimi e
delle benedizioni finora analizzate, nel testo non compare alcun
elemento liturgico, né alcun riferimento a leggende o tradizioni
cristiane. L’antefatto mitico è, infatti, collocato in un tempo non
ben definito e con soggetti che molto probabilmente
appartengono al patrimonio germanico, sebbene quest’ultimo
dato non possa essere affermato con assoluta certezza.
Un’interpretazione interessante, che si discosta da quelle più
tradizionali, è quella di Murdoch4, il quale ipotizza una lettura di
questo incantesimo come liberazione da un disturbo, forse una
slogatura, un crampo o qualcosa di analogo all’incidente da
curare nel Secondo incantesimo di Merseburg; in questo modo il
Secondo non andrebbe più a curare un disturbo del cavallo, ma
dell’uomo. Si veda a questo proposito anche l’ipotesi di Fuller5
sulla “attualità” dei due incantesimi di Merseburg (! Secondo
incantesimo di Merseburg).
E’, inoltre, da ricordare, che, nonostante i numerosi studi
dedicati a questi incantesimi di area tedesca, non tutte le
questioni sono state risolte o affrontate con lo stesso
approfondimento. Maggiore attenzione meriterebbero, ad
esempio, il segno .H. posto a conclusione del Primo e una
invocazione6 in latino ecclesiastico riportata alla fine della pagina
e scritta dalla stessa mano che ha vergato gli incantesimi e che
sembra suggellare entrambi7.
Si notino le forme allitteranti: eiris/ idisi; hapt/ heptidun/ heri;
4
Murdoch 1988, p. 366.
5
Fuller 1980.
6
Omnipotens sancte pater noster deus qui facis mirabilia magna solus pretende
super famulum tuum Nomen et super cunctas congregationes illis commissas
spiritum gratie et salutaris et ut in ueritate tibi conplaceant perpertuum eis rorem
tue benedictionis infunde. Per dominum nostrum Jesum Chistum.
7
Secondo Murdoch (1988, p. 368), è proprio grazie a questa invocazione
all’onnipotenza divina che entrambi gli incantesimi di Merseburg ottengono la
forza di operare sulla realtà.

171
clûbôdun/ cuoniouuidi; e infine la rima haptbandun/ vîgandun.

Testo (francone orientale, X sec.)


Eiris sazun idisi, sazun hera duoder.
suma hapt heptidun, suma heri lezidun,
suma clubodun umbi cuoniouuidi:
insprinc haptbandun, inuar uigandun! H8.

Traduzione
Una volta9 si posarono le Idisi10, si posarono qui e là11.
8
Omesso nell’edizione di St. Si tratta a mio avviso di <N>.
9
Eiris: aat. êres < êr “prima” oppure potrebbe trattarsi di aat. einis (= eines) gen.
avverbiale di ein con il significato di “una volta”.
10
Idisi è il plur. di aat. itis, (sost. f. –! atematico) “donna di alto rango maritata,
matrona/ valchiria/ vergine” (KGF IV, 1759; Kö. 638). Si potrebbe, a mio avviso,
anche ipotizzare, invece del nome proprio di una divinità, che il termine stia ad
indicare semplicemente una donna, forse una vergine (“un tempo si posarono le
vergini”), e questo troverebbe conferma nell’affinità con gli incantesimi latini
riportati in appendice (n. 144-145). Questa ipotesi è suffragata anche dal fatto che,
se è vero che gli incantesimi di Merseburg furono redatti in ambiente sassone
(Fuller 1980), in as. idis significa semplicemente “donna”. Per questo termine cfr.
anche Kögel 1892; esso compare anche nelle glosse (VIII-IX sec.) con il
significato di “matrona”, mentre da Otfrid viene usato per designare la Madonna
(Wipf 1992, p. 273).
11
Hera duoder: si tratta del passo più dibattuto e meno comprensibile di questo
testo. Ho accolto nella mia traduzione l’interpretazione più tradizionale, anche se
meno suggestiva, che legge duoder (avv.) “lì”. Dei numerosi tentativi di
interpretazione mi limito a segnalare i più significativi: Kroes (1953) ipotizza una
forma heradu nidar, dove heradu sarebbe il dat. di erda “terra” e nidar
emendamento di oder “giù, sotto”; quindi le Idisi, intese come Valchirie, sarebbero
“scese sulla terra”. Eis (1964, p. 60) lascia invariato il termine hera, ma non lo
interpreta come avv. “qui e là”, piuttosto come agg. h"ra “sublime, eccelso, divino,
sacro, augusto, supremo, venerabile” e considera duoder un banale errore del
copista da emendare in muoder “le venerande madri”, riferendosi al culto delle
Matrone, diffuso nella zona renana nei primi secoli dopo Cristo. In questo modo si
recupererebbe, da un lato, lo stile del verso germanico, essendoci nel secondo
semiverso una variazione del primo, e anche una maggiore coerenza espressiva e
contenutistica poiché l’espressione “si sedettero qui e là” suona certamente meno
dignitoso se riferito a delle divinità femminili. La suggestiva interpretazione di Eis
non cre grosse controindicazioni né dal punto di vista formale né semantico, resta
però una congettura. Peraltro, lo studioso non considera il fatto che le Matrone
erano dee della fecondità e che, anche se talvolta venivano invocate dai soldati,

172
Alcune allacciarono12 lacci13, alcune trattenevano14 l’esercito,
alcune lavoravano15 intorno ai legami16:
sfuggi ai lacci17, sfuggi ai nemici! [di’ il Nome]18.

Confronti
• Si confrontino le triadi femminili nei testi in latino di Marcello
Empirico riportati in Appendice n. 144-146;
• si veda anche l’Incantesimo delle tre donne ! Appendice n.
147.

Tradizione manoscritta
Nel cod. 136 del Domkapitel di Merseburg, f. 84r.
Descrizione: ! Secondo Incantesimo di Merseburg.

Edizioni e studi
Beck 2000; Bruckner 1920; Ehrismann 1932, pp. 100-102; Eis
1964; Fuller 1980; Geier 1982, pp 366-368; Grimm 1865; Haug/
Vollmann 1991, p. 152; pp. 1142-1144; Höver/ Kiepe 1978, p.
31; Kögel 1892; Kroes 1953; Krogmann 1951-52; Miller p. 22;
MSD IV, 1; Murdoch 1988; Saibene 1985, pp. 38-43;
Schirokauer 1954, pp 360-361; Schwietering 1914; Stuart/ Walla

funzioni come quelle descritte da questo incantesimo non risultano attestate


altrove. Krogmann (1951-52) legge era duoder, ma intende era come “aiuto,
protezione” e riconduce duoder al termine *d#$ram “operare, agire, effettuare”;
l’espressione diventa così “le operatrici della salvezza”.
12
Aat./ mat. haft"n (vb. db.): “fermarsi, star fisso/ prendere, possedere/ essere
legato,/ appartenere” (G. IV, 744).
13
Aat. hafta (sost. ft./ db. f.), mat. haft “legame, nodo/ prigionia, catene” (G. IV,
743).
14
Lezidun: aat. laz “impedire, trattenere”.
15
Clubodun: pret. del vb. cl%bon “sciogliere”.
16
Cuoniouuidi: aat. khunauuithi “catena, laccio”.
17
Haptbandum può essere inteso sia come termine composto che come due termini
di cui il primo (hapt) un vocativo, e il secondo (bandum) è il dat. pl. di band.
18
Il segno .H. posto a conclusione dell’incantesimo è stato ignorato nella maggior
parte delle edizioni e degli studi, ma a mio avviso si può ricondurre ad una <N>
che sta per “nome”, come confermato dal Cappelli (Cappelli p. 230); secondo
Krogmann, invece, è abbreviazione per Hapt “prigioniero” (Krogmann 1951-52, p.
122); di maggiore interesse la proposta di Wipf che lo intende come segno runico
(H di Hagal “grandine”), spesso interpretata come runa dello sciogliere, del disfare
(Wipf 1992, p. 273).

173
1983; Tiefenbach 1970; VL VI, 410-419; Vogt 1928; Wedding
1930; Wilhelm IV, 1; Wilken 1876; Wipf 1992, p. 64, 273;
Wrede 1923.

2.2.0 Per i viaggi e le partenze

Il viaggio ha un alto valore simbolico e si collega a molti


motivi dell’immaginario collettivo, si pensi ad esempio al
viaggio nell’aldilà, un posto segreto nel bosco in cui dimorano i
morti e in cui talvolta è concesso ai vivi di entrare. Nella
mentalità popolare del medioevo i viaggi erano regolati, come il
resto della vita, da precise regole superstiziose, la prima delle
quali riguardava il giorno della partenza che - oggi come allora -
non doveva mai essere di venerdì (perché tutti i venerdì sono,
come il venerdì santo, portatori di morte e sventura); altre regole
riguardavano, invece, le azioni che chi partiva e chi restava
doveva o non doveva fare, oppure benedizioni e oggetti con
valore di amuleti da portare con sé come protezione19.
Le benedizioni per i viaggi si discostano dagli altri testi
esaminati finora poiché presentano delle caratteristiche che le
avvicinano maggiormente ai testi letterari e liturgici più che a
testi finalizzati ad un uso pratico. È frequente infatti l’uso di
figure retoriche, in particolare della metafora. Metafore ricorrenti
sono quelle associate all’immagine delle armi e in particolare
quelle di difesa, come lo scudo.
In area tedesca, le benedizioni per il viaggio sono
caratterizzate anche da altri elementi comuni e ricorrenti: la
richiesta o la preghiera che un’entità superiore possa funzionare
come strumento di protezione, una lista di pericoli, fisici e
spirituali, in cui il viaggiatore può incappare e contro cui il
protettore è chiamato a intervenire e, infine, l’immagine del

19
BS. VIII, 638-644.

174
luogo protetto, al sicuro da ogni pericolo perché benedetto
dall’entità superiore che si è invocata.

2.2.1 BENEDIZIONE DI MONACO


PER LA PARTENZA
(MSD XLVII, 3)

Su questa benedizione scarseggiano degli studi approfonditi,


sebbene sia di grande interesse. Il testo si inserisce nel filone
delle benedizioni per i viaggi, di cui la maggiore rappresentante è
la Benedizione di Tobia, con la quale mostra evidenti punti di
contatto. Gli studiosi hanno fornito ipotesi discordanti circa la
natura di questo testo; ad esempio, secondo Ehrismann20 si
tratterebbe di una benedizione da recitare al mattino prima di
andare a lavoro, residuo di quella che doveva essere un’antica
benedizione del guerriero, secondo Hoffmann sarebbe invece un
esempio di benedizione delle armi21. Certamente le immagini
guerresche e il lessico riferito alle armi sono numerose.

Testo (bavarese/ tedesco centrale, XIII sec.)


Ich slief mir hint suoze 1
datz mînes trehtins fuozen.
daz heilige himelchint,
daz sî hiute mîn frideschilt!
daz bat mih hiute ûf stân. 5
in des genâde wil ih gân
unde wil mih gurten
in des heiligen gotes worten,
dàz mir allez da holt sî
daz in deme himel sî, 10
diu sunne und der mâne

20
Ehrismann 1932, p. 118.
21
Miller p. 144.

175
unde der tagesterne scône.
mîns gemuotes bin ih balt:
hiute springe ih, hêrre, in dînen gwalt.
sante Marjen lichemede 15
daz sî mîn fridhemede!
àller miner vîende wâfen
diu ligen unde slâfen
und sîn alsô palwahs,
als wære mîner vrouwen vahs 20
dô si den heiligen Christ gebære
und doch ein reiniu meit wære.
mîn houbet sî mir stælîn:
dehein wâfen snîde dar in.
mîn swert eine 25
wìl ih von dem segen sceiden:
daz snîde unde bîze
allez daz ih ez heize,
von mînen handen
und von niemens andern. 30
der heilige himeltrût.
der sî hiute mîn halsperc guot. Amen.
In nomine domini nostri Jhesu Christi, qui est dictus mirabili
nomine Tetragrammaton, et in nomine spiritus sancti.
In des namen den ih gnat hân 35
und in des gnâde ih hiute gân,
diu wort sîn mir gewære
als unserem hêrren wære,
dem almehtigen gote
diu toufe und daz wizzot. 40
mit dem selben segen,
dâ mit diu toufe und der chresem
und daz wizzot wurde gesegent,
dâ sî ih hiute mit gesegent
vor viwer unt vor wâge, 45
vor aller slahte wâfen,
vor houpthaftigen sunden,
vor werltlichen scanden,
vor unrehtem tôde:

176
miserere nobis. 50
Amen, also sî daz wâre, als daz unser hêrre got von sant Marien
meit wesende geborn wart, Amen.

Traduzione
Mi addormentai ieri notte22 dolcemente23 1
lì ai piedi del mio Signore;
il santo Bambino celeste24
sia egli oggi il mio scudo25;
egli mi chiese di alzarmi oggi 5
io voglio andare nella grazia di lui
e mi voglio cingere26
delle parole del santo Dio
che mi sia sempre27 propizio28
ciò che è nei cieli, 10
il sole e la luna
e la bella stella del mattino.
Di mia predisposizione29 sono audace30;
oggi io mi metto, Signore, nel tuo potere.
La veste31 di Santa Maria 15
sia la mia camicia di protezione32!
le armi33 di tutti i miei nemici
giacciono34 e dormono
e sono così spuntate35
22
Mat. hint corrisponde a mat. hînaht (avv.) “stanotte, ieri notte” (Lex. I, 1292).
23
Mat. suoze (avv.) “dolcemente” (Lex. II, 1323).
24
Mat. himel-kint (sost. ft. n.) “Cristo, bambino mandato dal cielo” (Lex. I, 1286).
25
Mat. vride-schilt (sost. ft. m.) “scudo” (Lex. III, 512).
26
Mat. gürten, gurten (vb. db.) “cingere” (Lex. I, 1126).
27
Mat. allez (avv.) “sempre” (Lex. I, 41).
28
Mat. holt (agg.) “fedele, amico, caro” (Lex. I, 1327).
29
Mat. gemüete, gemuote (sost. ft. n.) “sensazione, sentimento”; mat. gemuot
(agg.) “disposto (di umore), coraggioso” (Lex. I, 847-848).
30
Mat. balt (agg.) “audace, coraggioso” (Lex. I, 117).
31
Mat. lîchemede, lîch-hemede (sost. ft. n.) “corpetto, panciotto” (Lex. I, 1897;
BMZ I, 624), aat. l!hhemidi (sost. n. –ja) “sottoveste, vestito dei morti” (Kö. 723),
ted. Leichenhemd “vestito dei morti” (Grimm 12, 620) .
32
Mat. vride-hemede (sost. ft. n.) “camicia protettiva” (Lex. III, 510; BMZ I, 625).
33
Mat. wâfen, wâpen “arma”, aat. w!fan (BMZ III, 455).
34
Mat. ligen (vb. ft. I) “giacere” (Lex. I, 1915).
35
Mat. bal-wahs (agg.) “smussato, spuntato, ottuso” (Lex. I, 118).

177
come era la la chioma36 della mia madonna 20
quando partorì il santo Cristo
pur essendo una ragazza vergine37.
Il mio capo sia d’acciaio38:
perché il taglio39 di nessuna40spada possa penetrare.
solo la mia spada 25
41
io voglio separare dalla benedizione:
possa essa tagliare e mordere42
tutto quello che le comando,
dalle mie mani
e da quelle di nessun’altro. 30
43
Il santo caro al cielo
sia oggi il mio buon collare44. Amen.
Nel nome del nostro Signore Gesù Cristo, che è denominato col
mirabile nome del Tetragrammaton45, e nel nome dello Spirito
Santo,
nel cui nome ho la grazia 35
e nella cui grazia io oggi vado
le parole siano per me fruttuose
così come furono per il nostro Signore,
il Dio onnipotente,
il battesimo e il sacramento46. 40
47
Con la stessa benedizione
con cui il battesimo e la cresima

36
Mat. vahs (sost. ft. n./ m.) “capigliatura, capello” (Lex. III, 6; BMZ III, 212),
oppure potrebbe essere letto come wahs “cera, candela” (BMZ III, 461).
37
Mat. reine, rein (agg.) “puro, pulito” (Lex. II, 389).
38
Mat. stehelîn (agg.) “di acciaio” (Lex. II, 1160); cfr. la stessa espressione in
Tobia v. 47.
39
Mat. snîde (sost.): dal vb. ft. I snîden, snîten “tagliare” (Lex. II, 1035; Kl. 735;
Kö. 995).
40
Mat. deh-, dech-, dek-ein (agg./ pron. num.) “nessuno” (Lex. I, 415).
41
Mat. scheiden (vb. ft. radd.) “dividere, separare” (Lex. II, 684).
42
Bîze: cong. pres. di bîzan (vb. ft. I) “mordere” ! Quem vermis mordet.
43
Mat. himeltrût (sost. ft. m.) “caro al cielo (= Cristo)” (Lex. I, 1289).
44
Mat. hals-berc “parte dell’armatura che copre il collo e il petto” (Lex. I, 1156).
45
Termine di origine greca, nella Bibbia ebraica indica il nome di Dio, composto,
appunto, da quattro lettere (j h w h).
46
Mat. wizzôt, wizôt (sost. ft. m./ n.) “sacramento” (Lex. III, 963).
47
Per segen ! Incantesimo di Strasburgo per fermare il sangue n. 3.

178
e il sacramento furono benedetti;
con queste io sia oggi benedetto48
dal fuoco e dal pericolo 45
da tutti i tipi di armi
dai peccati capitali,
dalle disgrazie del mondo
e dalla morte49 ingiusta:
abbi pietà di noi. 50
Amen, questo sia vero così come [è vero che] il nostro Signore fu
generato da Santa Maria vergine. Amen.

Confronti
• Alcune espressioni ricorrono anche nella Benedizione di Tobia
(!), per esempio: in des genâde wil ih gân; min houbet si mir
stælîn; diu sunne und der mâne; du ligen unde slâfen, oltre ad
alcune immagini ricorrenti come la figura di Maria che assurge a
scudo dai pericoli che si possono incontrare per la via;
• ! Appendice n. 149, 155, 156.

Tradizione manoscritta
Nel clm. 23374 della Bayerische Staatsbibliothek di Monaco, ff.
15v-16r.
Descrizione: ! Incantesimo di Monaco per le ferite.

Edizioni e studi
Ehrismann 1932, pp. 118-120; Franz 1960, pp. 268-271;
Holzmann 2001, p. 270; Miller p. 139; MSD p. 182.

48
Per gesegent ! Incantesimo di Strasburgo per fermare il sangue n. 3.
49
Si tratta di un sost. m. –&, attestato in aat. anche come tôd, toth, taot, tot, dot e
anche come agg. “morto” tôt, toot, dot, tôt, mat. tôt, ted. Tod (sost.), tot (agg.) <
germ. *dau- “morire” (G. V, 340-42; Kl. 826, 829; Kö. 1080; Lex. II, 1470; Pk.
260; ScG. 139).

179
2.2.2 BENEDIZIONE DI TOBIA
(MSD XLVII, 4)

Questa è una delle benedizioni più diffuse in tutto il periodo


medievale e non solo, come mostra la ricca tradizione
manoscritta che copre un arco di tempo di almeno quattro secoli
(XII-XV sec.); sistono anche delle versioni moderne (XVIII
sec.), ancora all’inizio del XX secolo in alcune zone dell’Austria
e della Cecoslovacchia la benedizione veniva stampata e venduta
come amuleto portafortuna50; la popolarità e la diffusione della
Benedizione di Tobia ha fatto sì che in seguito la Chiesa ne
proibisse l’uso. La benedizione si ispira al racconto biblico del
vecchio Tobia, il quale, divenuto cieco, mandò suo figlio (di
nome Tobia come il padre) a riscuotere un credito nella lontana
Media51. Prima di mettersi in viaggio Tobia ricevette numerosi
consigli e raccomandazioni dal padre. Il giovane era
accompagnato in viaggio dall’angelo Raffaele, il quale gli
insegnò i rimedi contro la cecità del padre e contro i malefici
demoniaci. Nella Benedizione ci sono, nonostante l’impronta
biblica, numerose divergenze dal racconto originario, nonché
alcuni anacronismi (come ad es. l’invocazione ai santi Osvaldo,
Stefano, Gallo e Gertrude) e qualche riferimento al Nuovo
Testamento.
La benedizione è strutturata in quattro parti: nella prima parte
(vv. 1-14) si racconta il commiato tra il padre e il figlio; nella
seconda (vv. 15-83) si ha la benedizione che Tobia pronuncia al
momento della partenza del figlio in cui vengono invocati i santi
Stefano, Osvaldo, Gallo e Gertrude; la terza parte (vv. 84-94)
varia moltissimo a seconda delle versioni; la quarta parte (vv. 95-
fine) non è presente in tutte le versioni e contiene la benedizione
finale che normalmente si apre con: “Ti benedica Dio oggi con la
benedizione di Abele”.
Della Benedizione di Tobia manca ancora un’edizione critica
che tenga conto di tutta la tradizione manoscritta, sebbene
esistano una serie di accurati studi a opera di Stuart e Walla. La

50
Stuart/ Walla 1982, p. 777.
51
Sul Mar Caspio.

180
versione qui presentata è basata sull’edizione di Müllenhoff e
Scherer, la quale non è pienamente soddisfacente, ma è al
momento l’unica esistente, sebbene la benedizione sia stata più
volte riprodotta.

Testo (mat. XII- XIII sec.)


Der guote Santôbîas, 1
der gotes wissage was,
sînen sun er sande
sô verre in fremdiu lande,
daz er des wolte wænen 5
dàz er niemer mêre gesæhe.
sîn sun was ime vil liep:
unsanfte er von ime schiet.
umbe in was ime vil leide:
er sande in vierzec tageweide. 10
dô er in sach vor ime stân,
ein segen wart ob ime getân
der von herzen guot was,
wànd er nihtes dar ane vergaz.
“Dem gote dem niht verborgen ist 15
und des eigenschalc du bist,
der an niemanne wenket,
sine armen wol bedenket,
der müeze dich behüeten
durch vaterlîche güete,
20
über velt und durch walt
vor aller nôte manecfalt,
vor hunger und vor durste,
vor bôsem geluste,
vor hitze unde vor gefrôrde. 25
got müeze dîn gebet erhôren
und dich haben schône
vor dem gæhen tôde,
du slâfest oder wachest,
in holze od under dache. 30

181
dine vînde werden genideret.
got sende dich gesunt her widere
mit vil rehtem muote,
mit lîbe und ouch mit guote.
gesegenet sî dir der wec
35
über strâze und über stec,
dâ vor unde dâ hinden.
durch die hêren fünf wunden
ietweder halben dar eneben
gestê dir der himeldegen 40
unde pflege dîner verte
und füege dir guot geverte.
in dem gotes fride du var.
der heilic geist dich bewar.
dîn herze sî dir steinîn,
45
dîn lîpsî dir beinîn,
dín houbet sî dir stehelîn.
der himel sî der schilt dîn.
diu helle sî dir vor versperret:
allez übel sî vor dir verirret, 50
daz paradîs sî dir offen.
elliu wâfen sîn vor dir verslozzen,
daz sî dich müezen mîden,
daz sî dich niht versnîden.
der mâne und ouch diu sunne 55
die liuhten dir mit wunne.
die heiligen zwelfpoten
die êren dich vore gote,
daz dich diu hêrschaft gerne sehe:
allez liep müeze dir geschehen. 60
der guote sante Stephân,
der got ze himele sach stân
ze sînes vater zesewen hant
do er sîne nôt überwant,
der gestê dir iemer bî
65

182
swâ dir sîn nôt und durft sî.
sant Jôhannes baptiste
der ruoche dich berihten,
die vier êwangeliste
die wîsen dich des besten. 70
dîn schirm sî diu frîe
mîn frouwe sant Marîe
vor allem widermuote
und vor aller nôte
dînes lîbes, dîner sêle 75
und dîner wertlîchen êre.

sante Galle dîner spîse pflege,


sante Gêrdrût dir herberge gebe:
sælec sî dir der lîp.
holt sî dir man und wip. 80
guot rât dîn werde
und rehtes tôdes sterben:
ze gote müezest sælec sîn.
also segente er den sun sîn
unde sande in zeiner stat dâ 85
in ein lant daz hiez ze Media:
diu burc diu hiez ze Rages.
sît wart er vil frô des.
alsô müezest du gesegenet sîn.
des helfen die namen drî, 90
des helfe diu wîhe
mîn frouwe sant Marîe.
des helfen elliu diu kint
diu in dem himelrîche sint. AMEN.

Got hiute dich gesegene 95
mit Abeles segene:
sîn opfer gote sô wol geviel
und was sînes herzen spil;
und mit dem segene Enoches,
der gote sô rehte liep was 100
daz ern in daz paradîs nam,

183
mit lîbe und sêle dar kam;
mit dem segene Nôês
der gote sô getriuwe was,
daz er in behuote 105
vor der sinfluote;
mit dem segene stæte
den er Abrahâme tæte,
wand er im was gehôrsam,
mit dem sun ûf den berc kam; 110
mit dem segene Îsaâces,
mit dem segene Jacôbes,
mit dem segene Jôsêbes
und pflege dînes lîbes
als er von ime was behuot, 115
dô man in verkoufte umbe guot;
mit dem segene stæte
der wart getân Dâvîte,
do man in von dem schâfen nam
und zuo dem künicrîche kam; 120
und mit dem segene stæte
den er Salmône tæte
*
den tet der engel Gabriel
Marîen der maget hêr.
nu gesegene dich got hiute mit dem segene, den die engel von
himele brâhten über die Cristes geburt. nu gesegene dich got
hiute mit dem segene der von himele kam über den gotes sun in
der toufe. nu gesegene dich got hiute mit dem segene dâ mit der
heilige Crist wart gefüeret gegen sîner marter. nu gesegene dich
got hiute mit dem segene dâ mit er hin ze himele fuor nâch sîner
urstende. daz heilic † criuze sî obe dir, daz heilic † criuze sî ze
dîner zeswen hant und ze dîner winstern hant, und müeze dir ein
schirm und ein schilt sîn für allez ungelücke und für alle
missewende und für alle dîne vînde, swâ daz sî: des helfe dir diu
gotes kraft und der vater und der sun und der heilic geist. AMEN.

184
Traduzione
Il buon san Tobia, 1
che era il profeta52 di Dio,
mandò suo figlio
così lontano53 in terre straniere,
che egli voleva sperare54 5
che egli non vedeva più.
Suo figlio gli era molto caro:
a fatica55 si separava56 da lui.
se ne addolorò molto:
egli lo mandò per un viaggio57 di quaranta giorni. 10
Quando lo vide58 stare davanti a lui,
una benedizione59 fu fatta sopra di lui
che era buono di cuore,
poiché60 non ne61 dimenticasse niente.
“A Dio al quale nulla è nascosto62 15
e di cui tu sei servitore63,
che non vacilla64 nei confronti di nessuno,
che ben si preoccupa dei suoi poveri,
possa egli proteggerti
per mezzo della bontà paterna, 20
nella campagna65 e nel bosco66
da tutte le molteplici67 avversità68,

52
Mat. wîsage (sost. db. m.) “profeta” (Lex. III, 945).
53
Mat. vërre, verre (agg.) “lontano” (Lex. III, 197).
54
Mat. wænen (vb. db.) “credere, intendere, sperare, aspettare” (Lex. III, 677).
55
Mat. unsanfte (avv.)/ unsenfte (agg.) “pesante, difficile, avverso, scomodo” (Lex.
II, 1930).
56
Mat. schîten (vb. ft.) “dividere” (Lex. II, 759).
57
Mat. tageweiden (sost. ft. f.) “viaggio di un giorno” (Lex. II, 1394).
58
Sach: pret. di sehen (vb. ft.) “vedere”.
59
Per segen ! Incantesimo di Strasburgo per fermare il sangue n. 3.
60
Mat. wande, wand, want (cong.) “poiché, perché” (Lex. II, 669).
61
L’espressione dar ane corrsiponde a daran (Lex. I, 411).
62
Verborgen: pp. di verbërgen (vb. ft. ) “nascosto, segreto, occulto” (Lex. III, 72).
63
Mat. eigenschalc “cavalier servente, servitore” (Lex. I, 520).
64
Mat. wenken (vb. db.) “vacillare, esitare” (Lex. III, 763).
65
Mat. velt (sost. ft. n.) “campo, pianura” (Lex. III, 57).
66
Si noti l’espressione formulare: über velt und durch walt; mat. walt (sost. ft. m.)
“bosco” (Lex. III, 657).

185
dalla fame e dalla sete,
dai desideri69 maligni,
dal caldo e dal freddo. 25
Possa Dio ascoltare la tua preghiera
e proteggerti nel modo giusto
dalla improvvisa70 morte71,
(quando) tu dormi o vegli,
nel bosco o sotto a un tetto. 30
I tuoi nemici siano sottomessi72.
E Dio ti rimandi indietro sano
con un animo tanto giusto,
in vita ed anche con bene.
Sia per te benedetta73 la via 35
sulla strada e sul ponticello74,
davanti e dietro a te.
Per ognuna delle cinque venerabili ferite75
da entrambi76 i lati lì vicino77
sia sempre al tuo fianco il cavaliere del cielo 40
e abbia cura del tuo viaggio78
e ti prepari un buon tragitto.
Viaggia nella pace di Dio.
Lo Spirito Santo ti protegga.
Il tuo cuore sia di pietra, 45
le tue labbra d’osso79,
il tuo capo sia d’acciaio,
il cielo sia il tuo scudo80.
67
Mat. manecvalt (agg. ) “sfaccettato, variopinto, diversificato” (Lex. I, 2027;
BMZ III, 232).
68
Mat. nôt “avversità” (BMZ II, 412).
69
Mat. gelust “desiderio”.
70
Mat. gæhe (agg.) “improvviso” (Lex. I, 724).
71
Per tôde, tôdes ! Benedizione di Monaco per la partenza.
72
Mat. genideren (vb. db. II) “sottomettere” (Lex. I, 858).
73
Per gesegenet ! Incantesimo di Strasburgo per fermare il sangue n. 3.
74
Mat. stec, steg (sost.) “ponticello” (Lex. II, 1153).
75
Per wunden ! Ad catarrum dic.
76
Mat. iedewëder, ietwëder (pron./ agg.) “entrambi” (Lex. I, 1417; BMZ III, 547).
77
Mat. enëben: in eben (avv.) “vicino” (Lex. I, 553; BMZ I, 407).
78
Mat. geverte, gevert (sost. ft. n.) “via, viaggio” (Lex. I, 960).
79
Per beinin ! bein nel Secondo incantesimo di Merseburg.

186
L’inferno sia per te chiuso:
e tutti i mali siano chiusi davanti a te. 50
Il paradiso sia per te aperto.
Tutte le armi siano rinchiuse davanti a te,
che ti possano evitare81,
che non ti feriscano82.
La luna ed anche il sole 55
ti illuminino gioiosamente.
i santi dodici Apostoli
ti lodino83 davanti a Dio,
che il regno ti veda volentieri:
che ti succedano tutte cose piacevoli. 60
Il buon santo Stefano
che vide Dio stare in cielo
alla destra di suo Padre
quando superò84 il suo martirio,
che sia sempre al tuo fianco85 65
ove ce ne sia per te bisogno e necessità.
San Giovanni Battista
abbia cura86 di indirizzarti,
i quattro evangelisti
ti consiglino il meglio. 70
La tua protezione sia l’immacolata,
la mia Signora Santa Maria
da tutte le fatiche87
e da tutte le avversità
del tuo corpo, della tua anima 75
e dei successi88 terreni89.

80
Si noti questa espressione, che ricorre anche nelle altre benedizioni per il viaggio
e la partenza.
81
Mat. mîden (vb. ft. II) “lasciare” (Lex. I, 2133).
82
Per versnîden “tagliare” ! sniden nella Benedizione di Monaco per la partenza.
83
Mat. êren (vb. db.) “premiare” (Lex. I, 625).
84
Mat. überwinden (vb. ft. III) “superare, sopraffare, vincere” (Lex. II, 1680).
85
Mat. iemer (avv.) “sempre” (Lex. I, 1414).
86
Mat. ruochen (vb. db. II) “indirizzare i pensieri a qc., preoccuparsi” (Lex. II,
545).
87
Mat. widermüete (sost. ft. f./ m./ n.) “ripugnanza, avversità, fatica” (Lex. III,
845).

187
San Gallo abbia cura del tuo cibo,
e Santa Gertrude ti dia alloggio90:
benedetto91 sia per te il tuo corpo.
Ti siano fedeli uomini e donne. 80
ti venga [dato] un buon consiglio
e di morire92 di una giusta morte:
sia tu benedetto presso Dio.”
così egli benedisse suo figlio
e lo mandò lì in una città 85
in una terra che si chiama Media:
la città che si chiama Reges.
Da allora93 egli ne fu molto felice.
allo stesso modo tu devi essere benedetto.
In questo ti aiutino i tre nomi, 90
in questo ti aiuti la santa94
mia Signora Santa Maria.
In questo ti aiutino tutti95 i bambini
che sono nel regno dei cieli. Amen.

Ti benedica Dio oggi 95
con la benedizione di Abele:
la sua offerta piacque tanto a Dio
ed era la gioia96 del suo cuore;
e con la benedizione di Enoch,
che era così profondamente caro a Dio 100
che lo raccolse in paradiso,
con corpo e anima giunse lì;
con la benedizione di Noè,
che era così fedele a Dio,

88
Mat. êre (sost. f.) “successo, fama, considerazione” (BMZ I, 442).
89
Mat. wërtlich (agg.) = werletlich, werentlich “di questo mondo, terreno” (Lex.
III, 796; BMZ III, 580).
90
Mat. herbërge (sost. ft./ db. f.) “alloggio” (Lex. I , 1251).
91
Mat. sælec, sælic (agg.) “benedetto, santo” (Lex. II, 581).
92
Per sterben ! Contra uberbein.
93
Mat. sît (avv.) “da allora” (Lex. II, 941).
94
Mat. wîch, wîh (agg.) “santo, sacro” (Lex. III, 815).
95
Il termine elliu corrisponde a al (agg.) “tutto” (Lex. I, 33).
96
Mat. spil (sost. n. -ja) “passatempo, gioco, gioia” (Lex. II, 1094; BMZ II, 499).

188
che Egli lo preservò97 105
dall’alluvione;
con la benedizione giusta98
che Egli impartì ad Abramo,
poiché fu a Lui così ubbidiente,
che salì sul monte con il figlio; 110
con la benedizione di Isacco,
con la benedizione di Giacobbe,
con la benedizione di Giuseppe
e abbia cura della tua vita
come quando egli la protesse, 115
quando fu venduto per beni;
con la benedizione giusta
che fu fatta a Davide,
quando lo si prese dalle pecore
e venne nel regno; 120
e con la benedizione giusta
che fece a Salomone
*
che fece l’angelo Gabriele
a Maria la nobile vergine.
Ti benedica dunque Dio oggi con la benedizione che gli
angeli portarono dal cielo sulla nascita di Cristo. Ti benedica
dunque Dio oggi con la benedizione che venne dal cielo sul
figlio di Dio nel battesimo. Ti benedica dunque Dio oggi con
la benedizione con cui il santo Cristo fu condotto al suo
martirio. Ti benedica dunque Dio oggi con la benedizione con
cui egli andò in cielo dopo la sua resurrezione. La santa †
croce sia sopra di te, la santa † croce sia alla tua mano destra
e alla tua mano sinistra e possa essere una protezione e uno
scudo contro tutte le sventure e le disgrazie e contro tutti i
tuoi nemici, ovunque possano essere: in questo ti aiuti la
potenza di Dio e del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo.
Amen.

97
Mat. behüeten (vb. db. I) “proteggere” (Lex. I, 156).
98
Mat. stæte, stæt (agg.) “solido, costante, giusto” (Lex. II, 1145).

189
Confronti
• Si confrontino le diverse versioni della Benedizione di Tobia !
Appendice n. 157-164.

Tradizione manoscritta
Il testo è tramandato da tredieci mss., di cui tre solo
frammentariamente:

1) A margine del cod. C. 664 della Universitetsbibliothek di


Uppsala, ff. 53-54; il testo della Benedizione di Tobia è stato
vergato da una mano del XII-XIII sec.
Descrizione: ! Incantesimo di Millstatt per fermare il sangue.

