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ARTICOLAZIONE STERNO-CLAVICOLARE

Le ossa del cingolo scapolare, scapola e clavicola, si uniscono per mezzo dell’articolazione acromion-
clavicolare; e si uniscono al torace tramite l’articolazione sterno-clavicolare.
L'articolazione sterno-clavicolare è un'articolazione della spalla formata dall'incontro fra l'estremità
sternale della clavicola, la faccia articolare del manubrio dello sterno e la prima cartilagine costale.
La cavità articolare presente tra la clavicola e il manubrio dello sterno e rivestita da una capsula fibrosa è
divisa in due dalla presenza di un disco articolare di forma circolare che si attacca in alto al margine
superiore e posteriore della superficie articolare della clavicola e in basso sulla prima cartilagine costale in
prossimità della sua giunzione con lo sterno.
Entrambe le ossa presentano zone concave alternate ad altre convesse che incastrandosi l'una con l'altra
formano un'articolazione a sella che consente movimenti secondo il piano antero-posteriore e quello
verticale, oltre ad un certo grado di rotazione attorno all'asse maggiore della clavicola.
Provvista di legamenti:
- Legamento sterno-clavicolare
Consta di due bande fibrosa, una anteriore che si estende dalla superficie antero-superiore
dell'estremità sternale della clavicola all'estremità antero-supero-laterale del manubrio sternale
fino a raggiungere la prima cartilagine costale e una posteriore meno robusta che si estende dalla
superficie posteriore dell'estremità sternale della clavicola alla porzione superiore della faccia
posteriore del manubrio sternale.
- Legamento interclavicolare
Collega le estremità sternali delle due clavicole agganciandosi anche all'incisura giugulare del
manubrio sternale.
- Legamento costo-clavicolare
Ha forma di un cono rovesciato ed è formato da due fasci uno anteriore e uno posteriore. Entrambi
si estendono tra un'impronta presente sul margine inferiore dell'estremità sternale della clavicola
alla prima cartilagine costale, il fascio anteriore si dirige andando dall'alto in basso medialmente
quello posteriore lateralmente.

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ARTICOLAZIONE SCAPOLO-OMERALE E ACROMION-CLAVICOLARE

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Le strutture vascolari e nervose una volta giunte alla capsula, si erborizzano in capillari e terminazioni
nervose.

ARTICOLAZIONE ACROMION-CLAVICOLARE
E’ un'articolazione fra l'estremità dell’acromion scapolare e l’estremità della clavicola.
È formata da due faccette ossee rivestite di cartilagine e da una capsula articolare rinforzata dai legamenti
acromio-clavicolari.
I principali stabilizzatori sono il legamento coraco-clavicolare che dal processo coracoideo della scapola si
diparte in 2 fasci sulla clavicola uno che va al tubercolo conoide e un altro (leg. trapezoideo) che va alla
linea trapezoidea.
Altri legamenti che troviamo sono:
- legamento trasverso della scapola (dove si trova l’incisura per il nervo soprascapolare);
- legamento coraco-acromiale.
Si tratta di un'artrodia spesso doppia, la cui capsula articolare risulta essere divisa in due da un disco
fibrocartilagineo. Consente movimenti di scivolamento della clavicola e rotazione della scapola.
È frequentemente soggetta a traumi e lussazioni.

ARTICOLAZIONE SCAPOLO-OMERALE
L'articolazione scapolo-omerale si effettua tra i capi articolari della scapola e dell'omero che sono
rispettivamente la cavità glenoidea e la testa dell'omero. Per la forma emisferica dei capi articolari in gioco,
questa articolazione si considera una diartrosi del tipo enartrosi.
La testa omerale è una superficie liscia, semisferica e ricoperta da cartilagine; la cavità glenoidea è di forma
ovalare, stretta e poco profonda rispetto al volume della testa: per questo motivo viene ampliata dal
cercine glenoideo (o labbro glenoideo) di natura fibro-cartilaginea spessa 4-6 mm, che presenta un
tubercolo sopra-glenoideo ed uno sotto-glenoideo. I compiti del cercine, oltre a quello di aumentare la
superficie articolare della scapola, sono quelli di ridurre il raggio di curvatura della cavità, sostegno del
carico della testa omerale ed ancoraggio per i legamenti capsulari.
Questa articolazione è mantenuta stabile dalla capsula articolare, una membrana fibrosa, sottile e così lassa
che permette l’allontanamento delle superfici articolari di circa 3 cm (lussazione). La capsula si fissa
prossimalmente sul labbro glenoideo e distalmente sul collo chirurgico dell'omero. I tendini dei muscoli che
dalla scapola scendono verso l’omero aderiscono alla sua superficie, rinforzandola.
Oltre a questi rinforzi tendinei ce ne sono altri di natura legamentosa, che si distinguono in propri e a
distanza.
I legamenti propri sono fasci fibrosi longitudinali che vengono chiamati legamenti gleno-omerali, e si
distinguono in superiore, medio e inferiore. L’unico legamento a distanza è il legamento coraco-omerale.
 Il legamento gleno-omerale superiore è teso tra il labbro glenoideo e la piccola tuberosità
dell’omero (resiste alla traslazione inferiore della testa dell’omero con l’arto posizionato lungo il
corpo).
 Il legamento gleno-omerale medio è teso tra il labbro glenoideo e la radice della piccola tuberosità
dell’omero (ostacolo secondario alla traslazione anteriore).
 Il legamento gleno-omerale inferiore è teso tra la faccia antero-inferiore del labbro glenoideo a e il
collo chirurgico dell’omero.
 Il legamento coraco-omerale è un’ampia lamina fibrosa tesa tra il processo coracoideo della scapola
e la grande tuberosità dell’omero (messo in tensione nella rotazione esterna, resiste alla
sublussazione inferiore).
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La capsula articolare si presenta lassa o sottile ad eccezione della porzione anteriore e superiore dove è
rinforzata da legamenti.
La capsula è assai larga, avendo una capacità che varia da 15 a 35 ml. L’ampia escursione della testa
omerale nei movimenti di extrarotazione ed abduzione è possibile per la presenza di 2 importanti recessi
capsulari:
1. Recesso glenoideo anteriore che si presenta lasso in intrarotazione mentre si tende in
extrarotazione.
2. Recesso ascellare che si presenta deteso ad arto addotto e teso ad arto abdotto.
La capsula articolare è protetta da una serie di borse sierose che ne facilitano anche la mobilità. Si trovano
quindi le borse sottoscapolare, sottocoracoidea e sottoacromiale interposte tra la capsula e rispettivamente
il muscolo sottoscapolare, il processo coracoideo e l’acromion della scapola; la borsa sottodeltoidea e
bicipitale che proteggono la capsula dal muscolo deltoide e il muscolo bicipite. Quando il tendine del capo
lungo di quest’ultimo penetra nella capsula, viene avvolto nella ‘’’guaina sinoviale bicipitale’’’ che lo
accompagna fino al cercine glenoideo dove si fissa. Un ulteriore sostegno è fornito dai quattro muscoli che
costituiscono la cuffia dei rotatori.

OMERO E CAVITA’ GLENOIDEA


La testa dell’omero è retroposta rispetto al piano diafisario di circa 30-50° (angolo di declinazione) e
presenta un angolo cervico-cefalico in basso e in dentro di 130° (angolo di inclinazione).
La cavità glenoidea, piatta, ha forma ovale con maggior asse verticale, è leggermente obliqua in alto e in
avanti e presenta un’inclinazione anteriore e in dentro di circa 10-15° (angolo di antiversione della glena).
Nel movimento di retroversione si perdono all’incirca 5°.
Tra omero e acromion è localizzata la cuffia dei rotatori, struttura che ha la funzione di stabilizzare
l’articolazione e che può andare in contro ad infiammazione.

SCAPOLA
Tra la retta passante per i processi spinosi della colonna e il lato mediale della scapola è presente un angolo
fisiologico di 3°-5°; l’angolo visto superiormente tra scapola e clavicola è di 60° mentre tra scapola e piano
adiacente alla schiena, sempre da una visione superiore è di 30°. Durante il movimento di abduzione,
l’angolo tra colonna e scapola può arrivare fino a 60°.
I muscoli che partecipano al movimento della scapola sono:
- Trapezio;
- Romboide;
- Elevatore della scapola;
- Gran dentato;
- Piccolo pettorale.
Con l’incrocio di queste strutture si viene a formare la cosiddetta FIONDA DEL TRAPEZIO (superiore, media e
inferiore). E’ presente anche una fionda antero-laterale del dentato.

CLAVICOLA
Durante i movimenti, nella clavicola lo snodo maggiore avviene medialmente, perché in quel punto appare
cilindrica, mentre lateralmente è più schiacciata.
Con il braccio in abduzione la parte laterale è ferma mentre quella mediale ruota, nei movimenti di
retroversione si sposta leggermente in dietro e nel caso di depressione del braccio si abbassa.
I muscoli interessati nel movimento della clavicola sono:
- Sternocleidomastoideo;
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- Deltoide;
- Succlavio;
- Parte superiore del trapezio.
Durante l’abduzione massima del braccio la clavicola, porta il suo angolo a 60°, quando è abdotto a 90°,
invece l’angolo della clavicola con l’orizzonte è di 30°.
I test vengono effettuati a 3 angolazioni standard: 100°, 160°, 180°.
Il sovra spinoso è il più esposto a lesioni anche perché oltre ad abdurre, comprime l’omero contro la glena e
gli fa eseguire movimenti di depressione.

TERMINAZIONI NERVOSE
Il plesso brachiale va da C5 a T1.
Va ad innervare la spalla ed il braccio fino ai polpastrelli con i nervi scapolari, coraco-dorsali, toraco-dorsali
e ascellari.
Nervo radiale: dal plesso, passa sotto l’ascella, poi posteriormente all’inserzione del deltoide e radialmente
sul dorso della mano.
Nervo mediano: arriva ad innervare 1°, 2° e 3° dito della mano e metà del 4°.
Nervo ulnare: passa posteriormente ed innerva metà del 4° dito ed il 5°.
Problemi a livello cervicale, come la rettilinizzazione, portano ad uno stiramento del midollo ed un tiraggio
dei nervi del braccio (sintomo dolore).
Le radici che escono dal midollo spinale, passano tra lo scaleno anteriore e posteriore.
Un’ipertrofia a questi muscoli può causare dolore continuo alla spalla e problemi alla mano.

GRADI DI MOVIMENTO
Articolazione sterno-clavicolare
Sono possibili movimenti di:
- Elevazione, abbassamento (8-10cm, 2-3cm);
- Anteposizione, retropulsione (8-10cm, 2-3cm);
- Rotazione – circonduzione (rotazione fino a 30°) secondo l’asse maggiore
Articolazione acromion-clavicolare
Sono possibili movimenti di:
- Rotazione dell’estremità laterale della clavicola fino a 30°
Rotazione globale della clavicola fino a 60° (secondo l’asse maggiore)
- Avvicinamento, allontanamento
Articolazione scapolo-omerale
Si compie su 3 assi:
1) Antero-posteriore, movimenti di abduzione e adduzione (80°-90° max)
Adduzione: rigidamente sul piano frontale, raggiunge max la superficie laterale del tronco;
Maggiore anteposizione, spostamento con 45° in più;
maggiore retroposizione, 20° in più.
Abduzione: la testa omerale si porta verso il basso a 90° di abduzione, una parte abbandona la cavità
glenoide e va in contatto con la capsula.
2) Orizzontale, movimenti di proiezione in avanti e in dietro (60° e 20° tot 80°).
3) Verticale, movimenti di rotazione interna ed esterna (80°-90°, 60°-70°)

I movimenti combinati dei 3 assi danno la circonduzione. L’azione congiunta delle 3 articolazioni consente
di effettuare movimenti:
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- Sul piano sagittale: retro posizione fino a 50°
Anteposizione fino a 180°
- Sul piano frontale: abduzione completa 180°
Elevazione fino a 180°

MUSCOLI E MOVIMENTI
Muscoli per l’abbassamento del cingolo toracico:
- GRANDE PETTORALE: abbassamento + anteposizione, diversi fasci con azioni diverse.
- PICCOLO PETTORALE: abbassamento + anteposizione, agisce anche nella respirazione forzata
sollevando le coste.
- SUCCLAVIO: avvicina la clavicola alla 1° costa, agisce anche nell’inspirazione forzata sollevando la
gabbia toracica.
- GRANDE DENTATO: abbassamento + anteposizione, nel suo insieme fissa la scapola al tronco e con
questa caratteristica agisce come sollevatore delle coste, quindi concorre nell’inspirazione.
- TRAPEZIO:
Spalla
1) Fasci anteriori: abbassamento + rotazione della scapola;
2) Fasci medi: retro posizione (avvicinamento scapola-colonna)
3) Fasci superiori: sollevamento + rotazione scapola
Collo
Estensione ed inclinazione laterale. Agisce anche nell’inspirazione forzata innalzando le coste.

Muscoli per l’elevazione del cingolo scapolo-omerale


- TRAPEZIO (porzione superiore)
- STERNOCLEIDOMASTOIDEO:
Capo
1) Flessione
2) Inclinazione laterale
3) Rotazione
Spalla
1) Sollevamento
Interviene anche nell’inspirazione forzata agendo sulla clavicola e sul manubrio sternale.
- OMOIOIDEO
- ROMBOIDE: piccolo e grande, ambedue agiscono nel sollevamento e nella retro posizione.
- ELEVATORE DELLA SCAPOLA
Spalla: sollevamento
Collo: estensione, inclinazione

Muscoli per l’abduzione del braccio


- DELTOIDE:
inserzione: tuberosità deltoidea omero
origini: margine anteriore della clavicola, margine anteriore dell’acromion, spina della scapola.
Spalla
1) Anteposizione (fasci anteriori)
2) Retro posizione (fasci posteriori)
Braccio
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1) Abduzione fino a 90°
2) Anteposizione fino a 60° (fasci anteriori)
3) Retro posizione (fasci posteriori)
4) Flessione orizzontale
Da fuori in avanti, fasci anteriori, estensione orizzontale
Da avanti in fuori, fasci posteriori, rotazione interna(fasci anteriori) e rotazione esterna(fasci posteriori)
- SOVRASPINATO: si inserisce alla grande tuberosità e talvolta invia piccoli fasci anche alla piccola
tuberosità.
Movimenti di abduzione e rotazione esterna.
E’ il più esposto a lesioni anche perché, oltre ad abdurre, comprime l’omero nella glena e gli fa eseguire
movimenti di depressione.

Muscoli per l’adduzione del braccio


- GRANDE PETTORALE
1) Adduzione (fasci inferiori)
2) Anteposizione fino a 60° (fasci superiori)
3) Rotazione interna
4) Flessione orizzontale (da in fuori in avanti)
- SOTTOSCAPOLARE: si inserisce nella piccola tuberosità.
1) Adduzione (fasci inferiori)
2) Rotazione interna
Partecipa anche alla centrature della testa dell’omero, ma in abduzione di 90° il terzo inferiore della
testa è libero e in questa posizione perde la sua funzione stabilizzatrice, perché non possiede quasi più
attività.
- GRANDE ROTONDO: si inserisce alla cresta della piccola tuberosità, direttamente dietro al muscolo
grande dorsale.
1) Adduzione (piano frontale)
2) Abbassamento (piano sagittale)
3) Retro posizione
4) Rotazione interna
5) Estensione orizzontale (da avanti in fuori)
- CORACO-BRACHIALE: origina e decorre sotto il capo breve del muscolo bicipite brachiale.
1) Anteposizione
2) Adduzione
3) Estensione orizzontale
- TRICIPITE BRACHIALE: origina nella faccia posteriore dell’omero;
il capo lungo, nella tuberosità glenoidea
il capo laterale, superiormente alla doccia del nervo radiale
il capo mediale, lateralmente alla doccia del nervo radiale.
Braccio
1) Adduzione (capo lungo)
2) Abbassamento (sul piano sagittale)
Avambraccio
1) Estensione
- GRANDE DORSALE: presenta 4 parti, scapolare, vertebrale, costale e iliaca.

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Muscoli per la retro posizione del braccio
- DELTOIDE (fasci posteriori)
- SOTTOSPINATO
1) Estensione orizzontale (avanti e in fuori)
2) Rotazione esterna
- GRANDE ROTONDO
- PICCOLO ROTONDO
1) estensione orizzontale
2) rotazione esterna
- GRANDE DORSALE
Spalla
1) Retro posizione (piano frontale)
Braccio
1) Abbassamento e adduzione
2) Rotazione interna
3) Estensione orizzontale
4) Abbassamento e retro posizione
Indirettamente adduce e ruota internamente la scapola.
- TRAPEZIO (fasci medi)
- ROMBOIDE

Muscoli per la rotazione esterna


- PICCOLO ROTONDO
- SOTTOSPINATO
- DELTOIDE
Muscoli per la rotazione interna
- GRANDE PETTORALE
- DELTOIDE
- SOTTOSCAPOLARE
- GRANDE DORSALE
- GRANDE ROTONDO

Muscoli della cuffia dei rotatori


- Sovra spinato
- Sottospinato
- Sottoscapolare
- Piccolo rotondo

Fionde muscolari
Tra scapola e tronco vi sono 4 connessioni muscolari suddivise in coppie di antagonisti. Solo se le fionde
sono in equilibrio la scapola è in posizione corretta rispetto al torace ed i movimenti del braccio e del
cingolo scapolare sono coordinati.

Spesso nel bicipite brachiale ci sono sintomatologie che si irradiano dalla mano verso il braccio e sembrano
a carico di questo muscolo, ma in realtà, avendo una dipendenza connettivale mediale che passa sopra i
tendini dei muscoli flessori, spesso la sintomatologia è a carico proprio di questa struttura.
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A livello della spalla c’è un crocitto di tendini ( i 2 capi bici pitali, grande pettorale, grande dorsale e una
dipendenza del sottoscapolare); in questo spazio posso verificarsi sindromi simili a quelle dell’impingment.
Il bicipite aiuta a comprimere la testa dell’omero nella cavità glenoidea favorendo il lavoro della cuffia dei
rotatori.
Il fatto che il braccio sia intra o extra ruotato, ha una grossa influenza sulla capacità di abduzione della
spalla.

