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Capire la “Risposta alla domanda – Che cos’è l’illuminismo” di

Immanuel Kant

1. Introduzione :

Risposta alla domanda – Che


cos’è l’illuminismo è un testo
di Immanuel Kant, pubblicato
nel 1783, ovvero tra la
pubblicazione della prima
edizione della prima critica
(1781) e la pubblicazione della seconda edizione della stessa (1787) di poco
precedente rispetto al capolavoro della filosofia morale Fondazione della
metafisica dei costumi (1788). Che cos’è l’illuminismo è un testo piuttosto agile,
la cui lettura richiede meno di un’ora di studio. Tuttavia, essa non è priva di una
sua peculiare densità, interessanti spunti filosofici e sottigliezze. Si tratta di un
piccolo capolavoro della filosofia kantiana la quale, come poche, esprime i valori
dell’illuminismo europeo. Per questo Risposta alla domanda – Che cos’è
l’illuminismo è un testo particolare all’interno della riflessione di Kant ma anche
della storia della filosofia Occidentale. Invito il lettore ad andare a leggere il testo
personalmente, prima di procedere. La versione utilizzata in questo breve saggio
di accompagnamento è la traduzione dall’originale tedesco di Francesca Di
Donato che si trova liberamente
(http://btfp.sp.unipi.it/dida/kant_7/ar01s04.xhtml)

2. Che cosa è l’illuminismo?

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“L’illuminismo è l’uscita dell’uomo dallo stato di minorità di cui egli stesso è
colpevole. Minorità è l’incapacità di servirsi della propria intelligenza senza la
guida di un altro. Colpevole è questa minorità, se la sua causa non dipende da un
difetto di intelligenza, ma dalla mancanza di decisione e del coraggio di servirsi
di essa senza essere guidati da un altro. Sapere aude! Abbi il coraggio di servirti
della tua propria intelligenza! Questo dunque è il motto dell’illuminismo”. (Kant
(1783)). Questo incipit è denso di concetti e, per essere compreso, va dipanato
un poco. Esso contiene in nuce tutta la risposta successivamente declinata.

Innanzi tutto il testo si rivolge all’umanità (europea) ma in realtà con “uomo”


sarebbe più proprio intendere “essere razionale”, così come Kant declinerà il
concetto nella sua filosofia morale e, in particolare, nella Fondazione della
metafisica dei costumi. Data la natura del testo, che è davvero un pamphlet, un
“manifesto” della cultura dell’epoca, non sorprende che Kant si rivolga più
esplicitamente al suo pubblico. Tuttavia, il suo riferimento è appunto l’uomo in
quanto essere razionale e, dunque, non una porzione di umanità ma la sua
totalità.

L’illuminismo non è un’epoca storica, secondo Kant. Non c’è alcun passaggio nel
testo in cui Kant si autodefinisca parte dell’illuminismo in quanto vivente in un
particolare momento storico definito “illuminismo”. Il filosofo tedesco è chiaro
riguardo a questo punto: l’illuminismo segna il momento di uscita dallo stato di
minorità, definita come “incapacità di servirsi della propria intelligenza senza la
guida di un altro”. Ovvero, l’illuminismo è una condizione di libertà del soggetto
razionale (l’uomo) che è il frutto di una “emancipazione” dalla tirannia
(dipendenza) degli altri. Questi altri sono le varie forme di coercizione poste
dall’esterno all’interno del pensiero: morali non razionali (quindi la religione),
costumi sociali irrazionali e consuetudinari, l’educazione fondata su precetti e

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non sullo sviluppo del proprio talento, il potere coercitivo dello stato. Per tutte
queste ragioni, dunque, l’illuminismo è una condizione non necessaria, mai
definitiva e sempre incerta dell’umanità.

Kant imputa la minorità alla stessa umanità perché essa non dipende da
condizioni esterne alla mente umana stessa. Questa, infatti, è concepita come
sufficientemente potente da poter seguire le sue sole regole. Il principio di
autonomia del soggetto è uno dei cardini concettuali dell’intera concezione
morale kantiana. Infatti, il soggetto razionale può formulare leggi di condotta
prive di riferimento al proprio egoismo e alla propria disposizione sensibile. In
questo modo egli può raggiungere una formulazione dell’imperativo morale
fondata esclusivamente sull’uso delle categorie dell’intelletto. In parole povere,
il soggetto razionale, l’uomo, può essere e deve essere autonomo nel giudizio. Il
problema è, appunto, che sebbene si possa e si debba essere autonomi, nella
maggior parte dei casi i singoli esseri umani non lo sono. Kant infatti sostiene che
le persone sono di volta in volta dominate da “altri padroni”, ovvero da regole
formulate in funzione di altri punti di vista che sono il suo principale bersaglio
polemico, ovvero principalmente la religione e la cultura dell’obbedienza
imposta dallo stato dispotico.

