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Istituto Tecnico Industriale

Aldini- Valeriani

A.S. 2008/2009

IL VOLANO
Studio, progettazione di un auto modello scala 1:10
Disegno 3d completo e successiva analisi di un
componente e del suo processo costruttivo

Lazzari Matteo VBmec


MECCANICA TECNOLOGIA DISEGNO INGLESE

VOLANO FUSIONE AUTO FORNI


ALLUMINIO MODELLO FUSIONE
1:10

2
Indice
1.0 Disegno ………………………………………………………………… 5

2.0 Meccanica

2.1 Introduzione volano …………………………..…….………….. 14

2.2 Lavoro eccedente …………………………………...………….. 17

2.3 Dimensionamento del volano ……………………..…………. 19

2.4 Dimensionamento con l’utilizzo del coefficiente


di fluttuazione ………………………………………...…………. 22

2.5 Verifica alla sollecitazione centrifuga …………...…………. 23

2.6 Verifica alla sollecitazione centrifuga mediante


calcolo integrale …………………………………………...……. 25

2.7 Verifica applicata al modello studiato ………………...…….. 27

2.8 Nuove tipologie d’impiego …………………………..………... 28

3.0 Tecnologia

3.1 Introduzione processi per la realizzazione


di getti in lega d’alluminio ………………………………….… 29

3.2 Materiale …………………………………………………….…… 30

3.3 Fusione ……………………………………………………….….. 32

3.4 Trattamento del bagno …………………………………….….. 34

3.5 Colata …………………………………………………………….. 36

3.6 Trattamenti termici …………………………………………….. 48

3.7 Controlli ………………………………………………………….. 49

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4.0 Inglese

4.1 Aluminum casting process ………………….…………..………….. 51

4.2 Rotary burner with direct flame …………….………….………….. 51

Argomenti approfonditi

Matematica …………………………….……………………..….. 54
Integrali definiti

Diritto ed economia aziendale ……….…….….. 62


Il bilancio d’esercizio

Storia ……………………………………………………………..…..…….. 68
Dichiarazioni di guerra e situazione italiana

Italiano ……………………………………….…………………….……... 74
Italo Svevo

Bibliografia ……………………………………………………….……….…... 79

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1.0 DISEGNO

Con immensa soddisfazione presento il progetto su cui hanno lavorato Lazzari Matteo, Cataldi
Alessandro, Arcano Fabio, Fabbri Lorenzo. La comune passione sui motori e su tutto ciò a cui
sono applicati ci ha spinto allo studio di un modellino in scala 1:10. Il lavoro si è basato sulla
rivelazione di pezzi già esistenti e il successivo disegno 3d utilizzando il software cad Solid edge
sfruttando le nostre capacità apprese in questo anno scolastico e nell’impegno durante lo studio
individuale. All’interno del gruppo il lavoro si è suddiviso equamente, procedendo alla disegno dei
vari gruppi di componenti. Durante l’assemblaggio dei pezzi più complessi abbiamo avuto il
supporto tecnico e la grande motivazione dei nostri professori.

5
Dopo aver disegnato tutti i componenti ognuno di noi si è focalizzato sullo studio di un componente
in particolare, il mio esempio è lo studio del volano.

Allego inseguito la messa in tavola del componente.

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7
8
Analisi dei gruppi sterzo

Gestione assieme regolabile ammortizzatore

Trasmissione del moto mediante differenziale

9
Disegno in fase di miglioramento

10
Sezione motore Render

Disegno motore esploso

11
E ora ci siamo un po’ divertiti…

12
13
2.0 MECCANICA
2.1 INTRODUZIONE VOLANO
Il volano ha il compito di assorbire l’eccesso di lavoro motore rispetto a quello resistente, sotto
forma di energia cinetica, minimizzando le oscillazioni di velocità angolare.
Tra le molteplicità di impieghi ci possiamo focalizzare su esempio molto diffuso: l’applicazione sui
motori endotermici. Per individuare il campo d’intervento del volano ci possiamo riferire al
funzionamento di un motore ciclo Otto, limitandoci a due sole fasi:

Fase di espansione: il pistone è sotto l'azione


della pressione esercitata dai gas combusti ad
alta temperatura e tende a muoversi ad alta
velocità e grande accelerazione, ma deve
trascinare il volano, cioè una grande massa, che
si oppone per inerzia al cambiamento della
velocità. La conseguenza è che il pistone
rallenta e il volano accelera, il primo perde una
parte della sua energia cinetica, il secondo la
acquista.
Fase di compressione: il pistone deve ridurre il
volume del gas chiuso nel cilindro e tende a
rallentare il suo moto essendo contrastato dalla
pressione crescente dello stesso gas (il quale
per di più si è anche riscaldato). Ma il pistone,
attraverso il sistema albero - manovella - biella è
collegato al volano, il quale, per inerzia, si oppone alla riduzione di velocità,
tentando di mantenerla costante. La conseguenza è che il pistone può
proseguire nel suo moto mentre il volano rallenta, rendendo al pistone
l'energia che gli aveva sottratto nella fase di espansione.

Il volano può avere forma circolare a disco pieno, a corona con mozzo oppure a razze e corona.
La forma circolare è ovviamente condizionata dal moto dell'albero motore che è appunto rotatorio.
La conformazione a disco o a corona è condizionata dallo spazio disponibile sulla macchina, dalla
potenza, dalla velocità e dalle funzioni secondarie eventualmente affidate al volano.
Nelle automobili ad esempio il volano è a disco pieno, e quindi relativamente molto pesante, e
sulla periferia riporta la dentatura che ingrana con il motorino di avviamento per la messa in moto.
Nei treni a vapore il volano era una vera grande ruota piena poiché il regime di rotazione del
motore, derivante dal moto alternativo di grossi pistoni, era caratterizzato da una grande
variabilità. In altre macchine il volano è a corona di grande raggio e spesso presenta una gola
dove si avvolge la puleggia che trascina le macchine operatrici.

14
𝑚𝑚 ∙𝑟𝑟 2
Ricordando l'espressione del momento di inerzia 𝐼𝐼 = è immediato riconoscere che il
2
volano si può essere progettato in due modi distinti: 1) grande massa e piccolo raggio; 2) piccola
massa e grande raggio. Il secondo modo appare più conveniente in quanto il raggio compare con
esponente due e quindi sue piccole variazioni comportano grandi variazioni di momento d’inerzia.

Da quanto detto possiamo capire lo scopo di questo


organo meccanico ma è doveroso approfondire
diversi aspetti.
Il momento motore non è costante, ma varia
periodicamente in un giro completo dell’albero. Vi è
quindi uno squilibrio fra il momento motore e il
momento resistente (Mm e Mr); la macchina perciò
ruota ad un regime «apparentemente» uniforme,
specialmente se riferito al numero di giri compiuti
nell'unita di tempo, ma nel compiere un giro, la
velocità angolare subisce piccole variazioni che si
ripetono nel tempo con regolarità.
Nel brevissimo intervallo di tempo durante il quale il
momento motore supera quello resistente, è valida la
relazione:

𝑀𝑀𝑀𝑀 − 𝑀𝑀𝑀𝑀 = 𝐼𝐼 ∙ 𝜀𝜀

nella quale " ε " rappresenta I'accelerazione angolare subita dalle masse mobili ed “I" è il momento
d'inerzia di tali masse rispetto all'asse di rotazione.
L'accelerazione subita dalla macchina è tanto più sensibile quanto minore è I'entità del momento
d'inerzia del suoi organi mobili; d'altra parte, negli intervalli di tempo corrispondenti a corse
passive dello stantuffo, il momento resistente supera quello motore, la macchina decelera ed il
valore della decelerazione (ε') è ancora deducibile dalla relazione espressa precedentemente che
diviene:
Legge di d'Alembert 𝑀𝑀𝑀𝑀 − 𝑀𝑀𝑀𝑀 = 𝐼𝐼 ∙ 𝜀𝜀′

Ragionando come pocanzi, si può dire che la decelerazione (ε') sarà notevole per macchine dotate
di un piccolo momento d'inerzia e modesta nel caso opposto.
Ne segue che il momento d'inerzia di massa (I) è la grandezza che condiziona gli effetti
prodotti dagli squilibri periodici fra momento motore e momento resistente; poiché un
grande momento d'inerzia comporta accelerazioni e decelerazioni di modesta entità, risulta
chiara la convenienza di calettare sull'albero della macchina un organo meccanico, il
volano, costituito da una pesante corona circolare collegata al mozzo con quattro o più
razze, in modo da aumentare convenientemente il momento d'inerzia dell'insieme
macchina-volano.
Tuttavia, un aumento indiscriminato della massa volanica, pur consentendo di realizzare la quasi
perfetta uniformità del moto rotatorio, può essere nocivo sotto altri aspetti; un motore per auto
veicoli, ad esempio, dotato di un grande volano, perde buona parte della sua elasticità e non è in
condizione di fornire rapide accelerazioni quando queste siano richieste dalle condizioni di
funzionamento; si preferisce perciò frazionare la cilindrata totale su un numero maggiore di cilindri,
ottenendo una spinta motrice ad ogni mezzo giro dell'albero motore e riducendo, di conseguenza,
I'irregolarità del moto rotatorio senza dover ricorrere ad un volano di notevole diametro.

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Per ovviare questo problema ci si deve porre dei limiti entri i quali la massa non deve eccedere, è
necessario fissare un limite al di la del quale I'irregolarità del moto non è tollerabile
compatibilmente con le finalità della macchina stessa; a tale scopo, se indichiamo rispettivamente
con:
- "ω" la velocita angolare media della macchina;
- "ω1" valore minimo che la velocità angolare assume nell'intervallo di tempo corrispondente ad
un periodo completo;
- "ω2" il valore massimo assunto nello stesso intervallo di tempo,

Potendosi mediamente ritenere:


𝜔𝜔2 + 𝜔𝜔1
𝜔𝜔 =
2

si definisce grado di irregolarità nel periodo (δ) il rapporto:


𝜔𝜔2 − 𝜔𝜔1
𝛿𝛿 =
𝜔𝜔

II grado di irregolarità è una grandezza caratteristica della macchina alternativa, delle sue
particolarità costruttive, delle finalità cui essa è destinata e di altri fattori secondari che si
manifestano volta per volta nei vari problemi; non essendo possibile tener conto di tutte queste
componenti, ci si limita a rilevare questo dato nella relativa tabella.
Nella stessa tabella figura anche il valore del grado di regolarità α) ( (espresso in numeri interi più
facili da gestire) definito come I'inverso del grado di irregolarità δ( ); ricordando la I'espressione di
«α» è:
𝜔𝜔
𝛼𝛼 =
𝜔𝜔2 − 𝜔𝜔1

TIPO DI MACCHINA GRADO IRREGOLARITA' δ GRADO


REGOLARITA’ α
motori autotrazione 1 / 10 - 1 / 25 10 ÷ 25
comando pompe e punzonatrici 1 / 30 30
trasmissioni di officina 1 / 35 - 1 / 45 35 ÷ 45
telai e macchine per carta 1 / 40 - 1 / 45 40 ÷ 45
mulini 1 / 50 50
filatoi titoli bassi 1 / 60 60
filatoi titoli alti 1 / 100 100
comando dinamo per illuminazione 1 / 150 150
comando alternatori trifasi 1 / 300 300

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2.2 LAVORO ECCEDENTE

Il moto rotatorio delle macchine alternative è caratterizzato dal "momento motore medio", dato di
difficile estrapolazione.
La legge di variazione del momento motore sviluppato all'albero della macchina può essere
rappresentata graficamente in un piano cartesiano, riportando sulle ascisse i valori degli angoli (α)
descritti dalla manovella e in ordinate i valori del momento:

𝑀𝑀𝑚𝑚 = 𝑁𝑁𝑡𝑡 ∙ 𝑟𝑟

ottenuto moltiplicando I'intensità della componente tangenziale (Nt) per il raggio di manovella (r)
che ne costituisce il braccio.
Il diagramma sopra riportato del momento motore è limitato ad un solo giro di manovella, in
quanto il motore considerato era del tipo a due tempi.
Esaminando il diagramma e ritenendo che il motore in questione sia monocilindrico, si ha
I'immediata conferma che il momento presenta variazioni notevoli, si annulla due volte in un giro di
manovella ed assume anche valori negativi nel tratto corrispondente alla fase di compressione.
Poiché nello studio della dinamica dei moti rotatori avevamo stabilito che:
𝐿𝐿 = 𝑀𝑀 ∙ 𝛼𝛼

ne segue che I'area racchiusa dal diagramma rappresenta un lavoro, e più precisamente:
-I'area posta sopra la linea dello zero rappresenta il "lavoro positivo” prodotto dalla
motrice;
-I'area sottostante la linea dello zero costituisce il "lavoro negativo ", necessario affinché
gli organi mobili possano completare il giro pur non essendo sollecitati dall'azione del
fluido operante.
Di conseguenza, il "lavoro utile" sviluppato in un giro completo dell'albero si ottiene come
differenza fra area corrispondente al lavoro positivo e quella che costituisce il lavoro negativo; tale

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lavoro utile non e costante nell'intervallo di tempo corrispondente alle due corse, come non e
costante il momento motore prodotto dalla macchina.
Per il dimensionamento dell'eventuale volano da installare sull'albero della motrice occorre
valutare perciò I'eccesso (o il difetto) del momento motore istantaneo rispetto al momento motore
medio, cioè a quel momento fittizio che fornirebbe lo stesso lavoro utile mantenendo inalterata la
propria intensità per la durata delle due corse della stantuffo.
Poiché il valore di Mm (momento motore medio) si suppone costante, il diagramma fittizio del lavora
assume la forma di un rettangolo avente la stessa base del diagramma reale e I'altezza pari
all'entità di Mm.

La massima area non ricoperta dar diagramma rettangolare rappresenta il lavoro eccedente; un
volano, ben dimensionato, dovrà essere in condizione di immagazzinare I'energia cinetica
corrispondente al lavoro eccedente, per restituirla agli organi mobili nelle corse passive che
completano il ciclo.

Per analizzare il lavoro eccedente ed individuare l’irregolarità di un motore quattro tempi quattro
cilindrico occorre effettuare la somma algebrica di quattro diagrammi (diagramma 1), uno per
cilindro, ma sfasati di π fra loro; il grafico che ne risulta (diagramma 2) mette in evidenza
I'incremento del momento motore medio rispetto all'ipotesi del motore monocilindrico.

Diagramma 1

motore 4 cilindri
4 tempi

Diagramma 2

Motore 4 cilindri
4 tempi

Si nota che all’aumentare del numero dei cilindri, I'irregolarità del moto rotatorio decresce
sensibilmente.

