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ALMA MATER STUDIORUM UNIVERSITA DI BOLOGNA FACOLTA DI SCIENZE DELLA FORMAZIONE Corso di Laurea in Scienze dellEducazione Indirizzo: Educatore

e Professionale

UN MODELLO DI ACCOGLIENZA PER I RAGAZZI IMMIGRATI NELLE SCUOLE: RITROVARSI NELLE STANZE DI DANTE Un Progetto dellAUSL di Reggio Emilia

Tesi di Laurea in: Pedagogia Interculturale

Relatore Prof. Antonio Genovese

Correlatore Prof. ssa Simonetta Botti

Presentata da Agnese Ferrari

Sessione: II Anno Accademico: 2005/2006

Alla mia famiglia

INDICE UN MODELLO DI ACCOGLIENZA PER I RAGAZZI IMMIGRATI NELLE SCUOLE : RITROVARSI NELLE STANZE DI DANTE Un progetto dellAUSL di Reggio Emilia

Introduzione 1. Le Stanze di Dante nella pi generale esperienza del gruppo di volontariato giovanile Gancio Originale 1.1 1.2 1.3 1.4 1.5 1.6 1.6.1 1.6.2 1.7 1.7.1 1.7.2 1.7.3 1.7.4 2. 2.1 2.2 2.3 2.4 Cosa Gancio Originale Come nasce e come si sviluppato nella sua storia Come e perch nascono le Stanze di Dante Le Stanze di Dante Il significato simbolico del Gancio Nel 2006 nata una Associazione di promozione sociale Amici di Gancio Originale Perch nata lassociazione Il ruolo del volontario in Gancio Originale Tra volontari e ragazzi Perch il volontariato a doppio senso? La formazione dei volontari I fattori caratteristici del volontariato e dei volontari Limmigrazione e i recenti flussi migratori in Italia. Limmigrazione in Italia dal secondo dopo guerra ai giorni nostri Limmigrazione in Emilia Romagna :caratteristiche, cambiamenti e problemi Il caso di Reggio Emilia Caratteristiche, dati e numeri a livello statistico dei ragazzi di recente immigrazione inseriti nelle scuole di Reggio Emilia 3. 3.1 Per un modello di accoglienza allinterno della scuola La rete 3.1.1 La persona 3.1.2 Lintervento e il lavoro di rete

1 5 15 17 25 26 28 30 32 33 37

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3.1.3 I principi guida del lavoro di rete Il Tutorship 3.2.1 Il Tutorship dAula 3.2.2 Il Tutor nelle Stanze di Dante 3.3 Le diverse strategie di accoglienza adottate negli anni: dai 3.2 3.4 3.5 3.5.1 3.5.2 3.5.3 3.5.4 primi colonizzatori a oggi Chi, perch e come sono i ragazzi immigrati che arrivano in Italia. Esiste un modello di accoglienza universale per la scuola? I protagonisti dellincontro Laccoglienza Gli atteggiamenti degli insegnanti Una educazione possibile Appendice Molti ragazzi che un tempo sono stati aiutati nelle Stanze di Dante, oggi sono volontari: a loro la parola Conclusioni Bibliografia Ringraziamenti INTRODUZIONE

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Nel 1970 gli immigrati in Italia erano 144.000, meno degli italiani che in quello stesso anno avevano preso la via dellesodo (152.000): continuavamo ad essere il primo paese esportatore di manodopera in Europa. A 36 anni di distanza la situazione radicalmente cambiata, e anche lItalia: oggi gli stranieri regolarmente soggiornanti sono 2 milioni e 800 mila, allincirca lo stesso numero di Spagna e Gran Bretagna. NellUnione Europea veniamo subito dopo la Germania (7,3 milioni) e la Francia (3,5 milioni), mentre insieme alla Spagna siamo lo stato membro caratterizzato da ritmi daumento pi consistenti1. Se fino a pochi anni fa il tema degli immigrati era solo un tema marginale e poco trattato e considerato, in questi anni, il tema della multiculturalit e degli stranieri
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La stima delle presenze regolari basata sui dati del Ministero dellInterno (ultimo aggiornamento 31 Agosto 2004), dei visti rilasciati dal Ministero degli affari Esteri, dei figli nati in Italia da genitori stranieri nel 2004; dal Dossier statistico Immigrazione, XV Rapporto, Nuova Anterem, Roma, 2005.

nel nostro paese diventato un tema di rilievo e centrale in ogni settore della societ; nel mondo del lavoro, del divertimento, in famiglia, nella scuola; un tema di cui si parla e ci si preoccupa sempre di pi, forse anche a causa dei problemi che necessariamente si creano ma che, ancora oggi, le istituzioni idonee non sempre sanno risolvere. Considerati questi dati e limportanza che questo tema ha nella societ odierna, mi sembrato interessante svolgere la mia tesi di laurea, trattando il tema dellintegrazione e dallaccoglienza dei giovani immigrati, allinterno della scuola secondaria di II grado della mia citt: Reggio Emilia. Avendo svolto il mio tirocinio universitario, allinterno di un progetto dell'Ausl di Reggio Emilia, che ha a che fare, e lavora con ragazzi immigrati nelle scuole e non solo, e gi da tre anni mi trovo a lavorare con questi giovani, mi sembra interessante spiegare e descrivere come e perch si sviluppato il progetto, quali sono i punti cardine dellattivit, evidenziando potenzialit e criticit e sviluppando un discorso pi ampio riguardo laccoglienza e laccompagnamento di questi studenti. Da tempo si cercato di ideare e promuovere attivit compensative rivolte agli immigrati, ma difficilmente ci si scontra in progetti rivolti a tutti, per tutti e soprattutto non specificatamente di alfabetizzazione. Nella citt di Reggio Emilia oggi2, la presenza di alunni stranieri nelle scuole secondarie di 1.511 su 16.656 iscitti; rappresentano quindi il 9,1% del totale. Questo numero dovrebbe dimostrare quanto la presenza di alunni immigrati sia considerevole, e quanto quindi, siano necessari interventi mirati ai tipi di problemi che larrivo di questi ragazzi comporta. A mio parere il progetto della Stanza di Dante un buon esempio di attivit nata e ideata per laccoglienza e lintegrazione dei giovani immigrati nelle scuole, ampliatasi poi, come attivit per tutti, rivolta e utile a tutti i partecipanti, ragazzi stranieri e autoctoni, insegnanti, volontari e tutto il polo scolastico. Oggi a mio parere, c la necessit di uno sguardo globale sulla scuola, non rivolto solo ai ragazzi immigrati, ma anche a quelli autoctoni che inevitabilmente si trovano a contatto con loro, con situazioni che non sempre sono in grado di sostenere, e i quali hanno bisogno spesso di liberarsi da stereotipi o pregiudizi dettati dalla societ in cui vivono.
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Bonacini L., Annuario della scuola reggiana 2005/2006, Dam, Reggio Emilia, Dicembre 2005.

Ho voluto scrivere la mia tesi riguardo questo argomento, per far in modo che altri progetti, con queste finalit potessero nascere crescere e rinnovarsi; per sviluppare il tema dellintegrazione e dello stare bene insieme, per sviluppare lidea che insieme non sempre facile ma alla fine meglio.

CAPITOLO 1

LE STANZE DI DANTE NELLA PIU GENERALE ESPERIENZA DEL GRUPPO DI VOLONTARIATO GIOVANILE GANCIO ORIGINALE.

1.1 CHE COSA E GANCIO ORIGINALE? Gancio Originale un progetto di volontariato giovanile nato nel 1991 allinterno dellAUSL di Reggio Emilia. Attualmente fa parte dellunit Operativa di Psicologia Clinica. Gancio Originale svolge unattivit di recupero e sostegno di ragazzi in difficolt, prevalentemente in et scolare, tramite diversi tipi di interventi portati avanti da numerosi giovani volontari. Gancio Originale non una associazione ma un progetto che coinvolge i giovani degli ultimi anni delle scuole superiori (volontari) o che frequentano luniversit

oppure che lavorano (tirocinanti e coordinatori dei vari progetti) - i quali svolgono attivit volontaria di sostegno e cura di bambini e ragazzi disabili o a rischio della scuola dellobbligo, sotto la guida e il coordinamento del personale del Servizio di Psicologia Clinica dell AUSL reggiana. Gancio Originale una importante esperienza che parte da un progetto di prevenzione; un progetto di un servizio pubblico, unattivit di sensibilizzazione, di organizzazione, di formazione rivolta ai giovani. La novit di Gancio sta nellessere un progetto di un servizio pubblico:il fatto che unistituzione pubblica si serva del volontariato garanzia di offrire una possibilit al di sopra delle parti, poich non vi una richiesta di aderire a particolari correnti di pensiero. L originalit di Gancio, inoltre, consiste nel modificarsi in continuazione, di spostarsi con molta elasticit a seconda delle forze disponibili e dei bisogni rilevati, nel possedere una grande flessibilit e un alto livello di interpretazione personale del lavoro frontale con gli utenti e le istituzioni. Gancio Originale risponde con diversi servizi, a diversi disagi, allinterno della citt: Un volontariato individuale volontariato singolo, che comprende laffiancamento di bambini/ragazzi per lattuazione di progetti di autonomia; laiuto nei compiti e il sostegno nellinserimento ad attivit terapeutiche e/o di socializzazione (ad esempio accompagnandolo in atelier, ed attivit sportive).

Un volontariato di gruppo, che comprende i workshop pomeridiani


allinterno delle scuole elementari e medie della citt, con ragazzi a rischio; in questi gruppi (2 o 4 ore a settimana) si svolgono i compiti scolastici cercando di far acquisire ai ragazzi, unautonomia organizzativa rispetto all attivit scolastica e attivit di laboratorio durante i quali i ragazzi sono stimolati attraverso attivit creative, a rinforzare le competenze dello stare bene insieme in gruppo. Lobiettivo generale della costituzione dei workshop pomeridiani, consiste in un intervento diretto sui bambini e ragazzi a rischio ed in un lavoro di prevenzione secondaria e terziaria del disagio giovanile mediante lintegrazione scolastica e relazionale dei bambini e dei ragazzi in et dellobbligo; questi ragazzi

vengono segnalati dagli insegnanti per disturbi dapprendimento su base non organica, in et dellobbligo, associati a relativi problemi psicologici, specialmente sul piano dellautostima, con speciale riguardo per i minori preadolescenti. Il workshop, assume la veste di un insieme limitato di ragazzi con certificate difficolt negli apprendimenti scolastici, o con disagi relazionali o comportamentali, affiancati da volontari di Gancio Originale e coordinato da psicologi o educatori, che si riunisce allinterno degli ambienti scolastici, al di fuori dei normali orari di lezione, per lo svolgimento di attivit riabilitative, di recupero scolastico, educative, creative e formative.

Un volontariato allinterno degli atelier della neuropsichiatria infantile:di


pittura, musica, bricolage, arte terapia e cucina. Atelier composti da circa 7/8 ragazzi disabili per gruppo, che svolgono queste attivit una volta o due la settimana, affiancati e aiutati da una atelierista e da uno o due volontari di Gancio Originale. Questi atelier insegnano ai bambini ad esprimersi, a conoscersi, a comunicare, a entrare in relazione tra loro e acquisendo nuove conoscenze e nuove capacit.

I laboratori linguistici per i ragazzi immigrati le Stanze di Dante, nelle


scuole medie e superiori. Workshop di accoglienza e mediazione linguistica, dove diversi ragazzi appartenenti a diversi paesi si ritrovano per imparare litaliano e condividere le loro culture. Questi ragazzi vengono aiutati da volontari, i quali sono quasi tutti studenti della stessa scuola, immigrati a loro volta, ma residenti a Reggio Emilia, da pi tempo.

Lo Strolgancio, unattivit di formazione che si svolge ogni due mesi,


rivolta a tutti i volontari di Gancio e coordinata da alcuni atelieristi, in cui si svolgono attivit di laboratorio. In questi pomeriggi i ragazzi imparano diverse attivit che potranno poi sperimentare allinterno dei gruppi in cui si trovano a lavorare.

Il Free Student Box, uno spazio allinterno della scuola di informazione,


scambio, cura, rivolto agli studenti e gestito direttamente dagli studenti in collaborazione con lOpen G (il consultorio giovani dellAusl di Reggio Emilia). Il progetto di articola su due piani, uno sul campo, uno spazio allinterno della scuola, e laltro virtuale in un sito internet, a cui i ragazzi

con problemi o difficolt si possono rivolgere. Questi ragazzi inizialmente sono accolti da Peer, ragazzi degli ultimi anni della stessa scuola, volontari, che li ascoltano e spesso danno loro consigli; quando invece i problemi sono seri e bisognosi di aiuto maggiore, i Perr si incaricano di consigliare ai ragazzi di rivolgersi a uno psicologo (che fa parte del progetto)specializzato, e naturalmente pi competente. Gli obiettivi specifici dal progetto Gancio Originale sono molteplici: Sostegno alla frequenza scolastica per migliorare il rendimento nelle attivit didattico curricolari ed extra curricolari. Creazione di momenti aggregativi al fine di promuovere e valorizzare le capacit propositive, decisionali e gestionali. Favorire la socializzazione mediante lacquisizione di abilit e competenze sociali e lintegrazione nella rete di pari presenti sul territorio. Offrire spazi di riflessione su temi aventi rilevanza sociale, culturale, emotivo - affettivo. I volontari di Gancio Originale, sono per lo pi studenti delle scuole superiori della citt e studenti universitari, questo perch la propaganda del progetto fatta prevalentemente allinterno delle scuole, attraverso incontri formativi in cui presentato ai ragazzi, dalla responsabile del progetto e da alcuni volontari pi anziani, ci che Gancio Originale propone. La giovane et dei volontari fa s che Gancio Originale presenti al proprio interno un grosso turn over. Sono quasi mille i ragazzi che hanno lavorato con Gancio in questi ultimi anni. Sono giovani che aiutano i pi giovani, giovani che vanno sensibilizzati: giovani che vanno seguiti e organizzati, che vanno formati. Gancio unimpresa congiunta fra bambini, ragazzi, giovani e adulti, operatori pubblici, psicologi tirocinanti, educatori, tirocinanti di Scienze dellEducazione, tirocinanti di scuole di specializzazione, insegnanti, presidi, dove si rinegoziano delle relazioni facendo delle cose insieme, mettendosi reciprocamente in situazione di scambio e arricchimento. I ragazzi che partecipano a questa esperienza, danno agli altri ma ricevono anche molto, perch entrano in contatto con bambini e ragazzi problematici; devono fare i conti con la diversit, con i propri pregiudizi verso ci che sconosciuto, e

sperimentano

in

questo

modo

se

stessi;

Gancio

una grossa occasione di crescita anche per loro. Gancio Originale con i suoi volontari e con le loro attivit, mette in sinergia competenze e risorse diverse, cosi da rendere possibile risposte complessive che, oltre a cercare di contribuire a fare stare meglio i bambini e i ragazzi, rafforzano la coesione sociale, il rapporto con gli altri, con i diversi, con quelli che hanno bisogno. Durante lanno scolastico si svolgono delle verifiche nelle scuole per ascoltare e risolvere i diversi problemi che possono sorgere, per far s che i volontari non si sentano mai abbandonati e perch sappiano che per ogni dubbio o problema giusto che parlino e esprimano le loro perplessit. Le ore di volontariato per questi ragazzi valgono come crediti scolastici, crediti formativi, quindi la loro partecipazione ha sia un valore personale che scolastico.

1.2 COME NASCE E COME SI E SVILUPPATO NELLA STORIA Lattivit di volontariato denominata Gancio Originale nata nel 1991; questo progetto non nato a tavolino: non fu il frutto di una programmazione che mirasse ad espandere larea di intervento del servizio di Neuropsichiatria Infantile nel solco di nuove opportunit fornite da leggi nazionali o locali. Il progetto Gancio Originale si mosso per andare incontro alla realt, quella di tutti i giorni, quella fatta dai problemi, dai disturbi, dalle paure dei ragazzi e dei giovani che vivono e studiano a Reggio Emilia. Una delle convinzioni che era ben radicata in coloro che hanno creato questo progetto, era quella che lattivit di volontariato non avrebbe dovuto in alcun modo coprire le mancanze del settore, n sostituirsi ad attivit proprie del settore stesso. Si pu affermare invece, che Gancio Originale nato da una situazione di bisogno. Due punti importanti che il progetto ha dovuto individuare inizialmente, sono stati, accertare quale presa e quale impatto poteva avere una proposta di volontariato fatta da un Ente Pubblico e specialmente da un settore come quello

di NPI con funzioni e attivit tanto precise e particolari, quanto capire quali interlocutori privilegiare nella ricerca delle forze da impiegare. Il nucleo di tutto il lavoro, di tutta l impostazione dellattivit fu quello di affiancare agli interventi di diagnosi, sostegno, riabilitazione e cura, propri del settore, una rete di percorsi diretti ad ampliare la possibilit di contatti sociali e rapporti nuovi che si potessero concretizzare facendo esperienze nellambito del tempo libero e dellattivit para scolastica. Il luogo quindi in cui inizialmente stata fatta una riflessione sulle modalit operative e sui contenuti di Gancio Originale stato lufficio socio riabilitativo per i problemi legati allhandicap del settore di Neuropsichiatria Infantile. Inizialmente infatti, lattivit di Gancio Originale, si svolse principalmente nelle strutture delle equipe di Neuropsichiatria Infantile che allora erano ancora territorializzate, cio presenti nei vari quartieri cittadini, e fu centrata, pi che su attivit di gruppo, in attivit di volontariato singolo, in cui cio ogni volontario lavorava con il bambino o il ragazzo cui era stato abbinato o partecipava ad alcuni momenti di attivit delle strutture per gravi e medio-gravi della NPI. Per organizzare e coordinare a livello centrale lattivit di volontariato stata delegata una educatrice professionale (Dr.ssa Mariella Cantini). Questa fu lesile ma efficace struttura di partenza del progetto Gancio Originale. Con queste prospettive gli ideatori del progetto hanno iniziato subito con lattivit di propaganda, individuando come punto di partenza da agganciare il mondo giovanile (gruppi giovanili, parrocchiali, culturali, e la scuola media superiore). Le prime persone che hanno partecipato al progetto sono stati gli obbiettori di coscienza, questo grazie allallargamento della convenzione che la AUSL aveva da tempo stipulato con il Ministero della Difesa, che permetteva laccesso dei giovani obiettori nei servizi dellAUSL; per questo, Gancio pote usufruire dalla loro presenza e del loro aiuto per iniziare i progetti. Gancio Originale si propose, inoltre, nelle scuole medie superiori per farsi conoscere da quei ragazzi degli ultimi anni che si sarebbero trovati a breve, davanti alla scelta del servizio militare o dellobiezione di coscienza, e per permettere loro di aderire e fare conoscere questa nuova e diversa possibilit a loro come a tutti gli altri ragazzi.

La propaganda consisteva nella spiegazione del progetto e nella richiesta di massimo due o quattro ore la settimana (per i volontari), per aiutare ragazzi in difficolt. Questa una caratteristica di Gancio da sempre, le due ore settimanali richieste non sono mai aumentate, anche per permettere ai ragazzi di partecipare senza rinunciare a impegni, sport o attivit che possono loro interessare allo stesso modo. Inizialmente, la maggior parte dei volontari erano studentesse degli ultimi anni, ma anche adulti reclutati fuori dalle scuola. Le prime disponibilit di volontari risalgono allestate del 1991; questi ragazzi furono impiegati in iniziative estive (campi gioco) e verso settembre, in pomeriggi con adolescenti con handicap (questa attivit fu fatta solo grazie alla presenza di cinque ragazze scout), e in iniziative di aiuto nei compiti e di animazione. Alla fine del 1991 il monteore complessivo di volontariato era di 48.30 ore e aveva interessato sei persone. Grazie ad una attivit di promozione e informazione Gancio Originale con il tempo si fatto conoscere e ha preso piede, allargando nel 1992 la campagna informativa a tutte le scuole. Sono state messe a punto le procedure burocratiche - amministrative per lassicurazione e il rimborso spese, nonch liscrizione alle liste e al registro del volontariato(in quellanno i volontari erano tutti maggiorenni). Un dato molto significativo che nel 1991 a livello economico sono state usate solo risorse interne. I primi incontri nelle scuole medie superiori in cui stato presentato il progetto sono stati listituto Magistrale, lITF, IPF , il Liceo Scientifica A. Moro e listituto dArte Chierici. Nellaprile del 1992 i volontari erano 15. Una nuova iniziativa fu quella della formazione per i volontari e gli obiettori: i volontari partecipavano a diversi incontri durante i quali si discutevano temi sempre diversi, e a cui i ragazzi partecipavano assiduamente capendo la loro importanza. Sempre nello stesso periodo stato istituito lultimo mercoled di ogni mese come giorno per la formazione permanente dei volontari, tenuto da Mariella Cantini (responsabile organizzativa), e dalla Dr.ssa Bertani (psicologa) nel frattempo divenuta referente del settore,per il progetto Gancio Originale.

Alla fine dellanno gli inscitti erano 47 di cui 25 collaboravano con il settore in due filoni: aiuto nei compiti e aiuto in situazione di tempo libero, per un totale di 904 ore di volontariato annue. Vorrei far notare come tutta questa attivit nellanno 1992 sia costata: Lire 712.350 per rimborso spese sostenute, Lire 530.000 per manifesti e volantini utilizzati per la propaganda. Uno dei problemi di Gancio infatti, sempre stato quello delloscillazione delle risorse. La scelta di continuare a essere istituzionalmente una attivit di un servizio sanitario e non una associazione di volontariato, ha sempre impedito di concorrere ai finanziamenti locali, regionali cosi come a quelli nazionali ed europei. Le ragioni che hanno spinto e fatto essere sempre molto dubbiosi i responsabili di Gancio circa la sua trasformazione in associazione, sono nel fatto che ritengono che una delle ragioni della loro capacit di attrarre i giovano sia proprio in ci: nel fatto che vanno da loro come una istanza sanitaria e marginale, che non chiede di fare proselitismo a vita e pu farlo in maniera credibile proprio perch non ha i connotati di una associazione. Soltanto nell anno scolastico 2000/01 Gancio pot usufruire di un finanziamento della COOP NORDEST (finanziamento regionale sulla legge L.R.29/97) che credette nellattivit e garanti lapertura di nuove attivit in nuove scuole reggiane, permettendo lacquisizione di nuove borsiste per gestire i nuovi progetti. Nel 1993 sono state contattate otto scuole medie superiori per un totale di 15 incontri di gruppo. Nel Marzo 1993, in base alla circolare n. 85 dell 11.02.92 del Ministero per gli Affari Sociali e il Ministero Degli Interni, Gancio Originale ha steso il Progetto Babele, condiviso con la direzione didattica del IX circolo, teso ad affrontare la problematica della competenza linguistica attiva e passiva fra i ragazzi di recente immigrazione, con difficolt scolastiche. Questa iniziativa coron un insieme di esperienze di volontariato per i figli degli immigrati che erano gia iniziate negli anni precedenti, a fianco di quelle per i disabili in et evolutiva, andava nel senso di trovare risposte nuove nei contenuti e nelle formule didattiche, ai bisogni che questa nuova casistica, in maniera sempre pi marcata richiedeva.

Nel giugno 1994 i volontari iscritti nel registro del volontariato dellAUSL erano 122, quelli in attivit 52.3 Dal 1995, in seguito alla riorganizzazione dellUSL 4, lattivit di Gancio Originale fu coogestita dal settore di Psicologia Clinica a dal settore di NPI dellAzienda USL di Reggio Emilia;inoltre la chiusura degli ambulatori decentrati, in cui per decenni avevano lavorato le equip di NPI, dovuta alla chiusura dei distretti territoriali, port Gancio ad investire pi fortemente sulle disponibilit spaziali che la scuola poteva mettere a disposizione il pomeriggio. Cos Gancio si rivolse alle scuole medie di provenienza degli alunni seguiti, per convincerli a consentire loro di recarsi nei pressi scolastici per svolgere le loro attivit. Tutto ci stata la base per la nascita dell attivit di gruppo: i futuri Workshop, vere e proprie officine di riparazione per ragazzi a rischio; nacquero come prevenzione del disagio scolastico, mediante lintegrazione linguistica, scolastica e relazionale dei bambini e dei ragazzi. Lattivit non rivolta solo allaiuto scolastico ma in tutti i Workshop si svolgono laboratori ricreativi: laboratorio di creta, di cucina, pasta e sale, di riciclaggio del materiale di recupero ecc. Questi Workshop divennero di anno in anno sempre pi numerosi, fino a coprire attualmente quasi tutte le scuole medie del distretto di Reggio Emilia (comune capoluogo e 6 comuni periferici), parrocchie, scuole elementari, e 6 scuole medie superiori che sono sede di Workshop per gli alunni delle scuole medie ed elementari limitrofe. Un elemento ulteriore di novit, fu larrivo nel servizio di Psicologia Clinica dei primi psicologi tirocinanti dalle Universit di Padova e Cesena (ai quali poi si aggiunsero i tirocinanti di Scienze dellEducazione di Bologna e infine i giovani psicologi neolaureati, provenienti dalla Facolt di Parma). Questi giovani vennero inseriti nel progetto, nei Workshop, con funzione di coordinamento dellattivit dei giovani volontari.

Per volontari iscritti si intende il numero delle domande che allinizio di questo progetto si sono raccolte;questo numero coincide con quello delle persone che, a rotazione, hanno prestato la loro collaborazione per periodi pi o meno lunghi. Per volontari in attivit si intendono quelli che di fatto a Giugno 94 stavano lavorando. 4 Il settore del Servizio Materno Infantile fu smembrato in quattro servizi: Area Sociale, Pediatria di Base, NPI, Psicologia Clinica Sociale e di Comunit.

Questa nuova risorsa che ha permesso a Gancio Originale di iniziare nuove attivit, pu essere anche un punto di crisi; il numero variabile e non prevedibile dei tirocinanti che arrivano al Servizio di Psicologia, non permette ai responsabili di sapere quanta forza lavoro avranno per coordinare i progetti e le attivit gia iniziate;inoltre il fatto che i tirocinanti psicologi finiscano il loro periodo di tirocinio in due momenti cruciali per le attivit di Gancio:il 15 Marzo e il 15 Settembre, mette in crisi la riuscita e l equilibrio, che si cerca di creare da subito allinterno dei gruppi; mette in crisi lorganizzazione delle attivit. Spesso questi tirocinanti coordinano i gruppi di ragazzi che si trovano spaesati e in difficolt quando a met anno scolastico, si trovano davanti una nuova persona, che deve imparare ancora tutto e che non conosce ne i ragazzi ne le abitudini che nel gruppo si erano ormai consolidate. Per questo, Gancio crede sia importante che ci sia un periodo di accompagnamento per il nuovo tirocinante che sostituir il coordinatore. Un momento di affiancamento con la persona che andr a sostituire, in modo che il tirocinante stesso non si senta spaesato o non in grado; in modo che impari e incominci a conoscere lattivit, e che allo stesso modo i ragazzi non si sentano lasciati soli, ma imparino a conoscere il nuovo coordinatore in un clima sereno, accogliendolo nel gruppo piano piano. Man mano che al volontariato singolo si aggiunto quello per gruppi e su gruppi sono stati necessari cambiamenti anche a livello della formazione dei volontari: non pi cicli semestrali di lezioni frontali, ma un lavoro pratico in atelier durante lanno, per lapprendimento di tecniche didattiche e di modalit espressive, pomeriggi denominati Strolgancio5, spendibili con il gruppo dei ragazzi e dei bambini a rischio. Un'altra novit fu la strutturazione una volta lanno di una full immersion formativa consistente in un seminario residenziale in un ex seminario nellAppennino reggiano (Marola): la formazione al seminario che oltre la concentrazione e lapprofondimento teorico-pratico, permette di fare squadra sia ai volontari che al sempre pi ampio gruppo dei tirocinanti. Dal 1995 in poi con la maggior strutturazione del lavoro, con le scuole, appaiono e partecipano alle attivit di Gancio Originale i ragazzi minorenni, studenti delle scuole superiori delle ultime tre classi; questo fu reso possibile dai protocolli
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Da strolgare, parola dialettale Reggiana che significa inventarsi, creare qualcosa con poche cose.

dintesa che Gancio cominci a istituire con le varie scuole, nei quali si concordava con essa, che la copertura assicurativa dei volontari minorenni (che non potevano essere inscitti nellelenco dei volontari dellAUSL come i maggiorenni) era di loro competenza. Con il tempo e la comparsa di cinque nuove borsiste nello staff di Gancio Originale (grazie al finanziamento della COOP NORDEST) si aprirono nuovi Workshop, non pi solo nelle scuole medie inferiori, ma anche dentro altre scuole medie superiori. Tutto questo cambi sia la numerosit dei volontari come la loro et: oggi infatti la maggior parte dei volontari minirenne; si accorci la distanza di et fra il minore oggetto di cura e quello che invece soggetto di cura, ed aumentarono considerevolmente i volontari maschi (la percentuale della loro presenza oggi, direttamente proporzionale alla presenza maschile della scuola di provenienza). La minore et dei volontari rende inoltre pi complesso il lavoro di organizzazione, di formazione e di tutoring per i responsabili del progetto, ma costringe a modificarsi, a rinnovarsi continuamente e questo anche un fattore positivo. Quella del Volontario unattivit che avviene in uno spazio che si potrebbe definire transizionale, nello stesso tempo dentro e fuori dalla scuola, ma che permette lesercizio di una operativit condivisa, un ruolo sociale riconosciuto, non facile ma scelto e pi in grado di catturare gli affetti delladolescente, del giovane e che pu essere un ponte verso lassunzione del ruolo di studente o comunque di persona pi grande che si assume responsabilit. Il risvolto della medaglia per, che la giovane et dei volontari, come il numero ormai altissimo di essi, e la loro provenienza da tutti i tipi di scuola (licei, istituti tecnici e istituti professionali), determinano una pi imprecisa e disomogenea propensione allassunzione, e, soprattutto, al mantenimento della responsabilit da parte degli ormai giovanissimi (i volontari pi giovani sono quelli delle classi terze ) volontari, e questo impone ai responsabili e a tutto lo staff dei tirocinanti e dei borsisti un pi attento, puntuale e quotidiano lavoro. Dal 1995 fino al 1999 il numero dei volontari stato presocch costante, 100 110 volontari lAnno; nel 1999 il numero dei volontari arriv a 138 maggiorenni pi 82 minorenni appartenenti a quattro scuole della citt, che complessivamente svolsero 5.180 ore.

Nellanno scolastico 1999/2000 Gancio Originale riuscii a dare il suo aiuto a 70 bambini delle scuole medie. Dal 1999 si andata delineandosi una nuova figura allinterno delle scuole di provenienza dei volontari: la Professoressa referente; una insegnante della scuola, che coordina con i responsabili di Gancio lattivit di propaganda informativa, che cura l assicurazione degli studenti fuori dai locali scolastici e che diventata un punto di riferimento per i ragazzi e per i coordinatori del progetto nel progettare gli interventi. Nellanno scolastico 2001/2002 il numero dei volontari ulteriormente salito raggiungendo quota 286 con un monteore complessivo di 7.735 annuo. Il numero dei volontari che hanno collaborato con Gancio durante lanno scolastico 2002/2003 e stato di 350 di cui 275 minorenni con un monteore di circa 10.000; questi volontari hanno lavorato nei Workshop dove hanno seguito 230 ragazzini e in servizi gestiti dallazienda AUSL. Nellanno 2004/2005 i volontari sono stati 320 minorenni, provenienti da quindici scuole superiori reggiane per un monteore di 10.168, e 61 maggiorenni per un monteore di 4.090. Nellanno scolastico 2005/2006 invece, i volontari sono stati 350 minorenni che hanno svolto 9.860 ore di volontariato e 59 maggiorenni che hanno svolto 3.976 ore6. Si nota quanto in quindici anni Gancio Originale sia evoluto e cresciuto, quanti ragazzi e volontari siano passati sotto la sua ala e quanto si fatto e ancora si fa per aiutare e risolvere le sempre numerose situazioni a rischio e quindi bisognose di aiuto.Tab [1.1]. Tab.1.1 numero dei volontari e ore di volontariato da esse svolto dal 1991, allanno scolastico 2005/2006. ANNO SCOLASTICO 1991/92 1992/93 1993/94 1994/95 1995/96 1996/97
6

N. VOLONTARI 5 15 122 100 100

NUMERO ORE 48,30 2792

Tutti i numeri dei volontari e delle ore svolte, sono desunti dai bilanci annuali che Gancio Originale alla fine di ogni anno scolastico svolge.