“Abbi il coraggio di servirti della tua propria intelligenza! Questo dunque è il


motto dell’illuminismo” è l’espressione che Kant conia per indicare un preciso
dovere, il quale è razionale, a suo giudizio, in quanto fondato esclusivamente sul
proprio intelletto. In questa analisi, l’illuminismo non è proposto come una
condizione temporale dell’umanità tutta ma dei singoli individui. Tuttavia, il
filosofo tedesco, soprattutto nelle fasi intermedie e finali del saggio, in cui si
addentra nella critica delle forze resistenti, parla dell’illuminismo anche come
“momento storico”. Infatti, egli lascia intendere che l’illuminismo sia un

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momento di passaggio collettivo in cui alcuni riescono effettivamente ad
emanciparsi e, così, partecipano appieno della propria ragione all’interno di una
libertà civile indispensabile. La libertà, quindi, è prerequisito ma anche
conseguenza dell’illuminismo: è conseguenza in quanto la massima libertà
umana, secondo Kant, dipende dall’uso della ragione, ma è anche prerequisito
perché senza libertà (civile e morale) la ragione è troppo vincolata dall’esterno
per emergere. Per questo il filosofo si batte per un uso pubblico della ragione,
ovvero sostiene che il potere politico ha il dovere di lasciar liberi gli individui di
impiegare pubblicamente la propria ragione. Infatti, l’uso privato della ragione
non è liberatorio, cioè non consegue ad un progresso universale. Per Kant,
infatti, il soggetto razionale gode della piena libertà solo nella duplice possibilità
di esercitarla (libertà da – pensata in termini di libertà civili) e di generarla
(libertà di – pensata in termini di attività della ragione). L’uso pubblico della
ragione consente così il pieno sviluppo non solo dell’individuo razionale ma
anche di tutti gli altri, i quali sono così invitati a liberarsi a loro volta dalle iniquità
delle spinte egoiste sensibili e dalle tirannie delle consuetudini malvagie.

All’epoca dell’illuminismo, così ormai concepita nella teca dei nostri passati, Kant
dedica assai poco spazio perché, come si è visto, l’illuminismo è una condizione
relativa ai singoli, in quanto esseri razionali, e all’umanità, in quanto insieme di
esseri razionali (a sua volta non concepita da Kant, per altro, come soggetto
razionale). Quindi, l’illuminismo in quanto epoca è qualcosa di alieno alla
concezione kantiana, la quale lascia aperta la porta a questa interpretazione
storica solamente in quanto sembra che gli intelletti si siano rischiarati
solamente in tempi relativamente recenti a Kant. In realtà, appunto, in quanto
condizione generale atemporale, rispetto alla storia, l’interpretazione kantiana
dell’illuminismo non segna un’epoca storica quanto ad una generale disposizione

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degli esseri razionali. In questo senso, Kant non limita l’illuminismo al futuro, ma
concede che il progresso dell’umanità (di cui per altro non indica né una fine né
un fine) è pensabile al futuro molto più che al passato. Ma anche questo
orizzonte escatologico è povero. Kant è molto più interessato agli individui che
alla storia dell’umanità in quanto gruppo e totalità. Per tale ragione, ancora una
volta, l’illuminismo è una conquista dell’umanità che deve andare a progredire
pur nella dimensione di uno sviluppo pensato in termini di libertà individuale e
coltivazione dei propri talenti e non, piuttosto, una strana forma di
autoliberazione assoluta dal regno terreno dei mali. Niente di così grandioso,
insomma.