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2.3 DIMENSIONAMENTO DEL VOLANO

Riprendiamo in esame il diagramma (Mm, α) relativo al motore monocilindrico a carburazione a due


tempi e procediamo ad un dimensionamento di massima del volano adatto a tale tipo di motore;
ipotizziamo che nel diagramma il momento motore medio (Mm) è identico al momento resistente.
L’eccesso di lavoro provoca un aumento dell'energia cinetica posseduta dagli organi mobili del
motore. Indicando perciò, conω 1 ed ω2 le velocità angolari minime e massime che si verificano
nell'intervallo di tempo corrispondente al periodo completo, possiamo scrivere:

1
𝐿𝐿 ≌ ∙ 𝐼𝐼 ∙ (𝜔𝜔22 − 𝜔𝜔12 )
2

la variazione della velocità angolare sarà tanto più esigua quanto maggiore è il momento d'inerzia
di massa e, viceversa, ad un piccolo momento d'inerzia corrisponderanno notevoli sbalzi di regime.
Se sull'albero della motrice viene calettato un disco abbastanza pesante, indicando con «I» II suo
momento d'inerzia rispetto all'asse di rotazione

Poiché è noto dalla dinamica che il momento d'inerzia di un corpo di sezione circolare
aumenta all'aumentare del diametro, è opportuno concentrare la maggior parte del peso alla
periferia del disco, limitandone lo spessore nelle parti prossime all'asse di rotazione; molto
spesso, anzi, il volano si riduce ad una pesante corona circolare collegata al mozzo tramite
quattro o sei razze, il cui apporto agli effetti del calcolo del momento d'inerzia è del tutto
trascurabile.

Così facendo affidiamo l’accumulo del lavoro eccedente (L) esclusivamente al momento
d’inerzia (I) del volano.

Attuando una scomposizione del binomio entro parentesi e agendo tramite una adeguata
sostituzione dei termini arriviamo alla forma semplificata:

𝐿𝐿 = 𝐼𝐼 ∙ 𝜔𝜔2 ∙ 𝛿𝛿
relazione che lega fra loro le seguenti grandezze:
-Il lavoro eccedente (L), misurato in N·m, la cui entità si ricava dal diagramma illustrato in
precedenza;
-la velocità angolare media (ω) dell'albero principale, espressa in rad/s; si tratta evidentemente di
un dato caratteristico del problema;
-II grado dl irregolarità nel periodo δ)
( che è un numero puro in funzione del tipo di macchina in
esame e del suo impiego;
- II momento d'inerzia (I) del volano che è I'unica incognita presente nella relazione
È facile perciò calcolarne il valore:

𝐿𝐿
𝐼𝐼 =
𝜔𝜔 2 ∙ 𝛿𝛿
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La relazione soprascritta è sufficiente per un primo dimensionamento di massima; noti infatti i
valori di ω, L e δ, si possono verificare due casi:

a) Volano a disco di spessore costante;


b) Volano a razze.

a) Volano a disco di spessore costante:

il suo momento d'inerzia di massa (I) rispetto


all'asse di rotazione si esprime con la formula:

𝑚𝑚 ∙ 𝑟𝑟 2
𝐼𝐼 =
2

se con" r " si indica il raggio del disco stesso. Ricordando che:

𝑃𝑃
𝑚𝑚 =
𝑔𝑔
Ponendo uguali le due formule per calcolare il momento d’inerzia e considerando
la nota formula cinematica:
𝑉𝑉 = 𝜔𝜔 ∙ 𝑟𝑟

𝟐𝟐∙𝒈𝒈∙𝑳𝑳
Si ottiene: 𝑷𝑷 =
𝑽𝑽𝟐𝟐 ∙𝜹𝜹
consentendo il calcolo del peso (P) del volano, una volta fissato il valore della velocità periferica (v)
che, ovviamente, non può superare limiti ben precisi per non creare eccessive sollecitazioni nel
materiale. Nella maggior parte dei casi, si tende a mantenere la velocità periferica intorno ai 30 ÷
35 m/s; per i volani a razze, tuttavia, si esegue un calcolo di verifica valutando esattamente I'entità
delle sollecitazioni generate dalla forza centrifuga.

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a) Volano a razze

Volano a razze schematizzato

Costituito da una corona circolare di raggi «r2» ed «r1» e di spessore “s” collegata al mozzo
attraverso quattro (o sei) razze; in tale circostanza, trascurando I'influenza delle razze, è lecito
supporre che tutta la massa (m) della corona sia concentrata lungo la circonferenza media di
raggio:
𝑟𝑟2 + 𝑟𝑟1
𝑟𝑟𝑚𝑚 =
2

Ed il momento d’inerzia si esprime perciò con la relazione:


𝐼𝐼 = 𝑚𝑚 ∙ 𝑟𝑟𝑚𝑚2

Facendo le sostituzioni come nel caso del volano a disco si arriva alla formula:

𝒈𝒈 ∙ 𝑳𝑳
𝑷𝑷 =
𝑽𝑽𝟐𝟐 ∙ 𝜹𝜹

21
2.4 DIMENSIONAMENTO CON L’UTILIZZO DEL
COEFFICIENTE DI FLUTTUAZIONE
Per calcolare il peso (P) del volano, nei metodi appena studiati è necessario avere disposizione
numerosi dati di difficile reperibilità come il valore del lavoro eccedente, i dati per valutare tutte le
forze d’inerzia che agiscono.
In assenza di tali dati, il calcolo delle forze d'inerzia è approssimato ed anche il diagramma di
lavoro della macchina ne risente sensibilmente. Sulla base di tali considerazioni, si ritiene
preferibile impostare il calcolo del volano sul valore di un opportuno coefficiente (φ0) detto
"coefficiente di fluttuazione”, valore che è possibile ricavare (seppur approssimativamente) dalle
tabelle riportate sui manuali tecnici; tale coefficiente di fluttuazione è definito dalla relazione:

𝐿𝐿
𝜑𝜑0 =
𝐿𝐿𝑝𝑝
che esprime il rapporto tra II lavoro eccedente ed II lavoro compiuto dalla macchina in un periodo;
se indichiamo perciò con N la potenza utile della macchina, misurata in kW, il lavoro compiuto
nell'unita di tempo (s) è:
Lu = 1000 N
𝑛𝑛
e dividendo per il numero di giri compiuti nello stesso tempo:
60

si ottiene il lavoro sviluppato nel periodo:


1000 ∙ 𝑁𝑁 ∙ 60
𝐿𝐿𝑝𝑝 =
𝑛𝑛
Quindi:
1000 ∙ 𝑁𝑁 ∙ 60
𝐿𝐿 = 𝜑𝜑0 ∙
𝑛𝑛

Sostituendo il valore del lavoro così calcolato nella formula per il calcolo del peso del volano a
razze e attuando le dovute sostituzioni si ottiene:
𝑵𝑵
𝑷𝑷 = 𝟐𝟐𝟐𝟐𝟐𝟐, 𝟓𝟓 ∙ 𝟏𝟏𝟏𝟏𝟔𝟔 ∙ 𝝋𝝋𝟎𝟎 ∙ [𝑵𝑵]
𝑫𝑫𝟐𝟐 ∙ 𝒏𝒏𝟑𝟑 ∙ 𝜹𝜹

Con questi accorgimenti, il dimensionamento del volano è notevolmente semplificato; i dati di


progetto sono:
-la potenza utile (N) sviluppata dalla macchina espressa in KW;
-il numero di giri al minuto (n) da essa compiuti espresso in giri/min;
-il grado di irregolarità (δ) compatibile con il tipo e le condizioni di funzionamento.

TIPO DI MACCHINA COEFFICIENTE FLUTTUAZIONE 𝝋𝝋


motori Otto 4 t. 1 cil. 2,01
motori Otto 4 t. 4 cil. 0,21
motori Otto 2 t. 2 cil. 0,20
motori Diesel 4 t. 2 cil. 1,60
motori Diesel 4 t. 4 cil. 0,21
motori a vapore 2 cil. 0,07
motori a vapore 3 cil. 0,03

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Si procedere ricavando dalla tabella il valore del coefficiente φ0 e si risale direttamente al peso (P)
del volano, dopo aver stabilito il diametro medio (D) della corona circolare
(Vmax-mat= ωr → r = V/ω → D = 2r).
Calcolato il peso (P) della corona, si esegue il proporzionamento determinando le dimensioni della
sezione della corona stessa

Le razze che collegano la corona al mozzo sono sollecitate a trazione dalla forza centrifuga che si
sviluppa in seguito al moto di rotazione.

2.5 VERIFICA ALLA SOLLECITAZIONE CENTRIFUGA

I volani date le dimensioni notevoli che possono assumere ed a causa delle alte velocità
angolari che li caratterizzano sono soggetti ad elevate forze centrifughe. Le razze che
collegano la corona al mozzo sono sollecitate mediante proprio questa forza che si
sviluppano nel moto di rotazione.

È opportuno perciò verificare la resistenza opposta a questo tipo di sollecitazione secondaria, sia
da parte della corona, sia da parte delle razze. A tale scopo consideriamo un volano a razze, e
pensiamo di isolare un piccolissimo settore della corona, limitato dall'angolo al ∆α” centro “
anch'esso di modestissima ampiezza; detta "A" I'area della sezione retta, il volume (V)
dell'elemento di corona così isolato vale:

V = A ∙ rm ∙ ∆α
il peso dell'elemento di corona è:

P = γ ∙ V = γ ∙ A ∙ rm ∙ ∆α
e la massa dell'elemento:
𝑃𝑃 𝛾𝛾
𝑚𝑚 = = ∙ 𝐴𝐴 ∙ 𝑟𝑟𝑚𝑚 ∙ ∆𝛼𝛼
𝑔𝑔 𝑔𝑔

23
Ricordando I'espressione generica nella forza centrifuga:
𝑚𝑚 ∙ 𝑉𝑉 2
𝐹𝐹𝑐𝑐 =
𝑟𝑟

𝜸𝜸∙𝑨𝑨∙𝑽𝑽𝟐𝟐 ∙∆𝜶𝜶
sostituendo 𝑭𝑭𝒄𝒄 =
𝒈𝒈

Le facce laterali dell'elemento di corona considerato hanno area “A” e sono inclinate rispetto
all'asse « x» dell'angolo ∆𝛼𝛼⁄2 ciascuna di esse è soggetta ad uno sforzo (S) normale alla faccia
stessa e di intensità crescente al crescere di Fc. La condizione di equilibrio riportata nello schema,
nella direzione individuata dall'asse « y» si esprime pertanto con la relazione:

𝐹𝐹𝑐𝑐 = 2 ∙ 𝑆𝑆0
In cui:
∆𝛼𝛼 ∆𝛼𝛼
𝑆𝑆0 = 𝑆𝑆 ∙ sin ovvero 𝑆𝑆0 = 𝑆𝑆 ∙
2 2

con approssimazione lecita, in quanto I'angolo∆α è, per ipotesi, piccolissimo. Sostituendo le


espressioni di Fc e di S0:
𝛾𝛾 ∙ 𝐴𝐴 ∙ 𝑉𝑉 2 ∙ ∆𝛼𝛼 ∆𝛼𝛼
= 2 ∙ 𝑆𝑆 ∙
𝑔𝑔 2

semplificando:
𝛾𝛾
𝑆𝑆 = ∙ 𝐴𝐴 ∙ 𝑉𝑉 2
𝑔𝑔

è possibile calcolare lo sforzo (S) trasmesso da ciascuna faccia del settore alla rimanente porzione
di corona; poiché lo sforzo è normale alla faccia considerata la tensione interna unitaria (σ) che ne
𝑆𝑆
deriva è: 𝜎𝜎 =
𝐴𝐴

Inserendo il valore di S calcolato con il precedente metodo si ottiene:


𝜸𝜸 𝟐𝟐
𝝈𝝈 = ∙ 𝑽𝑽 ≤ 𝝈𝝈𝒂𝒂𝒂𝒂𝒂𝒂
𝒈𝒈
relazione di facile applicazione, dalla quale scaturiscono alcune immediate considerazioni:
-la tensione interna è indipendente dal peso (P) del volano;
-è indipendente anche dall'area (A) della sezione retta;
-di conseguenza, un eventuale aumento dell'area di tale sezione non apporterebbe alcun
beneficio:
-la tensione interna dipende quasi esclusivamente dalla velocità tangenziale (v) del volano,
valutata lungo la circonferenza media di diametro “D”; per alti regimi di rotazione è necessario
perciò ridurre il diametro della massa volanica e, conseguentemente, per realizzare un determinato
valore del momento d'inerzia, occorre aumentarne il peso (P).
Alcuni dati… « 𝜎𝜎𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎𝑎 » tensione ammissibile ghisa ≈ 12 N/mm2; γ = 7250 kg/m3

24
2.6 VERIFICA ALLA SOLLECITAZIONE CENTRIFUGA MEDIANTE IL CALCOLO INTEGRALE

Si perviene più rapidamente alla formula finale facendo ricorso al calcolo differenziale:
consideriamo un angolo al centro di ampiezza infinitesima (dα) che sottende un settore di corona
altrettanto piccolo, comunque orientato rispetto all'asse “y”; la forza centrifuga che agisce su tale
elemento è:
𝛾𝛾
𝑑𝑑𝐹𝐹𝑐𝑐 = ∙ 𝐴𝐴 ∙ 𝑉𝑉 2 ∙ 𝑑𝑑𝑑𝑑
𝑔𝑔

e può essere scomposta nelle due direzioni individuate dagli assi x ed y;

la componente rispetto all'asse y vale:


𝛾𝛾
𝑑𝑑𝐹𝐹𝑐𝑐𝑐𝑐 = ∙ 𝐴𝐴 ∙ 𝑉𝑉 2 ∙ cos 𝛼𝛼 ∙ 𝑑𝑑𝑑𝑑
𝑔𝑔

la quale sollecita la corona tendendo a spezzarla in corrispondenza del diametro orizzontale. La


condizione di equilibrio si esprime pertanto con I'eguaglianza:
𝜋𝜋
+
2
𝛾𝛾
2𝑆𝑆 = � ∙ 𝐴𝐴 ∙ 𝑉𝑉 2 ∙ cos 𝛼𝛼 ∙ 𝑑𝑑
𝑔𝑔
𝜋𝜋
−2

Estraendo dall’integrale i termini costanti:


𝜋𝜋
+
2
𝛾𝛾
2𝑆𝑆 = ∙ 𝐴𝐴 ∙ 𝑉𝑉 2 ∙ � cos 𝛼𝛼
𝑔𝑔
𝜋𝜋
−2

25
Si ottiene:
𝜋𝜋
𝛾𝛾 2 [sin
+
2𝑆𝑆 = ∙ 𝐴𝐴 ∙ 𝑉𝑉 ∙ 𝛼𝛼] 𝜋𝜋2 ∙
𝑔𝑔 −
2
𝜋𝜋 𝜋𝜋
Ed essendo: sin = 1 sin − = −1
2 2
Si arriva alla relazione:
𝛾𝛾
2𝑆𝑆 = 2 ∙ 𝐴𝐴 ∙ 𝑉𝑉 2
𝑔𝑔

Semplificando:
𝜸𝜸 𝟐𝟐
𝝈𝝈 = ∙ 𝑽𝑽
𝒈𝒈

Talvolta la presenza della forza centrifuga può provocare anche pericolose sollecitazioni di
flessione; ciò accade quando il volano ha un notevole diametro medio (D) e un numero di razze
limitato. In queste ipotesi, il tratto di corona compreso fra due razze consecutive può essere
assimilato ad una trave, ad asse curvilineo, soggetta ad un carico agente in mezzeria; la
sollecitazione di flessione che ne deriva si aggiunge a quella precedentemente calcolata dando
luogo a tensioni interne, la cui entità si avvicina sensibilmente ai limiti di resistenza del materiale. È
opportuno, in questi casi, aumentare il numero delle razze o ridurre il diametro medio della corona,
qual ora tale soluzione non sia in contrasto con il grado di irregolarità richiesto. Per il
dimensionamento delle razze si suppone che la forza centrifuga (Fc) agisca su una sola di esse,
sollecitandola a trazione; indicando perciò con «A0» I'area della sezione retta della razza e con «k»
il consueto carico unitario di sicurezza a trazione, dall'equazione di stabilita:

𝐹𝐹𝑐𝑐
≤ 𝐾𝐾
𝐴𝐴

si ricava:
𝐹𝐹𝑐𝑐
𝐴𝐴 =
𝐾𝐾

La forma della sezione varia notevolmente a seconda delle dimensioni, del materiale impiegato e
del tipo di macchina sulla quale il volano deve essere installato; sono comuni le sezioni circolari ed
ellittiche, mentre, più raramente, si ricorre a sezioni cruciformi o profilate in modo alquanto
complesso.