1997/98 100 3627 1998/99 100 4542 1999/00 220 5180 2000/01 158 5320 2001/02 286 7735 2002/03 350 10000 2003/04 349 9438 2004/05 381 14258 2005/06 409 13836 FONTE: Bilanci annuali di Gancio Originale, dagli annuari di Gancio Originale a cura di Bertani D., Cantini M., Reggio Emilia. Alcuni dati non sono stati calcolati per i primi anni di attivit. Come credo sia ormai chiaro, Gancio Originale un progetto in continua evoluzione e cambiamento, sono cambiate le attivit, le disponibilit e gli spazi e con questo sono cambiati i volontari, la loro et, la loro numerosit e le loro motivazioni. Come dice la Dr.ssa Deliana Bertani7 sono diverse le motivazioni dei volontari negli ultimi anni; allinizio ladesione avveniva soprattutto sotto la spinta di ideali la cui matrice si poteva ravvisare in quell Humus locale nato da quella coniugazione fra solidarismo socialista con quello cristiano che cosi massicciamente ha impregnato la nostra terra e la nostra cultura- - adesso fare volontariato rappresenta un modo per affermare il proprio essere, la propria vitalit, un impegno per affermare nel proprio spazio quotidiano, un dover fare qualcosa per sfidare il nulla in un corpo a corpo spesso inconsapevole, sia il desiderio di riprodurre armonia, giustizia, pace e amore, quei valori cio che le vicende umane cosi spesso calpestano ma di cui si serba nostalgia e bisogno(annuario di Gancio Originale ). Fare volontariato significa , poter pensare allapertura di nuove strade per s e per gli altri, e poter concretizzare limmaginazione stessa dimostrando a se e agli altri, che la speranza di cambiare quello che non va, non un sentimento ingenuo e illusorio. il trovare lo spazio per chiedersi cosa posso fare? e il mantenerselo, nonostante lespressione dilagante ma chi me lo fa fare?. Sono diversi i volontari di adesso rispetto a quelli dei primi anni:sono ragazzi che agiscono in piccolo, lontani dallidea che cosi facendo stanno pensando in grande.
7

Bertani D, Cantini M, (a cura di), Annuario di Gancio Originale, Reggio Emilia, a.s. 2002/2003.

Ci unimportante indicazione di lavoro per chi ha a che fare con i giovani, con la loro educazione:fare proposte che non deprimano, che partano dai bisogni, dai contrasti che si vedono, che si hanno sotto casa che contengano progetti condivisibili che facciano appunto scattare la domanda ma io cosa posso fare?(Dr.ssa Deliana Bertani). I volontari di Gancio Originale non hanno niente di diverso dai loro coetanei; come loro si divertono, vivono i loro interessi e le loro passioni, vanno a scuola e spesso non sono molto studiosi, ma hanno qualcosa in pi; sono recettivi a certi messaggi, hanno voglia si provare, sperimentarsi e aiutare gli altri con la consapevolezza che non sono mai lasciati soli e che per ogni dubbio, paura o incertezza c sempre qualcuno pronto ad ascoltarli, quindi vanno motivati, sostenuti e accompagnati. importante sottolineare linfluenza che tutta lattivit di volontariato ha sulla crescita psicologica dei volontari stessi. Un vero e proprio lavoro di prevenzione che in certi casi costituisce (anche la giovanissima et della maggior parte di loro) un punto di riferimento, un paletto nel percorso che dalladolescenza porta allet adulta. Un volontario ha scritto un articolo da inserire nellannuario di Gancio, dove dice aiutare gli altri, aiuta anche noi stessi a crescere;vedere i problemi degli altri e cercare di risolverli ci aiuta a guardare dentro noi stessi, a conoscerci meglio e a migliorare i nostri comportamenti. Negli ultimi cinque anni un nuovo progetto stato creato e portato avanti;un progetto che ha ampliato e stabilizzato le attivit di accoglienza per ragazzi immigrati. nato un nuovo tipo di Workshop, la Stanza di Dante;uno spazio di avvicinamento e di accoglienza alla lingua italiana per ragazzi di recentissima immigrazione collocati soprattutto nelle scuole superiori. Un aspetto entusiasmante di questo progetto che i volontari che aiutano questi ragazzi, sono ormai tutti a loro volta ragazzi immigrati e residenti a Reggio Emilia da anni. Vengono chiamati Mediatori Culturali, ragazzi che provengono da tante e diverse etnie (in provincia di Reggio Emilia sono presenti 92 etnie), i quali due volte la settimana lavorano fianco a fianco con i ragazzi immigrati appena arrivati in citt; questo un luogo dove la diversit linguistica, culturale e sociale, diventa elemento di ricchezza e scambio.

Nellanno scolastico 2003/2004 i volontari sono stati 288 minorenni (monteore 9.438) provenienti dalle scuole medie superiori della citt e 61 maggiorenni. Questi volontari hanno seguito 262 ragazzi di cui 65 nella stanza di Dante il workshop di accoglienza. Nellanno scolastico 2004/2005 i volontari minorenni sono stati 320(monte ore 10.169) e quelli maggiorenni 61(monte ore 4.090);nei workshop sono stati seguiti, fra gli altri , 84 minori immigrati. Come si pu notare allinterno di Gancio Originale, tutto cambia, si muove e si evolve; tutto ci spesso porta problemi e confusione come la necessit di cambiare e rivedere alcune cose. Gancio per nonostante gli anni e i cambiamenti, continua a essere se stesso, a svolgere le sue funzioni in unaurea che quella che tutti coloro che lhanno abitata, anche per poco tempo, hanno lasciata impressa; come chi andato via ha portato dentro di se una parte di quell aurea come patrimonio da spendere in altri incontri. Per questo Gancio Originale una attivit circolare che segna limpegno e lattivit di ognuno, responsabili, tirocinanti, volontari e ragazzi. Se Gancio si cristallizzasse, ci sarebbe il rischio della fossilizzazione in una routine, finendo per congelare la creativit, linventiva, che sono essenziali nel lavoro di Gancio Originale.

1.3 COME E PERCHE NASCONO LE STANZE DI DANTE. Il progetto la Stanza di Dante nata dal pi generale progetto di Gancio Originale durante lanno scolastico 2001/2002. un progetto nato per dare una risposta alle esigenze specifiche di una scuola superiore reggiana (Istituto di Ragioneria Scaruffi Levi), in cui la presenza di un buon numero di ragazzi immigrati, rendeva difficile la pi semplice comunicazione o bisogno. Coordinare consigli di classe, spesso di classi prime, in cui vi erano iscritti studenti ultraquindicenni che non conoscevano la lingua italiana, era diventato un serio problema per i professori della scuola; bisognava tentare di risolvere la situazione di emergenza e di sconcerto dato dalla difficolt di comunicazione, per ottenere il superamento di una scuola non obbligatoria aperta per a studenti che non avevano strumenti idonei di partenza.

Anche Gancio si era ormai da tempo accorto di questa nuova presenza sul territorio, capendo e rendendosi conto di quanto anche la tipologia, i problemi e le esigenze dei ragazzi fossero cambiate negli ultimi dieci anni. Quelli che Gancio segue, sono sempre ragazzi a rischio, difficili, ma i loro problemi sono pi complessi; sono lo specchio di una societ profondamente cambiata, che in pochissimi decenni da contadina diventata una societ postindustriale, terziarizzata multietnica. Sono i figli delle nuove famiglie, sono ragazzini che hanno sperimentato allinterno della famiglia ruoli genitoriali giocati in maniera molto diversa da quella tradizionale, e hanno di conseguenza sottoscritto nuovi contratti relazionali con gli adulti. Sono i figli della generazione immigrata dal sud come da paesi lontani dal nostro, ragazzi che hanno a che fare con le proprie origini in maniera molto diversa dai loro padri e dai loro nonni. Sono ragazzi che hanno bisogno di essere ascoltati aiutati ed accompagnati. Da tutto questo nato il progetto la Stanza di Dante;un progetto che ha come obiettivo quello del perfezionamento dellutilizzo della lingua italiana, come strumento di integrazione e di scambio tra un gruppo costituito da alunni stranieri da poco arrivati in Italia e un gruppo di ragazzi della stessa scuola, volontari di Gancio Originale. La Stanza di Dante vorrebbe favorire la socializzazione mediante lacquisizione di abilit e competenze sociali e lo scambio culturale reciproco; vorrebbe favorire un sereno luogo conoscitivo e relazionale attraverso la proposta di attivit interdisciplinari che stimolino linteresse dei ragazzi protagonisti. La Stanza di Dante un laboratorio di incontri, contaminazioni e coniugazioni fra ragazzi provenienti da diversi paesi, diverse culture ed esperienze. Attraverso questa attivit si cerca di favorire laccesso allistruzione, curare i percorsi dapprendimento, mettere in rete interventi fra varie istituzioni, con ragioni sociali diverse, presenti sul territorio; favorire la costruzione di relazioni positive tra pari, incrementare la possibilit di integrazione dei minori immigrati attraverso il sostegno alla frequenza scolastica, potenziare gli apprendimenti, in particolare quello della lingua italiana e infine fornire un tutoring nei confronti dei pi piccoli, dei pi bisognosi e pi in generale di mediazione culturale. Negli ultimi anni i volontari che partecipano al progetto sono quasi tutti stranieri; ragazzi o che hanno partecipato loro stessi come fruitori del progetto negli anni

precedenti, e che poi hanno deciso di diventare volontari, o che hanno sentito parlare dellattivit dal passa parola, che spesso aiuta Gancio a trovare nuove risorse disponibili. I volontari (mediatori culturali) hanno la funzione di facilitatori, sia linguistici che relazionali, funzione di rinforzo delle abilit linguistiche, importanti per migliorare la conoscenza reciproca. La Stanza di Dante pu essere vista come un esempio di Peer Education; sinteticamente, la Peer Education viene descritta come un sistema grazie a cui persone di et, status, ed esperienza simile possono passarsi reciprocamente informazioni e imparare una dallaltra. In realt Peer education una espressione inglese, assai diffusa a livello internazionale, che trova difficile traduzione nella lingua italiana. La pi semplice, educazione tra pari, rimanda al concetto di comunicazione tra coetanei o persone che appartengono ad un medesimo status e risulta quindi inerente ad aspetti di influenza sociale. Pertanto dal punto di vista letterale educazione tra pari il rapporto di educazione influenza reciproca che, a livello formale e/o informale, tra loro instaurano persone afferenti ad un medesimo gruppo di riferimento.8 I volontari che partecipano alla Stanza di Dante e che fungono da mediatori, hanno spesso la stessa et dei ragazzi appena arrivati in Italia e che hanno bisogno del loro aiuto; sono ragazzi che capiscono limportanza del loro impegno e che hanno voglia di aiutare i loro compagni a integrarsi, a conoscersi e a sentirsi meno spaesati e confusi, spesso li capiscono maggiormente, perch loro stessi si sono trovati nelle stesse situazioni, quindi sanno cosa sia meglio dire o fare davanti alle difficolt di questi giovani. Sono veri Peer che cercano di aiutare. In ogni Stanza di Dante in cui ci si pu trovare, si coglie la voglia di parlare, capirsi, conoscersi, confrontarsi, divertirsi insieme, conoscere litaliano, ma anche le altre lingue e le altre culture;diventare un p di pi multiculturali, cio conoscersi senza barriere(Proff. Referente dellIstituto Scaruffi - Levi)9.

1.4 LE STANZE DI DANTE

Pellai A., Rinaldin V., Tamboni R., Educazione tra pari. Manuale teorico pratico di empowered peer education, Erikson, Trento, 2002. 9 Bertani D., Cantini M., (a cura di), Annuario di Gancio Originale, Reggio Emilia, a. s. 200372004.

La scuola non lunico ente di formazione e non pu realizzare da sola lintegrazione, ma pu contribuire promuovendo idee di apertura che sono in linea con le finalit del POF (piano offerta formativa), di accettazione e rispetto di s e degli altri, e di promozione al valore di tolleranza. La Stanza di Dante un modo per sensibilizzare gli studenti al problema dellintegrazione sociale e conoscere un fenomeno in evoluzione nella nostra societ, un progetto di aiuto, prevenzione e integrazione. La scuola naturalmente, deve essere portatrice del valore interculturale. La stanza di Dante il nome che Gancio Originale10 ha dato alle due ore pomeridiane in cui i ragazzi immigrati, i volontari della suola e a volte un insegnante o un coordinatore, si trovano per lavorare insieme allinterno dei locali della scuola. Inizialmente il progetto nato come attivit di alfabetizzazione, accorgendosi e sviluppandosi poi con il tempo, come progetto di accoglienza, integrazione e supporto rivolto ai ragazzi arrivati da poco nel nostro paese. Il gruppo composto da alcuni volontari di Gancio Originale (ragazzi che frequentano la stessa scuola, immigrati loro volta ma da pi tempo in Italia), da volontari autoctoni, da una decina di ragazzi di recente immigrazione, selezionati dagli insegnanti e dal coordinatore di Gancio Originale, e da un insegnante referente del progetto o da un coordinatore ( spesso tirocinante di Scienze dellEducazione o di Psicologia) mandato dal Progetto dellAUSL reggiana. Durante queste due ore si svolgono attivit che possono rientrare nel curriculum scolastico, ma prevalentemente si tratta di attivit d integrazione. In questi momenti i ragazzi immigrati hanno la possibilit di conoscere i nuovi compagni che possono essere anchessi stranieri, come autoctoni (volontari), possono parlare delle loro origini, dei loro dubbi o delle loro paure; imparano litaliano condividendo con gli altri se stessi, portando un arricchimento per gli altri e avendo la possibilit di tirare fuori ogni genere di cosa credano possa interessare ai compagni. I ragazzi nella Stanza di Dante condividono diverse cose, dai racconti della loro infanzia, alle descrizioni della loro famiglia, dalle difficolt che possono incontrare, alle opinioni di ci che accade nel mondo, per finire con i compiti, o gli appunti presi in classe .
10

Progetto di volontariato giovanile dellAUSL di Reggio Emilia .

Questo un punto nodale che emerge in ogni gruppo, i ragazzi tra loro con il tempo si aiutano a vicenda, non sono solo i volontari a dare una mano ai ragazzi immigrati pi giovani, i quali appartengono alla stessa nazionalit e quindi non hanno il problema della lingua, ma spesso accade che gli stessi ragazzini si aiutino tra loro. I ragazzi ghanesi aiutano gli albanesi con linglese, o i marocchini i moldavi con il francese, come capita che siano i ragazzini cinesi ad aiutare gli ucraini con la matematica. Questo atteggiamento un vero esempio ti tutoraggio 11, un atteggiamento in cui i ragazzi stessi si aiutano a vicenda, si scambiano competenze e aiuto in base alle loro caratteristiche e abilit. I ragazzi fungono appunto da mediatori e facilitatori della comunicazione, si conoscono nella Stanza di Dante ma frequentando la stessa scuola, quindi hanno occasione di incontrarsi in classe o nei corridoi, di scambiarsi amicizie e conoscenze, di stare insieme e di aiutarsi nelle diverse difficolt che possono incontrare. davvero una situazione di scambio e condivisione, un momento dove le differenze sono una risorsa non una penalit, dove parlare diverse lingue un pregio, non motivo di discriminazione. Per molti di questi ragazzi la scuola rappresenta lunica possibilit di socializzazione extrafamigliare, ma come gi detto la scuola non sempre in grado di sopperire agli innumerevoli disagi che questi ragazzi incontrano, cosi, la Stanza di Dante si offre come contenitore dove poter sperimentare nuovi incontri, nuovi modi di comunicare e conoscere altre culture, per conoscere meglio s stessi. un microcosmo di sperimentazioni dove le braccia adulte fanno da confine, pongono dei limiti in un territorio dove possibile incontrarsi senza calpestarsi e conoscersi senza perdersi(Marcella Paterlini coordinatrice di una Stanza di Dante)12. Lauspicio che ci che si prova in questo spazio fisico e psichico, lo si possa portare allesterno come forma di arricchimento del proprio substrato, nel rafforzare la consapevolezza di se, della propria cultura e delle proprie origini, da mettere a disposizione come risorsa nellincontro con laltro e non come una parte di se da nascondere e da dimenticare.
11 12

Vedi Cap. 3 par. 3.2. Bertani D,Cantini M. (a cura di), Annuario di Gancio Originale, Reggio Emilia, a.s. 2003/2004.

Oggi la Stanza di Dante vista dalle scuola, come dalla citt stessa, unesperienza educativa e formativa importante, per i ragazzi stranieri come per i ragazzi italiani che vi partecipano. Allinterno del progetto si creano situazioni e dinamiche che non sono volutamente educative, ma sono spontanee e inaspettate le quali insegnano molto ai partecipanti, per conoscersi, capirsi e scoprire qualcosa di se e degli altri. Alcuni accadimenti appunto, possono essere identificati come eventi formativi indipendenti dalla dichiarazione di intenti, dalla consapevolezza a priori dei soggetti coinvolti, e anche in assenza di sfumature di intenzionalit pedagogicamente impostate. Per P. Bertolini13, sono molte e diverse le situazioni che possono connotarsi come situazioni educative perch stimolano consapevolmente o meno, trasformazioni tendenti allo sviluppo e alla crescita degli individui. Bertolini intende lesperienza educativa in quattro accezioni. Lesperienza educativa spontanea naturale, in cui il protagonista lindividuo che si educa, in quanto lui che apprende pur utilizzando le relazioni con laltro da s che sia oggetto o persona. La seconda sempre uneducazione di tipo spontaneo e naturale ma nella quale sono i soggetti pi maturi14 i protagonisti, i quali in relazione con quelli meno maturi li condizionano, li stimolano li aiutano a crescere e a svilupparsi, senza tuttavia impostare questa loro attivit in modo razionale e programmato.15 Per terzo livello, Bertolini intende unesperienza educativa intenzionale e voluta, in cui i soggetti pi maturi, vogliono aiutare quelli meno maturi,secondo precise direzioni. Questo tipo di educazione si riferisce a specifici contesti culturali e ideologici extraeducativi ti tipo religioso, filosofico o politico. un tipo di esperienza che sicuramente produce effetti anche se non sempre previsti o desiderati. Lultimo livello quello dellesperienza educativa razionalmente fondata, intenzionale quindi, non estemporanea e casuale, capace di riferirsi a contesti culturali originari, in quanto emergenti dalla sua stessa struttura quindi non ideologicamente predeterminati.
13 14

delle

Bertolini P, LEsistere pedagogico, La Nuova Italia, Firenze, 1998. Ibidem. 15 Ibidem. , p. 128

Da questa visione chiara limportanza di tutti questi livelli; di come sia importante tenerli tutti in considerazione per la formazione e leducazione della persona. La Stanza di Dante pu essere vista quindi come una possibilit, un progetto che non ha fini ideologici o precedentemente determinati, ognuna si sviluppa nel corso dellanno scolastico in base alle caratteristiche e alle esigenze dei ragazzi; le attivit e le procedure si costruiscono con, e per i ragazzi che vi partecipano. Il progetto cambia nel tempo, come i tempi e le richieste dei partecipanti, nulla categoricamente deciso e nulla imposto, la cosa che sempre tenuta in considerazione, sono i ragazzi, il conoscerli, laiutarli e i cambiamenti che si possono e si devono attuare nel corso del tempo. 0rmai tutte le scuole superiori reggiane, hanno fatto e unito le forze per aiutare i ragazzi immigrati arrivati nei loro edifici, aderendo al progetto ideato da Gancio Originale, la Stanza di Dante, creando cos uno spazio per questi giovani. Grazie agli insegnanti, allazienda USL, ai volontari, ai professionisti e agli stessi ragazzi, le scuole, hanno partecipato a una iniziativa che permette e aiuta i nuovi alunni immigrati, da poco giunti in Italia, a conoscere lItalia, la nuova lingua e la nuova cultura con cui ora sono a contatto, condividendo se stessi e la loro storia con i loro compagni, sentendosi meno soli e pi accompagnati, verso il lungo cammino che li porter a una vera e propria integrazione. Tutto si porta alla Stanza di Dante: dallo zaino non escono soltanto libri, ma anche i vissuti quotidiani scolastici e famigliari, le frustrazione le gioie e i drammi. Questo il lavoro di accoglienza di questa attivit, di contenimento, gestione e organizzazione; con la speranza di poter restituire qualcosa di buono da mettere nello zaino per il rientro a casa. (dr.ssa Marcella Paterlini, psicologa coordinatrice)16. Lesperienza della Stanza di Dante non va in una unica direzione, si tutti benefattori e fruitori di ci che accade; ognuno, dal pi piccolo al pi grande porta qualcosa, uno scambio di esperienze di vita. Per la scuola, la presenza di ragazzi stranieri una sfida che deve ripensarsi in modo nuovo rispetto agli attori delleducazione, ai loro ruoli, ai contenuti e ai modi dellapprendimento.
16

Berani D., Cantini M., (a cura di), Annuario Gancio Originale, Reggio Emilia, a. s.2004/2005.

Alla scuola, diventata ormai multiculturale, spetta il compito di mettere in relazione e di mediare esperienze differenti, eterogenee, condotte altrove, che chiedono di essere conosciute e riconosciute, messe in comune e scambiate. Ci che si cerca di fare di trasformare lansia e langoscia che inevitabilmente sorgono in queste occasioni, in elementi che permettono di non farsi travolgere dal cambiamento; bisogna cercare di governarlo, di programmarlo. Laccompagnamento una delle strategie pi efficaci per governare il cambiamento allorch (come avviene in Gancio Originale) sulla scena organizzativa vi siano pi generazioni, poich permette a tutti gli attori di ricollocarsi lun laltro in modo coordinato e complementare e di trasformare cos le ansie in elementi di programmazione e di cooperazione intergenerazionale. Accompagnare significa introdurre nella verticalit di un raffronto generazionale, degli elementi di compartecipazione (Annuario di Gancio Originale 2002/2003). Quello che si cerca di fare allinterno delle Stanze di Dante proprio questo: accompagnare questi ragazzi, farli sentire accettati, accolti e capiti; aiutarli a integrarsi nella classe come nella scuola, perch riescano poi ad inserirsi meglio nella nuova societ. Forse una delle lacune di questo progetto, il mancato rapporto che i coordinatori hanno con le famiglie di questi ragazzi. Quasi sempre le poche cose che si sanno, e che spesso aiutano a capire molte dinamiche ed atteggiamenti che i ragazzi attuano nel gruppo, si sanno, con il tempo, direttamente da loro. La verit che non facile entrare in contatto con queste famiglie, anche perch quasi sempre, sono i figli a fare da mediatori tra la scuola e i genitori a causa della non conoscenza dellitaliano di questi. Conoscere e incontrare anche le famiglie, aiuterebbe i responsabili a capire meglio le situazioni dei ragazzi, cercando magari di assumere atteggiamenti diversi e pi idonei alle diverse situazioni. Spesso ci vuole tempo per capire latteggiamento restio o provocatorio di uno dei ragazzi e poi con il tempo e tanta pazienza, emerge un conflitto famigliare o una paura dettata dal tipo di educazione impartita dalla famiglia. Nellultimo anno si cercato di sopperire anche a questo problema, invitando le madri dei ragazzi immigrati per insegnare al gruppo a cucinare un piatto tipico del proprio paese, o per raccontare una fiaba nella propria lingua dorigine e in

italiano, a tutti i ragazzi. Questo ha fatto si che da questo pretesto nascessero curiosit e domande riguardanti i diversi paesi, le madri dei ragazzi conoscessero meglio il mondo della scuola e soprattutto i loro figli allinterno di essa, e anche i volontari autoctoni portassero a casa curiosit e scoperte da raccontare a genitori e compagni. Conoscere queste culture in precedenza sarebbe una cosa molto importante e utile, conoscere usi e costumi di una cultura, le usanze e le festivit, agevola il coordinatore ad avere un miglior approccio con loro e fa sentire i ragazzi meno estranei e lontani dal mondo in cui si trovano. Spesso quando si chiedono ai ragazzi informazioni sulle diverse usanze del loro paese o il significo di alcune parole, magari sentite per caso, inizialmente sono restii e si rifiutano di rispondere, ma poi con il tempo e maggiore fiducia, quando capiscono che nessuno li per giudicarli, si nota quanto tutto ci li renda fieri; sono orgogliosi di spiegare loro, agli altri, una cosa che fino a quel momento era del tutto sconosciuta a tutti; la loro cultura e il loro paese diventa motivo di vanto. Quasi sempre i momenti in cui i ragazzi si raccontano, diventano momenti esilaranti e di risate, perch dalle discussioni, escono domande e curiosit molto spesso dettate da stereotipi che i ragazzi, come gli adulti hanno delle culture lontane dalla propria: ma vero che in Cina mangiate i cani? ed vero che in Africa non esistono le posate? sono solo alcuni esempi. In altri momenti sono i discorsi seri a prendere il sopravvento e allora i temi trattati sono temi di attualit come le catastrofi naturali a cui i ragazzi delle diverse nazionalit danno motivazioni e cause diverse, o fatti di cronaca, che siano di delinquenza o violenza, festivit o matrimoni. In queste situazioni i ragazzi per non si sentono giudicati o derisi quindi difficilmente si creano situazioni di conflitto o di scontro, i ragazzi come i volontari cercano di aiutarsi a vicenda in modo che tutti possano capire le spiegazioni o i chiarimenti che si danno alle diverse domande, unoperazione di gruppo, un lavorare insieme perch nessuno si senta escluso o messo da parte. Spesso si organizzano uscite per conoscere il territorio reggiano, in biblioteca, nei musei, come al supermercato; si cerca di far conoscere ai ragazzi i quartieri in cui vivono, perch possano orientarsi e muoversi meglio nella citt. Anche questa una attivit che i ragazzi amano molto, perch permette loro di uscire dai contesti che ormai gi conoscono, come la famiglia o la scuola, si

sentono liberi di muoversi e fare domande, non si sentono a disagio o in difficolt, soprattutto perch non sono soli. Il gruppo che si crea allinterno della Stanza di Dante un gruppo che nasce piano piano ,con pazienza e senza forzare niente e nessuno, ma una volta formato un gruppo solido ma soprattutto non chiuso. Molto spesso capita che allinizio dellanno non siano molti i ragazzi di recente immigrazione che aderiscono al progetto, poi invece, con il tempo, si sparge la voce come dicono i ragazzi, ed ad ogni nuovo appuntamento, arriva in classe un nuovo ragazzo che vorrebbe entrare a far parte del gruppo. Questo a volte pu portare disagi ai ragazzi che ormai si sono conosciuti e hanno imparato a capirsi, ma questo permette che il gruppo non si chiuda in se stesso, rifiutando i nuovi arrivati, ma sia sempre pronto ad accogliere nuovi compagni e a rimettersi in gioco continuamente. In questo modo il gruppo dei ragazzi che partecipano alla Stanza di Dante, si un gruppo solido dove gli alunni si sentono accolti e capiti, ma anche un gruppo che permette loro di andarsene, di entrare a contatto con altri compagni della scuola o di inserirsi meglio allinterno della scuola stessa. Nella Stanza di Dante si conoscono ragazzi nuovi, stranieri e non, della scuola, che si incontrano poi nei corridoi tutte le mattine, con cui ci si ferma a fare due chiacchiere e che spesso aiutano anchessi a incontrare e conoscere nuove persone. La Stanza di Dante quindi vuole esser un occasione di incontro per tutti, un momento di socializzazione, dove si impara litaliano stando con gli altri, dove la lingua dorigine e la propria cultura vengono valorizzate, dove parlare italiano diventa importante per far in modo che tutti capiscano e non perch sei in Italia e devi parlare italiano, dove si conoscono cose e persone nuove, dove si impara che diverso spesso risulta curioso e interessante, dove di tutto si pu parlare nel rispetto degli altri e di tutte le culture, dove il pregiudizio o lo stereotipo vanno superati e chiariti con educazione e sensibilit. La comunicazione tra soggetti simili (pari) consente loro di vivere lesperienza negativa come condizione comune, non solo come dolorosa diversit, facendola diventare prezioso strumento di condivisione, quindi di rottura della solitudine e dellimpotenza, di comprensione di s, cui attingere per aiutare gli altri.17
17

Ferrario F, Il lavoro di rete nel servizio sociale, La Nuova Italia Scientifica, Roma, 1992, p.87.

1.5 IL SIGNIFICATO SIMBOLICO DEL GANCIO Quando nel 1991 i responsabili del progetto di volontariato giovanile dellAUSL di Reggio Emilia, iniziarono e strutturarono lattivit, non erano sicuri di come denominarla. Il progetto era nuovo, e per certi versi innovativo, voleva avere un nome curioso e che incuriosisse e quindi dopo un po di riflessioni e idee fu deciso per Gancio Originale. Ma perch proprio Gancio? La finalit del progetto era quella di coinvolgere ragazzi delle scuole superiori e non, per aiutare bambini o ragazzi in difficolt, allinterno delle parrocchie, nelle scuole, o nei centri per handicap. E allora cosa poteva essere pi azzeccato del Gancio? In quel periodo, lespressione fare un gancio, era usatissima e di moda tra i giovani reggiani; significava e in realt ancora significa conoscere qualcuno, provare un approccio con una ragazza/o, fare amicizia. Se si cerca sul dizionario il significato della parola gancio, si trova: uncino di metallo, pi o meno grande, usato per afferrare, appendere, collegare vari oggetti. Gancio Originale coinvolge diverse persone, di et, cultura e professione diversa; unisce e collega studenti, professori, presidi, educatori, psicologi, famiglie, amici e tutti coloro che ogni anno entrano a far parte del gruppo di Gancio Originale. Tutti fanno parte dello stesso gruppo e sono agganciati da un fine comune, quello di aiutare gli altri; gli obiettivi sono gli stessi, come le paure e i dubbi, che tutti i ragazzi essendo agganciati, risolvono sempre insieme, e allo stesso modo, condividono gioie, divertimenti e soddisfazioni. Il Gancio quindi ti prende, ti coinvolge e ti trattiene, non con forza ma per scelta; un Gancio che lega tutti: coordinatori, volontari e ragazzi ad un fine comune, aiutare gli altri, crescendo, prendendosi le proprie responsabilit, scoprendo il bene e le soddisfazioni che si possono ricevere in cambio, creando legami e possibilmente altri Ganci.

