Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
Giombini, Marcacci, Dell'antilogia PDF
Giombini, Marcacci, Dell'antilogia PDF
Dell’antilogia
aguaplano
panchenko_abstract.indd 231 20/11/2010 11.51.06
Stefania Giombini, Flavia Marcacci, Dell’antilogia.
Aguaplano
Stefania Giombini, Flavia Marcacci, Dell’antilogia.
In copertina/Cover: Greece, Athens (Ancient). Erecthion, Caryatide Porch (1860-1890), National Library of Con-
gress, Prints and Photographs Division, Washington, d.c.
V i sono argomenti, concetti o temi della filosofia antica che non han-
no trovato e non trovano largo spazio nelle analisi degli specialisti:
tra questi ci sembra di poter annoverare l’antilogia, detta anche antilo-
gica come arte di costruire antilogie. La letteratura critica non ha mai
trattato l’antilogia in maniera esauriente, forse per il fatto che vi è una
sostanziale ambiguità su quale tipo di approccio possa essere più atto a
comprenderne la natura profonda. L’antilogia, infatti, come forma re-
torico-argomentativa retta da una stringente struttura logica, si è posta
in bilico tra la logica e la retorica. Si tratta, cioè, di intendere se essa sia
una struttura retorica o se, pur anche tale, abbia una validità nel campo
della logica e indirettamente in quello più generale della conoscenza. A
sottolineare tale presunta dicotomia, non solo nei manuali di retorica
ma anche nei testi di filosofia (tra cui i dizionari), non è raro trovare
l’identificazione tra antilogia e antinomia1.
Non è questione da poco comprendere se è possibile, in relazione
alle nostre conoscenze, collocare in maniera definitiva l’antilogia in un
campo o in un altro o se gode di uno statuto autonomo, dal momento
4. K. Hülser (Hg.), Die Fragmente zur Dialektik der Stoiker, 4 Bd., Stuttgart-Bad
Cannstatt 1986-1987.
5. Non è questa la sede per approfondire ulteriormente tale rilievo, ma è innegabile
che sia stimolante pensare che, se l’analogia esiste, probabilmente le Antilogie protago-
ree ebbero un contenuto politico inerente la vita della città. D’altronde Protagora, come
risulta dalle testimonianze, era profondamente esperto di politica e diritto dal momento
che gli fu commissionata la stesura della costituzione di Turi (D.L. IX 50-56 = DK 80A1.
Cf. I. Lana, Protagora, Torino 1950, p. 32 ss.).
280 Stefania Giombini, Flavia Marcacci
[…] Per esempio, se di ogni cosa si può affermare o negare alcunché, saran-
no lo stesso una trireme, un muro e un uomo; come necessariamente deve
ammettere chi fa suo il ragionamento di Protagora. Poiché se a qualcuno
pare che un uomo non sia una trireme, è chiaro che, perciò, non è una trire-
me; ma allora, anche è, dato che la proposizione contraria è vera.
Protagora afferma che l’uomo è misura di tutte le cose, non intendendo dire
se non che è misura colui che sa o colui che percepisce; e questi, perché
hanno l’uno la percezione sensibile, l’altro la scienza, le quali noi diciamo
esser misura del loro oggetto. Nulla dunque dice d’eccezionale, pur aven-
done l’aria.
Socrate – E non sappiamo, allora, che il Palamede di Elea parlava con una
tale arte da fare apparire a quelli che lo ascoltavano le medesime cose simili
e dissimili, una e molte, ferme e in movimento?
Fedro – Si certo!
Socrate – Dunque, c’è l’arte del contraddire non solo nei tribunali e
nell’assemblea popolare; ma, come sembra, c’è, per tutti i discorsi, una sola
arte, se pure c’è, mediante la quale uno sarà capace di rendere ogni cosa
simile a ogni cosa in tutti i casi possibili nella misura del possibile, e di met-
tere in luce quando un altro sa fare la stessa cosa e sa nasconderla.11
11. Pl. Phd. 261 d-e, tr. it. di G. Reale, in Platone, Tutti gli scritti, a cura di G. Reale,
Milano 2000.