26
2.7 VERIFICA APPLICATA AL MODELLO STUDIATO

Un esempio pratico di una verifica a forza centrifuga lo possiamo attuare sul volano del nostro
modellino:

MATERIALE: EN AW- AlSi10 ( EN AW-4045)

Rm = 220 N/mm2

ρ = 2712 Kg/mm3

𝟐𝟐 𝛑𝛑 𝐧𝐧 𝟐𝟐𝛑𝛑 𝟐𝟐𝟐𝟐𝟐𝟐𝟐𝟐
calcoliamo la velocità angolare 𝛚𝛚 = = = 𝟐𝟐𝟐𝟐𝟐𝟐𝟐𝟐 𝐫𝐫𝐫𝐫𝐫𝐫�𝐬𝐬𝐬𝐬𝐬𝐬
𝟔𝟔𝟔𝟔 𝟔𝟔𝟔𝟔

𝑹𝑹𝒎𝒎 𝟐𝟐𝟐𝟐𝟐𝟐 𝐍𝐍
Si procede al calcolo della tensione ammissibile 𝝈𝝈𝒂𝒂𝒂𝒂 = = = 𝟒𝟒𝟒𝟒
𝟑𝟑√𝟑𝟑 𝟑𝟑√𝟑𝟑 𝐦𝐦𝐦𝐦𝟐𝟐

𝛒𝛒∙(𝝎𝝎∙𝒓𝒓)𝟐𝟐 𝟐𝟐𝟐𝟐𝟐𝟐𝟐𝟐 ∙(𝟐𝟐𝟐𝟐𝟐𝟐𝟐𝟐∙𝟎𝟎,𝟎𝟎𝟎𝟎𝟎𝟎𝟎𝟎)𝟐𝟐


𝝈𝝈 = = = 𝟏𝟏𝟏𝟏, 𝟔𝟔𝟔𝟔 𝑵𝑵�
𝟏𝟏𝟏𝟏𝟔𝟔 𝟏𝟏𝟏𝟏𝟔𝟔 𝒎𝒎𝒎𝒎𝟐𝟐

? ? < ? ??? ? ?

Esaminando le relazioni soprascritte possiamo dire che il volano preso in considerazione è


verificato.

27
2.8 NUOVE TIPOLOGIE D’IMPIEGO

Il volano è anche oggetto di continui studi come dispositivo per l'accumulo di energia, al fine di
migliorarne l'efficienza e l'affidabilità. Per incrementare sempre più la capacità di
immagazzinamento, si cerca di aumentare la velocità a valori incredibilmente elevati, di centinaia
di migliaia di giri per minuto. Ciò comporta diversi problemi di non facile soluzione. Tra le soluzioni
tecniche studiate si ha:

• Studio di nuove leghe metalliche più resistenti, impiegate per evitare che il volano
letteralmente esploda a causa della enorme forza centrifuga.
• Inclusione del volano in camere a vuoto, per ridurre l'attrito dell'aria, che ad alte velocità è
molto intenso.
• Utilizzo di cuscinetti a sospensione magnetica per eliminare l'attrito. Sono comunque
presenti cuscinetti tradizionali pronti ad intervenire in caso di guasto alla sospensione
magnetica.
• Inserimento e prelievo dell'energia senza contatto meccanico, per esempio grazie
all'induzione magnetica. In alcune applicazioni i volani sono usati come accumulatori
elettrici in sostituzione di batterie e condensatori per la loro capacità di rilasciare molta
energia elettrica in brevissimo tempo (alta potenza specifica). In questi casi il volano
funziona come un generatore/motore elettrico reversibile.

Il principio di funzionamento è semplice: immaginiamo, a bordo di un autobus, di disporre un


volano di 4.000 kg, con un diametro di due metri, che va a 4.000 giri al minuto: quanta energia
possiede?
Ec = I ω2 / 2 I = m r2 / 2 = m D2 / 8 = 4.000 x 22 / 8 = 2.000 [kg m2]

ω = 2 π n / 60 = 2 x π x 4.000 / 60 = 418 [rad / s]


Ec = 2.000 x 4182 / 2 = 174.470.000 [J]
Per avere un termine di confronto, calcoliamo quanta energia utilizza una automobile di 100 kW
che viaggia per un'ora:
E = N t = 100 x 1.000 x 3.600 = 360.000.000 [J]
Come si vede, aumentando il diametro o la massa del volano, è possibile far viaggiare un mezzo
senza motore a bordo. Naturalmente ci sono numerosi problemi: eccone due
1) la ricarica: periodicamente il mezzo deve fermarsi in un luogo dove, usando un motore
tradizionale, elettrico o no, il volano viene ricaricato di energia, cioè viene riportato alla velocità
prevista;
2) l'inquinamento: nel luogo di servizio il motore-volano non inquina, e quindi potrebbe essere
utilizzato nei centri urbani, ma trasferisce l'inquinamento in un altro luogo, dove c'è il motore di
ricarica o la centrale elettrica.

28
3.0 TECNOLOGIA

Dopo un adeguato dimensionamento eseguito grazie alla scelta ponderata del materiale ci
focalizziamo sullo studio del processo produttivo di questo organo meccanico. Solitamente i
materiali utilizzati sono l’acciaio o la ghisa e conseguentemente in processo produttivo più adatto è
la fonderia. A differenza dei normali impieghi il volano utilizzato sulla nostra vettura in miniatura è
stato realizzato in lega d’alluminio anch’esso prodotto mediante un processo di fusione. Per questo
ora ci soffermiamo su questo argomento.

3.1 INTRODUZIONE PROCESSI PER LA REALIZZAZIONE DI GETTI IN LEGA


D’ALLUMINIO
Parlando di getti si intende un prodotto di geometria praticamente definita, quindi non di pani o
billette, ottenuti per rifusione di parti base di alluminio. Questo processo viene ampliamente
impiegato per la produzione di grandi lotti poiché riesce a coniugare un’ottima qualità dei pezzi ad
un costo relativamente ridotto.

La fonderia è la via più rapida per il passaggio dal metallo liquido al pezzo nelle condizioni in cui è
richiesto dall’utilizzatore. Seguendo criteri di progettazione adeguati si possono realizzando getti
con forme anche estremamente complesse. È pertanto consigliabile:

1. Evitare sezioni massicce adiacenti a sezioni sottili


2. Evitare l’incrocio di più nervature o di pareti ad angolo retto
3. Raccordare fra loro pareti e nervature con raggi uguali ad almeno la metà dello spessore
maggiore
4. Nel caso si incontrino pareti o nervature di spessore diverso si deve cercare di limitare la
differenza ad una volta e mezza
5. Se vi è un cambiamento di spessore superiore ad 1,5 volte rispetto alla parete più sottile
questo cambiamento deve essere graduale
6. Le pareti interne del getto è consigliabile farle più sottili di quelle esterne
7. Negli ingranaggi, nelle pulegge, nei volani prevedere un numero dispari di razze, o
orientarle tangenzialmente ai mozzi
8. Nelle parti soggette a flessione, orientare le sezioni in modo da avvicinare l’asse neutro alle
fibre tese
9. Dove è possibile sostituire sezioni massicce con delle sezioni nervate.

Le attività inerenti alla fonderia sono molteplici:

• Materiale
• Fusione
• trattamenti del bagno
• colata secondo diverse tecnologie in forme diverse
• trattamenti termici
• controlli

29
3.2 MATERIALE
All’ inizio della solidificazione dell’alluminio, la ridotta agitazione termica fa si che alcuni gruppi di
atomi si aggreghino secondo geometrie ben definite, costituendo cristalli elementari dispersi
casualmente nella massa liquida.
Con il procedere della solidificazione altri cristalli si formano a fianco di ciascuno dei primi
ripetendone l’ orientamento spaziale e costituendo così strutture policristalline dalla forma
ramificata denominata dendriti (dal greco dendron=albero).
Crescono gradualmente e in competizione tra di loro interconnettendosi a formare una rete in cui
piano piano rimane il liquido più basso fondente (problemi quindi di omogeneità nella
composizione).
Le dendriti sono così importanti perché la loro forma, dimensione e velocità di crescita influiscono
profondamente sulle caratteristiche meccaniche, elettriche e chimiche finali del prodotto colato e
saldato.
Invece che le dimensioni dei grani, nei prodotti colati è molto importante un parametro chiamato
DAS (distanza tra i rami dei dendriti). Come per le dimensioni dei grani, anche nel caso del DAS, è
importante che questo parametro sia il più piccolo possibile.
La spaziatura interdendritica secondaria (SDAS) rappresentata in figura è un elemento molto
importante poiché è strettamente legata con il tempo di solidificazione.
Più il tempo di solidificazione è breve minore è lo SDAS e viceversa.

30
Dopo aver considerato approfonditamente la microstruttura per individuare i giusti metodi di
lavorazione per procedere ad un processo di fusione delle leghe d’alluminio è doveroso studiare
alcune delle sue caratteristiche:

• la relativamente bassa temperatura di fusione che consente l’impiego di forme metalliche


con conseguente alta precisione dimensionale;
• leggerezza 2,7 Kg/dm3
• la facile lavorabilità all’utensile;
• l’ottima finitura superficiale ottenibile, importante soprattutto per i getti destinati ad essere in
vista o di apparenza.

A queste caratteristiche se ne contrappongono però altre più sfavorevoli:

• l’elevato ritiro (contrazione volumetrica intorno al 5% e lineare intorno all’1.2%);


• la facilità di reazione con l’ossigeno e con l’umidità dell’aria;
• l’anisotropia della struttura macro e microcristallina e quindi caratteristiche meccaniche in
funzione delle diverse condizioni di solidificazione e di raffreddamento del getto a loro volta
condizionate dal disegno del getto, dal materiale, dalla forma e dalla velocità di
asportazione del calore dalla forma.
• Scarsa RIGIDEZZA, basso MODULO ELASTICO (Al puro: E = 71 GPa), ma “discreto” se si
considera il modulo specifico;
• Bassa RESISTENZA A FATICA, specialmente per le leghe indurite per precipitazione;

Solitamente vengono utilizzate le leghe di alluminio ed i più diffusi elementi di lega sono il silicio
(fino a 17%), il magnesio (fino al 10%), rame (fino al 7%).

Influenza degli elementi in lega:

• Magnesio: in tenori 1 - 10 %; leghe leggere, buone proprietà meccaniche, facilmente


lavorabili.
• In alti tenori, migliora resistenza a corrosione in acqua di mare e soluzioni alcaline.
• Rame: Aumenta resistenza meccanica in quanto permette indurimento per precipitazione.
Tende a diminuire il ritiro e la fragilità a caldo delle leghe. Diminuisce resistenza a
corrosione.
• Silicio: elemento più diffuso nelle leghe d’alluminio da fonderia (serie 4000); l’importanza di
questo elemento di lega è dovuta all’aumento di fluidità e alla riduzione del coefficiente di
dilatazione termica. Il sistema Al-Si forma un eutettico alla temperatura di 577 °C ad una
percentuale di silicio dell’11.7% in peso. Aumenta la resistenza a corrosione, conduttività
elettrica e termica, riduce
• coefficiente di espansione termica.

Struttura dendritica fine e regolare

Per superare queste difficoltà e armonizzare al meglio l’insieme delle caratteristiche dei getti,
nonché per ottimizzare le capacità produttive e di redditività delle fonderie, sono state sviluppate e
portate ad un elevato livello di perfezionamento numerose tecnologie di fonderia.
31
3.3 FUSIONE
È un processo fisico nel quale le sostanze passano dallo stato solido a quello liquido; nel nostro
caso, per poter effettuare la colata dei metalli o delle loro leghe , sarà necessario portarli a fusione
, fornendo loro una certa quantità di calore.
L’alluminio è quindi adatto per tale processo di fusione per la sua bassa temperatura di fusione che
va dai 510 ÷ 650 °C e dalla fluidità che ha grazie ad alcuni elementi presenti nella lega. Ma queste
caratteristiche non sono le sole da ricercare per ottenere un getto.

I processi di fusione sono eseguiti mediante diverse tipologie di forni.

1) Forni a combustione: quando il calore è fornito da un combustibile solido, liquido o gassoso:

a) Forni a crogiuolo: il calore è fornito dall’aria ad


elevatissima temperatura, in tal modo si riesce a tenere
separato il combustibile dal materiale fuso; con questo
metodo il processo ha tempi abbastanza lunghi.

b) Forni rotativi con fiamma libera: il materiale da


fondere è riscaldato direttamente dalla fiamma prodotta dalla
combustione di nafta o gas.

c) Forni a riverbero: si evita il contatto diretto tra


fiamma, puntata verso le pareti del forno, e materiale da
fondere.
2) Forni elettrici: offrono la possibilità di operare ad
elevatissime temperature, permettendone un efficiente
regolazione e registrazione. Di questa tipologia di forni ne
possiamo trovare di diverse tipologie:

32
a) Forni a resistenza: il calore è fornito da un conduttore che percorso da corrente elettrica si
riscalda; può essere a bacino o a crogiuolo.

b) Forni ad arco: il calore è prodotto dalla corrente elettrica che passa attraverso l’aria
ionizzata compresa fra due elettrodi e la carica metallica. Possono essere ad arco indiretto
quando gli elettrodi sono disposti orizzontalmente rispetto al materiale da fondere, o ad
arco diretto quando gli elettrodi sono disposti verticalmente

c) Forni ad induzione: funzionano sul principio dell’induzione elettromagnetica sfruttando


l’effetto joule delle correnti indotte nella carica metallica da fondere. Questo forno permette
una alta velocità di fusione e un’uniformità di riscaldamento.

Ogni forno ha un le sue caratteristiche che lo contraddistinguono e lo rendono idoneo ad un


particolare utilizzo in relazione a diversi aspetti:
• Tipo di metallo da fondere
• Produzione a cui è destinato (piccola, media, grande, ecc)
• Qualità del prodotto fuso
• Possibilità di erogazione o disponibilità della fonte calorifica.

