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Enrico Berlinguer

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Enrico Berlinguer
Enricoberlinguer.jpg
Segretario generale del
Partito Comunista Italiano
Durata mandato

17 marzo 1972

11 giugno 1984
Predecessore

Luigi Longo

Successore

Alessandro Natta

Segretario della Federazione Giovanile Comunista Italiana


Durata mandato

1949

1956
Predecessore

Agostino Novella

Successore

Renzo Trivelli

Dati generali
Partito politico Partito Comunista Italiano

on. Enrico Berlinguer


Bandiera italiana

Parlamento italiano

Camera dei deputati


Luogo nascita Sassari
Data nascita

25 maggio 1922

Luogo morte

Padova

Data morte

11 giugno 1984

Professione

Politico

Partito

PCI

Legislatura
Gruppo

V, VI, VII, VIII, IX.

PCI

Circoscrizione Roma
Pagina istituzionale
La questione morale esiste da tempo, ma ormai essa diventata la
questione politica prima ed essenziale perch dalla sua soluzione dipende la
ripresa di fiducia nelle istituzioni, la effettiva governabilit del paese e la
tenuta del regime democratico.
(Enrico Berlinguer, da un'intervista a la Repubblica del 28 luglio 1981)
Enrico Berlinguer [1] (Sassari, 25 maggio 1922 Padova, 11 giugno 1984)
stato un politico italiano, segretario generale del Partito Comunista
Italiano dal 1972 fino alla morte e principale esponente
dell'Eurocomunismo.

Indice

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1 Biografia
1.1 Ladolescenza

1.2 Il dirigente
1.3 Leader di partito
1.4 La segreteria
1.5 Il partito in movimento
1.6 La ricerca del consenso
1.7 PCI: Partito Comunista Italiano
1.8 La questione morale
1.9 Le rivolte
1.10 "Berlinguer non la Madonna"
1.11 Il 1978
1.12 Il ritorno all'opposizione
1.13 La marcia dei quarantamila
1.14 La morte a Padova
1.15 I familiari
2 Opere
3 Enrico Berlinguer nella cultura di massa
4 Note
5 Bibliografia
6 Voci correlate
7 Altri progetti
8 Collegamenti esterni
Biografia[modifica | modifica wikitesto]
Ladolescenza[modifica | modifica wikitesto]

I genitori di Enrico Berlinguer nel 1930; Maria Loriga e Mario.


Enrico Berlinguer nacque a Sassari il 25 maggio del 1922[2][3], figlio di
Mario Berlinguer, un avvocato repubblicano, antifascista e vicino alla
massoneria (come molti intellettuali laici dell'epoca[4]), discendente da una
nobile famiglia catalana stabilitasi in Sardegna all'epoca della dominazione
aragonese, e di Maria Loriga. La famiglia portava i titoli nobiliari di
Cavaliere, m., Nobile mf., con trattamento di Don e di Donna per
concessione il 29 marzo 1777 a Giovanni e Angelo Ignazio da Vittorio
Amedeo III Re di Sardegna[5]. Nel dopoguerra, Mario Berlinguer fu
parlamentare socialista. Enrico crebbe quindi in un ambiente culturalmente
assai evoluto (il nonno, suo omonimo, era stato il fondatore del giornale La
Nuova Sardegna, e aveva avuto contatti con Garibaldi e Mazzini) ed ebbe
occasione di profittare di relazioni familiari e politiche che influenzarono
notevolmente la sua ideologia e la carriera politica successiva. Era parente
di Francesco Cossiga (le rispettive madri erano cugine tra loro)[6] che fu
presidente della Repubblica ed entrambi erano parenti di Antonio Segni,
anch'egli Capo di Stato.

Condotti gli studi liceali classici presso il Liceo Azuni di Sassari, nel 1943
Berlinguer si iscrisse al Partito Comunista Italiano e ne organizz la sezione
sassarese, svolgendo un'intensa attivit di propaganda. Nel gennaio del
1944 la fame spinse la popolazione a saccheggiare i forni della citt e
Berlinguer fu accusato di esserne stato uno degli istigatori. Fu quindi
arrestato e trattenuto in carcere per tre mesi, dopo i quali fu prosciolto dalle
accuse e liberato[7].

Il dirigente[modifica | modifica wikitesto]


Si iscrisse giovanissimo alla direzione del PCI.
(Giancarlo Pajetta[8])
Dopo la sua scarcerazione, il padre lo port a Salerno, luogo in cui la
famiglia reale e il governo di Badoglio avevano trovato rifugio dopo
l'armistizio di Cassibile fra l'Italia e gli alleati. Nella citt campana il padre lo

present a Palmiro Togliatti, che era stato suo compagno di scuola a


Sassari. Berlinguer dest una buona impressione[9] e perci dapprima fece
per qualche mese le esperienze iniziali di funzionario dirigente del lavoro
giovanile nella Federazione romana del PCI[10] e in seguito, a met del
1945, fu inviato a Milano, dove collabor con Luigi Longo e Giancarlo
Pajetta, fino alla sua elezione nel Comitato Centrale come membro
candidato avvenuta al V congresso nazionale[11].

L'effigie di un giovane Berlinguer durante una manifestazione comunista a


Berlino Est, nell'agosto del 1951.
Nellestate del 1946 Berlinguer fu il capo della delegazione di quindici
elementi appartenenti al Fronte della Giovent (di cui era segretario) che
visit l'Unione Sovietica, e in quelloccasione fu ricevuto in un breve
incontro da Stalin[12]. Allora il viaggio in URSS era considerato un
doveroso passaggio per tutti i giovani dirigenti del PCI, ma nel 1957 fu
proprio Berlinguer ad abolire l'obbligatoriet di tale visita[13]. Nominato nel
1949 segretario della rinata Federazione Giovanile Comunista Italiana[14],
carica che avrebbe mantenuto sino al 1956, l'anno seguente divenne
segretario della Federazione Mondiale della Giovent Democratica,
l'associazione internazionale dei giovani comunisti. Come segretario della
FGCI era membro di diritto della Direzione del PCI, e si trov a meno di
trentanni seduto fra i massimi esponenti della storia del comunismo
italiano, da Togliatti a Li Causi, da Negarville a Di Vittorio, da Amendola a
Scoccimarro a Pajetta[15].

Nel 1956, esaurita non senza amarezza lesperienza nella FGCI, dovette
affrontare le ripercussioni del XX congresso del PCUS, del processo di
destalinizzazione, e dellinvasione dellUngheria da parte dellArmata Rossa;
e allVIII congresso del PCI scelse una posizione defilata e dimessa,
omettendo riferimenti allURSS e concentrandosi nella convinta difesa della
politica postbellica dei comunisti italiani. Ma, nonostante il diffuso giudizio
sulla sua statura politica, in quei mesi la sua stella era in declino e

Berlinguer venne spostato a un incarico secondario divenendo nel 1957 il


responsabile delle Frattocchie, la scuola dei quadri del partito[16], per
essere poco dopo richiamato alla vita attiva di partito e mandato a ricoprire
il ruolo di vicesegretario regionale del PCI in Sardegna[17], dove si trasfer
accompagnato da Letizia Laurenti, che aveva sposato il 26 settembre
1957[18].

Enrico Berlinguer durante un comizio a Borgo San Lorenzo, 1952.


Dopo un anno e mezzo di incarichi periferici, Berlinguer torn a Roma,
cooptato nella Segreteria nazionale e successivamente dirottato
allorganizzazione subentrando ad Amendola[19]. In quegli anni Berlinguer
fu giornalmente a contatto con gli uomini pi carismatici del partito, ed
ebbe modo di conoscere anche una nuova leva di dirigenti, fra i quali
Cossutta, Macaluso e Barca[20]. Queste frequentazioni lo fecero crescere e
maturare politicamente e gli permisero, assieme al carattere schivo, di
tenere una posizione equidistante fra la generazione resistenziale da un lato
e Ingrao col suo seguito di giovani dirigenti dallaltro, specialmente nel
clima di lotta intestina seguita alla morte di Togliatti nel 1964[21],
muovendosi talvolta come uneminenza grigia, in altre circostanze come
mediatore di grande diplomazia[22]; e di compiere i primi passi verso un
rapporto autonomo dallUnione Sovietica[23].

