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Guglielmo Orlandi

Le affinit
tra friulano e rumeno
in una pubblicazione giovanile
di Graziadio Isaia Ascoli
Le affinit tra friulano e rumeno
in una pubblicazione giovanile di G. I. Ascoli

di Guglielmo Orlandi

Tutti i diritti riservati.


Nessuna parte di questo libro pu essere usata o riprodotta senza il permesso scritto
dellAutore.

2013 - Guglielmo Orlandi - Treviso (Italy)

Le fotografie relative allimmagine di G. I. Ascoli sono pubblicate per gentile concessione della Bi-
blioteca Civica di Gorizia.

2
Premessa

A dieci anni dalla laurea ho deciso di pubblicare la mia tesi sottoforma di libro stampato per
farla uscire dallinevitabile ingiallimento cui sarebbe destinata rimanendo sepolta nei me-
andri bui e laboriosamente accessibili delle biblioteche universitarie.
la tesi del corso di laurea in Lettere vecchio ordinamento, conseguita nelle aule
dellUniversit degli Studi di Padova sotto la guida pluriennale del prof. Lorenzo Renzi,
che ne stato relatore preciso e paziente. Tutte le analisi relative alla lingua friulana sono
state sottoposte alla vigile attenzione della prof.ssa Laura Vanelli, che desidero ancora rin-
graziare per lappoggio cortese e professionale. Non posso trascurare il ricordo affettuoso
del compianto prof. Alberto Zamboni, che accett lincarico di correlatore nonostante i suoi
numerosi impegni.
Il presente libro conforme in toto alla tesi originale, tranne la modifica generale alla for-
mattazione del testo e laggiunta di una parte finale che allepoca era stata esclusa dalla tesi,
ma sempre strettamente connessa ai temi trattati da G. I. Ascoli nel suo saggio linguistico
giovanile.

Guglielmo Orlandi

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I. Introduzione

Ho concentrato le mie ricerche sugli anni che precedono il 1846, data di pubblicazione
dellopera Sullidioma friulano e sulla sua affinit colla lingua valaca - Schizzo storico fi-
lologico del giovane goriziano Graziadio Isaia Ascoli, chiedendomi innanzitutto cosa aves-
se spinto un ragazzo a pubblicare un saggio storico filologico in prossimit del suo dicias-
settesimo compleanno. Era nato infatti a Gorizia il 16 luglio del 1829. Tenendo conto dei
tempi di stampa (allora non esisteva la fotocomposizione) e di un ragionevole periodo per
la ricerca e la stesura dellopera, si pu far risalire linizio del suo lavoro ad almeno un an-
no prima.
Non parte integrante della mia ricerca stabilire se il gioco del calcio esistesse gi in
Friuli nella prima met dellOttocento, ma mi sentirei pi sereno sapendo quel ragazzo im-
pegnato anche in qualche attivit sportiva, magari in qualche piazzetta o vicolo selciato di
Gorizia, ma ben allaria aperta.
E poi il suo corso di studi privati era gi concluso? per permettergli di distrarsi cos a
lungo in una materia che poteva rivelarsi assai impegnativa anche per i pochissimi speciali-
sti dellepoca? E lattivit commerciale di famiglia? Era o non era Graziadio partecipe in
prima persona agli affari quotidiani, insieme con la mamma Elena? Cercher pi avanti di
trovare una risposta a questi interrogativi.
Quello del giovane Ascoli il caso evidente di un ragazzo dagli interessi e dalla perso-
nalit fuori del comune, che ebbe la capacit di neutralizzare velocemente tutte le normali
distrazioni caratteristiche della sua et, contrarie ad una severa applicazione agli studi. so-
lo grazie a una ferrea disciplina (che certamente non gli doveva essere di gran peso) che
Graziadio riusc a portare a termine la sua impresa e con tanto di pubblicazione a stampa.
Vorrei aggiungere solo che i caratteri delle persone si possono delineare con estrema
chiarezza fin dai primissimi stadi. Al di l dei condizionamenti e degli stimoli dellam-
biente, che non possiamo negare, certo che il giovane Graziadio doveva contenere nel suo
inconscio il germe per lintuizione e la ricerca linguistica, come lo ebbe W. A. Mozart per
la musica.
Ma aggiungerei anche che se Leon Flaminio Ascoli, padre di Graziadio Isaia, non si fos-
se mai mosso da Livorno - invece di emigrare a Gorizia - forse il destino del futuro padre
della linguistica italiana avrebbe presentato dei risvolti affatto diversi. Pur lasciando inva-
riata la sua profonda curiosit per la cultura in generale e il naturale talento per lo studio
storico delle lingue, il giovane Ascoli sarebbe cresciuto in un ambiente meno sollecitante
della plurilingue Gorizia, perch limitato dal monolitismo linguistico dellarea toscana.1 Ma
forse avrebbe potuto dedicarsi allo studio del portoghese, che era la lingua duso nel rituale
della comunit israelitica della citt. O al massimo avrebbe potuto concentrare la sua pas-
sione sullebraico, lantica lingua dei padri, ricalcando brillantemente le orme dei suoi pre-
decessori, sostenuto e incoraggiato da un clima di tolleranza che a Gorizia gli fu invece ne-
gato.

1
Per un cittadino di origine israelitica per, come si vedr nelle righe successive, il monolitismo della lingua toscana ve-
niva neutralizzato dalla presenza del portoghese, dellebraico e anche del bagitto, variet del giudeo-spagnolo parlato
nella citt di Livorno da una parte della comunit ebraica (fino alla seconda guerra mondiale), dopo la cacciata del XV
secolo ad opera di Caterina d'Aragona.

4
Ma fu in realt lambiente goriziano che lo vide crescere e fu proprio questo che alimen-
t i numerosi interessi di Ascoli per la cultura in generale e la linguistica in particolare. Fu
la complessit linguistica della cittadina goriziana, dove si intrecciavano lingue come
litaliano letterario con il tedesco degli Asburgo e il friulano dei vicini di casa con il triesti-
no della mamma Elena, lo sloveno dei monti vicini con il veneto dei commercianti e
lebraico dellinfanzia religiosa, a plasmarne giorno dopo giorno lintuizione geniale e il
piacere della ricerca. Fu inoltre leccellente ambiente culturale ebraico e cattolico di Gorizia
che gli facilit laccesso allapprofondimento dei suoi studi storico-filologici, offrendogli la
disponibilit di valenti maestri e di biblioteche ben fornite.
Cercher, nel corso della mia ricerca, di esaminare le condizioni ambientali e culturali
del tempo di Ascoli per capire quale fu la motivazione che lo spinse a realizzare il suo opu-
scolo e a quale modello si ispir. Vedr di capire perch volle affrontare la fatica di uno
studio comparativo invece di un dizionario dialettale o di una grammatica normativa. E poi
perch volle porre in comparazione proprio il rumeno, invece di unaltra lingua romanza,
con il friulano. E questo? Chi aveva informato il giovane Graziadio che lidioma friulano
fosse veramente una lingua da considerare allo stesso livello di una lingua nazionale come
il rumeno, invece di una brutale deformazione dellitaliano? Anche a questi interrogativi
dedicher un preciso commento allinterno del mio lavoro.
Pur sapendo che negli anni della maturit Ascoli qualificher questo opuscoletto come
un lavoruccio insignificantissimo,2 proceder nella seconda parte del mio lavoro ad una accurata
analisi linguistica della sua ricerca comparativa, confrontando le descrizioni e le analisi dei
fenomeni illustrati da Ascoli con quelle della ricerca linguistica successiva, per comprende-
re fino a che punto arrivasse la sua intuizione, nonostante la giovane et e le deboli risorse
tecniche messegli a disposizione dalla precocit dei tempi.

Graziadio Isaia Ascoli, Gorizia, anni 1847 circa

2
G. I. Ascoli, Studj critici, vol. I, estratto dagli Studj orientali e linguistici, fasc. III, Gorizia, Paternolli, 1861, p. 57, n.
3.

5
II. Graziadio Isaia Ascoli

II.1 Premessa

La giovinezza di Graziadio Isaia Ascoli legata essenzialmente al territorio goriziano, in


cui si svilupparono gli impegni aziendali di Leon Flaminio Ascoli, pap di Graziadio. Co-
me si vedr dettagliatamente pi avanti, la fase goriziana rappresenter per Ascoli un perio-
do abbastanza breve della sua vita, che va inserito tra le radici toscane della sua famiglia e
il periodo milanese della sua lunga attivit accademica. Per questo motivo ritengo necessa-
rio esporre un quadro sintetico dei fatti storici che coinvolsero da vicino la famiglia di A-
scoli, a cominciare dalle vicende della comunit ebraica di Livorno, per passare poi alla de-
scrizione storica di Gorizia e della sua comunit ebraica.

II.2 La comunit ebraica di Livorno

Fra le varie nazionalit che risiedettero a Livorno, la comunit ebraica fu senza dubbio la
pi numerosa ed economicamente e culturalmente la pi importante. La presenza ebraica
crebbe lentamente tra la fine del Cinquecento e linizio dellOttocento fino a rappresentare
circa il 10% della popolazione totale della citt. Gli ebrei svolgeranno a Livorno il com-
mercio di intermediazione di deposito fra gli scali di Levante e le piazze dItalia e del Nord
Europa, valendosi dei privilegi accordati dal governo mediceo alla citt.
I larghissimi privilegi concessi dal granduca Ferdinando I (1587-1609) con Lettere pa-
tenti del 10 giugno 1593, note come la Costituzione livornina, dirette a richiamare a Li-
vorno gli ebrei ispano-portoghesi che erano stati espulsi dalla penisola iberica alla fine del
secolo XV, avevano permesso a questi ultimi di raggiungere a Livorno una floridezza eco-
nomica e culturale raramente eguagliate in altre comunit del Mediterraneo: vera garanzia
per i marrani1 di praticare liberamente l'ebraismo senza venir perseguiti dall'inquisizione,
v'era libert di studiare e conseguire titoli accademici, di possedere beni immobili, di risie-
dere in quartiere aperto (a Livorno non vi fu mai ghetto), di stabilirsi in citt e partirne libe-
ramente con i propri beni, di stampare libri ebraici, di amministrare autonomamente la giu-
stizia nelle cause fra ebrei.
Il clima di tolleranza e relativa libert instaurato con tali privilegi favor la fioritura degli
studi ebraici per cui Livorno divenne famosa per almeno tre secoli: rabbini e studiosi accor-
revano a Livorno ove trovavano un ambiente favorevole, mecenati disposti ad aiutarli e a
finanziare studi e pubblicazioni, istituti d'istruzione e accademie talmudiche fornite di rag-
guardevoli biblioteche.
La decadenza di Livorno come piazza di commercio internazionale, accelerata dalla bu-
fera napoleonica2 e dal venire meno - in seguito allabolizione del porto franco - dei traffici
di deposito e di intermediazione, coinvolse la comunit ebraica, che vide decrescere costan-
temente nellOttocento la propria importanza e la propria consistenza numerica, e quindi la
1
Ebrei convertiti al cristianesimo contro la loro volont, ma sospetti di conservare in segreto lantica fede. Esiliati dalla
Spagna ed emigrati in Portogallo, furono perseguitati e cacciati anche da quel Paese.
2
Occupata dai francesi nel 1795, Livorno rimase unita all'impero napoleonico fino al 1814.

6
funzionalit delle istituzioni. Gli ebrei livornesi, abbandonato il grande commercio, si dette-
ro alle vendite al minuto, alle professioni liberali e apportarono il proprio valido contributo
alla cultura cittadina e nazionale.

II.3 Gorizia

Dove la pianura friulana va ad incontrare le ultime propaggini delle Alpi Giulie, in una
conca attorniata dai bassi rilievi del Collio e dellaltipiano carsico, sorge Gorizia (sloveno
Gorica, tedesco Grz), piccola citt di confine raccolta sulle pendici del colle a cui deve il
nome (gorica in sloveno significa monticello).
Questo luogo documentato la prima volta nel 1001, quando Gorizia compare nel di-
ploma con cui lImperatore Ottone III don una villa per met al patriarca di Aquileia e per
met al conte del Friuli. La parte di questultimo pass poi ai duchi di Carinzia, dai quali fu
trasmessa al casato di origine bavarese che ne assunse il nome e il possesso fino al 1500. La
massima espansione del piccolo stato goriziano si ebbe fra la met del XIII secolo e linizio
del successivo, quando fu facile ai conti annettere il Tirolo e assicurarsi il controllo della
Marca Trevigiana, sia pure per brevi periodi. Con la morte di Enrico II inizi la decadenza
della Contea che, stretta nella morsa tra la Repubblica di Venezia e lImpero dominato dagli
Asburgo, perse a poco a poco importanza. Nel 1500 i conti di Gorizia si estinsero e i loro
possedimenti furono ereditati dagli Asburgo, che inglobarono Gorizia nellImpero
dAustria.
Nel nuovo assetto politico e territoriale la Contea di Gorizia si estendeva dallalta valle
dellIsonzo ad Aquileia, dalle colline di Cormons allo sperone roccioso di Duino e include-
va anche la fortezza di Gradisca, costruita da Venezia fra il 1478 e il 1498 a difesa delle
frequenti incursioni che i Turchi compivano in Friuli.
Gorizia giunse al suo massimo grado di stabilit politica e territoriale nel corso del Set-
tecento con il governo dellimperatrice Maria Teresa, e nel secondo decennio del suo regno
vi era stata introdotta lindustria della seta. Questo secolo fu un periodo di discreta prospe-
rit per la Contea goriziana, che svilupp un'intensa vita culturale e sociale. Fu anche il se-
colo delle riforme e della perdita delle antiche autonomie: con Giuseppe II, alla fine del se-
colo, la Contea venne sottoposta amministrativamente a Trieste, divenuta il principale porto
dell'Impero.
NellOttocento Gorizia continuava a trovarsi in territorio austriaco ed era dominata dalla
lingua tedesca, che accompagnava il Friuli da secoli. Conservava intatte tuttavia le sue ori-
gini e le sue tradizioni italiane, legandosi sentimentalmente allItalia, verso la cui cultura si
spingeva lorientamento della borghesia italiana, e che coinvolgeva anche gli strati popolari
friulani e sloveni (questi ultimi per si orienteranno pi tardi verso la Jugoslavia).
Doveva certamente essere diffusa nei ceti colti la conoscenza della lingua italiana lette-
raria e come negli altri territori dellImpero in cui cera una componente italiana (la vicina
Trieste, lintera Istria, diversi centri della Dalmazia, il trentino) era diffusa la speranza di
una futura unificazione con il giovane Regno dItalia. Gli italiani dAustria si considerava-
no infatti italianissimi e irredenti.

7
II.3.1 La comunit ebraica di Gorizia

La presenza delle prime comunit ebraiche nellisontino risale alla fine del Quattrocento.
Nel 1500, alla morte di Leonardo, lultimo conte di Gorizia, la contea pass agli Asburgo e
sotto limperatore Massimiliano I gli ebrei ottennero una serie di privilegi e lappoggio del-
le autorit locali. Una della famiglie ebree che si distinse fu quella dei Morpurgo. Lattivit
cui si dedic la maggior parte degli ebrei fu quella bancaria.
Durante il Seicento la comunit ebraica si arricch di nuovi membri. Molte famiglie ot-
tennero il titolo di Hofjuden (ebrei di corte) e questo permise loro di avere maggior libert
negli affari, di non portare il segno distintivo e di essere ritenuti cittadini stabili
dellImpero, nonch di possedere beni immobili. Alla fine del secolo, il 24 marzo 1696, fu
imposto tuttavia il trasferimento degli ebrei nella Contrada del Ghetto, lattuale via Ascoli.
Era stato emanato infatti dallimperatore Leopoldo I (1658-1705) un editto che intimava a-
gli ebrei di Gorizia di rinchiudersi in un quartiere separato dai cristiani. Due cancelli chiu-
devano il ghetto goriziano nel quale viveva una operosa comunit dedita alla filatura della
seta e alla produzione di cera. Qui nel 1756 venne edificata anche la Sinagoga,1 tuttora con-
servata e visitabile anche come Museo della comunit ebraica.
Nel corso del 1700 gli ebrei godettero di un particolare sviluppo economico e incre-
mento demografico, ma nonostante i privilegi rinnovati anche da Carlo VI, rimasero confi-
nati nel ghetto, soggetti cos a molte restrizioni, tra cui il divieto di ser-
virsi di serve o nutrici cristiane, di aprire i loro negozi durante le festivi-
t cristiane, di uscire dal ghetto durante le processioni n durante gli ul-
timi tre giorni della settimana santa, di possedere case o fondi fuori del
ghetto e lobbligo durante la quaresima di essere presenti almeno due
volte alla predica cristiana. I portoni del ghetto erano inoltre costante-
mente sorvegliati da guardiani.
Molti ebrei continuarono a vivere nel ghetto anche dopo la Patente
di tolleranza di Giuseppe II (13 ottobre 1781) che sanciva la libert religiosa per tutti i
sudditi. Lo stesso imperatore emanava il 21 gennaio 1790 un Regolamento Speciale per
gli Ebrei di Gorizia e di Gradisca (Judenordnung), secondo il quale gli ebrei venivano to-
talmente equiparati nei loro diritti e doveri agli altri sudditi, compreso il permesso di eserci-
tare qualsiasi mestiere o professione, restando loro vietata solo la gestione di osterie, consi-
derate promotrici di ozio, e fu abolito il distintivo da portarsi sullabito.2
Per la prima volta gli ebrei poterono scegliere la propria professione e accedere ad ogni
scuola. Giuseppe II, infatti, mirava a favorire il processo di assimilazione degli ebrei nella
comunit goriziana. Venne concessa la libert di religione e furono costituite scuole tede-
sche allinterno della comunit ebraica con lobbligo dello studio della lingua tedesca.

1
Dove ora si possono vedere oggetti rituali, libri, documenti e fotografie. Per conoscere meglio la storia degli ebrei gori-
ziani possibile visitare lantico cimitero di Valdirose (Rozna Dolina) ora in territorio sloveno, ma poco distante dal con-
fine di Stato (valico della Casa Rossa). Qui riposano molti personaggi illustri, tra cui il rabbino Isacco Reggio, cui si deve
la fioritura della cultura ebraica tra Otto e Novecento.
2
P. C. Ioly Zorattini (a cura di), Gli ebrei a Gorizia e Trieste, tra Ancien rgime ed emancipazione, Atti del Convegno
di Gorizia, Udine, Del Bianco, 1984, pp. 125-126.

8
Lattestazione della conoscenza della lingua tedesca veniva richiesta per iniziare lo stu-
dio del Talmud e prima di poter contrarre matrimonio. Inoltre divenne obbligatorio anche il
servizio militare e fu imposto loro di sottostare allautorit dello Stato e non pi a quella
rabbinica. Lattivit bancaria fu soppressa dopo la denuncia del primo arcivescovo di Gori-
zia, Carlo Michele dAttems, per le eccessive usure applicate dai banchi.
Gorizia divenne un centro di cultura ebraica, tanto da essere chiamata La piccola Geru-
salemme sullIsonzo, ma anche un centro del movimento illuministico. Fu consentito agli
ebrei laccesso a ogni ordine di studi. Fiorirono il commercio e lindustria, soprattutto dopo
lespulsione degli ebrei (nel 1777) dai territori dello Stato Veneto privi di ghetto, quando la
comunit goriziana divenne pi numerosa.
Alla morte di Giuseppe II (1790) si registr un regresso della politica liberale nei con-
fronti dei sudditi ebrei. Questa situazione ebbe peraltro durata limitata perch nel 1797 ini-
zi loccupazione francese che si protrasse con alterne vicende fino al 1814.
Con larrivo dei francesi, la situazione degli ebrei miglior. Furono abbattuti nel 1812 i
portoni del ghetto, fu abolita la residenza obbligatoria, e per la prima volta gli ebrei potero-
no ricoprire cariche pubbliche. In merito ai fatti di Gorizia, Carlo Dionisotti ci informa che
negli ultimi tre anni dellimpero napoleonico (1811-1814), essendo stato istituito a Gori-
zia un liceo, lebreo Reggio3 era stato preferito a ogni altro come insegnante di materie let-
terarie nelle classi superiori. Il successivo governo austriaco aveva posto fine allo scanda-
lo. 4
Gorizia fu lunica delle comunit ebraiche dellItalia asburgica che, dalla Restaurazione,
si vide annullare tutti i diritti conquistati con la legislazione napoleonica.5 Solo dopo il 15
gennaio 1818 furono riconosciuti in via provvisoria agli ebrei tutti i diritti precedente-
mente acquisiti, salvo lammissione alle cariche pubbliche.
Durante lOttocento la popolazione nel ghetto diminu molto, perch gli ebrei goriziani
si trasferirono in zone pi centrali e residenziali della citt. Il numero di ebrei nella comuni-
t si stabilizz grazie allarrivo di nuclei provenienti dallEuropa centrale. Ai tempi di A-
scoli la comunit ebraica di Gorizia era composta da 300 persone in una citt di circa
13.500 abitanti.6

Graziadio Isaia Ascoli, Gorizia anni 1860 circa

3
Si tratta di Isacco Samuele Reggio (1784-1855).
4
C. Dionisotti, Appunti su Ascoli, in Le tradizioni del testo. Studi di letteratura italiana offerti a D. De Robertis. a cura
di F. Gavazzeni e G. Gorni, Milano-Napoli, Ricciardi, 1993, p. 422.
5
M. Berengo, Gli Ebrei dellItalia asburgica nellet della Restaurazione, in Italia, n. 1-1, 1987, pp. 62-103.
6
C. Dionisotti, Appunti su Ascoli, cit., p. 421.

9
II.4 Graziadio Isaia Ascoli a Gorizia: la giovinezza

Poich questo lavoro dedicato a unoperetta giovanile di Ascoli, ritengo opportuno


presentare un resoconto biografico dettagliato della sua giovinezza, cui far seguire un bre-
ve accenno alla maturit.
Graziadio Isaia Ascoli nacque a Gorizia il 16 luglio 1829, secondogenito di una famiglia
di facoltosi imprenditori ebrei, nel signorile palazzo paterno di via San Giovanni al Munici-
pio, in Contrada del Ghetto, ora via Ascoli. Gli avi della sua famiglia provenivano da Asco-
li Piceno - allora territorio pontificio - ed erano emigrati prima a Massa e poi a Livorno, nel
Granducato di Toscana.
Il padre di Graziadio, Leon Flaminio, da Livorno si era trasferito a Gorizia (come sap-
piamo da una lettera del 1878 dello stesso Ascoli a De Gubernatis1), dove nel gennaio 1799
aveva sposato Bersabea [sic] Luzzatto.2 Nel Friuli asburgico, Leon Flaminio Ascoli si era
costruito una sostanziosa fortuna avviando la sua attivit industriale con due fabbriche di
carta, una a Podgora3, laltra a Passariano4, e una filanda nei pressi di Strassig5, acquistando
il 25 novembre 1807 la casa in cui abiter Graziadio Isaia fino al 1861. Rimasto vedovo, il
2 novembre 1827 spos la triestina Elena Norza, da cui ebbe Bersabea, detta Betty, nata l8
agosto 1828 e in luglio dellanno seguente Graziadio Isaia.
Quando Graziadio aveva appena otto mesi il pap Leon Flaminio mor prematura-mente
il 10 marzo del 1830. La mamma Elena Norza si assunse cos tutta lamministra-zione
dellazienda lasciatale dal marito e il gravoso compito di crescere ed educare i figli Betty e
Graziadio.
certo che il giovane goriziano non comp mai studi regolari, per un divieto che colpiva
allora gli ebrei, che li voleva esclusi dalle scuole pubbliche.6 Lo stesso Ascoli ci conferma il
fatto, in una lettera del 4 maggio 1872 a De Gubernatis: Non sono mai stato a scuola, ma
sono autodidatto nella pi schietta significazione del vocabolo; ed ho, degli autodidatti, tutti i
vizj e qualche virt.7
1
Ascoli cos scriveva in merito al suo nome: ma la mia firma ufficiale ... altro non se non Graziadio Ascoli, combinazio-
ne onomatologica avutasi pi volte fra gli ebrei di Toscana, ai quali mio padre apparteneva (BNCF, Carteggio De Guber-
natis, lettere Ascoli, ins. 22, 3, 1). Angelo De Gubernatis (Torino 1840 - Roma 1913) rappresent una singolare ed eclet-
tica figura di studioso. Fu un pioniere dellorientalistica italiana, pubblicista poligrafo, pacifista, partecipe del dibattito
positivista e aperto a tutte le problematiche del tempo, in particolare al miglioramento dellistruzione e allemancipazione
femminile. La sua laurea in Lettere fu la prima del Regno d'Italia. Si perfezion allestero, a Berlino, in studi filologici,
specialmente in sanscrito. A soli 23 anni Angelo ebbe la cattedra di sanscrito nellIstituto di Studi Superiori di Firenze.
Collaboratore e fondatore di riviste e giornali, nel 1891 da Firenze pass allUniversit di Roma come ordinario della cat-
tedra di letteratura ricoprendo anche linsegnamento di sanscrito. Scrisse una Storia universale della letteratura in 18 vo-
lumi, una Storia mitica degli animali e una serie di dizionari. La sua produzione non sempre stata complessivamente
giudicata in modo positivo; ma stato invece rivalutato il suo instancabile lavoro di divulgatore, anche allestero, di una
immagine del mondo scientifico italiano laico e aperto ai pi vari orientamenti.
2
O. Altieri, La comunit ebraica di Gorizia: caratteristiche demografiche, economiche e sociali (1778-1900), Udine, Del
Bianco, 1985, p. 130.
3
Versione slovena di Piedimonte del Calvario, oggi periferia occidentale di Gorizia, a destra del fiume Isonzo.
4
Cittadina che dista quattro chilometri a oriente di Codroipo.
5
Ora Straccis, tra Gorizia e Podgora, sulla sponda orientale dellIsonzo.
6
F. DOvidio, Commemorazione dei Soci G. Ascoli e G. Carducci, RAL, 5, XVI, 1907.
7
G. Breschi, LAutobiografia di G. I. Ascoli, in Archivio glottologico Italiano, LVIII, fasc. I, 1973, lettera XI, Mila-
no, 4 maggio 1872, p. 77.

10
Le condizioni agiate della sua famiglia tuttavia gli permisero unistruzione privata con
buoni maestri e gli consentirono di procurarsi tutti quei libri che gli servivano per
lapprofondimento dei suoi studi. Tra i maestri vi fu anche un certo Salomone Lolli, israeli-
ta, agente e collaboratore della madre nellimpresa di famiglia, buon conoscitore special-
mente di ebraico, che al momento della morte (nel 1865) verr ricordato da Ascoli con do-
loroso affetto. Ma dopo listruzione ricevuta dai suoi precettori, il giovane Graziadio segu
la sua vocazione per lo studio da solo. Questa naturale inclinazione gli venne sicuramente
favorita dalle particolari condizioni etniche e linguistiche di Gorizia.8 Questa citt infatti gli
proponeva con facilit le lingue stampate dellitaliano letterario, del tedesco e dellebraico,
oltre allintreccio di lingue come lo sloveno e il friulano, parlate dalla gente comune, il ve-
neto della borghesia e il triestino9 della mamma Elena.
Quale lingua duso colloquiale parlasse il giovane Ascoli difficile da stabilire, vista la
complessa realt linguistica in cui viveva, ma non gli si pu escludere luso del veneto, che
era la lingua della borghesia benestante. Quanto alluso del friulano interessante una con-
fidenza scritta da Graziadio a Marco Luzzatto in una lettera del 10 settembre 1846: A San
Daniele ho parlato friulano a lungo credo la prima volta in vita mia, e vappresi qualche vo-
ce nuova.10 Ne ricaviamo che Ascoli aveva una conoscenza prevalentemente passiva, e non
perfetta, della lingua alla quale avrebbe dato in futuro un contributo cos formidabile.
Il piccolo Graziadio aveva una biblioteca privata della quale lui stesso ci informa.
Allet di dieci anni, il 12 luglio 1839, redigeva infatti un catalogo di 49 volumi tra i quali
vi erano quattro grammatiche tedesche, un dizionario tedesco-italiano e una grammatica e-
braica. Nel marzo 1842 il numero dei volumi era salito a 171, ma ai libri di carattere lingui-
stico non si era aggiunta che una grammatica tedesca. L11 agosto del 1845 i volumi erano
saliti a 380 e vi erano aumentate specialmente le opere storiche e letterarie. Opere di vera
e propria linguistica si trovano solo nel catalogo del 1849, in cui i volumi raggiungono il
numero considerevole di 1318.11
Ma il fattore che contribu forse pi di tutti alla formazione culturale del giovane Ascoli
fu senzaltro lambiente che ebbe la fortuna di trovare nei pressi di casa. Uscendo da casa
sua, infatti, egli poteva fare pochi passi a sinistra e trovava il mondo ebraico della Sinago-
ga, centro attivissimo di studi fin dal 1756. Qui conobbe il rabbino Abraham Vita Reggio e
suo figlio Isacco Samuele Reggio,12 linguista e letterato di notevole levatura.

8
Cfr. il precedente par. II.3.
9
A Trieste veniva parlato fin verso il 1830 un dialetto di tipo friulano, che ora viene chiamato tergestino o anti-
co triestino, per distinguerlo dal dialetto triestino attuale, che formato invece su base veneta. certamente questultimo
che si parlava in casa Ascoli negli anni Quaranta dellOttocento. Cfr. M. Doria, Storia del dialetto triestino, Trieste, 1978.
10
G. I. Ascoli, Composizioncelle, Archivio Ascoli, 3/163, c, p. 40.
11
G. I. Ascoli, Cataloghi di libri, Archivio Ascoli, 5/153.
12
Isacco Samuele Reggio, rabbino, matematico, ebraista, insegnante (Gorizia 1784 - ivi 1855). Fu rabbino della comuni-
t israelitica di Gorizia dove si segnal anche come educatore. Pubblic, tra laltro: Piccola enciclopedia scritta per uso
dei giovanetti (Gorizia 1812); Dissertazione sulla divinit della legge ebraica (Vienna 1818); Die Religion und die Philo-
sophie (Wien 1827); Il libro di Isaia: versione poetica (Udine 1831). Compil inoltre, dal 1852 al 55, una Strenna israe-
litica uscita a Gorizia, documento esemplare della sua vasta dottrina e delle sue doti morali. Per saperne di pi: G. Hu-
gues, Di alcuni illustri semitisti e orientalisti della Venezia Giulia, SG XXIV, 1958; Enciclopedia Motta, Milano 1970;
Enciclopedia universale Rizzoli-Larousse, Milano 1971; M. Grusovin, Abram Vita e I. S. R., in La speranza. Attraverso
lebraismo goriziano, Monfalcone 1991; Id., I. S. Reggio rabbino e filosofo, in "Quaderni Giuliani Storia", 1996, 17, 2,
pp. 7-29. [dal Dizionario biografico friulano, 2002]

11
Pochi passi a destra e incrociava la biblioteca del Seminario Teologico Centrale, dove ne
conobbe il rettore don Stefano Kocjani,13 insigne poliglotta, che va annoverato tra i
principali amici di Ascoli. Poich si conservano ancora le registrazioni dei volumi della bi-
blioteca del Seminario prestati ad Ascoli, lecito dedurre che don Kocjani sia stato
lunico cristiano ad aver influito direttamente sulla sua personalit, dato che le lettere della
loro corrispondenza, che risalgono agli anni 1855-59, testimoniano che i loro contatti si
protrassero a lungo.14
Ebbe una grande venerazione per il celebre semitista Samuel David Luzzatto,15 professo-
re al Collegio Rabbinico di Padova. Luzzatto fu uno dei rinnovatori della poesia e filologia
ebraica in Italia, traduttore del Pentateuco e autore, tra laltro, di una Grammatica ebraica.
A lui Ascoli invi una copia dellopuscolo Sullidioma friulano per riceverne un giudi-
zio. Luzzatto gli rispose con una lunghissima lettera l8 novembre 1846, muovendogli al-
cune critiche che illustrer pi dettagliatamente nel par. V.1.1.16
Graziadio Ascoli fu legato da profonda amicizia anche con il figlio di Samuel Luzzatto,
Filosseno (Trieste 1829 - Padova 1854), anchegli grande appassionato di studi orientali e
linguistici. Come sappiamo dalla biografia tracciatane dal padre stesso, in una lettera a Im-
manuel Wolf,17 Filosseno, dopo un regolare corso di studi liceali e un anno di corsi univer-
sitari, studi allIstituto rabbinico di Padova, senza per conseguire la laurea. Epigrafista e
linguista precocissimo, si spense a soli venticinque anni, dopo aver scritto alcuni articoli
apparsi in periodici milanesi e sul Journal Asiatique.
Disse di lui Umberto Saba, nelle note al racconto Un letterato ebreo: A Parigi, dove a-
veva avuto il permesso di recarsi per ragioni di studi, si prese invece subito una malattia vene-
rea. Mancandogli il coraggio di confessare a suo padre il delitto e il castigo, la malattia fece
rapidi progressi ed ebbe, per il povero giovine, le conseguenze che si possono immaginare.18
Un ruolo significativo ebbe certamente labate Jacopo Pirona19, lillustre filologo con cui
13
Stefano Kocjani, sacerdote, insegnante, linguista, scrittore di storia (Vipacco/Vipava 1818 - Gorizia 1883). Fu retto-
re del Seminario teologico di Gorizia, bibliotecario del Seminario centrale e canonico metropolitano. Fu forse il pi gran-
de conoscitore di lingue (almeno una trentina tra vive e morte, tra antiche e moderne) vissuto a Gorizia. Ebbe sicura cono-
scenza, in particolare, delle lingue semitiche, specialmente dellebraica e dellaraba, del paleoslavo, del sanscrito, del per-
siano e del copto. Ha lasciato inedito un vasto dizionario sloveno-tedesco e uno della lingua etiopica. Incuor il giovane
G. I. Ascoli negli anni della sua preparazione. Pubblic, tra laltro, lHistoria Archidioecesis Goritiensis (Gorizia 1875).
Tradusse anche in friulano i primi tre capitoli dellopera De imitatione Christi. Per saperne di pi: A. Cronia, Un inedito e
grande dizionario sloveno-tedesco di S. K., SG XVI, 1954; B. Marui, Il Friuli goriziano nelle opere di S. K., Atti del
congresso internazionale di linguistica e tradizioni popolari, Udine 1969; P.C. Ioly Zorattini, S. Kocjani (1818-1883).
Un ecclesiastico al servizio della cultura fra Sloveni e Friulani, Gorizia, 1984. [dal Dizionario biografico friulano, 2002]
14
G. Hugues, Di alcuni illustri semitisti e orientalisti della Venezia Giulia, Studi Goriziani, XXIV, 1958/2, p. 75 e sgg.
15
Per la sintesi biografica di S. D. Luzzatto cfr. il par. III.2.2.
16
Epistolario italiano francese latino di S. D. Luzzatto di Trieste pubblicato da suoi figli, Padova, Tipografia della Mi-
nerva dei fratelli Salmin, 1890, parte I, n. CCXCVII, pp. 485-91.
17
Epistolario Luzzatto, cit., parte II, n. DLXXI, pp. 883-86.
18
U. Saba, Prose. Ricordi-Racconti, a cura di L. Saba, Milano, 1964, p. 23.
19
Jacopo Pirona, abate, insegnante, letterato (Dignano al Tagliamento 22.11.1789 - Udine 4.1.1870). Insegnante e poi
direttore del ginnasio di Udine, primo conservatore del Museo civico di cui fu il promotore e presidente dellAccademia di
Udine. Fu scrittore forbito in italiano e in latino, ebbe relazione epistolare con molti dotti del tempo. G. I. Ascoli gli dedi-
c lopera giovanile Sullidioma friulano e sulla sua affinit alla lingua valaca. Il suo nome legato particolarmente al
Vocabolario friulano che inizi ad uscire a puntate dal 1868. Lopera fu stampata nella sua interezza a Venezia nel 1871.
Nel 1848, in collaborazione con C. A. Carnier, diresse il giornale politico Lo spettatore friulano. [dal Dizionario biogra-
fico friulano, 2002]

12
Ascoli fu in corrispondenza epistolare gi dagli anni 40, autore del primo Vocabolario
friulano, cui dedic il suo primo lavoro storico-linguistico Sullidioma friulano .... Schizzo
storico-filologico.20
Come si svolgesse la vita del giovane Graziadio e quali fossero i suoi interessi, lo pos-
siamo intravedere nelle lettere che egli scriveva numerose ad amici e parenti. Cerco poi nel-
le mie letture scriveva al cugino Cesare Norza21 di Trieste il 9 maggio 1846 cose per lo
pi gravi, evito la lettura di romanzi, preferendo quella della storia, e di quella dItalia
particolarmente moccupo. Sorto molto di rado, eccettuandosene una mezzora la sera e formo
la mia distrazione alternativamente o col canto, o colla pittura, o colla poesia Unora o
due al giorno sono dedicate al mio commercio, il quale fortunatamente non di tal natura da
impedire le mie occupazioni letterarie ... I divertimenti che offre la nostra citt e i suoi dintorni
sono una buonaria, una ridente campagna, un cielo puro purissimo ed una temperatura mi-
tissima. In unaltra lettera scritta in latino allamico Mos Gentilli di Padova nello stesso
periodo (VI ante Idus Majas) ripeteva Raro egredior et tantum ad vesperum ut scis.22
Quali fossero stati i modelli di linguistica comparata cui il sedicenne Graziadio attinse
per progettare e poi realizzare il suo primo saggio linguistico Sullidioma friulano non
dato sapere, perch non cit mai i suoi modelli linguistici, ma solo opere come la Storia u-
niversale di Cesare Cant e la Grammatica valaca-tedesca di Jon Molnar.
Com noto Ascoli era stato preceduto su questa via da Carlo Cattaneo, anche se pare
certo che ne ignorasse il lavoro, intitolato Del nesso fra la lingua valaca e litaliana, appar-
so nel maggio 1837 nel vol. LII degli Annali universali di Statistica, Economia politica,
Storia, Viaggi e Commercio, che il giovane goriziano avrebbe letto soltanto nel novembre
1849.23
In seguito, nellentusiasmo destato dalla rivoluzione del 48, volle lanciare ai suoi con-
cittadini un proclama, pubblicando presso la Tipografia Paternolli lopuscolo Gorizia ita-
liana, tollerante, concorde. Verit e speranze dellAustria del 1848, per illustrare le ragioni
delle tendenze separatistiche dei Lombardo-Veneti, parlando del problema della nazionalit,
delleducazione italiana e discutendo della lingua e del problema della tolleranza religiosa.
Si sa solo che invi una copia del suo saggio a Samuel David Luzzatto per riceverne
lautorevole giudizio. Ed egli non tard a esprimergli che la lingua della Crusca non pu
essere illustrata senza il confronto degli altri dialetti italiani, e questi non possono illustrarsi
senza il confronto delle lingue dei barbari, germani e slavi, che diedero origine alle nuove lin-
gue latine. 24
Il 10 ottobre 1848 la Gazzetta di Venezia - il foglio ufficiale della Repubblica Veneta
di Manin - pubblic uno scritto patriottico anonimo intitolato Due parole di un crociato go-
riziano ai fratelli italiani e alla potenza dEuropa in cui si diceva la lingua e non solo la
lingua delle persone colte, ricche, ecc., ma che pure la lingua del volgo, dellartigiano, dellin-
20
G. DAronco, G. I. Ascoli, in Studi Goriziani, XXIII, 1958. I. Bonomi, Note sulla formazione e gli interessi linguisti-
ci del giovane Ascoli, in Parallela 5. Atti del VI Convegno italo-austriaco dei linguisti a cura di M. Dardano, W. Dres-
sler, C. Di Meola, Milano, Bulzoni, 1995, p. 30.
21
I. Bonomi, Note sulla formazione e gli interessi linguistici del giovane Ascoli, cit., p. 41.
22
Dalle lettere che si trovano nellArchivio Ascoli; cfr. M. Radoni Zucco, Profilo biografico di G. I. Ascoli, in G. I. Asco-
li e lArchivio Glottologico Italiano, a cura di M. Cortelazzo, Udine, Doretti, 1973, p. 23-24.
23
Cfr. B. Terracini, G. I. Ascoli, direttore dellArchivio (dal carteggio Ascoli-Salvioni), in AGI, LII, 1967, pp.1-54.
24
S. D. Luzzatto, Epistolario italiano, latino e francese, cit., parte I, n. CCXCVII, pp. 485-491. Cfr. il par. V.1.1.

