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Percorsi Giuffrè - Atto di Citazione per risarcimento danni da lesioni p... http://www.percorsi.giuffre.it/psixsite/esercitazioni/atti/Diritto civile/At...

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Atto di Citazione per risarcimento danni da lesioni provocate al neonato. Responsabilità contrattuale della struttura
sanitaria e professionale del medico da contatto sociale, ex artt. 1176, comma II e 1218 e ss., cod. civ.

Traccia

Lucio e Florinda, in attesa della nascita del loro primo figlio, si rivolgono al ginecologo Dott. Nerone, su consiglio dell’ostetrica
Calpurnia, amica e levatrice di fiducia.
Nerone informa i futuri genitori che per il parto si avvale della clinica privata “Villa Pia” di Terni e, quindi, li invita a prendere
contatto con la struttura sanitaria in questione, per il necessario soggiorno.
Purtroppo, a seguito di un grave errore di Nerone durante il parto, si appura che la neonata Caietta, al momento della nascita,
soffre di anossia con conseguente sindrome asfittica. Il personale della clinica, in assenza di attrezzature specifiche, provvede
immediatamente a collocare la piccola in incubatrice, sottoponendola ad ossigeno-terapia, ma ciò non evita l’ipossia cerebrale e
la conseguente microencefalite.
Lucio e Florinda, quali esercenti la potestà genitoriale su Caietta, si rivolgono ad un avvocato, facendogli presente che, al
momento della nascita della loro primogenita, l’intervento chirurgico non poteva dirsi ancora concluso, occorrendo ancora
provvedere all’estrazione della placenta, al controllo dell’emostasi e alla pulizia della cavità uterina e che Nerone non aveva
eseguito personalmente le manovre di rianimazione necessarie sulla neonata.
Il candidato, assunte le vesti del legale dei genitori, rediga l'atto giudiziario più idoneo a tutelare le ragioni dei propri assistiti,
precisando anche le tipologie di danno invocabili dagli stessi.

Giurisprudenza

o Cassazione Civile, sez. III, 1 febbraio 2011, n. 2334 per la quale la responsabilità del medico in ordine al danno
subito dal paziente presuppone la violazione dei doveri inerenti allo svolgimento della professione, tra cui il dovere di
diligenza da valutarsi in riferimento alla natura della specifica attività esercitata; tale diligenza non è quella del buon
padre di famiglia ma quella del debitore qualificato ai sensi dell'art. 1176, secondo comma cod. civ. che comporta il
rispetto degli accorgimenti e delle regole tecniche obbiettivamente connesse all'esercizio della professione e ricomprende
pertanto anche la perizia; la limitazione di responsabilità alle ipotesi di dolo e colpa grave di cui all'art. 2236, secondo
comma, cod. civ. non ricorre con riferimento ai danni causati per negligenza o imperizia ma soltanto per i casi implicanti
risoluzione di problemi tecnici di particolare difficoltà che trascendono la preparazione media o non ancora
sufficientemente studiati dalla scienza medica; quanto all'onere probatorio, spetta al medico provare che il caso era di
particolare difficoltà e al paziente quali siano state le modalità di esecuzione inidonee ovvero a questi spetta provare che
l'intervento era di facile esecuzione e al medico che l'insuccesso non è dipeso da suo difetto di diligenza;
o Cassazione Civile, sez. III, 17 febbraio 2011, n. 3847, per la quale l'obbligo informativo circa i limiti di
equipaggiamento o di organizzazione della struttura sanitaria grava anche sul medico, convenzionato o non con la casa
di cura, dipendente o non della stessa, che abbia concluso con la paziente un contratto di assistenza al parto presso la
casa di cura in cui era convenuto che ella si sarebbe ricoverata. Ne consegue che in caso di violazione dell'obbligazione di
informare, ove sia sostenibile che il paziente non si sarebbe avvalso di quella struttura se fosse stato adeguatamente
informato, delle conseguenze derivate dalle carenze organizzative o di equipaggiamento della struttura risponde anche il
medico con il quale il paziente abbia instaurato un rapporto di natura privatistica;
o Cassazione Civile, Sez. Unite, 11 gennaio 2008, n. 577, per la quale, in tema di responsabilità professionale da
contatto sociale del medico, ai fini del riparto dell’onere probatorio l’attore, paziente danneggiato, deve limitarsi a
provare l’esistenza del contratto (o il contatto sociale) e l’insorgenza o l’aggravamento della patologia ed allegare
l’inadempimento del debitore, astrattamente idoneo a provocare il danno lamentato, rimanendo a carico del debitore
dimostrare o che tale inadempimento non vi è stato ovvero che, pur esistendo, esso non è stato eziologicamente
rilevante;
o Cassazione Civile, sez. III, 19 aprile 2005, n. 9085, per la quale, in tema di responsabilità civile nell'attività medico
-chirurgica, l'ente ospedaliero risponde a titolo contrattuale per i danni subiti da un privato a causa della non diligente
esecuzione della prestazione medica da parte di un medico proprio dipendente ed anche l'obbligazione di quest'ultimo nei
confronti del paziente, ancorché non fondata sul contratto, ma sul "contatto sociale", ha natura contrattuale, atteso che
ad esso si ricollegano obblighi di comportamento di varia natura, diretti a garantire che siano tutelati gli interessi che
sono emersi o sono esposti a pericolo in occasione del contatto stesso. Tale situazione si riscontra nei confronti
dell'operatore di una professione c.d. protetta (per la quale cioè è richiesta una speciale abilitazione), particolarmente
quando essa abbia ad oggetto beni costituzionalmente garantiti come il bene della salute tutelato dall'art. 32 Cost.;
o Cassazione Civile, sez. III, 11 aprile 1995, n. 4152, per la quale la responsabilità dell'ente ospedaliero, gestore di
un servizio pubblico sanitario, e del medico suo dipendente per i danni subiti da un privato a causa della non diligente
esecuzione della prestazione medica, inserendosi nell'ambito del rapporto giuridico pubblico (o privato) tra l'ente gestore
ed il privato che ha richiesto ed usufruito del servizio, ha natura contrattuale di tipo professionale.

