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IL romanzo
© EDIZIONI il capitello
La parola «romanzo»
La parola «romanzo» deriva dal francese e ha un’ori-
gine molto antica. All’inizio dell’epoca medieva-
le l’espressione latina romanice loqui, «parlare nel
modo dei romani», indicava un modo di parlare, una
lingua orale usata all’interno dell’Impero romano, si-
mile a quella dei romani, ma diversa dal latino parla-
to e scritto a Roma. Dall’avverbio romanice derivò il
termine francese romanz, che indicava inizialmente
una lingua derivata dal latino. L’espressione lingue
romanze indica le lingue derivate dal latino del Bas-
so Impero, come lo spagnolo o il rumeno. Da ro-
manz sono quindi nati il termine italiano romanzo,
quello del francese moderno roman e il tedesco Ro-
man. Dal XII secolo la parola finì per indicare anche
un testo scritto in quella lingua.
La forma letteraria che chiamiamo romanzo, inve-
ce, si afferma solamente a partire dal XVIII secolo,
anche se ha origini antiche. Fu accolto nel Sette-
cento come una forma letteraria nuova per la varie-
tà dei temi e per l’interesse alla realtà contempora-
nea. Venne infatti indicato in inglese con la parola
novel e in spagnolo con novela; entrambe derivano
dal latino novus, cioè «nuovo», e si riferiscono al
Guillaume de Lorris e Jean de Meun,
carattere di novità di una forma letteraria che rac- pagina miniata dal Roman de la Rose,
contava storie attinte dal mondo reale. seconda metà del XV secolo.
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Ciò che rimane costante nella forma romanzo è l’esistenza di una storia, attorno alla quale lo
scrittore costruisce una trama di fatti, situazioni, ne determina tempi e luoghi di svolgimento,
sviluppa i caratteri dei personaggi.
Quando decide l’intreccio di un racconto, l’autore sceglie anche due segmenti narrativi di par-
ticolare rilevanza: quello iniziale e quello finale. Il primo si chiama incipit (voce verbale latina
che significa «comincia, inizia»): sono le prime parole che leggerà il lettore, e quindi quelle
cui è affidato il compito di introdurlo nella storia, di suscitare il suo interesse, la sua curiosità.
Alla scrittura dell’incipit gli scrittori dedicano una particolare cura e per i lettori un buon inizio
può determinare il proseguimento o l’abbandono della lettura.
Naturalmente una particolare importanza assume anche il finale, con cui l’autore si congeda
dalla storia e dal lettore.
u Nei romanzi dell’Ottocento il finale chiude la storia, informando il lettore di tutto quello che
succede ai personaggi, anche dopo la conclusione della vicenda narrata.
u Nei romanzi del Novecento, invece, il finale spesso rimane aperto: la storia finisce, ma i possibili
sviluppi della vicenda narrata rimangono incerti; e le storie dei diversi personaggi potrebbero
continuare in molti modi, che lo scrittore lascia immaginare al lettore.
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IL rOmaNZO cOrtESE
nel Basso medioevo, con l’affermazione
delle lingue romanze, in cui al latino si
mescolavano elementi delle lingue locali,
si diffusero, intorno al XIII secolo, nuove
forme di narrazione, lunghe storie d’av
ventura e d’amore, destinate ad avere una John William Waterhouse, Tristano e Isotta dividono
lunga fortuna. Si diffuse allora l’uso della la pozione, 1916.
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IL rOmaNZO caVaLLErEScO
Le storie del mondo cavalleresco, affidate
alle pagine dei romanzi cortesi, si diffuse
ro anche al di fuori del mondo privilegiato
dei castelli e delle corti feudali. Diventarono
repertorio dei cantastorie che giravano per
i borghi e le città d’europa, e raggiunsero
anche un pubblico di gente comune, che si Honoré Daumier, Don Chisciotte, 1868 circa.
riuniva nelle piazze nei giorni di festa. I pro
tagonisti dei cicli cavallereschi diventarono Patetico e insieme affascinante nella sua po
così personaggi popolari, protagonisti di etica follia, Don chisciotte è forse il primo
una tradizione orale plurisecolare. con essi di quegli straordinari personaggi che, pur
si tramandava la visione idealizzata di un non essendo mai esistiti davvero, fanno or
mondo in cui la cavalleria era fatta di corag mai parte della storia della nostra civiltà.
gio, fedeltà e nobili ideali, e i cavalieri erano nei primi sei secoli dopo il mille, dunque, al
i protagonisti di mortali lotte contro il male cune opere con le caratteristiche del roman
e di amori eterni anche se spesso infelici. zo moderno circolarono e acquistarono una
È un appassionato lettore di romanzi caval certa fama, soprattutto dopo l’invenzione
lereschi il protagonista del libro considerato della stampa, che dal 1457 rivoluzionò la ri
da molti il primo romanzo: Don Chisciotte produzione dei testi. Bisogna però tener pre
della Mancia (16051615), di miguel de cer sente che i lettori rimanevano una piccola
vantes. È la storia di un cavaliere che vive in minoranza della popolazione europea, che
un mondo ormai lontano da quello cavalle non c’era dunque un pubblico paragonabile
resco, che egli ha idealizzato e in cui si illude a quello contemporaneo.
ancora di vivere; Don chisciotte impegna Le condizioni che furono all’origine dell’af
quindi battaglie assurde ed esce sconfitto fermazione del romanzo moderno si sareb
da una realtà dura e squallida, ben diversa bero sviluppate soltanto con le grandi tra
da quella eroica e avventurosa dei romanzi sformazioni economiche, sociali e culturali
cortesi. del Settecento e dell’ottocento.
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il romanzo epistolare
Il romanzo epistolare è costituito da una serie di lettere dal cui insieme nasce la storia. A volte
sono le lettere che il protagonista avrebbe inviato a un interlocutore, altre volte sono lettere di una
corrispondenza che un narratore esterno finge di aver ritrovato, e di dare alle stampe. La forma epi-
stolare, così come quella del diario, consentiva allo scrittore di far credere al lettore che si trattasse
di una storia vera: il narratore interno era testimone o protagonista dei fatti narrati e ne garantiva la
veridicità. Era un tipo di romanzo adatto a far emergere le riflessioni e i sentimenti, spesso tormen-
tati, di personaggi sensibili, che nella lettera mettono a nudo il proprio animo, si abbandonano alle
loro riflessioni, svelano i loro segreti. Ebbe successo soprattutto nel Settecento.
Sono romanzi epistolari: Pamela (1740) di Samuel Richardson; I dolori del giovane Werther (1774) del
grande scrittore tedesco Johann Wolfgang Goethe; Le ultime lettere di Jacopo Ortis (1801) di Ugo
Foscolo; Le relazioni pericolose di Pierre-Ambroise-François Choderlos de Laclos (1782).
il romanzo gotico
Caratterizzato da storie di vittime innocenti e perseguitate, da ambientazioni cupe in castelli diroc-
cati, sotterranei misteriosi, da atmosfere tenebrose spesso sconfinanti nel soprannaturale, il roman-
zo gotico si sviluppò in Inghilterra nella seconda metà del Settecento. Il termine gotico era usato
per indicare l’epoca medievale, di cui il gotico era uno stile artistico. Si trattava di un Medioevo in
buona parte immaginario, contrassegnato da un alone di mistero. Il romanzo Il castello di Otranto
(1764) dell’inglese Horace Walpole, che aveva come sottotitolo Una storia gotica, costituisce il pro-
totipo di un genere al quale sono ispirati anche romanzi come Frankenstein (1818) della scrittrice
inglese Mary Wollstonecraft Shelley e Dracula (1897) dell’irlandese Bram Stoker. Il romanzo gotico
ha dato vita al romanzo nero, caratterizzato da storie fantastiche e dell’orrore.
il romanzo d’avventura
È un romanzo in cui i protagonisti vivono avventure spesso in paesi lontani, che ne mettono alla
prova le capacità, lo spirito di intraprendenza, il coraggio. Nato dai resoconti di viaggi dei secoli
precedenti, il romanzo d’avventura è fatto di colpi di scena sostenuti da un ritmo incalzante, di
luoghi in grado di affascinare il lettore per la loro singolarità e di personaggi pronti a sfidare ogni
pericolo. Se l’origine di ogni narrazione d’avventura è nella cultura occidentale l’Odissea di Omero,
che ha in Ulisse il prototipo dell’eroe vagabondo, i più grandi romanzi d’avventura appartengono
all’Ottocento. Scrittori come Robert Stevenson, Jules Verne, Emilio Salgari hanno fatto vivere a
personaggi e lettori avventure emozionanti in luoghi realistici o del tutto fantastici: dai mari del sud
dell’Isola del tesoro agli spazi sottomarini di Ventimila leghe sotto i mari alle isole esotiche del ciclo
dei Pirati della Malesia. In alcuni romanzi l’avventura non significa per il protagonista solamente
affrontare i pericoli di un viaggio o di una natura ostile, ma andare alla ricerca di se stesso, sfidare
i propri limiti per penetrare i significati più profondi dell’esistenza, come avviene per i protagonisti
dei romanzi di Herman Melville, autore di Moby Dick, o di Joseph Conrad, autore di Cuore di
tenebra e di Lord Jim.
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il romanzo storico
In questo tipo di romanzo su uno sfondo storico reale si svolge una storia di invenzione, in cui le vi-
cende di personaggi di invenzione si intrecciano con quelle di personaggi storici che rivivono grazie
alla penna degli scrittori. Si affermò nella prima parte dell’Ottocento, quando si diffuse l’interesse
per la storia, per la ricostruzione del passato e in particolare del Medioevo. Seguendo l’esempio e il
modello dell’inglese Walter Scott, autore di numerosi romanzi storici tra cui il famoso Ivanhoe (1819),
i romanzieri ricrearono ambienti e vicende di epoche passate, ricostruite spesso con grande attenzio-
ne ai dati e ai dettagli storici, ma anche rivissute attraverso le loro passioni politiche, legate ai proble-
mi del presente. Intorno al romanzo storico ci fu un’intensa attività di discussione critica; vi parteci-
parono anche diversi scrittori italiani, fra cui Alessandro Manzoni, che con I Promessi sposi scrisse il
primo romanzo storico italiano, ambientato nel Seicento, un secolo nel quale l’autore ravvisava
alcune caratteristiche ricorrenti nella storia d’Italia.
il romanzo sociale
L’attenzione alla realtà, l’abilità degli scrittori nel creare sulle pagine dei romanzi ambienti, situa-
zioni, personaggi che sembravano veri e reali, si espressero nella seconda metà dell’Ottocento
nella rappresentazione della società contemporanea, carica di attese per l’avanzare del progresso
ma anche di tensioni, di problemi irrisolti, di motivi di conflitto. L’interesse di molti romanzieri si
focalizzò sulla ricostruzione degli ambienti, sull’analisi delle dinamiche economiche e sociali, sulla
riflessione sui risultati della modernizzazione e sui desideri scatenati dalla modernità.
In alcuni scrittori, come il francese Émile Zola, autore di Germinal (1885), la rappresentazione della
miseria e dell’ingiustizia si accompagnava alla convinzione nella possibilità di un futuro più equo;
in altri proprio l’osservazione delle disuguaglianze e dell’arretratezza di larghi strati di popolazione
portava a una sostanziale sfiducia in ogni possibilità di cambiamento: è questo il caso di Giovanni
Verga, autore dei romanzi I Malavoglia (1881) e Mastro don Gesualdo (1889), attento testimone di
un Sud d’Italia escluso dalle speranze di rinnovamento e di sviluppo.
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iL romanzo ottocEntEsco
I l romanzo si sviluppò nel Settecento come evoluzione di due forme di testi non letterari, molto
diffusi in quell’epoca di crescente circolazione di persone e di idee: i racconti di viaggio e gli
epistolari. Dal successo della pubblicazione di autentici resoconti di viaggio e di scambi di lettere
fra persone reali alcuni scrittori trassero lo spunto per ideare opere di fantasia scritte come se si
trattasse di storie di viaggio o di epistolari veri. La finzione dell’esistenza di un manoscritto sco-
nosciuto, o del ritrovamento del diario di un viaggiatore o di un fascio di lettere, rimase a lungo
uno «stratagemma» narrativo scelto dai romanzieri per presentare ai lettori una garanzia, in effetti
fittizia, della veridicità della storia narrata.
Nel corso dell’Ottocento il romanzo si sviluppò intorno a una varietà di argomenti e di modelli,
seguendo l’evoluzione sia dei temi di discussione politica e culturale sia degli interessi del pubblico.
La progressiva affermazione della borghesia, sul piano economico, politico e culturale, fu accom-
pagnata e testimoniata dal romanzo, che contribuì a diffonderne idee e miti. I romanzi documenta-
vano costumi, rispecchiavano valori e miti di una società in rapida evoluzione, ne rappresentavano
conflitti e speranze. Il filosofo Friedrich Hegel, per questo, definì il romanzo «la moderna epopea
borghese», vedendo in esso la forma letteraria che meglio esprimeva, diffondeva e celebrava,
come facevano le antiche narrazioni epiche, i valori di una classe che si stava orgogliosamente
affermando: la fiducia nel cambiamento, il riconoscimento dell’importanza del lavoro, l’ottimismo
nel progresso tecnico e civile.
Già nel Settecento era tuttavia evidente che il romanziere poteva non solo mescolare con grande
libertà realtà quotidiana e fantasia, ma anche proporre storie del tutto immaginarie, come quelle
dei romanzi gotici, in cui fatti straordinari, quali l’apparizione di fantasmi o di morti resuscitati,
venivano raccontati come se potessero realmente accadere.
I grandi romanzieri dell’Ottocento hanno pertanto lasciato delle rappresentazioni vivide e profon-
de dei diversi aspetti della società e della cultura del loro tempo, e della varietà dei sentimenti e
dei comportamenti umani.
La diffusione e i lettori
L’aumento dell’alfabetizzazione, la diffusione di
biblioteche circolanti, la diminuzione del costo
dei libri, il miglioramento delle comunicazio-
ni e dei servizi postali, lo sviluppo dei giornali
crearono le condizioni per la diffusione di una
letteratura che non si rivolgeva più a un ristretto
pubblico di esperti, ma a un ampio pubblico di
lettori, uomini e donne.
Era un pubblico nuovo, costituito dalla classe so-
ciale in ascesa, la borghesia, che stava costruen-
do il proprio benessere con attività produttive.
Il miglioramento delle condizioni economiche
comportava una maggiore disponibilità di tem-
po libero, una migliore cultura e una crescente
curiosità per la letteratura, sia quando questa
proponeva storie ricche di avventura e di mi-
stero, frutto solo di fantasia, sia quando rappre-
sentava la realtà del tempo, nella quale lettori e
lettrici potevano facilmente rispecchiarsi.
Il romanzo d’appendice, un’iniziativa editoriale Vincent Van Gogh, Natura morta con statuetta di gesso,
avviata nell’Ottocento, avvicinò al romanzo an- una rosa e due romanzi, 1887.
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che il pubblico popolare: si trattava di storie pubblicate a puntate su giornali quotidiani o domeni-
cali in appendice, cioè in ultima o penultima pagina, che venivano lette anche da persone che non
acquistavano e non leggevano libri. I romanzi d’appendice, chiamati anche con il termine francese
feuilleton (dal francese feuillet, diminutivo di feuille, «foglio, pagina»), erano caratterizzati da trame
avventurose e passionali, con molti colpi di scena, che dovevano coincidere con la fine della pun-
tata per tenere vivo l’interesse dei lettori e indurli a comperare l’edizione successiva del giornale.
i temi
L’interesse per la società umana si tradusse nel romanzo ottocentesco in una grande varietà di
temi. Quelli più ricorrenti e significativi riguardavano proprio la crescita, spirituale ed economica,
dell’individuo, alle prese con un mondo nuovo, capace sia di regalargli dignità e ricchezza sia di
stritolarlo nei suoi ingranaggi.
La lotta politica per l’indipendenza e la libertà, soprattutto nella prima parte del secolo, nei
u
decenni dei moti liberali e delle rivolte nazionali, è un tema ricorrente che si intreccia a quello
per l’affermazione individuale, la ricerca di una libertà che sarebbe stata impossibile in epoche
precedenti.
Le trasformazioni sociali ed economiche mettono in primo piano le speranze e le aspirazioni
u
dei giovani, in un mondo pieno di possibilità e di aspettative, ma anche irto di ostacoli spesso in-
sormontabili. Il desiderio di ascesa sociale, caratteristico di una società in rapida trasformazione,
acuisce di conseguenza il conflitto fra le aspirazioni ideali e la realtà, spesso dura o mediocre.
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Le tecniche narrative
Nella varietà di scelte operate dai romanzieri dell’Ottocento si possono riconoscere alcuni tratti
comuni per quanto riguarda i modi di costruire la storia e di presentare i personaggi, modi che
sono tipici del romanzo ottocentesco.
u Il narratore in buona parte dei romanzi ottocenteschi è onnisciente: che conosce tutto dei
personaggi e ne racconta il passato, la storia familiare, le parole pronunciate, i pensieri; il
narratore, inoltre, spesso si palesa e interviene nella narrazione con commenti, opinioni,
giudizi, da cui traspaiono chiaramente anche le idee dell’autore.
u La dimensione temporale è presentata in modo chiaro e lineare: la narrazione segue in
genere la successione degli eventi. Quando ci sono delle retrospezioni vengono sempre
introdotte e concluse con chiarezza dal narratore.
u I personaggi sono descritti in modo compiuto e dettagliato; i tratti fisici, morali, psicologici
compongono dei ritratti completi. I romanzi ottocenteschi sono spesso fitti di personaggi, le
cui storie si intrecciano in modo vario e talvolta imprevedibile. Il narratore ne riporta parole
e pensieri ricorrendo sovente al discorso diretto, con cui sono costruiti i dialoghi, spesso
lunghi e articolati.
u Gli spazi sono presentati attraverso descrizioni precise e dettagliate: il narratore presenta
con abbondanza di particolari luoghi e ambienti in cui si svolge la vicenda narrata.
Queste tecniche si trasformarono nel corso dell’Ottocento; nell’ultima parte del secolo l’interesse
per la scienza e per la possibilità di arrivare a una conoscenza oggettiva del mondo spinse alcuni
scrittori a misurarsi con la possibilità di rappresentare la realtà secondo il metodo di osservazione
proprio delle scienze naturali. Il romanziere aspirava a diventare un osservatore impersonale, che
osservava i comportamenti umani e li ritraeva in modo imparziale. La testimonianza e la denuncia
dei problemi aperti della società doveva essere oggettiva e lo scrittore non doveva lasciare spazio
ai propri sentimenti e ai propri giudizi. Il narratore dei romanzi naturalisti e veristi tendeva quindi
a scomparire, a non intervenire nella narrazione, che nelle intenzioni degli scrittori doveva essere
oggettiva e impersonale. La ricerca dell’impersonalità portò gli scrittori all’uso di soluzioni tecniche
volte ad annullare il più possibile la presenza del narratore e presentare la storia come se si stesse
svolgendo sotto gli occhi del lettore.
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Il realismo è un carattere significativo del ro zione del realismo. ne fu esponente di spicco
manzo fin dalle sue origini. I romanzieri inten il romanziere Émile zola, che definì il roman
devano ricreare sulla pagina personaggi, am zo «una conseguenza dell’evoluzione scientifica
bienti e situazioni che apparissero reali quanto del secolo». Per la prima volta nei romanzi ir
quelli veri. rompeva un nuovo scenario, quello delle gran
nell’ambito del realismo dell’ottocento si svi di periferie industriali francesi, e nuovi perso
lupparono, negli ultimi decenni del secolo, due naggi come operai sfruttati e agitatori politici.
correnti letterarie, Naturalismo e Verismo, ca L’opera di zola aveva una forte valenza politica,
ratterizzate dall’intento di rappresentare la real in quanto l’intenzione dell’autore, noto per le
tà con la maggiore precisione e verosimiglianza sue idee progressiste, era quella di denunciare la
possibili. alla base degli intenti e delle scelte de misera condizione del proletariato urbano.
gli scrittori era lo studio scientifico dei rapporti al naturalismo si ispirò in maniera evidente
sociali e della psicologia umana, caratteristico il Verismo italiano. anche gli scrittori veristi
della cultura positivista. Il Positivismo è un si ponevano come norma fondamentale quel
indirizzo filosofico che assume come modello la di rappresentare oggettivamente la realtà.
della conoscenza e della rappresentazione della L’autore più rappresentativo del Verismo fu
realtà quello delle scienze positive, cioè concrete Giovanni Verga, che ritrasse la realtà sociale
ed empiriche. della Sicilia negli anni successivi all’unifica
Secondo i teorici di queste due correnti, lo scrit zione italiana.
tore doveva dunque porsi di fronte alla realtà
alla scelta di contenuti nuovi, basati sull’os
come lo scienziato, e fotografare, rappresentare
servazione «scientifica» del reale, corrispose la
in modo impersonale e oggettivo la vita umana
ricerca di nuove modalità di rappresentazione,
in tutti i suoi aspetti, anche i più sgradevoli.
che fossero il più possibile oggettive. Gli scritto
Il termine Naturalismo indica la corrente let ri naturalisti e veristi studiarono e sperimenta
teraria che si sviluppò in Francia come evolu rono pertanto nuove tecniche narrative.
