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CAPITOLO XVI – PRELIMINARE DI VENDITA DI COSA ALTRUI

CAPITOLO XVI
PRELIMINARE DI VENDITA DI COSA ALTRUI:
LA PAROLA ALLE SEZIONI UNITE
(CASS. SEZ. UN. N.11624 DEL 18 MAGGIO 2006)

GUIDA 1. Inquadramento della problematica 1.1 La sentenza sez. un. n. 11624 del 18 maggio
2006 2. Il caso 3. Le problematiche sottese al preliminare di vendita di cosa altrui 3.1 Il con-
tratto preliminare. Considerazioni generali 3.2 La funzione del contratto preliminare 3.3 La na-
tura del contratto definitivo 3.3.1 Tesi dell’atto dovuto 3.3.2 Tesi negoziale 4. Il preliminare di
vendita di cosa altrui 4.1 Applicabilità della disciplina a tutela della buona fede del compratore
ex art. 1479 c.c. al contratto preliminare di vendita di cosa altrui 5. Risvolti problematici: a)
Adempimento del promittente venditore; b) Imputazione della garanzia per evizione e per i vizi
6. Particolari fattispecie applicative: 6.1. Preliminare di vendita di un bene parzialmente altrui
6.2. Preliminare di vendita di un bene in comunione legale 7. Conclusioni.
524 PARTE TERZA – OBBLIGAZIONI E CONTRATTI
CAPITOLO XVI – PRELIMINARE DI VENDITA DI COSA ALTRUI 525

z 1. Inquadramento della problematica.

Con la sentenza n. 11624 del 18 maggio 2006 le Sezioni Unite della Corte di
Cassazione intervengono a dirimere un interessante e lungo dibattito concer-
nente il contratto preliminare di vendita di una cosa altrui.
Più in particolare si tratta di verificare se il promissario acquirente, una volta Le questioni
reso edotto dell’altruità della cosa oggetto del preliminare di vendita, possa avva- problematiche:
applicabilità
lersi della disciplina dettata per la vendita con specifico riguardo alla possibilità dell’art. 1479 c.c.
di chiedere la risoluzione del contratto preliminare ex art. 1479 c.c. al preliminare di
In forza di tale norma, infatti, ‘‘il compratore può chiedere la risoluzione del vendita di cosa
altrui
contratto se, quando lo ha concluso, ignorava che la cosa non era di proprietà del
venditore e se frattanto il venditore non gliene ha fatto acquistare la proprietà’’.
In caso di risoluzione il venditore è tenuto a restituire il prezzo pagato, anche
se la cosa restituita è diminuita di valore o deteriorata, a rimborsare le spese per
il contratto, nonché le spese necessarie e utili per la cosa, oltre a quelle voluttua-
rie in caso di malafede.
Tale disposizione consente, quindi, al compratore di liberarsi immediatamente
del contratto, senza necessità di provare la colpa della controparte, potendo con-
tare su un sistema di rimborsi e restituzioni particolarmente favorevole.
Sorge, pertanto, il problema di stabilire se anche il promissario acquirente, ve-
nuto a conoscenza del fatto che il promittente venditore non è l’attuale proprie-
tario del bene che si è impegnato ad alienare, possa avvalersi di questo regime
senza dover attendere di constatare il difetto di legittimazione del promittente
venditore al momento della stipula del definitivo.
Altre problematiche affrontate dalle Sezioni Unite, e strettamente correlate alla
condizione di altruità del bene oggetto del preliminare di vendita, riguardano le
modalità di adempimento del preliminare in questione e la garanzia relativa al-
l’evizione ed ai vizi della cosa.
Con riferimento al profilo relativo alle modalità di adempimento del preliminare Le modalità di
di vendita di cosa altrui, prima dell’intervento dirimente delle Sezioni Unite, ci si adempimento del
preliminare di
domandava se per l’acquisto del bene da parte del promissario acquirente servis- vendita di cosa
sero due distinti negozi secondo lo schema terzo-proprietario/promittente-vendi- altrui
tore e promittente-venditore/promissario-acquirente oppure fosse consentito al-
tresı̀ il trasferimento diretto dall’originario proprietario al promissario acquirente.
Con riferimento al secondo profilo, risolto dai Giudici di legittimità, in prece- Su chi incombe la
denza si discuteva se, posta l’ammissibilità del trasferimento diretto dall’origina- garanzia per
evizione e per i
rio proprietario al promissario acquirente, l’obbligo di garanzia per l’evizione e vizi?
per i vizi della cosa incombesse in capo al terzo proprietario formalmente vendi-
tore oppure continuasse a gravare in capo al promittente venditore.