Il termine riflette bene lattivit - scrive una volontaria sullannuario di Gancio un vero arpione che ti prende e non ti lascia pi; quando sali sulla giostra diviene difficile scendere.18 Sono proprio queste le parole che i responsabili del progetto usano nelle mattinate a scuola, durante le quali spiegano il progetto a coloro che potrebbero diventare nuovi volontari: siamo qui per agganciarvi per far s che voi partecipiate alle nostre attivit, per far si che siate anche voi ad agganciare amici e conoscenti, coinvolgendoli nel progetto. Quello di Gancio Originale, giusto dirlo, un Gancio aperto, libero, da cui i volontari possono entrare e uscire, da cui possono prendersi una pausa per poi rientrarvi successivamente. Spesso i ragazzi garantiscono il loro impegno per un anno e poi finito questo, lasciano il progetto, per poi magari rientrarvi mesi o anni dopo. Molti volontari spiegano come il gancio ti leghi per sempre ai ragazzi, ai coordinatori, alle attivit; Gancio, davvero un nome simbolico che cerca di spiegare il legame e il rapporto che lega tutti i componenti del progetto, come una amicizia nata e non necessariamente cercata, un rapporto che non si credeva di trovare, ma che necessariamente si crea. inutile forse spiegare perch questo Gancio sia Originale, naturalmente per tutti i motivi elencati prima. Il progetto non chiede ai suoi volontari tanto tempo, non chiede loro di aderire ad ideologie particolari o di legarsi all attivit per la vita. Il progetto nato grazie a pochissime risorse e grazie alle idee di pochi, per poi diventare un progetto grande, conosciuto e innovativo, e per questo diventato Originale.

1.6 NEL 2006 NATA UNA ASSOCIAZIONE DI PROMOZIONE SOCIALE 1.6.1 AMICI DI GANCIO ORIGINALE Amici di Gancio Originale una associazione di promozione sociale (nata solo nel 2006), per promuovere e valorizzare le propensioni dei giovani all impegno sociale ed alla cura, affidandole con appropriate attivit di animazione e di
18

Bertani D. Cagossi S. (a cura di), Annuario di Gancio Originale, Reggio Emilia, a.s. 2005/2006, p.46.

formazione rivolte sia ai giovani, sia all ecosistema adulto che ruota intorno ad essi ( genitori, scuola, lavoro, svago). Secondo i creatori e fondatori dell associazione19 i giovani sono una grande risorsa sulla quale investire, sono il nostro domani. Confidare in loro e nelle loro potenzialit, dare loro il tempo di crescere e maturare, porli nelle condizioni di poter esprimere autenticamente se stessi la loro missione. Nel territori della provincia di Reggio Emilia ormai da oltre quindici anni, Gancio Originale una struttura di volontariato giovanile che ha visto impegnarsi al servizio dei bambini dei ragazzi a rischio, dei deboli, degli immigrati, 6.000 giovani delle scuole medie superiori. Gancio ha dimostrato che investire sui giovani che aiutano altri giovani serve sia a chi riceve le cure, sia a chi le d, ma anche gli adulti che nella scuola, nella sanit, nel sociale, si impegnano al loro fianco e apprendono dallesperienza fatta insieme a loro. Con lassociazione Amici di Gancio Originale gli ideatori, si propongono di solidificare ed estendere questa esperienza. Come? Si ispirano ai principi dell accoglienza, del dialogo della partecipazione e della condivisione attraverso la predisposizione di programmi di prevenzione e di intervento volti al superamento di ogni condizione giovanile di marginalit, di esclusione o di potenziale devianza; attraverso un opera di sostegno e di formazione dei giovani nel loro approccio con la scuola, il mondo del lavoro e la societ in genere. Amici di Gancio Originale intende realizzare i propri scopi istituzionali attraverso le seguenti attivit:
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Promozione di attivit volte a creare e mantenere il benessere dei bambini, degli adolescenti, dei giovani; Promozione di progetti di prevenzione e recupero del disagio giovanile; Istituzione di centri di aggregazione e luoghi di accoglienza per attivit ludico- ricreative; Realizzazione di progetti rivolti allinfanzia e alladolescenza, e in particolare alle situazioni di disagio, con lintento di promuovere attivit di

Gli stessi che hanno ideato e gestito in questi anni il progetto Gancio Originale.

sostegno, recupero e animazione rivolte direttamente ai bambini e agli adolescenti ed ai loro genitori e, pi in generale, a coloro che operano con i giovani: insegnanti, educatori, social worker; Sviluppo della disposizione dei giovani alla solidariet, al senso civico, al dialogo e allo scambio con persone in condizione di svantaggio sociale e relazionale. Predisposizione e realizzazione di percorsi di accompagnamento degli adolescenti e dei giovani nel mondo della scuola, del volontariato, nellottica della valorizzazione dei singoli e dei gruppi sul piano della assunzione di responsabilit; Promozione di corsi e di attivit di formazione e di aggiornamento rivolte ai propri associati. Lassociazione- apolitica, aconfessionale e senza fini di lucro- si prefigge di promuovere la partecipazione dei propri soci alla vita della comunit provinciale, nella prospettiva di valorizzare le propensioni dei giovani allimpegno sociale ed alla cura, affidandole con appropriate attivit di animazione e formazione, da indirizzarsi ai giovani ed ai contesti di vita (famiglia), di studio (scuola), e di lavoro in cui essi vivono e operano. Inoltre lAssociazione, ispirandosi ai principi dellaccoglienza, del dialogo, della partecipazione e perseguendo il superamento di ogni condizione giovanile di marginalit, di esclusione o di potenziale devianza, e per il sostegno e la formazione dei giovani nel loro approccio con la scuola, il mondo del lavoro e la societ in genere.

1.6.2 PERCHE E NATA LASSOCIAZIONE In questi anni Gancio Originale diventato sempre pi grande; da Gancio sono nate attivit interessanti e importanti: La Stanza di Dante, il Free Student Box, Strolgancio. Nel frattempo alcuni operatori colonne portanti dellattivit- sono andati in pensione. Negli anni molti collaboratori tirocinanti e borsisti, sono passati, sono andati avanti nel loro percorso, lasciando comunque una traccia di se. Molti insegnanti

hanno collaborato in questi anni con Gancio per un tempo pi o meno lungo. Soprattutto moltissimi giovani si sono succeduti nellattivit di Gancio. Ci sempre sembrato bello20 che tutte queste persone potessero continuare ad avere una spazio per sentirsi e risentirsi in Gancio per fare nuove esperienze ma anche soltanto sentirsi amici di qualcosa con la quale hanno sperimentato momenti veri, di soddisfazione, di fatica, di realizzazione. Abbiamo sempre sottolineato che Gancio Originale unattivit di volontariato dellAusl di Reggio Emilia, e non unassociazione. Anche questo stato un fattore che ha favorito il continuo rinnovarsi, lapertura verso lesterno, il mantenersi interlocutori attenti dei giovani e del territorio, lessere punto di riferimento per piccole esperienze di solidariet e di partecipazione, lessere officina di volontari a piede libero in grado di portare con se gli stimoli e le riflessioni condivise, e di dar vita a nuovi progetti.21 Grazie e anche per questo nata lassociazione amici di gancio, per permettere a coloro che hanno fatto parte di Gancio Originale di fare parte ancora di qualcosa, di trovare e incontrare persone che come loro si sono offerte in passato e che magari oggi non hanno pi la possibilit di far parte del progetto dell Ausl ma di una associazione che comprende questi e anche altri aspetti del Gancio s. Lassociazione una nuova scommessa: dar vita ad un assetto organizzativo, per certi versi complementare a Gancio Originale, che rappresenti un contenitore stabile e continuo per fermarsi, per tornare, per ripassare, per appoggiare qualcosa, per avvicinarsi ad una esperienza di volontariato. La scommessa che gli ideatori e fondatori fanno, quella di riuscire a coniugare la stabilit con la leggerezza, la giovent con le altre et, la delicatezza con la pesantezza e la corposit dellimpegno, la visibilit con la presenza discreta. La scommessa quella di essere amici veri, solidi, non invadenti, non inopportuni; di quelli che ci sanno essere al bisogno ma sanno anche fare un passo indietro. I giovani di Gancio Originale hanno collocato l azione volontaria nella dimensione della quotidianit, hanno trovato nella normalit della vita di tutti i giorni e non nella straordinariet il naturale contesto per limpegno e lattenzione verso laltro: lassociazione intende muoversi in continuit con questa pratica.
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Dott.ssa Deliana Bertani, Psicologa AUSL Reggio Emilia e responsabile del Progetto Gancio Originale. 21 Deliana Bertani Cagossi S, (a cura di), Annuario di Gancio Originale, Reggio Emilia, a.s. 2005/2006.

Insomma quelli di Gancio non smettono mai di creare, ascoltare, evolversi in base ai bisogni e alle esigenze che incontrano nel loro cammino. Tutto ci una grande risorsa, la loro voglia di fare, accompagnare chiunque ne abbia bisogno, tirocinante, borsista, volontario, ragazzo a rischio, disabile o straniero, Gancio sa con rispetto e delicatezza avvicinarsi, per aiutare.

1.7 IL RUOLO DEL VOLONTARIO IN GANCIO ORIGINALE 1.7.1 TRA VOLONTARI E RAGAZZI Il progetto denominato Gancio Originale, nato come un progetto di volontariato che riuscisse a coinvolgere i giovani reggiani in una attivit che potesse aiutare gli altri; ragazzi a rischio, con problemi di apprendimento, di attenzione o comportamentali, ragazzi disabili, in difficolt, ragazzi immigrati da poco nel nostro paese. Lidea e la speranza era che i giovani volontari, sarebbero riusciti con minori difficolt ad aiutare i ragazzi a disagio o problematici, ad entrare meglio a contatto con loro creando un rapporto pi alla pari. In effetti, per i volontari di Gancio, cos sempre stato, pi facile ed automatico per loro entrare a contatto con i ragazzi in difficolt; questi giovani, sono meno inibiti a parlare ed aprirsi con i volontari che con gli adulti. La figura adulta sempre vista come una figura autorevole e maggiormente legata alla scuola, mentre i volontari, dopo un breve periodo di conoscenza e ambientamento, vengono visti come un esempio e un modello da imitare. Capita spesso che i ragazzi si confrontino e siano curiosi nei loro confronti, sulla scuola, la famiglia, gli amici. Tra ragazzi e volontari, con il tempo, si instaura un rapporto di affetto, fiducia ed amicizia reciproca; si creano rapporti e amicizie che spesso poi vanno al di fuori delle ore del Gancio o della Stanza di Dante. I bambini pi piccoli, vedono la figura del volontario non come vedono se stessi, ma neppure come vedono un insegnante o un genitore, sono curiosi nei loro confronti, li studiano, li mettono alla prova e spesso mettono a dura prova la loro pazienza. la pazienza, il contare fino a dieci che devono imparare a tirare fuori questi volontari, sono ragazzi, quindi spesso sono i coordinatori a doverli

aiutare, pur avendo chiaro da subito che saranno in grado molto presto di cavarsela da soli. I volontari imparano a conoscere i ragazzini e viceversa, imparano a prendersi ed ad ascoltarsi, si scelgono e di solito continuano a fare coppia22 per tutto il resto dellanno. In tutta questa fase di conoscenza, di ambientamento e comunque in tutti i momenti dellanno, il volontario non si sente mai solo e abbandonato; ci sono gli altri volontari a cui chiedere consigli, ma soprattutto il coordinatore la figura che il volontario tiene sempre presente. Considerata la giovane et di questi ragazzi molto importante questa figura che li rende tranquilli e liberi di sperimentarsi, di mettersi in gioco, coscienti dellaiuto che possono sempre chiedere ed esporre. Spesso nella Stanza di Dante, ragazzi e volontari sono coetanei e lunica cosa che li differenzia il tempo di permanenza nel nostro paese, quindi la loro conoscenza della lingua italiana. Questo fa si che i ragazzi e i volontari organizzino uscite e incontri, anche ad di fuori della scuola, che si sentano al telefono e nel periodo estivo. Questo un atteggiamento molto significativo e importante: i ragazzi si conoscono allinterno della stanza di Dante ma poi nata lamicizia, hanno voglia di incontrarsi anche fuori coinvolgendo spesso anche altre persone; la stanza di Dante facilita il primo approccio, ma poi sono i ragazzi che hanno voglia di condividere la loro quotidianit e le loro vite anche al di fuori della scuola. La Stanza di Dante li fa conoscere, li aiuta ma poi li lascia andare, lascia che siano loro a scegliere le loro amicizie e le loro simpatie. I ragazzi cos si conoscono, si confrontano, si mettono in discussione; riescono a parlare di loro stessi e delle loro esperienze con meno inibizioni e paure. Essi, si sentono pi capiti dai volontari che spesso hanno avuto esperienze simili se non uguali; anche loro arrivati da altri paesi, conoscono le paure e i conflitti che loro stessi stanno passando. La stanza di Dante per i ragazzi e i volontari una occasione di crescita e conoscenza, un luogo dove incontrarsi, scambiare abilit e conoscenze, ma soprattutto imparare a stare insieme, nel rispetto e nella condivisione.

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Tutte le parole tra virgolette, sono espressioni usate dai volontari di Gancio quando si chiede loro di descrivere lesperienza. Dagli Annuari di Gancio Originale.

1.7.2 PERCHE IL VOLONTARIATO E A DOPPIO SENSO? Una cosa che sicuramente i responsabili e gli ideatori del progetto non avevano messo in conto, e che con stupore hanno rilevato, in seguito alle telefonate dei genitori dei volontari ed in seguito alle loro stesse affermazioni, e alle loro domande, stata linfluenza che tutta lattivit di volontariato ha avuto e ha, sulla crescita psicologica dei volontari stessi. Come sostengono Yates e Youniss23 limpegno in attivit prosociali promuove lo sviluppo dellidentit personale e sociale, soprattutto nei suoi aspetti morali, incrementa lautostima, facilita la comprensione di s e degli altri e consente di mettere alla prova le propria competenze interpersonali; essi parlano di effetti positivi del volontariato svolto in giovane et, riscontrato anche dopo molti anni, in una maggiore sensibilit e responsabilit nei confronti dei problemi sociali e nella capacit di costruire legami comunitari. Il volontariato visto come un vero e proprio lavoro di prevenzione che in certi casi ha costituito un punto di riferimento, un paletto nel percorso che dalladolescenza porta verso let adulta. Come noto24, i giovani, soprattutto in Italia, mostrano comportamenti e atteggiamenti piuttosto atoreferenziali e poco attivi. La transizione alla condizione adulta pare segnata da paure e incertezza:mentre la famiglia di origine considerata unisola felice nella quale rimanere il pi a lungo possibile, lambiente sociale vissuto come unarena da assaggiare con moderazione e nella quale inserirsi a piccoli passi. I volontari si trovano in un momento critico della loro crescita, si trovano in un momento di transizione, di scelta. Winnicott parla di dibattersi nella bonaccia25 per descrivere gli stati mentali che a volte precedono questo momento. Egli utilizza questa metafora per evidenziare efficacemente la contraddittoriet delle spinte che ladolescente riceve durante il passaggio: spinte a muoversi,
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Scabini E, Il volontariato giovanile in Psicologia contemporanea N. 189, Giunti, Firenze, 2005. 24 Scabini E, Il paese dei cocchi di mamma. Quando diventano adulti i giovani italiani?, in Psicologia contemporanea N.150, Giunti, Firenze, 1998. 25 In Loriginalit di Gancio Originale in Volontariato: Gancio Originale a cura di Leonardo Angelini, Deliana Bertani, Mariella Cantini 1995.

spinte a rimanere fermo, ad attivarsi in un impegno altruistico, ed a rimanere bloccato dallalto livello di ideologizzazione che spesso a tale impegno si accompagna. Nel nostro contesto culturale decisivo poter offrire ai giovani esperienze che contrastino il loro ritiro allinterno delle mura domestiche, ritiro che alla lunga pu compromettere lacquisizione di una adeguata identit adulta, responsabile delle proprie azioni e sensibile al destino altrui.26 Il volontariato/azione volontaria un fenomeno sociale, una risorsa, che oggettivamente ha prodotto e continua a produrre nuove chances di vita per molte persone, siano questi utenti e/o prestatori dopera27. Il volontariato quindi pu essere definito a doppio senso perch rappresenta un dare e un ricevere, uno scambio; il volontario d aiuto, appoggio e comprensione alle persone bisognose, ma questo permette al volontario di sperimentarsi, di mettersi in gioco, e conoscersi. Il volontariato, soprattutto quello giovanile, fa crescere lautostima dei partecipanti, con esso i giovani imparano a sentirsi utili e comprendono quanto spesso non abbia senso la frase io posso fare troppo poco; di quel poco che le persone hanno bisogno, in quel poco che sta lessenza del volontariato, i piccoli passi per ottenere i grandi risultati, grazie a quel poco che i ragazzi aiutati si sentono accolti e capiti e i volontari maturano e crescono nella consapevolezza che sono le piccole azioni di tante persone che aiutano davvero il prossimo.

1.7.3 LA FORMAZIONE DEI VOLONTARI Gancio Originale, con il rispetto dei tempi di uscita dalla bonaccia(Winnicott), con il tracciare rotte chiare, scandite e nello stesso tempo elastiche ed interessanti, ha suggerito una soluzione concreta e semplice al dilemma dellaccompagnamento e della formazione di cui necessitano i volontari. Nata come informazione, la formazione di questi giovani, si trasformata in un momento di crescita che non solo di acquisizione di strumenti didattici e di pronto intervento, ma anche di riflessione, intesa sia come invito che va nella
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Scabini E, Op.Cit., 2005. Tomai B, Il volontariato. Istruzioni per luso, Universale Economica Feltrinelli, Milano, 1994.

molteplice direzione del flettere laltro (il ragazzo straniero, problematico, a disagio o disabile) verso le esigenze del vivere in societ, del flettersi, cio nellandare verso laltro, ma anche nel riflettere, cio del considerare il significato di ci che si sta facendo ed il riflettersi inteso sia come riconoscersi nellaltro, sia come riconoscersi pi cresciuti, adulti. La visione del mondo di ogni persona, secondo P. Bertolini 28 data da fattori personali ed esterni alla persona, soggettivi e oggettivi, della persona in s, ma anche dal mondo in cui vive e soprattutto dalle relazioni con gli altri. Ognuno da significato alle cose che accadono nella vita e reagisce di conseguenza; per questo, bisogna imparare a mettersi in discussione, a compiere un decentramento dalla propria visione, per giungere a quella degli altri; un lavoro che allinterno del progetto Gancio Originale dovrebbero fare tutti, ragazzi stranieri e non, insegnanti ed educatori, volontari e coordinatori, per entrare in sintonia con ci che spesso non conosciamo e imparare ad affrontarlo, per conoscersi e capirsi, per aiutare gli altri, con la consapevolezza che ci aiuta, rinforza e rende migliori anche noi. Solo riuscendo a leggere in profondit quello che succede in noi, potremo capire veramente che cosa succede negli altri e saremo capaci di creare con loro un rapporto costruttivo, di aiuto reciproco.29 Appare chiara a questo punto, ancora una volta, limportanza che riveste la supervisione personale e di gruppo in un percorso di formazione. Un valore importante intorno al quale si costruisce il volontariato di questi giovani, quello della preparazione, i volontari vanno aiutati, ascoltati e capiti a loro volta; sono ragazzi giovani, che spesso non si sentono in grado, hanno delle paure e dei bisogni, si trovano in difficolt davanti a ragazzini che non li capiscono, o che fanno di tutto per mettere a dura prova la loro pazienza e le loro capacit. Ecco allora, come gi detto prima, che Gancio Originale ha strutturato una formazione per i suoi volontari, una formazione che spazia da attivit di laboratorio:pomeriggi dedicati a tutti i volontari, in cui atelieristi, coordinatori o volontari stessi insegnano agli altri a fare qualcosa (durante questi pomeriggi i volontari imparano attivit da svolgere poi con i ragazzini, ma hanno anche
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Bertolini P, Caronia L. Ragazzi Difficili, La Nuova Italia, Firenze, 1993. Rocchi S, Il volontariato tra tradizione e innovazione La Nuova Italia Scientifica, Roma, 1993, pag. 108.

loccasione di conoscersi, di confrontarsi e stare insieme), ad attivit di gruppo e condivisione. In ogni gruppo, e in ogni scuola, il coordinatore, organizza incontri e stabilisce momenti durante lanno scolastico in cui i volontari si incontrano da soli, senza i ragazzini, per confrontarsi, parlare, tirare fuori difficolt e paure, chiedere spiegazioni o aiuto per le diverse situazioni che si possono creare con i ragazzi; i volontari in questo modo, sono liberi di esprimersi e chiedere aiuto quando si sentono in difficolt. Questi momenti sono molto graditi dai ragazzi che non si sentono mai soli o abbandonati, la loro giovane et, e di questo i coordinatori sono coscienti, a volte li rende vulnerabili e non capaci di autocontrollo, quindi con questi momenti si cerca di creare uno spazio per loro, un momento di aiuto e formazione, di chiarimenti e aiuti. Cos, i volontari di Gancio si esprimono quando si chiede loro di raccontare la loro esperienza: Stare a contatto con questi ragazzi stato un po come rivivere il periodo in cui andavo alle medie, peraltro in questa stessa scuola. Cos come per magia, tutte le loro malinconie, i loro atteggiamenti stravaganti e incontenibili, mi hanno fatto tornare alla mente quanto fossero stati strani per me quegli anni in cui alternavo momenti felici a momenti di vera e propria disperazione dati da situazioni tipicamente adolescenziali che vivevo in modo particolarmente istintivo30; dopo un inizio un po diffidente mi sono reso conto di essermi riscoperto come una persona che pu dare molto e a cui piace stare con gli altri 31; unesperienza affascinante, non priva di ostacoli ma comunque bella ed emozionante. Gancio anche questo:passare anche solo due ore a settimana con questi ragazzi, ti aiuta a conoscerti meglio, ad avere consapevolezza delle tue capacit e dei tuoi limiti 32; e ancora, allinizio non sapevo cosa aspettarmi da questa esperienza, n se mi sarebbe piaciuta, n se sarei stata in grado di essere utile a dei bambini stranieri33. I giovani volontari hanno paura di non essere in grado di mantenere la calma, di avere pazienza e riuscire a ragionare senza farsi prendere dal nervosismo, o
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Una volontaria di Gancio, dall Annuario di Gancio Originale, Reggio Emilia, a. s. 2005/2006, p. 46. 31 Un ragazzo marocchino, volontario di una Stanza di Dante dall Annuario di Gancio Originale a cura di Bertani D. e Cantini M., Reggio Emilia, a. s. 2004/05, p. 39. 32 Una ragazza indiana, volontaria di una Stanza di Dante, dall Annuario di Gancio Originale,a cura di Bertani D e Cagossi S, Reggio Emilia, a. s. 2005/06, p. 34. 33 Una volontaria italiana di una Stanza di Dante, dall Annuario di Gancio Originale, a. s. 2005/06, p.36.

cogliendo, nel modo sbagliato, le provocazioni che inevitabilmente i ragazzini lanciano; i giovani provenienti dalle scuole professionali temono di non avere le competenze per aiutare questi ragazzi, temono di aver troppo bisogno loro di aiuto per essere in grado di darlo agli altri, mentre invece, molto spesso, sono e diventano i volontari pi partecipi alle attivit, i pi amati e quelli con la sensibilit maggiore nei confronti di chi vanno ad aiutare, avendo bisogno loro per primi, colgono subito limportanza che ha questo tipo di lavoro per i ragazzini; i volontari hanno paura di non riuscire a mantenere limpegno, temono di non riuscire a legare con i ragazzi (molto spesso paragonano il rapporto, con quello non troppo buono che hanno con il fratello o la sorella minore), sono timorosi perch sanno che andranno a lavorare con volontari che non conoscono e questo spesso li disorienta, vorrebbero fare volontariato solo con lamica del cuore o la compagna di classe, per avere una spalla un aiuto; uscire dal gruppo a cui sono abituati, li manda in crisi, ed soprattutto per questo che soprattutto allinizio, si cerca di mandare i giovani volontari nella struttura che preferiscono e spesso con lamico/amica a loro pi gradita. I ragazzi parlano delle loro paure e delle loro perplessit allinizio dellattivit, ma alla fine anche della loro soddisfazione per esserci riusciti, per essere riusciti a lanciarsi, e mettersi in gioco, ringraziano sempre tutti i coordinatori con i quali si sentono liberi di parlare e sfogarsi, li ringraziano di essere sempre riusciti a tenere in considerazione anche le loro paure e le loro difficolt riuscendo a non farli mai sentire soli. Per tutti questi motivi molto importante la formazione e laccompagnamento di questi giovani, in modo che il volontariato non diventi per loro motivo di frustrazione o disagio, ma unoccasione di crescita, condivisione e crescita di autostima.

1.7.4 I FATTORI CARATTERISTICI DEL VOLONTARIATO E DEI VOLONTARI Chann, Handy e Wadsworth, identificano quattro fattori caratteristici del volontariato:la libert di scelta, la natura della sua remunerazione (gratuit), il contesto organizzativo in cui avviene, e la presenza di un beneficiario

esterno;inoltre tipico dellazione volontaria, lorientamento prosociale a base altruistica.34 Il lavoro di questi volontari si caratterizza quindi e si costruisce, intorno a precisi valori35, la gratuit del suo tempo e delle sue capacit, il disinteresse verso una carriera, per affermare la pienezza del servizio che attenzione allaltro, alla sua crescita e realizzazione e non al proprio successo; la creativit, quindi, la capacit del volontario di evolversi e cambiare in un paese in continua trasformazione e in cui emergono sempre nuovi bisogni, di creare nuovi tipi di approcci e di modalit di lavoro, il mettersi in gioco in base alle proprie capacit e conoscenze; la continuit che si chiede al volontario, un tipo di impegno che duri tutto lanno scolastico. Gancio chiede solo due ore la settimana ai propri ragazzi ma chiede la seriet nel portare avanti un impegno preso, la responsabilit che si ha verso coloro che hanno bisogno, che imparano a credere in noi e la cui fiducia sarebbe bene non tradire, per noi ma soprattutto per loro, i quali spesso si colpevolizzano, pur non sempre avendone colpa, per lassenza o la rinuncia di uno dei volontari a partecipare al progetto. Si chiede sempre ai volontari di avvisare il coordinatore in caso di assenza, in modo che questo sappia sempre cosa dire e che motivazione dare ai ragazzini, che inevitabilmente chiedono spiegazioni. Tra il ragazzo e il volontario si crea un legame forte, il quale spesso dura per tutto il corso dellanno;il ragazzino fa affidamento sul volontario, il quale molto spesso lunica figura sempre presente che lo aiuta nei compiti o che sempre disposto ad ascoltarlo. Di solito i ragazzi che partecipano al Gancio, sono ragazzi non molto seguiti dalle famiglie o che magari fanno parte di famiglie numerose, le quali danno importanza ad altre cose prima che alla scuola. I volontari con la loro presenza fanno sentire il ragazzino ascoltato, importante e considerato, i ragazzi si colpevolizzano e credono che la mancanza ingiustificata del volontario dipenda da un loro atteggiamento. Questo manda in crisi tutto il gruppo, anche perch molto spesso il ragazzino, in questi casi, si chiude in se stesso e non vuole pi svolgere i compiti o le attivit, con nessun altro.

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.Scabini E,Op. Cit., 2005. Rocchi S, Il volontariato tra tradizione e innovazione, La Nuova Italia Scientifica, Roma, 1993.

Tutto ci accade anche nelle Stanze di Dante, quando manca uno dei mediatori culturali; i ragazzi stranieri che trovano in loro un appoggio e un aiuto nel comunicare, non sanno pi come comportarsi e si chiudono in un mutismo assoluto. Se invece i volontari avvisano precedentemente della loro assenza, spiegandone i motivi, i ragazzi ne sono consapevoli da subito e apprezzano la sincerit del volontario, rispettando anche i suoi possibili impegni. Il volontariato giovanile quindi, di cui si hanno studi solo dagli anni 9036, ha, a questo punto, sicuramente, specificit proprie sia a livello delle motivazioni, spesso legate alla crescita personale e professionale, che a livello formativo e soprattutto protettivo rispetto al rischio prosociale. Alla luce degli studi finora effettuati sembra essersi fatta strada una certezza: il volontariato giovanile si ormai davvero affermato come fenomeno che protegge dal rischio psicosociale di devianza. Quello del volontariato un servizio che tende alla condivisione, tra i volontari stessi, tra coordinatori e volontari, tra ragazzini in difficolt e tra coloro che aiutano e coloro che sono aiutati. In queste situazioni si da e si riceve, non sempre si coscienti di questo, soprattutto allinizio, quando si aderisce al progetto, non si sa quanto si porta a casa da questa esperienza, quanta soddisfazione ci pu essere nel bel voto ricevuto dal ragazzino che abbiamo aiutato la settimana prima a fare quel compito di italiano, nel guardalo negli occhi e sentirlo ringraziarci, nel vedere genitori e insegnanti riconoscere il lavoro che viene svolto con i loro figli e alunni, e nel vedere i loro progressi. Nessuno di questi ragazzi cosciente dei legami che si possono creare, le amicizie, i bei momenti, le risate, la condivisione di scherzi come di cose serie; sono momenti formativi per tutti, volontari, ragazzi e coordinatori, si impara insieme, a conoscersi e a stare insieme. Il fatto appunto che questi ragazzi non siano coscienti di tutto questo, rende ancora pi importante la loro scelta, pi pensata e scelta, senza tornaconti o promesse. Le motivazioni dellagire volontaristico sono sicuramente di diverso tipo, dall orientamento prosociale, altrimenti detto altruistico o solidaristico al desiderioobiettivo di migliorare la societ e la comunit dappartenenza ma anche la
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Prima di questi anni il volontariato giovanile era del tutto assimilato in tutto e per tutto al volontariato svolto da adulti e anziani. Scabini E, Op.Cit. 2005.

ricerca di gratificazione personale e anche di unutilit di tipo professionale, o meglio pre-professionale, che integri lo studio sul piano pratico. 37 Molti studiosi hanno evidenziato in effetti la presenza di numerose ed articolate motivazioni alla base del volontariato giovanile. Queste motivazioni si dividono in self-oriented cio quelle motivazioni che cercano di soddisfare istanze legate al proprio io, come ad esempio alleviare il senso di colpa prodotto dal sentirsi pi fortunato di altri, e dallaltro estremo motivazioni Other-oriented, pi ancorate alla presenza di valori. 38 solo con il tempo che tutto diventa chiaro a tutti, tutti i volontari, si rendono conto di quanto sia un lavoro di cooperazione, scambio e prevenzione per tutti. Fare volontariato per queste giovanissime leve, significa la possibilit di lavorare con limmaginazione, di poter pensare allapertura di nuove strade per s e per gli altri; e nel contempo la possibilit di concretizzare limmaginazione stessa dimostrando a se e gli altri che la speranza di cambiare quello che non va, non un sentimento ingenuo e illusorio. il trovare lo spazio concreto per chiedersi Cosa posso fare? e potere mantenere dentro di s la pregnanza di questa domanda contro lespressione Ma chi me lo fa fare?. C. Giglielmetti individua tre tipologie di volontari39. Il primo gruppo, quello pi numeroso, definito dei volontari consapevoli, moderni donatori; questo gruppo formato da giovani di buona famiglia, con buone relazioni interne, spesso con entrambi i genitori impegnati nel volontariato, da ragazzi caratterizzati da alta prosocialit e buona autostima. I motivi che spingono i giovani di questo gruppo ad avvicinarsi al volontariato si dividono in modo ugualitario, tra le spinte prosociali e il desiderio di crescita professionale. Il secondo gruppo viene definito dei volontari per scelta, alla ricerca; composta da giovani con livelli di autostima piuttosto bassi, e alti indici di insicurezza emotiva;questi giovani si accostano al volontariato per iniziativa personale e sono spinti da istanze di crescita personale non disgiunte, in alcuni casi, da prosocialit. Il terzo e ultimo gruppo definito dei volontari per caso, bisognosi di appartenenza. Questi giovani riconducono la radice del loro impegno, peraltro
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Scabini E, Op.Cit., Pag 61, 2005. Ibidem Pag. 61. 39 Giglielmetti C, I giovani volontari e le loro famiglie:una tipologia in Marte E, Scambini E.,Giovani volontari. Impegnarsi, crescere e far crescere Giunti, Firenze, 2003.

meno consistente rispetto agli altri gruppi, allimportanza della comunit e al campo dei valori. Si pu sicuramente affermare che in Gancio Originale sono presenti giovani provenienti da ognuno di questi gruppi, quindi i gruppi sono formati da ragazzi diversi e con diverse motivazioni, e questo evidenzia ancora una volta limportanza di seguire, conoscere e considerare questi ragazzi come unicit e giovani che a loro volta vanno accolti, formati e aiutati a entrare in un mondo che molto spesso loro vedono e conoscono per la prima volta. Il volontariato permette ai questi giovani di prendere coscienza delle proprie abilit, di acquisire autonomia, soggettivit e responsabilit rispetto al lavoro che vanno a svolgere. Lesperienza di volontariato per tutti un esperienza di ascolto e dialogo. Nel gruppo si coopera, si sta insieme, si insegna e si impara dagli altri, si cresce e si superano sfide, ci si mette alla prova come in discussione, si conoscono esperienze diverse e si impara a conoscere meglio se stessi. Quella di Gancio Originale una attivit di volontariato a trecentosessanta gradi, dove tutti ci si aiuta, dove si lavora insieme, per il bene di tutti. Lattivit volontaria si pone cos come una felice mossa di apertura, perch il volontario che si rende disponibile con ci stesso dichiara di vedere non solo il bisogno dellaltro, ma soprattutto, il suo abbisognare dellaltro. Lazione volontaria si pone in un interstizio cruciale, in quello spazio misterioso, sospeso tra il dare e il ricevere. lo spazio dello scambio, del dialogo, cio del possibile trasferimento:esso passa attraverso la libert dei soggetti di offrire e accettare le reciproche risorse, ma anche attraverso il modo dellofferta, che non ultima variabile nel produrre apertura e cooperazione, invece che chiusura e competizione.40 Il lavoro del volontario quindi un lavoro reciproco: un lavoro per gli altri e per se stessi. Ci si impegna per aiutare il prossimo, in modo disinteressato, capendo con il tempo quanto si impara e quanto si porta a casa da questa esperienza; i giovani volontari imparano a conoscersi meglio scoprendo capacit e abilit che non pensavano assolutamente di avere. Il volontariato fa crescere l autostima di questi giovani, li rende pi sicuri di s e pronti a nuove esperienze, i volontari sono coscienti dellimportanza di questo

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Scabini E,Op.Cit. p.64.

impegno sociale, delle possibilit che loro stessi danno ai ragazzi in difficolt, che siano stranieri e non. Limpegno di questi volontari infine, non legato a ideologie particolari o a convinzioni astratte, non sono necessariamente legati da idee comuni o dagli stessi bisogni o interessi, sanno cosa devono fare, hanno un fine comune e cercano di raggiungerlo concretamente, mettono in gioco se stessi, nella consapevolezza del bisogno di aiuto che altre persone hanno nella societ odierna.

