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STRUMENTI DIAGNOSTICI E METODOLOGIA DELL’OSSERVAZIONE DEL BAMBINO / BASI

DI INTERPRETAZIONE DELLA VALUTAZIONE NEUROPSICOLOGICA E PSICOLOGICA IN


ETÀ EVOLUTIVA / I LIVELLI DI DIAGNOSI IN ETÀ EVOLUTIVA / UTILITÀ DEL
NEUROIMAGING IN ETÀ INFANTILE

La neuropsichiatria infantile è una disciplina medica che si occupa di quadri neurologici e


psichiatrici che si veri cano in età evolutiva. La necessità di individuare un’area disciplinare
specialistica che si occupi di quando queste situazioni vengono a presentarsi in età evolutiva
nasce da molteplici fattori. Uno dei fattori più importanti è la componente maturativa: il sistema
nervoso è infatti nel corso dell’età evolutiva un sistema in fase di attiva maturazione, crescita e
di erenziazione. Le caratteristiche di dinamicità, variabilità e complessità dei processi che si
veri cano a livello del sistema nervoso incidono in maniera determinante su una serie di aspetti
clinici e di decorso delle malattie che possono veri carsi in questo periodo. Aldilà delle malattie,
dei disturbi o delle sindromi intesa come entità nosogra che che si possono veri care durante il
processo di sviluppo della persona, sono frequenti incidenti di percorso nel processo di sviluppo,
incidenti che possono riguardare la crescita e la di erenziazione di una o più funzioni. Queste
portano al determinarsi di una serie di situazioni incluse nei disordini del neurosviluppo.

Per i genitori una visita neuropsichiatrica non riveste un carattere di semplice consulenza come
può capitare per una visita pediatrica. Essi spesso vi si recano con un bagaglio di sensi di colpa e
imbarazzo.Possono ritenere che i problemi del glio siano collegati a un loro fallimento educativo
e che l'eventuale diagnosi stigmatizzi questo insuccesso. La gura del neuropsichiatra e dei suoi
collaboratori non viene percepita come quella di un collaboratore, che cerca di sostenere il ruolo
genitoriale e di trovare strategie per risolvere i problemi, ma spesso come quella di un giudice.

La prima visita neuropsichiatrica prevede in genere tre momenti:



- il colloquio clinico,
- l’osservazione del bambino,
- un primo esame neurologico e psichiatrico

Il primo COLLOQUIO con i genitori è molto importante: il medico deve cercare di sviluppare una
relazione comunicativa nella quale sia il bambino sia i genitori riescano a sentirsi a loro agio.

Se il bambino è piccolo il medico comincerà parlando con i genitori.

Verrà precisato il motivo della visita e si raccoglierà la storia biologica, psicologica e sociale del
bambino (anamnesi).

Dopo il colloquio con i genitori, durante il quale il bambino in genere osserva gli adulti e quindi si
avvicina ai giocattoli presenti nell'ambulatorio, il medico si rivolgerà al bambino, utilizzando un
linguaggio adeguato, per capire se il bambino è a conoscenza del motivo della visita e per
spiegargli che con il suo lavoro cercherà di aiutarlo a stare meglio.

Con i soggetti adolescenti il medico incontrerà prima il paziente e quindi suoi genitori, per evitare
di alimentare le fantasie di controllo e manipolazione presenti negli adolescenti

L’OSSERVAZIONE del bambino è un aspetto centrale della prima visita.



Nel caso di bambini molto disturbati può fornire informazioni molto signi cative. Nell'osservazione
è importante tener conto anche dell'interazione del bambino con adulti e coetanei sconosciuti, ad
esempio con i presenti in sala d' attesa, poiché ciò evidenzia alcune caratteristiche fondamentali
del soggetto.

Il primo aspetto da prendere in considerazione è la reazione del bambino alla separazione dai
genitori. In questo caso si valuta sia il livello d'ansia del bambino sia le reazioni dei genitori.

Un secondo fattore, l'aspetto sico del bambino che può fornire indizi d'abuso (ad esempio
lesioni o bruciature) o di negligenza genitoriale (abiti sporchi, segni di malnutrizione).

A volte l'abbigliamento e il trucco (stravaganti) possono indicare l'appartenenza a particolari


gruppi socio-culturali oppure la presenza di rilevanti problemi psicologici familiari (psicosi, abuso
di sostanze ecc.).

Particolare attenzione verrà dedicata alle capacità motorie: come mantiene la stazione eretta,
come avviene la deambulazione e la corsa, come a erra gli oggetti (alla ricerca di de cit motori
che possono segnalare delle lesioni cerebrali).

Il comportamento motorio può, inoltre, suggerire la presenza di iperattività (irrequietezza


implacabile) oppure di uno stato di agitazione maniacale (disturbo bipolare).

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La presenza di atti compulsivi e di rituali può indicare un disturbo ossessivo-compulsivo.

I comportamenti autolesionisti (sbattere la testa contro il muro o colpirsi intenzionalmente)
suggeriscono invece la possibilità di una disabilità intellettiva. Stereotipie, tic e manierismi
possono denotare la presenza di un disturbo dello spettro dell'autismo.

L'espressione verbale può presentare difetti di articolazione e balbuzie; ma se il linguaggio


appare incoerente, con fuga delle idee e povertà di contenuti, si può trattare di una psicosi
dell'età evolutiva.

Il tono della voce molto ridotto è presente in soggetti ansiosi o depressi, mentre l'assenza di
prosodia emotiva si riscontra in soggetti psicotici o con autismo.

Molto importante è anche l'osservazione del comportamento a ettivo.

Dopo il colloquio, il medico e ettuerà un esame neurologico e una prima valutazione psichiatrica.
Durante l'esame neurologico vengono valutate in maniera sistematica la capacità di mantenere la
stazione eretta, la capacita di deambulare, l'organizzazione del movimento ne e della
manipolazione di Oggetti, la forza e il tro smo dei vari distretti muscolari, i ri essi osteotendinei.
Una volta e ettuato il colloquio clinico, l'osservazione del bambino e la valutazione
neuropsichiatrica, il medico può avere su cienti dati per concludere l'itinerario di accertamenti e
quindi comunicare ai genitori l'esito della visita.

L'ESAME NEUROLOGICO è un esame nalizzato a valutare l’integrità delle strutture anatomiche


dal sistema nervoso e la loro organizzazione funzionale. Ovviamente in età evolutiva deve tener
conto delle complesse modi che strutturali e funzionali che si veri cano nel corso del processo di
maturazione e di sviluppo. Quindi gli schemi utilizzabili in un esame con un adulto risulterebbero
inadeguati per un neonato. Infatti i neonati presentano una grandissima variabilità delle risposte
da un giorno all’altro e addirittura da un’ora all’altra, addirittura in diversi momenti nel corso di una
stessa osservazione. Questa variabilità è espressione di un’immaturità del sistema nervoso. Gli
elementi clinici che caratterizzano l’esame neurologico del neonato sono i ri essi arcaici, il tono
muscolare, la reattività e le competenze senso-percettive.

Durante l’esame neurologico del bambino vanno valutati i seguenti elementi:

- nervi cranici

- stato muscolare (tro smo muscolare, forza muscolare e tono muscolare)

- funzione motoria (coordinazione, deambulazione, movimenti patologici)

- ri essi (super ciali e profondi)

- sensibilità

NERVI CRANICI: il suo esame risulta spesso di cile per la scarsa collaborazione del bambino.

I nervi cranici sono ad esempio il nervo cranico olfattorio, il nervo cranico ottico, il nervo cranico
facciale, acustico…

STATO MUSCOLARE: l’esame dello stato muscolare viene e ettuato in base alla valutazione del
tro smo, della forza, del tono. Il tro smo muscolare viene valutato attraverso l'ispezione e la
palpazione; la valutazione può risultare di cile nei soggetti obesi o nei bambini più piccoli, nei
quali il pannicolo adiposo risulti abbondantemente rappresentato. La forza muscolare viene
valutata invitando il bambino a muovere un segmento corporeo contro resistenza (contrazione
dinamica) ovvero a mantenere immobile un segmento contro i tentativi dell'esaminatore di
spostarlo (contrazione statica), lo si fa facendo nta di volergli strappare un gioco di mano,
facendo nta di farsi aiutare a sollevare un oggetto o a spingere un oggetto… Il tono muscolare
viene comunemente apprezzato attraverso alcune prove che testimoniano la stato di tensione
delle masse muscolari e il loro grado di estensibilità.Tali manovre sono rappresentate dalla
palpazione delle masse muscolari, dal ballottamento (scuotimento impresso passivamente all'arto
o a un suo segmento) e dallo stiramento (movimenti passivi di essione e di estensione impressi
all'arto o a un suo segmento). Il tono muscolare può essere ridotto (ipotonia) o aumentato
(ipertonia).

FUNZIONE MOTORIA: secondo uno schema generale il movimento è dovuto ad una contrazione
muscolare, che a sua volta è determinata da un impulso nervoso. L'impulso nervoso parte dalla
corteccia motoria, viaggia lungo il midollo spinale, in cui si articola in giunzione sinaptica con un
secondo neurone, segue quindi la via del nervo periferico e giunge in ne al muscolo. Per valutare
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la funzione motoria vengono abitualmente considerati i seguenti aspetti: la coordinazione motoria,
la deambulazione, i movimenti patologici e la coordinazione motoria.

- coordinazione motoria: capacità di e ettuare movimenti in maniera uida, armonica e


precisa. Classicamente, le alterazioni della coordinazione motoria riconducibili ad un “danno”
organico delle strutture nervose vengono de nite con il termine omnicomprensivo di atassia.
Nell'ambito dei disturbi della coordinazione motoria rientrano anche le disprassie evolutive. Il
termine di disprassia viene utilizzato per indicare un gruppo eterogeneo di situazioni cliniche, il
cui elemento caratterizzante è rappresentato da una motricità "go a" ed impacciata, che incide
sulla realizzazione sia delle attività grossolane (correre, saltare, calciare, ecc.) che di quelle ni
(manipolare, disegnare, costruire, ecc.). Nel concetto di "disprassia" è implicita l'assenza di danni
strutturali a carico dell'encefalo e del sistema nervoso periferico: la patogenesi viene ricondotta
ad un disordine di sviluppo di quelle funzioni centrali implicate nella programmazione e
realizzazione del movimento.

- deambulazione: osservare il bambino mentre cammina, predisponendo eventualmente il


"percorso" da fargli e ettuare

- movimenti patologici: tra essi ci sono tremori, corea, atetosi, mioclonie, sincinesie.

- ri essi: reazioni motorie automatiche e assolutamente caratteristiche nei neonati che


scompaiono con la crescita.

- sensibilità: l'esame delle varie sensibilità risulta particolarmente di cile nei bambini. Quando
possibile, esso viene e ettuato con le modalità comunemente adottate per l'adulto.

* Esistono nei bambini dei ri essi che poi scompaiono dopo un periodo di tempo ed è normale
che scompaiono. Sono delle reazioni motorie automatiche e assolutamente caratteristiche,
chiamate RIFLESSI ARCAICI. Quando permangono è preoccupante.

RIFLESSO DI SUZIONE scompare a 4 mesi di vita e


talvolta permane no a 7 mesi nel sonno.

Se permane, vi sarà un grave danno frontale.

RIFLESSO DI PRENSIONE PALMARE E PLANTARE il ri esso


di prensione palmare scompare entro il secondo/terzo mese di
vita, il ri esso di prensione plantare permane no al nono/
decimo anno di vita.

RIFLESSO DI GALANT allo strisciamento


sulla schiena in senso longitudinale e
lateralmente alla colonna vertebrale questa si
incurva: la concavità è verso il lato stimolato.

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RIFLESSO DI MORO: un rumore forte o
cambiamento improvviso della posizione del capo
(abbassando improvvisamente il bambino che
giace sulla schiena) gli fa allargare le braccia,
estendere le dita e inarcare la schiena. Poi il
bambino unirà le braccia più lentamente sul petto.

Scompare all’età di sei mesi.

RIFLESSO DELLA MARCIA AUTOMATICA: tenendo il

neonato sostenuto verticalmente in modo da tenere le


piante dei piedi appoggiate su un piano, manifesta un
ri esso d’estensione e raddrizzamento delle gambe e
del tronco. Con un e etto onda dal basso all’alto che
interessa la caviglia, il ginocchio, l’anca, il tronco e
in ne la testa. Spostando il corpo in avanti, il neonato
ette ed estende gli arti inferiori: marcia automatica.
Scompare a sei settimane di vita.

RIFLESSO DI RADDRIZZAMENTO: compare a 28 settimane di età


gestazionale e si attenua progressivamente entro i due/quattro mesi di
vita.

Il GIOCO NELL’ESAME NEUROLOGICO —> Le attività che il bambino svolge nel corso del
"gioco" ri ettono il livello di sviluppo cognitivo raggiunto dal bambino, nella misura in cui,
anche per il gioco, è possibile individuare un'evoluzione sequenziale, per tappe.
Fino all'età di 7-8 mesi il rapporto con l'oggetto, si limita ad un gioco "manipolativo" mediante il
quale il lattante peraltro estrae i dati rilevanti dello stimolo, in termini di caratteristiche siche e
connotazioni emozionali ad esso connesse.

A partire dagli 8 mesi comincia ad impegnarsi in giochi pre-simbolici, nell'ambito dei quali il
bambino si diverte ad agire sull'oggetto (batterlo su un piano, farlo cadere lanciarlo-raccoglierlo;
riempire-svuotare; etc.).
All'età di 10 mesi fa la sua comparsa il gioco funzionale legato all'acquisita capacità del bambino
di riconoscere l'oggetto secondo l'uso. Verso i 4-5 anni compare il gioco socio-drammatico,
nell'ambito del quale il bambino comincia ad interpretare delle parti o ad assumere ruoli de niti.

Sempre in relazione alle conquiste cognitive, a partire dai 7 anni il bambino comincia ad
impegnarsi in giochi che hanno regole ben precise: il calcio, i birilli ed altri giochi simili.

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LA DIAGNOSI

Una volta terminate le di erenti valutazioni (prima visita, valutazione siatrica, oculistica,
psicologica, neuropsicologica, logopedica ecc.) il neuropsichiatra incontra tutti gli operatori che
hanno visto e valutato il bambino e viene posta la diagnosi.

I problemi, i sintomi, i segni le valutazioni funzionali e strumentali di un determinato bambino
vengono raccolte in una de nizione di malattia. La diagnosi è un processo di conoscenza che
deve essere e ettuato mediante un’attenta ricostruzione anamnestica integrata da
interviste semistrutturate ai genitori ed alla presa divisione di tutta la documentazione
disponibile (cartelle cliniche, relazioni mediche, giudizi degli insegnanti…). Per questo motivo il
processo diagnostico in età evolutiva viene anche de nito come presa in carico, in quanto è
costituito da un complesso di interventi nalizzati a conoscere capire il bambino e il suo disturbo.

Quando si parla di neuropsichiatria infantile, siccome si parla di una scienza medica, si parla di
ETICHETTE DIAGNOSTICHE.

Le etichette diagnostiche servono in abito clinico ad etichettare, codi care per esempio il
soggetto con autismo, diverso da quello con ADHD, diverso da quello con segni e sintomi dello
spettro dell’autismo ma ha un’altra sindrome ecc…

La codi ca nelle diagnosi avviene mediante un riferimento a manuali diagnostici che


fondamentalmente sono due:

- l’ICD 10 classi cazione internazionale delle malattie (ambito clinico generale)

- il DSM-5 che è un manuale diagnostico dei soli disturbi mentali (ambito di natura
neuropsichiatrica).

Quando si e ettua una diagnosi si somministrano anche dei test validati e di cui si dispone -
conoscere bene l’aspetto clinico anche per non tralasciare dimensioni importanti nella diagnosi.

CHE COS’È LA DIAGNOSI?

- La diagnosi è innanzitutto non il destino, non è la prognosi.

Esempio: è possibile trovarsi difronte a due soggetti con disturbo dello spettro dell’autismo, uno
che ha dei de cit importanti nell’area dell’interazione sociale, della comunicazione con associata
compromissione della funzione intellettiva, e uno con disturbo dello spettro dell’autismo che ha un
lieve de cit delle funzioni esecutive, rigidità cognitiva e che dunque ha la sindrome di Asperger.

- La diagnosi non è soltanto la formulazione clinica: la caratterizzazione di ogni singolo


paziente deve comprendere un’accurata storia clinica e un riassunto coinciso dei fattori cognitivi,
a ettivi, linguistici, motori, sociali che possono aver contribuito allo sviluppo di un determinato
disturbo mentale.

Perché è necessario dare un’etichetta diagnostica?

Una de nizione può rendere un soggetto:

- con o senza requisiti per l’erogazione dei servizi

- soggetto o non soggetto a qualcosa

- esonerato o non esonerato da qualcosa

- incluso o non incluso

- con o senza diritto

TIPI DI DIAGNOSI

- Diagnosi nosogra ca: diagnosi con nome e cognome della malattia. Un esempio è disturbo
dello spettro dell’autismo. È intesa come etichetta descrittiva inclusa in un sistema di
classi cazione, risulta di indiscutibile utilità per indagini epidemiologiche e/o programmazioni di
carattere sociosanitario. Per la diagnosi nosogra a si ricorre a un sistema di classi cazione,
condiviso a livello nazionale e internazionale:

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- ICD-10 International Classi cation of Diseases: può essere de nito come un sistema di
classi cazione categoriale e gerarchico in cui ciascun quadro morboso è indicato mediante un
codice alfanumerico costituito da una lettera che individua una famiglia di malattie seguita da una
serie di numeri, ciascuno dei quali fornisce speci cazioni sulle caratteristiche cliniche
dell’a ezione in causa.

- DSM-5 Diagnostic and Statistic Manual of Mental Diseases: è un sistema categoriale che
prende in considerazione disordini mentali.

ICD-10 e DSM-5 consentono un approccio categoriale alla diagnosi. Questo tipo di approccio pur
presentando indiscutibili limiti, attraverso il ricorso dei target descrittivi condivisi a livello
internazionale favorisce l’omogenizzazione delle terminologie e la comunicazione fra diversi
operatori.

- Diagnosi funzionale: esprime il funzionamento del soggetto in presenza di un quadro


diagnostico. Rappresenta un bilancio esaustivo delle competenze del bambino nalizzato a
de nire il suo livello di sviluppo in tutte le aree funzionali, quali motricità, competenze senso-
percettive, la comunicazione il linguaggio, l’adattamento emozionale e le autonomia. La diagnosi
funzionale rappresenta un indispensabile complemento alla diagnosi nosogra ca. Solo la diagnosi
funzionale fornendo indicazioni sulle aree di forza e di debolezza del soggetto, può essere
utilizzata per formulare un progetto terapeutico personalizzato, non rivolto solo alla cura del
disturbo ma in generale a fornire un’adeguata crescita del soggetto, a nché possa integrarsi e
partecipare socialmente. Per esempio: due soggetti con diagnosi nosogra ca pari a disturbo dello
spettro dell’autismo ma che si estrinsechino in due situazioni clinico-funzionali di erenti: disturbo
dello spettro dell’autismo con disfunzione motoria, co disfunzione linguistica…
Espressione funzionale del quadro di un individuo: risulta importante sapere dove vive e con chi
vide per esempio: un bambino dislessico in paese rurale ha meno possibilità di uno che abita in
una città metropolitana di farsi curare in un centro.

Ciò che interessa in una diagnosi funzionale quindi non è il tipo di patologia, ma il
funzionamento di una persona —> OTTICA BIOPSICOSOCIALE
L’organizzazione mondiale della sanità ha elaborato un sistema di classi cazione comunemente
conosciuto come classi cazione internazionale del funzionamento, della disabilità e della salute
recentemente adattato all’età evolutiva ICF-CY International Classi cation of Functioning,
Disability and Health. Anche questo sistema utilizza codici alfanumerici. Quando si parla di
fattori ambientali, i fattori ritenuti signi cativi possono avere e etti positivi e vengono indicati
come facilitatore, o possono avere e etti negativi e vengono indicati come barriere o ostacoli.

La diagnosi non corrisponde per forza ad una stretta necessità del trattamento, la necessità del
trattamento è una decisione clinica complessa che tiene conto della gravità dei sintomi, della
loro importanza, della sintomatologia generale, della disabilità, dei rischi, dei bene ci dei
trattamenti disponibili.

I processi cognitivi ed emotivi sono chiaramente tra loro integrati, motivo per cui non è sempre
possibile ccare la persona nel disturbo.

Importante è il contributo di insegnati, educatori, psicologi nel senso di andare a comprendere


quali sono segni e sintomi che messi assieme possono indicare/suggerire la presenza di una
patologia. Questo contributo è importante perché molti di questi sintomi/comportamenti del
bambino si riducono in sede di visita.

RIABILITAZIONE

Riabilitazione = disciplina scienti camente fondata, socialmente congrua ed economicamente


sostenibile. La riabilitazione è sanitaria, è e ettuata dai professionisti della riabilitazione.

Molte professioni che si chiamano terapia, non sono riabilitazione.

Ci sono: professioni della riabilitazione / professioni sanitarie / professioni non sanitarie

È importante il coordinamento tra discipline riabilitative —> raccordo disciplinare fra i


contenuti riabilitativi e quelli di natura diversa cioè che ad esempio di natura disciplinare.

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Esempio: in classe - un bambino che ha una patologia X, questa patologia da disturbi della
coordinazione motoria - fa una terapia per equilibrio e coordinazione - l’insegnate deve capire che
cosa può fare con questo bambino con questo disturbo.

La scuola non è solo una parte della riabilitazione del bambino, è centrale nella riabilitazione.

LA SEVERITÀ E LA GRAVITÀ DI MALATTIA

Le categorie descrittive di gravità che si trovano nei manuali non descrivono le categorie di
severità e gravità percepita da noi della malattia, ma si rifanno al criterio di quel manuale di
riferimento.

Il criterio di gravità non è misurabile attraverso la scala dei sintomi.

“Livello di gravità lieve” - spesso facciamo riferimento ad un signi cato soggettivo, non certi cato,
senza criterio.

Per parlare/individuare un sistema disfunzionale è necessario sapere qual è il sistema normale.

Dal sistema normale si capisce se siamo dinanzi ad un sistema disfunzionale.

Per capire se stiamo parlando di un sistema normale, una delle prime cose da considerare sono le
fasi dello sviluppo:

fase prenatale dal concepimento alla nascita


neonatale dalla nascita ad un mese di vita
prima infanzia primi due anni di vita
seconda infanzia o prima fanciullezza dai due ai sei anni di vita
terza infanzia o seconda fanciullezza (pre-adolescenza) dai sei ai dodici anni di vita

adolescenza dai dodici ai venti anni di vita


gioventù o giovinezza dai venti ai quarant’anni di vita

maturità o età adulta dai quaranta ai sessantacinque anni di vita


senilità o vecchiaia dai 65 anni di vita ed oltre
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SVILUPPO MOTORIO, DEL LINGUAGGIO, COGNITIVO, AFFETTIVO, SOCIALE ED EMOTIVO

Di erenza tra crescita e sviluppo

CRESCITA: prosegue nel tempo in maniera crescente. È una variabile di crescita ad esempio
l’altezza.

Diverso dal concetto di crescita risulta essere il concetto di SVILUPPO: nel concetto di sviluppo
non si va sempre e solo per acquisizione di funzioni ma anche per perdita di funzioni.

Si acquisiscono delle funzioni e se ne perdono altre altro non è che una funzione e situazione
normale nel bambino.

Il cervello del bambino matura nel tempo e a partire dalla nascita no alla post adolescenza /
giovinezza ci sono dei continui rimaneggiamenti nelle aree celebrali, che si rifanno a
maturazione di aree celebrali di erenti. Il cervello del bambino è ancora un cervello che deve
continuare a a svilupparsi sia siologicamente che neurologicamente.

Il cervello comincia la maturazione acquisendo stimoli del mondo esterno a partire dalla nascita e
completa tale processo tra i 20 e i 21 anni con importanti varianti individuali dettate da fattori
genetici e fattori ambientali.

Le aree dell’autocontrollo, dell’autogestione, dell’automonitoraggio, della capacità di giudizio


sono le parti che maturano più tardi e fanno parte della corteccia prefrontale.

Autocontrollo - autogestione - automonitoraggio

Autocontrollo = è la possibilità del controllo dei propri comportamenti e veri ca degli stessi che si
traduce in automonitoraggio.

Autogestione = termine utilizzato per descrivere il processo di raggiungimento dell’autonomia


personale, l’obiettivo dell’autogestione per popolazione con disabilità dello sviluppo è proprio di
spostare la supervisione e il controllo da un genitore, da un assistente alla persona.

Un programma di autogestione di successo è un programma che permette a queste persone di


vivere e lavorare in modo indipendente all’interno del loro ambiente.

Spingere verso l’autonomia è il nostro compito, spingere dunque a fare da sé.

Il bambino proprio perché deve avere un maggiore comportamento esplorativo, che serve a
favorire la ricerca di nuove sensazioni, vede un aumento signi cativo di presenza di sinapsi
eccitatorie prefrontali che si formano e raggiungono poi dal concepimento ai 5 anni un picco
maggiore.

Nell’adolescenza invece avviene la formazione delle sinapsi inibitorie prefrontali (tra i 15 e i 20


anni e anche poco prima) che servono a dare un maggiore controllo volontario del
comportamento.

FAVORIRE LA RICERCA DI NUOVE SITUAZIONI / PERIODO CRITICO / MAGGIOR


CONTROLLO VOLONTARIO DEL COMPORTAMENTO

Periodo critico = periodo di maggiore vulnerabilità dovuta al fatto che le sinapsi inibitorie
prefrontali non sono completamente maturate e quelle sinapsi eccitatorie prefrontali sono ancora
presenti. Le sinapsi eccitatorie prefrontali non scompaiono, decrementano mentre aumentano
quelle inibitorie prefrontali.

Siccome le regioni frontali deputate al controllo del comportamento maturano dopo le regioni
limbiche, deputate al sistema di grati cazione e delle emozioni, capiamo perché quello che
coincide con l’adolescenza è un periodo di maggiore vulnerabilità —> ricerca di nuove sensazioni
in età adolescenziale, anche in negativo (uso di sostanze d’abuso) deriva da questo.

Corteccia prefrontale: importate per tutte le nostre attività della vita quotidiana. La corteccia
prefrontale, è la parte anteriore del lobo frontale del cervello, situata davanti alla corteccia motoria
primaria e alla corteccia premotoria. Quest’area racchiude varie aree di Brodmann.

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Questa regione è implicata nella piani cazione dei comportamenti cognitivi complessi,
nell’espressione della personalità, nel decision making (presa delle decisioni) e nella condotta di
tipo sociale.

L’attività basilare di questa regione è quella di essere la guida della nostra condizione e dei nostri
pensieri in vista di un obiettivo.

Soggetti che hanno avuto un trauma della corteccia prefrontale hanno problemi di attenzione,
orientamento, concentrazione, di problem solving, di presa decisionale, di capacità di giudizio.

La distruzione marcata del lobo prefrontale e frontale porta alla condotta sociale inappropriata.

Il termine tipico neuropsicologico per l’insieme di funzioni che vengono assegnate anche alla
corteccia prefrontale è quello di sistema esecutivo.

È importante per il movimento: anche il movimento ha una piani cazione, l’atto motorio è un atto
piani cato.

Sviluppo della deambulazione - ci sono determinate tappe di sviluppo psicomotorio (processo


maturativo) che non coinvolgono solo il sistema motorio, ma anche di altri sistemi.

SVILUPPO MOTORIO

Assistiamo ad una graduale e progressiva acquisizione della motricità con lo sviluppo e


consolidamento delle sinapsi.
L’apprendimento motorio segue due vie importanti: l’asse cranio-caudale (da sopra a sotto- testa
coda) e l’asse prossimo-distale (cioè quanto più vicino al corpo, quanto più lontano).

A 6 anni il bambino riconosce i concetti di destra e sinistra, aumenta l’esplorazione, miglior


l’autonomia.

A 9-10 anni il bambino combina gli schemi motori, consolida il concetto di schema corporeo.

A 11-12 anni completa l’apprendimento psico-motorio con una chiara rappresentazione spazio-
temporale e una capacità di costruire degli insiemi spaziali.

Importante è anche nello sviluppo motorio il rapporto con i coetanei che il soggetto viene ad
avere.

* Schema corporeo: immagine che ciascuno di noi ha di sé e dei propri segmenti corporei in
relazione allo spazio ed al tempo.
Capacita motorie: i prerequisiti presenti dalla nascita che consentono l’acquisizione delle abilità
motorie complesse.
Il movimento corporeo è l’interazione tra componenti biologiche e organiche (cellule muscolari,
muscoli…), componenti di natura psicologica (se si è tristi ci si muove diversamente da se si è
felici) - ciò ci consente di acquisire diversi schemi posturali.

Tutto questo ci consente di provare emozioni, comunicare e muoverci e quindi acquisire e formare
nel nostro sviluppo cognitivo anche altre abilità, caratterizzate da modalità attraverso le quali il
bambino si relaziona e interagisce con gli altri e consente la costruzione del valore morale.

I ri essi di cui abbiamo parlato prima sono fondamentali per parlare di SVILUPPO MOTORIO
NELLA FASE POSTNATALE.

Rientrano nello sviluppo motorio:

GROSS MOTOR SKILLS (abilità grosso-motorie): movimenti che consentono al corpo di


muoversi nello spazio; coinvolgono attività muscolari ampie e di use. Consentono al bambino di
percepire l’ambiente circostante in modo nuovo e di socializzare (correre, movimenti degli arti).

FINE MOTOR SKILLS (abilità no-motorie): movimenti più ni, coinvolgono attività muscolari
nemente sintonizzate sulle caratteristiche dell’ambiente. Consentono al bambino di esplorare il
nuovo ambiente, toccandolo e modi candolo (movimenti delle mani, delle dita e del volto).

Alla nascita il bambino presenta reazioni motorie automatiche e assolutamente caratteristiche


chiamate RIFLESSI ARCAICI, essenziali per valutare lo stato funzionale del sistema nervoso del
neonato.

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Il bambino alla nascita possiede abilità di erenziate per età, geneticamente determinate che gli
consentono di interagire attivamente con l’ambiente e che rispondono alla necessità di entrare in
un interscambio comunicativo con gli altri.

Coordinazione oculo-manuale = utile per a errare. Coordinazione della vista e della mano.

Utilizzo della mano nel bambino oltre alla valenza motoria: esplorazione sensoriale e
gesticolazione, gesticola per poter comunicare = movimento di indicare - pointing - conquista per
il bambino, capacità di coinvolgimento dell’adulto in meccanismi di attenzione condivisa
utilizzando il dito indice per indicare.

AFFERRAMENTO - attività esplorativa o attività di natura diversa?

1 anno: il comportamento è caratterizzato dalla presenza di una frequente e intensa attività


esplorativa con conseguente aumento delle sinapsi eccitative prefrontali.

Per ESPLORAZIONE non si intende un particolare/strano tipo di comportamento, bensì qualsiasi


attività che abbia come obiettivo quello di acquisire informazioni sull’ambiente circostante.

Consente al bambino di acquisire informazioni sull’ambiente circostante e l’atto motorio è


indispensabile a questo proposito in quanto utilizza gesti motori per acquisire informazioni
sull’ambiente circostante.

L’a erramento non è solo un’attività esplorativa, serve per fare tante altre attività: esplorare un
oggetto con le dita, schiacciare, ruotare, trasferire, portare l’oggetto alla bocca (mouthing),
battere, gettare, far cadere.

Nell’età prescolare aumenta sempre più il concetto di coordinazione motoria, importante


intervento non solo dal punto di vista della corteccia, ma anche delle varie a erente di circuiti
provenienti dal cervelletto che si occupa di equilibrio, postura e controllo del movimento
volontario.

Vi è dunque un adattamento della forza e della durata delle contrazioni dei muscoli; la regolazione
delle contrazioni muscolari simultanee e successive e la correzione della precisione del
movimento mediante il gioco dei ri essi regolati dall’equilibrio.

Correggere un movimento è indispensabile per rompere l’autonomizzazione di un movimento.

Lanciare la palla sempre nella stessa direzione - cambio direzione = correzione del gesto motorio
per raggiungere l’obiettivo.

Stesso ragionamento vale per l’autonomia che implica cura personale e spostamenti.

Nel bambino si ha un’autostima più alta se padroneggiano delle competenze maggiori e


inadeguatezza se i loro sforzi non sono coronati da successo.

Nei bambini esiste l’impotenza appresa

Esempio: se un adulto non riesce a fare qualcosa, riconosce che ha altre qualità. Il bambino
invece pensa che se non sa fare quello, non sa fare niente.

Lo sviluppo delle attività motorie continua anche in età prescolare, dai tre a sei anni. Si ha in
questa fase per quanto riguarda le competenze grosso-motorie miglioramento nella corsa e nei
salti e il soggetto impara ad andare in bicicletta.

Quanto invece alla coordinazione motoria ne, impara a disegnare, giocare con il righello e le
forbici, inserire gettoni in una fessura, vestirsi, lavarsi i denti, usare posate per mangiare.

Lo sviluppo di natura psicomotoria è un processo maturativo che nei primi anni di vita
consente al bambino di acquisire competenze posturali, motorie, cognitive, relazionali e
linguistiche.

Il processo motorio è molto importante per il linguaggio.

Questo processo dipende dalla maturazione del sistema nervoso ed è variabile nei tempi e nelle
modalità per ogni bambino però segue delle tappe. La maturazione del sistema nervoso dipende
dal patrimonio genetico della specie ed è fortemente in uenzata dall’ambiente.

Nell’ETÀ SCOLARE (7-10 anni): si sviluppa l’abilità di coordinare i propri movimenti in relazione
agli altri oggetti presenti nell’ambiente. Un esempio è attraversare la strada.

Sviluppo percettivo —> il soggetto identi ca le proprietà degli oggetti rilevanti al ne di compiere
l’azione (velocità, distanza, angolo…)

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Sviluppo motorio —> il soggetto controlla le componenti critiche dei suoi movimenti (postura,
equilibrio, forza…)

Lo sviluppo motorio nell’ETÀ DI 10-11 ANNI comporta una precisa percezione di spazio e tempo.
Diventa importante il rapporto con i coetanei, il soggetto ha bisogno o di sentirsi parte di un
gruppo.

C’è rispetto nei confronti delle gure genitoriali, non c’è con itto come nell’adolescenza.

Aumentano le autonomie personali e sociali.

Lo sviluppo di natura motoria è interpretato come un intreccio di diversi fattori (linguistici,


a ettivi, cognitivi, sensoriali, sociali, emotivi, relazionali…) le fasi dello sviluppo sono da
considerare in base ai tempi individuali della maturazione neurocomportamentale nel corso
dello sviluppo.

Con la pubertà, dai 12 ai 20 anni lo sviluppo si fa più accentuato.

La deambulazione si fa più sicura,

Si hanno importanti trasformazioni psico sche, quali comparsa delle mestruazioni nelle femmine e
produzione di spermatozoi nei maschi.

Caratteri sessuali secondari —> in uenza considerevole sul modo in cui i soggetti percepiscono il
proprio corpo.

