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IM
1761

UNIVI

Chi
l'ha
detto ?

Altre opere dello stesso Autore nelle EDIZIONI HOEPLI


:

Thompson

E.

M. Paleografia greca e

latina. Traduzione dall' inglese con aggiunte e note di G. Fumagalli. 3 ediz. riveduta ed
ampliata. 1911, di pag. xn-208, con 38 incisioni nel testo e 8 tavole in fototipia di cui una in tricromia L. 6 50

La Questione

di Panfilo Castaldi.
E.
3

1891, in-8, di pag. 128

Bibliografia etiopica.

Catalogo descrit-

tivo e ragionato degli scritti pubblicati dalla invenzione della stampa fino a tutto il 1891 intorno all'Etiopia e alle regioni limitrofe. Opera compilata sotto gli auspici della Societ geografica italiana e della Societ d'Esplorazione Africana. 1893, in-8o, di pag. xn-490 . L. 12

Antonio Biado,
colo

tipografo romano del sestorico-bibliografica. 1893, L. 3

XVI. Memoria
di pag. 124

in- 12

L'Ape

latina. Dizionarietto di 2588 frasi, sentenze, proverbi, motti, divise, locuzioni latine, ecc., vive nell'uso moderno, spiegate ed annotate. 1911, di pag. xvi-353 (esaurito, in ristanijni).

Bibliografia.

ampliata del Manuale

3 ediz. interamente rifatta e di Bibliografia di G. Ot-

tino. 1916, di pag. xx-340,

con 87

figure.

L. 8 50

Chi
f ha detto?
TESORO
da

DI

CITAZIONI

ITALIANE E STRANIERE, DI ORIGINE LETTE* RARIA E STORICA, ORDINATE E ANNOTATE

Giuseppe Fumagalli *
SETTIMA EDIZIONE RIVEDUTA ED ARRICCHITA ^ AGGIUNTE LE FRASI STORICHE DELLA

GRANDE GUERRA

ULRICO HOEPLI
I

IH TORB-LIBH \l<> DI

iti; \!

C 18

-MILA

MXXI

MICROFILMED BY UNIVERSITY OF TORONTO LIBRARY MASTER NEGATIVE NO.:


S.Q!^

PROPRIET LETTERARIA

<bon

...

,-

'Arte

dell:.

St*j

'* ndi

Via Santa

INDICE DEL

VOLUME

CHI LEGGE

Pag.

IX

PARTE PRIMA

i
.

Delle citazioni, dei


Affetti,

libri

e delle biblioteche
voglie,

2.

passioni, gusti,
darsi bel

abitudini

il

3. Allegria, 4.
5.

tempo, noia

15

Amicizia

20
24

Amore
Astuzia, inganno

6.
7

34

Avarizia
Bellezza e bruttezza. Doti del corpo

36
38
43

8. 9.

Beneficenza, doni, aiuto


Benignit, perdono

io.

46
e lodi
40.

11. 12. 13.


14.
15.

Buona
Buoni

mala fama. Onori

e malvagi
servi

55

Casa e

58
e cattiva
<>o

Compagnia, buona

Condizioni e sorti disuguali

62

16. Conforti nei mali. Ricordo del bene passato


$

....

65

17.

Consiglio, riprensione, esempio

70
73

18. Contentarsi della propria sort'


falli

19. Coscienza, gastigo dei

20. Cose fisiche

So
<)
1

21.

Costanza, fermezza, perseveranza


.

22. Cupidigia, egoismo

101

vi

Indice del volume

23.

Donna, matrimonio

Pag.

106
121

24. Errore, fallacia dei disegni, insufficienza dei propositi. 25. Esperienza
26. Fallacia dei giudizi, false apparenze, regole del giudicare.

126
132 137
141

27. Famiglia
28. 29.

Fatti e avvenimenti storici


Fatti e parole

148

30. Felicit, infelicit

150
153 155

31.
32.

Fiducia, diffidenza

Fortuna, fato

33. Frode, rapina, prepotenza


34.

163 167
171
17)

Giorno e notte

35. Giovent, vecchiezza 36. Giustizia, 37. Governo,


liti

leggi,

politica

189

38. Gratitudine, ingratitudine 39.

218

Guerra e pace

220
237

spirito, immaginazione 40. Intelligenza, genio,

vendetta 41. Ira, collera, ingiurie, offese,


42. Libert, servit

246
253

odio 43. Maldicenza, invidia, discordia,


diverse 44. Mestieri e professioni

259
203

condizione 45. Miserie della vita,


46. 47.

dell' unianit.'t

27c
279

Morte
Nature diverse
citt,

48. Nazioni,

paesi

297

ambizione, vanit, presunzione 49. Orgoglio,


ricredersi, 50. Ostinazione,

340

pentirti

51. Ozio, 52.


<j

industria,

lavoro

Parlare,

tacere
e

53.

Patria in generale;

l'Italia in

partieolar

372

ardire 54. Paura, coraggio,

55. $ 56.

Personaggi itorid
Piacere,

letterari

dolore

Indice del volume

VII

vj

57.

Povert, ricchezza
Preti,

Pag.

430
437
443

$ 58.
<j

sacerdoti,

chiesa

59. Probit, onoratezza, fedelt alle promesse

$ 60. Prudenza, senno


61.

449
454
471
475,

Re

e principi. Corte e nobilt


trattare e conversare

62. 63.
64.

Regole del

Regole pratiche diverse


Religione, Iddio

483

65. Risolutezza, sollecitudine, altezza e pochezza d'animo. 66. Sanit, malattie 67. Sapere,
studio,

496

509
ignoranza

513
522

68. Saviezza, pazzia 69. Schiettezza, verit, bugia, simulazione, ipocrisia, adu-

lazione
70. Scienze e lettere, poesia, eloquenza e musica.
.

526
.
.

538

71.
72.

Sollievo, riposo

^bo
565
bevande

Speranza, disperazione
vini,

73. Tavola, cucina,


<;

altre

568 574
578

74. Temperanza, moderazione


75.

Tempo, ponderatezza,

riflessione

76. Ubbidienza, fedelt, rispetto


<j

582
5.S7

77.

Vestire
Virt,
illibate/za,

modestia

588
595

79-

Vizi

PARTE SECONDA
\

80,

Le
a)
b)
<

frasi

storiche della

Grande Guerra

<>oi
ivi

Il

perch di questo nuovo paragrafo

Italia

004
Italiens

Les

ne se battent pas !

(>54

d\
e)

Francia

669

Germania
Altri paesi

676
696

/)

Indice del volutile

PARTE TERZA
81. Frasi d'intercalare 82.

comune

Pag.

701

Modi

proverbiali e similitudini

723

83. Apostrofi, invocazioni, imprecazioni

738
755

84. Scherzi, motteggi, frasi giocose


85. Sfarfalloni

779

Indice dei nomi degli autori, commentatori, nxtr-,


stratori, ecc
799

Indice delle frasi


Indice delle cose notabili

815

899

A CHI LEGGE

Che cosa
dopo
il

sia

il

Chi V ha

detto.'',

ormai noto

successo che da ben ventisette anni ac


1'

compagna questo volume. Esso


tentativo di repertorio nel quale
teso di raccogliere
tazioni,

un modesto
autore ha in-

ed

illustrare tutte quelle cial

che sono pi comunemente note


e ricorrono

pub-

blico

italiano

pi

di frequente sia

nello scrivere sia nel parlare.

Quindi esso con-

tiene

una copiosa

scelta di citazioni

da

classici

nazionali

e stranieri,

da prosatori e poeti e

di

frasi storiche, ossia di frasi dette in

determinate

circostanze da personaggi noti, e rimaste famose

per ragioni diverse. Per ciascheduna di esse io ho


cercato di stabilire con quella maggiore precisione

che mi era possibile chi che e

V ha

detta per la

prima

volta e di indicarne scrupolosamente le fonti storiletterarie:

qua e

l,

per rompere

la

monotonia

di un'arida successione di citazioni bibliografiche,

ho aggiunto

delle notizie curiose di storia e di eru-

chi legge

dizione, qualche aneddoto, qualche squarcio letterario.

A pie' di pagina ho dato la traduzione delle


senza eccezione alcuna
;

frasi classiche e straniere,

nelle precedenti edizioni

si

erano omesse

le

tradu-

zioni delle frasi francesi, ritenendo

che

la

cono-

scenza di quella lingua

si

avesse a presupporre in
:

ogni persona mediocremente colta


parti

ma

da molte

mi

si

fatto rilevare che la eccezione,

tre la ragione

che

la giustificava
fatto,

mennon sembrava
poteva parere che

abbastanza fondata in linea di

meno opportuna,
ste; e cos

prestandosi a illazioni non giufrasi

in

questa edizione tutte le


all'italiano letterario

non appartengono
quindi

(comprese

le dialettali)

hanno

la loro traduzione.

L' idea

di

un

libro siffatto era tutt' altro


il

che
clas-

nuova. Io ho tenuto specialmente a modello


sico libro di Giorgio
intitolato

Bchmann
l 'orte,

(n.

1822,
la

*J"

1884),

Geflgelte

di cui

prima

edi-

zione usc nel 1864, continuato da Walter Robert-

tornow

(n.

1852,

1895) e

dopo

la

morte anche

di

quest'ultimo, da Edoardo Ippel, quindi da

Bogdan
1

Krieger; con l'ultima edizione, pubblicata poco

tempo prima

della guerra, e che la 2s

(19 12),

- che contiene 3600


nia che sono stati

citazioni - erano 175.000 gli


in

esemplari di quest'opera cosi popolare


diffusi
fu

(iermated<
il

tra
li
il

il

popolo

Ma

il

l.uchmann non

primo n

chi legge

xi

La

letteratura francese che


di

aveva gi

notissimi

libri

Edoardo Fournier, pi volte ristampati,


altri repertorii di curiosit leti

L'esprit des autres e L'esprit dans l'histoire, ebbe


in

tempi pi vicini

terarie e storiche fra

quali notevole quello del-

l'Alexandre,

Le Muse
:

de la Conversation, di cui

nel 1897 usc la terza edizione, e nel 1901

un sup-

plemento
forse

col titolo

Les mots qui

restent. L' In-

ghilterra che

aveva avuto prontuari


ogni altro paese
(1),

di citazioni

prima

di

ne pu vanil

tare molti e buoni,

ma

tutti

li

supera

grande
volumi.

Dictionary of Quotations di Dalliac e Harbottle,


di cui

prima della guerra erano


altri, di

usciti 12

Tutti questi libri e molti


letterature, dei quali
citazioni,

quelle e di altre
di ripetere le

mi risparmio

ho consultato

e spogliato diligentemente.

(1)

Chi abbia qualche famigliarit con Inglesi colti e con la

loro letteratura,

pu aver osservato che


con

essi si

compiacciono pi

che non
zione e

si

usi,

per esempio, da noi, - d' infiorare la loro conversacitazioni, specialmente latine e greche.
le

le loro scritture

Un
non
il

tal

vezzo una delle molte maniere - e tra

pi immediate, se

tra le pi importanti

- con

cui

si

manifesta in quella contrada

culto per la classicit, culto oltremodo intenso e sincero, cos da

riuscir talvolta, in
il

qualche sua forma, eccessivo e bizzarro. Cosi

prof.
:

Paolo Bellezza in una sua arguta ed erudita comunica-

zione

La

citazione e gli Anglosassoni,


I,

negli

Studi di Filologia
degli indici di

Moderna, anno
tal

fase. 3-4, pag.


il

247-277.
il

Ed uno

vezzo appunto, secondo

Bellezza,

gran numero di prone di reference books


si

tuari di sentenze di autori antichi e

moderni

destinati a uso scolastico


ghilterra.

al

pubblico colto che

hanno

in In-

XII

cht legge

mi risparmier anche
congeneri
al

di citare

non molti

libri

italiani,
riori,

mio,

ma
si

tutti

ad esso postestati di utilit

che del resto non mi sono

nessuna. Qualcuno invece

valso del

mio senza
dimenconolo

discrezione, attingendovi a piene mani,

ma

ticandosi di citarlo,
scesse
:

come

se

nemmeno

ma non

vale la pena di trattenersi su

queste miserie.

A meglio chiarire

il

concetto direttivo di questo

lavoro non sar inutile insistere sul fatto che esso

una raccolta

di citazioni storiche e letterarie, vale

a dire di
ciare
l'

frasi delle quali possibile di rintrac-

origine nei detti e nei fatti di qualche


storico, nelle

personaggio

opere di qualche

scrit-

tore antico o moderno.

Non
il

una raccolta pare-

miologica, quindi

non

caso di cercarvi sen-

tenze proverbiali n italiane n latine n d'altre


lingue.

Qualcuno

vorrebbe

trovarci
i

senz'altro
nostri di-

tutte le sentenze latine


scorsi,

che infiorano

senza fermarsi a considerare se tutte en-

trino nel

quadro del

libro,

o non siano adagi o

ditter, sia di

origine classica, sia nati nelle scuole


li

medievali.

Ma non

registra

il

Bchmann n altro
come
il

degli autori che ho scelti a modello:

ragio-

nevolmente non posso


pio, risponder

citarli io.

Questo, ad esem-

ad un cortese

critico,

quale mi

osservava che avevo dimenticato la frase Degusti-

chi legge

UH

bus non est disputandum.


serio che
si

Ma forse credeva egli sul

potesse attaccare a qualche classico ro-

mano la
non
sul

paternit di questo latinus grossus? Invero

altro che

una

facezia scolastica del

medio evo
cosel-

genere del Gratatio capitis facit recordare

las o del

Non est de sacco


il

ista farina tuo; e

nessuno

potr mai sapere

primo

la disse,

chi primo disse

nome dell' ignoto goliardo che come non si sa, n si sapr mai, Melius est abundare quam deficere,
brocardi giuridici
:

o chi disse Promissio boni viri est obligatio, o

V autore degli

infiniti

Neganti
curat

incumbit probatio ; Potior tempore, potior iure ; Testis

unus,

testis
Il

nullus

De minimis non

praetor,

ecc.

cercare frasi siffatte nel mio re-

pertorio

tempo perduto, e il lagnarsi di non trovarcele non ragionevole tanto varrebbe farmi
:

colpa di non avere in queste pagine investigato


chi sia
l'

autore di Moglie e buoi dei paesi tuoi,

o di Meglio un fringuello oggi che un tordo do-

mani

(i).

(i)

Ho

riunito in

un volumetto che promesso da molto tempo


nel

finalmente

comparso
(pag.

191

fra
di

Manuali Hoepli,

col titolo

L'Ape Latina

XV-353), e
in

cui in

corso di stampa una

nuova edizione, una raccolta r uso moderno

forma

di dizionario di

2588

frasi,

sentenze, proverbi, motti, divise, locuzioni latine, ecc.. vive nel;

e perci

vi

sono comprese quelle che dal presente


le

volume furono escluse per

ragioni accennate o per altre.


del

Esso

dunque un'utile integrazione

Chi l'ha detto? ; e


Citer pro

benevoli

lettori

che fanno buon viso a questo mio libro, non dovrebbero


dell'altro.

eere sprovveduti neppure

domo sua/

chi legge

pi

d'

uno

parso che nello spigolare dai


io la

li-

bretti

melodrammatici

abbia ecceduto

e qui

la critica,

almeno per

senza fondamento.
stificazioni. L'

Ma

prima edizione, non era non mi mancavano le giual-

incanto della musica dei nostri sommi

compositori ha reso popolarissime in Italia ed


l'

estero, insieme alle


le

melodie che

le ispirano,

an-

che

parole degli infiniti libretti del nostro teatro

lirico.

Su

dieci persone che

non siano
sei

affatto illet-

terate, ce

ne saranno sempre

o sette che non

hanno
tito la

letto la

Divina Commedia, bench non osino


forse

confessarlo,

ma

una

sola che

non abbia senverso

Norma e la

Traviata. Potr darsi che a quelle


il
:

riesca

nuovo od almeno incomprensibile


Poscia pi che
il

dolor pot

il

digiuno

ma

forse a tutti sar familiare


Mira,

il

Norma

ai

tuoi ginocchi

ovvero

1'

Addio

del passato.

Inoltre molte di queste citazioni

melodrammanote, pure reil

tiche che sono o furono


sciute,

a'

tempi loro cos cono-

diventano col tempo

meno

stando vive nella tradizione comune, bench


variare dei gusti e della

moda abbia

tolto di re-

pertorio le opere alle quali appartengono. Molti

A
della generazione
tito in teatro

chi legge

xv

che nasce, non hanno mai sen-

V Elixir

d'Amore ;

e per loro riesce


li-

notizia

nuova

e curiosa che dal suo spigliato

bretto sia venuta a noi la trita frase

Anche

questa

da contar. Quanti

di coloro

che

la ripetono, sa-

prebbero
tiene
?

dire, senza ricerche, l'opera cui

appar-

quello che

si

dice per noi vale a pi forte

ragione per
il

gli stranieri,

che conoscono, pur troppo,

nostro teatro assai pi della nostra letteratura.

Inoltre pi volte accade, che a


frasi liriche si

qualcuna

di

queste

connettano tradizioni preziose, cu-

riosi

aneddoti che prezzo dell'opera raccogliere

finch la
farlo
n.
:

memoria

dei contemporanei permette di


scritto al

si

veda ad esempio quel che ho


Carita di Mercadante, e

n 42

a proposito di un gi famoso coro della


si

Donna

leggano

le

parole che su di esso, sui ricordi patriottici che


ce lo fanno sacro, e anche su tale questione delle
citazioni
in

liriche

ha

scritto

Alfredo Comandini

quella sua

diligente edizione delle


(1).

autobiografiche del padre


alla

memorie Nondimeno, poich


di spigolature
la
li-

maggioranza questo lusso

brettistiche

non garbava, dopo


non porne.

prima edizione
ne ho

ho sfrondato largamente
lasciate fuori

in questa parte, e

(1)

Cospirazioni di

Romagna

Bologna

nelle

memorie di Fe-

Comandini

di altri patriota del tempo, per tura di A. Co-

mandini. Bologna, 1899, pag. 380-383.

chi legge

in

Quanto alla disposizione materiale del volume un certo numero di paragrafi, bench possa a
le ri-

taluno sembrare che essa renda pi lunghe

cerche e che sia inutile in un libro di consultazione


e

che

il

filo

discorsivo col quale

ho tentato

di riu-

nire le diverse frasi sia in molti luoghi pi che

tenue, puerile, in altri fastidioso, in tutti superfluo


(e

non potrebbe
i

essere altrimenti), per

un

fatto

che

copiosi indici alfabetici consentono al consul-

tatore

qualunque rapida

ricerca,

ed inoltre che

la

classificazione

permette di trovare quelle citazioni

non si ricorda esattamente la forma, senza di che non sarebbe possibile rintracciarle nell'indice alfabetico. Per esempio qualcuno una volta ha stampato che nel Chi V ha detto ? mandelle quali

cava

la frase

Date a Cesare quel


cos
;

eh' e di Cesare.

Ma
dice

il

testo

non dice
al

dice Reddite
si

qua sunt

Ccesaris,
il

Casari ; e sotto Reddite


richiamo
il

trova nell'in-

n.

esattamente
Giustizia,

testo,

599 chi non ricordava bastava cercasse nel 36,


;

liti
e'

e trovava egualmente la frase di pi questo


i
:

me-

desima.

Ma

che

il

mio volume

non per

gli eruditi,

quali sanno gi tante cose


il

senza bisogno di esso, per

pubblico spicciolo.

il

pubblico, almeno in Italia, non

compra un
;

arido libro di erudizione in forma di dizionario


e se

ha

fatto

buon

viso alla mia fatica,

devo

in

A
gran parte lasciarne
il

chi

Ugge

xvn

merito alla disposizione da

me

adottata, la quale, alla meglio o alla peggio,

ne ha fatto un libro di cui, almeno per qualche pagina, la lettura continuata sopportabile.

Per

lo

schema

di classificazione,

mi sono dunque

attenuto a quello ormai notissimo che Giuseppe


Giusti scelse per la sua Raccolta di proverbi toscani,

che egli stesso tolse dal libro di Orlando Pescetti, di Marradi, sui Proverbi italiani (1603),

che Gino Capponi, editore della raccolta giustiana, ricorresse, e che fu adottato con lievi modificazioni
dal Pasqualigo, dal Pitr, e da molti altri dei nostri

migliori paremiografi. Naturalmente io pure


la dici

ci

ho portato quei necessari ritocchi che


;

versit del lavoro richiedeva

e per ultimo

ho

aggiunto, facendone

la

terza parte del volume,

alcuni paragrafi pi comprensivi destinati a con-

tenere e ordinare sommariamente, per lingue e

per tempo, quelle

frasi

per

le

quali

una

classifica-

zione ragionata era difficile od anche impossibile.

La seconda
alla

parte, aggiunta per la

prima volta in
quali ho fatto quali le frasi

questa edizione, contiene

le frasi storiche relative


i

Grande Guerra

dei criteri con

questa scelta e delle ragioni per

le

che
nite,

la costituiscono, si

presentano qui tutte riualla

dir pi

ampiamente

pag. 601 e segg.

L'indice dei paragrafi e le annotazioni che ho fatte


in principio

a molti di essi nel testo, chiariranno


in

meglio

il

mio concetto

questo ordinamento.

XVIII

A
facilitare
l'

chi legge

uso del volume,

l'

ho corredato

di

copiosi indici.

Un

indice delle citazioni riunisce in

una unica
primi

serie alfabetica

non

solo tutte le frasi


i

nella loro testuale lezione (delle poesie soltanto


versi),

ma ancora tutte le varianti, quelle parti


si

delle frasi che

citano separatamente

(e

questo
le
le

succede pi di frequente nelle poesie), e perfino


traduzioni, ove queste siano pure popolari
frasi originali.
i

come

Un

altro indice alfabetico contiene

nomi

di tutti gli autori delle frasi e di coloro che


;

contribuirono a renderle famose

e finalmente

un

ultimo indice delle cose notevoli permette di

ritro-

vare rapidamente quelle notizie di varia erudizione e quegli aneddoti che sono sparsi per
il

volume

la

chiave della classificazione meto-

dica delle sentenze.

La
dici

lettura del libro, e pi specialmente gl'inlo

che

completano,

ci

porgono argomento a

varie curiose considerazioni, nelle quali s'intrave-

dono

le

leggi che reggono questa intricata

ma-

tassa della fortuna delle frasi. Per esempio le citazioni in poesia superano di gran
in prosa, e se

lunga quelle
i

ne capisce

la

ragione, perch

versi,

a cagione del ritmo e della rima, sono assai pi

mnemonici
in
liane, e

della prosa. Delle

non molte
perch

citazioni
ita-

prosa popolari fra noi, pochissime poi sono

anche questo

naturale,

si

tiene

A
pi facilmente a

cht legge

XIX

una

italiana, la

memoria una frase straniera che quale pu diventare popolare, soldi

tanto

quando contenga qualcosa


tengono

veramente

ori-

ginale sia nel concetto, sia nella forma.


citazioni straniere
il

fra le

primo posto

le latine

di cui le passate generazioni ci lasciarono patri-

monio larghissimo, spigolandole nei


in molti testi della bassa latinit

classici

im-

mortali della civilt romana, nella Bibbia ed anche


;

poi

le francesi,

spettanti ad

un popolo che ebbe con noi tante


anche
ai

re-

lazioni politiche e intellettuali, e la cui lingua


cos familiare
frasi inglesi, le

meno

colti.

Pochissime

le

tedesche, le spagnuole, e anche que-

ste pi note nelle traduzioni francesi o italiane

che

negli originali.
tori

ricercando poi quali siano gli aucitati,

pi di frequente
i

vedremo a un dipresso

quali siano

libri
si
;

pi popolari oggi nel nostro

paese,

il

che,

avverta bene, non vuol per nulla


infatti

dire pi letti

abbiamo

in

primo luogo

la

Bibbia, e subito appresso


pi citati che
crescente, e
letti,

Dante, l'uno
andando

e l'altra

quindi,

in ordine de-

non tenendo conto

dei librettisti di

il

melodrammi, Orazio e Virgilio, poi Cicerone, Petrarca, il Metastasio, il Tasso, il Manzoni, Ovidio,

La Rochefoucauld,

di

cui le

nome (caso non nuovo n raro), il GIUSTI, SENECA il giovane, il Carducci, 1' Ariosto e 1' Alfieri, il LEOPARDI, Voltaire (non sempre citato a rasentenze sono certamente pi conosciute del

xx

chi legge

gione, anzi pi volte a torto che a ragione), e a


parit

Giovenale, il Foscolo e Gabriele D'Annunzio (quest'ultimo specialmente in grazia dei

Shakespeare, il Monti, Plauto con Svetonio ed il Parini, Napoleone I, poi in pari grado Terenzio, Marziale, Molire e Olindo Guerrini e finalmente tre gruppi a breve distanza fra loro, Plutarco e Paolo Ferrari; poi Tacito, Quintiliano e
motti di guerra); poi
;

Publilio Siro a fianco

dell'

ex-imperatore

Gu-

glielmo

II

e per ultimi

ne, Victor

Hugo e il

Tito Livio, LafontaiPrati. E mi pare che basti.

considerazioni pu suggerirci il ponga mente alle curiose trasformazioni che hanno subito le citazioni storiche e letterarie. Delle frasi storiche, si pu dire senz'altro
altre
si

Anche

libro,

ove

che

tre quarti

sono apocrife, in ogni


si risale,
si

modo

ben

raro che siano esatte. Se

come ho

cercato

di fare, alle fonti originarie, le

trovano sempre

trasformate

il

pensiero sar quello,

ma

la

forma
popolo

sempre meno solenne, meno


ne innamorato, e
le

rettorica. Il

se

giate, rese

ha accomodate, vezzegpi sonore. Era anche legge di selezione


non avrebbero potuto sopravdelle persone indotte o

naturale, altrimenti

vivere nella

memoria
(i).

me-

diocremente colte

Anche

le citazioni letterarie

(i)

Non sempre
rado essa

la

def orinazione spontanea

O inconsapevole
pei

non

di

fatt:i

artificiosamente pl feticismo

un sen-

chi legge

XXI

sono spessissimo inesatte, bench ci non accada


tanto di frequente quanto per le storiche
:

infatti,

poich sono d'ordinario

le

persone di maggior

coltura quelle in bocca alle quali spesseggia la ci-

tazione letteraria pi di quella storica, appunto

tali

persone pi facilmente
cise.

si

attengono a citazioni presi

Per anche per queste


si

fatto, ogni volta

che

potuto, lo stesso lavoro inconscio di ac-

timento opposto.

Ma

occorre in

tal

caso andare adagio nel giudi-

care, poich la difficolt di risalire a fonti originali sicure potrebbe

spesso indurre in apprezzamenti affrettati ed ingiusti. Per esempio


della frase giustamente

famosa Ci siamo e ci resteremo, saremmo

agevolmente indotti a ritenere che fosse stata fabbricata da compiacenti cortigiani che ricordavano
\\

J'y

suis et

j'y

reste (n. 347)


i

del

Mac Mahon
sicuri

infatti

al

n. 1001

ho notato come
anzi

giornali del

tempo non riportassero

la frase precisa e

non

si

fosse

nem-

meno

dell'occasione e del tempo in cui essa sarebbe stata

pronunciata. Altre testimonianze, contraddittorie, che sono venute


a mia notizia dopo la stampa di quelle pagine, aumentano
le

mie

dubbiezze

tuttavia

l'

impressione definitiva varia da quella ricepi


le

vuta prima ed io sono ora


di parole autentiche.

disposto a ritenere che

si

tratti

Ecco
il

testimonianze.

La prima,
:

ostile,

quella di Alfredo Oriani


politica in Italia
:

quale afferma nel suo volume

La
1

lotta
;

Origini della lotta attuale (Torino,

892

pag. 812), che


ferita

si

tratta soltanto di

un'esclamazione di noia prodi


il

da Vittorio Emanuele

II

scendendo
in

carrozza

nell'atrio

del Quirinale, al suo

primo arrivo

Roma

30 dicembre 1870:
Finalment
i

volgendosi
egli

al

Lamarmora

con atto di viaggiatore seccato d<


in

avrebbe mormorato
ci

piemontese

suma

(Finalmente

siamo). (Questa esclamazione -

commenta

l'Oriani ;

fu poi corretta con e in


t-

avveduto

spirito cortigiano nel

famoso motto

-tesso, allora giovinetto,

che avevo se-

guito trottando fra la poca gente la carrozza del re dalla sta/ion.

XXII

chi legge

comodamento. Sono anche frequenti quelle


che
si

frasi

ripetono, sia per scherzo sia per errore di

interpretazione, dovuto talora ad


l'

una

illusione deli

orecchio, in

un

significato al quale

rispettivi

autori

non

si

sognavano

di pensare, cio

ben

di;

verso da quello che originariamente avevano


basti citare per tutte
ritu,
i

biblici

Beati fiauperes
(i),

sfii-

Non

in solo pane vivit

homo

Salutem ex

sino dentro all'atrio del Quirinale, potei udire questa esclamazione


e notare
il

suo gesto

nelP una e nell'altro nessun accento o signi-

ficato di grandezza. Vittorio

noiata,

il

vecchio

Emanuele aveva l'aria oltremodo anLamarmora era imbronciato. Infatti pioveva e,


per mostrarsi
al

malgrado

la pioggia,

popolo erano venuti dalla

stazione col mantice della carrozza abbassato .

Ma

questa insinua-

zione acrimoniosa contrastata dall' affermazione che a


assai pi attendibile, di
di
rio,

me sembra
di dia-

Giuseppe Manfroni,

il

famoso commissario
forma

P. S. di Borgo, che nelle sue memorie,


subito

scritte in

dopo

gli

avvenimenti

e quindi

degne della maggior fede,

dopo aver parlato


nuele in
tagli,

dell' ingresso

solenne e ufficiale di Vittorio

Emaparole

Roma
:

(2 luglio

187

1)

e dell' accoglienza delirante fate ci resteremo.

prosegue

Siamo a Roma
ai

Ecco

le

che Vittorio Emanuele ha detto a


fargli

sindaci della Provincia, venuti


altre parole gravi,

omaggio.

Ma

ha aggiunto
1'

che mi sono
:

state riferite

da uno che

ha udite
i

coi propri orecchi

esse suorifeI.

nano un po' diverse da quelle che


rito ecc.

giornali

comunemente hanno

(Manfroni, Sulla soglia del Vaticano, 1870-1901. Voi.

Bologna, 1920, a pag. 73). La questione dunque tuttora indecisa,

bench
:

le

maggiori probabilit

siano per l'autenticit della


di

frase

tuttavia sarebbe per ora


in

imprudente

pronunciarsi recisa-

mente
(1)

un senso o nell'alno.
potuto Bpieg&re a MIO luogo nel testo, citando questa

Non ho

frase (n.
il

1609) come nei due luoghi della Bibbia dove essa ricorre,
sia

suo significato

beo diverso da quello che


v. 3)

le si

d comunemente.
agli

Nel Deuteronomio (cap. Vili,

detto che

Dio mand

Ebrei

A
itiimicis nos tris,

chi legge

win
asauTv

De populo barbaro /lo TvBt

del Santuario di Delfo, che gi ai tempi di Socrate


e di Platone

non era pi esattamente

inteso;

il

virgiliano

potenter res ;

Sunt lacrima rerum; l'oraziano Lecta i danteschi L'amico mio e non della

ventura, Provando e riprovando, Descriver fo?ido

a tutto
letto (i).

l'

universo,

Aver perduto

il

ben dell'intelle frasi

Sono anche frequentissime


state

che

si

attribuiscono a qualche famoso scrittore,

ma

che
sono

non sono mai


invece

da

lui dette

n
i

scritte, e

frasi riassuntive nelle quali

posteri

hanno

condensato per cos dire

la dottrina

che traspa-

riva dall'insieme delle sue opere, tali varie frasi


aristoteliche, foggiate dai filosofi scolastici

con

le

parole dello Stagirita,

come per esempio In medio

stat virtus, e molte altre sentenze dottrinali, tali


il

Credo quia absurdum della dottrina patristica,

YOmne vivum

ex ovo di Harvey, e persino qualal

che frase modernissima quale quella attribuita

la

manna

per mostrar loro

come non

di solo
;

pane vive l'uomo

ma

di

qualunque cosa che Dio avr ordinato


(.S".

nella parabola del deserto


v. 41

Matteo, cap. IV,


1'

v.

4; S. Luca, cap. IV.

Cristo risponde

al

Tentatore che
lui

uomo pu

vivere di altro che di pane, cio che


il

per

basta

il

nutrimento spirituale. Quindi evidente

contrasto:

nel testo originale, tanto nel senso letterale


ietto vuol dire

quanto

nell' allegorico,

che

il

pane non necessario per vivere: nelil

ntende invoce che


Per
iilli,

pane non
1'

sufficiente.
di

la

bibliografia ricorder qui

opuscolo

G. B.

// signi fi t ato di alcune frasi e di alcune sentente restituito

(Citt di Castello,

Lapi, 1901, in-8, pag. li;.

XXIV

chi legge

geografo tedesco Peschel sulla battaglia di Sadowa


vinta dal maestro di scuola prussiano.

E
non

potrei prolungare queste considerazioni, se


preferissi di lasciare

che l'acume del cortese

lettore possa esercitarcisi

da s nella lettura del

mio modesto volume.

La prima edizione
settembre 1894;
la la

di questo libro usc verso la fine del


alla

seconda circa

met del 1896;

la

terza nell'aprile del 1899; la quarta nell'aprile del 1904;

quinta nel febbraio 1909;

la sesta

nel dicembre 1914.

Alle favorevoli accoglienze del pubblico corrisposero


quelle della stampa politica e letteraria; e dei giudizi
espressi nelle molte recensioni che giunsero finora a

mia conoscenza, posso dirmi, quasi senza riserve, soddisfatto e superbo, non meno che grato. Mi auguro che lo stesso favore accolga questa nuova ristampa, alla quale, ho portato maggiori cure per migliorarla
ed arricchirla sulle precedenti.
originali,

Ho

riscontrato sugli

ancor pi che nelle altre edizioni, un gran-

dissimo numero di citazioni, correggendo di moltissime


la

lezione o la fonte, e in
le

modo che ormai ben poche


(1); altre cita-

sono

frasi

citate

di

seconda mano

(1)

In particolare sono state riscontrate tutte


le

le

citazioni dan-

tesche

quali nella prima compilazione erano state tolte quale

da

una, quale da altra edizione, non tutte dello stesso valore critico.

Nella necessit di unificarne la lezione, e non avendo potuto valermi del Testo critico delle Opere di

Dante curato

dalla Societ

Dantesca Italiana che


|)ot. incarnente

in

edizione

Bemporad
il

uscir forse content'

al

presente

votame,
edizione

riscontro

stato

fatto per
ili

tutte

con

la

recentissima

di

Tutte le Opere

Dante

Alighieri, in un solo volume, stampata dal Bai!

A
zioni

chi

Ugge

XXV

sono

state

nuovamente

illustrate

e altre molte

sono

state aggiunte, in

modo

che

le frasi la

questa sono salite a 2223. Poich

comprese in prima edizione

non ne comprendeva che 1575,


se
bretti

e nelle varie ristampe


tutte citazioni di li-

ne sono soppresse 126 (quasi


melodrammatici),
le

vere aggiunte dalla prima

edizione in poi son ben 774, un buon terzo del libro. Anche per questa ristampa ho avut^> il cortese contributo di molti spontanei cooperato
fare espressa
fra
i

quali

devo

bar.

menzione del dott. C Alberto Lumbroso, dei quali

ido Ricci e del


ira amicizia

mi

ha favorito molte preziose notizie


Cerquiglini che
della guerra,

comm. Ottorino
;colta delle frasi

mi ha aiutato
spie r

come meglio
un
il

speciale ricordo e
sig.

caldissinj

604 ma uno ^amento devo al


\g.
;

Romeo

Monari,

quale

*CLLU

uesta edizione,
nel cercare e

mi

stato di aiuto

veramf

collazionare testi e citazior


revisione delle prove di
st-

osa e diligente
'aver messo a giunte ch'egli

mia disposizione un fascio e aveva messo insieme e un a devo finalmente alla signorina dou
;

ingraziamento
pinelli

che volle

cortesemente collazionare tutte


Bologna, 30 giugno 192
Piazza
di

le

cn^

ioni greche.

1.
2.

Porta

S.

Stefano.

G. Fumagalli
bibliotecario a riposo.

on
.la s

/del ic

praio

accoglit

mpa
i,

polit

nolte rece

posso

diri

erbo,

non

favore accolga
)

portato mag'
sulle

prece

pi che
di ci'

Chi
l'

h;

detto?

;;;;;i;

; ;

' - ;;;;;;;;;;;;; ;; ; ;;;; i:: ;;;;;?;;;;;;; ; ;;; ;. . ;;;;;;;;;;.

PARTE PRIMA

1.

Delle citazioni, dei libri e delle biblioteche

Presento

al

pubblico per

la

settima volta questo saggio di

un

repertorio italiano di citazioni storiche e letterarie. Gli


eh' esso
nel

imitatori

ha avuto, sono molti, e anche qualcuno poco discreto


;

saccheggiarlo

ma quando

pi di

un quarto
di

di

secolo fa,

nel 1894, usci in luce la


tria

prima edizione
in
tal

questo
e

libro, nella la

pa-

letteratura
ra
il

poco esisteva

genere

forse

miglior

catalogo della Grande Esposizione Universale di Ret-

torica usata antica e

moderna

, che quel bizzarro scrittore

che

si

celava sotto lo pseudonimo di Yorick (aw. P. Coccoluto Ferrigni)

pubblic neV.Umanacco del Fanfulla pel 1873.


di

Ma

se

il

dilettante

umorismo poteva

divertirsi

di
il

pi leggendo di quella Esposi-

zione che doveva inaugurarsi


chiudersi soltanto
al
il

giorno delle Colende Grecie per

giorno del Redde ratmem, e restare aperta


dal

pubblico

tutti

giorni

mattino dilla vita fino all'ora dei


:

delitti prezzo del


ira

biglietto d' ingresso


di

un

obolo

di Belisario),

immodestia

pensare che

il

ricercatore, pure divertenil

aeno, consulter con qualche maggior profitto


\'<>n
[risiti
vi
ri

repertorio

troveranno

frasi

peregrine od inedite, che anzi

uno

per jxnerle ammettere in questo repertorio, che siano

neralmente conosciute.
quasi tuli

allora perch h
tutti

il

repertorio, se tutti

ripetono con compia

ramente

di

simili

motti, sentenze,

modi

di

dire,

Chi l'ha detto?

[i]

passati ormai nel dominio

comune

(*), e

diventati per cos dire la

moneta
tutti

spicciola della erudizione e della letteratura,


1'

non sempre
l'

ne conoscono

autore,

l'

origine,

talora

neppure

esatto
sa

significato.

Anche

poi di frasi pi

conosciute, e che
si

ognuno

essere di autori notissimi,

non sempre

ricorda con precisione da

quali passi delle loro opere siano tolte, ci che

pure curiosit
meraviglia
di
il

scusabile,

anzi

ragionevole.

perci non
di

si

faccia

lettore se incontrer dei

versi

Dante, del Petrarca, o

altri

valentuomini dello stesso peso, versi che ogni persona, mediocre-

mente

colta,
il

sa

memoria
il

ma

egli

sicuro di ricordarsi con

esattezza
si

canto,

sonetto ecc. cui

appartengono?
del

E
tolti

neppure

meravigli se accanto a

queste

gemme
di

nostro tesoro lettedai

rario,

trover delle ciance scipite, degli orribili versi


in

menon

lodrammi pi

voga o dai drammi

repertorio e perfino dalle


frasi

pi scollacciate operette, giacche alla scelta delle

citate

ha presieduto nessun
della maggiore o

criterio

etico

od

estetico,

ma

soltanto lucilo
si

minore notoriet. Anche quelle scorie

citano
altri si-

spesso, e ricorrono nella conversazione, talora adattate ad


gnificati
bili

dal primitivo, anche pi di


gravi,
il

frequente
il

di

sentenze pi nodi trovarle qui, e

piii

perci

il

pubblico ha

diritto

di sapere

loro stato civile.

Insomma questo
si

che

io faccio

un

vero
di

Manuale
poich

del perfetto citatore, da cui


arte pi
difficile

deve apprendere

l'arte
si

citare esattamente,
:

clic

comunemente non

creda,
i.

L'exactitude de

citer, c'est

un talent beaucoup
Sanchez, Remarque*).

plus rare que l'on ne pense.


(Uayj.i.. Dictionnaire, art.

II

lettore italiano

trover qui di che soddisfare largamente ogni


le

suo gusto: trover, come gi ho detto,

gemme

Frammiste

molte

I.

I.'

esattezza delle cita/ioni una


si

\irt

assai

pi rara che

non

pelisi.
.

- la quoque, qua vuljro (*) Vedi Oi I umano, luslit. or.it., X 11,41: recepta rant, lu. e Ipso, quod In certuni Mie tore tn babent, velut omnium limit, (inai: eil Ubi amici, Ibi opesi et, i'ou-i -initia mille teste; el pud .in, Pares rotem, ut <st in vetere proverbio, nun paribus maxime congregantnr. . - Vedi amie- a pay 25, nelle osserva, al num. 78.
:

[2-4]

Delle citazioni, dei libri e delle biblioteche

pietruzze di nessun conto, che io, ridotto al


chivista della rettorica

modesto

ufficio di ar-

contemporanea, non poteva neppur volendo


dirsi delle frasi
:

mandare

in

bando. Pu quindi giustamente

qui rac-

colte quel che

Marziale

diceva dei suoi epigrammi

2.

Sunt bona, sunt quaedam mediocria, sunt mala


P mra
*

(Eigtammi,

lib.

I,

ep. 17, v.

1).

Esse sono quelle che


3.

Omero

in pi luoghi dei suoi

poemi chiam

"E-a

ircEpevta.
tradusse nella frase tedesca Geflgelte
ttolo di

che

Giorgio Bchmann
il

Worte, frase rimasta celebre come


redatto
stati

un

libro, sul cui

piano

presente, e di cui quasi duecento mila esemplari sono


tutta la

finora sparsi in

Germania.
italiani e stra-

Vi sono soprattutto citazioni letterarie da scrittori


nieri, antichi

moderni;

vi

sono

frasi storiche;

vi

sono anche dei


della lingua,

proverbi, cio delle frasi tolte dal patrimonio

comune
due

ma

sulle quali

uno

scrittore

noto ha versato parte della sua celebrit.


di altre

Pu

dirsi infatti col

Fournier, autore

raccolte, francesi
:

queste, delle quali pure mi sono valso senza risparmio, che


\.

Il

en

est

billets

des adages populaires comme des en circulation: il faut, pour qu'ils

aient toute leur valeur, qu'une


les endosse.
1! -.ii

bonne plume
VIII
II.
t -,l.,

KMi.K, L'esfrit des autres. ihap.

<>:

p.i_

Cfr. COO

versi di

Mdi.lKRi. m:\VAntitrioii,

t.

Partant d'un homi]

it:

tait

un grand qui parlt.

intoni, alcuni
ilate.
Itasi

sono mediocri,

ma

pi sonn cattivi.

popolari
i.iano
le avalli.

all'-

cambiali
ti

in cir-

cola/ione

perd

tutt'il

loro valore,

vuole

una buona firma che

Chi l'ha detto?

[5*7]

Vi sono pure

delle frasi

scherzevoli e facete
le

e anzi

sono stato

meno parco
pur alleviare

nell'

ammettere queste che


gravit
lettura

altre,

poich bisognava
il

la
di

della materia,

e rendere
facile,

libro,

di per

s cos arido,

un poco pi

memore

del precetto

oraziano
5.

Omne

tulit

punctum, qui miscuit

utile dulci,

Lectorem delectando, pariterque monendo.


(Orazio, Arte poetica,
v. 343-4).

La
l'

metafora contenuta nelle

tre

prime parole ha origine dalle

uso che nei primi tempi della repubblica


facevano nel

votazioni nei comizii

si

modo

seguente: ogni cittadino entrando nel recinto


il

assegnato alla sua trib o alla sua centuria dava


ficiale

voto ad un uf-

posto
di

all'

ingresso dello steccato, e questi lo notava segnando

un punto

fronte al
i

nome
nomi

del candidato
di tutti
i

cui

spettava, in
;

una

tavoletta che portava

candidati
tutti
i

quindi

la frase

omne tubi punctum,


Quanto
alle facezie
;

significa riport

voti.

auguro

ai

miei lettori di non abusare di questa


essi

pericolosa mercanzia

non dimentichino

che

6.

Diseur de bons mots, mauvais caractre.


(Pascal, Penses morales,
I

p., ait.

IX,

11.

\\n|.

non vogliano essere

di quelli, ai quali

conico coraggio di ripetere con


7.

pu attribuirsi Quintiliano
:

il

melan-

Potius

amicum quam dictum


{De
institut, otuit.

perdidi.
,

lit>.

VI, cap.

3. S 28).

A
altrui

molte

di sitatte

Sentenze

il

popolo

clic le

usa, ha dato signifiin

calo ben diverso dall'originario, e perci parecchie volte


udrai
ripetute per celia
la

bocca

pei [scherno

frasi

che
si

loro autori

Scrissero con
altri

massima
pi
fiate

seriet.

Questo

del resto

-gue

anche

in

campi;

converr dare ad alcuna

frase

un' inter-

,.

Ottiene

la

generale approvazione chi


al

unisce
il

L'utile
lettore.

al

dok

dilettando e istruendo
(>.
-.

tempo

stesso

Chi solito
Preferii

di

dire

frasi

spiritose,

ha cattivo carattere.

rinunziare ad un amico anzich ad un

motto.

[8-1 1]

Delle citazioni, dei libri e

ilclie

biblioteche

pretazione che
le righe,

le

parole testualmente non avrebbero, leggere fra


1'

indovinare

occulto pensiero dello scrittore o del citatore.


alla sola lettera che

E
8.

chi

mai potrebbe attenersi sempre

uccide?

Littera

enim

occidit, spiritus
[S.

autem

vivificat.
3, v. 6).

Pauli Epist. II ad Corinthios. cap.

^to

il

libro eh' io presento all'


libro
la

esame indulgente del pub-

blico italiano,

composto con fratesca pazienza, raccogliendo

per anni molti


sazioni.

parca messe delle quotidiane letture e converIl

L' opera mia quindi assai modesta.


la

mio

libro

non ha

davvero
9.

pretesa di essere

Ce livre, le plus beau qui soit parti de la main d'un

homme, puisque l'Evangile


come
dell' Imitazione

n'en vient pas.


nella Vie de
l'

di Cristo scrisse

FoNTENELLE

Corneille, pubbl. per la prima volta nella Histoire de


dell' ab.

Acadmie
pu
dire

d'Olivet (Paris,

1729,

to.

II,

pag. 177); n

si

di esso quel

che

Dante

dice del libro suo

io.

Al quale ha posto mano


1

e cielo e terra.
e.

Danti, Paradisa,

XXV.

v.

2).

Oh, no davvero!
l'approvazione
pensava, un
rima) che
:

la

mia

fatica

non potrebbe meritare nemmeno


il

di

(tIU&EPPB

ErlttSTT,

quale in un suo epigramma

po' troppo sentenziosamente (forse per amore della

11.

Il

fare
il

un

libro

meno che
rifa la

niente
gente.
!

Se
Ma

libro fatto
i

non

disgraziati noi se tutti

libri

pretendessero di rifare la gent,

Tuttavia quanti

ce

ne sono che hanno veramente rappresentato

delle rivoluzioni dello spirito


-1

umano

Il

libro

Dei

delitti e delle

Beccaria ha dato

l'ultimo colpo alla procedura penale

.1

uccide,
il

mentre

lo

spirito

vivifica.

<).

QneatO

libro,

pi hello

chi- sia

uscito dalla

mano

dell'

nomo,

dappoich l'Evangelo non ha origine

um

Chi l'ha detto?

[12-13]

medievale
zio

il

romanzo
le

della

Beecher Stowe, La capanna dello


in

Tom, ha spezzato
di

catene degli schiavi


(pubbl. nel 1832)

America

le

Mie

prigioni

Silvio Pellico

nocquero all'Austria

12.

Pi che
chi
I'

la perdita di da

una battaglia campale.


taluni attribuita a

Ma
fine

ha detto? La
dell'

frase fu
;
il

LUIGI

Yi'.rii.-

LOT, direttore
del del

Univers

quale in un colloquio avuto sulla


gli

1849

col Mettermeli,

avrebbe detto, a proposito del


a t plus
il

libro

Pellico,

che

le

rsultat

terrible

pour

l'Autriche qu'une bataille perdue e


Je ne prtend pas
le

principe avrebbe risposto:

contraire

(Mlanges religieux, histori;

ques, etc., 2 me srie, vol. VI, Paris, i860, pag. 17 sgg.

si

veda

pure: Rinieri, Della vita di Silvio Pellico,


in n. e

vol.

II,

pag. 229,

anche
altri

il

Giorn. stor. d.
la

Ictt. ital., v.

53, 1909, pag. 118,


e

n. 3).

Da

frase fu ascritta a
ital.,

Cesare Balbo (D'Ancona


si

Bacci, Marniate della letter,


dire che sia di

V, 346), ma Giorgio Pallavicino il quale


altri, riesce

potrebbe anche

in

un rapporto

al

Governo Austriaco, del 1837, scriveva: La


esagerata dagli uni, falsala dagli

storia dello Spielberg,

pi dannosa
si

al

Go-

verno di S.

M.

che la perdita

di dieci

battaglie;

veda Sandon.

Contributo alla storia dei processi del Ventuno e dello Spielberg


(Torino, 191 1), pag. 370.

Insomma
tutti

il

mio

libro

non che una paziente compilazione, che non


degli ipercritici,
(piali

affdo al benevolo esame,

non

dei dotti,

ma

di

coloro, e sono
lettura o la

pili, ai
:

un

bel giorno

pu

fare diletto

la

memoria

quindi

13.

Lungi da queste carte un secolo rintuzzati.


scrisse
il
il

cisposi occhi gi da

come
ein'

Pasini

in

principio di-ila dedicatoria


in

Alla

Moda
questa

precede

Mattino. Kssn contiene, e

larga misura, peccati di


sia

omissione o d'inesattezza;
redazione imperfetto,
fitto,
vi

ma

per quanto esso

anche

in

sar talvolta chi potr consultarlo con pro-

memore
in

della sentenza di
lettera

Plinio

il

vecchio (conservataci dal

nipote
e
di gli

una

famosa
:

in

cui questi

d ragguaglio della

vita

studi

dello zio)

Ti 4-

7]

Delle citazioni, dei libri e delle biblioteche

14.

Nullum
(C
l'i.iNio

esse librum tarn

malum, ut non aliqua


lib. III.

parte prodesset.
Cecilio Secondo
il

giovane, Epistole,
sa,
fors'

ep.

5).

Perci io

spero indulgenza, e chi

anche favore

infatti

15.

Habent sua

fata libelli.

emistichio che quasi costantemente attribuito ad Orazio;

ma

che

invece di

Teren/iano Mauro (De


v.
:

Uteris, syllabi's et tetris:

carmen heroleum,

1286. presso

la fine del lib. II,

De

syllabis).

Ecco

il

verso intiero

Pro capta

lectoris

habent sua fata


libri,

libelli.

Eccoci dunque a parlare dei

anzi gi

ci

siamo venuti da

qualche momento, discorrendo di questa povera opera mia.

Non

avrei

voluto passare sotto silenzio la pi importante delle sentenze, che


al

libro

si

riferiscono

16.

Un
bel

livre est
la

un ami qui ne trompe jamais


chiusa di un sonetto
di

un

verso che
e che
il

De.sbarrealx-Berdi Pixrecourt)

nard,

dranunaturgo francese Ren Charles Guilbert (pi

noto, dal luogo di sua nascita, sotto lo


fatto

pseudonimo

stampare nell'ex -lib ris della sua ricca biblioteca (vedi

[ardere. Ex-libris
k<

Ano,

Paris, 1803, pag. 70, 72):

come Teodoro

Q aveva
ai

invece posto sulla porta della sua, chiusa erme-

ticamente
zioni:

curiosi

non meno che

agli

studiosi, la egoistica iscri-

17.

loi est le ^<>rt

fcheux

'lo

tout livre pril

ivent

il

est perdu, toujours

est gt.

14.

N
Anche

libro

tanto cattivo, che non

potesse

in

qualche

parte giovare.
15.
piccoli libri

hanno

il

loro destino.

libro

m
-ort-

amico che non inganna mai.


disgraziata
di

17.

Tak

li

ogni libro

prestato:

perduto

opre,

C 'li i

'

ha

detto ?

[1

8- 1 9]

Un

esemplare delle opere del Sabellico

(ediz. di Basilea,

1538)

gi appartenuto al Grolier ricordato pi sotto, quindi al presidente

Hnaut,

e ora nella biblioteca dell'Arsenale a Parigi, porta in

uno

dei fogli di guardia questa curiosa annotazione greco-latina di


dell'

mano

Hnaut medesimo

'Ex too 'A0Y)vaiou Caroli de Hnaut,


toris et decani, ito
Its'.

in

magno

Consilio

sena-

1710.

Libros alienos utendos Rogantibus 'Awxptpa.


"Ei;

saYYXiot) to y.oa

Aouxv

xsep.

11 xal too xaT Ma~-

Gaiov x*paXai(p 25:


Zyjtste 8s [lXXov, y.xi 7tops'Jc;Gs

Hpc to tcwaoovtocc,

xa.

yoposTe

'EauToig, Ttw yp yjtSv epCox.

Di questo versetto biblico


18.

la frase

Ite

ad vendentes.
(Evang. di
S.

Matteo, cap.

XXV,

\.'>).

rimasta viva nell' uso.

Ma

in

Francia

altri

bibliofili

avevano tradizioni pi generose,

basti per tutti citare l'immortale


soriere dell'

Giovanni Grolier
Francesco
I,

lipnese, te-

armata
al

d' Italia sotto

quindi tesoriere di

Francia sino

1565, anno di sua morte, amatore e collezionista


che sui piatti
.

intelligente di ottimi libri,

dei suoi

volumi

faceva

scrivere Jo. Grolle ri i et

amiconi m

Ma

egli

non l'aveva inventata

questa nobile divisa

ma

l'aveva portata d'Italia, con l'arte della


stile

legatura ed eziandio con lo

della

ornamentazione imitato dalle


bibliofilo che

splendide legature

di

uno sconosciuto
del

molti credono

veneziano, dei primi anni


i

secolo
:

XVI, Tommaso AfAIOU,

cui libri

portano

tutti

la

leggenda

19.

Th. Maioli

et

amicorum.
cortese motto: /atti

Anche l'umanista napoletano, Giano Pa&KASIO, appo*


frontespizio di tutti
et
i

suoi

libri

il

Parrhash

amiconi!,

RABELAIS!

/'rancaci RabeUstt XOtl

tV tXV.

8,

Andate
Di

dai

venditori.

x.

Tommaso

Maioli

di' suoi amici.

[20-22]

Delle citazioni, dei libri e delie biblioteche

Per

bibliofili,
:

o meglio per

bibliomani, non

manca l'epigramma,

ed questo

20.

C'est elle! Dieu que je suis aise!

Oui, c'est la

bonne dition

Voil bien, pages douze et

seize,

Les deux fautes d'impression Qui ne sont pas dans la mauvaise.


graziosa sestina di

Pons u Verdun (Contes

et posies,

1807,

pag. 9), di cui Scrihe ha fatto un couplet del vaudeville

Le Sa-

vant

(a.

II. se. 4).


si

Parlando del libro non


del

pu dimenticare n

1'

ammonimento

Petrarca

21. Libri

quosdam ad scientiam, quosdam ad saniam deduxere.

in-

[De remediis utriusque fortuiuie. dial. XI. Ili: De librorum copiai.

la

celebre frase ughiana

22.

Ceci tuera cela.


(VlCTOK
III
<.i).

Xotre-JJamc de

/'ari.-, lib.

V, chap.

1).

quali parole chiudono


nel

il

cap.

1.

tono commentate a profuil

successivo,

di

cui

formano

titolo:

Ceci tuera cela. Le livre tuera l'difice.

Du

libri

brevi
il

il

passo alle biblioteche, delle quali,


vi

come
un

dei

sse

Tome
la
:

un so

ch>-

ili

vivente, pi
clas-

che F Amadriadi.' nella pianta, e


detto
:

Naiade

nella fonte , e

l'i! <>

Di'.,
.1
1

come -m" U
"ri di

'edizione buona;

infatti in

stampa che non sono


pacai,

quella cattiva.
fecero diventare
lotti

21.

libri

alcuni,

altri

ietto uccider

quello.

io

Chi

l'Ita

detto?

[23-26]

2$. Uli

quorum immortales animae


bibliothecis) loquuntur.
(Plinio il Vecchio, Hist. Natur.,

in locis iisdem

[iti

lib.

XXXV,

cap.

2).

La

pi antica delle biblioteche delle quali


ci

ci

abbia conservato
:

notizia la storia,

ha pure dato un motto notissimo


'Iaxpsov).

24.

Medicina animi (Wwyf^


secondo narra

iscrizione che,
lib. I,

Diodoro Siculo

(Bibloth. /tistor.,

49, 3) stava sull'ingresso della biblioteca del re Osimandia


si

di

Egitto e di cui

ricord certamente

Federigo
Reale
pi ampio)

il

Grande
(comle

quando

sul vecchio edificio della Biblioteca

di Berlino
f'

piuto nel
parole:

1780

e ora sostituito

da

altro

porre

Nutrimcntum

Spiritus.

Dai

latini ci scese l'altra

sentenza:

25. Si

hortum

in bibliotheca habes, deerit nihil.


(Cicerone, Epinlohe ad familiari s, lib. IX, ep. 4, a Vairone).

con questo ha

fine

questo primo paragrafo, che serve d*


al lettore
il

in-

troduzione all'opera. Innanzi di presentare


avvertirlo di ci ohe veramente avrei

resto,

devo

dovuto

dir

prima, cio che


ne.

non
la

cerchi in questa raccolta frasi

paremiologiche delle quali


1'

storia

la letteratura
e

possono additarci
di

autore. Questa una


i

raccolta di citazioni,

non

proverbi.

Ed

proverbi non sono


tanto dell'et

soltanto nelle lingue volgari,


classica,

ma

anche nel

latino,

quanto della bassa


si

latinit.

Non
n
in

vi si

troveranno perci,
repertorii
simili,

conn

non

trovano nel
di

Bchmann
Do
lit

altri

adagi del genere


sta,

questi: Kvettsatio

non

petita, accusato

manife-

Si non

easti' sa/tetn eattte,

des. In eattda Tenenti! ree.


la

Essi avrebbero di troppo aumentata

mole

di questo

volume

26.

....

Dominedio

ci salvi
i

da

libri

troppo lunghi e da

poemi!

oloro [gf illustri scrittori) dei quali

le

anime immortali par

lano nellr biblioteche.


2 ).

Medicina
Se pretto

dell'

anima.
un giardino, nulla
ci

2^.

.dia biblioteca ci saia

mancher.

[27-3

il

Affetti,

passioni, gusti, voglie,

abituaitti

11

come

scrisse

Lorenzo Stecchetti (cio

Felice

Cavallotti (in

OLINDO GuERRixi) Nova Polemica).


un

nella

ode

Essi al pi potranno essere soggetto di

altro libro, al quale

penseremo

in seguito,

non ora:

27.

Di

libri

basta uno per volta, quando non


(Manzoni. Promessi Sposi, Introduzione).
gli

Q avanzo.

poich, potranno mancare

editori,

ma non

gli

autori e

libri

da pubblicare:

28.

Faciendi plures libros nullus est

finis.
|2).

(.Ecclesiaste, cap. XII. v.

Affetti,

2.

passioni, gusti, voglie, abitudini

dell''

amane axiom debba

pi spessi) cercarsi

il

principale

movent

nei

^usti individuali e nel naturale desiderio di conseguire

ci che pi piace,

era gi sentimento degli

antichi

29.

Trahit sua

quemque

voluptas.
11.

(Yim.n.io, Egloga

30

Progredimur quo ducit quemque voluptas.


il
1 e

UZIO, D

liai, rtr.,

lib.

II.

v.

un

nmik

ti

p"i espresso da

Dantk

in

pici

jl,

L'anima, semplicetta che sa nulla.


Salvo che, mossa da
!':
I

lieto

Fattore,
tra.stulla.

Volentier tonici a ci che la

28.

29.
30.

libri m poMOOo moltiplicare Ognuno tratta dal suo pi.'.


1

all' infinito.

Avanziamo dove

il

piacere

ognuno

di

noi guida.

Chi l'ha detto?

[3 2 "3~]

Facile quindi

il

trasmodare delle voglie, ove non

si

sappia

imporre silenzio

ai

desideri, ai sentimenti immoderati, impresa


si

non

agevole, poich talora la ragione fuorviata


senso. Giustissima quindi la

mette dalla parte del


:

massima

del moralista francese che

32.

Les passions sont les seuls orateurs qui persuadent toujours.


(I.A

Rochefoucauld, Rflexions ou Sentences et Maximes morales, n. Vili; citiamo Fediz. del 16/8, ultima riveduta dall'autore, riprodotta nell'ediz. Didot del 1878).
ci
:

il

peggio questo che quasi sempre persuadono male, e

fanno

desiderare con maggior cupidigia ci che

meno

concesso

33.

Nitimur in vetitum semper, cupimusque negata.


(Ovidio. Amores,
lib. III.

ep.

4.

v.

1").

Lo
34.

stesso

Ovidio vuole

altrove indagarne la cagione:

Unde fames nomini


come
disse
....
il

vetitorum tanta ciborum?


{Met amorph.,
lib.

XV.

v. 138).

ovvero,

Tasso:

35.

Instinto dell'umane menti


si

Che
Elemento
36.

ci

che pi

vieta,

uom

pi desia.
C.

[Gerusalemme
di

liberata,

V, Ott

76).

gran peso anche l'abitudine, di cui fu detto


effici.
25,
74

Consuetudine quasi alteram naturam


(Cicerone,

De

finibus. lib.

V, cap.

n\ vero:

37. {Colisi fi n do)

non frustra .... quae quibusdam secunda natura.


(S,

dicta est a

Agostino. Contra Juliantim,

lib.

I\

103).

32.
33.

soli avvocati che persuadono sempre. Le passioni Simo Sempre tendiamo con ogni sforzo a quel che vietato, e
i

de-

sideriamo quel che


34.
16.
\.

ci

negato.
ili

Donde mil' uomo tanta fame Con la consuetudine Formarsi


La consuetudine che
la

cibi

proibiti?

quasi un'altra natura.

certuni

non a torto

detta una sc-

enda

Datura,

[38-41]

Affetti, passioni,

gusti, voglie,

abitudini

13

e lo stesso

Agostino
frustra
:

nel trattato

De musica

(lib.

VI, cap. 19)

Non enim

consuetudo quasi secunda

et quasi affabricata

natura dicitur
dire,

perci antichi e moderni autori consent vano nel

essere ben difficile di resistervi.

Orazio

cant

38.

Naturam

expelles furca, tarnen usque recurret.


(Orazio, Efistole,
lib. I. ep.
1".

e lo imit
.

Philippe Xricault,
il

dit
(a.

Destouches,
Ili,
se.
5)
:

nel Glorieux

che

suo capolavoro

39.

Chassez

le naturel,

il

revient au galop.
19 marzo 1771 scriveva a
ils

anche Federigo il
:

Grande
par

il

Voltaire

Chassez Us prjugs

la porte,

rentreront

par

la fentre.

Per quanto
nostro cuore,
}o.

si

faccia,

le

vecchie abitudini sono sempre care al

[Et

/']

On

revient toujours

ses premires

amours.

(Cr. tini.!.. Ktif.nnk. Joconde, mus. di Isouard [1814}, a. IIL M. 11.

n vale molte volte fuggire

le tentazioni,

cambiando paese, poich

41. Caelum,

non animum mutant qui trans mare


[currunt.
(Orazio, Efistole,
lib.
1.

ep.

il.

Anche SSNECA (q
lum.
*

Animum

Jedes mutare,

m
le

Ma

all'incontro In lontananza che Ogni


ioni,

gran

nomo mezzo per calmar


dini,
eli

troncare

abitu-

alletti:

scaccia pure la naturale indole con

il

forcone, torner ugual-

mente.
30. Cacciate
40. 41.
il

naturale,

torner
ai

al

galoppo.
mari.

E
Il

>i

ritorna

tmprc

primi amori.
rrono
al
li

ciclo,

non l'animo mutano

l dei

14

Chi l'ha detto?

[42-45]

42. Quii

autem sublatus
mente.
De
Kemi-is,

fuerit

ab

oculis,

etiam

cito transit e
(Tommaso da
ci

imi/. Christi, lib.

1,

cap. 23,

I).

che in buon italiano corrisponderebbe

al

volgarissimo Lontan

dagli occhi lontan dal cuore.

Uno
mente

dei primi effetti dell'abitudine di creare dei bisogni


il

fittizi,

e di rendere necessario financo


in

un verso

di

una

satira di

come detto garbataVoltaire, Le Mondain (v. 22)


superfluo,
:

43.

Le
devenu

superflu, chose trs-ncessaire.

concetto ripetuto e sviluppato da


est
si

Alfonso Karr
le

Le

superflu

ncessaire, que,

pour

conqurir, beaucoup de gens

traitent le ncessaire

de superflu.
natura

All' incontro,

nella

umana

di

stancarsi

presto della

uniformit, ci che spiega la cinica esclamazione:

44.
di

Toujours perdrix.
le origini,

cui

secondo una tradizione


in

(piasi

certamente apocrifa,

avrebbero a cercarsi
dicatore
cui egli
il

una burla

fatta

da Enrico

IV

al

suo pre-

(piale lo

rimproverava per

le

sue infedelt coniugali, e


di

fece imbandire per molti

giorni

seguito nuli' altro che

pernici.
cui
il

Al reverendo un bel giorno sfugg detto: Toujours perdrix !


:

re di botto replic

Toujours reine
che
il

Se non e vera, ben

tro-

vata:

ma invece sembra
difficile
:

si

tratti di

un proverbio ben pi antico.

Del resto

sentenziare e giudicare ad animo calmo

della passione altrui

45

Intender non la pu chi non la prova.


Danik, Tanto
gentile ecc.

Oline sta scritto nel sonetto di

[Vita

Nuova,

XXVI).

42.

Quando un
ser
Il

oggetto

sia

tolto dinanzi

agli

occhi,

presto pas-

anche dalla niente.


cosa necessarissima.
pernici.

43.
41.

superfluo,

Sempre

[46-48]

Allegria, darsi bel tempo,

noia

3.

Allegria, darsi bel tempo, noia

In nessun tempo mancarono

gli

spensierati che riposero ogni loro

maggiore studio nel godersi

la

vita,

specialmente nei

facili piaceri

del senso, senza preoccupazioni intellettuali o morali. Questa co-

moda
musica

il

filosofia

abbastanza bene esposta nella romanza


di

cantata

da Orsini nel melodramma Lucrezia Borgia


di Donizetti (a. II, se. 5) e di cui
\

Felice Romani,

particolarmente popolare

primo
Il

46.

segreto per esser

felici

So per prova,

e l'insegno agli amici.


il

Sia sereno, sia nubilo

cielo,

Ogni tempo,
Che
e
il

sia caldo, sia gelo,

Scherzo e bevo, e derido gl'insani


si

dn del futuro pensier.

coro risponde:

47.

Non curiamo
Se quest'oggi
orma pi scapigliata

l'incerto domani.
n'

dato goder.

di

questa dottrina epicurea quella


S\ki>.\\

Ma
-ti

nel celebre epitaffio di

uwlo,

che alcuni citano

termini:

p.

ulani us. bibamus,

gaudeamus: post mortem

nulla voluptas.
'.
in

disput.,
i

lib.

V, 35,
si

01

latino

reti

inapalo ordin

Kl

l*.

Mangiamo, beviamo, godiamo: dopo


diletto alcuno.

la

morti-

non

vi

pi

i6

Chi l'ha detto?

[40-51]

49.

Haec habeo, quae


Hausit at
;

edi,

quaeque exsaturata libido

ilia

iacent multa et praeclara relieta.


di

e ricorda che a proposito

questa iscrizione, Aristotele not

Che

altro scriveresti sul sepolcro

non

di

un

re,

ma

di

un bove?

detti,

Strabone (XIV, 9), avvertendo ehe erano notissimi i versi sudcita anche le parole che in lettere assire erano scolpite ad
citt di Ciucia,

Anchiale,

sulla

tomba

del re, sotto la statua di lui,

figurato in atto di scoppiettare con le dita della


lo sconcissimo re parlava cos:

mano

destra. Ivi

Mangia, bevi,

vivi

allegramente,

perch tutto

il

resto

non vale questo scoppiettar


Sardanapalo
trova,

delle dita.

Vedi

anche Clearco, in Ateneo, XII, 39.

Lo

stesso consiglio di
si

si

parrebbe perfino
per
dispregio,
nel

impossibile se non

avvertisse che riferito detto


:

Nuovo Testamento, dove


50.

Manducemus

et
(S.

bibamus, eras enim moriemur.


Pauli Epist. I ad Corinth.,
e.

15. v. .^2).

L' altro motto, non

meno famoso,

51.

Wer
Der

nicht liebt Wein,


bleibt ein

Weib und Gesang


e

Narr

sein Lebelang.
come cosa
di di
lui

attribuito

nientemeno che a
50 anni
fa

Lutero

fu

scritto circa

nella

taverna del castello

Wartburg,
in
1
>

celebre nella storia di Lutero.

Secondo che dice Redlich

Die
T
'

poetischen Beitrge
pag57)
(

zum Wandsbecker Bothen (Hamburg,


sono assai probabilmente
quale
li

questi versi

di

JOH.

ink.
nei

VOSS

75 1-1826),

il

pubblic per

la

prima volta

Wandsbecker Bothen
Poeten ; quindi, da

del 1775, " 75' entro


soli,

una
del

Deviso an einen

nel

Musenalmanach

1775 (Hamburg)
ci che

a pag. 107, ponendovi sotto la firma />.

Martin Luther,

49. I

soli

miei beni sono quelli che la

gola

la

pi raffinata

libidine

mi procacciarono; non mi
nobili.

curai delle

molte altre

cose,
50.

anche pi

51.

Chi non
tutta

Mangiamo e Im. uhm, che domani vena la molte. ama vino, la donna e canto, sar un pano
il

il

pei

la

ila.

Allegria, darsi bel tempo, noia

~
I

gli

valse l'annullamento della

nomina a professore
di

all'

Johanneum
del Rifor-

di

Amburgo,

sotto

l'

accusa

sacrilegio alla

memoria

matore. Voss non disse mai a quali fonti avesse attinto per questa straordinaria attribuzione
:

del resto, a parte la donna, la sen-

tenza

anche nella Bibbia

Vinnm

et

musica

laetificant

cor

(Ecclesiasticus,

cap. 40, v. 20).

Esso mi

fa tornare alla

memoria, a cagione del canto che

ri-

cordato in fine del primo verso, un altro detto, che pu sembrare a

prima

vista assai difforme

da

quelli finora ricordati,

ma

che per chi


si

sottilmente guarda, ha con essi molta pi analogia che non

di-

rebbe.

Ils

un detto, che

si

riferisce ai

francesi

52.

chantent,

ils

payeront.
Mazakino; ed
infatti nelle
si

ed attribuito

al cardinale

Nouvelles

Lettres de la Duchesse d'Orlans (1853, pag. 249)

legge:

Le
du

Cardinal Malaiin disoit:

La

nation franoise est

la

plus folle

monde
La

ils

crient et chantent contre moi, et


et je fais ce

me
que

laissent faire; moi, je veux.


;

je les laisse crier et chanter,


frase,

que pure a

comunque sia stata detta, piacque ed a ragione piacSkhantien Chamfort, il quale lasci scritto: in

homme
53.

d'esprit

me

disait

un jour que

Le gouvernement de France tait une monarchie absolue, tempre par des chansons.
|(

'iVMHim,

.\/<iiiin,<,/f,iis,',.<sitr/iifo/itiur.

11.

XlVi.

VBCHAT8,

NHO

lo Stesso

tempo, faceva cantare a


frai

Brid 'oison, nel Mariage de Figaro, a proposito del popolo


Cju'on l'opprime,
Il
il

peste,

il

crie.

s'agite en cent fa-aons.


fini-t-il

Tout

par

de\ chantons.
il

Ma
54-

non

a tutti

popoli bastava

canto;

l'anem et circense.
(GlOVZItAl
1
.

v-

ntano, pagheranno.
53.

La Francia

no governo assoluto, temperato dalle canzoni,


del

lochi

cu

Chi V ha

detto ?

[55. 5 6]

erano

desideri della plebe

romana

cresciuta all'ozio e

ai vizi sul

finire della

Repubblica

e nei tristi secoli dell'Impero.

Pane

e feste

tengono il popol quieto, fu detto dal Magnifico

LORENZO DE'Mkdici,
avevano

che molto bene se ne intendeva (Givsri. Prov. toscani, pag. 153).


In tempi a noi pi vicini
si

disse di altre popolazioni che


e

bisogno solo

di

tre

F, feste, farina

forca. L'ultima V aggiunta

era indice della maggior perfezione dei tempi.

Mentre

si

preparava

la

Rivoluzione Francese, Voltaire nel 1770


Il

scriveva alla Signora Necker:


et circenses,

ne

fallait
il

aux Romains que panem

nous avons retranch panem,

nous

suffit

des circenses,

c'est--dire de

POpr-Comique.

Ma

s'egli avesse vissuto sino

a vedere quasi vent' anni dopo (nell'ottobre

1789)

le

donne

del

popolo
retto
il

di

Parigi

recarsi a Vcrsaglia a chiedere pane,

avrebbe cor-

suo giudizio.

certo che la

buona

e sana allegria

il

dono migliore che


buon

gli

Dei possano

fare alla travagliata umanit.

1 toscani sogliono dire


il

che chi ride, levai chiodi alla bara, ovvero che

riso fa

buon

sangue; Chamfort (Maximes


rale, n.

et

penses sur la philosophie


:

et la ino/es

XLVIII) ammonisce
est celle

che

La plus perdue

de toutes

journes
Yorick di

o l'on n'a pas ri ; e nel Viaggio sentimentale di


trad, del Foscolo, nella prefazione
si

Laur. Sterne,

legge

Era opinione

del reverendo

Lorenzo Sterne parroco

in Inghilterra

55.

Che un

sorriso possa aggiungere un trama brevissima della vita.


cita:

filo alla

ein nota
si

Tristram Shandy,
al Pitt,

epist. dedicat.
la

Ed

infatti la frase

trova nella dedicatoria

quale per comparve soltanto


e che

nell'edizione originale di

York 1759, da me non veduta,


fatta su

non
si\<
.

fu riprodotta, per quel eh' io


I.a

sappia, in nessuna delle succes-

versione di

Hdouin,

questa edizione originale,


je

cos traduce questo passo:

fermement persuad que

suis
rit,

que chaque

fois

qu'un
clins-

homme
ce

sourit et plus encore lorsqu'il

ajoute quelque

Fragment d'existence.

neppure va

dimenticata l'altra lias- tolta dal medesimo autore:

56.

In

li

mime

qui

rit

ne sera jamais dangereux.


mai
perii'

56.

Un uomo

che ride

inni

saia

[5"-6o]

Allegria, darsi bel tempo, noia

19

che

la risposta del

duca

di

Choiseul a Yorick trovato senza passa-

porto in Francia (Sterne.

sentimental journey, cap. XLYIIIi.


di nulla,

Ridiamo dunque, ma non troppo, che


antipatico

neppure delle

ottime cose, conviene abusare; e poi l'eccesso del ridere cos


!

Dice

Catullo

che

....

Risu inepto res ineptior nulla


{Ode

est.
v.
16).

XXXIX.

forse pi savio era

Giordano Bruno

il

quale diceva di s me-

desimo

58. In tristitia hilaris, in hilaritate tristis.


ed
1'

epigrafe eh' egli appose sul frontespizio del Candelaio nella


\

edizione originale di Parigi 1582: Candelaio

Comedia del Bruno


\

Nolano

Academico di nulla aeademia,


in hilaritate tristis.

detto il Fastidito

In

tri-

stitia hilaris,

Parlando dell'allegria, conviene pur dire qualcosa del suo contrario, la noja.

Un

nostro poeta drammatico contemporaneo la disse


....

59.

La noia
Pietro

Tetra visitatrice e non chiamata.

Nerone, che nella tragedia omonima


esclama
:

di

In queste

Aule
Tetra
!..

ahi sovente penetra la noja


visitatrice e

non chiamata.
(in

Leopardi
seguent'.-:

fra

suoi Pensieri

Opere,

v.

II,

p.

ha

il

60.

La noia
essa

in qualche

modo

il

pi

sublime

dei sentimenti umani.


ed
infatti

un sentimento

affatto

sconosciuto

alle
;

p
cani e
i

intellettualmente inferiori,
gatti sbadigliano soltanto

come ignoto agli animali quando hanno fame. Pure lo

stesso

^7.

Nun c' cosa


II. ire

pi\;
tri>t>-

-,

occamente.

^N.

nella

tristezza,

mila

ilarit.

Chi l'ha detto?

[61-64]

pardi,

in

una canzone
per
l'

scritta nel
si

1820, mentre correvano tempi

ben

tristi

Italia,

lagnava della noja, imprecando a

61.

Questo secol morto, al quale incombe Tanta nebbia di tedio.


{Canzone ad Angelo Mai).

Ma
62.

quali le origini di questo

incomodo malanno?

L'ennui naquit un jour de l'uniformit.


iLamotte-Houdakd,
Fahles, Hb.
4, fabl.
15).

Non

si

dimentichi per la spiritosa correzione fatta a quest' ul-

timo motto dalla signora di


cessivo prolungarsi di

Chateaubriand, che
filosofica fra

seccata dell' ec-

una discussione

due professori.

Fontanes e Joubert, ad una sua

serata,

esclam

L'ennui naquit un jour de V universit!

4.

Amicizia

63. Illud amicitise

sanctum ac venerabile nomen.


(Ovidio, Trist.,
lib.
I.

cl.

Vili,

v.

15).

ma

che cos' l'amicizia?


migliore definizione dell'amicizia
si

I.a

legge in un classico latino:

64.

Idem

velie atque nolle, ea


eSt.

demum

firma amiXX,
Sj

Cina

(SAl.l.rsrio. (ali!.. C*p.

4).

02.

La noia nacque un giorno dalla uniformit.

63. Quel santo


64,

venerabile
cose, e

nome

dell' amicizia.
le

Volere Ir tondo

-.t^ss.-

non volere

Btesse cose, questa

in

la

vera amicizia.

Ami
Cfr.

Cornelio Xepote

{Att., 5. 11

Plus in amicitia valere


.

similitudinem

morum quam

affinitatem

Perci non facile tro-

vare un vero amico, e

65.

Qui invenit illum (amtcum), invenit thesaurum.


Usiastico. cap. VI. v.
14i.

dice la Bibbia,

ma un
la

ignoto epigrammista ribatt


troverai

Trova un amico e
Dice

un

tesoro,

Bibbia, e son parole d' oro.

Per altro credo meglio se tu dici, Trova un tesoro e troverai gli amici.

La

stessa opinione

avevano

classici

66.

Ubi amici

ibi

opes.

(QmTILIAN,,

//( ,,.

v u
.

41)

ma

era antico proverbio dei

Romani com'
:

affermato da

Plauto:

Yerumst verbum quod memoratur


a.

Ubi amici ibidem opes

[TrueuietUus,

IV.
la

v. 88).

Udiamo ancora
67. Diliges

Bibbia, l'eterno libro di ogni sapienza:

amicum tuum

sicut teipsum.
Hco, cap.

XIX.

v.

18).

Vinum novum, amicus novus; cum suavitate bibes lud.


il

veterascet, et

Ifsiiistico. cap.

IX.

v.

IS).

A
69.

un rero amico sentirai talora applicare

la

frase di

I>'

L'amico mio,

non

(lolla

ventura.
|/h/.
c.
II.

V. (.II.

uno

dei
rio

molti versi danteschi usati a


a indicare

poich

si

suole
ecc.,

un antico amico, provato

nel

trova un amico,

trova n

DO lanari.
II

caro l'amico tuo

come
in

te

st

-no

quoto, amico nuovo;

lo birrai

aoaveniente.

Chi l'ha detto?

[70-72]

mentre Dante pone questo verso

in

bocca a Beatrice, e
lei,

lo applica

a s medesimo, che dice amato da


quale
infatti

ma non

dalla fortuna, la

non

fu troppo amica del Poeta.

Con

bizzarra arguzia un altro


:

epigramma francese

del seicento

ammonisce che
70.

Les amis de l'heure prsente Ont le naturel du melon, Il faut en essayer cinquante

Avant qu'en rencontrer un bon.


la

quale spiritosa quartina di

Claudio Mermet

{Le temps passe,

Lyon, 1601, pag. 42), ma la sostanza ne tolta, dicela Bibliothque del Du Verdier, dalle Satire di Pietro Nelli (lib. II, sat. 9).

Come
falsi?

fare per questa

prova? come sceverare


facile, se
il

veri amici dai

Oh, l'esperimento

pure non sempre piacevole:


Il

ce lo insegnano Ovidio, l'Ariosto,

Metastasio.

primo cantava:

Donec eris felix multos numerabis amicos, Tempora si fuerint nubila, solus eris.
(Ovidio, Tristia,
lib. I,
el.

IX,

v.

5-6);

ma non
antico,
cosi

fece che

dare forma poetica ad un


nel
di

pensiero assai

pi
64)

poich

Cicerone

trattalo

De Amicitia (XVII.
a' giorni

riporta

una sentenza

ENNIO
recte:

passata

suoi in pro-

verbio:

Quamquam
:

Ennius

Amiens

certus in re incetta

cemitnr.

Ecco l'Ariosto
72.

Alcun non pu saper da

chi sia amato.


;

Quando
Per
e'

felice in

su la ruota siede
i

ha i veri e fnti amici a late. Che mostran tutti una medesma fede.

70.

(ili

amici del tempo presente sono

come

melloni:

bisogna

71.

staggiarne cinquanta prima di trovarne uno buono. Finch sarai felice, conterai molti amici: ma se il tempo
rannuvoler,
r<

si

iterai

solo.

5]

Amicizia

23

Se poi
Volta

si

cangia in

tristo

il

lieto stato,

la

turba adulatrice

il

piede;

E quel che di cor ama, riman forte. Et ama il suo Signor dopo la morte.
(Ariosto. Orlando furioso,
e.

XIX.
il

ott.

1).

Belle sono tutte le ottave sentenziose con le quali


rarese d

poeta

fer-

cominciamento

ai diversi canti del


il

suo

poema ma questa
:

bellissima.

Ecco finalmente

poeta cesareo:
il

Come

dell'oro

fuoco

Scopre le masse impure. Scoprono le sventure De' falsi amici il cor.


iMktastasio, Olimpiade,
a.

sempre

la ediz. di Pariiji.
178<>-X2,

Hrissant,

che
il

IH. se. .*: si cita presso ta vedova di Crusca).

Un

pensiero

abbastanza

sconfortante

seguente, che pur

troppo ha molto di vero, come


e cinico

tutti quelli

del

medesimo

scettico

scrittore:

74.

Dans

l'adversit

de nos meilleurs amis, nous

trouvons toujours quelque chose qui ne

nous dplat pas.


(Viivimr- dr
'_>.

I..V

RooiKKoi

<

Ml.l>;

cili/.

del

ltrf>5,

num.

85).

'

OTuuo

'h

Vttn Alex.

Magmi, b. Vu, cap. vin. 27,

75.
<:

Finalissima est inter pares amicitia.


'

parc che fosse antico proverbio, poich


scrive:

nel

trattalo

Pam

autem

vetert /

/hi-

finillimr

fur la quale sentenza citata

anche

' \.

Nelle sventure dei nostri migliori amici, troviamo tempre qual-

che non

ci

dis;
^li

na e l'amicizia fra

uguali.

24

Chi l'ha detto?

[7-77]

da Quintiliano. Institutiones

(lib.

V,

il, 41), e

Ammiano Marle

XXVIII, cum paribus; ma tra


cellino
(lib.
i

I,

53):

Ut soient pares facile congregari


sono
amicizie:

cattivi rare e infide

76.

L'amist fra tiranni malsicura

E
come
dice

le fiere talor

sbranan

le fiere.

Vincenzo Monti

nella chiusa del


di

famoso sonetto

sul

Congresso di Vienna (Poesie liriche, a cura


Barbra, pag. 378).
Ci sono dei casi in cui
la indifferenza

G. Carducci, ed.

la

neutralit

non sono
le

ammesse: o siamo amici


nemici
;

di

una causa,
le

di

una persona, o
;

siamo

la

difendiamo, o
:

siamo avversi

e per dirla con le

parole del Vangelo

77.

Qui non

est

mecum, contra me
.

est.
v.

{Vangelo di S Matteo, cap. XII. ili S. Luca, cap. XI, v. J.i.

M):

5.

Amore
Onesto paragrafo
rato in tutti
i

ci

offre

materia inesauribile:

l'

amore ha
le

ispi-

tempi

gli

scrittori,
;

ha riempito tutto
la

letterature

con

suoi

sfoghi passionali
il

esagerazione contro
del

quale invano

protestava
ch'egli

Manzoni

in

un brano

suo

immortale

romanzo

poi

soppresse nella stampa:


ve

l'amore

necessario a
elle
.lei

questo
altii
si
il

mondo: ma
dia
la

briga di coltivarlo.... Vi

n'ha quanto basta, e non fa mestieri hanno altri sentimenti


le

quali
forze,

mondo ha

bisogno, e che uno scrittore, secondo


negli

sue
la

pu diffondere un po' pi
al

animi:
la

come sarebbe

commiserazione, L'affetto

prossimo,

dolcezza,

l'indulgenza,

77.

('.Ili

non

COO ine, e contro

di

me.

[78-82]

m
se stesso

25

il

sacrificio di

ma

dell'amore, come

vi

diceva,

ve

n'ha, facendo un calcolo moderato, seicento volte pi di quello

che

sia necessario

alla

conservazione della nostra riverita specie


di

(A. Manzoni. Brani inediti dei Promessi Sposi , per cura


Giov. Sforza. Milano,
Il

1905,

paL:

Manzoni pens

all'ultimo

momento

di

non pubblicare quegettate al vento


:

sta diatriba che sarebbero state proprio parole

se oggi, dal

romanzo, dalla poesia, dal teatro contemporaneo,

si

ro le pagine

d'amore, che cosa resterebbe? Ben poca cosa!

Per

cui, sia dalla


le

letteratura antica, sia dalla

moderna, larga

la

messe che

muse
cui

offrono a chi voglia far tesoro di citazioni e sen-

tenze popolari soli' amore.

Virgilio,

poemi sono per qualunque argomento miniera

ricchissima di frasi, ce ne d alcune, cio:

)mnia vincit amor,

et

nos cedamus amori.


(E_<r/oga,

X.

v.

(,'>).

Il

primo emistichio

citato

da

Macrobio (Saturn.,

lib.

V.

cap. 16, 7)
ore

fra quelle frasi

che vice prcreerbiorum in

omnium

funguntur

et

quae sententialiter proferuntur.

Adgnosco
'

veteris vestigia

fiamma.
lib.

(Eneide,

IV.

v.

23).

>\i e (rada

80.

Conosco

segni dell'antica fiamma

4M.

tnprobe amor, quid non mortella pectora a


(Virgilio, Eneide,
lib.

IV.

r. 112).

<

iK.w.i'

ha un

inato

Anima- dimidium meae.


\/f>.

QU,

'
;

\1110r-

tutti

>

vino-.

<

noi
BOI!

lediamo
spinai
i

all'Ani.

cuori

umani

%2,

-una mia.

2b

Chi l'ha detto?

[83-87]

Si

dice che

il

Card. Richelieu, quando mori nel 1638

il

famoso

Fere Joseph,

une moiti
bisticciarsi

Eminenza Grigia, esclamasse: Je perds en lui de mon me . Terenzio a proposito del continuo
l'

degli innamorati

opportunamente dice

83.

Amantium

irse

amoris integratio
(Andria,
a.

'st.
v.

Ili, se. 6,

556).

Il

verso intercalare del leggiadro poemetto Pervirgilium Veneris,

sive

carmen trochaicnm de
canta
il

vere, d' incerto autore,


di

ma

attribuito a

torto a Catullo,

dominio universale

amore:

84.

Cras amet qui


vit,

nunquam amavit; quique amama

eras ani et.


il

Il

grande Arpinate ne esalta

potere in una breve

eloqucn-

tissima sentenza:

85. Nihil difficile

amanti puto.
(Cicerone, Orator, cap. X).

Marziale

descrive lo stato di due amanti in perpetua guerra,


:

ma
86.

pure inseparabili, con un bellissimo verso

Nee possum tecum

vivere, nec sine


(Marziale,
lib.

te.

XII. epigr. 47i.

ch'egli del usto non ha fatto che togliere (piasi di peso a


il

<

>vn>i<>,

quale negli Antares,

lib.

III. el.

ti, v. 39,

aveva dtto:

87
e che
lare
l'

Nec

sine

te,

nec tecum vivere possum.


(a. Ili, se.
1)

ALFIERI imit nell'Oreste


:

facendo cosi pai-

Clitennestra

ver

con
sen/.'

lui

felice
il

Non sono

io

mai:

ma

esso

sono.

83.

(ili

sdegni degli amanli rinsaldano l'amore.


chi

84.
851

Ami domani

mai am; e chi am, ami pure domani.

Ritengo che nulla sia difficile per chi ama. n/.,i di ti'. 86-87. Ne con te posso vi\

[88-93]

Amore

?7

Veniamo
piccolo

ai

poeti delle et posteriori.

Precede a
di

tutti

il

divino
il

Alighieri, che pu darci un gran numero

versi celebranti

nume

faretrato

ne scelgo alcuni dalla Divina Commedia

88.

Amor mi
Amor
principio di
in

mosse, che mi fa parlare.


{Inferno,
e.

II,

89.

che nella mente mi ragiona

Della mia Donna....


e
il

una canzone

di

commentata

testa del Trattato terzo del


(e. II,

Dante, composta verso il 1204 Commua, ed anv.

che riportato nel Purgatorio

112), in bocca di Casella.

90.

Amor
Uiest'

che

al

cor gentil ratto s'apprende.


<

Inumo,

e.

V,

v. 100).

<

ultimo verso
il

nel

commovente racconto
altri

di

Francesca
noti

da Rimini, a cui
del precedente
:

poeta fa dire

tre

versi

non meno

91.

Amor

che a nullo amato amar perdona.


(Inferno,
e.

V,

v.

103).

S lo un punto fu quel che

ci
e.

vinse.
V,
v,
132).

(Inferno,

93.

(ialeotto fu

il

libro e chi lo seri(Inferno,

V.

v.

17).

Per chiunque ha letto quel pietoso episodio che e una delle pi


belle pagine della

Divina Commedia, quest' ultimo verso non ha


leggono
il

uopo
con

di

commento. Franecui

romanzo

di

Lan-

cillotto, a
la

(iallehaut o Galeotto fa da
il

mezzano

ne' suoi amori

regina Ginevra:

libro e

1'

autore suo furono quindi per


i

Paolo e Francesca quel che Galeotto fu per

due antichi amanti.

PocM sanno che


'

il

racconto di Francesca (dal verso:


diletto al verso
in

Noi Ugleg~
di

per

Quel giorno pi non vi


1'

gemmo mante)
Lord Vernon
e

fu

messo

musica dal Rossini per desiderio

a lui dedicata.
nel vol. Ill

Lord Vernon ne pubblic


l
1

auto-

vinile

dd

di />.

A. disposto in

Chi l'ha detto?

[94-96]

ordine grammaticale, ecc. (Londra-Firenze, 1865), a pag. 83.


partitura per canto e pianoforte
.

La

Rossini

vi

ha

scritto

sopra di

suo pugno (come tutto

il

resto)

And. mosso.
.

Recitativo Ritmato

{Far come colui che piange e dice)

ma

Le rime minori dantesche sono quasi tutte di soggetto amoroso, sono meno popolari del divino poema, per cui non ne trarr
:

che un verso solo

94.
cio,
di

Donne

ch'avete intelletto d'amore.


dell'

donne che avete cognizione

amore, ed
egli

il

primo verso

una canzone composta da Dante, com'

stesso narra, in

guisa da adattarle
sato; e dessa
si

come cominciamento quel


Nuova,

verso gi da lui penIl

legge nella Vita

XIX.

verso medesimo

ripetuto nel Purgatorio, e.

XXIV,

v. 51.

Moltissimo potrei spigolare dalle rime del Petrarca, dove non


si

ragiona che di amore,

ma
la

esse ai giorni nostri

non hanno pi

la

grande popolarit della quale godevano alcuni

secoli addietro, quindi

non ne lever per ora che

seguente

95.

Tempo non mi
Contr'
a'

parea da far riparo

colpi

d'Amor.

(Petrarca, Sonetto in vita iti M. Laura, num. 3, secondo il Marsand, coni.: Era il giorno ch'ai Sol si scoloralo Son. III.
;

ed. Mestica).

Laura apparve

la

prima volta

agli

occhi del Petrarca, coni' egli

stesso lasci scritto nel celebre codice

Ambrosiano

di Virgilio, nel-

l'anno del Signore 1327,


sanici), in

il

giorno sesto

di aprile (che era


in

un venerd
Avignone:

sul

mattino, nella chiesa di Santa Chiara


il

perci scrisse
gli

poeta che essendo quel giorno santo


assalti

lugubre non

pareva tempo da temere

d'Amore,

e la Starne in guardia.

96.

Teneri sdegni, e placide e tranquille

Repulse, e cari vezzi, e

liete paci,

Sorrisi e.parolette e dolci stille

Di pianto,
1

e sospir tronchi, e molli bac.


rawo, Gtrnsaltntm*
liberate,

e XVI.

ort.

[97-101]

Am
il

2Q

sono
di

le

quotidiane occupazioni degli innamorati secondo

cantore

Erminia, che pur doveva intendersene.

Un

galante abate invece


:

del secolo scorso cos descriveva la vita di

un innamorato

97.

Chi vive amante

sai

che delira;

Spesso

si

lagna, sempre sospira,

N
Lo
98.

d'altro parla che di morir.


(MKTASTASIO, Alessandro,
a.
I.

~c. 4).

stesso

Mktastasio

cos diceva

dell'amore dei vecchi:

L'arido legno

Facilmente s'accende,

pi che

verdi rami, avvampa, e splende.


{Asilo d'amore; nella ediz.
ti

Parigi 1780,
e della infedelt

to.

HI. pag. 343).

degli

amanti:

99.

la

fede degli amanti

Come
h<-

l'Araba fenice:
ciascun
lo dice.

vi sia,
sia,

Dove
Sono pure
il

nessun
iMf.i

lo sa.
/>, ini

am 'amm.

trio. a.

11.

di

lui

quei versi celebri che hanno acquistato


:

valore di proverbio

100.

Pass quel tempo, Enea,

Che Dido a

te pens.

Spenta

la

sciolta la catena

E
In

del tuo nom* or mi


1

rammento appena.
a.
II.

Mktastasio. lUdone abbandonata,


vicini

tempi a noi pi

udremo

in

una tragedia faStOI

101.

Vederti, udirti, e non amarti....


-.t

umana

non

,'-.

>.

f'r.inr, tea

da Ri

30

Chi l'ha detto?

[102-107]

Lanciotto lo dice
no,
i

al

fratello

Paolo: e

lo ripetono,

sul serio o
sul

nove decimi degli innamorati d'Italia, come ripetono,


Q no,
gli

serio

altri

versi della tragedia

medesima

102.

....T'amo, Francesca, t'amo,

E
Framezzo a

disperato l'amor mio!...


{Francesca da Rimini,
tanti poeti,
a. III.

se. 2).

ecco un romanziere che fa dire a uno

dei suoi personaggi,

a Giovanni Bandino,

103.

Noi

altri

Italiani

c'innamoriamo

in chiesa.

(F. D.

Guerrazzi, L'Assedio di Firenze, cap. Vili).


poeta contemporaneo, dal quale tolgo
tre ci-

Udremo anche un
tazioni
:

104.

I canti

che pensai

ma

che non
ti

scrissi,

Le parole d'amor che non

dissi.

(Lorenzo Stecchetti, cio Olindo Guerrini, Quando cadran le foglie..., nei Postuma, poesia num. XIV).

105.

Io

non voglio saper quanto sii casta, amammo veramente un'ora intera, Fummo felici quasi un giorno e basta.
Ci
(Postuma, LXYIII).

106.

Torna all'infamia
Sei troppo
vile,

tua: sei troppo vile,

non

ti

posso

amar

(Postuma,

I.

XX Y

li.

107.

Te

voglio bene assai


tu

il

non piense a me.


il

ritornello di

una famosa canzone, composta

1839 da RafIl

faele Sacco,
mazione del
rono
in

ottico e improvvisatore napoletano.

successo di

quella canzone fu enorme, e

pu darne un' idea la ingenua afferSettembrini nelle sue Memorie: Tre cose belle fule

quell'anno (1839):
(ed.

ferrovie,

l'illuminazione a
voi.
I,

gM

Te voglio bene assai

Morano 1879,

pag. 160).

[io8]

Amt

31

La musica

fu attribuita al Donizetti,
si

ma

a torto.

Il

fatto
ci

che

per molto tempo a Napoli non

cantava altro, quindi


le

fu chi,

annoiato di tanto entusiasmo, rispose per

rime:

Addio, mia bella Napoli,

Fuggo da

te

lontano.
s

Perch pensier

strano

Tu

mi

dirai

perch?

Perch mi reca natisea


Quella canzone ornai
:

Ti Taglio bene assai

E
O

tu non pensi a me.

Andr nell'Arcipelago,
pur nel Paraguay,
seccato assai

Che m' ha
Quel
:

Tu non pensi a me.


nella

Vedi Amilcare Lauria,


pag. 125; e anche
scritt.
il

Nuova

Antologia, r

sett.

1896.

Martorana,

A rotizie

biogr. e bibliogr. degli


si

del dial, napolet., pag. 362, dove

narra di una riduzione

della stessa canzone ad

argomento sacro, improvvisata dal Sacco


che non finirebbe pi.

per desiderio del card. Riario Sforza, arciv. di Napoli.

E
le

la poesia

melodrammatica } o questa

si

Pure qualcosa, dalle opere


pi antiche, non
le
si

italiane pi note,
fare

che su per gi sono


citare.

pu

meno

di

Chi non

le

vuole

salti.