2) Incollato sull’ultimo foglio, 225r, del clm. 17051 della


Bayerische Staatsbibliothek di Monaco, XIV sec.
Descrizione99: membr. bifolio di 390 x 265 mm., XII sec. 224
fogli + foglio di guardia scritti su due colonne in scrittura gotica
libraria tedesca. Vi sono numerose iniziali decorate semplici (18r,
214r), a motivo floreale (1r, 26r, 33r, 42r, 47v, 56r, 64v, 70v, 81v,
90r, 97v, 105r, 113v, 124r, 135v, 145v, 160v, 171v, 185v, 196v, 210v,
218r) e a motivo zoomorfo (10r), tutte con inchiostro rosso e
grandi circa 13 righe; all’inizio del codice, sul foglio di guardia
che precede il 1r, c’è una decorazione a tutta pagina dell’incipit.
La rigatura è stata fatta a secco; i fori ai margini esterni sono
distanti mediamente 8 mm.; lo specchio di scrittura è di 320 x
180 mm. in media; l’inchiostro usato è di colore marrone
prevalentemente chiaro. La rilegatura è in legno rivestito di
pergamena, con una fitta serie di fori causati da tarme; inoltre,
borchie, decorazioni e fermaglio hanno lasciato il segno sulla
copertina. Sul foglio di guardia è presente una scritta disposta su
3 righe in minuscola gotica (textura) con inchiostro nero.
Contenuto:
ff. 1-210v: De Civitate Dei di S. Agostino;
ff. 210v-224v: Aurelii Augustini Achademicorum; attaccati sulle
copertine ci sono due frammenti: uno, sulla copertina iniziale,

99
Da esame diretto; cfr. anche: Halm/ Keinz/ Meyer/ Thomas 1968, Vol. IV,3.

190
posto al rovescio, in scrittura gotica in latino, l’altro, pure al
rovescio, in minuscola carolina in latino.
Il foglio 225r contenente, nella parte inferiore, la Benedizione di
Tobia è invece scritto su un’unica colonna (specchio di scrittura:
210x370mm), in una scrittura gotica bastarda tedesca (sembra del
XV sec.) molto irregolare, senza rigatura. Sul margine destro c’è
anche una aggiunta di sette righe con un segno di rimando #. La
pagina presenta numerosi buchi e lacerazioni sui margini.

3) Nel cod. Cent. VII, 8 della Stadtbibliothek di Norimberga, ff.


146r-148v, XIV sec.; lo stesso codice contiene anche al f. 89v i
primi otto versi del Benedizione di Tobia, risalenti al XV sec.
Descrizione100: membr. miscellaneo latino e tedesco di 100 x 73
mm. con 162 fogli, risalente alla fine XIV-inizio XV sec. e
proveniente dal monastero di S. Caterina di Norimberga,
appartenuto a Katharina Rutzin (†1447). La copertina è di legno
con rivestimento in pelle rossa in cui manca la chiusura. Il foglio
di guardia finale proviene da un trattato latino del XIII sec. sulle
virtù. Sul foglio di guardia iniziale è incollato un foglio di carta
sul quale vi sono delle scritte di Kunigund Niklasin.
Il cod. contiene opere di argomento liturgico e precisamente:
ff. 1r-12v: preghiere in latino;
ff. 13r-16v: discorso di Cristo con l’anima;
ff. 16v-22v: estratto da un trattato sull’anima;
ff. 23r-27r: salmi in tedesco;
ff. 27v-28v: estratto dal vangelo di Giovanni;
ff. 29r-89r: preghiere per le anime (tedesco e latino);
ff. 89v: inizio della Benedizione di Tobia101 ;
ff. 90r-101r: preghiere in latino;
ff. 101r-110v: trattato;
ff. 110v-124r: preghiere latine e ted.;
ff. 124r-126v: preghiera mistica in ted.;
ff. 127r-146r: riconoscimento dei peccati, preghiere e inizio del
vangelo di Giovanni;
ff. 146r-148v: Benedizione di Tobia (con finale incompleto);
100
Da catalogo: Schneider 1965, pp. 271-275.
101
Der gute herre sand Thobias/der gotes weissage was..../vil traurich er von im
schid/van im vas sein sun [vom im schid]/ vil liep/und.

191
ff. 149v-162r: preghiere ed esorcismi in latino e tedesco.

4) Nel cod. theol. 14, ff. 145rv della Universitätsbliothek di


Rostock.
Descrizione102: breviario appartenuto a Margarete Bromse e
datato (da una scritta sul ms.) 1327. I ff. 136v-150v (e quindi
anche la Benedizione di Tobia) sono scritti in basso tedesco, XIV
sec.

5) Nel cod. 2817, f. 24v e 25v della Österreichische


Nationalbilbiothek di Vienna, XIV sec.
Descrizione103: cart. 293 x 205 mm., scritto da quattro mani
diverse (I e II della fine del XIV sec. e III e IV dell’inizio del
XV) in scrittura gotica in uno specchio di scrittura di 225 x 135
mm. su due colonne. Alcune pagine hanno un rinforzo in
pergamena (ff. 13, 33, 45) contenenti una grammatica latina della
II metà del XV sec. con glosse. La rilegatura, in pergamena, è del
XVIII sec.
Il cod. è diviso in due parti e contiene una miscellanea di
argomento medico, e precisamente:
ff. 1-39v: cura di malattie fisiche; (ai ff. 14-39v sono riportate
varie benedizioni);
ff. 39v-fine: cura di malattie spirituali con aggiunta di testi
omiletici, didascalici e di preghiere.

6) Nel cod. Extrav. 226 della Herzog-August-Bibliothek di


Wolfenbüttel, ff. 54r-55v XV sec.
Descrizione104: cart. 195 x 150 mm. miscellaneo con 163 fogli,
proveniente da Augsburg. Il numero di righe è variabile (fino a
24); i ff. 1-142 non sono rigati. Scrittura gotica corsiva bastarda
di mani diverse. ff. 143-147: 19 righe, scrittura gotica bastarda
posata con rubriche di colore rosso. La rilegatura è del XVI sec.,
la copertina è in legno con copertura in pelle di suino. Dialetto
bavarese-svevo. Sul f. 1 (bordo inferiore) c’è la data 1469, in
basso la sigla (M. S. 1554) del proprietario Mattheus Schwarz di
102
Borchling 1900, p. 170.
103
Menhardt 1960, pp. 327-340.
104
Butzmann 1972, pp. 101-105.

192
Augsburg (1497-1574).
Il cod. contiene opere e appunti utili per la vita quotidiana, in
particolare:
f. 1r: indice del libro;
f. 5r: preghiera;
f. 6v: pratica di Bartolomeo;
f. 7r: libro dei fuochi;
ff. 31v-45v: sul vino;
f. 46r: Arzneibuch;
f. 53r: benedizioni per la salute;
f. 54r: Benedizione di Tobia;
f. 56r: Disticha Catonis;
f. 65r: libro di cucina;
f. 84r: medicina per la donna e rimedi vari;
f. 93r: ricette contro la peste e altri rimedi;
ff. 104-105r: vuote;
f. 105v: esercizi spirituali, dieci comandamenti e i sette peccati
capitali;
f. 108r: ricette di cucina;
ff. 109v-110r: vuote;
f. 112v: regole e preghiere;
f. 118r: benedizione delle armi;
f. 118v: annotazioni giuridiche;
f. 138v: Rossarzneibuch;
f. 139r: ricette di cucina;
f. 140r: benedizione delle armi, ricette e Pelzbuch;
f. 143r (altra mano): appunti, avvenimenti, rimedi;
ff. 151v-152r: vuote;
f. 152v: appunti;
ff. 153-163: vuote.

7) Nel cod. XI, 353 della Stiftbibliothek di St. Florian, f. 187rv


(fogli di guardia), XV sec., scrittura gotica bastarda.
Descrizione105: membr. in quarto, 187 fogli scritti su due
colonne, risalente al XV sec., da sempre in questa biblioteca.
Il cod. contiene opere di argomento liturgico e precisamente:

105
Czerny 1871, pp. 144-145.

193
ff. 1r-131v: sermoni in latino;
ff. 132r-186r: postilla Magistri Nicolai de Lira;
ff. 186v-187v: una benedizione dell’acqua e la Benedizione di
Tobia, in tedesco.

8) Nel cod. Cent. VII 38 della Stadbibliothek di Norimberga, ff.


203v-205v della metà del XV sec.
Descrizione: cart. miscellaneo 146 x 100 mm. con 249 fogli,
risalente al XV sec. Rilegatura antica, copertina in legno con
rivestimento in pelle chiara. Mancano due chiusure. Per la
rilegatura (foglio di guardia iniziale) è stato usato un foglio di
pergamena del XIV sec. con scrittura gotica libraria con rubriche.
Il cod. proviene dal monastero di S. Caterina di Norimberga,
come indicano le scritte sulla copertina.
Il cod. contiene opere per l’uso liturgico:
ff. 1r-202v: preghiere di vario tipo, indicazioni per la messa,
confessione;
ff. 203v-205v: Benedizione di Tobia;
ff. 208r-248v: preghiere.

9) Nel cod. 5832 del Germanisches Nationalmuseum di


Norimberga, ff. 2r-5r del XV sec.
Descrizione106: cod. miscellaneo e composito membr. e cart. 140
x 105mm. con 80 fogli, XV sec. Proveniente dal monastero di S.
Caterina di Norimberga. La copertina è di pergamena rinforzata
con pelle marrone.
ff. 1-43: cartaceo con specchio di scrittura di 80 x 60 mm.,
scrittura gotica bastarda di due mani diverse; maiuscole di colore
rosso; ff. 44-64a specchio di scrittura di 95 x 65 mm., 15-24
righe, scrittura gotica bastarda di due mani, iniziali rosse; f. 44:
vuoto; ff. 65-78: membr., specchio di scrittura di 85 x 60 mm.
15-16 righe, scrittura gotica bastarda, iniziali di colore rosso.
Il cod. contiene opere di argomento religioso e precisamente:
ff. 2r-5r: Benedizione di Tobia (l’edizione di MSD si basa
principalmente su questo ms.);
ff. 5r-10v: benedizioni cristiane in tedesco;

106
Kurras 1974, pp. 47- 49.

194
ff. 10v-35r: descrizione delle sofferenze di Cristo;
ff. 35r-43v: discorsi dei profeti e messa per Maria;
ff. 45r-64v: preghiere in tedesco;
ff. 65r-fine: sofferenze di Cristo.

10) Nel cgm. 850, f. 53v – 59v della Bayerische Staastbibliothek


di Monaco.
Descrizione107: cod. cartaceo di 145x102 mm. con 97 ff. della
metà del XV sec.con aggiunte posteriori, proveniente dal
monastero delle Carmelitane di Monaco. E’ scritto da mani
diverse su una sola colonna in gotica bastarda. Rilegatura
dell’epoca in pergamena.
Contiene una miscellanea di testi di uso liturgico tutti in tedesco,
in particolare:
ff. 1r-34r: spiegazione della messa;
ff. 35r-40v: preghiere a Maria;
ff. 40v-41r: “Anima Christi” (in tedesco);
f. 41r+v: preghiera;
ff. 41v-42r: preghiera poetica;
ff. 42r-47r: preghiere della passione;
ff. 47v-47av: preghiera a Maria (Bernardo di Chiaravalle);
ff. 48r-49r: Giovanni 1, 1-14;
ff. 49r-51r: preghiere a Maria;
ff. 51r+v: preghiera a Gesù (Bernardino di Siena);
ff. 52r-53v: consigli e benedizioni per chi viaggia
ff. 53v-59r: Benedizione di Tobia;
ff. 59r-66v: benedizione contro i nemici, benedizione della croce;
ff. 66v-70v: benedizioni contro le malattie;
ff. 70v-71r: benedizione contro la febbre;
ff. 71r-73r: benedizioni contro vari malanni;
ff. 73r-75v: Benedizione dei tre fratelli (contro le ferite);
ff. 75v-83r: benedizioni contro le ferite e per l’acqua;
ff. 85v-95v: confessione.

11) Frammenti di pergamena usati per rilegare il cod. in quarto

107
Schneider 1984.

195
387 della Wissenschaftliche Allgemeinbibliothek di Erfurt108.

12) Una versione “riassuntiva” della Benedizione di Tobia è


contenuta nella cosiddetta “Historienbibel” (T. Merzedorf, Die
deutschen Historienbibeln des Mittelalters. Tübingen 1870,
Hildesheim 1963) tramandata da numerosi mss., il più antico dei
quali risale al XIV sec.

13) Il cosiddetto “frammento di Schönbach”109: tre pezzi di


pergamena usati per rilegare un volume del XII sec.

Edizioni e studi
Miller p. 145; Moser 1961; Schönbach 1876; Schönbach 1880;
Stuart 1978; Stuart 1980; Stuart/ Walla 1982; VL IX, 947-949.

2.2.3 BENEDIZIONE DI WEINGARTEN


PER IL VIAGGIO
(St. LXXVIII)

Nel manoscritto la Benedizione è preceduta dal prologo del


Vangelo di S. Giovanni110: questo fa pensare, nonostante il fatto

108
Schum 1887.
109
Schönbach 1875.
110
[I]n principio erat uerbum et uerbum erat apud deum et deus erat uerbum hec
erat in principio apud deum Omnia per ipsum facta sunt et sine ipso factum est
nichil Quod factum est in ipso uita erat et uita erat lux homínum et lux in
te[ne]bris lucet et tenebre eam non comprehenderunt. Fuit homo missus a deo cui
nomen; iohanes erat Hic uenit in testimoníum ut testimonium per[h]íberet de
lumíne ut omnes crederent per illum Non erat ille lux sed ut testimoníum perhiberet
de lumíne Erat lux vera que illumínat omnem hominem uenientem in hunc mundum
In mundo erat et mundus per ipsum dactus est et mundus sum non cognouit In
propria uenit et sui eum non receperunt. Quod quot autem receperunt eum dedit
eis potestatem filios dei fieri hís qui credunt in nomine eius qui non ex uoluntate
neque ex sanguinibus sed ex deo nati sunt et uerbum caro factum est et habitauit in
nobis et uidimus gloríam eius gloriam quasi unígenit a patre pleunum gracia et
ueritate.

196
che i due testi siano stati vergati da mani diverse, che ci fosse la
volontà di affermare la superiorità della parola divina rispetto a
tutto il creato.
Di grande interesse è, inoltre, lo stile, sia per quanto riguarda
la presenza dell’allitterazione (funf/ fingirin/ funui/ funfzic; got/
gisundi/ gisendi), di assonanze e di rime finali (sigidor/ selgidor/
wagidor /wafindor ecc.), sia per la ripetizione di elementi
formulari che riecheggiano le benedizioni dello stesso tipo.
A causa della ripetizione del deittico diz, Kögel111 aveva
ipotizzato che questa benedizione fosse usata come un amuleto;
secondo Steinmeyer, invece, diz non è pronome dimostrativo, ma
viene usato come semplice articolo112. E’ possibile che in questa
benedizione siano confluiti testi provenienti da altre tradizioni, e
ciò non contrasterebbe con quanto avviene anche per testi simili
di epoca più antica.
L’invocazione a S. Ulrich sembrerebbe in effetti un’aggiunta
posteriore, come ha sostenuto Steinmeyer113. S. Ulrich fu
vescovo di Augsburg114 († 973), solitamente invocato per la
guarigione di molte malattie, ma in particolare per la febbre e
anche contro topi e ratti. E’ inoltre patrono dei viaggiatori, e per
la sua festa (4 Luglio) ad Augsburg si è tramandata l’usanza di
appendere delle slitte fuori dalle case. Il santo viene spesso
raffigurato con un pesce nella mano sinistra, a volte poggiato
sopra un libro.

Testo (francone, XII sec.)


† In nomine † patris † et filii † et spiritus † sancti †.
Ic dir nach sihe, Ic dir nach sendi mit minin funf fingirin funui
undi funfzic engili.
Got mit gisundi heim115 dich gisendi. offin si dir diz sigidor, sami
si dir diz selgidor116, Bislozin si dir diz wagidor, sami si dir diz

111
Kögel 1897, p. 158.
112
St. p. 398.
113
St. p. 398.
114
BS. VIII, 1295-1298.
115
St. emenda in hein.
116
St. emenda in seldidor.

197
wafindor.
des guotin sandi Ulrichis segen [si] vor dir vndi hindir dir
vndi hobi dir vndi nebin dir gidan, swa du wonis vndi swa du sis,
daz da alsi gut fridi si, alsi da weri, da min fravwi sandi Marie
des heiligin Cristis ginas.

Traduzione
† Nel nome † del Padre † e del Figlio † e dello Spirito † Santo †.
Io ti seguo con lo sguardo, io ho spedito al tuo seguito
cinquantacinque angeli con le mie cinque dita. Possa Dio
mandarti a casa in [buona] salute117. Sia aperta per te la porta
della vittoria, e ugualmente lo sia quella della beatitutine. Sia per
te chiusa la porta del pericolo118, e ugualmente lo sia per te la
porta delle armi.
La benedizione119 del buon sant’ Ulrico agisca davanti a te e
dietro di te e sopra di te e vicino a te, dovunque tu dimori e
dovunque tu sia, che possa esserci una buona sicurezza, così
come è stato una volta quando la mia madonna santa Maria
partorì il santo Cristo.

Confronti
• L’espressione gisundi heim gisendi è presente, oltre che nella
Benedizione di Tobia, anche nell’Incantesimo di Lorsch per le
api e nell’Incantesimo di Vienna per i cani (!);
• l’espressione offin si dir diz sigidor sami si dir diz selgidor/
Bislozin si dir diz wagidor, sami si dir diz wafindor è presente
anche nella Benedizione di Tobia (!);
• inoltre ! Appendice n. 150 e 153.

Tradizione manoscritta
Nel cod. HB II 25 della Landesbibliothek di Stoccarda, f. 123v.
Descrizione120: salterio membr. 210 x 155 mm., 124 ff.,

117
Per gisunt ! Ad catarrum dic.
118
Wagidor è un composto di mat. wâge (sost. f. –#) “rischio, pericolo” e tôre
(sost. m. –n) “porta”.
119
Per segen ! Incantesimo di Strasburgo per fermare il sangue n. 3.
120
Boese 1975, pp. 28-30.

198
risaltente al secondo quarto del XIII sec. Specchio di scrittura di
150 x 105 mm. (circa 21-22 righe) scritto da una sola mano,
tranne il f. 123v contentente la Benedizione in esame. Rubricatura
di colore rosso nei ff. 1r-5v, altrimenti in blu. Alcune grosse
iniziali decorate all’inizio. Le due chiusure mancano. La
copertina è in legno rivestita in pelle marrone con decorazioni e
riporta la data 1561 e la sigla F.C.R. Frater Cristoph Raitner,
nome del proprietario del codice a cui era stato donato nel 1571
(antica segnatura del cod. proveniente da Weingarten: F58).
Il ms. contiene opere per uso liturgico e più precisamente:
ff. 1r-5v: antifone e ufficio dei defunti;
ff. 6r-113r: salterio;
ff. 122v-123r: litanie dei santi;
ff. 123v: prologo di S. Giovanni (XIII sec.) e Benedizione per il
viaggio in tedesco, vergata da una mano diversa;
foglio di guardia: appunti di Raitner fatti duranti gli anni di
studio nel monastero (1560-1564) IIr: sentenze; IIv: appunti sulle
ore di preghiera; IIIr: regole.

Edizioni e studi
Berg/Kruse 1983; Ehrismann 1932, p.110; Graff 1827, p. 69;
Hoffmann-Krayer 1904; Holzmann 2001, p. 282; Höver/ Kiepe
1978, p. 49; Kögel 1897 p. 158; Miller p. 134; Moser 1961; MSD
p. 18; St. LXXVIII; Stuart 1978; VL X, 818; Wipf 1992, p. 94, p.
297.

2.3.0 Il mondo contadino

2.3.1 INCANTESIMO DI GRAZ PER LA GRANDINE


(Miller p. 131)

Nel mondo contadino la grandine è considerata da sempre una


punizione inferta all’umanità dalle forze demoniache o divine,

199
poiché notevoli sono i danni che essa può causare all’agricoltura.
Esisteva presso molti popoli e anche presso i germani la credenza
che certe persone, maghi, medici, donne (in seguito, nel tardo
Medioevo, le streghe) o sacerdoti, fossero capaci di entrare in
contatto con queste forze per indurle a ottenere il potere sui
fenomeni atmosferici121; nel mondo germanico le tempeste e la
grandine sono determinate da spiriti femminili (Frigg, Freya e i
Troll nel mondo scandinavo).
Esistono diversi riti per allontanare la grandine, o
semplicemente per proteggere i campi; molti si sono conservati
anche dopo la cristianizzazione, “evolvendosi” in processioni (ad
esempio quelle del Corpus Domini e delle Palme), in preghiere o
azioni rituali come il piantare la croce nel campo122; in questo
rivestimento cristiano, un ruolo di grande importanza giocano i
santi con i miracoli da loro operati nell’ambito dei fenomeni
atmosferici. Allo stesso tempo, fare dei malefici per causare
tempeste veniva considerato una grave colpa ed era punito sia
dalla chiesa che dalla legge, come si evince, ad esempio, dalle
indicazioni nel Capitulare de villis di Carlo Magno123.
Questo testo risale al XII sec. ed è stato pressoché ignorato
dagli studiosi; esso è, infatti, di difficile lettura e interpretazione;
ad ogni modo è il più antico esempio di incantesimo per la
grandine in lingua tedesca; secondo Wilhelm tramanderebbe la
forma cristianizzata di una tradizione mitologica minore.
Qui si è cercato di seguire la suddivisione delle righe come nel
manoscritto, le parti in corsivo propongono gli interventi
integrativi di Schönbach.

Testo (bavarese, XII sec.)


† Ivie riffe. Ivie riffe. Ivie riffe. hin vil michel. hin vil mi
chel. hin vil michel. Von wannen gent swarzev wolchen.
daz ist [der] heilige christ. mit siner gecirde. daz ist heili
ge christ mit siner menege. Der scheiden124 trvbev wolchen.
121
Si veda a questo proposito Blöcker 1981.
122
BS. III, 1303-1320.
123
Blöcker 1981, pp. 128-131.
124
Da leggere probabilmente scheidet.

200
der wil veinem wize steine. daz e zegen. e si cerde
gen.vor den selben wihen worten. daz uns ce luppe. Pater. Pater.
[Pater]
Gehugest du nv hagel.wa dich die wartman. in dem walde
sahen. uf hart di laege. engelen dv iaege. daz du megetar.
ie. sva man dich nant. Mm Pater.

Traduzione
† Aimè125 la brina126, aimè la brina, aimè la brina, [vattene]
molto127 lontano, [vattene] molto lontano, [vattene]
molto lontano, da dove vengono128 le nuvole nere129.
Questo è il santo Cristo con la sua magnificenza130, questo è il
santo
Cristo con la sua schiera che taglia le nuvole scure,
che vuole arrestare131 le pietre132 bianche133, che [esse] si
sciolgano prima che arrivino a terra;
per le stesse sacre parole, che siano per noi [anche] una magia134.
[di’ un] Padre [nostro]. [di’ un] Padre [nostro]. [di’ un] Padre
[nostro].
Ricordati135 tu ora, grandine, dove il guardiano136 nel bosco
125
A mio avviso, l’ipotesi più plausibile è di leggere <Ivie> come <Wie>,
corrispondente a mat. wê (interiez.) “aimè” (BMZ 540); ciò non pone problemi dal
punto di vista stilistico-formale, poiché viene a crearsi una triplice ripetizione di
una esclamazione. Oppure, “ivie” potrebbe essere l’abbreviazione di lat. ivi e(st),
“qui è la brina”, o ancora “ivie” potrebbe essere il pret. III sg. del vb. ft. vähen, van
“prendere”, + la prep. in- “avvolgere” quindi “la brina avvolse” (BMZ III, 201;
Lex. III, 5).
126
Mat. rîfe, rîf, rîffe (sost. db. m.), aat. hrifo, rieffo, rife “brina, rugiada congelata”
(G. IV, 1154-55; Lex. II, 428; BMZ II, 700).
127
Michil (agg.) “grande, potente, ampio”/ (avv.) “molto”, as. mikil (Kö. 781; StW.
413; G. II, 622).
128
Mat. wannen (pron./ avv.) “da dove” (Lex. II, 682).
129
Si noti l’interessante contrasto di colori tra le nuvole nere e la grandine bianca.
130
Mat. gezierde, gezirde, gezîrde (sost. ft. f.) “magnificenza, splendore,
ornamento” (Lex. I, 1003).
131
Mat. feinen (vb. db.) “incantare, fare una magia, fermare, arrestare” (Lex. I, 49).
132
L’espressione wize steine “pietre bianche” è una metafora indicante i “chicchi di
grandine”.
133
Aat. hw!z, hw!t; mat. w!z (agg.) “bianco”.
134
Mat. lüppe, luppe (sost. ft. n./ f.) “veleno, magia” (Lex. I, 1988).
135
Mat. gehügen, gehugen (vb. db.) “ricordarsi di, pensare” (Lex. I, 793).
136
Mat. wartman “guardiano, custode” (Lex. III, 699).

201
ti vide. Smetti di posarti, tu scacci137 gli angeli138, che tu non
procuri danni139
dove ti si nomina.--- [di’ un] Padre [nostro].

Confronti
• Si vedano altri due esempi di benedizioni contro il maltempo
in: Appendice n. 165 e 166.

Tradizione manoscritta
Nel cod. 784 (antica segnatura: 41/12) della
v
Universitätsbibliothek di Graz f. 148 (ultimo foglio).
Descrizione140: membr. in quarto di 250x160 mm. con 148 ff. del
XII sec. proveniente dal Chorherrenstift di Seckau. Dell’antica
rilegatura è rimasta la copertina posteriore in legno con alcuni
frammenti di pelle. Rubricature e iniziali in rosso.
Il cod. contiene testi in latino ad uso del convento:
ff. 1r-7r: esorcismo e benedizioni varie;
ff. 7 r-1v: ordo in purificatione S. Marie;
ff. 11v-12v: benedizione delle ceneri;
ff. 12v-23v: ordo in die palmarum;
ff. 24v-48v: ordo ad triddum sacrum;
ff. 49r-56r: ordo catecumini;
ff. 56r-57r: ordo ad catecumini ex pagano faciendum;
ff. 57r-65r: ordo baptisterii in sabbato sancto pasce et
pentecostes;
ff. 65r-66v: ordo ad clericum faciendum;
ff. 66v-70v: benedizione delle vergini;
ff. 71r-104v: ordo ad visitandum infirmum et commentatio
animae et exequiae;

137
Iaege: forma costruita su iagen “tu stai lassù sulla montagna e dai la caccia
all’angelo (lo spirito buono) che Cristo protegge con la sua schiera dai malvagi
demoni della grandine” (Wilhelm p. 131).
138
L’espressione “engelen dv iaege. daz du megetar. ie. sva man dich nant” è stata
interpretata da Ohrt “angelo tu hai ammesso che non farai più danni (oppure: non
oserai) dove qualcuno ti nomina”.
139
L’espressione me getar è da leggere forse come ne getares (per la discussione
del termine ne getar ! Contra rehin).
140
Dal catalogo online: www.kfunigraz.ac.at/ub/sosa/katalog/katalogisate/784.html
e da Wilhelm p. 130.

202
ff. 104v-116r: judicium aque frigide;
ff. 116r-123r: judicium ferri igniti;
ff. 123r-126v: judicium panis et casei;
f. 127r+v: judicium cum corpore domini faciendum;
ff. 127v-148r: benedizione del sale e dell’acqua.
Fogli di guardia: f. 1: inni e benedizione per i pellegrini;
f. 148: adiuratio furti e Incantesimo per la grandine.
Il cod. era molto rovinato e difficile da leggere e l’uso di reagenti
chimici da parte di Schönbach ha peggiorato le cose. La pagina
contenente l’incantesimo è scritta da almeno tre mani diverse, e
l’incantesimo è stato vergato in una gotica dal corpo piuttosto
grande su una sola colonna.

Edizioni e studi
Franz 1960, pp. 60-74; Holzmann 2001, p. 171; Ohrt 1927
(Beitr.); Schönbach 1873, Wilhelm A, p. 51/ B, p. 130.

2.3.2 INCANTESIMO DI LORSCH PER LE API


(St. LXXVII)

Per molti secoli le api hanno rappresentato un elemento di non


poca rilevanza nell’economia, tanto che per la loro protezione si
usava ricorrere all’intervento divino; in epoca classica, presso i
Greci, le api venivano affidate alla protezione di Pan, Priapo e
Mellona, a partire dall’epoca cristiana, invece, a patrono delle api
è stato assegnato S. Ambrogio. Naturalmente, l’enorme
importanza attribuita a questo insetto è dovuta principalmente
alla produzione della cera con cui si fabbricano le candele, che
con l’avvento del Cristianesimo assunsero un significato ancora
più grande, tanto da essere denominate “uccelli di Maria” o
“uccelli del Signore”. Degno di nota che presso i Germani le api
erano protette anche da apposite leggi (cfr. ad esempio: Lex
Salica cap. VIII, De furtis apium).
Anticamente si riteneva che le api fossero dotate di poteri
sovrannaturali come parlare, cantare, distinguere tra bene e male

203
e, soprattutto, che fossero in grado di distinguere tra persone
buone e cattive, pure e impure, e che preferissero le donne
vergini e le persone caste. In tal modo le api assursero a simbolo
stesso della purezza e della verginità; per questo motivo venivano
affidate alla protezione di Maria, come nell’incantesimo che
segue. Si credeva, inoltre, che fossero dotate di poteri profetici:
se le api morivano o se volavano molto in alto o se si posavano in
un luogo insolito ciò poteva significare l’arrivo di epidemie o
altre sventure. In Svizzera si diceva, ad esempio, che se uno
sciame volava via e non ritornava entro tre giorni significava che
stava per morire un bambino della casa.
Per evitare disgrazie si doveva evitare, inoltre, di comprare o
vendere le api, poiché esse si potevano solo dare o ricevere in
regalo; un ladro di api sarebbe stato immediatamente colpito da
terribili malattie141.
Le api stesse entrano a far parte di ricette mediche come
ingrediente contro vari malanni, (si veda ad esempio un rimedio
di Ildegarda di Bingen ! Appendice n. 141) o vengono persino
ingerite come anticoncezionale o, viceversa, come aiuto per la
fertilità.
Gli incantesimi per le api servivano ad impedire che volassero
via o che si posizionassero troppo in alto; nel Medioevo essi sono
tutte di stampo cristiano, tranne l’incantesimo anglosassone in
versi allitteranti Wi' ymbe (! Confronti).
L’incantesimo di Lorsch è probabilmente il risultato di una
fusione di due testi originariamente distinti di cui la seconda
parte costituirebbe quella più recente; infatti, mentre nella prima
parte vi è un chiaro “residuo” di allitterazione, la cui funzione è
quella di rafforzare il legame tra due elementi in stretto rapporto
semantico fra di loro (funzione molto usata nel linguaggio
giuridico), la seconda parte è in versi rimati di tipo otfridiano
(bina/ maria; habe du/ fluc du; stillo/ uuillon).

141
BS. I, 1226-1255.

204
Testo (francone renano tardo, X sec.)
Krist, imbi ist hucze142! nu fliuc du, uihu minaz, hera
fridu frono in godes munt, heim zi comonne gisunt.
sizi, sizi, bina: inbot dir sancte Maria.
hurolob nihabe du: zi holce nifluc du,
noh du mir nindrinnes, noh du mir nintuuinnest.
sizi uilu stillo, vuirki godes uuillon.

Traduzione
Cristo, lo sciame143 è fuori144! ora mio sciame vola qui nella
pace145 del Signore,
nella protezione146 di Dio, per tornare147 sano148 a casa.
Posati, posati ape,
te lo ordinò149 Santa Maria.
Che tu non abbia il permesso150, non volare nel bosco, non
sfuggirmi e non allontanarti da me. Posati tranquilla, fai la
volontà di Dio.

Confronti
• L’espressione formulare [hera] heim gisunt, presente anche
nell’Incantesimo di Vienna per i cani e nella Benedizione di

142
La <z> sovrascritta, sembra, a mio avviso una sorta di glossa del valore fonetico
del segno <c>, poiché anche la <c> del termine holce ha valore di <z>. St. scrive
huze.
143
Aat. imbi (sost. collettivo) “sciame” (G. I, 257).
144
Il termine hucze corrisponde ad aat. ûze (avv.) “fuori”.
145
L’espressione fridu frono è molto antica, è una sorta di “formula” allitterativa,
in uso anche nel linguaggio giuridico (cfr. norr. fri'r); il termine è qui riferito a
Dio, in quanto donatore di pace; frôno è gen. pl. di frô “signore”; tra i diversi
termini aat. per indicare il “signore” (herr, thruhtin) questo è il più antico e si
riferisce sempre a Dio; secondo Ehrismann si tratta di acc. di luogo da interpretare
come “vola sulla via della pace di Dio”; questa espressione trova, come si è visto,
un parallelo nelle benedizioni per i viaggi.
146
Aat. munt “protezione” è un termine tecnico del linguaggio giuridico, usato qui
probabilmente per elevare il tono e garantire maggiormente l’efficacia della
formula.
147
L’espressione zi comonne corrisponde a zi quemanne < queman.
148
Per gisunt ! Ad catarrum dic.
149
Per inbot ! gibiotan in Contra uermem edentem.
150
Aat. urloub, mat. urloup (sost. m. –&/ -!) “permesso, congedo, licenza” (G. II,
75; Kö. 1188; StW. 682).

205
Weingarten per il viaggio (!), rivela l’antichità di tale testo;
• si confronti il testo con Appendice n. 167-171;
• si veda la somiglianza del testo aat. con il seguente incantesimo
per le api in ags. (Cambridge, Corpus Christi College, Cod. 41, f.
182.):

«wi$ ymbe
nim eor$an ofer weorp mid $inre swi$ran handa
under $inum swi$ran fet and cwe(
fo ic under fot funde ic hit
hwæt eor(e maeg wi( ealra wihta gehwilce
and wi( andran and wi( æminde
and wi( (a micelan mannes tungan
and wi( on forweorp ofer greot $onne hi
swirman and cwe(
sitte ge sigewif siga( to eor$an
naefre ge wilde to wulda fleogan
beo ge swa gemindige mines godes
swa bi( manna gehwilc metes and e$eles.»

Tradizione manoscritta
Nel cod. pal. lat. 220 nella Biblioteca Vaticana di Roma, f. 58r
(margine inferiore al rovescio rispetto al testo principale).
Descrizione151: membr. in ottavo 71 ff., IX sec. proveniente dal
monastero di Lorsch.
Il ms. contiene opere di argomento religioso e precisamente:
ff.: 1-61v: omelie, prediche e sermoni tratti da S. Agostino, S.
Bonifacio, S. Effram, Beda;
[f. 58r (margine inf.): Incantesimo di Lorsch per le api, scritta da
una mano del X sec. in minuscola carolina];
ff.: 62r: serie di nomi in una lingua germanica (Enghilberth,
uualtger, reginger);
ff. 63-71: S. Faustino e De Natale domini.
Sui margini superiori di molte pagine si trovano versi, inni e
antifone liturgiche anche con i neumi.

151
Pitra 1886, pp. 46-48.

206
Edizioni e studi
Ehrismann 1932, pp. 111-113; Grienberger 1921, pp. 415-417;
Haug/ Vollmann 1991, p. 152, pp.1150-1152; Jongeboer 1984;
Höver/ Kiepe 1978, p. 40; Kroes 1960; Miller p. 66; MSD p. 34;
Saibene 1985, pp. 51-57; Schirokauer 1942; Schirokauer 1954;
Schnitzer 1964; VL V, 911; Wipf 1992, p. 76, p. 282; Zupitza
1878.