13
fima plebaglia delle vie lItaliano25 riferendosi a Gorizia. Ora sappiamo che
quellarticolo - in cui si parlava dellindipendenza dellItalia - era di Ascoli.
Nel 1850 si ha notizia del suo fidanzamento con la triestina Fanny Beatrice Cohen, av-
venuto a Trieste il 23 marzo, come da contratto, mentre la sorella Betty andava sposa il 18
settembre a Isacco Pesaro, prendendo dimora a Venezia.
Nonostante i nuovi impegni affettivi con la fidanzata Fanny, i crescenti impegni
nellazienda paterna26 e loccupazione ai suoi difficili studi, Ascoli trovava anche il tempo
di dedicarsi ai doveri verso la comunit ebraica, della quale fu a capo dal novembre del
1850 fino al 1853.
Nel 1851 si dedic a un curioso lavoro, la Pasitelegrafia. Sistema di linguaggio univer-
sale da applicare al telegrafo elettrico, nel quale proponeva un sistema di linguaggio uni-
versale da applicare al telegrafo elettrico.27
Da un taccuino di viaggio28 del 1852, si sa che Ascoli concep il progetto di fondare una
rivista e a questo scopo si mise in viaggio nellItalia settentrionale con la giovane moglie -
che aveva sposato il 4 gennaio dello stesso anno - e la mamma Elena, per prendere contatto
con orientalisti e linguisti italiani di fama. Durante questo viaggio ebbe colloqui con Paolo
Marzolo, Samuel David Luzzatto, Gabriele Rosa e poi con Carlo Tenca, Cesare Cant,
Giovanni Flechia, Amedeo Peyron e altri. Al suo ritorno a Gorizia fond un periodico di
linguistica col titolo di Studj orientali e linguistici, redatto quasi integralmente da Ascoli
stesso (un articolo era di G. Rosa) e stampato dalla Tipografia Paternolli in tre fascicoli
(1854, 1855, 1861). La rivista conteneva unampia raccolta di traduzioni di testi indiani, di
osservazioni su argomenti semitici e di dialettologia italiana, oltre a informazioni di lingui-
stica indeuropea, tratte dai pi recenti studi dei linguisti tedeschi. In seguito alla vasta espe-
rienza compiuta sui loro studi, insieme alloriginalit delle sue ricerche e al suo rigore me-
todico, la fama di Ascoli si diffuse ben presto in tutta Italia, tanto che nel 1860 gli venne of-
ferta la cattedra di Lingue semitiche allUniversit di Bologna.
Era dunque venuto il momento, per lintraprendente linguista goriziano, di lasciare
lAustria e la sua amata Gorizia. La nomina allUniversit di Bologna era stata raccoman-
data al ministro Terenzio Mamiani da Gabriele Rosa,29 che Ascoli aveva conosciuto duran-
te il suo viaggio nellItalia settentrionale del 1852. Lo studioso goriziano tuttavia preg
che gli fosse mutata destinazione. Sui motivi non chiariti che determinarono il rifiuto di
Ascoli, ci soccorre questa ipotesi di Carlo Dionisotti: probabile che Ascoli

25
Lautografo originale si trova presso lAccademia dei Lincei, Fondo Ascoli, pacco 163. Citato in M. E. Loricchio, Gra-
ziadio Isaia Ascoli, biografia di un intellettuale, Mariano del Friuli, Edizioni della Laguna, 1999, p. 21, nota 12.
26
Vi una lettera della madre, conservata presso lArchivio di Stato di Gorizia. Citato in M. E. Loricchio, Graziadio I-
saia Ascoli, biografia di un intellettuale, cit., p. 21, nota 14.
27
Per saperne di pi cfr. I. Bonomi, Idee per un progetto di lingua universale in uno scritto inedito del giovane Ascoli, in
Milano e lAccademia Scientifico-Letteraria. Studi in onore di M. Vitale (a cura di G. Barbarisi et alii), Milano, Istituto
Editoriale Cisalpino, 2001, pp. 385-402.
28
Note letterario-artistiche minori durante il viaggio nella Venezia, nella Lombardia, nel Piemonte, nella Liguria, nel
Parmigiano, Modenese e Pontificio. Maggio-giugno 1852, pubblicato negli Annali della Scuola Superiore di Pisa,
XXVIII, 1959, pp. 151-191, da S. Timpanaro.
29
Per conoscere il carteggio tra Rosa e Ascoli, relativo alla sua nomina universitaria, cfr. D. Santamaria, G. I. Ascoli e la
linguistica italiana del primo Ottocento, in G. I. Ascoli, attualit del suo pensiero a 150 anni dalla nascita, Firenze, 1986,
p. 237.

14
prudentemente diffidasse di una sede universitaria prestigiosa, ma presieduta fino allanno
prima dallautorit ecclesiastica, e in tale sede di una cattedra che lo avrebbe fatto successore
e rivale dellancora famoso poliglotta cardinal Mezzofanti,30 ma anche possibile che A-
scoli desiderasse andare a insegnare a Firenze, presso lIstituto di Studi Superiori, come ci
risulta da una lettera di Michele Amari del giugno 1860.31 Da Torino gli pervenne il 2 gen-
naio dellanno successivo questa lettera di proprio pugno del Ministro dellIstruzione pub-
blica:

Mio Signore.

Veggo dalla cortesissima Sua, chElla preferisce Milano a Bologna e linsegnamento del-
la Grammatica e Sanscrito a quello delle Lingue semitiche. O per fortuna segnalata il poter-
La contentare appunto. Faccia conto insino da ora di essere professore nella nuova facolt
milanese di Filosofia e Lettere la cui apertura avr luogo li 14 del presente mese. Si affretti,
per tanto di trasmutare la Sua dimora e mi avvisi dove e quando Le debbo far tenere il decre-
to di nomina il quale domani stesso verr sottoposto alla firma di S. Maest.
Mi creda con alta stima
Suo devotissimo
Terenzio Mamiani

La lettera veniva trasmessa per la via di Vienna e portava lindirizzo:

Al Chiarissimo G. I. Ascoli
GORIZIA.32

Non senza qualche altro scambio epistolare con il ministro Mamiani, in cui Ascoli detta-
va altre condizioni e precisazioni, finalmente lo studioso di Gorizia accett la cattedra di
Grammatica comparata e di lingue orientali presso lAccademia Scientifico-Letteraria di
Milano, inaugurando cos la prima cattedra di linguistica in Italia.
Prima di trasferirsi a Milano con tutta la famiglia, il 2 giugno 1861 Ascoli concluse il
contratto di vendita della cartiera e della filanda di Piedimonte con il barone goriziano Etto-
re Ritter de Zahony33 e cedette in affitto la casa paterna al Comune di Gorizia. Dopo
lincarico di docente allUniversit di Milano Ascoli abbandoner per sempre, a quanto pa-
re, ogni attivit imprenditoriale.

30
C. Dionisotti, Appunti su Ascoli, cit., p. 425.
31
Lettera pubblicata in M. Ziino - G. Gabrieli, Lettere di Michele Amari a Graziadio Ascoli, in Archivio storico Sicilia-
no, LIII, 1933, pp. 225-258.
32
Il carteggio tra Ascoli e il ministro Mamiani riportato da Carolina Coen Luzzatto in Graziadio Ascoli. 1860-1861,
Gorizia, Paternolli, 1907, p. 18 e sgg.
33
Carolina Coen Luzzatto, Graziadio Ascoli. 1860-1861, cit., p. 28.

15
II.5 Graziadio Isaia Ascoli a Milano: la maturit

Poich lattivit di Ascoli che corrisponde al periodo della sua


maturit pi nota di quella giovanile (che ho trattato nel paragrafo
precedente), mi limito ad esporre in questa sezione della biografia
ascoliana solo alcune brevi note sui momenti essenziali del suo lavo-
ro svolto a Milano.1
Nel 1861, pur operando a Milano, volle pubblicare a Gorizia il
primo volume degli Studi critici, in cui esaminava lopera di Bernar-
dino Biondelli del 1856, il Saggio sui dialetti galloitalici (Milano,
1853-56).
Dal 1867 al 1870 la sua ricerca si fiss sempre pi su problemi di linguistica storica e
soprattutto di fonetica indeuropea. Parte di questi studi venne pubblicata nel 1870 col titolo
Corsi di glottologia e col sottotitolo Lezioni di fonologia comparata del sanscrito, del gre-
co e del latino.
La data fondamentale della carriera ascoliana rappresentata dal 1873,
anno di nascita del celebre Archivio glottologico italiano (AGI), rivista
che lo vide fondatore, curatore e direttore fino al XV volume (1899-1901).
Il primo volume dellAGI (curioso acronimo delle sue iniziali), scritto in-
tegralmente da Ascoli, comprende i Saggi Ladini, studio fondamentale
che avviava in Italia allanalisi scientifica e sistematica dei dialetti
dItalia, ma che considerato una pietra miliare degli studi dialettologici
in generale.2
Il 26 gennaio 1889 fu nominato senatore del regno. Continu a lavorare scientificamente
fino al 25 giugno 1902.
Mor a Milano il 21 gennaio 1907.

1
Sullattivit accademica di Ascoli cfr. B. Terracini, La paleontologia linguistica: Ascoli, in Guida allo studio della lin-
guistica storica, I, Profilo storico-critico, Roma, 1949; T. Bolelli, la voce Ascoli, Graziadio Isaia in Dizionario Biogra-
fico degli italiani, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana fondata da G. Treccani, 1962; S. Timpanaro, Classicismo e
Illuminismo nellOttocento italiano. Carlo Cattaneo e G. I. Ascoli, Seconda edizione, Pisa, 1969; S. Timpanaro, Graziadio
Isaia Ascoli, in Belfagor, XXVII, 1972; D. Santamaria, G. I. Ascoli e la linguistica italiana del primo Ottocento, cit.; D.
Santamaria, Orientamenti della linguistica italiana del primo Ottocento, in The history of linguistics in Italy, edited by P.
Ramat et alii, 1986; C. Dionisotti, Appunti su Ascoli, cit.; A. Brambilla, Appunti su G. I. Ascoli. Materiali per la storia di
un intellettuale, Gorizia, 1996; G. Lucchini, Graziadio Ascoli: per una biografia di un intellettuale, in A. Casella, Grazia-
dio e Mois Ascoli: scienza, cultura e politica nellItalia liberale, Pavia, Universit di Pavia, 2002.
2
Cfr. S. Pop, La dialectologie. I. Dialectologie romane, Louvain, Duculot, 1950 ; B. E. Vidos, Manuale di linguistica
romanza, Firenze, Olschki, 1959; A. Varvaro, Storia, problemi e metodi della linguistica romanza, Napoli, Liguori, 1968;
C. Tagliavini, Origini delle lingue neolatine, Bologna, Patron, VI ed. 1972; I. Iordan - J. Orr, Introduzione alla linguistica
romanza, Torino, Einaudi, 1973; P. Beninc, Piccola storia ragionata della dialettologia italiana, Padova, Unipress,
1988.

16
III. La linguistica del primo Ottocento

III.1 Considerazioni generali

Il quadro degli studi linguistici, che si veniva delineando in Italia (e in realt anche in al-
tri paesi) agli inizi dellOttocento, mostra una operosit decisamente febbrile. Essa era per
orientata inizialmente, in modo poco coordinato, verso obiettivi che poco o nulla avevano
in comune con quella che sar la linguistica che si imporr nel corso del secolo. I problemi
che catturavano lattenzione dei protolinguisti europei, e la curiosit di molti, erano anco-
ra rappresentati dalla ricerca filosofica sullorigine del linguaggio, tema tipicamente sette-
centesco, e dai rapporti tra le lingue e i popoli. Erano interessi quindi che spaziavano dalla
preistoria ai legami tra la linguistica e quella che si pu chiamare letnografia (ma non nel
senso discliplinare che assumer pi tardi e che ha oggi).
Quelli che ho definito come protolinguisti, in realt erano eruditi di varia cultura, come
letterati, filologi, orientalisti o altro ancora, che ammaliati dal nuovo filone di studi, si dedi-
cavano con grande fervore alla ricerca di nuove soluzioni.
Questi primi decenni del secolo possono essere considerati come la fase di transizione da
un inquadramento iniziale di carattere storico-etnografico alla specializzazione della disci-
plina linguistica nel senso detto scientifico nellOttocento, e che dipender in modo deci-
sivo dagli studi provenienti dalla Germania, cui contribuir in modo essenziale proprio
lopera dello studioso goriziano Graziadio Isaia Ascoli nella seconda parte del secolo.
Gli interrogativi che riguardavano lorigine del linguaggio si dibattevano tra lorigine
divina e quella umana. Tra la monogenesi, cio la derivazione di tutte le lingue da
ununica lingua madre, cui forse - secondo alcuni - non era estraneo lintervento divino, e la
poligenesi, che assegnava alle lingue origini diverse. Come il poligenismo del tedesco
Friedrich Schlegel che considerava le lingue flessive indeuropee come organismi perfet-
tamente strutturati fin dalla nascita. Fatto, questo, che doveva ugualmente sottintendere un
intervento divino. Contro di lui si era posto il lombardo Carlo Cattaneo con la sua tesi ag-
glutinante, che voleva restare nellambito della spiegazione razionale, la quale non ammet-
teva fossero esistite lingue perfette fin dallinizio, attribuendo a tutte le lingue una origine
puramente umana.1
Quello che le due versioni linguistiche tentavano in un certo modo di mascherare (e di
giustificare), non era altro che lorigine stessa del genere umano. Schlegel voleva far deri-
vare lumanit da una fase superiore, corrottasi poi gradualmente nel corso del tempo. Cat-
taneo invece voleva dimostrare che il genere umano procedeva da una fase primitiva, che si
evolveva progressivamente verso civilt pi complesse. Era lesempio del conflitto esisten-
te fra il romanticismo tedesco e lilluminismo positivista di Cattaneo.
Anche lo studio sui rapporti tra le lingue e i popoli (o razze) era destinato a sollevare
numerose polemiche tra illuministi e romantici.2 La rivendicazione del progresso scientifico
dei primi si poneva in netta conflittualit con la metafisica dei secondi. Il contrasto fonda-

1
Cfr. S. Timpanaro, Classicismo e illuminismo, cit., p. 275 e ss.
2
Cfr. S. Timpanaro, Classicismo e illuminismo, cit., p. 241 e ss.

17
mentale si delineava sulle questioni delle cosiddette teorie del superstrato e del sostrato. I
romantici tedeschi attribuivano importanza al superstrato germanico delle lingue romanze,
volendo difendere la teoria dellinflusso barbarico sullelemento greco-latino (e in genere la
cultura medievale), per sostenere la loro uguaglianza nei confronti dei popoli latini. Il so-
strato, difeso dai classicisti (in particolar modo francesi), intendeva rivalutare la presenza
dellelemento prelatino, che era stato poi inglobato da secoli di dominazione romana.
In questo inizio secolo, lo studio della nuova disciplina linguistica era cos conteso tra
materialismo e spiritualit. Si voleva approfittare delle ricerche linguistiche per appoggiare
posizioni diverse che concernevano la rivalit e la superiorit tra i popoli dellEuropa e non
solo dEuropa. Il panorama era gi mondiale: la teoria della poligenesi ad esempio poteva
rappresentare un comodo trampolino di lancio per sostenere la superiorit innata degli
indeuropei sui neri degli Stati Uniti dAmerica o sugli ebrei. Si pu aggiungere che anche
Ascoli, fin da ragazzo, avr interesse personale a difendere la teoria della monogenesi laica
per convalidare lunit dorigine degli indoeuropei e dei semiti, teoria cui sar fedele fino
alla fine. Fino a met del secolo, solo Carlo Cattaneo proporr insistentemente in Italia la
netta distinzione tra affinit linguistica e affinit razziale.
Per quanto riguarda linteresse per gli studi dellarea romanza, lindagine dialettale si
svilupp inizialmente come mezzo per accedere a ritroso al patrimonio culturale-linguistico
dei popoli dellItalia antica. In questa prospettiva i dialetti vennero considerati non pi co-
me il prodotto di un processo di corruzione del latino, secondo quella che era stata la prima
concezione umanistica, ma recuperati con piena dignit e valore scientifico.
Il promotore di queste ricerche in Italia fu proprio Cattaneo, che con le sue geniali intui-
zioni form quella nuova e folta schiera di studiosi che contribu a perfezionare e diffonde-
re la neonata disciplina dialettologica, per consegnarne pi tardi le redini ad Ascoli, aggior-
natosi nel frattempo sulle nuove prospettive europee.

Laltra polemica ottocentesca, destinata a sopirsi un po alla volta, fu quella che riguar-
dava le comuni origini tra latini e germani.3 Tale comunanza era stata da poco divulgata
dalle scoperte tedesche della linguistica indeuropea. Questa teoria destava lostilit dei clas-
sicisti italiani, i quali si vedevano dun tratto defraudati dellantico primato di una origine
nobile che affondava i propri legami sullantica civilt greca e romana, considerata un mo-
dello inavvicinabile e mai superato. Questa nuova teoria linguistica era nata in Germania
allinizio del secolo XIX e dimostrava in modo inoppugnabile la parentela del sanscrito col
greco e il latino, cui seguir via via laggiunta del germanico, come pure del persiano, dello
slavo, del celtico e di tutte le altre lingue che verranno incluse nella famiglia indeuropea.
Artefici di queste nuove scoperte furono studiosi in gran parte tedeschi, come Friedrich
Schlegel, che nel 1808 apriva la strada alla nuova disciplina linguistica con il saggio ber
die Sprache und Weisheit der Indier (Sulla lingua e la sapienza degli Indiani), al quale va
il merito di aver stabilito per primo il concetto di parentela linguistica, comprendente tratti
morfologici comuni, oltre che lessicali.
Nel 1818 (ma era scritto in danese gi nel 1814 con il titolo Undersgelse om det gamle
Nordiske eller Islandske Sprogs Oprindelse Sullorigine dellantico norvegese e irlande-
se) usciva un saggio di Rasmus Rask sulle origini dellantico islandese, in cui, oltre ad an-
3
Cfr. S. Timpanaro, Classicismo e illuminismo..., cit., p. 269 e ss.

18
ticipare alcune linee fondamentali di Bopp, vi esprimeva per la prima volta in modo chiaro
il concetto di costanza nei rapporti fonetici.
Il fondatore della linguistica germanica fu Jacob Grimm, che nel 1819 pubblicava la sua
Deutsche Grammatik, in cui trattava la comparazione delle lingue germaniche e il loro svi-
luppo storico.4 Grimm offr pi tardi un modello allo studio comparativo di Friedrich Diez
sulle lingue romanze, gi indagate comparativamente dal francese Franois Raynouard.
Il contributo di questi grandi pionieri della linguistica del primo Ottocento segn dunque
la nascita scientifica di una nuova disciplina, detta in tedesco Sprachwissenschaft scienza
della lingua e in italiano linguistica (o glottologia, parola coniata da Ascoli), che favor
nel corso di pochissimi decenni lacquisizione di una serie di importanti risultati tecnici
nel dominio dellevoluzione linguistica. Tra questi vi il perfezionamento di un metodo di
indagine, detto storico-comparativo, che permise il confronto sistematico e strutturale delle
lingue, e che port tra laltro - come abbiamo gi accennato - allindividuazione di una fa-
miglia linguistica (dai risvolti clamorosi e - per alcuni - sconcertanti) che ha un capostipite
non documentato nellindoeuropeo (in tedesco detto prevalentemente indogermanisch).
Nel prossimo paragrafo proceder ad elencare in ordine cronologico una biografia detta-
gliata dei maggiori pionieri europei della linguistica ottocentesca, cui far seguito una breve
rassegna biografica degli studiosi italiani.

4
Cfr. G. Mounin, Storia della linguistica, Dalle origini al XX secolo, Milano, Feltrinelli, 1968; V. Pisani, Le lingue in-
deuropee, Brescia, Paideia, 1971; L. Renzi, Nuova introduzione alla filologia romanza, Bologna, Il Mulino, 1987; A.
Morpurgo Davies, La linguistica dellOttocento, Bologna, Il Mulino, 1996.

19
III.2 Profilo biografico di studiosi precedenti ad Ascoli

Allo scopo di considerare in modo pi chiaro e organico lambiente culturale e linguisti-


co che si configurava allepoca dei primi studi del giovane Ascoli, ritengo utile esporre
questa sintetica rassegna biografica di studiosi stranieri1 e italiani che possono aver contri-
buito alla sua formazione storica e linguistica.

III.2.1 Studiosi stranieri

Franois Juste Marie Raynouard (1761-1836), francese, si interessa di francese antico


ed il primo studioso, ancora precedente al modello delle grammatiche di Bopp e di
Grimm, ad occuparsi della grammatica storica delle lingue romanze pubblicando a Parigi
una serie di sei volumi di testi, intitolata Choix de posies originales des troubadours
(1816-21). Il primo volume della serie interamente occupato da Recherches sur lorigine
et la formation de la langue romane e da una Grammaire de la langue romane (1816), che
la prima grammatica di unantica lingua romanza fondata su testi. Il sesto volume invece
intitolato Grammaire compare des langues de lEurope latine (1821), in cui espande le
comparazioni anche al friulano e al rumeno, oltre a dialetti italiani come il ferrarese, il man-
tovano, il milanese e altri ancora. Raynouard fonda il suo metodo comparativo su una lunga
serie di caratteri che riguardano gli elementi del lessico, i fatti morfologici e di sintassi, ma
sbaglia nel considerare il provenzale come il diretto erede del latino e il capostipite di tutte
le lingue romanze, dalle quali esclude per il rumeno, considerato troppo isolato per di-
scendere dalla lingua romana.
La sua opera migliore rimane tuttavia il Lexique roman ou dictionnaire de la langue de
lEurope latine (Parigi 1838-44).
Raynouard considerato il precursore della Romanistica. La sua opera esce contempo-
raneamente a quella di Franz Bopp, che nel 1816 pubblica a Francoforte una grammatica
comparata delle lingue indeuropee (cfr. pi sotto la voce Franz Bopp). A Franois Ra-
ynouard si ispirano Friedrich Diez e gli altri studiosi ottocenteschi di linguistica romanza.

Friedrich Schlegel (1772-1829), tedesco, studioso di letteratura greca e uomo di lettere


in generale, giunge a Parigi nel 1802 per un soggiorno di studio fino al 1805. Qui conosce
lo scozzese Alexander Hamilton, che lo avvia allo studio del sanscrito e in parte lo ispira
nella stesura del saggio ber die Sprache und Weisheit der Indier del 1808, in cui sostiene
la stretta affinit linguistica del sanscrito (antico indiano) con il greco e il latino, il persiano
e il tedesco. Egli dichiara anzi che queste lingue derivano proprio dal sanscrito. Oltre a cri-
teri di fonetica e morfologia storica ricorre alla comparazione dei caratteri morfologici,
fondando quella che si chiamer la tipologia moderna.
Schlegel getta le fondamenta del nascente metodo storico-comparativo e contemporane-
amente fonda la tipologia linguistica.

1
Cfr. C. Tagliavini, Panorama di storia della linguistica, Bologna, Ptron, 1963; Id., Origini delle lingue neolatine, cit.;
G. Mounin, Storia della linguistica. cit.; L. Renzi, Nuova introduzione alla filologia romanza, cit.; A. Morpurgo Davies,
La linguistica dellOttocento, cit.

20
Wilhelm von Humboldt (1767-1835), tedesco, dopo un breve soggiorno di studio a Pa-
rigi nel 1797 e qualche anno dopo nei paesi baschi per impararne la lingua, inizia un lunga
carriera di diplomatico a Roma, Vienna e Londra. Studia le lingue classiche e molte lingue
moderne tra cui il cinese, il birmano, il tartaro e il sanscrito allo scopo di scrivere una an-
tropologia comparata, che non realizzer mai. Nel 1810 fonda lUniversit di Berlino e fino
al 1819 svolge incarichi politici di alto livello. Pur non essendo un linguista, la filosofia del
linguaggio di Humboldt eserciter una enorme influenza sui suoi contemporanei, nonostan-
te la nebulosit dei suoi scritti, comune in parte a molti idealisti e pensatori romantici tede-
schi.

Rasmus Rask (1787-1832), danese, nato a Brndeskilde, studia


allUniversit di Copenaghen senza completare gli studi. Nel 1811
pubblica una grammatica dellantico islandese e nel 1817 una
dellantico inglese. Con il saggio Undersgelse om det gamle Nordi-
ske eller Islandske Sprogs Oprindelse (Sullorigine dellantico
norvegese e islandese)2 ottiene nel 1814 il premio di Danimarca
dallAccademia danese delle Scienze, la quale lo costringe poi a in-
traprendere un lungo viaggio verso lOriente fino allIndia e Ceylon
(1816-1823).3 Dal 1823 scrive numerose grammatiche descrittive di
varie lingue moderne e classiche. Importante fu anche il suo
contributo occasionale (ma cruciale) alla decifrazione dei caratteri cuneiformi.4 Poco prima
della morte ottiene una cattedra di lingue orientali a Copenaghen.
Lopera di Rask, probabilmente perch scritta in una lingua poco letta, rimane circoscritta
agli ambienti danesi. Fuori dalla Danimarca solo Jacob Grimm sapr lodarlo subito senza
riserve, ma il vero Rask verr conosciuto e abilitato solo verso la fine dellOttocento.

Jakob Ludwig Karl Grimm (1785-1863), tedesco, svolge per molti anni lattivit di
bibliotecario a Kassel, intervallato da alcuni soggiorni a Parigi, e poi a Gottinga. Nel 1819
esce il suo primo volume della Deutsche Grammatik, una grammatica storica e comparata
delle lingue germaniche, che rinnova con varie edizioni fino al 1837, utilizzando i risultati
delle ricerche di Rasmus Rask e Franz Bopp. Nel 1840 viene invitato assieme al fratello
Wilhelm a Berlino, con incarico di accademico e docente universitario. Nel 1848 pubblica
la Geschichte der deutschen Sprache, dedicando il primo volume alla morfologia e riser-
vando la fonetica al secondo volume.
A Grimm viene attribuita la prima trattazione scientifica della fonetica storica e la prima
legge fonetica detta Lautverschiebung, cio la rotazione consonantica che separa le lingue

2
Lopera per fu pubblicata solo quattro anni dopo, nel 1818. Dato che essa usc dopo il libro di Bopp del 1816 (ber das
Conjugationssystem der Sanskritsprache in Vergleichung mit jenem der griechischen, lateinischen, persischen und ger-
manischen Sprachen) e fu scritta in danese, la sua influenza non fu tanto ampia quanto avrebbe potuto. Cfr. A. Morpurgo
Davies, La linguistica dellOttocento, cit., p. 182 e ss.
3
G. Mounin, Storia della linguistica. Dalle origini al XX secolo, cit., p. 150.
4
A. Morpurgo Davies, La linguistica dellOttocento, cit., nota 3 a p. 211.

21
germaniche da tutte le altre lingue indeuropee, anche se in realt il concetto di questa legge
si trovava gi esposto nellopera di Rask in modo gi abbastanza chiaro.5 Nel 1854 Grimm
pubblica le prime parti del Deutsches Wrterbuch.
Allinterno della cultura germanica gli interessi di Jacob Grimm si rivolgono, oltre alla
linguistica, anche alla letteratura, al diritto e alla religione. considerato il fondatore della
Germanistica.

Franz Bopp (1791-1867), tedesco, nato a Magonza, si interessa dap-


prima alle lingue orientali e dal 1812 al 1816 studia a Parigi il persiano,
larabo, lebraico e il sanscrito, che allora veniva considerato il capostipi-
te di alcune lingue europee. Lambiente parigino contribuisce alla realiz-
zazione della sua opera principale ber das Conjugationssystem der San-
skritsprache, in Vergleichung mit jenem der griechischen, lateinischen,
persischen und germanischen Sprachen (Francoforte 1816), che lo consa-
cra come il fondatore della grammatica comparata. Ma gi nel 1820 si-
curo che il sanscrito sia una delle tante lingue imparentate e non il progenitore da cui esse
derivano. Nel suo lavoro iniziale Bopp si occupa esclusivamente di morfologia. Solo Ra-
smus Rask, e poi Jacob Grimm nel 1822, si interesseranno anche allo studio della fonetica.
Nel 1821 gli viene offerta una cattedra di professore straordinario presso lUniversit di
Berlino. Da qui, dopo unampia grammatica sanscrita, Ausfrliche Lehergebude der San-
scrit-Sprache (1827) e un glossario sanscrito-latino, Glossarium sanscritum (1830), comin-
cia a pubblicare nel 1833 una serie di edizioni della Vergleichende Grammatik des Sanskrit,
Zend, Griechischen, Lateinischen, Lithuaischen, Gothischen und Deutschen (1833-52), in
cui di volta in volta riconosce e aggiunge nel 1835 lo slavo, nel 1838 il celtico, nel 1854
lalbanese e nel 1857 larmeno. Bopp definisce il capostipite di queste lingue con il termine
indoeuropeo, secondo luso inglese Indo-European, piuttosto che indo-germanico, che era
invece luso tedesco.6

Friederich Diez (1794-1876), tedesco, nato a Giessen (Assia), inizia come lettore di lin-
gue e letterature romanze nel 1821 allUniversit di Bonn, dove prosegue anche come stu-
dioso di letteratura medievale romanza. Dal 1830 tiene a Bonn la prima cattedra di filologia
germanica, ma ispirandosi al modello delle grammatiche comparative di Bopp e storiche di
Grimm, redige una grammatica storico-comparativa delle lingue romanze, intitolata Gram-
matik der romanischen Sprachen (1836-44), che parallela a quella delle lingue germani-
che di Jakob Grimm. Nel 1854 pubblica lEtymologisches Wrterbuch der romanischen
Sprachen.
Diez considerato il fondatore della filologia romanza. Per quanto la sua opera dipenda
dallintuizione di Raynouard e dal metodo di Schlegel e di Bopp, Diez impiega per primo,
nel dominio romanzo, il metodo storico-comparativo che era stato usato nelle lingue indeu-
ropee e la cui lettura avrebbe trasmesso il metodo di lavoro anche ad Ascoli.

5
C. Tagliavini, Panorama di storia della linguistica, cit., p. 68 ss.
6
Cfr. G. Mounin, Storia della linguistica, cit., p.157; V. Pisani, Le lingue indeuropee, cit., p. 27.

22
III.2.2 Studiosi italiani

Nellelenco cronologico degli studiosi italiani1 che hanno influito largamente sulla for-
mazione culturale del giovane Ascoli comprendo anche lo storico Cesare Cant, che pur
non essendo un linguista stato citato nel suo saggio giovanile, e il semitista Samuel David
Luzzatto, che ebbe contatti diretti con il giovane goriziano.

Carlo Ottaviano Castiglioni2 (1785-1849), nasce a Milano, ma trascorre parte


dellinfanzia a Vienna, dove acquista unottima conoscenza della lingua tedesca. Tornato a
Milano continua lo studio delle lingue classiche e orientali e di molte lingue moderne tra
cui larabo, il turco e il persiano.
Negli anni successivi si serve di queste conoscenze linguistiche per occuparsi di studi
numismatici, di cui pubblica numerosi saggi e cataloghi. Chiamato in seguito da Angelo
Mai alla decifrazione di alcuni palinsesti ambrosiani, scritti primitivamente in gotico, nel
1819 pubblica il suo primo lavoro linguistico con il lungo titolo Ulphilae partium inedita-
rum in Ambrosianis palimpsestis ab Angelo Maio repertarum specimen coniunctis curis
eiusdem Maii et Caroli Octavii Castilionaei editum, cui seguir nel 1829 la pubblicazione
del testo gotico della seconda lettera di S. Paolo ai Corinzi, con versione latina, note e glos-
sario. Nel 1834 pubblicher la lettera di S. Paolo ai Romani e quella agli Efesini. Fino al
1839 continua le sue pubblicazioni del testo gotico delle lettere paoline, senza tuttavia
ricevere grandi lodi. Muore il 10 aprile 1849 a Cornigliano presso Genova.
Bernardino Biondelli compiler un elenco degli scritti editi e inediti di Castiglioni nella
sua opera Scritti linguistici nel 1856.
Dir di lui Domenico Santamaria3 Al Castiglioni che stato quasi ignorato da studiosi
e storici della linguistica spetta un posto di primo piano nellambito della linguistica prea-
scoliana ... La procedura del Castiglioni risulta segnatamente moderna rispetto a quella
adottata dagli altri studiosi italiani del tempo. Egli infatti pienamente consapevole che la
comparazione tra le lingue ... va condotta non solo a livello lessicale ma specialmente a li-
vello morfologico. pure consapevole che voci di lingue imparentate sono etimologica-
mente affini anche se si presentano diverse per forme e per significato, poich la ricerca
etimologica deve basarsi sulla applicazione delle leggi fonetiche. Di tale procedura non
verano validi modelli in autori italiani, bens nella linguistica europea del tempo... In de-
finitiva [Castiglioni] si distingue marcatamente da Biondelli, Cattaneo e da tutti gli altri
preascoliani, in quanto si rivela uno studioso pi orientato in senso tecnico della compara-
zione.

1
Cfr. S. Timpanaro, Classicismo e Illuminismo. cit.; D. Santamaria, G. I. Ascoli e la linguistica italiana del primo Otto-
cento, cit.; Id., Orientamenti della linguistica italiana del primo Ottocento, in The history of linguistics in Italy, edited by
P. Ramat et alii, 1986; P. Beninc, Piccola storia ragionata della dialettologia italiana, cit.
2
Cfr. A. Paredi, s. v., in Dizionario Biografico degli italiani, Roma, Istituto della Enciclopedia italiana fondata da G.
Treccani, 1962.
3
D. Santamaria, G. I. Ascoli e la linguistica italiana del primo Ottocento, cit., p. 244-45.

23
Francesco Cherubini4 (1789-1851), milanese, entra allet di sei anni nel ginnasio bar-
nabita di S. Alessandro a Milano. Nel 1805 diventa correttore presso la Reale Stamperia e
dal 1808 al 1815 collabora al Giornale italiano e ad altri periodici con articoli quasi sempre
anonimi. Si occupa in seguito di traduzioni dallinglese e dal tedesco, grazie alle quali ot-
tiene vari incarichi governativi e la direzione di una scuola di stato.
La paziente raccolta e lo studio di un vastissimo materiale dialettologico gli fruttano la
realizzazione nel 1814 del Vocabolario milanese-italiano, basato pi sulla lingua letteraria
che sulla lingua viva (a detta anche di A. Manzoni che se ne servir inizialmente per la ste-
sura dei Promessi Sposi) e di molti altri vocabolari dialettali, rimasti manoscritti, tra cui uno
sul friulano in tre volumi, segnalato anche da Ascoli nei Saggi ladini.5 Manoscritta rimase
anche la sua Dialettologia italiana, che voleva essere una descrizione generale di tutti i dia-
letti italiani, compreso il friulano, e una Raccolta di prediche evangeliche in dialetto friula-
no. Muore a Missaglia (Como) il 4 giugno 1851.

Pietro Monti6 (1794-1856), abate, si dedica ad opere che rivelano unimpostazione che
risente dellinfluenza di Cattaneo. Nel 1844 pubblica sul Politecnico larticolo Florilegio
di voci comasche, estratto da un Dizionario inedito della Diocesi Comasca e lanno succes-
sivo pubblica il Vocabolario dei dialetti della citt e diocesi di Como con esempi e riscontri
di lingue antiche e moderne. Si sa, dalla premessa di Cattaneo al Florilegio, che Monti era
curato di Brunate, paese alpino di 240 anime e in unaltra recensione sul Politecnico,
sempre Cattaneo ci rivela che Monti aveva curato ledizione italiana del poema spagnolo El
Cid. Nel 1856 pubblica il Saggio di Vocabolario della Gallia Cisalpina e Celtica.

Samuel Savid Luzzatto7 (Trieste 1800 - Padova 1865), dal 1829 alla morte fu professo-
re al Collegio rabbinico di Padova. Si dedic agli studi di lingua e letteratura ebraica, che
rinnov attraverso limpiego della moderna critica, cio scientifica. Tra le sue opere fon-
damentali di linguistica in italiano vi sono i Prolegomeni ad una grammatca ragionata
della lingua ebraica (Padova, 1836), la Grammatica della lingua ebraica (Padova, 1853-
69), gli Elementi grammaticali del caldeo biblico (1865) e commenti a diversi libri della
Bibbia, oltre a uno studio sulla poesia ebraica in Italia nel medioevo. Nei Prolegomeni, che
Ascoli, fanciullo di appena sette anni, figura di aver acquistato quasi certamente su consi-
glio del suo maestro di ebraico Samuel Vita Lolli8, Luzzatto mostra di conoscere il metodo
comparativo, ma ne rifiuta le conseguenze, ritenute pericolose per i principi dIsraele. Rite-
neva infatti ancora lebraico lingua santa, derivata direttamente dalla prima lingua del gene-
re umano9.

4
Cfr. F. Vittori, s. v., in Dizionario Biografico degli italiani, cit.
5
G. I. Ascoli, Saggi ladini, AGI I, 1873, p. 477.
6
Cfr. D. Santamaria, G. I. Ascoli e la linguistica italiana del primo Ottocento, cit., p. 221.
7
Cfr. G. Hugues, Di alcuni illustri semitisti e orientalisti della Venezia Giulia, in Studi goriziani XXIV, 1958, p. 51 ss.;
G. Lucchini, Graziadio Ascoli: per una biografia di un intellettuale, cit., p. 5. ss.
8
G. Lucchini, Graziadio Ascoli: per una biografia di un intellettuale, cit., p. 8.
9
G. Lucchini, Graziadio Ascoli: per una biografia di un intellettuale, cit., p. 6 e ss.

24
La sua traduzione del Pentateuco fece testo per oltre un secolo. Ha lasciato un ricco epi-
stolario ebraico, italiano, francese e latino di notevole interesse filologico e religioso, che
testimonia la sua statura di livello europeo nella scienza del giudaismo. Di mentalit il-
luministica, anche se credente, si mise in contrasto con le tendenze mistiche di E. Benamo-
zegh.

Carlo Cattaneo10 (1801-1869) milanese, inizia gli studi nel


seminario di Lecco, passando poi in quello di Monza, ma li prosegue nel
liceo S. Alessandro (lattuale liceo Beccaria) di Milano. Il 19 agosto
1824 consegue la laurea in giurisprudenza a Pavia. Nonostante il titolo
professionale, continua a fare linsegnante nel ginnasio S. Marta di
Milano, nel quale lavorava gi da quattro anni. Nel 1835 lascia
linsegnamento ginnasiale e inizia unattivit di libero giornalista,
collaborando tra laltro al periodico Annali universali di statistica
delleditore Lampato con numerosi articoli sui pi svariati argomenti come leconomia, la
storia, il diritto, le scienze tecniche e naturali.
Nel 1837 pubblica un saggio sul Nesso della nazione e della lingua valaca collitaliana,
del quale riferir pi dettagliatamente nel paragrafo IV.2.1. Intrecciando lattivit di studio-
so e di pubblicista con quella delluomo daffari, Cattaneo progetta e realizza a sue spese la
pubblicazione del Politecnico, periodico di cui si assume la direzione, continuando i temi
gi trattati negli Annali universali di statistica e aggiungendone di nuovi, tra cui la lin-
guistica. In questo dominio pubblica nel 1841 il saggio Sul principio istorico delle lingue
europee, in cui pone laccento sullimportanza dello studio dei dialetti, invitando gli studio-
si italiani a compiere apposite ricerche sui dialetti italiani che vanno confrontati con la lin-
gua nazionale, per notarvi somiglianze e differenze e arrivare a formulare delle ipotesi sulla
lingua di sostrato. Nel 1844 pubblica il saggio Sulla lingua e le leggi dei Celti. Conclusa nel
1844 lavventura del Politecnico, Cattaneo raccoglie negli anni seguenti il meglio della
sua produzione in tre volumi, che intitola Alcuni scritti.
Si pu inserire forse in questi anni anche la redazione di un manoscritto inedito,11 che
contiene interessanti appunti lessicali sul veneto e sul friulano e un inquadramento storico
delle due regioni, dal quale si pu dedurre una tacita intesa sulla distribuzione dei ruoli con
Bernardino Biondelli (vedi biografia pi avanti), gi collaboratore del Politecnico, che
si occuper invece dello studio di unaltra famiglia di dialetti italiani con il Saggio sui dia-
letti Gallo-italici del 1853.
Coinvolto, allinizio suo malgrado, negli avvenimenti politici milanesi del 1848, Catta-
neo diventa a un certo punto il vero animatore dellinsurrezione armata contro il governo
austriaco. Ma dopo pochi giorni si dimette dallincarico per incomprensioni con la compa-
gine filosabauda e riprende lattivit pubblicistica. Dopo pochi mesi di altri impegni politici
si ritira in volontario esilio a Castagnola presso Lugano, continuando dal Canton Ticino la
sua attivit pubblicistica e imprenditoriale.

10
Cfr. E. Sestan, s. v., in Dizionario Biografico degli italiani, cit.
11
Ora edito da Francesca Agnoletti, Appunti linguistici sul friulano in un manoscritto inedito di Carlo Cattaneo, tesi di
laurea, rel. Laura Vanelli, Universit di Padova, 2001.

25
Nelle elezioni del marzo 1860 viene eletto deputato nel V collegio di Milano, ma al Par-
lamento di Torino non andr mai credendo di essere pi utile alla sua causa con lazione
pubblicistica che non con quella parlamentare.
Il 21 gennaio 1861 rifiuta la cattedra che gli viene offerta allAccademia scientifico-
letteraria di Milano, perch - dice - impegnato alla rinascita della rivista Il Politecnico,
nella quale riprende freneticamente a scrivere di tutto, dalla filosofia alleconomia, dalla
politica dei trasporti alle questioni militari, e ancora di linguistica, storia, geografia e mol-
tissimi altri argomenti. Nel 1865 si dimette anche dallincarico di professore nel liceo di
Lugano. Si spegne a Lugano il 5 febbraio 1869.
La figura di Cattaneo sar inquadrata da E. Sestan con questo giudizio: Due pensieri
sembrano dominare la mente del Cattaneo: il rifiuto di ogni metafisica; lidea e la fede nel
pogresso.12
Nella prospettiva politica di Cattaneo, la Svizzera e gli Stati Uniti dAmerica sono i
modelli, e giunge ad augurarsi il giorno che lEuropa potesse, per consenso repentino, farsi tutta simile alla
Svizzera, tutta simile allAmerica, quel giorno chella si iscrivesse in fronte: Stati Uniti dEuropa.13 Per lui il sistema fe-
derale non soltanto discende da tutta la storia dItalia, ma lunico che possa garantire
lesercizio della libert, contro le tendenze sopraffatrici centralistiche e burocratiche. E in-
fatti, alla fine del 1859, suggerisce Arrischiate, accettate, rifate a voto universale le quattro assemblee; poi fate un
Congresso federale in Roma - Stati Uniti dItalia; e avete un modello bello e grande e tutte le questioni gi sciolte dallesempio e
dalla pratica di ottantanni14 con allusione al modello statunitense. Secondo lui un Parlamento centrale, che
egli chiama congresso, doveva occuparsi solo dei problemi generali, ma per il resto ogni fra-
tello padrone in casa sua. Quando ogni fratello ha casa sua, le cognate non fanno liti.15
Di Cattaneo linguista essenziale ricordare la sua insistenza sullimportanza dello studio
dei dialetti, che egli definisce unica reliquia dei tempi primitivi, allo scopo di scoprire le an-
tiche stirpi che abitavano la penisola italica. Importanti sono le sue intuizioni principali in
campo linguistico - accettate spesso in seguito anche dagli specialisti della materia - quali la
netta distinzione tra affinit linguistica e affinit razziale, lopposizione alla teoria del mo-
nogenismo linguistico, e la teoria del sostrato, dapprima avversata, ma poi accettata anche
da Ascoli maturo, una volta diventato il pi importante linguista italiano.16

Bernardino Biondelli17 (1804-1886), veronese, insegna matematica, storia e geografia


nelle scuole venete. Stabilitosi a Milano nel 1839 collabora al Politecnico di Carlo Catta-
neo con i saggi Sullo studio comparativo delle lingue e Sullorigine e lo sviluppo della lin-
gua italiana, oltre a varie recensioni, tra cui la Grammatica di tutte le lingue germaniche
del Dott. Grimm, del 1840.