108.

Il

buio, la pioggia, la neve

S fomentare l'amante non deve.


nella Pianella

perduta nella nn'e


la

(a. I, se.

i),

notissima farsa in

prosa e musica, che ha fatto

delizia

di

varie generazioni,
il

ma

che per non italiana


l.andi,

di

origine,

bens francese:

compianto

fondatore della stamperia dalla quale esce questi


i

lume, aveva fra


col

suoi libri

una vecchia edizione

di

quest.

seguf-ntc titolo:

Im pianella persa farsetto


libraio,

in prosa con
!';

mu-

sica traspirtata

Dall'Idioma Francese in Italiano.


e

Giovanni Herni
armonici,

negoziante di strumenti

un opuscolo

di

24 pag. in-i6".

32

Chi l'ha Jdio?

[10Q-113]

iog.

Il

vecchiotto cerca moglie,

Vuol marito

la ragazza,

Quello freme, questa pazza


Tutti e due son da legar
!

Ma

che cosa questo amore


fa tutti delirar?

Che

Egli un male universale,

Una

smania, un pizzicore,
solletico,

Un
Ne
Cavatina
(di

un tormento
finir.

Poverina, anch'io lo sento,


so

come
si

cui molti versi

ripetono) della vecchia Berta nel


di

Barbieri' di Siviglia,

melodramma giocoso

CESARS Sikrkim,

musica

di

Rossini

(a. II, se. 5).

110.

Ah!

bello, a

me

ritorna

Del

fido

amor
il

primiero,
intero

contro

mondo

Difesa a te sar.
(Xornta, melodr. di P. Romani, mus. di V. Bellini, a. I, ic. 4).

ili.

T' amo, ingrata,

t'

amo

ancor.
\

(L uria di Lummirnioor, poesia di S\i Cam m Ai< ano, mos. di G. Donizetti, a.

a inni sc. 6).

Il,

112.

liai tradito

il

cielo e

amor!

113.

Maledetto

sia l'istante

Che
lo

di te

mi

rese amante....

Stirpe iniqua.... abominata....

dovea da

te

t'uggir

[li 4-1 19]

Amore

3?

114.

Questa o quella per

me

pari sono

quant' altre d' attorno mi vedo.

Del mio core l'impero non cedo Meglio ad una che ad altra belt.
{RigoUtto, melodr. di F. M. Piave, di Verdi, a. I, se. 1).

mn

115.

Bella figlia dell'amore,

Schiavo son dei vezzi

tuoi,

Con un detto sol tu puoi Le mie pene consolar.


[Riffoletto, a. Ili, se. 3).

116.

Ah

quest'infame, l'amore ha venduto.


(//

musica

Trovatore, parole di Salv. Camm aranti. di Verdi, a. IV, se. 41.

117.

Di quell'amor

eh' palpito

Dell'universo intero,
Misterioso, altero,

Croce e delizia
i

al cor.
di K. li.

La Traviata, parole
musica
di

PlATB,

Verdi,

a. I, se. 3).

8.

Alfredo, Alfredo

di

questo core

Non puoi comprendere


{/.a

tre,

tutto l'amore.
a.
II.

Traviata,

se.

15i.

Un

bacio rendimi, due.


:.'

se brami.
melodramma
a. III.
-

iLe Educande Ji Sorrento,

mas.
e

ili

Emilio ITsiplio.

pi sotto:

Lascia
gjH

^li

scrupoli,

dimmi che m- ami.


di

saturi

stranieri

mi contenter

citare

due

fra

1<-

pi
:

pi popolare fra

^li scrittori

apoftegmstici francesi

34

Chi l'ha detto?

[120-124]

120. Il est

du

vritable

Amour comme

de l'appaparle,

rition des esprits: tout le

monde en

mais peu de gens en ont vu.


{Maximes de La Rochefoucauld,
I,XXVI).

121. Il

y a des gens qui n'auraient jamais t amoureux, s'ils n'avaient jamais entendu parler de l'Amour. i vi cxxxvi).
(
,

e finalmente

da un

gentilissimo poemetto della nostra letteratura

tolgo due locuzioni che sono d' allora in poi entrate nel patrimonio

proverbiale della lingua parlata

in

faccende se non

proprio di

amore,

di

ogni altro affetto.


....

La prima

di esse la seguente:

122.

Celeste questa
sensi.

Corrispondenza d'amorosi
Il

Foscolo {De'
fra gli

Sepolcri,
e
i

v.

29-30) cos disse delle relazioni di

affetto

estinti

viventi.

l'altra

pochi versi pi oltre

123.

Eredit

d'affetti.
(Foscolo,

De

Sepolcri, v. 41).

6.

Astuzia, inganno

L'inganno
da Virgilio

e la diffidenza eh' esso ingenera


nel

sono bene

scolpiti

verso

124.

Timeo Danaos

et

dona

ferentes.
{Eneide,
lib.
II.

v.

4>M.

120.

Accadi
tutti

dell'amo)
ne parlano

\cn>

come
pochi

delle apparizioni degli


li

spiriti:

ma

hanno redati.

[il.

sono delle persone


rato,

se
i

i2|.

Temo

clic non sarebbero mai state innamonon avessero sentito parlare mai dell'amore. Danai anche quando recano doni.

[125-13

Astuzia, inganno

Danai (da Danao, leggendario re d'Argo) erano


Argo,

gli

antichi

abitatori di

ma Omero,
i

e in questo

caso anche Virgilio,

usarono

tale
di

voce a designare
Virgilio
1'

Greci

tutti.
:

Anche

altro emistichio

Latet anguis in herba.


(Egloga
III. v. 93),

chi tenta indurre altrui in inganno con false parole pu apil

plicarsi

consiglio del
:

mago

Idraote, signore di

Damasco,

alla

nipote

Armida

126

Fa manto
l'

del vero alla


HO, Gerusalemme

menzogna.
e.

liberata,

IV.

ott. 25).

e se

inganno non
:

si

ferma

alle

parole,

l'

apostrofe giustiana a

Becero droghiere

127.

Vendevi znzero Per pepe bono.


[GIUSTI,

La

vestizione, str. Oh.


lui,

Talvolta

l'

ingannatore vinto da

altri

pi astuto di

ovvero

128.

Lo schermitor

vinto di schermo.
e.

(Tasso, Gerusalemme liberata,


e di questo la ragione detta
1

XIX.
-

ott.

14.

da un

satirico

frano

29.

Pardieu

les

plus grands clercs ne sont pas les


[plus fins!
iKkgnif.r, Sottri- Ulm",
lt.

vervi

f-

poi.

por quanto grande sia l'astuzia, di cui


ricordatevi che:

il

buon Dio

ha

pro\ veduti,

130.

On

peut tre plus


plus fin
,

fin

qu'un autre, mais non


CCCXCIV)

que
-

t<>us les autres.


I

!/.;<//,

2;.

r.i

nie.
i

[29.

Perdio!

clnVrici
,

maggiori non sono


furbo di un altro,

pi astuti! pi

130. Si pu
tutti
gli

ma non

furbo

ili

altri.

Chi l'ha detto?

Q13 1-135]

Dello stesso filosofo quest'altra sentenza:

131.

On aime

bien deviner les autres, mais l'on


(Ivi, ediz. Ici

n'aime pas tre devin.


1665,

num. 2%).

7.

Avarizia

132.

Fatto v'avete Iddio d'oro e d'argento.


(Dante. Inferno,
e.

XIX,

v.

112).

Cos
ai

Dante

fieramente apostrofa

l'

insaziabile avarizia dei preti,

quali

poco innanzi aveva rivolto

altra acerba
il

rampogna

133

La

vostra avarizia
i

mondo
<.

attrista,
i

Calcando

buoni e su levando
(Dante, infuno,

pravi.
104-105).

XIX.

r.

Trista passione questa dell'avarizia che spinge alle azioni pi

basse e pi riprovevoli,

come aveva

gi detto

VIRGILIO:

134

Quid non mortalia pectora cogis, Auri sacra fames! [Eneide, ut, ni. 55417).
v.

infatti

agli
il

occhi di molti ogni

mezzo

buono per acquistare dae per

naro, che

ben venuto, per qualunque via guadagnato,


le fonti.

quanto

ne siano turpi

Ci

espresso anche dall'adagio latino

135.
di

Non
le

olet.

cui

origini,

secondo SviTONlO [Vita Vespasiani, cap. 23)

Dione Cassio
131.
s

(Hist., lib.

I.W'I, cap.

|).

sarebbero da cercarsi

ha piacere d'indovinare
ha piaci
re di

il

pensiero degli
il

altri

ma non

si

vedere indovinato
i

proprio.

134.
135,

che non costringi


|)ii//a.

cuori umani,

esecrala fami' dell' oro!

Non

30- 1 38]

trista

3T
1

nella risposta data

da VESPASIANO

al figlio

Tito che lo biasimava

per avere posta una tassa


sentire di cattivo
st'
il

sull' orina,

ma

che pure riconobbe non

danaro che se ne traeva.

noto che da que-

aneddoto

si

convenuto di chiamare per

eufemismo monumenti
luoghi indispen-

vespasiani o semplicemente vespasiani


sabili

certi piccoli

alla pulizia e alla igiene

delle citt.

Agli avari fastosi che vogliono ostentare grandezza pu ben applicarsi


il

verso satirico del poeta milanese

36.

{Non

serve...)

Anselm, degh on quattrin per un.


(Carlo Porta, La preghiera).
ventun

di

donna Fabia Fabron De-Fabrian che per confondere


l'

mendicanti che

hanno

sbefteggiata entrando in chiesa, usa verso

loro cotanta liberalit.

Ai

nostri

tempi

la letteratura e

la

politica

hanno reso famosa

137.

La Compagnia

della Lesina.
in

Antonio Starrabba Di Rudin


lano nel teatro della Scala
del Consiglio
dei Ministri,
il

un discorso tenuto

Mi-

9 novembre 1891, essendo Presidente


cosi diceva a proposito
:

del suo pro-

gramma
ci

di

radicali

economie

Signori, noi ministri mettendo in

disparte quel fragile strumento che era la famosa lente dell'avaro,

siamo, mi

si

passi la celia, costituiti nella famosissima


le

Compa-

gnia della Lesina, che ebbe

sue leggi e

suoi precetti, dai quali

questo scegliemmo a nostro .consiglio: che ciascuno debba guardarsi

ed astenersi
n mai
si

la

ogni superflua ed impertinente spesa,


se

come da

fuoco,

spenda un quattrino
tal

non per marcia

necessit, perch
all'

cun

tal

regola e per

via

si

d buon principio

augumentare,

e far capitale.

Quod
parole

est principalis intentio Iiesinantium.


il

Con queste

ministro ricordava una curiosa facezia,


titolo

ri-

stampata pi volte nel sec. xvu, col bizzarro


1

Delta fumo*
nienti.

Compagnia

della /.esimi, dialogo, capito!


in

Il

front- spillo

porta

tutte

le

edizioni

l'impresa

della

tnta

compagnia che

ima

lesina col

motto, rimasto pine celebre:

138. L'assottigliarla pi
\'on

meglio anche
loro ai

fora.

Importi}....

Anselmo, date

auttrln per uno.

Chi l'ha detto?

[139-141]

II
il

paragrafo riportato dal Rudin dei Capitoli della Compagnia


3.

numero
al

L'on. Luigi Luzzatti


1920
(v.

in

un

articolo
vol.

da

lui

pubbli6,

cato

principio del

Minerva,
di

XL, num.

del

16 marzo 1920, pag. 204) narrava

avere ricevuto in dono da

Rudini un esemplare della operetta or ora ricordata con questa


singolare dedica
:

Luigi Luzzatti

Questo

libro a

me

donato

dall'ammiraglio Saint-Bon, che tenevo in

mano quando

lessi a

Mi-

lano nel 1891


di te

il

nostro

programma

finanziario,

depongo ora presso

come

ricordo di tempi passati insieme a servizio della patria

adorata.
fraterno.

La lesina salv l'Italia! Eit'iva la Roma, io giugno 1906. - Rudin.


sopra

lesina!

Con

afftto

La
139.

citata di

Lente dell'avaro.
le

come pure
140.
sono

Economie
altre

sino all'osso.
proverbiali
ai

due

frasi

ejusdem farin

ma

di

pi antica

data, poich risalgono


stero Lanza-Sella,

dolorosi giorni del macinato e del mini-

severo anzi feroce


la

restauratore

delle

stremate
nelle

finanze italiane.
dichiarazioni

E
il

prima fu detta da Giovanni Lanza,

fatte

alla

Camera presentando
in

il

nuovo ministero

da

lui

presieduto

15 dicembre

1869, la seconda da

Quintino

Sella, ministro

delle finanze,

una seduta successiva.

8.

Bellezza e bruttezza. Doti del corpo

Che cos'
i(i.
11

la

bellezza?

bello lo splendore del vero.


la celebre definizione

secondo

attribuita
lui

volgarmente a

l'i

ai

cm.

dm

che certamente non e di

e forse

aeppure

ili

nessun piato-

[142-143]

Bellezza e bruttezza. Doti del corpo

39

nico, poich

non

solo

non

si

appoggia a nessun

testo,

ma non nem-

meno

l'

Platone, espressione esatta della dottrina platonica. Infatti


il

bench accoppiasse
inseparabili, pure

vero col bello


il

non considerava

come due idee assolutamente vero come la bellezza per


in bellezza alla scienza e

eccellenza,

anzi in

un luogo
il

della

Repubblica (ed. Steph., 508. E)

dice formalmente che


alla verit:

bene superiore

quindi pi conforme allo spirito, se non alla lettera lo splendore della dottrina platonica, sarebbe di dire che il bello m * d.. Padel bene. Si consulti: Leveque, La science du beau, 2
ris,

1872,

to.

II,
to.

pag. 320; Fouille,


I,

La philosophie de

Platon,

Paris,

i860,

pag. 352.

La

bellezza sia delle persone, sia delle cose, in molti casi dote

affatto relativa,

come ben giudicava

il

Mf.tastasio:

142.

Sembra
Che

gentile
fiore,

Nel verno un
Si disprezz.

in sen d'aprile

Fra F ombra bella


L'istessa stella
(

lie

in faccia al
si
1

Sole

Non

mir.
f
;

M
di l'arici

rifila Cdix.

1780, lo. III. pag;.

no stancare chi ne circondato e


annuir,

le

come accadde

al

poeta, che pei altro era

143.

Stanco gi

di

mirar. Don sazio ancora.


\,

[Pi ih\k<

Trionfo

i Amore,

cap.

II.

v.

li.

In

tutte
e

I'

com

in

ogni persona
nelle

la

bellezza qualit

del

pivi

alto pregio,
di

donne

inassimanient--,
!'

brano create allo scopo


ita sufficiente,
gli
aitili

piacere altrui.

la

natura non

ripara l'arie,

la piale \

pure chiamata a fornire

mai

40

Chi l'ha dettai

[144-148]

144.

Dont

elle

eut soin de peindre et d'orner son


[visage,

Pour rparer des ans


Ma
la bellezza

l'irrparable outrage.
a. II, se. 5, v.

(Racine, Athalie,

495-496).

non

tutto, e

non basta ne a supplire l'assenza

di altre doti,

meno

appariscenti,
;

ma

pi importanti, ne a dare di
:

per s stessa la

felicit

lo dice

una vecchia opera comica

145.

Esser bella a che dunque mi giova,

Se ogni pace vien

tolta al

mio cuor?

(La Figlia del Reggimento, parole di Calimi Bassi, mus. di Donizetti, a. II. se. 4).

Scendendo

al particolare,
i

vediamo che ad uomo realmente brutto

possono applicarsi

versi di

un

satirico aretino

146.

Uno

scherzo di natura,

Un uom
il

senza architettura.
(Guadagnoi.i,
// cadetto miUlare].

poeta medesimo che difese

la piccolezza della statura e

il

naso
:

grosso dalla taccia di coefficienti di bruttezza. Per la prima disse

147.

Signora, se l'essere

Piccina d' aspetto

Vi sembra difetto, Difetto non .


(G tDAGNOLI,

Le donni

/i,i /;/.

1.

Per

I'

altro

148

Indizio

Di gran....
Elemento
th
in

un naso maestoso e bello e di gran che?- di gran cervello.


(Guadai. noi
1.

//

naso, Seat

'<).

di

bellezza indubbiamente la figura alta ed eretta,


1'

questo volle natura dilerenziarr

minio dagli animali, come


\.

disse

Ovidio

nelle

Metamorfosi

(lib.

1.

85*86):

144.

Con

quali essa ebbe lina

di

dipingere e ornare

il

sua viso

per riparare l'irreparabile oltraggio degli anni,

[149-154]

foltezza e bruttezza.

Doti del eorpo

41

149.

Os homini sublime
Jussit et erectos

ddit,

clumque

tueri

ad

sidera tollere vultus.


TASSO:

La

difesa del colorito fosco era stata fatta dal

150

Il

bruno

il

bel

non

toglie.
liberata,
e.

{Gerusalemme

XII, ott.

2\\.

ricordando forse

il

biblico

151.

Nigra sum, sed formosa.


{Cantico dei Cantici, cap.
I.

v. 4i.

detto della sposa del Libano;

come per

il

biondo

facile

di

ri-

cordare

il

dante-

152.

Biondo era e

bello e di gentile aspetto.


{Puri;.,
e.

III.

v.

lori.

che

Dante Ma dove

dice a proposito di re Manfredi.

pi rifulge la bellezza,
si

negli occhi,

poich

in

la

materialit della forma

sposa al fascino spirituale dell'intelligli

genza. Perci ogni innamorato loda per prima cosa

occhi della

sua fiamma, e molti vorrebbero dire

come

il

Paggio Fernando:
belli.

153. lo

ti

guardo negli occhi che sono tanto


che popolare
dal giorno
in

frase divenuta pi
,

cui

la

Partita a

del povero (iuskpi'E

GlACOSA

(ove essa pi volte ripe-

tuta),

forma

la

drli/ii AtA

filodrammatici d'Italia.

inni parte della bellezza degli occhi sta nella grandezza loro.

"
[54.

Foscolo

nel
v.

carme Le Grame, (secondo

il

testo

edito dal Chiarini, inno III.


....

276-2"):
i

Tornino
al

grandi

Occhi

fatali

lor natio sorriso.

149,

Dette

(il

<

[l'uomo sublime
di

il

volto e

gl'impoMdiritto
1

contemplare
bella.

il

Cielo e di inalzare lo

sguardo

ali--

st. 11--.

Sono brasa, ma

42

Chi l'ha detto?

55" I 57]

come pure
155.

nell'ode All'amica risanata:

Fiorir sul caro viso

Veg-go
-

la rosa;

tornano
al

grandi occhi

sorriso

Insidiando.
Questi grandi occhi erano quelli della bella contessa Antonietta

Arese, che Foscolo


la

am

in

Milano

fra

il

1801 e
alla

il

1804; come
il

donna

dai

grandi occhi fatali intorno


le

quale

poeta

in-

voca aleggino

Grazie, sembra fosse quella

Maddalena Bignami,

nata Marliani, una delle pi belle donne del suo tempo, che Na-

poleone

I, in

una

festa

da ballo

offertagli

dai commercianti miladel 1808,

nesi al teatro della

Canobbiana nel gennaio

proclam

la

plus

belle

panni

tant de belles.
belli gli

Basta talora a fare

occhi la dolcezza del sorriso, quale

sarebbe stato quello di Eleonora:

156.

Il

balen del suo sorriso

D' una
(//

stella

vince

il

raggio.

Trovatore, parole di Salv. Cammakano. musica di Gius. Verdi, a. II, se. 3).
l'

conforto degli uomini brutti ricorder finalmente


tutti,

aneddoto

che corre sulle bocche di

del

famoso tenore Nicola Tacdi cui


si

chinardi,

di

Livorno (morto nel 1859),


alla

narra che fosse

gobbo, e che una sera, chi dice


teatro di

Pergola

di Firenze, chi a

un

Roma, mentre

il

pubblico, vistolo apparire sul palcosce-

nico, insolentiva contro la deformit di lui,

esclamasse:

57.
Il

Son qui per farmi

udire,

non per farmi vedere!

pubblico stette a sentirlo, e dopo lo spettacolo, vinto dall'en-

tusiasmo, lo accompagn a casa in trionfo.


I.'

aneddoto sarebbe bellissimo.... se fosse vero.

I.o stesso

Tac-

chinardi soleva smentirlo:

e lo smentiva poi la sua person.!

non

era gobbo, aveva anzi le spalle molto diritte: bens era piute di torace largo e corto.

tosto tozzo di corporatura,

Per

sulla

Mena era
gli

attore inarrivabile,
e
^li

e aveva avuto

da Canova

stesso, che
le/ioni sul

era molto amico,

aveva anche fatto un busto,

[158-161]

Beneficenza, doni, aiuto

43

modo
Ji

di drappeggiarsi artisticamente, e di gestire

(Jarko, Memorie

un impresario

fiorentino,
si

pag. 122).
dice
1'

A
e.

persona bella
il

pu applicare quel che


figlio

Ariosto

di

Zerbino,

bellissimo

del

Re

di Scozia

( Orlando furioso,

X.

ott.

84):
il

158.

Natura

fece, e poi

roppe

la

stampa.

9-

Beneficenza, doni, aiuto

L'arte di donare altrui che talora vale pi del donativo stesso,

come ben
1

dice

Corneille

,59.

La faon de donner vaut mieux que ce qu'on


[donne.
(C'ornk.ii.i.h.

Le Menteur,
:

act.

I.

sc.

11.

bene espressa nei noti versi manzoniani

160.

Doni con volto amico,

Con quel tacer pudico, Che accetto il don ti fa.


atom, La
Inoltre gran
Pentecoste, inno.
v.
1J<

parte del segreto riposto nell'adagio latino:

161. Bis dat qui cito dat.


che
fors.<Iri\;i

dalla sentenza

225

di

PUBUUO

Sik<>:

nopi bei

neficium

bis dat,

qui dat celeriter ;

e al

quale corrispondono
(v.

due

versi

del

Tesorettc di

Brunetto Latini
tostamente

61

Che

<lon;ir

iinar doppiamente.

159.

Il

161.

modo D due

di

dare conta pi
1

di

quel

volte chi di

44

(-Vii

l'ha detto?

[162-166]

L'Alighieri, che per propria esperienza sapeva quel che volesse


dire ricorrere al soccorso degli altri, cos esaltava
i

il

principale tra

suoi benefattori e protettori:

162

Del fare e del chieder, tra voi due, Fia primo quel che tra gli altri pi tardo.
(Dante, Paradiso,
e.

XVII,

v. 74-75).

Questi

il

Gran Lombardo, Bartolommeo

della Scala.

E
163.

pi avanti, parlando

Dante

a Maria, Vergine Madre, figlia


:

del suo Figlio, cos svolge lo stesso concetto

La

tua benignit non pur soccorre


chi

A
Invece
:

Liberamente

domanda, ma molte fiate al domandar precorre.


(Paradiso,
e.

XXXIII.

v.

16-1*1.

164

Quale aspetta prego e l'uopo vede Malignamente gi si mette al nego.


(Purgatorio,
e.

XVII.

v. 59-60).

Anche Seneca

disse

Tarde
1).

velie nolentis est ;

qui distulit diu,

noluit (De benefic,

II,

parimente

il

Metastasio:

165.

....

Niega

agli afflitti aita,


la

Chi dubbiosa

porge.
a.
II. se.
Ti.

(Metastasio, Ezio,

Nel soccorrere
evangelica
:

l'

infelice,

non

si

dimentichi neppure

la

massima

166.

Te autem

faciente

eleemosynam, nesciat
(Vang, di
.V.

si-

nistra tua quid faciat dextera tua.


Matteo, cap. VI.
v. 3).

Bench
principi,

il

soccorrere

gli

sventurati sia dovere prineipalissimo dei

dei grandi,

dei fortunati,

166.

Quando
che
fa

fai

l'

rlrmnsiiia. du- la

tua sinistra non sappia pici

la

mann

distra.

-171]

Beneficenza, doni, aiuto

167.

Regia, crede mihi, res est subcurrere


iOvidio. Efist. ex Ponto,
lib.
II,

lapsis.
v.
II).

ep.

9.

tuttavia aiutare
di

il

prossimo per qualunque persona un precetto

cristiana carit,

un dovere

di

umanit

168.

Qui donne aux pauvres, prte Dieu.


Victor Hugo pone
testo biblico
in

epigrafe che

testa

alla
in

poesia
cui egli

Pour
non

les

pauvres, nel volume Feuilles d'automne ; e


che condensare
il

fece

(Proverbi,

XIX. 17: Foemratur


ai

Domino qui miseretur pauperis.

E
169.

talora

il

beneficare altrui anche

un provvedere

propri

interessi,

per l'antica massima:

Serva me, servabo

te.
44).

iI'ftronio. Satyricon, cap.

ha da trascurare
il

1'

amicizia e

1'

aiuto anche del debole;


al

leone della favola esopiaoa che dov la propria vita


:

come memore

animo del topolino

On
1

a souvent besoin d'un plus petit que


lu m
vivi'.

soi.

1.

Faites,

lib.

II,

fab.

Il:

Le

lion et

le rut.

tanto pi che,

come

dice

il

poeta medesimo, anche

piccoli pos-

sono diventar grandi:

171.

Petit poisson

deviendra grand.
lui

Pourvu que Dieu


il.

prte vie.
Fables,
et le
lib.

ontaim.

V. fab.

3,

/.<

/et oisson
di

preneur).
vi

Ma
.

m deve

far

conto dell'aiuto anche

un piccolo,

sono

uti e certi aiutatori dei (piali

pi prudente di Fate a

meno:

gl' infelici hi

ai

pomi
io

presta a
salver

Dio.

Salva me, che

170. Si ha spessi> bisogno di qualcuno

pi

piccolo

di

noi

me-

mi.
171.

Anche

il

j>esciolino

,j

inde porche

Dio

gli

dia vita.

46

Chi l'ha detto:

[172-176]

a costoro non
quali

meno

che agli
si

inetti

che guastano

le

faccende nelle

mettono mano,

applicano

le

parole virgiliane

172.

Non tali auxilio, Tempus eget.

nec defensoribus
(Virgilio, Eneide,
lib.

istis

II, v.

521-522).

10.
Benignit, perdono

Anche

in

questo paragrafo non sono molte


il

le

frasi

che mi oc-

correr citare. Ricordo

bel verso

173.

Amico, hai vinto:

io

ti

perdon...; perdona.
e.

(Tasso, Gerusalemme liberata,

XII. ptt.

66).

che sono

le

parole rivolte da Clorinda trafitta mortalmente


e
1'

al

suo

feritore Tancredi,

oraziano

174.

Hanc veniam petimusque damusque


il

vicissim.
v.
1

(Orazio, Arte poetica,


e meglio ancora

1.

biblico:

175.

Qui sine peccato

est

vestrum, primus
S. (!i07<ainii, cap.

in illam

lapidem mittat.
{Evang. di
eh' la difesa della
\ III. v.
7).

donna adultera

fatta

da

('risto,

il

quale l'ac-

comiata dicendo:

176.

Vade,

et

jam amplius

noli peccare.
(/ri. v.

UK

172.
17
|.

Non

di

tale aiuto
ci

n di questi difensori

vi

oggi bisogno. a vicenda.

Questo perdono
Va',

chiediamo e

ci

concediamo
di
lei

175. Chi di voi senza peccato, getti su


17(1.
i'

la

prima pietra.

non peccare mai pi.

[l

" -1 79]

Benignit, perdono

\~

Chi ha vissuto, chi ha

sofferto,

chi

ha provato

le

gioie

e le

angoscie, le dubbiezze e le tentazioni della vita, meglio disposto


all'

indulgenza

177.

Tout comprendre

c'est tout

pardonner.

sentenza di profonda filosofia che comunemente attribuita alla


signora di

Stal,

la

quale pi precisamente nella Corinne scrisse


trs-indulgent,

Tout comprendre rend


une grande bont.
:

et

sentir

profondment,

inspire

Nella quale sentenza evidente la re-

miniscenza di quella

178.

Non

fiere,

non

indignati, sed intelligere.

che la massima direttiva della filosofia di


e
si

Benedetto Spinoza

afferma trovarsi in tale forma nel Brevis tractatus de Deo,


et

de homine

de salute,
ali"

il

quale come un'ampia introduzione

tu? Ethica e
trattato

altra

opera Cogitata metaphysica.


la beatitudine di
ci

Ma

del

Brest
il

su Dio, V uomo e

Benedetto Spinoza

testo latino perduto, e

non

resta che la versione in olandese in


dell' Aja, la

due manoscritti della Reale Bibl.


nelle

quale stata stampata


sunt.

Ben. de Spinoza Opera quotquot reperto


et

Recogno-

verunt J. Van Vloten

J. P. X.

Land

(Editio altera, torn. Ili,

Hagae Com.,

Nijhoff,

1895). Di questo stesso trattato esiste una

versione francese:

Dieu, l'homme et la beatitude, trad, pour la

premire fois en franais par Paul Janet. Paris, 1878. Io non


vi

ho trovato

la

sentenza citata, bench

il

concetto

risulti

in

pi
^

luoghi e specialmente dal cap.

VI

della 2 a parte, Dell'od:

aggiunga
cap.
I,

che

lo

stesso

Spinoza nel
di

Tractatus politi

4, scrisse qualcosa
actioncs non ridere,
Si

molto simile: Seduto curavi, hudetcstari, sed in-

manat

non lugere, ncque


la

telligere.

tenga pure a raffronto

frase di

Pf.AUTO

179.

Humanuni amare
scere
e>t.

est,

humanuni autem igno{Mtnmtor,


a.
ti.
-.-.

:.

r.

177.
178.

Comprendere

tutto vuol diro perdonare tutto.

Non
Umai

piangere,

non

adirarsi,

ma

comprend

179-

.'amore, ed anche

umano

il

perdono.

48

Chi l'ha detto?

[i

80- 1 82]

Un
180.

bell'

esempio

di

benignit quello espresso nella frase

Le roi de France ne venge pas du duc d'Orlans.


la

les injures

che fu detto (secondo che narra

cronaca

di

Humbert Ye la y)
la
il

da Luigi XII
quale,

re di Francia
torti

ai

deputati della citt di Orlans,


lievi

dopo avere avuto

non

verso
in

suo duca, apdegli

pena questi ebbe cinto

la corona,

mand
gli

fretta

orator

a rendergli obbedienza. Luigi

XII

ascolt con benevolenza, e

quindi disse loro qu'il ne serait decent et honneur

mi

roi de

France de venger
di lui

les

querelles d'un duc d' Orleans.


di

Ma

innanzi

Filippo, conte di Bresse e poi duca

Savoia nel 1464, gi

detto Filippo Sema-terra, aveva detto che: II serait honteux au

duc de venger

les

injures faites au comte ; e nella stessa nobile


il

famiglia, quasi quattro secoli pi tardi,

Re

Galantuomo, che da
da Carlo Alquest'officiale

semplice principe aveva avuto assai a dolersi dello zelo indiscreto


e della pedanteria di

un

ufficiale superiore incaricato


figlio,
si

berto di invigilare sulla condotta del

quando
che

dopo Novara
f'

dette

le

sue dimissioni e

allontan da corte, lo
il

chiamare, e con molta affabilit


i torti

gli disse
il

Re di Piemonte

aveva dimenticato
nosceva
lo in lui

di lui Terso

Duca

di Savoia, che rico-

un antico

e devoto servitore della dinastia, e quindi


il

pregava

di riprendere

suo servizio.

181.

Vellem nescire
le

literas.

Sarebbero

parole dette da
gli

Nerone

quando,

nei primi tempi del

suo regno,

fu

portata a sottoscrivere una sentenza di morte,


trattato

secondo che narra L. A.NNEO SENECA nel


lib.

De dementia.

2,

cap.

I.

Altro

bell' esempio di

perdono
ei

ricordato nella

sentenza evangelica:

182.

Remittuntur

peccata multa, quoniam diLwny,

lexit multimi.

S. l.i,.. cap. VII,

<r,

47).

l8o. 1X1.
1S2.

Il

re

di
li

Francia non
Iran-,.

si

vendica delle Ingiurie

fatte al

duca

<r<

Vorrei non sapere scrvere.


Molti
peccati
le

sono perdonati, perch

am

molto.

[183-

Buona

mala fama. Onori

e lodi

49

che sono

le

parole di
si

Ges

Cristo alla Maddalena, cui sono pine


le quali l'ac-

rivolte queste che

trovano nel versetto 50, e con

comiata

183.
Si

Fides tua te salvam


possono pure includere
tolte
in

fecit:

vade

in pace.
le

questo paragrafo

due

frasi del

Mf.tastasio.

ambedue

dalla

Didune abbandonata :

A' giusti prieghi Di tanto intercessor nulla si nieghi.


(Atto
II.

se. 4).

ed:

185.

piet con

Didone

esser crudele.
(Atto
II. se.
11).

He lodi

Buona

mala fama. Onori

cosa sia

la

fama,

ci

disse

Dante;
altro eh' un fiato

186.

Non
1 )i

il

mondn romore

vento, ch'or vien quinci ed or vien quindi,

E muta
Ma
187.

nome, perch muta


[Purgatorio,

lato.
e.

XI.

r.

100-1

pi indulgente alla fama terrena fu

l'

ignoto

elio

primo

diss.':

Vox

populi,

vox Dei.
forma a quel versetto biblico
:

ispirandosi probabilmente nella

populi de

civitat'-.

vox

<1.

tempio, vox

Domini

reddentis retribu-

183.

La tua
di

fede

ti

ha salvalo: oc
di
i
1

\a in pace.

popolo,

50

Chi l'ha detto?

[i 88- 1 90]

tionem inimicis suis


a due versi di

[Isaia, cap.

LXVI,

v. 6);

ma

nel concetto

Omero

{Odissea, lib. Ili, v. 214-215), n meglio a


e giorni,

due

di

Esiodo [Opere
<I>Tj|ji7)

ed. Flach, v.

761-762):

5'otm

Tiu-rcav
-

ctorXXoioa, f/vxtva tzoXXo


x tra

Xaoi
cio
:

(pyjjJitouoi

6sc vi

xai

aTj.

Fama

vero nulla omnino perit,

quam quidem

multi populi

divulgant:

Dea sane qusedam


li

est et ipsa. Questi versi divennero

popolari in Grecia, poich


tori classici.

troviamo pi volte

citati negli scrit-

Quanto

alla

sentenza Vox populi, vox Dei, la sua ori-

gine anteriore al secolo vili, poich gi

Alcuino

nel Capitulare
to. I,

admonitionis ad Carolum,

IX

(nei

Miscellanea del Baluzio,


:

pag. 376, Paris, 1678) ricorda a Carlo


soient dicere

Vox populi, vox Dei,


sit.

Magno Nec audiendi qui cum tumultuositas vulgi sem-

per insania? proxima

gesta, dei gloriosi fatti vince la morte,

La memoria

delle
il

buone

come simboleggi
da
cui
essi fatte nei

Petrarca
il

nel

Trionfo della Fama, e spele

cialmente restano a serbare

ricordo dei valorosi uomini

opere

campi
dire

dell' arte,

delle scienze, delle lettere.

Per

ben poteva

188.

Non omnis

moriar.
lib. Ili,

(Orazio, Odi,

od. 30, v.

6).

il

poeta che nell'ode medesima, conscio del valore dell'opera sua.

aveva detto di s:

189.

Exegi monumentimi aere perennius.


{Odi, lik IH. od. 30,
v. 1).

Giustamente
scrisse
il

di costoro
in quella

pu

ripetersi quel

che del Romagnosi


(str. 6):

Giusti

sua

fiera satira,

La

terra dei morti

190.

Difatto,

dopo morto

E
188.
189,

pi vivo di prima.

Non

tutto morr.

Al/ai un

monumnto pi durevole

del bronzo.

[191-196]

Buona

mala

faina.

Onori

e lodi

;i

Questa dunque

la

via sicura di eternare

il

proprio

nome:

191.

Sic itur ad astra.


(Virgilio, Eneide,
lib.

IX.

v. 641).

(cfr.

Seneca, Epist. 41, 11 e 73, 15);

ma

chi vuole sia resa giusti-

zia a s e al

suo lavoro, non l'aspetti, in generale, s vivente: invece


....

192.

A' generosi
(Foscolo, Sepolcri,
v.

Giusta di glorie dispensiera morte


330-221).

bench non sempre giusta, poich


contemporanei durano oltre
il

talora

le

ire

e le invidie dei

sepolcro, e
....

193.

Obblio
il

Preme
N
starsi

chi troppo all'et propria increbbe.


(F.eoi'Ari)i,

La

ginestra o

fiore del deserto).


facile

si

confonda
chi

la gloria

con

la popolarit, s
i

ad acqui:

da

lusinga le passioni o

gusti della

maggioranza

194.

La

popularit, c'est la gloire en gros sous.


i\
ic

loK Hic,., di

h'iiy

BIOS,

a.

III.

r-c.

5).

Pensava giustamente

Axel
la

<

>xfnvi ikrna,

il

pi

illustre

uomo
195.

di

Stato che vanti

Svezia, che

Melius est clarum

fieri

quam

nasci.

ed all'incontro la eternit dell'infamia che resta a punizione dei


vizi

dei grandi,

mirabilmente espressa in quei versi

dell'

abate

Dki.ii.i.k nel

Dithyrambe sur

Vimmortalit de

l'me, scritto,

come

noto,

per desiderio di

Robespierre:
'Irr re,)

196. {Lucius oppresseurs de la

Tremblez,

[vous tes immortels.


I9I. 194.
<

lile

Strile

La popolarit la gloria in soldnni. meglio diventare che nascere illustre.

196. Vili oppressoti della tari, tremate, raj riete iauaoruH,

Chi l'ha detto?

[197-201]

Le
197.
sono

parole

Ich bin besser als mein Ruf.


di

Schiller [Maria Stuart,


ad Ovidio che pure disse:

a.

Ili, se. 4)
il

il

quale

le finge

dette dalla infelice regina di Scozia:


ispirato

Poeta

si

evidentemente

198.

Ipsa sua melior fama....


{Epistola ex Ponto,
lib. I, ep.
2.

v.

143).

mentre

di

Virgilio

il

199.
e di

Fama
Lucano
....

super aethera notus.


{Eneide,
lib.
I,

v. 37').

lo

200.

Stat

magni nominis umbra.


(Pharsalia,
lib. I, v.

135).

che riporta alla memoria

il

201.

Tanto nomini nullum par elogium.


monumento
scolp eretto a Niccol Machiavelli nel 1787
il

inciso nel

per

pubblica sottoscrizione in Santa Croce,


liane.

Pantheon

delle glorie itadi

Lo

Innocenzo Spinazzi,
il

artista

non privo
vi

merito per
:

quei tempi di decadenza, ed

dottor

Ferroni

pose

la iscrizione

TAN.TO NOMINI

NVLLVM PAR ELOGIVM NICOLAVS MACHIAVELLI OMIT ANNO A P. V. MDXXVII.


Tommasini nell'opera
:

Di questa

iscrizione cos paria Oreste

I.a

vita e gli scritti di Niccol Machiavelli nella loro relazione col

Ma-

chiavellismo (Torino, 1881), voi.


il

I,

pag. 6, in n.:

Un

cruscante,

Colombo, ebbe a

scrivere:

" Se non pu

esservi elogio proporinutile


il

zionato al merito

d'un grande uomo,

dunque

farlo.

197. Io sono migliore della mia fama. 198. Migliore della sua stessa fama.

199. Noto per fama lino alle stelle. 200. Resta l'ombra tifi gran nome. 201. tanto nome, nessun elogio adegualo.

[202]

Buona

mala fama. Onori

lodi

53

e tutto

il

genere esornativo sar riserbato

surdo !"

- Tuttavia

l'epigrafe,
dall'

ai mediocri. Che asquando s'abbia riguardo che par


si

fatta per vendicare

Niccol

onta del machiavellismo,

trover

gonfia

ma non

sproporzionata.

N
si

la

aliena dal sapore rettorico

del secolo decimosesto. In

San Marco a Firenze,


legge
:

sulla

tomba

di

Giovanni Pico della Mirandola

Iohannes jacet hic Mirandula

caetera norunt

Et Tagus

et

Ganges: forsan

et

Antipodes.

il

Fontano,

nell'elegia in morte del Manilio:

Nil praeter

nomen tumulo.

finalmente nel

monumento

eretto in

Roma

nel convento de' Santi

Apostoli a Michelangelo Buonarroti, in memoria del breve tempo

che

la

salma

di

quel grande fu quivi ospitata


|

Mich. il Ange-

SCULPTOR PICTOR ARCHITECTOR MAXIMA ARTIKICUM FREQUENTE* IN HAC BASILICA SS. XII. APOST. F.
l'.o.NARROTIUS
|

If. C.

XI. Cal. Mart. A.


|

MDI.XIV flatus
El
IN
|

est
I

CLAN inde
nulPi-

KNTLAM TRANSLATIFS
.

TI.MPLO S. CRUCIS EORUMD.

Fu.

Mart, ejusd. A. conditus


la

tanto nomini
:

lum par ELOGIUlf. Sotto

statua di Marcello Virgilio

in

nella chiesa de' Francescani al

Monte

.... liane statuam pius


Krexit haeres,
nescius
et

Fama futurum, Aut nomen, aut

gloria.
satis.

nihil

E
I

nell'epitaffio che Filippo Strozzi

compose per

se stesso, ne
:

morto e seppellito

in patria, si licebit

hoc tempore, leggevasi

Philippn Strozza. Satis hoc, ca-tera norunt omnes.

202.

Alone with
un
verso
in

his glory.
Moor,-, ballati
di

in

Th lurial of Sir John

Ca. WOLFE, ed pur questa

frase altamente superba.

Pi

mo-

na dignitosa sempre, l'altra:

202. Sui.i con

l.i

sum glori.

54

Chi l'ha

detto f

[203-208]

203.

..--Je n'ai

mrit

Ni
I

cet excs d'honneur, ni cette indignit.


(Racine, Britanniens,
a. II, se. 3).

due

versi della

Divina Commedia

204

Se le mie parole esser den seme Che frutti infamia al traditor ch'io
(Dante, Inferno,
e.

rodo.
v. 7-8).

XXXIII,
il

bene

si

ripetono ad esprimere

il

disdoro che circonda

tristo,

og-

getto delle contumelie e del biasimo di


i

ognuno

mentre a
1'

chi

gode
:

frutti

della

buona riputazione pu
lo loda e

applicarsi

altro verso

205.

Assai

pi

lo

loderebbe.
e.

(Dante, Paradiso,

VI,

v.

142).

come

il

mondo farebbe di Romeo di

Villanova ovvero i versi tasseschi


;

206

Mostra a dito ed onorata andresti Fra le madri latine e fra le spose

L
tolti

nella bella

Italia....
e.

(Tasso, Gerusalemme liberata,


dal soliloquio

VI,
le

ott. 77).

amoroso

di

Erminia, che sogna


i

sue nozze

con l'amato Tancredi: che ricordano

versi del satirico latino:

207

Pulchrum

est digito monstrari et dicier:

[hic est.
(Persio, Sat.
I,

v. 28).

o meglio

il:

208. Laudari a laudato viro.


parole di Ettore che in un frammento di
conservatoci nelle Epist.

ad Famil.

di

CICERONI

NEVIO, antico poeta romano, (lib. V, ep. 12. J

lib.

XV,

ep. 6, 1) dice di s

medesimo: Latus sum laudari me,

abs

te,

hater, a laudato viro.

203.

Non ho

meritato ne un onore cos grande o tanta ingiuria.


sentirsi

207. E bello l' euere mostrato a dito e 20S. Ricevere lode da un uomo lodato.

dire:

quello.

[209-213]

Buoni

malvagi

12.
Buoni
e

malvagi

Infinito

il

numero
dirsi

delle

umane

miserie e debolezze, da

cui

pochi possono

veramente immuni.
:

209.

Homo sum humani

nihil a

me

alienum puto.
a.
I,

iTerenzio, Heautontimorununos,
verso di cui narra S. Agostino {Epist.
di far echeggiare di
(cfr. S.

se.

1.

v.

2S).

51) che aveva la potenza

applausi

tutti

teatri

piena

stultis indociisque

Paolo, Lett, ai Rom., 3, 23).


ci

Molte volte

tocca pure di ripetere col

Petrarca:

210

Tutti siam macchiati d'una pece.


[Trionfo d'Amore,
e.

Ili, v. 99),

ovvero con Orazio:

211. Iliacos intra

muros peccatur
molta indulgenza

et extra.
2,

(Epist., lib. II. ep.

v.

Io).

Per
tanto

cui
si

all'

umano

fallire

si

deve avere, e

sol-

ha da serbare

la

severit per gli errori dovuti


il

ad animo

veramente pravo, tanto pi che anche


se
il

buono pu

errare, e guai

buono

si

guasta

che,

212. Corruptio optimi

pexima.
1

no

\1\i.n...

fformtta in jfob).

resto pare che

il

mestiere

zWuomo buono
il

fosse

un

mestiere'

screditato
(lib.

fin

dai tempi di

Marziale,
che

quale negli

Epigrammi

XII.

.-pigr.

51)

scrisse

213.

....Semper
di

homo bonus
(pianto

tiro est.

209. Sono uomo, e nulla


211.
212.
si
I

umano credo

che non mi tocchi.

p.,-cca

tanto Ira
si

le

mura
re

d'Ilio quanto fuori.

buoni piando
buon..

guastano, diventano pessimi.

213.

L'uomo

un principiante.

'ht

r ha

detto ?

[2

4-2

<S]

Cicerone ne adduceva
ep.
I,

la

ragione nelle Epist.

ad Quintum fraoptimus,
ita
diffi-

treni (lib. I,

12):

Ut

quisque est

vir

cillime esse alios

improbos suspicatur. Anche Biantk {Fragni,

phil., d. Mullach, I, pag. 228, n. 7) scrisse: Ol yaool sOa^'/T^TOi.

Nuovi argomenti per mostrare che non sempre


ai

la sorte propizia
:

buoni,

si

cercheranno in un verso

di

un

altro satirico latino

214.

Dat veniam

coryis,

vexat censura columbas.


(Giovenale,
Sat.
II,

v.

(>).

o in quelli del

Petrarca

215.

....

Morte fura
i

Prima

migliori, e lascia star

rei.

(Petrarca, Sonetto in vita di M. Laura, num. CXC secondo il Marsand. comincia Chi vuol veder quantunque />n Natura ed. Mestica, son. CCX.
o nel primo dei Pensieri di

Giacomo Leopardi

216. Rari sono

birbanti poveri.
ai
tristi

Come

se

non bastasse

di

avere molte volte benigna

la

fortuna, pu capitare loro di riscuotere per le loro male arti quel-

l'ammirazione che dovrebbe essere riserbata


innegabile che

alla virt;

eppure

217.

Il

y a des hros en mal comme en


(La Rochefoucauld, Maximes,
ij

bien.

CLXXXV).
al-

Per
l'

il

malvagio privo
:

di

altri

conforti che

non mancano

ouest'

nomo

218.

Il

maledetto non ha

fratelli.

(Nabucco, dramma lirico di Tkmistocle Soii.ua, mns. di (!. Verdi, a. II, se. 4). e s'egli per esempio macchi le colpevoli sue mani del sangue
suoi
simili,
ilei

dovr sperimentare

la

verit

ili

questi versi:

214.

I.a

critica

indulgente

eon

corvi,

ina

non d

pace

alle

colombe. 217. Ci sono degli

eroi

nel

male come

nel

bene.

-22

Buoni

malvagi

~~

219

Chi versa l'uman sangue,

il

sente

Odorar

nelle

mani eternamente.

Dopo

l'ora mortai, tutta la vita

Non
(Prati, Canti per
il

finita

popolo: Vendetta).

Mi

torna pure alla

memoria una

fiera risposta di

un giusto

ai

suoi

nemici, che solitamente cos citata:

220,

Il

y a

loin

du poignard d'un
Mathieu Mole.
i

assassin la

poitrine d'un honnte


ed attribuita
al presidente

homme.
Questi in una som-

mossa
(

di
),

Frondisti che erano entrati tumultuando nel suo palazzo


loro reclami.

65

volle scendere nel cortile a udire

L'abate

Chanvallon, poi arcivescovo di Parigi, voleva dissuaderlo


a questo pericolo
:

dall' esporsi
il

Jeune homme, rispose


e scese.

il

fiero magistrato,

y a plus loin que vous ne pensez du poignard d'un sditieux au

cur d'un honnte homme,

tumultuanti
egli,

gli

si

sca-

gliarono contro con ingiurie e minaccie:

ma

senza perdere la
fatti

calma, ordin loro di escire, altrimenti

gli

avrebbe

impiccare;

ed

essi

uscirono intimiditi dalla sua intrepidezza (Nouv. biogr. g-

par F. Didot frres,


ai sollevati

to.

XXXV,

col. 826).
il

Ma
:

questa

ri-

sposta non ha alcuna autenticit. Pare che

Mole

si

limitasse a dire

vous

meno drammaticamente ma con pari coraggio Quaml m'aura Ott-', il ne me faudra que six pieds de Ieri
tristi

pu

dirsi

con Virgilio

221.

Ab

uno disce
scrisse

orni.
[Eneide,
e.
II.

ramennte Virgilio
dello spergiuro

un poco diversamente, parlando


fraude
il

Sinonc, per la cui


:

cavallo pieno d' ar-

mati entr nelle mura di Troia

Accipe nunc Dan.ium insidias


Disce omnes.

et

crimine ab uno

220. C' BOlta distanza fra


di

il

pugnali-

ili

un assassino e

il

petto

un galantuomo.
ut:

221.

l)a

tutti.

58

Chi l'ha dello?

[222-225]

delle opere dei tristi,


....

sempre

infallibile

il

giudizio di

Seneca:

222.

Cui prodest scelus,


(L.

Is fecit.
Ann. Seneca, Medea,
versi di
a. Ili, v. 500-501).

Chiuder citando questi notissimi

un autore

celebre, che
in cui al-

bene esprimono

il

misto di sentimenti che desta un

uomo

berghino grandi virt unite a grandi colpe. I versi sono del nostro

Manzoni
223.

Segno d'immensa

invidia

E
E

di piet profonda,

D'inestinguibil odio,

d'indomato amor.
(//

Cinque Maggio, ode).

13.

Casa

servi

In questo paragrafo assai parco

il

mio contributo
di

e
:

dopo aver

salutato la casa con le parole della

romanza

Faust

224.
nel

Salve, o casta e pia dimora.

musica

melodramma omonimo, parole di J. Barbier e M. Carr, di Gounod (atto III, se. 4; il libretto originariamente
non so
riil

francese: lo tradusse in italiano Achille de Lauzires),

cordare che

classico distico

225. Parva, sed apta mihi, sed nulli obnoxia, sed

non

Sordida: parta

meo

sed tarnen aere domus.


al

222. Autore del delitto colui

quale esso giova.

225. Piccola questa casa,

ma

sufficiente per

me, nessuno
i

vi

ha

ragioni sopra, pulita, infine stata fatta con

miei denari.

[226-228]

Casa

e servi

50

Questa iscrizione fu posta da Lodovico Ariosto nella casa


eh' e^li
si

era fatta costruire in Ferrara, nella contrada di Mirasole.


il

Ce ne ragguagliano

Pigna

(/

Romanzi, ne' quali della poesia

et

della vita dell'Ariosto si parla, Venezia, 1554) e

IGarofolo

nella

Vita dell' Ariosto, che precede alcune edizioni del Furioso

dopo

quella del 1584. Questo distico che fino ai tempi del Garofolo citato
si

leggeva nel fregio


e

dell' entrata della stessa casa,


il

ne fu poi

tolto anticamente-:

quando scriveva
fascia sopra la

Barotti nel 17 14, doveva

essere

un gran pezzo che non c'era


una
facciata.
parli di case,

pi.

Ma

in

tempi recenti

vi

fu rimesso entro

porta d'ingresso che corre

lungo tutta

la

Bench non

bene ricordare qui subito


:

il

verso

che rende lo stesso concetto del distico ariostesco

226.

Mon

verre n'est pas grand, mais je bois dans

[mon
i

verre.
Livrea.

Alfred de Mi>sei. La Coupe

et les

poetne dramatique, Ddicace).

Per

servi,

ho due
la

frasi,

una antica

una moderna,

ma ambo

adatte a confermare

universale opinione, su cui


nella

piacevoleggia

anche

il

nostro

De Amnts

Olanda

(cap. di Delft: ediz. Bar-

bra, 1874, pag. 139):

l'antica dice:

227.

Quot

hostis, tot servi.


il'.u
:

De verborum

sigHicatioHt

ed. Mller, pag. 361).

antico adagio che

Seneca

(Epist., 47, 5) cita cosi: Totiden:

:uot sen'os, ed ugualmente


pit.

Macrobio

(Saturn.,

lib.

I,

ca-

11,

13c

e la

moderna

>n n'est

jamais si bien servi que par soi-mme.


.

Brueis

et Palafr,it.

22t>.

LI

bicchiere

in

cui

i<>

1\>>

non

grade, DM

mio.

21-.

I.int;
\'"ti

Kill,
si

tenti

ii'inici.

inai

serviti

che da noi medesimi.

6o

Chi l'ha

icttof

[229-231]

Anche

nella
:

commedia

di

Collin d'Arleville, L'inconstant

(act. II, sc. 3)

Mon
Est qu'on
serait
i

systme

heureux de se

servir

soi-mme.

Lo
vuole

stesso ripetono

proverbi nostrali, Chi vuole vada, ehi non

mandi
in

(che era
lui),
il

motto favorito
ovvero,
re

di

Garibaldi,
s,

e stava cos

bene

bocca a

Chi fa da

fa per

tre; laonde

saviamente avvertiva

Salomone

nella Bibbia che

229. Si est tibi servus fidelis,

sit tibi

quasi anima
XXXIII,
si

tua; quasi fratrem sic

eum

tracta.
v. 31).

{Ecclesiastico, cap.

Del

resto agli ostinati denigratori della classe servile,

pu

ri-

petere con

Petronio Arbitro

230.

Qualis dominus,

talis et servus.
[Satyricon,
58).

14.
Compagnia, buona
e cattiva

'

L'

uomo

animale socievole per eccellenza, e se pure alcuni mi-

santropi sfuggono studiosamente ogni compagnia per rinchiudersi in

una completa

solitudine,

pi la pensano invece
si

come

il

poeta latino

231.

Tristis eris

solus eris.
(Ovidio, Rtmedia Amori,
v. 583),

Una
flesso

lieta

compagnia
al

sempre

di

sollievo

all'

anima, e per

ri-

anche

corpo

specialmente nelle noje dei lunghi e

faticosi

riggi,

dove

229. Se hai un servo fedele,


talo

ti

sia

caro

come l'anima

tua;

ti.it-

come un
il

fratello.
tale

230. Quale

padrone,
se

anclie

il

seiw>.

231. Sarai

triste

salai

solo.

[232-235]

Compagnia, buona

e cattiva

6l

232.

Comes facundus

(o

jucundus) in via pro vehi[culo est.

(Publilio Siro. Mimi, n. 104, ed. Wlfflin et Ribbeck: n. C. 17. ed. Meyer).

Ma

bisogna andare cauti nello scegliere

propri compagni, e

per prima cosa procurarseli adatti alle occupazioni attuali, che conviene di stare

233.

....Xella chiesa

Coi santi, ed in taverna coi ghiottoni.


(Dan-te, Inferno,
e poi fuggire,
si

e.

XXII,

v. 14-15).

come

dal fuoco,

tristi

compagni, dai quali niente

guadagna, giacch

234.

Corrumpunt bonos mores colloquia mala.


{Epist. S. Pauli

ad Corinthios,

I,

cap. 15, v. 33).

la Bibbia che ce ne
1

ammonisce; ovvero come

scrive

Tertvl-

Ad uxor.,

I, 8):

Bonos corrumpunt mores congressus mali.

235. Tr*es faciunt collegium.

una massima

giuridica

che

il

Digesto (L.

l6:

De

verier, si-

gni/., 85) attribuisce a

Nkrazio Prisco,

console e giureconsulto

romano (vinato verso l'anno 100 dopo C), e che originariamente vuol dire che una societ per essere giuridicamente costituita

deve constare almeno

ili

tre individui;

si

usa molto a pro-

posito per le compagnie di tre persone che


e pi geniali di quelle pi
in

sembrano pi complete
Infatti certo

numerose
il

meno.

che

troppi non

si

sta

mai bene, e

proverbio non a torto dice:


in

Poca brigata
pochi non
e

trita

beuta.

Ma

qualche volta anche a essere

troppo

prudente;

occhio

dunque anche a

certe pericolose

compagnie, pi pericolose della solitudine o della molta compa-

compagno facondo

i>>

rve

in

viaggio qu.isi di

vettura.

234. Le cattive pratiche corrompono


135,
In
tre

buoni costumi.

formano

il

collegio.

62

Chi l'ha detto?

[236-239]

gnia, che

non

vi

accada come a Paolo e a Francesca,

ai

quali poscia

increbbe di aver potuto dire di s:

236.

Soli

eravamo e sanza alcun

sospetto.
e.

(Dante, Inferno,
Inoltre, se trista e pesante la solitudine, altrettanto

V,

v. 12 e)).

pu

dirsi tal-

volta della

compagnia e come
;

scrisse

il

Leopardi

ne' suoi Pensieri:

237. Nulla pi raro al

mondo, che una persona

abitualmente sopportabile.

15.
Condizioni e sorti disuguali

Fortuna non
gli

equa dispensiera de' suoi favori

ai viventi; ci

che

antichi Greci significavano gi con

un adagio comune,

238.

Non

cuivishomini contingit adire Corinthum.


(Orazio, Epistola,
lib.
I,

epist.

XVII,

v. 36).

adagio, che anche per

gli

antichi era di incerta origine, poich all'

cuni ne davano ragione dicendo che

ingresso nel porto di Corinto


altri

era molto difficile (Apost., 13, 60),


vi
si

che la vita dissoluta che

menava, rendeva
di

difficile

a chi non fosse ben provvisto di


la citt offriva

danaro,

godere dei piaceri che


16).
si

(Zenob., 5, 37;

Diogenianus, 7,

E
239.

in senso

morale

dice ugualmente che

Non ex omni
non a
tutti

ligno Mercurius.
si

vale a dire che

adattano

gli

onori,

come non

tutti

legni erano buoni per levarne idoli

ad adorare. Era questa un'an-

238.
239.

Non
Non

a
ila

tutti

dato di andare a Corinto. qualunque legno si pu levare un Mercurio.

[24O-242]

Condizioni e sorti disuguali

63

tca

sentenza di

Pitagora,

conservataci da

Apuleio nsW ApoloDefensio magiae


:

gia

in

qualche edizione detta

De magia o

(nell'ediz. Xisard, del

Didot, i860, a pag. 228, col. 2 a )

Non cnim

ex omni Ugno, ut Pythagoras dicebat, debet Merci/riis exculpi.

la stessa disparit si

ha tanto nel bene quanto nel male, perci


:

240.

Duo quum idem faciunt, saepe ut possis dicere Hoc licet impune facere huic, illi non licet.
(Terenzio, Adelfhi,
a.

V,

se.

3,

v. 827-828).

Vi sono

prediletti della sorte,

vi

sono quelli che


gli

il

fato fin
fra

dalla culla volle felici,


gli

perch aprirono

occhi

fra gli agi,

onori, e innanzi a tutti

vanno coloro che possono vantare

241.

Magnanimi lombi.
(Parimi, // Mattino,
v. 2).

La

frase del

Parini che cantava:

Giovin signore, o a te scenda per lungo

Di magnanimi lombi ordine


Purissimo, celeste

il

sangue

La

disuguaglianza delle condizioni


ci

continua per
1'

tutta la vita,

bench

sia chi

voglia ribellarvisi e proclami

uguaglianza per-

fetta degli

uomini, e gridi che

242. Les

parce que nous


!

grands ne nous paroissent grands que sommes genoux. Levonsnous


<la !..

motto adottato
Rvolutions
I-a frase,
J,

I'rudhomme come epigrafe


di cui
il

pel suo giornale I^s

Farti

primo numero usci nel luglio 1780.

che alcuni attribuiscono a Vergniaud, invece di


di

Loue che

1. principale redattore del giornale


-"ispir a

l'rudhomme,
1052 da DUB<

qnaloOM

li

simile dotto nel

240.

Spesso

ti

accadr

di dire,

quando due fanno

la stessa

cosa: Ci

che questi pu fare impunemente, non lecito


242.
I

all'altro.

grandi non

ci

sembrano grandi che perch

noi

stiamo

in

ginocchio:

al/i. mi'

64

Chi l'ha detto?

[243-245]

Montandr, uno
Fronda,
in

dei pi

fecondi

pi

furiosi

libellisti

della

un suo

libretto intitolato
il

Le point de

l'evale.

Con
forto ai

tutto questo

mondo

va sempre come prima, e unico conla

meno

fortunati, se

hanno almeno

fortuna di essere cregui-

denti, di pensare che le Sacre Carte

promettono loro largo

derdone, poich

243. Multi

autem erunt primi novissimi,

et novisv.

simi primi.

(Vang, di S. Matteo, cap. XIX, Vang: di S. Marco, cap. X, Vang, di S. Luca, cap. XIII,

v. 31

30 -

v. 30).

anche nello stesso Vangelo di S. Matteo, cap.

XX,

vers. 16:

244. Sic erunt novissimi

primi, et primi

novis-

simi: multi
electi.

enim sunt

vocati, pauci vero

Del resto

la

morte accomuna

tutti,

bench

il

fasto voglia ta-

lora differenziare le

tombe
la

del ricco e del potente

da quelle del

povero e oscuro, pure

vicissitudine fatale delle cose sconvolge

anche questi superbi progetti e spesso

245.

Dietro l'avello

Di Machiavello

Dorme
Di

lo scheletro

Stenterello.
(GIUSTI, //

Mementomo,

str. 2).

commentatori del Giusti illustrarono questa immagini' narrando

che effettivamente nel chiostro di S. Croce a Firenze, sul


corrisponde internamente
detto pi sopra,
vi
il il

muro dove

monumento
fu

l'

al

Machiavelli, di cui ho

fosse

a'

tempi del Giusti un'epigrafe a Luigi


inventine della maschera dello

Del Buono (m.


Stenterello.

1832)
Del

clic

Ma

il

Buono

sotterrato nella chiesa fiorentina

detta di Ognissanti, e precisamente nell'atrio del chiostro che ha

243. Molti
2\.\.

Era
i

gB ultimi saranno
gli
i

primi, e fra

primi

gli

ultimi.
i

Coti

primi saranno
molti

ultimi,

egli ultimi saranno

primi:

infatti

som,

chiamati,

ma

poclii

^li

eletti.

-ti

nei mali. Ricordo del bene

la

porta d' ingresso nel fianco destro della chiesa, e in altra parte
al

mette

famoso Cenacolo del Ghirlandaio.

I.'

iscrizione che vi

si

legge fu fatta, pare, dallo stesso Del


1

Buono

nel

1826 (Rasi. 1

00-

liant',

voi.

I.

pag.

16.
Conforti nei mali. Ricordo del bene passato

Quell' egoismo che forma

il

fondo del carattere umano, anche


s

presso gl'individui pi miti ed equilibrati, fa

che poten;

conforto nei mali sia l'aspetto del male altrui.


Il

dettato

246.

Solamen miseris
vi

socios habuisse

malorum.
Catone

antico e proverbiale e

da alcuni attribuito a Dionisio


nell'Etica (167;,
lib. I'

ma non
lo cita in

si

trova.

Spinoza
il

questa forma, mentre

Faitslusde Mari.oyve (1580) dice:

Solamen miseris socios habuisse doloris


e una cronaca pugliese di
(nella Raccolta

Domenico Gravina

degli anni

1333-50

di varie croniche ecc., Napoli, 1781, voi. II, pale

gina 220) lo cita in forma affatto diversa con


insta illud

seguenti parole

verbum pocticum: gaudium

est miseris socios

habuisse

he pi egoistica
satori

1*

altra sentenza del pi scettico fra

pen-

moderni

247.

Nous avons tous


les

assez de force pour supporter

maux

d'autrui.
\i

rt<>

per

miseri di aver

avuto dei compagni

di

:urn.

imo

tutti

forti

per

altri.

66

Chi l'ha detto?

[248-251]

Nel Trionfo d'amore del Petrarca (canto IV,


nisba
stesso,
si

v. 83), Sofo-

conforta della caduta di Cartagine ricordatale dal Petrarca

dicendo che

248.
cui

S' Affrica pianse, Italia


il
:

non ne

rise.

potremo contrapporre
....

249.

Se Messenia piange,
ride.
Aristodemo
(a. II, se. 7).

Sparta non
di

Vincenzo Monti

nella tragedia
si

E per-

ci gli sventurati facilmente


i

consolano, narrandosi l'un con l'altro

loro mali, e compiangendosi a vicenda, ci che


:

pu

esprimersi

con un verso francese

250.

Et

ces

deux grands dbris

se consolaient

[entre eux.

A
gine,

proposito di questo verso, che

si

trova nel canto


le

IV

dei Jar-

dins di Delille, e allude a Mario ramingo fra

rovine di Carta-

Chamfort narra un grazioso aneddoto

nei suoi Caractres et

anecdotes :

On
Et

disputait chez

madame de Luxembourg

sur ce vers de

l'abb Delille:
ces

deux grands dbris se consolaient entre eux.


le bailli

On

annonce

de Breteuil

et

madame

de

la

Reynire: M

I.e

vers est

bon ",
il

dit la

marchale.
si

Talora
forto se

presente cos doloroso che non


il

pu

trovarci con-

non rimovendone

pensiero e quasi
il

imponendo a

s stesso

d'ignorarlo, e questo significa

verso italiano

251. Grato
di

m'

'1

sonno e pi

l'esser di sasso.
ornata

cui ecco l'origine.

Michelangelo Buonarroti aveva


lui

la sepoltura di

Giuliano de' Medici, da


il

fatta

in

S.

Lorenzo a

Firenze, di due statue,


in special

Giorno e

la
il

Notte, mirabili ambedue,


Vasari chiam statua

ma
non

modo

la

seconda, che

250.

questi

due grandi ruderi

si

consolavano l'un l'altro.

[252-253]

Conforti nei mali,

67

rara,

ma
fatti
si

unica

Perch da persone dottissime furono

in lode

sua

molti versi latini e rime volgari,


1*

come
:

questi,

de' quali

non

sa

autore

[ma

Gian Battista Strozzi]


s

La

Notte, che tu vedi in

dolci atti

Dormire, fu da un angelo scolpita


In questo sasso; e perch dorme, ha vita:
Destala, se no
'1

credi,

e parleratti.
cosi
:

A'

quali in persona della

Notte rispose Michelangiolo

Grato

ni'

'1

sonno, e pi l'esser di sast


'1

Mentre che

danno e

la

vergogna dura,
;

Non

veder non sentir m' gran ventura

Per non mi destar: deh parla basso.


(Vasari, Vita di
,V.

A. Buonarroti).
:

Michelangiolo alludeva
correva
tue,
infatti
1'

al

lacrimevole stato d Italia in quel tempo


egli,

anno 1529, ed

mentre lavorava a quelle

sta-

muniva Firenze minacciata

d' assedio.
i

Mentre

di tanto conforto di ricordare nella prosperit

giorni neri

252.

Jucunda memoria

est praeteritorum

malorum.
XXXI
il
.

(Cicerone,

De

finihus, lib. II, cap.

invece soprattutto doloroso nei giorni della sventura


del passato bene.

ricordo

Soavemente
:

lo

aveva gi detto

il

nostro maggior

poeta in quei dolcissimi versi

253.

....

Nessun maggior dolore

Che

ricordarsi del

tempo
r..

felice
V.

Ila

miseria.
Inferno,
e.

v.

121-123).

Queste parole furono musicatr da lioacchino Rossini e introdotte


<

wN Otello

(a. Ili, se.

1).

Le canta dentro

le

scene un goodoliere

che passa sotto

le finestre della
>

stanza o\e piange

Deademona.

DtsdfMona.

come

infino al core

GtangOO quei

dolci accenti!

CU
Lo

sei

che cosi canti?

Ah!

tu

rammenti

stato

mio crudele.

ria

chi

mali passati gioconda.

68

Chi l'ha detto?

[254-255]

Emilia.

un gondoliere, che cantando inganna cammin sulla plcida laguna Pensando a' figli, mentre in ciel s' imbruna.
Il

Questo piccolo recitativo magistralmente istrumentato


fetto prodigioso.

di

un

ef-

Alfredo de Musset nella poesia Souvenir (nelle Posies nouvelles)

ha protestato contro

il

giudizio del Divino Poeta

Dante, pourquoi dis-tu qu'il n'est pire misre

Qu'un souvenir heureux dans


Quel chagrin

les jours

de douleur?

t'a dict cette parole

amre,

Cette offense au malheur?

Et

c'est ta Franoise,

ton ange de gloire,

Que

tu pouvais donner ces

mots prononcer,
ternel baiser

Elle qui s'interrompt, pour conter son histoire,

D'un

ma

egli

stesso,

in

un' altra

poesia

(Le

Saule, nelle

Premires

posies),

con

la solita

contraddizione dei poeti e degli innamorati

aveva

scritto:

coute, moribonde

il

n'est pire douleur


les jours

Qu'un souvenir heureux dans

de malheur.

Stimatio Balbi pubblic nell' 'AvaxoXVj di Sira una nuova interpretazione di questi versi, che fu poi esposta da Francesco Di

Manto

in

un opuscolo stampato a Corf nel 1891,


il

e che

li

rende

psicologicamente pi veri. Secondo

Balbi miseria non significa


derivante

semplicemente sorte avversa,


dell'

dolore

da privazione

oggetto piacevole,

ma

propriamente una sciagura persistente e

resa perennemente sensibile, ossia una sciagura positiva. Infatti a

ognuno generalmente

cagione di dolore

il

confronto che destano

254.

Il

ben passato e
soffrire
il

la presente noia!
1

V*MaO, Amiiilci,
triste

a.

11,

>c. J).

Cos doveva
t'

atrocemente nella

solitudine di

San-

Elena Napoleone

Grande, quando

255.

.Stette,

e dei d che furono


il

L' assalse

sovvenir.
(Manzoni.
// Ciin/iir

MmgfgtO, Odo).

[256-260]

Conforti nei mali,

69

si

spiega la lacrimosa apostrofe del buffone Rigoletto, che alla


interrogante della

figlia

madre risponde

256.

Deh non

parlare al misero
bene....
iiiu~.

Del suo perduto


di Gius.

{Rigoletto, melodr. di F. M. Piave.

Verdi,

a. I, se. 9).

Da

altre

opere musicali del Cigno di Busseto tolgo ancora quedi

ste citazioni

argomento analogo:

257.

Addio del passato Le rose del volto


F.

bei
gi
se. 4);

sogni ridenti,

sono pallenti.

che la celebre romanza di Violetta morente nella Traviata, parole di

M. Piave

(a.

IH,

258.

memorie D'un amplesso che mai non s'oblia!...


dolcezze perdute! o
(Cu hallo Somma,
in
a.

maschera, parole di Antonmo


Ili, se.
1).

259.

Ora

e per

sempre addio, sante memorie!


(Otello,

dramma

lirico di

Arrigo Boito,

a. II. ~.-. 5).

Alla citazione del


cinarsi
la

Cinque Maggio

fatta

poco sopra pu

ravvi-

seguente del medesimo autore:

260.

Sempre
<

al

pensier tornavano

il'

irrevocati d.
/.m. Adelchi, coro dell'atto
IV).

ne
cali
gli

<li

qui

ili

(unga
it

e an-

cora insoluta polemica fra coloro che intendevano per d


i

giorni

felici
li

del passato che

non

potevano pi tornare, e

altri

che

spiegavano come memorie


ii

non richiamate n de-

siderate perch

Alcuni
.

fra

principali articoli usciti in

quella disci:
1

lornali letterari italiani del


!

1886 e 188;

(ne

una trentina

tutti vollero dir la loro)

furono riprodotti

nel

volume

di (ini. lo

Mazzoni, Rassegne

letterari,-

(Roma.

1887).

Chi l'ha detto?

[261-263]

La

Bibbia

ci

d un bellissimo esempio di pazienza nel sopporquello di Giobbe che caduto dall' apogeo della
abiezione,

tare la sventura,

prosperit nella pi profonda

trova

nella

religione

il

conforto a' suoi mali

261.

Nudus
et

egressus

sum de

utero matris mese,


;

nudus revertar
factum
est.

illuc

Dominus
ita

abstulit; sicut

Dominus dedit, Domino placuit,


I,

(Bibbia, Giobbe, cap.

v. 21).

17.
Consiglio, riprensione, esempio

262.

On

ne donne rien

si

libralement que ses


$ l '*)

Conseils.

(La Rochefoucauld, faximg,

perch molto pi comodo, per soccorrere

altrui, aprire la

bocca

che aprire.... per esempio,


I consigli poi

il

portafogli.
il

hanno non solo


di esser facili,

vantaggio di non costar niente,

ma

anche quello

infatti

263.

La

critique est aise, et l'art est


(Destouches, Le Glorieux,

difficile.
a.

II, se. B).

Anche Alessandro Manzoni, scrivendo


per scusarsi con lui di avere
scrittura

all'

amico Gaetano Cattaneo


osservazioni
di

fatto delle

una sua

ma

di

non aver saputo suggerire nulla

meglio, cos

361. Ignudo
gi.

uscii
Il

dal

ventre di mia madre, e ignudo torner lagil

Signore avea dato,

Signore ha ritolto;

le

cose

sono andate come piaciuto al Signore. 262. Niuna cosa si d con tanta liberalit quanto
263.

consigli.

La

critica facile e

l'arte difficile.

[264-265]

Consiglio,

riprensione, esempio

cominciava

la

lettera

Quegli che
;

disse

to' del
:

legno e fanne
la critique est

uno

tu,

I'

staa

on maladett
1'

1'

altro che cant

aise et l'art est difficile,

(H. Prior,
dits

Ne

minga staa de mincion nanca pereant.... Alessandro Manzoni, documente


9)-

l .
in-

ou peu connus, Milano, 1919 pagil

Ma
vera
i

consiglio

non

gradito a tutti. Il

Metastasio

cosi rimpro:

giovani inesperti ed insofferenti delle ammonizioni dei savii

264.

Alme incaute, che torbide ancora Non provaste l'umane vicende,


Ben
Il

lo

consiglio

veggo, vi spiace, v'offende d'un labbro fedel.


coli' utile
il

Confondete

danno

Chi vi regge chiamate tiranno, Chi vi giova chiamate crudel.


(Achille in Sciro, a.
I,

se.

7).

chiaro che a tutti

il

biasimo naturalmente spiace, e per ren-

derlo tollerabile se non gradito, occorre

una

certa arte;

da questo

ha avuto origine

il

motto che stato applicato

alla satira:

265.

Castigat ridendo mores.


il

L' autore di questa frase

letterato francese

Jean de Santeuil
la

(1630- 1697), che

la

improvvis per un busto del celebre arlecchino

Domenico

Biancolelli,

chiamato

in

Francia
Il

con

sua

compa-

gnia di comici italiani dal card. Mazarino.


tato negli Anecdotes L'ancienne

fatto cos raccon1

dramatiques,

to. I (Paris,

7/5), a pag. 104:

Troupe Italienne avoit eu pour devise ces paroles:

Castigat ridendo mores; et voici


nteuil

comment

elles furent
le rle

donnes

au clbre Dominique, qui jouoit

d'Arlequin
latins

dans cette troupe. Cet acteur avait envie d'avoir des vers

de Santeuil, pour mettre au bas au buste d'Arlequin qui devoit


dcorer l'avant-scnc

de

la

Comdie
la

Italienne.

Sachant que

le
le

poCte ne vouloit pas se donner

peine d'en faire


Il

pour tout

monde,

il

imagina ce moyen pour en obtenir.

s'habilla de son

;.

Ridendo corregge

costumi.

72

Chi l'ha detto?

[266-267]

habit de thtre, avec sa sangle et son pe de bois, prit un

man-

teau qui le couvrait jusqu'aux talons

et

ayant cach
il

son petit
fut la

chapeau,

il

se mit

dans une chaise porteur. Quand


il

porte de Santeuil,
terre;
et

heurta;

en entrant
il

il

jeta

son

manteau

ayant pris son petit chapeau,


la

courut sans rien dire,

d'un bout de

chambre

l'autre,

en faisant des postures plai-

santes. Santeuil tonn d'abord, et ensuite rjoui de ce qu'il voyoit,

entra dans la plaisanterie, et courut lui-mme dans tous les coins

de sa chambre

comme

Arlequin

et puis ils

se regardoient tous

deux, faisant des grimaces pour se payer de la

mme

monnoie.

La

scne ayant dur un peu de temps, Arlequin leva enfin son


:

masque

et ils s'embrassrent

avec la joie de deux amis que se relui


fit

connoissent et sont charms de se revoir. Santeuil

sur le

champ
satisfait

ce demi-vers:

Castigai ridendo mores, et le renvoya fort


et

de sa complaisance

de sa bonne humeur.

La

frase

fu poi adottata

come motto

dei

due

teatri
si

parigini, la

Comdie

italienne e

1'

Ope'ra comique,
di

e in Italia

leggeva sulla vlta del

San Carlino
sul

Napoli, fondato nel 1770.

Attenti per a non biasimar troppo, che la pietra

non ricada

capo a chi

la gitt,

o per dirla col

Petrarca,

266. Tal

biasma

altrui

che s stesso condanna.


I,

(Petrarca, Trionfo d'Amore, canto


cio alcuni, biasimando gli altri,

v.

118).

vengono a condannare s
migliore talvolta
1'
il

stessi.

Per se buono
rare,

il

consigliare,
l'

rimprove-

ma

ottima cosa

insegnare con

esempio

267.

Longum iter est per praecepta,


per exempla.
(L.

breve

et efficax

Ann.

Si.nki'a

il

giovane, Epistole, ep.

(>,

5|.

267. Lunga

la

via dell'insegnare per


dell'

mezzo

della teoria, breve

ed efficace per mezzo

esempio.

[268-27

Contentarsi

tifila

propria sorte

18.
Contentarsi della propria sorte

Il

pensiero migliore che su questo soggetto abbiano espresso

filo-

sofi antichi, la

sentenza di

Manilio {Astronom icon,

lib. 4, v.

22)

268.

Sors est sua cuique ferenda.


l'

che ben tradusse

abate

Pietro Metastasio

in

uno

dei suoi

melodrammi

269.

Debbono

saggi
{Ttm/ttocfr,

Adattarsi alla sorte.


Tutti,

ii.ir

1)

almeno a parole, vantano quella

270.
cantata da

Aurea
ORAZIO
(Odi,

mediocritas.
lib.

II,

od.

IO,

v.

5-6) nei versi:

Auream

quisquis mediocritatem

Diligit....

e consigliano anzi ( cosi facile di consigliare in causa altrui

!)

non
poco

solo di contentarsi del poco,


all'assai,

ma

addirittura di

preferire

il

raccomandando:

271.

....Laudato ingentia rara.

Exiguum

eolito.
lib. II. v. 412-4l.'i.

(VnotUO, Georgiche,
rustica, lib.
I, 3, 8)

chiamA

/>r,<v/f7/

/
I*.

poeta sen te ut in, e che secondo Servio era stata detta pare da M.

Catone

nel trattato dell'agricoltura, ch'egli

compose per

il

figlio.

268. Ciascuno hi da sopportare pazientemente


270. Aurea mediocrit.
271.

la

sua

Loda

grandi poderi,

ma

ino piccolo.

Chi l'ha detto?

[272-274]

Altri
in

raccomandano

di cansare onori,

fama

ecc. e di vivere felice

una onesta oscurit:

272.

Bene qui
disse

latuit,

bene

vixit.
lib. Ili, el. 4, v.
25).

(Ovidio, Tristium,
o,

come

Orazio (Ept.,
vixit

lib.

I,

ep.

17,

io):
fefellit

Nec
L'uno
icoaac,

male qui natus moriensque

e l'altro ispirandosi certamente alla greca sentenza

che vuoisi di Epicuro.


il

Ma

in

fondo

all'

A9e ammonimento
:

di codesti poeti pagani, e' era

senso egoistico che l'oscurit della

vita salvasse
tica del

dal

morso

dell' invidia.

Invece

1'

abnegazione ascenell'

medio evo doveva trovare

la

sua formula

273.

Ama

nesciri.
dell'

che deriva indubbiamente dal testo


cap. 2, v.
et

Imitazione di Cristo

(lib. I,

15): Si vis utiliter alta scire et discere,


sepolcro
legge
:

ama

nesciri

pro nihilo reputari . Anche sul


si

del Generale
nesciri.

Gra-

binski nella Certosa di Bologna

amabat

Ma
sigli,

in

fondo che avrebbero detto questi poeti

se

li

avessimo
i

presi in parola?

Che pochi

poi, troppo pochi,

ne seguissero
la

con?

mostravano
:

di accorgersi essi

pure; donde

famosa

inter-

rogazione

274.

Qui fit, Mcenas, ut nemo, quam sibi sortem Seu ratio dederit, seu fors objecerit, illa
Contentus vivat, laudet diversa sequentes?

che sono

primi versi della prima Satira di Orazio.

272. Bene visse chi seppe vivere nella oscurit.

273.
274.

Ama
Come

di

non essere conosciuto.


Mecenate, che nessuno viva contento
si

succede, o

di
gli

quella condizione eh' egli stesso

scelse

o che

il

caso

dette, e invidii invece coloro che le altre abbracciarono?

[275-276]

Coscienza, gastigo dei falli

~'~

19.
Coscienza, gastigo dei
falli

275. Coscienze

inquiete,

rispettate

le

coscienze

tranquille.
Cos rimbecc Felice
alla

Cavallotti

suoi urlatori

quando giur

Camera per

la

prima volta nella tornata del 28 novembre 1873.

Gi

in principio di seduta l'on.

Lioy aveva protestato contro

le

dichiarazioni fatte dal Cavallotti nei giornali della vigilia, definendo


il
il

giuramento politico un'inutile e vuota commedia

quindi

si

svolse:

seguente dialogo che traggo dai rendiconti della Camera


Presidente.

Onorevole Cavallotti,

lo

invito a prestar giura-

mento.
Cavallotti. Giuro.

Domando

la parola.

Le mie
quali.

dichiarazioni

che ho fatte

ieri

sui giornali le

mantengo

tali

(Rumori a

destra. Agitazione).
Presidente.

Onorevole Cavallotti,
il

ella, se

un uomo d'onore,

deve sapere che, prestando

giuramento, ha contratto dei doveri

che deve mantenere. Io non ammetto altre interpretazioni.


Cavallotti.
elettori

Al mio onore

ci

penso

io e

ne rispondo

ai

miei

ed

al

paese. (Movimenti e agitazioni a destra). (Fra i rule

mori) Coscienze inquiete (rivolto a destra) rispettate


tranquille! (Clamori a destra). (Rendiconti del
liano,

coscienze
Ita-

Parlamento

Sessione del 1873-74. Discussioni della


voi.
I,

Camera dei De-

putati,

pag. 123-124).

Ma
Il

che cos' la coscienza? che co>

tristo

ha da rendere

conti del suo


in
tutti

mal

fare

prima

di tutto

alla propria coscienza,

che non

di facile contentatura.

276.

Grave

ipsius conscientiae pondus.


(Cicero.

De

natura deorum,

lib.

Ill,

cap. 35).

27b. Giare

il

peso della propria coscienza.

76

Chi l'ha detto?

[277-280]

essa che comincia a far le vendette dell'offeso,


il

essa che

molte volte spinge

colpevole a tradirsi da s medesimo,


:

come

spiegato nella bella ottava dell' Ariosto

277. Miser chi

mal oprando si confida Ch'ognor star debba il maleficio occulto; Che, quando ogn'altro taccia, intorno grida
L' aria e la terra istessa in eh' sepulto
:

E
Il

Dio fa spesso che peccato guida peccator, poi eh' alcun d gli ha indulto,
'1

Che s medesmo, senza altrui Inavvedutamente manifesta.


Ma

richiesta,

(Orlando Furioso,

e.

VI,

ott.

1).

pur troppo non sono pochi coloro nei quali ogni voce interna

accusatrice tace, e che la malizia pi sottile sottrae alla punizione

umana. Sfuggiranno

essi

pure a quella celeste?


ci

giudicarne da
s
:

qualche caso che ognuno di noi ricorda,

sarebbe da dire di
il sabato,

ma

il

proverbio aggiunge che Dio non


:

paga

gi

la

Bibbia aveva detto

278. Altissimus

enim

est patiens redditor.


(Ecclesiastico, cap. V. v.
4).

gli

antichi

usavano ripetere che

279.

Dii lanatos pedes habent.


(Petronius Akbitek, Satyrieon, s *4 PHTRIUS, Comment, in IFor. carmina,
i" line -

Por-

III, -. 33).

anche

280.

Deos

iratos laneos

pedes habere
I,

(MaCROBTOB, Saturn., Hb.

cap.

278. L'Altissimo pagatore paziente.


27').

Gii

di

hanno

piedi
tarsi

calzati

di

lana [ossia

raggiungono

il

colpevole Bensa

sentire].
i

280. Gli dei sdegnati hanno

piedi calzati di

lana.

fi

za.

gast igo dei falli

Il

nostro maggior Poeta cosi rese lo stesso concetto

281.

La spada

di

quass non taglia in

fretta.

tardo, ma' che al parer di colui


l'

Che disiando o temendo


Dio non sembra troppo
colui ecc.

aspetta.
e.

(Dante, Paradiso,
cio la giustizia di
se

XXII,

v. 16-18).

sollecita

n troppo tarda
altri-

non {ma' che per fuorch) a


:

Ed

il

Metastasio

menti comment

282.

Tardo a punir discendi,

O O

perch

il

reo

s'

emendi,

perch il giusto acquisti Merito nel soffrir.


(Sani' Elena al Calz-ario, parte prima:
ediz. di Parigi. 1/80, to. VI, pag. 176).

All' ordine

medesimo
:

d' idee

si

connette

la

sentenza scolastica

d' incerto autore

283.
cui
si

De male

quaesitis vix

gaudet

tertius haeres.

suole aggiungere:

Xec habet eventus sordida pneda bonos


e che forse proverbio latino medievale.

Lo

si

trova registrato nel

Thesaurus prorcrbialium sentottiamm uberrimus congestus per


Jo.

Buchlerum
modo

(Colonia?,
antichi e

1613), a pag. 209, e anche altrove.

In ogni

moderni parrebbero

d'

accordo a

rassi-

curarci su questa giustizia divina, la quale tosto


cogliere
dia,
il

tardi

dovrebbe

peccatore, e dargli

il

fatto

suo senza troppa misericor:

so

si

presta fede ad alcuni versetti biblici notissimi

Oculum pro

oculo. et

dentem pro dente.


io, rap.

X\

J3.
I

Delle cose male


(

g:
-

ippcna gode

il

terzo erede.

4.

echio per occhio e dente per dente.

78

Chi l'ha detto?

[285-287]

285. Vidi

impium superexaltatum
erat: et qusesivi

et

elevatum

sicut

cedros Libani. Et transivi, et ecce

non

eum,

et

non inventus
XXXVI,
v. 35-36).

OCUS ejUS.
286.

(Salmo

Super aspidem et basiliscum ambulabis: conculcabis leonem et draconem.


(Salmo XC,

et

v. 13).

Queste parole del Salmista fama che avrebbe ripetuto


Alessandro
di

il

papa

VI quando
tibi

a Venezia
I

il

i agosto
il

1 1

77 ricevette atto
:

obbedienza da Federico

Imperatore,

quale avrebbe risposto


es,

Non
e
il

sed Petro, cui successor


:

parem,

papa

di

rimando

Et mihi
Il

et Petro.

Muratori

[Annali,
il

XVII,

82) nega
e il

l'autenticit

dell'epiediz.,

sodio e

come osserva
il

Besso (Roma

Papa

ecc.,

nuova

pag. 226)

carattere onesto e dignitoso di Alessandro consiglia

di dubitarne.

La

controversia, se
risolta:

il

detto abbia o no
sar
versi

un fonda-

mento
veva
et
l'

storico,

non

ma non
nei

inutile

ricordare che
nel

della tradizione fatto ricordo gi


il

che

1343

scri-

Castellano Bassanese,

De
la

Venetiana pace inter lclesiam


Attilio

Imperium, pubblicati per


triestino,

prima volta da

Hortis nel-

Archeografo

giugno 1889.
il

287.

pure della Bibbia

seguente

Per quae peccata quis per haec

et torquetur.
1").

(Sapienza, cap. XI, v.

a proposito del quale, se non irriverenza ravvicinare la Bibbia a Stecchetti, mi sia concesso citare di uno fra
i

tanti travestimenti

285. Io vidi l'empio a grande altezza inalzato, come i cedri del Libano. E passai, ed ei pi non era, e ne cercai, e non
si

trov

il

luogo dov'
dragone.

egli

era.
il

286. Camminerai sopra l'aspide e sopra


il

basilisco: e calpesterai

leone e
l

il

287. Per

dove l'uomo pecca,

egli

sar punito.

[288-290]

Coscienza, gastigo dei falli

79

del
di

Cinque Maggio, composto da Olindo


col ttolo

GuERRiM
i

per la morte
:

Napoleone III

IX Gennaio (1873),
pecc, l'Altssimo
il

due

versi seguenti

Dove

Punisce

peccator.
il

Vero
tore,

che qualche scettico potrebbe ripeterci

verso di uno
il

scrit-

meno autorevole certamente della Molire, il quale avrebbe^ detto che


:

Bibbia,

commediografo

288. Il est avec le ciel des

accommodements.
commeIV,

ma
dia

Molire non scrisse proprio cos, bens scrisse nella

Le Tartuffe ou l'imposteur,

atto

sc.

Le

ciel dfend, de vrai, certains contentements Mais on trouve avec lui des accommodements. di

Egli

dunque parlava
nell'

certe

comode

transazioni che gl'ipocriti,


la

simboleggiati
scienza,

immortale Tartuffo, fanno con

propria co-

ma non

os dubitare della giustizia divina, e del gastigo


le

che

rei

dovranno finalmente ricevere per

loro colpe, se

non

altro

nel terribile giorno del giudizio finale. Si allude a questa credenza


cristiana ripetendo usualmente,

anche

in altro senso, le parole latine

28g.
che sono
il

Dies
primo verso
di

irse,

dies

ilia.
cui
si

un inno

liturgico,

d
al

il

ttolo

spurio In die iudicii, attribuito con molto fondamento

B.

Tom-

maso da Celano,
verso
il

discepolo di S. Francesco d'Assisi, e morto

1275 a Tagliacozzo. La sequenza che descrive con mirabile


il

realismo

giorno del giudizio universale, fu introdotta


;

fin dai

primi
:

tempi nella messa de' defunti

e questo faceva dire al

Giusti

290.

Tra

salmi dell'Uffizio
il

C' anco

O
Il

Dirs trae: che non ha a venire


I/./

giorno del giudizio?


trrra dei morti, str.
15).

288. Anche col cielo c' 289.


Il

modo

di

accomodarsi.

giorno dell'ira, quel giorno

8o

Chi l'ha detto?

[291-293]

20. Cose fisiche

Riunisco in questo paragrafo un mazzetto


al

di citazioni spettanti

mondo

fisico.

Comincio dal
il

cielo per poi scendere in terra: e

metto per primo

Sole,

che

Dante

chiam

291.

Lo

ministro maggior della natura,


del valor del cielo
il

Che

mondo
e.

imprenta,
X,

E
poi
1'

col suo

lume

il

tempo ne misura
(Paradiso,
v. 28-30).

astro delle notti, la

Luna,

cosi

poco amata dal Carducci

che

la

chiamava

292.
nell'

Celeste palotta
(in

ultimo verso di Classicismo e Romanticismo


e che invece

Rime

nuove,

LXIX)

un poeta
:

del nostro Risorgimento nazionale

pateticamente invocava

293.

Luna, romita aerea,


Tranquillo astro d'argento!

Come una

vela candida

Navighi il firmamento: Come una dolce amica Per sua carriera antica Segui la terra in ciel.
Cos comincia l'ode II Prigioniero di Giunio
nel

BAZZONI,

scritta

1825 per
la

la

creduta morte di Silvio Pellico. La lezion

data

vera,

quale consacrata mil' autentica stampa rarissima


soli

che l'autore fece, in


suoi
\< isi

125 esemplari fuori

di

commercio, dei
che
la

in

un opuscolo in-8 che non ha

altro titolo

d-

dica: Nelle fauste e salutate nozze del benemerito cittadino medico

[294-297]

Cose fisiche

81

Giovanni Polli con Rosa Bazzoni, l'autore agli sposi D. (Milano,


tip.

Molina, 1848).

Errata
la

la

lezione

comune (Luna romito


di

aereo ecc.), diffusa con


fece, senza

prima pubblicazione che


il

questa ode

nominarne

1'

autore,

Maroncelli nelle Addizioni alle

Mie Prigioni
zoni, edite a

e accolta anche nella stampa delle Poesie del Baz;

cura dei nipoti (Milano, 1897)

e sulla fede di questa

a a della ripetuta pure nelle ediz. 3 -6

presente opera.

Ma
X,

la vera

lezione fu ristabilita da Isidoro

Del Lungo nello

scritto

Un

ci-

melio patriottico del 1825 (nella Rivista d'Italia, anno

voi. II,

settembre 1907, pag. 353-373), ove egli osserva, fra altro,

nes-

suno
l'

essersi accorto che in quel

grappolo di

epiteti,

penzolanti dal-

astro,

almeno uno non aveva senso


si

possibile, cio l'aereo ; e della

persistenza dei pi nell'errore

dolse egli stesso in

un

articoletto

La

romita aerea nel Marzocco, di Firenze, del 7 aprile 1918.


v'

Tornando ancora a Dante, troviamo che Venere

chiamata

294.

Lo

bel pianeta che ad

amar

conforta.
e. I, v.

iDjJTO, Purgatorio,

19).

(ma Giuseppe Bassi


allude

nel Fanfulla della

Domenica

del 12

novem-

bre 1893, sostiene con argomenti di qualche peso che Dante qui

non a Venere,

ma

al

Sole)

il

colore del firmamento,

l'azzurro, indicato con la gentile perifrasi:

295.

Dolce color d'orientai

zaffiro.
(hi,
e.
I,

v.

13),

Caliamo
alberi,

in

terra.

Se davanti a

te

vedi levarsi dei

folti

e annosi

puoi chiamarli col


....

Tasso

296.

Ombrose piante
iderusalemme liberata,
e.

D'antica selva.
VII.
<>tt.
11.

fra

le quali

sorger certamente con altre mille

1'

297.

Arbor vittoriosa, tri un tale, Onor d'imperadori e di poeti.


ll'f

iK\Hi

\.

Sonetto
I

in

nura.'CCV secondo
mini

.ita di Laura, Marsantl. in princ: CCI!


'.

il

82

Chi l'ha detto?

[298-301]

ossia
di

il

lauro.

Se poi innanzi
di

ai

tuoi occhi

si

stende ampia distesa

campi verdeggianti,
Il

prati,

ricordati che

298.

divino del pian silenzio verde.


Giosu Carducci,
// bove (nelle

la fine del sonetto di


poesie)
:

Nuove

del grave occhio glauco entro

l'

austera

Dolcezza
Il

si

rispecchia

ampio

e quieto

divino del pian silenzio verde.


II

Le prime stampe (come


dir.

Mare, periodico
,

letterario di Livorno,
il

dal Chiarini,

anno

I,

voi. I, fase. 3

dicembre 1872, dove

sonetto pubblicato forse per la prima volta, la prima ediz. delle

Nuove

Poesie del 1873 ecc.) hanno dei pian


il

nella ediz. Zani-

chelliana delle Poesie

Poeta cambi
il

in del

pian.
il
i

pure

in

questo sonetto che

Carducci chiama pio

bove

(T'amo

o pio bove ecc.) che

paziente e laborioso apre

solchi

della feconda terra, e d vita ai campi,

dove non mancher oc-

casione di osservare con

Dante

299.

Guarda il calor del sol che si fa vino Giunto all'umor che della vite cola.
(Purgatorio,
e.

XXV,

v. 77-78).

o di ricordare, vedendo
rugiada,
i

al

mattino
:

le

fronde umide della benefica

versi del

Manzoni

300.

Come

rugiada

al cespite

Dell'erba inaridita,

Fresca negli arsi calami

Fa
Certo
ricordava
di

rifluir la vita.
(Adelchi, coro dell'atto IV).

li

omonimo, parole
se.

Emani nella sua romanza del dramma lirico F. M. Piave, musica di G. Verdi (atto I,

2),

la

quale comincia:

301.

Come

rugiada

al cespite
fiore.

D'un

appassito

Cose fisiche

83

Non
302.

qui per che

troverai,

meno

di essere sotto

Tropici.

All the perfumes of Arabia.


Macbeth
di

contentati di trovarli nel

Shakespeare

(atto

V,

se.

l).

Intanto fra

gli

alberi del vicino boschetto canter l'usignuolo,

303.

Quel rosignuol, che


Forse suoi
figli

soave piagne

o sua cara consorte.

(Petrarca, Sonetto in morte di Et. Laura, num. XLIII secondo il Marsand. v. 1-2: ed. Mestica, num. CCLXX'i.

o voler instancabile

la

304.
come
suolsi

Rondinella pellegrina.
chiamare dal principio
sta nel cap.
di

una notissima canzone


del suo

di

Tommaso
Visconti,

Grossi, che

XXVI

romanzo Marco

ed viva tutta nella memoria e nel canto del popolo;


altri
:

ma

pi vivi degli

e adattabili a circostanze varie sono

versi

della seconda strofa

305.

Solitaria nell'oblio,

Dal tuo sposo abbandonata.


e della terza
:

306.

Scorri

il

lago e la pendice,
l'aria dei tuoi gridi,
:

Empi
e tutta la strofe quinta

307.

Il

settembre innanzi viene,

E
Tu

a lasciarmi

ti

prepari:

vedrai lontane arene;


in tua favella.

Nuovi monti, nuovi mari


Salutando
Pellegrina rondinella.

302. Tutti

profumi dell'Ai al>i;i.

84

Chi l'ha detto?

[308-309]

stato rilevato che la Rondinella del Grossi ispirata senza


seicentista lodigiano

dubbio a una canzone del

Francesco De
gli

Lemene, La

Vedovetta (nelle Poesie diverse del Signor Francesco

De Lemene,
di

Parte Prima, In Milano et in Parma, Per

Heredi

Paolo Monti, 1726, a pag. 353) dalla "quale trasse, migliorandoli, la movenza, spunti di pensiero e anche frasi. La canzone
di tre strofe,

nelle quali la

Vedova

si

rivolge successivamente alla


alla

Vite priva
torella,
le

dell'

Olmo,

alla

vedova Colomba,

scompagnata Torimitazione spe-

cui sorti trova simili alla propria.