2.3.3 INCANTESIMO DI VIENNA PER I CANI


(St. LXXVI)

Questo incantesimo è stato interpretato in modo discordante


sin dalla sua scoperta; secondo alcuni si tratterebbe di un
incantesimo di epoca pagana in cui, nel momento della messa per
iscritto, gli elementi pagani sono stati sostituiti con quelli
cristiani152; secondo altri ci troveremmo di fronte ad un testo
genuinamente cristiano.
Come per altri testi dello stesso tipo, la critica più antica ha
preferito propendere per un incantesimo pagano con archetipo
orale secondo il più autentico “spirito germanico”. Ma non
bisogna dimentecare, d’altro canto, che incantesimi per i cani si
trovavano già nella tradizione greca e latina153.
Un’interpretazione più recente afferma che questo testo potrebbe
essere letto in chiave allegorica, come un tentativo di allontanare
il diavolo, basandosi sulle coppie di analogia lupo/diavolo e
Cristo/buon pastore154. Effettivamente, i singoli elementi di
questo testo sono carichi di significati simbolici, sia di tipo
cristiano che pagano e presentano una forte stratificazione che è
tipica delle tradizioni di tutti i paesi.
Nel folklore popolare, il cane155 è considerato un animale
speciale perché capace di prevedere gli eventi futuri (terremoti,
152
Von Karajan 1858; Priebsch 1896, p. 428.
153
Heim 1893.
154
Gantert 1999.
155
BS. IV, 470-491.

207
carestie, temporali, malattie) e di portare fortuna o sfortuna.
Solitamente, gli incantesimi tramandati in latino o in tedesco
medio servono a proteggere dal morso del cane, ma non a
proteggere il cane. Il lupo, invece, era considerato in passato la
bestia più temuta in assoluto, poiché mentre ad es. l’orso era
confinato nei boschi, il lupo si poteva trovare ovunque. Infinite
sono le leggende e le superstizioni legate a questo animale,
considerato creatura demoniaca e diabolica, legato alla notte e
all’inverno, in contatto con streghe e maghi.
Il motivo di Cristo “nato prima del lupo” si ritrova anche in
altri testi156 in latino, tedesco e anglosassone. Nel Cristianesimo
molte sono le leggende legate ai Santi e alle lotte con il lupo/il
maligno, come S. Martino, che caccia il lupo con la sola forza
delle parole; è forse anche per questo motivo che lo troviamo in
questo incantesimo a fianco di Cristo. S. Martino157, vescovo di
Tours (fine IV sec.), è un Santo molto amato dai Cristiani e viene
invocato specialmente per la protezione del bestiame e dei
pastori; il giorno di S. Martino - 11 Novembre – separa, infatti,
una stagione agricola dall’altra e dà inizio all’inverno.
L’incantesimo è in prosa, ma è possibile rintracciarvi un’eco
di un’originaria forma poetica, come dimostrano le forme
allitteranti (uuart/ uuolf; gauuerdo/ uualten; hiuta/ hunto; hiuto/
heim), le assonanze (marti/ hirti; scedin/ megi; uueges/ uualdes)
e le rime finali.

Testo (bavarese, X sec.)


Christ uuart gaboren er uuolf ode diob. do uuas sancte Marti
Christas hirti.
Der heiligo Christ unta sancte Marti der gauuerdo uualten hiuta
dero hunto, dero zohono, daz in uuolf noh uulpa za scedin
uuerdan nemegi, se uuara se geloufan uualdes ode uueges ode
heido. Der heiligo Christ unta sancte Marti de frumma mir sa
hiuto alla hera heim gasunta.

156
Holzmann 2001, p. 190.
157
BS. V, 1708-1715.

208
Traduzione
Cristo nacque prima del lupo o del ladro. Allora San Martino era
il pastore di Cristo. Il Santo Cristo e San Martino si degnino158
oggi di proteggere i cani e le cagne159, in modo che nè i lupi nè le
lupe li possano danneggiare160 dovunque161 essi vadano nel bosco
o per la strada o nella landa. Il Santo Cristo e San Martino mi
concedano che oggi tornino tutti sani e salvi a casa.

Confronti
• Questo testo si può confrontare con un incantesimo ags.162 del
XII sec., tramandato nel ms. Appendix n. 20 della biblioteca di
Lord Ashburnham, f. 191r; in esso sono anche presenti echi delle
benedizioni per fermare il sangue:

«God was iborin in bedlem


iborin he was to ierusalem
ifolewid ! $e flum iordan
$er nes inemned ne wolf ne $ef [...]»

• l’ espressione, che si potrebbe definire “formulare”, hera heim


gasunta è presente anche nell’Incantesimo di Lorsch per le api e
nella Benedizione di Weingarten per il viaggio (!);
• lo stesso dicasi per la locuzione uualdes ode uueges ode heido,
la quale ricorre anche nella Benedizione di Tobia (!).

Tradizione manoscritta
Nel cod. Vindobonensis 552 della Österreichische
Nationalbibliothek di Vienna, f. 107r.
Descrizione163: membr. 210 x 148 mm., fine IX sec., 112 ff.

158
Aat. giwerd#n, as. giwerthon (vb. db. II) “stimare, concedere, degnare” (G. I,
1015; Kö. 467; StW. 714).
159
Aat. z#ha (sost. f. -#) “cagna” (Kö. 1331).
160
Si tratta di un vb. deb. II, mat. schaden, ted. schaden, schädigen < germ.
*ska$#n “danneggiare”, ie. *sk"th- “danneggiare” (G. VI, 422; Kö. 946; Lex. II,
627; Pk. 950).
161
Aat. wara (avv.) “dove”, s# wara s# “dovunque” (G. IV, 1200; Kö. 1217; StW.
696).
162
Priebsch 1896, p. 428.
163
Menhardt 1960, p. 42.

209
scritti in minuscola carolina su una sola colonna in uno specchio
di scrittura di 125 x 90 mm. con 18 righe (incise a secco). Il cod.
è scritto da 3 mani diverse: 1) 1v-107r; 2) 107r- righe 9-14, righe
16-19 ; 3) 107v-112r. La rilegatura, in pelle bianca, è del XVIII
sec. ad opera della Hofbibliothek (antica segnatura del XVI sec.:
M 3898). Il cod. fu trovato nel 1857 da Fr. Miklosich.
Il ms. contiene un martirologio; l’Incantesimo di Vienna per i
cani è stato inserito da una mano del X sec. tra la “Passio Sti.
Sebastiani” e la “Passio Sti. Kiliani”, in uno spazio libero proprio
dove avviene il cambio di scrittura. Ad esso segue l’incantesimo
latino Contra serpentem.

Edizioni e studi
Ehrismann 1932, pp. 104-105; Gantert 1999, pp. 28-42; Haug/
Vollmann 1991, p. 154, pp. 1152-1154; von Karajan 1858 (I
ediz.); Miller p. 60; MSD p. 16; Priebsch 1896, p. 428; Priebsch
1922, pp. 80-84; Saibene 1985, pp. 57-62; VL X, 1018; Wipf
1992, p. 76, p. 281.

2.4.0 Contro il diavolo

Questo gruppo di testi si discosta un po’ dagli incantesimi


finora esaminati; essi, pur avendo a che fare con il diavolo, non
sono dei veri esorcismi di uso liturgico, ma si pongono su un
piano diverso, più vicino alle superstizioni della gente comune.

2.4.1 AD SIGNANDUM DOMUM CONTRA DIABOLUM


(St. LXXV)

La casa rappresenta per l’uomo il rifugio da tutti i pericoli


della natura circostante ed è pertanto molto importante

210
proteggerla dall’invasione di demoni o spiriti maligni. In epoca
Cristiana, la protezione della casa viene compiuta con
benedizioni e aspersione di acqua santa e incenso in occasione di
festività o ricorrenze speciali, oppure tramite addobbi fatti con
fronde verdi (a Capodanno, alle Palme o il primo Maggio) che
servono a scongiurare ogni male, o ancora mediante l’incisione
di nomi, frasi o benedizioni vere e proprie. Per tenere lontano il
male è utile anche la presenza di animali benefici come ad es. le
cicogne.
Il testo rappresenta un tipico esempio di magia della parola:
chi ha il potere della parola, chi conosce il nome delle cose ha il
potere sull’essere, sull’essenza stessa delle cose.

Testo (alemanno, X sec.)


Ad signandum domum contra diabolum
Uuola, uuiht, taz tu uueist, taz tu uuiht heizist,
Taz tu neuueist noch nechanst cheden chnospinci.

Traduzione
Per benedire la casa contro il diavolo.
Bene, spirito164 che tu sappia165 che sei chiamato spirito,
che tu non sappia né possa166 pronunciare chnospinci167.
164
Aat. uuiht “essere, essenza, cosa”, mat. wiht “essere vivente, folletto, spirito”.
165
Aat. uueist: pres. ind. II sg. di wizzan (vb. pret. pres.) “sapere, conoscere,
capire” (Kö. 1288).
166
Nechast: negaz. + kunnan (vb. pret. pres.) “capire, riuscire, potere, essere
capace” (G. IV, 408; Kö. 688; StW. 352).
167
Numerose sono le interpretazioni fornite per questo termine, tutte modestamente
convincenti ma non abbastanza da risultare definitive. Di queste mi limiterò a
riassumere le principali: inizialmente, Vetter e Kögel lessero “chuospinci” e, di
conseguenza, ritennero che l’incantesimo servisse per favorire il latte alle mucche.
In seguito, Helm interpretò questo termine come una parola magica senza senso,
come “abracadabra”; Unwerth lo immaginò come nome proprio riferito ad uno
spiritello domestico; Harmjanz ipotizzò un astratto derivato da Knospe
“omiciattolo piccolo e grasso” e lo interpretò come attributo dello spirito maligno;
Sonderegger lo lesse come derivato di chnosp, inteso come nome proprio del
demone da cacciare; altra ipotesi interessante è di Haubrichs/ Haug, i quali
interpretano il termine come un nomignolo indicante “qualcosa di piccolo e
insignificante”, soprannome che, attribuito al demone con funzione apotropaica in
contrasto con wiht, servirebbe a schernirlo e a renderlo inoffensivo. Se invece si

211
Tradizione manoscritta
Nel cod. misc. car. C 176 della Zentralbibliothek di Zurigo, f.
154r.
Descrizione168: membr. 163 x 125 mm. 242 ff. miscellaneo
dell’XI sec. scritto da mani diverse con titoli e iniziali con
inchiostro rosso. La copertina, da cui sporge un gancio, è in
legno rivestito di pelle bianca e mostra la traccia di una chiusura.
Il cod. proviene da S. Gallo e contiene una miscellanea di opere
di argomento prevalentemente liturgico, ma anche estratti ed
annotazioni di tipo medico e precisamente:
ff. 1r-112v: penitenziali, orazioni, estratti da vari autori cristiani,
prediche di Beda e S. Gregorio, inni;
ff. 113r-136v: martirologio di Beda;
ff. 137r-143v: frammento del canone del concilio di Mainz;
ff. 143r-153r: ricette, calendario, caratteristiche delle pietre;
ff. 153v-155r: formule di scongiuro (f. 154r: Ad signandum
domum da una mano del XII sec.)
ff. 155v-240r: tabelle per i calcoli della Pasqua, calendari,
regimina, lunari, estratti dalle opere di Beda, notizie astrologiche.

Edizioni e studi
Harmjanz 1937; Haug/ Vollmann 1991, p. 154, pp. 1154-1156;
Helm 1947; Korsmeier 1997, Miller p. 152; Ohrt 1925; Saibene
1985, pp. 27-31; VL X 1603; Wipf 1992, p. 94, p. 295.

interpreta come parola dotata di una forza magica, l’intero testo avrebbe lo scopo
di impedire al demone di pronunciare questa parola, per evitare che egli possa
quindi recare danno all’uomo. Uno studio recente (Korsmeier 1997, pp. 45-48)
rilegge tutto questo incantesimo come una protezione delle case (che erano fatte di
legno) dai danni provocati dai funghi del legno e interpreta la parola chnospinci
come affine a knospe “fungo, escrescenza” in dialetto svevo (< germ. *knuppa
“ammasso, mucchio, zolla”). Questo tipo di danni, non essendo il fungo visibile se
non quando aveva ormai raggiunto una dimensione tale da provocare seri danni
alla struttura della casa, veniva interpretato come opera del demonio.
168
Mohlberg pp. 146-149.

212
2.4.2 NU VUILLIH BIDAN
(St. LXXX)

Il seguente testo si presenta vergato in scrittura criptata,


secondo una tecnica molto usuale nei ms. medievale: al posto di
ogni vocale è inserita la lettera dell’alfabeto che la segue.

Testo (Dialetto di Treviri, con elementi di francone renano,


XI sec.)
nx vukl lkn bidbn dfn rhchbn crkst thfmbnnflkh chfs ch"kst
thfrdfn dkvvfl gk bbnt isknfn nampn xxkl lkh vuklkh thfn xrfidpn
slbhbn mkttfn cplbpn.

Nu vuillih bidan den rihchan Crist, the mannelihches chenist ist


ther den divvel gibant, in sinen namon uuillih gan;
nu vuilih then ureidon slahan mitten colbon.

Traduzione
Ora io voglio sperare169 nel potente Cristo
che è la salvezza170di ogni uomo
che legò il diavolo
io voglio andare nel Suo nome
ora io voglio colpire171 il Rinnegato172 con i bastoni173.

Confronti
• L’espressione: “in sinen namon uuillih gan” ricorre anche,
come si è visto, nelle Benedizioni per i viaggi.

169
Aat. b!tan (vb. ft. I) ”aspettare, aspettarsi, sperare” (Kö. 115).
170
Il termine chenist corrisponde ad aat. ginist (sost. f. –!) “salvezza, guarigione”
da ginesan (Kö. 425).
171
Per slahan ! Incantesimo di Monaco per le ferite.
172
Ureidon si può collegare ad aat. urerdo (m. –n) “esule” (Kö. 1186) -riferito al
Diavolo, bandito dal cielo perché angelo ribelle-, oppure al vb. db. unreinen
“disonorare, profanare, violare” (Kö. 1164).
173
Aat. colbon (dat. pl.): aat. kolba (sost. f. –#/ -n), kolbo (m. –n), kolb (m. –&/ -!)
“bastone, verga, clava”.

213
Tradizione manoscritta
Nel cod. 564/806 della Stadtbibliothek di Treviri, f. 65v (margine
inferiore).
Descrizione: membr. in ottavo 133 x 95 mm., 112 ff.
miscellaneo e composito databile tra l’VIII e il XIV sec. La
copertina è in legno rivestita in pelle marrone.
Il ms., proveniente da St. Eucharius, contiene una serie di opere
in latino di argomento liturgico e precisamente:
ff. 1-38v: Tractatus de instructione confessorum (fine XIV sec.);
ff. 35-49v: Prediche (fine VIII sec.);
ff. 50-60v: Epistola di S. Gregorio (fine VIII sec.);
ff. 70: due formule di scongiuro in latino (XI sec.);
ff. 70-79v: annotazioni sui vangeli;
f. 75v: nel margine inferiore su quattro righe: Nu vuillih bidan
(XI sec.);
ff. 81-85: orazione;
f. 85v-112: Auctoritates diversorum doctorum.

Edizioni e studi
Keuffer 1900, p. 27; Laufner 1965; VL IX, 1058; Wipf 1992, p.
92, p. 294.

2.5.0 Contro il ladro

Il ladro, presso le popolazioni germaniche, è l’individuo più


disprezzato e punibile per legge, poiché egli agisce con
l’inganno174. Le sue azioni sono collegate col mondo della
stregoneria e dei demoni.
Esistono molti tipi di benedizioni per proteggersi dai furti o
per impedire al ladro di entrare in casa e di fuggire e non
mancano “ricette” per rintracciarlo. Contro i ladri nelle chiese o

174
BS. II, 197-249.

214
ladri di relique esistevano poi delle apposite formule.

2.5.1 DE FURTU
(Miller p. 155)

Questo incantesimo è pressoché sconosciuto. Esso è scritto su


tredici righe, ma della dodicesima sono visibili solo le croci poste
sopra le parole (probabilmente sei), che sono state cancellate e
non sono più visibili neanche con l’uso di reagenti chimici.
Nonostante i molti dubbi di interpretazione, è di grande
interesse anche per le indicazioni pratiche da eseguire
congiuntamente alla recitazione dell’incantesimo stesso. Non
esistono studi su questo testo, eccetto un articolo del 1880.

Testo (bavarese, XIII sec.)


De furtu. Accipe cribrum. Nim ein sip vnd stich en miten da
durch ein spinnelen. da an ein enspin stech. vnd gib daz
zvein ze haben. vf den vingeren gegen ein andr. vde be
stelle alle die hinz den dv dich der diube versehest.
vnd spirch wider ein. Er ist hinne der daz hat ver
stolen Der ander sprech ern ist. Diu wort sprechen dri
stunt. vnd sprich den nv seze ez got uf den reht shvldeger
vnd lege den ein salz uf daz sip. in dem namen des vatr.
in dem namen des svns. In dem namen des heiligen geistes.
In dem namen aller heiligen. In dem namen des heilegen
cruces. Vnd sprich den disiu worte. In crucis wise.
††††††
xpc † calcat.

215
Traduzione
Per il furto. Prendi un crivello. Prendi175 un setaccio176
infilzaci177
dentro un fuso178 poi conficca un altro fuso
e fai in modo di averne due179 sulle dita l’una contro l’altra.
e ordinali180 tutti fino a che181 non osservi182 il ladro183
e parlaci dentro: (egli) è dentro184, colui che ha rubato.
L’altro è uno che parla185. Queste parole dille tre
volte. E di’: ora Dio prendi186 il vero colpevole187
e metti il sale sul setaccio. Nel nome del Padre
nel nome del Figlio, nel nome dello Spirito Santo.
Nel nome di tutti i Santi. Nel nome della Santa
Croce. E di’ queste parole facendo la croce.
††† †††
Cristo viene.

Confronti
• Per ritrovare il ladro si vedano anche ! Appendice n. 181, 182.

175
Aat. nim: imperativo di neman (vb.ft. IV) “prendere” (Kö. 827)
176
Aat. sip, sib, sipf, siph (sost. n. –&) “crivello, setaccio” (Kö. 934).
177
Aat. stehhan, stechan; mat. stechen (vb. ft. V) “conficcare, pungere, trafiggere”
(Kö. 1023), anche aat. stehh#n, stech#n, stekk#n (vb. db. II) “pungere, trafiggere”
(Kö. 1026).
178
Aat. spinnila, mat. spinnel, spindel, spinele “fuso” (Kö. 1008; Lex. II, 1096;
BMZ II, 510).
179
Aat. zuêne, zuô, mat. zw"ne, zw#, zwei (num.) “due” (BMZ III, 951).
180
Mat. bestellen (vb. db.I) “occupare, domandare, richiedere, precisare, ordinare,
calcolare” (Lex. I, 226), aat. bistellen “preparare, ordinare” (Kö. 112).
181
Mat. hinze, hinz (prep.) “fino a” (Lex. I, 1301).
182
Forse da riferire ad aat. firsehan (vb.ft. V) “disprezzare, aspettarsi, fidarsi,
confidare, prevedere, osservare” (Kö. 285).
183
Aat. diob, mat. diube, diuve (sost. f.) “ladro, furto, refurtiva” (Kö. 182; Lex. I,
441).
184
Mat. hinne (avv.) “qui dentro” (Lex. I, 1299).
185
Mat. sprechaere (sost. ft. m.), aat. sprehh&ri “oratore, istrione” (Lex. II, 1111;
BMZ II, 533; Kö. 1012).
186
Mat. setzen (vb. db.I) “mettere, prendere, afferrare” (Lex. II, 894), aat. sezzen,
sezzan (Kö. 933), oppure a %fsezzen (vb. db.) “imporre” (G. VI 299).
187
Mat. schuldigaere, -er (sost. ft. m.) “colpevole” (Lex. II, 812).

216
Tradizione manoscritta
Nel clm. 536 della Bayerische Staatsbibliothek di Monaco, f. 89v.
Descrizione: ! Incantesimo di Prül contro i vermi.

Edizioni e studi
Birlinger 1880; Keinz 1867; MSD p. 276.

217
3. CONCLUSIONI

3.1.1 Considerazioni sulla problematica dei generi

Come si è accennato nella parte introduttiva, gli incantesimi


non hanno una collocazione ben precisa all’interno della
produzione letteraria, e, mentre alcuni studiosi, tra cui Eis,
tendono ad inserirli nella Fachliteratur cui appartengono i testi
aventi un fine pratico, finalizzati, cioè, ad uno scopo preciso, altri
li considerano opere letterarie, che appartengono alla tradizione
culturale e sono state tramandate per puro gusto antiquario.
Dal punto di vista formale, un incantesimo, al pari della ricetta
medica, genere molto diffuso nel medioevo e con cui molto
spesso condivide la stessa pagina nel manoscritto, può essere
definito “rimedio”; un rimedio è, infatti, qualcosa che risponde
ad una struttura del tipo:
se hai x, fai y
Nel caso delle ricette, il “fare” si traduce effettivamente in
azioni pratiche come quelle di assumere erbe, mentre negli
incantesimi il “fare” coincide quasi esclusivamente con il “dire
qualcosa”; questo tipo di rimedio può essere definito “rimedio
verbale”. L’associazione fare-dire ci riporta alla teoria austiniana
del “dire è fare”.
Si è detto che alla base di qualsiasi tipo di incantesimo c’è la
fede nella potenza creatrice della parola. Questo dato risulta
evidente dalla semplice lettura di ciascun testo, in quanto tali
rimedi verbali sottendono una struttura del tipo:
se hai x dì y.
Potremmo affermare, quindi, che per essere considerato tale un
rimedio verbale deve contenere l’indicazione, che può essere
anche sottintesa: “se hai questo problema (oppure: “contro
questo”) di’ le seguenti cose”. E’ bene sottolineare, inoltre, che
non ha alcuna importanza se le cose da dire siano preghiere o
invocazioni cristiane, poiché, come si è detto in precedenza, in
questo contesto le espressioni della liturgia vengono usate
secondo gli scopi e i mezzi della magia e della superstizione.

218
3.1.2 Gli elementi compositivi dei rimedi verbali

Un rimedio verbale può essere di diversi tipi; dal ricco corpus


di testi qui analizzati cercheremo di estrapolare una serie di
criteri per distinguerli fra loro, senza però giungere ad elaborare
delle categorie rigide, poiché, come si è detto, nel corso della
trasmissione si sono avute numerose fusioni di motivi e di nuclei
narrativi diversi.
Possiamo individuare alcuni elementi costitutivi ricorrenti che,
sommandosi e mescolandosi fra loro, danno vita ai diversi tipi di
rimedi verbali; essi si distinguono in:

• “conferma (per il destinatario)”: si ha quando l’officiante si


rivolge direttamente al beneficiario del rimedio per confermare il
buon esito di esso, con una locuzione o un imperativo che di fatto
sancisce la soluzione del problema:
daz dir zo bvza (! 1.3.6.1); stant uf ... got der gebot (! 1.4.1);
da mite si dir din ouga gesegenet, daz dir ze buozza (.); insprinc
haptbandun ... (! 2.1.1);

• “invocazione”: si tratta di una serie di vocativi e attributi


indirizzati alla divinità che solitamente, ma non sempre, si
identifica con il Dio cristiano, come ad esempio:
daz heilige himelchint ... der si hiute min halsperc (! 2.2.1);
du gnâdige Crist du der in demo himile bist (! 1.2.6);

• “istruzioni”: ovvero le indicazioni pratiche date all’officiante,


solitamente espresse in lingua latina, utili per l’esecuzione
corretta del rito, ad esempio:
dic colorem (! 1.2.4); hoc dicatur ter et ... fiat nodus ... (!
1.3.2); singula ter dicat (! 1.3.8.1); accede ad infirmum ... et dic
ter, ad dextro pede dextrum latus ..., hoc fac ter ... (! 1.4.1);

• “modello”: si tratta del racconto di un passato che serve da


precedente, detto “antefatto mitico”, e che Ramat ha definito
“mito”; fornendo il modello per il risultato che si vuole ottenere,
esso consente di stabilire la validità dell’incantesimo che ci si

219
accinge a recitare1. Esso solitamente costituisce l’incipit, ma può
anche essere inserito all’interno del discorso; alcuni esempi:
Der hêrre Job lach in miste (! 1.2.5); Phol ende uuodan
uuorun zi holza (! 1.1.7); Christ uuart gaboren er uuolf.. (!
2.3.3); Xrist vvârd an erthe geboren (! 1.1.2);

• “ordine”: è l’imperativo diretto al male o al problema


(solitamente gli si intima di sparire), ad esempio:
gang uz nesso (! 1.2.7); Eiter bistu zegan soltu (! 1.3.5);

• “parole magiche”: sono termini privi di significato, ma


pregni di “suggestione magica”, come ad esempio:
Kardeya, Karnentia, Carnisonsetica ... (! 1.3.10);

• “rafforzativi”: ovvero quegli elementi liturgici che


suggellano di fatto la magia, come ad esempio:
In gotes namen (...), bi sancto Germano (! 1.2.4); bi gotes
worten (! 1.2.8); in nomine Ihesu Christi, bi den heiligen funf
wnten, fiat (! 1.3.6.2); durh des heiligen Christes minna (!
1.3.7.0); in dem namen des vater ... bi dem crûce (! 1.3.9); in
principio, increatus ... (! 1.3.5); pi gode iouh pi ... (! 1.7.1); in
nomine ... nomine Tetragammaton, miserere nobis (! 2.2.1);

• “richiesta”: si tratta dell’esortazione, indirizzata alla divinità,


di intervenire per la soluzione del problema; come ad esempio:
abstrahe domine malum istud (! 1.3.5); der heiligo
Christ...der gauerdo uualten ... de frumma mir ... (! 2.3.3);

“similitudine”: può essere esplicita o implicita e serve a


rafforzare la validità del rimedio, già “riuscito” in un passato che
può essere quello descritto oppure può essere sottinteso (di solito
si riferisce a episodi della vita di Cristo); ad esempio:
sicut abstraxisti ...(! 1.3.5); als unserem herren waere ... (!
2.2.1).

1
Ramat 1976, p. 60.

220
3.1.3 Tipologie

In base a come gli elementi appena messi in luce si combinano


fra loro, è possibile evidenziare alcune tipologie ricorrenti. A mio
avviso, non è produttivo tentare di ricondurre ogni incantesimo
all’interno di una rigida categoria, poiché tali elementi, come è
facilmente osservabile, si mescolano e si sovrappongono tra loro,
dando vita anche a delle forme ibride. Nel corpus degli
incantesimi esaminati si sono riscontrate le seguenti tipologie.

1) modello + similitudine. Si tratta della struttura più


ricorrente. Nella maggior parte dei casi, alla struttura “pura”
iniziale si sono aggiunti altri elementi, come ad esempio
istruzioni su azioni da fare e/o rafforzativi e parole magiche:
- Crist unte Iudas ... + sose Iordanis aha ... (! 1.3.6.1);
- Sanfde inde wale ... + also wale gelaze den minschen ... (+
herena saltuo sprechin ... bit drin venijn) (! 1.6.1);
- Der hêrre Job lach in miste + also si .N. des manewurmes ...
(+ Carnax alia ...) (! 1.2.5);
- Phol ende uuodan uuorun + sose gelimida sin (! 1.1.7);
- Man gieng after wege ... + samo demo got da selbo buozta +
tu rune imo in daz ora (! 1.1.1);
- Christ und iohan giengon ... + so stant du (! 1.3.2);
- Crist uuarth giuund + so duo thu bluod (! 1.3.1);
- Quam Krist endi sancte Stephan + soso ... so gibuozi ihc it
(! 1.1.6);
- Johan was êin man ... + so do diz ros des mordes (! 1.1.3);
- Visc flot aftar demo uuatare ... + the seluo ... thie gihele...(!
1.1.5);

In alcuni casi, il fatto che la guarigione sia auspicata per


analogia con i fatti raccontati viene sottinteso e, al posto della
similitudine, possiamo trovare altre componenti, quali ad
esempio delle istruzioni pratiche:
- drî guot pruder giengen + sprich den segne dristunt ...unt tuo
nith mêr...(! 1.3.9);
oppure dei rafforzativi e/o delle conferme per il destinatario:
- Crist wart wund + duorc des heiligen cristes willen + diz di

221
din buozen (!1.3.3);

Se il racconto esemplare è molto noto, è possibile che esso non


venga raccontato, ma solo accennato, tanto da sembrare
scollegato con il resto, come si vede in !1.2.1, in cui abbiamo
una struttura del tipo: istruzioni + modello. Va notato, inoltre,
che, tranne il “modello”, tutto l’incantesimo è in lingua latina:
- Post solis occasum ... + Crist uuart geboran ... (! 1.2.1);

simile a questa, ma in lingua tedesca e con similitudine


esplicita è un’altra forma ibrida con struttura del tipo: (istruzioni)
+ modello + similitudine (+ conferma):
- Ganc ze demo fliezzentemo ... + mit demo selben segena, so
... (! 1.5.2).

2) Ordine (+ rafforzativo). Si tratta della forma più semplice


di incantesimo, che secondo alcuni studiosi doveva rappresentare
la forma “originaria” da cui sarebbero derivate, per addizione o
per fusione, tutte le altre. Secondo Ramat questo tipo di testo
deve essere definito “scongiuro” e non “incantesimo”2, ma a mio
avviso questa distinzione non è necessaria, anche perché non è
possibile, in base ai dati al momento disponibili, delineare
perfettamente l’evoluzione cronologica di tali testi.
All’imperativo diretto al male possono aggiungersi altri elementi,
che in ogni caso non intaccano la struttura di base:
- gang uz nesso (+Ter pater noster) (!1.2.7);
- sizi sizi bina ... (+ inbot dir sancte maria) (! 2.3.2);
- gang ut nesso (+ Drohtin uuerthe so!) (! 1.2.3);
- (uuola uiht ...) + taz tu neuueist ... (! 2.4.1);

In certi casi ad un nucleo iniziale di questo tipo si aggiungono


o si ampliano delle parti aventi la funzione di rafforzare e
confermare quanto già espresso:
- ich beswer hivte dine hir, das hivte sich winnende si...; bi
dem hailigen xpe...hailigen blvote (...), secundum uoluntatem

2
Ramat 1976, p. 73.

222
tuam (! 1.5.1).

Oppure l’ordine può non essere diretto al male da sconfiggere,


ma a qualcosa che può intervenire sugli eventi, come ad esempio
il sole:
- Ich besuere dih sunno... (! 1.2.4).

L’aggiunta di istruzioni pratiche e altri elementi al nucleo


iniziale, può dare luogo ad un’ulteriore forma ibrida del tipo:
(istruzioni) + ordine (+ rafforzativi):
- (cum minimo digito...) + ich biminiun dih...+ adiuro te ut non
crescas (+ per pater et filium... ) (!1.7.1) ;
- (Lignum de sepe..., aditis his teutonicis uerbis, Si hoc tribus
diebus... ) + ich besueren dich uberbein (+ bi demo holze)
(!1.8.1).

3) Modello + ordine (+invocazione / istruzioni). Si tratta di


un altro gruppo piuttosto consistente di incantesimi che al
racconto esemplare fa seguire l’ordine diretto al problema da
risolvere. Tale tipo di struttura si riscontra con maggiore
frequenza nei rimedi contro le emorragie:
- Crist wart hien erden wnt + heil sis tu wnte / (+ich besuere
dich3) (! 1.3.6.2);
- stuon des adamez zun + samath friwize dich (! 1.4.2);
- do quam des tiufeles sun + also tuon ich ih dih (! 1.4.1);
- Genzan unde Iordan + uerstande tiz plot, stant (!1.3.8.1);
- Vro unde Lazakere keiken...(+ parte mancante ?) (! 1.3.8.2);
- der hêligo Christ wart geboren + also verstant dû bluotrinna
(!1.3.7.0).

La posizione di questi elementi può anche cambiare, e vi si


possono mescolare anche altri elementi, ad esempio: Ordine +
Modello + similitudine + Ordine (+ istruzioni + rafforzativi/
invocazioni):

3
Quest’ultima “ripetizione” è probabilmente un’aggiunta posteriore che si è fusa
con una “base” iniziale, caso questo molto diffuso tra i testi analizzati.

223
- Ich gebiude dir wurm + ... bi Jehsu Nazareno, der ze bethlem
geboren wart+ quicumque homini hac medicina vermem emedare
uelit ... (! 1.2.2)
- wrm ich gebivte dir + canta:...et dic + Adiutorium nostrum...
(! 1.2.8);
- Longinus miles... + Adiuro sangue...+ quam iordanis aha... (+
pater noster cum gloria) (! 1.3.11).

Dal tipo “modello + ordine” deriva una ulteriore forma ibrida,


in cui, al posto dell’imperativo diretto al male, troviamo una
richiesta di intervento alla divinità, che nel caso specifico deriva
da un fraintendimento del termine “tumbo”, avremo quindi un
tipo “modello + richiesta”:
- Tumbo saz in berke + Tumbo uersegene tivsa uunda (!
1.3.8.3).

Anche il Primo incantesimo di Merseburg sembra da


ricondurre a questa tipologia, sebbene l’imperativo finale non sia
rivolto al male, ma al destinatario, cioè al prigioniero che vuole
liberarsi:
- Eiris sazun idisi + insprinc haptandun (! 2.1.1).

4) Un’altro gruppo di testi, invece, si discosta notevolmente da


quelli analizzati finora: si tratta delle benedizioni per il viaggio e
la partenza. La differenza sostanziale tra questi due tipi è che nel
primo la benedizione viene data in seconda persona, mentre nel
secondo tipo l’officiante parla in prima persona e si rivolge
direttamente all’interessato, quindi qui abbiamo delle esortazioni
e degli ottativi rivolti alla persona che sta partendo; nonostante la
disposizione possa cambiare e variare in ampiezza, gli elementi
caratteristici di tali testi sono:

richiesta + invocazione (+ similitudine), ognuna di queste


componenti si può ripetere e intrecciare varie volte:
- daz sî hiute mîn frideschilt! (...) + in nomine... + als unserem
hêrren wære ... (! 2.2.1);
- In nomine...+ got mit gisundi... + da min fravwi sandi marie
... (! 2.2.3).

224
Nella Benedizione di Tobia (! 2.2.2), a questi elementi, che si
ripetono e si intrecciano fra loro, si aggiunge una sorta di
introduzione narrativa, che in realtà non funge da “antefatto
mitico” come negli incantesimi del primo tipo, ma serve a
giustificare le parole stesse della benedizione, che risultano in tal
modo inserite nella cornice del racconto:
- siner sun er sande..ein segen wart ob ime getan + ..der mueze
dich behüeten .. + ...als er von ime was behuot .. (! 2.2.2).

Questi ultimi tre testi si discostano notevolmente dagli altri,


poiché mostrano delle caratteristiche simili non tanto alle ricette,
quanto alle preghiere vere e proprie. Se abbiamo definito
“rimedio” qualcosa che sottende una struttura del tipo “se hai x
fai y”, potremmo anche includere la preghiera cristiana come
rimedio verbale in cui non si ha più, come negli incantesimi “se
hai x dì y”, ma:
per evitare x, invoca y.

3.1.4 Incantesimi e benedizioni

Riguardo alla terminologia usata per denotare i testi analizzati,


bisogna evidenziare una concreta difficoltà dovuta non solo,
come si è visto, alla laboriosità di suddivisioni categoriche
all’interno del genere, ma anche ad una non perfetta
corrispondenza nella traduzione dei termini tedeschi in italiano.
Gli studiosi tedeschi usano solitamente chiamare
Zaubersprüche solo gli incantesimi di indiscussa origine pagana
(quindi, in ultima analisi, solo quelli di Merseburg, se pure, a ben
guardare, neanche quelli), e Segen tutti gli altri. In italiano, però,
tradurre automaticamente Segen con “benedizioni” produce un
certo imbarazzo; esse, pur non potendo essere definite pagane,
sono, infatti, anche e necessariamente diverse dalle benedizioni
cristiane di uso liturgico.
Si è visto, inoltre, che sebbene sia possibile delineare delle

225
tipologie distinte e distinguibili all’interno del genere, i vari
elementi compositivi dei “rimedi verbali” si intrecciano e si
fondono al punto tale che, volendo chiamare in modo diverso
ogni nuova combinazione, sarebbe necessaria una quantità di
definizioni che a mio avviso non aggiungerebbero niente alla
comprensione e alla conoscenza dei testi. Pur avendo
inizialmente accolto la distinzione “tedesca” tra incantesimo e
benedizione, ritengo opportuno, alla luce dell’analisi svolta,
denominare “incantesimo” tutti i rimedi verbali appartenenti ai
primi tre gruppi, lasciando la denominazione “benedizione” alle
sole benedizioni per i viaggi e le partenze (quarto gruppo). Esse,
come hanno evidenziato Stuart e Walla, si discostano dagli altri
tipi di testo anche perché hanno una maggiore affinità con i testi
di tradizione letteraria piuttosto che con quelli di “uso
quotidiano”.
Il nucleo centrale di una benedizione è dunque: invocazione +
richiesta, alla quale possono aggiungersi altri elementi
(istruzioni, rafforzativi, similitudini, conferma). Tali elementi
ricorrono, in verità, anche negli incantesimi, ad essi è però
riservato uno spazio esiguo, a differenza che nelle benedizioni,
ove essi costituiscono la parte più consistente, che viene ripetuta
e ampliata.