CAPITOLO 2

LIMMIGRAZIONE E I RECENTI FLUSSI MIGRATORI IN ITALIA

2.1 LIMMIGRAZIONE IN ITALIA DAL SECONDO DOPO GUERRA AI GIORNI NOSTRI Limmigrazione, per una serie di fattori politici, economici e culturali, inevitabile. Fa ormai parte della storia di questo scorcio di secolo. un fenomeno

strutturale:si tratta di capirlo e di darsi le norme, gli strumenti e le procedure adatte e moderne per governarlo. Fin dalla nascita del Regno dItalia, gli italiani hanno dovuto affrontare la prospettiva dellemigrazione. Nei primi quarantanni di Repubblica, dal 1946 al 1986, sono emigrati oltre otto milioni di cittadini, il 70% dei quali, verso altri paesi europei41. I flussi migratori pi consistenti si ebbero negli anni Sessanta(387.123 emigrati nel 1961 ), ma dieci anni dopo, dal 1972, cominci a registrarsi un calo pressocch costante nellemigrazione. I demografi cominciarono a parlare di emigrazione fisiologica e cio di movimento naturale, normale, di popolazione e di saldo zero tra emigrati e rimpatriati. Nello stesso periodo, l Istat rilevava, in vista del censimento nazionale del 1991, che la crescita zero cominciava ad investire anche la popolazione italiana e che al calo delle nascite corrispondeva un aumento sempre maggiore, della popolazione anziana. In termini economici, ci significa che tra la popolazione attiva, quella cio che lavora e produce, e quella non attiva e quindi assistista e improduttiva, si stava per raggiungere un pericoloso equilibrio che rischiava di far saltare il sistema solidaristico della previdenza sociale42. Le proiezioni dei demografi prevedevano che con il 2010 si sarebbe arrivati alla situazione in cui il sistema di previdenza sociale non avrebbe avuto sufficienti entrate per far fronte agli impegni presi con i propri assicurati. Nel 1972 anno chiave per losservazione dei fenomeni migratori, perch da esso parte quella inversione di tendenza che segna il passaggio dellItalia, dalla sfera dei paesi di emigrazione a quella dei paesi d immigrazione- non vi nel paese una situazione rosea dal punto di vista occupazionale43. Nel complesso, la popolazione attiva e cio la forza lavoro disponibile, si riduce da 19 milioni 254 mila a 19 milioni e 28 mila unit (- 1.2% ). Gli iscritti alle liste di collocamento sono complessivamente 1.113.780, con un aumento di appena
41 42

Magni R., Gli immigrati in Italia, Edizioni Lavoro, Roma, 1995. Ibidem. 43 Dossier statistico 2004 - Immigrazione, XIV Rapporto, Caritas Migrantes, Nuova Anterem, Roma, 2004.

13.804 unit rispetto allanno precedente, mentre crescono i giovani in cerca di prima occupazione del 5.5% . Per quanto riguarda l emigrazione, gli emigrati verso l Europa sono 111.908 e 29.994 verso i paesi non comunitari. I rimpatriati dall emigrazione sono 138.246, con un saldo attivo dall Europa di 1.749 cittadini. Per la prima volta nella storia, si registra in emigrazione un saldo attivo che rester fino agli anni Novanta, attestandosi su un movimento fisiologico di 5060 mila unit. Linterpretazione di questa tendenza risente di fattori anche esogeni: il progressivo ampliamento della comunit Europea (in termini di libera circolazione) e la serie di provvedimenti legislativi adottati da tante nazioni ( a partire dal 1972 ), per ridurre le immigrazioni. A questo scenario fa da sfondo l andamento demografico Italiano e la riduzione della consistenza del serbatoio di manodopera meridionale, la pi importante corrente migratoria del paese, quella che si trasferisce dalle regioni meridionali a quelle nord-occidentali, si riduce del 21% rispetto alla media di 84 mila immigrati ogni anno dal 1955 al 1970, e passa, negli anni 1971-1975, a 66 mila. Nella presente situazione strutturale del mercato italiano e del sistema dei rapporti di lavoro, ha ormai un senso sempre maggiore la ricerca di interventi con programmi precisi sul mercato internazionale della manodopera, favorendo la mobilit internazionale e cio le migrazioni. In questa situazione avviene l artificioso boom degli anni Ottanta, quando lItalia si contendeva con la Gran Bretagna il quinto posto tra le potenze industriali mondiali. Non si metteva abbastanza in risalto, per, che oltre il 33% del prodotto interno lordo (PIL) derivava dall economia sommersa e dal lavoro nero, nonch dalle attivit criminali. In questo contesto economico si verificano i primi ingressi di immigrati in Italia. Unimpennata si ha tra il 1979 e il 1980, quando si passa da 205.449 a 298.749 con un incremento del 45.4%. In realt in quel periodo non si verificano avvenimenti particolari ma solamente si modifica il sistema di registrazione dei permessi di soggiorno. Fino al 1979, infatti, le statistiche riguardavano gli stranieri presenti in Italia con un permesso di soggiorno superiore a tre mesi,mentre dal 1980 in poi vengono presi in considerazione i permessi di

soggiorno con durata superiore ad un mese: peraltro, solo a partire da questo periodo si pu parlare di immigrazione vera e propria. Negli anno 80 seguono aumenti annuali contenuti che, bench inferiori al 10%, consentono di superare la soglia dei 400.000 soggiornanti nel 1984. Un altro forte aumento, questa volta effettivo, si ha nel 1987, quando da 450.277 si arriva a 572.103 soggiornanti (+ 27.1%). Questa variazione dovuta alla prima regolarizzazione della serie disposta dal legislatore e protrattasi per circa due anni (1986-1988 ). Con l entrata in vigore della legge n. 943, del 30 dicembre 1986 la prima legge in materia dimmigrazione furono molti i paesi di provenienza degli immigrati; Se fino ad allora la regolarizzazione era solo diritto dei lavoratori occupati,con questa legge le cose cambiarono. La Legge n. 943 articolo 1 affermava: la Repubblica Italiana garantisce a tutti i lavoratori extracomunitari legalmente residenti nel suo territorio e alle loro famiglie parit di trattamento e piena eguaglianza di diritti rispetto ai lavoratori italiani la Repubblica Italiana garantisce inoltre i diritti alluso dei servizi sociali e sanitari, al mantenimento dellidentit culturale, alla scuola e alla disponibilit dellabitazione. La Legge inoltre garantiva il diritto del lavoratore immigrato legalmente residente, al ricongiungimento con il coniuge, con i figli minori e con i genitori a carico (questi ultimi non a scopo di lavoro);ci che pero caratterizza la Legge fu larticolo 16: la famosa sanatoria; la Norma prevedeva che in tre mesi i lavoratori non comunitari presenti in Italia, nonch i loro datori di lavoro regolarizzassero il loro rapporto e che i disoccupati si iscrivessero nelle liste di collocamento. Tutto ci consentiva agli stranieri di richiedere alle questure il permesso di soggiorno. Hanno cominciato probabilmente i diplomatici a importare dall estero colf che, in cambio di un salario doppio rispetto a quello del paese d origine e met di quello contrattuale italiano, erano disponibili a trasferirsi nel nostro paese. Poi stata la chiesa cattolica a favorire le prime immigrazioni dalle isole di Capo Verde e dalle stesse Filippine. Altre presenze consistenti e precedente alla legge 943/86 sono quelle di somali ed eritrei, cittadini di paesi che sono stati parte dellimpero fascista e che,hanno avuto rapporti culturali, economici con il nostro paese.

Per quanto riguarda i paesi dell Est, possiamo dire che il progetto di coloro che dai paesi ex-comunisti arrivarono in Italia, non era in genere quello di restarci. La maggior parte di loro considerava lItalia una prima tappa per poi dirigersi negli Stati Uniti, in Canada , o in Australia, quando e se questi paesi avessero loro concesso un visto d ingresso. Solo una piccola parte composta principalmente di polacchi romeni e albanesi sceglievano, in epoca recente, lItalia come paese dove stabilirsi. Unaltra osservazione che va fatta sui primi flussi migratori verso lItalia riguarda la rilevante presenza di donne giovani, occupate nei servizi domestici. Questo lavoro ormai rifiutato dalle ragazze italiane degli anni settanta, sia perch la popolazione agricola delle zone montagnose da dove in prevalenza questa manodopera proveniva si esaurita, sia perch il mestiere ha definitivamente perduto ogni attrattiva sociale. La novit degli anni novanta che la concomitanza tra crescita economica e calo demografico ha favorito limmigrazione anche nei paesi dellEuropa mediterranea ( Italia, Spagna, Portogallo, Grecia) che al massimo erano stati precedentemente un terreno di transito verso il Nord- Europa. Sul piano qualitativo c una differenza sostanziale tra i paesi di provenienza che caratterizza la situazione Italiana; se in Germania la maggioranza assoluta degli immigrati d origine Turka, in Francia Magrebina, in Inghilterra Indo- Pakistana (un questi due ultimi paesi incide anche il passato coloniale ), in Italia al contrario non ci sono etnie prevalenti; sussiste una grande frammentazione di paesi di provenienza, una poliedricit di provenienze44. Negli anni novanta quindi, limmigrazione dei cittadini stranieri in Italia cresciuta in modo considerevole: da circa 500.000 alla fine degli anni 80 a circa 1.500.000 pi circa 300.000 minori ( dati al 31/12/2002). Gli immigrati corrispondono quindi al 4% della popolazione residente. A partire dal 1992 il numero degli stranieri regolarmente presenti sul territorio nazionale desumibile da due fonti diverse: la rilevazione dei permessi di soggiorno e quella degli stranieri iscritti nelle anagrafi comunali (Tab.2.1 )45
44

Quaderni di statistica, Limmigrazione straniera in Emilia Romagna, Dati al 1-01-04, a cura dell Osservatorio Regionale sul fenomeno migratorio, Franco Angeli, Milano, 2005. 45 Fonte: Dati ISTAT (dal 1991 al 1999) riguardanti gli stranieri regolarmente presenti in Italia desunti dai permessi di soggiorno e dai dati delle analisi comunali.

C da dire inoltre che gli analitici bilanci demografici della popolazione straniera residente relativi agli ultimi anni offrono incoraggianti segnali di una maggiore attenzione alla correttezza degli archivi comunali. Tab.2.1 Stranieri regolarmente presenti sul territorio nazionale desunti dai permessi di soggiorno e dai dati delle anagrafi comunali. Anni Permessi di soggiorno V.a. di cui minori
18.2 19.9 23.5 26.0 27.6 32.0 43.8 58.5

Iscritti in anagrafe v.a. di cui minori


573.3 629.2 685.5 737.8 884.6 991.7 1116.4 1270.6 125.6 150.1 186.9 229.9

649.00 1991 589.9 1992 649.1 1993 677.8 1994 729.2 1995 986.0 1996 1022.9 1997 1090.8 1998 1340.7 1999 Fonte:Dati Istat 1999

Passando allesame dei dati si nota la concordanza delle due fonti nellindicare che durante gli anni Novanta il numero di cittadini stranieri presenti sul territorio nazionale considerevolmente aumentato. Tra il 1992 e la fine del 1999 sia i permessi di soggiorno che gli iscritti nelle anagrafi sono infatti pi che raddoppiati, soprattutto per effetto delle due regolarizzazioni dello scorso decennio. In questi anni i soggiornanti passano da 649.000 a fine 1991 a 1.341.000 nel 2000, e ci aiuta a prendere coscienza che il fenomeno diventato di massa. Nei primi anni 90 si registra lingresso di persone provenienti dalla penisola balcanica, dove sono scoppiati i conflitti legati allassestamento della ex Repubblica Federale Iugoslava e al suo frazionamento in diversi stati. Successivamente gli immigrati vengono anche dagli altri paesi dellEst Europa, che diventano i grandi protagonisti sullo scenario migratorio italiano e cosi,al consistente aumento degli albanesi, fa riscontro successivamente quello dei rumeni, dei polacchi, degli ucraini e di altre nazionalit. In Italia la presenza degli stranieri si concentra nelle regioni a pi elevato sviluppo economico. Il Nord che ha il 44% della popolazione Italiana residente, ospita il 54% degli stranieri residenti in Italia (30% nel centro; 16% nel mezzogiorno).

Per approfondire la conoscenza di aspetti importanti del fenomeno utile far riferimento sia ai dati sui permessi di soggiorno che a quelli anagrafici;nel complesso queste due fonti forniscono interessanti informazioni sui motivi e la durata della presenza, sulla provenienza degli immigrati, sulla loro destinazione in Italia e sulle principali caratteristiche demografiche delle diverse collettivit.. Il tutto, com ovvio si riferisce alla sola componente regolare, che costituisce comunque la parte di gran lunga pi cospicua del fenomeno e quella che ha e avr nei prossimi anni limpatto maggiore sulla societ italiana. Alla fine del 1999 la comunit pi cospicua era quella marocchina con 156000 permessi,seguita da quella Albanese 133.000, dalla Filippina 67.000, dalla Rumena 61.000 e dalla Cinese 57.000. ed solo a questo punto della graduatoria che si trova la prima collettivit di un paese sviluppato,quella statunitense con 48.000 unit.. Di seguito abbiamo i tunisini 47.000, gli jugoslavi e i senegalesi 41.000, gli egiziani 34.000. i cittadini dello Sri Lanka 32.000, i polacchi e i peruviani 29.000 e gli indiani 28.000. seguono con dimensioni tra le 15 e le 20.000 unit, le collettivit nigeriana, ghanese, macedone, del Bangladesh, brasiliana, pakistana e croata (Tab.2.2)46. Tab.2.2 Dimensioni e crescita delle principali collettivit immigrate originarie dei paesi a forte pressione migratoria, , valori a fine 1992, 1996 e 1999 (valori assoluti in migliaia;tassi di crescita medi annui in percentuale) Paese di cittadinanza Marocco Albania Filippine Romania Cina Tunisia Iugoslavia Senegal Egitto Sri Lanka Polonia Per India
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Dimensioni 1992 1996 1999


66.5 22.5 30.2 8.4 12.2 27.4 23.9 19.2 14.6 11.4 10.5 5.0 9.4 115.0 66.6 56.2 26.9 31.6 40.0 33.0 31.5 23.5 23.7 23.2 21.9 19.1 155.9 133.0 67.4 61.2 56.7 46.8 41.2 40.9 34.0 32.0 29.5 29.0 27.6

Tassi di crescita 92-96 96-99


18.2 49.0 21.5 55.1 39.8 11.5 9.5 16.0 15.2 27.0 30.2 84.5 25.8 11.9 33.2 6.6 42.5 26.5 5.7 8.3 9.9 14.9 11.7 9.1 10.8 14.8

Fonte : elaborazione dei dati ISTAT riguardanti la crescita delle principali collettivit immigrate originarie dei paesi a forte pressione migratoria. I valori sono stati calcolati alla fine degli anni 1992, 1996, 1999.

Nigeria Ghana Macedonia Bangladesh Brasile Pakistan Croazia Tot. paesi a forte pressione demografica Fonte:elaborazioni su dati Istat

4.1 8.8 .. 4.1 10.5 4.4 5.9 412.7

12.6 15.6 13.8 11.1 15.5 10.1 15.3 779.7

20.1 20.0 19.8 19.0 18.9 17.2 16.5 1112.2

51.8 19.3 .. 42.7 11.9 32.4 39.8 22.2

19.8 9.4 14.5 23.7 7.3 23.4 2.6 14.2

Tab.2.3 ITALIA: soggiornati stranieri per continente di provenienza (1970-2004) ANNI Europa Africa Asia America Oceania Apolidi-altri 61,3 3,3 7,8 25,7 1,9 1970 62,6 3,3 7,8 24,5 1,8 1971 60,8 3,7 8,3 24,7 1,8 0,7 1972 59,9 4,2 8,6 24,8 1,8 0,7 1973 59,5 4,4 8,6 25,1 1,8 0,6 1974 60,5 4,7 8,1 24,3 1,8 0,6 1975 59,8 4,7 8,8 24,3 1,8 0,6 1976 59,2 5,1 9,6 23,9 1,7 0,5 1977 59,3 5,0 9,6 23,9 1,7 6,5 1978 56,6 6,5 8,6 21,8 2,0 4,5 1979 53,2 1,.0 1,0 21,0 1,4 0,4 1980 52,7 1,5 1,6 20,5 1,4 0,3 1981 52,1 1,9 1,8 20,5 1,4 0,3 1982 52,0 1,7 1,3 20,2 1,4 0,4 1983 51,9 1,7 1,6 20,1 1,4 0,3 1984 52,1 1,5 1,4 19,5 1,4 1,1 1985 52,3 10,6 1,2 20,3 1,4 0,2 1986 46,9 16,0 1,7 19,0 1,2 0,2 1987 45,3 18,3 1,1 18,9 1,2 0,2 1988 43,0 20,3 16,4 19,2 0,9 0,2 1989 33,5 30,5 18,7 16,4 0,8 0,1 1990 34,5 30,8 17,8 16,2 0,6 0,1 1991 34,7 30,8 17,7 16,2 0,6 0,1 1992 36,9 29,1 17,5 15,9 0,5 0,1 1993 41,0 28,0 16,0 14,5 0,3 0,1 1994 40,7 28,2 16,4 14,3 0,3 0,1 1995 37,5 30,6 18,5 13,1 0,2 0,1 1996 37,4 30,4 18,9 13,0 0,2 0,1 1997 39,0 29,0 19,0 12,7 0,2 0,1 1998 39,6 29,1 19,1 12,0 0,2 0,0 1999 40,7 28,0 19,2 11,8 0,2 0,0 2000 41,4 26,9 19,1 11,6 0,2 0,9 2001 42,5 26,5 18,5 11,8 0,2 0,5 2001 47,9 23,5 16,8 11,5 0,1 0,1 2003 47,3 23,7 17,3 11,5 0,1 0,1 2004 TOTALE
143.838 156.179 167.961 175.746 186.423 186.415 186.713 194.062 194.024 205.449 298.749 331.665 355.431 383.765 403.293 423.004 450.227 572.103 645.423 490.388 781.138 *648.935 *589.457 649.102 677.791 729.159 986.020 *1.022.896 *1.090.820 *1.340.655 *1.379.749 *1.448.392 *1.503.286 **2.193.999 **2.319.000

*I dati relativi a questi anni sono stati revisionati dallISTAT ** Dato del Ministero dellInterno (stima del Dossier Statistico Immigrazione sui permessi di soggiorno e relative disaggregazioni). FONTE: Elaborazioni Dossier Statistico Immigrazione 2004 su dati del Ministero dell interno e dellISTAT. Come si vede, non c area geografica che non sia rappresentata e le dimensioni delle diverse collettivit appaiono tuttaltro che determinate dalla distanza e soprattutto sono tali de poter avviare, attraverso canali formali e informali, un processo di stabilizzazione demografica e quindi,un ulteriore crescita. Per quanto riguarda i motivi di concessione dei permessi, laspetto pi evidente costituito dalla quota elevata di titoli di soggiorno per lavoro. Infatti, alla fine del 1999 la gran parte degli immigrati regolari ( quasi il 62% ) era in Italia per motivi di lavoro. Oggi andiamo incontro ad un elevato e crescente fabbisogno di forza lavoro aggiuntive del mercato occupazionale italiano ( una ogni sei assunzioni coperta da lavoratori nati allestero, sia italiani rimpatriati che soprattutto lavoratori stranieri) con unincidenza dei lavoratori e delle lavoratrici immigrate che si avvicina all8% sulle forze lavoro, e un peso rilevante in molti settori, a partire dalla collaborazione domestica dove i cittadini stranieri sono pi dell80% del totale. In alcuni settori il ruolo dei lavoratori immigrati insostituibile;il caso pi clamoroso quello della collaborazione domestica dove gli stranieri, essendo complessivamente mezzo milione e cio 5 su 6 addetti,costituiscono un rimedio indispensabile alla carente copertura della rete pubblica di servizi sociali. Vi sono anche altri settori di grande portata,come ledilizia e lagricoltura, nel quale il consistente apporto dei lavoratori non comunitari costituisce una costante in tutta Italia. Numerosi sono anche gli ambiti lavorativi, caratterizzati da prestazioni di manovalanza, di precariet o comunque stressanti, dove si creano crescenti spazi destinati ad essere occupati dagli immigrati. Il secondo motivo di concessione dei permessi rappresentato da ragioni famigliari. Durante gli anni novanta la progressiva stabilizzazione di numerose collettivit straniere ha determinato,attraverso i ricongiungimenti famigliari,una crescita notevole e quasi regolare nel numero di questi permessi che rappresentano uno

degli indicatori pi tangibili dellevolversi del processo di inserimento nella societ Italiana. In termini assoluti alla fine del 1999 gli stranieri presenti a questo titolo nel nostro Paese erano pi del doppio di quelli che si registravano solo quattro anni prima. Era possibile prevedere che da li alla fine del decennio limmigrazione sarebbe aumentata ulteriormente;da un lato per la pressione demografica nei paesi in via di sviluppo, dallaltro lato per il calo demografico e per la piena occupazione e la disaffezione verso i lavori manuali che si registravano nellItalia Settentrionale. In questi anni non sono mancati segni importanti di una crescente stabilizzazione dellimmigrazione nella societ italiana: aumentano i ricongiungimenti famigliari e la presenza di minori, ci si avvia verso una normalizzazione della struttura demografica, matrimoni misti e nascite da genitori stranieri ,testimoniano la crescita di strutture famigliari diverse dai single (Istat 1999). Tuttavia, resta ancora una forte caratterizzazione di genere delle diverse collettivit immigrate. Infatti, alla fine del 1999 le donne erano minime tra i Senegalesi ( 7.1 %), i pakistani (12.6%) e i cittadini del Bangladesh (13.3%), poche tra egiziani (17.9%). Tunisini (22.1%), marocchini (27.7%) macedoni(28.7%), e albanesi (34%), approssimativamente la met di cinesi (45.1%), croati (46.1%) e rumeni (48.9%) mentre rappresentavano la maggioranza di brasiliani (73.3%), polacchi (70.5%), peruviani (68.1%) e filippini (66.2%) [ dati Istat ]. Questa situazione dimostra la grande diversit di progetto e di percorso migratorio esistente tra le comunit immigrate presenti in Italia. Da una parte infatti,abbiamo percorsi migratori declinati in prevalenza al maschile, con luomo che costituisce lavanguardia degli arrivi e che, in caso di stabilizzazione, si far raggiungere dal resto della famiglia. Dallaltra, si ha una situazione opposta, in cui la donna il soggetto primario della migrazione, la persona attorno a cui ruoteranno negli anni successivi al suo inserimento le eventuali partenze degli altri membri del nucleo famigliare. In linea generale, comunque,gli anni novanta hanno segnato una tendenza alla normalizzazione delle strutture di genere di quasi tutte le comunit, che presentano alla fine del decennio rapporti tra i due sessi pi equilibrati di quanto non presentassero nel 1992. Eccezioni sono l Egitto, che ha visto una sia pur

leggera diminuzione della gi bassa quota femminile, Polonia Per e Brasile che, al contrario,hanno ancor pi accentuato la propria femminilizzazione. Il primo Maggio 2004 dieci nuovi paesi sono entrati nell UE :si quindi aperta una fase di transizione soprattutto per quanto riguarda il lavoro che avr delle ripercussioni anche nelle rilevazioni statistiche che si riferiscono alla presenza degli immigrati nel nostro paese. Unulteriore Legge n. 189 del 2002 subordinando il soggiorno alla durata del contratto di lavoro ha evidenziato la funzionalit dellimmigrazione al mercato del lavoro. Il censimento ISTAT dice che in dieci anni il numero degli stranieri risulta triplicato dai 356.159 immigrati residenti del1991 ai 1.334.889 del 2001. Dal 1970 ad oggi si passati da meno di 100 persone a quasi tre milioni, con un aumento di ben trenta volte. Prima questa presenza era marginale nella societ italiana,ora ne diventato un dei fenomeni pi rilevanti. Per il primo decennio del 2000 si pu fare riferimento solo ai primi quattro anni e, per giunta, i dati relativi ai permessi di soggiorno in vigore a fine 2003 non sono stati ancora verificati dallIstat e quelli relativi al 2004 sono frutto di una stima del Dossier Statistico Immigrazione basata sui visti, rilasciati dal Ministero degli Affari Esteri per immigrazione di inserimento, pari a 130.000 cosi ripartiti: 88.000 per ricongiungimento famigliare al seguito, 29.000 per lavoro stabile, 7.000 per motivi religiosi, 5.000 per studio, circa 1.000 per residenza elettiva [Tab. 2.4]47. Tab. 2.4 ITALIA. Soggiornanti stranieri negli anni 2001-2004 Anno Archivio Min. Int Revisione Istat Anno Archivio Min.Int.
2.193.999 *2.319.000

Revisione Istat
n.d. n.d.

1.360.049 1.448.392 2003 2001 1.512.324 1.503.286 2004 2002 *stima del Dossier Statistico immigrazione 2004

FONTE: Dossier Statistico immigrazione Caritas/Migrantes. Dati Ministero dell Interno/Istat Anche per lultimo decennio vale la netta differenza tra gli anni normali e quelli di regolarizzazione:in questi laumento molto consistente. Nel 2003 vengono
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Fonte: Dossier Statistico Immigrazione, Caritas / Migrantes, dati del Ministero dellinterno e dellISTAT a fine 2004, riguardanti in numero dei soggiornanti stranieri dal 2001 al 2004.

ampiamente superati i due milioni di presenze: questo leffetto della regolarizzazione disposta nellanno precedente dalla Legge Bossi-Fini, che totalizza ben 700.000 domande. Pur essendo limmigrazione cosi controversa nel suo inquadramento da parte degli schieramenti politici, la regolarizzazione si afferma come un provvedimento bipartisan: iniziato nella prima repubblica e continuato nel periodo del maggioritario, coinvolge i governi di centro sinistra e in misura ancor pi ampia quelli del centro destra. Altro non questo provvedimento se non una realistica presa d atto della situazione e un riconoscimento, effettivo, di una programmazione dei flussi. Gli aumenti nel nuovo decennio iniziano ad essere consistenti anche negli anni normali, tanto che al netto delle regolarizzazioni superano le 100.000 unit annue. Fin qui si parlato di immigrati adulti,che per non esauriscono lintera presenza straniera. Larchivio del Ministero dell Interno non registra autonomamente i minori se non in minima parte, quando hanno compiuto il 14 anno di et o quando si ricongiungono successivamente ai genitori gi soggiornanti in Italia. Inoltre,vi sono annualmente decine di migliaia di nuovi nati in Italia, anchessi destinati ad avere una loro evidenza statistica, seppure non sistematicamente, solo dopo i 14 anni. Da quando il numero dei minori diventato alto (attualmente non lontano dal mezzo milione) fuorviante limitarsi ai pochi infra-diciottenni registrati dal Ministero dellInterno e prescindere dal loro numero complessivo: una stima delleffettiva presenza straniera regolare in Italia comporta che, partendo dal numero dei permessi di soggiorno, si ipotizzi il numero complessivo delle presenze regolari. Secondo il Dossier Statistico Immigrazione la popolazione straniera soggiornante legalmente stata,rispettivamente, di 1.600.000 persone a fine 2001, 1.850.000 nel 2002, 2.600.000 nel 2003 e, infine, 2.730.000 a fine 2004 cosi ripartita nei continenti:Europa 1.289.000, Africa 472.000, America 314.000, Oceania e apolidi 7.00048. Continuando con questo ritmo e, a maggior ragione se andranno incrementandosi i flussi per ricongiungimento famigliare e per inserimento lavorativo, i soggiornanti
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Dossier Statistico 2004 Immigrazione, XIV Rapporto, Caritas/Migrantes, Nuova Anterem, Roma, 2004.

forse diventeranno tre milioni entro il 2006 e ogni anno si aggiunger una quota consistente tra nuovi nati e persone venute a motivo di ricongiungimento famigliare oltre al numero di nuovi lavoratori. Quanto alla presenza irregolare da tutti conosciuta la sua consistente e crescente incidenza, come stato evidenziato da ultimo dal numero delle richieste nominative presentate allinizio dellanno, ben superiori alle quote di nuovi lavoratori stabilite per il 2005: ,tuttavia, difficile pervenire ad una quantificazione attendibile del loro numero. Il numero rilevante di immigrati presenti nel nostro paese, colloca lItalia subito dopo i grandi paesi dimmigrazione ( Germania, Francia e Gran Bretagna) con una incidenza sulla popolazione ormai vicina alla media Europea (5%) e, seppur in media ancora lontana dal 9% di Austria e Germania, si colloca gi al di sopra di quella soglia in alcuni contesti territoriali, segnatamente nelle aree metropolitane di Roma e di Milano e in diversi comuni del Veneto dellEmilia Romagna e di altre regioni. Considerando tutti questi dati ci si accorge dellimportanza che il fenomeno immigrazione ha assunto negli anni;la necessit di interventi,programmi e strutture in grado di aiutare e gestire linserimento nel nostro paese degli stranieri:nella societ, nella sanit, nei servizi,nella scuola. importante riconoscere nel fenomeno migratorio uno degli aspetti pi rilevanti della societ italiana attuale e di quella degli anni a venire.