La

cialmente evidente nella 3* strofa:

Scompagnata Tortorella, Che del Fato


Dispietato

Ti lamenti in tua favella,

Scompagnata sono anch'io; Su piangiamo, Confondiamo,


Il

tuo pianto e

il

pianto mio.

Molti richiamarono

l'

attenzione su questa imitazione, ultimo Guido

Bustico [Incontri e

reminiscenze

nella

letteratura
,

italiana,

ne

L'Ateneo Veneto,

a.

XL,

1917, vol. II, fase. 3


altre

pag. 127)."
dir

Ho
glio

nella

mia bolgetta
la

due

bestie,

un cane, o per

me-

una cagna,

308.

Vergine Cuccia de

le

Grazie alunna.
v.

(Parisi, // Meriggio,

OO e

t>68).

cio la cagnetta della

dama

del giovin signore,


il

la

quale per ca-

gione di

lei

licenzia e fa morire nella miseria

servitore che au-

dace col sacrilego pie lanciolla ; ed un cavallo, quello invocato


cosi

disperatamente

da Riccardo III
)

alla battaglia

di

Bosworth

Field (23 agosto 148

gridando:

309.

horse! a horse!

my kingdom

for a horse!
III,
:\.

(Shakespeare, Richard

V, SC

4).

30Q.

Un

cavallo!

un cavallo!

il

mio regno per un

cavallo!

0-3 1 3

Cose fisiche

05

Il

celebre

attore inglese

Barry Sullivan rappresentava


di

il

Ricalla

cardo III in

un

teatro
:

secondario
cavallo
!

Shrewsbury. Giunto
!

famosa invocazione

Un

un cavallo

il

mio regno per


:

un cavallo

uno spettatore

della platea gli grida

Non

le

ba-

sterebbe un asino, signor Sullivan


l'attore

- grida
.

alla

sua volta

passate dalla porta del palcoscenico


asini,

Poveri
trattati
!

cosi

pazienti,

cosi

umili,

cos utili,

e cos

mal-

con loro tante

altre bestie

avrebbero

diritto di dolersi
;

della cattiva reputazione che ingiustamente fatta loro

eppure

310. Les btes ne sont pas

si

btes que l'on pense.


v.

(Molire, Am/hvtrion,

108,

prologue.

Ma
di

lasciamo

le
i

cose
piedi

animate e veniamo

alle

inanimate. Ogni

volta che hai fra

un

sasso,

non

si

dovrebbe dimenticare

chiederne

il

nome,

se vero che

311.

Nullum

est sine

nomine saxum.
il

so (Pharsalia, IX, 973),

quale per altro intene' era collina,

deva parlare dei campi della Troade dove non

n rupe,

n promontorio che non fosse famoso per qualche classica memoria,


trovi

dinanzi a una

limpida

fresca

sorgente,

non

di-

menticarti delle

Si-.

Chiare, fresche e dolci acque.


(Petrarca. Sonetti in zita di M. Laura, num. XI secondo il Marsand. v. ed. Ica, cinz. XIV).
1
:

eli'

erano

le

aeque

della Sorga,

affluente

del

Rodano,
chiude
i

la

quale
sui

insieme alla
(piali

Durenza non
e

lungi da

Avignone

colli

nacque
1*

visse
il

Laura.

Dopo
il

acqua

fuoco. Sul quale soggetto non mi lovriei

verso di un noto

melodramma:
Ih

313.

Stride
(//

vampa!...

Trovatore, parole di Sai.v. i'vmmak musica di (Jius. Verdi, a. II. -

310. Le bestie non


311.

bestie

come
il

si

pensa.

Non

vi

sasso che

non abbia

suo nome.

86

Chi l'ha detto?

[314-316]

Ma

questo fuoco terreno

per

il

fuoco celeste ho in serbo un

esametro celebre:

314. Eripuit cselo fulmen,


composto da
lin, liberatore

sceptrumque tyrannis.
(cfr.

TURGOT

perch fosse scolpito sotto un busto di Frank-

dell'America e inventore del parafulmine

Con-

dorcet, Oeuvres compltes, Paris, 1804,


la

V,

p. 230);

ma

vi

evidente

reminiscenza di

Manilio (Astronomicon,

lib. I, v.

104)
;

Eripuitque Jovi fulmen viresque tonandi


e anche
il

movimento

del verso tolto dall' Antilucrezio del Car-

dinale

De Polignac
i

(1745,

I,

96).

Eripuitque Jovi fulmen


Il

Phboque

sagittas.

verso - che

Maltesi attribuiscono invece, senza fondate rala fine del 700,


tutti

gioni,

ad un loro oscuro umanista, vissuto verso

certo

RiGOLD

ma

che indubbiamente del Turgot, piacque a

tranne forse a Franklin che modestamente scriveva a Felice


garet: Malgr

No-

mes expriences

sur l'lectricit, la foudre

tombe

toujours notre nez et notre barbe, et quant au tyran, nous avons


t plus d'un million

d'hommes occups
al

lui

arracher son sceptre.


:

Piacque forse anche

nostro

Monti

che pochi anni dopo cantava

315.

Rapisti

al ciel le folgori

Che debellate innante Con tronche ali ti caddero

E
Dal fulmine
soccorre
1'

ti

lambir

le piante.
Ode al signor di Montgoli\r>\.
il

(V. Monti,
alle

nuvole breve

passo; e per

le

nuvole

facile

ardita metafora del

Carducci

che

le

chiam

316.

Vacche
O

del cielo.
Canto di marzo, una delle Odi barbare :

La

frase carducciana nel


salienti

da' marini pascoli


cielo, latte
al

vacche del
versate
al
il

grige e bianche nuvole,


le

da

mamme
i

tumide

piano e

colle che sorride e verzica

a la selva che mette

primi palpiti.

314. Strapp

al

cielo

il

fulmine, lo scettro

ai

tiranni.

[317-3 '8]

Cose fisiche

Una
secoli

conquista importante della genialit umana,

cio la

sco-

perta delle leggi meccaniche della leva, era stata magnificata molti

prima con una famosa

frase

317. Da ubi consistam, et terram


che attribuita ad
drino

clumque movebo.
Vili
dei Collettami

Archimede

sulF autorit del geometra alessan-

Pappo. Questi

nel frammentario libro

matematici scrive:

Ad eandem

demonstrandi rationem pertinet


;

problema ut datum pondus a data potentia moveatur


Archimedis
tur,

hoc enim
fer-

est

inventum mechanicum, quo exsultans dixisse


et

da mihi, ubi consistam,


liber

terram movebo. (Pappi Alex.


io,

Collectionis
lini,

Vili, Propos,

XI,

ed. Hultsch,

Bero-

1878, voi. Ili, pag. 1060-1061).

Ho

citato la traduzione latina

dell'

Hultsch

il

testo greco della frase attribuita


no'}
al

ad Archimede

Ac uot
Chi poi abbia portato

3T) xal xtvfl ttjv yijv.


testo originale le varianti del dettato co-

mune, non

saprei. Cfr. in

Buchmann, pag. 457, due

lezioni doriche
a.

della stessa frase, sull'autorit di

Simplicius in Phys., pag. 424

ed. Brandis e di

Tzetzes, ed. Kiessling, pag. 46.


il

stato fatto
la terra

calcolo della leva che occorrerebbe per sollevare


di

davvero

con un contrappeso
;

200

libbre inglesi,

il

peso

normale
gio a

di

un uomo

si

trovato che, dato

un punto

d'

appog-

3000 leghe
la

dal centro della terra,

altro braccio della leva

dovrebbe essere lungo 12 quadriglioni


muoversi con
velocit di

di miglia, e la

sua estremit

una

palla

da cannone per potere smuo-

vere la terra di

un

solo pollice in 29 bilioni d' anni (Fergusson,


.

Astronomy explained) Per


concedere nulla

cui

si

detto che

Archimede era troppo


;

buon matematico per aver espresso una


ai

eresia tale

ma non

si

vuole

primi entusiasmi di un inventore?


di filosofia naturale,

Ecco
bile

altre

due sentenze
1'

che non
sia

scompagnare

una

dall'altra,

bench

la

prima

uno strano

e antico errore,

l'altra

una legge profonda

di verit:

318. Natura abhorret

vacuum.
e

317.

Dammi un punto d'appoggio

mover

la terra e

il

cielo.

318. La natura ha orrore del- vuoto.

88

Chi l'ha detto?

[3

9]

La

si

attribuisce a
i

Cartesio {Ren Descartes) ma veramente erano


i

Aristotile e

Peripatetici

quali pensavano tutto esser pieno in na-

tura e con

il

principio
il

.^ horror vacui

cercavano spiegare, fra

altri

fenomeni, anche

salire

dell'acqua nelle pompe. Sono famose nella

storia delle scienze fisiche le esperienze di Pascal che

demolirono
proposito

questa singolare teoria e

le

polemiche eh'
et

egli

ebbe su

tal

con Descartes (ved.


vide,

Adam, Pascal

Descartes : les expriences


vol.

du

1646-1651, nella Revue Philosophique,


la

XXIV-XXV,
si

1887-1888). Peraltro Descartes faceva


il

questione metafisica che


dice vuoto,

vuoto in natura non

esiste e

che lo spazio che

quando nulla contiene che


contiene

sia sensibile alla vista,

al tatto ecc.,

nondimeno qualche

cosa, cio
:

una materia
per
egli

creata,

una
il

so-

stanza estesa, contiene s


dell' aria

medesimo

ammetteva
1'

peso

e riconosceva essere esso la causa per cui e


il

acqua saliva

nelle

pompe

mercurio in
le
i

certi

tubi (esperienza di Torricelli).


alle quali egli

Pascal cos riassumeva


i

conseguenze

giungeva con

suoi esperimenti e con

suoi ragionamenti di carattere

puramente

fisico, nella

conclusione dei due trattati

De

l'quilibre des liqueurs


les disciples

De

la

pesanteur de la masse de l'air : Que tous

d'Aristote assemblent tout ce qu'il y a de fort dans les crits de


leur matre et de ses commentateurs, pour rendre raison de ces
re-

choses par l'horreur du vuide,

s'ils

le

peuvent: sinon qu'ils

connoissent que les expriences sont les vritables matres qu'il faut
suivre dans la physique
;

que

celle qui a t faite sur les

monta-

gnes

[al

Puy de Dme,
du monde, que

nel 1648], a renvers cette croyance unila

verselle

Nature abhorre

le

vuide;

&

ouvert

certe connoissance qui ne sauroit plus jamais prir,

que la Nature
aucune chose
v-

n'a aucune horreur pour

le

vuide, qu'elle ne
la

fait

pour

l'viter;

et

que

la

pesanteur de
effects

masse de

l'air, est la

ritable cause

de tous

les

qu'on avait jusqu'ici attribus

cette cause imaginaire.

319.

Natura non

facit saltus.
il

impropriamente attribuito da alcuni a LINNEO,

quale cosi
a Leib-

disse nella Philosophia botanica (cap.

XXVII),

da

altri

319.

T.a

natura non procede per Miti.

-;2i]

Cose fisiche

89

MTZ, che

nei

Nouveaux
Il

essais,

IV, i6,
saut,

scrisse:

Tout va par de invenzione

grs Jans la nature


dell'uno n dell' altro.

et rien

par

ma non

Fournier (Esprit des autres, eh. VI) rac-

conta
tarello

infatti
:

di averlo gi trovato

come
et

citazione in

un raro

scrit-

Discours veritable de la vie

mort du gant Theutobocus


Varits historiques et
la

(ristampato dal Fournier


littraires,
to.

medesimo

nelle

IX), a pag. 247-248 e sotto


:

forma: Natura in
cita la sentenza

operationibus suis non facit saltum


di

il

Xehry

Meister Eckhart che si trova in des 14. Jahrh., II, 124: Diu nature

Pfeiffer,

Deutsche Mystiker

bertritet niht.
dell' altra
:

Questa sentenza veramente sorella

320.

Gign i)

De nihilo nihilum, in
il

nihilum

nil

posse

[reverti.
che di Persio (Satira III, v. 83-84),
gli

quale in essa intu con

epicurei

il

principio fondamentale della scienza


la

moderna,

la indi-

struttibilit della materia,

conservazione e trasformazione della

energia.

Anche Lucrezio
Nil igitur
fieri

(I,

206) aveva detto:

de nihilo posse putandun:


est rebus.
vi-

Semine quando opus


e
il

concetto medesimo, applicato alla generazione delle cose


si

venti,

trasforma nell' altro canone

321.
eh' era

Omne vivum
il

ex ovo.
Harvey,

principio fondamentale delle teorie sulla generazione del


svolte

naturalista inglese Guoi.iei.mo


citationes de generatione

da

lui nelle

Extr-

animalium. Veramente
si

in

questa forma

precisa la
rutto
il

frase

non

vi

trova

ma

il

concetto ne traspare da
I
:

libro.

Vedasi per esempio, questo periodo della Exercit.


asserimus omnia minino ammalia,

Nos autem

edam

vivpara,

atque hominem

adeo [peana ex ovo progigni, primosque eorum


fiant,

conceptus, e quihus fcettu

ova quaedam esse


inepte

ut et semina
dicitur,

plantarem

omnium

ideoque non
.

ab Empedocle

Oviparum genus arboreum

320. Nulla nasce dal nulla, nulla pu tornare in nulla. 321. Qualunque essere vivente proviene da un uovo.

90

Chi l'ha detto?

[322-325]

Ho
322.

detto delle cose reali

ora dir dei sogni. Alcuno

li

chiam:

Immagini

del d guaste e corrotte.


(Batt. Guarini, // Pastor fido,
a.
I.

se. 4).

Parla

infatti

Titiro:

Son veramente
Pi che
dell'

sogni,

Delle nostre speranze,


avvenir vane sembianze,
e corrotte

Immagini del d guaste Dall' ombre della notte.


Che cosa
si

sogni poi pi spesso, ce lo insegna

il

Metastasio

323.

Sogna il guerrier le schiere, Le selve il cacciator;

E
Le
Se
si

sogna
reti e

il

pescator
{Artaserse,
a. I, se. 6).

l'amo.

presta fede agli antichi (e anche a qualcuno fra


di

moderni)

alcune

queste visioni sarebbero profetiche, poich:

324.

"Ovap

ex,

Aic loxiv.
(Omero,
Iliade, lib.
I,

v. 63).

e per lo

meno sono

divini

sogni della mattina

325. Post

mediam noctem

visus

quum somnia
lib. I, sat.

vera.

(Orazio, Satire,

10, v. 33).

Anche

il

Passavanti nello Specchio di penitenza (Firenze, 1 843)


si

a pag. 407 dice: Questi sogni che

fanno intorno all'alba del


si

d,

secondo eh'
meglio
si

e'

dicono, sono

pi veri sogni che

facciano, e che

possano interpretare

le loro significazioni.

E Dante nella

Divina Commedia :

324.
325.

Il

sogno viene da Giove.


visione avuta

Una

dopo

la

mezzanotte quando

sogni sono

veri.

[326-328]

Costanza, fermezza, perse-veranza

91

326.

....

il
'1

sonno che sovente,


fatto sia, sa le novelle. {Purgatorio, e. XXVII, v.
M-93).

Anzi che

21.
Costanza, fermezza, perseveranza

La

pi semplice impresa che possa adottare un


il

uomo fermo

nei

suoi voleri,

327.

Non commovebitur.
famoso giornale ultramontano La Voce della
831 in avanti.
(incisa
(i

eh' era la epigrafe del

Verit

liberali

solevano invece chiamarlo L'Urlo della Menzoin

gna) pubblicato
era tolto da

Modena

dal 5 luglio

Il

motto

una medaglia

fatta

comare a Vienna
la

da Lang)

dalla Corte di

Absburgo a onorare

fermezza del duca Franceil

sco

IV

nella sua fedelt all'Austria, e divenne

motto del partito

duchista.
i

Era certamente una reminiscenza


due parole,

biblica,

ma

molti sono

luoghi delle Sacre Carte,

tute queste

come ben s' intende, dove sono ripeper es. il Salmo XLV. vers. 6: Deus in
il

medio eius non commovebitur, e

Salmo CXI,

vers. 6:

Quia in

aternum non commovebitur.


Qual migliore pittura
dell'

uomo

che ha adottato
:

tale

impresa

a guida delle azioni sue, che la strofa oraziana

328.

Justum

et

Non civium Non vultus

tenacem propositi virum. ardor prava jubentium,


instantis tyranni

Mente quatit
(Orazio. Odi,

solida.
od.
3.

lib. III.

v.

1-4).

327. 328.

Non si commover. L'uomo giusto e tenace


cittadini

di propositi
il

vere dal suo fermo pensiero n

non riusciranno a smuomalo furore di prepotenti

il

fiero viso di

minaccioso tiranno.

92

Chi l'ha

detto!'

[329-332]

E
329.

l'

uomo

che

al pari del

Petrarca pu neramente

dire di s

Sar qual

fui,

vivr com' io son visso.


num. XCY,
;

(Sonetto in vita d M. Laura,

secondo

il

Marsand, comincia: Ponnti


i

ove'l Sole occide

fiori e Verba

ed.

Me-

stica, son. CXIII).

potr
di esse

anche sfidare

le

avversit

della fortuna,

facendosi contro

330.

De

la
il

costanza sua scudo ed usbergo.


cadtita,
str.

come canta

Parini nell'ode La
se
i

14:

duri mortali

A
Ei

lui
si

voltano
fa,

il

tergo,
ai

contro

mali,

De
Odasi invece
il

la

costanza suo scudo ed usbergo.

gran tragico inglese,


I, se. 3) dice

Guglielmo Shakespeare,
:

che nel Macbeth (atto

a conforto di chi soffre

331.

Come what come may, Time and the hour runs through the roughest day.
perseveranza neh"
affaticarsi

La

dietro a

uno scopo purchessia

consigliata dal

comune

dettato:

332.

Gutta .cavat lapidem.


i

che aveva valore proverbiale anche presso


trova in Ovidio,
in

latini,

quindi lo
1,

si ri-

Ex Ponto,
314
e

IV,

io, 5 e
;

De

arte amandi,
I,

},-<>;

Lucrezio,

I,

IV, 1281
3, e

in

Tibullo,

4,

18;

in

Si-

NECA, Nat.

Qtist.,

IV,

anche altrove. La bassa


il

latinit al-

lung, annacqu e

comment

dettato cos:
vi

Gutta cavat lapidem, non


Si

sed ssepe cadendo.


latino,
il

faccia attenzione a

non tradurre questo adagio


di

come
quale

voleva tradurlo foneticamente un ammalato

calcoli

331. Avvenga che pu, anche nel

pi burrascoso le ore e

il

tempo trascorrono.
332. La gocciola scava
la

pietra.

[333*334]

Costanza, fermezza, persereranza

93

confidava di guarire acquistando la gotta, poich gutta cavat lapident,


la gotta cava la pietra
piti
!

In tempi

barbari dei nostri

si

fece di questo proverbio

una

crudele applicazione, traendone un supplizio dolorosissimo, di cui

non mancano esempi V antico


si

storici.

In una stanza ad uso di prigione nel-

castello dei conti Guidi a Castel S.

Niccol nel Casentino

osserva ancora una nicchia praticata nella grossezza del muro,


di

che ha nella parte superiore un' apertura rotonda a guisa


pentola capovolta, con sopra un piccolo foro e davanti
strino.

una
fine-

un

Una

tradizione molto accreditata vuole che questa angusta

cripta fosse

un

raffinato strumento di tortura, che


il

si

sarebbe adola testa in

perato chiudendovi

paziente

dopo averne introdotta

quella specie di canga, per obbligare la persona a una perfetta immobilit, mentre dall' alto e per
il

foro indicato dovea di tanto in


illustr .

tanto cadrgli sul capo

una goccia d'acqua (Beni, Guida

del Casentino, Firenze, 1889, pag. 216).

La

perseveranza nel lavoro bene espressa dalla classfca sen:

tenza (che fu detta per Cesare)

333. Nil

actum credens, quum quid superesset [agendum.


(Lucano, Farsalia, Hb.
II, v. j57i.

334.
era
I
il

Per angusta ad augusta.


motto del Margravio Ernesto
di

Brandeburgo (morto nel 1642).


lo introdusse

frequentatori del teatro lirico l'hanno udito spesso nell 'Emani

fatto III, se. 3 e 4)

ove

il

buon Piavk

come parola

d'ordine dei congiurati contro Carlo

traendolo dal

dramma omo-

nimo, Hernani,

di

Victor

Hugo

(a.

IV), donde

egli tolse l'argo-

mento

del suo libretto.

Una forma
sie

pi modesta della fermezza nel sopportare

le traver-

e le molestie spicciole, la pazienza che un


:

famoso romanziere

bistrattava dicendo

333.

Parendogli nulla aver fatto se qualcosa ancora restasse a


fare.
vie

334. Per

anguste ad eccelsi luoghi.

94

Chi l'ha

detto f

[335-34]

335.

La pazienza
alla

cosa dura, e conviene meglio

groppa del somiero che all'anima


(K. D.

dell'uomo.
Guerrazzi, Assedio di Firenze,
Introd.).

La fermezza
raccomanda
di

era virt

romana per

eccellenza;

come Orazio

non

turbarsi innanzi al pericolo,

336.

Aequam memento
Servare mentem.

rebus in arduis
(0 di,
in. 11, od. 3, v. 1-2).

cos

Virgilio

consiglia di sfidare arditamente le

male

arti dei tristi

337.

Tu ne cede

malis, sed contra audentior ito.


(Eneide,
lib.

VI,

v.

f,5j.

e di sopportare le presenti avversit confidando in


gliore
:

un domani mi-

338. Durate, et

vosmet rebus servate secundis.


(Eneide,
lib. I, v. 207).

e di

non

lasciarsi

smuovere

dalle gravi e savie risoluzioni per le


:

preghiere e le lagrime altrui

339.

Mens immota manet,

lachrimae volvuntur
[inans.

(Virgilio, Eneide,

lib.

IV,

v. 449).

Anche Ovidio, ricordando


portare le presenti
:

avversit

peggiori, incoraggia

a sop-

340. Perfer et obdura: multo graviora


(Trist., lib.

tulisti.
el.

V,

XI,

v. 7).

336. Ricordati di serbare nei gravi frangenti niente serena. 337. Non cedere dinanzi ai malvagi, ma opponiti a loro ardita-

mente.
338. Perseverate, e serbatevi a migliore avvenire. 339. Resta immutato nel suo pensiero, e lascia scorrere
inutil-

mente

le

lacrime.

340. Sopporta e persevera; cose molto pi gravi sopportasti.

[34 r "343J

Costanza,

fermezza, perseveranza

95

mentre pari consiglio,

in senso cristiano,

rivolge

un aureo

libro

341. Certa viriliter, substine patienter.


(Imitazione di Cristo,
lib. Ill,

cap.

19. v.

16).

Non mancano
pi antico
il

frasi

che ricordino

storici

esempi

di

fermezza.

Il

notissimo

342. Batti

ma

ascolta.
(

Xarra Plutarco nella Vita di Temistocle


della invasione di Serse in Grecia,

XI) che

a'

tempi

essendo sorta disputa fra Eu-

ribiade ammiraglio di Sparta, e Temistocle capitano degli Ateniesi,

che

il

primo voleva che

Greci

si

ritirassero all'istmo, l'altro voleva


il

apprestarsi a battaglia di mare, alzando Euribiade


atto di voler batterlo, disse

bastone in

Temistocle: Batti pure


gli

e ascoltami.

Euribiade maravigliato
a

di

cotanta mansuetudine,

concesse che
di

suo

talento
il

dicesse.
:

Cos

la

versione

italiana

Marcello

Adriani

giovane
|iv,

nel testo greco la risposta di Temistocle

suona

Tli-xjov

3100O0V li.
delle Istorie (cap. 60) riproduce in
le

Erodoto nel b. Vili


scorso di Temistocle tutte

un

di-

ragioni che questi fece valere per persua-

dere Euribiade a non lasciare con la flotta lo stretto di Salamina, dove


si

trovavano, e dove, com' noto,

la vittoria arrise alle

greche navi.

Ugualmente celebre

il

343.

Delenda Carthago!
gli storici

che ricorda la frase con la quale, secondo

romani (PLU-

TARCO, Vita di Catone seniore, 2": Servius, in Virgil., ad Valerio Mas lib. IV, v. 683; Tito Livio, lib. XL1X
:

De

dictis

memor.,

lib.

Vili, cap. 15, 2, ecc.), M. Porcio Cala floridezza riacquistata

censore,
tagine

dopo aver veduto

da Car-

dopo
:.ito,

la

seconda guerra punica, chiudeva ogni suo d


la

qualunque ne fosse l'argomento, invocando

distru-

zione di Cartagine:

Ceterum censeo Carthaginem esse delendam.

341. Combatti virilmente e sopporta pazientemente. 343. CsrtigiM ha da essere distrutta.

96

Chi l'ha detto?

[344-345]

Perci

tedeschi abbreviano la citazione dicendo semplicemente


i

Ccterum

censeo, mentre noi, e con noi

francesi ed inglesi,

di-

ciamo soltanto Delenda Carthago.

Uno

storico

romano, Tito Livio,

ci

ha pure conservata

la frase

344. JHic

manebimus optime.
(lib.

che ha una storia interessante. Narra Tito Livio


che neh" anno av. Cr. 390, dopo che
i

V,

cap. 55)

Galli

avevano incendiata
la vecchia
li

Roma,
citt

e molti fra

Senatori

volevano

abbandonare

per portarsi a Veio, Camillo con splendida orazione

aveva

quasi persuasi a restare dove erano. Sed rem dubiam decrevit

vox opportune emissa, quod, cum senatus post paulo de


in curia Hostilia haberetur,

his rebus

cohortesque ex prsidiis revertentes


centurio
in

forte

agmine forum

transirent,

comitio

exclamavit

"

Signifer,

statue signum, hic

manebimus optime. " Qua voce aucuria egressus conclamavit, et


Il

dita et senatus accipere se

omen ex

plebs
storie,

circumfusa

adprobavit. -

motto sepolto

nelle

antiche

fu richiamato a novella vita

come
(il

fatidico augurio per la


Sella)

Terza

Roma

da Quintino

Sella.

Volle

che sulle pendici

del Viminale, lungo la via percorsa dalle nostre schiere trionfauti


il

giorno in cui

Roma

fu

resa

all' Italia,

s'

inalzasse

il

Palazzo
ita-

delle

Finanze e qual simbolo

dell' atto

compiuto dal popolo

liano vi fosse posta la statua di

un legionario romano che pianta


il

in terra la lancia, con la scritta: Signifer ecc. Cos

Guiccioli

nel suo libro su Quintino Sella, voi. I (Rovigo, 1887), pag. 355;

che anche preceduto dal ritratto del Sella medesimo sotto

al

quale
scritte

sono riprodotte
di

in facsimile le parole del legionario

romano

pugno

del Sella nel

1871.

Il

monumento che doveva


non
fu

sorgere

nel cortile centrale del palazzo,


Il

mai posto.

motto

345. Fortiter in re, suaviter in


che
si

modo.
Compagnia
di

cita

come
le

regola di condotta della

Ges, ha

veramente

sue origini nelle parole del quarto Generale dei Gre*

344. Qui resteremo benissimo.

345. Agire fortemente con modi soavi.

[346]

Costanza, fermezza, persei'eranza

97

suiti,

Claudio Acqua viva,


dice

il

quale nel suo famoso libretto: In1

dustria ad curandos anima: morbos (Florentiae,


edizioni successive)
:

600

e molte altre

Fortes in fine conseguendo et suaves


la fine del cap. 2
:

in

modo

et ratione

assequendi simus (verso

De
la

suavitate et efficacia in gubernatione coniungendis) .

chiara
1):

reminiscenza biblica del libro della Sapienza (cap. Vili, v.


fortiter et disponit

Attingit ergo a fine usque ad finem


suaviter.

omnia

Xon
346.
che
la

molti anni pi tardi

e'

imbattiamo nel famoso

Eppur
1*

si

muove

leggenda voleva detto da Galileo quando, dopo

a^ver letto

in ginocchio

abiura delle sue dottrine cosmografiche innanzi agli

Inquisitori,
ste parole

sorse vacillando in piedi (22 giugno 1633).

Ma

di

que-

non

si

trova traccia negli scrittori del secolo


in

xvn, comscrittore
il

parendo soltanto

quelli della fine del settecento.

Lo
si

pi antico che ne faccia menzione, finora conosciuto,


nella Italian Library,

Baretti

London, 1757, pag. 52: non


di cui

conoscono

finora autorit pi antiche a stampa. Tuttavia probabile,


ritiene
il

come
che

prof.

Antonio Favaro,

nota la profonda conostudi


di Galileo,

scenza di quanto riguarda la persona e


la

gli

leggenda, orale o scritta, risalga alla prima met del secolo xvn.

cio sia di

poco posteriore

all'

altre ragioni, la scoperta di

anno 1633 ed a ci lo conforta, con un quadro, firmato dal Murillo, e che


:

pu realmente assegnarsi a
del

lui

con

la data,

a quanto sembra,

1645, Be l quale

il

motto famoso
d'Italia, del

ripetuto (ved.

un

articolo

del
si

Favaro nel Giornale

12 luglio 191

1).

IS Eppur

muove ha

Sii

una piccola

bibliografia,

ma
la

tutti

coloro che se ne

occuparono, furono concordi nel negarne


che abbia formulato pubblicamente
fu
il
i

autenticit. Il

primo

suoi dubbi a tale proposito


di

dott.

E. Heis, professore all'Accademia

Mnster, con una

nota inserita negli Annales de la Socit scientifique de Bruxelles,

1876. Omettendo

^li

scrittori sulla vita di

Galileo in generale,
si

e sul suo processo in particolare, che (piasi tutti

occuparono della

questione, citer soltanto un articoletto del compianto


nel giornale popolare //

A.

Bertolotti
1

Mendico

di

Mantova, del

settembre
et des

866

un

altro articolo mi? Intermdiaire des

chercheurs

curieux

XXII,

1889, col. 78-80), e

la risposta di

Gilberto Gori nello

98

Chi l'ha detto?

[347^

stesso periodico (col. 168-171); la Zeitschrift fr

Mathematik und
1897 e
;

Physik (historisch-literarische Abtheilung), nel

I fase, del

finalmente vari articoli del dotto e cortese prof. Antonio Favaro


il

quale, a

mia

richiesta, ripetevami

non

esservi

dubbio alcuno per

lui

che quella frase sia assolutamente apocrifa. Galileo non pot

in

nessun

modo
1'

tornare ad affermare la sua opinione

dopo aver

pronunziata

abiura nella quale fra altre cose prometteva solenal S.

nemente

di

denunziare

Offizio

chiunque

egli

sapesse che

quella opinione avesse sostenuto.

Lo

stesso esemplare del

famoso

Dialogo sopra
trovansi

due massimi sistemi


invettive

eh' egli postill e nel quale

ripetute

contro la

insipienza dei suoi giudici,

esemplare presentemente posseduto dalla Biblioteca del Seminario


di

Padova,

e dal

medesimo

prof.

Favaro

illustrato nelle

Memorie
non deve

dell' Accademia delle Scienze di

Modena,
il

to.

XIX,
alla

1879, non serba

traccia alcuna e\V Eppur si

muove,

quale, ripetiamolo,

essere

mai uscito dalle labbra

di Galileo

presenza del Sacro

Tribunale n dopo.

Ma

forse egli disse innanzi ai suoi giudici qual-

cosa di simile, donde potesse sorgere l'equivoco?


anzi molto probabilmente,
tro soggiunse,

Non

ci

consta;

dopo pronunziata
mitezza
il

l'abiura, egli nuli' al-

e se qualche parola usc dal

suo labbro, sar stata


ai

di ringraziamento

per

la

della

condanna, indirizzata

Cardinali,
lare
:

taluno dei quali (come

Benti voglio) era stato suo scofelici

precisamente come in Austria, nei


il

tempi del bastone,


gli

era d' obbligo che


la

bastonato ringraziasse chi

aveva applicata

pena

Nei tempi

nostri

avremo da ammirare

1'

eroico

347- J'y su i s et j'y reste.


del generale
all' ufficiale

Mac Mahon,
inglese Michael

risposta data da lui

1'

8 settembre 1855

Biddulph durante
Malakoff dove
le

la

guerra di Crimea,

dopo aver occupato


al

la torre di

truppe erano esposte


il

fuoco micidiale dei Russi. Qualcuno volle contestargli


:

merito

della risposta, eroica e semplice

ma

la

testimonianza della persona

stessa cui le parole furono dirette, venne a confortare la tradizione

(Interm. des cherch. et des cur., 30 mai 1908, col. 800; io juin 1908,

347. Ci sono e

ci

resto.

[348]

Costanza, fermezza, perseveranza

99

col.

848) nonch quella del generale Lebrun, testimonio auricolare (Souvenirs des guerres de Crime et d'Italie, Paris, 1889, apag. 158).
il

Essa ricorda

nostro Ci siamo e ci resteremo, del quale avremo

luogo a parlare pi avanti.

Faremo

invece memoria di
il

un

altro

motto

illustrato

da Casa

Savoia, cio

348.

Sempre avanti Savoia!


e tradizionale di quella
dell'

motto antico
collaboratore

augusta famiglia.
et

Un

dotto

Intermdiaire des chercheurs

des curieux
in quel

che

si

cela sotto lo

pseudonimo
toujours

di

Sabaudus, cos scriveva

giornale,

num.

del
les

io aot 1904, col. 177-178: Froissart nous

appelait dj:

avant Savoy eus ; ce qui


cri

semble

dmontrer l'anciennet du

national:

En

avant,

Savoyards!

Sempre avanti Savoia!

qui a retenti en Crime, en Italie, B-

thancourt, en 1871, dans la bouche

du marquis A. Costa de Beaugiorni nostri special-

regard et qui est rest la devise de la reine douairire Marguerite

de Savoie. Infatti esso divenne popolare

ai

mente

in grazia di

un episodio

relativo alla

Regina Madre e che

non sar

inutile di ricordare.
i

In occasione del viaggio che

Sovrani d'

Italia,

Umberto

I e

Margherita, da poco

saliti al

trono, fecero in Sicilia, ecco che cosa

narrava

il

Fanfulla, giornale romano di solito ben informato delle


:

cose di corte, nel numero del 9 gennaio 1881

L'ammiraglio

Fincati avea telegrafato all'ammiraglio Acton, in viaggio da

Roma
il

a Napoli con la famiglia reale

[il

3 gennaio

1881], lo stato del

mare.

Il

dispaccio raggiunse

il

treno a Sparanise, e diceva che

vapore venuto da Palermo a Napoli annunziava

di aver trovato

mare

cattivo e oscurit di ciclo che obbligava a procedere con preIl

cauzioni.

tempo grosso cresceva. La Roma era ormeggiata.


lo
I

pronta a salpare se ordini sovrani

richiedevano,

ma

il

mare

impediva
1

l'

imbarco fuori del porto.

semafori segnalavano lo

attivo

tempo

in cielo e in
il

mare: l'ammiraglio Fincati aspet-

tava ordini. Questo

il

ilisj>

L'ammiraglio Acton era


e

in

piedi nel
il

vagone quando

1-

telegramma,
la

lardare

foglio titubante,

preoccupato

per
di

responsabilit di trasportare 4a

far

danno

alla

sua salute.

Regina con un tempo capace La Regina ^li <1:

Chi l'ha detto?

[349]

Ammiraglio, che notizie ha ricevuto? Maest....

lo stato del
al

mare

(e

stava per riporre

il

foglio

onde comunicarlo poi

Re).

La Regina

stese la

mano.
il

Non

e'

era da esitare. L' ammiraglio consegn


si

telegramma.

Alle prime righe la Regina vide di che


il

trattava e abbass

telegramma per permettere

al

Principino, che le sedeva vicino,


lei.
il

di

seguirne la lettura insieme a

Quando Sua Maest

s'accorse che

fanciullo aveva letto, prese

una matita

e sul bracciolo del seggiolone, sotto gli occhi stessi del

Principe, scrisse; fece leggere in silenzio ci che aveva scritto e


rese
il

telegramma
:

al ministro.

Questi lo prese e vide

le

seguenti

parole scritte cos

Sempre avanti Savoia! ! !


s'

L' ammiraglio

inchin e preg la Regina di autorizzarlo a

serbare quell' autografo

come prova

della fermezza

d'animo

di

Sua

Maest.

il

viaggio rest deciso malgrado le notzie.


alla intrepida

L' esito

ha dato ragione

Regina

e al valente
il

ma-

rinaro. Il Fanfiilla del


dell' intiero

15 marzo 1881 pubblicava


le belle

facsimile

telegramma comprese

parole della Regina Mar-

gherita.

In Germania troviamo un'altra frase caratteristica:

349.
frase

Nach Canossa gehen wir


detta
nel Reichstag

nicht.

tedesco
al

dal Principe di

Bismarck

il

14 maggio 1872, alludendo

conflitto dell'Impero col Vaticano.

quasi superfluo di ricordare che Canossa, castello presso Reggio


il

Emilia, fu
tefice

teatro della umiliazione di Enrico

IV

dinanzi al pon-

Gregorio
i

VII

(1077). I giornali napoletani dell'ottobre 1894,

narrando

particolari di

un colloquio

fra

Emilio Castelar

il

Sindaco di Napoli, dissero che Castelar rivendic a s medesimo


l'origine
di

questa frase
di
si

bismarckiana. Egli, essendo presidente

della

Repubblica
vacanti,

Spagna, e
mise
d'

dovendosi
col

provvedere ad alcuni

vescovati

accordo

Papa per

le

nomine,

Bismarck scrivendogli gliene mosse rimprovero, e Castelar rispose

349. Noi non andremo a Canossa.

[350-351]

Cupidigia, egoismo

che

egli, oltre

ad

esser cattolico per sentimento,

doveva come capo

del popolo spagnuolo tener conto della religione

dominante nella

nazione, e finiva la lettera dicendo

Voi pure andrete a Canossa.

Poco tempo dopo, Bismarck,


volendo esprimere
e disse
:

allora preoccupato dal


si

Kulturkampf,

il

suo pensiero,

ricord della frase di Castelar,


(vedi
il

Noi non andremo a Canossa

Mattino

di

Napoli,

24-25 ottobre 18941.


della

Va

osservato per che Castelar fu presidente


al 2

Repubblica

di

Spagna dal 9 settembre 1873

gennaio 1874,

cio assai

dopo che Bismarck aveva pronunciato

la celebre frase.

22.
Cupidigia, egoismo

Il

Vangelo

degli egoisti sta tutto nelle parole di

Terenzio

350.

Proximus sum egomet mihi.


iAndria,
a.

IV,

se.

1,

v. 6.?7).

L' egoismo politico poi

(la politica,

per ben intendersi, tutta

a base di egoismo) riposa su due postulati.

Uno
35
1

l'

italiano

Esci di
il'

l,

ci

vo' star
Il

io.
e.

avanti,

poeta di teatro,

XIV.
il

str. 1\.

Quest' ultimo divenne notissimo specialmente dopo


1,

sonetto del

cht-

finii

tutto

si

riduce, a parer

mio
Mugello),

(Come

disse

un poeta
l,

di

A
E
infatti

dire Esci di

ci

vo' star io.


il

nativo di

Ronta

nel

Mugello era

Pananti.
:

Ma

il

Pananti

non

fece che tradurre la frase proverbiale francese


la quale,

Otc-toi de l,

que je m'y mette,

secondo Vittorio Imbriani, deriva da un

50.

Il

mio prossimo per me m<

Chi l'ha detto?

[3 5

-354]

giuoco infantile, tuttora in uso,


(Cfr. Giorn. ertici, e cur.,

ma
:

antichissimo, chiamato botite-hors

V,

55).

L' altro la frase francese

352.
che
si

Aprs nous
attribuisce alla

le

dluge!
di

March,

Pompadour
triste e

la quale l'avrebbe
la

detta,

per consolarlo, a Luigi

XV,

preoccupato dopo

battaglia di

Rossbach

(5

novembre 1757)

ma

che non avrebbe fatto


:

che dare forma volgare a un' antica sentenza

353.

'EfioO 0avvio yoiz \uyQfp:t fcup

verso greco d' ignoto,

ma
di

che

il

Fabricio sospetta appartenere a


il

una perduta tragedia

Euripide,

Sisifo o

il

Bellerofonte, e

che era familiare a Tiberio, secondo che

narra

Dione Cassio

(LVIII, 23); racconta invece Svetonio {Nero,


Nerone, udendo un giorno ripetere da qualcuno
avrebbe soggiunto:
presto
si
il

XXXVIII)

che

verso medesimo,

Immo
le

'suo ^wvto; , cio Perch non pi


lui

me

vivo? .
di

parole di

furono ricordate quando lo

accus

avere appiccato l'incendio a


gli

Roma.
ci-

Non

saranno
:

egoisti che

daranno fede all'ammonimento

ceroniano

354.

Non

nobis solum nati sumus.


(Cicerone,

De

Officiis, lib.

I,

cap. VII,

22).

per

il

quale Cicerone invoca l'autorit di


;

Platone
u.vov

( ut

pre-

clare scriptum est a Platone )


in

questi infatti nella Epistola IX,


o>x.

principio, dice:

xaatc 7/UWV

aiw

Y^Y ovev

( ec^*

Schneider, del Didot, voi. II, pag. 551).

L'egoismo camuffato da
tradisce

disinteresse,

da amore del prossimi',

si

quando

si

commuove

per cose che lo toccano troppo da


la casa del vicino,

presso; e perci trema

quando vede bruciare

ma non

per sentimento di amicizia, bens soltanto perch potrebbe


l'

appiccarsi

incendio anche alla sua

352. 353.

Dopo

di

noi

il

diluvio!
col fuoco.

morto la terra si mescoli 354. Non siamo nati soltanto per

Me

noi.

[355*359]

Cupidigia, egoismo

103

355.

Nam

tua res agitur, paries


(Orazio, Epistola,

quum proximus
[ardet.
lib. I, epist. 18, v. 84).

Movente potentissimo

dell'

egoismo

la cupidigia

del

denaro.

O
il

quanti devoti di

Mammone

spinge a cose turpi o delittuose l'esedi Virgilio


!

crata

fame

dell'oro,
il

Vauri sacra fames

Per costoro

solo dio

356.

Dio dell'or Del mondo signor.


dice la canzone di Mefistofele nell' atto II, se. 2 del melo-

come

dramma Gounod
Gi
il

Faust, parole
(il

di J.

Barbier

M. Carr, musica
:

di

libretto originariamente francese

la

traduzione ita-

liana di

Achille de Lauzires).

pensiero del guadagno per tutti incentivo potentissimo, e

357.
I

....L'utile

sovente

pi schivi allettando ha persuaso.


la favola II gatto e il pipistrello di
;

come ammonisce
chi detto
vi
il

Luigi Fiac-

Clasio

ma

per

gli

adoratori del vitello d' oro non


l'

ha maggiore stimolo
:

di

quello che aguzzava

intelligenza di

Figaro

358.

All'idea di quel metallo


Portentoso, onnipossente,

Un vulcano la mia mente Gi comincia a diventar.


1//

Barbiere di Siviglia, parole


ivi,

ili

CxSAU

musica

di

Rossini,
:

a. I, se. 3).

Per costoro

1'

unica fede la fede di Gingillino

359.

Io credo nella Zecca onnipotente

nel figliuolo suo detto Zecchino.


-ri,

Gingillino, 1\

III.

355. Poich cosa che deve

interessarti, se

bruciala casa vicina.

I04

Chi l'ha detto?

[3o]

Il

grazioso

notissimo

Credo

di

Gingillino

(str.

32-34) pu

mettersi a raffronto con quello del gigante Margutte nel Margarite

maggiore

al

a dirtel tosto

10 non credo pi

nero, eh' a l'azzurro;

Ma nel cappone, o lesso o E credo alcuna volta anco


Ne
la cervogia, e

vuogli arrosto
nel burro,
nel

quand'

io n' ho,
il

mosto
;

E molto pi ne l'aspro che mangurro Ma sopra tutto nel buon vino ho fede, E credo che sia salvo chi gli crede.

credo ne la torta e nel tortello

L' uno la madre, e 11 vero paternostro

l'

altro

il

suo figliuolo

il

fegatello;

E E E

possono esser

tre,

due, ed un solo;

deriva dal fegato almen quello:


perch' io vorrei ber con un ghiaccinolo,
il

Se Macometto Credo che sia

il

mosto vieta e biasima, sogno o la fantasima.


(Luigi Pulci, Morgante maggiore,
e.

XVIII,

ott.

115-116).

Sarebbe stato pei devoti


la

di simil razza

che GuizOT avrebbe fatta

troppo nota raccomandazione

360. Enrichissez-vous.
che
gli si

attribuisce,

ma

falsandone

il

significato.

Guizot realmente
dei

disse

queste parole dalla tribuna della


la discussione

Camera
di la

Deputati
di

il

marzo 1843 durante


:

un progetto

crediti

per spese segrete

Il y a eu

un temps o

conqute des droits


la

sociaux et politiques a t la grande affaire de

nation
et

la

con-

qute des droits sociaux et politiques sur


classes qui les possdaient seules.

le

pouvoir

sur les
;

sons d'autres.

son

La conqute est accomplie pasVous voulez avancer votre tour, vous avez raine poursuivez donc plus, pour le moment, la conqute des
c'est leur hritage.
afi'oi-

droits politiques, vous la tenez de vos pres,

prsent, usez de ces droits

fondez votre gouvernement,

360. Arricchitevi.

[361-363]

Cupidigia, egoismo

missez vos institutions, clairez-vous, enrichissez-votis , amliorez


la

condition morale et matrielle de la France

voil les
cette

vraies

innovations; voil ce qui donnera satisfaction

ardeur de

mouvement, ce besoin de progrs qui

caractrise cette nation ,

(Moniteur universel, du 2 mars 1843, pag. 345). Questa dunque riabilitata, ma non egualmente potr
tarsi
1'

riabili-

altra,

forse

meno

cinica,
:

ma

certamente vera, che nelle

sentenze di Publilio Siro

361. Heredis fletus sub persona risus est.


(Mimi,
n.
n. 221, ed.
19, ed.

H.

Wlfflin et Ribbeck: Meyer).


fin nei
:

A
362.

scorno della venalit entrata nelle pubbliche cariche, e


si

pi onorevoli consessi

pu

ripetere la frase del

Giusti

....

Santo Stefano
al

Tira
Ricordate?

quattrino.
72
:

nella Vestizione, str.

in oggi

ha credito

Lo

sbarazzino,

O
11

Santo Stefano
al

Tira

quattrino.

Segretario Fiorentino ha un'altra frase piena di melanconico

scetticismo

ma anche

di verit

363. Gli

uomini dimenticano piuttosto

la

morte

del padre che la perdita del patrimonio.


uAvKi.Li, // Principe, cap. XXIIi.

361.

Il

pianto dell'erede un riso mascherato.

lo6

Chi

Dia

detto?

[364]

23.
Donna, matrimonio

Oh

che selva selvaggia mai questa dove sto per cacciarmi

Questo solo paragrafo arrischierebbe di diventare un volume,


pretendessi di accogliervi solo
il

s' io

fiore di quello

che prosatori e poeti

hanno

scritto sulle

donne, sub"'eterno femminino, come direbbe un


il

gazzettiere con frase usata ed abusata, dacch la cre

Goethe,

invocando:

364.
nell' atto

Das Ewigweibliche.

V del
al

Faust,

il

quale

si

chiude con la redenzione di Faust,

che sale

cielo salvato soprattutto dall'

amore

di

Margherita.
:

Il

Chorus mysticus

allora intuona

un

cantico, che finisce

Das Ewigweibliche
Zieht uns hinan.
e con questo ha termine la mirabile tragedia.

Conviene dire che

pi fra coloro che

si

valgono della frase


i

eterno femminino, la citano, per cos dire, a orecchio, poich

commentatori hanno consumato molto e molto inchiostro per


sare bene
il

fis-

significato di essa.

Udiamo

quel che ne scrisse uno

dei pi geniali

ed acuti nostri pensatori,

Ruggero Bonghi,
Hor
di

in

un

articolo

Perch la donna salva Faust? pubblicato nel Fanfulla


del

della

Domenica

15 ottobre 1882, e poi nelle

snbcesiv

(Napoli,

1888), pag. 217:

Nell'ultima scena appaiono pi

ombre o anime

donne:

la

magna

pcccatrix, la mulier Samaritana,


s'

pra tutte

innalza la

Mater
la

Gloriosa.

Maria ^gyptiaca e soQuelle domandano a quee la

sta che accordi a

Fausto

grazia sua, a Fausto che s' dimenti;

cato
la

una

sol volta, che

non sentiva d'errare

Mater
"

Gloriosa,
le-

Vergine Maria, dice a Margherita queste sole parole: " Vieni,


a pi alte sfere, egli
ti

vati

sente,

ti

vien dietro.

364.

Il

femminile eterno.

[365]

Donna, matrimonio

Ed

ecco quel che Fausto ha trovato.


;

morto
il

in

un

desiil

derio pi in l e pi in su

ed in cielo dove

pi in l e

pi in su infinito.

Ha

ora davanti a s la sua innamorata ter;

rena, tanto infetta di peccato quaggi, in istato di gloria


sta la

e que-

Vergine

1'

assicura che, se Fausto


di lei,

la

vede o, per

meglio

dire la sente,
ella sale.

ha sentore

vorr salire tanto in alto quanto


di salire pi in

Fausto ha ora modo, spazio e ragione


parole del
il

alto.

Le

Chorus mysticus spiegano, descrivendolo, e

raccogliendone
a
lui.

suo significato ideale, ci che accade d'intorno

Margherita appare spogliata oramai d' ogni accidentalit pas-

seggiera nella natura della

donna

essa, le tre penitenti


1'

Marie e

la

Mater
altro
l'

Gloriosa,

son diventate del pari


1'

eterno femminino, e lo
in

rappresentano.

Anche Elena
del

ha rappresentato a suo modo

un

momento

poema. Che questo eterno femminino?


e che

idealit a cui
;

l'uomo sempre mira

non

riesce

mai ad appro-

priarsi tutta

quella regione dei tipi in cui


gli
si

Fausto andato ad
Quivi la

evocare Elena che

infine dileguata dagli occhi.


;

Mater Gloriosa
posa e con

si

libra e sorvola

lass

1'

uomo

attratto senza

infinito

suo tormento e conforto.


vi

Se con questo non


che
il

siete

fatti

ancora una chiara idea di quel

femminino eterno, leggete il bello studio di Michele Kerbaker L' Eterno femminino e l'Epilogo celeste nel Fausto di Goethe,
:

negli Atti dell'Accademia

Pontaniana e ristampato a parte (Napoli,


nella prefazione preposta a questo

Pierro) nel

903

lo

Zumbini

saggio dice che esso la pi bella cosa che sul capolavoro del

Goethe abbia

la critica italiana.

Arrigo Boito
fele, parole e

ricord la frase goethiana


di lui

quando

nel

Mesto-

musica

medesimo

(atto

IV), fece dire da Faust

ad Elena

365.

Forma

ideal purissima

Della bellezza eterna.


In questa
fiorita di
frasi

e sentenze sulla

donna

ci
i

limiteremo

naturalmente a spigolare nel vasto campo, ricordando

motti rimasti

veramente popolari, e rimandando, chi


alle

sia

vago

di

saperne di pi,

numerose raccolte

speciali,

in

modo

particolare al dilettevole

io8

Chi l'ha detto?

[366-370]

libro dell' rino,

amico mio dott. Ludovico Frati, La donna italiana (To-

Bocca, 1899), cap. Vili.


le

Che cosa sono


esclamava
:

donne ? Figaro che non riusciva a comprenderle

366.

Donne, donne, eterni Dei! Chi vi arriva a indovinar!


(//

Barbiere di Siviglia, parole di Cesare Sterbini, musica di Rossini, a. I, se. 7).

Un
367.

umorista francese disse che

Les femmes sont extrmes: elles sont meilleures ou pires que les hommes.
(La Bruyre, Les Caractres ou les Moeurs de ce Steele. - Des femmes, 53; d. Servois, Paris, 1865, to.
I,

pag.

188).

con pi precisione

la

Bibbia sentenziava che:

368. Sapiens mulier aedificat

domum suam
(Proverbia,
e.

insi-

piens extructam quoque manibus destruet.


XIV,
lati
:

v.

1).

Ma

per

quanto alcuni ne mettano


la influenza

in

evidenza

buoni,

come per esempio

sui costumi,

dappoich

369. Les

hommes

font les
Le
1'

lois, les

femmes

font les

[murs.
(J.

A. H. de Guidert,

conntable de Bourbon,

a. I, se. 4).

per cui

il

Leopardi invoca
i

aiuto delle
:

donne

italiane alla rige-

nerazione della patria con

noti versi

370.

Donne, da voi non poco

La

patria aspetta.
(Nelle nozze della sonila Paoli**).

367. Le donne vanno agli estremi: o sono migliori o sono peggiori degli uomini.
368.

La donna
le

saggia edifica la casa

la

donna

stolta roviner

con

sue mani quella gi costruita.


le

369. Gli uomini fanno

leggi,

le

donne fanno

costumi.

572]

Donna, matrimonio

09

pi insistono nell' imprecare

ai difetti loro, e
i

principalmente alla
;

loro incostanza e volubilit. e poich tutti, a

Qui

classici
sia

non mancano davvero


del

momenti

perduti,
1'

per gusto proprio, sia

per dispetto

altrui,

zufolano

aria

della canzone
di

Duca

nel

melodramma
se.

Rigoletto, di F.

M. Piave, musica

Verdi

(a. Ili,

2):

371.

La donna mobile Qual piuma al vento, Muta d'accento - e di

pensier.
il

vale la pena di ricordare che questi meschini versi, ai quali

fa-

scino della musica dette celebrit,

non sono che

la parafrasi (stavo
:

per dire la parodia) del couplet di Francesco I

372.

Souvent femme varie, Bien fol est qui s'y

fie!

Une femme souvent


N'est qu'une
nel celebre
sc.

plume au vent!
roi s'amuse (atto IV,

dramma

di

Victor Hugo, Le
melodramma

2),
il

rappresentato e stampato per la prima volta nel 1832, e


prototipo del
italiano.
I

che

primi

due

versi,

che sono da lungo tempo quasi proverbiali in Francia, avrebbero


origine

ben pi antica. La leggenda vuole che Francesco


scrivesse col diamante del suo anello sopra

I,

par-

lando con sua sorella Margherita di Angoulme della incostanza


delle donne,
di
li

un vetro

finestra al castello di

Chambord
si

vetro che naturalmente oggi

pi non esiste,

ma

sulla cui fine

hanno

versioni diverse, e gli

uni lo rimpiangono venduto a

un

inglese ricchissimo, gli altri lo

dicono rotto
lire. Il

Ja

Luigi

XIV

per cavalleria verso

Mad. de

la

Valvuol

Fournier (L'Esprit dans l'histoire, cap.


la verit
il

XXII) non

credere a questo romanzetto, e riduce


confini,

entro pi modesti
disc.

cio al racconto di

Brantme,
(art. Ili:

quale nel quarto

delle Vies des

Dames

galantes

Ih'

l'amour J

'i. Sovente muta


fida;

la

sovente

la

donna e ben pazzo colui che in lei condonna non che piuma al vento.

no
d un' altra versione
fois,

Chi l'ha detto?

[373*376]

di

questo aneddoto

Il

me

souvient qu'une

m'estant

all

pourmener Chambord, un vieux concierge, qui


de chambre du roy Franois, m'y
avoit ds ce temps-l

estoit cans et avoit est valet

reeut fort honnestement, car

il

connu

les

miens

la

cour et aux guerres, et luy-mesme

me
il

voulut monstrer

tout; et m'ayant
escrit

men

la

chambre du Roy,
Tenez,

me monstra un
monsieur,
:

au coste de

la fenestre:

dit-il, lisez cela,

si

vous n'avez veu de l'escriture du


l'ayant leu, en grande lettre
il

Roy mon
:

maistre, en voil

et

Del resto anche Virgilio


scrisse
:

y avoit ce mot Toute femme varie. nell' Eneide (lib. IV, v. 569-570)

373.

....Varium et mutabile semper

Femina.
e
il

Tasso

nella

Gerusalemme

liberata (e.

XIV,

ott.

84)

374.

Femmina
Vuole

cosa garrula e fallace,

e disvuole: folle
la parafrasi dei

uom

che sen

fida.

che proprio sembrano


cesi,

due

versi proverbiali fran:

- ed

egli stesso in altri de' suoi


....

componimenti aveva detto

In breve spazio

S' adira e in breve spazio

anco

si

placa

375.

Femina, cosa mobil per natura


Pi che fraschetta
al

vento, e pi che cima


iTasso, Aminta,
a.
I.

Di pieghevole
e quasi
il

spiga.
so.
2).

medesimo verso

376.
si

Femina

cosa mobil per natura.'


in

ritrova nel

Petrarca,
il

un Sonetto in vita di M. Laura, nu:

mero

CXXXI secondo

Marsand, che comincia Se


son.

7 dolce sguardo

di colei m'ancide, ed
autografi.

il

CL

dell'ediz.

Mestica condotta sugli

373. La donna sempre cosa varia e mutevole.

[377*38]

Donna, matrimonio

Un

curioso

riscontro

con

versi

dell'

Hugo pu

trovarsi

nel

Filostrato del

Boccaccio

(Parte Vili,

str.

30, ediz. del Moutier,

Pag- 253):

Giovine donna mobile, e vogliosa

negli amanti molti,

e sua bellezza
e

Estima pi

eh' allo specchio,

pomposa
;

Ha

vanagloria di sua giovinezza

La qual quanto

piacevole e vezzosa
1'

pi, cotanto pi seco

apprezza

Virt non sente, n conoscimento,

Volubil sempre come foglia al vento.


Altri riscontri

ho enumerati

in

un

articolo 77

romanzo d'una
1

ro-

manza che

pubblicai nella Rassegna Settimanale Universale,


di additare

896,

num. 45. Mi contenter qui

ancora questi due:

377. Crede ratem ventis,

animam ne

crede puellis,
fide.

Namque
che sono
i

est

feminea tutior unda

primi due versi di un epigramma, col titolo


nelle vecchie edizioni attribuito talora a

De muPetro2):

lientm

levitate,

nio Arbitro,

Amleto nelP

Quinto Cicerone e 1' immortale dramma di Shakespeare


talora a
;

esclamazione di
(a. I, se.

378. Frailty, thy

name
intitola
la

is

woman!
di

Lorenzo da Ponte
Corte
il

un'opera comica, musicata da W. A.

Mozart e rappresentata per

prima volta a Vienna nel teatro


la frase

26 gennaio 1790, con

ironicamente consolatoria:

379. Cos fan tutte.


o La Scuola
delle

Amanti ; mentre un
tutti
:

altro

drammaturgo

e ropre-

manziere mette a carico loro

delitti

del

tempo passato,

sente e futuro con le parole

380. Cherchez la

femme.

J77 Confida la navi- ai Muti, ma non il cuore alle fanciulle; poich l'onda pi sicura della fede donnesca.

378.

fragilit,
la

il

tuo

nome

donna.

380. Cercate

donna.

Chi l'ha detto?

[381-382]

Ricorderete che

Alessandro Dumas
la

padre, nel

dramma Les
alla Gaite in

Mohicans de Paris, rappresentato per


il

prima volta
frase

20 agosto 1864, ha reso popolare questa bocca a un poliziotto parigino, Jackal, che se

ponendola

n' fatto
se. 7
;
:

una mas-

sima fondamentale. Vedi atto III, quadro V,

me

Il y a

une femme dans toutes


je dis:

les affaires

aussitt qu'on

fait

un rapport,
et

Cherchez la
est

femme! On

cherche la

femme

quand
bien?

la

femme

trouve....

Eh On
Qualcuno
1'

ne tarde pas trouver l'homme .


il

Vedasi anche

romanzo omonimo,

vol.
al

I,

ai

cap. 34 e 35.
altri

ha attribuita originariamente

noto Fouch,
1759,

De

Sartine, luogotenente generale


sur
les

di polizia nel
dell'

altri

l'ha

cercata nel Dialogue

femtnes

abate

Ferdinando GaVI,
v.

liani

ma
:

le origini si
il

hanno a

investigare pi lontano, nientemeno


(sat.

che in Giovenale,
scrisse

quale nelle Satire

242-243)

Nulla

fere causa est,

in

qua non femina litem

Moverit
Nella Revue des
l'articolo intitolato

Deux Mondes
L'Alpuxarra)

del i sett. 1845,


cita

Ch. Didier

(nel-

un proverbio spagnolo molto


:

grossolano che esprime la stessa idea, e aggiunge (pag. 822)


roi

Le

Charles III (1716-1788) en tait


:

si

convaincu que sa premire


s'appelle-t-elle?
savio,

question en toutes choses tait celle-ci

Comment
1'

La Bibbia

fa carico alle

donne

di

condurre

uomo, anche

alla perdizione:

381. Propter speciem mulieris multi perierunt.


{Ecclesiastico, cap, IX, v.
9).

382.

Vinum

et

mulieres apostatare faciunt


[BetUtUuHeo, e XIX,
v.

sa2).

pientes.
Certamente non
I'

e'

chi ignori quanto grandi siano la malizia e


:

astuzia delle

donne

381. La bellezza delle donne mand molti 382. Il vino e le donne fanno apostatare

in
i

malora.

saggi.

[383-386]

Donna, matrimonio

13

383
che
il

tutti,

se vuole, la

donna

la fa.

verso finale del

dramma

giocoso
di

L'Italiana in Algeri,
(a. II, se.

parole di

Angelo Anelli,

musica

Rossini
lei

ultima)

ma

esagerano coloro che sospettano di

anche quando

sola,

ossia nella materiale impossibilit di peccare,


scrisse
:

come

il

filosofo

che

384. Mulier

cum

sola cogitat

male

cogitat.

(Publilio Siro, Mimi, n. 335, ed. Wlfflin et Ribbeck; n. M. 27, ed. Meyer).
Soprattutto non
s'

impaccino delle cose che non

le

riguardano

385.

Mulieres in ecclesiis taceant.


(Ejiist. S.

Pauli ad Corinthios,

I,

cap.

XIV,

v. 34).

come

dice

il

Vangelo. Secondo Origene (In Exod., hom. XII, 2


le Costituz.

Migne, Patr. gen., 12, 383) e


durante

Apost.

(lib. Ili, 6)

il

mo-

nito era diretto soprattutto a vietare alle donnette di chiacchierare


gli uffici divini
si
:

ma

fu interpretato restrittivamente, fino al


giustificare
il

punto che

volle

con esso

divieto per le donne, duil

rato molti secoli, di cantare in chiesa e quindi


bire
i

barbaro uso

di adi-

castrati alla

musica sacra.

Ma

sulla storia e sulla interpreta-

zione di questo testo ha scritto dottamente nel Bulletin d'ancienne


littrature et d'archologie chrtienne, I re anne, n. os 1-2 (15 janvier,

15 avril 1911)

Pierre de Labriolle
le

" Mulieres

etc.

"

un aspect de
e remissivo

la lutte antimontaniste .

Ed un
la

contegno discreto

doveroso per

donne, essendo ormai pacifico, anche


giuristi,

per un ditterio degli antichi


l'

che

donna

vale

meno

del-

uomo

386.

Major dignitas

est in

sexu

virili.
lib. I, tit 9,

(Ulpiano, nel Digesto,

lex

1).

384.

La donna quando pensa da sola, mal pensa. 385. Le donne in chiesa (ossia nelle pubbliche adunanze, nei pubblici
affari)

stiano zitte.

386.

Il

sesso maschile ha

maggior dignit del

femminile (ossia

prevale

di

fronte alla legge).

114

Chi l'ha detto?

[387-389]

chi, perseguitato dalle


il

donne, volesse trarne vendetta,

difficile

di suggerire

come. Forse perseguitandole? oib! cattivo mestiere,

387. Il mestiere di

molestar
il

le

femmine,

il

pi

pazzo,

il

pi ladro,

pi arrabbiato me-

stiere di questo

mondo.

(Manzoni, Promessi Sposi, cap. XXIII).

L'unica vendetta

possibile,

secondo alcuni,
il

gli

il

matrimonio!

ma
il

un'

arme
il

pericolosa,

come

cattivo coltello, che taglia prima

dito che

pane. Cominciano a dirne plagas


",

etimologisti

388. " Cselebs


ha
il

caelestium vitam ducens.


ombra
23
di
;

coraggio

di

affermare, senz'

dubbio, Prisciano
nella ediz. dell'Hertz,
ai

nelle Institutiones

Grammatic

(lib. I,

Lips. Teubner 1855, a pag. 18). Del resto domandatelo

mariti.
:

Quanti di loro chiameranno beato solo colui che possa scrivere

389. Ci-gt

ma femme: oh qu'elle est bien Pour son repos et pour le mien.


si elle

Fournier dice di questo feroce epigramma, qui n'est pas d'un


trop mchant pote,
est

d'un assez mchant mari. Alcuni


calunniano, poich
il

P attribuiscono a PlRON, ma
mari,

lo

fut

bon

mme

en vers

invece di J.

Du

Lorens, bon
et
si

faiseur
il

de

satires,

dans lesquelles, en mari malheureux

consquent,

continue de ne pas pargner sa femme.

Non

lo

confonda con
tardi, e

Enrico Giuseppe
autore di molti

Du
scritti

Laurens, vissuto circa un secolo pi


satirici

irreligiosi.

Questo epigramma fu
:

mediocremente imitato

dall' ab.

Saverio Bettinelli

Oh come ben mia moglie qui si giace Per la sua, per la mia pacel

Un

giornale parigino narrava


all'

che nell'ottobre del '96 un ne-

goziante and

amministrazione del cimitero del Pre Lachaise

388. Celibe, vuol dire chi conduce vita celeste. 389. Qui giace mia moglie: oh come sta bene qui per
suo e per
il

il

riposo

mio.

[39*39 2 ]

Donna, matrimonio

a chiedere di potere scrivere sulla


francesi or ora citati,

tomba

di

sua moglie

due

versi

che

gli

piacevano tanto da non

fargli

com-

prendere come qualcuno potesse trovare sconveniente

la epigrafe.

Vi assicuro,
ne rido
io.

egli diceva,

che mia moglie ne riderebbe

come
non
una
:

Era tanto

allegra!

Vedendo che
fare

suoi argomenti

riuscivano a smuovere la direzione dal suo

rifiuto,

propose

mezza misura, rassegnandosi a

scrivere
le
....

queste sole parole

A ma
E
si

femme, morte
Enfin
!

1896

adir sul serio

quando
i

gli

fu detto che erano ancora sconlo

venienti e
rilievo, e

Y Enfin e

due punti ammirativi che


ai tribunali

mettevano

in

voleva ricorrere

{Corriere della Sera, 4-5 no-

vembre 1896).

Non
meno

e'

dubbio invece che

il

matrimonio ha del buono


i

per lo

esso sovente valvola di sicurezza contro

traviamenti del

senso, secondo la sentenza del Vangelo:

390. Melius est nubere


(Epist.

quam
!

uri.

prima

S.

Pauli ad Corinth., cap. VII.

Ma

ci

sono anche

tanti guai

Anzi

tutto, se

si

ascoltano alcuni
le-

scrittori,

che cosa potrebbe esistere di pi intollerabile di un


cui
I'

game da

amore

fuggito
:

poich, non ostante

le restrizioni

dell' autore,

tutti

ripetono che
il

391.

Il

matrimonio
dell'

sepolcro dell'amore; per,

amor

pazzo, dell'

amore

sensuale.

(F. D. (ii /KHKA/.Z1, Epistolario, a cura di G. Carducci, I, le. 421, del 6 otto-

bre 1853, al dott. Antonio Mangini).


Inoltre pericolosissimo scoglio fra tutti quelli che possono incontrarsi

navigando per questo mare traditore,

lo scoglio delle co-

niugali infedelt,

bench:

392.

Peu en meurent, beaucoup en

vivent.

390. Meglio sposarsi che ardere [di concupiscenza]. 392. Pochi ci muojono, molti ci vivono.

1 1

Chi V ha detto?

[393-396]

detto che

si

attribuisce a

Jean de Santeul,

col quale
gli

un marito

si

lagnava della infedelt di sua moglie, e che


Gran cosa in fondo
!

avrebbe risposto:

Non

che

un male

d'

immaginazione. Peu

en meurent, beaucoup en vivent!


sato
si

certo che nel secolo pasil

guardava assai poco a queste miserie, mentre


di

cicisbeismo

aveva portato tanta rilassatezza


applicarsi
il

costumi, e a tante mogli poteva

verso del Parini:

393.

La pudica

d'altrui sposa a te cara.


(//

Mattino, v.

749).

Egli stesso pi sotto al v.

1024:
sposa a cui
se' caro,

De

I'

altrui fida

e lo stesso concetto ripetuto,

con frequenza forse eccessiva,

in

tutto

il

Giorno.

E, quel che peggio, anche a quelle che erano immuni dal


vizio,

non era da

darsi gran lode per la virt loro, se era vero che:

394. L'honntet des

femmes
et

est

de leur rputation
Al marito che

souvent l'amour de leur repos.

(La Rochefoucauld, Maximes,


si

CCV).

trovasse in

tali

dolorose circostanze, non saprei

davvero quale consiglio dare.


dulgenza declamando
cipio alla poesia
i

XIV

Mi parrebbe peccare di soverchia inversi con quali Victor Hugo d prinnei Chants du crpuscule:
i

395.

Ah!

n'insultez jamais
sait sous

une femme qui tombe!

Qui

quel fardeau la pauvre

me
!

[succombe
ma
d' altra parte
:

non

sarei cos feroce

da ripetere col drammaturgo

francese

396.

Tue-la.

394. L' onest delle donne spesso significa soltanto l'amore della
loro riputazione e della loro quiete.

395.

Ah

non

insultate

mai

la

fardello quella povera

donna che cade chiss sotto quale anima soccombe


!
!

396. Uccidila!

397*398]

Donna, matrimonio

proposito di un clamoroso processo,


la

il

processo

Le Roy Du-

bourg, dove un marito, colta

moglie in flagranza di adulterio,

F aveva

uccisa insieme

all'

amante, Henry d' Ideville aveva pubbli:

Faut-il tuer la femme Alessandro Dumas figlio rispose nel giugno 1872 con un celebre opuscolo L'homme -femme, di cui la conclusione la seguente Ce n'est pas la femme (parla della donna colpevole), ce n'est mme pas une femme elle n'est

cato nel Soir

un

artcolo sulla questione

adultre? Faut-il lui pardonner? .

pas dans

la

conception divine,

elle est

purement animale;
de Can
;

c'est la

guenon du pays de Xod, ha poi


scritto la

c'est la femelle

- tue-la.
nell'

Femme

de Claude

(1'

annunzia gi

Dumas Homme-

femme) per

sostenere sul teatro la sua tesi;

ma

ne ha errato la

dimostrazione, poich Claudio uccide Cesarina perch ladra e traditrice della patria,

non perch

adultera.

Al Tue-la
les
:
il

classico furono contrapposte altre frasi, Tue-le,


di risparmiare
1'

Tue-

primo da chi consiglia


il

adultera, e vendicarsi

sul complice,

secondo da chi vuole punire ambedue.


del

Dumas
il

stesso
al-

svolge la

tesi

Tue-le in altro de' suoi drammi, anteriore di

cuni anni alla


offeso uccide
1'

Femme

de Claude, la Diane de Lys dove


:

marito

adultero, ed agli accorsi risponde


et je l'ai tu
!

C'tait l'amant
nella

de

ma femme,
all'

- Invece mii.e de Girardin

risposta

Homme-femme, pubblicata nel luglio 1872 col titolo: L'homme et la femme, ricordando il processo Le Roy Dubourg, dove
un marito che aveva
coloro
quali
fatto

era

una pratica applicazione del Tue-Us,

dice che quell'uomo era turbato dallo scioglimento della

Diane de Lys.
medesimi

A
la

ai

il

consiglio di
si

Dumas
:

o de' suoi imitatori non

garbasse troppo, e che non


terribile interrogazione di

sentissero di ripetere a s

Otello

397.
nel
(a.

Come
lirico

la
di

uccider?
Arrigo Borro, musica
il

dramma
Ili,
se.

omonimo

di

Verdi
il

6),

suggerir forse

divorzio? prima di tutto

di-

vorzio

non ancora ammesso

dalla nostra legislazione,

e poi

398.

Le divorce

est le

sacrement de l'adultre.

398.

Il

divorzio

il

sacramento" dell' adulterio.

1 1

Chi l'ha detto?

[399-402]

Io credo che in molti casi


faceva Gosto con Mea, che

il

miglior partito sarebbe di fare

come

399

Sulle spalle a

lei

fece sovente

Scender legnate da levare il pelo, Uso che bene spesso e volentieri, Pass poi dai villani ai cavalieri.
(Guadagnali. La lingua di una donna
alla prora, sest.
2).

tanto pi che, si vera sunt exposita,

non

tutte le

donne

si

ribelle-

rebbero
la

all'

applicazione di questa ricetta. Ricordatevi di Martina,


al casigliano ve-

moglie di Sganarello, che battuta dal marito,


le

nuto a prender
dalla

sue difese, e cui tocca di andarsene schiaffeggiato

donna

e bastonato dall'
se.

uomo (Molire, Le mdecin mal-

gr

lui,

atto I,

2),

risponde:

400.

Et
proprio
il

je

veux

qu'il

me
i

batte,

moi

caso di dire che


gli

Varii sono

umor come

cervelli

A
rai
;

chi piace la torta,

a chi gli uccelli.


ti

Se vuoi lodare donna, comincia dalla bellezza, e non


e in tal caso potrai salutarla

sbaglie-

con

le

parole di Paolo alla cognata

Francesca

401.

....Bella

Come un
Suo
ovvero
dirle

angel, che Dio crea nel pi ardente

trasporto d'amor.
(Pellico, Francesca da Rimini,
:

a. Ili, se. 2).

402.
come
una
nel

Quanto

bella,

quanto cara!
d' Amore
,

melodramma L' Elixir


di

parole di Felici

Rolei
:

mani, musica

Donizetti

(a. I, se. 1).


il

se puoi permetterti con

celia innocente, ripetile

principio della cabaletta di

Radamcs

400.

io

voglio eh' egli mi batta, io

[403-408]

Donna, matrimonio

I19

403.

Celeste Aida, forma divina.


(Aida, opera di A. Ghislanzon'i. musica
di G.

Verdi,

a. I. se.

1).

ovvero lagnati col destino che per tua disgrazia la fece tanto bella,
e di' che
:

404.

La

faute en est aux Dieux Qui la firent si belle, Et non pas mes yeux.
un oscuro poeta
tre versi

usando

le
(

parole di
1

del seicento,

Jean de Lixil

gendes

5 80-

6 1 6; di cui la sola cosa non dimenticata


i

ma-

drigale che finisce con

citati.

Puoi lodarne

la

modestia, paragonandola alla rosa del giardino

d'Armida,

la

quale
si

405.

Quanto

mostra men, tanto pi


(Tasso, Gerusalemme liberata,
e.

bella.
ott.
14).

XVI.

a differenza di quel che diceva Glauco alla schiava nel


di

melodramma
:

Giovanni Peruzzini,

\a.Jone,

musica

di Petrella (a. II, se. 4)

406.

Meno

ritrosa sarai pi bella.


le

ovvero puoi vantarne

domestiche

virt,

sia

ripetendo

l'

elogio

che un'antica iscrizione sepolcrale romana fece di Claudia, bella,

pudica e frugale massaia


n.

(Orelli, Inscript. lai.

ampliss.

coll., vol. II,

4848):

407.
sia

Domum

servavit

lanam

fecit.

lodandola per

la semplicit

dell' acconciatura,

poich

408.

Mulier recte

olet,

ubi nihil olet.


a.
I.

(Plauto, Mostellaria,

te

3,

v.

2:M.

404.

La

colpa non degli occhi miei,


!

ma

degli

Dei che

la

fe-

cero tanto bella

407. Visse in casa filando lana. 408. Di buono sente quella donna che

di

nulla sente.

Chi l'ha detto?

[409-413]

(confronta con

CICERONE \Ad Atticum,

2, 1, 1]

Mulieres ideo

bene olere, quia nihil olebant),

ma non

lodarla per la ricchezza,

poich veramente, troppe volte se non sempre:

409. Intolerabilius nihil est

quam femina

dives.
v. 460).

(Giovenale, Satira VI,

Puoi anche lodarla

tutta,

e dire col gentile cantore di Laura:


.

410.

Beati gli occhi che la vider viva.

(Petrarca, Sonetto in morte di M. Laura, num. XLI secondo il Marsand, comincia: L'alto e novo miracol eh' a' d nostri ; ed. Mestica, son. CCLXVIII).

ovvero chiamarla col Parini

41 li

Un tesor che non ha pari E di grazia e di belt.


(Le nozze,
str.
12).

Confronta pi sotto,

alla str.

15 della stessa canzone,

versi:

Un

tesor che

non ha

pari

Di bellezza

e di virt.

Tuttavia non esagerare nella lode, perch guai

a chi
:

ha una

donna

perfetta,

come malignamente

dice

Giovenale

412. Quis ferat

uxorem

cui constant

omnia?
v.

(Satira VI,

166).

Ma
una

se al contrario vuoi farle ingiuria,

1'

Ariosto

te

ne insegna

ricetta

sicura

413

A donna non si fa maggior dispetto, Che quando o vecchia o brutta le vien detto.
(Orlando furioso,
e.

XX,

ott. 120).

Cito qui per ultimi, non essendomisi offerta altra occasione,

due notissimi

versetti

biblici,
di

che

si

ripetono ad ogni
:

momento

proposito di matrimonio e

moglie

409. Nulla pi insopportabile di una donna ricca. 412. Chi sopporter una donna che abbia tutte le perfezioni?

[414-4 1 /]

Errore, fallacia dei disegni, ecc.

\z\

414.

Os ex

ossibus meis, et caro de carne mea.


{Genesi, cap. II, vers. 23).

415.

Erimt duo

in carne una.
{Genesi, cap. Ill, vers. 24; - Vang, di S. Matteo, cap. XIX, t. 5: - Vang, di S. Marco,
v. 16; - Id.

cap. X, v. 8; - S. Pauli I. ad Corinth., cap. VI, ad Ephes., cap. V, v. 31).

Il

Vangelo di S. Matteo soggiunge anche nel vers, seguente


coniunxit,

(6)

Quod Deus

homo non

separet.

finir

col verso ovidiano,


le

di cui la satira

misogina

si

vale per

raggiungere

donne

fino in teatro

dove esse:

4 1 6. Spectatum veniunt, veniunt spectentur ut ipsse.


(Ovidio. Ars Amatoria,
lib. I, v. 99).

24.
Errore, fallacia dei disegni
insufficienza dei propositi

L* errore cosa
[errare

affatto
est),

umana, come
di

dice

un

trito

adagio latino
il

humanum

ed segno

grande vanit

credere di
dice che

sottrarvisi e di essere infallibile.

Un

proverbio

toscano

anche

il

prete sbaglia all'altare, e

Orazio ammonisce che:

417.

Quandoque bonus dormitat Homerus.


{Art,-

f ottica,

v.

Nonostante tutto questo,


errori

il

mondo
piega

che per

le

colpe, ci che

il

meno indulgente modo di


<i

per

^\i

414. (isso delle mie ossa, e carne della mia carne.


^.iranno due in

una carne

sola.

416. Vengono per ammirare, e per essere loro stesse ammirate. 417. Uualche volta sonnecchia anche il buon Omero.

Chi l'ha detto?

[418-420]

418. C'est plus qu'un crime, c'est


dovuto a Fouch, Ministro
di Polizia sotto
il

une
d'

faute.

Primo Impero, che


Enghien,
fuci-

lo disse a proposito della esecuzione del lato nella notte dal

Duca

20

al

21 marzo 1804. Egli stesso ne riven-

dic la paternit nelle sue

Memorie : Je ne

fus

pas

celui

qui

osa s'exprimer avec


le

le

moins de mnagement sur


de l'humanit.

cet attentat contre

droit des nations et


c'est tine

C'est plus

qu'un crime,

dis-je,

faute! paroles que

je rapporte parce qu'elles ont

t rptes et attribues d'autres.

A
419.

questa frase

si

pu avvicinare

la

seguente, che ha essa pure

origine nella

moderna

storia politica di Francia:

Il

n'y a plus une seule faute commettre.


Thiers
nella seduta del

dette da

Corpo Legislativo
qui

del 14 mar-

zo 1867., svolgendo una interpellanza sur

les affaires extrieures

de

la

France, spcialement

en

ce

concerne l'Allemagne et

l'Italie. Il suo
sieurs, je

discorso concludeva cos:


et

En
le

finissant,

mes-

vous en supplie, pour vous

pour

pays, rattachezla politique

vous compltement cette politique que j'appelle

du

bon

sens, car, je vous le dclare, il n'y a

plus une seule faute


col. 4).

commettre (Moniteur Universel, 15 mars 1867, pag. 295,

nutrire delle

L'errore nasce molte volte dalla insufficienza dei propositi. Facile


il

buone

intenzioni,

ma

420. Hell

is

paved with good intentions.


Boswell
nel
nella vita eh' egli scrisse di
al cap.

Questa frase ricordata da

Samuele Johnson,
d'altra parte

IX, come

detta da

lui

in

et senile;

Walter Scott
chap.
7) la cita

moor

(to. I,

romanzo The Bride of Lammcrcome un detto di un teologo inglese,

che non nomina, alludendo probabilmente a


quale negli Jacula

Georges Herbert,
la

il

prudentum

(ediz. del

1651, pag. 11)

in

questa forma

Hell

is

full

of

good meanings and wishings.

418.
419.

pi che un delitto, un errore.

Non manca

pi un solo errore da commettere.


di

420. L' inferno lastricato

buone

intenzioni.

[421]

Errore, fallacia dei disegni,

1-3

Sembra per che


bate per

si

tratti

di

sentenza ben pi antica perch gi


:

S. Francesco di Sales nelle Lettere spirituali dice


il

Non

vi tur-

detto di S. Bernardo che

l'

inferno pieno di buone

intenzioni e proponimenti .

Non

v'

ha cosa che pi nuoccia

al successo, dell' incertezza dei

propositi, quella incertezza che

bene pu essere

significata col fa-

moso motto

421. Forse che


il

forse

che no.
di

bizzarro titolo di

un romanzo

Gabriele D'Annunzio pub-

blicato nel 19 io

ma

che ha origini molto antiche.

noto che

il

D'Annunzio
di

lo trasse dal

motto che figura ripetuto nei meandri


il

un laberinto fregiante
a

soffitto

d'una

delle

sale

del palazzo

Gonzaga
cui
i

Mantova

e fu detto alludesse alle difficili condizioni in


al

ebbe a trovarsi Vincenzo Gonzaga

tempo

delle guerre contro

Turchi.

Ma

esso risulta inciso anche sopra la pietra angolare di


se-

una vecchia casa a Piacenza, pare sino dal principio del xvn
colo. Il proprietario della casa adott
d'
il

motto mentr' era

in attesa

un responso dei magistrati che

tagliasse corto alle difficolt op-

poste dalle vicine

monache

di S. Spirito,

a che

egli

costruisse in

quel punto un
3 ottobre

balcone. L' Illustrazione Italiana, nel n. 40, del


le

1909, a pag. 330, d


di
il

riproduzioni fotografiche tanto


pietra di Piacenza.

del soffitto

Mantova quanto

della

Ma

ovvio che

motto non

fu inventato

n per l'uno n per

l'altra.

Bisogna

risalire

a una frottola musicata da quel Marchetto Cara,


fin

cantore dei Gonzaga


vari

dal

1495,

cui canti -

come

dice

il

Da-

s'

erano

resi

tanto popolari a
intesi

Mantova che alcune


si

volte,

prima ancora che fossero


le

alla Corte,

udivano cantare per

pubbliche vie dal popolo (Rivista Storica Mantovana, 1885);


:

essa comincia appunto


Korsi che

si

forsi

che no

El tacer nocer non p. on fia el

mondo ognor O

Forsi che

forsi

che no ecc.

ed nel Libro Quarto delle Frottole pubblicato a Venezia da Ottaviano Petrucci nel 1504. Addit questa fonte e raccolse queste
notizie

Eugenia Levi nella Lirica italiana nel Cinquecento

124

Chi l'ha detto?

[4 22 ]

Seicento fino all'Arcadia (Firenze, 1909;

ved. a pag. XLiv, 123,

408), la quale pubblica anche (a pag. 123) un'altra canzonetta,


anteriore al

161 2 e intitolata
:

La

Mamma

Cantatrice. Alla

Mo-

donesa,

che finisce

Forse che

sie

forse che noie


tutt'
i

L'Agnesa sa ben

fatti

suoie.

Pi tardi V. Errante, studiando nell'Archivio Storico Lombardo, 1915, voi.

XLII,

disp.

a
,

pag. 15-114, la tradizione dell'ori-

gine di questo motto nelle vicende della terza spedizione del duca

Vincenzo Gonzaga
la

alla

guerra di Ungheria contro


la

Turchi (1601),

dimostr insussistente, non essendo vera


in

presunta prigionia del


la disfatta del

duca

un laberinto

costruito dai Turchi

dopo

1601

e ritiene invece attendibile la fonte


al laberinto del soffitto

additata dalla Levi.

Quanto

mantovano, uno storico del tempo afferma

eh' esso riproduceva

il

laberinto disegnato dal Bertazzoli nei giardini


eh' esso fosse
il

del
lui

duca

il

duca volle

corpo della impresa da


s

assunta e che ebbe per

anima

il

motto Forse che

ecc.

Ma nello
non crede

stesso fase.
l'

eW A.

S. L., a pag. 238, Francesco Novati

esatta

asserzione della Levi e dell' Errante che le origini


:

del motto siano da cercarsi nelle frottole del Cara

poich

il

motto

medesimo
pubblicati
voi.

si

trova gi in

una

serie di

Proverbi toscani del sec. xiv


della
Lett,
/tal.,

da esso Novati

nel

Giorn. Stor.

XVIII, 1891, pag. 115 sopra un


il

codice dell'Universitaria di
le

Bologna. In questa interessantissima fra


verbiali italiane,

pi antiche

sillogi
:

pro-

motto

si

presenta in questa forma


s
:

Forse ke Forse ke
Si tratta

Forse ke no
ti

sa tu.
di

dunque, non del primo verso

una canzone popolare


sulle

diventata famosa,
tutti

ma
XIV.

di

un proverbio che correva

bocche

di

sin dal sec.

Inoltre anche le
tardi
ti

buone intenzioni conviene usarle a tempo, e


la

se

risolvi,

non sempre

fortuna

ti

mostrer

il

medesimo

viso.
il

Ricordati della favola

/ due

susini

di

Luigi Fiacchi, detto

ClaSIO,

della sua morale:

422. Potea,

non

volle, or

che vorra, non puote.

[423-427]

Errore, fallacia dei disegni, ecc.

125

Per

il

buon

volere

non sempre
esito
:

basta, anche usato al

momento
che

propizio, perch ad

un buon

possono contrastare ragioni sugi

periori alle forze individuali

sappiamo

da

Dante

423. Contra miglior voler voler


e

mal pugna.
e.

(Purgatorio,

XX,

v.

1).

da un devoto libro che

424.

Homo

proponit, sed

Deus

disponit.
lib. I,

(Imitazione di Cristo,

cap.

19, v. 9).

imitando una sentenza

di

Publilio Siro

425.

Homo

semper

aliud, fortuna aliud cogitt,


(Mimi, n. 216, ed. Wlfflin et Ribbeck: n. H. 14, ed. Meyer).

o meglio un versetto della Bibbia


sed

Cor hominis disponit viam sttam

Domini

est dirigere

gressus eius {Proverbi, cap.

XVI,

v. 9).

Un

proverbio toscano dice che

una ne pensa
al

la lepre, e

una

il

cane: e

FNLON

dette

nuova forma

pensiero dell'autore della fte de


7

V Imitazione, scrivendo nel 1685 nel suo Sermon pour

V Epiphanie, sur
mais Dieu
le

la vocation des

Gentils

(I er

point,

e alina),

a proposito della scoperta dell'America: Ainsi

l'homme

s'agite,

mne

.
i

Allora, a chi tocc vedere cosi delusi


dire con

propri

disegni,

potr

Plauto

426.

Oleum
ofjni

et

operam

perdidi.
119).

(J'crnitlus, a. I, se. 2, v.

Di
carla

impresa sar quindi savio partito


sia

di

attendere a giudi-

quando

giunta a

fine,

ovvero

427.

En

toute chose

il

faut considrer la
ult.

fin.

(La Fontaine, Fables,


verso:

lib. Ill, fab. 5, et le

Le Renard

Bouc).

424. 426.

L'uomo propone ma Dio

dispone.
la

425. Sempre l'uomo ne penta una.

fortuna un'altra.

Ho

perduto l'olio

la

fatica.
alla

427. In ogni tosa bisogna guardare

line

126

Chi l'ha detto?

[428-430]

che traduzione del classico Respice finem. Molte volte chi


accinto ad ardua fatica, superate facilmente
si

si

le

prime ovvie
:

difficolt,

trov impotente di fronte alle seconde pi gravi

428.

Facilis descensus Averni.


(Virgilio, Eneide,
lib.

VI,

v. 126).

che tolto da un pensiero del filosofo

Bione

riportato

da Dio-

gene Laerzio
nare
!

(lib.

IV, cap.

7, n. 3, 49). Il difficile di ritor-

Attenti perci a

non largheggiare
dell'
il

di vanti e di

promesse,

a non vendere la pelle

orso prima di averlo ucciso, perch


:

non

si

abbia a ripetere

satirico verso

429. Parturiunt montes, nascetur ridiculus mus.


(Orazio, Arte poetica,
allusivo alla favola di
tata
v. 139).

Esopo, La montagna che partorisce,


(lib.

imi-

anche da

Fedro

IV,

fav. 22).

25.

Esperienza

Credete a chi ha anni ed esperienza:

430.
come
dice

Experto
un emistichio
si

crdite.
lib.

di

VIRGILIO {Eneide,
in
altri

XI,

v.

283)

ma

era proverbio che

ritrova anche

classici

(S11.10

Ita-

lico, VII, 395; Ovidio,


e che
il

Ars Amandi,

III,

511; Fas., V, 674)


:

medio evo stemper


subito,

nella barbara formula scolastica

Quam

quam

certo,

experto crede Roberto.

428. Facile

la

discesa
i

all'

Inferno.

monti, e nascer un ridicolo topo. 429. Partoriscono 430. Credete a chi ha provato.

-;3 2 ]

Esperienza

127

da alcuni attribuita

al

poeta maccheronico

AMT. de Arena.

Cfr.

Interni, des cherch. et des cur.,

IO aot 1904, col. 202.

La

pi grande delle esperienze quella del dolore, quella che


il

ha suggerito a Didone

bellissimo esametro

431.

Non

ignara mali, miseris succurrere disco.


(Virgilio, Eneide,
lib. I, v. 630).

che

Voltaire
Qui ne

nella Zaira (a. II, se.


sait

2)

tradusse:

compatir aux

maux

qu'il a soufferts?
v.

e meglio ancora

Gilbert {Heroide de Didon Enee,


le

1441

Malheureuse, j'appris plaindre

malheur

Leggasi nel Fournier {L'Esprit des autres, pag. 360)

il

curioso

caso successo a Delille, che reo di plagio, involontario o no, di

questa ultima traduzione, in una disputa ne sostenne ingenuamente


la eccellenza,

dimenticando
dell'

di

averne fatto cosa propria.


il

Noi per simbolo

esperienza potremo prendere

dantesco

432.

Provando

e riprovando.
(Dante, Paradiso,
e.

Ili, v. 3).

che fu poi
tuita nel
allo

il

motto dell'Accademia Fiorentina del Cimento,

isti-

1657 dal Principe (poi Cardinale) Leopoldo de' Medici


di

scopo

fare

esperienze ed osservazioni fisiche, fisicomatei

matiche ed astronomiche, applicando allo studio della natura


noni
della

ca-

indagine

galileiana. Visse

fino al

1667 ed ebbe per

impresa una fornace accesa e

tre crogiuoli

sopra una tavola di

pietra che sta presso alla bocca della fornace

medesima, col motto

Provando

e riprovando.

proposito del quale motto nell'opera


meli'Accademia del

Saggi di naturali esperienze fatte


(Firenze, 1666 e 1667)
si

Cimento ecc.

legge a pag. 3 del Proemio:

Or

quivi

dove non
rivolgersi,
di

ci

pi lecito metter piede innanzi,


alla

non

ri cui

meglio

che

sede dell'esperienza,
e

la

quale non altrimenti


di

chi varie gioie sciolte,


al

scommesse cercasse
ella

rimettere ciaeffetti

scuna per ciascuna

suo incastro, cosi

adattando

43

1.

Kos

ignara della sventura,

ho appreso

a soccorrere

gli

sven-

turati.

128

Chi l'ha detto?

[43 -43 4]

cagioni, e cagioni

ad

effetti

se

non

di

primo lancio come

la

geo-

metria, tanto fa che

provando e riprovando

inutile di

le riesce talora di

dar nel segno .

Non

avvertire che

Dante non us

quei due gerundi nel significato che piacque pi tardi agli Acca-

demici del Cimento di dar loro

Beatrice che prima prova, cio

approva, la vera sua opinione, poi riprova, cio confuta, l'opinione


falsa di

Dante.
e

Vivendo s'impara:

non

si

pu esprimere meglio questa


:

as-

siomatica verit che con la sentenza latina

433. Magister est prioris posterior dies.


il

quale detto trae forse origine da un passo di

Pindaro
lipo-

{Olimp.,

I>

'

53*54)

'

'Auipai ftiiXomoi [idpxops oo^wxa-cot, o da un


nella I

altro di

Demostene,

Olintiaca (11):

yP T T -

Xsuxaov sxxv sxaaxov xtSv upiv UTtapgavxeov xpdvexai. P. Siro


{Sent. 124, ed. Ribbeck) invece dice: Discipulus est prioris posterior dies, che

pu parere pi giusto
occhi sugli errori di

ma

1'

una e

1'

altra sen-

tenza son vere, poich la esperienza dell'oggi ammaestra pel do-

mani ed apre

gli

ieri.

Ma
non

1'

esperienza anche insegna che per quanto sia lunga la vita,


sufficiente
di

mai

dare una compiuta conoscenza di quadisciplina.

lunque
antichi
:

arte,

qualunque

Saviamente dicevano

gli

434.

Ars longa,

vita brevis.
di Ip-

L' origine di questa sentenza ha da cercarsi negli Aforismi

pocrate, dove,
fiaxpvj,
esse,

in principio, detto

toc pa^uc, % 8 xxvY)


I)

che

Seneca {De

brevitate vita,

tradusse: Vitam brevem


in

longam artem ; mentre LONGFELLOW


:

Psalm of Life

cos ridusse

Art

is

long,

and time
si

is

fleeting.

La
dicina,

sentenza ippocratica che

riferisce
:

principalmente alla me-

questa nella sua integrit

433-

Il

giorno che segue insegna

al

giorno precedente.

434. L'arte lunga,

la vita breve.

[435-439]

Esperienza

20

435. Vita brevis, ars longa, occasio praeceps, expe-

rimentum periculosum, judicium

difficile.
lit.).

(Il-POCRATK, lor.

L'esperienza

ci

ammaestra anche a norr meravigliarci

di

nulla,

436.
poich
:

Xil admirari.
(Orazio. Efistola',
lib. I, epist. 6. v.

lk

437.

Nihil sub sole

novum.
esibiste,

cip.

I.

v.

\<>\.

L' eterno ricorso dei


celebri di

fatti
:

e delle cose pure accennato in

due

Heink

438.

Es ist eine alte Geschichte, Doch bleibt sie immer neu.

che fanno parte della poesia Ein Jngling liebt ein Mdchen, stampata anche nel Lyrisches Intermezzo.
!

pericolo di diventare troppo ciechi ammiratori


in ve-

del presente, eccesso biasimevole al pari del suo contrario:


rit

non c' persona pi

fastidiosa dell'eterno

439.

Laudator temporis

acti.
v.

(Ora/io. Arte fortini,

Ma
sulla

il

lodare

tempi antichi e

il

far lamentele sulla corruzione.

decadenza

dei

moderni non

cosa d'oggi, e

neppure dei tempi

/io. Il celebre

papiro Prisse, di data incerta, forse del


<ju>
i

>.mti
di

l'Era Volgare, o su

torno,

ma

con sicurezza an-

molti secoli a Mos. e anche all'epoca cui


la

comunemente

\iu

di

bramo.

che pud

dirsi

pereto con ogni

La
N'.in

vita

breve,

l'arte

lunga,
il

l'

occasion'
difficile.

fuggevole, lo

-intentare pericoloso,

giudicare

I36.

meravigliarsi di nulla.
le.

Xulla nuovo

E un'antica
1

storia
!

che

riti

re

nuova.

54.

tempo p

130

Chi l'ha detto?

[440-442]

certezza

il

pi

antico libro clic esista, contiene un trattato morale


le-

ove

si

rimpiangono

virt dell' et passate


(a. II, se.

neu' Aminta del


:

Tasso

2, v.

71-72) cos dice Dafne

a Tirsi

440.

....

Il

mondo

invecchia,

E
e
il

invecchiando

intristisce.

concetto medesimo fu ripetuto dal


:

Metastasio

nel

Demetrio

(a. II, se. 8)

441. Declina
Il

il

mondo,

peggiorando invecchia.
una
bellissima pagina su que-

Leopardi ha

ne' suoi Pensieri


il

sto vezzo di gridare che


sito

mondo

peggiora, e fa a questo propo-

delle acutissime considerazioni, riportando fra le altre cose ci


il

che scriveva

Magalotti sul pregiudizio di credere che


alla

le stagioni

vanno ogni anno pi


discorrendo.

rovescia,

che la terra raffredda e via

Su questo medesimo soggetto compose un


zarro scrittore del P.

curioso libro quel bizintitolan-

Secondo Lancellotti, abate olivetano,


il

dolo: L'Hoggid ovvero

mondo non peggiore n piti calamitoso


chiude col versetto biblico
est

del passato, e gl'ingegni non inferiori a' passati (Venetia, 1623-36).