Alcuni testi, nelle diverse antologie affiancati solitamente agli


incantesimi e in un primo momento inclusi nella presente analisi,
sono stati in un secondo momento esclusi, poiché non rispondono
alla definizione di “rimedio verbale”; tra questi, ad esempio,
Nisal nieman e la Benedizione di Monaco contro i vermi (!
Appendice n. 179 e n. 53), i quali potrebbero essere forse
considerati un “residuo” di un incantesimo, ma hanno ormai
perso ogni connotazione magica, così come in ! 1.3.8.2 (“Vro
unde Lazakere”), che potrebbe essere l’incipit (il racconto o
“modello”) di un incantesimo di cui però nessun codice ci
tramanda il seguito.
Un discorso a parte merita Suemo du kela (! 1.9.1), testo che
risponde in parte ai criteri qui evidenziati poiché viene
specificato che per guarire bisogna “dire” qualcosa; la prima
volta viene usato il termine “benedire” e la seconda “dire”, ma si

226
tratta di una “zona di confine” tra la benedizione e la vera e
propria preghiera.

3.2.0 La potenza della parola. Considerazioni linguistiche


3.2.1 Atti linguistici performativi

Si è visto come sia possibile distinguere ciò che è magico da


ciò che non lo è, e abbiamo visto cosa sono e come si possono
distinguere i diversi tipi di rimedi verbali dall’osservazione dei
loro elementi strutturali. Ora è importante confrontare questi dati
su un altro piano, vedere, cioè, se e come ai diversi elementi
strutturali individuati corrispondano diversi tipi di atti linguistici.
Come si è già accennato, la magia può agire nel testo in vari
modi, a livello lessicale attraverso termini intrinsecamente
magici, a livello stilistico-formale attraverso tecniche e figure
ricorrenti (parallelismo sintattico, similitudine) e a livello
pragmatico attraverso atti linguistici dichiarativi (o commissivi) e
direttivi, finalizzati alla immediata e diretta trasformazione della
realtà, in altre parole, tali atti linguistici hanno valore
performativo4 durante l’esecuzione della formula.
Secondo la classificazione proposta da Searle5 gli atti illocutivi
possono essere:
rappresentativi, se caratterizzati dallo scopo illocutorio di
impegnare il parlante alla verità della proposizione espressa,

4
Secondo Austin, il “performativo esplicito”, che corrisponde ad una formula del
tipo “Con queste parole io + verbo al pres. indicativo”, si può classificare in:
1) verdittivi, come: condannare, valutare, calcolare, riconoscere, interpretare;
2) esercitativi, come: votare, ordinare, eleggere, licenziare, scomunicare, multare,
reclamare;
3) commissivi, come: promettere, supplicare, giurare, acconsentire, scommettere,
sottoscrivere;
4) espressioni di comportamento, come: scusarsi, ringraziare, congratularsi,
deplorare, augurare, lamentarsi;
5) espositivi, come: affermare, negare, riferire, citare, ammettere, informare,
concordare, obiettare, dedurre, spiegare, concludere, illustrare.
5
Searle 1976, p. 85 e seg.

227
come: asserzioni, constatazioni, spiegazioni, classificazioni,
descrizioni, diagnosi;
direttivi, se caratterizzati dallo scopo illocutorio di far fare
qualcosa all’interlocutore, come: comandi, richieste, domande,
inviti e consigli;
commissivi, se caratterizzati dallo scopo illocutorio di
impegnare il parlante a una determinata condotta futura, come
promesse, giuramenti, minacce, offerte;
espressivi, se caratterizzati dallo scopo illocutorio di esprimere
uno stato psicologico relativo al contenuto della proposizione,
come: ringraziamenti, congratulazioni, scuse;
dichiarativi, la cui esecuzione determina la corrispondenza tra
il contenuto proposizionale e uno stato del mondo, come:
sposare, dichiarare guerra, nominare, licenziare, lasciare in
eredità.
Tornando agli elementi costitutivi dei rimedi verbali, si
osserva che il “modello” è caratterizzato da atti rappresentativi,
espressi al preterito: essi hanno la funzione di descrivere un fatto
o di constatarne l’esistenza.
Per quanto riguarda l’ordine diretto al male, esso è
caratterizzato da atti dichiarativi espressi dall’imperativo (“io ti
ordino”, “esci fuori”, “fermati”, ecc.);
le “istruzioni” sono invece espresse da atti direttivi (“dì tre
volte”, “strofina la zampa”, ecc.), che possono essere sia espressi
con l’imperativo che con una forma impersonale del tipo: “questo
si dica per tre volte”;
le “richieste”, anch’esse atti direttivi, sono invece solitamente
espresse all’ottativo “mi aiuti la santa forza di Dio”, “possa Dio
mandarti a casa sano”.
Per quanto concerne la “conferma” è interessante notare che,
specialmente nell’espressione “questo per te per la guarigione”,
essa coincide con la riuscita stessa dell’incantesimo, o, in altre
parole, con la trasformazione della realtà.

228
3.2.2.Il lessico

Nel lessico degli incantesimi esaminati è possibile individuare


due tendenze: un gruppo di testi che tende ad assomigliare alle
ricette mediche nel modo in cui vengono elencate le malattie o le
operazioni da eseguire, un altro gruppo di testi il cui lessico si
avvicina maggiormente al linguaggio proprio della liturgia.
Per quanto concerne invece la connotazione “magica” data dal
lessico è bene sottolineare che anche l’uso di espressioni
liturgiche o l’indicazione di recitare una preghiera o di segnarsi
non compromette anzi rafforza l’intento magico. Gli elementi
riconducibili al Cristianesimo vengono, infatti, “usati” per gli
scopi e con i modi tipici della magia, almeno nella maggior parte
dei casi.
Questa tendenza è molto forte negli incantesimi “curativi”,
quelli cioè che sono finalizzati alla cura delle diverse malattie,
mentre gli incantesimi destinati a scongiurare un male futuro
sono tendenzialmente più vicini alle preghiere cristiane.
Quest’ultimo gruppo di testi, inoltre, è quello che, dal punto di
vista della tradizione manoscritta, risale ad un periodo più
recente ed è quello che resta produttivo nella fase del tedesco
medio e moderno.

3.3 La tradizione manoscritta. Confronto dei dati

Dall’analisi della tradizione manoscritta risulta una quasi


perfetta divisione tra gli incantesimi inseriti in codici di
argomento religioso e quelli inseriti in codici di argomento
medico; in entrambi i casi si tratta solitamente di codici
miscellanei. La seguente tabella mostra la situazione dei singoli
testi e del loro contesto:

229
NOME COLLOCAZIONE POSIZIONE CONTENUTO
DEL CODICE

Ad catarrum dic Cod. 40/1018 Stadtbib. margine inf. misc. med.


Trier f. 19v.

Ad equum errehet Cod. nouv. acquis. lat. sp. scritt. 6 misc. med.
229 Bib. Nationale Paris,
f. 10r.

Ad equum Cod. pal. lat. 1158 margine sup. med.


infusum Bib.Vaticana Roma f. 68v. ultimo f.

Ad fluxum Cod. nouv. acquis. lat. sp. scritt. misc. med.


sanguinis narium 229 Bib. Nationale Paris,
f. 10r.
Ad pestem equi Cod. pal. lat. 1158 margine sup. med.
Bib.Vaticana Roma f. 68v. ultimo f.

Ad restringendum Cod. M 863 Pierpoint sp. scritt. misc. med.


sanguinem- Morgan Library New
Abdinghof York, f. 5v.

Ad restringendum Cod. 62b collezione sp. scritt. misc. med.


sanguinem- Erfurt Amplonian
Wissenschaftliche
Allgemeinbib. Erfurt, f. 8r.

Ad signandum Cod. misc. car. C 176 sp. scritt. misc.


domum contra Zentralbib. Zürich, f. rel. e med.
diabolum 154r.

Ad uermem qui in Cod. nouv. acqu. lat. 356 spazi liberi med.
caballo est Bib. Nationale Paris f. ultimo f.
69r.

Benedizione di Clm. 23374 sp. scritt. misc. rel.


Monaco per la Staatsbib.München, ff.
partenza 15v-16r.

6
Con questa abbreviazione si intende che il testo in questione è stato vergato
all’interno dello specchio di scrittura, senza particolarità grafiche che lo
distinguano dagli eventuali altri testi contenuti nel foglio.

230
NOME COLLOCAZIONE POSIZIONE CONTENUTO
DEL CODICE

Benedizione di 1) Cod. C 664 1) f. di guardia; 1) misc. med.;


Tobia Universitätsbib. Uppsala, 2) ultimo f.; 2) rel.;
ff. 53-54; 3) sp. scritt. 3) misc. rel.;
2) Clm. 17051 Staatsbib. (diviso in due 4) rel.;
München, f. 225r; parti); 5) misc. med.;
3) Cod. cent. VII, 8 4) sp. scritt.; 6) misc.
Stadtbib. Nürnberg, ff. 5) sp. scritt.; med. e rel.;
146r-148v; 6) sp. scritt.; 7) misc. rel.;
4) Cod. 14 7) ff. di 8) misc. rel.
Universitätsbib. Rostock, guardia; (uso liturgico);
ff. 145rv; 8) sp. scritt.; 9) misc. rel.;
5) Cod. 2817 Nationalbib. 9) sp. scritt.; 10) misc. rel.
Wien, f. 24v e 25v; 10) sp. scritt.. (uso liturgico).
6) Cod. extrav. 226
Herzog-August Bib.
Wolfenbüttel, ff. 54r-55v;
7) Cod. XI, 353 Stiftbib.
St. Florian, f. 187rv;
8) Cod. cent. VII 38
Stadtbib. Nürnberg, ff.
203v-205v;
9) Cod. 5832
Germanisches
Nationalmuseum
Nürnberg, ff. 2r-5r;
10) Cgm. 850 Staatsbib.
München, f. 53v-59r;
11) frammenti di Erfurt;
12) “deutsche
Historienbibel”;
13) frammenti di
Schönbach.

Benedizione di Cod. HB II 25 Landesbib. spazi liberi misc. rel.


Weingarten per il Stuttgart, f. 123v.
viaggio

Contra caducum Cod. nouv. acquis. lat. sp. scritt. misc. med.
morbum 229 Bib. Nationale Paris,
f. 10r.

Contra fluxum Clm. 100 Staatsbib. sp. scritt. misc. rel.


sanguinis München, f. 74r.

231
NOME COLLOCAZIONE POSIZIONE CONTENUTO
DEL CODICE

Contra malum Cod. 218 Universitätsbib. spazi liberi misc. med


malannum Bonn, f. 41r.

Contra rehin Cod. C 58/275 Zentralbib. sp. scritt. med.


Zürich f. 47r.

Contra uberbein Cod. nouv. acquis. lat. sp. scritt. misc. med.
229 Bib. Nationale Paris,
f. 10r.

Contra uermem Cod. nouv. acquis. lat. sp. scritt. misc. med.
edentem 229 Bib. Nationale Paris,
ff. 9v-10r.

Contra uermes Cod. nouv. acquis. lat. sp. scritt. misc. med.
pecus edentes 229 Bib. Nationale Paris,
f. 10r.

Contra vermes Cod. 751 Theol. 259 spazio vuoto rel.


Nationalbib. Wien, f. dell’ ultimo f.
188v.

De furtu Clm. 536 Staatsbib. sp. scritt. misc. med.


München, f. 89v.

De hoc quod Cod. 751 (Theol. 259) spazio vuoto rel.


spurihalz dicunt Nationalbib.Wien, f. 188v. dell’ ultimo f.

Incantacio contra Cod. 40/1018 Stadtbib. margine inf. misc. med.


equorum Trier f. 36v-37v.
egritudinem ...

Incantesimi di Cod. Misc. Med. 6 sp. scritt. misc. med.


Bamberga 1 e 2 Stadtbib. Bamberg, f.
139r2.

Incantesimi di 1) Cod. 1705 1) spazi vuoti 1) misc. rel.


Millstatt per Nationalbib.Wien, f. 32r; 2) f. di guardia 2) misc. med.
fermare il sangue 2) Cod. C 664
Universitetsbib. Uppsala.

232
NOME COLLOCAZIONE POSIZIONE CONTENUTO
DEL CODICE

Incantesimi di perduto. ? ?
Strasburgo per
fermare il sangue
1, (2), 3

Incantesimo di Ms. 130 Peterhouse spazio vuoto rel.


Cambridge per gli Library Cambridge, f.
occhi 219v.

Incantesimo di Cod. 264, Bib. Nationale spazi liberi rel.


Gotha per la Luxemburg, f. 407r e
febbre 414v.

Incantesimo di Cod. 784 Universitätsbib. ultimo f. rel. (liturgico)


Graz per la Graz, f. 148v.
grandine

Incantesimo di Cod. 1501 ultimi ff. misc. rel.


Lambrecht contro Universitätsbib. Graz, ff.
i vermi 132v-133r.

Incantesimo di Cod. pal. lat. 220 Bib. margini sup. misc. rel.
Lorsch per le api Vaticana Roma, f. 58r. al rovescio

Incantesimo di Clm. 23374 Staatsbib. sp. scritt. misc. rel.


Monaco per le München, f. 16v.
ferite

Incantesimo di Clm. 536 Staatsbib. sp. scritt. misc. med.


Prül contro i München, f. 84r.
vermi

Incantesimo di Cod. 134 Bib. Humaniste margine inf. misc. rel.


Sélestat per Schlettstadt (Sélestat) f. al rovescio
fermare il sangue 38r.

Incantesimo di Cod. Vindobonensis 552 spazi liberi misc. rel.


Vienna per i cani Nationalbib.Wien, f. 107r.

Incantesimo di Cod. 51 Rheinau margine inf. rel. (liturgico)


Zurigo per Zentralbib. Zürich, f. 23v.
fermare il sangue

Nu vuillih bidan Cod. 564 della Stadtbib. margine inf. misc. rel.
di Trier, f. 75v.

233
NOME COLLOCAZIONE POSIZIONE CONTENUTO
DEL CODICE

Oculorum dolor Clm. 14472 Staatsbib. margine inf. rel.


München, f. 166v. dell’ultimo f.

Primo incantesimo Cod. 136 (/58) spazi liberi rel.


di Merseburg Domkapitel Merseburg, f. del f. di guardia
85r .

Pro cadente morbo Clm. 14763 Staatsbib. spazi liberi misc. rel.
München, f. 88v.

Pro Nessia Clm. 18524b Staatsbib. f. di guardia rel.


München, f. 203v.

Quem vermis Cod. med. 652 sp. scritt. misc. med.


mordet Universitätsbib.
Innsbruck, ff. 77v-78r.

Secondo Cod. 136 (/ 58) spazi liberi rel.


incantesimo di Domkapitel Merseburg f. del f. di guardia
Merseburg 85r.

Suemo du kela Clm. 23390 Staatsbib. spazi liberi misc. rel.


München, f. 59v.

Non è possibile individuare una “preferenza” nella scelta


dell’argomento del ms. a cui sono stati associati tali rimedi.
Emerge però un particolare che potrebbe rivelarsi interessante, e
cioè che nella maggior parte dei casi, quando abbiamo a che fare
con testi di argomento religioso, sono testi che dovevano avere
un uso pratico nell’esecuzione della liturgia, come ad esempio
sermoni, spiegazioni dei vangeli, preghiere e benedizioni di vario
tipo, e non, ad esempio, trattati teologici. Tali considerazioni,
tuttavia, non possono essere prese in senso assoluto, ma solo
come l’individuazione di una tendenza. Esistono, infatti, delle
vistose eccezioni, come il caso di clm. 17051 che riporta una
delle versioni della Benedizione di Tobia e che contiene il De
civitate Dei di Agostino.
Per quanto concerne i codici di argomento medico, gli
incantesimi sono spesso elencati insieme agli altri rimedi, per

234
curare uno stesso disturbo oppure uno simile.

3.3.1 Uso degli incantesimi nella realtà

Correlata con la tradizione manoscritta è anche la questione


sull’uso degli incantesimi; fu Jacob Grimm7 il primo a chiedersi
come mai un monaco impegnato a divulgare il Cristianesimo
potesse aver copiato testi pagani accanto a testi sacri. L’ipotesi
avanzata da J. Grimm fu che il copista non avesse visto un
legame diretto tra il paganesimo e gli incantesimi, e questo è
plausibile. A. Schirokauer8, invece, faceva notare che gli
incantesimi, essendo testi molto brevi, ben si prestavano ad
essere inseriti negli spazi vuoti dei manoscritti o ai margini; il
copista (in genere diverso da quello che aveva trascritto il testo
principale del manoscritto) li aveva evidentemente ritenuti utili
anche ai fini della conversione, poiché essi riecheggiavano la
medicina e le credenze popolari.
Negli studi successivi, il problema dell’effettivo uso degli
incantesimi è stato ignorato e gli studiosi si sono concentrati su
altri aspetti, come ad esempio la problematica su una eventuale
trasmissione orale degli incantesimi9. Seguendo la classificazione
proposta da Stuart e Walla avremo quattro gruppi di incantesimi,
in base alla posizione che essi occupano all’interno del codice:
1) incantesimi tradotti o modellati su un precedente latino o
greco; in questo caso non si ha alcuna prova che i testi trovassero
anche una applicazione pratica;
2) incantesimi copiati da trattati scientifici o di medicina;
questo tipo di testi si presta in parte ad ipotizzare un uso pratico;
3) incantesimi indipendenti inseriti in codici miscellanei; qui la
difficoltà risiede principalmente nel fatto che non sappiamo chi e

7
Grimm 1865, p. 22.
8
Schirokauer 1954, pp. 353-364.
9
Alcuni studiosi, come S. Fuller, avevano ipotizzato una trasmissione orale per gli
incantesimi di Merseburg ma questa ipotesi venne poi smentita da Stuart e Walla i
quali dimostraronono come gli incantesimi di Merseburg fossero stati copiati da un
antigrafo e di come fosse lecito parlare, invece, di vera e propria tradizione
letteraria (Fuller 1980; Stuart/ Walla 1987, pp. 53-55).

235
in che misura fosse responsabile per la scelta dei testi, se il
committente o il copista stesso, e, in ogni caso, non possiamo
escludere la possibilità che il copista talvolta copiasse la pagina
intera senza distinguerne il contenuto. Il fatto che un incantesimo
fosse copiato come testo a se stante in un codice miscellaneo
rende tuttavia più credibile l’ipotesi di un suo utilizzo pratico;
4) incantesimi che appaiono in codici latini di contenuto
religioso, storico o scientifico trascritti a margine, negli spazi
vuoti, nei fogli di guardia, generalmente scritti da un’altra mano
(in genere più tarda) rispetto al testo principale, anche se non
mancano esempi di incantesimi scritti dalla stessa mano. Gli
incantesimi alto-tedeschi più antichi sono spesso tramandati in
questo modo e una spiegazione possibile potrebbe essere che,
essendo la pergamena molto preziosa, quei testi che non erano
ritenuti adatti - a causa dell’argomento o perché scritti nella
lingua del popolo - ad essere ricevuti all’interno di pagine
considerate più “nobili”, potevano comunque essere conservati.
Inoltre, la grafia con cui vengono copiati è generalmente meno
accurata di quella usata per il resto del codice. Normalmente
questi incantesimi mostrano di non avere nessuna relazione col
testo principale. A differenza delle tre precedenti categorie, in cui
l’attività del copista risulta alquanto passiva, in questa si assiste
ad una sua attiva partecipazione e ci sono buone probabilità che
gli incantesimi venissero in qualche modo anche usati nella
pratica. Va comunque ricordato che normalmente gli scongiuri
sono scritti da una mano più tarda rispetto al testo principale.
Lo studio di Stuart e Walla conferma l’importanza dell’analisi
della tradizione manoscritta come fonte preziosa di informazioni
e sottolinea che, sebbene in teoria si possa ipotizzare un uso
pratico degli incantesimi e delle benedizioni, esso è tuttavia
improbabile al momento della trascrizione. Ci si deve
“accontentare” dell’ipotesi più plausibile che, a spingere un
copista a conservare tali testi, fosse la semplice curiosità o un
personale interesse “antiquario”.
A mio avviso la questione sull’uso effettivo degli incantesimi
non può esaurirsi in una visione superficiale; la maggior parte
degli studiosi si è concentrata sull’analisi degli incantesimi di
Merseburg, i quali, in effetti, sono testi che non palesano un forte

236
contatto con la realtà, mentre di altri incantesimi l’uso pratico si
può ipotizzare con maggiore sicurezza, mi riferisco ad esempio
agli incantesimi contro le emorragie e contro i vermi. Tale
problematica andrebbe tuttavia valutata caso per caso tenendo
conto sia della singola tradizione manoscritta sia della “quantità”
e della persistenza - spesso fino ai giorni nostri - di incantesimi di
quel tipo (es. incantesimi per i vermi e per il sangue, Benedizione
di Tobia).

3.4 La magia dei cristiani. Considerazioni culturali

Esistono, quindi, delle costanti nei moventi che portano


l’uomo a ricorrere ai mezzi magici e la formula, il rito magico o
la cerimonia non sono mai fini a se stessi, ma hanno lo scopo di
provocare dei mutamenti utili, di intervenire nei momenti di
difficoltà. La magia si rende necessaria quando l’uomo è
impossibilitato a reagire o agire in una data situazione perché i
codici cognitivi e comportamentali sono diventati insufficienti e
ciò può accadere, come si è visto, quando l’essere umano viene a
trovarsi di fronte alla esperienza della malattia, della morte,
dell’incertezza, della solitudine, della paura, in tutti quei
momenti, cioè, in cui egli è costretto a prendere consapevolezza
dei suoi limiti.
Il maggiore interrogativo che da sempre emerge nello studio
degli incantesimi riguarda, come si è già accennato, la
contraddizione tra la magia insita nel concetto stesso di
incantesimo e la religione cristiana rappresentata dalla figura del
copista. Come si è visto nel corso di questa analisi è possibile
rintracciare, tra gli studiosi, due tendenze contrapposte: da una
parte vi è la propensione a credere che gli incantesimi venissero
effettivamente usati anche dai religiosi poiché non erano
considerati magici, dall’altra vi è la tendenza a ritenere la messa
per iscritto di tali testi meramente casuale e dovuta al gusto
antiquario dei copisti.
Queste due tendenze sono a mio avviso solo apparentemente
contrapposte poiché, a ben guardare, la questione se gli
incantesimi tedeschi medievali avessero o meno un uso

237
quotidiano si potrebbe, con le dovute differenze, accostare ad
alcune piccole incongruenze tuttora esistenti nel nostro presente.
Molte pratiche popolari, compresa quella di incantare una
malattia, sono ancora in uso, sebbene appartengano ad un
patrimonio culturale che si sta in parteperdendo, ma che è stato
molto vitale fino a qualche decennio fa. Mi riferisco, ad esempio,
ad usanze testimoniate in alcune zone rurali dell’Italia, quale
quella di incantare la “risipola” o erisipela (malattia cutanea), o
al frequente ricorso alla pratica dell’”invidia” per allontanare il
malocchio, oppure a tutta una serie di superstizioni, detti e
usanze che sono arrivate fino ai giorni nostri. Senza voler
prendere in considerazione i casi più gravi e drammatici di
persone che vengono truffate da maghi e guaritori che ne
sfruttano l’ingenuità e la disperazione, fatti che quotidianamente
vengono riportati dalle cronache locali, si potrebbe immaginare
che tra qualche secolo gli studiosi potranno chiedersi come mai,
in una società in cui il Cristianesimo esiste già da due millenni e
in cui la scienza si è imposta su qualsiasi tipo di operazione
magica, i quotidiani pubblicano l’oroscopo, nelle librerie cartacee
e virtuali si vendono manuali per “streghe moderne”, libri
specializzati in incantesimi o per l’interpretazione e l’uso delle
rune o dei tarocchi celtici. Esiste, dunque, una sorta di “mondo
parallelo” impregnato di una magia adattata alle esigenze
quotidiane che utilizza potenti mezzi tecnologici, ma che
risponde ad un richiamo che sembra, almeno a prima vista,
completamente stonato con la società contemporanea. Se per un
cristiano praticante consultare l’oroscopo, indossare un
indumento o un oggetto portafortuna o semplicemente dire un “in
bocca al lupo” non costituiscono né uno scandalo né un peccato,
si può anche accettare il fatto che un incantesimo, in un codice
medievale, conviva accanto ad una ricetta medica e ad un padre
nostro, senza che ciò sia da considerare per forza
un’incongruenza. La risposta risiede forse in quell’angolo di
coscienza che definirei “universale”, che non appartiene alla
razionalità, che sfugge a qualsiasi analisi e che chiede
semplicemente di esistere.

238
APPENDICI

I. ALTRE ATTESTAZIONI IN TEDESCO (XIV-XVI SEC.)


E IN LATINO1

Contro le infermità paralizzanti del cavallo

• 1. Breslau 3 Q. 1, Nr. 51, XIV sec. 2


Welches ros ist czu rehe zo sprich dese wort in dez pherdes ore:
petrus sprach czu Job: “rit mir czu Rome”
“ich enmak, herre meyster, myn ros ist czu rehe.”
sprich ym in syn ore dry wort, alz ware daz der heylige geyst mynir vrowen
synte marien sun ist. in nomine patris et filii et spiritus sancti. amen. †††

• 2. Budapest cod. 27 f. 4r, XV sec.3


De in eynen nagel getreden hait.
Ich seine den nangel mit den heilgen drij negelen,
die man onsen lieuen heren durch hende ind durch vuysse sluych, dö man
yn an dat heilge cruce sluych.
Die nagel steche die in swuren nye noch in swullen nye, also in moisse dese
stech doen, dat sie woir in goits namen, amen.

• 3. Budapest cod. 27 f. 3v, XV sec. 4


Eyn perdt, dat verewet wirt.
De got, de inder cribben geboren wart,
Inder got, der inder cribben geborgen wart, de selue got buesse dich dis
ewens ind alles vngemachs gewoir in des heilgen Kirst namen, amen.
Seint drij werff ind sprich drij pater nostter ind drij aue Maria.

• 4. Budapest cod. 27 f. 3r, XV sec.5


Dit is die mort segenunge.
In goits namen amen †††
In goits namen segen ich dich,
in des heiligen Kirst namen buessen ich dich
dis mortz inde dis wams, inde alle des dir ist,
des gebuesse dir got inder heilge Kirst.

1
I testi sono ordinati alfabeticamente partendo dalla località in cui si conserva il
ms.
2
Eis 1939, p. 98; Hampp 1961, pp. 256-258; Holzmann 2001, p. 182.
3
Holzmann 2001, p. 154.
4
Holzmann 2001, p. 188.
5
Holzmann 2001, p. 138.

239
So rune eme in sijn ore:
Stant up pert en genes,
dat gebuidt dir got ind der heilge Kirst,
du salt drij werf dar omme gaen.
Inde sprich alle möile eyn pater noster ind eyne aue Maria.

• 5. Einsiedeln (Albrants Roßarzneibuch) f. 47v, XV sec.6


Disser nach geschribner segen istzuo lutte vnd zuo vihe guot.
Item wenn sich ein roß tritt oder wird vernegelt,
so sprich dissen segen dri stund vnd sprich:
ich beschwer dich, wund vnd geswer, vnd by dissem haligen sper,
daz got durch fursitten wuot, es waz halig wasser vnd bluot.
In dem namen gottes des haligen gaistes. vnd zuo jetwederm mavl ovch
sprechen iij pater noster vnd iij aue Maria.

• 6. Gießen (Universitätsbibliothek) cod. 100 f. 34v, XIV sec.7


Diss ist der trit segen der ross. dicat:
In nomine patris et filii et spiritus sancti.
Ich wider trit den trit mit dem trit den vnser hergot an das frone crútz trat.
dicat ter et sepervnum pater noster et aue Maria et sanciat crucem cum pede.

• 7. Heidelberg (Universitätsbibliothek) cod. Pal. germ. 225, f. 129r,


XV/XVI sec.8
Für den tritte.
Zieh den linken schuh aus und greiff mit der großen Zehen uff die erden und
mach ein Creutz über den fus und sprich:
Alls wenig schade dir der tritt + als thet der schnitt, den + Eloyus thet.
Der schnitt Inn dem Namen des vatters, des sons und des heiligen geists
Amen.
das thu drew mol.

• 8. Heidelberg (Universitätsbibliothek) cod. 169 (Pfälzische


Handschrift) f. 204, XVI sec.9
Hat ein rosse sich getretten durch den hub, so soltu nider knuwen, so du den
schaden ersihest, so lege den tumen crutzwise uf den schaden und sprich:
die nagel, die got gingen durch hende und durch fuße, die mussen diesen
[schaden] bussen, in gottes namen, amen.
diß sprich dry stunt und teile ein brot in dru,

6
Holzmann 2001, p. 155.
7
Holzmann 2001, p. 261.
8
Holzmann 2001, p. 255.
9
Holzmann 2001, p. 155.

240
und gib es in dem Namen des vatters und des sons und des heiligen geistes
amen.

• 9. Karlsruhe cod. Nr. 73 (St. Georgen), XV sec.10


Item ain pfaerd, das ain ysen verluert, so nim ain brot messer, und
umbschnit im den huf an den wenden von ainer fersen zuo der ander und leg
im das messer cruetzwiß uff die solen und sprich:
ich gebuet dir huof und horn, das du als lutzel zerbrechist,
als got der herr die wort zerbrach, do er himel und erd beschuof.
und die wort sprich dry stunt nach ain ander und 5 pater noster und 5 ave
Maria. got ze lob, so tritt das pfaerd den huof nit hin, bis das du glichwol
zuo ainem schmit kommen magst.

• 10. London (British Museum) Harley 3902 f. 33v, XIV sec.11


Crist unde mort
De reden te samene eyn ors.
Mort he sloch, Crist he hof:
“Stant up, ors got,
Di is des mordes bot”.

• 11. München (Bayerische Staatsbibliothek) clm. 7999 f. 146v1 12


Ad equum qui est irreiht. Primum in dexteram auricolam dominicam
orationem canta. et ipsum pedem tenens. in manu dic istvm uersum. Ninitis.
In altero pede hunc. Qvid sitis. In tercio. Ninitare. In quarto. Naribare. Hoc
ter facia in dexteram auriculam cum dominica oratione.

• 12. Roma (BibliotecaVaticana) cod. 4395, f. 29v, XV sec. 13


got wurden IIII nagel in sein hend und fuez geslagen,
da von er IIII wunden enphie,
do er an dem heiligen chreuz hing ] l. hie].
die funft wunden im Longinus stach,
er west nicht waz er an ihm rach....
an dem dritten tag gepot got dem lichnam,
der in der erden lag,
fleische zu fleisch, pluet zu pluet,
adern zu adern, pain zu pain,
gelider zu gelidern, yslichs an sein stat.
bei demselbigen gepeut ich dir
fleisch zu fleisch, pluet zu pluet,

10
Holzmann 2001, p. 259.
11
Priebsch 1922, p. 417.
12
St. p. 369; Ahd. Gll. IV, 369; MSD 2, 302.
13
Holzmann 2001, p. 183.

241
adern zu adern, pain zu pain,
gelider zu gelidern, yslichs an sein stat.

• 13. Schlägl cod. 194 f. 151v, XV sec.14


Wildu den trit versprechen, so sprich also:
Longinus, der vnser heren durich sein rechte seiten stach,
er enwest nit was er an ym rach.
dar aus ran wasser vnd plued, das was sus vnd guet.
Dwe dy dawmen krewczling vber ein ander vnd legs vber den drit vnd nen
das ras pey seiner farib vnd sprich:
das sey dir fur den trit guet. in dem nam des vatter vnd des sun vnd des
heyligen geist. amen.

• 14. Sponheim (Kirchenvisitation), XVI sec.15


Der heilig man S. Simeon
Sol gein Rom reiten oder gan
Da tratt sein folen uf ein stein,
Und verrenkte ein bein,
Bein zu bein, blut zu blut,
Ader zu ader, fleisch zu fleisch,
So rein khomen sie zusamn
In unsers herrn Jesu Christi namn,
Also rein, als du ausz motterleib khomen bist.
In namen Gott des vatters, sohns und heilig geistes.

• 15. Tübingen (Universitätsbibliothek) cod. Md. 432, XV sec.16


Als wenig schad dir der trit’, als tet der snyd, den sant Eligius tet, der smyd.

• 16. Wien (Österreichische Nationalbibliothek) cod. 751 (Theol. 259), X


sec.17
De heo quod spurihaiz dicimus.
Si in dextero pede contigit, in sinistro sanguis minuatur.
Si in sinistro pede, in dextero aure minuatur sanguis.

• 17. Wien (Österreichische Nationalbibliothek) cod. 5295 f. 29v, XV


sec.18
Got wurden drey nagel
durich sein heylig hend geslagen,

14
Holzmann 2001, p. 242.
15
Holzmann 2001, p. 183.
16
Holzmann 2001, p. 255.
17
Eis 1964, p. 54. E’ riportato nella stessa pagina di De hoc quod spurihalz dicunt..
18
Holzmann 2001, p. 183.

242
davon er fier wvnden enphieng,
da er an dem heiligen chreucz hyeng.
fleisch czu fleisch, pluet zu pluet,
adern czu adern,
alz dy rechten gelider vnd wunden hail [w]arden
an dem, der an dem ostertag derstund, Iesus christus. daz ist war. in gotz
nomen amen.

• 18. Wien (Österreichische Nationalbibliothek) cod. 2898 f. 98rb, XV


sec.19
Fuer den trit den pfaerten.
Der gut Sand Longinus stach vnser herrn in sein prust, daraus ran wazzer
vnd pluet.
das sey dir, Ros, fuer den drit guet + Amen.

• 19. Wien (Österreichische Nationalbibliothek) cod. 2977 f. 120v, XV


sec.20
Vor das vorfangen sprich also:
Diss pfert hot sich vorfangen.
unser lieber herre Jhesus Christus wart an ein crewcze gehangen.
also werlich werde diss pfert gesunt, also unser lieber herre Jhesus Christus
von dem tode irstundt.

• 20. Wien (Österreichische Nationalbibliothek) cod. 2817 f. 30c, XIV


sec.21
Für den trit an den rossen sprich+ die hailigen dri nagel die unserm herren
durch hend und durch fuezz wurde geschlagen, und die hailigen vier
wunden hailen die fuenften in gotes namen amen. +
leg den gerechten doumen uber den drit und den gelinggen dar uf.

• 21. Wien (Österreichische Nationalbibliothek), cod. 751, f. 188r, X


sec.22
Petrus, Michahel et Stephanus ambulababt per viam, sic dixit Michahel:
Stephani equus infusus, signet illum deus, signet illum Christus, et erbam
comedat et aquam bibat.

• 22. Zürich (Zentralbibliothek) C 58/275, f. 47r, XII sec.23

19
Holzmann 2001, p. 242.
20
Holzmann 2001, p. 250.
21
Holzmann 2001, p. 154.
22
Holzmann 2001, p. 182; St. p. 370. E’ lo stesso codice che riporta, al f. 188v De
hoc quod spurihalz dicunt e il Contra vermes.
23
Wilhelm p. 63.

243
Item ad equos sanandos raehin
In aurem eui dicas et per omnes pedes III usque a. p. vnion geniphron
inditol cathaloti genepisita non ita ora non ipitara.
k. x. k. Pater noster
Si equum mordent dic
Ignitis quissitis ninitare nare thebal gut gutenal

• 23. Ildegarda di Bingen, Physica 1226C (ricetta)


Quod si equus et bos aut, vel aliud quodlibet pecus verfangen ist [de
aviditate potus aut cibi dolorem sibi attraxit], da illi folia in pabulo ad
comendum, si potest, vel si comedere noluerit, ipsa folia pulveriza, et
pulverem illam in aquam prjice, et da illi saepe in potu bibere, et curabitur.

