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Introduzione
I miti e le leggende non vengono prese sul serio, spesso provocano riso e così gli attributi
“scientifico\non scientifico” diventano “serio\divertente”. In altri casi portano sono avvolti da oblio,
si vedano per esempio Nietzsche, l’opera del Cristianesimo, l’eccessiva importanza che viene data
alla mitologia greca.
Con il termine “nordico” intendiamo l’insieme abbastanza omogeneo di culture che da un periodo
(III millennio a.C.) hanno conservato notevoli tratti comuni.
Le fonti possono essere archeologiche o scritte, nell’ultimo caso si vedano i compendi islandesi
del XII sec che sono l’Edda in prosa o poetica.
Natura e miti
Uno dei primi abitanti dell’universo fu MUNDILFARI che ebbe due figli: un maschio e una
femmina. Erano molto belli con colorito rosso e guance paffute. Il padre orgoglioso decise che i
due figli avrebbero dovuto avere due nomi fighi: la fanciulla fu Sol e il maschio Mani (luna).
Ma gli dei avevano già creato il sole da una favilla incandescente, dovevano punirli. Sol, sposa di
Glenir (splendore) fu presa e mandata a guidare il carro che portava il sole, trainato da due
possenti destrieri ARVARKR (prima veglia) e ALSUIDHR (supremo nella forza\molto saggio). Un
portentoso mantice provvedeva a raffreddare i ventri dei cavalli. Ogni giorno Sol va col carro da
Est verso Ovest inseguita da un lupo spaventoso Skoll (il traditore). Il lupo nacque in una foresta
ad oriente di Midhgard, la foresta di ferro, da una strega orribile che oltre a lui generò un casino
di bestie fameliche.
A Mani fu affidato il carro della Luna. Ma Mani si sentiva solo e così rapì Bil e Hinki, due
bambini che stavano guardando la luna dal riflesso di un pozzo, questi furono legati al carro (i
mari lunari). Per questo i vecchi raccontano ai nipoti la storia perché non cadano nei pozzi.
Anche Mani era inseguito da una bestia della strega, il lupo Hati (odio\nemico). Uno dei primi
giganti dello Jöthunheim fu Nörfi che aveva una figlia di una bellezza selvaggia chiamata Nott
(notte), affascinante e terrificante nello stesso tempo, con carnagione scurissima e capelli neri.
Nott sposò Naglfari (oscurante) e dalla loro unione nacque Audhr (spazio – inteso come universo).
Ma non si accontentò di un marito e sposò anche Annarr (secondo) dal quale ebbe una figlia
chiamata JÖrdh (terra).
Nott non trovando l’anima gemella trascorreva notti inquiete fino a che conobbe Dellinrgr (giorno
di primavera) e se ne innamorò. La coppia rappresentava il sogno mai realizzato dell’unione degli
opposti.
I due fecero un figlio, Dagr (giorno). Gli dei si vollero congratulare per la bellezza del figlio e
regalarono alla coppia cavalli e un carro ricchissimo. I due cavalli erano così veloci da fare il giro
del globo in dodici ore Nott chiamò il suo Hrimfaxi (gelida criniera), la sua bava è la rugiada
mattutina.
Non appena arriva Nott si lancia al galoppo Dagr con Skinfaxi (luminosa criniera).
Tyr: Il monco
Il suo nome risale alla stessa radice indo-europea di <<cielo splendente>>, in origine doveva
essere il più importante degli Asi, avendo funzioni divine simili a Zeus e Iuppiter. Posteriormente,
all’epoca della formazione dei nomi della settimana nordica, divenne un dio della guerra,
identificato in marte. Tuesday->dies martis.
Nei momenti angosciosi prima di una battaglia i guerrieri rivolgevano i loro ultimi pensieri a Tyr,
il signore della battaglie, nume tutelare della giusta vittoria. Incidevano inoltre sulle else delle
spade e delle lance le rune del nome divino: segni indecifrabili per i non iniziati, ma dotati di un
potere immenso. Su quelle armi i guerrieri di chinavano pronunciando 3 volte il nome di Tyr. Tyr
era però il supremo protettore della guerra intesa come estrema soluzione di una contesa tra
due parti. Era anche il dio del diretto, inteso come scontro armato. I litiganti infatti fissavano un
luogo e una data della battaglia. Perciò le guerre erano spesse definite <<duelli giudiziari>> chi
vinceva era dalla parte della ragione, della giustizia.
