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CAPITOLO XVI
PRELIMINARE DI VENDITA DI COSA ALTRUI:
LA PAROLA ALLE SEZIONI UNITE
(CASS. SEZ. UN. N.11624 DEL 18 MAGGIO 2006)
GUIDA 1. Inquadramento della problematica 1.1 La sentenza sez. un. n. 11624 del 18 maggio
2006 2. Il caso 3. Le problematiche sottese al preliminare di vendita di cosa altrui 3.1 Il con-
tratto preliminare. Considerazioni generali 3.2 La funzione del contratto preliminare 3.3 La na-
tura del contratto definitivo 3.3.1 Tesi dell’atto dovuto 3.3.2 Tesi negoziale 4. Il preliminare di
vendita di cosa altrui 4.1 Applicabilità della disciplina a tutela della buona fede del compratore
ex art. 1479 c.c. al contratto preliminare di vendita di cosa altrui 5. Risvolti problematici: a)
Adempimento del promittente venditore; b) Imputazione della garanzia per evizione e per i vizi
6. Particolari fattispecie applicative: 6.1. Preliminare di vendita di un bene parzialmente altrui
6.2. Preliminare di vendita di un bene in comunione legale 7. Conclusioni.
524 PARTE TERZA – OBBLIGAZIONI E CONTRATTI
CAPITOLO XVI – PRELIMINARE DI VENDITA DI COSA ALTRUI 525
Con la sentenza n. 11624 del 18 maggio 2006 le Sezioni Unite della Corte di
Cassazione intervengono a dirimere un interessante e lungo dibattito concer-
nente il contratto preliminare di vendita di una cosa altrui.
Più in particolare si tratta di verificare se il promissario acquirente, una volta Le questioni
reso edotto dell’altruità della cosa oggetto del preliminare di vendita, possa avva- problematiche:
applicabilità
lersi della disciplina dettata per la vendita con specifico riguardo alla possibilità dell’art. 1479 c.c.
di chiedere la risoluzione del contratto preliminare ex art. 1479 c.c. al preliminare di
In forza di tale norma, infatti, ‘‘il compratore può chiedere la risoluzione del vendita di cosa
altrui
contratto se, quando lo ha concluso, ignorava che la cosa non era di proprietà del
venditore e se frattanto il venditore non gliene ha fatto acquistare la proprietà’’.
In caso di risoluzione il venditore è tenuto a restituire il prezzo pagato, anche
se la cosa restituita è diminuita di valore o deteriorata, a rimborsare le spese per
il contratto, nonché le spese necessarie e utili per la cosa, oltre a quelle voluttua-
rie in caso di malafede.
Tale disposizione consente, quindi, al compratore di liberarsi immediatamente
del contratto, senza necessità di provare la colpa della controparte, potendo con-
tare su un sistema di rimborsi e restituzioni particolarmente favorevole.
Sorge, pertanto, il problema di stabilire se anche il promissario acquirente, ve-
nuto a conoscenza del fatto che il promittente venditore non è l’attuale proprie-
tario del bene che si è impegnato ad alienare, possa avvalersi di questo regime
senza dover attendere di constatare il difetto di legittimazione del promittente
venditore al momento della stipula del definitivo.
Altre problematiche affrontate dalle Sezioni Unite, e strettamente correlate alla
condizione di altruità del bene oggetto del preliminare di vendita, riguardano le
modalità di adempimento del preliminare in questione e la garanzia relativa al-
l’evizione ed ai vizi della cosa.
Con riferimento al profilo relativo alle modalità di adempimento del preliminare Le modalità di
di vendita di cosa altrui, prima dell’intervento dirimente delle Sezioni Unite, ci si adempimento del
preliminare di
domandava se per l’acquisto del bene da parte del promissario acquirente servis- vendita di cosa
sero due distinti negozi secondo lo schema terzo-proprietario/promittente-vendi- altrui
tore e promittente-venditore/promissario-acquirente oppure fosse consentito al-
tresı̀ il trasferimento diretto dall’originario proprietario al promissario acquirente.
Con riferimento al secondo profilo, risolto dai Giudici di legittimità, in prece- Su chi incombe la
denza si discuteva se, posta l’ammissibilità del trasferimento diretto dall’origina- garanzia per
evizione e per i
rio proprietario al promissario acquirente, l’obbligo di garanzia per l’evizione e vizi?
per i vizi della cosa incombesse in capo al terzo proprietario formalmente vendi-
tore oppure continuasse a gravare in capo al promittente venditore.
compravendita la Sig.ra P. Mirella non aveva messo a conoscenza i promittenti acquirenti che
l’immobile fosse di proprietà di altri » e in tali casi « è possibile per il compratore chiedere la ri-
soluzione del contratto salvo che il venditore non abbia, nel frattempo, acquistato la proprietà
della cosa », mentre « nella fattispecie ciò era tanto più importante perché esistevano, come è
stato riconosciuto da tutti i tenti, problemi di esercizio del diritto di prelazione da parte di terzi,
con la conseguenza che i ricorrenti non avrebbero più avuto la garanzia da parte del loro origi-
nale contraddittore e promittente venditore ». Secondo i ricorrenti principali, pertanto, Mirella
P. avrebbe dovuto acquistare lei stessa l’immobile in questione e poi trasferirlo a loro, sicché le-
gittimamente avevano rifiutato di farselo alienare direttamente dagli effettivi proprietari, per il
tramite della stessa P. in veste di loro procuratrice.
In ordine alle modalità di adempimento dell’obbligazione assunta dal promittente venditore
di una cosa altrui, nella giurisprudenza di legittimità è insorto un contrasto, per la cui composi-
zione la causa è stata assegnata alle Sezioni unite.
