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Dino Angelini
Via Ettore Barchi 8 - 42123 Reggio Emilia
dinange@gmail.com
3497190911
Cosa sono i Quaderni di Gancio Originale
I Quaderni di G.O. contengono le relazioni tenute alle giovani e ai giovani nostri volontari
ed ai nostri tirocinanti all’interno dei vari momenti formativi che inizialmente si
svolgevano due volte l’anno, e che in seguito si sono trasformati da una parte in atelier
pratici tenuti durante l’anno, dall’altra in una lunga serie di “Seminari al Seminario”, tenuti
a Marola ai primi di Settembre di ogni anno; ed in veri e propri cicli d’incontri su temi
specifici (è il caso, ad esempio di “Tirocinanti e tutor”) ai quali hanno spesso partecipato -
sempre gratuitamente- tirocinanti, psicologi, NPI, educatori, docenti, pedagogisti,
provenienti spesso da ogni parte d’Italia.
L’idea che abbiamo avuto fin dall’inizio è stata quella di non ripetere sempre gli stessi
argomenti, ma di partire ogni volta dalle esigenze e dalle urgenze dei volontari e dei
tirocinanti che operavano con noi.
Ovviamente questo andamento apparentemente discontinuo, basato sulle urgenze del
momento, unito al fatto che sia i volontari che i tirocinanti variavano di anno in anno
ingenerando un considerevole turn over, trovava un a sua ratio nel lungo periodo solo nella
misura in cui di ogni argomento affrontato nel tempo fosse lasciata traccia in relazioni
scritte che venivano ciclostilate e offerte ai nuovi arrivati, in modo che ognuno avesse la
possibilità di poter attingere a ciò che era stato già discusso e ‘studiato’ negli anni
precedenti.
Ogni tanto, allorché ci era possibile farlo, le varie relazioni: - o venivano composte nei
Quaderni, in modo tale da recuperare nel tempo il filo rosso che le unificava (da ciò le
frequenti ripetizioni riscontrabili nelle sei raccolte!); oppure, di fronte ad argomenti che
richiedevano una riflessione più organica, diventavano l’ossatura di veri e propri percorsi
formativi, dai quali poi sono nati vari testi. Vedi ad esempio: e “L’adolescenza nell’epoca
della globalizzazione. Unicopli, 2005”, e “Free Student box. Counselling psicologico per
studenti, genitori e docenti. Psiconline, 2009”.
Un ultimo cenno ai relatori: nei limiti del possibile abbiamo cercato di offrire a tirocinanti
e volontari il meglio che era possibile trovare in città, in provincia, e anche ‘fuori’. La
maggior parte di loro non ha ricevuto alcun compenso per questo impegno; per cui si può
dire che anch’essi, in quanto volontari, hanno fatto parte a pieno titolo di “Gancio
Originale”. Li ringraziamo ancora una volta per questa loro disponibilità. Così come
ringraziamo presidi, docenti, e tutti coloro che ha collaborato con noi in quegli anni!
“Dare, ricevere, contraccambiare”: è all’interno di questa logica che si sono posti nei 25
anni scolastici intercorsi fra il 1990\91 e il 2014\15 i nostri 12.000 volontari, i nostri
tirocinanti psicologi e no. Ed è all’interno di questo scambio che abbiamo cercato di porci
noi stessi, cercando di dare ciò che potevamo, e ricevendo tantissimo da tutte e da tutti.
(L.A., D.B., M.C.)
Vent’anni dopo
"Non cesseremo di esplorare
e al termine dell'esplorazione
arriveremo dove siamo par
e conosceremo il posto per la prima volta. "
(T.S. Eliot)
Nel 2001 abbiamo festeggiato il 10° compleanno di Gancio Originale con il
tolo “Se 10 anni vi sembran pochi”. Quest’anno, 2011, di anni ne
compiamo ven .
Gancio Originale e i vari suoi “prodo ” fanno parte di una storia, che è
quella dell’unità opera va di psicologia clinica, ma anche - ci perme amo
di dire – e ancor prima, della nostra storia professionale, che si fonde e si
confonde con la storia dei nuovi servizi sanitari per l’infanzia dell'Emilia e
Romagna, e di Reggio Emilia in par colare.
Si tra a di una storia che comincia allorché, agli inizi degli anni ‘70, nella
nostra regione nacquero i servizi territoriali, e che accompagna la nascita
del welfare emiliano, e di tu e le nuove e vecchie professioni che nel
modello emiliano di welfare in quegli anni si forgiano, o si r\forgiano.
Le a vità di Gancio Originale sono nate in un percorso che ha piano piano
contribuito a tessere la realtà dell'integrazione fra operatori scolas ci e
operatori sanitari, in una situazione dove i rispe vi ruoli professionali
sono sta ricolloca e diale zza in un’atmosfera opera va.
E’ in questa storia che di debbono collocare Free Student Box e gli altri
“prodo ” dell’a vità di “Gancio”: La Stanza di Dante, Strolgancio, Gancio
Welcome, ecc.
Gancio Originale è nato nel 1991 all’interno della AUSL di RE, ed è
diventato un organismo complesso e numericamente importante: negli
anni sono passa da Gancio quasi se emila giovani studen delle superiori
e altre an ragazzi della scuola dell’obbligo e tan adul : insegnan ,
presidi, operatori. Giovani, ragazzi e bambini che negli anni sono diventa
anche sempre più “colora ”: infa a quelli autoctoni si sono aggiun
anche tan giovani volontari, ragazzi e bambini migran . Li abbiamo
davan agli occhi tu , e a tu loro va il nostro profondo riconoscimento.
Casualmente il nostro compleanno coincide con la decisione del Consiglio
dell'Unione europea, pubblicata a Bruxelles, che formalizza la
proclamazione del 2011 "Anno europeo delle a vità di volontariato che
promuovono la ci adinanza a va". Lo slogan ufficiale dell’evento sarà:
“Volunteer! Make a difference”.
“Giovani, meno giovani, occupa e non occupa , appartenen a
differen etnie e credo religiosi: i volontari sono la tes monianza
vivente di come sia possibile abba ere quo dianamente barriere
sociali, culturali, religiose ed etniche”
Questo dice la UE e questo abbiamo sperimentato negli anni con i giovani
reggiani: sono sta vent’anni importan per Gancio e per tu noi. Anni
ricchi di cambiamen , anni di grande crescita numerica, di produzione di
nuove idee e di realizzazione di nuove a vità (Free Student Box, Gancio
Welcome, ecc.), di ampliamento della rete di is tuzioni, en e altri gruppi
di volontariato con cui abbiamo lavorato.
Sono sta anni importan e pieni di cambiamen per Reggio: la sua
popolazione si è mol plicata e “colorata” di nuove persone portatrici di
culture diverse, di abitudini, modi di vita e tradizioni differen :
centotrentasei nazionalità diverse!
Alcuni da molto significa vi tra dall’Osservatorio economico e della
coesione sociale della Provincia (edizione 2010):
- “tra il 1991 e il 2009 la provincia di Reggio Emilia è aumentata di
100.000 abitan (una ci à);
- tra il 2000 e il 2008 l’aumento è stato di 70.000 abitan (l’equivalente
di Carpi);
- fra il 2003 e il 2008 c’è stata una la crescita di 46.000 abitan :
l’incremento più alto in Europa;
- nel 2008 + 19,4% : l’incremento più alto in Italia;
- è forte l’aumento degli immigra nell’area dei minori (fra i nuovi na
in provincia di Reggio 1 su 5 è straniero); di conseguenza nelle scuole
di ogni ordine e grado si registrano percentuali crescen di studen
stranieri, che nel 2009 erano 6.910 (il 15,2% del totale degli studen ,
con punte del 24% nelle scuole per l’infanzia statali);
- consistente è il contributo degli immigra : - nel mondo del lavoro; in
quello dell’assistenza; ma anche della costruzione della ricchezza”
All’interno di una trasformazione di tale portata da iniziare a minare
e sfilacciare il tessuto sociale e le re familiari e ad incrinare
l’approccio consueto rispe o ai problemi dell’integrazione e più in
generale della tradizione solidaris ca si inseriscono segnali di difficoltà
che a raversano ce sociali finora mai a raversa dal rischio della
povertà.”
Insomma, oggi Reggio Emilia è chiamata a misurarsi con cambiamen
enormi, a misurarsi con un terremoto che sta scardinando iden tà e
certezze della sua gente. I rischi di anomia e di sofferenza mentale in una
situazione simile sono grandi. Ci amo sempre dall’Osservatorio economico
e della coesione sociale della Provincia:
“c’è un aumento costante nel tempo e decisamente elevato degli uten
dei servizi psichiatrici (dal 1990 al 2009 si passa da 500 a 6.500), così
come del numero dei minori in carico ai servizi sociali (sono quasi l’8%
del totale della popolazione 0-18 anni della nostra provincia; sono più
di 8.000 con un aumento di quasi 2.300 negli ul mi tre anni)”;
I minori in carico ai servizi sociali rappresentano nel 2009 il 7,9% dei
minori residen .
Il 40% ha genitori stranieri.
Aumento dei minori in carico (2006 – 2009) nei distre : + 50% a
Castenovo Mon (230 casi in più); + 30% a Guastalla (530 casi in più);
+ 30% a Montecchio (210 casi in più); + 18% a Reggio Emilia (560 casi
in più)“.
Ed anche a noi di Gancio risulta che la sofferenza dei minori si è
concentrata negli ul mi vent’anni su tre elemen ugualmente
problema ci: il disagio; l'accoglienza e l'integrazione dei migran di
seconda generazione; e, da ul mo, il rapporto intergenerazionale che è
andato in crisi di fronte all'emergere di una nuova infanzia e di una nuova
adolescenza, molto diverse da quelle che furono l’infanzia e l’adolescenza
degli a uali genitori e docen .
Queste erano le aree problema che cri che, già a par re dai primi anni
‘90. Ebbene per ciascuna di queste tre aree problema che Gancio
Originale ha predisposto nel tempo un insieme di servizi di prossimità il più
possibile integra e complementari con i servizi tradizionali degli en
pubblici (l’Ausl, il comune, la Provincia, la scuola) e con le loro risposte. Più
in par colare:
1. per il disagio in latenza e in preadolescenza sono sta appronta i
workshop: dei servizi pomeridiani rivol ai bambini e ragazzi a rischio.
Anno per anno sono sta raccol scuola per scuola insieme ai proff
referen , le segnalazioni dei casi lievi provenien dai servizi della Ausl, dai
servizi sociali e dalla scuola; sono sta inseri in gruppi pomeridiani dentro
la scuola stessa - i workshop, per l’appunto - guida da giovani volontari
delle superiori, a loro volta dire da giovani professionis (psicologi,
educatori), supervisiona dallo staff di Gancio Originale.
2. per i migran in età evolu va appena giun al Reggio Emilia le Stanze di
Dante, centrate sul tema dell'apprendimento della lingua italiana, ubicate
sempre in scuola, che vedono al proprio interno, oltre che dei giovani
volontari autoctoni, anche giovani volontari immigra che già
padroneggiano l'italiano ; funzionano con lo stesso impianto centrato
sull'accompagnamento.
3. per di adolescen , le loro famiglie e i docen delle superiori al
Consultorio Giovani – già operante a Reggio a decenni – si affianca il
servizio di counselling psicologico Free Student Box. Qui la catena
dell'accompagnamento, che comprende sia i proff referen che i giovani
peer counsellor, è finalizzata a fare opera di marke ng sociale in ogni classe
e fra gli adul (genitori e professori) per l'invio ai giovani psicologi
counsellor che operano in scuola di tu coloro che sentono il bisogno di
rivolgersi ad una stru ura, vicina e sempre gratuita, per ragioni di po
personale o relazionale1.
Si tra a di servizi di prossimità, come si diceva più sopra, che si basano su
una serie combinata di operazioni che si dispiegano in ogni scuola; azioni
che sono guidate e supervisionate dallo staff di Gancio Originale. Eccole qui
in sintesi:
a. Si parte da un accordo con delle singole scuole in base al principio “chi
ha bisogno di chi”; accordo sancito in protocolli d'intesa che sono ri-
negoziar e ri-firma con le singole scuole anno dopo anno; seguono:
b. un'opera di reperimento nelle scuole medie superiori dei volontari e dei
peer, anch'essa iterata anno per anno;
c. un alles mento dei luoghi fisici in cui si lavora, reperi insieme ai presidi
e ai proff referen ;
d. un lavoro di abbinamento dei volontari con i giovani psicologi che
opereranno nelle singole scuole;
e. un'opera di formazione dei volontari, nonché di formazione e
supervisione dei giovani psicologi;
f. ed infine un'opera di tutoring sugli aspe di cornice del sistema, sempre
svolta dallo staff.
I principi di fondo che informano il sistema sono essenzialmente cinque:
1. la logica indu va che ci perme e di avere un modello “debole” ma
sempre perfe bile;
2. l'accompagnamento e il tutoring in base al quale ogni nodo delle tre re
(workshop, Stanze di Dante e Free Student Box) è sempre in rapporto e in
una posizione di scambio con un altro nodo prossimo al primo, al quale
ricorrere in caso di necessità, e con quale programmare: una vera e propria
catena dell’accompagnamento che cos tuisce forse l’aspe o più peculiare
di quest’esperienza;
3. il legame con back office dei servizi pubblici;
4. l’adolescenza come risorsa, e cioè un a eggiamento o mis co nei
confron della possibilità che gli adolescen delle superiori hanno di
disporsi crea vamente all'interno delle tre re di cura. Queste le
fondamenta sulle quali vent’anni fa è nato Gancio. Dal punto di vista
psicologico ciò implica un rifiuto di una le ura sintoma ca dell’adolescenza
e dei suoi problemi, un non limitarsi all’epifenomeno eclatante, ma una
propensione e una capacità, arricchita dall’esperienza sul campo, di leggere
in ogni gesto, in ogni idea, in ogni sogno dell’adolescente e del giovane lo
sforzo che sta facendo per il raggiungimento della propria autonomia e per
la trasformazione dei suoi sogni in proge di lavoro.
5. Ed infine il principio del “minimo comune denominatore”, e cioè non la
ricerca di un accordo fra tecnici sul background scien fico di riferimento di
tu i professionis coinvol , ma la ricerca di un accordo sui qua ro pun
preceden .
Ques principi ci hanno permesso di rimanere sempre coeren con
l’impostazione iniziale, ma nel contempo di trasformare le a vità, ed
inventarne di nuove, per mantenerci adegua ai bisogni espressi dai
giovani, dai bambini, dalla scuola, dalle famiglie e, più in generale, dal
contesto sociale.
Sono quasi se emila – vogliamo ribadirlo, perché sembra straordinario
anche ai nostri occhi - i giovani volontari delle ‘superiori’ che in questo
ventennio hanno prestato gratuitamente la loro opera nei workshop, nelle
Stanze di Dante, in Free Student Box e negli altri servizi di prossimità na
sempre a par re da un’analisi puntuale dei bisogni dei sogge in età
evolu va e dell’ecosistema adulto che ruota intorno ad essi.
Ques giovani, che rappresentano senz’altro ”la meglio gioventù” che la
società reggiana ha espresso in quest’ul mo ventennio, sono recluta ogni
anno all’interno delle scuole medie superiori per un’impresa congiunta fra
bambini, ragazzi, giovani e adul , operatori pubblici, psicologi, educatori,
rocinan , specializzandi, insegnan , presidi, dove si rinegoziano delle
relazioni facendo insieme delle cose, me endosi reciprocamente in
situazioni di scambio e di arricchimento ma senza confusione di ruoli.
Un’impresa con la quale abbiamo sperimentato insieme ai giovani che il
volontariato non è una dichiarazione di fede né una scelta di vita, ma un
dare, ricevere, e contraccambiare, che è un’opportunità di crescita, uno
spicchio di mondo reale in cui trovare “quel procedere incerto fra cielo e
mare che chiamiamo esperienza” (E. Dickinson)
Il coinvolgimento del mondo della scuola che ha contraddis nto dal 1991
ad oggi tu e le a vità e che si è andato viepiù consolidando sia in termini
quan ta vi che di s ma e sostegno reciproco, è stato determinante per
comunicare ai giovani percorsi di impegno e per concre zzare momen di
crescita personale, per comunicare ai ragazzini modalità più lievi, diverse
per apprendere e per stare a scuola.
Un bilancio su vent’anni che ci pare notevole e degno di lode: lo abbiamo
de o 10 anni fa e lo ripe amo, anche con maggiore enfasi, oggi senza
more e senza falsi pudori, per la volontà spesso
realizzata con successo di intraprendere nuove esperienze. Ci amo per
esempio l’a vità con il corso di laurea in scienza dell’educazione
(Università di Modena e Reggio) che vede ormai tan rocinan realizzare
percorsi di accoglienza per bambini “d’altrove” in scuole materne ed
elementari, di confrontarci con le difficoltà, di sperimentare partendo da
niente, come abbiamo fa o fin dall’inizio.