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uN TeSTO SpiegaTO
Lev Nikolaevič Tolstoj
I roStoV LaScIano moSca
Guerra e pace, 1863-69 Lingua originale russo
Guerra e pace è uno dei grandi romanzi europei dell’Ottocento. Lo scrittore russo Lev
Nikolaevič Tolstoj racconta la storia di due famiglie della nobiltà moscovita, i Rostov e
i Bolkonski, nel quadro più ampio della storia russa all’epoca della campagna napoleo-
nica del 1812. Napoleone, al culmine del suo potere, aveva deciso di guidare l’armata
francese contro l’impero dello zar, verso quella che doveva essere la sua prima e tragica
sconfitta. Nelle centinaia di pagine di questo romanzo famoso e affascinante, anche se
impegnativo per il lettore, si intrecciano le azioni e le vicissitudini di personaggi storici
e di personaggi di invenzione e si alternano descrizioni di battaglie campali, rappresen-
tazioni di scene di vita quotidiana e riflessioni sui grandi temi della vita.
Il brano che proponiamo racconta il momento in cui la guerra costringe la famiglia Rostov
a lasciare il palazzo di Mosca, in cui fino a quel momento aveva vissuto una vita serena:
«
l’esercito francese è ormai alle porte, la città deve essere abbandonata, dal fronte sono
già arrivati molti soldati feriti.
L’IncIPIt
«Eh bien, mon prince, Gênes et Lucques ne sont plus que des apanages, pro
prietà de la famille Bonaparte. Non, je vous préviens que si vous ne me dites
pas que nous avons la guerre, si vous vous permettez encore de pallier toutes
les infamies, toutes les atrocités de cet Antichrist (ma parole, j’ y crois) – je ne
vous connais plus, vous n’ êtes plus mon ami, vous n’êtes plus il mio servo
fedele, comme vous dites. orvia, buon giorno, buon giorno. Je vois que je
»
vous fais peur*. Sedetevi e raccontate».
così diceva nel giugno del 1805 la famosa anna Pàvlovna Scherer, damigella
d’onore e familiare dell’imperatrice maria Feodorovna, accogliendo il grave e
carico di titoli principe Basilio, che era giunto per primo al suo ricevimento.
era giunto l’ultimo giorno di mosca. era ra un tempo d’autunno chiaro, al al
legro. era domenica. come nelle solite domeniche, le campane sonavano
per la messa in tutte le chiese. Pareva che nessuno potesse ancora capire
ciò che aspettava mosca.
Soltanto due indici1 dello stato della società davano un’idea della situa
zione in cui era mosca: la plebaglia, cioè la classe dei poveri, e i prezzi del
le derrate2. operai, domestici e contadini, in una folla enorme alla quale si
mischiarono impiegati, seminaristi, nobili, si avviò quel giorno, di mattina
presto, alle tre montagne3. Dopo esser stata lì un poco, senza aspettare che
* ebbene, principe, Genova e Lucca non sono servo fedele, come voi dite. Orvia, buon gior-
più che appannaggi, proprietà della famiglia no, buon giorno. Vedo che vi faccio paura.
Bonaparte. no, vi prevengo che se voi non 1. indici: elementi che permettono di misura
mi dite che avremo la guerra, se voi vi per re, in questo caso la situazione nella città di
metterete ancora di palliare tutte le infamie, mosca.
tutte le atrocità di questo anticristo (parola 2. derrate: prodotti della terra a uso alimentare.
d’onore, lo credo tale), non vi conosco più, 3. Tre Montagne: località presso mosca dove si
non siete più mio amico, non siete più il mio pensava di organizzare la di fesa della città.
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4. Rastòpcin: conte russo che diresse l’evacua 6. mercanzie di costo: oggetti di gran valore
zione di mosca, avvenuta suo malgrado; egli economico, costosi.
infatti avrebbe preferito una strenua ed eroica 7. i bronzi: oggetti di bronzo, come ad esem
difesa della città. pio i candelabri.
5. assegnati: moneta di carta, emessa sotto 8. attendenti: i soldati addetti al servizio per
forma di ricevuta di prestito al lo stato. Il sonale degli ufficiali.
loro valore, a causa della guerra e delle con 9. 1°: è il 1° settembre del 1812.
dizioni economiche della russia, era molto 10. eloquente: che parla da sé, significativo.
diminuito, in quanto le probabilità di re 11. stropicciandosi la calvizie: il conte rostov
cuperare la somma versata allo stato erano si passa le mani sulla testa calva come se
assai poche. avesse ancora una folta capigliatura.
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12. Si può … cosa: il conte pensa di togliere serie di servitori; maria Kàrlovna è l’istitu
qualcosa dai carri per lasciare posto ai fe trice delle ragazze.
riti. 14. amico mio: mio caro.
13. antica … Karlòvna: la cameriera personale 15. ma chère: «mia cara» (in francese); si tratta
del la contessa, al suo servizio fin da quan di una forma affettuosa. nell’ottocento il
do questa era giovane, aveva il compito francese era la lingua internazionale delle
(l’ufficio) che in una caserma spetta al co classi elevate, ed era la lingua parlata dalla
mandante, cioè quello di comandare a una nobiltà russa.
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Il conte aveva detto queste cose timidamente, come faceva sempre quan
do si trattava di denari. e la contessa era già abituata a questo tono, che
preannunziava sempre qualche cosa che danneggiava i suoi figli, come,
90 per esempio, la costruzione d’una galleria, d’una serra, l’allestimento di
un teatrino o di un’orchestra; c’era abituata e stimava sempre suo dovere
opporsi a ciò che le era stato espresso con quel tono timido.
ella prese la sua aria di sottomissione piagnucolosa e disse al marito:
– Senti, conte, sei arrivato al punto che non ci dànno più niente per la
casa e ora vuoi rovinare anche tutto l’avere nostro16, cioè l’avere dei nostri
figli. Dici tu stesso che in casa c’è roba per 100.000 rubli. Io, amico mio,
sono contraria, assolutamente contraria. Di’ quel che vuoi! Per i feriti c’è il
governo. Lo sanno. Guarda; là di faccia17, dai Lopuchin, ieri l’altro hanno
portato via tutto fino all’ultimo. ecco come fa la gente. Soltanto noi siamo
100 stupidi. abbi compassione, se non di me, dei tuoi figli.
Il conte agitò le braccia e, senza dir niente, uscì dalla stanza.
– Papà, che cosa c’è? – gli disse nataša che era entrata dopo di lui in
camera della madre.
– non c’è nulla! tu che cosa c’entri? – disse il conte irritato.
– no, ho sentito, – disse nataša. – Perché la mamma non vuole?
– tu che cosa c’entri? – gridò il conte.
nataša se ne andò alla finestra e si mise a riflettere.
– Papà, è venuto Berg18, – disse, guardando dalla finestra.
[…]
110 nataša uscì insieme col padre, e al principio gli andò dietro, come se
facesse qualche difficile riflessione, ma poi corse giù.
Sulla scalinata stava Petja19, occupato ad armare i domestici che parti
vano per mosca. nel cortile c’erano sempre i carri attaccati. Due di essi
erano stati slegati, e su uno saliva un ufficiale sostenuto dal suo atten
dente.
– Sai perché? – domandò Petja a nataša.
nataša capì che Petja intendeva dire perché s’erano bisticciati il padre e
la madre. ella non rispose.
– Perché papà voleva dare tutti i carri per i feriti, – disse Petja. – me l’ha
120 detto Vasílijč. Secondo me…
– Secondo me, – a un tratto urlò quasi nataša, volgendo a Petja il suo
viso irritato, – secondo me è una tale porcheria, una tale infamia20, ma…
non lo so neppur io. Siamo forse dei tedeschi, noi?…21 – La gola le tremò
per i singhiozzi convulsi e, temendo di cedere e di sciupare la sua carica di
collera, si voltò e corse precipitosamente su per le scale.
Berg era seduto accanto alla contessa e con rispettosa familiarità la
16. l’avere nostro: le nostre disponibilità econo per combattere contro napoleone, era tor
miche, le nostre ricchezze. nato temporaneamente a casa.
17. là di faccia: nella casa di fronte. 20. infamia: atto o comportamento di cui
18. Berg: il marito di Vjera, la figlia maggiore vergognarsi.
del conte. 21. Siamo … noi?…: nataša si riferisce alla ru
19. Petja: il figlio minore del conte; arruolatosi dezza di sentimenti attribuita dai russi al
popolo tedesco.
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22. Le uova … galline…: il conte fa notare 23. dispensa: stanza in cui vengono tenuti e
scherzosa mente alla moglie che è in questo conservati i generi alimentari.
caso la giovane figlia a dire alla madre ciò
che si deve fare.
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24. con zelo: con prontezza, premura e buona 26. guardaroba: gli abiti della contessa erano tut
volontà. ti su una piccola carrozza, sulla quale avrebbe
25. ripartizione: suddivisione; i feriti, che erano dovuto viaggiare la cameriera (Dunjasa).
stati precedentemente assegnati a diverse ali 27. Pjotr Iljič: Petja (v. nota 19).
del palazzo, vengono di nuovo divisi in base 28. Sonja: la cugina di nataša che viveva con la
ai posti disponibili sui carri. famiglia rostov.
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r aCCOgliamO le iDee
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il rOmaNZO STOriCO
Alessandro Manzoni
IL raPImento DI LUcIa
I Promessi sposi, 1840
Manzoni volle evitare gli aspetti più sensazionali e «romanzeschi» della forma letteraria, il
romanzo, cui aveva scelto di affidare la sua interpretazione della realtà storica e sociale.
In alcuni momenti dei Promessi sposi, tuttavia, si possono riconoscere le caratteristiche che
contribuirono a rendere popolari i romanzi per un vasto pubblico di lettori: l’avventura,
i colpi di scena, il confronto fra un’eroina perseguitata e il «cattivo» della storia. Uno
di questi momenti è quello in cui Lucia viene rapita dai bravi dell’innominato e portata
nel suo castellaccio. Lucia si trovava nel convento di Monza in cui si era rifugiata, dopo
che aveva dovuto lasciare il paese per sfuggire a don Rodrigo; la Signora del convento,
«
Gertrude, tuttavia, è segretamente legata a Egidio, un uomo malvagio che la costringe
a tradire la fiducia di Lucia e ad assecondare i piani di don Rodrigo.
L’IncIPIt
Quel ramo del lago di como, che volge a mezzogiorno, tra due catene non
interrotte di monti, tutto a seni e a golfi, a seconda dello sporgere e del rien
trare di quelli, vien, quasi a un tratto, a ristringersi, e a prender corso e figura
di fiume, tra un promontorio a destra, e un’ampia costiera dall’altra parte;
»
e il ponte, che ivi congiunge le due rive, par che renda ancor più sensibile
all’occhio questa trasformazione, e segni il punto in cui il lago cessa, e l’adda
rincomincia, per ripigliar poi nome di lago dove le rive, allontanandosi di
nuovo, lascian l’acqua distendersi e rallentarsi in nuovi golfi e in nuovi seni.
1. le faceva più carezze dell’ordinario: aveva 3. d’un gran servizio: che facciate per me
un comportamento più gentile e affettuoso un’importante commissione.
del solito. 4. quel padre guardiano: si tratta del padre
2. come la pecora … prima: la similitudine guardiano al quale fra cristoforo aveva af
è stata probabilmente ripresa da un passo fidato Lucia e agnese e che le aveva condot
biblico del profeta Isaia in cui si parla del te al mona stero di monza (cap. IX).
condannato innocente che «come agnello 5. imbasciata: forma toscana per «ambascia
condotto al macello e come pecora muta ta», messaggio che si fa pervenire al desti
davanti ai suoi tosatori, non aprì la sua boc natario, tramite una terza persona, in que
ca» (53, 7). sto caso appunto Lucia.
© EDIZIONI il capitello
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già date, spiegò di nuovo a Lucia la strada che doveva tenere, e la licenziò
dicendo: «fate ogni cosa come v’ho detto, e tornate presto». Lucia partì.
Passò inosservata la porta del chiostro21, prese la strada, con gli occhi
bassi, rasente al muro; trovò, con l’indicazioni avute e con le proprie ri
membranze22, la porta del borgo, n’uscì, andò tutta raccolta e un po’ treman
te, per la strada maestra, arrivò in pochi momenti a quella che conduceva al
50 convento; e la riconobbe. Quella strada era, ed è tutt’ora, affondata, a guisa
d’un23 letto di fiume, tra due alte rive orlate di macchie, che vi forman sopra
una specie di volta. Lucia, entrandovi, e vedendola affatto24 solitaria sentì
crescere la paura, e allungava il passo; ma poco dopo si rincorò25 al quanto,
nel vedere una carrozza da viaggio ferma, e accanto a quella, davanti allo
sportello aperto, due viaggiatori che guardavano in qua e in là come incerti á I bravi tendono una
della strada. andando avanti, sentì uno di que’ due, che diceva: «ecco una trappola a Lucia, che
nonostante i suoi timori
buona giovine che c’insegnerà la strada». Infatti, quando fu arrivata alla non sospetta di nulla.
carrozza, quel medesimo, con un fare più gentile che non fosse l’aspetto26,
si voltò, e disse: «quella giovine, ci sapreste insegnar la strada di monza?».
60 «andando di lì, vanno a rovescio», rispondeva la poverina: «monza è di
qua…» e si voltava, per accennar col dito; quando l’altro compagno (era il
nibbio27), afferrandola d’improvviso per la vita, l’alzò da terra. Lucia girò la
testa indietro atterrita, e cacciò un urlo; il malandrino la mise per forza nella
carrozza: uno che stava a sedere davanti, la prese e la cacciò, per quanto lei si
divincolasse e stridesse28, a sedere dirimpetto a sé: un altro, mettendole un
fazzoletto alla bocca, le chiuse il grido in gola. Intanto il nibbio entrò presto
presto anche lui nella carrozza: lo sportello si chiuse, e la carrozza partì di
carriera. L’altro che le aveva fatta quella domanda traditora29, rimasto nella
strada, diede un’occhiata in qua e in là, per vedere se fosse accorso qualche
70 duno agli urli di Lucia: non c’era nessuno; saltò sur una riva attaccandosi a
un albero della macchia, e disparve. era costui uno sgherro d’egidio; era
stato, facendo l’indiano30, sulla porta del suo padrone, per vedere quando
Lucia usciva dal monastero; l’aveva osservata bene, per poterla riconoscere;
ed era corso per una scorciatoia, ad aspettarla al posto convenuto.
chi potrà ora descrivere il terrore, l’angoscia di costei, esprimere ciò á Questa descrizione
che passava nel suo animo? Spalancava gli occhi spaventati, per ansietà di di Lucia è un classico
ritratto dell’eroina
conoscere la sua orribile situazione, e li richiudeva subito, per il ribrezzo, in balìa dei malvagi.
per il terrore di que’ visacci: si storceva31, ma era tenuta da tutte le parti:
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raccoglieva tutte le sue forze, e dava delle stratte32 , per buttarsi verso lo
80 sportello; ma due braccia nerborute33 la tenevano come conficcata nel
fondo della carrozza; quattro altre manacce ve l’appuntellavano34 . ogni
volta che aprisse la bocca per cacciare un urlo, il fazzoletto veniva a sof
fogarglielo35 in gola. Intanto tre bocche d’inferno, con la voce più umana
che sapessero formare, andavan ripetendo: «zitta, zitta, non abbiate paura,
non vogliamo farvi male». Dopo qualche momento d’una lotta così an
gosciosa, parve che s’acquietasse; allentò le braccia, lasciò cadere la testa
all’indietro, alzò a stente le palpebre, tenendo l’occhio immobile; e quegli
orridi visacci che le stavan davanti le parvero confondersi e ondeggiare
insieme in un mescuglio36 mostruoso: le fuggì il colore dal viso; un sudar
90 freddo gliela coprì; s’abbandonò, e svenne.
«Su, su, coraggio», diceva il nibbio. «coraggio, coraggio», ripetevan gli
altri due birboni; ma lo smarrimento d’ogni senso preservava in quel mo
mento Lucia dal sentire i conforti di quelle orribili voci37.
«Diavolo! par morta», disse uno di coloro: «se fosse morta davvero?»
«oh! morta!» disse l’altro: «è uno di quegli svenimenti che vengono alle
donne. Io so che, quando ho voluto mandare all’altro mondo qualchedu
no, uomo o donna che fosse, c’è voluto altro».
«Via!» disse il nibbio: «attenti al vostro dovere, e non andare a cercar
altro. tirate fuori dalla cassetta i tromboni38 e teneteli pronti; ché in questo
100 bosco dove s’entra ora, c’è sempre de’ birboni annidati39. non così in mano,
diavolo! riponeteli dietro le spalle, lì stesi: non vedete che costei è un pulcin
bagnato che basisce40 per nulla? Se vede armi, è capace di morir davvero.
e quando sarà rinvenuta, badate bene di non farle paura; non la toccate, se
non vi fo41 segno; a tenerla basto io. e zitti: lasciate parlare a me».
Intanto la carrozza, andando sempre di corsa, s’era inoltrata nel bosco.
Dopo qualche tempo, la povera Lucia cominciò a risentirsi42 , come da
un sonno profondo e affannoso, e aprì gli occhi. Penò alquanto a distin
guere gli spaventosi oggetti che la circondavano, a raccogliere i suoi pen
sieri: alfine comprese di nuovo la sua terribile situazione. Il primo uso che
32. dava delle stratte: dava degli strattoni per 39. c’è sempre … annidati: ci sono sempre dei
cercare di svincolarsi e di liberarsi. briganti in agguato; la costruzione del verbo
33. nerborute: muscolose, robuste. al singolare impersonale seguito dalla pre
34. ve l’appuntellavano: ve la tenevano ferma, posizione di/dei e da un sostantivo plurale
come se fosse trattenuta da puntelli, travi (birboni) è tipica della parlata toscana. È da
che sostengono muri o case pericolanti. notare l’involontaria ironia delle parole del
35. soffogarglielo: soffocarglielo. nibbio che è pronto a difendersi dai birbo
36. mescuglio: miscuglio; mescuglio è una for ni, ma, poche righe prima, birboni sono stati
ma popolare toscana. definiti proprio i suoi due compagni.
37. lo smarrimento … voci: la perdita di cono 40. basisce: sviene; «basire» significa svenire
scenza, di ogni capacità di percezione salva sbiancando in volto, dal latino volgare basi-
Lucia dalla paradossale situazione di sentir re, «assumere color giallo cadaverico»; tutta
si consolare proprio da coloro che l’avevano l’espressione è propria della lingua parlata
rapita, i bravi, con i loro orridi visacci e le lo popolare.
ro orribili voci. 41. fo: faccio; anche questa è una forma tosca
38. tromboni: schioppi con canna corta e di neggiante.
grosso calibro usati come armi da difesa so 42. risentirsi: tornare in sé, riprendere cono
prattutto in luoghi chiusi e oscuri. scenza.
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110 fece delle poche forze ritornatele, fu di buttarsi ancora verso lo sportello,
per slanciarsi fuori; ma fu ritenuta43, e non poté che vedere un momento
la solitudine selvaggia del luogo per cui passava. cacciò di nuovo un urlo;
ma il nibbio, alzando la manaccia col fazzoletto, «via», le disse, più dolce
mente che poté: «state zitta, che sarà meglio per voi; non vogliamo farvi
male; ma se non istate zitta, vi faremo star noi».