2.2 LIMMIGRAZIONE IN EMILIA ROMAGNA:CARATTERISTICHE, CAMBIAMENTI E PROBLEMI Per quanto limmigrazione in Emilia Romagna sia un fenomeno molto recente, possibile distinguere tre fasi principali

A circa venti anni fa risalgono i primi inserimenti consistenti di lavoratori egiziani nelle fonderie e dei cantieri edili della provincia di Reggio Emilia. Le tre fasi sono49: Prime fase: quella degli anni 80 quando il fenomeno ancora molto contenuto:al di sotto delle 30.000 unit e dell 1% della popolazione residente;provenienti dal nord Africa e in particolare maschi adulti. Seconda fase: quella dellemergenza50, in particolare della prima met degli anni 90, che in seguito agli sconvolgimenti dellEuropa Orientale vede accrescere lafflusso dai Balcani ( soprattutto Albania). Limmigrazione straniera tocca le 50.000 unit e la percentuale femminile arriva vicino al 40% del totale. Terza fase: quella della seconda met degli anni Novanta in cui i ritmi del fenomeno arrivano al 15% annuo: limmigrazione tende a stabilizzarsi anche per effetto dei ricongiungimenti famigliari;la percentuale femminile supera il 46% del totale e cresce la presenza dei bambini stranieri nelle scuole. Le aree di provenienza, oltre allAfrica e Europa Orientale, si estendono all Asia e all America Latina. Negli anni pi recenti limmigrazione in Emilia Romagna diventato quindi un fenomeno di indubbio rilievo, che tocca ormai tutti gli aspetti della societ civile. Il fenomeno migratorio inoltre, allinizio del XXI secolo sta assumendo caratteristiche profondamente diverse da quelle del secolo scorso [Tab. 2.5]. Basta ripercorrere la storia dellemigrazione Italiana verso gli Stati Uniti, America Latina o Australia, per ricordare come interi nuclei famigliari abbiano percorso un solo percorso dandata, senza aver avuto mai lopportunit, il tempo e le risorse economiche, per fare anche per brevi periodi ritorno in patria. Oggi invece grazie ai nuovi mezzi di trasporto (soprattutto aerei), a un relativo abbassamento dei costi o a una maggiore disponibilit economica degli stessi migranti, il fenomeno migratorio ha acquistato caratteristiche di maggiore mobilit.

49

Quaderni di statistica, Limmigrazione straniera in Emilia Romagna, dati al 1-01-04, a cura dellOsservatorio regionale sul fenomeno migratorio, Franco Angeli, Milano, 2005. 50 Anni in cui le cosiddette regolarizzazioni connesse alla legge Martelli hanno facilitato lo spostamento verso le regioni settentrionali di consistenti gruppi di immigrati gi fisicamente presenti sul territorio nazionale.

Sempre pi frequenti sono i ritorni a casa ( per le ferie estive, di fine anno o in altri periodi), soprattutto in direzione dell Europa Orientale. Anche se oltre i degli immigrati finiscono per stabilirsi definitivamente nel paese d arrivo, il ritorno temporaneo nel paese dorigine non uneccezione. Questa sorta di nomadismo migratorio ha conseguenze sia di tipo sociale che economico e perfino statistico. Due elementi appaiono in particolare significativi, per la corretta valutazione della svolta in atto. Da un lato, il costante aumento degli inserimenti lavorativi stabili di lavoratori stranieri in imprese manufatturiere e di servizi della regione, e pi in generale il crescente ricorso a manodopera straniera da parte di settori altrettanto importanti, quali lagricoltura e ledilizia, hanno gradualmente posto in evidenza la rilevanza del bacino dofferta rappresentato dagli immigrati, rispetto a una domanda di forza lavoro che in molti comparti produttivi e di servizi (ivi comprese le attivit domestiche e di cura delle persone) rischiava di rimanere inevasa, come conseguenza delle tendenze demografiche in corso, sia di fenomeni connessi alla segmentazione del mercato del lavoro regionale e nazionale. Il secondo elemento di svolta, rilevabile in crescendo dalla seconda met dello scorso decennio , rappresentato dai ricongiungimenti famigliari, che hanno interessato e continuano a interessare in particolare le aree dove pi chiaramente andata evidenziandosi la suddetta funzionalit dellofferta di lavoro rappresentata dai migranti. Conseguenze di tale processo appaiono le tendenze ad un riequilibrio, in termini di genere e fasce det, della composizione di questo settore della popolazione presente e stabilmente insediata. Anche il quadro delle nazionalit mostra delle novit: il gruppo continentale pi numeroso diventa quello Europeo (43.80% dei permessi di soggiorno in Regione), per larrivo di donne dallest Europa;mentre tra gli uomini prevalgono le nazionalit africana, percentualmente pi presenti in Emilia Romagna che nel resto d Italia. Sembrano quindi consolidarsi due poli dellimmigrazione regionale: il primo composto di donne, prevalentemente dell Europa dell Est , attive nei servizi alle persone, e il secondo di uomini , prevalentemente africani attivi nelle industrie soprattutto metalmeccaniche. Analizzando la composizione per sesso, le comunit con maggiore equilibrio sono la cinese e la rumena; fortemente femminilizzata lucraina, la polacca, e la

moldava; fortemente mascolinizzata la tunusina e la senegalese; mascolinizzata con tendenza al riequilibrio, lalbanese e la marocchina. Qualche informazione interessante sulla distribuzione territoriale degli immigrati si pu ricavare considerando i dati delle anagrafi. Si pu cosi constatare che i comuni nei quali si registra una pi alta incidenza percentuale di residenti stranieri sulla popolazione non sono i capoluoghi di provincia, ma i comuni minori a ridosso di alcuni capoluoghi ed alcuni comuni montani, dove si raggiungono percentuali vicine al 10%: lasse regionale di presenza di stranieri appare come unestensione a Nord- Ovest e Sud- Est del triangolo Reggio Emilia Modena - Bologna. Altri comuni a presenza relativamente alta sono contigui, rispettivamente, a Parma e Rimini. Secondo lOsservatorio regionale sullimmigrazione, questa distribuzione appare sostanzialmente determinata da due fattori : le localizzazioni dellattivit industriale e artigianale;la disponibilit/prezzo delle abitazioni. Va inoltre rilevata la crescente incidenza di figli di coppie residenti straniere sul totale sia dei coetanei sia dei nuovi nati nelle aree di insediamento. Individuare gli inserimenti lavorativi e i ricongiungimenti famigliari come indicatori significativi rispetto alle caratteristiche e alle direzioni che il processo migratori andato assumendo nella regione non equivale daltra parte , ovviamente ad affermare che essi siano sufficienti a garantire un decorso privo di difficolt delle traiettorie di inserimento dei nuovi cittadini nei contesti locali dapprodo. Nonostante il fatto che grazie alle iniziative sviluppate da un numero crescente di amministrazioni locali e in generale alla mobilitazione del tessuto istituzionale ed associativo, lEmilia Romagna si sia affermata come uno dei punti avanzati per ci che riguarda la quantit di risorse destinate a misure di accoglienza, e la sperimentazione di modalit di intervento, i cambiamenti stessi, e in particolare il crescere dei ricongiungimenti famigliari, sembrano aver messo via via in discussione gran parte delle procedure adottate nel decennio precedente. Le stesse problematiche connesse alla domanda di abitazioni, allassistenza sanitaria, ai rapporti con i servizi in genere gi emerse con tonalit pi o meno emergenziali quando limmigrazione si presentata nei contesti locali di un numero crescente di soggetti singoli prevalentemente di genere maschile si modificano profondamente nei contenuti e nella complessit. Ad esse si vanno poi

aggiungendo altre problematiche, guadagnando una nuova centralit e soprattutto coinvolgendo- rispetto al passato anche recente - un numero crescente di autoctoni in relazioni pi o meno dirette: quelle connesse agli inserimenti scolastici, ai bisogni informativi e formativi, allapprendimento della lingua, allesercizio di culti religiosi, allassociazionismo di varia natura, finalit e orientamento, e ai vari aspetti della questione giovanile. Lelaborazione, la sperimentazione e la messa a punto di modelli relazionali che agevolino la comprensione e la gestione dei problemi che il crescere e lo stabilizzarsi delle nuove presenze comportano, sembrano essere avvertite come necessit concrete da un numero crescente di soggetti in tutti i settori della vita amministrativa e sociale in genere, e con particolare urgenza in quelli pi direttamente connessi al mondo del lavoro. Connessa ad esigenze operative e gestionali immediate, ma interpretabile in quella luce, sembra essere laccresciuta domanda di ricerca (e di mediazione culturale) da parte di associazioni imprenditoriali e di singole imprese nelle aree a maggior presenza di immigrati. Probabilmente significativo in tal senso il crescente interesse che molte amministrazioni locali da un lato, e molte associazioni degli immigrati dallaltro, sembrano oggi dedicare ai problemi della rappresentanza, come condizione per una partecipazione piena e responsabile di questa componente della popolazione alla vita sociale nei contesti dellinserimento. Tab. 2.5 Incidenza degli stranieri residenti sulla popolazione totale in Emilia Romagna, periodo 1993-2000 Anno Tot. Pop. Tot. 1993
3.926.48 6 43.085

1994
3.924.35 2 47.379

1995
3.922.35 2 52.397

1996
3.922.95 2 52.397 1,47

1997
3.939.33 0 70.568 1,79

1998
3.947.14 8 81.265 2,06

1999
3.959.92 4 93.555 2,36

2000
3.981.323 110.168 2,77

stranieri 1,21 1,34 Valori % 1,10 Fonte:elaborazioni su dati Istat 2000 2.3 IL CASO DI REGGIO EMILIA

Reggio Emilia, come altre province della regione Emilia Romagna, ha conosciuto una significativa immigrazione internazionale a partire dagli anni ottanta e , in modo crescente, soprattutto negli anni novanta.

Losservatorio provinciale sullimmigrazione, che fornisce regolarmente un quadro quantitativo del fenomeno migratorio, registra un progressivo aumento degli immigrati in dieci anni, i quali sono passati da 128 a 13.900 con punte di crescita corrispondenti agli anni in cui leggi o decreti hanno regolato il fenomeno migratorio (Provincia di Reggio Emilia 1991-1999 ). In confronto con altre province della regione , Reggio Emilia si colloca al terzo posto, dietro a Bologna e Modena, come numero di presenze in termini assoluti (provincia di Reggio Emilia 1999), ma si pone al primo posto per incidenza percentuale degli stranieri sul totale della popolazione residente con un 3,13 %. Come altre zone del paese, anche Reggio Emilia ha assistito oltre che allaumento delle presenze, anche a quello dei ricongiungimenti, con presenze femminili che si attestano al 40,9 % e dei minori che rappresentano il 26 % delle presenza straniere (Provincia di Reggio Emilia; Regione Emilia Romagna ) ed ad un intenso processo di differenziazione dei diversi paesi. I paesi da cui maggiormente provengono i cittadini stranieri residenti a Reggio Emilia sono: Marocco(2.402), Albania (2.291), Cina(1.973), Ghana(1.414), Tunisia(1.062), Egitto(1.023) e Ucraina (1.016).[Tab.2.6]51 Tab.2.6 Presenze residenti stranieri divise per provenienza NAZIONALITA Marocco Albania Cina Ghana Tunisia Egitto Ucraina Nigeria Romania Moldavia Sri-Lanka Ex Jugoslavia Polonia Senegal Filippine Rep. Domenicana Russia India Brasile
51

2005
2.402 2.291 1.973 1.414 1.062 1.023 1.016 640 625 447 427 310 264 253 206 183 178 174 165

% SULLA POPOLAZIONE
14,7% 14,0% 12,0% 8,6% 6,5% 6,2% 6,2% 3,9% 3,8% 2,7% 2,6% 1,9% 1,6% 1,5% 1,3% 1,1% 1,1% 1,1% 1,0%

FONTE: Dati della Provincia di Reggio Emilia

140 Algeria 1.202 Altri 16.395 Totale FONTE: Dati Provincia di Reggio Emilia 2005

0,9% 7,3% 100,0%

Negli anni dal 2001 al 2005, i paesi di provenienza degli stranieri che vengono ad abitare a Reggio Emilia rimangono invariati. Lelemento sicuramente nuovo lingresso tra i principali paesi di provenienza, dellUcraina, dopo lingresso e la regolarizzazione di tante donne sole che vengono in Italia per lavorare come collaboratrici domestiche. Le aree di maggiore provenienza sono principalmente l Africa Settentrionale (4.497) e l Europa Extra- UE (5.054). Seguono per ordine di importanza numerica lAfrica Occidentale (2.636) e lAsia Orientale (2.255). La presenza di cittadini di origine straniera sul territorio Reggiano, proveniente in particolare dal sud del mondo (ma negli ultimi anni anche da paesi come lest Europa), divenuto fattore strutturale della societ e parte dellesperienza quotidiana di tanti. Nellintero territorio provinciale i dati del 31/12/2004 indicano che gli stranieri residenti a Reggio Emilia sono 36.515 (il 7.5 % della popolazione residente). A Reggio Emilia numericamente i cittadini non comunitari residente al 31/12/2005 erano 16.395, il 10.4 % del totale della popolazione residente. La crescita delle presenze regolari nella citt di Reggio Emilia legata sia al perdurare del fenomeno migratorio (principalmente attraverso i ricongiungimenti famigliari ) che alle opportunit di regolarizzazione offerte ripetutamente nel corso degli ultimi anni ed allincremento dellimmigrazione di donne sole provenienti dai paesi dellEst Europa. In dieci anni, la presenza degli stranieri passata da 3.040 a 16.395 persone[Tab. 2.7]. Questi dati sono molto significativi e importante per arrivare ad evidenziare limportanza e la necessit di interventi rivolti sia agli immigrati come agli autoctoni; rivolte agli adulti come ai giovani, nel mondo del lavoro come nella scuola.

Tab.2.7 popolazione immigrata residente nel Comune di Reggio Emilia (19942005) ANNI POPOLAZIONE IMMIGRATA F TOTALE
1.183 1.371 1.673 2.023 2.400 2.802 3.288 3.915 4.447 5.705 6.597 7.556 3.040 3.306 4.136 4.877 5.698 6.496 7.605 8.977 9.915 12.322 14.396 16.395

1.857 1994 1.935 1995 2.463 1996 2.854 1997 3.298 1998 3.694 1999 4.317 2000 5.062 2001 5.468 2002 6.617 2003 7.799 2004 8.839 2005 FONTE: Provincia Reggio Emilia 2005

2.4 CARATTERISTICHE, DATI E NUMERI A LIVELLO STATISTICO DEI RAGAZZI DI RECENTE IMMIGRAZIONE INSERITI NELLE SCUOLE DI REGGIO EMILIA. Come ormai per tutti ovvio, il numero di immigrati nel nostro paese, negli ultimi anni, cresciuto considerevolmente. Come in tutte le istituzioni, anche nella scuola questo fenomeno ha preso piede in modo veloce e continuo. Linformazione statistica pu offrire informazioni importanti sulle dimensioni e sulle caratteristiche di tale fenomeno, ma decisamente parziali, vuoi per le oggettive difficolt di misurazione, vuoi anche per i limiti del sistema italiano di rilevazione dei dati. Dal punto di vista quantitativo, in Italia, la presenza degli studenti stranieri cresciuta notevolmente in tutti i tipi di scuola. Lincidenza del fenomeno immigrazione sul sistema scolastico particolarmente rilevante nel Nord-Est Italiano, allinterno del quale spicca la situazione dellEmilia Romagna. Il fenomeno dei ricongiungimenti famigliari rappresenta una prima fase di maturit dellimmigrazione che tocca dimensioni significative in Emilia Romagna nella seconda met degli anni novanta.

La stima di 45.000 minori immigrati viene confermata dai dati delle iscrizioni scolastiche che vedono nellanno 2003/2004 inferiori alle medie superiori. Il fatto che lEmilia Romagna sia la quarta regione dItalia per incidenza percentuale dei cittadini stranieri ma risulti la prima (anno scolastico 2003/2004) per incidenza percentuale dei bambini stranieri nelle scuole di ogni ordine e grado, con il 7% ( rispetto al 6,6% Umbria,al 5,9% Marche e 5,8% Lombardia) rappresenta certamente un buon indicatore del grado di integrazione sociale raggiunta, oltre che di stabilit del fenomeno. La provincia che si colloca in terza posizione nellanaloga graduatoria stilata dal Ministero dellIstruzione Universit Ricerca nel 2004 per le province Italiane, Reggio Emilia52. Il fenomeno regionale ha una incidenza sulla popolazione scolastica ormai del 3,49% sul totale; se si fa un confronto con gli anni precedenti, dagli anni 80 sono avvenuti cambiamenti profondi relativi alla presenza e all incidenza degli alunni con cittadinanza non italiana, con una crescita pi significativa, avvenuta dai primi anni del 2000 a oggi, che praticamente raddoppia le presenze. Nellanno scolastico 1999/2000 il numero totale era ormai prossimo alle 120.000 unit: poco meno di tre volte la cifra che si registrava solo cinque anni prima e addirittura quattordici volte quella del 1983/84. I paesi con presenze maggiori sono Marocco, Albania, Cina, con una crescita di presenze dalla Romania, dallIndia e dal Pakistan. La distribuzione sul territorio non omogenea ma in relazione alle caratteristiche socio-economiche dei vari comuni e alla presenza di reti etniche che fanno da supporto e facilitano nuovi insediamenti. Il carattere del modello italiano policentrico e diffuso rispetto a quello di altri paesi Europei; si ha una presenza di alunni stranieri molto disomogenea e differenziata sul territorio nazionale; un modello variegato, diffuso e policentrico nel quale i poli di attrazione non sono solo le grandi citt ma appunto anche le piccole e i paesi53. oltre 32.000 bambini e ragazzi stranieri iscritti alle scuole della regione, alle materne, alle elementari, alle medie

52 53

Fonte: Miur a.s. 2003/2004 Alunni con cittadinanza non italiana Fonte: Miur 2004

Il sistema scolastico italiano si trova ad accogliere, oltre a quelli italiani , studenti di 182 paesi, che professano 18 religioni e parlano 78 lingue 54, per questo sono necessari interventi e iniziative importanti e significative per agevolare e rendere meno traumatico lingresso di questi ragazzi nel mondo della scuola; interventi rivolti sia ai ragazzi stranieri ma anche agli stessi autoctoni che si trovano a condividere il mondo della scuola con culture, lingue e abitudini diverse dalle loro. Negli ultimi anni la presenza di alunni con cittadinanza non italiana nei diversi ordini di scuola, tende a riequilibrarsi rispetto alla predominanza che si registrava negli anni passati della presenza nella scuola elementare (Tab.2.8).

Tab 2.8. alunni con cittadinanza non italiana, secondo il tipo di scuola, confronto tra anni (aa.ss. 1995/1996 e 2003/2004) ORDINI DI SCUOLA
SECONDARIA DI I GRADO SECONDARIA DI II GRADO INCIDENZA (%) SULLA POPOLAZIONE SCOLASTICA COMPLESSIVA DELL INFANZIA PRIMARIA TOTALE

ANNI

1995/96 2003/04 INCIDENDA (%) PER ORDINE DI SCUOLA

10.450 54.947 3,83

23.991 115.277 4,47

9.471 67.537 4,01

6.410 44.922 1,87

50.322 282.683 3,49

0,56 3,49

a.s.2003/2004 Fonte: Miur. Sono considerate insieme scuole statali e non statali
54

Fonte: Ministero Pubblica Istruzione 2000

Lordine di scuola con lincidenza pi alta risulta

essere sempre la scuola

primaria (4,47%), mentre la scuola secondaria superiore di II grado appare con lincidenza decisamente pi bassa rispetto agli altri ordini di scuola ( 1,87%), anche se registra un incremento significativo di presenze rispetto allanno scolastico 1995/1996. Negli ultimi sette anni il numero degli alunni stranieri nella scuola superiore di II grado passato da 1696 a 6427 pari al 4,7% dei 136.136 iscritti al quinquiennio55. Questo un dato che evidenzia quanto il processo migratorio in Italia si stia sempre pi caratterizzando per stabilit e permanenza. Molto rilevanti si presentano, sia nel sistema scolastico reggiano, sia in quello nazionale, le differenze concernenti le scelta dellindirizzo di studio nella scuola secondaria di II grado tra studenti stranieri e studenti italiani: larea di studio pi frequentata dai ragazzi stranieri che studiano in provincia di Reggio Emilia di gran lunga quella professionale, mentre poco frequentata, soprattutto se si riporta il dato a quello relativo allintera popolazione scolastica provinciale, risulta essere larea liceale. Se la crescita della presenza di studenti stranieri in Italia sicuramente un segnale positivo di un sempre pi largo inserimento degli immigrati nella societ italiana, anche vero che questa rappresenta solo un primo passo lungo la ben pi impervia strada della piena integrazione. evidente che i risultati pratici e a lungo termine dellistruzione dipenderanno dalla qualit dellapprendimento dei singoli studenti. Le sollecitazioni al mondo della scuola quindi, sono notevoli e ricadono molto spesso sulle sensibilit e sulle capacit dei singoli insegnanti e dei singoli istituti scolastici; ci accade per una sempre pi attenta riflessione sulleducazione interculturale e sullo sviluppo di strumenti adeguati ad affrontare una problematica cos complessa ma che nonostante gli sforzi operati a livello centrale vede emergere le risposte e le iniziative pi interessanti nelle realt locali. A livello scolastico gli alunni non italiani sono passati dai 50.000 del 1995/96 ai 360.000 della.s. 2003/04, raggiungendo la media nazionale del 4,2 %. Nello specifico le scuole secondarie di II grado della provincia di Reggio Emilia fanno in media registrare un tasso di incidenza degli studenti stranieri sul totale degli iscritti pari al 7,4%. Il tasso di incidenza degli studenti stranieri rilevato
55

Dati 2004

nelle scuole superiori del comune di Reggio Emilia (8%) risulta superiore a quello registrato nelle scuole del resto della provincia (6,5%). Analizzando la presenza di studenti stranieri nelle singole scuole si evince che negli istituti professionali Filippo Re e Lombardini una percentuale molto consistente degli iscritti non ha origini italiane (rispettivamente il 28,2% ed il 25,4%). Nello specifico, oltre il 20% degli stranieri frequentanti il Lombadini costituito da giovani marocchini, che sono ampiamente la nazionalit pi presente nellistituto; la grande maggioranza degli studenti stranieri del Filippo Re invece cinese, esattamente il 20% del totale; discretamente rappresentati risultano anche i marocchini e gli albanesi, entrambi con circa il 9% degli iscritti56[Tab. 2.9]. Tab.2.9 Percentuale di studenti stranieri sul totale della popolazione straniera divisi per nazionalit. NAZIONALITA TOTALE % SUL TOTALE STRANIERI
23.6% 11,3% 10,4% 7,8% 6,6% 5,3% 3,1% 2,5% 2,4% 2,3% 1,8% 1,7% 1,3% 1,3% 1,2% 1,2% 1,1% 1,0% 1,0% 0,8% 0,8% 0,7%

1630 Marocco 778 Albania 717 India 538 Cina 459 Pakistan 367 Ghana 217 Tunisia 176 Egitto 168 Turchia 162 Jugoslavia 127 Nigeria 115 Macedonia 89 Sri Lanka 87 Polonia 83 Kossovo 81 Russia 75 Brasile 71 Ucraina 68 Croazia 57 Slovenia 53 Romania 45 Bosnia Fonte:Dati Ministero dellIstruzione a.s. 2004/2005

56

Studenti stranieri a Reggio Emilia a.s. 2004/2005 Provincia di Reggio Emilia

CAPITOLO 3

PER UN MODELLO DI ACCOGLIENZA ALLINTERNO DELLA SCUOLA

3.1 LA RETE 3.1.1 LA PERSONA Il termine rete un costrutto sociologico che comincia ad essere utilizzato nella seconda met degli anni 50, allinterno della cultura antropologica, nel contesto del Nord - Europa, per rappresentare il tessuto di contatti e rapporti che la persona costruisce intorno a s nella quotidianit. Inizialmente infatti, questo termine si applic esclusivamente alla persona e non si utilizz per il sistema dei servizi presenti.57 Parliamo di rete intorno alla persona e tra le persone, rete positiva e rete vincolo, che pu aiutare o danneggiare o ancora imbrigliare lautonomia del soggetto.58 Si considereranno in seguito anche, come rete reale o potenziale, linsieme delle opportunit sociali (rete di risorse), la singola organizzazione di lavoro sociale, un sistema agente quale lequipe che idealmente integra forze diverse in ununica direzione, rappresenta un complesso di risorse, che, se collegate tra loro armonicamente, possono dare esiti sinergici proprio per la diversit dei soggetti il sistema dei servizi, in rapporto allipotesi progettuale unitaria e al potenziale collaborativi. Ma inizialmente, la cosa importante, quella di porre attenzione sulle persona, sulle relazioni tra esse, il loro mantenimento, il coinvolgimento, lo sviluppo.

57 58

Ferrario F, Il lavoro di rete nel servizio sociale La Nuova Italia Scientifica, Roma, 1992, p18. Ibidem, p.17.

Come ovvio, al concetto di rete sottesa una concezione delluomo come soggetto in interazione con gli altri, capace di influenzarli oltre che di essere influenzato. La rete di una persona formata da diversi nodi, i quali interagendo tra loro, compongono e creano altre reti; queste reti possono essere di diverso tipo: famigliare, parentale in senso lato, amicale, vicinale. Ognun di queste reti, riveste funzioni specifiche e differenziate rispetto al soggetto, molto spesso in rapporto alle diverse fasi della vita. Ogni individuo quindi, tesse volontariamente la sua rete, molto spesso in base alle diverse situazioni, alle esperienze e a ci che capita nella sua vita. Per questo molto importante per capire la persona e le sue difficolt, cercare di conoscere e capire la sua rete, coglierne i vari aspetti e le motivazioni che hanno spinto quella persona a scegliere un tipo di rete rispetto a un'altra. La rete in questo senso pu essere usata come strumento di lettura della realt e inoltre rappresentare il prodotto di un lavoro sociale, realizzato attraverso una serie di idonei strumenti di lavoro. Quando il soggetto si trova in difficolt, il sistema di relazioni in cui inserito pu trasformarsi in sistema di supporto, mettendo a disposizione risorse specifiche, a volte assai idonee e compatibili con le caratteristiche del soggetto. Il termine rete corrisponde ad un concetto intuitivo e multidimensionale sia nel linguaggio comune che nel campo dellintervento sociale, si usa per riferirsi a sistemi di circolazione, di comunicazione, di connessione di natura diversa. In campo sociale il concetto di rete e il suo uso si andato progressivamente diffondendo e ha avuto in seguito le sue applicazioni.59 La costituzione di rapporti di rete per lappunto, pu essere facilitata dallesistenza di istituzioni che mettono a contatto delle persone:al lavoro, a scuola, nelle associazioni, si creano legami e relazioni fondamentali e necessarie per il benessere degli individui. Le reti variano a seconda delle persone e delle loro caratteristiche, sono influenzate dalla storia dei soggetti e dalle loro esperienze ispirate dalla cultura; si modificano in relazione allet e alle fasi cruciali della vita, allinterno delle quali assumono un peso prevalente settori diversi dellesperienza relazionale:ad esempio, lambito parentale, amicale o di lavoro.
59

Ferrario F,Op.Cit..

Ognuno sceglie, costruisce e cambia la sua rete personale o relazionale in base a diversi fattori, ma cosa importante da tenere sempre in considerazione il fatto che ogni individuo ne caratterizzato e ne ha bisogno.

Le reti possono essere classificate e distinte in60: PRIMARIE, le quali hanno contenuti di affettivit e/o affinit rispetto al soggetto, e adempiono nei suoi confronti a una funzione promozionale e protettiva a un tempo. SECONDARIE, le quali sono distinte in formali e non formali, riferite alle istituzioni che sono state create o si sono sviluppate spontaneamente per assicurare determinati servizi per le persone. Ogni utente dei servizi va visto come un portatore di risorse e di capacit per cercare di evidenziare gli strumenti di sopravvivenza, le potenzialit, i sistemi di valore, che gli hanno consentito di sopravvivere, che lhanno sostenuto fino al momento di presentazione della domanda di aiuto, e di operare quindi attraverso levidenziazione di questi aspetti e in rapporto a queste capacit. Il benessere di ciascuno si regge anche sulla possibilit di esercitare competenze e lopportunit di rilanciare allesterno proprie risorse, sostenere lautoconsiderazione e il senso della propria dignit. Si dovrebbe intravedere e individuare nellutente che cosa egli stesso in grado di dare al di l della specifica situazione di bisogno, per favorirne una positiva canalizzazione61. Secondo G. Simmel la realt sociale relazione sociale, essa non esiste in s ma solo lattuazione delle azioni reciproche:la societ una rete di relazioni a qualsiasi livello si ponga lanalisi.62 La rete sociale inoltre, nella accezione pi diffusa, quella suggerita da C.J.Mitchell, che ha rielaborato il concetto di Barnes63, definita come un insieme specifico di legami tra un insieme definito di persone, con la propria
60 61

Ibidem.P20. Ibidem. p. 85. 62 Simmel G. Sociologia Milano, 1989, ( I edizione dellopera 1908), p 13. 63 Barnes definisce una rete sociale (social network) come un insieme di punti uniti da linee:i punti dellimmagine sono gli individui ovvero alcuni gruppi e le linee indicano quali individui interagiscono con gli uni con gli altri (Barnes J. A. Social network, Addison-Wesley, Reading, 1972, p. 43.

aggiuntiva che le caratteristiche di questi legami possono essere usate per interpretare il comportamento sociale delle persone coinvolte.64 quindi chiara limportanza della rete che forma e caratterizza una persona, significativo coglierne ogni aspetto per arrivare a capire quale sia lintervento giusto da attuare, nel momento del bisogno, in base alle diverse caratteristiche, possibilit ed esigenze di ognuno. Ogni persona a se, ha una propria visione del mondo65 e da significati differenti a ci che incontra , quindi davvero necessario riuscire a vedere le cose sempre con occhi diversi ed essere capaci di mettersi in discussione, capaci di vedere, accettare e capire le reti altrui.

3.1.2 LINTERVENTO E IL LAVORO DI RETE La presenza sempre crescente nel tessuto sociale di diversificate iniziative di solidariet sociale, ha indotto a un loro utilizzo, a processi di delega e, progressivamente, ha suscitato un interesse in direzione di un rapporto meno conflittuale (tra stato e sociale) e improntato a uno spirito di scambio e collaborazione. I fondamenti portanti dellintervento di rete non vanno ricercati esclusivamente in un interesse nato dalla debolezza delle prese in carico tradizionali o dal fallimento della prospettiva del Welfare State, ma nellottica ecologica da un lato, e dallaltro nella crisi di efficacia dellintervento tecnico-specialistico. Lottica ecologica trasferita al campo sociale66, inquadra i problemi individuali come eventi che hanno a che fare con il tessuto relazionale, con lambiente, in cui tutti viviamo e ci sviluppiamo: il benessere sociale delle persone e profondamente interrelato con la qualit della convivenza, dellambiente umano e in particolare con gli stili di vita, che allinterno vi si sono prodotti, vengono sostenuti o tollerati.

