Stefano Zamponi
Dipartimento di Studi sul Medioevo e Rinascimento
Università di Firenze
La scrittura umanistica
XIVe colloquedu Comité international de paléographie latine
Enghien-les-Bains, 19-20 septembre 2003
(versione provvisoria; il testo definitivo apparirà in "Archiv für Diplomatik", 50 [2004])
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Nel 1960 Ullman pubblicò The Origin and Development of Humanistic Script, il volume
che fonda scientificamente un nuovo oggetto di studio, la storia della scrittura umanistica.
Secondo la ricostruzione di Ullman, che si basa su un’ampia documentazione, la riforma
grafica umanistica ebbe origine a Firenze, intorno all’anno 1400, avendo per ispiratore
Coluccio Salutati (1331-1406); sul piano della scrittura formata, eseguita con singoli,
autonomi tratti di penna, si realizza nella littera antiqua di Poggio Bracciolini (1380-1459),
mentre sul piano della scrittura corsiva si realizza nella corsiva all’antica di Niccolò Niccoli
(1364-1437). Le due scritture di Poggio e di Niccoli sono considerate da Ullman i diretti
antecedenti dei caratteri a stampa in uso fino ad oggi, il romano tondo e il corsivo, mentre la
storia della scrittura umanistica nel Quattrocento è tracciata tutta mediante esempi fiorentini,
un modo implicito ma chiaro per affermare l’egemonia di Firenze sul panorama grafico
italiano. Il quadro delineato da Ullman è integrato, ma non superato, dal volume postumo di
James Wardrop, The Script of Humanism, del 1963, che affronta essenzialmente la scrittura
umanistica ‘corsiva’ della metà del Quattrocento, dalla sua genesi in Veneto sotto influenze
dotte e antiquarie, al suo uso come scrittura del libro, portata all’eccellenza da Bartolomeo
Sanvito, fino alla sua diffusione come scrittura documentaria nelle cancellerie del
Cinquecento.
Nei quarant’anni successivi alla pubblicazione dei libri di Ullman e Wardrop le conoscenze
sulla scrittura e sul libro umanistico sono aumentate enormemente, grazie a pubblicazioni su
copisti e centri di produzione, a ricerche di natura paleografica e codicologica, allo studio delle
fonti antiche sulla storia e la terminologia della scrittura, a cataloghi di manoscritti provvisti di
illustrazioni. Anche le edizioni di testi umanistici, realizzate da filologi e storici, e le ricerche
sulla miniatura rinascimentale concorrono a delineare un campo di indagine sempre più
conosciuto, condiviso fra studiosi che lavorano con finalità differenti e con metodi autonomi. Il
risultato di questo notevolissimo incremento del nostro sapere storico è sotto gli occhi di tutti:
un paleografo esperto oggi è in grado di datare e localizzare un manoscritto umanistico con
una sicurezza e una precisione che non ha pari per qualsiasi altro periodo della storia della
scrittura.
Nello spazio disponibile per la presente relazione non intendo rendere conto di questi studi
(sarebbe del resto impossibile), anzi dovrò considerare conosciuta la principale bibliografia, di
cui allego uno specimen; parimenti escluderò in partenza una serie di argomenti, degnissimi di
indagine, ma che a mio parere, in questa sede, rivestono minore rilievo generale (l’origine
della riforma umanistica dall’esperienza grafica petrarchesca e la pretesa climax di scritture
sempre più all’antica fra Petrarca e Salutati; la diffusione europea dell’antiqua; l’influenza dei
modelli umanistici sulle scritture di uso documentario; la codicologia del libro umanistico).
Partendo da alcuni studi, a mio parere molto importanti (in particolare Casamassima, De la
Mare, Barile e De Robertis, bibl. nr. 45, 47, 80, 88, 95, 97), affronterò solo tre argomenti, che
permettono di verificare come possa essere ripensato il disegno storico delineato da Ullman e
nello stesso tempo consentono di individuare alcuni temi meritevoli di ulteriori ricerche.
Questi tre argomenti sono: la riforma grafica umanistica nei primi decenni del Quattrocento
(fino al 1425 circa); il ruolo di Ciriaco d’Ancona; la svolta antiquaria padovana degli anni ’50
(e la fissazione di nuovi modelli di scritture all’antica).