In prevalenza, questa Corte si è orientata nel senso che la prestazione può essere eseguita,
indifferentemente, acquistando il bene e ritrasmettendolo al promissario, oppure facendoglielo
alienare direttamente dal reale proprietario, in quanto l’articolo 1478 c.c. — relativo al contratto
definitivo di vendita di cosa altrui, ma applicabile per analogia anche al preliminare dispone
che il venditore « è obbligato a procurarne l’acquisto al compratore », il che può ben avvenire
anche facendo al che il terzo, al quale il bene appartiene, lo ceda egli stesso al promissario (v.,
tra le più recenti, Cassazione, 13330/00, 2656/01, 15035/01, 21179/04, 24782/05).
Talvolta si è però deciso che l’obbligazione in questione deve invece essere adempiuta acqui-
stando il bene e ritrasferendolo, in particolare nel caso in cui l’altra parte non fosse stata consa-
pevole dell’altruità, poiché l’articolo 1479 c.c. — anch’esso dettato per la — vendita definitiva, ma
estensibile a quella preliminare — abilita il compratore a « chiedere la risoluzione del contratto,
se, quando l’ha concluso, ignorava che la cosa non era di proprietà del venditore, e se frattanto il
venditore non gliene ha fatto acquistare la proprietà » (v. Cassazione 7054/90, 2091/99, relative,
rispettivamente, a un contratto definitivo e a uno preliminare di vendita di cosa altrui).
Ritiene il collegio che debba essere seguito l’indirizzo giurisprudenziale maggioritario.
Stante la latitudine delle citate previsioni normative, non vi è ragione per escludere che la
prestazione possa essere eseguita ‘‘procurando’’ il trasferimento del bene direttamente dall’ef-
fettivo proprietario, senza necessità di un doppio trapasso; il comma 2 dell’articolo 1478 men-
ziona bensı̀ l’acquisto che eventualmente compia l’alienante, nel caso di vendita (definitiva) di
cosa altrui, ma come una particolare modalità di adempimento, alla quale eccezionalmente ri-
connette l’effetto di far diventare senz’altro proprietario il compratore.
Né una diversa soluzione può essere adottata per il caso in cui il promissario avesse igno-
rato, al momento della conclusione del preliminare, la non appartenenza del bene al promit-
tente. Il disposto dell’articolo 1479 c.c., che consente al compratore in ‘‘buona fede’’ di chiedere
la risoluzione del contratto, è coerente con la natura — di vendita definitiva — del negozio cui
si riferisce, destinato, nell’intenzione delle parti, a esplicare quell’immediato effetto traslatIvo
che è stabilito dall’articolo 1376 c.c., ma è impedito dall’altruità della cosa: altruità che invece
non incide sul sinallagma instaurato con il contratto preliminare, il quale ha comunque effica-
cia soltanto obbligatoria, essendo quella reale differita alla stipulazione del definitivo, sicché
nessun nocumento, fino alla scadenza del relativo termine, ne deriva per il promissario. Dal-
l’articolo 1479 c.c., pertanto, non può desumersi che egli sia abilitato ad agire per la risoluzione
— e quindi ad opporre l’exceptio inadimpleti contractuo se l’altra parte, nel momento in cui vi
è tenuta, è comunque in grado di fargli ottenere l’acquisto, direttamente dal proprietario.
D’altra parte, il ritenere esatta tale modalità di adempimento è in sintonia con l’essenza e la
funzione del contratto preliminare di vendita, quali sono state individuate nelle più recenti ela-
borazioni dottrinali, che hanno superato la concezione tradizionale dell’istituto e che qualche ri-
flesso hanno avuto anche in giurisprudenza.
Il contratto preliminare non è più visto come un semplice pactum de contrahendo, ma come
un negozio destinato già a realizzare un assetto di interessi prodromico a quello che sarà com-
piutamente attuato con il definitivo, sicché il suo oggetto è non solo e non tanto un facere, con-
sistente nel manifestare successivamente una volontà rigidamente predeterminata quanto alle
parti e al contenuto, ma anche e soprattutto un sia pure futuro dare: la trasmissione della pro-
CAPITOLO XVI – PRELIMINARE DI VENDITA DI COSA ALTRUI 527
prietà, che costituisce il risultato pratico avuto di mira dai contraenti. Se il bene già appartiene
al promittente, i due aspetti coincidono, pur senza confondersi, ma nel caso dell’altruità riman-
gono distinti, appunto perché lo scopo può essere raggiunto anche mediante il trasferimento di-
retto della cosa dal terzo al promissario, il quale ottiene comunque ciò che gli era dovuto, indi-
pendentemente dall’essere stato — o non — a conoscenza della non appartenenza della cosa a
chi si era obbligato ad alienargliela.
Né vale obiettare che l’identità del venditore, come i ricorrenti principali deducono, non è in-
differente per il compratore, il quale può risultare meno tutelato, relativamente all’evizione e ai
vizi. in proposito, in consonanza con le menzionate opinioni dottrinali, la giurisprudenza si è
orientata nel senso che la conclusione del definitivo, per tali profili, non assorbe né esaurisce
gli effetti del preliminare, il quale continua a regolare i rapporti tra le parti, sicché il promittente
alienante resta responsabile per le garanzie di cui si tratta (v., da ultimo, Cassazione, 15035/01).
Si deve quindi affermare che il promittente venditore di una cosa che non gli appartiene, an-
che nel caso di buona fede dell’altra parte, può adempiere la propria obbligazione procurando
l’acquisto del promissario direttamente dall’effettivo proprietario.
Alla stregua di questo principio, il ricorso principale va rigettato, dovendoci riconoscere che
la « Corte di appello correttamente ha ritenuto superfluo accertare se Wladimiro L. e Teresa V.
fossero stati inizialmente ignari dell’altruità dell’immobile in questione, essendo anche in tale
ipotesi ingiustificato il loro rifiuto di addivenire alla conclusione del contratto definitivo, dato
che Mirella P. si era munita di una procura rilasciatale, dagli effettivi proprietari del bene, che
la abilitava a effettuarne la vendita in nome loro.