L’ampiezza totale del movimento è da 0 a 180° in elevazione, 150° in rotazione esterna e interna, 170°
rotazione anteriore e posteriore. Provvista di 26 muscoli, la spalla è un’articolazione lassa con grande
mobilità, i muscoli e i tendini della cuffia dei rotatori sono i responsabili di buona parte della stabilità.
Il complesso capsulo legamentoso è costituito da:
- Legamento glenoomerale superiore che origina dalla glenoide anteriormente al tendine capo lungo
del bicipite e si inserisce sulla piccola tuberosità laterale dell’omero.
Resiste alla traslazione inferiore della testa dell’omero con l’arto posizionato lungo il corpo.
- Legamento glenoomerale medio che decorre dal labbro per inserirsi sulla piccola tuberosità sotto il
tendine scapolare.
Agisce come ostacolo secondario alla traslazione anteriore.
- Legamento glenoomerale inferiore che presenta un fascio inferiore ed uno posteriore, dal labbro
glenoideo si inserisce sull’omero.
Fornisce molta stabilità specialmente quando la spalla è abdotta e ruotata esternamente, più
spesso al centro ed esile alle estremità.
- Legamento coracoomerale che dal processo coracoideo, si fonde con la capsula e si inserisce
sull’omero.
E’ in tensione nella rotazione esterna è resiste alla sublussazione inferiore dell’articolazione

INDAGINI NELLE LESIONI


Anamnesi: è la chiave di una diagnosi corretta. Porre domande e ascoltare con attenzione le risposte. (che
cosa è successo, dove fa male, di che tipo è il dolore, ecc….)
Esame obiettivo:
- Valutazione della mobilità;
- Valutazione della forza: la forza è diminuita in abduzione e rotazione esterna quando c’è una
malattia della cuffia.
Test specifico per il sovra spinato: si esegue abducendo di 90° il braccio, flettendo in avanti di 20° e
ruotandolo internamente al massimo con pollice in giù.
I muscoli che determinano la rotazione esterna sono infraspinato e piccolo rotondo: questa è
valutata con il braccio di lato in posizione neutra, si applica una resistenza e lo confronta con il
contro laterale.
La forza interna è un test di forza del sottoscapolare.
- Valutazione della stabilità:
Test di apprensione anteriore: per l’instabilità anteriore
Test di riposizionamento
Test del cassetto: 1°- traslazione maggiore rispetto al contro laterale, 2° - sublussazione oltre la
rima glenoide ma spontaneo ritorno in posizione neutra, 3° - testa bloccata oltre la rima.
Nel caso di instabilità anteriore tutti i gradi sono patologici, nel caso della posteriore solo il terzo è
patologico.
- Palpazione
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Si possono riscontrare dei punti dolorosi alla palpazione:
acromion, acromion-clavicolare, sterno-clavicolare.
La palpazione deve essere sempre effettuata con l’osservatore alle spalle del soggetto. Possono
essere indagate strutture come il processo coracoideo, il legamento coraco-acromiale, il muscolo
sottoscapolare, il solco bici pitale (con soggetto a mano e gomito flessi).
Si può effettuare la palpazione del sovra spinato, del sottospinato(nello spazio sottoacromiale), i
margini della scapola(mediale, laterale e superiore) e la superficie costale della scapola, perché
questa scivola sul piano di clivaggio formato dalla faccia anteriore della scapola e delle coste.

LUSSAZIONE
Avviene quando il braccio è sollevato e ruotato esternamente durante la caduta e ne riceve l’urto; inseguito
ad una caduta diretta sul versante laterale.
La lussazione può essere anteriore, nell’intervallo dei rotatori (spalla deviata in avanti e in basso), o
posteriore.
Le lussazioni complete sono caratterizzate dalla lesione del labbro, della capsula, dei muscoli e/o dell’osso.
Lesione di Banquart: quando il labbro si stacca dalla rima.
Lesione di Hill-Sanchs: lesione ossea provocata dall’impatto o dalla compressione della parte posteriore
della testa omerale contro il margine anteriore della cavità nel momento della lussazione.

Sintomi e segni
Dolore, perdita della mobilità, percezione della cavità come vuota, profilo spalla irregolare.
Esame radiografico.

Trattamento
Prima l’articolazione viene ridotta e minori saranno le complicanze e più breve la guarigione.
Riportare l’articolazione nella sua posizione anatomica dopo anestesia, immobilizzazione con braccio
aderente al corpo in modo da ridurre il dolore e permettere alla capsula e ai legamenti di guarire.
Nei giovani il rischio di recidiva lussazione è elevato, in questi casi iniziare un precoce e completo
programma di potenziamento muscolare, iniziare con esercizi di mobilizzazione.
In atleti dopo la prima lussazione è utile una pulizia artroscopia e una stabilizzazione della lesione del
labbro; sembra diminuire la percentuale delle recidive.

Guarigione e complicanze
Se non ci sono complicanze guarisce bene. Leggera attività fisica e moderati esercizi dopo 2-4 settimane e
ritorno all’attività fisica dopo 2-3 mesi.
Se la lussazione avviene 3-4 volte è indicato l’intervento chirurgico con un ritorno all’attività dopo 4-6 mesi.

DISTINZIONE TRA INSTABILITA’ E LASSITA’


La lassità è una traslazione della testa dell’omero all’interno della cavità in assenza di sintomi clinici o
alterazioni patologiche.
Le spalle normali possono essere lasse senza essere instabili.
L’instabilità è spesso una condizione cronica e ricorrente, direzione antero-inferiore, postero-inferiore,
posteriore, multi direzionale. Il grado può variare da lussazione a sublussazione.
Instabilità e conflitto sono due diversi stadi di una stessa patologia:
- Tipo I, conflitto primario;
- Tipo II, conflitto secondario con instabilità primaria causata da trauma capsulare;
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- Tipo III, conflitto secondario con instabilità primaria da associata iperelasticità;
- Tipo IV, semplice instabilità
L’instabilità cronica: L’ affaticamento cronico degli stabilizzatori dinamici anteriori sembra essere la causa
iniziale, stress intensi e ripetitivi gravano sugli stabilizzatori statici causando un loro graduale allungamento.
Questo allungamento può avvenire in seguito a sublussazione anteriore che consentirà alla cuffia di
sfregare contro la glenoide quando il braccio è abdotto e ruotato esternamente e potrà causare il
logoramento della faccia inferiore della cuffia.

Sintomi e diagnosi
Dolore durante e dopo esercizio, segno del braccio cadente.
Test da effettuare sono quelli di apprensione, di riposizionamento, del cassetto e del solco.

Test del solco


Valuta la lassità inferiore.
Spalla a 0° di abduzione ed in posizione neutra. Trazione verso il basso sul braccio, se appare un solco tra la
testa e la parte laterale dell’acromion risulta positivo.
I° grado fino a 1cm, II° grado 1-2cm, III° grado supera i 2cm. II° e III° sono patologici.

Trattamento
Migliorare la funzionalità con esercizi attivi di potenziamento. Intervento chirurgico in caso di problemi
protratti.

LESIONE DEL LABBRO GLENOIDEO


E’ il cercine fibrocartilagineo che circonda la superficie articolare della cavità glenoidea.
Contribuisce alla stabilizzazione in quanto aumenta la profondità dell’incavo.
Una lesione è di solito associata con una lussazione o sublussazione anteriore della spalla o con una lesione
degenerativa. Possono anche verificarsi lesioni isolate senza instabilità (lanciatori, lottatori, ecc…).

Sintomi e diagnosi
Dolore durante l’attività specialmente con braccio sollevato, sensazioni di schiocco, impaccio e blocco.
Durante la valutazione clinica può essere rilevato un rumore o un blocco con braccio abdotto, ruotato e
sollevato sopra la testa. Dolore alla palpazione sulla rima.

Test di scorrimento anteriore


Braccio spinto verso l’alto dall’esaminatore può causare dolore.

Trattamento
Evitare attività dolorose, eseguire esercizi a catena cinetica aperta e chiusa per migliorare la forza.
Intervento chirurgico per reinserire il labbro suturandolo o utilizzando fissatori riassorbibili.
Guarigione 3-4 mesi, ritorno all’attività 3-6 mesi.

Alcune lesioni del labbro glenoideo sono localizzate sul margine superiore, dalla faccia anteriore alla
posteriore o a livello dell’inserzione del tendine bici pitale.
Ne abbiamo di 4 tipi:
- Tipo I: sfilacciamento, del labbro sup. ma rimane saldamente attaccato alla cavità;
- Tipo II: il labbro sup. e il tendine bici pitale sono strappati dalla cavità;
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- Tipo III: frammentazione del labbro sup. con il tendine bici pitale intatto;
- Tipo IV: lesione del labbro attraverso il margine sup. fino al tendine del bicipite.
SINDROME DA CONFLITTO
Può essere definito come un intrappolamento dei tessuti molli nello spazio sottoacromiale tra l’acromion e
la testa dell’omero. Lo sfregamento dei tessuti può provocare una reazione dolorosa.
Atleti che compiono movimenti ripetitivi sopra il piano orizzontale sono a rischio.
I tessuti possono diventare troppo larghi e venire pizzicati tra:
- La testa dell’omero;
- L’acromion;
- Il legamento coracoacromiale (i tendini del capo lungo del bicipite, del sovra spinato, del
sottospinato, del piccolo rotondo e del sottoscapolare)
Quando accompagnata da gonfiore, lo spazio è ulteriormente ridotto e la condizione patologica può
ulteriormente peggiorare, i carichi ripetitivi possono causare ispessimento dei tessuti molli e portare ad una
reazione infiammatoria cronica.
Causata da:
1) Fattori estrinseci
Principali: derivano dall’attrito meccanico del tendine contro la superficie inferiore dell’acromion
anteriore (la maggior parte dei casi)
Secondari: derivano dalla relativa diminuzione della larghezza dell’uscita del sovra spinato dovuta
all’instabilità dell’articolazione glenoomerale.
2) Fattori intrinseci
Alterazioni degenerative all’interno della cuffia dei rotatori determinando un conflitto meccanico
secondario.

Classificazione:
- Grado I: condizione precedente alla rottura con borsite sottoacromiale e/o tendinite
- Grado II: conflitto con lesione parziale della cuffia
- Grado III: conflitto con lesione completa della cuffia

Sintomi e diagnosi
Dolore al movimento sopra il piano orizzontale sulla faccia superiore e laterale, a 90° di abduzione spesso si
utilizza il movimento scapolo toracico invece di quello glenoomerale.
Mobilità attiva limitata in abduzione e flessione in avanti, leggera perdita in rotazione interna.
Ipertrofia del deltoide e dorsali.

Test del conflitto di Neer


Completa elevazione passiva in avanti dell’omero nel piano della scapola. Sovraspinoso urta contro
l’acromion. Se produce dolore è un segno positivo.

LESIONE DELLA CUFFIA DEI ROTATORI


Nel 75% dei casi di dolore alla spalla la causa principale è il tendine del sovra spinato della cuffia.
Questo muscolo insieme al deltoide solleva il braccio per iniziare l’abduzione.
Oltre ai traumi, ulteriori cause che provocano i problemi alla cuffia dei rotatori sono: la sindrome da
conflitto e la tendinite da sovraccarico in trazione.
L’atleta non manterrà il braccio sollevato sul piano scapolare tra i 60° e i 120° e dovrà abbassarlo.

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Classificazione di diversi gradi e tipi
Localizzazione: sulla faccia bursale o sulla faccia articolare del tendine.

- Lesione compressiva primaria


Associata ad acromion uncinato di tipo III, speroni ossei degenerativi o a legamento
coracoacromiale inspessito.
- Lesione compressiva secondaria
Causata dell’instabilità glenoomerale associata
- Lesione da tensione
Si manifesta sul versante articolare, forse in seguito alla resistenza delle grandi forze deceleranti
che si generano in molte attività sportive come i lanci.

Lesione parziale
- I°: minima irritazione della borsa o della sinovia, lieve logoramento capsulare con lesione < 1cm;
- II°: sfilacciamento o rottura di alcune fibre in aggiunta a lesione sinoviale, bursale o capsulare, di
solito < 2cm;
- III°: sfilacciamento o frammentazione delle fibre che spesso interessano l’intera superficie < 3cm;
- IV°: lesione che spesso coinvolge più di un solo tendine.

Lesione complete
- I°: piccola lesione completa come una ferita da puntura;
- II°: lesione moderata che interessa solo uno dei tendini, senza retrazione e < 2cm;
- III°: lesione vasta di un intero tendine, minima retrazione 3-4 cm;
- IV°: lesione massima che interessa 2 o più tendini, retrazione dei monconi.

Sintomi e diagnosi
Dolore intenso al momento della lesione, ricompare durante esercizio, può aumentare nelle 24h successive
ed estendersi in basso.

Test della cuffia positivo


Braccio elevato a 90°, pollice ruotato in basso.
Esercita una pressione sul braccio, dolore ed evidente riduzione di forza.

Trattamento
Ghiaccio, riposo, non usare eccessivamente.
Programma specifico per favorire la stabilità della testa omerale, stretching della capsula posteriore,
mantenimento mobilità e rafforzamento.
L’obiettivo della riabilitazione è recuperare la simmetria tra le due braccia per:
- Mobilità (soprattutto rotazione interna);
- Qualità del movimento (riducendo quello compensatorio della scapola);
- Forza
- Rafforzamento dei perisca polari.
Guarigione spontanea improbabile per la scarsa circolazione ematica.
Ritorno all’attività:
- Tendinite da sovraccarico: trattamento conservatorio 3-4 mesi;
- Lesione parziale della cuffia: trattamento chirurgico 4-6 mesi;
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- Lesione completa: guarigione più lunga

LESIONE DEL TENDINE SOTTOSCAPOLARE


Il più importante rotatore interno della parte prossimale del braccio. Il suo tendine può andare in contro a
lesione parziale o completa.
Una lesione parziale può guarire lasciando un ispessimento del tendine, una completa può avvenire in
connessione con una lussazione della spalla.

GOMITO
Le superfici articolari : estremità distale dell’omero, estremità prossimale dell’ulna e estremità prossimale
del radio.

Il gomito è composto da 3 articolazioni:


1) Omero – ulnare: ginglimo angolare (diartrosi);
2) Omero – radiale: condiloidea, che per la presenza del legamento anulare del radio diviene da un
punto di vista funzionale un ginglimo angolare.
3) Radio – ulnare prossimale: ginglimo laterale.

Origine dei capi articolari


Omero: troclea medialmente, condilo lateralmente;
Ulna: grande incisura sigmoidea (per l’omero), piccola incisura sigmoidea (o radiale dell’ulna)
Radio: cavità glenoide (per l’omero), contorno della testa radiale (per l’ulna)

L’articolazione del gomito è rivestita da una capsula articolare, con fasci di diverso orientamento.

I legamenti:
1) Legamento collaterale mediale o ulnare: composto da 3 fasci anteriore, medio, posteriore.
Rinforzato nell’inserzione oleocranica da fasci trasversi detti fasci arciformi o legamenti di Cooper.
2) Legamento collaterale laterale o radiale: composto di 3 fasci anteriore, medio, posteriore.

Articolazione radio - ulnare prossimale


Ha mezzi e legamenti suoi propri
- Legamento anulare del radio: circonda il contorno del capitello radiale;
- Legamento quadrato di Denucè: tra radio e ulna.

Proiezione antero – posteriore


Posizione: estensione – supinazione
La distanza tra condilo dell’omero e radio è di circa 3mm
L’angolo tra gli assi della diafisi dell’omero e dell’ulna e l’angolo assiale del gomito nella normalità è di 162°.

Proiezione laterale
Posizione: flessione di 90° del gomito
Gli epicondili sono sovrapposti.

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La retta passante per il becco del processo coronoideo forma un angolo di 45° con l’asse dell’ulna. La
flessione non è mai completa e questo perché è impedita sia dal capitello radiale che si mette nella fossa
coronoidea e sia dall’urto delle strutture muscolari anteriore. Anche qui l’arteria, una volta che si avvicina si
arborizza anteriormente e posteriormente con i capillari.
L’angolo tra asse dell’omero e troclea dell’omero è di 45°.
GRADI DI MOVIMENTO
Flessione da 0° a 130°-150°
E’ limitata dal contatto dei tessuti molli del versante anteriore del braccio ed avambraccio, oppure
dall’apparato capsulo legamentoso (capitello radiale che si mette nella fossa glenoidea).

Estensione di 10°
Limitata dal becco dell’olecrano che urta contro il fondo della fossetta olecranica.

Angolo cubitale
In estensione si arriva ad una valgizzazione di circa 10° (cubito valgo o angolo cubitale) determinata dalla
forma della troclea e da una lieve inclinazione del terzo mediale dell’ulna. Si evidenzia soprattutto in
estensione con supinazione. Scompare durante la flessione.

Supinazione 90° – Pronazione 80°


L’asse attraversa il condilo dell’omero, il centro del capitello radiale ed il processo stiloideo dell’ulna.
Nella posizione intermedia, il contatto tra le superfici di entrambe le articolazioni radio-ulnari è il maggiore
possibile.
Tali movimenti sono permessi dal fatto che radio e ulna sono storti rispetto all’asse di rotazione.

Posizione in pronazione
Il radio è obliquo sopra l’ulna.
La fossetta del capitello ha un’inclinazione distale di 5°. Anche l’ulna segue un movimento in inclinazione.
La pronazione è limitata dall’apparato capsulo legamentoso, da parti molli, dai muscoli flessori delle dita e
dal flessore lungo del pollice (che potrebbero interporsi tra le ossa in movimento).

Posizione in supinazione
Radio e ulna sono paralleli.
Il movimento viene frenato dalla tensione dell’apparato capsulo legamentoso, dal legamento quadrato ed
in parte, dalla membrana inter-ossea.

Leva di III ordine


Fulcro: articolazione cubitale;
Forza: bicipite brachiale;
Braccio della forza: distanza di 5 cm tra fulcro e inserzione del muscolo
Resistenza: avambraccio + carico = 20N;
Braccio della resistenza: distanza tra fulcro e resistenza di circa 35 cm
La forza agisce tra fulcro e resistenza = leva di III ordine.
Per stabilire un equilibrio, la forza esercitata dal muscolo bicipite per stabilizzare la risultante di carico deve
essere di 140N, calcolati secondo la legge delle leve.