64 65

Mitchell J. C. Social network in Urban Situation, Manchester University Press, 1969, p.2. Bertolini P. Caronia L. Ragazzi difficili La Nuova Italia, Firenze, 1993. 66 Bronfenbrenner V, Ecologia dello sviluppo umano, il Mulino, 1986, in Ferrario F, Op. Cit. p.40.

Con il tempo e le esperienze stato chiaro che i problemi della persona non trovano soluzioni in base a un solo intervento, ma attraverso una pluralit di azioni di diversa natura, convergenti naturalmente nella finalit. Un singolo problema pu derivare e per questo trovare soluzioni, guardato da diversi punti di vista e secondo diverse visioni e per questo importante che diverse professionalit e diverse competenze lavorino insieme, per trovare le cause o i motivi di un disagio e in seguito, trovare una soluzione corretta. Una alleanza reticolare di forze diverse, appartenenti a campi diversi e nello svolgimento, di azioni diversificate in una stessa direzione.67 Lesigenza pi marcata quella di operare in una logica di connessione, costruendo forme di raccordo di contenuto diverso tra i servizi, affinch non disperdano le loro risorse, ma le investano pi efficacemente in base a progetti concordati. Naturalmente ovvio, che le difficolt che si incontrano nel corso del lavoro, non vanno ignorate o coperte, ma colte come segnali da elaborare per migliorare le intese, trovare delle modalit per affrontarle o addirittura correggere limpianto di collaborazione, poich a volte le difficolt segnalano il tiro troppo elevato del progetto o delle aspirazioni di gruppi di operatori.68 Il lavoro di rete quindi, costituito dallinsieme degli interventi di connessione di risorse e dalle strategie tese a produrre concatenazione di relazioni significative, dai processi di crescita che si attivano allinterno delle stesse risorse, finalizzati, nel loro complesso, al miglioramento del livello di benessere delle persone e della collettivit. Il lavoro di rete quindi discende da una filosofia che porta a concepire la realt come reticolare e il fronteggiamento vincente dei problemi come prodotto da un intreccio di forze diverse, presenti nel tessuto anche allo stato potenziale, che, solo in cooperazione tra di loro, sono in grado di produrre condizioni di immunit sociale.69 Lintervento di rete sul territorio considerato particolarmente utile quando le differenze, molteplici, o separate iniziative possono essere chiamate in causa per un obiettivo comune, che motiva e che sostenuto da una continuit dellimpegno in proposito.
67 68

Ferrario F, Op. Cit. p. 47. Ibidem.p.108. 69 Ibidem, p.65.

Eventuali mix devono essere intesi come connessioni, nuovi equilibri, e non come sostituzione del formale allinformale, e viceversa, praticare la via del mix si fonda sul concetto di rete di aiuto e sullassunto che per la soddisfazione dei bisogni connessi alla riproduzione sociale, ogni attore sociale, pu fare e fa riferimento a una rete di sostegno differentemente caratterizzata quanto ai nodi che la compongono.70 Ogni nodo della rete deve svolgere la sua funzione. Il mix formale informale pu essere inteso in senso generale come una strategia di differenziazione dellofferta dei servizi alla persona, secondo formule caratterizzate dalla massima flessibilit. Comunque se il mix formale informale si pu definire in prima istanza, come un intreccio, nel campo dei servizi alla persona, di formale e informale al fine di predisporre, a fronte di una specifica domanda assistenziale, la risposta migliore in termini di personalizzazione, flessibilit, adeguatezza relazionale, efficacia ed efficienza dellintervento, essa ha un raggio di azione con confini precisi. una strategia di intervento che interessa tutti i soggetti che, per motivi contingenti o strutturali, non sono in grado di farcela da soli e come tali esprimono una domanda di aiuto, una domanda assistenziale.71 Esiste un sistema complesso di intervento sociale che alcuni autori denominano a doppio binario, uno quello pubblico, laltro costituito dallinsieme delle offerte volontarie di vario tipo.72 Rispetto al consolidarsi e allo svilupparsi del sistema a doppio binario, con la spinta alla diffusione e diversificazione delle iniziative volontarie, nonch della presenza sul territorio di diversi soggetti collettivi, si delineato un nuovo ruolo delloperatore pubblico, al di l dello svolgimento dei suoi compiti pi tradizionali, quale promotore di collegamento tra i due settori, tra saperi e attivit diverse (nello spirito e nel contenuto), ma compatibili. Lente pubblico nei suoi operatori pu costituire un punto di riferimento forte, di facilitazione di contatti, di attivazione di diverse logiche di rete. Qualsiasi intervento fatto secondo la logica del mix formale informale, deve mirare in prime istanza, a far si che la rete di sostegno nel suo complesso sia

70 71

Di Nicola P. La rete:metafora dellappartenenza Franco Angeli, Milano, 1998, p. 185. Di Nicola, Op. Cit. p.188. 72 Spiegel, Wagner in Ferrario F, Op. Cit. p. 122.

efficiente e funzionale, prevedendo trasferimenti di risorse su quei nodi deficitari o assenti73:trasferimenti che costituiscono il cuore di un intervento di rete. Ogni individuo quindi caratterizzato dalla propria rete, formata dai diversi e rispettivi nodi, dalle relazioni significative ed indispensabili per costruire e impostare un lavoro di rete; il lavoro di rete a sua volta, si dovrebbe impegnare a formare, ideare e costruire unulteriore rete capace di sostenere, aiutare o accompagnare, quegli individui bisognosi o in difficolt, per cui questa rete, questo mix formale informale, questo interevento a doppio binario, potrebbero rappresentare unancora di salvezza, un uscita da una situazione di malessere o disagio.

3.1.3 I PRINCIPI GUIDA DEL LAVORO DI RETE Il lavoro di rete supportato da diversi principi guida i quali sono stati individuati in otto punti74: 1. La soggettivit e il rispetto e/o elaborazione della intenzionalit dei soggetti. Ci significa non ignorare, ma al contrario mettere in risalto le risorse interne, sia individuali che della collettivit e consentirne lespressione e lo sviluppo. 2. La sinergia, che rappresenta lazione simultanea di diversi organi per raggiungere una determinata funzione;in campo sociale corrisponde al concetto di cooperazione: lavoro fatto insieme. 3. La gratuit, cio la logica dei piccoli traguardi adeguati ai soggetti coinvolti. Volendo sviluppare le autonomie e non sopraffare le risorse esistenti, nelle persone occorre adeguare il ritmo dellazione e lapertura dei campi operativi. 4. La continuit, la quale indica la necessit che non venga spezzato il processo di intreccio delle diverse forze e sui piccoli traguardi si costruisca attraverso fasi diverse, momenti di autonomia e tappe di verifica. 5. La continuazione, principio specifico del lavoro di rete che ne ispira lazione connettiva, manifesta la necessit che la creazione/attivazione di
73

Di Nicola P., Modelli e dinamiche di rete in L. Canicola, (a cura di), Reti sociali e intervento professionale, Liguori, Napoli, 1995. 74 Ferrario F., Op.Cit.p.67.

rete continui a diversi livelli e in diversi campi, perch aumentino le occasioni di possibile sinergia. 6. La trasparenza e la comunicazione, che tendono a rinforzare le soggettivit individuali e collettive. Nel rispetto dei soggetti coinvolti, non solo dovuta la pubblicazione dei programmi e degli esiti ottenuti, ma anche la restituzione di saperi ed esperienze maturate dai diversi soggetti. 7. La compatibilit, cio la necessit di facilitare il collegamento tra risorse rendendole e rendendosi pi vicini e meno contrastanti, maggiormente conciliabili. 8. La riflessione, la quale indica una particolare attivit del pensiero e abitudine sempre necessaria nellazione professionale, sia per rivedere e capitalizzare lesperienza, sia per conoscersi e migliorare, sia in funzione di una verifica e progettazione. Ad esempio i soggetti vengono stimolati non solo ad aiutare, ma anche riflettere sul proprio ruolo di aiuto, sulla propria funzione e significato.

3.2 IL TUTORSHIP 3.2.1 IL TUTORSHIP DAULA Negli ultimi anni allinterno della scuola , andata delineandosi una nuova figura : il tutor. Il tutor una figura che pu essere individuata in diversi contesti, lavorativo, scolastico, extrascolastico, ma sempre con la funzione di facilitatore; facilitatore degli apprendimenti, delle relazione e della comunicazione. Le finalit dellintroduzione di questa figura nellassetto organizzativo di un istituto scolastico, riguardano lesigenza di: garantire un referente stabile per risolvere i problemi del singolo e della classe, facilitando il processo di crescita umana, civile e culturale, e attenuando il fenomeno della dispersione scolastica;
75

garantire un maggior raccordo e dialogo tra le componenti della scuola; migliorare il funzionamento del Consiglio di classe e quindi lefficacia dellattivit didattica complessiva75.

Topping K., Tutoring. Linsegnamento reciproco tra compagni, Erikson, Milano, 1997, p. 48.

Se si analizza inoltre, la casistica delle forme di tutoraggio nelle scuole medie superiori nello specifico, si riscontra quanto questa sia sempre legata, funzionale aggiuntiva alla docenza. La tutorship viene utilizzata a supporto: della attivit formativa della classe nel suo complesso, per favorire la circolazione classe); di progetti trasversali per la prevenzione della dispersione scolastica, la didattica per progetti, lorientamento; di progetti integrativi destinati ad esempio, allalternanza scuola lavoro76. Le funzioni centrali del tutor quindi, si manifestano nei compiti di monitoraggio e in quello di tramite tra i vari soggetti (gli studenti singoli, la classe, i docenti del Cdc e gli altri organismi dellistituto). Attraverso lanalisi delle informazioni, il tutor di fatto un sensore dei casi a rischio, deve essere un facilitatore della comunicazione e di relazioni positive. Secondo Cortese e Quaglino77, la funzione di tutoring ha il suo nucleo pi autentico nella tensione verso la crescita, lautonomia, il potenziamento di colui che stato affidato. Per garantire una buona situazione e gestione della tutorship molto importante tenere sotto controllo il setting: lorganizzazione dello spazio, la scansione dei tempi, i modi e gli stili comunicativi, il presidio delle regole e del contratto formativo, nonch lattivazione di dimensioni simboliche e rituali.78 Tali aspetti non sono tanto identificati come componenti del setting quanto aree di presidio della tutorship79, nello specifico del tutor daula che deve quindi: occuparsi della cura del setting fisico (area logico - organizzativa); sviluppare mediazione empatica alle dinamiche daula (area socio affettiva); favorire la mediazione dei conflitti e degli interessi (area politico integrativa);
76 77

delle

informazioni,

la

relazionalit,

la

tempestivit

nellaffrontare i problemi legati alla vita di classe e del singolo (tutor di

Scandella O., Tutorship e apprendimento La Nuova Italia, Firenze, 1995, p. 17. Zannini L., La tutorship nella formazione degli adulti. Uno sguardo pedagogico, Guerini Scientifica, Milano, 2005, p. 87. 78 Ibidem, p 132. 79 Piccardo C., Benozzo A., ( a cura di), Tutor allopera, Guerini, Milano, 2002, p. 204.

presidiare il processo formativo nelle sue diverse fasi, dallanalisi dei bisogni alla valutazione dei risultati (area educativo processuale); facilitare la costruzione di senso e di significato (area culturale simbolica); garantire il rispetto delle regole (area normativa formale).80

Quando queste aree sono bel presidiate, siamo in presenza di una vera e propria tutorship daula. Il tutor daula svolge inoltre una importante funzione della tutorship cio la funzione di connessione, mettendo continuamente in rapporto persone, saperi ed esperienze che caratterizzano il processo formativo, insegnanti, alunni e tutti coloro che fanno parte del mondo della scuola e non solo. Infine, il tutor daula svolge una funzione di supporto" per i formandi che si trovano in difficolt, sia per quello che succede in aula (dinamiche di gruppo negative, conflittualit con i docenti, stress da carico di lavoro) sia per ci che accade fuori dallaula (problemi personali, famigliari, ecc.), ma che entra in essa costantemente e prepotentemente.81 Quella del tutor una figura importante e quasi indispensabile allinterno delle classi; non sempre per la scuola pu permettersi queste figure, quindi investe delineando un professore come tutor o coordinatore di classe che svolga mansioni e competenze di un vero tutor.

3.2.2 IL TUTOR NELLE STANZE DI DANTE Allinterno del progetto Gancio Originale la figura del tutor facilmente riscontrabile; i responsabile del progetto, psicologi ed educatori, fungono da tutor per tirocinanti e ragazzi del servizio civile, appena arrivati; fanno loro da spalla e da guida per il lavoro che si preparano a svolgere. interessante notare come a loro volta questi stessi giovani che diventeranno poi coordinatori dei vari gruppi,, fungono da tutor e accompagnano i giovani volontari nel loro lavoro, e questi ultimi a loro volta si preparano a diventarlo per i ragazzini che partecipano al Gancio.
80 81

Ibidem. Zannini L., Op. Cit., p.182.

Nelle Stanze di Dante il ruolo e la figura del tutor ancora pi evidente e particolare, considerato che spesso volontari/mediatori e ragazzi stranieri sono quasi coetanei. I volontari mediano e facilitano la comunicazione allinterno del gruppo, rendono il lavoro dei ragazzi stranieri meno frustrante, cercando di creare con loro un rapporto di stima e fiducia. Gli stessi ragazzi, e questo un aspetto molto interessante, anche allinterno delle classi, spesso aiutano i nuovi compagni, sia per quando riguarda le attivit scolastiche ma anche nelle relazioni con gli altri compagni. Molto spesso, sono gli stessi alunni che diventano tutor dei loro compagni; questi ragazzi sono i pi responsabili o coloro che allinterno della classe si impegnano maggiormente ma in realt non sempre cos; capita che gli stessi insegnanti scelgano come tutor per un compagno, ragazzi che hanno bisogno di essere responsabilizzati, in modo che questo ruolo e compito li impegni in qualcosa di importante per s e anche agli occhi degli altri. I ragazzi a cui viene assegnano il ruolo di tutor nei confronti di uno o pi compagni, molto spesso sviluppano un senso di orgoglio, autorealizzazione, fiducia e senso di responsabilit82. La figura del tutor quindi importante sia per chi ne riceve laiuto, sia per chi fruisce lo stesso. Pu essere o diventare, un ruolo che aiuta i giovani volontari a crescere, conoscersi e sviluppare capacit di ascolto ed accoglienza, che sicuramente non facevano conto di avere. I tutor mostrano spesso o esemplificano reazioni adeguate che i tutee83 devono imitare. Il tutoring tra ragazzi di et diverse pu dimostrarsi un ottimo mezzo per facilitare lo scambio e la crescita sociali fra membri di una stessa scuola. Molto spesso lamicizia con un ragazzo pi vecchio di status elevato rafforza lautostima del tutee. I tutor traggono da questa esperienza dei vantaggi cognitivi; rivedono o consolidano conoscenze gi acquisite, colmano lacune, individuano altri significati e riformulano le proprie conoscenze in nuovi contesti concettuali, ma

82 83

Topping K., Op. Cit. p. 9. Ibidem. Con tutor si intende la persona che insegna attivamente, con tutee quella che riceve linsegnamento.

soprattutto probabile che, dovendo utilizzare le conoscenze per uno scopo le assimilino meglio84. Gli stessi tutee a loro volta, con un rapporto personale, hanno un apprendimento maggiormente individualizzato; in questo modo possibile selezionare i compiti pi adeguati per il destinatario del tutoring e il ritmo della presentazione pu essere costantemente calibrato in modo da ottimizzare lapprendimento. La presenza di un tutor in ogni classe in ogni scuola ancora una visione utopica ma ci sarebbe una grande possibilit e una grande risorsa per tutti. La Stanza di Dante un progetto dove la figura del volontario/tutor indispensabile ed interessante notare come spesso sembri quasi si annulli la divisione tra tutor e tutee, tra volontario e ragazzo immigrato, in quanto, con il differenziale di abilit implicito, il progetto sperimenta forme di tutoring reciproco o con inversione dei ruoli85. I volontari insegnano la nuova lingua e aiutano linserimento di questi giovani nella scuola e nella societ, ma i ragazzi immigrati insegnano ai volontari cose, culture e tradizioni a loro sconosciute, e insieme imparano la bellezza di stare insieme e limportanza del rispetto e dellintegrazione.

3.3 LE DIVERSE STRATEGIE DI ACCOGLIENZA ADOTTATE NEGLI ANNI:DAI PRIMI COLONIZZATORI A OGGI. La sensibilit verso le differenze culturali sicuramente una conquista recente. Il problema dello sconto tra culture sicuramente molto antico e generalmente risolto dal mondo occidentale, ma non solo, con atteggiamenti etnocentrici, pretendendo di imporre il proprio punto di vista come unico valido, coincidente con quello naturale e razionale86. Lindottrinamento delle culture allora ritenute inferiori, veniva interpretata come doverosa forma di aiuto, che popoli sviluppati, rivolgono a soggetti in via di sviluppo per favorire la loro crescita.

84 85

Ibidem, p. 10 Ibidem, p. 12 86 Terranova S. C., Pedagogia Interculturale, Guerini Studio, Milano, 1997.

Il tema quindi delle diversit culturali stata centrale fin dalle origini per i paesi come gli Stati Uniti, il Canada e lAustralia, i quali si sono costituiti come paesi di immigrazione. I popoli indigeni di questi paesi vennero schiavizzati o rinchiusi in riserve, distrutti culturalmente oltre che militarmente e geneticamente. In questo casi gli immigrati invasori trattarono il continente americano come terra di conquista, non riconoscendo la cultura indigena, obbligando questi ad accettare la propria cultura. I primi colonizzatori di questi paesi, intrapresero unoperazione di sterminio e schiavizzazione, considerandosi civilizzati e mettendo in discussione perfino lumanit dei loro interlocutori in nome di una visione illuministica del progresso, essi proclamarono linferiorit di quei popoli e distrussero la loro cultura diversa, imponendo la propria cultura col potere delle armi. Con la stessa logica colonialistica, violenta e sopraffattoria, si prosegu per secoli con la schiavizzazione e la deportazione di intere popolazioni di indiani dAmerica e africani, considerati meno che uomini e privi di cultura.87 Ci che poi, in seguito, segn la nascita degli Stati Uniti come federazione di stati democratici, fu proprio la lotta per la fine della schiavit e laffermazione del principio della libert e delluguaglianza di tutti. Un nuovo percorso inizi quindi per costruire una nazione unitaria che contenesse in s, persone etnicamente differenti ma tutte accumunate dalla comune appartenenza americana. Quello che si pensava e si voleva attuare, era la frequenza obbligatoria della scuola di base per tutti, la quale sarebbe riuscita a produrre tra le persone, lomologazione linguistica e culturale ritenuta necessaria. Il Melting Pot Americano88, induceva quindi ciascuno a confondere le proprie radici con quelle degli altri, dimenticandole, per la creazione di una nuova cultura unitaria, che ignorava le diversit. Le differenze etniche e culturali di fatto per non scomparivano ma si trasformavano in disuguaglianze sociali e processi di marginalizzazione, i gruppi minoritari inoltre, spinti dal bisogno di identit, spesso finivano col trovare nuova

87 88

C.S.Terranova, Op.Cit. pag 15. Ibidem.

coesione polarizzando le loro forze intorno alla difesa delle radici e delle identit originarie. Nei paesi della vecchia Europa invece, la pedagogia sceglieva la via dellomologazione al monoculturalismo ufficiale, enfatizzava gli aspetti comuni della tradizione storica nazionale e sottaceva volutamente le numerose differenze di ogni paese. In questi paesi si aveva la necessit di costruire un unit linguistica e di insistere su un rigido monocuturalismo nellistruzione scolastica. Tutta la scuola era concentrata sulla costruzione di una solida coscienza nazionale. Con il tempo per, anche questi stati, con il maturare di forme politicoistituzionali pi democratiche e con esse la teorizzazione pedagogica e la pratica educativa, diventarono pi attenti ai diritti di quelle minoranze etniche e linguistiche, spesso concentrate territorialmente in alcune aree allinterno dei confini nazionali, che rivendicavano forme di autonomia a diversi livelli.89 Fino ad arrivare agli anni 70, durante i quali, si giunse ad una pedagogia di tipo compensativo. In quegli anni si credeva che linsuccesso scolastico dei giovani immigrati, fosse dovuto sostanzialmente alla carenza di abilit e competenze di base, e per questo, questo tipo di pedagogia, pens e attu interventi di tipo compensativo per facilitare linserimento dei ragazzi immigrati nella comunit scolastica, quindi programmi intensivi di intervento della seconda lingua (L2), quella del paese ospitante, consigliando ai genitori di parlare ai figli nella lingua ufficiale del paese e non nella loro lingua materna, ritenendo che la lingua dorigine, costituisse un ostacolo per il loro inserimento e la loro integrazione. Verso gli anni 70, 80 nascono diversi e nuovi movimenti dopinione e nuove forme di educazione e quindi, un atteggiamento di maggiore attenzione allinfluenza dei contesti, sui processi evolutivi e sulle dinamiche relazionali in situazioni di contatto tra diverse culture. Si scelse come modello di riferimento da realizzare, lobiettivo della uguaglianza nella diversit, equidistante dallassimilazione e dalla subalternit. In questo contesto, cambia il tipo di ottica nei riguardi degli immigrati e delle differenze etniche; si guarda alla migrazione come a un problema centrale per tutta la societ e non che riguarda solo i migranti.
89

Ibidem,Pag.16.

In questo modo nasce una nuova Pedagogia dellAccoglienza, finalizzata a coscientizzare tutti i soggetti sulle dinamiche a cui si va incontro quando ci si trova insieme a soggetti di diversa origine culturale, e a modificare i loro comportamenti emotivi e i loro atteggiamenti relazionali e culturali. La cosa importante, e fondamentale, che anche lintervento educativo sia rivolto a tutti, autoctoni e immigrati, per aiutarli a superare le proprie difficolt ad accogliere laltro, a convivere con laltro, ad accettare la sua differenza come una possibile potenzialit e ricchezza. Solo cosi, entrambi, ragazzi autoctoni e immigrati saranno capaci di capirsi, ascoltarsi e accettarsi; crescendo insieme, mettendosi entrambi in gioco con la consapevolezza che diverso non sinonimo di inferiore, peggiore o pericoloso. Si tratta dunque di una educazione allalterit, alle pari opportunit, ai diritti dellaltro e alle pari dignit, una vera e propria Educazione Interculturale. Lapproccio che pi recentemente si sta delineando quello Transculturale, incentrato su una nuova lettura dei fenomeni culturali. Secondo questo approccio non esistono pi le culture isolabili e identiche solo a se stesse, ma esistono diverse forme di vita che sono trasversali rispetto alle culture, anchesse in continua evoluzione e interamente impastate di elementi di altre culture. Ci di cui ci sarebbe pi bisogno oggi, una riflessione pi approfondita, specifica sui nuovi bisogni educativi, connessi al processo di unificazione ormai in atto; cercare un modo per facilitare gli scambi, nonostante la presenza di diverse lingue, per rendere confrontabili le competenze professionali e raccordare lorganizzazione dei vari sistemi scolastici ( riconoscimento dei titoli di studio, nuove competenze linguistiche). Si tratterebbe di fare un progetto interculturale avendo come obiettivo sia il superamento delletnocentrismo nazionalistico, che delluniversalismo astratto, cercando di utilizzare le differenze come fonte di arricchimento reciproco. Per realizzare questa nuova educazione, sarebbe necessaria una nuova progettazione didattica, che trasformi i curricoli nazionali monolingue, in curricoli incentrati sulla valorizzazione del bilinguismo e del plurilinguismo, sulla comparazione e il confronto delle diverse culture, su analisi disciplinari multiprospettiche e soprattutto sullo sviluppo di competenze comunicative interculturali.

3.4 CHI, PERCHE, E COME ARRIVANO IN ITALIA?

SONO I RAGAZZI IMMIGRATI CHE

Negli ultimi decenni il numero dei ragazzi stranieri, alunni della scuola superiore aumentato in modo significativo. I ricongiungimenti famigliari, caratteristica peculiare dellimmigrazione, dellultimo decennio in Italia, hanno fatto si che molti pi minori entrassero a far parte del mondo della scuola. La presenza di questi ragazzi ha ormai trasportato nelle scuole italiane il problema della multiculturalit e della convivenza tra culture diverse. Questa situazione ha portato molto spesso disagi e incomprensioni tra le istituzioni, che si sono trovate a dover risolvere problemi per cui spesso non avevano ne mezzi ne competenze. Questi disagi spesso si sono verificati, anche perch il mondo della scuola non ha saputo, e non sa, affrontare tutto ci che comporta larrivo di questi ragazzi nelle proprie classi. I ragazzi che arrivano in Italia da altri paesi, spesso sono inseriti nelle classi a met anno, quando cio lanno scolastico gi iniziato, quando gli altri compagni gi si conoscono, e gia hanno iniziato un cammino comune insieme; non sempre vengono inseriti nelle classi in base alla loro et, o in base alla classe che hanno gi frequentato e spesso concluso nel loro paese, ma tenendo in considerazione la loro conoscenza della lingua, scegliendo le classi in cui i curriculum permettono loro di seguire le lezioni e gli argomenti con minori difficolt. Questi fattori possono essere un fattore positivo per i nuovi arrivati, che non si trovano davanti allimpossibilit di capire qualunque cosa venga loro proposta di studiare, essendo gli argomenti e il lessico specifico delle diverse materie pi semplice e comprensibile, ma allo stesso tempo hanno difficolt ad inserirsi in classi dove i compagni sono pi giovani di loro, gi si conoscono e spesso sono restii alle nuove conoscenze. Per questo, sono ragazzi che spesso si sentono spaesati, confusi e spaventati da questa nuova situazione; sono ragazzi che appartengono a un mondo diverso, a una cultura diversa e che non sanno come comportarsi e spesso cosa li aspetta.

Spesso sono abituati a metodi, ritmi e richieste differenti. Come spiega P.Bertolini ogni persona ha una propria visione del mondo 90, d diversi significati alle cose e agli avvenimenti. Questa visione del mondo dipende da diversi fattori, i quali possono essere biologici, fisici, famigliari, culturali e relazionali; spesso a diverse situazioni le persone danno significati e importanza in modo differente, spesso in base alle esperienze vissute o alleducazione ricevuta; in base alla propria visione del mondo che secondo Bertolini si sceglie per la propria vita e ci si rapporta agli altri. I giovani immigrati hanno quindi una loro visione del mondo che spesso sembra a loro sbagliata nel nuovo paese; non riescono pi a orientarsi e a dare risposte in base ai loro canoni di vita. Ogni ragazzo a s, ogni alunno non sar mai uguale agli altri, ma mentre i ragazzi autoctoni ormai hanno ben chiare le richieste della scuola e naturalmente della societ, i giovani immigrati devono ripartire, riniziare da capo, per imparare a costruirsi un nuova visione del mondo, che non vada a sostituire la precedente, ma che si integri e amalgami con essa. Graziella Favaro ritiene che gli alunni stranieri hanno al tempo stesso, bisogni uguali e specifici rispetto ai compagni di banco autoctoni: sono ragazzi alle prese con i compiti di sviluppo, i ritmi, i desideri e i timori di tutti i ragazzi, ma sono anche messi di fronte a urgenze e sfide peculiari: apprendere la nuova lingua, riorientarsi rispetto allo spazio, al tempo, alle regole esplicite e implicite del nuovo ambiente, sentirsi accolti e accettati nel gruppo dei pari, crescere tra riferimenti e appartenenze differenti.91 Fino a che un soggetto vive immerso nella sua comunit e nella sua cultura, non percepisce il senso ed il significato della sua identit etnica: la cosa cambia decisamente quando, in seguito ad un fenomeno migratorio, questo soggetto viene catapultato in una societ diversa, dove non solo i valori sono diversi, non solo laspetto fisico delle persone, ma anche gli usi e i costumi. E allora il senso di identit etnica si rafforza.

90 91

P.Bertolini, L.Caronia, Ragazzi difficili La Nuova Italia, Firenze, 1993. Graziella Favaro Didattica interculturale Franco Angeli, Milano, 2002, p. 153.

Per i ragazzi questo momento di scoperta avviene generalmente allinterno del contesto scolastico, dove si ha la cos detta socializzazione secondaria, dopo aver ricevuto la socializzazione primaria da parte della famiglia di origine. Nella scuola il ragazzo straniero scopre di essere diverso dagli altri, scopre che i valori che gli hanno insegnato i suoi genitori, le abitudini personali e famigliari, sono sconosciuti agli altri ragazzi e agli insegnanti e spesso vengono sottovalutate se non derise. Sono studenti stranieri che non stanno svolgendo un programma di scambio culturale, ma stanno vivendo due momenti nettamente separati tra loro: la scuola con la nuova lingua italiana e la famiglia nel contesto sociale e linguistico di partenza; sono ragazzi che hanno lasciato affetti e una vita sociale pi costruita e si trovano nel dubbio e nella confusione. Ciascuno di questi ragazzi ha una motivazione diversa che lo ha portato a questo tipo di scelta, ognuno ha una storia diversa che lo ha condotto nel nostro paese, una storia assolutamente diversa e irripetibile e come gi detto una visione del mondo differente rispetto a tutti gli altri ragazzi. Pur essendo uniti da tratti e aspetti comuni, i ragazzi immigrati nel nostro paese, non andrebbero unificati in ununica categoria di persone, ci porterebbe a superficiali stereotipi, a sommari pregiudizi, ed ad un impoverimento della loro e della nostra individualit. A nessuno fa piacere essere incasellato in un insieme e l rinchiuso, con la perdita quasi completa della propria personalit e della propria storia. Anche a noi italiani, spesso disturba lessere identificati dagli stranieri con la generica categoria di Italiani (mandolino, pizza, spaghetti, mafia), quasi che questo gi dicesse tutto di noi. Ogni individuo va considerato, apprezzato e capito prima di tutto come individuo singolo, come portatore di una personalit, di una unicit e caratteristiche proprie, che dovrebbero essere considerate come caratteristiche sue personali, e non appartenenti necessariamente alla sua cultura dorigine. Da questo bisognerebbe partire, bisogna riconoscere la centralit del soggetto e i processi squisitamente personali e originali in base a cui egli partecipa alla costruzione di se stesso.92 Per capire un comportamento bisogna prendere in esame il senso soggettivo che un individuo attribuisce al suo comportamento, tenendo in considerazione tutti gli
92

Bertolini P., Op. Cit., p. 34.

aspetti, cercando di mettere tra parentesi per un attimo la propria visione del mondo, per cercare di conoscere, capire e accettare quella altrui.93 K. Oberg parla di vero e proprio shock culturale per indicare la sensazione di perdita dei segnali di riferimento famigliari e dei fondamenti esistenziali, di chi si trova in un paese straniero e prova: tensione per lo sforzo di adattamento psicologico; senso di perdita e di privazione degli amici, del proprio status sociale, delle proprie caratteristiche personali e professionali, nostalgia della casa; rifiuto nei confronti dei membri della nuova cultura e sensazione di essere a propria volta rifiutato;confusione rispetto alla propria identit, ai sentimenti, alle aspettative e ai ruoli, sorpresa, ansia, e anche disgusto e indignazione per le conflittualit sperimentate; sentimenti di impotenza e frustrazione per non essere capace di costruire nuove relazioni positive; irritabilit, paura di essere imbrogliati, derubati o feriti, preoccupazione per la propria salute.94 Questi giovani andrebbero aiutati, accolti e compresi, e invece, molto spesso si trovano rilegati da una parte dellaula senza capire nulla di ci che gli succede intorno. La barriera linguistica pu risultare enorme e rispetto ai pi giovani, gli adolescenti, hanno pi difficolt ad apprendere la lingua e a mettersi in gioco. Per questi ragazzi, il ruolo di alunno che si trovano ad assumere da subito nella discontinuit della loro storia e in un momento di vulnerabilit e di disorientamento emotivo - pone a loro e agli insegnanti il tema del riordinamento delle regole e nel modello didattico della nuova scuola, dellapprendimento della lingua per la comunicazione e lo studio dellaccesso dei contenuti del curriculum comune. Gli adolescenti, che si vengono a trovare in un paese straniero, spesso non per scelta, possono appunto subire uno shock culturale perch sono sradicati dal loro ambiente, il loro equilibrio viene destabilizzato per la perdita di relazioni sociali significative, come quelle con i parenti o amici e compagni coetanei, come per limpossibilit di utilizzare i loro saperi e le loro strategie operative non pi valide nel nuovo contesto, per risolvere i nuovi problemi.