12
E. Sestan, s. v., in Dizionario biografico degli italiani, cit., p. 434.
13
C. Cattaneo, Scritti storici e geografici (a cura di G. Salvemini-E. Sestan), I-IV, Firenze, 1957, II, p. 178 e ss.
14
C. Cattaneo, Epistolario (a cura di R. Caddeo), I-IV, Firenze, 1949-56, III, p. 231.
15
C. Cattaneo, Epistolario, cit., III, p. 373.
16
Cfr. S. Timpanaro, Classicismo e Illuminismo nellOttocento italiano, cit.
17
Cfr. T. De Mauro, s. v., in Dizionario biografico degli italiani, cit.; Beninc, Piccola storia ragionata della dialettolo-
gia italiana, cit.

26
Raccoglie diversi articoli di linguistica indeuropea e sulle lingue germaniche, apparsi sul
Politecnico tra il 1839 e il 1845, sotto il titolo Studii linguistici, che ristampa senza revi-
sioni, attirandosi per questo il rimprovero di Ascoli, che lo accusa di scarso aggiornamento
bibliografico. Nel 1841 pubblica Sullo svolgimento delle lingue indoeuropee, che egli in-
tendeva come primo passo di un progettato Atlante linguistico dEuropa, destinato per a
rimanere un progetto incompiuto.
Oltre agli interessi indeuropeistici, Biondelli si occupa anche di dialettologia italiana,
pubblicando nel 1845 il saggio Della linguistica applicata alla ricerca delle origini italiche
e nel 1846 gli Studii sulle lingue furbesche. Sempre nel 1846, probabilmente sulla scia
dellinvito lanciato da Cattaneo nel 1841 con il suo Principio istorico delle lingue europe-
e, scrive per lEnciclopedia Pomba Lingue e dialetti dItalia, in cui suddivide i dialetti in
otto famiglie: carnica, veneta, gallo-italica, ligure, tosco-latina, sannitico-iapigica, lucano-
sicula, sarda. Analizza quindi una di queste famiglie, quella gallo-italica, che comprende i
dialetti lombardi, piemontesi ed emiliani, raccogliendo numerose versioni dialettali della
parabola del figliol prodigo e che inizia a pubblicare nel 1853 sotto il titolo Saggio sui dia-
letti Gallo-italici, che pu essere considerato il suo lavoro pi importante.
Altri interessi di Biondelli sono larcheologia e la linguistica delle culture precolombiane
dAmerica e la numismatica, cui dedica alcune pubblicazioni, tra cui lEvangelarium, epi-
stolarium et lectionarium Aztecum (Milano 1858), e il Glossarium Azteco-Latinum et Lati-
no-Aztecum (Milano, 1869).
Nel 1859 viene nominato professore di archeologia presso lAccademia scientifico-
letteraria di Milano, trovandosi lanno seguente collega di G. I. Ascoli e conservando la cat-
tedra fino al 1884.
Muore a Milano l11 luglio 1886.

Cesare Cant18 (1804-1895), comasco, professore nei ginnasi di Sondrio, poi di Como,
e infine di Milano, destituito e incarcerato dal governo austriaco nel 1833-34 sotto
laccusa di connivenza coi cospiratori liberali. Esule a Torino dal 1848, aderisce al neoguel-
fismo e, deputato alla Camera dal 1861 al 1867, ne sostiene le tesi. La sua produzione sto-
riografica e letteraria vastissima: oltre 500 scritti di varia mole e di varia indole, a comin-
ciare dalla novella in versi Algiso (1828) con la quale ribadisce la sua adesione al romanti-
cismo; seguono una Storia della citt e della diocesi di Como (1829-31) e la Lombardia nel
sec. XVII (1832), che illustra e commenta i fatti storici narrati nei Promessi Sposi. In car-
cere comincia a comporre il romanzo storico Margherita Pusterla (1838) che incontra una
eccezionale popolarit. Nel 1838 incomincia anche la pubblicazione della sua opera pi
monumentale, la Storia universale (35 volumi, dal 1838 al 1846), di cui curer successiva-
mente altre nove edizioni e che avr una significativa influenza sullAscoli giovinetto, che
vi trover indicati e commentati molti linguisti sette-ottocenteschi.19
Delle innumerevoli altre sue opere storiche si ricordano ancora solo Gli eretici dItalia,
la Storia degli Italiani (1854-56, in 6 vol.), la Storia di cento anni (1750-1850) del 1851.
Tra il 1857 e il 1861 dirige la pubblicazione della Grande illustrazione del Lombardo-
Veneto. Nel 1865 escono le sue Storie della letteratura greca, latina e italiana.
18
Cfr. F. Della Peruta, C. Marcora, E. Travi (a cura di), Cesare Cant nella vita italiana dell'Ottocento, Milano, 1985.
19
Cfr. I. Bonomi, Note sulla formazione e gli interessi linguistici del giovane Ascoli, in Parallela 5, Atti del VI convegno
italo-austriaco dei linguisti a cura di M. Dardano et alii, Milano, Bulzoni, 1995, p. 35.

27
Gabriele Rosa20 (1812-1897), iseano, frequenta il ginnasio privato di don Archetti, ma
dopo la morte della madre abbandona gli studi per la necessit di aiutare il padre nel suo la-
voro di panettiere. Continua tuttavia a studiare da solo, nelle poche ore giornaliere concesse
dallattivit familiare.
Ben presto comincia a collaborare alle pi importanti riviste del tempo, dal Politecni-
co alla Rivista europea con larticolo Della geografia e della storia dellantica Italia si-
no alla dominazione romana (1844), al Giornale Euganeo di Padova con La pianura
lombarda conquistata dai Galli (1845).
Nel 1847 pubblica sulla Rivista europea un articolo sulle Vicende delle lingue in rela-
zione alla storia dei popoli dove, rifacendosi esplicitamente alle ricerche linguistiche di
Cattaneo, afferma lidea che lo sviluppo delle lingue non pu essere spiegato sulla base di
fattori di carattere etnico e razziale. Ritiene poi che lassimilazione del latino tra i popoli
sottomessi allimpero romano non si svolse uniformemente, ma in modo proporzionale allo
stato di avanzamento delle singole culture, che conservarono elementi linguistici riscontra-
bili oggi nei dialetti, preziose reliquie delle lingue romane. Le differenze tra gli elementi
fonetici, morfologici e lessicali dei diversi dialetti offrono, secondo Rosa, spunti estrema-
mente interessanti per lo studio dei popoli dellItalia antica. Al contrario le somiglianze non
sono che la dimostrazione di una comune influenza esercitata successivamente dal latino.
Rosa tratta di preferenza temi storici, con spiccata predilezione per le opere dei grandi
linguisti tedeschi: da Jacob Grimm a Wilhelm Humboldt. Lo appassionano soprattutto gli
studi sulle popolazioni europee in et anteriore al dominio romano. convinto che le vi-
cende storiche dei popoli siano frutto di stratificazioni successive, generate da continui con-
tatti con altre realt particolari. Si sofferma in particolare sullanalisi degli elementi caratte-
rizzanti lorigine e lo sviluppo di popolazioni come gli umbri, i celti, i galli. Sostiene il con-
cetto di lingua come libera produzione umana, negandone ogni innatismo.
Nel 1850 pubblica il saggio Documenti storici posti nei dialetti, nei costumi, nelle tradi-
zioni e nelle denominazioni de paesi intorno al lago dIseo.
La predilezione per le ricerche filologiche e linguistiche sono alla base dellamicizia con
il giovane Ascoli, incontrato nel 1852 in occasione del suo viaggio nelle diverse province
italiane alla ricerca di consensi e aiuti finanziari per sostenere la pubblicazione degli Studi
orientali e linguistici. Rosa lunico fra gli studiosi incontrati da Ascoli ad offrirsi nella
compilazione degli Studi orientali. del 1855 il lavoro Dialetti, costumi e tradizioni delle
provincie di Bergamo e di Brescia.

20
G. Rosa, Autobiografia, Brescia, 1912.

28
IV. Fonti e modelli del saggio di Ascoli

IV.1 Le grammatiche storiche prima di Ascoli

Bench fosse cronologicamente possibile, vedremo in questo paragrafo che Ascoli, al


tempo del suo Schizzo storico filologico, non conosceva o non ha utilizzato le grammatiche
comparative che iniziavano a circolare per le Universit europee proprio in quegli anni. I
primi studi sul sanscrito e le sue comparazioni con le lingue classiche (e poi con le altre
lingue europee), erano opere in gran parte di studiosi tedeschi, e si deve al loro lavoro se
questa nuova disciplina si svilupp velocemente, incontrando un vasto interesse, soprattutto
in Germania.
Il paradosso curioso rappresentato dal silenzio della scienza francese in fatto di gram-
matica comparata, che si protrasse per pi di cinquantanni, nonostante il fatto che Franois
Raynouard avesse anticipato i romanisti tedeschi nella sua Grammaire compare des lan-
gues latines (1821). Si sa infatti che i francesi non ignoravano la grammatica comparata e-
laborata dai tedeschi, ma la rifiutarono decisamente, almeno fino alla guerra franco-
prussiana (1870), quando i giovanissimi Gaston Paris e Paul Meyer, adepti della scienza
tedesca, verranno nominati alla IV sezione dellEcole des hautes tudes.
Questa singolare contraddizione si spiega col fatto che la linguistica storica si sviluppava
grazie allenergica influenza di Wilhelm von Humboldt e al clima del romanticismo tede-
sco, che era interamente vlto alla scoperta e allesaltazione del passato nazionale, contro
linerzia del classicismo francese.
in questo ambiente che emerge il ruolo della lingua tedesca nel suo confronto con il
sanscrito e proprio da questo legame viene coniato il termine indogermanico, che vuole sot-
tolineare indirettamente (ma con fermezza) la chiarezza inequivocabile delle origini tede-
sche. Questo orientamento, che talvolta caratterizzer infaustamente le pieghe di certa filo-
sofia germanica fino al Novecento, si opponeva con rigoroso puntiglio alle convinzioni
classiciste (non solo degli ambienti culturali francesi) che sostenevano lindiscutibile sepa-
razione dellelemento germanico - ritenenuto di provenienza barbarica - da quello di ori-
gine greco-latina.
Operare in questa sede una approfondita ricerca sulle teorie linguistiche del primo Otto-
cento che possono aver influenzato il giovane Ascoli, unimpresa ardua, che pur presen-
tandosi interessante, prevarica decisamente gli scopi del mio lavoro. Ciononostante essa
non mi dispensa da uno sguardo sintetico e allo stesso tempo esauriente dei fatti principali.
Come si vedr meglio in seguito, Ascoli dimostra s di possedere alcune basi di lingui-
stica indeuropea, ma anche di ignorare il metodo comparativo basato sul confronto degli e-
lementi morfologici. Questo era stato enunciato (anche se in modo sintetico), fin dal 1808,
dallopera di Friedrich Schlegel, Sulla lingua e la sapienza degli Indiani, e confermato po-
co dopo da Rasmus Rask e da Franz Bopp nelle loro colossali e sistematiche grammatiche
comparate delle lingue indeuropee. Le competenze di indoeuropeistica di Ascoli non pote-
vano derivare dalla lettura dei due studiosi tedeschi e men che meno di Rask, che aveva
scritto in danese unopera che probabilmente Ascoli non sarebbe stato in grado di leggere.
Il fatto che il saggio ascoliano rimane sostanzialmente ancorato al metodo del confronto
lessicale.

29
Se si restringe il campo alla romanistica, egli poteva avere a disposizione La Grammaire
compare des langues latines (1821) di Franois Raynouard, il quale esponeva il suo meto-
do comparativo sugli elementi principali del lessico, cio lunghi elenchi di parole, e sui
fatti morfologici e di sintassi. Da questa lettura per Ascoli avrebbe ereditato anche la stra-
na concezione del provenzale, che Raynouard considerava il capostipite delle lingue ro-
manze,1 ma Ascoli non fa mai cenno a tale lingua n al suo singolare ruolo. Non resta che
ricordare lopera di Friedrich Diez, il quale aveva cominciato a pubblicare nel 1836 la sua
Grammatik der romanischen Sprachen (1836-1844), continuandovi lopera di Raynouard e
le indicazioni di Schlegel, ma temprate dalla rigorosa lezione di Grimm (che nel 1819 ave-
va pubblicato il primo volume della Deutsche Grammatik, una grammatica comparata delle
lingue germaniche), la cui lettura avrebbe trasmesso il metodo di lavoro anche ad Ascoli.
Egli tuttavia ignorava certamente queste fonti, e questa sicurezza ci viene dallelenco della
sua biblioteca, nel quale queste opere non risultano inserite prima del 1849,2 e da una lettera
che lo stesso Ascoli scrisse il 15 luglio 1847 allamico Filosseno Luzzatto I miei studj su
filosofia delle lingue ecc. datano dal 18 giugno dellanno scorso.3 Tutto fa pensare che il
giovane studioso goriziano si sia avvicinato alla progettazione del suo breve saggio senza
una precisa guida tecnica, ma sullonda di uneco di voci che rimbalzavano attraverso i
vari centri culturali europei senza una meta precisa e senza una nitida costruzione scientifi-
ca.
Oltre alle grammatiche comparative, dobbiamo considerare la possibilit che Ascoli co-
noscesse il primo studio di Cattaneo Del nesso fra la lingua valaca e litaliana (1837), che
probabilmente avr letto solo dopo il 1846, anno di pubblicazione del suo Idioma. Di certo
non conosceva il Paralelism ntre dialectele romn i italian (Bucarest 1841) di Ion Helia-
de Rdulescu, il quale affermava che rumeno e italiano, anzich due lingue somigliantissi-
me, devono essere considerate come due dialetti di una stessa lingua,4 tesi che aveva circo-
lato anche precedentemente.
A fronte di queste osservazioni, lunica attribuzione positiva da concedere al giovane
Ascoli che il suo contributo risulta il primo studio comparato tra il friulano - che era anco-
ra ben lungi dal possedere la dignit di lingua - e il rumeno.

1
Da notare la strenua opposizione dei francesi alle teorie basate sulla lingua sanscrita.
2
Cfr. il par. II. 4 sulla giovinezza di Ascoli.
3
G. I. Ascoli, Raccolta delle composizioncelle fatte nelle ore di distrazione da G. I. Ascoli dalla sua pi tenera fanciul-
lezza in poi, Fondo Ascoli, tomo II, p. 106.
4
C. Tagliavini, Un frammento di storia della lingua rumena nel secolo XIX. Litalianismo di Ion Heliade Rdulescu, Ro-
ma, 1926, pp. 30-31.

30
IV.2 Il rumeno

Nel prologo del suo saggio, Ascoli dichiara di essere rimasto colpito dalla grande affinit
tra il friulano e il rumeno. Questo motivo sembra sufficiente alla sua curiosit per dedicarsi
allanalisi dei rapporti tra le due lingue attingendo alle fonti inesauribili dellistoria. E sinceramente
soddisfatto e appagato dalla sua ricerca, ritiene di renderne partecipe anche il pubblico.
Grazie a questa decisione ora siamo in grado di esaminare il suo lavoro. Ma da chi trasse
realmente lo spunto per avventurarsi in unimpresa se non altro cos singolare, soprattutto
per i suoi tempi?
Ascoli aveva la fortuna di trovarsi a stretto contatto con illustri personalit di Gorizia,
che influirono sicuramente sui suoi interessi storici e linguistici, come Isacco Samuele
Reggio e don Stefano Kocjani (come si vede sia di area israelitica che cattolica), che gli
avranno facilitato la lettura di pubblicazioni provenienti da Milano - che in quegli anni si
trovava ancora sotto il dominio austriaco - o da Vienna.
I primi decenni infatti dellOttocento erano gli anni di una ricca ed esplosiva fioritura di
vocabolari dialettali in tutto il territorio italiano, ad opera di insigni studiosi appassionati di
questioni linguistiche (redatti per scopi essenzialmente didattici), e non si pu escludere che
Ascoli non ne abbia mai sentito parlare. Non possiamo dimenticare poi il primo lavoro di
comparazione storico-linguistica, Del nesso tra la lingua valaca e litaliana, realizzato da
Carlo Cattaneo e pubblicato a Milano nel 1837, mentre sullo sfondo europeo erano compar-
si da qualche anno numerosi studi - in gran parte pubblicati in Germania - dei grandi pio-
nieri della linguistica europea (cfr. il cap. III), di cui il giovane Ascoli avr forse ricevuto, al
tempo, qualche prima informazione.

IV.2.1 Cattaneo e il rumeno

Tra i suoi primi saggi, Carlo Cattaneo ne scrisse uno, nel 1830, di linguistica comparata,
intitolato Nesso della nazione e della lingua valaca collitaliana, che usc nel 1837 a Mila-
no negli Annali universali di statistica. Fu ripubblicato nel 1846 da Cattaneo stesso nel
primo volume di Alcuni scritti col titolo Del nesso fra la lingua valaca e litaliana.1 Il testo
diviso in otto brevi capitoli che parlano con uno stile discorsivo (ma in modo poco orga-
nico) della storia e della lingua dei rumeni.
Tra le nazioni che ad onta dei favori duna prodiga natura, ad onta dun bel cielo, di fertili campagne e di larghi fiumi gia-
ciono da secoli sepolte in oscura e misera esistenza, lantichissima gente valaca. Cos inizia Cattaneo il primo
capitolo e continua dicendo Eppure ella non era venuta da stato barbaro ad artificiale e comandata civilt. Dal cuore
dellimperio romano furono condutti i coloni e apportarono seco agricoltura, arti, lettere e leggi civili tra i barbari della Dacia. La
loro stirpe si perpetu; la loro lingua assorb le favelle indigene, e si conserva ancora; e di tutte le figlie della latina nessuna da
molti lati pi simile alla madre. Poi aggiunge poco pi avanti che invece di splendide ed eleganti opere
dingegno i Valachi altro non produssero finora che lavori grammaticali ... Tre alfabeti e forse quattordici diversi sistemi
dortografia dividono fra loro i pochi letterati e i pochissimi libri.

1
Raccolto nel 1948 in Scritti letterari, artistici, linguistici e vari da Bertani, Firenze, Le Monnier.

31
Continua poi una serie di riflessioni su temi che oscillano dalla storia della lingua rume-
na alla filologia romanza. Come quando afferma che Uno scrittore, osservando che il valaco per molti lati
ritrae pi dal latino che non il moderno italiano, disse stimar egli che quando Dante, Boccaccio e Petrarca dai barbarismi
longobardici e gallici e dalle reliquie del latino familiare non avevano ancora composto questa nuova lingua italica tutta elegante
e quasi divina, il linguaggio valaco doveva essere per tutto simile allitaliano ... Egli indubitato per che se la lingua dacoroma-
na o valaca non saccosta al latino pi dellitaliano, ella saccosta ed al latino ed allitaliano commune pi di molti dialetti dItalia,
quali si parlano dagli uomini culti di molte cultissime citt.
Verso la fine del capitolo passa alla storia della popolazione rumena, dicendo che essa
discende dagli antichi Daci, Mesi e Geti commisti ai coloni romani e prosegue con una breve descrizio-
ne della conquista di Traiano. Ma subito inserisce una interessante osservazione etimologi-
ca e storica sul nome Valachi, che riporter pi in dettaglio nel par. IV.2.3 (Il termine va-
laco). Tutte queste osservazioni di Cattaneo risultano ancora oggi esatte, e possono essere
considerate unanticipazione del ricco quadro che ci offre Carlo Tagliavini nel suo saggio
Origini delle lingue neolatine (Bologna 1962).
Nel secondo capitolo passa ad esaminare pi direttamente i rapporti tra litaliano e il ru-
meno, anticipando alcuni ragionamenti sulla parentela linguistica in generale. Dalla somi-
glianza che risiede solo nel dizionario (noi diremmo il lessico), come quella tra linglese e
le lingue romanze, passa alla descrizione della somiglianza grammaticale, quella cio che
sopravive anche quando tutto il dizionario della lingua si muta, come nel caso dellinglese con il tedesco.
Ma c anche - continua - la parentela che comprende sia il dizionario che la grammatica,
ed il caso del rumeno e litaliano. Per confermare le sue dichiarazioni elenca dapprima
una lunga serie di affinit lessicali, notando anche le eventuali discordanze fonetiche in re-
lazione alla voce latina da cui provengono le voci rumene e italiane, notando ineccepibil-
mente per esempio gli esiti del nesso latino CT di nocte, octo, pectine, luctare nellitaliano notte,
otto, pettine, luttare e nel rumeno nopte, opto, peptine, luptare.
Nel terzo brevissimo capitolo prende in considerazione il tema dei prestiti stranieri che
giustifica con lintreccio della sovrapposizione dei popoli nel corso della storia. In partico-
lare il passaggio dalla dominazione latina di Roma a quella greca di Costantinopoli deter-
min lentrata in rumeno di numerosi grecismi, come sografu pittore, dascalu maestro,
cusutoriu stagno, icona immagine, calogeru frate, ecc.
Nel quarto capitolo entra nel vivo della questione che riguarda leventuale influsso lin-
guistico delle dominazioni barbariche che interessarono il territorio rumeno. Dopo un pre-
ludio degli avvenimenti storici che videro lavvicendamento di popolazioni germaniche,
senza tralasciare a volte ricchi e interessanti particolari, conclude che i rumeni si trovarono
a convivere nelle medesime regioni con ungari, slavi, turchi, zingari e sassoni. E aggiunge
subito che tale convivenza era basata sullodio vicendevole, sulla diffidenza e sul disprezzo,
oltre che sulla diversit delle lingue e delle religioni. Cattaneo finisce il capitolo illustrando
un breve elenco di voci straniere entrate nel lessico rumeno, come quelle gotiche, slave,
turche e ungheresi. Anzi talvolta un solo oggetto significato con due vocaboli, luno nazionale, laltro straniero; ... un
nobile ora nobilu, ora nemisciu; invece di repausare (riposare), si dice anche hodignire; invece di pericolosu si dice primesdiosu;
invece di patientu si dice bolnavu.
Nella stesura del sesto capitolo prende finalmente in esame la vera e propria
comparazione morfologica tra il rumeno e litaliano. Decisamente originale e acuta, per i
tempi, losservazione di Cattaneo sulla posizione dellarticolo: singolare ed esclusiva propriet
del valaco che mentre litaliano, il francese e lo spagnolo prepongono larticolo, il valaco lo pospone ai nomi, anzi lo inserisce tra

32
il nome e laggettivo. Non solo, cercandone la spiegazione dimostra di sapere anche che Luso di
posporre gli articoli commune a qualche altro linguaggio, al basco, per esempio e allislandese; ed eziandio ai linguaggi di due
popoli confinanti col valaco, cio lalbanese e il bulgarico, rivelandosi con questultima osservazione un
autentico precursore della linguistica balcanica. Prosegue poi la sua riflessione sui fattori
che possono aver determinato il fenomeno dellarticolo posposto, per inserire alla fine del
ragionamento la polemica sui rapporti di connessione tra laffinit linguistica e laffinit
razziale. Cattaneo fermamente determinato a dimostrare che tale connessione non esiste,
dicendo tra laltro che questa maniera di classificar le nazioni su la sfumata simiglianza duna sola forma grammaticale
troppo ardita, riferendosi proprio alla posizione dellarticolo. Svolge quindi tutto il resto del
capitolo esaminando via via le singolari caratteristiche dei pronomi personali rumeni, la
confluenza dei casi, la formazione dei plurali, la costruzione del futuro con il verbo voiire
(in realt cio voi + infinito, da VOLO) e altro ancora.
Dedica il settimo capitolo alla fraseologia del rumeno, illustrando una lunga serie di trat-
ti di colloquio famigliare, affiancati dalla versione italiana.
Espone infine nellottavo capitolo una sequenza di grammatiche rumene, commentando-
ne il percorso storico ed esprimendo il suo giudizio sugli aspetti che ritiene pi rilevanti.
molto bene informato sulla grammatica del medico Johann Molnar, della quale dice che fu
stampata a Vienna nel 1788 e il cui autore giudic bene di scrivere ogni voce valaca con ambo gli alfabeti lati-
no e cirillico. Aveva infatti anticipato allinizio del capitolo che le prime pubblicazioni sulla
lingua rumena apparvero a Venezia nel 1770, ed erano il lessico quadrilingue di Daniele Moscopolita, e il
glossario trilingue di Caballiotti; ma erano ambidue in greca scrittura.
Aggiunge poi che nel 1780 Giorgio Scinkai2 public in Vienna gli Elementa linguae daco-romanae di Samuele
Klein, adattando al valaco le lettere latine per zelo di catolicismo, giacch i partigiani della religione greca e riformata si fanno
dovere dadoperar lalfabeto cirillico. Questo alfabeto fu inventato dai missionari Cirillo e Metodo pei cristiani Slavi delle rive del
Danubio, verso la fine del secolo IX; e sette secoli dopo fu dai Valachi riformati applicato alla loro lingua nei libri sacri.3
Cattaneo continua dicendo che il cirillico aveva non meno di 44 lettere, alle quali i ru-
meni ne aggiunsero altre due, perch hanno il vantaggio di poter esprimere senza composizioni e contorsioni
molte preferenze che il nostro alfabeto non raggiunge. Per esempio distinguono i due z, il ronzante e il tagliente, come gi voleva
il nostro Trissino; e parimente distinguono le due s; distinguono il k dal c aperto; il gh chiuso da g parimente aperto; ed indicano
molti altri suoni cio il th greco, il ch aspirato, il sci, il j francese, ln nasale, il gni, il gli; e il suono composto sct, simile al tede-
sco scht. Fu in quellalfabeto che nel 1787 il boiaro Vacarescu stamp a Rimnico le sue Osservazioni sulla lingua Valaca.
Nella lunga elencazione delle grammatiche e dei dizionari rumeni, Cattaneo accenna an-
che alla ristampa della grammatica di Molnar uscita a Hermannstadt (attuale Sibiu) nel
1810, e come vedremo proprio questa ledizione che verr utilizzata, e citata in nota, da
Ascoli. Molto interessante la considerazione che Cattaneo esprime verso la fine del capito-
lo, riguardo alla questione della grafia: Quanto alla scrittura dei tre alfabeti, il greco affatto insufficiente, il
cirillico troppo esclusivo e tende troppo a isolare la nazione; il latino offre luso pi facile, pi elegante, men dispendioso per-

2
Cio Gheorghe incai, rappresentante della scuola di Transilvania, come pure Samuel Micu-Klein.
3
In realt lalfabeto glagolitico che deve essere considerato la vera creazione originale di Cirillo, che in alcuni casi sem-
bra ispirarsi alla scrittura greca minuscola (sviluppatasi in et posteriore, prima nei papiri e poi, solo dal IX secolo dopo
Cristo, nei manoscritti su pergamena) e ad altri alfabeti. Oggi si sa che lalfabeto cirillico una trasformazione successiva
del glagolitico e si basava sulla scrittura greca onciale (greco maiuscolo usato sia nelle iscrizioni, che nei papiri). Cfr. N.
Radovich, Introduzione allo slavo ecclesiastico antico, Istituto di Filologia Slava, Universit di Padova, 1982, p. 16.

33
ch applicabile ad altre lingue, pi commodo agli stranieri, e utile ai nazionali; e basterebbe aggiungervi qualche segno in pi,
come gli Europei occidentali han gi fatto introducendo le lettere J, K, W, ed U, perch bastasse alla certezza dei suoni e per facile
comprensione del vulgo.
Considerando che in effetti luso dellalfabeto latino venne introdotto in Romania nel
1840, losservazione di Cattaneo suona come una profezia che si sarebbe presto realizzata.

34
IV.2.2 La Grammatica rumena di Ion Molnar

Come abbiamo gi accennato, Ascoli, in nota a pagina 15


del suo saggio, dichiara di servirsi, per la realizzazione del
suo Idioma, della Grammatica valaca-tedesca di Molnar,
stampata a Hermannstadt (oggi Sibiu, in Transilvania, ora in
Romania, allora invece in Ungheria) nel 1810, senza per ag-
giungere nientaltro.
Ma gi dalla lettura del cap. VIII dellopera di C. Cattaneo
Del Nesso fra la lingua valaca e litaliana si riesce a trovare
qualche altra informazione sulla grammatica usata da Ascoli.
Si tratta dellopera di Johann Molnar stampata la prima volta
a Vienna nel 1788 e ristampata a Hermannstadt nel 1810. Il
vero nome di Molnar era Ion Piuariu, ed era un colto oculista
rumeno di Cluj, magiarizzato.
Risultate presto infruttuose le ricerche di questa gram-
matica presso le biblioteche italiane, il professor Lorenzo
Renzi ha ritrovato un esemplare della stampa di Vienna (1788) presso la biblioteca univer-
sitaria di Cluj, in Romania, procurandomene una fotocopia. Pur non trattandosi della ri-
stampa di Sibiu (1810), ritengo che questa differenza non dovrebbe essere grave ai nostri
fini.

La grammatica di Ion Molnar Piuariu, che si presenta molto voluminosa, intitolata


Deutsch-Walachische Sprachlehre ed scritta in lingua tedesca con caratteri gotici. Dopo il
primo capitolo, dedicato, come vedremo pi in dettaglio nel paragrafo seguente, allaspetto
fonetico, prosegue come in una regolare grammatica normativa, sviluppando prima la parte
morfologica, seguita poi da una ricca parte lessicale organizzata per temi, da esercizi di
conversazione e da brevi racconti. Il testo rumeno sempre scritto in alfabeto cirillico1 e
poi in quello latino.

IV.2.2.1 La grafia rumena di Molnar

Nel primo capitolo Molnar descrive con grande precisione tutti gli elementi utili alla cor-
retta comprensione dellalfabeto cirillico. Elenca dapprima le lettere cirilliche, affiancate
dal loro nome con grafia latina. Poi ad ogni lettera associa il relativo suono, presentando
una parola rumena che lo contiene, scritta in caratteri cirillici e latini, seguita dalla tradu-
zione tedesca in caratteri gotici. Nel caso di fonemi che non hanno corrispondenza tedesca
(come per es. /Z/ e /dZ/), Molnar rinvia allequivalente francese o ungherese o latino, speci-
ficando anche i relativi esempi con le parole della lingua corrispondente, scritte in caratteri
latini.

1
Lalfabeto cirillico si basava sulla scrittura greca onciale (greco maiuscolo usato sia nelle iscrizioni, che nei papiri). N.
Radovich, Introduzione allo slavo ecclesiastico antico, cit., p. 16.

35
Nel terzo capitolo illustra gli accenti e la punteggiatura, specificandone luso, che corre-
da sempre con degli esempi. Tutti gli esempi rumeni sono sempre presentati in grafia ciril-
lica e latina, seguiti dalla traduzione tedesca.
Molnar illustra con accurata precisione la fonetica del rumeno partendo dalla resa grafica
del vocalismo, in cui presenta per prima la vocale , che pu valere [e] quando ha
laccento, oppure [e] se non ha laccento. Con il termine accento, indico un accento grafi-
co speciale di Molnar, con doppio apice, che egli pone sopra la lettera cirillica. In questo
caso con laccento doppio [purtroppo la grafica digitale del mio software non mi per-
mette di scrivere la con il doppio apice].
Con il segno Molnar indica la vocale e centralizzata, corrispondente allodierna
[.], i cui esempi sono moat/moart (attuale moart, morta). Il segno viene traslittera-
to con una , cio una e sovrapposta da una breve linea verticale.
Con il segno indica le attuali vocali centrali non labializzate rumene , , cio [4], tra-
slitterate con il segno . Lesempio a/mna (attuale mna, la mano).
Rispetto allalfabeto cirillico applicato allo slavo, Molnar usa anche il segno , utilizzato
nella grafia cirillica del rumeno (fino al 1840), per indicare la vocale seguita dalla nasale
n. Il valore di questo suono quindi [4n] e lesempio associato pt/ndrpt (attuale
ndrt, indietro).
Per il consonantismo, le cose si complicano un po di pi. Troviamo il segno cirillico ,
che egli spiega wie ein gelindes [cio lenito] Sch, seguito dallesempio ek/schudek (attuale
judec, giudico). Lassenza di questo fonema in tedesco metteva in difficolt Molnar, che
pu far ricorso con pi fortuna al francese e allungherese. Aggiunge subito dopo infatti o-
der wie im Franzsischen j, juger, jaloux, und im Ungarischen zs, mzsa. Nella traslitterazione latina quindi
Molnar rende il segno con sch, per indicare la spirante palatale sonora [Z], che in rume-
no moderno si scrive j.
Ma Sch indica naturalmente anche la traslitterazione della spirante palatale sorda [S] che
rappresentata dal cirillico . Lesempio Zo/schesu (attuale es pianura), und das Un-
garische s, als sereg. La corrispondente grafia moderna .
La lettera cirillica corrisponde allaffricata dentale sorda z [ts]. Lesempio e/zie
(attuale ie, a te) und wie im Ungarischen das cz, als czegr. Anche qui la traslitterazione rumena di
Molnar del segno con z pu dar luogo a facili malintesi, perch il segno latino z poliva-
lente, dato che esso comprende sia la versione sorda che quella sonora. Saggiamente, la
scelta di Molnar di procedere con luso di entrambe le grafie, cirillica e latina, contribuisce
a dissolvere ogni dubbio. La traslitterazione attuale del cirillico il rumeno .
La lettera cirillica Z viene spiegata wie das deutsche S (cio s sonora) e dallesempio
Zk/sik (attuale zic, dico), und im Ungarischen das z, zld. Si tratta della sibilante sonora [z] che
in rumeno moderno si rende con z.
La corrispondente sorda di Z rappresentata dal cirillico C wie in deutschen und lateinischen Ss
(cio s sorda, per esempio - aggiungiamo noi - in ted. Strae e gro, in cui ss), con
lesempio ctap/sstarea (attuale starea, la posizione), und wie im Ungarischen sz. La grafia del-
la sibilante sorda si rende in rumeno moderno con s.
La lettera cirillica seguita dalla corrispondenza fonetica tedesca Tsch, con lesempio
apa/tschara (attuale ceara, la cera). Si tratta dellaffricata palatale sorda [tS], che nel ru-
meno attuale si rende, come in italiano, con c, ce.

36
La lettera cirillica indica invece laffricata palatale sonora [dZ] che Molnar rende con
Dsch, come nellesempio m/dschem (attuale gem, io gemo), und im Wlischen g bor e und i, z. V.
gemere, chzen, giacere, liegen. Per il rumeno moderno si usa, come in italiano, il segno latino g.
Aggiungo qui di seguito la mia sintesi schematica della traslitterazione del sistema grafi-
co cirillico di Molnar applicato al rumeno. Tra parentesi rotonde indico la traslitterazione
latina di Molnar, seguita, senza parentesi, dalla grafia del rumeno attuale. Le lettere tra pa-
rentesi quadre rappresentano i segni fonetici internazionali IPA (International Phonetic Al-
phabet):

= [a] Y,Oy,o = [u]


= [b] = [f]
= [v] = [] = (ch)
= [g] = [ts] = (z) =
= [d] = [tS] = (tsch) = c
= [e], [e] = [S] = (sch) =
= [Z] = (sch) = j = [St] = (scht) = t
Z = [z] = (s) = [.] = () =
,I = [i] = [4] = () = ,
= [k] = [ea] = (ea)
= [l] = [a] = (ia)
= [m] = [u]
N = [n] = [T]
W, = [o] = [ps]
= [p] = [ks]
= [r] = [4n] = (n) = n
= [s] = (Ss) = s = [dZ] = (dsch) = g
= [t]

37
IV.2.3 Il termine valaco

Il titolo del saggio di Ascoli fa riferimento alle affinit tra lidioma friulano e la lingua
valaca. Anche Cattaneo pochi anni prima aveva pubblicato un saggio sul nesso tra la lin-
gua valaca e litaliana.1 Entrambi usano il termine valaco, mentre noi ora usiamo il
termine rumeno, per intendere sempre la lingua parlata in Romania.
Il primo tentativo di spiegazione del termine valaco lo troviamo proprio nel primo ca-
pitolo del saggio di Cattaneo citato pocanzi. Il nome Valachi vien loro dato dagli stranieri; e sembra
il nome generale con cui le nazioni slave dinotavano gli abitanti dellimperio [romano], simile a quello chera dato loro dalle genti
gotiche, che ignare della conquista romana chiamarono Valli, Valloni, Velsci o Velschi, dapprima i Galli o Celti, poi anche li Italia-
ni che li avevano conquistati. Poi dice che il nome di Velsci sopravvive ancora nella Britannia, dove
vien dato ai montanari Cambri, che noi diciamo Gallesi ... e dai Germani in generale vien dato agli Italiani e Francesi. Si dice che il
nome Vlah presso i Dalmatini significhi ad un tempo pastore e valaco; e quindi alcuni eruditi vogliono che quel nome sia loro
venuto dalla vita pastorale ed errante che conducono in Illiria; se non che potrebbe darsi viceversa che alla professione stessa fos-
se venuto il nome del popolo che la esercita. Secondo alcuni, anche gli Albanesi chiamano i Valachi ciubani, che suonerebbe pa-
stori.
Un contributo moderno alla spiegazione del termine valaco lo possiamo leggere nelle
Origini delle lingue neolatine di Carlo Tagliavini,2 che completa cos le informazioni di
Cattaneo. Egli dice che le popolazioni germaniche usavano laggettivo etnico wal(a)hisc
per indicare i discendenti delle popolazioni latinofone (o, come egli stesso precisa, i Ro-
manici di Francia e dellItalia) e Walcho-lant per indicare lItalia. In tedesco moderno
welsch ha il significato di romano, italiano, usato per con senso dispregiativo. Lolan-
dese waals ha conservato lo stesso principio per distinguere letna latina da quella germa-
nica e cio i Valloni del Belgio dai Fiamminghi. E poi continua ma la storia di questo nome non
finita. Dal Germanico, Walha passa nello slavo *valh; nello Slavo ecclesiastico il termine vlah vale Vlachus, generatim homo ro-
manae originis, ma con particolare riguardo si riferisce ai Romani dellOriente, coi quali gli Slavi ebbero maggiori contatti, e cio
i Rumeni (Valacchi; non si dimentichi che una parte della Rumania, e cio uno dei due principati che riunendosi formarono la Ru-
mania, si chiama Valacchia nella tradizione storica e geografica, anche se il nome indigeno ar Rumneasc). Nel Russo voloh
vale specialmente valacco, ma nella letteratura antica (per es. presso il cronista Nestore) usato nel senso di italiano; nel Po-
lacco Woch fino ad oggi lunica denominazione usata per italiano (e quindi Wochy Italia), come nello Sloveno lah italiano.
Gli Ungheresi prendono la parola dagli Slavi e dal singolare vlah fanno il loro olh rumeno, dal plurale vlasi traggono olasz che
designa italiano (e di qui: Olaszorszg Italia).
Oggi il termine valacco non pi usato n in rumeno n nelle altre lingue, sostituito
dal termine autoctono rumeno, il cui uso si impose solo nel Settecento. Si vede per che
nellOttocento valac(c)o era ancora molto usato e ci indizio del fatto che la conoscenza
dei rumeni in occidente era mediata in genere dallUngheria.

1
C. Cattaneo, Del nesso tra la lingua valaca e litaliana, cit. Cfr. il par. IV. 2.1: Cattaneo e il rumeno.
2
C. Tagliavini, Origini delle lingue neolatine, cit., pag. 124.