Vettori di forza
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Il vettore di applicazione del bicipite, in flessione di circa 150°, forma con l’avambraccio da muovere un
angolo acuto.
Scomponendo le forze secondo il parallelogramma possono essere riconosciuti un vettore più lungo, che
rappresenta la forza esercitata dal tendine (Ks) e uno più corto, obliquo (Kq) orientato secondo la linea di
movimento.
MUSCOLI E MOVIMENTO
Flessione dell’avambraccio sul braccio
1) Bicipite brachiale: flessione e supinazione se si trova in pronazione;
2) Brachiale anteriore: flessione (terzo medio faccia anteriore dell’omero – processo coronoideo
dell’ulna);
3) Brachio-radiale: flessione e rotazione esterna (terzo medio faccia laterale dell’omero – apofisi
stiloide radiale);
4) Pronatore rotondo: flessione e rotazione interna
5) Flessore radiale del carpo: (epicondilo mediale – base secondo metacarpo)
- Avambraccio: flessione e rotazione interna
- Mano: flessione
6) Flessore ulnare del carpo: (epicondilo mediale – osso pisiforme) anche detto cubitale anteriore
- Avambraccio: flessione
- Mano: flessione e adduzione
7) Flessore superi fiale delle dita: (epicondilo mediale, faccia anteriore di ulna e radio – seconde
falangi delle ultime 4 dita)
- Avambraccio: Flessione
- Mano: flessione
- Dita: flessione (eccetto il pollice)
8) Palmare lungo: (epicondilo mediale – aponeurosi palmare)
E’ un muscolo incostante, contribuisce limitatamente alla flessione del gomito, quando le dita ed il
polso sono fortemente flessi.
Flessione sia dell’avambraccio che della mano.
9) Flessore profondo delle dita: (epicondilo mediale, faccia antero-mediale dell’ulna, membrana
interossea – 4 tendini che raggiungono le falangi distali delle ultime 4 dita)
Flessione del pollice

Estensione dell’avambraccio sul braccio


1) Tricipite
- Avambraccio: estensione
- Braccio: adduzione(capo lungo) e abbassamento sul piano sagittale
2) Aconeo: (faccia posteriore dell’epicondilo laterale – margine posteriore del terzo superiore
dell’ulna)
- Estensione

Pronatori
1) Pronatore rotondo: (processo coronoideo dell’ulna, epicondilo madiale – terzo medio faccia
laterale del radio)
- Avambraccio: flessione e rotazione interna
2) Pronatore quadrato: (faccia anteriore radio e ulna)
- Rotazione interna
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Supinatori
1) Supinatore: (epicondilo laterale – faccia anteriore del radio)
- Rotazione esterna
2) Bicipite
3) Brachio – radiale

Il nervo radiale decorre anterolateralmente al gomito e si divide in interosseo posteriore e cutaneo laterale.
Specialmente il primo può venire intrappolato.
Il nervo mediano rimane anteriore e passa tra i due capi del pronatore rotondo ove può essere compresso.
Il nervo ulnare attraversa la fascia del tricipite in vicinanza del tunnel ulnare ove può venir compresso.

INSTABILITA’ MEDIALE
E’ data da:
1) Esito di lesione legamentosa acuta;
2) Microtrauma ripetuto.
Sintomi cronici:
- dolore nella fase di lancio,
- neuropatia del nervo ulnare
- epitrocleite.
Esame obiettivo:
- Valgo stress a 30°
- Test di gravità (anche radiologico)

INSTABILITA’ LATERALE
Postumi di lussazione posteriore (maggiore incidenza in età giovanile)
Sintomi cronici:
- Episodio di trauma anamnestico
- Scatto a gomito esteso e supino
Esame obiettivo:
- Varo stress a 30°
- Pivot shift laterale

CALCIFICAZIONE E OCD
Sono nel contesto del legamento. Non devono essere rimosse.

TIPI DI LESIONI
Il gomito è soggetto a diversi tipi di lesioni:
- Lesioni mediali: epicondilite mediale, lesione del flessore comune (miosite o rottura acuta),
compressione pronatore rotondo, problemi al nervo ulnare;
- Lesioni posteriori: formazione di corpi estranei sono anche conseguenza di lesioni da trazione
(violente contrazioni del tricipite, compressione della testa dell’olecrano). Le lesioni si verificano
per brusche estensioni o ipertensioni che determinano compressione dell’olecrano contro l’omero;
- Lesioni anteriori: il tendine distale del bicipite può lacerarsi.

Esame obiettivo
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Inizia con l’ispezione seguita da palpazione, valutazione del movimento, test di forza e test d’instabilità…
Ogni gonfiore o ipotrofia deve essere annotata.
- Tenendo l’avambraccio e la mano spinati ed il gomito esteso: Angolo avambraccio-omero deve
essere di 10° per gli uomini e 13° per le donne.
Una borsa olecranica infiammata con gonfiore sul versante posteriore è indice di borsite olecranica.
I punti di riferimento ossei devono essere palpati e bisogna tener conto dei punti dolenti.
Movimento attorno a due assi: flessione ed estensione (da 0° a 140°), pronazione (70°) e
supinazione (85°-90°).
- I test di forza di flessione ed estensione e supinazione e pronazione sono eseguiti contro resistenza
con l’avambraccio in posizione neutra ed il gomito flesso a 90°.
La forza in estensione è il 70% di quella in flessione, la forza di supinazione è superiore del 15% di
quella di pronazione.
- L’instabilità del legamento collaterale è valutata con il gomito flesso ed a 30° di estensione. Lo
stress in varo è applicato con l’omero in rotazione interna completa e l’avambraccio spinto
internamente.
L’instabilità in valgo è valutata meglio con l’arto in rotazione completa e l’avambraccio spinto
esternamente.

LESIONI LATERALI
Gomito del tennista (epicondilite laterale, tendinosi laterale del gomito)
Soggetti a questo tipo di lesione sono atleti che praticano gesti ripetitivi monolaterali.
Riguarda in particolare l’estensione radiale breve del carpo e secondariamente il tendine dell’estensione
comune delle dita.
I ventri muscolari sono localizzati nell’avambraccio mentre i lunghi tendini si fissano sui metatarsi o sulle
falangi. L’epicondilo laterale del gomito costituisce l’origine comune.

Sintomi e diagnosi
Movimenti ripetitivi o sovraccarico, dolore sul versante laterale ma può irradiarsi anche in alto verso il
braccio ed in basso sulla parte esterna dell’avambraccio, debolezza al polso, punto doloroso preciso
evidenziabile con la pressione o la percussione sull’epicondilo laterale, dolore sopra l’epicondilo quando la
mano è flessa dorsalmente contro resistenza (segno sufficiente per la diagnosi).
La diagnosi comprende una valutazione dell’intensità delle modificazioni patologiche, utile per formulare il
trattamento e per la prognosi.
Radiografia per escludere frattura o corpi estranei articolari.
Altre possibili diagnosi sono malattie reumatiche, intrappolamento del nervo ed il dolore causato da
modificazioni degenerative della colonna a livello di C5-C6.

Test del dito medio positivo


Dolore sul versante laterale quando il dito viene esteso contro resistenza.

Prevenzione
Adottare tecniche corrette di gioco e di lavoro, tutore o indumento termico per attutire le forze
dall’esterno, evitare tecniche asimmetriche di allenamento.
L’applicazione del tutore determina una riduzione del segnale elettromiografico dell’estensore comune
delle dita.

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Trattamento
Deve basarsi sulle fasi della guarigione:
1) Fase di infiammazione acuta; Ridurre l’infiammazione e il dolore con ghiaccio per circa due giorni,
riposo attivo(continuare con attività di condizionamento), continuare “con il tennis” evitando i colpi
che causano dolore finita questa fase;
2) Fase di produzione di collagene e sostanza fondamentale; applicare localmente calore, massaggi
con ghiaccio alternati ad applicazioni di calore, taping del polso, ridurre il carico sugli estensori con
l’aiuto di un tutore applicato quando il braccio è rilassato e tenuto in posizione fino alla fine del
periodo riabilitativo.
Un tutore adatto comprime i gruppi muscolari chiave: esercita una contropressione.

3) Fase di maturazione e di rimodellamento; Forza resistenza e mobilità dovrebbero essere migliorati


con appositi esercizi quando il dolore ed infiammazione sono sotto controllo:
- Allenamento isometrico degli estensori del polso è eseguito in 3 posizioni:
1) Completamente flesso
2) Neutra
3) Completamente esteso
L’articolazione non deve essere sottoposta a carico e l’esercizio va eseguito 30 volte al dì, ogni volta
per 15’’. Quando diviene eseguibile senza dolore si aggiunge un carico di 0,5Kg.
- Allenamento dinamico: si fa passare una banda elastica attorno alle dita e si cerca di allenare le dita
stesse vincendo la resistenza. Un altro metodo è quello di estendere(concentrico) e
flettere(eccentrico) il polso con un carico di 1-2Kg, 20 volte al dì.
- Allenamento della flessibilità: stretching statico del polso (articolazione piegata a 90° e mano
opposta che esercita una contropressione), gomito infortunato completamente esteso e
l’avambraccio prono (ruotato in dietro). Il polso piegato è stirato ai suoi limiti, tenuta 4-6’’ – 2’’ di
riposo – tenuta 6-8’’ per 15 volte al dì.
- Allenamento della forza e della mobilità della spalla e del braccio.

Farmaci infiammatori, trattamento con ultrasuoni ecc… in caso di mancata guarigione quando ci sono
sintomi cronici di dolore per più di 6/12 mesi vi può essere l’indicazione ad un intervento chirurgico.
La chirurgia prevede l’asportazione del segmento danneggiato, l’inserzione a tessuto normale va conservata
e il tessuto sano protetto. Successiva immobilizzazione a 90° per una settimana, esercizi di forza e di
endurance dopo 3 settimane.
L’intensità del dolore prima dell’intervento è il più importante elemento di predizione del recupero
completo, infatti, maggiore è il dolore e più elevate sono le probabilità di riuscita dell’intervento.

Guarigione
Un vero gomito del tennista spesso guarisce spontaneamente e la prognosi è generalmente buona.
Tuttavia i sintomi possono persistere da 2 settimane a 2 anni specialmente se si continua a caricare l’arto.
L’attività intensa può essere ripresa quando il braccio ha riacquisito una completa mobilità, ha ripreso la
forza e non presenta dolore.
Dopo chirurgia generalmente ci vogliono dalle 8-10 settimane.

Osteocondrite dissecante (frammento osteocartilagineo libero)


Nei movimenti di lancio il versante laterale del gomito è esposto a carichi rilevanti per la compressione
esercitata dalle forze in valgo.
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Questo può causare un urto violento della superficie articolare superiore convessa del radio sulla parte
esterna laterale della cartilagine articolare dell’omero che insieme ad un frammento dell’osso sottostante
può staccarsi e formare un corpo libero.

LESIONI MEDIALI
Gomito del lanciatore o gomito del golfista (epicondilite mediale, tendinosi mediale)
Sintomi localizzati sull’epicondilo mediale,le principali alterazioni patologiche coinvolgono l’origine del
pronatore rotondo, del palmare lungo e del flessore radiale del carpo, vicino all’inserzione.
L’eziologia è imputabile ad errori di tecnica ed eccessiva pronazione nel servizio.

Sintomi
Dolore alla palpazione sull’epicondilo, la flessione della mano verso il basso, contro resistenza applicata sul
polso causa dolore.

Trattamento
Identico del gomito del tennista, la riabilitazione dopo chirurgia dura un po’ più a lungo.

Guarigione
La prognosi è peggiore e i tempi di guarigione sono più lunghi, talvolta 6-12 mesi.

Instabilità del gomito (rottura dei legamenti collaterali mediali)


La sindrome da sovraccarico da stress in valgo può causare tensioni mediali che determinano torsione
dell’LCM (in particolare i fasci anteriori che sono responsabili della stabilità, infatti da 20° a 120° di flessione
è il maggior stabilizzatore. Svolge questo ruolo solo nella flessione non nella completa estensione).

Sintomi e diagnosi
Dolore sul lato mediale durante i lanci e alla palpazione sul legamento, sensazione di gomito che si apre o
che non tiene, instabilità in valgo valutata attraverso un test.

Test in valgo
Con la spalla ruotata all’esterno, gomito flesso a 30°, si applica un carico in valgo: apertura dell’articolazione
indica instabilità.
Un test di instabilità può essere fatto artoscopicamente con gomito flesso a 60°-70°. Si può osservare
l’apertura dell’articolazione tra ulna e omero.
Apertura superiore a 1mm indica lacerazione completa del legamento.

Trattamento
Riposo e ghiaccio, esercizi di potenziamento.
Intervento chirurgico con un lento ritorno all’attività.

Intrappolamento del nervo ulnare (nevrite ulnare)


Se si urta accidentalmente il versante posteriore mediano del gomito si può avvertire un dolore irradiato al
4-5 dito. Il nervo ulnare decorre lungo il bordo mediale del gomito appena dietro il condilo.
La maggior parte delle lesioni può essere descritta come una neuropatia (blocco di conduzione dove tutti gli
elemnti mantengono la loro continuità, prognosi buona se non si sono verificati danni irreversibili causati
da una prolungata compressione).
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Il nervo può essere leso da: frizione, compressione, contusione, trazione o una combinazione di queste.
Sovraccarichi in estensione in valgo cerano tensione sulle strutture legamentose mediali e compressione sul
versante laterale: la parte media del nervo può essere allungata di 4,7mm dall’estensione alla flessione
completa, può anche spostarsi di 7mm medialmente al tricipite.
Questi carichi tensivi causano frizione, irritazione e compressione ed il nervo può diventare instable con la
flessione del gomito.

Sintomi e diagnosi
Dolore che può irradiarsi fino al 4-5 dito, intorpidimento e sensazione insolite nel mignolo e a metà
dell’anulare, dolore alla palpazione (alla palpazione si può avere spostamento del nervo dal tunnel
cubitale).

LESIONI POSTERIORI
Gomito del tennista posteriore
Anche noto come conflitto olecranico posteriore o lesione da ipertensione del gomito, dovuto a brusche
estensioni dopo aver colpito la palla. L’olecrano può entrare in conflitto con il versante posteriore
dell’omero e può determinare problemi come la tendinite del tricipite.
Possono formarsi osteofiti sull’olecrano a causa della sua ipertensione forzata nella fossa olecranica o per
forze di taglio secondarie ai movimenti in valgo.
Valutazione ortoscopica.

Trattamento
Conservativo, ma la chirurgia viene sempre più utilizzata per rimozione degli osteofiti o dei corpi liberi.
Guarigione in 2-4 mesi.

Strappo del tendine del tricipite


Cadendo sulla mano a gomito flesso o lanciando con forza si può determinare una rottura del tendine e
talvolta disinserzione.

Sintomi e diagnosi
Dolore sulla punta del gomito dove si percepisce la lacuna, riduzione di potenza o impossibilità a
raddrizzare il gomito.

Trattamento
Riposo per rotture minori, chirurgia nei casi gravi.

Borsite (gomito dello studente)


Appena sotto l’olecrano c’è una borsa nella quale può verificarsi un sanguinamento in conseguenza di un
colpo o una caduta. Dopo il sanguinamento e anche dopo carico prolungato sul gomito la borsa può
infiammarsi e gonfiarsi.

Sintomi e diagnosi
Dolore a riposo, durante movimento e alla palpazione, gonfiore, irritazione per formazione di piccoli
coaguli, infiammazione e raccolta di liquidi, il gonfiore può estendersi all’avambraccio, limitazioni alla
mobilità.

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Prevenzione e trattamento
Per prevenire, utilizzare delle gomitiere.
Per il trattamento, riposo sino alla scomparsa dei sintomi. Pungere la borsa e drenare, bendaggio per 4-7
giorni, infiltrazione locale, rimozione chirurgica se interessata da ripetute infiammazioni.
Una borsite grave può richiedere riposo forzato per un lungo periodo.

LESIONI ANTERIORI
Rottura del tendine distale del bicipite con dolore moderato sul versante anteriore del gomito.
Si inserisce sulla tuberosità radiale, flette il gomito e determina una certa supinazione, suscettibile di
alterazioni degenerative in atleti oltre i 35 anni. Il meccanismo della lesione è di solito un’estensione
improvvisa mentre il gomito è flesso con forza.

Sintomi e diagnosi
Dolore spontaneo e alla palpazione sulla tuberosità e sul versante anteriore, gonfiore, nello stadio acuto è
difficile flettere il gomito contro resistenza, perdita di forza.

Trattamento
Terapia conservativa (mobilizzazione attenta con esercizi di rafforzamento e stretching) può lasciare un
deficit di forza del 20%-40%. In un soggetto giovane attivo, chirurgia in caso di rottura completa (re
inserzione nella tuberosità).

Guarigione
Dopo chirurgia 6 settimane, ma gli esercizi di mobilità dopo 2-3. Allenamento di forza dopo 6-8 settimane.
Lanci dopo 4-5 mesi.

Intrappolamento del nervo radiale


Si dirama appena sotto il gomito sul versante laterale. Occasionalmente soggetto a compressione quando
passa attraverso l’arcata di frohse nel muscolo supinatore.

Sintomi e diagnosi
Punto di dolore sotto e avanti rispetto al condilo laterale direttamente sull’area di intrappolamento. La
forza si riduce quando l’articolazione del polso e l’avambraccio è spinato.

Trattamento
Riprendere l’attività gradualmente, antinfiammatori, intervenire per liberare il nervo e allargare il canale
nel quale decorre.

Intrappolamento del nervo mediano (sindrome del pronatore rotondo)


Decorre davanti al gomito e attraversa il muscolo pronatore, intrappolamento è condizione rara nello sport.

Sintomi e diagnosi
Dolore spontaneo alla palpazione sul versante anteriore, intorpidimento al secondo e terzo dito e alla metà
del quarto evocato con la pronazione dell’avambraccio contro resistenza, nella flessione palmare si avverte
perdita di forza, fastidio contro resistenza a flessione e pronazione.

Trattamento
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Evitare le attività dolorose, calore, antinfiammatori, immobilizzazione per breve tempo e chirurgia nei casi
cronici.

Fratture e lussazioni
La lussazione avviene generalmente per caduta sulla mano a gomito piegato. La lussazione posteriore è la
più comune e può associarsi alla frattura.
Determina sempre lesioni ai tessuti molli come i legamenti collaterali per cui anche se viene
immediatamente ridotta ci vuole diverso tempo perché la guarigione sia completa.

Sintomi e diagnosi
Dolore intenso spontaneo e alla palpazione, gonfiore e limitazione della mobilità, deformità.
Radiografia.
Test di stabilità del legamento collaterale a 20°-30° di flessione e in estensione dimostrerà il grado di
lesione dei legamenti.

Trattamento
Dopo aver valutato la funzionalità di nervi e circolazione, riportare l’articolazione nella sua posizione
normale e valutarne l’instabilità, immobilizzazione per alcuni giorni, mobilitazione prima possibile.
Chirurgia se presente una lesione legamentosa estesa e instabilità particolare, la guarigione si attesta sulle
9-10 settimane quando i legamenti sono guariti e la piena mobilità recuperata.
Se una lussazione è trattata in modo inadeguato la guarigione sarà incompleta e tendenza alle ricidive.