Gancio e i suoi “prodo ” sono diventa una presenza riconosciuta in ci à
fra le is tuzioni, nelle scuole, fra i genitori e sopra u o fra i ragazzi: “fare
Gancio è figo” , “io sono di Gancio”, “sono un peer di Free”.
Abbiamo avuto tante conferme, siamo diventa una en tà conosciuta e
riconosciuta in cui parafrasando l’OMS si cerca di favorire un approccio
globale alla persona che è sogge o del proprio benessere; ed a maggior
ragione ad una persona che è un giovane, un ragazzo che sta crescendo.
Il 2010 e il 2011 sono sta cara erizza anche da cambiamen
is tuzionali provoca dalla necessità, da nuove esigenze, da nuove
opportunità:
- l’a ore principale nella ges one di Gancio e delle altre a vità è diventata
l’Associazione di Promozione Sociale “Amici di Gancio”, i partner storici
(Provincia, Ausl, Comune, scuole) non sono cambia , è cambiato il loro
ruolo: più determinan sono diventate le scuole e il Comune di Reggio. La
Provincia ha mantenuto la sua funzione di sostegno economico, l’Ausl ha
delegato al comune le a vità di cui s amo parlando mantenendo una
funzione esterna di monitoraggio.
Ma questa tendenza ad “abbandonare il desco” e andare oltre è una
cara eris ca di Gancio Originale. Non per niente ci è venuta in mente la
metafora dell’ascia di Washington quando, già dai primi anni abbiamo
compreso questo: l’ascia è ancora là in bella vista, anche se nel fra empo
le sono sta cambia sei volte il manico e due volte il ferro. Gancio
affronterà anche questo cambiamento e tu e le separazioni che derivano
da questo con nuo transito; è per questo che l’accompagnamento, il
tutoring, in Gancio come nelle altre stru ure di volontariato giovanile,
somiglia più ad una a raversata di un passo alpino che ad un lungo viaggio.
Tu o ciò ci spinge ancora a rifle ere. E in una stru ura così fragile e sogge a a con nui
mutamen le nostre riflessioni non possono non essere, ancora una volta, sul significato
del cambiamento:
Di fronte al cambiamento il problema non è quello di fare la poli ca dello
struzzo, ma di usare il meglio di se stessi e l’organizzazione nella quale si è
inseri per trasformare l’ansia e l’angoscia che inevitabilmente sorgono in
queste occasioni in elemen che perme ono di non farsi travolgere dal
cambiamento, ma di governarlo, di programmarlo.
L’accompagnamento è una delle strategie più efficaci per governare il
cambiamento allorché, come avviene in Gancio Originale, sulla scena
organizza va vi siano più generazioni poiché perme e a tu gli a ori di
ricollocarsi l’uno rispe o all’altro in modo coordinato e complementare e di
trasformare così le ansie in elemen di programmazione e di cooperazione
intergenerazionale. Accompagnare significa introdurre nella ver calità di
un raffronto generazionale degli elemen di compartecipazione e di
condivisione che a u scono le distanze e ci fanno sen re più vicini.
Tu o questo non ci fa però perdere di vista la nostra condizione di
“anziani” che ci perme e di fare alcune considerazioni partendo da questa
premessa: è confortante vedere l’esistenza - confermata di anno in anno -
del piccolo esercito di giovani di Gancio. Un esercito clandes no che non fa
no zia, che non si fa pubblicità (siamo noi adul che cerchiamo di farla)
che ha fa o della solidarietà una bandiera senza colori poli ci e razziali.
Ques giovani che vediamo tu gli anni, a vi ed entusias , non hanno
niente di diverso dai loro coetanei; come loro si divertono, vivono i loro
amori, vanno a scuola e spesso non sono molto studiosi, ma hanno
qualcosa in più.
Ques ragazzi non sono eroi, anche se non è facile fare scelte di impegno
in un contesto apparentemente di totale disimpegno e di negazione di quei
valori che forse noi adul non abbiamo avuto né il tempo né la voglia di far
sen re validi e acce abili. Il fa o che il volontariato giovanile esista e sia in
aumento anche se in forme strane, nuove a volte difficili da cogliere,
significa che i giovani sono rece vi a cer messaggi, ma vanno mo va ,
sostenu e accompagna .
Per concludere: ci piace pensare che la parola “giovani” oggi a Reggio
Emilia possa avere anche questo significato. Ci piace pensare che Gancio
Originale possa con nuare a contribuire, nei fa , a quest’opera di
accompagnamento del giovane verso l’età adulta e verso l’assunzione della
dimensione dell’autonomia, dell’operosità e della responsabilità.
L’ul mo impegno che ci prendiamo sarà di passare il tes mone a chi nel
fra empo è cresciuto, è diventato saggio ed esperto, di transitare anche
noi: è a questo anche che s amo lavorando.
Reggio è cambiata, come si diceva più sopra. E’ cambiato profondamente il
bel paese in cui viviamo è diventato più povero e più ca vo: non
vorremmo anche noi, come Gregor Samsa - il protagonista del celebre
racconto di Ka a - svegliarci e ritrovarci irriconoscibili. Non solo delle
canaglie con gli “ul mi della piramide sociale che è meglio sba ere sempre
più in basso, meglio ancora se “fuori”, ma anche feroci un po’ con tu gli “
altri” quelli che per le più svariate ragioni stanno peggio di noi. E
sicuramente stanno peggio di noi i giovani deruba del presente e del
futuro, massacra come vi me sacrificali dal processo di declino del
nostro Paese.
I giovani come risorsa abbiamo sempre de o e con nuiamo a dire a
maggior ragione ora: possiamo con Gancio, con le Stanze di Dante, con
Free aiutarli - almeno qui, almeno un po’ - a immaginarsi un futuro, ad
avere sogni e non solo incubi? Possiamo, noi adul , con queste a vità, e
sopra u o grazie all’esempio che da ques giovani ci proviene, imparare
da essi a sen rci meno soli e meno ca vi? Noi pensiamo di si.
Chiudiamo con i nostri più sen ringraziamen : ai quasi se emila giovani
volontari che con i loro presidi e con i proff referen in questo ventennio
hanno operato con noi; ai giovani psicologi, ai social worker e ai rocinan
che con la loro crea vità e con il loro prezioso lavoro hanno fa o crescere
nel tempo i mille proge di Gancio; all’Ausl, alla Provincia, al Comune di
Reggio Emilia, alla Fondazione Manodori che ci hanno sostenuto; alla Coop
Nordest che lo ha fa o in un momento per noi molto delicato; a tu
coloro che in ci à e in provincia ci hanno aiutato, a par re dal compianto
Preside Bortolani che per primo ha creduto in noi; ed infine ai bambini,
ragazzi e giovani che sono passa nei nostri can eri ricevendo, certo, quel
che potevamo dare loro, ma, in contraccambio, dandoci molto e
contribuendo così, oltre che al successo di Gancio Originale, alla nostra
crescita professionale ed umana.
L. Angelini, D. Bertani, S. Cagossi, M. Can ni
Che cos'è Gancio Originale
1. Gancio Originale: un gruppo di volontariato giovanile
(2004)
Leonardo Angelini, Deliana Bertani, Mariella Can ni
1. Le intuizioni iniziali
Di solito la nascita di un nuovo servizio sia nel ‘pubblico’ che nel ‘privato’ è
legata alla presenza di un insieme di condizioni interne (ad es.: pianta
organica) ed esterne (ad es.: legislazione) che inquadrano la nuova en tà in
modo che risul no chiare fin dall’inizio sia le sue componen e le sue
finalità intrinseche, sia le connessioni a ese con gli altri gangli della rete
is tuzionale in cui questo elemento di novità va ad inserirsi.
Nulla di tu o ciò è accaduto allorché una dozzina di anni fa è nato Gancio
Originale, il gruppo di volontariato giovanile dell’AUSL di Reggio Emilia.
Gancio infa non nacque a tavolino: non fu il fru o di una
programmazione che mirasse ad espandere l’area di intervento del servizio
di NPI2 nel solco di nuove opportunità fornite da leggi nazionali o locali.
Semmai possiamo dire che Gancio nacque da una situazione di bisogno.
Da una parte infa già da alcuni anni all’interno degli ambulatori della NPI
erano sta porta avan da alcune educatrici della riabilitazione,
supervisionate dagli psicologi, dei “Gruppi per l’apprendimento”, cioè delle
a vità pomeridiane di po ripara vo nei confron di casi di disagio e di
lieve disabilità; dall’altra l’espandersi di centri appoggio semiresidenziali
per adolescen gravi e di stru ure per medio-gravi ci aveva spinto ad
allargare la convenzione che la AUSL aveva da tempo s pulato con il
ministero della Difesa e che perme eva l’accesso di giovani obie ori nei
nostri servizi.
Ciò che avevamo intuito - in verità pensando più al reclutamento degli
obie ori che dei volontari - era che bisognasse andare nelle scuole medie
superiori della ci à prima che i giovani uscissero da esse e si
disperdessero3 nei mille rivoli dell’impegno post diploma, e che occorresse
chiedere ai giovani in predicato di diventare obie ori di venire a svolgere la
loro a vità presso di noi, ed agli altri, e sopra u o alle altre, di venire a
darci una mano nei “gruppi per l’apprendimento” o in a vità individuali
pomeridiane rivolte a bambini e ragazzi disabili e a rischio.
Avevamo intuito anche che non potevamo chiedere molto a questa
seconda schiera di giovani poiché di fa o fin dall’inizio abbiamo chiesto
loro un impegno che non andasse oltre le due - qua ro ore alla se mana,
un impegno cioè di uno o due mezzi pomeriggi. Le risposte che seguirono a
questa nostra richiesta andarono subito al di là di ogni più rosea
aspe a va e fin dal primo anno l’adesione alle nostre a vità pomeridiane
superò la tren na. Si tra ava prevalentemente di giovani studentesse delle
ul me classi delle superiori, anche se non mancarono all’inizio adesioni di
adul , recluta al di fuori della scuola, che des navamo prevalentemente
al lavoro di cura individuale con i disabili o al lavoro in atelier presso le
stru ure per disabili gravi e medio-gravi.
Cosicché nei primi anni l’a vità di Gancio Originale si svolse
prevalentemente nelle stru ure delle équipe di NPI che allora erano
ancora territorializzate, cioè presen nei vari quar eri ci adini, e fu
centrata, più che su a vità di gruppo, in a vità di “volontariato singolo”,
in cui cioè ogni volontario lavorava singolarmente con il bambino o il
ragazzino cui era stato “abbinato” o partecipava a turno ad alcuni momen
di a vità delle stru ure per gravi e per medio-gravi della NPI.
Chiamammo questo nostro proge o “Gancio Originale” perché allora il
termine “fare un gancio” era di moda fra i giovani e perché noi in fondo
proponevamo loro un gancio un po’ strano: un gancio con un disabile o con
un ragazzo a rischio.
Un gancio per poche ore alla se mana e, come avremmo capito fin
dall’inizio, un gancio per uno o due anni: mai ci è venuto in mente di
chiedere loro di prendere la casacca di Gancio Originale “a vita”, anche
perché mol di loro (la “meglio gioventù” reggiana) poi, finite le superiori,
andava via da Reggio e magari proseguiva la propria a vità di volontariato
in altri luoghi dell’impegno e della cura. Un gancio mirato a farli lavorare
prevalentemente con bambini “diversi” e sopra u o ad individuare le loro
effe ve vocazioni e a curare in maniera precisa i luoghi della cura, di modo
che fossero ad es. vicini alle loro abitazioni.
Il combinato di tu e queste cose è stato Gancio Originale inizialmente.
Anche i nostri proge forma vi hanno risen to fin dall’inizio di
quest’o ca indu va in base alla quale abbiamo rinunciato a fare grandi e
de aglia proge iniziali, ma ci siamo propos un con nuo monitoraggio
di ciò che effe vamente andava nascendo e crescendo so o i nostri occhi
in modo da correggere la ro a in i nere.
Avevamo previsto il turn over degli obie ori, non avevamo invece previsto
il turn over così massiccio dei volontari. Eravamo assolutamente senza
risorse, per cui per esempio sul piano forma vo abbiamo fa o fronte a
questa “scoperta” con alcune cose: - innanzitu o ci siamo de che anche
la formazione doveva essere un momento di volontariato, per cui abbiamo
chiesto ai migliori esper della cura presen in ci à di venire a farci dono
delle loro competenze e del loro sapere; - in secondo luogo abbiamo
intuito che ripetere ogni sei mesi (come prevedeva la legge sugli obie ori)
sempre lo stesso schema forma vo avrebbe stancato qualsiasi formatore,
abbiamo perciò is tuito che “Paganini non ripete”, ma compensa vamente
ci siamo propos di dare in dote ai nuovi arriva la trascrizione delle
preceden ‘lezioni’ (cosa che da allora in poi abbiamo con nuato a fare
ogni anno con i nuovi arriva ); - ma sopra u o abbiamo deciso di andare
avan in un modo apparentemente rapsodico, ma che in effe era un
par re dagli a uali e reali pun di crisi dei nostri giovani volontari che
abbiamo ben presto imparato a riconoscere semplicemente chiedendo a
quelli che stavano per finire il loro percorso quali erano gli argomen sui
quali pensavano di avere più bisogno di aggiornamen e di
approfondimen .
In questo modo Gancio Originale in quegli anni si è andato gradatamente
espandendo in ci à. Come era implicito nel suo a o di nascita, nel suo
stesso nome4, nella sua collocazione liminare e sfumata rispe o all’ambito
is tuzionale, specialmente all’inizio, Gancio Originale ha assunto un profilo
cangiante e sempre alquanto scentrato anche rispe o ai nostri proposi e
alle nostre a ese. Non è stato facile accompagnare la nascita e i primi passi
di questa creatura apolide e squa rinata in mezzo a servizi paluda e di
lunga e sicura ascendenza.
2. Cambiamen is tuzionali e necessità di un ada amento
Nel 1994, a cavallo della fine della Prima Repubblica e degli albori della
Seconda, quasi come un movimento galvanico di un corpo morente, la
legge De Lorenzo ha aperto la stagione delle priva zzazioni e delle
aziendalizzazioni che (provvisoriamente) oggi si è chiusa con la legge
Mora sulla scuola. Cosicché è la sanità che all’inizio anni ’90 ha dovuto
sperimentare per prima quell’insieme di cambiamen che spesso si sono
pos in un rapporto di discrasia e di discon nuità con ogni elemento del
passato, compresi quelli più gloriosi. Ed anche in questo processo l’Emilia-
Romagna ha preceduto il resto d’Italia così come all’inizio degli anni ’70 era
stata parte non piccola nell’opera di costruzione dei servizi. Rimandiamo ad
un precedente lavoro di uno dei tre autori del presente scri o chi volesse
ripercorrere le tappe di quel percorso5 e concentriamo la nostra a enzione
a par re da quegli anni va accadendo nei servizi dell’età evolu va a Reggio
Emilia.
Su di essi, come su mol altri compar della sanità reggiana, la nuova
logica aziendalis ca impose l’emergere di un (supposto) criterio
efficien s co in base al quale i grandi contenitori e, sopra u o, la fissità
dei loro organici rappresentavano un impedimento al libero flu uare degli
operatori in ogni luogo fisico e is tuzionale in cui, a mano a mano che il
tempo procedeva, fosse emerso un ‘bisogno’. Si chiusero così le ‘grandi
canne d’organo’ dei vecchi servizi e si optò per i piccoli contenitori. Nel
nostro caso ciò significò lo smembramento del Servizio Materno Infan le in
qua ro servizi: Area Sociale, Pediatria di Base, NPI, Psicologia Clinica
Sociale e di Comunità.
Dalla NPI del Distre o di Reggio infa escono gli psicologi che confluisco in
un servizio monoprofessionale, il Servizio di Psicologia Clinica appunto, che
nel momento in cui comincia ad operare all’interno di questo nuovo
quadro viene a trovarsi in una situazione di difficoltà, specialmente di
fronte a quelle mansioni che richiedono un lavoro e, prima ancora, una
riflessione poli-professionale, così come era successo negli anni preceden .
Cosa che aveva favorito il sedimentarsi nel tempo di una piccola, ma per
noi importante consuetudine di lavoro in équipe polifoniche che nel bene e
nel male avevano cara erizzato sia i nostri legami interni, sia le nostre
modalità di le ura della mutante realtà esterna con cui avevamo a che
fare.