Nonostante il paziente lavoro interno di cucitura, nel 1966 Berlinguer venne


allontanato dal centro del Partito Comunista e mandato nellapparato
periferico diventando il responsabile regionale del partito nel Lazio[24]. Tra
la fine del 1966 e il 1968, Berlinguer ebbe occasione di sviluppare
lesperienza internazionale attraverso alcune missioni per conto del PCI in
Vietnam, Cina, Corea del Nord e di nuovo a Mosca[25].

Leader di partito[modifica | modifica wikitesto]

Venne eletto per la prima volta deputato nel 1968, per il collegio elettorale
di Roma[26]. Al XII Congresso svoltosi nel 1969 a Bologna, a seguito del
peggiorare delle condizioni di salute di Longo, si pose il problema di
affiancare allanziano leader un vicesegretario che subentrasse
gradatamente alla guida dellorganizzazione politica. Furono sondati i
membri della Direzione a cui fu chiesto di esprimere una preferenza fra
Berlinguer e Giorgio Napolitano, e la larga maggioranza del gruppo dirigente
scelse il primo[27].

Nello stesso anno guid una delegazione del partito ai lavori della
conferenza internazionale dei partiti comunisti che si tenne a Mosca; in tale
occasione, trovandosi in disaccordo con la "linea" sovietica, nonostante le
pressioni sovietiche rifiut di sottoscrivere la relazione finale. La presa di
posizione, allora "scandalosa", fu memorabile: tenne il discorso
decisamente pi critico in assoluto fra quelli che mai leader comunisti
abbiano tenuto a Mosca[28][29], rifiutando la "scomunica" dei comunisti
cinesi e rinfacciando a Leonid Brenev che l'invasione sovietica della
Cecoslovacchia aveva solo evidenziato le radicali divergenze affioranti nel
movimento comunista su temi fondamentali come la sovranit nazionale, la
democrazia socialista e la libert di cultura[30].

Nel 1970 Berlinguer proclam un'altrettanto inattesa apertura verso il


mondo dell'industria: dichiarando che il PCI guardava con favore a un
nuovo modello di sviluppo, inseriva il partito in un vasto dibattito sulle sorti
politico-economiche dell'Italia, alle prese con stagnazione ed inflazione,
dopo le crisi petrolifere.

La segreteria[modifica | modifica wikitesto]


Eletto segretario nazionale del PCI, nelle condizioni di emergenza per la
malattia di Longo, che dovette prima delegare e poi definitivamente
dimettersi nel 1972, la sua segreteria fu caratterizzata da un lato dal
tentativo di collaborare con la DC nella prospettiva di realizzare riforme
sociali ed economiche che considerava indispensabili[31], dall'altro dalla

convinzione della necessit di rappresentare un nuovo comunismo


indipendente dall'URSS (chiamato "eurocomunismo"). La proposta politica
del "compromesso storico" sviluppava il tradizionale indirizzo di Togliatti,
nella Resistenza e nel dopoguerra, rivolto a realizzare una stabile alleanza
di governo fra le grandi forze popolari: DC, PCI e PSI. Ma non mancavano
novit: la volont di reagire ad una tensione internazionale drammatica che
aveva portato all'appoggio americano al cruento colpo di Stato in Cile ed
insieme la prima ricerca di elementi programmatici nuovi da ascrivere al
"compromesso", come l'"austerit" nel consumo, in risposta all'emergere
della questione ecologica.

Negli anni in cui Berlinguer fu segretario il PCI raggiunse il suo massimo


storico, il 34,4% del 1976. il PCI raccolse, dopo anni di lotte sociali, dal
'68-'69, il frutto di uno spostamento a sinistra del paese ed insieme il
consenso, per la linea politica ispirata al dialogo con tutte le grandi forze, di
vasti strati dell'elettorato prima distanti. Furono anni di particolare e diffuso
apprezzamento per il carisma "mite" e la capacit di ispirare fiducia di
Berlinguer. Ma, dopo avere toccato il proprio massimo storico, il Partito
Comunista inizi una fase di progressivo declino, per il contrasto fra attese
di cambiamenti generali e le reali scelte di "solidariet nazionale",
approdate all'appoggio al Governo Andreotti, durante il rapimento di Aldo
Moro. Cos, nelle elezioni politiche del 20 giugno 1976 il PCI ottenne da solo
il 34,4% dei voti e 227 seggi alla Camera dei deputati e il 33,8% dei
suffragi con 116 seggi al Senato della Repubblica: la differenza rispetto ai
voti ottenuti dalla DC era di pochi punti percentuali, molti di meno rispetto
alle precedenti votazioni, avvicinando il PCI ad una quota di elettorato che
poteva eventualmente ambire anche alla maggioranza relativa. Molti
incominciarono perci rispettivamente a sperare e temere un possibile
"sorpasso".

Va comunque ricordato che la maggioranza assoluta era molto lontana dalle


possibilit del PCI, mentre nei principali partiti necessari al PCI per la
formazione di un eventuale governo (DC e Partito Socialista) rimanevano
forti resistenze alla partecipazione dei comunisti all'esecutivo per le

caratteristiche da molti giudicate antidemocratiche del partito comunista.


Inoltre, nello stesso partito comunista esistevano resistenze ideologiche
dell'elettorato verso vari aspetti delle tradizionali politiche di governo,
destinate ad emergere durante l'esperienza del "compromesso storico" e a
sfociare in varie forme di voto di protesta, fra le quali particolarmente
importanti le vicende del '77 a Bologna. Il PSI guidato da Bettino Craxi
scelse di ritrovare una funzione egemone isolando il PCI, che aveva, dopo
aver fatto cadere Andreotti, cambiato la propria strategia annunciando la
necessit di una "alternativa" nel governo e nella storia d'Italia. La stagione
del conflitto sociale aperta dalla Fiat con i licenziamenti di Torino vide
Berlinguer protagonista e, nello stesso tempo, sconfitto con il movimento
sindacale. Pu dirsi che sia i migliori risultati elettorali del Partito
Comunista, sia i suoi successivi insuccessi elettorali - che a partire dagli
anni ottanta si sarebbero ripetuti - rispondessero in realt a fenomeni di
ampio respiro e a condizioni profonde della societ italiana che l'azione
politica di Berlinguer cerc di interpretare, con intelligenza e creativit ma
pure con difficolt irrisolte.

Il partito in movimento[modifica | modifica wikitesto]

Berlinguer a Milano nel 1972, al XIII Congresso del Partito Comunista


Italiano.
Nel 1973 si verificarono alcuni avvenimenti che avrebbero segnato
profondamente le scelte del PCI nel successivo decennio. L'11 settembre, in
Cile, un colpo di Stato spazz via il Governo di sinistra guidato da Salvador
Allende, sostituendolo con una giunta militare capeggiata dal generale
Augusto Pinochet. Il 3 ottobre 1973, al termine di una visita ufficiale a
Sofia, la limousine su cui viaggiava Berlinguer, una GAZ-13 aika, fu
investita da un camion militare. Berlinguer si salv miracolosamente,
l'interprete ufficiale mor e gli altri due passeggeri (esponenti della
dissidenza nel Partito Comunista Bulgaro) rimasero gravemente feriti.
All'epoca dei fatti n Berlinguer n alcun altro dirigente comunista disse
pubblicamente di sospettare che l'incidente fosse in realt un attentato. Nel
1991 Emanuele Macaluso, senatore del Partito Democratico della Sinistra ed

ex dirigente comunista, rilasci un'intervista al settimanale Panorama


dichiarando che il segretario del PCI, appena rientrato a Botteghe Oscure,
gli avrebbe rivelato il sospetto che si fosse trattato in realt di un "falso
incidente", orchestrato ad arte dal KGB e dai servizi segreti bulgari per
porre fine allo scomodo alleato italiano[32]. Dopo la convalescenza seguita
alle ferite riportate, Berlinguer scrisse per Rinascita tre famosi articoli
intitolati "Riflessioni sull'Italia", "Dopo i fatti del Cile" e "Dopo il golpe del
Cile", in cui sviluppava alcuni temi che abbozzavano la proposta del
"compromesso storico" come possibile soluzione preventiva dinanzi alla
deriva istituzionale che lasciava paventare possibili soluzioni di stile
sud-americano[33].

L'anno successivo Berlinguer principi a Belgrado una sorta di campagna di


sensibilizzazione internazionale degli altri movimenti e partiti comunisti,
incontrando per primo il maresciallo Tito; molti incontri di funzionari minori
del partito con omologhi dei partiti comunisti di altri stati, preparavano
frattanto la strada diplomatica per relazioni privilegiate con alcuni di essi.