Ricerca costante della propria identità —> processo di separazione-individuazione. È


importante per un adolescente questa situazione.

ATTACCAMENTO —> importanza dell’attaccamento alla mamma, è il primo rapporto del


neonato. Questo processo inizia quando il neonato ssa un volto (considerato dal bambino come
gura di accudimento). Il bambino indirizza lo sguardo al volto materno. I bambini con difetto
visivo lo fanno alla stessa maniera e alla stessa età di quelli senza difetto visivo / lo sviluppo del
sorriso è dunque una capacità innata —> fa capire che il bambino non sviluppa l’aspetto
cognitivo-sociale perché vede la mamma.

Durante i primi sei mesi di vita il bambino non distingue le persone a cui indirizzare le sue
attenzioni e il proprio a etto, sorride genericamente. Solo più tardi ride in maniera più de nita.

Nell’attaccamento il bambino riconosce volti di determinate persone e piange alla vista di estranei
variando ciò a seconda delle caratteristiche del bambino e delle esperienze precedenti.

Prima del primo anno di età il bambino sperimenta l’allontanamento dal genitore o da chi se ne
prende cura e quando li rivede mostra gioia e allegria normalmente.

Modalità sperimentale con cui è stato studiato l’attaccamento —> strange situation

Il bambino inizia ad allontanarsi spontaneamente da queste gure di riferimento quando inizia lo


sviluppo motorio grossolano, quando inizia a gattonare, spostarsi, camminare.

I lattanti tendono a giocare facendo attività molto simili tra di loro, se a questa eta si condivide un
giocattolo con un compagno, avviene solo per alcuni secondi e il soggetto richiesta di restituzione
del giocattolo è immediata, perché la capacità simbolica viene dopo - posso prendere e dare solo
quando riesco a muovermi.

Dal punto di vista motorio ogni essere vivente deve essere in grado di adattarsi all’ambiente in
cui si trova per svolgere la propria attività.

Tale adattamento richiede la possibilità di cogliere ciò che succede nell’ambiente stesso e
conseguentemente di assumere le posizioni più consone alla situazione e alle proprie
esigenze di comportamento. Ecco perché sono importanti i processi percettivi e cognitivi.

L’atto motorio non è solo ne a sé stesso, noi ci muoviamo nello spazio in relazione alle
stimolazioni che riceviamo dall’ambiente.

*APPRENDIMENTO = è una variazione sistematica e non transitoria del comportamento.

Deambulazione: avviene una progressione nello spazio alternando l’anteposizione di un


arto inferiore all’altro, mantenendo almeno un piede per terra.
Se si tramuta in una corsa più veloce entrambi i pedi possono non poggiare per terra.

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Per comprendere la meccanica del cammino si possono considerare i movimenti una caduta
controllata: quando si inizia il cammino ci si piega in avanti, sbilanciandosi dalla posizione di
equilibrio. Lo sbilanciamento imprime alla parte superiore del corpo un moto in avanti e in basso,
in questo momento un arto inferiore si estende in avanti e arresta l’eventuale caduta.

Contemporaneamente l’altro arto calcia per mantenere il moto in avanti del corpo e quindi si
genera il passo. Il ciclo poi si ripete.

I bambini si piegano un po in avanti per iniziare il passo e nel momento dello sbilanciamento, non
avendo ancora sviluppato equilibrio e coordinazione, il bambino non riesce a mettere l’altro arto in
avanti, cadendo.

Il cammino è un insieme preciso e ordinato di movimenti che coinvolge molteplici


articolazioni, segmenti corporei, che comprende uno schema alternato degli arti inferiori e i
movimenti pendolari degli arti avvengono in due fasi.

Il mantenimento della postura eretta avviene mediante la regolazione dell’attività muscolare tonica
che si oppone alla forza di gravità.

Per fare questo è necessario integrare l’apparato vestibolare, la propriocezione (sentire la terra
sotto i piedi), il cervelletto, la vista, la corteccia.

Lo sviluppo di queste abilità si inserisce siologicamente nel percorso di crescita del bambino.

Il processo di crescita del bambino può essere spesso ostacolato da ABITUDINI VIZIATE: uso
prolungato del ciuccio, del biberon, dei media devices, succhiamento del dito.

SVILUPPO LINGUISTICO

Il LINGUAGGIO presenta un sistema, un codice di simboli e ha delle caratteristiche:

- è su base innata

- è modulato nelle sue varie sfaccettature dall’esperienza

- è speci co dell’uomo

COMPETENZA COMUNICATIVA —> la capacita del bambino di trasmettere al proprio


interlocutore un messaggio comprensibile, oltre a de nire cosa e come dirlo.

Quando un messaggio diventa comunicativo?

Un messaggio di un emittente è comunicativo nei confronti del ricevente nella misura in cui
modula il comportamento del ricevente tale da renderlo di erente da quello che sarebbe il suo
stesso comportamento qualora l’emittente non ci fosse.
Sia con l’informazione (leggere un cartello per strada è un’informazione) che con la
comunicazione si trasmettono dati, l’elemento che distingue l’una dall’altra è l’intenzionalità.

Il linguaggio ha un modello di acquisizione della lettospettura a due vie: una lessicale in cui il
soggetto riconosce lettere e parole in relazione al lessico posseduto e una fonologica in cui il
soggetto converte il grafema in fonema.

Alla nascita il neonato manifesta i suoi bisogni siologici piangendo, gli adulti interpretano il
bisogno e lo soddisfacciamo.

A tre mesi il bambino emette i primi suoni, vagiti con dei tratti fonetici indi erenziati chiamati
emissioni modulate.

A cinque-sei mesi mentre prosegue lo sviluppo linguistico, lo sviluppo motorio, lo sviluppo


emotivo, inizia anche a produrre nuovi suoni e inizia la fase di lallazione - il bambino quando lalla
produce nuovi suoni che il bambino tende a ripetere più volte, più è grati cato e più ripeterà
questi suoni - la grati cazione sonora è percepita anche da soggetti ipoacusici (che sentono
meno), tende poi a scomparire gradualmente.

Fra i sette e i dodici mesi la lallazione si evolve, il bambino riconosce alcune con gurazioni
acustiche ricorrenti relative ai suoni della sua lingua e comincia a manifestarsi anche una
comprensione per elementi linguistici che si ripresentano spesso in situazioni speci che; il
bambino quindi manifesta sempre più spesso di comprendere espressioni relative ad oggetti o
situazioni guardando un oggetto nominato o eseguendo dei comandi.


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Ad un anno il bambino condotte gestuali: gesti di tipo deittico cioè gesti interpretabili attraverso
l’analisi del contesto (pointing e apertura della mano) gesti rappresentativi riferiti a routine sociali o
a rappresentazioni di queste (gesto del ciao, gesto del bere).

Poi il bambino ad un anno inizia a produrre le prime parole: questa prima parola può essere
uguale alla forma adulta o può non esserlo.

Dopo un anno aumenta il lessico, con il passare aumenta sempre di più, il bambino inizia a
mettere insieme parole e impara a formare frasi corrette morfologicamente, no a 36 mesi,
quando si ha la cosiddetta ESPLOSIONE DEL VOCABOLARIO (aumenta il lessico che ha).

Bisogna pensare al linguaggio non come slegato dal resto, ma in funzione dell’evoluzione
generale dei sistemi cognitivi, a ettivi, linguistici, motori e sociali del bambino.

SVILUPPO EMOTIVO, SOCIALE ED AFFETTIVO

L’EMOZIONE è una risposta adattiva dell’organismo all’ambiente circostante, caratterizzata da


una forte intensità e una breve durata e si esplica a livello cognitivo, a ettivo, motorio, linguistico,
sociale e comportamentale. Le emozioni si manifestano nella relazione con gli altri e con il proprio
ambiente.

Durante le relazioni il bambino osserva e apprende se, come e in che misura le persone
gestiscono le proprie emozioni e se e con che misura la risposta emotiva determina e/o modula il
comportamento degli altri.

Il bambino apprende tramite la consapevolezza del proprio stato emotivo l’adattamento sociale. È
importante per il bambino apprendere a controllare le proprie emozioni: inizierà a comprendere
che deve distinguere ciò che prova da ciò che può mostrare —> regole di esibizione della
risposta emozionale.

COMPETENZA EMOTIVA —> capacità del bambino di riconoscere le emozioni degli altri,
l’etichettamento emotivo che è funzione anche dei gruppi culturali di appartenenza, l’empatia, la
capacita di fronteggiamento.

Emozioni di base: universali, biologicamente determinate e sono gioia, rabbia, ducia…

Emozioni sociali: vergogna, orgoglio, imbarazzo. Già a tre anni il bambino normotipico è in grado
di riconoscere e provare le emozioni sociali.

Una patologia nella quale il bambino non è del tutto competente nel comprendere le emozioni
degli altri e ha una di coltà nell’attribuire degli stati mentali a se stesso e agli altri, è l’autismo.
L’emozione è una diretta conseguenza di come la persona percepisce e poi valuta l’ambiente
circostante.

Relazionarsi e interagire con gli altri riguarda dunque il concetto si sé sociale.

Nel corso della prima infanzia e no ai 5-6 anni di vita il bambino ha relazioni soprattutto con la
famiglia e insegnanti e coetanei.

Nella fanciullezza si amplia la socializzazione e quindi inizia ad avere relazioni con amici e
compagni di classe.

È importante perché le rappresentazioni mentali che si creano nel tempo consentono il crearsi e la
stabilizzazione del riconoscimento delle emozioni sociali —> ecco perché è importante la teoria
della mente - è la capacità di distinguere il sé dall’altro e attribuire dei signi cati a sé e all’altro

- centrale è dunque il ruolo dell’empatia, base del comportamento altruistico / prosociale -


mettersi nei panni degli altri - modulare e gestire il comportamento e le emozioni in relazione
all’altro.

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*FUNZIONI ESECUTIVE

PROTOFUNZIONI ESECUTIVE

Esistono una serie di funzioni chiamate protofunzioni esecutive, che vanno dalla
programmazione alla esecuzione della scelta molto importanti nel bambino.

Costituiscono i primi processi preparatori allo sviluppo delle funzioni esecutive di base.

Tra queste protofunzioni troviamo la capacità di staccare l’attenzione dalla linea dello sguardo,
quindi il DISANCORAGGIO, lo SPOSTAMENTO e l’ANCORAGGIO DELL’ATTENZIONE.

In altri termini, quell’aspetto di orientamento dell’attenzione guidato da processi, esterni prima e


interni poi, che rappresenta il progressivo a ermarsi del sistema di controllo esecutivo.

Le protofunzioni esecutive sono coinvolte anche nel linguaggio perché il bambino per esprimere
un concetto deve distaccarsi dal piano concreto degli oggetti per riuscire a con gurarsi una
rappresentazione mentale astratta, deve piani care il discorso a livello mentale, riuscire ad inibire
tutti gli stimoli non necessari e organizzare concretamente nella produzione verbale il suo
pensiero secondo una corretta struttura sintattica = compito delle funzioni esecutive.

Lo sviluppo neurocognitivo evolve a partire dalla percezione del proprio corpo in relazione
all’ambiente contemporaneamente con lo sviluppo delle funzioni motorie e del loro controllo.

A presiedere al controllo di tutto vi sono le funzioni esecutive.

Le funzioni esecutive sono capaci di controllare e regolare le altre funzioni cognitive ed il


comportamento. È importante ricordare che il termine proviene dall’inglese Executive Function,
quindi non signi ca eseguire, ma dirigere.

Le funzioni esecutive non soni quindi neuroni motori, ma dirigono e controllano.

Hanno compiti quali piani cazione, espressione della scelta, shifting, organizzazione, inibizione.

Le funzioni esecutive non sono facili da de nire perché non si parla di una singola identità ma di
numerosi sotto processi necessari per svolgere un determinato compito.

Attualmente il modello più accreditato circa le funzioni esecutive prevede che siano composte da
tre sottosistemi:

Inibizione - capacità di inibire deliberatamente gli impulsi e le informazioni irrilevanti

Memoria di lavoro - abilità di mantenere in memoria informazioni e manipolarle per brevi periodi
di tempo.

Flessibilità di risposta - abilità di attuare comportamenti diversi in base al cambiamento di regole


o del tipo di compito.

Le funzioni esecutive sono capacità che entrano in gioco in situazioni e compiti nei quali l’utilizzo
di comportamenti ed abilità di routine non è più su ciente alla loro riuscita.

Sono quindi dei processi mentali nalizzati all’elaborazione di schemi cognitivi e comportamentali
adattivi in risposta a condizioni ambientali nuove e impegnative.

Sono anche delle abilità indispensabili per un’attività intenzionale nalizzata al raggiungimento di
un obiettivo.

DOVE HANNO SEDE LE FUNZIONI ESECUTIVE?

- Corteccia prefrontale dorso-laterale

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Nei bambini quindi esistono dei processi preparatori allo sviluppo delle funzioni esecutive di base
e complesse, rappresentati dalle protofunzioni esecutive.

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Le capacità cambiano
rapidamente e la modalità con
cui si strutturano le funzioni
esecutive si modi ca con lo
sviluppo. Quindi è siologico che
alcuni bambini abbiano prima dei
due anni/ tre abbiano di coltà
nell’inibizione della risposta
perché ancora non si sono
sviluppate queste funzioni.

PERCHÈ RIABILITARE LE FUNZIONI ESECUTIVE?

Le capacità di inibizione comportamentale contribuisce a generare sia le di erenze individuali sia i


cambiamenti evolutivi in un’ampia gamma di abilità cognitive che includono intelligenza,
attenzione e memoria.

Il trattamento è molto importante, va fatto in maniera strutturata, è un trattamento riabilitativo


quindi fatto da professionisti sanitari e non è suscettibile di miglioramento con un generico
potenziamento e va fatto in maniera organica, organizzata con un piano riabilitativo
individualizzato con tempi e modalità speci che.

Il trattamento si giova tantissimo della collaborazione dei genitori e degli insegnanti con i quali il
bambino può interagire quotidianamente in ambito familiare e scolastico.

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DISTURBO DELLE FUNZIONI INTELLETTIVE / PROFILI COGNITIVI E SINDROMI GENETICHE

PROBLEMI COGNITIVI - DISABILITÀ INTELLETTIVA

Nel DSM-5 il termine ritardo mentale è stato u cialmente sostituito da disabilità intellettiva
(equivalente a disturbo dello sviluppo intellettivo).

Il termine disabilità intellettiva è l'equivalente di disturbo dello sviluppo intellettivo, adottato


nella prima bozza dell’ICD-11.

DISABILITÀ INTELLETTIVA: il costrutto di disabilità intellettiva rientra nel costrutto generale di


disabilità. Il concetto di disabilità intellettiva si è sviluppato per dare importanza a una prospettiva
ecologica focalizzata sull’interazione persona-ambiente e riconosce che l’applicazione
sistematica di supporti individualizzati può migliorare il funzionamento umano - da
importanza alla interazione della persona con l’ambiente rispetto al vecchio concetto di ritardo
mentale.

Il ritardo mentale della vecchia diagnosi si so ermava su quello che il soggetto NON sa fare.

La disabilità intellettiva guarda a ciò che il soggetto è e a ciò che esso SA fare.

La disabilità intellettiva comprende un insieme di disturbi del neurosviluppo che si caratterizzano


per un de cit delle funzioni intellettive (Criterio A), una di coltà di adattamento all'ambiente
(Criterio B), che si manifestano in età evolutiva e che rimangono relativamente stabili no
all'età adulta (Criterio C).

Il soggetto con disabilità intellettiva presenterà delle severe limitazioni nelle seguenti aree:
comunicazione, cura di sé, vita domestica, abilità sociale, autonomia economica e
amministrativa, salute e sicurezza personale, funzionamento scolastico e lavorativo…

FATTORI EZIOLOGICI
- anomalie genetiche

- alterazioni prenatali - durante il periodo di gestazione (si lide)

- alterazioni che si veri cano al momento della nascita (prematurità / as ssia)

- alterazioni postnatali / traumi / malattie infettive che si veri cano dopo la nascita (tumori
celebrali, encefalite, meningite)

CRITERI DIAGNOSTICI

CRITERIO A: DEFICIT DELLE FUNZIONI INTELLETTIVE : ragionamento, problem solving,


piani cazione, pensiero astratto, capacità di giudizio, apprendimento scolastico, apprendimento
dall’esperienza (alcuni di essi sono funzioni esecutive)

Questi de cit devono essere confermati da una valutazione clinica e dal test di intelligenza.

CRITERIO B : DEFICIT DEL FUNZIONAMENTO ADATTIVO tale da non raggiungere gli standard di
sviluppo e socioculturali relativi a: autonomia e responsabilità sociale.

CRITERIO C: ESORDIO DURANTE LO SVILUPPO se un soggetto di 65 anni, è sempre stato bene


e inizia ad avere un de cit delle funzioni intellettive, può avere la disabilità intellettiva? NO, è
demenza senile.

“I test di intelligenza dovrebbero essere utilizzati ed interpretati da chi è su cientemente


consapevole di interpretarli in maniera intelligente” Kau man

Importante è INTERPRETARE i numeri, non leggerli.

I soggetti con disabilità intellettiva giungono all’osservazione più per le compromissioni del
funzionamento adattivo che per un basso funzionamento intellettivo.

Un PROBLEMA ADATTIVO è una limitazione della possibilità di adattamento all’ambiente cioè una
di coltà a rispondere alle esigenze che l’ambiente normalmente impone in rapporto all’età.

Problema importantissimo all’asilo = il bambino presenta limitazione nell’adattarsi all’ambiente


non congrue all’età del suo sviluppo —> campanello d’allarme

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FUNZIONAMENTO ADATTIVO —> fa riferimento all'e cacia con cui i soggetti fanno fronte alle
esigenze comuni della vita e al grado di adeguamento agli standard di autonomia personale
previsti per la loro fascia d'età, retroterra socioculturale e contesto ambientale di riferimento.

Esistono anche delle scale per la misurazione del funzionamento adattivo, ma è possibile cogliere
segni osservando il bambino (esempio non si sa allacciare le scarpe)

I problemi di adattamento sono più suscettibili di miglioramento con tentativi di riabilitazione


(terapia occupazionale) di quanto non sia il quoziente intellettivo cognitivo, che tende a rimanere
più stabile - migliorano anche in funzione delle situazioni neuroplastiche celebrali.

Tutte queste di coltà associate all’età adulta appartengono anche alla —> DEMENZA SENILE

DISABILITÀ INTELLETTIVA - SPECIFICATORI

I vari livelli di gravità sono de niti sulla base del funzionamento adattivo e non dei soli
punteggi del QI. È il livello adattivo che determina il livello di assistenza richiesto.

La diagnosi di disabilità intellettiva di grado lieve, moderato, grave, estremo nel DSM-5 non
si rifà al punteggio del QI ma sulla base del funzionamento ad attivo.

Nell’ICD 10 è ancora conservata la fascia di gravità anche in relazione


al QI
—> perché si riferisce ad un'epoca in cui è stata classi cata la disabilità
intellettiva prima dell'avvento della classi cazione successiva.

Nel DSM-5 viene suddiviso


il criterio di gravità tra lieve
moderato grave ed estremo
fra l'ambito concettuale,
l'ambito sociale e l'ambito
pratico.

* Soggetto con
comportamenti disadattivi,
non sempre questo
soggetto si inscrive alla
categoria di soggetti con
disturbo del
comportamento: può essere
che il soggetto con disturbo
delle funzioni intellettive
abbia di coltà a
comprendere le regole e le
convenzioni sociali. Dunque,
se il soggetto non ha
compreso le regole e le
convenzioni sociali avrà di coltà ad assumere comportamenti ad attivi all'interno di uno speci co
contesto, avrà dunque di coltà a rispondere in modo ad attivo agli stimoli ambientali.

FUNZIONAMENTO INTELLETTIVO LIMITE / BORDERLINE


La diagnosi di funzionamento intellettivo border-line non è un disturbo. Non è una variante della
disabilità intellettiva e non è una patologia. Signi ca semplicemente che il funzionamento
intellettivo ha raggiunto quel valore limite oltre il quale ci sarà poi un disturbo.
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QUELLO CHE VEDONO GLI INSEGNANTI

L’insuccesso scolastico è il marcatore principale

In assenza dell'etichetta "disturbo" il bambino è considerato lento, pigro.

- Di coltà di apprendimento in quasi tutte le discipline

- Imparano più lentamente e con più fatica

- Demotivazione come conseguenza dell’insuccesso

- Di coltà nel funzionamento adattivo

- Sostenuti da un rapporto individuale

- Lettura scorrevole (poor reader) ma di coltà nella comprensione

- Produzione ricca di errori e povera di contenuto

- Linguaggio semplice dal punto di vista lessicale, morfosintattico, concettuale.

La SINDROME DI DOWN è la più comune causa genetica di disabilità intellettiva dovuta alla
presenza di un cromosoma 21 in più (si parla appunto di trisomia 21). I soggetti con Sindrome
di Down presentano un rallentamento dello sviluppo motorio e una grave compromissione delle
abilità espressive verbali, che cercano di compensare con la comunicazione gestuale.

La trisomia 21 determina uno squilibrio metabolico con un'iperattivazione del sistema dello stress
(aumento della liberazione di corticosteroidi), che inibisce la liberazione dell'ormone della crescita
e facilita le malattie infettive.

Nell'adolescenza e in età adulta possono comparire disturbi psichiatrici come ansia e
depressione.

La SINDROME DELL’X FRAGILE, conosciuta anche come Sindrome di Martin e Bell, è una rara
condizione genetica ereditaria caratterizzata da ritardo globale dello sviluppo, disabilità intellettiva
più o meno grave, disturbi dell’apprendimento e della capacità di relazionarsi con gli altri. È una
malattia causata dalla mutazione del gene FMR1 (Fragile X Mental Retardation-1), situato sul
braccio lungo del cromosoma X. Il cromosoma X presenta una “strozzatura” in regione
terminale, ove è situato il gene FMR1.

Il gene FMR contiene le informazioni per produrre la proteina FMRP (Fragile Mental Retardation
Protein) e quando questa proteina non viene prodotta o ne viene prodotta poca o alterata nella
sua funzione, compaiono i disturbi dello sviluppo neurologico ed altri de cit.

I soggetti a etti da questa sindrome possono avere tratti somatici tipici come ad esempio la
fronte alta, il viso allungato, naso lungo/grosso/a bulbo, labbra sottili, strabismo, convulsioni -
epilessia, distanza minore tra i due occhi…

E possono anche avere:

- de cit di memoria a breve termine di informazioni complesse

- ritardo nel linguaggio

- ridotte abilità visuo-spaziali

- ipersensibilità agli stimoli

- iperattività con de cit di attenzione

- comportamento simil-autistico

La SINDROME DI WILLIAMS è una rara malattia genetica dovuta a una alterazione del braccio
lungo del cromosoma 7, con perdita del gene che codi ca per l'elastina. L'assenza di
elastina indebolisce le bre elastiche con alterazioni dei vasi e della pelle. Le caratteristiche
cliniche salienti sono: la disabilità intellettiva (lieve o moderata), la presenza di un volto
caratteristico, scarso accrescimento e la presenza di cardiopatia congenita. A livello cerebrale
questi soggetti presentano una riduzione globale del volume cerebrale con un aumento del
neocervelletto. Da un punto di vista delle interazioni sociali sono socievoli e aperti agli estranei. A
livello comportamentale possono presentare iperattività, facile distraibilità, perseverazione,
insicurezza e ansia.

La SINDROME DI RETT colpisce quasi esclusivamente il sesso femminile È causata da


un'alterazione genetica del cromosoma X. I soggetti colpiti da questa sindrome presentano uno
sviluppo psicomotorio normale durante i primi 6-18 mesi di vita, per manifestare successivamente
una progressiva perdita delle funzioni acquisite. Tale regressione interessa le funzioni intellettive, il
linguaggio, la socializzazione.

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La SINDROME DI PRADER-WILLI è una malattia genetica causata dall'assenza di una
porzione di un cromosoma di origine paterna. In questi bambini la crescita è rallentata, sono
presenti bassa statura, tendenza all'obesità. Lo sviluppo del linguaggio espressivo è problematico
e si associa a disturbi dell'apprendimento. A livello comportamentale questi soggetti presentano
de cit attentivi e iperattività, che si associano a labilità emotiva, frequenti scoppi improvvisi d'ira,
facilità di passaggio all'atto, atteggiamenti ossessivo-compulsivi, autolesionismo, tendenza alla
menzogna e al furto per procurarsi del cibo.

La SINDROME DI TURNER colpisce il sesso femminile con la mancanza di un cromosoma


sessuale. I soggetti colpiti sono delle bambine con un basso peso alla nascita e che in
adolescenza presentano uno scarso sviluppo dei genitali. Il 10% delle bambine colpite da
sindrome di Turner presenta disabilità intellettiva, con de cit in particolare delle abilità spaziali e
matematiche. Le bambine con questa sindrome tendono a essere iperattive nell'infanzia e
ipoattive nell'adolescenza.

La SINDROME DI ANGELMAN è causata da una delezione del cromosoma 15 di origine materna.


Le caratteristiche cliniche sono la presenza di una disabilità intellettiva (grave o estrema), i tratti
autistici (con stereotipie manuali), i disturbi atassici della deambulazione e l'epilessia (presente
nell'85% dei casi). Oltre al ritardo nello sviluppo psicomotorio (con deambulazione autonoma
raggiunta dopo i 5 anni), alla disabilità intellettiva grave e all'iperattività, questi soggetti
presentano caratteristici scoppi di riso immotivato.

La SINDROME DI CORNELIA DE LANGE è dovuta ad anomalie dei geni che codi cano il
complesso proteico delle coesine. Si caratterizza per uno sviluppo intrauterino de citario, basso
peso alla nascita, un particolare aspetto del volto (fronte bassa, sopracciglia folte, naso piccolo,
aspetto semilunare della bocca), ipertricosi degli avambracci e della regione lombosacrale e
anomalie nello sviluppo delle dita nelle mani e nei piedi. La disabilità intellettiva è in genere
moderata, con una grave compromissione dell'espressione verbale. Spesso presentano tratti
autistici e iperattività. Inoltre, circa la metà dei soggetti presentano disturbi comportamentali con
irritabilità ed episodi di auto ed eteroaggressività.

La SINDROME DI KLINEFELTER sindrome genetica caratterizzata dalla presenza di un


cromosoma sessuale X in più. Questi bambini presentano nei primi anni di vita una crescita
accelerata e raggiungono un'altezza maggiore rispetto a quella dei genitori di circa 10 cm.

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PARALISI CEREBRALE INFANTILE

Si tratta di disturbi del movimento dovuti a una lesione del cervello fetale o infantile
avvenuta nel primo anno di vita. 

L’alterazione, persistente ma non immodi cabile è dovuta ad una alterazione non progressiva del
Sistema Nervoso Centrale, avvenuta durante la sua maturazione, a cui si associano altri disturbi
più o meno intensi di tipo sensoriale, mentale, convulsivo, linguistico ed emotivo.

* cosa signi ca un’alterazione persistente - ho avuto una paralisi cerebrale perché ho avuto un
problema al lobo temporale, quell’alterazione la avrò sempre, ma la stessa in virtù delle azioni
neuroplastiche cerebrali si può modi care nel tempo. Dunque l’alterazione rimane la stessa, ma
non è immodi cabile perché è soggetta alle azioni neuroplastiche del cervello.

* Plasticità cerebrale è la capacità dell’encefalo di modi care strutture e funzione in relazione a


stimoli ricevuti dall’ambiente esterno o a lesioni traumatiche che si veri cano.

Anche se il termine paralisi cerebrale infantile è tutt’ora accettato dagli studiosi, bisogna prestare
attenzione.

Con il termine paralisi si de nisce solo la perdita parziale o totale dell’attività motoria, ma on della
motricità (consistente nella incoordinazione tonico-posturale) - de cit più o meno completo a
livello motorio. La parola più appropriata sarebbe discinesia.

De nire cerebrale il disturbo motorio è inappropriato, in quanto la sede del danno può localizzarsi
in qualsiasi zona del sistema nervoso centrale, sarebbe più corretto utilizzare encefalico.

Anche l’utilizzo di infantile è impreciso, poiché esiste una seconda infanzia che si protrae oltre i tre
anni di vita.

Quindi si preferirebbe discinesia encefalica precoce non evolutiva.

CAUSE DELLA PARALISI CEREBRALE INFANTILE

La paralisi cerebrale infantile (PCI) è conseguente ad una serie di eventi che si veri cano prima,
durante o dopo il parto e che possono portare a una lesione del cervello del bambino
ancora in via di sviluppo.

FATTORI DI RISCHIO - nessuno causa la paralisi cerebrale, aumentano solo le probabilità che
venga diagnosticata

- patro prematuro

- basso peso alla nascita

- problemi di coagulazione del sangue

- alterazioni della placenta (incapacità di fornire ossigeno e nutrimenti)

- infezione virale o batterica della madre o del feto/neonato che interessa direttamente o
indirettamente il sistema nervoso centrale del bambino

- prolungata mancanza di ossigeno durante la gravidanza, il parto o subito dopo la nascita.

TIPOLOGIE

La più comune è la SPASTICA (80-90%), nella quale i muscoli appaiono rigidi e contratti, causata
da danno alla corteccia motoria.

ATASSICA (5%): caratterizzata da tremori, in uisce su equilibrio e senso di posizionamento nello


spazio ed è causata da un danno al cerebello.

DISCINETICA (6%): caratterizzata da movimenti involontari anche molto ampi, quali distonia,
atetosi e/o corea causata da un danno ai gangli basali.

FORME MISTE: in certi bambini ne sono presenti due, per esempio sia la spastica che l’atassica.

La paralisi cerebrale può interessare diverse parti del corpo: si parla di TETRAPLEGIA SPASTICA
se coinvolge entrambe le braccia e le gambe; di DIPLEGIA SPASTICA se sono coinvolte entrambe
le gambe e le braccia no o in maniera minore; di EMIPLEGIA SPASTICA se è interessato un solo
lato del corpo (un braccio ed una gamba).

Tetraplegia e diplegia sono de nite anche PCI bilaterali e l’emiplegia PCI unilaterale.

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DISTURBI ASSOCIATI —> di tratta di disabilità siche e cognitive che possono avere i bambini,
come ad esempio incapacità di camminare, di parlare, dolore, epilessia, disturbo del
comportamento, disabilità intellettiva, gravi problemi di vista, di coltà di controllo della vescica,
disturbo del sonno e salivazione eccessiva - in base all’area che viene colpita.

La paralisi cerebrale infantile vede una turba persistente, non immutabile dello sviluppo della
postura e del movimento che è dovuta a lesioni cerebrali avvenute prima, dopo o durante il parto
prima che se ne completi la crescita e lo sviluppo.

Il soggetto è stabile, persistente / permanente e non evolutivo. È permanente, non evolve MA


MUTA, sono possibili variazioni peggiorative o migliorative spontanee o indotte, è la lesione
cerebrale che non evolve. Mentre le richieste dell’ambiente diventano progressivamente più
complesse ovviamente ci si rende sempre più conto di come cambia l’aspetto adattivo.

Le sei aree fondamentali dello sviluppo infantile essenziali per i bambini a etti da PCI sono le
FUNZIONI (mangiare, bere…), la FAMIGLIA, il FITNESS, gli AMICI, il DIVERTIMENTO e la
piani cazione del FUTURO.

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DISTURBI ASPECIFICI E SPECIFICI DELL’APPRENDIMENTO

L'apprendimento è un insieme complesso di attività mentali mediante le quali si


conseguono nuove conoscenze.

DSA: ABILITÀ COGNITIVE —> le abilità come la lettura e la scrittura non sono comprese nel
nostro patrimonio genetico e richiedono una serie di funzioni cognitive come processi visivi, uditivi
e linguistici, memoria, attenzione, abilità motoria.

La stimolazione dell'ambiente esterno permette al nostro cervello di acquisire queste nuove


abilità.

Attualmente i DSA sono classi cati nel DSM-5 tra i Disturbi del Neurosviluppo, e nello speci co
sono inseriti nell’area della comunicazione e dell’apprendimento.

Spesso queste anomalie nei processi di automatizzazione della lettura, scrittura o calcolo si
presentano associate tra loro (comorbilità).

Una delle principali caratteristiche di questi disturbi è la speci cità; nei DSA gli aspetti
compromessi in modo signi cativo sono relativi a uno speci co e circoscritto dominio di abilità,
mentre restano intatti il funzionamento intellettivo generale o altre abilità connesse
all'apprendimento scolastico.

La de nizione di una diagnosi di DSA avviene in una fase successiva del processo di
apprendimento scolastico (per lettura e scrittura ne della seconda primaria, per il calcolo ne
della terza primaria). Tuttavia, l'individuazione precoce di una possibile traiettoria evolutiva nella
direzione del disturbo orienta alla messa in atto delle procedure utili a ridurre le di coltà
riscontrate.

Le caratteristiche principali del disturbo speci co dell'apprendimento sono: la persistente


di coltà, il fatto che esordisca in anni scolastici.

I DISTURBI SPECIFICI
DELL’APPRENDIMENTO -
nell’ICD-10 sono
rappresentati dalla:

DISLESSIA - disturbo nella


lettura - di coltà a leggere
accuratamente e
uentemente

DISORTOGRAFIA - disturbo
nella scrittura - di coltà nel
tradurre correttamente suoni
in simboli gra ci

DISGRAFIA - disturbo nella


gra a - di coltà nel
riprodurre gra camente segni
alfabetici e numerici

DISCALCULIA - disturbo
delle abilità di numero e di
calcolo - ridotte capacità
nell'apprendimento numerico e
nel calcolo

Il DSM-5 invece presenta questa terminologia per indicare dislessia, disortogra a e disgra a e
discalculia:

- DSA con compromissione della lettura = accuratezza nella lettura delle parole, velocità o
uenza della lettura e comprensione del testo

- DSA con compromissione dell'espressione scritta = accuratezza nello spelling, nella


grammatica e nella punteggiatura, chiarezza e organizzazione dell'espressione scritta

- DSA con compromissione del calcolo = concetto di numero, memorizzazione di fatti


aritmetici, calcolo accurato o uente, ragionamento matematico corretto.

Questi indicatori non sono tra loro esclusivi.

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* La dislessia è un termine alternativo per riferirsi al disturbo dell'apprendimento con
compromissione della lettura, stessa cosa per la discalculia è un termine con cui ci si riferisce al
disturbo dell'apprendimento con compromissione del calcolo. Nell’ICD10 si parla di dislessia e
discalculia, nel DSM-5 di compromissione della lettura e del ragionamento matematico.

Le CAUSE del DSA sono diverse. C’è un'interazione fra fattori neurobiologici e ambientali.