Svolgimento
TRIBUNALE DI ___________
ATTO DI CITAZIONE ex ART. 163 C. P. C.
Per il Sig. Lucio, nato a_______, il_______, C.F_______, e la Sig.ra Florinda, nata a ______, il_________, C.F._______,
entrambi residenti in _________, alla via ______, n. ___, ed elettivamente domiciliati presso lo studio
dell'Avv.________________, del foro di__________________, C.F._______________________, alla Via________, n°____,
pec_______, fax n°_____, che li rappresenta e difende in virtù di procura alle liti conferita in calce al presente atto, in proprio e
quali genitori esercenti la potestà sulla minore Caietta, nata a ________, il ________, C.F. _______, residente in _______,
via__________, espongono quanto segue.

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In fatto
· In data ________, gli istanti si rivolgevano – su consiglio dell’ostetrica Calpurnia, amica e levatrice di fiducia – al Dott.
Nerone, chirurgo ginecologo, affinché quest’ultimo assistesse la Sig.ra Florinda al momento del parto;
· All’approssimarsi del giorno previsto per il lieto evento, il Dott. Nerone riferiva ai coniugi Lucio e Florinda che, per il
parto, si sarebbe avvalso della clinica privata “Villa Pia”, con sede in Terni, invitandoli a prendere contatto con il predetto
istituto sanitario per definire le modalità di soggiorno;
· Gli odierni attori concordavano con il responsabile amministrativo della clinica sopra menzionata, Sig._______, tempi e
requisiti della permanenza e dell’assistenza, corrispondendo, a mezzo assegno bancario n.______ la complessiva somma
di €________;
· La Sig.ra Florinda veniva ricoverata, in ottime condizioni di salute, in data ______, e, successivamente, alle ore del
giorno______, iniziava la procedura del c. d. travaglio;
· A causa di un grave errore del Dott. Nerone, la piccola Caietta era colpita, al momento della nascita, da anossia, evento
che gli procurava una grave sindrome asfittica;
· L’intervento chirurgico non poteva dirsi ancora concluso, occorrendo ancora provvedere all’estrazione della placenta, al
controllo dell’emostasi e alla pulizia della cavità uterina;
· La circostanza che il ginecologo fosse impegnato in tutte queste attività escludeva, senz’altro, che lo stesso sanitario
potesse occuparsi della piccola Caietta;
· Caietta, in difetto di specifiche attrezzature, invece che essere trasferita in un centro clinico organizzato per le terapie
d’urgenza, veniva collocata dal personale sanitario in una semplice incubatrice e sottoposto ad ossigeno-terapia;
· Tale intervento cagionava l’ipossia cerebrale e la neonata subiva una microencefalite;
· Si appurava inoltre che Nerone non aveva eseguito personalmente le manovre di rianimazione necessarie sulla neonata,
appena erano stati riscontrati i sintomi della citata anossia;
· Allo stato, la minore risulta, a causa della predetta microencefalite, totalmente invalida ed abbisogna, perciò, di cure
costosissime e costanti.