Nel marzo 1975 durante il 14 congresso del Partito Comunista Berlinguer


espresse il pieno sostegno dei comunisti italiani "agli eroici combattenti del
Vietnam e della Cambogia". Apparentemente non sembra che fosse
informato dei crimini di guerra compiuti dalle truppe comuniste, in
particolare della ferocia dimostrata dagli khmer rossi cambogiani sia
durante il conflitto sia nella fase successiva di normalizzazione del paese.
Non risulta che Berlinguer abbia mai espresso alcuna condanna nei
confronti di questi crimini, pur essendogli certamente noti dalle
corrispondenze dei giornalisti italiani (celebri ad esempio quelle di Tiziano
Terzani dalla Cambogia).

Nel 1976 in occasione di un congresso a Mosca dinanzi a 5 000 delegati


provenienti da tutto il mondo Berlinguer parl in aperto contrasto con le
posizioni "ufficiali" di "sistema pluralistico" (che l'interprete simultaneo
coscienziosamente rese come "sistema multiforme") e descrisse l'intenzione

del PCI di costruire un socialismo "che riteniamo necessario e possibile solo


in Italia". Da parte del Cremlino si replic che essendo l'Italia sotto un
marcato controllo della NATO, si era costretti a concludere che l'unica
interferenza davvero sgradita ai comunisti italiani fosse quella sovietica.
Berlinguer, del resto, avrebbe loro risposto, attraverso un'intervista
rilasciata a Giampaolo Pansa per il Corriere della Sera, definendo il Patto
Atlantico uno scudo utile per la costruzione del socialismo nella libert, un
motivo di stabilit sul piano geopolitico ed un fattore di sicurezza per
l'Italia[34]. Peraltro all'apertura di Berlinguer nei confronti della NATO non
corrispose un'analoga apertura della NATO nei confronti del Partito
Comunista Italiano, che i leader politici dei paesi membri della NATO non
consideravano un partito democratico e non giudicavano adatto a governare
l'Italia o a fornire ministri ad un governo democristiano. nota ad esempio
la posizione di netta condanna nei confronti del Partito Comunista Italiano
emersa nel vertice G7 tenutosi a Portorico nel 1976.

La ricerca del consenso[modifica | modifica wikitesto]

Enrico Berlinguer durante un comizio a Crotone, 5 giugno 1983.


Il programma seguito dal sempre pi dinamico segretario intendeva aprire
al partito strade nuove per allargare il consenso. L'ampio seguito elettorale
non era infatti, da s, sufficiente a consentire che il PCI potesse contribuire
alla vita democratica del Paese attraverso la partecipazione diretta al
governo; vi erano diversi motivi di esclusione, che il segretario si propose di
abbattere.

I comunisti, scomunicati da Papa Pacelli dopo le elezioni politiche del 1948,


cercavano intanto di uscire da un isolamento ideologico che nel propugnare
idee di tutela del ceto proletario, e nel volerne rappresentare gli interessi, li
aveva in pratica relegati a questa sola funzione politica. Sostenitori inoltre
della dottrina marxista (come, peraltro, sempre meno visibilmente erano gli
altri movimenti della sinistra, da tempo in verit assai occupati a diluirne le
asperit), erano fisiologicamente invisi all'elettorato cattolico come a quello

dei ceti pi elevati e le vicinanze "pre-strappo" con la Russia, avversaria del


Patto Atlantico nella guerra fredda, destavano pi di un'inquietudine fra
coloro che ne sostenevano la fazione occidentale.

Con sagace scelta di tempi, Berlinguer rese di pubblica notoriet una sua
privata corrispondenza con il vescovo di Ivrea, Mons. Luigi Bettazzi, che
avrebbe dovuto testimoniare della "possibilit" di un dialogo intellettuale e
sociale (e poi, certo, anche politico) fra cattolici e comunisti.

Al contempo, per, montavano le tragiche proporzioni del terrorismo, che


cresceva di "qualit" e di quantit di vittime, all'inizio di un periodo che
sarebbe poi stato definito degli "anni di piombo". In una prima fase il Partito
Comunista non si accorse della drammatica importanza del fenomeno e
assunse un atteggiamento non univoco nei confronti dei terroristi, di cui
addirittura veniva negata l'esistenza. Il quotidiano l'Unit ad esempio, che
era l'organo di stampa ufficiale del Partito Comunista, fece proprie le tesi
della propaganda vicina ai gruppi terroristici in varie occasioni: la morte di
Giangiacomo Feltrinelli, che fu attribuita ad un presunto complotto;
l'assassinio dei militanti dell'MSI Mazzola e Giralucci a Padova, che fu
attribuito a presunte faide interne tra gruppi neofascisti invece che alle
Brigate Rosse, e cos via. In seguito il Partito Comunista assunse una
posizione sempre pi netta di distanza dalle Brigate Rosse e di adesione alla
"linea della fermezza", specie a partire dal momento in cui alcuni militanti
comunisti o di simpatie comuniste divennero bersagli delle formazioni
terroristiche di estrema sinistra. Anzi si pu dire che la "linea della
fermezza" divenne la linea propria del PCI, e che la lotta al terrorismo,
soprattutto dopo la met degli anni settanta, fu una delle emergenze
democratiche individuate dal partito, che rischier militanti e strutture a
tale scopo. Questo anche provocando rotture e strappi con tutti i movimenti
che stavano alla sinistra del PCI, culminati con la cacciata di Luciano Lama
dalla Sapienza occupata e dagli incidenti di Bologna (1977) e da una
concomitante campagna delle BR contro PCI e CGIL, indicati come "traditori
del proletariato". Il PCI fu, inoltre, uno dei protagonisti, durante il sequestro

Moro, della "linea delle fermezza", sofferta da ampi settori della DC e


contestata dal PSI di Craxi.

Fin dai tempi del voto a favore dell'articolo 7 della Costituzione il PCI aveva
cercato di evitare che questioni di carattere religioso diventassero motivo di
scontro sociale, e a tal fine cerc fino all'ultimo di trovare una soluzione
parlamentare per evitare il referendum popolare per l'abolizione del divorzio
introdotto in Italia dalla legge Fortuna-Baslini. molto probabile che lo
scarso impegno divorzista del PCI derivasse anche da una valutazione
gravemente errata dei rapporti forza politici sul tema (comune del resto a
vari altri partiti, divorzisti e antidivorzisti).[senza fonte] E Berlinguer era
profondamente scettico sulle possibilit dei divorzisti di vincere una
consultazione referandaria sul divorzio. Tuttavia quando il ricorso alle urne
fu inevitabile si schier a favore del NO all'abrogazione della legge e il
contributo del PCI alla campagna referendaria fu decisivo per una vittoria
pi larga di qualsiasi aspettativa contro gli abrogazionisti impersonati
dall'allora segretario della DC Amintore Fanfani[35].

Giorgio Napolitano con Berlinguer


In particolare a favore del Partito Radicale di Pannella che si opponeva alla
linea della fermezza in materia di terrorismo e che lo rese un osservato
speciale della questura.[non chiaro] Alcuni a questo riguardo affermano che
la politica del compromesso storico delineata da Moro prima della sua morte
e attuata da Andreotti durante il governo cosiddetto della "non sfiducia" per
i democristiani non fosse un'autentica strategia di governo comune con il
PCI[senza fonte] ma una sorta di espediente tattico di breve termine. Una
volta che il PCI fosse entrato nell'area di governo, senza parteciparvi
direttamente, sarebbe stato costretto ad assumersi responsabilit che gli
avrebbero alienato il consenso di significative componenti del suo elettorato
nel momento del suo massimo storico, in attesa che i mutamenti sociali ne
determinassero il declino elettorale e l'inutilit come alleato per la

formazione di altri governi, come in effetti sarebbe accaduto a partire dalla


fine degli anni settanta.

PCI: Partito Comunista Italiano[modifica | modifica wikitesto]


Forte delle posizioni acquisite in patria, il PCI intensific le sue attivit
internazionali. L'invocato progetto per un eurocomunismo prese corpo a
Madrid l'anno successivo, durante un incontro con Santiago Carrillo, leader
dei comunisti di Spagna, e Georges Marchais, condottiero di quelli di
Francia. I tre esponenti, parzialmente seguiti anche, sebbene in forme
meno espansive, da omologhi leader di altri paesi, sostennero la necessit
di affrancamento dal costante controllo sovietico, in favore della libera
ricerca delle vie pi opportune, paese per paese, per costruire il socialismo;
corollario di questa istanza grosso modo autonomista, era il valore positivo
attribuito al rispetto per le libert religiose e di cultura, dogmaticamente
bollate come eretiche dalla dottrina e dalla prassi moscovita.