38
IV.3 Il friulano

Lo Schizzo storico filologico di Ascoli era stato preceduto nel 1837, a Milano, dal lavoro
di Cattaneo Del nesso fra la lingua valaca e litaliana, che trattava un confronto storico-
linguistico tra litaliano e il rumeno.1 Il giovane linguista goriziano lo avrebbe letto soltanto
nel novembre 1849,2 come risulta dai suoi spogli delle opere di Cattaneo. Nonostante que-
sta constatazione e nonostante il fatto che Ascoli non abbia mai citato il saggio di Cattaneo
nel suo Schizzo storico filologico, si riscontrano non pochi punti in comune tra le due opere:
Cattaneo cita le due edizioni della Grammatica tedesco-rumena di Johann Molnar, cio
quella di Vienna del 1788 e la ristampa di Sibiu del 1810, questultima utilizzata anche da
Ascoli per il suo lavoro comparativo. In secondo luogo sia Cattaneo che Ascoli notano che
lalfabeto cirillico meglio risponde alle esigenze della fonetica rumena. Entrambi infine
confrontano non solo singoli vocaboli, ma anche intere frasi.
In seguito a queste osservazioni rimane lecito il sospetto che Cattaneo abbia rappresenta-
to per il giovane Ascoli un valido modello,3 da cui tuttavia il goriziano operer una versione
personalizzata, confrontando il rumeno con il friulano, in luogo dellitaliano.
Possiamo chiederci ora, visto che il giovane Graziadio non era ancora un linguista for-
mato, perch scegliesse di realizzare proprio un saggio di linguistica comparata, invece di
un vocabolario dialettale o altro. Labate Jacopo Pirona, al quale Ascoli dedic il suo bre-
ve lavoro, aveva gi cominciato la stesura del suo Vocabolario friulano? probabile di
si. Perch poi comparare il friulano con il rumeno e non con il francese o con lo spagnolo?
Probabilmente, penso, per emulare Cattaneo.4 Ma in questo caso avrebbe anche potuto con-
servare litaliano come termine di confronto (per restare nel modello di Cattaneo) e porlo in
analisi con il francese o con lo spagnolo o con il portoghese, o (perch no) con il friulano
stesso.5 In fin dei conti Cattaneo aveva chiamato in causa litaliano e non il milanese. Ave-
va scelto deliberatamente il toscano, lingua universalmente riconosciuta di carattere lettera-
rio, candidata da numerosi studiosi e patrioti italiani a rappresentare la lingua comune di
una tanto sospirata Italia unita, libera e indipendente (repubblicana, monarchica o federale
che fosse).
Prima di procedere oltre con lesame del saggio di Ascoli, ritengo interessante conoscere
pi a fondo anche il manoscritto comparativo di Cattaneo tra litaliano e il friulano, da poco
portato alla luce e analizzato con perizia da Francesca Agnoletti.

1
Secondo labitudine del tempo detto valaco, cfr. il par. IV.2.3.
2
Cfr. B. Terracini, G. I. Ascoli, direttore dellArchivio (dal carteggio Ascoli-Salvioni), in AGI, LII, 1967, p. 10; G.
Lucchini, G. I. Ascoli, per una biografia di un intellettuale, cit., p. 9 ss.
3
Ma non tutti gli studiosi concordano su questo punto.
4
Vedi nota n. 3.
5
Ascoli non poteva conoscere il lavoro di Cattaneo che riguardava la comparazione tra litaliano e il friulano, per il sem-
plice motivo che esso non fu mai pubblicato. Cfr. il par. successivo.

39
IV.3.1 Cattaneo e il friulano

Quando nel 1873 Ascoli pubblicher a Milano i Saggi ladini, nominer, nel capitolo sui
territori friulani, due studiosi che prima di lui si erano occupati del friulano, con queste pa-
role: In Lombardia, il Cherubini e il Cattaneo si fermarono con predilezione a questo dialetto, e in ispecie il primo, che sen era
pur formato un vocabolario abbastanza copioso.1 In nota poi troviamo la collocazione, alla Biblioteca
Ambrosiana di Milano, del manoscritto di Cherubini a cui fa riferimento. Non dava nessun
riferimento invece per il contributo di Cattaneo sul friulano. Oggi sappiamo che il lavoro di
Cattaneo era un manoscritto inedito e le sue carte non erano ancora state raccolte e ordinate,
perch lo studioso milanese era scomparso da poco (nel 1869).
Ascoli dice solo pi tardi, nel 1873, che Cattaneo si era occupato del friulano, ma noi
non possiamo sapere in che misura e in quale anno egli fosse venuto a conoscenza del lavo-
ro dellautore milanese. da escludere in ogni caso che lo avesse letto prima del 1846, data
in cui usc a Udine il suo saggio Sullidioma friulano, proprio perch il manoscritto era
inedito. Sar commentato e analizzato infatti per la prima volta solo nel 2001, da Francesca
Agnoletti.2
Il manoscritto di Cattaneo non datato, ma pu essere collocato in quellarco di tempo
che vede lampia produzione di opere di carattere dialettologico da parte della cerchia di
studiosi che collaboravano al Politecnico. E quindi tra il 1830 e il 1850. Insieme al suo
lavoro precedente, Del nesso fra la lingua valaca e litaliana (1837), il manoscritto sul
friulano rappresenta la chiara volont dellautore milanese di svolgere le ricerche sui dialet-
ti italiani e sulle lingue romanze. A queste ricerche infatti aveva insistentemente esortato
anche i suoi collaboratori e altri studiosi, in una prospettiva che univa la ricerca storica e
dialettologica con quella sulle antiche popolazioni che avevano abitato la penisola italiana.
Come ha stabilito nella sua tesi Francesca Agnoletti, Cattaneo avrebbe basato le sue ri-
cerche sulle poesie in friulano del conte Ermes di Colloredo.3 Si trattava di una raccolta di
poesie (Poesie scelte), curata da Pietro Zorutti,4 edita a Udine nel 1828. Era il testo di un
friulano letterario del Seicento, dunque di livello pi alto del friulano parlato, e di tre secoli
prima, che non poteva certo rappresentare adeguatamente gli aspetti della lingua popolare.
Forse Cattaneo non aveva sottomano materiale pi adatto, ma su questo testo, comunque,
svolse tutto il suo lavoro analitico, organizzandolo in sezioni fonetiche e morfologiche e

1
G. I. Ascoli, Saggi ladini, AGI I, 1873, p. 477.
2
F. Agnoletti, Appunti linguistici sul friulano in un manoscritto inedito di Carlo Cattaneo, cit.
3
Ermes di Colloredo, uomo darmi, poeta, letterato (Colloredo di Montalbano 28.3.1622 - Gorizzo, Codroipo
21.9.1692). Fratello di Giovanni Battista. Visse alle corti di Firenze e di Vienna, combatt in Germania e in Dalmazia,
infine si ritir a Gorizzo dove compose versi tra i pi celebri della letteratura friulana, della quale considerato
liniziatore. [dal Dizionario biografico friulano, 2002]
4
Pietro Zorutti, funzionario, poeta (Lonzano, Dolegna del Collio 27.12.1792 - Udine 23.2.1867). Conobbe grandissima
popolarit pubblicando per lunghi anni gli strolics, almanacchi poetici popolari. Fu lodato dal Tommaseo e dal Carduc-
ci. Per il teatro scrisse Il trovatore Antonio Tamburo. Tra le sue composizioni: Il bon Pari, scritta per una raccolta di poe-
sie in tutte le lingue dellImpero austro-ungarico, in onore di Francesco Giuseppe. Nel 1990 a cura di R. Pellegrini stata
ristampata a Udine lopera completa, gi pubblicata da B. Chiurlo nel 1911. stato parzialmente tradotto in italiano, in
inglese e in sloveno. [dal Dizionario biografico friulano, 2002]

40
ponendo in comparazione diretta il friulano con litaliano, con richiami solo occasionali con
il latino.
Cattaneo individu in modo preciso i tratti fonetici che distinguono il friulano dagli altri
dialetti settentrionali, come i plurali sigmatici (le inflessioni plurali in s come pastorelis),
la palatalizzazione di CA e GA (il cangiamento delliniziale ca e ga in cia e gia, come ciaval,
gialina), la conservazione dei dittonghi latini au e dei nessi Consonante + L (la conserva-
zione della forma latina in flor e clar, aur etc.), lesito della velare sonora iniziale [g] in
[w] (la soppressione del g iniziale in guerra e guadagno, uera e uadagn) e il dittongamen-
to di O in [wa], [we], [wi] (la distorsione dello nei dittonghi ua, ue ed ui come muart, limue-
sine, puint per morte, limosina, ponte).
Se valutiamo dunque lapproccio di Cattaneo nei confronti del dialetto friulano, osser-
vandolo in relazione ai tempi e agli strumenti linguistici limitati che gli offriva la linguistica
italiana del suo tempo - come logico aspettarsi da un periodo di studi pioneristici -, e se
consideriamo che lo studioso milanese con ogni probabilit non conosceva direttamente il
friulano, non possiamo che ammirare gli ottimi risultati cui il geniale Cattaneo era pervenu-
to nel campo linguistico come in altri domini.

41
V. Analisi dello Schizzo storico filologico di Graziadio Isaia Ascoli

V.1 Recensioni precedenti

Il saggio del giovane Ascoli era gi stato oggetto di attenzione da parte degli studiosi su-
bito dopo la sua apparizione.
Appena uscito dalla tipografia Vendrame di Udine, il breve opuscolo fu inviato dal gio-
vane Graziadio al suo maestro Samuel David Luzzatto,1 professore di ebraico al Collegio
rabbinico di Padova. Questi gli rispose con una lunghissima lettera l8 novembre 1846,2
nella quale non risparmi al ragazzo numerose critiche, che seppe mitigare per con un be-
nevolo senso di comprensione, certamente per non stroncarne sul nascere lo slancio giova-
nile. Poich ritengo che ci siano validi motivi per conoscere pi a fondo il contenuto di
questa lettera, mi riservo di tracciarne pi avanti un esame dettagliato.
Una breve ma interessante considerazione su questo primo lavoro di Ascoli fu avanzata
anche da Carlo Salvioni, importante dialettologo ticinese,3 in un articolo pubblicato nella
rivista Memorie storiche forogiuliesi nel 1907 con il titolo G. I. Ascoli e il dialetto friu-
lano.4

V.1.1 La lettera di Samuel David Luzzatto

In risposta al giovane Graziadio Ascoli, che gli aveva inviato una copia del suo primo
saggio di linguistica per ottenerne il giudizio, lebraista triestino Samuel David Luzzatto si
rivolge a lui chiamandolo carissimo e dandogli sempre del voi.
Dopo una breve introduzione elogiativa, gli trasmette il primo importante consiglio:
uopo non arrestarsi al primo aspetto delle cose; non contentarsi, non appagarsi dunap-
parenza, che colpisce; e, sopra tutto, uopo non chiudere un occhio e passare avanti sulle dif-
ficolt, sulle contraddizioni, che si presentano opposte alle nostre opinioni, le quali, sinch
non siano ben bene eliminate, non potremo esser sicuri davere scoperto alcuna parte di vero.
Voi, mio caro, avete raccolte le parti omogenee del friulano e del valaco, ed avete chiusi gli oc-
chi sulle parti eterogenee, che non sono n meno numerose, n meno gravi ed importanti. A
questultima dichiarazione Luzzatto fa seguire un elenco di fenomeni morfologici e fonetici
del rumeno che non trovano riscontro nel friulano, come la posposizione dellarticolo, che
correda di esempi, e il futuro dei verbi, composto (alla tedesca) da un verbo ausiliario; non
esso nel valaco una differenza essenzialissima? cui segue una nutrita lista di esempi. Poi
ritorna al commento dei fenomeni comuni al rumeno e al friulano egualmente che al latino
ed al greco, a cui si accostano anche i tedeschi ein, zwei, drei... facendo riferimento alla so-
miglianza dei numeri.
1
Per la sintesi biografica di S. D. Luzzatto rinvio al par. III.2.2.
2
S. D. Luzzatto, Epistolario italiano francese latino, cit.
3
Carlo Salvioni (Bellinzona 1858 - Milano 1920), fondatore del Vocabolario dei dialetti della Svizzera italiana, autore di
una fondamentale Fonetica del dialetto moderno della citt di Milano (Torino, 1884), uno dei pi grandi linguisti italia-
ni. Cfr. P. Beninc, Piccola storia ragionata della dialettologia italiana, cit.
4
C. Salvioni, G. I. Ascoli e il dialetto friulano, in Memorie storiche forogiuliesi, III, 1907, pp. 116 ss.

42
In poche righe Luzzatto dimostra ad Ascoli di conoscere non solo il latino, il greco e il
tedesco, che certamente facevano parte del suo bagaglio professionale, ma anche di padro-
neggiare disinvoltamente la struttura morfologica del rumeno, che conosceva dalla Gram-
matica di inkai (cfr. pi avanti) e del friulano. Se consideriamo che queste due lingue non
dovevano essere un normale oggetto di studio di un ebraista comune e che gli stessi studiosi
europei dellepoca si erano affacciati solo da pochissimi anni allo studio della linguistica
romanza, dobbiamo convenire che Ascoli ebbe la grande fortuna di trovarsi a contatto con
uno studioso davvero straordinario.1
Sempre dalle poche righe precedenti inoltre si pu dedurre che Luzzatto condensava in
brevi tratti le recenti conquiste della linguistica indeuropea, riconducendo a un fondo co-
mune latino, greco e tedesco sia il rumeno che il friulano, al quale queste facevano riferi-
mento.
A credito di Luzzatto vanno numerose altre acute osservazioni, tra cui noterei quella sui
numeri 11, 12, 13 ecc. non gi in una parola composta, come fa il latino co suoi derivati, ma
con una preposizione tra lunit a la decina: un spre zece, doi spre zece, trei spre zece ecc.
Questa una stranissima originalit del valaco. 2
Se Ascoli aveva elencato alla fine del suo lavoro una lunghissima lista di parole rumene
e friulane, a suo dire, simili tra di loro, Luzzatto elenca invece una serie di 72 vocaboli ru-
meni ignoti al friulano, tra i quali haina abito, mare grande, noroc fortuna, spuza fa-
villa, barbat marito ecc., tratti, dice, da una piccola grammatichetta di Giorgio Sinkai
(Buda 1805) e continua Voi ne adducete molti di pi, i quali per sono per la maggior
parte comuni al valaco ed al friulano col latino e suoi dialetti, i quali quindi nullaltro pro-
vano se non che il valaco un dialetto romano, come tanti altri. Il concetto di Luzzatto qui
molto chiaro: egli riconduce il rumeno direttamente al latino.
E continua il rimprovero a Graziadio dicendogli a qual pro adunare gli Om, gli an, i
vin, i kapon, gli urs e le scroafe, e tanti altri simili vocaboli, che non sono niente pi valachi e
friulani, che latini, italiani e francesi? Arrestiamoci dunque ai pochi, che sono, o sembrano a
noi essere, esclusivi a quei due dialetti. evidente qui il riferimento al fondo romanzo che
Ascoli invece aveva ignorato.
Luzzatto muove poi una critica ad Ascoli riguardo a sorli, negando decisamente la po-
sposizione dellarticolo in questa forma, trovando pi semplice il credere che da sole siasi
fatto soleli... come in francese soleil, e che la delicatezza delle orecchie e delle bocche friulane
abbia voluto evitare la cacofonia di quel leli, e labbia trasformato in reli. Si vedr nel mio
commento al brano [XV] di Ascoli (cui rinvio), che lipotesi di Luzzatto si avvicina molto
alla realt dei fatti.
La lettera dello studioso triestino continua con una lunga serie di osservazioni di caratte-
re linguistico, che mi riservo di riprendere di volta in volta nel corso del paragrafo V.5.3:
Analisi della parte linguistica.

1
Per la sintesi biografica di S. D. Luzzatto cfr. il par. III.2.2.
2
La formazione dei numeri da 11 a 19 con la preposizione su (in rumeno spre < SUPER) un fenomeno che interessa,
oltre al rumeno, anche il bulgaro, lalbanese, il macedone e il serbocroato, che sono lingue balcaniche. Pare che sia stato il
modello slavo (che probabilmente Luzzatto non conosceva) a influire tanto sul rumeno quanto sullalbanese. Cfr. G. B.
Pellegrini, Introduzione alla linguistica balcanica, cit., p. 186 ss.

43
Luzzatto si avvia alla chiusura della sua lettera inviando a Graziadio altri utili suggeri-
menti, sia di natura linguistica, sia sul piano psicologico, incoraggiandolo a continuare gli
studi linguistici, ma inserisce anche una osservazione storico-linguistica che stride acuta-
mente con la descrizione delle teorie che aveva anticipato prima e che ritengo necessario
citare: La lingua italiana fu sinora studiata per lo pi pedantescamente. La lingua della
Crusca non pu essere debitamente illustrata senza il confronto degli altri dialetti italiani, e
questi non possono illustrarsi senza il confronto delle lingue dei barbari, germani e slavi, che
diedero origine alle nuove lingue latine. Se per lingue latine egli intende le lingue roman-
ze, il concetto di Luzzatto inequivocabile: le lingue romanze sono generate dal latino con
il contributo delle lingue del superstrato germanico e slavo. E ci si presenta in netto con-
trasto con quanto aveva dichiarato precedentemente, quando affermava che il rumeno e il
friulano altro non erano che dialetti romani, come tanti altri.

V.1.2 Larticolo di Carlo Salvioni

Col titolo G. I. Ascoli e il dialetto friulano il linguista Carlo Salvioni pubblicava nel
1907 (anno della morte di Ascoli) un brevissimo articolo allinterno della rivista Memorie
storiche forogiuliesi sui contributi dello studioso goriziano alla lingua friulana. Nella sua
sintetica rassegna alla carriera di Ascoli, Salvioni prende in esame la prima opera del gio-
vane Ascoli Sullidioma friulano e sulla sua affinit colla lingua valaca. Schizzo storico-
filologico (1846), premettendo subito che loperetta era stata ripudiata dal suo stesso Autore
in numerose occasioni. Salvioni invece segue una linea discorsiva molto indulgente verso
lopera giovanile del goriziano, notando che le osservazioni dellAscoli sono prudenti e non isconfinano dal
buonsenso: merito non lieve, se si tien conto della et dellautore, che ancora non sera accostato n al Diez n agli altri luminari
della linguistica tedesca.
Salvioni dimostra di aver letto con attenzione lo scritterello di Graziadio, perch accenna
con precisione ad alcuni fenomeni trattati da Ascoli, come la presenza del dittongo nel friu-
lano muart morto e nel rumeno moart morte, della z nel plurale rumeno talenzi e del
plurale friulano talenz, attribuendoli peraltro a coincidenze fortuite, spiegando per esempio, ri-
guardo a questo fatto della z, che nel primo dei quali il z dovuto allintacco da parte delli, nel secondo alla
stretta aderenza di -t-s [talent-s].
Definisce curiosa e strana assai la ricerca dellarticolo posposto nel -li del friulano sorli sole e unillazione daltra
natura, ma non meno strana quella che gli fa riconoscere linflusso germanico nella -t di avut e
nella -d di durmind.
Larticolo di Salvioni esamina poi lattivit della maturit scientifica di Ascoli, senza ri-
tornare sul nostro lavoro.

44
V.2 Descrizione del libro

Delledizione a stampa del saggio di Ascoli ho trovato una copia nella Biblioteca Civica
Vincenzo Joppi di Udine, segnata con collocazione Misc. SFF 51.6.1 costituita da 35
pagine compresa la copertina, che viene ripetuta a pagina 3, ma senza cornice e con
laggiunta degli estremi della stampa: Udine, Tipogr. Vendrame, 1846.
Segue a pagina 5 la dedica ALLILLUSTRE FILOLOGO E DELLA PATRIA STORIA BENEMERITO AB. JACOPO PIRONA
R. CENSORE PROVINC. PROFESSORE E BIBLIOTECARIO NEL R. LICEO SOCIO ORD. E VICE-PRES. DELLACCAD. DI UDINE CORRISPONDENTE
DELLI. R. SOCIET AGRONOMICA DI GORIZIA. DELLATENEO DI BASSANO. DEI CONCORDI DI BOVOLENTA. DELLA PONTIFICIA ROMANA
ACCADEMIA DI ARCHEOLOGIA. E DELLALTRA DI RELIGIONE CATTOLICA. DELLI. R. SOCIET ARETINA DI SCIENZE LETTERE ED ARTI.
DELLI. R. ATENEO ITALIANO. EC. IN SEGNO DI VENERAZIONE QUESTO SUO PICCOLO SAGGIO DEDICARE OSAVA G. I. A.
A pagina 7 precede il testo un breve prologo intitolato I D E A . che riproduco inte-
gralmente nel paragrafo successivo (insieme alla parte storica). Il testo si divide in due par-
ti, che non hanno titolo: la prima, svolta in 6 pagine, tratta la storia del popolo rumeno,
mentre la seconda parte, che si dilunga per 18 pagine, tratta delle affinit dellidioma friu-
lano con la lingua rumena, argomento centrale dellopera. Chiude la pubblicazione un epi-
logo di 3 pagine.
La controcopertina reca un elegante fregio che dichiara il prezzo del libro: una lira au-
striaca.

1
Non posso fare a meno di ringraziare la prof. Piera Rizzolatti, dellUniversit di Udine, per il suo prezioso aiuto nella
ricerca del volumetto a stampa di G. I. Ascoli presso la Biblioteca Civica Joppi di Udine.

45
V.3 Premessa storica di Ascoli

Riproduco qui di seguito il testo integrale del saggio di Ascoli.

IDEA.

Non gi che io voglia imprendere a far pompa di nuove fonti istoriche per vie meglio di-
lucidare le emigrazioni dei popoli, n chio cerchi trarre dalla mia scopertuccia (credo cos
poter nomare il mio saggio), nuovi lumi alla bella ed utile scienza della filologia, mentre qui
alla soglia di questa mia piccola fabbrica, maffretto a dichiarare essere stato il mio, un lavoro
di piacere e di ricreazione a cui mi trassero i miei, finora, piccoli studj filologici. La grande
affinit fra lidioma friulano ed il valaco mi colp; volli spiegarmene il motivo, attingendo alle
fonti inesauribili dellistoria, mappagai, e decisi partecipare al pubblico questo mio ritrovato.
Un piccolo sorriso di compiacenza di qualche dotto filologo, se mai vi getter uno sguardo, un
piccolo incitamento agli abitanti dellameno Friuli, a coltivare e ad illustrare il loro bello e
dolce idioma, la soddisfazione della curiosit di molti che cercarono lorigine o le parentele
del friulano con altri idiomi, ed oltre a tutto il compatimento del benigno lettore, ecco ci
che, ottenuto col suo piccolo parto, appagher il poco pi che trilustre

AUTORE

Gorizia, Luglio 1846

46
Domiziano, le di cui scelleratezze, confrontate alle pie azioni del predecessore Tito, pi or-
renda mostra di s far doveano, aggiungendo al cuore il pi crudo, una sfrontatezza senza pa-
ri, entr trionfante in Roma, (a. 90 d. C.) qual debellatore dei Daci, da cui allopposto vergo-
gnosa pace colloro aveva ottenuto. Eletto per nellanno 98 Trajano a salire sul trono impe-
riale, siccome colui che accoppiava allamore dellequit e della giustizia, sommo valore, nu-
triva ognora il pensiero di vendicare collo sconfiggere i Daci, la poco onorevol tregua che
Domiziano da loro comperata aveva. Contro a questo popolo bellicoso e sprezzatore della vita
mosse dunque limperatore Trajano lanno 102 di Cristo. Offr battaglia a Decebalo re dei Daci,
e totalmente lo sconfisse (105). Ma Decebalo riavuto dal colpo terribile, risorse pi forte lanno
appresso: Trajano fabbrica il celebre ponte, passa il Danubio, fa prodigi di valore, e ridotta la
capitale a rendersi, riduce la Dacia a provincia romana, vi pone numerosa colonia di soldati,
che vapportano lingua e costumi romani, ed uniti agli indigeni rimasti, formano il popolo Va-
laco, che tuttora con orgoglio ti vanta la sua origine.
Qual lingua parlavano questi Daci? Difficile oltremodo e quasi impossibile sarebbe il diffinirlo,
mentre a fronte degli ostinati studj di moderni filologi, non si pu penetrare nella misteriosa
complicazione, n linguistica, n politica dei popoli che, o dalloriente*), o dal settentrione
onde traessero origine, calarono a distruzione del colosso romano. E cos per esempio trovasi

*) Molti sommi moderni sono di questa prima opinione, che io pure debolmente ammetterei, e ci dalla parte
filologica particolarmente attestar si dovrebbe come di fatto par che succeda. Un bellesempio si potrebbe
darne nella voce tanto comune ape, acqua, valaca, in friulano aghe, che forse pi savvicina allape valaco
che allaqua latino; or chi dubiterebbe che nelle irruzioni dei popoli lape valaco non sia portato da chi cono-
sceva lap sanscrito e lab persiano che parimenti significava acqua? Altri molti esempj io potrei recarne, ma
non qui il luogo dallungarsi su questo argomento.

in istorici antichi il nome di Daci applicato ad una gente speciale, mentre lo si ha pure per
nome di tutta limmensa nazione, che probabilmente dalla Persia e dal resto dellOriente, mi-
nacciosa sortendo, innond tuttEuropa, e diede origine al generico nome deutsch**). Per

**) Cant, storia universale.

probabilmente la lingua di questi Daci sar stata quella che diede origine alle germaniche, ed
in ogni modo, attaccati restando alla storia, pare che limperatore Trajano abbia col suo si-
stema di colonizzazione estirpato quasi del tutto e lingua e costumi dei precedenti abitatori
dei paesi corrispondenti allodierna Valachia. Fu appena nel 250 che i Goti invasero questi pa-
esi ed abbench i Romani, con vario successo (270) contro a loro si volgessero, pure alla fine
Aureliano imperadore costretto si trov di lasciarli in libero possesso di quella provincia, che
Trajano allimpero aveva conquistata.
A seconda poi dellenergia o della debolezza degli imperadori pi tardi, o restavano nella pro-
vincia a loro assegnata, o pi arditi, scorrerie faceano sul territorio romano. Furono final-
mente costretti ad indietreggiare ai tempi di Costantino il grande. Ma durante limperio di Va-
lente (376) dai fieri Unni respinti dalle loro contrade, furono costretti a ricadere sui romani
dominj, che gi dogni parte vacillavano. Ed ecco appunto che questi Goti comparvero di nuo-

47
vo sul danubio nella posizione precisa ove oggi giace la Valachia. Ecco appunto che questi Goti
stanziati per qualche tempo in quei paesi furon quegli stessi, che, tentato di volgersi verso Co-
stantinopoli e respinti, saddirizzarono verso lAdriatico ed agognarono alla bella Italia. Teo-
dosio se li fece amici, ma alla morte di quel grande, per la fatale divisione dellimpero, toccato
lOccidente al debole Onorio (396), i Goti tanto si fecero arditi, che sotto la condotta dAlarico,
bench battuti pi volte, finalmente la spuntarono, e diedero al mondo lo spettacolo dun re
Goto che fece tremare il superbo Campidoglio. Ed Attila (449) quel tremendo gigante di guerra,
prima sarrest nei paesi che corrispondono allodierna Valachia, e qualche anno pi tardi
flagell i paesi vicini allAdriatico. Tuttavia passeggiero fu questo turbine, e lirruzione degli
Unni non pot lasciare traccia nei costumi e nella lingua dei popoli. Furono poi al certo quegli
stessi Goti prima nominati, che da ogni parte (e dai paesi al sud del Danubio particolarmente)
concorsero allinvito di Teodorico, che a Zenone prometteva riscattare Italia (489), e che bat-
terono, disfecero totalmente Odoacre alle sponde dellIsonzo presso Aquileja. Nelle terre vici-
ne, con Teodorico che poscia divenne signore di tutta Italia, questi stanziarono. Erano insom-
ma i paesi al sud del Danubio, che servivano da punto di riposo alle barbare torme che scon-
quassarono particolarmente Italia. Perch precisamente nella Valachia, dal nord della Germa-
nia provegnenti, sarrestarono (540) i Longobardi per prender fiato allirruzione nellItalia,
giardino del mondo, di cui volle la benigna providenza, che tanti popoli da lei creati godesse-
ro! Ed il primo fondamento della grandezza longobarda in Italia si fu il ducato del Friuli, sotto-
posto ad Alboino, provegnente direttamente dai paesi valachi, al nipote Gisulfo. Per non anda-
re insomma troppo a lungo con queste piccole riflessioni storiche, diremo, che se prima e do-
po di questi tempi fino ai nostri giorni, le terre ove si parla la lingua valaca, ebbero a soffrire
invasioni di Slavi, dUngheri, di Tedeschi, spesso pure il Friuli vide calpestar le sue belle con-
trade da Slavi, Ungheri e Tedeschi, che vi potrebbero nella lingua aver lasciato le stesse trac-
cie che nella Valachia.
Se adunque i paesi dove tuttora si parla la lingua valaca, furono ai tempi di Trajano ridotti a
coltura romana, come contemporaneamente quelli formanti lodierno Friuli lo erano; se le
stesse barbare irruzioni, infestarono queste due contrade, chiaramente scorger potrassi che le
lingue della Valachia e del Friuli, nella loro pi importante parte, esser dovranno una compo-
sizione della romana, mista agli idiomi delle stesse barbare famiglie*) cui queste orde appar-
tenevano, n pi stupore recare ci dovr se immensa somiglianza fra questa e quella trovere-

*) Avanzi di lingue germaniche potrebbero scorgersi in ambo glidiomi, oltrecch in molte voci, nel termina-
re per esempio i participj in t come avut, valaco avuto, friulano vut, gehabt dei tedeschi, ed i gerundij in una
d tronca in fine: durmind dei friulani, dormind dei valachi, schlafend dei tedeschi.

mo.
Che se taluno argomentare volesse, che allora questa corruzione di lingua romana avrebbe
dovuto passare in altre provincie dItalia e della Lombardia particolarmente, soddisfacente ri-
sposta a tale obbiezione sarebbe losservazione che il Friuli, spesso staccato dal rimanente
dellItalia, fu quella provincia che meno prendendo parte alle rivoluzioni delle altre dItalia,
ed aggrevata essendo pure in molti tempi alla Germania, conserv pi intatte le impressioni

48
cagionatele particolarmente dalle germaniche irruzioni, e forma, al dire del celebre Leo, sic-
come il Piemonte, passaggio dalla Francia allItalia, egli, passaggio dalla Germania allItalia.
Che se poi in quanto ai costumi, collaccomunarsi questa provincia alle sorti del Veneto e del
Lombardo, questa idea germanica quasi intieramente spar, e lameno Friuli rappresenta oggi
vera parte dItalia: non della lingua necessariamente lo stesso doveva succedere, come da
questa comparazione col valaco vedrassi non essere succeduto.
Non sar gi per che io nieghi, che del francese, del provenzale, e molto dello spagnolo, esi-
sta nella lingua friulana, e chio la voglia precisamente sorella della valaca; io non volli che
mostrare che le affinit, per molto grandi, che colla valaca tiene, confermandole storicamen-
te; n credo sarebbe impossibile, per chi volesse spiegare le somiglianze che con altre lingue
porta, parimenti dal vario giro delle emigrazioni dei popoli, provarle.

49
V.4 Commento alla premessa storica di Ascoli

Ascoli apre il suo saggio con una premessa storica in cui espone i fatti che condussero i
romani alla conquista della Dacia.
Domiziano, successore di Tito, entr trionfante in Roma (a. 90 d.C.) qual debellatore dei Daci, da cui
allopposto [di Tito] vergognosa pace colloro aveva ottenuto. Ma fu Traiano, successore del buon Nerva, che
nel 105 sconfisse definitivamente Decebalo, re dei daci, in battaglia. Volle cos vendicare,
secondo Ascoli, la poco onorevol tregua che Domiziano da loro comperata aveva. Traiano quindi, ridotta la
Dacia a provincia romana, vinsedia le sue legioni che vapportano lingua e costumi romani, ed uniti agli
indigeni rimasti, formano il popolo valaco, che tuttora con orgoglio ti vanta la sua romana origine.
A questo punto Ascoli si domanda quale lingua parlassero questi daci, ma senza specifi-
care quando: prima o dopo la romanizzazione? mentre non si conosce nulla, nonostante gli
ostinati studj di moderni filologi (non si sa a chi si riferisca), di quei popoli dellest, o del nord -
dice - che contribuirono alla caduta dellimpero romano.
Nella nota a pie di pagina Ascoli aggiunge di condividere lopinione di quegli studiosi
(quali?) che sostengono lorigine orientale di questi popoli. E propone lesempio della voce
rumena ape (cio ap, acqua) da ricollegare forse al sanscrito ap e al persiano ab, che
significano sempre acqua, piuttosto che allaqua latino.1 Losservazione di Ascoli dimo-
stra che aveva gi familiarit col concetto di indoeuropeo e che ne aveva alcune nozioni,
ma anche che era insicuro nel metodo: cercava lontano quello che prima doveva cercare
vicino, dato che in realt il romeno ap la regolare continuazione del latino AQUA, se-
condo un processo di develarizzazione del nesso labiovelare QU, che conserva per la con-
dizione di labialit, passando allocclusiva p di ap. Lo stesso fenomeno si verificato an-
che in sardo, dove la p, in posizione intervocalica, si poi sonorizzata in b, come in abba.2
Ascoli continua esponendo un esempio questa volta di carattere etnico, rinviando in nota
alla storia universale di Cant3, in cui si dice che il nome di Daci [] lo si ha pure per nome di tutta limmensa
nazione, che probabilmente dalla Persia e dal resto dellOriente [...] innond tuttEuropa, e diede origine al generico nome
deutsch, come per confermare il legame tra i daci della provincia romana e quelli provenienti
dalla Persia, che avendo in comune il nome deutsch, saranno stati senza dubbio - secondo
lui - i progenitori di quelle popolazioni germaniche che calarono a distruzione del colosso romano.
unipotesi che oggi assolutamente abbandonata, come laltra (che circolava al tempo) che
metteva in relazione i daco-geti con i goti.
E una volta proposto il legame etnico, gli risulta pi facile giungere alla conclusione che
la lingua di questi Daci sar stata quella che diede origine alle germaniche, aggiungendo subito dopo ed in ogni
modo, attaccati restando alla storia, pare che limperatore Trajano abbia col suo sistema di colonizzazione estirpato quasi del tutto
e lingua e costumi dei precedenti abitatori dei paesi corrispondenti allodierna Valachia ribadendo cos prima: Traja-
no [...] riduce la Dacia a provincia romana, vi pone numerosa colonia di soldati, che vapportano lingua e costumi romani, ed
uniti agli indigeni rimasti, formano il popolo Valaco, che tuttora con orgoglio ti vanta la sua origine.

1
Il corsivo viene usato anche da Ascoli.
2
F. Dimitrescu, ntroducere n fonetica istoric a limbii romne, Bucarest, 1967, pp. 129-130.
3
Per la sintesi biografica di C. Cant cfr. il par. III.2.2.

50
Prosegue la sua esposizione di carattere storico dicendo che nel 250 i goti invasero il ter-
ritorio, costringendo limperatore Aureliano a cedere quello che Traiano aveva conquistato.
Furono costretti, poi, a indietreggiare allepoca di Costantino, ma furono respinti di nuovo
nellarea romana (dove oggi giace la Valachia) dai fieri Unni, durante limpero di Valente (376).
Respinti, dopo un tentativo di volgersi a Costantinopoli, i goti furono condotti a Roma da
Alarico. Anche Attila qualche tempo dopo si avvi verso lItalia, ma la sua presenza fu tan-
to veloce da non lasciare traccia nei costumi e nella lingua dei popoli. I goti, in seguito, tornarono in
Italia sotto il comando di Teodorico che poscia divenne signore di tutta Italia. Anche i longobardi,
continua Ascoli, transitarono per la terra dei valacchi per prender fiato prima di irrompere
nellItalia, giardino del mondo. E ricorda che Alboino pose in Friuli il primo fondamento della grandezza
longobarda in Italia [..] provegnente direttamente dai paesi valachi.
Sia la Valacchia che il Friuli, gi appartenenti allimpero romano, conobbero le stesse
invasioni, perch furono invasi da slavi, ungari e popolazioni germaniche che vi avrebbero
potuto lasciare le stesse tracce nella lingua. Da queste premesse Ascoli deduce che le lingue
della Valachia e del Friuli, nella loro pi importante parte, esser dovranno una composizione della romana, mista agli idiomi delle
stesse barbare famiglie cui queste orde appartenevano. Nessuno stupore quindi - continua - se tra le due
lingue si potranno trovare molte somiglianze.
Nella nota a pie di pagina egli aggiunge che si potrebbero individuare in entrambe le
lingue avanzi di lingue germaniche. E porta come esempi i participi in t, come avut dei valacchi,
vut dei friulani e gehabt dei tedeschi e i gerundi in d come il friulano durmind, il valacco
dormind e il tedesco schlafend. Si sa invece che la dentale sorda dei participi rumeni e friu-
lani comune a tutte le lingue romanze e deriva dal participio latino, mentre la dentale so-
nora quello che resta del gerundio latino, senza contare che in friulano le consonanti sono-
re finali di parola subiscono un processo di desonorizzazione, per cui le forme grafiche co-
me durmind presuppongono lesito fonetico durmint. Se le forme tedesche gehabt e schla-
fend dimostrano qualche elemento in comune con quelle romanze ci dovuto al fatto che
il ceppo germanico (da cui derivato il tedesco) strettamente legato a vincoli di parentela
con il latino (e a tutte le altre lingue indeuropee) perch entrambi fanno capo a una comune
radice indeuropea.
Le affinit linguistiche che coinvolgono il rumeno e il friulano non hanno interessato le
altre regioni dItalia, secondo Ascoli, come ad esempio la Lombardia, perch gli sviluppi
storici e politici del Friuli sono stati differenti, tanto da permettere una pi facile conserva-
zione del suo idioma rispetto a quello delle aree limitrofe.
Si tratta per di unipotesi che gi Luzzatto, come abbiamo visto, dimostrer infondata.

51
V.5 Parte linguistica

V.5.1 Introduzione

Dal titolo del suo saggio emerge in modo evidente che Ascoli si era posto lobiettivo di
verificare lesistenza di elementi comuni tra il friulano e il rumeno. Egli riteneva necessari
questi elementi per giustificare le sue teorie di carattere etnologico, secondo una prospettiva
simile a quella di Cattaneo e, come abbiamo visto, anche di Luzzatto. Escludeva invece
lesame di ogni differenza tra le due lingue: abbiamo gi detto dei limiti di questa imposta-
zione, gi rilevati da Luzzatto.
Mi sono proposto il compito di verificare la correttezza delle affinit considerate nel
saggio di Ascoli, alla luce delle ricerche pi recenti in tema di linguistica rumena e friulana.
Ritengo tuttavia che non sia fuori luogo esporre, sia pure in forma sintetica, il quadro delle
differenze pi distintive, ricorrendo anche allaiuto del saggio Del nesso fra la lingua vala-
ca e litaliana di Carlo Cattaneo1, il quale presenta, come abbiamo gi visto nel par. IV.2.1,
una serie di osservazioni pi linguistiche di Ascoli, nel senso che egli elenca gi in par-
tenza le caratteristiche peculiari di una lingua rispetto allaltra, come per esempio la pospo-
sizione dellarticolo in rumeno (notando perfino che il fenomeno comune anche
allalbanese, rivelandosi cos un autentico precursore della linguistica balcanica), che inve-
ce Ascoli considera solo di sfuggita.
Per la realizzazione della seconda parte del suo saggio storico-linguistico Ascoli si serve
della grammatica rumena di Ion Molnar, come egli stesso dichiara in nota a pagina 15 del
suo saggio. Il percorso del suo lavoro il risultato di unattenta lettura del testo di Molnar,
da cui egli sottolinea passo passo tutti gli elementi che secondo lui soddisfano il carattere di
affinit tra il friulano e il rumeno.
Seguendo troppo metodicamente questo percorso il giovane Ascoli finisce per trascurare
gli elementi peculiari che invece distinguono il friulano dal rumeno. E questo anche il
rimprovero che gli rivolse Luzzatto, definendo tali differenze n meno numerose, n meno
gravi ed importanti,2 ricordandogli una serie di fenomeni morfologici e fonetici del rumeno
che non trovano riscontro nel friulano, come la posposizione dellarticolo, la declinazione
bicasuale, il futuro perifrastico, lesito del nesso latino CT che d luogo al rumeno pt, il ro-
tacismo e altri ancora. Non bisogna dimenticare che molti di questi fenomeni erano gi stati
osservati anche da Cattaneo,3 il quale li riconduceva allazione del sostrato, mentre la posi-
zione di Luzzatto rimane ancora tutta da chiarire, vista la parte finale della sua risposta ad
Ascoli.4 Con queste parole testuali Luzzatto avrebbe sigillato la sua opinione sulla teoria
del superstrato, che forse avr avuto modo di trasmettere anche al giovane Ascoli in altre
precedenti occasioni, per via diretta o tramite il figlio Filosseno, che era suo amico stimatis-
simo, ma che si tratta come ripeto di unopinione tutta da verificare.

1
Anche se non ci sono prove reali che Ascoli abbia letto il saggio di Cattaneo.
2
Per unanalisi pi dettagliata della lettera di S. D. Luzzatto cfr. il par. V.1.1.
3
C. Cattaneo, Del nesso tra la lingua valaca e litaliana, cit., Cfr. il par. IV.2.1.
4
Cfr. il par. V.1.1.

52
Man mano che si procede nella lettura della parte linguistica diventa tangibile il difetto
generale dellimpostazione di Ascoli, notato da Luzzatto, che quello di avere eseguito un
confronto secco tra friulano e rumeno, totalmente distaccato da ogni legame con il latino e
con il quadro romanzo complessivo.

V.5.2 La grafia del rumeno in Ascoli

Nel suo saggio Ascoli usa per il rumeno una grafia in caratteri latini che si discosta tanto
dalla Grammatica di Molnar quanto dalla grafia che si imporr pi tardi. Se Molnar asso-
ciava al segno cirillico il latino , per indicare una vocale pi chiusa della a, che corri-
sponde alla grafia attuale del rumeno [.], Ascoli usa una semplice e senza accenti o altri
segni distintivi, come nella coppia di esempi ascoliani vizel, con e (attuale viel vitello)
e vizei, con (attuale vii vitelli), dove invece Molnar segnava pi chiaramente la va-
riazione vocalica con le due diverse grafie e e , come si pu notare in /vizel e
/vizi.1 Ascoli dunque avrebbe dovuto distinguere le due vocali rumene usando
due grafie diverse, proprio come aveva fatto Molnar, perch in rumeno il diverso grado di
apertura di e a fonologicamente distintivo. Nella morfologia nominale infatti la vocale
finale - indica un morfema privo di articolo, mentre -a indica la presenza dellarticolo.
Per il segno , che Molnar traslitterava indifferentemente con ie o e, Ascoli usa , che si
avvicina molto alla grafia del cirillico , ma si discosta dallattuale e [e], come quando
scrive l invece di el egli.
La lettera , traslitterata con , viene ripresa da Ascoli con il segno [4], che nel rume-
no attuale viene segnato con o , a seconda della posizione che occupa nella parola.
La lettera , traslitterata con tsch (secondo la norma tedesca), viene ripresa con h, come
in tahi invece dellattuale taci, per indicare il fonema dellaffricata palatale /tS/.
La lettera , traslitterata con z (secondo la grafia tedesca), che indica laffricata dentale
sorda, la cui grafia odierna resa dal segno [ts], viene ripresa con z anche da Ascoli, coin-
cidendo con la norma.
Affinch la corrispondenza tra la grafia rumena di Molnar e la traslitterazione di Ascoli
sia la pi chiara possibile riporter di regola entrambe le grafie durante tutto il corso della
mia analisi linguistica.