Con il primo motivo del ricorso incidentale, si deduce che la Corte d’appello ha dichiarato la
risoluzione del contratto preliminare de quo per inadempimento di controparte senza condan-
narla al risarcimento del danno richiesto che all’inadempimento consegue per legge non te-
nendo conto che tale domanda di risarcimento del danno. che spetta in ogni modo alla Compa-
rente, era stata avanzata anche in via equitativa ».
La doglianza va disattesa, poiché con la sentenza impugnata si è rilevato che nessuna prova,
in ordine ai danni asseritamente subiti, era stata data né offerta da Mirella P.: prova che co-
munque avrebbe dovuto essere fornita, relativamente all’an poiché è soltanto per la determina-
zione del quantum che si può fare luogo alla liquidazione in via equitativa, ove non ne sia dimo-
strabile il preciso ammontare (v., per tutte, Cassazione, 16112/05).
Con il secondo motivo del ricorso incidentale Mirella P. lamenta che « una volta liquidate
come da dIspositivo le spese di primo e secondo grado la Corte di appello non ha imposto a
controparte la restituzione delle some che le erano state liquidate a titolo di spese legali dal
Primo giudice ».
Neppure questa censura può essere accolta, in quanto dalle conclusioni riportate nell’epi-
grafe della sentenza impugnata risulta che la domanda di restituzione di cui si tratta non era
stata formulata.
Anche il ricorso incidentale deve essere pertanto rigettato.
Le spese del giudizio di cassazione vengono compensate tra le parti, in considerazione della
reciproca loro soccombenza.
PQM.
La Corte riunisce i ricorsi; li rigetta entrambi; compensa tra le parti le spese del giudizio di
cassazione.
Cosı̀ deciso in Roma il 16 marzo 2006.
Depositata in cancelleria il 18 maggio 2006.
z 2. Il caso.
La decisione del Supremo Collegio individua tre aspetti del contratto prelimi-
nare di vendita di cosa altrui su cui soffermare l’attenzione:
Le problematiche l’applicabilità al contratto preliminare di vendita di cosa altrui della disciplina
dettata a tutela della buona fede del compratore ex art. 1479 c.c.
CAPITOLO XVI – PRELIMINARE DI VENDITA DI COSA ALTRUI 529
Il contratto preliminare è l’accordo in forza del quale le parti si obbligano alla Definizione di
stipulazione futura di un ulteriore contratto, detto definitivo, il cui regolamento di contratto
preliminare
interessi è già stato determinato, quanto meno negli elementi essenziali, dal pre-
liminare medesimo(1).
Il contratto preliminare realizza una scissione in due tempi della vicenda nego- Scissione della
ziale che si articola nel momento della stipula del preliminare e nel momento vicenda negoziale
(1) Giovanni Gabrielli, v. Contratto preliminare, in Enc. giur. Treccani; Angelo Chianale, v. Contratto Preli-
minare, Digesto Discipline Privatistiche, Vol. IV, 1990, 276; Francesco Messineo, v. Contratto Preliminare, in
Enc. dir., Vol. X, 166.
(2) Messineo, cit., 167.
(3) A. Catricalà, L’esame di diritto civile, 44.
(4) Messineo, cit., 169.
530 PARTE TERZA – OBBLIGAZIONI E CONTRATTI
l’esecuzione in forma specifica dell’obbligo a contrarre, sempre che ciò sia possi-
bile e non escluso dal titolo.
Infine il d.l. 31 dicembre 1996 n. 669, convertito in l. 28 febbraio 1997 n. 30, ha
introdotto l’art. 2645-bis in materia di trascrivibilità del contratto preliminare dei
contratti di cui all’art. 2643 c.c. nn. 1, 2, 3 e 4, l’art. 2775-bis in materia di privile-
gio relativo al credito per mancata esecuzione di contratti preliminari e l’art.
2825-bis in materia di ipoteca sul bene oggetto di contratto preliminare.
Preliminare Il preliminare può essere in bilaterale o unilaterale a seconda che l’obbligo di
bilaterale e prestare il futuro consenso ricade su tutte o su una sola delle parti.
unilaterale
Preliminare ad Dal preliminare cd. semplice, che si esaurisce nell’assuzione dell’obbligo di
effetti anticipati prestare il futuro consenso, si deve distinguere il cd. contratto preliminare ad ef-
fetti anticipati che va assumendo proporzioni sempre più ampie nell’ambito delle
vendite immobiliari.
Esso è caratterizzato dal fatto che i contraenti non si obbligano soltanto a sti-
pulare il contratto definitivo ma si obbligano altresı̀ ad effettuare l’immediata
consegna del bene e il pagamento di tutto o parte del prezzo, senza che però ciò
comporti anche l’effetto traslativo che dipende pur sempre dal definitivo.
Conclusi questi brevi richiami introduttivi sulla nozione di contratto prelimi-
nare, occorre affrontare le tematiche che hanno maggiormente impegnato l’ela-
borazione dottrinale e giurisprudenziale.
Altri ancora individuano la causa della scissione in un’esigenza di carattere Funzione formale
formale.
In altri termini i contraenti di un contratto preliminare si vincolerebbero ad
una ripetizione, in forma diversa, del contratto già definitivamente concluso, su-
bordinando al compimento della ripetizione la produzione stessa degli effetti vo-
luti(6).
Anche in questo caso si è obiettato che molto spesso non è dato riscontrare al-
cun interesse delle parti all’uso di una particolare forma vincolata per il futuro
contratto definitivo. Né sarebbe possibile rintracciare una pretesa funzione ripe-
titiva laddove lo stesso preliminare sia stipulato nella forma pubblica, la più so-
lenne che l’ordinamento e la prassi conoscano.