Rafforzamento gomito, polso-mano


Manubrio o elastico (peso 0,5-2,25Kg)
Serie 2-3 Rip 10-15
Esercizi
- flessione del bicipite
- estensione del tricipite
- estensione del polso
- flessione del polso
- pronazione/supinazione
- torsione verso l’alto estensori: palmo in giù
flessori: palmo in alto

POLSO E MANO
Le articolazioni sono:
1) RADIO-CARPICA:
- estremità distale del radio + legamento triangolare, incisura ulnare-radio, del processo stiloide
dell’ulna (nell’insieme piano concava)
- scafoide + semilunare + piramidale (nell’insieme condilo del carpo)
E’ una diartrosi del tipo condiloideo, rivestita da capsula articolare.
I legamenti:
- legamento anteriore o volare, origina dall’osso capitato ed è composto di due fasci, radio-capitato e
ulno-capitato;
- legamento dorsale, origina dalle ossa della 2° filiera ed è composto di più fasci;

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- legamento collaterale mediale o ulnare, origina dall’apofisi stiloide dell’ulna e si compone due fasci
che raggiungono l’osso piramidale e l’osso pisiforme.
- Legamento collaterale radiale, origina dall’apofisi stiloide del radio e si estende fino all’osso
scafoide.
L’articolazione presenta estroflessioni (ripiegamento verso l’esterno) della membrana sinoviale sia
anteriormente che posteriormente.
2) RADIO-ULNARE DISTALE:
- Incisura ulnare distale del radio
- Testa dell’ulna
Inferiormente è chiusa dal legamento triangolare.
I legamenti:
- Legamento radio-cubitale anteriore;
- Legamento radio-cubitale posteriore.
Radio e ulna sono mantenuti vicini dalla membrana interossea, tesa tra i margini interossei. Questa
superiormente, al di sotto della tuberosità dell’ulna, presenta una dipendenza denominata legamento o
corda obliqua di Weitbrecht.

POLSO E MANO
E’ composta dalle ossa sesamoidi che sono 3.
Le articolazioni sono:
1) INTERCARPICHE:
questa articolazione è presente tra le ossa del carpo. Sono diartrosi plani formi.
I legamenti:
- Legamento interossei;
- Legamento sulla superficie palmare;
- Legamento sulla superficie dorsale.
2) CARPO-METACARPICHE E INTERMETACARPICHE
Articolazione del pollice tra il trapezio e il 1° metacarpo.
Articolazione ad incastro reciproco od a sella.
Permette movimenti di flessione, estensione, adduzione, abduzione e circonduzione, nonché di
opposizione.
Tutte le altre sono artrodie, carpo-metacarpiche.
I legamenti:
- Legamento carpo-metacarpici;
- Legamento metacarpici palmari e dorsali;
- Legamento trasverso del carpo
3) METACARPO-FALANGEE
Sono delle condilo artrosi
4) INTERFALANGEA
Sono delle trocleo-artrosi e quindi ginglimi angolari

GRADI DI MOVIMENTO
ARTICOLAZIONE RADIO-CARPICA:
- Abduzione max di 15°
- Adduzione di 45°

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(Ampiezza totale di 60°, il 20%-25% del movimento si realizza a livello dell’articolazione medio-carpica)
- Flesso-estensione di 80°-85° di cui 50° a carico della flessione.

La MANO ha un angolo di 20° tra l’asse radio-ulna e la prima filiera di ossa. Le distanze articolari nelle
falangi devono essere dal basso verso l’alto di 2-1mm e 5-1mm.
In posizione anatomica le ossa del carpo posteriormente formano una curva, superiormente a questa
passano tutti i tendini dei muscoli che agiscono sulla mano (flessori ed estensori).
Se questa curva si appiattisce, i tendini e le loro fasce vengono schiacciate anteriormente contro il
legamento trasverso del carpo.
- Estensione 40°-50°;
- Flessione 80°;
- Abduzione 20°-30°;
- Adduzione 40°.
ARTICOLAZIONE METACARPO-FALANGEE
- Flessione 90°;
- Estensione 30°
- Movimenti di lateralità eseguibili solo in condizione di estensione delle dita, circa 30°
ARTICOLAZIONE INTERFALANGEA
- Flessione 90°(2°dito) e 135°(5°dito)
- Estensione praticamente inesistente nelle interfalangee distali.
POLLICE
- Anteposizione-retroposizione rispettivamente di 50° e 85°;
- 1° metacarpo-trapezio abduzione 30°, adduzione 40°;
- 1° metacarpo-falange flesso-estensione e quindi escursione di 80°.
I movimenti combinati dell’articolazione trapezio-1°metacarpo e falange-1°metacarpo, consentono la
circonduzione e l’opposizione.
A livello della mano possiamo trovare una retrazione dell’aponeurosi palmare che può portare ad un
atteggiamento contratto del palmo e della mano.

MUSCOLI E MOVIMENTI
POLSO
1) FLESSIONE DEL CARPO
- Flessore radiale carpo (epicondilo mediale – base 2° metacarpo);
- Flessore ulnare carpo (epicondilo mediale – osso pisiforme);
- Palmare lungo;
- Flessore superficiale delle dita, i tendini percorrono la regione palmare superficialmente, sotto
l’aponeurosi palmare e si dividono davanti la 1°articolazione inter-falangea.
- Flessore profondo delle dita, flette la 3°falange sulla 2° e la 2° sulla 1°falange. I tendini passano
attraverso le due lamine del superficiale e raggiungono la superficie volare della base delle falange
Incrociamento è denominato chiasma di Camber.
2) ESTENSIONE DEL CARPO
- Estensore ulnare del carpo (epicondilo laterale – faccia posteriore della base del 5°metacarpo);
- Estensore radiale lungo
- Estensore radiale breve
- Estensore comune delle dita
3) ABDUZIONE, contrazione contemporanea di:
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- Flessore radiale;
- Estensore radiale lungo;
- Estensore radiale breve.
4) ADDUZIONE, contrazione contemporanea di:
- Flessore ulnare;
- Estensore ulnare.

POLLICE
- Flessore lungo (falange ungueale);
- Estensore lungo;
- Abduttore lungo;
- Addutore breve;
- Opponente (dell’eminenza tenere);
- Flessore breve (dell’eminenza tenere);
- Estensore breve;
- Abduttore breve

REGIONE MEDIANA
1) Muscoli lombricali
- Flessione 1°falange
- Estensione 2° e 3° falange
2) Interossei palmari
- Adduzione delle dita
3) Interossei dorsali
- Flessione 1°falange
- Estensione 2° e 3° falange
- Abduzione delle dita

SINDROME DEL TUNNEL CARPALE


Causata da un uso eccessivo del polso che ruotando causa restringimento e infiammazione del tunnel che
ospita:
- Nervo mediano
- Tendini flessore superficiale delle dita
- Tendini flessore profondo delle dita
I sintomi sono causati dalla compressione del nervo mediano.

Sintomi
Dolorosità sulla faccia palmare, appena distalmente del polso, formicolio intermittente ed intorpidimento
del pollice e del 2°-3° dito e metà del 4°.
Formicolio maggiore con polso in iperflessione o ipertensione. Impaccio nei movimenti e perdita di
destrezza.
In casi gravi e prolungati, perdita di forza nella presa ed ipotrofia dei muscoli del pollice.

Trattamento
- Uso del tutore (per riposo ed evitare gradi estremi di movimento);
- farmaci antinfiammatori
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- iniezione di steroidi nei casi refrattari;
- intervento chirurgico per rilasciare il legamento teso sopra il tunnel.
Rafforzamento della mano e delle dita
Esercitazioni con bande elastiche
Schiacciamento della palla.

COLONNA
LE VERTEBRE
Presentano:
1) una porzione anteriore o corpo (faccia superiore, inferiore e contorno);
2) una porzione posteriore o arco (massa apofisaria e lamine)
- apofisi formata da: processo trasverso e processo spinoso
- lamine: tratti ossei che uniscono il processo trasverso al processo spinoso
3) superiormente ed inferiormente all’arco: processi articolari(superiori e inferiori)
L’arco e il corpo delimitano il foro vertebrale ed hanno caratteristiche specifiche a seconda del tratto in cui
sono situate.

CERVICALI (7): corpo più piccolo e schiacciato dall’avanti all’indietro. Sulla faccia superiore ai lati presenta i
processi semilunari che si vanno ad articolare con le corrispondenti incisure che si trovano sulla faccia
inferiore della vertebra sovrastante.

Foro intertrasversario (C1-C6): nel quale decorre l’articolazione intervertebrale.


I processi trasversi e spinosi sono brevi e bifidi. Sugli spinosi si inserisce il legamento nucale.
I processi articolari sono disposti orizzontalmente.
C1 = atlante è composto da 2 archi:
- tubercolo anteriore
- tubercolo posteriore
e masse laterali con un abbozzo di processo trasverso.
Inoltre costituisce la superficie articolare per l’epistrofeo (C2) che oltre ad avere le caratteristiche proprie
delle vertebre cervicali, presenta un’espansione ossea sulla faccia superiore del corpo, il dente.

DORSALI (12): Sugli angoli posteriori del corpo presentano 4 semifaccette articolari per le coste. Il processo
spinoso è inclinato verso il basso.

LOMBARI (5): corpo voluminoso, i processi trasversi sono ben sviluppati e sono denominati processi costi
formi. I processi spinosi sono tozzi e disposti orizzontalmente.

SACRALI (5): sono fuse insieme e costituiscono il SACRO, un osso di forma triangolare, con base in alto e
apice in basso. Faccia anteriore concava (lateralmente vi sono i fori sacrali e posteriormente la cresta
sacrale media e le creste sacrali laterali) e faccia posteriore convessa.
Tra la cresta media e le laterali vi sono i fori sacrali posteriori.
Sulle facce laterali il sacro presenta la superficie articolare per l’osso iliaco.

COCCIGE: fusione di 4-5 vertebre. Osso triangolare con apice in basso e base in alto, due espansioni
superiori, i coni coccigei ed un residuo del processo trasverso.

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La colonna è l’asse portante del corpo e risponde a 2 requisiti meccanici:
1) rigidità
2) elasticità
Presenta 4 curve: 2 cifotiche (dorsale e sacrale) e 2 lordotiche (cervicale e lombare), la presenza di queste
curve consente un aumento della resistenza della colonna ai carichi di circa 10 volte.

LE ARTICOLAZIONI
Ve ne sono di 2 tipi:
1) tra i corpi;
2) tra i processi articolari.

ARTICOLAZIONI TRA I CORPI


Sono delle sinfisi, delle interposizioni di un disco fibrocartilagineo (disco intervertebrale).
L’angolo tra i corpi è di 3°- 4°.
I dischi sono 23 e sono assenti tra occipite e atlante e tra atlante ed epistofeo.
E’ composto da 3 porzioni:
1) periferica o anello fibroso, che consiste in una serie di fasci concentrici con direzione vagamente
obliqua;
2) centrale o nucleo polposo, sostanza gelatinosa composta dall’88% di
acqua+mucopolisaccaridi+proteine;
3) superfici articolari cartilaginee,si inseriscono al bordo interno dell’orletto del corpo vertebrale.
Appartengono morfologicamente al corpo vertebrale ma funzionalmente ai dischi.

Legamenti
- legamento longitudinale anteriore (occipite-sacro) davanti ai corpi vertebrali;
- legamento longitudinale posteriore (tubercolo anteriore dell’atlante-1°vertebra lombare) sulla
faccia posteriore dei corpi, quindi all’interno del canale vertebrale.
Ha rapporto con la superficie esterna del disco.

ARTICOLAZIONI TRA I PROCESSI ARTICOLARI


Sono artrodie, costituite dalla superficie articolare prona dei processi articolari che si affrontano, da una
capsula fibrosa e da legamenti di rinforzo.
Legamenti

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- Interspinosi, riempie lo spazio presente tra due processi spinosi vicini. Le linee di trazione sono da
dietro in alto e da davanti in basso. Si fonde con la capsula fibrosa dell’articolazione intervertebrale.
- Sovraspinoso, si estende tra gli apici dei processi spinosi ed è costituito da fasci molto consistenti a
decorso verticale. Il legamento è presente dalla 7° vertebra cervicale fino all’osso sacro. Nel rachide
cervicale è sostituito dal legamento nucale.
- Giallo, costituito da fibre elastiche si estende tra due archi sovrapposti.
- Intertrasversario, si estende tra i processi trasversi.

Atlante ed epistrofeo si articolano tra di loro e con l’osso occipitale.


Le articolazioni sono:
- Articolazione occipito-atlantoidea;
- Articolazione odonto-atlantoidea;
- Articolazione atlo-epistrofica.
Il legamento trasverso dell’atlante costringe il dente dell’epistrofeo contro l’arco anteriore dell’atlante.
I movimenti che compie sono quelli di:
1) Flesso-estensione;
2) Ipertensione;
3) Lateralità;
4) Piccola rotazione (tratto lombare)

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MUSCOLI E MOVIMENTI
Stabilità e mobilità sono assicurate dai muscoli propri situati nelle docce (spazi delimitati dai processi
trasversi, dalle lamine e dai processi spinosi).

I muscoli si possono classificare in 2 categorie:


- Superficiali
- Profondi
E sono:
ERETTORE DELLA COLONNA (superficiale e intermedio)
- Ileo - costale, cervicale-dorsale-lombare, estensione ed inclinazione laterale;
- Lunghissimo del dorso, cervicale-dorsale-lombare, estensione ed inclinazione laterale;
- Spinale, cervicale-dorsale-lombare, estensione ed inclinazione laterale.
TRASVERSO SPINALE (profondo)
- Semispinale, della testa e del torace, estensione e inclinazione laterale;
- Multifido, estensione e rotazione del tratto cervicale e toracico;
- Rotatore breve e lungo.
INTERSPINOSI (profondi)estensori
INTERTRASVERSARI (profondi)estensione ed inclinazione laterale

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Muscoli superficiali delle cocce vertebrali

31
Muscoli intermedi delle docce vertebrali

32
Muscoli profondi delle docce vertebrali

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34
TRATTO CERVICALE è composto da i seguenti muscoli intermedi:
- Lungo del collo;
- Lungo della testa;
- Grande retto posteriore;
- Piccolo retto posteriore;
- Obliquo superiore;
- Obliquo inferiore;
- Splenio della testa;
- Splenio del collo;
- Semispinale della testa;
- Semispinale del collo;

DENTATO POSTERO-SUPERIORE(intermedi)
Agisce nell’inspirazione forzata sollevando 2°,3°,4° e 5° costa.
DENTATO POSTERO-INFERIORE(intermedi)
Estensione del tratto dorsale inferiore e inclinazione laterale.
ELEVATORE DELLA SCAPOLA (superficiale)
Movimenti di estensione e inclinazione.
GRANDE DORSALE(superficiale)
Estensione del tratto dorsale inferiore e lombare.
ROMBOIDE(superficiale)
TRAPEZIO(superficiale)
QUADRATO DEI LOMBI(profondo)
Estensione ed inclinazione laterale
INTERCOSTALI(profondi)
Esterni, medi e interni
ELEVATORI DELLE COSTE(profondi)
Breve e lunghi, i lunghi sono presenti da un punto in poi… prima no.

FLESSORI: MUSCOLI DELL’ADDOME


RETTO
Flessione e inclinazione laterale
OBBLIQUO INTERNO E ESTERNO
Flessione, inclinazione laterale e rotazione
PIRAMIDALE
TRASVERSO DELL’ADDOME
Rotazione

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PSOAS ILIACO
COSCIA: flessione, adduzione e rotazione esterna;
TRONCO: inclinazione laterale.

COLONNA VERTEBRALE (generalità)


Il peso del corpo è scaricato a terra dalla colonna secondo una serie di linee forza presenti sulle singole
vertebre;
queste linee sono oblique a livello del corpo e poi si portano posteriormente, questo perché il peso del
corpo si carica più posteriormente, anche perché queste linee si portano sia verso il processo spinoso che
verso i processi articolari.
L’unità motoria della colonna è formata da 2 vertebre con:
- il disco intervertebrale;
- i processi articolari e le capsule;
- il foro intervertebrale dove passano i nervi
questa unità è una struttura unica e mentre la parte anteriore dei corpi è più per la stabilità, dal peduncolo
in poi, posteriormente, è più per la dinamica della colonna.
Tra una vertebra e l’altra si arriva a un movimento di massimo 3°/5° ma noi possiamo fare movimenti molto
più ampi con tutta la colonna e questo è dovuto alla sommazione di tutte le unità di movimento

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Le faccette articolari della colonna cervicali sono angolate e disposte in maniera particolare rispetto alle
altre e questo è un problema posteriore per la dinamicità : se non ho queste faccette che lavorano
adeguatamente avrò problemi di dinamicità della colonne e possono portare alle cosiddette spinalgia.

Le angolazioni delle faccette articolari sul piano orizzontale sono:


- 45° nel tratto cervicale;
- 60° nel tratto dorsale;
- 90° nel tratto lombare.
Le angolazioni delle faccette articolari sul piano frontale sono:
- 20° nel tratto dorsale;
- 45° nel tratto lombare.
Le strutture vascolari vanno a portarsi dalla aorta dei rami che irrorano tutta la colonna; a livello cervicale
c’è una particolarità perché c’è l’arteria vertebrale che non passa dentro al foro vertebrale ma lateralmente
in un occhiello laterale formato dai processi trasversi.
L’arteria vertebrale a livello cervicale si comporta nel suo percorso in modo che se ho la lordosi cervicale
viene stirata e allungata, e essendo importante per la formazione del tronco basilare a livello dell’encefalo,
una sua ostruzione può portare a svenimenti; ovviamente se ho un problema a una arteria, la contro
laterale cerca di mandare più sangue al cervello in modo da compensare il danno; il flusso sanguigno
diminuisce di più nei movimenti di estensione rotazione e c’è l’occlusione quasi completa di un’arteria nei
movimenti di flessione inclinazione e rotazione contro laterale.

COLONNA VERTEBRALE (tratto cervicale)


Interessante è il complesso occipito-atlante-episrofeo dove il perno centrale del movimento è il processo
odontoideo e un trauma a questo livello può essere molto grave soprattutto se il legamento non è molto
forte può portare a uno spostamento del dente nella cavità dove è presente il nucleo dorsale del vago che
se stimolato porta all’arresto cardiaco.
Data la presenza dei nervi nei fori intervertebrali, una rettilinizzazione della colonna cervicale può portare a
uno schiacciamento dei nervi con problemi annessi come formicoli e dolori sulle mani o che si irradiano
sulle braccia fino alle mani; in questi casi si può intervenire rinforzando i muscoli addetti alla lordizzazione
della cervicale che così ricominciano a tirare nel modo giusto (esercizi di movimenti del collo come il fare i
numeri con la testa, o esercizi con elastici fisioterapici).

Quando abbiamo la flessione dell’articolazione atlo-occipitale, avviene uno scivolamento del processo
occipitale sulla superficie articolare; nella flessione passando dalla C0/1 alla C1/2 si va dai 10° ai 5°, mentre
nell’estensione sono mantenuti circa 7° in tutte e due le articolazioni.
L’inclinazione laterale è quasi nulla nelle C0/1 e C1/2 ma arriva a 10° in C2/3; per la rotazione abbiamo zero
gradi nella prima (C0/1), 40° nella seconda (C1/2) e 12° nella terza (C2/3).
Nel rachide cervicale inferiore i movimenti di flessione vanno dall’alto verso il basso dai 5° ai 10° di C4/5
fino ai 4° di C7/D1; per l’estensione si passa dai 5° iniziali ai 10° di C5/6 ai 4° di C7/D1.
La rotazione di mantiene abbastanza costante tra i 9° e i 12° da C2/3 fino a C7/D1 mentre l’inclinazione
laterale varia dai 10° iniziali al picco di 20° in C3/4 fino a riportarsi a valori intorno ai 10° in C7/D1.