Proprio a Mosca Berlinguer sarebbe andato ancora una volta pochi mesi
dopo, nuovamente per tenervi un discorso profondamente sgradito, al
punto che stavolta il testo fu addirittura censurato dalla Pravda, organo
ufficiale del PCUS. Vi espose le nuove teorie eurocomuniste, sottoline
l'opportunit di concorrere per l'accesso al governo dei rispettivi paesi
usando tutte le regole del metodo democratico (ed implicitamente
esprimendo la necessit di rinunciare a pratiche pi spicce, come suggerito
e talvolta applicato dalla dirigenza centrale). Ed enunci una serie di principi
in netto contrasto con valori dati per assodati ed immutabili dalla storia e
dalla tradizione dell'Internazionale, come la rinuncia alla pretesa del partito
unico.

Enrico Berlinguer durante l'incontro con Fidel Castro, 1981.


Si variamente interpretato questo viaggio di Berlinguer, ed oltre al
prevedibile, ma labile, sospetto che potesse trattarsi di manovrina a fini

elettorali nazionali (quantunque la posizione di supremazia sovietica non


fosse solo basata sul prestigio della primogenitura, ma anche, pi
concretamente, sul supporto economico e militare, che per alcuni dei paesi
satelliti era pi che vitale - e malgrado talune posizioni degli eurocomunisti
andassero nel senso di deprivare di significato l'Internazionale).

La frattura (o meglio il suo aggravio) sarebbe servita, secondo questa


visione, a provare la possibilit concreta di rompere il vincolo di dipendenza
con il PCUS; il progetto di alleanza con le forze marxiste asiatiche (cinesi in
testa) avrebbe potuto, in questo senso, spostare l'asse intorno al quale si
aggregavano i comunisti di tutti i paesi, alternativamente verso l'eclettico e
raffinato PCI, ovvero verso il radicale e concreto PCC (Partito Comunista
Cinese).

Secondo invece altri osservatori, Berlinguer con l'indubbia capacit politica


che lo contraddistinse, aveva colto in pieno la contraddizione del
comunismo sovietico, e l'assoluta necessit di smarcarsi dal modello
sovietico, addivenendo ad un modello di societ pi giusta che
contemperasse il valore della libert individuale e di impresa.

La questione morale[modifica | modifica wikitesto]


Se l'Italia repubblicana era stata ornata di un ingente quantitativo di
scandali di corruttela e malversazione, molti dei quali degni di attenzione
giudiziaria, il PCI restava relativamente nitido quanto a correttezza di
gestione politica (perch - obiettavano dalla maggioranza - non aveva mai
messo le mani sul governo). Questa sorta di fedina penale pulita consent a
Berlinguer di lanciare, dal gennaio del 1977, una campagna moralizzatrice
(del resto non nuova, essendosi gi prodotti gli esperimenti del Partito
Radicale) che puntava il dito contro il cattivo uso (e spesso l'abuso) della
cosa pubblica.

La questione morale divenne centrale nella propaganda del PCI e trov una
singolare sintonia di fatto con analoghe posizioni puriste del Movimento
Sociale Italiano, per una volta coincidente nell'indirizzo critico verso la DC,
che deteneva il potere stabilmente dai tempi dell'attentato a Togliatti. Da
entrambi i partiti stabilmente d'opposizione si parlava intuibilmente di
"regime", intendendo che la DC avesse blindato i meccanismi di
perpetuazione del suo potere in spregio della correttezza (e talvolta della
legalit).

Berlinguer in primo piano; alle sue spalle Pietro Ingrao e Giancarlo Pajetta.
L'accostamento coi missini, per, quantunque non ricercato, consent agli
avversari di marcare la campagna come becero strumento propagandistico
da parte di soggetti per volont dell'elettorato non ammessi a gestire la
cosa pubblica; l'obiezione (in fondo l'unica opposta di una qualche seriet)
riusc a rinfrancare l'elettorato di maggioranza, non provocando grossi
scossoni, sebbene il tarlo della diffidenza avesse cominciato a logorarne
alcune certezze.

La spinta etica berlingueriana gli sarebbe sopravvissuta, conducendo tempo


dopo al vibrato coinvolgimento delle sinistre nel dibattito politico
susseguente allo scandalo di Tangentopoli.

Le rivolte[modifica | modifica wikitesto]


La seconda met degli anni settanta si spendeva con un certo affanno fra
problemi di capitale importanza: la crisi economica-energetica, la
disoccupazione, gli scioperi, il terrorismo. Si suole indicare nel 1977 l'annus
horribilis (secondo alcuni punti di vista) delle rivolte: echi sessantottini
vibravano di nuovo con forza fra gli studenti, riverberi della lotta di classe
animavano il "confronto", cio il conflitto, fra i sindacati e le imprese, molti
estremisti provenienti da classi sociali diverse si rivoltavano in armi contro

avversari politici ed istituzioni e la sinistra stessa era soggetta a dispute


interne.

Berlinguer si rivolt contro la pregiudiziale anticomunista che impediva al


suo partito di accostarsi alla gestione del Paese. Mand avanti Giorgio
Amendola, rappresentante (anche per tradizione familiare) dell'ala
moderata del partito e uomo ritenuto capace di dialogare coi non comunisti,
che proclam che l'ora era suonata per "far parte a pieno titolo del
governo". Esattamente il giorno successivo alla sortita, ma la si sempre
considerata una coincidenza, gli Stati Uniti sostituirono il loro ambasciatore
a Roma John Volpe, con Richard Newton Gardner e, sempre lo stesso
giorno, oltreoceano inizi una campagna di stampa con cui si sosteneva che
impedire l'accesso ai governi europei dei partiti comunisti fosse un dovere
costituzionale americano. A pochissime ore di distanza, Berlinguer volava in
Romania per incontrare il presidente-dittatore Nicolae Ceauescu che
cercava di mantenere una posizione relativamente autonoma da Mosca.

Pochi giorni ancora e l'Unit avrebbe iniziato a parlare dell'ancora segreta


loggia P2. Ancora un brevissimo intervallo e si ebbe la visita in Italia del
vicepresidente americano Walter Mondale.

Non restava immobile l'Unione Sovietica, che attraverso la Pravda si scagli


contro il movimento dissidente cecoslovacco "Charta 77", provocando
un'immediata reazione di protesta da parte dei partiti comunisti avvicinatisi
alle posizioni berlingueriane, ed ovviamente dello stesso leader. Il crescere
della distanza PCI - PCUS, per non imped che proprio in questa fase dalla
Unione Sovietica giungessero al PCI finanziamenti di importo rilevante: 4
milioni di dollari a titolo di "fondo di assistenza" stanziati dal Politburo da
essere versati in 4 rate trimestrali ciascuna di 1 milione di dollari tramite il
KGB (e altri 30 000 dollari per il Partito Comunista Sammarinese)"[36].

Nel febbraio 1975 fu Ugo La Malfa a dichiarare per primo, pubblicamente, la


necessit di un governo di emergenza comprendente i comunisti, ma la
proposta fall per il dissenso democristiano e socialdemocratico.

Sempre in febbraio, Berlinguer, durante un dibattito televisivo, discutendo


sull'autonomia del PCI ed i legami con gli altri partiti comunisti dichiarava:
"Non vedo perch dovremmo troncare questi rapporti n perch questa
rottura dovrebbe essere considerata, da chi non saprei, prova del carattere
democratico del nostro partito"[36]

Nell'aprile successivo, l'ambasciatore statunitense Gardner incontr Eugenio


Scalfari, il quale gli avrebbe confidato la sua impressione che "soltanto
quando Berlinguer assumer il controllo della polizia ci sar pace civile in
Italia"; Gardner raccont poi di analoghe indicazioni ricevute da Leopoldo
Pirelli ed altri esponenti del mondo economico, mentre Giulio Andreotti gli
avrebbe dichiarato che credeva nella sincerit della svolta occidentalista
della dirigenza comunista, ma nutriva dubbi sul sostegno a questa svolta da
parte della base del partito[36].

Enrico Berlinguer a colloquio con Fabio Mussi, 15 marzo 1978.