La prima

parte di questo libro


:

si

Ne

dicas

Quid potai causse

quod

priora tempora meliora

fuere,

quam nunc

sunt? Stolta est enim hujuscemodi interrogatio.


[Eccksitute,
e.

VII.
:

v.

il).

Quindi n spregiatori

dell' oggi,

n spregiatori

dell' ieri

talvolta
:

anzi sar savio di ricercare usi e opinioni passate,

e dire

442.

Torniamo
lettera a

all'antico.
in

che fu scritto (ma non


in di
il

questa forma precisa) da GIUSEPPI Vi.rdi

una

Francesco Florimo, bibliotecario del R. Collegio


sulla fine del

Musica a Napoli, quando


posto
<li

1870

gli

venne offrto

direttore del Collegio

medesimo dopo

la 11101 te di

Mer-

cadante.
Il

Verdi

vi

espone

criteri

coni quali avrebbe voluto che


la

giovani

alunni di musica formassero


chittde scrivendo:

propria educazione artistica e con-

Auguro

troviate un

unum

dotto soprattutto e

444] Le

Esperienza

13

severo negli studi.

licenze e
belli

gli

errori di

contrappunto
in

si

pos-

sono ammettere e sono


no!...

talvolta in teatro,

conservatorio

Tornate all'antico e sar un progresso.


il

Non

dunque

vero che

Verdi con quella frase intendesse pronunziare una condella

danna assoluta
musica

nuova scuola musicale, che anzi


:

nella lettera
fa

medesima, poche righe pi sopra scrive


dell' avvenire :

me non
il

paura

la

ma, come bene osserva


si

Florimo,

egli

intendeva che nei conservatori


ila,

facesse ritorno agli studi severi

alle pratiche di

contrappunti diversi, di fughe e canoni

di

svariate maniere.

La

lettera,

che ha

la

data di Genova, 5 gen-

naio 1871, fu pubblicata molte volte e anche dal Florimo stesso


nel

volume Riccardo Wagner


106-108.

Wagneristi (Ancona,

1883), a

Al consiglio

di

Verdi
i

si

atterranno

tutti

coloro per

quali

il

tempo maestro, per

quali la storia e la vita sono fonte di


dirsi

utili

ammaestramenti, e dei quali non potr mai

che:

443. Ils n'ont rien appris, ni rien oubli.


\uolsi

che
la

Talleyrand

dicesse

degli
si

emigrati

tornati

in

Francia dopo

restaurazione: e pi volte
in

detto dei Borboni.


lettera del cav.

Ma

la

frase

si

trova originariamente

una

dk
ai

Panax
realisti

a Mallet
rifugiati
in

du Pan,

scritta

da Londra nel 1796, intorno


Personne n'est corrig
;

Inghilterra.

personne

n'a su ni rien oublier, ni rien apprendre. {Mmoires de

M. Du
i

Pan.
della

vol.

II,

pag. 197); ed ripetuta testualmente nel proclama


5,

Guardia Imperiale all'esercito francese, nel 181


:

durante

Cento Giorni

Depuis

le

peu de mois que

les

Bourbons rgnent,

us ont convaincu qu'ils n'ont rien oubli ni rien appi

la stessa idea, in

un campo pi

ristretto,

ma

espressa in

lerale,

si

ritrova in quest' altra

Jamais
che
il

l'exil

n'a corrig les rois.


canzone Deny-, maitre d'cole
K

ritornello della
1

scritta

da

jKw-Pii-kk;.

alla

Force

443. Essi nulla hanno imparato, nulla hanno dimenti


io

non ha mai corrotto

re.

I3 2

Chi l'ho detto?

[445-447]

26.
Fallacia dei giudizi, false apparenze,
regole del giudicare

La prima
il

regola del giudicare di parlare soltanto delle cose


s'

delle quali ciascuno

intende.

Non

fare che

ti

si

possa rivolgere

rimbrotto dantesco:

445.

Or

tu chi

se'

che vuoi sedere a scranna

Con
n,

Per giudicar da lungi mille miglia la veduta corta d'una spanna?


(Dante, Paradiso,
e.

XIX,

v.

70-81).

meno che meno,

la ironica

puntata

446.

Ne

sutor

ultra

(o

meglio supra) crepidam

\judicare].

questo

il

motto

diretto

da Apelle

al ciabattino,

il

quale, avendo

una volta
un quadro
fuori del

rilevato felicemente
di Apelle,

un

difetto

delle

scarpe dipinte in

presumeva poi

di giudicare di cosa
il

che era

suo mestiere.

Ne

parlano Plinio

vecchio, Not. Hist.,


12, 3.

XXXV,
447.

io, 36, 85, e

Valerio Massimo, Vili,


Stratonico.

Simile la risposta del citarista

Non

animadvertis {inquif) te supra malleum


?

loqui

a Minnaco calzolaio che voleva con

lui

disputare di musica

vedi
1

Vili, cap. XI. I.ugd. 1657, pag, 35 a. L'aneddoto ripetuto da Erasmo nei suoi Apophtegniata (lib. VI,

11

NKO, Deipnosoph.,

lib.

446. Che

il

calzolaio

non giudicasse pi

in

su della scarpa.
al di

447.

Non

ti

accorgi, disse, che tu parli di cose che stanno

Bppra del martello?

r44' -45

s;

Fallacia dei giudizi, false apparenze,

133

sub voce Stratonieus


ripete.
Sii

num.

18)

ed

il

suo testo che

di solito

si

poi guardingo a

non giudicare

dalle apparenze

448.

quanta

species!...

cerebrum non habet.


lib. I. fav.

(Fedro, Favole,

7:

Vul/is

ad personam

/rabicani).

come
largo

disse la volpe alla

maschera: non essere perci del troppo


per
i

numero

di coloro,

quali:

449.

....Pi dell'essere

Conta

il

parere.
Le memorie
di Pisa,
str. 7).

(Giusti,

e che tuttavia potrebbero invocare a propria difesa

l'

autorit
:

non

leggera del Segretario Fiorentino

il

quale ammoniva che

450.

Ognun vede

quel che tu pari, pochi sentono


sei.

quel che tu

Machiavelli,

// l'rincipc, cap.

XV III

1.

Tanto maggiormente guardingo andrai ove


possano indurre
in giudizi temerari.

si tratti

di

apparenze che
:

Ricordati delle parole di quel re

451. rioni
DO
il

(o

Honni)

soit qui

mal y pense.

na
in
si

- raccolta per

motto dell'ordine inglese della Giarrettiera. Una leggenda la prima volta da Polidoro Virgilio -

narra com'esso fosse istituito fra

il 1347 e il 1349 da Edoardo III onore della contessa di Salisbury, amante del re, - che poi non

sa precisamente quale

fosse

la

quale

in

un ballo
che

lasci cail

dere per caso


sollecito

un

legaccio di

calza,

o
i

giarrettiera,

re

fu

raccogliere,
le

rimbrottando

cortigiani

che ne sorrideIlotini partici-

mmo, con

parole riportate di sopra.

Hni o

pio dell' antico verbo


ata.

Honir
non

ffemm'r, che vuol din- Svergognare,


si

Ma

oggi che

crede pi alle leggende, specialcritica storici

mente

alle belle leggende, e

che Orazio Coclite dalla

>pianta apparenza
ria

ma
che

il

cervello

manca.

451, Svergognato

colui

ci

pensa male.

134

CS' l'ha detto?

[452-454]

mandato a tener compagnia a Guglielmo


motto
il

Teli,

anche questa pretesa


i

origine del
creduli.
e
i

dell'

ordine della Giarrettiera ha trovato

suoi in-

Vedasi

Fournier nell'Esprit dans l'histoire (cap. XIII),


cita.

numerosi autori che questi

Secondo

altri,

Edoardo III
Crcy (26 ago-

avrebbe detto queste medesime parole


sto 1346),

alla battaglia di
la

avendo

fatto legare

ad una lancia

propria giarrettiera

perch servisse d'insegna militare.


bilito

Comunque
in

sia,

questo pare sta-

che

il

motto fosse proverbiale


fatti.

Francia gi molto tempo

innanzi di questi

E
452.

ben raro che tu possa confondere alcuno con


:

le

perentorie

parole del poeta aretino

Non

c'

scusa,

il

fatto accusa.
// cadetto militare).

(Guadagnoli,
e

anche andrai cauto nel

far prognostici che poi smentiti dal fatto

possano

ricoprirti di rossore.

ogni

domanda

indiscreta e capziosa
di

potrai dare la modesta, e

un po' canzonatoria, risposta

Amos

al

gran sacerdote Amasia:

453.

sed armentarius ego

Non sum propheta, et non sum filius prophetse sum vellicans sycomoros.
:

(Bibbia,

Amos, cap. VII,

v.

14).

Il

sicomoro, o fico-gelso (ficus sicomorus, Linn.) d, com' noto,

un

frutto piccolo,

poco gustoso, che pure forma spesso

il

cibo prin-

cipale dei pi poveri pastori dell'Arabia.

Nel nostro linguaggio parlamentare


disgraziata,

rimasta proverbiale

una

frase

esempio

di

grave avventatezza di giudizio, quella dei

454. Quattro predoni.


Eccone
interrog
dicanti
la

storia,

non

inutile

rievocare
il

anche per
deputato

tempi

presenti. Nella seduta del


il

24 gennaio 1887

De Renas

ministro degli Affari Esteri sulla verit dei dispacci inpossibile

come
Il

un attacco

abissino contro le nostre truppe


Fei..

d'Africa.

ministro che era

Carlo

NlCOtXS Di Robii.ant,

453.

Non sono

profeta, n figlio di profeta,


fichi

ma

sono un pastore

che mi cibo di

selvatici.

[455]

Fallacia dei giudizi, false apparenza

135

rispose sprezzantemente che la seriet del paese n quella del Parla-

mento non consentivano che il Governo mancava


nel generale

di trattenersi a

lungo su questo argomento

di notizie precise,

ma

aveva piena fiducia


deputato

Gene, e nella forza dei


preg
il

presidii d'Africa. Il
al

De Renzis

allora

ministro a voler comunicare


giungergli
;

Parlamento
:

quei dispacci

che

potessero

Mi

rincresce,

onorevole
i

De

Renzis,

ma il ministro replic ma non potrei cedere a que-

sto invito di pubblicare

bullettni della guerra (Si ride). Interro-

ghino, se credono che vi sia qualche cosa d'importante da sapersi;

ma
non

che io venga qui a pubblicare informazioni di questo genere


possibile.

Me

ne appello

di

nuovo

alla seriet della

Camera:

non mi pare che


siamo avere
Il

nel

momento

attuale convenga, e

non conviene

certamente, attaccare tanta importanza a quattro predoni che postra


i

piedi in Africa (Si ride. Vive approvazioni).

giorno dopo,
il

gli

Abissini guidati da

Ras Alula

attaccavano Saati

di

seguente distruggevano a Dogali la colonna condotta dal


!

De

Cristoforis

Le

parole del Robilant furono da


in/elici,

lui

medesimi)

deplorate, e

chiamate parole

alla

Camera

nella discus1'

sione dei 5 milioni per l'Africa


di Dogali.

due o

tre giorni

dopo

annunzio

Almeno

egli si

ravvide e fece onorevole

ammenda: ma
disse parole

poco prima dei

disastri di

Amba

Alag,

di

Macall, di Semeiata

(Abba Garima) qualcuno


di

dei ministri di quel

tempo

inconsideratezza maggiore, e

non ebbe
il

la franchezza del mini-

stro

piemontese di riconoscere
se noi Italiani

proprio errore.
i

Ma
455.
di

abbiamo
allegri.

quattro predoni, anche


tutti
il

Francesi

non hanno da stare

Basterebbe per

Cuor leggero.
Legislativo di Francia, nella
il

EMILIO OLLIVIKR. Al Coqjo


present la

me-

morabile seduta del 15 luglio 1870, quando


vier

guardasigilli Ollidi

domanda
gli fu

di

un primo credito
ostilit

50 milioni per
la Prussia,

la guerra, in

annunziando l'apertura delle

con

nsd

questa frase che


ili

pi volte rimproverata e pass alla storia

come esempio

les
lit

incoscienza. Trascrivo dal resoconto stenografico,

pubblicato nel Moniteur Universel del 17 luglio:

M.

le

garde des sceaux

Oui, de ce jour

commence pour

ministres

mes collgues

et

pour moi, une grande responsabi-

{Oui, gauche).

136

Chi l'ha detto?

[456-458]

Nous
gauche)

l'acceptons

le

coeur leger

{Vives protestations

M. Baudouin M. Esqtdros
M.
le

Dites Vous avez


!

attrist.
le

coeur lger lger

Et

le

sang

des nations va couler

garde des sceaux

Oui, d'un coeur lger!


et

et

n'qui-

voquez pas sur cette parole,


avec joie etc

ne croyez pas que je

veuille dire

Se giudicherai con

calma

con equit,

ti

persuaderai

facil-

mente che:

456.

La ragione

il

torto

non

si

dividono mai

con un taglio cos netto che ogni parte abbia soltanto dell' uno.
(Manzoni, / Promessi Sposi, cap.
e
I).

non sar per commedia


:

te

che

Voltaire pu

avere esclamato in una sua

457.

Et voil justement comme on

crit l'histoire!
a. I, se.
7).

[Chariot ou la Comtesse de Givry,

Voltaire aveva gi scritto in una lettera del 24 settembre

1766 a

Madame du
fiez-vous

Deffand: Et voil

comme on
facilita

crit l'histoire; puis

MM.

les

savants!

pure una conseguenza della

con

la

(piale le false apse-

parenze possono trarre alcuno in inganno, che molti perdonsi,

condo

la

frase

dantesca,

458.

Imagini di ben seguendo false Che nulla promission rendono intera.


(Dante, Purgatorio,
e.

XXX,

v.

131-432).

457.

Ed

ecco per l'appunto

come

si

scrive la storia.

[451-462]

Famiglia

27.

Famiglia

45g.

O
gli

peut-on tre mieux

Qu'au sein de sa famille ?


sono forse
unici versi di

Jean-Franois
:

M armontel

che siano

rimasti popolari in Francia e fuori


della

essi

fan parte d'

un quartetto
solo, e senza

commedia

lirica

Lucile (composta nel 1769. musica di Grtry,

atto unico, se. IV). D'altra parte


affetti ?

pu l'uomo vere
:

\o

davvero

anche

la

Bibbia ammonisce

460.

Non
.

est

bonum

esse

hominem solum.
[Genesi, cap.
II.

e pi oltre:

461. \ ae SOU.
e ne d subito

{Erclesiaste, cap. l\.


la ragione

dopo

quia,

min

ceciderit,

non habet

subUiantem
parenti

se,

poich se cade (ed inteso specialmente in senso


;

morale) non ha chi l'aiuti a rialzarsi

tuttavia qualche volta


le stesse

danno anche
:

delle tribolazioni,

come

Sacre Carte

ammoniscono

462. Inimici hominis domestici ejus.


1

Vtimr. di S.

Matteo, cap. \
-

Anche Tacito
morutn
odia.

(Histor.,

lib.

IV, cap.

rima proxi-

Firenze, nel palazzo che fu di

Agnolo Doni,
al

poi

Da

e dei Foresi,

posto nel Corso dei Tintori,

n. 8,

c'

ancora nell'atrio un'antica lapide popolarissima che dice:

Amiti nemici - parenti serpenti - cugini assassini -

fratelli coltelli.

Dove
4>o.
\><i
.

si
.'

Xmi
I

pu star meglio che in seno h-ne che l'uomo sia solo.

alla

famiglia

Guai a chi

solo.
-

402.

nemici dell'uomo

riti

138

Chi l'ha detto?

[463-466]

Bella
in

dunque

la vita infiorata dagli


la

affetti

domestici, purch
le

seno alla famiglia regni

pace: lontane sempre

463. Barufe in famegia.


che
di
il

titolo

di

una graziosa commediola

in

dialetto veneziano

Giacinto Gallina, rappresentata per la prima volta in Venezia dalla compagnia Moro-Lin nel gennaio 1872. Il suo soggetto la
commedia
imitata
il

eterna discordia fra suocera e nuora, poich la


dalla

Famiglia dell'Antiquario

di

Goldoni.

Con

essa esord

Gal-

lina nel teatro dialettale veneziano.

Gioia della famiglia sono

figli,

e di essi solo

ho da parlare, poi-

ch delle mogli ho gi detto in un precedente paragrafo.

Una

frase dantesca esprime


il

con parole pi nobili quel che pi


:

umilmente

nostro popolo dice coi proverbi

Chi di gallina nai

sce convie n che razzoli, ovvero

/ figli

dei gatti pigliano

topi;

Dante

invece

464
Lo

Ogn'erba

si

conosce per

lo

seme.
e.

(Purgatorio,
stesso concetto espresso in

XVI,
:

v.-

114).

un versetto biblico
eius.

465. Sicut mater, ita et

filia

(Ezechiele, cap.

XVI,

v. 44).

che era gi proverbio


e in

al

tempo

del profeta, com'egli stesso dice;

un verso

latino

466.
che
si

Et sequitur

leviter filia matris iter.

trova nel Pantagruel di

Rabelais
il

(lib.

III. cap. 41) pre:

ceduto da altro verso che ne completa

concetto

Ssepe solet similis filius esse patri,

Et
RulK'lais
del
si

sequitur leviter

filia

matris

iter.

riporta in proposito a questa citazione ad


civilis

una glossa

Corpus juris

(Ut ait gl. vj. q.j.

e.

Si g 11 is ecc.),

ma

463. Baruffe

in

famiglia.
tale
figlia

465. Quale la madre, 466. E facilmente la

anche
batte

la
le

figlia.

orme

della

madre.

[467-470]

Famiglia

139

non dice precisamente quale, ed

probabile che questa citazione,

come molte
Il

altre simili, sia stata inventata

da

lui

per puro scherzo.

Varrini

nella Scuola del volgo, cio Scelta di proverbi ecc.,

cosi la

traduce in italiano:

Della madre

il

camin segue
(lib.

la figlia.

Anche Orazio

nelle

Odi

IV, od.

4, v.

31-32) ritiene che

Neque imbellem Progenerant aquilae columbam


con frase che, se prestiamo
presso
i

froces

credenza a Porfirio, era proverbiale

Latini.
in

L'Alighieri
virt

altro

luogo svolge V idea opposta cio che n


ereditarii, e

n genio sono sempre

questo segue, a sua detta,


ai quali essa

per volere della Provvidenza la quale vuole che coloro


distribuisce queste doti,
le

riconoscano da
li

lei

sola:

467.

Rade volte L' umana


Quei che

risurge per

rami
lui si
VII,
v.

probitate
la d,

e questo vuole

perch da
[Purgatorio,
e.

chiami.
121-123).

Altrove

egli

dice che:

468.

Molte Per

fiate

gi pianser

li

figli

la

colpa del padre.


[Paradiso,
e.

VI.

v.

109-110).

l'i-rch

siano severi educatori dei

tgli,

ammonisce

padri la Bibbia:

469.

Qui parcit virgae odit


stessi

filium.
,rbi, cap.

XIII.

r.

Mi.

altrimenti
le

tgli

chiederanno conto

ai

genitori della loro col-

debolezza, e potranno dir loro:


il

470. Ecco, a te rendo

sangue tuo; meglio era

Non darmel
nSL* Antigone
di

mai.
la

Emone, morente invece per

crudelt del padre, dice a '|U<(a.

VITTORIO Alfieri
bastone non

V,

se. 6).

'

hi

risparmia

il

ama suo

tglio.

140

Chi l'ha detto?

[471-474]

Della benedizione dei genitori cos sta scritto nei

libri sapienziali

471. Benedictio patris firmat


ledictio

domos fliorum maautem matris eradicat fundamenta.


;

{Ecclesiastico, cap. Ili,

v.

11).

Giacomo Leopardi
rella nel

nella canzone scritta per le nozze della sonell'

1821, quando gi

animo suo cominciava a


lirica, cosi

radicarsi

quel pessimismo che fu caratteristico della sua

lei

dice

472.

miseri o codardi

Figliuoli avrai. Miseri eleggi.

A
si

conforto di coloro che hanno uno stato civile poco regolare,

pu affermare che

473.
come
di

On
dice
il

est toujours l'enfant


giudice Brid'oison nel

de quelqu'un.
(a.

Mariage de Figaro

Ili, se. io)

Beaumarchais.
Parmi che, parlando
della famiglia, sia questo
:

il

luogo migliore

per ricordare anche la frase

474.

La

vie prive d'un citoyen doit tre mure.


da Stendhal {Correspondance, 1885,
di
i

attribuito

re partie,

pag. 249)

Talleyrand; ma anche
il

questa attribuzione, come di tante

altre,
il

caso di dire che on ne prte jamais qu'aux riches.

Fu

deputato francese

Royer-Collard

che nella seduta del Corpo


avril

legislativo del

27 aprile 1819 {Moniteur Universel, 29


sulla libert di

18 19,

pag. 529)
in
tal

in

una discussione

stampa
si

si

esprimeva

guisa: Voil donc la vie prive mure,

je puis
il

me

servir

de cette expression.
in

Lo

stesso Royer-Collard
la

marzo 1827
celebre:
ta vie

una discussione ricordava


rpterai volontiers ce

sua
j'ai

frase
dit

gi diventata

Je

que

en

1819

oui,

prive doit tre mure.

471.

La

benedizione del padre consolida

le le

case dei

tgli:

la

ma-

ledizione della

madre ne sradica
di

fondamenta.

473. Si sempre 474.

il

figlio

qualcuno.

La

vita privata di

un cittadino dev'essere chiusa da un unir.

[475"4"8]

Fatti e aTvenimenti storici

141

28.
Fatti e avvenimenti storici

Riunisco cronologicamente in questo paragrafo un manipolo


frasi relative

di
ri-

a fatti e avvenimenti storici,

le
gli

quali

si

sogliono

petere pi di frequente a indicare e ricordare

avvenimenti

stessi,

che per applicarne


stanze.

il

significato

il

simbolo morale ed

altre circoai versi

Comincio

col noto

esametro virgiliano che insieme

che lo seguono vuoisi profetico della nascita di Cristo:

475.

Magnus ab

integro saeclorum nascitur ordo.


(Virgilio,

Egloga IV,

v. 5).

476. \Quinctili\ Vare, legiones redde!


(Svktonio. Vila di Augusto,
frase che ricorda la sconfitta dei
foresta di
c.

2.M.

Romani

assaliti

da Arminio nella

Teutoburgo

(a.

9 dell' Era Volgare).

La

terzina dantesca:

477.

Ahi

Costantin, di quanto mal fu matre,


la tua conversion,

Non

ma

quella dote
XIX,

Che da
allusiva alla pretesa
tida

te prese

il

primo ricco patre!


Inferno,
e.

iDamk.
donazione
di

v.

115-117).

Costantino;

il

convegno

di

Pon-

(II67) che secondo una leggenda, oggi molto discussa, con-

sacr la Lega

Lombarda, pu

ricordarsi

coi

versi

di

(in

vanni

Bkrchkt:

L'haii giurato. Li

ho
e
si

visti in

Pontida

Convenuti dal monte, dal piano,

L'han giurato;

strinser la
</.,

mano
,,.

<ittadini di venti citta.


-17;.
Si

/fl /.s,v.

n.

rinnova

il

gran giro dei secoli.


le

\~<k

QuintUio Varo, rendimi

mir legioni.

142

Chi l'ha detto?

[479-480]

la insurrezione

di Sicilia contro

francesi

(1282) che and ce-

lebre col

nome

di

Vespro

Siciliano, nell'altra terzina dantesca:

479.

Se mala

signoria, che

sempre accora

Li popoli soggetti, non avesse

Mosso Palermo a gridar

Mora mora
!

(Dante. Paradiso,
In tempi a noi molto pi prossimi abbiamo

e.

Vili,

v.

73-75).

il

grido:

480.

Che
nel

l'

inse

leggendarie parole 'del fanciullo genovese soprannominato Balilla,

quando

1746

die' principio

alla rivolta dei

Genovesi contro

gli

Austriaci. Il fatto narrato da vari cronisti cittadini, e specialmente

da Fr. M. Accinelli, storico autorevole


trie,
si
il

e stimato delle cose pa-

quale tace per

il

nome

del fanciullo, che per altre fonti


in

pensa essere della famiglia Perasso, abitante nel vico Capriata


:

Portoria. L' Accinelli narra

Strascinavano
il

gli

Alemanni

il

5 di-

cembre un mortaro a bombe per


strada sotto
il

quartiere di Portoria, sfond la


il

di

lui

peso, rest incagliato


ivi

trasporto: vollero
loro

tedeschi sforzare alcuni del popolo

accorso a dar

aiuto
:

per sollevarlo

ricusarono
il

tutti

di

por

mano

all'

abborrito lavoro
alcuni colpi

uno

dei Tedeschi alz

bastone, e
l'

lasci

correre

tanto bast per eccitare

incendio
e

un ragazzo, veduto questo,


ai

dato di piglio ad

un

sasso,

rivolto

compagni,

disse:

Che
:

V inse ?
lampo
furiosa,

(motto genovese, che vale


gli

a dire,
al

incomincio la zafra)
soldato percussore.
di sassate

accordando

altri,

lanci

una sassata

Il
s

fu questo,

e seguit incontanente
in

una grandine

che mise

fuga

Tedeschi. Rinvenuti questi dallo storle

dimento cagionato
sfoderate,
pietre,

dall'

improvvisata, ritornarono con

sciabole
di

che furono ben presto rintuzzate da un'altra nuvola


gli

che

obblig a salvarsi
vi

in

furia.

Gi annottava, n per
il

allora altro

moto

fu

alle

ore una di notte

minuto popolo
alta voce:

si

da Portera
allium,
,1

in

piccolo

numero gridando m\
le

animo,

palano, a paleuMC a prender


il

armi, viva Maria : calaServi,

rono per

borgo dei

l.aneri.

pei

la

contrada dei

per

la

480. Che

la

rompo?

[481-482]

Fotti e avvenimenti storie;

143

piazza del molo, e posta insieme grossa partita di gente a loro


mile,

si-

garzoni di tavernari. pattumai, ciabattini, pescivendoli, for-

nai e facchini

da carbone e vino, presentaronsi avanti

al

pubblico

palazzo, chiedendo con urli e schiamazzo le anni ecc. ecc.

L'Accinelli ha attinto all'anonima Storia dell'anno 1740 pubblicata ad

fatto negli

Amsterdam l'anno seguente: anche Annali d' Italia all'anno 1746


senza fare
il

il

Muratori narra
cui

il

(il

volume

usci

nel 1749),
steriori,

nome

del ragazzo: e cos vani storici pole

ma

le

cronache sincrone, n

molte poesie del tempo

ne fanno menzione. Federico Donaver in un bello studio sulla leg-

genda

di

Balilla pubblicato nel

1888

in

un volume

intitolato Uo-

mini

e libri,

da questi e da

altri

argomenti deduce, con sufficiente

probabilit, che se pure


tante,

un ragazzo ebbe parte, pi o meno impor-

nello scoppiare della gloriosa

sommossa genovese, non


1'

vi

sono argomenti per sostenere che avesse

uno o

l'

altro

nome o

soprannome

ed anche un testo sincrono, trovato recentemente dal

cav. Luigi Cervetto, se conferma che la rivoluzione genovese ebbe

principio dalle sassate de

li

ragazzi ,

non

fa

nomi
f

di sorta (ved.

un

art.

di

E. G. Parodi, Balilla fu Balilla


1907).

nel

Marzocco del

18 agosto
bre

Nondimeno

il

Municipio Genovese
di

1881, centenario della morte

il 30 settemun Giambattista Perasso, vo-

luto identificare col Balilla della leggenda,

inaugurava una lapide


11.

commemorativa,

sulla

facciata della casa in vico Capriata.

3,

sarebbe vissuto e morto.

pure celebre

la

risposta di

EmMAITOKL-JoSKFB Sikyk>:

481. J'ai vcu.


:t

chi

gli

domandava quel che avesse


historiques,
l,

fatto nei

tristi

anni

di

rore

(M10MI

81

nun meno

dell'.

non ugualmente autentica:

482. Finis Poloni!


rebbe stata gridata da

Maciejowice (io ottobre 1794):


lctt.ra al

Taddeo KoscruszR ma che egli stesso

fitta di

-menti

in

una

Conte de Sgur

mbre 1803 (pubblicata mila

l8i. ii.

Ho

\smU>>.
la

Beco

fine

della

Polonia

'

144

Chi l'ha detto?

[483-485]

traduzione francese della Storia di cento anni

di

Cesare Cant, fatta


:

da Amedeo Rene,

Parigi, 1852, voi. I, pag. 419)

L'ignorance
le

ou

la

mauvaise

foi

s'acharnent mettre dans

ma bouche

mot de

Finis Polonia:/ que j'aurais prononc dans cette fatale journe.

D'abord, avant

l'issue

de

la bataille, j'ai

t presque

mortelle-

ment
un

bless,

et je n'ai

recouvr les sens que deux jours aprs, et

lorsque je
si

me

suis trouv entre les


est

mains de mes ennemis. Puis,


la

pareil

mot
il

inconsquent et criminel dans

bouche de

tout Polonais,

le serait

beaucoup plus dans

la

mienne.

La

nation

polonaise, en m'appelant dfendre l'intgrit, l'indpendance, la


dignit, la gloire et la libert de la patrie, savait bien

que

je n'tais

pas

le dernier

Polonais, et qu'avec
et

ma

mort, ou autrement, la Polo Il sentimento di Kosciuszko

gne ne pouvait pas

ne devait pas

finir.

come

degli altri polacchi, era ancora quello espresso dal verso

483.

Noch
di

ist

Polen nicht verloren.

che fa parte

un inno guerresco polacco, cantato primieramente

dai polacchi che


dini di

Dombrowski port
:

in Italia nel

1796 sotto

gli

or-

Bonaparte

vedi E. Ortlepp, Finis Polonia.


le

Ricordiamo anche

parole,

storiche queste,

484. Voil le soleil d'Austerlitz


che

Napoleone
una

I al mattino del 7 settembre 1812, sulla


il

Moscova.

poco innanzi
fetizzar loro

di aprire

fuoco disse

ai suoi ufficiali,

quasi a pro-

vittoria simile a quella di Austerlitz (Sgur, Hist.


li
.

de Napolon et de la grande Arme,


voi. I,

VII, chap. 9, ed. 1826,

pag. 380).
detti ai quali die' origine la
i

Tra i molti

grande epopea del nostro


in

ri-

sorgimento scelgo seguenti:

altri

sono ricordati

sede pi opportuna.

485.

Il

morbo Il pan

infuria,
ci

manca.

Sul ponte sventola

Bandiera bianca.
iA.
I-i

tra ito,

'</.'

in.

ode).

483.

Non

ancora perduta la
il

Polonia.

484. Ecco

sole di Austerlitz.

[486]

Fatti e avrenimenti storici

145

sono

versi scritti nel

1849

alla vigilia della resa dell' eroica

Ve-

nezia che dov cedere alla

fame

e alla peste.

486.
Cosi
si

Governo negazione
suole chiamare
,

di Dio.
(e

il

governo Borbonico

qualunque

altro che

a quello rassomigli)
statista e

attribuendo la origine della frase

all' illustre

pensatore inglese
Letters to the

W.

E. Gladstone.

Infatti nella

prima

delle

Two
of the

tions

Earl of Aberdeen on the state prosecuNeapolitan Government (con la data del 7 aprile 1 851),
tutti gli onesti, s

lettere

che ebbero im' eco cosi profonda presso


ufficiale del

da provocare anche una discolpa


si

governo Borbonico,
effect of all

legge,

verso

il

principio,

questo periodo: The


all
is

this is

a total inversion of

the moral

and

social ideas.

Law,
is

instead of being respected,

odious. Force, and not affection,


is

the foundation of Government. There


lent

no

association, but a vio-

antagonism, between the idea of freedom and that of order.


teaches of
itself

The governing power, which


of

that

it is

the image

God upon
I

earth,

is

clothed, in the view of the overwhelming


all

majority of the thinking public, with


tes.

the vices for


true

its

attribu-

have seen and heard the strong and too


This
is

expression

used.

the negation
cui
si

vernment.
cogliere

Da

of God erected into a system of Godesume che Gladstone non fece che raclui in

un giudizio udito da

Napoli o da Napoletani, tanto

vero che in

una nota

egli lo riporta nella

forma originale

la

negazione di Dio eretta a sistema di governo : ed anzi ho ragione


di

credere che la frase fosse veramente del suo intimo


di

Giacomo
se-

Lacaita,

Manduria, poi senatore del Regno.

Il

compianto

natore B. Zumbini, in un articolo


zioni con l'Italia pubblicato nella

W. E. Gladstone Nuova Antologia,


di fatto,

nelle sue relavo!.

(XI. VII.

1 giugno 1910, scriveva (pag. 386) a tal proposito:

Ma

pur bene

che io

fin

da qui avverta un errore


,

non avvertito fon

-uno: ed

che quella parola non fu foggiata dal medesimo


egli
il

Gladstone; non fu

primo a

profferirla,

come

tutti

credettero

da quel giorno, e
Ji
la

si

continuato poi

sempre a credere sino ad o^gi.

trov in Napoli gi beli* e fatta, e usata da napole-

tani stessi a significare l'orrore della tirannia

onde erano oppi


|

K
del

le

stesse parole ripeteva,

senza alcun cambiamento, a


il

volume pubblicato quattro anni dopo con


io

titolo

medesimo

146

Chi l'ha detto?

[487]

del citato articolo

(Bari,

Gius. Laterza e

figli,

191 4), bench nel

frattempo io

gli

avessi scritto avvertendolo che la stessa osserva-

zione io aveva gi fatto sin dal 1895, cio nella prima


di in

edizione
l'

questo libro ed
cui era caduto.

egli

mi avesse risposto riconoscendo

errore

487. Grido di dolore.


Nel discorso
l'

della

Corona

letto

da Vittorio
il

Emanuele
si

al-

apertura del Parlamento subalpino


:

io gennaio 1859
dall'

con-

tenevano queste memorabili parole


del passato

Confortati

esperienza

andiamo

risoluti incontro alle eventualit dell' avvenire.


felice,

Quest' avvenire sar


stizia,

riposando

la nostra politica sulla giu-

sull'

amore
le idee

della libert e della patria. Il nostro paese, pic-

colo per territorio, acquist credito nei consigli dell'

Europa perch

grande per

che rappresenta, per

le

simpatie che esso ispira.

Questa condizione non


rispettiamo
i

scevra di

pericoli,

giacch nel mentre

trattati,

non siamo insensibili al grido di dolore che


si leva verso

da tante parti d'Italia


dia, fidenti nel nostro
i

di noi. Forti per la concoraspettiamo prudenti e decisi


nel libro del
il

buon

diritto,

decreti della divina provvidenza. Leggasi


la Vita

Mas-

sari,

di V. E. di Savoia

(voi. I,

pag. 367),

drammatico
prodotto dal

racconto di quella memorabile seduta, e

dell' effetto

grido di dolore.
Si discusso a

lungo se

il

coraggioso linguaggio del


ai

Re

fosse

dovuto a
l'

iniziativa di lui,

o del Ministero, o

suggerimenti del-

alleato di Francia.

La
un

discussione parve

chiusa

quando Pietro
Corona nel

Vayra

nel suo libro II

Museo

storico della

Casa di Savoia (Totesto

rino, 1880) pubblic

facsimile del discorso della

proposto

al

Re

dal Ministero con le correzioni portatevi di

suo

pugno
e
l'

dal Sovrano stesso che ne

mutavano completamente
si

il

tono
di

ardimento, dove la celebre frase

legge

tutta

di

mano

Vittorio Emanuele. Oggi invece

dopo

la

esauriente e documentata

memoria

di

L. C. Boi lea,

//

grido di dolore del 185Q nel

Bollettino storico-bibliografico subalpino, anno

XVI, I91l,n. IV,


MasIta-

pag. 219-256: la quale conferma


sari

la

versione gi narrata dal

stesso,

prima
(//

in

un

articolo

del

Fanfulla

detta

Domenica,

1880, n. 6

grido di dolore - Episodio del Risorgimento

liano narrato da

un

testimonio

oculare),

quindi

nel

volume //

Fatti e avvenimenti storici

147

Generale Alfonso
I'

La Marmora

(Firenze, Barbra, 1880) da cui

articolo stesso era stralciato,

non

si

parole furono suggerite dall' Imperatore

pu pi dubitare che quelle Napoleone III come vamandato


in

riante alle bozze del discorso che gli era stato


la frase fu scritta

esame:

da

lui in

francese ( tout en respectant les traits,

nous ne pouvons pas rester insensibles aux cris de douleur qui


viennent jusqu' nous de tant de points de l'Italie ) e la minuta
pubblicata dal Vayra non conteneva che la traduzione letterale fatta
di

pugno

di

Vittorio

Emanuele

sul testo imperiale.


lettera del sig.

che

stato

opportunamente osservato (ved. una


di

Gino

Trespioli nel Corriere della Sera,


la storica

Milano, del 24 marzo 191 2)

frase

non

fu improvvisata

da Napoleone
si

li

per

l,

ma
Un
citi

era pensiero maturato da lunghi anni: essa gi

trova nel-

l'opuscolo

Onor

militare,

pubblicato
Il

il

18 maggio 1833 e firmato


il

vecchio soldato italiano.

vecchio soldato era

giovanisagli eser-

simo cospiratore, Luigi Napoleone Bonaparte, che rivolto


dei vari stati italiani,

eccitava a prestare orecchio al grido

di dolore che sale da ogni parte della Penisola. Ventisei anni


quella frase
.

Napoleone III dettava a Vittorio Emanuele


la storia del

II.

n pure aggiungere, per


secondo un piano

grido di dolore, che

sottoposto da Cavour
ostilit

a Napoleone III e da
fra

questo approvato, l'occasione alle


nel

Piemonte e Austria

1859 doveva esser porta da una protesta che sarebbe stata


al re

presentata dai cittadini di Carrara


la

Vittorio

Emanuele contro

oppressione del

Duca

di

Modena
(ma

e dal conseguente intervento

del re in favore della citt tiranneggiata.

Le

circostanze politiche
fu effettivamente

resero superfluo tale intervento

la protesta

presentata con

le

firme di

3000
1'

cittadini carraresi), tuttavia la frase

del grido di dolore fu assai probabilmente inserita nel discorso


1

orona per preparare

opinione

pubblica a questo avve-

nimento.

Dovrebbero trovar posto qui, per l'ordine cronologico,


frasi

le

molte
:

ispirate ai gravi
il

avvenimenti

di

questi ultimissimi anni

ma

prego

lettore di

volerle cercare

invece in

un capitolo che ho
il

nente aggiunto alla presente edizione,


'

cap. 80, che costile frasi

dell'

opera e che raccoglier

sorte dalla

Grand- Guerra.

148

Chi l'ha detto?

[488-491]

29.

Fatti

parole

Dal
e'
vivi,

detto al fatto c'


il
si

un gran

tratto,

ovvero dal dire al fare

di mezzo
che non

mare:
sentito

e questi proverbi
il

sono cos calzanti, e cos

bisogno di sostituirvi frase alcuna tolta

dall'

armamentario

letterario classico e

moderno. Invece

ci

compiac-

ciamo a ripetere
che cosa legge
:

la risposta di

Amleto a Polonio che

gli

domanda

488.

Words! words! words!


(Shakespeare, Hamlet,
a. II. se.
2).

e la

drammatica

frase tolta al nostro teatro

contemporaneo

489. Chi lo dice


Si

non

lo fa!

parla del suicidio


di

ed frase ripetuta pi volte nel


;

dramma
lui
:

omonimo
gola,

P.

Ferrari

forse la
atto,

si

diceva assai prima di

ma Uberto

alla fine del


:

primo

scaricandosi la rivoltella alla

corregge

Chi non lo dice lo fa


XJn' altra suicida disse
:

490.

....

Almen

la destra io ratta

Ebbi

al

par che la lingua.


(Alfieri, Mirra, tragedia,
a.

V,

se. 2).

Si

pu

citare in

questo paragrafo anche la sentenza biblica:

491. Spiritus

quidem promptus

est,

caro autem
v. 41
:

infirma.
(Evang. di S. Matteo, cap. XXVI. S. Marco, cap. XIV, v. 38).
-

488. Parole! parole! parole!

[492-494]

Fatti e parole

149

che I'Ariosto cos tradusse

L' animo pronto,

ma

il

potere zoppo.
e.

(Orlando furioso,
e

XXV,

ott.

anche

il

Petrarca

Lo

spirito pronto,

ma

la

carne stanca.

{Son. in z-ita di
il

M. Laura, num. CLIY secondo Marsand, com.: Rapido fiume, che d'alpestre

rena; ed. Mestica, son. CI. XXIII).


la frase
di

Plauto

492.

Factum

est illud; fieri

infectum non potest.


a.

K.Uilularia.

IV.

se.

10.

v. 11).

sentenza dantesca:

493.

....

La dimanda onesta
l'

Si de seguir con

opera tacendo.
e.

iDante. Inferno,
cio a giusta

XXIV.

v.

Tl-'i

dimanda non occorre


richi
il

risposta di parole

ma

di fatti,

operando com'

Ricordo
>ni
:

in

fine

notissimo

epigramma

del

Giusti a Gino

104.

Gino mio, l'ingegno umano


Partor cose stupende,

Quando l'uomo ebbe


M< no
libri e

tra

mano

pi faccende.

492.

Il

fatto quello,

non

si

pu

fare che

non

sia

fatto.

Chi

l'

ha detto?

[495"49~]

30.
Felicit, infelicit

di

Che cosa la felicit ? Fra le tante un umanista francese moderno:

definizioni scegliamo quella

495.

Des malheurs

vits le

bonheur
je

se

compose.

et

Il s'explique par

un beau distique que


le

fis

autrefois,
le

dont je n'ai gard que


fermait des longueurs:

premier vers, parce que

second ren-

Des malheurs
(Alph. Karr,

vits le

bonheur

se

compose

Les Gupes,

janvier

1842, d. Leon et Blan-

chard, 1853, II, 305. Vedi anche dello stesso autore: Les femmes,

chap.

Une

faute de

bon sens

Paris,

Michel

Lvy,

i860,

pag. 207).

Se

si

desse ascolto

al

poeta Cesareo, infinito sarebbe

il

numero

degli infelici,

poich:

496.

Se a ciascun l'interno affanno


Si leggesse in fronte scritto,

Quanti mai che invidia fanno


Ci farebbero piet.
(Metastatic). (iusejtpe riconosciuto, parte prunai.

Nondimeno un acuto pensatore


vando che:

francese

ci

riconforta,

497.

On

n'est

jamais

si

heureux,

ni si

malheureux

qu'on s'imagine.
il. a

Rochefoucauld,

M.i.ximrs, s XI. IX).

4<)v

La

felicit
si

composta

di

disgrazie evitate.

497.

Non
s'

<

mai n tanto

felice

tanto

disgraziato

(pianto

immagina.

[498-500]

Felicit,

iti/ eticit

Piuttosto

l'

uomo

bersagliato dalla fortuna

potr cercare conaltro

forto nella fede,

e questa

non

glielo

negher mai, se non

assicurandolo col Savio che le sventure sono segni dell'affetto del


Signore, poich

498.

Quem enim

diligit

Dominus,

corripit.
Ili, v.
12).

{Proverbi di Salomone, cap.

Forse anche per questo


felici
:

l'

antico

filosofo

chiam sacri

gl' in-

499.

Res

est sacra miser.


1

1-.

Ann-.

ed.

Seneca, Epigr. IV. v. 9; in Opera omnia, Ruhkopf, Aug. Taur., 1829, voi. IV, p. 402).
il

Ma
di

la
tutti

frase
gli

si

ripete intendendo che


gentili.

misero ha diritto

al rispetto

animi

Per

disgraziati,

che bevvero una volta alla tazza della

felicit,

ma

se la videro troppo presto strappata dalle labbra,

un

seicentista

italiano

ha un verso famot

500.
che

Appena
in

vidi

il

.Sol

che n
di

fui privo.
scritto per

un capitolo

in terza

rima

Luigi Tansillo,

lamentarsi di dover partire e lasciare la


terzina

donna amata,

e di cui la

nona dice

Oh

fortuna volubile e leggiera fidi


il

Appena

Sol,

che ne fui pr.


la

E
zioni

al

cominciar del di giunse


il

sera.

Questo capitolo
delle Poesie

XIX

tra le
<ii

Poesie di metro vario,

nell'edi-

Uriche

!..

Tansillo con prefazione e note di

trentino

(Napoli,

Morano, 1882), a pag. 167.

Alcuni attribuiscono questo verso,

ma
il

a torto,

Luigi

Groto
lu-

detto

il

Cieco d'Adria,

quale,

come si vede, a come vuole la leg

divenuto cieco dopo nove giorni


Egli nel

di vita.

Ma

le

parole

"to non suonano cosi.


fa

Hadriana,

din- al

Prologo (ersi

)8.
)Q.

Perocch
Il

il

Signore corregge quelli che ama.

misero e cosa sacra.

Chi l'ha detto?

[501 -504]

l'hora ei [l'autore] si rammarica cercando Per qual demerto suo tosto che nacque, Veduto a pena il d, cieco divenne, Se innanzi al nascer suo non f' peccato.
di

Dal principio

una famosa tragedia

di

Schiller:

501.

Die schnen Tage in Aranjuez Sind nun zu Ende.


(Doti Karlos Infant
sc.
1,

von Spanien, atto

I,

primi versi).

ha origine

la

frase popolarissima

bei giorni di
felici

Aranjuez a

ri-

cordare un po' scherzosamente dei tempi


resta....
lizie e

dei quali pi

non

che la memoria. Aranjuez, com' noto, era luogo di de-

soggiorno estivo dei re di Spagna, a 49 km. da Madrid.

Dante
poema
502.

che di

infelicit

umana
:

s'

intendeva, ha nel suo divino

quella tremenda terzina

Per me si va nella citt dolente, Per me .si va nell' eterno dolore, Per me si va tra la perduta gente.
[Inferno,
e. III. v.
1-3).

che

il

principio della paurosa iscrizione sulla porta dell'Inferno:


1'

e suo pure

altro

verso

503.

Ora incomincian

le

dolenti note.
(Inferno,
e.

V,

v.

2).

Dal nostro teatro tragico


msse
di frasi

e lirico

potremmo

trarre

larghissima

descrittive delle disgrazie di qualche infelice. Scelgo

solo queste:

504.

....

Che

al

Havvi tormento al mondo mio s' agguagli ?


intitolata

dalla tragedia dell'ALFiKRi,

Mirra,

a. Ili, se. 2.

501.

lieti

giorni d' Aranjuez gi

vanno
(Trad, del

Al suo termine.

Munii.

[505-507]

Fiducia, diffidenza

153

Poi

la

meravigliosa
:

romanza

di

Fernando

nell' atto

IV,

se. 3

della Favorita

505.

Spirto gentil
Brillasti

Fuggi Larve

d'

perdei un d ma dal cor mentita speme, amor fuggite insieme.


ti
:

ne' sogni

miei

(La Favorita, melodramma di A. Royer e Gustavo Waf.z, trad, dal frane, di F. Jaxnetti, mos. di Donizetti). Chi non
l'

ha udita dalla divina voce del tenore spagnolo Giuliano


sia sublimit del

Gayarre (1844- 1890), non seppe che


ebbi la fortuna di udirlo - scrive
balta di Napoli,
il

canto

io

march. A. Fiaschi ne La Ri-

num.
.

del 15 aprile 1915


le

e vi so dire che vi strap-

pava
dalla

le

lagrime e che

dame

nei

loro

palchetti

impallidivano

emozione

506.

Andrem, raminghi Ove il destin ci

e poveri,
porta....

Un

pan chiedendo

agli

uomini

Andrem
un duetto
della

di porta in porta....

Luisa Miller, melodramma di


di

Salvatore Cam-

Marano, musica

Verdi

(a. Ili, se. 2).

**

31.

Fiducia, diffidenza

Sull'argomento della maggiore

minor fiducia da usarsi

nelle

cose della vita non trovo miglior consiglio del dantesco:


,507.

Guarda com' entri,


Dantk

la
1'

e di cui tu

ti

fide.
e.

(DaxTX, Inferno,
e pure di
:

V.

v.

19).

altra

frase,

che spesso

si

ripete a denotare

che gode

pi illimitata fiducia di un altro:

154

Chi V ha detto?

[58-5li]

508.

Io son colui che tenni

ambo
(Inferno,

le chiavi

Del cor di Federigo


e.

XIII, v.

58-5').

Questi,

come

si

sa,

Pier della

Vigna che

fu cancelliere e confrase dantesca

fidente di Federico II imperatore. In luogo della


si

pu, in

certi casi,

pi a proposito citare

il

virgiliano:

509.

Fidus Achates.
(Eneide, lib. I, v. 188 e in altri luoghi dello stesso poema).

Il

testo dice precisamente

Fidus quae tela gerebat Achates.

Nel caso

particolare della fiducia che

pu concedersi a
il

chi rac-

conta, bene che questi tenga presente

verso:

510.

Di pi

direi;

ma

di

men
e.

dir bisogna.

usato dall' Ariosto {Orlando Furioso,

XXVI,

ott. 22)

il

quale

nel narrare sulla fede di Turpino le prodezze di Roggero, che assale


i

Maganzesi

traditori,

soggiunge

E se non che pur dubito che manche Credenza al ver e' ha faccia di menzogna, Di pi direi ma di men dir bisogna.
;

Do
511

qui luogo anche

all'

oraziano

Credat Judseus Apella

Non
Nec,

ego:

namque deos

didici

securum agere
[aevum;

quid miri faciat natura, deos id Tristes ex alto cceli demittere tecto.
si

(Orazio, Satire,
Si cita

lib. I, sat. 5, v.

100-103).

anche isolatamente

il

primo emistichio.

commentatoti

si

sono molte volte domandato chi fosse questo Apella, e natural-

509.

Il fido

Acate.

511. Ci creda l'ebreo Apella, non io; poich so che gli clC-i menano vita tranquilla; e se la natura fa talora qualche portento,

non sono

gli

di corrucciati a

mandarlo

dall'alta volta celeste.

[512-514]

Fortuna, fato

55

niente non

hanno mai saputo che cosa rispondere. Sembra che


i

il

nome

di

Apella non fosse infrequente fra


inter alia,
Cic.

liberti

ebrei del Tra-

stevere; vedasi,

ad

Fani., VII, 25:

Ne

Apella;
;

quidera liberto tuo dixeris e


d' altra parte gli

gli

Atti degli Apostoli, VI, 9

Ebrei erano ritenuti dai

Romani come

gente su-

perstiziosa a cagione della loro religione.


zio per indicare
fra
i

quindi
scegliesse

naturale che Ora-

un individuo credulo, un

un nome comune

Giudei

La

vecchia etimologia della voce Apella, da a particella


circonciso, filologicamente

privativa epellis, a indicare

non regge.

32.

Fortuna, fato
512.
....

Sua ventura ha ciascun dal

Nel mondo d che nasce.

(Petrarca, Sonetto in morte- di M. Laura, num. XXXY secondo il Marsand, comincia: Amor che meco al buon tempo ti stati;
ed. Mestica, son. CCI.Xlli.

perci inutile di lottare contro

il

destino:

513.

Ducunt volentem
li..

fata,

nolentem trahunt.
Epistola-, ep. 107.

Ann. SnttGA,
:

(che talora

si

cita

compendiosamente

Fata trahunt) e pur troppo

sempre

514.

Fata viam invenient.


iViu.iiLio, Eneide, lib. III.
\

convinto Nerone
fato,
ilil).

della
>

inutilit

di

opporsi

al

con queste parole, riportate da Di.

ni

CASSIO
occidas,

Delle Istorie,

LXr.

cap. 18):

Licet,

quamplurimos

tarnen

513. Guidano
!

fati

chi

li

segue di buona voglia, trascinano


via

gli altri.

"fati

troveranno

la

{ferck ti compia quel che

d<

156

Chi l'ha detto?

[5

5"5

9]

515.

Non

potes successorem
1'

tuum

occidere.

Benissimo perci

Alighieri

516.

Che giova

nelle fata dar di cozzo?


[Inferno,
e.

IX, v.

<>7.

La

fortuna

ci
1'

avvolge e

ci
:

mena

a suo capriccio, e bench ta-

lora sia vero

antico dettato

517.

Fabrum

esse

quemque

fortunse.

che attribuito ad

De

republica ordinando,
il

volte

cieco

Appio Claudio Cieco sulla fede di Sallustio, (epist. II ad C. Caesarem, 1), molte caso soltanto regge destini dell' uomo. Perci niuno
i

pu prevedere quel che

gli

serbi la fortuna, poi

518.

Che

'nanzi al d de l'ultima partita

Uom

beato chiamar non

si

convene.

(Petrarca, Sonetto in vita di M. Laura, mini, XXXVI secondo il Marsand. coni.: Se col cieco desir, che'l cor distrugge
,

ed. Mestica, son. XLIII).

che reminiscenza del biblico

519.

Ante mortem ne laudes hominem quemquam.


(Ecclesiastico, cap. IX.
v.

30).

o dei versi di Ovidio

....

Dicique beatus

Ante obitum nemo supremaque funera debet.


[Metamorfosi,
lib. Ili, v.

136-137).

Si ricordi

l'ammonizione

di
;

Solone

a Creso

"Opa xsXo |iaxpo


;

(ou (Schob Juv.

XIV, 328

Diogen. VIII, 51

Apost.

XVI,

30;

515. Per quanto tu ne uccida molti, nondimeno non puoi uccidere il tuo successore. 517. Ciascuno artefice della propria fortumi. Non lodare nessun uomo prima della morte.

519.

[520-521]

Fortuna, fato

Juven.

X,

274). che

altri

attribuiscono a Chirone (Ausonio, Septem

sap., 20. Seh. 56).

Anche Sofocle
lice Bellotti)
:

cos

d termine all'Edipo Re (versione

di

Fe-

Per guati

il

mortale

Al giorno estremo e mai felice


;

Non

tenga l'uom, pria che d'affanni scevro


della vita
il

Tocco non abbia

fine.

Alle quali sentenze degli antichi avvicineremo

il

verso del Pe-

trarca
520.

La

vita el fin e

'1

d loda la sera.

{Canzone in vita di M. Laura, I, 4. secondo il Marsand: nell* ed. Mestica, pag. 25: coni.: Ititi dolce tempo de la prima etade).
di cui

nonostante

l'

anfibologia del costrutto, chiaro

il

senso dopo

quanto abbiamo detto avanti.


Corollario
di

questo sentimento
1'

che

il 1'

giorno della lode non


:

possa essere che

ultimo della

vita,

altro detto antico

52 1
che
si

Dio

ti

guardi dal giorno della lode.


come proverbio a pag. 203
;

trova registrato

della Raccolta
sia

di proz-erbi toscani del Giusti, ed. del 1853


stenterei a crederlo e
l*

ma

che

proverbio

autorit della disgraziatissima raccolta del


in

Giusti

non ha nessun peso

materia.

In ogni
il

modo pu
vi
il

esser

divenuto proverbio,

ma non

nato tale, che

pensiero
fece

troppo

letterariamente involuto.
del

Giovanni Prati ne

primo verso
1

Canto In morte di Alessandro Manzoni (Firenze, Barbra, stemperandone il concetto in queste due quartine
:

873)

Dio

ti guardi dal d della Che ogni labro, ogni cor Anco fossi il pi giusto,

lode,
ti
il

rammenti
pi prode.
d
:

Su

te

vivo

non sorge quel

<'nn verr che tu polve diventi.

Che

tu lasci ogni cosa pi


tutti
t'

cara.

Perch

assiepin la bara.

Idolatri del dio che fugg.

158

Chi l'ha detto?

[522-526]

Pure
rs2 2.

ai

greci poeti

dobbiamo

la

bella

immagine

....

L'evento
trad, di

Su

le

ginocchia degli Dei s'asside.


(Omero, Iliade, lib. XVII, v.
Vine. Monti,
646-647).

Il testo

greco

(ivi, v.

514) veramente dice

meno

sentenziosamente:

'AXX'
il

TjTGi

fisv

xaxa

6su>v v yovaat. xstxai.

quale verso trovasi ripetuto testualmente anche nel libro

XX
dif-

dell' Iliade, v.

435;

e ne\V Odissea, lib. I, v.


lib.

267

(e

con lieve

ferenza anche nel v. 400), e

Incerto dunque

il

futuro, e

XVI, v. con somma


si

129.

prudenza volle

il

Cielo an-

tenerlo nascosto agli uomini, che troppo

angustierebbero
la

nell'

tivedere

molti mali che ad

ognuno appresta

sorte:

523.

Prudens

futuri temporis

exitum
lib. Ili,

Caliginosa nocte premit Deus.


(Orazio, Odi,
Scherzi della fortuna sono pure dizione
:

od. 29, v. 29-30).


di

cambiamenti repentini
lei

con?

che cosa

e'

di pi capriccioso di

e dei suoi doni

524. Fortuna multis dat nimis, satis nulli.


(Marziale, Epigrammi,
lib.

XII, epigr.

10,

v. 2).

Fu
525.

per un capriccio di

iti

che

Una

volta un ciabattino Gran signore divent.

come
se.

dice la canzone di Crespino nell'opera giocosa Crespino < la

comare, parole di F.
2);

M. Piave, musica

dei fratelli Ricci (atto I,

che

altri

raggiunge
....

526.

Un

premio
(Manzoni.
// ('inatti-

Ch'era

follia sperar.
Maggio, ode),

523. Prudentemente Iddio nascose fra tenebre caliginose


del

gli

eventi

tempo

futuro.

524. La fortuna a molti d troppo, a nessuno abbastanza.

[527-530]

Fortuna, fato

159

e che

527.

aucuns

les

biens viennent en dormant.


che Luigi

Racconta
entrando
in

Du Verdier

XI

una mattina per tempo


da un postulante,

Ntre-Dame de Clry

fu trattenuto

che lo importunava per la concessione di un beneficio di patronato


regio:
il

re tace, poi girando gli occhi attorno scorge

un povero
per

pretucolo addormentato in un angolo del coro: lo fa svegliare, lo

chiama e ordina che siano sulP istante spedite


rivestir lui

le regie patenti

del beneficio stesso driesto poco avanti dall' indiscreto

sollecitatore disant qu'il vouloit

en cet endroit
les biens

faire trouver vrita-

ble le proverbe qui dit qu'

aucuns

viennent en dormant.
in-

Tallemant des Raux riporta


vece a

lo stesso
il

aneddoto, attribuendolo

Enrico III Ma il mondo


<r

e fa anche

nome

del fortunato dormiente.


:

fatto a scale,
la

chi le scende e chi le sale


:

ossia per dirla

con

quartina del Giusti

Ma il Ha E
perci

libro di natura

l'entrata e l'uscita:
la vita,

Tocca a loro
a noi

la sepoltura.
{La terra dei morti,
str.
12).

come

facile

il

salire,

facilissimo

pur

troppo anche lo

scendere, ed

529

A'

voli
i

troppo

alti

e repentini

Sogliono
ed anche suol

precipizj esser vicini.


rusalemme
liberata,
e.

II. ut'

dirsi

530.

Du

sublime au ridicule
Napoleone
dopo
I,
il

il

n'y a qu'un pas.

ttribuita a
volte,
il

il

quale l'avrebbe ripetuta pi

e pi precisamente

ritorno dalla Russia, a Varsavia,

IO dicembre 1812, in un colloquio con l'ab. de Pradt. Ila

Mar-

^27.

certuni la fortuna viene mentre


al

dormono.
;

530. Dal sublime

ridicolo

non

e'

che un

i6o

Chi l'ha detto?

[53 ! -533]

MONTEL

{Oeuvres, vol. V, pag. i88),


le

Wieland, Thomas Paine


in

avevano gi detto che


sta stessa
di

sublime touche au ridicule ed

que-

forma che

il

conte Potocki che assist alla conversazione


di

Varsavia

riferisce le parole

Napoleone.
esempio
dell' inco-

Napoleone che

test citavo,

meraviglioso

stanza della fortuna, egli che fu

531.

Due Due

volte nella polvere, volte sugli aitar.


(Manzoni,
//

Cinque Maggio, ode).


di

Altro esempio, non

meno degno

di

memoria, sarebbe quello

Belisario,

di

cui narra la leggenda che negli ultimi anni di sua


degli invidiosi, fosse accecato per

vita, fatto bersaglio alle calunnie

ordine

dell'

imperatore Giustiniano, e ridotto a mendicare in Co:

stantinopoli ripetendo le parole

532. Date un obolo a

Belisario.
:

Ma
gli

tutto questo leggenda

bens vero che Belisario


soli sette

cadde

in

disgrazia dell' imperatore,


antichi onori, e

ma dopo
monaco

mesi fu reintegrato ne-

mori poco dopo (marzo 565). La tradizione fu


bizantino

raccolta e forse diffusa dal

Giovanni Tzetza
del

il

quale nella III Chiliade delle Varia Historie (cap.


versi
cisio
:

LXXXVIII.
Lain

339-348) cos

scrive,

secondo

la versione letterale

Iste Belisarius imperator

magnus, Justinianeis existens


terrae

temporibus imperator, ad

omnem quadrantem
in stadio
:

cum

explicuis-

set victorias, postea invidia obca'catus (o

fortunam instabilem) poBelisario

culum ligneum detinens, clamabat


imperatori,

obulum date
autem
in-

quem

fortuna

quidem clarum
non excascatum

fecit excaecat

vidia. Alii dicunt chronici,

fuisse lume, ex honoratis

autem infamem postremo factum


extimationis venisse prioris.

esse, et iterum

ad revocationem

probabile che lo Tzetza abbia confuso


il

Belisario con Giovanni di Cappadocia,


sgrazia dell' imperatore, e
Si ricordi
si

quale

infatti

cadde

in di-

ridusse a chiedere la carit per vivere.


fine

pure
....

la

miseranda

di

Troia di cui

533.

Etiam periere minse.


(LvcSto, Fmrialta,
lib.

IX.

v.

969).

533.

Ne

sparirono perfino le rovine.

j"534"539]

Fortuna, fato

loi

Anche

nelle

guerre

come

nelle

private tenzoni, la vittoria

spesso decisa dalla fortuna:

nondimeno

534.

Fu

il

vincer sempre mai laudabil cosa,


XV,

Vincasi o per fortuna o per ingegno.


(Ariosto, Orlando furioso,
e.

ott.

1).

ovvero,

come osserva
fa dire

il

Machiavelli
Signoria)

(o

per essere pi
eccita

esatti,
i

com'

egli

a uno

dei popolani fiorentini che


:

suoi

compagni a

ribellarsi alla

535. Coloro che vincono, in

qualunque modo vin-

cano, mai non ne riportano vergogna.


(Istorie Fior., lib. Ili, S XIII).

Gode,
sia
di

giustamente,
1'

il

vincitore:

si

consola

il

vinto

come pu,

che sopporti
cui fu detto:

avverso destino con lo stoicismo dell'Uticense.

Victrix causa Dei placuit, sed vieta Catoni.


1

Lucano, Farsalia,
il

lib. I. v.

o con l'altezza di animo di Enea, cui

poeta nella Didone abbanin

donata del Metastasio


....

(a. I, se. 6;

pone

bocca queste parole:

Il

mio core
Skneca
che:

maggior

di

mia fortuna.

" pensi eoo

538.

Fortuna opes auferre, non animum, potest.


K.Medea. a.
II,

BC

1.

v.

176).

foia

la

disinvoltura di quel poeta che scrisse:

539.
uesto
di

l'n'altra volta vincerete voi.


un
celebre verso
dell' ab.

Ubaldo Mari,
Giasoneide

pisano,

un poema stranissimo

intitolato la

La causa
Caton.

del vincitore

nella del vinto a

Ottona

pu')

togliere

!<

ricche/ze.

non l'animo.

62

Chi l'ha detto?

([540-541

Conquista del Vello d'Oro (Livorno,


aver perduto una battaglia
:

1780), dove Giasone dopo

Grazioso

il

re dice agli afflitti eroi

Un'altra volta vincerete voi.


(Canto
Il
II, ott.

50; ediz.

cit., pafr. 47).

Mari
le

fu

immortalato dal novelliere toscano Domenico Batac-

chi,

cui poesie sono piene di allusioni ridicole al povero cano-

nico.

Un

esempio della

sintassi del
1

canonico Mari questo

ad

un suo poemetto stampato nel

791 prepose, come d'uso,

la se-

guente protesta: Le parole Giove, Fato, Divinit ecc. esprimono


dei Gentili la falsa religione,
si

non

dell'

autore la vera credenza che

pregia di

non

sentire

Abbiamo
confortasse
i

udito dalla bocca del povero Mari


suoi fidi

come

il

re

Giasone

dopo

la

sconfitta.

Una

consolazione
si

come

un' altra

Non

era gran cosa di meglio quella di chi

rallegrava

che eravamo rimasti

540. Padroni delle acque.


Pur troppo sono parole pi da piangere che da
parole storiche, sono parole dell' ammiraglio conte
ridere, ma sono Carlo Peixion

DI

Persano

nel telegramma

ufficiale

spedito

al

governo, subito

dopo

l'infelice battaglia di
di

Lissa del 20 luglio 1866. L'inetto colutto

mandante cercava
padrone
getico

confortarsi del

della giornata con la

circostanza che le sue navi, decimate e malconcie, erano rimaste


delle acque. Egli stesso vi insisteva nell'opuscolo apolo-

I fatti
l'

di Lissa (Torino, 1866) pubblicato prima di com:

parire dinanzi all'Alta Corte di Giustizia

Esse

(le

navi italiane)
le

ebbero

orgoglio di dar caccia al nemico quando volse verso

sue terre, e non avendolo potuto raggiungere prima che ne fosse


riparo, di rimanere

al

padrone

delle

acque della battaglia


ai

(pag. 26).

Anche
l'

il
il

telegramma comunicato

giornali dal Ministero del

Interno

giorno dopo della battaglia ripeteva che

La
.
si

flotta ita-

liana rimase

padrona delle acque del combattimento


ai

Tornando

\incitori

ai

vinti,

qui soprattutto

vede che:

541.
541.

Le
Il

profit

de l'un
il

est

dommage de
dell'altro.

l'autre.

profitto dell'uno

danno

[542]

Fortuna, fato

163

titolo del cap. in

ispecial

XXII, lib. I, degli modo avviene quando


:

Essais di
ci sia

Montaigne;
In
tal

e questo

chi sappia rivolgere a pro-

fitto

proprio l'industria e
il

le fatiche

altrui.

caso

si

ama

ri-

petere

virgiliano

542. Sic vos

non

vobis.
di Virgilio, che
(il

di cui nota la storia, conservataci in quella Vita

va, a torto, sotto

il

nome
il

di

Tib.

Claudio Donato

giovane),

cap.
l'

XVII. Virgilio
Xocte

scrive

una notte

sulla porta del palazzo delil

Imperatore Augusto

seguente distico senza apporvi

suo

nome

pluit tota, redeunt spectacula

mane:

Divisimi imperium

cum Jove

Caesar habet.
l'

Badilo, meschino poetucolo, se ne fa credere

autore, e ne

ri-

ceve in contraccambio da Augusto lodi e danari. Allora Virgilio


torna a scrivere sulla porta per quattro volte di seguito le parole
Sic vos non vobis. Augusto vuol

sapere che cosa significhi ci

niuno sa spiegare
tutti

l'

enigma, e finalmente quando

la curiosit di

eccitata, Virgilio stesso d la chiave dell' indovinello ripeil

tendo dapprima

distico

rubatogli, seguito dal verso


tulit

Hos ego
quindi completa
i

versiculos feci,

alter honores,
:

quattro emistichi in questa forma


vobis nidificatis aves.

Sic vos

Sic vos
Sic
Sic

non non vos non vos non

vobis veliera

fertis oves.

vobis mellificati apes. vobis fertis aratra boi

33.
Frode, rapina, prepotenza

Frode e prepotenza sono


igin:

le

due

arti

onde

si

avvantaggia

il

mal-

ma

fra le

due

la pi trista la

prima. Tuttavia ossa trovi

fiche delle attenuanti,

per esempio

il

famoso*

non per

voi.

164

Chi l'ha detto?

[543-54"]

543.

Mundus

vult decipi, ergo decipiatur.


nelle Histories sui temporis (lib.
al

che GiAC.

Aug. de Thou

sub anno 1556) attribuisce (con qualche variante)

card.

XVII, Carlo
et

Caraffa,

nipote di Paolo IV, e legato pontificio presso Enrico II

re di Francia.

Fenint eum, ut erat securo de mimine animo

summus

religionis derisor,

occursante passim populo et in genua

ad ipsius conspectum procumbente, saepius secreta murmuratione


haec verba ingeminasse
:

Qtiandoquidem populus

iste

vult decipi,

decipiatur . Altri citano invece: Vulgus vult decipi tee.

Ma

la

prima parte

di

questa frase,

tedesco nel Narrenschiff


Leipzig, 1854, pag. 65) e

Mundus vult decipi, si trova gi in di Seb. Brants (1494; ed. Zarncke. in latino nei Paradoxa di Seb. Francks
le ediz.).

(1533, Nr. 236 o 247, secondo

Talora

all'

astuzia deve di necessit attenersi chi


il

non pu per

altre vie raggiungere

suo intento

544.
come

Dove
dice
il

forza

non vai giunga


nella
alla

l'

inganno.
(a. I, se.

Metastasio

Didone abbandonata

13).
:

Parlando d'inganni, mi tornano

memoria

la frase

dantesca

545

Quella sozza imagine di froda.


(Dante, Inferno,
e.

XVII,

v.

7).

il

costei Gerione, la fiera con la coda aguzza , colei che tutto

mondo appuzza

- e la bizzarra
:

domanda che

fa a s

mede-

simo

Don

Basilio

546.
nel

Qui diable

est-ce
di

donc qu'on trompe

ici?

Barbier de Seville

sopravviene inaspettato in casa di


sotto le vesti di

Beaumarchais (a. Ili, se. io), quando Don Bartolo, mentre il (Unti
d
la lezione di

Don Alonzo

musica a Rosina.
il

Non

si

pu parlare

della prepotenza

senza ricordare

veno:

547

Ragion contra

forza

non ha

loco.
v. 111).

(Petrarca, Trionfo d'Amore, canto IV.

543.

Il

mondo

vuol essere ingannato.

Inganniamolo dunque.

546. Chi diavolo mai s'inganna qui?

;5l]

Frode,

rapina, prepotenza

io:

che corrisponde

al

francese:

548.

La

raison

du plus fort est toujours


li. a

la meilleure.

FoNTAiXE, Fahles, Ut. 1, labi. X: Le loup et Fagneau, primo verso).

che stato ringiovanito nella frase moderna

54g.
citata di

Macht geht vor Recht.


frequente anche nella forma francese
:

La
ed
attribuita
il

force prime le droit.

prova

a Bismarck, ma smentita da lui medesimo come Bchmann nelle Gefl. Worte, XXIII. Aufl.. S. 558.
al

Delle prepotenze usate


gelo,
la

Giusto secondo
il

il

racconto del Vanil

voce

comune conserva

ricordo ripetendo

versetto bi-

blico:

550. Diviserunt vestimenta ejus.


(Vang, di
S.

Malleo, cap.
v. 34).

XXVII,

v. 32:

-S. Marco, cap. XV,


cap. XXIII.

v. 24:

- S. Luca.

ovvero,

come

nello

stesso versetto

del

Vangelo

di

S.

Matteo
v.

detto poco pi oltre, e gi era detto dal

Salmo

XXI.

19:

Diviserunt
e

sibi

vestimenta mea.
quella

quest' ultima lezione anche


la

pi di

frequente ripetuta
(sest. 18).

rese popolare

il

Giusti nella poesia

Lo Stivale

\erso dant'j

551.

Ira

male gatte era venuto

il

sorco.
e.

I'WTK. Inferno,

XXII.

appartiene dia stessa categoria di concetti: ed ugualmente du


di

una lubrica

(e perci notissima; poesia:

La
550.
Si

ragioni- del

pi
al

forte

tempre

la

migliore.

549. I.a forza prevale


divisero le su<-

diritto.

vesti.

66

Chi l'ha detto?

[55 2 "554]

552.

Degno

di gloria quei

che ruba un regno,


lampada di
3).

Chi ruba poco d'un capestro degno.


(G. B. Casti, La novella, sest.
S. Antonio,

Anche un epigramma

di

Francesco Proto, Duca


la

di

Maddaloni,

persona popolarissima in Napoli per

sua mordacit, dice:

Un

ladruncolo
io

ieri

iva in prigione,
lui

ed
ci

chiedendo a

per qual ragione,


solito gioco
:

Si sa

mi rispondea

vo' perch ho rubato troppo poco .


lecito al potente e al superbo colpa
il

Pur troppo quel che


nelP umile e nel povero,
gli

quale molte volte paga per s e per

altri

553.

Morir denno i plebei furfanti oscuri, Perch i furfanti illustri sien sicuri.
lupo di

la morale della favola // pastore ed il

Lorenzo
di

Pi-

GNOTTI.

Come esempio
Pasquino
:

di

prepotenza e
si

al

tempo medesimo

vandasatira di

lismo non nuovo nella storia

ha quello ricordato nella

554.

Quod non fecerunt Barbari, Barbarini fecerunt.


Urbano Vili (Maffeo
Barberini) che tolse
il

detta a proposito di

bronzo onde erano

rivestite le travi

del portico del

Panteon per

farne cannoni (chi dice pi di ottanta, chi centodieci), e le quattro

colonne e

il

baldacchino

dell' aitar

maggiore

in

S. Pietro. Il fatto
il

narrato anche dai contemporanei. Di cannoni

Papa presente
n'

ha molto contribuito

alla

mancanza
sono

[sic),

che

prima
di

havea

lo

Stato Ecclesiastico.... Molti


stel

stati

gettati

nuovo per Ca-

S. Angelo, col valersi anco del metal antico di cui era sinil

golarmente adornato

tempio
il

di

tutti

gli

Dei, hoggid detto la


:

Rotonda. Onde nacque

motto

di

Pasquino
in

Quod non fecerunt


del

Barbari, Barbarinifecerunt . Osi,

una sua Relazione

1635

554. Quel che non fecero

Barbari,

fecero

Barberini.

[555-55"]

Giorno e notte

i6;

ma,

r ambasciatore veneto Contarmi (Le Relazioni delia Corte di Roecc., voi. I, Venezia, 1877, pag. 58). E un diarista contemil

poraneo, Giacinto Gigli, in questi termini descrive

malcontento

popolare per tale profanazione

Il

popolo andava curiosamente

a veder disfare una tanta opera, e non poteva far di


sentire dispiacere et dolersi che

meno

di

non

una

bella antichit, che sola era

rimasta intatta dalle offese dei barbari e poteva dirsi opera vera-

mente eterna, fosse ora


prof.

disfatta.

Oggi,

merc
satira,

le

ricerche del

G. Bossi,
sua

si

conosce l'autore di questa


il

che fu l'agente

mantovano Carlo Castelli. Vedi


nini,
la
vita,
le

voi. del Fraschetta, //

Ber-

sue opere, ecc., a pag. 59.

34.
Giorno e notte

I.'

alba cosi descritta da uno dei nostri maggiori poeti

ria

l'aura messaggera erasi desta

Ad

annunziar che se ne vien l'aurora:


infiora.
e.

Ella intanto s'adorna, e l'aurea testa

Di rose colte in paradiso

(TASSO, (Irrusalemme liberata,


in

II, ott.

11).

questi termini descrive una mattinata d'aprile


(e.

il

\>-

c>M nella Secchia Rapita


5.56.

I.

ott.

6):

E
E

s'udian gli usignoli al primo albore


gli asini

cantar versi d'amore.


campana Commedia:
il

Il

cader della sera, allorch suona la

dell'

pianto l>ene dipinto nella Divina

557.

Era gi l'ora che volge

disio

Ai naviganti e intenerisce il core Lo d c'han detto ai dolci amici addio;

i68

Chi l'ha detto?

[558-561]

che lo novo peregrin d'amore Punge, se ode squilla di lontano,

Che paia
Mentre qui

il

giorno pianger che


(Dante, Purgatorio,
e.

si

more.
v. 1-6).

Vili,

il

poeta non vede e non sente che

la dolce

malin-

conia delle ore crepuscolari, altrove saluta la sera


trice di

come apporta-

riposo

558.

Lo giorno
Toglieva

se n'andava, e l'aere
gli

bruno

animai che sono in terra


loro....
{inferno,
e.

Dalle fatiche
Pi
per
il

11, v.

1-3).

tristi

pensieri invece ispira

il

cader del giorno

al

Petrarca

quale
....

559.

Nel fuggir del sole

La

ruina del

mondo

manifesta.
v. 68-69).

(Trionfo del Tcmfo,


Sale la notte,
e,
:

se nel cielo stellato risplende la luna, ecco

il

bel verso oraziano

560.

Nox
non
e'

erat et ccelo fulgebat luna sereno.


(Orazio, Epodi, od.

XV,
:

v.

1).

c se

la luna,

ci

saranno per

lo

meno

le

stelle

561.

tutta splendor Notte d'amor Dagli astri d'or.

come cantano Faust e Margherita nel dilettino del Faust, di J. Barbier e M. Carr, trad. ital. di Ach. De Lauzire (a. II, se. io). Gounod scrisse in una sua lettera che, vent' anni prima,
in

un giardino a Roma,
musica:

gli

era ispirata chi sa da quale misteriosa

belt, la

Notte d'amor

tutta splendor

560. Era notte

la

luna splendeva "el cielo sereno.

[52-"

Giorno

notte

F invocazione

(nelle

medesime

scene)

Vogl'

io

Ouelle sembianze care

Ancor contemplare Al pallido chiaror Che vien dagli astri d'or.


Chi fu la bella ispiratrice
tuccio di cimitero,
vivr
?

Ora dormir

certo in qualche can-

forse

presso alle

ceneri di Shelley, e mentre


pri-

sempre

1'

armonia che part dalla sua bellezza, quante


sulla terra sotto

mavere avranno sparso fresche erbe


inconsapevole della sua gloria
logia,
!

a cui giace

(Paolo Lioy, nella

Nuova Anto-

i aprile
se

1896, pag. 4601.

Ma
562.

non

ci

sono n luna n

stelle,

diremo allora che:

Era

la

notte e

non

si

vedea lume.
e.

(Ariosto, Qr laudo furioso,


Il

XI., ott.

6).

qua] verso ricorda V ottava balzana (ovvero alla burchiellesca),


di
~.

pur citata assai

frequente, che

il

servo

Brighella recita nel-

atto III.

se.

del Poeta fanatico del

Goldoni:
lume.

Era

di

notte e

non

ci

si

vedea,
il

Perch Marrisa avea spento

Un

rospo colla spada e

la

livrea

Faceva un minuetto in mezzo al nume. L'altro giorno da me venuto Enea, E m' ha portato un orinai di piume. Cleopatra ha scorticato Marcantonio; Le femmine son peggio del demonio.

Ma

torniamo
sia

alla

notte,

sia

pure notte

oscurissinia e

luta,

purch non

per alcuno la

Notte per
du'

me

funesta!
Otello,

spavent
:

Desdemona adi'
j

melodramma

di

K.

3)

neppure

la

564.

Notte! funesta, atroce, orribil notte!


di
la

l' Oreste

Vittorio Ai.hkki
romanza
di

(a.

1,

prim
il

Se invece

luna illumina de' suoi raggi

cielo,
di

si

ricordi

il

principio della

Egidio nel

melodramma

GlO

Chi V ha detto?

[565-569]

Peruzzini,
(a.

La
6)
:

Contessa

d'Amalfi,

musica

di

Errico

Petrella

II,

se.

565.

Fra

rami fulgida

la

luna appare,
il

D'astri

gemmato

sorride

ciel.

E
tere

se la notte
il

non

tanto serena, sar invece

il

caso di ripe-

coro

566.

fosco cielo, a notte bruna,

Al

fioco raggio d'incerta luna.


(La Sonnambula, melodramma Romani, musica di Bellini, a.
di
I,

Felice
se. 6).

Parlando

di notte e di oscurit
:

il

caso di citare anche l'altro

verso dantesco

567.

Io venni in lodo d'ogni luce muto.


(Dante, Inferno,
e.

V,

v. 28).

Ma
rore
si

intanto anche la notte volge al suo termine,

un

lieve chia-

leva dall' Oriente, e


il

il

nuovo giorno

si

annunzia. D'ordi-

nario esso sempre


lo

benvenuto,

ma
l'

vi

chi pi

ardentemente
:

desidera, sia che stia ripetendo

invocazione terribile

568.

sole,

pi rapido a sorger t'appresta,


!

Ti cinga di sangue ghirlanda funesta

(Lucia di Lammermoor, melodramma di Salv. Cammarano, mus. di G. Donizetti, a. Ili, se. 2).
sia

che formulando pi dolci e miti desiderii voglia dire

569.

consolarmi

affrettati,
!

O
come
nel duetto della

giorno sospirato

Linda di Chamounix, melodramma


di

di

AI-

TANO Rossi, musica

G. Donizetti
(se. 8)

(a. I, se. 4).

Ripete queste
la

parole Linda nell'atto II

quando smarrisce

ragione.

[570-574]

Giovent, veccA

171

35.
Giovent, vecchiezza

La prima 570.

et della vita indicata dal

Petrarca

col vers)

Nel dolce tempo della prima etade.


Petrarca, Canzone in vita di M. Laura, numero I secondo il Marsand e il Mestica, v. 1).

mentre PAlighieri, alludendo


bini,

all'

informe

linguaggio

dei

bam-

disse di s

571.

Anzi che

tu lasciassi

il

pappo

e
e.

il

dindi.
v. 105).

(Daxte, Purgatorio,

XI,

Ci che rende pi cara quell' et


dei costumi,

l'

innocenza dei pensieri

innocenza che nessun onest'

uomo

oserebbe turbare,

poich

572.

Maxima

debetur puero reverenda.


(Giovf.nale, Satira XIV.
v. 47).

e anche al giovanetto uscito dalla puerizia bene

si

addice, se non

l'assoluta innocenza,

almeno

la

modestia:

573.

Decet verecundum esse adulescentem.


1

l'i

auto, Asinaria,

a.

V,

se.

I,

v. 6).

H
Cristo,

innocenza che rendeva

fanciulli cosi accatti

;i

che soleva dire:

574.

Sinite parvulos venire

ad me.
Varco, cap. \

;7-

Al fanciullo dorata

la

massima
sia

rev

573. Conviene die L'adolescente


574.
[

verecondo.

aci ate che

fanciulli

vengano a

me

Chi l'ha detto:

[575*578]

Ma
parire
:

pur troppo col mutarsi dei tempi anch' essa tende a scom-

575.
tutti

Ah!
se. 8) lo

il

n'y a plus d'enfants.


Malade imaginaire
volta, e ne
di

ripetono dopo che Argan nel

Molire

(a. II,

ha detto per

la

prima

ha creato quasi

un proverbio.
Quei bambini, che prima facevano
con
le

la delizia

delle nostre case

loro ingenue grazie, sono oggi quasi tutti diventati, incon-

sciamente o no, degli

576. Enfants terribles.


come
delle

soglionsi chiamare con frase usata per la prima volta in

una

comiche composizioni

di

Gavarni. Veramente
si

se

bambini

diventan terribili, molte volte lo


chia malizia,

deve ascrivere non a sover-

ma

alla

nessuna esperienza del


Il

mondo
istinti
i

delle sue

leggi naturali ed artificiali.

vivere sociale e la
ingeniti

sua educazione
della

non ha corretto

in essi alcuno degli

bestia

umana;
di

perci

La Fontaine,

che poco amava

ragazzi, scrisse

loro che:

577.
in

....

Cet ge est sans

piti.

una

delle sue favole pi deliziose, Les


v. 54).
i

Deux

Pigeons

(Ihr.

IX,

fable II,

In tempi eccezionali vedremo audacia


gli

fanciulli

superare

in

senno e

in

anni loro, ed allora che

578.

bimbi d'Italia Si chiaman Balilla.


di

come
che
dice

detto nc\V

Inno

Goffredo Mamki

isti.

4); e allora

essi
:

intoneranno quel popolarissimo inno

di cui la

prima strofa

575. Ahi, non

ci

sono

pivi

fanciulli!

576. Fanciulli terribili. 577. Quella et senza piet.

Giovent, vecchiezza

173

579.

Ora siam

(o

Xoi siamo)

piccoli.

Ma
La
inno di cui non
lo attribuiva a
si

cresceremo.

Difenderemo
libert.

conosce con assoluta certezza l'autore. Qualcuno


Stabello, poeta bortoliniano,
il

Pietro Roggeri da
i

principale fra

poeti

vernacoli bergamaschi e autore di


;

altri inni

popolari del tempo, stampati pure anonimi


quasi

ma

invece da ritenersi

come

sicuro

(D'Ancona

e Bacci nel

Manuale

della letter,

ital., vol.

IV.

p. II, Firenze, 1894, p. 614), ch'esso fu


il

composto
Labindo.

nel

1796 per

Battaglione della Speranza di


sotto
il

Modena da Giodi

vanni FAUTORI, pi noto


Davide Bertolotti
di

nome

arcadico

nelle Notizie

intorno alla vita ed alle opere


alle

Giovanni Fantoni preposte

Poesie del

Conte

Giozanni

Fan toni fra gli Arcadi Labindo (Milano, per Giovanni Silvestri. M.DCCC. XXIII), a pag. X scrive: Le piazze di Milano e
di
st"

Modena
ultima

lo intesero a predicare la

popolare autorit, ed

in

quelui

citt

ancor rammentasi

la

radunanza

di

ragazzi

da

fatta,

armati

di fucili di legno, eh' egli

chiam

il

Reggimento

della

Speranza, e per cui scrisse un

Inno che and a stampa, e che

cominciava " Ora siam piccoli

ma

cresceremo " ecc. ecc.

ca-

Ma

V inno non stampato nella raccolta Silvestri

e ci

si

pisce dato lo spirito antitedesco che lo ispirava


raccolte posteriori.
Si

e neppure nelle

trova,

ma

raccolto

dalla

tradizione, nella

raccolta di

Eugenia Levi, Fiore di poesie italiane antiche e mo~

facili
-e, se

per

ragazzi d'Italia (Firenze, Bemporad).

proprio del Fantoni. fu stampato in foglio volante, in

stampa del tempo.

Ma di tali edizioni non si ha notizia

e lo Sforza

non

ne registra alcuna nel suo diligentissimo Saggio d'una bibliografia


delle opere di

Ijibindo (nel
.

Giornale Storico e Letterario della


n<
1

Liguria,
articoli

a.

V1I-VIII

V.u.

Fanfulla della Domen:


l'

di

D.

Lucattelli (n.

9 del 2" febbraio 1916) dove

inno
>tto-

ricordato per incidenza affermato di autore ignoto: di


lini

A.

<

(n.

io del 5 marzo): di Gerolamo Lazzeri


dell' Ottolini
(n.

(a.
.

27 del 2 lue

glio);
1

ancora
del

(n.

29. del

16

luglio!

finalmente

Laseri

31

del

30

luglio).

174

Chi

l'

ha

detto ?

[580-582]

Ma,

tant' ,

io preferisco
gli

vedere

bambini

ai

loro giuochi,

giovanetti allo studio,

uomini

al lavoro,

poich

580.

Chaque ge a

ses plaisirs, son esprit et ses

[murs.
(BoiLEAU, Art potique,
c.

Ill, v. 3J4).

Ecco

la

giovent,

lieta,

superba e confidente:

58

Nos quoque floruimus, sed flos erat ille caducus, Flammaque de stipula nostra brevisque fuit.
(Ovidio, Tristia,
lib.

V, eleg. Vili,

v.

19-20).

Dolce
molti
la

il

ricordo delle belle illusioni degli anni giovanili

e per

non

possibile di riudire senza

una certa

lieve

commozione

romanza

582.
cantata da Carlo

Oh
V
di

de'verd'anni miei.
dramma
:

ne\V Emani,
III,

lirico di

F.

M. Piave,

musica

G. Verdi (Atto

se. 1)

Oh

de' verd' anni miei

Sogni e bugiarde larve,

Se troppo
S' ora

vi

credei

L'incanto ora disparve.

chiamato sono
soglio,

Al pi sublime

Della virt com' aquila


Sui vanni m' alzer.

E
Questi sono tra
tista
i

vincitor de' secoli


Il

nome mio

far.
cattivi, del
;

pochi versi non tanto


(di

noto

libret-

Francesco Maria Piave

Murano, i8l0-i8;6)

il

quale,

mein

diocre poeta di per s, era poi veramente

uno strumento cieco


di

mano

del Verdi,

che

si

valeva di

lui

a preferenza

ogni altro

librettista,

trovandolo docile e pieghevole anche col sacrificio del

580. Ogni et ha
581.

suoi piaceri, il suo spirito e suoi costumi. Noi pure fiorimmo un giorno, ma quel fiore presto appass. e la nostra fu fiamma di stoppa, fllOCO passeggero.
i

[583]

Giovent, vecchiezza

gusto letterario, del senso comune, della sintassi.

Il

Piave, conscio

della sua inferiorit, f' continuo sacrificio del suo

amor proprio,
le fan-

tagliando,
tasie di

aggiungendo, accorciando, allungando, secondo

Verdi.

El maestro
non
la

voi cussi, e

basta:

quando
lui

il

Piave

aveva detto queste parole, non occorrevano per


ficazioni,
.

altre giusti-

tanto egli

pretendeva a poeta:
bonariet.
i

La me diga
Il

r/oltre
il

soleva avvertire con burbera

Piave,

questo libretto dell'Emani, scrisse pel Verdi,

Due
gli

Foscari,

Macbeth,
viata,
libretti
il

il

Corsaro, che divenne poi Aroldo,


la

il

Rigoletto, la Traultimi due


Il

Simon Boccanegra,
fu

Forza del destino,

rifatti

rispettivamente da Boito e

Ghislanzoni.

libretto

del

Macbeth

uno

dei pi ferocemente tartassati dai critici d'ogni


i

tempo. Molti ne parodiavano


questo proposito un
del Macbeth,

versi.

Mario Pascolato narr a

gustoso

aneddoto.

una rappresentazione
Paolo Ferrari e
dei suoi versi.

erano in un palchetto col

Piave,
critiche

Leone

Fortis, che lo

tormentavano

colle

Nella scena delle apparizioni dei Re, Macbeth a un certo punto

deve dire:

Un
e giunti
al

terzo?...

un quarto'... un quinto
il

? ...
lo

a quel verso,

Fortis e

il

Ferrari,

che

aspettavano
vicenda -

varco,

impresero a continuare - improvvisando a

quella aritmetica versificata:


Il

Un

sesto?...
il

ed ecco
nono,
il

il

settimo!

'

ottavo,

decimo !

poeta taceva e friggeva.


'

quelli

// undecimo, Oh, cielo!


Finalmente
Verdi
per
la
!

il

duodecimo

il

tredicesimo!...

il

buon Piave, scoppiando:

Fase, cani, che


il

X''

E quella
su<>
i

fu tutta la sua difesa: invocare

rispetta

musica del

A
tanto

tutti
:

^io\ani che leggeranno questo libro auguro

non per

Pensier canuti in giovenil etate.


(Petraki
c a.

Trionfo della pudici

che per che

newano

li

loro possa dirsi

quel che di troppi

ai

dice,

Chi V ha detto?

[584-5X8]

584.

La plupart

des

hommes
(\..k

emploient

la

premire
cap. 11:

partie de leur vie rendre l'autre misrable.


Bruyre, Caractres,
102).
vol.
I,

De V homme,

Cos sta nelle otto edizioni avanti quella del 1696:

le

altre di-

cono invece la meilleure partie.

E
la

a sorreggerli fra

le

asperit e le dubbiezze della vita, potr,

per coloro che hanno la ventura di credere, concorrere la Fede,


quale

585.

Tempra
Il

de' baldi giovani

confidente ingegno.
(Manzoni,

La

Pentecoste, inno,

v.

137-138).

Ma
586.

questa prima met della vita presto vola

eccoci

Nel mezzo del cammin

di nostra vita.
e.
I,

(Dante, Inferno,
verso che Dante stesso cos

v.

n.

commenta:

La

nostra vita procede


Il

ad immagine d' arco, montando e discendendo.


di

primo

sommo

questo arco

nelli

perfettamente maturati nel 35


gli

anno {Con-

vito,

IV, 23). Volano

anni,

587.

Eheu

fugaces, Postume,

Postume
od.
14,

Labuntur anni.
(Orazio, Odi,
lib. II,

v.

1-2).

ecco

la

dolorosa e stanca vecchiaia, e

5S8.

Gi dello spirto

il memore Moto veloce langue,

lento scorre e gelido


il

In ogni vena

sangue.

584.

La maggior

parte degli uomini impiegano la prima met


1'

<l'lla

loro vita a render

altra miserabile
veloci
gli

5X7. Ohim,

Postano, Postumo, fuggono

anni!

[589-593]

Giovent,

vecchiezza

Questi versi sono nell'ode


cui
si

La

vecchiezza di G. B.

NfCGOUKl,

di

suole ricordare anche l'ultima strofa:

mentre manda un gemito.

Che

dell' error

s'avvede,
gelida

S' apre la

tomba

Sotto lo stanco piede.

Ecco P uomo

589.

Giunto

sul passo

estremo

Della pi estrema et.


come canta Faust
nell'

epilogo del Mefistofele, parole e musica di

Arrigo Borro;
fernale,

eccolo vacillante e canuto

come

il

Caronte

in-

che

Dante

chiam:

590.

Vn

vecchio bianco per antico pelo.


[Inferno,
e.

Ili, v. 8).

eccolo,

magro compenso

a tante altre privazioni!, circondato

da
:

quel rispetto che e fu sempre melanconico privilegio della tarda et

591.

Magna
egli

fuit

quondam
il

capitis reverentia cani.


(Ovidio, fasti,
lib.

V,

v.

purch

sappia rispettare poich

suo crine canuto, se vuole che

lo

rispettino gli altri,

Peu de gens savent


(I. a

tre vieux.
S

Rochefoucauld, Maximes.

CCCCXXIIli.
:

<

soprattutto tenersi lontano da debolezze che sono di altre et

Turpe senex
II

miles, turpe senilis amor.


(Ovidio, Amore*,
lib.
I,

eleg, IX, 1.
le

4).

mila

si

ha da intendere
l'argomento
di

di

chi

milita

sotto

insegne di

Amor',

infatti

questa elegia una poetica eomdi

one dell'arte guerresca all'arte

amare.

inde era
')2.
>\.

la

riverenza per
.

il

capo canuto.
le in-

Poche persone sanno esser vecchiTurpe il vecchio che vuol ancora militare sotto di Cupido, talpe cosa l'amore nei vecchi.

178

Chi

V lia

ditto?

[594*597]

Non

tutti

facilmente
si

si

acconciano a rinunciare a piaceri e ad


altre et.
gli

abitudini che meglio

addicono ad
si

La

vecchia serva nel


la

capolavoro di Rossini
pi,

duole che

amanti non

corteggino

e canta

594.

Oh

vecchiaia maledetta!
tutti disprezzata....

Son da

vecchietta disperata
cos crepar.

Mi convien
[Il

Barbiere di Siviglia, parole di Cesare Sterbini, musica di Rossini, a. II, se. 5).

Perci non

mancano

furbi di tre cotte che

sanno trarre partito

da queste

senili

debolezze, quindi la esclamazione del Giusti:

595.

Oh

le vecchie, le vecchie, le

amico mio,
io.
18).

Portano chi

porta

e lo so

(Gingillino, p. Ili, str.

Intanto
e
si

il

tempo, che galantuomo per


il

tutti,

corre senza tregua,


sacrifici,

appressa

giorno in

cui virt

e vizi,

debolezze e

avranno un termine. Vero che nessuno


di

in generale si

preoccupa

questo doloroso scioglimento:

596.

Nemo

est

tam senex qui

se

annum non
De

putet

pOSSe Vivere.
nulladimeno
povero, per

(Cicerone,

Senectvte, lib. VII).

la fine viene, e viene


il

per

tutti,

pel ricco

come per

il

vecchio

come per
il

il

giovane.

Ma

se per quest' ultimo


;

inattesa e crudele, per

vecchio in molti casi una liberazione


i

che benissimo scriveva fra


fu

suoi Pensieri quell' acuto intelletto che

Giacomo Leopardi:

597.

La morte non
da
i

male; perch libera

l'uomo

tutti

mali, e insieme coi beni gli toglie

desiderii.

La vecchiezza

male sommo:

;<)<>.

Nessuno

e tanto

vecchio che non creda di potei vivere an-

cora un anno.

[598-600]

Giustizili,

liti

17Q

perch priva Y
sciandogliene
i

uomo

di tutti
;

piaceri, la-

gli appetiti

e porta seco tutti

dolori.

36.

Giustizia, liti

Principio fondamentale ed eterno della giustizia

1'

598.
di

Unicuique suum.
due
passi,

cui la fonte va cercata specialmente in


III, 15
:

uno

di

CicediI
:

rone, De natura deorum,


stribuii
;

Tustitia

suum cuique
lib. I, tit. I,

I'

altro delle Istituzioni di

Giustiniano,

Justitia est constans et perpetua voluntas ius

suum cuique
:

tri-

buendi. Si pu anche dire con

li

evangelisti

599. Reddite {ergo) quae sunt Cesaris, Csesari, et

quae sunt Dei, Deo.


{Rvang. di S. Matteo, cap. XXII. v. 21. - S. Marco, cap. XII. v. 17. - S. Luca,
cap.

XX,
:

v. 29).

pure

della Bibbia

la

sentenza

600. Justus ut

palma
amore

florebit.
in

.w,

xci,

%*.

che disgraziatamente vera solo


poich troppe volte
1'

un senso.... molto metaforico.


l'

della giustizia, per

ingiustizia degli

omini, porta

disgrazia a chi lo professa. I." seppe


il

GUGORIO

VII

ce,

morto a Salerno
furono:

10S;.

1.

cui

ultime parole, a tono

tgione,

ciascuno

il

suo.

Rendete ulunqii' a Dio quel che


600. Fiorir
i)

qad che
i
li

'H

rendete

Dio.
la

insto comi-

palina.

i8o

Chi l'ha detto?

[601-604]

601. Dilexi justitiam, et odivi iniquitatem, prop-

terea morior in exilio.