2. Ciriaco d’Ancona
Una volta che sia conosciuta la tradizione veneta, dovrebbe essere possibile comprendere il
valore e l’importanza della scrittura di Ciriaco d’Ancona, che mi pare il punto di snodo più
importante della scrittura latina fra gli anni ’30 e ’50 del Quattrocento.
Nella storia della scrittura umanistica Ciriaco ha una collocazione ancora provvisoria,
segnata soprattutto dall’immagine dell’unicità, dell’estro, dell’invenzione (fatti peraltro
innegabili). La sua scrittura dell’età matura, com’è noto, è una sorta di eruditissimo intarsio in
cui confluiscono la conoscenza delle tradizioni grafiche tardo-medievali latine e greche, le
lettere epigrafiche classiche, la probabile conoscenza di scritture precaroline. Forme di lettere,
di nessi e di legature che derivano da tutte queste fonti sono rese omogenee in un fluire di
scrittura più o meno rapida, più o meno inclinata, sempre scritta con la penna a punta fine, alla
greca, talora (sebbene scrittura latina) in una esplicita dipendenza da stili grafici greci. <TAV.
8> Eppure l’operazione grafica realizzata da Ciriaco va molto oltre le categorie dell’unicità,
dell’esperienza singolare e irrepetibile: Ciriaco, all’inizio della sua carriera di scriptor, è del
tutto omogeneo ad una diffusa tradizione veneto-padana; le straordinarie innovazioni della
maturità, oltre che cifra personalissima, sembrano frutto consapevole di una elaborazione che
si misura con l’intera storia della scrittura latina e greca. Questa straordinaria novità fu
percepita immediatamente anche dai contemporanei di Ciriaco, che nella sua scrittura videro la
rinascita di tradizioni ormai estinte. Jacopo Zeno, nel 1442, non solo caratterizza in termini
ancora oggi esemplari e pertinenti la scrittura di Ciriaco (Tu praeterea in scribendi recto modo
et ordine maximum et amplissimum omnibus emolumentum attulisti. Quis enim ante te
copulatas et colligatas et invicem connexas atque contextas littera formare? quis antiquitatis
in scriptura ritus observare cognoverit?) ma soprattutto ha netta e chiara la consapevolezza
della discontinuità, che cioè Ciriaco ha radicalmente recuperato nello scrivere, attraverso un
cammino del tutto originale, i riti di un’antichità che con lui per la prima volta rivive (Tu
extinctam iam dudum gloriosissimae antiquitatis memoriam arte, studio ac diligentia tua
incredibili laude reparasti, restituisti et tanquam ex inferis excitasti). Insomma Ciriaco è
importante (e forse su questo ancora dobbiamo lavorare) non solo per le sue prodigiose
capacità grafiche, ma perché nella sua scrittura noi assistiamo, in un’immota ma vitalissima
sincronia, alla dilatazione del concetto dell’antico nello spazio (mondo latino e mondo greco, e
qui di nuovo si presenta una forte attenzione verso l’oriente) e nel tempo (esperienze scelte di
scrittura dall’antichità classica in poi): la sua antiqua si radica nella tradizione latina e greca
del tardo Trecento, rifiuta i modelli grafici dei secoli XI e XII, attinge con i modelli epigrafici
alle fonti esemplari dell’antichità, individua nella continuità della tradizione bizantina un
tramite essenziale per il recupero del mondo classico.
Ciriaco supera radicalmente la dialettica minuscola carolina / littera textualis / minuscola
carolina restaurata che è alla base della riforma fiorentina, ma supera anche il richiamo alla
tradizione carolina che è pur sempre avvertibile nelle scritture all’antica settentrionali: direi
che è lucidamente estraneo a quel mondo e a quel concetto di antichità. Ciriaco irride la
misura, la sobrietà della prima tradizione umanistica con una pagina che spesso è ridondanza,
eccesso, fantasia; costruisce qualcosa che non è mai esistito prima, anche se tutti i suoi
elementi sono riconoscibili in epoche e situazioni diverse della scrittura latina e greca. Paralleli
alla scrittura sono alcuni aspetti dei suoi libri, quali elementi decorativi minori e inchiostri di
colori inusitati (verde, azzurro, viola), che a loro volta rimandano a tradizioni decorative
esotiche, il libro bizantino del basso Medioevo.