33
3.4 TRATTAMENTO DEL BAGNO

Detto anche "medicazione" della massa metallica liquefatta predisposta alla colata, costituisce
un’operazione generalmente critica, delicata e disagevole nella fonderia d’alluminio, al punto che i
prodotti e le attrezzature ad essa dedicate sono in continua evoluzione. Possiamo seguire tale
progresso considerando i principali trattamenti nella loro sequenza operativa reale.

Depurazione (o scorificazione): consiste nell’eliminazione delle particelle estranee presenti nella


massa liquida dell’alluminio. Tale processo è ottenuto grazie all’intervento di polveri o pastiglie
dette "flussi depuranti" che fanno in modo che le scorie affiorino in superficie in modo tale da
essere eliminate facilmente.

Affinazione del grano: le qualità meccaniche dei getti risultano tanto più elevate quanto più piccole
sono le dimensioni dei grani (strutture anisotrope accresciutesi attorno ad un unico germe
cristallino) che li compongono. Il numero di germi può essere aumentato o incrementando la
velocità di solidificazione (per motivi statistici legati al concetto di sottoraffreddamento) o iniettando
nel liquido particelle altofondenti che fungono da nuclei eterogenei. Il primo metodo richiede
l’impiego di forme metalliche ad alta capacità e conducibilità termica (colata in conchiglia piuttosto
che in terra) e il secondo l’adozione di affinanti (sali di titanio e boro).

Degasaggio: l’alluminio liquido a contatto con l’aria umida, libera atomi di idrogeni, i quali non si
combinano chimicamente con la lega principale ma vi entrano in soluzione. Durante il
raffreddamento dalla temperatura del bagno fino alla temperatura ambiente del getto l’alluminio
rifiuterà dunque sempre più decisamente gli atomi di idrogeno, che si costituiranno in molecole e
successivamente in bolle. Una parte di queste abbandonerà spontaneamente la massa metallica
mentre questa è ancora liquida, mentre un'altra parte si dirigerà in zone del getto dedicate proprio
all’immagazzinamento dei gas in eccesso dette materozze, ma in realtà i una parte dei gas
possono inficiare anche il pezzo, riducendone le prestazioni di esercizio. E’ dunque estremamente
importante degasare, cioè sottrarre artificialmente l’idrogeno, dalla massa ancora liquida.
Attualmente si usa azoto insufflato dal fondo del crogiolo attraverso una testa rotante e quindi solo
un’azione fisica dello stesso (assorbimento delle molecole di idrogeno da parte delle bolle di azoto
grazie a meccanismi legati alla tensione superficiale e fuoriuscita dal liquido per flottazione); il
movimento causato dalle bolle e dalla testa rotante, che per effetto venturimetrico risucchia in essa
il liquido mettendolo in intimo contatto con le bolle stesse, fa si che tutta la massa venga in
contatto rapidamente e continuamente col flusso stesso, determinando una efficace riduzione del
contenuto in idrogeno.

Modifica: con questo termine si indica la trasformazione indotta da alcuni elementi, come le leghe
pretrattate allo stronzio, sulla morfologia dei cristalli del composto eutettico Al-Si (Si 11.7%) che,
solidificando per ultimo (577 °C), si dispone ai bordi dei grani delle leghe Al-Si. Grazie alla modifica
questi cristalli abbandonano la geometria grossolana e spigolosa (aciculare) divenendo fini e
arrotondati (globulari).

34
Fig. a Fig. b

Lega G-Al Si9 Mn0,5 Mg0,35 (colata in sabbia): (a) non modificata; (b) modificata con 0,08% Sr.

Questo trattamento si hanno delle importanti ripercussioni sulla resistenza e soprattutto


sull’allungamento a trazione dei getti. Dalla tabella possiamo proprio notare questo fenomeno.

35
3.5 COLATA
La colata è il processo durante il quale viene versata il materiale fuso nelle apposite cavità
progettate con una forma adeguata a realizzare il pezzo desiderato. La colata può essere
effettuata in vari modi.
I principali metodi sono :

- colata diretta ( a )
- colata a pioggia ( b )
- colata a pettine ( c )
- colata in sorgente ( d )

Siviera: contenitore nel quale


viene versato l’alluminio fuso
e successivamente colato
nell’apposito stampo

La colata diretta ha sempre l’inconveniente del pericolo che qualche impurità e scorie galleggianti
penetrino col metallo fuso e rimangano incluse nel getto.
La colata a pettine e in sorgente offrono più garanzie riguardo al mantenimento dell’integrità della
forma, ma sono economicamente meno favorevoli.
In figura sono rappresentati due tipi di colatoi per limitare il pericolo di inclusioni di ossidi e scorie;
può essere inserito nel colatoio un filtro ceramico come si nota nella seconda figura.

36
Ora ci possiamo focalizzare sulle Formatura in sabbia verde o sabbie
diverse tecniche per far assumere la forma essiccate
desiderata al materiale fuso:
Formatura Shell

Formatura no-bake

Formatura ceramica

Modello V-process
permanente
Plaster moulding

Formatura ceramica
Forma o stampo a
Processo Cosworth
perdere
Processo Disamatic

Cera persa

Modello a Full mold


perdere
Lost foam

Colata in conchiglia

Colata in bassa pressione

Pressocolata
Forma o
Nessun
stampo
modello
permanente Sqeeze casting

Colata in semi-solido

Pressocolata sotto vuoto

37
Prima di analizzare ogni singolo processo possiamo affermare che le leghe d’alluminio hanno
un’elevata flessibilità tecnologica poiché i getti posso essere effettuati mediante molteplici
strategie. Per questo utilizzando questo materiale è possibile ricondursi alle caratteristiche ottimali
ricercate nel prodotto finale.

Successivamente sono state approfondite le caratteristiche di alcuni processi formazione del getto
d’alluminio.

Forma o stampo a perdere

Colata con modello permanente

• Colata in sabbia a verde

38
Questa tecnologia è la più antica e la più ricca di possibilità realizzative; è anche la più vicina ai
sistemi di produzione usati nelle fonderie di getti di ghisa. Il modello, che serve per ricavare
l’impronta esterna del getto, può essere costruito in legno, in resina o in metallo a seconda del
numero di getti da produrre e dell’intervallo di tempo in cui questi getti sono prodotti, per assicurare
la stabilità dimensionale nel tempo. Lo stesso dicasi per le casse d’anima, o più frequentemente
per le varie casse d’anima, usate per realizzare sia le cavità interne che le zone di sottosquadro
cioè non sformabili nella direzione principale di sformatura del modello. La compattazione della
sabbia può avvenire mediante pestellatura manuale, a scossa e vibrazione, a compressione
idraulica, mediante il vuoto, ecc.; l’operazione è detta formatura. L’operazione successiva, cioè
l’estrazione del modello dalla forma, è detta sformatura; l’impronta è il negativo del modello e in
nessun caso potrà essere più precisa nelle dimensioni e più accurata nello stato di rugosità
superficiale del modello stesso. Il modello deve comprendere anche il sistema di colata (cioè i
canali verticali e orizzontali di forma e sezione calcolata che convogliano il metallo dall’imbuto di
colata agli attacchi di colata) e le materozze, cioè le riserve di metallo liquido che, poste in
posizione più elevata rispetto al getto, devono raffreddarsi per ultime alimentando le parti più
massicce del getto per compensarne il ritiro volumetrico. Il modello può essere a una o più figure
(grappolo). La forma normalmente è contenuta in un telaio metallico o staffa di opportuna rigidità e
resistenza, ma può essere autoportante se la coesione è tale da fornire alla terra da fonderia una
resistenza sufficiente alla pressione metallostatica (motta). La terra argillosa naturale è ormai
totalmente sostituita da terre sintetiche ottenute cioè da sabbie silicee a granulometria
determinata, legate con bentonite. Una percentuale d’acqua, anche se ridotta, è pur sempre
necessaria per sviluppare le capacità coesive della bentonite: si parla perciò di terra a verde dove
verde sta per umido, dall’inglese green.

L’acqua può però decomporsi durante la colata liberando idrogeno e generando quindi porosità;
per ovviare a ciò si può eseguire un trattamento di flambatura alla sabbia addizionata con materiali
peciosi (a caldo rammolliscono e raffreddandosi danno origine ad uno strato idrorepellente),
ottenendo terre a semisecco.

Da notare che le condizioni di lento raffreddamento dovute alla bassa conducibilità termica della
sabbia non sono favorevoli all’ottenimento di strutture compatte e con grano cristallino serrato. Per
aumentare la velocità di raffreddamento si introducono i raffreddatori (blocchetti metallici che
aiutano a smaltire il calore di solidificazione).

Le operazioni susseguenti alla formatura sono essenziali:

• il ramolaggio, cioè il posizionamento accurato delle anime nella forma utilizzando opportuni
riferimenti;
• la chiusura o accoppiamento delle due o più parti della forma;
• la colata fatta a mano o automaticamente dal forno e seguita dal raffreddamento e
solidificazione;
• la disfatura, cioè l’estrazione del getto con il sistema di colata dalla staffa o dalla motta;
• la sterratura, cioè lo svuotamento dell’interno del getto dalla sabbia proveniente dalle
anime;
• la smaterozzatura; cioè la separazione delle materozze e del sistema di colata;
• la sbavatura, cioè l’asportazione delle bave dovute ai piani di divisione della forma;
• la finitura, cioè l’eliminazione delle eventuali asperità superficiali;
• il trattamento termico, sempre richiesto per getti di qualità;
• controlli geometrici e collaudi di funzionalità.

La complessità delle operazioni rende la colata in terra più adatta per la produzione in
piccola serie dove gioca a favore il minor costo delle attrezzature.

39
Colata in cera persa. Il procedimento, detto anche correntemente ma impropriamente
microfusione, è adatto per la produzione di getti a parete sottile e di forma complessa, ad
alta precisione dimensionale e con ottime caratteristiche di finitura superficiale. Trae le sue
origini dalla fonderia d’arte. Il modello viene ottenuto iniettando in uno stampo, costruito con
alta precisione, una miscela liquida di cere speciali che non presenti praticamente ritiro nel
passaggio liquido - solido; data la bassa temperatura di fusione delle cere si possono usare
per lo stampo metalli a basso punto di fusione e facilmente lavorabili. A raffreddamento
avvenuto il modello viene poi estratto dallo stampo, rifinito superficialmente e collegato con
il sistema di colata. Il grappolo viene immerso ripetutamente in una miscela finissima di
sabbie speciali con un legante chimico in modo da formare un guscio composto di strati
successivi. Dopo indurimento del legante la forma passa in stufa dove la cera fonde e
attraverso il canale di colata viene eliminata. La temperatura viene aumentata per eliminare
le tracce di umidità e di cera residua. La forma ottenuta è così pronta per la colata che può
avvenire per gravità. La forma viene mantenuta ad una temperatura di poco inferiore a
quella di colata del metallo che a sua volta è di poco superiore a quella di fusione. Si
possono così realizzare getti a parete molto sottili senza surriscaldamenti del metallo con
evidenti vantaggi metallurgici. La rottura del guscio o della forma corrisponde alla disfatta
del processo tradizionale di colata in terra, ma con alcune difficoltà per la maggiore
coesione del materiale ceramico; sbavatura e finitura sono invece facilitate dall’assenza
delle linee di divisione. Si ottengono così getti di ottima superficie con minime tolleranze
dimensionali, tali da non richiedere più la successiva lavorazione meccanica o da
richiederla in misura limitata. Nel caso delle leghe d’alluminio la tecnologia della
pressocolata è già in grado di avvicinarsi sensibilmente a questi obiettivi per cui la colata in
cera persa viene utilizzata solo in casi particolari in cui i requisiti dimensionali o la
complessità del disegno fanno premio sul maggior costo di produzione.

Colata con modello a perdere

1. Processo Full Mold

Alla fine degli anni ’50 venne brevettato


e sviluppato un processo di colata
denominto a forma piena che, pur
utlizzando come materiale di formatura
una normale miscela di sabbia e legante
organico, si differenzia nettamente per la
natura del modello, costituito in
polistirene espanso (PS) avente
bassissima massa volumica e quindi
facilmente evaporabile se lasciato nella
forma all’atto della colata. Il processo
nacque per la colata di getti singoli e di
grandi dimensioni in ghisa. Il modello
viene ricavato manualmente tagliando
blocchi di polistirolo e incollando tra di
loro le varie parti sino ad ottenere un
modello al naturale che corrisponde cioè
al getto voluto.

40
L’estensione alle leghe d’alluminio comporta alcuni problemi per la più difficile evaporazione del
modello rispetto alla colata in ghisa. Il processo rimane perciò confinato in una nicchia in quanto gli
svantaggi non possono essere compensati con l’unico vantaggio reale, cioè la rapidità di
costruzione del modello e del sistema di colata.

2. Processi Lost Foam/Policast/Castiral

Già negli anni ’60 furono resi noti i primi incerti risultati dell’uso di modelli a perdere di polistirene
espanso ricoperti di vernice refrattaria e immersi in sabbia silicea sciolta compattata per vibrazione
anziché in sabbia agglomerata di tipo auto-indurente a freddo. La sostituzione progressiva del
modello da parte del metallo che avanza prima nei canali di colata in polistirene e poi nella cavità
della forma o in altre parole il fatto che un materiale inconsistente quale la sabbia asciutta rimanga
nella sua posizione anche in assenza del modello si spiega con l’esistenza di gas in pressione
nella forma dovuta alla vaporizzazione del modello. Si verificò che la sottrazione di calore operata
dal modello nella fase di vaporizzazione agiva favore-volmente sul getto di alluminio affinandone la
struttura, riducendo il ritiro ed eliminando la necessità degli alimentatori o materozze.

Tuttavia l’incostanza della struttura cellulare e


della densità del polistirene impiegato rendevano i
risultati aleatori e per alcuni anni la colata in
sabbia sciolta fu considerata più come una
curiosità che come una concreta possibilità. Fu
solo dopo la crisi petrolifera del 1973 che gli
indubbi vantaggi che sarebbero potuti derivare
dalla industrializzazione del procedimento
(mancanza di leganti, agglomeranti, additivi e
acqua nella sabbia; recupero diretto totale e
senza consumi energetici della sabbia; possibilità
di evitare l’uso di anime per i profili interni dei
getti; bassa quota per getto del costo di costruzione delle attrezzature; uso di impianti e
macchinario non specifici e più semplificati; riduzione del fabbisogno di metallo liquido) spinsero
l’industria automobilistica ad investire nella definizione e caratterizzazione dei vari materiali
impiegati. Il nuovo processo è conosciuto negli USA con il nome di Lost Foam ed in Italia con
quello di Policast. Il Francia è stata brevettata una variante chiamata Castyral che agisce con una
pressione isostatica, all’interno dello speciale contenitore a tenuta, subito dopo la colata per

41
migliorare la struttura cristallina e le caratteristiche del getto. Indichiamo ora le operazioni
fondamentali del processo:

• modifiche al disegno del getto allo scopo di realizzare una più razionale suddivisione del
modello in elementi o fette sformabili;
• costruzione degli stampi, uno per ogni fetta del modello;
• stampaggio del modello e del sistema di colata iniettando polistirene preespanso;
• incollaggio delle varie fette per formare il grappolo;
• verniciatura del grappolo con un agente di distacco di finezza appropriata e dotato di
sufficiente permeabilità per sfogare i gas che l’evaporazione del modello genera durante la
colata;
• ricopertura del grappolo con sabbia entro un contenitore metallico e compattazione per
vibrazione;
• colata per gravità;
• distaffatura e sterratura per semplice ribaltamento e svuotamento del contenitore; il
recupero e riutilizzo della sabbia non richiede altre operazioni salvo il raffreddamento.