«Lasciatemi andare! chi siete voi? Dove mi conducete? Perché m’avete
presa? Lasciatemi andare, lasciatemi andare!»
«Vi dico che non abbiate paura: non siete una bambina, e dovete capire
che noi non vogliamo farvi male. non vedete che avremmo potuto ammaz
120 zarvi cento volte, se avessimo cattive intenzioni? Dunque state quieta».
«no, no, lasciatemi andare per la mia strada: io non vi conosco». «Vi
conosciamo noi».
«oh santissima Vergine! come mi conoscete? Lasciatemi andare, per
carità. chi siete voi? Perché m’avete presa?» «Perché c’è stato comandato».
«chi? chi? chi ve lo può aver comandato?»
«zitta!» disse con un visaccio severo il nibbio: «a noi non si fa di code
ste domande44».
Lucia tentò un’altra volta di buttarsi d’improvviso allo sportello; ma veden
do ch’era inutile, ricorse di nuovo alle preghiere; e con la testa bassa, con le
130 gote irrigate di lacrime, con la voce interrotta dal pianto, con le mani giunte
dinanzi alle labbra, «oh!» diceva: «per l’amor di Dio, e della Vergine santissi
ma, lasciatemi andare! cosa v’ho fatto di male io? Sono una povera creatura
che non v’ha fatto niente. Quello che m’avete fatto voi, ve lo perdono di cuore; á La fede in Dio non
e pregherò Dio per voi. Se avete anche voi una figlia, una moglie, una ma abbandona Lucia
neanche in questi
dre, pensate quello che patirebbero, se fossero in questo stato. ricordatevi che momenti.
dobbiamo morir tutti, e che un giorno desidererete che Dio vi usi misericor
dia. Lasciatemi andare, lasciatemi qui: il Signore mi farà trovar la mia strada».
«non possiamo».
«non potete? oh Signore! perché non potete? Dove volete condurmi?
140 Perché…?».
«non possiamo: è inutile: non abbiate paura, che non vogliamo farvi male:
state quieta, e nessuno vi toccherà».
accorata45, affannata, atterrita sempre più nel vedere che le sue parole non á A Lucia non resta
facevano nessun colpo, Lucia si rivolse a colui che tiene in mano il cuore degli che pregare Dio;
può sembrare il segno
uomini, e può, quando voglia, intenerire i più duri. Si strinse il più che poté, che non c’è più nulla
nel canto46 della carrozza, mise le braccia in croce sul petto, e pregò qualche da fare, ma sarà
tempo con la mente; poi, tirata fuori la corona, cominciò a dire il rosario, con proprio la fede
a salvare la ragazza.
più fede e con più affetto47 che non avesse ancor fatto in vita sua. ogni tanto,
sperando d’avere impetrata48 la misericordia che implorava, si voltava a ripre
150 gar coloro; ma sempre inutilmente. Poi ricadeva ancora senza sentimenti49,
43. fu ritenuta: fu trattenuta. 47. con più affetto: con maggiore partecipazione,
44. a noi … domande: a noi non si fanno domande intensità.
simili. 48. d’avere impetrata: di avere ottenuto con le sue
45. Accorata: profondamente afflitta, tormentata. preghiere.
46. nel canto: nell’angolo. 49. senza sentimenti: priva di sensi.
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poi si riaveva di nuovo, per rivivere a nuove angosce. ma ormai non ci regge il
cuore a descriverle più a lungo: una pietà troppo dolorosa ci affretta al termine
di quel viaggio, che durò più di quattr’ore; e dopo il quale avremo altre ore
angosciose da passare. trasportiamoci al castello dove l’infelice era aspettata.
era aspettata dall’innominato, con un’inquietudine, con una sospension
d’animo50 insolita. cosa strana! Quell’uomo, che aveva disposto a sangue á Il narratore prepara
freddo di tante vite, che in tanti suoi fatti non aveva contato per nulla i dolori ora l’entrata in scena
del personaggio-chiave,
da lui cagionati51, se non qualche volta per assaporare in essi una selvaggia l’innominato, e inserisce
voluttà52 di vendetta, ora, nel metter le mani addosso a questa sconosciuta, un intervento riflessivo
160 a questa povera contadina, sentiva come un ribrezzo, direi quasi un terrore. (direi).
Da un’alta finestra del suo castellaccio, guardava da qualche tempo verso uno
sbocco53 della valle; ed ecco spuntar la carrozza, e venire innanzi lentamente:
perché quel primo andar di carriera aveva consumata la foga54 e domate le
forze de’ cavalli. e benché, dal punto dove stava a guardare, la non paresse55
più che una di quelle carrozzine che si danno per balocco56 ai fanciulli, la
riconobbe subito, e si sentì il cuore battere più forte.
– ci sarà? – pensò subito; e continuava tra sé: – che noia57 mi dà costei!
Liberiamocene.
e voleva chiamare uno de’ suoi sgherri, e spedirlo subito incontro alla car
170 rozza, a ordinare al nibbio che voltasse, e conducesse colei al palazzo di don
rodrigo. ma un no imperioso che risonò nella sua mente, fece svanire quel á Qualcosa sembra
disegno. tormentato però dal bisogno di dar qualche ordine, riuscendogli in impedire all’innominato
di allontanare
tollerabile lo stare aspettando oziosamente quella carrozza che veniva avanti immediatamente Lucia
passo passo, come un tradimento, che so io? come un gastigo58, fece chiamare dal suo castello. È un
una sua vecchia donna. indizio dell’importanza
che avrà per lui
era costei nata in quello stesso castello, da un antico custode di esso, e ave l’incontro con lei.
va passata lì tutta la sua vita. ciò che aveva veduto e sentito fin dalle fasce, á Ammirazione e paura
le aveva impresso nella mente un concetto magnifico e terribile del potere per i padroni convivono
nell’animo della vecchia;
de’ suoi padroni; e la massima principale che aveva attinta dall’istruzioni e il loro potere è oggetto
180 dagli esempi, era che bisognava ubbidirli in ogni cosa, perché potevano far per lei di paura,
del gran male e del gran bene. L’idea del dovere, deposta come un germe nel ma anche di orgoglio.
In qualche modo ella
cuore di tutti gli uomini, svolgendosi nel suo, insieme co’ sentimenti d’un ri si identifica con loro.
spetto, d’un terrore, d’una cupidigia servile, s’era associata e adattata a quelli.
Quando l’innominato, divenuto padrone, cominciò a far quell’uso spavente
vole della sua forza, costei ne provò da principio un certo ribrezzo insieme e
un sentimento più profondo di sommissione. col tempo, s’era avvezzata59 a
ciò che aveva tutto il giorno davanti agli occhi e negli orecchi: la volontà po
tente e sfrenata d’un così gran signore, era per lei come una specie di giustizia
50. sospension d’animo: ansia. 55. la non paresse: essa non paresse; è una
51. aveva disposto … cagionati: aveva deciso forma popolare toscana.
della vita altrui e non si era mai preoccu 56. per balocco: come giocattolo.
pato (non aveva contato) dei dolori causati 57. che noia: il termine noia indica qui un
(cagionati) dalle sue azioni. senso di fastidio, di insopportabile inquie
52. voluttà: piacere intenso. tudine che si trasforma in irrequietezza.
53. uno sbocco: un’apertura, un valico. 58. gastigo: forma toscana; sta per «castigo».
54. foga: slancio. 59. avvezzata: abituata.
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fatale60. ragazza già fatta, aveva sposato un servitor di casa, il quale, poco
190 dopo, essendo andato a una spedizione rischiosa, lasciò l’ossa61 sur una stra
da, e lei vedova nel castello. La vendetta che il signore ne fece subito, le diede
una consolazione feroce62, e le accrebbe l’orgoglio di trovarsi sotto una tal
protezione. D’allora in poi, non mise piede fuor del castello, che molto di rado;
e a poco a poco non le rimase del vivere umano quasi altre idee salvo quelle
che ne riceveva in quel luogo. non era addetta ad alcun servizio particolare,
ma, in quella masnada63 di sgherri, ora l’uno ora l’altro, le davan da fare ogni
poco; ch’era il suo rodimento. ora aveva cenci da rattoppare, ora da preparare
in fretta da mangiare a chi tornasse da una spedizione, ora feriti da medicare.
I comandi poi di coloro, i rimproveri, i ringraziamenti, eran conditi di beffe
200 e d’improperi: vecchia, era il suo appellativo usuale; gli aggiunti, che qual
cheduno sempre ci se n’attaccava, variavano secondo le circostanze e l’umore
dell’amico. e colei, disturbata nella pigrizia, e provocata nella stizza, ch’erano
due delle sue passioni predominanti, contraccambiava alle volte que’ compli
menti con parole, in cui Satana avrebbe riconosciuto più del suo ingegno, che
in quelle de’ provocatori.
«tu vedi laggiù quella carrozza!» le disse il signore.
«La vedo», rispose la vecchia, cacciando avanti il mento appuntato, aguz
zando gli occhi infossati, come se cercasse di spingerli su gli orli dell’occhiaie.
«Fa allestir subito una bussola64, entraci, e fatti portare alla malanotte. Su
210 bito subito; che tu ci arrivi prima di quella carrozza: già la viene avanti col
passo della morte. In quella carrozza c’è … ci dev’essere … una giovine. Se
c’è, dì al nibbio, in mio nome, che la metta nella bussola, e lui venga su subito
da me. tu starai nella bussola, con quella … giovine; e quando sarete quassù,
la condurrai nella tua camera. Se ti domanda dove la meni, di chi è il castello, á L’innominato
guarda di non…» raccomanda alla
vecchia di tenere
«oh!» disse la vecchia. nascosto a Lucia
«ma», continuò l’innominato, «falle coraggio». il luogo dove è stata
«cosa le devo dire?» condotta, anche
per non spaventarla
«cosa le devi dire? Falle coraggio, ti dico. tu sei venuta a codesta età, senza ulteriormente.
220 sapere come si fa coraggio a una creatura, quando si vuole! Hai tu mai sentito
affanno di cuore? Hai tu mai avuto paura? non sai le parole che fanno piacere
in que’ momenti? Dille di quelle parole: trovale, alla malora. Va».
e partita che fu, si fermò alquanto alla finestra, con gli occhi fissi a á L’innominato sembra
quella carrozza, che già appariva più grande di molto; poi gli alzò al sole, voler allontanare
la mente da quello
che in quel momento si nascondeva dietro la montagna; poi guardò le nu che sta compiendo
vole sparse al di sopra, che di brune si fecero, quasi a un tratto, di fuoco. e cercare al di sopra
Si ritirò, chiuse la finestra, e si mise a camminare innanzi e indietro per la di sé una risposta
alla sua inquietudine.
stanza, con un passo di viaggiatore frettoloso. Il cielo di fuoco
suggerisce quello
a. manzoni, I Promessi sposi (cap. XX), D’anna, messina 1966
che brucia nell’animo
dell’innominato.
60. come … fatale: qualcosa che pareva de 62. consolazione feroce: è la consolazione
ciso dal destino, a cui era quindi inutile della vendetta.
opporsi. 63. masnada: gruppo di persone rozze e vio
61. lasciò l’ossa: morì; l’espressione è ripresa lente.
dal dialetto milanese. 64. bussola: tipo di portantina chiusa.
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analizzare e comprendere
1. Come si comporta Gertrude con Lucia prima del rapimento?
• Come la convince a uscire da sola dal convento?
2. Che cosa prova Lucia alla richiesta di Gertrude?
• Accetta subito di compiere il servizio che Gertrude le ha chiesto?
• Lucia sospetta di essere stata tradita?
3. Che cosa prova Lucia vedendo gli uomini fermi sulla strada?
• Come reagisce Lucia al rapimento?
• Come si comportano con lei i bravi nella carrozza?
4. Il personaggio di Lucia, una dei due protagonisti del romanzo, in queste pagine è al centro della nar-
razione; su quali tratti del personaggio insiste il testo?
• Individua quali aspetti del carattere di Lucia emergono dall’episodio.
5. Con quale stato d’animo l’innominato aspetta l’arrivo della carrozza con Lucia?
6. Individua quali sono i tratti principali del personaggio della vecchia donna a servizio dell’innominato.
7. Individua nel testo gli interventi del narratore onnisciente.
riflettere
8. Che funzione ha nella storia la presentazione del personaggio della vecchia donna?
9. Confronta il tempo della storia e il tempo del discorso: ci sono ellissi, pause, sommari?
• A quali parti della storia il narratore dedica maggiore spazio?
• Che effetto ottiene con questa scelta?
10. Quali aspetti dell’episodio rimandano all’idea di «romanzesco»?
11. Quali aspetti del mondo e della società del XVII secolo emergono dall’episodio?
Scrivere
12. Riassumi l’episodio in 200 parole circa.
13. Scrivi una descrizione del personaggio di Lucia, tenendo conto delle risposte che hai dato agli esercizi
precedenti.
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It tO rI
Scr E&t tOrI
L maNZONI, La ScELta dEL rOmaNZO
nella struttura dei Promessi sposi questo episo avuto una lunga
dio costituisce un punto di tensione particola fortuna nella nar
re: da una parte è il momento culminante della rativa popolare e
persecuzione di don rodrigo, il momento in cui nel cinema. nel
il destino di Lucia sembra segnato, dall’altro romanzo di man
rappresenta l’inizio di un percorso progressivo zoni questo tema
verso la soluzione della vicenda, in cui l’inno ha una funzione particolare.
minato ha un ruolo cruciale. manzoni non intendeva scrivere un romanzo
Dei due promessi sposi il lettore vede in sce «romanzesco», non voleva intrattenere i suoi
na, in queste pagine, Lucia, la vittima diretta lettori con sensazioni forti; voleva invece farli
di quei soprusi di potenti malvagi nei confronti riflettere su una concezione del mondo al centro
degli umili su cui manzoni costruisce la trama della quale c’è la fede nella Provvidenza. nella
del suo romanzo. Già all’inizio dell’episodio il visione del mondo di manzoni la storia umana è
lettore sa che Lucia è in pericolo, che nel con retta da un disegno divino, provvidenziale: nel
vento di monza non è in buone mani, che c’è un la storia dei Promessi sposi anche le sofferenze
intreccio di complicità fra i malvagi della storia. di Lucia sono necessarie. attraverso le pagine
Il lettore sa che le apparenti gentilezze di Ger «romanzesche» del rapimento manzoni porta
trude verso la poverina fanno già parte del cru il lettore a simpatizzare con Lucia, lo fa entrare
dele inganno di cui Lucia sta per cadere vittima. con lei nel castellaccio dell’innominato, in una
situazione che sembra senza scampo, e che pre
manzoni riprende in questo episodio il motivo para invece l’incontro fra l’eroina perseguitata e
dell’eroina perseguitata, molto frequente nei il suo persecutore. Il rapimento di Lucia è neces
romanzi del Settecento e dell’ottocento, e tipico sario per la conversione dell’innominato, che da
in particolare del romanzo gotico. L’immagine gigante del male diventerà un potente generoso
di una donna fragile e innocente, perseguitata e benevolo, uno strumento della Provvidenza,
da un potente malvagio costituisce un motivo del Bene.
antico, presente in molte fiabe e leggende, che ha
Lo scrittore usa quindi un motivo romanzesco
per costruire una storia la cui finalità era quella
di comunicare una visione del mondo comples-
sa e profonda a un pubblico ampio: proprio per
poter raggiungere questo pubblico il conte man
zoni, studioso di storia e di morale, aveva deciso
di scrivere un romanzo, dedicandovi lunghi anni
di scrittura e di riscrittura. La lunga fortuna dei
Promessi sposi, su cui si sono commosse e sono
state educate generazioni di italiani, mostra che
nella scelta di affidare le sue idee a questa forma
letteraria manzoni aveva visto giusto.
Mosè Bianchi, La monaca di Monza, 1867.
In alto, Alessandro Manzoni, in un dipinto
di Francesco Hayez.
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il rOmaNZO D’amOre
Emily Brontë
Io Sono HeatHcLIFF!
Cime tempestose, 1847 Lingua originale inglese
Uno dei temi che caratterizza il romanzo ottocentesco e che contribuì a determinare
il successo di questa forma letteraria è certamente l’amore. Un amore tormentato
e per certi aspetti misterioso è al centro di Cime tempestose, celebre romanzo della
scrittrice inglese Emily Brontë. Ne sono protagonisti gli abitanti di due case sperdute
nella brughiera, legati da rapporti di amore e di odio: gli Earnshaw, che vivono a
Cime tempestose, e i Linton, i padroni di una casa vicina.
Il romanzo è una narrazione a cornice: c’è un narratore di primo grado, il signor
Lockwood, gentiluomo di città che aveva conosciuto alcuni abitanti di Cime tempe-
stose durante un soggiorno nella selvaggia campagna del Nord dell’Inghilterra. Il
narratore di secondo grado è Ellen (Nelly) Dean, la governante di alcuni dei protago-
nisti, che racconta a Lockwood tutta la storia. La trama del romanzo è complicata,
ma il nocciolo della vicenda è essenziale: l’intreccio di amore, attrazione e rivalità
che lega le vite di una ragazza, Caterina, e dei due giovani, Heathcliff e Linton, che
diversamente la amano e che lei diversamente ama.
« L’IncIPIt
1801. – Sono appena ritornato da una visita al mio padrone di casa, il
solo vicino col quale avrò a che fare. Questa è indubbiamente una bella
contrada. credo che in tutta l’Inghilterra non avrei potuto scegliermi
un altro posto più lontano dal frastuono della società. È il paradiso del
perfetto misantropo, e il signor Heathcliff ed io siamo fatti apposta per
una simile desolazione. Un uomo veramente singolare! non immagina
va certo quale viva simpatia sentissi per lui quando vidi i suoi occhi neri
»
ritrarsi così sospettosamente sotto le ciglia al mio avanzare a cavallo, e
le sue mani rifugiarsi ancor più addentro nel panciotto, con gelosa riso
lutezza, all’annuncio del mio nome.
«Il signor Heathcliff?» dissi.
Seguì un’altra lunga pausa, durante la quale scorsi qualche stilla1 scorrere á La voce narrante è
lungo le guance di caterina e cadere giù sul pavimento. «È pentita della quella di Nelly Dean,
narratore interno di
sua condotta vergognosa?» mi domandai. «Questa sarebbe una novità; ma secondo grado. Nelly sta
dovrà venir lei sull’argomento; io non l’aiuterò! ma no; le cose che non la raccontando al signor
riguardano direttamente la lasciano indifferente». Lockwood (narratore
interno di primo grado)
«mio Dio! sono molto infelice!» esclamò alla fine. una scenata avvenuta
«Gran peccato», feci io. «Sei difficile da accontentare; tanti amici, e così in precedenza: Caterina,
pochi fastidi, e non sai essere contenta!». in un impeto d’ira, l’aveva
schiaffeggiata.
© EDIZIONI il capitello
«nelly, manterrai il segreto?» ella proseguì inginocchiandosi vicino a á Dalle parole di Nelly
10 me, e alzandomi in faccia i suoi begli occhi con quella specie di sguardo emerge la fiducia
di Caterina nei suoi
che sa vincere il cattivo umore anche in chi avrebbe tutti i diritti del mon confronti e l’affetto
do a conservarlo. che lei stessa prova
«È un segreto che vale la pena di essere mantenuto?» le domandai meno per la ragazza.
duramente.
«Sì, mi inquieta, e devo rivelarlo! Vorrei sapere quello che devo fare».
oggi edgardo Linton mi ha chiesto di sposarlo, e io gli ho dato una ri á Edgardo Linton è
sposta. ora, prima che ti dica se è stato un consenso o un rifiuto, dimmi tu il figlio dei padroni
di Thrushcross Grange,
che cosa avrebbe dovuto essere». «In verità, caterina, come potrei saperlo?» la casa vicina. Distinto
risposi. «certamente, se si pensa alla bella condotta tenuta oggi in sua pre e gentile, durante una
20 senza si dovrebbe dire che ti sarebbe convenuto un rifiuto, poiché, per averti sua visita a Caterina
era stato presente
fatta la sua domanda dopo tutto quel che è successo bisogna proprio che lui alla scenata.
sia o il più grande stupido o il più gran pazzo che sia al mondo».
«Se parli così, non ti dirò altro», ribatté capricciosamente, rialzandosi.
«L’ho accettato, nelly. ora dimmi subito se ho sbagliato!».