In Diritto
Dai fatti descritti sopra emerge chiaramente che il Dott. Nerone, chirurgo ginecologo, ha personalmente assistito la Sig.ra
Florinda al momento della nascita della piccola Caietta. Tra gli odierni istanti ed il sanitario convenuto nel giudizio de quo era
stato stipulato un contratto di prestazione d’opera professionale in base al quale, Nerone si era obbligato non soltanto a prestare
a Florinda tutte le prestazioni utili al feto e volte a garantirne la nascita, evitandogli, nei limiti consentiti dalla scienza, qualsiasi
possibile danno.
Innanzi tutto, quanto alla legittimazione attiva della presente causa, nessun dubbio può sorgere rispetto alla posizione assunta
dalla contraente Sig. ra Florinda, ma neppure può dubitarsi della titolarità del diritto al risarcimento dei danni in favore del Sig.
Lucio e della minore Caietta. Come recentemente chiarito dalla giurisprudenza di legittimità, infatti, “il contratto intercorso tra la
gestante ed il sanitario integra gli estremi di un contratto con effetti protettivi a favore del terzo e tale terzo deve ritenersi, in
primo luogo, il neonato, alla cui tutela tendono le prestazioni rese prima e durante e nell’immediatezza del parto” (Cass. Civ.,
sez. III, 29.07.2004, n.14488).
Una volta accertata l’esistenza di un rapporto di causalità tra il comportamento colposo del medico e il danno alla neonata, deve
essere, perciò, riconosciuto anche in capo a quest’ultima il diritto al risarcimento del danno. Del pari, legittimato attivo deve
ritenersi, in proprio, anche il padre della bambina. Il tessuto normativo relativo alla procreazione (artt. 29 e 30 Cost.; artt. 143,
147, 261, 279 cod. civ.), infatti, autorizza a sostenere che gli effetti protettivi del contratto si estendano anche a quest’ultimo,
che, per effetto dell’attività professionale del ginecologo, diventa padre di un bambino normale o malato, in modo tale che il
danno provocato da inadempimento del sanitario costituisce, anche nei suoi confronti, valido titolo di risarcimento a norma
dell’art. 1223 cod. civ.
Da sottolineare come, nel caso de quo, anche la clinica “Villa Pia” sia responsabile, in concorso ed in solido con il Dott. Nerone,
delle menomazioni riportate dalla neonata e, per l’effetto, per tutti i danni cagionati alla stessa ed ai suoi genitori. Come
sottolineato dalla giurisprudenza del Supremo collegio di legittimità, “la responsabilità dell’istituto è diretta ed autonoma in
relazione al contratto di prestazione d’opera professionale stipulato con il paziente” (Cass. Civ., Sez. Un., 01.07.2002, n. 9556).
Emerge infatti chiaramente dalle vicende dedotte in causa come gli odierni attori si siano accordati con il responsabile
amministrativo della clinica, per il soggiorno e l’assistenza sanitaria pagando una cospicua somma di denaro, documentata
anche dagli atti ritualmente depositati.
La circostanza in base alla quale il Dott. Nerone non fosse un dipendente della casa di cura e che, quindi, quest’ultima non possa
essere ritenuta responsabile dell’errore da lui commesso, pur se dubbia, appare trascurabile. E’, infatti, certo che il contratto
stipulato tra gli attori e la convenuta non possa essere qualificato come un mero contratto di albergo e che, al contrario, oggetto
di tale negozio debba ritenersi, oltre che la fornitura di vitto e alloggio, la prestazione di personale sanitario qualificato e la
messa a disposizione di medicinali ed attrezzature necessarie a far fronte anche ad eventuali complicanze. Il fatto che l’ente
sanitario non fosse fornito delle attrezzature idonee a contrastare l’asfissia e che il personale ivi impiegato non fosse preparato
all’assunzione di determinazioni d’urgenza, vale, certamente, a fondare la responsabilità della convenuta per inadempimento
contrattuale.
Non a caso “l'ente ospedaliero risponde a titolo contrattuale per i danni subiti da un privato a causa della non diligente esecuzione
della prestazione medica da parte di un medico proprio dipendente ed anche l'obbligazione di quest'ultimo nei confronti del
paziente, ancorché non fondata sul contratto, ma sul contatto sociale, ha natura contrattuale, atteso che ad esso si ricollegano
obblighi di comportamento di varia natura, diretti a garantire che siano tutelati gli interessi che sono emersi o sono esposti a
pericolo in occasione del contatto stesso. Tale situazione si riscontra nei confronti dell'operatore di una professione c.d. protetta
(per la quale cioè è richiesta una speciale abilitazione), particolarmente quando essa abbia ad oggetto beni costituzionalmente
garantiti come il bene della salute tutelato dall'art. 32 Cost.” (Cass. Civ., sez. III, 19.04. 2005, n. 9085).
La patologia neonatale che ha colpito la piccola Caietta è attribuibile – a parere di questa difesa – in via diretta ed immediata a
negligenza, imprudenza ed imperizia nell’applicazione delle procedure necessarie al buon esito del parto. Alla fattispecie de qua
debbono essere applicati gli artt. 1176, comma II, e 1218 cod. civ. L’adempimento contrattuale incombente sul Dott. Nerone e,
per le ragioni sopra esposte, sulla clinica “Villa Pia”, infatti, li obbligavano all’osservanza di una diligenza specifica e al rispetto