3. Cosa rimane dell’illuminismo oggi

A distanza di oltre duecento anni dell’illuminismo rimane ben poco. Il


romanticismo fu, paradossalmente, in gran parte in linea di continuità con il
movimento di rischiaramento della ragione individuale. Ma dalla metà del XIX
secolo si assiste ad una curiosa scissione tra la ragione pubblica e privata in cui
la seconda è diventata molto più condiscendente con gli “spiriti animali” che
l’illuminismo aveva tentato di razionalizzare. E la ragione pubblica è sempre più
un vuoto chiacchiericcio per pochi eletti, la cui elezione dipende da tutto tranne
che dalla loro partecipazione al progresso generale il quale è, purtroppo, difficile
da condividere con poco sforzo ed è difficile da sposare senza un’opportuna
dedizione. Perché l’illuminismo non fu una negazione dei valori umani, intesi
nella loro inevitabile relazione con i sentimenti e con le emozioni primordiali. Al
contrario. Tuttavia, è pur vero che l’illuminismo e, in particolare Kant, riteneva
un preciso dovere quello di essere liberi dalle passioni nella misura del possibile,
così da essere sempre al comando di quella fragile nave che è il proprio corpo, in
quella difficile rotta che è la via della vita. E tuttavia, specialmente con

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l’imposizione della società di massa, in cui l’individuo non può più contare
soltanto sulle sue forze e su quelle dei vicini (pochi e fragili), scopre una nuova
potenza e, allo stesso tempo, una straordinaria insignificanza.

La potenza della società di massa in termini produttivi e organizzativi è


imparagonabile con tutto quel che c’era di precedente. Ma allo stesso tempo, la
singola entità razionale ha allentato i legami con le regole rigide che lo legavano
agli altri e, così, nel bene o nel male, non può più vivere in piccole comunità in
cui si sanno i nomi degli altri, ma in vasti agglomerati in cui la potenza e
l’insignificanza si uniscono coerentemente. E il risultato della relativa debolezza
dell’isolamento nel pieno di umanità diventa una ambivalenza che si mostra nella
necessità ideologica e aggregativa e, allo stesso tempo, ad una inevitabile
superficialità tanto nei contenuti quanto nelle relazioni, inevitabilmente
moltiplicate per ragioni indipendenti dalle specifiche volontà.

Il risultato è stato il XX secolo, in cui si è vista la capacità umana di produrre


un’arma nucleare ma la sua impotenza nel concepire una immagine comune
della pace. Il XX secolo è stata una lotta all’illuminismo i cui morti sono stati ora
insigniti del ricordo degli altari di quelle Patrie che volentieri hanno sposato le
cause degli avversari. Da destra e da sinistra il motto di Kant “Abbi il coraggio di
servirti della tua propria intelligenza!” è stato il vero e proprio bersaglio
ideologico. Tutta la politica Occidentale è stata antilluminista, con la sola
eccezione del liberalismo che, infatti, è sempre stato ostracizzato in quell’Europa
la cui pace fu fondata da due potenze esterne. Infatti, i partiti fondati su religioni
non possono sposare la visione kantiana dello sviluppo umano generale, già
concepito come salvabile solamente dall’esterno. Le ideologie di destra
rivendicano l’imperioso uso della volontà arbitraria come ultimo baluardo e
ragione per non finire rinchiusi nelle leggi eterne della storia, che era infatti il

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punto di vista della sinistra di stampo marxista. Quest’ultima, più vicina ad alcuni
principi dell’illuminismo, rivendicava comunque una preminenza di alcuni eletti
(il partito comunista e gli scienziati della rivoluzione a seconda dei casi). Il
risultato è stato appunto semplice: relegare l’illuminismo nel cimitero delle idee
estinte da onorare come i caduti di una grande guerra la quale, per mezzo
dell’arbitrio della forza, ha stabilito il vinto e il vincitore.

Kant ci ha mostrato che l’illuminismo è un’aspirazione alla libertà, alla conquista


della propria dignità per mezzo del nostro intelletto. L’illuminismo non è morto,
ma non dobbiamo noi esserlo. Noi, e solo noi, abbiamo il dovere di essere
cittadini attivi, fiduciosi nel futuro e laboriosi nella coltivazione dei nostri talenti.
Viviamo in tempo che si vanno rapidamente oscurando perché quelle poche luci
che rimanevano dall’epoca del rischiaramento si stanno lentamente
disperdendo e spegnendo. E come anche all’epoca di Federico il grande, la
responsabilità è solamente di ognuno di noi. E allora, Sapere aude! Abbi il
coraggio di usare appieno la tua intelligenza.