«L’hai accettato? allora che giova discutere la cosa? Hai dato la tua pa
rola, e non puoi ritirarla».
«ma dimmi se avrei dovuto fare così, dimmelo!» ella esclamò in tono
irritato, torcendosi le mani, e aggrottando le ciglia.
«Vi sono da considerare molte cose prima di poter rispondere come si
30 deve a una tale domanda», dissi sentenziosamente. «Prima di tutto, ami il
signor edgardo?».
«chi potrebbe non amarlo? Sì, naturalmente, l’amo», ella rispose. allo
ra la misi alla prova del catechismo che, per una ragazza di ventidue anni,
è molto istruttiva2 . «Perché l’ami?». á Nelly cerca di fare
«Sciocchezze, l’amo, questo è sufficiente». riflettere Caterina
sui suoi sentimenti.
«nient’affatto: devi dire il perché!». La ragazza le dà una
«Bene, perché è bello, ed è piacevole stargli insieme». «male!» fu il mio risposta superficiale.
commento.
«e perché è giovane e allegro».
40 «male, ancora».
«e perché mi ama».
«Di nessuna importanza, detto ora».
«e sarà ricco, e mi piacerà essere la più grande signora di tutta la con
trada, e sarò orgogliosa di avere un marito come lui». «ancora peggio. e
ora dimmi come l’ami». «come ama chiunque! Sei sciocca, nelly».
«nient’affatto».
«amo la terra ch’è sotto ai suoi piedi, e amo l’aria sopra il suo capo, tut á Ora Caterina esprime
to ciò che lui tocca, e ogni parola che lui dice. amo i suoi sguardi, e tutte quelle che dovrebbero
essere le ragioni per cui
le sue azioni e lui, intieramente, tutto, tutto quanto! ecco, ora!» ama Linton, ma lo fa
50 «e perché?». come se recitasse per
bene una lezione.
2. la misi … istruttiva: in modo figurato, nelly risposte altrettanto precise; questo era utile
vuol dire che sottopose caterina ad alcune per una donna molto giovane che sembrava
domande precise, cui era necessario dare avere le idee confuse sull’amore.
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«oh, tu ne fai uno scherzo, e di pessimo gusto! ma non è uno scherzo per
me!» disse la signorina con cipiglio, volgendo il viso verso il fuoco.
«Sono ben lontana dallo scherzare, caterina», risposi. «tu ami il signor ed
gardo perché è bello, perché è giovane, è allegro, è ricco, e ti ama. Quest’ulti
ma cosa non ha valore: tu l’ameresti anche senza di questo, probabilmente, e,
se ti amasse e non possedesse le prime quattro attrattive, tu non l’ameresti».
«no, certamente non l’amerei: mi farebbe soltanto compassione, e forse
l’odierei, se fosse molto brutto o sciocco».
«ma vi sono molti altri giovani al mondo belli e ricchi; anche molto più
60 belli credo, e più ricchi di lui. che cosa ti impedirebbe di amare quelli?».
«ma anche se ve ne sono non si trovano sulla mia via! non ho veduto nes
suno simile a edgardo».
«Potresti anche vederne, e lui non sarà sempre bello e giovane, e potrebbe
anche non essere sempre ricco».
«Lo è ora, e io ho a che fare soltanto col presente. Vorrei che tu parlassi
ragionevolmente».
«Bene, ciò decide la questione; se tu hai a che fare solo con il presente sposa
il signor Linton».
«Per questo non mi occorre il tuo permesso, io lo sposerò; ma ancor non
70 mi hai detto se faccio bene». «Perfettamente bene, se è giusto sposarsi soltanto
per il presente. e ora sentiamo un po’ perché non sei felice. tuo fratello sarà
contento, i vecchi genitori di edgardo non faranno obiezioni, credo, e da una á Dalle parole di Nelly
casa disordinata e squallida te ne andrai in una rispettabile e ricca; e poi tu emerge il contrasto fra le
due case, che caratterizza
ami edgardo e ne sei riamata. tutto sembra piano e facile; dove è l’ostacolo?». tutta la storia.
«Qui! e qui!» rispose caterina, battendo una mano sulla fronte, e l’altra sul
petto: «dove è l’anima. Ho nella mente e nel cuore la convinzione che sbaglio!». á Ora Caterina risponde
«mi pare molto strano! non capisco perché». in modo sincero alla
domanda di Nelly, che la
«È il mio segreto. ma, se non ridi di me, te lo spiegherò. non posso farlo conosce bene e le ha fatto
chiaramente, ma proverò a darti un’idea di quello che sento». una domanda importante.
80 era di nuovo accanto a me adesso, il volto le si fece triste e più grave, le mani
strette l’una all’altra le tremarono.
«nelly, non fai mai sogni strani tu?» disse ad un tratto, dopo qualche mi
nuto di riflessione.
«Sì,» risposi io, «di tanto in tanto».
«e così succede a me. nella mia vita ho fatto sogni che poi sono rimasti
sempre in me, e hanno cambiato le mie idee; mi hanno penetrata tutta, me
scolandosi con me come il vino con l’acqua, e hanno alterato il colore della
mia mente. e questo è uno di quei sogni; te lo dirò, ma bada di non riderne».
«oh, non dirmelo, caterina!» gridai. «Siamo abbastanza lugubri, senza in á Nelly si riferisce
90 vocare spiriti e visioni per impressionarci di più. andiamo, via, andiamo, sii all’atmosfera cupa della
casa; Hareton è il figlio
allegra come lo sei sempre! Guarda il piccolo Hareton, Lui non sogna di certo del fratello di Caterina,
cose tristi. come sorride dolcemente, dormendo!». Hindley.
«ah sì! e come dolcemente suo padre impreca nella sua solitudine! ti á Hindley è il padrone
rammenterai credo, quando io non ero altro che una cosina come questa! e di Cime tempestose dalla
morte del padre; rimasto
altrettanto giovane e innocente. tuttavia, nelly, ti sarò grata se mi ascolte vedovo, è diventato
rai; non sarò molto lunga, e questa sera, del resto, non riesco ad essere gaia». un uomo duro e collerico.
«non voglio sentire non voglio sentire», mi affrettai a ripetere ansiosamente.
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degradata4; così lui non saprà mai quanto io lo ami: e questo non perché è á L’infame è Hindley,
bello, nelly, ma perché lui è più me di me stessa. Di qualsiasi cosa siano fatte le che ha sempre odiato
Heathcliff e l’ha ridotto
120 nostre anime, la sua e la mia sono simili; e l’anima di Linton è differente come alla condizione
un raggio di luna dal lampo, il gelo dal fuoco». Prima che questo discorso fos di servo.
se finito, mi accorsi della presenza di Heathcliff. avendo notato un lieve mo
vimento, volsi il capo, e lo vidi alzarsi dalla panca e uscire senza far rumore.
egli aveva ascoltato fin quando caterina non aveva detto che sposando lui si
sarebbe degradata; e non rimase a sentir altro. La mia compagna, stando se
duta in terra, protetta dall’alto schienale della panca, non aveva potuto accor
gersi della presenza né dell’uscita di lui, ma io, sbalordita, le ordinai di tacere.
«Perché?» domandò, guardandosi in giro con inquietudine.
«arriva Giuseppe5», risposi, cogliendo opportunamente il rumore delle
130 ruote del suo carro sulla strada; «e Heathcliff entrerà con lui. non sono nep
pure sicura che non fosse sulla soglia un momento fa».
«oh, non può avermi sentita dalla porta», disse ella. «Dammi Hareton,
mentre prepari la cena, e, quando sarà pronta, chiamami a cenare con te.
Voglio ingannare la mia coscienza inquieta e convincermi che Heathcliff á Caterina cerca
non ne capisca nulla, di cose simili. non è vero? Lui non sa quel che signifi di convincersi che
Heathcliff, con il suo
chi essere innamorati?». carattere selvaggio,
«non vedo una ragione perché non debba saperlo quanto te», replicai; non conosca
i sentimenti. Ma non
ne è davvero convinta.
3. erica … Wuthering Heights: l’erica è la scendere ai livelli più bassi della scala socia
pianta fiorita i cui bassi cespugli coprono la le, perché Heathcliff, che il padre di cateri
brughiera dove sorge la casa degli earnshaw, na e Hindley aveva accolto come un figlio, è
chiamata Wuthering Heights «cime tempe stato ridotto da Hindley alla condizione di
stose», come la collina. servo.
4. degradata: abbassata di grado, costretta a 5. Giuseppe: il vecchio servitore della casa.
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«e, se tu sei quella che lui si è scelta, sarà l’uomo più sfortunato che mai
sia venuto al mondo! non appena diventerai la signora Linton, lui perderà
140 amicizia, amore, tutto! Hai considerato come sopporterai tale separazione,
e come sopporterà lui di trovarsi completamente abbandonato al mondo?
Perché, signorina caterina…».
«Lui abbandonato! noi separati!» esclamò con accento indignato. «e chi á In contrasto con il
ci separerà, prego? non, a ogni modo, finché io sono in vita, elena, e per ragionamento e con la
scelta di sposare Linton,
nessun altro al mondo. tutti i Linton sulla faccia di questa terra possono di Caterina rifiuta la sola
leguarsi nel nulla, prima che consenta ad abbandonare Heathcliff. oh, non è idea di separarsi
questo che intendevo, e che voglio dire! a tale prezzo non acconsentirei mai da Heathcliff.
a diventare la signora Linton. Lui sarà sempre per me quello che è stato tutta
la vita; edgardo dovrà liberarsi dalla sua antipatia per lui, o almeno dovrà
150 imparare a tollerarlo. Lo farà quando saprà quali sono i miei sentimenti per
Heathcliff. nelly, ora vedo che mi credi una miserabile egoista; ma non hai
mai pensato che, se io e Heathcliff ci sposassimo, saremmo dei mendicanti?
mentre, sposando Linton, potrò aiutare Heathcliff a rialzarsi e sottrarlo al
potere di mio fratello».
«con i soldi di tuo marito, caterina?» le domandai. «non lo troverai così
malleabile6 come fai conto che sia: e, benché io non sia davvero un giudice,
pure credo che questa sia la peggior giustificazione che finora tu mi abbia
dato del tuo diventare moglie del giovane Linton».
«non lo è?» ribattè ella; «è la migliore! Le altre miravano a soddisfare i
160 miei capricci, e a soddisfare quelli di edgardo; ma in realtà tutto è per amore
di uno solo che riunisce nella sua persona i miei sentimenti verso edgardo
e verso me stessa. non so spiegarmi: ma certamente tu pure hai un’idea; sai
come chiunque altro, che c’è o ci dovrebbe essere un’esistenza al di là di noi
stessi? a che scopo sarei io stata creata se fossi interamente contenuta in me
stessa? Le mie grandi pene in questo mondo sono state le pene di Heathcliff,
e io le ho conosciute e le ho sentite tutte una a una dal principio; la sola ra
gione di vivere per me è lui. Se tutto il resto perisse, e lui rimanesse, io con
tinuerei a esistere; e, se tutto il resto rimanesse e lui fosse annientato, l’uni
verso si cambierebbe per me in un’immensa cosa estranea; non mi parrebbe
170 più di essere una parte di esso. Il mio amore per Linton è simile al fogliame á È qui espressa un’idea
del bosco; il tempo lo muterà, ne sono sicura, come l’inverno muta gli alberi; dell’amore come
«fusione», come totale
il mio amore per Heathcliff somiglia alle eterne rocce che stanno sottoterra; identificazione
una sorgente di gioia poco visibile, ma necessaria. nelly, io sono Heathcliff! nella persona amata.
Lui è sempre, sempre nella mia mente; non come un piacere, come neppur
io sono sempre un piacere per me stessa, ma come il mio proprio essere.
così non parlare più della nostra separazione: è impossibile, e…».
ella si tacque, e nascose il volto nelle pieghe della mia gonna; ma io gliela
strappai via con forza. non avevo più pazienza per le sue follie!
e. Brontë, Cime tempestose, trad. r. Binetti, Garzanti, milano 1981
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analizzare e comprendere
1. Con quali altre persone vive Caterina, oltre a Nelly?
2. Perché Caterina ha deciso di sposare Linton?
• Con quali parole Caterina afferma di amare Linton?
• Perché Caterina afferma di non poter sposare Heathcliff?
3. Quale parte del discorso di Caterina è ascoltata da Heathcliff?
• Heathcliff sente che Caterina dice di amarlo?
4. Nelle parole di Caterina ritorna la differenza, il contrasto fra Linton e Heathcliff e fra i sentimenti che
lei prova per i due giovani. Spiega il significato del paragone dei sentimenti di Caterina con il fogliame
e con le rocce.
• Quale paragone c’è nel testo, oltre a quello fra il fogliame e le rocce?
5. Quali tratti del personaggio di Heathcliff emergono dal brano?
riflettere
6. Nel suo intenso dialogo con Nelly, Caterina prima afferma di amare Linton, poi di amare Heathcliff.
Quando ti sembra che risulti più sincera? Motiva la tua risposta.
• Ti sembra che Caterina sia innamorata di Linton, di Heathcliff o di nessuno dei due?
• Secondo te perché Caterina vuole l’approvazione di Nelly per il proprio consenso a sposare Linton?
7. Quale di queste frasi descrive meglio Caterina?
È una ragazza capricciosa e incapace di sentimenti profondi
È una ragazza dal carattere egoista e dalle idee confuse
È una ragazza che si sente divisa fra sentimenti e desideri contrastanti
È una ragazza che non riesce a vedere chiaro nei sentimenti di Linton
8. Caterina esprime sentimenti profondamente sentiti con un linguaggio ricco e complesso, poco verosi-
mile in una donna giovane e non particolarmente colta. Quale pensi che potesse essere il giudizio su
Caterina dei lettori dell’epoca?
• Qual è il tuo giudizio su Caterina?
9. Quale effetto ottiene il narratore riportando tutto il dialogo con il discorso diretto?
10. Le parole e i fatti che vengono riportati nel brano lasciano presagire alcuni possibili sviluppi della sto-
ria. Individua quali sviluppi dei fatti indicati sono possibili e completa la tabella.
Scrivere
11. Racconta l’episodio narrato in questo brano utilizzando un narratore esterno e il discorso indiretto.
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It tO rI
Scr E&t tOrI
L EmILY brONtË: La FOrZa dELLa PaSSIONE
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il rOmaNZO SOCiale
Victor Hugo
Jean VaLJean
I miserabili, 1862 Lingua originale francese
Il voluminoso romanzo I miserabili, del grande scrittore francese Victor Hugo, racconta
le movimentate vicende di un gruppo di personaggi nella Parigi dell’epoca post-napo-
leonica, in un arco di tempo di quasi vent’anni. Hugo ritrae la società francese di un
periodo appena precedente a quello in cui egli scrive, ricostruendone con attenzione le
vicende politiche e mostrando particolare sensibilità per le storie dei miserabili, coloro
che appartengono agli strati più bassi della scala sociale, e che spesso sono finiti in
miseria per storie di vita accidentate e infelici. Tra questa umanità caduta nei bassifondi
della società si trova il male, la violenza, il delitto, ma anche il bene, la generosità, la
solidarietà e il sacrificio.
Al centro di una trama ricca e intricata c’è il personaggio di Jean Valjean, vero eroe dalla
vita romanzesca, nella quale si alternano sventure e fortune, miseria e ricchezza. Arrestato
in gioventù per il furto di un pane, finisce ai lavori forzati; riacquistata dopo lunghi anni
la libertà, è perseguitato per tutta la vita dal suo passato di forzato, anche quando, di-
ventato un cittadino facoltoso e rispettabile, si farà stimare e amare per la sua singolare
generosità. In queste pagine il narratore presenta il personaggio per la prima volta.
« L’IncIPIt
nel 1815 carlo Francesco Benvenuto myriel era vescovo di Digne. era
un vecchio di circa settantacinque anni. occupava il seggio episcopale
di Digne dal 1806.
Benché questo particolare non riguardi in alcun modo l’essenza del no
stro racconto, non è forse inutile, se non altro per esser esatti in tutto,
»
indicare qui le voci e le chiacchiere che erano corse sul suo conto al
momento del suo arrivo nella diocesi.
ciò che si dice degli uomini, sia vero o sia falso, occupa spesso nella loro
vita e soprattutto nel loro destino lo stesso posto di quello che fanno.
nel cuore della notte Jean Valjean si svegliò. Jean Valjean era d’una po á Il narratore presenta
vera famiglia di contadini della Brie1. nella sua fanciullezza non aveva il personaggio
di Valjean a partire
imparato a leggere. adulto, fece il potatore a Faverolles. Sua madre si chia da precise informazioni
mava Jeanne mathieu, suo padre Jean Valjean o Vlajean, probabilmente sulla sua famiglia
soprannome o contrazione di voilà Jean, «ecco Jean». d’origine
e sulla sua infanzia.
Jean Valjean era di carattere meditativo senza essere triste, ciò che è
proprio delle nature affettuose. nel complesso, almeno in apparenza, Jean
Valjean era poco sveglio e abbastanza insignificante. aveva perduto gio
vanissimo il padre e la madre. Sua madre era morta in seguito a una febbre
10 del latte2 mal curata. Suo padre, potatore come lui, s’era ucciso cadendo da
1. Brie: regione della Francia settentrionale, in cui 2. febbre del latte: febbre che può colpire le donne
si trova Faverolles, il piccolo paese dove lavora dopo il parto; nell’ottocento, a causa delle infe
Valjean. zioni mal curate, era frequente e spesso mortale.
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un albero. era rimasta a Jean Valjean solo una sorella più vecchia di lui,
vedova con sette figli tra maschi e femmine. Questa sorella aveva allevato
Jean Valjean, e sino a che ebbe il marito alloggiò e nutrì il giovane fratello.
Il marito morì. Il maggiore dei sette ragazzi aveva otto anni, l’ultimo
un anno.
Jean Valjean aveva allora appena compiuti i venticinque anni. Sostituì á Le poche righe che
il padre di famiglia e sostenne a sua volta la sorella che lo aveva allevato; riepilogano le azioni
e il modo di comportarsi
cosa che fece con semplicità come compisse un dovere, seppure con una del giovane Jean
certa rudezza. La sua giovinezza trascorreva così in un lavoro duro e mal Valjean sono importanti
20 retribuito. non gli si erano mai conosciute «innamorate» in paese. non per la caratterizzazione
del personaggio.
aveva avuto tempo di innamorarsi.
La sera ritornava stanco e mangiava la minestra senza dire una parola.
Sua sorella, mamma Jeanne, gli prendeva spesso dalla scodella il meglio
del pasto, un pezzo di carne, una fetta di lardo, il torso di un cavolo, per
darlo a qualcuno dei suoi figli. egli, continuando a mangiare, piegato sul
la tavola, colla testa quasi nella minestra, i lunghi capelli cadenti intorno
alla scodella sì da nascondergli gli occhi, sembrava non vedere e lasciava
fare. c’era a Faverolles, non lontano dalla capanna Valjean, dall’altra parte
della strada, una fattora di nome marieclaude. I bimbi Valjean, abitual á Il narratore dedica
30 mente affamati, andavano talvolta a farsi prestare, a nome della madre, particolare attenzione
alla presenza di bambini
una pinta3 di latte che bevevano dietro una siepe o in qualche svolta del affamati: quello delle
viale, strappandosi l’un l’altro la ciotola e così velocemente che le bambine condizioni miserabili
ne rovesciavano una parte sul grembiule e nel collo. La madre, se avesse dei bambini poveri
è uno dei motivi
avuto sentore di questa ladreria, avrebbe severamente punito i delinquen ricorrenti nel romanzo.
ti. Jean Valjean, brusco e brontolone, pagava, senza far sapere nulla alla
madre, la pinta di latte, e i ragazzi non erano puniti.
Guadagnava, nella stagione della potatura, ventiquattro soldi al giorno,
poi si impiegava come mietitore, come manovale, come garzone di stalla,
come uomo di fatica. Faceva tutto quello che poteva. Sua sorella anche
40 lavorava, ma che fare con sette bimbi piccoli? era un triste gruppo che á La miseria, la dura
la miseria avvolse e strinse a poco a poco. accadde che un inverno fosse realtà di chi è senza
pane e senza lavoro,
aspro. Jean non ebbe lavoro, la famiglia non ebbe pane. Senza pane. alla è al centro della storia;
lettera. Sette ragazzi! il narratore
Una domenica sera, maubert Isabeau, fornaio in piazza della chiesa a ne sottolinea
la drammaticità
Faverolles, stava coricandosi quando udì un violento colpo nella vetrina, a con una sequenza
grata e vetri, del suo negozio. Giunse in tempo a vedere un braccio attra rapida, che riecheggia
verso un buco fatto con un pugno nella grata e nel vetro. Il braccio prese il parlato.
un pane e lo portò via. Isabeau uscì in fretta, il ladro fuggì a tutta corsa.
