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Gli elementi caratteristici del motore

Iniziamo a parlare di potenza, vale a dire della capacità del motore di svolgere un lavoro in un’unità di
tempo.

La potenza è direttamente proporzionale alla PME, la Pressione Media Effettiva, vale a dire la pressione
media dei gas all’interno del motore. Tanto più è elevata, tanto maggiore sarà la potenza erogata.

Ovviamente la potenza è anche funzione della cilindrata. Come è facilmente intuibile, tanto più un
motore è grande di cilindrata, quanto più potrà essere potente. Anche se al raddoppio della cilindrata, a
parità di rapporto fra alesaggio e corsa, la potenza non raddoppia, ma aumenta del 60% circa!

A Luca però interessa particolarmente il rapporto alesaggio/corsa, che rende più conveniente, in termini
di guadagno di potenza, lavorare per aumentare l’alesaggio, piuttosto che la corsa

Al crescere dell’alesaggio ci sono infatti dei vantaggi importanti, come la possibilità di migliorare la
“respirazione” del motore impiegando più valvole di grandi dimensioni, o quella di ridurre la velocità con
la quale il pistone corre nel cilindro (per ridurre sollecitazioni e usure). A parità di cilindrata, un alesaggio
superiore significa maggiore rendimento meccanico (meno perdite per attrito) e minori forze centrifughe
(manovelle dell’albero motore più corte). Da ultimo, un concetto che vedremo nelle slide successive,
minori spinte laterali del mantello del pistone sul cilindro.

Non mancano però gli svantaggi. L’area di carburante da accendere, detta fronte di fiamma, è superiore,
e la combustione risulta più lenta; ecco perché alcuni motori adottano la doppia accensione. Le masse in
movimento alterno risultano più pesanti, perché i pistoni sono più larghi, e il raffreddamento è più
difficile. E poi, il tempo ridotto a disposizione per la fase di espansione, fa sì che sia difficile utilizzarla a
pieno, restringendo l’arco dei regimi d’utilizzazione del motore.

Per questo il progettista sceglie la tipologia del motore da realizzare in funzione del carattere che vuole
dargli. Si parte dal motore a corsa lunga, che ha “schiena”, coppia, ma anche meno potenza, soprattutto
per la minore propensione a raggiungere gli alti regimi; ma che è il motore con il miglior rendimento,
infatti consuma meno e inquina relativamente poco (Honda NC750). Si passa poi per il motore quadro,
come quello dell’Honda CB500X/F/R (67×66,8) per arrivare a quello Superquadro, che invece ha facilità
di girare ad alti regimi, esprimendo forti potenze; una tipologia di propulsore particolarmente diffusa
nelle competizioni e nei motori supersportivi.

Il Rapporto Raggio di manovella/Lunghezza biella

Al di là della differenza fra un motore a corsa lunga o quadro, c’è un rapporto matematico che va tenuto
in forte considerazione. Quello fra il raggio di manovella e la lunghezza della biella.

Tanto è minore, vale a dire tanto è minore in proporzione la dimensione del raggio di manovella
relativamente alla lunghezza della biella, tanto più si riducono le spinte laterali del pistone sul cilindro.
Che sono una maledizione, perché usurano questi due componenti, assorbono energia per attrito,
generano calore e costringono a realizzare pistoni con un mantello (la superficie laterale) molto
pronunciato

Dunque, converrebbe ridurre la lunghezza della biella, ma in questo modo, aumenterebbe


percentualmente la parte di biella soggetta a muoversi da una parte all’altra nel seguire il movimento
rotatorio della manovella. Cosa che si tradurrebbe in energia persa e in vibrazioni.

E allora? Allora ecco un altro buon motivo per privilegiare i motori superquadri, che riducono l’esigenza
di corsa del pistone e che, quindi, sono compatibili con raggi di manovella ridotti.

Ovviamente, le spinte laterali del pistone sul cilindro aumentano anche al crescere della cilindrata
unitaria. Ecco perché si privilegiano i motori più frazionati (a parità di cilindrata). Garantiscono velocità
medie del pistone inferiori e regimi di rotazione più elevati, quindi più potenza. Il tutto con meno usura
di pistoni e cilindri! Lo svantaggio del frazionamento è l’ingombro superiore e la complessità meccanica,
che si traduce anche in costi superiori.