1.1. La sentenza sez. un. n. 11624 del 18 maggio 2006.

Motivi della decisione


In quanto proposte contro la stessa sentenza, le due impugnazioni vanno riunite in un solo
processo, in applicazione dell’articolo 335 c.p.c.
Con il motivo addotto a sostegno del ricorso principale Wladimiro L. e Teresa V. lamentano
che la Corte di appello « ha applicato il disposto dell’articolo 1478 c.c. anziché quanto previsto
dall’articolo 1479 c.c. », pur se « al momento della sottoscrizione del contratto preliminare di
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compravendita la Sig.ra P. Mirella non aveva messo a conoscenza i promittenti acquirenti che
l’immobile fosse di proprietà di altri » e in tali casi « è possibile per il compratore chiedere la ri-
soluzione del contratto salvo che il venditore non abbia, nel frattempo, acquistato la proprietà
della cosa », mentre « nella fattispecie ciò era tanto più importante perché esistevano, come è
stato riconosciuto da tutti i tenti, problemi di esercizio del diritto di prelazione da parte di terzi,
con la conseguenza che i ricorrenti non avrebbero più avuto la garanzia da parte del loro origi-
nale contraddittore e promittente venditore ». Secondo i ricorrenti principali, pertanto, Mirella
P. avrebbe dovuto acquistare lei stessa l’immobile in questione e poi trasferirlo a loro, sicché le-
gittimamente avevano rifiutato di farselo alienare direttamente dagli effettivi proprietari, per il
tramite della stessa P. in veste di loro procuratrice.
In ordine alle modalità di adempimento dell’obbligazione assunta dal promittente venditore
di una cosa altrui, nella giurisprudenza di legittimità è insorto un contrasto, per la cui composi-
zione la causa è stata assegnata alle Sezioni unite.
In prevalenza, questa Corte si è orientata nel senso che la prestazione può essere eseguita,
indifferentemente, acquistando il bene e ritrasmettendolo al promissario, oppure facendoglielo
alienare direttamente dal reale proprietario, in quanto l’articolo 1478 c.c. — relativo al contratto
definitivo di vendita di cosa altrui, ma applicabile per analogia anche al preliminare dispone
che il venditore « è obbligato a procurarne l’acquisto al compratore », il che può ben avvenire
anche facendo al che il terzo, al quale il bene appartiene, lo ceda egli stesso al promissario (v.,
tra le più recenti, Cassazione, 13330/00, 2656/01, 15035/01, 21179/04, 24782/05).
Talvolta si è però deciso che l’obbligazione in questione deve invece essere adempiuta acqui-
stando il bene e ritrasferendolo, in particolare nel caso in cui l’altra parte non fosse stata consa-
pevole dell’altruità, poiché l’articolo 1479 c.c. — anch’esso dettato per la — vendita definitiva, ma
estensibile a quella preliminare — abilita il compratore a « chiedere la risoluzione del contratto,
se, quando l’ha concluso, ignorava che la cosa non era di proprietà del venditore, e se frattanto il
venditore non gliene ha fatto acquistare la proprietà » (v. Cassazione 7054/90, 2091/99, relative,
rispettivamente, a un contratto definitivo e a uno preliminare di vendita di cosa altrui).
Ritiene il collegio che debba essere seguito l’indirizzo giurisprudenziale maggioritario.
Stante la latitudine delle citate previsioni normative, non vi è ragione per escludere che la
prestazione possa essere eseguita ‘‘procurando’’ il trasferimento del bene direttamente dall’ef-
fettivo proprietario, senza necessità di un doppio trapasso; il comma 2 dell’articolo 1478 men-
ziona bensı̀ l’acquisto che eventualmente compia l’alienante, nel caso di vendita (definitiva) di
cosa altrui, ma come una particolare modalità di adempimento, alla quale eccezionalmente ri-
connette l’effetto di far diventare senz’altro proprietario il compratore.
Né una diversa soluzione può essere adottata per il caso in cui il promissario avesse igno-
rato, al momento della conclusione del preliminare, la non appartenenza del bene al promit-
tente. Il disposto dell’articolo 1479 c.c., che consente al compratore in ‘‘buona fede’’ di chiedere
la risoluzione del contratto, è coerente con la natura — di vendita definitiva — del negozio cui
si riferisce, destinato, nell’intenzione delle parti, a esplicare quell’immediato effetto traslatIvo
che è stabilito dall’articolo 1376 c.c., ma è impedito dall’altruità della cosa: altruità che invece
non incide sul sinallagma instaurato con il contratto preliminare, il quale ha comunque effica-
cia soltanto obbligatoria, essendo quella reale differita alla stipulazione del definitivo, sicché
nessun nocumento, fino alla scadenza del relativo termine, ne deriva per il promissario. Dal-
l’articolo 1479 c.c., pertanto, non può desumersi che egli sia abilitato ad agire per la risoluzione
— e quindi ad opporre l’exceptio inadimpleti contractuo se l’altra parte, nel momento in cui vi
è tenuta, è comunque in grado di fargli ottenere l’acquisto, direttamente dal proprietario.
D’altra parte, il ritenere esatta tale modalità di adempimento è in sintonia con l’essenza e la
funzione del contratto preliminare di vendita, quali sono state individuate nelle più recenti ela-
borazioni dottrinali, che hanno superato la concezione tradizionale dell’istituto e che qualche ri-
flesso hanno avuto anche in giurisprudenza.
Il contratto preliminare non è più visto come un semplice pactum de contrahendo, ma come
un negozio destinato già a realizzare un assetto di interessi prodromico a quello che sarà com-
piutamente attuato con il definitivo, sicché il suo oggetto è non solo e non tanto un facere, con-
sistente nel manifestare successivamente una volontà rigidamente predeterminata quanto alle
parti e al contenuto, ma anche e soprattutto un sia pure futuro dare: la trasmissione della pro-
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prietà, che costituisce il risultato pratico avuto di mira dai contraenti. Se il bene già appartiene
al promittente, i due aspetti coincidono, pur senza confondersi, ma nel caso dell’altruità riman-
gono distinti, appunto perché lo scopo può essere raggiunto anche mediante il trasferimento di-
retto della cosa dal terzo al promissario, il quale ottiene comunque ciò che gli era dovuto, indi-
pendentemente dall’essere stato — o non — a conoscenza della non appartenenza della cosa a
chi si era obbligato ad alienargliela.
Né vale obiettare che l’identità del venditore, come i ricorrenti principali deducono, non è in-
differente per il compratore, il quale può risultare meno tutelato, relativamente all’evizione e ai
vizi. in proposito, in consonanza con le menzionate opinioni dottrinali, la giurisprudenza si è
orientata nel senso che la conclusione del definitivo, per tali profili, non assorbe né esaurisce
gli effetti del preliminare, il quale continua a regolare i rapporti tra le parti, sicché il promittente
alienante resta responsabile per le garanzie di cui si tratta (v., da ultimo, Cassazione, 15035/01).
Si deve quindi affermare che il promittente venditore di una cosa che non gli appartiene, an-
che nel caso di buona fede dell’altra parte, può adempiere la propria obbligazione procurando
l’acquisto del promissario direttamente dall’effettivo proprietario.
Alla stregua di questo principio, il ricorso principale va rigettato, dovendoci riconoscere che
la « Corte di appello correttamente ha ritenuto superfluo accertare se Wladimiro L. e Teresa V.
fossero stati inizialmente ignari dell’altruità dell’immobile in questione, essendo anche in tale
ipotesi ingiustificato il loro rifiuto di addivenire alla conclusione del contratto definitivo, dato
che Mirella P. si era munita di una procura rilasciatale, dagli effettivi proprietari del bene, che
la abilitava a effettuarne la vendita in nome loro.
Con il primo motivo del ricorso incidentale, si deduce che la Corte d’appello ha dichiarato la
risoluzione del contratto preliminare de quo per inadempimento di controparte senza condan-
narla al risarcimento del danno richiesto che all’inadempimento consegue per legge non te-
nendo conto che tale domanda di risarcimento del danno. che spetta in ogni modo alla Compa-
rente, era stata avanzata anche in via equitativa ».
La doglianza va disattesa, poiché con la sentenza impugnata si è rilevato che nessuna prova,
in ordine ai danni asseritamente subiti, era stata data né offerta da Mirella P.: prova che co-
munque avrebbe dovuto essere fornita, relativamente all’an poiché è soltanto per la determina-
zione del quantum che si può fare luogo alla liquidazione in via equitativa, ove non ne sia dimo-
strabile il preciso ammontare (v., per tutte, Cassazione, 16112/05).
Con il secondo motivo del ricorso incidentale Mirella P. lamenta che « una volta liquidate
come da dIspositivo le spese di primo e secondo grado la Corte di appello non ha imposto a
controparte la restituzione delle some che le erano state liquidate a titolo di spese legali dal
Primo giudice ».
Neppure questa censura può essere accolta, in quanto dalle conclusioni riportate nell’epi-
grafe della sentenza impugnata risulta che la domanda di restituzione di cui si tratta non era
stata formulata.
Anche il ricorso incidentale deve essere pertanto rigettato.
Le spese del giudizio di cassazione vengono compensate tra le parti, in considerazione della
reciproca loro soccombenza.
PQM.
La Corte riunisce i ricorsi; li rigetta entrambi; compensa tra le parti le spese del giudizio di
cassazione.
Cosı̀ deciso in Roma il 16 marzo 2006.
Depositata in cancelleria il 18 maggio 2006.

z 2. Il caso.

Nella vicenda sottoposta al vaglio della Corte, il promittente-alienante si era


presentato davanti al notaio per la stipula del definitivo, pronto a vendere sulla
base di una regolare procura dell’effettivo proprietario del bene.
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Il promissario-acquirente era venuto cosı̀ a conoscenza solo in quel momento


che la controparte non era titolare della cosa oggetto della promessa di vendita.
Nel caso di specie si poneva la peculiare questione della possibilità di risolvere
il contratto ex art. 1479 c.c., nonché la questione relativa alle modalità di adempi-
mento dell’obbligazione assunta dal promittente venditore.
Con sentenza del 18 marzo 1988, il tribunale di Pistoia pronunciava la risolu-
zione del contratto preliminare di vendita immobiliare, per inadempimento del
promittente venditore, per non essere il promissario acquirente a conoscenza
dell’altruità della cosa al momento della conclusione del contratto.
La Corte di Appello di Firenze riformava la sentenza attribuendo al promissa-
rio acquirente la responsabilità dell’inadempimento del preliminare.
Il giudice del gravame riteneva irrilevante la circostanza dell’altruità del bene
e dell’ignoranza da parte del promissario acquirente al momento della stipula
del preliminare in quanto in occasione della stipula del definitivo il promittente
venditore si era munito di procura a vendere rilasciata dal proprietario del bene.
Stando cosı̀ le cose la risoluzione del preliminare conseguiva non già all’ina-
dempimento del promittente venditore bensı̀ per inadempimento del promissa-
rio acquirente che ingiustificatamente si era rifiutato di acquistare il bene diret-
tamente dal proprietario attraverso il suo procuratore nell’erronea convinzione
che il promittente venditore dovesse acquistare personalmente l’immobile per
poi rivenderglielo.
Le Sezioni Unite, cui la decisione è stata rimessa per risolvere il contrasto giu-
risprudenziale sul punto, hanno confermato la decisione della Corte di Appello
di Firenze.
Il decisum Le Sezioni Unite con la sentenza n. 11624 del 18.05.2006 prendono posizione
sul punto abbracciando l’indirizzo giurisprudenziale maggioritario.
Secondo quest’ultimo il promittente venditore di una cosa che non gli appar-
tiene può adempiere la propria obbligazione procurando l’acquisto del promissa-
rio acquirente direttamente dall’effettivo proprietario anche se il promissario ac-
quirente ignori che il bene, all’atto della stipula del preliminare, appartenga in
tutto o in parte ad altri.
Il promissario acquirente non può agire quindi per la risoluzione prima della
scadenza del termine per la conclusione del contratto definitivo, in quanto il pro-
mittente venditore, fino a tale momento, può adempiere all’obbligazione di fargli
acquistare la proprietà del bene, o acquistandola egli stesso dal terzo proprietario
o inducendo quest’ultimo a trasferirgliela.
Posto che, inoltre, il contratto definitivo non assorbe né esaurisce gli effetti del
preliminare, il quale continua a regolare i rapporti tra le parti, la garanzia per
evizione e per i vizi continua a gravare a carico del promittente venditore.

z 3. Le problematiche sottese al preliminare di vendita di cosa altrui.

