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Ricorso ex art. 732 c.p.c..

Traccia

Caia, a seguito di un incidente stradale avvenuto quando era adolescente, è costretta in stato vegetativo permanente da ben 20
anni.
Per questi motivi è alimentata e idratata attraverso un sondino naso gastrico, che è l’unico mezzo che la mantiene in vita.
Tizio, il padre della ragazza, decide di sottoporla a numerose visite specialistiche, per verificare il quadro clinico di Caia, nonchè le
speranze di un possibile recupero. Tuttavia, a detta della totalità degli specialisti consultati, Caia risulterebbe in uno stato
vegetativo permanente ma, soprattutto, totalmente irreversibile.
Tizio, in qualità di tutore della figlia interdetta, comincia a pensare di porre fine alle sofferenze di Caia, non soltanto alla luce del
quadro clinico scoraggiante, per il quale non ci sarebbero le minime speranze di recupero, ma, soprattutto, volgendo il pensiero a
quella che sarebbe la reale volontà della figlia in una tale circostanza.
Tizio, infatti, durante i 20 anni di veglia accanto a Caia, aveva appreso dai numerosi amici della ragazza, in particolare da Mevio e
Sempronia, che spesso andavano a trovarlo, che in più di una occasione la stessa aveva affermato in maniera ostinata che se le
fosse capitato di vivere in stato vegetativo avrebbe preferito di gran lunga la morte.
Turbato da quelle continue affermazioni di Mevio e Sempronia, supportate dal fatto che più volte, anche in sua presenza, la
ragazza aveva esternato questo pensiero, ed essendo certo di pervenire in quel modo alla volontà della figlia in stato di
incoscienza irreversibile, Tizio pensa di richiedere l'emanazione di un ordine di interruzione dell'alimentazione forzata e di
domandare al giudice l’autorizzazione alla disattivazione di tale presidio sanitario.
Nelle vesti del legale di Tizio il candidato rediga l’atto più opportuno.

Giurisprudenza correlata

Cassazione Civile Sez. I, 16 Ottobre 2007, n. 21748 (in caso di persona in stato vegetativo da oltre quindici anni,
nonostante l’idratazione e l’alimentazione artificiali con sondino nasogastrico non costituiscano, in sé, oggettivamente una
forma di accanimento terapeutico, pur essendo indubbiamente un trattamento sanitario -il giudice può, su istanza del
tutore, autorizzarne l’interruzione soltanto in presenza di due circostanze concorrenti: a) la condizione di stato vegetativo
del paziente sia apprezzata clinicamente come irreversibile, senza alcuna sia pur minima possibilità, secondo standard
scientifici internazionalmente riconosciuti, di recupero della coscienza e delle capacità di percezione; b) sia univocamente
accertato, sulla base di elementi tratti dal vissuto del paziente, dalla sua personalità e dai convincimenti etici, religiosi,
culturali e filosofici che ne orientavano i comportamenti e le decisioni, che questi, se cosciente, non avrebbe prestato il
suo consenso alla continuazione del trattamento. Ove l’uno o l’altro presupposto non sussista, deve essere negata
l’autorizzazione, perché allora va data incondizionata prevalenza al diritto alla vita, indipendentemente dalla percezione,
che altri possano avere, della qualità della vita stessa)

Svolgimento

Tribunale di _____
Ricorso ex art 732 c.p.c.

In favore del Sig. Tizio (C.F.), nato a ____, il _____ e residente in _____, alla via _______, in qualità di tutore dell'interdetta
Caia, nata a ______, il ________ e residente in _____, alla via _______, elettivamente domiciliato in ______, presso lo studio
dell'avv. ______ che lo rappresenta e difende come da mandato in calce al presente atto, espone quanto segue:

- a partire dal ______, Caia, a seguito di un incidente stradale, è costretta in stato vegetativo permanente da ben 20
anni;
- la stessa è alimentata e idratata attraverso un sondino naso gastrico;
- Tizio, nel corso di questi lunghi 20 anni, ha sottoposto la figlia Caia a numerose visite specialistiche;
- la stessa, a parere di tutti i medici consultati, risulta in stato vegetativo permanente irreversibile;
- Tizio, inoltre, durante i 20 anni di veglia, ha appreso dai numerosi amici della ragazza che spesso andavano a trovarlo,
in particolare da Mevio e Sempronia, che in più di una occasione la stessa avesse affermato in maniera ostinata che se le
fosse capitato di vivere in stato vegetativo avrebbe preferito di gran lunga la morte;
- Senza dubbio alcuno le dichiarazioni rilasciate dalla ragazza ai suoi amici e parenti sono un chiaro indice per pervenire
alla ricostruzione della volontà di Caia, attualmente in stato di incoscienza irreversibile;

- Ebbene, dal momento che Tizio, a seguito del gravissimo incidente, è stato nominato tutore della giovane donna
interdetta ai sensi e per gli effetti dell’art. 414 c.c., egli deve, in base a questo assunto, rappresentare la stessa per
quanto riguarda la cura della persona.