Nonostante la grande avanzata del P.C.I. nelle elezioni del 1976, non erano
seguite riforme o almeno segnali di cambio di rotta da parte della classe
politica e soprattutto del governo. La stessa sinistra extraparlamentare era
interessata da grandissime crisi al suo interno, come risultato alcune
formazioni politiche, come Lotta Continua si sciolsero. Nel 1977 scoppi la
rivolta chiamata del Movimento del '77 che nacque all'interno delle
universit, ma che ben presto si allarg alla societ civile, in conflitto con il
vecchio modo di fare politica, portando nuove istanze di riscatto sociale e di
liberazione. Alla nuda e cruda lotta di classe, che ormai non era pi
esauriente si proponevano le lotte per i diritti civili, diritti umani, dalla lotta
contro l'autoritarismo, a quelle del movimento di liberazione omosessuale e

l'antiproibizionismo, ecc. Questo movimento fu avversato apertamente dal


P.C.I. e da una parte dei sindacati, non si cerc un dialogo con il
movimento; si privilegi lo scontro con l'ala violenta, che tuttavia
rappresentava una minoranza all'interno del movimento, e non si diede
ascolto alle numerose e innovative istanze che questo propugnava.

Nel settembre 1977, nel pieno degli scontri di Bologna che avvennero in
quel mese, Berlinguer accus gli autonomi e parte dei movimenti giovanili
di "essere fascisti". A quest'affermazione rispose Norberto Bobbio sulle
pagine de La Stampa[37], affermando che: "l'accusa generalizzata di
fascismo a tutti i movimenti alla sinistra del partito comunista
storicamente scorretta". Berlinguer, con una lettera inviata allo stesso
giornale e pubblicata il giorno seguente, ribatt che le persone aventi "come
bersaglio principale il movimento operaio e il Pci" erano per lui "lucidi
organizzatori di un nuovo squadrismo" e "non sono definibili con altro
termine se non quello di nuovi fascisti".

Nell'ottobre 1977, Berlinguer, proseguendo le manovre per raggiungere il


compromesso storico, cercando di dissipare le paure dei cattolici italiani,
apre un dialogo con l'allora vescovo di Ivrea Luigi Bettazzi, tramite la
pubblicazione sulla rivista Rinascita, di lettere scambiatisi in cui afferma di
volere "realizzare una societ che, senza essere cristiana, cio legata
integralisticamente a un dato ideologico, si organizzi in maniera tale da
essere sempre pi aperta e accogliente verso i valori cristiani"; le lettere
sono pubblicate sotto il titolo comune significativo di "Comunisti e cattolici:
chiarezza di principi e base di un'intesa".

"Berlinguer non la Madonna"[modifica | modifica wikitesto]


L'inconsueta rivelazione campeggi a firma di Eugenio Scalfari sulla prima
pagina de la Repubblica, al culmine di una serie di processi dialettici rotanti
intorno a un nascente "culto" del leader sardo, culto che si impenn dopo lo
"strappo" e del quale Montanelli[38] comment che andava "assumendo
connotati quasi sacrali, e a volte grotteschi".[39] [40]

Il tutto, facendo un passo indietro, era nato il 2 dicembre 1977 a Roma,


dove Pierre Carniti aveva condotto un'affollatissima manifestazione di
operai metalmeccanici durante la quale aveva messo in mora governo e
"padroni", agitando lo spettro di uno sciopero generale e di una lotta
sindacale durissima nel caso le sue richieste non fossero state esaudite. Dal
momento che il PCI seguiva i delicati negoziati per l'avvicinamento al
compromesso storico,[41] e che la dirigenza comunista - forse anche per
questo - era rimasta silente riguardo alla questione (per la delusione dei
metalmeccanici), su la Repubblica apparve una delle pi note vignette
satiriche di Giorgio Forattini, che disegnava un borghesissimo Berlinguer in
vestaglia intento a sorseggiare un t sotto un ritratto di Marx, mentre dalla
finestra aperta di questo suo salotto penetravano gli echi fastidiosi della
manifestazione.

La vignetta suscit animate reazioni e dal PCI si tuon contro Forattini e


contro la testata. Paolo Spriano scrisse una nota fiammeggiante in cui
esalt la "vita di sacrificio, di passione rivoluzionaria, di tensione politica e
morale di un dirigente comunista come Berlinguer"[42]. In questo clima di
ormai scoperte celebrazioni, Vittorio Gorresio solo l'anno prima aveva
pubblicato una biografia del segretario[43] in cui gli aveva attribuito la
partecipazione ad una protesta su questioni di servizi locali nella localit di
Stintino[44] alla strabiliante et di 8 anni, lasciando a Montanelli agio di
definire sarcasticamente Berlinguer "Un Mozart della rivolta sociale".

Spriano, la cui reazione alla vignetta era diventato un caso politico, aveva
rivolto il suo attacco anche contro la testata, Scalfari pubblic perci un
articolo nel quale il leader sardo veniva reinquadrato in una visione pi
realistica ed al quale diede il suggestivo titolo prima detto.

Il 1978[modifica | modifica wikitesto]

Una stretta di mano tra Berlinguer e il leader democristiano Aldo Moro, tra i
maggiori fautori del compromesso storico.
Il 1978 fu un anno decisivo per le sorti del PCI.

S'inizi presto, con un incontro subito dopo Capodanno, fra Berlinguer e


Bettino Craxi, al termine del quale fu rilasciata una nota indicativa di
ufficiale "identit di vedute", espressione tradotta dagli analisti come una
sorta di "via libera" (o di "non nocet") del PSI alle manovre del segretario
comunista. Delle quali, gi cominciate da molti mesi, si poteva ora parlare
anche pubblicamente.

Dopo una paziente opera di ricerca di possibili strategie di accesso pur


parziale al governo, Berlinguer pareva aver individuato in Aldo Moro
l'interlocutore pi adatto alla costruzione di un progetto concreto.

Moro era il presidente della DC, e condivideva con il leader comunista


alcune caratteristiche personali che avrebbero potuto essere utili per poter
intraprendere un dialogo potenzialmente proficuo: erano entrambi sottili
intellettuali, lungimiranti politici e abili nonch pazienti strateghi. Fu Moro a
parlare per primo di possibili "convergenze parallele", sebbene non
propriamente in relazione ai desiderata del politico sardo, ma fu lo stesso
Moro a mobilitare l'apparato democristiano per verificare la possibilit di
convertire a utile accordo la sterile distanza che sino ad allora aveva diviso
DC e PCI.

Dai clandestini iniziali contatti, sinch possibile per interposta persona, si


pass in seguito a una minima frequentazione diretta nella quale andava
assumendo forma e contenuti il progetto del compromesso storico.

Moro individuava nel fino ad allora demonizzato avversario un possibile


alleato che gli avrebbe consentito di superare il momento di gravissima crisi

istituzionale e di credibilit dello stesso apparato democratico repubblicano


(screditato anche dalla corruzione dilagante evidenziata anche dalle
campagne comuniste sulla questione morale), coinvolgendo l'opposizione
nel governo e dunque assicurando il minimo necessario di consenso perch
il Paese potesse sopravvivere a se stesso in simili ambasce. Nella
collaborazione con DC, Berlinguer vedeva invece primariamente la
possibilit di accedere finalmente alla responsabilit di governo. Entrambi,
stato sostenuto, potevano aver condiviso il timore che la crisi in cui versava
il Paese potesse dar adito a soluzioni di tipo cileno[senza fonte], come gi
anni prima paventato dallo stesso Berlinguer. Il compromesso storico, in
quest'ottica, poteva porre il Paese al riparo da eventuali azioni golpiste.
Delle tante motivazioni addotte per spiegare le ragioni di un simile passo, la
pi elegante vuole che due grandi politici (il termine statisti non per cause
di fatto applicabile anche a Berlinguer) abbiano rispettivamente cercato
interlocutori di pari calibro, forse stanchi di almanaccare possibili
machiavelliche composizioni di coalizione con soggetti non casualmente di
minor peso specifico.

A ogni buon conto, Berlinguer fu intanto ammesso, primo comunista


italiano, a lavori para-governativi, come le riunioni dei segretari dei partiti
della maggioranza, in qualit di esterno interessato.