1. Nicola Barone, Notizia della scrittura umanistica nei manoscritti e nei documenti
napoletani del XV° secolo, "Atti dell’Accademia di Archeologia, Lettere e Belle Arti di
Napoli", 20 (1899), pp. 1-11, tavv. 3.
2. Cesare Paoli, Programma scolastico di paleografia latina e di diplomatica, I
Paleografia latina, Firenze 1901, pp. 36-37.
3. Franz Steffens, Lateinische Paläographie, Trier 19092, Berlin-Leipzig 19292 (Freiburg
1903-19061; trad. franc. Trier-Paris 1910): pp. XXIII-XXVI, tavv. 114, 115b, 116a-b,
117a, 118a.
4. Maurice Prou - Alain de Boüard, Manuel de paléographie latine et française, Paris
1924, pp. 244-247.
5. Mostra di codici autografici in onore di Girolamo Tiraboschi, [a cura di Domenico
Fava], Modena, Società Tipografica Modenese, 1932, pp. 131, tavv. 10.
6. Beniamino Pagnin, Della scrittura padovana nel periodo umanistico, "Archivio veneto",
15 (1934), pp. 175-189.
7. Alfred Hessel, Die Entstehung der Renaissanceschriften, "Archiv für
Urkundenforschung", 13 (1935), pp. 1-14, tavv. 2.
8. Berthold Louis Ullman, Ancient Writing and its Influence, New York, Longmans, 1932.
9. Giulio Battelli, Lezioni di Paleografia, Città del Vaticano 1936, pp. 210-214 (19392 pp.
224-228, 19493 pp. 245-249).
10. Stanley Morison, Early Humanistic Script and the First Roman Type, "The Library", s.
4, 24 (1943), pp. 1-29, figg. 20.
11. Domenico Fava, La scrittura libraria di Ciriaco d’Ancona, in Scritti di Paleografia e
diplomatica in onore di Vincenzo Federici, Firenze, Olschki, 1944, pp. 295-305, tavv.
13-23.
12. James Wardrop, Pierantonio Sallando and Girolamo Pagliarolo Scribes to Giovanni II
Bentivoglio. A Study in the Later Development of Humanistic Script, "Signature", 5
(1946). pp. 4-30, fig. 24.
13. Thomas David, What is the origin of the Scrittura umanistica?, "La Bibliofilia", 53
(1951), pp. 1-10.
14. Stanley Morison, Byzantine Elements in Humanistic Script Illustrated from the Aulus
Gellius in the Newberry Library, Chicago, The Newberry Library, 1952, pp. 12, tav. 1.
15. Giorgio Cencetti, Lineamenti di storia della scrittura latina, Bologna, Patron 1956, pp.
259-299 (19972, a cura di Gemma Guerrini Ferri, pp. 235-263).
16. Mario Carrara, Scritture veronesi del secolo XV, "Atti dell’Accademia di Agricoltura,
Scienze e Lettere di Verona", s. VI, 8 (1956-1957), pp. 1-27.
17. Millard Meiss, Andrea Mantegna as Illuminator. An Episode in Renaissance Art,
Humanism and Diplomacy, New York, Columbia University Press, 1957.
18. Giovanni Mardesteig, Leon Battista Alberti e la rinascita del carattere lapidario romano
nel Quattrocento, "Italia medioevale e umanistica", 2 (1959), pp. 285-307, tavv. XV-XX,
figg. 6.
19. Berthold L. Ullman, Pontano’s Handwriting and the Leiden Manuscript of Tacitus and
Suetonius, "Italia medioevale e umanistica", 2 (1959), pp. 309-335, tavv. XXI-XXVIII.
20. Giovanni Muzzioli, Due nuovi codici autografi di Pomponio Leto (contributo allo studio
della scrittura umanistica), "Italia medioevale e umanistica", 2 (1959), pp. 337-351,
tavv. XXIX-XXXIV.