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di ogni regola ed accorgimento inerenti la scienza medica. Né potrebbero sottrarsi a tale responsabilità invocando il disposto di
cui all’art. 2236 cod. civ.: ponderato il fatto che la specializzazione del medico avrebbe dovuto garantire gli istanti rispetto ad
una regolare esecuzione del contratto d’opera professionale, che la gestazione aveva seguito un’evoluzione regolare, che la
sig.ra Florinda era, al momento del parto in ottima salute, così come lo era il feto, se ne deve desumere, come logica
conseguenza, che l’intervento effettuato non richiedeva certamente la soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà. Per
costante giurisprudenza, peraltro, la limitazione di responsabilità del medico ai soli casi di dolo o colpa grave, è regola
applicabile esclusivamente alla perizia (attitudine in base alla quale deve essere valutato il grado di difficoltà tecnica nella
soluzione della patologia) e non certo all’imprudenza e alla negligenza, delle quali il medico è sempre chiamato a rispondere
(Cfr. Cass. Civ., sez. III, 01.02.2011, n. 2334, conf. Cass. Civ., sez. III, 19.05.1999, n. 4852).
Nel caso di specie è evidente, data la natura dell’errore commesso e l’omissione dei provvedimenti più opportuni, che il danno è
stato provocato da un comportamento negligente ed imprudente e che, del pari, per negligenza ed imprudenza, la neonata,
quando pure erano evidenti le gravi condizioni in cui versava, non è stata trasferita in un centro attrezzato per la terapia
intensiva e d'urgenza. Nerone, dunque, avrebbe dovuto anche informare la paziente Florinda, prima del ricovero, circa i limiti
strutturali e quelli attinenti ai macchinari in uso nella clinica: non a caso, la Suprema Corte regolatrice ha statuito che “l'obbligo
informativo circa i limiti di equipaggiamento o di organizzazione della struttura sanitaria grava anche sul medico, convenzionato o
non con la casa di cura, dipendente o non della stessa, che abbia concluso con la paziente un contratto di assistenza al parto
presso la casa di cura in cui era convenuto che ella si sarebbe ricoverata. Ne consegue che in caso di violazione dell'obbligazione
di informare, ove sia sostenibile che il paziente non si sarebbe avvalso di quella struttura se fosse stato adeguatamente
informato, delle conseguenze derivate dalle carenze organizzative o di equipaggiamento della struttura risponde anche il medico
con il quale il paziente abbia instaurato un rapporto di natura privatistica” (Cass. Civ., sez. III, 17.02.2011, n.3847).
La condotta del Dott. Nerone, peraltro, integra sicuramente gli estremi del reato di lesioni colpose nei confronti di Caietta, ai
sensi degli artt. 110 e 590 c. p. Considerazione, questa, che legittima, altresì, questo difensore ad invocare l’applicazione delle
norme contenute negli artt. 185 c. p. e 2059 cod. civ., e che sarà oggetto di ulteriore dissertazione nel presente atto.
Ed ancora utile soccorre, al caso in esame, l’opinione espressa dai giudici di P. zza Cavour, secondo la quale “in tema di
responsabilità contrattuale della struttura sanitaria e di responsabilità professionale da contatto sociale del medico, ai fini del
riparto dell'onere probatorio l'attore, paziente danneggiato, deve limitarsi a provare l'esistenza del contratto (o il contatto sociale)
e l'insorgenza o l'aggravamento della patologia ed allegare l'inadempimento del debitore, astrattamente idoneo a provocare il
danno lamentato, rimanendo a carico del debitore dimostrare o che tale inadempimento non vi è stato ovvero che, pur esistendo,
esso non è stato eziologicamente rilevante” (Cass. Civ., Sez. Un., 11.01.2008, n. 577).
Per quanto riguarda la situazione in esame, deve rilevarsi che il primo contatto ebbe a verificarsi con la clinica “Villa Pia” e con il
ginecologo Nerone il giorno______, quando l’ostetrica Calpurnia, amica e levatrice, ebbe a consigliare Florinda di rivolgersi al