Contro i vermi (dell’uomo e degli animali)

• 24. Admunt (Stiftsbibliothek), XII/XIII sec.24


Sicut cervus thebeus viperam naribus producit, sic ego te nessia, tropho,
crampho, herdo, nagado, accadens morbus in nomine patris et filii et spiritus
sancti et in nomine omnium sanctorum educo...

• 25. Birlinger (cod. privato) XIV/XV sec.25


Der guot her sant Jop uf ainer misti lag, bis in die maden assind,
maden vnd die wirm ie das crist geboren ward
von arner rainin magt zart, vf huob er sin hand, er sprach:
ir maden vnd ir wirm, ir sigind gra oder schwarz oder wiss oder rott,
ir misint vor mir al ligen tot:
dez hilf mir mm frow sant Maria und der hailig crist wen sü diß pferit
nottdirfit ist.
Ich beschwer dich aietter vnd dropfgicht vnd gesicht bi der hailgen frücht,
die Maria bar zu Bethlahem ainem Stal, daz du sibrist daz gebain az suber
vnd az rain
az daz häment, da Maria Gotz Muoter ir liebz trutz kind ingeband an disser
welt. a Gotz namen, amen.

• 26. Breslau (Universitätsbibliothek) cod. III Q 1, f. 88ra, XIV sec.26


Welch ros hot den pirczil,
zo wure is keyn der sunnen an eyme dunrstage vru, e dy sunne ufge, unde
trit im mit dyme rechtyn wuze uf synen rechtin wus unde blaz ym in syn
rechtis ore unde sprich:

24
Hälsig 1910, p.23.
25
Holzmann 2001, p. 176.
26
Holzmann 2001, p. 203.

244
Spiritus sanctus, pirczil, du sist adir bist tot.
dir gebot Iob: “pirczil, du bist tot!”
daz tu dry tage nach enandir unde snyt dem pherde worne dy stirne uf: zo
vindis tu den worm tot.

• 27. Breslau (Augustiner) cod. 3. F 20 f. 123va, XIV sec.27


Wiltu den wurm seyn sprechyn, so sprich.
Der wuerme woryn drye, dy sente Job bissyn. der eyne der was wyes, der
andir swarcz, der dritte rot. herre sente Jop, lege der wuerme tot! +
obtrayson + magula + Job connubia malagula + zarabuntis + in nomine
patris + et filij + et spiritus sancti + amen.

• 28. Budapest cod. membr. Nr. 27 f. 4r, XV sec.28


Eyne ander worme segenunge.
Worme inden vleissche,
Ich mane dich mit den heilgen geiste,
Ich mane dich mit den heilgen kende,
Dat onse lieue vrouwe droech up oren arme
zu monte Sinay up den berch,
zu Bethleem geboren wart.
Id sij .ij. off ir .iij.
off wie vele dat ir sij,
si sint wijs off swartz off roit,
si moissen des derden dages steruen doit.
Dat si woir in goits namen. Amen.

• 29. Budapest cod. membr. Nr. 27, f. 4r, XV sec.29


Vur die worme.
Der lieue bere sente Job der heilge man, de sach up cen hemel inde rieff got
an,
Inde sprach: Got, wie hais du myn vergessen, dat mich die worme essen!
Got sprach: Job, ich in hain dijn neit vergessen, die worme in solen dich
numme essen,
id si eyn, id sij zwene, off ir sij drij, off wie vele dat ir sij,
sij sind wijs off swartz off roit, si moissen des derden dages steruen dot.
Dat si woir in goits namen. Amen.

• 30. Donauesching (Hofbibliothek) cod. 792 f. 4v, XV sec.30


Ain segen fur den wurm.

27
Holzmann 2001, p. 201.
28
Holzmann 2001, p. 157.
29
Holzmann 2001, p. 200.
30
Holzmann 2001, p. 170.

245
Sant Job ward geborn.
In desselben namen beschwerr ich dich, wurm (oder wie du genant bist), in
disem roß wonend,
das du dir desselben ross blut nit lassest, noch sin flaisch nit essest, noch
sine adren in allem sinem lib nit rurest.
In dem namen des vatters vnd des suns vnd des hailigen gaistes vnd in sant
Eloyen namen, amen.
Vnd sprich drú pater noster. Vnd tu das drye morgen.

• 31. Dresden M 21a, XIV/XV sec.31


In nomine patris et filii et spiritus sancti amen.
Der heilige herre sente Job lag in der stroze, do oen dy worme und dy made
aßen, dry worme wiz, dry gruene, dry rod, dy worme sind alle tod, dy sin
gebein brachen, syn fleisch aßin und sin blud soegin.
Daz gebite ich dy worm by rechteme gehorsam und by banne by dem
heiligen hern sente Johanne, by alle den heiligen ewangelisten, by myner
vrowen sente Marien, by deme heiligen sente Job, by dem heiligen hern
sente Jacob, by deme heiligen sente Paule, by deme getruwen bern sende
Niclauwese, by dem heiligen gebornen den myn vrowe sancta Maria trueg
an oerme arme. + Nu gebite ich dyworm blutinde by deme heiligen grabe,
by deme gruenlichin donrestage, by deme heiligen lichname und by der
obirsten toyfe. Amen.
+ Hy buze ich dir aber eyns + hy buze dir myn vrowe sancta Maria amen +
des wißen wormes + des swarczen wormes + des grauwin wormis + des
gruenen wormis + des horwormes + des qwasen wormis + des bozen
wormis + des farnen + der fennen + der lichten + der suerin + der festiln +
des ußeweideningen wormes + des ineweideningen wormes + der sebin und
sebinczig sind + des gosterlichen wormis + buze dir got Jhesus Christus
unser herre und myn vrowe sancta Maria amen.
Dese worme dy sint tod also gewiz, also daz heilige pater noster, waz ist daz
got unser herre larte syne iungern uf der erdin amen. + Desyme worme sy
also leide zcue desime gebeyne zcue brechine, zcue desime fleische zcue
eßine, desime blute zcue suegene, also deme tuvele waz do myn vrowe
sente Maria des heiligen Cristus genas amen. Also leide sy deme worme als
deme tuvele waz, do got Jhesus Christus dy belle zcuebrach und ome nam
syne macht. Also sy dir worm hute benomen alle din kraft und macht
amen.+

• 32. Einsiedeln f. 55v, XV sec.32


Item aliter. sprich:
Ich beschwer dich, wurm, dir sig als vnmer dis fleisch und dis gebein

31
Holzmann 2001, p. 176.
32
Holzmann 2001, p. 256.

246
als vnmer der man got ist, der daz houpt am sunnentag uff wirfft. amen.
an gotz namen amen. sprich iij pater noster vnd aue Maria.

• 33. Engelberg cod. 3/2 foglio di guardia, XII sec.33


In nomine domini nostri ihesu christi. Tres angeli ambulaverunt in monte
Synay. Quibus obviavit Nessia, Nagedo, Stechedo, Troppho, Crampho,
Gigihte, Paralisis.
Ad quos angeli dixerunt “Quo itis?”
Qui dixerunt “Nos imus ad famulum dei N. caput eius vexare, venas eius
enervare, medullam evacuare, ossa eius conterere, et totam compaginem
membrorum eius dissolvere.”
Quibus angeli iterum dixerunt «Adjuramus te, Nessia, Nagedo, Stechedo,
Troppho, Crampho, Gigihte, Paralisis, per patrem et filium et spiritum
sanctum, per sanctam Mariam virginem et matrem domini, per apostolos,
per martires, per confessores, per virgi, per omnes sanctos et electos dei, ut
non noceatis huic famulo dei N. non in capite, non in venis, non in medullis,
non in ossibus suis, nec in aliqua parte corporis sui. Amen.

• 34. Gotha cod. 980, f. 100 , XV sec.34


Van ener segenynghe jeghen de worme.
In nomine Patris et Filii et Spiritus sancti amen.
Jop simplex et rectus in sterquilino sedebat; ad Dominum deum preces suas
fundebat.
In eisdem verbis Domine sana hominem istum a morsu vermiarum.
Sive sit harworm, sive navelworm, sive berneworm, sive schafworm, sive
quaseworm, sive varn, sive bersel, sive teneworm, sive hesper, sive cancer
sive cuiuscumque.........vermium sitis,
precipio vobis per veram obedienciam et coniuro vos per patrem et filium et
spiritum sanctum — amen —
et per beatum Jop ut moriamini et in eodem loco nunquam reveniatis,
nunquam comperatis, nuncquam carnem eius comedatis, nec ossa eius
frangatis, nec sangwinem suum bibatis, nec quicquam sibi de cetero molesti
inferatis,
Precipio vobis per veram obedienciam et per patrem et filium et spiritum
sanctum — amen — et per beatum Jop et per illum qui venturus est iudicare
vivos et mortuos in seculum per ignes — amen. —
Also leet sy dy worm dyt vlesch to etende unde dyt been to brekende unde
dyt blot to dninkende also unser leven vrouwen Sunte Marien was, do se ere
leve kynt an deme galghen des cruces hangende sach.
Istud legetur, iterum legetur, homines et jumenta sanabis domine
quemadmodum multiplicasti misericordiam tuam, Deus. Domine exaudi

33
Holzmann 2001, p. 217.
34
Holzmann 2001, p. 197.

247
orationem meam et clamor mea ad te veniet. Oremus maiestatem tuam
Domine, suppliciter exoramus, et sicut mundasti et curasti decem lebrosos
ab omnibus doloribus et infirmitatibus eorum, ita hunc hominem a dolore
vermium et a quecumque dolore curare digneris per eum, qui venturus est
etc.

• 35. Heidelberg (Universitätsbibliothek)35


In nomine patris et filii et spiritus sancti.
Wurm ich beschwer dich beynacht
Bey der heilligen nacht,
Hewt bey dem heilligen tag,
Bey der heilligen gottes Krafft und macht,
Unnd bey den heilligen funff stunden unnd wunden,
Und bei den heilligen drey Nagelln.
Das ein was ein sperstiche.
Wurm Ich beschwer dich, du seyest schwarcze
oder gelbe, weyß oder rot, daß du lygest dot.
Das bewt ich bey dem lieben Herrn Sant Job,
In nomine patris et filii et spiritus sancti amen.

• 36. Heidelberg (Universitätsbibliothek), XVI sec.36


Willtu eynem pferdt die wurme segen, Das sie sterben müssen, sie sein
Inwendig oder auswendig, So sprich diese wort Von dem gewaltigen Gott:
Job lag uff dem myst, da rufft er dem heilligen Crist:
Crist hat mein vergessen. Mich wollen die wurme essen.
Die wurme lagen alle dot, Da der heyllig crist gebot.
Der wurme waren drey Die Sannt Job byssen.
Der eyn was weyß, Der ander was schwartz,
Der dritt was rot + Her Sannt Job die wurme lygen dot +
Job trayson magulus + Job tormulus malagulus + Job zentobarbarus + In
nomine patrij + Et filij + Et spiritus sanctj + Amen.

• 37. Heidelberg (Universitätsbibliothek) cod. 169 f. 172, XVI sec.37


Wurm in flaisch oder in pein, was das heylig ewangelig mein;
dir put got, das du dich umb kerst;
du syest wiß, swarz oder rot,
du ligest in hut noch in fleisch oder in pein;
by den hochsten namen dryen, als sie an got sin.

• 38. Heidelberger (Universitätsbibliothek) cod. 169, f. 172v, XVI sec.38

35
Holzmann 2001, p. 149.
36
Holzmann 2001, p. 200.
37
Holzmann 2001, p. 159.

248
Jop lag uf der erden oder uf dem mist. er ruft zu dem heiligen Crist:
du in dem himel bist, du erhorest Jobs gebet,
das er mit andacht zu dir det,
in dem mist zu dir, Krist: vil turer ruf.
der wurm sy wisz, swarz oder rot,
got put dir, du hie ligest tod, und durch die marter,
die got erleid, an das heilig cruz schreit:
die wunden namen ime den lip.
got geput dir wurm das du stirbest in diser stund oder zyt.
es bissen mynen herren sant Jop die wurm. der ein was wisz, der ander rot,
der dritt was swarz: ir wurm, ir sollent ligen tod.

• 39. Heidelberg (Universitätsbibliothek) cod. 169 f. 200, XVI sec.39


Von dryerley wurme wurme leit sant Jop smertzen,
die ein waren wiß, die ander swartz,
die dritten rot: wurme ligent dot!
also sterbent die wurme diß vihes.
Im Namen etc. Diß spriche dristunt dem rosse in das recht ore und mach ein
crutz über es mit der hand und kere das rosse also dick umb.

• 40. Heidelberg (Universitätsbibliothek) cod. Pfälzische 169 f. 207, XVI


sec.40
Ich beswere uch wurme by unserm herrn Jesu Christ,
der zu Betlahem geboren wart, in Nazaret gezogen wart,
uff dem Berg zu monte oliveti zu hiemel fure,
ir syent einer oder zwene oder wie vil uwer sint:
das ir die bein nit sugent noch bissent, noch dieg fleisch noch diese oderen,
+
das beswere ich uch by dem vater + und by dem sone, + und by dem
heyligen geiste,
und by unser frauwen sant Marien, + by allem hiemelschen here, das ir uch
nider legent
und uch nimer geregent, in gottes namen amen. +

• 41. Heidelberg (Universitätsbibliothek) cod. Pfälzische 169 f. 207, XVI


sec.41
Und wan man das pfert segent, so soll man die crutz machen, das man die
hut ruret mit den vingern. Auch spriche diese wort in sin oren und schribe
sie an einen brief und habe sie dem pferde fur den munt:

38
Holzmann 2001, p. 199.
39
Holzmann 2001, p. 202.
40
Holzmann 2001, p. 157.
41
Holzmann 2001, p. 170.

249
Jop Craioson Jerobantes.
Jop wart geboren by diesem monde Jop
beswere ich uch ir wurme das ir diz pferdes blutes nit nutzent
und sin fleisch nit essent und auch nit rurent.
In dem namen etc und des guten sant Eloyus.

• 42. Heidelberg (Universitätsbibliothek) cod. 367 f. 173v, XIV sec.42


Dis ist eyn gutir seyn vor den pirczil.
Horest du worm yn fleische und in beyne,
vornem was das heilge ewangelium meyne,
du seist weis swarcz adir geel, grüne adir roet,
der gebutet myn herre senthe Job in desir stunt siestu in desem pferde toet.
In gottes namen amen.
Nota. man sal deme pferde treten uf den vorder fus und sal ym rumen in das
rechte oer desen seyn.

• 43. Heidelberg (Universitätsbibliothek) cod. 367 f. 173v, XIV sec.43


Dis ist eyn guter seyn vor den blasinden worm.
Der gute herre senthe Job der lak in deme miste,
her clagete deme heilge Christe,
wi syn gebeyne essen die worme cleyne.
do sprach der heilge Crist, wen nymandt besser Ist:
“Ich gebite dir worm, du siest wies adir swarcz,
geel adir gruene adir roet, in desir stundt siestu in dem pferde toet.
nota, man sai das pferdt nennen, alz is geharet ist.

• 44. Karlsruhe (St. Georgen) Nr. 73, XV sec.44


Welches roß die wúrm in dem gederm hat oder in dem magen, der sol das
roß mit sinem lingen fuoß stossen und sol sprechen:
wurm und al dy wuerm, die in dem roß sind,
das euch des roß lib, flaisch, gederm
und bain also lay sige ze niessen und ze bruchen
und euch das als unmar sig,
als unserm herren ains pfaffen wip, die des tuefels veltmerch ist,
als war muessent ir in dem roßflaisch sterben;
das gebuet euch der vatter und der sun und der hailig gaist,
und unser lieber herr Jesus Crist wan sy dem roß nottuerftig.
In gottes namen. amen. und soll denn sprechen 3 pat. n. und ave M.

• 45. Karlsruhe (St. Georgen) Nr. 73, XV sec.45

42
Holzmann 2001, p. 158.
43
Holzmann 2001, p. 200.
44
Holzmann 2001, p. 258.

250
Welches roß den ußwerfenden wurm hat, der sol sprechen:
Ich gebuet euch wurm und wuermin,
das du des rosses flaisch und bain und al sin lip
das dir dar in sig als wind und als we, und dir dar inne sig als laid,
als S. Petern was unsers herren marter,
do er von den richtern und den juden floch;
das dir dar inne werd als we,
untz das er das wort gesprech, das S. Peter sprach,
do er ze Rom ze dem ersten in das muenster trat;
das ir uß dem roß fliessend oder aber her uß fallent,
oder in dem roß sterbend und ewer dheiner nymmer lebend werde.
das gebuet euch der man, der die marter und den tod laid.

• 46. Karlsruhe (St. Georgen) Nr. 73, XV sec.46


Für die wúrm ze vertribent ain segen.
Do unser herr uß dem tempel gieng,
drú krútz er hinder im liez, das ain was wiß, das ander was gruen, das drit
was.....

• 47. London Arundel 33 f. 95, XV sec.47


Vor dy worme.
Job lag in den strozen bas en dy worme oßen
der eyne was weys der ander swartz
der dritte rot nu leget ir worme alle tot
daz gebut euch got vnd der gute sant Job. a.m.e.n.

• 48. London Arundel 164 f. 110r, XV sec.48


Wider den wurm der heizet der wirzel sprich dise wort.
der wurme varen dri di sancte ioben azen.
der ein was wiz der ander waz swarz. der dritte waz roet.
Herre sancte jobs die wurme sint toet.
Daz sprich dristunt vnd wende ais dicke daz phert wmme sprich auch dri
pater noster in sancte jobes ere.

• 49. München (Bayerische Staasbibliothek) cod. germ. 54 f. 96r, XIV


sec.49
Spiritus sanctus Nu hebt sich daz lang donus nu tü ez heut durch got und
durch unserer lieben frawn ere wird talang weder grözzer noch merer

45
Holzmann 2001, p. 259.
46
Holzmann 2001, p. 189.
47
Holzmann 2001, p. 202.
48
Holzmann 2001, p. 201.
49
Holzmann 2001, p. 172.

251
waist du zaus und zesem
waz du unserer frawn enthiest
da du beslozzen in der Chisten laegd.
daz du nymmer chain todez haubt gelegst
piz daz du urlaub datz dem heyligen christ genaemst.
du müest in dem leib nymmer lenger beleiben du müest in dem fell nymmer
lenger geswellen.
du müest in dem marg nymmer lenger erwarmen. du müest heut swindens
und swelkens sein.
als lang der vil heylig tag sey
daz gepeut dir heut die guot
dez vil heyilgen Christs muoter und elieu chint
die in himelreich und in erdtreich guot und heilich sint.
und der man der den tod an dem beyligen chraeutz nam.
mit dem müst du gesegnet sein dez helf daz heilig traechtein
und alle die güt die Got ye geheiligot inn gotz namen amen.

• 50. München (Bayerische Staatsbibliothek) cgm. 384 f. 117r, XV sec.50


Will du den wurm segnen, daz er stierfet, so sprich dise wort:
+ der wurm wârend dry, die sant Jacob bissent;
der ain was wiss, der ander was schwarz, der dritt was rot, her sant Job der
wurm ist lig tod
in dem namen des vaters und des sons und des heiligen geistes amen.

• 51. München (Bayerische Staasbibliothek) cgm. 384 f. 122r, XV sec.51


Für den Wurm.
Niem ain wurzen, die staut uff dem feld die haisset Friedel, die solt du
ussgraben und mach ein kränzlin davon und sez dem pferd uff beide oren;
verstoß im das kränzlin under die hand; uff wellm sitten es den wurm hab,
so tu es den uff die andren, so tuond im die würm nimmen.
Philipp du bist min, die würm sind nicht min.
euch würm entbüt der hailig her sant Job,
daß ir niederfallen zuo der erden
und pîsset kainen pîß nimmer mer
durch Sant Job not; ir würm ligend allsamend tod.
des helf mir die wich min frow sanct Maria amen.
und der man, der den tod an dem hailgen crücz nam
und alle hailigin die by im sind in dem himel. amen.
Den segen sol man dry stund sprechen und sol das mensch by sinem namen
nemen oder das tier und sol des roß farb och nemen und dornach betten der
lieben hailigen XII pater noster und ave maria.

50
Holzmann 2001, p. 201.
51
Holzmann 2001, p. 169.

252
• 52. München (Bayerische Staasbibliothek) clm. 4350, f. 73v, XIV sec.52
Fur daz ungenant.
Haisse ein wazzer schephen mit trein pater noster in dem namen der
trivaltichait und sprich diu wort.
Carna. Spodia. Carnans. Sedia. In mesima samsodina.
Gast pistu von N. solt tu aiter pistu zergen solt +
In nomine sancti Simplici In nomine sancti Elech in nomine sancte trinitatis.
Pater noster usw.

• 53. München (Bayerische Staasbibliothek) clm. 8023, f. 218v, XIII


sec.53
Als we unser vrawen warie da si unseren herren for ir an den crruze seie als
we muze dir wurme sein. namens vaters und sunes und der heilige gaisthi.

• 54. Niederrhein cod. med. privato, XV sec.54


Hat ein roß den wurme, so lege eyn hant daruff und sprich:
der wurme waren drij, die sante Job azzen,
der eine was wiß, der ander was roit
der dritte was swarcz; herre sant Job, die wurme sint toit.
das saltu driwerb sprechen und das roß so dicke umbgrifen. das saltu drij
stundt thun in dem tage.

• 55. Roma (Bibl. Buoncompagni) cod.170 f. 491, XIV/XV sec.55


Contra vermes sive ledant homines sive pecora dicatur in aurem sinistram.
Si sim hemma mulahos usmonim velamos euimisspar.
Ez gienc ain man dur ain birkin tan
da warn inne wurme ain michil gesturm(e)
ain wisser wurm, ain swartzer wrm,
ain roter wrm, ain plawer wrm,
ain mirwer wrm, aller wrm wirst die sint,
als war daz ist daz unser herre Jesus ist der reiner megd miner frown sant
Marien sun,
als war ist das dirre wrm tot ist als dis worme tot sint.
In Gottes namen amen. Pater noster tribus vicibus dicatur etc.

• 56. St. Gallen (Stiftsbibliothek) cod. 755 f. 83, XV sec.56


Ain wurmsegen.

52
Holzmann 2001, p. 139.
53
Holzmann 2001, p. 248
54
Holzmann 2001, p. 202.
55
Holzmann 2001, p. 207.
56
Holzmann 2001, p. 257.

253
Ich beschwer dich wurm by dem vatter vnd by dem sun vnd by dem hailgen
gaist
das du also vnmär syist in disem flaisch vnd in disem gebain
als vnserm Herren iesu xist ist der man der ain falsch vrtail spricht vnd ain
besser kan
des helff mir gott der vatter vnd der sun vnd der hailig gaist vnd bett drü
pater noster vnd drü ave maria.

• 57. St. Gallen (Stiftsbibliothek) cod. 1164 (cartaceo in quarto) f. 74,


XV sec.57
sprich V paternoster vnd V aue maria vnd din globin.
Du syest ein wurm oder ein würmin
so bute ich dier by der kraft got des vatters got des sunß vnd got des hailgen
gaist
dz du dem flaisch vnd bluot vnd kain kain schad syest.
Ich nem .... bomöl .... nägilw muskartnus roswasser Zu dim fuswasser nem
granilken vnd ebhoc v .... an den .... stat oder....

• 58. Schlägl (Stiftsbibliothek) cod. 194 f. 147v (M. Albrants


Roßarzneibuch), XV sec.58
Fur die selbigen wurm sprich den segen drey stund dem ros in das tenk ar
und streich es die weil mit rechter encher hant an dem pauch:
in nomine patris et filii et spiritus sancti. amen.
hert es, wurm, in dem pain, was daz heylige ewangeli main.
Ez seit weis oder rat, das es all in dem ros ligt tat.
das enpewt ew der man, der den tat an dem chrewcz nam,
des enpewt ew die weich mein fraw sand Marey. amen.

• 59. Schlägl (Stiftbibliothek) cod. 194 f. 150r, XV sec.59


Ffur den auspeissenden wuerm.
ich pewt euch, wurm all sex, jn nomine patris et fili et spiritui sancti,
das ouch alls wider sey das fleisch und das pain czu peissen
als vnß herren der man ist, der ein vrtail geit vnd selber wol ein pesrew
wais.

• 60. Schlägl (Stiftbibliothek) cod. 194 f. 150v, XV sec.60


Wildu dy jnwendigen wurm vertreiben, so sprich dy ward dreistunt dem ros
in das recht or, und cher es dreystunt vmb wider die sun:
Christ ward geparen, Christ ward verlaren,

57
Holzmann 2001, p. 140.
58
Holzmann 2001, p. 158.
59
Holzmann 2001, p. 257.
60
Holzmann 2001, p. 186.

254
Christ ward gepunden, Christ ward wider sunden.
des helf vns Maria, gotes mueter, vnd die heiligen funf wunten.
dy wurm sein weis, swarcz oder rat, dy ligen al von den heyligen warten tat.
des helf mir der vater vnd der sun vnd der heylig geist!
sprich vnserem heren v pater noster vnd den heyligen v wunten v aue Maria.

• 61. Tegernsee cod. 155. M 51 f. 53r, X sec.61


In nomine d[omi]ni tres angeli ambulauer[unt] sup[er] monte[m] synai. &
obuiauer[unt] nesie & sic dixer[unt] vbi vadis nessia. at illa respondens ait
ego vado ad famulum dei N. ossa eius c[on]tundere medulla illius
c[on]torq,re [conterere] tunc dixerunt ei angeli adiuram’ te nessia p[er]
patre[m] & filiu[m] & sp[iritu]m s[an]c[tu]m. p[er] patrem. abraham. isaac.
& iacob. & p[er] om[ne]s patriarchas. p[ro]phetas. ap[osto]los. martyres.
c[on]fessores. virgines seu & p[er] om[ne]s s[an]c[t]os & electos dei. ut nec
ad ev vadis nec eam tangas nec ossa ei c[on]tundere ausus sis ayos ayos
ayos sanctus sanctus sanctus dominus deus sabahot. Pater noster vsq, in
finem. N. in adiutorium amen.
In nomine d[omi]ni dei summi adiuro te agrippina p[er] patre[m] & filium.
& sp[iritu]m sanc[tu]m & p[er] quatuor euangelistas vt non habeas
potestatem in istu[m] famulu[m] dei. N. neq, in die neq, in nocte, ayos.
ayos. ayos. heli. heli. heli. Benedicat nos deus pater usw.

• 62. Wien (Österreichische Nationalbibliothek) cod. 2817 f. 30r, XIV


sec.62
Für die würm in den zenen sprich und leg den minsten vinger an der rechten
hant ûf die zen:
Ir würm in disem gebain, nun merkent was daz hailig ewangeli main:
ir sîent weisz, swarcz oder rôt, ir müzzent ligen all tôd. in gottes namen
amen.

• 63. Wien (Österreichische Nationalbibliothek) cod. 2817 f. 32c e segg.,


XIV sec.63
Das man die wuerm toetet an dem menschen oder an dem rosse, so sprich
disiue wort
+ vlpium panday + Alphando troysum transitor ayos + miritus + crucifixus
+ in dem namen des vaters und des suns + und des hailigen gaistes + er ist
tod pater noster.
Job + den aus der wuerm die wil got wolt.
do got fu mer wolt, do ward im rat des siechtums des selben tages.
buozz ich dir mit dem selben buozz und des wuorms.

61
Holzmann 2001, p. 216.
62
Holzmann 2001, p. 158.
63
Holzmann 2001, p. 198.

255
Job lag uf der erde oder uf dem mist, er rief zuo dem hailigen Crist:
“du in dem hymel bist”.
du erhortest Jobs gebet daz er mit andacht zuo dir tet
do in dem mist zuo dir, Crist.
vil tief der wurm ist tod.
pater noster. credo in deum.
Got durch sinen tod gebiet dir hiuet daz duo ligest tod
und durch die marter daz er laid, do er an daz hailige cruecz schrait,
die wunden namen im den lib; got gebiet dir, wuorm, daz duo sterbest an
diser zit.
Es bissen minen herren sant Job dri wuerm:
der ain was weis, der ander rot, der dritt was swarcz.
wuorm, duo solt ligen tod
durch des guoten sani Jopen ere, daz duo dem menschen N. flaisch noch
bain enbissest nimmer mer. amen.

• 64. Wien (Österreichische Nationalbibliothek) cod. 2977 f. 119v, XV


sec.64
Ven du wilt segenen vor den worm, so sprich also:
Der worme woren drey, die synte Job byssen.
der eyne der was swartz, der ander weys,
der dritte roth. sünte Job, der worm der ist tot.
und kere das pfert czu dreymolen umbe noch der sonne und kny neder ken
die sonne und sprich iij pater noster und iij aue Maria, den heiligen
fumffwunden czu loube und czu ere. und nym das pfert bey dem rechten ore
und rune ym doryn:
der worm der ist tot, der worm der ist tot, der worm der ist tot.
und los schrei ben uff ein bley
+ connubia + Job + albana + trayson + connubia + Job + zaribantes + amen.
und ein anbegyn und ein ende.
und bynt ys ym an die styrne in + dem namen + des vaters + und des sones
+ und des heiligen geistes. amen.

• 65. Wien (Österreichische Nationalbibliothek) cod. 2977 f. 119v, XV


sec.65
Der heilige herre sinte Job lag in dem myste.
do froßen in die worme. do ryff her czu dem heiligen Criste:
«lieber herre Jhesu Crist, das pfert beyssen die worme.
also sie synt weys, swarcz und rot: lieber herre Jhesu Crist, die worme die
seint tot!”

64
Holzmann 2001, p. 203.
65
Holzmann 2001, p. 204.

256
• 66. Wien (Österreichische Nationalbibliothek) cod. 2977, f. 125r, XV
sec.66
Wer busset dem pferde,
der spreche deße worth:
der gutte here sinte Job, der lag uff dem myste
und bat den heiligen Crist: mych essin die worme.
do sprach der heilige Crist, der aller werlde eyn herre ist:
ich beswere dich, worm gute, bey Cristus blute.
du seist weis, swarcz adir rot: e morgen tag kome, das du seist tot.
ich beswere dich, worm, bey dem blute, das unser herre IHesus Christus an
dem creucze swiczste, das du des pferdes blut nymmer entbeist.
jostroysen canobio corobanti.

• 67. Wien (Österreichische Nationalbibliothek) cod. 5295 f. 29va, XV


sec.67
contra vermem.
Iob geheyligt got. do wart er gemartert.
da lag er in dem mist. da azzen in dy wurm.
da wart im dez puez, da got selber gepat.
also wert dir dicz puez N. daz dich der wurm ich mer ezze.

• 68. Wien (Österreichische Nationalbibliothek), XV sec.68


Eyn gutter segen vor dy worm.
Ich gebitte evch worm vnd wormynne ynwenig vnd auswenig,
by dem vatir vnd by dem sone vnd by dem heyligin geyste
das euch dis groen Ros hewt fleysch vnd beyn wedirczeme sey
als widerczeme vnserm herren ist der den menschin getotit hot,
also wedirczeme vnsem herren ist der seyne sunde kegin gote nicht busset
also widerczeme sal euch disses groen Rosses hewt fleysch vnd beyn seyn
das helfe vns der man der den tot an dem heyligin fronen crucze nam Amen.

• 69. Wilheringer cod. 120 f. 2v, XV sec.69


Jôb lage in mist, vnd rief ze dem hailigen Christe.
czu bitten herre got, daz die wurm liegen tot.

• 70. Zürich Rheinauer cod. 67 f. 47, XII sec.70


In nomine domini tres angeli ambulauerunt super montem synay et
obuiauerunt illis. Nessia. nagido. crampho. tropho. Stechido. paralisis.

66
Holzmann 2001, p. 199.
67
Holzmann 2001, p. 203.
68
Holzmann 2001, p. 256.
69
Holzmann 2001, p. 204.
70
Holzmann 2001, p. 217.

257
Gegihte. Quibus angeli dixerunt. “vnde venitis. aut quo pergitis.” Quibus
responderunt. “imus ad famulum dei N. Caput eius conterere. collum.
humeros. brachia. scapulas. dorsum. latera. ventrem. vmbilicum. ingven.
ilia. femora. culum. nates. crura. genua. tybias. suras. talos. calces. plantas.
pedes. debilitare. et medullas omnium membrorum suorum euacuare.”
Quibus angeli dixerunt. “adiuramus uos per patrem et filium et spiritum
sanctum et per sanctam mariam matrem domini nostri ihesu christi. per
patriarchas. per prophetas. per apostolos. per martires. per confessores. per
uirgines. per omnes sanctos et electos dei ut non eatis ad famulum dei N.
nec eum ledatis in aliqua parte corporis sui. sed sicut coruus ab archa noe
recessit uacuus. et illuc ultra non est reversus ita vos exconiurate et
anatematizate recedatis a famulo dei.” ayos othos. ayos ischiros. ayos
attanatos. christus uincit. christus regnat. christus imperat. christus liberet
famulum dei N. ab omni malo. amen.

Per fermare il sangue e per guarire le ferite

• 71. Bern, Rotolo di Mülins, righe 800-809, XII sec.71


† Xristus iacuit uulneratus in dextero latere. superuenit sanctus Iohannes et
dixit: Xriste, quis te uulnerauit? At ille: Miles inquit, Longinus cum lancea
bisacuta me uulnearuit.
† Coniuro te, Iohannes, per lac sanct! Mari!, sicut stetit flumen Iordanis, sic
stagna sanguinem, de quocumque loco corporis exierit. †.
Item. † Xristus ibat ad Iordanem, ut baptizaretur a Iohanne. Iordanis stetit et
stupuit. Sic stupescent gutt! sanguinis, qu! cadunt de naribus istius hominis.
N. Adiuro te per nomen Xristi : restet sanguis. † restet sanguis. † restet
sanguis.

• 72. Bern, Rotolo di Mülins, righe 678-681, XII sec.72


Item ad sanguinem stagnandum. Longinus miles punxit xristum. xristum
recubauit. sed xristus dixit. Sanguis iste. nec currat. ita tu sanguis sta. sicut
flumen iordanis stetit. quando xristus in te baptizari uolit. a iohanne babtista.
et nil fluxit in amne.

• 73. Bern X/XI sec. 73


Stulta femina super fontem sedebat
et stultum infantem in sinu tenebat,
siccant montes, siccant valles, siccant venae,
vel quae de sanguine sunt plenae.

71
St. pp. 377-378.
72
St. p. 378; Miller 36.
73
St. p. 376; Holzmann 2001, p. 193.

258
• 74. Birlinger (ms. privato) XIV/XV sec.74
Daz ist der wund segen.
Unser her Jesus Christ ward geboren,
unser her Jesus Christ ward verloren,
unser her Jesus Christ ward funda
und sin hailgen V wunda;
ich segn mit den hailgen V wunda
dissi wunda vnd mit dem hailgen kardtum:
sü rissit, sü flissit, sü suin, sü fullin, sü hery, sü schwerin.
im namen vatters, namen suns, namen hailgen gaists,
wan sü dissi wnd nottirfit ist in gotz namen amen.

• 75. Budapest, cod. 27 f. 3r, XV sec. 75


Hat ein perdt eyne wonde.
Der heilige Kirst wart geboren, der heilge Kirst wart verloren,
ind he wart vonden, mit sinen heilgen V wonden,
die wonden in swullen, noch si in swüren, noch da in sluych egeyn
vngemach zuo,
als in möesse zu deser wonden doen gewoir, in des heilgen Kirst namen,
amen.

• 76. Cheltenham cod. 16376, XIV sec.76


Swer daz pluot versprechen wil, der sprech dir das wort:
Der hailig Christ der ward geborn zu Bettlahem,
von dannan kom er zu Jerusalem.
da wart er getauffet in dem Jordân von Johanne.
da verstuond des Jordâns fluz und auch sein runst.
alsô verstê du, pluotes rinne, durch des hailigen pluotes willen.
du verstê an der nôt als der Jordàn tet,
da der lieb herr sanctus Johannes unsern herren tauffet.
A1sô verstand du, pluotes rinne, durch des hailigen pluotes willen.
und sprich drei paternoster der dreivaltikait unsers herren, so wirt es
siechtuoms buoz.