E se è vero che in quest’ul mo decennio ogni piccolo contenitore ha visto
un aumento della produ vità, è vero anche che l’assenza di luoghi di
riflessione e di lavoro comune ha avuto pesan ripercussioni nega ve sul
piano qualita vo poiché da una parte la rinuncia ad una le ura aggiornata
e integrata di una realtà sociale complessa ed assolutamente non sta ca,
quale è quella reggiana, ben presto ci ha impedito di vedere, almeno a
livello is tuzionale, in che direzione andava mutando il territorio, quali i
bisogni emergen e quelli declinan , quali di conseguenza i necessari
ada amen che la nuova realtà richiedeva; dall’altra la logica efficien sta
ci ha spinto a dare risposte standardizzate, più facilmente rilevabili in
termini quan ta vi, che nel caso degli psicologi coincidono
prevalentemente con le risposte esclusivamente monoprofessionali:
prestazioni diagnos che, psicoterapie, counselling, consulenze. Ma anche
su questo versante, apparentemente più prote o, si è abba uta la valanga
della ristru urazione poiché l’elemento di novità rappresentato dal Servizio
di Psicologia, unito alla scarsa risonanza che la parte più nucleare del lavoro
degli psicologi - e cioè la psicoterapia e il counselling - aveva all’interno
dell’is tuzione spingevano i responsabili di budget verso un’operazione di
con nua riallocazione degli psicologi all’interno dei vari ‘programmi’ che,
come la tela di Penelope, nascevano e si disfacevano negli anni .
Tu o ciò ha comportato per gli psicologi un grosso lavoro che potremmo
definire di marke ng interno volto a salvare la parte più nucleare del
nostro lavoro e a trovare nuovi luoghi e nuove modalità di riflessione.
E Gancio Originale lentamente diventa uno di ques luoghi in cui, grazie ad
un insieme di fa ori che ora cercheremo di vedere anali camente, si
rinnova anno per anno, un ponte che unisce il servizio di Psicologia Clinica
e il Consultorio Giovani, la cui direzione proprio in quegli anni è affidata ad
uno psicologo del Servizio di Psicologia Clinica, con il mondo giovanile e
con la scuola reggiana.
Cerchiamo di vedere ora ciò che in concreto accadde in quegli anni.
Innanzitu o va so olineato che il distacco degli psicologi dalla NPI di fa o
comporta una divaricazione per quanto riguarda la casis ca: molto
grossolanamente succede che la disabilità rimane alla NPI, mentre il
disagio passa alla Psicologia Clinica. Questa tendenza, che inizialmente da
entrambe le par si tendeva a negare, a Reggio Emilia poggia su due
capisaldi.
Da una parte sul fa o che il lavoro sulla disabilità richiede un approccio
poli-professionale già nel momento della diagnosi, ma sopra u o nel
momento della definizione del piano riabilita vo6 e nei vari momen di
follow up: e questo aspe o, necessariamente poli-professionale, del lavoro
riabilita vo, all’area di psicologia viene negato, per cui lentamente e
dolorosamente coloro che avevano cominciato il lavoro di
deis tuzionalizzazione e di ridefinizione dei percorsi riabilita vi devono
prendere a o che questo aspe o del loro lavoro sfila via e scompare mano
a mano che la casis ca cresce e “passa agli adul ”, cioè ai servizi per
l’handicap adulto.
Dall’altra sul fa o che l’esperienza di intervento sui ragazzi a rischio e, più
in generale sul disagio, fa a dai volontari di Gancio Originale guida dagli
psicologi, si è andata embricando nel tempo con una pluralità di sogge
che a mano a mano che il tempo passava sono diventa i protagonis
dell’intervento in questo importante se ore della cura in ci à. Cosicché,
oltre al Servizio di Psicologia Clinica e al Consultorio Giovani con i loro
rocinan , ben presto sul terreno del disagio si intesse una rete che ha
mol nodi fra loro variamente embrica : quello rappresentato dalle scuole
elementari e medie inferiori preposto alla tempes va selezione dei
candida alla frequenza dei vari momen pomeridiani che in quegli anni
vanno nascendo in ci à, a garan re l’apertura delle scuole di pomeriggio, a
tenere i conta con noi nei momen di verifica; quello delle scuole medie
superiori che, specialmente in alcune sue componen 7, si a vano nel
facilitare l’opera di reclutamento anno per anno dei giovani volontari; il
Comune che proprio in quegli anni con i suoi GET si va specializzando sui
casi in cui la componente sociale è prevalente rispe o a quella sanitaria; il
Servizio Sociale minori dell’AUSL col quale ben presto definiamo luoghi
comuni di riflessione e di proge azione; ed infine molte parrocchie, le
organizzazioni scout, e varie altre en tà personali8 e colle ve presen nel
tessuto sociale della ci à.
Tu o ciò, senza che all’inizio ce ne rendessimo conto, ha permesso a
questo insieme di en tà di mantenere alta l’a enzione sul problema del
disagio in ci à, a trovare luoghi nuovi di riflessione, di proge azione e di
verifica dei piani sul disagio, a definire insieme momen forma vi sul
tema9.
Nello stesso tempo, sempre in conseguenza della ristru urazione,
l’impegno per il reperimento degli obie ori “si sgancia da Gancio”
implementando in maniera indire a la componente femminile del gruppo:
ciò ci ha spinto a chiederci, sempre insieme ai nostri volontari quali
possono essere le ragioni in base alle quali anche a questa età la cura
sembra essere una preroga va quasi esclusivamente femminile10. Mentre
la chiusura degli ambulatori decentra in cui per decenni avevano lavorato
le equipe di NPI, dovuta alla chiusura dei distre territoriali, porta Gancio
ad inves re ancora più fortemente sulle disponibilità spaziali che la scuola
poteva me ere a disposizione di pomeriggio. Nel ‘94 infa le équipe di
NPI sono centralizzate in un’unica sede e dopo un momento di “panico”
dovuto al fa o che non avevamo più spazi diventa “ovvio“ rivolgerci ai
presidi delle scuole medie di provenienza degli alunni segui per
convincerli a consen re che Gancio di pomeriggio trasmigrasse nei plessi
scolas ci, ben prima che il decreto Berlinguer vedesse la luce e sancisse
l’apertura pomeridiana delle stru ure scolas che alle a vità del quar ere.
Questa conquista è stata la base per la nascita delle a vità di gruppo - i
futuri workshop - che dal ‘94 in poi diventeranno di anno in anno sempre
più numerosi fino a coprire a ualmente quasi tu e le scuole medie del
Distre o di Reggio (comune capoluogo e 6 comuni periferici), parecchie
scuole elementari e 6 scuole medie superiori che sono sede di workshop
per gli alunni delle scuole medie ed elementari limitrofe.
E’ in questo momento che “i gruppi per l’apprendimento”, na inizialmente
anche per rispondere alle esigenze di po ripara vo dei disabili lievi, si
specializzano sul disagio e cambiano anche di nome diventando i nostri
workshop, cioè delle vere e proprie officine di riparazione per ragazzi a
rischio. Ciò da un punto di vista clinico comporta una importante
puntualizzazione sul piano ripara vo: infa mentre il lavoro clinico con i
disabili è centrato essenzialmente sui deficit presen a livello dell’Io, cioè
sulle loro rido e capacità di comprendere ed operare sulla realtà, quello
con i ragazzi (cui ben presto si affiancheranno i bambini) a rischio non può
non essere centrato che sulle ferite narcisis che che il ragazzo svantaggiato
o deprivato porta dentro di sé. Ciò significa che, mentre l’operatore che
opera con i disabili deve svolgere una funzione che è sta definita (Cannao e
More ) di Io ausiliario, gli operatori che hanno di fronte a sé il ragazzo a
rischio devono svolgere un’opera di restaurazione del suo Ideale dell’Io
che, riprendendo una efficace metafora, nata non per caso in un ambiente
scolas co par colare, potremmo definire come sgarrupato. Fin qui nulla di
par colarmente ‘originale’: il fa o è che nel caso di Gancio c’è un elemento
che determina una situazione di assoluta par colarità, che probabilmente
non può essere nemmeno ricondo a pienamente all’ambito della peer
educa on: il fa o cioè che nel nostro caso quest’opera di po restaura vo
non viene affidata ad un adulto (come pure noi stessi facevamo quando
all’inizio avevamo aperto i “gruppi per l’apprendimento” ai nostri
educatori della riabilitazione), ma a giovani di qua ro o cinque anni più
grandi dei ragazzi loro affida .
A par re da questa vicinanza anagrafica, e dalla similarità dei contenu
prevalen a quell’età che, come so olineano gli adolescentologi, sono per
tu a l’adolescenza quelli incentra su un’opera di convivenza, più o meno
penosa, con problema che che investono pesantemente l’Ideale dell’Io, si
determina nei workshop un terreno di restaurazione e di crescita che ha un
alleato anche nell’elemento spaziale.
Infa lo sfru amento degli spazi scolas ci il pomeriggio in questa nuova
atmosfera più ludica e confidente di quella che si determina di ma na,
allorché la presenza dei proff impone un altro po di impegno, spinge i
nostri ragazzi ad addomes care gli spazi, a farli propri. In questo modo
quegli stessi ambien - cioè la scuola - diventano loro meno nemici ed
essere lì, nei luoghi in cui ogni ma na, dall’inizio del loro “calvario
scolas co“, sono passate le ruspe so o le quali sono sta schiaccia i loro
sogni per l’avvenire, e poterli finalmente sen re come luoghi amici è già di
per sé un fa o terapeu co11.
Ed infine, last but not least, c’è un ul mo elemento che in questo periodo
viene a complicare felicemente il concerto polifonico che si va
componendo intorno a Gancio: arrivano nel Servizio di Psicologia primi
psicologi rocinan dalle università di Padova e di Cesena (ai quali poi si
aggiungeranno i rocinan di Scienze dell’Educazione e infine i giovani
psicologi neolaurea provenien dalla facoltà di Parma). Sono ques
giovani neolaurea che decidiamo di imme ere nei workshop con
funzione di coordinamento dell’a vità dei giovani volontari. Comincia in
questo modo un altro precorso di crescita che vedrà fino ad oggi molte
generazioni di neolaurea in Psicologia trasformarsi, anche grazie
all’a vità svolta presso Gancio Originale, da laurea in Psicologia in
psicologi, cioè in professionis capaci di muoversi con competenza nel
territorio e nella professione.
3. Gli anni della crescita
I rocinan
L’arrivo nel servizio di Psicologia e conseguentemente in Gancio Originale,
dei giovani rocinan di Psicologia e di Scienze della Formazione perme e
una complicazione della nostra rete di cura, la estensione della catena
dell’accompagnamento in base alla quale ogni coorte coinvolta nella cura
può contare sul sostegno discreto e ravvicinato di una coorte solo di poco
più adulta e più matura, una maggiore professionalità nelle cure erogate
che, come vedremo, risulterà preziosa allorché – come sta avvenendo in
ques ul mi anni – l’età dei giovani volontari tenderà ad abbassarsi
ulteriormente.
Cerchiamo di vedere ora cosa accade dopo questo evento, per noi
importan ssimo. Nel fare ciò cercheremo di evidenziare, uno per uno,
quelli che a noi sono apparsi come gli elemen più significa vi che hanno
cara erizzato gli anni della crescita.
I workshop
Il processo di trasformazione dei “gruppi per l’apprendimento” nei
workshop avviene in concomitanza dell’arrivo dei primi rocinan e
possiamo dire che è stato uno degli elemen fondamentali nel processo di
solidificazione del rapporto con le scuole. Per cui vale la pena spendere
poche righe per sinte zzare la filosofia, gli scopi, le considerazioni sulle
quali e per le quali è nata l’idea dei workshop pomeridiani. Andando a
spulciare fra i documen ufficiali di allora leggiamo:
“……. L’obie vo generale consiste nella prevenzione secondaria e
terziaria del disagio giovanile mediante l’integrazione linguis ca,
scolas ca e relazionale dei bambini e dei ragazzi (autoctoni e
immigra ) in età dell’obbligo, segnala per disturbi d’apprendimento
su base non organica o cer fica secondo quanto prevede la
L.104/1992.
Nella consapevolezza che l’approccio ele vo per questo po di
problema ca debba essere mul disciplinare e ambientale, il workshop
è finalizzato a creare una sinergia tra is tuzione scolas ca, quella
sanitaria e famiglia per la programmazione di interven riabilita vi
mira alle par colari esigenze-carenze del minore”.
Il workshop assume così la veste di un insieme limitato di minori con
cer ficate difficoltà negli apprendimen scolas ci, affianca da
volontari di Gancio Originale e coordinato da psicologi che si riunisce
all’interno degli ambien scolas ci (come previsto dalle recen
disposizioni ministeriali in materia), al di fuori dei normali orari di
lezione, per lo svolgimento di a vità riabilita ve, di recupero scolas co,
educa ve, crea ve e forma ve…”.
Questo ha significato da una parte, come dicevamo prima, una maggiore
professionalità nella cura che si è riverberata sul piano clinico e sul piano
della ges one del gruppo; dall’altra l’impianto di una “ familiarità” fra
scuola e servizio sanitario, di una “alleanza” nei confron dei problemi e
della ricerca di modalità per affrontarli, di un reciproco arricchimento delle
o che di osservazione delle difficoltà e delle cri cità generali e dei singoli
bambini, e sempre di più il superamento di quella situazione di reciproca
diffidenza con il conseguente rimpallo di responsabilità e accuse che
solitamente viene a crearsi allorché si tra a di problemi che, più che gravi
da un punto di vista nosografico, appaiono come gravosi, cioè pesan per
la comunità scolas ca.
La messa a punto della rete di cura
Al coordinamento dei workshop da parte dei giovani rocinan si sono ben
presto aggiunte altre componen che hanno permesso in quegli anni a
Gancio Originale di ampliarsi e di trovare delle risposte nuove e ada e alla
più complessa rete che si andava definendo con la scuola e le altre
is tuzioni con cui eravamo e siamo in rete: è stato curato meglio il
rapporto con gli insegnan , è stata prestata più a enzione alla formazione
dei gruppi e, prima ancora, alla selezione dei ragazzi e dei bambini da
inserire nei workshop. Su questa base e sulla base di un ampliamento del
numero delle convenzioni con l’università, che ha permesso una ulteriore
crescita dei rocinan , è nata l’idea di stru urare stabilmente la
supervisione dei rocinan , con una cadenza precisa (una volta ogni 3
se mane) ed un metodo (l’apertura a tu i rocinan , al di là del
percorso di laurea scelto) che ha favorito l’interscambio di esperienza e la
valorizzazione delle differenze.
La formazione e le sue trasformazioni
Mano a mano che al volontariato singolo si è aggiunto quello ‘per’ gruppi e
‘su’ gruppi sono sta necessari cambiamen anche a livello della
formazione dei volontari: non più cicli semestrali di lezioni frontali, ma da
una parte lavoro pra co in atelier durante l’anno per l’apprendimento di
tecniche dida che e di modalità espressive spendibili con il gruppo dei
ragazzi e dei bambini a rischio, dall’altra la stru urazione una volta l’anno
di una full immersion forma va consistente in un seminario residenziale in
un ex Seminario nell’Appennino Emiliano (Marola): i seminari al Seminario
che oltre la concentrazione e l’approfondimento teorico-pra co (anche in
questo momento sono previs atelier, che sono lega agli argomen delle
relazioni iniziali) perme e di fare squadra sia ai volontari che al sempre più
ampio gruppo dei rocinan .
Il cambiamento nelle modalità della formazione si è poi reso ancora più
necessario sia per l’accrescersi del numero dei volontari sia per la
diminuzione della loro età (dal ‘95 in poi infa con la sempre maggiore
stru urazione del lavoro con le scuole appaiono o, meglio, fanno irruzione
in massa in Gancio Originale i minorenni, studen delle scuole superiori
delle ul me tre classi, questo è reso possibile dai protocolli di intesa che
abbiamo cominciato a fare con le varie scuole nei quali si concordava tra
l’altro con la scuola che la copertura assicura va dei volontari minorenni
era di loro competenza).
Abbiamo sperimentato le “verifiche“ come momen forma vi cioè tre
incontri annui (all’inizio, a metà , alla fine dell’anno scolas co) nelle scuole
di provenienza in cui tu i volontari della scuola stessa discutono fra di
loro, con noi e con i vari coordinatori - rocinan e insegnan - le loro
esperienze, le confrontano nelle posi vità e nelle cri cità, portano le loro
scoperte, le loro soluzioni.
Ques incontri fa in orario scolas co si sono rivela essere un modo
estremamente efficace di formazione - supervisione in i nere così come gli
incontri a piccolo gruppo fa dai coordinatori per la programmazione delle
a vità di ogni workshop e per l’affronto delle emergenze .
La programmazione della formazione e le modalità della stessa hanno
sempre dovuto fare i con , per avere successo, con i tempi dei volontari,
con i tempi della loro frequenza scolas ca. Abbiamo cioè dovuto tener
fede in modo preciso all’impegno iniziale: la richiesta di due, tre ore al
massimo del loro tempo se manale.