Vedi,
di
tra le altre
fonti, le

Vite dei pontefici in seguito a quelle

dal card. Nicol d'Aragona Rerum Italicarum Scriptores del Muratori, tom. Ili, p. 348, cap. CX, ove si aggiunge: Quod contra quidam Venerabilis Episcopio respondisse narratur Non potes, Domine, mori in exilio,

Anastasio Bibliotecario,

scritte

nei

qui in vice Christi

et

Apostolorum ejus divinitus accepisti gentes


il

haereditatem, et possessionem terminos terrae. Si veda pure

Chronicon
vol.

di

Ottone
247.

di

Frisinga

nei

Monum. Germ,
l'

hist.,

XX,

p.

Altra sentenza biblica questa che loda


e della misericordia nel principe perfetto
:

unione della giustizia

602. Misericordia et Veritas obvia verunt sibi: justitia et

pax

osculatae sunt.
(Salmo L.XXXIV, vers.
11).

all'

incontro di

Cicerone

la

seguente definizione filosofica della

giustizia:

603. Justitia.... erga

Deos

religio,

erga parentes

pietas, reditis in rebus fides....


(Cicerone.

nominatur.
22).

De

/artitione oratoria, S

pure in

Cicerone

quest' altro, detto a temperare la soverchia


:

rigidit degli

intransigenti

604.

Summum

jus,

summa

iniuria.
(De ofcs,
lib.
I,

cap.

!<)

601. 602.

Amai la giustzia La misericordia e


date
il

e odiai l'iniquit,
la verit si

perci mudici

in esilio.
si

sono incontrate insieme:

son

bacio la giustizia e la pace.


i

603. La giustizia, se rispetto a Dio dicesi religione, se veno


parenti piet, se nelle cose affidate dicesi
fede.

O04.

Il

diritto

estuino diventa talora anche un estremo torio.

[bo^-007]

>

tizia,

liti

ma

egli

del resto

non cre questo aforismo

legale,
(a.

che gi
se. 5.

si

tro-

\a\a nel Heautontimoroumenos di

Terenzio

IV.

Jus
Il

summum

saepe

summa

est malitia.
dell' Heautontimo-

concetto medesimo espresso in un frammento


di

roumenos

Menandro. da

cui Terenzio trasse la sua


:

commedia.

so trova riscontro nel biblico

605. Noli esse Justus

multum.
(Ecclesiaste, lib. VII. cap.
17).

Di
pieno

siffatti
il

apoftegmi od

aforismi
\

giuridici

(parce nine juris)

Foro, e molti hanno anche

arcato le

mura
i

della curia per


:

diventare popolari e di

comune

uso. Tali sono

seguenti

606.

Audiatur

et altera pars.
gli

frase di

uso comune presso


:

antichi,

usata anche nella elosi

quenza forense ad Atene


in

non

in questa fonila precisa


\.

trova pure

SENECA, Medea,
Qui

a. II.

se. 2,

199-200:

statuit aliquid parte inaudita altera.


licet

Aequum

statuerit.

haud aequus

fuit.

nella Galleria degli Ufizi

una tavola d'un ignoto quatti odi pregio

Dentista:

una Madonna col Bambino, pittura

mediocre,

opera incerta di alcun povero scolaro di Giotto


Vergine, che fu certamente affissa
lazzo di giustizia,
in

Sotto

qualche

pretorio

d'un paal

una mano indica

allo spettatore

ed

giudice

l'iscrizione in grandi lettere gotiche:

Odi V altra parte

(E.

M.

gu, ne:

Za
II,

Vita Italiana durante la

Rivoluzione fran-

VImpero,

Milano 1897, a pag. 306).

6071 Impossibilium nulla obligatio est.


-

jun., I.e\

/*5 Digest.,

lib.

50,

tit.

17, che
si

in

altra forma, di origine incerta ina certo della bassa latinit,


aneli.:

cita

Ultra posse nemo obligatur ; oppure.

Ad

impossibilia

nemo

Unetur.

605. 606.

Non
Si

voler essere troppo giusto.


1'

senta anche

altra pai
le

obbligo per

cose impossibili.

Chi l'ha detto?

[008-611]

608. Error

communis
il

facit jus.
il

Non v'ha
jits,

giurista

quale non adoperi


si

ditterio Error,

communis

facit

ma

pochi

diedero la briga di appurare che sia scritto


al

nella legge
riati,

3* del Digesto

titolo

De

suppellectle legata (Giu-

Arte forense), ed

un

testo di

Paolo;

609. Fiat justitia et pereat

mundus.

era motto abituale, secondo che assicurano molte raccolte di detti


sentenziosi,

dell'Imperatore

Ferdinando
:

I che fu gi re

d'Un-

gheria e sed sul trono imperiale dal 1556 al 1564:

ma Giorgio

Hegel
La

la corresse in

questa forma

Fiat justitia

ne pereat mundus.

frase primitiva

pu

considerarsi

come

il

prototipo di quell' altra,

rimasta celebre

ma

citata

poco esattamente:

610. Prissent les colonies plutt qu'un principe.


che
si

attribuisce a Robespierre,

ma non

sua: fu invece detta da

Pierre-Samuel Dupont de Nemours all'Assemblea Nazionale


nella seduta del

15 maggio 1791. Era stato detto che


ai

provve-

dimenti favorevoli
cesi, e

negri irriterebbero

coloni delle colonie franSi cette scission,

avrebbero prodotto una fatale scissione.


devait avoir lieu,
s'il

disse l'oratore,
la justice, il

fallait

sacrifier

l'intrt

ou

di

vaudrait mieux sacrifier

les colonies
gli

qu'un principe.
antichi uomini

Proprio

il

contrario di quel che pensavano


:

stato italiani

611. Meglio citt guasta che perduta.


Il

Machiavelli
Tipografia
de' Medici
la

nelle

sue Istorie fiorentine,

lib.

vii

(Fi-

renze,
di

Cenniniana,
il

1873, voi.
:

I,

pag. 330)

parlando
cit-

Cosimo

vecchio, scrive

Dicendogli alcuni
si

tadini, e

dopo

sua tornata dall'esilio, che

guastava
tanti

la

citt,

facevasi contra a

Dio a cacciare da quella


citt

uomini dab<

bene, rispose:

Com'egli era meglio

guasta che perduta:

608. L' errore comune fa legge.

609. Sia fatta 610. Periscano

giustizia,
le

perisca

il

mondo.

colonie piuttosto che un principio.

-il 3]

Giustizia,

liti

1S3

come due canne di panno rosato facevano un uomo da bene ;


che gli stati non si tenevano con i paternostri in
voci dettono materia
ai

nemici
la

amasse pi

medesimo che

mano : le quali di calunniarlo, come uomo che patria e pi questo mondo che

quell' altro .

Cosimo

era tornato in Firenze dall' esilio con grandi

onori

il

i ottobre

1434.
il

di

Virgilio

verso notissimo:

612. Discite iustitiam moniti, et

non temnere divos.


{Eneide,
lib.

VI.

v. 630).

La

giustizia divina,

assoluta, ha veramente

poco che

fare

con

la

giustizia

umana. Vi sono
:

alcuni che serbano anche in questa


1'

una

fiducia illimitata

e ripeterebbero all' occasione


il

audace risposta

del

mugnaio

di

Sans-Souci a Federigo

Grande:

613. Oui,
di cui

si

nous n'avions pas de juges Berlin.


fece

Francois Andrieux

un verso nel suo poemetto Le


pubblica
dell' Istituto

meunier de Sans-Souci,
zionale
il

letto in seduta

Na-

15 germinale dell'anno
forse

V,

dove dette veste poetica

a una nota tradizione, che


rico,

avr qualche fondamento stostoria

ma
I,

che offre troppe analogie con una


nel

narrata

da

Lehmann
to.

Florilegium politicum auctum (Frankfurt.


e anche

1662,

pag. 332)
nfeld
nella
to.

con una novella persiana pubbl. da

Zeitschr.

der deutschen morgenlnd.


essere accettata senza
i

Gesell-

schaft,

864,

XVIII, pag. 406, per

ria

esterna di questa leggenda molto minutamente raccon-

tata dall' Hertslet in

Treppenwitz der Weltgeschichte, IV. Aufl.,


sia la cosa,

pag. 297-300.
derico
si

Comunque
i

sembra che realnien


il

conducesse con molta lealt non solo verso


piccoli proprietari che

mugnaio

rso tutti
Il

circondavano

il

suo parco.

conte Hoditz, a cui egli un giorno narrava la sua condotta


di

uno

costoro, rispondeva con molto garbo:


fait

Ah

Sire, je

vois

bien qu'il

bon

tre votre voisin en petit se repose,


to.
I,

(Dutens,
;

Mmoires

d'un vnyagnir qui

pag.

Imparate a coltivai

la

giustizia

ed a temere
Berlino.

gli

di.

ino dei giudici a

184

Chi l'ha

detto ?

[61 4-61 5]

Anukjeux doveva
perch ne fece
versi)
:

conoscere questa risposta, o almeno la

intu,

la

morale del suo racconto (poemetto

citato, ultimi

614.

....

On
Il

respecte

Ce sont l jeux de prince: un moulin, on vole une province!


di

primo emistichio era gi noto, perch faceva parte


Ce sont jeux de prince;
ils

un antico

proverbio francese:

ne plaisent qu'

ceux qui

les

font. D'Olivetin principio della sua Histoire de


di

V Acadi

dmie franaise, narrando


zia fece a quell'istituto,

una

visita

che Cristina Regina

Sve-

aggiunge:

Une

chose assez plaisante et

dont
taire

la

reine se mit rire toute la premire, ce fut que le secrlui

voulant

montrer un essai du Dictionnaire qui occupoit ds


il

lors la

Compagnie,

ouvrit par hazard son portefeuille au

mot _/<?,

se

trouva cette phrase: Jetix de prince qui ne plaisent qu'


les

ceux qui

font,

pour

signifier

des jeux qui vont fcher ou

blesser quelqu'un.

Alla indipendenza ed imparzialit dei magistrati allude anche


solenne risposta
:

Ut

615.
che
la

La Cour rend des arrts et non pas des services.


fama attribuisce a Ant.-Jeax-Mathieu Sguier, primo
il

presidente della Corte di Parigi sotto


razione,
il

primo Impero

e la

Restau-

quale

1'

avrebbe detta nel 1827 a proposito delle pressioni


di

che un certo processo


casione
il

stampa o

di

tendenze politiche dava oc-

al

governo

di

Carlo

di tentare sulla magistratura.

Ma

Ro/.an {Petites ignorances historiques et littraires, p. 500) diil

mostra maliziosamente che


indipendenza verso
il

Sguier non era


il

uomo da

osare tanta

potere; e d' altra parte


Il

Seguici stesso avrebbe

smentito l'aneddoto.
il

Courrier de Vaugelas interrog una volta


gli

nipote del Sguier; e questi


gli

rispose (6 ottobre 1886) che suo

padre

aveva molte volte parlato di questa frase del nonno, agegli


lui
I'

giungendo eh'
steva presso di

avrebbe detta a un sollecitatore

il

quale

insi-

per avere la Corte favorevole in una causa

civile,

614. Sono scherzi da principi:


provincia

si

rispetta

un mulino,
servigi.

ruba una

615.

T.a

Corte

fa delle

sentenze,

non

dei

Giustizia,

liti

1S5

Ai giorni nostri

la ripet in

Italia

il

compianto Lorenzo

Eula

che nel 1893 fu ministro di grazia e giustizia per 44 giorni.

Ma
zialit

non mancano deplorevoli esempi


dei giudici terreni.

della fallacia e della par-

La

Bibbia

ci

ha serbato V

616.

Expedit

(vobis) ut

unus moriatur homo pro


S.

pupillo.

{Vang, di

Giovanni, cap. XI, vers.


il

50).

e miti-

in

tempi pi prossimi

nato

617.

Recordve

del povero Fornr.


il

Vive anch' oggi nella memoria, non del solo popolo veneziano,
lacrimevole caso di Pietro Faciol
(altri lo

chiamano Pietro

giovane fornaio, detto perci

il

Formrctto, che in una mattina


s'imbatt in un

del 1507, avviandosi a bottega,

uomo

assassinato

per la via.
in

Il

giovane
di

si

chin sul cadavere e scorto accanto ad


finissima,
sbirri,

pugnale

lama
gli

lo raccolse e se lo prese. In-

tanto sopraggiunsero

che avendolo veduto chinato sul


(al-

morto, lo fermarono, e trovatagli addosso l'arma insanguinata


tri

dicono invece

ih solo

fodero del pugnale)

lo

condussero

alla

giustizia.

Dove,

sia

che quel complesso

di fatali indizi potesse

pi

delle sue proteste d' innocenza sugli animi dei


sia

Quaranta
gli

al

Crimi-

che effettivamente

la tortura,

come

si

narra,

strappasse

la

confessione della colpa non commessa, fu condannato ad essere


Il

appiccato.
ii

Faciol.

sempre chiamandosi innocente,

sal

con

fer-

patbolo alzato fra le due colonne della Piazzetta di San

Marco
di

nel pomeriggio del 22

marzo 150;.

e dicesi

che

innanzi

morire (come gi fu narrato del


i

Molay

e di altri condannati in-

giustamente) minacciassiparole:

suoi giudici del castigo divino


i

con queste

No

passer un ano che de


nissun.

Quaranta che m'ha condan

no ghe sar

pivi

Non

trascorsero in vero molti giorni che


il

per un impreveduto accidente venne a scoprirsi


Allora,

vero omicida.
il

come suona
.1

la.

popolare tradizione, sarebbesi introdotto


il

ne,

longo serbatosi, se essa narra

vero, di

raccomandare

innanzi alla sottoscrizione delle sentenze capitali la coscienziosit e


la

prudenza

ai

giudici colle parole: RecorJii',- del

povero 1 popolo
tutto.

\oi che

un

nomo muoia

per

il

Ricordatevi del povero fornaio.

86

Chi l'ha detto?

[618-619]

Allora, pure in espiazione del fallo commesso, ed in suffragio della


vittima innocente, sarebbesi incominciato ad

illuminare

con
il

due
tocco

lampade durante
dell' Avemaria,

tutta la notte,

con due torce durante

chiesa di S.
della
a' suoi

l' immagine della Madonna, che dall' alto della Marco domina la Piazzetta. Ma lo Stringa, continuatore

Venetia citt

nobilissima ecc.

del

Sansovino,

ricorda

che

tempi accendevasi una lampada soltanto, e attribuisce

l'ori-

gine del pio costume al lascito di un capitano mercantile dalmata,


il

quale venendo da Chioggia a Venezia, e sorpreso dalla notte e

dalla nebbia, dov la sua salvezza al chiarore di

un lumicino

ac-

ceso dinanzi a quella immagine.

Una

tradizione

simile diffusa

anche

in altre parti

d' Italia e

si

applica con lievi varianti ad altre


di

pie consuetudini.

Del resto l'obbligo

accendere

tali

lampade

compreso tuttora nella massa

dei fondi della

Zecca assegnati

alla

odierna fabbriceria di S. Marco.

La
dalle

pietosa fine del Fornaretto vivissima,

come

si

detto, nella

tradizione popolare,

ma non

autenticata dai registri Criminali, n

Raspe

(registri delle deliberazioni della

Quaranta), n

si

trova

ricordata nei minuziosi


i

Diari

del Sanuto.

Per

segnata in tutti
privatedi

cos

detti

Registri dei Giustiziati, compilazioni


si

et

diverse,

che

trovano manoscritte nella Biblioteca Marciana ed


il

altrove. Forse

fatto segu in altro

anno

di quello

comunemente
Alcune

assegnato, e del quale


delle

mancano

registri ufficiali (Tassini,

pi clamorose condanne

capitali eseguite in Venezia sotto la

Repubblica, 2 n ediz., Venezia, 1892, p. 100-102). Esso ha fornito

l'argomento a un
Altre
seguenti
:

dramma

di

Francesco Dall' Ongaro.


di

frasi

alludono a storte opinioni

giudici,

quali

le

due

618.

Judex damnatur ubi nocens


il'i

absolvitur.
11.

ni.ii.if>

Siro, Mimi,
:

257, ed. YA'lffliii

et

Ribbeck
si

n. J. 28, ed.

Meyer).

619.

Purch

'1

reo

non

salvi,

il

giusto pera

l'innocente.
(Tasso, Gerusalemme liberata,
e.

II,

ott.

\2).

618.

J.'

assoluzione del colpevole

la

condanna

del giudice.

G in tizi a,

liti

187

cui

ravvicineremo
:

1'

altro

verso dello stesso poeta, con significato

antitetico

620.

Purch

costei

si

salvi,

il

mondo
liberata,
e.

pera.
XX,
ott. 69).

(Gerusalemme

Come

per alcuni pure ingiusta,


di

ma

per

altri

solo imprudente, la

massima

qualche personaggio politico contemporaneo:

621.

Reprimere

non prevenire.
liberale

La

teoria che

un governo
i

manchi

di

mezzi legali di pre-

venzione contro

reati, attribuita all 'on.

Giuseppe Zanardelli,
in

che l'avrebbe bandita specialmente nel discorso-programma tenuto

ad Iseo
stuale

il

3
vi

novembre 1878.
si

Ma
in

veramente
molti punti
pi

questa forma

te-

non

trova,

bench

vi si

accenni abba-

stanza esplicitamente, e in due

anche

chiaramente, laddove
l'Italia

l'oratore parlava dei circoli Barsanti e dei meetings per


irredenta, che tollerati dal Ministero di allora gli
ciato
il

avevano procac-

biasimo

di

debolezza. Per questi accenni tengono caratIl

tere piuttosto
e

polemico che apodittico.


>;li

principio del reprimere

non prevenire ispirava veramente

atti di tutto

quel ministero,

sinceramente democratico, tanto che l'on. Cairoli, che era presidente del Consiglio, nel discorso-programma
di

Pavia del

15 oti

tobre dell'anno medesimo, aveva francamente cos dichiarato

suoi

intendimenti: L'autorit governativa invigili perch l'ordine pubblico

non

sia

turbato

sia inesorabile nel reprimere,

non

arbitraria

nel prevenire.

Ma

gli

avversari

dell'

on. Zanardelli

ne

fecero

carico Specialmente a
^i
Beri

lui,

che a sua discolpa diceva nel

dis
i

citato:
le

Dopo

aver cercato di dipingere sotto

pi
che-

colori

condizioni

della

pubblica sicurezza,

affermano
le

quello stato deplorevole dipende dalle mie teorie liberali,


f.inno
si

quali

che

rappresentanti
11

dd gOTemo, gH
il

agenti della pubblica

quasi pi

materia di reati di frenare e repri-

perch ci contradirebbe le mie teorie liberali. Del resto

ucissitudini della politica

hanno mandato
alla

in

dimenticanza che
dei

tale

teoria fu gi sostenuta innanzi

Camera
862
al

deputati da

NO

Hu

asoli

il

cpjale negli

ultimi giorni del suo


1

min

rispondendo nella seduta del

2 5 febbraio

deputato Boggio

SS

Chi l'ha detto?

[b2 2-<)2 4]

che aveva presentato una mozione sui Comitati di provvedimento,

esprimeva

il

concetto che prima condizione di un governo libero

nei casi di disordine la repressione,

non

la

prevenzione {Atti

del Pari, /tal., sessione 1861, Discussioni della


putati,

Camera dei
il

de-

pag. 1380); e ancora prima da L. C. Farini,

quale

nella seduta del 19 febbr. 1857 (Discuss, della

Cam. dei

deputati,

ad annum, pag. 648) cos disse:


formare tutte
preventivo,
zione;
le

Il

principio di libert deve inricorrere al sistema


la

nostre leggi

voi

non dovete

ma

dovete lasciare

alla libert

tutta

sua applica-

potete far leggi per reprimere, non mai per prevenire.


le cattive

Per

cause

si

citer

ben a proposito

il

verso di

Ovidio

622.

Caussa patrocinio non bona peior


(Tristia, lib.
I.

erit.
1,

el.

v. 26).

come
si

in generale

parlando della risoluzione o


i

meno

delle

cause,
:

potr, secondo

casi,

usare una delle due frasi seguenti

623.

Adhuc sub

judice

lis

est.
v.
7 S ).

(Orazio, Ars poetica,

624.

Roma
di S.

locuta

{est),

causa

finita {est).

che secondo

moni

il Bchmann avrebbe origine da un passo dei SerAgostino (Serm. 131, io): Jam enim de hac

causa [Pelagiana], duo concilia missa sunt ad sedem apostolicam.

Inde etiam rescripta venerunt: eausa finita est; utinam aliquando


finiatur error
;

ma

egli

non

sa dirci chi avrebbe aggiunto

il

primo

membro
role di

della frase,

che solo implicitamente


il

contenuto nelle pa-

S. Agostino. Osserva

Besso nella interessante e erudita


e nei

sua opera
cdi/...

Roma

e il

Papa nei proverbi

modi di dire (nuova

Roma

1904, a pag. 35) che: questo detto molto comune


applicazioni;
nel

nella curia

romana per due

campo

ecclesiastico.

perch quando una questione definita dal Papa, non pi questione


;

nel

campo
in

forense, (piando dai paesi cattolici

si

sottopoquasi a

Devano questioni

supremo appello

alla

Rota Romana,

622.
(>2}.

La causa
La
lite

cattiva diventa peggiore col


al

volerla difendere.

ancora innanzi
lia

giudici-.

finita.

024.

Roma

parlalo,

la

causa

[625-626]

Governo, leggi, politica

189

supremo giudice intemazionale, nessun rimedio


sibile

legale era pi pos-

dopo

il

pronunciato della Rota

Del resto noteremo per ultimo e come a conclusione

di

quanto

dicemmo, che

625.

Les querelles ne dureraient pas longtemps, si le tort n'tait que d'un ct.
(L KociiKFortAULU, Maximes,
S

CCCCXCVI).

37.
Governo, leggi, politica

626. Videbis,

fili

mi,

quam parva

sapientia regi tur

mundus.
comune
opinione che cosi apostrofasse
figlio
il

cancellire svedese

Axei. di OxiNsriERNA suo

Giovanni riluttante ad accettare,

per timore della propria insufficienza, l'ufficio di primo plenipotenziario svedese al congresso di
la

Mnster. Secondo
nescis,

il

Bchmann

vera lezione sarebbe invece:

An

mi
;

fili,

quantilla prtt-

dentia

mundus regatur
portoghese
il

(o

regatur orbis)

e le

avrebbe dette a
polit,

un

frate

papa (in.in III (Collecao

d. apo-

phth. memora:., p. D. Pedro Jos. Suppico de Moraes, Lia


1733,
to.

II,

pag. 44).
altre diverse attribuzioni,

Ma
nelle

non mancano

che potevansi vedere


notevole
la

prime edizioni del Bchmann stesso:

fra le quali

quella riferita dagli


paternit a

Apophtegmata

di

Zinkgref, che ne darebt>e

Von

<

>kSEf.AKK,

maestro della Corte del margravio

di

Baden. Siccome

la

prima ediz. dell'opera del Zinkgref del

!<>::<..

>2^.

Le dispute non dorerebbero tanto tempo se

il

torto to-

nna parte
>2>.

Vedrai,
il

tglio

mio. con quanta poca sapienza m

|><>^

mondo.

iQo

Chi l'ha

detto I

[627-629]

cio anteriore di 22 anni alla pace di Mnster, se la citazione fosse


esatta, la questione verrebbe senz'altro decisa in favore dell'Orselaer.

Pi gravi massime di governo sarebbero

la

ciceroniana

627. (Ollis) Salus populi


i

suprema lex
De

esto.
3).

(Cicerone,

legibus, lib. Ill, cap.

due

versi

virgiliani

628.

Tu

regere imperio populos, romane, memento,

Parcere subjectis et debellare superbos.


(Virgilio, Eneide,
lib.

VI,

v.

852 e 854).

e la pi recente frase assunta quasi a


forte e libera Inghilterra
:

sistema di

governo della

629.

Imperium

et libertas.

Lord Beaconsfield, nel discorso tenuto al pranzo del Lord Mayor il io novembre 1879, disse: One of the greatest of Romans, when asked what were his politics, replied " Imperium
et libertas,

" That would not make a bad programm


is

for a British

Ministry. It
shrink.

one from which


il

her

Majesty's advisers
in

do not

D'

allora
il

motto

fu

quasi proverbiale

Inghilterra.

Ma

chi era

grande romano ricordato da Disraeli?

Cicerone

nelle Filippiche

(IV, 4) dice: Decrevit senatus D. Brutum opmereri,

time de

republica
libcrtatem

cum

senatus

auctoritatem, populique

Romani

imperiumque

defenderit.

Ma

il

signor

Rolibro

berto Pierpoint, nelle Notes


osserva che forse in
inglese dello

&
e'

Queries,
era

5 dec. 1896, pag. 453,

Disraeli

una reminiscenza

del

Churchill,
:

pag. 349 dice


bertas,

Divi Britannici (London, 1675), che a li Here the two great interests imperium

&

res olim

insociabiles

(saith
la

Tacitus), began

to

incounter

each other , e cita in margine

Vita di Agricola di
:

Tacito:

dove per (cap.


ciabiles....

3)

il

testo alquanto diverso

res olim disso-

principatu?n ac liberta tcm.

627.

La

salute del popolo sia la

suprema

delle

leggi

(per essi).
le

628. Ricordati, o
genti

Romano, che
chi
si

dovrai reggere col tuo imperio


sottomette, e debellare
libert.
i

perdonare a
(o

superbi.

629. Imperio

anche Ordine)

[630-633]

Governo, leggi, politica

191

Il
l

buon governo riposa essenzialmente


>

sulle

buone

leggi.

La

e gg e

P er quanto

sia

ottima,

non pu soddisfare ognuno, che


est.
cap.
3).

630. Nulla lex satis


(Si.

commoda omnibus
in

P.

Catone,

Tito Livio,

lib.

XXXIV,

-a non deve mai


il

soffocare la vitalit e la iniziativa del paese,

quale potrebbe in caso diverso esclamare:

631.
come
del 23

La

legalit^nous tue.
da Viennet
alla

fu detto

Camera

francese

nella seduta

marzo 1833, parlando


:

sui fondi segreti.


:

Ma
il

il

Viennet disse

veramente
quetti,

La
i

lgalit actuelle nous tue

les

/actions s'en mosignificato delle


il

per

suoi avversari politici

svisarono

parole da lui dette e lo accusarono di avere eccitato

governo ad

uscire dalla legge. Il Viennet protest dalla tribuna contro questa

interpretazione nella seduta del 28.


Il

moltiplicarsi delle leggi sintomo della decadenza dei costumi,


la

quando

cresciuta malizia dei cattivi cittadini richiede molteplici


:

provvedimenti

632. Corruptissima republica plurimae leges.


(Tai no. Annali,
liti.

III. ca;

La buona
la

legge deve anche essere chiara e breve, perch tutti


la

intendano e

ricordino

633.

Legem brevem

esse oportet,

quo

facilius

ab

imperitis teneatur.
(I..

Ann. Seneca, Epist.

''4.

Ma

guai poi se

le leggi,

buone o

cattive che siano, restano lettera

giustificando l'apostrofe dell' Alighieri:

630. Nessuna legge comoda ugualmente per tutti. 631. La legalit ci uccide. 632. Molte sono le le^gi in unii stato corrottissimo.
633. Occorre che
pratici
la

la

legge sia breve,

perch pi facilmente

mal

ricordino.

i')2

Chi l'ha Jcitoi

[634-636]

634.

Le leggi

son,

ma
si

chi

pon mano ad esse?


(Dante.
Piirg.,
e.

XVI,

v. 97).

(a

proposito del qual verso

rammenta

la

arguta

metatesi

fat-

tane alla

Camera

dall'

on. Mazzarella

Farao, famoso

per

le

sue

interruzioni,

Le mani
o se
la incertezza e

son,
la

ma

chi

pon legge ad esse?)


governa porta loro ogni

volubilit di chi

giorno nuove mutazioni.

635.

....A

mezzo novembre
fili
!

Non giugne
tale
si
il

quel che tu d' ottobre


(Dante,
l'urg., e.

VI,

v. 143-144).

rimbrotto che

il

poeta volge a Firenze dove ogni giorno

facevano nuove leggi e


:

si

correggevano

le

antiche

e di qui pass

in proverbio di dire

Legge fiorentina fatta


il

la sera e

guasta

la

mattina; constatazione amara che per


tanto a Firenze, donde proverbi simili

popolo non faceva

sol-

a Milano,

a Venezia, a

Roma,

ecc.

Lo

Scartazzini crede che

Dante

citasse per

V appunto

mesi di ottobre e novembre, alludendo

alle

grandi mutazioni avdel

venute in Firenze dall'ottobre

al

novembre

1301.

Buono
non a
in

pure quel governo che assicura al paese la pace,

ma
I

sole parole.

La

celebre frase pronunziata da


alla

Napoleoni:
di

II
il

un discorso detto
:

Camera

di

Commercio

Bordeaux

9 ottobre 1852

636.

L'Empire

c'est la paix.
dalle

doveva essere troppo presto smentita


Messico e dai
il

guerre

d' Italia,

del

terribili

disastri

del

1870: per cui profeticamente


nel

Kladderadatsch,

giornale

umoristico tedesco,

numero

del

novembre 1852,
la

lo parodiava cos:
serio, a patto

L'empire
la

c'est l'e'pc.

Ma

benvenuta
ai

pace sul

che non sia

pace annata sino

denti,

la

pace ringhiosa che rallegrava l'Europa prima dell'ul(6

tima guerra, e che minaccia di tornarci sulle spalle, a dispetto

636.

I.'

Impero

la

pace.

[637-638]

Governo, leggi, politica

193

a cagione?) dei molti e complicati trattati, della Societ delle


zioni, ecc. ecc.
tollerabili

NaTi-

Sia una pace onorata, che

non

schiacci sotto intasse. Perfino

armamenti, e quindi sotto


gli

intollerabili

berio, a chi
i

proponeva
:

di

aumentare

fuori di ogni discrezione

balzelli,

diceva

637.

Boni pastoris
glubere.

esse,

tondere pecus, non de(SvXTOmo, Vita di


Tiberio,
;

Anche Alessandro Magno, secondo che narra Apostolio (IN.


24 d ), diceva una frase
simile:

ma

c' qualcuno dei moderni eco-

nomisti che la pensa diversamente.

Aristide Gabelli
P a g- 3754- col.
a
i

diceva, infatti, alla

Camera

dei deputati nella

seduta del 2* luglio 1870 (Discussioni, sess. 1869-70. voi. IV.


i
:

Finalmente

ci

si

parla dei danni privati.


signori,

Di questo,

signori,

non mi occupo.... Noi, o


dello Stato,
e

dobbiamo
ritenere

preoccuparci soltanto dell' utile

dobbiamo
tutto,

ancora
cuore.

che

lo

Stato

un

ente

che

pu avere
in

eccetto il
sia
al-

Ma

forse la frase
si

doveva intendersi
in

altro senso,

che
l'

l'

utile

pubblico
sia

deve
il

ogni

caso

mandare innanzi
s'

utile privato,

che

compito del governo


giustizia,

intende limitato
^li

ad amministrare e a rendere
piet
all'

lasciando

uffici

della

iniziativa privata.

altrimenti deve intendersi la frase

che

si

suole attribuire (non so con quanto fondamento) a


III:

NapO-

La
A
V'.ik
tal

politique n'a pas d'entrailles.


e
in

proposito,
alla

forma alquanto diversa Camillo di Ca


1'

parlando

Camera subalpina
stabilire

il

ottobre
il

i860

nella

discussione del progetto di legge

per autorizzare
reali

Governo

del

Re

ad accettare

per decreti

l'annessione di prodi

italiane alla
n<-

monarchia costituzionale

V. E.

II,

diceva:
i di-

che taluno mi dir che mi


anzitutto

faccio
io,

illusioni,

che

plomatici non hanno

per ragione di ufficio,


io

non ammetto (mesta temenza.

Ma quando

anche ci fosse vero,

637.

Il
1

buon pastore (lev politica non ha

non

divorarli

\i-

194

Chi l'ha detto?

[639]

vi

direi:

ma

se

diplomatici
nell'

non hanno

viscere,

popoli ne hanno.
i

Nel secolo

attuale,

epoca che corre, non sono pi


i

diplo-

matici che dispongono dei popoli, sono


ai

popoli che impongono

diplomatici

le

opere che hanno da adempiere (Cavour, Divoi.

scorsi parlamentari,

XI,

Roma

1872, pag, 265).


tener conto anche

Nondimeno
gli
altri.

il

savio e giusto principe deve

dei pesi sopportati dal povero Pantalone, che

paga per s e per

639.

Paga Pantalon.
di

infatti frase popolarissima,


la sicura

cui sarebbe curioso di rintracciare


col
dire

origine.
sec.

Cominciamo

che Pantalone, sin


il

dal

principio del

xvil, era usato

a impersonare

popolo veVeneziane,

neziano, sia perch,


voi.

come crede

il

Tassini {Curiosit
il

II,

Venezia,

1863, pag. 105)

nome

di Pantalone,

forma

dialettale per Pantaleone, fosse


(S.

un tempo comunissimo
;

sulle lagune
lui

Pantaleone assai popolare a Venezia

la chiesa
il

dedicata,

antichissima, poich fu riedificata nel 1009 sotto


seolo, era

doge Ottone Or,

una

delle pi estese parrocchie della citt)


sia,

sia

per metafora

dal piantare i leoni nelle terre conquistate,


dalla caratteristica
altro,

com'

pi probabile,
si

maschera veneziana

sulla cui origine

veda, tra
della
Il

un recente
nell'

articolo di Cesare Levi, // vecchio

Pap

Commedia,

Emporitim, novembre 1914, pag. 253-265.


a edizione, (3

Pasqualigo nella Raccolta di Proverbi veneti


viso,

Tre-

1882, pag. 256) scrive che

il

proverbio Pantalon

paga per
che
coric-

tutti

nacque

alla fine del secolo

XV,

al

tempo
i

delle guerre di

Ferrara, Napoli, Pisa e

contro

Francesi e
di

Turchi,
;

minciarono a rovinare

la

Repubblica
tutti

Venezia

la quale,

chissima, pagava davvero per


il

in Italia.

Ma

non a

torto

dott. Cesare Musatti nei suoi

Appunti
sparsero

storici di dialetto vene-

ziano ritiene che questo motto abbia origini assai

meno

antiche.

Tra
della

le

satire e caricature,

che
e

si

all'

epoca della caduta

Repubblica veneziana,
i

famosa quella uscita a Milano, che

rappresenta

plenipotenziari in atto di partire in carrozza


li

da Camgri-

poformio. L' oste che

aveva

alloggiati,

corre

loro

dietro,

dando
in

alla portiera:

Chi paga?

e gii risponde Pantalone, che sta

serpa:

Amigo, pago mi! Vedila riprodotta


Milano
e la

nel voi. di Giov.


le poesie,

De

(astio.

Repubblica Cisalpina giusta

Governo, leggi, politica

io;

le

caricature ed altre testimonianze dei tempi (Milano, 1879), a

pag.

167;

cfr.

anche Bertarelli. Iconogr. Napoleonica, pag. 43.

Ne

esistono varie edizioni, fra cui un' imitazione con disegno molto

diverso, e leggenda in

tedesco e in italiano, fatta certamente

in

Austria, dove invece che da Pantalone la risposta data da


di

una

figura

un Veneziano qualunque

si

trova riprodotta anche questa dal


allo studio della caricatura

dott.

Ach

Bertarelli in

un Contributo

napoleonica in Italia pubblicato nel Bullettino della Societ Bibliografica Italiana,


n. 12,
il

dicembre 1898.
finisce a

dunque sempre

povero Pantalone che


:

pagare per

gli
i

errori e le dissipazioni altrui

egli sa gi

per lunga esperienza che


i

suoi denari,

denari del contribuente sono


in

peggio spesi. Anche


bi-

Ugo Foscolo,

un feroce epigramma contro Luigi Lamberti,

bliotecario di Brera a Milano, professore dalla cattedra del Parini,

grande erudito ed

ellenista,

che aveva curato perii Bodoni nel 1808


il

quella splendida edizione dell'Iliade in greco che forse


gior

mag:

monumento

dei

torchi bodoniani,

osservava con ironia


!

640.

Lavoro eterno Paga il Governo.


intiero:
fa
il

Ecco l'epigramma

Che

Lamberti

Uomo

dottissimo? -

Stampa un Omero
Laboriosissimo. -

Commenta?

Traduce? - Oib. -

Dunque che fa? Le prime prove ripassami Ed ogni mese un foglio d;


Talch
ur
/.'!:>>
1

in

dieci anni

lo finir.

Bodoni pria non morr. terno! n<>.

dunque

il

Governo,

ossia....

paga Pantalone. Se poi

la

parola Pantalone paresse troppo familiare e scherzevole per una


.

avete

aneli.-

il

diritto

di

sostituirvi

una

frase

latina

196

Chi l'ha detto?

[641-644]

641. Misera contribuens plebs.


che
si

trova nell'art. 37 del Decretimi II. a.

Ungherese:

1751

della Dieta

miseram

contribuentem plebem
voi. 2,

gravantes

exactiones {Corpus Juris Htingarici,

Tyrnavise 1751,
I,

pag. 424).
8,

Ma

gi

misera plebs era stato detto da Orazio (Sat.


la

io).

Il

Manzoni

chiama invece

642
e
il

Un
Carducci

volgo disperso che


la disse:

nome non

ha.

{Adelchi, coro dell'atto III).

643. Santa canaglia.


nell'ode
(tra
i

Nel

trigesimo anniversario dell' Vili agosto


:

MDCCCXL

Vili

Giambi ed Epodi)

Ma

la

plebe

vile

Grid: Moriamo.

E E
Ti

tra
'1

'1

fuoco e tra

'1

fumo

e le faville

grandinar de la rovente scaglia


feroce in

gittasti

mezzo a Santa canaglia.

mille.

Ma

egli

stesso riconobbe di aver preso lo spunto dai

due

versi bel-

lissimi

di

Auguste Barbier

(ne

La

Cure)

La grande populace

et la sainte canaille

Se ruaient l'immortalit.

aggiungendo tuttavia che

tale

rimembranza
italiano,

gli

era stata suggerita


dello sciopero p

da un deputato del Parlamento


litico

quando

bolognese nel marzo del 1868 disse non essere popolo

ma

canaglia che tirava sassi. Invece ad un

uomo

politico dei

nostri

giorni piacque di dirla con frase pure carducciana

644.

Fango che

sale.

E' onor. Giuseppe


in

Colombo,
a

che fu

ministro

delle

Finanze,

una conferenza tenuta

Milano

nel ridotto della Scala la sera

i)

La povera plebe che paga.

[45-64

Governo, leggi, politica

iq~

del

novembre 1889 a proposito

delle

elezioni

amministrative,
dell' indifferenza

disse,

con frase un po' rude, dopo aver parlato


:

per la cosa pubblica delle classi pi colte

La popolazione bassa
- sarebbe
il

approfitta di questa inerzia, e il fango sale, sale e sale

caso di ripetere col


dall'

Carducci.
{il

La

frase carducciana richiamata

on.

Colombo
in

fango die

sale che sale che sale) fu scritta


a proposito del processo di

dal

Poeta

un vivacissimo articolo

Piazza Sciarra . pubblicato nella Lega della Democrazia di


del 2
ser.
si

Roma,

giugno 1883, e poi ristampato


{Opere,
voi.

in

Confessioni e battaglie,
della stessa imagine egli

II

XII, pag. 247).


nuove, parte
:

Ma
IL

era valso nelle


ritratto,

Rime

son.

XXXIII:

Dietro

un

ultima terzina
il

Sopra

Che

E
Vero
estremi,
si

sale or non mi resta mio sdegno in vane carte dal palco mortale un d la testa.

fango che
il

gittare

che

1'

onor.

alle

stte,

delle quali

Colombo alludeva specialmente ai partiti Ugo Foscolo scriveva che

645.

A
.ili

rifar l'Italia
cominciava
il

bisogna disfare

le stte.

suo studio politico Della servit dell'Italia

(Discorso primo: Considerazioni genera/i intorno alle parti, alle


fazioni, e alle stte in Italia
nier,
;

nelle Prose politiche, ediz.


i

Le Mou-

pag. 186).

Ma

in

Italia

partiti,

anche pi avanzati, lungi


acquistando vigore ed

dal perder vigore e forza,

vanno ogni

d pi

audacia, e molti salgono in alto facendosi di loro


del resto

uno sgabello;

non

cosa d' oggi

che

-4<

....

Un

Marcel diventa
ir.

>gni villan che parteggiando viene.


(Dan
Purgatorio,
<-

vi,

v.

125-136).

Dani- intende pet Marcello penosa

di

grande autorit

politica,

ma non
le,

chiaro cui alluda. Alcuni vogliono che parli di


il

M. Clau-

dio Marcello,

vincitore di Siracusa,

altri di

C. Claudio Marcello.
di (iiulio

partigiano di Poni'

nemico
lei
:

Cesare,

nomer

governi europei ed extraeun

democratiche

if) x

d'i

l' l'a

detto?

[647-650]

647.

Government of the
for the people.

people,

by the

people,

che sono parole di


in

Abraham Lincoln,
l'
il

presidente degli Stati Uniti,

un discorso per
fondamenti
i

inaugurazione del Cimitero Nazionale Mili19 novembre

tare a Gettysberg I

1863.

sui quaji riposa la vecchia societ,

sono scossi ogni


:

giorno, e

versi del

poeta di Satana cadono giustamente a proposito

648.

gi gi tremano
mitre e corone;

move

dal claustro

la ribellione.

E pugna
di fra

e predica

sotto la stola

Girolamo
(Inno a Satana, di Enotrio Romani. cio Giosu Carducci).

Savonarola.

chi dice a noi quali

sorprese

ci

serbi l'avvenire?

Auguriai

moci eh' esso non

sia del partito


:

che ha per

parola

d' ordine

famosi versi stecchettiani

649.

Avanti, avanti, avanti

con

la fiaccola in
(L.

pugno

e con la scure

STECCHETTI, ossia Olindo Guerrini, Polemica, XXIII: Ai forti pinzocluri).

che ebbe per suo canto di guerra lo

650.
1'

a
della

ira.

inno

rivoluzine

francese,

composto

probabilmente

nel

maggio o nel giugno 1790, poich lo cantavano con entusiasmo piv200,000 operai che lavoravano al Campo di Marte per
i
i

647. Governo 650. L'andr.

di

popolo, dal popolo, por

il

popolo.

[651]

Governo, Ugg, politica

190

parativi della Festa della Federazione

il

14 luglio: la musica fu

quella di un' aria di contraddanza allora in gran voga, composta

da Bcourt

col titolo

Carillon national;

la paternit delle

parole

fu rivendicata
il

da Ladre, poeta delle


al

vie e cantastorie
di

ambulante,
ri-

quale nel 1793 chiese

Comitato

Salute Pubblica una

compensa nazionale come autore


parole che sono
il

dello
il

a ira; ma queste due


sono

primo verso e

ritornello della canzone,


di

certamente anteriori alla composizione


senza fondamento la congettura
le

Ladre, e
che

forse

non

di coloro
il

ne fanno

risalire

origini

Benjamin Franklin,
le

quale gi nel 1776 soleva


gli

rispondere con

parole stesse a chi

domandava

novelle della

grande rivoluzione americana.

certo che la composizione di

La-

dre era troppo letteraria per diventare popolare. Nel 1790 proba-

bilmente se ne cantava un solo couplet:

Ca

ira,

La
Malgr
iltanto sotto
il

libert s'tablira,

les tyrans,

tout russira.

Terrore, nel terribile 1793, cne IU fatta da

ignoti la feroce variante,

che la pi conosciuta:

a
Les Les
aristocrates

ira,
!

aristocrates la lanterne

on

les

pendra

In questo medesimo tempo erano di

moda

famosi versi

651.

Et des boyaux du dernier prtre Serrons le cou du dernier roi.


la
il

Di chi sono ? Per lungo tempo


tribuiti

voce pubblica

li

ha falsamente

at-

Diderot,

e pare

che

primo a propagare questa calun-

niosa attribuzione sia stato

La Harpe.

per vero che Diderot nel

ditirambo Les kuthe'romaties, ou abdication d'un Roi de la Frve


(177*1 fa d' re a uno degl' interlocutori di quella scena
lirica
:

Et

ses

mains ourdiroient

les entrailles

du

prtre,

dfaut d'un cordon, pour trangler les rois.

n
tini

le

budella dell' ultimo prete

cingeremo

la

gola alPuI-

Chi l'ha detto?

[652-653]

Ma
il

dei

versi citati di sopra, e pi noti di questi ultimi, s'ignora

vero autore, che taluno ha creduto essere


resto,
in

Sylvain Marchal.
non avrebbe
fatto che

Del

chiunque ne
poesia
il

sia

1'

autore, egli

mettere

voto selvaggio del

celebre

Jean Mesi.iek,
pubblic un

curato di Etrpigny, nello Champagne, morto nel 1733, che nella

seconda parte del suo Testamento,


estratto,

di

cui Voltaire

e che molti ritengono apocrifo,

scriveva:

Je

voudrais,
;

et ce sera le dernier et le plus ardent

de mes souhaits
les

je

vou-

drais

que

le

dernier des rois ft trangl avec

boyaux du derdi

nier prtre.

poich ho nominato Voltaire, non sar fuor


dell' 11

luogo registrare che in una lettera a Helvetius


egli scriveva:

maggio 1761
le

Est-ce

que

la proposition

honnte d'trangler

dernier Jsuite avec les

boyaux du dernier Jansniste ne pourrait


?

amener

les

choses quelque conciliation


il

Questo era

tempo

in cui

anche

migliori affermavano auda-

cemente che

652. L'insurrection est le plus saint des devoirs.


come diceva La Fayette
braio 1790 {Mmoires
all'

Assemblea Costituente
Fayette,
ed.

il

20
vol.

febII,

du Gen. La

1837,

pag. 382).

Per

gli eterni ribelli

non basterebbe

il

demolire regni e religioni

per molti fra essi vangelo la celebre frase di PlERRE-JoSEPH

Proudhon
653.
scritta
iluc

La
da

proprit c'est le vol.


Qu'est-ce que la proprit?
libro
le
si

lui nel libro:

La prima

delle

memorie
:

di

cui

il

compone,

fu

pubblicata nel 1840

col titolo
Il

Recherches sur

principe

du

droit et

du gouvernment

primo capitolo comincia a questa maniera:


la

Si j'avais r-

pondre

question suivante:
je rpondisse,

Qu'est-ce que- l'esclavage? et que

d'un seul mot

C'est l'assassinat,

ma

pense serait
:

d'abord comprise
ce

Pourquoi donc cette autre demande

Qu'est*
le vol,

que

la proprit ? ne puis-je

rpondre de mme, C'est

652. L'insurrezione
653. La propriet
il

il

pi santo dei doveri.

l'urto.

Uovc rito,

leggi, politica

sans avoir

la

certitude de n'tre pas entendu, bien


soit

que

cette seIl

conde proposition ne

que

la

premire transforme?

conte

Giuseppe
del 3

d'

Esteurmel racconta nei suoi Derniers souvenirs,


il

in data

dicembre 1848. che

Proudhon. questionando con Felice


gli si

Pyat. aveva avuto un ceffone in cambio d' un pugno, e


rotte

erano

anche

le lenti

sul naso.

Per

di tutto

questo non era rimasto

tanto dispiacente quanto delle parole dette dal Pyat nel dargli lo
schiaffo
:

Je vous

le

donne, en toute proprit e del


si

commento

ag-

giunto da un tale che

trov presente

al

fatto:

// ne l'a

pour-

tant pas rol! iGiorn. di Erud.,

marzo 1893, pag. 287).

Fu

asserito che tale assioma

prima che dal Proudhon fosse stato

detto dal girondino


sulla ghigliottina
il

31 ottobre 1793).

Jean-Pierre Brissot u Warvii.le (morto ^ a Proudhon che teneva a


vita, si difese

questa massima pi che alla

vivamente, allegando

la

sua ignoranza completa delle idee formulate da Brissot su tale argo-

mento

e la loro differenza fondamentale. In vero


:

il

Brissot in un'opera

giovanile
le vol,
la

Reclierches philosophiques sur

le

droit de proprit' et sur

considrs dans la nature et dans la socit, sostiene che

propriet naturale dev'essere limitata a quanto


i)

pu occorrere a
la

ciascuno per
civile,

soddisfacimento de' suoi bisogni e che


al

propriet
in

che

si

estende

superfluo, pur

non avendo fondamento


;

natura,

pu

esser

ammessa per

ragioni di opportunit sociale

Le
1

voleur dans l'tat de nature est


est celui qui

le riche,

- egli dice nella Section


le

a du superflu: clans la socit,

voleur est celui qui

drobe ce riche. Quel bouleversement d'ides! Si tratta dun-

que

di

un

semplice

ravvicinamento \erbale
Il
i

ma
(

le

idee
il

dei

due

scrittori

son molto lontane tra loro.

singolare che

povero

Brissot che era cosi indulgente per

ladri
di

ne punissonsi

cruellement

les

voleurs
li

->i

mori vittima

accuse, che
il

chiarirono

venalit e concussione e

suo coglioni dette

origine a un

verbo, brissater, creato pare da Camillo Desmoulins.

e che significava rubare!


li

notevole

ch<-

qualche scrittore socia-

concetto medesimo
li

non

1.-

parole - della de-

inolinone del diritto


scherzo giovanile
<1<1

propriet, anche prima del Brissot, in

uno

Goethe,
riesse,

h'ntechisation (Goethe's
II.

Sammtliche

Werke,

Leipzig,

Mai

Bd., p. 153: Gedichte. II. Th..

Epigrammatisch) stampato
traduzione
li

gii

n<-\

1773:

ma

giustamente

questo scrittarello epigrammatico, nella

Chi L'ha detto?

[654-656]

Critica,

voi.

XVI,

pag.

1 1

5,
1'

annota che

di ci nel pensiero del

Goethe non era nulla e che


satira del

epigramma vuol

essere soltanto

una

metodo

socratico d' insegnamento.

Ben

pi temperato e ragionevole del


essere altrimenti

non poteva

Proudhon si mostrava - Giuseppe Mazzini dicendo


:

654.

Non bisogna

abolire la propriet perch oggi


i

di pochi, bisogna aprire la via perch

molti possano acquistarla.


(G. Mazzini,

Doveri dell'uomo, XI,

2).

La

verit per che le teorie socialistiche e

hanno

fatto

un gran
sono
quali

cammino,

non sono pi

il

monopolio

di

pochi

esaltati,

ma
i

difese e discusse

anche da pensatori
le

profondi ed

onesti

hanno saputo organizzare


l'ormai storica frase:

masse coscienti

e lavoratrici,

secondo

655. Proletarier aller Lnder, vereinigt Euch.


che
l'

invocazione finale

del
e

Manifesto del Partito Comunista

compilato da

Carlo Marx

Federico Engels
di

per incarico del


e pub-

Congresso della Lega Comunista


blicato

Londra (novembre 1847)

da prima a Londra

in lingua tedesca all'alba del

1848, e poi

tradotto in tutte le lingue.


Il

libro di

Marx

fu per molto

tempo

il

vangelo, le

pandette

del Socialismo. Qualche e

anno

fa

parve fosse un po' dimenticato

un notissimo uomo

di stato disse la

famosa frase:

656. Carlo

Marx
la

stato

mandato

in soffitta.

Fu
sul
il

alla

Camera

dei Deputati alla 2 11 tornata dell' 8 aprile 191 1,

che chiudendosi

discussione sulle comunicazioni del governo, cio


dall'on.

programma esposto
stesso,

Giovanni Giolitti, che presentava


al

suo nuovo ministero (succedendo


rispondendo
ai

gabinetto Luzzatti), l'on. Giol'

litti

suoi oppositori e rilevando


egli

allarme sorto

nel partito liberale

quando

aveva invitato
al

l'

on. Bissolati

- che
Sono

allora

non accett

-a
il

prender parte

governo, diceva:
il

passati otto anni,

paese ha camminato innanzi,

partito socia-

655.

Proletari

di

unii

paesi,

unitevi.

')6o]

Governo, leggi, politica

203

ha moderato assai il suo programma, Carlo Marx stato e il resoconto nota a questo punto: Ilamandato in soffitta rit - Rumori - Proteste vivissime all'estrema Applausi al cenlista

tro e a destra,

e registra le interruzioni dell'on. Ciccotti.

Le
il

schiere dei tesserati del socialismo

hanno anche

il

loro inno,

Canto dei Lavoratori, che l'on. Filippo Turati

(allora semplice7

mente avv. Filippo Turati) pubblic nella Farfalla del


(anno

marzo 1886
altri

X,

n. io)

a pag. 79 e che riprodotto subito da

perio-

dici socialisti

divenne rapidamente popolare. Di questo inno vanno


citati,

qui specialmente

la

prima strofa:

657.

Su,

fratelli,

su compagne,
fitta

su,

venite in

schiera;

sulla libera

bandiera

splende
il

il

sol dell'avvenir.

ritornello:

658.

vivremo del lavoro o lottando si morr!


la

cui

il

popolo ha fatto

variante:
si

>

pugnando

morr

1'

altro verso:

659.
>to
tialli

ruerra al regno della guerra!


dal

inno dei lavoratori fu musicato


il

maestro

Ami n ture
1'

(vedi

Tempo
falangi

di

Milano

dd

27 aprile 1907) ed ora


del

inno

ufficiale delle

socialiste

L'immagine

660.

Sole dell'avvenire.
uta nella prima strofa dell' inno del
Turati, pare

debba

at-

tribuirsi

a <i.

akihai.di

il

quale

in

una

lettera del 5

diretta agli amici del Gazzettini' h'osa in risposta


inviatogli

ad un indirizzo
in

da una sezione
Mi
il
i

dell'

Internazionale residente
..ne

Campione,

cari

amie.

internazionale dei

ami
oil

Sn/,- dell'air

ptoiari di G. G.. raccolto


II,

annotato da E. E. Ximenes, voi.

Milano. 1885, pag. 51).

204

Chi l'ha detto?

[660]

Ma
e

le idee

camminano
I

1'

Inno turatiano

diventato oggi quasi

una poesia passatista.

canti oggi preferiti sono

Bandiera rossa

Y Inno dell'Internazionale.
i

dell'

una n
la

dell' altro

ho potuto

sapere

nomi

degli autori

ma, almeno

prima, mi consta che


:

tradotta, credo dal francese. Essa,

come

poesia, ben povera cosa


ufficiali

eccone

la

prima e V ultima strofa (da stampe

del partito)

Compagni, avanti

alla riscossa,

Bandiera rossa, bandiera rossa,

Compagni, avanti!

alla riscossa!
!

Bandiera rossa trionfer

Bandiera rossa trionfer (tris) Evviva il Socialismo e la libert


!

Falange audace cosciente e


Dispiega
al sole

fiera
!

rossa bandiera

La\oratori, alla riscossa!

Bandiera rossa trionfer

Bandiera rossa, ecc.


Dell'Inno dell'Internazionale noto
il

ritornello
;

Pace pace

al

tugurio del povero


ai

Guerra, guerra

palagi,
all'

alle

chiese!

Non
Che

sia

scampo
fame,
il

odiato borghese
stracci

alla

agli

insult.

Della Bandiera rossa


il

nuovo
ha

partito socialcristiano, che va sullo

nome

di

popolare
si

fatto (nel 19 19?)

una riduzione o pae

rodia che dir

voglia col titolo di


di

Bandura bianca:
il

nemmeno

di

questa sono in caso

dire

1'

autore. Tuttavia la ricordo perch


principio
:

qualche verso notissimo e ne cito


Avanti, o giovani.

Con

fede franca

Bandiera bianca
S' innalzer.

Bandiera bianca

s'

innalzer.
la

Evviva
Sul

il

cristianesimo,

liberta

Bandiera bianca trionfer,


nostro campanile sventoler.

Se queste teorie saranno destinate a trionfare, sar vana ogni


resistenza reazionaria
(e
:

Ir

persecuzioni di ogni genere non faranno

cosi

accaduti" finora)

die accrescere

il

numero

dei proseliti.

[661-662]

Governo, leggi, politica

dunque da

consigliarsi a

nessuno

di tentare di arrestarne

progressi con quei mezzi di coercizione che

sono sottintesi nella

celebre e impudente frase

661.

Se son piene
la

le carceri,
il

son vuote

le sepolture.

Fu
che
tici

questa

risposta che

cardinale LUIGI LamBRTJSCHIMI, se-

gretario di Stato sotto Gregorio


le

XVI.

dette a chi
di

un giorno

gli

disse

carceri

non erano pi capaci

contenere prigionieri poli-

(Gius.

Leti,

Roma

lo

Stato Pontificio dal 184c al 1870,

2
il

ediz.. voi. I. Ascoli Piceno, lui 1. pag. 53, n. 4).

Di

lui

Farini nella Storia d'/falia che assoluto e superbo, volle doin

minar solo
autorit, e

Corte e nello Stato

non sopportava emuli o


alle voglie e deliberazioni

pari in

non voleva inceppamenti


l'

sue .

le

pure certo che

ordinamento politico

e sociale che oggi vige,

aspetta grandi e radicali riforme, che nulla avranno che fare con
mistificatrici rivoluzioni

politiche,

nelle quali

il

popolo ha ver-

sato tanto sangue senza ritrarne quasi mai vantaggi sensibili.


sta
trista

Que-

esperienza
si

1'

hanno

fatta specialmente in

Francia, dove

per non

<ono ancora convinti che:

662. Plus a change, plus c'est la


Sono parole
diversi
di

mme
i

chose.

ALFONSO Karr,

che ne rivendic

la paternit in

luoghi delle sue opere, e ne fece anche


articoli politici

titoli di
il

due vo-

lumi

di

pubblicati nel
;

1875, dei quali

primo

intitolato:

Plus a change...

il

secondo:

Plus c'est la mnte


1848, que. pour
j'ai

chose.
la

Nel primo (pag.


fois,

7) egli

scrive:

premire
D

j'ai

formule une des convictions, que


l'air

acqui-

une petite phrase qui a d'abord eu

d'un parad

d'une plaisanterie, mais qui exprime une vrit incontestable:


l'ius

a change, plus c'est la


if]

mme
si

chose.

altra sua

open
les

cosi

ira
suis

vantato

di

questa

paternit:

que

je n>
>i

pas hontenx d'aroh


D

de
u\. - J'aime mieux

voisins,

\i>ti*

\ou.

paix

M
i

DM

.ivoir

de meubles

et qu'ils soient

Pi

m cambia,

pi

2o6

Chi l'ha detto?

[663-665]

moi.

- En

politique, plus a change, plus c'est la

mme
:

chose

{En fumant,

Paris,

Levy, 1861, pag. 54).

La
663.

stessa idea resa nei graziosi versi del vaudevilli

Ce n'tait pas la peine, Non, pas la peine, assurment, De changer de gouvernement.


da Clairette dinanzi
ai

ritornello dei couplets cantati

popolani del
14), di

mercato nell'operetta La Fille de

Madame Angot
di
(di

(a. I, se.

Clairville, Siraudix
anche

Koning, musica
molto libera

Lecocq.

Citiamo
:

la orribile versione italiana,

L. Mastriani)

la

baracca cos cammina


!

Sorte meschina

sorte

meschina

Mutiam governo per qual ragion Per servir sempre - nuovi ladron.

Come

si

cita,

ma non

soltanto a proposito di politica,


di

il

grazioso

ritornello di
intitolata

una canzone napoletana


1889:

Salvatore

di

GIACOMO)

vota e gira!..., musicata da P. Mario Costa per la

festa di Piedigrotta del

664.

vota e gira,

'a storia
essere

sempre chessa.
facile
1'

Ma

d' altra parte


si

non ha da

neppur

arte di goil

vernare se tutti

trovano concordi nel gridare sempre contro


di ci di cui

governo, nel chiamarlo responsabile anche

innocente.

ben

in

Italia

modo comune

di

dire,

non sempre per scherzo,

665. Piove, governo ladro!


di

cui

il

Panzini nel Dizionario moderno,


spiega cos l'origine. Nel 1861
i

3='

ediz. (1918, pag.

258

e 442)

mazziniani avevano preil

parato a Torino una dimostrazione,


e la dimostrazione
ristico,

ma

giorno fissato pioveva


giornali'

non

si

fece.

Il

Pasquino, noto

umo-

pubblic allora una caricatura del suo direttore, Casimiro

663.
664.

Non
K

valeva la pena, no, non

valeva certo

la

pena

li

l'am-

biare di governo.
Milla e gira,
la

storia

sempre questa.

[665]

Governo, l'ggi, politura

Teja, rappresentante tre mazziniani

sotto

un ombrello
:

al riparo

dalla pioggia dirotta e ci mise sotto la leggenda

Governo ladro,

piove!

Ma

nel

volume del Pasquino del 1861 non c' questa


si

vignetta, n essa

trova nella bella scelta di Caricature del Teja

raccolte e annotate dal Ferrer (Torino, 1900): inoltre, pure

non

escludendo che

il

Teja abbia fatto

in

qualche tempo una caricail

tura su questo soggetto, certo che

caustico motto

non

fu in-

ventato da
se

lui.

Esso era ben pi antico e comunissimo, tanto che


la

ne pu trovare

fonte nientemeno

che in S. Agostino, o
il

meglio in un proverbio dei suoi tempi secondo

quale

il

popolo

dava
delle

la

colpa

ai

cristiani,

com' era

allora di

moda,

della siccit e
lib.

altre

disgrazie

naturali.

Nel De

Ch'itate Dei,

II,

in

princ. del cap.

IV,

dice:

adhuc contra imperitos

Memento autem, me ista commorantem, agere, ex quorum imperitia illud quoque


:

ortum

est vulgare

proverbium

Pluvia

dfit,

causa Christiani

Del resto se

in Italia ci

sfoghiamo col governo quando piove


altri

troppo, naturale che in


se la

paesi dove la pioggia pi rara,


tra
i

prendano con

lui

quando non piove. Questo accade

nostri fratelli libici

come narra A. M. Sforza


campagne,

nell' interessante

vo-

lume: Esplorazioni e prigionia in Libia (Milano, Treves, 1919),


a pag. 127
:

Nelle nostre
il

in Italia, la pioggia viene

spesso a turbare
circostanze
1'

regolare

andamento

dei lavori agricoli. In queste

esagerazione dello spirito critico che esprime costante


gli

malcontento verso

ordinamenti che
:

reggono

il

nostro paese,
!

viene sintetizzata dalle parole


in

Piove,

governo ladro
la
1'

Sul Gebel

Tripolitania, e

non

sul

Gebel soltanto,

connessione fra l'anazione governativa


dall' esperienza.
il

damento propizio

delle stagioni agricole e

considerata seriamente
di

come un

fatto

provato

Anni
ar-

asciuttore terribile

avevano funestato tutto

paese

al

mio

rivo in Tripolitaaia e le cause venivano

da ognuno
la

attribuite al

nuovo regime instaurato


del sultano

nell'

impero ottomano dopo


ai
il

deposizione

Abdul Hamid, ed

nuovi funzionari giovani turchi


questi

che erano venuti a governare

paese. Di

funzionari che
si

venivano considerati come un ostacolo alla pioggia,


ri>

diceva che

es

scrotal

melah

(i

pantaloni salati

Cui,

tornando

alla politica, e'

anche da scusare coloro che


il

con una punta di fatalismo, pensano non essere


darsi

caso

di

scal-

tropj>o por aggiustare

k COM

di

l|UUtU mondo, che tanto

2o8

Chi l'ha detto

[666-667]

666. Il
Il

mondo va da

s.

conte

matico e

Vittorio Fossombroni (1754- 1844), insigne mateidraulico, che Pietro Leopoldo nomin soprintendente
Val
di

delle colmate della

Chiana
II,

Napoleone apprezz
;

sotto

Ferdinando III
per avere con
libert

Leopoldo
scritti

ministro degli esteri


1'

memorabile

gli

con

opera mantenuta

alla

Toscana

la

commerciale

e,

quel che pi, la libert da ogni ingerenza


facile,

straniera;

ma

troppo

come ben

disse

il

Capponi, a tran-

sigere con tutte le

nuove idee

eh' egli vide sorgere durante la vita,


,

ne se donnant jamais la peine de travailler pour l'avenir


altri

ebbe
:

a suo motto di governo questo (che


cose votino
l'

citano in altra forma

li-

da

s)

il

Tommaseo [Di G.
egli cos

P. Vieusseux e delsecolo, 2 a ediz.,

andamento della

civilt italiana in

un quarto di

1864, pag. 70) diceva che


trascuraggine ingegnosa ed
l'

scusava la trascuraggine sua;


certi

amena, propria a

Toscani del-

et passata

(e

Dio non

voglia, della presente), de' quali egli era

un

istorico e quasi ideale


fine del

modello ; e pi

oltre (pag.
certi

no), paringegnosi

lando della
sogliono, a
le

Fossombroni che mor, come


il

tempo per non dover confessare che


i

lasciar

andare

cose da s fa andar via da ultimo e


i

principi, e, quel che pi

monta,

ministri de' principi


partiti

Parlando dei

sociali e

del loro avvenire,


Il

ci

siamo allondi

tanati alquanto dal nostro

primo argomento.

bisogno

una edu-

cazione politica e sociale delle masse spinse


a scrivere che:

Massimo d'Azeglio,

667. S' fatta l'Italia,


nella prefazione dei

Il

ma

non
Il
si

si

fanno gl'Italiani.

Mici Ricordi.
d' Italia che

periodo intero cosi suona:

primo bisogno

formino Italiani dotati

d' alti
il

e forti caratteri.

pure troppo
s'

si

va ogni giorno pi verso

polo

opposto: pur troppo


liani.

fatta l'Italia,
nell'
il

ma non

si

fanno

gl'Ita-

Ferdinando Martini narra


pag'.

Illustrazione Italiana, del


in

16 febbraio 1896. a

99, che

D'Azeglio avrebbe detto

presenza di

lui

e di altri

a Montecatini, in

un colloquio
fare
1'

di

cui

diffusamente narra l'occasione:

Se vogliono
un
po'

Italia,
gli

bisoIta-

gner die pensino prima a fare


liani
:

meno
nel

ignoranti
di

lo

stesso racconto

ripetuto

volume

Americo

[668-670]

Governo, leggi, politica

209

Scarlatti,

Et ab

/tic

et

ab hoc,

to. I,

pag. 26.
il

Non
si

credo che

il

cavalleresco marchese muterebbe molto

suo giudizio tornando


se
fa

ora al

mondo.

Si

pu

dire di

no a priori,

mente a quel

che ne pensava un altro nobilissimo ingegno, Giosu ("ardii ci.


il

quale

ieri

imprecava
i

al

bizantinismo di governi mancanti di ogni


:

ideale,

con

famosi versi

668.

Impronta

Italia

domandava Roma,
le

Bisanzio essi
che sono
la
;

han dato.
Vincenzo Caldesi
(nei
:

chiusa della ode Per

Giambi

ed Epodi)

domani

scatter nell' altra terribile apostrofe

669.
che sta
(pure fra

La nostra
come
i

patria vile.
ode In morte di Giovanni Cairti
strofe

finale

dell'altra
.

Giambi ed Epodi) Nell'ode medesima poche

prima

Oh
Sii

maledetta
e la vendetta

tu,

mia patria antica,


1'

Su

cui
i

onta
s'

dell' oggi

De
LoRK.w."

secoli

abbica.
secolo

SiKCCHETTl

(al

Olindo Gmrrini) nei

Po-

stuma (XXI)

fece eco alle sdegnose parole del maestro dicendo:

Ma

noi giacciamo nauseati e stracchi


affetto in
1.

Senza un
Di que

cor.

sul

reo letamevigliacchi.

Noi siam

od agli attacchi, che queste accuse alla


gli

vilt politica del

suo tempo Palinodia

procacciarono, risp

Dguinosa

ironia

nella

(nella

Nova Polemica):
B - noi siam vigliacchi
e

me
il

ne pento. Errai.
sicolo de'
<

'tracchi

que-

-ifiiimiai:
voi
vi

ma

siete
tutti

accorti
forti,
l'orti,

BQ
I."
ili

forti.

Italia

si

costituita

in

nazione una e
<

le

garanzie

una monarchia costituzionale


Itali,
1

col

grido:

'7".

Vittorio Emanuele.

Chi l'ha detto?

[^7']

Esso

dovuto a Giuseppe Garibaldi,


lo scrisse

il

quale, per quanto mi

noto,

primieramente in una lettera a Rosolino Pilo del


ai

15 marzo i860 intorno


Sicilia:

mori rivoluzionari che


sovvenitevi che
il

si

preparavano

in

In caso d' azione,

programma

Italia

e Vittorio

Emanuele.
il

Un'

altra lettera inviata


1

da Garibaldi ad

Agostino Bertani

maggio

860, pochi istanti prima di salpare

da Quarto con
neva
il

Mille per la leggendaria impresa di Sicilia conte:

seguente periodo

Il nostro grido di guerra sar Italia

Vittorio

Emanuele
il

e spero che la bandiera italiana anche questa

volta
ai

non

ricever sfregio.
7

Ugualmente

1'

ordine del giorno letto


navi garibaldine ave:

Mille

maggio

in

Talamone, dove

le

vano preso

terra per fare incetta di munizioni, diceva

Il grido

di guerra dei Cacciatori delle

Alpi lo stesso che rimbomb sulle


:

sponde del Ticino, or sono dodici mesi


e questo grido,

Italia e Vittorio

Emanuele ;
uf-

ovunque pronunziato da

noi, incuter spavento ai

nemici d' Italia.

Ma

la

prima volta che queste parole furono

ficialmente adoperate, fu nel


gio

famoso Decreto

di

Salemi del 14 magquale


Garibaldi
le

i860,

controfirmato

Francesco Crispi,
Sicilia,

col

assunse la dittatura della


suddette quattro parole.

e che comincia

appunto con

Fin

d' allora

patriotti italiani

compresero che
con
le

la unit e la

li-

bert d' Italia erano possibili

soltanto

istituzioni

monartardi
:

chiche

e fin d' allora

un

agitatore animoso, che

doveva pi

diventare

uno

dei maggiori nostri uomini di Stato, diceva che

671.

La monarchia
viderebbe.

ci unisce, la

repubblica

ci di-

Tale era
fess per la

il

credo politico di

Francesco

Crispi. Egli lo pro-

prima volta

in

Parlamento nella seduta del i magpartiti nella

gio

1864, parlando della condizione dei

Camera.

questione, egli disse,

non

di sentimento,

ma

di

buon senso. La
Alpi

monarchia
siccome
il

quella che ci unisce, la repubblica ci dividerebbe, e

partito di azione vuole

l'

Italia forte, grande, dalle

all'Appennino, noi saremo col Principe e non mancheremo al giu-

ramento. Gli
del
alla

stessi concetti

sviluppava pochi 'mesi dopo (seduta

18 novembre 1864) rispondendo a Mordini, che rimproverava

Corona

di

aver violato

plebisciti

con

la

Convenzione

eli

srt-

rrto,

leggi, politica

tembre

Credo che

il

bene d'

Italia

non possa

farsi

che

sotto
e

quella bandiera che


Vittorio

ci

guid da Marsala al Volturno: V Italia


la sola che
si

Emanuele. Questa bandiera


tutta
:

possa tenere

alta dall' Italia

la

monarchia

ci

ha unito,
il

la repubblica ci

dividerebbe.

Noi siamo monarchici per

bene

d' Italia.
le ire

Queste franche dichiarazioni attirarono su Crispi


tito

del par-

Mazziniano

Mazzini stesso lo attacc acerbamente con una

ietter
si

pubblicata nel!' Unit Italiana del 3 gennaio 1865. Crispi

difese

con un nobilissimo opuscolo


si

Repubblica e monarchia,
fra
gli
altri
il

lettera

a Giuseppe Mazzini, ove


:

contiene

se-

guente periodo
dividerebbe,
zioni di

Si,

la

monarchia

ci unisce, e la repubblica ci
il

e bisogna

non conoscere

paese, ignorare le condi-

Europa per credere

altrimenti.
si

Perci alla fede monarchica


venti repubblicani,
dei loro ideali,
all'

convertirono allora anche dei fer-

che anteponevano alla immediata realizzazione

la

formazione di un' Italia una e libera dalle Alpi


in

Etna

questo per non impediva a qualcuno di confidare

un avvenire lontano, e di attendere tranquillamente

672.
frase

placidi tramonti della monarchia.

che

Alberto Mario,
infatti
il

di fede

repubblicana

federalista,"

pi volte nel giornale

La Lega

della
i

Democrazia (fondata

nel 1880).

Pensava non con


la

Mario che
n con

suoi ideali dovessero esser raggiunti

la violenza

le cospirazioni settarie,

ma

soltanto con

propaganda
alla"

pacifica delle idee repubblicane. Egli quindi s'inchi-

nava

volont della maggioranza, finch questa volesse conser-

vare la forma monarchica del governo.

Del Crispi

si

ripetono altre

frasi,

poich

il

suo

stile inci-

specialmente adatto % dar la materia prima di molte citazioni.


pi popolare quella test
altre

La

da

me

ricordata,

ma

ce ne sono pure

meno

note, tale quella delle

/one grigie.
con
la

quale

f r a>%e

egli indic

paesi di confine di nazionalit mista

che danno origine a tante querele d'irredentismo. Egli la disse


in

una conversazione o

intervista

che ebbe

nel

1890

col

Saint-Cre redattore del Figaro, e che fu pubblicata in quel gior-

Chi l'ha detto?

[674-676]

naie parigino
tionalits se
il

il

29 settembre
Il

di quell'

anno

La

question des na-

meurt.

n'y a plus de divisions marques, tranches;

y a sur toutes

les frontires

de tous
frase

les
gli
:

pays des zones grises o


fu molto rjmproverata
era ingiusto di applilui

les nationalits se mlent.

La

bench fosse fondamentalmente giusta


carla,

ma

come

forse

non

il

Crispi,

ma

altri

per

fece,

a regioni

delle quali la nazionalit italiana era indubbia.

Agostino Depretis
l'

nel suo celebre discorso di Stradella del-

8 ottobre 1876 (da non confondersi per col cosiddetto programma


dell'

di Stradella che
salisse
al potere)

anno precedente,

cio

prima che

la Sinistra

parlando dei nuovi

criteri in fatto di elezioni


:

po-

litiche portati

dal suo ministero diceva

Se la parola d' ordine


:

delle amministrazioni precedenti era questa

chi

non

con noi

contro di noi

la

nuova parola
i

d' ordine

che io rivolgo a

nome
:

del Ministero a tutti

funzionari dello Stato, quest' altra

674. Lasciate passare la volont del paese.

La

frase rest,

bench

ministri di Sinistra (Depretis compreso)


di quelli di Destra.

P osservassero anche meno


anni dopo,

Ed

egualmente due

Benedetto Cairoli,
il

a proposito della sincerit del voto


s'

politico e della riserva che


si

governo

imponeva
di

nelle elezioni, cosi

espresse

nel

suo

discorso-programma

Pavia

del

15

otto-

Non mancano opposte reminiscenze, ma non importa; non saremo abili, ma soprattutto vogliamo essere onesti. Meglio
bre 1878:
la

sconfitta di

un Ministero che quella

della giustizia. Preferiamo

cadere con la nostra bandiera piuttosto che vivere disonorandola.

Da

questo periodo, che sentiva la mal celata ironia contro


Cairoli,

gli

a\-

versari dell' on.

questi tolsero la frase dell'uso cornane!

675.

Saremo

inabili,

ma

siamo

onesti.

che citarono, con poca buona fede, come se fosse una confessioni'
preventiva d'incapacit.

pure dell'on. Cairoli l'altra

frasi'

che pi non

si

ricorda se

non per dileggio:

676.
che
il

La

politica delle

mani

nette.

Cairoli disse
ili

non molto tempo dopo a proposito del CoaH


da cui l'Italia era tornata col danno
e

greno

Berlino,

con

!'

Governo, leggi, politica

beffe.

Di quella politica troppo onesta


!

il

paese pag lungamente

le

spese, ed a che prezzo

Fu anche

detto che la frase del Cairoli non


il

era completamente originale poich gi nel 1859

ministro prussiano

SCHUSHHTZ,

al

tempo

della guerra della Francia e dell'Italia

contro l'Austria, aveva vantato

Die Politik der freien Hand.


e
il

Bismarck

si

era valso della

medesima

frase nella

Camera Bassa
ha un senso una
significare

22 gennaio 1864,

ma

facile di rilevare che essa

molto diverso dalla frase del Cairoli, intendendo


politica indipendente,

senza vincoli

di

trattati,

ecc.

Dove

pi sopra ho

accennato ad

elezioni,

avrei

potuto

ram-

mentare opportunamente una sentenza classica:

Numerantur enim
test fieri
;

sententiae,

non ponde-

rantur; nee aliud in publico Consilio poin

quo
it.

nihil est

tam inacquale,
lib. II, ep.
12'.

quam

aequalitas ipsa.
(Plinio
movants. Epist.,

Alla frase cairoliana ultima ricordata avviciniamo quest' altra che


ricorda un altro periodo

poco

felice

della politica italiana

ma

che
:

nel significato corrisponde alla frase dello Schkinitz e del

Bismarck

Indipendenti sempre,

ma

isolati

mai.

eia la divisa del ministi.ro Minghetti che visse dal 24 mar/'


al

28 settembre 1864. La svolse

il

ministro

degli

Affari

ElULIO ViSCONTI-VeHOSTA,
ziato innanzi alla
fu
.'.

nel suo

discorso-programma pronunil

Camera
direi

dei deputati

26 marzo 1863
_,'nori,

e di cui

la

chili:

una divisa

questa politica,

Indipendenti sempre,

ma

isolati

mai

[Atti de/ Parlamento Italiano, ^>>s. del 1861-O2. Discussioni della


utati,

sol.

IX.

077.

I.a
1

politica

della
si

mano

HI"

roti
-

infatti

contano, non

unente

in

>i pesano, n pu farsi diuna pubblica MMSabtea, dore nulla tanto

ineguale che V uguagliali.

14

Chi

l'

ha detto?

[680-681]

Una

tale politica

per non possono farla che delle nazioni


si

forti.

L' Inghilterra

una

volta

vantava del suo splendido isolamento,

ma
sua

anch' essa ha trovato necessario di uscire dal suo riserbo, di concludere delle alleanze, e di scendere in
forte vicina,

campo accanto

alla

con

la

quale da anni aveva inaugurato una

680. Entente cordiale.


che frase antica per denotare
le relazioni
1'

amichevoli che anche altre

volte sono corse fra la Francia e

Inghilterra.
:

Secondo alcuni fu
altri

Riccardo Cobden
pi vecchia:

il

primo a farne uso

secondo

essa molto

Lord Aberdeen

made

use of the words entente

cordiale as expressive of the relations of the two Governments

(Thirty

Years of Foreign Policy, by the author of


Disraeli

The Right
nostro

Hon. B.

London, 1885, pag. 347).


sulla

Ancora poche

frasi

politica

ecclesiastica
finito.

(che nel

paese ha specialissima importanza) e ho


politiche in questo

La

migliore delle
:

argomento espressa neh" aforisma

681. Libera Chiesa in libero Stato.


rimasto famoso anche perch
si

disse essere stato pronunziato

da Ca-

vour moribondo. scrive il Massari


nia del grande

La

mattina del gioved 6 giugno (1861) - cos


"ediz.,
l'

(Il

Conte di Cavour, ricordi biografici, 2 a

Torino, 1875, pag. 434) -il pietoso frate accorse a consolare

ago-

uomo con

le

ultime benedizioni della religione.


la

Il

mu-

nente

lo

riconobbe e stringendogli
Il

mano

gli

disse

Frate, libera
la

Chiesa in libero Stato.

sublime disegno allegrava


sei e tre quarti di
1'

sua agonia.

Furono
il

le

sue ultime parole. Alle ore

quella mattina

conte Camillo di Cavour


Il

mandava
alla

ultimo respiro.

Ma

altri

sment questo racconto.


cosi scriveva
il

march. Emanuele Taparelli D'Azeglio


Gazzetta Piemontese di To-

20 febbraio 1890

rino (num. del 20-21 febbraio 1890) in risposta a


blicato
il

un

articolo pub-

giorno precedente col titolo:


di
ieri

La formula di Cavour:
chiesto alla marchesa Al-

L'articolo

nella

Gazzetta Piemontese mi ha fatto icoi-

dare di due cose.


fieri

La prima che avendo


se

mia cugina

realmente

le

ultime

parole

pronunziate dal

080.

Intesa

cordiale.

[68

Governo, leggi, politica

conte Cavour fossero,


alla libera

come generalmente
mi

si

crede, quelle relative


di no.

Chiesa

essa

disse recisamente

Che

il

mo-

ribondo pronunziava

frasi

incoerenti, epperci questa deve essere

messa come tante

altre nel

numero

delle

leggende. Del resto lo

abbia detto o no, non importa molto per

la storia.

Ed infatti

questa

era la formula che incarnava la politica ecclesiastica di Cavour, ed


egli

aveva gi avuta occasione di ripeterla pi volte, fra


al

le altre

pi

solennemente in un memorabile discorso pronunciato


i!

Parlamento

2" marzo dell'anno medesimo nella discussione sulle interpel-

lanze del deputato Audinot intorno alla quistione di

poggiando

l'

ordine del giorno Boncompagni che acclamava

Roma e apRoma
il

capitale d' Italia.

Cavour

s'

illudeva allora di persuadere

Pontefice

che la Chiesa pu essere indipendente, anche dopo la perdita del


potere temporale. Sperava che le proposte fatte con tutta sincerit,

con tutta

lealt dall' Italia potessero essere


:

favorevolmente accolte

dal Papa, al quale egli avrebbe detto

Quello che voi


si

non avete

mai potuto ottenere da quelle potenze che


i

vantavano di essere

vostri alleati e vostri figli


;

di voti,

noi veniamo

ad

offrir velo

in

tutta la sua pienezza

noi siamo pronti a

proclamare nelT

Italia

questo gran principio: Libera Chiesa in libero Stato.


cavurriana stata molto discussa sotto diversi rapporti
altri la

La massima
:

vedasi fra
di

Illustrazione giuridica della formola del

Conte

Cavour

Libera Chiesa in libero Stato pubblicata nella


del

Xinna Antologia
generale, che fu
la

15 aprile
di

1882 da Carlo Cadorna


il

(zio del

capo

stato maggiore sino al 191 7),


:

quale ne dava

seguente

definizione

La formula

del

Conte

di

Cavour

la semplice appli-

cazione del principio della libert della coscienza nelle relazioni dei
cittadini, e della loro associazione collo Stato in

materia di religione.

risultino

pure nella
e la

// Conte di

Cavour
nata
I,

Nuova Antologia altri due articoli, l'uno Questione Romana, della marchesa Giuassist

seppina Alfieri

Di Cavour, che

suo zio

al

letto di

morte (N. A., voi.

1866, pag. 8151, l'altro di Guido Padelletti,

Libera Chiesa in libero Stato: genesi della formula cavouriana


(voi.

XXIX.
in

18-5, pag. 656)

e lo scritto del Bertolini, // Conte


italiano e la formula Libera

di

C-n-our

prima del Risorgimento


Libero Stato

Bologna,

1881).

-la politica sasia e liberale assai

lontana dalla innati-

di coloro che dicoao:

2i6

Chi l'ha detto?

[682-684]

682.

Le
il

clricalisme, voil l'ennemi!

Fu

4 maggio 1877 cne

Lon Gambetta
cos

rispondendo

alla

Camera

francese ad una interpellanza sulle misure prese dal governo


le

per reprimere
discorso:

mene

degli ultramontani,

concludeva

il

suo

Et je ne fais que traduire les sentiments

intimes du

peuple de France en disant du clricalisme ce qu'en disait un jour

mon ami
ficiel, 5

Peyrat

Le

clricalisme ? voil l'ennemi ! [Journal Of-

mai 1877, pag. 3284). Quest'amico era Alfonso Peyrat, giornalista, fondatore dell' Avenir National, morto nel 1891. Per
lo stesso

Gambetta,

in altra occasione,

alludendo

all'

aiuto che la
alle missioni

Francia ha sempre dato (anche per ragioni politiche)


religiose all' estero, diceva invece
:

L' anticlricalisme n'est pas un

article d'exportation.

Le

condizioni presenti delle relazioni fra lo Stato e la Chiesa e

il

conflitto

lungamente durato

in Italia fra la fede e la patria

hanno
:

dato origine ad altre

frasi, fra le

quali la pi nota forse la formula

683.

elettori

eletti.
dei
cattolici

suggerita a proposito dell' astensione

dalle

urne da
sulle

don Giacomo Margotti,


colonne del suo giornale
zioni generali
1'

direttore dell' Armonia di Torino,

8 gennaio 1861, alla vigilia di quelle elela

da cui doveva uscire

Vili

legislatura che fu la
l'

prima

del

Regno

italiano e alla quale

formula fu contrapposta

altra Ni-

apostati n ribelli che per ha origini pi antiche, dappoich la tn>\ o

come

sottotitolo di

un Proclama agli Italiani

Giuseppe Maz-

zini, dagli 8 ottobre i860, pubblicato nell'Iride del 24. Assai pi


tardi, nel

1874, ^ a Sacra Penitenziera,


la

ai

vescovi italiani che chiede-

vano istruzioni circa

partecipazione dei cattolici alla vita politica


i

del paese, rispose che per

cattolici italiani

prender parte
f.xpedit.

alle elezioni

politiche attentis

omnibus circumstantiis non

La formula

684.

Non

expedit.

di uso tradizionale nella Cancellera Apostolica ogni volta che in-

corre di dare risposta negativa per sole ragioni di opportunit a

682. 684.

Il

clericalismo,

ecco

il

nemico!

Non

conviene.

Governo, leggi, politica

qualche istanza dai

fedeli.

Una

circolare delia S. Inquisizione in


il

data del 30 luglio 1886 spiegava la frase comunicando avere


S. Padre, udito
rarsi
il

parere degli Inquisitori generali, ordinato dichia-

che NON* EXPEDIRE prohbitionem importt (Acta Sanctac


vol.
s'

Sedis,
f.vpedit

XIX.

pag. 94). D'allora in poi con le parole


1'

Xon

intese senz' altro

astensione dei cattolici dalie urne.

Un

bell'articolo firmato Eufrasio e intitolato //

non expedite,

nella

Nuova

Antologia, del i settembre

904. pag. 81 -1 00.


la storia

fa la storia di
il

questa frase e della precedente. Per

pure ricorderemo che

non expedit ha cessato


politiche del 16
litico

di

aver vigore con le

ulume

elezioni generali

novembre 1919. L' Allenire d' Italia, giornale po-

di

Bologna, nel numero 308 degli 8 novembre attestava che

proprio in quei giorni un'autorit ecclesiastica aveva posta la formale

domanda

se fosse lecito
la

o no

ai

cattolici

italiani di

accedere alle

urne politiche, e

S.

Penitenzieria aveva risposto affirmative,


:

senz' alcuna limitazione

o riserva

1'

Osservatore Romano, or1

gano

ufficiale del

Vaticano, nel num. del 10-1


l'

successivo,

dopo

avere riportata integralmente


.ingiungeva di suo
:

informazione

AtW Allenire d' Italia,


dell' esistenza di

Anche a noi consta

questo

responso della Sacra Penitenzieria .

con questo lasciamo da parte

la politica

che non una bella

nemmeno una
dappoich
:

cosa divertente anche se non matematica,

685. Die Politile


BISMARCK
siana
nella

ist

keine exakte Wissenschaft.


dei

Camera Prussiana

Signori

il

18 dicem-

bre 1863, e ripet lo stesso concetto nella


il

Camera Bassa Prus-

15 gennaio 1872. nel Reichstag

il

15 marzo 1884 {Die Po-

litik ist

keine Wissenschaft, wie viele der Herren Professoren sich

einbilden,
>cienza

sondern eine Kunst, cio:


molti signori professori
si

I.a

politica

non

una

come

figurano,

ma

un'arte ),

ora nella

Camera Bassa

il

29 gennaio 1886.

politica

non

un..

-Uta.

2i8

Chi l'ha detto?

[686-688]

38.
Gratitudine, ingratitudine

prio

merce

cos rara e cos

poco nota

la gratitudine eh' io

non ho

trovato nessuna sentenza popolare che ne facesse menzione. Pro-

come

se

non
:

esistesse

Invece ho una eccellente definizione

dell' ingratitudine

686. L'ingratitude est l'indpendance


uno
dei molti motti felici di
il

du cur.
Nestore
di Parigi,

un milionario

di spirito,

Roqueplan,
lo scrisse
tri

quale,

quando era

direttore dell'

Opra

sull'

album

del signor Filosseno Boyer, assieme


di

ad
:

al-

due che meritano ugualmente

non essere dimenticati


que celui qui
le

Qui

oblige s'oblige.

Un

service n'oblige
il

rend. Lu-

dovico Halvy, che racconta

fatto nell' Intermdiaire des cher-

cheurs et curieux del 1865,


del

gli

assegna

la

data approssimativa

1840.
dei versi
:

Ecco

che

rimbrottano una delle forme pi

comuni

dell' ingratitudine

687.

Rinfacciare

il

peccato
;

Altrui mai non conviene

Ma
E
eh' la morale

rinfacciarlo a chi

ti

fa del bene,

da solenne ingrato.
della bella
il

favola II Pellegrino e il Platano

di

Luigi Fiacchi detto

Clasio.
frasi

La

storia

ci

conserva diverse

di

uomini che ebbero a pro


1'

vare la ingratitudine

umana,

fra le altre

688. Ingrata patria, ne ossa

quidem mea habes.

686. L' Ingratitudine


688.

l'

indipendenza del cuore.

Ingrata patria, non avrai

nemmeno

le

mir OMk.

[689-690]

Gratitudine, ingratitudine

219

Narra VALERIO MASSIMO (Factorum


lib.

et

dictorum memorabilium

V, cap. ni.

b 2

che Publio

Cornelio Scipione Africano


volontario e ostinato esilio

maggiore, dispettoso per essere stato citato dai Tribuni della plebe.
e

condannato a grave multa,


;

ritirossi in
exilii

a Linterno

eiusque voluntarii

acerbitatem non tacitus ad

inferos tulit,

sepulchro suo inscribi


ista

iubendo, ingrata patria, ne


aut necessitate
ei

ossa

quidem mea habes. Quid


in

indignius

aut

querella iustius aut ultione

moderatius? cineres

suos negavit,

quam
pionis

cinerem conlabi passus non fuerat. Igitur hanc

imam

Sci-

vindictam ingrati animi urbs


:

Roma

sensit,

maiorem me-

hercule Coriolani violentia

ille

verecundia.
stantia

De qua ne

queri

enim metu patriam pulsavit, hic quidem - tanta est vera; piet tis con-

nisi

post fata sustinuit.

Ho
di

gi parlato di Belisario che la leggenda disse ridotto a chieai

der un obolo
cui

passanti

dir invece del

doge Francesco Foscari,

non

si

conoscono

le

precise parole dette ai terribili Inqui-

sitori,
gli

ma

che forse non saranno state molto diverse da quelle che

pose

in

bocca

il

solito librettista favorito di

Verdi

689.

Questa dunque

la

iniqua mercede
Fkam
-

Che

serbaste al canuto guerriero?


1/

dur Foscari, tragedia lirica M. Piave, mus. di Verdi, a.


si

di

III.

Parlando d'ingratitudine
larissima
Il
:

pu anche ricordare

la frase

popo-

a travaill,

il

a travaill pour

le

roi

De
ritornello di

Prusse.
il

una canzone che

si

canta\a a Parigi contro


il

Maresciallo

de Soubise, sconftto a Rossbach da Federigo

Grande od
significava

Di qui

la

frase Travailler

pour

U
l'

Roi de Prusse che

lavorare per niente, e quindi anche affaticarsi per un ingrato.

Dir dei danni che seco reca


giovar'altrui
<li

ingratitudine,
ri

disgustando dal

coloro che n

male rimunerati, secondo

lenza

PUHUO

NiK"

690. Egli ha lavorato per

il

re

di

i'

Chi l'ha detto?

[691-694]

691. Ingratus

unus omnibus miseris nocet.


(Sentenze, num. 43 dell'edizione E. Voelfflin, Leipzig, 1869).

e ricorder per ultima la frase bblica che mi pare

si

adatti al cas

nostro

692. (Quia) Ventumseminabuntetturbinem metent.


(Osca, cap. Vili,
v. 7).

che passata

in

tutte le letterature
:

europee sotto

la

forma del

proverbio volgare

Chi semina vento raccoglie tempesta.

39.
Guerra
e

pace

Bella, horrida bella. 691. ">J


'

,,,

(\

,, moli. io. Lucute, uh.

.,

...

,.,

\ I. v.

sui.

cos

Virgilio apostrofa
lui

la

crudele guerra,

flagello

dei

popoli,

con
il

lo

ripeterono, in tutte le lingue, milioni di uomini durante

terribile conflitto degli

anni 1914-1918, di cui

pi particolarsi

mente mi occuper
sopportano

nella P. II, 80.

Ma
la

poche guerre

sareb-

bero combattute se fossero


le

stati arbitri di farle

o no coloro che

spese.

Pur troppo invece

guerra fu quasi sempre

sfogo d'interessi, di rancori o di ambizioni dinastiche, e non a torto


(

"ai.dkron disse che

in

guerra polvere e palle sono

la

694.

Ultima razon de Reyes.


(Calderos

df. i.a Barca, En esta vida lodo et vtrdad. todo mentira, comedia, jorn. scgunda, esc. XXII 1
1.

691. Un solo ingrato nuoce a tutti gl'infelici. 692. Perch semineranno reato e raccoglieranno tempesta. 693. Guerre, orrende guerre.

694. Ultimo argomento dei

re.

[695]

Guerra

pace

221

da cui levarono probabilmente

la

iscrizione che

Luigi

XIV

fece

porre sui cannoni fusi nel 1650:

Ultima
che fu tolta via
]>er

ratio

regum
ago-

decreto dell'Assemblea Nazionale del \"


il

Federigo

Grande

l'altra presso che simile:


regis

Ultima rado

scolpita sui cannoni dell'esercito prussiano

dopo

il

1742.

Ma

forse

anche
dette,

il

commediografo spagnuolo non


il

fece che ripetere le parole

se

racconto vero, dal card.

Francisco Ximexs,
gli

di-

venuto reggente dei regni di Aragona e Castiglia nel settantanove-

simo anno

di vita

sua (15 16),


di
certi
le

il

quale ad alcuni nobili che

do-

mandavano ragione
armate e
i

suoi atti di autorit, mostr le truppe

cannoni con

miccie accese: aggiungendo:

Hc

st

ultima ratio regis!

Che

695.

Il

danaro
comune

il

nervo della guerra.


tempi del MACHIAVELLI,
il

opinione

sin dai

quale conlib. II.

futandola nei Discorsi sopra la


intitola
il

prima Deca di
il

T. Livio,

cap.

I danari non sono

nervo della guerra, secondo

che la
detta

comune

opinione, e nel testo dice che questa sentenza fu


tra

da QuiM ro CURZIO nella guerra che fu


il

Antipatie

done e

Re

Spartano

ed allegata ogni giorno, e da' Principi,

non tanto prudenti che


ritiene

basti, seguitata.

Imperocch
la

il

Machiavelli
fa col ferro
il

che l'oro non basta a vincere, che


coll'oro, che

guerra

si

non

non

il

danaro,

ma

buoni soldati sono

nervo

della guerra: e niuno potrebbe dargli torto,

sennonch

la

sentenza
vin-

qnak
in

si

cita,

non vuol dire che basta

il

danaro a

fare e a

guerre,

ma
il

che

il

danaro indispensabile. Dir pure che


guerra n
lib.
r ide re di v \^

Quinto Curzio

quali- della

contro Antipatro parla in principio del

IV

e in principio del

VI.
del
la

non ho trovato questa sentenza


I-'r<

soltanto

nei

Supplementi

inshemio,
di

lib.

I,

cap.

X.
la

detto che ad Alessandro,

dopo

Borte
Ina
al
n>

Filippo,

mancara

nervus gerendarum rerum pecunia.

he questi Supplementi sono posteriori

Machiavelli.

Non

la

penaarano cone

il

S^retario fiorentino

222

Chi l'ha detto?

[696-607]

Rodolfo Agricola

negli

Sprichwrter,

n.

281,

che

scrisse:
I,

Nervi bellontm pecunia, n Rabelais


Les nerfs des batailles sont
le parole

nel

Gargantua,

46:

les pe'cunes. Si

sogliono ripetere pure

rivolte a
il

Luigi

XII

dal

maresciallo

Gian Giacomo
tratt di invadere

Trivulzio, detto
il

Gran
la

Trivulzio,

quando

si

Milanese

Pour faire

guerre avec succs,

trois choses sont ab-

solument ncessaires : premirement, de l'argent; deuximement,


de l'argent; et troisimement, de l'argent ; e
la eccessiva
il

Trivulzio che per

sua avarizia era diventato la favola della Corte, era

pi d' ogni altro al caso di poter proclamare

con
:

efficacia

queest,

sto principio. Richelieu peraltro soggiungeva che

Si l'argent

comme on
paix.

dit, le

nerf de

la

guerre,
il

il est

aussi la graisse de la

la

verit vera che

danaro
le cose.

non soltanto

il

nervo

della guerra

ma
i

il

nervo di tutte

gi Eschine (In Cte-

siph.,

52) fra

neologismi che rimprovera a


il
il

Demostene,
i

cita

quello di aver chiamato


delle cose, e

denaro t vssa twv Tipayu-Ttov,


filosofo

nervi

dopo
(in

di lui

BiONE

diceva, xv tXotov vspa

upayuocxwv
altri

Diog. Laert., IV,

7, 3, 48).

E, per non

dire di moiri

autori classici che usarono simile locuzione (vedi

Gefl.
nelle

Worte,

XXIII.

Aufl.,
:

S.

373), anche
belli
:

Filippiche (V, 2)

Ncrvos

Bchmann, Cicerone scrisse pecuniam e nell' orazione

De

imperio Cn. Pompeo (VII, 17)

Vectigalia nervs rei public a>.

696. Silent leges inter arma.


scrisse

Cicerone

nell'orazione

Pro Milone (IV,

io), che

Lue \X0

(Pharsalia,

lib. I, v.

277) cos ridusse: Leges bello siluere coactet.

Su questa massima
tentia

scrisse lo

Schwendendrfter una Oratio de sen(Altdorfii,

Inter arma

silent

leges

1631).

697.

Tout soldat franais porte dans sa giberne le bton de marchal de France.


Napoleone
;

attribuito a

I (E. Blaze,

La vie

militaire sous l'Em-

pire, vol. I, pag. 5)

e questa speranza di gloria e di

guadagno

era

696. Tacciono

le

leggi fra le armi.


il

697. Ogni soldato francese porta nella sua giberna


maresciallo di Francia.

bastone

di

[698-700!

