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MIES VAN DER ROHE

Mies van der Rohe approfondisce il tema del razionalismo dal


punto di vista dei materiali e delle strutture concependo
l'architettura non come Le Corbusier dal punto di vista
tridimensionale, ma attraverso piu' lastre bidimensionali non a
contatto.Per portare avanti questa operazione concettuale, Mies
van der Rohe, recupera prospetticamente alcuni temi di Le
Corbusier, trasformandoli dal punto di vista proporzionale. Molto
spesso l'edificio e' sollevato da terra da invisibili Pilotis, e si
presenta caratterizzato da grande orizzontalita', introducendo il
distacco del solaio di copertura della facciata.Mies Van Der Rohe,
usa ogni tipo di materiale preferendo comunque il marmo, i mattoni
e il ferro che riteneva mezzo adatto a definire una particolare
chiarezza strutturale e che consentiva un calcolo perfettamente
razionale nella scelta delle costruzioni. Particolarmente importante
e' l'apporto del movimento neoplasticista di Theo Van Doesburg, Piet
Mondrian, Gerrit Rietveldt.
Nato in Olanda con la finalita' di dare interpretazione alla spazialita'
sia architettonica che pittorica, basata su lastra bidimensionale. I
progetti di questo periodo sono coerenti con questi movimenti;
grandi lastre attraversano lo spazio senza mai incontrarsi formando
gli ambienti in cui vivono.
Tra le opere da ricordare in questa fase, vi e' il grattacielo in vetro
del 1919, unicamente progettato. Una villa interamente in mattoni
del 1923, dove l'architetto crea una connessione tra spazi interni ed
esterni assoluta. Il monumento a Rosa Luxemburg distrutto dai
nazisti (1926) visto come una serie di blocchi
arretranti,completamente in mattoni.Il primo grande capolavoro e'
del 1929, il Padiglione tedesco all'Esposizione di Barcellona. Esso
e'visto come una grande piattaforma rivestita di travertini dalla
quale nascono pilastri cruciformi in acciaio che sostengono insieme
a grandi lastre di marmo e di vetro una copertura piana sottilissima;
le pareti vetrate contengono l'illuminazione anche artificiale in modo
da conservare le stesse sensazioni di giorno e di notte. All'interno,
Mies van der Rohe, crea due bacini d'acqua rivestiti in vetro nero
che contrastano violentemente con il bianco del travertino. Le pareti
sono realizzate in onice e marmo di tinos. La soletta piana
sottilissima accentua il senso di orizzontalita'. Nell'occasione,
progetta una poltrona che diventera' uno dei piu' importanti mobili
del movimento moderno,basato su di un controllo semplicissimo di
struttura a parte che mantiene sospesi in modo elastico i carichi. In
questo tipo di seduta, Mies van der Rohe inventa una inclinazione di
15o al sedile che serve a scaricare la stanchezza.
Nel 1930, costruisce casa TUGENDHAT, una casa in collina in cui
Mies van der Rohe, stravolge completamente le impostazioni
tradizionali. Alla casa si accede dall'alto ed in quella zona si trovano
l'auto rimessa e le camere da letto; poi si scende attraverso una
grande scala semicircolare, si giunge nell'ampio locale di soggiorno
in cui una parete di onice bianco divide le due zone soggiorno e una
parete semicircolare in ebano delimita la zona pranzo. Le finestre
che completano la parete a valle scendono nel pavimento del
soggiorno trasformando l'area in un portico estivo.Il tetto e'
completamente piano e percorribile, mentre stranamente il
pavimento del soggiorno e' in Linoleum chiaro.
Negli anni che vanno dal '38 al '58, Mies van der Rohe, trasferitosi
negli Stati Uniti perche' odiato dai nazisti, si dedica alla costruzione
degli edifici dell'istituto di tecnologia dell'Illinois dove sviluppa
ricerche con finalita' tecnologiche e rinuncia definitivamente alla
componente solamente estetica dedicandosi alla valorizzazione
delle strutture metalliche;ricordiamo in questo senso i progetti
realizzati solo piu' tardi per l'edificio della scuola d'architettura dove
realizza grandi portali metallici che sostengono completamente
l'edificio.
Il massimo risultato lo ottiene nel '50, nel teatro di MANNHEIM,
costituito di due sale, una per 1500 persone e l'altra per 500; in cui
esilissime strutture metalliche terminanti con travatura
rettangolare,ripetute per sette volte, sostengono un tetto a piastra,
lungo 160 metri e largo 80.
Chiaramente questa scelta strutturale, contiene una rinuncia alla
ricerca estetica, in quanto la bellezza dell'edificio sta' nella pulizia
estetica.
Nel 1954, costruisce il SEAGRAM BUILDING, un grattacielo di 39
piani su pilotis alti 7 metri; realizzato interamente in struttura
metallica, con una distanza tra un pilastro e l'altro (= luce)di 8,5
metri.
La ricerca di Mies van der Rohe, e' tutta orientata verso la
progettazione modulare che nasce da una griglia di progetto che e'
l'interasse fra i pilastri. Questa componentistica non riguarda solo la
struttura primaria, ma anche i ritmi delle finestre che sono i
sottomultipli delle misure primarie. Nel Seagram, queste misure
sono sottolineate dalla presenza di profilati in ferro di irrigidimento.
IL PADIGLIONE TEDESCO ALL'ESPOSIZIONE DI BARCELLONA
Dopo l'edificio del Bauhaus, o della plastica volumetrica
quadridimensionale, dopo la villa Savoye che incarna i cinque punti
di Le Corbusier, la terza fra le opere piu' paradigmatiche del codice-
stile razionalista e' il Padiglione che Mies van der Rohe costrui' nel
1929 a Barcellona. Ed essa e' tale poiche' mostra come
l'architettura, per cosi' dire, reale,assorbi' -con le adesioni e le