La decisione del Supremo Collegio individua tre aspetti del contratto prelimi-
nare di vendita di cosa altrui su cui soffermare l’attenzione:
Le problematiche l’applicabilità al contratto preliminare di vendita di cosa altrui della disciplina
dettata a tutela della buona fede del compratore ex art. 1479 c.c.
CAPITOLO XVI – PRELIMINARE DI VENDITA DI COSA ALTRUI 529

— le modalità di adempimento del contratto preliminare di vendita di cosa al-


trui.
— l’imputabilità della garanzia per evizione e per i vizi.
La sentenza dei Giudici di legittimità offre, quindi, l’opportunità di affrontare
alcuni discussi nodi problematici che inevitabilmente coinvolgono la struttura
stessa del contratto preliminare, la sua natura, la sua funzione e l’atteggiarsi del
rapporto contratto preliminare/contratto definitivo.
È bene, pertanto, richiamare gli elementi portanti del dibattito dottrinale e giu-
risprudenziale accesosi in ordine al contratto preliminare onde individuare il
contesto entro cui inquadrare la specifica questione del contratto preliminare di
vendita di cosa altrui e le problematiche ad esso connesse.

3.1. Il contratto preliminare. Considerazioni generali.

Il contratto preliminare è l’accordo in forza del quale le parti si obbligano alla Definizione di
stipulazione futura di un ulteriore contratto, detto definitivo, il cui regolamento di contratto
preliminare
interessi è già stato determinato, quanto meno negli elementi essenziali, dal pre-
liminare medesimo(1).
Il contratto preliminare realizza una scissione in due tempi della vicenda nego- Scissione della
ziale che si articola nel momento della stipula del preliminare e nel momento vicenda negoziale

della attuazione del regolamento di interessi cosı̀ predisposto.


Secondo la dottrina(2) esso realizza una formazione progressiva del contratto o,
meglio, una produzione progressiva degli effetti contrattuali.
Il contratto preliminare, inoltre, rientra nell’insieme dei limiti positivi alla li-
bertà di non contrarre(3) in quanto limita l’autonomia negoziale mediante l’impo-
sizione di un obbligo a contrarre.
Nell’ambito delle figure di obbligo a contrarre il contratto preliminare presenta Obbligo
la particolarità di scaturire dalla volontà delle parti configurando un’ipotesi di ob- convenzionale a
contrarre
bligo convenzionale a contrarre.
L’obbligazione che discende dal preliminare consiste prevalentemente in un
facere, cioè nell’obbligo di prestare il consenso in vista della stipulazione di un
futuro contratto.
Per questo motivo il preliminare appartiene alla categoria dei contratti ad ef-
fetti obbligatori, ‘‘ossia non-immediatamente costitutivi o traslativi di diritti’’(4).
Gli scarni agganci normativi in materia di preliminare non offrono alcuna defi-
nizione dello strumento negoziale in questione e ne rendono frammentaria la di-
sciplina codicistica.
L’art. 1351 c.c. si limita a disporre che il contratto preliminare abbia la stessa Gli agganci
forma che la legge prescrive per il contratto definitivo, l’art. 2932 c.c. contempla normativi

(1) Giovanni Gabrielli, v. Contratto preliminare, in Enc. giur. Treccani; Angelo Chianale, v. Contratto Preli-
minare, Digesto Discipline Privatistiche, Vol. IV, 1990, 276; Francesco Messineo, v. Contratto Preliminare, in
Enc. dir., Vol. X, 166.
(2) Messineo, cit., 167.
(3) A. Catricalà, L’esame di diritto civile, 44.
(4) Messineo, cit., 169.
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l’esecuzione in forma specifica dell’obbligo a contrarre, sempre che ciò sia possi-
bile e non escluso dal titolo.
Infine il d.l. 31 dicembre 1996 n. 669, convertito in l. 28 febbraio 1997 n. 30, ha
introdotto l’art. 2645-bis in materia di trascrivibilità del contratto preliminare dei
contratti di cui all’art. 2643 c.c. nn. 1, 2, 3 e 4, l’art. 2775-bis in materia di privile-
gio relativo al credito per mancata esecuzione di contratti preliminari e l’art.
2825-bis in materia di ipoteca sul bene oggetto di contratto preliminare.
Preliminare Il preliminare può essere in bilaterale o unilaterale a seconda che l’obbligo di
bilaterale e prestare il futuro consenso ricade su tutte o su una sola delle parti.
unilaterale
Preliminare ad Dal preliminare cd. semplice, che si esaurisce nell’assuzione dell’obbligo di
effetti anticipati prestare il futuro consenso, si deve distinguere il cd. contratto preliminare ad ef-
fetti anticipati che va assumendo proporzioni sempre più ampie nell’ambito delle
vendite immobiliari.
Esso è caratterizzato dal fatto che i contraenti non si obbligano soltanto a sti-
pulare il contratto definitivo ma si obbligano altresı̀ ad effettuare l’immediata
consegna del bene e il pagamento di tutto o parte del prezzo, senza che però ciò
comporti anche l’effetto traslativo che dipende pur sempre dal definitivo.
Conclusi questi brevi richiami introduttivi sulla nozione di contratto prelimi-
nare, occorre affrontare le tematiche che hanno maggiormente impegnato l’ela-
borazione dottrinale e giurisprudenziale.

3.2. La funzione del contratto preliminare.

La prima questione che si è posta all’attenzione degli interpreti è stata quella


relativa alla funzione che giustifica la scissione in due fasi del procedimento volto
ad introdurre un certo regolamento di interessi tra le parti.
Funzione dilatoria Alcuni vi hanno individuato una funzione meramente dilatoria.
Secondo quest’orientamento le parti perseguirebbero l’intento di fissare in
forma vincolante un determinato regolamento di interessi al contempo, però, di-
lazionandone l’entrata in vigore.
Si è obiettato che ‘‘ad attuare un simile intento sarebbe strumento già idoneo
la semplice apposizione di un termine iniziale di efficacia ad un contratto imme-
diatamente concluso in via definitiva’’(5).
Funzione Secondo altra parte della dottrina il meccanismo costituito dalla combinazione
preparatoria contratto preliminare/contratto definitivo sarebbe giustificato solo nell’ambito
all’effetto
traslativo dei contratti ad efficacia reale ex art. 1376 c.c. poiché solo in tal caso avrebbe
senso la creazione di una fase strumentale o preparatoria anteposta alla fattispe-
cie contrattuale definitiva dalla quale si differenzierebbe proprio in quanto do-
tata di efficacia solo obbligatoria.
È stato, però, rilevato che nella prassi contrattuale è frequente il ricorso al
meccanismo preliminare/definitivo non solo nei contratti ad efficacia reale ma
anche nei contratti ad efficacia obbligatoria come la locazione, l’appalto, il man-
dato, la vendita di cose altrui.

(5) Gabrielli, cit., 1.


CAPITOLO XVI – PRELIMINARE DI VENDITA DI COSA ALTRUI 531

Altri ancora individuano la causa della scissione in un’esigenza di carattere Funzione formale
formale.
In altri termini i contraenti di un contratto preliminare si vincolerebbero ad
una ripetizione, in forma diversa, del contratto già definitivamente concluso, su-
bordinando al compimento della ripetizione la produzione stessa degli effetti vo-
luti(6).
Anche in questo caso si è obiettato che molto spesso non è dato riscontrare al-
cun interesse delle parti all’uso di una particolare forma vincolata per il futuro
contratto definitivo. Né sarebbe possibile rintracciare una pretesa funzione ripe-
titiva laddove lo stesso preliminare sia stipulato nella forma pubblica, la più so-
lenne che l’ordinamento e la prassi conoscano.
Secondo l’orientamento prevalente in dottrina(7) e in giurisprudenza la fun- Funzione di
zione tipica della scissione tra preliminare e definitivo sarebbe da ricercarsi nella controllo delle
sopravvenienze
possibilità per le parti di riservarsi di valutare, ancora una volta, al momento del
definitivo i presupposti del giudizio di convenienza già formatosi in sede di preli-
minare.
La funzione della sequenza preliminare/definitivo risiede, dunque, nel ‘‘con-
trollo delle sopravvenienze’’ che consente di verificare ulteriormente la conve-
nienza dell’affare e cautelarsi da un mutamento sfavorevole delle circostanze.
Il vantaggio assicurato dalla scissione fra preliminare e definitivo, rispetto alla
stipulazione immediata di un contratto definitivo sottoposto a termine iniziale, si
ravvisa nella possibilità di impedire l’introduzione del nuovo regolamento di in-
teressi anziché essere costretti a reagire contro un contratto già posto(8).
Dalla funzione della sequenza preliminare/definitivo occorre distinguere l’uti- Utilità pratica del
lità pratica del preliminare secondo le più diverse esigenze degli operatori eco- preliminare

nomici.
Il preliminare, in generale, serve a vincolare le parti — ovvero una sola se pre-
liminare è unilaterale — in un momento in cui non è possibile materialmente o
giuridicamente stipulare il definitivo, come ad esempio nel caso di un bene, og-
getto del contratto e del trasferimento, che non esiste ancora in rerum natura.
Oppure le parti non hanno convenienza di stipulare il contratto definitivo.
Può darsi che il bene, che è oggetto del diritto, non sia disponibile subito o di
esso — se è cosa immobile — non siano noti i dati catastali o può darsi che si
tratti di un bene non ancora venuto a far parte nel patrimonio dell’alienante.