Base neurobiologica:

- di erenze morfologiche del cervello

- base genetica con 6 cromosomi coinvolti

Il ruolo dell’ambiente: può avere e etto aggravante e ostacolante per il recupero: svantaggio
socio-culturale (limitazione della varietà e ricchezza della stimolazione intellettuale a causa di
carenza ambientale, povertà linguistica, di coltà familiari…)

CRITERI DIAGNOSTICI DSA nel DSM-5

A. Di coltà di apprendimento e nell'uso di abilità scolastiche, come indicato dalla presenza di


almeno uno dei seguenti sintomi che sono persistiti per almeno sei mesi, nonostante la messa
disposizione di interventi mirati su tali di coltà:

- lettura delle parole imprecisa o lenta e faticosa

- di coltà nella comprensione del signi cato di ciò che viene letto

- di coltà nello spelling

- di coltà con l'espressione scritta

- di coltà nel padroneggiare il concetto di numero, i dati numerici o il calcolo

- di coltà nel ragionamento matematico

B. Le abilità scolastiche sono colpite notevolmente e quanti cabilmente al di sotto di quelle attese
per l'età cronologica dell'individuo e causano signi cativa interferenza con il rendimento
scolastico o lavorativo, con gli attività della vita quotidiana, come confermato da misurazioni
standardizzate somministrati individualmente dei risultati raggiunti e da valutazioni cliniche
complete. Per gli individui di 17 anni e oltre di età, un'anamnesi documentata delle di coltà di
apprendimento invalidanti può sostituire l'inquadramento clinico standardizzato.

C. Le di coltà di apprendimento iniziano durante gli anni scolastici ma non possono manifestarsi
pienamente no a che la richiesta rispetto a queste capacità scolastiche colpite supera le limitate
capacità dell’individuo (esempio: come nelle prove a tempo, nella lettura o scrittura di documenti
complessi e lunghi in breve tempo, con carichi scolastici eccessivamente pesanti).

D. le di coltà di apprendimento non sono meglio giusti cate da disabilità intellettive, acuità acuità
visiva o uditiva alterata, da disturbi mentali o neurologici, avversità psico-sociali, mancata
conoscenza della lingua di istruzione scolastica o istruzione scolastica inadeguata.

I quattro criteri diagnostici devono essere soddisfatti sulla base di una sintesi clinica della storia
dell'individuo (storia dello sviluppo, medica, familiare educativa), delle pagelle scolastiche e della
valutazione psicoeducativa.

Nel DSM-5 si distinguono tre tipi di gravità attuale del disturbo e speci co dell’apprendimento,
non relativa al grado di disabilità, ma al grado di funzionalità:

Lieve: alcune di coltà nelle capacità di apprendimento in uno o due ambiti scolastici, ma di
gravità su cientemente lieve da rendere l'individuo in grado di compensare o di funzionare bene
se fornita di facilitazioni e servizi di sostegno appropriati, in particolare durante gli anni scolastici.

Moderata: marcate di coltà nelle capacità di apprendimento in uno o due ambiti scolastici, tali
che l'individuo di cilmente può sviluppare competenze senza momenti di insegnamento intensivo
e specializzato durante gli anni scolastici; per completare l'attività con precisione ed e cienza
possono essere necessari facilitazioni e servizi di sostegno almeno in una parte della giornata a
scuola, sul posto di lavoro o a casa.

Grave: gravi di coltà nelle capacità di apprendimento, che coinvolgono diversi ambiti scolastici,
tali che l'individuo di cilmente apprende tali abilità senza un insegnamento continuativo,
intensivo, personalizzato e specializzato per la maggior parte degli anni scolastici; anche con una
gamma di facilitazioni o servizi appropriati a casa, a scuola o sul posto di lavoro, l'individuo non
può essere in grado di completare tutte le attività in modo e ciente.

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Origine biologica: il disturbo speci co dell'apprendimento è un disturbo del neurosviluppo con
un'origine biologica che ha alla base delle anomalie a livello cognitivo associate ai sintomi
comportamentali del disturbo. L'origine biologica comprende un'interazione di fattori genetici,
epigenetici, ambientali che colpiscono le capacità cerebrali di percepire o processare informazioni
verbali o non verbali in modo e ciente e preciso.

Le principali caratteristiche di de nizione della categoria nosogra ca dei DSA sono:

Speci cità = ossia disturbi che interessano uno speci co dominio di abilità in modo signi cativo,
lasciando intatto il funzionamento intellettivo generale

Espressività = nelle diverse fasi di sviluppo e in relazione alle richieste ambientali

Comorbidità = è frequente accertare nello stesso soggetto la presenza di più DSA. Inoltre i dati di
ricerca riportano una forte associazione tra DSA e disturbi neuropsicologici come l’ADHD.

Età minima per la diagnosi: a termine della classe seconda della scuola primaria per i disturbi
legati alla letto-scrittura; al termine della classe terza della scuola primaria per il disturbo del
calcolo.

DISLESSIA

La lettura è un processo cognitivo articolato che necessita di buone abilità uditive-fonologiche e


di adeguate abilità visuo-percettive.

Una ipotesi sull’origine del disturbo vede la dislessia come de cit della capacità del cervello di
elaborare i suoni, di conseguenza il soggetto non riesce a connettere il suono che ha imparato
con il linguaggio e con le parole sulla pagina.

Secondo altri l’origine del disturbo implica la memoria di lavoro, che diventa, soprattutto quella
uditiva, una specie di collo di bottiglia per la prestazione della persona dislessica - imparare una
lingua implica fare collegamenti tra suoni, signi cato e grafemi, quindi se il soggetto non riesce a
ricordare un suono e non riesce a collegarlo al segno gra co che lo rappresenta, avrà di coltà poi
nel recuperare il morfema in uno stadio successivo.

Fasi evolutive della lettura:


Stadio pittogra co - parole colte globalmente come fossero disegni

Stadio logogra co - identi cazione di alcune caratteristiche visive di parole familiari (palla - balla)

Stadio alfabetico - conversione grafema-fonema nella lettura e fonema-grafema nella scrittura

Stadio ortogra co lessicale - recupero del morfema, regole ortogra che

Alla ne di questo processo il soggetto acquisisce automatizzazione nella lettura di parole che
conosce.

Se il soggetto si trova davanti a parole nuove, di cui non conosce signi cato o senza senso
utilizzerà non lo stadio ortogra co lessicale, ma uno precedente.

Una teoria che tenta di illustrare i de cit alla base della dislessia evolutiva è quella del modello
di lettura a due vie.

La teoria del de cit fonologico,


l'ipotesi fonologica
(segmentazione e manipolazione
dei suoni) sostiene la presenza di
un disturbo nell'elaborazione,
nella codi ca e nella
rappresentazione dei suoni
linguistici che non garantisce una
corretta corrispondenza grafema-
fonema così e ettuata da
normolettori.

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La dislessia evolutiva impedisce di automatizzare la lettura. I parametri essenziali per la
diagnosi sono rapidità o velocità misurata come tempo di lettura di brano, parole isolate o sillabe
e correttezza e accuratezza misurata come il numero di errori nella lettura.

DISGRAFIA

Il disturbo di scrittura evidenzia due componenti principali: uno di natura motoria e una di natura
linguistica.

Il termine disgra a fa riferimento a una calligra a compromessa e poco leggibile, che


evidenzia imprecisioni nelle proporzioni tra lettere, di coltà di posizionamento del grafema nel
foglio e di relazione dei segni.

Alcuni autori la collegano alla mancanza di controllo motorio ne nell'esecuzione di programmi


motori.

I segnali di di coltà della disgra a sono: una scrittura troppo piccolo o troppo grande, eccessive
variazioni, di coltà nel rispetto degli spazi, delle righe, dei quadretti, di coltà nel rispetto dei
margini, nelle dimensioni e proporzioni delle lettere, lentezza nell'esecuzione, frettolosità, di coltà
nell'automatismo dei movimenti, nel collegamento delle lettere e nella pressione sul foglio. È
indispensabile guardare l’alunno nella sua interezza, anche la sua postura.

DISCALCULIA

È un disturbo che impedisce al soggetto di raggiungere un adeguato livello in rapidità e


correttezza del calcolo e del processamento numerico, calcolo a mente anche molto semplice.

Le ricerche hanno favorito diverse tesi:

- una tesi innatista: considera il bambino dotato n dalla nascita di un modulo numerico che
garantisce l’acquisizione di tutte le successive abilità di calcolo ed elaborazione numerica.

- tesi del triplo codice: l’elaborazione dei numeri si basa su codici numerici interconnessi, nel
codice visivo arabo del numero i numeri sono formulati come una sequenza di cifre, nel codice
linguistico (uditivo-verbale) i numeri sono rappresentati come stringhe di lettere, il codice
numerico / di grandezza logica associa agli altri due codici il valore espresso da quel determinato
numero e lo mette a confronto con altre quantità numeriche.

Il disturbo del calcolo vede coinvolte le funzioni esecutive: abbiamo infatti piani cazione,
emissione della scelta.

I vissuti di insuccesso e di inadeguatezza dei bambini con DSA rischiano di compromettere non
solo la carriera scolastica, ma anche lo sviluppo della personalità oltre che un adattamento
sociale equilibrato.

Gli studi hanno riportato maggiori di coltà dei bambini con DSA, rispetto alla concezione del sé,
motivazione, ansia… inoltre il bambino se sa che commette tanti errori, eviterà il compito per non
sperimentare l’errore.

I soggetti com DSA hanno la necessità di essere seguiti a due livelli attraverso:

- intervento riabilitativo speci co


- intervento della scuola con l’attivazione di una didattica individualizzata e personalizzata
Livelli che hanno degli scopi in comune, ovvero quello di favorire la migliore evoluzione delle
competenze in esame, fornire strumenti e strategie, gestire la di coltà, evitare forme du disagio
sul piano emotivo-motivazionale e/o relazionale.

I DSA nella scuola primaria: cosa può osservare la scuola e la famiglia?

Nella LETTURA: di coltà nell’avvio della letto-scrittura, lettura lenta o scorretta, mancato
riconoscimento di caratteri tipogra ci diversi, di coltà a mantenere il segno, manifestazione di
disagio in caso di lettura ad alta voce, tempi lunghi di esecuzione e di coltà di comprensione di
consegna.

Nella SCRITTURA: presenza di un numero eccessivo di errori ortogra ci, di coltà a copiare dalla
lavagna, confusione di caratteri, di coltà di distinzione di caratteri simili, uso scorretto dello
stazione, della punteggiatura.

Nel CALCOLO: di coltà di discriminazione e manipolazione di quantità, nello svolgimento di


calcoli orali e scritti, nella numerazione regressiva, nel riconoscimento di simboli matematici.

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I DISTURBI ASPECIFICI DELL’APPRENDIMENTO invece si riferiscono alla di coltà di acquisire
nuove conoscenze non solo in uno o più settori speci ci dell’apprendimento, ma in più ambiti.

Le cause potrebbero essere l’autismo, disturbi d’ansia, ADHD, livello cognitivo borderline,
disabilità intellettiva. Infatti i soggetti con DSA non hanno altri problemi sensoriali, neurologici o
disabilità intellettiva, ma di coltà ad imparare a leggere, scrivere e fare calcoli. Dunque i disturbi
aspeci ci dell’apprendimento sono collegati a capacità cognitive al di sotto della media e/o
malattie di vario tipo, come ad esempio cecità, sordità, epilessia, Sindrome di Down.

La Legge n.170 del 2010 riconosce la dislessia, disortogra a, disgra a e discalculia come Disturbi
Speci ci dell’Apprendimento DSA, assegnando al Sistema Nazionale d’Istruzione e agli Atenei il
compito di individuare le forme didattiche e le modalità di valutazione più adeguate a nché alcuni
studenti con DSA possano raggiungere il successo formativo.

Legge che nasce per tutelare questi disturbi dell’apprendimento.

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DISTURBI DELLA COMUNICAZIONE E FUNZIONI ESECUTIVE

I Disturbi della Comunicazione comprendono de cit del linguaggio, dell’eloquio e della


comunicazione. Alcuni di essi sono:

- disturbo del Linguaggio

- disturbo Fonetico-fonologico

- disturbo della Comunicazione Sociale (pragmatica)

- disturbo della Comunicazione senza Speci cazione

- disturbo nella Fluenza con esordio nell’infanzia (Balbuzie)

All’origine di tutto, anche in fase molto precoce dello sviluppo, possiamo osservare una
interdipendenza tra azioni - gesti - parole:

- n dai 6-8 mesi i bambini mettono in atto movimenti ritmici degli arti superiori ed inferiori
sincronizzati temporalmente con le vocalizzazioni (funzione motoria + linguaggio)

- a 11-12 mesi i bambini producono vocalizzazioni, manipolazioni e gesti di richiesta coordinati


e modulati dalla dimensione sica degli oggetti

Ad organizzare tutto ciò ci sono una serie di circuiti neuronali, tra i quali i neuroni specchio che si
attivano quando il soggetto esegue una azione speci ca o quando osserva un altro soggetto
compiere la stessa azione. Questo meccanismo biologico permette di riconoscere ed
eventualmente riprodurre mentalmente le azioni dell’altro quando le osserviamo.

Nell’uomo una parte importante del sistema dei neuroni motori specchio è situata nelle aree
specializzate per il linguaggio, come l’area di Brocà - area del linguaggio che quando viene
colpita durante un ictus per esempio comporta un tipo di Afasia, denominato proprio Afasia di
Brocà, cioè un disturbo del linguaggio.

Il termine Afasia indica la perdita della capacità di comporre e o comprendere il linguaggio parlato
e scritto, perdita dovuta alla lesione di una di quelle aree del cervello deputate all'elaborazione
della suddetta capacità. Ovviamente le Afasie sono di erenti dai Disturbi della Comunicazione in
quanto i disturbi non sono generati da lesioni.

Il sistema dei neuroni motori specchio assicura la coincidenza tra azioni di manipolazione e loro
rappresentazione e favorisce l’uso a scopo comunicativo dei primi schemi d’azione.

Nel momento in cui il bambino inizia ad usare le azioni, gesti e le prime parole con un chiaro
intento comunicativo, l’interdipendenza tra i due sistemi diventa evidente.

Come parole-gesti-azioni vadano insieme lo vediamo perché de cit d’apprendimento dei


movimenti sequenziali delle dita della mano generano de cit nella comprensione linguistica in
ambito semantico e nella comunicazione pragmatica.

Bambino con Disturbo del Linguaggio hanno notevoli di coltà nelle prove di equilibrio, nella
motricità ne e grossolana.

Una condizione essenziale per uno sviluppo linguistico corretto è il simultaneo sviluppo di parole,
gesti ed abilità manuali.

Il ritardo di acquisizione del linguaggio può essere predetto dalla scarsa produzione
gestuale.
Lo sviluppo del linguaggio dunque è un importante indicatore dello sviluppo cognitivo globale.

Il bambino per esprimere un concetto deve:

- distaccarsi dal piano concreto dell’oggetto

- riuscire a con gurarsi una rappresentazione mentale astratta

- piani care il discorso a livello mentale

- inibire tutti gli stimoli non necessari

- organizzare concretamente nella produzione verbale il suo pensiero secondo una corretta
struttura sintattica.

Da qui, la necessità di integrare più capacità, compito appunto delle funzioni esecutive.

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IL DISTURBO DEL LINGUAGGIO

Comporta di coltà persistenti nell’acquisizione del linguaggio e nell’uso di diverse modalità


(cioè linguaggio parlato, scritto, gestuale o di altro) dovute a de cit della comprensione e della
produzione che comprendono i seguenti elementi:

- lessico ridotto (conoscenza / uso delle parole)

- limitata strutturazione delle frasi (capacità di mettere insieme parole per formulare frasi fondate
su regole sintattiche e morfologiche)

- compromissione delle capacità discorsive (capacità di usare parole e di connettere frasi tra loro
per spiegare o descrivere un argomento o una serie di eventi o per sostenere una conversazione).

* Comunicazione e conversazione sono diversi. Conversazione è un esercitazione nella quale più


soggetti partecipano cercando di esprimere idee nella lingua oggetto di studio o quando c’è un
colloqui in cui prendono parte due o più persone- deriva da conversazio, trovarsi insieme.
Diverso ancora dal concetto di discorso, che ha un’analisi diversa dell’interazione verbale.

Le capacità di linguaggio nel disturbo del linguaggio sono al di sotto di quelle attese per l’età in
maniera signi cativa e quanti cabile, portando a limitazioni funzionali dell’e cacia della
comunicazione, della partecipazione sociale, dei risultati scolastici o delle prestazioni
professionali, individualmente o in qualsiasi combinazione.

L’esordio dei sintomi avviene nel periodo precoce dello sviluppo.

Le di coltà non sono attribuibili a compromissione dell’udito o ad altra compromissione


sensoriale, a disfunzioni motorie o ad altre condizioni medico o neurologiche e non sono meglio
spiegate da disabilità intellettiva (disturbo dello sviluppo intellettivo) o da ritardo globale dello
sviluppo.

DISTURBO FONETICO-FONOLOGICO / DISTURBO SPECIFICO DELL’ARTICOLAZIONE E


DELL’ELOQUIO

Persistente di coltà nella produzione dei suoni dell’eloquio che interferisce con l’intelligibilità
dell’eloquio o impedisce la comunicazione verbale dei messaggi. È una di coltà relativa
all’acquisizione del linguaggio, che porta il bambino a produrre suoni della lingua (fonemi) in modo
scorretto e non adeguato alla sua età.

Il disturbo fonetico-fonologico deve essere distinto dalla disprassia verbale, una condizione di
grave di coltà nella produzione e coordinazione dei suoni del linguaggio sia sul versante
articolatorio sia su quello della prosodia.

Quando un eloquio si de nisce intelligibile? Quando può 2essere compreso mediante le nostre
facoltà intellettive.

L’alterazione causa limitazioni dell’e cacia della comunicazione che interferiscono con la
partecipazione sociale, il rendimento scolastico o le prestazioni professionali, individualmente o in
qualsiasi combinazione.

L’esordio dei sintomi avviene nel periodo precoce dello sviluppo.

Le di coltà non sono attribuibili a condizioni congenite o acquisite, come paralisi cerebrale,
palatoschisi, sordità o ipoacusia, danno cerebrale da trauma o ad altre condizioni medico o
neurologiche.

DISTURBO DELLA COMUNICAZIONE SOCIALE / PRAGMATICA

Questo disturbo si caratterizza per un de cit della comunicazione verbale e non verbale nel
contesto sociale. Questo disturbo si manifesta nell'incapacità di rendere la comunicazione
adeguata al contesto e alle esigenze di chi ascolta. I soggetti con questo disturbo non sono in
grado di rispettare le regole della conversazione e della narrazione (rispetto dei turni e dei tempi
della conversazione). Comporta:

- de cit dell’uso della comunicazione per scopi sociali, come salutarsi e scambiarsi informazioni,
con modalità appropriate al contesto sociale.

- comprensione della capacità di modi care la comunicazione al ne di renderla adeguata al


contesto o delle esigenze di chi ascolta, come parlare diversamente a seconda che ci si trovi in
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un’aula scolastica o in un parco giochi, parlare con un bambino diversamente da come si parla
con un adulto, evitare l’uso di un linguaggio troppo formale.

- di coltà nel seguire le regole della conversazione e della narrazione, come rispettare i turni i una
conversazione, riformulare una frase quando male interpretata e saper utilizzare i segnali verbali e
non verbali per regolare l’interazione.

- di coltà nel capire ciò che non viene dichiarato esplicitamente (fare interferenze) e i signi cati
non letterali o ambigui del linguaggio (idiomi, frasi umoristiche, metafore..)

I de cit causano limitazioni funzionali all’e cacia della comunicazione, della partecipazione
sociale, delle relazioni sociali, del rendimento scolastico o delle prestazioni professionali,
individualmente o in combinazione.

L’esordio dei sintomi avviene nel periodo precoce dello sviluppo (ma i de cit possono non
manifestarsi pienamente no al momento in cui le esigenze di comunicazione sociale non
eccedono le capacità limitate).

I sintomi non sono attribuibili a un’altra condizione medica o neurologica o a basse capacità negli
ambiti della struttura della parola e della grammatica e non sono meglio spiegati da disturbo dello
spettro dell’autismo, disabilità intellettiva (disturbo dello sviluppo intellettivo), ritardo globale dello
sviluppo o da altro disturbo mentale. Questo disturbo non è da confondere con l’autismo.

DISTURBO DELLA COMUNICAZIONE SENZA SPECIFICAZIONE

Questa categoria si applica alle manifestazioni in cui i sintomi caratteristici dei disturbo della
comunicazione che causano disagio clinicamente signi cativo o compromissione del
funzionamento in ambito sociale, lavorativo o in altre aree importanti, predominano ma non
soddisfano pienamente i criteri per un disturbo della comunicazione o per uno qualsiasi dei
disturbi della classe diagnostica dei disturbi del neurosviluppo. La categoria disturbo della
comunicazione senza speci cazione è utilizzata in situazioni in cui il cinico sceglie di non
speci care la ragione per cui i criteri per un disturbo della comunicamene o per uno speci co
disturbo del neurosviluppo non sono soddisfatti e comprende le manifestazioni in cui ci sono
informazioni insu cienti per porre una diagnosi più speci ca.

DISTURBO DELLA FLUENZA CON ESORDIO NELL’INFANZIA - BALBUZIE

* Il disturbo della uenza con esordio nell’età adulta non fa parte dei disturbi del neurosviluppo.
Questo disturbo nell’ambito dei disturbi del neurosviluppo riguarda solo chi ha avuto
l’esordio della balbuzie nell’infanzia.

Il comportamento legato alla balbuzie è un comportamento di tipo logofobico.

La balbuzie è presente nel DSM-5 e nell’ICD-10.

Quando può essere di cile scegliere tra due o più diagnosi, i manuali sottolineano degli elementi
che distinguono le possibili alternative:

- Disturbo della Fonazione —> di coltà nel produrre correttamente suoni durante la
verbalizzazione / mentre parla (fonazione = produzione di suoni o rumori per mezzo degli organi
vocali)

- Balbuzie / Disturbo della Fluenza con esordio nell’infanzia—> alterazione anche nel ritmo della
frase e non solo errore di produzione di fonemi.

Il DSM-5 ci da come de nizione di Balbuzie quella di alterazioni della normale uenza e della
cadenza dell’eloquio, che devono essere inappropriate per età dell’individuo e inappropriate per
le abilità linguistiche.

Cosa dobbiamo quindi conoscere bene?

Normale uenza —> la uenza è il naturale scorrere del linguaggio, quindi un eloquio uente è
libero da interruzioni, con opportuna velocità, su ciente continuità e ridotto sforzo.

Normale cadenza —> la cadenza è la modulazione della voce.

Ovviamente per fare la diagnosi è necessario conoscere le tappe dello sviluppo linguistico a
quell’età.

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Le balbuzie persistono nel tempo e sono caratterizzate dal frequente e marcato veri carsi di uno
o più dei seguenti elementi:

- ripetizioni di suoni e sillabe

- prolungamento dei suoni

- interruzione delle parole

- blocchi udibili o silenti

- circonlocuzioni (evitare di dire una parola perché troppo complessa)

- parole pronunciate con eccessiva tensione

- ripetizione di intere parole monosillabiche

L’alterazione causa ansia nel parlare o limitazioni dell’e cacia della comunicazione, della
partecipazione sociale, del rendimento scolastico o lavorativo, individualmente o in qualsiasi
combinazione. L’esordio del sintomo avviene nel periodo precoce dello sviluppo.

Quindi sono criteri diagnostici il fatto che l’alterazione debba causare ansia.

L’alterazione non è attribuibile a un de cit motorio dell’eloquio, a de cit sensoriali, dis uenza
associata a danno neurologico e altre condizioni mediche.

—> balbuzie come grave impedimento alla capacità di espressione individuale e di


comunicazione interpersonale.

La balbuzie è unica in ogni individuo. L’eloquio dis uente è condizione necessaria ma non
su ciente per parlare di balbuzie.

Cosa implica la Balbuzie? Un’alterazione della uenza dell’espressione verbale, accompagnate ad


esempio da gesti collegati al parlato, caratteristiche verbali, spostamenti ausiliari del corpo,
spesso associata ad uno stato di tensione o eccitazione, a emozioni negative come paura,
imbarazzo, ira…

Si studia a livello cognitivo, a ettivo, linguistico, cognitivo, sociale.

Essere balbuziente è infatti molto più che balbettare e basta. È un disturbo complesso,
multifattoriale e multidimensionale determinato da fattori siologici, genetici, ambientali, cognitivi,
emotivi, linguistici.

Ci sono diversi fattori che portano alle balbuzie: ci sono fattori genetici che predispongono il
bambino all’alterazione della uenza verbale e poi ci sono fattori ambientali successivi che
in uenzano le tappe dello sviluppo del linguaggio o eventi stressanti che possono causare
alterazioni della uenza che diventano poi balbuzie nel momento in cui diventano persistenti nel
tempo.

Bambini cresciuti in isolamento: solo uno su trentuno casi è in grado di parlare uentemente,
importanza quindi dell’esposizione al linguaggio.
Non esiste il gene della balbuzie. Esistono pero geni che sono associati con la balbuzie che sono
stati trovati su diversi cromosomi (1, 7, 9, 12, 13, 15, 16, 18) e esistono alcuni geni che sono
associati all’alterazione della uenza verbale ma non sono geni causativi; così come ci sono fattori
di rischio per la balbuzie come l’alcol assunto dalla madre in gravidanza.

Il ritardo del linguaggio e la timidezza non sono associate con l’insorgenza della balbuzie.

La balbuzie è causata da un fattore biologico sul quale si sommano fattori di natura ambientale /
alterazioni a livello funzionale del cervello. Ci sono di erenze nella funzione cerebrale più che
nella struttura anche se nei gangli della base possono esserci delle lievi di erenze di natura
strutturale nei soggetti con dis uenza.

Gli individui con balbuzie hanno un’attività maggiore nell’emisfero destro durante sia il linguaggio
uente che quello alterato.

Le funzioni esecutive abbiamo detto che controllano, dunque sono molto importanti anche nel
processo di controllo legato alle balbuzie: mentre dico qualcosa, quello che dico lo devo aver
piani cato, devo aver inibito l’interferenza e creato un processo di espressione della scelta.

Esercitano controllo dunque sul processo di linguaggio, sulla uenza, sul processo emotivo, sulla
produzione sensoriale, sulla produzione linguistica e sulla produzione motoria.

I bambini che balbettano hanno problemi di essibilità cognitiva: usano molte più strategie
incentrate sull’evitare errori durante il parlare, sono tesi, si preoccupano del risultato, è più rigido
cognitivamente. La essibilità cognitiva è quella abilità che ci permette di pensare essibilmente,
che ci consente di cambiare prospettiva quando cambia l’approccio. Serve a dover cercare in
presenza di uno ostacolo, di andare verso l’obiettivo. È importante nella balbuzie perché è quella
capacità che adatta il pensiero alla situazione nuova.

Il limite di molti modelli sta nel fatto che non viene fornita una spiegazione eziologica del disturbo,
ma piuttosto una descrizione del meccanismo patogenetico che porta al manifestarsi di un
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determinato quadro clinico. Ci si limita a dire “non parla bene”, piuttosto che capire perché non
parla bene - approccio logofobico.

L’intervento va fatto subito, è importante nelle prime fasi per l’instaurarsi di una corretta plasticità
cerebrale.

Ancora più importante per agire su tutte le variabili di tipo a ettivo, linguistico, cognitivo, sociale,
a ettivo che interferiscono con l’impairement relativo al disturbo della uenza, quindi la disabilità
a sua volta genera un handicap - riduzione della partecipazione del soggetto alle situazioni
comunicative.

Essere capaci di modi care la uenza o controllare i comportamenti verbali dis uenti non signi ca
che si sia stato un reale cambiamento negli aspetti più critici della sindrome balbuzie, ecco
perché molti trattamenti non funzionano, proprio perché non agiscono a livello logofobico - il
disturbo della uenza non deve tenere solo conto delle alterazioni della normale uenza e
cadenza dell’eloquio ma anche dell’ansia nel parlare - solo cosi ci può essere cambiamento.

Molti trattamenti delle balbuzie falliscono perché curano il sintomo e non il problema.

La terapia più accreditata per la balbuzie è la terapia cognitivo-comportamentale associata


oggi anche alla terapia mediante la Digital Help - fornendo feedback continui e costanti

Ci sono anche posture del corpo / collo / testa che migliorano la balbuzie e che vanno
considerati, ecco perché spesso si a anca anche una terapia logopedica.

Non hanno dimostrati funzionamento ad esempio la dog therapy o altre basate su discipline non
autorizzate. Serve terapia riabilitativa - esperto sanitario esperto in balbuzie.

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I DISTURBI EVOLUTIVI DELLA COORDINAZIONE MOTORIA / DISTURBI PRASSICI

DISPRASSIA —> indica un gruppo eterogeneo di situazioni cliniche, il cui elemento
caratterizzante è rappresentato da una motricità "go a" ed impacciata, che incide sulla
realizzazione sia delle attività grossolane (correre, saltare, calciare, ecc.) che di quelle ni
(manipolare, disegnare, costruire).

È implicita l'assenza di danni strutturali a carico dell'encefalo e del sistema nervoso periferico: la
patogenesi viene ricondotta ad un disordine di sviluppo di quelle funzioni centrali implicate
nella programmazione e realizzazione del movimento.
I soggetti con DCD (Developemental Coordination Disorder) hanno un disturbo nella capacità di
controllo ed esecuzione del movimento.
La valutazione prevede, in aggiunta ad un'osservazione "libera" del bambino mentre si muove,
corre, salta, tocca, a erra e/o manipola, la somministrazione di prove standardizzate che
permettono di rapportare le performance del bambino a parametri normativi riferiti alla
popolazione "tipica".

Le "prove” consistono nell'invitare il bambino a imitare determinati movimenti o a riprodurli su
richiesta verbale dell’esaminatore.

Per parlare di prassie evolutive i disturbi devono essere chiaramente evidenti e intralciare
signi cativamente le attività della vita quotidiana e scolastica.

I bambini con disturbo della coordinazione motoria presentano spesso de cit neurologici lievi, che
nella maggior parte dei casi si associano ad altri disturbi dell'età evolutiva come i disturbi

evolutivi del linguaggio, i disturbi speci ci dell'apprendimento e i disturbi da de cit di attenzione/
iperattività (ADHD).

Si parla di disprassia primaria e disprassia secondaria:

- disprassia primaria: detta anche pura, non è associata ad altre patologie e non presenta segni
neurologici evidenti

- disprassia secondaria: associata ad altre patologie o Sindromi come ad esempio ADHD,


Sindrome di Down, Sindrome di Williams)

Si possono distinguere due tipi di disturbo della coordinazione motoria:

- con interessamento del distretto oro-facciale e dei gesti - disprassie verbali e gestuali:
caratterizzate da una grave di coltà nell'articolazione del linguaggio. Si distinguono dai disturbi
fonetico-fonologici (con i quali possono essere confuse nei primi anni di vita) per la gravità e la
persistenza della sintomatologia. Con questa patologia alcuni bambini non riusciranno mai ad
apprendere la normale uenza del linguaggio. I soggetti con questo de cit non riescono ad
apprendere e a eseguire gli schemi motori che permettono di produrre le parole, le frasi e i
discorsi nonostante anche lunghi periodi di terapia. Infatti a volte si addestrano i soggetti alla
lingua dei segni. 


- con interessamento di tutto il corpo - disprassie evolutive: incapacità di compiere gesti,


siano essi simbolici o di adeguato utilizzo di oggetti, in assenza di de cit motori, con gge con un
normale sviluppo delle funzioni cognitive cosi come di quelle adattive.


Gli studi in letteratura indicano che i bambini con disturbi della coordinazione motoria necessitano
di opportuni trattamenti riabilitativi, sviluppati in genere dai terapisti della neuro e psicomotricità
dell'età evolutiva, per cercare di ridurre i loro de cit che altrimenti tendono a persistere. Nella
attività riabilitativa si cerca di stimolare l'integrazione sensoriale propriocettiva, tattile e
vestibolare, insieme a trattamenti di tipo cognitivo e a trattamenti basati sull'apprendimento di
compiti speci ci.

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DISTURBO DELLO SPETTRO DELL’AUTISMO

AUTISMO

Il nome pone proprio l’accento su autos = se stesso - nucleo della patologia, cioè il chiudersi in
sé stessi. Presenta tante somiglianze con il disturbo della comunicazione sociale pragmatica.

L’autismo rimane un enigma, perché non esiste un gene dell’autismo ma una serie di geni e
meccanismi genetici coinvolti e di alterazione di espressione genica e quindi proteine. Non si
conosce ancora tutto sull’autismo.

L’autismo presenta un’interazione e comunicazione sociale compromessa e comportamenti e


interessi ristretti e ripetitivi.

L’autismo si con gura con delle caratteristiche permanenti che accompagnano la persona nel suo
ciclo vitale, seppur presentino un’espressività variabile nel tempo e cambino da soggetto a
soggetto.

Il termine autismo è al centro del dibattito, della ricerca, delle controversie, degli interessi. C’è
anche un dibattito di tipo politico attorno al termine.

La storia di una possibile relazione tra vaccinazione e autismo viene sollevata da una ricerca
inglese nella quale si sosteneva che il vaccino trivalente potesse provocare un’in ammazione alla
parete intestinale che poteva essere responsabile del passaggio di peptidi encefalotossici che
erano secondo lo studio la causa dell’autismo —> studio smentito, ricerca non attendibile, era
una frode, i dati erano stati falsi cati. Tra l’altro autistici si nasce.

Questa ricerca ha portato alla formazione di correnti di pensiero anti vaccinazione ancora oggi
convinti di questa falsità, nonostante smentite scienti che.

Semplicemente l’età della vaccinazione corrisponde alle prime manifestazioni dei de cit
appartenenti all’autismo. Infatti allo stato attuale non ci sono dati che confermano che le
vaccinazioni siano correlate al rischio di sviluppare autismo o altro disturbo del comportamento.

CHE COS’È L’AUTISMO? È un disturbo organico causato da predisposizione genetica che, in
concomitanza con fattori di rischio, determina un’alterazione nello sviluppo del cervello che si
esprime con diversi gradi di gravità, in un corso anomalo dello sviluppo cognitivo e di
conseguenza in un’anomala organizzazione del comportamento.

Si parla di autismo a basso, medio e alto funzionamento.

Negli anni ci sono state tantissime diverse classi cazioni dell’autismo.

nell’ICD10 è ancora mantenuta la di erenza tra autismo e sindrome di Asperger; nel DSM-5
rientra tutto nel disturbo dello spettro dell’autismo.

SPETTRO - si parla di spettro perché ci si riferisce all’ambito cognitivo, motorio, sociale,


comportamentale, comunicativo, sensoriale, emotivo. In ogni dimensione dimostra uno spettro
diverso.

TRATTO AUTISTICO è un’espressione usata per descrivere bambini che hanno alcuni
comportamenti che fanno pensare all’autismo. Il tratto ovviamente non è la patologia.

Nel concetto di sintomatologia rientrano:

- il de cit della comunicazione sociale (linguaggio e interazione sociale)

- il de cit immaginazione (interessi ristretti e comportamenti ripetitivi

- altre manifestazioni (ansia, anomalie sensoriali, de cit FE, anomalie attentive)

INTERAZIONE SOCIALE - anomalie nell’orientamento verso stimoli sociali:

- minore tendenza ad iniziare scambi sociali e rispondere alle iniziative altrui

- minore opportunità di apprendere gli altri e capire quello che fanno

In alcuni casi i bambini partecipano alle attività senza aver capito le regole e ne risulta un
comportamento bizzarro o inappropriato.