I romani ben interpretarono le sue funzioni chiamandolo Mars Thingus <<Marte del thing>>
l’ìassemblea popolare intrisa di foia guerresca dove si dibattevano questioni giuridiche. Nel thing
si brandivano lunghe lance, che venivano alzate e abbassate in senso di assenso o dissenso.
Spesso però le questioni venivano risolte sul campo di battaglia che gli antichi preti nordici
chiamavano Schwertding <<Il thing delle spade>>, nel quale Tyr scriveva col sangue dei venti la
sua sentena.
Per dimostrare il coraggio e l’abnegazione del dio infatti, aveva perso la mano destra diventando
mondo, proprio come Odino perse un occhio, sena il pur minimo lamento. Agli inizi dei tempi
Loki, il dio degli inganni, generò con Angrbodha (la sinistra portatrice di male) lo spaventoso
Fenrir. Questo ultimo provocava terrore negli dei e solo Tyr aveva il coraggio di dargli da
mangiare e questo divenne enorme. Giravano poi profezie su di lui a proposito della fine dei
tempi (vd. Odino). Gli dei si riunirono in consiglio e decisero di legarlo ed esiliarlo in un posto
quanto più remoto dai territori divini. Odino in persona si occupò della accenda facendo
fabbricare dai suoi fabbri una catena robustissima con maglie di ferro spesse e pesanti. Gli Asi
portando la catena Loedhingr con loro convinsero Fenrir a farsi legare per provare la sua forza,
ma questo si liberò con un unico piccolo strattone, spinse via la catena con un ghigno beffardo.
Gli dei commissionarono una catena ancora più robusta che poteva dirsi un capolavoro di solidità.
Mostrarono la catena Dromi a Fenrir e questo ultimo pensò di non sottoporsi alla prova temendo
di essere fottuto. Sembrava sconfitto, ansimava vistosamente sotto gli anelli ma incanalando tuta
la sua forza spezzò la catena! I pesanti frammenti volarono intorno cadendo accompagnati da
fragorosi boatti e scavando profonde cavità. Per questa leggenda si formarono i seguenti modi di
dire nordici <<liberarsi da loedhingr>> o <<sciogliersi da dromi>>.
Odino allora pensò di ricorrrere alle sottili arti magiche e mandrò un suo messo nella
Suartalfheim, il regno degli elfi scuri, gli gnomi abitatori delle viscere della terra. Qui uno gnomo
esperto di sortilegi confezionò Gleipnir, un laccio apparentemente fragilissimo, soffice e liscio come
seta frusciante. Era fatto di 6 materiali: il rumore del passo di un gatto, i peli della barba di una
donna, le radici di una montagna, i tendini di un orso, il respiro di un pesce e infine lo sputo di
un uccello.
A quel tempo la belva si aggirava sull’isola Lyngi, proprio al centro del lago Amsuatnir, gli dei
riproposero la sfida, ma Fenrir intuendo il tranello proferì che si sarebbe fatto incatenare solo se
un dio degli Asi avrebbe messo una mano tra le sue fauci. Gli dei su guardarono in viso e
pensarono che quella bestia infame era diventata maledettamente furba. Tyr si fece avanti e
porse così la mano destra. Vedendo la bestia che si dimenava inutilmente gli dei proruppero in
una fragorosa e liberatoria risata, solo Tyr non rideva.
Gli dei completarono l’opera conficcando a terra con un enorme martello una pietra a cui
legarono la corda. Tra le mandibole di Fenrir misero una spada affilatissima, così che il suo
sangue e la sua bava alimentassero il fiume sotterraneo Von, sosterà così fino a quando si
libererà aiutato da Muspellheim.