Il rapporto di compressione

Il rapporto di compressione, volgarmente espresso come la differenza di volume a disposizione dei gas
quando il pistone è al Punto Morto Inferiore e quando invece è al Punto Morto Superiore, influenza
direttamente la PME. Un alto rapporto di compressione la fa crescere, regalando maggiore potenza. Ecco
perché da ragazzi portavamo le testate dei motorini in rettifica per farle “abbassare”.

Ma non si può esagerare, altrimenti gli svantaggi superano i vantaggi

Al crescere del rapporto di compressione crescono infatti le perdite per depressione all’aspirazione.
Perché aumenta sì la depressione, ma diminuisce la densità della colonna gassosa che si muove nel
condotto d’aspirazione. E al crescere della velocità di spostamento dei gas nei condotti, aumenta
proporzionalmente lo spessore dei filetti fluidi che aderiscono al condotto, riducendone di fatto la
sezione.

Aumentando la compressione di un motore, si fa crescere anche la temperatura dei gas, aumentando la


tendenza all’autoaccensione quando ancora il pistone è nella fase della compressione. Un fenomeno che
si chiama detonazione, e che volgarmente viene definito come battito in testa. Quello che succede è che
i gas si accendono da soli troppo presto e contrastano in maniera violenta la corsa del pistone verso
l’alto, causando -alla lunga- gravi problemi meccanici al motore.

La velocità media del pistone

Ancora qualche definizione importante, come la Velocità Media del Pistone, vale a dire la velocità media
alla quale il pistone corre dentro il cilindro. Anche questo un valore importante, perché al crescere della
velocità media aumenta l’usura (uno dei motivi per i quali i motori che girano forte si usurano prima), ed
aumentano pure le sollecitazioni, visto che nell’arco di un giro dell’albero motore, il pistone accelera da 0
a una velocità massima per poi tornare a 0 per ben 2 volte.
Dunque, per motori tranquilli, di solito la velocità media si attesta intorno ai 16-17 metri al secondo. La
media dei motori sportiveggianti di oggi raggiunge e supera facilmente i 20 m/s (72 km/h), mentre per i
motori da corsa più spinti si parla anche di 28 m/s (100,8 km/h).

Quanto al numero di giri, ricordando che la potenza è la capacità di svolgere un determinato lavoro in
un’unità di tempo, è intuitivo che aumentare il numero di giri (il lavoro) porta a un aumento della
potenza. Ma i giri non vanno d’accordo con le cilindrate elevate, perché aumentano le forze in gioco, le
inerzie. E allora ecco un altro motivo per frazionare un motore.

Le curve caratteristiche del motore

Sono quei diagrammi che ci forniscono informazioni importanti sul comportamento del motore. E a
occhio, in funzione del loro andamento, ci raccontano molto il carattere del propulsore. Qui vediamo un
diagramma tipo, con le 3 curve tipiche: potenza, coppia e consumo specifico in funzione dei giri.

La curva di potenza

Analizzando in dettaglio la curva di potenza, si può vedere il suo andamento, che tende a crescere molto
quando si guadagnano i primi giri, per poi rallentare. Fino al punto di potenza massima, oltre il quale
inizia una decrescita che da un certo regime in poi va giù repentinamente.

Succede perché, di nuovo, si riduce la depressione all’aspirazione, vale a dire che peggiora il
riempimento del motore. E si creano delle onde di contropressione nello scarico, che spingono nel
motore i gas combusti, invece di aiutarne l’estrazione. Ovviamente tutto questo viene calcolato e
accordato dagli ingegneri, con complessi calcoli fluidodinamici, che ottimizzano questi flussi gassosi
simultaneamente al regime di giri al quale si intende dare al motore la potenza massima.

La curva di coppia

Volgarmente abbiamo tradotto la coppia come la forza di un motore. La sua curva caratteristica la vede
crescere molto quando si guadagnano i primi giri, per poi iniziare una lenta discesa. In questo caso, la
causa principale sembrano essere le perdite per pompaggio, vale a dire le pressioni che si creano nella
camera di manovella, sotto il pistone, e che ne frenano la discesa.

La curva del consumo specifico

Il consumo specifico è in diretta correlazione con la potenza sviluppata. Non si parla dunque solo di
quantità di carburante consumata, ma anche di potenza prodotta con quel carburante.

Ecco allora che il consumo specifico è alto ai regimi molto bassi per raggiungere un minimo a un regime
poco superiore a quello di coppia massima. L’andamento della curva dipende però da quella della
potenza massima. Tanto la pendenza della coppia massima sarà elevata (motori molto spinti), tanto sarà
conveniente usarli ad alto regime, perché è lì che garantiscono il rendimento migliore.

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