Secondo l’orientamento prevalente in dottrina(7) e in giurisprudenza la fun- Funzione di
zione tipica della scissione tra preliminare e definitivo sarebbe da ricercarsi nella controllo delle
sopravvenienze
possibilità per le parti di riservarsi di valutare, ancora una volta, al momento del
definitivo i presupposti del giudizio di convenienza già formatosi in sede di preli-
minare.
La funzione della sequenza preliminare/definitivo risiede, dunque, nel ‘‘con-
trollo delle sopravvenienze’’ che consente di verificare ulteriormente la conve-
nienza dell’affare e cautelarsi da un mutamento sfavorevole delle circostanze.
Il vantaggio assicurato dalla scissione fra preliminare e definitivo, rispetto alla
stipulazione immediata di un contratto definitivo sottoposto a termine iniziale, si
ravvisa nella possibilità di impedire l’introduzione del nuovo regolamento di in-
teressi anziché essere costretti a reagire contro un contratto già posto(8).
Dalla funzione della sequenza preliminare/definitivo occorre distinguere l’uti- Utilità pratica del
lità pratica del preliminare secondo le più diverse esigenze degli operatori eco- preliminare
nomici.
Il preliminare, in generale, serve a vincolare le parti — ovvero una sola se pre-
liminare è unilaterale — in un momento in cui non è possibile materialmente o
giuridicamente stipulare il definitivo, come ad esempio nel caso di un bene, og-
getto del contratto e del trasferimento, che non esiste ancora in rerum natura.
Oppure le parti non hanno convenienza di stipulare il contratto definitivo.
Può darsi che il bene, che è oggetto del diritto, non sia disponibile subito o di
esso — se è cosa immobile — non siano noti i dati catastali o può darsi che si
tratti di un bene non ancora venuto a far parte nel patrimonio dell’alienante.
A proposito della natura giuridica del definitivo e del nesso che lo lega al preli-
minare si contrappongono due diverse teorie.
La prima, minoritaria, attribuisce natura non negoziale al definitivo, la seconda,
prevalente, individua nel definitivo un’autonoma natura negoziale.
Natura non Il primo orientamento, minoritario, nega natura negoziale al contratto defini-
negoziale tivo riconoscendo allo stesso la natura di ‘‘dichiarazione formale-riproduttiva di
tipo confessorio’’(9).
Tale dottrina trae fondamento dal convincimento dell’incompatibilità fra na-
tura negoziale e natura solutoria e dalla constatazione che il contratto definitivo
è adempimento del preliminare.
Immediata conseguenza della tesi della natura non negoziale del definitivo è
l’applicazione della disciplina dell’adempimento per la quale sono irrilevanti i
vizi della volontà e il difetto di capacità del debitore che ha eseguito la presta-
zione.
Altra conseguenza derivante dalla disciplina dell’adempimento è l’applicazione
dell’art. 1183 c.c. — quod sine die debetur statim debetur — in forza del quale se
non è determinato il tempo in cui la prestazione deve essere eseguita, il creditore
può esigerla immediatamente. Laddove, pertanto, non sia previsto un termine
per la stipulazione del definitivo questo può essere preteso immediatamente se-
guendo la regola generale in tema di obbligazioni.
Ancora, la natura solutoria del definitivo implica la corrispondenza speculare
del definitivo al preliminare. La disomogeneità del definitivo rispetto al prelimi-
nare ne costituisce un adempimento parziale a meno che non si dimostri l’in-
tento delle parti di stipulare un altro contratto che pur concluso in occasione del-
l’adempimento del preliminare è da questo indipendente.
(9) L. Montesano, Obbligazione e azione da contratto preliminare, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1970, 1173 ss.
CAPITOLO XVI – PRELIMINARE DI VENDITA DI COSA ALTRUI 533
nitivo non riproduce la stessa volontà del preliminare ma una nuova volontà ba-
sata sul controllo dei fatti sopravvenuti che incidono sul regolamento negoziale.
La tesi negoziale implica l’applicazione della disciplina del contratto al defini-
tivo con tutte le conseguenze che ne derivano per effetto dei vizi della volontà e
dell’incapacità.
Una volta sostenuta la natura negoziale del contratto definitivo occorre inda- La causa del
gare quale sia la causa da esso perseguita. definitivo
Alcuni(10) hanno qualificato il contratto definitivo come negozio solutorio a Negozio solutorio
causa esterna. a causa esterna
La causa solvendi che anima il definitivo implica che l’invalidità del prelimi-
nare si ripercuoterà sulla validità del definitivo e legittimerà la ripetizione di
quanto prestato, oggettivamente indebito, in quanto verrebbe meno la causa giu-
stificatrice esterna dello spostamento patrimoniale operato con il definitivo.
Se le parti, ignorando la nullità del preliminare, addivengono alla stipula-
zione del definitivo quest’ultimo, in difetto della causa solvendi per insussi-
stenza dell’obbligo a contrarre, sarà nullo e legittimerà la ripetizione di quanto
prestato.
Nel caso di annullabilità del preliminare, se le parti, venute a conoscenza della
causa di annullabilità, concludono il definitivo quest’ultimo, ponendosi quale atto
di esecuzione dell’obbligo a contrarre nella conoscenza del motivo di annullabi-
lità, vale quale convalida del preliminare ex art. 1444 2 c.c.
Con particolare riguardo al preliminare di vendita la teoria in questione inqua- Preliminare di
dra il meccanismo preliminare/definitivo nello schema titulus-modus adquirendi, vendita come
vendita
tipico dell’ordinamento tedesco. obbligatoria
Il preliminare di vendita costituirebbe una vendita obbligatoria che, dunque,
‘‘genera l’obbligo non tanto di di prestare il consenso, quanto di dare, con scis-
sione del titulus (preliminare) fonte dell’obbligo stesso dal modus adquirendi (de-
finitivo) a conferma della causa solutoria del definitivo.’’(11).