• 77. Gießen (Universitätsbibliothek) cod. 100, f. 34v, XV sec.77


Rist mess lat ich disiv vunden segnen:
ich crist der jung der haili disiv wnd. Dicat ter +++.

74
Holzmann 2001, p. 186.
75
Holzmann 2001, p. 187.
76
Holzmann 2001, p. 229.
77
Holzmann 2001, p. 159.

259
• 78. Gotha cod. 980, f. 20v, XV sec.78
Deme dat blot nicht untstan wil.
Min vrouwe sunte Maria de sloch ene roden in de hillighe Jordanen.
De Jordanen entstund. Also de Jordane entstunt
so entsta du blot nu unde iummermere.
In den namen des Vaders unde des Sones unde des hilgen Geistes, amen.

• 79. Göttweig (Stiftbibliothek) cod. B. 25, XIV sec.79


(D)e selue god, die win vnd wassir geschuof,
die heyle dise wnde zu grunde van vndenan bis ouin uys.

• 80. Graz (Universitätsbibliothek) cod. 41/85 (cartaceo), ultimo foglio,


XV sec.80
Daz ist ain gut wuntsegen.
Drey guet prueder giengen, einen saeligen weg si giengen in churczer frist.
in reid fuer uenser herr vater Jesus Christ. er sprach: “wa welt ir hin, ier
gueten prueder all drei?”
“her vater Jesus Christ, wir suechen ein chraut daz zu der wunden guet sei,
di wunden sein geslagen oder gestochen, gewarfen oder geschossen oder
geprochen,
wie der wunden geschehen sei, da daz chraut guet zue sei.
er sprach: “chniet nider auf ewer chnie vnd swert mir pei dem plued unseres
hern
und pei er milch unser fraun, daz ir disen sang vor iemane helt
noch von niemant chain miet dar vmb nemt vnd get auf den perch Oliveti
vnd nemt oell des pawms vnd wol der schaff
vnd streicht daz in diu wunden drin, vnd dar auf so hailld die wunt von
grunt auf.
vnd sprecht, daz diser wunden geschech alz der wunden geschach
di Longinus der plint Jud unserm hern Jesu Christo durich sein rechten
seiten stach:
di hal noch swal noch swuer noch slueg inchain vebel dar zuo:also muoz
dirre wunten ergan
alz ich hie gesaget han in gotes namen. amen.

• 81. Hamburg, XV sec.81


Iz gingen dii gude brudere einen weg, in begende unsir herre Jesus Christus.
er sprach zuo in: wa wollit ir hin, ir dri guden gebrudere?”
Sie sprachen: “wir gan und suochen ein crut daz des gewaldig si,

78
Holzmann 2001, p. 227.
79
Holzmann 2001, p. 245.
80
Holzmann 2001, p. 224.
81
Holzmann 2001, p. 223.

260
daz iz si fur aller slachte wonden gut, sie si gestochen oder geslagen oder
wie sie geschehen si.”
Er sprach: “get her und swerit bi deme cruce unsirs herren und bi der milche
unsir frauwen,
daz iriz nit en helit noch keinen lon darumme in nemit.
Gat uf den berg zuo Monte Olyveit unde nemit oley von deme baume
unde wollen von dem schafe und deckit die wunden da miede.
und:‘alse der Jude Longinus unseme herren in sine siten stach,
die wunde en hiccethe noch en sweizethe noch en eiterthe
noch en fulete noch en swal noch en swar,
also muozen alle die wunden dun da dise wort uber gesprochen werden.
des helfen uns di dri namen, der vader und der sun und der heilige geist,
min frauwe sante Maria, der gude sante Johannes. Amen.

• 82. Innsbruck cod. IX C f. 114, XV sec.82


Contra fluxum sanguinis dic.
Ich man dich bluot, ich bitte dich bluot,
ich gepeüt dir bluot by unsers hernn
Jhesu Cristi hailigen bluots ere und craft, das du verstandest und nicht mer
gangest.
Dic 3 pater noster et aue maria.

• 83. Innsbruck cod. IX C 14, 5 (Ferdinandeum), XV sec.83


Item das pluet zu verstellen.
Sprich also über die wunden und thue stets kreutz darüber.
Im namen...
Unser lieber herr ward geborn zu Bethlahem und ward verkündet zu
Nazareth
und ward gemartert zu Jerusalem; als war die drey sache sein,
als war verste dir. N. dein pluet.
Im namen ...dortzu sprich 5 pater noster 5 ave maria 1 glauben.

• 84. Innsbruck cod. IX. C. 14,5 (Ferdinandeum) f. 115v, XV sec.84


Contra omnem fluxum ventris et sanguinis de quocunque loco fluit dic
tribus vicibus.
Verste fluß, aiter und plut,
als der wirdig himel verstet gen dem man, der an dem gerichte
ain unrecht urtail spricht, und wol ain gerechts kan. in gots namen. 3 p. n.

• 85. Innsbruck (Universitätsbibliothek) cod. 652 f. 77r, XII sec.85

82
Holzmann 2001, p. 150.
83
MSD p. 274; Holzmann 2001, p. 230; Dolfini 1967, p. 645.
84
Holzmann 2001, p. 258.

261
Contra fluxum sanguinis de naribus. Dicat sic.
Der lange longinus transfixit Christi latus, statimque fluxit sanguis de latere.
In ipsius nomine stet sanguis iste.
Iterum. Deserru rûten einer scala scol man ze pulvere prennen et sufflare
cum arundine in nares multum ualet.

• 86. Karlsruhe cod. Nr. 73. 4, XV sec.86


O got, der ymer ewig ist,
der aller Menschen hilf ain trost ist,
ich buet dir bluot, das du stil standist,
als die menschen am jungsten tag still stan muessend, die nit nach gottes
willen hant getan.
Und die wort sprich drystott, wann du ain das bluot verstellen wilt und dar
nach, wann du das bluot verstelt hast, so sprich 36 ave Maria.

• 87. Leipzig (Pauliner Bibliothek) cod. 73 ultimo foglio, XIII sec.87


Tres boni fratres ambulabant per unam viam et occurrit illis dominus Ihesus
Christus et ait: Tres boni fratres, quo itis? Dicunt er: Domine, imus ad
montem colligere herbas plagationis, percussionis et doloris. Et dixit
dominus: Venite mecum et iurate mihi per crucifixum et per lac beate
Virginis, ut non in abscondito dicatis, nec mercedem inde accipiatis. Sed ite
ad montem oliveti et tollite inde oleum olive, intingite miles latus salvatoris
aperuit, non diu sanguinavit, non rancavit, non doluit, non tumuit, non
putruit, nec ardorem tempestatis habuit, sic plaga ista, quam carmino, non
sanguinet, non rancet, non doleat, non tumeat, non putreat, nec ardorem
tempestatis habeat. In nomine patris et filii et spiritus sancti. Amen.
Dic ter et dominicam ter orationem et: Ne nos inducas in temptationem, sed
libera famulum ab hoc malo et ab omni malo. Amen.

• 88. London cod. Arundel 33 f. 95, XV sec.88


Vor das blut.
ich bit dich blut vnd gebut dir blut
durch das vil heylige blut
das longinus unseren herren
durch seyn rechte seyte ließ
do gink aus blut vnd wazzer.
daz du blut durch daz vil heylige blut
vnsers herren blutest nicht mere.

85
Holzmann 2001, p. 241.
86
Holzmann 2001, p. 254.
87
Holzmann 2001, p. 220.
88
Holzmann 2001, p. 150.

262
• 89. London cod. Add. 28170, f. 113v, XV sec.89
Iz giengen drei vil guote prvder einen wech
do pechom in vnser herre ihesu christ.
Er sprach wa welt ir hin drei vil gute prvder
Herr wir suchn ein chraut. Dez chraft ze wnden güet sey. Iz geschozzn sey
iz geslagen sey. Iz gesniten sey iz gemült sey. Swie so der uunten sei dez
chraft gewunden guot sey.
Er sprach swert in got in got daz ir sein nicht lön enphahet vnd daz ir sein
vnhelleich seit vnd pey dem spünne der müter sand Marien.
Get auf den perch ze chunolaphet.
Nemt des öles ab dem ölpaum vnd eins schafes der wolle
vnd legt vber diu wnde vnd sprecht als geschehe der wunden.
als der wunden geschach do Juda loynus
unserem herren durch sein zeswe seyte stach.
Diu wnde diu pluot nicht vil si gewan weder hittz noch hier.
si geswal noch geswar. Noch me aiter gewan.
Christ nicht enwelle daz diu wnde geswere noch geswelle amen.

• 90. London cod. Sloane 962 f. 63r, XV sec.90


A charm for a woude.
Tres boni fratres ibant et per vnam viam ambulabant et obuiavit eis dominus
noster ihesus christus et dixit eis. O boni fratres quo itis? Domine et
magister nos imus ad montem oliueti ad colligendas herbas et doloris et
plagationis. Et dixit eis uenite post me et iurate in signis maximis et per
uulnera christi vt non abscondite dicatis neque mercedem inde capiatis set
ite ad montem oliueti et accipite oleum oliue et lanam ouis et ponite super
plagam et dicite sicut longinus hebreus percussit latus domini nostri ihesus
christi et plaga illa non diu sanguinauit nec putruit nec doluit nec guttam
fecit nec tempestatem habuit ardoris sic fiat ista plaga. In nomine patris + et
filii + et spiritus sancti + amen. vt non sanguinet nec putriat nec doleat nec
guttam faciat nec senteat nec tumeat. In nomine patris + et filii + et spiritus
sancti + amen.

• 91. London cod. Arundel 295 f. 117r, XIII sec.91


Item eadem Benedictio ritmizata theutonice secundum Gotefridum.
In nomine patris et filii et spiritus sanctî
Dirre segen gesprochen sî.
Drî guote bruoder giengen,
Einen wec sie geviengen.
Crist der widergienc in,

89
Holzmann 2001, p. 224
90
Holzmann 2001, p. 221.
91
Holzmann 2001, p. 221.

263
Er sprach: “ir drî, wâ gêt ir hin?”
“Ze disem berge wir gên,
Ob wir dâ vinden wurze stên
Für aller slahte wunden.»
Er sprach: “die hât ir funden.
Nu swert per crucifixum,
Des vil guoten gotes sun,
Unt bî der milche der frîen,
Sîner muoter sante Merîen,
Daz irz inhelt noch intuot
Umme keiner slahte guot.
Ich gebiute iu, daz ir gêt
Hin zu Montolivêt.
Dâ nemt des boumoles sân.
Ir sult der schâfeswollen hân,
Die ich dar zuo hân irkorn:
Sie sol wesen niweschorn.
Daz olei troufet in die wunden,
Diu wolle sî dar ûf gebunden.
Unde sprechet alsus:
Rehte alse, dô Longînus
Cristum in die sîten stach
Dô er in ame crûce sach,
Des al diu cristenheit genôz
Lützel bluotes dar ûz flôz,
Unt daz infûlte noch inswar
Noch geschôz quam dar,
Alse intuo disiu wunde,
Diu von minem munde
Mit disen worten ist beschrît:
Unt daz urkunde gît,
Daz sie hie mite besworn ist.”
Des helfe uns der heilige Crist.
Âmen die ze himele sint
Sprechen alliu gotes kint.
Kyriel .xpel . kyriel . Pater noster.

• 92. Marcello Empirico, X sec.92


Carmen hoc utile profluvio muliebri:
Stupidus in monte ibat, stupidus stupuit;
adiuro te, matrix, ne hoc iracunda suscipias.

92
St. p. 376; Holzmann 2001, p. 193.

264
• 93. Memmingen (Stadtbibliothek) cod. 2, 39 f. 11v, XV sec.93
Sprich: Crist ward geboren zebethlahem, dana kam er geierusalem,
do wart er getöft von iohanne indem iordan.
Vnd do verstand das iordanis fluß vnd auch sein runß.
also verstand du pl"t durch des hailigen plutz willen.
du verstand an der not alz der iordan tat,
do der g"t her sant iohans den hailigen crits töft.
also uerstand du pl"t inne durch des hailigen crist minne.
sprich iij pater noster der hailigen driualtikait.

• 94. München (Bayerische Staasbibliothek) cgm. 384 f. 120v, XV sec.94


Für das pluot versteln.
Unser lieber herr Jesus Christ,
der west dry brunnen;
der erst was milt, der ander der was guot,
der drit der was Jesus pluot.
nu muesse du bluot stille stân
und müssis des nit lân
durch den namen der den tod und marter
an dem hailigen crücz nam. amen.

• 95. München (Bayerische Staasbibliohtek) cgm. 384 f. 122r, XV sec.95


Das ist der wundsegen das pluot versteln.
Stê pluot stille durch des hailigen Christus willen;
stê pluot rot als dir der hailig christ vom hymel gebot
und das sprich dry stund nach enandren
und bet i pater noster und ave Maria.

• 96. München (Bayerishche Staatsbibliothek) cgm. 384 f. 68v, XV sec.96


Für das pluot verstellen.
Leg die hand darüber und sprich also:
in nomine patris et filii et spiritus sancti.
Sanctus Helyas saß und wainot
und floß im das pluot zuo den naslöchern ûs.
dô begund er ruofen zu Got und sprach:
mîn Got hilf mir. und bezwing das pluot
als der Kordan bezwungen ward ee dich Sanct Johans darin toufft
und sprich 3 pater noster und 3 Ave Maria.

93
Eis 1971, p. 324.
94
Holzmann 2001, p. 208.
95
Holzmann 2001, p. 143.
96
Holzmann 2001, p. 206.

265
• 97. München (Bayerische Staasbibliothek) clm. 100, f. 74v, XII sec.97
Truncha musa. daffatana. qurri.
truna musa. daffatana. clusa. si hic
feda cala. feda. pala feda. de uulnera.
Longin9 magn9 fec plag# magnam.
Nepoecine poluit. olim fac tolio. Am.
Longin9 miles lanceauit dnm ihm
xpm. exiut sanguis & aqua. Ihc
sta sanguis. xpc chrisma strangula
uen# limis murmus accessus am.
Pat nr : sta. sta. sta. sic flum iordanis
stetit. Trib, uicib,..

• 98. München (Bayerische Staasbibliothek) clm. 14569 f. 17v, XI sec.98


Contra sanguinem stagnandum.
Miles Longinus cum lancea sua ferivit in latere Christi nec fecit nec vena
doluit. Christus dixit stringe te sanguis deus qui serrasti venam tu fac
stagnare venam in menbro isto. Pater noster.

• 99. München (Bayerische Staasbibliothek) clm. 19440 p. 282, XII/XIII


sec.99
In nomine patris et f. s.s. Tres boni fratres per unam viam ambulabant et
obuiam eis dns noster ihc. et interrogavit eos dicens. Tres boni fratres quo
itis et dixerunt. Dne nos imus ad montem oliueti colligere herbas plagationis
et percussionis. Dixit eis dns noster ihc et per lac beate marie ut non in
abscondito dicatis nec mercedem accipiatis sed ascendite ad montem oliveti
et accipite oleum olive et lanam ovis et mittite ad plagam et dicite sic. dne
helje longinus lanceam fixit in latere dni nostri ihu x’nec diu sanguinauit
nec nanclauit nec tumuit nec temperatem ardoris habuit. Sic nec diu
sanguinet nec ranclet uec tempestatem ardoris habent wlnus istud. In
nomine p.et f. et s.

•100. Roma (Biblioteca Vaticana) cod. 5359 margine f. 30v, IX/X sec.100
Christus et sanctus Johannes ambelans ad flumen Jordane, dixit Christus ad
sancto Johanne “restans flumen Jordane”. Commode restans flumen
Jordane: sic res te venast. In homine it. In nomine patris et filii et spiritus
sancti. amen.

97
Miller n. 35. E’ il proseguimento di Contra fluxum sanguinis.
98
Holzmann 2001, p. 241.
99
Ahd. Gll. IV, 572, 20.
100
Holzmann 2001, p. 226; MSD 2,275.

266
• 101. St. Florian (Stiftsbibliothek) cod. XI 119 foglio di guardia iniziale,
XIII sec.101
In nomine patris et filii et spiritus sancti. Tres boni fratres per unam viam
ambulabant et interrogabat eos dominus: Tres boni fratres, quo ibitis?
Responderunt et dixerunt ei: Domine, ut videamus herbam donationis et
percussionis et ceptionis. Dixit eis dominus: Jurate mihi in crucifixi Christi
et intacte virginis quod in abscondito eatis, neque mercedem accipiatis et
accedite in montem oliveti et accipite oleum purum et lanam ovis et ponite
in omni datione; dicite: In Nomine patris et filii et spiritus sancti. Neque
collectero, neque putredo fiat, amen. Dominus erit in adjutorium et sicut
Hebreus Longinus lancea fixit in ----- domini nostri Jesu Christ, non ancavit,
non flammavit, non putredinem fecit, ita fiat. Plaga non flammet, non ardet
non putredinem. In nomine patris et filii et spiritus sancti.
Pater noster ter dic faciens crucem ad quamque dictionem.

• 102. St. Gallen (Stiftsbibliothek) cod. 755 f. 71, XV sec.102 (cartaceo in


8°)
Item dis ist ain bewäred segen für das blutten wa das ist.
Item des ersten leg din Hand uff die wunden oder uff die nasen vnd sprich
dise wortt:
In dem blutt ade ist uf entsprungen der tod
In dem blutt xisti so gebutt ich dir o blutt
das du dinen fluß verstellist in dem namen des vatter vnd des sons vnd des
Hailgen gaistes amen
vnd wenn du dis wortt gesprachest so sprich drü pater noster vnd aue maria.

• 103. St. Gallen (Stiftsbibliothek) cod. 755, f. 166, XV sec.103


Gutt Segen für Blutverstillen.
Item es was ein Kind geboren zu bedlehem vnd ward getragen gen
hiervßenlem
es war getofft im jordan so war das ist
gestand dies din blutt Im Namen Vat+ers Sons vnd des heilligen geist
Amen.

• 104. St. Paul f. 24v, XIV sec.104


Der got, der wein, vnd wazzer beschueff
der gesegen dich wunde vnd hail dich von grunde, vncz oben aus,
ich gesegen dich wunde guet, bey dez heyligen Christes pluet,
vnd pey der heyligen Karitas, daz du dein swellen lazt,

101
Holzmann 2001, p. 221.
102
Holzmann 2001, p. 149.
103
Holzmann 2001, p. 230.
104
Holzmann 2001, p. 244.

267
vnd wellest haylen von grunde, also tet die selbe wunde,
die Longinus unserm herren durch sein recht seyten in sein heiligs herrcze
stach,
die geswal noch geswuer nye vnd ward nye einichk von wazzer noch von
wein,
vnd geslueg nye vngluk darzuo, noch dhaynerlay geschiht
daz der wunden geschaden moecht, daz werd war amen in dez gotes name
amen.

• 105. Stockholm cod. medic. X 114 (Arzneibuch d. Johan von Segen),


XV sec.105
Vor dat blut to vorstillen sprich desse wort:
Stant blut, als der man vor vnser lyewen frauwen jn dem hymmel dut.
Der helfet den sunderent ze nach, er de sun ofget, vor mytternach.
Sprich pater noster, ave Maria.

• 106. Stuttgart cod. phys. 4. Nr. 29, f. 110v, XV sec.106


Der wuntsegen.
Hie hept sich an der wuntsegen.
Dry vil guot brüeder ain ...
ain sölligen weg sy gefiengen,
do begegnet in in kurczer frist
unser her Jhesus Crist.
Er sprach: wa wellent jr nun hin
vil guotten brüeder dryn?
Do sprachent sy alle dry:
mir suochent ain crut
das sy zuo der wunden guot.
Kerent umb und gelobent mir by der milten Marien
und by dem fronen crüz unsers herren, das dis
weder enschwilt
weder enhelt
noch enschelt,
noch kainer lay schlacht nimer dar zuo und gang[ent] hin zuo Olevet uff den
berg, niement des öls von den bomen und der wolle von den schaffen.
Wen man den segen bys da hin gespricht, so sol man die schaffwol
zwischen die zwen fordren finger niemen und sol sy in bomöil oder in win
duncken und mit den zwain fingern ob der wunden hin farn, byß das der
segen uß kompt, und ain patter noster dar nach sprechen und die ersten wol
uß der hant legen uff die wunden und also sol man den segen zuo dry
mallen: druck es drin, druck es druff und sprechent:

105
Holzmann 2001, p. 246.
106
Holzmann 2001, p. 225.

268
die wunt sy gebrochen
geschlagen oder gestochen,
wie der wunden geschach,
die Longenus unserm heren durch die rechten sitten stach,
die erzar
noch erschwar noch erfult noch ersurt
noch erschluog nie kain ungelück dar zuo
also müeß die wunden tuon.
in gottes namen. Amen.

• 107. Wien (Österreichische Nationalbibliohek) cod. 2817, f. 28v, XIV


sec.107
Longinus stach uensern herren durch sin seitun,
daz wasser und pluot dar us ran.
dem enswal noch enswor die wund sin,
also muezzen dir die wunden din.
plaus in die wunden, plaus ie als oft dar in, so verstet daz pluot.

• 108. Wien (Österreichische Nationalbibliohek) cod. 2817, f. 29r, XIV


sec.108
Swer daz pluot versprechen wil, der sprech das wort:
Der hailig Christ ward geborn zu Bettlahem,
von dannan kom er zu Jerusalem.
dô wart er getauffet
in dem Jordân von Jôhanne.
dô verstuond des Jordâns fluz
und auch sîn runst.
alsô verstê du, pluotes rinne,
durch des hailigen pluotes willen.
du verstê an der nôt als der Jordân tet,
dô der lieb herr sant Jôhans unsern herren tauffet.
Alsô verstand du, pluotes rinne,
durch des hailigen pluotes willen.
und sprich drî paternoster der drîvaltikait unsers herren, und wirt dir des
siechtuoms buoz.

• 109. Wien (Österreichische Nationalbibliohek) cod. 2817 f. 29v, XIV


sec.109
Für daz pluot:

107
Holzmann 2001, p. 243.
108
Holzmann 2001, p. 228.
109
Holzmann 2001, p. 206.

269
Wild du daz pluot verstellen daz dâ ûs der wunden oder ûs der nasen fliuset,
sô leg dîn hant dar über und sprich daz wort: + In dem namen des vaters +
und des suns + und des hailigen gaistes. +
Sant Helias saz in der ainoede
und flôz im daz pluot ze baiden naslöschern ûs.
dô begund er ruoffen hin zuo got und sprach:
“herr got, nun hilf mir und betwing dicz pluot,
als du betwunge den Jordân, ê daz dich sant Jôhans dar ûs tauffet”.
und sprich driu paternoster und driu ave Maria.

• 110. Wien (Österreichische Nationalbibliohek) cod. 2817, f. 37r, XIV


sec.110
Dri guot brueder giengen,
ainen seligen weg sie geviengen,
daz geschach ze ainer frist,
do begegent in unser herr Jesus Christ.
Er sprach:
Ich beswer iuch brueder all dri,
wa iur will hin sei.
Sie sprachen:
Herr, wir suochen ain kruot,
daz zuo allen wunden sei guot,
davon die wunden entswere,
noch kain ungelük darzuo kere.
Er sprach:
Ich beswer iuch by der frien,
by miner muoter Marien,
daz irs weder helt noch entstelt,
noch kain miet darumb nempt.
Ir get zuo dem oelberg und nempt des oels von den oelbaumen und der
wolle von dem schafe, und strichent es umb die wunden, so ist diu wunde
wol verbunden und hailet von grunde, und sprechent, daz die wund aber als
guot sei als die wund was, die Longinus unserm herren durch sin seitun
stach, die entswar noch entswuor noch ensmacht noch enfuolt noch
enschluog kain ungelük darzuo. Also muoz zuo dirr wunden kain ungelük
komen in gotes namen. Amen.

• 111. Wien (Österreichische Nationalbibliohek) cod. 2977 f. 120v, XV


sec.111
Longinus, der man,
der stach unsern liebe hern

110
Holzmann 2001, p. 223.
111
Holzmann 2001, p. 174.

270
durch sein fleisch und durch seyn blut.
synt wart der man gut. amen.
stant, blut, stille,
durch des heiligen creuces wille
und durch der heyligen fumff wunden!
vorstant an deßen stunden
und blutte nicht mehe!
in dem namen des vaters und des sones und des heiligen geistes. amen. das
geschee!

• 112. Wien (Österreichische Nationalbibliohek) cod. 4119 f. 14v, XV


sec.112
Ad restringendum sanguinem.
Ponantur digiti, qui dicuntur annulares, in modum crucis wlnus, et super
lapidem flexis et nudis genibus inclinat se et dicat hanc orationem:
Longinus der Iud vnsern herrn in seyn rechte seytten stach.
Ich waysz nit, waz er an ym rach.
Darausz ran wasser vnd pluet,
daz waz heylig vnd gut.
Daz vnsern herrn ausz seiner heylign seyttn vnd leychnam ran,
daz du dem menschn nit mer rinnen wellest vnd still stan!
In nomine patris et filii et dic 5 pater noster 5 wlneribus Iesu Christi.

• 113. Wien (Österreichische Nationalbibliohek) cod. 5295 f. 30vb, XV


sec.113
Contra fluxum sangwinis narium et wlneris
in nomine patris et filii et spiritus sancti Amen.
sancus elyas saz in heremo
vnd floz im daz pluet aus paiden naslechern.
Da begund er czu rueffn hincz vnserm hern vnd schprach:
herre got, nu hilf mir vnd berwing daz pluet,
also du betwng den jordan, e dich Iohannes daraus tauft. pater noster.

• 114. Wolfenbüttel cod. Aug. 23.3, XV sec.114 (cartaceo)


In deme namen des vaders + des sones + des hilghen gheystes +
Sta blot stille
dorch des hilgen cristes willen
blot du en shalt nicht mehr lopen
dat beyde ek dy by hilghen dope
blut en schalt nicht mer vth rynnen

112
Holzmann 2001, p. 242.
113
Holzmann 2001, p. 206.
114
Holzmann 2001, p. 150.

271
dat teyde ek dy by der vrowen sancte marien
Blod du schalt stan ouer al
dat beyde ek dy by deme ghuden hilgen heren sunte johan.
Ek beyde dy blod by den seuen stunden
unde by den hilghen vif wunden
by deme hilghen blode so rod
dat gode uthe synen hilghen vif wunden vlod
dattu stille staest
vnde nicht mehr vthe dusseme mynschen gaest
in godes namen Amen.
Conservatum est myt dren pater noster, ave maria.

• 115. Wolfenbüttel cod. Aug. 23. 3, XV sec.115


In deme namen des vaders des sones des hilghen gheystes +
de sulue god dey de wyn vnde water schop
de seghene dysse wunden van bouen wente neden vth +
ik seghene dy wunde ghude
by des heren hilghen cristes blode
by der hilghen karitaten
dattu dyn ekent dyn stekent dyn swillent
dyn killent dyn vulent dyn stinkent dyn swerent dyn rennent sholt laten men
du schalt helen von grunde also dede dy wunde
dey Longinus vnseme heren Jesu Christo
dor syne syden stack
dey en ak nicht dey en stack nicht
dey en swor nicht dey en swal nicht
dey en kal nicht dey en stank nicht
dey en hadde neynerleye vnghemack
vnde was ghud
so moyte dusses mynschen wunde don in godes namen Amen.
vif pater noster vnde vif aue maria in dey er ere der hilghen vif wunden +
Conservatum est in nomine patris + Conservatum est in nomine filii +
Conservatum est in nomine spiritus sancti + vnde puste drie in dey wunden.

• 116. Wolfsthurn (Bibliothek Freiherr von Sternbach) cod. cartaceo f.


10r, XV sec.116
Sprecht disen segen V mall vber die wunden vnd als oft 1 pater noster vnd
ave maria got in sein heilig funf wunden mit beden dawmen gekreutzigt vnd
all mall abgewexelt den vntteren vber sich. Der gleich segent die tüchel zu
den pflasteren wie die wunden vnd legt albeg V tüchel kreutzling vber
einander auf die wunden vnd als oft ein tüchel als oft im namen des vaters

115
Holzmann 2001, p. 244.
116
Holzmann 2001, p. 187.

272
vnd des sons vnd des heylgen geists. Ist die wunden sorgfeltigk, so pindt sy
dester offter vnd dut das lauter vmb gotz willen vnd vmb chain gut. Ain
yeder wunter soll euch am ersten vmb gotz willen pitten, das ier im dise
pantt mittailt. Dann so rett mit im, ob er cristengelawben hab vnd ob er
galawb so stargk an got, das sein gewalt so kreftig sey, das er durch sein
kraft vnd dise wort genesen müg; sprich er ja, so tunt, das her nach volget:
legt bede alle waffen von euch vnd das er euch versprech, mit seinen
veinden nicht an recht will handellen vnd inen vergeben will.
Darnach legt im die dawmen kreutzling vber die wunden vnd hebt euch mit
dem mund nahent zu der wunden, das der attem von dem segen in die
wunden gee vnd sprecht also:
An dem heyligen weinachttag
da wardt geporen vnser lieber herr Jhesum Christ;
als er geporen ward, hatt er fur vns sünder schmertzen gelitten,
gestorben vnd erstanden,
in dem namen also haylen dise wunden
an schmerzen vnd an wetumb,
das well gott vnd die lieb junkfraw Maria vnd all heylgen.

• 117. Wolfsthurn (Bibliothek Freiherr von Sternbach) cod. cartaceo f.


117c, XV sec.117
Czu der nasen.
So ainem menschen die nase plütet oder wo er plutet, so soltu oberhalbn
schreiben mit dem selben plute ainen kriechischen namen
O.P. E. W E. N.
daz ist war vnd sprich ym in daz rechte ore:
Ich peschwer dich plut
pey dem vater und pey dem sun
und pey dem heiligen gaist,
daz du nicht fliessest,
alz der Jordan flos,
da Christus inne getauft wart.

• 118. Wolfsthurn (Bibliothek Freiherr von Sternbach) cod. cartaceo f.


126c, XV sec.118
Wiltu daz plut verstellen, so sprich:
Sta sangwis in te + sicut Jhesus stetit in se +
Sta sangwis in tua + sicut Jhesus stetit in sua +
Sta sangwis infixus + sicut Jhesus stetit crucifixus.

117
Holzmann 2001, p. 230.
118
Holzmann 2001, p. 255.

273
• 119. Zeitz f. 56v, XV sec.119
Dy dy wunt seyn
In des heiligen Christus meße larte ich dich
Cristus der iunge seyne diße wunde al
vß von grunde daz sy weder swelle noch
swere In desme nemen deß vaters
des sons vnd des heyligen geystes amen
Vnd sprich xv pater noster vnd xv aue Maria
vnd sprenge dryens uf dy wundin
....eyne waßer mit dem dumen vnd
.....finger dobey vnd bint eyne
......ne tuch uff dy wunde.

• 120. Zeitz f. 57r, XV sec.120


Blut syn.
..s wart gestochen durch .....s dar uz floz
wazzir vnd blut daz ist gud
Ich beswere dich blut by deme heyligen blute daz
du stylle stets vnd nich mer zu dieser
wunde geyst in dem namen des vaters
des sons vnd des heyligen geystes Amen
vnd blas dryens an dy wunde vnd sprich diese
beswerunge ouch dry stunt vnd thu dar obir daz crucze vnd
sprich ouch dry pater noster vnd iii aue Maria.

Contro il mal caduco

• 121. Breslau cod. membr. f. 96v, XIV sec.121


Fur daz uallende ubel.
Du salt warten, swenne iz en an ge, so nim einen hirzinen reimen vnde bint
im den umbe den hals di wile im we si vnde sprich:
In nomine patris et filij et spiritus sancti
so binde ich hie den sichtum dised menschen in disem knopfe;
vnde nim den selben riemen vnde knupfe einen knoten dar an. Den selben
riemen sal man denne binden dem siechen umbe den hals vnde der selbe
mensche sal sich denne einthalden uon dem wine vnde uon dem uleische biz
daz er kume da man einen toten man begrabe, da sal man den riemen losen
dem siechen uon dem halse vnde sal den selben riemen begraben mit dem
toten manne, wan der selbe rieme sal dem toten geleget werden under di

119
Holzmann 2001, p. 159.
120
Holzmann 2001, p. 174.
121
Holzmann 2001, p. 260.

274
schulder, vnde sal einer sprechen der den riemen leget:
In nomine patris et filij et spiritus sancti
so begrabe ich mit disem toten des menschen sichtum,
vnde disem menschen nimmer mer gewerre
biz daz dirre lichnam an dem iungsisten tage erstê:
mit den worten sal man den riemen begraben dem toten vnder der
schuldern. Ist der da nicht der den riemen des ersten umbe bant, so mac in
ein ander wol losen abe vnde begraben in als in iener tun solde; der sichtum
gewirret im nimmer mere.

• 122. Wolfsthurn (Bibliothek Freiherr von Sternbach) cod. cart. f. 116r,


XV sec.122
Für die vallende sucht.
Du solt warten der weile, so yn die sucht begreift, so nym ain hyrssein
ryemen vnd pint yn den vmb den hals vnd sprich:
“In dem namen des vaters vnd des suns vnd des heyligen geistes
so pint ich hie den siechtumb des menschen in disem knopf, den ich daran
chnüppfe.”
Vnd den selben rymen sol der mensch dem siechen nit ledigen von dem
paine vnd von dem fleysche, hüncz daz er chöm, do man ainen toten
begrabe, so sol man den riemen ledigen ab des menschen halse vnd sol der
riem dem toten gelegt werden vnter sein schulter, vnd wer den riemen
lediget, der sol sprechen:
“In dem namen des vaters vnd des suns vnd des heligen gaistes
begrab ich mit diesem riemen den siechtumb dises menschen,
das yn der siechtumb nymmer berür
vnd daz der leichnam am jungsten tag erstee.”
Mit den worten sol man den riemen begraben dem toten vnder die schultern.
Ist ainer da nicht, der den riemen am ersten vmbpant, so mag yn ain ander
ledigen vnd begraben, alz hie mit worten geschriben steet.

Contro le malattie degli occhi

• 123. Gotha cod. 980 f. 12v, XV sec.123


[...] Sanctus Nicasius maculam in oculo suo habuit et temptatus est do-
minum nostrum Jhesum Cristum. Quicumque nomen tuum penes se habuit
hoc maculo in oculis suis careat. [...]

• 124.Gotha124

122
Holzmann 2001, p. 261.
123
Holzmann 2001, p. 205.
124
Weinhold 1901, p. 79.

275
Conjuro te et omnem oculorum dolorem per corpus et sanguinem domini
nostri Jhesu Christi et per quinque vulnera ejus, per mortem quam in
patibulo crucis passus est ut recedas ab oculis N. famuli dei.

• 125. Karlsruhe (BLB) cod. St. Georgen Nr. 73, XV sec.125


Welches roß den nagel het in dem ougen, der sol ain srowen nemen ain
nacht als dick er mag, und sol im sin autem in das oug nuechter kuchen und
sol mit seinem finger gen dem oug griffen und sol sprechen:
ich gebuet dirs nagel bi dem vii hailgen gottes grab,
da got in selber lag,
untz an den hailigen ostertag,
das du verschwinist, nagel,
und doerest als die in den tatten,
die verschwinend und verdorrenden,
das gebuet dir der vatter und der sun
und der hailig gaist,
und unser herr Jesus Crist, wann es an sinen ougen notturftig ist.
In gottes namen. amen.
Und wer diß vorgeschriben ding dry morgen nach an ander nuechterlingen
tuot und drew pater noster und ave Maria betet den dry nageln, die unserm
herrn durch hend und fueß wurden geschlagen, so gaut der nagel an weg.