Ha anche di coltà a sapere come ci si aspetta che si agisca in determinate situazioni (ad
esempio non chiede scusa, non dice grazie o prego…).

Il disagio è molto alto perché normalmente una persona mette in atto innumerevoli abilità
comunicative - di interazione sociale - nel corso di una singola giornata.

Il soggetto con disturbo dell’interazione sociale ha una di coltà anche a saper gestire un
con itto. Per questi bambini giocare insieme, fare a turno può non essere cosi facile, sapere i
momenti in cui poter parlare o meno, fare una la al supermercato, ringraziare può non essere
cosi facile.

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L’INTEGRAZIONE SOCIALE - La socializzazione è un processo mediante il quale si acquisiscono
comportamenti, sentimenti, conoscenze, abilità che ci rendono in grado di partecipare utilmente
alla vita sociale. Il bambino sin dalla nascita ha una propensione innata verso l’interazione sociale,
infatti la capacità di creare relazioni nella neurobiologia è da sempre oggetto di studio.

Nell’autismo lo sviluppo della socializzazione è diverso ed è diverso anche da bambino a


bambino. Questo processo inizia con le primissime relazioni sociali con i genitori e poi va avanti.
Nell’autismo c’è un de cit all’interno delle relazioni sociali che riguarda sia l’instaurare, che il
mantenere, che il comprendere le relazioni. Dunque è importante comprendere che per il
bambino non è non importante socializzare, ma c’è un fallimento nella comunicazione sociale. Il
soggetto vuole entrare in relazione com l’altro, ma esprime la relazione in maniera diversa
dall’altro.

DEFICIT DI IMMAGINAZIONE - implica rigidità e resistenza al cambiamento e ripetitività e


ristretto numero di interessi. Si manifestano con abitudini rigide, linguaggio monotematico e
comportamenti motori stereotipati (sbattere le braccia rigidamente, abitare dita d’avanti agli occhi,
muovere il busto avanti e dietro). Il bambino non riesce ad essere essibile cognitivamente, al ne
di ottener un problem solving ottimale.

Il nostro compito è quello di apportare modi che al contesto / ambiente esterno o interno al ne di
raggiungere l’obiettivo. Gli studi han no spiegato come la essibilità cognitiva ha un forte legame
con il comprendere intenzioni, pensieri ed emozioni degli altri e che una bassa essibilità è anche
sinonimo di rigidità cognitiva.

ANSIA E REGOLAZIONE EMOTIVA


- anormale manifestazione delle emozioni

- di coltà nel riconoscere le emozioni degli altri

- di coltà ad adattare il comportamento alle circostanze

ANOMALIE SENSORIALI
- ipo/ier-sensibilità a determinati stimoli - determinate spesso dall’ansia

DEFICIT DELLE FUNZIONI ESECUTIVE —> sono importanti perché controllano e dirigono,
organizzano e piani cano risoluzione dei problemi, organizzano un piano d’azione, essibilità
d’attenzione, e ettuare scelte. Il de cit nelle funzioni esecutive spiega la carenza di queste abilità
negli autistici quali perseveranza, impulsività e iperselettività.
- di coltà nella piani cazione del comportamento

- di coltà nell’organizzazione del comportamento

- problemi a modi care il comportamento in base alle circostanze

- di coltà nell’inibizione di risposte prepotenti

Altro aspetto importante è l’INTERSOGGETTIVITÀ nell’autismo. L’intersoggettività nei bambini


con disturbo dello spettro dell’autismo spesso si sviluppa in maniera compromessa. Costituisce
l’insieme di comportamenti necessari per interagire con un’altra persona, un insieme
coordinato di intenzione, attenzione, emozione, interazione sociale, imitazione e rispetto dei turni.
Un insieme coordinato di atti cognitivi, motori, emotivi, percettivi, sociali e linguistici che si
sviluppa nei primi mesi di vita.

0-8 mesi si sviluppa l’intersoggettività primaria - situazioni di scambio madre-bambino


(interesse e attenzione per il viso umano).

Poi si sviluppa l’intersoggettività secondaria, dal 9-10 mesi in poi, il bambino utilizza ciò che ha
sperimentato prima come base per interagire con altre persone.

Ecco perché sono molto importanti queste componenti di questa cosi complessa abilità,
l’intersoggettività:

- attenzione congiunta: fondamentale per comunicazione verbale e non verbale,

- l’imitazione: carente spesso per mancanza motivazionale

- emozione congiunta: sorridere in risposta ad una situazione, usare le emozioni come scambio
sociale, comprendere emozioni altrui

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- intenzione congiunta: riconoscere che il mio volere può essere uguale o diverso dell’altro, alla
base dell’educazione e del bambino socializzato

- scambio di turni: in generale, in una conversazione, nel gioco, in una la.

Essere impulsivi dunque signi ca non riuscire ad inibire risposte inadeguate.

Essere iperselettivo: la selettività dell’autistico risiede nella incapacità di guardare qualcosa in


generale, concentrandosi su un solo particolare.

Perseveranza: risiede nei comportamenti rigidi e ripetitivi, incapacità di direzionare in modo


essibile l’azione.

È importante distinguere terapie riabilitative e terapie non riabilitative: la prima è eseguita da un


professionista sanitario della riabilitazione.

Gli interventi psicoeducativi devono essere evidence based (basati sull’evidenza),


personalizzati, attivati precocemente, generalizzati dai contesti di vita (non solo un’ora con il
terapista, ma sempre) e ra nati dalle conoscenze neurobiologiche e psicologiche.

L’intervento deve essere precoce, non generico ma strutturato, che hanno dunque un
programma e un progetto - importante anche al ne di comprendere se gli obiettivi che ci siamo
posti vengano o meno raggiunti. Il progetto viene poi condiviso con famiglia e scuola.

Le maggiori esigenze educative riguardanti la sfera sociale servono per evitare che il bambino si
isoli progressivamente a causa delle di coltà nel partecipare alle attività sociali; quindi è
necessario:

- l’apprendimento delle regole elementari per partecipare agli scambi sociali e alle attività che
richiedono cooperazione (guardare negli occhi, aspettare il proprio turno, condividere
comportamenti pro-sociali quali saluto…)

- imparare le tempistiche delle interazioni sociali e le convenzioni sociali (comportamento


appropriato alle circostanze)

- sviluppare la capacità di interpretare il comportamento sociale altrui (intenzioni del partner


comunicativo)

- sviluppare abilità di problem solving utili nell’ambito degli scambi sociali (cosa posso fare se un
bambino si arrabbia con me e se ne va, come devo comportarmi se un bambino mi prende in
giro…) - importante nel contesto classe

Le maggiori esigenze educative riguardanti la sfera comunicativo-linguistica sono importanti al


ne di ridurre il rischio di problematiche comportamentali, è una priorità insegnare al bambino un
linguaggio o un qualsiasi altro sistema alternativo di comunicazione. È importante:

- apprendere le funzioni comunicative che il linguaggio deve veicolare

- utilizzare correttamente la comunicazione non verbale (gesti, tono della voce, volume della voce)

- capire gli aspetti legati alla pragmatica della comunicazione (quando iniziare/ nire una
conversazione, turni, non ripetere più volte le stesse cose, non parlare solo di un argomento….)

- apprendere l’uso di informazioni di base in situazioni di emergenza (nome, cognome, numero di


telefono, indirizzo…)

Le maggiori esigenze educative riguardanti la sfera cognitiva invece devono tener conto che la
funzionalità cognitiva varia molto da soggetto a soggetto ed è necessario attuare interventi
individualizzati. Generalmente gli interventi si focalizzano su:

- miglioramento della capacità di agire in modo nalizzato all’ambiente (molti bambini autistici
sono disorganizzati)

- apprendimento della rappresentazione integrata di proprietà siche (suddividere oggetti in base


a forma, colore, dimensioni…), proprietà funzionali (suddividere oggetti in base alle dimensioni) e
categorie concettuali.

- miglioramento della essibilità (adattare comportamento a circostanze diverse), del problem


solving e del multitasking

Le esigenze educative riguardanti la sfera sensoriale sono nalizzate a favorire un


apprendimento dall’ambiente, è necessario tenere in considerazione le anomalie sensoriali del
bambino. Esistono diverse strategie:

- insegnare al bambino ad evirare attivamente stimolazioni sensoriali

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- aiutarlo a tollerare, attraverso tecniche di adattamento progressivo, gli stimoli a cui è
ipersensibile (esporlo a situazioni rumorose, aumentando progressivamente i tempi di
esposizione)

- imparare a soddisfare gli stimoli in modo socialmente accettabile

Le esigenze educative riguardanti la sfera comportamentale principali sono:

- l’apprendimento di comportamenti socialmente accettabili

- insegnare a gestire autonomamente le attività della vita quotidiana (che non riescono ad
impararle autonomamente a causa di de cit d’attenzione, comunicazione ed esecutivi -
insegnamenti graduale, a step)

Nel piani care questo tipo di intervento educativo è fondamentale tener conto

- della di coltà nell’elaborare più stimoli contemporaneamente

- della preferenza per informazioni visive piuttosto che verbali (comunicazione aumentativa
alternativa)

- della migliore comprensione di attività con regole esplicite e prevedibili (gita e ricreazione sono
le più di cili per i bambini con autismo)

INCLUSIVITÀ e DIDATTICA INCLUSIVA - persino della Costituzione si dice che è compito della
Repubblica rimuovere gli ostacoli di qualsiasi ordine sociale ecc… che limitano libertà ed
uguaglianza, che impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’e ettiva partecipazione
umana.

Come organizzare il tempo?


Per il bambino con l’autismo è importante sapere come si svolgerà la giornata scolastica, per
esempio sapere quali materie / compiti saranno previsti al ne di ridurre l’ansia, facilitare gli
apprendimenti signi cativi ed aumentare la motivazione (un compito poco gradito seguito da uno
piacevole). In ciò è preferito l’utilizzo di una comunicazione visiva, supportata quindi da immagini.
Nei bambini con l’autismo, la percezione del tempo è estremamente de citaria e necessita di
essere supportata. Essi sperimentano un mondo imprevedibile, in cui un’attesa può essere lunga
minuti, come giorni.

Esistono due modi per creare una struttura temporale:

- rendere palese quando l’attività risulta completata (mostrando un puzzole o disegno già
colorato)

- indicare che il tempo di lavoro è concluso, attraverso l’utilizzo di suoni o indicatori luminosi o
clessidre.

È importante che i tempi siano ben de niti anche a casa.

La Sindrome di Asperger condivide con l’Autismo la presenza di compromissioni nelle abilità


sociali, ma di erisce con l’Autismo per il fatto che le abilità linguistiche siano ampiamente
conservate e per un funzionamento cognitivo nella norma. Oggi per il DSM-5 non è più una
diagnosi a sé stante, ma fa parte del disturbo dello spettro dell’autismo. Da molti studiosi la
Sindrome di Asperger è ormai considerata come una forma di autismo più lieve / ad elevato
funzionamento. Diversamente dall’autistico, il bambino con questa Sindrome riesce ad esprimere
chiaramente sentimenti di a etto ed attaccamento nei confronti dei familiari, ha intelligenza e
linguaggio nella norma e i suoi sintomi non peggiorano con il passare degli anni.

Si de nisce atipico il disturbo dello spettro dell’autismo che si manifesta dopo i 6 anni di età,
quando le funzioni precedentemente acquisite regrediscono nell’ambito dell’interazione sociale,
del linguaggio e del comportamento.

Il disturbo dello spettro dell'autismo tipico si manifesta, infatti, entro i primi 24 mesi.

Il bambino piccolo viene segnalato al pediatra o al neuropsichiatra perché non guarda negli occhi,
non indica, non sorride, non risponde ai richiami e non parla.

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DISTURBO DA DEFICIT DELL’ATTENZIONE ED IPERATTIVITÀ

ATTENZIONE

L’attenzione è una funzione cognitiva che permette di ltrare ed elaborare le informazioni o


input in ingresso provenienti dal mondo esterno per poter fornire un output di risposta ad
esse adeguato.
Il termine attenzione da solo, ha uno scarso signi cato.

Si parla infatti di

Attenzione selettiva: selezionare stimoli importanti ed ignorarne irrilevanti.

Attenzione mantenuta / sostenuta: mantenersi vigili per un periodo prolungato di tempo.

Attenzione divisa: seguire contemporaneamente due attività.

Attenzione focalizzata: concentrarsi su un compito.

Shift di attenzione: modi care rapidamente il proprio set cognitivo per un nuovo compito.

Aspetti dell’ATTENZIONE SOSTENUTA:

- lapses di attenzione, cioè improvvisi decrementi di attenzione che durano solo pochi secondi.

- la variabilità intraindividuale, riferita alle uttuazioni di e cienza individuale che generalmente


avvengono in compiti di attenzione sostenuta.

- time on task e ect, decremento della prestazione all’aumentare del tempo.

Il livello di attenzione diminuisce difronte alla ripetizione degli stessi stimoli e aumenta in rapporto
a stimoli ritenuti interessanti o che costituiscono una novità per il soggetto.

Generalmente è su ciente un compito che impieghi per più di mezz’ora il soggetto per provocare
un decremento nella sua prestazione.

Un altro aspetto dell’attenzione è dato dall’allerta fasico —> ottimizzazione della preparazione di
una risposta quando un segnale d’allerta precede l’apparizione dello stimolo (quando si dice
pronti partenza via per ottimizzare la risposta).

ATTENZIONE DISTRIBUITA / DIVISA è uno stato in cui il soggetto può tenere sotto controllo
tutto o la maggior parte del campo percettivo che lo circonda, senza concentrasi su uno spazio
particolare. L’orientamento regola l’attenzione direzionandolo nello spazio verso la fonte dello
stimolo.

ATTENZIONE FOCALIZZATA è l’abilità di contrastare la distrazione e di concentrare l’attenzione


su una fonte. L’attenzione focalizzata è il preludio per la selezione, quindi per l’attenzione selettiva
- laddove nell’attenzione focalizzata mi concentro su una fonte, nell’ATTENZIONE SELETTIVA
concentro l’attenzione su un canale che ha le informazioni importanti per me, cercando di vincere
il contrasto che mi danno i distrattori.

L’attenzione che si pone durante un processo di apprendimento è un fattore che incide sulla
qualità dello stesso. Un altro fattore importante per l’apprendimento è la motivazione.

ADHD è stato spesso de nito come disturbo dell’attenzione proprio perché l’insegnante rileva
spesso che l’alunno è disattento e dimostra spesso incapacità di concentrarsi.

In realtà è più corretto parlare di diverso orientamento dell’attenzione selettiva, perché più che dire
disattento, si dice diversamente attento.

La ADHD può presentarsi o da solo o in concomitanza, sia in comorbidità (avere ADHD e un’alta
patologia come per esempio il disturbi della condotta) oppure possano esserci segni e sintomi
ascrivibili a queste condizioni, oppure soli indicatori di rischio.

I criteri diagnostici presenti nel DSM-5 sono i seguenti:

A. Un pattern (modello) persistente di disattenzione e/o iperattività-impulsività che interferisce


con il funzionamento o lo sviluppo, come caratterizzato da disattenzione ed iperattività-
impulsività.

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DISATTENZIONE - sei o più dei seguenti sintomi sono persistiti per almeno sei mesi con
un’intensità incompatibile con il livello di sviluppo e che ha un impatto negativo diretto sulle
attività sociali e scolastiche/lavorative.

- Spesso non riesce a prestare attenzione ai particolari o commette errori di distrazione nei
compiti scolastici, sul lavoro, o in altre attività

- Spesso ha di coltà a mantenere l’attenzione sui compiti o sulle attività di gioco

- spesso non sembra ascoltare quando gli si parla direttamente

- spesso non segue le istruzioni e non porta a termine i compiti scolastici, le incombenze o i
doveri sul posto di lavoro

- spesso ha di coltà ad organizzarsi nei compiti e nelle attività

- spesso evita, prova avversione ad impegnarsi in compiti che richiedono sforzo mentale protratto

- spesso perde gli oggetti necessari per i compiti o le attività

- spesso è facilmente distratto da stimoli estranei

- spesso sbadato nelle attività quotidiane

IPERATTIVITÀ e IMPULSIVITÀ - sei o più dei seguenti sintomi sono persistiti per almeno sei mesi
con un’intensità incompatibile con il livello di sviluppo e che ha un impatto negativo diretto sulle
attività sociali e scolastiche/lavorative.

- spesso muove con irrequietezza

- Spesso muove con irrequietezza mani e piedi o si agita sulla sedia

- Spesso lascio il proprio posto a sedere in classe o in altre situazioni quando dovrebbe restare
seduto

- Spesso scorazza e salta dovunque in modo eccessivo in situazioni in cui ciò è fuori luogo

- Spesso ha di coltà a giocare o a dedicarsi ad attività divertenti in modo tranquillo

- È spesso sotto pressione agendo come se fosse azionato da qualcosa per esempio è incapace

di rimanere fermo

- Spesso parla troppo

- Spesso risponde alle domande prima che siano nite

- Spesso ha di coltà ad attendere il proprio turno

- Spesso irrompe gli altri o invadente nei loro confronti interrompendo per esempio giochi, attività
o conversazioni

Per gli adolescenti più grandi e per gli adulti sono richiesti almeno cinque sintomi

B. I sintomi iperattivi-impulsivi o di disattenzione decine essere presenti prima dei 12 anni.

C. I sintomi devono manifestarsi in due o più contesti (casa e scuola per esempio)

D. - i sintomi non si presentano esclusivamente durante il decorso della schizofrenia o altro


disturbo psicotico e non sono spiegabili da un altro disturbo mentale.

Per fare diagnosi con l’ICD-10 disattenzione ed iperattività devono essere presenti
contemporaneamente. Il disturbo senza iperattività nell’ICD-10 è previsto ma come una
categoria residua (Altri disturbi comportamentali ed emozionali speci ci con esordio abituale
nell’infanzia e nell’adolescenza, come ad esempio mangiarsi le unghie, mettersi le dita nel naso,
succhiarsi il pollice).

LA DIAGNOSI

Non esiste un esame che ci dice che un soggetto ha l’ADHD, è un’analisi clinica che raccoglie

- l’anamnesi familiare

- l’anamnesi personale

- l’anamnesi siologica (nascita, parto sviluppo), allergologica, farmacologica, patologica

- raccolta di notizie da persone anche non familiari vicine al bambino/ragazzo

- valutazione dell’andamento scolastico

- somministrazione di scale di valutazione dei sintomi

- valutazione cognitiva

- valutazione funzionale solo quando necessaria

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La presenza di comorbidità psichiatriche nei pazienti con ADHD comporta un peggioramenti della
prognosi ed una maggiore di coltà nella diagnosi. È quindi importante identi care e trattare
correttamente ogni comorbidità psichiatrica in un bambino con ADHD.

UTILITÀ DEI TEST - Test neuropsicologici, scale di valutazione, questionari per genitori ed
insegnanti sono utili per misurare la gravità del disturbo e seguirne l’andamento nel tempo.

Questi strumenti possono essere focalizzati sui sintomi dell’ADHD, oppure essere strutturati per
evidenziare possibili disturbi associati come disturbi dell’umore, i disturbi d’ansia, i disturbi del
comportamento ai disturbi speci ci dell’apprendimento; possono inoltre rivelarsi utili per studiare i
meccanismi neurobiologici che ne sono alla base. I test ovviamente misurano, ma non
diagnosticano.

Scale: SDAV compilata dal bambino, SDAI compilata dall’insegnate, SDAG compilata dai genitori.

La tempestività della diagnosi è importante per cominciare subito un percorso individualizzato,


l’ADHD non si cura con interventi abilitativi soltanto, essendo un disturbo del neurosviluppo
necessita di interventi integrati e di un programma riabilitativo.

È importante in questi bambini formulare una diagnosi provvisoria, innanzitutto per dare la
possibilità al bambino di avere dei percorsi integrati, individualizzati, anche e sopratutto
nell’ambito scolastico; poi è importante anche per tenere sotto controllo il soggetto per vedere
come evolve nel tempo.

ADHD e TERAPIE FARMACOLOGICHE —> è una strategia che si attua in aggiunta o come
trattamento primario, il farmaco si chiama metilfenidato, psicostimolante. Ha attività clinica dopo
20/30 minuti dalla somministrazione orale, somministrato no a 3 volte al giorno.

Farmaco che va dato in un programma multimodale integrato, mai solo il farmaco.

Gli psicostimolanti danno anche e etti indesiderati quali poco appetito, perdita di peso, dolore
addominale nei primi giorni. Agisce sulla dopamina che va in giro libera.

ADHD E DSA
Un altro aspetto importante per la diagnosi di ADHD è l’osservazione e valutazione delle
capacità cognitive e dell’apprendimento scolastico, delle capacità attentive, di piani cazione delle
attività e di autocontrollo. Talvolta può essere utile valutare la possibile presenza di disturbi del
linguaggio.

Spesso i bambini a etti da ADHD presentano anche disturbi nell’apprendimento e sono più
esposti al rischio di avere maggiori di coltà nel parlare, nella lettura e nello svolgere compiti di
matematica.

ADHD NEGLI ADULTI


Può essere diagnosticata anche negli adulti. Perché sia diagnosticata tale patologia, i sintomi
devono essersi presentati già da bambino. Il paziente adulto viene sottoposto a visite mediche e a
test psicologici, con l’ausilio di scale di valutazione che permetteranno al medico di valutare se i
sintomi rispettino i criteri diagnostici per l’ADHD. Nel paziente adulto la diagnosi ADHD è più
di cile che nel bambino perché i sintomi sono molto più numerosi, spesso non chiari e non
facilmente identi cabili.

Il soggetto con ADHD ha spesso il banco pieno di oggetti che non gli servono per il compito che
sta svolgendo, si ri uta di svolgere o fugge da attività che richiedono il mantenimento
dell’attenzione, spesso sbaglia nelle attività in classe perché non presta attenzione ai dettagli,
sembra spesso non ascoltare l’insegnante che gli parla direttamente, interviene in modo
eccessivo e parla sempre con i compagni anche quando non dovrebbe, vaga per l’aula senza
ragione, non rispetta turni di parola, muove sempre le gambe o le mani, oppure il sedere sulla
sedia.

Uno studio ha dimostrato come i soggetti a etti da ADHD raramente arrivano all’università, hanno
pochi amici, sono spesso coinvolti in attività antisociali, mostrano maggiore frequenza di
gravidanze prima dei 20 anni e malattie sessualmente trasmesse, hanno elevata incidenza di
incidenti stradali, da adulti possono so rire anche di disturbi psicopatologici (personalità /
depressione)

L’impatto familiare, personale, sociale del disturbo deve essere sempre considerato, in quanto
signi cativo.

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Molti genitori osservano inizialmente un’eccessiva attività motoria nei primi anni di vita del
bambino che ovviamente non è per forza patologica.

Prima dei quattro anni i sintomi sono di cilmente distinguibili dai comportamenti normali
altamente variabili.

Il disturbo è relativamente stabile durante la prima adolescenza e alcuni sintomi persistono


nell’età adulta; nell’età prescolare la principale manifestazione è l’iperattività. La disattenzione
diventa più preminente durante la scuola elementare invece durante l’adolescenza i segni di
iperattività sono meno comuni e possono essere limitati ad agitazione ed impazienza.

Nell’età adulta l’impulsività può rimanere problematica anche quando l’iperattività è diminuita.

* adolescenza e sinapsi inibitorie - eccitatorie.

La ricerca delle novità e la capacità di esplorare rapidamente l’ambiente devono essere


considerati comportamenti positivi dal punto di vista evolutivo e quindi stimolati e favoriti. Quando
però queste modalità di comportamento sono persistenti in tutti i contesti, nella maggior parte
delle situazioni e costituiscono una caratteristica costante del bambino possono compromettere
le capacità di piani cazione ed esecuzione di procedure complesse, le cosiddette funzioni
esecutive.

Numerose evidenze indicano che il fattore patogeno fondamentale del disturbo possa essere
costituito da un de cit nelle capacità di inibizione delle risposte impulsive mediate dalla
corteccia prefrontale.

Nei bambini a etti da ADHD il difetto attentivo più comune è la mancanza di concentrazione,
cioè l’incapacità di focalizzarsi su un contenuto e di mantenere l’attenzione su di esso - attenzione
mantenuta o sostenuta.

Nonostante questo, quando il bambino è sotto pressione, sembra capace di mantenere


l’attenzione per una tempo su cientemente lungo.

Infatti molti bambino con ADHD, se esaminati individualmente, favoriscono prestazioni più
adeguate e conservano l’attenzione su quanto richiesto.

Gli stessi soggetti quando si trovano in classe con altri compagni, o da soli, perdono
immediatamente l’attenzione, per questo si parla di de cit di autoregolazione.

Nell’autoregolazione rientrano i tre pilastri di:

AUTOCONTROLLO: capacità di controllare che le cose vadano per il verso giusto, di inibire
risposte non adeguate e non farsi distrarre.

AUTOGESTIONE: capacità di produrre comportamenti adeguati.

AUTOMONITORAGGIO: capacità di autovalutazione del comportamento.

L’ADHD ha un’ipotesi eziopatogenetica multifattoriale nel quale fattori biologici, psicologici,


ambientali, possono interferire con quesi processi.

Le regioni cerebrali coinvolte si presentano ridotte nei soggetti con ADHD e sono:

- la corteccia prefrontale destra destinata alla programmazione del comportamento, resistenza


alle distrazioni, consapevolezza di sé e del tempo - sede delle funzioni esecutive.

- nucleo caudato e globo pallido destinati all’interruzione di risposte automatiche per consentire
decisioni più accurate da parte della corteccia e per coordinare gli impulsi che attraverso i neuroni
raggiungono le diverse regioni della corteccia.

- verme del cervelletto probabilmente coinvolto anche nella motivazione.

Non esistono marker biologici per l’ADHD nel DSM-5 e questo disturbo è di tipo poligenico,
quindi non esiste il gene, ma esistono dei fattori genetici che determinano una
predisposizione per il disturbo sui quali agiscono fattori di tipo ambientale.

La ridotta dimensione delle strutture celebrali deriva proprio dalla disfunzione dei geni, che
durante lo sviluppo della corteccia prefrontale e dei gangli basali crea una situazione nella quale ci
sia questa ridotta dimensione si queste strutture cerebrali.

I fratelli e le sorelle di bambini con ADHD hanno una probabilità di sviluppare la sindrome da 5 a 7
svolte superiore a quella dei bambini appartenenti a famiglie non colpite. I gli di un genitore
a etto da ADHD hanno no a 50 probabilità du 100 di sperimentare le stesse di coltà.

Cosa succede nelle aree in cui c’è produzione di dopamina?

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La dopamina è il nostro trasmettitore della ricompensa: è secreta dai neuroni in particolari zone
del cervello per inibire o modulare l’attività di altri neuroni, in particolare quelli coinvolti
nell’emozione e nel movimento.

Mutazioni nel gene per il recettore della dopamina possono


rendere i recettori meno sensibili alla dopamina.

Mutazioni nel gene per il trasportatore della dopamina possono


rendere eccessivamente attivi i trasportatori facendo in modo che
essi eliminino la dopamina prima ancora che questa abbia la
possibilità di legarsi agli speci ci recettori. Motivo per cui la
modulazione sull’attività neuronale, delle funzioni esecutive,
dell’attenzione, del movimento e dell’emozione viene meno.

Fattori di rischio:

Prenatali fumo, alcol stress materno

Perinatali basso peso alla nascita, prematurità

Postnatali intossicazioni, dieta in adeguata e de cienza di alcune molecole vitaminiche

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DISTURBO OPPOSITIVO-PROVOCATORIO

Il DOP viene descritto nel DSM-5 nella categoria dei Disturbi da comportamento dirompente, del
controllo degli impulsi e della condotta.

Complessivamente, sono delle condizioni che comportano di coltà nel controllo delle
emozioni e nell’autoregolazione del comportamento.

Il disturbo oppositivo-provocatorio è caratterizzato da un pattern ricorrente di comportamenti


ostili e provocatori, con episodi di aperta s da verso gure di autorità e ha aspetti di collera e di
irritabilità.

La rabbia, lo oppositività e la provocazione appaiono persistenti, spesso acontestuali


(inappropriati al contesto) e inappropriati rispetto all’età di sviluppo del bambino.

Tali aspetti del comportamento si manifestano nell’interazione con individui diversi dai fratelli,
devono persistere almeno per sei mesi (in quanto non si tratta di un atteggiamento morale
passeggero) e devono comportare una signi cativa compromissione del funzionamento del
bambino in ambito sociale, familiare e scolastico.

Il Disturbo è frequente nei bambini di sesso maschile in età prepuberale, mentre dopo la pubertà
non si riconosce una netta prevalenza di genere.

Non è suscettibile di miglioramento con solo intervento educativo.

Nel DSM-5 ne vengono descritte tre diverse tipologie:

- con umore collerico-irritabile: il bambino presenta frequenti scoppi d’ira, è spesso irritabile,
suscettibile e permaloso e viene infastidito facilmente dalle altre persone.

- con comportamento polemico-provocatorio: il bambino litiga frequentemente con adulti e


coetanei. S da attivamente o si ri uta di seguire le richieste e le regole impartire dai genitori o
dagli insegnanti. Spesso disturba deliberatamente gli altri e tende ad accusarli dei propri errori o
del proprio comportamento.

- con comportamento vendicativo: il bambino mette in atto numerosi dispetti e provocazione


con ne vendicativo.

I sintomi diventano evidenti principalmente in età scolare, quindi tra i 6 e gli 8 anni, e in
particolare nel rapporto con adulti e coetanei che il bambino conosce bene, per cui possono non
manifestarsi durante la valutazione clinica.

In famiglia, tali problematiche comportamentali determinano alti livelli di stress genitoriale, con
sentimenti di negativismo rispetto al bambino e di inadeguatezza rispetto alle competenze
genitoriali. Si vengono a creare dei circoli viziosi disfunzionali in cui l’adulto e il bambino entrano
in competizione ed il rapporto diventa sempre più teso e con ittuale.

A scuola, si possono presentare di coltà negli apprendimenti, scarsa motivazione dello studio e
fallimento scolastico con rischio di abbandono scolastico precoce.

Nel rapporto con i coetanei questi bambini vengono spesso ri utati e isolati e ciò determina una
riduzione dell’autostima, favorendo vissuti di isolamento e adesione con gruppi devianti.

A casa e a scuola solitamente si notano solo comportamenti ed atteggiamenti negativi, mai


positivi. Questo porta il bambino a credere che sia necessario difendersi e ovviamente
andiamo a rinforzare paradossalmente il comportamento-problema piuttosto che il
comportamento desiderato.

Dal punto di vista neurobiologico il soggetto a etto da DOP presenta un de cit nel sistema che
controlla l’inibizione dei comportamenti aggressivi a causa anche di un basso livello di
serotonina e cortisolo, l’ormone dello stress.

Da un punto di vista cognitivo giocano un ruolo importante le distorsioni cognitive —> pensieri
che noi facciamo rispetto a ciò che ci accade, la nostra maniera di interpretare eventi e situazioni.
Di solito i bambini con DOP tendono ad attribuire comportamenti problematici a cause non
dipendenti da sé stessi, locus of control esterno. Dunque ganno di coltà nel valutare
correttamente le situazioni, non riescono in un con itto a scegliere soluzioni adeguate, non
riescono a valutare e cacemente una strategia.

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Ipotesi eziologiche sul DOP: genesi multifattoriale, fattori biologici, fattori ambientali e di
funzionamento del bambino.

Fattori biologici: predisposizione genetica che comporta polimor smi di geni dei recettori
dopaminergici che sembrano essere associati a comportamenti antisociali e provocatori.

Componenti neuroanatomiche predisponenti legate prevalentemente a disfunzioni del lobo


frontale ed alterazioni neurostrasmettitoriali, in particolare bassi livelli di serotonina e cortisolo —>
aree cerebrali destinate a controllo, monitoraggio e autogestione.

Fattori ambientali: presenza di depressione materna, gravi discordie coniugali, bassa classe
sociale, alti tassi di criminalità in famiglia, problematiche di tossicodipendenza o alcolismo nei
genitori. Per quanto riguarda lo stile educativo solo chiamate in causa pratiche educative troppo
rigide e incoerenti, instabilità familiare e discontinuità a ettiva.

Fattori temperamentali e neuropsicologici: questi soggetti hanno delle modalità di lettura


distorte del comportamento sociale e tendono ad interpretare le azioni degli altri come ostili.

Le aggressioni che mettono in atto sono quindi considerate ragionevoli e giusti cate.

Scarsa è la tolleranza alle frustrazioni con modalità reattive e inadeguate; si riconosce un de cit
nelle strategie di problem solving nei contesti con ittuali. Presentano una particolare reattività
biologica: la provocazione determina un’attivazione biologica/ sica esagerata con
conseguente risposta comportamentale.

Questi bambini mostrano di coltà a comprendere la responsabilità e ad anticipare le


conseguenze delle loro azioni. Sul piano a ettivo-relazionale i bambino con DOP mostrano un
de cit nelle competenze empatiche, nel riconoscere gli stati mentali e le emozioni degli altri.

È importante rinforzare ogni singolo comportamento positivo, al ne di aumentare la


frequenza di emissione di questi tipi di comportamento.

L’oppositività e l’irritabilità emergono inizialmente nell’ambiente familiare e successivamente si


possono sviluppare anche in altri contesti.

Deve essere valutata con attenzione quale sia la componente prevalente (le tre distinzioni del
DOP - irritabile, testarda, vendicativa) nella storia del bambino, in quanto può determinare
traiettorie evolutive di erenti.

Il tipo con umore collerico-irritabile è a rischio di sviluppare soprattutto Disturbi dell’Umore


(Depressione o Disturbo Bipolare), in adolescenza e Disturbo da uso di sostanza in età adulta. Il
tipo dannoso-aggressivo premeditato è a rischio soprattutto di sviluppare Disturbo di Condotta in
adolescenza e Disturbo di Personalità Antisociale in età adulta, mente in ne il tipo ostinato-
impulsivo è a rischio di sviluppare ADHD.

I campanelli d’allarme a cui prestare attenzione per l’evoluzione verso condotte antisociali
sono: insensibilità, freddezza, premeditazione e assenza del senso di colpa.

Il DOP frequentemente si presenta in comorbilità con altri disturbi psicopatologici dell’età


evolutiva. In particolare ADHD, Disturbo dell’Apprendimento, Disturbo della Condotta,
sintomatologia ansioso-depressiva.

Alcuni autori hanno evidenziato come DOP, ADHD e Disturbo della Condotta siano delle
condizioni distinte distinte era correlate, ma che tuttavia possono considerarsi espressione di un
unico spettro psicopatologico.

L’intervento cognitivo-comportamentale è basato su un modello scienti camente fondato relativo


ai processi attraverso i quali la rabbia, la oppositività del bambino sfocia poi nella provocatorietà e
quindi nelle condotte aggressive.