CHE COS'E' L'ILLUMINISMO, KANT: COMMENTO E


RIASSUNTO

Commento del brano “Che cos’è l’Illuminismo?” di Immanuel Kant.


In questo brano, Kant esegue una chiara analisi di cosa voglia significare
utilizzare la propria intelligenza. Egli distingue il suo utilizzo in due
categorie: l’uso pubblico e l’uso privato. Spiega come l’uso pubblico sia
quello che permette ad uno studioso di utilizzare la ragione di fronte
all’intero pubblico di lettori, mentre, quello privato, consiste nel suo
utilizzo in un certo impiego o funzione civile a lui affidata.

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Egli preferisce notevolmente il primo uso, poiché bisogna essere in grado
di uscire dallo stato di minorità in cui l’uomo si trova per pigrizia e viltà,
a solo favore di certe persone (tutori) alle quali è utile questa situazione.
Il pubblico uso della ragione deve essere libero in ogni tempo e,
secondo Kant, è l’unico che può attuare l’illuminismo tra gli uomini:
naturalmente questo comporta passare ad uno stato di maggiorità, vale a
dire all’uso consapevole e anche coraggioso delle proprie capacità
cognitive in tutti i campi.
Tesina di filosofia sull'Illuminismo di Kant

COMMENTO SULL'ILLUMINISMO DI KANT

In questo brano è sottolineato e legittimato il dovere morale d’ogni


individuo di sfruttare la propria opinione e saperne riconoscere l’utilità
sociale in varie questioni come, ad esempio, i dibattiti sulle tasse, la
forzata obbedienza ad un ordine militare, e, persino, le credenze
religiose.
Kant, infatti, spiega come anche un ecclesiastico, di fronte al proprio
credo e alla sua chiesa, sia in dovere di analizzare e confrontarsi con ciò
che divulga; questo perché se credesse di trovarvi qualcosa che si
contraddice, non potrebbe esercitare la sua funzione con coscienza e
dovrebbe dimettersi. L'uso, perciò, che l’ecclesiastico fa della sua ragione
è esclusivamente un uso privato poiché la comunità religiosa costituisce
una “riunione domestica”; egli non è libero perché esegue un ordine che
gli viene da altri. Al contrario, come studioso che si rivolge, attraverso gli
scritti, al pubblico (in altre parole al mondo), ha una libertà illimitata che
gli deriva dalla sua facoltà di valersi della propria intelligenza.

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COS'E' L'ILLUMINISMO STORIA

Personalmente ritengo le tematiche trattate da Kant siano in grado di


riflettersi alla perfezione nella società odierna. Oggi poter ragionare con
la propria mente è un privilegio di pochi; grazie alla cultura e
all’apprendimento dei diritti umani, le persone possono difendersi dallo
sfruttamento e dall’oppressione.
Purtroppo l’ignoranza e l’analfabetismo sono fenomeni ancora molto
diffusi all’inizio del ventunesimo secolo; d’altra parte sono troppi gli
interessi che alcuni “tutori” (=politici) hanno nel mantenere questa
situazione.
Il cittadino, se non è in grado di difendere le sue libertà e delega questo
compito nelle mani d’individui senza scrupoli che traggono vantaggi
personali da ciò, allora è costretto a vivere in uno stato di minorità.
Valentina Guidi 18/1/2001 4 AS Commento del brano "Che cos'è
l'Illuminismo?" di I.
Kant In questo brano, Kant esegue una chiara analisi di cosa voglia
significare utilizzare la propria intelligenza. Egli distingue il suo utilizzo
in due categorie: l'uso pubblico e l'uso privato. Spiega come l'uso
pubblico sia quello che permette ad uno studioso di utilizzare la ragione
di fronte all'intero pubblico di lettori, mentre, quello privato, consiste nel
suo utilizzo in un certo impiego o funzione civile a lui affidata. Egli
preferisce notevolmente il primo uso, poiché bisogna essere in grado di
uscire dallo stato di minorità in cui l'uomo si trova per pigrizia e viltà, a
solo favore di certe persone (tutori) alle quali è utile questa situazione. Il
pubblico uso della ragione deve essere libero in ogni tempo e, secondo
Kant, è l'unico che può attuare l'Illuminismo tra gli uomini:
naturalmente questo comporta passare ad uno stato di maggiorità, vale a