3.3. La natura del contratto definitivo.

A proposito della natura giuridica del definitivo e del nesso che lo lega al preli-
minare si contrappongono due diverse teorie.
La prima, minoritaria, attribuisce natura non negoziale al definitivo, la seconda,
prevalente, individua nel definitivo un’autonoma natura negoziale.

(6) L. Montesano, Contratto preliminare e sentenza costitutiva, 1952, 84 ss.


(7) G. Gabrielli, cit., p. 3; M. Lipari, Preliminare di vendita, vizi della cosa e tutela del promissario acqui-
rente, in Giust. civ., 1994, 508.
(8) G. Gabrielli, Il contratto preliminare, 1970, 137 ss.
532 PARTE TERZA – OBBLIGAZIONI E CONTRATTI

Aderire all’una o all’altra non è indifferente e comporta soluzioni differenti agli


interrogativi che accendono il dibattito dottrinale, come l’applicabilità della disci-
plina dell’adempimento, di quella sui vizi della volontà e della capacità, l’eserci-
zio dell’azione di rescissione e la sua decorrenza.

3.3.1. Tesi dell’atto dovuto.

Natura non Il primo orientamento, minoritario, nega natura negoziale al contratto defini-
negoziale tivo riconoscendo allo stesso la natura di ‘‘dichiarazione formale-riproduttiva di
tipo confessorio’’(9).
Tale dottrina trae fondamento dal convincimento dell’incompatibilità fra na-
tura negoziale e natura solutoria e dalla constatazione che il contratto definitivo
è adempimento del preliminare.
Immediata conseguenza della tesi della natura non negoziale del definitivo è
l’applicazione della disciplina dell’adempimento per la quale sono irrilevanti i
vizi della volontà e il difetto di capacità del debitore che ha eseguito la presta-
zione.
Altra conseguenza derivante dalla disciplina dell’adempimento è l’applicazione
dell’art. 1183 c.c. — quod sine die debetur statim debetur — in forza del quale se
non è determinato il tempo in cui la prestazione deve essere eseguita, il creditore
può esigerla immediatamente. Laddove, pertanto, non sia previsto un termine
per la stipulazione del definitivo questo può essere preteso immediatamente se-
guendo la regola generale in tema di obbligazioni.
Ancora, la natura solutoria del definitivo implica la corrispondenza speculare
del definitivo al preliminare. La disomogeneità del definitivo rispetto al prelimi-
nare ne costituisce un adempimento parziale a meno che non si dimostri l’in-
tento delle parti di stipulare un altro contratto che pur concluso in occasione del-
l’adempimento del preliminare è da questo indipendente.

3.3.2. Tesi negoziale.

Natura negoziale La dottrina prevalente attribuisce al contratto definitivo la natura di negozio


giuridico restituendo ad esso autonoma dignità negoziale.
Si è, infatti, ritenuto che non vi è incompatibilità tra negozio e atto dovuto ben
potendo concepirsi un negozio giuridico dovuto.
A sostegno della natura negoziale dell’attività posta in essere con il definitivo
si aggiunge che solo con il definitivo si realizza l’interesse pratico perseguito
dalle parti e costituente la causa finale del vincolo.
Inoltre, la valutazione di convenienza già operata con il preliminare viene con
il definitivo ulteriormente verificata nei suoi presupposti, cosı̀ come si manife-
stano e sono conosciuti nel momento della stipulazione definitiva. Il controllo
delle sopravvenienze operato in sede di definitivo implica che chi stipula il defi-

(9) L. Montesano, Obbligazione e azione da contratto preliminare, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1970, 1173 ss.
CAPITOLO XVI – PRELIMINARE DI VENDITA DI COSA ALTRUI 533

nitivo non riproduce la stessa volontà del preliminare ma una nuova volontà ba-
sata sul controllo dei fatti sopravvenuti che incidono sul regolamento negoziale.
La tesi negoziale implica l’applicazione della disciplina del contratto al defini-
tivo con tutte le conseguenze che ne derivano per effetto dei vizi della volontà e
dell’incapacità.
Una volta sostenuta la natura negoziale del contratto definitivo occorre inda- La causa del
gare quale sia la causa da esso perseguita. definitivo

Alcuni(10) hanno qualificato il contratto definitivo come negozio solutorio a Negozio solutorio
causa esterna. a causa esterna

La causa solvendi che anima il definitivo implica che l’invalidità del prelimi-
nare si ripercuoterà sulla validità del definitivo e legittimerà la ripetizione di
quanto prestato, oggettivamente indebito, in quanto verrebbe meno la causa giu-
stificatrice esterna dello spostamento patrimoniale operato con il definitivo.
Se le parti, ignorando la nullità del preliminare, addivengono alla stipula-
zione del definitivo quest’ultimo, in difetto della causa solvendi per insussi-
stenza dell’obbligo a contrarre, sarà nullo e legittimerà la ripetizione di quanto
prestato.
Nel caso di annullabilità del preliminare, se le parti, venute a conoscenza della
causa di annullabilità, concludono il definitivo quest’ultimo, ponendosi quale atto
di esecuzione dell’obbligo a contrarre nella conoscenza del motivo di annullabi-
lità, vale quale convalida del preliminare ex art. 1444 2 c.c.
Con particolare riguardo al preliminare di vendita la teoria in questione inqua- Preliminare di
dra il meccanismo preliminare/definitivo nello schema titulus-modus adquirendi, vendita come
vendita
tipico dell’ordinamento tedesco. obbligatoria
Il preliminare di vendita costituirebbe una vendita obbligatoria che, dunque,
‘‘genera l’obbligo non tanto di di prestare il consenso, quanto di dare, con scis-
sione del titulus (preliminare) fonte dell’obbligo stesso dal modus adquirendi (de-
finitivo) a conferma della causa solutoria del definitivo.’’(11).
Si è tuttavia obiettato che il contratto preliminare di vendita non sembra costi-
tuire una vendita obbligatoria inquadrabile nella contrapposizione titulus/modus
adquirendi perché manca l’elemento caratterizzante di tale fattispecie e cioè la
volontà di decidere in via definitiva l’effetto traslativo differendone nel tempo la
produzione.
Inoltre, è stato sottolineato, si verrebbe a svuotare di significato la funzione di
controllo delle sopravvenienze che inerisce all’utilizzazione della sequenza preli-
minare/definitivo.
Altra tesi, pur riconoscendo carattere negoziale al contratto definitivo, ri- La tesi della
tiene che esso persegua una doppia causa. Alla causa propria o interna dello doppia causa

specifico strumento negoziale posto in essere si affiancherebbe, con pari di-


gnità, la causa relativa all’adempimento dell’obbligazione assunta con il preli-
minare.
Si è obiettato che un atto negoziale non può assolvere a due diverse cause e
quindi valere come due distinti negozi(12).

(10) F. Gazzoni, Manuale di diritto privato, 2004, 859.


(11) F. Gazzoni, cit., 861.
(12) F. Caringella, Studi di Diritto Civile, tomo II, 2005, 1156.
534 PARTE TERZA – OBBLIGAZIONI E CONTRATTI

La tesi della causa Ultima tesi è quella che individua la giustificazione causale del contratto defi-
interna nitivo nella produzione dei propri effetti tipici, cd. causa interna, in relazione al-
l’interesse concreto perseguito dalle parti(13).
Con la stipulazione del definitivo le parti adempiono la loro obligazione ma ciò
non incide sulla causa del contratto che deve essere sempre individuata nell’in-
teresse pratico perseguito.
Implicazioni La tesi della causa interna implica la totale irrilevanza dei vizi del preliminare
qualora il definitivo sia validamente concluso.
Se l’obbligazione scaturente dal preliminare non è la causa del contratto defi-
nitivo ciò comporta che ‘‘la mancanza di tale obbligazione per nullità del prelimi-
nare non importa nullità del definitivo per mancanza di causa.’’(14).
Quid iuris allora nel caso in cui sia stato concluso il definitivo a seguito di un
preliminare nullo, annullato o inefficace?
Occorre distinguere due eventualità a seconda che le parti siano o meno a co-
noscenza della invalidità.
Nel primo caso nulla quaestio, se le parti sapevano di non essere obbligate a
contrarre e nonostante ciò addivengano ugualmente al contratto quest’ultimo
sarà stato concluso spontaneamente e non alla stregua di un definitivo.
Se, invece, ignoravano l’invalidità avranno inteso concludere un definitivo, il
quale, secondo la teoria della causa interna, sarà valido ovvero annullabile per
errore sull’esistenza dell’obbligo di contrarre, rilevante quale errore di diritto che
abbia costituito la ragione principale del contratto ex art. 1429, n. 4 c.c.

z 4. Il preliminare di vendita di cosa altrui.