Sebbene parliamo di una situazione diversa tra bambini con alterazioni delle funzioni intellettive e
bambini senza alterazione delle funzioni intellettive, nei soggetti senza alterazioni delle funzioni
intellettive quando il bambino incontra uno stimolo che potenzialmente può attivare la rabbia
allora non è lo stimolo in quanto tale a generare la di coltà, ma sono soprattutto i suoi pensieri, le
sue percezioni, le sue valutazioni cognitive che in uenzano le sue reazioni emotive e siologiche;
quindi non è l’evento in quanto tale, ma la interpretazione che il bambino da a quella
situazione.

Nella terapia infatti si concentra l’attenzione sulle cognizioni, sui pensieri, non solo del bambino,
ma anche del genitore, dell’insegnate.

Quindi il TRATTAMENTO vede una fase psico-educativa / cognitivo comportamentale in cui il


bambino impara a riconoscere i meccanismi che gli scatenano la rabbia e la relazione presente tra
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situazione-pensiero-emozione-comportamento e in cui si debbano fornire al bambino delle
strategie per gestire le situazioni che gli scatenano rabbia (dialogo interno, problem solving).

Allo stesso modo sono importanti teacher training e parent training per spiegare l’importanza
del rinforzo positivo di ogni singolo comportamento positivo, altrimenti non si incrementa mai la
frequenza con la quale questi si manifestano, gli indesiderati invece possono essere bloccati con
il costo della risposta - ogni comportamento ha un costo, se Filippo sporca la sedia, la pulisce.

E eventualmente una fase di psicoterapia per gli aspetti emotivi e una terapia farmacologica
speci ca nel caso in cui il trattamento individualizzato non sia su ciente.

La DIAGNOSI di DOP viene posta sono una valutazione multidisciplinare con Psicologo e
Neuropsichiatra Infantile che comprende anamnesi individuale e famigliare, esame neurologico,
osservazione clinica comportamentale e valutazione psicodiagnostica.

Viene quindi impostato un trattamento che coinvolge il bambino, i genitori e la scuola in un lavoro
di rete e mira ad una riduzione dei comportamenti disfunzionali, un ampliamenti delle capacità
sociali e la prevenzione del fallimento scolastico.

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DISTURBO DELLA CONDOTTA

Il disturbo della condotta avviene poco dopo il DOP, circa dopo tre anni. Si estrinseca con un
pattern di comportamenti ripetitivi e persistenti che violano nome o regole sociali principali
appropriate all’età e i diritti altrui.

Condotta - comportamento abituale di un individuo nei suoi rapporti sociali

È un disturbo comportamentale di bambini ed adolescenti che ha come protagonisti la tendenza


ad essere aggressivi nei confronti di animali e persone, la volontà di intimorire gli altri,
crudeltà e piacere nell’in iggere dolore, ricorso ad oggetti pericolosi per arrecare un danno,
messa in atto di risse/colluttazioni/aggressioni a scopo di furto o estorsione. In alcuni casi anche
casi in cui il bambino appicca un fuoco con l’intenzione di provocare danni, distrugge una
proprietà altrui, se costringe ad approcci sessuali.

Sono soggetti che raggirano gli altri per ottenere vantaggi, che mentono e che spesso rubano
intrufolandosi in case, auto…

Il disturbo della condotta si associa al Disturbo Oppositivo-Provocatorio, al basso livello


intellettivo, all’ADHD, al Disturbo Bipolare, al Disturbo Antisociale della Personalità.

Questi bambini eccessivamente sensibili a stimoli ostili compiono errori di valutazione rispetto alle
intenzioni da parte degli altri perciò non riescono a trovare nessun altro sfogo se non nel
comportamento aggressivo, soluzioni orientate a fronteggiare queste circostanze. Sono soggetti
che hanno una ridotta capacità cooperativa e hanno un basso livello di empatia - hanno un
sistema evolutivo-motivazionale orientato alla dominanza.

Il comportamento aggressivo in questo disturbo viene emesso con l’aspettativa di produrre


ricompense tangibili e ridurre le reazioni aggressive altrui. Quindi spesso si può constatare che ci
sono delle di coltà neuropsicologiche dovute a De cit delle Funzioni Esecutive e De cit Attentivi.

Non riescono a recuperare nella memoria soluzioni adeguate e funzionali rispetto a ciò che
devono eseguire - fra intendimento ed esecuzione si genera un distacco / alterazione e si assiste
al bambino che fa di coltà a raggiungere l’obiettivo nel momento in cui si presentano ostacoli
dell’ambiente esterno, non riesce a richiamare alla memoria soluzioni adeguate e funzionali.

Il Disturbo della Condotta compare precocemente nell’adolescenza o più tardi —> è importante
prestare attenzione nella fase evolutiva del soggetto nella quale diminuiscono le sinapsi
eccitatorie prefrontali.

Tipo con esordio nell’infanzia: i soggetti presentano un sintomo caratteristico del disturbo della
condotta prima dei 10 anni di età.

Tipo con esordio nell’adolescenza: gli individui non mostrano alcun sintomo caratteristico del
disturbo della condotta prima dei 10 anni di età.

Esordio non speci cato: sono soddisfatti i criteri per la diagnosi del disturbo della condotta, ma
non sono disponibili informazioni su cienti per determinare se l’esordio del primo sintomo si è
veri cato prima o dopo i 10 anni di età.

Esiste un tipo con emozioni prosociali limitate: mancanza di rimorso o senso di colpa,
insensibilità - mancanza di empatia, indi erenza per i risultati, a ettività super ciale o ana ettività.

Nel caso di emozioni prosociali limitate, il disturbo viene de nito con tratto calloso-
anemozionale. Sono delle caratteristiche cliniche molto gravi.

L’AGGRESSIVITÀ è un’attività deliberatamente lesiva sul piano psicologico (essere aggressivi


con il tono della voce), deliberatamente lesiva sul piano sico (tirare un pugno), un’attività
deliberatamente lesiva sul piano materiale (spaccare qualcosa).

Può esserci un’aggressività che sia ESPLOSIVA = impulsiva, non nalizzata all’ottenimento di un
vantaggio ma associata a situazioni provocatorie reali o interpretate dal soggetto come tali,
aumenta il cortisolo, aumenta la serotonina, aumenta la paura, tutto ciò porta alla disinibizione e
dunque il soggetto non ha più azione ri essiva sulle sue emozioni e sfocia nella rabbia.

DISTURBO DELLA CONDOTTA VS DISTURBO OPPOSITIVO PROVOCATORIO - qual’è la


di erenza? Nella Disturbo della Condotta si tende a dominare l’altro per ottenere un vantaggio.

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BULLISMO

Non è una patologia, è un fenomeno. È diventato molto più importante negli ultimi 10 anni. Il
bullismo si sviluppa in un gruppo di pari in cui ogni membro gioca un ruolo speci co.
Il termine bullo viene dall’inglese da bully, che inizialmente signi cava tesoro, poi l'Oxford
Dictionary ne ha dato il senso che conosciamo oggi.

Un individuo è oggetto di azioni di bullismo, cioè è prevaricato o vittimizzato, se è esposto


ripetutamente nel corso del tempo agli azioni o ensive messe in atto da uno o più compagni.

Non tutte le azioni che noi consideriamo bullismo lo sono e ettivamente, infatti per parlare di
bullismo necessitiamo di soggetto prevaricato o vittimizzato, di azioni o ensive che devono
essere ripetute nel tempo.

Le scansioni del fMRI hanno mostrato una diminuita attivazione delle aree associate
all'empatia e una maggiore attività in un'area del cervello associata alla ricompensa quando i
bulli guardavano un video di qualcuno che a iggeva dolore a un'altra persona. Al contrario, il
gruppo di controllo non ho avuto la stessa risposta - somiglianza con disturbo della condotta.

Il bullo non ha una grammatica sociale, è immaturo dal punto di vista emotivo, non prova colpa,
vergogna ed empatia. Il bullo deve quindi imparare da zero i rudimenti di una grammatica del
vivere civile della quale non conosce il codice.

Abbiamo parlato di un gruppo in cui ogni membro gioca un ruolo speci co, la conoscenza del
gruppo è molto importante quando ad un educatore o ad un insegnante verrà chiesto di scrivere
una relazione su quanto visto. Il gruppo quindi è composto da:

- il bullo leader: l'ideatore delle prepotenze ma non sempre il perpetratore - è come se fosse un
direttore d’orchestra

- i gregari: partecipano alle prepotenze sotto la guida del bullo - commettono le azioni che il
leader ha piani cato

- i sostenitori: sono coloro che assistono senza prendere parte all'azione sostenendola con
incitamenti, risolini e via di seguito. Contribuiscono a determinare il fenomeno, aggravando la
situazione della vittima e costruendo aspettative di ruolo verso i bulli.

I protagonisti in questo fenomeno risultano essere:

- la vittima passiva: subisce le prepotenze senza riuscire a reagire

- la vittima provocatrice: provoca il bullo a nché questo non risponde prepotentemente

Gli osservatori del fenomeno invece si suddividono in

- spettatori neutrali: che non prendono una posizione di fronte alle prepotenze o che non sono
mai presenti agli episodi

- i difensori della vittima, gli unici ad assumersi il rischio di andare controcorrente di fronte
all'autorità del più forte e a vivere la scuola con una coerenza di fondo tra ciò che si mostra nel
rapporto con gli adulti e ciò che si incarna nella relazione con i compagni

Il bullismo ha tre caratteristiche:

intenzionalità —> il comportamento aggressivo viene messo in atto volontariamente, il bullo


agisce con il preciso obiettivo di dominare l'altro danneggiarlo.

asimmetria —> gli attacchi sono frutto di una piani cazione cognitiva, tra bullo e vittima c'è
disuguaglianza di forza e potere, sico o psicologico.

sistematicità —> riguarda il tempo, le prevaricazioni sono molteplici e reiterate nel tempo, tanto
da ssare in modo statico i ruoli di bullo e vittima.

COSA NON È IL BULLISMO:


NON È REATO: in quanto non si tratta di aggressioni siche molto violente, furto di oggetti molto
costosi, minacce pesanti, molestie o violenze sessuali e uso d’armi. Il bullismo però in alcune sue
azioni può diventare reato purché previsto dal codice penale.

NON È CONFLITTO: in quanto in un con itto non c'è ssità di ruoli, che subisce una volta in
quella successiva attacca; non c'è piani cazione infatti le prevaricazioni sono agite in modo
improvviso e impulsivo e non esiste la componente asimmetrica di forza e di potere, cioè dunque
parità tra i soggetti.

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FATTORI DI RISCHIO INDIVIDUALI

DIMENSIONE MOTIVAZIONALE: ricerca di maggiori dominanza e visibilità, il ne ultimo è quello


di acquisire un certo livello di potere esplicito mediante l'uso della forza.

DIMENSIONE EMOTIVA: relazione negativa tra empatia prepotenza, i bulli farebbero più fatica a
cogliere la so erenza della vittima e a considerare le conseguenze negative del proprio
comportamento.

BULLISMO VS CYBERBULLISMO
Mentre nel bullismo le persone sono note, quindi la conoscenza degli episodi di bullismo circola
all'interno di un territorio ristretto quali la classe, la scuola, il gruppo sportivo, nel cyberbullismo
sono coinvolte anche persone non conosciute, il materiale viene condiviso con tutto il mondo.
Si utilizzano mezzi elettronici nei confronti di una persona che non può difendersi. Può avvenire
tramite messaggi, dunque verbale; visivo, video/immagini che ritraggono immagini sessuali,
spiacevoli, intime.

È cyberbullismo anche l’esclusione da un gruppo di comunicazione (gruppo whatsapp) - è


infatti un’azione intenzionale, sistematica e asimmetrica e l’impersoni cazione, condivisione di
credenziali d’accesso a pro li social altrui.

A di erenza del bullismo, del cyberbullismo c’è un’assenza di contatto reale tra vittima e bullo e
si veri ca un fenomeno di entità psicologica e sociale de nito deumanizzazione - che consiste
nell'attribuire alle vittime un'assenza di sentimenti umani che frena il nascere e lo svilupparsi del
senso di colpa di fronte alla loro so erenza. La ridotta consapevolezza delle emozioni morali
genera disimpegno morale, che legittima la condotta aggressiva facilitando deumanizzazione.

La ridotta consapevolezza delle


emozioni morali è un tratto
fondamentale del Disturbo della
Condotta, ma questo non implica
che il bullo sia a etto da questo
disturbo.

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Chi è stato vittima di bullismo o ine può diventare aggressore online, invertendo il ruolo nei due
contesti, forse spinto dall'anonimato e dal desiderio di vendetta. Le vittime di bullismo elettronico
sono con maggiore probabilità bulli nel contesto tradizionale.

CONSEGUENZE DEL CYBERBULLISMO


Le conseguenze del cyberbullismo si manifestano nella vita reale delle vittime. Si manifestano in
modo psichico, cioè con cambi di umore improvvisi, disturbi emotivi, problemi di salute sica,
dolori addominali e disturbi del sonno, nervosismo, ansia, si chiudono in se stesse e non
comunicano con il resto del mondo. Cadono in una specie di depressione e la loro autostima e
sicurezza calano; nei casi più disperati decidono pure di togliersi la vita.

C'è un'associazione tra comportamenti di bullismo, comportamenti devianti, uso di sostanze,


comportamenti di cyberbullismo.

Il bullo può avere alterazioni della condotta senza avere Disturbo della Condotta.

Disturbo della condotta con associato comportamento antisociale è uno dei più comuni problemi
dei giovani. Problemi di iperaggressività, oppositività ed impulsività, con o senza ADHD,
costituiscono uno dei motivi più comuni di richiesta di consulenza neuropsichiatrica in età
evolutiva.

LA SCUOLA PUO ESSERE UN CONTESTO TERAPEUTICO - dunque gli insegnanti devono


essere adeguatamente informati, la scuola è il luogo in cui questi soggetti passano la maggior
parte del tempo.

L’intervento sulla vittima, pur e cace a ni individuali, non lo è per quanto riguarda la
riduzione del fenomeno del bullismo, ci spiega la letteratura che il soggetto bullo andrà a
trovare un’altra vittima.

Azioni da adottare con la vittima:


- tenere un colloquio con la vittima in maniera individuale

- in caso di denuncia, qualsiasi intervento si decida di adottare deve essere realizzato con
massima discrezione

- nel caso in cui si conosca o si sospetti di qualche situazione critica, si devono mettere in atto le
misure rivolte a proteggere la vittima aumentando la vigilanza nelle situazioni di pericolo e
adottando metodi di appoggio diretto

- bisogna far sapere alla vittima che non deve nascondere la situazione critica che sta vivendo,
bisogna farla sentire sicura, valorizzarla

- creare un circolo di amici intorno alla vittima per includerla ù

- promuovere autostima, sicurezza, ducia nella vittima, insegnarle a difendere i propri diritti senza
violare quegli degli altri

- o rire sicurezza e protezione alla vittima, indispensabile è quindi la comunicazione tra scuola e
famiglia

- chiedere l'intervento di professionisti come psicologo ci aiuti a risolvere lo stress della vittima,
stanchezza, inadeguatezza e confusione, ansia e disorganizzazione

Azioni da adottare con l’aggressore


- il bullo non dovrà essere considerato solo persecutore, ma è esso stesso vittima di un malessere
che può avere radici psicologiche, familiari, sociali, scolastiche, con l'eventuale in uenza di gura
di riferimento negative. In questo caso la scuola dovrà porsi come luogo in cui si trovano gure di
riferimento e valori positivi, quale l'accettazione incondizionata della diversità e la valorizzazione
del ragazzo e delle sue peculiari attitudini.

- bisognerà tenere un colloquio con l’aggressore, che tenderà a smentire le accuse

- parlare con l'aggressore, mostrandogli disponibilità ad aiutarlo, ma facendogli capire nel


contempo che nel caso in cui sia colpevole dovrà assumersi le sue responsabilità

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Cosa può fare la scuola:

- dare rinforzi positivi rispetto al buon comportamento

- aiutare la vittima e il bullo al cambiamento

- la disapprovazione va rivolta al comportamento negativo

- valorizzare il dialogo

I genitori invece dovrebbero prestare attenzione all’insorgere di indicatori quali:

- è triste e scontento quando torna a casa

- manifesta disagi ricorrenti prima di andare a scuola

- si ammala con facilità

- ha scarso appetito

- ha spesso lividi, ferite o vestiti strappati

- non invita mai amici a casa o è solo

- nessuno lo invita alle feste

- ha spesso libri rovinati, perde matite o altri oggetti

- chiede denaro a casa con motivazione dubbia

- ha un sonno agitato da incubi ricorrenti

- scarso interesse per attività scolastiche / extrascolastiche

È importante utilizzare con bullo, vittima, famiglie, una comunicazione e cace, nella quale è più
importante interrogarsi sul come parlare, piuttosto che sul cosa dire. Dire “Non fare il bullo” non
fa altro che enfatizzare il suo comportamento da bullo, dire alla vittima “Non è successo nulla”
non la fa sentire compresa.

L’intervento da adottare è un intervento a più livelli, rappresentati da:

- il gruppo dei pari

- la relazione tra insegnanti e alunni

- la cultura della scuola

- il rapporto con le famiglie

- il sistema complessivo di valori della comunità

Gli obiettivi di questo intervento sono:

- riconoscimento delle emozioni

- riconoscimento e contenimento della rabbia

- individuazione e modi cazione di pensieri disfunzionali

- capacità di trovare soluzioni alternative al problema

- sviluppo delle capacità di autoregolazione

* Rabbia = emozione primordiale, ancestrale e innato, deriva dall’istinto di difendersi per


sopravvivere nell’ambiente in cui ci si trova, dunque la sua prima funzione è quella adattiva.
Quindi la rabbia porta all’attuazione di alcuni agiti in alcuni momenti.

Nel momento in cui il soggetto si trova in un ambiente ostile e qualcosa viene negato, la rabbia
assume funzione disadattava, crea malessere.

- analisi funzionale del comportamento: Cosa scatena il comportamento aggressivo?


(insuccesso scolastico, derisione dei compagni…) E Cosa lo mantiene? (le risate dei compagni,
sottomissione della vittima…)

Costo della risposta: qual è il costo che il bullo paga? (Filippo sorta, Filippo pulisce)

Tecniche di modi cazione del pensiero: pensieri di prevaricazione sugli altri si devono trasformare
in pensieri e atteggiamenti empatici.

Problem solving: trovare soluzioni più funzionali rispetto a quelle dell’ambiente

È molto importante nelle situazioni di bullismo e cyberbullismo potenziare le competenze


emotive, sociali e relazionali nella scuola. Un’attività molto utile è “Osservo gli altri” - far
osservare agli alunni illustrazioni di stazioni interpersonali ove siano individuabili gli stati emotivi
dei personaggi e favorire l’analisi delle immagini chiedendo Cosa osserviamo? Cosa potrebbe
accadere ai protagonisti? Come si sentono e perché si sentono così?
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DISTURBO DELLO SVILUPPO DELLA COORDINAZIONE MOTORIA

In presenza di questo disturbo l'acquisizione e l'esecuzione di abilità motorie coordinate e


sostanzialmente inferiore rispetto a quanto atteso in base all'età cronologica dell'individuo e
all'opportunità di apprendere e usare l’abilità. Le di coltà si manifestano con go aggine (far
cadere / urtare oggetti) così come con lentezza e inaccuratezza nello svolgimento di abilità
motorie (a errare un oggetto, usare le forbici, scrivere, andare in bici).

Il de cit delle abilità motorie interferisce signi cativamente e persistentemente con le attività
nella vita quotidiana appropriate all'età cronologica e ha un impatto sulla produttività accademica
e scolastica, con le attività professionali, il tempo libero e l'attività sportiva.

I sintomi compaiono nelle fasi precoci dello sviluppo.

I de cit delle abilità motorie non sono meglio spiegati da disabilità intellettiva o da un problema
visivo e non sono attribuiti a una condizione neurologica che colpisce il movimento.

DISTURBO DEL MOVIMENTO STEREOTIPATO

Comportamenti motori ripetitivi, apparentemente intenzionali ed evidentemente a nalistici,


come scuotere le mani, dondolarsi, battersi la testa, mordersi e colpirsi.

Tali comportamenti possono o non possono rispondere gli sforzi per fermarli: tra i bambini con lo
sviluppo tipico, i movimenti ripetitivi possono essere fermati quando sono oggetto di attenzione o
quando il bambino viene distratto dalla loro esecuzione, mentre tra i bambini con i disturbi del
neurosviluppo, i comportamenti motori tipicamente rispondono meno tali sforzi. In altri casi
l'individuo mostra comportamenti di autocontenimento (sedersi sulle mani, avvolgere le braccia
nei vestiti).

Il repertorio di comportamenti è variabile e può comprendere i comportamenti autolesivi


(battersi la testa, schia eggiarsi il viso, mettersi le dita negli occhi, mordersi).

DISTURBO DA TIC

Con la denominazione tic si intendono tutti quei movimenti stereotipati, a nalistici, che
l'individuo compie senza averne il controllo.

La gravità del tic è molto variabile.

Esistono diversi tipi di tic: i tic motori comprendono smor e del viso, movimenti del collo, colpi di
tosse, ammiccamenti, fanno parte di questa tipologia anche i tic vocali (emissioni di suoni non
voluti) che includono per esempio il raschiarsi la gola e lo sbu are. Questi appena elencati sono
considerati tic motori e vocali semplici perché coinvolgono solo alcuni elementi corporei e sono
costituiti da movimenti brevi.

I tic motori complessi invece coinvolgono più elementi corporei e sono costituite da sequenze di
movimenti, ne sono un esempio il battere dei piedi, e ettuare movimenti mimici, odorare un
oggetto, toccare, saltare.

I tic vocali possono essere complessi o de niti anche tic comportamentali, ne sono un esempio
le l’ecolalia (ripetizione comunico di frasi parole o suoni sentiti per ultimi) e la coprolalia
(comportamento compulsivo o patologico che provoca la necessità esplosiva di pronunciare
parole o frasi dal contenuto osceno o volgare).

Oltre a queste principali tipologie esistono anche

- tic distonici (movimenti coordinati consecutivi con un ne inesistente ma presunto),

- tic sensitivi (scatenati da una stimolazione esterna, frequentemente riscontrato nelle persone
con sindrome di Tourette)

- tic transitori, riscontrabili più frequentemente in età infantile.

I tic persistenti esordiscono in genere tra i quattro e i sette anni, raggiungono un picco di
intensità in pre adolescenza, per poi attenuarsi sparire nella maggioranza dei casi in tarda
adolescenza o nella prima età adulta.

La frequenza del tic aumenta con stress, a aticamento ed ansia e si attenua con la
stanchezza.
Sono determinati da fattori chimici, ambientali e biologici, c'è uno squilibrio in alcuni
neurotrasmettitori, in particolare dopamina, serotonina e in alcune aree del cervello che generano
controllo dei movimenti. Quindi è da sfatare il mito che i tic dipendono esclusivamente da fattori
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emotivi. Inoltre c'è anche familiarità genetica, che in alcuni casi raggiunge anche il 75% delle
probabilità.

I criteri diagnostici chiariscono che i sintomi devono comparire prima dei 18 anni e non
devono essere associati all’uso di sostanze stimolanti (droghe) o a condizione medica
generale.

La forma del disturbo varia da lieve a grave in base a quanto il disturbo quanto interferisce nella
vita della persona.

La terapia cognitivo-comportamentale e la terapia più e cace, quanto assieme alla terapia


farmacologica vede più risultati.

Il programma di TERAPIA vede l’automonitoraggio, si cercano informazioni sul tic, la sua


frequenza, la durata, in quali circostanze si veri ca, vissuto emotivo del soggetto. Una fase di
rinforzo in cui il soggetto viene premiato nei momenti in cui è esente dal tic.

Nel DSM-5 ci sono tre di erenti diagnosi di disturbo da tic, gradualmente meno gravi:

DISTURBO DI TOURETTE: È una sindrome caratterizzata da tic facciali, movimenti involontari


multipli del corpo, ecolalia e coprolalia, la gravità dei tic può variare da lievi a invalidanti, ma sono
persistenti nel tempo e il 43% dei pazienti presentano alcune comorbilità con il disturbo da de cit
di attenzione e iperattività, ADHD, il disturbo ossessivo-compulsivo, DOC; queste condizioni sono
spesso secondarie al peggioramento del quadro clinico del paziente ed è fondamentale
identi carle e trattarle. I sintomi devono essere presenti per più di un anno. Tipicamente i disturbi
iniziano nell'infanzia con un tic motorio semplice, per progredire e cronicizzarsi con la comparsa
di tic motori complessi c di uno o più tic vocali (uno o due anni dopo l'esordio dei primi sintomi).

DISTURBO PERSISTENTE DA TIC MOTORI E VOCALI: prevede la presenza di tic motori o


vocali semplici o complessi, ma non sia motori che vocali, presenti in modo persistente nel tempo
(almeno un anno).

DISTURBO TRANSITORIO DA TIC: prevede la presenza di tic motori e/o vocali singoli o multipli,
per un periodo inferiore a un anno.

Come si organizza la famiglia con un glio che presenta la sindrome di Tourette?

Ovviamente non è semplice, Tourette comprende qualsiasi comportamento e a volte i genitori


all’inizio lo giusti cano. Altre volte invece c’è ri uto e comprensione, spesso si dice Smettila,
come se il bambino da solo potesse inibirlo.

In che modo la Sindrome in uenza gli apprendimenti?

Anche se hanno un QI nella media, essi sforzano tantissimo le facoltà attentive, in quanto si
concentrano tantissimo nel controllare volontariamente i tic.

Ciò incide nell’apprendimento. Produce quindi de cit di memoria, scarsa concentrazione,


di coltà a portare a termine i compiti. Particolari tic (della scrittura, degli occhi, dei pensieri
ossessivi) possono incidere in maniera molto signi cativa.

I bambini con il disturbo dello sviluppo della coordinazione presentano problemi


nell’apprendimento, sopratutto nella scrittura.

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EPILESSIA

L’epilessia è una malattia caratterizzata dal ripetersi di crisi epilettiche e che ha


conseguenze sul piano sociale. Ne so re l’1% della popolazione mondiale.

Le crisi epilettiche sono delle scariche elettriche anomale e incontrollate dei neuroni che
interrompono transitoriamente la normale funzione cerebrale. Tale fenomeno provoca alterazioni
dello stato di coscienza, movimenti involontari o convulsioni.

Hanno manifestazioni cliniche molto diverse a seconda del soggetto e non sempre facilmente
riconoscibili.

Per parlare di epilessia è necessario essere di fronte a due manifestazioni di crisi, non scatenate
da circostanze esterne de nite e con un intervallo di tempo maggiore a 24 ore.

L’epilessia NON è un handicap. È necessario essere in grado di distinguere le epilessie vere e


proprie dalle Manifestazioni Parossistiche Non Epilettiche, che mimano le crisi epilettiche ma in
realtà sono altro.

Si parla di un'epilessia attiva quando il paziente ha presentato una o più crisi epilettiche negli
ultimi 2-5 anni; di epilessia in remissione quando non si sono veri cate crisi negli ultimi 2-5 anni.

Le crisi epilettiche si manifestano in forme di erenti, legate a due fattori principali:

- l’età, in quanto il bambino che ha un cervello ancora immaturo presenta crisi diverse dall’adulto.

- alla zona del cervello che dà origine alla crisi, in quanto ad esempio una crisi che interessa
l’area che coordina i movimenti del braccio destro, provocherà movimenti anomali di questo arto,
una crisi che interessa l’emisfero sinistro l’area che presiede alla vista causerà allucinazioni visive
e ci farà deviare gli occhi verso destra.

Dal punto di vista sintomatologico si parla di crisi parziale o focale se la crisi epilettica interessa
solo un’area ristretta di un emisfero cerebrale.

Si parla di crisi generalizzata se interessa ambedue gli emisferi contemporaneamente.

Tipi di epilessie generalizzate sono:

- crisi di assenza tipica / crisi di piccolo male: si tratta di crisi di breve durata senza spasmi.
Sono caratterizzate da una breve assenza con mancanza di lucidità e perdita di memoria. Sono
molto comuni nei bambini, con il passare degli anni le assenze diminuiranno sempre più.

- crisi tonico-clonica / crisi di grande male: sono crisi molto drammatiche che si articolano in
tre fasi:

fase tonica - perdita di coscienza, cadute a terra, ingrandimento dell’intero corpo e pupille
dilatate non reagenti alla luce

fase clonica - contrazione al viso, alle braccia/gambe e al tronco e una breve apnea

in ne si instaura nuovamente la respirazione, il soggetto torna cosciente ma è esausto.

Consiste in convulsioni continue/intermittenti di durata maggiore o uguale a 30 minuti senza


recupero di coscienza.

- epilessia mioclonica giovanile: è una delle forme meglio conosciute, compare tra gli 8 e i 26
anni. Si de nisce in questo modo perché prende scosse miocloniche bilaterali e simmetriche che
si veri cano poco dopo il risveglio. Scatena di conseguenza alterazione del ritmo sonno-veglia,
privazione di sonno, stress, alcol, uso di sostanze.

Tipi di epilessia focale:

- epilessia benigna con punte centro-temporali / Epilessia Rolandica: è la più comune


epilessia focale del bambino, l’età di esordio è tra i 3 e i 13 anni. Coinvolgono il distretti facciale/
periorale e nell’80% dei casi si veri cano nel sonno. Il trattamento con farmaci antiepilettici non è
generalmente indicato.

- crisi parziale semplice (motoria) / - Marcia Jacksoniana: riproduce la tipologia di


localizzazione delle varie aree cerebrali nella corteccia motoria, quindi gambe, tronco, braccia,
testa, faccia. Ecco perché noi vediamo che nel soggetto, parte da un punto e segue la modalità
con la quale sono di use le varie aree del corpo sulla corteccia motoria.
- crisi parziale complessa / epilessia temporale: coinvolge lo stato di coscienza in maniera
monolaterale, l'alterazione della coscienza è tale che il soggetto può anche avvertire una
sensazione premonitrice sulla crisi.
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GLI SPASMI INFANTILI- SINDROME DI WEST

Può essere legata alla so erenza vascolare o alla so erenza ipossico ischemica del neonato o del
prematuro, anche ad altre malformazioni cerebrali. Ma può anche non essere legata a questo: il
bambino ha questi spasmi tipici in essione soprattutto anche al risveglio, ed esistono diverse
terapie. Il quadro della sindrome di West poi, si può complicare anche con la presenza di
alterazioni di natura neuro psico motoria.

Dal punto di vista eziologico invece si distinguono:

- epilessie idiopatiche dipendono prevalentemente da cause genetiche (epilessie 



genetiche). Si tratta di condizioni con esordio nell'infanzia o nell'età giovanile con una familiarità
positiva per epilessia. Sono le forme che rispondono meglio al trattamento farmacologico. 

- epilessie criptogenetiche sono delle condizioni nelle quali le indagini cliniche non hanno
rivelato alcuna causa organica dimostrabile ma che tuttavia dipendono da una sicura patologia
del sistema nervoso centrale. 

- epilessie sintomatiche sono delle condizioni patologiche nelle quali la crisi è uno dei sintomi di
una evidente malattia neurologica (epilessie strutturali o metaboliche). 


Epilessia e vaccinazioni: non è controindicato/vietato vaccinare bambini con crisi febbrili, non è
vietata la vaccinazione per il timore che essa possa causare crisi epilettiche, non è controindicato
vaccinare soggetti che presentano forme di epilessia genetiche o causate da lesioni.

CAUSE

Qualsiasi lesione cerebrale congenita, come malformazioni e le patologie prenatali, o acquisita


come gli esiti dei traumi cranici o degli accidenti vascolari può causare una irritazione che
provoca poi le crisi epilettiche.

Un terzo delle epilessie è dovuto a predisposizione genetica, dunque in assenza di una chiara
lesione cerebrale.

Si manifesta a tutte le età, anche se il 60% si manifesta in età pediatrica.

La diagnosi di epilessia si fa mediante l’Elettroencefalogramma, esame con cui si registra


l’attività cerebrale. Con questa tecnica si evidenzia l’anomalia nella funzione dell’attività elettrica
cerebrale e si può capire di che tipo di crisi so re il paziente.

Esami radiologici come TAC e Risonanza Magnetica Nucleare permettono in molti casi di capire
quale sia la causa dell’epilessia nel paziente, in quanto sono in grado di evidenziare la natura e la
sede della lesione cerebrale.

Fortunatamente alcune forme di Epilessia legate a predisposizione genetica, con esordio per lo
più in età pediatrica, hanno un andamento benigno, in quanto tendono a guarire
spontaneamente.

Esistono terapie farmacologiche che riescono a controllare una grande quantità di casi, ma che
hanno importanti e etti collaterali, primo fra tutti l'induzione di sonnolenza che nei bambini può
venire ad incidere sull'attenzione e quindi sull'apprendimento scolastico. 

Dobbiamo in ne ricordare che l'epilessia è una malattia nei confronti della quale esiste ancora un
forte pregiudizio a livello scolastico, nel mondo del lavoro, nello sport. Per tali ragioni pazienti e
familiari vanno spesso sostenuti sul piano psicologico.

Ovviamente la scelta del farmaco varia in base ad una serie di variabili quali il tipo di epilessia,
l’età del soggetto, eventuali comorbilità.

Con i farmaci si guarisce dall’epilessia? Il trattamento dell’epilessia è di tipo sintomatico, nel


senso che riesce a contenerne le crisi, non riesce e ettivamente a farla scomparire.

Un terzo dei pazienti è resistente al trattamento farmacologico - Epilessia resistente - e può


presentare crisi anche molto frequenti, per no pluriquotidiane, con rilevanti conseguenze negative
sullo sviluppo psicomotorio. In questi pazienti si utilizzano trattamenti alternativi ai classici farmaci
antiepilettici quali ad esempio:

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- trattamento neurochirurgico: i pazienti portatori di una lesione cerebrale circoscritta,
asportabile chirurgicamente, possono giovarsi di questo tipo di trattamento, purtroppo solo il
10-15% dei pazienti farmacoresistenti può essere trattato chirurgicamente.

- Dieta Chetogenica: i pazienti pediatrici farmacoresistenti possono ricorrere ad una dieta basata
su un’alta percentuale di grassi a scapito di carboidrati e proteine, l’applicazione di tale dieta a
bambini con Epilessia resistente ha dato risultati molto incoraggianti con percentuali di successo,
cioè di signi cativa riduzione del numero delle crisi intorno al 60% dei casi, e con alcuni pazienti
completamente liberi da crisi.

- stimolazione vagale: dispositivo per ridurre la frequenza di episodi critici nei pazienti con
epilessia farmacoresistente, si tratta di un generatore di impulsi che si posiziona sottocute a livello
della clavicola che invia al nervo vago stimoli elettrici attraverso elettrodi applicati
chirurgicamente.

- DEEP BRAIN STIMULATION: metodica di stimolazione dell’area cerebrale tramite elettrodi in


zone capaci di modulare l’attività elettrica di tipo epilettico.