284 Stefania Giombini, Flavia Marcacci
Con ciò risolve anche il ragionamento di Zenone l’eleata che domandò a Pro-
tagora il sofista: «Dimmi, Protagora, un sol grano o la decimillesima parte di
grano fanno rumore cadendo?». Protagora rispose di no. «E un medimmo
di grani, – disse, – fa rumore cadendo o no?». Protagora rispose che il me-
dimmo faceva rumore. «E che – disse Zenone – non c’è una proporzione tra
un medimmo di grani e un grano solo o la decimillesima parte di un grano
solo?». Questi rispose che c’è. «e che – disse Zenone – non ci sarà anche tra
i suoni la stessa proporzione? Infatti la proporzione che c’è tra i corpi sonori
ci deve anche essere tra i suoni. Se così è, dato che un medimmo di grano
fa rumore, farà rumore anche un sol grano e la decimillesima parte di un
grano». Tale è l’impostazione che dava Zenone al ragionamento.
12. D.L. III 48 = DK 29A14: «Il primo a scrivere dialoghi dicono che sia stato Zenone
eleata; Aristotele invece, nel primo libro del Sui poeti [fr. 55 Rose] dice Alessandro di
Stiria o di Teo».
13. SE 10 170b19 = DK 29A14: «Se si ritiene, sia da parte dell’interrogante che dell’in-
terrogato, che un nome che ha più significati ne abbia uno solo – l’essere e l’uno, per
esempio, hanno certo molti significati, ma sia l’interrogato che Zenone interrogante pon-
gono la questione pensando che ne abbiano uno solo e il risultato del discorso è che tutto
è uno –, in questo caso il discorso segue tanto la parola quanto il pensiero».
14. G.B. Kerferd, The sophistic movement, Cambridge 1981 [ed. it. a cura di C. Muso-
lesi, I sofisti, Bologna 1988, pp. 79-89].
15. Kerferd si riferisce all’antilogia sempre come tecnica antilogica, sottintendendo
sempre non solo la forma logica di un’argomentazione ma la capacità tecnica, l’arte di
costruire antilogie.
Dell’antilogia 285
16. F.M. Cornford, Plato and Parmenides, New York 1964: secondo Cornford Platone
considera Parmenide un vero e proprio sofista dedito, dunque, all’antilogia.
17. H. Fränkel, Zeno of Elea’s Attacks on Plurality, «American Journal of Philology»,
63, 1942, pp. 1-25 e pp. 193-206: Fränkel ritenne plausibile l’immagine platonica di uno
Zenone dedito a ingannare i suoi lettori.
18. G. Vlastos, Plato’s Testimony Concerning Zeno of Elea, «Journal of Hellenic
Studies», 95, 1975, pp. 150-155. Vlastos si oppose alla tesi di Fränkel ritenendo assoluta-
mente infondata l’immagine sofistica di Zenone, fondando la sua tesi anche sul rispetto
che Platone mostra per Parmenide e, di logica, anche per l’allievo che lo difende.
19. Kerferd, op. cit., pp. 83-84.
20. In contrapposizione a Kerferd e alla maggior parte della letteratura critica, Narcy
prospetta la possibilità di un Socrate molto più vicino all’eristica di quanto ci si sia mai
286 Stefania Giombini, Flavia Marcacci
potuti aspettare. Cf. M. Narcy, Che cosa è un dialogo socratico?, in G. Mazzara (a cura di),
Il Socrate dei dialoghi. Seminario palermitano del gennaio 2006, Bari 2007.
21. Kerferd, op. cit., p. 85.
22. Ivi, p. 89.
Dell’antilogia 287
[…] i miei scritti sono un aiuto alla tesi di Parmenide contro coloro che cer-
cano di ridicolizzarlo sulla base dell’affermazione che, se l’Uno è, da questa
asserzione derivano innumerevoli conseguenze ridicole e contraddittorie. I
miei argomenti, opponendosi a coloro che sostengono il molteplice, rendo-
no la pariglia con gli interessi, dimostrando che, se si accetta la loro ipotesi
che esiste la molteplicità, ne conseguono effetti ancora più ridicoli […]23
(Parm. 128c-d, corsivo nostro).
Così, se gli esseri sono molti [~p], è necessario che essi siano, a un tempo, e
piccoli e grandi [r et ~r]: piccoli fino a non aver affatto grandezza, e grandi
fino a essere infiniti.