Si è tuttavia obiettato che il contratto preliminare di vendita non sembra costi-
tuire una vendita obbligatoria inquadrabile nella contrapposizione titulus/modus
adquirendi perché manca l’elemento caratterizzante di tale fattispecie e cioè la
volontà di decidere in via definitiva l’effetto traslativo differendone nel tempo la
produzione.
Inoltre, è stato sottolineato, si verrebbe a svuotare di significato la funzione di
controllo delle sopravvenienze che inerisce all’utilizzazione della sequenza preli-
minare/definitivo.
Altra tesi, pur riconoscendo carattere negoziale al contratto definitivo, ri- La tesi della
tiene che esso persegua una doppia causa. Alla causa propria o interna dello doppia causa
La tesi della causa Ultima tesi è quella che individua la giustificazione causale del contratto defi-
interna nitivo nella produzione dei propri effetti tipici, cd. causa interna, in relazione al-
l’interesse concreto perseguito dalle parti(13).
Con la stipulazione del definitivo le parti adempiono la loro obligazione ma ciò
non incide sulla causa del contratto che deve essere sempre individuata nell’in-
teresse pratico perseguito.
Implicazioni La tesi della causa interna implica la totale irrilevanza dei vizi del preliminare
qualora il definitivo sia validamente concluso.
Se l’obbligazione scaturente dal preliminare non è la causa del contratto defi-
nitivo ciò comporta che ‘‘la mancanza di tale obbligazione per nullità del prelimi-
nare non importa nullità del definitivo per mancanza di causa.’’(14).
Quid iuris allora nel caso in cui sia stato concluso il definitivo a seguito di un
preliminare nullo, annullato o inefficace?
Occorre distinguere due eventualità a seconda che le parti siano o meno a co-
noscenza della invalidità.
Nel primo caso nulla quaestio, se le parti sapevano di non essere obbligate a
contrarre e nonostante ciò addivengano ugualmente al contratto quest’ultimo
sarà stato concluso spontaneamente e non alla stregua di un definitivo.
Se, invece, ignoravano l’invalidità avranno inteso concludere un definitivo, il
quale, secondo la teoria della causa interna, sarà valido ovvero annullabile per
errore sull’esistenza dell’obbligo di contrarre, rilevante quale errore di diritto che
abbia costituito la ragione principale del contratto ex art. 1429, n. 4 c.c.
Sulla base di tali considerazioni parte della dottrina è stata indotta a negare la
configurabilità di qualsivoglia preliminare avente ad oggetto contratti ad efficacia
obbligatoria.
Questo orientamento è stato, però, criticato sul rilievo che la prassi contrattuale Obiezioni
conosce casi di preliminare di contratti ad efficacia meramente obbligatoria come
il preliminare di locazione o di appalto.
Inoltre, a sostegno della critica, è stato individuato un importante aggancio
normativo nell’art. 2932 c.c. che al primo comma contiene un generico riferi-
mento all’obbligazione di concludere un contratto e dedida il secondo comma
esclusivamente ai contratti che hanno per oggetto il trasferimento della proprietà
di una cosa determinata o la costituzione o il trasferimento di un altro diritto.
L’impostazione prevalente, quindi, ritiene ammissibile il contratto preliminare Orientamento
di vendita di cosa altrui. prevalente nel
senso della
Una volta ammessa tale figura si pone la questione se da essa scaturisca l’ob- configurabilità
bligo per le parti di concludere un successivo contratto di vendita di cosa altrui
oppure l’obbligo di stipulare un contratto di trasferimento del diritto di proprietà
al promissario acquirente.
La prima soluzione è respinta dalla maggioranza della dottrina e della giuri- Definitivo di
sprudenza. vendita di cosa
altrui o definitivo
Tale interpretazione, infatti, darebbe luogo ad un contratto con il quale ci si di vendita di cosa
obbliga ancora ad un trasferimento di proprietà. Si rileva una sostanziale inutilità propria?
per le parti di un preliminare di vendita di cosa altrui il cui rimedio, in caso di
inadempimento, sarebbe l’ottenimento di una sentenza ex art. 2932 c.c. produt-
tiva degli effetti di una vendita di cosa altrui senza alcun miglioramento della po-
sizione del promissario acquirente.
La tesi prevalente(16), implicitamente accolta anche dalle Sezioni Unite nella
pronuncia in commento, ritiene, invece, che nel caso di contratto preliminare di
vendita di cosa altrui il contratto definitivo da stipulare è una una vendita espli-
cativa dell’effetto traslativo, quindi una vendita di cosa propria ad effetti reali da
stipularsi dopo che il promittente venditore abbia acquistato la proprietà.
Da ciò discende l’impossibilità per il promissario acquirente di chiedere l’ese-
cuzione in forma specifica ex art. 2932 c.c. fino al momento in cui il promittente
venditore non abbia egli stesso acquistato la proprietà del bene. Questo perché,
altrimenti, l’eventuale sentenza non potrebbe comunque produrre gli effetti tra-
slativi del contratto non concluso.
Elemento caratterizzante il contratto preliminare di vendita di cosa altrui è co- Differenza tra
stituito dal fatto che se vi è un acquisto del bene da parte del promittente vendi- preliminare di
vendita di cosa
tore non si verifica un automatico adempimento del preliminare ma è necessario altrui e vendita di
un ulteriore atto traslativo. Ciò non avviene, invece, nella vendita di cosa altrui cosa altrui
che comporta l’immediato impegno per le parti da un lato di trasferire il diritto e
dall’altro di pagare il prezzo senza la necessità di porre in essere un negozio ulte-
riore.