Sbavatura e finitura secondo le tecniche tradizionali.

Sono evidenti l’interesse e le aspettative suscitate dalla colata in sabbia sciolta, pur
con le limitazioni della complessità tecnologica e della difficoltà di realizzazione di
getti complessi. Questa tecnologia ben si presta a sostituire la colata in conchiglia
con anime in sabbia.

3. Colata in cera persa

Il

42
procedimento, detto anche correntemente ma impropriamente microfusione, è adatto per la
produzione di getti a parete sottile e di forma complessa, ad alta precisione dimensionale e con
ottime caratteristiche di finitura superficiale. Trae le sue origini dalla fonderia d’arte. Il modello
viene ottenuto iniettando in uno stampo, costruito con alta precisione, una miscela liquida di cere
speciali che non presenti praticamente ritiro nel passaggio liquido - solido; data la bassa
temperatura di fusione delle cere si possono usare per lo stampo metalli a basso punto di fusione
e facilmente lavorabili. A raffreddamento avvenuto il modello viene poi estratto dallo stampo, rifinito
superficialmente e collegato con il sistema di colata. Il grappolo viene immerso ripetutamente in
una miscela finissima di sabbie speciali con un legante chimico in modo da formare un guscio
composto di strati successivi. Dopo indurimento del legante la forma passa in stufa dove la cera
fonde e attraverso il canale di colata viene eliminata. La temperatura viene aumentata per
eliminare le tracce di umidità e di cera residua. La forma ottenuta è così pronta per la colata che
può avvenire per gravità. La forma viene mantenuta ad una temperatura di poco inferiore a quella
di colata del metallo che a sua volta è di poco superiore a quella di fusione. Si possono così
realizzare getti a parete molto sottili senza surriscaldamenti del metallo con evidenti vantaggi
metallurgici. La rottura del guscio o della forma corrisponde alla disfatta del processo tradizionale
di colata in terra, ma con alcune difficoltà per la maggiore coesione del materiale ceramico;
sbavatura e finitura sono invece facilitate dall’assenza delle linee di divisione. Si ottengono così
getti di ottima superficie con minime tolleranze dimensionali, tali da non richiedere più la
successiva lavorazione meccanica o da richiederla in misura limitata. Nel caso delle leghe
d’alluminio la tecnologia della pressocolata è già in grado di avvicinarsi sensibilmente a questi
obiettivi per cui la colata in cera persa viene utilizzata solo in casi particolari in cui i requisiti
dimensionali o la complessità del disegno fanno premio sul maggior costo di produzione.

Forma o stampo permanente

Nessun modello

• Colata in conchiglia a gravità

Il metallo riempie la forma per azione della gravità e quindi l’ingresso nella conchiglia deve essere
situato ad un livello superiore per ottenere la giusta pressione metallostatica. La pressione
atmosferica, agendo sulle materozze ancora liquide, riesce a compensare il ritiro dovuto alla
solidificazione. L’entrata lenta del metallo consente l’uso di anime in sabbia sia per ricavare profili

43
interni che per ottenere sottosquadri. La conchiglia è costituita da un minimo di due parti (una
mobile e una fissa). La sequenza delle operazioni è la seguente:

1. preparazione della conchiglia (pulizia);


2. colata;
3. estrazione del getto con sterratura;
4. taglio delle materozze e sbavatura delle linee di divisione.

Si può influenzare il raffreddamento verniciando con isolanti parti della conchiglia (la verniciatura
migliora anche lo scorrimento) o prevedendo

tagli termici. Il sistema di colata deve prevedere un passaggio preferenziale per le sezioni sottili.
La precisione e la qualità superficiale sono intermedie fra la colata in sabbia e la pressocolata.

• Colata a bassa pressione

La caratteristica fondamentale di questa tecnologia è che la macchina idraulica di movimentazione


delle parti mobili della conchiglia è disposta sopra il forno di attesa in modo da consentirne il
riempimento dal basso attraverso un tubo verticale in materiale ceramico. Lo stampo è a pressione
atmosferica mentre il forno viene pressurizzato con aria compressa pari ad una colonna di
alluminio di circa 2 m, sufficiente alla salita del metallo nello stampo. Il forno deve essere
necessariamente a tenuta e quindi non c’è la possibilità di usare il riscaldamento a fiamma, ma è
obbligatorio quello elettrico. Dopo un tempo prefissato la sovra-pressione nel forno viene azzerata
e il metallo nel tubo di iniezione ritorna nel forno stesso. Le successive operazioni comprendono
l’estrazione del getto, la sterratura, la sbavatura e il trattamento termico. La smaterozzatura è
molto semplice. Recentemente la colata a bassa pressione ha avuto un grande sviluppo
tecnologico legato alle esigenze qualitative e quantitative della produzione di cerchioni (foto 5)
arrivando a colare contemporaneamente 4 cerchioni. I vantaggi del processo risiedono nell’alta
resa e nelle operazioni di finitura ridotte. Questa tecnologia ben si presta per ottenere oggetti
simmetrici rispetto ad un asse verticale e per quelli privi di zone massive isolate.

E’ possibile mettere lo stampo in depressione invece del forno in pressione (richiede però una
migliore progettazione dello stampo per evitare zone dove il metallo non arrivi) come per i processi
Alcoa/Toyota.

44
Una variante è costituita dal processo in contropressione: la macchina e il forno (in pressione)
sono inseriti in una stanza a circa 10 bar, quindi la solidificazione avviene sotto una pressione pari
a 35-40 m di alluminio con conseguente ottenimento di una struttura molto più compatta e costosa.

• Pressocolata

Conosciuta con il nome inesatto di pressofusione questa tecnologia è la più diffusa per le grandi
serie, a causa del basso costo di trasformazione abbinato al minor costo delle leghe secondarie
utilizzabili, alla buona precisione dimensionale e all’ottimo grado di finitura superficiale. Le
caratteristiche meno positive sono l’impossibilità di usare le anime in sabbia e quindi di ottenere
cavità interne non sformabili direttamente, l’impossibilità di eseguire sui getti il trattamento termico
e la saldatura (a causa delle minuscole particelle di aria che restano intrappolate durante la
colata).

Il processo di colata sotto pressione si svolge iniettando il metallo ad alta velocità in uno stampo di
acciaio tenuto chiuso e bloccato in una pressa idraulica che contrasta l’apertura dello stampo (ne
esistono da 1.000 a 40.000 kN). La forza di iniezione è pari al 15% circa della forza di chiusura per
le macchine piccole e al 7% per le grandi. Lo stampo è diviso in due semistampi, uno fisso e l’altro
mobile. Il gruppo di iniezione è costituito da un contenitore orizzontale entro cui si versa il metallo e
in cui scorre il pistone di iniezione.

L’iniezione viene effettuata in tre fasi con accelerazioni crescenti allo scopo di ottenere un
riempimento ottimale dello stampo. Sul semistampo mobile sono disposti gli elementi mobili dello
stampo, la cui funzione è quella di ricavare nel getto profili sottosquadro. La disposizione del getto
(o dei getti) è studiata in modo da realizzare il riempimento dell’impronta dal basso verso l’alto,
passando attraverso la materozza, i canali di colata, i getti e i pozzetti di lavaggio (destinati ad
accogliere ed eliminare il primo metallo, più freddo ed inquinato dal lubrificante).

45
Di grande importanza per questa tecnica è il raffreddamento interno dello stampo, ottenuto con
canalizzazioni o linee d’acqua disposte opportunamente nelle zone più sollecitate.

Importanti sono pure il


raffreddamento esterno e la
lubrificazione dell’impronta
effettuati al duplice scopo di
facilitare lo scorrimento del metallo
e il distacco del grappolo dallo
stampo. La temperatura a regime
dello stampo è compresa fra 180 e
230° C. Rispetto alle altre
tecnologie qui è eseguita la
pallinatura. L’ottenimento degli alti
livelli di produttività è condizionato
però da elevatissimi investimenti
nelle macchine e nei dispositivi
ausiliari, da una progettazione
molto sofisticata degli stampi con
conseguenti alti costi di produzione
e dalla disponibilità di personale
specializzato per la manutenzione
delle macchine e degli stampi.

Per migliorare la qualità del


prodotto si può intervenire
sull’iniezione. Un sistema
particolare realizza l’iniezione in
un’unica fase, con un andamento a
parabola della velocità del pistone
nell’intento di evitare il
ripiegamento su se stesso del
metallo al momento del passaggio
dalla bassa alla alta velocità, che
altrimenti causa l’intrappolamento
dell’aria nel getto. Le inclusioni
d’aria si possono anche evitare
facendo il vuoto nello stampo, che
determina una maggiore qualità
per i getti a parete sottile e
consente il trattamento termico.

46
• Squeeze Casting

Il termine si potrebbe tradurre come "colata con compressione mantenuta". E’ stato usato per
indicare processi tecnologici dove si ha una elevata contropressione al getto durante la fase di
solidificazione allo scopo di renderne più compatta la struttura e di innalzare le proprietà
meccaniche. Il processo VSC prevede l’iniezione lenta e a velocità variabile, per permettere
l’evacuazione dell’aria (per lo stesso motivo lo stampo viene chiuso solo quando pieno). La pressa
verticale resiste a sollecitazioni
doppie rispetto a quelle per
pressocolata. Con questo processo
le caratteristiche meccaniche di
resistenza aumentano del 10-15%
rispetto ai prodotti in conchiglia (50-
70% per l’allungamento e la
resistenza a fatica), la precisione e
la qualità superficiale sono migliori
del processo di pressocolata, il costo
di produzione è simile al processo in
conchiglia. Lo spessore deve però
essere di almeno 5 mm.

Lo Squeeze Casting è stato adattato


alla produzione di cerchi per auto,
aumentando in numero delle stazioni
e contrapponendo al cilindro di
iniezione quello di squeeze; è altresì
possibile produrre due o tre
particolari diversi sullo stesso
impianto.

Le caratteristiche meccaniche di un getto sono in funzione: del tipo di lega, del tipo di processo,
dello stato del getto (as cast oppure bonificato oppure con altro trattamento termico). A parità di
lega le caratteristiche meccaniche variano in funzione della velocità di sottrazione del calore nella
fase di solidificazione del getto e risultano quindi maggiori per le tecnologie con colata in forma
metallica non rivestita specie se viene esercitata una compattazione del metallo. Segue la colata in
forma metallica rivestita (bassa pressione e conchiglia) poi in forme non metalliche sottili e infine in
forme massicce e poco conduttrici del calore come quelle di sabbia. Un caso particolare è
rappresentato dalla nuova tecnologia Lost Foam in cui entra in gioco un nuovo fattore favorevole:
la rapida sottrazione di calore effettuata dalla evaporazione del modello in polistirene espanso.
Altro caso da considerare a parte è la pressocolata in cui l’effetto favorevole del raffreddamento
rapido è contrastato dalla presenza di tracce di aria e di umidità occluse. A parità di tecnologia, e
sempre nell’ipotesi che la lega sia compatibile con la tecnologia, si ottengono caratteristiche più
elevate con le leghe al Cu, al Si, e al Si+Cu e inferiori con le leghe al Mg e al Mn.

47
3.6 TRATTAMENTI TERMICI

Dopo aver ottenuto il pezzo per avere alcune caratteristiche è necessario ricorre ai trattamenti
termici.

Il trattamento termico si riferisce a tutte quelle operazioni di raffreddamento e di riscaldamento che


sono eseguite con l’intento di cambiare proprietà meccaniche, struttura metallurgica o lo stato di
stress residuo di un prodotto metallico. Comunque, quando il termine è applicato alle leghe in
Alluminio, il suo uso è spesso ristretto alle specifiche operazioni impiegate per incrementare la
durezza e la resistenza delle leghe.

Solubilizzazione

La lega è scaldata ad una temperatura al di sopra della curva di solubilità allo scopo di ottenere
una soluzione omogenea, poiché la seconda fase, presente generalmente in minor quantità,
dissolve nella più abbondante fase. La lega viene quindi lasciata a questa temperatura sino a
quando si ottiene una soluzione solida omogenea, quindi viene temprata ad una temperatura più
bassa per creare una condizione di supersaturazione.

Invecchiamento

Un metodo usato per sviluppare le proprietà delle leghe è quello di condurre una precipitazione
controllata di particelle molto fini sia a temperatura ambiente (natural aging) sia elevata (artificial
aging). In genere, la precipitazione non comincia immediatamente ma richiede un cosiddetto
“incubation time” per formare dei nuclei sufficientemente grandi e stabili; dopo di che può avere
inizio il processo di crescita.

La velocità alla quale avviene la precipitazione varia con la temperatura. A temperature molto
basse la velocità di reazione è controllata dalla velocità alla quale gli atomi possono migrare. A
temperature appena al di sotto la “solvus line” la velocità di precipitazione è molto bassa, poiché la
velocità di nucleazione è bassa essendo la soluzione solo leggermente sovrasatura quindi in
questo caso la precipitazione è controllata dalla velocità con cui i nuclei possono formarsi.

A temperature intermedie tra i due appena menzionati estremi, la velocità di precipitazione


aumenta sino a raggiungere un massimo e quindi il tempo per completare la precipitazione è molto
corto. Sperimentalmente è possibile ottenere la tipica “hardening curve”, mostrando l’effetto del
tempo sulla durezza.

Overheating

Si deve prestare attenzione per evitare di superare la temperatura iniziale eutettica. Se come
risultato di un surriscaldamento avviene un’apprezzabile fusione del costituente eutettico, proprietà
come resistenza a trazione, duttilità e resistenza a frattura possono degradare. I materiali che

48
esibiscono prove microstrutturali di surriscaldamento sono generalmente categorizzati come non
accettabili.

La temperatura deve quindi essere ristretta per evitare fusione anche parziale, e il più basso limite
dovrebbe, quando è possibile, essere sopra alla temperatura alla quale avviene una completa
solubilizzazione (solvus).

Tempra

La tempra consiste nel raffreddamento molto rapido del metallo scaldato immergendolo in un
liquido refrigerante come può essere l’acqua. Quest’operazione impedisce un’apprezzabile
diffusione degli elementi, così si può assumere che la soluzione solida viene portata a temperatura
ambiente essenzialmente senza variazioni. Così la lega che era leggermente insatura alle
temperature più alte, diviene a temperatura ambiente estremamente insatura.

La lega quindi è in una condizione molto instabile e, compatibilmente con le condizioni ambientali,
evolverà spontaneamente verso una condizione di maggior equilibrio.