4. L’esplosione di Gancio Originale in ci à
Una fortunata opera di found rising che ha permesso un accrescimento
improvviso delle risorse (sponsorizzazione della Coop Nordest e accesso a
fondi di Provincia e Regione) ci ha consen to la nascita di una nuova figura
che complica ulteriormente la nostra catena della cura e
dell’accompagnamento: ai volontari, ai rocinan di Psicologia e di Scienze
dell’Educazione, alla nostra tutor (l’unica educatrice - una dei tre “soci
fondatori” di Gancio Originale - trasmigrata dalla NPI alla Psicologia Clinica)
e ai nostri psicologi si aggiungono ben cinque borsiste, in precedenza già
con noi come rocinan , che ora è possibile remunerare e che partecipano
ai momen di selezione dei ragazzi candida ad entrare nei workshop, alla
a vità di conduzione e programmazione dei workshop, ed entrano
stabilmente nello staff di Gancio Originale.
Si aprono così nuovi workshop; parte delle esperienze di workshop non più
solo nelle scuole medie inferiori, ma dentro le scuole medie superiori da
cui provengono i volontari, che così si trovano ad operare “in casa”,
workshop sempre aper ai bambini ed ai ragazzi a rischio provenien dalle
scuole medie ed elementari limitrofe. Ciò porta ad importan ssime
conseguenze sia sul piano della numerosità dei volontari, sia per la loro età
che cambia rispe o alle generazioni preceden : oggi infa , come
accennavamo sopra, la maggioranza dei volontari sono minorenni. I
risulta di questa ulteriore mutazione sono molteplici: si accorcia la
distanza fra il minore ogge o di cura e quello e che invece è sogge o di
cura ed aumentano considerevolmente i maschi.
La più giovane età dei volontari
Ques volontari sono comunque diversi rispe o a quelli di 10 anni fa :
potremmo dire per sinte zzare che sono ragazzi che agiscono in piccolo,
lontani dall’idea che così facendo stanno pensando in grande. Abbiamo
l’impressione che adesso fare volontariato rappresen un modo per
affermare la propria vitalità; un impegno per affermarsi nel proprio spazio
quo diano; un dover fare qualcosa per sfidare il nulla in un corpo a corpo
spesso inconsapevole con esso; il desiderio di riprodurre armonia, gius zia,
pace e amore: quei valori cioè che le vicende umane così spesso
calpestano ma di cui si serba nostalgia e bisogno; infine nello specifico del
lavoro di Gancio Originale il desiderio di cercare soluzioni caso per caso,
giorno per giorno che tengano conto delle esigenze dei bambini, dei
ragazzini con i quali essi hanno a che fare, dei loro problemi, delle loro
difficoltà e dei loro confli e anche dei propri.
Fare volontariato per queste giovanissime leve significa la possibilità di
lavorare con l’immaginazione, di poter pensare all’apertura di nuove strade
per sé e per gli altri; e nel contempo la possibilità di concre zzare
l’immaginazione stessa dimostrando a sé e agli altri che la speranza di
cambiare quello che non va non è un sen mento ingenuo e illusorio. E’ il
trovarsi lo spazio per chiedersi “Cosa posso fare?” e potere mantenere
dentro di sé la pregnanza di questa domanda contro l’espressione “Ma chi
te lo fa fare?”
Questa impressione ci ha dato una un’importante indicazione di lavoro:
con ques volontari giovanissimi occorre fare proposte che non
“deprimano”, che partano dai bisogni e dai contras che essi osservano
so o casa, che contengano proge condivisibili, che facciano sca are la
domanda “Io cosa posso fare?” che spingano ad alzarsi dal divano per
superare la noia che spesso noia non è ma che a volte è depressione.
Il risvolto della medaglia di tu o questo è che la giovane età, il numero
ormai al ssimo di volontari, la loro provenienza da tu i pi di scuola
(licei, is tu tecnici, is tu professionali) tu e queste cose determinano
una più imprecisa e disomogenea propensione all’assunzione e,
sopra u o, al mantenimento della responsabilità da parte dei nostri ormai
giovanissimi volontari e questo impone a noi e a tu o lo staff dei
rocinan e dei borsis un più a ento, puntuale e quo diano lavoro.
Le modifiche del rapporto con le scuole
Negli anni con nuano a modificarsi i rappor con la scuola in senso
quan ta vo e qualita vo: Gancio Originale è presente ormai nella maggior
parte delle scuole della ci à e dei comuni dell’immediata periferia; nasce
in ques anni la figura dell’insegnante referente, il che significa che gli
insegnan sono inves formalmente di questa funzione e che la presenza
di Gancio Originale è riconosciuta dai consigli di Is tuto, che Gancio
Originale rientra nei POF12 e che grazie questa a vità e a quest’impegno
con Gancio Originale le scuole o engono contribu (a onor del vero poco
più che simbolici) dalla Provincia e dagli altri En Locali; si generalizzano i
protocolli di intesa fra le scuole e l’AUSL per le a vità di Gancio Originale.
Per Gancio Originale è stata fondamentale la coniugazione con la scuola e
crediamo di poter dire a questo punto che anche per la scuola questa
coniugazione è molto importante.
Infa nella realtà scolas ca quo diana odierna la simbiosi fra ruolo
affe vo di adolescente e ruolo sociale di studente si realizza solo
parzialmente; il più delle volte il ruolo affe vo di adolescente mal si ada a
al linguaggio del ruolo sociale di studente. Questo è uno dei mo vi più seri
di crisi dell’a uale sistema scolas co, cioè la scissione frequente fra ruolo
affe vo di adolescente e ruolo sociale di studente, il ruolo di studente
raramente è in grado di ca urare gli affe dell’adolescente. L’affe vità
domina l’opera vità e spesso la esclude ostacolando la partecipazione al
lavoro e impedendo il processo di trasmissione delle conoscenze. Il ruolo di
studente, cioè il ruolo opera vo dovrebbe aiutare l’adolescente a me ere
a regime la propria aggressività, a controllare l’ero zzazione dei rappor , a
modulare la qualità delle relazioni con gli adul e con il potere. Lo studente
dovrebbe essere al servizio dell’adolescente e può aiutarlo a realizzare il
suo desiderio di farsi ammirare dagli adul per lui importan e a
conquistare un livello adeguato di visibilità sociale.
Nella realtà odierna ciò avviene solo in parte e con molta difficoltà, la
fragilità narcisis ca dell’adolescente di oggi mal si confronta con le ferite
che inevitabilmente produce il confronto con una realtà che chiede sforzo e
confronto, che giudica, che promuove o no. Ma il ruolo di studente è
l’unico che la cultura degli adul propone agli adolescen tanto che chi
interrompe gli studi e va a lavorare, magari diventa economicamente
autonomo, capace, ma si sente di aver fallito, si sente inferiore.
Il ruolo di volontario diventa, in questa situazione, importante perché è
opera vo, può aiutare l’adolescente a realizzare cose apprezzabili e
ammirevoli sia dai più piccoli, sia dai coetanei e sopra u o dal mondo
degli adul ed è esercitato in uno spazio che non è la scuola ma che è nella
scuola ed è riconosciuto e valorizzato dalla scuola, è un’a vità che avviene
in uno spazio che potremmo definire transizionale, né dentro, né fuori
dalla scuola, ma che perme e l’esercizio di un’opera vità che tra l’altro ha
a che fare con l’apprendimento, che assegna un ruolo sociale riconosciuto,
non facile ma scelto e più in grado di ca urare gli affe dell’adolescente,
del giovane e può essere un ponte verso l’assunzione del ruolo di studente
o comunque di persona più grande che si assume responsabilità.
5. Vecchi e nuovi problemi, nuove idee
Le separazioni, i cambiamen
La storia ormai lunga di Gancio Originale ci ha fa o sperimentare con
sgomento che i borsis prima o poi ci ringraziano e se ne vanno: ‘me ono
su bo ega’ per i fa loro.
Sono via via infa terminate collaborazioni significa ve con persone che
da anni lavoravano con Gancio Originale prima come rocinan psicologi,
poi come borsis . Abbiamo preso a o noi, gli operatori, l’ul mo anello
della ormai famosa catena di Sant’Antonio del tutoring, noi più vecchi che
“i figli crescono e vanno oltre, abbandonano la bo ega ar giana in cui
sono cresciu e pongono le basi per costruirsene una nuova per proprio
conto“. Ne abbiamo preso a o con soddisfazione ma anche con fa ca, non
solo perché abbiamo dovuto ricominciare da capo a ridefinire nuovi anelli
della catena, ad impiantare nuovi accompagnamen , ma anche perché,
come in ogni bo ega ar giana, l’allievo che si autonomizza dal maestro
suscita in quest’ul mo sen men fortemente ambivalen , fa di orgoglio
per l’avvenuta crescita e di senso di tradimento.
D’altra parte questa tendenza ad “abbandonare la bo ega ar giana in cui
per un certo periodo si è cresciu e andare oltre” è una cara eris ca di
Gancio Originale: è una cara eris ca dei luoghi di volontariato giovanile.
Non per niente ci è venuta in mente la metafora dell’ascia di Washington
quando già dai primi anni abbiamo compreso questo: l’ascia è ancora là in
bella vista, anche se nel fra empo le sono sta cambia cinque o sei volte
il manico e due volte il ferro. E così avviene da noi: i giovani volontari, i
rocinan , i giovani collaboratori passano e Gancio Originale resta a
disposizione dei nuovi venu , come l’ascia di Washington, che rimane se
stessa nonostante non lo sia da un punto di vista materiale. E’ per questo
che Gancio Originale deve affrontare tu e le coniugazioni e tu e le
separazioni che derivano da questo con nuo transito; è per questo che
l’accompagnamento, il tutoring nelle stru ure di volontariato giovanile
somiglia più ad una a raversata di un passo alpino che ad un lungo viaggio.
L’esperienza della con nua separazione ci ha confermato inoltre che
Gancio Originale è stato e con nuerà a essere una stru ura fragile perché
sogge a a con nui mutamen .
Abbiamo così imparato che di fronte al cambiamento non è produ vo fare
la poli ca dello struzzo, ma va bene usare il meglio di se stessi e
dell’organizzazione nella quale si è inseri per trasformare l’ansia e
l’angoscia che inevitabilmente sorgono in queste occasioni in elemen che
perme ono di governare e di programmare il cambiamento per non farsi
travolgere.
Abbiamo imparato infine che l’accompagnamento è una delle strategie più
efficaci per governare il cambiamento allorché, come avviene in Gancio
Originale, sulla scena organizza va vi siano più generazioni a confronto
poiché perme e a tu gli a ori di ricollocarsi l’uno rispe o all’altro in
modo coordinato e complementare e di trasformare così le ansie in
elemen di programmazione e di cooperazione intergenerazionale.
Accompagnare significa introdurre nella ver calità di un raffronto
generazionale degli elemen di compartecipazione e di condivisione che
a u scono le distanze e ci fanno sen re più vicini.
6. Il reperimento delle risorse e la marginalità di Gancio Originale
Un altro grosso e an co problema è rappresentato per Gancio Originale
dall’oscillazione delle risorse. La scelta di con nuare ad essere
is tuzionalmente una a vità di un Servizio Sanitario e non una
Associazione di Volontariato ci ha sempre impedito di concorrere ai
finanziamen locali, regionali, così come a quelli nazionali ed europei.
S amo cercando di elaborare e fare proposte affinché il nostro modello di
volontariato giovanile possa avere una qualche connotazione is tuzionale
senza dovere diventare una associazione di modo che sia possibile
affrontare meglio i rischi ineren a queste oscillazioni. Le ragioni che ci
spingono ad essere molto dubbiosi circa la nostra trasformazione in
associazione sono nel fa o che riteniamo che è in ciò una delle ragioni
della nostra capacità di a rarre i giovani: nel fa o che andiamo da loro
come una istanza sanitaria e marginale che non chiede di fare proseli smo
a vita e può farlo in maniera credibile proprio perché non ha i connota di
una associazione.
D’altro canto però uno dei retrogus amari del successo è nel fa o che
Gancio Originale oggi non è più marginale in ci à e, sopra u o nelle
scuole. Ciò ci spinge a amplificare le nostre richieste di cara ere finanziario
e sopra u o significa la perdita di una delle due condizioni che sono legate
alla marginalità: il fa o di non essere più liminari in ci à. Come risolvere
questo problema è, secondo noi, una delle sfide che ci a endono nel
prossimo futuro.
Nuove idee
Negli ul mi anni sono state ampliate e stabilizzate le a vità di accoglienza
per ragazzi immigra . E’ entrato in scena un nuovo po di workshop “La
stanza di Dante”. Uno spazio di accoglienza e avvicinamento alla lingua
italiana per ragazzi di recen ssima immigrazione colloca sopra u o nelle
scuole superiori Questo proge o stru urato e ar colato in vari centri di
a vità sta rivelando un aspe o “entusiasmante”. I volontari sono ormai
tu a loro volta ragazzi immigra e residen a Reggio Emilia da anni.
Sono i nostri primi e giovanissimi mediatori culturali che provengono da
tan ssime etnie (in provincia di Reggio Emilia sono presen ben 92 etnie) e
che due volte la se mana lavorano fianco in una piccola Babele dove la
diversità diventa elemento di ricchezza e scambio.
A par re dal 2003\’04 abbiamo messo a punto una stru ura di counselling
in varie scuole medie superiori della ci à, Free Student Box13, volta ad
ada are la catena dell’accompagnamento e della cura alla domanda di
aiuto che proviene non più dai ragazzi a rischio, ma dagli studen delle
superiori. Dove c’è un front office che è fa o di alcuni studen che
accolgono una domanda, quella dei sedicenni e dei diciasse enni che solo
di rado giunge ai servizi e la smista ai servizi della sanità pubblica che fanno
da back office, o risponde dire amente ad essa, qualora si tra di
problemi lievissimi. Il tu o supportato da un sito web che perme e di
mantenere l’anonimato e che offre anche molte altre possibilità di
informazione e di scambio.
2. La bo ega ar giana di Gancio Originale (2004)
Leonardo Angelini, Deliana Bertani, Mariella Can ni
1. L’accompagnamento
Se per peer educa on si intende l’aiuto che sul piano educa vo può
essere dato a bambini e ragazzi in difficoltà da parte di coetanei che
appartengono alla stessa classe di età allora l’esperienza di Gancio
Originale, un gruppo di volontariato giovanile reggiano che si prende
cura dei bambini e dei ragazzi a rischio, non può essere annoverata fra le
esperienze di peer educa on.
Infa nel nostro caso coloro che si prendono cura dei bambini e dei
ragazzi svantaggia o depriva segnala dalla scuola e seleziona dagli
psicologi sono degli studen – più spesso delle studentesse – degli ul mi
anni delle scuole medie superiori della ci à. E quei qua ro o cinque anni
di differenza – che nel caso del lavoro in scuola elementare diventano
anche se e, o o o nove – a quell’età segnano un solco tale fra le due
coor da rendere alquanto problema ca l’a ribuzione di peer educa on
al lavoro di cura svolto dai giovani di Gancio Originale.
Di che cosa si tra a allora? L’immagine che ci è venuta in mente allorché
abbiamo cominciato a rifle ere su ciò che, a mano a mano che il lavoro
procedeva, si andava concre zzando so o i nostri occhi, è stata in quella
della catena di Sant’Antonio dell’accompagnamento.
Come tu sanno la catena di Sant’Antonio connota operazioni,
solitamente truffaldine, in base alle quali un emi ente tenta di me ere
in piedi un trend di legami che si autoalimentano in base ad un vincolo
che obbliga ogni unità coinvolta ad estendere l’area totale delle unità
coinvolte ed a riproporre l’obbligatorietà del vincolo pra camente
all’infinito.
Nel nostro caso, a parte gli elemen truffaldini che non sono presen , in
fondo in fondo ogni anno viene proposto dal nostro staff un ‘gancio’ a
tu gli studen delle superiori di Reggio Emilia che li “vincola” ad
entrare in un gruppo opera vo che solitamente comprende altri dieci o
dodici studen , che è guidato da uno psicologo rocinante e che è
des nato per un anno a prendersi cura di un certo numero di bambini o
di ragazzi a rischio.
Pra camente la stessa cosa viene fa a ogni sei mesi nei confron degli
psicologi rocinan che vengono a svolgere il loro rocinio da noi, e da
qualche tempo nei confron degli studen di Scienze dell’Educazione
che svolgono con noi il loro rocinio “in i nere” e ancora più
recentemente con i rocinan psicologi che in i nere debbono fare gli
EPG (esperienze pra che guidate).