1
Cfr. a pag. 46 della sua Grammatica.

53
V.5.3 La grafia del friulano in Ascoli

Per la rappresentazione dei fonemi del friulano Ascoli si serve essenzialmente dei carat-
teri grafici dellitaliano.
Per rendere fonemi non presenti in italiano, come il fonema /c/, caratteristico del friula-
no, dellocclusiva prepalatale sorda, Ascoli usa la grafia chi, come in chiapiel cappello,
vachie vacca, chiase casa, pechiat peccato, chiarnos carnoso. Usa una volta incoeren-
temente il segno g in ding per indicare il plurale di dint dente, in cui t si palatalizza in c
[c]: dinc [dinc] denti. Per il corrispondente fonema sonoro [F], Ascoli non presenta nes-
sun esempio.
Indica laffricata palatale sorda [tS] con il segno grafico chi, come in chizze cagna, chi-
ness cinese. Questo utilizzo grafico per potrebbe generare confusione nel lettore, perch
si sovrappone al chi derivato dalla palatalizzazione del nesso CA (vedi sopra), che non in-
dica unaffricata, ma unocclusiva.
Ascoli indica sempre le consonanti finali con la grafia etimologica, come in lung, invece
di lunk [luk], che rappresenta la pronuncia effettiva.

54
V.5.4 Analisi della parte linguistica

In questo paragrafo esaminer pi dettagliatamente il testo di Ascoli dedicato alla com-


parazione tra il friulano e il rumeno, riproducendone un brano per volta* e commentandolo
subito dopo per verificare la correttezza dei fenomeni linguistici considerati. Poich egli fa
continuo riferimento alla traduzione italiana dopo lintroduzione degli esempi rumeni, non
posso fare a meno di porre la lingua italiana in correlazione analitica con il rumeno e il friu-
lano.

[I]. Venghiamo al confronto propostoci. Vedrassi dalle voci valache chio raccolsi senza sten-
to, aver queste una immensa somiglianza con friulane dello stesso significato; n punto dubito
che chi volesse darsi la pena di gir pi oltre, con un vocabolario alla mano, con tutta facilit
ne accrescerebbe di molto il numero. Ma quelle che io riporter, vedrassi essere parole essen-
ziali alla lingua familiare, alle arti pi indispensabili, parte delle favelle umane, ove il loro ve-
ro tipo ad evidenza incontrasi. Per non ardiva mostrare al pubblico queste somoglianze di
voci, che, quantunque avrebber abbastanza soddisfatto, tuttavia sempre avrebbero lasciato al
lettore lidea duna fortuita combinazione, se regole importanti della Grammatica io non aves-
si pure avuto in appoggio della mia comparazione.

Ascoli fonda il principio della sua comparazione su un certo numero di voci rumene e
friulane simili nella forma e dallo stesso significato. Sottolinea inoltre che il corpus lessica-
le riguarder essenzialmente voci della lingua colloquiale, esaminate con riferimento a una
serie di regole morfologiche come appoggio comparativo. Purtroppo per noi egli non cita
la fonte grammaticale di queste importanti regole.1

* Per ragioni di comodit ritengo utile identificare i brani di Ascoli con numeri romani tra parentesi quadre.
1
Su questo punto rinvio alla mia riflessione sulle grammatiche storiche del par. IV.1.

55
[II]. E queste per le prime esporr: Nei verbi per i primi:
I pronomi possono essere preposti tanto nel valaco che nel friulano, e posposti in casi
pure non interrogativi. Esempj: in valaco *) l are, l poarte, kalhi-tu (le lettere hi con que-
sto accento, avranno un suono aspro di tsc come se in questo esempio fosse scritto kalsci) in
italiano egli ara, egli porta, tu calchi. Ed eccone la traduzione friulana al are, al puarte,
chialchistu.

Parlando della posizione dei pronomi rispetto al verbo, Ascoli si riferisce ai pronomi
personali soggetto, distinguendo il rumeno el dal friulano al. Non si accorge che in
friulano come in molti sistemi linguistici (in particolare in italiano settentrionale, ma anche
in francese) esistono due serie pronominali in funzione di soggetto.
Una rappresentata da pronomi liberi, che sono fonologicamente tonici e sintatticamente
non sono legati a una posizione particolare. Laltra serie costituita da pronomi atoni e cli-
tici. In qualit di pronomi atoni non possono godere di vita propria, ma sono legati obbliga-
toriamente ad altri elementi tonici. In qualit di clitici sono vincolati in modo stabile al ver-
bo cui si riferiscono, tranne i casi in cui siano presenti altri elementi clitici, come ad esem-
pio altri pronomi obliqui, che ne possono causare la separazione dal verbo.2
Il rumeno invece non possiede questa caratteristica.
Nella terminologia odierna Il rumeno e litaliano vengono definiti lingue a soggetto nul-
lo, poich la presenza del pronome personale soggetto non obbligatoria n prima n dopo
il verbo al quale esso si riferisce, e inoltre queste lingue hanno una sola serie di pronomi
soggetto. Invece il friulano possiede una doppia serie pronominale, di cui solo la serie cliti-
ca obbligatoria.ancora 2
Qui sotto presento il repertorio completo dei pronomi personali soggetto relativi al ru-
meno, allitaliano e al friulano.

PRONOMI PERSONALI SOGGETTO


rumeno italiano friulano
LIBERI CLITICI LIBERI CLITICI LIBERI CLITICI
eu - io - j o
tu - tu - tu tu
el - egli - lui al
ea - ella - je e
noi - noi - no o
voi - voi - vo o
ei - essi - lo:r a
ele - esse - - -

2
L. VANELLI, Il sistema dei pronomi soggetto nelle parlate ladine, in I dialetti italiani settentrionali nel panorama ro-
manzo, Studi di sintassi e morfologia, Roma, Bulzoni, 1998, p. 105 ss.

56
Nel corso di tutto il paragrafo, assocer ad ogni brano del saggio di Ascoli una tabella in
cui sintetizzo gli esempi dello studioso goriziano, preceduti da quelli presentati dalla
Grammatica di Molnar, sia nella versione grafica cirillica che in quella latina, per controlla-
re eventuali discordanze tra i due autori, come nel quadro che segue:

rumeno di Molnar rumeno italiano friulano


ap/el ar (p.158) l are egli ara al are
/el poart (p.9) l poarte egli porta al puarte
ka t/kaltschi tu (p.165) kalhi-tu tu calchi chialchistu

In questi esempi lassociazione dei pronomi non risulta coerente. Mentre infatti i prono-
mi soggetto del rumeno e dellitaliano sono liberi, quelli del friulano appartengono alla se-
rie dei pronomi clitici.
Dalla grafia di Molnar si nota che la a tonica di ka t/kaltschi tu non si era ancora
centralizzata in , come nellattuale rumeno clci.
Tutti e tre gli esempi verbali riportati da Ascoli sono la diretta continuazione del latino
ARRE, PORTRE e CALCRE.
Alla fine del commento di ogni brano riporter sempre, se sar possibile, una tabella che
riproduca gli esempi corretti come avrebbero dovuto essere, da confrontare con quella ini-
ziale:

latino rumeno italiano friulano


ARAT el ar egli ara lui al are
PORTAT el poart egli porta lui al pwarte
CALCAS tu clci tu calchi tu tu calchis

Negli esempi del rumeno poart e del friulano pwarte Ascoli avrebbe dovuto rilevare
laffinit della dittongazione o e w come esito fonetico di una comune O tonica latina.

57
[III]. *) Quelle e valache, a cui verr sovrapposto questo segno () avranno un suono quasi di
je p. es. qui pronuncia jel are, dolcemente. Notisi chio mi servo della Grammatica valaca-
tedesca di Molnar. Hermannstadt. 1810.

Questa nota fonetica di carattere grafico gli viene suggerita da Molnar, il quale opera lo
stesso artificio per la lettera cirillica , sovrapponendole un accento speciale quando essa
corrisponde al suono [e], scrivendola , ma nella traslitterazione latina egli usa la doppia
grafia e e ie.
Sulla Grammatica di Molnar e altre grammatiche rumene si possono trovare notizie mol-
to dettagliate nel capitolo ottavo dellopera di Carlo Cattaneo Del Nesso fra la lingua vala-
ca e litaliana uscita a Milano nel 1837.3 Qui egli espone una lunga elencazione di gram-
matiche e dizionari rumeni, commentandone il percorso storico ed esprimendo anche un
giudizio sugli aspetti che ritiene pi rilevanti. molto bene informato sulla grammatica del
medico Johann Molnar, della quale dice che fu stampata a Vienna nel 1788 e il cui autore
giudic bene di scrivere ogni voce valaca con ambo gli alfabeti latino e cirillico. Pi oltre egli accenna anche alla
ristampa di questa grammatica, uscita a Hermannstadt (attuale Sibiu) nel 1810, che ap-
punto ledizione citata in nota da Ascoli.
In tema di vocalismo rumeno il giovane studioso goriziano non dice pressoch nulla, a
parte il brevissimo accenno nella nota a pie di pagina alla vocale rumena e- iniziale di pa-
rola. Si tratta del dittongo ascendente [e] che rappresenta leffettiva pronuncia della e- dei
pronomi soggetto el, ela, ei, ele e delle forme del verbo essere, come eti, era, e este.
Lapparente incongruenza nasce con ogni probabilit dalla traslitterazione delle grafie ci-
rilliche4 e , che a loro volta corrispondono ad un unico segno glagolitico5 . La lettura
convenzionale del glagolitico era [e] allinizio di parola e dopo vocali, [e] negli altri casi.
Tale fenomeno si neutralizzava solo nei prestiti dal greco e nelle parole slave eda, ei, ese,
eter, in cui - iniziale aveva il suono [e].
Neanche Cattaneo, nel suo saggio del 1837, nota che il rumeno presenta un sistema vo-
calico molto particolare, rispetto a tutte le altre lingue romanze. Esse infatti non posseggono
i due fonemi /./ e /4/, graficamente e , che invece sono comuni allinterno dellarea lin-
guistica balcanica. La vocale centralizzata /./ rappresentata da in rumeno e da in alba-
nese e non molto diversa dal bulgaro , mentre la vocale centrale non labializzata /4/ e-
quivale alla grafia , del rumeno ed simile al russo .6

3
Cfr. Cattaneo e il rumeno al par. IV.2.1. Sulla Grammatica rumena di Molnar cfr. il par. IV.2.2.
4
Lalfabeto cirillico si basava sulla scrittura greca onciale (greco maiuscolo usato sia nelle iscrizioni che nei papiri). N.
Radovich, Introduzione allo slavo ecclesiastico antico, cit., p. 16.
5
Lalfabeto glagolitico pu essere considerato una creazione originale di Cirillo e in alcuni casi sembra ispirarsi alla scrit-
tura greca minuscola (sviluppatasi in et posteriore, prima nei papiri e poi, solo dal IX secolo dopo Cristo, nei manoscritti
su pergamena) e ad altri alfabeti. N. Radovich, Introduzione allo slavo eccles. antico, cit.
6
G.B. Pellegrini, Introduzione alla linguistica balcanica, cit..

58
SCHEMA SINCRONICO
DEL VOCALISMO TONICO RUMENO
vocali anteriori vocali vocali
non labializzate centrali posteriori
labializzate

i , u


o

a

Del vocalismo friulano Ascoli non dice nulla. Gli sfugge che le vocali friulane esprima-
no un doppio regime quantitativo, fonologicamente rilevante perch distintivo. Si tratta di
un fenomeno innovativo del friulano allinterno dellarea romanza, che presente anche in
altre variet italiane settentrionali, come per es. nel lombardo e riguarda la presenza di vo-
cali toniche fonologicamente lunghe.7
vero tuttavia che questa distinzione non riguarda larea goriziana, dove il sistema vo-
calico pi semplificato. Ma anche qui elementi vocalici particolari lasciano intravedere la
possibilit che la lunghezza vocalica abbia interessato lo stesso goriziano in tempi pi anti-
chi.8
Questa precisazione potrebbe per giustificare lomissione di Ascoli, che del resto non
doveva conoscere alla perfezione il friulano, come scriveva nella sua lettera a Marco Luz-
zatto del 10 settembre 1846: A S.Daniele ho parlato friulano a lungo credo la prima volta
in vita mia, e vappresi qualche voce nuova.9
Prima di illustrare lo schema grafico del vocalismo friulano ritengo opportuno esporre
un rapido excursus diacronico per focalizzare pi chiaramente il singolare fenomeno del
vocalismo tonico friulano.
Come noto il sistema vocalico del latino si basava sul principio della quantit, per cui
ogni vocale poteva avere due durate: breve e lunga. Questa opposizione quantitativa rappre-
sentava un valore distintivo, che per nel corso del tempo si affievolto, fino ad essere
soppiantato da un nuovo meccanismo che si basava sulla diversa qualit delle vocali, che
potevano essere aperte e chiuse.10

7
L. Vanelli, Le vocali lunghe del friulano, in Quaderni della grammatica friulana di riferimento, I, Udine, Forum, pp.
69-107.
8
P. Rizzolatti, Elementi di linguistica friulana, Udine, Societ Filologica Friulana, 1981, p. 23; L. Vanelli, Le vocali lun-
ghe del friulano, cit., p. 70.
9
G. I. Ascoli, Composizioncelle, Archivio Ascoli, 3/163, c, p. 40; M. Radoni Zucco, Profilo biografico di Ascoli, 1973, p.
20.
10
V. Vnnen, Introduzione al latino volgare, Bologna, Ptron, 1982.

59
bene precisare che il sistema vocalico quantitativo non deve essere associato necessa-
riamente alle lingue antiche, perch esso viene utilizzato anche da lingue moderne come
lungherese11 e il ghego12, oltre che dal friulano. Nel quadro delle lingue romanze solo il
friulano mantiene un doppio regime vocalico, riprendendo la via del vocalismo quantitativo,
senza per svincolarsi da quello qualitativo ereditato dal latino volgare.
Lo schema che segue rappresenta il vocalismo tonico del friulano secondo il concetto di
posizione forte13, affiancato da quello di posizione debole.

SCHEMA SINCRONICO DEL VOCALISMO TONICO FRIULANO


in posizione forte in posizione debole

i: u: i u
, () , ()
e: o:
j, (j) w, (w)

a: a

Questo duplice regime del vocalismo tonico quantitativo potr essere esaminato pi
chiaramente nel suo processo diacronico che illustrer nello schema successivo. Per ora
facile notare che i due regimi si equivalgono nel senso dellopposizione quantitativa (lun-
ghe ~ brevi), tranne linserimento dei dittonghi j e w.
Da questo quadro possibile osservare che in posizione forte non emerge alcuna traccia
di modulazione timbrica, che invece si rivela in modo chiaro negli elementi di posizione
debole (distinzione di timbro aperto e chiuso delle vocali medie), i quali passano da 5 a 7
(gli elementi vocalici tra parentesi sono da considerarsi alternativi e non aggiuntivi).
In altri termini si pu affermare che lesito friulano delle vocali toniche latine in posizio-
ne forte identico al sistema vocalico del sardo14, ma in versione allungata. E che lesito
delle vocali in posizione debole si avvicina molto a quello italiano in sillaba aperta, come
risulta dallo schema seguente:

11
P. Fabin, Manuale della lingua ungherese, Budapest, 1970.
12
Variet dellalbanese che si parla nel nord dellAlbania; G. B. Pellegrini, Introduzione alla linguistica balcanica, cit.,
p. 10.
13
Una vocale tonica che si trovi in sillaba aperta latina, in una parola che non finisca in -a e che nellesito friulano si tro-
vi in sillaba chiusa, finale di parola, si definisce in posizione forte; cfr. G. Francescato, Dialettologia friulana, Udine, So-
ciet Filologica Friulana, 1966.
14
Nel sardo le vocali brevi e lunghe del latino si fondono in ununica vocale, dando luogo a un sistema di 5 vocali, neu-
tralizzando lopposizione quantitativa latina ed escludendo il sistema qualitativo panromanzo; V. Vnnen, Introduzione
al latino volgare, cit.

60
SCHEMA DIACRONICO DEL VOCALISMO TONICO
latino latino rumeno italiano friulano
volgare sillaba sillaba posizione posizione
chiusa aperta forte debole
i i i i: i
- e: , ()
j j i: j, (j)
- a a a a a: a
w u: w, (w)
o

o: , ()

u
u u u u: u

Il rumeno continua il sistema panromanzo solo nelle vocali medio-alte, mentre nelle vo-
cali medio-basse riprende lo schema del sardo.
Singolare lesito friulano i: e u: - in posizione forte - per le medie brevi latine e ,
mentre le medio-alte , , , - in posizione debole - quando sono seguite da vocale finale
si aprono sempre in e aperte, come in FTA > fde pecora, SRA > sre sera, G-
LA > gle gola, LPA > lve lupa.15
Solo litaliano mantiene inalterata - in sillaba chiusa - limpostazione del latino volgare.

15
P. Rizzolatti, Elementi di linguistica friulana, cit., p. 25.

61
[IV]. Le desinenze dei verbi valachi regolari sono queste:
Della I. Congiugazione a lungo. Esempio lumin, illuminare, leud, lodare; la di cui traduzione
friulana sar appunto lumin, laud.
Della II. Congiugazione ea lungo.
III. e breve.
IV. i lungo.
Ognuno saccorger che le desinenze della I. II. e IV. Congiugazione valaca, sono le i-
dentiche della maggior parte dei verbi friulani: La Grammatica valaca chio mho innanzi gli
occhi, ha per esempio della III. Congiugazione i due verbi bte, vnde, - battere, vendere; os-
servisi la somiglianza con bati, vendi, dei friulani: sicch la desinenza della III. Congiugazione
valaca (e breve) che pare non esista in friulano, v rimpiazzata dalli breve. Per esempio di
lungo trovo dai valachi dorm, dormire; eccoci al friulano durm.

Si pu sintetizzare cos la sistemazione di Ascoli delle righe precedenti:

rumeno di Molnar rumeno italiano friulano


I A lungo lumin illuminare lumin
leud lodare laud
II EA lungo - - -
III E breve /bate (p.257) bte battere bati
vnde vendere vendi
IV I lungo a /a dormi (p.215) dorm dormire durm

Si pu concedere ad Ascoli ea lungo, in quanto dittongo. Ma non c ragione di defini-


re breve la e, della IIIa (atona), e lunga la i, della IVa (tonica). Il vero significato che in re-
alt Ascoli intende attribuire alle vocali, usando i termini breve e lunga, senzaltro
quello di atone e toniche. Quindi dobbiamo leggere laccento dei suoi esempi esclusi-
vamente nel suo valore di segno tonico.
Lesposizione corretta sar:

coniug. latino rumeno italiano friulano


I -RE ILLUMINRE -a a lumina -are illuminare -a: lumina:
LAUDRE a luda lodare lauda:
II -RE - -ea - -ere - -e: -
III -RE BATTURE -e a bate -ere battere -i bati
VENDRE a vinde vendere vendi
IV -RE DORMRE -i a dormi -ire dormire -i: durmi:
[ho segnato in grassetto tutte le vocali toniche]

62
Le quattro coniugazioni del latino risultano conservate integre sia in rumeno che in friu-
lano, ma rispetto allitaliano le desinenze degli infiniti rumeni e friulani mostrano lapocope
della sillaba finale -RE, senza per determinare alcuna modifica dellaccento tonico, che
rimane ancorato alla vocale originaria. Pertanto lelemento che accomuna il rumeno con il
friulano non la vocale tonica finale degli infiniti, ma la caduta della sillaba finale degli in-
finiti latini. Oggi sappiamo che questo fenomeno diffuso in molte variet italiane e ro-
manze (per es. nei dialetti italiani centromeridionali, in quelli dellarea nordoccidentale e
nella stessa Toscana meridionale).16
Gli elementi che invece distinguono gli infiniti delle due lingue sono la preposizione del-
la vocale a (< AD) davanti al verbo rumeno e la vocale finale tonica allungata del friulano
nei verbi derivati dalla I, II, IV coniugazione latina. Negli infiniti di III coniugazione la -E
atona che rimane finale di parola dopo la caduta della sillaba -RE passa alle vocali -i,-e fi-
nali.
Questa -i per potrebbe anche non essere la continuazione etimologica della -E finale,
ma lesito di un processo fonetico pi complesso, in cui -RE > -i. possibile infatti che
dopo lapocope della -E finale sia caduta anche la vocale --, lasciando un nesso consonan-
tico in fine di parola di intollerabile esecuzione, come in VENDRE > *vendr. A questo
punto interviene la vocale dappoggio -i, tipica del friulano, che chiude la parola (*vendri) e
infine cade anche la -r- realizzando lesito corrente vendi.17

[V]. Il participio passato, formano i valachi aggiungendo aglinfiniti una semplice t; dunque
avut, arat, dormit, leudat, - avuto, arato, dormito, lodato; saranno participj valachi, abbastan-
za comprensibili mi sembra ad ogni friulano.

rumeno di Molnar ao/avut (p.151) apa/arat (p.165) opm/dormit (p.215)


rumeno avut arat dormit leudat
italiano avuto arato dormito lodato
friulano - - - -

Se si considera largomento in prospettiva storica, la t non viene aggiunta in rumeno per


formare il participio passato, ma derivata, come anche in italiano e in friulano, dalla for-
ma del participio latino, come vediamo nello specchietto subito sotto. Va sottolineato peral-
tro che linfinito rumeno che si associa al participio avut a avea. Non ha quindi nessun
fondamento la teoria ascoliana secondo cui basta aggiungere agli infiniti una -t per ottenere
il participio corrispondente, perch avea + t darebbe *aveat e non avut.

16
G. Rohlfs, Grammatica storica della lingua italiana e dei suoi dialetti, Morfologia, Torino, Einaudi, 1968, p. 339.
17
R. Maschi, Morfologia storica del friulano: l'evoluzione del sistema verbale, in Ce fastu?, LXXVI (2000), 2, Udine,
p. 202.

63
Ascoli non esplicita la forma friulana corrispondente a quella dei verbi rumeni, limitan-
dosi a dire che sarebbero facilmente comprensibili a un friulano, quindi suggerendo che so-
no simili. Io invece la aggiungo nello specchietto che segue, rilevandone le caratteristiche
specifiche, compreso il comune antenato latino volgare cui esse fanno capo.

latino latino volgare rumeno italiano friulano


I ARTUM ARTUM arat arato ara:t
LAUDTUM LAUDTUM ludat lodato lauda:t
II HABTUM HABTUM avut avuto vu:t
IV DORMTUM DORMTUM dormit dormito durmi:t

Quelli sopra illustrati sono participi passati 'deboli', derivati da verbi con perfetto debole
-VI, -VI, che hanno vocale lunga in penultima posizione latina, e quindi tonica. In friula-
no i participi passati deboli sono caratterizzati da vocale desinenziale lunga -a:t, -u:t, e -i:t,
con lallungamento strettamente associato ad una consonante finale sonora desonorizzata:
originariamente tale consonante (tonica) si era sonorizzata perch si trovava in posizione
intervocalica e in seguito alla caduta della vocale finale si desonorizzata, secondo
levoluzione -ATU(M) > ado > ad > a:t.18
Ascoli non considera nessuna forma di participio passato forte, che in friulano non a-
vrebbe presentato nessun allungamento vocalico, dato che in questi verbi la dentale finale -t
non una -d desonorizzata, ma deriva dalla semplificazione di un nesso consonantico o dal-
lo scempiamento di una geminata, per cui anche nella corrispondente forma femminile c
una -t-,19 come il participio passato fat fatto, dal latino FACTU(M), che ha il corrispon-
dente femminile fate fatta.

18
L. Vanelli, Le vocali lunghe del friulano, in Quaderni della grammatica friulana di riferimento, cit., pp. 89 e ss.
19
L. Vanelli, Le vocali lunghe del friulano, cit., pp. 89 e ss.

64
[VI]. I gerundj valachi sono pretti pretti i friulani nella loro forma: di dorm, avremo in va-
laco dormind; di ar, arare, arnd *); dun ausiliare troveremo fiind, essendo, friulano sind,
(jessind).
[nota di Ascoli] *) Gli a con questa linea sovrapposta devono essere nasali e profondi, come gli a ottusi
degli inglesi.

rumeno di Molnar rumeno italiano friulano


dorm opm/dormind (p.215) dormind - -
ar ap /araend (p.165) arnd - -
- /fiind (p.157) fiind essendo sind (jessind)

In questo schema Ascoli non dichiara la forma allinfinito del verbo essere rumeno a fi e
segna con la grafia il fonema /4/, che rappresenta una delle caratteristiche peculiari del si-
stema vocalico rumeno, e cio la vocale centrale non labializzata . Inoltre non esplicita le
forme dei gerundi friulani, ma dice solo che i gerundi rumeni sono pretti pretti i friulani.
Dovremmo quindi interpretare le forme dormind e arnd come friulane, ma si vedr pi a-
vanti che tale associazione non del tutto corretta.
Nella nota *) Ascoli propone l'esecuzione fonetica della a segnata con la linea (ma
in realt la grafia tipografica una ) come una vocale nasale e profonda, come gli a ottusi degli
inglesi, forse quella ridotta di but [bVt], mentre in realt noi sappiamo che si tratta di una
vocale alta e centralizzata, come in children [tS4ld0.n], che non n nasale n profonda.
In rumeno i suffissi dei gerundi latini -ANDO e -ENDO hanno l'esito -nd nei verbi della
coniugazione in -a, -ea, -e e - con radicale consonantico. Hanno invece lesito -ind nei
verbi della coniugazione in -i, -a, e -e con radicale vocalico.
In friulano la vocale tonica -A della desinenza -ANDO dei gerundi latini resta invariata,
mentre la -E di -ENDO passa a -i, prendendo il carattere vocalico tipico della IV coniuga-
zione. Tutte le vocali friulane diverse da -A cadono, e la dentale sonora finale di parola si
desonorizza passando a -t, mentre gli esempi di Ascoli finiscono in dentale sonora, invece
che sorda: *dormind per durmint, *arand per arant, *jessind per jessint.
Nellesempio inoltre egli presenta la traduzione italiana solo del gerundio ausiliare. Per
completezza aggiungo (in grigio) anche le forme che mancano:

latino rumeno italiano friulano


ARANDO arnd arando arant
DORMIENDO dormind dormendo durmint
- fiind essendo jessint (sint)

La forma friulana del gerundio dellausiliare essere jessint pu essere ipotizzata sulla
base dellinfinito latino SSE, in cui la vocale - iniziale subisce lesito regolare je- nel
contesto di posizione debole e caduta della vocale finale. Alla forma jess- viene aggiunta la
desinenza -int, analogica con gli altri verbi della III coniugazione, come in bati > batint
battendo, per la formazione del gerundio dellausiliare, che in latino non esisteva.

65
[VII]. Un tempo composto del verbo avere valaco sar l au avut, come il friulano el a avut.

rumeno di Molnar rumeno friulano


a at/el au avut (p.146) l au avut el a avut

Anticamente lausiliare ridotto di terza persona singolare per i tempi composti era au,
poi nel rumeno moderno si semplificato in a. bene ricordare comunque che gli ausiliari
del passato composto rumeno non sono esattamente gli stessi del presente indicativo del
verbo a avea, come si vede dallo specchietto che segue:

presente indicativo am ai are avem avei au


ausiliari dei tempi composti am ai a am ai au

Nellesempio del tempo composto friulano el a avut il pronome personale el


decisamente fuori luogo, perch le due possibilit sono il pronome libero lui o il clitico al,
come gi stato illustrato nel commento al brano [II], mentre el non esiste. Anche il
participio passato dellinfinito friulano ve: avere non *avut, ma laferetico vu:t. Quindi
sarebbe stato pi esatto scrivere:

rumeno friulano
el a avut al a vu:t

Anche in questa forma tuttavia entrambe le espressioni confermano una eccellente affi-
nit esecutiva.

66
[VIII]. Notisi pure che le varie maniere, in cui il friulano pu unire al verbo il pronome
(forse pi facilmente che litaliano) trovansi pure tutte nel valaco. Esempj: dice il valaco: demi,
dei, daune, dauve, - dammi, dgli, dannoci, dannovi, confrontar li potremo coi friulani: dami,
dai, danus, daus (al sing.). Il valaco ha ancora pi complicate queste regole, perch pu dire
tutto in una voce miau - mi hanno, fr. mi an.

rumeno di Molnar /dmi /di /daune /dauve


(p.338)

rumeno demi dei daune dauve miau


italiano dammi dagli dannoci dannovi mi hanno
friulano dami dai danus daus mi an

Graficamente i pronomi personali dativi atoni rumeni posposti al verbo non vi sono
uniti, ma separati da un trattino. Le forme italiane dannoci e dannovi ora non sono pi
usate, ma nellOttocento erano comuni, almeno nella lingua letteraria scritta. Questi esempi
riguardano il rapporto tra il verbo e il pronome personale atono e si pu notare che in
rumeno solo le prime due forme d-mi, demi, e d-i, dei, sono perfettamente regolari.
Nella gran parte dei casi infatti le forme atone precedono il verbo e vi sono posposte solo
quando accompagnano limperativo affermativo (com infatti il caso di d-mi e di d-i) o
il gerundio. E quindi la posposizione del pronome in dau-ne e in dau-v starebbe a indicare
che il verbo si trovi all'imperativo. Ma la VI persona non esiste, nel modo imperativo.
Dobbiamo pertanto considerarle, come anche mi-au, dei presenti indicativi, che come tali
hanno in genere il pronome preposto: ne-dau, v-dau.
Lo stesso discorso vale anche per il friulano. Sarebbe stato meglio quindi scrivere:

PRONOMI PERSONALI DATIVI ATONI


rumeno italiano friulano
imperativo d-mi dammi dami

d-i dagli dai


indicativo mi-au mi hanno mi an
presente
ne-dau ci danno nus dan

v-dau vi danno us dan

In questi esempi Ascoli presenta lo sviluppo dei pronomi personali dativi atoni applicati
al verbo dare e a una sola espressione del verbo avere. Le forme rumene si riferiscono ai
verbi a da e a avea, mentre quelle friulane ai verbi da: e ve: e in entrambi i casi esse
derivano dal latino DARE e HABRE. Sia a da che da: continuano regolarmente la prima
coniugazione latina, mentre a avea e ve: continuano la seconda:

67
latino rumeno italiano friulano
I DARE a da dare da:
II HABRE a avea avere ve:

Per completare il quadro dei pronomi personali dativi ritengo utile illustrarne lo sviluppo
completo in tutte e tre le lingue in esame, accoppiando alla serie clitica anche quella libera:

PRONOMI PERSONALI DATIVI


rumeno italiano friulano
LIBERI CLITICI LIBERI CLITICI LIBERI CLITICI
mie ()mi a me mi a mi mi
ie ()i a te ti a ti ti
lui ()i a lui gli a lui j
ei - a lei le a je -
nou ne, ni a noi ci a noaltris nus
vou v(), vi a voi vi a vualtris us
lor le a loro loro a lo:r ur
- li - - - -

[IX]. Osservisi questi modi di dire friulani, con l impersonali: nus la dat, us lai dat - ce lha
dato, ve lho dato: ed io per tradurli in valaco dovr dire precisamente nilau-dat, vilam-dat.
(In alcuni luoghi del Friuli dicesi pure vi lai dat a grande somiglianza del valaco).

rumeno di Molnar (p.339) rumeno italiano friulano


-/nilau-dat nilau-dat ce lha dato nus la dat
- vilam-dat ve lho dato us lai dat (vi lai dat)

Anche in questo caso necessario correggere subito la discordanza esistente nel primo
esempio rumeno nilau-dat, perch nel rumeno attuale non si usa pi lausiliare ridotto au,
ma a. I pronomi clitici dativi del plurale che si usano davanti a unaltra forma pronominale
sono proprio ni e vi. Per il resto, va solo modificato laspetto grafico in ni-l a dat e vi-l am
dat.
Questo paragrafo, che vorrebbe introdurre il curioso concetto di l impersonale, in realt
illustra adeguatamente il rapporto del doppio pronome personale con il verbo, allinterno
del quale emerge un nuovo aspetto della serie dei pronomi personali che ancora non era
stato chiamato in causa. Quella che Ascoli definisce curiosamente l impersonale, invece,

68
non altro che lelemento accusativo della serie pronominale clitica, come si vede anche
nel seguente schema (in terza riga):

PRONOMI PERSONALI ACCUSATIVI


rumeno italiano friulano
LIBERI CLITICI LIBERI CLITICI LIBERI CLITICI
mine m, (m-) me mi me mi
tine (-)te(-) te ti te ti
el -l, l-, -l-, l lui lo, l+voc. lui lu, l+voc.
ea (-)o lei la je le
noi (-)ne(-) noi ci noaltris nus
voi v, (v-) voi vi vualtris us
ei (-)i(-), i loro li lo:r ju
ele (-)le(-) - - - lis

Gli esempi friulani di Cattaneo20 e di Marchetti21 dimostravano gi per che quando un


pronome accusativo segue un altro pronome (di solito un dativo) viene utilizzata unaltra
serie di clitici:

singolare plurale
masch. al ai
femm. e es

pertanto gli esempi friulani nus la dat e us lai dat andrebbero corretti in nus al a dat e us
al ai dat. A meno che, precisa sempre Marchetti, in zone particolarmente esposte ad
influenze estranee, non intervenga un recente fattore di analogia con litaliano. Per
recente egli intende che il fenomeno pu essersi sviluppato non prima dellOttocento, cui
segue per un dubbioso punto di domanda.
Il quadro preciso avrebbe dovuto essere quindi:

rumeno italiano antico italiano friulano


ni-l a dat ne lha dato ce lha dato nus al a dat
vi-l am dat - ve lho dato us al ai dat

20
F. Agnoletti, Appunti linguistici sul friulano in un manoscritto inedito di Carlo Cattaneo, cit., p.161.
21
G. Marchetti, Lineamenti di grammatica friulana, Udine, Societ Filologica Friulana, 1985, p. 212.

69
[X]. Indi noteremo altre regole:
Collallungarsi delle voci valache, sempre pi scorgonsi avvicinarsi alle friulane: es.
mort, - morto, per dire in femminino avrassi moarte, ed eccoci al friulano muart; port, - io
porto, in terza persona diventa l poarte, quasi lidentico puarte dei friulani; di dorm,
avremo l doarme, eccoci allal duar dei friulani.

rumeno di Molnar rumeno italiano friulano


maschile opt/mort (p.9) mort morto muart

femminile /moart (p.9) moarte - -

Ia persona /port (p.9) port io porto -

IIIa persona apt/poart (p.9) l poarte - puarte

infinito /a dormi (p.215) dorm - -

IIIa persona /el doarme (p.208) l doarme - al duar

Tutte le versioni rappresentate da Ascoli si riconducono a ununica forma latina da cui


derivano: MORTU(M), PORTRE, DORMRE.
La reale affinit riguarda la vocale tonica latina che si dittonga in rumeno e in friulano
(ma non in italiano). Le vocali toniche in rumeno si dittongano in e, o ascendenti quando
si trovano in penultima sillaba rumena, come infatti in MORTA(M) > moart morta, ma
MORTU(M) > mort morto, DORMT > doarme dorme, ma DORMIO > dorm
dormo, PORTAT > poart porta contro PORTO > port porto.
Ascoli porta solo gli esempi che riguardano levoluzione di O latina e nessuno per le
vocali medio-alte non labializzate, ma si potrebbero ricordare casi come NGRA(M) >
neagr nera, CRA(M) > cear cera, GMTU(M) > geamt gemito. Come si pu
vedere da questi ultimi esempi le vocali toniche latine interessate dal fenomeno possono
essere sia lunghe che brevi, in netto contrasto con la dittongazione friulana, che si sviluppa
esclusivamente dalle vocali medie latine brevi nel contesto di posizione debole, come
riferir pi sotto.
Il fenomeno che rende possibile la dittongazione della vocale tonica rumena la
metafonesi, che viene provocata dalla qualit della vocale ( e e) della sillaba finale.22 Si
appena visto nel caso di MORTU(M) > mort morto e DORMIO > dorm dormo, che la
metafonesi non si manifesta in assenza di vocali finali e neanche in presenza di vocali finali
diverse da - e -e, come nel caso delle -i della forma plurale ploi piogge. Sembra inoltre
che i dittonghi rumeni e e o vogliano assumersi la funzione di distinguere in modo pi
marcato le forme singolari femminili da quelle maschili.
da sottolineare inoltre che la dittongazione si realizza indipendentemente dalla natura
aperta o chiusa della sillaba, come si pu facilmente vedere negli esempi riportati sopra e

70
anche in questo essa si allontana molto dalla dittongazione friulana, che esige
rigorosamente sillaba chiusa latina.
Al contrario del rumeno la dittongazione friulana si sviluppa anche nelle forme
monosillabiche, come possiamo osservare nelle forme che ci fa notare lo stesso Ascoli:
DORMT > al dwar dorme, con la totale scomparsa della sillaba finale latina -MT e
MORTU(M) > mwart morto. Assieme anche allesempio PORTAT > (al) pwarte
porta, ci troviamo nel contesto friulano di posizione debole (sillaba chiusa latina), dove
lesito della tonica il dittongo ascendente w. Quando inoltre la vocale tonica seguita
da una -r finale si innesca anche il processo di allungamento, per cui si ha DORMT > (al)
dwa:r.
Per la prima volta Ascoli usa il pronome soggetto clitico al davanti al verbo dwa:r, ma
non davanti a pwarte e ancora una volta tralascia ogni accenno alla vocale lunga.
A seguito di queste considerazioni posso scrivere:

latino rumeno italiano friulano


maschile MORTUM mort morto mwart
femminile MORTAM moart morta -
a
I persona PORTO port io porto -
a
III persona PORTT el poart egli porta al pwarte
infinito DORMRE a dorm dormire -
a
III persona DORMT el doarme egli dorme al dwa:r

Laltro fenomeno comune alle due lingue, che Ascoli avrebbe dovuto notare negli
esempi che ha riportato, la caduta delle vocali finali latine diverse da -A come in
MORTU(M) > rum. mort, friul. mwart, ma MORTA(M) > rum. moart (friul. mwarte).
Bisogna per sottolineare che in rumeno questo fenomeno coinvolge solo i nomi singolari,
mentre, per quanto riguarda il friulano, laspetto del plurale si presenta leggermente pi
complesso, come si vedr pi sotto nella trattazione dei plurali.

22
Spetta ad A. Mussafia il merito di aver riconosciuto per primo la natura dei dittonghi rumeni ea e oa, sviluppati
dallinflusso metafonetico della vocale finale. Cfr. L. Renzi, Gli studi rumeni di Adolfo Mussafia, in Omagiu lui
Alexandru Rosetti la 70 de ani, Bucarest, 1965. Per un commento degli stessi dittonghi rumeni cfr. anche T. Ferro, Latino
e lingue balcaniche nella formazione del rumeno, Catania, CUECM, 1992, p. 244 ss.

71
[XI]. I nomi femminili valachi, nella di cui penultima sillaba evvi oa, e che terminano in e
cangiamo le in i es. ploae pioggia, ha in plurale ploi. Ci scorgiamo anche in friulano che da
plo abbiamo plois, da puarte, puartis. (Per tanto per questa regola quanto per due altre che
in seguito verranno, bisogna dire, che queste semplici i sono strane un po per i plurali
valachi, che cos rassomigliano ai friulani, mentre per i friulani, li plurale comunissimo,
avendo tanti plurali in i, is ecc.)

rumeno di Molnar rumeno friulano


sing. /ploae (p.64) ploae plo puarte
plur. /ploi ploi plois puartis

Ascoli nota che la -e finale, di certi femminili rumeni, al plurale cambia in -i. Poi
aggiunge che lo stesso avviene anche in friulano, come in ploe pioggia, plois piogge,
dove in effetti si verifica la stessa mutazione vocalica, ma non considera per niente la
presenza della -s finale. Nella riflessione tra parentesi nota inoltre la stranezza dei plurali
rumeni in -i, mentre trova che in friulano luscita in -i sia comunissima.
Ora noi diciamo che il plurale in -i una caratteristica peculiare proprio del rumeno (e
dellitaliano) allinterno del dominio romanzo, dove invece la regola comune per la
formazione del plurale rappresentata dalluso della -s.
Sul plurale rumeno si era espresso molto semplicemente Cattaneo23 notando la stretta
affinit con quello italiano: Nella formazione dei plurali la simiglianza tra la lingua valaca e la nostra quasi
perfetta. Lupi, ursi, tauri, vermi nel mascolino; e nei feminili capre, persone, camiscie, funi, legi, ec., con poche eccezioni. Lo
stesso dicasi degli aggettivi negru e negra, negri e negre; verde e verdi. Alcune voci rammentano quelle antiche forme italiane
tmpora, cmpora, rmora imitate dai neutri latini; poich hanno i plurali campuri, tempuri, ec. Alcune, come da noi, mutano il c
chiuso collaperto, e come presso di noi amico e amici, fanno sacu e saci.
Il friulano si pone in una posizione intermedia, adottando sia il plurale vocalico che
quello sigmatico. Ed proprio questa la sua peculiarit. Questo duplice meccanismo usato
dal friulano per la costruzione del plurale pu essere ricondotto ad una antica declinazione
bicasuale, in cui la lingua aveva a disposizione due diversi morfemi per indicare il plurale:
la -i del nominativo della II declinazione e la -s dellaccusativo -AS, -OS e -ES delle
rispettive declinazioni latine. Nella trasformazione del latino nel friulano antico, la
declinazione bicasuale poteva essere produttiva finch interessava le parole derivate dalla II
declinazione, che potevano scegliere tra un plurale marcato quantitativamente (con
laggiunta della -s) e un plurale marcato qualitativamente (palatalizzazione della
consonante finale dovuta allazione della -i, che in seguito sarebbe caduta) opponendo
quindi una consonante palatale a una sibilante.