(16) Cass. civ., sez. III, 27 novembre 2001, n. 15035; sez. II, 6 ottobre 2000, n. 13330; sez. II, 30 gennaio
1997, n. 925; sez. II, 18 aprile 1996, n. 3677; sez. II, 7 aprile 1986, n. 2398; Sez. II, 6 luglio 1984, n. 3963; Sez.
II, 14 febbraio 1980, n. 1116; Corte di Appello di Milano, 16 ottobre 1990. In dottrina C.M. Bianca, La vendita
e la permuta, Trattato Vassalli, 1972, 692.
536 PARTE TERZA – OBBLIGAZIONI E CONTRATTI
4.1. Applicabilità della disciplina a tutela della buona fede del compratore ex art.
1479 c.c. al contratto preliminare di vendita di cosa altrui.
Una volta dipanati i dubbi sulla configurabilità giuridica del contratto prelimi-
nare di vendita di cosa altrui occorre affrontare le problematiche che vi sono di-
rettamente connesse.
Applicabilità La prima questione che si è posta all’attenzione degli interpreti concerne l’ap-
dell’art. 1479 c.c. plicabilità della disciplina a tutela della buona fede del compratore ex art. 1479
al contratto
preliminare di c.c. al contratto preliminare di vendita di cosa altrui.
vendita di cosa Ai sensi dell’art. 1479 c.c. il compratore, se al momento della stipulazione del
altrui contratto ignorava l’alienità del bene ceduto, può chiedere la risoluzione del con-
tratto medesimo e il risarcimento del danno salvo che il venditore nel frattempo
non gli abbia fatto acquistare la proprietà della cosa.
Il fondamento della risoluzione può essere ravvisato nell’inadempimento del
venditore che, a causa del difetto di legittimazione, non è in grado di onorare
l’impegno traslativo assunto con il contratto di vendita.
Con riferimento al preliminare di vendita di cosa altrui si sono fronteggiati due
distinti orientamenti interpretativi.
Orientamento Secondo l’orientamento ormai superato dal decisum delle Sezioni Unite il pro-
minoritario missario acquirente, laddove abbia ignorato l’altruità della cosa al momento della
stipula del preliminare, può agire ex art. 1479 c.c. al fine di ottenere la risoluzione
del contratto(17).
La tesi secondo cui anche il promittente venditore di una cosa altrui sa-
rebbe da considerare, al pari del venditore di una cosa altrui, inadempiente
è stata fondata dalla dottrina e dalla giurisprudenza sulla considerazione che
la promessa di vendita implica, già di per sé, l’impegno alla prestazione tra-
slativa.
‘‘L’obbligo di prestare il consenso all’alienazione implicherebbe anche l’impe-
gno a trasferire e pertanto il fatto che la cosa promessa in vendita appartenga ad
altri integrerebbe già di per sé inadempimento, legittimando l’applicazione del-
l’art. 1479 c.c.’’(18).
Questo orientamento è coerente con l’inquadramento del meccanismo prelimi-
nare/definitivo nello schema titulus-modus adquirendi più sopra richiamato che
tende a configurare il preliminare come un negozio immediatamente generatore
di un’obbligazione traslativa.
Orientamento L’indirizzo maggioritario(19), confermato dalla pronuncia in commento, muove
maggioritario un’obiezione difficilmente superabile.
(17) Cass. civ., sez. II, 10 marzo 1999, 2091; sez. II, 1 agosto 1995, n. 8434; sez. II, 18 febbraio 1986, n. 960;
Cass. 24 marzo 1981 n. 1727; Cass. 9 gennaio 1970 n. 60.
(18) A. Zaccaria, La tutela del promittente compratore in buona fede di una cosa altrui, in Riv. dir. civ., 2000,
121.
(19) « In tema di contratto preliminare di vendita, il promissario acquirente il quale ignori che il bene, all’atto
del preliminare, appartenga in tutto o in parte ad altri, non può agire per la risoluzione prima della scadenza del
termine per la stipula del contratto definitivo, in quanto il promittente venditore fino a tale momento può adem-
piere all’obbligazione di fargli acquistare la proprietà del bene, o acquistandola egli stesso dal terzo proprietario
o inducendo quest’ultimo a trasferirgliela » Cass. civ., sez. II, 24 novembre 2005, n. 24782; sez. II, 5 novembre
2004, n. 21179; sez. II, 27 novembre 2001, n. 15035; sez. II, 6 ottobre 2000, n. 13330; sez. II, 6 aprile 1986,
n. 2398.
CAPITOLO XVI – PRELIMINARE DI VENDITA DI COSA ALTRUI 537
(20) « Si tratta dunque, di una norma senza dubbio a tutela dell’apparenza come legittimo affidamento di quel
compratore, al quale il venditore non ha dato notizia dell’assenza del presupposto (titolarità del diritto) dell’effi-
cacia immediata del trasferimento. Perciò la norma consente di liberarsi immediatamente della contrattazione
(impedendo ogni adempimento al venditore che non aveva rivelato l’alienità della cosa) a colui che, inizialmente,
ragionevolmente credeva nell’efficacia immediatamente traslativa del consenso per divenire proprietario della
538 PARTE TERZA – OBBLIGAZIONI E CONTRATTI
Se quindi il rimedio di cui all’art. 1479 c.c. opera solo quando il trasferimento
del diritto è effetto del solo consenso ne consegue che esso non possa essere ap-
plicato allorché le parti abbiano voluto l’intermediazione di un effetto obbligato-
rio pur se prodromico ad un effetto traslativo finale, come avviene nel caso del
preliminare.
Nel caso in cui il promittente venditore non comunichi l’alienità della cosa ciò
equivale a dire che le parti hanno inteso vincolarsi alla stipulazione di una futura
vendita di cosa propria immediatamente traslativa.
In questo caso è solo al momento della conclusione del definitivo che occorre
fare riferimento per verificare l’inadempimento del venditore rispetto all’impe-
gno traslativo assunto ex art. 1376 c.c. in quanto è solo a quel momento che il
promittente venditore deve essere in grado di far conseguire l’acquisto della pro-
prietà alla controparte.