La pronuncia delle Sezioni Unite induce a prendere in considerazione la na-


tura del contratto preliminare di vendita di cosa altrui.
Come sopra ricordato il preliminare è un contratto con il quale le parti si obbli-
gano a stipulare in un successivo momento un altro contratto detto definitivo.
L’applicazione della sequenza preliminare/definitivo a tutte le figure contrat-
tuali non è un dato pacifico.
Si discute, infatti, circa la compatibilità del preliminare con il contratto di dona-
zione, con il contratto di società a causa dell’attrito che sussiste rispettivamente
con la necessaria spontaneità della donazione e con l’affectio societatis del con-
tratto di società.
Dubbi sulla Per il passato(15) si è anche dubitato della configurabilità del contratto prelimi-
configurabilità del nare di vendita di cosa altrui sul presupposto di una sua presunta inutilità.
contratto
preliminare di
Si è sostenuto, infatti, che la previsione di un obbligo di contrarre sarebbe già
vendita di cosa insita nel contratto definitivo di vendita di cosa altrui in forza del quale il vendi-
altrui trore è obbligato ad una futura attività destinata a produrre il trasferimento del
diritto di proprietà all’acquirente.

(13) C.M. Bianca, Diritto Civile, Vol. 3, Il Contratto, 184.


(14) C.M. Bianca, cit.
(15) Rubino, Trattato Cicu-Messineo, XXIII, 1971, 38 ss.
CAPITOLO XVI – PRELIMINARE DI VENDITA DI COSA ALTRUI 535

Sulla base di tali considerazioni parte della dottrina è stata indotta a negare la
configurabilità di qualsivoglia preliminare avente ad oggetto contratti ad efficacia
obbligatoria.
Questo orientamento è stato, però, criticato sul rilievo che la prassi contrattuale Obiezioni
conosce casi di preliminare di contratti ad efficacia meramente obbligatoria come
il preliminare di locazione o di appalto.
Inoltre, a sostegno della critica, è stato individuato un importante aggancio
normativo nell’art. 2932 c.c. che al primo comma contiene un generico riferi-
mento all’obbligazione di concludere un contratto e dedida il secondo comma
esclusivamente ai contratti che hanno per oggetto il trasferimento della proprietà
di una cosa determinata o la costituzione o il trasferimento di un altro diritto.
L’impostazione prevalente, quindi, ritiene ammissibile il contratto preliminare Orientamento
di vendita di cosa altrui. prevalente nel
senso della
Una volta ammessa tale figura si pone la questione se da essa scaturisca l’ob- configurabilità
bligo per le parti di concludere un successivo contratto di vendita di cosa altrui
oppure l’obbligo di stipulare un contratto di trasferimento del diritto di proprietà
al promissario acquirente.
La prima soluzione è respinta dalla maggioranza della dottrina e della giuri- Definitivo di
sprudenza. vendita di cosa
altrui o definitivo
Tale interpretazione, infatti, darebbe luogo ad un contratto con il quale ci si di vendita di cosa
obbliga ancora ad un trasferimento di proprietà. Si rileva una sostanziale inutilità propria?
per le parti di un preliminare di vendita di cosa altrui il cui rimedio, in caso di
inadempimento, sarebbe l’ottenimento di una sentenza ex art. 2932 c.c. produt-
tiva degli effetti di una vendita di cosa altrui senza alcun miglioramento della po-
sizione del promissario acquirente.
La tesi prevalente(16), implicitamente accolta anche dalle Sezioni Unite nella
pronuncia in commento, ritiene, invece, che nel caso di contratto preliminare di
vendita di cosa altrui il contratto definitivo da stipulare è una una vendita espli-
cativa dell’effetto traslativo, quindi una vendita di cosa propria ad effetti reali da
stipularsi dopo che il promittente venditore abbia acquistato la proprietà.
Da ciò discende l’impossibilità per il promissario acquirente di chiedere l’ese-
cuzione in forma specifica ex art. 2932 c.c. fino al momento in cui il promittente
venditore non abbia egli stesso acquistato la proprietà del bene. Questo perché,
altrimenti, l’eventuale sentenza non potrebbe comunque produrre gli effetti tra-
slativi del contratto non concluso.
Elemento caratterizzante il contratto preliminare di vendita di cosa altrui è co- Differenza tra
stituito dal fatto che se vi è un acquisto del bene da parte del promittente vendi- preliminare di
vendita di cosa
tore non si verifica un automatico adempimento del preliminare ma è necessario altrui e vendita di
un ulteriore atto traslativo. Ciò non avviene, invece, nella vendita di cosa altrui cosa altrui
che comporta l’immediato impegno per le parti da un lato di trasferire il diritto e
dall’altro di pagare il prezzo senza la necessità di porre in essere un negozio ulte-
riore.

(16) Cass. civ., sez. III, 27 novembre 2001, n. 15035; sez. II, 6 ottobre 2000, n. 13330; sez. II, 30 gennaio
1997, n. 925; sez. II, 18 aprile 1996, n. 3677; sez. II, 7 aprile 1986, n. 2398; Sez. II, 6 luglio 1984, n. 3963; Sez.
II, 14 febbraio 1980, n. 1116; Corte di Appello di Milano, 16 ottobre 1990. In dottrina C.M. Bianca, La vendita
e la permuta, Trattato Vassalli, 1972, 692.
536 PARTE TERZA – OBBLIGAZIONI E CONTRATTI

4.1. Applicabilità della disciplina a tutela della buona fede del compratore ex art.
1479 c.c. al contratto preliminare di vendita di cosa altrui.

Una volta dipanati i dubbi sulla configurabilità giuridica del contratto prelimi-
nare di vendita di cosa altrui occorre affrontare le problematiche che vi sono di-
rettamente connesse.
Applicabilità La prima questione che si è posta all’attenzione degli interpreti concerne l’ap-
dell’art. 1479 c.c. plicabilità della disciplina a tutela della buona fede del compratore ex art. 1479
al contratto
preliminare di c.c. al contratto preliminare di vendita di cosa altrui.
vendita di cosa Ai sensi dell’art. 1479 c.c. il compratore, se al momento della stipulazione del
altrui contratto ignorava l’alienità del bene ceduto, può chiedere la risoluzione del con-
tratto medesimo e il risarcimento del danno salvo che il venditore nel frattempo
non gli abbia fatto acquistare la proprietà della cosa.
Il fondamento della risoluzione può essere ravvisato nell’inadempimento del
venditore che, a causa del difetto di legittimazione, non è in grado di onorare
l’impegno traslativo assunto con il contratto di vendita.
Con riferimento al preliminare di vendita di cosa altrui si sono fronteggiati due
distinti orientamenti interpretativi.
Orientamento Secondo l’orientamento ormai superato dal decisum delle Sezioni Unite il pro-
minoritario missario acquirente, laddove abbia ignorato l’altruità della cosa al momento della
stipula del preliminare, può agire ex art. 1479 c.c. al fine di ottenere la risoluzione
del contratto(17).
La tesi secondo cui anche il promittente venditore di una cosa altrui sa-
rebbe da considerare, al pari del venditore di una cosa altrui, inadempiente
è stata fondata dalla dottrina e dalla giurisprudenza sulla considerazione che
la promessa di vendita implica, già di per sé, l’impegno alla prestazione tra-
slativa.
‘‘L’obbligo di prestare il consenso all’alienazione implicherebbe anche l’impe-
gno a trasferire e pertanto il fatto che la cosa promessa in vendita appartenga ad
altri integrerebbe già di per sé inadempimento, legittimando l’applicazione del-
l’art. 1479 c.c.’’(18).
Questo orientamento è coerente con l’inquadramento del meccanismo prelimi-
nare/definitivo nello schema titulus-modus adquirendi più sopra richiamato che
tende a configurare il preliminare come un negozio immediatamente generatore
di un’obbligazione traslativa.
Orientamento L’indirizzo maggioritario(19), confermato dalla pronuncia in commento, muove
maggioritario un’obiezione difficilmente superabile.