23
C. Cattaneo, Del nesso tra la lingua valaca e litaliana, cit., pag. 228-29. Cattaneo per non fa nessun accenno alla dit-
tongazione rumena.

72
Non tutte le parole della II declinazione potevano per scegliere tra il plurale sigmatico e
quello palatale, perch alcune terminavano gi in -s al singolare. Lunico percorso infatti
che poteva garantire la distinzione morfologica del numero era quello legato alla
palatalizzazione della sibilante finale (come nas/naS), perch nel caso della sigmatizzazione
il plurale restava identico al singolare (nas/nas). Se la via palatale era la pi produttiva per
questo gruppo limitato di parole che finivano in -s, poteva dunque essere seguita anche da
quelle forme che, pur terminando in consonante palatalizzabile, avrebbero potuto scegliere
liberamente il plurale sigmatico.
Le parole derivanti dalla terza declinazione invece non avevano altra scelta che luso del
morfema -s, dato che esso coinvolgeva sia le forme derivate dai nominativi che dagli
accusativi.24
La desinenza -is di plois e pwartis interessa i nomi femminili terminanti in vocale, nei
quali laggiunta del morfema -s provoca un innalzamento della vocale rispetto al singolare,
per una regola fonologica generale che innalza una /a/ sottostante postonica davanti a una
consonante, generando quindi la sequenza evolutiva PLVIAS > ploias > ploiis > plois e
PRTAS > pwartas > pwartis.

rumeno friulano
sing. ploaie ploe pwarte
plur. ploi plois pwartis

Entrambi gli esempi rumeni e friulani derivano dal latino PLVIA e PRTA, ma gli
esiti della vocale tonica seguono percorsi diversi. Quando le vocali toniche delle forme
singolari del rumeno sono condizionate dalla presenza nella sillaba finale di una vocale
aperta o media, dnno luogo alla formazione del dittongo o, come in PLVIA > ploaie
pioggia, mentre la -A finale latina che dovrebbe passare ad -, come in neagr <
NGRA(M) e moart < MORTA(M), si riduce invece a -e per influsso della semivocale j
che la precede. In ploi la desinenza -i (vocale chiusa) del plurale neutralizza il fenomeno,
ricreando le condizioni della sillaba originaria plo- < PL-.25
In friulano il dittongo w di pwarte porta nasce, esclusivamente nel contesto di
posizione debole, da vocali toniche latine medie brevi, e tale condizione rimane invariata
anche per il plurale.
Ma da questi esempi emerge anche un'altra concordanza che Ascoli non avrebbe dovuto
ignorare, ed la conservazione del nesso consonantico PL, che notiamo sia nel rumeno
ploaie che nel friulano ploe, entrambi da PLVIA, ma si potrebbero ricordare altri casi
rumeni come plus pi < PLUS, plumb piombo < PLUMBU(M) e il friulano plume
piuma < PLMA(M).
Da questo brano fino al brano [XXII] (tranne il [XV] e il [XVI] in cui parla
rispettivamente dellarticolo e del genere) Ascoli tratta esclusivamente della formazione del
plurale.

24
L. Vanelli, La formazione del plurale in friulano e la ricostruzione diacronica: lipotesi della declinazione bicasuale,
in I dialetti italiani settentrionali nel panorama romanzo. Studi di sintassi e morfologia, Roma, Bulzoni, 1998, p.153 ss.
25
T. Ferro, Latino e lingue balcaniche nella formazione del rumeno, cit., p. 244 e ss.

73
[XII]. I nomi valachi che terminano in g duro lo cambiano in plurale in g dolce. Es. lung
lungo lungi, come il friulano lung, nel plurale femminile lungis.

rumeno di Molnar rumeno italiano friulano


sing. /lung (p.11) lung lungo lung
plur. /lungi lungi - lungis

Questa esposizione di Ascoli sulla palatalizzazione della velare sonora [g] rientra
nellanalisi morfologica del plurale degli esempi precedenti.
Laggettivo della prima classe LNGU(M) sviluppa diversamente la sillaba finale -
GU(M) sia al singolare che al plurale. Al plurale infatti facile notare la presenza della
desinenza palatale -i per il rumeno e della desinenza sigmatica -is per il friulano. Al plurale
la velare [g] viene condizionata dalla -i in rumeno e da -is (< -AS) in friulano, passando da
occlusiva velare ad affricata palatale [dZ], mentre in italiano (anche se Ascoli tralascia la
versione al plurale lunghi) rimane occlusiva, ma passa a palatale per la presenza della -i
finale.
Ci sarebbe stato da osservare anche lesito della velare, che in posizione finale rimane
sonora in rumeno, ma non in friulano. Lapocope della vocale finale -U infatti provoca in
friulano la desonorizzazione delle consonanti sonore ostruenti, che private del loro nucleo
sillabico (la vocale caduta), si vedono costrette ad emigrare, nella condizione di consonanti
finali, nella sillaba precedente. In questo passaggio dalla sillaba finale a quella precedente
esse subiscono un processo di trasformazione da sonore a sorde. Nella sillaba finale -
GU(M) di LNGU(M) quindi, dopo la caduta della vocale finale -U, si ha la desonorizza-
zione della velare [g] in [k], con esito friulano [lunk].
Per completare lanalisi di queste forme bene ricordare che la reale pronuncia rumena
della -i di lungi quella di una vocale pi breve e meno sonora di quella che viene usata
come morfema dellarticolo: [lung].
Ne deriva il seguente quadro:

latino rumeno italiano friulano


singolare maschile LNGU(M) lung lungo lunk
maschile LNGI lungi lunghi -
plurale
femminile LNGAS - lunghe lungis

74
[XIII]. Alcuni dei nomi valachi che hanno per ultima sillaba le preceduto da vocale, perdano
la l. Es. moale, - molle, - moi; piiale, - pelle, - piei, appunto come il friulano chiapiel, - cappello,
- chiapiei; biel, - bello, - biei ecc. ecc.

rumeno italiano friulano


sing. moale piiale molle pelle cappello bello chiapiel biel
plur. moi piei - - - - chiapiei biei

rumeno di Molnar (p.13)


sing. moa/moale /piiale
plur. mo/moi /piei

Le forme qui proposte da Ascoli sono levoluzione degli aggettivi latini BLLU(M)
carino, diminutivo di BNU(M) buono,26 e MLLE(M) molle, del sostantivo
PLLE(M) pelle e del latino medievale CAPPLLU(M) cappello, diminutivo di
CPPA(M) cappuccio.27 Questi esempi sono caratterizzati dalla presenza etimologica
della liquida geminata, che tende alla semplificazione in quasi tutte le lingue romanze. Essa
si conservata infatti solo nel toscano, nellitaliano centromeridionale e nel sardo.28 Anche
Cattaneo aveva notato quel medesimo aborrimento delle consonanti doppie che distingue la lingua spagnola e molti de
Le forme rumene al singolare, moale e piiale, quando passano al plurale perdono la l in
seguito alla palatalizzazione provocata dalla -i finale, generando lesito moi e piei. Ci
determinato dal plurale palatale di MOLLE(M) e PELLE(M) che condiziona la liquida
geminata LL, prima palatalizzandola e poi spingendola al grado zero, come succede
partendo dal latino volgare CABALLI > cabali > cai.30
In friulano, luso dei plurali palatali interessava principalmente le parole appartenenti
alla II declinazione latina, che finivano al singolare in consonante coronale e deriva dal
plurale del nominativo in -I, mentre in tutti gli altri casi il plurale sigmatico deriva dal
suffisso dellaccusativo plurale in -S. Queste consonanti coronali sono caratterizzate
proprio dalla facile adattabilit alla palatalizzazione quando sono seguite da /j/, come ad
esempio /g/ + /j/ > /dZ/, /n/ + /j/ > /</, /l/ + /j/ > /Y/. Ma poich nellinventario fonematico
del friulano moderno non esiste la liquida palatale /Y/ ci troviamo di fronte alla (singolare)
assenza della consonante palatalizzata, perch sostituita dal fonema /j/. La presenza della -i
finale nelle forme chjapjei e bjei non rappresenta quindi una eccezione alla regola che vede
la caduta di tutte le vocali diverse da -A, ma la semivocale /j/ come esito della
trasformazione del fonema della coronale palatalizzata /Y/.

26
Vnnen, Introduzione al latino volgare, cit., par. 158, p.146.
27
M. Cortelazzo - P. Zolli, Dizionario etimologico della lingua italiana, Bologna, Zanichelli, 1979, I, p. 129.
28
Vnnen, Introduzione al latino volgare, cit., par. 110, p.115.
nostri dialetti, massime il veneto; e ne sian esempio stele, vale, curere, ec. 29
29
C. Cattaneo, Del nesso tra la lingua valaca e litaliana, cit., p. 218.
30
F. Dimitrescu, ntroducere n fonetica istoric a limbii romne, Bucarest, 1967, p. 98.

75
rumeno italiano friulano
sing. moale piele molle pelle cappello bello chjapjel bjel
plur. moi piei molli pelli capelli belli chjapjei bjei

Come si vede dallesito dei plurali palatali di questi esempi, esiste una reale affinit tra
rumeno e friulano. Ascoli per avrebbe dovuto sottolineare anche la tipica peculiarit
del friulano rappresentata dalla palatalizzazione dei nessi CA e GA che, sia pur involonta-
riamente, ha proposto nei suoi esempi.

[XIV]. I nomi sostantivi valachi terminanti in t cangiano t in z. Esempj: moarte, - morte, -


moarzi, - le morti, nel friulano vediamo pure muart, muarz; dei nomi valachi collultima
sillaba ent, unt, at, ot, molti pure cangiano questa t in zi. Es. talent, - talento, - talenzi; kumnat,
- cognato, - kumnazi; funt, - funti, funzi; ecc. confrontiamoli un po col friulano e ne avremo
talent, talenz, cugnat, cugnaz, ecc. ecc.

rumeno italiano friulano


kumnat cognato cugnat
singolare funt - -
moarte morte muart
talent talento talent
kumnazi - cugnaz
plurale funzi funti -
moarzi le morti muarz
talenzi - talenz

rumeno di Molnar
singolare plurale
/kumnat (p.53) -/-zi
/funt (das Pfund) (p.53) /funzi
moapt/moart (p.80) -/-zi
/talent (p.53) -/-zi

Alcune consonanti rumene, quando sono seguite, a contatto o a distanza, da una i sia to-
nica che atona (e quindi non solo con funzione morfologica) subiscono una forma di palata-
lizzazione, condizionata da regolare jod semivocalico. Fanno parte di questo gruppo non
solo locclusiva dentale sorda [t], che passa a coronale affricata [ts], come in cumnat >

76
cumnazi [kumnatsi] cognati, ma anche la relativa sonora [d] > [z], come in rotund > ro-
tunzi [rotunzi] rotondi, la velare sorda [k] > [tS], in bunic > bunici [bunitSi] nonni, la
velare sonora [g] > [dZ], in plug > plugi [pludZi] aratri e la fricativa dentale [s] > [S], in
nas > nai [naSi] nasi. Lintacco di [s] > [S] agisce anche a distanza, come nel caso di ar-
tist > artiti [artiSti] artisti.
Lelemento semivocalico non rappresentato solo dalla -i finale morfologica, atona, ma
anche da -i- interna, tonica, creando forme nuove senza i, ma che ne presuppongono la pre-
senza in tempi antichi, come in ar secondo la possibile evoluzione TERRA > *tjear >
ar.31 Locclusiva t + j d luogo allaffricata dentale sorda [ts] ed quella che troviamo
negli esempi di Ascoli, che si riferiscono tutti allintacco della -i finale morfologica del plu-
rale. Graficamente essa va indicata con il segno , anzich z, perch questultimo pu rap-
presentare un uso fonico polivalente: laffricata dentale sorda [ts], quella sonora [dz] e an-
che la sibilante sonora [z]. interessante notare che anche il friulano conserva un caso pa-
rallelo nella forma tjare (e tjere) < TERRA(M), con regolare dittongazione della E tonica in
posizione debole. Questo fenomeno per condizionato geograficamente, perch in alcune
aree friulane si procede anche alla palatalizzazione di tj > c [c], con lesito cere [cEre],
senza affricazione e coronalizzazione.
Il riferimento di Ascoli alla tipologia dellultima sillaba, ent, unt, at, ot, come elemento
causativo del fenomeno di trasformazione di t in z del tutto fuori luogo, perch tutto si
riconduce alla reazione di t seguito da jod.
Le forme plurali friulane cugnaz, mwarz, talenz, pur assomigliando molto alle
relative forme rumene, rappresentano in realt lapplicazione del plurale sigmatico friulano.
Laffricata dentale sorda z [ts], che chiude la parola, non altro infatti che lesito della
fusione della t del singolare con la s del plurale, t + s > z [ts], come in cugnat > cugnats >
cugnaz [ku<ats] cognati.
Il dittongo rumeno o, di moarte, che si forma da O tonica latina, condizionata per
metafonesi dalla -e finale, si sviluppa solo al singolare. Al plurale, poich non si verificano
le condizioni per lo sviluppo del dittongo, la vocale tonica rimane invariata. Per questo
motivo il plurale di moarte non pu essere moari, ma mori, senza dittongo.
In friulano, contrariamente al rumeno, il dittongo w, non essendo metafonetico, rimane
invariato anche al plurale.

rumeno italiano friulano


cumnat cognato cugnat
singolare funt libbra lire
moarte morte mwart
talent talento talent
cumnai cognati cugnaz
plurale funi libbre liris
mori le morti mwarz
taleni talenti talenz

31
T. Ferro, Latino e lingue balcaniche nella formazione del rumeno, cit., p. 260 ss.

77
Tutti gli esempi rumeni si accordano facilmente con i rispettivi friulani, perch si basano
sulla stessa radice latina, ma seguono distinti percorsi morfologici per la realizzazione del
plurale. Larticolo le nellespressione italiana le morti, come traduzione del rumeno mori
fuori luogo, perch la forma rumena non articolata, come si vedr pi avanti.

[XV]. Quanto agli articoli che sembrerebbero ostacolo insormontabile a chi vuol comparare
questi due idiomi, perch larticolo valaco viene posposto ai nomi e nel friulano li precede,
diremo, che appunto nel friulano si scorgono ancora delle traccie di questo articolo posposto
e ne daremo degli esempi: Ssoare dice il valaco per dire Sole; collarticolo Ssoarele, ecco
spiegato il Soreli friulano. Credo pure in friulano possa dirsi egualmente plo e ploje, ed ecco
che il valaco per dir pioggia collarticolo fa ploa-ja ed anche ploja come pure da voe, - voglia
fa vo-ja; il friulano pure pu dire voe e voje; e cos di molti altri. Sst dice il valaco alla
Stella, e non che collarticolo genitivo che fa Sstlei, donde potrebbe dedursi il friulano
Stele. Riesce al certo Stele pi affine a Stella italiano e latino, ma fo per ispiegare come
meglio vedrassi in seguito, queste e pronunziate friulane, nel singolare, che se anche esistono
nel francese sono per mute.

rumeno italiano friulano


senza articolo con articolo senza articolo con articolo
Ssoare Ssoarele Sole - Soreli
- ploa-ja, ploja pioggia plo ploje
voe vo-ja voglia voe voje
Sst Sst-lei Stella - Stele

rumeno di Molnar
senza articolo con articolo

- - /ploa-ia (p.19)
/voie (p.19) - /vo-ia
/sstea (p.18) -/sstea-lei (p.23)

Cattaneo era stato pi esplicito sul fenomeno dellarticolo posposto: singolare ed esclusiva
propriet del valaco che mentre litaliano, il francese e lo spagnolo prepongono larticolo, il valaco lo pospone ai nomi, anzi lo
inserisce tra il nome e laggettivo. Non solo, cercandone la spiegazione, dimostra di sapere anche
che Luso di posporre gli articoli commune a qualche altro linguaggio, al basco, per esempio e allislandese; ed eziandio ai
linguaggi di due popoli confinanti col valaco, cio lalbanese e il bulgarico. 32
32
C. Cattaneo, Del nesso tra la lingua valaca e litaliana, cit., p. 226.

78
Il rumeno soarele la forma articolata di soare, esito regolare di SOLE(M). Il friulano
sore:li sole deriva invece da *SOLCULU(M), con rotacismo della liquida L > r, tonica
con esito romanzo e, sonorizzazione della velare sorda intervocalica C > G (fenomeno
romanzo che per non coinvolge il rumeno e litaliano centro-meridionale)33 e apocope
della -U finale. La sincope di -U- interconsonantica, cio *SOLCULU(M) >
*SOLGLU(M), si verifica solo dopo lavvenuta sonorizzazione della consonante
intervocalica C > G, dando luogo alla forma *soregl, che deve essere sostenuta dalla vocale
dappoggio -i, a causa della pronuncia impraticabile del nesso consonantico -gl rimasto
libero in fine di parola. A questo punto sinnesca il fenomeno dellallungamento della
vocale tonica con relativa lenizione della consonante sonora postonica g, che viene condotta
al grado zero. Lesito finale dunque avr la forma sore:li sole, dove si nota facilmente che
lultima sillaba -li non rappresenta nessun articolo, ma lesito regolare friulano dellultima
sillaba di *SOLCULU(M), come in GENCULU(M) > *genogli > geno:li ginocchio.
Come in tutte le lingue romanze, tranne il rumeno, larticolo friulano viene sempre
preposto al nome e ha la forma il. Anticamente era lu < LLU(M), di cui continua la
seconda sillaba, per il maschile singolare. Ha la forma ju per il plurale, anticamente gli <
ILLI, con palatalizzazione della L condizionata dalla -I finale. Larticolo singolare antico
lu, corrispondente alla forma base del toscano lo, passato, attraverso la fase l apocopata
postvocalica e con successiva prostesi vocalica in posizione iniziale, a il, alternando con l in
contesto postvocalico e occupando infine anche i contesti prima riservati esclusivamente a
lu.
Il plurale antico glu [Yu], che conviveva alla variante gli [Yi] gi nel Trecento, passa a
ju quando il friulano perde luso del fonema /Y/ della laterale palatale (che viene sostituito
con /j/), alternando con la variante i nei contesti con apocope.
La forma pi diffusa dellarticolo femminile singolare la < ILLA(M), di cui
rappresenta sempre la seconda sillaba, alternando con la forma meno comune le. Per il
plurale femminile si trova la sola forma lis < las < ILLAS nel friulano centrale (li nel
goriziano), sullanalogia della desinenza plurale -lis dei nomi femminili.34
Con questa sintetica illustrazione dellarticolo friulano35 possiamo finalmente escludere
che larticolo plurale femminile li (senza -s finale) del goriziano, pur assomigliando molto
alla sillaba finale -li di sore:li, ne sia larticolo posposto, non fosse altro per il contrasto di
genere e numero: sore:li maschile singolare contro larticolo li, che femminile plurale.
La reale forma articolata di sore:li rimane quindi il sore:li il sole.
A pagina 19 della sua grammatica Molnar indica le forme articolate ploa-ia e vo-ia
separate internamente da un trattino, come per evidenziare che larticolo posposto -ia.
Sappiamo invece che in rumeno larticolo -a del femminile sostituisce la vocale finale -e
quando preceduta da vocale o da semivocale, quindi ploaie pi -a d ploaia la pioggia e
voie pi -a d voia la volont.
La forma friulana ploie, citata da Ascoli, devessere la fase pi antica dellattuale ploe,
che perde lo jod etimologico secondo levoluzione PLVIA(M) > ploie > ploe. Nessuna di
queste forme (e neanche voie e voe) comprende la minima traccia di articolo posposto.
33
V. Vnnen, Introduzione al latino volgare, cit., p.105, par. 104.
34
G. Francescato, Dialettologia friulana, cit., p. 71.
35
Tutte le informazioni relative allarticolo friulano sono tratte da L. Vanelli, I dialetti italiani settentrionali nel
panorama romanzo, cit.

79
Nelle forme rumene che finiscono in -a accentata, come stea, larticolo -a del femminile
viene aggiunto tramite una -u epentetica semivocalica, da cui si ha la forma articolata
steaua la stella, che per Ascoli ignora per considerare invece il caso genitivo stelei che
meglio si accordava, secondo lui, con il friulano stele, che invece deriva regolarmente dal
latino STLLA(M). Lui stesso per si corregge alla fine del brano dicendo che stele pi
affine a stella italiano e latino.
Accenna subito dopo anche a una timida analisi comparativa sulla qualit della vocale -e
finale friulana, dicendo che la stessa del francese, dove per si ha unesecuzione pi
centralizzata (muta). Questa considerazione non lo aiuta a suggerirgli il fatto che entrambe
le vocali sono i due esiti diversi della stessa vocale -A finale latina. La risposta di Luzzatto
su questo punto sar ferma e decisa: In quanto alle finale femminino, esso proprio del
friulano insieme col francese. Ma il valaco conserva spessissimo la latino.36
Nel caso del genitivo rumeno stelei Ascoli giunge a sfiorare un fenomeno di grande
importanza, come quello della conservazione del genitivo, senza attribuirgli la dovuta
rilevanza linguistica.
Mi rendo conto che a lungo andare sia antipatico infierire sul povero Graziadio citando
le continue dichiarazioni linguistiche di Cattaneo, ma anche in questo caso egli aveva ben
individuato il singolare fenomeno esprimendo unanalisi molto precisa: In italiano sono rimasti
pochissimi genitivi; diciamo per esempio la cui casa, laltrui vita, la costui, la costei. Ma presso i Valachi questa inflessione
universale, e vi si distinguono sempre i generi: acestui, acestei, acestor (di costui, di costei, di costoro); unui, unei, unor; altui,
altei, altor, ec. Ne proviene pertanto una specie di declinazione, per mezzo dellarticolo posposto ai nomi. Il nominativo e
laccusativo fan esempio campu-l; il genitivo e il dativo campu-lui; il nominativo e laccusativo plurale fa campi-i; gli altri casi
campi-lor. E nei femminili il nome capra fa collarticolo capra; nel genitivo e dativo capr-ei; nel plurale capre-le e nel genitivo e
dativo capre-lor. Forse anche le declinazioni delle lingue latina, greca, gotica in origine non furono altro che semplici nomi con
un articolo affisso. Onde questa, ch la pi notabile propriet della lingua valaca, cosa di molto momento nellistoria generale
delle lingue. 37
Il quadro che segue riunisce tutte le forme corrette:

rumeno italiano friulano


soare sole sore:li
senza articolo ploaie pioggia ploe
voie voglia voe
stea stella stele
soarele il sole il sore:li
con articolo ploaia la pioggia la ploe
voia la voglia la voe
stelei (gen.) della stella da la stele (gen.)

36
S. D. Luzzatto, Epistolario, cit., p. 490.
37
C. Cattaneo, Del nesso tra la lingua valaca e litaliana, cit., p. 228.

80
Si pu concludere il commento al brano [XV] di Ascoli muovendogli una critica
decisamente negativa. In effetti troviamo la sua riflessione sulla presenza di tracce friulane
di un articolo posposto totalmente priva di ogni fondamento. Pu aver contribuito a questo
risultato, oltre a una evidente mancanza di adeguati strumenti linguistici, anche unanalisi
sicuramente affrettata e superficiale.

[XVI]. Il valaco come il friulano ammette per regole generali che i nomi che terminano in a
ed e sono femminini, in una consonante maschili; abbench in ambo glidiomi vi sieno molte
eccezioni.

rumeno friulano
masch. -consonante -consonante
femm. -a, -e -a, -e

Nella sua osservazione Ascoli non accenna affatto al genere neutro, altro elemento di
conservazione latina che contraddistingue il rumeno allinterno del dominio romanzo. I
nomi rumeni di genere neutro denominano cose e oggetti inanimati, come cap testa (pl.
capete), bra braccio (pl. brae), fel sorta (pl. feluri) ecc. La caratteristica di questi neutri
che essi si comportano al singolare come i nomi maschili e al plurale come i femminili,
come in italiano (il) ciglio, (le) ciglia.
I nomi (e aggettivi) maschili rumeni sono caratterizzati dalle desinenze in consonante,
come cumnat cognato, in vocale -u, come socru suocero, in semivocale -w, come leu
leone, in semivocale -j, come pui pulcino e in vocale -e, come arbore albero. Le stesse
desinenze valgono anche per il neutro, come in calendar calendario, muzeu museo, sti-
lou penna stilografica, cui chiodo e nume nome.
I nomi femminili rumeni sono caratterizzati dalla vocale -, come moart morta, dalla
vocale -a tonica, come stea stella, dalla vocale -e, come moarte morte ed eccezional-
mente dalla vocale -i, come zi giorno.
Per quanto riguarda le desinenze dei nomi friulani maschili possiamo aggiungere a quel-
le consonantiche, come cugnat cognato, anche quelle vocaliche, come sore:li sole, ze-
no:li ginocchio e molte altre parole che finiscono in -i, come mestri maestro, salvadi
selvatico, ne:ri nero, dove la -i finale pu rappresentare una i etimologica, come in sal-
vadi < SLVATICU(M), ma pi semplicemente una vocale -i dappoggio, per chiudere i
nessi consonantici complessi, come -tr di mestri < MAGISTRU(M) e -gr di ne:ri < N-
GRU(M).
Il femminile friulano caratterizzato anche da nomi che finiscono in consonante come
su:r sorella e bru:t nuora e da vocale diversa da -e, come in ma:ri madre, in cui ritro-
viamo la vocale dappoggio -i, tipica del friulano.
Il quadro pi completo sarebbe stato:

81
DESINENZE DEI NOMI (C = consonante)
rumeno friulano
maschile -C, -u, -w, -j, -e -C, -i
femminile -, -a, -e, -i -C, -e, -i
neutro -C, -u, -w, -j, -e -

[XVII]. Anche gli aggettivi con una t in fine la cambiano al plurale in s ovvero z come in friu-
lano. Esempio valaco: sskurt, sskurzi, - corto, corti, a grande somiglianza del friulano curt,
curz. Alcuni nomi valachi, con d finale, cambiano d in si. Esempio. Leopard, - Leopardo, - Leo-
parsi. Pure il friulano farebbe Leopars.

rumeno italiano friulano


sing. scurt leopard corto leopardo curt -
plur. scurzi leoparsi corti - curz leopars

rumeno di Molnar
/sskurt (p.36) /leopard (p.42)
/sskurzi -Z/-si

Il tema dei sostantivi che al plurale cambiano la consonante t in z gi stato trattato da


Ascoli nel brano [XIV], in cui avrebbe fatto meglio a trattare anche gli aggettivi che vengo-
no coinvolti dallo stesso fenomeno. O perlomeno avrebbe potuto scrivere una nota di rin-
vio, espediente che il giovane studioso goriziano usa per solo due volte in questo saggio.
Per lesame completo di questo argomento rimando quindi al commento del brano [XIV].
La forma rumena leopard non pu fare quindi leoparsi al plurale, ma leoparzi, a meno
che non si intenda la s di leoparsi come una versione grafica della sibilante sonora [z]. An-
che se non espressamente citata da Ascoli, la forma *leopard in friulano non pu esistere,
perch gi stato detto che le consonanti sonore in fine di parola subiscono leffetto di de-
sonorizzazione, passando alla forma leopart.
Come si gi visto, il plurale friulano un po pi complesso di quello rumeno e ci de-
termina una casistica pi vasta delle desinenze consonantiche in generale, perch bisogna
prendere in considerazione lesito delle consonanti seguite da sibilante (per il plurale sig-
matico) e quello delle consonanti seguite dalla i del plurale palatale.
La costruzione del plurale sigmatico non genera quasi nessuna difficolt, dato che viene
aggiunta la regolare sibilante /s/ ai nomi singolari che escono in velare sorda [k], come in
bosc > boscs boschi, in nasale labiale [m], fum > fums fumi, in nasale velare [], furlan
> furlans friulani, in nasale palatale [<], pugn > pugns pugni, in labiale sorda [p], intop
> intops imprevisti, in vibrante [r], par > pars poveri. Per le forme uscenti in labio-

82
dentale sorda [f], u:f > u:s uova, si pu verificare la caduta della fricativa f, mentre per
quelle che gi escono in sibilante [s] non vi nessuna modifica, come in vo:s, che tale ri-
mane anche al plurale (che per pu alternare con [vo:S]). Lunica effettiva modifica si veri-
fica per le forme che terminano in dentale sorda [t], che sommata alla sibilante [s] del plura-
le, passa allaffricata [ts], come in plat > plaz piatti.
I nomi friulani che hanno invece il plurale palatale evidenziano una serie di esiti partico-
lari, che sono relativi alle consonanti finali -l, -n, -t, e alle desinenze -st e -li. La laterale [l]
+ [j] anticamente aveva come esito il fonema /Y/, sostituito poi da /j/, come in metl > meti
metalli, la nasale [n] + [j] > [<], an > agn [a<] anni, il nesso [t] + [j] > [c], inset > insec
[insEc] insetti, il nesso [st] + [j] > [sc], artist > artisc [artisc] artisti e la desinenza li + j
> i (ma anche lis), come in sore:li > sori (e sore:lis) e zeno:li > zeni (e zeno:lis). In sori
notiamo che la jodizzazione della desinenza -li ha neutralizzato lallungamento della e toni-
ca, fenomeno che invece non si verifica nella forma sigmatizzata sore:lis.
Quindi:

rumeno italiano friulano


sing. scurt leopard corto leopardo curt leopart
plur. scurzi leoparzi corti leopardi curz leoparz

[XVIII]. Oltre dei nomi terminanti in le (vedi pag. ant.) altri della desinenza el fanno il plura-
le in ei precisamente come il friulano. Esempio: vizel, vizei, - vitello, vitelli; il friulano vigiel,
vigiei, (vidiel, vidiei).

rumeno di Molnar rumeno italiano friulano


sing. /vizel (p.46) vizel vitello vigiel (vidiel)
plur. /vizi vizei vitelli vigiei (vidiei)

In questa parte Ascoli ha notato gli esiti simili, che sono dovuti negli stessi contesti fone-
tici allazione della palatalizzazione, sia in rumeno che in friulano.
Tutte queste forme derivate dal latino VITLLU(M), (cfr. Plauto), diminutivo di VITU-
LU(M), continuano quanto gi stato detto riguardo a moale e piele. Nel percorso da VI-
TLLU(M) al rumeno viel c stato lo scempiamento della liquida geminata LL > l,
lapocope della -U, la dittongazione della > i, arrivando allesito *vitiel, cui seguito
lintacco della dentale t > , condizionata dallo jod del dittongo i, con esito *viiel e suc-
cessiva caduta della i semiconsonantica. Anche la -i del plurale palatale contribuisce alla
palatalizzazione della liquida degeminata l + j, che ha esito i, come in viei.
Oltre alla forma vigjel Ascoli aggiunge anche vidjel per i corrispettivi friulani di vitel-
lo. E in queste due forme possibile vedere la diacronia di VITLLU(M) > vidjel > vigjel

83
[viFel], con la dentale sonora d che si palatalizza in g [F] (come anche in gjul < DIABO-
LUM), a seguito della j del dittongo j, regolare sviluppo di in posizione debole.
Quindi:

rumeno italiano friulano


sing. viel vitello vidjel, vigjel
plur. vii vitelli vidjei, vigjei

[XIX]. Osservisi, che quei molti nomi valachi colle desinenze orju ed arju, sono della stessa
specie, e molte volte corrispondenti, a quei friulani in ori, ar ed ari.

rumeno italiano friulano


- orju - - ori
- arju - - ar, - ari

Tutti i nomi rumeni e friulani con suffisso costruito sul nesso R + j derivano dai nomi la-
tini che finiscono in -ORIUM e -ARIUM, che hanno generato una numerosa serie di esiti
romanzi.
Il suffisso -ORIUM ha dato luogo al rumeno -or e -oriu, allitaliano -oio38 e al friulano -
ori, come si pu vedere dagli esempi che propongo:

SUFFISSI DA -ORIUM
latino rumeno italiano friulano
LABORATORIU(M) laborator - laboratori
SANATORIU(M) sanatoriu - sanatori

Il suffisso -ARIUM ha dato luogo al rumeno -ar, -arie e -ariu, allitaliano -aio, -aro (e il
veneziano -er) e al friulano -ari e -a:r, dove lapocope della -i finale viene compensata
dallallungamento della vocale tonica, come si pu vedere negli esempi che propongo nel
seguente schema:

38
Il suffisso italiano -orio (e -ario) un cultismo.

84
SUFFISSI DA -ARIUM
latino rumeno italiano friulano
ADVERSARIU(M) adversar - riversari
NTRIU(M) notar notaio noda:r
IANUARIU(M) ianuarie gennaio gena:r
SALARIU(M) salariu - salari

Bisogna per sottolineare che gran parte delle forme rumene in -ariu sono presentate nei
dizionari moderni col suffisso semplificato in -ar.
Per il friulano sono corretti i suffissi -ori, -ar e -ari citati da Ascoli.
Ne deriva quindi il seguente quadro:

latino rumeno italiano friulano


-ARIUM -ar -aio, -ario, -aro -ari, -a:r
-ORIUM -oriu, -or -orio -ori

[XX]. I nomi valachi che hanno nellultima sillaba ae ne fanno un ei: betae, - battaglia, plu-
rale betei, ed il friulano batae, batais.

rumeno di Molnar rumeno italiano friulano


sing. /btae (p.64) betae battaglia batae
plur. / bti betei - batais

Anche qui la grafia di Molnar di betae btae (moderno btlie) e al plurale non be-
tei, ma bti. Ho gi sottolineato nel paragrafo 4.1 (La grafia rumena in Ascoli) che egli
non distingue mai la vocale media e dalla vocale centralizzata .
Nel friulano batais non si verifica la palatalizzazione della a tonica, perch in questo ca-
so viene usato il plurale sigmatico. Quindi:

rumeno italiano friulano


sing. btae battaglia batae
plur. bti - batais

85
[XXI]. Tutti i molti nomi valachi in je cangiano le finale in i, esempj: sentenzie, - sentenza, -
sentenzii; quitanzie, - quitanza, - quitanzii; restanzie, - restanza, - restanzii; corrispondenti al
friulano sentenzie sentenziis; quitanzie, quitanziis: restanzie, restanziis.

rumeno italiano friulano


singolare plurale singolare plurale singolare plurale
sentenzie sentenzii sentenza - sentenzie sentenziis
quitanzie quitanzii quitanza - quitanzie quitanziis
restanzie restanzii restanza - restanzie restanziis

rumeno di Molnar
singolare plurale
/ssentenzie (p.68) -
/kvitanzie (p.65) -
/resstanzie (p.65) -

In rumeno i nomi femminili che al singolare terminano in -e formano il plurale sosti-


tuendo questa vocale con una -i. Le forme citate da Ascoli - tutti latinismi entrati in rumeno
per diverse vie (soprattutto dal francese) - hanno i corrispettivi moderni in sentin, chitan
e restan, i quali al plurale chiudono la vocale - in -e, dando luogo a sentine, chitane e
restane.
Le affricate dentali rivelano la presenza di uno j che ha intaccato locclusiva dentale
(SENTENTIA > sentini > sentin) e poi caduta, mentre la E tonica si chiusa in i per
azione della nasale.

rumeno italiano friulano


singolare plurale singolare plurale singolare plurale
sentin sentine sentenza sentenze sentence -is
39 39
chitan chitane quietanza quietanze
restan restane restanza 40 restanze

39
In analogia con il francese quittance, da quitter liberare da unobbligazione. Il moderno quietanza stato rifatto su
quieto. Cfr. M. Cortelazzo - P. Zolli, Dizionario etimologico della lingua italiana, cit., p. 1013.
40
Arcaico, con valore di avanzo, resto, restante.

86
[XXII]. I nomi valachi in ate scambiano in plurale late collezi, esempj: sstrmbetate, curva,
alle volte ingiustizia sstrmbelezi; come il friulano strambetat strambetaz figurato per gof-
faggine. *) Troveremo pure il valaco dinte, dinzi, - dente, denti, abbastanza somigliante al
friulano dint, ding.
[nota di Ascoli:] *) La lingua italiana non ha precisamente il sostantivo strambit.

rumeno italiano friulano


sing. sstrmbetate dinte curva-ingiustizia dente strambetat dint
plur. sstrmbelezi dinzi - denti strambetaz ding

rumeno di Molnar
sing. /sstrmbtate (p.78) /dinte (p.80)
plur. -/-zi -/-zi

Anche qui Ascoli considera di nuovo il fenomeno del plurale palatale che intacca la den-
tale sia in rumeno che in friulano (vedi sopra i brani [XIV] e [XVII]): il fenomeno interessa
entrambe le lingue, come Ascoli nota giustamente.
In friulano il plurale di dint non pu essere ding, ma dinc [dinc], dato che in fine di pa-
rola viene esclusa ogni sonorit delle consonanti ostruenti.
Negli ultimi esempi, pi che lo sviluppo del plurale, lesito comune del nesso latino
EN > in, per innalzamento della vocale davanti a nasale, che caratterizza sia il rumeno che
il friulano: DENTE(M) > rum. dinte, friul. dint dente.

rumeno italiano friulano


sing. strmbtate dinte curva-ingiustizia dente strambetat dint
plur. strmbti41 dini - denti strambetaz dinc

41
La l di sstrmbelezi senzaltro un errore di stampa.

87
[XXIII]. Le regole abbastanza importanti in una grammatica, per formare dagli aggettivi e
nomi mascolini, aggettivi e nomi femminini, le troveremo identiche nelle due lingue, cio:
I. Aggiungendo al maschile dellaggettivo una e lo rendesi femminino. Esempj grass, - grasso, -
grasse, - grassa, - lung, - lungo, - lunge, - lunga, le quali voci dicendo, nessuno sapr sio mi
parli valaco ovvero friulano.

rumeno di Molnar rumeno o friulano ? italiano


masch. /lung (p.104) grass lung lungo
femm. /lung grasse lunge lunga

Quella di Ascoli, che forse si serve delloperazione dellaggiunzione nel quadro delle
quattuor species,42 una descrizione sincronica meccanica. In realt avrebbe dovuto
considerare loperazione inversa, perch la formazione del maschile che dipende dalla
caduta di -U finale di GRASSU(M)43 e di LONGU(M), mentre il femminile conserva la
vocale etimologica -A, che viene modificata secondo lesito proprio del rumeno e del
friulano, cio - ed -e rispettivamente.

rumeno italiano friulano


masch. gras lung grasso lungo gras lunk
femm. grass lung grassa lunga grasse lunge

[XXIV]. II. I nomi sostantivi qualificanti un grado riduconsi femminini aggiungendo sse ed
alle volte semplicemente esse: Esempj valachi baron, - barone, - baronesse; - konte, - conte, -
kontesse, ed anche qui i due idiomi si fondono quasi in un solo.

rumeno italiano friulano


masch. baron konte barone conte baron konte
femm. baronesse kontesse - - baronesse kontesse

rumeno di Molnar (p.393)


apo/baron kot/konte
apoc/baroness kot/kontess

42
L. Renzi, Come gli umanisti non scoprirono le leggi fonetiche, in Diaz-Rizzotto (a cura di), Hommage a J. Brunet.
Annales littraires de Franche-Comt, Vol. 2, pp. 571-584.
43
Variante grafica di CRSSU(M) per influsso di GRSSU(M). Cfr. M. Cortelazzo - P. Zolli, DELI, cit., p. 517.

88
Le forme femminili italiane in -essa derivano da quelle del latino medievale in -ISSA,
come per esempio COMITSSA(M), formata dal latino CMITE(M) compagno (poi alto
funzionario imperiale) col suffisso -ISSA, tipico dei titoli nobiliari, come contessa,
baronessa, ecc.44
Tutte le forme riportate da Ascoli quindi derivano da una comune fonte medievale. In
rumeno tuttavia i femminili in -ess sono prestiti dal francese moderno, mentre in friulano i
femminili in -esse potrebbero essere prestiti dallitaliano. Nel rumeno attuale per il
femminile di baron baroan.

rumeno italiano friulano


masch. baron conte barone conte baron conte
femm. baroness contess baronessa contessa baronesse contesse

[XXV]. E se poi guarderai, quali gli eccettuati sieno, che per esprimere il femminino abbiano
una voce propria, pi ancora ne resterai stupito, scorgendo principali fra loro: pork, - porco,
femminino skroafe; kne, keza; dove trovi evidentemente scrove, e chizze dei friulani.
Nessunidea di questo chizze scorgesi nel francese o nellitaliano.

rumeno di Molnar (p.105) rumeno italiano friulano


m. /pork k /kne pork kne porco - -
f. /sskroaf /kza scroafe keza - scrove chizze

Nonostante le differenti evoluzioni fonetiche, si riesce facilmente a individuare che le


corrispondenze femminili di porc e cine risalgono a una comune fonte latina e ci
determina la loro affinit, sia nel rumeno che nel friulano. Si tratta di forme lessicalizzate di
distinzione tra maschile e femminile, presenti in una certa misura in tutte le lingue.
Dal latino PRCU(M), SCRFA(M), CANE(M) derivano sia le forme rumene porc,
scroaf e cine, che le forme friulane purcit (dim.), scrove e chian [ca], che corrispondono
allitaliano porco, scrofa e cane.
La forma rumena keza presentata da Ascoli, corrisponde alla grafia moderna ca, come
si vede meglio dal cirilllico/latino di Molnar, /kza, dove la -a finale di ca
tonica, come in cafea. La forma moderna cea conserva (o ha ripristinato) lelemento
semiconsonantico del dittongo ea [a], che ha determinato lintacco della dentale t > (ma
la forma ca, riportata da Molnar, rappresenta sicuramente una pronuncia effettiva).
Come ho gi illustrato nel paragrafo IV.2.2.1 il segno cirillico rappresenta
esclusivamente laffricata dentale sorda [ts], che Molnar spiega con lesempio rumeno e
zie seguito dalla traduzione tedesca dir, italiano a te. Si pu quindi escludere che esso
sottintenda la vocale e.