Ed ecco che, se noi consideriamo che dietro ad ogni rocinante c’è un
tutor che si prende cura di accompagnarlo durante il suo percorso di
crescita e di professionalizzazione e che, a sua volta, quel giovane
psicologo guida un gruppo di giovanissimi volontari che a loro volta
guidano e accompagnano nel loro accidentato percorso di crescita
psicologica un gruppo di bambini o di ragazzi a rischio, ecco che il tema
dell’accompagnamento diventa per noi centrale, più che quello della
peer educa on.
E allora è a par re dal significato che l’accompagnamento assume
all’interno di questa “catena” che dobbiamo par re se vogliamo
comprendere ciò che sta accadendo da 12 anni a questa parte in Gancio
Originale.
Accompagnare e mologicamente proviene dall’unione del prefisso “ad”
che significa “verso” con il termine “compagno” che significa “stesso
pane”. Vi è cioè nella parola accompagnare da una parte una indicazione
di direzione dall’altra un richiamo ad uno stato di condivisione
confidenziale che riconduce ad uno stesso desco, ad una stessa
appartenenza. Nel nostro caso la direzione è quella della crescita,
l’appartenenza è una strana e provvisoria casa, Gancio Originale, che
comprende per qualche tempo (da 1 a 2 anni a qualche mese) un
insieme variegato di sogge che sono accomuna (compresi i 3 “soci
fondatori”) dal fa o che si pongono in una situazione di scambio (dare,
ricevere, contraccambiare, direbbe Godbout14) in base alla quale tu
alla fine risultano arricchi per quel che hanno dato e ricevuto lungo
questo percorso.
Cosicché i bambini e i ragazzi a rischio alla fine avranno ricevuto le cure
loro necessarie per crescere e superare le varie situazioni di impasse in
cui fino a quel momento si erano impantana ; ma avranno dato anche
molto a chi si prendeva cura di loro: ai volontari la fiducia nelle proprie
capacità di riparazione, nel proprio saper fare che spesso, anche nel loro
caso, non trova di ma na una scuola pronta a cogliere le loro più piene
potenzialità; ai giovani rocinan la possibilità per la prima volta di unire
la teoria alla pra ca e, per questa strada, vedere enormemente
accresciute le proprie possibilità sul piano professionale, nonché la
possibilità di cimentarsi in un non secondario capitolo della clinica dello
sviluppo, apprendendo a far tesoro delle sconfi e così come delle più
rare vi orie e, prima ancora, a far tesoro di quell’insieme di indizi, di
sintomi, di grida e di ammu men , di gestualità e di espressività che alla
fine si comporranno in quella semeio ca psicologica che diventerà il
vero loro tesoro e che andrà lentamente accumulandosi dentro di loro
nel tempo.
E allo stesso modo i giovani volontari che si saranno da con tu se
stessi in questo lavoro riceveranno - oltre alle cose che abbiamo già
de o provenire loro dai ragazzi - tu o un insieme di cose nuove (abilità,
percezioni, concezione, ecc.) che provengono loro prima ancora che
dall’impegno, dal presupposto su cui esso poggia e cioè dall’assunzione
della responsabilità.
Assumersi una responsabilità infa comporta l’ingresso in una nuova
dimensione temporale in cui tra il fare e il vedere i risulta del proprio
fare c’è bisogno di tempo e in cui sicuramente occorre imparare a
convivere con la frustrazione originata dalla differenza esistente tra
proge o e prodo o.
Ma anche il giovane rocinante, che spesso grazie alla sua età ha già
fa o i con con la frustrazione e la depressione derivante dalla non
totale coincidenza fra speranza e proge o e che già vede prossima la
stagione dell’ingresso nel mondo del lavoro pure può provare altri
elemen , oltre a quelli a cui si faceva cenno più sopra, di crescita e
maturazione in Gancio Originale. Ad esempio: imparare a lavorare in
gruppo (nei nostri workshop), ma anche a rifle ere in gruppo nelle
riunioni di staff e nei momen di supervisione, ad assumere un
a eggiamento riabilita vo (noi amiamo più il termine “ripara vo”) che
non implica solo impadronirsi del terreno diagnos co, ma anche - e
le eralmente - impra chirsi nel saper cogliere quando intervenire e
come, come rapportarsi con la scuola e le altre is tuzioni limitrofe, ecc.
Ed infine anche per i so oscri , i 3 membri permanen dello staff, quel
partecipare al lavoro di impasto, confezione e co ura di quel pane
comune che si chiama Gancio Originale, significa certamente un dare:
sul piano della con nua reinvenzione di Gancio Originale, della sua
conduzione e della sua tutela in ambito is tuzionale più vasto, così come
del lavoro di selezione, di individuazione delle vere vocazioni dei singoli,
di abbinamento con una casis ca ad hoc ed infine di tutoring, di follow
up, di formazione e di supervisione. Ma è anche un ricevere che va dalla
possibilità di entrare in un rapporto vivo con i giovani, di partecipare con
loro alla costruzione di un proge o fino alla possibilità di trovare nei
nostri interlocutori professionali, i giovani psicologi rocinan (cui da
ul mo si sono aggiun i nostri giovani borsis ) degli s moli che ci
obbligano ad aggiornarci, a mantenere vive in noi le nostre propensioni
allo scambio.
2. Nella bo ega ar giana di Gancio Originale
Come ci ricorda Vertecchi15 è errato pensare che il ping-pong che
quo dianamente avviene tra docen e discen si esaurisca nel set della
lezione frontale. Ci vogliono, afferma Vertecchi, almeno altri due set
perché si possa ritenere di aver giocato la par ta insegnamento-
apprendimento fino in fondo: l’esempio è il prece orato.
Anzi, aggiungiamo noi, ci sono dei luoghi - come ad esempio la bo ega
ar giana - in cui la lezione frontale non c’è e tu a la par ta che si gioca
tra le due generazioni che a raverso la formazione si confrontano sulla
scena sociale avviene a raverso l’esempio e il prece orato. Dove per
“esempio” si intende far vedere all’allievo come impadronirsi del
mes ere, delle competenze, del sapere semplicemente proponendo
ogni passaggio in una specie di rallenty; e per “prece orato” far notare
all’allievo ciò che all’interno del processo che conduce al compimento
dell’opera solo l’esperienza accumulata dal maestro16 perme e di
cogliere prima (prae-capio = colgo prima).
Ebbene, come cercheremo di dimostrare, Gancio Originale ha in sé tu a
una serie di componen che sono metodologicamente riconducibili a ciò
che succede in una bo ega ar giana. Con essa senz’altro condivide,
come abbiamo già visto, quelle che partono dal tema
dell’accompagnamento e della situazione di scambio stra ficato
presente in ogni bo ega ar giana degna di questo nome, ma che non si
esauriscono in esso.
Il lavoro con i bambini e con i ragazzi a rischio, rispe o al più tradizionale
lavoro sulla disabilità, comporta sul piano contenu s co il passaggio
dall’approntamento di piani di lavoro centra sulle problema che dell’Io
ausiliario, a problema che centrate sull’Ideale dell’Io. E il ripris no di
una immagine di sé decente, raggiungibile, realis ca che occorre
perseguire nel lavoro di cura. La scena riabilita va rimane legata al dato
cogni vo, ma, mentre nel caso del disabile il background affe vo che
perme e il passaggio delle competenze è centrato sul tema del
recupero di funzioni egoiche, nel caso del disagio è centrato invece sul
recupero di una immagine di sé presentabile prima di tu o a se stesso e
ai contes di vita del bambino e del ragazzo. Tu o ciò da un punto di
vista metodologico implica la messa in gioco in termini di controtransfert
educa vo17 dei propri introie ideali e allora ecco che per i giovani
volontari più bravi tu o ciò significa tornare a me ersi in sintonia con
proprie par interne evocate dall’insuccesso del caso di cui essi si
prendono cura, par di cui grazie al loro successo scolas co avevano
perso le tracce. Per i meno bravi trovare sul piano del rispecchiamento
quegli elemen di opera vità, garan in ogni caso dalla differenza di
età che facilitano il mantenimento di un a eggiamento ripara vo. E,
mentre ques ul mi troveranno nell’opera vità ripara va la loro più
auten ca occasione di crescita e maturazione, al contrario per i primi
sarà proprio il riemergere - sempre evocato dal sogge o di cui ci si
prende cura - di ansie e angosce legate al mancato successo a svolgere
un’opera di ridimensionamento delle proprie par megalomaniche.
La stessa cosa accade nel rapporto tra volontari e giovani psicologi
rocinan e tra ques ul mi e i più anziani psicologi della Psicologia
Clinica18.
Ma questa stra ficazione di aspe a ve e frustrazioni, a vate a livello
transferale e controtransferale in ciascuna en tà coinvolta non è altro
che la trasposizione in Gancio di una stra ficazione e di una gerarchia
che ritroviamo in qualsiasi bo ega ar giana laddove all’interno della
diale ca tra maestri e allievi e cioè tra il dare e il ricevere da un punto di
vista metodologico e cioè sul piano della definizione dei se ng di cura
contano molto le modalità secondo le quali si dà e si riceve, ci si incontra
e ci si separa, si comunica al proprio interno ed in rapporto a sogge
che operano in luoghi limitrofi (nel nostro caso la scuola e la famiglia).
Vediamo ora in par colare ques tre pun .
Nella bo ega ar giana il dare e il ricevere sono media dal fare e sono
scandi in base ad un processo di apprendistato sufficientemente
scandito di modo che ciascuno degli a ori in bo ega sappia a che punto
egli è nel processo di maturazione professionale. Nel nostro caso il front
office della cura è il workshop: una officina di restaurazione in cui si
tenta di rime ere in piedi ciò che in precedenza è stato “sgarrupato”
dalle avversità della vita. Mentre il back office sono i luoghi della
programmazione, della selezione, della scoperta delle vocazioni, degli
abbinamen , del follow-up, della formazione ed infine della
supervisione. In ognuno di ques luoghi il fare opera vo incentrato
sull’esempio e il prece orato prevale sulla parola e ancor di più su
quell’insieme formalizzato di parole e di ges pico della lezione con la
sola eccezione della formazione e ancor più della supervisione che però
abbiamo imparato a smi zzare so o questo punto di vista e a ridefinire,
non sempre con rigore e coerenza nelle loro componen stru urali. E
cioè come modelli scandi e gerarchizza di un percorso che prende in
maniera discriminata (e al limite individualizzata, come avviene nel
rapporto che ognuno ha con il proprio tutor) tu gli a ori della cura,
tranne i bambini e i ragazzi.
L’inquadramento del lavoro di Gancio Originale in una atmosfera
opera va non esclude né comprime l’affe vità che erompe anzi nei
momen della festa e dell’incontro, ma che più spesso traspare tra le
righe in ogni gesto opera vo che abbiamo imparato a decifrare nei suoi
significa affe vi. Possiamo dire anzi che una grande parte dei nostri
momen forma vi, così come in maniera più evidente avviene nella
supervisione, possono essere vis come uno sforzo di le ura del
significato comunica vo ed affe vo di ciò che avviene nei workshop.
Insomma siamo lì non perché i nostri bambini e i nostri ragazzi diven no
più competen , ma perché riacquis no fiducia in se stessi ed imparino
ad essere meno impulsivi e più riflessivi.
E forse proprio in questo punto l’esperienza di Gancio Originale si
allontana da quella della bo ega ar giana: nel fa o che mentre nella
bo ega alla fine l’opera proge ata prende luce, in Gancio Originale gli
ar giani della cura dovranno sopportare uno scarto tra intenzione e
a uazione molto superiore di quello che, come giustamente ci ricorda
Jaques19, c’è da a endersi nel compimento di ogni opera. Ciò genera
frustrazione e senso di impotenza nei più anziani di noi, che fra l’altro
provengono dall’esperienza con i disabili: figuriamoci tra i più giovani!
Sicuramente il paracadute della supervisione (che pure comprende solo i
laurea e i laureandi e non i nostri giovani volontari) aiuta a smal re e a
metabolizzare la frustrazione, a fare in modo che il senso di colpa
derivante dalla sensazione che, nonostante i nostri sforzi, poco o nulla
cambia, si trasformi in sprone e in ulteriore impegno, ma non basta: e
forse possiamo dire che è qui una delle sfide più grandi che i nostri
giovani collaboratori devono affrontare: loro propensione al sogno e
all’utopia, devono fare i con con la durezza della realtà e con la
convivenza in un “topos” così avaro di soddisfazioni.
Anche in una bo ega ar giana, così come in una classe scolas ca, ci si
incontra e ci si separa. In Gancio Originale questo percorso - che sul
piano della formazione professionale di un sarto o di un falegname
poteva durare o o o nove anni, e che in una classe dura dai tre ai cinque
anni - dura mediamente uno o due anni. Il grande turn over che prende
l’o anta per cento dei nostri giovani volontari ci ha spinto anzi a fare
un’analogia fra Gancio Originale e l’ascia di Washington che da oltre due
secoli è lì in bella mostra in quella che fu la fa oria del primo presidente
degli Usa, anche se nel fra empo le è stato cambiato due volte il ferro e
cinque o sei volte il manico. E’ ancora lì e ciò che fa sì che sia percepita
ancora come l’ascia di Washington è l’aura che è intorno a lei, fru o
della sua passata appartenenza.
Anche Gancio Originale è ancora qui nonostante il fa o che, a parte i
suoi tre soci fondatori e coloro che si sono impegna con noi negli ul mi
due o tre anni, non uno di coloro che hanno collaborato con noi in
questo ventennio è rimasto qui con noi.
Sappiamo che mol di loro sono anda poi a prestare la propria opera di
volontariato, da altre par , proprio come avviene - certo più lentamente
- in una qualsiasi bo ega ar giana. Presumiamo che dentro ciascuno di
loro alla fine dell’esperienza con Gancio Originale si sia amplificata la
disposizione allo scambio e siano emerse più chiaramente le vocazioni
individuali. Speriamo che quel doppio lavoro, cui accennava la
Manoukian Olive 20 all’interno di un nostro seminario, sui ragazzi loro
affida e su di sé, li aiu a conoscersi meglio e ad usarsi per il meglio.
Noi che rimaniamo dobbiamo sopportare tu e queste separazioni e,
come Ecuba, madre di cinquanta figli, dobbiamo scontare di non
ricordare alla fine i nomi di tu , ma nella confusione derivante da
questa nostra genitorialità trasbordante, che onestamente non
presupponevamo di avere, rimangono dentro di noi i ricordi delle opere
che insieme abbiamo compiuto e la soddisfazione di averli accompagna
per un tra o delle loro crescita e di essere sta presi per mano da loro
per un tra o del nostro cammino (e se Benjamin ci ricordava che
occorre sempre chiedersi “chi educherà gli educatori?” noi possiamo
ben dire di essere sta educa da ciascuno di loro).
A raverso l’esempio si comunica: se io rallento ad arte il mio operare
perme o a chi mi sta a fianco ed è più inesperto di me di darsi il tempo
di apprendere. Ed anche a raverso il prece orato io comunico, a pa o
ovviamente di aver fa o una opzione che va nella direzione del me ere
in comune il pane del mio sapere e del mio saper fare e non
dell’arroccamento in me stesso: comunico me endo sull’avviso il mio
più inesperto collega o allievo circa la natura delle cose che stanno
accadendo, circa il significato degli indizi (la semeio ca cui accennavamo
prima), circa le strategie degli interlocutori “is tuzionali e non” con cui
abbiamo a che fare, la natura del loro linguaggio, dei segnali - anche
infinitesimali - che da loro ci proviene (una telefonata, uno scambio di
parole sulla porta, nel momento del saluto) ma, come opportunamente
ci ricordano Fabrizio Rizzi e Valen na Stenico21, ciò non significa
assolutamente dare per scontato che tu o il sapere sia dalla nostra
parte, che solo i nostri occhi siano capaci di cogliere la reale natura delle
cose.
Infa apprendere dagli allievi significa anche questo (oltre che vederci
narcisis camente conferma nel nostro sapere in base alla loro crescita
‘ubertosa’): osare confrontare le nostre capacità ‘visive’ ed
interpreta ve con le loro osservazioni, con il loro sapere e le loro
capacità autonome di operare.
3. Gancio Originale e la scuola
Le rappresentazioni sociali della scuola di Reggio Emilia potrebbero
essere viste come una serie di immagini che vanno, al di là del po di
funzioni da essa effe vamente svolte nella pra ca educa va, da un
versante più assistenziale, con a ese di po supple vo rispe o
all’a vità educa va svolta dalla famiglia, come avviene nel caso delle
scuole per l’infanzia e sopra u o per i nidi, e un versante meno
sussidiario rispe o all’a vità educa va svolta dalla famiglia, e via via più
autonomo e professionalizzante.
Dall’assistenza all’istruzione, potremmo forse dire con uno slogan, con
una doppia serie di equivoci circa la natura della con guità fra
formazione ed educazione e circa il rapporto che l’educazione e la
formazione hanno da una parte con l’assistenza, dall’altra con
l’istruzione.