Guerra

pace

223

molte volte

il

solo incentivo per

il

soldato ad affrontare la morte,

giacch in troppi casi egli ignorava

la

causa per

la

quale combatteva, e

698.

Venduto ad un duce venduto Con lui pugna, e non chiede


(

il

perch.
a. 1I>.

Manzoni,

//

Conte di Carmagnola, coro,

Le

sole guerre nelle quali

il

cuore del soldato batta per un sen-

timento pi elevato e faccia propria la causa della bandiera sotto


la

quale ripara, sono

le

guerre per la indipendenza nazionale. Al-

lora ogni

uomo

valido alle armi soldato, e le


lo
:

donne

stesse lo

spingono animose dove


lui

chiama

la

voce dell'onore, e ripetono

le storiche

parole
7j

699.
con
le

"H

xv

7:1

TOC.
i

quali le madri spartane salutavano


lo scudo,

figli

partenti in guerra,

consegnando loro

come narra Plutarco nei Lacaenarum Apophthegmata IXVI): Alia cum filio clypeum traderet
hortari
vellet
:

eumque ad rem bene gerendam


nunc, aut super hoc
(7)
(

Fili,
.

inquit, aut

tv. f ird ", forma dorica)


cio

Essi do-

vevano tornare o
fetta per

vittoriosi,
lo

con

lo scudo,

poich chi fugge


la

prima cosa

scudo - e anche Orazio, confessando


Filippi,

sua

uga

nella battaglia di

dice di s:

700.

Relieta non bene parmula.


(Carmina,
lib. II, od. 7, W.
IO*.

Si

morti,

cio portati dai commilitoni sugli scudi.


i

ricordino
:

bei versi del

Leopardi

(Nelle nozze della sorella

Fhnlina)

Finch

la

sposa giovanetta

il

fido

Brando cingeva al caro lato, Span dea le nere chiome Sul corpo esangue e nudo

e poi

Quando
Tuttavia
1'

e'

reddia sul conservato scudo.

uomo pu andare
:

incontro alla morte anche per cai

gioni pi basse e futili

non

altrimenti

gladiatori che,

non sem-

699. TOO.

con questo o su

(fa

Dopo

aver gettato malament-

lo

224

Chi l'ha detto'

[701-703]

pre astretti dalla volont del padrone,


di

ma

talora per sola avidit


al

guadagno, correvano a dare o a ricevere morte

grido

701.

Ave, Imperator, morituri

te salutant.

Svetonio
peratore:
sit.

nella Vita di Claudio (21) cos narra di questo im-

Emissurus

Fucinum lacum, naumachiam ante commi-

Sed cum proclamantibus naumachiariis, Ave, imperatore morite

turi

salutant, respondisset, Avete vos, neque post hanc vocem,

quasi venia data quisquam dimicare vellet, diu cunctatus an


igni ferroque

omnes

absumerent, tandem e sede sua prosiluit, ac per am-

bitum lacus non sine fda vacillatione discurrens, partim minando,


partim adhortando ad
Sicilia

pugnam

compulit.

Hoc spedando

classis

et

Rhodia concurrerunt, duodenarum triremium

singula:,

exciente buccina tritone argenteo, qui e

medio lacu per machinam

emerserat.

A
nella

questo ricordo di Svetonio

s'

ispir

Pietro Cossa quando

Messalina

(a.

I,

se. 8)

cos fa parlare Claudio:

Per quel
S' appresti

d solenne

uno spettacolo navale,


che combatteranno
sul serio:

E
I

gladiatori

S'ammazzino

gladiatori sono

da gran tempo un po' svogliati

Nell'arte del morire.

702. (In)

Hoc

signo vinces.

ossia Totcp vixa, sono le parole che Costantino lesse intorno a

una croce miracolosamente apparsagli


l'E. V., prima
di

in

cielo nell'

anno 3

2 del-

attaccare battaglia contro Massenzio, e ch'egli


dette

fece porre sulle insegne delle legioni,

da quel tempo
lib.

in

poi

labari (EUSEBIO PaMFII.O, Vita Constantin/,

I.

cap. 28).

703.
Fra
dell'

Carne da cannone.
i

Pensieri

ili

Giacomo Leopardi

ce n' uno,
si

proposito

amore che ha

il

mondo

pei

torti, in cui

nova questo pe-

701. Addio, Imperatore, quei che vanno a morire

ti

salutano.

702. In questo semini vincerai.

Guerra

pace

riodo: Cos Napoleone fu amatissimo dalla Francia, ed oggetto,

per dir cos, di culto


e tratt

ai soldati,

che

egli

chiam carne da cannone

come

tali

(il

LXXIV,

nella ediz. delle Prose morali,

comm. da

Ild. Della

Giovanna. Firenze, Sansoni, 1895, a pag. 3441.

Ora, sfugg veramente a

Napoleone ima
e.
l'

cosi bestiale definizione

Era naturale che


di

il

dubbio sorgesse
equivoco

una

volta sorto,

si

chiarire

1'

equivoco, se

v' era,

tanto pi che la frase

carne da cannone

divenuta universalmente popolare. Alberto

Lumbroso raccont
(articolo ristampato

nell'Italia

Moderna,

ott.

1906, pag. 368-369


la Rivoluzione e il

nel

volume: Attraverso

Primo Impero, Torino, Bocca, 1907, a pag. 473-476) d'avere


scritto

sull'argomento
gli

al

Masson,

il

celebre storico di Napoleone,


:

il

Masson

rispose
se
1'

negando energicamente

Napoleone sarebbe

stato

una bestia
bestia. Chi

avesse detto ed egli era ben lungi dall'essere


gli

una

dunque
II

attribu

calunniosamente quella definiil

zione disumanar

Lumbroso

asserisce che
politico,

calunniatore fu l'abate
di

de Pradt, scrittore e
leone
I

uomo

gi

elemosiniere

Napo-

e che poi rivoltatoglisi contro fu

uno

dei suoi detrattori

e ne fn ricompensato con la

nomina
in

a vescovo di Poitiers e poi


lettera al principe di Tal-

ad arcivescovo
leyrand
il

di Malines.

una sua

conte di Jaucourt afferma

che fu

appunto
la frase
:

1'

abate de

Pradt ad attribuire falsamente a Napoleone


!a chair

canon. * Del resto non

si

dimentichi
a.

Le soldat Shakespeare

2 a
,

che nel

King Henry IV,


:

parte prima,

IV.

se.

fa

dire a
.

Falstaff dei suoi soldati

Food for powder


sue nonne,
i

(carne

da polvere)

Anche

la

guerra ha

le

suoi precetti;

non
la

nel solo

giuoco delle armi, o nel cozzo brutale degli eserciti sta


e a molti episodi,

guerra

anche

gloriosi, della storia militare,


:

si

potrebbero

implicare le notissime parole

C'est magnifique,
o come
altri

mais ce
beau,

n'est pas la guerre.

dicono:

C'est

mais ce n'est pas la gturre,

parole dette dal generale francese P.


alla

F. G.
Balaklava

-tendo

eroica

ma

imprudente carica della ca\alleria leggera


di

(comandata dal conte

Cardigan)

alla battaglia di

704.

E magnifico, ma non
19

22 6

Chi l'ha detto?

[705-707]

tobre 1854), carica dovuta, pare, a


ritorn

un ordine male

inteso, e

da

cui

appena un terzo
la

della brigata.

Vedi: Layard, La premiere

campagne de
Balaklava
et

Crime ou

les batailles

mmorables de l'Aima, de

d'Inkermann,

trad, franc. Bruxelles, 1855, a pag. 72.

Una

notevole sentenza di

Tacito

intorno alla guerra, e che po-

trebbe facilmente applicarsi a molte altre faccende

umane

questa

705. Iniquissima haec bellorum conditio est, pro-

spera omnes

sibi vindicant,

ad versa uni
27).

imputantur.
Fra
guerre
i

(Vita di Agricola,

tutte le guerre,
civili,
s

pi dolorose e feroci che le altre sono


s

le

per Y orrore che destano,

per
il

1'

accanimento che
nei

combattenti

vi
:

portano. Di esse parlava

Manzoni

due.

notissimi versi

706.

fratelli

hanno ucciso
(//

fratelli:

Questa orrenda novella

vi do.
II).

Conte di Carmagnola, coro nell'atto


il

intorno

ai

quali
al

si

narra

seguente aneddoto.

Tommaso
do
il
;

Grossi,

mandando
risposta

Manzoni un esemplare
:

della sua novella

Y Ildegonda,

scrisse sul frontespizio


il

Questa orrenda novella ti


gentile scrisse di sopra
i

ma

in

Manzoni con arguzia


fratelli
il

verso che

precede: I

hanno ucciso

fratelli , a

significare

mode-

stamente che

Grossi aveva superato

lui

Manzoni.

Sempre a proposito
si

delle guerre civili che insanguinano le vir.

pu

ripetere la frase di

Jean Franois Ducis,

poeta tragico

(1733.1816):

707.

La tragdie court
tristi

les rues.
Terrore
a uno
dei

Egli scrisse nei

giorni del

suoi

amici

Que
les

parles-tu,

Vallier, de /aire des tragdies?

La

tragdie court

rues

(CaMPENON, Essais de mmoires sur

la vie

de Ducis,

705. Questa cosa ingiustissima segue in ogni guerra, che tutti si arrogano il merito dei prosperi successi, e gli avversi ad OD
solo sono rimproverati.
tragedia corre per le vie.

707.

I.a

Guerra

pace

Z2~

Paris, 1824, a pag. 79).

Ma

egli

non aveva

fatto
:

che ripetere

in-

consciamente

il

ritornello di

una mazarinata

Comdiens, c'est un mauvais temps.

La Tragdie
Tristi giorni si quelli del

est par les

champs.
!

Terrore come quelli della Fronda

e tristi

ugualmente

tutti

quelli in cui

una

citt

o un paese sono abbandovendette di una soldatesca

nati ai capricci sanguinosi,

alle cieche

brutale, condotta da capi ancor pi brutali o feroci. Corre tosto


alla

memoria

la frase

famosa

708. L'ordre rgne Varsovie.


Quale ne
la origine? Nella seduta della
il

Camera

francese dei deil

putati del 16 settembre 1831.

ministro degli affari esteri,

conte

Orazio Sebastiani, rispondendo


della Polonia, usci

a una interrogazione sulle cose


infelice
:

con questa frase

Le gouvernement
parvenus sur

communiqu tous
vnements de
la

les

renseignements qui

lui taient

les

Pologne

Au moment
1'

o l'on

crivait, la tran-

quillit rgnait Varsovie.

{Moniteur Universel, 17 sept. 183 1)


8 del mese

Varsavia

infatti

aveva capitolato
Il

dopo due

giorni di

sanguinoso combattimento.
litografia
di

giornale

La Caricature

pubblic una
alle

Crandville e di

Eugenio Forest, che alludendo

parole disumane del ministro, rappresentava un soldato russo cir-

BOndato da cadaveri con

la

leggenda L'ordre rgne Varsovie. Li

ramone per

la

quale

la

frase rimasta celebre sotto questa ultima

ionia che non quella autentica del resoconto parlamentare, pu


forse trovarsi in

una comunicazione

ufficiosa

mandata da Cracovia,
ragguagli

i settembre, che fu pubblicata nel


citato del

numero precedente a quello dopo aver dato


i

Moniteur, e che diceva,


di

delle stragi

agosto: ....Le gnral Krakowiecki a t effectidictateur,


et

nomm

revtu d'un pouvoir illimit. L'ordre


rtablis

tranquillit sont entirement

dans

la capitale.
il

Al Manzoni piaceva di raccontare su


aneddoto.
di
Il
il

tale

argomento

seguente

conte Sebastiani aveva maritata sua


quale,

figlia col

Duci

Praslin.

dopo
lini

di in

averle dato coi suoi disordini gravi

ragioni di malcontento,

un accesso

di

follia

gelosa ad uc-

'

ordini

regna a Varsavia.

Chi l'ha detto?

[709-712]

cider

lei

e quindi s

medesimo, tragedia che rimase tristamente

fa-

mosa per lunga


dalla

serie di anni.

Un

polacco, a cui
il

non s'erano can-

cellate dal cuore le parole colle quali

Sebastiani aveva annunziato

tribuna la rovina della sua citt, conosciuto questo avveni-

mento, esclam: L'ordre rgne l'Htel Praslin.

Le

parole del generale Sebastiani facevano inconsciamente eco


di

alla frase

Tacito

709.

Ubi solitudinem

faciunt,

pacem

appellant.
30).

(Vita di Agricola,

che in

altri

termini equivale a dire col gran poeta francese

710.

Et

le

combat

cessa, faute

de combattants.
Le Cid,
ci
a.

iCouN'Kir.i.K.

IV,

se. 3).

Pu accadere che
ci

talora nella guerra

non

siano vincitori

ma

sono sempre dei


di

vinti, e

per loro occorre rammentare


dei Galli, che nell'

la terribile

minaccia
e

Brenno, duce

anno 362

di

Roma,
la

390

avanti Cristo, avrebbero incendiata e


:

taglieggiata

citt

dei

Quiriti

711.
egli
e.

Vae

victis

avrebbe esclamato, se
altri istorici

si

presta fede a

Tito Livio

{Hist., lib.

Y,

48, 9) e ad

romani, come

Floro

(I,

13, 17) e

FSSTO

(p.

372, ed. Mller).

Non

diversamente diceva Virgilio:

712.

Una

salus victis nullam sperare salutem.


\Eneide,
lib. II.
v.

393).

Quante amarezze siano


stri

riserbate

ai

vinti,

dovevano

ai

giorni no-

provarlo molti popoli e soltanto mezzo secolo

fa

un nobile

paese, la Francia, oggi vittoriosa

ma

che nel 1870 e '71 espi cru-

delmente

le

colpe sue e non sue. Nella circolare che Giulio

Fwkk.
l)i-

ministro degli affari esteri e vicepresidente del Governo delia

709.

Dove fanno

la

solitudine,

dicono essere
di

la

pace.

710.
712.

il

combattimento cess per mancanza


ai

combattenti.

711. (inai
Mei

vinti.

vinti

unica salute nel disperare

di

ogni salute.

r-

j.j

Guerra

pace

nazionale, rivolgeva

il

6 settembre 1870

agli agenti diplomatici

(.Iella

Francia,

si

leggeva una frase rimasta celebre

ma

smentita ben

presto dalla forza stessa delle cose:

713.

Ni un pouce de notre de nos forteresses.


circolare cos diceva;

territoire, ni

une pierre

La

notre territoire,

ni une pierre de nos forteresses

Nous ne cderons ni un ponce de Nous ne trai-

terons que pour une paix durable

[Journal

officiel del

set-

tembre). Fiere parole, di cui

la

inconsiderata temerit era scusabile

anto in grazia del sentimento

ardente di patriottismo che

le

aveva suggerite. Nella seduta del 17 giugno 1871 dell'Assemblea


Nazionale,
lui
il

Favre stesso riconobbe che

la

formula sostenuta da

aveva reso impossibile ogni accordo con Bismarck nei colloqui


Ferneres <i8 e 19 settembre 1870).

di

Pur troppo
bi>ogna
farsi

la

ragione sempre del pi forte e per


gli

farsi valere

temere. Perci

antichi dicevano

714. Si vis
ohe sono forse

pacem, para bellum.


le

parole di

Vkgezio lievemente
[Instit.

modificate:

Qui
19):

iderat pacem, preeparet bellum prolog.):


1

rei militar., lib. III.

anzi

Cicekoxe

dice

addirittura (Phil.,

VII,

6,

si

pace /riti volumus, bellum gerendutn


con queste
altre citazioni,

est.

Si confron-

tino pure

che rendono un pensiero se


sipr.v/;
:

non identico, almeno molto simile: 'Ex JCoXiflOO sv yp

uXV/

3:,J/:vj-a'.. nelle /storie di

linaria (cap.

NONDA
avanti

nella

TUCIDIDE (lib. I, cap. 1241 r, pace bellum mutar it, di Sallustio nella CatiLViilJ - Xam paritur pax bello, parole di EPAMIVita che di lui si legge in Cornelio Nipote, V.
:

Narra Tito Livio (Hist.,


(risto.
in

lib.

XXL
di

cap. 18) che nell'anno 218

534 dalla fondazione

Roma, essendo
detto
il

legati roto.

mani venuti
il

Cartagine a lagnarsi della espugnazione di Sag

due- loro

Quoto

Fabio Massimo,

Verrucoso e pi

713.

un pollice del nostro


stre
fori

territorio,

n una pietra dette no-

230

Chi l'ha detto?

[71 5-7 19]

tardi

il

Temporeggiatore, volto

agli

anziani della citt, sinu ex

toga facto, hie, inquit, vobis bellum et


placet,

pacem portamus

ntruni
lui la

sumite , e poich quelli risposero che lasciavano a

scelta, scosse la toga, e replic


st'

che dava loro la guerra. Di que-

episodio

si

vale

il

Tasso

nella

Gerusalemme

liberata,

quando

fa venire

Argante insieme ad Alete, ambasciatori del

re d'Egitto,

innanzi a Goffredo.

Dapprima Argante esclama con

insolenza:

715. Chi la pace

non vuol,

la

guerra s'abbia.
(e. II, ott. 88).

poi imitando

1'

atto dell' oratore

romano, soggiunge
t'

716.

guerra e pace in questo sen


sia l'elezione....

apporto

Tua
della tela pel

(A-,, ott. 89).

Ambasciatore pi umano sembra Lisandro quando

all' alzarsi

primo atto

dell' Aristodemo, tragedia del

Monti,

dice

a Palamede:

717.

Palamede; alla regal Messene Di pace apportator Sparta m'invia.


S,

.Sparta di guerra stanca....


ci

che non

difficile

a credersi, perch pochi


fatto
il

amano

la

guerra,
;

se

non coloro che ne hanno


chi

loro mestiere e gli ambiziosi


e

chi lavora,

ha persone che ania

dalle quali amato, per le

quali teme, e che


e

temono per
col

lui,

desidera ardentemente la pace,


il

pu andare ripetendo
I'

Petrarca

noto verso:

718.

vo gridando: pace, pace, pace.


(Canzone ai Grandi
l'

a" Italia,

num. XVI

ile 1-

edizione Mestica, verso ultimo).

se

non

forte nei vecchi classici della patria letteratura, an1'

dr piuttosto declamando
e Lanciotto
:

apostrofe di Guido da Polenta a Paolo

719.

....

Ah,

pace,
!

esacerbati spiriti fraterni

(I'eulico, Francisco do Rimini,

a.

IV,

[720-;

Guerra

parc

231

ovvero canterellando

la

romanza

di

Leonora
di

nel

melodramma La
(a.

Forza del Destino, parole di F. Piave, musica

Verdi

IV,

se. 6)

720.

Pace, pace, mio Dio, cruda sventura

M' astringe, ahim,


La
guerra ha ispirato un gran

a languir.
di

numero

canti

patriottici,

di

molti dei quali sono rimasti popolari dei versi o delle strofe.

Va

innanzi a tutti

il

famoso:

721.
che
il

Allons, enfants de la patrie.


primo verso della Marsigliese o Chant des Marseillais,

parole e musica di

Rouget de
(livre

Lisi.e.
le

Lamartine narrando nella


origini

Histoire des

Girondins

XVI),

della Marsigliese,
ufficiale d'ar-

ripete la storia
tiglieria di

ben nota

di

Rouget, allora giovane

guarnigione a Strasburgo, che frequentando la casa del


[il

maire, certo Dietrich, in una sera del 1792


per invito dello stesso Dietrich
patriottico.
e le parole
i

25 aprile] compose
di

versi e la

musica

questo inno
le

Rouget pass
che
l'

la notte al
gli

clavicembalo studiando

note

ispirazione
il

dettava: quindi accabl de cette


la

inspiration sublime,
se reveilla

s'endormit

tte sur

son instrument et ne

qu'au jour. Les chants de


la

la nuit lui

remontrent avec
Il

peine dans
crivit,
les

mmoire comme

les

impressions d'un rve.


Il

les

nota et courut chez Dietrich.

le

trouva

dans

son

jardin, bchant
tilles
ilia,
il

de ses propres mains des laitues d'hiver. La femme


leves. Dietrich

du vieux patriote n'taient pas encore


appella quelques amis tous passionns
et

comme

lui

pour

la

musique

capables d'excuter

la

composition de de Lisle.

La

tille

aine de Dietrich accompagnait.


la

Rouget chanta.
les

la

premire

strophe les visages plirent,


dernires
ses tlks,
le dlire le

seconde

larmes coulrent, aux

de l'enthousiasmi- clata. La femme de Dietrich,


>

pre, le jeune officier se jetrent en pleurant dans U

bras les uns des autres.


il

L'hymne de
la

la patrie tait

trouv! hlas,
Dietrich
-

devait tre aussi

l'hymne de

Terreur. L'infortun

marcha peu de mois aprs


n

lVchafaud. aux sons de ces not'


et

foyer du cceui

de son ami

de

la

voix de ses

fille*.

%%l,

Andiamo,

figij

della patria.

'hi I'

ha

(letto ?

[7 2 i]

Le nouveau

chant, excut quelques jours aprs Strasbourg,

vola de ville en ville sur tous les orchestres populaires. Marseille

l'adopta pour tre chant au


ces de ses clubs.

commencement
le

et la fin des sanle


.

Les Marseillais

rpandirent en France en

chantant sur leur route.

De

lui

vint le

nom

de Marseillaise

La

vieille

mre de de

Lisle, royaliste et religieuse,


fils,

pouvante du
Qu'est-ce donc

retentissement de la voix de son

lui crivait:

que cet hymne rvolutionnaire que chante une horde de brigands

qui traverse la France et auquel on mle notre

nom ?

De

Lisle

lui-mme, proscrit en qualit de royaliste, l'entendit, en frissonnant,

comme une menace de mort ses oreilles en fuyant dans des Hautes- Alpes. Comment appelle-t-on cet hymne? demanda-t-il son guide. - La Marseillaise, lui rpondit le paysan. C'est ainsi qu'il apprit le nom de son propre ouvrage. Il tait
retentir
les sentiers

poursuivi par l'enthousiasme qu'il avait sem derrire

lui. Il

chappa

peine la mort. L'arme se retourne contre la main qui l'a forge.

La Rvolution en dmence ne

reconnaissait plus sa propre voix

Ho

riportato

il

racconto testuale di Lamartine perch ormai

essi

consacrato dalla tradizione,

ma

bene avvertire che indagini


sia

posteriori

hanno mostrato come esso

pieno di particolari che

in gran parte
scrittore.
st'

hanno fondamento

solo nella

immaginazione dello
egli

Rouget medesimo ha narrato com'


diversa
di in

compose que-

inno, e la sua narrazione affatto

dal romanzetto di

Lamartine riprodotto

un bel quadro

Pils e in un' incisione

notissima di Cottin. L'inno che Rouget aveva scritto per l'armata


del

Reno

che perci ebbe da principio

il

nome

di

Chant de guerre

de l'arme du Rhin, fu eseguito dalla musica della guardia nazionale di Strasburgo


il

29 aprile 1792, e da un soldato marsigliese


ove divenne tosto popolare,
Marsigliesi stessi
e

fu portato nella sua citt natale, cui pass a Parigi portatovi dai

da

quando
le

guidati
e
alla

da Barbaroux vennero
presa delle Tuileries
Il
il

alla capitale,

cantandolo per

vie

io agosto.
il

maresciallo Jourdan,

vincitore di Fleurus,

fece

il

pi bel-

l'elogio della Marsigliese dicendo:

Avec

dix mille soldats et la

Marseillaise je battrai quarante-mille hommes.


di

Un

altro generale
;

quel tempo scriveva al Direttorio


;

J'ai gagn la bataille

la

Marseillaise commandait avec moi


rinforzo di 10,000 uomini o

un

altro

domandava un

una nuova edizione

della Marsigliese.

[~22-~

Guerra

pace

235

Escono dal nostro soggetto,

e quindi

non mi

ci

trattengo, le

polemiche sulla paternit della musica della Marsigliese, poich,


fra le altre cose,
i

critici

tedeschi sostengono che essa copiata di

peso dal Credo della Messa Solenne num. 4, dell'organista Holtz-

mann
Anche
fare

di

Meersburg

(sul

lago di

Costanza), composta nel 1776.


il

altre attribuzioni

sono state fatte delle quali non


il

caso di

menzione. Si consulti del resto


Lisle, sa vie, ses

buon

libro di Alfred Leconte,

Rouget de

uvres, la Marseillaise (Paris 1892),


si

ma
di

pi specialmente l'opera che

pu veramente

dire definitiva

sull'argomento, del dotto bibliotecario del Conservatorio Musicale


Parigi, Julien Tiersot, Histoire de la Marseillaise (Paris,

De-

lagrave,

1915. -

Ne

dette

un riassunto Giorgio Barini

nell'articolo

canto di gloria della Francia, nel Fanfulla della Domenica,

del 9 aprile

19 16).
si

Fra

molti versi di questo inno ugualmente popolari


il

tengano

presenti anche

primo della a

strofa:

722.
e
il

Amour

sacr de la patrie.

terzo:

723.
che
si

Libert, libert chrie.

ritrova nel duetto di Masaniello e Pietro nella Muette de Por melodramma di Scribe e Casimir Delavigne, musicato da Auber (a. II, se. 2) e suo capolavoro, che tanta efficacia ebbe sugi
tici,

animi vibranti di patriottismo nell'insurrezione del Belgio del 1830

Non meno
t/u

popolare

della Marsigliese in

Francia lo Chant

Depart che musicalmente ha un'importanza anche maggiore


(

Questo

unto dilla partenza


imi
(

il

famoso inno nazionale che


minore
di

Ma
fa-

ria-Gm

himkr

(fratello

Andrea,
la
i

il

poeta

moso morto
celebril'
ili

sulla ghigliottina) scrisse nel

1794 per

quinta festa

anniversaria della presa della Bastiglia. Egli lesse

suoi versi al

mi
di poterli

hol,

l'autore del

Giuseppe,

il

quale chiese

onore
lette

musicare. Questa grandiosa cantata, composta

strofe e

un

ritornello,

appena apparve ebbe un successo

~22.

Annui
1

Utero della patria.


libert
diletta.

i-rt,

234

CA*'

l'ha detto?

[,-24-720]

enorme, divenne ben presto un canto


litari

di

gran

moda

e le

bande mi-

francesi diffusero in

Europa

la

seconda Marsigliese.

Il

canto comincia:

724.

La victoire en chantant nous ouvre la barrire, La libert guide nos pas, Et du Nord au Midi la trompette guerrire

A
e
il

sonn l'heure des combats.

Tremblez, ennemis de la France....


ritornello:

La Rpublique nous

appelle,
:

Sachons vaincre ou sachons prir Un Franais doit vivre pour elle,

Pour

elle

un Franais

doit mourir.

Ma

noi ricorderemo piuttosto alcuni fra

gl'innumerevoli canti

ed inni patriottici del nostro risorgimento politico. Ecco per primo

un coro

di classico autore che descrivendo

la

triste

battaglia di

Maclodio (1427),

cos comincia:

725.

S'ode a destra uno squillo

di

tromba;

A
Eccone

sinistra risponde
nell'atto

uno
II).

squillo.

(Manzoni, // Conte d Carmagnola, coro

altri

meno

letterari

e pi popolari

726.

Addio, mia bella, addio, L' armata se ne va


;

E
la

non partissi anch'io Sarebbe una vilt.


se
prima strofa
di

un inno dell'aw. Carlo Alberto Bosi

fioren-

tino (181 3- 1886) che fu poi prefetto in varie provincie del

Regno;

inno detto V Addio del volontario, che anche oggi

si

canta dai CO

724.

La vittoria cantando ci apre la via, Nord al Mezzogiorno la tromba di


della battaglia.

l.i

Kberta

ci

guida e dal

guerra ha suonato l'ora


l'i

Tremate, nemici della

ancia....

Guerra

face

2^5

scritti.

Fu

scritto a

un tavolino del famoso


la

cafi

Castelmur (ora

scomparso), in via Calzajoli,


part per la guerra dell'
lontari fiorentini
:

sera del
il

indipendenza
il

20 marzo 1848, quando primo battaglione dei votutti gl' inni


altri

e divenne presto

pi popolare fra

nazionali.

Con un poco

di esagerazione e

imitando ci che

disse

pi giustamente delle

Mie Prigioni
una

(v. n.

12) scrisse Pietro Gori

nel Canzoniere nazionale (Firenze. 1883, a pag. 408) che esso ha


nociuto agli Austriaci pi di
l'Italia

battaglia perduta, e giovato al-

pi di una battaglia guadagnata .


lirica
il

Lo

stesso Bosi in altra


in et matura,

sua dolce
cosi

ricordi di

una madre, composta

rievoca

successo di quella sua fortunata - e meritamente


:

fortunata - poesia giovanile

Povero Giulio

Io vengo a dirti addio,

L'armata

se

ne va - part cantando se

Un

vii sarei,

non andassi anch'io;

Forse ritorner -

ma

chi sa quando!
tesoro.
io

Ti aspetter, non pianger, mio Lass nel cielo, se in battaglia Sono ventinov anni che dolente
'

moro.

Udii quel canto, e

l'

ho tenuto

mente

>o osservato che

la

prima strofa dell'Addio del volontario

trova riscontro tanto nella struttura ritmica quanto in taluni concetti

in

due poesie del noto poeta irpino P. Paolo Parzanese,

Gino
dal

Lena
Il

e V Addio del
testo

marinaio, tutte e
del

due stampate

fin

1846.

originale

Bosi veramente dice nel primo

verso:
:

Io vengo a dirti addio e nel terzo:


le

&' non andassi anautore


le

correzioni le volle

il

popolo, e

1'

accett vo-

l'-ntiiri.

Si

veda: D'Ancona, Poesia e musica popolare italiana

ohi

XIX,

in

Ricordi ed

Affetti,

Milano. i<)02;

<i.
il

B, Ki-

ll

ell'///*/ .v/r^/orf

Fiorentino,
1;,

calendario storico per

IQO9,

voi.

VI. pag.

1-152: Frane.

Lo

Parco, Della pi pop-

'inzone patriottica italiana e del suo pot o noto Autore, nel

lan1

fulla della Domenica,

a.

XXXVII.

D. 34,

Koma, 22

agosto 19

727.

/itti....

silenzio,
la

Pana
/itti....

ronda.

silenzio:

Alt! chi va l!

36

Chi l'ha detto?

[728-730]

nel ritornello di
nel

un inno famoso, V Invito

alle armi,

composto

1848 per esultanza del tnotuproprio del Granduca


Il

di

Toscana

che istituiva la Guardia Civica.

sig.

Duilio Lucattelli nel Fanil

fulla della Domenica, n. 9 del 27 febbraio 19 16, afferma che

canto ebbe origini popolari, che forse nacque fra

la

studentesca
gl' ignoti

romana, o come
autori
vi

altri

asserisce,

fra quella

pisana,
del

che

rifusero reminiscenze di altri


altri
i

canti

Risorgimento e

che tra

gli

versi del ritornello


si

(che fu poi applicato anche


se

ad

altri inni)

e che pur oggi

citano,

non

altro

scherzosa-

mente, sono un adattamento di un ritornello della poesia di T. Ciconi,

La Ronda:
Zitto! silenzio! Chi passa l?

Passa la

Ronda

Viva

la
!

Ronda

Viva

l'

Italia,

la libert

728.

il

Si scopron le tombe,

si

levano

morti.
1859
e

primo verso del celebre Inno di Garibaldi,

scritto nel

da Luigi Mercantini per incarico del generale medesimo,


sicato

mu-

da Alessio

Olivieri.

Torneremo pi

tardi sulla storia di

questo

glorioso inno.

729.

Soldati, all'armi, all'armi,

Son pronti
I

battaglioni,
i

brandi ed

cannoni

La morte a

fulminar.
campagne
del 1859,

un

altro inno patriottico delle

composto da

GIUSEPPE Pieri

e musicato da
il

Rodolfo Maltiuzzi.

730.

Delle spade

fiero

lampo
;

Troni e popoli svegli Italiani, al campo, al campo,

la

madre che chiam.


Su, corriamo in battaglioni

Fra il rimbombo dei cannoni, elmo in testa, in man Tacciar.... Viva il Re dall'Alpi al mar!
L'

[731-733]

Intelligenza, genio, spirito,

immaginazione

237

il

principio dell' inno di guerra


in

composto da

Angelo Brof-

kerio nel 1866 e messo

musica da Enea Brizzi.

Anche

la letteratura

melodrammatica ha dato un numero noteil

vole di questi canti guerreschi, che

popolo
i

ripete, in
:

musica o no.

ma

sempre con

diletto. Tali

sarebbero

seguenti

731.

Sul campo della gloria

Noi pugneremo a

lato,
fato.

Frema o
Vicino a

sorrida

il

te star.

La morte o la vittoria Con te divider.


che
il

duetto

di

Belisario e

Alamiro nella tragedia

lirica di

Sal;

vatore Cammarano. Belisario, musica di Donizetti (a. I. se. 6) e nel melodramma I Puritani di Carlo Pepoli. musica di V. Bellini

(a. II,

se.

41

l'altro duetto:

732.

Suoni
Io

la

tromba, e intrepido
forte,
la

pugner da

Bello affrontar

morte

Gridando
Un
al

libert!

aneddoto relativo a questo duettino sar narrato pi avanti,


700.

n.

40.
Intelligenza, genio, spirito, immaginazione

733.

Per correr migliori acque alza le vele mai la navicella del mio ingegno,
I

("ho lascia dietro a Se

mar

crudele.

(DAKTB, Purgatorio,

C
di

I,

v.

1-.1).

mente Boller l'animo, dopo.axer parlato tanto

guerre e

li

tragi, parlare delle pacifiche e nobili conquiste dell' ingegno

umano.

238

Chi l'ha detto?

[734-737]

Si fa colpa a
dell' intelligenza
l'

Platone
quando

di

aver tenuto poco conto del bel dono

dette quella sua

famosa definizione

del-

uomo

734.

L'uomo
che in

un bipede implume.
la storiella

Questa definizione, e
tra fonte
vitis,

che

vi

si

collega,

non hanno

al-

Diogene Laerzio {De clarorum philosophent?


et

dogmatibus

apophthegmatibus ,
(cito la
:

lib.

VI, cap.
dell'

2, 40),

il

quale cos la riferisce

traduzione latina

edizione Didot,

Parisiis, 1850, pag. 142) Platone autem definiente, animai bipes sine pennis ("AvGpomc Ion coov Staouv

Homo

est

iiz&poV),

quum
tonis

placeret ista ejus definictio,

nudatum pennis ac piuma gallum


est definitioni, Latis unguibus.
si

gallinaceum [Diogenes] in ejus invexit scholam, dicens, Hic Pla-

homo
la

est.

Unde adjectum

Ma

da notarsi che

nelle opere di Platone nulla


di

trova di questo.
altri

monca definizione, completata -da Boezio cosi


Invece
:

Platone o d'

che

sia,

fu

735.

Homo

est

animai bipes rationale.


De
consol. J>hilosoJ>h., lib.

(Boezio,

V, prosa

IV).

Miglior concetto
disse
:

dell'

anima umana aveva

1'

Alighieri, quando

736.

Non

v'accorgete voi, che noi siam vermi


l'

Nati a formar

angelica farfalla,

Che vola
Degna

alla giustizia

senza schermi?
e.

(Dante, Purgatorio,
di

X,

v. 124-1J6).

esser ricordata pure

1'

altra frase dantesca

che

si

ap

plica felicemente a flagellare coloro ai quali simile

dono divino

conteso. Essi trascorrono nel


nulla, e
il

mondo come ombre, sono meno

che

poeta pu passare sdegnosamente

737.

Sopra

lor vanit

che par persona.


(Dante, Inferno,
e.

VI,

v. 36).

73;.

1/

uomo

un animale bipede ragionevole.

~il]

Intelligenza, genio, spirito,

immaginazione

23g

All' incontro,

al

genio

tutti

s'

inchinano

738.

On

ne chicane pas

le

gnie.
medesimo
le

vuoisi abbia detto


di cui cos

Victor Hugo,

forse parlando di s
il

altamente sentiva. Tuttavia anche

genio ha

sue de:

bolezze, e spesso occorrer di ripensare la sentenza di

SENECA

739.

Nullum magnum ingenium


mentia?
fuit.

sine mixtura deanimi,


e.

y>, tranquill,

XV.

I61.

Seneca per

si

riferisce

per questa sua opinione

ad Aristotile

(vedi infatti nei


siffatta

Problemata, cap.
ia classica

XXX,

1)

Il

miglior

commento
:

sentenza

opera di Cesare Lombroso

Genio

e follia di cui la prima ediz. del


a
5
in
si

1864 e che fu poi


L'

rifusa nella
di genio
:

ediz. del

1888 e

nelle successive col titolo:

uomo

rapporto alla psichiatria, alla storia ed alla estetica


vogliono dimostrare
Il

in essa

gli

stretti

rapporti fra

il

genio e

la follia.

genio permette agli avventurati nei quali splende questa divina


di giungere

favilla,

a prodigiosi resultati
il

con

lieve

fatica,
:

ed

appunto per questi predestinati che

Vangelo ha detto

740. Spiritus, ubi vult, spirat.


I

Vang, d Sau (ioranni, cap.

Ili, v. 8).

cio la

mente divina
altri

si

manifesta a chi vuole, anche a chi

meno

ne degno;
suolsi

suppliscono all'acume col lavoro, e di costoro

dire che

741.

Hanno

il

cervello nella schiena.

(Questa frase, ormai entrata nel dominio della lingua parlata, fu usata

da prima da

Trajano Boccalini
i

in

un suo giudizio
si

sull'

erudito

misto

I.ipsio

cui scritti, egli nota,


;

vedevano laboriosi e mira-

bili

per una varia e molteplice lettura


ri

cosa cosi

comune a comune

tutti gli

oltramontani, che sono stimati art-ere


agli

il cervello

nella schieil

na,

come

Italiani,

che

1'

hanno

nel capo,

sempre

738. Dinanzi

al

genio non

si

cavilla.
di

Von vi fu alcun grande ingegno senza un poco 740. Lo spirito spira do\e vuole.

pazzia.

240

Chi

l'

ha detto?

[742-744]

inventar cose nuove e lavorar con la materia cavata dalla miniera del

proprio ingegno {Ragguagli di Parnaso, Cent.

I,

ragg.

XXIII)

Appartengono a codesta numerosa gena anche


gellati

gl'imitatori, fla-

da Orazio nel verso

742.

O
lavori,

imitatores, servii

pecus.
I,

[Epistole, lib.

cp.

\%

v.

I'M.

Dei

particolarmente letterari, composti da


si

autori senza

genio inventivo,

suol dire che in essi

743.
la

Il

nuovo non
il

bello, e
Bchmann,
del

il

bello

non

nuovo.

quale frase, secondo

trae origine

da un epigramma
nel

di

Johann Heinrich Voss,


Musenalmanach

che, firmato

X., comparve
:

Vs-

sischen

1792, pag. 71

Auf mehrere Bcher, Nach Lessing. Dein redseliges Buch lehrt mancherlei Neues und Wahres. Wre das Wahr nur neu, wre das Neue nur wahr
!

Il

luogo di Lessing richiamato nel

titolo

di

questo epigramma

si

trova nelle Briefen die Neueste Literatur betreffend (III. Brief,

1760,

12. Juni).
i

A
744.
che

codesta razza di eunuchi scribacchianti,


il

francesi applicano

argutamente
Il

noto verso

di

Voltaire

compilait, compilait, compilait.


pauvre
diable,
scritta

si

trova nella satira Le


pericolosa

nel

175K per

distogliere dalla

professione

delle

lettere
la

un giovane
di far

senza beni di fortuna che scambiava per genio


versi.

sua smania
1'

Fra

le

persone prese

di

mira

in

questa satira

abate Ni-

colas-Ch.-Jos. Trublet che veramente non meritava la cattiva re-

putazione creatagli dai versi di Voltaire, e di cui questi diceva:

L'Abb rublet

alors avait la rage

D'tre Paris un petit personnage;

Au
11

peu d'esprit que

le

bon homme

avait.
:

L'esprit d'autrui par supplment servait


entassait adage sur adage,

7|2.

<>

Imitatori,

Bervo gregge.

744. Egli compilava, compilava, compilava.

45-747]

Intelligenza, genio, spirito,

immaginazione

241

II compilait,

compilait, compilait;

On
Ce

le

voyait sans cesse crire, crire

qu'il avait jadis


lassait

entendu

dire,

Et nous
Il

sans jamais se lasser.

talento inventivo di costui

non era certamente

pari a quello

di

Girardin, che prometteva:

745.

Une

ide par jour.


il

Emilio de Girardin,

principe dei giornalisti moderni,

il

29 feb-

braio 1848, annunziava che apriva una colonna del suo giornale

La Presse
ed
il

(fondato nel 1836) alla discussione di tutte le idee giuste

utili

e che in essa avrebbe trovato luogo un'idea al giorno; per

pubblico non accolse con troppo entusiasmo questa minaccia di

inondazione d' idee, e la rubrica, intitolata appunto Une ide


jour, non comparve che un giorno solo,
il

par

numero

del 2 marzo.

A
7 46.

conforto di chi non ha inventato niente, neppure la polvere,


di

abbiamo un verso

Ovidio

Nec minor est virtus quam quaerere, parta tueri.


(Z>* arte

amatoria,

lib. II, v.

KM.

che nelle opere di un filosofo naturalista del sec. xvi trovasi


petuto in questa forma
:

ri-

Non minor
reperire.

virtus est tueri

et perficere
f.

rem inventam

quam
107).

mm,

IT ir

Kb. tX,Tigari, 15-W, pap.

Ma

il

genio

oggi parrebbe

umano fa ogni giorno meno audace l'apostrofe


ti

conquiste
del

meravigliose, e

Monti:

747.

Che pi

resta? Infrangere

Anche

alla

Morte
il

il

tlo,

E
I

della vita

nettare
in cielo.

ibar con
i\

Giove
.

MONTI, Ode ai signor di Montvlfirr).

1;.

Una

idea al giorno.

uinore abilit del trovare


servare
le

nume eOM

nel saper con-

gi

acquistate.

"

242

Chi l'ha detto?

[748-752]

Qualit accessorie dell' ingegno, e che spesso ne tengono

il

luogo

sono l'immaginazione e
avrebbe detto

lo spirito, lo iv/t degli inglesi.

Della prima

Malebranche

che

748. L'imagination est la folle


definizione che
l'

du

logis.
in fine del-

Voltaire

rese popolare ripetendola

artcolo Apparition del suo Dictionnaire, philosophique :

D-

fions-nous des carts de l'imagination, que Mallebranche appelait


la folle

du

logis.

Era da supporsi che Malebranche avesse detto


:

ci nel

suo trattato

De

la recherche de la vrit',

liv.

II

De

l'imagination,

ma
si

confesso che non sono riuscito a trovare n la

citazione esatta n nulla di simile.

Del secondo

suol dire che

749. L'esprit qu'on veut avoir, gte celui qu'on a.


(Gresset,

Le Mchant,

a.

IV,

se. 1).

ovvero che

750.

Chacun

dit

du bien de son cur,

et

personne

n'en ose dire de son esprit.


e

anche:

751.

Un homme

d'esprit serait souvent bien

em-

barass sans la compagnie des sots.


752. Il n'y a point

de sots si incommodes que ceux qui ont de l'esprit.


le

le quali

ultime tre sentenze sono tolte dallo stesso libro,

troppo

fa-

mose Maximes'e La Rochefoucauld,

XCVIII, CXL, CCCLI.

748. L' imaginazione la matta di casa. 749.


750.

Lo spirito che si vuole avere, Ognuno loda il cuore che ha


prio spirito.

sciupa quello che


e

si

ha.
il

nessuno osa lodare

pro-

di spirito sarebbe sovente molto imbarazzato senza compagnia degli sciocchi. 752. Non ci sono sciocchi tanto importun] quanto quelli che lumini

751.

Un uomo
la

dello spirito.

[7 53 ": S]

Intelligenza, genio, spirito,

immaginazione

243

Come

pvire le note parole di

tutte le societ di

Armanda che sono mutuo incensamento :


l'esprit,

l'

impresa di

753.

Nul n'aura de

hors nous et nos amis.


Femmes
savantes,
a. Ill, sc.
2).

iMoLiRF., Les

E
di

citiamo ancora, sempre nella lingua dei francesi, popolo che


s'

spirito

intende indubbiamente, questo detto

comune

754.

Monsieur Tout-le-monde qui a plus que M. Voltaire.

d'esprit

la

quale frase nasce probabilmente dalle parole dette da


in

Talleyil

rand
glio

un discorso pronunziato
in

alla
di

Camera

dei

Pari

24

luil

1821

difesa

della

libert

stampa:

De

nos jours,

n'est pas facile de tromper longtemps. Il

a quelqu'un qui a

plus d'esprit que


d'esprit

Voltaire,

plus

d'esprit

que Bonaparte, plus

que chacun des Directeurs, que chacun des ministres pas venir, c'est Tout-le-monde.

ss, prsents,

Anche Jules Cla


cette po-

retie
sie

nell'idilliaco

romanzo Pierrille

(eh.

XIV):

qui vient on ne sait d'o, de

ce Tout-le-monde

qui

plus

l'esprit

que Voltaire

et plus

de posie que Virgile.


lo

Dei vantaggi della meditazione e della solitudine per elevare


spirito disse

Cicerone, affermando

di

Publio Scipione Africano,

sulla

fede di Catone, suo contemporaneo, esser solito di dire:

ss.

Nunquam se minus otiosum esse, quam quum otiosus; nee minus solum, quam quum solus esset.

Cicerone scrive
nel
lib.

in princ. del lib. Ili,

De

Oiciis ; e lo

I,

17 del

De

Republica. Isidoro Del Lungo ap-

plica

felicemente questa frase a


nella poesia del secolo
lei

Dante giovine

in:

Beatrice nella

XIII

(Milano, 1891), a pag. 41:


si

D
ri-

maggiore Affricano

adatta,

con

singolari-

io

avr dello spirito, tranne noi e

nostri

amici.

754.
rs;.

Il

Signor Tutti che ha pi spirito di Voltaire.


stato
di

Mai essere

meno
quand

oaioao di

quando

era

in

oato;

meno

solo,

244

Chi

'

ha detto?

[756-758]

cenda, non pi
alla

ai

romani pensamenti del vincitore d'Annibale,


trasognati
servi
di

ma
tale

medievale psicologia dei

Amore.

invero

Dante descrive
arti

se stesso

(nella Vita

Nuova).

Le

vogliono un genio, un' attitudine speciale: ad esse pi

direttamente alludeva

Orazio quando ammoniva che

756.

Tu

nihil invita dices faciesve

Minerva.
v. 385).

(Orazio, Arte poetica,


e lo stesso concetto nei noti versi
:

esprimeva un poeta veronese

del settecento

757.

[Che]

A chi natura non lo volle dire Noi dirian mille Ateni e mille Rome.
(Gio. Agost. Zeviani,

La
I,

Verona,

1770-73, to.

Critica poetica, son. XXIV).

Dello Zeviani parl Gius. Biadego in Pagine sparse di storia


letteraria

veronese

del

sec.

XVIII

(Nozze Bolognini-Sormani

Verona, 1900), nello studio intitolato:


viani

Un

poeta
si

critico.

Lo

Ze-

con questi versi intendeva mostrare quanto


l'

sentisse impac-

ciato volendo definire

eleganza dello scrivere.


il

Questo genio quello che spingeva


esclamazione
:

CORREGGIO

alla celebre

758.

Anch'io sono

pittore.

innanzi alla S. Cecilia di Raffaello a Bologna.


il

A proposito

di

che

P. Luigi Pungileoni nelle Memorie istoriche di Antonio Allegri


Correggio,
voi.

detto il

(Parma,

1817), a pagina 60, scrive:

Avrebbe del pari a scrivere assai chi volesse andare vagando per
le lettere

del P. Resta,

il

primo

forse ad affermare che la dotta


vista.

Felsina a s lo trasse per additargli la Santa Cecilia, alla cui


si

dice,

stup ed esclam
si

Son pittore ancor


francese.

io.

Ogni probabilit
di poi

vuole che

creda questo detto di conio italiano, riportato

come

certo da pi d'

un autor
vero
gli

Evvi stato
la taccia di

chi bonaria-

mente supponendo
cia ingiusta,
altre parole

ci

ha data

superbo, tac-

quand' anche

gli

fossero uscite dal labbro queste od

d'ugual valore, abbandonato ad un impeto subitaneo!

756. Nulla

dirai

farai

a dispetto di

Minerva.

[759"76o]

Intelligenza, genio, spirito,

immaginazione

245

naturale in chi sente d' essere nato a far cose, per le quali la sor-

presa dividesi tra


egli

il

prodigio dell' arte e quello della natura. Se

sia

mai stato

in

Bologna un punto su

cui

non ho
che
vi si

dati,

che

bastino ad asserirlo

od a negarlo, essendo

facile

portasse
fuori

senza che siasene tenuta memoria


della linea dei possibili che

fatto alcun caso.

uno

fosse

pur

egli

della

compagnia

della

Gambara,

di

cui era famigliare


vi
si

un suo

zio

materno, allorch

questa illustre Poetessa


Pontefice
quell'

port per ossequiare

Leon decimo
in

sommo

Ma

se

Antonio
ci

se

ne andasse in Bologna
si

epoca o dipoi, niuna memoria

resta, e

ha solo per cosa


la vista nel

niente dubbia che allora

non avrebbe potuto pascere


v
'

quadro

dell'

Urbinate, perch non

era,

e alquanti anni tard.

Infatti la mirabile tavola della

Santa Cecilia pass nell'oratorio della


in

Santa nella chiesa di S. Giovanni


Julius
a pag.

Monte

di

Bologna solo nel

Meyer

nella sua lodata opera Correggio (Leipzig, 1871)

23 ripete, traducendo o quasi


;

dal
il

Pungileoni,

le

stesse

considerazioni

ma neppur ma

egli

dice dove

P. Sebastiano Resta

abbia fatto questo racconto. Forse in una delle sue molte lettere
artistiche sul Correggio,

certamente

in

nessuna

di quelle

pub-

blicate nel III

volume dell'opera del Pungileoni, n nella Raccolta

di lettere pittoriche del Bottari.


Vita dell'Allegri

inutile dire

che

il

Vasari nella

non

fa parola di

questo.
altri,

Anche
di

gli

artisti,

anzi essi

pi di

hanno
anche

loro

momenti

-conforto, nei quali dubitano di tutto,

di

s medesimi.

Sono un poeta o sono un imbecille?


la ingenua
1

domanda

di

Lorenzo Stecchetti,
dc\

cio

OLINDO
detta del
di

iiKKKiNi.

in

un sonetto (VII)

Postuma. Forse

lo ispirava lo

spirito del fischio nel

dubbio, quel Mefistofele che

nella canzone

dramma
la.

lirico

che da
canta:

lui trae

nome, parole e musica

Akkic.o BoiTO

II),

Son lo spirito che nega Sempre, tutto.


A
v.

quest

^risponde nell'originale

tedesco del

GOKTHl

984

della

Prima
Teli

l'arte,

se.
.

J:
der stris verneint!

bin

d'i

<

i<-i>i

246

Chi l'ha detto?

[761-762]

Le
tor

esitazioni,
:

le

incertezze del genio ricordano

il

verso del dot-

Faust

761.

Zwei Seelen wohnen, ach!

in

meiner Brust.
I.

(Wolfg. von Goethe, Faust,

Th.

Vor dem Thor,


reminiscenze di
spirituels
(3.

v. 7591.

Racine

e di

Wieland.

Il

primo

nei Cantiques

Plainte d'un Chrtien etc.)

aveva detto:
!

Mon

Dieu, quelle guerre cruelle

Je trouve deux
il

hommes en
Die

moi.

secondo nel dramma

lirico

Wahl

des Herkules:
!

Zwei Seelen, ach, ich fhl' es zu gewiss Bekmpfen sich in meiner Brust Mit gleicher Kraft

41.
Ira, collera, ingiurie, offese, vendetta

Ueato chi sa vivere con

1'

animo sempre sereno, senza preocfiele,

cupazioni, senza sdegni, senza

762.

Amandosi
e
i

e vivendo

lemme lemme.
L'umor
Jnnifiio. Str. 36).
tipi

(<in -n.

come Veneranda

Taddeo,
quali
:

due

cos freschi nella

memoria

anche del popolo,

Cosi di mese in mese e d' anno


Afflandosi e vivendo

in

anno,

lemme lemme,

certo,
dieci

cara mia, che camperanno

doppi

di

noi col nostro

Matusalemme: amore agro e indigesto,

bnrocchieremo, creperemo e ssesto.

7(11.

Dus anime albergano, ohim,

nel

petto mio.

["63-766]

Ira, collera, ingiurie, offese, vendetta

247

Ma

quelle sono creature privilegiate: e

il

maggior numero degli

abitanti di questo basso

mondo

soggetto alle mille debolezze del

genere umano, alla collera in special modo.


ci

La

definizione dell'ira

data dal cantore di Laura, nel sonetto che comincia col noto

verso anfibologico:

Vincitore Alessandro l'ira vinse:

763.

Ira breve furor....


(Petrarca. Sonetto sopra rarj argomenti,
son.

XIX:

son.

CXCVI

sec.

il

Mesticai.

Ed

reminiscenza
ep. II,
v.

oraziana:
s'
l

infatti

nelle

Epistole

d'

Orazio.

lib. I,

62-63,

e gg e:

Ira furor brevi est:

Imperat: hunc

frenis,

animimi rege, qui. nisi pam, hunc tu compesce catena.

Troviamo
sione dell'

di

frequente nei nostri


irato,

melodrammi accenni
al
:

alla

pas-

animo

passione che
i

pari

dell'

amore, emi-

nentemente
7 '14.

teatrale.

Ricordo

seguenti

Spenta

l'ira nel

mio

petto.
2\.

[Lucia dt Lammermoor, parole di Salvatori

('ammarano, mus.

di Donizetti, a. II. se.

765.

Ah!

perch non posso odiarti,

Infedel,

com'

io vorrei

Ah

del tutto ancor

non

sei

'Cancellata dal
[f.ii

mio

cor.

Sonnambula, tm-loilr. di F, ROMANI, mus. di A'. Bellini, a. II. si. 4i.

Ila

di

tutti

ofusca

il

ricordo la piacevole imagine del

766.
(fall'

Bouillant Achille.
Bell'atto I, se.
11

amato compiti
e

della Beile
di

Seien* di rinati
atti pieni di

M1.11. h\c
I.'

I.rixivir
irato
si

llw.i v\.
in

musica

Offenbach.
rab-

animo

manifesta

pi modi, negli

bia e

mal talento, come

nell' astuta

Armida.

Bollente Achille.

24

Chi l'ha detto?

[767-77 .]

767.

Tutta negli

atti

dispettosa e trista.
e.

(Tasso, Gerusalemme liberata,

IV.

otl.

74.

ovvero come Niccol III che, confitto nella tomba affocata,


rimbrotti di

ai fieri

Dante

scalciava con tutt' e

due

piedi

768.
e

Forte spinga va con


le

ambo

le piote.
e.

{Inferno,

XIX.

v. 120).

anche con

lacrime:

769.

Inde

irae et

lacrymse.
(Giovenale, Sa/ira
I,

v.

168).

L'

uomo
1'

cui stata fatta ingiuria, sfugge la presenza incresciosa


offeso,

di chi

ha

cui

pu

dire giustamente

770. Gli sia concesso

il

non vedervi almeno.


a.
I,

iY. Alfieri, Sofonisba, tragedia,

se.

1).

Nella sua bocca risuonano non di rado

di

le

minacce: e se desso

un nume, o
Nettuno
ai

si

atteggia a tale, potr ripetere la famosa minaccia


:

venti tardi nell' obbedirlo

771.

Quos
TASSO
i

ego....
(Virgilio, Eneide,
lib. I, v.

135).

che

il

imit nella oscura reticenza del


:

mago Ismeno

invo-

cante

demoni

772.

Che

s?

che

s?...
liberata,
e,

{Gerusalemme

Xlll.

'iti.

I'M.

Nel medesimo poema

si

trova un altro classico esempio d'

ira

minacciante, ed quello di Plutone che

manda

demoni

in

guerra

contro l'odiato esercito dei Crociati, gridando loro:

773.

Pera

il

campo

e ruini, e resti in tutto

Ogni

vestigio suo con lui distrutto.


{Gerusalemme
liberata, e. IV, ott. 17).

769. Da ci 771. Che io

le

ire e

il

pianto.
:

(sottintendi

potrei punire gravemente, simili).

J"

7 7

^r"'

tollera, ingiurie, offese, vendetta

240

Ma
rite le

ira cieca, e

molte volte

il

destino lascia cadere vuote e


dell'

ir-

sue minaccie.
e

Come

rimasero vane quelle d' Ismeno e

In-

ferno,
(e.

come

nella cantica In morte di

Ugo Bassville

del

Munii

I,

v. 3)

lo spirto

d'Abisso se ne parte.

774.

Vota stringendo
giorni nostri
si

la terribil

ugna.

spersero al vento quelle di chi tentava opdei dsuni d' Italia.

porsi al fatale

andare

Fra

le

molte che re-

stano nella memoria dei present in quella fortunosa et, ricordo


<mesta, narrata in due versi di
[*0.\(i,\KO.
intitolato

uno

stornello di

Francesco Dal-

Maria Antonia:

77

s.

Vo' colle trecce delle livornesi

Farmi

le

materasse e

gli origlieri.
le

che dicesi (ma forse leggenda; riproducano veramente


dette da quella superba granduchessa di

parole

Toscana

nell'aprile

1859

dopo

la sollevazione di

Livorno. Se non avesse avuto altro du porre


Salisburgo, poteva dormire per terra
ricevute.
!

sul letto neu' esilio di

< P

ira d' ordinario dalle ingiurie

Disse

di

queste

GIACOMO Leopardi
Gli uomini
rie

nei

suoi Pensieri,

che:

vergognano, non delle ingiuma di quelle che ricevono. Per ad ottenere che gl' ingiuriatori si vergognino, non v' altra via, che di rendere loro il cambio.
si

che fanno,

Ecco un
offesa
:

classilo

esempio

di

invincibile

rancore

per un'antica

777.

Manet

alta

mente repostum
(Y1H011.10, Eneide,
lib.
I.

Judicium Paridis spretaeque injuria tormae.


v.

il

risentimento di Giunone contro


nel

l'aride e la casa

ili

lui pei

l'offesa fatta alla sua bellezza

famoso giudizio

fra le tre

Dee.

777-

St riposta bel profondo dell* animo


di

la

memoria

del giudizio

Paride, e dell'ingiuria fatta alla sua spregiata bellezza.

Chi l'ha detto?

[77's -,~'s o]

Un
degli

altro classico

ammonisce che

delle

donne

il

pianto,

ma

uomini

il

ricordarsi delle patite offese:

778. Feminis lugere

honestum

est, viris

meminisse,

(Tacito,

De moribus Germaniae,
il

XXVII).

Sono
alla

le

ingiurie rimaste

impunite che eccitano

cuore

umano

vendetta. In quante anime esacerbate


la terribile apostrofe di

non ebbe un' eco pro-

fonda
di

Rigoletto nel

melodramma omonimo
di

F.

M. Piave,
S,

il

capolavoro musicale

Verdi

(a. II, se.

8)

779.

vendetta, tremenda vendetta, Di quest' anima solo desio.... Di punirti gi l'ora s'affretta, Che fatale per te tuoner
!

Il

pensiero della vendetta pu far sembrare dolce anche la morte,

se chi scende nel sepolcro porta seco la speranza che

780.

Exoriare aliquis nostris ex ossibus ultor!


(Virgilio, Eneide,
lib.

IV,

v. 625).

Essa

la

imprecazione

di

Didone contro Enea. Una leggenda abdove era stato rinchiuso da Cosimo

bastanza diffusa vuole che scrivesse questo verso col suo sangue
sulle

mura

della prigione,

de' Medici,

Filippo Strozzi prima di uccidersi;

ma

il

fatto, se

pure

vero nel fondo, non narrato esattamente, poich in


diverso esposto
il il

modo ben
Italia-

caso nella Vita che

di

Filippo Strozzi scrisse


et

fratello

Lorenzo {Thesaurus antiquitatum


to.

historiarum

del Grevio,
dici
di

Vili, parte

II). Filippo,

caduto prigione dei Mee rinchiuso nel castello

dopo

la rotta di

Montemurlo (1538),

Firenze, era stato per ordine di Carlo

messo

alla tortura per-

ch confessasse la complicit sua o di

altri

nell'uccisione del

Duca
di

Alessandro: e avendo sopportato

con forte animo 15


si

tratti

corda, dovendo essere ancora tormentato,


la

sarebbe
sua

ucciso con
scritte
le

spada

di

una

delle guardie,

lasciando di
:

mano

sue ultime volont, cosi firmate

778. Conviene

alle

donne

di piangere,

ma

agli

uomini

di ricordare.
!

780. Sorga dalle nostre ossa un qualche vendicatore

[781-784]

Ira, collera, ingiurie, offese, vendetta

231

Philippus Strozza jamjam moriturus:


Exoriare aliquis ex ossibus meis met sanguinis ultor. .

Ma
i

gli
;

ultimi studi sopra Filippo Strozzi


e del testamento che a lui
si

mettono

in

dubbio

il

suicidio

attribuisce, dubitarono

anche

contemporanei, poich nessuno ne vide mai l'originale, e molti


crederono opera di Pier

lo

FRANCESCO Riccio da
di
serie

Prato, pedante

di

Cosimo

de' Medici.

Vedi uno studio

Alessandro Barbi neldisp. 3 a del 1894.

V Archivio Storico Italiano,

V,

to.

XIV,

L'eroico e doloroso caso di Filippo Strozzi richiama alla me-

moria qualcosa

di

molto simile seguito

ai

tempi nostri.

due

versi

Risorger nemico ognor pi crudo, Cenere anco sepolto e spirto ignudo.


(Tasso, Gerusalemme liberata,
e.

IX,

ott. 99).

sono parole

di

Solimano

ferito e fuggitivo

ma

le

bisbigliava al-

l'orecchio di Giulio

Favre suo avvocato, Felice Orsini dopo aver


lui

udito la sentenza di morte pronunziata contro di


tato del 14 gennaio 1858. Nello stesso

per

l'

atten-

poema

vi
:

ha un altro verso

che esprime idee molto analoghe J ed questo

Noi mori rem,

ma non morremo
{Gerusalemme liberata,

inulti.
e. II, ott. 86).

upio noto di spaventosa vendetta quello ricordato nei


soliti

\t_rsi.

a ripetersi ora pi per celia che sul serio:

....A

me

chiedesti sangue;
il

E
detti

questo sangue;... e sol per te


furie

versai.
nella
tra-

da Oreste agitato dalle

gedia

omonima

(a.

V,

se.

13) di
di

dopo il matricidio, Vittorio Alfieri.


vile

Invece un esempio notissimo


ricordato dalla frase:

vendetta e di cieco odio

784.
Ji'

Tu ammazzi un uomo
le

morto.
,i

sarebbero

famose parole
il

di

Fk
nelle
gli

Fala

brizio

Maramaldo,

quale .i\utoL> prigione


;o)

mani dopo

rotta di

(iavinaua (3

volle che

foSM condotto

Chi l'ha detto?

[7^5]

dinanzi, e fattolo disarmare in sulla piazza, e


villane e ingiuriose parole,
alle quali
il

dicendoli tuttavia

Ferruccio rispose sempre


chi dice
il

animosamente,
chi
a'

gli

ficc,

chi dice la spada,

pugnale e

una

zagaglia, chi dice nel petto e chi nella gola, e

suoi (avendo egli detto, tu

ammazzi

tin

comand uomo morto) che finisl'

sero d' ammazzarlo, o

non conoscendo o non curando


misfatto
nel lib.

infinita
gli

infamia, che di cos barbaro e atroce

seguitare

do-

veva. Cos narra

Benedetto Varchi

XI
il

della Storia

Fiorentina, ed
parole
:

il

solo storico fiorentino che

accenni

queste
nelle

gli

altri

seguono piuttosto Paolo Giovio,


lib.

quale

Histories sui temporis,

XXIX
me

(ediz.

origin, del Torrentino,

1552,

to.

II,

pag. 137) cos riporta la

risposta
est,

del
tibi

Ferruccio:

Haec non

iniqui

semper Martis sors

quae

bellum ge-

renti obvenire potest.

Sed tu

si

occidas, neque utilem, neque

decoram ex mea nece laudem


del Varchi e sulla

feres.

Sub" autenticit del racconto


del

tentata

riabilitazione

Maramaldo vedansi

due

libri,

uno
;

di

Edoardo Al visi, La battaglia di Gavinana (Bodi

logna,

1881

notevoli confutazioni
voi.

P. Villari nella Rassegna

settimanale,

Vili,

p.
di

278

e di

R. Renier

nel Preludio,

anno V,

p.

237), l'altro

Alessandro

Luzio, Fabrizio Mara-

maldo (Ancona, 1883).

Ma

c' finalmente anche

ima santa

ira, cio
il

quella contro
l

il

vizio

e l'ingiustizia,

ed a questa ira allude

Salmista

dove dice:
v.
4).

785. Irascimini et nolite peccare.

{Salmo IV,

Ma
Dio
;

il

Martini cos interpreta questo passo:

Se

voi siete t -

gnati contro di me, guardatevi per dal ribellarvi contro lo stesso


pentitevi nel riposo e nella quiete della notte de' cattivi di-

segni,

che

l'

ira vi

mette

in

cuore contro di me.

785. Adiratevi,

ma

guardatevi dal peccare.

[786-/89]

Libert, servit

253

42.
Libert, servit

786.

Dolce dell'alme universal sospiro,


Libert, santa dea....
(Monti, ZI fanatismo,
v.
1-2).

invoca col

Monti

ogni cuore umano, che


s

787.

Libert va cercando, eh'

cara,

Come

sa chi per

lei

vita rifiuta.
e.
I.

iDantk. Purgatorio,
Stolto perci chi ne fa getto

v.

-72 1.

788.

Alterius non
e

sit,

qui suus esse potest.


remis (imitazione
di

Onesto verso

nella favola

De

quella
di

no-

tissima delle rane che chiedono

un
di

re)

fra le

Esopiane

un ano-

nimo medievale, che


alle

nella ediz.

Bipontum, 1784, unitamente


n.

favole di Fedro,
fu

trovasi a pag. 199,

XXI,

v.

22. Que;

st'anonimo

creduto da

alcuno
I,

fosse

un

certo Galfredo

ma

llervieux {Les Fabulistes latins,

pag. 434) l'ha identificato in

GUALTIERO [NOUS]
poi arcivescovo di
to.

cappellano di Enrico II re d'Inghilterra, e


cit.

Palermo. Vedi nella

ediz. dell' Hervieux,


ni
1

II,

pag. 395. Alcuni,


latin.,

come
il

il

Binder

Nooui Thesaurus
all'
<

adag.

attribuiscono

verso anzidetto

>\vk\

ma

egli

non fece che appropriarsi


linis, in
Il

la

non sua Muten**, mutando


di

il

suits in

un epigramma cortigiani sto ad Enrico principe


fu

Cambria.

motto medesimo
Il

l'impresa

<li

\ h \

<

verso:

789.

Non bene
Non Non
-i.i

pro toto libertas venditur auro.


pu essere
a

7NX.
7*'.

di

altri

chi

di

s solo.
la

\i

"i" che basti

pagare

libert.

2 54

Chi l'ha detto?

[790-79I]

si

legge nella fav.

De

lupo et cane, altra delle Fabula sEsopic<c

dello stesso autore antico,

LIV,

v.

25 (ed. Hervieux,

to. II, pa-

gina 412), ove questo verso seguito dall'altro:

Hoc

cseleste

bonum

praeterit orbis opes.

Tuttavia non mancano coloro che fanno volontario getto di questo tesoro, e

seguono
di

l'

esempio

di

Nemorino

nell'Elisir

d'Amore,

opera comica
il

Felice Romani, musica

di Donizetti (a. II, se. 7),

quale

790.

Vend

la libert, si f' soldato.


1'

proposito del quale verso corre sulle bocche di molti


il

aned-

doto di quel cantante (credo fosse


ingiunto in
nel

Ronconi)

al

quale essendo stato

Roma

dalla pecorina censura ecclesiastica di cangiare

Gridando

libert dei

Puritani

(gi

cit.

al

num. 732)

libert

in lealt, volle

strafare cambiando poi di suo la frase dell'Elisir


ilarit

dicendo con grande scandalo dei superiori e grandissima

del pubblico:

Vend

la

lealt,

si

f'

soldato.
si

Ma
triste

coloro che hanno fatto mercato

sciocco, proveranno per


il

esperienza quale e quanto sia stato

loro errore

si

potr

ripeter loro la dolorosa profezia fatta al Divin

Poeta dal suo an-

tenato

791.

Tu
Il

proverai

come
e
'1

sa di sale
calle

pane

altrui,

com' duro
salir
e.

Lo scender
Quanti sentirono
accanto
l'

per l'altrui scale.


XVII,
!

(Dante. Paradiso,

v. 58^>0).

la trista verit di questi versi

cui

si

pu pone
occupato-

altra sentenza di

Seneca

Omnium quidem

min

conditio misera est:

eorum

tarnen miserrima, qui ne suis

q if idem ocenpationibus laborant ;

ad alienum ambulant
amare
vitae,
et odisse,

graduili,

ad alienum dormili ut som ninni, ad alienimi comedunt appetitimi ;

res

omnium

liberrimas, jubentur (De breritate

XIX).
nemmeno un
in

Agli antichi non era sfuggito


della
vita servile,

altro aspetto doloroso


:

che era espresso

questa sentenza

[792-795]

Libert,

servit

792. (Villicus)

Ne
1

plus censeat sapere


Porcio Catone, De re
che

se,

quam
V.
3).

dominus.
If.

rustica, cap.
1'

Finch

il

soffio
i

di

libert,

ha

vivificato

Europa

civile,

non ebbe

rotto

ceppi secolari nei quali languivano sotto cieche

e oppressive dominazioni le moltitudini popolari, queste vivevano

come 793.

le

dipingeva

il

poeta

Fidi all'infame gara

Di chi pi alacre a opprimere

O
Cos rampognava

chi
il

'1

sia pi a servir.
gli
il

Berchet
p.

italiani

del suo

tempo

nella rola sorte

manza Le Fantasie,

V; ed

Manzoni, compiangendo

degl' italiani dei secoli di

mezzo (pur troppo non molto

dissimile

da

quella delle et pi tarde), che dalle contese dei diversi dominatori

non traevano che

lutti,

rovine e accrescimento di servit, cos

li

ammonisce

794.

Il

forte

si

mesce

col vinto
1'

nemico;
antico
;

Col novo signore rimane

L'un popolo
Oggi
il

e l'altro sul collo vi sta.


(Adelchi, coro dell'atto
III).

tempi sono, senza dubbio, mutati

le

nuove idee fanno

loro

cammino, ed ogni giorno:

795.

battesimo suoni o a funerale.


e nasce un Liberale.
str. l\.

Muore un Brigante
Pi rettamente
si

(Giusti, // Delenda Cartago,

leggeva in alcune vecchie edizioni:


e

Muore un codino

nasce un liberale
politi

Ma
per
1'

anche prima che


Italia,

1'

alba del risorgimento

in

questa
destini;

si

ira risvegliata la coscienza di un popolo


alla

degno

di

altri

gi

line del

Settecento

1'

Alfieri po-

702.

Il

villano

non penai

'li

taperla pi lunga de) padrone.

256

Chi

l'

ha dettar

[796-798]

teva dire degli italiani nel sonetto

XVIII

del Misogallo

(20 no-

vembre 1792,

in Firenze):

796. Schiavi or siam,


Fra
le

s;

ma schiavi almen frementi.


non ultimo posto,

conquiste della nuova et, tengono

accanto alla libert politica, altre libert accessorie: la libert di


coscienza, per esempio, e la libert commerciale. Questa espressa
in

tutta la sua

maggiore latitudine dalla formola:

797. Laissez faire, laissez passer!


parole che divennero
il

grido di guerra dei libero-scambisti e che

sono attribuite a
mercio
in

Jean Claude de Gournay,


1

ministro del

Comle

Francia nel

75 1

che in quella massima riassunse

dottrine fisiocratiche dell' economista

Quesnay

e avrebbe con essa

dato un' interpretazione pi larga e scientifica alla frase gi detta

da

Legendre

a Colbert : Laissez-nous faire.

Il

Gournay soleva
le

ripetere queste parole

ad ogni occasione,
:

ma non

scrisse in

nessun luogo delle sue opere


che

esse divennero popolari soltanto

dopo

Adamo Smith

le

cit nella

sua opera (pubbl. nel 1776): In-

quiry into the nature and causes of the Wealth of Nations.


Invece
sentenza
:

la libert di coscienza

pu tenere

programma

la

celebre

798. In necessariis imitas, in

dubiis libertas, in

omnibus
La
I
fatti

charitas.

paternit di questo dettato fu soggetto di lunghe controversie.


di
;

Riformati lo dissero
corre

S. Agostino e sotto

il

nome
mai

di lui in-

comunemente

ma

sarebbe inutile

di

cercarlo nelle opere


:

del vescovo d' Ippona, poich egli

non

lo scrisse
l'

n maggior

fondamento ha

l'

opinione di coloro che


si

attribuiscono a Filippo
variante nella Pa-

Melantone. Esso invece

trova con qualche

rnesis votiva pro pace ecclese


sionis pubblicata fra
il

ad Theologos Augustan
altri,

Confi

s-

1621 eil 1625 (secondo

frail

1627

il

1635) da

Rupertus Meldenius,

c cos suona: Si nos serva-

797. Lasciate fare, lasciate passare! 798. Nello cose necessarie unit, nelle dubbie libert, in tutte

rarit.

[799"8 QI ]

I* ibert,

sen it

remits in necessariis unitatem, in non necessariis libertatem, in

utrisque charitatem, Optimo certe loco essent res nostra

e in

forma

non molto

dissimile in altro opuscolo polemico di


si

un dottor Gre-

gorio Francke (che


intitolato
:

vuole sia

la

stessa persona del Meldenius)

Consideratio theol. de gradibus necessitatis

dogmatum
il

Christianorum (Francof., 1628).

Ma

fu proprio
:

il

Meldenius o

Francke

il

primo a

dirlo ?

sicuro che veramente

Non ne sono sicuro come non sono Madama Jeanne Roland de la Platire
ai

(nata Phlipon), condotta al patibolo dai rivoluzionari del Terrore

(1793), salutasse la statua colossale della Libert,


levava la ghigliottina, esclamando
:

cui piedi

si

799.

Oh

Libert,

que de crimes on commet en

ton
Un'
lenne
:

nom

altra versione le attribuisce

invece

questa frase

meno

so-

Libert!
si

comme on
ferite;

t'a

joue!

Ma
sanava

suol dire che la liberta sia

come

la lancia di Achille,
gli

che

le

sue stesse
origine,
i

quindi, nonostante

eccessi ai quali
gli

pu dare
vidui

essa

sempre tesoro inestimabile per

indi-

come per

popoli. Fortunati gl' Inglesi che sanno goderne


di s
:

con tanta savia larghezza, e possono giustamente dire

800.
eh'
il

Britons never shall be slaves.


secondo verso del ritornello del celebre inno nazionale
in-

glese
se. 5

composto da James
dell' Alfred,
l'

Thomson Rule Britannia! per


:

l'atto II,

come avremo occasione


il

di

dire

pi avanti.

veramente

Inghilterra

paese classico della libert, anche pi


le

della Francia,

non ostante

grandi e altisonanti parole

801.

Libert, galit, Fraternit.


1848,
il

primo proclama che

il

Governo Provvisorio

fran-

cese indirizz al popolo (24 febbraio) terminava con queste parole:

La

Libert, l'galit et

la

Fraternit pour principes,

le

Peuple

O
800.
I

Libert, quanti delitti

si

commettono

in

tuo

nome

Britanni mai saranno schiavi.

801. Libert, uguaglianza, fratellanza.

258

Chi l'ha detto f

[802]

pour devise

et

mot

d'ordre, voil le gouvernement dmocratique

que

la

France

se doit
il

elle-mme
lo

et

que nos

efforts

sauront

lui

assurer.

Ed

26 febbraio,

stesso
si

Governo Provvisorio
:

di-

chiarava che sulla bandiera tricolore

sarebbe scritto

Rpublique

Franaise, e: Libert, galit, Fraternit, trois mots qui expli-

quent

le

sens le plus tendu des doctrines dmocratiques.


il

Dunque
ciale della

motto Libert, galit, Fraternit fu

il

motto

uffi-

seconda Repubblica: abolito naturalmente dal secondo


di cui torn

Impero, fu ripreso dalla Repubblica attuale


il

ad essere

motto

ufficiale.
1

Ma

gi nel

848

si

credeva generalmente che queste tre parole


il

fossero state
ufficiale della di
il

il

motto anche della prima Repubblica, anzi

motto
l'

Rivoluzione Francese, e ancora oggi

tale

idea

molte persone,

ma

a torto,

come

provato dal prof.


in

Aulard

quale ha tracciato la storia di questo famoso motto


articoli

due esau-

rienti

(La devise

"

Libert, galit,

Fraternit ") pub-

blicati nella

Revtie politique et littraire (Rez'uc Bleue), 29 aot

et

septembre 1908, pag. 260, 296.

la

Rivoluzione franveri motti uffi-

cese dell' 89 n la prima


ciali
:

Repubblica ebbero mai


da 3 soldi

le

parole galit, Libert comparvero


nelle

ufficialmente per la
in

prima volta

monete da
il

bronzo coniate

nell'agosto 1792 e
opinione

trinomio Libert, galit, Fraternit

una
des

(voto,

ordine del giorno) della Socit des

Amis

Droits de l'homme et
deliers,

du

citoyen, altrimenti detto Club des Corsi

deliberata

il

29 maggio 1791, nella quale

proponeva

che

dell'

uniforme

dell' esercito

nazionale facesse parte una placca

da portarsi
In questi

sul cuore con le tre parole suddette.


stessi
articoli

dal sig.

Aulard

si

suggerisce

come

in-

ventore della formula

802. Salut et Fraternit.


che fu
in

uso come formula

di

saluto,

nella corrispondenza pubil

blica e privata al

tempo

della Rivoluzione,
in

rappresentante del po-

polo PlERRE-J.-B. Atrcuis,

missione in Vandea nel maggio 1793.


galit,
Fraternit,
la

Tornando

al

motto TJbert,

Francia

802. Salute e fratellanza.

$03-804]

Maldicenza, invidio, discordia, odio

vittoriosa V

import

fra le

popolazioni vinte,

le

quali

non

l'

ac-

cettarono senza resistenza, pi spesso

manifestata col sarcasmo.

Una canzone
(ricordata dal
secolo

popolare napoletana del tempo della reazione del

D'Ancona, Poesia
in

1 799 musica popolare italiana nel

XIX,

Ricordi ed

Affetti,

Milano,

1902) diceva:

venuto lo Francese

Co

'no mazzo de carte


Libert,

'mmano

galit,

Fraternit.

Tu

rrubbi a

mme,

io

rubbo a

tte.

anche l'ultimo verso diventato popolare! e come!...

43.
Maldicenza, invidia, discordia, odio

Lasciamo andare

la

piccola maldicenza,

trattenimento
;

dilet-

tevole anche per coloro che vogliono parerne pi schivi


n' la ragione
:

umana

803. Si nous n'avions point de dfauts, nous

ne

prendrions pas tant de plaisir en remarquer dans les autres.


t. \f

tnmes

</<

!.\

!{..<

HUtFWH

WXIl.

ma

che nondimeno pericoloso esercizio, poich

Maledicus a malefico non distat


iQ

nisi occasione.

inumano. Di

insti/, orai., hi.

Mi.

Se

non avessimo dei


a trovarli negli

difetti,

non proveremmo tanto piacere

altri.
!

K04.

Il

maldicente non differisce dal malvagio che per

2O

Chi l'ha detto?

[805-807]

parlo invece della maldicenza in formis, che con altra parola pu


dirsi

calunnia.
:

Che cos'

la

calunnia? Tutti sanno a memoria la

risposta

805.

La calunnia
Che

un

venticello,

Un'auretta assai gentile


insensibile, sottile

Leggermente, dolcemente Incomincia a sussurrar.


principio della celebre cabaletta di
viglia, parole di

Don Basilio nel Barbiere di Cesare Sterbini, musica di Rossini (a. I, se.
e se

Si6)

Essa del resto tutta popolarissima,


staccati. Della triste

ne citano anche
i

altri versi

potenza della calunnia antichi sono


il

documenti,

basti fra tutti citare

notissimo:
il

806. Calomniez, calomniez;

en restera toujours

quelque chose.
la

quale sentenza stata attribuita a diversi

dagli

uni al Vol-

taire,

che ne proprio innocente, dagli

altri

ai Gesuiti,

da

altri al

Beaumarchais, che veramente

la disse nel

Barbiere di Siviglia
lui anteriori. Infatti

(a. II, se. 8), ma riportandola da autorit a Bacone da Verulamio nel lib. Vili, cap. 2,

34

del trattato

De

dignitate et
let

augumento scientiarum,
incerto
1'

scrisse: Sicut

enim

dici so-

de calumnia, Audacter calumniare, semper aliquid hret.


autore
dell' altra cinica frase
:

Ugualmente

807.

Qu'on me donne six (o deux) lignes crites de la main du plus honnte homme, j'y trouverai de quoi le faire pendre.

Queste parole sono

state attribuite a

Richeuf.u,
I,

sulla fede dei


....

Mmoires

di

M me

de

Motte ville

(vol.

p.

58):

selon

806. Calunniate, calunniate; ne rester sempre qualche cosa. 807. Datemi sei (o due) righe scritte di pugno del pi gran ga-

lantuomo, e

io

ci

trover tanto da farlo impiccare.

[8o8-8li]

Maldicenza, invidia, discordia, odio

261

les

manires

mme du

Cardinal, qui ce que j'ai oui conter ses

amis, avait accoutum de dire qu'avec deux lignes

de l'criture

d'un

homme

on pourrait

faire

le

procs au plus innocent .

Ma

F attribuzione discussa.

braccetto con la calunnia se ne va per


anzi pi spesso sua madre.

l'

inferno

l'

invidia, sua
la

sorella carnale,

Dante

che ce

trov

laggi,

le

disse:

808.

Consuma dentro

te

con

la tua rabbia.
{Inferno,
e.

VII,

v. 9).

ma non
si

disse se la trov a tu per tu con qualche letterato, poich

sa

che:

809.

Non

v' animale pi invidioso del letterato.


(U. Foscolo).

Nuoce
con

a tutti

l'

invidia

ma

specialmente

ai

buoni, che spesso


i

raccolgono rancori e persecuzioni pi che non ne raccolgano


le

tristi

loro cattive opere; vecchia storia che

810.

Le mal que nous


bonnes
qualits.
iF.a

faisons

ne nous

attire

pas

tant de perscution et de

haine que nos


Maximes,

Itoi 11KI011 \rt.i>,

XXIXi.

ed

in

mi limiter a raccomandare ad ognuno


ai

in generale,

ma

pi

specialmente

lettori

di

questo mio libro:

811. Absit injuria verbo.


le

veramente dovrebbe

dirsi,

.Ibsit invidia verbo,

ed citazione
cap. 7,7.

III"

Lmo,
eli" io

lib.

IX. cap.

19, 15 e lib.

XXXVI,

Ma

e'

un' altra sorella,

che

tutti

riconosceranno, anche senza


versi

iettare

oc faccia

il

nomo,

nei

dell' Ariosto

<IO.

Il

male che facciamo, non


tanto odio (pianto
le

ci

procaccia tante persecuzioni e

nostre

buone

qualit.

Ili,

Sia detto senza

ingiuria.

2 62

Chi l'ha detto?

[8 1 2 -8 1 5]

812.

La conobbe
Fatto a

al

vestir di color cento,

liste

ineguali et infinite,

Ch'or

la coprono, or no.
(Orlando Furioso,
e.

XIV,

ott. 83).

Costei la discordia, quella discordia che


glie,

mena

in rovina famile basi

societ,
;

paesi, per

quanto robuste possano sembrare

loro

infatti

813. Concordia parvae res crescunt, discordia ma-

xumae

dilabuntur.
(Saijlustius, Bellum Jugurthinnm,
10, 6).

sentenza, tanto lodata, secondo la testimonianza di


stola

Seneca
di
l'

(Epi-

XCIV,

46), da

M. Agrippa

il

quale riconosceva
e che fu

frequente

vuiltum. se huic debere sententi,

anche
i

impresa dei
di ogni

famosi tipografi

olandesi, gli

Elze vier; perci


il

principi

tempo hanno tenuto per massima costante

classico:

814. Divide et impera.


di cui

a molti attribuita

la paternit,
il

da Filippo

il

Macedone
il

a LUIGI
principio
:

XI

re di Francia,

quale realmente soleva ripetere

Diviser pour rgner.


gli odii

Da

queste invidie, da queste discordie, nascono

impla-

cabili, nei quali la

natura
;

umana

sa giungere a raffinatezze che par-

rebbero incredibili

infatti,

per non dire d' altro,

815.

uno dei vantaggi


di potere odiare

di

questo

mondo

quello

ed essere odiati senza co-

noscersi.

(Manzoni, / Promessi Sposi, cap. IV).

813.

Con
le

la

concordia

le

piccole cose crescono, con la discordia

grandissime vanno in rovina.

814. Dividi per dominare.

[8 1 6-8 1 8]

Mestieri e professioni diverse

263

44.
Mestieri e professioni diverse

Per chiunque voglia darsi ad una professione qualsiasi,

il

mi:

glior consiglio quello di cercare di uniformarsi al dettato inglese

816.

The

right

man

in the right place.

che alcuni a torto attribuiscono a


di origine pi recente,
Sir

Shakespeare,
dei

altri

vogliono

trovandolo in un discorso pronunziato da


alla

Austen H. La yard
:

Camera

Comuni

il

15 gen-

naio 1855

I have always believed that success


if

would be the
the navy, had

inevitable result
fair

the

two

services, the

army and
to
fill

play,

and

if

we

sent the right

man

the right place

(Hansard's Parliamentary Debates, Illrd


pag. 20^7).

Series, vol.

CXXXVIII,

L'uomo

che occupa la posizione, umile od elevata, alla

quale chiamato dalle sue doti naturali e dalla educazione ricevuta.

ha

il

dovere di darsi tutto ad essa, poich ciascuno deve stare nel


:

cerchio dell' arte sua, di qui la frase latina

M 7.
hi

Tractant fabrilia

fabri.
lib.
II,

(Orazio, Epistole,

cp.

I,

v.

lib).

male apponendosi

sulla sua vocazione,

o costretto dalla
gli
si

sorte ad allontanarsene,

scelse

una

via

che non

confaceva.

HO applicarsi

le

parole di ('armen a Jos:

818.

Questo mestier da wer non per


(Carmen, parole di H. Meii hai
<

te.

I..

H\ii\>,

mus.

di Bizet, a. III. se. 2).

Fra

le

diverse arti,

gli

antichi erano concordi

nel

magnificare

quella dell'agricoltore:

l'n

uomo
artefici

capace

al

suo giusto posto

{rio,

al

posto che

gli

conviene),
tili

trattano delle cose dell'aite loro.

2 64

Chi l'ha detto?

[819-822]

819.

fortunatos nimium, sua


!

si

bona norint

Agricolas
dice

Virgilio

nelle

Georgiche

(lib.

II,

v.

458-9)

820.

Beatus

ille,

qui procul negotiis,

Ut

prisca gens mortalium,


suis,

Paterna rura bobus exercet


Solutus omni fnore
dice
!

Orazio

negli

Epodi (ode
il

2, v. 1-4);

ma

egli parla soltanto

dell' agricoltore

che coltiva
1'

suo campicello, e forse oggi non chiaSicilia

merebbe beato
Il

affamato contadino della

o della Basilicata.
:

navigatore pu con orgoglio vantare la classica sentenza

821. IlXev vyxr], $v ox vyxyj.


cos rispose

Pompeo
il

ai

marinai che lo dissuadevano dal salpare


fiera

per
alla

Roma

durante una

tempesta, mentre egli doveva recare


in Sicilia, in

metropoli

grano raccolto

Sardegna e

in Affrica

(Plutarchus, Vita Pompeii,

50). Il

motto tradotto

in latino

Navigare necesse, vivere non necesse


fu
il

motto

delle citt anseatiche.


i

Dei mestieri urbani, non trovo da ricordare che


sarti. I

fornai,

primi sono motteggiati dal popolo inglese con una citazione


:

shakespiriana

822.

The owl was a


They

baker's daughter.
a.

(Shakespeare, Hamlet,

IV,

sc. 5).

Ofelia che dice:

say, the

owl was a baker's daughter ;

al-

ludendo

alla leggenda,

tuttora viva nella contea di Glocester, se-

819.

troppo fortunati agricoltori se conoscessero


affari,

la loro felicit
gli

820. Beato colui che, lontano dagli


mortali, coltiva
i

come facevano
i

antichi

campi paterni con

propri buoi, libero

da ogni debito.
821. Navigare necessit, vivere non necessit.

822. La civetta era

figlia

di

un fornaio.

[823-825]

Mestieri e professioni diverse

265

condo

la

quale Cristo entr un giorno nella bottega di un fornaio,

chiedendo per carit un poco di pane.

La padrona
lo

che stava

la-

vorando

la pasta,

ne lev un pezzo, e
;

pose nel forno, dicendo


la figlia,

a Cristo di attendere che fosse cotto

ma

rimproveran-

dola della sua prodigalit, lo trasse dal forno, rimettendone soltanto


la

met. Questa cucendosi crebbe prodigiosamente, onde


si

la figlia

meravigliata

diede ad esclamare

Huh ! huh ! huh !


Il

Questo grido

fece venire in

mente a Ges

la civetta, e

bast questo perch la

ragazza fosse senz' altro tramutata in civetta.

motto

si

ripete a

pungere
I sarti

l'

ingordigia dei fornai.

sono due volte ricordati da


....

Dante

in

due

similitudini

823.

Aguzza van

le ciglia

Come
e

'1

vecchio sartor fa nella cruna.


(Inferno,
e.

XV,

v. 20-21).

pi

oltre,
:

nel

Paradiso

le.

XXXII.

v.

140-141)

fa

dire a

S.

Bernardo

Come buon
Che, com'
egli

sartore
fa la

ha del panno,

gonna.

Veniamo
vando

alle

professioni liberali,

e in testa alle altre lasciamo


gli

quella del fro.

Cicerone

fece

insuperbire

avvocati

appro-

chi diceva:

824. Cdant

arma

togae,

concdt laurea linguae.


(De
Officii!,
I,

cap. XXIl.

cosi

viene

comunemente
di

citato,

bench Cicerone scrivesse proil

priamente laudi invece

lingua. In tutto

Medio Evo

lo studio

delle leggi fu tenuto in altssimo onore,


tale

e la professione avvocail

circondata di larghissimi privilegi,


le

ma

mondo cominci ad
fin

averne presto piene


si

tasche,

tanto pi che

da tempo antico

levavano dei dubbi sulla discrezione e sulla onest degli avvocati,


i

fra

quali

si

contava per un' eccezione chi potesse essere detto:

825.

Advocatus
k

et

non

latro.

edaao

inni davanti

ui

allori

alla lingua.

825. Avvocato e non ladro.

266

Chi l'ha detto?

[826-828]

Infatti

una pseudo-sequenza

di S.

Ivone (morto nel 1303, cano-

nizzato nel

1347, e celeste patrono degli avvocati) cos dice:

Sanctus

Yvo

erat Brito

Advocatus et non latro, Res miranda populo.


Questi tre
soli

versi registra

anche

1'

ab. Ulisse Chevalier nel

Repertorium hymnologicum,

torn. II (Louvain,

1897), pag. 552,

num. 18,665,
nel

e(i egli

pure non ne conosce

di pi:

ma

il

Blume

Repertorium

repertorii, Kritischer

Wegweiser durch U. Che-

valier's

e 283, nota che probabilmente


liturgica vocati,
testi

Repertorium Hymnologicum (Leipzig, 1901), a pag. 50 si tratta non di una vera sequenza
versi
i

ma di tre ma contro

satirici,
il

diretti forse

non contro
era

gli

av-

Bretoni

cui

nome
il

spesso

assunto nei

medievali,

come conferma anche


la

Ducange, quale sinonimo

di

grassatori e predoni.
I

moderni rincararono

dose, e

mentre

il

Giusti beffeggia

l'avvocato novellino, facendogli cantare dai compagni di universit:

826.

Tibi quoque, Ubi quoque

concessa facolt
in jure utroque
l'

Di potere
Gingillar

umanit.
{Gingillino,
I'.
r,

str. 37).

uno

tra

pi fecondi e pi
celebre, di cui

fortunati commediografi
il

francesi,
il

in

una commedia
alla

protagonista

il

cui

nome d
dell'

titolo

produzione e che rimasto appunto come tipo


fa

avvocato

intrigante,

esclamare

al

suo povero Principe

di

Monaco:

827.

Quand une
S

civilisation est

vermoulue, l'avocat
a. I, se.
10).

met.

(Sardou, Rabagas,

Dei medici condotti,


sia, intitolata //

Arnaldo Fusinato

in

una notissima poe-

medico-condotto, dice in ritornello che

828.

Arte pi misera, arte pi rotta Non e' del medico che va in condotta.
civilt

S27. Oliando una

marcia,

ci

si

mette l'avvocato.

[829-831]

Mestieri

e professioni diverse

267

dei giornalisti

si

pu

dire,

poco benevolmente, che

829.

Zeitungsschreiber ein Mensch,

der seinen

Beruf verfehlt
frase che
si

hat.

attribuisce a

P ha mai testualmente pronunciata,


mile
il

Otto von Bismarck, il quale forse non ma disse qualcosa di molto sidi

io novembre 1862 a una deputazione dell'isola di Rgen,


opposizione, per la maggior parte,
di malcontenti spostati.

parlando per della stampa

secondo

lui,

in

Professione

mano di ebrei e comoda ed ambita

quella dell' impiegato,


di

il

quale

almeno,

fra le liete probabilit,

ha quella

830.
che
dal
il

Congedo
di
:

paga

intera.
fa

Giusti nella Legge penale per gl' impiegati

minacciare

Granduca
(str.

Toscana come punizione

agli

impiegati prevari-

catori

12)

G' infliggeremo,

in

riga di galera, e

Congedo
Per
le

paga

intera.

belle arti,

ricorder la pittoresca similitudine del musico


artisti

eunuco, applicabile del resto a molti


identiche condizioni fisiologiche:

anche

se

non

nelle

831.
Kcco
la

Canoro
intiera strofa
:

elefante.

Aborro

in

su la scena

Un
<

canoro elefante,
si

In-

strascina a

pena

Su

le

adipose piante,
per gran
fd
di

E manda

Di bocca un

voci.
|1'\HIM.
/.,;

thae*,

str.

n.

Quindi
stati

visi che dal

melodramma comico
per Ogni
:

di Luigi Ricci
di

sono
di

trasportati a servire

tormentatore

violino

altro

istrumento a corda

*2<).

Il

gazzettiere un
(cio

uomo

(fee

ha

mancato

la

sua

cai

lina

uno spostato).

268

Chi l'ha detto?

[832-836]

832.

Son Tomaso Scarafaggio Vignajuol di San Quintino, Detto il Sega nel villaggio
Perch suono
Romani,
il

violino.

(Un' avventura di Scaramuccia, di Felice


a. I, se. 3).

Vengono
Bolognese

qui a proposito le due citazioni dantesche che dette

dall'ALiGHlERi a proposito delle pergamene miniate da Franco


si

usano anche per

altri lavori

artistici.

Nella prima

di

esse l'arte del miniatore detta:

833.

....

Quell'arte
Parisi.
XI,
v. 80-81).

Che
e
il

alluminare

chiamata in
(Purgatorio,
e.

verso seguente contiene la frase entrata nell'uso comune:

834.

Ridon

le carte.
(Purgatorio,
e.

XI.

v. 82).

Ma

tanto la miniatura, quanto altre manifestazioni nobilissime di

arte, gi in onore, oggi presso

che dimenticate, languirono di fronte

alla fotografia, e alle sue applicazioni grafiche.

Che cos'

la fotografia

835. Arte nata da un raggio e da un veleno.


la disse

con frase

felice

Arrigo Boito

in

un madrigale,

scritto

sotto

un

ritratto fotografico della

duchessa E. L. (Boito, // libro

dei versi, Torino, 1877, a pag. 37).

Quasi una professione diventato anche

il

ciclismo, per la grandis-

sima importanza che ha preso nella vita quotidiana di ogni classe sociale.

Ai

ciclisti si

applica dagli odiatori di ogni novit la nota invettiva:

836. Arrotini impazziti.

La frase fu per voce comune e per lungo tempo attribuita a Giosu CARDUCCI; ma nel maggio 1902 il prof. Ottone Brentani
si

rivolse direttamente

all' illustre
il

uomo

chiedendogli di au-

torizzarlo a smentire quella voce, e

Carducci rispose sollecitauscita

mente:
dalla

Non

vero che la

frase arrotino impazzito sia

mia bocca. Eccola

servito.

allora

chi l'ha detto?

[836]

Mestieri e professioni diverse

269

Corrado Ricci cos ne scriveva

gna certo fu chiamato per


il

la

Boloallo stesso Brentari prima volta " arrotino impazzito "


:

velocipedista.
'

Ricordo benissimo

d' aver di

sentito

quella

(dir

cosi)

definizione

"

San Lazzaro

Savena all'apparire d'uno

dei primi pedalatori con bicicletta

gommata.

l era attribuita a

un prete (Don Raffaele Mazzoni),


d'un agz "
(arrotino)

arrotato e

rovesciato dal
:

trionfante istromento, e rialzatosi polveroso e

imponente

' '

Boia

" dovint matt? " Non


si

so di pi, e

nem-

meno

so se ci che mi

disse allora risponde al vero (Vedi la

Rivista Mensile del Touring Club Italiano, giugno 1902, pag. 188).

per conto mio non credo che

risponda. Credo

invece

che

la

paternit della fortunatissima frase


alienista

debba

farsi

risalire

all' illustre

lombardo
di

Andrea Verga,
una
delle
intitolato

senatore, che avrebbe detto


lui

qualcosa
poste,

simile in

poche poesie vernacole da


Bicicletta,
(il

com-

un sonetto

La

che comparve

per la

prima volta nella Cronaca Trevigliese

Verga era

di Treviglio),
altri

num. 784,
giornali.

del 9 settembre

1893, e

fu

poi riprodotto da

Lo

riproduco io pure come curiosit, tanto pi che non

facile di

ritrovarlo.