BAMBINI CON EPILESSIA DEL LOBO FRONTALE



Essi possono avere de cit della coordinazione visuomotoria, della memoria a breve termine, del
linguaggio, dell’attenzione; diversi studi hanno evidenziato che la frequenza delle crisi è correlata
negativamente all’esito cognitivo. È quindi molto importante associare correttamente questi fattori
e sottoporre i soggetti ad adeguata riabilitazione neuropsicologica: non basta il doposcuola per
questi soggetti. I bambini con un’epilessia poco controllata hanno un declino nel quoziente
intellettivo e nella velocità di elaborazione maggiore di coloro che hanno un’epilessia ben
controllata e liberi da crisi.
I bambini con epilessia, ritengono di avere scarso controllo sul proprio comportamento.

Le caratteristiche di imprevedibilità e incontrollabilità di questa malattia esporrebbero il soggetto
in età evolutiva ad un senso di ineluttabilità, di inadeguatezza con conseguente sviluppo di scarsa
autostima, isolamento sociale e problemi di comportamento.

EPILESSIA E ADHD - la ADHD spesso in comorbilità con l'epilessia evolutiva presenta sintomi di
iperattività, impulsività, possono essere mascherati anche da alcune terapie farmacologiche,
inoltre i de cit cognitivi e i problemi scolastici sono una conseguenza dell’epilessia e sono
collegate alla ADHD.

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LA PSICOPATOLOGIA DELL’ETÀ EVOLUTIVA

La Psicopatologia dello sviluppo la scienza che studia le disorganizzazioni delle funzioni


emergenti di natura a ettivo-relazionale, sistematizzandole in termini descrittivi e ad
analizzandone in termini di vissuti esperienziali da parte del soggetto. Quindi le informazioni
ricavate attraverso l'esame psichico sono nalizzate a chiarire tre aspetti fondamentali del
percorso di maturazione e crescita psicologica della persona:

- se le funzioni emergenti di natura a ettivo-relazionale si stanno organizzando in maniera regolare


o se stanno mettendo in evidenza segnali di deviazioni dalla loro abituale traiettoria evolutiva, sia
in termini di comportamenti osservabili che in termini di vissuti

- nel caso che le funzioni emergenti stiano mostrando segni di deviazione, quali sono le
circostanze interne e/o esterne alla base di tali deviazioni.

- come si può intervenire sulla riorganizzazione adattiva di funzioni emergenti di natura a ettivo-
relazionale che mostrino segni di deviazioni.

Ma cosa sono le funzioni emergenti di natura a ettivo relazionale, quali sono e come evolvono nel
tempo?
Come sappiamo il Neurosviluppo consiste in un processo che comprende crescita, maturazione e
specializzazione funzionale del Sistema Nervoso Centrale e Periferico, sotto spinte genetiche e
spinte ambientali. Questo processo avviene nell'area della motricità, del linguaggio, nell'area
cognitiva e allo stesso modo avviene per gli aspetti relativi alla scoperta di Sé. In questo contesto
maturano una serie di competenze / apprendimenti che nel loro complesso vanno a costituire
quelle de nite come Funzioni mentali di natura a ettivo-relazionale.

Nell'ambito di tali funzioni le dimensioni che devono essere tenute in considerazione per una
conoscenza del bambino che giunge ad osservazione sono rappresentate da:

- la reciprocità sociale

- la regolazione delle emozioni

- il controllo degli impulsi

- l'immagine di Sé
Ognuna di queste dimensioni evolve nel tempo assumendo connotazioni variabili da soggetto a
soggetto, e in uno stesso soggetto nel corso del suo sviluppo.

- La reciprocità sociale è la capacità e la disponibilità di entrare in relazione con l'altro, con


l'intenzione di in uenzarlo ed accettando di essere a sua volta in uenzato. Alla base c’è una
naturale tendenza ad entrare in uno scambio di emozioni, a etti con una o più gure del gruppo
sociale di appartenenza utilizzando codici, regole e comportamenti condivisi. Questa è una
tendenza presente n dalla nascita, è un bisogno primario non in erito dall’esperienza né
condizionato ho dettato da altri bisogni.

Prime settimane di vita: il bambino preferisce la la voce umana, e attratto da colori e oggetti in
movimento ma preferisce il volto umano, riesce ad imitarne espressioni facciali. Considera l’altro
come qualcosa simile a sé e questo stimola il bisogno di attivare con esso uno scambio
interattivo.

Età pre-scolare: dal terzo mese di vita il bambino inizia ad organizzare gli stimoli sensoriali in
esperienze percettive che vengono sistematizzate in schemi di conoscenza. Una tappa
fondamentale di questo processo è rappresentata dalla comparsa del sorriso alla visione del volto
dell’altro che avviene in maniera costante intorno al terzo mese di vita (sorriso sociale). Il bambino
sorride a chiunque gli si avvicini soprattutto nel momento in cui lo stimolo visivo (il volto) e
associato ad uno stimolo uditivo (la voce). In questa fase il lattante raccoglie indizi sici,
informazioni di carattere emotivo che gli permettono di associare espressioni mimiche, posturali,
vocali a speci che emozioni. La capacità di cogliere questi segnali, imparando nel frattempo a
riconoscere i correlati emozionali, realizza l’empatia, parte integrante della motivazione sociale.

Successivamente il bambino impara rivolgere la sua attenzione a quello che l’altro sta facendo, si
rende conto quindi se l’altro impegnato in qualche cosa, (intorno ai nove mesi). È una fase nella
quale il bambino individua l’altro come soggetto che si auto-organizza e in genere lo fa per
qualche cosa; il passo successivo è quello di capire le intenzioni dell’altro, acquisire quindi la
capacità di assumere la prospettiva dell’altro, volgendo il suo sguardo nella direzione della cosa
dell’evento.

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Il bambino intorno ai due anni ripropone nel gioco delle scene sociali come ad esempio far
mangiare la bambola, far dialogare due pupazzi, sgridare un bambolotto.

A partire dei quattro anni il bambino in grado di ri ettere sui propri stati mentali e su quelli altrui
riuscendo a prevedere il comportamento degli altri non in base a quello che lui sente, desidera o
crede, ma in base a quello che lui pensa che gli altri sentono, desiderano o credono - Teoria della
Mente.

Età scolare: in questa fase il ragazzo riceve un forte stimolo allo sviluppo della socialità ma deve
capire come porsi agli altri, bisogna saper utilizzare adeguate strategie di avvicinamento,
adeguate capacità narrative. Il soggetto quindi assume delle competenze sociali più mature che
gli permettono di comprendere le regole che de niscono i rapporti interpersonali tra pari.

Con l’ingresso nella scuola primaria il ragazzino acquisisce anche capacità auto-ri essive che gli
permettono di fare considerazioni più approfondite su se stesso, sulle sue attitudini, sulle sue
competenze. Tutto ciò investe molto sull’immagine di sé, la sicurezza, il senso di e cacia.

Adolescenza: inizia dei 12 anni, è de nita età del cambiamento infatti è una stagione fatta di
turbolenze, progetti e rinunce, speranze e delusioni. Questa di coltà sta nel fatto che
l’adolescente percepisce il peso delle nuove richieste poste dall’ambiente in una fase in cui non
ha ancora maturato su cienti risorse per fronteggiarle. Queste richieste non sono altro che
compiti di sviluppo che permetteranno successivamente al soggetto di essere considerato ben
adattato; i più importanti sono l’accettazione del proprio corpo, la gestione del proprio corpo
entro un sistema di valori condivisi, lo sviluppo di un’identità sociale, la costruzione di un vero e
proprio sistema di valori, l’apertura di una progettualità futura, la costruzione di rapporti a ettivi,
di erenziazione dei genitori e conquista dell’autonomia, integrazione della sessualità e
dell’immagine di sé e avvio di relazioni sentimentali.

Per esprimere un giudizio valutativo sulla reciprocità sociale è necessario tenere in conto delle
capacità percettive che permettono al soggetto di essere attento agli stimoli sociali e di saperli
utilizzare senza lasciarsi confondere, delle competenze empatiche, della cognizione sociale e
della capacità di mediare tra bisogni sociali personali e bisogni sociali degli altri.

- Regolazione delle emozioni: le emozioni possono essere de nite come stati della mente che
vengono attivati da eventi-stimolo rilevanti per gli interessi del soggetto. L’emozione che è dunque
stato di attivazione della mente, si accompagna a modi che neuro siologiche (reazioni ormonali,
cambiamenti dell’attività elettrica cerebrale), espressioni corporee involontarie (mimica, postura,
intonazione della voce) e comportamenti espliciti (avvicinamento, allontanamento, fuga o
aggressione) che dipendono dal tipo di emozione in gioco. Nella prima fase dello sviluppo
vengono chiamate emozioni primarie, abitualmente vengono descritte quattro emozioni di base
quali paura, rabbia, tristezza e soddisfazione. Progressivamente, soprattutto grazie all’ambiente il
bambino arricchisce il suo repertorio di emozioni, emozioni secondarie.

Per raggiungere un soddisfacente adattamento all'ambiente in cui vive, il bambino deve imparare
a controllare le proprie emozioni, non deve reprimerle, ma imparare a gestirle, ecco cosa signi ca
regolazione delle emozioni.

Questo processo è caratterizzato da cinque passaggi:

1. il riconoscimento delle emozioni: il bambino impara a conoscere le emozioni, a riconoscerle e


ad apprendere etichette the nominative che vengono loro attribuite.

2. comprensione delle emozioni: fase in cui il bambino capisce che le emozioni nascono in
risposta ad eventi-stimolo interni ed esterni

3. presa di coscienza dei correlati neurovegetativi e somatici delle emozioni: fase in cui
realizza che le emozioni si associano a reazioni neuro neurovegetative (sudorazione, secchezza
delle fauci, palpitazioni) e manifestazioni somatiche (espressioni facciali, atteggiamenti posturali,
alterazioni della voce)

4. valutazione degli e etti delle emozioni: il bambino comprende che le proprie emozioni
in uenzano lo stato mentale dell'altro, e viceversa

5. regolazione delle emozioni: fase di piena comprensione delle emozioni e comprensione che
esistono strategie utili a contenerle, il bambino impara a costruire una serie di strategie e a
utilizzarle secondo le circostanze
Tra tutte le emozioni la più studiata è la paura, molto connessa anche alla sicurezza; la paura
nasce con la persona nella misura in cui riveste un signi cato altamente ad attivo che ha
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permesso la sopravvivenza della specie. L'aver paura permette di mettere in atto adeguati
atteggiamenti di prudenza, evitamento, fuga nei confronti di eventi-stimoli pericolosi.

I primi mesi di vita: già dai primi giorni di vita la sicurezza si traduce come il bisogno di poter
contare su una gura di riferimento privilegiata; progressivamente la sicurezza diventa ducia in
se stessi e in ne bisogno di una stabilità economica / lavorativa / sentimentale. Nelle prime fasi
dello sviluppo il bisogno di sicurezza genera comportamenti nalizzati a stabilire rapporti di
vicinanza prima sica e poi emotiva, con una gura privilegiata, è quanto si realizza con
l’attaccamento. In questa fase il bambino e la mamma imparano a leggere i segnali l'uno
dell'altro, le intenzioni, interpretare gli a etti… Il normale uire dei rapporti permette la
realizzazione di un attaccamento sicuro, situazione in cui il bambino ha ducia che la madre sarà
sempre disponibile, presente e attiva nel caso si dovesse trovare in situazioni paurose o
pericolose, in questo modo il bambino si sentirà sicuro nell'esplorazione del mondo. In altre
situazioni può realizzarsi un attaccamento insicuro in cui quindi manca nel bambino la certezza di
sicurezza che il genitore sarà presente e disponibile in caso di bisogno; in questo caso questa
insicurezza lo porterà a non staccarsi mai dalle gure di accudimento, sarà predisposto a provare
ansia di separazione. Questo pattern di attaccamento è legato ad una scarsa continuità nel
rapporto, situazioni che mettono a rischio la continuità del rapporto (minacce di abbandono come
strumento di controllo) o dalla presenza di un genitore disponibile in alcuni occasioni ma non in
altre. L’attaccamento non è utile solo alla sopravvivenza ma anche e sopratutto alla comprensione
degli stati men6ali degli altri e di se stesso.

Età prescolare: a partire dal terzo anno di vita cominciano ad assumere importanza i processi di
identi cazione che forniscono un grosso contributo al senso di sicurezza, infatti mediante
l'identi cazione con uno dei genitori il bambino assimila la forza e l'adeguatezza del genitore e
quindi riceve la sensazione di essere adeguato e capace. Il bambino ad un certo punto, con il
ra orzamento delle dell'identi cazione comincerà a comportarsi come se possedesse alcune
caratteristiche del modello.

Età scolare: con l'inizio della scuola primaria il ragazzo si trova a dover a rontare compiti di
sviluppo molto carichi di termini emotivi. Il dover rispettare tempi imposti dalla scuola, dover
impegnarsi nei compiti assegnati, dover apprendere nuovi codici, accettare il giudizio
dell'insegnanti, a rontare il confronto con i pari. Sono attivate dinamiche emozionali molto intense
che il bambino deve imparare a fronteggiare e a gestire ai ni di soddisfare il suo adattamento.

L'adolescenza: in questa fase la dimensione della sicurezza va incontro a forti attacchi, qualsiasi
cambiamento comporta elementi di preoccupazione. In questo contesto emozionale e relazionale
la ricerca di punti a cui aggrapparsi per aumentare la sicurezza porta lato le sente a rivolgersi al
gruppo dei pari, quindi persone che stanno provando i suoi stessi turbamenti.

Per esprimere un giudizio valutativo sulla regolazione emotiva è necessario tener conto di una
serie di abilità pre-requisiti che la sottendono, dei sotto-insiemi rappresentati da:

soglia di attivazione dei recettori: la soglia rappresenta un elemento determinante nel modulare la
quantità di stimoli in entrata e la loro intensità sensibilità dei sistemi di allarme in relazione anche a
pregresse esperienze spinte motivazionali dettate da elementi temperamentali con particolare
riferimento alla tendenza all'evitamento del pericolo o all'opposto alla tendenza a ricercare le
novità la sensibilità e la qualità di dimensioni interne alla persona, quali l'immagine di sé, il senso
di appartenenza, il vissuto di identità; dimensioni in uenzate dalla qualità delle risposte fornite
dall'ambiente nei confronti delle manifestazioni emotive del soggetto.

- Il controllo degli impulsi: indica la capacità del soggetto di inibire risposte comportamentali
che nei confronti di eventi-stimolo tenderebbero automaticamente a esplodere come
comportamenti impulsivi. La natura degli eventi-stimolo in grado di attivare il soggetto variano nel
corso del tempo in rapporto all'età, a caratteristiche che riguardano l'ambiente e aspetti che
riguardano il temperamento. L'evento stimolo provoca l'attivazione di uno stato mentale che può
essere sia positivo che negativo. Ci sono delle tensioni interne all'individuo che lo spingono
siologicamente ad agire per ridurre la tensione. Come diceva anche Freud ciò che si veri ca è
una competizione fra diversi bisogni: il bisogno di dare soddisfazione ad un bisogno contingente
contro il bisogno di mantenere un rapporto di condivisione di a etti con il caregiver e di ricevere la
sua approvazione. Secondo la prospettiva comportamentista l'appagamento del bisogno, e quindi
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la riduzione dello stato di tensione, rappresenta un rinforzo importante nel mantenere il
comportamento messo in atto e nel riproporlo sistematicamente nell'esperienza futura. È
necessario ovviamente controllare gli impulsi, chi si occupa di questo tipo di controllo sono le
funzioni esecutive, che vedono implicate le strutture del lobo frontale in collegamento con
strutture sottocorticali.

- L’immagine di Sé: chi sono?, Quanto valgo?, Cosa pensano gli altri di me? Sono interrogativi
che cominciano ad a acciarsi nella coscienza del soggetto progressivamente, ma mano che le
competenze cognitive permettono di accedere ad un'esperienza auto-ri essiva. Questo momento
coincide con la fanciullezza e assumono un carattere molto pressante in adolescenza.

I primi mesi di vita: il bambino attraverso esplorazione sistematica del proprio corpo e del corpo
dell'altro arriva a mettere insieme i vari pezzi per accedere ad uno schema mentale di corpo
(schema corporeo), corpo inteso come un tutt’uno. Verso i due anni avviene la presa di
conoscenza del proprio corpo: l'auto-riconoscimento, una tappa fondamentale nell'evoluzione
dell'identità personale, induce il bambino a modi care le modalità relazionali con l'ambiente
circostante adottando comportamenti che traducono il bisogno di porsi, di proporsi e di imporsi.
Con l'entrata nel gruppo il bambino riceve ed elabora dati relativi a se stesso come ad esempio
caratteristiche siche, competenze motorie, abilità prestazionali è molto precocemente (a partire
dai tre-quattro anni) comincia a fornire una descrizione di sé è limitata ad un elenco di attributi
generici quali età, natura, sesso.

Età scolare: a sette anni il fanciullo fornisce una descrizione di se stesso molto articolata e
completa includendo agli attributi sici alcuni dettagli relativi alla propria qualità interiori. Ho 11
anni inizia a delineare un ritratto di sé di tipo psicologico.

Adolescenza: il soggetto arriva ad una completa coscienza di sé e ragionando in termini astratti,


compare la capacità di ri essione sul proprio aspetto sico, sui tratti temperamentali e sugli stati
emotivi che caratterizzano il suo modo di essere e di apportarsi alla realtà circostante.compare
maggiore essibilità nella descrizione di attributi psicologici e nasce l’autostima. In questa fase il
soggetto ha costantemente bisogno di confrontarsi con se stesso e con gli altri per delineare la
sua identità personale e sociale.

Nel complesso conoscere la persona portatrice del disturbo signi ca de nire il suo modo di
essere, i suoi stili di comunicazione, le modalità con cui si rapporta alle altre persone, i suoi
sentimenti, i suoi desideri, il suo modo di rispondere e fronteggiare le di coltà: conoscere il suo
funzionamento mentale, di fatto rappresentato dalle funzioni emergenti di carattere a ettivo-
relazionale.

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I DISTURBI DEPRESSIVI

I Disturbi dell'Umore sono malattie mentali che coinvolgono degli alterazioni psicologiche
costituite da prolungati periodi di eccessiva tristezza, allegria o esaltazione oppure instabilità del
tono dell'umore che oscilla fra stato di tristezza a stato di euforia ed eccitazione. Depressione e
mania rappresentano i due estremi dei disturbi dell’umore. Disturbi dell’Umore sono i seguenti:
disturbo bipolare, mania e ipomania, depressione, depressione post-partum, ciclotimia, distimia,
esaurimento nervoso e altri disturbi dell’umore.

Il Disturbo Depressivo è un Disturbo dell’Umore. Può essere considerato uno dei quadri
psicopatologici più frequenti tra i quadri dell'umore nell'età evolutiva. Il tasso della depressione
infantile è ad oggi in arte aumento perché l'adulto riesce a comunicare il proprio malessere, ma i
bambini non hanno una buona capacità di verbalizzare comunicare il loro malessere e la loro
so erenza, per cui esprimono il malessere e la so erenza emotiva attraverso il comportamento.

La Depressione Infantile è un disturbo dell'umore che vede abbassamento e oscillazione del


tono dell'umore con isolamento, chiusura, mancanza di interesse, ansia da separazione,
rallentamento psicomotorio e modi cazioni cognitive. Un singolo episodio depressivo importante
da monitorare perché può avere diverse ricadute; ne deriva una so erenza psico sica che si
traduce in di coltà relazionali, lavorative e di interazione sociale in una seria riduzione della
qualità della vita complessiva.

Solitamente l'episodio depressivo maggiore tende a risolversi nel giro di qualche mese e resta
unico nel corso della vita del soggetto; in altre situazioni 6% 10% si possono veri care recidive
più o meno frequenti e più o meno lunghe che evolvono verso forme croniche.

Il disturbo può manifestarsi nei bambini con:

- iperattività, agito aggressivo, ritiro sociale

- interdipendenza dei genitori o da altre gure adulte

- riduzione dell'autostima e s ducia nelle sue capacità

- calo del rendimento scolastico

- calo del peso corporeo

Quindi molto spesso il bambino mette in atto comportamenti non tipici della depressione
dell'adulto, ecco perché identi care correttamente questo disturbo è molto di cile. Diversi studi
hanno dimostrato che c'è addirittura una di erenza di genere:

- maschio: isolamento, di coltà scolastica, oppositività e iperattività

- femmina: aspetti legati alla ruminazione ed inibizione

Nel DSM-5 I disturbi dell'umore sono classi cati in due categorie distinte: i disturbi depressivi e
disturbi bipolari.

Disturbi Depressivi:

- Disturbo depressivo maggiore / endogena: è un quadro clinico caratterizzato dalla ricorrenza


dei seguenti sintomi, depressione dell'umore, perdita di interesse o di piacere per quasi tutte le
attività, irritabilità, lamentele somatiche, perdita di peso, insonnia o ipersonnia, agitazione
psicomotoria, fatica / perdita di energie, bassa autostima, di coltà di attenzione ideazioni
suicidarie ritiro sociale. È una depressione non direttamente collegabile a particolari eventi (lutti,
perdite, situazioni stressanti). Secondo il DSM-5 per poter fare diagnosi è necessario che siano
presenti almeno cinque di questi sintomi per una durata di almeno due settimane.

- Disturbo depressivo persistente / Distimia: si riferisce alle forme in cui l'umore è


cronicamente depresso, per gli adulti il periodo in cui il soggetto è in una condizione depressiva e
della durata di almeno due anni, nei bambini l'umore può essere irritabile anziché depresso e la
durata minima è di un anno. Almeno due sintomi devono essere presenti per almeno due anni tra
scarso eccessivo / appetito, insonnia / ipersonnia, scarsa energia, bassa autostima, calo della
concentrazione, sensazione di essere senza speranza.

- Disturbo disforico premestruale: vede i sintomi presentarsi nella maggior parte delle fasi
premestruali e si ritiene che sia fortemente in uenzato dagli ormoni.

- Disturbo da disregolazione dell'umore dirompente: è diagnosticabile i minori no ha 18 anni,


è caratterizzato da persistente irritabilità che comporta scatti di rabbia e aggressività frequenti
(almeno tre volte a settimana). Un elemento caratterizzante è che gli stati di irritabilità
permangono anche tra una crisi di rabbia ed un’altra. Gli scoppi di ira e collera si manifestano con
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una rabbia verbale o comportamentale, con una eteroaggressività (rabbia sproporzionata rispetto
allo stimolo) o con una distruzione di cose altrui. Questi scoppi di collera non sono coerenti con lo
stato di sviluppo del bambino. Per essere diagnosticato necessita di un esordio compreso tra i 6 e
i 10 anni di età. Questo disturbo spesso in adolescenza o nella prima età adulta sfocia in un
disturbo d'ansia o in una depressione maggiore, molto comune nei bambini che presentano
ADHD o disturbi d'ansia dell'età dello sviluppo. Non può coesistere con il Disturbo Oppositivo
Provocatorio o con la Depressione Maggiore può invece coesistere con ADHD, Disturbo della
Condotta e uso di sostanze.

Per depressione si intende un grave abbassamento dell'umore con lievi turbamenti


dell’emotività.

La depressione è diversa dalla tristezza, la depressione è una patologia e e non scompare con la
forza di volontà ma necessita di terapia farmacologica e psicoterapia; mentre la tristezza è un
emozione.

Come per tutti i disturbi psicopatologici dell'età evolutiva, l'approccio terapeutico non si limita alla
cura del sintomo, ma prevede una serie di interventi di natura diversa nalizzati a realizzare un
riequilibrio del contesto relazionale del bambino e quindi l'interventi sono psico-educativi,
psicoterapeutici e farmacologici. I farmaci più utilizzati sono gli inibitori selettivi della ricaptazione
della serotonina, farmaci che incidono sul sistema serotoninergico; antidepressivi triciclici e
stabilizzanti dell’umore.

Secondo Beck i sintomi nel bambino depresso sono raggruppati in categorie:

Cognitivi: senso di colpa, di coltà di concentrazione, pensieri di morte

Emotivi: tristezza, irritabilità, rabbia

Motivazionali: chiusura in se stesso

Neurovegetativi: disturbi di peso

Eziologia dei disturbi depressivi


Nei bambini e negli adolescenti e anche negli adulti è di tipo multifattoriale: include infatti fattori
genetici, familiarità, fattori ambientali, presenza nell'ambiente familiare di con itti, abusi, ri uti e
nell'ambiente scolastico di situazioni inadeguate; disturbi neuroendocrinologici, presenza di
eventi stressanti quali separazioni, lutti, divorzi, ospedalizzazioni prolungate di bambini o familiari.

La depressione materna può essere associata alla depressione infantile. Lo stato emotivo della
madre nei primi anni di vita del bambino incide negativamente sullo sviluppo infantile ma
ovviamente la madre depressa non per forza genera un glio depresso. Ci sono due modelli che
tentano di spiegare questo processo:

- processo di modeling: bambino imita il processo a ettivo materno

- mancanza di sintonizzazione a ettiva: quando la madre è poco disponibile a rispondere ai


bisogni a ettivi del bambino, sottopone il bambino a sviluppare un'attaccamento insicuro, che è
un attaccamento di questo tipo può mettere in atto comportamenti disorganizzati e condotte di
Evita mento particolare nella relazione con gli altri.

La depressione infantile a volte è causata da un fattore precipitante, in altri no. Nella depressione
infantile non per forza dobbiamo andare a cercare un trauma, un fattore che possa averla
scatenata. Nel momento in cui in maniera precoce si riconoscono i sintomi della depressione
bisogna intervenire subito per evitare la ricaduta e di conseguenza evitare che in quel bambino ci
siano problemi di compromissione dello sviluppo.

La depressione infantile si può manifestare anche in età prescolare.

IL DISTURBO BIPOLARE NEL BAMBINO E NELL’ADOLESCENTE

Tra i disturbi dell'umore, oltre ai disturbi depressivi, troviamo i disturbi bipolari.

A di erenza dei disturbi depressivi che sono caratterizzati da una sola polarità (si manifesta
solamente la variante depressiva) nei disturbi bipolari osserviamo la presenza di episodi
maniacali o ipomaniacali alternati da episodi depressivi. In passato veniva de nito disturbo
maniaco-depressivo.

Il disturbo bipolare è molto raro nei bambini e in passato veniva spesso diagnosticato in bambini
piccoli di età compresa fra i 4 e gli 11 anni quando manifestavano irritabilità intensa molte volte al
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giorno; ora si ritiene invece che questi bambini siano a etti a etti da un Disturbo da
disregolazione dell'umore dirompente. Il Disturbo Bipolare in genere inizia nella fase centrale
dell'adolescenza o nella prima età adulta, negli adolescenti è molto simile al disturbo bipolare che
colpisce gli adulti. I Disturbi Bipolari tendono ad associarsi (comorbidità) al disturbo da ADHD, al
Disturbo della Condotta, al disturbo d'ansia e al disturbo da uso di sostanze psicoattive
(anfetamine, cocaina e allucinogeni).

I criteri diagnostici utilizzati per l'adulto risultano poco applicabili all'età evolutiva quindi i
sostenitori dell'esistenza di un disturbo bipolare già in pre-adolescenza propongono per l'età
evolutiva alcune modi che ai criteri diagnostici, la più importante riguarda una netta prevalenza di
irritabilità rispetto all'euforia, un’irritabilità superiore rispetto ad altri quadri psicopatologici ma
che comunque si associa con spunti di euforia e grandiosità.

La causa è sconosciuta, ma può sussistere una predisposizione ereditaria, potrebbero essere


coinvolte anomalie chimiche e anatomiche del cervello. Nei bambini che ne so rono un fattore
importante che può scatenare un episodio e lo stress.

Sintomi: i principali sintomi sono rappresentati da episodi caratterizzati da sensazione di euforia


ed eccitazione di vario grado alternati episodi di depressione che possono veri carsi più spesso,
il bambino quindi attraversa pesanti cambiamenti di umore. Spesso i sintomi insorgono con
gradualità, prima che il disturbo si sviluppi il bambino solitamente si dimostra molto capriccioso è
di cile da gestire.

Durante un episodio maniacale il sonno è disturbato, il bambino può diventare aggressivo, può
avere uno stato d'animo molto positivo o essere molto irritabile e parlare velocemente; i pensieri si
accavallano rapidamente, si è ambiziosi, la capacità di giudizio può essere compromessa e
l'adolescente si può comportare in modo irresponsabile. I bambini più piccoli possono essere di
pessimo umore ma tali stati durano solo qualche minuto e spesso l'andamento scolastico ne
risente.

Durante un episodio di depressione i bambini con disturbo bipolare, come quelli a etti da
depressione, si sentono eccessivamente tristi e perdono interesse nelle solite attività, possono
pensare e muoversi lentamente, dormire più del solito, si sentono colpevoli e senza speranza.

Quanto alla terapia è sempre necessario prevedere un progetto terapeutico personalizzato e in


aggiunta interventi educativi, psicoterapeutici e spesso anche farmacologici (stabilizzanti
dell'umore quali alcuni farmaci anticonvulsivanti e neurolettici atipici).

Il disturbo bipolare è molto raro nei bambini e in passato veniva spesso diagnosticato in bambini
piccoli di età compresa fra i quattro e gli 11 anni quando manifestavano irritabilità intensa molte
volte al giorno; ora si ritiene invece che questi bambini siano a etti a etti da un disturbo da diesel
regolazione dell'umore dirompente.il disturbo bipolare in genere inizia nella fase centrale della se
l'adolescenza o nella prima età adulta, negli adolescenti è molto simile al disturbo bipolare che
colpisce gli adulti.

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CONDOTTE SUICIDARIE NELL’INFANZIA E NELL’ADOLESCENZA

Il suicidio è la morte causata da un atto intenzionale di autolesionismo ideato per essere


letale, il comportamento suicidario comprende il suicidio compiuto, il tentato suicidio e
l'ideazione suicida. La depressione rappresenta il più comune e signi cativo, ma non unico fattore
di rischio per il suicidio. Qualsiasi espressione di pensieri suicidari deve essere presa seriamente
ed è importante fornire aiuto e sostegno adeguato.

- suicidio compiuto: atto intenzionale di autolesionismo che ha portato al decesso

- tentato suicidio: un atto di autolesionismo che voleva portare al decesso, ma non l'ha fatto;
può o meno comportare lesioni

- l'ideazione suicida: pensieri, piani cazione e atti preparatori relativi al suicidio

I pensieri e le condotte suicidarie sono fenomeni in genere associati ai disturbi del tono
dell’umore. L'ideazione suicidaria è molto frequente negli adolescenti di entrambi i sessi, anche
se maggiore nelle donne. Purtroppo anche i tentativi di suicidio sono molto frequenti e nell'età tra
i 6 e i 12 anni. Il suicidio è molto raro invece nei bambini prepuberi, mentre negli adolescenti fra i
15 e i 19 anni ha una prevalenza di 1 su 10.000 soggetti. Nei bambini di 3-12 anni a etti da
disturbi depressivi maggiori la presenza di pensieri e comportamenti suicidari è intorno al 10%.

Il tasso dei suicidi è in rapida ascesa soprattutto nei maschi che vivono nelle società più
industrializzate, mentre i tentativi di suicidio sono più frequenti nelle ragazze.
Si tratta in genere di soggetti che presentano disturbi depressivi, impulsività, disturbi della
condotta (con aggressività) e abuso di sostanze.

A livello neurobiologico sono state prese in considerazione delle alterazioni croniche nella
presenza di alcuni neurotrasmettitori cerebrali, come ad esempio la serotonina.

I fattori psicologici coinvolti possono dipendere da:

- rapporti negativi con i genitori e/ o i coetanei 



- dalla sensazione di rappresentare un "peso" per i propri familiari (nei casi di malattie
croniche), 

- da una maggiore assuefazione al dolore che porta i soggetti a superare la paura di
morire. 

- imitazione e il contagio

La prevenzione del comportamento suicidario è collegata agli interventi di prevenzione e di


trattamento delle condizioni cliniche associate al disagio sociale, familiare e psicopatologico che
ne stanno alla base.

TRATTAMENTO

Il riconoscimento dei primi segni di disturbo dell'umore da parte degli insegnanti, coordinati
dagli psicologi scolastici, dovrebbe essere la prima tappa per sviluppare degli itinerari di
prevenzione. Una volta che il disturbo dell'umore è stato riconosciuto è consigliabile attuare un
trattamento psicoterapeutico associato a una terapia farmacologica.

Molto importanti sono gli interventi psicologici di sostegno ai genitori.

Con i pazienti è possibile sviluppare delle terapie cognitivo-comportamentali di base e di
mantenimento.

Nei casi di depressione maggiore si sono rivelati particolarmente e caci i trattamenti basati sulla
consapevolezza e la presa di distanza dai pensieri negativi. 


Il farmaco più noto è il litio, si tratta di una sostanza che modula la trasmissione dopaminergica e
colinergica, incrementa l'attività inibitoria dell'acido gamma-aminobutirrico (GABA) e riduce
l'attività eccitatoria del glutammato.

La terapia con il litio deve essere costantemente monitorata perché il livello terapeutico è vicino a
quello tossico nel quale possono svilupparsi deliri, convulsioni e coma.

Nei soggetti che presentano sintomi psicotici Viene consigliata l'associazione con gli antipsicotici.

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ANSIA NELL’INFANZIA E NELL’ADOLESCENZA

L'ansia è un'esperienza normale del genere umano e come tale anche del bambino, si
manifesta con modalità diverse in rapporto a livello di sviluppo: quanto più piccolo è il
bambino tanto più l'ansia si esprime con manifestazioni che coinvolgono l'intero organismo,
comportando eccitazione motoria o disagio sico; via via che si va a strutturando l'apparato
psichico l'ansia viene vissuta come un fenomeno interiore ed è sperimentata come stato
spiacevole.

L'ansia ha signi cato adattivo ed evoluzionistico, infatti rappresenta lo stato emozionale


sollecitato da situazioni nuove o potenzialmente pericolose, che induce ad adottare
comportamenti rispondenti alle speci che esigenze del contesto.

Questo stato emozionale può talvolta assumere caratteristiche abnormi per quantità o qualità, in
questi casi si parla di ansia patologica:

- non è anacronistica, collegata cioè a vissuti riconducibili a situazioni passate, ma è legata a


situazioni presenti

- non è fantasmatizzata, non è cioè ancorata a situazioni immaginative ma a fatti reali

- non è stereotipata e ricorrente, cioè non fa parte delle modalità abituali di comportamento

In passato i disturbi inclusi in questa categoria non so gra ca caratterizzavano il quadro delle
Nevrosi.

Oggi nel DSM-5 i Disturbi d'Ansia rilevabili in età evolutiva descritti sono principalmente
rappresentati dal Disturbo d'Ansia di Separazione DAS, dal Disturbo di Ansia Generalizzata DAG e
dalle Fobie. Il Disturbo Ossessivo-Compulsivo DOC era precedentemente incluso nei Disturbi
d'Ansia, ma oggi viene trattato come una categoria a sé stante, in quanto l'ansia associata al
disturbo non si pone come sintomo primario ma piuttosto come un sintomo secondario
all'ideazione ossessiva.