Nelle more tra preliminare e definitivo il promittente venditore potrà conse-
guire quella legittimazione a disporre di cui era inizialmente carente(21).
’’La tesi contraria valutando allo stesso modo il comportamento del venditore e
del promittente venditore di cosa altrui, si espone alla critica da un lato di dettare
una stessa soluzione giuridica per situazioni ontologicamente diverse quanto agli
effetti giuridici (reali o obbligatori), quali sono la vendita o la promessa di vendita,
nonché di desumere la fonte giuridica di siffatto convincimento dall’art. 1479 c.c.
dettato per la vendita definitiva e non per il preliminare di vendita; dall’altro lato,
con il consentire l’immediata esperibilità dell’azione di risoluzione, si risolve in una
difesa avanzata del promissario acquirente in nome della tutela del principio di
buona fede fine a se stessa dal momento che, stante l’efficacia meramente obbligato-
ria del preliminare, l’adempimento del promittente venditore non potrebbe realiz-
zarsi che al momento della stipula del contratto definitivo.’’(22).
cosa ... » L. Gardani Contursi-Lisi, Risoluzione di vendita di cosa altrui e art. 1153 c.c.: una lettura dell’art.
1479 c.c., in Riv. dir. civ., 1981, 110.
(21) Proprio tale difetto negoziale può essere stato motivo influente per la scelta dello strumento del preli-
minare anziché del definitivo. Messineo, op. cit., 169.
(22) Cas. civ., sez. II, 30 gennaio 1997, n. 925.
CAPITOLO XVI – PRELIMINARE DI VENDITA DI COSA ALTRUI 539
Tale tesi trova le sue ragioni nel disposto di cui all’art. 1180 c.c. in quanto se è Tesi della
vero che l’obbligazione può essere adempiuta da un terzo anche contro la volontà necessità di un
doppio
del creditore, è altrettanto vero che quest’ultimo può rifiutare l’adempimento del trasferimento
terzo se ha interesse che il debitore esegua personalmente la prestazione.
Questo interesse sussisterebbe tutte le volte in cui per il promissario acqui-
rente non sia indifferente il soggetto che partecipa alla conclusione del definitivo,
in quanto può avere un interesse specifico a che parte del contratto di trasferi-
mento sia il promittente e non un altro.
Dalla stipula della compravendita, oltre all’effetto traslativo, derivano anche al-
tre conseguenze, tra le quali figura l’obbligo del venditore alla garanzia per vizi e
per l’evizione ex art. 1476 c.c.
Di conseguenza il compratore può aver fatto affidamento sulla serietà e la sol-
vibilità di colui con cui ha stipulato il preliminare, cosı̀ che il mutamento della
controparte lo sfavorirebbe.
Tale convinzione si fonda sull’assunto che l’avvenuta estinzione dell’obbliga-
zione principale del promittente venditore, per effetto del contratto definitivo
concluso tra proprietario e promissario acquirente, determina il venir meno delle
altre obbligazioni derivanti dal preliminare.
La tesi maggioritaria(23), invece, si è orientata nel senso che l’obbligazione del Tesi
promittente venditore può essere adempiuta indifferentemente sia acquistando dell’ammissibilità
del trasferimento
il bene e ritrasferendolo al promissario, sia facendoglielo alienare direttamente diretto
dal terzo proprietario.
L’acquisto del bene da parte del promittente venditore con successivo trasferi-
mento al promissario acquirente rappresenta solo una delle modalità attraverso cui
si realizza l’estinzione della sua obbligazione ‘‘in quanto l’art. 1478 c.c. dispone che
il venditore è obbligato a procurare l’acquisto al compratore, il che ben può avvenire
anche facendo sı̀ che il terzo proprietario lo ceda egli stesso al promissario.’’(24)
Nel caso di vendita diretta della cosa dal terzo proprietario al promissario acqui-
rente è necessario che tale trasferimento, anche se il promittente venditore non sia
intervenuto nel relativo contratto, abbia avuto luogo in conseguenza di una attività
svolta dallo stesso venditore o promittente(25), cioè dei rapporti tra questi e il terzo
proprietario del bene e in conseguenza dell’adempimento da parte di quest’ultimo
degli obblighi assunti nei confronti del venditore o promittente venditore.
Ciò può avvenire anche con l’intervento, in sede di stipulazione del contratto
definitivo, del terzo proprietario della cosa il quale manifesti la propria volontà
di alienare il bene di sua proprietà direttamente al compratore realizzandosi in
questa ipotesi il risultato che il promissario acquirente intendeva conseguire e
che il promittente venditore si era impegnato a fargli ottenere.
In tal caso, mentre il consenso manifestato dai promittenti è diretto alla con-
clusione del contratto definitivo, il consenso che si forma tra il terzo proprietario
e il compratore determina l’effetto traslativo della proprietà della cosa.
(23) Cass. civ., sez. II, 24 novembre 2005, n. 24782; sez. II, 5 novembre 2004, n. 21179; ez. III, 27 novembre
2001, 15035; sez. II, 6 ottobre 2000, n. 13330; sez. II, 2 febbraio 1998, n. 984; sez. II, 18 febbraio 1986, n. 960;
sez. II., 6 luglio 1984, n. 3963; sez. II, 14 febbraio 1980, n. 1116.
(24) Cass. civ., sez. un., 18 maggio 2006, 11624.
(25) Pertanto non vi sarà adempimento laddove l’acquisto avvenga senza la partecipazione del promittente
venditore, come in un’ipotesi di donazione del bene che il proprietario faccia al promissario acquirente, con
conseguente possibilità di risoluzione del contratto preliminare di vendita di cosa altrui.