ginecologo che operava nella predetta clinica. Il contatto ebbe a proseguire il giorno _________, alle ore_____, quando
avvenne il ricovero contrattualmente convenuto e la partoriente iniziò il travaglio.
Quanto poi alle tipologie di danno invocabili dagli odierni attori emerge, innanzi tutto, la figura del danno c. d. patrimoniale,
quale conseguenza immediata e diretta dell’inadempimento contrattuale di cui sopra, consistito nelle ulteriori spese di
mantenimento della povera Caietta, sopportate ancor ora dai genitori dopo l’increscioso e spiacevole accaduto e quantificabili
nella somma di € ______ (Cfr. Cass. Civ., sez. III, 04.01.2010, n. 13).
Appare, senz’altro, riconoscibile ai genitori di Caietta anche il diritto al risarcimento iure proprio del danno c. d. morale, per le
sofferenze patite in seguito all'esito infausto del parto, con conseguenze inaspettate per la salute della loro figlioletta. Infatti, “ai
prossimi congiunti di persona che abbia subito, a causa di fatto illecito costituente reato, lesioni personali o menomazioni
permanenti, spetta anche il risarcimento del danno morale concretamente accertato in relazione ad una particolare situazione
affettiva con la vittima, non essendo ostativo il disposto dell'art 1223 cod. civ., in quanto anche tale danno trova causa immediata
e diretta nel fatto dannoso, con conseguente legittimazione del congiunto ad agire iure proprio contro il responsabile” (Cfr. Cass.
Civ., Sez. Un., 01.07.2002, n. 9556, conf. Cass. Civ., sez. III, 05.10.2010, n. 20667).
In virtù di tale arresto giurisprudenziale, il rapporto causale tra il fatto del terzo e il danno risentito dai prossimi congiunti della
vittima è identico, sia che da tale fatto derivi la morte, sia che da esso derivi una lesione personale: in entrambi i casi, infatti,
esiste un rapporto da causa ad effetto che, se è diretto ed immediato nel primo caso, non può non esserlo anche nel secondo!
Non solo: in entrambe le circostanze esiste una vittima primaria, colpita o nel bene della vita o nel bene della salute, ed una
vittima ulteriore (il congiunto), anch'essa lesa in via diretta, ma in un diverso interesse di natura personale (Cfr. Cass. Civ., sez.
III, 02.02.2001, n. 1516).
Ergo, in virtù di quanto sopra asserito, essendosi configurata a carico di Caietta una patologia a carattere permanente per il
fatto illecito attribuibile al ginecologo Nerone ed essendo titolari di una situazione qualificata dal contatto familiare con la
vittima, in proprio e come rappresentanti della figlia, gli istanti avranno diritto anche al risarcimento del danno non
patrimoniale, comprensivo di quello morale, ex art. 2059 cod. civ., patito per le gravi menomazioni arrecate alla stessa (c. d.
pecunia doloris).
Tale risarcimento dovrà avvenire secondo equità circostanziata (art. 2056 cod. civ.), tenendosi conto che, anche per il danno
morale, il risarcimento deve essere integrale e tanto più elevato quanto maggiore è la lesione che determina la doverosità
dell'assistenza familiare e il sacrificio totale ed amorevole verso il macroleso (Cfr. Cass. Civ., sez. III, 13.01.2009, n. 469).
Tanto considerato, in fatto e in diritto, i sig., ri Lucio e Florinda, come in epigrafe rappresentati, difesi e domiciliati,
CITANO
il dott. Nerone, nato a _______ il ______, C.F. _____, residente in ______, alla via ________, n. ____ nonché la Clinica “Villa
Pia”, in persona del legale rappresentante pro tempore, sig. _______, con sede in Terni, alla via ________ a comparire innanzi
al Tribunale civile di __________, nella nota sede di via ________, per l'udienza del giorno _______, ore di rito, sezione e
Giudice designandi, con invito a costituirsi in cancelleria nel termine di almeno venti giorni antecedenti tale udienza, ai sensi e
nelle forme stabilite dall'art. 166 c. p. c., con espresso avvertimento che, in mancanza, incorrerà nelle preclusioni e decadenze
di cui agli artt. 38 e 167 c.p.c. e che si procederà, eventualmente anche in sua contumacia, per ivi sentir accogliere le seguenti