Se gli esseri sono molteplici, è necessario che essi siano tanti quanti sono
e non di più e neppure di meno [~p’→ s]. Ora, se sono tanti quanti sono,
devono essere finiti. E se sono molteplici, gli esseri sono infiniti [~p’→~s].
ricorrere al passo platonico, non ci sono motivi per risalire alla falsità di
~p e dunque alla verità di p28.
Se si prosegue in questo modo, ossia facendo a meno del passo pla-
tonico e basando l’argomentazione sulla struttura puramente logica del
ragionamento, si vede bene che, con il solo principio di non contraddi-
zione, la congiunzione di proposizioni opposte, ‘r et ~r’ e ‘s et ~s’, non
può essere dichiarata vera. Questa consapevolezza non ci dice nulla,
però, neanche sulla conclusione di tutto il ragionamento (ovvero sul va-
lore di verità dell’implicazione ‘‘~p’→‘r et ~r’’ o ‘‘~p’→‘s et ~s’’): infatti,
nel nostro caso, conosciamo solo la falsità di ‘r et ~r’ e ‘s et ~s’, ma non
quella della premessa (‘p’ o ‘~p’). Le implicazioni da vero a falso (V→F)
e da falso a falso (F→F) sono rispettivamente F e V. Non conoscendo il
valore di verità della premessa ‘~p’, vi si potrebbe risalire conoscendo
il risultato dell’implicazione e quello della seconda proposizione del ra-
gionamento. In altre parole, se si sa che l’implicazione ‘x→F’ è F dedu-
ciamo che x è V. Mentre se l’implicazione di ‘x→V’ è F deduciamo che
x è F. Ma, nel nostro caso specifico, almeno nei frammenti che ci sono
stati tramandati, il valore di verità dell’implicazione non viene espli-
citato. Nei frammenti, infatti, non viene dato né il valore di verità di p
né quello del ragionamento complessivo: non possiamo, quindi, dire di
riscontrare lo schema della dimostrazione per assurdo.
Compiuto questo sforzo, si può tornare ora al Parmenide, dove si
nota sorprendentemente che la risposta di Zenone a Socrate va nella
stessa direzione del nostro ragionamento: Zenone dichiara di aiutare il
maestro non perché ottiene dai suoi paradossi che l’essere è uno (p), ma
solo che dall’essere molteplice (~p) si ottengono troppe contraddizioni
(128d).
La stessa ambiguità sembra espressa in altri brani, come quando il
Socrate platonico nei passi seguenti al 261d del Fedro ammonisce che,
per scegliere la verità o la falsità di una qualsiasi cosa, bisognerebbe
avere la conoscenza di cosa siano gli esseri in ogni somiglianza e disso-
miglianza (262a), poiché non si può risalire dalla verità di una impli-
cazione a quella delle sue premesse in maniera automatica: l’inganno
nasce proprio quando colui che conduce il discorso passa da un “essere”
a un “non essere” sfruttando piccole somiglianze che non hanno a che
28. Nei frammenti l’unica ammissione esplicita è, di fatto, quella relativa alla non
esistenza dello spazio (fr. 5).
290 Stefania Giombini, Flavia Marcacci
fare con la verità dell’essere (262b). Ancora più esplicito questo concet-
to nell’attacco ai protagorei, che per ciò che concerne
del giusto e dell’ingiusto, del santo e dell’empio, vogliono insistere a dire che
nessuna di queste cose esiste per natura e con una sostanza propria, accetta
toma è ciò che sembra alla comunità che diventa vero, nel momento in cui
sembra e per tutto il tempo in cui sembra. (Theaet. 172b)29
32. Cf. Rh. 1355a4-19. In questo passo della Retorica, Aristotele sostiene che un’argo-
mentazione è una specie di dimostrazione, per cui l’argomentazione retorica deve seguire
le regole della dimostrazione. Ora dal momento che il dimostrare è possibile attraverso
la logica e dunque attraverso il sillogismo, allora la retorica procederà dimostrando at-
traverso l’entimema che è il sillogismo retorico. Un esperto di dialettica sarà, così, anche
un buon “costruttore” di entimemi tanto da possedere l’arte di costruire argomentazioni
retoriche fondate. Colui che attraverso la dialettica mira al vero non troverà problemi a
raggiungere il probabile attraverso la retorica. Infatti, la differenza sostanziale tra il sillo-
gismo scientifico e l’entimema sta nelle premesse: mentre il primo tipo di sillogismo parte
da premesse vere, l’entimema parte da premesse probabili. Cf. S. Giombini, La retorica
dei sofisti e la Retorica di Aristotele, Excerptum theseos ad Doctoratum in Philosophia
[PhD. Thesis], Pontificia Universitas Lateranensis, Romae 2009.