L'ansia patologica è caratterizzata come uno stato abituale che si manifesta con sentimenti di
inadeguatezza e indecisione, instabilità e irritabilità o con uno stato di allarme al quale
corrisponde una sintomatologia vegetativa rappresentata da dilatazione pupillare,
secchezza delle fauci, nausea, tachicardia, sudorazione. In questo caso non è la situazione di
per sé che scaturisce ansia, ma il modo in cui si interpreta la situazione, infatti il pensiero della
persona in uenza il comportamento. Se in relazione alla situazione e alla sua interpretazione,
l'interpretazione è adeguata, la reazione emotiva sarà funzionale, dunque si avrà un
comportamento spesso e cace, se invece la situazione viene valutata inadeguata allora
scaturisce paura della perdita del controllo, senso di colpa, ansia e depressione.

—> PENSIERI IRRAZIONALI - Come ci accorgiamo della loro presenza nei bambini?

Il pensiero razionale si distingue in quanto rigido, illogico, in contraddizione con la realtà è


dannoso per il conseguimento del proprio benessere e dei propri scopi. Quindi in presenza di
un ostacolo anche interno a causa di questi pensieri irrazionali, il bambino e l'adulto, non riescono
ad andare verso l’obiettivo.

D'altro canto i pensieri razionali sono essibili e non estremi, congruenti con la realtà oggettiva,
sono logici e facilitano il conseguimento dei propri scopi del proprio benessere.

Soluzione pratica e soluzione emotiva:

- Soluzione pratica: gli individui tendono in relazione ad un evento a voler cambiare l'evento
stesso, per esempio se il soggetto ha ansia per un esame, non si presenta - ma se non si presenta
è come se fosse già bocciato, perché ovviamente se si fosse presentato avrebbe avuto almeno il
50% di probabilità di superarlo: l’evitamento dà al soggetto una temporanea sensazione di
abbassamento dell'ansia ma ovviamente la soluzione pratica non è sempre la migliore.

- Soluzione emotiva: consiste nel trasformare la propria reazione emotiva all'evento,


piuttosto che cercare di fuggire da esso o eliminarlo.

In presenza di emozioni e comportamenti disfunzionali si possono mettere in atto tecniche con


l'aiuto dello psicologo, del neuropsicologo clinico e anche di una persona che semplicemente è
vicina al soggetto, per una ristrutturazione del pensiero irrazionale con uno più razionale e
quindi puntare a rendere più congruo il pensiero al ne di avere una reazione più funzionale.

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DISTORSIONI COGNITIVE: spesso iniziano nell'infanzia anche per l'in uenza del comportamento
dei genitori.

Impotenza appresa: il bambino che non riesce in un compito, non dirà che non è riuscito in un
compito, ma “io non so fare niente”.

Secondo il modello cognitivo i livelli di pensiero sono come le pareti che compongono un
albero:

Le foglie sono i pensieri automatici, piccole e fragili —> si possono presentare all'improvviso
senza preavviso come immagini mentali intrusive del cervello e sono una sorta di commento
interno. Possono essere coscienti oppure incoscienti, molto rapidi, brevi e telegra ci.

Esempio: la situazione è mamma e papà litigano prima di cena il pensiero automatico sarà
mamma è nervosa perché ho impiegato tanto tempo per nire i compiti, mamma e papà litigano
per colpa mia, si lasceranno e io non avrò più una famiglia.

Il tronco sono le credenze intermedie, solide —> strutturate maturate in ambiente sociale e a volte
in contrasto con la socialità o la famiglia. Sono opinioni, regole, assunzioni e valori. Spesso
provocano uno stato di so erenza, per esempio il bambino dice “devo essere sempre all'altezza di
tutto”. Sono molto importanti perché sebbene non sono così facilmente modi cabili, sono più
malleabili delle credenze di base. Tutto ciò in cui noi crediamo è entrato a far parte del nostro
patrimonio di conoscenze, in gran parte attraverso le credenze intermedie - ovvero l'educazione
ricevuta, le esperienze, le testimonianze del mondo in cui siamo vissuti. Molte spesso le credenze
ci sono state consegnate da altri.

Le radici invece sono gli schemi sui quali si regge tutto, le credenze di base —> sono strutture
interpretative di base con cui la persona rappresenta se stesso e gli altri e organizza il suo
pensiero. Sin dall'infanzia le persone sviluppano alcune convinzioni su se stessi e sugli altri, sul
mondo, che si sviluppano quando il bambino interagisce con gure signi cative e si imbatte in
varie situazioni. Rappresentano il livello di credenza più profondo, sono molto rigide, assolute,
globali infatti molti autori la de niscono anche schemi.

Sono così importanti e profonde che spesso le persone non le esplicitano neanche a sé stessi,
sono considerate da noi assoluta verità, rappresentano quindi il modo in cui stanno le cose. La
maggior parte delle persone può mantenere delle credenze di base relativamente positive per la
maggior parte della vita. Le credenze di base anche negative possono essere attivate durante
particolari momenti.

Le distorsioni cognitive sono identi cabili partendo dai pensieri automatici, si tratta di modalità
disfunzionali di interpretare le esperienze che si caratterizzano per il processo, non per il
contenuto.

È possibile mettere in discussione le distorsioni cognitive mettendo in discussione innanzitutto la


validità del pensiero, quindi dei pensieri automatici; è necessario vedere se fra evento e
comportamento c'è un pensiero emotivo che lo regge.

Esistono diverse terapie che promuovono il cambiamento e benessere:

- ACT: Acceptance and Commitment Therapy promuove l'importanza di essere nel momento
presente, non focalizzarsi quindi nel passato e nel futuro, dinanzi ad un pensiero è necessario
chiedersi che validità a per noi il pensiero oggi.

DISTURBO D’ANSIA DI SEPARAZIONE

Il Disturbo d'Ansia di Separazione è costituito da una sindrome comportamentale legata ad


un'ansia eccessiva riguardante la separazione da casa o da coloro quel soggetto è
attaccato.

Il prototipo d'ansia di separazione è rappresentato dopo l'ottavo mese di vita del bambino
quando la madre iniziato allontanarsi. Il pianto che compare in risposta all'allontanamento della
madre indica l'avvenuta acquisizione della capacità di discriminare fra le gure dell'ambiente
signi cativo e di de nire quella privilegiata come gura di accudimento. Si tratta di una conquista
cognitiva che porta il bambino alla percezione della gura materna come persona dotata di
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esistenza autonoma, gura da quel bambino si rende conto di dipendere e sulla quale non ho
possibilità di controllo onnipotente.

In una condizione normale l'alternarsi di allontanamenti e di ritorni nell'ambito di una dimensione


a ettivo-relazionale stabile e rassicurante, permette al bambino di elaborare questa esperienza,
padroneggiando la o mettendo in atto modalità di risposte aderenti alla situazione.

In alcuni casi questa iniziale ansia di separazione non solo non scompare, ma persiste,
condizionando lo sviluppo e le modalità comportamentali ed esperienziali del bambino.

I fattori che possono contribuire a mantenere, intensi care o far ricomparire l'ansia di separazione
sono molteplici:

- familiarità

- fattori biologici: è stata suggerita una possibile associazione fra ansia di separazione e labilità
di alcuni sistemi endocrini e neurotrasmettitoriali.

- fattori temperamentali: alcuni aspetti del comportamento quali timidezza o tendenza all'Evita
mento di situazioni nuove sarebbero tratti temperamentali altamente predisponenti all'insorgenza
di disturbi d'ansia di separazione

- fattori psicodinamici: una serie di evenienze che nelle prime fasi di sviluppo possono
intervenire nel processo di attaccamento e nel normale uire della relazione bambino-genitori
(quali ad esempio ospedalizzazioni, inadeguatezza delle gure di attaccamento…) determinano
fragilità emotiva nel bambino con incapacità di fronteggiare le esperienze di separazione.

- fattori cognitivi

- fattori socio-culturali: l'ansia di separazione potrebbe essere condizionata e favorita dai


modelli educativi propri dell'ambiente che vive il bambino

- fattori situazionali: intesi come situazioni di stress psicologico che possono riattivare l'ansia di
separazione mantenerla quali ad esempio lutto, divorzio, abuso, bruschi cambiamenti di
ambiente.

Sintomatologia: il quadro clinico è caratterizzato da una situazione di malessere che insorge


quando il bambino si allontana da casa o si separa dalle gure a cui ha maggiormente attaccato e
ovviamente varia in rapporto all’età.

Bambini più piccoli possono non essere in grado di restare in camera da soli e hanno bisogno
della presenza sica della madre, molti problemi insorgono solitamente nel momento di andare a
dormire infatti molti pretendono che la madre si addormenti accanto a loro. I problemi maggiori
insorgono quando il bambino si allontana da casa senza genitori, diviene estremamente
nostalgico e avverte il bisogno di sapere dove si trovano i genitori e di stare in contatto con loro,
molto spesso inventano scuse per tornare a casa.

Questi bambini sono costantemente assaliti da ansia relativa al pericolo di smarrirsi e non
ritrovare più loro genitori, ad eventi catastro ci che possono investire la famiglia e a gravi malattie
che possono colpire i genitori o addirittura la morte dei genitori.

Sintomi somatici sono dolori di stomaco, nausea, vomito, palpitazioni, vertigini che non
avvengono solo durante la separazione, ma anche quando essa è soltanto temuta.

Nell'ambito dei Disturbi d'Ansia di Separazione viene inserito un quadro clinico molto particolare:
la fobia scolare.

FOBIA SCOLARE / RIFIUTO ANSIOSO DELLA SCUOLA

Comunemente si manifesta tra i 5 e i 10 anni, al mattino i soggetti mostrano marcati segni d’ansia
espressi soprattutto attraverso sintomi somatici quali cefalea, dolori addominali, stanchezza,
sonnolenza, dolori muscolari - spesso anche diarrea, vomito che mettono in allarme i genitori che
pensano siano dovuti ad una malattia organica.

In questo disturbo molto spesso non è la scuola l’oggetto fobogeno, ma la separazione dalla
famiglia / gure familiari. Ovviamente esistono diversi casi:

- il ri uto della scuola è legato ad una vera e propria fobia, dunque la scuola in questo caso
diventa oggetto fobogeno e causa angoscia, malessere somatico e condotte di evitamento.

- il ri uto può essere legato ad eventi traumatizzanti vissuti nel contesto scolastico

- può anche essere relativo ad un’ansia prestazionale spesso facilitata da un reale insuccesso o
dalla paura di insuccesso e dal giudizio altrui.

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DISTURBO D’ANSIA GENERALIZZATA

Il Disturbo d’Ansia Generalizzata è caratterizzato dalla presenza di ansie e preoccupazioni


eccessive che si associano ad irrequietezza, facile a aticabilità, di coltà a concentrarsi,
irritabilità, disturbi del sonno e tensione muscolare.

L’oggetto d’ansia non è legato ad un elemento speci co (come nelle Fobie), ad una determinata
situazione (come nel Disturbo d’Ansia di Separazione) o ad un particolare contenuto ideativo
(Disturbo Ossessivo-Compulsivo). L'elemento caratterizzante è un'esperienza di malessere che
nei bambini più grandi può essere verbalizzata come una preoccupazione eccessiva e nei più
piccoli si traduce in correlati somatici inequivocabili quali irrequietezza, manifestazioni
neurovegetative e mimica tesa.

Sintomatologia: i bambini con questo disturbo sono i bambini che hanno paura di tutto. Essi
mostrano ansia e preoccupazione eccessiva nei confronti di svariate situazioni: quando
vengono lasciati soli, quando devono e ettuare esperienze nuove, quando sono chiamati a
svolgere un compito. Spesso le ansie e le preoccupazioni riguardano la qualità delle prestazioni
anche quando non devono essere valutate da altri.

* Quest’ultimo aspetto rappresenta un importante elemento per la diagnosi di erenziale infatti


quando l'ansia è legata al giudizio che l'altro può dare alla sua prestazione si con gura una fobia
sociale.

Sul piano comportamentale l'insicurezza si traduce in atteggiamenti eccessivamente


conformisti e perfezionisti, con tendenza a rifare le cose per un costante sentimento di
insoddisfazione per la prestazione e ettuata, tali bambini richiedono spesso l'approvazione la
rassicurazione circa la validità della loro prestazione.

FOBIE

Le fobie sono paure ingiusti cate di un oggetto o di un evento, il contatto con il quale
determina nel bambino intense reazioni di angoscia; nei confronti della fobia il bambino tende ad
utilizzare strategie difensive rappresentate tipicamente dall’evitamento.

Elementi caratterizzanti i comportamenti fobici sono:

- angoscia nei confronti dell'oggetto o dell'evento fobogeno

- ansia anticipatoria

- condotte di evitamento

Il DSM-5 distingue due categorie:

- la Fobia Sociale: è rappresentata dall’ansia del giudizio altrui

- la Fobia Speci ca: è caratterizzata da paure persistenti e razionali nei confronti di speci ci
oggetti o speci che situazioni

La presenza dell’evento fobogeno scatena nel bambino intense reazioni di angoscia che si
traducono sul piano comportamentale in pianto, scoppi di ira, irrigidimento e manifestazioni
neurovegetative. Conseguenza è aggrapparsi o stare vicino ad una persona familiare.

Nella Fobia Sociale l'ansia anticipatoria e l’evitamento fanno sì che il bambino tende ad apparire
molto timido negli ambienti non familiari, a sfuggire al contatto con altri e a ri utare di partecipare
ai giochi di gruppo. Tali comportamenti ovviamente investono la vita scolastica del bambino con
ri uto della scuola e decadimento delle prestazioni. Nella Fobia Sociale il soggetto tenderà
sempre ad evitare quel tipo di situazioni che implicano un giudizio di altre persone.

Nella Fobia Speci ca il livello di ansia o paura che determina l'evento o l'oggetto di solito varia in
funzione sia del grado di vicinanza allo stimolo fobico, che nel grado di limitazione della possibilità
di allontanarsi da esso.

Le manifestazioni ansiose in età evolutiva sono particolarmente frequenti, è proprio per questo
che induce spesso ad assumere nei confronti di tali manifestazioni atteggiamenti di scarsa
considerazione. Fra gli interventi da prendere in considerazione vanno indicati i seguenti:
interventi farmacologici, interventi psicoterapeutici e interventi educativi.

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I farmaci più utilizzati sono gli ansiolitici, ovviamente la scelta del farmaco deve considerare
numerose variabili.

I Disturbi d’Ansia caratterizzanti dell’età evolutiva, nella maggioranza dei casi tendono a
scomparire nell’età adulta. In rari casi il disturbo persiste ma con uttuazioni nel decorso.

Di erenza tra ansia e paura:


ANSIA —> non necessita che qualcosa accada realmente, è una risposta emotiva ad uno stimolo
minaccioso.
PAURA —> valutazione di uno stimolo minaccioso
Quando la paura è stimolata, lo stato emotivo che viene evocato è detto ansia.

Conseguenza dell’ansia - MUTISMO SELETTIVO

Rappresenta l’incapacità di parlare davanti agli altri, in situazioni speci che nelle quali ci si
aspetta che si parli, quali interrogazione o a scuola in generale.

Non si tratta di un bambino muto, ma che non parla solo in alcune situazioni, infatti quando è a
casa ad esempio parla senza problemi.

Spesso gli insegnanti a scuola dicono al bambino “di qualcosa”, questo è un atteggiamento errato
in quanto nelle situazioni in cui lo stress è minore, il mutismo non è presente.

È una patologia che non colpisce solo i bambini.

Non è semplice e ettuare una diagnosi di mutismo selettivo proprio perché i soggetti non
riescono a parlare in pubblico. I bambini a etti da questo disturbo possono comunicare
attraverso gesti ad esempio annuendo o scuotendo la testa.

Spesso capita che vengono scambiati per autistici.

Il disagio spesso si manifesta attraverso il dover mantenere un contatto visivo, nella rigidità sica
e nella loro rigidità del volto.

La causa principale è l’ansia - l’ansia e il conseguente panico impedisce al bambino di parlare,


anche quando vorrebbe interagire / prendere parte attiva della conversazione.

Importante per i bambini con mutismo selettivo è che non vengano mai costretti a parlare.

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DISTURBO OSSESSIVO-COMPULSIVO

Il DOP viene de nito del DSM-5 come un quadro clinico caratterizzato dalla presenza di
ossessioni / compulsioni che interferiscono in maniera marcata nella vita del soggetto che
ne è a etto.
Le ossessioni sono caratterizzate dalla presenza persistente o ricorrente i idee, pensieri, impulsi,
immagini mentali che la volontà non riesce ad eliminare dal campo della scienza e che
costituiscono motivo di turbamento e di disagio.

Il soggetto è consapevole del carattere morboso del disturbo, riconosce le ossessioni come
intrusive, inappropriate e senza senso.

Le ossessioni più presenti sono rappresentate da:

- pensieri ripetitivi di contaminazione ( essere cioè contaminati da qualcuno durante una stretta
di mano)

- dubbi ripetitivi (chiedersi se si è lasciata la porta aperta, o se ci si è comportati in modo da aver


lesionato qualcuno)

- bisogno che le cose siano disposte in un determinato ordine

- impulsi aggressivi o terri ci (pensieri di aggredire un familiare, di gridare oscenità in chiesa)

- fantasie sessuali (ricorrenti immagini pornogra che)

In genere il soggetto con ossessioni cerca di sopprimere ed ignorare tali pensieri, oppure di
neutralizzarli con altri o con determinate azioni ( = compulsioni).
Le compulsioni sono comportamenti ripetitivi (lavarsi le mani, riordinare, controllare) o azioni
mentali (pregare, contare, ripetere delle parole) che nella maggior parte dei casi hanno lo scopo di
prevenire o di ridurre senso di malessere che accompagna un’ossessione. Ad esempio:

- soggetti con pensieri di contaminazione si laveranno le mani per ridurre il proprio disagio
mentale nche la mano non diventa ruvida.

- persone che pensano di aver lasciato la porta aperta staranno sempre a controllare che questa
sia e ettivamente chiusa

- soggetti con pensieri blasfemi conteranno

Spesso le compulsioni si presentano anche come azioni stereotipate e rigide senza essere
precedute da ossessioni.

IL DISTURBO OSSESSIVO-COMPULSIVO AD INSORGENZA IN ETÀ EVOLUTIVA

Manifestazioni di tipo ossessivo si possono riscontrare siologicamente in età evolutiva con


modalità variabili a seconda della fase di sviluppo.

Verso la ne del primo anno di vita il bambino può presentare una serie di comportamenti ripetitivi
che riguardano l’uso dell’oggetto, come ad esempio sbattere ripetitivamente un oggetto farlo
cadere
Nel secondo-terzo anno cominciano a comparire comportamenti ritualizzati connessi al
controllo s nterico, come ad esempio pretendere che la funzione si svolga sempre nello stesso
posto o con determinate modalità
Nel quarto quinto-anno si ripropongono rituali nella fase di addormentamento, come richieste
ripetute alla madre di baci o di acqua o che venga raccontata una favola
In età scolare compaiono comportamenti compulsivi come ad esempio assumere posture
bizzarre o dedicarsi in maniera ripetitiva ad alcune attività
Questi comportamenti cominciano ad assumere carattere di manifestazioni ossessivo-
compulsive quando:
Sono anacronistici (inadeguate per le caratteristiche e contenuto al livello di sviluppo)

Sono caratterizzate da contenuti insoliti

Diventano insistenti e interferiscono sul funzionamento generale del soggetto

Si associano ad un evidente stato di tensione e di ansia


Spiccata tendenza gli scrupoli e al dubbio
Perfezionismo
Di coltà di adattamento alle novità
Marcata timidezza e inibizione dei contatti sociali

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Il DOC è abitualmente ritenuto un disturbo dell’età adulta ma numerose e recenti ricerche hanno
dimostrato come sia sviluppato anche in età evolutiva. Le cause sono genetiche oppure
biologiche, infatti è stata notata una disfunzione serotoninergica nei soggetti a etti da DOC.

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DISTURBI CORRELATI AD EVENTI TRAUMATICI E STRESSANTI

I disturbi correlati ad eventi traumatici e stressanti si riferiscono ad una serie di quadri clinici
riconducibili ad un evento esterno che incide sullo stato psicologico della persona andando a
determinare malessere e disagio.

I quadri clinici che possono riscontrarsi in età evolutiva sono:

- Disturbo reattivo dell’attaccamento


- Disturbo da stress post-traumatico
- Disturbi dell’adattamento

Quali sono gli eventi traumatici e stressanti con possibile ruolo etiopatogenetico?

ADOZIONE —> sembra un momento felice ma in realtà il percorso dell'adozione risulta


caratterizzato da problematiche di diverso tipo che investono sia aspetti giuridici che psicologici;
da un lato a leggi complesse con iter lunghi che prevedono valutazione idoneità della coppia e del
bambino da parte di organi competenti, le storie personali caratterizzate spesso da vissuti
traumatici, violenze e maltrattamenti e abbandono e le dinamiche legate alla strutturazione del
nuovo nucleo familiare. Anche una buona adozione delle procedure ad essa connesse si
propongono come ha fattore di rischio.

DIVORZIO —> è una situazione molto di usa è un aspetto rilevante riguarda il tipo di rapporti tra i
genitori nella fase antecedente la separazione e nella fase successiva la separazione. Un altro
fattore importante è caratterizzato dall'intensità delle manifestazioni della discordia, incide un
ruolo molto importante sui vissuti dei gli. Anche il periodo che segue il divorzio è una fase molto
critica sia per i genitori che per il bambino, in quanto entrambi devono adattarsi ad un nuovo
sistema di vita. È da considerare anche il grado di coinvolgimento dei gli nelle dispute, i gli
infatti possono essere presi come testimoni o ostaggi, resi responsabili della discordia o complici
e con denti di uno dei genitori.

ABUSO INFANTILE —> le situazioni di abuso sono suddivise in abuso sico, trascuratezza e
abuso sessuale. L'abuso sico viene a con gurarsi quando il bambino viene sottoposto ad atti
intenzionali che possono tradursi in comportamenti violenti. La trascuratezza viene a con gurarsi
non come atto intenzionale ma intenzionale sico o emotivo, è disattenzione nei confronti dei
bisogni sici ed evolutivi del bambino. Si parla di trascuratezza sica, nelle cure mediche, nella
supervisione, educativa ed emotiva. L'abuso sessuale rappresenta una forma di abuso nella quale
il minore viene coinvolto in attività sessuali in appropriate rispetto al suo livello di sviluppo è
improprio rispetto al ruolo che occupa nella famiglia. In genere la vittima è una donna e l'abusante
è una gura di quel bambino, almeno inizialmente, si da.

BULLISMO

SINDROME DI MUNCHAUSEN PER PROCURA —> questa sindrome si caratterizza per la


simulazione intenzionale di segni o sintomi sici o psichici con nalità di assumere il ruolo di
malato. È una malattia mentale è una forma di abuso in cui un genitore è un'altra persona che si
prende cura del bambino simula o provoca una malattia del bambino.

CALAMITÀ NATURALI E DRAMMI UMANITARI —> si riferiscono ad eventi imponenti quali


terremoti, tsunami e alluvioni. Rientrano anche le situazioni causate da guerre, epidemie, fame.

DISTURBO REATTIVO DELL’ATTACCAMENTO

Il concetto di attaccamento far risultare evidente che il benessere del bambino dipende
soprattutto nelle prime fasi di sviluppo della capacità da parte della madre di comprendere e
soddisfare i suoi bisogni urgenti, la madre si pone quindi come una base sicura e permette al
bambino di sapere che anche quando non è sicamente presente esso sarà con lui in caso di
bisogno.

Il fallimento di questi primi scambi può condizionare negativamente la qualità dell'attaccamento;


la sensazione da parte del bambino di non poter contare su una base sicura lo porta ad
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interiorizzare un modello operativo interno di attaccamento che non lo sostiene nelle sue attività
esplorative e nell'organizzazione strutturante della realtà.

Quindi l'elemento caratterizzante questo quadro clinico è rappresentato dal mancato


riconoscimento di una gura privilegiata a cui fa riferimento nelle situazioni di disagio. Il quadro
clinico esordisce nei primi anni di vita: dopo il primo anno e non oltre i cinque anni.

DISTURBO DA STRESS POST-TRAUMATICO

Il disturbo da stress post traumatico è molto de nito sul piano sintomatologico, un elemento
caratterizzante è la presenza di esperienze traumatiche molto forti che ne rappresentano la
causa.

Le manifestazioni cliniche si concretizzano in quattro gruppi di sintomi:

- sintomi intrusivi: l'evento traumatico si ripropone in maniera invadente attraverso ricordi, sogni
o ashback

- sintomi dissociativi: la dissociazione indica uno scollamento di una serie di funzioni


psicologiche quali memoria, attenzione, percezione ed ideazione. Quando normalmente integrate
queste funzioni garantiscono continuità temporale e piena consapevolezza di sé e dell'ambiente
circostante; quindi a causa di questo scollamento il soggetto si trova vivere un senso di irrealtà
dell'ambiente che gli appare distante, distorto o surreale.

- sintomi da disregolazione cognitiva-emotiva: il soggetto è in preda a pensieri disfunzionali e


convinzioni irrazionali che riguardano se stesso e il mondo come ad esempio la mia vita è nita
non mi riprenderò mai più; è presente quindi un appiattimento dell'emozionalità positiva con una
prevalenza di emozionalità negativa

- sintomi di evitamento: una serie di azioni mentali e comportamenti tesi ad evitare i ricordi,
pensieri e sentimenti connessi con l'evento traumatico e a tenersi lontano dalle persone coinvolte

- sintomi da alterazioni dell’arousal: ipervigilanza, estrema irritabilità, scoppi di rabbia, stato di


costante allarme.

Può veri carsi a qualsiasi età e il quadro clinico può variare da soggetto a soggetto. Nel bambino
la demarcazione fra i vari sintomi è meno netta e prevale in genere una situazione di disagio
di uso. I sintomi si manifestano nei primi tre mesi dopo il trauma e hanno durata che nell'adulto è
in media di tre mesi.

I DISTURBI DELL’ADATTAMENTO

Si riferiscono a una serie di situazioni cliniche sottese da un senso di malessere emotivo. La


so erenza che sottende le manifestazioni cliniche è riconducibile ad un elemento stressante ma
la sua identità è sproporzionata rispetto all'intensità e alla gravità dell'evento stressante
che l'ha prodotta. Gli eventi stressanti che possono essere chiamati in causa non sono
catastro ci come nel disturbo da stress post-traumatico, sono ad esempio la chiusura di un
rapporto sentimentale, la morte di un familiare, problemi coniugali, perdita di lavoro che in età
evolutiva possono essere anche successi scolastici, esclusione da parte dei coetanei.

TERAPIA

Quanto alla terapia riguardante i quadri clinici appena descritti, l'approccio terapeutico si fonda su
tre ordini di interventi:

- rimuovere dove è possibile le cause che hanno provocato o mantengono attivo il malessere del
soggetto

- facilitare l'elaborazione emotiva del malessere e la riorganizzazione cognitiva


dell'esperienza
- promuovere l'inserimento del soggetto in attività, scelte fra quelle che riescano a garantire
una reale partecipazione e l’inclusione.

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DISTURBO DA SINTOMI SOMATICI E DISTURBI CORRELATI

La somatizzazione è l'espressione di fenomeni mentali mediante sintomi sici (somatici). Nei


disturbi caratterizzati da somatizzazione i sintomi possono manifestarsi in maniera inconscia e
involontaria oppure essere prodotti in modo consapevole e volontario. Si parla di sintomi somatici
e disturbi correlati, disturbi ttizi e simulazione (che non è un disturbo psichiatrico).

In tutti i disturbi, i pazienti si concentrano principalmente sulle preoccupazioni somatiche.


Pertanto, la somatizzazione conduce tipicamente i pazienti a richiedere esami e trattamenti
medici, piuttosto che cure psichiatriche.

Il disturbo da sintomi somatici e i disturbi correlati sono caratterizzati da sintomi sici


persistenti che sono associati a pensieri eccessivi o disadattivi, sentimenti e comportamenti in
risposta a questi sintomi e conseguenti preoccupazioni per la salute. Questi disturbi sono fonte di
stress e spesso compromettono le abilità sociali, lavorative, scolastiche o altri aspetti del
funzionamento. Essi comprendono:

- Disturbo di Conversione

- Disturbi Fittizi
- Disturbo da ansia di malattia
- Fattori psicologici che in uenzano altre condizioni mediche

- Disturbo da sintomi somatici

DISTURBI FITTIZI / SIMULAZIONE

I Disturbi Fittizi implicano la falsi cazione di sintomi e/o segni sici o psicologici, in assenza di
evidenti incentivi esterni (ottenere periodi di ferie dal lavoro, assegni di invalidità, o farmaci
d'abuso, evitare il servizio militare o un procedimento penale). Il termine sindrome di Munchausen
non è più utilizzato per i disturbi ttizi. I sintomi possono essere acuti, drammatici, e convincenti. I
pazienti spesso passano da un medico all'altro o da un ospedale all'altro per il trattamento. La
causa è sconosciuta, sebbene siano frequentemente implicati lo stress e un grave disturbo di
personalità, di solito il disturbo borderline di personalità. La diagnosi è clinica. Non vi sono terapie
sicuramente e caci.

La simulazione invece consiste nella produzione intenzionale di sintomi sici o psicologici


motivata da un incentivo esterno, cosa che distingue la simulazione dai disturbi ttizi.

Il Disturbo Fittizio può anche essere imposto su un altro: consiste nella falsi cazione delle
manifestazioni di una malattia in un'altra persona. Questo disturbo era in passato conosciuto
come Sindrome di Munchausen per procura. Dunque è il caregiver, come ad esempio un genitore,
che produce o falsi ca intenzionalmente sintomi o segni sici o psicologici in una persona di cui si
prende cura, come ad esempio del glio, piuttosto che in se stesso.

IL DISTURBO DI CONVERSIONE

Il disturbo di conversione consiste in sintomi o de cit neurologici che si sviluppano


inconsciamente e involontariamente e che solitamente interessano una funzione motoria o
sensitiva. L’insorgenza o il mantenimento dei sintomi sono comunemente attribuiti a fattori
mentali, come lo stress o il trauma. La diagnosi è basata sull'anamnesi dopo aver escluso le
cause organiche. Il trattamento inizia stabilendo una relazione medico-paziente costante e di
supporto; la psicoterapia può essere d'aiuto, così come l’ipnosi.

Il disturbo di conversione tende a insorgere nell'arco compreso tra la tarda infanzia e la prima età
adulta, sebbene possa manifestarsi a qualsiasi età. È più di uso tra le donne.

I sintomi si manifestano in modo improvviso e l’esordio è legato ad un evento stressante.

I pazienti potrebbero presentare disturbi della coordinazione o dell'equilibrio, paralisi di un braccio


o di una gamba, perdita di sensibilità in una parte del corpo, convulsioni, perdita di responsività,
cecità, visione doppia, sordità, afonia, di coltà di deglutizione, sensazione di nodo in gola o
ritenzione urinaria. La sintomatologia può diventare cronica.

Il trattamento privilegiato è la terapia cognitivo-comportamentale e qualche volta si ricorre


anche all’ipnosi.

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IL DISTURBO D’ANSIA DI MALATTIA

Il disturbo d'ansia di malattia rappresenta la preoccupazione e la paura di avere o di acquisire


una grave malattia. La diagnosi viene confermata quando paure sintomi persistono per minimo
sei mesi nonostante la rassicurazione fornita da una valutazione medica. Precedentemente veniva
de nito ipocondria ed esordisce più frequentemente nella prima età adulta. Le paure e le ansie di
questi soggetti causano disagio signi cativo in ambito sociale e lavorativo. Il decorso è spesso
cronico anche se in alcuni casi si riesce a guarire.

Le terapie maggiormente utilizzate sono quelle cognitivo-comportamentali oppure si usano


inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina.

FATTORI PSICOLOGICI CHE INFLUENZANO ALTRE CONDIZIONI MEDICHE

La presenza di fattori psicologici che in uenzano altre condizioni mediche viene diagnosticata
quando fattori psicologici o comportamentali in uenzano negativamente il decorso o la
prognosi di una condizione medica esistente. Questi fattori possono aumentare il rischio di
e etti collaterali, morte o invalidità, aggravare una condizione medica di base o provocare
ospedalizzazione o visita al pronto soccorso.

Questi fattori sono:

- la negazione del signi cato o della gravità dei sintomi


- la scarsa aderenza alla sperimentazione e al trattamento prescritto

DISTURBO DA SINTOMI SOMATICI

Il disturbo da sintomi somatici è caratterizzato da molteplici disturbi sici persistenti che sono
associati a pensieri eccessivi o disattivi, sentimenti e comportamenti in risposta a questi
sintomi. I sintomi non sono prodotti intenzionalmente o simulati e possono accompagnare o meno
una malattia medica nota. La diagnosi si basa sull'anamnesi del paziente e occasionalmente dei
membri della famiglia, il trattamento invece mira a stabilire una relazione medico-paziente
costante e di supporto, che eviti di esporre il paziente a test diagnostici e terapie non necessari.

Anche in questo caso si predilige la terapia cognitivo-comportamentale.

DISTURBI DISSOCIATIVI

Ciascuno di noi occasionalmente sperimenta un fallimento nella normale integrazione automatica


di ricordi, percezioni, identità e coscienza. Per esempio, le persone possono guidare per un certo
tragitto e poi accorgersi di non ricordare molti particolari del viaggio, poiché erano assorte in
preoccupazioni personali, nell'ascolto di un programma radiofonico o erano intente nella
conversazione con un passeggero. Tipicamente tale fallimento, riferito come una dissociazione
non patologica, non interrompe le attività quotidiane.

Al contrario, i soggetti con un disturbo dissociativo possono completamente dimenticare


una serie di comportamenti normali che occupano minuti, ore, giorni, o settimane e
possono misconoscere un periodo di tempo della loro esperienza. Nei disturbi dissociativi,
la normale integrazione di coscienza, memoria, percezione, identità, emozione,
rappresentazione del corpo, controllo motorio, e comportamento è interrotta, e la
continuità del sé si perde.

Le persone con un disturbo dissociativo possono sperimentare quanto segue:

- Intrusioni spontanee nella coscienza con perdita di continuità di esperienze, tra cui sentimenti di
distacco da se stessi (depersonalizzazione) e/o dall'ambiente (derealizzazione) e frammentazione
delle identità

- perdita di memoria per importanti informazioni personali (amnesia dissociativa).

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I disturbi dissociativi si sviluppano frequentemente dopo un enorme stress. Tale stress può essere
generato da eventi traumatici o da un con itto interiore intollerabile. I disturbi dissociativi sono
legati a trauma e disturbi relazionati allo stress (per esempio disturbo da stress post-traumatico),
che possono comprendere sintomi dissociativi (amnesia, ashback, paralisi, depersonalizzazione/
derealizzazione).