Isabeau lo rincorse e lo fermò. Il ladro aveva buttato via il pane ma aveva
50 il braccio insanguinato. era Jean Valjean.
Questo successe nel 1795. Jean Valjean fu tradotto in giudizio per «fur
to con scasso di notte in una casa abitata». aveva un fucile del quale si
serviva meglio di qualunque tiratore ed era anche un po’ bracconiere;
3. pinta: unità di misura di capacità utilizzata poco più di mezzo litro, quella statunitense
per i liquidi; la pinta inglese corrisponde a a poco meno.
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una carretta, con la catena al collo. a tolone fu vestito con la casacca ros
sa10; si cancellò tutto quello che era stata la sua vita, anche il nome; non fu
più Jean Valjean, ma il numero 24601. che ne fu di sua sorella e dei sette
bambini? e chi si occupa di tutto ciò? che cosa ne è di un pugno di foglie
di un giovane albero segato alla base?
90 È sempre la stessa storia. Questi poveri esseri viventi, creature di Dio, á La riflessione
senza ormai alcun appoggio, senza guida, senza asilo, se ne andarono del narratore si estende
dalla disperata situazione
a caso, chi sa?, forse cia scuno per proprio conto, e s’immersero a poco della famiglia
a poco nella fredda nebbia in cui si sperdono i destini solitari, tetre te del protagonista
nebre nelle quali successivamente spariscono tanti ingegni sfortunati a una visione più ampia
e non meno triste
nella triste marcia del genere uma no. essi lasciarono il paese. Il cam della realtà sociale.
panile di quello che era stato il loro villaggio li dimenticò; il confine di
quello che era stato il loro campo li dimenticò; dopo qualche anno di
permanenza al bagno11 anche Jean Valjean li dimenticò. In quel cuore
dove c’era stata una piaga ci fu una cicatrice. ecco tutto. Una sola volta,
100 in tutto il tempo che passò a tolone, egli udì parlare di sua sorella. Fu,
credo, verso la fine del quarto anno di prigione. non so bene per quali
vie gli giunsero queste informazioni. Qualcuno, che li aveva conosciuti
al paese, aveva veduto sua sorella. essa dimorava a Parigi ed abitava in
una povera strada presso San Sulpizio, via del Gindre. non aveva con
sé che un bambino, l’ultimo. Dov’erano gli altri sei? essa stessa forse
non lo sapeva. tutte le mattine andava in una stamperia di via Sabot
n. 3, dove faceva la piegatrice e la legatrice. Bisognava esserci alle sei
del mattino, molto prima che facesse giorno, d’inverno.
nell’edificio della stamperia c’era una scuola dove conduceva il
110 suo piccolo che aveva sette anni. Soltanto, siccome essa entrava nella
stamperia alle sei e la scuola si apriva alle sette, bisognava che il fan
ciullo attendesse nel cortile almeno un’ora: d’inverno, un’ora di notte,
all’aperto.
non si permetteva che il bambino entrasse nella stamperia perché, si
diceva, dava noia. Gli operai, passando al mattino, vedevano quel po
vero esserino seduto per terra, pieno di sonno, e spesso addormentato
nell’ombra, rannicchiato e piegato sul suo cestino. Quando pioveva,
una vecchia donna, la portinaia, ne aveva pietà; l’accoglieva nel suo
bugigattolo dove non c’era che un lettuccio, un aspo12 e due sedie di
120 legno. Il piccolo dormiva là in un angolo, abbracciando il gatto per
avere meno freddo.
alle sette la scuola si apriva ed egli entrava. ecco quello che dissero
a Jean Valjean. Gliene parlarono un giorno; fu un momento, un lampo,
come una finestra bruscamente aperta sul destino di quegli esseri che
10. casacca rossa: era la divisa dei galeotti. si riferiva agli antichi bagni pubblici di co
11. bagno: bagno penale, termine con cui si indi stantinopoli, trasformati in prigioni di schia
cava lo stabilimento destinato all’esecuzione vi destinati a remare sulle navi (le galere).
della pena dei lavori forzati. Il termine si este 12. aspo: strumento di legno usato per avvolge
se in europa a partire dall’italiano bagno, che re il filo.
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aveva amato, poi tutto si richiuse; egli non ne intese più parlare e fu per
sempre. Più nulla seppe di loro, più non li rivide, né li incontrò, e nel
seguito di questa dolorosa storia non li ritroveremo più.
Verso la fine di quel quarto anno il turno di evasione di Jean Valjean
arrivò. I suoi compagni l’aiutarono come si suol fare in quel triste luo
130 go. evase. errò per due giorni in libertà, nei campi, se si può parlare di
libertà quando si è perseguitati, quando bisogna voltarsi ad ogni istan
te, trasalire ad ogni minimo rumore; aver paura di tutto, del tetto che
fuma, dell’uomo che passa, del cane che abbaia, del cavallo che galoppa,
dell’ora che suona, del giorno perché ci si vede, della notte perché non ci
si vede, della strada, del sentiero, dei cespugli, del sonno. La sera del se
condo giorno fu ripreso. non aveva né mangiato né dormito da trentasei
ore. Il tribunale marittimo13 lo condannò per questo reato a tre anni, il
che portò la sua pena a otto anni. Il sesto anno fu ancora il suo turno
di evasione; ne approfittò, ma non riuscì a fuggire. era mancato all’ap
140 pello. Fu sparato il colpo di cannone e durante la notte la ronda lo trovò
nascosto sotto la chiglia di un vascello in costruzione; oppose resisten
za ai guardiaciurma14 che lo afferrarono. evasione e ribellione. Questo
fatto, previsto dal codice speciale, fu punito con l’aggravamento di altri
cinque anni di cui due di doppia catena15. tredici anni. al decimo anno
il suo turno ritornò, e ne approfittò ancora. non gli riuscì meglio de
gli altri. tre anni per questo nuovo tentativo. Sedici anni. Infine, credo
durante il tredicesimo anno, fece un ultimo tentativo e non riuscì che a
farsi riprendere dopo quattro ore di assenza. tre anni per queste quattro
ore. Diciannove anni. nell’ottobre 1815 fu liberato; era entrato nel 1796 á La precisione con cui
150 per aver rotto una vetrina e preso un pezzo di pane. il narratore fa il conto
degli anni di pena
Facciamo posto a una breve parentesi. È la seconda volta che nel corso scontati da Valjean
dei suoi studi sulla questione penale e sulla condanna secondo la legge, impongono il confronto
l’autore di questo libro trova il furto di un pane come punto di partenza fra l’entità della pena
e quella del delitto
della rovina di un destino. claude Gueux aveva rubato pane, Jean Valje commesso.
an aveva rubato pane. Una statistica inglese constata che a Londra quat
tro furti su cinque hanno come movente immediato la fame. Jean Valje
an era entrato in galera singhiozzando e fremendo; ne uscì impassibile.
Vi era entrato disperato, ne uscì tetro. che cosa era avvenuto in á Il capitolo si chiude
quell’anima? con questa domanda
del narratore,
V. Hugo, I miserabili, trad. V. Piccoli, Biblioteca Universale rizzoli, milano 1998 che invita a riflettere
sulla trasformazione
che Valjean deve aver
subito nei lunghi anni
vissuti da forzato.
13. tribunale marittimo: tolone, dove Valjean 14. guardiaciurma: comandante delle guardie.
scontava la pena, è una città portuale e fa 15. doppia catena: i forzati considerati più peri
ceva parte dell’ambito territoriale di compe colosi o a maggior rischio di evasione veni
tenza di un tribunale marittimo. vano incatenati con doppia catena.
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analizzare e comprendere
1. In quale periodo si svolge la vicenda?
• Ci sono nel testo precisi riferimenti storici e/o cronologici?
2. Quanti anni della vita di Valjean riassume il narratore?
• A quale/i episodio/i dedica maggiore spazio?
• Sono presenti ellissi?
3. In quale tipo di famiglia era nato Valjean?
• Come era stata la sua infanzia?
• Con chi viveva quando aveva vent’anni?
• Che lavoro faceva?
• Per quale motivo infrange la legge la prima volta?
4. Il lettore conosce il personaggio di Valjean attraverso una presentazione mista. Individua quali infor-
mazioni sul personaggio dà il narratore in modo diretto e quali in modo indiretto e inseriscile in una
tabella.
• Quale immagine del personaggio emerge dal brano?
5. Individua nel testo gli interventi del narratore onnisciente.
• Individua un punto del testo in cui il narratore presenta la storia che sta raccontando come autenti-
ca, come realmente accaduta.
• Il narratore esprime giudizi o commenti?
riflettere
6. Ti sembra che il narratore presenti il personaggio di Valjean in modo soggettivo, oppure oggettivo e
imparziale? Motiva la tua risposta con opportuni riferimenti al testo.
7. Quali aspetti della società dell’epoca sono messi in evidenza da questo testo?
• Nel testo vengono confrontate la città e la campagna. Quale visione della città emerge da questo
confronto?
8. Questo brano che cosa fa capire delle idee di Victor Hugo sulla società del suo tempo?
9. Pensi che alcuni problemi sociali evidenziati dal testo siano ancora attuali oggi, in una realtà storica
diversa?
Scrivere
10. Attraverso la storia di Jean Valjean lo scrittore esprime le proprie idee in merito alla società del tempo.
Scrivi un testo espositivo di 200 parole circa sul seguente argomento: «Victor Hugo e il suo tempo».
(Per approfondire l’argomento puoi leggere la biografia dello scrittore a p. 3a dell’Appendice e la ru-
brica Scrittori & lettori, alla pagina seguente).
11. Immagina di essere nel 1815 e scrivi un articolo di cronaca per un giornale, sul ritorno in libertà di Jean
Valjean.
© EDIZIONI il capitello
It tO rI
Scr E&t tOrI
L VIctOr hUGO, IL rOmaNZO cOmE dENUNcIa
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Il lettore del romanzo novecentesco accompagna il personaggio nella sua indagine interiore e
spesso ne ascolta la narrazione dalla sua viva voce, dal momento che molti di questi romanzi sono
scritti in prima persona. Il lettore quindi non conosce più in modo oggettivo ciò che ai personaggi
accade e ha piuttosto l’impressione di addentrarsi insieme a loro in un mondo coinvolgente ma
anche complicato e confuso, in cui non è semplice trovare soluzioni chiare e certe. È il mondo
dell’uomo contemporaneo, che nel profondo sembra avere più domande e dubbi che risposte;
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che sperimenta una grande libertà, ma anche una grande inquietudine, che talvolta diventa smar-
rimento o addirittura angoscia. Così come la conoscenza della realtà non può essere che parziale
e soggettiva, il romanzo non può proporre modelli o certezze. Giacomo Debenedetti, studioso e
critico della letteratura novecentesca, ha scritto che la narrativa del Novecento assume quasi «un
carattere interrogativo» perché «l’uomo non sa più (o non sa ancora, non ha riappreso a capire) chi
è. Non lo sa perché è rotta la tregua fra lui e la società, fra lui e il mondo».
La produzione di romanzi dall’inizio del Novecento è vastissima, ed è impossibile illustrarne tutti
gli aspetti. Si possono, tuttavia, individuare alcune caratteristiche essenziali, che distinguono il ro-
manzo novecentesco da quello ottocentesco.
il personaggio novecentesco
Il romanzo novecentesco ha sviluppato alcuni temi di quello ottocentesco – come l’analisi dei
sentimenti, i rapporti personali e quelli sociali – e ne ha approfondito di nuovi, che derivano dalla
condizione storica e culturale di cui gli scrittori sono partecipi e testimoni. Diventano meno im-
portanti i dati oggettivi ed esteriori, come la ricostruzione dettagliata e realistica degli ambienti e la
narrazione esauriente dei fatti, e acquistano rilievo i contenuti soggettivi: l’intrecciarsi dei ricordi,
delle percezioni, dei diversi punti di vista dei personaggi.
La rappresentazione dell’«io»
Nei primi anni del Novecento l’interesse degli scrittori per la rappresentazione realistica e oggetti-
va del mondo esterno cede il posto a un fine espressivo diverso: rendere la complessità della realtà
attraverso la prospettiva soggettiva dell’individuo. Anziché cercare di raccontare la realtà com’è,
molti scrittori tendono a raccontare come essa viene vissuta, sentita e anche sofferta nel mondo
interiore, soggettivo, diverso per ciascuno. Per questo spesso è stato usato il termine «romanzo
psicologico» per indicare i romanzi novecenteschi centrati sulla rappresentazione dell’«io», del
mondo interiore dell’uomo.
Anche il romanzo dell’Ottocento aveva dato grande risalto alla psicologia dei personaggi, di cui il
narratore onnisciente conosceva e poteva riferire ogni pensiero, ogni stato d’animo. I personaggi
dei grandi romanzi ottocenteschi sono rimasti memorabili proprio perché caratterizzati psicologi-
camente con grande vivacità e realismo. Nel romanzo novecentesco cambia, tuttavia, il modo in
cui lo scrittore indaga sulla psicologia del personaggio e la rappresenta sulla pagina. Nella narra-
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Le tecniche narrative
Il romanzo novecentesco riflette anche con la sua
struttura il senso di precarietà e di smarrimento, la fine
di un mondo, l’impossibilità di decifrare la realtà.
All’evoluzione del romanzo sul piano dei contenuti
corrisponde una trasformazione delle tecniche narra-
tive; attraverso scelte nuove, talvolta sorprendenti per
i contemporanei, gli scrittori più originali ricreano sulla
pagina una percezione della realtà che segue gli an-
dirivieni della memoria, la varietà dei punti di vista,
l’inquietudine dei personaggi. Rispetto alla tradizione
del romanzo ottocentesco, gli scrittori compiono scelte
che riguardano i diversi elementi della narrazione, con
le quali tendono a comunicare proprio la complessità Pippo Oriani, Lo strano racconto, 1937.
e la mobilità del mondo interiore dei personaggi.
La
u trama
Le storie narrate spesso non hanno una trama ben definita, una conclusione riconosciuta che
appaghi la curiosità del lettore; esse rimangono piuttosto sospese, indecifrabili, aperte. La rigida
cronologia del romanzo realista viene sconvolta: il tempo diventa relativo, legato alla soggettività
del personaggio, il quale racconta spesso in prima persona i fatti non secondo l’ordine in cui sono
accaduti, ma piuttosto secondo l’importanza che la sua memoria vi attribuisce.
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il
u narratore e la focalizzazione
La realtà non è più rappresentata in modo unico, oggettivo, attraverso lo sguardo e la voce di un
narratore esterno, ma sempre più spesso attraverso le percezioni di un narratore interno o di un
personaggio.
Il narratore esterno «onnisciente» cede il posto a un narratore, esterno o interno, che ha una cono-
scenza limitata dei fatti, delle esperienze vissute dai personaggi; dalla focalizzazione zero, tipica dei
romanzi ottocenteschi, si passa spesso a una focalizzazione interna o mista. Il testo comunica al
lettore un’esperienza del mondo profonda ma parziale; non pretende di mostrare una realtà oggettiva
e sicura. Il narratore non guida più il lettore in una ricognizione dettagliata e compiuta di un mondo
di cui è possibile conoscere fatti e antefatti, rapporti fra i personaggi, discorsi e pensieri completi;
ora fa entrare il lettore in una realtà di cui si conoscono soltanto alcuni aspetti e che non è possibile
conoscere in modo oggettivo. L’assenza di un punto di vista univoco e certo sulla realtà rappresentata
è una caratteristica dell’opera di alcuni grandi maestri del primo Novecento, che sarà poi adottata
anche da molti scrittori successivi.
Lo
u spazio e il tempo
Tende a venire meno anche l’indicazione oggettiva dello spazio e del tempo in cui si svolge la storia
narrata. I luoghi spesso non sono introdotti da precise e dettagliate descrizioni, ma sono indicati con
riferimento al riflesso che hanno avuto nell’esperienza dei personaggi, e il lettore non ne ha necessa-
riamente un’idea chiara. Ma soprattutto è la rappresentazione del tempo a essere stata rivoluzionata.
Poiché quello che conta non sono i fatti, ma il riflesso che l’esperienza dei fatti ha nella mente,
nella psicologia del personaggio, il rapporto fra tempo della storia e tempo della narrazione può
variare moltissimo: il tempo della storia può essere lunghissimo, come avveniva già nei romanzi
dell’Ottocento, ma anche brevissimo; la narrazione può muoversi liberamente avanti e indietro nel
tempo, seguendo il filo dei pensieri e dei ricordi dei personaggi. Invece dei flashback tradizionali,
aperti e chiusi con chiarezza dal narratore, il lettore di romanzi del Novecento trova spesso un
«andirivieni» fra passato e presente, che segue le associazioni mentali del personaggio: immagini
del presente si intrecciano continuamente con i ricordi di momenti diversi del passato.
il
u personaggio
Anche il modo di rappresentare il personaggio si trasforma. A venire meno è la costruzione di
un personaggio di cui il lettore poteva avere la sensazione di conoscere tutto e avere un giudizio
chiaro. Il personaggio novecentesco non è rappresentato «a tutto tondo», con ricchezza di tratti
descrittivi e di dati biografici, ma in modo più frammentario. A volte è presentato nella sua interio-
rità, attraverso i diversi piani dei suoi ricordi, delle sue incertezze, della rappresentazione che dà
di se stesso; in altri casi è presentato attraverso i diversi punti di vista di altri personaggi, ciascuno
dei quali ne ha un’idea parziale e soggettiva.
Le
u parole e i pensieri dei personaggi
Lo scrittore non ricostruisce solamente la memoria lineare dei personaggi, che restituisce interi «capi-
toli» del passato, ma vuole riprodurre sulla pagina la memoria e, più in generale, la vita interiore nella
sua ricchezza e complessità. Ricorre quindi ad alcune tecniche di riproduzione delle parole e so-
prattutto dei pensieri dei personaggi che sono caratteristiche del romanzo contemporaneo: l’uso del
discorso indiretto libero, del monologo interiore e la presenza del flusso di coscienza consentono di
portare in primo piano non solo i pensieri dei personaggi, ma anche il modo in cui essi si affacciano
alla loro mente. Le parole del narratore finiscono spesso per confondersi con quelle dei personaggi,
attraverso cambiamenti linguistici a volte impercettibili.
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testimoniandone i problemi. Sono molti gli scrittori che narrano, nei romanzi come nei racconti,
storie che affrontano le questioni sociali e i drammi collettivi di un secolo segnato da due guerre
mondiali e da un continuo fermento di cambiamenti e di conflitti.
Nel periodo fra le due guerre mondiali in Italia e in Europa la narrativa americana diventò il modello
di una letteratura realistica in grado di rappresentare con efficacia la realtà quotidiana, i problemi e i
sogni della gente comune. In Italia la letteratura americana, ostacolata dal fascismo, nel dopoguerra fu
tradotta e pubblicata anche in edizioni economiche, ed ebbe una grande diffusione; contribuì non solo
a far conoscere molti scrittori statunitensi, ma anche a orientare l’opera di molti giovani scrittori, alla
ricerca di un modo di scrivere libero, essenziale, vicino alla realtà concreta. L’esigenza di raccontare la
realtà era particolarmente forte per gli scrittori italiani che, dopo gli anni del fascismo e della guerra, si
riconobbero in una letteratura che sapesse parlare dei tanti volti e dei tanti problemi, antichi e nuovi,
dell’Italia. In molti romanzi italiani della metà del secolo furono affrontati diversi temi legati alla realtà
sociale contemporanea: la guerra e le storie drammatiche legate alla storia recente; le disuguaglianze
sociali e le ingiustizie, le battaglie civili per una società più equa; il lavoro, visto come realtà opprimente
ma anche come strumento di emancipazione e di speranza in un futuro migliore.