Enrico Berlinguer a una manifestazione della FGCI il 16 giugno 1983,


durante il famoso incontro con Roberto Benigni[45].
Mentre Moro veniva definitivamente prosciolto dagli addebiti giudiziari in
relazione allo scandalo Lockheed, che lo aveva infastidito sin da quando
aveva cominciato a guardare a una possibile intesa coi comunisti, si
preparava nel marzo del 1978 il governo Andreotti, cui il PCI avrebbe
dovuto fornire l'appoggio esterno (avrebbe cio dovuto garantire astensione
o favore, ma non opposizione), in attesa di una fase successiva nella quale
ammetterlo definitivamente e a pieno titolo nelle coalizioni. Nasceva, questo
governo, con alcuni membri assolutamente sgraditi al PCI, come Antonio

Bisaglia e Gaetano Stammati, la cui inclusione nella compagine ministeriale


era stata operata da Andreotti giusto la notte precedente la presentazione
alle Camere; insieme con Alessandro Natta, capogruppo alla Camera,
Berlinguer dovette perci sveltamente decidere di ritirare l'appoggio al
governo, rinunciando alla partecipazione del PCI alla maggioranza.

La stessa mattina del 16 marzo, giorno previsto per la presentazione


parlamentare del governo faticosamente messo insieme, avvenne il
drammatico agguato di via Fani: Moro fu rapito (e sarebbe poi stato ucciso)
dalle Brigate Rosse. Berlinguer ritenne subito che si trattasse di un attacco
calcolato premeditatamente per mandare in crisi tutto il lavoro occorso per
raggiungere la "solidariet nazionale" e propose con grande senso di
responsabilit di concedere a questo pur non accetto governo la fiducia nel
pi breve tempo possibile, per potergli assicurare pienezza di funzioni in un
momento cruciale della democrazia italiana. La fiducia fu dunque data, ma
non senza che Berlinguer precisasse per bene che l'espediente di Andreotti,
che sonava di repentina modifica unilaterale di accordi lungamente
elaborati, era stato soltanto "superato dagli eventi", la questione non era in
realt affatto chiusa, solo rinviata. Se Moro non fosse stato rapito, il PCI
avrebbe dato battaglia ad Andreotti, ma questo, "sia pure faticosamente e
in modo non pienamente adeguato alla situazione", gli fu risparmiato.

Durante il sequestro Moro, Berlinguer prese posizione insieme al cosiddetto


"fronte della fermezza", del tutto contrario a qualsiasi tipo di trattativa con i
terroristi, i quali avevano chiesto la liberazione di alcuni detenuti in cambio
di quella dello statista. Dalla detenzione, Moro scrisse una frase che
secondo alcuni era forse diretta al segretario comunista e ad Andreotti: "Il
governo in piedi e questa la riconoscenza che mi viene tributata per
questa come per tante altre imprese".

Il ritorno all'opposizione[modifica | modifica wikitesto]


Dopo il tragico epilogo della vicenda di Moro, l'unico effetto di rilievo sulla
DC parvero le dimissioni di Cossiga, che era ministro dell'interno. Il PCI

restava fuori della maggioranza, Berlinguer non partecipava pi alle riunioni


a 6, insieme ai segretari del "pentapartito", il governo Andreotti restava
dov'era, sempre con Bisaglia e Stammati a bordo.

Fu nel giugno del 1978, un mese dopo la morte di Moro, che esplose con
inaudita virulenza il caso del presidente della Repubblica Giovanni Leone,
che, grazie ad una campagna cui il PCI aveva gi dato un contributo
fondamentale (e che a questo punto certo non ritir), fu costretto alle
dimissioni. Oltre al rancore verso Andreotti, cui si doveva un governo
diverso da quello concordato (e che avrebbe dovuto presentare dimissioni
almeno di cortesia, in caso di elezione di un nuovo capo dello stato), si
supposto che la campagna scandalistica sia stata ulteriormente indurita da
Berlinguer per poter insediare al Quirinale qualcuno meno avvinto dalla
pregiudiziale anticomunista di quanto non fossero stati i presidenti
precedenti.

Quando si cominci a parlare di Sandro Pertini come di un possibile


candidato, si disse che Berlinguer avrebbe regalato uno dei suoi rari
(almeno in pubblico) sorrisi: l'anziano esponente partigiano, sanguigno
quanto radicale nei suoi modi, e non meno deciso nei suoi indirizzi, poteva
sembrare davvero immune dalla voga anticomunista e lo si sospettava, lui,
assai distante da certe cerchie di intricati interessi di potere. Poteva essere,
stimarono i comunisti, il momento di contare i voti delle sinistre, per
verificare la possibilit di un "governo delle sinistre".

L'elezione di Pertini, in realt, piaceva a molti settori della politica. Da parte


dei socialisti, nel cui partito militava, vi era ovviamente la soddisfazione per
la nomina di una figura amica, che avrebbe potuto accrescere la capacit di
influenza del partito. Da parte democristiana (dalla quale si era barattata la
candidatura con la persistenza al governo), Pertini era ritenuto poco
pericoloso, almeno fintantoch fossero proseguiti i buoni rapporti con il
Garofano. Ed anche i post-risorgimentali repubblicani, guardavano a

possibili riprese di prestigio (e di influenza politica) con un nuovo scenario


che premiava con la carica uno degli storici partiti italiani.

L'entusiasmo di Berlinguer fu per di breve durata, poich non solo


Andreotti non si dimise, ma addirittura successe a s stesso, con l'Andreotti
quinquies, sul principio dell'anno successivo.

Il PCI fu quindi escluso dalle relazioni fra i partiti della maggioranza, e si


apprest a tornare al suo ruolo di opposizione.

La marcia dei quarantamila[modifica | modifica wikitesto]


Il 5 settembre 1980 la FIAT annunci diciotto mesi di cassa integrazione per
24 000 dipendenti, 22 000 dei quali operai; successivamente, a fronte di
trattative sindacali molto difficili, l11 settembre vennero annunciati 14 469
licenziamenti. Il consiglio di fabbrica della casa automobilistica proclam
immediatamente lo sciopero, e tutti i cancelli di Mirafiori furono bloccati da
picchetti operai che impedivano a chiunque di entrare, anche con forme di
violenza. L'apice della lotta fu raggiunto quando Enrico Berlinguer, parlando
il 26 settembre di fronte ai cancelli, promise un appoggio del Partito
Comunista Italiano anche qualora fosse stata occupata la fabbrica.

Il 27 settembre, a fronte della caduta del governo Cossiga II, la FIAT


sospese i licenziamenti; a fine mese l'azienda pose in cassa integrazione a
zero ore i 24 000 lavoratori in eccesso. Riprese lo sciopero e ripresero i
picchetti nella loro forma pi violenta. Il 14 ottobre venne convocata
un'assemblea dal "Coordinamento dei capi e quadri FIAT" presso il Teatro
Nuovo di Torino, sotto la leadership di Luigi Arisio. Dopo l'assemblea un
corteo di migliaia di persone, che si ingrossava sempre di pi man mano
che procedeva, percorse silenziosamente le vie cittadine. Immediatamente i
sindacati, incapaci di comprendere che lo sciopero poteva essere vittorioso
anche se condotto dai soli operai,[in che modo?] furono costretti al
compromesso che verr chiuso il 17 ottobre.

La morte a Padova[modifica | modifica wikitesto]

l'Unit riporta la notizia della morte del leader comunista


Dopo una legislatura da parlamentare europeo (eletto nel 1979 per le liste
del PCI), in vista delle successive elezioni del 1984 Berlinguer si rec a
Padova il 7 giugno, sul palco di Piazza della Frutta, dove svolse un comizio.
Mentre si apprestava a pronunciare la frase "Compagni, lavorate tutti, casa
per casa, strada per strada, azienda per azienda" venne colpito da un ictus.
Si accasci in diretta televisiva, terreo in volto e tuttavia, palesemente
provato dal malore, continu il discorso fino alla fine[46][47], nonostante
anche la folla, dopo i cori di sostegno, urlasse: "Basta Enrico!". Alla fine del
comizio rientr in albergo dove si addorment sul letto della sua stanza,
entrando subito in coma. Dopo il consulto con un medico, venne trasportato
all'ospedale Giustinianeo e ricoverato in condizioni drammatiche. Mor l'11
giugno, a causa di un'emorragia cerebrale. Il comunicato del sovrintendente
sanitario afferm che il politico sardo era venuto a morire alle 12:45.