540 PARTE TERZA – OBBLIGAZIONI E CONTRATTI
(27) Cass. civ., sez. II, 11 marzo 2004, n. 4965; Cass. civ., sez. II, 14 agosto 1986, n. 5047; Sez. II, 9 novembre
1988, 3029
(28) Cass. civ., sez. II, 1 febbraio 1993, 1219; sez. II, 11 agosto 1990, n. 8228; Sez. II, 18 novembre 1987,
n. 8486.
(29) Cass. civ., sez. un., 8 luglio 1993, n. 7481; conforme anche sez. II, 1 marzo 1995, n. 2319; sez. un., 14
aprile 1999, n. 239.
542 PARTE TERZA – OBBLIGAZIONI E CONTRATTI
Quando una di tali dichiarazioni manchi o sia invalida non si forma o si forma
invalidamente la volontà di una delle parti del contratto preliminare il quale non
viene ad esistenza o è nullo.
Nulla esclude che un documento sia formulato in modo tale che risulti in esso
la riproduzione di più contratti preliminari in base ai quali ognuno dei compro-
prietari si impegna esclusivamente a vendere la propria quota al promissario ac-
quirente: in tal caso, a meno della previsione di una condizione (risolutiva o so-
spensiva) e della ricorrenza di una ipotesi di collegamento negoziale, la mancata
conclusione (o la eventuale invalidità) di uno dei contratti non si ripercuoterà su-
gli altri, per cui il promissario acquirente potrà pretendere la stipulazione del
contratto definitivo dai comproprietari stipulanti relativamente alle quote di cui
gli stessi sono titolari.
In tale ipotesi non si potrà parlare di esecuzione parziale di un unico contratto ma
di esecuzione di una parte dei distinti contratti contenuti in un unico documento.
Assumono valore decisivo a favore dell’ipotesi di vendita di un bene comune
per intero l’indicazione dell’oggetto del contratto come un bene unitario e soprat-
tutto la previsione di un prezzo globale.
Una volta, infatti, chiarito che nella ipotesi di cui si discute il contratto non si è
mai concluso (o si è invalidamente concluso), viene a perdere ogni rilevanza la
questione dei rapporti tra sentenza ex art. 2932 c.c. e contratto preliminare.’’
Si è però osservato(30) che il principio enunciato dalle Sezioni Unite non si pre-
sta ad essere applicato a tutte le fattispecie di preliminare di vendita di bene in
comunione perché esso si riferisce alla particolare ipotesi in cui il promittente
venditore agisce anche per conto degli altri proprietari ed il promissario acqui-
rente è a conoscenza del fatto che il bene non sia di proprietà esclusiva di colui
che ha stipulato il contratto preliminare.
Diverso è il caso in cui il promissario acquirente è ignaro della circostanza che
il bene non sia di proprietà del promittente venditore.
‘‘Bisognerebbe dare maggiore valore all’indagine intepretativa al fine di accer-
tare di volta in volta la disciplina più adeguata per un’equa distribuzione dei ri-
schi connessi all’operazione economica programmata dalle parti.’’
(30) M. Stagno d’Alcontres, « Ancora in tema di esecuzione specifica ex art. 2932 c.c di un preliminare di
vendita di cosa parzialmente altrui: i limiti nei più recenti orientamenti della Suprema Corte », in Giustizia Civile,
1996, 1459.
CAPITOLO XVI – PRELIMINARE DI VENDITA DI COSA ALTRUI 543
Come è noto, a seguito della riforma del 1975, il regime patrimoniale della fa-
miglia è quello della comunione legale che si differenzia dalla comunione ordi-
naria sotto vari profili.
La comunione ordinaria è una comunione per quote mentre la comunione le-
gale tra coniugi è estranea al concetto di quota che esiste unicamente per stabi-
lire la misura entro la quale i beni della comunione possono essere aggrediti dai
creditori e suddivisi tra i coniugi al momento dello scioglimento secondo la disci-
plina dettata dagli artt. 189, 190 e 194 c.c.
L’art. 180 c.c. dispone che gli atti rientranti nell’ordinaria amministrazione pos-
sono essere compiuti anche disgiuntamente dai coniugi.
Il compimento degli atti eccedenti l’ordinaria amministrazione, invece, spetta
congiuntamente ad entrambi i coniugi.
In generale si ritengono atti eccedenti l’ordinaria amministrazione quelli in Preliminare come
grado di produrre effetti di eventuale depauperamento del patrimonio conse- atto eccedente
l’ordinaria
guenti alla manifestazione della volontà negoziale. amministrazione
Si concorda in dottrina e in giurisprudenza(31) circa la riconducibilità del con-
tratto preliminare di vendita immobiliare di un bene rientrante nella comunione
legale fra coniugi nell’alveo degli atti eccedenti l’ordinaria amministrazione. Per-
tanto si tratta di un atto che necessita per la sua stipulazione del consenso di en-
trambi i coniugi.
Nel caso in cui il contratto preliminare sia concluso da uno solo dei coniugi
senza il necessario consenso di cui all’art. 180 c.c. troverà applicazione l’art. 184
c.c. in forza del quale gli atti compiuti da un coniuge senza il necessario consenso
dell’altro coniuge e da questo non convalidati sono annullabili se riguardano beni
immobili entro un anno dalla data in cui l’altro coniuge ha avuto conoscenza del-
l’atto o dalla data della trascrizione o dallo scioglimento della comunione se l’atto
non sia stato trascritto e l’altro coniuge non ne abbia avuto in altro modo cono-
scenza.
La giurisprudenza(32) si è espressa nel senso che il contratto preliminare di
vendita di un bene della comunione legale stipulato da un solo coniuge ‘‘non è
assolutamente inefficace nei confronti della comunione ma soggetto all’annulla-
mento da parte del coniuge non consenziente ai sensi dell’art. 184 c.c.’’
z 7. Conclusioni.