• 126. London cod. Add. 28170 f. 113v, XV sec.126


Himlischer vater veruche daz maal vn den .... g der auge vo disem menschen
sam du hast abgenom daz mail vo de auge deins dieners herren Jacob In
nomine patss et filii et spiritui + sci am. Kirieleison xpeleison pr nr.
Januarius felix philippus saluanus alexander vitalis martialis. Daz sint die
sibn sün sand felicitas die chöme vns gehelfe am.
Ich beswer dich mail oder sm’cze der augen p+eim vater vn p+eim sün vn
dem heiligen + geist vn pei der werde muter sand marien + pei den vier vn
zwainzege altherre vn pei den vie+r evangelisten pei den zwelpoten pei
allen heiligen vn erwelten daz du vo disem mensche entweichest du
vngeneems puenchte.
Ich besws dich pei der signuft dez heiligen chraevcze + pei der saelgen
erczneie dez heiligen leichnam vnsers herren jhesum xpm vn seines heilige
pluts pei seinen fuf + wnten pe allen engel gots du varst dahin da du her
chom pist Kirieieison xpeieison pater noster. Nilaria dulcia filana xpoforus
abraham divina inclina satsipina ir lieben heiligen helft vns in diser noet
ayos ayos ayos scs dns scs deus scs ompotes erparm dich herre uber vns.
Ich besws dich meil daz du swindest in disem mensche vn furpas nicht
wachsest du seist weis oder swarcz odcr röt gepüt ich dir daz du vsswindest

125
Holzmann 2001, p. 148.
126
Holzmann 2001, p. 179.

276
in der chraft der heiligen drivaltichait Ki xpe pr. nr.
nu plas im in diu augen vnd nenne daz mensch.
User vbs wint christ reichsent xps gepütet + der segen dez himlische vatss
helf diese auge hsre got helf disen augen amen als deines dieners sam du
hast abgenom vnd geholfen den augen herrn tobias vn ... ... plinde rainst vn
vstreib allez daz i schedleich sei daz wir derchomen dein erparmung vn dich
loben ewickleich amen.
nu rür daz ertreich
Unser herre rürt daz ertreich vn neczezt mit der spaichei vnd salwolt da mit
disiu auge des plinten gepönen mensche vn sprach wasche dich als du
gelaubest als wirstu erlauchtet mit dem zaichn dez heiligen chraevz + Ich
gepiut dir mail per + vater per + dem sun vnd per + dem heiligen geist pei
dem vorchtsam gerichte pei dem ziteten nam der heiligen trinitat pei ds
heiligen +marie pei dem heiligen engel sand gabri + vn sand raphahel + daz
du genczleich verswindest vnd furpas nicht wachsest .... dich der va+ter vnd
der sun + vnd der heilige geist + der segen der drivaltichait segen disiu
augen amen.
Wa du ein chraevcz sehest da mache ein chraevcz mit güter andacht / der
segen ist güt zu den augen.

• 127. München (Bayerische Staasbibliothek) cgm.. 54 ff. 95r- 96v, XIV


sec.127
In dem namen dez vaters und dez suns und dez heiligen geistes heb ich an
zu sprechen. für die augen mayl. Do unser herr Jhesus Christus geporn wart
warer Got und warer mensch. Dar nach ward er getauft. von sant Johanni
Bapptista. daz selb taufwazzer müez ab waschen und vertreiben dise mayl
und allen smertzen der augen amen. + heiliger got + Starker got + und
untötlicher + got hylf und vertreib dise mail Heiligez lamp. daz aller werlt
sünd über seinen rukgen getragen hat + daz erparm sich über dise augen
amen. dic pater noster et ave Maria + unbschaffner vater + unbeschaffner
sun + unbeschafner heiliger geyst + Ewiger vater + Ewiger sun + Ewiger
heiliger geyst + Enpfür und vertreib dise mail an allen smertzen ah den
augen ditz menschen als du hast enpfürt daz mayl und den smertzen dez
güten herrn sant Job + hail dich Got der vater + hail dich got der sun + hayl
dich got der heilig geyst + in dem namen dez vater han ich dich funden + In
dem namen dez suns. umb gib ich dich mail + In dem namen dez heyligen
geystes vertreib ich dich mayl + umb greiff dich die magen chraft unserz
herrn + Zestör dich got der vater zestör dich got der sun + zestör dich got
der heylig geyst amen +
Ich beswer dich mail. pei dem höchsten got + pei dem sterkisten chünig. pei
dem warn und lebendigen und almaechtigen schepfer himelreichs und
erdtreichs. und aller wasser und aller geschepfd die dar ynn sein. und pei

127
Holzmann 2001, p. 177.

277
seinen ain geporn sun Jhesum Christum und pei dem Heiligem geyst. daz du
mail und aller smertz und wetag diser augen verswindest und fudergest
amen. pater noster. Ave.
Aber beswer ich dich mayl pey gottes trönn. pei dem himel pey der sunn pci
dem monn pei allem gestirn pei den naewn chörn der engel die gehaizzen
sind Throni Principatus potestates virtutes dominaciones Cherubin et
Serapfin. Angeli et Archangeli pei den zehentausent engeln. daz du mail für
und auz gest auz disen augen Amen.
nu sprich aber eyn pater noster und ein ave Maria. Maria hilf mir.
Aber beswer ich dich mayl bei den seln der heiligen weissagen. pei dem
gebet der heiligen zwelfoten pei der signüzz der heyligen maertraer pei dem
starkchen gelauben der heiligen peichtiger pei der chaeüsch aller heiligen
junchfrawn. pei den rainen gepet. unserer frawn und aller heiligen daz du
mayl verswindest und auz gest. amen. sprich aber ein pater noster. ave
maria. Got vater wann du pist ein wares hayl. und ein wari ertzney aller
siechtum du erlaeuchtest die augen dez menschen der plinter geporn wart.
Also erlacucht auch die augen ditz mcnschen. amen.
Nim ein akker erdtreich und deiner spaicheln und mach da mit ein chraeutz
+ über seme augen und sprich +
Got der machet von seiner spaicheln und von erden ein choch und straich es
dem plinten über seinew augen do ward er gesehent also müest du nu
gesehend werden an deinen augen in der selben gotz chraft. Sanctus Lucas.
sanctus Marchus. sanctus Johanncs. sanctus Matheus die heiligen vier
ewangelisten und alle gotes heiligen die machen dise augen gesunt von
allem mail smertzen und wetagen amen. daz werd war. amen.
Aber beswer ich dich mail und aller wetag pei dem lebendigen got + pei
dem warn got + pei dem heiligen got + pei dem got der ellew dinch auz
nichte beschaffen hat pei seinem fron chraeutz pei der rainichait seiner
lieben muter sant Marien. daz du mayi fuder gest und chainen schaden nicht
entuost disem menschen. an seinen augen. amen.
Aber beswer ich dich mail und aller smertz der augen pei den vier und
zwaintzich altherren. pei den vier und zwaintzich tausent chindlein die ir
pluot vergozzen habent durch got pei den heiligen patriarchen. Mit Abraham
Ysaach und Jacob. pei den heiligen zwelfpoten und allen martraern pei allen
peichtigern. pei allen junchfrawn daz mayl ab gest von den augen ditz
menschen amen.
Nu tu aber mit akker erdtreich und mit der spaicheln als vor geschriben stet
und sprich als her nach geschriben stet
Herre vater Jesu christ lebendiger got untötlicher got wares liecht daz
gewesen ist von angeng aller geschepfd. und ein schaffer aller gueten ding
und sach. sichtiger und unsichtiger wann du mit deiner götlichen chraft
gewaltichleichen gaebd dem plinten daz liecht daz im sein natur nicht geben
mocht pei der güticheit und gewalt pei deinem heiligen leichnamen und pei
deinem mynnechleichem haizzem pluet daz auz deinen heiligen fümf

278
wunden wuet. an dem hern heiligen chraeutz pit ich dich und man dich aller
deiner genaden von deiner gruntlosen parmhertzichait daz du disem
menschen verleichest sein liecht an seinen augen amen.
nu sprich aber als her nach stet geschriben.
Herre vater iesu christ enpfücr disem menschen ab seinen augen allen seinen
gepresten und allen seinen wetagen von aller seiner finsterhait wann du mit
ayncm wort elli dinch wol getuen macht amen. amen.
Der heilig herre sant Nicasius waz eim martrer und het grozzen smertzen.an
seinen augen. do pat er den almacchtigen got wer der mensch waer der
seinen namen an rüeffet und pei im trüg daz der chainen gepresten noch
wetagen nicht leiden solt an seinen augen. in dez selben namen und eren pit
ich dich herre durch seiner marter eren willen daß du disem menschen
vertreibest und vertilgest elli seinen mail und wetagen. In dem namen dez
vaters + und dez suns + und dez heiligen geystz amen.
sprich aber als vor geschriben stet mit akker erdtreich und mit der
spaycheln. dar nach sprich den pater noster daz ave maria vnd den
gelauben Und tü es drey tag nach einander und piz sicher daz dir paz wirt
an allen zweifel.
Du seist ein zingl ein vel ein mayl ein augwe so gepeut dir die vil heilige sel
die datz Betlehem geporn wart in dem heyligen jordan getauft wart. Jhesus
Christ genant wart der den himel besezzen hat. dast fuder streichst und fuder
weichst und dez tagez an N. nicht enpeitzt des helf mir der wor man der den
tod an dem heiligen chraeutz nam. und die gut dez heiligen christz müter.

• 128. Wien (Österreichische Nationalbibliothek) cod. 2817 f. 27c, XIV


sec.128
Der lieb herr sant Nicasius
het ain vel in dem augen
und bat got von himelrich:
wer der wer der sinen namen by im truege,
daz er an schaden erloeset wuerde
von dem smerczen und wettagen der augen.

• 129. Wolfsthurn (Bibliothek Freiherr von Sternbach), cod. cart. f.


124c, XV sec.129
Fur daz mail in den augen.
Sanctus Nicasius der heilig martrer gotes
het ain mail in den augen vnd er versuchet,
ob yn got dauon erledigen wolt,
vnd vnser herre erlediget yn dauon.
Da pat er vnsern herren,

128
Holzmann 2001, p. 204.
129
Holzmann 2001, p. 205.

279
wer seinen namen ob im trüg oder hett,
daz der selb erlost würd von allen mailen vnd prechen,
we die wärn, vnd vnser herre erhoret yn.
Also peswer ich dich, mail,
pey dem lebendigen got
vnd pey dem heiligen got,
daz du verswindest von den augen des dieners gots N.,
du seyst swarcz, rot oder weiss.
Christus mach dich hin gen, amen.
Im namen des vaters vnd suns vnd des heiligen gaistes, amen.
vnd sprich V pater noster vnd V aue maria in vnsers herrn funf wulden.

Contro la febbre

• 130. Berleburg cod. F 4 f. 16v, XV sec.130


Nun rydden sassen,
sie sich vermassen,
sie wolden schaden grakn.
Dey gingen gen osten,
dey gingen gen westen,
dey gingen ghen dolen.
Da quam der gute sant Johan,
er fing si, er bant sie,
gebunden sint sie mit den yseren banden.

• 131. Darmstadt cod. Nr. 2277, XV sec.131


Contra febrem.
Dit is weder dat kaide zo boisczen.
magte ind man sal den mynschen leiden an eynen boum, die da vrucht
draget, ind man sall yecklich ort van syme gurdel in syne hant geven, ind in
yecklich hant eyn rijs van dem boume, ind sprechen yeme dese wort vur, ind
nym dan der erden under syme rechten voisze ind stich de eme in synen
munt ind spreche v pater noster ind 6 Ave maria an dem boyme.
Louf, nu verschudde dich, Rede;
nu lais mich durch den irsten nagel,
de durch got wart geslagen.
Louf, nu verschudde dich, Rede;
nu lais mich durch den zweiden nagel,
de durch got pp.
Ist dat man id lange hait gehat, so sal man dese wort vursprechen an dem

130
Holzmann 2001, p. 218.
131
Holzmann 2001, p. 188.

280
selve boyme:
Do Jhesus an dat cruce trat,
do bevet allet dat da was;
do bevede eme syne beyn,
Do reys der mermelstein.
Do sprach Pylatus: ‘haistu den reden?’
Jhesus sprach: ‘neyn, ich des reden neit en hain,
noch nummer vrauwe noch man
der dese wort + gesprechen kan.’
dat sy wair in gotz namen. Amen.

• 132. Innsbruck cod. IX C. 14,5 (Ferdinandeum) f. 136, XV sec.132


Item wer das fieber hat, dem hilfft also. Spriche drey tage under ainer messe
diese nachgeschriben worte zu dreyen malen--
Ich bitte dich herr vatter Jhesu Crist,
als warlich du in des priesters handen bist,
als warlich thue Felicen den siben und sibitzig Ritter
wonend by frey,
ob des icht ware sey,
den thue durch deiner hailigen barmherzigkeit willen. Amen.

• 133. Innsbruck cod. IX C. 14,5 (Ferdinandeum) f. 136, XV sec.133


Bis gottwilkomen
du hailiger fronleichnam,
du warer got!
alle dinge sten in deinem gepott,
als warlich bitte ich dich,
lieber herre, vatter, Jhesu Crist,
als warlich du in des priesters handen bist,
als warlich thue der Jenese siben und sibitzig Ritten frey,
und ob ir icht mer sey,
der thue ir aller herre durch deiner barmhertzigkait willen frey.
Amen. 3 pater noster, 3 ave Maria, 1credo.

• 134. Marienthal, XIV sec.134


Diz ist ein segen fur den riten.
Rit vil lere,
ich beswere dich bi der heiligen sêle,
die got in dem heiligen jordan hât enpfangen,
daz dû an dem dritten tag sist zergangen.

132
Holzmann 2001, p. 251.
133
Holzmann 2001, p. 252.
134
Holzmann 2001, p. 173.

281
Rit, dû solt gedenken,
daz sich Jêsus Christus liez henken
an daz frône crûze hêre,
sô vermîde mich hiut vnd imermere.
Dô Jesus an die martir trat,
dô bidimet allez daz dir was;
dô sprach ein iude durch sinen spot:
Hâst dû den ritten, herre got?
Wan ich den ritten niht en hân
und ich den ritten nie gewan,
noch der in nimer muoz gewinnen,
der dize wort gesprechen kunne:
Ez gienc sich after lande
der guote hêrre sante Johannes,
dô kômen zwên und sibenzic riten:
Hêrre meister, wâ wond ir hin?
Dâ will ich in disen walt
und will wide houwen und will sie winden
und will zwên und sibenzic riten daran binden.
Herre meister, daz lânt sîn,
wir wellen iuz verloben,
daz wir niemen an komen,
es si vrouwe oder man,
der diz vorwort gesprechen kann.

• 135. München (Bayerische Staatsbibliothek) cgm. 850 f. 70v, XV sec.135


Fur den ritten.
Do unser her an die marter trat,
do erbidmet alles das do was
Ain jude in seinem spotte sprach:
“herre maister, hastu den ritten?”
Unser lieber herre sprach:
“den ritten ich nit enhan, noch in nie gewan”;
es sei weip ader man, der disse wort gesprechen kan,
das in der ritte nymmer kum an. Amen.

• 136. St. Gallen (Stiftsbibliothek) cod. 550 f. 559, IX sec.136


In nomine patris et filii et spiritus sancti adiuro te frigore rus per patrem et
filium et spritum sanctum per tria testimonia per quatuor euangelista per XII
prophetas per angelos celi per cardines mundi per quem deus fecit mundum
siue biduanus siue triduanus siue quadriduanus siue meridianus siue

135
Holzmann 2001, p. 188.
136
Holzmann 2001, p. 160.

282
nocturnus siue in die siue in nocte ut amplius non noceatis isto homini
leotolti n lalxes nec tremorem auis otheus auis ageatus eleison sanctus deus
sanctus fortis sanctus et inmortalis qui tollis peccata mundi miserere isto
homini leotolte amen.

• 137. St. Gallen (Stiftsbibliothek) cod. 755. (cart. in ottavo) f. 186, XV


sec.137
Benedictio contra febribus.
+ Ego sum alpha et o primus et nouissimus et fui mortuus
et sum viuens in secula seculorum et habeo clauos mortis
et inferni ait dominus omnipotens +
Precipio vobis febribus cuiuscunque conditionis actus
vel nature sitis per precium crvcifixi domini nostri Jhu xpi
et beatam mariam virginem matrem eiusdem dei et domini nostri
Jhu xpi et per nouem choros angelorum
ut recedatis a famulo die + N. N. et amplius non ledatis.
Cristus vincit + xps imperat + xps regnat + xps repellit malum omne +
consumatum est. Corpus xpi +++

Contro il morbo maligno

• 138. München (Bayerische Staasbibliothek) clm. 100, XII sec.138


Contra sagittam diaboli.
Kyrie eleyson. Christe eleyson. Kyrie eleyson. Alamamiam. alamiam.
palamiam. sit in sitim per omne corpus tuum. Per ista tria nomina patris et
filii et spiritus sancti. Gardia. gardiana. gardentia. Domine nescia suffonia.
quia necesse est per istud malum malannum. quia dominus papa apostolicus
ad imperatorem transmisit ut omnis homo super se portaret. agios. agios.
agios. sanctus. sanctus sanctus. alleluia. alleluia. alleluia. crux Christi. crux
Christi. crux Christi. ó. o. o. domine si hic assit nata una cyppa.ó. o. o.
domine tu illam sicca. N. Del indena. dulta mila uelena. Sanctus
Christophorus. Sanctus Abraham. Si dum sinaclium inclina. clina. clina.
sancta Saturnina. agyos. agyos. agyos. sanctus. sanctus sanctus. dominus
deus omnipotens. qui erat. et qui est. et qui uenturus est. Adiuro te uenenum
per patrem et filium et spiritum sanctum. ut non noceas ultra famulo dei. N.
sed ab illo recedas.

• 139. Zürich (Wasserkirche) cod. 58/275, XII sec.139


Ad frasin

137
Holzmann 2001, p. 161.
138
Holzmann 2001, p. 70.
139
St. p. 384; Holzmann 2001, p. 138.

283
Sputo circumlinito minimo digito et dic.
Adiuro te, mala malanna, per patrem et filium et spiritum sanctum, ut non
crescas sed euanescas. In nomine patris et filii et spiritus sancti. k.x. k.Pater
nostri ter et Pater noster.

Contro il soprosso

• 140. Holzmann 2001, p. 48.140


Gegen das Oberbein:
Der Mond, den ich sehe, der nehme zu,
und mein Oberbein, das cih bestreiche,
Das nehme ab
Wie der Tote im Grab.
Im Namen Gottes usw.

• 141. Ildegarda di Bingen, Physica 1309B (ricetta)


Apis de calore solis est, et aestatem diligit, sed et velocem calorem habet, ita
quod frigus pati non potest. Et si alicui uberbeyn crescit, aut si aliquod
memebrum de loco suo motum est, aut si aliqua membra contrita sunt, apes
quae in vasculo suo mortuae sunt, et non vivas accipiat, et sufficienter ex eis
in lineum pannum istum apibus interius consutum in baumoleo sveysze, et
eumden pannum dolenti membro superponat, et hoc saepe faciat, et melius
habebit.

Contro le infiammazioni della gola

• 142. Wilhelm p. 130 (basso ted.)


Wedder de wedge des halses roep an sanctum blasium, dat he dy to hulpe
kame, unde drink wyt hundeshaer, nuchteren unde myt bere, unde lat in der
medianen edder under der tungen, dat ys ghud.

• 143. Wilhelm p. 130 (lat.)


Item bona oratio contra squinanciam domine J. Chr., vere deus noster, pro
virtute tui sancti nominis Jhesu et pro oratione beati Blasii, servi tui, liberare
digneris hunc N famulum tuum vel famulam, ab omnibus infirmationibus
gulae et gutturis et vuule et aliorum membrorum suorum, qui vivis et regnas
per omnia saec. saeculorum amen. hoc dic ter. dicat et ter Patern. et
Avemaria.

140
Schütte 1907, p. 451.

284
Per liberare i prigionieri

• 144. IX sec.141:
contra coli dolor et matricis dolor
...tres sorores ambulabant, una volvebant, alia cernebat, tertia resolvebat

• 145. Marcello di Bordeaux, V sec. 142:


Tres virgines in medio mari mensam marmoream positam habebant; duae
torquebant, una retorquebat.

• 146. Marcello di Bordeaux, V sec. 143:


Stabat arbor in medio mare et ibi pendebat situla plena intestinorum
humanorum; tres virgines circumibant duae alligabant, una resolvebat.

• 147. St. Gallen (Stiftsbibliothek) cod. 755, f. 74, XV sec.144


Dis ist ain segen zu dem floß vnd zu der anwant.
Sant ann Sant osann min frow sant maria
die hailgen dry frowen gingent uber ainen gewichten kilchoff
Die ain sprach dis ist das fliegend
Die ander sprach es enist.
Die dritte sprach es sig oder es sig nit
So blitz vns der gutt herr Sant marti
vnd der uil hailig xist
won du sin not vnd notturfftig bist
das du nit hoher hebist vnd nit wytter flekist
noch kainen totten gestrekist
noch in disem kilspel nit belibist
das butt dir der uil hailig xist
der uber vns gewalttiger herr ist an gotz namen amen.
vnd strich din Hand uber den schaden xutzwyß so du Inn segnen wiltt vnd ist
der schad geschwollen So nim von ainem holder ainen ast vnd schab die
grunen rinden suber herab vnd bind ims ubir den schaden untz er genißt so
genißt er an zwifel. vnd wenn du Inn sigest, als dick haiß Inn betten Dru
pater noster vnd dru aue maria.

Per i viaggi e le partenze

• 148. Basel (foglio di pergamena trovato in una prigione), XIV sec.145

141
BS. VI, 182-187.
142
BS. VI, 182-187.
143
BS. VI, 182-187.
144
Holzmann 2001, p. 208.

285
† Ich wil hivt vf stan
Ich wil in gotes namen hinnan gan.
Ich wil Ich wil mich begvrten mit den gocz worten mit den sige rinen
mit allen gewaeren dingen daz mir alles daz holt si
das sant dem tag vf si
div svnne vnd ovech der mane krist selbe amen.
Div belle si mir verspert ölle waffen sin mir ver wert
want alein eis daz sticht vnd sunit swa mans hin wist. amen.

• 149. Berlin (Staatsbibliothek) ms. germ. 17, f. 736, XIV sec.146


...als her iacob der patriarche synen son beual, do her en sante yn dy werlt
vndir dy lute. Ich beuele dich N. hute in dy selbe gnade, als der gute sente
thobias synen son beval,
do her en sante yn egypten lant.
Ich beuele dich hute in dy gnade der heilegen vumf wunden, der heilegen
vumf tropphen, der heilegen dry nagiln, dem gewyten cruce.
Ich beuele dich N. hute dem guten hirren, sente petir vnd in die gnade der
czwelf luten, vnd yn die gnade als ym der hylege geist beval syne schofe
vnd den hemilslossil gap.
Ich beuele dich N. hute in dv gnade des guten sente laurencien vnde allen
gotis merterer. Ich beuele dich N. hute in dy gnade sente marian
magdalenen vnd allir gotis wetewen.
Ich beuele dich N. hute in dy gnade sente Margareten vnd sente M [...]
[...] her by sente marian, by dem heilegen blute, by irme sone gute.
Nu musistu geseynyt syn.
Sente galle muse dynis mundis pfleger syn. Sente girdrud muse dir gute
herberge geben. Gesunt sye dir der lyp, holt sy dir iunge vnd alt vnde alle
man vnd wyp,
selig musistu ymmer syn, alz gesente der vatir syn. amen.
Ich beuele dich annam dem almechtegen gote
in dy zelbe genade als her sente Johanni syne mutir beual,
do her an dem cruce hynk.
Ich beuele dich N. hute in dy selbe gnade, als her synen geist syme vatir
beual,
do her an dem cruce solde sterbyn.
Ich beuele dich N. hute in dy selbe gnade vnd dy zelbe truwe als sente
Johannes dy heilege maria nam czu eyner muter vnd sich ir czu eyme sone
gap.
Ich beuele dich N. hute in dy selbe gnade [...]

• 150. Friaul XIV sec.147

145
Holzmann 2001, p. 272.
146
Holzmann 2001, p. 284.

286
Heute ich us ge, mm engil mit myr geyn, dry myn waldyn, dry mych
behalden, dry mich beschyrmyn, czobende czu gutyr herberge brengyn:
das myr in den wogyn gesze keyn ungenade, daz mich keyn wofen vorsnide,
daz y gesmett worde sint der heylige crist geborn worde.
ab is mir us den minen werde genumen, daz is wedir in den selben seyn
kueme;
ab is mir wedir werde in di min, daz beide steche unde snide durch steyn
durch beyn.
dem heyligen cruce zy ich bevoln, der heylige hymelhelder zy mir obyn.

• 151. Graz (Universitätsbibliothek) cod. 36/55, ultimo foglio, XV sec.148


Ach herr got von himelreich, pehütt mich durch dein vil heilligen sperstich,
den dir Longinus durch dein seytten stach das dir dein heillig hercz zeprach;
vnd peschirm mich durch das heillig plüt das aus der selbigen wunden wütt,
das wir alien unser feintten entbeichn vnd all ir baffen vor mir verbleichen,
.... mich hewt vermeyde vnd vor mir pehalde ir sneyde,
als Maria ir maitum pehielt das sich got selb dar in pefielt das si maid
wessent ir purd. gott, pehutt mich vor aller schuld durch den vnd durch das
pratt
das gott sein heilligen jungern patt. in gottes namen. amen.
Maria, hilff uns hie zu dein genaden ie.

• 152. Heidelberg (Universitätsbibliothek) cod. 163 (Pfälz. Hs.), ultimo


foglio, XV sec.149
Ich dreden hude uf den phat, den unser herre Jesus Cristus drat,
der sy mir also suß und also gut; nu helfe mir sin heilges rosefarbes blut,
und sin heilge funf wonden, daz ich nimmer werde gefangen oder gebunden,
von allen minen fienden mich behude, daz helfe mir die bere hude;
[behude mich] vor fleyssen, vor swerten und vor schiessen,
vor aller slachtunge ungehuere, vor schnoder gesellschaft und abentuere,
daz alle mynne bant von mir enbuenden werde zu hant,
also unser herre Jesus inbunden wart, do er nam die himelfart.

• 153. München (Bayerische Staatsbibliothek) cgm. 1020 f. 45v, XV


sec.150
Ich dreden hûde ûf den phat, den unser herre Jesus drat:
der sî mir sûze unde gût. Nû helfe mir sîn heilig blût und sine funf wonden
daz ich nimmer werde gefangen. Vor allen fînden mich behûde, daz helfe
mir die hêre hûde; behûde mich vor fliezen, vor swerten und vor schiezen,

147
Holzmann 2001, p. 275.
148
Holzmann 2001, p. 274.
149
Holzmann 2001, p. 273.
150
Holzmann 2001, p. 273.

287
vor aller slahte ungehûre,
[vor snôder gesellschaft und âbentûre] daz alle mîne bant enbunden werde
sâ zuhant,
also unser herre inbunden wart, dô er nam die himelfart. amen.

• 154. Wien (Österreichische Nationalbibliothek) cod. 2817, f. 25v e 26r,


XIV sec.151
Herr got, behüete hiut mich N. durch des vil heilegen speres stich,
den dir Longunus durch din siten stach dô dir dîn heilec herze brach;
unde beschirme mich daz pluot daz dir durch die selben wunden wuot,
daz mir alle mîne vînde entwîchen und elliu wâfen gên mir enblîchen,
und aller stahel und allez îsen behalten vor mir ir snîden,
als mîn frowe ir magetuom behielt, dô sich got selber in ir vielt.

• 155. Wolfsthurn (Bibl. Freiherr von Sternbach) cod. cart., f. 71d, XV


sec.152
Ain ander gutt segen, do sich auch ain mensh mit mage vorsorgenn vor sein
veund,
vnd sprich also:
In dem namenn des vaters vnd des suns vnd des hailgen gaist amen.
Ich will mich heutt gurten mit dene hailgen funff worten,
mit der svnne vnd mit dem monad vnd mit dem hailgen fron leichnam;
wer mir heutt nicht sey gutt, dem empfall sein crafft vnd mut,
er möge sich auch alls wenig gegen mir geregenn,
als ain tode mann sich moge gewegenn.
Mein waffen das sey mir stehlein, das sein sey seydenn;
als wenig moge er mich an leybe vnd an gutt vnd an eren ergynnenn,
als die liebe junckfraw Maria ain andern sune gewynne;
des helff mir der mann, der denn tode an dem hailgen fronn creucze nam,
amen.
vnd sprich iii pater noster vnd aue maria.

• 156. Wolfsthurn (Bibl. Freiherr von Sternbach) cod. cart. f. 87rv, XV


sec.153
Wan du vber lant willt genn vnd dv erst aus dem hauss dritest, so sprich:
In namenn vaters vnd suns vnd halgen gaystz amen.
Ich dryt heutt auff das pfatt, do vnsser lieber here Jhesus Christus selbs auff
tratt,
das was so linde vnd so gutt. Ich bitte dich, lieber here,

151
Holzmann 2001, p. 275.
152
Holzmann 2001, p. 272.
153
Holzmann 2001, p. 274.

288
das du mir behutest leyb vnd sele gutt durch dein hailges pluet.
Diser weck sey mir reub loss, morde loss, dieb loss, wasser loss, fewr loss,
vallen loss, aller wilden thier loss, als Maria gotes muter war,
da sie irs liebenn trauten kinds genass amen.

Benedizione di Tobia

• 157. Deutsche Historienbibel des Mittelalters, XIV sec.154


Got múß úwer pfleger sin und helff úch, daz ir wol wandlind,
und die engel mússent úch wol belaiten. got behút úch
vor wasser und vor fúr und vor dem gächen toud
und vor unfrid und vor hunger und vor durst
schlauffind und wachint, und behüt dir din ere und din guot.
der got, dem nútz verborgen ist, behút dich mit siner vätterlichen krafft
über feld und über wald, vor wind und vor regen und vor schne.
din lib sy baini, din hopt sy staini,
din hertz sy stächlin. der himmel múß din schilt sin,
alle wäffen mússend dir beschlossen sin, des helff dir got und
send dich mit fröden wider her heim und lauß dich nymer kains
unrechten toudes sterben.

• 158. G. Eis collezione privata, Ms. 149, foglio di pergamena f. Xr, XIV
sec.155
[...] christ zv der hell fuor nach seinem tod. Got gesegendich mit dem segen,
den vnser herr vber sein iunger tet nach seiner verstend. Got gesegen dich
mit dem segen des heiligen geistes, den er in lie do er zve himel fuor. Got
gesegen dich mit dem segen des heiligen gaistes, den er in sand ze trost. Ich
enpfilh dich vnserm herren in di selben genad als er sand iohans sein vil
rainev mveter enpfalh, do er an dem chreutz hie. Ich enpfilh dich in di genad
als er seinem vater sein sel enpfahl, do er an dem chreutz wold sterben. Ich
enpfilh dich in vnseres herren gotes genad als der guot sand iacob seinen
svn beniamin enpfalh, do er in sand in egypten. Ich enpfilh dich in vnsers
herren gnad als im der gut sand thobias seinen svn enpfalh, do er in sant
verre in ein vremdes lant. Er sprah alsus:
Got, dem nicht verborgen ist, vnd des sach dv bist, vnd der da nicht
wenchet, seines namens gedenchet, daz tvot er wol an im schein in welhem
land er sei der mvez deiner vert walten vnd mvez dich behalten vor wazzer
vnd vor vewer mit seiner [heiligen stewer]. [...]

154
Holzmann 2001, p. 289.
155
Holzmann 2001, p. 290.

289
• 159. München (Bayerische Staasbibliohtek) cgm. 850, f. 53v
XV sec.156
Sant thobias segen.
Der gut her sant Thobias
der gottes waissage was
der sante seinen sun gar ferre in fremde lant
das er wolt wenen
das er yn nymmer solt sehen
gar truericlichen er von im schid
wand im was sein sun lieb
umb in was im laid
er sante im virczig tag waid
dor er in sach vor im stan
ain guter segen ward ueber in getan
der von herczen gut was
dar an er nit vorgaß -
Dem got dem nichts vorborgen magk sein
und des aigen ich bin
der muesse mich behuten
durch sein veterlich guete
vor hulcz und vor walt
und vor aller noet manichvalt
von hunger und vor dorst
und vor boesem geluest
vor hicze vor frost
vor schiessen vor werfen vor wasser vor feuer
vor zoebern vor gifft vor erschrecken vor allen boesen waffen
vor allen bosen schlegen vor erstechen
und sende mich gesund erwider
mit vil rainen muet
der heim zu meinen gut
† Gesegent sey der wegk
uber die straß uber stegk
dar vor und dar hinden
got mit himelischen kinden
sey mit mir allenthalben neben
und müß mir allenthalben got geben
das mich alle waffen muessen meiden
das sie mich weder stechen noch sneiden
Ane das mein allein
das sai sneiden flaisch und gebain
Aber so es komet auß meiner hand

156
Holzmann 2001, p. 286.

290
so sey es in den segen genant
Es sey messer ader swert stachel ader eysen oder alles das ye gesmidet ward
sind der hailig crist geporen ward
† Das sey mir als linde und also waich
als unser frawen hend und swaiß was
do si unsern hern trugk und genaß
der mond und die sonne
leuchtent mir mit wonne
mein hercz sey mir stainen
mein leib bainen
mein haupt sei mir stehelein
der himel muß mein schilt sein
das paradiß sey mir offen
die helle sey mir vorslossen
Der sperstich unsers hern ihesu cristi der behuet und beschirm
mich vor aller not
und vor den gehenden tod
Die heiligen zwelfpoten
zieren mich vor got
Die heiligen vier ewangelisten
die weisen mich vor got das beste
Der guth herre sant Steffan
der got zu himel sach
zu seines vaters rechten hand
do er alle sein not uber want
der sei mir bey
Der gut her sant Johannes
der pflege meines namens
das an not müße sehen
also hail musse mir geschehen
† Rain sey mir mein leib.
holt sey mir man und weip
Sant gerdrud musse mein warten
gehens todes müsse ich nymmer ersterben
Sant Oswalt muesse meiner speise pflegen
und laß nit under wegen
Er pflege auch meiner verte
und mein und meines gutes und meiner sele
und meiner werltlicher eren
und fuge mir zu allezeit gut geverten
In gotes frid ich da far
† der hailig gaist mich bewar
† Gotes hend seind uber mich
† Gotes fuesse seind vor mir

291
† Gotes gotlicher munt
† beschirm mich heut und zu aller stund
Nu müsse ich Johannes als wol gesegent sein
als der kelch und der wein
und das vil heilig brot
das unser her seinen zwelf jungern bot
Dar zu muesse ich Johannes als wol gesegent seyn
vor allen herczenlaid
der disen segen bey im treid
in guter voleist
dar helff mir der vater der sun und der heilig gaist
Dar zü müsse mich behuten
maria Gotes muter
und musse mich senden in den friden do sie ynn was
do si unsern hern trugk und genas
Nu müsse ich Johannes als wol gesegent sein
als der kelch und der wein
und das vil hailig brot
das unser her seinen xii jungern pot
† Sant jacob † Sant diepolt † Sant niclaus † Sant Johannes † Sant peter
†Sant pauls + Sant endres †Sant anthonius †Sant thoman † Sant Valentin †
Sant erhard †Sant wendel
Disse heiligen müssen auff diesem geverte mein pfleger sein
Diese heiligen junckfrawen alle behuten mich vor schentlichen schanden
† Sant agatha † Sant affra † Sant barbara † Sant dorothea † Sant elisabeth +
Sant katherina † Sant margaretha † Sant ursula † Sant Brigida † Sant helena
die das heilig creuz vant
die behute mich vor boesen band
Gotes bant die heiligen funff wunden
die behuten mich vor allen boesen stunden
das mir weib noch man
mein leib mein sei mein gut mein er nit muegen gewinnen an
das helff mir der vater der sun und der hailig gaist Der guet her sant thobias
† Caspar † Baltisar † melchiar
Und sprich v pater noster und v ave maria.