Cosicché spesso non si vede che il lavoro di levigamento esercitato
dall’educazione è dentro il percorso forma vo, anzi nel cuore di questo
percorso e non a latere di esso. Così come non si coglie ancora da parte
della famiglia22 che la frequenza al nido e in scuola per l’infanzia, al di là
degli ovvi significa di po assistenziale, cioè integra vo, è per il
bambino un nuovo modello educa vo che lo accompagna in forma del
tu o nuova nelle varie tappe della sua prima crescita.
Così come non si percepisce - e qui siamo molto vicini all’area
problema ca in cui operano Gancio Originale ed il Consultorio Giovani -
che anche alla fine del percorso, all’epoca delle superiori - dentro ogni
ora, in ogni materia, in ogni passo verso la professionalizzazione vi è
ancora un quid legato all’educazione, al rapporto, allo scambio,
all’affe vità, per quanto denegata ed ogge vata essa sia nei profili, nei
rappor di fine quadrimestre, ecc.
E se agli inizi del percorso è la famiglia che ancora persiste in una
rappresentazione sociale del nido e della scuola per l’infanzia che non
comprende, se non accidentalmente, l’educazione, è la scuola che
spesso indulge in una visione ridu va del proprio mandato a mano a
mano che lo studente cresce.
Ma fortunatamente occorre dire che, come c’è una crescente richiesta
da parte delle famiglie di un nido più educa vo, c’è anche a Reggio una
parte consistente della scuola (maestre, proff) che non vivono bene la
costrizione del loro mandato all’interno delle anguste stanze
dell’istruzione: ad esempio cominciano a montare anche nelle superiori
richieste di supervisione rispe o agli aspe relazionali del lavoro,
richieste di “me ere in piedi” nuovi presidi delle a vità di Gancio
Originale.
E’ su questo humus che fin dall’inizio si è impiantata l’a vità di po
restaura vo sulla quale è nato Gancio Originale. Se si considera ad
esempio che la maggior parte di coloro che sono a noi segnala per
problemi di disagio viene da questa parte della scuola media ed
elementare, e se si considera altresì che molto raramente ci sono state
delle interferenze circa l’a vità sele va che noi di Gancio Originale
facciamo a seguito di quelle segnalazioni, allora si coglie che non è per
scaricare i casi che esse avvengono. Tanto più che le nostre a vità sono
pomeridiane e perciò integra ve, e non sos tu ve di quelle ma u ne e
scolas che.
E, d’altra parte, la individuazione e la presenza ormai in ogni scuola
media superiore di proff che collaborano stabilmente con noi nell’a vità
di selezione e a volte perfino di accompagnamento - di pomeriggio - dei
giovani volontari, tes monia di una iden ca sensibilità ai problemi
educa vi anche a questo livello.
Si è andata così definendo nel tempo una consuetudine, che ormai da
mol anni è sancita a raverso accordi scri (quei protocolli di cui si
diceva sopra) che perme ono una tutela nei confron di quella parte
della scuola meno sensibile ai problemi educa vi e ai temi del disagio.
In base a questa consuetudine e a ques accordi è stato possibile fissare
dei veri e propri se ng, estremamente mobili e nello stesso tempo
coeren , in base ai quali nella maggioranza dei casi la scuola è diventata
una interfaccia vicina e disponibile a me ersi in rete con Gancio
Originale sul tema del disagio. E in alcuni casi i proff si sono colloca
stabilmente nella catena dell’accompagnamento.
Ponte fra l’affettività e l’operatività in un’epoca di grandi cambiamenti nel mondo interno del
bambino; ponte fra il mondo della famiglia e quello dello studio (e domani, su questo stampo,
del lavoro) in un momento felice per molti bambini, in cui l’industriosità, frutto delle nuove
tendenze alla sublimazione, può espandersi; ponte fra il gruppo primario ed i gruppi secondari,
anticamera di future, più ardite migrazioni.
Funzione ponte che non impedisce al docente accorto di mantenersi ben
vicino al mondo degli affetti del bambino (ed al proprio: c’è sempre un bambino
dentro di noi, ed il docente di scuola elementare lo sa bene, ha confidenza con il
proprio bambino interno, e con esso si pone spesso in gioco con il bambino che
ha di fronte a se stesso).
Il docente di scuola elementare sa anche, però, che le pietre più importanti che compongono
questo ponte sono quelle tipiche del fare operativo che si basa essenzialmente su un’espressione
delle emozioni e dei sentimenti mediata dal fare operativo stesso, e non direttamente giocata
sulla ricattatoria mozione degli affetti.
Infine, se le cose vanno sufficientemente bene, il bambino potrà accedere al
tempo operativo, pur mantenendo un rapporto con le proprie tradizioni
familiari e il docente, a sua volta, potrà oscillare fra un presente che, pur
essendo figlio della propria doppia tradizione d’individuo e d’insegnante, va
verso la classe attuale, verso ciò che essa implicitamente chiede per il proprio
futuro, ed un passato mitico, fatto di tradizioni particolari, familiari ed anche
pedagogico-didattiche, professionali che, però, si riattualizzano e trasfigurano
nella palestra del presente, coniugandosi con le nuove istanze di cui sono
portatori i discenti.
L’alternativa è soccombere inseguendo le ombre del passato restandone
schiavi.
Bibliografia:
Angelini L., Affabulazione e formazione, Docenti e discenti come produttori e fruitori di testi, Unicopli,
Milano, 1998
Chasseguet-Smirgel J., “Super-Io e Ideale dell'Io”, in: Mancia M. (a cura di), Super-Io e Ideale dell'Io, Il
Formichiere, Milano 1979
Erikson E., Infanzia e società, Armando, Roma, 1966
Fürstenau P., “Contributo alla psicoanalisi della scuola in quanto istituzione”, in: AA.VV., Educazione o
condizionamento? Savelli, Roma 1975
Gardner H., Formae mentis. Saggio sulla pluralità dell’intelligenza, Feltrinelli, Milano, 1989
Diamo un’occhiata alla nota immagine della spirale della programmazione. In
sede psico-pedagogica, così come in sede sanitaria, possiamo osservare l’evolversi
di un percorso programmatorio, scandito nel tempo secondo determinati criteri e
linguaggi, i cui particolari variano a seconda delle concrete microstorie locali di ogni
singola istituzione, ma che - grosso modo - sono tutti riconducibili alla spirale sopra
illustrata.
Fare un’opzione nel senso della programmazione, però, non significa affatto fare
un’operazione banale: l’abitudine e l’assuefazione alla programmazione che noi
tutti abbiamo, dal momento in cui abbiamo cominciato a lavorare in istituzioni
moderne e professionali (Angelini, 2010), ci conduce a dare per scontato ciò che,
in effetti, non lo è affatto. Infatti, la parola programmare significa commisurare il
futuro a vantaggio di qualcuno che, nel nostro caso, è l’istituzione in cui operiamo
e i suoi acerbi fruitori. Lo sguardo del programmatore, nel nostro caso, è quello di
chi vede il presente in funzione del futuro: lo stesso sguardo, cioè, dell’industriale,
dell’economista, del politico, ma anche, nello stesso tempo, uno sguardo molto
diverso da quello del contadino, tutto centrato sul ripetersi sempre uguale dei cicli
produttivi, diverso da quello di chi guarda nostalgicamente indietro nell’attesa che
il passato ritorni, che il mito si riavveri, diverso soprattutto da quello dell’operatore
delle istituzioni totali (Goffman) che non programma e tende a vedere il tempo
della propria operatività come una pesante incombenza dalla quale liberarsi al più
presto.
Un processo moderno, quindi, che conforma impercettibilmente il nostro modo
di pensare e che determina in maniera consistente la nostra professionalità e la
nostra appartenenza gruppale.
Un processo, infine, nel quale confluiscono vari momenti. Noi ne abbiamo
identificato sostanzialmente quattro: 1. osservazione e auto-osservazione; 2. stesura
di una ipotesi di lavoro; 3. sperimentazione; 4.verifica; 1.a. ri-osservazione; ecc. .
Prima di tentare un’analisi dei principali problemi psicologici che intervengono negli operatori in
ciascuna di queste quattro fasi, occorre precisare però che il tipo di pazienti che abbiamo davanti (i
ragazzi a rischio), le loro esigenze di cura, nonché il nostro mestiere di educatori e psicologi ci
permette di dire che ciò che guiderà il nostro lavoro di programmazione non sarà la cura delle parti
malate dei ragazzi che sono a noi affidati, ma, piuttosto, l’osservazione delle parti sane, l’analisi delle
vocazioni, l’analisi degli investimenti fatti dal soggetto - nella sua duplice dimensione, individuale e
gruppale - sia sull’operatore che sul materiale utilizzato; e, nello stesso tempo, la consapevolezza
che, fra il momento in cui si attua l’intervento e quello in cui sarà possibile riscontrare gli effettivi
cambiamenti intervenuti nel ragazzo (se mai riusciremo a coglierli), vi è un periodo più o meno
lungo di latenza, durante il quale l’atteggiamento dell’operatore sarà quello di non aspettarsi
riconoscenza da parte dei ragazzi.
Un aspetto positivo, quindi, che distingue il nostro lavoro da quello di altri
riabilitatori, quali i logopedisti o i fisioterapisti, costretti, direi, dalla natura del loro
lavoro e dal tipo di soggetti loro affidati a lavorare sulle parti malate, più che su
quelle sane; ed uno negativo che implica una capacità di attesa che un domani -
che magari è molto al di là dell’orizzonte della nostra convivenza con loro - porti
quel cambiamento che nell’oggi sarebbe disperante attendersi.
2. Osservazione e auto-osservazione
Nel momento in cui ci si accinge a cominciare un lavoro di osservazione, può
essere utile analizzare i vari flussi identificatori emergenti o anche solo impliciti
nella relazione fra operatore e ragazzo. Non è possibile qui fornire una griglia dei
flussi identificatori, dato che ognuno ne ha una propria, che poi è quella che
ciascuno di noi utilizza, in maniera più o meno consapevole, nella relazione con
l’udienza attuale. Ma la estrema diversità di posizioni può essere ricondotta, come
dice Richter, a tre versanti: l’identificazione transferale; quella narcisistica; quella
introiettiva.
Veniamo ora alla figura illustrata più avanti.
Ciò vuol dire che, in questo primo momento, quello dell’osservazione e
dell’auto-osservazione, dopo l’analisi dei processi transferali e controtransferali da
parte dell’operatore (Angelini, 1998), seguirà il tentativo, non sempre facile, di
coniugare la scena attuale, l’udienza attuale con la tradizione e con il “bagaglio”
che ogni operatore porta con sé e che è fatto delle proprie parti più professionali e
di quelle più personali. Teniamo presente che, da questo punto di vista, il nostro
patrimonio acquisito va considerato come un insieme dinamico e, quindi,
modificabile nel tempo in base all’esperienza ed alla formazione; un insieme che
da una parte non può essere sempre messo in crisi, dall’altra non va nemmeno
feticizzato e reso immutabile nel tempo. Inoltre, come spero traspaia dalla figura,
nell’ap-prontare strumenti per la programmazione è bene distinguere fra due
dimensioni del nostro essere, che sono entrambe coinvolte nel processo:
- il me individuale di ciascuno di noi: cioè chi sono io personalmente,
distinguendo fra Sé nucleare più profondo, centrale e sede delle nostre
identificazioni, e Sé orbitale, più periferico e sede dei nostri apprendimenti
(Whitman, cit. in Grinberg);
- il me gruppale: quale tipo di appartenenza professionale ci ha forgiato, quali
testimonianze, passate e presenti, lasciate in noi dai gruppi, nella storia della
nostra appartenenza gruppale, ci hanno influenzato.
Un terzo elemento va preso in considerazione, allorché si osserva. Come
insegnano Amerio e Borgogno, è sempre bene chiedersi, allorché si osserva, con
quali parti di me sto osservando: il nostro mondo interno, infatti, è variegato e, a
seconda del momento, del tipo di paziente o di discente che mi è stato assegnato,
io posso osservare con parti superegoiche, ideali, egoiche, ecc. . Un’attenzione a
questo elemento dell’osservazione, e cioè al paio di lenti che inforco nel momento
che sono sospinto ad osservare, va fatta.
Nella fase di osservazione, infine, la stesura delle nostre prime idee e
impressioni è bene che sia lasciata a un livello di estemporaneità, quasi di
confusione; è bene, cioè, compiere ciò che, a livello metodologico, somiglia al
prodotto di un lavoro di brainstorming. Ciò significa accettare la complessità,
accettare il fatto che non è possibile definire subito con precisione ogni aspetto dei
fenomeni coinvolti nel processo innescato.
Risulta utile, in questa fase, per documentare questo momento di apparente e
conveniente confusione, l’uso di un diario oppure la registrazione all’impronta
degli incontri che verranno poi, in un secondo momento, verbalizzati con
precisione.
3. La stesura delle ipotesi
Nella seconda fase, quella della stesura delle ipotesi, si assiste al passaggio da
quelle che in una prima fase erano idee vaghe, abbozzi, illuminazioni a qualcosa
che diventa sempre più preciso e si avvicina alla riflessione. Se in un primo tempo
ci eravamo flessi sull’argomento confidando sul nostro intuito, ora dobbiamo
riflettere sulle nostre intuizioni, cominciare a organizzarle e a fare ordine dentro le
nostre idee ancora confuse.
L’atteggiamento metodologico prevalente nel lavoro di équipe in questa fase è l’accoglienza del
pensiero divergente. Dal punto di vista degli strumenti, va detto che ora devono essere utilizzate
parole precise, che ben descrivano l’oggetto della programmazione.
Il passaggio dalla fase dell’osservazione a quello della stesura delle ipotesi può essere così
scandito:
- Vi è una prima fase in cui si riflette, nel senso che ci si flette, ci si rivolge sia,
come dicevamo prima, su ciò che è stato oggetto di osservazione (riflettere) sia
anche sui risultati della auto-osservazione (ri-flettersi). Vengono in questo caso ri-
attivate le strutture egoiche della personalità, che garantiscono uno stato di
maggior attenzione e vigilanza, strutture che nella fase precedente avevamo
messo tra parentesi.
- Segue una seconda fase in cui si procede a dare un ordine a queste che non
sono più intuizioni, ma ormai nuclei di progetti programmatici che cominciano ad
acquisire sempre più senso; è questo un altro momento delicato in cui è
necessario prendere delle decisioni (de-cidere = tagliar via), cioè fare delle scelte,
scartando alcune ipotesi, lottando contro il proprio desiderio onnipotente che
vorrebbe far tutto.
Leonardo Angelini
1. Che cos'è un gruppo: Membrana individuale e membrana gruppale
Ogni individuo "apprende dall'esperienza" a definire i propri confini da
un punto di vista fisico e mentale, a definire cioè una propria specifica
membrana individuale.
Tre sono i momen in base ai quali comincia a stru urarsi la membrana
individuale in tu noi allorché siamo piccolissimi.
a) Vi è un primo momento in cui non esiste una membrana individuale
del bambino, dis nta da quella della madre o da chi ne fa le veci.
In questo momento la madre sufficientemente buona è la madre che
con ene, più che la madre che alla a - dice Winnico - la madre cioè, che
si ada a a rispondere ai bisogni del bambino, alimentando in lui l'illusione
che tali bisogni possano essere soddisfa ogni volta che insorgono.
Cosicché la prima membrana che si forma nella vita di ognuno di noi è
una membrana che accoglie madre e bambino: all'inizio cioè vi è una
diade madre-bambino che viene percepita dal bambino come un tu 'uno.
b) A questo primo momento ne segue un altro che contraddis ngue
l'inizio di quel lungo periodo che va dal 4 mese alla fine del 3 anno di vita
del bambino, cioè dall'inizio del processo di individuazione-separazione
alla conquista, da parte del bambino, della costanza dell'ogge o. All'inizio
di questo periodo il bambino comincia a percepire di essere un individuo
dis nto dalla madre, dotato di propri confini corporei, ecc.-
Le sue reazioni a questo nuovo stato cos tuiscono un insieme di
modalità difensive nei confron dell'angoscia che deriva dalla percezione
della separazione che Winnico ha studiato, individuando nell'ogge o
transizionale e nell'area in cui tale ogge o si pone, l'ogge o ed il luogo
che perme ono la separazione ed avviano all'individuazione.