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dire all'uso consapevole e anche coraggioso delle proprie capacità
cognitive in tutti i campi.
In questo brano è sottolineato e legittimato il dovere morale d'ogni
individuo di sfruttare la propria opinione e saperne riconoscere l'utilità
sociale in varie questioni come, ad esempio, i dibattiti sulle tasse, la
forzata obbedienza ad un ordine militare, e, persino, le credenze
religiose. Kant, infatti, spiega come anche un ecclesiastico, di fronte al
proprio credo e alla sua chiesa, sia in dovere di analizzare e confrontarsi
con ciò che divulga; questo perché se credesse di trovarvi qualcosa che si
contraddice, non potrebbe esercitare la sua funzione con coscienza e
dovrebbe dimettersi. L'uso, perciò, che l'ecclesiastico fa della sua ragione
è esclusivamente un uso privato poiché la comunità religiosa costituisce
una "riunione domestica"; egli non è libero perché esegue un ordine che
gli viene da altri. Al contrario, come studioso che si rivolge, attraverso gli
scritti, al pubblico (in altre parole al mondo), ha una libertà illimitata che
gli deriva dalla sua facoltà di valersi della propria intelligenza.
Personalmente ritengo le tematiche trattate da Kant siano in grado di
riflettersi alla perfezione nella società odierna. Oggi poter ragionare con
la propria mente è un privilegio di pochi; grazie alla cultura e
all'apprendimento dei diritti umani, le persone possono difendersi dallo
sfruttamento e dall'oppressione. Purtroppo l'ignoranza e l'analfabetismo
sono fenomeni ancora molto diffusi all'inizio del ventunesimo secolo;
d'altra parte sono troppi gli interessi che alcuni "tutori" (=politici) hanno
nel mantenere questa situazione. Il cittadino, se non è in grado di
difendere le sue libertà e delega questo compito nelle mani d'individui
senza scrupoli che traggono vantaggi personali da ciò, allora è costretto a
vivere in uno stato di minorità. Possiamo quindi notare come la
situazione non sia così diversa dal 1700!

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Risposta alla domanda: che cos’è l’Illuminismo, analisi

Che cos'è l'Illuminismo?

Tutti questi ideali di tolleranza, libertà, liberalismo, democrazia, ecc


confluiscono nell’illuminismo che è un ampissimo movimento
culturale che abbraccia e parta avanti questi ideali.
L’illuminismo nasce agli inizi del ‘700 in Inghilterra, ma si diffonde in
tutta Europa (in Francia ha il suo sviluppo maggiore). L’illuminismo
partiamo dalla celebre definizione scritta da Kant, filosofo tedesco, che
pubblica nel ‘700 “la risposta alla domanda che cos’è l’illuminismo” e
viene considerato il manifesto dell’illuminismo stesso.

Abbiamo diviso il testo in sequenze:


• 1 sequenza : Nella definizione di illuminismo Kant fa intendere che
l’umanità dovrà affrontare un percorso per uscire dallo stato di minorità
ed entrare nello stato di maggiore età. Significa che fino ad ora l’umanità
è stata sotto tutela, ovvero non ha mai esercitato la ragione
autonomamente, essendo sotto la tutela di stato e chiesa. Ma lo stato di
minorità, in cui l’uomo vive, è imputabile all’umanità stessa, per via della
mancanza di coraggio di ribellarsi alla tutela dei tutori , e non per
mancanza d’intelligenza. Perciò dice “Sapere aude” , cioè abbi il coraggio
di sapere/pensare/ragionare.
• 2 sequenza : Qui si evince la seconda causa dello stato di minorità :
la pigrizia, perché è comodo a volte avere qualcuno che pensa al nostro
posto e si assuma le nostre responsabilità.
• 3 sequenza : Fa comodo anche ai tutori in modo tale che esercitino il
più facilmente.
• 4 sequenza : Si ribadisce il concetto che l’umanità si sia fatta
instupidire dai tutori
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• 5 sequenza : Dice Kant che lo stato di minorità è quasi diventata una
seconda natura, mentre la prima, ovvero la natura razionale dell’uomo è
ora difficile da accettare, poiché si è abituato alla seconda natura.

