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Immanuel Kant
1. Introduzione :
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“L’illuminismo è l’uscita dell’uomo dallo stato di minorità di cui egli stesso è
colpevole. Minorità è l’incapacità di servirsi della propria intelligenza senza la
guida di un altro. Colpevole è questa minorità, se la sua causa non dipende da un
difetto di intelligenza, ma dalla mancanza di decisione e del coraggio di servirsi
di essa senza essere guidati da un altro. Sapere aude! Abbi il coraggio di servirti
della tua propria intelligenza! Questo dunque è il motto dell’illuminismo”. (Kant
(1783)). Questo incipit è denso di concetti e, per essere compreso, va dipanato
un poco. Esso contiene in nuce tutta la risposta successivamente declinata.
L’illuminismo non è un’epoca storica, secondo Kant. Non c’è alcun passaggio nel
testo in cui Kant si autodefinisca parte dell’illuminismo in quanto vivente in un
particolare momento storico definito “illuminismo”. Il filosofo tedesco è chiaro
riguardo a questo punto: l’illuminismo segna il momento di uscita dallo stato di
minorità, definita come “incapacità di servirsi della propria intelligenza senza la
guida di un altro”. Ovvero, l’illuminismo è una condizione di libertà del soggetto
razionale (l’uomo) che è il frutto di una “emancipazione” dalla tirannia
(dipendenza) degli altri. Questi altri sono le varie forme di coercizione poste
dall’esterno all’interno del pensiero: morali non razionali (quindi la religione),
costumi sociali irrazionali e consuetudinari, l’educazione fondata su precetti e
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non sullo sviluppo del proprio talento, il potere coercitivo dello stato. Per tutte
queste ragioni, dunque, l’illuminismo è una condizione non necessaria, mai
definitiva e sempre incerta dell’umanità.
Kant imputa la minorità alla stessa umanità perché essa non dipende da
condizioni esterne alla mente umana stessa. Questa, infatti, è concepita come
sufficientemente potente da poter seguire le sue sole regole. Il principio di
autonomia del soggetto è uno dei cardini concettuali dell’intera concezione
morale kantiana. Infatti, il soggetto razionale può formulare leggi di condotta
prive di riferimento al proprio egoismo e alla propria disposizione sensibile. In
questo modo egli può raggiungere una formulazione dell’imperativo morale
fondata esclusivamente sull’uso delle categorie dell’intelletto. In parole povere,
il soggetto razionale, l’uomo, può essere e deve essere autonomo nel giudizio. Il
problema è, appunto, che sebbene si possa e si debba essere autonomi, nella
maggior parte dei casi i singoli esseri umani non lo sono. Kant infatti sostiene che
le persone sono di volta in volta dominate da “altri padroni”, ovvero da regole
formulate in funzione di altri punti di vista che sono il suo principale bersaglio
polemico, ovvero principalmente la religione e la cultura dell’obbedienza
imposta dallo stato dispotico.
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momento di passaggio collettivo in cui alcuni riescono effettivamente ad
emanciparsi e, così, partecipano appieno della propria ragione all’interno di una
libertà civile indispensabile. La libertà, quindi, è prerequisito ma anche
conseguenza dell’illuminismo: è conseguenza in quanto la massima libertà
umana, secondo Kant, dipende dall’uso della ragione, ma è anche prerequisito
perché senza libertà (civile e morale) la ragione è troppo vincolata dall’esterno
per emergere. Per questo il filosofo si batte per un uso pubblico della ragione,
ovvero sostiene che il potere politico ha il dovere di lasciar liberi gli individui di
impiegare pubblicamente la propria ragione. Infatti, l’uso privato della ragione
non è liberatorio, cioè non consegue ad un progresso universale. Per Kant,
infatti, il soggetto razionale gode della piena libertà solo nella duplice possibilità
di esercitarla (libertà da – pensata in termini di libertà civili) e di generarla
(libertà di – pensata in termini di attività della ragione). L’uso pubblico della
ragione consente così il pieno sviluppo non solo dell’individuo razionale ma
anche di tutti gli altri, i quali sono così invitati a liberarsi a loro volta dalle iniquità
delle spinte egoiste sensibili e dalle tirannie delle consuetudini malvagie.