COLONNA VERTEBRALE (tratto dorsale o toracico)


La cifosi dorsale deve avere un’inclinazione di 25° gradi, mentre a livello della singola vertebra l’angolo tra
la tangente ai processi articolari superiori e l’asse passante per il processo trasverso è di 25°.
Nella colonna toracica il problema principale è che non è una struttura staccata e assestante, ma ha
rapporti con la gabbia toracica, e quindi problemi come una scoliosi, possono andare ad influenzare tutte le
coste e lo sterno.
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Eventuali traumi potrebbero disallineare due punti importanti come le due articolazioni della costa con la
vertebra.
La flessione nel tratto toracico passa dai 7° di D1/4 ai 15° di D4/8 fino ai 20° di D8/12; l’estensione invece
parte da 5°, diminuisce leggermente in D4/8 per arrivare a 12° in D8/12 e questo perché in questo tratto
finale della colonna dorsale le coste non si vanno ad attaccare direttamente allo sterno (false) e le ultime
due sono fluttuanti.
L’inclinazione laterale cresce dai 13° di D1/4 ai 20° di D4/8 fino ai 25° di D8/12; la rotazione invece cresce
da 20° fino ai 25° di D4/8 e poi decresce per arrivare ai 15° di D8/12.
L’angolo tra il centro del corpo della vertebra e l’asse del collo della costa deve essere di 35°.

COLONNA VERTEBRALE (tratto lombare)


L’angolo lordotico in visione laterale è di 70° e l’asse statico tra i corpi e il sacro è di 140°.
Può avvenire che un corpo vertebrale scivoli in avanti rispetto alle altre dando luogo a una spondilolistesi o
a una retrolistesi.
La flessione è abbastanza costante in tutto il tratto mentre l’estensione aumenta leggermente andando da
D12/L1 a L5/S1.
L’inclinazione laterale è molto più ampia rispetto alla rotazione e questo perché non ha le coste che la
bloccano : l’inclinazione passa dai 10° di D12/L1 fino ai 2° di L5/S1 mentre la rotazione rimane costante tra i
2° e 1°.
A livello lombare ormai non si trova più il midollo spinale integro ma vedrò tante fibre che poi fuoriescono
nei vari canali.

SCOLIOSI
Alterazione/deviazione su 3 piani
Classificazione:
1) 0° - 10°: normale;
2) 10° - 20°: atteggiamento;
3) 20° - 30°: I grado;
4) 45° - 50°: II grado;
5) 50° - in su: III grado.

BACINO
ARTICOLAZIONI SACRO-ILIACA
Nella porzione anteriore mostra le caratteristiche di una diartrosi plani forme.
Nella porzione posteriore, trovandosi il legamento interoseeo tra i segmenti scheletrici, ha le caratteristiche
di una sinartrosi.
Il bacino deve essere allineato secondo:
- Linea tangente delle creste iliache
- Linee tangenti sulla base del sacro
- Linea tangente le teste femorali e la linea mediana

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I legamenti
E’ formata da legamenti:
1) Propri:
- Legamento sacro-iliaco anteriore;
- Legamento sacro-iliaco posteriore: superficiale e profondo
Lo strato superficiale è formato da 4 fasci:
il 2° è detto anche legamento vago o assile,
il 3° è detto legamento di Zaglas,
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il 4° è detto legamento sacro-spinoso di Bichat
Lo strato profondo di questo legamento è detto legamento interosseo.
2) A distanza:
- Legamento ileo lombare;
- Legamento sacro-tuberoso;
- Legamento sacro-spinoso;

Gli ultimi due legamenti delimitano superiormente il grande foro ischiatico ed inferiormente il
piccolo foro ischiatico.
Il foro otturatorio è chiuso quasi completamente dalla membrana otturatoria.
Le strutture che si sovrappongono nel foro:
- Muscolo otturatore interno;
- Membrana otturatoria;
- Muscolo otturatore esterno.

SINFISI PUBICA
E’ una sinartrosi, tra le superfici articolari si interpone un disco fibro-cartilagineo denominato disco
interpubico.

I legamenti
- Legamento anteriore del pube,
- Legamento posteriore del pube,
- Legamento superiore del pube,
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- Legamento sottopubico o arcuato del pube.

ARTICOLAZIONE COXO-FEMORALE
E’ una diartrosi sferoide (enartrosi triassale)
Le superfici articolari:
- Testa del femore: 2/3 di sfera, raggio di curvatura di 20-25mm, sull’apice presenta una
fossetta(fovea capitis) per l’inserzione del legamento rotondo.
- Acetabolo: è composto dalle 3 parti dell’osso dell’anca:
cranialmente l’ileo;
ventralmente il pube;
causalmente l’ischio.
Sul contorno è presente il cercine o legamento cotiloideo.

I legamenti
Si distinguono in legamenti intra ed extrarticolari:
Intrarticolari:
- Legamento rotondo: contiene il ramo aceta bolare dell’arteria otturatoria che fornisce l’irrorazione
alla testa del femore. E’ messo in tensione nei movimenti di flessione/adduzione/rotazione esterna.
- Legamento trasverso dell’acetabolo.
Extrarticolari:
- Legamento ileo-femorale formato da una:
Parte laterale: fascio superiore (legamento di Bertin) ;
Parte mediale: fascio inferiore;
- Legamento pubo-femorale
- Legamento ischio-femorale che si intreccia con la parte laterale del legamento ileo femorale.
Inclinazione dell’acetabolo sul piano orizzontale è di 41°.

ANGOLO CERVICODIAFISARIO (CCD)


L’angolo CCD (centro collo-diafisi) è dato dall’angolo di inclinazione dell’asse del collo (passa per il punto
centrale della testa del femore e mantiene la stessa distanza dai contorni del collo) sull’asse del corpo del
femore (passa all’incirca nello spazio midollare del corpo del femore).

Nei lattanti è di 150°, a partire dal secondo anno di vita diventa inferiore, fino ad arrivare, alla fine del
periodo di crescita a 125°-130°. Con l’aumentare dell’età può diminuire ulteriormente.

Fattori che modificano l’angolo


Forze riducenti (varizzanti): sono il peso corporeo, i muscoli abduttori, il muscolo retto del femore, la
muscolatura ischio crurale, i muscoli adduttori lunghi e la forza reattiva del suolo che proviene dal basso.
(Coxa valga: angolo sopra i 135°)
Forze incrementanti (valgizzanti): sono i muscoli adduttori che decorrono obliquamente, i due muscoli che
si irradiano nel tratto ileo tibiale(muscoli grande gluteo e tensore della fascia lata), la muscolatura pelvi
trocanterica e le fibre oblique del muscolo ileo psoas. (Coxa vara: angolo sotto i 120°)

ANGOLO DI ANTITORSIONE (ANGOLO DI DECLINAZIONE)


L’asse del collo anatomico forma con l’asse trasverso passante per i condili femorali un angolo aperto
anteriormente.

Nei neonati l’antitorsione è di circa 30°-40°. Dopo la nascita l’antitorsione regredisce in modo tale che gtra i
10 e i 14 anni raggiunge i 18°.
Nell’adulto il valore normale è di 12°.

Fattori che modificano l’angolo

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Se l’angolo di antitorsione è superiore al normale ne deriva una posizione dell’arto in rotazione interna
maggiore.
Al contrario una retro torsione provocherà una maggiore rotazione esterna.
Si ottiene una compensazione o prossimalmente, a livello dell’acetabolo, o distalmente con una torsione
tibiale.

GRADI DI MOVIMENTO
Si tratta di un’enartrosi con tre assi di movimento. Questi assi si incontrano, formando angolo retti, nel
punto di rotazione dell’articolazione, che si trova al centro della testa del femore.
- Asse trasversale: per la flessione e l’estensione;
- Asse sagittale: per abduzione e adduzione;
- Asse verticale: per la rotazione.

Flessione/estensione
Attiva: 130°-140°/10°-15°
Passiva: 150°/15°
La valutazione dell’estensione viene effettuata solitamente in posizione supina per mezzo della presa di
Thomas. Il ginocchio del lato opposto viene piegato fino a inclinare di 12° il bacino. Se la coscia rimane
appiattita sul lettino, si raggiunge un’estensione di 10°.
Se l’arto, del lato testato per l’estensione, si ripiega in flessione e il movimento di estensione non è
ottenibile neanche passivamente, si ha la presenza di una contrattura flessoria.(patologia)

Abduzione/adduzione
Attiva: 30°-40°/20°-30°
Passiva: per ciascun movimento +10°
L’abduzione viene frenata dall’incremento di tensione dei fasci ventrali della capsula e dai muscoli
adduttori.
La capacità di addurre è migliorata dalla flessione, poiché i fasci sono più rilasciati.

Rotazione esterna/interna
Attiva: 40°-50°/30°-40°
Passiva: +10° per ciascun movimento
La rotazione è di difficile valutazione in posizione supina e neutrale, per questo viene eseguita con una
flessione di 90° sia dell’anca sia del ginocchio, con la gamba come indicatore.
In questa posizione i fasci della capsula vengono rilasciati e consentono una buona mobilità.

Tracciando l’asse dell’articolazione coxo-femorale e l’asse passante per l’articolazione tra il sacro e l’ultima
vertebra lombare si forma un angolo di 45°, in questo caso il peso del corpo è sorretto in maniera corretta.
Se il bacino è retroverso, quest’angolo diminuisce fino ad arrivare a 30° e il punto di scarico va a finire sui
corpi vertebrali.
Se il bacino è anteroverso, l’angolo arriva ad essere di 75° e il carico va sui processi spinosi.

Il peso del corpo che si scarica a livello del bacino si distribuisce secondo diverse componenti:
- 2 laterali che si ricompongono a livello della coxo-femorale;
- 1 centrale che poi si ripartisce a livello del pube e del coccige.
Mentre quando siamo seduti il peso del corpo va a gravare tutto sulle due tuberosità ischiatiche.

MUSCOLI E MOVIMENTI
I muscoli stabilizzanti dell’anca del sacro e del bacino sono: il grande gluteo, il lombo-dorsale e il piriforme.

FLESSIONE DELLA COSCIA

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1) ILEO PSOAS (flessione, abduzione, rotazione esterna laterale del femore, flessione del tronco a
coscia immobilizzata)
- Grande psoas;
- Iliaco;
- Piccolo psoas;
2) TENSORE DELLA FASCIA LATA (flessione, adduzione, rotazione interna)
3) ADDUTTORE BREVE (flessione, adduzione, rotazione esterna)
4) ADDUTTORE LUNGO (flessione, adduzione, rotazione esterna)
5) SARTORIO (gamba: flessione; coscia: flessione, rotazione esterna)
6) QUADRICIPITE (gamba: estensione; coscia: flessione(retto) e lieve adduzione)
7) PETTINEO (flessione, adduzione, rotazione esterna)

ESTENSIONE DELLA COSCIA


1) GRANDE GLUTEO (estensione, rotazione esterna, estensione del bacino sulla coscia, adduzione)
2) PIRIFORME (estensione, adduzione, rotazione esterna)
3) SEMIMEMBRANOSO (gamba: flessione; coscia: estensione, adduzione e leggera rotazione interna)
4) SEMITENDINOSO (gamba: flessione; coscia: estensione, adduzione e leggera rotazione interna)
5) BICIPITE FEMORALE
- Capo lungo (coscia: estensione, rotazione esterna)
- Capo breve (gamba: flessione)
6) GRANDE ADDUTTORE (estensione, adduzione, rotazione esterna(fascio posteriore))
7) QUADRATO DEL FEMORE (estensione, rotazione esterna)

ADDUZIONE DELLA COSCIA


1) ILEO PSOAS
2) OTTURATORE ESTERNO (adduzione, rotazione esterna)
3) ADDUTTORI
- Grande
- Piccolo
- Lungo
4) GRANDE GLUTEO
5) SEMIMEMBRANOSO
6) SEMITENDINOSO
7) GRACILE (gamba: flessione, rotazione interna; coscia: adduzione e lieve flessione)
8) PETTINEO

ABDUZIONE DELLA COSCIA


1) GRANDE GLUTEO
2) MEDIO GLUTEO (abduzione, rotazione esterna(fasci posteriori))
3) PICCOLO GLUTEO (abduzione, rotazione interna(fasci anteriori), rotazione esterna(fasci posteriori))
4) TENSORE DELLA FASCIA LATA
5) PIRIFORME
6) OTTURATORE INTERNO (abduzione, rotazione esterna)

ROTAZIONE ESTERNA DEL FEMORE


1) ILEO PSOAS
2) OTTURATORE ESTERNO
3) SARTORIO
4) PICCOLO GLUTEO
5) MEDIO GLUTEO
6) QUADRATO DEL FEMORE
7) OTTURATORE INTERNO

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8) GEMELLI SUPERIORI E INFERIORI
ROTAZIONE INTERNA DEL FEMORE
1) GRANDE ADDUTTORE
2) MEDIO GLUTEO
3) PICCOLO GLUTEO
4) TENSORE DELLA FASCIA LATA
ANTIVERSIONE DEL BACINO
1) PICCOLO ADDUTTORE
2) ADDUTTORE LUNGO
3) SARTORIO
4) TENSORE DELLA FASCIA LATA
5) ILEO PSOAS
6) RETTO FEMORALE
7) QUADRATO DEI LOMBI
8) SACRO-SPINALE
9) PIRAMIDALE
10) PETTINEO
RETROVERSIONE DEL BACINO
1) SEMIMEMBRANOSO
2) SEMITENDINOSO
3) BICIPITE FEMORALE
4) GRANDE ADDUTTORE
5) GLUTEI
6) PERINEALE
7) RETTO DELL’ADDOME
8) OBLIQUO INTERNO E ESTERNO

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Il nervo grande sciatico o nervo ischiatico è un ramo terminale del plesso sacrale.
Lascia il bacino attraversando il foro grande ischiatico nello spazio sottopiramidale e si viene a trovare nella
regione glutea profondamente al grande gluteo.
Nella regione poplitea si divide nei suoi 2 rami terminali: peroneo comune e tibiale.
La zona della tuberosità ischiatica è molto importante perché vi si inseriscono molti tendini e legamenti: ci
si inseriscono il sacro spinoso, i 2 muscoli bicipite femorale e il semitendinoso, in corrispondenza di queste
strutture ci passa il nervo sciatico.
Partendo dall’esterno del gluteo si trova dopo l’epidermide ecc… il grande gluteo, il medio, il piccolo e poi si
arriva alla tuberosità ischiatica; quindi se si svolge un lavoro da seduto, per molte ore, si va a schiacciare
sempre il gluteo con sotto la tuberosità ischiatica e il nervo sciatico; se non si ha un tono muscolare

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adeguato a livello dei glutei si può incorrere in delle sciatalgie che non provengono dall’alto, dalla colonna,
ma è denominata sindrome di Orava, che porta alla formazione di pliche connettivali intorno al nervo
sciatico che possono essere eliminate chirurgicamente.
In questi casi, palpando la tuberosità ischiatica, si ha dolore che aumenta se fletto la coscia sull’anca; la
maggior parte di queste sciatalgie sono prodotte a causa del portafoglio messo nelle tasche posteriori dei
pantaloni.
Il rimedio è quello di esercitare i glutei continuamente, in modo da dare protezione al nervo sciatico.
Anche il piriforme andando in contro a ipertrofia può chiudere il passaggio e schiacciare il nervo sciatico,
portando alla sindrome del piriforme, che risulta contratto, e quindi va rilasciato attraverso i movimenti di
intrarotazione e extrarotazione, eliminando il dolore, senza prendere farmaci.
Il dolore e il formicolio di queste due sindromi si irradia solo massimo fino al ginocchio e non per tutto l’arto
inferiore come per le sciatalgie a livello della colonna.

Il canale inguinale, in una visione anteriore del bacino la zona importante è la spina iliaca anteriore
superiore, dove si vanno a inserire molti muscoli come il sartorio, il tensore della fascia lata e il retto del
quadricipite; inoltre da qui diparte il canale inquinale che arriva fino al pube e che delinea una zona molto
importante, che da molte sintomatologie dolorose, ed è chiamata zona inguino-femorale.
Spesso dolori in questa zona non è detto che siano dovuti a patologie muscolari, che si inseriscono sulla
SIAS, ma spesso sono problemi a carico del canale inguinale, che è formato dal legamento inguinale sopra,
dall’osso iliaco sotto, nella parte mediale vicino al pube passano i grossi vasi dell’arto inferiore e molti
linfonodi, mentre nella parte laterale, nella lacuna dei muscoli, passa il grande psoas.
Proprio a questo livello, possono avvenire sintomatologie dolorose difficili da riscontrare data la profondità
del muscolo e quindi la difficoltà nella palpazione; data la sua inserzione lombare, problemi a questo
muscolo possono portare a iper o ipo lordosi.
In caso di ernie inguinali, se la parete posteriore del canale inguinale, non ha grossa resistenza può
danneggiarsi e creare un foro nel quale si va ad insidiare un tratto di intestino, che mangiando si va a
riempire e a formare una strozzatura con conseguente blocco.
Un’ernia inguinale può portare dolori a livello del gluteo, ma non c’entra niente il nervo sciatico, ma il
dolore è dovuto allo schiacciamento del nervo otturatore.

Il perineo è una parte molto importante del bacino, che non è altro che uno strato muscolare che sta alla
base della parete inferiore del bacino e dove sono inserite delle strutture come il retto o la vagina per la
donna e la prostata per l’uomo.
Molte volte le contratture muscolari a questo livello portano a difficoltà nell’andare in bagno e per
decontrarre questa muscolature, o dargli tonicità, bisogna lavorare molto con la respirazione.
Anche facendo una ginnastica simmetrica della muscolatura circostante, come esercizi per i muscoli glutei o
i muscoli addominali, do subito tonicità a questa zona, levando molti problemi che possono portare a
invalidità.

POSTURA DEL CORPO


Sono 3 le leggi che influenzano la postura del corpo:
1) ANTALGICA: abbiamo tutti delle posture differenti e ognuno di noi ne adotta una per evitare dolori,
sia in situazione statica che dinamica; è una forma di difesa del nostro organismo.
2) ERGONOMICA: spesso capita di vedere un gesto fatto in maniera scorretta e questo viene fatto per
un bisogno ergonomico, per ottenere un minor dispendio energetico; l’importante è che il gesto sia
efficiente.
3) DELL’EQUILIBRIO: ognuno di noi ha un equilibrio esterno, ma anche interno (tra i vari apparati),
questo vuol dire avere coordinazione tra i vari segmenti corporei, come ad esempio l’equilibrio tra
massa muscolare e ossea.
La postura è quell’atteggiamento del corpo specifico di ogni animale che serve all’adattamento ambientale;
è un atteggiamento abituale del corpo dove i muscoli agiscono contro la forza di gravità.