21. Berthold L. Ullman, The Origin and Development of Humanistic Script, Roma, Edizioni
di Storia e Letteratura, 1960, pp. 146 figg. 70.
22. Millard Meiss, Toward a More Comprehensive Renaissance Paleography, "The Art
Bulletin", 42 (1960), pp. 97-112, figg. 36.
23. Emanuele Casamassima, ‘Litterae Gothicae’. Note per la storia della riforma grafica
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24. Felice Feliciano Veronese, Alphabetum Romanum, a c. di Giovanni Mardesteig, Verona
1960 (il commento è ripreso in Giovanni Mardesteig, Felice Feliciano Veronese, intr. di
Rino Avesani, Milano, Jaca Book, 1987, che accompagna come primo volume l’edizione
in facsimile del Vat. lat. 6852, Alphabetum Romanum).
25. Charles Mitchell, Felice Feliciano ‘Antiquarius’, "Proceedings of the British Academy",
47 (1961), pp. 197-121, tavv. XXVI-XLI.
26. Tammaro De Marinis, Di alcuni codici calligrafici napoletani del secolo XV, "Italia
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27. Emanuele Casamassima, Ludovico degli Arrighi detto Vicentino copista dell’Itinerario
del Varthema, "La Bibliofilia", 64 (1962), pp. 117-162.
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29. James Wardrop, The Script of Humanism. Some Aspects of Humanistic Script 1460-
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30. Il protocollo notarile di Coluccio Salutati, a cura di Armando Petrucci, Milano, Giuffré,
1963 (in particolare pp. 21-45 Il Salutati e la crisi grafica dell’Umanesimo).
31. Emanuele Casamassima, Lettere antiche. Note per la storia della riforma grafica
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32. Emanuele Casamassima, Per una storia delle dottrine paleografiche dall’Umanesimo a
Jean Mabillon, "Studi medievali" s. III, 5 (1964), pp. 525-578.
33. Richard W. Hunt, Humanistic Script in Florence in the Early Fifteenth Century, in
Calligraphy and Palaeography: Essays Presented to Alfred Fairbank on his 70th
Birthday, a c. di Arthur S. Osley, London, Faber & Faber, 1965, pp. 272-274.
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37. Jonathan J. G. Alexander - Albinia C. de la Mare, The Italian Manuscripts in the Library
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38. Nuovi documenti per la storia del Rinascimento, a cura di Tammaro De Marinis ed
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39. Peter Herde, Die Schrift der Florentiner Behörden in der Frührenaissance (ca. 1400-
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55. J. L. Butrica, A New Fragment in Niccoli’s Formal Hand, "Scriptorium", 35 (1981), pp.
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58. Luisa Miglio, L’avventura grafica di Iacopo Cocchi-Donati, funzionario mediceo e
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60. Albert Derolez, Codicologie des manuscrits en écriture humanistique sur parchemin,
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64. Albinia C. de la Mare - Claudio Griggio, Il copista Michele Salvatico collaboratore di
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71. Susy Marcon, Vale feliciter, "Lettere Italiane", 40 (1988), pp. 536-556, figg. 11.
72. Gabriella Pomaro, Fila traversariane. I codici di Lattanzio, in Ambrogio Traversari nel
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79. Jonathan J. G. Alexander, Initials in Renaissance Illuminated Manuscripts: the Problem
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81. Paolo Eleuteri - Paul Canart, Scrittura greca nell’umanesimo italiano, Milano, Il
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83. Susy Marcon, La silloge dell’anonimo marucelliano: un episodio di calligrafia
epigrafica, "Quaderni per la storia dell’Università di Padova", 24 (1991), pp. 31-56,
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84. Anna Pontani, Le maiuscole greche antiquarie di Giano Lascaris. Per la storia
dell’alfabeto greco in Italia nel ‘400, "Scrittura e civiltà", 16 (1992), pp. 77-227.
85. Albinia C. de la Mare, Cosimo and his Books, in Cosimo ‘il Vecchio’ de’ Medici, 1389-
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("Memorie dell’Istituto veneto si scienze, lettere ed arti. Classe di scienze morali, lettere
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88. Elisabetta Barile, ‘Littera antiqua’ e scritture alla greca. Notai e cancellieri a Venezia
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