- Orbene, vanno ricordati, a tal uopo, i principi costituzionali dell'incoercibilità della cura e della stessa alimentazione.
Basti pensare all’art. 32 della Costituzione, per il quale i trattamenti sanitari sono obbligatori nei soli casi espressamente
previsti dalla legge, sempre che il provvedimento che li impone sia volto ad impedire che la salute del singolo possa
arrecare danno alla salute degli altri e che l’intervento previsto non danneggi, ma sia anzi utile alla salute di chi vi è
sottoposto. Soltanto in questi limiti è costituzionalmente corretto ammettere limitazioni al diritto del singolo alla salute,

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il quale, come tutti i diritti di libertà, implica la tutela del suo risvolto negativo: il diritto di perdere la salute, di
ammalarsi, di non curarsi, di vivere le fasi finali della propria esistenza secondo canoni di dignità umana propri
dell’interessato, finanche di lasciarsi morire.

- La soluzione, tratta dai principi costituzionali, relativa al rifiuto di cure ed al dovere del medico di astenersi da ogni
attività diagnostica o terapeutica se manchi il consenso del paziente, anche se tale astensione possa provocare la morte,
trova conferma nelle prescrizioni del codice di deontologia medica: ai sensi del citato art. 35, «in presenza di
documentato rifiuto di persona capace», il medico deve «in ogni caso» «desistere dai conseguenti atti diagnostici e/o
curativi, non essendo consentito alcun trattamento medico contro la volontà della persona».

- Il quadro compositivo dei valori in gioco fin qui descritto, essenzialmente fondato sulla libera disponibilità del bene
salute da parte del diretto interessato nel possesso delle sue capacità di intendere e di volere, si presenta in modo
diverso quando il soggetto adulto non è in grado di manifestare la propria volontà a causa del suo stato di totale
incapacità e non abbia, prima di cadere in tale condizione, allorché era nel pieno possesso delle sue facoltà mentali,
specificamente indicato, attraverso dichiarazioni di volontà anticipate, quali terapie egli avrebbe desiderato ricevere e
quali invece avrebbe inteso rifiutare nel caso in cui fosse venuto a trovarsi in uno stato di incoscienza.

- Anche in tale situazione, tuttavia, pur a fronte dell’attuale carenza di una specifica disciplina legislativa, il valore
primario ed assoluto dei diritti coinvolti esige una loro immediata tutela ed impone al giudice una delicata opera di
ricostruzione della regola di giudizio nel quadro dei principi costituzionali

- Ebbene, poiché non può certo essere lo stato di incapacità a privare il soggetto del diritto di accettare o rifiutare
trattamenti medici (consenso informato), diritto riconosciuto a tutti, se ne ricava che è il tutore, in questi casi,
nell'esercizio del suo dovere di cura, che deve esercitare al posto dell’interdetto il diritto di non prestare il consenso a
delle cure sanitarie. Se si dovesse ritenere il tutore privo del diritto di rappresentare il paziente incapace nelle decisioni
che riguardano la salute, quest'ultimo si troverebbe nella discriminata condizione di non potere rifiutare i trattamenti. Il
medico praticherebbe di conseguenza la terapia come se avesse ricevuto il consenso dal paziente, così violando
gravemente i diritti e le facoltà allo stesso riconosciuti.

- Certo è, tuttavia, che per esercitare tale diritto il tutore deve essere certo di quella che sarebbe la volontà sottesa
dell’interdetto. Ebbene, la volontà di Caia emerge prepotente dai racconti di amici e parenti. La stessa, infatti, ha in più
di una occasione manifestato, in forma espressa o anche attraverso i propri convincimenti, il proprio stile di vita e i valori
di riferimento, l’inaccettabilità per sé dell’idea di un corpo destinato, grazie a terapie mediche, a sopravvivere alla mente,
preferendo di gran lunga la disattivazione di quel trattamento attraverso il rappresentante legale. Trattasi di chiari,
univoci e convincenti elementi di prova, non solo alla luce dei precedenti desideri e dichiarazioni dell’interessata, ma
anche sulla base dello stile e del carattere della sua vita, del suo senso dell’integrità e dei suoi interessi critici e di
esperienza. Ciò assicura che la scelta in questione non sia espressione del giudizio sulla qualità della vita proprio del
rappresentante, ancorché appartenente alla stessa cerchia familiare del rappresentato, e che non sia in alcun modo
condizionata dalla particolare gravosità della situazione, ma sia rivolta, esclusivamente, a dare sostanza e coerenza
all’identità complessiva del paziente e al suo modo di concepire, prima di cadere in stato di incoscienza, l’idea stessa di
dignità della persona. Il tutore ha il compito di completare questa identità complessiva della vita del paziente,
ricostruendo la decisione ipotetica che egli avrebbe assunto ove fosse stato capace; e, in questo compito, umano prima
che giuridico, non deve ignorare il passato dello stesso malato, onde far emergere e rappresentare al giudice la sua
autentica e più genuina voce.