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La postura non è solo nello stare in piedi, ma in tutte le posizioni, sia statiche che dinamiche, che
assumiamo durante la giornata.
L’apparato fondamentale per la postura è quello locomotore, che a sua volta è controllato dal sistema
nervoso periferico.
Le cause dell’errata postura possono essere:
- Patologie sistemiche
- Traumi
- Sovraccarichi nello sport
- Fattori psico sociali
- Vibrazioni totali del corpo
L’errata postura si può dunque riscontrare in età evolutiva, nell’adulto e nell’anziano.
Le sintomatologie connesse con un’errata postura sono:
- Mal di testa
- Dolore al collo
- Dolore all’anca
- Dolore ai piedi
- Insufficienza vascolare
- Disturbo del sonno
- Affaticabilità
Essendoci più fattori coesistenti si usa il termine sindrome e non patologia.

Metodologia per la valutazione della postura


Va effettuato prima di tutto un esame clinico in posizione staica e dinamica e un esame superficiale e di
profondità.
In sede di indagine superficiale sarà importante utilizzare i punti di repere anatomici in relazione alle ossa
(articolazione sterno clavicolare, sterno, articolazione acromion-clavicolare).
Nell’osservazione dinamica vado a valutare i segmenti corporei in flessione, estensione, adduzione,
abduzione e rotazione.
Le indagini diagnostiche invasive come la radiografia, la TAC e l’elettromiografia.
Quando dobbiamo correggere l’atteggiamento di una persona dovremmo ripartire dalla posizione prona,
per poi ripercorrere tutte le tappe fino alla stazione eretta.

RECUPERO DI COLONNA E ANCA


COLLO: esercizi di mobilità, movimenti con esecuzione lenta, 3-5 rip.
- Retrazione del mento;
- Piegamento laterale;
- Rotazioni;
- Flessioni
Esercizi di rafforzamento, usare la propria mano per applicare la resistenza (che deve essere lieve e
costante), mantenere le posizioni per 5”-10” X 10 rip.
- Piegamenti laterali contro resistenza;
- Flessioni contro resistenza;
- Estensioni contro resistenza

REGIONE LOMBARE: esercizi di mobilità


- Flessione laterale in posizione eretta
- Flessione in dietro in posizione eretta;
- Dalla posizione quadrupedica, flessione ed estensione
Esercizi di rafforzamento (ad esaurimento)
- Inclinazioni pelviche, appiattire la colonna lombare sul pavimento (mantenere per 10”)
- Sollevamenti parziali (retto addominale superiore) per 10”;
- Sollevamenti diagonali (retto addominale, obliqui) per 10”;

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- Da proni, estensione del torace per 5”;
- Sollevamento braccio/gamba opposti per 3”
Esercizi di stretching
- Ginocchia al petto (flessione lombare);
- Rollio con ginocchia piegate (rotazione lombare);
- Stretching di piriforme e glutei

ANCA E BACINO: esercizi di mobilità, stretching di:


- Ileopsoas (stretching Thomas);
- Adduttori;
- Glutei;
- Piriforme;
- Banderella ileotibiale;
- Ischiocrurali;
- Gastrocnemio;
- Soleo.
Esercizi di rafforzamento (a corpo libero)
- Abduzione anca (grande e piccolo gluteo, tensore della fascia lata);
- Adduzione anca (adduttori);
- Estensione gluteo (grande gluteo);
- Estensione anca (ischio crurali, grande gluteo);
- Rotazione interna/esterna dell’anca.

IL GINOCCHIO
LE ARTICOLAZIONI
1) FEMORO-ROTULEA: l’articolazione femoro-rotulea è un’articolazione che si realizza tra le due
superfici cartilaginee del femore nella sua porzione anteriore e della rotula (o patella).
La rotula (osso sesamoide, cioè all’interno di una struttura tendinea) nei movimenti di flessione ed
estensione del ginocchio scorre sopra la porzione anteriore dell’epifisi distale del femore dentro ad un
binario formato dalla gola intercondiloidea del femore che è detto “troclea femorale”.
Questo binario fa si che lo scorrimento tra le due superfici articolari sia il più congruente possibile e si
realizzi con il minor attrito possibile.
A riposo la rotula si trova al di sopra del ginocchio e non all’interno del gioco articolare; quando comincia la
flessione la rotula inizia a esplicare la sua funzione muovendosi:
fino ai 30° di flessione la rotula è abbastanza libera, mentre dopo entra all’interno del binario, che presenta
una notevole differenza di altezza tra il margine laterale, più alto, e il solco mediale e questa differenza
dovrebbe dare stabilità alla rotula.
Lo scorrimento della rotula sul femore è assicurato da un complesso di muscoli e tendini che mantengono
quest’osso centrato nel binario.
Partecipano a quest’azione:
- Muscolo vasto laterale (VL);
- Muscolo vasto mediale obliquo (VMO), porzione terminale del vasto mediale che si inserisce con un
angolo di circa 55° sul bordo mediale della rotula.
Inoltre il tratto ileo-tibiale ed il capo corto del bicipite femorale, per la loro azione di controllo sulla
rotazione tibiale, possono essere, a tutti gli effetti, considerati anch’essi degli stabilizzatori dinamici.
Oltre a subire un movimento di scivolamento, la rotula subisce anche movimenti di rollio che sono
controllati dai 2 legamenti alari, mediale e laterale (legamenti femoro-rotulei).

I legamenti femoro-rotulei sono strisce di connettivo che solidarizzano la rotula al femore e alla tibia
andandosi a fondere con l’inserzione mediale e laterale delle altre strutture legamentose del ginocchio a
livello dei due condili.

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Quando iniziamo a flettere, man mano che andiamo avanti, abbiamo diversi spostamenti della rotula, la
quale non tocca sempre con la stessa superficie la troclea, infatti passa da un contatto con la parte centrale
e inferiore a un contatto con la parte superiore nei gradi finali della flessione.
In completa estensione la rotula è abbastanza libera e non si trova nella troclea, questo fa si che sia sotto
posta alle forze delle altre strutture presenti a livello del ginocchio che le fanno fare un leggero movimento
di TILT, inclinandola leggermente; in flessione invece la rotula si riallinea ed entra nella troclea.
Ma i motivi della comparsa del TILT rotuleo sono principalmente di tipo osseo e di tipo muscolare:
- Tipo muscolare: debolezze del vasto mediale(che fanno si che non si contrastino, attraverso la
contrazione muscolare, le naturali forze lateralizzanti).
- Tipo osseo: malformazioni dell’epifisi distale del femore(ipoplasia del condilo esterno) e tutti i
difetti di asse del ginocchio.
Condizioni predisponenti del TILT si trovano nel sesso femminile, per la presenza di un bacino più ampio
che lateralizza i carichi corporei a cui è sottoposto il ginocchio.
Per valutare l’entità delle forze l’entità delle forze meccaniche lateralizzanti la rotula si esegue quello che è
il calcolo dell’angolo “Q”.
L’angolo Q è formato dall’intersezione della linea che rappresenta il vettore forza del muscolo quadricipite
femorale e che in genere corrisponde con l’asse anatomico del femore, con quella che passa lungo il
tendine rotuleo. L’intersezione di queste due linee definisce un angolo detto appunto Q.
Se quest’angolo è maggiore di 10° nell’uomo e di 15° nella donna si viene a realizzare una eccessiva
trazione laterale della rotula che causa una progressiva usura della cartilagine articolare che determina la
“sindrome femoro-rotulea”.
Inizialmente si tratta di una semplice infiammazione della cartilagine ma successivamente questa si
trasforma in una artrosi di questa articolazione.

Gli ossi sesamoidi come la rotula hanno una doppia funzione:


- Quella di leva: nel caso del ginocchio la rotula consente la flesso estensione con minor forza, è una
leva di I° grado che ha la potenza nel quadricipite, il fulcro nella rotula e la resistenza nella gamba;
quindi qualsiasi alterazione della potenza (quadricipite) porta a un incremento del lavoro del carico
del fulcro (rotula).
- Quella di puleggia: è una puleggia eccentrica perché distribuisce la forza e la tensione muscolare.

Si può vivere senza rotula, in alcuni casi può essere asportata perché troppo danneggiata, ma in questi casi
si avranno molti problemi nella forza del quadricipite.
La risultante delle forze del quadricipite e del tendine rotuleo agisce sulla rotula ed è diretta
posteriormente agendo come una forza compressiva, e ovviamente più aumenta la flessione del ginocchio
più aumenta la risultante e quindi le forze di compressione sulla rotula
Le forze di compressione sono molto influenzate dal fatto di fare esercizi a catena aperta o chiusa : ad
esempio sono molto alte nella leg extension fino ai 60° di flessione e poi diminuiscono, mentre nelle pressa
le forza iniziano a salire molto dai 30° di flessione fina a un picco altissimo nei 90°
Quindi la catena chiusa ci da compressioni sempre più notevoli man mano che flettiamo il ginocchio, e sono
compressioni dannose nel caso di problematiche rotule (meglio farla da 0 a 60° di flessione; nel caso della
catena aperta è meglio prescrivere esercizi di 50° ai 90° di flessione del ginocchio; inoltre ci sono muscoli
che agiscono solo a determinate angolazione, come il vasto mediale che agisce tra 0° e 45° di flessione e
quindi andrà fatto in catena cinetica chiusa.

Una zona molto importante è quella al di sotto del tendine rotuleo, dove è presente il corpo adiposo di
HOFFA (che ha una serie di pliche, cioè delle strutture che vanno a contornare i margini dell’articolazione
femoro-rotulea), dove possiamo riscontrare cellulite adipocitaria, che comporta un’infiammazione del
corpo adiposo e si sente palpando la parte sottostante il tendine rotuleo, dove se è presente la patologia, si
avvertirà dolore.

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2) FEMORO-TIBIALE: la tibia prende parte con la sua estremità superiore, facendo coincidere le due
cavità glenoidee con i condili femorali.
Le cavità glenoidee sono poco profonde e, tra loro, si interpone un’area non articolare, leggermente in
rilievo: l’eminenza intercondiloidea.
La patella partecipa all’articolazione con la sua superficie posteriore, corrispondente alla troclea femorale.
L’armonia fra le superfici articolari di femore e tibia è stabilita da due menischi:
- Mediale (forma semilunare, completo)
- Laterale (forma a cerchio incompleto)
Il loro spessore, diminuisce procedendo dall’esterno verso l’interno.
Aderiscono perifericamente alla capsula articolare mediante un legamento anteriore che prende il nome di
legamento trasverso, ed uno posteriore che, essendo particolarmente sviluppato in rapporto con
l’estremità interna del menisco laterale, prende il nome di legamento posteriore del menisco laterale.
I menischi riempiono come cunei gli spazi liberi tra le articolazioni, permettendo lo scarico delle forze
gravitazionali su un’ ampia superficie, riducendo la sollecitazione articolare e, conseguentemente, l’usura.
I mezzi di unione sono rappresentati da una capsula articolare e da legamenti di rinforzo.
Lo strato fibroso della capsula articolare costituisce un breve e robusto manicotto, lasso anteriormente.
La capsula si fissa ai margini dell’osso a livello della rotula, assottigliandosi al di sopra e al di sotto.

La sinoviale ne tappezza la superficie interna, prolungandosi anteriormente al di sotto del muscolo


quadricipite, formando la borsa sinoviale sovra patellare; posteriormente forma una doccia che accoglie i
legamenti crociati; lateralmente riveste la superficie interna della capsula fibrosa, per poi ripiegarsi sulle
superfici ossee articolari. Si interrompe a livello dei menischi a causa della loro forte aderenza con la
capsula fibrosa.
I numerosi ispessimenti della capsula fibrosa formano i legamenti collaterali e crociati.
La stabilità dell’articolazione è assicurata da potenti legamenti:
- Legamenti collaterali
- Legamenti crociati
Nonché dalla stessa muscolatura che in caso di necessità irrigidisce l’articolazione aiutando il sistema
legamentoso a mantenere la giusta configurazione.

Legamenti collaterali
Sono 2:
1) Legamento collaterale laterale: robusto e cilindrico, della lunghezza di 5cm circa, prende origine
dall’epicondilo laterale del femore e si porta alla parte antero-laterale della testa fibulare.
2) Legamento collaterale mediale: nastriforme e più lungo del laterale, si tende il condilo femorale
interno e la tibia, e risulta formato da due porzioni:
- Superficiale;
- Profonda (quest’ultima ulteriormente divisibile nel legamento menisco-femorale e in quello
menisco-tibiale).
Essi impediscono gli stress in varo-valgo durante l’estensione, infatti, sono tesi durante l’estensione e detesi
durante la flessione.

Il compartimento laterale o fibulare è costituito:


- Legamento collaterale laterale;
- Tendine del muscolo popliteo (che raggiunge il labbro superiore della linea poplitea tibiale);
- Tendine distale del bicipite femorale (che si inserisce sulla testa della fibula dopo aver mandato
un’espansione tendinea al condilo laterale della tibia ed una lacinia alla fascia della gamba).
Questo insieme di strutture prende il nome di PAPE (punta d’angolo postero-esterno).

Il compartimento mediale è costituito:


- Legamento collaterale mediale;

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- Legamento posteriore obliquo o popliteo obliquo (che proviene dal tendine del muscolo
semimembranoso e si porta verso il condilo laterale del femore);
- Legamento del tendine capsulare del muscolo semimembranoso (che origina dalla parte antero-
laterale della tuberosità ischiatica e termina sul condilo mediale della tibia)
Queste strutture più il corno posteriore del menisco interno formano il cosiddetto PAPI (punta d’angolo
postero-interno).
In questo compartimento troviamo la ZAMPA D’OCA, con l’inserzione del sartorio, gracile e semitendinoso
e c’è una parte che può essere scambiata per un legamento collaterale mediale, ma in realtà è il retina colo
longitudinale mediale del vasto mediale, quindi dolori in questa zona possono essere erroneamente
scambiati per meniscopatie ma in realtà si tratta di dolori muscolari.

Il compartimento posteriore è costituito:


dai 2 muscoli gemelli che vanno a formare il gastrocnemio, che si porta dietro i gusci del ginocchio.
Ma la cosa più importante è l’organizzazione del semimembranoso, che ha una parte che:
- Si inserisce nel menisco;
- Sotto al condilo tibiale;
- Verso il basso che va ad intersecare il muscolo popliteo;
- Si comporta come un tendine e si va a mettere tra i 2 gusci femorali
Grazie a queste dipendenze il semimembranoso è in grado di dare molta stabilità posteriore al ginocchio.

Legamenti crociati
Sono 2:
1) Legamento crociato anteriore (LCA): si tende tra la fossa intercondiloidea anteriore ed il condilo
femorale esterno;
nel movimento di estensione uno dei fasci della parte anteriore tende a curvarsi anteriormente,
mentre l’altro fascio rimane tirato;
nel movimento di flessione avviene il contrario.
2) Legamento crociato posteriore (LCP): si tende tra fossa intercondiloidea posteriore ed il condilo
femorale interno
Si tratta di legamenti intracapsulari ma extrasinoviali.
La loro funzione principale è quella di stabilizzare l’articolazione nel senso della rotazione sul proprio asse e
di evitare lo slittamento dei condili femorali sui piatti tibiali quando si abbia una sollecitazione
dell’articolazione in posizione flessa(es. percorre una salita o una discesa); tuttavia, grazie ad una loro
leggera torsione e alla loro inserzione a ventaglio, vengono più o meno sollecitati in tutte le posizioni
assunte dai capi ossei.
In estensione il legamento anteriore si curva anteriormente ed il posteriore rimane teso, in flessione
avviene il contrario.
Visione posteriore: il LCA forma un angolo di 40° con il piatto tibiale, il LCP forma un angolo di 20° tra
l’inserzione tibiale e la parte posteriore del piatto tibiale.

ANGOLI
In visione laterale l’angolo formato dalla linea di BLUMENSAAT (tetto della fossa intercondiloidea) e l’asse
della diafisi del femore è di 40°.

A livello dell’articolazione femoro-rotulea, troviamo un angolo di 130° tra la faccia laterale e quella mediale
della rotula; e di 140° a livello dell’arco della troclea.
(variazioni di questi angoli fisiologici, possono portare a condropatie e anche a rotture patellari e dei
legamenti)

Angolo asse femore/asse gamba è di 175° (valgismo fisiologico, aperto lateralmente)

GRADI DI MOVIMENTO

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Flessione/estensione
Attiva: 140°/10°
Passiva: 160°/15°
La flessione del ginocchio presenta un’ampiezza maggiore in combinazione con la flessione della coscia che
non con l’estensione.
Alla fine del movimento si riconoscono talvolta lievi componenti rotatorie obbligate:
- La flessione si accompagna a una rotazione interna;
- L’estensione si accompagna a una rotazione esterna.

Rotolamento/scivolamento
Nei movimenti di flessione ed estensione, l’azione combinata dei legamenti crociati e collaterali costringe
l’articolazione del ginocchio a un movimento combinato di rotolamento e scivolamento.
In un movimento di flessione sulle due superfici articolari vi è lo stesso numero di punti di contatto, questi
si spostano dorsalmente all’aumentare della flessione.
Poichè il percorso sul femore è chiaramente maggiore di quello sulla tibia, occorre che, oltre al movimento
di rotolamento, avvenga anche quello di scivolamento.
All’inizio della flessione il rotolamento-scivolamento corrisponde a un rapporto di 2:1, cioè il tragitto sul
femore è quasi il doppio di quello sulla tibia;
verso la fine del movimento di flessione il tragitto sul femore è quattro volte più grande di quello sulla tibia,
il che corrisponde a un rapporto di 4:1.

Rotazione esterna/interna
Attiva: 45°/30°
Passiva: 50°/35°
I movimenti di rotazione nell’articolazione del ginocchio sono possibili solo in flessione, la ragione sta
soprattutto nella tensione dell’apparato capsulo-legamentoso in estensione.
L’inibizione al movimento in rotazione esterna è dovuta ai legamenti collaterali, dove il mediale inibisce più
del laterale.
La rotazione interna, invece, è limitata soprattutto dai legamenti crociati.

Rotazione automatica
La rotazione automatica avviene involontariamente alla fine dell’estensione. Consiste nella rotazione della
tibia di circa 5° in fuori a femore fermo.
La rotazione automatica, è dovuta alle differenze di forma delle superfici articolari, in quanto il condilo
mediale è più lungo del laterale e a causa della tensione dei fasci antero-mediali del legamento crociato
anteriore. In questo modo il piatto tibiale mediale viene spostato verso il condilo femorale laterale
(rotazione esterna della gamba).