Il termine “natura” fa pensare ad un adesione al giusnaturalismo in


quanto Kant ragiona sulla condizione naturale primaria dell’uomo ->
natura razionale. Allo stato di natura l’uomo è un essere razionale. Dice
Kant che solo i “philosophes” sono nello stato di maggiore età perché
mossi dal proprio spirito, gli uomini comuni invece anche se riuscissero a
liberarsi della stato di minorità non riuscirebbero a perseguirlo poiché
non sono abituati a pensare autonomamente. Dunque il ruolo dei
“philosophes” (-> intellettuali illuministi) è di educare gli uomini comuni
per il raggiungimento della maggiore età e di guidare il progresso umana.

• 6 sequenza : Continuando dice che l’umanità potrebbe liberarsi


dallo stato di minorità, se avesse le libertà, ma finirebbero per pensare
con la ragione del tutore (in questo caso un “philosophes”) che potrebbe
solo fingere di essere illuminato, senza esserlo realmente. Kant mette in
evidenza che la massa è facilmente manipolabile ed è dunque difficile
rompere gli schemi mentali e pensare autonomamente, non essendo
abituati.

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Che cos'è l'illuminismo?
(Immanuel Kant e Michel Foucault)

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«L'illuminismo è l'uscita dell'uomo dallo stato di minorità che egli deve
imputare a se stesso. Minorità è l'incapacità di valersi del proprio intelletto
senza la guida di un altro. Imputabile a se stesso è questa minorità, se la
causa di essa non dipende da difetto di intelligenza, ma dalla mancanza di
decisione e del coraggio di far uso del proprio intelletto senza essere guidati
da un altro. Sapere aude! Abbi il coraggio di servirti della tua propria
intelligenza! È questo il motto dell'illuminismo» (Kant, Immanuel, Che cos'è
l'illuminismo?, Utet, Torino, 1956, p.141)

L'illuminismo Kant ci dice che è l'uscita dallo stato di minorità. Uscire dalla
minorità non significa semplicemente crescere in senso biologico o avere
raggiunto la maggiore età, ma saper fare uso della propria ragione in piena
autonomia e senza doversi servire di una guida che pensa al posto nostro.
Lo stato di minorità ha reso l'uomo dipendente da presunte "guide", siano
questi maestri spirituali, preti, politici, banchieri o esattori delle tasse. A questi
soggetti conviene che l'uomo sia in stato di minorità perché possono averne
il controllo, perché in questo modo l'uomo non ragiona con il proprio intelletto,
ma assume ragioni di altri. Così l'esattore delle tasse dice: non pensare,
paga!, il prete dice: non pensare, prega!, il politico dice: non pensare, votami!
Gli esempi potrebbero non avere finire. L'illuminismo vorrebbe realizzare la
possibilità di una umanità autonoma, non cerca l'anarchia, cerca piuttosto le
condizioni per l'uso pubblico della ragione. Kant distingue due usi della
ragione: l'uso pubblico e l'uso privato. L'uso privato riguarda il singolo
cittadino mentre svolge il proprio lavoro o il suo incarico, in quel caso il
cittadino deve obbedire. L'uso pubblico della ragione riguarda l'intellettuale
mentre scrive e pubblica articoli, è in questo uso della ragione che esiste
spazio per la critica. Oggi non bisogna pensare l'illuminismo come una
corrente del pensiero passata, o un progetto fallito, ma come qualcosa
ancora da realizzare, come un compito indefinito che ha assunto la filosofia
e rispetto al quale la filosofia sarà impegnata nei secoli a venire come dovere
nei confronti dell'umanità. Il minimo che può insegnare la filosofia è a
pensare, argomentare e ragionare in senso logico-matematico.