- A quanto detto va aggiunto che la Caia versa in una situazione cronica di oggettiva irreversibilità del quadro clinico di
perdita assoluta della coscienza mancando una qualsivoglia prospettiva di regressione della patologia, lesiva del suo
modo di intendere la dignità della vita e la sofferenza nella vita. I trattamenti alla stessa praticati, dunque, sono privi di
qualsivoglia valenza terapeutica e come tali non sono idonei a produrre altro risultato se non quello di protrarre una
condizione umanamente non dignitosa.

- Anche la Cassazione, in una recente pronuncia riguardante una vicenda molto simile a quella oggetto d’esame, ha
affermato che, in questi casi, la decisione del giudice, dato il coinvolgimento nella vicenda del diritto alla vita come bene
supremo, può essere nel senso dell’autorizzazione soltanto (a) quando la condizione di stato vegetativo sia, in base ad un
rigoroso apprezzamento clinico, irreversibile e non vi sia alcun fondamento medico, secondo gli standard scientifici
riconosciuti a livello internazionale, che lasci supporre che la persona abbia la benché minima possibilità di un qualche,
sia pure flebile, recupero della coscienza e di ritorno ad una percezione del mondo esterno; e (b) sempre che tale istanza
sia realmente espressiva, in base ad elementi di prova chiari, concordanti e convincenti, della voce del rappresentato,
tratta dalla sua personalità, dal suo stile di vita e dai suoi convincimenti, corrispondendo al suo modo di concepire, prima
di cadere in stato di incoscienza, l’idea stessa di dignità della persona (cfr. Cassazione Civile Sez. I, 16 Ottobre 2007, n.
21748)

- Ebbene, nella vicenda in esame si rinvengono i presupposti richiesti dalla giurisprudenza di legittimità.

- Si precisa, inoltre, che il Giudice Tutelare ha prestato il suo parere favorevole in merito alla vicenda de qua, come
espressi verbis richiesto dall’art. 732 c.p.c.

Tanto premesso Tizio, nella qualità di tutore di Caia,

ricorre

all’Ill.mo Tribunale adito affinché, previa nomina di un curatore speciale ex art. 78 c.p.c., nella denegata ipotesi in cui si

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dovesse ravvisare conflitto tra gli interessi del tutore e quelli dell’interdetta, nonché considerato il parere del Giudice
tutelare, che si allega al presente atto, Voglia:

- accertare che la condizione di stato vegetativo di Caia sia, in base ad un rigoroso apprezzamento clinico, irreversibile e non
vi sia alcun fondamento medico, secondo gli standard scientifici riconosciuti a livello internazionale, che lasci supporre che la
stessa abbia la benché minima possibilità di un qualche, sia pure flebile, recupero della coscienza e di ritorno ad una
percezione del mondo esterno;

- accertare che tale istanza sia realmente espressiva, in base ad elementi di prova chiari, concordanti e convincenti, della
voce di Caia, tratta dalla sua personalità, dal suo stile di vita e dai suoi convincimenti, corrispondendo al suo modo di
concepire, prima di cadere in stato di incoscienza, l’idea stessa di dignità della persona;

- per l’effetto autorizzare il ricorrente a chiedere l’interruzione dell'alimentazione forzata di Caia.

Si indicano come testi i Sig.ri Mevio e Sempronia, che verranno chiamate a rispondere sulla seguente circostanza:

“Vero che Caia, in più di una occasione, ha affermato il suo convincimento per il quale, in base al proprio stile di vita ed i
suoi valori di riferimento, se le fosse capitato di vivere in stato vegetativo avrebbe preferito di gran lunga la morte?”

Si allega

- copia conforme parere Giudice Tutelare Dott. _______;

- relazioni medico- peritali degli soecialisti che hanno visitato Caia.

Luogo e data

Avv. ________

Nomina

Il sottoscritto Tizio, in qualità di tutore di Caia, dichiarata interdetta con sentenza n. ____del ____ emessa dal Tribunale di
_______, delega l’Avv. _____ a rappresentarlo e difenderlo nel presente giudizio ed elegge il proprio domicilio presso il suo
studio professionale sito in _____, alla via ______, conferendogli ogni più ampia facoltà di legge.

Tizio (firma)

È autentica

Avv. _________

(di Elvira Buttiglione)

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