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Dall'Abaco” di Verona
a. a. 2018 – 2019
Triennio Accademico in Batteria e Percussioni jazz
L'ACCOMPAGNAMENTO
Buona parte del successo di Philly Joe Jones è sicuramente
dipeso dal suo modo di accompagnare, ricco di “groove” e
“swing”, una combinazione di “spinta” in avanti e
“solidità”. Per chiarire, però, quali siano gli elementi che
rendevano così efficace il suo accompagnamento proviamo
ad analizzare un paio di chorus di “Blues For Philly Joe”:
brano di Sonny Rollins presente sul disco “Newk's Time”
del '57. Il tema viene suonato due volte e la trascrizione è
relativa all'accompagnamento di Philly Joe Jones durante
l'esposizione della melodia.
Il primo elemento da considerare è l'andamento del piatto
“ride”. Philly Joe Jones lo suona in maniera regolare, tranne
nelle battute 18 e 24, aggiungendo il “charleston” che
rimane sempre sul “2” e sul “4”. Questo incedere
all'apparenza imperturbabile del piatto produce una spinta
costante, dall'effetto ipnotico e dalla natura metronomica. In
secondo luogo, troviamo delle semplici “comping”
sincopate tra cassa e rullante suonate, però, in maniera
molto autoritaria. Il posizionamento di questi colpi rende
l'accompagnamento propulsivo e ritmicamente interessante.
Infatti Philly Joe Jones raramente suona dei colpi sul primo
o sul terzo movimento della battuta, andando a smorzare la
“spinta”, preferendo accentare il secondo e il quarto
movimento. Inoltre spesso viene suonato il levare del
quarto movimento e ciò produce una spinta decisa verso il
battere che viene percepito senza però essere suonato.
Il risultato è un accompagnamento a metà tra la solidità del
piatto e l'effetto “per aria” dato dall'elusività del battere
nelle “comping” tra cassa e rullante.
Proviamo adesso a confrontare questo approccio con quello
di Elvin Jones nel brano “Blues To You” di John Coltrane
presente nel disco “Coltrane Plays The Blues”.
Appare subito come l'andamento piatto “ride” sia diverso,
non regolare e costante ma che segua il disegno delle
“comping” di cassa e rullante in maniera più organica. Il
piatto e il charleston non sono più intesi come gli strumenti
deputati a “guidare”. La pulsazione viene suggerita
attraverso tutta la batteria e non solo attraverso il piatto.
Elvin Jones accentua spesso il levare del quarto movimento
sul piatto spezzando l'andamento regolare ma dando una
forte sensazione di spinta ed elasticità nel tempo.
Il risultato è un accompagnamento dall'effetto fluttuante ed
elastico anche se dal tempo impeccabile.
GLI ASSOLI
Da un punto di vista solistico, la differenza dello stile di
Philly Joe Jones con l'approccio più moderno di Elvin Jones
è ancora più evidente.
Il bagaglio, per entrambi, rimane lo stesso e cioè quelle
fondamenta tecnico/musicali che sono i Rudimenti del
Tamburo. La vera differenza è il diverso modo di
interpretarli e applicarli alla batteria: il fraseggio.
Per quanto riguarda Philly Joe Jones prenderemo in
considerazione l'assolo contenuto nel brano “Blues By
Five” dell'album “Cookin'”, del quintetto di Miles Davis.
Si tratta della trascrizione degli scambi di quattro battute tra
Philly Joe Jones e il resto del gruppo.
In ognuno degli scambi troviamo delle idee che
incorporano dei paradiddle, ruff e roll, ognuna suonata in
maniera unica e originale. Ogni scambio viene costruito in
maniera chiara utilizzando pochi piccoli motivi e dove i
vari rudimenti vengono suonati con diversi accenti e
orchestrati prevalentemente sul rullante e toms. Lo sviluppo
delle frasi appare sempre chiaro e discorsivo.
Per Elvin Jones analizziamo l'assolo contenuto nel brano
“Black Nile” dell'album “Night Dreamer” di Wyne Shorter.
L'assolo si sviluppa su un chorus di 32 misure in cui
troviamo molto materiale. Le frasi si sviluppano in periodi
più lunghi, otto misure, e non risolvono quasi mai sul
battere della nona ma viene privilegiato il quarto
movimento dell'ottava. Elvin Jones utilizza motivi di tre
quarti per creare frasi che rotolino attraverso le battute. Il
tutto per dare la sensazione di fluttuazione. All'apparenza
questo assolo sembra libero e non sulla forma, meno
discorsivo e molto più organico.
Per concludere, appare netta, a mio avviso, le differenza di
approccio tra questi due giganti della batteria. In entrambi
troviamo gli stessi elementi e cioè la capacità di
accompagnare in maniera brillante, efficace, stimolante ma
anche quella di creare momenti solistici di altissimo livello
per capacità espressive e improvvisative. Mentre, però, per
Philly Joe Jones lo sguardo è rivolto al passato, con un
approccio che rappresenta il massimo dell'ortodossia
batteristica di quel periodo, per Elvin Jones, il “nuovo” ha
un sapore rivoluzionario e quasi di rottura con gli stilemi
classici sia dell'accompagnamento che solistici.
Due approcci differenti ma entrambi di successo, due
musicisti che hanno scritto pagine importanti nelle
rispettive “stagioni del Jazz”.