(17) Cass. civ., sez. II, 10 marzo 1999, 2091; sez. II, 1 agosto 1995, n. 8434; sez. II, 18 febbraio 1986, n. 960;
Cass. 24 marzo 1981 n. 1727; Cass. 9 gennaio 1970 n. 60.
(18) A. Zaccaria, La tutela del promittente compratore in buona fede di una cosa altrui, in Riv. dir. civ., 2000,
121.
(19) « In tema di contratto preliminare di vendita, il promissario acquirente il quale ignori che il bene, all’atto
del preliminare, appartenga in tutto o in parte ad altri, non può agire per la risoluzione prima della scadenza del
termine per la stipula del contratto definitivo, in quanto il promittente venditore fino a tale momento può adem-
piere all’obbligazione di fargli acquistare la proprietà del bene, o acquistandola egli stesso dal terzo proprietario
o inducendo quest’ultimo a trasferirgliela » Cass. civ., sez. II, 24 novembre 2005, n. 24782; sez. II, 5 novembre
2004, n. 21179; sez. II, 27 novembre 2001, n. 15035; sez. II, 6 ottobre 2000, n. 13330; sez. II, 6 aprile 1986,
n. 2398.
CAPITOLO XVI – PRELIMINARE DI VENDITA DI COSA ALTRUI 537

Se è vero che anche chi promette di alienare appare assumere un impegno


traslativo, è altrettanto vero che l’impegno traslativo del promittente venditore,
in quanto da adempiersi in futuro, risulta subordinato ad un termine coincidente
con il momento in cui dovrà essere concluso il contratto definitivo.
Di inadempimento dell’impegno de quo può parlarsi, pertanto, solo a partire
da tale momento mentre fino ad allora il promittente venditore dovrebbe inten-
dersi legittimato ad acquistare la proprietà della cosa.
L’inapplicabilità al preliminare di vendita di cosa altrui della disciplina di cui Argomentazioni
all’art. 1479 c.c. a tutela della buona fede del compratore si evince da due ele-
menti caratterizzanti il preliminare ed afferenti rispettivamente ad un profilo
strutturale e ad un profilo funzionale.
Sotto il profilo strutturale si rileva l’estraneità del preliminare alla produzione Profilo strutturale
di effetti traslativi. Il preliminare, in altri termini, non è in grado di realizzare vi-
cende reali.
Sotto il profilo funzionale si osserva che il meccanismo innescato dal prelimi- Profilo funzionale
nare consente alle parti, prima di fissare vicende giuridiche definitive, di valutare
eventuali sopravvenienze e dunque la convenienza dello scambio. Il profilo cau-
telativo, quindi, in tanto può emergere nella misura in cui esista uno scarto non
solo temporale ma soprattutto effettuale tra preliminare e definitivo.
La disciplina della vendita di cosa altrui contempla due ipotesi.
L’art. 1478 c.c. prevede l’ipotesi che si verifica quando il contratto di vendita ha
espressamente ad oggetto una cosa altrui e l’effetto traslativo è differito al mo-
mento in cui l’alienante diventerà proprietario del bene o procurerà comunque
lı̀acquisto al compratore.
L’art. 1479 c.c. prevede l’ipotesi che si verifica quando l’alienante vende come Presupposti di
propria una cosa che è di altri, ingenerando nell’acquirente l’erronea convin- applicabilità
dell’art. 1479 c.c.
zione che si verifichi un effetto traslativo immediato.
La conseguenza della distinzione si rinviene nell’esercizio dell’azione di risolu-
zione per inadempimento: se l’altruità della cosa è conosciuta dall’acquirente,
quest’ultimo potrà agire solo se il venditore non gliene ha procurato la proprietà
nel termine fissato, se l’altruità della cosa non è conosciuta dall’acquirente allora
costui potrà agire subito salvo che nel frattempo il venditore non gli abbia fatto
acquistare la proprietà.
La ragione per la quale l’acquirente di buona fede può avvalersi immediata-
mente del rimedio risolutorio è da ricercarsi nella mancata operatività degli ef-
fetti reali attesi ex art. 1376 c.c. a causa del difetto di legittimazione a disporre del
venditore.
Tale circostanza configura, pertanto, un inadempimento immediato a fronte
del quale è data la possibilità alla controparte di reagire non appena essa se ne
avveda.
La peculiare tutela riconosciuta all’acquirente dall’art. 1479 c.c. è intimamente
connessa con l’immediata attitudine traslativa del contratto di compravendita(20).

(20) « Si tratta dunque, di una norma senza dubbio a tutela dell’apparenza come legittimo affidamento di quel
compratore, al quale il venditore non ha dato notizia dell’assenza del presupposto (titolarità del diritto) dell’effi-
cacia immediata del trasferimento. Perciò la norma consente di liberarsi immediatamente della contrattazione
(impedendo ogni adempimento al venditore che non aveva rivelato l’alienità della cosa) a colui che, inizialmente,
ragionevolmente credeva nell’efficacia immediatamente traslativa del consenso per divenire proprietario della
538 PARTE TERZA – OBBLIGAZIONI E CONTRATTI

Se quindi il rimedio di cui all’art. 1479 c.c. opera solo quando il trasferimento
del diritto è effetto del solo consenso ne consegue che esso non possa essere ap-
plicato allorché le parti abbiano voluto l’intermediazione di un effetto obbligato-
rio pur se prodromico ad un effetto traslativo finale, come avviene nel caso del
preliminare.
Nel caso in cui il promittente venditore non comunichi l’alienità della cosa ciò
equivale a dire che le parti hanno inteso vincolarsi alla stipulazione di una futura
vendita di cosa propria immediatamente traslativa.
In questo caso è solo al momento della conclusione del definitivo che occorre
fare riferimento per verificare l’inadempimento del venditore rispetto all’impe-
gno traslativo assunto ex art. 1376 c.c. in quanto è solo a quel momento che il
promittente venditore deve essere in grado di far conseguire l’acquisto della pro-
prietà alla controparte.
Nelle more tra preliminare e definitivo il promittente venditore potrà conse-
guire quella legittimazione a disporre di cui era inizialmente carente(21).
’’La tesi contraria valutando allo stesso modo il comportamento del venditore e
del promittente venditore di cosa altrui, si espone alla critica da un lato di dettare
una stessa soluzione giuridica per situazioni ontologicamente diverse quanto agli
effetti giuridici (reali o obbligatori), quali sono la vendita o la promessa di vendita,
nonché di desumere la fonte giuridica di siffatto convincimento dall’art. 1479 c.c.
dettato per la vendita definitiva e non per il preliminare di vendita; dall’altro lato,
con il consentire l’immediata esperibilità dell’azione di risoluzione, si risolve in una
difesa avanzata del promissario acquirente in nome della tutela del principio di
buona fede fine a se stessa dal momento che, stante l’efficacia meramente obbligato-
ria del preliminare, l’adempimento del promittente venditore non potrebbe realiz-
zarsi che al momento della stipula del contratto definitivo.’’(22).

z 5. Risvolti problematici: a) Adempimento del promittente vendito-


re; b) Imputazione della garanzia per evizione e per i vizi.

Altra questione legata al contratto preliminare di vendita di cosa altrui è quella


relativa all’adempimento del promittente venditore.
Modalità di Ci si domanda, cioè, se il promittente venditore debba adempiere in ogni caso
adempimento del acquistando il bene e ritrasferendolo al promissario acquirente oppure possa
promittente
venditore
adempiere mediante la vendita diretta della cosa operata dal terzo proprietario a
favore del promissario acquirente.
Imputabilità delle La risposta a tale quesito è strettamente condizionata dalla soluzione che si dà
garanzie al problema successivo inerente l’imputazione delle garanzie.
L’orientamento minoritario sostiene la tesi della necessità di un doppio trasfe-
rimento secondo lo schema terzo proprietario/promittente venditore — promit-
tente venditore/promissario acquirente.

cosa ... » L. Gardani Contursi-Lisi, Risoluzione di vendita di cosa altrui e art. 1153 c.c.: una lettura dell’art.
1479 c.c., in Riv. dir. civ., 1981, 110.
(21) Proprio tale difetto negoziale può essere stato motivo influente per la scelta dello strumento del preli-
minare anziché del definitivo. Messineo, op. cit., 169.
(22) Cas. civ., sez. II, 30 gennaio 1997, n. 925.
CAPITOLO XVI – PRELIMINARE DI VENDITA DI COSA ALTRUI 539