3.7 CONTROLLI

Dopo aver ottenuto il pezzo è necessario eseguire accurati controlli. L’importanza di queste
operazioni è data da diversi fattori:

• identificare i diversi tipi di difetti (designazione);


• definire la gravità del difetto;
• definire la soglia di gravità;
• ipotesi sulle cause dei difetti;
• proposta di soluzioni al problema;

I metodi di controllo sono molteplici, vengono chiamati controlli non distruttivi poiché vengono
effettuati sui prodotti finiti.

49
Esempio di analisi di superfici di frattura al microscopio elettronico a scansione (SEM)

I difetti maggiormente riscontrati sono i seguenti:

50
4.0 ENGLISH

4.1 ALUMINIUM CASTING PROCESS

There are three primary operations in the casting process which utilize natural gas fired equipment.
In the first process, aluminum ingots and/or clean aluminum scrap are heated to around 650°C
where the aluminum melts. In the second step, the molten aluminum is then transferred to a
holding furnace where the molten aluminum is alloyed and degassed if needed, then heated to the
casting temperature of approximately 750°C. In the final step, the molten aluminum is then
transferred via a ladle or tundish to the preheated die or mold.

4.2 ROTARY BURNER WITH DIRECT FLAME


There is a wide variety of burner configurations that are used in aluminum melting equipment.

Rotary burners with free flame are the most widely


used burners in aluminum furnaces. These burners .
are either used to heat the refractory brick which
radiates energy to the aluminum charge, or to transfer
heat directly to the aluminum charge through flame
impingement.

Direct flame increases the heat transfer efficiency, but also increases the metal oxidation loss.
These burners are typically non-premixed diffusion burners without air or furl staging or
regeneration.

51
We can describe this technology in some phase:

1. The furnace can be prepared for the fusion

2. The first aluminium and the second (scrap recycling) are loaded through
conveyor belt into the furnace;

3. The flame starts and it allows that the solid material becomes liquid. This is
the most crucial phase because we must check a lot of parameters
(temperature, rotation’s speed ecc…)

4. The molten aluminum is poured into a ladle, and then the furnace with a wide
inclination expels the dross.

52
Istituto Tecnico Industriale
Aldini- Valeriani

A.S. 2008/2009

ARGOMENTI
APPROFONDITI

Lazzari Matteo VBmec

53
MATEMATICA

INTRODUZIONE INTEGRALI DEFINITI

𝑆𝑆𝑆𝑆 = 𝑃𝑃1 ∙ ∆𝑡𝑡 + 𝑃𝑃2 ∙ ∆𝑡𝑡 + 𝑃𝑃3 ∙ ∆𝑡𝑡 + 𝑃𝑃4 ∙ ∆𝑡𝑡 + 𝑃𝑃5 ∙ ∆𝑡𝑡
𝑠𝑠𝑠𝑠 = 𝑃𝑃2 ∙ ∆𝑡𝑡 + 𝑃𝑃3 ∙ ∆𝑡𝑡 + 𝑃𝑃4 ∙ ∆𝑡𝑡 + 𝑃𝑃5 ∙ ∆𝑡𝑡 + 𝑃𝑃6 ∙ ∆𝑡𝑡
Teorema 1
Le successioni delle somme integrali inferiori e superiori relative a una funzione f(x),
continua in un intervallo chiuso e limitato [a; b],sono convergenti e ammettono, per
n → +∞, lo stesso limite finito lim sn = lim⁡Sn .
n→+∞ n→+∞

Il valore comune di tali limiti si chiama integrale definito della funzione f(x)
nell’intervallo [a; b] e viene indicato con il simbolo

b
� f(x)dx
a

54
PROPRIETA’ DEGLI INTEGRALI DEFINITI

Proprietà 1

Si consideri una funzione f(x) continua e positiva nell’intervallo [a; b] e sia c un


punto interno di tale intervallo. L’area sottesa dal grafico di f(x) nell’intervallo [a; b]
è la somma delle aree A1 e A2 sottese dal medesimo grafico rispettivamente negli
intervalli [a; c] e [c; b];dunque, ricordando l’interpretazione geometrica
dell’integrale definito, l’integrale di f(x) nell’intervallo [a; b] è la somma dei suoi
integrali negli intervalli [a; c] e [c; b]. Questa proprietà vale anche se la funzione
assume valori di segno qualsiasi nell’intervallo considerato.

Si ha perciò:
b c b
� f(x)dx = � f(x)dx + � f(x)dx
a a c

Tale formula vale anche se il punto c non è interno all’intervallo [a; b].
55
Proprietà 2
L’integrale definito del prodotto di una funzione per una costante è eguale al
prodotto della costante per l’integrale definito della funzione.

b b b
� [αf(x) + βg(x)]dx = α � f(x)dx + β � g(x)dx
a a a

Teorema 2

TEOREMA DELLA MEDIA

Se la funzione f è continua nell’intervallo chiuso e limitato [a; b], allora esiste un


punto c di tale intervallo per cui si ha

b
� f(x)dx = (b − a)f(c)
a

o in forma equivalente,

b
1
f(c) = � f(x)dx
b−a a

56
LA FUNZIONE INTEGRALE

Si considera una funzione f continua nell’intervallo [a; b] chiuso e limitato e sia x un


qualsiasi punto dell’intervallo considerato.

Si chiama funzione integrale della funzione f in [a; b] la funzione così definita:


x
F(x) = � f(t)dt
a
x
Che associa a ogni x ∈ [a; b] il valore numerico ∫a f(t)dt. La variabile t è detta
variabile di integrazione: a essa si può sostituire qualsiasi altra variabile; per
esempio
x x x
F(x) = � f(t)dt = � f(x)dx = � f(z)dz …
a a a

Nel caso in cui sia f(x) ≥ 0, ∀x ∈ [a; b], la funzione integrale rappresenta l’area del
trapezoide AA’P’P . Tale area F(x) varia al variare di x in [a; b] e, concordemente a
quanto è già noto, si ha:
a b
F(a) = ∫a f(x)dx = 0 e F(b) = ∫a f(x)dx

57
Teorema 14

TEOREMA FONDAMENTALE DEL CALCOLO INTEGRALE

Se la funzione f(x) è continua in [a; x + ∆x], la corrispondente funzione integrale


F(x) è derivabile e, ∀(x) ∈ [a; b], risulta:

f continua su [a; x + ∆x] (IPOTESI)

F ′ (x) = f(x) (TESI)

In pratica il teorema dice che la derivata della funzione integrale coincide con la
funzione che si vuole integrare.

Dimostrazione:

58
∆F = F(x + ∆x) − F(x) =

x+∆x x
= ∫a f(t)dt − ∫a f(t)dt =

x+∆x a
= ∫a f(t)dt + ∫x f(t)dt =

x+∆x
= ∫x f(t)dt

Applico il teorema della media,il quale dice che esiste un punto c compreso tra x e
x+Δx tale che:

x+∆x
∆F = ∫x f(t)dt = f(c) ∙ ∆x
Qui si usa l’ipotesi di continuità.

59
Dove c è un punto dell’intervallo [x ; x+Δx].

Il rapporto incrementale della funzione F ,relativo al punto x e all’incremento Δx


è
pertanto:
∆F ∆x ∙f(c)
= = f(c)
∆x ∆x

La derivata è il limite per Δx → 0 del rapporto incrementale.


∆F
F ′ (x) = lim∆x→0 = lim∆x→0 f (c) =
∆x

limc→x f(c) = f(x) (quando Δ tende a zero c tende a x)

60
FORMULA FONDAMENTALE DEL CALCOLO INTEGRALE

x
DEFINIZIONE F(x) = ∫a f(t)d , f continua

F ′ (x) = f(x) dove F(x) è una primitiva di f(x)

φ = F(x) + C 𝐶𝐶 ∈ 𝑹𝑹, primitiva generale

x
φ(x) = � f(t)dt + C
a

a
φ(a) = ∫a f(t)dt + C = C C = φ(a)

x
φ(x) = � f(t)dt + φ(a)
a

b
φ(b) = � f(t)dt + φ(a)
a

b
� f(t)dt = φ(b) − φ(a)
a

61
DIRITTO ED ECONOMIA AZIENDALE

IL BILANCIO D’ESERCIZIO
A fine anno è necessario conoscere quali sono stati i risultati dell'attività aziendale. Per questa
ragione si redige il bilancio, che rappresenta il documento di sintesi della contabilità generale. Il
bilancio d'esercizio è il documento, redatto alla fine del periodo amministrativo, con cui si evidenzia
il risultato economico d'esercizio e la situazione patrimoniale e finanziaria dell'azienda.

LA FUNZIONE INFORMATIVA DEL BILANCIO

Il bilancio svolge una funzione informativa di grande rilievo per chi gestisce l'impresa e per coloro
che intrattengono con l'impresa rapporti economici di vario tipo. Tra i soggetti esterni interessati al
bilancio, rientrano i fornitori (che desiderano conoscere la situazione finanziaria dell'azienda e la
sua capacita di pagare i debiti), le banche e gli altri finanziatori (che sono interessati alla
restituzione dei capitali prestati e al pagamento degli interessi), i lavoratori (dato che il loro posto di
lavoro e legato alla sopravvivenza dell'azienda), lo Stato (per il pagamento delle imposte sugli utili
realizzati).

La redazione del bilancio coinvolge molte persone e per questa è stata disciplinata da una serie di
norme. La legge si è preoccupata soprattutto di tutelare gli interessi dei soggetti esterni all'azienda
(ad esempio, i finanziatori e 10 Stato). Il codice civile si rivolge in particolare alle società di capitali
(società per azioni, società in accomandita per azioni e società a responsabilità limitata),
stabilendo i principi fondamentali di redazione del bilancio, il contenuto dei documenti che lo
compongono, i criteri di valutazione da adottare. Tale disciplina, introdotta con il d.lgs. 9/4/1991 n.
127 in attuazione della IV direttiva CEE, è stata modificata in seguito alla riforma del diritto
societario (d.lgs. 17/01/2003 n. 6 e successive modifiche).

LE TRE PARTI DEL BILANCIO

In base a quanto dispone l'art. 2423 del codice civile, il bilancio delle società di capitali si compone
di tre parti:

• Stato patrimoniale, che evidenzia la composizione qualitativa e quantitativa del patrimonio


al termine del periodo amministrativo;
• Il Conto economico, che mostra come si è formato il risultato economico dell'esercizio;
• La Nota integrativa, che ha il compito di spiegare e approfondire alcuni dati contenuti nei
prospetti precedenti; mostra anche i criteri di valutazione adottati, le variazioni intervenute nelle
principali voci del bilancio; offre notizie sugli impegni non risultanti dallo Stato patrimoniale, sul
numero di dipendenti ripartito per categoria ecc.

Per il bilancio d'esercizio delle società di capitale è prescritto l'obbligo di pubblicazione (presso la
sede della società e presso l'Ufficio del registro delle imprese). Le società di minori dimensioni
possono redigere il bilancio in forma abbreviata, che consiste in una semplificazione dello Stato
patrimoniale, Conto economico e della Nota integrativa.

62
IL BILANCIO DELLE ALTRE IMPRESE

La legge non prescrive nessuna forma particolare di bilancio per le aziende individuali e le società
di persone (s.n.c. e s.a.s.). E’ comunque probabile che in futuro anche queste aziende adotteranno
il bilancio previsto per le società di capitali.

I POSTULATI DI BILANCIO

Il bilancio deve essere elaborato nel rispetto di alcuni principi (o postulati di bilancio). Questi
principi sono stabiliti dalla legge e dall'Oic (Organismo italiano di contabilità), che però non
sostituiscono la legge, ma la integrano e ne aiutano l'interpretazione. I postulati più importanti
sono:

• il principio della chiarezza (le poste di bilancio devono essere facili da capire);
• i principi di verità e correttezza (il bilancio non deve favorire particolari interessi);
• il principio della prudenza (si deve tenere conto delle perdite presunte ma non degli utili
sperati);
• il principio di competenza economica (costi e ricavi devono essere realmente dell'
esercizio considerato);
• il principio della costanza dei criteri di valutazione nel tempo.

Lo Stato patrimoniale
Lo Stato patrimoniale è la parte del bilancio che evidenzia com’è composto il patrimonio
aziendale al termine dell’esercizio.

Lo Stato patrimoniale (art. 2424 c.c.) ha una forma a sezioni divise: la sezione di sinistra è
denominata Attivo e accoglie tutti gli investimenti aziendali; la sezione di destra è denominata
Passivo e comprende tutti i finanziamenti a cui si è fatto ricorso per effettuare gli investimenti.
Ricordiamo che il totale degli investimenti è sempre uguale al totale dei finanziamenti.
Ogni sezione è suddivisa in:

• Classi lettere maiuscole (A,B,C,D ecc…);


• Sottoclassi numeri romani (I, II, III, IV ecc…);
• Voci numeri arabi (1, 2, 3, 4, 5 ecc…);
• Sottovoci lettere minuscole (a, b, c, d, ecc…).

Nella sezione dell'Attivo le varie poste sono iscritte tra le immobilizzazioni o tra l'Attivo circolante in
base alla loro destinazione nell'ambito del processo produttivo. Questa distinzione riprende quella
tra immobilizzazioni e disponibilità attuata secondo il criterio della destinazione (o dell'attitudine
produttiva). Le Immobilizzazioni (ad esempio, macchinari, automezzi, fabbricati) rimangono in
azienda per più di un anno; l'Attivo circolante comprende quei valori che rimangono in azienda per
meno di un anno (ad esempio, materie prime, crediti che saranno incassati dopo pochi mesi).
Nella sezione del Passivo le voci sono classificate in base alla loro provenienza. Si distingue tra i
valori di Patrimonio netto (finanziamenti da parte del proprietario o dei soci) e gli altri valori del
passivo (finanziamenti da banche, debiti verso i dipendenti per le retribuzioni da pagare, debiti
verso lo Stato per le tasse da versare ecc.)