All’epoca dell’illuminismo, così ormai concepita nella teca dei nostri passati, Kant
dedica assai poco spazio perché, come si è visto, l’illuminismo è una condizione
relativa ai singoli, in quanto esseri razionali, e all’umanità, in quanto insieme di
esseri razionali (a sua volta non concepita da Kant, per altro, come soggetto
razionale). Quindi, l’illuminismo in quanto epoca è qualcosa di alieno alla
concezione kantiana, la quale lascia aperta la porta a questa interpretazione
storica solamente in quanto sembra che gli intelletti si siano rischiarati
solamente in tempi relativamente recenti a Kant. In realtà, appunto, in quanto
condizione generale atemporale, rispetto alla storia, l’interpretazione kantiana
dell’illuminismo non segna un’epoca storica quanto ad una generale disposizione
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degli esseri razionali. In questo senso, Kant non limita l’illuminismo al futuro, ma
concede che il progresso dell’umanità (di cui per altro non indica né una fine né
un fine) è pensabile al futuro molto più che al passato. Ma anche questo
orizzonte escatologico è povero. Kant è molto più interessato agli individui che
alla storia dell’umanità in quanto gruppo e totalità. Per tale ragione, ancora una
volta, l’illuminismo è una conquista dell’umanità che deve andare a progredire
pur nella dimensione di uno sviluppo pensato in termini di libertà individuale e
coltivazione dei propri talenti e non, piuttosto, una strana forma di
autoliberazione assoluta dal regno terreno dei mali. Niente di così grandioso,
insomma.
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l’imposizione della società di massa, in cui l’individuo non può più contare
soltanto sulle sue forze e su quelle dei vicini (pochi e fragili), scopre una nuova
potenza e, allo stesso tempo, una straordinaria insignificanza.
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punto di vista della sinistra di stampo marxista. Quest’ultima, più vicina ad alcuni
principi dell’illuminismo, rivendicava comunque una preminenza di alcuni eletti
(il partito comunista e gli scienziati della rivoluzione a seconda dei casi). Il
risultato è stato appunto semplice: relegare l’illuminismo nel cimitero delle idee
estinte da onorare come i caduti di una grande guerra la quale, per mezzo
dell’arbitrio della forza, ha stabilito il vinto e il vincitore.
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Egli preferisce notevolmente il primo uso, poiché bisogna essere in grado
di uscire dallo stato di minorità in cui l’uomo si trova per pigrizia e viltà,
a solo favore di certe persone (tutori) alle quali è utile questa situazione.
Il pubblico uso della ragione deve essere libero in ogni tempo e,
secondo Kant, è l’unico che può attuare l’illuminismo tra gli uomini:
naturalmente questo comporta passare ad uno stato di maggiorità, vale a
dire all’uso consapevole e anche coraggioso delle proprie capacità
cognitive in tutti i campi.
Tesina di filosofia sull'Illuminismo di Kant
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COS'E' L'ILLUMINISMO STORIA
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dire all'uso consapevole e anche coraggioso delle proprie capacità
cognitive in tutti i campi.
In questo brano è sottolineato e legittimato il dovere morale d'ogni
individuo di sfruttare la propria opinione e saperne riconoscere l'utilità
sociale in varie questioni come, ad esempio, i dibattiti sulle tasse, la
forzata obbedienza ad un ordine militare, e, persino, le credenze
religiose. Kant, infatti, spiega come anche un ecclesiastico, di fronte al
proprio credo e alla sua chiesa, sia in dovere di analizzare e confrontarsi
con ciò che divulga; questo perché se credesse di trovarvi qualcosa che si
contraddice, non potrebbe esercitare la sua funzione con coscienza e
dovrebbe dimettersi. L'uso, perciò, che l'ecclesiastico fa della sua ragione
è esclusivamente un uso privato poiché la comunità religiosa costituisce
una "riunione domestica"; egli non è libero perché esegue un ordine che
gli viene da altri. Al contrario, come studioso che si rivolge, attraverso gli
scritti, al pubblico (in altre parole al mondo), ha una libertà illimitata che
gli deriva dalla sua facoltà di valersi della propria intelligenza.
Personalmente ritengo le tematiche trattate da Kant siano in grado di
riflettersi alla perfezione nella società odierna. Oggi poter ragionare con
la propria mente è un privilegio di pochi; grazie alla cultura e
all'apprendimento dei diritti umani, le persone possono difendersi dallo
sfruttamento e dall'oppressione. Purtroppo l'ignoranza e l'analfabetismo
sono fenomeni ancora molto diffusi all'inizio del ventunesimo secolo;
d'altra parte sono troppi gli interessi che alcuni "tutori" (=politici) hanno
nel mantenere questa situazione. Il cittadino, se non è in grado di
difendere le sue libertà e delega questo compito nelle mani d'individui
senza scrupoli che traggono vantaggi personali da ciò, allora è costretto a
vivere in uno stato di minorità. Possiamo quindi notare come la
situazione non sia così diversa dal 1700!
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Risposta alla domanda: che cos’è l’Illuminismo, analisi
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Che cos'è l'illuminismo?