MUSCOLI E MOVIMENTI
FLESSIONE DEL GINOCCHIO
1) GRACILE
2) SARTORIO
3) SEMITENDINOSO
4) SEMIMEMBRANOSO
5) BICIPITE FEMORALE
6) POPLITEO (per un tratto compreso all’interno dell’articolazione)
7) GEMELLI
8) SOLEO
9) PLANTARE

ESTENSIONE DEL GINOCCHIO

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1) QUADRICIPITE (vasto mediale, stabilizzatore della rotula che agisce negli ultimi 30° di movimento;
vasto laterale)
2) ROTULA
3) TENDINE ROTULEO

VASOLARIZZAZIONE
Ampia e arborizzante fino in profondità per irrorare anche strutture interne. Arterie, vene e nervi passano
posteriormente al ginocchio, nello spazio popliteo.
Nella regione craniale della fossa poplitea il nervo ischiatico passa tra i muscoli semimembranoso e bicipite
e si divide nei suoi 2 rami terminali:
- Nervo peroniero comune (da cui originano il peroniero profondo e superficiale)
- Nervo tibiale (da cui origina il nervo surale)

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RECUPERO DOPO INFORTUNIO
Mobilizzazione immediata, carico immediato, esercizi precoci a catena cinetica chiusa.
Il rafforzamento deve utilizzare tecniche a catena cinetica chiusa e aperta.
La valutazione dellìallineamento femoro-rotuleo in modalità statica e dinamica, dell’orientamento e della
cinetica della rotula è essenziale.
Esercizi di mobilità:
- Estensione del ginocchio in favore di gravità;
- Flessione in favore di gravità.

Esercizi di rafforzamento:
Esecuzione lenta e controllata
La resistenza può essere aumentata usando cavigliere con sovraccarico o elastici
2-3 s X 10-15 rip
- Attivazione del quadricipite (spingere il ginocchio verso il pavimento, mantenere per 10’’
- Estensione in arco breve (quadricipite)
- Estensione con elastico (vasto mediale e quadricipite)
- Estensione in arco completo (ischiocrurali)
- Step (quadricipite, ischiocrurali, glutei)
- Squat ½ /quadricipite, ischicrurale, gluteo)
Gli esercizi eccentrici vanno inseriti alla fine del programma di riabilitazione.

CLASSIFICAZIONE IN BASE ALLA GRAVITA’


I° grado: sofferenza microfi brillare ma senza evidenti segni di elongazione dei legamenti
II° grado: distrazione o rottura parzilae del legamento
III° grado: rottura completa

FASI:
1) ANAMNESI: studio dell’evento traumatico;
2) ISPEZIONE DELL’AREA TRAUMATIZZATA: per verificare se vi sia un edema periferico od un
versamento interno. Se è presente un versamento interno, il gonfiore si espande generalmente al
di sopra della rotula.
3) PALPAZIONE DELLE RIME ARTICOLARI: il riscontro di dolorabilità indica lesioni meniscali. Si
prosegue lungo il decorso dei legamenti collaterali.
4) VALUTAZIONE DELLA MOBILITA’: ricercare un’eventuale riduzione della flessione o dell’estensione,
movimenti eseguiti dal paziente per non causare eccessivo dolore.
Dolore nell’esecuzione o riduzione dell’escursione articolare possono rappresentare segno di una
lesione meniscale o legamentosa.
5) VALUTAZIONE DELLA STABILITA’: test
- Test di Lachman, valutazione del cassetto anteriore, pivot shift test (LCA);
- Test di sollecitazione in varo-valgo (LCM);
- Test del cassetto posteriore, test attivo del quadricipite (LCP);
- Valutazione dell’instabilità postero-laterale con pivot shift test eseguito in senso inverso (LCL)
6) ARTROCENTESI: aspirazione di liquidi mediante un ago;
7) DIAGNOSTICA RADIOLOGICA E RM

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LESIONI DEL LCA
Il LCA sopporta un carico di 220Kg (2200 N).
Previene la traslazione anteriore della tibia rispetto al femore.
Assorbe il 75% della forza diretta anteriormente nell’estensione completa, l’87% a 30° di flessione e l’85% a
90° di flessione.
Il LCA insieme al LCP e al menisco mediale, oppone resistenza e limita l’ipertensione, l’iperflessione e la
rotazione interna.

Dinamica dei traumi


Impatto in torsione, sia in rotazione interna+ipertensione, sia in valgo e rotazione esterna.
Lesioni possibili:
- LCA+LCM+CAPSULA: quando il trauma è diretto lateralmente (determina una sollecitazione in valgo
e rotazione esterna);
- LCA+LCL+CAPSULA: quando l’impatto avviene sul versante mediale (forza il ginocchio in varo e
rotazione interna);
- LCA+LCP: per impatto laterale o mediale o traumi in ipertensione o iperflessione o lussazioni;
- LCA+AVULSIONI OSSEE: in traumi in ipertensione o iperflessione in soggetti in accrescimento;
- LCA+ 1 o entrambi i MENISCHI

Sintomi e diagnosi
Dolore improvviso o “crac”, cedimenti, versamento dopo posche ore di sangue all’interno del ginocchio
(emartro), escursione articolare limitata.
La lesione del LCA è responsabile di emartro nel 70% dei casi.

Test di Lachman a 20°-30° di flessione, con tibia in posizione neutra (positivo)


Test del cassetto anteriore a 70°-90° di flessione, con ginocchio in rotazione neutra od intrarotazione
(positivo, ma meno affidabile)
Pivot shift test, può produrre dei falsi positivi o falsi negativi.

Trattamento
Conservativo: per i molti giovani o molto anziani non particolarmente attivi e non impegnati in attività che
coinvolgono movimenti di traslazione o torsione del ginocchio.
Esso consiste in: controllo precoce del versamento, esercizi funzionali, tutore.
Si tratta di un approccio rischioso, poichè si rischia di incorrere nuovamente in traumi.

Chirurgico: periodo ottimale tra le 2 e le 8 settimane dopo l’infotunio, non appena scomparsi dolore e
versamento.
Selezione dell’impianto:
- Tessuti endogeni (prelevati dagli ischiocrurali o dal tendine rotuleo);
- Allotrapianti;
- Legamenti sintetici (meno utilizzati perchè molto rigidi)
Esercizi precoci di mobilità articolare (con escursione 0°-70° nel periodo immediatamente successivo
all’intervento). L’aspetto più importante della riabilitazione consiste nell’evitare l’inibizione muscolare,
spesso determinata da gonfiore e dolore, che può condurre ad un circolo vizioso in cui ipertrofia e

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debolezza conducono ad un’ulteriore sofferenza. Dolore e gonfiore devono essere trattati con crioterapia e
compressione.

I muscoli più importanti da sollecitare sono:


- Quadricipite (suo antagonista)
- Ischiocrurali (agonisti del LCA)
I tempi di recupero sono lunghi e possono richiedere anche più di 6 mesi.
In caso di lesioni associate LCA+LCL, le due lesioni vanno trattate contemporaneamente entro le prime 2
settimane.
Scopo della chirurgia:
- Stabilità articolare;
- Normale cinematica;
- Ripresa dell’attività sportiva allo stesso livello.
Fasi della ligamentizzazione:
1) Fase necrosi;
2) Fase rivascolarizzazione;
3) Fase di rimodellamento
Il processo termina (forse) dopo 6 mesi ma è necessario 1 anno per il suo termine.

Rieducazione
1° FASE:
- Protezione innesto;
- Riduzione effetti immobilizzazione;
- Controllo infiammazione;
- Recupero articolarità.
2° FASE
- Protezione innesto;
- Incremento graduale della forza;
3° FASE
- Evitare stress eccessivi su innesto;
- Incremento graduale della forza;
- Incremento della potenza
- Protezione articolazione femororotulea
Negli esercizi a catena la forza di compressione per effetto della contrazione del quadricipite e degli
ischiocrurali consente di ridurre le forze di taglio anteriore del ginocchio.
La traslazione anteriore aumenta negli esercizi a catena aperta.

4° e 5° FASE
- Ritorno attività normale;
- Ritorno attività sportiva

LESIONI DEL LCA NELLE DONNE


Nell’attività sportiva femminile l’incidenza di lesioni del crociato è maggiore, e queste lesioni nel 70% dei
casi avvengono senza un impatto specifico
Questi traumi avvengono o in completa estensione con rotazioni esterne o interne o in fase di
decelerazione o ricaduta (perdita di equilibrio
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La maggiore incidenza nelle donne è dovuta a l fatte che queste hanno un bacino più ampio e questo porta
a un valgismo maggiore delle anche e quindi del ginocchio; i movimenti di anca e ginocchio son diversi tra
uomo e donna e tutto parte dal bacino
I meccanismi di lesioni al LCA sono favoriti nella donna perché :
1) differenze antropometriche
2) allineamento statico
3) maggiore lassità
4) diminuito spazio intercondiloideo
5) maggiore flessibilità muscolare
6) maggiore traslocazione anteriore della tibia
Più è lunga la coscia e più è probabile che si vada in contro a lesioni a carico del LCA; esistono anche fattori
ormonali alla base dell’incidenza femminile : studi hanno riscontrato più lesioni nel periodo ovulatorio e
altri nel periodo luteale, ma comunque sono molto importanti gli estrogeni perché hanno effetti sulle
proprietà tensili del LCA che ha dei recettori specifici per gli estrogeni
Il corpo adiposo presente nel ginocchio, infatti, risente molto dell’influenza degli ormoni e soprattutto degli
estrogeni
Altro fattore importante è quello neuromuscolare :
1) Equilibrio dei muscoli stabilizzatori mediali e laterali
2) Equilibrio flessori-estensori
3) Tempo di attivazione dei muscoli agonisti-antagonisti

LESIONI DEL LCM


La lesione può dipendere da un trauma indiretto in valgo, un impatto laterale sulla regione distale della
coscia o prossimale della gamba.

Sintomi e diagnosi
La capacità di camminare può essere compromessa.
Gonfiore e dolore alla palpazione nella zona e a livello del condilo.

Valutazione della lassità


Test di solledcitazione in valgo:
- Grado 0: normale, senza apertura articolare;
- Grado 1: 1-4mm;
- Grado 2: 5-10mm;
- Grado 3: 10-15mm
Se il LCP e la capsula sono integri, non si riscontra instabilità in valgo con ginocchio in estensione completa,
anche se il LCM è completamente lesionato.
Valutare con il test di Lachman l’integrità del LCA (nel 95% dei casi, lesioni di 3° grado vi è, infatti, una
lesione associata)

Trattamento
Conservativo: se la lesione è isolata (in assenza di versamento e dolore si può tornare all’attività sportiva
dopo 3-8 settimane).
Chirurgico: se combinata a lesioni del crociato (e per tornare alla pratica sportiva si necessita la
riacquisizione dell’80% della forza ed una accettabile stabilità in sollecitazione in valgo).
Carico e mobilizzazione concesse il più precocemente possibile, utilizzo di un tutore.
In caso di lesioni associate LCM+LCA: prima si ricostituisce LCM attraverso la riabilitazione funzionale per
circa 4-6 settimane, successivamente ci si dedica alla ricostruzione del LCA.

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Qualsiasi intervento chirurgico du LCM deve essere effettuato entro le 2 settimane successive all’infortunio.

LESIONE DEL LCP


La sua principale funzione è contrastare la traslazione posteriore della tibia rispetto al femore, resistere
all’iperestensione, limitare la rotazione interna, limitare l’iperflessione e prevenire i movimenti in valgo e
varo.
Cause frequenti di traumi sono:
una forza diretta posteriormente sulla faccia anteroposteriore di un ginocchio flesso, caduta su un
ginocchio flesso con piede in flessione plantare, iperflessione con piede in flessione dorsale o anche un
improvvisa e inattesa iperestensione.

Sintomi e diagnosi
Modesto emarto, accentuazione del dolore con flessione a 90°, ridotto gonfiore e dolore rispetto ad LCA.
Spesso dolore femoro-rotuleo ed instabilità ricorrente.

Test
Test del cassetto posteriore: incremento traslazione posteriore con ginocchio flesso a 90°:
- 3-10mm (lesione parziale)
- >10mm (lesione completa)
Frequente il riscontro di falsi negativi.

Test attivo del quadricipite: da supini e ginocchio a 90° di flessione, si ha traslazione posteriore.
Lesione con avulsione ossea.

Trattamento
Conservativo: in caso di lesione parziale isolata, con riabilitazione aggressiva e precoce ed ausilio di un
tutore. Potenziamento del quadricipite e ripresa attività dopo 2-8 settimane
Chirurgico: se la lesione è completa ed il test del cassetto risulta >10mm, probabilmente anche le altre
strutture stabilizzatrici hanno subito una lesione.
Impianti comunemente utilizzati: tendine rotuleo, allotrapianto, tendini ischiocrurali.
Successiva mobilizzazione precoce ed esercizi per il quadricipite (isometrici) il più presto possibile (gli
ischiocrurali vanno sollecitati più tardi).
Recupero in 4-8 mesi.

LESIONI DEL LCL


E’ il principale freno alla sollecitazione in varo.
Frequente la lesione in associazione con uno dei due crociati.
Causa della lesione è un’iperestensione in associazione con il carico sul ginocchio atteggiato in varo.
Una lesione a carico del punto d’angolo posterolaterale può determinare una grave instabilità ed
impotenza funzionale.questo punto comprende:
- Tendine del bicipite femorale,
- Tendine gastrocnemio laterale,
- Il legamento arcuato,
- LCL,
- Il complesso muscolo-tendineo del popliteo.
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Ruolo primario di protezione da forze in varo e rotazione esterna.
Ruolo secondario in traslazione anteroposteriore.
Teso in estensione e lasso in flessione.

Diagnosi e trattamento
La lassità viene valutata provocando un’instabilità in varo, se:
- 5mm (insufficiente tenuta);
- 5-10mm (lesione associata LCL+polpliteo);
- >10mm (lesione associata LCL+polpliteo+LCA/LCP).
Una grave insufficienza può essere trattata chirurgicamente:
- Avanzamento del legamento residuo;
- Rinforzo (tendine bicipite, ischiocrurali, allotrapianto)

Lesione del polpliteo


Va sospettata con apertura in varo >5-10mm o con un incremento di 10°-15° in rotazione esterna a 30° di
flessione.
Test del cassetto posteriore: valuta l’instabilità rotatoria esterna.
Quando si osserva un’instabilità rotatoria acuta oltre ad un urgente intervento chirurgico è necessaria una
valutazione del nervo peroneo.

LUSSAZIONI
Nel 30% dei casi sono presenti lesioni associate a carico di vasi e frequenti sono anche le lesioni nervose.
E’ necessario ridurre prontamente la lussazione per non incorrere in ischemia.
Se un’arteria ha subito una lesione è necessario l’immediato intervento chirurgico.
La lussazione determina la rottura di alcuni legamenti a seconda della direzione.
Può accadere anche che abbiamo una instabilità cronica della rotula, senza aver mai avuto una vera e
propria lussazione della rotula.

Trattamento
Nel trattamento acuto: usare ghiaccio e tutore, con ginnastica per quadricipite e stretching dei flessori;
Nel caso cronico: levare la somministrazione di ghiaccio ma continuare con esercizi e l’utilizzo del tutore;
nel caso chirurgico: si può eseguire un intervento che va a ricostruire i legamenti alari o che taglino il
legamento esterno affinchè l’interno sia più equilibrato.
Instabilità della rotula:
- Grado I: lateralizzazione;
- Grado II: sublussazione;
- Grado III: lussazione.

Riabilitazione dopo sindrome femoro-rotulea


Ridurre i sintomi con terapia medica e fisica e aumentare la stabilità aumentando la forza del vasto
mediale, stretching dei flessori e utilizzo di taping e tutori.
La lussazione del ginocchio è una gravissima lesione e la ripresa dell’attività, a seconda della gravità ed
entità delle lesioni, può avvenire dopo 9-12 mesi.

LESIONI MENISCALI

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I menischi svolgono un’importante ruolo di sostegno e stabilizzazzione durante la flesso-estensione e la
rotazione.
Nel mediale, la porzione anteriore è più stretta di quella posteriore.
Il suo corno anteriore è fissato alla superficie anteriore della tibia (al di fuori del piatto) mentre quello
posteriore è saldamente fissato alla faccia posteriore della tibia, davanti all’inserzione del LCP.
Aderisce con continuità lungo il suo margine esterno alla capsula articolare ed è saldamente fissato al
femore e alla tibia.

Il laterale è quasi circolare, uniformemente ampio ed il suo corno anteriore si fonde con l’iserzione del LCA,
mentre quello posteriore si inserisce dietro l’eminenza intercondiloidea, spesso fondendosi con il LCP.
La sua inserzione periferica è interotta posteriormente in corrispondenza del passaggio del tendine
popliteo.
Le connessioni capsulari lo fissano meno saldamente alla tibia, quindi risulta più mobile (fino a 10mm in
direzione anteroposteriore).
Possiede una maggiore capacità di shock-absorber e di trasmissione del carico rispetto al menisco mediale.
Le fibre anteriori del LCA si fondono con il legamento trasverso, che unisce le corna anteriori dei menischi.
Le terminazioni nervose meniscali hanno funzione sensitiva e propriocettiva.
Funzioni:
1) Sono strutture protettive deputate alla ripartizione dei carichi;
2) Aiutano la cartilagine ad assorbire gli urti;
3) Riduzione dello stress;
4) Aumentano la congruenza dell’articolazione riempiendo lo spazio tra tibia e femore dove questi
non sono in contatto;
5) Stabilizzatori;
6) Limitano gli estremi gradi nei movimenti di flesso-estensione (movimento di avvitamento di 18°
della tibia rispetto al femore);
7) Lubrificano l’articolazione, spingendo il liquido sinoviale all’interno della cartilagine durante il
carico.

Meccanismo di lesione
5 volte più frequente quella del mediale.
Le lesioni sono spesso determinate da un impatto sul ginocchio in torsione, iperestensione o iperflessione
del ginocchio.
Mediale > nei casi di extrarotazione del piede e della gamba rispetto al femore.
Laterale > nei casi di intrarotazione del piede e della gamba.
Spesso in associazione a lesioni legamentose. Le linee di frattura sono dirette verticalmente.
Possibile cedimento e versamento:
- Emartro: lesione struttura vascolarizzata;
- Idrartro: irritazione sinoviale da patologia non legamentosa.

Lesione del menisco mediale


Si verifica un incarceramento quando il pezzo di menisco rotto si colloca nell’articolazione formando un
manico di secchio che ostacola la mobilità.
Dolore mediale durante ipertensione e flessione ed anche in extrarotazione a ginocchio flesso.
Spesso perdita di forza o ipotrofia del quadricipite.

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Lesione del menisco laterale
Dolore sul versante laterale, nell’iperesetensione e flessione ed anche in intrarotazione a ginocchio flesso.
Spesso perdita di forza o ipotrofia del quadricipite. Blocco articolare.