• 160. München (Bayerische Staatsbibliothek) clm. 17051, ultimo foglio


XIV sec.157
Der guot herre sant thobias
Wan er ein vil guot man waz
Sinen sun er gesant
So uerr in uroemdiu lant

157
Holzmann 2001, p. 285.

292
Der sun waz im uil lieb
Wie truriclichen er uon ym schiet
Da hort er sinen sun stan
Da wart ein segen veber yn getan
Der segen also war waz
Dar an er nichtes vergaz
Wez trurest du nu
Ein trut sun
Der got der da ist
Dez scholt du da bist
Swer sich dez nicht entwenkt
Vber sinen ermerren er sich vil wol bedenkt
Der berucht dich N. hiut ze behoeten
Durch sin veterlich guot
Vober holtz vnd vober velt
Vor manigen noeten manichvalt
Vor hungner vnd vor vroer
Herre vater ihesu christ Weruech hevt min pet zerhoeren
Daz du N. habest schon
Vor dem gaehem tot
Er slaff oder er wachh
Er sie enholtz oder enstrazze
Gessegnet sein dir di weg
Paidiv strazz vnd steg
Voren vnd hinten
Gesegnen dich di hiligen fuonf wunden
Di hiligen zvelfpoten
Di wegen dir N. immer vor got
Di hiligen vir ewangelisten
Di webiesen dich N. waegesten vnd dez pesten
Der guot herre sant stephan
Der alle sin not veberwant
Der geste dir N. hevt vnd immer mer vil wundern vast pei
Do dir sein not vnd durift sei
Dez helfen mir di hiligen nom drei
Wi meht ich dich N. immer paz gesegnen
Dann mit dem segne vnd mit dem heiligen segne
Christ der vil guot
Durch des hiligen christes bluot
N. dein hertz daz sei dir stainen
Dein haubt sei dir stechlein
Der himel mvezz din schilt sin
Das pardis ste dir offen
Di hell sei verslozzen

293
Ellev waffen sin vor dir verirret
Daz si dich nicht ensniden
Vnd daz si dich vil gar vermiden
Di gesmit wuorden
Sind daz christ geboren ward
Denne di deinen al ein
Di sniden swen ich mein
Sand gal diner spis pfleg
Sand gerdrut dir guot herberge geb
Der man vnd di sunne
Di welavhten dich mit fravden vnd mit wunne
Dir geschech als manich guot
Sam manich tropfe in daz mir tuot
Tobyas daz kint daz chom sich wider mit vroelichem muot.
Alsam mvezzest du N. mit vroelichem mvet haim zv dinem aigen guet.
amen.
Elyas vnd enoch di lebent paid noch. vnd wurden ni entwelt ihres liebes vnd
ihres gvotes. sam mvezzest du N. nimmer entwelt werden dins leibes vnd
dines gvotes. amen.

• 161. Nürnberg (Stadtbibliothek, Katharinenkloster), ff. 146r – 148v,


XIV-XV sec.158
Dand tobias
der gotes wissag waz
seinnen sun er sand
zu ainem fremden land
daz er wolt wenen
daz er immer wider chom
sein sun waz im liep
vil traurig er von im schid
do er in hort vor im stan
do wart ain segen vber in getan
er sprach der got der da ist
vor dem niht verporgen ist
dem niht entvenket
der elleu dinch wedenchet
der sei der dich behuot
durch sein ueterleich gvot
vober uelt durch walt
vor aller slaht not manich ualt
vor hunger vnd torst
vnd uor allem peosem gelust

158
Holzmann 2001, p. 295.

294
vnd vor gefuer
got mvz mein gebet erheorn
vnd muoz dich haben schon
vor dem gehen tot
du slafest oder wachest
ez sei tages oder nahtes
dein feint werden genidert
und sent dich got her wider
mit vil rehtem mut
zu deinem aigen gut
gesegent sein dir die weg
ueber stras und veber steg
da uorn vnd da hinden
got durch sein helig fuenf wunden
sei dir paidenthalben neben
vnd muez dir guten frid geben
got der himilisch degen
muez deins leibs vnd deiner sei pflegen
in dem gotes vrid du uar
dein heiliger engel dich war
dein herz sei dir stainein
dein hobt sei dir sthelein
der himel muez dein schilt sein
di helle sei vor dir verspirit
ellev not sei vor dir uerirret
daz paradis ste offen
evllev waffen sein vor dir verslozzen
daz si daz mvezzen meiden
daz si dich iht versneiden
daz heiligen gaites siben gab
lazen dich mit hail leben
der mon vnd di sunn
levhten dir mit wunn
di heligen zwelf poten
digen mir hevt vm got
daz ich dich an not mvez geseheen
also lieb lazze dir got geseheen
mein herre sand stephan
der got ze himel sach stan
zv seines uaters zesvem hant
do er sein not ueber want
der sei dir heut vnd immer pei
daz dir dester paz sei
Mein herre sand iohannes

295
pfleg dein vil libes ...
di vier ewangelisten
di weissen dich dez pesten
Nu mvez dich beschirmen vnd behueten
Mein frau sand maria di gut
Mit dez heiligen cristes plut
werdest du geheligt vnd geseligt
vnd sei dir ain schirm vor aller not
deins leibs vnd deiner sei
deiner werltleichen eren
sand galle deiner speis pfleg
Mein frau sand gedrut dir gut horberg geb
kevsch sei dir der leip
holt sei dir man und weip
gut rat dein werd
got laz dich unrehtes todes nimer ersterben
ze got muezzet du selich sein
also gesegent sand tobias den sun sein
vnd sant in do ze yercho
daz wart er seit vil fro
also mvezzest du N. hevt gesegent sein
daz verleich mir mein trehtein durch [...?...]

• 162. Rostock Ms. IV 1. 7, basso tedesco, XIV sec. 159


Hir beghinnet êne ghûde segheninge van Thôbîas.
Thôbîas de sîen sone ût sende
myt êneme hillighen enghele tô êneme anderen lande,
sî sone was eme lêf,
vil drôvedes môdes he van erne schêd.
he ghînk vor erne stân,
dâr wart ên hilligh segheninge over dân.
he sprak: benedictus
dominus deus meus.
des hillighen wâren godes sone Crist,
des duo, sone, êghene knecht bist,
de môte di behôden
durch sîne vederlîken ghûde.
got hebbe dîner schône
vor hungher vor dorst,
vor water vor vûr,
got de môote di myt sîner hillighen craft sulven stûren,
dû slâpest edder dû wakest,

159
Holzmann 2001, p. 297.

296
an holte edder an dake.
alle dîne vyende sîn di nedderghet.
god de môte di senden wedder
vrôlîkes môdes
tô dîneme heymôde.
gheseghenet sî dîn wech unde stech berch unde dal.
got de lâte dî ummer wol varen.
alle dîne beyne
grôt unde cleyne
sîn di lîcht alse ên veddere.
de hillighen enghele
môten dî behûden sulven
...
sunte Johannes Baptiste
vorlêne dî ghûde liste,
sunte Stephan de stâ dî bi,
dat dî deste bett sy.
sunte Mârîa de ghûde
de môte di behûden
vor enghestlîken nôden.
sunte Mârîa de ghûte
myt erer hûte
môtestû werden ghesalvet unde ghehêlet,
dîn sêle werde des hemelrîkes nummer unbedêlet,
dîn lîf der werlîken êre.
got môte dî seghenen mêre.
de mâne de sunne
de schînen dî de wunne,
dat paradys dat stâ dî open,
de helle vor besloten,
de helle vorsperret.
alle wâpene sîn vor de vesperret
sunder dîn alleyne,
dat ik dâr mede meyne
dat dû dar bî drechst,
dat môte snyden unde byten aliens dat dû tô dônde hest.
Nû bevele ik dy an de hûde,
dar myn vrouwe sunte Mârîa was an bevolen,
myneme hêren sunte Johanse under deme hillighen crûce,
dem bevele ik hûte
dîn lîf unde dîne sêle,
dîn gût unde dîne êre.
unse hêre ût sîneme grave stûnt,
de seghene dîn vlêsch unde dîn blôt.

297
de hillighe engel sunte Raphaêl,
deme de gûde Thobîas sînen sone beval,
dem bevele ik hûte dîn lîf unde dîne sêle.
de hillighe vrouwe sunte Ghêrdrût von Nevele
de sende dy uppe ghûde herberghe, Amen.

• 163. Uppsala (Universitetsbibliothek) cod. C 664, ff. 53-54, XV sec.


Daz er des wollte saenen,
Daz er in iemer mêre gesaehe,
Sin sun was ime vil liep,
Unsanfte er von ime schiet,
Umbe in was ime vil leide,
Er same in uber vierzec tageweide,
Er sprach: der got der vor niemen verborgen ist
Und des eigenschalc dû bist,
Der an niemanne wenket,
Die armen vil wol bedenket,
Der müeze dich hiute behüeten
Durch sîne vaterlîche güete,
Uber velt, durch walt,
Vor aller noete manecvalt,
Vor hunger und gevroerde.
Got müeze mîn gebete erhoeren,
Sô dû slâfest oder wachest,
In holze oder under dache.
Dîn vîende werden dir gevriunt,
Got sende dich heim vil wol gesunt,
Mit vil guotem muote
Hin heim zuo dînem eigenguote.
Gesegnet sî dir der wec
Uber strâze und uber stec,
Dâ vor und dâ hinden
Gesegenen dich des hêrren vünf wunden.
Jetweder halben, dar eneben
Gestê dir der himelische degen.
In gotes vride dû var.
Der heilige engel dich bewar.
Der lîp sî dir beinîn,
Ez herze sî dir steinîn,
Ez houbet sî dir stehelîn,
Der himel sî dir schiltîn,
Diu helle sî dir vor versperret,
Allez übel sî vor dir verirret,
Ez paradîs sî dir offen,

298
Alliu wâfen sî vor dir verslozzen,
Daz si daz vil gar vermîden,
Daz dich ir dekeinez steche noch ensnîde.
Der mâne und ouch diu sunne
Diu liuhten dir mit wünne.
Des heiligen geistes siben geben
Lâzen dich mit heile leben.
Der guote sante Stephân,
Der alle sîn nôt uberwant,
Der gestê dir bî,
Swâ dir diu nôt kunt sî.
Die (heiligen) zwelf boten
Die êren dich vor gote,
Daz dich diu hêrschaft gerne sehe.
Allez liep müeze dir geschehen.
Sante Johannes und die vier evangeliste
Die râten dir daz beste.
Mîn frouwe sante Marîe
Diu hêre unde vrîge [...?...]
Mit des heiligen kristes bluote
Werdest dû geheiliget [ze guote],
Daz dîn sêle [sô dû sterbest]
Des himelrîches niht verstôzen werde
Nâch den werltîchen êren.
Got gesegene dich dannoch mêre.
Sante Galle dîer spîse pflege,
Sante Gêrtrût dir guote herberge gebe.
Saelec sî dir der lîp,
Holt sî dir man und wîp,
Guot rât dir iemer werde,
Daz dû gaehes tôdes niene ersterbest!
Alsô segente der guote [und der vrume]
Santobîas sîen sune
Und sande in dô in ein lant
Ze einer stat, diu hiez ze Mêdiân,
Diu burc diu hiez ze Râges:
Sît wan ervil frô [...?...]
Got same in heim vil wol gesunt
[Mit] vil guotem muote
Hin heim zuo sîem eigenguote.
Also müezest dû hiute gesegenet sîn:
Des helfen hiute die heiligen namen drî,
Des helfe hiute diu wîhe
Mîn liebe vrouwe Marîe,

299
Des helfen mir alliu diu kint,
Diu in dem himelriche sint,
Und [der] guote Santobîas
Und sîn heiliger trûtsun. Amen.

• 164. Wien (Österreichische Nationalbibliothek) cod. 2817, f. 24v, XIV


sec.
Der guot herr sant thobias,
der gotes wîssage was,
sinen lieben sun er sant sô verre in fremdiu lant,
daz er des wollte waenen
daz ern niemer mêre gesechen.
truriclich er von ihm schied
wan im was der suon gar lieb.
umbe in was ime vil leide:
er sant in wol vierzig tageweide.
dô er in vor im sach stân,
ein segen wart ob ime getân
der von herzen guot was,
wan er nichez dar ane vergaz.
“Dem gote dem nichcz verborgen ist
und des aigen du bist,
der müeze dich behüeten
durch grosse güete,
über velt und über walt
vor aller note manecfalt,
vor hunger und vor durste,
vor boesem geluste,
vor hitze unde vor gefroere.
got müeze min gebet erhôren
und müezz dich haben schône
vor dem gaehen tôde,
du slâfest oder wachest,
diue siest in holze od under dache.
Dîne vînde werdent genideret.
got sende dich gesunt her widere
mit vil rehtem muote,
zuo lib vnd auch zuo guote.
Gesegenet sien dir die wege
alle straz und steg[e],
dâ vorn unde dâ hinden.
durch sin fünf wunden
der sei dir beidenthalben neben
vnd muezz din mit truewen pflegen.

300
pfleg auch dîner verte
und füege dir guot geverte.
in dem gotes fride du var.
der heilic geist dich bewar.
dîn herze sî dir steinîn,
dîn houbet sî dir stehelîn.
der himel sî der schilt din.
diue hell muezz dir versperret sin.
elliu wâfen sien dir beschlozzen
daz sî dich müezen mîden,
daz sî dich niht versnîden.
der mâne und ouch diu sunne
die liuhten dir mit wunne.
die heiligen zwelfpoten
die âren dich vore gote,
daz dich din hêrschaft gerne sehe:
alz liep müeze dir geschehen.
min her sant Stephân,
der got sach in dem himel stân
ze sînes vater zesem hant
do er sîne nôt überwant,
der geste dir mit truewen bei
daz dir dester bas sei.
Min herr sant Johan
muezz dir mit truewen by bestan.
die vier êwangeliste
die wîsen dich des besten.
dîn schirm sî diu frîe
mîn frouwe sant Marîe
vor allem widermuote
und vor aller nôte
dînes lîbes, dîner sêle
und dîner werltlîchen ere.
sante Galle diner spîse pflege,
sante Gedrut dir guote hereberge gebe:
rain vnd kuesch si dir din lib
holt si dir man unde wip. g
uot rat muezz din werden
vnd geches todes nit ersterben:
vor got muest du saelec sin.”
also gesegent er den sun sin
vnd in do sant zu Jericho
des wart er her nach vil fro.
des helf dir unser trechtein

301
vnd gotes muoter diue fri.

Nun gesegen dich got hiut
mit Abels segen gotes truot:
sin opfer gote so wol geviel
vnd was sines herzen spil;
vnd mit dem segene enothas
dem got so rehte liep was
daz ern in das paradis nam
mit lib vnd mit sel dar kam;
nun geb dir got Noes segen
des got mit truewen wolt pflegen
daz got in behuote
vor der sinfluocht.
got gesegen dich mit stete
den er Abraham tete,
vmb daz er im was gehorsam
do er mit dem sun uf den berc kam;
nun gesegen dich got hiuet
mit dem segen Jacobs truot
vnd mit dem segen Ysayas
der gotes weiszag was.
nun gesegen dich got mit Joseps segen
der muezz dines libes pflegen
als Joseph von ime was behuot,
da man in verkoufte umbe guot;
duo siest gesegent mit dem segen zart
dem David getan wart
do man in von den schauffen nam.
Nun gesegen dich der suozze got
mit der patriarchen gebot
vnd mit dem segene stete
der Salomon tete.
nun geb dir got sinen segen
als ain suozzen mayen regen
den tet der engel Gabriel
Marien der maget her. AMEN

302
Il mondo contadino
(Fenomeni atmosferici)

• 165. München (Bayerische Staatsbibliothek) clm. 26693 (f. di guardia


posteriore), XV sec.160
Contra auram et tempestatem.
Ste weter ste, als dy juden stönden,
da sy unßrn lieben herren wollten vahenn:
czu den sprach Jhesus: “wen suecht ir?”
“Wir suechen Jhesum Nazarenum.”
Do sprach Jehsus: “Ich pins.” do fielen sy nider czw rügkch.
Also peut ich dir, beter, in der krafft dyser wardt,
dy Jhesus selbert gered hat, das du zu rugk valst und dych ze sträst
und cherst an dy end und stät,
da du chainem menschen schaden pringen magst.
Das peut cuh dir in dem namen des Vaters, Sun und des heyligen geist.
Amen.
Dic trinies post hoc quinque Pater Noster et quinque Pater Noster et quinque
Ave Maria.
Probatum est per dominum Fridericum, quando cessit a me.

• 166. Prag, ms. f. 26r, XV sec.161


Herr Jesu Christe, du hast gemachet himel vnd erd vnd hast gesegent das
wasser des Jordans vnd woldest dar in getawft werden, nu geruoch deisew
wolkchen, die ich siech, heiligen vnd gesegen, das sy regen vnd werden zw
einem heiligen vnd zw einem gesegenten wazzer, vnd hilf mir das ditz
vngewiter chom auf ein wüst, das es chainem christen ich geschaden müg
noch chainem tier noch chainer yrdischen frucht noch disem lant, pei der
tugent des heiligen gaistes vnd pei dem gepet vnser frawen vnd pei dem
gepet Symeonis vnd pei dem gepet Sand Preiden vnd sand Barbare, den
heyligen junkchfrawen, vnd bei dem gepet aller heiligen.
ich weswer ewch, vebeltätigen gaist, pei dem Schepfer himels vnd erd vnd
pei der heilichait, das Jesus Christus zw vnser frawen cham vnd mensch
ward, vnd pei der gepürd vnsers herren Jesu Christi vnd pei seiner
besneidung vnd pei seiner erscheinung vnd bei seiner tawff vnd pei seiner
vasten vnd pey seiner heiligen marter vnd pei seinem chrawcz vnd pei
seinem heiligen tod und pei der starkchen kraft seines hochsten pluotes, das
er vergozzen hat vmb vnser hail. Ich weswer ewch, vnmilten gaist, pei der
erwerigen erstantnuss vnsers herren Jesu Christi vnd pei seiner
wunderleichen aufvart vnd pei der genad des heiligen gaistes vnd pei der
hochgelobten muter vnd magt, vnser frawen vnd pei den heiligen engelen

160
Holzmann 2001, p. 252.
161
Holzmann 2001, p. 167.

303
vnd pey den gefürsten engelen, pei den propheten, pei den zweilif poten, pei
den ewangelisten, pei den marträren, pei den peichtigären, pei den heiligen
magten vnd pei alien gotes heiligen, das ir ewern zorn in disem lant noch in
diser stat nicht erzaiget. Ich gepewt ewch pei den heiligen wortten, die ich
gelesen han, das ir ewern zorn vnd ewer vngestum da hin pringet da es aller
christenhait vnschedleich sey, vnd habt an dem vrtalleichem [tag] chain
urlawp ze reden.vns hat es nieman geweret, nu wer ewch es dew gotleich
magenchraft vnd dew heilig vnd dew gesegent driualtichait vnd der war got.
amen zc. zc.- -

(Per le api)

• 167. Kopenhagen (Kongelige bibliotek) De castitate sacerdotum, XV


sec.162
Wan die Binen schwennen wollen, das sie nit hinwegk fliegen So
sprich:
Ich verbiete dir Biene und Imme bie Gots stimme das du nit fligest aus
desses Hofes Kringe Du habst dan Gote und Mariae vorlieb.
Im namen des Vathers † und des Sons † und des H Geists †
Vel vtere hoc modo.
Bine und beninne.
Ich gepiete dir bie Jesu stimme das du hie bie mir wohnest zu haus und zu
hofe
Als die trew und warheitt bie unserm Hern Gode. Im nahmen des Vathers †
und des Sons † und des H Geists †
Mache desse drej Creutze mit dem rechten fusz auff die erden wirff den
Erden unter deinem fusse mangk oder pobber die Bienen so mogen sie nit
von deinem Hofe hinivegk fligen.

• 168. München (Bayerische Staatsbibliothek) cgm. 467, f. 142r, XV


sec.163
Das chain pein oder imbt hin fleugt.
Item daz chain pein oder imbt hinflieg noch verderben, schreib auff ein
pley:
In nomine patris et filii et spiritus sancti, und leg es under das peickar und
sprich also:
Ich peswer euch pey dem allmachtigen got,
das ir in chainen wald noch in chain veld nicht kompt
und chain flucht von hin habt noch tuet.
Sand Abraham der pehab euch,
Sand Jacob der pring euch wieder zu,

162
Holzmann 2001, p. 144.
163
Holzmann 2001, p. 143.

304
Sand Abraham der volg euch,
Sand Josephen der hab euch zesamen.
Ich peswer euch pey unsser frawen Maria,
der ewigen magt,
Ich peswer euch pey Sand Josephen,
das ir von dieser stat nicht komt
wan zu rechtem flug an ewr stat.
Ich peswer euch pey
per Patrem, per Filium, per Spiritum sanctum,
das ir chainen uriab von hin habt
ze fliegen zu chainen menschen. Dar nach sprich ein Pater Noster, Ave,
Gelauben.

• 169. Schäfsburg (Schulbibliothek) Nr. 245, copertina di libro, XVI


sec.164
Maria stund auf eim sehr hohen berg.
sie sach einen suarm bienen kommen phliegen.
sie hub auf ihre gebenedeyte hand,
sie verbot in da zu hant,
versprach im alle hilen und die beim versloszen,
sie sazt im dar ein fas, das Zent Joseph hat gemacht.
in das solt ehr phlügen und sich seines lebens da genügen.
In nomine patris et filii et spiritus sancti. Amen.

• 170. Wien (Österreichische Nationalbibliothek) cod. 2532, f. 119v, XII


sec.165
Apes modicule que fecistis ceram candidam. ante dominum adiuro uos per
ipsum dominum ut non effugiatis fiulium hominis. ter. Domine dominus
noster quam admirabile est nomen tuum in universsa terra. Item Fluuialem
gadiolum in uasa apium suspende. ne apes examinent auf effugiant.

• 171. Wien (Österreichische Nationalbibliothek) cod. 2532, f. 119v, XII


sec.166
Elio, Elion. arguet nun non erit nun. abia. abia. qui facis cram punicam.
adiuro te per padrem et filium. et spiritum sanctum un hominem non
edduciatis. Item. Quando apes se eleuant ut fugiat festina contra eas. et
stricto pugillo ita ut pollex in pugillo teneatur ita fac crucem. et dic. uersum.
Domine dominus noster. et ho fac ter.

164
Holzmann 2001, p. 191.
165
Zupitza 1878, p. 191.
166
Zupitza 1878, pp. 191-192.

305
(Per i cani/ contro i lupi)

• 172. München (Bayerische Staatsbibliothek) clm. 4350, f. 73v, XIV


sec.167
Daz ist der wolfsegen:
Ich enphilch dich in den frid der gesworn wart, da der hailig Krist geporn
wart:
Nu seien dier waeld weg und strazz als dierloz und als dieploz und alz
schatloz,
als unser herre ist genossloz und alz unser fraw sancta Maria ist manloz.
in gottez namen. Amen.

• 173. Nikolsburg, Schachzabelbuch, XV sec.168


Das ist ein wolfsegen.
Die weg vnd all weg die sein vns heut tirlos vnd wolflos
allso krist von himel genas.
Vnser fraw fur In egipten lant
Ir widerfur weder schem noch schant.
allso beschirm vns heut got der vater
got der sun got der heilige geist amen
am pater noster am aue maria.

• 174. Regensburg (Stadtbibliothek) cod. 22, XV sec.169


Der wolfssegen
sprich also, wen du wild, das man hab, es sey vich oder lewt, sprich also:
hunt, du muest heint oder heut als loß sein als unser liebe fraw was
da sye jrs lieben trauten suns genas. Amen.
3 stunt sprich in und 3 pater noster und 3 ave Maria

• 175. Trier (Stadtbibliothek) cod. 40, f. 74v e 75v, X sec.170


In nomine domini nostri creati! crescite et multiplicamini. Christus uos
deducat et reducat. Ante fuit Christus quam lupus;
Christus interpretatur saluator. Lupus interpretatur diabolus.
Christus liberet canes istos alias bestias de dentibus luporum.
de manu latronum. Et ab omnibus inimicis.
Et per intercessionem beati Eustachii. Ite cum pace. amen.

• 176. Wolfsthurn (Bibl. Freiherr von Sternbach) cod. cart. f. 87r, XV


sec.171

167
Holzmann 2001, p. 245.
168
Holzmann 2001, p. 246.
169
Holzmann 2001, p. 246.
170
Holzmann 2001, p. 190.

306
Fur die wolfe.
Wann du syhest ein wollffgegen dier geenn, der dier schaden wollt,
so leg dein rechten dawmenn in dein recht hant vnd sprich:
Pfey du dich wer, were du ere, dann Crist geporen warrt.

• 177. Wolfsthurn (Bibl. Freiherr von Sternbach), cod. cart. f. 103r,


XV sec.172
Fur die wolfe.
Der gute herr sant Martein der lag auff dem pette sein,
er sprach: Stand auff, hirce mein, nym des hymel slüssel,
versperr dem wolfe seinen drussel
vnd dem pern seinen czandt vnd dem diebe seine hant,
vnd gee hin, viech, in holcz vnd in waid,
in perg vnd in tal, wo dir hyn sey not,
in gotes namen amen, vnd sprich iii pater noster vnd iii aue.

• 178. Wolfsthurn (Bibliothek Freiherr von Sternbach), f. 87r, XV sec.173


Fur die wulfe.
Am segen vore die wolff, das sie dein viche nit essenn.
Wo wilitu hin, du laydiger waldes hunt?
Du tregst ain creucze in deinem munt.
Als wenig kein mensch vnsserem heren nit mage gleichen,
als wenig mugestu heute meins vihes enpeyssenn,
ym namen des vaters vnd suns vnd hailigen gaistz.

Contro il diavolo

• 179. London (British Museum), cod. Additional 10940, ff. 5v-6r, X-XI
sec.174
G.R. Formidari diabolus non debet qui nihil nisi permissus ualet.
Nisal nieman then diubal uorthan,
uuanda her nemach manne scada sin, iz nihengi imo use druhttin.

171
Holzmann 2001, p. 190.
172
Holzmann 2001, p. 260.
173
Holzmann 2001, p. 260.
174
St. LXXXI.

307
Contro il ladro

• 180. Graz, cod. 41/42 foglio di guardia finale, XII sec.175


In nomine patris et filii, spiritus sancti. aqua dicta, aqua scripta, aqua
benedicta. in nomine domini adiuro te nummum per omnes angelos et
archangelos dei, adivro te aquam per solem et lunam, adivro te panis per
sanctum sanguinem Xristi, adiuro te cribrum per uirgines celorum et per
omnes sanctos dei qui sunt in celo et in terra, ut si homo iste culpabilis sit in
hoc furto, uertatis uos ad orientem, sin autem, ad occidentem. in nomine
patris et filii et spiritus sancti. amen. Justus. on pater on filius on spiritus
sanctus. omnipotens sepiterne deus, qui cuncta ex nichilo creasti
hominemque de limo terre formasti, te simplex deprecor, ut per
intercessionem sanctissime dei genitricis Marie et omnivm sanctorum
angelorum, archangelorum, prophetarum, episcoparum, martyrum,
confessorum atque uirginum et omnivm sanctorum et per intercessionem
sanctorum Crisanti, Mauri et Darie uirginis et per intercessionem sancti
Brandani abbatis nobis experiri facias de hac re qua incerti sumus.

• 181. München (Bayerische Staatsbibliothek) clm. 373 f. 9v, XIV sec.176


Ad fugitivum. peda inpeda. prepeda. conpeda. prepedias Inpedias.
Conpedias
Chvm wider in daz hvs
da du bist gegangen uz
daz heilige crvce bringe dich von sundert wider.
daz heilige crvce bringe dich von nodert wider
daz heilige crvce bringe dich von wester wider
daz heilige crvce bringe dich von oster wider
daz heilige crvce wart von sand elenen fvunden
also mvstv mir werden fvnden
vnd widerchomen
nv chvm wider min diep.

• 182. Sant Paul im Lavanttal, XIV sec.177


Darnach dise nachgende gebette, daz soltu dristunt sprechen in eim gadem,
da dich niemen irre, so kument darin engel und sagent dir daz du fragest.
Der heilig Crist vuor von himele mit engeln manegen, do fuort er an sinen
henden ein fronesbilde, under einem boume er geraste, do entslief er so
vaste.
do komen die leidigen diebe und verstalen im sin frones bilde.

175
Holzmann 2001, p. 160.
176
Holzmann 2001, p. 145.
177
Holzmann 2001, p. 214.

308
do er erwachte trurete er so vaste, do sprach diu genedige min frowe sant
Marie, des sol guot rat werden, wir sulen uf dieser erden von dem heiligen
kinde daz dink noch hinaht vinden.
Sabaoth herre, ich bitte dich durch din einborn sun Jesum Christum daz du
vergebest mir min sünde und gib mir ein guot ende.
Jesu Crist des waren gotes sun du bist.
ich bit dich una man dich daz du dis dinges verrihtest mich.
Disen selben segen maht du ouch sprechen, so dir oder eim andern diner
guten fründen üt verstolen wirt, daz gar schedelich si und redelich, nüt umb
kleine üppig sache, nuwent da ez notürftig und redelich si, wande so di
segen ie edeler und ie besser sint, ie minre sü helfent da man sü bruchet
unnotdurfteclich.

309
III. DEUTSCHE ZUSAMMENFASSUNG

Eleonora Cianci

Incantesimi e benedizioni nella letteratura tedesca


medievale (IX-XIII sec.)
Zaubersprüche und Segen in der deutschen Literatur des
Mittelalters (9. – 13. Jhs.)

Untersuchungsgegenstand der vorliegenden Arbeit sind die


altdeutschen Zaubersprüche und Segen vom 9. bis zum 13.
Jahrhundert. Jeder Text wird analysiert und ins Italienisch
übersetzt. Die Wiedergabe der Texte erfolgt im allgemeinen
vorhandenen Editionen: entweder Steinmeyer-Sievers oder
Wilhelm oder MSD, weil keine dieser altdeutschen Anthologien
eine vollständige Sammlung von Zaubersprüchen und Segen
enthält. Die Untersuchung konzentriert sich auf die altdeutsche
Zeit, aber es werden auch solche mitteldeutschen Texte
eingeschlossen, welche die Überlieferung der altdeutschen Texte
fortsetzen.
Am Anfang werden die wichtigsten Elemente der
mittelalterlichen Magie, des Aberglaubens und der Heilkunde
beschrieben.
Da für die Texte des Mittelalters die
Handschriftenüberlieferung sehr wichtig ist, wird für jene
Handschrift, die einen altdeutschen Zauberspruch enthält, eine
Beschreibung geliefert, entweder auf der Basis vorhandener
Beschreibungen in Handschriftenkatalogen oder auf Grund
persönlichen Nachforschung in den einzelnen Bibliotheken bzw.
eigener Untersuchungen der Handschriften vor Ort.

Um diese Texte richtig zu verstehen, ist es sehr wichtig, eine


philologische Analyse durchzuführen; es gibt leider noch eine
Reihe von Texte, deren Sinn und Wortlaut noch nicht völlig klar
sind, weil die Handschriften, die sie überliefern, sehr beschädigt
sind (z.B.: Incantesimo di Graz per la grandine- Grazer

316
Hagelsegen); zudem gibt es Wörter, die den Philologen weiterhin
Rätsel aufgeben (z.B.: “chnuospinci” in Zürcher Hausbesegnung
oder “Phol” im Zweiten Merseburger Zauberspruch). In solchen
unklaren Fällen werden hier alle bestehenden Theorien dargelegt
und wo möglich auch neue Interpretationsvorschläge gemacht.
Jeder Text wird mit einer kurzen Einleitung vorgestellt, in der
historische und kulturelle Elemente erklärt werden, die für das
Textverständnis wichtig sind. Viele Texte können bestimmten
Leitmotiven zugeordnet werden, die auf biblische Tradition und
kirchliche Ausbildung zurückführen. Es ist manchmal schwierig,
die religiösen von den magischen Elementen zu trennen, da die
fast immer in enger Verbindung stehen.
Die Texte werden in zwei Gruppen unterteilt: Heilmittel gegen
verschiedene Krankheiten (Blutung, Würmer, Fieber etc.) und
Mittel gegen andere Alltagsprobleme (Reisen, Hunde, Hagel
etc.).
Dabei werden weitere Unterteilungen durchgeführt, zum
Beispiel: Zaubersprüche gegen Pferdekrankheiten, gegen
Blutung usw.

Zum Schluss der Arbeit wird versucht, die Texten nach


strukturellen Gesichtpunkten einzuordnen, wobei auch die
Ergebnisse von der Sprechakttheorie bestätigt werden. Als
Ergebnis kann festgehalten werden, dass man keinen konkreten
Unterschied zwischen Beschwörungen, Zaubersprüchen oder
magischen Formeln feststellen kann, während jeder Text auf
folgende Grundstruktur zurückgeführt werden kann:
wenn du x hast, mache (= sage) y

Innerhalb dieses Texttyps können einige Typologien


unterschieden werden, die aber flexibel sein müssen und
verschiedene Kombinationen erfahren können. Die
Herausarbeitung dieser strukturellen Grundtypen kann als Basis
für die weitere wissenschaftliche Auseinandersetzung mit dieser
Textsorte genutzt werden.

317
Die Bibliographie, derzeit auf dem neuesten Stand der
Forschung, kann auf Wunsch mit Hilfe von Internet-links auch
nach dem Erscheinungsdatum der Arbeit aktualisiert werden.

In den Anhang werden spätere volkssprachliche und


lateinische Texte aufgenommen, die über den
Untersuchungszeitraum der vorliegenden Arbeit hinausgehen,
aber wichtige Verbindungen zwischen älteren und neueren
Texten aufzeigen können, zum Beispiel über das gleiche Motiv
(z.B. Longinus). Dieser Textanhang bietet auch die Möglichkeit
für weitere Forschungen, die jetzt auf ein nahezu vollständiges
Repertoire zurückgreifen können, kann aber auch Benutzern als
Anthologie dienen, die der italienischen Sprache nicht oder nur
unzureichend mächtig sind.

318
IV. INDICE ALFABETICO DEI TESTI ESAMINATI

Ad catarrum dic (1.3.1) p. 109


Ad equum errehet (1.1.1) p. 58
Ad equum infusum (1.1.2) p. 61
Ad fluxum sanguinis narium (1.3.2) p. 111
Ad pestem equi (1.1.3) p. 64
Ad restringendum sanguinem -Abdinghof- (1.3.4) p. 115
Ad restringendum sanguinem -Erfurt 1 e 2- (1.3.3) p. 112
Ad signandum domum contra diabolum (2.4.1) p. 210
Ad uermem qui in caballo est (1.2.1) p. 85
Benedizione di Monaco per la partenza (2.2.1) p. 175
Benedizione di Tobia (2.2.2) p. 180
Benedizione di Weingarten per il viaggio (2.2.3) p. 196
Contra caducum morbum (1.4.1) p. 142
Contra fluxum sanguinis (1.3.5) p. 118
Contra malum malannum (1.7.1) p.159
Contra rehin (1.1.4) p. 66
Contra uberbein (1.8.1) p. 164
Contra uermem edentem (1.2.2) p. 88
Contra uermes pecus edentes (1.2.4) p. 93
Contra vermes (1.2.3) p. 90
De furtu (2.5.1) p. 215
De hoc quod spurihalz dicunt (1.1.5) p. 69
Incantacio contra equorum egritudinem quam nos
dicimus spurihalz (1.1.6) p. 73
Incantesimi di Millstatt per fermare il sangue -Vienna,
Uppsala- (1.3.7.0) p. 124
Incantesimi di Strasburgo per fermare il sangue (1.3.8) p.129
Incantesimo di Bamberga per fermare il sangue
(1.3.6.1) p. 120
Incantesimo di Bamberga per guarire le ferite (1.3.6.2) p. 121
Incantesimo di Cambridge per gli occhi (1.5.1) p. 149
Incantesimo di Gotha per la febbre (1.6.1) p. 155
Incantesimo di Graz per la grandine (2.3.1) p. 199
Incantesimo di Lambrecht contro i vermi (1.2.5) p. 94
Incantesimo di Lorsch per le api (2.3.2) p. 203
Incantesimo di Monaco per le ferite (1.3.9) p. 132

319
Incantesimo di Prül contro i vermi (1.2.6) p. 98
Incantesimo di Sélestat per fermare il sangue (1.3.10) p. 135
Incantesimo di Vienna per i cani (2.3.3) p. 207
Incantesimo di Zurigo per fermare il sangue (1.3.11) p. 139
Nu vuillih bidan (2.4.2) p. 213
Oculorum dolor (1.5.2) p. 152
Primo incantesimo di Merseburg (2.1.1) p. 170
Pro cadente morbo (1.4.2) p. 146
Pro Nessia (1.2.7) p. 100
Quem vermis mordet (1.2.8) p. 103
Secondo incantesimo di Merseburg (1.1.7) p. 77
Suemo du kela (1.9.1) p.166

320

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