LA BICICLETTA
SONETTO
Che gust mo' caven da
la bicicletta

Sti giovinotti per fa tant burdell?

Con che sugh

d e nott fann la staffetta


el

Sonand allegrament
i

campanell?

Spanteghen per strad una sommetta Per sentinn d'ogni sort da quest e quell. Sden, slisen sul cu pagn e bolletta

E
E

di

vneult riscien de lassagh


figura infin
!

la

peli.

clic

Dal mezz

in

gi
iti

Col sgambetta paren molletta


Molletta,
<i.

trusna

vorrcssev di de

no?

Dal mezz

in

su paren gobitt dannaa


se scruscia
faa.

Che tacchen lid, oppur gent che Per fa comodamene quell che va
Aprile
I

Chi l'ha detto?

[837]

Pare che
pubblicista

la notoriet della frase

debba

attribuirsi al

compianto

Romeo Carugati
di

il

quale in

uno

dei suoi spigliati

articoli pieni

umorismo, pubblicati con

la firma

Barbagelada.

nella Bicicletta

(giornale milanese di sport che


in

ebbe una larghis-

sima diffusione) avrebbe,


la frase

un numero

della

prima annata, usato

arrotini impazziti per reminiscenza del sonetto del Verga

ma

attribuendola,

non so

se per errore o per scherzo, al Carducci.

Qualcosa

di simile fu detto
il

anche in Francia.

Il
:

febbraio 1869,

nei primordi del ciclismo,

Gaulois sentenziava

Les vlocipedistes
questo bi-

sont des imbciles


glietto
:

roulettes.

Un

abbonato mand
:

Signor Redattore, io sono velocipedista

devo conside;

rarmi

come un
un

imbecille

? E

la redazione rispose
al

Signore, voi

non

siete

imbecille,

perch siete abbonato

Gaulois ;

ma

tale

che fa opera sensata quando va a piedi o in carrozza, fa opera

da imbecille quando va

in

velocipede .

45.
Miserie della vita, condizione dell' umanit

Non
837.

tutti

pensano che

Tout va le mieux du monde {oppure: Tout est pour le mieux) dans le meilleur des mondes possibles.
principio
me'ta-

accettando cosi la formula ironica dell'ottimismo, che nel Candido,

composto da Voltaire contro Leibniz, rappresenta


sintetico della filosofia del

il

dottor

Pangloss, professore di

physico-thologo-cosmolo-nigologie. Leibniz

aveva sostenuto nella


possibiles
il

Thodicaa

la tesi

che:

....nisi inter

omnes

mundos
numero

optimus

esset,

Deus nullum

produxisset. Maggiore

invece di coloro che fanno professione del pessimismo, che anche

837. Tutto va per

il

meglio nel miglior' dei mondi

possibili.

[838-841]

Miserie della

vita,

condizione dell' umanit

fra
l'

filosofi

conta degli apostoli

illustri,

e che le condizioni del-

umanit pur troppo giustificano.

Infatti:

838.

Entra l'uomo, allor che nasce. In un mar di tante pene, Che s' avvezza dalle fasce

Ogni affanno a

sostener.
di

(Mktastasio, Isacco, parte II; ediz. Parigi, 1780, to. VII, pag. 410).

Insieme a questa quartina possono mettersi due citazioni stecchettiane


:

839.

Sperare e disperar, questa la

vita.

(Olindo Glerrlni, ossia Lok. Stecchetti, Anno nuovo; nelle Rime, pag. 398).
e

altrove

Il

destino cos, questa la vita;


Soffrire e poi soffrire
!

(Stecchetti, Ora triste; nelle Rime, pag.


e

529).

anche pu mettersi

la strofa

francese

841.

On

entre,

on

crie

Et

c'est la vie,
baille,

On
Et
Cosi
il

on

sort.

c'est la mort.

testo vero,

ma
v.

si

hanno

delle

varianti

2
3

Et

voil la vie
crie et
la

v.
v.

On

on sort
mort.

Et voil

E
la

di

Ausoni

di

Chakcei

che Lo scrsse sopra

un album

di soa

cognata nel
firma di

1836;

lo popolari/z

PUX NADAB

scrivendolo con

Edmondo

Texier in calce a un suo disegno nel Figaro

del

29 ottobre 1863.

84I.

Si

.Mitra,
la

si
'

grida,

ecco

la

vita!

si

sbadiglia,

si

esc--,

morte

272

Chi l'ha detto?

[842-847]

La

vacuit del
le

mondo

deplorata

anche nelle Sacre Carte, che

chiamano

cose terrene:

842. Vanitas vanitatum et

omnia
I,

vanitas.
XIII,
v. 8).

(Ecclesiaste, cap.

v. 2, e cap.

cui

pu

avvicinarsi la frase di

Giacomo Leopardi

843. L' infinita vanit del tutto.


nelP ultimo
Mestica)
:

verso

della

poesia,

stesso

(XXXI

dell' ediz.

Ornai disprezza

Te,

la natura,

il

brutto

Poter che, ascoso, a comun danno impera

E
Anche
il

l'

infinita vanit del

tutto.

Petrarca

scriveva che

844.

Ben '1 Sogno


:

viver mortai, che


d'

n'aggrada,

infermi e fola di romanzi.


{Trionfo d'Amore, canto
III, v. 65-t>6).

anche

845.

La

vita

fugge e non s'arresta un'ora.


(Sonetto in morte di Al. Laura, D. IV

secondo

il

Marsand,

v.

ed.

Me-

stica, son.

CCXXXI).
Giobbe, che ma-

La

caducit delle cose


:

umane

gi contristava

linconicamente osservava

846. Sicut

umbra

dies nostri sunt super terram.


(Job, cap. Vili, v.
9).

847.

Homo

natus de muliere, brevi vivens temXXV,

pore, repletur multis miseriis.


(Job, cap.
v.
1).

842. Vanit delle vanit, e tutto vanit. 846. I giorni nostri sulla terra passano come un' ombra. 847. L'uomo nato di donna, ha corta vita, e di molte miserie
ricolmo.

rie della vita,

condizione dell'umanit

La prima

di

queste sentenze ricorda

l'

altro versetto del Salmista

848. Dies mei sicut

umbra
v.

declinaverunt.
(Salmo CI, vers.
12).

ed anche

il

Salmo CXLIII,

4:

Homo

vanitati similis /actus

est; dies ejus sicut


siero del

umbra prtereunt. Essa


:

corrisponde

al

pen-

verso classico

849. Pulvis et
al

umbra sumus.
(Orazio, Odi, b. IV, od.
J,

v.

16).

verso italiano

850. Dalla

cuna

alla

tomba

un breve

passo.
vita del-

concettino tinaie di un celebro sonetto del


l'

Marini. Im

uomo, che comincia

Apre

I'

uomo
al

infelice,

allor

che Dai

In questa valle di miserie piena,


Pria che
Altri
le

sol,

gli

occhi al pianto.

osservano poi col

Petra r< a
giacch:

che ancor pi caditeli

cose

buone

e le belle,

851.

Cosa bella mortai passa e non dura.


i

I'kikarc a, Sonetto in vita d M. I.mira, CXC secondo la num. del Marsand, comincia: Chi vuol veder quantunque f uh Natura; son. CCV nell' ed. Mestica).
la riflessione di

Ugualmente malinconica

Goethe:

B52.

Man

lobt

nur einmal

in

der

Welt
a.
I.

lCtmvigo,

sc.

1.

Manto dunque
N'olite

di

starci

meno male che

possibile

ergo

solliciti

esse in crastiiuim.
.

dke molto
v.

filosoficamente la Bibbia (Vang.

VI,
:

341, e soggiunge:

Crastras enim dies tollicittu

erit sibi ipsi

848.

miei giorni ion passati coup- un'ombra.

Siamo polvere ed ombra. , nondo si rive una volta sola. vogliate adunque mettervi in pena

pi

il

domani.

274

Chi l'ha

detto.'

[854-857]

sufficit

diei malitia

sua

ed frase attribuita a

Gambetta

quella

che Chaque jour a sa peine.

me, domani coglie un


della sventura:

altro, cos

come oggi nessuno pu


tibi,
:

il

guaio capitato a

dirsi sicuro dall'


si

ugna
dice,

Hodie mihi, eras

come volgarmente

ovvero,

come

dice ancora la Bibbia

854.

Mihi

heri, et tibi hodie.


(Ecclesiastico, cap.

XXXVIII,

v. 23).

o anche,

come

dice

Virgilio

855. Stat SUa Cllique dies.

(Eneide,

lib.

X,

v. 467).

sentenza che Macrobio nel passo pi volte citato {Saturn., V, 16)

d come passata

in

proverbio gi

ai

suoi tempi.

Del
di

resto che cos' questa vita?


di

una catena non

interrotta

dolori,

guai,

di

lotte;

856. Vivere [mi Lucili] militare est.


(Seneca
scriveva Seneca a Lucilio, e
il

giovane, Epist.

XCVI,

5).

Plinio

il

vecchio nella Hisi. Natur.,


est, e
:

prefazione

al libro

XVIII

Profecto enim vita vigilia


(II, 5, col.
il

S. Gi-

rolamo
dili

nel trattato

Adversus Pelagianos

747)

Qu a innel

enim vivimus, in certamine sumus. Anche


(a. II, se.

Voltaire

Mahomet

7)

Ma
di

vie est

un combat
;

cui

Beaumarchais
il

si

fece

un motto

e molti secoli
v.
1)

prima

di tutti

costoro

libro di

Giobbe (cap. VII,


:

aveva detto:
sic

Militia est vita hominis super terrain

et

ut dies

mercenari!

dies ejus.

Per

cui

857.

....Spesso

da
(V,

forte
il
11

Pi che

il

morire
\i.i

vivere.
ut, Oresti;
a.

IV. so.

2).

854.

Ieri

a me, e oggi a

te.

855, Ciascuno ha fissato il suo giorno. h;i>. Vivere vuol dir combattere.

rie della vita,

condizione dell'umanit

27^

Ouesta

la

vera
life.

858. Struggle for

per usare la frase ormai accettata universalmente a indicare


dei

uno

canoni della teoria


si

darviniana
dell'

dell' origine

della

specie.

La

frase

trova gi
:

nel titolo

opera fondamentale di
ln>

Carlo
selection
life,

Darwin

On

the origin

of species

means of natural
the

or the preservation of favoured races in


pubblicata nel 1859
s
;

struggle for

ed forse ispirata dalla frase analoga Struggle

stente che usata nel

non meno celebre Essay on the prin(1798).


quello che

ciples

of population del
altro verso,

Malthus

Un
fa dire
di

commovente ed umano,
di

Virgilio
i

ad Enea, mentre vede nel tempio

Cartagine dipinti

casi

Troia:

Sunt lacrimae rerum,

et

mentem
[Eneide,

mortalia
[tangunt.
lib.
I.

v. 462).

che col primo emistichio - usato,


.

come spesso accade, poco


il

a pro-

perch staccato dal resto del verso - ha dato


del pittore Attanasio.

titolo a

un

bd quadro

Ho
li

detto del primo emistichio,

che usato

assai spesso fuor


il

proposito, poich, infatti, esso significa realmente

pianto che
fanno.

noi facciamo sulle cose

umane

e non quello che


il

le

cose

umane

Or proverebbe non poca meraviglia


;

poeta se
tratte

rivivendo senda' suoi nepoti

quale impensata significazione sian

quelle cosi semplici parole sunt lacrima"


finito

rerum

il

tedio
il

in-

che

in

certi

momenti pare emani

dalle cose, quasi


il

dolore

dalle cose create

dominate da un fato cieco,


hi

misterioso

perch dell' essere e del morire,


ti.

simpatia della natura e degli

che piangono
C08

al
il

pianto dell'
prof.

uomo
<1'

ne sentono
in

la

scon-

Attilio

Marchi
e

una notcrella
si
l<

filologica

intitolata

appunto Sunt lacrima rerum

che

Lotta por

la
i

\ita.
tristi gli

Vnche qui

casi

del

inondo hanno

le

loro lacrime,

muovono

animi a compassione.

:;(>

Chi l'ha detto?

[860-862]

con

molto interesse e profitto {Rendiconti del R. Istituto Lomser. II, voi.

bardo di Scienze e Lettere,


pag. 1436).

XXXI,

fase.

XIX,

1898,

Al verso
l'epicureo

del

poeta mantovano va ravvicinata

la

sentenza del-

Lucrezio:
....

860.

Medio de fonte leporum Surgit amari aliquid, quod in ipsis floribus angat.
(De natura rerum,
lib.

IV,

v.

1125-26).

La
861.

vita contristata

anche dalla malvagit umana

Homo
Plauto
Lupus

homini lupus.
a.

che di
disse in

{Asinaria,

TI,

se.

4,

v.

88),

il

quale per

forma alquanto diversa:


est
si

homo

homini, non homo.

La forma

volgare

ritrova in

un epigramma

di

Giovanni

>WES

Homo

homini lupus,

homo homini Deus.


lEpigr.
Ili,

23;

ed.

Renouard,

Paris,

17<4, to. I, p. 79).

in

cui

il

secondo emistichio
si

tolto dal

primo verso

di

Cecilio
[104])

Stazio che
e del resto

trova nelle Epistola: di

Simmaco (IX, 114

non

che la traduzione del proverbio greco:


I,

avOpwno

vopwTtou aipvv.ov (Zenobio,

91).
:

Per cui non

ci

sorprenda

la

sconsolante sentenza biblica

862. Maledictus

homo

qui confidit in nomine.


(Geremia, cap. XVII.
v. 5).

Di Giannozzo Manetti, uomo


scrive

politico

fiorentino del sec.

XV,
del

Vespasiano da
(ediz.

Bisticci nelle

Vite degli

uomini

illustri

suo

tempo

Fanfani, pag. 102) che soleva

dire

Ispewtt,

860.

.... Di mezzo al fonte Dolce d'amore un non so che d'amaro Sorge che sin tra' fiori ange gli amanti {Marchetti).

861.
S,(>2.

L'uomo

lupo per l'altro uomo.


clic

Maledetto l'uomo

confida nel!'

alti

'

nomo.

[863-867]

Miserie della vita, condizione dell'umanit

quando vedeva uno promettere una cosa


faceva
in
lui,

non

che era osservantissimo, Maledictus

l'osservare, come homo ui confiait

homine, Ove alla


non

e la sua chiusa era, e nell'opere sua.

malignit

si

aggiunga

la

dappocaggine e

nullit nostra
:

cui

vale a sanare la brevit della vita

umana, poich

863. Hesterni quippe sumus, et ignoramus.


{Giobbe, cap. VITI, v.
9).

e per la quale

ORAZIO chiam
....

la

umana

stirpe:

S64.

Fruges consumere
1'

nati.
I,

(Epistole, lib.

ep.

2,

v. 27).

mentre

in

altra

parte dei suoi versi

aveva detta

865.

Audax

Japeti genus.
(Odi, lib.
I,

ud.

.5.

v.

21).

sar giustificata la sdegnosa misantropia di chi

si

vanti

866.
ripetendo
l'Akui.
il

Sprezzator degli uomini.


la

frase

del

canto
di

I*e

Ricordanze di

GIACOMO LkO-

quale diceva

chiuso nel natio borgo selvaggio:

Uni passo

^li

anni,

abbandonato, occulto,
;

amor, senza
Qtri
di

vita

ed aspro a forza
:

Tra lo stuol de' malevoli divengo


piet

mi spoglio

di

virtudi,

sprezzator degli uomini mi rendo,


la

Per

greggia eh' ho appi


il

Lo sconforto della vita e


manziere livornese
il

pessimismo ispirarono
:

al

grande

ro-

noto scettico dilemma

se la vita

fu

bene, perch mai

ci

vw n

tolta? -

E
il-,

se la vita fu male, perch

mai

n' stata concei).

Gtnuuum,

I.a lint tuglia

4i

B*m*v*mto,

cap. V, in princ.i.

imo
N'iti

di

ieri,

siamo ignoranti.
[cio

solo per consumare biade


stirp<-

per mangiare).

P65.

L'audace

di

<iap<to.

2;8

Cht l'ha detto?

[868-869]

E nemmeno a Arrigo Botro:


868.

troppo ottimismo

sono

ispirati

noti

versi

di

Questa la vita! l'ebete Vita che e' innamora, Lenta che pare un secolo, Breve che pare un'ora;

Un

oscillare eterno

Fra paradiso e inferno Che non s' accheta pi


ohe sono una
nel
rino,

strofa (la penultima) di

Dualismo, poesia

scritta

1863 e

a' suoi

tempi famosa (Boito, // libro dei versi, To-

1877, a pag. il).


a coronamento di tutte
le

Ma

umane
e

miserie,

viene

il

giorno

estremo, e allora nel libro della


glorie e delle debolezze
si

vita, delle gioie e dei dolori, delle

scrive fine,

869. Sic transit gloria mundi.


Queste parole, per un' antichissima consuetudine,
volte innanzi al
si

dicono

tre

Pontefice novellamente eletto nella cerimonia del


rito

possesso, a ricordargli nella solennit del

quanto

sia

breve e

caduca
toria
s'

la gloria

terrena.

Mentre

il

Papa seduto
flabelli

nella sedia gestaall'

avvia processionalmente, co'

a lato,

altare papale,

neir uscire dalla cappella Clementina in S. Pietro, trova un maestro di cerimonie genuflesso con

una canna inargentata, che


vi

in

cima
e

porta un ciufletto di stoppa

un chierico

appicca
la

il

fuoco,

mentre

la

stoppa

fa

vampa,

il

cerimoniere, alzando
la slessa

canna dice:

Sancte Pater,
le

sic transit

gloria mundi. E

cerimonia, con

medesime

parole,

si

ripete innanzi alla statua di S. Pietro e di

fronte alla cappella dei SS. Processo e

M animano.
mundi!
in

Ignoro

la fonte
<>)

delle parole rituali: nella Imitazione di Cristo (lib. I, cap. 3. \.

driio

<)
rito

(|uani

citi)

transit gloria

Questo
presso
i

che trova risconti!) anche


in

talune cerimonie praticale

gentili

circostanze analoghe, quali sarebbero quelle dei

869.

t'osi

passa

la

gloria del

mondi

[870-871]

Morte-

2:0

solenni trionfi, era usato nel vi secolo pure nella coronazione degli

imperatori greci

ed ugualmente ripetuto

in

molte

altre occasioni

della liturgia cattolica. Il


voi. tale

Moroni (Dizion. di erudiz.

storico-eccles

LXX,
la

pag. 90-93) narra che Pio III, coronato nel 150}. a


-

cerimonia rimase talmente penetrato e commosso, anche pei

che

sua salute era cadente per una piaga che


che
gli

gli

impediva

di

stare in piedi,

sgorgaron

le

lacrime, quasi
infatti

presago della
di

prossima sua

fine. Il

suo pontificato

non fu che

26

giorni.

Gregorio Leti nella sua romanzesca Vita di Sisto V, narra, vero


sia, di

o falso che
S. Pietro
il

questo pontefice, che, essendo


si

egli

incoronato
la

in
gli

maggio 1585, mentre

bruciava

stoppa,

venne detto: S. Padre, cosi passa la gloria


Sisto

di cues to mondo.

fuori dell' uso degli altri pontefici,

che in quell' atto mai


:

rispondono, con animo intrepido rispose ad alta voce

La gloria

nostra non passera mai, perch non abbiamo altra gloria, se non

che far buona giustizia.


ponesi, soggiunse:

poi voltatosi

alli

Ambasciatori Giapil

Dite alli vostri Prencipi nostri Figli

con-

tenuto di questa nobile cerimonia.

% 46.

Morte
Ordino qui appresso per lingue
delle
alla
frasi

pei

autori

la

non
si

brevi

delle sentenze che nel

comune

linguaggio

applicano

morte e a

ci che le appartiene.
:

Molte ne troveremmo nelle Sacre Carte


tre

ina

ci

contenteremo

di

o quattro fra

le

pivi

note,

per esempio:

870.

Semitam per quam non


Irfelior est

revertar, ambulo.
ftUte, cap.

XVII.

v. 2.M.

B71.

canis vivus leone mortuo.


{Ecclesiastr. c|>.

IV

vjo. *~
\
.

io tutto

uni suati. 1. pei

ni

non

ritorner.

E meglio un cane

rivo che un

leone morto.

28o

Chi l'ha detto?

[872-877]

872. In

omnibus operibus
sima
tua, et in

tuis

memorare

novis-

aeternum non peccabis.


(Ecclesiastico, cap. VII, v. 40).

873.

Omnia, quae de
vertentur.

terra sunt, in terram

con-

(Ecclesiastico, cap. XI, v. 11, e cap.

XLI,

v.

13).

Venendo

ai

classici

latini

abbiamo

la

sentenza di

Plauto

874.

....Quem d diligunt

Adulescens moritur.
(Bacchides,
il

a.

IV,

se. 4, v.

78<>-787l.

quale del resto non fece che tradurre un verso di


124, ed. Koch):
arcoGvyjoxei vo.

Mknandro

conservatoci da Plutarco (fragni.

"Ov

oi Gsoi tpiXoaiv

Dal divino Virgilio tolgo

la pietosa invocazione:

875. Parce SepultO.


e la frase di

(Eneide,

lib. Ili, v. 41).

Didone:
....

876.
vSed

Moriemur

inultae
ire

moriamur,

ait.

Sic, sic

juvat

sub

[umbras.
{Eneide,
lib.

IV,

v. 658-659).

da Ovidio

le

parole solite a scolpirsi sulle tombe dei romani

877.

Molliter ossa cubent.


(Trist tum,
lib. Ill, el.

HI,

v.

7).

872. In tutte 873.

le

tue azioni ricordati del tuo

ultimo

line,

non

peccherai in eterno.

Tutto |uello che viene dalla terra, ritorner terra.


gli

874. Colui che

dei

amano, muore giovine.


si

875. Perdona a chi seppellito. 876. Morr invendicata Ebbene,


!

muoia, disse. Cos, cosi devo

ombre. 877. Riposino dolcemente le Ottft.


scendere fra
le

[878-882]

Morti

281

Anche

il

878.
che
i

Ko'jcpa ooc yjkbv Ircvwoe rapa.


latini

tradussero:

Leva

sii tibi

terra!, di
il

EURIPIDE

{Ai-

ceste, v.

462-463),

ma

confr. pure con

testo di

Ovidio, Amores,

lib. Ili, el. 9, v.

68..
la

Da Orazio

trarremo

bellissima immagine:

879. Pallida

mors eequo pulsat pede pauperum


turres....
(Odi,
lib. I,

Regumque
e
il

[tabernas
od.
4, v.

13-14).

pietoso lamento

880.

Linquenda
Uxor....

tellus, et

domus,
(Odt, lib.

et
II.

placens
od.
14, v. 21-J21.

da Tacito

la

nobile sentenza, in tutto degna di


di

lui

ma

ch'egli

riporta

come parole

Agricola:

881.

Honesta mors turpi

vita potior.
33).

(Tacito, Vita di Agricola, cap.

LIO Spak/IAN'o

nella

Vita di Adriano Imperatori' che

fa

parte

degli Scriptores historic

Augusta

dice di

lui

Va moriens qui-

(Icm hos versus fecisse dicitur:

882.

Animula, vagula, blandula. Hospes, comesque corporis, Quae nunc abibis in loca? Pallidula, rigida, nudula
Nec, ut
sia

soles,

dabis jocos.
ricopre.
al

lieve

la

terra che

ti

879. La pallida morte batte ugualmente


al

tugurio del povero

come

castello dei

re.

880. Conviene abbandonare

la terra, e la casa, e l'amabile moglie. 881. Un'onesta morte migliore d'una vita vergognosa. XK2. O piccola anima, errabonda, scherzosa, ospite e compagni

del corpo,
d'i

dove andrai ora. pallida, fredda, ignuda, priva

consueti sollazzi?

82

Chi l'ha detto?

[883-885]

FONTENELLE
non
fedele,

nei

Dialogues des Alorts ne dette una traduzione

ma

gentilissima:

Ma

petite

me,

ma

mignonne,
tu vas!

Tu t'en vas donc, ma fille? Et Dieu sache o Tu pars seulette et tremblotante, hlas Que deviendra ton humeur folichonne ? Que deviendront tant de jolis bats?
!

883.

Memento

mori.
gli

lugubre riflessione, nata forse presso


baide, divenne poi

antichi solitari della

Te-

come

la

parola d'ordine dei Trappisti (ordine

di strettissima osservanza,

fondato nel 1140, riformato dal famoso


quali per le loro Costituzioni

abate

Ranc
di

nel 1664),

dovevano
l'

ripeterselo

continuo, per avere di continuo presente

imma-

gine della morte.


cap.

Anche
v.

la

Bibbia nel libro

dell' Ecclesiastico,
.

XXXVIII,
gli

21, dice:

Memento novissimorum
antico

Cosi

Egiziani nei loro banchetti facevano portare attorno una

bara: e agli Czar delle Russie era

uso

di di

presentare nel

giorno della loro coronazione


quali
chi

diversi

campioni

marmi,

fra

dovevano

scegliere quello destinato alla loro


il

tomba. Del resto

non ricorda
es,

versetto del d

delle Ceneri

Memento homo,
Pulvis

quia pulvis
es ecc.,

et in

pulvere m

re^ierteris ? e le parole:
e

sono

tolte di

peso dalla Bibbia

precisamente dal libro

della

Genesi,

cap. Ili, v. 19.


il

Dalla Divina Commedia dell'Al.iGHiEKi tolgo


di

verso

in cui

dice

Ercole che uccise a colpi di clava Cacco,

il

ladrone dell'Aventino:

884.

Gli ne die cento, e

non
ma

sent le diece.
\lnfcnio,

e XXV.

v.

33).

e l'altro in cui parla,

non
:

di

un morto,

al

contrario di qualcuno

che vivo, e vivo bene

885.

E mangia

bee e dorme e veste panni.


(Inferno,

e XXXIII.

v.

141).

Costui
tin

Uralici d'Oria che


il

non mor nm/uanchc. Visse


lo

infatti

dopo

1300:

ma Dante
devi

mise

lo

stesso

all'

Inferno.

883.

Rammentati che

morire.

[886-889]

Morte

2 8

L' altro nostro maggior poeta, in una delle canzoni in vita di

Madonna Laura (num.

XVl

secondo
:

la

numeraz. del Marsand

XX
886.

secondo

il

Mestica) che comincia


5).

Ben mi credea passar mio


:

tempo ormai

(str.

scrisse la

nota sentenza

\Ch *]

Un

bel morir tutta la vita onora.

che un filosofo prudente parodi nel verso non

meno

noto:

un bel fuggir salva


(I.iPPi.

la

vita

ancora.

.Malm ani ile racqttistato,

XI

cantare, ott.
la

13).

Suo
precoce

pure
:

il

verso col quale Laura rimpiange

sua morte

E compie' mia giornata inanzi


(Petrarca. Sonetto in n. XXXIV, secondo
il

sera.

M. Laura. Marsand, CCI. XI delTed. Mestica, cumin.: Li- omini il mio


morii- di

fen.'irr in parte or' era).

ili

cui

si

rammenti)
18)
:

il

GIUSTI

nei

melanconici versi All'

amim

lon-

tana

istr.

spirito

infermo e travagliato
sera.

Compir sua giornata innanzi

Non
Il

sia

dimenticato

tuo misero amante

ed ugualmente dei

Petbasca
il

la

terzina seguente:

888.

ciechi,

tanto affaticar che giova?

Tutti torniamo a la gran

madre
si
I.

antica,

il

nome
ini

nostro a pena

ritrova.
v.
IOfr-1

[Trionfo della M>rt,. canto

L'ASJOSTO

olire

due o-im:

Sarebbe pensier non troppo accorto,


Perder due vivi per salvare un morto.
[Orlando furioso.
li.

C.

XVIII,

<,tt

IM).

itaaao

nel celebre
:

episodio

li

(loi ulano

Medoro;

e M

Tasso

la

nota v Bietta

284

Citi

l'ha detto

[89O-896]

890

Dal sonno

alla

morte un

picciol varco.
IX,
ott. 18).

{Gerusalemme

liberata, e.

nonch

versi

nei quali descritta la

morte

di

Clorinda

891.

....In

questa forma

Passa

la bella

donna, e par che dorma.


(Gerusalemme
liberata, e. XII, ott. 69).

due belle sentenze

di

frequentissimo uso:

892.

Non dee
Muojono

guerra

co'

morti aver chi vive.


e.

{Gerusalemme liberata,

XIII,

ott. 39).

893.

le citt,

muojono

regni;

Copre i fasti e le pompe arena ed erba; E l'uom d'esser mortai par che si sdegni.
(Gerusalemme
liberata,
C.

XV.

ott. 20).

In un melodramma del

Metastasio, l'Adriano

in Siria,

si

troveranno queste altre due. ugualmente notissime:

894.
Difficile

....

Agi' infelici
(

il

morir.
sia la
tutti
i

a.

i.

se. u).

895.

Non
Il

ver che peggior di

morte
mali
;

un

sollievo de' mortali

Che son
(Juasi proverbiale
si

stanchi di

soffrir.
(A.
Ili, se. d.

fatto

il

verso di

VINCENZO Monti:

896.

Oltra

il

rogo non vive


(In

ira

nemica.
Bassrille,
e. I, v. 4').

morte di

Ugo

ho
a

fu

scritto

sulla

tomba che Brescia


delle

eresse

nel

suo cimife-

tero al generale
ito

Nugent comandante
una
delle
la

trappe austriache,

morte
istitu

in

Dieci

Giornate (marzo 1849) e che


:

morendo

sua legatari

eroica citt

il

gen. Cialdini lo fece

scrivere sulla bara del generale pontificio march. Giorgio l'iiinnlaii.

mo]

sceindardo
re

Ci

8 settembre i860) la cui salma egli fece


la

Roma

dove l'attendeva

vedova.

Una

delle pi

popolari tragedie dell' Alfieri ha porto <ceai

sone a molti infelici di ripetere


....

disperati versi

Cui tanto invoco,

al

Morte. Morte mio dolor tu sorda


-,,

Sempre
.

sarai?...
passo verso
le
la

a . v,

olgiamo
la al

il

tombe, ricorre istintivamente


quale U.-

alla

memoria
ciamento

interrogazione con

d comin-

carme de' Sepolcri :

All'ombra de' cipressi e dentro l'urne Confortate di pianto forse il sonno Della morte men duro ?
e

Ippolito Pixuemonte. cui

il

carme medesimo era

diretto, ri-

spondeva a questa domanda con un'altra:

Un mucchio
'custodi delle sue catene
a un libero spirto?
Il

d"

degli accerchiano

marmi
<[Sepolcr
let-

nobile poemetto foscoliano, rimasto classico nella nostra

teratura, contiene anche altre frasi scolpite nella

memoria

di tutti,

quali le seguenti

....

Ahi

sugli estinti

sorge

fiore,

Lodi onorato e

ove non sia d'umane d'amoroso pianto.


IV.

occhi

dell'

uom

cercan moren

Il

Sole: p tutti l'ultimo sospiro


i

Mandano

petti

alla

fuggente luce.

ttant'.im
"vedi pi

che

gli api

2 86

Chi V ha detto?

[901-905]

Leopardi nei suoi ultimi momenti volgendosi


tonio Ranieri:

alla sorella di

An-

Aprimi quella

finestra

fammi veder

la luce.

(Carducci).

901.

egregie cose il forte animo accendono L'urne de' forti, o Pindemonte, e bella E santa fanno al peregrin la terra

Che
Veniamo
al

le ricetta.
,

151.154}.

malinconico poeta della Ginestra;


il

egli

che

ai

prodi

morti delle Termopili rivolse

suo compianto, poich:

902.

Senza baci moriste e senza pianto.


(Leopardi. Canzone
all'Italia}.

ci

ha lasciato anche

il

bellissimo detto

903.

....Due cose belle ha

il

mondo:

Amore

e morte.
il

(Leopardi. Consalvo).
in principio dell' altra

Lo stesso pensiero Amore e morte:


Fratelli,

poeta ripet

canzone.

a un tempo stesso,
la sorte.
s

Amore

Morte

Ingener
Altre

Cose quaggi
il

belle

mondo non
un grande

ha,

non han

le

stelle.

Nelle poesie
di

di

scrittore dei
la

giorni

nostri leggiamo
d

due morti famosi, Ermengarda,

moglie ripudiata

Carloina-

gno. e Napoleone.

La prima
le

giace

904.

Sparsa

trecce morbide

Sull'affannoso petto,

Lenta le palme, e rorida Di morte il bianco aspetto.


(Manzoni, Adelchi, coro dell'atto
ne) quale coro Btesso
lVi.

troveremo V

altra frase che

non

di

rado

citata

905.

Alle incolpate ceneri

Nessuno

insulter.

[gofi]

Morte

Per

il

secondo,

tutti

ricordano
:

il

mirabile canto che senza forse

non morr e che comincia

go6.

Ei fu; siccome immobile

Dato

il

mortai sospiro

Stette la spoglia

immemore

Orba

di tanto spiro,

Cos percossa, attonita

La
L'

terra al nunzio sta.


i

Manzoni,

//

Cinque Maggio, ode).


1*

Ei fu

col quale

bruscamente comincia

ode manzoniana e
si

che molti censurarono (un accenno a queste critiche

trova in

D'Ovidio e

Sailer, Discussioni

manzoniane, Citt

di Castello, Lapi. (nellui

1886, pag. 200), deriva, secondo afferma Michele Scherillo

ediz.

del

Manzoni, Le tragedie, gli inni

sacri,

le

odi,

da

curata per l'edit.


Ut

Hoepli, Milano 1907, a pag. i.xix). dall' O/*


scritta
il

Xapoleon Bonaparte del Byron,

16 aprile 1814,

il

giorno dopo l'abdicazione, e che comincia ugualmente:

'T

il

donc.'

Invece assai pi discutibile mi sembra V altra derivazione voluta


re del sig.

Aldo Oberdorfer Una probabile fonte deWEl


(

Fi:

manzoniano, nel Giornale storico della letteratura italiana,


Torino 19 15, pag. 80-83)
consolatrice a Federico
nel
il

fase. 193.

quale troverebbe tale fonte nella ode

di

Danimarca,

scritta dal

Klopstock

1731. e che

il

Manzoni poteva conoscere


pubblicata

nel testo tedesco

attraverso la versione italiana

adi' Idea della bella


to.
I.

itra

alemanna

del

De

Giorgi Rertola.
detto,

Lucca

17.^4.
:

deriva/itine,

come ho

me sembra motto
nei

incerta

invece pi probabili mi

sembrano

altre

due reminiscenze dall'ode


noti
\

ma

che

il

Manzoni avrebl
.

attonita

I.a

terra al

nunzio sta

....

Xui
M.-i-

("hiniam
l

la

fronte

al

attor

288

Chi l'ha detto?

[907-91

1]

Di due commosse frasi sui nostri poveri morti siamo debitori Giovanni Prati che li chiam nel Viaggio notturno:
....

907.

defunti, che pietosi e cari

Vengon

ne' sogni a favellar

con noi

D' un' armonia migliore.


e alla

povera orfanella della gentile poesia Tutto ritorna, avvertiva

908.

Che
E
909.

morti

al

Tu non sai mondo non ritornan mai!


....

la fanciulla

che da quattro anni sta sulla porta ad aspettai

che torni la madre defunta, risponde a chi tenta disilluderla:

Tornano al vaso i fiorellini miei, Tornan le stelle.... torner anche


ma

lei

Per coloro che pi non hanno tanta ingenuit


qualche conforto nella fiducia in un
petere con l'abate
al

trovano ncora
ri-

di

l,

sar pi grato di

Giacomo Zanella:
....

910.

Il

nulla

pi veggenti savj:

Io nella

tomba trover
Teobaldo Ciconi, non meno noti
:

la culla.
(Za veglia,
str.
18).

Sono invece
questi altri

di

poeta drammatico

friulani'.

due

versi

911.

Con

vent' anni nel core


la

Pare un sogno
che sono
i

morte, eppur

si

muore.

due

versi finali nella

4" e nell'ultima strofa di un'ode

composta
Florio.

stampata

nel

1853

in

morte della contessimi Vittoria


del

Fu

ristampata l'anno stesso nel volume delle Paesi,

Ciconi (Venezia, Naratovich, 1853), a pag. 33.

Qualcosa giova togliere anche

ai

nostri migliori poeti dialettali,

come a TOMMASO Grossi clic Carlo Porta si domandava:

nella dolcissima poesia in morti' di

[912-915]

Morte

912.

L' mort? l' propri mort? Cossa vceur Sta gran parola che fa tant spavent?
in

Giuseppe Giovacchixo Belli che


li
:

un sonetto romanesco
filosofia

L'amore de

morti,

del

19 settembre

1835, con molta

giudicava che

913

Li vivi poi-poi, bboni o cattivi.


.So'

Xun
o anche

cquarche ccosa mejjo de li morti. fuss' antro pe'cquesto che sso'vivi.


capo ameno
il

all' altro

quale disse di un tale che mor

cos all'improvviso:

Q14.

....

Du' minuti avanti


bu...,

di

mor
!

Pare na

ma

era vivo
pisano di

ed in uno sbrigliato sonetto

in dialetto

Neri TaNFUCIO

(Rinato Fucini)
915.

il

intitolato

La morte 'improvvisa.

Fenesta ca luci ve e
notissimo, di

mo non
antica e
il

luce
napoletana,

primo verso,
si

un' antica

canzone

sulla quale
s&a

fantasticato

assai.

comune opinione
Di Giacomo che

risalga ai

tempi

di

Masaniello, mentre

nel

suo volumetto Celebrit napoletane (Trani, 1896) ha studiato


la

con amore questo argomento, assicura che

prima

edizione a

stampa
in

di

questa canzone fu fatta da certo


il

Mariano Paolella
la

Napoli reno
Cr)

1854,

il

quale dice di avere rifatto

presente

elegia

sulla traccia di

poche parole canticchiate dal popolo.


Il

iiKiSMine dalle
se

donnicciole.

Di Giacomo

ritiene

che

egli fra(piali

liberamente in napoletano la poesia siciliana con la

.Mai ilo

m
di

GANCI
<

nel secolo

xvi cant

la

pietosa

morte della

Baionetta

arini.
/."

ancora viva nella leggenda popolare


Ut

tomone-Marino,

baronessa di Cari

popolare del

012.

V.

morto?

proprio

morto:

chi-

cosa

\u<>l

dire questa pa-

rolona che fa tanta

pam
e

915.

linostra che luceva (era illuminata)

ora non luce

2QO

Cki l'ha detto?

[916-017]

colo

XVI, Palermo,
:

1873). Ecco intiera

la

prima

sestina,

la

pi

nota, della canzone

Fenesta ca lucive e ino non luce,

Segno

ca

Nenna mia

stace malata:
lo dice
s'
:

S' affaccia la sorella e

me

Nennella toia

morta e

atterrata;
sola,

Chiagneva sempe ca durmeva

Mo E
la

dorme co

li

muorte accompagnata

.
Bellini.

musica? Volevano che fosse addirittura del

Certo

dolcissima e

degna

di

lui

ma

il

Di Giacomo crede invece che

Luigi Ricci
tane,

I'

abbia fornita al famoso editore di melodie napolela

Gugl. Cottrau, che ne fece una riduzione e


;

stamp come
l'

cosa sua nella prima met di questo secolo


fittando di noti motivi
belliniani

l'

uno

altro pro-

rossiniani.

Vedasi pure quel


Antologia,

che ne scrisse Amilcare Lauria nella


vol.

Nuova

IV

ser.,

LXV,
i

fase, del

i settembre
stranieri,

1896, p. 117.
Italia,

Fra
ci

pochi

scrittori

meglio conosciuti in

che

hanno
il

lasciato retaggio di frasi funebri,

ricorderemo in prima
dal suo letto di morte

linea

curato di

Meudon, Rabelais, che


:

scrisse al

Card, de Chtillon

g 16. Je

m'en vay chercher un grand


come
restata
:

peut-tre.
lui

e la frase restata,

1'

altra

pure a

attribuita,

ma

con minor fondamento

917. Tirez le rideau, la farce est joue.


Narrasi, bench sia stato pi volte smentito, che Rabelais
la dicesse
:

ridendo agli amici che lo circondavano sul letto ove agonizzava

ma avanti di Rabelais, 1' aveva Demon atte morente (Lucianus


Secondo un'
Rabelais morente
al

detta certamente, bench in greco.

altra versione queste parole sarebbero state dette

Samos., Vita Demonactis, 65). da


di
di

paggio

del Cardinale

Bellay,
lui
:

venuto a

nome

di

questo prelato a prendere notizie

Dis

mon-

seigneur l'tat o tu

me

vois.

Je m'en vais chercher un grand

916. Io vado a cercare un gran


917.
Tirate
il

forse.

sipario,

la

farsa finita.

[918-921]

Morte

91

peut-tre.
toi,

Il

est

au nid de

la

pie

dis-lui qu'il s'y tienne.


le

Pour

tu ne seras jamais

qu'un fou. Tire

rideau,

la farce est

joue.
conto,

Ma,

ripeto,

nessuna seria autorit conferma questo rac-

non pi

dell' altro,
si

anche pi fantastico, secondo cui Ra-

belais vicino a morire


giustificare le

sarebbe fatto rivestire di un domino per

note parole della Scrittura:

918. Beati mortui qui in

Domino

moriuntur.
e.

(Apocalisse,

XIV,

v.

13.

questo medesimo versetto

si

riconnette

un pi lugubre ricordo,

quello delle stragi di Perugia (20 giugno 1859) e dei solenni funerali
indetti ai

mercenari svizzeri, saccheggiatori e massacratori, morti

nel combattimento. Quei funerali furono ordinati ed eseguiti dal

cardinale vescovo Pecci, poi papa


locare sul catafalco la inscrizione:

Leone XIII,

il

quale fece col-

Beati mortui qui in Domino


tale circostanza,

moriuntur, che diretta a

tali

morti e messa in

suonava un insulto a Dio (F. Bertolini, Storia del Risorgimento


Italiano,

cap.
2
a

XVI. vol.

Leti,
I,

Roma

lo

stilo pontificio

dal 1849

al 1870,

ed.,

pag. 386).
la risposta di

Pi autentica sarebbe

Fonteneixe

in

punto

di

morte a

chi

gli

domandava conto

della sua salute:

919.

Cela ne va pas, cela s'en va.

Antoni" Lf.mikrrk
di lui
il

autore pochissimo noto fra noi, tuttavia

verso:

920.

Caton

se la

donna
si

Socrate l'attendit.
:

proposito della morte


nella tragedia
.

suole citare non raramente


bc. :

BarneveU
si

la.

IV.

Pi noti invece sono


la

F< >W
:

eh'-

nobilmente descrisse

morte del giusto dicendo


1<-

Rien ne trouble

Ba tin; c'est

^>ir

d'un beau
[jour.
v.
14).

[PkiUmom

et

Baucis, pome,

Beati

morti che
se
n<-

ni il"

*>
j

011 la

grazia di Lui)

va.

920. Catone se
21.

la

dette,
la

Socrate
fin

1'

aspett.
-:i

Nulla turba

sua

di

un

\tc\

giorno.

292

Chi l'ha detto?

[922]

Franois

j>e

Malherbe,

autore di due versi diventati celebri

a cagione specialmente della leggenda formatasi di un preteso errore tipografico. I due versi sono
i

seguenti

9 2 2. (Et)

Rose,

elle

a vcu ce que vivent les roses.

L'espace d'un matin.


(Consolation

M; Du

d'Aix en Provence, sur


stances, v. 15-16).

Prier, gentilhomme la mort de sa fille,

ed cosa ripetuta che Malherbe avrebbe

scritto originariamente
les roses,

Et Rosette a vcu ce que vivent

L'espace d'un matin.

Fu

detto che fosse


il

il

compositore che per errore, volontario o no,


:

mut

testo nella

forma ora conosciuta

l'

autore avrebbe ac-

cettato la correzione, che senza dubbio cresceva grazia alla frase.

Ma
in

pare che

l'

aneddoto non abbia fondamento, poich


originale della

lo

smenfatta

tisce la lezione

prima stampa, oggi introvabile,


:

Provenza

in

un

foglio volante

Et ne pouvoit Rosette
Si

tre

mieux que

les roses

noti poi che la figlia di

Franois du Prier non

si

chiamava
la
il

Rosa,

ma

Margherita. Queste stanze del Malherbe, che sono


le

pi celebre fra

poesie da
il

lui

composte, furono

scritte

dopo

giugno 1599, poich


primi bambini, di cui
il

poeta

vi

allude alla morte dei

suoi
a
(

due
aen.

il

secondo mor nelle sue braccia,


la
"di/., di

23 giugno di quell'anno. Vedasi


1. alatine

Mainerbe

arata da

L.

per

la

collezione dei

Grands crivains de

la France,

to. I

(Paris,

1862), pag. 38.

Dei versi

succitati

non mancarono numerose imitazioni

e parode,
1

delle quali ricorder

una

sola.

Dei

vari

epigrammi

di

Nicol
1838
in
uffici

0M-

MASKO, uno
di

dei pi garbati questo,

composto

nel

morte
(anche

Don Robustiano
di

Gironi, ch'ebbe lunga vita e molti

quello

bibliotecario della Braidensc) e fu successore di Giuseppe


:

Acerbi nella direzione della Biblioteca Italiana

<)22.

Uosa, ha vissuto quel che vivono


iriorno.

le

rose,

lo

spazio di un

,2

5]

Morie

Il

fut bien

de ce monde, o
meilleur
:

les

plus dures ttes

Ont

le destin
il

Et, bte,

a vcu ce que vivent les btes,

Trois sicles de bonheur.

La 923.

cinica frase:

Il

n'y a que les morts qui ne reviennent pas.


1794 dal convenzionale Bertrand Barre (non l' Anacreonte della ghigliottina, quando
i

fu detta nel

Barrre), soprannominato

innanzi alla Convenzione sostenne la guerra a morte contro


mici esterni ed interni della repubblica.

nealla

Fu

egli

stesso

che

parte pi moderata dell' assemblea la quale chiedeva


giudizio di Luigi
crotre,

un

rinvio del

XVI

rispose che l'arbre de la libert ne saurait

s'il n'tait

arros du sang des rois ; e che fece decretare

dalla

Convenzione che:

924.

La

terreur est l'ordre


giorni
nefasti

du
di

jour.
periodo del Terrore.

donde a quei

venne

il

nome

Sono

di quel

medesimo tempo

le

parole famose:

925. Fils de Saint-Louis,


u-ebbero
le

montez au
accompagn

ciel.
i>k

parole dette dall' ab. li. Esskx


Luigi

EdgEWOKTB
al

Firmont

al

re

XVI

ch'egli
Il

patibolo, pochi
di coloro

momenti prima dell'esecuzione.


hanno concluso che
rit

maggior numero

che

hanno recentemente studiato questo piccolo problema


il

istorico,

mento apocrifo: Fournier

nel suo libro

dans

l'histoire,

dice addirittura che fu inventato in

una

a sera stessa dell'esecuzionialtri

da un giornalista,

<\Kr"

IIi>:

ne attribuiscono invece
l.-.c

la

paternit a un altro scrittore noto,


di

RETELLE.

Ma

un articolo

G. du Fresne de BeauQuestions
l'an-

[Le mot de
rques,
iti
i'
1

l'ali''

Edgeworth, nella Revu* </o


564) sostiene

ottobre 1892, pag.

invece

della

frase,

che ha

in

suo favore un insieme imponente

itimonianze contempo)

mo

che
all'

morti che non ritornano.

ordine del giorno.


salita
.il

Figlio

ili

San Luigi,

dr|o.

294

6"i

l'ha detto?

[926-927].

Sono pure

citate spesso le

ultime

parole

attribuite a

Wolf-

gang von Goethe


926.
altro
frasi

e gi ricordate al

num. 900:

Mehr

Licht!
la tradizione si

esempio del come

compiaccia di abbellire

le

dei grandi uomini, poich egli pi

modestamente
:

disse alla
l'al-

serva poco innanzi di morire (22 marzo 1832)


tra

Apri anche
luce

imposta per fare

entrare

un poco pi

di

(Macht doch

den zweiten Fensterladen auch auf, damit mehr Licht hereinkomme). Per maggiori ragguagli su questa singolare questione, che
sua piccola letteratura, rimando

ha gi

la

all'

eccellente libro delBerlin, 1895,


:

l'Hertslet, Treppenwitz der Weltgeschichte,

IV. Aufl.,

S. 319.
si

Gi pi sopra ricordammo

le

ultime parole di Leopardi


il

pu pure aggiungere come notevole coincidenza che

famoso
pi

mistico e spiritista scozzese,

Lawrence Oliphant, l'uomo


e nebbiosa di settembre,

singolare dell' Inghilterra contemporanea, spir nel 1888 a Twicke-

nham,

in

una giornata fredda


le

mormorando
:

appunto

parole che

si

vorrebbero attribuire a Goethe morente


in

Ancora luce
vie de pote

'E
gli

Firmin Roz, narrando


ultimi

una pagina piena


composto

di

mesta poesia,
:

momenti

di

Alfredo Tennyson (Une


articolo
sulla scorta

Alfred Lord Tennyson,

della vita scritta dal figlio, nella Bibliothque Universelle et

Retm

Suisse, to.

LX,
la

au milieu de
Puis
il

novembre 1910, pag. 259): Le mardi, " journe, il demanda: " O est mon Shakespeare?
n. 179,

fit

relever les jalousies:


le

"Je veux
les

voir le ciel et la luIl

mire! " Est-ce donc


pta:
le

cri

de tous

potes mourants?

r-

"Le

ciel

et la

lumire!

"

C'tait

une glorieuse matine

et

chaud

soleil

inondait les bois du Sussex et la ligne des collines


.
:

du sud que l'on voyait de sa fentre


Altra frase,
trita

e ritrita, di origine tedesca, la seguente

927.
ed
in

Die Todten reiten


una celebre
ballata di
la

schnell.
intitolata
di

GOTTFR. AUG. Brger

Lenorc (pubbl. per

prima volta nel Musenalmanach

Got

927.

926. Pi luce. I morti corrono (cavalcano) presto.

[92S-93

Nature diverse

295

tinga del

1774, a pag. 214) ove

il

funebre amante della fanciulla,


il

mentre

la rapisce

spingendo a galoppo forsennato


la ragione di

cavallo, a lei
ripete

che paurosa

domanda

quella corsa

sfrenata,

sempre

la

medesima

risposta, cio la frase

macabra detta
Burger

di sopra
il

(vedasi per le fonti tedesche di questo verso del


libro del

noto

Bchmann. XXIII.

Aufl.. S. 143).

Fra noi

pi fre:

quente

di citarla sotto la

forma francese (dalla traduzione di Lehr) vite.


che
si

928.
e
fa
il

Les morts vont

significato, affatto arbitrario,


il

usa di darle che la morte

molto rapidamente

vuoto intomo a noi.

La prima
6)

versione

italiana della Lettore in

prosa e fu data dal Berchet nella


Bernardoni, 181

LeU
vedi

tera semiseria di Grisostomo (Milano,

a pag. 135 della ristampa curata da A. Galletti (Lanciano, Carabba,


iti

19 13)

- dove

!a

frase cosi voltata:


si

I morti

cai-alcano

furia. Su questa prima versione italiana

veda l'articolo della

prof. Lavinia Mazzucchetti nel Giornale Storico della Letteratura

Italiana, voi.

LXXI,

1918, pag. 237-242.


la

929.

di

Shakespeare

frase:

what a noble mind


(a.

is

here o'erthrown
demenza
di

eh' egli fa dire a Ofelia che piange sulla

Amleto,

nel-

VAmleto

Ili,

se.

47.
Nature diverse

La

variet dei
latin. \\

cervelli

umani

e dei gradisi lorn espressa dalla

.iri-nna

930.

Quot homines
I

tot sententi;!.

morii vanno in fretta.

Oh
930.

qual nobile intelletto qui offuscato

fanti

uomini, altrettante opinioni.

2cj(>

Chi l'ha detto?

[93 I- 933]

che

si

legge

nel
in
i,

Formione

di

Terenzio
I,
si

(a. II,

se. 4,

v.

454).

Vedasi anche
lib.
il

Cicerone, De nibus,
vers. 27-28), e

Orazio

(Satire,

II,

sat.

confronti con quel che ne scrisse


e

Leopardi nei Pensieri di varia filosofia


regola ed opera secondo

di bella letteratura

(Firenze, 1898), voi. II, pag. 126, e anche a pag. 123. Ciascuno
infatti
si
i

suoi gusti, la sua educazione,

la

sua natura: e poich

tutti questi
1'

elementi variano da individuo


attivit e
di

a individuo, varia necessariamente


sare.

umana

l'umano pen:

Latinamente ci

si

esprime col verso

Properzio

931.

Naturae sequitur semina quisque

suae.

(Lib. Ili, eleg. IX, v. 20).

Da

cui discende quest' altra verit

non meno

indiscutibile,

che

932.

Non omnia possumus omnes.


(Virgilio, Bucolica, egloga Vili,
v. 63).

sentenza che nel medio evo lievemente modificata divenne proverbiale:


cfr. in

Werner, Latein. Sprichwrter und Sinnspruche des


(Heidelberg,

Mittelalters

1912),

al

n.

50

della lett.

O: Omnia
lett.

nemo
Le

potest,

non omnes omnia possunt

e al n.

37 della

Reges qui vivunt non omnia omnes possunt.


differenze fra
:

gli

uomini inducono naturalmente l'animo nodimentichiamo che

stro ai confronti

ma non

933.
I."

Comparisons are odious.


(Diet,

Adams

of Engl.

Literat.) e

il

Hartlett (Familiar

Quoil

tations)

citano a proposito della frase precedente, la quale ha


in italiano, le seguenti fonti
:

suo corrispondente esatto anche

Bur-

pt. Ill, sect. 3, mem. I, subs. 2; HEYWOOD's Woman killed with kindness, act. I, SC. I; JOHN Donne's Elegy VIII; Geo. Hkkhkkt's /acuta Prudentum; Mar i.i) we. Lust's Dominion, act. Ill, sc. 4; John POKTES De laudibus leg. Angliae, chap. XIX; nonch Cervantes, Don

ton's Anatomy of Melancholy,

.scine della 931. Ognuno segue 932. Non tutti possiamo tutto.
il

ma

natura.

933.

confronti sono odiosi.

[934*936]

Nazioni,

citt,

paesi

29;

Quixote, parte II, cap.


trovi la
Il

XXIII. Xon
chi

so per in quale lingua


attribuirsi.

si

paremia originale n a

debba

pessimista potr osservare che tanta variet nella natura


in

umana

non serve che a porre


difetti

evidenza

1'

abbondanza

e la variet dei

dei

vizi

ma

d' altra parte

954.

.... Chi pu vantarsi Senza difetti ? Esaminando i sui Ciascuno impari a perdonar gli altrui.

iMKT.wrAsio. Zmobia,
I!

a. I. se. 3).

pessimista potr pure dedurre che assai pericoloso l'aver che

fare

con molti

cervelli,

poich assai dubbio di trovarli uniti e di


le

condurli a savio consiglio. Perci


al

masse troppo spesso

si

appigliano

peggiore dei

partiti, e si lasciano
il

facilmente raggirare dai furbi,


in

come giustamente diceva

Gusti
i

quel suo notissimo sonetto

Che

pi tirano

meno

verit.
;

Posto che sia nei pi senno e virt

Ma
Se
i

meno, caro mio, tirano

pi,

pi trattiene inerzia o asinit.

48.
Nazioni, citt, paesi

be raccolgo
di

in

questo paragrafo sono


si
il

in

gran numero

vituperio,

poich sembra che queste

ricordino pi fatrarne

ente delle altre. Tuttavia sarebbe sciocco


iare questo

argomento

o quel paese, poich esse non hanno ormai che


e
in

valore storico,
l6.

ogni

modo:

Le four et
nation.

le contre se
,|;
v

trouvent en chaque
/

comte, sect.

142|.

''

ino

ogni

nazi

Chi l'ha

detto ?

[93 7 -94]

In fondo non mi pare che fosse tanto stupido quel buon bor-

ghese di Torino che non capiva la passione dei viaggi, e fra


altre cose diceva:

le

937

Le

sita....

tute a peupr:

Na

c dsa, na c dia e an
machina, che
il

mes na

stra.

nel sonetto L'ont

primo

di quei geniali quadretti

dal vero intitolati Mac'tte tourineise (1879), satira vivace della bor-

ghesia piemontese di

l'anagramma

di

Alberto Arnulei, Fulberto Alarni.


il

conosciuto anche sotto

Bellissimo invero sarebbe

paese cercato da
nei

Lorenzo Stec:

chetti (Olindo Guerrini)

Postuma,

XXXVII

938.

Conosci tu

il

paese
s' mortali,
fin

Dove non Dove alla

del

mese

Non scadon
che poi dovrebbe essere
godi, dove le vigne
agli
si
il

le

cambiali?
di

famoso paese
le

Cuccagna
gi

e di

Ben-

legavano con

salsiccie,

noto anche

antichi che credevano

939. Hic porcos coctos ambulare.


(Pktronio, Satyr.,

XLY

4).

Questo sarebbe veramente

il

paese ideale,

il

paese di cui potremmo

giustamente dire con Orazio:

940.

Ille

terrarum mihi praeter omnes


ridet.
l0 j it
i

Angulus

ib

n. od.

6,

v.

13-14

Finch un fortunato esploratore non ubbia trovato


detta regione, che ancora

questa bene-

non

figura su

nessuna carta, converr

contentarsi di quelle che la Provvidenza e le Societ Geografiche

citt una casa da una banda, tutte a un dipresso una casa dall'altra, e la strada nel mezzo. porci belli e cotti. 939. Qui passeggiano 940. Quell'angolo di terra mi sorride pi di qualunque altro.

937. Le

i45]

Nazioni,

citt,

paesi

299

ci

consentono di conoscere. Per noi

italiani in tal

caso non sar or-

goglio eccessivo se applichiamo le parole oraziane alla nostra, che

Virgilio salut

col

verso:

94

Salve,

magna parens frugum, Saturnia tellus, Magna virum. \Georgicke. 173-174,.


iit>.

ii, r.

che I'Alighieri design con

la

frase

942.

{Del)

II

bel paese l,

dove

il
e.

suona.
v. 80).

(Inferno,

XXXIII.

ed

il

Petrarca con

la

bella nota perifrasi

94,3.

....

Il

bel paese

Ch'Appennin parte
sec.
il

e'1

mar circonda
di

e l'Alpe.

(Sonetto in

vitti

M. Laura, num.

CXVI

Marsand.

CXIV

sec.

il

Mestica,

com.:
Si
t.

d'ardente virtute ornata e caldai.

confronti

con

le

parole

dell'

Ariosto (Orlando

furioso,

XXXIII,

ott.

9):
parte, e

La
il

terra

Ch'Apennin
e con quelle del

mare e l'Alpe

serra.

M
terra....

>>nagnola, coro dell'alt.

II

944.

Questa

Che natura

dall'altre

ha divisa,

ricinta coli' Alpe e col mar.

Lo tfewo l'i -.ir a RCA chiama il popolo d'Italia nella famosa >ie a' grandi d' Italia, che comincia: Italia mia, bench, 7
parlar sia indarno lia can/.

XVI

dell'ediz. Mestica: v. la str. 5)

945
frase

Latin sangue gentile.


che fu introdotta da G. B. NlCCOLOTl Mil' if
'

maUh m

/'>;

designare

il

popolo

di

Roma.

941. Salve, terra Saturnia, grande madre

di

grani

di

uomini.

Chi l'ha detto?

[946-948]

Ne
946.

diceva

le

lodi

Giuseppe Garibaldi con


in Italia,

le

note parole

La pianta uomo nasce


a nessuno.

non seconda

parole del generale dittatore, nelF Ordine del


volontarie

giorno

alle
:

truppe

dopo

la battaglia del
l'

Volturno (i ottobre i860)


onore nei

Fala

vorito dalla fortuna, io ebbi


tere

due mondi

di

combat-

accanto

ai

primi soldati, ed
Italia,
stessi

ho potuto persuadermi che

pianta uomo nasce in


persuadermi che quegli
l'

non seconda a nessuno; ho potuto


soldati che noi

combattemmo
ai

nel-

Italia meridionale,

non indietreggeranno davanti


*il

pi bellicosi,

quando saranno
(Celiai,

raccolti sotto

glorioso vessillo emancipatore.

Fasti militari della Guerra dell' Indipendenza italiana,

voi.

dicendo
tere

IV, pag. 471). all' Alfieri


(lib.

il

da credersi che Garibaldi s'ispirasse


quale
nell'

cos
let-

opera Del Principe e delle

Ili, nel cap. Il intitolato: Esortazione a liberar l'Italia


scri-

dai Barbari, che probabile non fosse ignoto a Garibaldi)


veva
:

L' Italia

dunque
1'

stata sotto tutti gli aspetti ci che

non
che

sono finora mai state


gli

altre regioni del globo.

ci attesta,
di pili

uomini suoi, considerati come semplici piante


vi

robusta

tempra

nasceano; e
le

le

piante, nello

stesso terreno, rinascono

pur sempre
forza
il

stesse,

ancorch per alcun


.

tempo

le

disnaturi a

malvagio cultore
che pensa

E
(in

all' Italia

Mignon

nella lirica
III,
i)

omonima

di

GOETHE

Wilhelm Meisters Lehrjahre,

chiedendo:

947.

Kennst du das Land, wo die Citronen blh'n?


lirica

Che nell'opera
di
(la

pure intitolala Mignon


e

(a.

1.

BC.

t>).

parole

MICHELE Carr

Giulio Bakhii.k. musica

di

Ambr. Thomas

traduzione italiana di GIUSEPPE

/miika)

stato

imitati)

nella patetica
gentile

romanza
:

di

cui

le

goffe parole torto

indegne della

melodia

948.

Non

conosci

il

bel suol - che di porpora


[il

ha

ciel?

947. Conosci tu

il

paese dove fioriscono

^li

aranci?

Ebbe

1'

Italia per molti secoli

il

vanto di essere

la

terra della

musica e dell'armonia: un appassionato poeta francese lo confessava nei versi famosi

949.

....Harmonie! Harmonie! Langage que pour l'amour inventa le gnie! Qui nous vins d'Italie et qui lui vins des cieux
!

(Musset, Le Saule, fragment, I, nelle Premires J>osies. - E anche in Lucie, lgie, nelle Posies nouvelles).
:

Anche

nell'opera bufta

Tutti in maschera del maestro Cari.<


la

>

Pedrotti, rappresentata per


una canzone comincia
:

prima volta a Verona nel 1856,

950.
e del resto

Viva
il

l'Italia terra del canto.


di

magico inno

Garibaldi (del poeta Luigi

Mf.r-

canti.m) chiama l'Italia:

951.
Il

La

terra dei
il

fiori,

dei suoni e dei carmi.


torni,

poeta aggiunge

voto eh'

ella

qual era prima, la terra

dell'armi, poich
priarsi le parole

all' Italia

de' suoi tempi potevano ancora appro-

che

il

Xiccoj.ixi pone in bocca a un gentiluomo

veneziano del sec. xvn,

ma

col pensiero alla et presente:


....

95--

Italia giace

Dall'armi, e pi da' suoi costumi oppressa;

X ulla
1

ritien degli avi e tutto

apprese

)ai

suoi nuovi tiranni.


\Anlimio Foscarini, tragedia,
a.
I.

se.

1).

Si

pad

fare per

l'

Italia

anche un altro voto, pi prosaico,

ma

enza importanza.
le

ci<>^ ch<-

applicare a Id sul serin

parole

953

Ricca

L'Italia,

ma

ricca assai.

949,

Armonia, armonia, linguaggio inventato dal genio umano per


Uno

dell'amore,

ci

vru'sti

dall' Ita

302

<

Chi l'ha detto?

[954"955]

che Alboino dice a

Rosmunda
:

nella nota ballata del


si

Prati

Una

cena di Alboino
celia.

re)

pur troppo la frase non

ripete pi che per


l'

L'

Italia,

conquistatrice del
tutte le arti del

mondo

durante

antichit ro-

mana, museo

di
i

medio evo, mirabile

nella civilt

moderna per

suoi sforzi di rinnovazione , e rimane tuttavia, un

paese molto povero: soprattutto essa soffre d' npcutiiosite, deficienza di danaro, deficienza di capitali. Cos uno dei pi acuti
sociologi italiani, Francesco S. Nitti, gi presidente del Consiglio,
in

un suo famoso

libro

La

ricchezza dell' Italia (Napoli,


il

1904,

pag. 8), composto per sostenere appunto

concetto pessimistico

della povert del nostro paese. Consoliamoci tuttavia


il

pensando che
Nitti,

movimento ascensionale economico, ammesso pure dal


enorme sperpero
di forze

ha

continuato anche pi intensamente negli ultimi anni, e se la guerra


col suo
e
di

ricchezze gli ha imposti)


il

una

sosta,

tutto fa sperare che superata la crisi

movimento

ri-

prender anche pi intenso.

954.

....

Italia

Assunta novella
(G.

tra le genti.
Carducci, Cadore, ultimi
versi).

la disse

il

Poeta della terza

Italia e vie' pi si

sarebbe compiaciuto

delle sue parole se avesse potuto vederla trionfatrice

dopo Vittorio

Veneto

e con pi ragione che


il

non ne avesse avuta pochi anni

prima l'avrebbe ripetuto


logna,

suo successore sulla cattedra di Bodisse


:

Giovanni Pascoli, quando

955.
eh'
il

La grande
titolo e la
1

Proletaria
frase

si

mossa....
Barga
il

prima

del bel discorso tenuto a


i

26 novembre 191
guerra di Libia].

dal Pascoli per

nostri morti e feriti [della

Il

discorso fu pubblicato

nel giornale

Im

Tri-

buna
per

del 27

nichelli di
il

novembre 191 1 e poi in opuscolo Bologna. La grande Proletaria


i

a parte dallo Zal'Italia

che manda

mondo

suoi lavoratori

che in patria erano troppi e do


il

revano lavorare per troppo poco per cui


aveva bisogno, meno
li

mondo

che pi ne
luog<
1

stimava

ma

ora

la

patria

ha trovato

per loro.... in Libia! Pur troppo


in

anche questa era un' illusione

pan

parta raduta

Nazioni,

citt,

paesi

Perlustriamo velocemente

la patria

nostra dal Monviso all'Etna,

adendo

a' pie' delle

Alpi, fermiamoci nel Piemonte,

956. Petit tat situ au pied des Alpes.


Con queste
parole lo designava

Napoleone
e

III nel discorso inauil

gurale della sessione legislativa del

1865, pronunziato
al

15 feb-

braio al Louvre, annunziando al Senato


la

Corpo Legislativo
parvero in
fu-

convenzione

di

settembre.

Le parole
l'

imperiali che

Italia sprezzanti,

e oltraggiose per

italianit

del Piemonte,

rono rilevate da
e

Tommaso

Villa,

nel

giornale

torinese
il

Le Alpi,
13 marzo,

da Giuseppe Mazzini, che nel giornale medesimo,

scriveva:

Io

non vedo che una risposta degna

dell'Italia, e

segnatamente
all'

del Piccolo Paese a' pie dell'Alpi: dire,


:

con

fatti,

imperatore straniero
il

Sire,

voi errate

avremo Venezia, e non


voi.

avrete

Piemonte (Mazzini. Scritti editi ed ined.,


101
.

XIV,
les

p. cxLirr e

Ecco

il

periodo del discorso imperiale: Ce ne sont plus


la patrie italienne

membres pars de
de faibles
liens

cherchant se rattacher par

un petit tat

situe

au pied des Alpes,

c'est

un

grand pays qui, s'levant au-dessus des prjugs locaux et mprisant des excitations irrflchies
nesi del settembre), transporte
(si

allude alle dimostrazioni torila

hardiment au cur de

Pninsule

sa capitale, et la place
citadelle

au milieu des Appennins comme dans une


fvr. 1865).

imprenable {Moniteur universel, 16


la

Nella forte Torino,


facilmente cantare:

culla dell'

Indipendenza

italiana,

udremo

157

souma

fieuj

d'Gianduja,
sola fama.
fieuj
</'

Na
eh'
il

principio d' una popolarissima can/one //

(ianteatro

(tujn, in dialetto

piemontese, di

Cesare Scotta.
1868.

cantata

al

d'Angtnnea

la

sera del
cosi

15 febbraio
in di

^to poeta,

noto

Torino, pur' I'ftntDM


cui
il

li

un'altra

annone,

la

lmuduiride.

ritornello

Piccolo stato situato


N'oi

ai

piedi delle Alpi.

siamo

l'irli

di

Gianduia, una sola famiglia.

304

Chi l'ha detto?

[958-959]

958.

Cantoma,
Crioma,

Ciuciand a

la douja,

Aussand
i

el

goblot,

E vi va Gianduja E so Giandujot.
Gianduia,
la

maschera

caratteristica torinese,

una trasformavil-

zione di Girolamo, la vecchia maschera dei burattini, tipo di


lico dalla figura ridanciana,

latino di

mano

e rozzo di modi, per

cordiale in fondo e galantuomo, che sullo scorcio del secolo

xvm
i

sarebbe stato ribattezzato, per ragioni di opportunit, col nomignolo


di

Gian dia dja, Giovanni

dall' orditolo

(A. Viriglio, Torino e

Torinesi, Torino, 1898, pag. 154). Tale trasformazione sarebbe av-

venuta secondo
a

altri
i

precisamente nei primissimi anni del sec. xix

Genova dove

burattinai piemontesi Giambattista Sales e Gioacle

chino Belloni agivan con

loro marionette al teatro delle Vigne,


la

ma non
se

poterono produrre
alla condizione,

popolarissima maschera di Girolamo


alla polizia del

non

imposta dal soprintendente


il

teatro,

che

le

fosse cambiato
il

nome perch uguale

a quello del
!

Doge

d'allora (1802-5),

march. Girolamo Durazzo

cos Gi-

rolamo divent Giovanni,


Sotto
gli
i

Gioan dia dja.

auspici

del

simpatico Gianduja siamo dunque so-si


figli
:

a Genova,

cui laboriosi

non meritano pi oggi l'acerbo rim-

brotto del fiero Ghibellino

959. Ahi, Genovesi, uomini diversi

D'ogni costume e pien d'ogni magagna. Perch non siete voi del mondo spersi ?
(Danti., Inferno,
e.

XX XI II.

v.

ISMO),

Ai genovesi corno
virgiliano

in

generale

ai

liguri

si

applica l'emistichio

958. Cantiamo, gridiamo, bevendo al boccale, alzando suoi Gianduiotti Evviva Gianduia e
i

il

bicchiere:

[960-963]

.Vazioni,

citt,

paesi

305

960. Adsuetum(w<?)

malo Ligurem.
(Virgilio. Georgiche,
lib. II, v. 168).

che per deve intendersi per assuefatto alla fatica, e alla vita misera,

perch parco e laborioso, non abituato


lizia

al

mal

fare,

come per macir-

o per scherzo talora


in

s'

interpreta.

Passiamo

Lombardia, dove potremo, date certe benigne

costanze (p. es. quando

non piove o quando non c'

la

nebbia),

anche ammirare

il

cielo,

961

Quel cielo d e bello.

di

Lombardia, cos bello quaniMaxzo.m. Promessi Sjosi, cap. XVII).

Osa

entusiastica descrizione delle pianure

lombarde l'abbiamo
di

nel celebre coro dei Crociati, nel

melodramma

Temistocle So(a.

lera, / lombardi alla prima crociata, musicato dal Verdi


se. 2),

IV.

che comincia:

O
e dove sono
i

Signore, dal tetto natio,

seguenti versi:

962.

frese'

aure volanti sui vaghi


laghi!...
!

Ruscelletti dei prati lombardi!...

Fonti eterne!... purissimi

O
Uno
963.
che
il

vigneti indorati dal Sol


purissimi laghi
il:

fra questi

Vago

Eupili mio.
La
vita rustica
(str. 5)
:

Pakin-[ ricorda nell'ode

Colli beati e placidi

Che

il

vago upili mio,

Cingete con dolcissimo


Insensibil pendio.
e

anche nell'ode La salubrit dell'aria

(str.

prima):

beato terreno

Del vago Kupili mio.

960.

Il

Ligure assuefatto a sur male.

3o6

Chi l'ha

detto f

[964-967]

L' upili

il

laghetto di Pusiano, in Brianza, sulle


del

cui

sponde

sorge Bosisio, terra natale

Parini

piccolissimo lago, e ben Lario, col Verbano, e

lontano da gareggiare in
soprattutto col
cui

dimensioni
d' Italia,

col
il

massimo lago
la

lago di Garda o Benaco,


:

Virgilio rivolgeva

nota apostrofe

964. Fluctibuset fremiti! adsurgens, Benace, marino.


(Georgiche,
e che
lib. II, v. 160).

Dante

con mirabile precisione descrisse nella terzina

965.

Suso, in Italia bella giace un laco

A
in cui

pie dell'Alpe, che serra


Tiralli, e'

Lamagna
e.

Sovra

ha nome Benco.
[Inferno,

XX,

v. 61-63).

anche

le

frasi

staccate d' Italia bella e dell'Alfe che serra

Lamagna sono ugualmente

famose.

pretazione di quest' ultima frase e del


zioni cos semplici se cercate in

Le polemiche sulla nome di Tiralli,


fede, che
l'

retta inter-

interpretala

buona
il

una

superba
1'

giogaia delle Retiche dove


e la

s'

apre

passo del Brennero,

altra

rocca di Tirolo, sopra Merano, culla e dimora dei Conti che


il

ne presero
politica dei

nome, durarono a lungo alimentate


pangermanisti
:

dalla passione

ma

l'esauriente scritto del senatore

Si veda G. Mazzoni, " L'Alpe che serra

ormai sono sorpassate.

Lamagna "
Ili, pag.
1

nell'

Archivio per l'Alto Adige, voi.

II, pag. 5

sgg..

sgg.
del

Gemma
a Catullo
:

Garda

la

vaghissima penisola di Sirmione, cara

966.

Peninsularum Sirmio insularumque


Ocelle.
(Catullo, Canni,,. XXXI,.
la

Non
i

lasceremo

Lombardia senza un

saluto alla citta dei tre T,

cui

abitanti

967. Cremonesi mangia-fagiuoli.


964. 966.

O Benaco, che gonfi le tue O 'Strmlne, occhio di tutte

onde e fremi come


le

il

mare.

penisole

<

isole.

[968]

Nazioni,

citt,

paesi

307

sono cos chiamati per una tradizione che


vi,
il

si

vuol

far risalire al

quale nella Secchia Rapita


:

(e.

V,

ott.

63) dice dei

cremonesi guidati da Buoso Dovara

Con

quattro mila suoi mangia-fagiuoli

Stava Bosio Duara alla campagna.

Certamente
tra

il

Tassoni o

altri

per

lui,

fece

un giuoco
1'

di

parole

mangia-fagiuoli (magna-fasoeu
Phaselus, che da tutu
citt di
gli

in

dialetto) e

appellativo di

Magna

antichi storici

concordemente
ras-

dato alla

Cremona per

la

sua configurazione ovale,


il

somigliante ad una gran barca, di cui


l'albero maestro,
i

famoso Torrazzo sarebbe

il

Castello la poppa, Porta

Mora

la prua, le

mura

fianchi (A.

Mandelli nella Rivista delle Tradizioni Popolari ItaII,

liane,

Anno

1895, p. 257).

Avanziamo verso levante; sorvoliamo su

968.

Brescia la forte, Brescia la ferrea,


Brescia leonessa d'Italia

beverata nel sangue nemico.


(Cardi
tei. Alla Vittoria, tra le rovine del tempio di Vespasiano in Brescia. Nelle

prime Odi barbare).


versi
il

anche pi noti per

1'

episodio che a proposito di essi narra

Carducci medesimo nelT Eterno femminino regale (nelle Con-

fessioni e battaglie; Opere, voi. IV, pag. 340);

ma

nei quali egli

non fece che ripetere

la

frase dell'Ar.K\ki>i (poeta che pure


:

non

era nelle simpatie del Carducci)

leonessa d Italia
'

dietro a la pendice
fertili

D' un de' tuoi monti

di

spade.

Niobe guerriera de
,

le

mie contrade,

Brescia grande e infelice.


{Canti patrti. - Le tre fanciulle,
str.
1).

Ritorniamo ora
esso,

sul lago di ("iarda e dalla

punta settentrionale

di

da Riva,

la

perla del Garda (come cant Giovanni I'kmii


e insinuandoci nella valle Katarina ehe
li

risalendo \<tso

Rovereto
della

stende a monte
ricino a

Chiusa

VeiMMK

ra

MtPt-IDO

3o8

Chi l'ha detto?

[969-970]

969.

....

Quella ruina che nel fianco

Di qua da Trento l'Adice percosse, O per tremuoto o per sostegno manco.


(Dante, Inferno,
e.

XII,

v. 4-6).

che per consenso oggi quasi unanime dei commentatori, concordi


in
si

questo con

pi antichi, non escluso Piero,

il

figlio di

Dante,

ritiene indicare gli

Slavini di Marco, una morena glaciale indella

gigantita dallo scoscendimento

montagna, che ingombra

di

macigni la valle per pi miglia e prende

Marco, posto a mezzogiorno

di quella

nome rovina. La
il

dal villaggio di
tradizione,

non

priva di verisimiglianza, della dimora di

Dante nel Trentino, port


lui

anche
presso

alla supposizione, assai


i

meno

fondata, del soggiorno di

Castelbarco nel castello di Lizzana, che sta a nord degli

Slavini e
la

dove nel 1897 fu inaugurata una

iscrizione,

molto discussa,

quale arditamente afferma Dante aver dai suoi spalti cantato

la ruina, ecc.

Su questo passo famoso, pi che per


si

la

sua bel-

lezza, per le

molte dispute a cui dette origine,

veda E. Lorenzi,
dili-

La "ruina di qua da Trento"


gentemente riassunte
stiene
1'

(Trento, 1896) dove sono


:

le

varie opinioni

si

noti che

il

Lorenzi so-

altra interpretazione che

pure ebbe molti seguaci e che

vuol riconoscere la ruina dantesca nella frana del Cengio rosso che
sta nella stessa valle, pi a settentrione,
si

poco a monte

di

Rovereto

veda pure Dante e

il
.

Trentino, di Gius. Zippel (Firenze, 1920;

nella

Lectura Dantis)
regione dove

La

ci

troviamo, abitata da una buona, gagliarda


riunita

e patriottica popolazione,

dopo lunga
lei

attesa alla patria e


:

che anche negli anni in cui era da

divisa diceva di s

970.

Italiani noi siam,

non

Tirolesi.
\

ripetendo un famoso verso di un sonetto di


diretto nell'agosto

Clementin o V

N ni ti

1790 all'amico suo Antonio Morocchesi.


:

celebra

comico.

Il

sonetto comincia

Del Tirolo Fur queste


Italiani

al

governo, o Morocchesi.
per accidente

valli sol

Fatte suddite un d; del rimanente


noi siam,

non

Tirolesi.

Nazioni,

citt,

paesi

309

Infatti la citt di

Rovereto, patria del Vannetti, soltanto dal 1509

era diventata suddita della tedesca contea del Tirolo.

Quanto

al

Principato vescovile di Trento, esso rimase indipendente sino dopo


le

guerre napoleoniche.

Questo sonetto non

si

trova stampato negli

otto volumi
di

delle

Opere del Vannetti, pubblicati per cura dell'Accademia


reto (Venezia,

Rovemano,

1826-183
:

1), e

nemmeno
la

nei

due

di

Prose e Poesie

inedite (Milano. 1836)


tinche

circol per

molto tempo

in copie a

non fu stampato per


Lagarina

prima

volta, credo, nell'opuscolo:

Lettere inedite di

dementino Vannetti
(Rovereto,

all'ah.

Frane. Pederzani
Il

di Villa

Sottochiesa,

1869).

nome

di

Trentino , usato oggi a designare quella italiana regione in


di quello artificioso e in
di

luogo

ogni

modo

pi generale e pi indeterminato

Tirolo meridionale o Tirolo italiano ,

non

di creazione

recente,

come

molti scrittori tedeschi, per ragioni politiche, sosten-

nero.

Xe

dette le prove Giovanni Pedrotti in

uno

scritto

Sull'uso

della parola
nella rivista

" Trentino "

nei vecchi scrittori della nostra regione,

e la prima autorit

Pro Cultura, Luglio-Settembre 1913, pag. 250 e segg., da lui invocata il naturalista Pier Andrea

Mai noti,
Con
il

del sec. XVI, senese di nascita

ma

trentino per elezione.

ogni diritto quindi rivendicava dinanzi al nostro Parlamento


elettiva,

venerando presidente della Camera


il

l'on.

Giuseppe

Makcora,
971.

Trentino nostro.

lui dette nella tornata del 27 luglio 1905, commemorando Ettore Socci che: " Milite della patria, , nel 1866, ap-

parole da

pena ventenne, sulle balze del Trentino nastro, con Garibaldi "
.Itti

Parlant., Discussioni della

Camera dei Deputati,

Sess. 1904-5,

voi.

IV. pag. 5301

).

La

frase

Trentino nostro pass allora inos-

servata dalla stampa,


sidenti a

ma
si

fu invece rilevata

da alcuni

trentini re-

Roma

(piali

affrettarono a telegrafare al

Marcora

in

termini:
le

" Al Presidente on. Marcora che commemorando


Ettore Socci diate al Parlamento italiano:
Egli

nobili ^esta di

Dibattuto nel Trentino nostro,


;

mandano

Trentini residenti in
'

delle fiere e sante parole plauso e fervide grazie

'

Il

telegramma pubblicato dai giornali richiam, com' era naturale.

3 IO

Chi l'ha

detto ?

[97 2 ]

,l'

attenzione dell' ambasciatore e del governo austriaco,

il

quale

fece chiedere al governo italiano, allora presieduto dall' on. Fortis,

spiegazioni in forma che


sulla gravit delle

si

disse

molto

recisa, insistendo l'Austria

parole pronunciate da un' alta autorit

come
fu-

quella del presidente della

Camera
giornale

italiana.
l'

Le

trattative

non

rono n brevi n

facili

e finalmente

incidente fu chiuso con un

comunicato

dell' ufficioso

di

Vienna Fremdenblatt

del

25 agosto (riprodotto nei giornali


nel quale
si

italiani del

giorno successivo),

annunciava che

il

governo

italiano,

dopo

di avere
ir-

inteso

il

presidente, della

Camera che

escluse ogni intenzione

redentista,
in

ma

tenendo conto del penoso risentimento propagatosi


si

Austria-Ungheria

affrett

ad esprimere colla

lealt

che lo

distingue al nostro rappresentante in

Roma

il

sincero rincrescisi

mento

del governo italiano a tale riguardo . L' incidente


il

era

chiuso assai meglio che per Sebastiano Tecchio


presidente del Senato,
nella tornata del

quale essendo

commemorando
animo del
il

il

trentino Giovanni Prati

12 maggio 1884, aveva parlato del pensiero crul'

dele che inacerbiva


tive,

Prati, la servit delle balze naagli


l'

del

suo voto che

Trentino fosse tolto


della fiducia che
Il

estranei,

alla
I'

madre

patria restituito ,

Italia

com'

egli
il

augurava, abbia ad essere tutta nostra.


il

Depretis obblig

Tecchio a dimettersi, ci ch'egli fece


la

16 luglio, motivando con

grave et e la malferma salute

le

dimissioni che per, a

ma-

scherarne le ragioni vere, non furono accettate che con decreto del

27 novembre.

Sorvoliamo

sulle terre della

Venezia propria: non

si

dica

il

W-

neto, brutta parola entrata in uso

come
le

ingrata

memoria

della con-

suetudine austriaca che chiamava


il

provincie venete e lombarde

Lombardo-Veneto
gli

(il

regio decreto del 19

maggio 19 12 che sop-

primeva

antichi commissari distrettuali delle provincie venete e


vi sostituiva

istituiva le

nuove sottoprefetture,
;

ufficialmente

il

nome

di

Venezia)

ricordiamoci

pure che questa ubertosa regione fu

ben descritta da GIOVANNI RucEl.r.Al nel poemetto didascalico


Le Api
(v.

54-56)

972.
(

....{Del) 11 bel paese,


lf

Adige bagna,

il

Po, Nettuno e l'Alpe

Chiudon....

975]

paesi

311

e spingiamoci fino alla spiaggia

del

mare: eccoci

dove

Sempre
Siamo

Rotta dal vento nell'adriaco lido l'onda del mare, e par che pianga.
(G. B. NiccoLixi,

Antonio Foscarini,

tragedia,
sulle rive dell'

a. II. se. S.

974.
come
disse

Amarissimo Adriatico.
Gabriele d'Annunzio. L'
in

ii gennaio
si

1908

al

Teatro

Argentina

Roma

alla

presenza dei Sovrani

dava con enorme


Gabriele d'An-

successo la prima rappresentazione della

Nave

di

nunzio, al quale pochi giorni dopo,


//

il

15, per iniziativa del giornale

Tirso era offerto un banchetto dalla stampa


di

romana
il

e da un

gruppo

ammiratori e
il

di

amici

tra gl'invitati

ministro Rava.

Ai

brindisi
i

Poeta, ricordato un singoiar costume dei Veneti


api
sulle

primi,

quali ogni notte portavano le arnie delle loro


i

navi risalendo

fiumi perch

le

api trovassero ogni giorno pasture

nuove, continu:
pagni, ho la mia
gioia
l'

Ecco che anch'io, oggi, Nave carica del miele pi


ne spero
i

per voi, amici e comdiverso.

Assaporo con

insolita larghezza e

pi attivi fermenti.
stilla

Ma

il

fe-

dele bevitore di acqua, infondendone

una

nel vino che vorrebbe

nato dalla pi schietta e profonda vite laziale, beve da

Roma,
all'

in

compagnia

di

buoni

italiani

d'ogni

terra,

beve da

Roma
:

ama-

rissimo Adriatico . - L'Ambasciatore d'Austria-Ungheria, a

Roma,
Silvio
la

fece

un casus
in

belli dell'

amarissimo Adriatico

cos narra

Ghelli

Austria nemica (Milano,


al

1916, a pag. Il 6)
di chiedere la testa

stampa austriaca gonfi l'aggettivo

punto

dell'

on. Rava, perch, nella sua qualit di Ministro, non aveva

fatto diventar dolce

l'amaro!... Richiesto
:

il

d'Annunzio

del signifi-

cato dell' amarissimo, scrisse

chiaro e ovvio a tutti quanti sono


il

ancora buoni

italiani

in

Italia,

senso sin troppo aperto e maniquindi, dell'Adriatico, deve venir


sinistro

festo dell'allusione. L''amarezza


riferita

solo a quel nostro

polmone

ammalato, che travala

glia vita

rende perpetuamente inferma, nella sua costa orientale,

della

moderna

Italia .

Qui su unto

(tolette

Mfge

dal

mare

in

una

lesta

di

colori

975-

La gran mendica.

312

Chi l'ha detto?

[97 6]

com'

pi volte
il

chiamata Venezia nell'ode Venezia e Milano, giu-

dicata

capolavoro di
al

Goffredo Mameli,

e scritta per un' ac1'

cademia data

teatro Carlo Felice di

Genova, dopo

armistizio

Salasco, a beneficio dell' eroica citt, bombardata, affamata, deci-

mata dal

colera.

La

citt ricca di glorie


,

nuove

(e

l'

ultima guerra aggiunse altre


l'

fronde alla sua corona)


antiche,
del
di

porta degnamente

onore delle glorie

tempo

in cui essa era la signora dei mari, in cui vasti


l'

domini

terraferma e d' oltremare riconoscevano

imperio dei
sul

buoni Veneziani.
principio
al

donde questo
aveva
tolto
il

epiteto di

buoni? Venezia

del sec.

XV
la

con

le

armi agli Imperiali e

Patriarcato di Aquileja tutto

Friuli e

non restava che

la

Coche

munit dei Cadorini


volle
la

quale innanzi di sottomettersi a S. Marco

prima essere

sciolta dal vincolo del

giuramento

di fedelt

legava al Patriarca.

poi che questi la mise in pieno arbitrio

di

disporre di s medesima, fu convocata la generale assemblea


;

per deliberare

fu

dapprima deciso

di

pregare Dio perch in

cos grave frangente illuminasse le

menti dei consiglieri. Era di

que' tempi in Valle, borgo intorno a due millia da Pieve [di Cadore] - narra mons.
dorino,
voi. I,

Giuseppe Ciani

nella Storia del Popolo Ca-

pag. 395 (Padova, 1856)


:

una Cappella consai

crata nel titolo dello Spirito Santo

a quella

sedenti in Consiglio

mossero concordi

e fatta quivi cantare la Alessa dello Spirito Santo,


il

pregato ed invocato
cui erano

divino suo lume,

si

restituirono nella sala da

due ore prima

partiti. Messisi tutti al loro posto,


si

non pi

discussioni,

non dispareri;

levossi

un grido unanime:

976.
e

Eamus ad bonos
a'

Venetos.
:

questo grido fu pi volte ripetuto

Eamus ad
:

bonos

Veneto*

andiamo

buoni Veneziani.

Uno
la

de' Consiglieri,

spalancata una
(grid con voce

delle finestre che

guardavano

piazza

Eamus
e
il

pi alta che pot),

eamus ad bonos Venetos:

popolo,

di

che

era piena la piazza: Benissimo (grid), benissimo,

eamus ad bonos
in

Venetos

questo da tanto tempo

il

nostro voto. Ci accadeva

uno

degli

ultimi giorni del luglio

1420.

976. Andiamo con

buoni Veneziani.

Nazioni,

citt,

paesi

313

Entriamo nella Venezia Giulia (nome suggerito

dall'illustre filo-

logo Graziadio Ascoli, di Gorizia, in un articolo Le Venezie, pubblicato, senza firma, ne

e nel
la

V Alleanza di Milano, del 23 agosto 1863, Museo di Famiglia, pure di Milano, stessa data) e salutiamo

nobilissima citt oggi ricongiunta alle sorelle italiane, Trieste, la

977. Fedele di

Roma.
l'

stria

noto che

in

tempi pi oscuri per

Italia

l'

imperatore d'Au-

Francesco I aveva conferito a Trieste, con suo motuproprio


J

del

agosto
1'

181 8,

il

titolo

di

Citt

fedelissima

un nuovo

stemma con

alabarda triestina sormontata dal capo dell'impero.

Ma

col risvegliarsi del sentimento nazionale quel titolo pesava sui

Triestini che fecero di

tutto per smentirlo.

In un indirizzo
triestine

al dit-

tatore Garibaldi,

ai Il

del luglio

i860,

le

donne

scrivevano:

dispotismo austriaco

dopo

averla asservita (Trieste) in onta

pi solenni patti, adoper per anni ed anni ogni arte e prepole

tenza a spegnerne

naturali aspirazioni di civile e morale progresso

ed a rapirle costumi e linguaggio; non ne volle risparmiato l'onore


e la

chiam fedelisi ima

! (//

Diritto d'Italia su Trieste t l'Istria,

documenti, Torino.

19 15. pag. 314).

in

quell'

anno medesimo

Cavour, scrivendo a Valerio, Regio Commissario straordinario nelle

Marche
sima
ed

utilissimo

il

mantenere buone ed
si

attive corrisponfa

denze con Trieste che, da quanto mi


e

dice,

si

meno fedelisrace.

pi Italiana (C. Cavour, lettere edite ed inedite,

illustr.

da L. Chiala,

voi.
di

IV, Torino, 1885, pag. 79).


si

Di questa insofferenza
<l<po
il

Trieste

faceva interprete molti anni


il

poeta della Terza


tor Hugo

Italia,

Giosu Carducci,
mix
c<

quale nel-

(XXVU

febbr.

ianxii. strofa 9, diceva:


il

Poeta,

su

'1

tuo capo sospeso ho

tricolore
di

Che da
r.a

!<

spiagge

<!'

Istria

da l'acque

Salvore

fedele di
letta -

Roma,
com'

Trieste,

mi mand.
alla

Quest'ode

detto in

una nota preposta

stampa
e amici

in

un banchetto che alcuni ammiratori della grande arte


Francia

tennero

in

Bologna per
il

festeggiare

l'ottantesimo

(leggi

r
.

llu^'" era

n. ito

26 febbraio 1802) annhersario del

usc

subito

in

un opuscoletto edito dallo Zanichelli, poi


e lilialmente nelle Poesie, edizione

fu

riprodotta nelle

Rime munti

314

Chi l'ha detto?

[978]

definitiva,

pag. 716.

La
il

frase naturalmente

ebbe fortuna, data

la

fama

del Carducci e la venerazione di cui fin d' allora era circongl' irredenti
;

dato fra

Carducci stesso la riaffermava molti anni


il

dopo, ormai vecchio e malato, quando

17 giugno 1905

il

prof. Gia-

como Venezian
di presentargli

(poi eroicamente caduto sul Carso)


la

fu

incaricato

medaglia

d'

oro offertagli

dalla citt di Trieste

si

rec per assolvere questo incarico a Lizzano in quel di Cesena


il

ove
il

poeta era ospite della famiglia Pasolini-Zanelli.


gli

dopo che
re-

Venezian

ebbe presentata

la

medaglia accennando a un

scritto della

Direzione di Polizia in Trieste che parlando di Trieste la


citt austriaca,
!

indica

come

il

Poeta sorse

in piedi

esclamando
!

No,

citt austriaca

La
:

pi italiana delle citt italiane

La. fedele di

Roma!

E aggiunse

Dite a Trieste che sento profondamente con


l'anima e
il

tutta l'anima

mia quello che

pensiero di Trieste
gli

Ma

tanta era la

commozione

del Poeta che le parole

furono

troncate da

uno scoppio

di pianto {Corriere della Sera, di

Mi-

lano, del 19 giugno 1905).

Ed

infatti Trieste

che da parecchi anni

aveva affermato la sua recisa volont di essere italiana e di restare


italiana, gi

da gran tempo prima non aveva in nessuna circostanza


tenace attaccamento alla sua stirpe, alla sua lingua:

smentito

il

il

Cum

latini simus,
di Trieste

Unguani ignoramus
si

theutonicam, protesta
agli

Comune

nell'anno 1523 allorch, per compiacere

Stati provinciali della Carniola,

volevano imporre

a' Triestini atti

processuali in lingua tedesca.


7'itas

nuovamente

nel

1524: quia

ci-

tergestina est in finibus et limitibus Italice,


et

omnes

cives et

ibidem oriundi habent proprium sermonem


(Mortis,
ste

idioma italien m

Per

la

Universit
11).

Italiana di

Trieste,

discorso. Trie-

1902, pag.

non

altrimenti ai giorni nostri

978.

Nella patria de Rosseti

No

nel ritornello di

se parla che italiani


triestino vveste
:

una famosa canzonetta ad poeta


intitolata

Giulio Piazza (Macieta)


sicata dal

Lasse

pur

fu premiata in

un concorso indetto dal Circolo Artistico

di Trieste nel

1893

mu-

maestro Silvio Negri, divenne subito popolarissima, e a


nell'Istria,

Trieste

come

a Fiume, in Dalmazia, durante

1'

ultimo

unticinquennio della invisa dominazione austraca,

fu cantala per

Nazioni,

citt,

paesi

le

vie

ad ogni dimostrazione politica e lanciata


il

come una

sfida

sotto

naso dei

poliziotti.

Il

ritornello
i

completo :
i

Lasse pur che

canti e

subii
:

che

fazzi

pur dispeti

Nella patria de Rosseti

Xo
storiografo triestino

se parla che italian

Occorre appena ricordare che Domenico Rossetti,


e

illustre giurista
il

(1774-1842),

considerato
Trieste.

precursore

e vessillifero del nazionalismo italiano a

La
le

canzonetta
edizioni Ri-

del Piazza, che con la musica del Negri figura tra


cordi,

stata stampata pi volte e anche nella recentissima anto-

logia della poesia dialettale triestina, Trieste vernacola, compilata

dal Piazza

medesimo (Milano. Casa


un pregevole

ed.

Risorgimento,

1920), a

pag. 53.
berto

interessante anche ci che in proposito racconta Alin

Manzi

scritto

La canzone

della italianiti

in Austria

(ne

La

Lettura, maggio 1915, pag. 415):


italiani
:

La
Il

can-

zone divenne V Inno degli

e ogni citt dell' Istria e della


il

Dalmazia
di

1'

adatt e

1'

adott contro

nemico comune.

nome
e'

Rossetti .

che la rende locale, vien facilmente sostituito: a

Gorizia con Favetti. a

Fiume con

Peretti,
si

ecc.

Quando non
gli

un nome prosodiacamente
a

sostituibile,

modificano

ultimi

Zara

che
la

fazzi

pur

la

spia

Ne

patria de

Paravia
!

parla che italian

>>

Dalla ricordata raccolta del Piazza (pag. 56)

tolgo questi

altri

due

versi,

che

recenti avvenimenti resero

anche pi popolari:

979.

Vegnar quel gran momento Che a Trieste se sar.


ritornello di
i-,

Sono esci pure od


del Vapor, di Fki
di
il i<

una canzonetta vernacola,

di

Giuseppe Yk.nk/.ian (cugino ed omonimo

quel Felice che fu capo e guida del partito nazionale triestino),

quale firmava col trasparenti- pseudonimo


ilei

Un

Venezia/i triestin.

due

v-isi era palaie a tutti

tranne alla po-

lizia

austriaca.

ch<

non

ostanti-

suoi occhi d'Argo,

non capi o

3l6

Chi l'ha detto?

[980-983]

finse di

non capire
la guerra,

1'

allusione politica e lasci correre. Il ritornello,

durante

in Italia fu

stampato

sulle cartoline illustrate

Deghe

drento, deghe drento,

Se sfadiga,

ma

se va

Vegnar quel gran momento

Che a

Trieste se sar,
il

quel gran momento venne


l'

novembre
gi

del

1918;

ma

il

po-

vero Venezian che


sotterra.

aveva

vaticinato,

da 22 anni dormiva

Lasciamo ora

le

tre

Venezie,

ma

prima

di entrare

nella

Italia
:

centrale, incontriamo

Rovigo,

cos a torto bistrattato nei versi


il

980.

Qui

tra l'Adige e

Scheletro di

citt,

Po giace sepolto, Rovigo infame.


vituperio

di

il

principio di

un sonetto, troppo famoso, composto a


di

Rovigo da ignoto poetastro

Adria verso

il

1726, episodio

della lunga e asprissima contesa fra le

due

citt

per la sedia episco-

pale.