Trattamento
Esercizi isometrici per quadricipite.
Evitare un inutile indebolimento prima dell’intervento chirurgico (sutura o rimozione).
In caso di blocco acuto, questo va effettuato entro pochi giorni.
Esercizio e mobilizzazione il più presto possibile, con rafforzamento di flessori ed estensori.
L’entità delle alterazioni degenerative è direttamente proporzionale alla quantità di menisco asportato.
Il trattamento conservativo è possibile in lesioni statizzate di piccole dimensioni.
Ripresa sport
menisco mediale: 10-15gg
menisco laterale: 15-30gg

Cisti meniscali
E’ traumatica, degenerativa e distrofica.
Spesso a carico del menisco esterno. Dolore esterno che aumenta con l’esercizio fisico. Non versamento
non blocco articolare. Tumefazione circoscritta.

Menisco discoide
Anomalia congenita del menisco laterale. Menisco a forma di disco che ricopre il piatto tibiale.
Presenza di uno “scatto” durante flessione o estensione in età pediatrica. Trattamento variabile.

LESIONE DEL TENDINE ROTULEO


Il tendine rotuleo ha una resistenza pari a 589-2900N.
La tensione varia a seconda della flessione, nelle fibre prossimali vi è una tensione maggiore.
Fattori predisponenti sono:
- Malattie sistemiche;
- Trattamenti locali;
- Tensdinosi.
Per rompere un tendine rotuleo è necessaria una forza pari a 17.5 volte il peso corporeo.
Rottura sottocutanea: conseguenza della degenerazione del tessuto tendinoso (spesso spontanea)
Fattori di rischio:
- Brusca tensione;
- Tensione agente obliquamente;
- Pre-load del tendine;
- Minore resistenza del tendine rispetto al muscolo;
- Eccitazione massimale del muscolo;
- Stiramento del muscolo
Dolore improvviso e perdita della funzione. Sensazione di “rottura di una corda” o “crack”
Patologia tendinea
Fattori predisponenti: alterazione dell’asse meccanico o funzionale del ginocchio, errori di tecnica.
Fattori determinanti: trauma esogeno, trauma endogeno (sovraccarico funzionale)
Classificazione delle tendinopatie:
- Tendinopatie inserzionali; (come sindrome di OSGODD-SHATTLER)
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- Tenosinoviti stenosanti;
- Tenosinoviti ipertrofico-essudative;
- Peritendiniti
Classificazione in base alla gravità:
- Stadio I: dolore dopo attività;
- Stadio II: dolore all’inizio dell’attività;
- Stadio III: dolore continuo;
- Stadio IV: rottura tendinea.

CAVIGLIA E PIEDE
LE ARTICOLAZIONI
1) TIBIO-PERONALE INFERIORE
Superficie articolare tibiale (concava), superficie articolare sulla faccia interna del malleolo peronale.
I legamenti:
- Legamento anteriore;
- Legamento posteriore;
- Legamento interosseo, continuazione inferiore della membrana interossea
2) TIBIO-TARSICA
E’ una trocleoartrosi. Tibia-perone con astragalo.
La faccia inferiore dell’estremità distale (concava) della tibia che accoglie la troclea astragalica.
I legamenti:
- Legamento collaterale mediale: presenta uno strato superficiale, il legamento detto deltoideo, che
presenta fasci anteriori, intermedi e posteriori (raggiungendo dal malleolo mediale, l’astralago, il
calcagno e lo scafoide) ed un fascio profondo.
- Legamento collaterale laterale
Dal malleolo laterale:
- Fascio anteriore (peroneo-astragalico): anteriore e posteriore;
- Fascio medio (peroneo-calcaneale);
- Fascio posteriore (astragalo)
PIEDE
1) ASTRAGALO-CALCANEALE (è una sinartrosi)
Presenta:
- legamento interosseo (che occupa il seno del tarso);
- legamento astragalo-calcaneale laterale
- legamento stragalo-calcaneale posteriore
l’angolo tra la tuberosità calcaneale e il seno del tarso è di 40°.
2) ARTICOLAZIONE MEDIO-TARSICA O DI CHOPART (è una planoartrosi)
- Astragalo-scafoidea
- Calcaneo-cuboidea
- Cubo-scafoidea
- Cuneo-scafoidea
Con legamenti plantari e legamenti dorsali
3) ARTICOLAZIONE TARSO-METATARSICA (è una planoartrosi)
3 cuneiformi + cuboide, questa è la base dei 5 metatarsi

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Presentano dei legamenti interossei (mediale, intermedio e laterale), dei legamenti plantari e dei
legamenti dorsali.
4) ARTICOLAZIONE METATARSO-FALANGEE (è una condilo-artrosi)
5) ARTICOLAZIONE INTERFALANGEE (è una trocleoartrosi)

Volta plantare
Potendo diversamente variare la sua curvatura , permette l’adattamento della pianta al suolo.
Per mezzo dell’arco plantare vengono trasmesse al suolo le sollecitazioni relative al peso corporeo. La
morfologia della volta può modificarsi.
Con il variare della distribuzione dei carichi al suolo ne consegue una risposta altrettanto variabile verso
strutture soprastanti. Tale variabilità influenza la statica e la dinamica delle stesse soprastanti strutture.
La volta plantare è sostenuta da 3 archi:
- Mediale;
- Laterale;
- Anteriore
Uniti insieme, tali archi, disegnano sulla pianta del piede un triangolo con due angoli anteriori (mediale e
laterale) ed uno posteriore.
Normalmente il peso corporeo si applica in massima parte in un punto che corrisponde alla proiezione sulla
regione plantare del punto di mezzo del collo del piede.
In condizioni statiche (posizione eretta) le forze si distribuiscono sull’arco plantare seguendo 3 direzioni:
- Antero-mediale;
- Antero-laterale;
- Posteriore
Perciò si ha una distribuzione del peso corporeo sui 3 punti d’appoggio.
Sul posteriore si ha un’applicazione di una forza pari alla metà del peso corporeo;
sull’antero-mediale pari a 1/3 del peso corporeo;
sull’antero-laterale pari a 1/6.
In condizioni dinamiche la distribuzione dei carichi sarà in rapporto e i punti di appoggio che si susseguono
nei vari tempi del passo stesso.
1° tempo: contatto al suolo sul punto posteriore (calcagno);
2° tempo: distribuzione su tutta la pianta, quindi un passaggio del carico sull’arco anteriore ed infine sulle
prime tre dita.

Le articolazioni del piede sono soggette a determinati vincoli dovuti alle caratteristiche somatiche del
soggetto come: peso, altezza, atteggiamento posturale, ecc... ed hanno contatti con strutture muscolari
della volta plantare o con strutture che vengono dall’alto e che si inseriscono sul piede.

CAVIGLIA
A livello della caviglia abbiamo due zone molto interessanti :
- la parte mediale al di sotto del malleolo dove passano i muscoli che servono per la flessione, e dove
c’è il sustentaculum tali dove passano tute le strutture tendinee (solo il flessore lungo dell’alluce
passa al di sotto di questa struttura),
- l’altra sempre medialmente dove è possibile effettuare la palpazione del tendine del muscolo
tibiale posteriore.

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La disposizione delle 3 strutture ossee astragalo navicolare e cuneiforme segue la disposizione del secondo
terzo e quarto dito della mano della palpazione, e questo metodo serve per vedere se c’è l’allineamento di
queste tre ossa che provoca l’alluce valgo.
Dal malleolo mediale si dipartono i legamenti propri della caviglia che sono:
- il tibioastragalico anteriore (il più lesionato nelle distorsioni)
- il tibionavicolare,
- il tibiocalcaneare,
- il tibioastragalico posteriore

Anche a livello del malleolo laterale abbiamo dei legamenti, che si dividono in anteriore inferiore e
posteriore (fibuloastragalico anteriore, fibulocalcaneare e fibuloastragalico posteriore); il legamento
inferiore o fibulocalcaneare è quello più sottoposto a lesioni nei casi di distorsione.
Lateralmente abbiamo una serie di tendini che passano al di sotto del malleolo laterale come il peroniero
breve e il peroniero lungo che, andandosi ad inserire sulle strutture ossee dell’arco plantare possono
contribuire se allenati in maniera ottimale alla formazione dell’arco plantare o a un suo ripristino nel caso di
un piede piatto
Lateralmente e medialmente, non vi sono strutture muscolari proprie (solo la volta plantare)

La volta plantare è di estrema importanza perché è quella che subisce più modificazione col tempo, ed è
sorretta da molti muscoli su cui possiamo andare ad agire : l’abduttore dell’alluce dal calcagno si porta
all’osso sesamoide, l’aponeurosi plantare che da dietro si apre anteriormente e va a prendere tutto il
metatarso, il muscolo quadrato della pianta, il muscolo abduttore del quinto dito; agendo su questi muscoli
posso andare a recuperare situazioni come:
- Piede piatto,
- Piede cavo,
- Alluce valgo,
- Patologie dovute a stress ed invecchiamento

GRADI DI MOVIMENTO
Analizzando la parte più importante del piede, e cioè l’articolazione tibio-tarsica vediamo che l’angolo tra
l’asse longitudinale della tibia e la rima articolare è di circa 92°, mentre l’angolo tra l’asse orizzontale
passante per la rima articolare e il malleolo tibiale è di 60°
La cosa interessante sono gli angoli tra il suolo e il calcagno che è di 30-40° e l’angolo tra il primo metatarso
e il suolo che è di 20-25°; importante è anche l’angolo della volta plantare mediale, che deve essere minore
di quello della volta plantare laterale (meno alta)
L’inclinazione dell’astragalo durante il movimento arriva fino a 15° e questo fa un movimento di
avanzamento (articolazione a sella) mentre è contenuto da una specie di forchetta formata dai due malleoli
Tra le teste metatarsali c’è un arco, chiamato arco trasverso anteriore, la maggior parte dei problemi a
carico del piede è collegato all’andamento di questo arco, che ci permetto di poggiare al suolo non la pianta
del piede la me due teste metatarsali dal primo all’ultimo dito; se non si cammina bene compaiono i calli
che sono messi non a caso ma si formano per qualcosa che spinge e fa pressione, se avrò dei calli anche
sulla volta plantare oltre che nelle zone normale, questo sta a significare che dove c’è il callo poggia male la
pianta, una zona di ripetuti microtraumi.

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I movimenti del piede sono:
- 20° di estensione (limitata a causa del complesso tra astragalo calcagno e tibia);
- 40° di flessione;
- 50° di supinazione (rotazione interna);
- 20°-25° di pronazione (rotazione esterna)

MUSCOLI E MOVIMENTI
FLESSIONE DORSALE DEL PIEDE
1) TIBIALE ANTERIORE
2) ESTENSORE LUNGO DELL’ALLUCE (1° e 2° falange)
3) ESTENSORE LUNGO DELLE DITA (ultime 4 dita)
4) PERONIERO ANTERIORE (quinto osso metatarsale)
FLESSIONE PLANTARE DEL PIEDE
1) TIBIALE POSTERIORE
2) FLESSORE LUNGO DELLE DITA (3° falange ultime 4 dita)
3) FLESSORE LUNGO DELL’ALLUCE (falange distale)
4) PERONIERO LUNGO
5) PERONIERO BREVE
6) TRICIPITE SURALE
SUPINAZIONE
1) TIBIALE ANTERIORE
2) ESTENSORE LUNGO DELL’ALLUCE
3) TIBIALE POSTERIORE
4) TRICIPITE SURALE
PRONAZIONE
1) Contrazione contemporanea dei 3 PERONIERI LUNGO, BREVE E ANTERIORE
2) MUSCOLI DORSALI (estensori brevi)
3) MUSCOLI PLANTARI
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- MEDIALI (brevi dell’alluce);
- LATERALI (brevi del mignolo);
- INTERMEDI (flessori brevi, quadrato della pianta, lombricali, interossei)

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LESIONE DEL TENDINE D’ACHILLE
Ruolo principale: generare una potente azione di flessione plantare.
Cause delle lesioni:
- Intrinseche: anomalie di allineamento, eccessiva pronazione, rigidità gastrocnemio-soleo, squilibri
muscolari ed età. (lìiperpronazione funzionale può essere fisiologica ma anche eccessiva a causa di
anomalie di allineamento come la tibia vara o avanpiede varo)
- Estrinseche: improvvisa variazione di attività, allenamento eccessivo, variazione brusca delle
caratteristiche del terreno di allenamento, scarpe non ottimali, passaggio tra inattività e attività,
particolari gesti sportivi.

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Rottura completa
E’ una delle lesioni tendinee più comuni nello sport.
Interessa per lo più giocatori di football, pallamano, pallavolo, tennis, basket...di solito le lesioni avvengono
in tendini degenerati che sono soggetti ad aumento di carichi.

Sintomi e diagnosi
Dolore intenso sull’area lesa al momento, che però diminuisce dopo la fase acuta.
L’attenzione deve essere posta sulla perdita funzionale. Non si può camminare normalmente o in punta di
piedi e non si può staccare con quell’arto.
Gonfiore, area della lesione dolorosa alla pressione 2-8cm sopra il calcagno, avvallamento apprezzabile,
flessione plantare ridotta.

Test
Test di Thompson: sdraiato faccia in giù con il ginocchio dell’arto infortunato lievemente piegato.
L’esaminatore comprime i muscoli del polpaccio: il piede è piegato in su se il tendine è intatto, rimane nella
posizione iniziale se è rotto.
RM oecografia confermano la lacerazione.

Trattamento
Gesso, ponendo il piede in flessione plantare per portare i monconi rotti a contatto, 8-10 settimane e
successivamente il piede va portato con gradualità in posizione neutra.
In trattamento conservativo il gesso può essere valido se iniziato entro le 48 ore dalla lesione. Nel 10%-15%
dei casi trattati conservativamente c’è un aumentato rischio di nuova rottura, ritorno all’attività dopo 9-12
mesi.
Rottura a strofinaccio
Il moncone distale è ripiegato verso il basso rendendo impossibile affrontare le due estremità
Se l’avvallamento è inferiore ai 2mm è trattato conservativamente con buon successo.
Intervento chirurgico: saturazione dei monconi. Meno rischio di seconda rottura e ritorno precoce
all’attività, movimento ripreso dopo la prima settimana con flessione plantare a 0°-20°.
Stivaletto per deambulare e caricare, se tollerato, dopo 2 settimane.
Ripresa sportiva dopo 3-4 mesi.

Rottura parziale
In podisti, saltatori, giochi di squadra con palla....questa lesione può determinare formazione di tessuto
cicatriziale che può causare aumento di patologie degenerative e tendinosi.

Sintomi e diagnosi
Alcuni riferiscono un esordio improvviso del dolore, altri al termine dell’attività, in fase acuta lacuna e netta
dolorabilità, quando si riprende l’attività intenso dolore scoppiante, tegliente o pungente.
I sintomi possono sparire dopo il riscldamento per riapparire più intensi alla fine dell’allenamento.
Rigidità al mattino e dopo attività, quando il processo di guarigione è iniziato rigonfiamento, di solito
modesto, sul quale è presente viva dolorabilità.
Spesso diminuizione della forza ed ipotrofia.

Trattamento
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Riposo e ghiaccio in fase acuta. Stampelle, rialzo sotto tallone.
Quando la lesione è piccola stivaletto per deambulare o immobilizzazione per 4-6 settimane, con il piede in
leggera flessione plantare.
Programma di esercizi di mobilizzazione e stretching statico. Se i sintomi sono cronici e prolungati
intervento chirurgico (escissione del tessuto cicatrizzato e di granulazione). In seguito gesso o stivaletto per
5-6 settimane, cauto programma progressivo di riabilitazione con mobilizzazione precoce entro 1-2
settimane.
Guarigione dopo intervento in 2 mesi, ribilitazione in 3-4 mesi. Tempo medio per le lesioni croniche gravi è
di 6-8 mesi.

TENDINOSI DELL’ACHILLEO
Dall’età di 25 anni segni di degenerazione. Possono essere aggravati da modificazioni dell’allenamento.

Sintomi e diagnosi
Rigidità, rigonfiamento locale, dolorabilità. RM ed ecografia.

Trattamento
Evitare situazioni che creano dolore, non sforzare, mantenersi attivo con esercizi non in carico, stretching
ed esercizi di forza eccentrica.
Se la tendinosi è cronica l’esercizio ha dimostrato buoni risultati. Importante è “ascoltare il tendine”
Intervento chirurgico in caso di sintomi cronici prolungati dove la terapia conservativa è stata tentata per 6-
12 mesi, con rimozione del tessuto danneggiato.
I tempi di riabilitazione variano da individuo ad individuo in funzione della gravità della lesione.

PERITONITE DELL’ACHILLEO (infiammazione della guaina)


Raramente vi è un’infiammazione spiccata del tendine, i tessuti circostanti sono più sensibili alla reazione
infiammatoria.

Infiammazione acuta: peritonite in soggetti non allenati che iniziano l’allenamento troppo intensamente o
in soggetti allenati che cambiano terreno, tipo di scarpe o tecnica o che si allenano a basse temperature.

Sintomi e diagnosi
Dolore, gonfiore diffuso, dolore alla palpazione e deficit funzionale, cute arrossata, crepitio.
Riscaldamento e strtching sono importanti per la prevenzione. Un rialzo sotto il tallone di 1cm riduce la
tensione sul tendine.

Trattamento
Riposo, ghiaccio, rialzo al tallone, calore locale dopo la fase acuta.
Antinfiammatorio, gesso nei casi gravi, programma di allenamento dopo la fase acuta che comprenda
esercizi di forza e stretching statico.
Il trattamento se iniziato precocemente da esiti positivi e la prognosi è buona.La lesione guarisce dopo 1-2
settimane ed il rischio di recidive è minimo.
Altrimenti può trasformarsi in una condizione cronica difficile da trattare.

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Infiammazione cronica: negli atleti spesso anziani che si sono allenati intensamente su terreno duro e per
molto tempo e che hanno ignorato i dolori di avvertimento. Questi dapprima spariscono con il
riscaldamento e ricompaiono in seguito, gradualmente aumentano d’intensità.

Sintomi e diagnosi
dolore, fastidio, rigidità prima durante e dopo attività, diffuso gonfiore, dolore alla palpazione.

Trattamento
Evitare situazioni che causano dolore, applicare localmente calore, scarpe con rialzo sotto il tallone.
Programma di esercizi di forza e stretching, esercizi eccentrici, antinfiammatori, pomate per stimolare il
flusso ematico e controllare l’infiammazione. Stivaletto per deambulare per 3-6 settimane se il dolore è
intenso e la funzionalità è alterata, intervento chirurgico nei casi prolungati, liberando il tendine dal tessuto
cicatriziale.

RECUPERO DOPO INFORTUNIO


Esercizi di mobilità:
- Flessione dorsale e plantare;
- Inversione/eversione;
- Circonduzione
Esercizi di rafforzamento:
- Esercizi per i flessori ed estensori (es. Arrotolare una asciugamano sotto la pianta del piede);
- Inversione/eversione (con ascigamano);
- Colf (gastrocnemio, soleo);
- Sollevamento delle dita (flessori)
Esercizi con elastico: 2-3s X 10-15 rip.
- Flessione dorsale contro resistenza
- Flessione plantare contro resistenza
- Inversione contro resistenza
- Eversione contro resistenza

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