CONCLUSIONI

Voglia l’Ill.mo Tribunale adito, disattesa ogni contraria istanza ed eccezione:

- In via preliminare, riconoscere e dichiarare la responsabilità solidale e concorsuale dei convenuti nella causazione del danno

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subito da Caietta, a seguito dell’evento sopra descritto;

- Per l'effetto, condannare i convenuti, in solido, in favore degli attori, in proprio e quali legali rappresentanti della figlia, al
risarcimento di tutti i danni patiti e quantificabili in €____________ (danno patrimoniale € _____ e danno morale € ______)
nonché alla rifusione delle spese giudiziarie, oltre competenze ed onorari di causa, come da legge.

In via istruttoria, si chiede volersi ammettere prova testimoniale con il Sig.__________, residente in_____________, alla
Via____________, n°_____; il Sig._________, residente in_____________, alla Via____________, n°_____, sui seguenti
capitoli di prova:

a) “Vero che…”;

b) “Vero che…”;

c) “Vero che…”.

Si chiede, inoltre, in caso di contestazione relativa al quantum debeatur, volersi disporre CTU medica per l’accertamento della
natura e delle cause della patologia da cui è afflitta la minore, nonché della misura e dell’incidenza della invalidità permanente
prodottasi.

Infine, si fa riserva di formulare ulteriori richieste istruttorie e di produrre altri documenti anche in conseguenza del
comportamento processuale di controparte.

Si offrono in comunicazione, mediante deposito in cancelleria, i seguenti atti e documenti:

1) cartella clinica relativa al ricovero di Florinda;

2) cartella clinica relativa alla degenza della minore Caietta;

3) relazione medico – legale a firma del dott.___________;

4) fattura n. _____, rilasciata ai coniugi dalla clinica “Villa Pia” e relativa al pagamento delle competenze richieste;

5) copia assegno n.__________, a firma di _________, dell’importo di € _______, rilasciato dai coniugi al responsabile
amministrativo della clinica;

6) ricevute spese sanitarie sostenute per le cure e il mantenimento della minore Caietta.

DICHIARAZIONE DI VALORE DELLA CAUSA

Ai sensi del D.P.R. 115/02, si dichiara che il valore della presente controversia è di €__________ e che il valore del contributo
unificato da corrispondere è pari ad €__________.

____________, lì_______________ Avv.____________ (firma)

PROCURA
I sottoscritti Lucio, nato a _______, il _________, residente in _______, Via _________, (C. F. _____) e Florinda, nata a
__________, il _________, residente in ________,Via __________, (C.F. ___), informati ai sensi dell’art. 4, 3° comma, del
d.lgs. n. 28/2010 della possibilità di ricorrere al procedimento di mediazione ivi previsto e dei benefici fiscali di cui agli artt. 17 e
20 del medesimo decreto, come da atto allegato, delegano l’Avv.__________, del Foro di ________, a rappresentarli e
difenderli nel presente giudizio e in ogni successiva fase e grado, compresa la fase esecutiva, conferendo allo stesso ogni più
ampia delega e procura consentita dalla legge, quale, a titolo esemplificativo e non esaustivo, conciliare, transigere,
quietanzare, incassare somme, chiamare in causa terzi, spiegare domande riconvenzionali, nominare sostituti in udienza ed
indicare domiciliatari,
ELEGGONO DOMICILIO
presso lo studio dello stesso avvocato in ___________, via ____________,
DICHIARANO
inoltre di aver ricevute tutte le informazioni previste dagli artt. 7 e 13 del D.Lgv. 30 giugno 2003, n. 196 e prestano il proprio
consenso al trattamento dei dati personali per l’espletamento del mandato conferito.
_____________, lì______________

Lucio (firma)
Florinda (firma)
Sono vere ed autentiche
Avv._______ (firma)

(di Giuseppe Potenza)

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