63
SITUAZIONE PATRIMONIALE
ATTIVITA’ PASSIVITA’

A) Crediti v/soci per versamenti ancora dovuti con separata A) Patrimonio netto:
indicazione della parte già richiamata. I - Capitale
II - Riserva a soprapprezzo delle azioni
B) Immobilizzazioni con separata indicazione di quelle III - Riserve di rivalutazione
concesse in locazione finanziaria: IV - Riserva legale
I - Immobilizzazioni immateriali: V - Riserve statutarie
1) costi di impianto e di ampliamento; VI - Riserva per azioni proprie in portafoglio
2) costi di ricerca, di sviluppo e di pubblicità; VII - Altre riserve, distintamente indicate
3) diritti di brevetto industriale e diritti di utilizzazione delle opere VIII - Utili (perdite) portati a nuovo
dell'ingegno; IX - Utile (perdita) dell'esercizio
4) concessioni, licenze, marchi e diritti simili; TOTALE ...........................
5) avviamento;
6) immobilizzazioni in corso e acconti; B) Fondi per oneri e rischi:
7) altre. 1) per trattamento di quiescenza e obblighi simili;
TOTALE……… 2) per imposte, anche differite;
II - Immobilizzazioni materiali: 3) altri.
1) terreni e fabbricati; TOTALE …………………..
2) impianti e macchinario;
3) attrezzature industriali e commerciali; C) Trattamento di fine rapporto di lavoro subordinato.
4) altri beni;
5) immobilizzazioni in corso e acconti. D) Debiti, con separata indicazione, per ciascuna voce, degli importi
TOTALE .............. esigibili oltre I'esercizio successivo:
III - Immobilizzazioni finanziarie, con separata indicazione, per 1) obbligazioni;
ciascuna voce dei crediti, degli importi esigibili entra 2) obbligazioni convertibili;
I'esercizio successivo: 3) debiti verso soci per finanziamento;
1) partecipazioni in: 4) debiti verso banche;
a) imprese controllate; 5) debiti verso altri finanziatori;
b) imprese collegate; 6) acconti;
c) imprese controllanti; 7) debiti verso fornitori;
d) altre imprese; 8) debiti rappresentati da titoli di credito;
2) crediti: 9) debiti verso imprese controllate;
a) verso imprese controllate; 10) debiti verso imprese collegate;
b) verso imprese collegate; 11) debiti verso controllanti;
c) verso controllanti; 12) debiti tributari;
d) verso altri; 13) debiti verso istituti di previdenza e di sicurezza sociale;
3) altri titoli; 14) altri debiti.
4) azioni proprie, con indicazione anche del valore nominale TOTALE ...................................
complessivo.
TOTALE ...............................
Totale immobilizzazioni (B) E) Ratei e risconti, con separata indicazione dell'aggio su prestiti.
C) Attivo circolante:
I - Rimanenze;
1) materie prime, sussidiarie e di consumo;
2) prodotti in corso di lavorazione e semilavorati;
3) lavori in corso su ordinazione;
4) prodotti finiti e merci;
5) acconti.
TOTALE ...............................
II - Crediti, con separata indicazione, per ciascuna voce dei
crediti, degli importi esigibili entro I'esercizio successivo:
1) verso clienti;
2) verso imprese controllate;
3) verso imprese collegate;
4) verso controllanti;
4bis) crediti tributari:
4ter) imposte anticipate.
5) verso altri.
TOTALE .................................
III - Attività finanziarie che non costituiscono immobilizzazioni:
1) partecipazioni in imprese controllate;
2) partecipazioni in imprese collegate;
3) partecipazioni in imprese controllanti;
4) altre partecipazioni;
5) azioni proprie, con indicazione anche del valore nominale
complessivo;
6) altri titoli.
TOTALE ..................................
IV - Disponibilità liquide:
1) depositi bancari e postali;
2) assegni;
3) denaro e valori in cassa.
TOTALE …………………….
Totale attivo circolante (C)

D) Ratei e risconti, con separata indicazione del disaggio su prestiti.64


II Conto economico

Il Conto economico è la seconda parte del bilancio ed evidenzia il processo di formazione


del risultato economico dell’esercizio.
.

LA REDAZIONE IN FORMA SCALARE

Il Conto economico previsto dal codice civile (art. 2425) è redatto in forma scalare, cioè i costi sono
sottratti uno a uno dai ricavi fino ad arrivare all'utile (o alla perdita) d’esercizio. Con questa forma si
ottiene una serie di risultati intermedi molto utili per evidenziare come si è formato il risultato
economico. La sua struttura è la seguente:

A) Valore della produzione


B) Costi della produzione
;
Differenza tra valore e costi della produzione ,

C) Proventi e oneri finanziari


D) Rettifiche di valore di attività finanziarie
E) Proventi e oneri straordinari

Risultato prima delle imposte


- Imposte sui reddito dell'esercizio

Utile (perdita) dell'esercizio

RISULTATI INTERMEDI

I risultati intermedi che si ottengono dalla struttura scalare del Conto economico sono: risultato
della gestione della produzione (A-B); risultato della gestione finanziaria (C±D); risultato della
gestione ordinaria (A-B±C±D); risultato della gestione straordinaria (E).

RISULTATO DELLA GESTIONE CARATTERISTICA

Il risultato della gestione caratteristica è dato dalla differenza tra il valore della produzione e i
costi sostenuti per produrre. Il concetto di valore di produzione non e uguale a quello di ricavi di
vendita. Il valore della produzione non si riferisce solo alla produzione venduta, ma considera tutta
la produzione ottenuta, compresa quella non venduta rimasta nel magazzino. Per passare dalla
produzione venduta (ricavi di vendita) alla produzione ottenuta, occorre considerare la variazione
delle rimanenze di prodotti finiti, semilavorati e in corso di lavorazione. Ad esempio, se i ricavi della
Nike Italia sono pari a l.000.000 di euro e gli articoli sportivi non venduti rimasti in magazzino sono
pari a 20.000 euro, il valore della sua produzione e pari a l.020.000 euro, anche se poi I'azienda

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non è riuscita a vendere tutto. Lo stesso discorso va fatto per i costi della produzione, che
devono considerare le rimanenze di materie prime, sussidiarie e di consumo.

RISULTATO DELLA GESTIONE FINANZIARIA

Il risultato della gestione finanziaria e dato dalla differenza tra i proventi finanziari (interessi su
titoli, dividendi da partecipazioni ecc.) e gli oneri finanziari (interessi passivi bancari, oneri bancari
ecc.).

RISULTATO DELLA GESTIONE ORDINARIA

Il risultato della gestione ordinaria è dato dalla somma dei risultati della gestione
caratteristica e finanziaria (cioè prima della gestione straordinaria).

RISULTATO DELLA GESTIONE STRAORDINARIA

L'ultimo risultato intermedio è quello della gestione straordinaria, che e dato dal confronto tra i
proventi e gli oneri straordinari (ad esempio, ricavi per vincite alla lotteria, costi per incendi e furti,
plusvalenze e minusvalenze ecc.).

La somma algebrica dei risultati delle varie aree di gestione consente infine di determinare l'utile
(o la perdita) dell'esercizio.

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CONTO ECONOMICO
A) Valore della produzione:

1) ricavi delle vendite e delle prestazioni;


2) variazioni delle rimanenze di prodotti in corso di lavorazione, semilavorati e finiti;
3) variazione dei lavori in corso su ordinazione;
4) incrementi di immobilizzazioni per lavori interni;
5) altri ricavi e proventi con separata indicazione dei contributi in conto esercizio.
TOTALE …………………..

B) Costi della produzione:

6) per materie prime, sussidiarie, di consumo e di merci;


7) per servizi;
8) per godimento di beni di terzi;
9) per il personale:
a) salari e stipendi;
b) oneri sociali;
c) trattamento di fine rapporto;
d) trattamento di quiescenza e simili;
e) altri costi;
10) ammortamenti e svalutazioni:
a) ammortamento delle immobilizzazioni immateriali;
b) ammortamento delle immobilizzazioni materia li;
c) altre svalutazioni delle immobilizzazioni;
d) svalutazioni dei crediti compresi nell'attivo circolante e delle disponibilità liquide;
11) variazioni delle rimanenze di materie prime, sussidiarie, di consumo e merci;
12) accantonamenti per rischi;
13) altri accantonamenti;
14) oneri diversi di gestione.
TOTALE ………………………
Differenza tra valore e costi della produzione (A - B)

C) Proventi e oneri finanziari:


15) proventi da partecipazioni, con separata indicazione di quelli relativi a imprese controllate e collegate;
16) altri proventi finanziari:
a) da crediti iscritti nelle immobilizzazioni, con separata indicazione di quelli da imprese controllate e collegate e
di quelli da controllanti;
b) da titoli iscritti nelle immobilizzazioni che non costituiscono partecipazioni;
c) da titoli iscritti nell'attivo circostante che non costituiscono partecipazioni;
d) proventi diversi dai precedenti, con separata indicazione di quelli verso imprese controllate e collegate e
verso controllanti;
17) interessi e altri oneri finanziari, con separata indicazione di quelli verso imprese controllate e collegate e verso
controllanti.
17bis) utili e perdite su cambi
TOTALE (15+ 16-17 ± 17bis) ………………

D) Rettifiche di valore di attività finanziarie:


18) rivalutazioni:
a) di partecipazioni;
b) di immobilizzazioni finanziarie che non costituiscono partecipazioni;
c) di titoli iscritti nell'attivo circolante che non costituiscono partecipazioni;
19) svalutazioni:
a) di partecipazioni;
b) di immobilizzazioni finanziarie che non costituiscono partecipazioni;
c) di titoli iscritti all'attivo circolante che non costituiscono partecipazioni.
TOTALE (18-19) ................. ..... .

E) Proventi e oneri straordinari:


20) proventi, con separata indicazione delle plusvalenze da alienazioni i cui ricavi non sono iscrivibili al n. 5;
21) oneri, con separata indicazione delle minusvalenze da alienazioni i cui effetti contabili non sono iscrivibili al n. 14 e
delle imposte relative a esercizi precedenti.
TOTALE DELLE PARTITE STRAORDINARIE (20-21)

Risultato prima delle imposte (A - B ± C ± D ± E)


22) imposte sui reddito dell'esercizio, correnti, differite e anticipate;
23) utile (perdita) dell'esercizio.

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STORIA

DICHIARAZIONI DI GUERRA E
SITUAZIONE ITALIANA
Il governo di Vienna, compì la prima mossa inviando, il 23 luglio, un durissimo ultimatum alla
Serbia ritenuta responsabile di un piano antiaustriaco. Il secondo passo fu fatto dalla Russia
assicurando il proprio sostegno alla Serbia, sua principale alleata nei Balcani. Forte dell’appoggio
russo, il governo serbo accettò solo in parte l’ultimatum, respingendo in particolare la clausola che
prevedeva la partecipazione di funzionari austriaci alle indagini sui mandanti dell’attentato.
L’Austria giudicò la risposta insufficiente e, il 28 luglio, dichiarò guerra alla Serbia. Immediata fu la
reazione del governo russo che, il giorno successivo, ordinò la mobilitazione delle forze armate. La
mobilitazione, che i generali russi vollero estesa fino al confine con la Germania, fu interpretata dal
governo tedesco come un atto di ostilità. Il 31 luglio la Germania inviò un ultimatum alla Russia
intimandole l’immediata sospensione dei preparativi bellici. L’ultimatum non ottenne risposta e fu
seguito, a ventiquattr’ore di distanza, dalla dichiarazione di guerra. Il giorno stesso (il primo agosto)
la Francia, legata alla Russia da un trattato di alleanza militare, mobilitò le proprie forze armate. La
Germania rispose con un nuovo ultimatum e con la successiva dichiarazione di guerra alla Francia
(3 agosto).
Fu dunque l’iniziativa del governo tedesco a far precipitare definitivamente la situazione.
Bisogna ricordare che la Germania soffriva da tempo di un complesso di accerchiamento,
ritenendosi ingiustamente soffocata nelle sue ambizioni internazionali. La strategia dei generali
tedeschi si basava inoltre sulla rapidità e sulla sorpresa, non ammetteva la possibilità di lasciare
l’iniziativa in mano agli avversari e costituiva dunque di per se un fattore di accelerazione della
crisi e di ostacolo al negoziato. Il piano di guerra tedesco, dando per scontata l’eventualità di una
guerra su due fronti (l’alleanza franco-russa era operante dal 1894), prevedeva in primo luogo un
attacco contro la Francia, che avrebbe dovuto esser messa fuori combattimento in poche
settimane. Dopodiché il grosso delle forze sarebbe stato impiegato contro la Russia, la cui
macchina militare era lenta a mettersi in azione. Ci fu in seguito l’invasione del Belgio (3 agosto)
e l’entrata in guerra della Gran Bretagna a sostegno dei belgi (5 agosto) che venne provocata
appunto dall’invasione tedesca ai danni del Belgio. Mentre l’Italia si dichiarava neutrale, anche il
Giappone (alleatosi con gli inglesi nel 1902) dichiarò guerra al Reich il 23 agosto, attaccandone
subito dopo i possedimenti asiatici. Nel settembre 1914 la firma del patto di Londra sanciva
l’unità tra Francia, Gran Bretagna e Russia.

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1914-1915: dalla guerra-lampo alla guerra di trincea

Le operazioni militari si svolsero su tre diversi fronti:

• quello occidentale, o franco-belga;


• quello orientale, o russo;
• quello meridionale, o serbo.
La trincea, insubordinazione e autolesionismo

Sul piano tecnico, la trincea fu la vera protagonista del conflitto: la vita monotona che vi si svolgeva
era interrotta solo da grandi e sanguinose offensive, prive di risultati decisivi. Da ciò, soprattutto nei
soldati semplici, uno stato d’animo di rassegnazione e apatia che a volte sfociava in forme di
insubordinazione. La visione eroica e avventurosa della guerra, infatti, restò prerogativa di alcune
esigue minoranze di combattenti, come le “truppe d’assalto” (Sturmtruppen) tedesche o gli “arditi”
italiani; per tutti gli altri la guerra era una dura necessità. I soldati la combattevano per solidarietà
con i propri compagni, ma anche perché vi erano costretti dalla presenza di un apparato repressivo
spietato nel punire ogni forma di insubordinazione. Si diffusero tuttavia, nonostante le minacce del
plotone di esecuzione, la diserzione o addirittura l’autolesionismo, consistente nell’infliggersi
volontariamente ferite e mutilazioni per essere dispensati dal servizio al fronte. In altre occasioni ci
furono casi di ribellione collettiva, scioperi militari o ammutinamenti, che avvennero un po’
dappertutto.

Il fronte occidentale

Il piano strategico tedesco, che prevedeva una rapida guerra di movimento contro la Francia per
poi volgersi contro la Russia, fu bloccato dall’esercito francese nella prima battaglia della Marna (6-
9 settembre). I tedeschi, costretti alla ritirata sino al fiume Aisne, estesero il fronte fino alla Mosa, a
nord di Verdun. Ne seguì una sorta di gara in velocità verso il mare del Nord, con l’obiettivo di
acquisire il controllo dei porti sulla Manica. Questa segnò la fine della guerra di movimento sul

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fronte occidentale e portò alla guerra di logoramento, di cui furono protagonisti la trincea, l’assalto
con la baionetta, l’artiglieria, la conquista e la perdita di pochi lembi di terreno con perdite umane
elevatissime.
Il fronte italiano
Allo scoppio della guerra l’Italia si dichiarò neutrale. Successivamente, però, le forze politiche e
l’opinione pubblica si divisero sul problema dell’intervento in guerra contro gli imperi centrali.
Erano interventisti: i gruppi di sinistra democratica e alcune frange eretiche del movimento
operaio, i nazionalisti, alcuni ambienti liberal-conservatori. Erano neutralisti: la maggioranza
dello schieramento liberale, che faceva capo a Giolitti, il mondo cattolico, i socialisti. Contrarie
alla guerra erano le masse operaie e contadine, mentre i ceti borghesi e gli intellettuali erano per
lo più a favore dell’intervento. Ciò determinò l’entrata in guerra (maggio 1915) fu la convergenza
tra la pressione della piazza e la volontà del sovrano, del capo del governo, Antonio Calandra, e
del ministro degli Esteri, Sidney Sonnino. L’Italia dichiarò guerra all’Austria-Ungheria il 23 maggio
1915.
Nel corso del suo primo anno di guerra, i più importanti eventi militari che la videro impegnata
furono quattro battaglie dell'Isonzo dall’esito incerto (29 giugno-7 luglio; 18 luglio-10 agosto; 18
ottobre-3 novembre; 10 novembre-10 dicembre), che fecero fallire l’obiettivo di spezzare le linee
austriache e conquistare Trieste.