93 94

Ibidem. K. Oberg (1960), da Terranova, Pedagogia Interculturale, Guerini Studio, Milano, 1997, p. 99.

Per questo anche le reazioni dei ragazzi verso il nuovo contesto possono essere differenti, tocca al ragazzo mediare tra queste due realt, trovando soluzioni diverse. C chi si oppone allassimilazione del nuovo contesto, ancorandosi al passato, per recuperare cos la propria cultura dorigine, entrando in conflitto con la nuova cultura ospitante che comincia a disprezzare, si isola nella cultura originaria rifiutando qualsiasi relazione con la nuova; oppone una resistenza culturale a ci che la scuola tenta di insegnargli, cercando di non omologarsi ai nuovi valori e ai nuovi compagni e cerca invece le sue radici, che esalta, perch in esse il ragazzo trova le ragioni della sua diversit, rafforza lautostima e consolida la sua identit. Questa pu essere una posizione pericolosa, perch rende limmigrato uno straniero nel suo stesso paese, una persona che ha relazioni sociali unicamente con il suo gruppo di appartenenza, e che quindi cresce in unatmosfera di diversit e di bisogno di rivendicazione che pu spesso concretizzarsi in atteggiamenti devianti, di cui labbandono scolastico non che un aspetto. Si deve sempre tenere presente per, che molto spesso questa resistenza non che una forma di difesa verso una cultura del paese di immigrazione che non accoglie, non si documenta, non riconosce pari dignit alle culture dorigine. Una seconda modalit di inserimento, la totale assimilazione dei contenuti della cultura del paese dimmigrazione. Il ragazzo straniero fa di tutto per conformarsi, per imparare luso disinvolto della lingua, cambia il suo modo di vestirsi o le sue abitudini alimentari; cerca di negare e di non mostrare la propria identit credendo che ci gli permetta di essere maggiormente accettato e integrato nella nuova comunit, quindi nega la propria o banalizza le differenze tra le due culture. Se da una parte questo gli consente di avere un maggior numero di relazioni sociali, dallaltra una scelta cos drastica destinata a creare conflitti con la famiglia dorigine, che non sempre ha lelasticit di adattarsi alle richieste di assimilazione culturale del ragazzo. In ogni caso giusto, che il ragazzo capisca che comportandosi cosi, non sar mai uno di loro, uno dei suoi compagni autoctoni, che da sempre vive in un determinato paese; non avr radici culturali, avr una personalit fragile che, per piacere agli altri, dovr sempre cercare di cambiare il proprio punto di vista, in una posizione subalterna rispetto agli altri.

Come spiega Bertolini questa autopresentazione del ragazzo che oscilla da un atteggiamento sprezzante ad uno teatralmente remissivo, in genere indice di un disagio, il disagio che nasce dal sentirsi vulnerabili di fronte allaltro.95 Nella migliore delle ipotesi, la situazione migliore sarebbe che il ragazzo riuscisse ad avere una doppia identit etnica, dove conosce, accetta e sente di appartenere ad entrambe le culture. In genere questi ragazzi sono figli di famiglie che sono riuscite ad integrarsi, senza rinunciare, nel privato, al mantenimento di determinate situazioni. Una situazione del genere offre, da un punto di vista psicologico, un migliore equilibrio ed anche unapertura mentale che abitua a ragionare in termini di apertura verso laltro e verso quanto non si conosce, accrescendo il livello culturale, intellettivo e le capacit socio-relazionali. Spesso questi ragazzi esprimono il timore di essere oggetto di discriminazione, di non essere trattati in modo egualitario rispetto agli altri, agli autoctoni, ma dallaltra parte esiste una parallela e altrettanto importante richiesta di essere riconosciuti come differenti e perci di essere trattati con un ascolto particolare. Bisognerebbe che ognuno potesse scegliere, che potesse essere il soggetto a scegliere e a decidere i propri processi identitari, secondo i percorsi che ritiene pi appropriati. Sarebbe opportuno attuare interventi culturali che aiutino a focalizzare meglio questi fenomeni, e strategie pedagogiche che permettano di ridisegnare e collocare su basi solide e nuove, il rapporto con la diversit. Secondo Antonio Genovese la Pedagogia Interculturale pu aiutare a capire che non esiste una sola verit, che la vita sociale in cui ci identifichiamo non l unica, ma solo una delle tante possibili, che il modello occidentale non una via obbligata e che non esportabile in ogni luogo (anzi, lestensione di questo schema in molti paesi aggrava enormemente i rischi di rottura di equilibrio ecologico), che abbiamo bisogno di un modello culturale da cui non sia esclusa la diversit: culture, religioni, tradizioni, idee, comportamenti devono essere plurimi e diversi e trovare un equilibrio nel confronto pacifico e privo di asimmetrie. Il modello pedagogico interculturale pu aiutare a superare le barriere dellintegralismo e del fondamentalismo, a far cadere i muri di separazione fra

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Bertolini P. , Op. Cit., pag. 86.

persone, gruppi e culture, se riesce a progettare nuovi schemi identitari e culturali che abbiano in s lobiettivo di formare nuovi cittadini.96 La pedagogia interculturale si propone di attuare in aula le condizioni pi favorevoli allintegrazione e allinterazione tra alunni di diversa origine e tradizione, credo religioso ed etnia. compito della pedagogia interculturale facilitare la conoscenza reciproca e la disponibilit allincontro e allo scambio culturale tra autoctoni e stranieri, premessa indispensabile per suscitare nuovi atteggiamenti e comportamenti sia di chi ospita, che di chi chiede ospitalit.97 La scuola dal canto suo, la prima a trovarsi in seria difficolt. Inizialmente si pensa che la cosa importante che i ragazzi imparino subito, e nel modo pi veloce possibile, la nuova lingua, in modo che possano comunicare e iniziare subito a studiare le diverse discipline; non sempre vero e spesso non la cosa primaria e pi importante, soprattutto se lapprendimento della seconda lingua viene imposto. La lingua s lo strumento necessario, il canale che permette di sfruttare delle opportunit e di accedere ad una fase esistenziale in cui le proprie capacit sono premiate e riconosciute, ma opportuno ricordare che anche per questo, lapprendimento della nuova lingua pu portare disagi. Lapprendimento della lingua del contesto di approdo da parte delle nuove generazioni, pu essere risentita anche come una minaccia nei confronti del proprio status genitoriale, dei legami con il contesto di partenza, sia per quanto riguarda il passato, le tradizioni e i costumi, che per quanto riguarda il futuro. In questo caso, lapprendimento della nuova lingua straniera, a scuola, viene rappresentata come distacco, come separazione non solo dalla lingua originaria, ma anche da tutto ci che essa pu rappresentare:se stessi, la famiglia, le tradizioni. come se lapprendimento di una nuova lingua implicasse anche un cambiamento di abitudini, che rischiano di incrinare sistemi relazionali presistenti. La lingua italiana pu diventare un motivo di scontro con la famiglia e verso i genitori; i genitori sembra si trovino a vivere sentimenti di inadeguatezza nello

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Genovese A., Per una Pedagogia Interculturale, Bonomia University Press, Bologna, 2003 (Introduzione). 97 Alessandra Durino Allegra,Francesca Fabi, Miriam Traversi, Dallaccoglienza alla convivenza, Meltemi , Roma, 2001, p. 38.

svolgere la loro funzione genitoriale, in quanto i figli conoscono litaliano meglio di loro. La lingua, in quanto lingua dorigine rappresenta il legame col contesto di partenza, con le proprie origini, da cui non cosi automatico allontanarsi e a volte separarsi. Per tutti questi motivi bene che si valorizzino i primi momenti e non si ritengano una perdita di tempo, visto che probabilmente saranno la base per un miglior profitto, una migliore situazione di serenit, e quindi una maggiore integrazione futura. Gli insegnanti, la scuola e tutti coloro che hanno a che fare con questi ragazzi, dovrebbero cercare di capire le motivazioni che spesso spingono questi giovani a comportamenti e atteggiamenti difficili da gestire; dovrebbero dare loro il tempo per ambientarsi, come loro per primi, dovrebbero imparare ad osservare, non con il significato comune di stare a guardare, ma come un vero e proprio vivere con98; con un atteggiamento di apertura, ascolto e attenzione rivolto a tutti. I ragazzi che arrivano nel nostro paese devono s frequentare la scuola per imparare la lingua come la storia, il diritto e tutte le altre materie , ma soprattutto devono frequentare la scuola per imparare a convivere con i nuovi compagni, con la nuova cultura e la nuova societ; sono ragazzi che vanno certamente formati perch possano integrarsi nel nuovo paese con minori difficolt possibili, tendendo a una formazione, vista come prospettiva di sviluppo, cio come un processo mediante il quale la persona acquisisca certo conoscenze e capacit, assuma atteggiamenti e comportamenti in ordine a determinati fini giustificativi, ma non tenda inizialmente propriamente ad un incremento delle cognizioni nei diversi campi, quanto piuttosto alla creazione di un certo modo dessere del soggetto considerato come fine in s, dotato di umanit e di partecipazione con gli altri esseri umani. Il fine dovrebbe essere quello di sviluppare il rispetto come la curiosit nei confronti di ci che riteniamo diverso; accrescere la capacit di relazionarci e vivere con ci che non necessariamente conosciamo, consapevoli dellunicit di ognuno ma anche dellimportanza e della necessit del rapporto e del confronto con il mondo e con gli altri.99
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Bertolini P., Op. Cit., p. 77. Ibidem.

La presenza si questi ragazzi deve essere vista come un arricchimento, deve essere vista in maniera positiva perch la loro presenza garantisce maggiori possibilit di apertura e disponibilit, aumento della sensibilit anche nei ragazzi autoctoni, i quali imparano usi e costumi nuovi e differenti. La crescita e larricchimento culturale costituiscono per tutti, gli aspetti di maggiore importanza e i benefici pi rilevanti conseguenti alla presenza degli alunni stranieri.100 Per gli studenti italiani, la possibilit dellesperienza multiculturale appare come una conseguenza diretta di un processo di scoperta e avvicinamento, che il rapporto con i compagni stranieri comporta.

3.5 ESISTE UN MODELLO DI ACCOGLIENZA UNIVERSALE PER LA SCUOLA? 3.5.1 I PROTAGONISTI DELLINCONTRO Lintegrazione degli immigrati nella societ di accoglienza un processo dalle molteplici sfacettature, che investe tutti gli aspetti della vita di una collettivit. Linserimento nella scuola dei giovani immigrati rappresenta allinterno delle dinamiche di integrazione un momento di grande importanza e un indicatore decisivo sul carattere e sulla rapidit di tale processo. La scuola, ma soprattutto gli insegnanti, si trovano, ogni volta che si presenta un alunno straniero in classe, davanti a una scelta: mi occupo del nuovo arrivato, tengo presenti le sue esigenze e i suoi bisogni, a discapito della classe e del curriculum, o considero solo la classe che ha diritto di conoscere, entro fine anno, tutto il curriculum come tutti i compagni delle altre classi, lasciando il nuovo o spesso i nuovi arrivati in balia delle loro confusioni e dei loro disagi, facendo si che non si integrino mai nel gruppo? Questa una domanda tipica, che ogni insegnante si fa davanti a questa situazione. La verit, che non c mai una risposta e una soluzione pi giusta di un'altra. Sta quasi sempre allinsegnante, spesso neanche alla scuola, scegliere la risposta pi appropriata; capire come sia meglio muoversi e comportarsi; ogni situazione, come ogni contesto diverso e a s, non ci sono risposte sempre efficaci, come
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Demetrio D., Favaro G., Didattica interculturale, Franco Angeli, Milano, 2002, p. 162.

metodi validi a livello universale. Per lavorare bene, bisogna tenere in considerazioni diversi fattori, e diverse problematiche, ogni ragazzo diverso da un altro, ogni storia e ogni esperienza vissuta diversa e segna questi ragazzi in modo differente. Quasi sempre i docenti mettono in luce le inadeguatezze della scuola ad accogliere gli alunni stranieri, che sono di tipo organizzativo, culturale e finanziario. Gli insegnanti spesso lamentano mancanza di formazione/aggiornamento sul tema, e la difficolt di organizzare attivit scolastiche ed extrascolastiche di accompagnamento e sostegno per lapprendimento della nuova lingua e per linserimento in generale101. Non facile lavorare con e per loro, anche gli insegnanti che credono in questi giovani, e vogliono aiutarli, denunciano spesso quanto, nonostante gli sforzi, la presenza di questi ragazzi sia incostante allinterno della scuola. Questi giovani spesso lavorano e quindi non riescono a essere sempre presenti in classe; oppure frequentano la scuola il tempo necessario per imparare quel poco di italiano che permette loro di trovare un lavoro per contribuire alleconomia famigliare, per poi abbandonarla. Il fatto che frequentino la scuola e allo stesso tempo lavorino, spesso non permette loro di raggiungere il successo scolastico, fonte anchesso di frustrazione e disagio davanti ai compagni, agli insegnanti e alla famiglia, insomma a tutto il contesto territoriale. Spesso il fatto che questi ragazzi non abbiano una prospettiva futura che coinvolga il mondo della scuola e dellistruzione ma solo quello del lavoro, fa si che non si impegnino in modo adeguato in classe e spesso ritengano tempo perso quello dedicato allo studio. Altre volte invece i nuovi arrivati fanno tutto il possibile per imparare il pi velocemente possibile e impiegano tutte le loro capacit per riuscirci. Tutto questo molto spesso dipende anche dalla famiglia e da quanto questi investano sulleducazione e lapprendimento dei propri figli. A volte i genitori sono i primi a mettersi in conflitto con la scuola, creando disagi agli insegnanti ma anche agli stessi ragazzi; capita che i genitori siano diffidenti verso la scuola, che viene spesso sentita come un luogo nemico, dove si tenta di
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Demetrio D., Favaro G., Didattica interculturale, Franco Angeli, Milano, 2002, p. 164.

cambiare il proprio ragazzo, appartenente ad una diversa comunit etnica e parlante unaltra lingua. I ragazzi immigrati che arrivano nelle nostre scuole hanno storie ed esperienze diverse, appartengono a diversi paese e a diverse culture e tradizioni. G. Favaro nella fotografia di gruppo degli alunni che vengono da lontano102distingue sette ritratti diversi: coloro che sono nati in Italia, coloro che arrivano ad un certo momento della vita per ricongiungersi ai famigliari, i minori che sono venuti qui da soli, i bambini figli dei richiedenti asilo, i ragazzi giunti qui in seguito ad adozione internazionale, i figli di coppia mista che hanno un genitore immigrato, gli appartenenti ad una comunit zingara di nazionalit italiana o straniera. Tutto questo evidenzia le differenze che ci possono essere non solo tra stranieri e autoctoni, ma anche tra le stesse persone immigrate. Ci da tenere assolutamente in considerazione nelle modalit di scelta e di approccio, che gi insegnanti anno verso i nuovi alunni. Una cosa da tenere sempre presente, ci che accomuna questi ragazzi con storie e viaggi differenti: il vissuto, reale o simbolico, della migrazione, intesa non solo come spostamento da un luogo di vita ad un altro, ma anche come cambiamento profondo, ridefinizione dei legami e delle appartenenze, della propria identit e progetto103. La migrazione pu diventare chance e risorsa per la propria identit e il proprio futuro, ma comporta sempre una fatica aggiuntiva, volta a tessere legami, dare senso e significato a pratiche e riferimenti, ritrovare il proprio posto nel mondo a partire dai vissuti di provvisoriet e incertezze. importante quando si inserisce a scuola un ragazzo immigrato che si accolga il suo viaggio, i timori e le paure che lo hanno causato e accompagnato, il senso di smarrimento e disorientamento che pu nutrire nei confronti del nuovo paese, delle parole e dei luoghi sconosciuti104. In altre parole si accoglie anche la sua storia. Ci che gli insegnanti, alle prese con questo nuovo problema, dovrebbero tenere in considerazione che questi ragazzi, prima che incapaci a scuola, sono dei soggetti portatori di disagio psicologico, che molto spesso non riguarda nemmeno
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Demetrio D., Favaro G., Op Cit., p.153. Ibidem, p.154. 104 Ibidem, p. 160.

il ragazzo stesso (che magari compie degli sforzi per uniformarsi al gruppo dei suoi coetanei), quanto ai dettami imposti dalla famiglia di origine e dalle difficolt oggettive in cui essa pu trovasi (lavoro precario, abitazione inadeguata, povert ecc..). Anche per questi motivi, questi ragazzi spesso non scelgono quale scuola superiore frequentare in base alle loro capacit o progetti futuri, come i loro compagni autoctoni, ma si iscrivono alla scuola pi vicina a casa o in quella gi frequentata da un amico magari della stessa nazionalit; ci pu comportare maggiori difficolt per loro, che si trovano davanti a curriculi troppo difficili sia per quanto riguarda la lingua sia per quanto riguarda le loro capacit personali, quindi ad ulteriori frustrazioni, che per gli insegnanti, che inizialmente fanno fatica a capire se i problemi dei ragazzi dipendano dalla lingua o semplicemente dalla mancanza di abilit, e quindi non sanno come aiutarli.

3.5.2 L ACCOGLIENZA Tutti i fattori elencati in precedenza comportano diversi problemi agli insegnanti che anche volendo, spesso non riescono a svolgere un lavoro continuo e duraturo che li aiuti a inserirsi meglio e ad avere meno difficolt allinterno della classe. Di solito sono stati il tempo e lesperienza che hanno insegnato alla scuola come muoversi e cosa fare. La cosa importante laver capito con il tempo, limportanza che ha laccoglienza e laccompagnamento, di questi ragazzi. laccoglienza intesa come capacit di creare un clima relazionale in cui il soggetto si senta accettato, libero di evocare il suo passato senza timore e senza vergogna, invogliato a condividere la sua storia e a entrare in relazione.105 Ancora prima della lingua, questi adolescenti devono imparare a sentirsi accolti, capiti e rispettati, sentendo, che la loro cultura pur essendo molto diversa da quella del paese darrivo, non vista come una minaccia, come un problema o una penalizzazione; non una cosa da nascondere o di cui vergognarsi. La cultura e le origini di questi ragazzi devono essere visti come un arricchimento per tutti, per loro stessi come per i loro compagni, un momento di confronto e
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C. S. Terranova, Pedagogia interculturale Guerini Studio, Milano, 1997, pag. 81.

conoscenza, che faccia scoprire a ciascuno cose nuove e interessanti che serviranno loro per il futuro e per la loro stessa vita. Valorizzare laccoglienza significa puntare sullospitalit, richiede una grande capacit di ascolto, di accoglienza e di porsi in relazione con i ragazzi immigrati cercando di attuare una serie di accorgimenti dettati anche dal buon senso (informarsi sulla loro provenienza e la loro cultura, imparare a pronunciare i loro nomi in modo corretto e cercare di condividere pregi e difetti dei propri paesi). Un clima accogliente dipende dalla capacit di decentramento del soggetto responsabile dellistruzione rispetto alle proprie norme culturali, dal suo essere consapevole dei propri sistemi di riferimento e delle regole implicite che vigono nel contesto scolastico e sociale, che spesso diventano barriere per chi esterno.106 Tutto ci per la scuola non semplice. In un mondo dove ancora oggi, contano i voti e non i giudizi, dove il tempo denaro e la cosa importante riuscire a finire il programma entro fine anno, resta ancora lontana lidea di perdere tempo con questi ragazzi che ancora per molti, appartengono a una minoranza anche se molte scuole cercano di fare il possibile per aiutarli nel modo migliore. Linsegnamento della storia ancora dominato dalla ripetizione delle sole nostre origini e questioni italiane, difficilmente si struttura come scoperta e confronto con altri popoli. Il bilinguismo ancora un miraggio, il linguaggio, la comunicazione, la musica, dovranno per forza sprovincializzarsi e ci non vorr dire perdita o rinuncia alla propria identit, ma dialogo, onest e umilt intellettuale, accoglienza culturale e superamento di categorie schiavizzanti quali straniero e frontiera. Per questo sar ed necessaria una educazione alla diversit e al cambiamento, anche perch solo se c questo presupposto, solo se c il riconoscimento della diversit si potr parlare di uguaglianza . Non c peggior giustizia di quella che da cose uguali a persone diverse. Luguaglianza ontologica sta nella diversit di ciascuno, presente a beneficio di tutti. Laccoglienza appunto, forse il momento pi importante del progetto interculturale, perch decide degli sviluppi relazionali e didattici successivi. Essa costituisce il primo passo del processo di integrazione perch indica lorientamento della scuola ad abbandonare il ruolo di assimilazione per assumersi

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Ibidem, pag. 81.

quello di promozione e valorizzazione delle specificit di ciascuno, dimostrando flessibilit, disponibilit e attenzione nei confronti dei bisogni dei suoi utenti.107 La conoscenza e la riconoscenza della diversit altrui permettono una reale uguaglianza di opportunit, di diritti e doveri, permettono di trovare strade diverse per raggiungere fini comuni.

3.5.3 GLI ATTEGGIAMENTI DEGLI INSEGNANTI Gli atteggiamenti che la scuola, ma soprattutto gli insegnanti adottano quando vengono inseriti nelle classi alunni stranieri, sono appunto diversi, e spesso dipendono dalle risorse che ogni scuola possiede. Allinterno della scuola dovrebbe avvenire un cambiamento organizzativo in termini di tempi, priorit, acquisizione di materiali adatti a dare risposte ai bisogni sia linguistici che relazionali, a informarsi sulle provenienze e sulla storia personale di ognuno, ma spesso la scuola decide di usufruire di risposte esterne, ad operatori inviati dallente locale, a mediatori madrelingua, adottando modalit di risposta che vanno dalla delega ad altri, allintegrazione progettuale delle risorse. In altre situazioni ancora invece, il ridotto peso degli alunni venuti da altri paesi, li relega nellinvisibilit e consente di fare come se non ci fossero, contando solo sul fattore tempo e sulle capacit dei ragazzi di adattarsi e di apprendere. In questa circostanza si scontrano due mondi, due mentalit non comunicanti, perch la dominante, non cerca lintegrazione e la complementariet dellaltra, ma il suo cambiamento/annullamento e la sua omologazione/ correzione. Responsabilit, delega, negazione o, viceversa, drammatizzazione del problema: sono alcuni degli atteggiamenti diffusi nei confronti di un evento che richiede competenze professionali nuove e attenzioni pedagogiche e relazionali da affinare108. Come dice Duccio Demetrio, pu essere verosimile che di fronte al diverso, dal punto di vista etnico - culturale, si possono assumere tre possibili atteggiamenti: il neo - illuminista cio quello di colui che dice che tutti gli uomini sono uguali, e
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Ibidem, Pag. 80. Demetrio D., Favaro G., Didattica interculturale, Franco Angeli, Milano, 2002, p.152.

perci vi una uguaglianza da promuovere per tutti; il solidarista, cio quello di colui che accoglie laltro con un interesse di solidariet, di accettazione della diversit; e infine, lindifferente, cio quello di colui che non capendo le ragioni dei primi due dice non colpa mia. Siete venuti qui in Italia? Bene, dovete imparare le nostre leggi, le nostre regole. Dovete inserirvi nella nostra societ in modo adeguato, adattandovi109. Quest ultimo latteggiamento che forse pi si riscontra, anche perch utilizza i meccanismi psicologici di difesa che si adottano contro il diverso che suscita paura. facile inoltre riscontrare questa paura nel mondo della scuola (pur popolato da numerosi docenti disponibili e ricchi di risorse) quando afferma che, avendo i suoi ritmi e i suoi programmi da rispettare, lunica soluzione ai casi dei diversi sono attivit diverse da quelle del gruppo classe e progetti che non rientrano nel curriculum scolastico. In questi casi la scuola si chiede quanto valga la pena investire sia a livello economico che di tempo, su questi ragazzi; sono ragazzi che rimarranno in Italia per lungo tempo? Torneranno nel loro paese presto? Continueranno poi la scuola? E per quanto? Queste sono tutte domande che possono risultare legittime, ma non giustificano, come a volte alcuni istituti cercano di fare, la mancanza di accoglienza, di risorse e impegno nel far sentire nel modo migliore questi ragazzi. Per i giovani immigrati la scuola rappresenta un canale essenziale di socializzazione e di acquisizione delle conoscenze e degli strumenti cognitivi necessari ad un pieno inserimento nella societ darrivo, ma questo non facile; non facile per il ragazzo come non lo per linsegnante e la scuola; lingresso in essa,come gia detto, per questi ragazzi, pu essere una occasione privilegiata di integrazione e di scambio, ma anche un luogo dove possono emergere fragilit e disagi come ostacoli difficili da superare; pu essere listituzione pi capace di adattare, migliorativamente, lo studente al sistema sociale, di compensare i deficit presenti, di riequilibrare , democraticamente ed egualitariamente lintera comunit etica, politica e culturale. La migrazione come gi evidenziato, pu essere vista come un motivo di fatica, ma anche una chance; perch questo avvenga, perch la migrazione dei ragazzi
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Demetrio D., Favaro G., Immigrazione e pedagogia interculturale, La nuova Italia, Firenze, 1992.

stranieri si traduca inopportunit, e non in una perdita necessario che il loro viaggio iniziatico nel nuovo mondo e nelle sue parole e significati, sia a accompagnato e sostenuto da adulti competenti110. necessario che le aspettative implicite e esplicite della scuola e della famiglia, non siano in conflitto tra loro e non provochino conflitto, vissuti di tradimento e alleanze che escludono una parte della propria storia.

3.5.4 UNA EDUCAZIONE POSSIBILE La scuola per, non pu essere lunica agenzia adibita allinserimento di questi ragazzi allinterno della societ; sarebbe necessario un lavoro di cooperazione tra famiglia scuola, extra-scuola e istituzioni, un lavoro coordinato e gestito in modo che ognuno possa contribuire nel modo pi giusto e proficuo, senza per che si debba creare maggiore caos o confusione. La scuola dovrebbe farsi promotrice di un tipo di educazione globale e in questo senso pu essere interessante riprendere il Modello di P.Coombs111, il quale mirava a dimostrare che leducazione avrebbe potuto, e dovuto svolgere una funzione globale e pervadente se i governi e le comunit locali (regionali, municipali, territoriali) si fossero dotati di una strategia complessiva (sistemica) per ordinare, connettere, rendere coerenti le esigenze educative plurali della popolazione, con le offerte di prestazioni e servizi. Coombs, fa una connessione tra le tipologie dei bisogni educativi (ovvero della domanda) e le risposte provenienti dalle agenzie sia private che pubbliche, differenziando in tre aree categoriali socialmente rilevanti, i bisogni educativi: area formale, non formale e informale. Larea formale, consiste nelle regolari richieste formative miranti al conseguimento di titoli di studio nei canali di istruzione dei sistemi formativi (lettura-scrittura). Larea non formale, comprende tutte quelle iniziative di apprendimento alle quali luomo si rivolge per accrescere, comunque con sistematicit e continuit, le

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Demetrio D., Favaro G., Didattica Interculturale, Franco Angeli, Milano, 2002, p.160. Demetrio D., Manuale di Educazione degli adulti, Laterza, Roma, 1997, p. 236.

competenze di ordine professionale e tecnico, pratico, tese ora alla compensazione di saperi altrove non appresi, ora alla riqualificazione e allaggiornamento. Larea informale infine, non pi collegata ad un locale dotato di luoghi strutturati intenzionalmente per lacquisizione e la verifica anche dei diversi saperi, bens una vera e propria dimensione esistenziale attinente il bisogno di crescita soprattutto personale, definito da Coombs una forza liberatoria. Questa terza area viene anche definita autoeducativa e concernerebbe tutto quanto concerne la spontanea adesione a iniziative di carattere associativo volte al cambiamento sociale, politico e ambientale. Dal Modello di Philip Coombs si evince limportanza di tutti e tre questi aspetti, di tutte e tre queste aree, che le agenzie educative e non, dovrebbero tenere in considerazione. La scuola molto spesso, ancora legata a modelli didattici tradizionali, e inoltre cerca solo di valorizzare un tipo di alfabetizzazione funzionale112, lapprendimento dei curriculum in modo sistematico, senza tenere in considerazione la globalit della persona senza accorgersi dellimportanza di questo, di quanto questo incida sulla crescita e lintegrazione di queste persone, di quanto anche larea non formale, abbia una valenza educativa forte. Un lavoro ben strutturato dovrebbe considerare tutti questi aspetti, valorizzandoli e costruendo un tipo di educazione appunto globale. Lesperienza dellapprendimento deve essere considerata rispetto ad ogni momento della vita: la scuola, la famiglia, la vita, le esperienze quotidiane. Leducazione dovrebbe diventare una educazione permanente, ricorrente113, che duri per tutto il corso della vita, in tutti i suoi momenti e nei suoi diversi aspetti. Un tipo di Educazione Permanente dovrebbe essere considerata da tutti, come una linea guida, un riferimento concettuale che supera la scuola come unico oggetto dellanalisi dei progetti di apprendimento. La scuola dovrebbe quindi rinnovarsi, e soprattutto rivedere le proprie finalit, farsi promotrice di una societ pluralista in cui sia assicurata lintegrazione scolastica
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e sociale di tutti, autoctoni e immigrati, in cui possano capirsi e

Demetrio D., Op. Cit.: Il Modello di Coombs risale al periodo tra la fine del decennio 1960 e la seconda met degli anni 70, periodo doro per via della rilevante espansione in Occidente e nellOriente occidentalizzato (e nei paesi cosiddetti in via di sviluppo) dei concetti di alfabetizzazione funzionale, educazione permanente ed educazione ricorrente. 113 Tramma S., Educazione degli adulti, Guerini Studio, Milano, 1997.

