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Donazione

Traccia
Tizio, legato al giovane Caio da amicizia, decide di
donare a quest’ultimo il fondo Alfa, di cui è proprietario, ed una parte del confinante fondo Beta, appartenente a Sempronio.
Trascorsi ventidue anni dall’atto di donazione, in cui ha esercitato uti dominus un possesso continuato su entrambi i fondi ricevuti
in donazione, Caio decide di alienare sia il fondo Alfa, sia la parte del fondo Beta, a Mevio. Quest’ultimo, all’esito delle visure
catastali, si rifiuta di procedere alla stipula del preliminare di compravendita, sostenendo che il fondo Beta, ricevuto in donazione
da Tizio, non fosse di proprietà di quest’ultimo, per cui era da considerarsi nullo l’atto di liberalità disposto in suo favore.
Sempronio decide di rivolgersi al proprio legale Filano, per avere delucidazioni sul punto. Il candidato, assunte le vesti del legale
Filano, rediga parere motivato.

Giurisprudenza
Cassazione civile, sez. II, 5 maggio 2009 n. 10356: La donazione di un bene non esistente nel patrimonio del
disponente è nulla. Sebbene, infatti, la nullità della donazione con cui il donante dispone di un diritto altrui, intendendo
produrre un effetto traslativo immediato, non sia espressamente comminata da alcuna norma, la conclusione si ricava
dalla disciplina complessiva della donazione. Quanto precede, peraltro, non esclude che un tale negozio, quando
conformato in termini di atto di alienazione, stante l'ignoranza delle parti circa l'alienità della res donata, è suscettibile di
fungere da "titulus adquirendi" ai fini della usucapione abbreviata ai sensi dell'art. 1159 c.c., in quanto il requisito della
esistenza di un titolo idoneo a far acquistare la proprietà o altro diritto reale, che sia stato debitamente trascritto, va
inteso nel senso che il titolo, tenuto conto della sostanza e della forma del negozio, deve essere idoneo in astratto e non
già in concreto, a determinare il trasferimento del diritto reale, ossia tale che l'acquisto del diritto si sarebbe senz'altro
verificato se l'alienante ne fosse stato titolare.