Il Presidente della Repubblica Sandro Pertini, che si trovava gi a Padova


per ragioni di Stato, si rec in ospedale per constatare le condizioni di
Berlinguer. Fece in tempo a entrare in stanza per vederlo e baciarlo sulla
fronte. Poche ore dopo il decesso, si impose per trasportare la salma
sull'aereo presidenziale, citando la frase: "Lo porto via come un amico
fraterno, come un figlio, come un compagno di lotta". Commovente fu il suo
saluto al funerale (13 giugno), al quale partecip circa un milione di
persone[48], dove si chin con la testa sopra la bara, baciandola tra gli
applausi dei presenti.[49] Sonori fischi, che ricambiavano quelli subiti da
Berlinguer al congresso socialista, si levarono quando Nilde Iotti cit il
presidente del consiglio Craxi.

Sandro Pertini ai funerali di Berlinguer, 13 giugno 1984.

Il corteo con la bara, accompagnato dalla musica dell'Adagio in sol minore


di Remo Giazotto sfil dalla sede del PCI, in via delle Botteghe Oscure, a
piazza San Giovanni[50], rendendo cos palese l'ammirazione che una larga
parte dell'opinione pubblica italiana aveva nei suoi confronti. Persino il
segretario del MSI Giorgio Almirante si rec a rendere omaggio al feretro
dell'avversario, suscitando lo stupore della folla in coda per entrare nella
camera ardente[51]. A ricevere Almirante fu Giancarlo Pajetta, al quale
venne dato l'incarico di pronunciare l'orazione funebre di Berlinguer.

Il giorno delle elezioni europee, il 17 giugno 1984 il PCI, nonostante la


scomparsa di Berlinguer, decise di lasciare il suo segretario capolista e
chiese di votarlo in modo plebiscitario. Le elezioni, forse anche per gli eventi
precedenti, decretarono la vittoria del PCI che, per la prima e unica volta
nella storia, sorpass seppur di poco la DC, affermandosi come primo
partito italiano (33,3% contro il 33,0%): questo "sorpasso" ricordato
come dovuto all'"effetto Berlinguer". Precedentemente, con Berlinguer, il
PCI nel 1976 aveva toccato il massimo storico dei suoi voti, col 34,4%.

Per decisione della famiglia, seguendo la volont che avrebbe espresso alla
moglie, Berlinguer stato sepolto a Roma nel Cimitero di Prima Porta,
nonostante il Partito desiderasse che fosse tumulato al Cimitero del Verano,
nel Mausoleo dove riposano i grandi dirigenti comunisti Palmiro Togliatti,
Giuseppe Di Vittorio, Luigi Longo, e dove nel 1999 fu sepolta anche Nilde
Iotti.

Soprannominato subito "il pi amato" (a differenza di Palmiro Togliatti che


era "il migliore"), Berlinguer fu seguito alla guida del PCI da Alessandro
Natta; il suo posto alla Camera dei Deputati fu preso dal sindaco di Marino,
Lorenzo Ciocci.

I familiari[modifica | modifica wikitesto]

Il fratello Giovanni scienziato ed autore di numerosi libri di divulgazione


scientifica stato parlamentare pi volte, italiano ed europeo e candidato
alla Segreteria dei Ds della sinistra interna, nel 2002.
Il cugino Luigi stato MInistro della pubblica istruzione, Ministro
dell'universit e della ricerca scientifica e tecnologica e senatore tra le file
dei Democratici di Sinistra nonch eurodeputato del Partito Democratico.
Il figlio Marco ha fatto parte del Comitato Politico Nazionale di Rifondazione
Comunista.
La figlia Bianca giornalista, direttrice del TG3.
La figlia Laura lavora a Studio Aperto e il suo compagno il giornalista Luca
Telese.
Opere[modifica | modifica wikitesto]
Guido Liguori, Paolo Ciofi, Enrico Berlinguer. Un'altra idea del mondo.
Antologia (1969-1984), Roma, Editori Riuniti University Press, 2014.
Marisa Musu, Enrico Berlinguer, La lotta della giovent per la democrazia,
Roma, Centro Diffusione Stampa del Pci, 1947.
Enrico Berlinguer, All'avanguardia della giovent italiana. Discorso
pronunciato il 6 luglio 1948 ai giovani operai di Torino, Roma, 1948.
Enrico Berlinguer, Tutta la giovent in lotta per la Pace. Discorso
pronunciato il 17 ottobre 1948 al Congresso dell'alleanza giovanile di
Modena, Modena, Arti Grafiche Modenesi, 1948.
Alessandro Curzi, L'avvenire non viene da solo, Roma, Edizioni Giovent
nuova, 1949, presentazione di Enrico Berlinguer.
Enrico Berlinguer, Una forte FGCI per la pace, l'avvenire, l'unit della
giovent. Rapporto presentato da E. Berlinguer al comitato costitutivo
nazionale della FGCI (Roma, 8-9 novembre 1949), Roma, Edizioni Giovent
nuova, 1949.
Enrico Berlinguer, I compiti della giovent comunista. Rapporto presentato
al 12 Congresso Nazionale della Fgci (Livorno 29 marzo-2 aprile 1950),
Roma, Edizioni Giovent Nuova, 1950.

Enrico Berlinguer, Impediamo al fascismo di tradire la giovent, Roma,


Edizioni Giovent Nuova, 1950.
Enrico Berlinguer, Ruggero Grieco, Gesta ed eroi della giovent d'Italia. 30
anni di vita della Fgci, Roma, Edizioni Giovent Nuova, 1951.
Enrico Berlinguer, L'unit della giovent nel fronte del lavoro e della pace.
Rapporto tenuto alla riunione del comitato centrale della Federazione
Giovanile Comunista Italiana. Roma, 3-5 maggio 1951, Roma, Edizioni
Giovent Nuova, 1951.
Enrico Berlinguer, Un fronte patriottico della giovent per l'indipendenza e
la rinascita dell'Italia, Roma, 1952.
Enrico Berlinguer, Per la giovent, per l'Italia, per il socialismo. Rapporto di
Enrico Berlinguer e discorso di Pietro Secchia al Comitato centrale della Fgci
per la preparazione del 13 congresso nazionale, Roma, Edizioni Giovent
Nuova, 1953.
Enrico Berlinguer, L'avvenire della giovent italiana. 13 congresso
nazionale della Fgci. Rapporto presentato al 13 Congresso nazionale della
Federazione Giovanile Comunista Italiana, Ferrara 4-8 marzo 1953, Roma,
Edizioni Giovent Nuova, 1953.
Enrico Berlinguer, La collaborazione tra la giovent comunista e la giovent
cattolica, Roma, Edizioni Giovent Nuova, 1954.
Palmiro Togliatti, Enrico Berlinguer, Le giovani comuniste per
l'emancipazione della donna. Discorsi pronunciati alla Conferenza Nazionale
delle ragazze comuniste. Roma, 26-28 febbraio 1954, Roma, Edizioni
Giovent Nuova, 1954.
Enrico Berlinguer, Per la pace per il rinnovamento d'Italia per l'avvenire
della giovent. Relazione presentata dal compagno Enrico Berlinguer al
Comitato Centrale della Fgci. Roma, 22-23 febbraio 1953, Roma, Edizioni
Giovent Nuova, 1955.
Enrico Berlinguer, L'apertura a sinistra e la lotta dei giovani per il loro
avvenire. 14 Congresso nazionale della Fgci, Milano 23-26 giugno 1955,
Roma, Edizioni Giovent Nuova, 1955.