Questi e altri temi, legati ai diversi contesti storici e culturali in cui sono vissuti e hanno lavorato scrittori
di tutti i paesi, si ritrovano in moltissimi romanzi che hanno arricchito la narrativa contemporanea. Il ro-
manzo ha continuato a esplorare e a ritrarre realisticamente le diverse esperienze individuali e collettive,
i rapporti umani nella loro molteplicità e nel loro intreccio con le condizioni sociali, storiche, culturali.
La dimensione realistica del romanzo contemporaneo, tuttavia, spesso si incrocia e coesiste con altri
aspetti di questa forma letteraria, da quella dell’analisi psicologica alla dimensione fantastica, ai diversi
modi in cui gli scrittori si sono liberamente avvicinati ai generi tradizionali della narrativa.
iL romanzo oggi
N egli ultimi cinquant’anni, con lo sviluppo dell’editoria e l’ampliamento del pubblico dei lettori,
il panorama della narrativa si è allargato; voci e temi diversi si sono intrecciati in modo sempre
più vario; scrittori e lettori di romanzi si incontrano oggi attraverso grandi distanze geografiche e
culturali. Tradotti in decine di lingue, alcuni scrittori e scrittrici sono diventati familiari a milioni di
lettori che vivono in continenti diversi.
Nelle opere degli autori contemporanei di romanzi si mescolano e si incrociano gli influssi di
esperienze, scelte tematiche e stile che hanno arricchito più di due secoli di storia di questa forma
letteraria tanto versatile e fortunata. Sarebbe impossibile delineare le tendenze del romanzo di
oggi, perché con il nome di «romanzo» esiste un’infinità di opere narrative diverse per genere, stile,
complessità, riferimenti culturali. È possibile tuttavia individuare alcune esperienze significative tra
quelle che hanno aperto nuovi orizzonti per il romanzo contemporaneo:
• il romanzo sperimentale degli anni Settanta, con cui alcuni scrittori inventavano nuovi modi di
«giocare» con gli elementi della narrazione, sottraendosi alle abitudini e alle aspettative dei lettori;
• il romanzo-inchiesta, in cui lo scrittore combina i caratteri del libro-inchiesta, che documenta
e denuncia situazioni reali, con la forma narrativa del romanzo;
• la graphic novel, o «romanzo grafico»; il termine inglese, affermatosi dagli anni Ottanta, indica
una narrazione a fumetti in cui la storia è lunga, articolata e compiuta come in un romanzo.
Nei suoi due secoli e mezzo di vita il romanzo ha rispecchiato l’evoluzione della realtà storica e
sociale in cui è nato; è cambiato profondamente e al tempo stesso è rimasto se stesso. La sua plasti-
cità, la sua possibilità di assumere contenuti, toni, stili tanto diversi, è la ragione della sua longevità
e della sua diffusione.
In epoche e paesi diversi, tra scrittori sempre alla ricerca di modi diversi di raccontare storie e
lettori sempre pronti a farsi catturare da un libro che racconta una storia, il romanzo continua a
costituire un luogo d’incontro privilegiato.
© EDIZIONI il capitello
1. Rumpelmayer: rumpelmayer & co., una ditta ghilterra, attraversata da un fiume e circondata
londinese di ristrutturazioni edilizie. dal verde; è anche oggi una meta turistica.
2. Bourton: BourtonontheWater è una cittadi 3. il furgone di Durtnall: Durtnall & co. era una
na situata nella parte sudoccidentale dell’In ditta londinese di trasporti.
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Una donna affascinante, pensò di lei Scrope Purvis (che la conosceva come
ci si conosce tra vicini a Westminster4); somigliava a un uccello, a una gazza
verdeazzurra, esile, vivace, malgrado avesse più di cinquant’anni, e le fossero
venuti tanti capelli bianchi dopo la malattia. Se ne stava posata lì, senza nep
nep
pure vederlo, in attesa di attraversare la strada, ben diritta.
Quando si vive a Westminster – da quanti anni ormai? più di venti – anche
in mezzo al traffico, o svegliandosi di notte, clarissa non aveva dubbi, prima
30 dei rintocchi del Big Ben5 si sentiva un silenzio particolare, una speciale solen
nità, un indescrivibile arresto, una sospensione (ma forse era semplicemente il
suo cuore, indebolito, dicevano, dall’influenza). ecco! rimbombò forte. Pri
ma un’avvisaglia musicale; poi l’ora, irrevocabile. I cerchi di piombo6 si dissol
sero nell’aria – come siamo sciocchi, pensò lei, attraversando Victoria Street7.
Dio solo sa perché ci piace tanto, perché la vediamo così, ce la inventiamo,
la fantastichiamo, la facciamo e disfacciamo ogni momento diversa; e così
fanno anche le donne più disgraziate, gli uomini più miserabili, buttati su un
marciapiede (inebetiti8 a forza di bere); e non ci sono atti del Parlamento che
tengano, proprio per questa ragione, ne era sicura: perché anche loro amano
40 la vita. negli occhi della gente, nel loro andamento lento, faticoso, nel chiasso
e nel frastuono, le carrozze, le automobili, i tram, i furgoni, gli uominisan
dwich9 che vanno avanti e indietro col loro passo strascicato e ondeggiante,
le bande e gli organetti; nel trionfo e nel tripudio10 e nel canto stranamente
acuto di un aereo, ciò che amava era: la vita, Londra, quell’attimo di giugno.
V. Woolf, La signora Dalloway, trad. n. Fusini, Feltrinelli, milano 1993
4. Westminster: il quartiere centrale di Lon ci come quelli che fa un sasso sulla superfi
dra, in cui si trovano i palazzi del Parla cie dell’acqua.
mento e l’abbazia di Westminster. 7. Victoria Street: via centrale di Londra, co
5. Big Ben: il nome propriamente si riferisce struita nella seconda metà dell’ottocento.
solo alla campana dell’orologio situato sul 8. inebetiti: istupiditi, resi privi di coscienza.
la torre delle Houses of Parliament, l’anti 9. uomini-sandwich: uomini che giravano
co edificio sede del Parlamento inglese; fa per le strade portando addosso un doppio
oggi riferimento all’insieme dell’orologio e cartello pubblicitario, davanti e dietro; era
della torre, celebre simbolo di Londra. una forma di pubblicità diffusa nei primi
6. cerchi di piombo: immagine figurata; il decenni del XX secolo.
suono della campana di piombo che batte le 10. tripudio: gioia intensa e profonda.
ore si propaga nell’aria, in cerchi concentri
r aCCOgliamO le iDee
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IL PErSONaGGIO
Dalla pagina il personaggio della signora Dal
loway emerge un po’ alla volta, dai frammenti
dei suoi pensieri, dallo sguardo di qualcuno
che la vede per strada: il lettore comincia a farsi
l’idea di una donna elegante, che sembra vive
re con consapevolezza e serenità la sua mattina
di giugno, nel centro di Londra, in mezzo alla
gente e in compagnia dei propri pensieri.
Virginia Woolf ricostruisce così sulla pagina
la ricchezza e la mobilità del mondo interio-
re, dell’incrociarsi di ricordi, riflessioni, im
magini, impressioni. alla scrittrice non preme
raccontare dall’esterno i fatti che riguardano i
personaggi, né descrivere i tratti che li carat
terizzano o gli ambienti in cui vivono; il suo
intento è quello di seguire con la parola scritta
i riflessi che fatti, esperienze, immagini della VIrGINIa E aLtrE dONNE
realtà esterna hanno nel mondo interiore dei Un film del 2002 riprende il titolo originaria
suoi personaggi. ne risulta una narrazione par mente pensato dall’autrice per il romanzo, The
ticolare, molto diversa da quella del romanzo hours. ritrae tre donne che, in epoche diver
«classico», ottocentesco. se, hanno un rapporto significativo con questo
libro: la prima è Virginia Woolf, che lo scrive
LE tEcNIchE NarratIVE mentre lotta contro la depressione; altre due
Delle esperienze vissute dalla signora Dalloway il donne, a distanza di decenni, ritrovano nel ro
lettore conosce quello che emerge alla coscienza manzo un motivo per riflettere sulla propria
della protagonista in questo attimo di giugno, e che vita e per ritrovare il senso di una propria con
è reso sulla pagina con la tecnica narrativa del mo- sapevolezza e autenticità.
nologo interiore. Questo modo di raccontare, che
fa di Virginia Woolf uno dei nomi più significativi
della narrativa novecentesca, caratterizza questo e
altri suoi romanzi, tra cui il celebre Gita al faro.
Il lettore è immesso in una narrazione in cui la
focalizzazione cambia a volte inavvertitamente.
Dall’incrociarsi dei punti di vista e dei flussi di
coscienza dei personaggi emerge una rappresen-
tazione dilatata e mobile del tempo. L’autrice
aveva inizialmente scelto come titolo The hours
(Le ore): mentre scorrono le ore di una giornata di
giugno, nella mente della signora Dalloway passa
un’infinità di ricordi e di impressioni, e intanto
intorno a lei altri vivono, pensano, ricordano.
In quelle ore sono «contenuti» i riflessi di molti
momenti che hanno lasciato una traccia nell’esi
stenza e nella coscienza. Sono momenti in cui il
tempo si dilata e la vita si riempie di significato.
Per questo clarissa Dalloway ha l’impressione
che intorno a lei vi sia trionfo e tripudio, anche se
è una mattina come tante. Vörös Géza, Nella stanza, 1930 circa.
In alto, la scrittice Virginia Woolf.
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il rOmaNZO NOVeCeNTeSCO
Italo Svevo
Una SeDUta SPIrItIca
La coscienza di Zeno, 1923
La coscienza di Zeno, il romanzo più riuscito e famoso di Svevo, racconta la storia di
Zeno Cosini; nella finzione narrativa la storia è raccontata da Zeno stesso, dopo che il
suo psicanalista lo ha invitato a riflettere su di sé e a scrivere i ricordi della propria vita.
La narrazione non procede in senso cronologico. Zeno rievoca i momenti che si sono
maggiormente impressi nella sua coscienza, seguendo il filo della memoria di esperien-
ze diverse: il rapporto con il padre, la lotta per smettere di fumare, l’amore, il lavoro.
L’episodio presentato qui fa parte del capitolo intitolato La storia del mio matrimonio;
conosciute le sorelle Malfenti, la piccola Anna, Augusta, Alberta e Ada, Zeno si è inna-
morato di quest’ultima, la più bella; invitato a una seduta spiritica egli spera di potersi
dichiarare alla ragazza e di essere preferito al suo «rivale» Guido. Lo sbaglio di Zeno, che
lo avvicina ad Augusta, si rivelerà fortunato; essa diventerà sua moglie e rappresenterà
la sicurezza e la salute per Zeno, che è preda invece di continui immaginari malanni,
sintomo della sua «malattia» interiore.
« L’IncIPIt
Io sono il dottore di cui in questa novella si parla talvolta con parole poco
lusinghiere. chi di psicoanalisi s’intende, sa dove piazzare l’antipatia che
il paziente mi dedica.
Di psicoanalisi non parlerò perché qui entro se ne parla già a sufficienza.
Debbo scusarmi di aver indotto il mio paziente a scrivere la sua autobiogra
fia; gli studiosi di psicoanalisi arricceranno il naso a tanta novità. ma egli
era vecchio ed io sperai che in tale rievocazione il suo passato si rinverdisse,
che l’autobiografia fosse un buon preludio alla psicoanalisi. oggi ancora la
mia idea mi pare buona perché mi ha dato dei risultati insperati, che sareb
bero stati maggiori se il malato sul piú bello non si fosse sottratto alla cura
»
truffandomi del frutto della mia lunga paziente analisi di queste memorie.
Le pubblico per vendetta e spero gli dispiaccia. Sappia però ch’io sono pron
to di dividere con lui i lauti onorarii che ricaverò da questa pubblicazione a
patto egli riprenda la cura. Sembrava tanto curioso di se stesso!
Fui salutato dalla voce di ada che nell’oscurità mi parve sensuale1. Sor
ridente, una carezza:
– S’accomodi, da quella parte e non turbi gli spiriti! – Se continuava così á Nel salotto dei Malfenti
io non li avrei certamente turbati. si sta preparando una
seduta spiritica. Zeno però
Da un altro punto della periferia del tavolino echeggiò un’altra voce, di è interessato non tanto
alberta o forse di augusta: alla seduta, quanto
– Se vuole prendere parte all’evocazione2 , c’è qui ancora un posticino a restare vicino a Ada.
libero.
Io ero ben risoluto di non lasciarmi mettere in disparte e avanzai risoluto
20 verso il punto donde m’era provenuto il saluto di ada. Urtai col ginocchio
contro lo spigolo di quel tavolino veneziano ch’era tutto spigoli. ne ebbi un
dolore intenso, ma non mi lasciai arrestare e andai a cadere su un sedile of
fertomi non sapevo da chi, fra due fanciulle di cui una, quella alla mia destra,
pensai fosse ada e l’altra augusta. Subito, per evitare ogni contatto con que
sta, mi spinsi verso l’altra. ebbi però il dubbio che mi sbagliassi e alla vicina di
destra domandai per sentirne la voce:
– aveste già qualche comunicazione dagli spiriti?
Guido, che mi parve sedesse a me di faccia, m’interruppe. Imperiosamente á Guido è presentato
gridò: come un uomo deciso,
che tende a comandare.
30 – Silenzio!
Poi, più mitemente:
– raccoglietevi e pensate intensamente al morto che desiderate di evocare.
Io non ho alcun’avversione per i tentativi di qualunque genere di spiare il á Zeno esprime un’opinione
mondo di là. ero anzi seccato di non aver introdotto io in casa di Giovan pacata e tipica
del suo carattere: non ha
ni quel tavolino, giacché vi otteneva tale successo. ma non mi sentivo di ob convinzioni precise,
bedire agli ordini di Guido e perciò non mi raccolsi affatto. Poi m’ero fatti ma non si oppone a
tanti di quei rimproveri per aver permesso che le cose arrivassero a quel punto nessun tipo di tentativo
degli altri di scoprire che
senz’aver detta una parola chiara ad ada, che giacché avevo la fanciulla ac cosa esista nell’aldilà.
canto, in quell’oscurità tanto favorevole, avrei chiarito tutto. Fui trattenuto
40 solo dalla dolcezza di averla tanto vicina a me dopo di aver temuto di averla
perduta per sempre. Intuivo la dolcezza delle stoffe tepide che sfioravano i
miei vestiti e pensavo anche che così stretti l’uno all’altra, il mio toccasse il
suo piedino che di sera sapevo vestito di uno stivaletto laccato. era addirittura
troppo dopo un martirio3 tanto lungo.
Parlò di nuovo Guido:
– Ve ne prego, raccoglietevi. Supplicate ora lo spirito che invocaste di
manifestarsi movendo il tavolino.
mi piaceva ch’egli continuasse ad occuparsi del tavolino. oramai era
evidente che ada si rassegnava di portare quasi tutto il mio peso! Se non
50 m’avesse amato non m’avrebbe sopportato. era venuta l’ora della chiarezza.
tolsi la mia destra dal tavolino e pian pianino le posi il braccio alla taglia4:
1. sensuale: l’aggettivo indica qualità che at bite dai martiri; il termine è usato in modo
traggono i sensi, che suscitano desiderio. scherzoso.
2. evocazione: evocazione degli spiriti, che nel 4. taglia: francesismo per taille, punto di vita;
corso della seduta spiritica sarebbero stati zeno fa scivolare il braccio intorno alla vita
evocati, richiamati dall’aldilà. della ragazza che crede sia ada.
3. martirio: grande sofferenza, come quelle su
© EDIZIONI il capitello
– Io vi amo, ada! – dissi a bassa voce e avvicinando la mia faccia alla á È la scena centrale
sua per farmi sentire meglio. dell’episodio: Zeno
nel buio si è dichiarato
La fanciulla non rispose subito. Poi, con un soffio di voce, però quella ad Augusta mentre
di augusta, mi disse: credeva di farlo ad Ada.
– Perché non veniste per tanto tempo?
La sorpresa e il dispiacere quasi mi facevano crollare dal mio sedile.
Subito sentii che se io dovevo finalmente eliminare quella seccante fan
ciulla dal mio destino, pure dovevo usarle il riguardo che un buon cava
60 liere quale son io, deve tributare alla donna che lo ama e sia dessa la più
brutta che mai sia stata creata. come m’amava! nel mio dolore sentii il
suo amore. non poteva essere altro che l’amore che le aveva suggerito di
non dirmi ch’essa non era ada, ma di farmi la domanda che da ada avevo
attesa invano e che lei invece certo s’era preparata di farmi subito quando
m’avesse rivisto.
Seguii un mio istinto e non risposi alla sua domanda, ma, dopo una
breve esitazione, le dissi:
– Ho tuttavia piacere di essermi confidato a voi, augusta, che io credo
tanto buona!
70 mi rimisi subito in equilibrio sul mio treppiede5. non potevo avere la á Zeno cerca in effetti
chiarezza con ada, ma intanto l’avevo completa con augusta. Qui non di ritrovare anche
un equilibrio emotivo
potevano esserci altri malintesi. nella confusa situazione
Guido ammonì di nuovo: in cui si è messo.
– Se non volete star zitti, non c’è alcuno scopo di passare qui il nostro
tempo all’oscuro!
egli non lo sapeva, ma io avevo tuttavia bisogno di un po’ di oscurità
che m’isolasse e mi permettesse di raccogliermi. avevo scoperto il mio
errore e il solo equilibrio che avessi riconquistato era quello sul mio sedile.
avrei parlato con ada, ma alla chiara luce. ebbi il sospetto che alla mia
80 sinistra non ci fosse lei, ma alberta. come accertarmene? Il dubbio mi
fece quasi cadere a sinistra e, per riconquistare l’equilibrio, mi poggiai
sul tavolino. tutti si misero ad urlare: – Si muove, si muove! – Il mio atto á Mentre le persone
raccolte intorno
involontario avrebbe potuto condurmi alla chiarezza. Donde veniva la a lui interpretano
voce di ada? ma Guido coprendo con la sua la voce di tutti, impose quel i movimenti
silenzio che io, tanto volentieri, avrei imposto a lui. Poi con voce mutata, del tavolino come
segno dell’avvenuta
supplice (imbecille!) parlò con lo spirito ch’egli credeva presente: comunicazione
– te ne prego, di’ il tuo nome designandone le lettere in base all’alfabeto con gli spiriti, a Zeno
nostro! interessa solo capire
dove sia Ada.
egli prevedeva tutto: aveva paura che lo spirito ricordasse l’alfabeto
90 greco.
Io continuai la commedia sempre spiando l’oscurità alla ricerca di ada.
Dopo una lieve esitazione feci alzare il tavolino per sette volte così che
la lettera G era acquisita. L’idea mi parve buona e per quanto la U che
seguiva costasse innumerevoli movimenti, dettai netto netto il nome di
Guido.
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non dubito che dettando il suo nome, io non fossi diretto dal desiderio á Zeno commenta
di relegarlo fra gli spiriti. ironicamente i propri
sentimenti nei confronti
Quando il nome di Guido fu perfetto, ada finalmente parlò: del rivale Guido.
– Qualche vostro antenato? – suggerì. Sedeva proprio accanto a lui. avrei
100 voluto muovere il tavolino in modo da cacciarlo fra loro due e dividerli.
– Può essere! – disse Guido. egli credeva di avere degli antenati, ma non
mi faceva paura. La sua voce era alterata da una reale emozione che mi
diede la gioia che prova uno schermidore quando s’accorge che l’avversa
rio è meno temibile di quanto egli credesse. non era mica a sangue freddo
ch’egli faceva quegli esperimenti. era un vero imbecille! tutte le debolezze
trovavano facilmente il mio compatimento, ma non la sua.
Poi egli si rivolse allo spirito:
– Se ti chiami Speier fa un movimento solo. altrimenti movi6 il tavoli
no per due volte. – Giacché egli voleva avere degli antenati, lo compiacqui7
110 movendo il tavolino per due volte.
– mio nonno! – mormorò Guido.
Poi la conversazione con lo spirito camminò più rapida. allo spirito fu
domandato se volesse dare delle notizie. rispose di sì. D’affari od altre?
D’affari! Questa risposta fu preferita solo perché per darla bastava movere
il tavolo per una volta sola. Guido domandò poi se si trattava di buone o
di cattive notizie. Le cattive dovevano essere designate con due movimen
ti ed io, – questa volta senz’alcun’esitazione, – volli movere il tavolo per
due volte. ma il secondo movimento mi fu contrastato e doveva esserci
qualcuno nella compagnia che avrebbe desiderato che le nuove fossero
120 buone.
ada, forse? Per produrre quel secondo movimento mi gettai addirittura
sul tavolino e vinsi facilmente! Le notizie erano cattive!
causa la lotta, il secondo movimento risultò eccessivo e spostò addirit
tura tutta la compagnia.