Dell’antilogia 293
PHYSIS
Beatriz Bossi, Parménides, DK 28 B 16: ¿el eslabón perdido?, p. 45; Omar D. Álvarez
Salas, Intelletto e pensiero nel naturalismo presocratico, p. 63; Miriam Campolina
Diniz Peixoto, Physis et didachê chez Démocrite, p. 83; Antonietta D’Alessandro,
Democrito: visione e formazione dei colori nel De sensu et sensibilis, p. 101; Carlo
Santini, Democrito, Lucrezio e la poesia delle cose impercettibili (De r.n. 3,370-395),
p. 113; Daniela De Cecco, Anassagora B4 DK (B4a; B4b): esame delle fonti, p. 123;
Serge Mouraviev, L’Exorde du livre d’Héraclite. Reconstruction et Commentaire,
p. 135; Dario Zucchello, Parmenide e la tradizione del pensiero greco arcaico
(ovvero, della sua eccentricità), p. 165; M. Laura Gemelli Marciano, Il ruolo della
“meteorologia” e dei “discorsi sulla natura” negli scritti ippocratici. Alla ricerca di
un “canone” per lo scritto medico?, p. 179; Daniel W. Graham, Theory, Observation,
and Discovery in Early Greek Philosophy, p. 199.
LOGOS
Delfim F. Leão, The Seven Sages and Plato, p. 403; Gabriele Cornelli, Sulla vita
filosofica in comune: koinonía e philía pitagoriche, p. 415; Mario Vegetti, Il medico
antico fra nomadismo e stanzialità (dal V secolo a.C. al II secolo d.C.), p. 437;
Francesco De Martino, Aspasia e la scuola delle mogli, p. 449; Francisco Bravo,
Entre la euthymía de Democrito a la eudaimonía de Aristóteles, p. 467; Chiara
Robbiano, L’immutabilità come valore morale: da Parmenide (B8, 26-33) a Platone
(Rep. 380d1-383a5), p. 483; Renzo Vitali, Stasis come rivoluzione, p. 493; Walter
O. Kohan, Sócrates en el último curso de Foucault, p. 503; Giovanni Cerri, Tesi di
Platone sulla ragion politica del processo a Socrate e sulla natura della sua attività
propagandistica, p. 519; Christopher Rowe, Boys, Kingship, and Board-games: A
Note on Plato, Politicus 292E-293A, p. 529; Gerardo Ramírez Vidal, Los sofistas
maestros de política en el siglo V, p. 535; Rachel Gazolla, Intorno alla Paideia di
Socrate e dei Cinici, p. 547; Gilbert Romeyer Dherbey, Socrate educateur, p. 563;
Giovanni Casertano, La regina, l’anello e la necessità, p. 587.
PATHOS
Maria de Fátima Silva, Euripides and the Profile of an Ideal City, p. 603; Patrizia
Liviabella Furiani, Il V secolo, tra fiction e realtà, nel romanzo di Caritone, p. 617;
Maria do Céu Fialho, The Rhetoric of Suffering in Sophocles’ Philoctetes and Coloneus:
A Comparative Approach, p. 645; Noburu Notomi, Prodicus in Aristophanes,
p. 655; Enrique Hülsz Piccone, Huellas de Heráclito en tres fragmentos ‘filosóficos’
de Epicarmo, p. 665; Alessandro Stavru, Il potere dell’apparenza: nota a Gorgia,
Hel. 8-14, p. 677; Lidia Palumbo, Scenografie verbali di V secolo. Appunti sulla
natura visiva del linguaggio tragico, p. 689; Nestor L. Cordero, Les fondements
philosophiques de la ‘thérapie’ d’Antiphon. Les vertus thérapeutiques du logos
sophistique, p. 701.
***
***
Dell’antilogia
aguaplano