Tale tesi trova le sue ragioni nel disposto di cui all’art. 1180 c.c. in quanto se è Tesi della
vero che l’obbligazione può essere adempiuta da un terzo anche contro la volontà necessità di un
doppio
del creditore, è altrettanto vero che quest’ultimo può rifiutare l’adempimento del trasferimento
terzo se ha interesse che il debitore esegua personalmente la prestazione.
Questo interesse sussisterebbe tutte le volte in cui per il promissario acqui-
rente non sia indifferente il soggetto che partecipa alla conclusione del definitivo,
in quanto può avere un interesse specifico a che parte del contratto di trasferi-
mento sia il promittente e non un altro.
Dalla stipula della compravendita, oltre all’effetto traslativo, derivano anche al-
tre conseguenze, tra le quali figura l’obbligo del venditore alla garanzia per vizi e
per l’evizione ex art. 1476 c.c.
Di conseguenza il compratore può aver fatto affidamento sulla serietà e la sol-
vibilità di colui con cui ha stipulato il preliminare, cosı̀ che il mutamento della
controparte lo sfavorirebbe.
Tale convinzione si fonda sull’assunto che l’avvenuta estinzione dell’obbliga-
zione principale del promittente venditore, per effetto del contratto definitivo
concluso tra proprietario e promissario acquirente, determina il venir meno delle
altre obbligazioni derivanti dal preliminare.
La tesi maggioritaria(23), invece, si è orientata nel senso che l’obbligazione del Tesi
promittente venditore può essere adempiuta indifferentemente sia acquistando dell’ammissibilità
del trasferimento
il bene e ritrasferendolo al promissario, sia facendoglielo alienare direttamente diretto
dal terzo proprietario.
L’acquisto del bene da parte del promittente venditore con successivo trasferi-
mento al promissario acquirente rappresenta solo una delle modalità attraverso cui
si realizza l’estinzione della sua obbligazione ‘‘in quanto l’art. 1478 c.c. dispone che
il venditore è obbligato a procurare l’acquisto al compratore, il che ben può avvenire
anche facendo sı̀ che il terzo proprietario lo ceda egli stesso al promissario.’’(24)
Nel caso di vendita diretta della cosa dal terzo proprietario al promissario acqui-
rente è necessario che tale trasferimento, anche se il promittente venditore non sia
intervenuto nel relativo contratto, abbia avuto luogo in conseguenza di una attività
svolta dallo stesso venditore o promittente(25), cioè dei rapporti tra questi e il terzo
proprietario del bene e in conseguenza dell’adempimento da parte di quest’ultimo
degli obblighi assunti nei confronti del venditore o promittente venditore.
Ciò può avvenire anche con l’intervento, in sede di stipulazione del contratto
definitivo, del terzo proprietario della cosa il quale manifesti la propria volontà
di alienare il bene di sua proprietà direttamente al compratore realizzandosi in
questa ipotesi il risultato che il promissario acquirente intendeva conseguire e
che il promittente venditore si era impegnato a fargli ottenere.
In tal caso, mentre il consenso manifestato dai promittenti è diretto alla con-
clusione del contratto definitivo, il consenso che si forma tra il terzo proprietario
e il compratore determina l’effetto traslativo della proprietà della cosa.

(23) Cass. civ., sez. II, 24 novembre 2005, n. 24782; sez. II, 5 novembre 2004, n. 21179; ez. III, 27 novembre
2001, 15035; sez. II, 6 ottobre 2000, n. 13330; sez. II, 2 febbraio 1998, n. 984; sez. II, 18 febbraio 1986, n. 960;
sez. II., 6 luglio 1984, n. 3963; sez. II, 14 febbraio 1980, n. 1116.
(24) Cass. civ., sez. un., 18 maggio 2006, 11624.
(25) Pertanto non vi sarà adempimento laddove l’acquisto avvenga senza la partecipazione del promittente
venditore, come in un’ipotesi di donazione del bene che il proprietario faccia al promissario acquirente, con
conseguente possibilità di risoluzione del contratto preliminare di vendita di cosa altrui.
540 PARTE TERZA – OBBLIGAZIONI E CONTRATTI

In ogni caso, comunque, il contratto di compravendita intercorre tra gli origi-


nari promittenti e venditore è pur sempre il promittente venditore in modo che
su di lui ricadono tutte le obbligazioni connesse a tale sua qualità come la conse-
gna della cosa, la garanzia per l’evizione e la garanzia per i vizi.
Da ciò consegue che, se il proprietario effettivo aderisce al preliminare di ven-
dita del suo bene effettuato dal promittente alienante, egli non assume nessun
obbligo diretto nei confronti del promittente acquirente in quanto egli non è
parte del preliminare di vendita di cosa altrui (altrimenti si avrebbe un prelimi-
nare di cosa propria) ma assume un obbligo esclusivamente nei confronti del
promittente alienante.
Se non vi è alcuna obbligazione dell’effettivo proprietario del bene nei con-
fronti del promissario acquirente di cosa altrui, quest’ultimo non può effettuare
alcuna diffida ad adempiere ex art. 1454 c.c. nei confronti del primo ma solo nei
confronti del promittente alienante.
Tutela del Sarà poi quest’ultimo ad esperire i rimedi di legge nei confronti dell’effettivo
promissario proprietario che, pur essendosi obbligato in tal senso, non voglia prestare il con-
acquirente
senso al trasferimento del bene.
Vi è da domandarsi quale sia la tutela del promissario acquirente in caso di ri-
fiuto del proprietario.
Alla luce delle considerazioni che precedono il promissario-acquirente non
avrebbe mezzi per ottenere il trasferimento del bene, qualora questo rimanga
nel patrimonio del terzo e dal promittente-venditore potrebbe pretendere la ri-
soluzione del preliminare e il risarcimento del danno, non essendo la cosa nel
suo patrimonio.
È stato osservato, tuttavia, che qualora il proprietario si sia effettivamente im-
pegnato nei confronti del promittente in questo caso il promissario potrebbe ot-
tenere il trasferimento del bene esercitando contestualmente l’azione ex art.
2932 c.c. contro il promittente-venditore, sulla base del proprio diritto di credito
alla stipula del definitivo, e contro il proprietario, surrogandosi ex articolo 2900
c.c. nel diritto di credito che nei suoi confronti vanti il promittente.
Inizialmente si è dubitato circa l’ammissibilità della surrogazione nell’esercizio di
un atto di autonomia negoziale come la stipula del definitivo, in quanto esso sarebbe
rimesso alla volontà discrezionale ed insindacabile di chi ha stipulato il preliminare.
La Suprema Corte(26), tuttavia, ritenendo che il vero atto di autonomia nego-
ziale sia il preliminare e che il definitivo abbia natura principalmente solutoria,
ha ammesso la surroga nel diritto di credito del promittente-alienante.

z 6. Particolari fattispecie applicative.

6.1. Preliminare di vendita di un bene parzialmente altrui.

La prima ipotesi applicativa del preliminare di vendita di cosa altrui riguarda il


preliminare di vendita di un bene in comunione cui non abbiano aderito tutti i
comproprietari.

(26) Cass. civ., sez. II, 8 gennaio 1996, n. 51.


CAPITOLO XVI – PRELIMINARE DI VENDITA DI COSA ALTRUI 541

La giurisprudenza ha registrato varie oscillazioni sul tema.


Più in particolare vi era contrasto in ordine agli effetti del contratto prelimi-
nare di vendita di un bene considerato nella sua interezza da parte di alcuni sol-
tanto dei comproprietari in previsione della prestazione del consenso anche da
parte degli altri titolari di quote.
Secondo un primo indirizzo giurisprudenziale(27), a meno che la vendita non Tesi
sia stata espressamente condizionata al consenso di tutti i comproprietari, la pro- dell’inefficacia
relativa
messa di vendita di un bene parzialmente altrui senza il consenso di tutti i conti-
tolari del diritto di proprietà costituisce un’ipotesi di inefficacia relativa.
Tale inefficacia potrebbe essere fatta valere soltanto dal promittente compra-
tore quale esclusivo titolare dell’interesse all’acquisto dell’immobile per intero
mentre il comproprietario che ha manifestato il suo consenso non ha un inte-
resse giuridicamente apprezzabile a che la cosa indivisa sia venduta per intero.
Pertanto deve riconoscersi al promissario acquirente la facoltà di chiedere l’e-
secuzione del contratto in relazione alla quota del comproprietario intervenuto
validamente, senza che questi possa opporsi non avendo egli un interesse ap-
prezzabile a che la cosa indivisa sia venduta per l’intero.
Secondo un altro indirizzo(28), il promissario acquirente di un contratto prelimi- Tesi
nare di vendita di cosa parzialmente altrui non può ottenere ai sensi dell’art. dell’intangibilità
del preliminare
2932 c.c. una sentenza di esecuzione in forma specifica limitatamente alla por-
zione di immobile di effettiva spettanza del promittente venditore.
In questo caso la tutela del promissario acquirente andrebbe circoscritta alla
sola risoluzione del contratto preliminare per inadempimento.
Tale orientamento trova il suo fondamento nel principio secondo il quale la
sentenza emessa ai sensi dell’art. 2932 c.c. deve rispettare integralmente l’assetto
di interessi concordato dalle parti nel preliminare.
A corollario di questo principio, pertanto, consegue che il giudice, in virtù del-
l’intangibilità della volontà negoziale, non possa sostituire la propria volontà alla
volontà dei contraenti rinvenibile nel contenuto del preliminare.
Con una pronuncia a Sezioni Unite(29) la Corte di Cassazione ha respinto il Tesi
primo degli orientamenti sopra richiamati ritenendo al contrario che, ‘‘nell’ipo- dell’inesistenza