imparare gli uni dagli altri, rielaborando i curriculi, riadattando le metodologie e le strategie formative. ma cosa significa che questi ragazzi devo essere integrati?cosa significa integrazione? Per D. Demetrio lintegrazione: un concetto multidimensionale che ha a che fare con lacquisizione di strumenti e di capacit ma anche con la relazione, la ricchezza e lintensit degli scambi con gli adulti e con i pari, a scuola e fuori dalla scuola; Significa anche integrit, rispetto alla possibilit di esprimere la propria storia, lingua, appartenenza, in un processo dinamico di cambiamento e di confronto che permette a ciascuno, da un lato, di non essere ostaggio delle proprie origini, e dallaltro, di non dover negare riferimenti, differenze, componenti della propria identit per essere accettato e accolto; un progetto e un processo che si costruisce giorno dopo giorno attraverso innumerevoli soste, balzi in avanti, ritorni indietro, nostalgie e speranze, timori e entusiasmi; un progetto intenzionale e non avviene per caso, per forza di inerzia, ma deve essere voluto, seguito, sostenuto con attenzione, amore e competenza da tutti i protagonisti dellincontro114. Per ottenere e sviluppare una vera e propria integrazione, si dovrebbe attuare un vero e proprio lavoro di rete115, unazione congiunta tra scuola ed extrascuola, tra formale e informale, istituzioni, pubblico e privato; bisognerebbe unire le forze e soprattutto le risorse e le conoscenze, per creare un ambiente e un modello di accoglienza che tenga presente lunicit di ogni ragazzo come lo stesso bisogno che questi giovani hanno di sostegno e aiuto. Gancio Originale in questo senso, una vera e propria rete, formata dai ragazzi, dai volontari, dai professori, dalle scuole dalle universit, dallAusl e dai suoi collaboratori; ognuno ha il proprio percorso e la propria storia, ognuno ha la propria rete che lo caratterizza a sua volta; insieme poi formano un ulteriore rete, la quale sorregge il progetto, lo cambia, migliora e rinnova; ognuno, ricco della propria specificit, porta qualcosa allattivit, forma un nodo essenziale per la

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Demetrio D., Favaro G., Didattica interculturale, Milano, 2002, p.169. Ferrario F, Il lavoro di rete nel servizio sociale, La Nuova Italia Scientifica, Roma, 1992.

riuscita del lavoro, ognuno pu avere competenze, abilit e capacit diverse ma naturalmente uno scopo e un fine comune lega tutti. Solo collaborando e creando un vero e proprio lavoro di rete che aiuti a capire gli addetti ai lavori ci che meglio fare e come sia meglio muoversi per aiutare questi giovani, nel rispetto dei bisogni e delle necessit di ognuno, si potr arrivare ad un modello di accoglienza che aiuti questi giovani a sentirsi meno spaesati e confusi e pi accolti e integrati. Come gi stato detto nel paragrafo 3.1, necessario aver ben chiaro che ogni individuo caratterizzato da una propria rete che spesso lo sorregge e lo aiuta, quindi importante imparare e partire da quella, per capire e individuare da dove sia meglio partire per un intervento che aiuti davvero questi ragazzi nel modo migliore per tutti. Conoscere la rete116 di questi giovani, volontari e non, non sicuramente cosa facile, spesso composta da diversi nodi molto diversi tra loro, a volte in contrapposizione o conflitto, la famiglia e la scuola, la propria cultura e le abitudini o le caratteristiche dei nuovi compagni, per tutto questo, diventa difficile nel poco tempo che gli insegnanti hanno, svolgere questo lavoro. Pu sembrare impossibile e inattuabile visto i tempi e le possibilit delle scuole, ma sarebbe lunico modo per creare una scuola pi accogliente e meno caotica sia per i ragazzi immigrati, che per i ragazzi autoctoni. Non esiste quindi un unico modello operativo per risolvere il problema; ogni situazione a se e ad ogni situazione corrisponde una soluzione spesso diversa dalle altre. Un punto che forse in ogni situazione importante, anzi probabilmente il punto sempre giusto da cui partire, come gi detto, laccoglienza. Per creare un clima positivo, aperto e di integrazione, un luogo dove ogni ragazzo nuovo, che sia straniero come proveniente da una diversa scuola o citt, possa sentirsi accolto, aspettato e capito, necessario un luogo aperto, comprensivo e rispettoso, soprattutto, non giudicante. Sarebbe necessario un clima accogliente in senso interculturale, cio creato dalla presenza di pratiche che favoriscano apertura, comprensione e rispetto, dove lincontro con laltro non mira a giudicare e neppure a descrivere le diversit culturali, quanto a valorizzare le differenze, ma anche a sviluppare la solidariet
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Di Nicola P, La rete: metafora dellappartenenza, Franco Angeli, Milano, 1998.

sottolineando le somiglianze, [] a formulare dei significati nuovi, condivisi da tutti nellambiente scolastico.117 Per creare tutto ci necessario che linsegnante come gli alunni autoctoni, sappiano attuare un decentramento culturale, imparino a mettersi in gioco, sappiano non restare aggrappati alle proprie norme culturali, e siano pronti a conoscere cose nuove che spesso distorcono la nostra visione delle cose e del mondo. Si deve essere desiderosi e curiosi, aver voglia di aprirsi al diverso, e pronti al confronto con altre tradizioni; capire che gli scambi e le esperienze dirette con altre culture possono diventare momenti formativi molto intensi, perch contribuiscono allo sviluppo della coscienza, consapevolezza delle dinamiche socio- politiche.118 necessario che si attui un lavoro sociale che, con una prospettiva interculturale punti su azioni di tipo preventivo, orientate quindi alla sensibilizzazione, allo smascheramento del razzismo, alle aperture, ai nuovi dialoghi, attraverso la lettura attenta del contesto di realizzazione, le sue dinamiche, i suoi mutamenti;un lavoro di interconnessione orientato alla produzione autopoietica del sapere e dellautenticazione del valore sociale di tutti gli individui e di tutte le culture. Per maturare un miglior approccio alle diversit utile e stimolante il lavoro di gruppo tra persone con culture diverse, in quanto nel gruppo sorgono domande, si provoca il dialogo, si cercano soluzioni e ognuno pu mettere a disposizione la propria particolare competenza.119 Per attuare e impegnarsi in unottica interculturale, quindi, secondo la Terranova, leducatore professionale, come linsegnante, lassistente sociale, lattore sociale nei vari servizi in cui opera, deve quindi: - essere capace di decentramento culturale, intellettuale e affettivo, necessario per comprendere, per dare accoglienza, per negoziare con soggetti aventi comportamenti, atteggiamenti e aspettative differenti, per riuscire a trovare compromessi accettabili; aiutando anche a prevenire pregiudizi e discriminazione e offrono la possibilit di maturare una

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Perregaux C., Odissea. Accoglienza e approcci interculturali Quaderni per linsegnamento,Centro Didattico Cantonale, Canton Ticino, 1996, pp. 39-41. 118 Concetta Sirna Terranova Pedagogia Interculturale Guerini Studio, Milano, 1997. 119 Terranova C. S., Op. Cit.

- essere capace di gestire positivamente i conflitti intrapsichici e interpersonali e di aiutare i suoi interlocutori ad acquisire questa capacit; - adottare comportamenti cooperativi e impegnarsi a svilupparli anche negli interlocutori; - riuscire ad integrare sapere, saper essere e saper fare; - maturare una conoscenza delle dinamiche istituzionali e politiche presenti nel contesto socio-culturale in cui opera, per evitare di diventare un ottuso servo del potere, perpetuatore di disuguaglianze sociali e miope esecutore.120 Avviare e ipotizzare un progetto interculturale comporta sempre, la disponibilit a far parte di pi culture senza tradire la propria: anzi arricchendola e moltiplicandone le reciproche potenzialit evolutive e creative con il contatto e con il confronto, con le interferenze e con i prestiti. La pedagogia dovrebbe costruire un serio progetto di formazione, finalizzato a individuare e disinnescare i meccanismi del pensiero gerarchico, autocentrato e rigido, in base al quale trovano fondamento le improvvise separazioni tra soggetti, gruppi sociali, lingue e culture diverse. Predisporre un itinerario formativo che miri alla costruzione di un pensiero nomade e migrante per tutti, capace di oltrepassare il proprio punto di vista per ricercare e confrontarsi con altri punti di vista e altre logiche, per scambiare progetti e ipotesi di nuovi mondi possibili. In tutte le scuole si dovrebbe favorire la nascita e lo sviluppo di un pensiero dinamico e problematico, aperto alla pluralit, e alla differenza, decisamente oppositivo nei confronti di quelle visioni monocentriche e monoculturali che continuano a caratterizzare ampi contesti della nostra cultura occidentale, e sono causa di perduranti forme di discriminazione e di intolleranza. Nelle classi plurietniche da tenere presente da parte degli insegnanti lesigenza, sottolineata con precisione da Bertolini, di rinunciare ad un operare educativo estemporaneo, frutto di occasionalit.121 consigliabile preferire un approccio pedagogico multireferenziale, intendendo con ci la necessit del riferimento a modalit differenziate, a paradigmi teorici che si possano integrare e completare, ai contenuti specifici di varie discipline, allutilizzo di diversi percorsi didattici. E accanto a tutto questo consigliabile che
120 121

Terranova C. S., Op.Cit. Pag.118. Bertolini P., in Mariangela Giusti, Una scuola tante culture, Fatatrac, Firenze, 1996, p.14.

chi insegna acquisisca un po per volta labitudine a rivisitare continuamente le attivit proposte, le metodologie adottate. Bertolini parla pi nello specifico dellabitudine a riprendere, ripensare, approfondire, aggiornare alla luce di ci che comunque e sempre di nuovo viene prodotto, nonch di ci che la cultura (non necessariamente o solo psicologica), produce quasi giorno per giorno.122 Un sistema educativo interculturale deve quindi essere sufficientemente mutevole e relazionale.123 Solo cosi si pu pensare ad accogliere questi ragazzi nel modo migliore possibile, si pu creare un luogo di accoglienza capace di far sentire meno a disagio questi giovani, in modo che riescano a entrare a contatto con la nuova cultura, le nuove situazioni e nuovi contesti nel modo meno traumatico possibile. Tutto ci deve fondarsi sulla consapevolezza che linterculturalit consiste nella disponibilit a uscire dai confini della propria cultura, per entrare in territori di altre culture e apprendere e vedere, a conoscere e a interpretare la realt secondo schemi simbolici differenziati e molteplici. Lobiettivo dovrebbe essere per tutti quello di creare e sviluppare un pensiero aperto e flessibile, problematico e antidogmatico, un pensiero capace di decentrarsi di allontanarsi dai propri riferimenti cognitivi e valoriali, di dirigersi verso quelli di altre culture per scoprirne e comprenderne le differenze e le connessioni; capace di tornare nella propria cultura arricchito dallesperienza del confronto e in grado di riconoscere e valutare con maggiore consapevolezza critica la propria specificit nei suoi aspetti di positivit e di negativit. Molto spesso le scuole appunto non riuscendo allinterno dellorario scolastico a creare momenti di condivisione e comunicazione con questi ragazzi si affidano prevalentemente a corsi di prima alfabetizzazione o a progetti di diversa natura, creati e rivolti ai ragazzi immigrati delle scuole. Sicuramente sono attivit e progetti interessanti e utili, quelli a cui la scuola partecipa, la cosa importante che non deleghi troppo agli altri ci che lei per prima dovrebbe incentivare. Dalla scuola dovrebbe partire un tipo di educazione aperta alle diversit e allaccoglienza per far si che poi si ampli in tutti i diversi contesti. La scuola deve tenere in considerazione che non pu farsi solo
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Bertolini P.,Dieci tesi sulla didattica, per una proposta, in P.Bertolini (a cura di), Sulla didattica, La Nuova Italia, Firenze 1994. 123 Giusti M., Op. Cit.

promotrice di saperi legati ai libri di scuola e quindi ai voti dei ragazzi, ma dovrebbe considerare ogni ambito della vita dei propri alunni, le loro esperienze e progetti, condividendoli e cercando appunto di creare un tipo di educazione globale. Si spera che con il tempo, tutto quanto detto possa essere e rivelarsi possibile, visto che il flusso migratorio continua e probabilmente il numero di ragazzi immigrati nelle nostre scuole aumenter ancora. importante quindi che le nostre scuole siano pronte ad accogliere, gestire e organizzare tutto questo, nel modo migliore possibile, per i nuovi arrivati come per i giovani del nostro paese. Se tanto teniamo alla nostra originalit e unicit, se tanto desideriamo essere circondati da persone che ci sanno capire e voler bene per quello che siamo, se, a volte, ci offende lessere anonimamente inclusi in categorie o elenchi sociali, culturali, etnici, non dovrebbe risultarci difficile capire che, allo stesso modo, dobbiamo aver rispetto per coloro che non conosciamo e che rappresentano per noi una diversit tanto grande quanto noi la rappresentiamo per loro. Diversit che va in ogni caso concepita come valore e non come errore o imperfezione rispetto allesattezza e la perfezione della nostra cultura occidentale prodotta da capitalismo avanzato (). Occorre passare attraverso una conversione di mentalit che riconosca e valorizzi la diversit come dato antropologico e culturale, che la sottolinei e la favorisca.124

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Menozzi C., Immigrazione, diversit e uguaglianza. Alcuni pensieri a voce alta, in Volontariato Gancio Originale, a cura di Leonardo Angelici, Deliana Bertani, Mariella Cantini; Provincia di Reggio Emilia; AUSL, 1995.

APPENDICE MOLTI RAGAZZI CHE UN TEMPO SONO STATI AIUTATI NELLE STANZE DI DANTE, OGGI SONO VOLONTARI: A LORO LA PAROLA Credo sia significativo, dopo tutte le spiegazioni e le descrizioni dellattivit della Stanza di Dante, leggere alcune storie di vita di quattro ragazze che hanno partecipato al progetto; ho fatto a loro qualche domanda perch si comprendesse meglio il senso, la finalit e leffetto che questa attivit pu avere su ragazzi adolescenti da pochi anni nel nostro paese. LE PROTAGONISTE E. 19 anni, terza superiore. Albanese da quasi sette anni in Italia, il padre arrivato in Italia per lavorare in una citt del nord, solo dopo due anni lei e la sua famiglia l hanno raggiunto. Da tre anni partecipa alla Stanza di Dante, due come alunna e uno come volontaria.

L. 20 anni, terza superiore. Kossovara, da cinque anni in Italia, arrivata sola, per raggiungere il pap che gi da 11 anni viveva in Italia, e la mamma che da 7, aveva raggiunto il padre con le due sorelle minori. In quegli anni ha vissuto in Kossovo con una zia e un fratello, spostandosi in Albania dopo lo scoppio della guerra e una volta tornata nel suo paese il padre li ha raggiunti per unire tutta la famiglia in Italia. Da tre anni partecipa alla Stanza di Dante, uno come alunna e da due come volontaria. G. 18 anni, terza superiore. Kossovara da sette anni in Italia. Il pap arrivato dieci anni fa, la mamma otto con tre fratelli, lei arrivata in Italia con una sorella. C. 18 anni terza superiore. Ghanese da quasi quattro anni in Italia. La mamma in Italia da sedici anni e lei l ha raggiunta da sola. Ha una sorella nata in Italia otto anni fa. In Ghana viveva con una zia. Partecipa alla Stanza di Dante da tre anni, due come alunna e uno da volontaria.

ALCUNE DOMANDE: 1. Quali sono state le difficolt maggiori che hai incontrato quando sei arrivata in Italia, e soprattutto a scuola? E.:La lingua, parlavo pochissimo italiano, a scuola non capivo niente, mi vedevo diversa dagli altri, per le esperienze, la diversa mentalit, non riuscivo a entrare nel contesto. Ho iniziato la scuola in Italia che gli altri si conoscevano gi tutti e sai, si erano gi formati i gruppetti. Con i compagni stato difficile, a volte mi guardavano storto. I professori invece con me, sono sempre stati disponibili. Poi a casa parlavo albanese e a scuola italiano, mi confondevo e uscivo da scuola con il mal di testa. L.: Non riuscivo a parlare ed esprimermi con le persone, ad abituarmi alle nuove modalit della vita in Italia, la libert che qui hanno le ragazze, il loro modo di vestirsi, per me era strano.

A scuola la difficolt era studiare, provavo a tradurre in Kossovaro le lezioni ma non riuscivo. Non riuscivo a memorizzare i termini difficili. Con i compagni non stato molto difficile, forse perch sono una persona socievole, ho fatto amicizia quasi subito, invece con i professori mi vergognavo a parlare, perch non conoscevo litaliano e soprattutto non riuscivo a dare del lei. In classe non parlavo mai e non alzavo mai la mano anche se conoscevo le risposte perch mi vergognavo e avevo paura di sbagliare. G.: Le uniche parole che conoscevo in Italiano erano ciao e buongiorno, non conoscevo la lingua e per me stata davvero dura. A scuola non capivo niente, n quello che dovevo studiare, n quello che i professori volevano da me. Io sono timida quindi con i compagni ho fatto molta fatica ad entrare in contatto, li vedevo un po rigidi e distaccati. C.: Non conoscevo la lingua e le persone erano un po suscettibili, forse perch ero straniera e perch sono di colore, i primi giorni si comportavano malissimo, non mi consideravano proprio, dopo un po sono riuscita a fare qualche amicizia. 2. Perch hai deciso di diventare una volontaria della Stanza di Dante? E.: quando ho partecipato per farmi aiutare, stata una bella esperienza; la scuola mi ha chiesto se volevo partecipare e visto che il mio italiano era terribileho deciso di provare. Allinizio era un po un casino: tante persone nuove e diverse, lingue diverse e tanto nessuno capiva. Si parlava di tante cose e si facevano cose interessanti, potevamo parlare anche di noi e del nostro paese e questo mi piaceva molto. Si rideva anche tanto, anche se quando si facevano i compiti non sempre era facile capire, soprattutto certe materie dove le parole sono pi difficili. Imparavo litaliano anche ascoltando gli altri che parlavano. Facevo i compiti e conoscevo persone nuove. Ho deciso di fare la volontaria dopo questa esperienza, perch mi piace aiutare gli altri, magari i ragazzi appena arrivati in Italia che non conoscono litaliano, forse perch mi ricordano me quando sono arrivata, quando le persone mi guardavano con una faccia strana come per dire ma cosa sta dicendo questa?; questo il

primo anno che faccio la volontaria, in prima e seconda sono stati gli altri ad aiutare me e adesso voglio aiutare io gli altri. L.: Visto che io ho avuto delle difficolt quando sono arrivata in Italia, volevo aiutare i miei compagni stranieri in modo che ne incontrassero meno. Ero curiosa di conoscere ragazzi nuovi che venivano da paesi che non conoscevo, per conoscere le loro tradizioni e le loro vite. Il primo anno di superiori sono stati gli altri ad aiutare me e mi servito tanto anche per conoscere nuove persone, per trovarmi meno spaesata in classe, e adesso sono due anni che provo ad aiutare io gli altri, anche se a volte non facile, poi bello quando dopo tanta fatica si riesce a capirsi. G.: Non ho iniziato come volontaria, allinizio, in prima e seconda, ero io che avevo bisogna di aiuto, per me stato utile, quindi visto che nella mia scuola ci sono tanti ragazzi stranieri che hanno i problemi che ho avuto io, ho pensato di doverli aiutare come altri hanno aiutato me. C.: Ho iniziato questa esperienza facendomi aiutare dagli altri e da l o capito che mi piace aiutare le persone; questo per me il primo anno. Io so bene linglese e ho pensato che poteva essere utile a qualcuno. Potevo insegnare agli altri linglese come gli altri hanno insegnato a me litaliano. Non facile fare la volontaria, a volte ti viene voglia di rinunciare, non sai come farti capire, come spiegarti prova tu a spiegare a un ragazzo moldavo o cinese cosa , e come si forma un terremoto, quando lui non parla una parola di italiano e tu una parola di moldavo un casino e spesso si ride per i metodi che si devono usare per farsi capire. Una cosa positiva che c sempre la prof. o la coordinatrice che ci danno una mano e ci insegnano come fare.

3. Secondo te pu essere una attivit utile? E.: Secondo me s, perch in quelle due ore non si studia e basta come al mattino in classe, ma si chiacchiera, ci si conosce, si va in giro per la citt a conoscere posti nuovi, si liberi di fare anche cento volte la stessa domanda. Possiamo

parlare e ricordare i nostri paesi, le nostre tradizioni le nostre abitudini e raccontarle agli altri. bello ascoltare anche i racconti degli altri. Ai professori in classe non gli interessa conoscere lAlbania o cosa facevo io nel mio paese, e per me bello poterlo fare nella Stanza di Dante. Una cosa che un po mi dispiace che a volte alcuni ragazzi che iniziano allinizio dellanno, poi, con il tempo, si perdono per strada, non so perch, ma vorrei continuassero a partecipare fino alla fine dellanno. L.: Secondo me s molto, a me ha aiutato ad aprirmi, prima ero molto pi chiusa e tendevo a stare sempre zitta per paura, invece con il tempo, conoscendo le persone, ho avuto anche modo di esprimermi pi facilmente, di imparare cose nuove e a sentirmi pi sicura. bello ascoltare gli altri, imparare sempre qualcosa in pi e capire che ci sono altre persone che vengono da lontano e si sentono come me. La Stanza di Dante diventa un posto dove puoi parlare, dove ti confronti non solo con i ragazzi ma anche con gli altri volontari stranieri e non. G.: Si, perch aiutiamo anche i ragazzi a fare i compiti che altrimenti a casa non riuscirebbero a fare, o comunque a casa nessuno potrebbe aiutarli. I ragazzi sono felici di andare anche loro, come i loro compagni, a scuola con i compiti fatti. Non sempre facile ma bello vederli soddisfatti. Quando parliamo invece utile perch aiuta a conoscersi, e dopo rivedi i ragazzi nei corridoi e magari si fanno due chiacchiere, si parla, si scherza; divertente, ti senti tranquillo perch puoi parlare di quello che vuoi e nessuno ti guarda male. C.: Certo, nella Stanza di Dante si aiutano i ragazzi a fare i compiti, ad imparare meglio litaliano e si ascoltano quando hanno voglia di parlare di loro; non ci si sente giudicati e i volontari servono anche per aiutare quando qualcuno ha bisogno, non solo nello studio ma anche per parlare dei problemi che ci possono essere; in classe, a scuola, a casa, con i compagni, i professori o la famiglia. A volte per complicato quando dopo un po arrivano ragazzi nuovi, sembra che tutto deve iniziare da capo, diventa un po un casino, bisogna imparare a

conoscerlo, spiegargli come funziona tutto, per dopo un po, anche bello perch si conoscono persone ed esperienze nuove.

CONCLUSIONI Come si evince da tutta la mia tesi, largomento dellimmigrazione e soprattutto degli studenti immigrati, assume un valore di particolare significato nellattuale momento storico; un momento in cui la scuola italiana chiamata ad affrontare una sua riforma, per rispondere alle esigenze che nascono da una nuova societ, per garantire il successo formativo, inteso come piena formazione della personalit, nel rispetto delle identit personali, sociali, culturali e professionali dei singoli alunni. in tutta questa prospettiva che credo si ponga la problematica delleducazione interculturale che, resa urgente dalle dimensioni dei flussi migratori, sempre pi consistenti, trova il suo fondamento nel pluralismo culturale. In un paese come il nostro, dove il tasso di immigrati considerevole, credo sia necessario ideare, offrirsi e prepararsi per creare strutture, attivit e progetti

idonei a risolvere i problemi che la presenza degli immigrati, comporta, per loro come per noi, cittadini italiani. Credo sia la scuola listituzione che per prima, debba mettersi in gioco per aiutare i giovani studenti autoctoni e immigrati, a vivere insieme, a convivere con realt diverse, che spesso destabilizzano la nostra visione delle cose, ma che alla lunga permettono relazioni arricchenti. Credo che il progetto della Stanza di Dante sia un buon esempio di convivenza: tra insegnanti, studenti italiani e stranieri, tra adulti e ragazzi, i quali scoprono grazie allattivit, il bello di lavorare e crescere insieme; scoprono le meraviglie di altri paesi come le differenze e le similitudini con il proprio. La Stanza di Dante trasmette una educazione globale a trecentosessanta gradi, la quale tiene in considerazione ogni aspetto della vita dei giovani studenti: la scuola, la famiglia, e le amicizie, le gioie, le paure, e le incomprensioni . La Stanza di Dante si pone come serbatoio di accoglienza, come rete da cui si pu cadere ma a cui ci si pu aggrappare per risalire; come luogo sicuro e sereno, privo di pregiudizi o discriminazioni, luogo in cui avvengono incomprensioni, ma in cui si risolvono chiarendosi, ascoltandosi, nel rispetto di ognuno. Questa attivit di aiuto reciproco tra i partecipanti, un luogo dove si da e dove si riceve, uno spazio aperto alle diversit, alle cose sconosciute e alle curiosit inespresse; un luogo di confidenze, amicizie ma anche di insegnamento, impegno e attenzione. Nella scuola di oggi, sono necessari interventi rivolti allinterculturalit e allintegrazione dei giovani immigrati, attivit che mirino a conoscere le diverse culture che con il passare degli anni, entreranno sempre di pi a far parte della nostra societ, non solo per coloro che arrivano, ma anche per coloro che qui sono nati e cresciuti, che spesso associano la diversit allinferiorit o alla paura, che non sanno porsi con culture e tradizioni diverse dalla loro, che hanno bisogno di decentrarsi dalla propria visione del mondo, mettendosi in gioco verso gli altri. Anche i giovani italiani quindi, i quali forse per primi si trovano in classi miste, e per primi devono imparare a convivere con diverse culture, diverse tradizioni o abitudini, hanno bisogno di aiuto, di sostegno e comprensione. La Stanza di Dante aperta a tutti ed per tutti, ha lo scopo di coinvolgere tutti, facendo sentire indistintamente tutti parte di un gruppo.

Credo che questo progetto dell AUSL reggiana, che nasce da pochissime risorse, soprattutto economiche, sia un buon esempio e una possibilit in pi, che nessuna scuola dovrebbe farsi scappare, per il proprio benessere e soprattutto per il benessere dei suoi alunni, i quali sempre di pi entreranno a far parte di un mondo diverso da quello dei loro genitori, un mondo multietnico e pluriculturale; un mondo in cui si sentiranno pi sicuri e integrati se gi allinterno della scuola, avranno imparato a convivere con gli altri, riscoprendo le risorse e le possibilit che ci comporta. Spero che con la mia tesi io abbia chiarito quali sono i bisogni dei giovani di oggi, immigrati e non, i quali si preparano a vivere in una nuova societ; e quanto progetti come la Stanza di Dante, possano aiutarli ad entrarvi a piccoli passi, possano sostenerli e non gettarli in un mondo nuovo e non sempre facile, considerata anche la loro et, et di cambiamenti e rivoluzioni, et di adolescenza quindi di transizione dalla giovinezza allet adulta. Naturalmente, come credo sia chiaro nella mia tesi, non esiste un modello universale utile per tutti e per tutti i tipi di problemi, ma credo ci siano modalit di intervento indispensabili e da cui non credo si possa trascendere per lavorare con i giovani immigrati: accoglienza, apertura, empatia, capacit di decentramento, comprensione, sincerit e chiarezza. Sono tutti argomenti importanti e aspetti fondamentali per un approccio interculturale, aspetti di grande interesse, racchiusi e caratteristici della Stanza di Dante.

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RINGRAZIAMENTI Inizialmente vorrei ringraziare la professoressa Simonetta Botti che mi ha sempre seguito, aiutata e sostenuta durante lo svolgimento del mio lavoro, per la sua disponibilit e la sua presenza, per i consigli e i suggerimenti sempre utili ed efficaci; naturalmente ringrazio anche il professor Antonio Genovese che mi ha permesso di svolgere la mia tesi di Laurea in una materia interessante e mai cos attuale, come la Pedagogia Interculturale. Ho dedicato la mia tesi a tutta la mia famiglia, ma non solo a mia madre a mio padre e alla Gre, ma a tutti, a tutta quell happy family di cui parla Laura Dopo un anno sabbatico dopo il liceo, dopo un anno lontano da casa e dal mio paese, dopo un po di indecisione nella vita volevo fare il dentista anche io ho trovato la mia strada ed ora eccomi qui.

merito di tante persone: della Sil, della Vale e della Cri, di Matte e Ghiro, che hanno iniziato il percorso universitario con me, con cui ho condiviso tensioni e paure per esami impegnativi, come gioie e felicit per averli superati ma soprattutto tanti cappuccini al Respighi per loro che sono ancora tutti al mio fianco, e sono sicura, lo saranno per sempre. Un grazie va all amica di sempre, che non parla ma sa, che non chiede ma capisce, che questanno mi regaler un fiore meraviglioso e che potr essere lontano mille chilometri ma mai abbastanza lontana perch io non la ritrova sempre al mio fianco. Alla Sara, la Gre, la Leti, lIsa, la Chiarina, la Vitto e la Stefy che se anche mi vedono poco, mi sopportano sempre. A Tommy e la Nina, i veri e indispensabili amori della mia vita, che mi hanno regalato e mi regalano, sorrisi e tenerezze nei momenti duri e di tensione; alla loro mamma che sempre una bella scoperta, e una meravigliosa sorpresa. A zii e cugini, alla Marty oggi a Londra e a Nico, bello e sempre presente; alla zia che mi faceva le macumbe per i voti alluniversit, prendendoci sempre, e alla Giadi, cucciolo meraviglioso, che inizier questanno la meravigliosa esperienza universitaria; a Gaso, luomo ideale, che con la bocca non dice niente ma con lo sguardo ti sa riempire dentro. Allo zio Alvi, che mi ha cresciuta e che mi ha insegnato ad essere quello che sono, fiera, con la testa sempre alta, indipendentemente da quello che dicono o pensano gli altri. A Nik che ha capito da subito, e per cui non c bisogno di troppe parole; chi lo conosce sa. Alle Pochemon, che anche se non vogliono essere chiamate cos, sanno che per me affettivo grazie perch ci siete state sempre tutte, forse nel peggior momento della mia vita, senza troppe domande ma tante attenzioni. A Fillo, amico inseparabile e confidente sincero, per le volte che si arrabbia con me perch non mi faccio mai sentire, e per le risate fatte insieme spesso per cose stupide o ricordi lontani Ai miei genitori grazie ai quali sono qui, e posso dire ce lho fatta, che mi hanno sopportato e sostenuto nei momenti di crisi e tensione. Ai miei nonni, i quali vorrei fossero qui per vedermi, perch so che sarebbero fieri di me, e perch alla fine sono la loro prima nipote laureata

Alla sorella con cui non sempre vado daccordo, ma che inevitabilmente si rivela amica e complice sincera, alla sua sensibilit e alla sua ingenuit, alla sua pazienza che tante volte ho invidiato e alla sua paura di parlare che spesso ho coperto. Infine, ma naturalmente non per importanza grazie a Fede, grazie per avermi insegnato la tenacia e la determinazione, la sicurezza in me stessa e la sincerit con chi mi sta intorno indipendentemente da tutto; grazie perch anche grazie a te che la mia tesi finita, grazie per i tuoi consigli e i tuoi accorgimenti, il tuo esempio e le tue metafore. Grazie perch nonostante tutto ci sei stato sempre, per un sorriso, una battuta o una carezza sulla testa, credendo sempre in me; perch hai sempre capito tutto, senza bisogno che io parlassi troppo e grazie perch grazie a te oggi conosco la vera essenza dei veri rapporti. Mi sembra dobbligo ringraziare Mariella, Deliana, Dino, Susanna, e tutto il meraviglioso staff di Gancio Originale; grazie a loro sono cresciuta a livello professionale ma soprattutto personale, sono stati i primi a farmi sentire accolta, facendomi capire limportanza di certi gesti; perch hanno sempre creduto in me sostenendomi e mi hanno dato la possibilit di sperimentarmi in una esperienza meravigliosa; perch mi hanno agganciato e credo difficilmente si libereranno di me, grazie di avermi spronato e consigliato, aiutata e capita nei miei innumerevoli impegni e bisogni. Grazie a tutti allora, grazie a tutti coloro che mi hanno sempre riempito di attenzioni e sicurezze, grazie per non avermi lasciato mai sola e grazie per essere tutti qui intorno a me a festeggiare un traguardo cosi importante per la mia vita.

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