Vedasi l'opuscolo del signor A. E. Baruffaldi, L'origine dei


citati

versi

di

sopra (Badia Polesine, 1898).


gli

Parma

era famosa presso

antichi per le sue lane

981.

Tondet

et

innumeros Gallica Parma greges.


(Marziale, Epigr.,
lib.

Y, ep.
:

13, v. 8).

Reggio e Modena sono ricordate dall'ARiosTO

982.

Reggio giocondo
citt

Modona

feroce.
e. Ili,

(Orlando Furioso,
e quest' ultima vituperata dal
il

ott. 39).

Tassoni (La Secchia Ka-

pita,
la

e.

II, ott. 63)


:

quale, a cagione del lordume delle strade,

chiama

983.
Il

Citt fetente.
Tassoni, bench modenese, era pochissimo tenero della sua

citt

come

lo

prova

il

famoso sonetto caudato

eh' egli

compose

in

961.

l'arma,

nella Gallia Cisalpina, tosa innumerevoli armenti.

[984-987]

Nazioni,

citt,

paesi

'

odio di

lei,

notissimo in

Modena

e ancor pi fra gli abitanti dei

paesi vicini, e di cui soprattutto popolare la


si

prima quartina che


di cui
il

cita in
il

diverse lezioni pi o

meno

esatte

ma

vero testo

seguente:

Modena una citt di Lombardia. Che nel pantan mezza sepolta siede, da capo a piede Ore si suol sm
Chi
Il
s'

imbatte a passar per quella

via.

sonetto fu pubblicato, credo per la prima volta, da G.


nelle annotazioni alla Secchia, loc. cit., ediz. di

A. Ba-

ratti
liani,

Modena, So-

1744, pag. 81, dove altre cose


di

si

dicono sulla sporcizia della

citt

Modena

a'

tempi del Tassoni.


il

Pisa giace ancora sotto

peso

dell'

imprecazione dantesca

984.

Ahi, Pisa, vituperio delle genti

Del bel paese


u pi benevolo

l,

dove

il
e.

suona.
v.

(Dante, Inferno,
1'

XXXIII,

7^80).

Alighieri verso Lucca,

di cui egli dice

che
;

985.

Ogn'uom

v' barattier, fuor che Bonturo


li

Del no per

denar vi

si

fa ita.
e.

(Inferno,
(cio si) e
l'

XXI,

v.

41-42).

atroce sarcasmo di questi versi salta fuori sapendo che


a' suoi
i

Bonturo Dati, qui menzionato, fu tristissimo barattiere

tempi.
Sanesi,

Mi Dante
986.

a pochi

la

perdon: ebbe una punta feroce per


....

Or

fu

giammai
Sanese?
121-122).

(Tente

vana come

la

(Inferno,
e

non disse bene neppure della sua


si

patria, alla quale

con amara

ironia

rivolge dicendo

987.

Godi, Fiorenza, poi che

se' s

grande,
l'ali,

Che per mare

e per terra batti

E
e intatti

per lo inferno tuo

nome
{Inferno,
e.
i

si

spande!
v.
1-3).

XX VI.

Dante mette dei

fiorentini in tutti

cerchi dell' Inferno.

3 18

Chi l'ha detto?

[988-992]

Invece Firenze chiamata:

988.

L' elegante citt, dove con Flora

Le Grazie han
nel

serti e

amabile idioma.
il

carme

di

Ugo Foscolo,

Le Grazie (secondo
Ai
fiorentini
si

testo edito dal

Chiarini, inno II, v. 25-26).


fra tutte quelle della

ed

alla loro parlata,

che

Toscana

distingue per le forti aspirazioni,

e che

Vittorio Alfieri,
de' Classici Italiani,

nel principio del sonetto scritto per la


scelte,

soppressione dell'Accademia della Crusca (vedi nelle Opere


ediz.
voi. Ili, pag. 490),

chiamava

989.
(

L' idioma gentil sonante e puro.


di

noto che delle prime parole


il

questo verso

Edmondo De Amicis
pub-

fece

titolo di

un suo volume
si

sulla questione della lingua,

blicato nel

1905),

addice pure l'altra frase dantesca:


....

990.

Fiorentino
t'odo.
v. 11-12).

Mi sembri veramente quand' io


(Inferno,
e.

XXXIII,

991.

Botoli ringhiosi.
gli

chiama Dante

aretini

Botoli truova poi, venendo giuso,

Ringhiosi pi che non chiede lor possa.


{Purg.,
e.

XIV,

v. 46-47).

un antico commentatore
perch
et

fiorentino
1'

annota, che

Dante
si

cos

li

chiama

hanno maggiore

animo che non

richiede alle

forze loro;

ancora perch scolpito nel segno loro

cane non

magno
furon

saepe tenetur aper .

Ma

il

Sacchetti invece afferma che

sempre chiamati can


s' e'

botoli...;

poich sanza intelletto absi

baiano,

lor signori

non

li

battono, e per lo battere

rimangono

dall' abbaiare, e

dopo

le battiture

stanno pi soggetti e con pi amore

che non essendo battuti {Sermoni evangelici, ed. 1857, pag. 180).

Per

le

Romagnc, me

la lever

ricordando soltanto

una

delle

sue citt nel verso

992.

Dunque

ti

lascio, o
(I'ki.i

Rimini

diletta.
a.

ko. Frttmetsca da Rtmini,

V, bc,

2).

[993*995]

Nazioni,

citt,

paesi

319

che

si

ripete

anche per

celia

dovendo
coli'

lasciare

una residenza qua-

lunque: salutiamo l'Umbria

apostrofe carducciana:

993.

Salve,

Umbria

verde, e tu del puro fonte

Nume

Clitumno!
iCarducci. Alle fonti del Clitumno, nelle

Odi barbare).
e passiamo a volo sulle vicine Marche, dove noteremo
il

994.

Xato borgo selvaggio.

Cosi nel 1829, tornato dopo l'assenza di alcuni mesi a Recanati,

chiamava Giacomo Leopardi

il

suo paese natale nel canto


il

Le Ricordanze.

molto pi lusinghiero
intra

seguito:

una gente
e spesso

Zotica,

vii

cui

nomi

strani,

Argomento di riso e di trastullo. Son dottrina e saper che m' odia e fugge, Per invidia non gi, che non mi tiene
:

Maggior di s, ma perch tale estima Ch'io mi tenga in cor mio


Il

soggiorno di Recanati, cosi caro a


ai
figli

Monaldo Leopardi,
(in

era

odiosissimo

di lui.

Paolina, la sorella di Giacomo, lo di-

ceva soggiorno abbominevole


alla

ed odiosissimo

una

lettera

Marianna Brighenti del 1830); l'altro fratello Carlo desiderava che un terremoto la distruggesse perch gli abitanti andassero a
incivilirsi

altrove

Eccoci a

Roma, dove
ai

tutto

dovrebbe sorridere

alla vita se fos-

simo ancora

tempi di Pollione e di Adalgisa che nel

melodramma
cantano

Norma,
in

di

F.

Romani, musica
:

di

V.

Bellini (a. I, se. 6),

un famoso duetto

Vieni in

Roma, ah

vieni, o cara,

Dove
Molte
frasi,

amore, gioia, vita!

dal patrimonio delle popolari reminiscenze su


di

Roma,

possono desumersi dal libro


>!>/

Marco Besso
rdiz..

Roma

e il

Papa nei

modi

di dire

(mova

Roma,

1904). pi Tolta

320

Chi l'ha detto?

[996-997]

citato in queste pagine.


attributi

Noi ricorderemo

soltanto

pi noti degli

che

classici

scrittori

dettero alla eterna citt,

996.
come
tri

Roma
la disse

seterna.
lib.

Tibullo {Carmina,
:

la

chiamarono anche

Aurea Roma

prima
;

II, od. 5, v. 23);

ma

al-

inter urbes

Divum domus (AUSON., Clarae Urbes I) Roma pulcherrima (ViRG., Georg., 2, 534) Roma dea terrarum gentiumquc (Mart., Epigr., 12, 8); Roma s?iperba (Propert., ed. Tauchnitz, 3, 11, 60); Roma beata (Horat., Od., 3, 29, II); Roma princeps urbium (HR., Od., 4, 3, 13); Roma fero (Hr., Od., 3, 3, 44); Roma caput orbis terrarwn (Liv., Hist., I, 16); Roma
;

.'

Urbs regum (Cyneae dictum ap. JUSTIN.,

Hist.,

18,

io)

Roma septemgemina
mundi
Hist., 2, 32)
;

(Statuts, Silv.,

1,

2,

191)

Roma

caput

(L.UCAN., Pharsal., 2, 655);

Urbs caput rerum (TACIT.,


relieto

Aug., cap.
regit orbis

Roma marmorea 29). Le parole Roma


si

ab Augusto
si

(SVETON.,
1'

caput mundi, con


alla

aggiunta

frena rotundi,

leggevano in giro

corona d'oro

seminata di

gemme

che Diocleziano

era fatta a imitazione dei

Re

di Persia (Gregorovius, Storia della citt

di

Roma
si

nel medio
cita

evo, trad, ital., Venezia, 1873, to. Ill, p. 569,

dove

come

fonte la

Graphia aurea urbis Romae) Lo


.

stesso verso scritto pi

tardi sulle

monete

del Senato

Romano. Fu

poi adoperato da Cor-

rado II (102 4- 103 9) nelle bolle d'oro e fu mantenuto come impresa del Sacro

Romano
1'

Impero, con qualche interruzione, sino a

Federico III che fu

ultimo imperatore coronato a


alla

Roma.
del truci-

Roma

ispir

Vincenzo Monti, quando

ombra

dato Bassville faceva cantare:

997. Stolto, che volli coli'

Cozzar della gran

immobil fato Roma, onde ne porto


;

Che

Rotta la tempia, e il fianco insanguinato di Giuda il Leon non anco morto;

Ma vive e rugge, e
Roma

il

pelo arruffa e gli occhi.


Ugo
Bassville,
e.

(/* morte di

Ili, v.

7-1

996.

eterna.

ooo]

'otti,

citt,

paesi

321

Byrox

la

chiam

998.

The Xiobe
la diceva:
roi.

of nations.
str.

(Childe Harold's Pilgrimage, canto IV.

mentre Gilbert

Veuve d'un peuple


Che cosa
lebri

mais reine encore du monde.

fosse la vita a

Roma
:

prima del 1870. espresso nei ce-

versi di

G. G.

Bf.t.li

999

A
in
'

sto paese

ggi tutt'er
lo

busilli

Sta in ner vive a


Sono
un sonetto
di lui delli 8

scrocco e ff orazzione.
La Sala

gennaio 1832, intitolato:

nzignor Tesoriere.
aspirazioni politiche degli Italiani su

Le
frasi.

Roma,

designata capi-

tale naturale d'Italia fin

dal

1861, hanno dato origine ad alcune

Cominciamo

dal

1000.
che fu

Roma
il

o morte.

grido di guerra della sventurata impresa di Aspromonte,

come

alcuni anni pi tardi di quella


del

non meno

infelice di

MenGiu-

tana. L'ordine

giorno del i agosto 1862, scritto da


di

seppe CiviNixi, segretario


appunto con

Garibaldi,

e letto dal generale ai

volontari assembrati nei boschi della Ficuzza presso Palermo, co-

minciava

la

forinola

Italia e

Vittorio Emanuel,:,

Roma
<

o Aforte.

Ma

queste ultime
si

parole

avevano avuto origine


il

a Marsala dove Garibaldi

era recato per colorire


i

suo disegno.
1

Risoltosi infatti a visitare

luoghi della epopea del

860, tocca
il

Alcamo. Partinico, percorre, esaltandosi a quei


di Calatafmi, fa
di l ripiega su

ricordi gloriosi,
in

una punta a Corleone, a Sciacca,


tronco

Max-

Marsala, dove parendogli bello riprendere da


il

quella terra di felice augurio

cammino ", annunzia, pi


il

ricamente che fino allora non avesse fatto,


posito di marciare
ii

suo fermo proinvita


i

all'

impresa

di

Roma, ed apertamente
ed a seguirlo.

a dar

di

piglio allo armi

poich a quel

delle nazioni.
2\

3^2

Chi

l'Ita

detto?

[1001-1002]

bellicoso appello,

una voce ignota


S, - ripet

dalla folla plaudente


il

sclam

Roma
Morte;

Morte.

pi volte

Generale, - o

Roma

e questo

grido, uscito forse dalle labbra inconscie

d'un

picciotto o d'
il

un pescatore marsalese, divent da


il

quell' istante, per

fato delle parole,

segnacolo in vessillo d' una delle avventure


siasi

pi cimentose a cui mai Garibaldi

accinto ed abbia tentato

strascinare l'Italia (Guerzoni, Garibaldi, voi. II, pag. 302-303).

dunque
casa

errata la lapide che


Allegretti
in

si

legge

in

Pescia, sulla facciata

della

piazza Vittorio

Emanuele,

secondo

la

quale quelle fatidiche parole sarebbero state


ribaldi in quella citt

pronunziate da Ga(Biagi,

quando

vi
Il

si

rec nel luglio 1867

In Val di Nievole, pag. 21).

grido di Garibaldi doveva risuole

nare invano per molti anni, finch nel 1870


liberavano

armi italiane non

Roma

dal governo teocratico.


gl' Italiani
:

Ma

se la forza degli avil

venimenti aveva condotto


esserci entrati,

a
fin

Roma,

difficile,

dopo
nuovo

era di restarci

per

dai primi mesi del


:

regime una voce augusta aveva solennemente ammonito

1001. Ci siamo e ci resteremo.


Approvata dal Parlamento, ancora residente
detta delle Guarentigie,
e
il

in Firenze, la legge

re

Vittorio Emanuele
in

lasci Firenze,

dopo una
187
1

visita a

Napoli entr solennemente


manifestazioni
di

Roma
le

il

2 luIl

glio

fra

indescrivibili

pubblica

gioia.

giorno appresso egli riceveva nel


tazioni politiche e
cittadine,

palazzo del Quirinale


quella occasione
:

depu-

e
le

in

egli

avrebbe
ci siamo
in

pronunciato con ferma voce


e ci resteremo,
Italia.
agli

solenni parole

A Roma

parole che ebbero un' eco

potentissima
il

tatti

Altri invece narrano che furono dette

31 dicembre 1K70
dal

ufficiali

superiori della Guardia Nazionale recatisi


di

Re

ringraziarlo

essere

accorso
i

in

Roma

desolata

dalla
in

inonda-

zione

del

Tevere;
le

ma
io

giornali del

tempo riportano

forma

un poco diversa
siamo a

parole reali in quella occasione: Finalmente

Roma:

ed

l'ho tanto desiderato. Ofa nessuno ce la

toglier .

Potremo metterci accanto V Hic manelnmus ottime


gi

del (piale lie

parlato

(n.

344), e

la

frase:

1002.

Roma

conquista intangibile.

[l002]

orti,

citt,

paesi

che

s'

incontra nel telegramma spedito da

Umberto
per

I in risposta
il

a quello di felicitazioni del Municipio di

Roma

20 settem

bre 1886,

XVI
Italia

anniversario della breccia di Porta Pia:

Rendo

con tutta
crifizi

omaggio

alla

memoria

di coloro,

che con tanti sa-

cooperarono

alla intangibile conquista,

oggi affidata al no-

stro senno, al nostro patriottismo, alla fedelt, ai principii, sui quali


si

fonda

il

risorgimento italiano. Dello stesso


in

Umberto

si

ri-

corda che gi

una

lettera del

4 febbraio 1875 aveva chiamato


la storia della

Roma

suggello infrangibile dell' unit italiana. Per

frase ricorder

che

il

Carducci chiudeva

il

suo magnifico discorso

per l'YIII centenario dello Studio di Bologna, pronunciato nell'Archiginnasio


il

12 giugno 1888 alla presenza dei Sovrani, con

queste parole: Voi, Sire, fedele assertore di otto secoli di storia


italiana,
di

Voi, interprete augusto e


il

man tenitore sovrano

del

voto

tutto

popolo vostro. Voi, con parola che suona

alta nel con-

spetto del
Si,
(i

mondo, o Re,

lo diceste

Roma,

conquista intangibile.

Re, conquista

intangibile del

popolo

italiano,

per s e per la

libert di tutti .

E come episodio ameno,


il

aggiungasi che nel 1895 un

industriale di Milano,
delle medagliette di
gibile.

signor Carlo Bartezaghi, mise in circolazione


la

bronzo con

lupa e

il

motto

Roma

intan-

Alcuni imbroglioni pensarono di dar loro una patina antica

e di gabellarle ai minchioni

come medaglie
del

coniate durante l'efsi

fimera Pvepubblica

Romana
ci

1798.

Il

bello

fu che diversi
le

musei archeologici

cascarono e che dei numismatici

presero

sul serio e ci scrissero e

stamparono
!

delle

memorie, annunziandole

una scoperta importante

Del resto chi oggi penserebbe sul serio a contrastare


l'

Roma

al-

Italia?

Lo

stesso partito cattolico,


si

pure facendo ampie riserve


al

sulla

questione di diritto,
glio

il

acconciato

fatto compili;

Comunale

di

Roma,

consigliere on. Eoii.bkri'o

Mah-

tiki:,

leader del nuovo Partito Popolare Italiano poi anche depudi

tato
la

Roma,
di

nella

seduta del

21

febbraio

1919, discutendoci

proposta

festeggiamenti
-'o
il

internazionali

per

commemorare
di

il

cinquantenario della riunione

Roma

al-

l'

Italia,

pronunci un dise
e

-eit grandi clamori, svariati

conni)'

mi,

anche
Martii

le

proteste della parte


si

clericale

pi

intraasi-

issocia va alla. proposta, sollecitando


la

Pan

ministra/ione

comunale ad apprestare

commemorazione dell'anno

324

Chi l'ha detto?

[1003-1006]

prossimo,
di

ma

a far

che essa abbia questa precisa significazione

concordia, di energia, di unit nazionale , togliendole dunque

ogni carattere anticlericale che non avrebbe ragion d' essere, poich,
egli

concludeva, vano e miserabile fu


di potere offendere e schiacciare

il

sogno di coloro che credeIdea religiosa attraverso


la

vano

l'

1003.
perch

Povera breccia
essi

di

un piccolo muro.
gli

stessi

possono ora con


l'

occhi smarriti constatare che

oggi, pi che cinquant' anni fa,

Idea religiosa pi alta e pi


il

potente di prima, pi forte e pi vittorioso

Papato

La

frase

rimase famosa: e

il

discorso suscit lunghi commenti, sforzandosi


le

ogni partito di interpretarlo secondo

proprie idee.

Il

discorso

stesso fu integralmente riportato dal Corriere d'Italia del 23 mar-

zo

1919, dalla Conquista del 2 marzo e dalla Civilt Cattolica,

nel quad.

1650

del 15

marzo 1919

(pag. 514)

entro un articolo

editoriale intitolato

Una

questione internazionale al Consiglio Co-

munale di Roma,
giovane deputato,
polemica.
Il

scritto

come

s'

immagina,

in senso sfavorevole al

ma

che opportuno di leggere per la storia della


Civilt

testo della

Cattolica presenta delle varianti.

Scendiamo ancora

nello Stivale italico,

salutiamo

1'

1004.

Abruzzo

forte e gentile.

come si sogliono chiamare le tre provincie d" Abruzzo dopo che Primo Levi, direttore della Riforma, pubblic con lo pseudonimo
di

Primo un volume
in riva al

di bozzetti intitolato

appunto Abruzzo forte

gentile,

impressioni d'occhio e di cuore (Roma,


Tirreno nella incantevole Partenope,

1882), e giunalle falde dello

giamo

1005.

Sterminator Vesevo.

(G. Leopardi,

La
e

Ginestra, ode).

che

e,

come

tutti

capiscono,

il

monte Vesuvio;
la

non

las<
le

la citt affascinatrice, e

con

lei

penisola, senza salutarla con

parole

1006.
che sono
tana,
il

Addio mia
titolo e
il

bella Napoli.

principio di una canzone popolare napolela raccolta

d'ignoto autore, ridotta da Teodoro Cottrau per

[ioo7J

notti,

citt,

paesi

celebre

L'Eco del Vesuvio da

lui edita;

ma

si

trovano anche nella

stretta finale del duetto fra


di

basso comico e soprano nello spartito


e l'intrigante.

Enrico Sarria, // babbeo


Valicato
il

mare, prenderemo commiato dalla nostra bella pal'

tria

salutando

isola di

Sardegna e

suoi
:

forti

abitatori,

per

quali glorioso ricordo

V antico proverbio

1007. Sardi vnales (alius alio nequior).


(Cicerone, Epist. ad Fam.,
lib.

VII, ep.

24.

2>.

comune presso
spaccio
al
lib.
:

gli

antichi

Romani

a indicare cose di malagevole

secondo Tito Livio (vedi nei suppl. del Freinshemio


cap. Ili) ebbe origine
(a.

XX,

dopo

il

trionfo del pretore Ti-

berio

Sempronio Gracco

577

di

Roma)

che tornando dall'avere

debellato la sedizione di Sardegna, ne trasse seco


di

immenso numero
autorit di Livio

schiavi.

Contrapporsi potrebbe, vero,


(

all'

quella di Plutarco

Vita Romuli)

il

quale non agli schiavi di Sartal

degna,

ma
i

ai

Vejenti della Toscana l'origine riferisce di


tutti

motto,

perch

Toscani

da Sardi,

citt

di Lidia, si

diceano discen-

dere. Io

nondimeno porto opinione che


siano da
si

nei detti volgari le facili

letterali derivazioni
<

preporre a quelle

pi

stentato,

le

piali

cor soccorso

sorreggono di recondite storiche origini: e


il

giovami invece, pi che


tanto peso,

combattere l'opinione d' uno storico di


scrittori
il

come

nostri

nazionali

fecero

finora,

af-

frontare apertamente tutto

rigore di quella proverbiale ingiuria,


agli

ed accettarla non senza gloria, dicendo: poter

schiavi della

Sardegna convenire un motto attribuito ad un


della nostra et

uomo

straordinario

[Napoleone

I] siigli

schiavi d' un' isola alla Sar-

degna

assai

vicina.

" Non

lo

niego, e^li

diceva,
ossi

giammai

Ro"

mani comprarono schiavi della mia patria:


ientato un' impossibil cosa nel
farli
1

sapevano che

ambnon

piegare alla schiavit.


1

{Mmorial de Sainte-HU-ne, 20 mai


che commendare
degli schiavi
< i

6)

YA

in

verit io

cittadini

romani se nello scorrere

le file
Iliesi

vrnderecci, imbattendosi in qualcuno di quegli


e leggendo in

di

<|uei

Balar,

quel

loro

cipiglio

di libert

da

non perduta nell'animo, aombravano a quel feroce aspetto,


e giudicavano fra s che

non avriano

il

buon pro

nel recarsi

,1

007. Sardi da vendere d'uno pi

tristo

dell'altro),

326

Chi l'ha detto?

[1008-1009]

casa quella generazione irrequieta, fatta per mettere


le loro docili
gli

sbaraglio
stati

gregge di schiavi. Si dica dunque essere pure

schiavi sardi mercatanzia di

mala vendita:

ma

dicasi del pari

che non per altro caddero in tale discredito, che


tito,

per

aver sen-

a preferenza di tanti

altri

popoli di natura pi tenera, quanto

pugnassero questi due vocaboli,

uomo

e venale. Cosi

il

barone
eli

Giuseppe
Capolago,

Manno
1840,
il

nella Storia
to.
I,

di

Sardegna, sua patria

(ediz.

pag. 91).
le cui

Rivalichiamo

Mediterraneo, quel Mediterraneo,


statista italiano,

chiavi,

secondo un

illustre

cini, avrebbero dovuto


fatti,

trovarsi

Pasquale Stanislao Mannel Mar Rosso. Il Mancini insulla politica


la

rispondendo nella tornata (antimer.) della Camera dei De-

putati del 27 gennaio

1885 ad alcune interpellanze

coloniale italiana, osservava:

Voi temete ancora che


italiana,

nostra
il

azione nel
e

Mar Rosso

ci

distolga da quello che chiamate

vero
il

importante obiettivo della politica

che deve
riconoscere

essere

Mediterraneo.

Ma
il

perch invece non volete


al

che nel
la

Mar Rosso,
tela

pi vicino

Mediterraneo,
ci

possiamo trovare

chiave di quest' ultimo, la via che

conduca ad una

efficace tu-

contro ogni turbamento del suo equilibrio? [Bene ! brav). %


la

Tale

origine della celebre frase

1008.

Le

chiavi del Mediterraneo sono nel

Mar
Ricor-

Rosso.
Rivalichiamo, dunque,
il

mare, ed

eccoci

in Francia.

diamoci che qui, a detta dei francesi medesimi,

di nulla pi

dob-

biamo maravigliarci;

si

e attribuita al solito Talleyrand la frase:

1009.

En France
roba sua;
di

tout arrive, surtout l'impossible.


anclie questa
si

Ma

non

una

delle

tante

frasi,

pi

9 meno argute,
crifa.

cui gli

voluto affibbiare
di

una paternit apo(ed.

Infatti

nei

Mmoires
si

I'ikkkk

Lenkt
i

Midland

et

l'oujoulat,
il

pag, 413)

legge che durante


tante

tumulti della Fronda


citato
in
il

duca de

La ROCHEFOUCAULD,

volte

questa
4

pagine come autore delle troppo famose massime, ebbe

otto*

1009. In Francia, tutto accade, soprattutto ci che

impossibile.

oi o- 1 oil]

Nazioni,

citt,

paesi

327

bre
rino,

1650 un abboccamento

col suo potente avversario,


Il

il

Maza-

a Bourg presso Bordeaux.


in

cardinale
del

condusse

seco alla

messa

carrozza
il

il

duca e due persone

seguito (una delle


in
via,

quali era

Lenet medesimo), e mentre erano


Oui auroit cru
il

disse sor-

ridendo

y a quinze jours, voire huit,

que
car-

nous eussions t tous quatre aujourd'hui dans un


rosse?

mme
la

Tout arrive en Frame,

lui repartit le

duc de

Roche-

foucauld. Si cita anche, con diverso concetto, l'inciso staccato:

Tout

arrive.
in

Ricordiamoci che, volere o no, siamo


di

quella che convenuto

chiamare

1010.

La grande

Nation.
la

Napoleoni: Bonaparte us
cia, del

frase in

un suo proclama

al

Po-

polo Cisalpino prendendo da esso congedo per tornare in Fran17

soleva ripeterla di frequente: vedi Las Cases,

novembre 1797 (Lanfrey, Napolon I, to. I, cap. X) e Memorial de Saintela

Hlne, sotto

data del 31 ottobre 1816; anche Napoleone III

rivendic al suo grande zio la paternit di questa frase in una lettera scritta a
scita di

Rouher
I.

il

12 aprile 1869 per


si

il

centenario della na-

Napoleone

Tuttavia essa

trova gi in GrOKTHX,

Un,n

terhaltungen deutscher Ausgewanderten ion 1793 u.

1795 e

una
<!
1

lettera di

GltTSEPPS DI

Maimkk

al

barone Vignet des Etoles

1704: vedi Glaser, GrafJ.deMaistre, Beri., 1865, pag. 17.


i

Che

Francesi

si

credano realmente un popolo privilegiato e


altri,

superiore a tutti

gli

non

cosa d'oggi:

ion.

il

resta

Dei per Francos.


di storici delle

titolo di

una raccolta

Crociate e del regno franco


Il

di

l'inni-,

pubblicata nel 1611

dajAC. BoiroaJtnus.

titolo

d'Ila

raccolta rivela lo spirito col quale fu fatta, cio di mostrare


l'rov vidi-n/a.

nel

popolo Francese uno strumento prediletto della


verit clic la Francia

La

ha sempre destato tanto

r.

meori (pianto

amori vivissimi. Quanti nel lasciarla non hanno mentalmente ripetuto le storiche parole:

IOIO. La grand'- Ni/


IOI
1.

Le gesta

fatt<-

da Dio pei mano dei Fra-

Chi L'ha detto?

[1012-1014]

101

2.

Adieu,

France! Adieu, la France je pense ne vous voir jamais plus.


la
!

che sono
lasciare
il

le

parole dette con animo presago da


la

Maria Stuart

nel

14 agosto 1561
disc.

terra di Francia
I versi:

(Brantme, Vies des

dames

illustres,

III).

Adieu, plaisant pays de France,

O ma
La
sono invece
li

patrie
!

plus chrie

di

un

giornalista,

G.

Meusmer de Querlon,

che

pubblic nel 1765 attribuendoli alla sventurata regina (Diet, of


voi.

Nat. Biogr.,

XXXVI,

p. 389).
il

Di
non

frasi italiane

sui francesi spiacevole che

mio taccuino
:

ricordi che gli sgarbati

epigrammi

di

Vittorio Alfieri

1013.

Sempre
Coi

insolenti

Re

impotenti
battenti
;

Sempre
Coi

ridenti
:

Re

Talor valenti

Ma

ognor serventi,

Sangue-beventi,

Regi stromenti.
L'Alfieri ne
tiporta alle

fece l'epigrafe al

rame allegorico che serve


libro

d' analtro

stampe del Misogallo. Nel medesimo


dello stesso autore che ha
il

un

epigramma

num. Vili

e la data del

23 marzo 1793 suona:

1014.

Tutto

l'anno, e nulla

sanno;

Tutto sanno, e nulla fanno:


Gira, volta,
e' son Francesi Pi li pesi,
;

Men
inai

ti

danno.
io

1012. Addio Francia! addio Francia!


pi.

penso che non

ti

rivedr

[1015-1017I

Natami,

citt,

paesi

329

Invece, della Germania ho, in questo capitolo,


e per prima,
si
l'

meno

agri ricordi

arguta definizione che della Prussia ha dato,


:

come

crede,

Victor Cousin

1015.

La

Prusse, le pays classique des coles et

des casermes.
e poi la

spavalda frase di

Bismarck

detta nel Reichstag tedesco

il

6 febbraio 1888, a proposito


di

dell' attitudine

minacciosa della Russia

fronte alla

Germania:

1016.

Wir Deutsche

frchten Gott, sonst Nichts

auf der Welt.


<

remania ed Austria sarebbero


memoria per
gl' italiani
:

il

nido

dell' uccellacelo

di

cosi

ingrata

1017.

L'Aquila grifagna

Che per pi divorar due becchi


eli

porta.
Im-

sono

versi

di

Lumi Alamanni.

Narra

il

Ruscelli (Le

prese
sco
I,

illustri,

ediz. di

Venezia 1584, pag. 203-204) che France-

dopo

la

pace di Crespi,

mand l'Alamanni ambasciatore


male
con
lui.

Carlo
>

V: aveva l'Alamanni
di
all'

nei suoi versi parlato

di Cesare,

Francesco intendeva
Imperatore,

riconciliarlo

Comparso Luigi

dinanzi
fece

alla

presenza di molti e grandi personaggi


alla

una bellissima allocuzione;


poich fu
finita,

quale Cesare, essendo stato

attentissimo,

con volto sereno d


l'Aquila grifagna

<

Ih:

per pi divorar due becchi porta.


Luigi,

Questi erti

di

pronunciati

dal

Monarca

(piasi

.1

speri

mentale
alacrit

lo spirito del poeta,

non

lo

perturbarono; anzi con grande


al

rispose avere scritto

come poeta

quale proprio
diaconi
vecchi

il

fa

noleggiare, ora ragionare

mentire; avere
.ere

scritto

come amhasciadore cui si come giovane, parlare come


di

scritto

pieno di sdegno e

passione per ritrovarsi dal

1015. la Prussia, il paese classico delle scuole e delle cai 1016. Noi tedeschi temiamo Iddio, ma nient' altro nel mondo.

330

Chi l'ha dettar

[lOl8]

duca Alessandro genero


esser libero
d' ogni

di

Sua Maest cacciato

dalla patria, ora

passione (ved. pure

Versi e prose di Litigi


voi.
I,

Alamanni, per cura di Pietro Raffaela,


pag. xxviii).

Firenze, 1859,

Ma

l'Alamanni nell'egloga Admeto Secondo disse


1'

veramente

uccel di Giove

Che per pi

divorar due bocche porta.


le

Potr non essere senza interesse di sapere che


figura araldica dell' aquila bicipite risalgono
dei tempi.
Il

origini della

ben avanti nella notte

to.

I,

fase.

(1894) della Fondation Eugene Plot,


di

Monuments
di
gli
1'

et

mmoires, contiene una memoria


descrive

Heuzey, Arbassorilievo

moiries chalde'ennes de Sirpourla, che


Tello
il

un

quale contiene la figura di un' aquila leontocefala, con


sulla

artigli posati

schiena

di
di

due

leoni

addossati, e

in

cui

autore vuol vedere lo

stemma

Sirpourla. Il
al

monumento che
av. Cr.,

risalirebbe ai tempi del re

Entemina, cio

XL secolo

sembra essere

il

prototipo dell' aquila

bicefala di Pteria (Cappa-

docia) che pass poi nella iconografia dei Bizantini e degli Arabi,
e finalmente nel blasone degli imperatori germanici.
Il

crollo dell'

impero austriaco

in seguito alla nostra

grande

vit-

toria dell'ottobre

19 18 ha tolto ogni interesse, che non sia una


alle

semplice curiosit retrospettiva,


stessa
ticate,
si

molte

frasi

che

all'

Austria

riferiscono.
il

Alcune

tuttavia

non possono

essere dimen-

come
re

famoso

distico attribuito a torto a


( 1

Mattia CORVINO

Hunyadi,

d'Ungheria

443-1 490)

1018. Bella grant alii! tu, felix Austria, nube!

Nam
alludendo
ai

quae Mars

alijs,

dat

tibi

regna [Venus
i

molti

fortunati

matrimoni
l'

con

(piali

principi
I.
i

d'Absburgo

e pi specialmente

Imperatore Massimiliano
nuovi
territori

seploro

pero avvedutamente ampliare


possedimenti.

di

ricchissimi

Tth Bla

nel

suo volume Szdjrul staira (Buda-

1018. Lascia che

le

guerre

le

facciano
ti

gli altri, tu, felice

Austria.
gli

va' a nozze, che

Venere
la

dona quei
di

regni che

aldi

conquistano per

mano

Marte.

019-1020]

Nazioni,

citt,

paesi

pest,

1895, pag. 22) sostiene che


:

l'attribuzione

non ha fondadi
:

mento

tuttavia finora nessuno


il

ha saputo suggerire altro nome


tolto

possibile autore. Si nota che

primo emistichio
!

da Ovidio

Bella grant

alii

Protesilaus amet.
(Heroides, epist. XIII.
v. 84).

e che

il

motto

1019.
si

Felix Austria.
sopra un
sigillo

trova gi

del

duca Rodolfo IV d'Absburgo

(ved. Krschner,

Die Urkunden Herz. Rudolfs IV., neu' Arclv


vol.

fr

iisterr.

Gesch.,

49,

1872, pag. 30.


l'

Di un

altro

sovrano austriaco,
il

imperatore

Federico

III detto
I.

il

Pacifico (141 5-1493)

motto nascosto

nelle sigle

A. E.

O.

I".

che a quanto narra


ste sulF ingresso del

il

Lambecio furono
suo palazzo
in

dall'

imperatore stesso polibri,

Vienna, nonch sui suoi


i

sollecitandone la spiegazione a varus curiosissimis ingeniis,


tutti

quali

suggerirono spiegazioni diverse


l'

ma

nessuno seppe indovinare


:

quella che

imperatore stesso aveva inventata

Explicatio autem

egli

sentenzi

hujus simboli

est

haec :

1020. Austriae Est Imperare Orbi Universo.


ili'

poteva anche

tursi

in

tedesco: Alles Erdreich

Is/

Oester reich

l'iitcrthan. Alle spiegazioni

non legittime trovate

allora, altre se

HO aggiunte dopo, e non va taciuta quella pi nota delle


altre:

Austria Erit In Orde Ultima che vuol dire: L'Austria


il

dorer quanto

mondo

ma

che

nemici dell' Austria interpre1'

tavano

1011

poca propriet. i

L'Austria sar
le

ultima nazione del

mondo

! Qualche storico aggiunge che


la

sigle

A.

E.

L O V.
di

comparvero per
Ail). iti) II

prima volta nel 1438 per

la

incoronazione

(predecessore di Federico

HI nell'impero)

e allora erano

piegate:
1

Albertus Elect us Imperator Optimiis

Vivat.
storico

"ili

recente e la frase con cui


politico della

FXAMCESCQ l'M.Vkv,
occasione del

e
il'

uomo

Boemia,
nel
1

nel
in

celebre manifesto alle nazioni

Europa divulgato

848

Parlamento

di

1019. Austria

(elice.

1020. All'Austria spelta l'impero del mondo.

332

Chi l'ha detto?

[1021-1023]

Francoforte, pi oltre: Si
1

parodiava la frase famosa di Voltaire che citeremo

Dieu

n'existait pas, il faudrait l'inventer, dicendo:


il

02 1. Si l'Autriche n'existait pas,

faudrait l'in[venter.

Ma

egli

stesso nel- 1872, in

un epilogo

col quale chiudeva


:

il

suo volume Radhost, faceva

ammenda
mia
Il

del suo errore

Devo con-

fessare che al principio della

carriera politica sono stato vit-

tima di un deplorevole errore....


fesser
sincerit

mio sbaglio
nella
eh' io

stato, lo con-

francamente,

quello

di

confidare

saviezza

nella
:

della nazione
etc.,

tedesca.

Si l'Autriche

data

La frase da un momento

ho detto

allora

in cui io riteneva
in

fer-

mamente che

la giustzia

avrebbe regnato

questa confederazione

di popoli liberi .

1022.
e

John

Bull.
collettiva

rimasto

come designazione

del

popolo inglese
scrittore, nel

dopo
1727

che

John Arbuthnot

(1667-1735), medico e

pubblic una History of John Bull nella quale riun cinque opuscoli satirico-politici pubblicati

dal 17 12 in avanti. Questo


di corte,

JOHN
quale

Bull,

da notarsi, era un organista

morto

il

1628,

il

avrebbe composto nel 161 9 l'inno popolare, che comincia:

1023.

God

save the king.


il

Ma
un
.

quest'attribuzione, sostenuta principalmente verso


altro musicista inglese,

1822 da

Richard Clarke {Account of the National intliem) sembra destituita di ogni fondamento ma nemmeno si
:

possono contrapporre
meglio fondate, n

alla pretesa paternit del Bull altre attribuzioni


tale,

ad esempio, quella per


in

Henry Cakey
come
di

che avrebbe cantato nel 1740 l'inno


propria composizione
:

questione

sua

quel che certo che parole e murici

furono stampate per la prima volta soltanto nel Gentle man' s


gazine,
fase,

Mail

dell'ottobre

1745.

L'inno

medesimo contende

102

1.

Se l'Austria non
lalvj
re.

esistesse,

bisognerebbe inventarla.

1022. Giovanni Bull.

1023. Dio

il

ri 024-1026]

Nazioni,

citt,

paesi

3.1

primato come inno nazionale {national anthem)


all'

dell' Inghilterra

altro che comincia

1024.
e che
(1

Rule Britannia! Britannia


non
altro se

rules the waves.

non un coro
Mali.f.t

dell' Alfred di

James Thomson
nel

700-1 748), masque o commedia allegorica

scritta

1740

in

collaborazione con

David
il

(in

fine,

a. II,

se.

5),

e rap-

presentata nel teatro privato del Principe di Galles, a Chef den,


nel

Buckinghamshire

l* agosto

1741.
la

quasi certo
di
lui
il

che

la

cantata di

Thomson, bench dopo


la

morte

Mallet
:

tentasse di rivendicare

paternit dell' intiera produzione

essa

per fu ritoccata da Lord Bolingbroke.

La musica
Il

della cantata.

come

dell' intiera

produzione, di Arne.

verso citato di sopra,

insieme all'altro gi ricordato al


be slaves,

num. 800: Britons never shall


Southey
of this country as long as she

fanno

il

ritornello della cantata di cui scrisse


political

che

it

will

be the

hymn

maintains her political power.

1025.
fu detto

England
da
il

is

the mother of Parliaments.


in

John BRIGHT

un discorso

politico tenuto a Bir-

mingham

18 gennaio 1865;

ma

fu

pure

detto e

si

dice che

P Inghilterra una

1026. Nation of shopkeepers.


Li
frase fu attribuita a

Napoleoni-:,

infatti

secondo
ed.
all'

il

libro di
vol.

B. E. O' Meara {Napoleon at St. Helena,


1

1888,

II.

21-122),

egli

avrebbe detto una volta


all

O'

Mean

mede-

simo:

You were

greatly offended with


I

me

for having called

you a nation of shop-keepers,...


<>f

meant

that

you were a nation

merchants, and that


in

all

your great richess and your grand reis

commerce, which
gi

tree

antica,

poich

cosi

chiamava

la

metropoli

ma la frase pi SaMUSL ADAMS

1024. 1025.

Sii
I.'

potente,

Britannia!

La
dei

Britannia (ignora dei mari.

Inghilterra la

madre

parlamenti {ossia del

parlamentare).

1026. Nazione

di

bottegai.

334

L'hi

l'ha chtto?

[1027]

nel suo

Independent Advertiser

del

1748

ugualmente

Adamo

Smith
7iations

nella

Inquiry into the nature and causes of the wealth of

(1776), II, bk. 4, ch. 7, pi. 3.


attribuisce
1'

ugualmente a Napo-

leone

si

altra frase

1027. Perfida Albione.

ma

ancora a torto. Le origini

di

questa frase furono ripetutamente

discusse nell' Intermdiaire des Chercheurs et

Curieux

(voll.

IX,

X, LX)
della

senza avere mai una esauriente risposta e nei primi anni


ricercate

Grande Guerra furono con particolare compiacenza


i

dagli scrittori tedeschi,

quali sotto lo stimolo del Gott strafe


si

En-

gland!

(vedi nella parte II di questo libro)

affannarono a ricer-

care documenci sulla tradizione della perfdia dell' Inghilterra. Diversi articoli si seguirono, specialmente nell' Abendblatt

der Frank-

furter Zeitung, e
nel

l'

autore di uno di

essi,

il

signor Adolf

Bowski che

numero

del 5 febbraio

1915 aveva pubblicato una nota su Le


in der Tradition der franzsischen

perfide

Royaume

England

Literatur, spinse la cortesia a mandare da


siedeva, a

New

York. doVe
io

egli ri-

me

eh' egli

non conosceva,

la

nota stessa perch

me ne
posso
quali

valessi nella

ristampa del Chi


le

V ha

detto? Eccolo servito.

Non
le

per riprodurre

numerose

citazioni antiche e

moderne

valgono a

stabilire
Il

che l'opinione della mancanza di fede degl' Inglesi

era antica.

prof.

W.

Alison Phillips

in

uno studio pubblicato

nella

Edinburgh Review
titolo

del gennaio 1920 (no. 471, pag. 143-165), col


ricerca le origini della leggenda

The legend of Perfide Albion,

rifacendo la storia della politica inglese dal sec. XVIil in poi. Li-

mitandoci alla storia della frase nella forma oggi tradizionale, di-

remo che

se

ne posson rintracciare

le

fonti in

Bossvkt che

ini

Premier Sermon sur


la

la circoncision esclama: L'Angleterre, ah


le

perfide Angleterre, que

rempart de ses mers rendoit inac-

cessible

aux Romains,

la

foi

du Sauveur y

est

aborde

(4''

s.,

III, 32).

il

modo

col quale usata la frase, fa credere ch'essa

fosse ^i conosciuta.

Ma

la frase

eli

venne popolare
1'

in

Francia solsi

tanto nel periodo rivoluzionario, piando

Inghilterra

un alle

potenze coalizzate contro

la

Francia e ricev pi tardi nuova con-

ferma dalla condotta realmente sleale del

governo

inglese

\eiso

Napoleone.

Allora

la

pi aulica menzione della Perfida Albione

[l028-i02o]

">,

citt,

parsi

335

si

trova in una piccola poesia firmata

XlMNEZ

su L're rpu-

blicaine pubblicata nel Calendrier rpublicain del 5 ottobre 1793


nella quale detto
:

Attaquons dans ses eaux

Que nos

fastes s'ouvrant
les

la perfide Albion. par sa destruction

Marquent
Cfr. Interni., vol.

jours de la victoire.

LX,

1909, col. 563, 774.


infatti, fu

Certo essa frase francese: antica,


Francia verso
cizia la
l'

l'antipatia della

Inghilterra, cui ci lega invece


risale oltre gli

una

tradizionale ami-

quale per non


i

anni epici del Risorgimento,

poich anteriormente
ostili
all'
il

sentimenti anche in Italia erano, in generale,

Inghilterra,

per riflesso dei rancori francesi.

Ne

dava un

saggio

signor

Domenico Guerri pubblicando

nel fase.

224-225
1920,

del Giornale storico della Letteratura italiana, vol.

LXXV,

P a8- 334 un sonetto estemporaneo fatto con rime obbligate dal famoso improvvisatore Tommaso Sgricci la sera del 9 marzo 1825
in

una conversazione,

e nel quale egli vede in


in

sogno Megera che

fabbrica

un Inglese pestando

un mortaio

Cor di volpe, di falco unghie, d' insano Leone il fiel, membri di cane, un vano
Teschio d' asino....

Xel Parlamento

italiano fu
il

il

deputato

Ferdinando Petruccf.m.i

della Gattina

quale primo disse in forma sentenziosa che:

1028. L'Inghilterra la sola


L'on.
<iis|)i,

amica
del
:

d'Italia.

nella seduta della

Camera

20 marzo 1862 (Di-

scussioni, pag. 1773) aviva ricordato che

L' Inghilterra al

i860

imped l'intervento
terrnppe:
<

francese

in

Sicilia; e l'on.

Petruccelli in-

la

tola

amica

d' Italia . Altro giudizio

ben diverso

da quello
fired,

il<i

Francai, anche prima della famosa entente cordiale


stato quello del
le

num. 680), sarebbe


al

Papa

S.

GrKKOOUO

Magno
).

quale

il

attribuiscono

paiole:

Xon Angli
Non Aneli

sed Angeli.

>2>i.

111:1

Angeli.

33

Chi l'ha detto?

[1030-1031]

ma

egli

avrebbe detto,

vedendo una volta


si

(circa

l'anno 574) a
:

Roma

dei giovanetti inglesi che


si

vendevano come schiavi

Non

Angli sed Angeli forent

fuissent Christiani .
di

nel Faust,

V immortale capolavoro

Goethe, che

s'incontra

la frase:

1030. Spanien, das schne

Land des Weins und


[der Gesnge.

detta da Mefistofele nella


testo precisamente dice:

Prima Parte (scena

della Cantina). Il

Wir kommen

Dem

erst aus Spanien zurch schnen Land des Weins und der Gesnge.

Lieto paese dunque la Spagna


gallo,

ma

non meno

lieto

il

Porto-

se vero che:

1031.

Il

portoghese gaio ognor.


italiana del
libretto

Questo verso nella infelicissima traduzione


dell'opera buffa in 3
atti,

Le Jour
di

et la

Nuit

(parole di

A. Vanil

LOO ed E. Leterrier, musica


originale
(a.

Carlo Lecocq). Ecco

testo

II,

se. 5)

Les Portugais
Sont toujours
gais,

Qu'il fasse beau,

Qu'il fasse laid,

Au

mois de dcembre ou de mai. Les Portugais,


Sont toujours gais
!

Non

sono dei gran bei


facile

versi

neppure questi,
!

ma

in

un'operetta

non

trovarne dei migliori


alla

Volgiamoci

Russia, che fino all'ultimo sfacelo bolscevico

era svisceratissima amica della Francia. Alla ammirazione dei francesi per la

Cosaccheria

di

pochi anni

fa,

aveva preluso

Volturi

:.

scrivendo per colmo di cortigianeria alla imperatrice Caterina


la

II.

Semiramide del Nord :

1030.

I.a

Spugna,

il

bel

paese del vino e delle canzoni.

[1032- 1 034]

nl >

c ittn> Paesi

337

1032. C'est

du Nord aujourd'hui que nous vient


[la

lumire.

(E/ilre

ii

f imperatrice Je Russie. Catherine II. \~"\, r.

Napoleone

I. vari

anni dopo, diceva a proposito della Russia e

dei suoi destini, la frase

famosa che

si

suole ripetere in questa forma

1033.

Dans cinquante

ans, l'Europe sera rpubli-

caine ou cosaque.
Essa
si

legge nel

Memorial de Sainte-Hlne
I,

del

Conte de Las
il

Cases.

Ma

Napoleone

esaminando con Las Cases

3 aprile

1816

le varie probabilit di
gli

una liberazione da

S. Elena, pi specialmente

diceva che enfin, une dernire chance, et ce pourrait tre la

plus probable, ce serait le besoin qu'on aurait de

moi contre

les

Russes, car dans

l'tat

actuel des

choses, avant dix ans toute

V Europe
rigi,

peut-tre cosaque, ou toute en

rpublique
renvers

(sic)

voil

pourtant les

hommes d'Etat

qui m'ont
I).

(ediz.
il

di

Pache

1842, pag. 454 del to.

ai

singolare
differente,
dieci,

come

testo,

corre sulle bocche di tutti sia


la sostituzione

cos

singolarissima poi

dei

cinquant' a.nm

dovuta certamente a

qualche bonapartista che volendo conservare la riputazione di profeta al


fissato

suo idolo, pens di


per
il

rimandare

di

quarant' anni

il

giorno

compimento

di

una

delle sue pi notevoli predizioni

politiche.

Ma

ancora pi singolare che questa

istituzione
il

si

sia fatta sulle parole di

un

libro cos noto


i

come

Memoriale di
sono
i

S. Elena. Si ha da dire forse che


letti,

libri

pi

noti

meno

specialmente quando sono della mole indiscreta del Mmorial


?

de Sainte-Hlne
In ogni

Non

sarei alieno dall'accogliere

questa soluzione.

modo

la profezia

accenna a

realizzarsi

ma

con grande
jx>ich

ritardo e in
egli

una forma che Napoleone non aveva preveduto,


i

non

.aveva previsto

cosacchi repubblicani, anzi sovietisti. Egli

per aveva sentito che

il

grande impero moscovita era realmente un

1034.

Colosso dai piedi di creta

1032.

E
2J

dal

Nord che oggi


1'

ci

viene la luce.
sani repubblicana

1033. Entro cinquant' anni

Europa

cosacca.

338

Chi l'ha detto?

[103 5- 1036]

come
di

lo

chiam Diderot con

frase

famosa conservataci dal Conte


di

Scgur.
il

Quando

alla

dimane del regno

Pietro

il

Grande

sotto

regno della grande Caterina, Diderot and a Pietroburgo


convincere quella sovrana
le

e poi se ne ripart senza aver potuto


della necessit di applicare
i

grandi principi e

grandi riforme

nella legislazione e nella politica, egli riassunse la propria opinione

pessimistica sulla Russia con queste parole profetiche


colosse
di

C'est
il

un

aux pieds
Il

d'argile . Osservava a

tal

proposito

Conte

Sgur:

n'en est cependant pas moins vrai qu' cette pole

que, ainsi que

disait

l'emphatique Diderot,

la

Russie n'tait
a laiss durcir

encore qu'un colosse


cette argile,

aux pieds d'argile; mais on


et

et elle s'est

change en bronze (Comte de Sgur,


Anecdotes, to. III.
ai

Oeuvres compltes - Mmoires ou Souvenirs


Paris 1826, pag. 214).

Pur troppo

si

visto

tempi

nostri

che quel che pareva bronzo era proprio creta. Del resto noto che P immagine del colosso dai piedi d' argilla risaliva alla Bibbia,
alla statua gigantesca

veduta in sogno da Nabucodnosor, nella


erat ferrea, qttaedam autem fictilis
la figura del

quale

pedum quaedam pars

(Prophetia Danielis, cap. II, v. 32), da cui Dante tolse

Veglio del monte Ida che pure nella parte inferiore tutto di ferro
salvo che
Si
'1

destro piede terracotta [Inferno,

e.

XIV,

v.

no).

veda: Vascheri e Bertacchi, Il gran Veglio del Monte Ida tra-

dotto nel senso inorale della

Divina Commedia (Torino, 1877).


:

Pure a

Napoleone

si

attribuisce quest' altra frase sui Russi

1035. Grattez le Russe, et vous trouverez le Co-

saque
ma
a torto;
se

[0 le Tartare].
del Principe

mai essa

DE Ligne.

Cos l'Hertslet

nel suo curioso libro


(Berlin,

il

Treppenwitz der Weltgeschichte, IV. Aufl.

1895), pag. 360.


si

Un

altro singolare giudizio sulla Russia,

seguente, che

attribuisce al

march.

ASTOLPHE de CUSTINE

1036.

Le gouvernement

russe est une monarchic

absolue tempre par l'assassinat.


1035. Grattate il Russo e troverete il Cosacco (0 il Tartaro). 1036. Il governo russo una monarchia :issolut;i temperata dall'

assassinio.

[1037- 1 039]

Narioni,

ritta,

paesi

339

si

dice anche che:

Le despotisme, tempere par

l'assassinat, c'est

notre

Magna

Charta, aggiungendo, non so con quale fondamento,


all'

che cosi avrebbe parlato un alto funzionario russo

inviato del-

l'Hannover, conte Mnster, dopo l'assassinio


nel 1801.

dell'

imperatore Paolo
di

Questa frase ricorda singolarmente l'altra

Chamfort,

gi ricordata al

num.
1'

53. Evidentemente
:

1'

una

si

ispir all'altra.

Antichissima

altra frase

1037.

La Turchia,
i

il

grande malato.
di

considerando

numerosi esempi

ogni tempo recatine dal Bch-

mann

nella sua opera magistrale, che cominciano


1'

con due canzoni

popolari tedesche del secolo xvii,

una

intitolata

Der

Tiirk

ist

krank del 1683,


del canonico di

l'altra

Sultans Krankheit del 1684,


J.

ambedue

Bamberga

Albert Povsel.
di

Il

malato per ha

una costituzione molto robusta,


lo

se a dispetto di tanti medici che

hanno spedito, non vuol saperne

andarsene, e neppure

il

recente trattato di Svres valso ad ammazzarlo definitivamente.

1038.
si

Quid novi ex Africa?


le

chiede di continuo ora che

imprese coloniali africane riserbano


piacevoli e la frase digli

ogni giorno nuove sorprese,

non sempre

scende da una locuzione proverbiale presso

antichi.

Forse

la
liil

menzione pi antica
bro Vili, cap. 28:

n' in

Aristotile, Historia animalium,


mentre Plinio

iti yipe: v. Al#7J xotvv;


(lib.

vecchio nella Storia naturale


Africa aliquid novi affert .
ticolare (lib. Il, 51)
;

Vili, cap. 17), dice: Semper


dice lo stesso della Libia in par-

Zenobio
tutti

ma

per intendevano parlare delle molte

e stiane fiere ond' ricco

il

continente nero.

Ed

anche a noi
la

la

Libia

ha dato spesso delle novit, generalmente sgradite; anche

famosa

1039.
come
sima
sta,

Tripoli, bel suol

d'amore.

detto nella
ai

canzone-marcia patriottica
libica. I reni, di
<

A
<

Tripoli, popolaris>k vi
1

tempi della guerra'


i

'<

r<

>.

pubblicifacile

sono

pi

tristi

che

si

possano immaginare,
la fortuna della

ma

lo

spunto

e indovinato della

musica fece

canzone. La musica

di

nuovo dall'Africa?

340

Chi l'ha detto?

I0 4]

era di

Colombino Arona, nome prima


cui la canzone dedicata, che

d' allora

sconosciuto

nel

mondo
risenda,
la

musicale, e fu la nota cantante di operette


s'

Gea

della

GaPer

incaric di lanciarla.

storia,

ecco

le

parole del ritornello:


Tripoli,

bel suol d' amore,

Ti giunga dolce - questa mia canzon.


Sventola
Sulle tue torri
il

tricolore

- al rombo del cannon. Naviga o corazzata,


vento - dolce la stagion.
terra incantata,

Benigno

il

Tripoli,

Sar italiana -

al

rombo

del

cannon

49.
Orgoglio, ambizione, vanit, presunzione

Esempio famoso
Valentino,

di

ambizione

la

superba impresa del Duca

Cesare Borgia:

1040.

Aut

Caesar aut nihil.


proverbiale in Toscana sotto la forma corrotta
:

Di questa

frase,

Cesare o Niccol, dice mons. Paolo Giovio nel Ragionamento

sopra i motti e disegni d' arme e d' amore che comunemente chia-

mano imprese
per
di
1'

(Milano, 1863, a pag. 5), dopo aver premesso che


il

anima e
:

corpo di un' impresa intende

il

motto

e la figura

essa

Cesare Borgia di Valentinois us un' anima senza corpo,

dicendo

Aut

Cessar,

aut

nihil,

volendo
:

dire,

che

si

voleva cavar

la

maschera e
e

far

prova della sua fortuna

onde essendo capitato male

ammazzato
si

in

Navarra, Fausto Maddalena

Romano

disse che

il

motto

verific per l'ultima parte alternativa

con questo

distico:

Borgia Caesar erat,

factis et

nomine Csar,
fuit.

Aut
1040.

nihil,

aut Cassar, dixit: utrumque

Cesare (ossia imperatore) o nulla.

[1040]

Orgoglio, ambizione, vanit, presunzione

341

certamente in quella sua grande e prospera fortuna


e

il

motto fu
nelle

argutissimo,

da generoso, ecc.
si

Anche Claude Paradin


tiene
il

Devises hroques, di cui

hanno molte

edizioni cinquecentiste.

sotto la rappresentazione di
del

un Cesare antico che


di

globo

mondo,

scrive

il

nome

Cesare Borgia, e V impresa

Aut

Csar, ant nihil: ne ha dato una piccola riproduzione Carlo Yriarte


a pag. 114 dell'opera

Autour des Borgia

(Paris,

1891). Anton
et vitiis

Maria

Graziarti nel

Theatrum historicum de virtutibus

illustrium virorum et
di

fminarum
:

(Francofurti, 1661), parlando


sui

Cesare Borgia, dice


titulum,

Nominis

omen

secutus,

superbum

vcxillis

Aut

Csar, aut nihil, inscribi jussit; quod Sansatis saisis redarguit,

nazarius versiculis

haud tarnen

Aut

nihil

aut Csar vult dici Borgia

quidni
nihil.

Ouum

simul et Caesar possit, et esse


il

le

da notarsi che

Cancellieri
le

nella Lettera al

Ciampi sopra

sue Feriae Varsavienses e


rali

spade de' pi celebri Sovrani e Gene-

(neW Effemeridi
da ambo

letterarie di

Roma, marzo 1821)

parla della

celebre spada, tutta arabescata, del Valentino, la quale porterebbe


inciso
le

parti

il

suddetto motto.

Ma

il

Cancellieri

fu

tratto in errore,
il

poich la preziosa arme, nota fra

gli

amatori sotto

nomignolo
1'

di

Regina

delle Spade, e lavoro finissimo, a

quanto

pensa

Yriarte, di

M.

Ercole Fedeli, ebreo convertito di Reggio,


motto, bench porti altre divise cesariane,
Ccesaris omen,

non contiene

affatto quel
:

come

le

seguenti

Cum nomine

Jar ta

est

alea.

Questa spada che fu gi del famoso abate Galiani, appartiene oggi


alla famiglia

romana

dei principi Caetani di

Sermoneta: vedansi un
nel l'un-

articolo di

A. Ademollo, La Spada del Duca Valentino


terza parto e

fulhi della Domenica, n. 23-24. anno 1879, e l'opera citata dell'

Yriarte.
re

di

cui

la

appunto dedicata

alla

spada

di

Borgia.
di

Anche
Alpi che

Giulio

ULCO,
il

/'/A,-

C*U

cap.

XI)

lesse piuttosto essere


il

primo

in

un povero silaggio delle

secondo a

Roma. Ma

primeggiare, anche in un

umano sentimento questo di voler campo modesto: per cui svariate sono le
le

ambizioni secondo che variano


vidui, e cosi soleva

condizioni e

le attivit degli indi-

verso il 1840). famosissimo artista comico, soddisfare alla propria vanit, dicendo:

NICOLA VEDOVA, veneziano (m.

34 2

CM

l'

ha detto?

[i

041 -1042]

04 1.

Mi
la

so el pi gran tirano dopo Dio.


leggenda del palcoscenico,
il

Secondo

Vedova

fu

il

pi igno-

rante

uomo

del

mondo

si

vuole che un giorno (gi da tempo


si

era impensierito per la scelta della beneficiata)

recasse alla prova

con un libro
trovada,

sotto al

braccio, sclamando:

L' ho trovada, l'ho


la

un po' lungheta, ma tagiaremo. Piena sicura! Era


(Rasi,

Dwina Commedia
Ugualmente
si

comici italiani, voi. II, pag. 625).

narra che Alessandro Lanari, notissimo impresario

teatrale fiorentino,
il

esclamasse un
;

giorno

Io sono, dopo Dio,


le:

primo impresario

e subito

si

correggesse preso dalla pi


di

gittima

ammirazione, o indulgenza verso


dirmi
il

soggiungendo
;

Posso, anzi, veramente

vero Dio degl' impresarii

non

altrimenti, a

quanto narra Giuseppe Caprin in Tempi andati


il

(Trieste, 1891, pag. 226)

pittore triestino

F. Malacrea, vissuto

nella

prima met del secolo scorso,


giorno

e valentissimo nei quadri di

natura morta, mentre un

stava abbozzando
al colore

delle
di

frutta,

avendogli un tale fatta osservazione intorno

un graprispose:

polo

di ribes,

si

volse e con la sua

abituale

freddezza
i

Sappia, e lo tenga bene a mente, che per fare

fiori

viene prima
.

Dio poi Malacrea, per

le

frutta

prima Malacrea poi Dio

Come sono
genda,
si

lontane queste innocenti ambizioni da quella del pc*

tente re di Spagna,

Carlo V,

il

quale, secondo che narra

la leg-

vantava che

1042. Nei miei regni

non tramonta mai


di

il

Sole.
cita

Non

si

conoscono

le

origini

questa frase.

Il

Bchmann
lib.

per una certa analogia un passo di

Erodoto

(//ist.,
la

VII.

cap. 8) che fa dire a Sersc qualcosa di simile. Per


frase,

storia della
ti do.

ricorder che

il

Guarini
la

nel prologo del

Pastor

ug-

gendosi a Caterina d'Austria,

chiama
Utera

figlia

Di quel Monarca, a cui N anco quando annotta,


e Si hii.i.i'.k
1

il

Sol tramonta:
se.

mi Don

Carlos

(atto

I.

6),

cos

fa

parlare

Fi-

lippo

Di.-

Sonne- gehl

in

meraetn Staat nicht

unici-.

043-1047] Orgoglio, ambizione, sanit, presunzione

343

Parenti molto prossimi dell'ambizione sono l'orgoglio e la vanit.

In quanto a. vanit, credo che non potrebbe essere da alcuno


superata quella di Cicerone, se sue veramente fossero
attribuitegli
le

parole

da Giovenale

1043.

fortunatam natam

me

consule
1

Romam.
v.

Satira X.
al

Era l'orgoglio che ispirava Argante quando


Ottone
rivolse le

troppo audace

superbe parole:

1044. Renditi vinto; e per tua gloria basti

Che

dir potrai che contro

me

pugnasti.
e.

(Tasso. Gerusalemme liberala,

IV, or

ed hanno ugualmente sapore


ste altre
:

di orgoglio

misto ad arroganza que-

1045.

Rispondo che non rispondo.


Gn>v. FILIPPO Gai.vagn". mi-

dette nel Parlamento Subalpino da

nistro dell'Agricoltura, poi dell' Interno, e quindi di Grazia e Giustizia nel

gabinetto Delaunay-D'Azeglio (1849-52); e queste pure

1046. Piace a
dette dall' onor.
il

me

e basta.
in

AGOSTINO Depretis
(2* tornata)
all'

Parlamento rispondendo

30 gennaio 1884
alla

onor. Bosdari per difendere


:

propri criteri di sicurezza pubblica

Io credo di

poter affer-

mare

Camera

all'

onor. Bosdari che qui non entra siringi-

di freni, parole queste che mi furono attribuite con molta


inesatti/za. Dico

quanto

alle parole: sar quel

che volete quanto

al

nu

tolii

di
:

governo; poich capisco benissimo che a molti non pu


e basta (Discussioni, voi.

ma piare a me

VII. pag.
il

Dei

pericoli dell'ambizione e dell'orgoglio avverte

poeta

la-

tino che

1047-

Feriuntque

summos
in.

Fulmina monti')h\zi... Oi, lib. Il; od.


v.

11.13).

1043. IO47.

<
I.

fortunata
folgori

Roma,

il

mio coni
alti.

colpiscono

monti pi

344

Chi l'ha detto?

[1048-105

1]

e la

morte

di

un superbo,
:

colpito dalla

mano

del fato, ben di-

pinta dall'

Ariosto

1048.

Bestemmiando fugg l'alma sdegnosa Che fu s altiera al mondo e s orgogliosa.


(Orlando furioso,
e.

XLVI.

ott.

140).

Cosi, con la morte di

Rodomonte

ucciso da Ruggero, finisce


(e.

il

poema
v.

del gran ferrarese. Si confronti con la fine dell'Eneide


di

XII,

952) e la morte

Turno:

Vitaque cum gemiti fugit indignata sub umbris.

a proposito di

Rodomonte, non

sar inutile di ricordare, che

il

suo nome, cui l'Ariosto dette tanta fama, passato


a indicare

in proverbio

un millantatore, uno spaccone, un

1049. Miles gloriosus.


che poi
il

titolo di

una commedia

di

Plauto

la

quale narra

le

ge-

sta dell'ineffabile Pirgopolinice,

nome

passato pur esso in proverbio.

La
titolo

gara delle

mondane

vanit con frase

moderna espressa

nel

scultorio dato

da Guglielmo

Thackeray

a uno dei suoi

migliori romanzi,

pubblicato nel 1847:

1050.

Vanity

Fair.

che per altro


serie
si

il Thackeray tolse a un racconto di Buwan della The Pilgrims Progress (1678-1684). A conforto dei vanitosi pu osservare che

1051.

La

vertu n'irait pas loin,

si

la

vanit ne lui
Maxime,
lV;

tenait

compagnie.
(]
\

lluiiiFinh

i.i>.

Anche Seneca
pione,

dice:

Tolle

anibitioneiii

et

fastuosos

spiritili,

millos habebis nec Platones, nec ('atones, nec Scaerolas, Dec Sci

nec Fabricios.

1049. Soldato millantatole.

1050.
1051.

La La

fiera

della

vanit.
se
la

virt

non andrebbe molto lontano

vanit non

le

tenesse compagnia.

[1052-1056] Orgoglio, ambizione, vanit, presunzione

345

Dalle
ste altre

Massime
due
di

gi citate del

La Rochefoucauld
:

traggo que-

argomento

affine

1052. Si nous n'avions point d'orgueil, nous ne

nous plaindrions pas de celui des autres.


,<

XXXIV

1.

1053.

Quelque bien qu'on nous dise de nous, on ne nous apprend rien de nouveau.
Olili.

All' orgoglioso che

non vuole riconoscere

propri difetti,
altri,
si

le

prori-

prie colpe

ed ha occhi soltanto per quelle degli


:

pu

petere

il

motto biblico

1054. Medice, cura te ipsum.


yEvang. di
S.

Luca, cap. IV.

v.

23).

O l'altro che sar registrato pi avanti: Quid antan vides festina m


in oculo fratris ini et trabem in oculo tuo

non vid

Un
1055.

orgoglioso era pure quel


....

Fiorentino spirito bizzarro.


(Dante, Inferno.
C.

VOI,

ilippo

Argenti, cosi

beffato

da Dante nella Divina Comil

media, e di cui piacevolmente novella anche


corneront (giorn. IX,
n<>v.

Boccaccio nel De-

-uperbia del resto

scava dinanzi
fargli

a
la

se

la

ocieca
<
ila

l'aomo

al

punto da non

vedere

imminente ro\ina

impedirgli di procacciarsi riparo:

ontrtionem pra>cedit superbia.


{,1'rovrrbi di

Salomone, cap. XVI,

\.

18).

dell'orgoglio,
degli altri.

non

ci

lagneremmo
non
ci

di quello

Per (pianto bene

ci

dicano

di

noi stessi,

diranno

mai nulla che gi non sappiamo. 1054. Medico, cura te medesimo.


1056.
l.a

superbia

seguita dal pentbneni

34"

Chi l'ha detto?

[io5;-iobo]

50.
Ostinazione, ricredersi, pentirsi

Non doveva
diceva che

essere facile a
di

smuovere dalle sue convinzioni quella


Ferrante,
della

brava signora sposa

Don

quale

il

MANZONI

1057.

Con le idee donna Prassede si governava come


dicono doversi far con
che,
gli amici;

ne aveva po-

ma a quelle poche era affezionata assai.


(/

Promessi Sposi, cap. XXV).

e della stessa farina la bella

Rosina, che dopo avere pi volte

ripetuto

1058.
ha
la faccia

Lo

giurai, la vincer.
:

franca di cantare

1059. Io sono docile - son rispettosa, Sono obbediente - dolce amorosa,

Mi

lascio reggere -

mi

fo guidar.

per soggiunge subito:

Ma

mi toccano - dov' il mio debole, .Sar una vipera - e cento trappole Prima di cedere - far giocar.
se
(//

Sii univi,

Barbiere di Siviglia, parole di Cesari musica di Rossini, a. I. se. 4).


:

Proverbiale anche la rigida ostinazione dei militari


1

060. Nel militare

il

superiore ha sempre ragione

Cos

ma specialissimamente poi quando ha torto. Pai LO FaMBRI, Il mfoni/ classica commedia finisce
la

di

iti

Settimana
pri

(a.

Ili, se. 13);

ma

vi si

aggiunge:

La
il

una massima

di cui l'inferiore

deve ricordarsi

sciupi-, e

superiore mai.

[lo6l]

Ostinazione,

ricredersi, pentirsi

347

Non mancano

gli

esempi

storici di ostinazione,
:

uno

dei pi

celebri quello ricordato dalle parole

1061. Sint ut sunt aut


Si dice

non

sint.

che cosi rispondesse

dei Gesuiti, al
della

papa Clemente
la

Compagnia. Ved.

Lorenzo Ricci, ultimo Generale XIV, che lo sollecitava a una riforma Vita del Sommo Pontefice Clemente XIV
il

P.

Ganganelli trad, dall' origin, franc, del


(Firenze, 1775), a pag. 115.
stessi

s ig.

Marchese CaraCCIOLI
che avevano eglino

Vedeva

in fine,

acconsentito alla loro annichilazione col dichiarare senz'ambi-

guit per bocca del loro Generale, che avevan pi caro di


stere,

non pi

esi-

che di sottoporsi ad una riforma

Sint ut sunt, aut non sint.

Questa risposta temeraria fece tanto maggior sorpresa, quanessi

toch

non ignoravano, che

la

Chiesa stessa

si

riforma in ci che

riguarda la disciplina, e che dovevano ricordarsi che Benedetto

XIV

parlando

al

Padre Centurioni loro Generale,

gli

aveva detto espres-

samente

Egli

di fede che io orer

un

successore,

ma non

di fede

che ne arerete uno ancor voi.

Tanto vero, che


facilmente ciechi sopra

gli
i

uomini che hanno pi

spirito,

diventano

loro propri affari, e che la


gli

reputazione
:

che godevano

Gesuiti da lungo tempo,


il

aveva abbagliati

Si
il

credettero necessari, diceva

Cardinale Stoppani. e questo

fu

loro male. Ci sarebbe seguito nel

1773.

D'

altra parte

il

Crtineau-Joly, storico diligente

ma

anche so-

spetto di parzialit per la

Compagnia,

nella sua storia della sopParis,

pressione dei Gesuiti {Clment

XIV

et les Jsuites,
il

pag. 381), parlando del processo che dopo


fu istruito contro la
lit

breve

di

soppressione
les

Societ di Ges, dice:

Le procs contre
traner en longin

beaucoup plus
:

les

Cardinaux instructeurs que


le faire
111

les

accuss eux-mmes
fut alors

on rsolut de
les

Ce

qu'on exhuma

paroles,

presque sacramentelles,

lans la

bouche de Ricci, ce fameux. Sint ut sunt, aut non

unt. qui n'a jamais t prononc, mais


stitut

que tous

les

Pres de l'Inet

ont pens, car

il

tait

la

consquence de leurs vux


iraccioli.

de

l.ur

vie.

Ed

in

nota asking-

dans son ro-

man

sur Clment

XIV.

qaj attribue au

P. Kicci ce

mot

ino

come MBO.

non siano

allatto.

348

Chi l'ha detto?

[1062]

clbre.

Le Gnral des

Jsuites ne l'a jamais prononc devant le

pape Clment

XIV,

puisqu'il lui fut impossible de l'entretenir de-

puis son lvation au sige de Pierre [ci che ho trovato confer-

mato anche da
de

altri istorici].

Ces paroles sont tombes de


le

la

bouche

Clment XIII,

lorsqu'en 1761
lui

Cardinal de Rochechouart,

ambassadeur de France Rome,

demandait de modifier essen-

tiellement les Constitutions de l'Ordre.


particulier

On

voulait

un suprieur

pour

les

Jsuites

franais

alors le

Pape, rsistant

ces innovations proposes, s'cria: Qu'ils soient ce qu'ils sont ou qu'ils ne soient

plus!

si

In luogo
la frase

di

questa temeraria risposta


:

suole adoperare anche

pi laconica

1062.

Se no,

no.
costituzione
1'

che risale alla vetusta

aragonese.

Finch l'Aragona

form un regno
le Cortes,

distinto,

autorit del re era

molto

ristretta,

che

si

adunavano ogni anno per deliberare


all'

sugli affivi

del paese, erano convocate pure straordinariamente


di

avvenimento
di conser-

ogni nuovo principe per ricevere da


i

lui

il

giuramento
gli

vare intatti

loro fueros,
di

o privilegi, e in ricambio
fedelt.

prestavano
si

giuramento condizionato
servito
il

Fa formula
nell'

di cui
il

sarebbe

Justiza o gran giustiziere

incoronare

novello re,
:

cos riportata

(Ant. Perez, Obras y


si,

relaciones, 1676, pag. 143)


os, y

Nosotros, que, cada uno por

somos tanto com

que

juntos podemos

mas que

os,

os hacemos nuestro rey, con tanto


si no,

que guardareis nuestros fueros;


dividualmente

no

(cio,

Noi, che

in-

siamo

tanto

quanto

voi,
re,
I

e che

riuniti

siamo pi
che
rispet-

potenti di voi, vi
terete
i

facciamo nostro
it no,

a condizione

nostri
in

privilegi;

no).
in

fueros

aragonesi
:

furono
con

soppressi

parte da Carlo

V,

parte da Filippo
si

V ma

vien dire che questa formula

non

trova in nessun corpo legala


ritenuta autentica
si

in

alcun antico documento, per cui non


la lingua del
al

anche perch

testo quale
al

comunemente
si

riporta,

non corrisponde
il

tempo

quale

la

assegna, vale a dire fra

I193

il

1213.

Un

autore spagnuolo,

Quinto, ha

scritto
tic tos

su

questo argomento un trattato Dei jitramcnto politico


gtiOt rcycA

antifu

de Aragon, dove sostiene che


l'orse

la

suddetta formula
termini,

inventala,

non precisamente

nefjli

stessi

dal

giure

[1063]

Ostinazione,

ricredersi, pentirsi

349

consulto francese

Francesco Hotman,

e alterata poi a
si cita.

mano

mano

tino a diventare, quale oggi

comunemente
tale

Ma

non-

dimeno, pure non essendo autentica in

forma, qualche fondail

mento deve

avere, ipotesi
:

non improbabile dato

carattere altiero

dei baroni aragonesi

e in tal caso le origini potrebbero trovarsene

nella formula di giuramento riportata nel cosiddetto

Fuero Juzgo
seras

(stampato per
titolo:

la

prima volta a Parigi nel 1579 da P. Pithou col


lib.

Codicis

legum Wisigothorum
si

XII) Rey
en's.

si

f-

dres derecho, et
eris
si

non

fecieres derecho,
facis,

non seras Rey. - Rex


Queste stesse
dell' italiano

recte facis,
no,

si

autem non
trovano

non

parole, Se no,

hanno un posto anche


si

nei

fasti

risorgimento, poich
lettera di

gi

come

epigrafe

della

famosa

Gius. Mazzini a Carlo Alberto firmata

Un

italiano e

pubblicata nel 1831

a Marsiglia con la falsa data di Nizza (cfr.


dell'

con quello che


grafe
il

il

Mazzini stesso scrisse

avere scelto per epialla

se

no,

no degli Aragonesi

n^W Appello

concor-

dia dell'opere ecc. in Scritti editi e inediti, ed. Daelli, voi. IX,

pag. 243)
il

quindi furono nobilmente usate da

Daniele Manin
:

quale scriveva a Lorenzo Valerio nel settembre del 1855


il

Io
cir-

repubblicano, pianto

vessillo unificatore.
l'

Vi

si

rannodi, lo
l'

condi e lo difenda chiunque vuole che


Il

Italia sia, e

Italia sar.
l'

partito repubblicano dice alla


:

Casa

di Savoia:
:

Fate

Italia, e

sono con voi P


Italia e

se no,

no.

ai
il

costituzionali dice

Pensate a fare

non ad ingrandire

Piemonte:
no.

siate Italiani e

non mu-

nicipali,

e sono con voi: se no,


:

ripeteva in altra lettera

del 6 gennaio 1856


dire:
di

Il

partito nazionale, a

mio

avviso, dovrebbe

accetto la monarchia, purch sia unitaria:

accetto

la
l'

casa
Italia.

Savoia purch concorra lealmente ed efficacemente a fare

a renderla indipendente ed una. Se no,

no .

mto

alle sfide

vere o apocrife che siano dei princip.

gonesi e dei Gesuiti, potremo mettere una parola rimasta celebre


-tona dell'italiano
risorgili,

1063.

Jamais

'

Nella seduta della

Camera
di

francese del 5 dicembre 1867.

BUOKNIO
interpel-

Rotjher, ministro

stato,

rispondendo

alle

numerose

003

350

Chi l'ha detto?

I0 64]

lanze sull'intervento francese a


rive

Roma,

disse:

Maintenant j'ar-

au dilemme

le

pape a besoin de

Rome

et l'Italie

ne peut s'en
de
la

passer.
(

Nous dclarons que l'Italie ne s'emparera pas Vif mouvement et applaudissements prolongs) Jamais
.

Rome
France

ne supportera une

telle

violence faite son honneur, faite la ca-

tholicit! [Noicvelle et vive approbation). Elle


la

demandera

l'Italie

rigoureuse et nergique excution de la convention de septem-

bre, sinon elle

y supplera elle-mme. Est-ce

clair?

(Notiveaux ap-

plaudissements). {Compte-rendu analytique des Sances du Corps


Lgislatif, session 1868, to. I, pag. 62). - Bisogna per avvertire

che queste dichiarazioni


gli interpellanti, il

gli
il

erano state quasi suggerite da uno dequale nella seduta precedente, aveva

Thiers,

detto che se egli fosse stato Rouher, avrebbe parlato francamente


e chiaramente
rai le
all' Italia:

Dans aucun

cas, je

ne vous abandonne-

pape.

Que
par

je sois

Rome,

Civita-vecchia ou

mme
les

Tou

lon,

tenez pour certain que dans


ni
les

aucun

cas,

ni

par

moyens

moraux
quale
il

moyens immoraux, vous n'aurez Rome.


all'

L' asprezza sgarbata del ministro garb poco anche


il

imperatore

all'

indomani della seduta

si

volle rallegrare

con Rouher

per
di

suo beau discours ,

ma

poi aggiunse con dolce accento


il

rimprovero:

En

politique,

ne faut point dire jamais


to.

(P.

De La

Gorce, Histoire
pag. 314;

du Second Empire,

V,

me

edit.

Paris 1903,

che cita Pinard,

Mon

Journal,

to. I er ,

pag. 236).

Uno

stornello di

Francesco Dall' Ongaro

cos rintuzzava la

vanitosa burbanza del ministro francese:

Giammai, signore

1'

una parola

snella

Un

d la nota e

altro la cancella.
:

E
E

e*

Tutte
in

un proverbio nel nostro idioma le vie ponno condurre a Roma.


al

onta
le

Chassepot che fa prodigi,

Tutte
ci che
Il

vie

conducono a
tre

Parigi.

doveva vedersi

infatti

anni dopo

penultimo verso ricorda

la

nota frase del generale Di

F ali.v

1064. Les Chassepot ont fait merveille.

1064.

(ili

Chassepot hanno fatto meraviglie.

064]

Ostinazione,

ricredersi, pentirsi

351

I!

generale

De

Failly la sera

medesima

della battaglia di

Mentana

novembre 1867), ne avvisava il suo governo con un primo telegramma da Roma che non fu pubblicato. Invece il Moniteur
(3

rsel del

io novembre pubblic un telegramma pi partico-

lareggiato del generale stesso,

comandante

in

capo del corpo


il

di spe-

dizione a

Roma, con
frasi
:

la

data del 9 novembre,

quale

termina

con queste

Le 6 novembre,

la

population romaine a

fait

aux troupes un

accueil triompha!.
dtaill.

Votre Excellence va recevoir un rapport plus

Notre prsence

Rome

tait

urgente pour

la

sauver

je

garantis la sret des tats pontificaux contre les bandes insurges.

Nos

fusils

Chassepot ont fait meneille


il

Pare che veramente

governo francese tenesse a essere ragguaprova che aveva fatto quel


fucile a per-

gliato sollecitamente della

cussione e a retrocarica che, inventato nel 1857 da Antoine Chassepot, e adottato


il

30 agosto 1866 per


frase,

l'esercito francese, tirava

per

la

prima volta a Mentana su bersagli umani.


ogni

In

modo

la

detta

forse

senza cattive

intenzioni,
Italia

appena fu nota suscit un vero tumulto


e in

d' indignazione in

Francia; e se n'ebbe l'eco fino alla tribuna francese,

poi-

ch nella tornata del Corpo


si

Legislativo del 2 dicembre, mentre

svolgevano

le

interpellanze rail' intervento francese a

Roma,

Jules Favre faceva una violenta diatriba contro la politica illiberale e antiumanitaria del gabinetto
feeaio

Rouher, a un certo punto Eu

Pelletan interruppe esclamando:


!

Il fallait essayer les fusils Chassepot

Dopo rumorose
la

esclamazioni della Camera, Jules Favre riprende

parola e continua:

....

Nos

troupes

soutiennent

le

corps

pontifical

avec
le-

leurs

perfectionnes qui font tomber les


soli,

hommes comme

la

faux du nioissoneur

Interruptions).
l'ai
si

Une

voix. C'est une insulte


l la

WRK. De
impression:
le

phrase qui a produit en Europe une

triste

fusil Chassepot a fait meneille (Uni vante inter-

ruption

Pelletan. C'est une indignit! Favre. Je comprends, je subis

[Bruit}.
les

ncessits de la guerre,

ivoue que je >uis attrist lorsque je rencontre dans un rap-

35 2

Chi l'ha detto?

[1065-1066]

port cette glorification


bruit)
.

de

la

destruction

des

hommes (Nouveau

Et cette parole n'a pas seulement bless les curs franais,


elle

a t accueillie en Italie avec une motion indescriptible {In.

terruptions)

Oui, l'motion a t

telle

en

Italie qu'il

n'y a eu qu'un

cri

d'indignation contre la France (Bruit).

E
cia
:

veramente

gli

animi erano allora concitatissimi contro la Franil

ma

tre

anni dopo

fucile

ad ago prussiano doveva fare

le

vendette delle meraviglie operate dallo Chassepot!


Si ritiene
si

da molti che nel medesimo telegramma del


pure rilevata
:

De Failly,

trovi un' altra frase che fu

1065. Toutes les troupes camprent sur le

champ

de

bataille.
:

Ma

un errore

codesta frase
dal

si

trova invece nel rapporto ufficiale


1'

mandato per posta

De
i

Failly

8 novembre.

Ma
s

si

sa

bene che
la verit,

quel generale francese che mostr di rispettare

poco

come poco
role
stessa,
essi

rispettava

vinti

anche se
Il

feriti,

disse

con quelle pa-

una vanitosa menzogna.


dove
i

campo

di battaglia era

Mentana

francesi

non ardirono

entrare,

e per

quella notte

ne dormirono fuori.
perci inesatta pure la tradizione che vuole che
fosse spedito
il

famoso

te-

legramma

da Mentana
villa

la sera
il

medesima
il

del 3, e che
il

anc' oggi mostra in

una

presso

paese

tavolino sul quale

De

Failly

1'

avrebbe

scritto.

La

storia

parlamentare

francese

ci

serba memoria

anche
:

di

un' altra frase famosa, posteriore in tempo alle ultime citate

1066.

Se soumettre ou

se dmettre.
nel conflitto sorto in Fran-

Essa fu detta da
cia nel

Leone Gambetta
Mac-Mahon,
Il
il

1877
il

tra la

maggioranza repubblicana della Camera da una


ministro

parte,
il

Presidente

De

Broglie-Fourtou e

Senato dall'altra.

15 agosto Gambetta pronunzi a Lilla in un

106;

Tutte

le

truppe accamparono sul

campo

di

battaglia.

1066. Sottomettersi o dimettersi.

067-1068]

Ostinazione,

ricredersi, pentirsi

353

banchetto un famoso discorso, nel quale esponeva

la situazione e
fait

concludeva con queste parole

Quand

la

France aura
le

enten-

dre sa voix souveraine - (erano imminenti


croyez-le bien, messieurs,
Il
il

elezioni generali)

faudra se soumettre ou se dmettre.


al

gabinetto

De

Broglie,

dopo qualche giorno, ordin


di

Procu-

ratore Generale della

Repubblica

procedere contro Gambetta


la frase

per

il

suo discorso,

precisamente per

rimasta celebre: e
della

Gambetta,

citato innanzi alla io a


di

camera del Tribunale

Senna

come imputato
tembre a
tre

offesa alla persona del presidente della

Repub1' 1 1

blica, e di oltraggi ai ministri, fu

condannato
e

in

contumacia
ti'

set-

mesi

di prigione

2000

fianchi

ammenda.

Ma

pare che la frase fosse suggerita al Gambetta da

Charles-Lolis
avrebbe detto

de FUYCINET
il

il

quale

in

casa della signora

Adam

una sera presente Gambetta:


faudra bien que
retiens le
le

Si les lections sont rpublicaines,

marchal se soumette ou se dmette

un

Je

mot
si

- disse ridendo
dire che

Gambetta, -

je

lui ferai

sort.

E non
esempi
la

pu

non glieP abbia

fatta

iL' Opinion,

journal de
(ili

la semaine,
citati

17 janvier
tutti

1920. pag. 64).


di ostinazione nelle idee, dalla

sarebbero

quale nasce
tratti

ostinazione nelle opere, bella e lodevole

quando

si

del bene, biasimevolissima

quando

si

tratti del

male. Le pa-

role di

Medea

1067.

....Video meliora

proboque:
lib.

Deteriora sequor.
(Ovidio. Metamorfosi,
li

VII. v. 30-21).

cui

si

ha

la

traduzione italiana in un verso del


'1

PETRARCA

lo

..Veggio

meglio ed
{('timone in

al
Titti

peggior m'appiglio.
\\l

secondo
e

il

di .1/. Laura, num. XVII Marsand, comincili: /';o/c.


\.

uri pensier m'assale, min;

nell'ediz. Mestica: ultimo


in

(|uelli

dd FOSCOLO,
Alla ragion,

ili'

dice di - (Son. il proprio ritratto):

Do
ma
corro ove
.il

lode
piace.

COI

,<,-.

Veggo

il

meglio e l'approvo;

ma

Regno

il

peggio.

354

(/lJ

t' /l "

detto?

[10O9-1072]

esprimono un sentimento pur troppo


ralisti

assai

comune, bench

tuonino contro
:

la

pervicacia nell' errore. Infatti

moCicerone
i

scrive

1069. Cujusvis hominis est errare; nullius, nisi insipientis, in errore perseverare.
(Filippica XII,
2).

sentenza imitata in un noto adagio


inutilmente nella Bibbia:

scolastico che

pi cercano

1070. Errare

humanuni

est,

perseverare autem dia-

bolicum.
La prima
tore
(

parte deve trovarsi nelle Declamazioni di Seneca


:

il

redi

Anneo Seneca
il

non

si

sa
;

il

pronome, ed

il

padre

Lucio Anneo Seneca

filosofo)

ed anche un emistichio dellMwlib.

tilucrethis del Cardinale

Melchior de Pot.tgnac,

V,

r.

59.

Invece

Pope

scriveva:

1071.

To

err, is

human;

to forgive, divine.
p. II,

(Essay on Criticism,

verse

325).

Non

bene
:

dunque

di ostinarsi nell'errore e di rispondere bur-

banzosamente

1072.

Quod

scripsi, scripsi.
{Vang, di
S.

Giovanni, cap. XIX.

v.

22).

come Filalo
assai
dati,

rispose g Sacerdoti che volevano fargli caini

>

cartello posto sulla croce di Cristo; e le parole

medesime

si

usano

sovente
alle

come perentorio
Giovanni

rifiuto

di

mutare

sillaba agli ordini

cose dette o scritte.


di

Baldassarre Cossa, che fu papa


il

col

nome

XXIII,

e che

Concilio di Costanza olv

1069. Chiunque pu errare,

ma

soltanto lo sciocco persevera nel-

errore.
il

1070. L'errare cosa umana,


diabolico.

perseverare nel

male invece

107 1. Errare umano, dimenticare divino. 10" 2. Quel che scrissi, scrissi.

[1073-1075]

Ostinazione,

ricredersi, pentirsi

blig a rinunziare nel 14 15,

dopo

la

sua morte a Firenze nel 1419,


in S.

Medici fecero costruire un mausoleo

Giovanni dal Donatello.

Papa Martino
nalis;
se rips i,

chiedeva che

le

parole scrittevi,

cancellate e sostituite invece dalle altre,

ma

la

Signoria Fiorentina

rispose

Quondam Papa, Quondam Cardisemplicemente Qu od


:

scripsi.
inutile
il

Ma

fare intender ragione

a chi

non vuol

sentirla:

1673. \Ch\ Chi ne l'acqua sta fin alla gola,

Ben
non

ostinato se
1

merc non grida.


e. I, ott. 50).

Ariosto, Orlando furioso,

e'

peggior sordo di chi

non vuole intendere,

egli

come

gli

dei bugiardi della Bibbia,

che

1074.

Os habent,
et

et non loquentur: oculos habent, non videbunt.


{Salmo CXIII,
v.

13 e

Salmo

(XXXIX

v.

1<>).

quando non

si

vuole udir ragione, coni' facile di trovare

il

torto

dalla parte di coloro che

non pensano come noi

anche talvolta

questione di falso amor propri", di rispetto umano, poich

1075.

L'amour propre

fait

que nous ne trouvons

gures de gens de bon sens, que ceux qui


sont de notre avis.
detto nelle vecchie edizioni delle Maximes di La ROCHEFOUCAULD, mentre nell'ediz. definitiva del 1678 la sentenza mutata: Nous ne trouvons gure de gens de bon sens que ceux

pu sont de notre avis


[nvece
il

CCCXLVm).
riconoscere
il

savio non

esita a

il

proprio errore
giudizio e
le

al-

lora

sa

mutale opportunamente
:

proprio

proprie

decisioni

IO74.

Hanno

bocca,

ma non

parleranno; hanno

ocelli,

ma non
di

vedranno.
107;.

L'amor proprio

fa che noi non troviamo altre persone buon sen-o che quelle che la pensano come noi.

356

Chi

l'Ita

detto?

[1076-1080]

1076.

....Variano

saggi

A
e
l'

seconda de' casi

lor pensieri.
a.
I.

(Mkt asta-io, fJidone abbandonata,


onest'

se. 5),

uomo,

se

ha

fallato,
il

deve riconoscere

il

suo

errore e

pentirsene, poich tale

desiderio non
la

solo degli uomini,


:

ma

anche della eterna

giustzia,

quale ha detto

1077.

Nolo mortem

impii, sed ut convertatur im-

pius a via sua et vivat.


(Ezechiele, cap.

XXXIII.

v.

11).

Si

penta dunque, e chieda perdono a coloro che


di

ha

offesi,

non

per a mo'

quel tristanzuolo, che diceva

1078.

S'io ho fallato, perdonanza chieggio: Quest' altra volta so eh' io far peggio.
Margutte nel Morgante Maggiore
si

una

delle solite uscite di


(c.

di

Lru;i

Pulci
mista :

XIX,

ott.

100); piuttosto

serva delle parole del Sal-

1079. Delieta juventutis mese et ignorantias

meas
v.
7).

ne memineris [Domine].
{Salmo

XXI \

copra

il

suo viso di quel rossore che

la

migliore confessione
di

del fallo,

come

si

canta anche nella


a.

Sonnambula
se. 8):

FELICE R"-

\iani

(musica di V. Bellini,

Ili,

1080.
Il

Ve

lo dica

il

suo rossore.
si

rossore e la confusione di chi

riconosce in colpa sono

laiil

volta sufficiente espiazione del suo errore,

come

gi osservava

nostro maggior poeta,

cui

Virgilio confortava dicendo:

1077.

Non

voglio la morte del peccatore,

ma

che

si

ritragga dalla

sua via e viva. 1079. Non ti ricordare, o Signore, de' n delle arie Ignorance.

delitti della

mia giovine

081-1083]

Ostinazioni-,

ricredersi, pentirsi

1081.

Maggior

difetto

men vergogna
(Dante. Inferno, e

lava.

XXX.

v.

142).

cio anche

una minore vergogna sarebbe

sufficiente a

lavare un

errore pi grave.
Il

pentimento venga in tempo, se non

si

vuol pagarlo troppo


frase

caro, e cos dicendo la

memoria suggerisce subito una

famosa

1082. Pnitere tanti

non emo.
Atticae, lib.
I,

(Aulo Gellio. Xoetes


che fu
la

e.

S '"

risposta di

Demostene

alla cortigiana

Laide

la

quale

gli

aveva chiesto 10,000

dramme come

prezzo dei suoi favor; anzi,


precise parole
o>vouu>sct

come Aulo

Gellio stesso soggiunge, le


o'r/.

di

Demo-

state sarebbero anche pi argute:

pupteov 5paxn<7 >v

\Mxa\ii\tiT9.

1083.

Ablue peccata, non solum faciem.


una
iscrizione bizantina, che
si

e la traduzione latina di

legge.

j> si

leggeva, intorno al battistero della basilica di S. Sofia in Costantinopoli,


e
si

trova anche ripetuta in quello della chiesa di Notrescritta in

Dame-des-Victoires a Parigi. Essa era cos

greco:

\I'roNANMHMATAMHM<>XANO<riN
e

come

si

vede restava

la

medesima, tanto

se letta

da desila

;i

sinistra,

quanto da

sinistra a destra.

IO82. \<>n pago cosi cam un pentimento. 10N3. Lava anche tuoi peccati, non soltanto
i

la

faccia.

358

Chi l'ha detto?

[1084-1086]

61.
Ozio, industria, lavoro

La

frase,

tanto rimproverata a noi italiani, e specialmente

ai

meridionali, del

1084. Dolce far niente.


sembra
lib.

derivi

nientedimeno che da Plinio

il

giovane,

il

quale nel

Vili

delle Epistole (ep. 9), scrisse: illiid iners qitidem juci inesse.

dimi tarnen nihil agere, nihil


lib. II,

Anche CICERONE {De


delectat.
tal

oratore,

cap. 24) pensava che


?

Nil agere

Ma

il

rimprovero

poi giusto

Scriveva Pasquale Villari a


(2

proposito nelle Lettere


:

meridionali
glio

a ediz., Torino, 1885, a pag. 48)

Io non vo-

tralasciar di notare che questa gente cos

male compensata,
di aver letto

tra quelle che in

Europa lavorano

di pi.

Ricordo

una
nella

tale

osservazione in un' inchiesta inglese fatta per ordine di

lord Palmerston.

Ho
di

conosciuto anche un tedesco, occupato molto


il

escavazione delle miniere,


alcuni mesi

quale, essendo andato a pasdisse

sare

riposo nelle

campagne napoletane, mi

un giorno a Firenze:
l

Il dolce

far niente

degli Italiani,

almeno

dove

io

sono stato, una. calunnia atroce. Sarebbe impossiil

bile piegare

nostro contadino o

il

nostro operaio ad un lavoro


i

cosi
dini.

duro e prolungato, come quello che fanno

vostri

conta-

il

Si di

veda quello che

in

proposito detto nelle Lettili


trad,
di

da Napoli
pag. 74

W.

Goethe
di

nella

Giustino Fortunato, a

dell' ediz.

Napoli 191 7.
2)

Ecco

Giusti, che nel Gingillino (su.

rimbrotta

la

1085.

Ciurma sdraiata in vii prosopopea, Che il suo beato non far nulla ostenta.
gli

ma

l'Apostolo minacci

oziosi

di

farli

digiunare, poich:

1086. Si quis
(S.

non
l'nuli.

vult operari, nec manducet.


E/.
II.

mi ThessaloMicenses,

cp.

3,

v.

10>

.1086.

Se qualcuno non vuol lavorale, che

nemmeno

mangi.

fi

087]

Ozio,

industria, lavoro

359

Queste parole
verbio

di S.

Paolo erano, osserva Antonio Martini, proEbrei ed anche presso


i

comune

tra gli

sapienti del pagane-

simo

. S.

Paolo

in quel capitolo ricorda ai Tessalonicesi, ch'egli in

mezzo

alle fatiche

continue e gravissime dell'apostolato, pur potendo


il

ricevere dai cristiani

necessario pel suo sostentamento,


il

non aveva

voluto mangiare a ufo

pane

di

nessuno n essere

di

aggravio ad

alcuno,
di molti

ma

lavorare di e notte, con fatica e stento, al contrario

che non fanno nulla

ma

si

affaccendano senza pro. Dovreb-

bero leggere e meditare questo capitolo molti degli odierni organizzatori


!

Invece

essi se

ne valgono

ma

con

tutt' altro

intendimento.

In un opuscoletto di propaganda comunista, pubblicato dalla Camera


del

Lavoro

di

Cento, e scritto

dall'

on. Ercole Bucco col titolo

Chi

non lavora non mangi (Bologna, 19 19), l'on. Giovanni Zibordi


nella prefazione dice: Il multisecolare detto di S. Paolo, che noi

usammo
vincere

cos largamente,
il

agli inizi della

propaganda, quando, per