APPROFONDIMENTO

IL NOSTRO ESERCITO
L'equipaggiamento dei nostri soldati rispettava i canoni del tempo.
Un solo particolare mancava
quasi completamente fra le voci
dei materiali distribuiti: l'elmetto.
Diciamo quasi completamente
poichè erano presenti per la
Cavalleria di Linea ed i Dragoni
dei bellissimi elmi con cimiero
che avevano più funzione
decorativa che altro. Con tale
elmo, la Cavalleria Italiana
affrontò la 1^ Guerra Mondiale, avendo cura di coprire il rutilante
copricapo con un apposito telino verde.

70
Ma la terribile guerra di trincea contro le posizioni asburgiche aggrappate ad alpi e Prealpi obbligò
la scelta di un copricapo che proteggesse la testa cosicché per questioni economiche e di
necessità dovute al poco tempo a disposizione, l’esercito francese “ci prestò il suo”.

UNIFORMI

L'Uniforme Grigio Verde entrò ufficialmente in uso con la circolare n.458 del 4 dicembre 1908 per
tutte le Armi ad eccezione della Cavalleria che inizierà ad indossarla soltanto dall'anno successivo
(Circolare n. 97 del Giornale Militare del 3 febbraio 1909).

Lungo fu il periodo di accavallamento fra le vecchie uniformi blu e la nuova tenuta che equipaggiò
al completo l'Esercito a partire dal 1913.

Composta da una giubba ed un pantalone di panno pesante, con piccole differenze se destinata
ad Armi a Piedi (Fanteria, alcune specialità di Artiglieria e Genio) o Armi a Cavallo (Cavalleria,
Artiglieria e Carabinieri), subirà costanti modifiche per meglio adattarla alla vita di trincea.

La giubba, ampia e comoda ma in modo che si acconci con garbo alla persona era ad un petto con
colletto in piedi, chiusa da una bottoniera nascosta di cinque bottoni.

Spallini a salsicciotto erano fissati all'attaccatura delle maniche che terminavano con dei paramano
a punta. Un gilet di taglio classico veniva indossato sotto la giacca.

I pantaloni erano per le Armi a Piedi di due tipi, da montagna e non, differenziati sostanzialmente
dalla lunghezza ed ampiezza dello stesso.

Sergente del 9° reggimento


Alpino Bersagliere
fanteria, Brigata "Regina"

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Ufficiale Cavalleggero
Generale di Divisione Tenente del
Aviatori in delle "Guide"
con pastrano Genio
tenuta di volo (19°)

Cavalleggero del
Dragone di Piemonte Reale (2°)
Reggimento l'Aquila (27°)

ARMI IN DOTAZIONE AL FANTE

L’equipaggiamento dei fanti era pressoché simile a quello degli altri eserciti dell’epoca ma si
distinsero per efficienza ed efficacia il fucile e la mitragliatrice, quest’ultima comparsa in guerra
proprio in quest’epoca.

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Il soldato era munito di Carcano Mod. 91: è un fucile ad otturatore girevole - scorrevole adottato
dal Regio Esercito nel 1891 con calibro di 6,5 x 52 mm e a rigatura progressiva. Il fucile fu
sviluppato da Salvatore Carcano della fabbrica d’armi di Torino. Il Mod. 91 venne prodotto sia nella
versione lunga che carabina e servì sia nella Prima che nella seconda guerra mondiale ed anche
in vari conflitti coloniali; era un’ottima arma, precisa e affidabile che segnò la storia del nostro
esercito tanto da uscire di produzione solamente negli anni 80. Il modello accorciato adottato nella
seconda guerra mondiale fu utilizzato da Lee Harvey Oswald che nel 1966 a Dallas assassinò il
presidente degli Stati Uniti J.F. Kennedy.
L’artiglieria aveva in dotazione la Mitragliatrice Fiat-Revelli mod. 1914
diventata l’arma fondamentale per i mitraglieri italiani. Lo scatto dell’otturatore permetteva sia lo
scatto a raffica continuo sia quello intermittente. Il caricatore da 50 colpi (calibro 6,5 mm come
quello del fucile “91”) era diviso in 10 comparti da 5 colpi ciascuno. In guerra furono adottati anche
caricatori da 100 colpi. Il raffreddamento della canna era ad acqua e 2 manicotti collegavano un
piccolo serbatoio con uno scambiatore di calore attorno ad esse.

Oltre al fucile il soldato era munito di una maschera polivalente anti gas semplicemente formata da
stracci sovrapposti imbevuti di un liquido neutralizzante e da bombe a mano, anch’esse di nuova
introduzione in campo bellico, costituite da un innesco, attivato al distacco della spoletta, simile ad
una miccia che bruciando per pochi secondi prima di incendiare l’esplosivo che, detonando,
proietta le schegge mortali dell’involucro attorno a se. Inoltre il fante aveva con se un coltello di
circa 20 cm utilizzato anche come baionetta.

73
ITALIANO

ITALO SVEVO

I primi anni

Italo Svevo, pseudonimo di Ettore Schmitz, nasce a Trieste il 19 dicembre 1861. Faceva
parte di un famiglia di commercianti di origine ebraica. Dopo aver frequentato le scuole di
base nella città natale, nel 1873 viene mandato in Germania, a Segnitz, in Baviera, per
imparare il tedesco e studiare per prepararsi a seguire le orme del padre come
commerciante. In questo periodo si accosta ai classici e legge soprattutto Richter e
Shakespeare.

Gli studi e il lavoro

Nel 1878 ritorna a Trieste dove frequenta l'Istituto commerciale, ma dopo soli due anni, nel
1880, il fallimento della vetreria del padre lo costringe a lasciare gli studi e a trovare lavoro
presso la filiale a Trieste della Banca Union di Vienna. Nel 1892 muore il padre e pubblica
a sue spese, il suo primo romanzo dal titolo Una vita. Nel 1896 sposa la cugina Lidia
Veneziani, e inizia la collaborazione con il giornale triestino "Il Piccolo".

Gli interessi letterari

Non smette comunque di ampliare le sue conoscenze letterarie e frequenta con assiduità
la biblioteca civica leggendo classici italiani e francesi accostandosi inoltre alla filosofia e
alla psicoanalisi.
Ha inizio intanto la sua collaborazione al quotidiano triestino "L'Indipendente" che segue la
linea liberal-nazionale, sul quale scrive con uno pseudonimo, scrive articoli e recensioni
sui più svariati argomenti. Risale a questo periodo il suo lavoro teatrale l’Ariosto
governatore”.
Nel 1890 pubblica sull'Indipendente il racconto “L'assassino di via del poggio”.

Il ritorno al lavoro

Deluso dall'insuccesso letterario decide di dedicarsi esclusivamente al commercio e


diventa curatore di affari nel colorificio Veneziani che appartiene al suocero Gioacchino.
Per motivi d'affari legati al colorificio dove lavora, negli anni tra il 1899 e il 1912, Svevo
deve intraprendere diversi viaggi all'estero e sembra aver completamente dimenticato la
sua passione letteraria. Mentre nel frattempo la su produttività nel campo letterario non si
arresta.

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Il primo romanzo: “Una vita”

Questo è il primo romanzo sveviano e risente di una certa rigidità e in alcuni casi di una
scarsa finezza linguistica.

Ne è protagonista Alfonso Nitti, un giovane colto, ma economicamente disagiato, che dall’amato


paese natale si trasferisce in città per lavorare presso la banca Maller. Qui la nostalgia della
campagna lo assale, mentre il lavoro in banca si fa sempre più duro, carico di responsabilità ed
scarso di soddisfazioni e riconoscimenti. Saranno solo gli incontri nella casa in cui alloggia a
rendergli la vita meno triste. Lo farà soprattutto l’amicizia ambigua che nascerà con la figlia del
principale, Annetta, la quale proporrà ad Alfonso la stesura di un romanzo a quattro mani. Gli
incontri con la giovane diverranno molto frequenti, mentre l’amore del protagonista nei confronti di
Annetta crescerà, rendendo il loro rapporto più stretto nonostante l’apparente freddezza della
ragazza.

Il secondo romanzo: “Senilità”

Pubblicato per la prima volta nel 1898 (a spese dell’autore), il romanzo andò incontro ad un triste
insuccesso e all’indifferenza della critica, tanto che lo stesso Svevo, nella prefazione alla seconda
edizione, sentì di poter scrivere: «Non ha ottenuto una sola parola di lode o di biasimo». Fu Joyce,
nel 1927, dopo aver dichiarato pubblicamente il suo sincero apprezzamento per questo libro, ne
decretò il trionfo, facendo sì che esso fosse nominato a capolavoro.

Nel tratteggiare l’ambiente triestino in cui la vicenda è ambientata, Svevo dà vita ai corpi e alle
figure dei quattro personaggi centrali del romanzo: Emilio Brentani, Stefano Balli, Angiolina e
Amalia. A tutti gli altri, che casualmente entrano nella vicenda a respirarne gli intrecci, l’autore
lascia il semplice ruolo di comparse.

Emilio è un intellettuale piccolo borghese economicamente abbastanza tranquillo, invece dal punto
di vista psicologico, egli è un "inetto", un debole, un uomo che mente a se stesso pur di non
scoprirsi misero.

Emilio sogna l’uscita dal nido e il godimento dei piaceri della vita e, quando finalmente nella sua
esistenza appare Angiolina, una bionda con il volto illuminato dalla vita, in lei vede incarnati i
simboli della pienezza vitale e della stessa salute fisica, caratteri contrari al suo modo di essere.

Nel 1898 il romanzo, Senilità, appare sull'Indipendente, a puntate, edito a spese


dell’autore, e sempre scarsamente riconosciuto nei primi periodi.

In questo romanzo l’analisi psicologica è più approfondita e diventa prioritaria rispetto


all’intreccio e al rapporto tra individuo e ambiente.

Il terzo romanzo: “La coscienza di Zeno”

Nel 1919 inizia a scrivere il suo terzo romanzo, “La coscienza di Zeno”, che pubblicherà
nel 1923 presso l'editore Cappelli di Bologna.
Joyce, che legge il romanzo e lo apprezza, consiglia l'amico di inviarlo ai critici francesi
che dedicheranno, nel 1926, alla Coscienza di Zeno e agli altri due romanzi la maggior
parte del fascicolo della rivista "Le navire d'argent". Ma intanto anche in Italia, qualcosa si

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smuove, e sulla rivista milanese "L'esame" nel 1925, esce un intervento di Eugenio
Montale, intitolato “Omaggio a Italo Svevo”.

Svevo abbandona lo schema ottocentesco del romanzo raccontato da un narratore


estraneo alla vicenda e fa sì che la sola voce che il lettore immagini di ascoltare sia quella
del nuovo «inetto».

Il romanzo non ha una collocazione ben precisa, i fatti non si susseguono


cronologicamente e secondo uno schema lineare. Spesso il passato ripercorre le strade
del pensiero di Zeno e si confonde con il presente. Il risultato, oltre a rappresentare
un’altra delle novità apportate all’universo letterario da “La coscienza di Zeno”, è anche ciò
che Svevo definisce «tempo misto».

Zeno Cosini, invitato a farlo dal proprio psicanalista, si cimenta nella stesura di un
memoriale, una sorta di confessione autobiografica a scopo terapeutico. Quando decide di
interrompere la cura, scatena l’indignazione del dottor S., il quale, in una lettera (che
costituisce la prefazione al romanzo), dichiara la volontà di pubblicare lo scritto di Zeno per
vendicarsi della truffa subita dallo stesso. L’intero racconto scaturisce dalle parole del
protagonista. A dirla tutta, di Zeno, nevrotico e malato immaginario, non ci si può sempre
fidare: ciò che egli racconta delle proprie esperienze lascia spesso il gusto dell’ambiguo. È
lo stesso dottor S. a farlo presente quando, nella propria lettera, allude alle «tante verità e
bugie» che Zeno pare aver accumulato nel racconto di sé.

Uno dei brani guida della raccolta “La coscienza di Zeno” è:

Il fumo: Zeno pensa che la causa della sua malattia sia il vizio del fumo. Decide di liberarsene,
prima con propositi precisi fatti a se stesso, e vincolate da un solenne U. S. (ultima sigaretta), poi
facendosi ricoverare in una casa di cura, dove però non passa nemmeno una notte, perché, preso
dalla sua solita gelosia infondata per la moglie, corrompe l'infermiera e se ne torna a casa, dove la
moglie, lo accoglie con un benevolo sorriso.

L'interesse per le teorie di Freud e per la Psicoanalisi

Nei confronti della psicoanalisi freudiana, in particolare, Svevo mantiene una posizione
ambivalente: da un lato non né accetta alcuni principi e non ama, a parte qualche
eccezione, lo stile con il quale si esprime Freud, dall'altro la giudica un fenomeno degno di
riflessione, che egli non può più abbandonare.

In seguito alle sedute psicoanalitiche alle quali si era sottoposto il cognato Bruno
Veneziani a Vienna presso il dottor Freud, Svevo inizia ad interessarsi alla psicoanalisi.

La verità è, per Svevo, l'equivalente della salute: due valori assolutamente privi di
importanza, che sono sottoposti all'inevitabile svolgersi della vita.

La sua opinione circa la teoria freudiana è scettica per quanto riguarda le sue possibilità
terapeutiche, mentre la trova stimolante per la creazione letteraria. L'autore infatti vedeva
nella nevrosi un segno positivo di non rassegnazione e di non adattamento ai meccanismi
alienanti della civiltà che impone un regime di vita, sacrificando la ricerca del piacere.

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Gli ultimi anni

Svevo intanto lavora a una serie di novelle e ad un quarto romanzo, “Il Vecchione” o “Le
confessioni di un vegliardo”, quando, a causa delle ferite riportate in un incidente
automobilistico vicino a Motta di Livenza in provincia di Treviso, perde la vita nel settembre
del 1928, e le opere e gli abbozzi intrapresi verranno pubblicati solamente postumi.

Il vero successo per Italo Svevo arriverà soltanto dopo la sua morte, facendolo conoscere
a livello internazionale e apprezzare la sua modernità e la sua innovazione.

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Bibliografia:
Manuale di meccanica Hoepli

Manuale di meccanica Zanichelli

Manuale dell’Ingegnere

Pasquale Miraglino Corso di meccanica vol. 1. 2. 3.

Pietro Pierotti Meccanica

Corso di meccanica, Meccanica applicata di Pidatella C. Poggi M

Mechanical Topics ( Bernardini G. Vidori M.A. De Benedittis G.)

Tecnologia e produzione metalmeccanica (Secciani A. - Villani G. - Salmi R.)

Enciclopedia Wikipedia

Enciclopedia Omnia

Dodero N. Baroncini P. Manfredi R. Lineamenti di Matematica

Luca Baldissara Stefano Battilossi La costruzione del presente

I classici del sistema letterario italiano S. Guglielmino H. Grosser

Appunti

Risorse varie internet

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