E' a raverso questa strada che si passa dalla membrana diadica che
accoglie indis ntamente madre e bambino alla costruzione dentro di noi (
quando ciò è possibile) di una membrana individuale.
c) Alla fine di questo processo si arriva ad un punto in cui, come dice
Winnico , "individuo è", "cioè esiste" in quanto essere dis nto, indifeso,
nudo: - dis nto, in quanto dotato di una membrana individuale dis nta da
quella materna e dal mondo esterno; - indifeso, da un punto di vista
psichico, in quanto dotato di una "metaforica" membrana psichica che lo
pone in dire o conta o con il mondo interno ed esterno e non più
a raverso la meditazione della diade; - nudo, da un punto di vista fisico,
cioè dotato di una pelle, di un corpo, altre anto solo nel rapporto con il
mondo. E' a questo punto che, come dice Winnico , avviene la
formazione dentro di noi di una vera e propria membrana individuale che
poi con nuerà ad essere plasmata nel corso della vita di ognuno.
Possiamo quindi dire, che in un certo qual senso, la membrana gruppale
(cioè la dimensione dell'appartenenza) dentro ciascuno di noi si is tuisce
prima di quella individuale (cioè prima che si solidifichi dentro di noi la
dimensione dell'individualità): la diade madre-bambino infa è un
gruppo, un par colarissimo po di gruppo basato, appunto, su una
coppia, su una diade che all'inizio viene vissuta dal bambino come un
tu 'uno).
Lungo il percorso di vita di noi tu vi è poi, in base all'esperienza
concreta di vita che ciascuno di noi fa, una espansione di questa iniziale
membrana gruppale. Per cui nella membrana gruppale di noi tu sono
compresi, a mano a mano che cresciamo (che maturiamo, direbbe
Winnico ), la figura del padre, la famiglia, la scuola, il gruppo di gioco, la
società. E sono, nel tempo e nello spazio "storico" di ognuno di noi, gli
ogge transizionali, il gioco e la cultura che determinano le modalità
secondo le quali ogni nuova presenza, che può espandere e rendere più
ricca la membrana gruppale, potrà essere accolta e contemporaneamente
ogni assenza, ogni distacco, ogni separazione potrà essere sopportata,
elaborata.
2. Due pi di gruppo
Secondo Winnico vi sono due pi di membrane gruppali: i gruppi di
unità sovrapposte e i
gruppi di protezione, che vanno presi però solo come "modelli estremi",
in quanto che poi nella pra ca vi è sempre un mix delle due componen in
qualsiasi po di gruppo.
-I gruppi di unità sovrapposte rappresentano la formazione matura del
gruppo. Ogni individuo che è in essi condivide con gli altri componen del
gruppo, la membrana gruppale che li unisce, ma, nello stesso tempo,
man ene la propria individualità, cioè è cosciente dei confini della propria
membrana individuale in ogni momento della vita del gruppo e partecipa
con la propria individualità al gruppo.
-I gruppi di protezione, invece, raccolgono quegli individui ancora non
perfe amente individualizza , non ancora autonomi, che hanno bisogno
di un contenitore che, a seconda di come funziona, o può condurli
all'individuazione e all'autonomia, oppure perpetuare sine die l'esigenza di
protezione.
Si tra a quindi non solo dei nostri workshop, delle nostre stru ure
pomeridiane in scuola, ecc., ma anche pra camente di tu i gruppi in età
evolu va, e ciò in misura più o meno grande a seconda del grado di
integrazione individuale raggiunto dai componen di ogni singolo gruppo.
Secondo Winnico fra i sogge rela vamente non integra inseri in
gruppi di protezione possono essere individua tre stadi secondo i quali è
scandita la loro risposta alla protezione: 1) stadio della fiducia nel
personale; 2) stadio della regressione; 3) stadio del raggiungimento
dell'integrazione, dell'autonomia individuale (sarebbe interessante rifle e
insieme su questo punto qui a Marola).
Nel nostro caso, tra andosi di bambini e di ragazzi a rischio, possiamo
dire che uno degli obie vi dei workshop è quello di perme ere loro di
usare il gruppo di protezione al fine di porre le fondamenta
dell'autonomia individuale e dell'autos ma che trovi nel gruppo, e
sopra u o nei più grandi del gruppo, un modello raggiungibile, ma anche
un porto sicuro in cui rifugiarsi allorché la loro fa cosa strada verso
l'autonomia risul troppo onerosa per loro.
A proposito dei gruppi di protezione, afferma Winnico , che essi, se
vogliono mantenere una funzione 'terapeu ca' devono essere ristre
"per perme ere un contributo individuale" da parte sia dell'equipe
curante sia del ragazzo. Infa , afferma Winnico , solo un luogo ristre o
può perme ere la creazione di un clima che preveda un " contributo
individuale" da parte di tu
3. Workshop e gruppi di pari
Originariamente i workshop sono sta condo da giovani psicologi
rocinan e da più giovani volontarie delle ul me classi delle scuole
medie superiori della ci à o universitarie.
Da un po’ di anni però la diffusione di Gancio Originale nelle scuole
medie ci adine, la nascita a fianco ai workshop presso le scuole medie
inferiori di momen pomeridiani in scuola media superiore, hanno
contribuito a rendere ancora più giovani le volontarie e i volontari che
prestano la loro opera nei workshop.
Ciò significa che la differenza di età esistente fra coloro che prestano la
propria opera di volontariato e coloro che sono fruitori di quest'opera di
cura a volte tende ad essere rido a a poche classi di età. In cer momen
anzi abbiamo l'impressione di trovarci di fronte a veri e propri gruppi di
pari, all'interno dei quali le presenze più adulte che sostengono le a vità
di cura (i rocinan e, nelle scuole medie superiori, i proff) si avvalgono
dei più grandi in funzione di tutori nei confron dei più piccoli e più
bisognosi.
In alcune situazioni che potremmo definire 'di bisogno' la funzione
tutoria che i più grandi possono esercitare nei confron dei più piccoli
viene tradizionalmente sfru ata dai formatori adul al fine di ampliare e
personalizzare sempre più le possibilità forma ve di discen in situazione
di difficoltà.
E' il caso degli Usa in cui la dimensione mul etnica dei giovani fruitori
delle is tuzioni forma ve ha condo o alla vera e propria is tuzione di
gruppi di pari in cui coloro che sono più grandi e competen aiutano i più
piccoli e i meno competen nelle a vità scolas che, parascolas che e nel
tempo libero.
Era il caso, nella tradizione italiana, di quel po di organizzazione delle
a vità dida che che avveniva nelle pluriclassi ad opera dei maestri più
accor . E' il caso, sempre in Italia e in tu o il mondo, del modello di
organizzazione degli scout, in base al quale, sempre sullo sfondo di un
pugno di adul che sovrintende al tu o, giovani un po’ più grandi e
competen guidano da vicino altri giovani coetanei o quasi coetanei.
Cos'è che ritroviamo in ques gruppi di pari che li salvaguarda dallo
scivolare verso la non opera vità? cos'è che li rende anzi par colarmente
ada a diventare luoghi di cura (intendo qui il termine cura come
sinonimo di aiuto non sempre immediatamente sanitario, ma ascrivibile
alla dimensione sanitaria, se noi vediamo il problema in termini di
prevenzione)? :
a. innanzitu o, come abbiamo già visto, il fa o che sullo sfondo c'è un
certo numero di adul che discretamente inie ano nel gruppo alcuni
an corpi contro la non opera vità (su questo punto e su quelli che
seguono sarebbe bello se in ques due giorni si facesse un'opera di
approfondimento);
b. il fa o che nei gruppi esista una differenza di età non molto ampia e
di competenze non accademiche;
c. il fa o che i so ogruppi siano sufficientemente ristre , in modo da
favorire il contributo personale da parte di tu , come dice Winnico ;
d. il fa o che ci sia una disposizione a ‘passare le competenze’ verrebbe
da dire: cioè a me ere a disposizione dei più bisognosi questa
asimmetria di saperi e di poteri e di non farsene scudo per emergere
individualis camente. In questo senso va vista l'intuizione della
Manoukian sulla duplice funzione di aiuto del lavoro di Gancio
Originale;
e. il fa o che me ere a disposizione dei più bisognosi una asimmetria
di saperi e di poteri implichi un con nuo me ersi in discussione a
tu i livelli: il che spiega perché con nuiamo a fare formazione su
ques temi, perché definiamo momen di supervisione, perché non
consideriamo mai il nostro sapere come scontato ed is tuito una
volta per tu e;
f. il fa o che i fruitori di questa a vità di cura risul no essere
emozionalmente vicini ai fornitori, che si fidino di loro, che non li
vivano come scuola, che siano dispos , per questo, a reinves re –
anche se con pena e difficoltà - in a vità dida che sulle quali in
passato si erano spesi invano ricevendone un vulnus sul piano
dell'autos ma.
In questo modo penso si possa dire che i workshop rientrano all'interno
di una tradizione in cui il tutoring fra pari, così disposto e garan to nei
suoi parametri di fondo, diviene momento di espressione possibile della
cura. E lo fanno con un profilo proprio che sta diventando sempre più
ne o e che ha come pilastri di fondo gli adul dell'AUSL e della scuola,
come colonne portan i rocinan , e come a ori in gioco da una parte i
giovani che prestano la propria opera di cura, dall'altra i bambini e i
ragazzi che ne fruiscono per fini che non sono solo scolas ci, ma ineren
anche alla formazione del sé e l'autos ma.
4. Cosa fare, come e perché, nei gruppi di bambini e ragazzi a rischio:
l'a eggiamento di fondo
Poiché nel caso dei bambini e dei ragazzi a rischio il tema di fondo è
quello della loro provenienza da un ambiente primario che fino a un certo
si è rivelato sufficientemente buono, e poi – più o meno all'improvviso –
inaffidabile, come dice sempre Winnico , i loro problemi sono quelli di chi
ha conosciuto l'abbondanza e ora vive in una situazione di fame. Le loro
provocazioni, la loro ipercinesi e i loro a di violenza, così come i loro fur
sono da ricondursi, oltre che alla crisi puberale che condividono con tu i
loro coetanei, a tenta vi di riappropriarsi di ciò che una volta c'era ed ora
non c'è più.
Il workshop, i momen pomeridiani in scuola per noi sono dei
contenitori che servono a curare le ferite invisibili che sono al fondo della
loro anima, ma il primo rilievo che occorre fare è questo: è difficile per chi
ha da poco superato l'esigenza di protezione la crisi puberale rimanere
coeren rispe o a questo compito educa vo e ripara vo. Perciò il giovane
non si deve scoraggiare se ogni tanto prende ad odiare, o a provare un
forte fas dio di fronte alle provocazioni etc. del ragazzo a rischio:
anch'egli, sicuramente in maniera meno trauma ca, ha dovuto fino a poco
tempo fa lo are contro impulsi che assomigliano a quelli ora presen fica
dal ragazzo a rischio. L'importante ancora una volta mantenere una
coerenza di fondo rispe o alla natura ripara va dei fini: non importa se
ogni tanto uno ha la sensazione di non farcela più.
De o questo veniamo ora alla natura di ques par colari luoghi di
riparazione e ai loro fruitori. al contrario dei disabili, per i quali non c'è
speranza di una conquista piena dell'autonomia, per i bambini e
sopra u o per i ragazzi a rischio questa speranza c'è, così come c'è questa
pretesa, che poi è la pretesa di tu i preadolescen . tendere a
emanciparsi.
Tale speranza però cozza contro la loro esigenza, altre anto impellente,
di riappropriarsi di ciò che a loro è stato tolto: un ambiente sicuro e
sempre affidabile. E' sulle modalità secondo le quali avviene questa
riappropriazione che la società spesso equivoca: essi lo fanno spin dalla
fame e perciò rubano ed esercitano la violenza, dice Winnico . Per cui è
molto difficile che la loro reale esigenza di protezione si esprima per
quello che è. Hanno bisogno di camuffarla, hanno bisogno di camuffare le
loro par tenere indossando una corazza che li fa sembrare spavaldi e
padroni dell'ambiente, quando invece la loro spavalderia e la loro
ipercinesi non è altro che una maniera contorta per esprimere la loro
disperazione e per chiedere aiuto. Spe a a noi decifrare e comprendere.
L'a eggiamento di fondo perciò non può che essere fru o di una
a enzione acuta, di una capacità di decifrazione dei loro comportamen ,
di una a va disposizione a precos tuire rapidissimamente e con
altre ante rapidità sbaraccare l'ambiente in una altalena con nua di
avvicinamen e di protezione e di allontanamen e di a estazione
discreta delle piccole conquiste che essi fanno sul piano dell'autonomia.
Nella consapevolezza che in questo con nuo pre\cos tuire e
sbaraccare, pre\cos tuire e sbaraccare … faremo mol errori e subiremo
spesso il sapore della sconfi a.
Dove acquisteremo l'acume interpreta vo che occorre per non odiarli?
in quell'angolo dentro di noi in cui abbiamo racchiuso la nostra rabbia e la
nostra distru vità. Dove la capacità di un così rapido ada amento del
nostro agire di fronte alle loro opposte esigenze? dalla pra ca. I migliori su
questo piano sono i capi scout, coloro che stanno spesso con i
preadolescen in situazioni non scolas che. Ma non perché essi abbiano
la scienza infusa, ma semplicemente perché si esercitano spesso.
5. Cosa fare, come e perché, nei gruppi di bambini e ragazzi a rischio: i
contenu e i metodi
Sul piano dei contenu ribadiamo quanto de o in altra sede39: occorre
sapere che la dimensione degli apprendimen scolas ci per loro è quella
in cui più spesso in passato hanno avuto più problemi. Il luogo delle
materie scolastiche è un luogo 'geografico' fatto di programmi, di lezioni
formali, di percorsi certi e ben delimitati. Ma all’interno di questa arena i
nostri bambini e i nostri ragazzi si sono già mossi fin dalla seconda infanzia (i
pre-apprendimenti) e più scopertamente durante tutta la latenza subendo
spesso delusioni a volte cocenti (con relativi problemi di autostima); questi
luoghi poi sono stati oggetto dell’investimento, più o meno accentuato, da
parte dei genitori e dei docenti che li hanno riempiti con le proprie imago
ideali e giudicanti e con le altre parti interne, più o meno introiettate, con le
quali ciascun adulto solitamente dialoga ed interagisce con il preadolescente.
Dobbiamo quindi sapere che, quando ci poniamo sul piano degli
apprendimenti, è come se tornassimo pericolosamente in quella vera e
propria arena delle sconfitte che per loro è stata sempre la classe.
Ma fortunatamente vi è un secondo ambito di contenuti, un secondo
ambito di territori in cui è possibile avventurarsi con loro: quello della ricerca
dei loro interessi delle loro vocazioni più autentiche e personali. Si tratta di
territori meno marcati dalla mano artificiale dei programmi scolastici, meno
esposta alle standardizzazioni che inevitabilmente in essi è implicita.
Territori che spesso non sono stati conosciuti in precedenza dai nostri
bambini e dai nostri ragazzi, se non in base alla forza dell’emulazione e delle
identificazioni infantili (le imago parentali prese a modello, allorché esse ci
siano state ed abbiano avuto un qualche peso nella storia individuale del
soggetto).
Imago sulle quali, nel caso dei preadolescenti, sta avvenendo l’opera di
erosione tipica della preadolescenza con l’abbattimento dei vecchi idoli;
terreno quindi in parte vecchio e vissuto con sospetto, in parte nuovo e
ignoto, da esplorare con circospezione.
Terreno, infine, intriso di grandiosità (i nuovi idoli della tv, dello sport ecc.)
che genera attese irrealistiche ed onnipotenti, ma che tiene vivo il ragazzo e lo
spinge verso il mare aperto della sperimentazione e dell’impegno. Il tema del
nostro impegno in questo secondo ambito è molto importante e potrebbe
essere apparentato al lavoro di orientamento. Il che implica:
1. la scoperta delle vocazioni;
2. la preparazione di un terreno solido di sperimentazione della vocazione:
e cioè preparazione degli atelier, ufficiali e non, affinché il ragazzo e la ragazza
abbiano la possibilità di allevare la propria vocazione, di farla lievitare
nell’impegno quotidiano, di utilizzare a fini produttivi e creativi le istanze
libidiche e aggressive, che altrimenti sono destinate a defondersi e a risultare
dannose a sé e agli altri (terreno dell’acting out);
3. la sopportazione dell’inerzia: e cioè sopportazione del fatto che i ragazzi
possono anche impiegare molto tempo prima di arrivare a comprendere
quale è la loro vocazione. Cosicché ciò che a un adulto distratto apparirà come
un bighellonare senza meta è in effetti proprio quel dibattersi nella bonaccia
di cui parla Winnicott, e cioè uno stato di inattività che ha bisogno di aiuto e di
attesa paziente prima di poter sfociare in qualcosa, un ribollire che ha bisogno
di tempo prima di diventare azione adulta e conseguente.
Come favorire, sul piano dei contenu , l’incremento e la coniugazione
fra ques due territori? Innanzitu o occorre esaminare l’en tà del ritardo
sul piano degli apprendimen scolas ci: se esso risulta essere consistente
allora veramente, poiché su quel terreno il ragazzo ha già ricevuto in
passato molte delusioni, insistere sarebbe inu lmente avvilente.