(Immanuel Kant e Michel Foucault)
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«L'illuminismo è l'uscita dell'uomo dallo stato di minorità che egli deve
imputare a se stesso. Minorità è l'incapacità di valersi del proprio intelletto
senza la guida di un altro. Imputabile a se stesso è questa minorità, se la
causa di essa non dipende da difetto di intelligenza, ma dalla mancanza di
decisione e del coraggio di far uso del proprio intelletto senza essere guidati
da un altro. Sapere aude! Abbi il coraggio di servirti della tua propria
intelligenza! È questo il motto dell'illuminismo» (Kant, Immanuel, Che cos'è
l'illuminismo?, Utet, Torino, 1956, p.141)
L'illuminismo Kant ci dice che è l'uscita dallo stato di minorità. Uscire dalla
minorità non significa semplicemente crescere in senso biologico o avere
raggiunto la maggiore età, ma saper fare uso della propria ragione in piena
autonomia e senza doversi servire di una guida che pensa al posto nostro.
Lo stato di minorità ha reso l'uomo dipendente da presunte "guide", siano
questi maestri spirituali, preti, politici, banchieri o esattori delle tasse. A questi
soggetti conviene che l'uomo sia in stato di minorità perché possono averne
il controllo, perché in questo modo l'uomo non ragiona con il proprio intelletto,
ma assume ragioni di altri. Così l'esattore delle tasse dice: non pensare,
paga!, il prete dice: non pensare, prega!, il politico dice: non pensare, votami!
Gli esempi potrebbero non avere finire. L'illuminismo vorrebbe realizzare la
possibilità di una umanità autonoma, non cerca l'anarchia, cerca piuttosto le
condizioni per l'uso pubblico della ragione. Kant distingue due usi della
ragione: l'uso pubblico e l'uso privato. L'uso privato riguarda il singolo
cittadino mentre svolge il proprio lavoro o il suo incarico, in quel caso il
cittadino deve obbedire. L'uso pubblico della ragione riguarda l'intellettuale
mentre scrive e pubblica articoli, è in questo uso della ragione che esiste
spazio per la critica. Oggi non bisogna pensare l'illuminismo come una
corrente del pensiero passata, o un progetto fallito, ma come qualcosa
ancora da realizzare, come un compito indefinito che ha assunto la filosofia
e rispetto al quale la filosofia sarà impegnata nei secoli a venire come dovere
nei confronti dell'umanità. Il minimo che può insegnare la filosofia è a
pensare, argomentare e ragionare in senso logico-matematico.
Nella lezione del 5 Gennaio del 1983 Foucault ritorna sul tema
dell'illuminismo in Kant. Qui Foucault ci dice qualcosa di più tecnico sul testo
di Kant. Il testo di Kant è un articolo, un articolo scritto per la rivista berlinese:
Berlinische Monatsschrift. È stato scritto nel 1784. Il giornale ai temi
dell'illuminismo permette di mettere in comunicazione gli intellettuali con il
pubblico, in questo modo gli intellettuali potevano scrivere e comunicare
idee. Kant assegna un ruolo all'uso pubblico della ragione proprio in questo
caso, al caso dell'intellettuale che scrive l'articolo e può esercitare in questo
modo la critica, perciò si può dire che Kant nella scrittura dell'articolo
sull'illuminismo facesse uso pubblico della ragione. Inoltre Foucault
sottolinea il grado di consapevolezza del movimento illuminista, in quanto il
movimento illuminista non è stato definito tale dai posteri, ma lui stesso si è
fatto chiamare in questo modo. Questo denota una certa comprensione del
presente. È sul presente che è concentrata la domanda di Kant
sull'illuminismo, Kant si chiede: cosa sta accadendo ora? qual'è il presente
in cui vivo? Secondo Foucault la minorità dipende dall'aver scambiato due
coppie obbedienza/assenza di ragionamento e privato/pubblico.
L'obbedienza è stata scambiata con l'assenza di ragionamento, al contrario
l'obbedienza e il ragionamento andrebbero separati come accade nell'uso
privato e pubblico della ragione, in questo consiste l'uscita dello stato di
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minorità. Due esempi di casi in cui si osserva questo fenomeno sono la
rivoluzione francese e Federico di Prussia. Nelle lezioni successive il tema
diventa la parrēsia. La parrēsia è il parlar franco, il dire la verità, l'atto di
coraggio da parte del singolo che dice la verità di fronte al sovrano rischiando
la sua vita. Questo è l'atto di coraggio dell'illuminismo: abbi il coraggio di
utilizzare la tua ragione!. Il filosofo deve avere il coraggio di prendere in
pugno la sua arma: la penna. Uno splendido racconto di Löwy su Lukács
mostra molto bene quest'immagine del filosofo coraggioso, ma in un
momento in cui ci si deve arrendere:
«Un episodio che si racconta della vita di Lukács vale per molti di loro:
imprigionato nel novembre 1956, dopo la sconfitta della Cultura del governo
Imre Nagy, si vide intimare dall'ufficiale sovietico che lo minacciava con la
mitraglietta l'ordine imperativo di consegnare le armi. Non avendo scelta, il
vecchio filosofo ebreo-ungherese avrebbe estratto di tasca la stilografica e
l'avrebbe consegnata alle forze dell'ordine...» (Löwy, Michael, Redenzione e
utopia, Bollati Boringhieri, Torino, 1992)
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