– Strano! – mormorò Guido. Poi, deciso, urlò:
– Basta! Basta! Qui qualcuno si diverte alle nostre spalle!
Fu un comando cui molti nello stesso tempo ubbidirono e il salotto fu
subito inondato dalla luce in più punti. Guido mi parve pallido! ada s’in
gannava sul conto di quell’individuo ed io le avrei aperti gli occhi.
130 nel salotto, oltre alle tre fanciulle, v’erano la signora malfenti ed un’al
tra signora la cui vista m’ispirò imbarazzo e malessere perché credetti á Nei confronti della zia
fosse la zia rosina. Per ragioni differenti le due signore ebbero da me un Rosina, sorella
del signor Malfenti,
saluto compassato. Zeno aveva commesso
Il bello si è ch’ero rimasto al tavolino, solo accanto ad augusta. era una in passato alcune gaffe,
nuova compromissione8, ma non sapevo rassegnarmi d’accompagnarmi per cui prova imbarazzo
in sua presenza.
a tutti gli altri che attorniavano Guido, il quale con qualche veemenza9
6. movi: muovi; in diversi casi nel testo è presente 8. compromissione: situazione compromet
la forma senza dittongo di alcune voci verbali. tente.
7. compiacqui: feci quello che gli avrebbe fatto 9. veemenza: impetuosità, irruenza.
piacere.
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spiegava come avesse capito che il tavolo veniva mosso non da uno spirito
ma da un malizioso in carne ed ossa. non ada, lui stesso aveva tentato di
frenare il tavolino fattosi troppo chiacchierino. Diceva:
140 – Io trattenni il tavolino con tutte le mie forze per impedire che si mo
vesse la seconda volta. Qualcuno dovette addirittura gettarsi su di esso per
vincere la mia resistenza.
Bello quel suo spiritismo10: Uno sforzo potente non poteva provenire á Zeno commenta
da uno spirito! ironicamente la posizione
di Guido, che crede negli
Guardai la povera augusta per vedere quale aspetto avesse dopo di aver spiriti, ma non che uno
avuta la mia dichiarazione d’amore per sua sorella. era molto rossa, ma spirito possa intervenire
mi guardava con un sorriso benevolo. Solo allora si decise di confermare con un colpo forte come
quello che aveva mosso
d’aver sentita quella dichiarazione: il tavolino.
– non lo dirò a nessuno! – mi disse a bassa voce.
150 ciò mi piacque molto.
– Grazie, – mormorai stringendole la mano non piccola, ma modellata á L’atteggiamento di Zeno
perfettamente. Io ero disposto di diventare un buon amico di augusta nei confronti di Augusta
sta cambiando: egli
mentre prima di allora ciò non sarebbe stato possibile perché io non so comincia ad apprezzare
essere l’amico delle persone brutte. ma sentivo una certa simpatia per la alcuni aspetti
sua taglia che avevo stretta e che avevo trovata più sottile di quanto l’avessi del suo comportamento
e anche del suo aspetto
creduta. fisico.
anche la sua faccia era discreta, e pareva deforme solo causa quell’oc
chio che batteva una strada non sua11. avevo certamente esagerata quella
deformità ritenendola estesa fino alla coscia.
160 avevano fatto portare della limonata per Guido. mi avvicinai al grup
po che tuttavia12 l’attorniava e m’imbattei nella signora malfenti che se ne
staccava. ridendo di gusto le domandai:
– abbisogna di un cordiale? – ella ebbe un lieve movimento con le
labbra: á Zeno si rallegra di aver
fatto fare a Guido
– non sembrerebbe un uomo13! – disse chiaramente. una brutta figura.
Io mi lusingai che la mia vittoria potesse avere un’importanza decisiva.
ada non poteva pensare altrimenti della madre14 . La vittoria ebbe su
bito l’effetto che non poteva mancare in un uomo fatto come son io. mi á Il narratore Zeno
conclude la narrazione
sparì ogni rancore e non volli che Guido soffrisse ulteriormente. certo il di questo episodio, che
170 mondo sarebbe meno aspro se molti mi somigliassero. gli ha dato la possibilità
di una vittoria sul rivale,
I. Svevo, La coscienza di Zeno, Dall’oglio, milano 1982 con un commento
autoironico sulla propria
generosità.
10. spiritismo: dottrina diffusa dalla seconda 12. tuttavia: ancora, tuttora.
metà dell’ottocento, secondo la quale sarebbe 13. Abbisogna … un uomo: zeno chiede ironica
possibile la comunicazione fra i viventi e gli mente se Guido abbia bisogno di un cordiale,
spiriti dei morti, attraverso particolari rituali un liquore alcolico, per riprendersi; la signora
e pratica, la più celebre delle quali è l’uso del malfenti replica che se ne avesse bisogno Gui
tavolino; lo spiritismo è sempre stato osteg do mostrerebbe una debolezza poco virile.
giato sia dalle religioni sia dalla scienza. 14. altrimenti della madre: in modo diverso dal
11. occhio … non sua: l’occhio strabico di la madre.
augusta.
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analizzare e comprendere
1. In che tipo di luogo e di ambiente sociale si svolge l’episodio?
• L’ambiente è descritto dettagliatamente o attraverso pochi elementi significativi?
2. Che cosa ha spinto Zeno ad accettare l’invito alla seduta spiritica?
• Zeno crede allo spiritismo?
• Da quali frasi del testo emerge il suo atteggiamento verso lo spiritismo?
3. In che situazione avviene la dichiarazione d’amore di Zeno?
• Da quali parole del testo si capisce che Zeno si è sbagliato?
• Che effetto ottiene Zeno con la sua dichiarazione?
• In che modo cerca di uscire dal malinteso che si è creato?
4. Zeno muove il tavolino di proposito o senza volerlo?
• Che risultato ottiene spostando il tavolino?
• Come termina la seduta spiritica?
5. Che atteggiamento ha Zeno nei confronti di Augusta?
• Come si comporta Augusta?
6. Individua nel testo le parole da cui emerge l’atteggiamento di Zeno nei confronti di Guido.
riflettere
7. Perché Zeno ricorda questo episodio come una propria vittoria?
8. Zeno rievoca questo episodio quando ormai è sposato da anni con Augusta. Indica quale stato d’ani-
mo emerge nel modo in cui egli rievoca questo episodio.
Un senso di malinconia
Il rammarico per avere perduto Ada, forse proprio per quell’errore
La sorpresa di aver scoperto dei pregi in Augusta
La consapevolezza del peso che il caso ha avuto sulla sua vita
Una certa confusione
L’orgoglio di aver saputo scegliere per il meglio
La soddisfazione di avere «battuto» il rivale
9. Spiega perché questo brano ha i caratteri del romanzo novecentesco.
• Quali temi sono presenti?
• Quali tecniche narrative?
• In che senso nella narrazione è presente la coscienza di Zeno?
Scrivere
10. Scrivi un testo espositivo-argomentativo di almeno 150 parole dal seguente titolo: «Zeno, personaggio
novecentesco».
11. Racconta l’episodio come avrebbe potuto raccontarlo Augusta nel suo diario.
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It tOrI
r
Sc E&t tOrI
L ItaLO SVEVO, La maLattIa E L’INEttO
al centro dei romanzi di Svevo c’è sempre un certo che Freud chiamò «il
tipo di personaggio: un uomo insicuro delle pro disagio della civiltà».
prie capacità e incerto nelle proprie scelte, che si
sente inadatto a vivere in un mondo in cui emer Di fronte a un per
gono, invece, individui decisi e pratici, come Gui sonaggionarratore
do nella Coscienza di Zeno. È il tipo umano che è che si analizza e rap
stato definito l’inetto: un anti-eroe, che si sente a presenta se stesso e il
disagio nel mondo contemporaneo, ma al tempo proprio rapporto con
stesso ne rivela le contraddizioni e la crisi. Lo stes il mondo in modo lu
so nome di zeno, italianizzazione del greco xenos, cido e ironico, i lettori
che significa «straniero», sottolinea questa estra non hanno la cer
neità rispetto alla vita e agli altri. tezza di una verità. I
fatti sono filtrati dai
L’originalità di Svevo è nell’aver rappresenta ricordi del protago
to in modo complesso e ironico questo tipo di nista, il cui ritratto è
personaggio e i suoi rapporti con la realtà. zeno una autorappresentazione soggettiva. non solo
riconosce nel proprio disagio una «malattia»: zeno sceglie che cosa dire e che cosa non dire di
Da molti anni io mi consideravo malato, affer sé, della propria vita, delle persone che ne fanno
ma all’inizio del romanzo. Per questo si rivolge parte, ma la rievocazione dei fatti è rivissuta attra
a uno psicoanalista, il dottor S.; in questa S si verso i dubbi, l’ironia, a volte il compiacimento del
può leggere l’iniziale di Svevo, ma anche di Sig protagonistanarratore, che commenta a distanza
mund, il nome di Freud, il fondatore della psico di anni i propri comportamenti.
analisi, alla quale Svevo si era interessato. Dopo Il lettore del romanzo conosce solo il punto di vi
avere seguito le indicazioni del dottore e avere sta di zeno; come zeno durante la seduta spiritica
quindi scritto la sua autoanalisi, zeno arriva non sa bene chi sia la ragazza che gli siede vicino,
però alla conclusione di non essere, dopotutto, così il lettore non sa bene chi sia e come sia davve
malato: nella parte finale del romanzo, scritta in ro zeno cosini.
forma di diario, egli dichiara di essere in perfet
ta salute e di aver capi I lettori di oggi, assai più di quelli dell’epoca di
to che, invece, a essere Svevo, trovano nell’opera innovativa di questo
malata è la società, è scrittore un ritratto dell’uomo contempora-
l’umanità. Il romanzo neo: un individuo spesso confuso, a disagio;
di Svevo appare quin con termine psicanalitico ormai entrato nell’uso
di non solo la rappre comune, un individuo nevrotico, che fatica cioè
sentazione attenta e a trovare un rapporto equilibrato con la realtà.
ironica di un «tipo» Svevo suggerisce ai suoi lettori che affrontare
umano, ma anche questa crisi richiede un’analisi che vada oltre la
una lucida indagine vita degli individui e si allarghi a una riflessione
sulle contraddizioni sul senso del mondo in cui viviamo. altrimenti,
del mondo contem come conclude zeno alla fine del romanzo, qua-
poraneo, su quello lunque sforzo di darci la salute è vano.
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il rOmaNZO CONTempOraNeO
Isabel Allende
cLara e BLanca
La casa degli spiriti, 1982 Lingua originale spagnolo
Tra i numerosi romanzi sudamericani che negli ultimi decenni hanno avuto diffusione in-
ternazionale, La casa degli spiriti ha riscosso un particolare successo fra i lettori di molti
paesi del mondo. La scrittrice cilena Isabel Allende racconta la lunga e intensa storia di
due famiglie, vista attraverso gli occhi di quattro personaggi femminili, che appartengono
a quattro generazioni: la bisnonna Nivea, la nonna Clara, la madre Blanca e la figlia Alba,
che vive negli anni Settanta, all’epoca del colpo di stato di Pinochet, che sconvolse la
vita del paese e che ha una parte significativa nel romanzo. La storia è raccontata da due
voci narranti che si alternano: quella di Alba, che racconta in terza persona la storia della
nonna Clara e del nonno Esteban, il quale interviene a raccontare alcuni episodi della vita
familiare dal proprio punto di vista. La rappresentazione realistica di luoghi, vicende sto-
riche, condizioni e conflitti sociali si intreccia nel libro all’invenzione di un universo molto
ricco di sentimenti intensi, di rapporti umani complessi, e a un elemento fantastico: Clara,
il personaggio femminile che è l’anima della casa e della storia, è in grado di leggere nel
futuro e di comunicare con gli spiriti del passato. Nel brano che segue sono presenti alcuni
dei personaggi centrali della storia: Clara e suo marito Esteban, la loro figlia Blanca e
Pedro Terzo Garcia, figlio di contadini, separato da Blanca dalle condizioni sociali e unito
«
a lei dalla forza dei sentimenti.
L’IncIPIt
Barrabàs arrivò in famiglia per via mare, annotò la piccola clara con la sua
»
delicata calligrafia. Già allora aveva l’abitudine di scrivere le sue cose più im
portanti e più tardi, quando rimase muta, scriveva anche le banalità, senza
sospettare che, cinquant’anni dopo, i suoi quaderni mi sarebbero serviti per
riscattare la memoria del passato e per sopravvivere al mio stesso terrore.
esteban trueba entrò in un periodo molto prospero. I suoi affari parevano á Esteban Trueba,
toccati dalla bacchetta magica. Si sentiva soddisfatto della vita. era ricco, il principale personaggio
maschile, è riuscito dal
così come se l’era imposto una volta. aveva la concessione di altre minie nulla a diventare un ricco
re, stava esportando frutta all’estero, fondò un’impresa di costruzioni e le proprietario; è un uomo
tre marie erano diventate la migliore azienda della zona. nelle province prepotente e violento, che
difende con spietatezza la
del nord il fallimento delle miniere di salnitro1 aveva gettato nella miseria sua proprietà, le Tre Marie,
migliaia di lavoratori. La famelica tribù di disoccupati, che trascinavano le ma ama molto la moglie
loro mogli, i loro figli, i loro vecchi in cerca di lavoro lungo le strade, era Clara, tanto diversa da lui.
finita per avvicinarsi alla capitale e lentamente aveva formato un cordone di
10 miseria intorno alla città sistemandosi in qualche modo, tra assi e pezzi di
cartone, in mezzo all’immondizia e all’abbandono. […]
1. salnitro: il nitrato di potassio, un sale usato fino a quando la polvere da sparo fu l’unico
come detergente, fertilizzante e componente esplosivo disponibile, cioè fino alla seconda
della polvere da sparo; i giacimenti esisten metà dell’ottocento.
ti nell’america del Sud ebbero importanza
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della magia, sicché Jaime e nicolas furono fatti entrare in un collegio in
glese vittoriano8, dove ogni pretesto era buono per calar loro i pantaloni
e prenderli a vergate sul sedere, specialmente Jaime che si beffava del
la famiglia reale britannica e a dodici anni era interessato alla lettura di
50 marx, un ebreo che provocava rivoluzioni in tutto il mondo. nicolas aveva
ereditato lo spirito avventuroso del prozio marcos e la tendenza a fare á Le parole sbrigative
oroscopi e a decifrare il futuro da sua madre, ma questo non costituiva un sul famoso economista
e teorico politico Marx
delitto grave nella rigida formazione del collegio, ma solo un’eccentricità, riportano il punto
ragion per cui il giovane venne picchiato meno di suo fratello. di vista di Esteban,
fieramente ostile
Il caso di Blanca era diverso, perché suo padre non interferiva nella sua a qualunque
educazione. Pensava che il suo destino era di sposarsi e di brillare in socie cambiamento sociale.
tà, dove la facoltà di comunicare con i morti, se veniva mantenuta sul tono
frivolo, avrebbe potuto essere un’attrattiva. Sosteneva che la magia, come
la religione e la cucina, era una faccenda eminentemente femminile e forse
60 per questo era capace di provare simpatia per le tre sorelle mora, mentre
detestava gli spiritati di sesso maschile quasi quanto i preti. Da parte sua
clara girava sempre con sua figlia attaccata alle sottane, la invitava alle se
dute del venerdì e l’allevò in stretta familiarità con gli spiriti, con i membri
delle società segrete e con gli artisti miserrimi ai quali faceva da mecena
te9. come aveva fatto con lei sua madre ai tempi del mutismo, portava ora á Da bambina Clara era
Blanca a visitare i poveri, carica di regali e di conforti. rimasta misteriosamente
muta per moltissimo tempo.
– Questo serve a tranquillizzarci la coscienza, figlia – spiegava a Blanca–. á L’attenzione per i problemi
ma non aiuta i poveri. non hanno bisogno di carità, bensì di giustizia. sociali è viva in tutti
i personaggi femminili
era a questo proposito che esplodevano le peggiori discussioni con del romanzo; Clara infonde
70 esteban, il quale aveva un’altra opinione in merito. nella figlia dei princìpi
– Giustizia! È giusto che tutti abbiano le stesse cose? I pigri le stesse dei di giustizia sociale
che avranno una parte
lavoratori? I tonti le stesse degli intelligenti? non succede neppure con gli significativa nella sua.
animali! non è questione di ricchi o poveri, bensì di forti e deboli. Sono
d’accordo sul fatto che tutti dobbiamo avere le stesse occasioni, ma questa
gente non fa alcuno sforzo. È molto facile tendere la mano e chiedere l’ele
mosina! Io credo nello sforzo e nella ricompensa. Grazie a questa filosofia
sono arrivato ad avere quello che ho. non ho mai chiesto un favore a chic
chessia e non ho commesso alcuna disonestà, il che prova che chiunque
può farlo. Io ero destinato a essere un povero cristo che trascriveva pra
80 tiche notarili. Quindi non accetterò idee bolsceviche in casa mia. andate
a fare la carità nei rioni popolari, se volete! Questo è giusto: è giusto per la
formazione delle signorine. ma non venitemi a dire le stesse stupidate di
Pedro terzo Garcia, perché non lo sopporterò!
era vero, Pedro terzo Garcia stava parlando di giustizia alle tre marie. á Il giovane figlio
era l’unico che osava sfidare il padrone nonostante le frustate che gli aveva del mezzadro, dell’uomo
di fiducia del padrone,
dato suo padre, Pedro Secondo Garcia, ogni volta che lo coglieva sul fatto. comincia a portare
nella tenuta le idee
di riforme sociali
8. vittoriano: appartenente al lungo regno 9. mecenate: l’atteggiamento di chi sostiene e che circolano nel paese.
della regina Vittoria, che, nata nel 1819, ri protegge gli artisti, come faceva il ricco ro
mase sul trono dal 1837 al 1901, anno della mano mecenate (68 a.c. 8 d.c.) all’epoca
sua morte. dell’imperatore augusto.
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Già da quando era molto giovane il ragazzo faceva viaggi senza permesso
fino in paese per procurarsi libri in prestito, leggere giornali e conversare
con il maestro della scuola, un comunista fervente che anni dopo avrebbe
90 ro ammazzato con una pallottola in mezzo agli occhi. Inoltre scappava di
notte al bar di San Lucas dove si riuniva con alcuni sindacalisti che ave
vano la mania di ricostruire il mondo tra un sorso e l’altro di birra, o col
gigantesco e magnifico padre José Dulce maria, un sacerdote spagnolo con
la testa piena di idee rivoluzionarie che l’avevano fatto relegare dalla com
pagnia di Gesù in quello sperduto angolo del mondo, ma nemmeno così
aveva rinunciato a trasformare le parabole bibliche in pamphlet socialisti10.
Il giorno in cui esteban trueba scoprì che il figlio del suo amministratore
stava introducendo letteratura sovversiva11 tra i suoi mezzadri12, lo chiamò
nel suo ufficio e davanti a suo padre gli diede una scarica di botte con la
sua frusta di pelle di serpente. Questo è il primo avvertimento, moccioso di
100
merda! – gli disse senza alzare la voce e guardandolo con occhi di fuoco. –
La prossima volta che ti trovo a molestarmi la gente, ti sbatto dentro. nella
mia proprietà non voglio rivoltosi, perché qui comando io e ho diritto di
circondarmi della gente che mi piace. tu non mi piaci, sicché già lo sai. ti
sopporto per tuo padre, che mi ha servito lealmente per molti anni, ma stai
attento, perché può finire molto male. Vattene!