Esaminare, in secondo luogo, il vissuto sul piano dell’autos ma che ogni
singolo ragazzo ha di questo ritardo, facendo bene a enzione fra ciò che
in questa età il ragazzo ostenta e ciò che effe vamente vive
interiormente. Favorire poi l’emergere dentro al ragazzo delle sue
vocazioni: e ciò può essere fa o - come abbiamo appena visto - con
un’opera paziente di osservazione e d’a esa. Valutare dinamicamente le
vocazioni prima o poi emerse nel ragazzo cercando di appurare quale
incidenza esse abbiano nella definizione del suo Io Ideale.
Per quanto riguarda i metodi e gli strumen rimandiamo ancora a
Bambini e ragazzi a rischio e precisamente alla cosidde a “spirale della
programmazione”40, con qualche considerazione in più nata da quel po
di rapporto che in essi avviene sempre più di frequente e che più su
abbiamo definito come tutoring fra pari: - curare il rapporto fra volontari e
adul presen sullo sfondo al fine di garan re una opera vità ed una
coerenza di fondo con gli obie vi del workshop; - non avere more di
me ere in campo le proprie competenze non accademiche (es. in un
workshop uno che sia competente in pesca o in ricamo è una risorsa
importante); - curare il fa o che i so ogruppi siano sufficientemente
ristre , in modo da favorire il contributo personale da parte di tu : ciò
significa programmare, ad es., le assenze (specie alla fine dell'anno); -
analizzare a quale dei tre stadi della protezione si trovano, di volta in volta,
sia il gruppo sia i singoli componen del gruppo; - imparare a passare le
competenze, imparare a me ere a disposizione dei più bisognosi le
asimmetrie di saperi e di poteri sapendo che ciò implica – come dicevamo
prima – che ci si sta so oponendo ad un training (come quando all'inizio
del mio corso di sci io devo tollerare che gli altri che vanno, mentre io
annasperò per qualche tempo col mio spazzaneve); - trovare il tempo per
la formazione e la riflessione su ciò che si va facendo; - osare essere vicini
ai nostri bambini e ragazzi a rischio con tu o quello che ciascuno di noi è e
non solo con le nostre par più 'scolas che'.
Bibliografia:
- Manoukian Olive F., Prefazione al convegno “Volontariato: Gancio
Originale – Processi di informazione, formazione, trasformazione”,
Provincia di Reggio Emilia, 1995, pp. 5\6
- Winnico D. W., Le influenze del gruppo e il bambino disada ato: la scuola, in:
Winnico D. W., Il bambino deprivato, R. Cor na, Milano, 1986
Accoglienza e scambio fra pari apparteneti a culture
diverse: Le Stanze di Dante
11. Le Stanze di Dante: workshop d’accoglienza e
scambio tra pari di culture diverse nelle scuole di Reggio
Emilia (2006)
Leonardo Angelini, Deliana Bertani, Mariella Can ni
Nelle stanze di Dante ci proponiamo di favorire, a raverso pra che di
peer educa on e di accompagnamento41, la costruzione di relazioni
posi ve fra pari autoctoni, immigra da lunga data e immigra appena
giun in Italia; ed in par colare di aiutare ques ul mi nel superamento
dello shock culturale iniziale, di incrementare le loro possibilità di entrare
in re di pari che li aiu no sia nel sostegno alla frequenza scolas ca sia nel
potenziamento degli apprendimen , ed in maniera specifica
nell’apprendimento della lingua italiana.
Le Stanze di Dante, come i workshop ai quali s’ispirano, sono delle
stru ure pomeridiane in cui dei giovani volontari delle scuole medie
superiori di Reggio Emilia, - guida da giovani psicologi rocinan o borsis
a loro volta supervisiona da psicologi più anziani - aiutano bambini,
ragazzi e giovani immigra appena arriva in ci à e in provincia ad
apprendere l’italiano, a mediare il loro rapporto con la scuola e ad entrare
in re di pari che comincino a dare senso al loro “essere qui”, e quindi li
suppor no nel superamento del cosidde o shock culturale iniziale.
Anche se i giovani autoctoni e immigra da lunga data impegna nelle
Stanze di Dante sono a tu gli effe dei peer educator, le a vità che si
svolgono in queste stru ure non sono ascrivibili esclusivamente alla peer
educa on poiché la presenza in esse di giovani psicologi rocinan e
borsis con funzioni di coordinamento, e di psicologi meno giovani che
supportano ques ul mi da un punto di vista tecnico, imprime alle Stanze
di Dante una dimensione ver cale che noi abbiamo chiamato
accompagnamento.
Il modello è quello mutuato dall’esperienza di Gancio Originale
all’interno della quale una complessa rete centrata sull’accompagnamento
è stata messa in piedi con l’aiuto della scuola reggiana sui temi del disagio
minorile a par re dal 1991.
Come funziona questo modello? Anno per anno i tecnici della AUSL,
all’interno di un’a vità di reclutamento fa a all’inizio dell’anno scolas co,
propongono con modalità che variano da scuola a scuola, un gancio a tu
gli studen delle superiori di Reggio Emilia: un gancio che, nel caso delle
Stanze di Dante, è con dei minori immigra appena arriva a Reggio Emilia,
che vengono raggiun e aiuta nelle a vità di cui parlavamo sopra non
individualmente, ma all’interno di un gruppo opera vo che solitamente
comprende altri dieci o dodici studen - gruppo che è guidato da uno
psicologo e che è des nato per un anno a prendersi cura sia dei minori
immigra appena giun a Reggio Emilia, sia del coordinamento delle
a vità degli studen volontari.
Una volta individua e forma i giovani volontari nascono nelle scuole, e
perciò senza alcuna spesa, se non quella volta ad assicurare i giovani
volontari, le Stanze di Dante in cui 10\12 giovani volontari seguono
altre an minori appena arriva , so o la direzione di giovani psicologi
rocinan 42 .
Importan in tu e queste a vità e in tu ques passaggi sono i docen
referen che ogni scuola ha, i quali, come nei workshop: 1. fanno da
mediatori fra Stanze di Dante e singole scuole; 2. garan scono la presenza
in esse di spazi adegua alle a vità in ogge o; 3. concorrono nelle
elementari e scuole medie inferiori a segnalare i minori immigra appena
giun ; 4. e nelle superiori alla importan ssima opera iniziale di
individuazione e reclutamento dei volontari.
Inquadrate in questo modo l’a vità delle Stanze di Dante passiamo ora a
vedere ciò che a par re dal 2000 avviene in esse.
Reggio Emilia è una realtà territoriale in cui si concentrano ormai da
oltre 15 anni immigra provenien da varie par del mondo. Ques i da
rela vi ai migran , suddivisi per classi d’età – riferi al 31 Dicembre 2005 -
che è possibile reperire nel sito Migr@RE43 :
Popolazione immigrata residente per sesso e classi di età al 31
Dicembre 2005
Come è possibile notare la popolazione migrante fra gli 0 e i 18 anni
rappresenta, subito dopo le fasce dei giovani adul in età da lavoro, la
parte più consistente della popolazione migrante.
Ciò ha profondamente modificato la pre-scuola e la scuola reggiana, che
risulta in ogni ordine e grado fra quelle che in Emilia-Romagna ospitano più
minori immigra (e dire che, come tu sanno, le province emiliano-
romagnole sono notoriamente fra le più inves te in Italia dal flusso
migratorio):
Provincia Alunni non Alunni Ci adinanze Stato % alunni
italiani per 100 con rappresentate estero di stato estero
alunni frequentan ci adinanza ci adinanza più
non italiana più rappresentato
per 100 rappresentato sul totale
frequentan degli alunni
in tu i non italiani
comuni
della
provincia
Nel Negli
comune altri
capoluogo comuni
della
provincia
Bologna 8,60 8,09 8,30 120 Marocco 26,20%
Ferrara 3,93 5,89 4,96 74 Marocco 24,11
Forlì 6,11 7,66 7,16 80 Albania 23,48
Modena 8,48 10,41 9,78 110 Marocco 30,62
Parma 7,77 8,73 8,24 110 Albania 16,23
Piacenza 7,77 12,10 9,89 86 Albania 24,64
Ravenna 6,69 6,72 6,70 84 Albania 25,33
Reggio 9,83 10,76 10,39 108 Marocco 22,70
E.
Rimini 8,38 7,37 7,91 79 Albania 27,40
(Cfr. la fonte coeva: h p://www.scuolaer.it/allegato.asp?ID=215163 )
Il tema del ricongiungimento familiare cara erizza fortemente il
processo migratorio a uale a Reggio Emilia: ebbene uno degli aspe
principali del ricongiungimento familiare è nel fa o che al ricomporsi del
nucleo familiare corrisponde l’ingresso in scuola e, prima ancora, nei nidi e
nelle materne di bambini, ragazzi e giovani provenien da altre culture, che
non solo hanno vissuto parte della loro vita in una cultura diversa da quella
di arrivo, ma in sovrappiù in un contenitore primario cara erizzato
dall’assenza di uno o di entrambi i genitori. Cultura di appartenenza e
contenitore primario che all’improvviso devono essere messi alle spalle per
raggiungere quella parte del nucleo originario che aveva dovuto
abbandonare, per vari mo vi, la propria terra e i propri figli per cercare
fortuna qui da noi, a Reggio Emilia.
È a par re da questa doppio stato di carenza che all’arrivo nella realtà
metropolitana, spesso peraltro molto diversa dal luogo d’origine, s’innesca
in ques sogge in età evolu va il cosidde o shock culturale iniziale che
consiste nella sensazione di non avere più, fino al momento in cui i tra
fondamentali della cultura egemone non siano sta conquista , strumen
interpreta vi adegua alla stabilizzazione del mondo che li circonda e
strumen comunica vi capaci di me erli in una situazione di scambio con
gli autoctoni.
Ed è per questo che anche le a vità che si svolgono nelle Stanze di
Dante non sono propriamente delle a vità educa ve, ma presidi
dell’accoglienza che prevedono un’a vità poli-professionale e, sopra u o,
l’innesco di uno specifico percorso di accompagnamento di tu gli a ori
coinvol nelle Stanze.
Degno di nota è il fa o che le Stanze di Dante vedano come volontari
giovani autoctoni, ma anche giovani immigra di seconda generazione che
già padroneggiano la lingua italiana, che insieme ai giovani autoctoni (e già
questo è un fa o importante!) aiutano i sogge immigra in età evolu va
appena arriva a superare lo shock culturale iniziale, predisponendo con
l’aiuto di adul qualifica una serie di situazioni di apprendimento propos
in forma ludica in cui sia possibile per tu imparare giocando insieme e,
nel gioco e a raverso il gioco, trovare delle modalità che perme ano a
tu i presen : a. di sen re quel luogo - la Stanza di Dante - come proprio;
b. di condividere i tra fondamentali della lingua italiana standard; c. di
valorizzare l’apprendimento e, con ciò, perme ere a coloro che sono
appena arriva di potere essere produ vi sul piano scolas co44 .
Così come degno di nota, infine, è il fa o che tu o sia inserito all’interno
di una catena dell’accompagnamento in cui varie coor (bambini, ragazzi,
giovani delle superiori, proff referen e psicologi neolaurea ) e che varie
generazioni (bambini, ragazzi, giovani e adul della scuola e delle Stanze) si
sentano ugualmente coinvolte.
In questo modo tu i sogge coinvol finiscono prima o poi con l’essere
raggiun da una serie di meta\messaggi molto importan da un punto di
vista educa vo e forma vo: - la valorizzazione e il rispe o dell’altro da me,
- la condivisione di un proge o che si dipana nel tempo e che quindi
richiede l’assunzione di un impegno e una responsabilità che dura almeno
tu o l’anno scolas co.
Per cui anche le Stanze di Dante sono un luogo in cui nel momento in cui
ci si prende cura del minore immigrato appena arrivato ci si prende cura
anche di sé.
12. Chi viene, chi c’è già: sguardi incrocia nel momento
dell’accoglienza (1998) 45
Leonardo Angelini
1. Chi osserva chi
Il processo migratorio implica l’arrivo in un determinato posto, già
occupato da una comunità autoctona46, di una nuova en tà.
Per capire cosa avviene in questo incontro è necessario vedere con quali
occhi la comunità che accoglie guarda coloro che arrivano; e, viceversa, con
quali occhi coloro che arrivano guardano la comunità che li accoglie.
La prima cosa da fare è ragionare su questo duplice sguardo. Ogni
gruppo sociale, ogni persona quando rifle e sulla relazione tra se stessa e
gli altri inforca un determinato paio di occhiali, specifico del proprio gruppo
che varia sul piano storico, diacronico per cambiamen stru urali e
culturali e sincronico.
In termini sincronici, è possibile che gruppi sociali, i quali vivono
contemporaneamente la stessa situazione, abbiano pun di vista molto
diversi, fru o di par colari fini, obie vi, vocazioni cara eris ci di una
certa comunità.
Un esempio può far capire quanto sia specifico il punto di vista che si
può assumere: prendiamo il profilo del Monte Cusna, la montagna più alta
dell’Appennino Reggiano che sve a a Sud sull’orizzonte.
Immaginiamo che negli stessi minu , ad esempio questa ma na, due
aman dopo una no e d’amore aprano la finestra della loro stanza e
guardino il profilo del Cusna.
E immaginiamo che, proprio nello stesso momento, un carcerato nella
Pulce faccia altre anto, e che la stessa cosa faccia in stazione un vecchio
emigrante reggiano che sta facendo ritorno in Svizzera dopo le vacanze
pasquali.
Queste tre en tà hanno visto la stessa cosa (il profilo del Cusna) ma le
emozioni provate da ciascuno di essi saranno senz’altro molto diverse:
l’emigrante avrà visto il profilo del Cusna con nostalgia (nostalgia = dolore
per il passato); gli aman avranno potuto fruire este camente del
paesaggio come completamento del piacere che precedente si sono
reciprocamente da ; e, probabilmente, il carcerato avrà sperimentato un
sen mento più amaro dell’emigrante perché quel bel profilo che lui pur
vede risulta per lunghi anni irraggiungibile.
Quest’esempio per dire che, a mio avviso, quando si parla di
osservazione nell’ambito delle scienze umane, essa assume un significato
molto diverso rispe o a quello che essa assume all’interno delle scienze
esa e.
Esistono cioè due pi di sapere:
- il primo, proveniente dalla sperimentazione scien fica, galileiana, è
pico delle scienze esa e. In tal caso si proge a e si realizza un
esperimento. Per dimostrare l’efficacia di un nuovo farmaco, si prende un
campione rappresenta vo ed omogeneo della popolazione che si vuole
studiare. Si suddividono i sogge in due gruppi: su un gruppo si
sperimenta un placebo (gruppo di controllo), all’altro si somministra il
farmaco (gruppo sperimentale). Si confrontano i risulta dei due gruppi e
si vede se lo scarto (la differenza) fra i risulta o enu nei due gruppi è
sta s camente significa vo o meno. A dire il vero i metodologi della
scienza hanno ammesso che anche in questo po di osservazione ogge va
vi sono elemen sogge vi poiché, ad esempio, i presuppos mo vazionali
che spingono gli scienzia a privilegiare un ambito di ricerca invece di un
altro partono da presuppos che sono al di fuori dell’ambito della
sperimentazione galileiana.
- E, in ogni caso, quando si parla di droga, d’immigrazione,
d’integrazione, quando si fa ricerca su ques argomen , solitamente si
usano metodologie osserva ve diverse da quelle piche della
sperimentazione galileiana. In ques casi vale un altro criterio osserva vo
che si riferisce a un’altra scienza; e l’osservatore che non vuole ricondurre
anche ques fenomeni, fortemente coinvolgen sul piano emozionale, al
po di osservazioni che è possibile fare all’interno delle scienze esa e
solitamente si rivolge a quel sapere ermeneu co, dialogico ed
interpreta vo a par re dal quale, ed in base a presuppos conosci vi del
tu o diversi da quelli pici delle scienze esa e, nasce un’altra “scienza”,
un’altra forma di conoscenza: quella che proviene dall’incontro e dal
dialogo con l’alterità.
Perciò in sintesi: - se ci allontaniamo dall’ogge o della nostra
osservazione e tendiamo ad ogge vare, a reificare l’ogge o, assumiamo
un criterio di le ura che è quello della sperimentazione scien fica; - se
invece ci avviciniamo emozionalmente all’ogge o della nostra osservazione
ci muoviamo nell’ambito delle scienze umane e non possiamo non
rivolgerci alla seconda forma di sapere e di conoscenza, quella ermeneu ca
e interpreta va.
2. Come si forma lo sguardo
Una decina di anni fa il Centro Sociale Aquarius è stato ospitato nelle
campagne intorno a Roncadella: là dove cioè da lunghi anni sono presen
svaria nuclei c