Cosa accade durante la dissociazione: le strutture nelle regioni di memoria in profondità del
nostro cervello mostrano attività ritmica ma sembrano disconnesse dalle regioni corticali superiori
responsabili del pensiero e della piani cazione. Allo stesso modo durante l’ipnosi c’è una relativa
disconnessione di quelle regioni di controllo pi elevato da una proporzione della parte posteriore
del cervello che è coinvolta nell’auto-ri essione.

DISTURBO DI DEPERSONALIZZAZIONE / DEREALIZZAZIONE

È un tipo di disturbo dissociativo che consiste in persistenti o ricorrenti sensazioni di essere


distaccati / dissociati dal corpo o dai propri processi mentali, di solito si accompagna alla
sensazione di essere un osservatore esterno della propria esistenza (depersonalizzazione),
o di essere distaccati dal contesto in cui ci si trova (derealizzazione).
Questo disturbo spesso segue un evento stressante e si manifesta solitamente intorno ai 16
anni. Il trattamento consiste in psicoterapia associata a terapia farmacologica per una comorbilità
di depressione e/o ansia.

La depersonalizzazione o la derealizzazione possono presentarsi anche come un sintomo


all'interno di molti altri disturbi sici o mentali, come ad esempio nell’epilessia. Si fa diagnosi di
Disturbo di depersonalizzazione / derealizzazione quando la depersonalizzazione o la
derealizzazione si manifestano indipendentemente da altri disturbi sici o mentali, sono ricorrenti
o persistenti e alterano le funzionalità, è presente un disturbo di depersonalizzazione/
derealizzazione.

Le persone con disturbo di depersonalizzazione/derealizzazione spesso hanno subito un grave


stress, come i seguenti:

- essere emotivamente abusato o trascurato durante l'infanzia (una causa particolarmente


frequente)

- essere abusato sicamente

- essere testimone della violenza domestica


- avere un genitore gravemente compromesso o malato di mente

- avere un membro della famiglia o un amico intimo che muore inaspettatamente

Episodi possono essere innescati da stress interpersonale, nanziario o professionale;


depressione e/o ansia, dall’uso di sostanze illecite in particolare marijuana, ketamina e
allucinogeni.

Sintomi della depersonalizzazione: il sentirsi distaccato dal proprio corpo, dalla mente, dai
sentimenti, dalle sensazioni - soggetto come osservatore della sua stessa vita. Alcuni pazienti
non riescono a riconoscere o descrivere le proprie emozioni. Non sono in grado di ricordare con
chiarezza.

Sintomi della derealizzazione: sentirsi distaccati dal loro ambiente circostante che sembra
irreale (persone / oggetti / tutto). I pazienti si sentono come in un sogno, nella nebbia o come se
una parete di vetro o un velo li separasse dall’ambiente. Il mondo sembra per loro privo di vita.
Molto frequente è la distorsione soggettiva: percepire suoni che sembrano più forti o deboli della
realtà, oggetti che appaiono più piccoli o più grandi e tempo che sembra troppo lento o troppo
veloce.

In entrambi i casi ansia e depressione sono molto frequenti. Alcuni pazienti temono di avere
danni cerebrali irreversibili o di stare impazzendo. Altri sono ossessionati dalla loro reale esistenza
o ripetutamente si accertano nel determinare se le loro percezioni sono reali.

Tuttavia, i pazienti mantengono sempre la consapevolezza che le loro esperienze "irreali" non
sono reali ma piuttosto rappresentano il modo in cui essi le percepiscono (ossia, loro hanno
un'adeguata percezione della realtà). Questa consapevolezza di erenzia il disturbo di
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depersonalizzazione/derealizzazione da un disturbo psicotico, nel quale tale consapevolezza è
sempre carente.

Molto spessi questi disturbi tendono a migliorare senza intervento, ma capita anche che
diventano situazioni cronica e refrattarie.

AMNESIA DISSOCIATIVA

Si tratta di un disturbo dissociativo che comporta l’incapacità di ricordare importanti informazioni


personali che non sarebbero normalmente dimenticate. In ambito di trattamenti è privilegiata la
psicoterapia, talvolta in associazione con ipnosi e farmaci che facilitano il colloquio.

L'amnesia sembra essere causata da esperienze traumatiche o stressanti vissute o di cui si è


stati testimoni (abuso sico o sessuale, stupro, aggressione, genocidio, disastri naturali, morte di
una persona cara, seri problemi nanziari) o da tremendi con itti interiori (agitazione, azioni o
impulsi mossi dal senso di colpa, di coltà interpersonali apparentemente irrisolvibili, atti
criminali).

Si distinguono:

- amnesia localizzata: non essere in grado di ricordare un evento speci co o eventi o un


determinato periodo di tempo a causa di stress o traumi. Per esempio: ci si dimentica di un
periodo vissuto tra una serie di abusi.

- amnesia selettiva: si dimenticano solo alcuni eventi durante un certo periodo di tempo o solo
una parte dell’evento traumatico. Spesso si presenta con l’anamnesi localizzata.

- anamnesi generalizzata: i soggetti dimenticano la loro identità e la loro storia di vita (chi sono,
dove sono andati, con chi hanno parlato, che hanno fatto, penato o vissuto). È molto rara e molto
comune tra i veterani di guerra / tra chi ha subito abusi sessuali/ stress estremo

- amnesia continua i pazienti dimenticano ogni nuovo evento, nel momento in cui si veri ca

- amnesia sistematizzata, i pazienti dimenticano le informazioni in una categoria speci ca, per
esempio tutte le informazioni su una persona particolare o sulla loro famiglia.

La maggior parte dei pazienti è in parte o del tutto consapevole di avere lacune nella propria
memoria.

La fuga dissociativa è un raro fenomeno che si veri ca nell’anamnesi dissociativa che si manifesta
come improvvisi, inaspettati e determinati viaggi lontani da casa e vagare disorientati.

I pazienti, dopo aver perso la loro abituale identità, lasciano la loro famiglia e il loro lavoro. Una
fuga può durare da alcune ore a mesi e occasionalmente può essere più lunga. Durante la fuga, i
pazienti possono apparire e comportarsi normalmente o solo lievemente confusi. Tuttavia, quando
la fuga nisce, i pazienti riferiscono di ritrovarsi improvvisamente nella nuova situazione senza
memoria di come sono arrivati lì o di quello che hanno fatto. Essi spesso provano vergogna,
disagio, dolore e/o depressione. Alcuni sono spaventati, soprattutto se non riescono a ricordare
quello che è successo durante la fuga.

DISTURBO DISSOCIATIVO DI IDENTITÀ

Precedentemente era chiamato disturbo di personalità multipla, è un disturbo dissociativo


caratterizzato da due o più tipi di personalità che si alternano / anche chiamate alterazioni di sue
o d’identità. Comprende incapacità di ricordare avvenimenti quotidiani, importanti informazioni
personali e/o eventi stressanti, i quanti non sarebbero normalmente dimenticati. La causa è quasi
sempre un trauma infantile.

Varia molto quanto evidenti siano le diverse identità. Esse tendono a essere maggiormente
manifeste quando le persone sono sottoposte a grave stress. La frammentazione dell'identità di
solito porta all'amnesia asimmetrica, in cui ciò che è conosciuto da una personalità può o può
non essere noto a un'altra; ossia, una personalità può avere amnesia per eventi sperimentati dalle
altre personalità. Alcune identità sembrano conoscere le altre e interagire con esse in un elaborato
mondo interiore, e alcune identità interagiscono più di altre.

Il DDI ha due forme:

- possesso

- non-possesso

Nella forma di possessione le identità di solito si manifestano come se fossero agenti esterni,
tipicamente un essere soprannaturale o uno spirito (ma a volte un'altra persona), che ha preso il
controllo della persona, determinando nella persona il parlare e l'agire in un modo molto diverso.
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In tali casi, le diverse identità sono molto palesi (facilmente notate da altri). Le identità multiple
sono evidenti a familiari e collaboratori. I pazienti parlano e agiscono in modo ovviamente diverso,
come se un'altra persona o un essere avessero preso il sopravvento.

Nella forma di non-possessione tendono a essere meno evidenti. La gente può provare
un'improvvisa alterazione di se stessi e della propria identità, provando la sensazione di essere
osservatori piuttosto che fautori dei propri discorsi, delle proprie emozioni ed azioni. Molti hanno
anche amnesie dissociative ricorrenti. Le diverse identità spesso non sono evidenti agli
osservatori. Al contrario, i pazienti sperimentano sensazioni di depersonalizzazione; ossia,
provano sensazioni di irrealtà, di estraniamento dal proprio sé e di distacco dai propri processi
sici e mentali.

I bambini non nascono con il senso di un'identità unitaria; si sviluppa tramite molte fonti ed
esperienze. Nei bambini gravemente maltrattati, molte aree che devono fondersi restano
invece separate. Un abuso grave e cronico ( sico, sessuale o emotivo) e un abbandono durante
l'infanzia vengono frequentemente riportati e documentati nei pazienti a etti da disturbi
dissociativi. Alcuni pazienti non hanno subito abusi ma hanno sperimentato una perdita precoce
importante (come la morte di un genitore), una malattia medica grave o altri eventi altamente
stressanti.

A di erenza della maggior parte dei bambini che acquisisce una percezione coerente e
complessa di se stessi e degli altri, i bambini gravemente maltrattati possono attraversare fasi
in cui percezioni, ricordi ed emozioni diversi delle loro esperienze di vita vengono tenuti
separati. Nel corso del tempo, questi bambini possono sviluppare una crescente capacità di
sfuggire al maltrattamento "allontanandosi", cioè, staccandosi dal loro ambiente sico
ostile, oppure "ritirandosi" nella propria mente. Ogni fase evolutiva o esperienza traumatica
possono essere usate per generare un'identità di erente.

La terapia prevede una terapia di supporto, tra cui trattamento farmacologico se necessario per
i sintomi associati e una psicoterapia focalizzata sull’integrazione a lungo termine delle identità,
quando possibile. L'integrazione degli stati d'identità è l'esito più desiderabile del trattamento del
disturbo dissociativo dell'identità. I farmaci vengono ampiamente usati per aiutare a gestire i
sintomi di depressione, ansia, impulsività e abuso di sostanze, ma non risolvono la dissociazione
in sé.

L'ipnosi può facilitare l'accesso alle identità, la comunicazione fra loro e la loro stabilizzazione e
interpretazione. Alcuni terapeuti si impegnano e interagiscono direttamente con gli stati di identità
dissociati nel tentativo di facilitare l'integrazione degli stati di identità.

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DISTURBI DELL’EVACUAZIONE

I Disturbi dell’Evacuazione riguardano la capacità di controllare l'emissione di feci e urine, nelle


modalità (tempi e luoghi) socialmente appropriate.

Lo sviluppo del controllo degli s nteri (anale e vescicale) dipende sia dalla maturazione dei
sistemi neuromuscolari coinvolti (che coinvolgono il sistema nervoso autonomo e il sistema
nervoso somatico) sia dall'apprendimento di norme di pulizia socialmente riconosciute.

Si parla di Enuresi quando lo s ntere interessato è quello vescicale, si parla di Encopresi quando
lo s ntere interessato è quello anale. 


ENURESI

L'urina viene formata a livello renale mediante un complesso processo di ltrazione e depurazione
del sangue. La regolazione della vescica avviene attraverso l'interazione del sistema nervoso
autonomo (simpatico e parasimpatico) con il sistema nervoso somatico.


L'enuresi è una condizione caratterizzata da un'emissione involontaria di urine in assenza di


una patologia organica dimostrabile (diabete, spina bi da). È dunque la mancata acquisizione
o la perdita del controllo urinario.
Non è diagnosticabile prima che sia acquisito completamente il controllo vescicale, cioè prima dei
6 anni di età (cronologica o mentale per i soggetti con bassi livelli intellettivi). Il sintomo deve
essere presente almeno due volte alla settimana per almeno tre mesi consecutivi e deve
provocare un disagio importante nel soggetto a etto.

L'enuresi può essere solo notturna, solo diurna o mista. 



Può essere primaria, se il soggetto non ha mai acquisito de nitivamente il controllo vescicale, 

oppure secondaria, se è insorta dopo un periodo in cui il controllo era stato acquisito per 

almeno sei mesi.

La forma clinica più di usa è quella notturna primaria - si tratta quindi di bambini con più di 5 anni
che almeno due volte alla settimana bagnano il letto non avendo mai presentato il controllo dello
s ntere vescicale durante la notte. Nella maggior parte di questi casi durante il giorno i soggetti
hanno un bisogno irresistibile di urinare e a volte perdono qualche goccia. 

Le cause di questo disturbo non sono ad oggi conosciute. Gioca un ruolo fondamentale la
familiarità

Per fare diagnosi è necessario che vengano e ettuati controlli renali e e delle vie urinarie per
escludere problemi di costipazione o malattie relative a questi organi.

Criteri diagnostici nel DSM-5 - Enuresi:

A. ripetuta emissione di urine nel letto o nei vestiti (sia involontaria che occasionalmente anche
intenzionale).

B. Il comportamento è clinicamente signi cativo, come manifestato da una frequenza di due volte
alla settimana per almeno tre mesi consecutivi o dalla presenza di disagio clinicamente
signi cativo o compromissione dell’area sociale, scolastica o di altre aree importanti del
funzionamento.

C. In bambini di almeno cinque anni di età

D. Il comportamento non è dovuto esclusivamente all’e etto siologico diretto di una sostanza
(diuretico) o di una condizione medica generale o lesioni all’apparato urinario.

Il primo passo nel trattamento dell'enuresi è di tipo psico-educativo. I genitori e gli educatori
devono avere un' informazione dettagliata del problema, devono comprendere le di coltà del
bambino e soprattutto capire che il disturbo è al di fuori di qualsiasi responsabilità soggettiva.

ENCOPRESI

Lo stimolo all'espulsione avviene quando le feci passano dal colon nel retto. Il transito del
materiale fecale nel segmento rettale determina un ri esso di evacuazione che provoca l'apertura
dello s ntere anale interno Alla contrazione del retto, stimolata dall'arrivo delle feci dal colon, i
bambini devono imparare a contrarre lo s ntere anale esterno per impedire la fuoriuscita delle feci
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in un luogo inappropriato. Hanno a disposizione quindi circa mezzo minuto per recarsi alla toilette
e procedere con l'evacuazione rilasciando volontariamente lo s ntere anale esterno.

Distinguiamo diversi tipi di encopresi:

- encopresi con costipazione ed incontinenza da sovrariempimento: è caratterizzato da


perdita inappropriata di feci liquide o semisolide in associazione con fenomeni di costipazione e
aumento della massa fecale (tecaloma). In queste condizioni il bambino, in seguito alla
costipazione, non riesce o ha paura di espellere il materiale fecale. Perde così la sensibilità e il
controllo dello s ntere anale sporcandosi più o meno frequentemente i vestiti.

- encopresi senza costipazione e incontinenza da sovrariempimento: è caratterizzato da una


evacuazione in luoghi inappropriati di feci di forma e consistenza normale, spesso si associa a
forme di erenti di disagio psicologico. In queste situazioni il bambino interrompe le attività che sta
svolgendo per appartarsi e defecare dietro la tenda, dietro il divano.


L'encopresi senza costipazione e incontinenza si presenta in bambini che spesso vivono in
condizioni familiari di cili, caratterizzate da numerosi con itti.
In alcuni individui rappresenta una modalità di espressione di risentimento e ribellione, dato che
i sentimenti interiori non possono essere espressi con altre modalità.
L'encopresi si associa a di coltà di apprendimento, iperattività, disturbo oppositivo provocatorio
(DOP), disturbi della condotta; talvolta si associa a condizioni di abuso sico e sessuale.
La terapia prevede interventi di tipo farmacologico, psico-educativi (prevedono un lavoro con la
coppia genitoriale) e psicoterapeutici nei quali il bambino viene decolpevolizzato e incitato a
gestire le sue problematiche emotive in maniera più adeguata.

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DISTURBI DELL’ALIMENTAZIONE E DELLA NUTRIZIONE

Con la denominazione Disturbi del comportamento alimentare DCA viene fatto riferimento a due
quadri clinici complessi: l’anoressia nervosa AN e la bulimia nervosa BN. Entrambi questi quadri
clinici condividono un elemento psicopatologico comune rappresentato da un’alterata percezione
del peso corporeo e della propria immagine corporea.
L’anoressia nervosa si traduce in una marcata restrizione dell’apporto alimentare qui possono
associarsi condotte nalizzate a perdere peso attraverso vomito autoindotto, lassativi, esercizio
sico esagerato.
La bulimia nervosa prevede la periodica ricorrenza di episodi parossistici di assunzione smoderata
di cibo qui sorgono condotte di eliminazione ad esempio vomito autoindotto.
Un’altra caratteristica in comune è l’età di insorgenza che è quella adolescenziale.

ANORESSIA NERVOS

L’anoressia nervosa si traduce in una marcata restrizione dell’apporto alimentare qui possono
associarsi condotte nalizzate a perdere peso attraverso vomito autoindotto, lassativi,
esercizio sico esagerato.
È una situazione caratterizzata da una deliberata perdita di peso indotta e sostenuta dal soggetto.
Questa condotta è sotto tesa da una preoccupazione di diventare grossi è una percezione
alterata del proprio peso e della propria immagine corporea. Sorge tipicamente nella prima
adolescenza interessando prevalentemente il sesso femminile.
Per l’anoressia nervosa non è de nibile una causa speci ca. L’esordio del disturbo è graduale e
inizia genericamente con una dieta per migliorare il proprio aspetto. Con l’inizio di un
dimagrimento evidente il soggetto può presentare uno stato di euforia soddisfazione che favorisce
anche una situazione di iperattivismo - la fase in cui il soggetto si inizia ad impegnare anche in
attività sica spropositata. La fame negata spesso può esplodere in crisi bulimiche a cui poi il
soggetto pone rimedio con il vomito autoindotto, diuretici e lassativi. Quindi si de niscono due
varianti dell’anoressia, una con restrizione e l’altra con abbuffate / eliminazione.
Il dimagrimento diventa sempre più evidente e compaiono segni e sintomi di denutrizione a cui si
associano compromissioni di vari organi interni. La caratteristica principale del disturbo è
rappresentata dal fatto che nonostante il grave deperimento del soggetto, questo continuo a
manifestare terrore di ingrassare.
Quanto alla terapia, vanno prese in considerazione interventi psicoterapeutici, riabilitativi,
educativi e farmacologici articolati in un progetto terapeutico personalizzato che tiene conto
delle caratteristiche di ciascun singolo caso.

BULIMIA NERVOSA

È un quadro patologico caratterizzato dalla periodica ricorrenza di episodi parossistici di


assunzione smoderata di cibo (abbuffate compulsive), cui seguono condotte di
eliminazione (vomito autoindotto).
In passato veniva considerata una variante dell’anoressia. A differenza dell’anoressia nervosa il
peso corporeo si mantiene nei limiti della norma o lievemente maggiore. Anche in questo
caso la terapia si inscrive nell’ambito di un progetto terapeutico personalizzato che consideri la
speci cità di ogni singolo caso.

Si parla invece di DISMORFIA MUSCOLARE / anoressia inversa quando si fa riferimento alla


preoccupazione, in persone visibilmente muscolose, di essere troppo magre e troppo poco
prestanti. Circa il 10% dei body builder ne è colpito. L'individuo con dismor a muscolare è
ossessionato dal fatto che il suo corpo debba essere più muscoloso e asciutto. Per questo motivo
si dedica con ossessione a curare la sua dieta e a praticare con intensità eccessiva il sollevamento
dei pesi o altre attività per aumentare i suoi muscoli. Questo quadro clinico tende ad associarsi
all'uso di sostanze tossiche e ai tentativi di suicidio.
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Si parla invece di ORTORESSIA NERVOSA nel caso in cui il soggetto è in perenne ed ossessiva
ricerca di cibo ritenuto sano. Questi soggetti non solo dedicano un'attenzione ossessiva alla
ricerca ma anche alla preparazione, alla cottura, alla assunzione e alla digestione del cibo.
I DISTURBI DEL SONNO

Il sonno è una componente fondamentale per la vita dell’essere umano, infatti l’assenza di sonno
per periodi protratti è incompatibile con la vita - sappiamo bene come sono importanti gli effetti
della privazione del sonno (anche una sola notte) sulle nostre attività diurne.
È importante nella fase del neuro-sviluppo una preponderante presenza in termini di durata del
sonno; il neonato infatti trascorre no l’80% del tempo addormentato in quanto il sonno in uisce
direttamente sullo sviluppo mentale, emotivo e sico del bambino.
Lo studio del sonno utilizza come strumento principale l’Elettroencefalogramma.

Il sonno è uno stato biologico e comportamentale, indispensabile per la sopravvivenza, ha


delle caratteristiche ben precise:

- bassa reattività

- postura stereotipata
- occhi chiusi

- reversibilità

- periodicità

Il sonno ha una funzione fondamentale per il funzionamento del cervello: permette la


consolidazione delle memorie, permette di dimenticare, ristabilisce la possibilità di
apprendere nuove informazioni il giorno seguente e permette di integrarle nel corpus di
conoscenze che già possediamo.
La funzione restaurativa del cervello è dunque af data al sonno.

Inadeguata igiene del sonno: consumo di caffeina o altre sostanze psicostimolanti nel
pomeriggio o prima di coricarsi, esercizio sico intenso o eccitazione nelle ore pre-notturne e un
ciclo irregolare sonno-veglia.

Tutte le notti il nostro corpo attraversa più volte un ciclo del sonno di cinque fasi che tra l’altro
determinano quanto ci sentiamo riposati il mattino dopo, queste cinque fasi sono a a loro volta
suddivise in due momenti: fase NRem / sonno tranquillo (non Rapid Eye Movement) e fase REM
/ sonno attivo (Rapid Eye Movement). Dopo essersi addormentati, infatti, si passa in maniera
progressiva dallo stadio 1 ai seguenti no ad arrivare, dopo circa 60-70 minuti
dall'addormentamento, alla fase REM, che ha una durata di circa 15 minuti

- movimento non rapido degli occhi non-REM o sonno silenzioso —> durante gli stati profondi
del sonno non-REM l’apporto di sangue ai muscoli aumenta, l’energia viene ripristinata, si
veri cano la crescita e la riparazione dei tessuti e importanti ormoni vengono rilasciati per la
crescita e lo sviluppo. Occupa circa il 75% del sonno totale. Ovviamente è caratterizzato
dall’assenza di movimenti oculari rapidi. Il sonno NRem è costitutivo degli stadi 1, 2, 3, 4.
- movimento rapido degli occhi REM o sonno attivo —> associato spesso al sogno, indica
infatti il livello di sonno più profondo e si pensa aiuti il cervello a svilupparsi, specialmente nei primi
mesi di vita. Di solito i bambini e i neonati trascorrono il doppio del tempo degli adulti nella fase
REM. È interessante sapere che la barriera neurologica che impedisce ai muscoli delle gambe e
delle braccia di contrarsi durante il sonno REM, e impedisce alle persone di “recitare” i loro sogni
non è completamente sviluppata nei neonati. Senza una completa inibizione, l’attività cerebrale
associata al sonno REM, può provocare contrazioni e movimenti drammatici degli arti di un
bambino. Alcuni di questi movimenti sono abbastanza forti da svegliarli dal sonno. Solo durante i
secondi sei mesi di vita il sistema si sviluppa suf cientemente per inibire i movimenti drammatici
del corpo durante il sonno REM. È una fase caratterizzata da rapidi movimenti oculari (Rapid Eye
Movement), il consumo di ossigeno è pari alla veglia.

- Addormentamento - stadio 1: in genere dura alcuni minuti e le persone possono non essere
ancora consapevoli di dormire e se rispondono alle istruzioni verbali solitamente commettono
grossolani errori. È una fase di transizione tra la veglia e il sonno nella quale la muscolatura
comincia a rilassarsi e la temperatura corporea scende.
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- Fase del sonno leggero - stadio 2: dura circa una decina di minuti, i soggetti sono
inconsapevoli dell’ambiente esterno e sotto le palpebre muovono gli occhi in modo lento e
scoordinato.
- Fasi del sonno profondo - stadio 3 e stadio 4: lo stadio 3 costituisce la prima fase del sonno
profondo. Il sonno è molto profondo e il soggetto può essere svegliato con dif coltà, cuore e
respiro sono lenti e regolari e la muscolatura è completamente rilassata. Durante questa fase
viene secreto l’ormone della crescita. Lo stadio 4 dura circa 40 minuti. Quando ci si sveglia in
questi casi ci si sente disorientati e spaesati
- Sonno REM - stadio 5: è de nito anche sonno paradossale, poiché durante questa fase la
soglia per il risveglio è elevatissima, nonostante il nostro cervello sia molto attivo. In questa fase i
nostri muscoli sono completamente rilassati. Ciò è fondamentale, dal momento che i sogni si fanno
in questo stadio. Grazie all’inattività della muscolatura non siamo in grado di eseguire i nostri
movimenti nel sogno. Se però ci svegliamo in questa fase, ci ricordiamo particolarmente bene cosa
abbiamo sognato. A parte alcune contrazioni, l’unica attività muscolare è il movimento rapido degli
occhi.
Si ritiene che la fase REM svolga un ruolo fondamentale nell’elaborazione delle esperienze vissute
e nella memorizzazione a lungo termine.

Dopo la fase REM comincia un nuovo ciclo del sonno. Ogni singola fase del sonno è
importante, poiché ognuna di esse ha la sua ragione d’essere e svolge un importante compito nel
nostro copro. Dormendo, percorriamo più volte il ciclo delle fasi del sonno. Soffrire di disturbi del
sonno o di depressioni non in uenza solo la durata del sonno: in questi casi cambiano
anche le fasi del sonno.
Esempi che mostrano come siamo in uenzati dalle fasi del sonno:
- Riposo: se diminuisce la durata delle fasi di sonno profondo, il corpo ha dif coltà a rigenerarsi
- Apprendimento: svegliarsi durante la fase REM in uisce sui processi di apprendimento che si
veri cano durante il sonno
Se dormiamo troppo poco o ci svegliamo spesso durante la notte, le fasi del sonno non
riescono a espletare le loro funzioni. 

Il sonno e la veglia sono componenti cicliche circadiane che hanno cioè un tipico ritmo di 24 ore.

Responsabili di tale ritmo:
- orologio biologico: nucleo ipotalamico suprachiasmatico + nucleo ventro-mediale
dell’ipotalamo.
- indicatori temporali esterni quali luce-buio, fattori ambientali e sociali.

La regolazione dell’alternanza di sonno e veglia vede coinvolti due sistemi biologici che
contribuiscono a stabilire quando ci si deve addormentare e quando ci si deve svegliare, lavorando
in parallelo:

- il processo circadiano / Processo C: orologio biologico - regola l'alternanza tra veglia e sonno,
in stretta integrazione con gli stimoli provenienti dall'ambiente: il più importante di questi è il ciclo
luce-buio (anche le interazioni sociali, i turni di lavoro, gli orari dei pasti… contribuiscono a regolare
i nostri cicli sonno-veglia); l’orologio biologico è situato in un’area del cervello denominata nucleo
soprachiasmatico dell’ipotalam
- il processo omeostatico / Processo S: il tempo occorrente per addormentarsi è inversamente
proporzionale alla durata del precedente periodo di veglia. È paragonato al funzionamento della
clessidra, infatti, esso prevede che, durante la veglia, si accumulino molecole ipnogeniche, come
succede con i granelli di sabbia che scendono nella clessidra. Mano a mano che aumenta la
concentrazione delle molecole ipnogeniche, cresce progressivamente la tendenza ad
addormentarsi, nché non si raggiunge un livello che rende virtualmente impossibile mantenere lo
stato di veglia. In condizioni normali, più tempo si trascorre svegli, più sostanze ipnogeniche si
liberano, più si rende necessario il sonno. Durante la notte, si “gira la clessidra” vale a dire che le
molecole ipnogeniche sono smaltite e, dal momento in cui l’orologio biologico fa scattare la sveglia,
si ricomincerà a produrle
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Privazione selettiva di sonno REM —> sembra orientare gli individui verso una disinibizione
comportamentale, i soggetti sono mediamente più aggressivi, iper sessuali, con maggiore energia
motivazionale ed emozionale a disposizione. Da un punto di vista psichico si trovano in una
condizione simile ad uno stato maniacale. Si è constatato che tutti i farmaci antidepressivi (o
eccitanti) sopprimono in modo rimarchevole il sonno REM. Le anfetamine, possono bloccare
completamente il sonno paradosso

I DISTURBI DEL SONNO IN ETÀ EVOLUTIVA

Vengono generalmente distinti in tre categorie:


- le dissonnie, che comprendono i disturbi della capacità di iniziare e mantenere il sonno
(insonnie) e i disturbi di eccessiva sonnolenza.
- le parasonnie, disturbo del sonno che non causano insonnia - sonnambulismo, risvegli
confusionali, il terrore notturno

- i disturbi del sonno secondari a patologie organiche o psichiatriche

DISSONNIE

INSONNI

Rappresenta una serie di condizioni nelle quali il bambino abbia una dif coltà persistente
nell'iniziare il sonno (addormentamento), nella durata del sonno (risvegli precoci) e nel suo
consolidamento, nonostante vi siano adeguate circostanze e opportunità per dormire.
Queste dif coltà devono interferire in maniera signi cativa nel funzionamento diurno del soggetto
Nel 20% dei casi l'insonnia dipende da cause organiche quali ad esempio otiti medie, re usso
gastroesofageo.

L'insonnia nel primo anno di vita può dipendere da abitudini inadeguate (ad esempio alimentari,
associazioni improprie con oggetti e circostanze che favoriscono l'addormentamento), oppure da
coliche o allergie alimentari (in genere da proteine del latte vaccino).
Un altro fattore che può favorire l'insonnia è la presenza di disturbi psicopatologici nella madre
quali ad esempio sindromi depressiva o madri con sentimenti ambivalenti verso il bambino =
attaccamento insicuro. 

Le insonnie della prima e della seconda infanzia interessano circa il 10% dei bambini e possono
dipendere da dif coltà da parte dei genitori a ssare e far rispettare delle regole precise di
addormentamento, oppure da dif coltà psicologiche, spesso collegate a modalità di
attaccamento insicuro che generano ansia e paura di addormentarsi. L’insonnia dell’adolescenza è
invece in genere collegata a una cattiva igiene del sonno (orari di addormentamento e risveglio
irregolari, assunzione di sostanze eccitanti)


NARCOLESSIA

È una patologia neurologica che si caratterizza principalmente per eccessiva sonnolenza diurna,
con attacchi di sonno improvvisi che si manifestano più volte nel corso della giornata. È
condizione clinica che esordisce nella prima infanzia o nell’adolescenza. In alcuni casi il soggetto
passa improvvisamente dalla veglia allo stato di sonno REM, con un' improvvisa caduta a terra.
Tali condizioni, de nite attacchi cataplettici, che possono durare da qualche secondo a qualche
minuto, vengono scatenate da mozioni improvvise (riso, sorpresa, rabbia). Inoltre possono essere
presenti allucinazioni ipnagogiche (vivide allucinazioni visive o uditive durante
l'addormentamento) o fenomeni di paralisi del sonno (il soggetto si risveglia dal sonno ma per
alcuni momenti è completamente paralizzato)
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IPERSONNIA

È caratteristica di un soggetto che dorme in eccesso, ad esempio per 12 o 14 ore oppure anche
molte ore durante il giorno.

DISTURBO DEL SONNO CORRELATO ALLA RESPIRAZIONE

Durante il sonno la persona smette di respirare o tende a respirare meno no al punto di


risvegliarsi di continuo, di giorno la persona è estremamente sono lenta soprattutto nelle situazioni
rilassate.

DISTURBO DEL RITMO CIRCADIANO DEL SONNO

Anche se le persone non hanno la necessità di farlo, si addormentano stabilmente alle ore piccole
e si risvegliano al giorno inoltrato.

PARASONNIE

SONNAMBULISM

Colpisce circa il 14% dei bambini e intorno all'1% dei soggetti adulti. Gli episodi di sonnambulismo
capitano nella prima parte della notte. I soggetti, durante lo stato sonnambulico, si muovono per
la casa in maniera automatica, hanno gli occhi aperti e possono palare o più spesso
mormorare delle frasi e parole incomprensibili.

RISVEGLI CONFUSIONARI

Il bambino non presenta comportamenti deambulatori, sembra sveglio ma è disorientato, a


volte aggressivo, non risponde alle domande e può parlare in maniera incoerente. Questi episodi
capitano nella prima parte della notte e possono durare alcuni minuti. Devono essere distinti dalle
crisi di epilessia parziale in sonno. Nei terrori notturni il bambino presenta uno stato di risveglio
parziale con evidente espressione di paura (il bambino è agitato, tachicardico, urla), non sembra
riconoscere i genitori ed è inconsolabile.

DISTURBO DA INCUB

La persona si risveglia continuamente a seguito di incubi terrorizzanti. Gli incubi sono sogni
terri canti e si veri cano durante il sonno REM. Un bambino che ha avuto un incubo può, una volta
sveglio, ricordare completamente e vividamente i dettagli del sogno. Gli incubi non sono un motivo
di allarme, tranne nei casi in cui si veri cano molto spesso. Gli incubi possono veri carsi più di
frequente durante i periodi di stress o anche quando il bambino ha visto un lm o un programma
televisivo con contenuti spaventosi

DISTURBO DA TERRORE NEL SONNO / PAVOR NOCTURNUS

Si tratta di episodi di risveglio parziale da un sonno non-REM, caratterizzati da uno stato di intensa
ansia, risvegli che avvengono poco dopo essersi addormentati. La persona si risveglia spesso
gridando in preda al terrore e fa fatica a tornare in sé, a differenza del Disturbo da incubi, in questo
caso nel sonno le persone non ricondanno che sogni stavano facendo e non riescono a capire
cosa li abbia spaventati. Il bambino sembra ignorare la presenza dei genitori, può dimenarsi
colpendo qua e là e non risponde ai tentativi di conforto. Il bambino può parlare, ma non è in grado
di rispondere alle domande. In genere, il bambino torna a dormire dopo pochi minuti.
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TRATTAMENTO

I disturbi del sonno possono causare problemi emotivi, di coltà di memoria, riduzione delle
capacità motorie e lavorative, aumentato rischio di incidenti stradali. Inoltre possono contribuire a
peggiorare le malattie cardiovascolari e aumentare la mortalità.

Il trattamento delle insonnie dell'età evolutiva si basa prima di tutto sulla conoscenza delle
caratteristiche del sonno e sull'importanza di formulare e far rispettare alcune regole che facilitano
sonno quali:
- rispettare gli orari di addormentamento e del risvegli
- evitare l'assunzione di bevande che contengono caffeina e teo llina come la Coca-Cola, il
cioccolato, il the o il caffè

- evitare di eccitare il bambino nelle ore tard

Per le parasonnie, che sono disturbi che tendono a scomparire con la crescita, spesso è
suf ciente fornire spiegazioni e consigli educativi ai genitori e agli insegnanti. Nel caso della
narcolessia, che è un signi cativo disturbo da eccessiva sonnolenza, possono essere consigliati
farmaci eccitanti come il metilfenidato, oppure gli antidepressivi triciclici, che tendono a sopprimere
il sonno REM. 

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