Pedro terzo Garcia era uguale a suo padre, bruno, con i lineamenti
duri, scolpiti nella pietra, con grandi occhi tristi, capelli neri e dritti, ta
gliati a spazzola. aveva solo due amori, suo padre e la figlia del padrone, á Nel personaggio di Pedro
Terzo Garcia, il cui nonno
110 che aveva amato fin dal giorno in cui avevano dormito nudi sotto la tavola
e il cui padre hanno
della sala da pranzo, nella loro tenera infanzia. e Blanca non si era liberata servito fedelmente
dalla stessa fatalità. ogni volta che andava in vacanza in campagna e ar i padroni, si incrociano
due temi: quello
rivava alle tre marie in mezzo a un polverone provocato dalle automobili della rivendicazione
cariche di un caotico bagaglio, sentiva il cuore batterle come un tamburo di una maggiore
africano per l’impazienza e l’ansia. era la prima a saltar giù dal veicolo e giustizia sociale e quello
dell’amore per Blanca.
a mettersi a correre verso casa, e incontrava sempre Pedro terzo Garcia
nello stesso posto dove si erano visti la prima volta, in piedi sulla soglia,
seminascosto dall’ombra della porta, timido e accigliato13, con i suoi pan
taloni lisi14 , scalzo, i suoi occhi da vecchio che scrutavano la strada per ve
120 derla arrivare. I due correvano, si abbracciavano, si baciavano, ridevano, si
davano spinte affettuose e rotolavano a terra tirandosi i capelli e gridando
di allegria.
– alzati, piccola! Lascia stare quello straccione! – strillava la nana cer
cando di separarli.
– Lasciali stare, nana, sono bambini e si vogliono bene – diceva clara,
che ne sapeva di più.
10. pamphlet socialisti: opuscoli che diffonde vizio del padrone delle terre; il contratto
vano le idee di cambiamento sociale propu di mezzadria prevedeva propriamente che
gnate dai socialisti; pamphlet è un termine metà dei frutti del lavoro andassero al pro
inglese. prietario, metà al mezzadro.
11. sovversiva: rivoluzionaria, che mira alla 13. accigliato: con le sopracciglia aggrottate,
sovversione dell’ordine sociale; il termine con un’espressione cupa e pensierosa.
viene usato generalmente in senso negativo. 14. lisi: consumati; si dice di indumenti o di
12. mezzadri: contadini che lavorano a ser tessuti.
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che s’infilava ogni notte nel pollaio per rubare le uova e divorarsi i pulci
ni. Le galline avevano deciso che erano stufe di sopportare la prepotenza
della volpe, si erano organizzate per aspettarla, e quando era entrata nel
pollaio le avevano bloccato la strada, l’avevano circondata e le erano volate
addosso con tante beccate da lasciarla più morta che viva.
– allora si vide che la volpe scappava con la coda tra le gambe, inseguita
dalle galline – finì il vecchio.
Blanca rise della storia e disse che era impossibile, perché le galline nasco á Nel racconto del vecchio
180 no stupide e deboli e le volpi nascono furbe e forti, ma Pedro terzo non rise. il giovanissimo Pedro
Terzo riconosce il senso
rimase tutta la sera pensieroso, ruminando il racconto della volpe e delle di una possibilità
galline, e forse fu quello l’istante in cui il bambino cominciò a farsi uomo. di ribellione dei più
deboli nei confronti
I. allende, La casa degli spiriti, trad. a. morinoS. Piloto di castri, Feltrinelli, milano 1983 dei più forti; crescendo,
Pedro lotterà per
l’uguaglianza sociale.
analizzare e comprendere
1. Individua nel testo i personaggi presenti e indicane i tratti che li caratterizzano
(età, carattere, comportamento, condizione sociale).
riflettere
6. Che idea può farsi il lettore del personaggio di Clara?
7. Quali sono i rapporti fra la famiglia dei proprietari delle Tre Marie e la famiglia di mezzadri, i Garcia?
8. Individua i temi presenti in questo brano.
9. In queste pagine si parla anche della lettura di libri. Che ruolo ha la lettura in questa storia?
10. Rispetto alle questioni sociali, pensi che Blanca da adulta avrà posizioni simili a quelle della madre o
a quelle del padre? Motiva la tua risposta.
Scrivere
11. Scrivi un testo descrittivo di circa 150 parole dal titolo: «Ritratto di un personaggio femminile parti-
colare: Clara».
12. Scrivi un testo argomentativo di circa 200 parole dal titolo: «I sentimenti che nascono tra i bambini
hanno spesso una forza e una profondità pari a quelli provati dagli adulti».
© EDIZIONI il capitello
bis
NARRATIVA sez4 4bozza p.470-657.indd 594 17/02/11 16:35
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rIt tOrI
Sc Et tOrI
&
L ISabEL aLLENdE, La StOrIa E I SENtImENtI
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il rOmaNZO-iNCHieSTa
Roberto Saviano
KILLer Da FILm
Gomorra, 2006
La pubblicazione di Gomorra ha avuto risonanza internazionale. Tradotto in quarantatré
paesi, ha fatto conoscere il potere e le estese infiltrazioni in tutto il tessuto economico
italiano della camorra, un’organizzazione criminale nata nel XIX secolo.
L’autore ha adottato la forma del romanzo per rappresentare con agghiacciante realismo
la situazione in cui versa un’area della Campania, in cui il potere è gestito dalla malavita
organizzata. Il libro denuncia le molteplici attività economiche in cui sono coinvolti i clan
camorristici, ma indaga anche la loro mentalità, i modelli di vita ai quali conformano la
loro esistenza. I valori condivisi sono quelli della violenza, della sopraffazione, del rispetto
ferreo delle leggi imposte dal clan.
Nel brano è raccontata la storia di due ragazzi che mostrano il destino di tanti giovani
come loro: convinti che l’unica possibilità di realizzazione dei propri desideri sia l’adesione
«
ai clan della malavita, non comprendono la portata della loro rinuncia a una vita normale.
L’IncIPIt
Il container dondolava mentre la gru lo spostava sulla nave. come se stes
se galleggiando nell’aria, lo sprider, il meccanismo che aggancia il contai
ner alla gru, non riusciva a domare il movimento. I portelloni mal chiusi
si aprirono di scatto e iniziarono a piovere decine di corpi. Sembravano
»
manichini. ma a terra le teste si spaccavano come fossero crani veri. ed
erano crani. Uscivano dal container uomini e donne. anche qualche ra
gazzo. morti. congelati, tutti raccolti, l’uno sull’altro. In fila, stipati come
aringhe in scatola.
1. decrittare: interpretare un codice segreto. 4. veterano: persona che lavora da molto tempo
2. Cosimo Di Lauro: uno degli esponenti del in un determinato settore.
clan Di Lauro, arrestato insieme ai fratelli. 5. Tarantino: Quentin tarantino; regista dei
3. The Crow: film del 1994 diretto da alex Pro film Le iene (1992) e Pulp Fiction (1994) che
yas; l’attore Brandon Lee interpreta un mu racconta con un linguaggio violento storie di
sicista rock che ritorna dal mondo dei morti. gangster e di malavita.
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sbilenca, messa di piatto. Sparano con la pistola storta, come nei film, e
questa abitudine crea disastri. Sparano al basso ventre, all’inguine, alle
gambe, feriscono gravemente senza uccidere. così sono sempre costretti
a finire la vittima sparando alla nuca. Un lago di sangue gratuito6, una
barbarie del tutto superflua ai fini dell’esecuzione.
Le guardaspalle delle donne boss sono vestite come Uma thurman7 in
Kill Bill: caschetto biondo e tute giallo fosforescente. Una donna dei Quar
20 tieri Spagnoli8, Vincenza Di Domenico, per un breve periodo collaboratrice
di giustizia, aveva un soprannome eloquente, nikita9, come l’eroina killer
del film di Luc Besson. Il cinema, soprattutto quello americano, non è visto
come il territorio lontano dove l’aberrazione10 accade, non come il luogo
dove l’impossibile si realizza, ma anzi come la vicinanza più prossima. […]
In maniera mnemonica ripetevano mimando tra loro i dia loghi de Il
camorrista11 anche due ragazzini di casal di Principe12 , Giuseppe m. e
romeo P. Facevano vere e proprie scenette tratte dal film:
«Quanto pesa un picciotto13? Quanto una piuma al vento».
non avevano ancora la patente quando iniziarono a assediare le comiti
30 ve di coetanei di casale e San cipriano d’aversa. non ce l’avevano perché
nessuno dei due aveva diciotto anni. erano due bulli. Spacconi, buffoni,
mangiavano lasciando come mancia il doppio del conto. camicia aperta
sul petto con pochi peli, una camminata declamata ad alta voce14 , come se á Il narratore descrive
ogni passo dovesse essere rivendicato. meno alto, un’ostentazione di sicu i due ragazzi
con pochi efficaci
rezza e potere, reali solo nella mente dei due. Giravano sempre in coppia. tratti, sia esteriori
Giuseppe faceva il boss, sempre un passo avanti rispetto al compare. ro che psicologici.
meo faceva il suo guardaspalle, la parte del braccio destro, l’uomo fedele.
Spesso Giuseppe lo chiamava Donnie, come Donnie Brasco15. anche se
era un poliziotto infiltrato, il fatto che diventi un mafioso vero, nell’ani
40 ma, lo salva, agli occhi degli ammiratori, da quel peccato originale. ad
aversa facevano tremare i neopatentati. Preferivano le coppiette, tampo
navano l’auto con il motorino, e quando scendevano per raccogliere i dati
per l’assicurazione, uno dei due si avvicinava alla ragazza, le sputava in
faccia e aspettavano che il fidanzato reagisse per poterlo pestare a sangue.
I due sfidavano però anche gli adulti, anche quelli che contavano davve
ro. andavano nelle loro zone d’influenza e facevano ciò che volevano.
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16. racimolata: recuperata, messa insieme. ezechiele, autore del Libro di Ezechiele del
17. blaterava: diceva parlando a casaccio. la Bibbia, in cui è invece scritto: «Farò su
18. cresima: sacramento con cui viene confer di loro terribili vendette, castighi furiosi,
mata la fede, alla quale il cresimato era sta e sapranno che io sono il Signore, quando
to introdotto con il battesimo. eseguirò su di loro la vendetta».
19. smozzicando … frasi: prendendo alcuni 22. salienti: più importanti.
pezzi di frasi. 23. «Ehi … ce l’hai con me?»: la frase viene ri
20. Jules Winnfield: personaggio di Pulp Fic- petuta dal protagonista del film Taxi Driver
tion, lavora nella gang di marcellus Wallace. (1976) di martin Scorsese, interpretato da
21. Ezechiele: il passo recitato è di fantasia robert De niro, in un monologo davanti
e non corrisponde alle parole del profeta allo specchio, con la pistola in mano.
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24. alterchi: liti violente. 28. gavetta: periodo di inizio di una carriera, in
25. paternalistica: che si mostra benevolente cui si impara il lavoro; la gavetta è un reci
verso qualcuno che è inferiore, ribadendo piente di metallo per il rancio dei soldati.
così la propria generosità e superiorità. 29. in completa antitesi: in totale contrapposi
26. «mazziatone»: una scarica di botte, in dia zione, differenza.
letto napoletano; una punizione severa. 30. erano affiliati: non facevano parte del clan.
27. Tony e Manny in Scarface: tony montana, 31. dazio: somma dovuta allo Stato per l’in
un boss del narcotraffico, e il suo amico gresso o l’uscita di una merce dal territorio;
manny sono protagonisti del film Scarface qui significa che obbligavano i benzinai a
del 1983, diretto da Brian De Palma, rifaci dare loro la benzina gratuitamente.
mento dell’omonimo film di Howard Hawks
del 1932, che inaugurò il genere gangster.
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32. spartani: gli spartani erano addestrati alla conta la vita dei corleone, una potente fami
guerra sin da ragazzi, e andavano in guerra glia mafiosa di new York.
cercando di emulare i grandi eroi. 34. dirigenza: gruppo che dirige l’organizzazio
33. Quei bravi ragazzi: film di martin Scorsese ne di Cosa Nostra, la mafia.
del 1990; racconta la vita della mafia ameri 36. Al Pacino: al Pacino in Scarface interpreta
cana attraverso gli occhi di Henry Hill, un tony montana, che, ucciso da un killer, cade
ragazzo che ne entra a far parte insieme agli dal balcone nella piscina; Joe Pesci è tommy
amici Jimmy conway e tommy De Vito; Il De Vito nel film Quei bravi ragazzi.
Padrino (1972) di Francis Ford coppola rac
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analizzare e comprendere
1. Distingui nei comportamenti dei due ragazzi:
– gli atteggiamenti esteriori – gli atti di sopraffazione nei confronti degli altri.
• Quali aspetti della loro personalità riflettono questi comportamenti?
2. Perché Giuseppe e Romeo non avevano cercato di entrare a far parte del clan?
• Che cosa comunque mancava loro per poter essere affiliati?
3. In che cosa i camorristi imitano i criminali dei film hollywoodiani?
• Quale differenza esiste secondo il narratore tra cinema e realtà?
4. Quali informazioni sulla camorra e sulla sua organizzazione vengono date nel brano?
5. Individua gli interventi del narratore.
riflettere
6. Perché il clan non tollera il comportamento dei due ragazzi e decide di ucciderli?
7. Che cosa vogliono ottenere Giuseppe e Romeo attraverso i loro atteggiamenti e i loro comportamenti?
Puoi indicare tre risposte.
diventare ricchi
essere rispettati
entrare nel clan
essere temuti
essere ammirati
piacere alle ragazze
incutere paura
dimostrare la loro superiorità
....................................
8. Perché prima di sparare i due ragazzi ripetono le parole pronunciate da un attore in Pulp Fiction, che
richiamano quelle di Ezechiele nella Bibbia?
Le parole bibliche danno maggiore solennità ai loro gesti
Così si immedesimano appieno nel personaggio del film
Ne condividono i concetti
Pensano che anche la Bibbia approvi il loro comportamento
9. Il narratore definisce Giuseppe un perdente. Sei d’accordo? Motiva la tua risposta.
10. Giuseppe M. e Romeo P. sono realmente esistiti; la loro storia non è inventata. Come fa lo scrittore a
farne due personaggi da romanzo? Puoi indicare tre risposte.
Esprime pietà nei loro confronti
Usa un linguaggio ricercato
Racconta anche i loro pensieri
Affida la narrazione della loro storia a un narratore
Ricostruisce anche con la fantasia
Fa un ritratto dei loro caratteri
il loro incontro con gli esponenti del clan
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
11. Che cosa vuole dimostrare il narratore attraverso la storia di Giuseppe e Romeo?
• Quale è la sua opinione sulla vicenda di Giuseppe e Romeo?
Scrivere
12. Scrivi un articolo per un giornale raccontando la storia di Giuseppe e Romeo. Segui la seguente scaletta:
– ritrovamento dei cadaveri e indagini sull’omicidio;
– breve ricostruzione della storia dei due ragazzi;
– valutazione della vicenda.
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It tO rI
Scr E&t tOrI
L rObErtO SaVIaNO,
IL rOmaNZO-INchIESta
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VERIFICA FORMATIVA
Thomas Mann
Hanno BUDDenBrooK
I Buddenbrook, 1901 Lingua originale tedesco
Il voluminoso romanzo I Buddenbrook, dello scrittore tedesco Thomas Mann, narra la storia
di un’agiata famiglia di commercianti di Lubecca, rappresentata prima nel momento del suo
splendore e poi in quello della sua lenta ma inesorabile decadenza. La storia copre un arco
di tempo che va dal 1835 al 1875, durante il quale i valori che avevano portato il caposti-
pite Johann a diventare l’uomo più ricco della città lentamente si modificano e si perdono,
lasciando il posto a un modo di sentire la vita più sofferto e complesso, inconciliabile con
l’attività economica e l’etica borghese, centrata sul senso pratico e sull’intraprendenza.
La parabola discendente si compie con il personaggio del piccolo Hanno (diminutivo di
Johann), che eredita dal padre Thomas un senso di inquietudine e di estraneità all’attività
familiare e dalla madre Gerda la passione e la disposizione per la musica.
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7. Pasqua: l’anno scolastico terminava a Pa 9. elusiva: quasi sfuggente; lo sguardo di Han
squa; oggi in Germania il calendario sco no non è aperto e diretto.
lastico è diviso in due semestri e varia da 10. dente sospetto: un dente cariato; la lingua
regione a regione. Hanno frequenta l’equi tende a indugiare su quelle parti della boc
valente della Scuola secondaria di 1° grado. ca che possono far male, quasi per cercare
8. eloquente: convincente. di alleviarne il dolore.
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l’olio di fegato di merluzzo11, quel buon olio giallo, grasso, densissimo, che
bisognava prendere due volte al giorno con un cucchiaio di porcellana; e
per ordine preciso del senatore, Ida Jungmann12 vegliava con affettuosa
70 severità a che ciò avvenisse puntualmente. In principio Johann rigettava
dopo ogni cucchiaiata, e sembrava che il suo stomaco non volesse saperne
di accogliere quell’ottimo rimedio; ma finì per abituarsi, e se subito dopo
averlo inghiottito masticava un pezzetto di pane di segala13 trattenendo il
fiato, la nausea si calmava alquanto.
tutti gli altri disturbi non erano che conseguenze di quella scarsità di
globuli rossi, «fenomeni secondari», come diceva il dottor Langhals con
templandosi le unghie. ma anche quei fenomeni secondari dovevano es
sere combattuti senza misericordia.
t. mann, I Buddenbrook, trad. a. rho, einaudi, torino 1980
11. olio … merluzzo: per il suo alto contenuto 12. Ida Jungmann: la governante di Hanno.
di vitamine è stato a lungo usato come ri 13. segala: segale; è un cereale con cui si fa un
costituente. pane scuro molto comune in Germania.
VeriFiCare le COmpeTeNZe
analizzare e comprendere
1. A che tipo di famiglia appartiene Hanno?
2. Quali tratti del personaggio di Thomas Buddenbrook sono presentati nel testo?
• Quale atteggiamento ha verso il figlio? Quali speranze ripone in lui?
3. Il ritratto di Hanno è costruito attraverso tratti fisici e psicologici. Individuali nel testo.
• Quale immagine di Hanno emerge dal testo?
• Quali aspetti del suo carattere lo differenziano dal padre e dai suoi compagni?
4. Il padre a che cosa attribuisce l’inclinazione del figlio per la musica e la sua scarsa riuscita negli studi?
• A che cosa vengono attribuiti dal dottore i segni di diversità di Hanno?
5. I pensieri di Thomas Buddenbrook sono riportati con diverse tecniche. Individua quali.
riflettere
6. Osserva e spiega come nel brano siano continuamente contrapposti i concetti di forza e di debolezza.
7. Il futuro di Hanno non sembra quello del brillante uomo d’affari, quanto piuttosto quello dell’artista.
Quale concezione dell’artista emerge dal suo ritratto?
8. Quali caratteristiche del personaggio novecentesco riconosci in Hanno Buddenbrook?
9. Quale aspetto della società del primo Novecento Thomas Mann ritrae nei personaggi di Thomas Bud-
denbroock e di suo figlio?
L’affermazione dei valori borghesi
La crisi dei valori borghesi
Il consolidamento dei valori borghesi
La crisi della famiglia borghese
Scrivere
10. Scrivi un testo descrittivo di 200 parole dal titolo: «Hanno Buddenbrook, personaggio novecentesco».
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rea lt à
&
z ione
fin
La morte del romanzo è un tema che viene periodicamente resuscitato, proprio come il
romanzo, che, quando sembra scomparso, trova invece sempre motivi per una nuova vita.
L’articolo di Romagnoli esamina i possibili futuri del romanzo, per altro già ampiamente
anticipati nel presente, e arriva alla conclusione che ci sarà sempre spazio per questa for-
ma narrativa, in quanto il desiderio di raccontare e di ascoltare storie fa parte dell’uomo.
1. anatomopatologia: branca della medicina aderenti alla realtà, quali la biografia, il re
che studia le malattie attraverso l’analisi dei portage, il diario. La fiction veniva ritenuta
tessuti e delle cellule prelevate dal paziente. inutile, in quanto, secondo il movimento
2. maggiorate: tipo di donne dalle forme pro fattografico (19271930), l’immaginario si
sperose e provocanti, di moda negli anni era ormai concretizzato nella nuova realtà
cinquanta. socialista e i sogni erano diventati fatti reali.
3. parodia: caricatura comica. Il realismo socialista era un movimento ar
4. La morte del romanzo: saggio in cui l’autri tistico nato in Unione Sovietica con lo scopo
ce, maria zalambano, esamina la sorte del di celebrare l’operato e la funzione del Partito
romanzo nell’Unione Sovietica nel periodo comunista.
successivo alla rivoluzione, quando si cer 5. questo: il mondo socialista creato con la ri
cò di sostituire il romanzo con generi più voluzione.
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