deroghe che vedremo- le proposte ed i suggerimenti
dell'avanguardia, in questo caso la poetica di De Stijl.Il Padiglione,
che, sebbene costruito con materiali stabili,ando' distrutto con tutte
le opere effimere dell'Esposizione, era composto dalle seguenti parti
o "pezzi" di un plastico meccanismo: un basamento di travertino,
alto quanto otto scalini, che conteneva in un angolo una vasca
rettangolare, avente tra l'altro la funzione di rispecchiare le altre
parti dell'edificio e di dare uno "spessore" al basamento stesso in cui
risultava come "scavata";un muro-lastra con una panchina
addossata, il quale reggeva virtualmente e collegava i piani di
copertura delle zone coperte del Padiglione, formando anche un
setto di separazione fra gli spazi interni ed esterni di esso; otto
montanti metallici cromati a sezione cruciforme reggevano il solaio
di cemento armato che copriva la vera e propria zona d'esposizione,
il cui ambiente interno era articolato con altre lastre di muratura o
con pannelli di vetro e metallo; una seconda piu' piccola vasca di
acqua, dalla quale sorgeva una scultura figurativa di Georg Kolbeera
sistemata sul lato piu' breve della costruzione ed era contenuta
entro una specie di patio circondato per tre lati da muri rivestiti di
onice, formanti all'esterno non piu' un gioco di lastre ma un volume
chiuso; un altro volume simile, nel lato opposto, circondava
parzialmente la grande vasca, delimitava l'altro lato breve
dell'edificio e recintava, sempre con andamento ortogonale, il
reparto contenente due vani per uffici ed i servizi; un solaio
sovrastante questa seconda zona coperta era sorretto dal muro
suddetto e da quello parallelo alla piscina. Gia' dalla descrizione di
questi elementi componenti la costruzione puo' comprendersi
quanto l'opera in esame debba al codice neoplastico e quanto ad
altre tendenze del gusto. Infatti se le lastre verticali, quella esterna
avente alla base la panchina e quelle interne alla zona
espositiva,che giocavano una composizione di slittamenti e di
compenetrazioni, cui non erano estranei gli stessi piani d'acqua,
sono di indubbia ispirazione neoplastica, i lati brevi del padiglione,
che erano chiusi da muri formanti volumi, almeno verso l'esterno, si
differenziano notevolmente dalla poetica di De Stijl. Non ci sono
lungo questi lati le classiche sporgenze e rientranze dei muri tipici
del movimento olandese, tendenti alla scomposizione del volume in
piani ma, come s'e' detto, murature che piegandosi a 90o formano,
compongono appunto dei volumi. Si puo' dire che Mies abbia voluto
limitare verso il perimetro il padiglione con tali elementi per meglio
concentrare nella sua area il gioco di libere lastre formanti,
all'interno di quell'area, interni ed esterni sia reali che virtuali.
Questa differenza tra perimetro ed area ci sembra la chiave migliore
per intendere l'opera in esame,specificando i "luoghi" dove l'edificio
si affida o si discosta dalla poetica neoplastica. Ma come definire le
parti,le zone,gli ambienti in cui il capolavoro di Mies si differenzia
dalla corrente linguistica olandese? La risposta e' ovviamente quella
di considerare dette parti di pura marca ed invenzione miesiana.
Cio' tuttavia non ci impedisce di cogliere altre derivazioni ed
ascendenze. Intanto la zona del patio, con la sua recinzione muraria,
col solaio che uscendo a sbalzo dall'ambiente espositivo rende detto
patio parzialmente coperto, col piano d'acqua e la scultura, si badi
bene, figurativa di Kolbe, non ha nulla di neoplastico, anzi ha un
accento classicistico che risale al protorazionalismo di un Loos, al
purismo di un Le Corbusier e soprattutto rivela una costante,
appunto classica, che sara' propria a tutto lo stile delle future opere
di Mies. L'accostamento a Loos ritorna per altri aspetti. Infatti se le
architetture di Van Doesburg e di Rietveld si articolano in piani
colorati artificialmente in blu, giallo e rosso, qui i piani hanno il
colore proprio dei materiali, la lucentezza del metallo cromato, la
grana del travertino, le venature dell'onice. Siamo insomma nella
logica dell'unica decorazione ammessa da Loos, quella appunto
derivante dalla natura dei materiali. E non e' forse loosiano l'artificio
di ingrandire e moltiplicare spazi ed ambienti interni con giochi di
specchi -si pensi al Karntner Bar e ad altri interni- riproposto da Mies
A Barcellona questa volta all'esterno con delle vasche rispecchianti?
Detto questo non intendiamo evidentemente sminuire e mostrare
come essa sintetizzi molti aspetti linguistici del Movimento Moderno:
l'avanguardia e la tradizione, il gusto figurativo e quello astratto, la
piu' inedita spazialita' ed un senso della classicita', sia pure
totalmente reinventato.E non e' forse classica la famosa poltrona
che Mies disegno' proprio in occasione del Padiglione di Barcellona e
che da esso prende il nome, nella quale sono ritrovabili antichissimi
motivi d'arredo anche qui riproposti in una versione nel suo
complesso affatto inedita?In sintesi, ci pare che cio' che rende il
capolavoro di Mies "uno dei pochi edifici grazie al quale il secolo XX
puo' gareggiare con le grandi epoche del passato" per dirla con
Hitchcock non senza una punta di esagerazione, stia nell'aver
saputo operare una sintesi in quella conformazione che abbiamo
detta del perimetro e dell'area, fra esterno ed interno, tra la
geometria e la natura organica dei materiali, tra neoplasticismo e
classicita'.

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