44
M.Cortelazzo - P.Zolli, DELI, cit., 1, p. 273.

89
Il rumeno ca il femminile di cel cagnolino < lat. CATELLU(M), forse attraverso
la forma *celea.
La forma friulana chizze cizze [tSitse] (cfr. Pirona, s. v.) cagna (attualmente cice
[tSitSe]).
Notando che nessunidea di questo chizze scorgesi nel francese, per la prima volta Ascoli chiama in
causa la comparazione con il francese, ma senza portare esempi. Con lallargamento al
francese, oltre alle lingue gi considerate fin qui dal giovane studioso goriziano, cio il
rumeno, litaliano e il friulano, egli abbozza almeno uno spicchio del quadro romanzo gi
realizzato nel 1821 da Franois Raynouard, con la sua Grammaire compare des langues
latines, e da Friedrich Diez nel 1840, con la Grammatik der romanischen Sprachen,
studiosi ancora sconosciuti ad Ascoli.45

rumeno italiano friulano


masch. porc cine porco cane purcit chian
femm. scroaf cea scrofa cagna scrove chice

[XXVI]. Avanzati pure, cerca come i valachi formino il diminutivo, e troverai che lo
formano aggiungendo al nome uz o zel; cosa che non riuscir nuova ad orecchio friulano.
[cfr. p. 106 di Molnar]

Largomento cui si riferisce questo brano di Ascoli si trova a pagina 106 della
Grammatica di Molnar (come ho indicato e indicher tra parentesi quadre alla fine di ogni
brano), dalla quale Ascoli deriva, non senza difetti come vedremo, una corrispondenza tra
friulano e rumeno per la quale non d esempi (per chiarire largomento suppliremo noi).
Come tutte le lingue romanze, tranne il francese, il rumeno una lingua che possiede
processi morfologici di diminutivizzazione, non meno del friulano.46 Per formare il
diminutivo essa fa uso di numerosi suffissi che pu aggiungere ai nomi, agli aggettivi e
anche agli avverbi, come il suffisso -a di (Ion Giovanni >) Iona, (biat ragazzo >)
biea, come -el di Ionel, (mic piccolo >) mitiel, bieel, -u di Ionu, (pat letto >)
ptu, come -or di (lucru lavoro >) lucruor, (ru cattivo >) ruor, come - di (Ana
Anna >) Ani, Ioni, (cas casa >) csu e altri ancora, senza contare poi la possibilit
di formare il diminutivo del diminutivo, come in cine > cel > celu. Ci sono, come in
italiano, diminutivi anche di avverbi, come ncetior, ital. pianino.
Il friulano forma il diminutivo aggiungendo al nome singolare i suffissi -ut per il
maschile e -ute per il femminile, -uz, e -utis al plurale. Come esempi rappresentativi posso
ricordare le forme omenut ometto, chiasute casetta, e omenuz ometti, chiasutis
casette. La forma friulana -uz (cui sembra alludere Ascoli) risulta da -ut + s > -uts > -uz e
serve per il plurale maschile dei diminutivi.

45
Le sintesi biografiche di F. Raynouard e di F. Diez sono presentate nel par. III.2.1.
46
L. Renzi, Nuova introduzione alla filologia romanza, cit., par. 12, p. 193 e ss.

90
Dal suffisso diminutivo latino -(C)ELLUS, come in ASELLUS < *ASIN(O)LOS,
AGELLUS < *AGR(O)LOS, TABELLA < *TABEL(O)LA e ancora ANELLUS per
ANULUS, PORCELLUS per PORCULUS47 si arriva al suffisso protoromanzo -ELLU(M),
da cui il diminutivo rumeno -(j)el di bieel (< biat), Ionel (< Ion) e il friulano -el, come in
pwarte porta > pwartel (ma, come vedremo, probabilmente attraverso litaliano).
Laffricata dentale sorda del suffisso rumeno uz (vedi sopra Ionu, ptu) il risultato
di una occlusiva dentale etimologica seguita da una -i finale, che poi caduta, -uti > -ui > -
u, mentre zel implica un antico -t + iel, dove la dentale rappresenta la consonante finale
della parola che si vuole diminutivizzare (e non fa parte quindi del suffisso) e ie rappresenta
la dittongazione spontanea della tonica di -LLU(M). Segue anche qui lintacco della
dentale e la scomparsa dello j. Il vero suffisso che si aggiunge al nome rumeno, per formare
il diminutivo, non -el, come suggeriva Ascoli, ma -el.
In friulano non si verifica la dittongazione della tonica di -LLU(M) in j, come pure
avrebbe dovuto, trovandosi nel contesto di posizione debole, perch con ogni probabilit
luso del suffisso -LLU(M) con funzione di diminutivo ha avuto luogo in epoca posterio-
re, forse per analogia con litaliano o il veneto. In ogni caso il nesso t + j in friulano non a-
vrebbe mai potuto dare [ts], ma [dj] quando la consonante viene a trovarsi in posizione in-
tervocalica e poi eventualmente [F], come nellesempio gi visto di VITELLU(M) > vidjel
> vigjel [viFel].
Quando la dentale fosse stata iniziale di parola o preceduta da unaltra consonante, il
nesso sarebbe rimasto [tj], come in tjere (e tjare) oppure avrebbe potuto spingersi fino alla
palatale [c] di cere [cEre] terra e come nel plurale di dint > dinc [dinc] denti e di dut >
duc [duc] tutti.

[XXVII]. I valachi formano Comparativo e Superlativo collajuto dAvverbj; il friulano fa


sempre cos nel Comparativo e quanto al Superlativo credo che lissim dal latino issimus nel
friulano non suoni molto bene. Nelle belle poesie friulane del Zorutt, molto di rado parmi aver
trovato un superlativo a tal foggia.
[cfr. p. 106 di Molnar]

Gi il latino classico possedeva i comparativi perifrastici con MAGIS e pi tardi (per


imitazione del greco ) con PLUS48 accanto ai comparativi organici in -IOR, -IUS. Le
lingue romanze continuano esclusivamente le forme analitiche, che si dividono, per il grado
positivo, tra gli elementi MAGIS e PLUS.
MAGIS si impose come unica forma del comparativo nella Romnia periferica, come
nella Dacia (mai) e nellarea iberica (sp. ms, port. mais, cat. ms). La Romnia centrale
opt invece per la costruzione con PLUS, come nel francese e nel provenzale plus,
nellesito italiano pi e friulano plui.49
47
V. Vnnen, Introduzione al latino volgare, cit., p.162, par. 189.
48
G. Rohlfs, Grammatica storica della lingua italiana e dei suoi dialetti, Morfologia, cit., p. 83.
49
V. Vnnen, Introduzione al latino volgare, cit., p. 207 sgg.

91
Il rumeno forma il comparativo premettendo allaggettivo lelemento mai per il grado
positivo. Molnar a pag. 107 presenta solo gli esempi mai frumos, mai mare, mai mik e mai nvzat
(= nvat istruito), che Ascoli per non riporta, ed chiaro che pensa solo al primo
termine del comparativo di maggioranza: non introduco quindi il secondo termine, che lui
non tratta. Anche in friulano si esprime il comparativo premettendo lelemento plui.
Per esprimere il superlativo assoluto il latino si serviva del suffisso -ISSIMUS, ma anche
di una serie di avverbi come FORTITER, MULTUM, BENE, TRANS e altri ancora, che
sono proprio quelli ereditati dalle lingue romanze, come nel rumeno foarte bun,
nellitaliano molto bello, nel francese bien peu, trs beau, ecc.50
Il suffisso -ISSIMUS stato reintrodotto in italiano, in spagnolo e in portoghese,51 ed
quindi un elemento della lingua colta, che non appare invece nella gran parte delle variet
romanze, le quali non hanno la reintroduzione di -ISSIMUS, cosicch laccordo di friulano
e rumeno consiste solo nella normale eredit latina.
In rumeno il superlativo assoluto pu essere espresso con luso dellavverbio foarte
forte, ma anche prea (lunico usato da Molnar) molto, troppo e anche da extraordinar
straordinariamente, grozav terribilmente e molti altri, seguiti dalla preposizione de e
dallaggettivo bun (per la forma positiva) o puin (per la forma negativa), come o prea
frumoas fat una fanciulla bellissima (Eminescu, Luceafrul), extraordinar de bun
straordinariamente buono, buonissimo.
In friulano invece il superlativo assoluto si esprime con luso dellaccrescitivo -on, come
in grandon grandissimo. Il suffisso latino -ISSIMUS non viene continuato quindi n dal
rumeno n dal friulano, come aveva giustamente osservato Ascoli.
Con laffermazione che issimus in friulano non suoni molto bene Ascoli avr certo voluto dire che
luso del suffisso sarebbe in friulano uninfluenza estranea, certamente italiana.
Il poeta Zorutt non pu essere altri che Pietro Zorutti, gi presentato in nota nel
paragrafo IV.3.1.

50
V. Vnnen, Introduzione al latino volgare, cit., p. 208.
51
V. Vnnen, Introduzione al latino volgare, cit., p. 208. W. Meyer-Lbke, Grammatica delle lingue romanze, II,
Lipsia, 1899, p. 86.

92
[XXVIII]. N sarresteranno ai pronomi i nostri ritrovati che anzi molti dei valachi scorge-
remo infr i friulani. Esempj: il femminino valaco a jei, jei, non sar nuovo a chi conosce il
friulano je; il dativo maschile plurale lor valaco, ed il singolare lui neppur nuovi riusciranno.

rumeno di Molnar rumeno friulano

sing. /a ei (p.128) a jei, jei je


/lui (p.127) lui lui
plur. /lor (p.127) lor lor

Tutti i pronomi considerati qui da Ascoli appartengono alla serie dei pronomi liberi e
rappresentano lesito rumeno e friulano dei pronomi dativi derivati da *ILLAEI,52 da ILLUI
e da ILLRU(M). *ILLAEI, che forma volgare al posto del classico ILLI, ha dato lesito
rumeno ei e friulano je. ILLUI, che appare in epoca imperiale,53 passa al rumeno e friulano
lui. ILLRU(M) > rum. lor e friul. lo:r, perch la tonica in friulano si trova nel contesto
di posizione forte e quindi si allunga. In tutti questi casi le lingue romanze continuano
sempre la seconda parte dei pronomi latini: le basi etimologiche per le lingue romanze sono
quindi *(IL)LAEI, (IL)LUI, (IL)LORU(M).
Per giustificare lesito rumeno ei si pu ipotizzare il percorso *(IL)LAEI > lei > ei, in
cui la l iniziale di lei stata palatalizzata da una delle vocali che la seguivano e poi si
vocalizzata, come in LEPORE(M) > lepure > iepure.54 Si pu pensare anche allesito
alternativo *(IL)LAEI > li > lii, con relativa palatalizzazione della laterale iniziale,
condizionata dallo jod del dittongo o dalla -i finale, e successiva aferesi. Dal punto di vista
fonetico non si potrebbe escludere nemmeno che il pronome personale dativo rumeno ei
derivi per trasmissione diretta dallequivalente latino EI, con pronuncia slavizzata [ei], ma
sappiamo che il pronome IS, EA, ID scomparso presto dal latino e questa ipotesi perci
da accantonare, visto anche che il corrispondente maschile lui < (IL)LUI.
Il percorso friulano di *(IL)LAEI pu essere continuato da *(IL)LI, dove la in
posizione debole si dittonga in je dando luogo a ljei, cui segue la palatalizzazione della
liquida iniziale l perch condizionata dallo jod, generando Yei. Quando il friulano perde
luso del fonema /Y/ della laterale palatale (che viene sostituito con /j/) la forma Yei passa a
jei. A questo punto la -i finale viene interpretata come un elemento semiconsonantico, per
cui si ha jej, in cui -ej emerge come dittongo discendente, che si semplifica, dando luogo a
je.
Ascoli non nota una caratteristica sintattica importante: solo il rumeno conserva la forma
sintetica latina, mentre il friulano ha operato linnovazione propria del dominio romanzo
per i casi obliqui, elaborando la forma analitica con luso della preposizione a, che bisogna
premettere quindi a je, lui, lor. Per lanalisi della vocale iniziale e del rumeno ei [ei], che

52
CIL VI, 14 e 484; ILLEI, Egitto, II secolo. V. Vnnen, Introduzione al latino volgare, cit., p. 213.
53
A. Ernout, Morphologie historique du latin, Parigi, 1953, p.132.
54
F. Dimitrescu, ntroducere n fonetica istoric a limbii romne, cit., p. 96.

93
viene pronunciata come un dittongo [e] per influsso slavo,55 rimando al mio commento
relativo al brano [III] di Ascoli.

rumeno friulano
sing. ei a je
lui a lui
plur. lor a lo:r

[XXIX]. Ed i possessivi almieu, alteu, alseu, alnostru, alvostru, - il mio, il tuo, il suo, il
nostro, il vostro, reggeranno ad un bel confronto coi friulani al mi, al to, al so, al nestri, al
uestri; ed i plurali ancor meglio, perch vedremo nel valaco ai miei, ai tei, ai ssei, - i miei, i
tuoi, i suoi, che quasi sidentificano coi friulani dello stesso numero.
[cfr. p.128 di Molnar]

POSSESSIVI
rumeno italiano friulano
almieu il mio al mi
alteu il tuo al to
singolare alseu il suo al so
alnostru il nostro al nestri
alvostru il vostro al vestri
ai miei i miei ~ ai miei
plurale ai tei i tuoi ~ ai tei
ai ssei i suoi ~ ai ssei

rumeno di Molnar
singolare plurale
/almieu /ai miei
/altu /ai ti
/alsu /ai ssi
/alnostru -
/alvostru -

55
Cfr. anche F. Dimitrescu, ntroducere n fonetica, cit., p. 80.

94
In rumeno il possessivo, se non segue il nome (ad es. fratele meu fratello-il mio),
richiede la presenza obbligatoria dei cosiddetti articoli genitivali (o possessivi) al (< alu <
ILLU), a (< ILLA), ai (< ILLI) e ale (< ILLAE), che vengono premessi allaggettivo
possessivo, ma separati, non solo quando pronome (come in italiano e in friulano), ma
anche quando il nome non determinato, come nellesempio citesc o carte a ta leggo uno
dei tuoi libri (contro lespressione articolata citesc cartea ta leggo il tuo libro).56 Laltro
caso in cui laggettivo possessivo rumeno pu essere preceduto dallarticolo genitivale si
verifica quando il nome, pur essendo determinato, seguito da un elemento che si
intromette tra il nome e larticolo genitivale, come in casa nou a mea la mia nuova casa
(in assenza di nou si sarebbe avuto casa mea la mia casa).
In friulano, come in italiano, il possessivo preceduto dagli articoli determinativi il, la,
i, e lis quando esso sia aggettivo che pronome.57 Ascoli invece, nei suoi esempi (tutti
maschili), usa gli articoli al e ai, che sono varianti di il e i. Va sottolineato per che in
rumeno luso dellarticolo col pronome pi vasto che in friulano.

POSSESSIVI MASCHILI
rumeno italiano friulano
al meu il mio il mj, il <
singolare al tu il tuo il t
al su il suo il s
al nostru il nostro il nestri
al vostru il vostro il vestri
ai mei i miei ~ i miei
plurale ai ti i tuoi ~ i tiei
ai si i suoi ~ i siei

56
B. Cazacu et alii, Cours de langue roumaine. Introduction ltude du roumain lusage des tudiants trangers, Bu-
carest, 1967, p. 150 e ss.
57
G. Marchetti, Lineamenti di grammatica friulana, cit., p. 228.

95
[XXX]. Se passeremo ai dimostrativi, troveremo pure di che soddisfarci: i valachi hest e
hel, che bene sono rimpiazzati dai friulani chest e chel, massimamente dallultimo che ha nel
plurale chei come appunto il hel valaco ha hei.
[cfr. pp. 130 e 132 di Molnar]

DIMOSTRATIVI
rumeno di Molnar rumeno friulano
sing. /tschesst (p.130) /tschel hest hel chest chel
plur. - /tschei (p.132) - hei - chei

La base latina dei dimostrativi presentati da Ascoli ECCU-ISTU (ACCU per ECCU,
secondo alcuni) o ATQUE ISTE sia per il rumeno hest che per il friulano chest, e
ECCU-ILLU o ATQUE ILLE per i rispettivi hel e chel.58
I corrispondenti italiani sarebbero questo e quello, se questultimo seguito da vocale
(davanti alla quale si elide), da x, z e dai nessi s + consonante, gn, ps, altrimenti si usa la
variante quel, quando seguito da tutte le altre consonanti. In italiano antico esisteva anche
la forma chesto59 e la forma ridotta esto, da cui litaliano moderno sto, come sto cretino,
stamattina.
Ion Molnar a pagina 130 della sua grammatica specifica in modo chiaro che i pronomi
rumeni sono /acest, oder /cest, oder /st e poi /acel oder /cel.
Anche nel friulano antico esistevano le forme achest, achel,60 dove a- deriva da CCU(M).
Nel rumeno attuale la forma cest stata abbandonata per usare solo acest. Invece cel,
nelle costruzioni come Ion cel bun, e acel, continuano ad essere utilizzati entrambi.
Il friulano ha operato invece la scelta contraria.
Lo specchietto che segue riunisce tutte le forme moderne, affiancate da qualche
corrispondenza (in grigio) dellitaliano antico e del friulano antico.

DIMOSTRATIVI
rumeno italiano italiano friulano friulano
antico antico
sing. acest acel chesto questo quel achest chest chel
quello
plur. - acei - questi quei achel - chei
quegli
quelli

58
ATQUE ISTE e ATQUE ILLE nella lingua di Plauto erano molto frequenti. Cfr. G. Rohlfs, Grammatica storica della
lingua italiana e dei suoi dialetti, cit., p. 203, nota n. 2.
59
G. Rohlfs, Grammatica storica della lingua ialiana. e dei suoi dialetti, cit., p. 203.
60
G. Marchetti, Lineamenti di grammatica friulana, cit., p. 227.

96
Ascoli ha colto bene il fatto che non esistono discordanze di rilievo tra il rumeno e il
friulano. Entrambe infatti possedevano sia le forme con a- iniziale che quelle senza, anche
se hanno poi operato delle scelte, in parte, in direzione diversa.
Un inquadramento generale romanzo (arricchendo il quadro) mostrerebbe che il tipo con
a- iniziale presente in spagnolo, quello senza a- in italiano e in francese.61 La somiglianza
tra rumeno e friulano quindi solo un caso particolare, di quella tra tutte le lingue romanze,
per derivazione uniforme dal latino volgare.

[XXXI]. Nei pronomi interrogativi troveremo kare, che a prima vista ci sgomenter, ma
andiamo innanzi ed ecco che kare pieghevole ed in dativo e genitivo ha kui? ed a kui? il
pretto friulano, cui?
[cfr. p. 135 di Molnar]

PRONOMI INTERROGATIVI
rumeno di Molnar rumeno friulano
nominativo-accusativo /kare kare -
genitivo /a kui a kui? -
dativo /kui kui? cui?

Il pronome rumeno care deriva dal latino QUALIS, con L > r per rotacismo. La forma
cui la diretta continuazione del dativo latino, che rimane invariato anche in italiano oltre
che in rumeno e in friulano. Il genitivo del rumeno care si distingue di solito dal dativo per
la presenza dellarticolo possessivo al, a, ai, ale.
Il pronome friulano cui, per, viene usato anche al nominativo con valore di chi.
Laffinit delle forme considerate rimane indiscutibile, ma come per il caso precedente
(e in molti altri casi), tutto da ricondurre al comune antenato latino.

PRONOMI INTERROGATIVI
rumeno italiano friulano
nominativo-accusativo care quale -
genitivo a cui di cui -
dativo cui a cui cui

61
W. Meyer-Lbke, Grammatik der romanischen Sprachen, cit., III, p. 95.

97
[XXXII]. Dite finalmente ad un valaco che conti, ed ei comincier un, doi *) come farebbe
ogni buon friulano.
[nota di Ascoli:] *) Per il numero tre i valachi tri, e trei precisamente nellalto Friuli.
[cfr. p. 141 di Molnar]

La forma un, sia rumena che friulana e italiana, continua il latino UNUS.
Il rumeno e friulano doi (come litaliano due) continuano il maschile DUO, attraverso la
fase DU,62 mentre il femminile rumeno dou e il friulano do:s continuano il femminile
DUAS. Per il femminile rumeno, Molnar riporta la forma w/doao. Anche Luzzatto,
nella sua lettera ad Ascoli, scrive doao zeci come traduzione del numero 20,63 traendolo
probabilmente dalla grammatica di Gheorge incai (Buda 1805).64
Dal latino TRES si ha il rumeno trei e il friulano (e litaliano) tre. Trei, come afferma
Ascoli, realmente attestato in Carnia.

[XXXIII]. Se cerchiamo fra altre parti del discorso, troveremo il nihe un, pronome
improprio, il friulano nanchie un; troveremo fra gli avverbj di tempo per il primo akum, - ora
il vero acum dei friulani; he interrogativo, come il friulano tanto comune ce?
[cfr. pp. 39, 137 e 314 di Molnar]

rumeno di Molnar rumeno friulano


y/nitsche un (p. 39) nihe un nanchie un
/akum (p. 314) akum acum
/tsche (p. 137) he ce?

Lavverbio nihe un (ora nici un) deriva da NEC UNUM o NEQUE UNUM.
Sia il rumeno acum che il friulano cum (versione aferetica attuale dellascoliano
acum) potrebbero derivare dal latino volgare *ECCU MODO.
La forma ce del pronome interrogativo rumeno e friulano lesito regolare del latino
QUD. La labiovelare QU- era passata a occlusiva velare [k-] gi in epoca altomedievale,
quando compare a partire dal VI secolo un elemento nuovo scritto que (quae, quem), che
era certamente pronunciato ke e rappresentava lesito di QUID (come ca di QUIA). Queste
due forme alternavano con QUOD, dal quale si aveva lesito rumeno ca (e c) e litaliano
ko, come nel Placito capuano del 960.65 Al di l comunque delle alternanze grafiche, come
QUI > it. chi, franc. qui, certo che la labiovelare veniva pronunciata [k], gi in epoca
protoromanza in molte (tutte?) aree della Romnia.

62
Vagamente attestata presso grammatici tardi. Cfr. V. Vnnen, Introduzione al latino volgare, cit., p. 209.
63
S. D. Luzzatto, Epistolario, cit., p. 487.
64
Cfr. H. Tiktin, Rumnisch - Deutscher Wrterbuch, Bucarest, 1903, 3 voll., s. v. Tra le forme riportate da Tiktin c
anche dao accanto a doa, doo, doaoa, ecc.
65
V. Vnnen, Introduzione al latino volgare, cit., p. 274.

98
La di QUD nel frattempo (o forse ancora prima della velarizzazione della labiovelare
QU-) si era aperta in e chiusa, dando luogo allesito comune romanzo [ke] in italiano,
francese, spagnolo, ecc. Segue a questo punto la palatalizzazione, sia in rumeno che in
friulano (ma non in italiano) della velare [k], generando lesito chie [ce] e poi ce [tSe].66
Ascoli ha notato quindi, giustamente, il fenomeno della palatalizzazione delle forme
rumene nici, ce e friulane nanchie, ce, che solo di alcune variet romanze.

rumeno italiano friulano


nici un neanche uno nanchie un
acum - cum
ce che ce?

[XXXIV]. Quanto alla costruzione dei discorsi, il valaco lungi dallavere le inversioni
germaniche o latine, piano affatto nella maggior parte delle sue frasi a mo del friulano, che
forse non potrebbe dirsi dellitaliano, perch litaliano pure piegasi ad essere passabilmente
inversivo. Qualche piccola frase offriremo in seguito.

Ascoli nota del tutto implicitamente che il rumeno e il friulano osservano un ordine delle
parole non marcato, che noi chiamiamo SVO (= Soggetto, Verbo, Oggetto), come possiamo
vedere nel suo esempio rum. lui nu jaste voe e friul. lui a nol a voe egli non ha voglia, mentre
litaliano (letterario, in uso ancora ai suoi tempi) aveva ancora inversioni: ebbe il giovane
visto... (Boccaccio!). In realt il friulano ha linversione dei pronomi clitici interrogativi,
non notata da Ascoli. E poi il friulano antico aveva le stesse inversioni del tedesco e delle
lingue romanze antiche.67

66
Per una trattazione completa di [k] > [tS] in rumeno cfr. F. Dimitrescu, Introducere n fonetica, cit., p. 106 e ss.
67
L. Renzi, Nuova introduzione alla filologia romanza, cit., cap. 12.

99
[XXXV]. Ora passiamo a confrontare alcune delle voci pi ovvie nella vita comune.
E per il primo nome della nostra specie
VALACO ITALIANO FRIULANO
Om Uomo Om
Sulla divisione del tempo, del giorno ecc.
ssoarele il sole il soreli
amisi mezzod miesd
ssare sera sere
ahaste ssare questa sera cheste sere
un an un anno un an
an nou anno nuovo an nuv
timp tempo timp
lune luna lune
aer aria aer
boare vento forte buere
sefir zeffiro zefir
Nomi dei giorni della settimana
mierkuri mercoled miercui
gioi gioved joibe
vineri venerd vinars
I due liquori pi comuni
vin vino vin
ape acqua aghe
Nomi danimali
raze anitra razze
vizel vitello vigiel (vidiel)
taur toro taur
keza cagna chizze
jepure lepre jeuur
vake vacca vachie
kapon capone chiapon
leopard leopardo leopard
urs orso ors
scroafe scrofa scrove
Nomi di metalli
fier ferro fier
plumb piombo plomb
aur oro aur
arhint argento ariint
Osservisi la forma della parola, cos tronca in fine; quelle e nel singolare, e vedrassi
lidentico spirito delle due lingue.

100
Come si vede Ascoli presenta una serie di liste comparative, divise per campi lessicali
semantici, in cui elenca alcune delle voci pi ovvie nella vita comune per mostrare delle somiglianze
che fanno capo - senza che Ascoli lo dica - a una stessa base latina. Qui, e nelle liste
successive, egli non commenta le corrispondenze che si presentano tra le due lingue in
esame. Per questo motivo mi limiter ad analizzare solo i casi che riterr pi interessanti
dal punto di vista linguistico.
Dalle forme di om uomo passa alle parole relative alla divisione del tempo, ai giorni della
settimana, ai liquori e ai metalli. La corrispondenza notata da Ascoli, certamente su base
intuitiva, tra il rum. amisi (ora amiaz) e il friul. miesd mezzod riconduce il rumeno
amiaz al latino AD MEDIAM DIEM > a-mia-z, mentre la forma friulana miesd (anche
misdi, cfr. Pirona, s. v.) lesito di (AD) MEDIUM DIEM > (a)-mies-di. Si tratta dunque di
due forme che derivano dalla stessa fonte latina e che hanno lunica differenza nella a-
iniziale.68
La ricorrenza di evidenti regolarit fonetiche come nel rum. vake, kapon e friul. vachie,
chiapon (e pi avanti - rumeno/friulano - kase/chiase, sporkat/sporchiat, pekat/pechiat,
predikator/predichiador) o come nelle coppie plumb/plomb e aur/aur, avrebbe dovuto attirare la
sua attenzione sugli elementi che differenziano le due lingue in esame, rappresentati dalla
palatalizzazione friulana dei nessi latini CA e GA e dalla conservazione, sia in rumeno che
in friulano, del nesso PL e del dittongo AU, che invece Ascoli non ha mai rilevato nel suo
lavoro.
Riguardo allaffinit della coppia raze/razze, Luzzatto scriver a Graziadio La razze
(anitra) veramente una propriet esclusiva, almen chio sappia, dei valachi e dei friulani.
Ma un uccello non fa primavera. e rilever inoltre che questo ca, o ka conservato nel
valaco in molti luoghi, dove il friulano lo raddocisce in chi.69 Dal punto di vista
etimologico la voce razze in effetti un prestito comune, raro, sia del friulano che del
rumeno, dallo slavo: cfr. serbo, croato raca [ratsa].
Nelle due righe finali Ascoli sottolinea laffinit delle parole tronche e delle -e finali, che
sono comuni - dice - alla lingua di campagna e di casa, dei termini di parentela e di
famiglia, degli attrezzi di casa, vestiti e parti del corpo, dei nomi di popoli e di altri vari
nomi, aggettivi, verbi, proposizioni e pronomi. Lidentico spirito delle due lingue, come sottolinea
giustamente Ascoli, dovuto allapocope delle vocali latine diverse da -A, che genera le
forme tronche del maschile, mentre le -e del singolare sono lesito della -A finale latina, sia
in rumeno che in friulano.

68
Contributo personale del prof. L. Renzi.
69
S. D. Luzzatto, Epistolario, cit., p. 489.

101
[XXXVI]. Indi notinsi queste voci tanto comuni alla lingua di campagna e di casa:
sspinoss spinos spinos
un fuss un fuso un fus
keldarea la caldaja la chialderie
lemn legno len
ssemn segno segn
ssac sacco sac
sspin spino spin
sskaun scagno scagn
baston bastone baston
fn fieno fen
plan piano plan
foae foglia fuee
pirseke pesca piersul
fum fumo fum
jarbe erba jarbe
karete carretta carete
ozet (azet) aceto aset
ulei oglio ueli
ai aglio ai
lumin lumiccino lumin
sspik spiga spic
vass vaso vas
paket pacco pachett
puz pozzo poz
fntne fonte fontane
ssape zappa sape
kuseture cucitura cusidure
arature aratura aradure
aze matassa azze
Termini di parentela, di famiglia
mur moglie muir
tate babbo tate *)
*) In alcuni luoghi del Friuli orient.
tutor tutore tutor
mame mamma mame
Attrezzi di casa, vestimenti, parti del corpo, per esempio:
furkuzze forchetta furchiuzze *)
*) Abbench furchiuzze friulano non significhi che forca in diminutivo avendo per forchetta il piron.
dinze denti ding
kase casa chiase

102
poarta porta poarte
almar armadio armar
Nomi di popoli e di nazioni:
grek greco grec
angless inglese ingless
obreju ebreo (obreo, goriz.)
turk turco turc
indian indiano indian
chiness (ch guttur.) chinese chiness
russ russo russ
croat crovato croat
kosak cosacco cosac
Altrj varj nomi, aggettivi, verbi, proposizioni, pronomi ecc.
bune buona bune
betran vecchio vedran
berboss barbuto barbos
amar amaro amar
vojoss voglioso vojos
grass grasso grass
disculz scalzo discolz
dojoss doglioso dojos
kurat nettato, scelto curat
larg largo larg
luminoss luminoso luminos
lung lungo lung
moarte morte muarte
neskut nato nassut
pierdut perduto pierdut
rar raro rar
sporkat lordo sporchiat
tiner tenero tener
frekat fregato frejat
hernut scelto cernit
en askuns di nascosto in scuindon
enke ancora anchie
nule zero, nulla nule
un uno un
doi due doi
gmut gemuto zemut
avut avuto avut o vut
ard del verbo ardere ard

103
ku voe con voglia cun voe
lok luogo luc
kredinze credenza credinze
ploae pioggia plo
pilea pelle piel
faur fabbro fari
cu bukure volentieri cun bon cur
ark arco arc
acum o amu adesso cum (m, acum!)
kasc cos cuss
fndke essendo che sind che
he? che cosa? ce?
uss osso uess
fok fuoco fuc
nass naso nas
funt funto (funt)
pekat peccato pechiat
palosc (sc dolce) scialba paloss
quietanzie quitanza quitanzie
istorie storia istorie
sentenzie sentenza sentenzie
Osservinsi questi ie finali in singolari, tanto nel valaco che nel friulano.
ssume somma sume
forme forma forme
mesure misura misure
kelk calcare chialchi
ram ramo ram
plin pieno plen
strmb curvo, strambo stramb
unit unito unit
fund fondo fond
un prinzip un principe un prinzip
kurioss curioso curios
komediant commediante comedeant
prokurator procuratore procurator
kontesse contessa contesse
predikator predicatore predichiador
Notinsi queste desinenze ant, tor, nel valaco e nel friulano. Se anche litaliano da
predicatore pu far predicator, il valaco al pari del friulano da predicator non pu fare
predicatore che la vera voce dellitaliano dallablativo latino; e il latino se ha le voci in or
non vi poggia per laccento;

104
Molte corrispondenze sono corrette e basate, come nella lista precedente, sulla comune
origine latina e su svolgimenti simili, come rum. plin, friul. plen pieno < PLNU(M),
rum. pcat, friul. pechia:t peccato < PECCATU(M), rum. us, friul. wess osso <
SSU(M). Ma in certi casi si tratta di latinismi colti come curios, comediant. Qualche
osservazione tuttavia necessaria.
La forma friulana bune non corrisponde al friulano centrale bwine, ma potrebbe
appartenere allarea goriziana. Il friulano zemut significa come, non gemuto, e paloss
significa sciabola, non scialba.
Accostare cu bukurie a cu bon cur senzaltro un gioco dazzardo. Scrive Carlo Salvioni
nel suo articolo Ascoli e il dialetto friulano70 A vere violenze, per amor della tesi, lAscoli veramente non si
spinge. Tra queste porrei fiindke (il testo ha per errore fndke) messo con sind che, dove per il ragguaglio sintende forse solo
pegli elementi non iniziali, bukurie paragonato a con bon cur. Il termine bukurie non romanzo, ma una
parola di sostrato (cfr. albanese bukur). Il verbo fiindke in realt fiind c, ed relativo ad
a fi (< FIERI), mentre sind deriva da ESSE: lo stesso tipo di formazione come in franc.
tant que, it. essendo che, ecc.
La i del nesso vocalico finale ie, tanto in rumeno che in friulano, parte integrante della
forma originaria latina, come in HISTORIA, mentre la -e (finale di ie) lesito romanzo
della -A latina.
I suffissi -ant e -tor derivano entrambi dalle forme oblique latine in -ANTE(M) e in -
TORE(M), con apocope della -E finale. La conferma che le voci romanze derivano dalle
forme oblique latine ci data proprio dalle vocali -A e -O di -ANTE(M) e -TORE(M), che
sono toniche solo nei casi obliqui latini e rimangono toniche anche nei rispettivi esiti
rumeni e friulani -ant e -tor.

[XXXVII]. ci vale anche per le altre di queste desinenze.


bo (lu appena inteso) bove b
sstat stato stat
pietenat pettinato petenat (pitin)
poliit nettato pulit
dormind dormendo durmind
ssalt saltare salt
viu vivo vif
kosse cucire cus
hel quello chel
inel anello anel
bunetate bont bontat
liturgje liturgia liturgie
protokol protocollo protocoll
70
C. Salvioni, G. I. Ascoli e il dialetto friulano, cit., p. 124. Cfr. il par. V.1.2.

105
termin termine tiermin
gular collare golar
pass passo pass
magistrat magistrato magistrat
nipot nipote nevod
kumnat cugnato cugnat
talent talento talento
laz laccio laz
betae battaglia betae
materie materia materie
restanzie restanza restanzie
skrtorie scrittojo scritori
arie aria arie (di musica)
fantazzie fantasia fantasie
pronunzie pronuncia pronunzie
kemeruze cameretta chiameruzze
strmbetate goffaggine strambitat
sigur sicuro sigur
babe donna vecchia babe
barbe barba barbe
veduve vedova vedue
arnde ci che sha in affitto arende
korone corona corone
pulver polvere polvar
pumn pugno pugne
koaste coste cuestis
Si osservino questi oa, cogli ue, ua friulani. Esempj moarte valaco, friulano muarte; poarte
valaco, friulano puarte, e qui koaste valaco, cuestis friulano. Per dire scorza, guscio, dicono i
valachi scoarze, e pure i friulani adoperano la voce scuarze per dire corteccia.
gust gusto gust
mut muto mut
pipe pipa pipe
pompe pompa pompe
pulpe polpa polpe
krepeture crepatura crepadure
note nota note ( di musica)
krete creta crete
dlhze dolcezza dolcezze
mnuscie guanti manezzins
henusce cenere cinise
despojat spoglio dispojat

106
deslegat slegato dislejat
kernoss carnoso chiarnos
monete moneta monede
leudat lodato laudat
nihe un nemmeno uno nanchie un
Molti pronomi valachi assomigliano a friulani, vedi pag. 21;

Tra le varie osservazioni possibili, notiamo che la voce pulit ha in friulano (come in
veneto) il valore avverbiale di bene. Con il valore di pulito invece sarebbe pi friulana
laccezione netat. Il corrispondente friulano del rumeno pumn non pugne, ma pugn
[pu<].

[XXXVIII]. indi per non dilungarsi segneremo ancora questi verbi:


ar arare ar
arde ardere ardi
arm armare arm
bate battere bati
vinde vendere vendi
jeu blestem io bestemmio jo blestemi
jeu vajet io grido dal dolore jo vai (io piango)
So daver veduto in altre Grammatiche valache il pronome di prima persona anche jo
precisamente come il friulano.
vini venire vigni
gust gustare cibi gust (pranzare)
jeu sbier io grido jo sberli
lass lasciare lass
mut cambiare mud
numer numerare numer
herni scegliere cerni ecc. ecc.

Il fenomeno dellinfinito tronco (gi trattato nel commento relativo al brano n. [IV])
presente in molte variet romanze. Il pronome personale rumeno di prima persona jo [O]
effettivamente una variante fonetica di eu [e].

107
[XXXIX]. Sicch un valaco potrebbe pronunciar delle frasi comprensibili del tutto ad un
friulano, ed alcuni esempj ne potrei recare, aggiungendo sempre che chi volesse aumentarne
il numero potrebbe farlo con tutta facilit.
I. val. un om curioss au avut
fr. un om curios al a avut
it. un uomo curioso ha avuto
II. val. demi vin nu ape
fr. dami vin no aghe
it. dammi vino non acqua
III. val. femi un kar bun
fr. fami un chiar bon
it. fammi un carro buono
IV. val. aheste lam kumperate ku 6 fiorinzi
fr. cheste lai cumperade cun 6 florinz
it. questa lho comperata con 6 fiorini
V. val. tae cu cuzit
fr. tae cul curtis
it. taglia col coltello
VI. val. knd poate l veni?
fr. quant puedial vigni?
it. pu egli venire?
VII. val. lui nu jaste voe
fr. lui a nol a voe
it. egli non ha voglia
VIII. val. din he hetate scti ? (sc come nellit. scelta)
fr. di ce citat estu?
it. di qual citt sei t?
IX. val. ahasta je grasse adveretate
fr. cheste je grasse in veretat
it. questa grassa in verit.

Questa lista di Ascoli rappresenta una serie di esempi non tanto di fraseologia, cio
espressioni comuni alle due lingue, ma di corrispondenze che possono estendersi a porzioni
di testo di una certa lunghezza (da 4 a 7 parole).
Possiamo osservare infatti che nellesempio n. VII Ascoli non nota che lespressione
rumena lui nu jaste voe rappresenta un dativo di possesso, che letteralmente significa a lui
non permesso (non voglia). Il dativo di possesso una costruzione tipica del rumeno,
come per esempio mi-e sete per dire ho sete ed ereditata tale e quale dal latino, in cui il
soggetto reale veniva posto al caso dativo, seguito dal verbo essere e poi dalloggetto
posseduto posto al caso nominativo. La spia del singolare meccanismo, che avrebbe
dovuto allarmare Ascoli, il pronome personale libero lui, che ha funzione di soggetto solo

108
in friulano, ma non in rumeno e neanche in italiano71 (litaliano parlato per fa largo uso di
lui anche in funzione di soggetto), e soprattutto luso del verbo essere al posto del verbo
avere (il rum. jaste equivale al rumeno moderno este [este]).
Nellesempio n. VI lesatta traduzione italiana del rumeno knd poate l veni? e del friulano
quant72 puedial vigni? quando pu (egli) venire?. Qui Ascoli ha tralasciato, certo per
distrazione, lavverbio italiano quando.

[XL]. Qualche parola pi strana prendiamo ad esaminare:


mi cuvente dicono i friulani per esprimere mabbisogna, mi conviene, ed io trover lo
stesso un verbo impersonale valaco kuvine.
Clopadiz dicesi dun vaso rotto, che ha cattivo suono; non mi pare di farlo derivare da
sclop, crepare, ma piuttosto da klopot valaco che significa campana; perch questaggettivo
dicesi particolarmente in rapporto al suono.
Ed il grazioso interrogativo friulano isal? isel? non sarebbe molto lontano dal valaco jiste
l.
E che dirassi del pierdut, del manuscie, del piarseke del jepure che prima abbiamo mento-
vato?