Svolgimento

Ai fini della soluzione della controversia, occorre, preliminarmente verificare la possibilità giuridica di disporre una donazione di
un bene di cui non si è titolari e se possa essere comunque rilevante, ai fini dell’acquisto per usucapione, anche un titolo nullo.
Partendo dalla prima tematica, è controverso se il negozio sia sussumibile nella donazione di beni futuri, colpita da nullità ai
sensi dell’art. 771, 1º co., c.c.; ovvero se rifluisca in altra fattispecie produttiva di effetti immediatamente obbligatori. Il dubbio
riguarda l’estensione del divieto previsto dalla disposizione, secondo la quale «la donazione non può comprendere che i beni
presenti del donante»; in particolare, se la locuzione «beni non presenti del donante» designi soltanto i beni futuri, cioè non
ancora esistenti in natura, ovvero anche quelli che, quantunque venuti in essere, non siano presenti nel patrimonio di chi dona
al momento in cui è concluso il negozio.
A questa dicotomia logica corrispondono due orientamenti contrapposti: quello secondo il quale il divieto di donare ex art. 771
c.c. riguarda anche la donazione di beni altrui, poiché non presenti sono tutti i beni (futuri o alieni) che non appartengono al
donante; quello per cui la donazione di cosa aliena integra una ipotesi diversa, irriducibile nella fattispecie descritta dall’art. 771
c.c., la quale comprende solo il caso del negozio sui beni non presenti in rerum natura. In particolare, quest’ultima tesi, ritiene
sussistente un’ipotesi di donazione obbligatoria ove il donante assumerebbe appunto l'obbligo di procurarne l'acquisto, in modo
non dissimile da quanto avviene per la vendita di cosa altrui (ex art. 1478, co.1, c.c.).
La scelta dell’una o l’altra soluzione trae con sé un differente regime giuridico. In base al primo orientamento, la donazione di
bene altrui sarebbe colpita da radicale invalidità; essa – similmente alla donazione di cosa futura – sarebbe insuscettibile di
efficacia, poiché l’art. 771 c.c. espressamente prevede che la donazione, «se comprende beni futuri, è nulla rispetto a questi».
La tesi secondo la quale il divieto di donare riguarda soltanto i beni futuri implica, invece, che la donazione di cosa altrui è un
negozio valido, ma momentaneamente inidoneo a produrre l’effetto traslativo.
Nell’illustrato dibattito, occorre dare contezza di un recente arresto giurisprudenziale (Cassazione civile, sez. II, 5 maggio
2009 n. 10356) che condivide il primo degli illustrati orientamenti, affermando che sebbene la nullità della donazione con cui il
donante dispone di un diritto altrui, intendendo produrre un effetto traslativo immediato, non sia espressamente comminata da
alcuna norma, la conclusione si ricava dalla disciplina complessiva della donazione. L’art. 769 c.c., infatti, per la fattispecie
rispondente allo schema del contratto con efficacia reale, definisce la donazione come il «contratto col quale, per spirito di
liberalità, una parte arricchisce l’altra, disponendo a favore di questa di un suo diritto». La regola di attualità dello spoglio, tratto
caratterizzante della donazione con effetti reali immediati, implica il requisito dell’appartenenza del diritto al patrimonio del
donante al momento del contratto, ossia, come precisa l’inciso della citata disposizione, l’arricchimento realizzato mediante
disposizione di un «suo diritto». Inoltre, mentre i principi generali sanciscono la validità tanto dell’atto su cosa futura, quanto
dell’atto sul patrimonio altrui, il microsistema della donazione, al fine di inibire liberalità anticipate, reca un principio settoriale
di tenore diverso, prevedendo, all’art. 771, comma 1, c.c., la nullità della donazione di beni futuri. L’esigenza, che ne è alla
base, di porre un freno agli atti di prodigalità e di limitare l’impoverimento ai beni esistenti nel patrimonio del donante,
accomuna futurità ed altruità, sicché l’istanza protettiva disvelata dalla norma citata impone di ritenere - superando
un’interpretazione pedissequamente ancorata all’enunciato - che il divieto da essa dettato abbracci tutti gli atti di donazione
dispositiva perfezionati prima ancora che il loro oggetto (non importa se futuro in senso oggettivo o anche futuro in senso
soltanto soggettivo) entri a comporre il patrimonio del donante.
Chiarita, alla luce del diritto vivente, la nullità della donazione di bene altrui, per meglio comprendere la posizione di
Sempronio, occorre verificare se il medesimo abbia comunque acquistato il fondo Beta (rectius, una sua parte) a titolo
originario, per possesso ventennale non interrotto.
Sul punto, la richiamata pronuncia del Maggio di quest’anno, ha avuto modo di chiarire che tale negozio (la donazione di bene
altrui), quando conformato in termini di atto di alienazione, stante l’ignoranza delle parti circa l’alienità della res donata, è

1 di 2 12/12/2014 18:28
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suscettibile di fungere da titulus adquirendi ai fini dell’usucapione ai sensi dell’art. 1159 c.c., in quanto il requisito, richiesto
dalla predetta disposizione codicistica, della esistenza di un titolo idoneo a far acquistare la proprietà o altro diritto reale di
godimento, che sia stato debitamente trascritto, va inteso nel senso che il titolo, tenuto conto della sostanza e della forma del
negozio, deve essere idoneo in astratto, e non in concreto, a determinare il trasferimento del diritto reale, ossia tale che
l’acquisito del diritto si sarebbe senz’altro verificato se l’alienante ne fosse stato titolare.
Alla luce del richiamato principio di diritto deve ritenersi Sempronio titolare del diritto di proprietà della parte del fondo Beta,
diversamente da quanto rilevato da Mevio, il cui rifiuto di addivenire alla conclusione del preliminare deve essere stigmatizzato,
in quanto contrastante con il dovere di buona fede richiesto alle parti, in sede di trattative, dal legislatore (artt.1337 e 1338
c.c.).
Ben potrà, quindi, Sempronio, dunque, agire per responsabilità precontrattuale nei confronti di Mevio, ove costui dovesse
persistere nel proprio rifiuto di contrarre.

(di Danilo Dimatteo)

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2 di 2 12/12/2014 18:28

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