Un filosofo che ha studiato molto il testo di Kant è certamente Michel


Foucault. L'introduzione al testo di Canguilheim Il normale e il patologico è il
primo scritto in cui Foucault parla di Kant. Nel 1978, al ritorno dal viaggio in
Giappone, Foucault tiene una conferenza sul tema dell'illuminismo in Kant,
conferenza che porta come titolo: Che cos'è la critica?, scriverà anche un
articolo dal titolo: Che cos'è l'illuminismo? che cos'è la rivoluzione? Nel corso
al Collège de France del 1982-1983 Foucault terrà le prime lezioni sempre
sul tema dell'illuminismo e Kant. Nella conferenza del 1978 Foucault
definisce la critica come caratteristica del mondo moderno. Secondo
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Foucault dopo la Riforma si è posto il problema dell'arte del governo, nel
senso del come governare i popoli, come governare l'economia, come
governare la famiglia, ecc. . In quel momento nasce la critica come
contromossa, come arte del non essere governati in generale o non essere
governati in un certo modo. In questo consiste il saper fare uso della propria
ragione: esso consiste in un esercizio critico, esercizio che Foucault declina
nella forma dell'arte del non essere governati. Nell'articolo Che cos'è
l'illuminismo? che cos'è la rivoluzione? Foucault sostiene una tesi molto
originale sulla nozione di rivoluzione in Kant. Kant crede che la rivoluzione
sia importante non tanto per quelli che vi partecipano, non per l'eventuale
successo ottenuto (Kant non approva gli atti rivoluzionari, ma una volta che
accadono non pensa sia corretto nemmeno tornare indietro), ma per l'effetto
che la rivoluzione produce negli spettatori. La rivoluzione per Kant è
spettacolo. Con la rivoluzione Kant individua un segno della storia che,
seppure non dimostra che esiste il progresso nella storia, almeno dimostra
che ogni tanto le cose migliorano, questo segno è l'entusiasmo. La
rivoluzione suscita entusiasmo negli spettatori. Spettatori che non sono quelli
che hanno preso parte alla rivoluzione, ma sono, invece, persone che hanno
osservato gli sviluppi a distanza, che anche se non erano lì presenti,
comunque, con questo sentimento, partecipano idealmente all'evento.

Nella lezione del 5 Gennaio del 1983 Foucault ritorna sul tema
dell'illuminismo in Kant. Qui Foucault ci dice qualcosa di più tecnico sul testo
di Kant. Il testo di Kant è un articolo, un articolo scritto per la rivista berlinese:
Berlinische Monatsschrift. È stato scritto nel 1784. Il giornale ai temi
dell'illuminismo permette di mettere in comunicazione gli intellettuali con il
pubblico, in questo modo gli intellettuali potevano scrivere e comunicare
idee. Kant assegna un ruolo all'uso pubblico della ragione proprio in questo
caso, al caso dell'intellettuale che scrive l'articolo e può esercitare in questo
modo la critica, perciò si può dire che Kant nella scrittura dell'articolo
sull'illuminismo facesse uso pubblico della ragione. Inoltre Foucault
sottolinea il grado di consapevolezza del movimento illuminista, in quanto il
movimento illuminista non è stato definito tale dai posteri, ma lui stesso si è
fatto chiamare in questo modo. Questo denota una certa comprensione del
presente. È sul presente che è concentrata la domanda di Kant
sull'illuminismo, Kant si chiede: cosa sta accadendo ora? qual'è il presente
in cui vivo? Secondo Foucault la minorità dipende dall'aver scambiato due
coppie obbedienza/assenza di ragionamento e privato/pubblico.
L'obbedienza è stata scambiata con l'assenza di ragionamento, al contrario
l'obbedienza e il ragionamento andrebbero separati come accade nell'uso
privato e pubblico della ragione, in questo consiste l'uscita dello stato di

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minorità. Due esempi di casi in cui si osserva questo fenomeno sono la
rivoluzione francese e Federico di Prussia. Nelle lezioni successive il tema
diventa la parrēsia. La parrēsia è il parlar franco, il dire la verità, l'atto di
coraggio da parte del singolo che dice la verità di fronte al sovrano rischiando
la sua vita. Questo è l'atto di coraggio dell'illuminismo: abbi il coraggio di
utilizzare la tua ragione!. Il filosofo deve avere il coraggio di prendere in
pugno la sua arma: la penna. Uno splendido racconto di Löwy su Lukács
mostra molto bene quest'immagine del filosofo coraggioso, ma in un
momento in cui ci si deve arrendere:

«Un episodio che si racconta della vita di Lukács vale per molti di loro:
imprigionato nel novembre 1956, dopo la sconfitta della Cultura del governo
Imre Nagy, si vide intimare dall'ufficiale sovietico che lo minacciava con la
mitraglietta l'ordine imperativo di consegnare le armi. Non avendo scelta, il
vecchio filosofo ebreo-ungherese avrebbe estratto di tasca la stilografica e
l'avrebbe consegnata alle forze dell'ordine...» (Löwy, Michael, Redenzione e
utopia, Bollati Boringhieri, Torino, 1992)

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