Il friulano mi cuvente significa proprio mi occorre, come dice Ascoli, ed voce del
verbo covent73 occorrere. Il verbo rumeno a cuveni convenire (di cui cuvine conviene
rappresenta la terza persona) deriva dal latino CONVENIRE.
Quanto al secondo accostamento, il friulano sclop, che non significa crepare, ha lesatta
corrispondenza nellitaliano scoppiare, dal latino SCLPPU(M), da cui si ha anche schiop-
po arma da fuoco.74 Il rumeno clopot campana di origine slava.
Le espressioni interrogative friulane isal?, isel? contengono il pronome personale sogget-
to enclitico -al, -el, mentre nella forma rumena jeste el? il pronome invertito el libero.
Abbiamo gi visto sopra per (cfr. il commento al brano [II]) che i pronomi soggetto clitici
friulani sono al, per il maschile, ed e, per il femminile. La forma con il clitico -el quindi
non esiste in friulano. Le forme proposte da Ascoli vanno corrette perci con isal? egli?
(it. mod. lui?) e ise? ella? (it. mod. lei?), che sono la versione udinese (e dei din-
torni) di sal? e se?75 e che corrispondono, se vogliamo, al rumeno este el? e este ea? (ma
con i pronomi soggetto liberi).
Il verbo rumeno pierdut perduto, equivalente al friulano pierdut, in analogia con avut <
HABUTU(M) < HABITU(M), il participio passato dal latino PERDRE, corrispondente
allitaliano perduto, al francese perdu, ecc.
71
Si veda a questo proposito il mio schema dei pronomi personali liberi relativo al brano [II] di Ascoli.
72
Qui, per la prima volta, Ascoli usa in fine di parola la pronuncia effettiva della consonante finale, cio la t, in luogo
della d etimologica di QUANDO.
73
Cfr. AA.VV., Dizionario etimologico storico friulano [DESF], II vol., Casamassima, 1987, p. 505.
74
M. Cortelazzo - P. Zolli, DELI, cit., p. 1153.
75
G. Marchetti, Lineamenti di Grammatica friulana, cit., p. 240.

109
Le forme rumene manuscie (rumeno mod. mnu) e friulane manezzins (friulano mod.
manece) derivano da un unico modello latino MANUS, ma con suffissi diversi.
La fonte comune del rumeno piarseke e del friulano piersul il latino PERSICA, neutro
plurale di PERSICU(M), da cui anche il toscano e italiano psca, propriamente [frutto
della] Persia. Anche le accezioni moderne sono rispettivamente piersic e piersul. In en-
trambi i casi si verifica la dittongazione della E tonica in je.
Il rumeno jepure e il friulano jeur derivano dal latino LPORE(M), come anche
litaliano lepre. In jepure la laterale iniziale stata palatalizzata da una delle vocali che la
seguivano e poi si vocalizzata, secondo il percorso LPORE(M) > lepure > iepure,76
mentre il percorso friulano stato ljevur > ljewr > Yewr > jeur.77 possibile tuttavia che
anche in rumeno si sia verificata la dittongazione della > i, con successiva palatalizza-
zione della liquida iniziale dovuta allo jod del dittongo e relativa aferesi: LPORE(M) >
liepore > liepure > iepure.

[XLI]. Conchiuderemo collarrischiare di proporre a chi scrive il friulano, di servirsi


dellalfabeto illirico, *) che pure preferibile per il valaco, al latino, parendoci poterne trarre
grande utilit. Scrivendo il friulano con lettere latine, lortografia riesce arbitraria, mentre
con pi precisione il tutto potrebbe farsi adottando lalfabeto illirico. Suoni, per esprimere i
quali, due e tre lettere sadoperano, potrebbero cos in molti luoghi essere rappresentati da
una sola.

*) Non vadano in collera i friulani, che io non intendo gi di parlare dellillirico che adoperano gli slavi vicini
a noi, ma bens dellalfabeto illirico propriamente detto, che viene adoperato anche dai Russi (il cirillico).

Nel suo brano conclusivo Ascoli propone di servirsi dellalfabeto illirico per scrivere
il friulano. E poi precisa che intende lalfabeto illirico propriamente detto, che viene adoperato anche dai Russi
(il cirillico), non quello che adoperano gli slavi vicini a noi. Se capiamo bene, questo argomento ret-
to da una serie di confusioni.
Per prima cosa un alfabeto detto illirico non ci sembra sia mai esistito: con questo ter-
mine non mai stato coniato nessun alfabeto. Il termine illirico (dal lat. ILLIRICUM)
stato attribuito dai Romani alla provincia abitata dagli Illiri, costituita intorno al 27 av. Cri-
sto, che comprendeva una parte dellodierna Albania, il Montenegro, il litorale della Croa-
zia e dellIstria. Il territorio degli Illiri poi stato invaso intorno al VI secolo dagli Slavi,
che vi introdussero luso della lingua slava. Dopo lunghe e cruente vicende religiose, in
gran parte di questo territorio, che corrisponde attualmente al litorale croato, fu adottato
lalfabeto latino.
Non sembra qui che possa esistere quindi un legame tra i termini illirico e cirillico,
perch il primo dovrebbe essere associato semmai alluso dellalfabeto latino, mentre il se-
condo si riferisce allalfabeto che si basava sulla scrittura greca onciale (cio il greco maiu-

76
F. Dimitrescu, ntroducere n fonetica, cit., p. 96.
77
F. Agnoletti, Appunti linguistici sul friulano, cit., p. 145.

110
scolo usato sia nelle iscrizioni, che nei papiri), introdotto in tutto il mondo ortodosso dal
monaco greco Cirillo,78 evangelizzatore degli Slavi, come glagolitico, e poi riformato.79
Il cirillico russo e quello dei vicini hanno quindi la stessa origine e sono molto simili.
Non ha senso pertanto che Ascoli si riferisca a questi alfabeti come fossero due cose diver-
se. Con lespressione slavi vicini a noi egli avr pensato probabilmente ai serbi, che per non
sono tanto vicini ai friulani, visto che in mezzo ci sono sempre gli sloveni e i croati, che
parlano slavo, ma come abbiamo detto usano lalfabeto latino.
Losservazione di Ascoli sulluso dellalfabeto cirillico, per quanto antistorica, potrebbe
avere una sua giustificazione nel fatto che effettivamente la ricchezza di suoni consonanti-
ci friulani resa con difficolt dallalfabeto latino. il caso per esempio della sibilante
sorda e sonora, che si sarebbe potuta distinguere con luso del carattere cirillico s e z, o
dellaffricata dentale z, la cui espressione sorda si esprime con il segno . Naturalmente
con i caratteri latini si sarebbe potuto creare dei digrammi, come per esempio stato fatto
da Ascoli con la grafia chi per rendere il suono [c]. Tuttavia, come dicevo, la proposta di
Ascoli era antistorica perch nessuna lingua ha cambiato lalfabeto per le opportunit tecni-
che che questo pu offrire, ma sempre in seguito a rivolgimenti storici molto importanti
(come quando il rumeno ha abbandonato il cirillico per il latino o, ancora, quando il turco
ha lasciato i caratteri arabi per quelli latini).

78
Ma il suo nome di battesimo era Costantino.
79
N. Radovich, Introduzione allo slavo ecclesiastico antico, cit., p. 16.

111
[XLII]. Imperfetto questabozzo. In ogni modo limperfezione del nostro lavoro consister
nel non aver ben ispiegate le cause che portarono alleffetto, giacch leffetto, crediamo aver
dimostrato sufficientemente, esistere, e trovarsi unassoluta affinit fra questi due idiomi. I
pochi dati Storici premessi al confronto, crediamo tuttavia mostrare alquanto la possibilit
duna stessa origine delle due lingue; e se certo come abbiamo veduto, che il friulano ha il
vero tipo della lingua daco-romana, sarebbe a desiderarsi, che qualche dotto friulano, delle
patrie cose amante, sinteressasse di meglio illuminare storicamente e filologicamente questa
relazione della lingua di Bukarest con quella dUdine, ciocch alla Storia ed alla cultura della
lingua patria, per vero un po trascurata, gran lume apporterebbe.

Il giovane Ascoli forse riuscito a dare unidea globale, cio intuitiva, dellaffinit tra il
rumeno e il friulano, senza mai invocare per lorigine comune, il latino, e il fatto che la
somiglianza tra le due lingue solo un aspetto particolare dellaffinit di tutte le lingue ro-
manze tra di loro, dovuta alla comune origine.
La grave imperfezione del suo lavoro consta proprio nella totale assenza della ricerca delle
cause che hanno determinato tale affinit. Cause, come abbiamo pi volte ripetuto, che so-
no facilmente riconducibili a quella lingua da cui traggono origine sia il rumeno che il friu-
lano, e cio il latino, in particolare il latino volgare. Ascoli ha notato nel complesso alcune
convergenze speciali, che non sono per pi frequenti tra friulano e rumeno che in ogni al-
tra coppia possibile di lingue romanze. Studi posteriori hanno stabilito in particolare che il
friulano - nonostante la sua collocazione orientale - appartiene tipologicamente al gruppo
delle lingue occidentali gallo-romanze, insieme con litaliano settentrionale (tranne il vene-
to), mentre il rumeno fa parte, con litaliano centro-meridionale, dellarea romanza orienta-
le.80

80
Cfr. L. Vanelli, La posizione del friulano nel dominio romanzo, in Tullio De Mauro e Shigeaki Sugeta, Lesser-used
languages and romance linguistics, Roma, Bulzoni, 2002. .

112
VI. Conclusioni

A questo punto si pu operare un rapido bilancio del lavoro del giovane linguista gori-
ziano.
Osserviamo innanzitutto le numerose improvvisazioni allinterno della sua premessa
storica:
- il legame etnico dei daci con i germani, dedotto frettolosamente dalla somiglianza tra i
due etnici, daci e deutsch, la cui forma antica tiudisk (da cui lital. tedesco) avrebbe dovu-
to mettere in guardia lAutore.1 Dallaccettazione di questa teoria Ascoli ricavava, inoltre,
che la lingua dei daci preromanizzati avesse dato origine alle lingue germaniche.
- la lingua rumena e friulana gli apparivano come il risultato dellintreccio del latino con
le lingue dei popoli che avevano invaso sia la Romania che il Friuli, cio gli slavi, gli unga-
ri e le popolazioni germaniche. Di qui gli esempi di corrispondenza morfologica addotti a
giustificazione della presenza dellelemento germanico nel rumeno e nel friulano (cfr. il
par. V.4).
Passando poi alla sua analisi comparativa, osserviamo una lunga serie di imprecisioni,
che riassumo, conglobandole in gruppi tipologici:

Formazione dellarticolo: se il rumeno ha larticolo definito posposto, per Ascoli esi-


sterebbero tracce di articolo posposto anche in friulano (cfr. brano di Ascoli [XV]), cosa
manifestamente errata;

Formazione del plurale: Ascoli non nota luso del plurale sigmatico in friulano (cfr.
brani [XI], [XXI]), e quindi non giustifica correttamente i fenomeni fonetici che ne deriva-
no (cfr. [XIV] e [XVII]);

Participio passato: i participi passati in rumeno sarebbero formati per Ascoli aggiun-
gendo una t agli infiniti: la descrizione in s possibile, ma non chiaro quale sia la pro-
spettiva che la permette (cfr. [V]).

Pronomi personali soggetto: Ascoli non distingue lo statuto di pronome libero del ru-
meno da quello di clitico in friulano (cfr. [II]). Attribuisce al friulano lelemento pronomi-
nale el, che veneto, invece di al (cfr. [VII]). Non usa il clitico negli esempi friulani dei
verbi composti (cfr. [IX]);

Infine, tra gli argomenti storici, sembra confondere il termine cirillico con illirico
(cfr. [XLI]).

1
Ma questa la connessione che circolava al suo tempo e che veniva accettata, tra gli altri, anche da colui che diventer il
grande poeta nazionale rumeno, Mihai Eminescu, che nella sua nota germanofilia se ne compiaceva.

113
Dallanalisi di questa sintetica esposizione notiamo che le imprecisioni di Ascoli si rife-
riscono in linea di massima alla lingua friulana, mentre per il rumeno si pu parlare solo
dellerrore (relativo, come abbiamo visto) nella descrizione della formazione dei participi.
Questa osservazione potrebbe essere sufficiente, da sola, a dimostrare che il giovane lingui-
sta non avesse una grande conoscenza del friulano, e non sia stato capace in molti casi di
penetrarne, sia pure in modo intuitivo, la struttura, mentre invece per il rumeno era sostenu-
to con buona sicurezza dalla Grammatica di Molnar.
Nella suddetta esposizione mi sono limitato allelenco degli errori presenti nel saggio
di Ascoli, rispettando la sua impostazione primaria, che voleva essere esclusivamente una
descrizione delle affinit lessicali tra il friulano e il rumeno. Questa impostazione, che sap-
piamo limitata perch manca interamente del suo corpus complementare, cio la descrizio-
ne di ci che distingue le due lingue, come gli far notare Luzzatto (cfr. il par. V.1.1), a-
vrebbe potuto essere comunque accettata validamente, se Ascoli lavesse dotata di una co-
mune piattaforma latina, cui ricondurre le affinit. Non c quindi nemmeno un presenti-
mento del metodo di quella linguistica storica che era gi sorta in Francia nei primi anni
dellOttocento ad opera di Raynouard (cfr. il par. III.2.1) e soprattutto in Germania, della
quale Ascoli sarebbe stato presto il maggiore alfiere (e riconosciuto rappresentante) in Ita-
lia.
Dobbiamo osservare che anche Cattaneo, inizialmente superiore al giovane Ascoli, ben-
ch anche lui pioniere, si limita a costruire un sistema di contrapposizioni contrastive tra
litaliano e il rumeno (cfr. il par. IV.2.1) e tra litaliano e il friulano (cfr. il par. IV.3.1) sen-
za valersi di criteri storici, salvo in rare occasioni, come quando nota lesito del nesso ru-
meno pt dal latino CT e in friulano la palatalizzazione dei nessi latini CA e GA, la conser-
vazione dei dittonghi AU e dei nessi CL, FL. Cattaneo tuttavia, pur rimanendo allinterno
del puro confronto, si spinge pi in l di Ascoli, perch considera, oltre alle affinit, anche
gli aspetti distintivi delle lingue prese in esame.
Ascoli dunque avrebbe potuto mettere in rilievo almeno quegli elementi che caratteriz-
zano la specifica singolarit del rumeno e quella del friulano, allinterno dellarea romanza,
che erano gi stati descritti appunto da Carlo Cattaneo (cfr. par. IV.2.1 e IV.3.1), come ad
esempio la posposizione dellarticolo in rumeno e la palatalizzazione di CA e GA in friula-
no.
Non possiamo dimenticare, infine, che fu lAutore stesso, Graziadio Isaia Ascoli, a con-
dannare la sua opera giovanile definendola negli anni della maturit un lavoruccio insignificantissi-
mo.2
La nostra tesi non riuscita a ribaltare limpietosa autocondanna di Ascoli, ma ha dovu-
to confermarla. In altro non consistito, il suo lavoro, che in frettolose annotazioni, rilevate
durante la lettura dellottima grammatica di Molnar, di vere o presunte somiglianze rintrac-
ciabili nel friulano. Era mancata ad Ascoli liniziativa di considerare questo spoglio, certa-
mente utile, come un inizio da integrare con altre ricerche sul friulano, che al tempo - vero
- era ancora studiato pochissimo.
Lo far pi tardi, e con quali grandiosi risultati si sa. Per il momento il giovane studioso
si fermer a quello che doveva essere solo linizio, e correr troppo presto a cercare un tor-
chio per la sua operetta.

2
G. I. Ascoli, Studj critici, cit., p. 57, n.3.

114
Nellinsieme e nei dettagli dunque, lo Schizzo storico filologico di Graziadio Isaia Ascoli
sullaffinit del friulano con il rumeno, resta - dopo lesame accurato cui labbiamo sotto-
posto - unopera giovanile, carente nellinsieme e nei dettagli, nella quale non ancora pos-
sibile intravedere la futura grandezza del glottologo pi illustre dellItalia dellOttocento e
uno dei primi di tutta Europa.

115
VII. Riferimenti bibliografici

VII.1 Studi di linguistica e filologia

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VII.1.2 Sul rumeno

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VII.2 Studi su Ascoli, Cattaneo e altri

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VII.3 Opere di Ascoli e Cattaneo

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VII.4 Studi di ebraismo

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M. DEL BIANCO, 1981, Ebrei e industria della seta nel Gradiscano attraverso gli atti del
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M. DEL BIANCO, 1991, La vita privata degli ebrei nei territori italiani della casa
dAustria e nel Friuli veneto in et moderna, in Gli Ebrei tra Italia nord-orientale e impero
asburgico dal medioevo allet contemporanea (a cura di G. Todeschini e B. C. Ioly Zorat-
tini), Pordenone, Studio Tesi, pp. 181-213
P.C. IOLY ZORATTINI (a cura di), 1984, Gli ebrei a Gorizia e Trieste, tra Ancien rgi-
me ed emancipazione, Atti del Convegno di Gorizia, Udine, Del Bianco,

120
P.C. IOLY ZORATTINI, 1991, Gli Ebrei del Friuli e dellIstria nelle fonti inquisitoriali, in
Gli Ebrei tra Italia nord-orientale e impero asburgico dal medioevo allet contemporanea
(a cura di G. Todeschini e B. C. Ioly Zorattini), Pordenone, Studio Tesi, pp. 130-154
M. LUZZATI (a cura di), 1995, Le tre sinagoghe. Edifici di culto e vita ebraica a Livorno
dal Seicento al Novecento, Torino
A. MILANO, 1963, Storia degli Ebrei in Italia, Torino, Einaudi
B. SEGRE, 1993, Gli Ebrei in Italia, Milano, Fenice 2000

121
La parte che segue stata esclusa dalla mia tesi, ma contiene unargomentazione stretta-
mente connessa ai temi trattati da G. I. Ascoli nel suo saggio linguistico giovanile.

VIII. La polemica sul problema dellinflusso delle lingue barbariche sulla


formazione del volgare italiano:

nel Quattrocento, Leonardo Bruni1 riteneva che latino e volgare fossero coesistiti come
due lingue del tutto distinte. Al contrario Flavio Biondo2 sosteneva che il latino fosse stato
unitario e che il volgare italiano fosse nato pi tardi, per un inquinamento del latino dovuto
prima al gran numero di stranieri confluiti a Roma, poi, in misura assai maggiore, alle inva-
sioni barbariche. Bruni vedeva bene lo stretto nesso fra italiano e latino volgare, ma negava
ogni evoluzione delle lingue e ogni rapporto di derivazione. Biondo attribuiva la perdita
della purezza del latino alle infiltrazioni esterne, quelle barbariche, e legava questo fatto al-
la perdita della purezza razziale dei Romani.

nel Settecento, Scipione Maffei3 affermava che litaliano era la continuazione del latino
volgare. Riteneva che durante questa trasformazione linflusso delle lingue dei barbari fosse
stato trascurabile, tanto pi che il loro numero era stato assai scarso.

1
Leonardo Bruni, nato ad Arezzo nel 1370 ca. e trasferitosi molto giovane a Firenze, intraprese studi di retorica e diritto,
divenendo in breve un raffinatissimo umanista. Dal 1405 intraprese la carriera politica a Roma, al servizio di Innocenzo
VII. Nel 1411 partecip al Concilio di Costanza al seguito dellantipapa Giovanni XXIII e dal 1415 si stabil definitiva-
mente a Firenze, ricoprendo la carica di Cancelliere della Repubblica dal 1427 alla morte. Personalit di grande cultura,
Bruni fu uno dei pi insigni scrittori in latino del suo tempo e si impegn in pregevoli traduzioni dal greco (Platone e Ari-
stotele). Tra le sue numerose opere spicca la Historiae florentini populi in 12 libri, in cui il metodo storiografico adottato
si basa sul confronto dei documenti, allontanando ogni interpretazione provvidenzialistica della storia. In volgare scrisse
una Vita di Dante e una Vita di Petrarca (entrambi 1434), alcune rime e novelle. Mor a Firenze nel 1444 e fu sepolto in
Santa Croce. [da G. Bonghi, Biografia di L. Bruni]
2
Flavio Biondo, storico e archeologo, era nato a Forl nel 1388. Fu il fondatore della scienza archeologica e della topo-
grafia cristiana e medievale. Prest servizio presso numerosi papi, da Eugenio IV, a Nicola V, Callisto III e Pio II. Fu au-
tore di tre enciclopedie, che rappresentarono la base di tutti i successivi dizionari di archeologia e antichit romane: Italia
Illustrata (1474), accurata descrizione di quattro regioni italiane, Romae Instauratae Libri Tres (1482), studio degli anti-
chi monumenti di Roma e Romae Triumphantis Libri Decem (1482), sui costumi e le istituzioni degli antichi Romani.
Nelle sue opere convergono, in modo per allora singolare, filologia, archeologia e storia. Mor a Roma nel 1463. [da
Catholic Encyclopedia]
3
Scipione Maffei, nato a Verona nel 1675, di nobile famiglia, fond nel 1710 con Zeno e Vallisnieri il Giornale de' let-
terati italiani. La sua multiforme attivit punt coraggiosamente allo svecchiamento delle strutture sociali e culturali ita-
liane. Fu, con Muratori, una tappa importante per il passaggio dall'et degli eruditi a quella dei riformatori. Diede un con-
tributo al progresso della filologia e della paleografia con l'Italia diplomatica (1727) che instaura nell'esame dei codici
medievali un criterio di valutazione cronologico-storicistica. Capolavoro storico e erudito di Maffei fu la monumentale
Verona illustrata (1732) dedicata alla storia, agli scrittori e ai monumenti della sua citt. Mor a Verona nel 1755. [da
Catholic Encyclopedia]

122
Ludovico Antonio Muratori4 invece tendeva a negare la continuit rispetto al latino e a
dare il massimo rilievo allelemento germanico.

nellOttocento, un punto fermo della dottrina romantica era che la civilt moderna ave-
va avuto inizio dalla caduta dellimpero romano. Il prevalere del cristianesimo sul pagane-
simo e il sostituirsi delle nuove lingue nazionali alla lingua latina segnavano per i romantici
la fine dellepoca classica e linizio dellepoca romantica o moderna, della quale era parte
integrante il medioevo. Quindi anche nella questione dellorigine dei volgari i romantici e-
rano portati a ridurre il pi possibile la continuit rispetto al latino e a dare invece il massi-
mo risalto allelemento germanico. Era la tesi di Muratori. Era latto di nascita medievale di
unEuropa nuova, sganciata dal paganesimo, dalla letteratura e dalla lingua della romanit.
Romagnosi5 rispose a queste impostazioni teoriche dei romantici negando, rispetto alla
posizione di Maffei, la forzata associazione tra la formazione culturale di un popolo e la sua
composizione antropologica.
Ascoli stesso ebbe un contatto diretto in giovent con un sostenitore della cosiddetta teo-
ria del superstrato. Quando egli invi una copia del suo saggio sulle affinit tra il friulano
e il rumeno a Samuel David Luzzatto per riceverne lautorevole giudizio, questi non tard a
esprimergli che la lingua della Crusca non pu essere illustrata senza il confronto degli al-
tri dialetti italiani, e questi non possono illustrarsi senza il confronto delle lingue dei barbari,
germani e slavi, che diedero origine alle nuove lingue latine.6
lecito ipotizzare quindi che il pensiero del suo maestro fosse arrivato a Graziadio per
via diretta, o forse tramite lamico Filosseno Luzzatto (figlio di Samuel David), prima della
redazione del saggio che trattava del friulano e del rumeno.

4
Ludovico Antonio Muratori nacque a Vignola (MO) nel 1672. Di famiglia modesta, si laure in filosofia e diritto ca-
nonico. Nel 1695 si trasfer a Milano come prefetto della Biblioteca Ambrosiana e nello stesso anno fu ordinato sacerdote.
Erudito di straordinaria capacit e tenacia, volse i suoi studi al medioevo che era stato fino a quel momento poco studiato
e ritenuto indegno di attenzione. Ricerc e adun da solo le fonti della storia d'Italia a partire dal 500 fino al 1500, e le
pubblic nella monumentale raccolta Scrittori di cose italiche (Rerum italicarum scriptores, 1723-1751) in 25 volumi.
Mor a Modena nel 1750. Muratori considerato il fondatore della moderna storiografia su basi scientifiche e documenta-
rie. [Lydia Pavan]
5
Gian Domenico Romagnosi, nato a Salsomaggiore (PR) nel 1761, fu insigne giurista e filosofo. Laureatosi nel 1786 in
giurisprudenza all'universit di Parma, fu nominato Pretore a Trento nel 1791 e nel 1804 chiamato a coprire la cattedra di
diritto pubblico nella stessa universit di Parma. Nel 1806 venne chiamato a Milano con l'incarico di rivedere il progetto
di codice di procedura penale, ove divenne consulente del ministero di giustizia. Nel 1807 gli venne affidata la cattedra di
diritto civile a Pavia. Nel 1817, a seguito del ritorno degli austriaci in Lombardia, perse il posto di insegnante nelle scuole
speciali di diritto, che furono soppresse. Nel 1821, per i legami con ambienti progressisti, fu incarcerato a Venezia.
Liberato poco tempo dopo, rest senza lavoro. Mor a Milano nel 1835. Seguace di F. Bacone e J. Locke, nonch degli
illuministi francesi, lasci molte opere giuridiche e filosofiche.
6
S. D. Luzzatto, Epistolario italiano, latino e francese, cit., parte I, n. CCXCVII, pp. 485-491. Per un commento comple-
to alla lettera di S. D. Luzzatto cfr. il par. V.1.1.

123
VIII.1 La teoria del sostrato

Se finora stato considerato il rapporto del latino con le lingue che si sarebbero sovrap-
poste nei tempi successivi, cio le lingue del superstrato, la teoria del sostrato riguardava
invece il rapporto del latino con le lingue dei popoli conquistati dai romani, cio gli etru-
schi, gli osco-umbri, i celti, gli ibri, ecc.
In Italia il problema era posto dalla differenziazione del latino nei vari dialetti italiani e il
primo a enunciarla fu Maffei, a proposito della diversit fra il dialetto bresciano e il verone-
se: certa cosa essendo che i nostri odierni dialetti non altronde si formarono, che dal diverso modo di pronunciare negli antichi
tempi e di parlar popolarmente il Latino, in Verona illustrata del 1825. In seguito alla sua precisa
definizione, anche Muratori, gi strenuo difensore del superstrato germanico, confermava la
tesi di Maffei, ma la affiancava a quella del superstrato: era la tesi del duplice influsso.
Da questo momento nasceva e si sviluppava in Italia la moda delle origini etniche e
linguistiche dei popoli italiani, che si presentava sostanzialmente divisa in due tronconi,
luno fautore della tesi preromana, laltro dellinflusso germanico.
curioso come entrambe queste fazioni fondassero la loro animosit su un comune at-
teggiamento di patriottismo antiromano. La teoria del sostrato infatti era saldamente
ancorata alla simpatia per lItalia preromana, che si voleva fosse riaffiorata nel medioevo,
dopo un lungo periodo di sommersione al dominio romano. Al contrario la teoria del
superstrato privilegiava lindividualit e la piena autonomia delle nuove nazioni europee -
soprattutto quelle di origine germanica - dalle catene della cultura latina.
A livello europeo la teoria del sostrato era stata applicata anche alla linguistica indeuro-
pea. Friedrich Schlegel aveva fatto derivare il greco, il latino, il germanico, il persiano
dallintreccio della lingua sanscrita con le lingue dei primitivi popoli dellEuropa. E anche
su questo rapporto linguistico si ricreavano le condizioni di un vasto movimento di masse
dallAsia verso lEuropa. LAsia infatti era considerata da tempo come la cuna del genere uma-
no, come si esprimeva Cesare Cant,7 ripetendo un concetto che godeva allora di largo cre-
dito.

7
C. Cant, Storia universale, I, Torino 1838, p.191.

124
VIII.2 Il pensiero linguistico di Cattaneo

Il primo saggio di linguistica pubblicato da Cattaneo fu quello sul Nesso della nazione e
della lingua valaca collitaliana, pubblicato nel 1837, con lo scopo di studiare linfluenza
dellinvasione dei barbari sulla favella italica. Si trattava di unopera di carattere storico e non puramen-
te linguistico, perch Cattaneo accennava, comera sua abitudine, anche ad argomenti di
storia giuridica ed economica. In questo lavoro Cattaneo era guidato dallinteresse persona-
le per i popoli primitivi. E seguiva, liberamente ispirato, un concetto di ricerca scientifica
decisamente avanzato rispetto allo stile del tempo, perch correggeva gli eccessi razionali-
stici e antistorici dellilluminismo, senza mai rinunciare al concetto illuministico del pro-
gresso.
Nel suo saggio pi significativo di natura linguistica, Sul principio istorico delle lingue
indo-europee (1841), Cattaneo insisteva sullimportanza dello studio dei dialetti e sulla ne-
cessit di raccoglierli con sollecitudine, perch i dialetti rimangono unica memoria di quella prisca europa,
che non ebbe istoria, e non lasci monumenti. Giova dunque raccogliere con pietosa cura tutte queste rugginose reliquie; studiare
in ogni dialetto la pronuncia e gli accenti; notare quanto il suo dizionario ha di commune colla lingua nazionale, e quanto ha di
diviso. Si assumeva dunque limpegno di richiamare lattenzione degli studiosi sullesigenza
di condurre ricerche sui dialetti, che considerava le uniche testimonianze delle lingue e del-
le culture preromane. Tale incitamento fu presto seguito dai lavori di Cherubini, Biondelli,
Monti, Rosa e altri, che a loro volta prepararono il terreno allopera di Ascoli.
Linteresse di Cattaneo era rivolto anche ai rapporti tra romani e barbari e alle origini
della lingua italiana, sostenendo pi volte la tesi dello scarso numero dei barbari invasori e
il limitato influsso delle loro lingue sul volgare italiano. Entrambe queste tesi di Cattaneo
saranno confermate dagli studiosi successivi.
Cattaneo dimostr interesse fin dallinizio anche per le lingue germaniche e per il rume-
no, il cui studio lo avvicin a conoscere la nuova linguistica comparata degli studiosi danesi
e tedeschi. Fu certamente da loro che apprese il principio che la parentela linguistica di due
lingue dimostrata dallaffinit della struttura grammaticale, pi che dalle somiglianze les-
sicali.
Era contrario alle grandi migrazioni asiatiche che volevano giustificare laffinit delle
lingue indeuropee. Riteneva che non esistesse un parallelo tra la teoria delle grandi migra-
zioni dei barbari invasori dellimpero romano (alla quale Cattaneo non aveva mai aderito) e
quella della migrazione dei popoli asiatici colonizzatori dellEuropa primitiva. Egli notava
che i barbari che invasero limpero romano non riuscirono mai a imporre le loro lingue,
mentre gli asiatici (che secondo lui si presentarono nei territori europei con finalit diverse
dallinvasione militare o di massa) imposero la loro lingua attraverso la fondazione di colo-
nie di emigrati, tra cui era possibile la presenza di profughi per motivi politici o religiosi in
cerca di libert e non solo di spazio vitale o di ricchezze.
Pur rimanendo polemico nei confronti delle migrazioni dei popoli, Cattaneo difese con
grande determinazione il concetto della netta distinzione tra affinit linguistica e affinit
razziale: Communanza di lingue non prova communanza di origini,8 distinguendo, con largo anticipo sui
tempi, la linguistica dallantropologia.
8
C. Cattaneo, Politecnico, VII, 1845 = SF, I, p. 220.

125
Laltra polemica destinata a incerto sopimento fu quella che riguardava le comuni origini
tra latini e germani. Tale comunanza era stata da poco divulgata dalle scoperte tedesche del-
la linguistica indeuropea ed era la nuova teoria che destava lostilit dei classicisti italiani, i
quali si vedevano dun tratto defraudati dellantico primato di una origine nobile, che af-
fondava i propri legami sullantica civilt greca e romana, considerata un modello inavvici-
nabile e mai superato. Cattaneo tuttavia si rendeva conto che tali legami linguistici fra i po-
poli greco-latini e i barbari germani erano incontestabili. Giustificava tuttavia la coloniz-
zazione linguistica nellarea europea da parte degli asiatici come un fatto avvenuto per via
marittima, anzich per via di terra. Tale migrazione coinvolse per primi i popoli mediterra-
nei e solo in un secondo momento i popoli continentali come i celti, i germani e gli slavi.
Non pu essere un caso - dice Cattaneo - se le lingue estranee alla contaminazione indeuro-
pea come la basca, la finnica, la samoieda, si trovino nellestremo contorno dellEuropa.9
Per quanto riguarda la sua posizione sullorigine delle lingue, egli difendeva la teoria del
poligenismo che gli era stata ispirata soprattutto da Cesarotti10 e Romagnosi11, ma non
ammetteva che fossero esistite lingue perfette fin dallinizio, perch secondo lui tutte le lin-
gue avevano avuto origini umili. Su questo punto Cattaneo si era posto in contrasto con il
poligenismo di Schlegel, che considerava le lingue flessive indeuropee come organismi
perfettamente strutturati fin dalla nascita. Fatto, questo, che doveva sottintendere un inter-
vento divino, mentre la tesi agglutinante di Cattaneo voleva restare nellambito della spie-
gazione razionale, attribuendo a tutte le lingue una origine puramente umana.
Quello che le due versioni linguistiche tentavano in un certo modo di mascherare (e di
giustificare), non era altro che lorigine stessa del genere umano. Schlegel voleva far deri-
vare lumanit da una fase superiore, corrottasi poi gradualmente nel corso del tempo. Cat-
taneo invece voleva dimostrare che il genere umano procedeva da una fase primitiva, che si
evolveva progressivamente verso civilt pi complesse. Era lesempio del conflitto esisten-
te fra il romanticismo tedesco e lilluminismo positivista di Cattaneo.
La teoria del sostrato (unidea che circolava gi da tempo negli ambienti europei e italia-
12
ni) si trovava enunciata negli scritti linguistici di Cattaneo quando faceva risalire la diffe-
renza dei dialetti alla differenza delle popolazioni primitive, le quali non si sradicarono mai dal terreno nativo, n dopo
i Romani n prima, e assumendo dai Romani il linguaggio latino, lo modificarono a seconda del loro anteriore idioma etrusco, o
celtico, o veneto, o carnico, e della domestica loro abitudine di pronunciarlo.13

9
C. Cattaneo, Scritti letterari, I, p.170.
10
Melchiorre Cesarotti nacque a Padova nel 1730 da una nobile famiglia. Sacerdote, insegn greco e ebraico a Padova.
Modesto fautore degli ideali illuministici, ebbe poi la protezione di Napoleone. Scrittore abbondante, ordin lui stesso l'e-
dizione completa delle proprie Opere in 40 volumi (1800-1813). Celebre di Cesarotti fu il Saggio sulla filosofia delle lin-
gue e il Saggio sulla filosofia del gusto pubblicati nel 1785. Cesarotti nega il principio di autorit, individua sia nell'uso
che nella ragione gli elementi determinanti per l'evoluzione storica delle lingue, equamente distante dal rigore purista e
dagli eccessi innovatori. Cesarotti non fu un grande, ma fu centrale nello sviluppo letterario tra XVIII e XIX secolo, trac-
ci alcune importanti direttrici del gusto pre-romanticista, pur muovendosi all'interno di una formazione illuministica. Mo-
r a Selvazzano (Padova) nel 1808.
11
Cfr. la nota 1 del par. nellOttocento. [da Liber liber, Biblioteca informatica]
12
Cfr. il paragrafo La teoria del sostrato.
13
C. Cattaneo, Scritti letterari, I, p. 408.

126
Nella formazione delle lingue indeuropee egli attribuisce importanza fondamentale al
ruolo del sostrato, che per non considerava come elemento di corruzione delle lingue so-
vrapposte successivamente, come invece sosteneva F. Schlegel nel caso del sanscrito, ma
un fattore positivo, perch rappresentava il principio stesso della variet linguistica.

127
IX. Sintesi storica della linguistica del primo Ottocento

Per comprendere a fondo il saggio giovanile di Ascoli impensabile prescindere dagli


aspetti generali del tempo in cui esso venne progettato e realizzato. La prima met
dellOttocento rappresenta infatti per la storia della linguistica il periodo pi effervescente
in assoluto, dato che in pochi anni si concentrarono le scoperte pi sensazionali in campo
indoeuropeistico - e subito dopo in quello romanzo - ad opera di alcuni studiosi europei, in
particolare tedeschi.
I problemi che avevano catturato lattenzione dei primi studiosi erano rappresentati dalla
ricerca filosofica sullorigine del linguaggio e dai rapporti tra le lingue e i popoli. Si trattava
di studi che ancora non avevano focalizzato gli obiettivi specifici che saranno poi della lin-
guistica scientifica, ma che procedevano su una linea casuale di stampo filosofico-religioso.
Si spaziava infatti dalla monogenesi, teoria che voleva derivare tutte le lingue da ununica
lingua madre, alla poligenesi, che assegnava alle lingue origini diverse.
Questo apparente conflitto linguistico in realt mascherava la ricerca dellorigine stessa
del genere umano. Anche lo studio sui rapporti tra le lingue e i popoli (o razze) era destina-
to a sollevare numerose polemiche tra illuministi e romantici, dando luogo al contrasto del-
le cosiddette teorie del sostrato e del superstrato. In questo caso la ricerca linguistica veniva
strumentalizzata per appoggiare posizioni diverse che concernevano la rivalit e la superio-
rit tra i popoli dEuropa e non solo dEuropa. In questo ambito si pu collocare anche
laspra polemica che riguardava le comuni origini tra latini e germani, sollevata dalle sco-
perte della linguistica indeuropea, che dimostrava in modo inoppugnabile la parentela del
sanscrito col greco e il latino e di tutte le altre lingue che verranno incluse in seguito nella
famiglia indeuropea. Gli artefici di tali sconvolgimenti furono in gran parte studiosi tede-
schi, come Friedrich Schlegel, al quale si riconduce il primo approccio linguistico con il
sanscrito, Franz Bopp, autore della prima grammatica comparata delle lingue indeuropee,
Jacob Grimm, che tratt la comparazione delle lingue germaniche e Friedrich Diez, il primo
studioso che trasfer il metodo storico-comparativo anche alle lingue romanze. Tale meto-
do, che permetteva il confronto sistematico e strutturale delle lingue, fu individuato e perfe-
zionato durante questo periodo proprio da questi studiosi.
A quellepoca anche gli studiosi italiani si interessarono al nuovo filone di ricerche lin-
guistiche, sullonda del crescente successo delle scoperte tedesche, senza tuttavia raggiun-
gere risultati di rilievo. Tra i pionieri della linguistica in Italia vi furono Carlo Ottaviano
Castiglioni, Francesco Cherubini e Pietro Monti, ma soprattutto Carlo Cattaneo e Bernardi-
no Biondelli, che con la loro opera specificatamente di indagine dialettale, aprirono gli studi
di dialettologia in Italia.
Come si vedr meglio dallesame dettagliato del corpus linguistico del suo saggio, Asco-
li dimostra s di possedere alcune basi di linguistica indeuropea, ma anche di ignorare il me-
todo comparativo basato sul confronto degli elementi fonetici e morfologici. Questo fatto ci
induce a pensare che al momento della redazione del suo breve studio egli non conoscesse
ancora le teorie linguistiche perfezionate pochi anni prima dagli studiosi europei citati pi
sopra. Lo stesso Ascoli ci conferma questa ipotesi in una lettera scritta il 15 luglio 1847
allamico Filosseno Luzzatto: I miei studj su filosofia delle lingue ecc. datano dal 18 giugno dellanno scorso.

128
A fronte di queste osservazioni, lunica attribuzione positiva da concedere al giovane
studioso goriziano che il suo contributo risulta il primo studio comparato tra il friulano -
che era ancora ben lungi dal possedere dignit di lingua - e il rumeno.

129
Indice

Premessa 3

I. Introduzione 4

II. Graziadio Isaia Ascoli 6


II.1 Premessa 6
II.2 La comunit ebraica di Livorno 6
II.3 Gorizia 7
II.3.1 La comunit ebraica di Gorizia 8
II.4 Graziadio Isaia Ascoli a Gorizia: la giovinezza 10
II.5 Graziadio Isaia Ascoli a Milano: la maturit 16

III. La linguistica del primo Ottocento 17


III.1 Considerazioni generali 17
III.2 Profilo biografico di studiosi precedenti ad Ascoli 20
III.2.1 Studiosi stranieri 20
III.2.2 Studiosi italiani 23

IV. Fonti e modelli del saggio di Ascoli 29


IV.1 Le grammatiche storiche prima di Ascoli 29
IV.2 Il rumeno 31
IV.2.1 Cattaneo e il rumeno 31
IV.2.2 La Grammatica rumena di Ion Molnar 35
IV.2.3 Il termine valaco 38
IV.3 Il friulano 39
IV.3.1 Cattaneo e il friulano 40

V. Analisi dello Schizzo storico filologico di Graziadio Isaia Ascoli 42


V.1 Recensioni precedenti 42
V.1.1 La lettera di Samuel David Luzzatto 42
V.1.2 Larticolo di Carlo Salvioni 44
V.2 Descrizione del libro 45
V.3 Premessa storica di Ascoli 46
V.4 Commento alla premessa storica di Ascoli 50
V.5 Parte linguistica 52
V.5.1 Introduzione 52
V.5.2 La grafia del rumeno in Ascoli 53
V.5.3 La grafia del friulano in Ascoli 54

130
V.5.4 Analisi della parte linguistica 55

VI. Conclusioni 113

VII. Riferimenti bibliografici 116


VII.1 Studi di linguistica e filologia 116
VII.1.1 Sul friulano 117
VII.1.2 Sul rumeno 117
VII.2 Studi su Ascoli, Cattaneo e altri 118
VII.3 Opere di Ascoli e Cattaneo 120
VII.4 Studi di ebraismo 120

VIII. La polemica sul problema dellinflusso delle lingue barbariche sulla


formazione del volgare italiano: 122
VIII.1 La teoria del sostrato 124
VIII.2 Il pensiero linguistico di Cattaneo 125

IX. Sintesi storica della linguistica del primo Ottocento 128

Indice 130

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