Enrico Berlinguer, La figura morale della giovane comunista. Conversazione


tenuta alle ragazze comuniste di Napoli il 23 dicembre 1955, Roma, Edizioni
Giovent Nuova, 1956.
Enrico Berlinguer, Proselitismo e problemi attuali del rafforzamento e del
rinnovamento del Partito. Rapporto alla sessione del Comitato centrale e
della Commissione centrale di controllo del Pci 19-22 gennaio 1961, Roma,
1961.
Enrico Berlinguer, La forza, lo sviluppo e i compiti del Pci nel momento
presente. Rapporto e intervento alla sessione del Comitato centrale e della
Commissione centrale di controllo del Pci del 20-23 dicembre 1961 Risoluzione, Roma, 1961.
Enrico Berlinguer, Il contributo autonomo del Pci all'unit del movimento
operaio internazionale. Rapporto alla sessione del Comitato centrale e della
Commissione centrale di controllo del Pci, tenuta il 14 ottobre 1964, Roma,
1964.
Enrico Berlinguer, Riprendere in Italia e nel mondo l'iniziativa unitaria per la
pace e la distensione. Rapporto alla sessione del Comitato centrale del Pci,
tenuta il 18-19 febbraio 1965. Risoluzione, Roma, 1965.
Enrico Berlinguer, Casa per casa, strada per strada. La passione, il
coraggio, le idee. A cura di Pierpaolo Farina. Prefazione di Eugenio Scalfari,
Milano, Melampo editore, 2013.
Mario Alicata, Alessandro Natta, Enrico Berlinguer, Una nuova unit, un
forte movimento di massa per battere il governo Moro, per una nuova
offensiva di pace. Rapporti e informazioni alla sessione del Comitato
centrale e della Commissione centrale di controllo del Pci, tenuta il 6-7-8
luglio 1965, Roma, 1965.
Alessandro Natta, Enrico Berlinguer, Per una nuova politica interna, per la
libert e la pace nel Vietnam, per l'unit del Movimento comunista
internazionale. Rapporti e conclusioni alla sessione del Comitato centrale e
della Commissione centrale di controllo del PCI tenuti il 21-22-23-24
febbraio 1967. Risoluzione, Roma, Visigalli-Pasetti, 1967.

Front national de liberation Sud Vietnam, Vietnam: il programma del FNL.


Testo adottato dal FNL del Vietnam del Sud in un congresso straordinario
tenutosi a meta agosto 1967, Roma, 1967, introduzione a cura di Enrico
Berlinguer.
Le Duan, Il Vietnam e l'ottobre. Pace, rivoluzione e i pi importanti problemi
della strategia e della tattica del movimento internazionale di oggi in un
saggio del segretario generale del Partito dei lavoratori del Vietnam, Roma,
1967, introduzione di Enrico Berlinguer.
Antonio Gramsci, Scritti politici, Roma, l'Unit-Editori Riuniti, 1967,
prefazione di Enrico Berlinguer.
Luigi Longo, Enrico Berlinguer, L'unit del movimento operaio, Roma,
editori riuniti, 1968.
Luigi Longo, Enrico Berlinguer, La politica comunista, Roma, Editori riuniti,
1969.
Enrico Berlinguer, Una nuova guida politica e la svolta che esige il paese.
Discorso pronunciato alla Camera dei deputati il 9 agosto 1969, Roma,
1969.
Luigi Longo, Enrico Berlinguer, La Conferenza di Mosca. I problemi
dell'internazionalismo oggi nel rapporto di Luigi Longo al Comitato centrale
del Pci e nell'intervento di Enrico Berlinguer alla riunione di Mosca dei partiti
comunisti; in appendice i documenti conclusivi della conferenza, Roma,
Editori riuniti, 1969.
Attraverso un'ampia e forte discussione politica difendere e sviluppare la
realt unitaria e democratica del nostro grande partito. Relazione di
Alessandro Natta e intervento conclusivo di Enrico Berlinguer. Riunione del
C.C. e della C.C.C. del 13-17 ottobre 1969, Roma, Pci, 1969.
Renzo Laconi, Parlamento e Costituzione, Roma, Editori riuniti, 1969, a cura
di Enrico Berlinguer e Gerardo Chiaromonte.
Un Partito comunista rinnovato e rafforzato per le esigenze nuove della
societa italiana. Noi, i giovani e il socialismo. Relazione e conclusioni alla
sessione del Cc e della Ccc del Pci svoltasi dal 14 al 16 gennaio 1970;
Interventi di Luigi Longo ed Enrico Berlinguer,

Enrico Berlinguer, L'Emilia: la regione pi avanzata d'Italia perch la pi


"rossa", la pi comunista. Discorso pronunciato a Ferrara e Reggio Emilia il
5 e 6 aprile 1970, 1970.
Enrico Berlinguer, Giorgio Napolitano, Per una nuova avanzata dei comunisti
nei comuni, nelle provincie e nelle regioni. Rapporto alla sessione del C.C. e
della C.C.C. del Partito Comunista Italiano tenuta dal 20 al 22 aprile 1970,
Roma, 1970.
Enrico Berlinguer, Sovranit nazionale nuovo sviluppo economico piena
applicazione della democrazia. Discorso di Berlinguer e dichiarazione di voto
di Napolitano pronunciati alla Camera nei giorni 11 e 12 agosto 1970,
Roma, 1970.
Renato Sitti (a cura di), Processo all'Eridania, Roma, Editori Riuniti, 1970,
presentazione di Enrico Berlinguer.
Enrico Berlinguer, Per trasformare la societ italiana per una nuova
direzione del paese. Relazione e conclusioni del compagno Berlinguer alla
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Antonello Venditti: Dolce Enrico.
Berlinguer ti voglio bene il titolo di un film del 1977 diretto da Giuseppe
Bertolucci e interpretato da Roberto Benigni.
L'addio a Enrico Berlinguer il titolo di un film documentario del 1984
diretto da registi vari.
Ansano Giannarelli, Berlinguer - la sua stagione - 1988.
Quando c'era Berlinguer il titolo di un film documentario del 2014 diretto
da Walter Veltroni.
I CCCP Fedeli alla linea citano Berlinguer nel loro brano Svegliami.
Gli Offlaga Disco Pax nella canzone Robespierre citano Berlinguer
Il cantautore italiano Appino nella canzone Tropico del Cancro cita
Berlinguer
Note[modifica | modifica wikitesto]
^ Il cognome, d'origine catalana, si pronuncia Berlingur, accentando cio
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^ La spiritosa definizione, molto diffusa, si trova, fra gli altri, in Indro
Montanelli, Mario Cervi, L'Italia degli anni di piombo, Rizzoli, 1991
^ Fiori, pp. 22 e 24.
^ Antonio Roasio, Figlio della classe operaia, Vangelista, Milano, 1977, p.
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^ Fiori, pp. 55-64.
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^ Valentini, 1985, pp. 109-118.
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^ Valentini, 1985, pp. 141 e 183.
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^ Fiori, pp. 154-161.

^ Antonello Biagini, Berlinguer, Enrico, treccani.it. URL consultato il 26


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^ Cos in Berlinguer, un'idea, di Giorgio Galli et al., Mondadori, 1984.
^ il pi duro discorso mai pronunziato a Mosca da un dirigente straniero:
un momento di svolta nei rapporti fra il Pci e il Pcus, Fiori, p. 188.
^ Fiori, pp. 188-91.
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^ Anche Berlinguer sospett lattentato, La Repubblica. URL consultato il 27
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^ G. Pansa, Berlinguer conta "anche" sulla NATO per mantenere
l'autonomia da Mosca, Corriere della Sera, 15 giugno 1976
^ Magri, p. 273.
^ a b c Fonte: Archivi Fondazione Cipriani, [1].
^ Norberto Bobbio, Un dialogo per Bologna, La Stampa, 22 settembre 1977
^ Che peraltro questa rivelazione avrebbe definito rilasciata "con piena
ragione".
^ Giulio Angioni, Moro e Berlinguer: un santo in cielo e uno sulla terra?, in
"Quaderni bolotanesi", n. 5, Sassari, 1979, 15-24
^ 21 marzo 2014 in "La Nuova Sardegna": [2]
^ Il giorno precedente, primo dicembre, Berlinguer firm una dichiarazione
comune, con gli altri partiti dell'arco costituzionale, che ribadiva la NATO e
la CEE cardini della politica estera italiana.
^ La sollevazione di Spriano, inoltre, nota per l'analisi che ebbe a darne il
vignettista Sergio Staino, il quale vi vide il riconoscimento dialettico del
genere della vignetta come forma di comunicazione politica allegorica.
^ Vittorio Gorresio, Berlinguer, Feltrinelli, 1976

^ Localit balneare alla moda, al tempo assai esclusiva e dove secondo


Chiara Sottocorona (in Berlinguer, un'idea, cit.) i Berlinguer passavano le
vacanze da generazioni.
^ La storia della foto di Benigni e Berlinguer, ilpost.it, 25 maggio 2012.
^ L'ultimo comizio di Berlinguer, parte I, filmato su YouTube
^ L'ultimo comizio di Berlinguer, parte II, filmato su YouTube
^ Funerale Berlinguer
^ Funerale di Berlinguer con l'omaggio di Pertini, filmato su YouTube
^ Il feretro di Berlinguer arriva in piazza San Giovanni, filmato su YouTube
^ Alberto Stabile, Almirante va a Botteghe Oscure e si inchina davanti alla
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