tesi di vendita di un bene in comunione, se il consenso non sia stato manifestato


da tutti i comproprietari, non di inefficacia ma di inesistenza — per mancato per-
fezionamento dell’iter formativo — o di invalidità del contratto si deve parlare,
non essendosi formato il consenso di una delle parti.
Quando, infatti, l’oggetto di una promessa di vendita sia un bene in comu-
nione, di regola la parti considerano tale bene come un unicum inscindibile e
non come somma delle singole quote che fanno capo ai singoli comproprietari e
correlativamente questi ultimi costituiscono un’unica parte complessa. Ciò com-
porta che le loro dichiarazioni di volontà di voler promettere in vendita non
hanno autonomia ma si fondono in un’unica volontà negoziale.

(27) Cass. civ., sez. II, 11 marzo 2004, n. 4965; Cass. civ., sez. II, 14 agosto 1986, n. 5047; Sez. II, 9 novembre
1988, 3029
(28) Cass. civ., sez. II, 1 febbraio 1993, 1219; sez. II, 11 agosto 1990, n. 8228; Sez. II, 18 novembre 1987,
n. 8486.
(29) Cass. civ., sez. un., 8 luglio 1993, n. 7481; conforme anche sez. II, 1 marzo 1995, n. 2319; sez. un., 14
aprile 1999, n. 239.
542 PARTE TERZA – OBBLIGAZIONI E CONTRATTI

Quando una di tali dichiarazioni manchi o sia invalida non si forma o si forma
invalidamente la volontà di una delle parti del contratto preliminare il quale non
viene ad esistenza o è nullo.
Nulla esclude che un documento sia formulato in modo tale che risulti in esso
la riproduzione di più contratti preliminari in base ai quali ognuno dei compro-
prietari si impegna esclusivamente a vendere la propria quota al promissario ac-
quirente: in tal caso, a meno della previsione di una condizione (risolutiva o so-
spensiva) e della ricorrenza di una ipotesi di collegamento negoziale, la mancata
conclusione (o la eventuale invalidità) di uno dei contratti non si ripercuoterà su-
gli altri, per cui il promissario acquirente potrà pretendere la stipulazione del
contratto definitivo dai comproprietari stipulanti relativamente alle quote di cui
gli stessi sono titolari.
In tale ipotesi non si potrà parlare di esecuzione parziale di un unico contratto ma
di esecuzione di una parte dei distinti contratti contenuti in un unico documento.
Assumono valore decisivo a favore dell’ipotesi di vendita di un bene comune
per intero l’indicazione dell’oggetto del contratto come un bene unitario e soprat-
tutto la previsione di un prezzo globale.
Una volta, infatti, chiarito che nella ipotesi di cui si discute il contratto non si è
mai concluso (o si è invalidamente concluso), viene a perdere ogni rilevanza la
questione dei rapporti tra sentenza ex art. 2932 c.c. e contratto preliminare.’’
Si è però osservato(30) che il principio enunciato dalle Sezioni Unite non si pre-
sta ad essere applicato a tutte le fattispecie di preliminare di vendita di bene in
comunione perché esso si riferisce alla particolare ipotesi in cui il promittente
venditore agisce anche per conto degli altri proprietari ed il promissario acqui-
rente è a conoscenza del fatto che il bene non sia di proprietà esclusiva di colui
che ha stipulato il contratto preliminare.
Diverso è il caso in cui il promissario acquirente è ignaro della circostanza che
il bene non sia di proprietà del promittente venditore.
‘‘Bisognerebbe dare maggiore valore all’indagine intepretativa al fine di accer-
tare di volta in volta la disciplina più adeguata per un’equa distribuzione dei ri-
schi connessi all’operazione economica programmata dalle parti.’’

6.2. Preliminare di vendita di un bene in comunione legale.

Altra peculiare ipotesi applicativa del contratto preliminare di vendita di una


cosa altrui è costituita dal preliminare concluso da un coniuge in regime di co-
munione legale senza il necessario consenso dell’altro coniuge.
Annullabilità del Si è sostenuto che il preliminare di alienazione di un bene della comunione le-
preliminare di gale stipulato da un coniuge senza il consenso dell’altro coniuge è semplice-
vendita di un bene
in comunione mente annullabile e non già affetto da nullità radicale come sostenuto con riferi-
legale mento al contratto preliminare di vendita di un bene in comunione per difetto di
consenso del contitolare del diritto in una comunione ordinaria.

(30) M. Stagno d’Alcontres, « Ancora in tema di esecuzione specifica ex art. 2932 c.c di un preliminare di
vendita di cosa parzialmente altrui: i limiti nei più recenti orientamenti della Suprema Corte », in Giustizia Civile,
1996, 1459.
CAPITOLO XVI – PRELIMINARE DI VENDITA DI COSA ALTRUI 543

Come è noto, a seguito della riforma del 1975, il regime patrimoniale della fa-
miglia è quello della comunione legale che si differenzia dalla comunione ordi-
naria sotto vari profili.
La comunione ordinaria è una comunione per quote mentre la comunione le-
gale tra coniugi è estranea al concetto di quota che esiste unicamente per stabi-
lire la misura entro la quale i beni della comunione possono essere aggrediti dai
creditori e suddivisi tra i coniugi al momento dello scioglimento secondo la disci-
plina dettata dagli artt. 189, 190 e 194 c.c.
L’art. 180 c.c. dispone che gli atti rientranti nell’ordinaria amministrazione pos-
sono essere compiuti anche disgiuntamente dai coniugi.
Il compimento degli atti eccedenti l’ordinaria amministrazione, invece, spetta
congiuntamente ad entrambi i coniugi.
In generale si ritengono atti eccedenti l’ordinaria amministrazione quelli in Preliminare come
grado di produrre effetti di eventuale depauperamento del patrimonio conse- atto eccedente
l’ordinaria
guenti alla manifestazione della volontà negoziale. amministrazione
Si concorda in dottrina e in giurisprudenza(31) circa la riconducibilità del con-
tratto preliminare di vendita immobiliare di un bene rientrante nella comunione
legale fra coniugi nell’alveo degli atti eccedenti l’ordinaria amministrazione. Per-
tanto si tratta di un atto che necessita per la sua stipulazione del consenso di en-
trambi i coniugi.
Nel caso in cui il contratto preliminare sia concluso da uno solo dei coniugi
senza il necessario consenso di cui all’art. 180 c.c. troverà applicazione l’art. 184
c.c. in forza del quale gli atti compiuti da un coniuge senza il necessario consenso
dell’altro coniuge e da questo non convalidati sono annullabili se riguardano beni
immobili entro un anno dalla data in cui l’altro coniuge ha avuto conoscenza del-
l’atto o dalla data della trascrizione o dallo scioglimento della comunione se l’atto
non sia stato trascritto e l’altro coniuge non ne abbia avuto in altro modo cono-
scenza.
La giurisprudenza(32) si è espressa nel senso che il contratto preliminare di
vendita di un bene della comunione legale stipulato da un solo coniuge ‘‘non è
assolutamente inefficace nei confronti della comunione ma soggetto all’annulla-
mento da parte del coniuge non consenziente ai sensi dell’art. 184 c.c.’’

z 7. Conclusioni.

Alla luce delle considerazioni effettuate è evidente che con la sentenza


n. 11624 del 18 maggio 2006 le Sezioni Unite hanno dimostrato di concepire il
meccanismo preliminare/definitivo come una fattispecie a formazione progres-
siva attribuendo alle sue componenti una specifica identità e rispettando la na-
tura obbligatoria del contratto preliminare.
È stata data, cosı̀, una risposta coerente ad un quesito che, fino ad un passato
non troppo lontano, tante incertezze applicative ha generato.

(31) Cass. civ., sez. III, 21 dicembre 2001, n. 16177.


(32) Cass. civ., sez. III, 21 dicembre 2001, n. 16177; 14 gennaio 1997, n. 287; 17 dicembre 1994, n. 10872.
544 PARTE TERZA – OBBLIGAZIONI E CONTRATTI

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